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Dettaglio seduta n.32 del 06/02/86 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


VIGLIONE Aldo


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Introduzione metodo computerizzato di resocontazione - Sistema Michela


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Signori Consiglieri, come avete avuto modo di constatare da alcune sedute (dal 21/1/1986) c'è in atto un nuovo sistema di resocontazione.
Molti Consiglieri rovesciano fiumi di parole che era già difficile cogliere con la stenografia, ora con la nuova attrezzatura è possibile registrare i dibattiti, tradurli e riprodurli immediatamente.
Invito i Consiglieri a contenere i loro interventi, così come si conviene in un Parlamento, e a parlare non troppo velocemente.


Argomento:

Introduzione metodo computerizzato di resocontazione - Sistema Michela

Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Come convenuto nella Conferenza dei Capigruppo, questa mattina si svolgeranno le interrogazione per un'ora, quindi inizierà il dibattito sulle linee programmatiche della Giunta. Sono già iscritti a parlare 25 Consiglieri, questo richiederà circa otto o nove ore di dibattito.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione del Consigliere Ala, inerente la discarica di rifiuti industriali della ditta SAGRA, Comune di Pomaro Monferrato


PRESIDENTE

Passiamo quindi al punto 2) dell'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze".
Discutiamo l'interrogazione presentata dal Consigliere Ala inerente la discarica di rifiuti industriali della ditta Sagra, Comune di Pomaro Monferrato.
Risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore all'ambiente

L'Assessorato per l'ambiente ha autorizzato la Ditta SAGRA S.p.A. fino al 30.11.1985 ad allestire, in Comune di Pomaro Monferrato, un'area per il trattamento di compostaggio dei rifiuti ed a spandere su suolo agricolo i prodotti derivanti da tale trattamento, imponendo che le fasi autorizzate fossero sperimentali al fine di ottenere indicazioni tecniche sulla tipologia di smaltimento adottata; nell'autorizzazione è stato imposto che i rifiuti da trattare e da spandere successivamente su suolo agricolo fossero esclusivamente i fanghi derivanti dalla Ditta FARMITALIA di Settimo T.se; gli orientamenti succitati sono stati motivati, in sede d'istruttoria, dall'attento esame analitico delle caratteristiche dei rifiuti e dalle possibilità di compostaggio degli stessi la Ditta SAGRA, ottenuta l'autorizzazione (relativa esclusivamente per quanto riguarda lo stoccaggio ed il trattamento, alla particella n. 54 del F. 16 del Comune di Pomaro M.to.) ha stoccato in aree non autorizzate rifiuti di dubbia provenienza e di dubbia caratterizzazione analitica (in quanto dai verbali della Provincia si evince chiaramente la provenienza di tali rifiuti) ed ha poi chiesto al Comune (e non alla Regione) l'autorizzazione a spandere su suolo agricolo tali rifiuti l'Assessorato regionale , sulla base dei verbali trasmessi dalla Provincia e delle richieste di parere da parte della Provincia stessa, ha richiesto con nota n. 24463 del 5.9.1984 al Comune di ordinare lo sgombero delle aree non autorizzate; l'Assessorato regionale, riscontrando in seguito che il Comune di Pomaro M.to non ha emesso l'ordinanza richiesta ha ribadito con nota n. 20024 del 2.1.1985, la necessità di sgombero delle aree succitate motivando inoltre l'impossibilità di spandere su suolo agricolo i rifiuti in esse stoccati l'Assessore Anziano del Comune di Pomaro M.to, con ordinanza n.
1/1985 del 19.1.1985, ha dato esecuzione alle richieste regionali la Ditta SAGRA S.p.A. ha presentato ricorso al T.A.R. in data 23.3.1985 con istanza di sospensione dei provvedimenti regionali e comunali succitati il T.A.R. con ordinanza n. 231/85 del 9.10.1985 ha respinto la succitata istanza di sospensione e quindi i provvedimenti regionali e comunali sono a tutt'oggi esecutivi considerato che l'amm.ne Provinciale di Alessandria è l'ente responsabile delle verifiche dell'ottemperanza delLe prescrizioni regionali e comunali succitate , è stata redatta una ulteriore richiesta di accertamenti alla Provincia per poter ottenere informazioni sulla situazione attuale dello smaltimento dei rifiuti.



PRESIDENTE

Ha la parola il Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Ringrazio l'Assessore per essere riuscito a fare ordine in questo valzer infinito che circonda la discarica di Pomaro. Forse c'è stato un piccolo errore, l'ordinanza dell'Assessore Anziano era del 19.1.1985 e non del 19.11.1985, perché poi quella del T.A.R., successiva, era del 19.3.1985, ma credo che questo sia, forse, un piccolo errore.



MACCARI Eugenio, Assessore all'ambiente

Si, l'ordinanza è del 19 gennaio.



ALA Nemesio

Ho censito le interpellanze dei Consiglieri De Vecchi, Genovese Montefalchesi e Reburdo, sempre in merito alla storia della discarica di Pomaro.
Io mi auguro che adesso, dopo la sentenza del T.A.R., sia finalmente possibile risolvere questo problema visto che i proprietari di questa discarica hanno continuato a frapporre tutti i possibili ostacoli, per non giungere a quelle che erano, probabilmente, le uniche conclusioni possibili che erano inevitabili.
Non ripercorrerò per intero la vicenda perché qui se n'è già parlato mi limiterò ad una piccola digressione, in merito al ruolo della Provincia che l'Assessore richiamava quale struttura competente, ora, a risolvere il problema. Questo è corretto e do quindi atto all'Assessore di aver fornito una risposta, per quanto di sua competenza, completa e accettabile.
Per quanto riguarda la Provincia, devo ricordare che la storia della discarica di Pomaro rappresenta ed illustra il grande intreccio che pu esistere tra diversi ruoli dell'amministrazione dello Stato, rispetto ad alcune attività che probabilmente sono redditizie.
Che siano redditizie è dimostrato dal fatto che il proprietario della discarica cui è stata rilasciata l'autorizzazione e la concessione, è ora proprietario del castello di Pomaro ed ha avuto, recentemente, una concessione per azienda faunistico - venatoria per complessivi 807 ettari.
(D.G.R. n. 95 1304 12.11.1985. Azienda Faunistica Venatoria - Bozzole Provincia di Alessandria).
Il ruolo della Provincia, si diceva: su di essa c'è una storia di appoggio e di copertura al Sindaco di Pomaro, perché poi è anche il titolare dell'autorizzazione della discarica, che ha portato, per esempio l'allora Presidente della Provincia di Alessandria a scrivere ("Panorama" 5.3.1984) una lettera - mi dispiace che non sia presente, in questo momento, l'ex Presidente della Provincia di Alessandria, attuale nostro collega - che rispondeva ad un precedente articolo di "Panorama", che si intitolava: "Spacciatori di scorie", e che criticava duramente l'operato della Giunta della Provincia.
Il giornalista Carlo Arcari, doveva però rimbeccare il Presidente dell'Amministrazione provinciale, riconoscendo che le sue precisazioni non influivano minimamente, su quanto era stato precedentemente scritto dallo stesso giornalista, cioè che era stata concessa un'autorizzazione ad una azienda amministrata da persone già denunciate per precedenti inquinamenti nel territorio. E qui eravamo nel marzo 1984.
La Regione, successivamente, ha continuato a rilasciare autorizzazioni (mi riferisco all'Amministrazione precedente a questa) anche dopo quella data, con ulteriori autorizzazioni, proroghe e riconoscimenti.
La storia, comunque, è andata avanti troppo, e ritengo che anche ora dopo una sentenza del TAR sia difficile che la Provincia riesca a svolgere un ruolo attivo nella bonifica dell'area. Tradurrò dall'inglese, perché si tratta di un documento scritto in inglese della Maveglia - Relazioni pubbliche - C.so Venezia, 16 Milano, ed è il programma di una festa tenutasi al castello di Pomaro, "Pomaro Castle" 12,13,14 settembre 1985 quindi all'incirca intorno alla data in cui il T.A.R. stava esaminando la situazione e la regolarità di questa discarica.
Il programma prevede l'arrivo a Pomaro alle 13.00 del 12 settembre martedì, con il "lunch", la visita al castello, il "meeting", l'aperitivo il pranzo ufficiale e l'intrattenimento musicale con un "Soft Jazz Quartet".
Dopodiché può essere interessante scorrere la lista degli invitati alla festa: l'Assessore agli affari economici, in rappresentanza della Provincia di Alessandria, Pierangelo Taverna, il segretario generale della Provincia di Alessandria, purtroppo recentemente scomparso, il Comandante del Presidio Militare, il Comandante della regione del Corpo dei Carabinieri Capogruppo del Corpo dei Carabinieri, il Comandante del Distretto militare il Comandante Gruppo Guardia di Finanza, il Commissario Capo della Polizia il Comandante Scuola Allievi Pubblica Sicurezza; tutte queste autorità erano ospiti di una persona che ha avuto tutta una serie di denunce per inquinamento, ecc; poi c'è Quartero Junior che è il "brother" del proprietario del castello, il Consiglio Comunale di Pomaro (ma in numero di dodici persone perché i tre della minoranza non vanno bene), Angelo Rossa qui indicato come l'ex Vice Presidente della Provincia, il Prefetto di Alessandria, il Questore di Alessandria e Bruna Valsecchi, la concessionaria di una delle due autorizzazioni che gravano nella zona.
Questo è l'intreccio (e questo, ritengo, possa a sufficienza illustrare la mia sfiducia nei confronti del ruolo della Provincia). Si è esibito anche un trio barocco con musiche di Haydn e Tommaso Albinoni.
Il balletto n. 1 in Do maggiore è un pezzo molto bello. Dubito purtroppo che le cose possano rapidamente e positivamente risolversi. La Regione è forse riuscita a chiudere il problema per quanto la riguarda, ma vorrei invitarla a controllare con cura se la Provincia è capace a fare altrettanto. Credo che i precedenti dimostrino come il titolare di questa discarica goda, secondo me, di un vasto giro di conoscenze, interessi ed affari. Quelli che dovrebbero essere i suoi controllori vengono invitati alle sue feste di gala al Castello. Nel programma era compresa anche una visita a Genova, ed ancora altre cose. Ma ve le risparmio.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici

Interrogazione dei Consiglieri Adduci, Bresso, Valeri inerente i danni provocati alla fauna ittica per l'inquinamento della Stura di Lanzo


PRESIDENTE

Interrogazione dei Consiglieri Adduci, Bresso e Valeri inerente i danni provocati alla fauna ittica per l'inquinamento della Stura di Lanzo.
Risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore all'ambiente

Gli interroganti pongono il problema delle iniziative della Giunta regionale di fronte ad atti vandalici nei confronti del patrimonio naturale regionale.
L'interrogazione parte dalla notizia che una certa quantità di scarichi industriali contenente anche cianuro è stata riversata nella Stura di Lanzo.
Purtroppo simili atti vandalici avvengono all'insaputa di tutti e pertanto non è cosa semplice rispondere al quesito posto dai Consiglieri.
Non compete alla Regione l'azione di controllo, specificatamente demandata alle UU.SS.SS.LL. e comunque, un controllo efficiente, ancorch rappresenti il migliore deterrente nei confronti dei cosiddetti "pirati ambientali", non garantisce l'eliminazione di simili fenomeni deprecabili.
In termini positivi si può dire che la Regione è intervenuta e continua ad intervenire nella programmazione e nella realizzazione di quei centri di smaltimento dei rifiuti tossici e nocivi; l'utilizzazione di simili strutture o centri di smaltimento, anche se reso obbligatorio dalla normativa vigente, dipende tuttavia da una "coscienza ecologica", che purtroppo molti ancora oggi rifiutano per un più allettante risparmio senza prendere minimamente in considerazione il sovrapprezzo enorme che la "collettività" deve poi sostenere.
Diremo alle UU.SS.SS.LL. e le inviteremo ad intensificare i controlli verificando, ove è il caso, che le strutture preposte siano adeguate al compito.



PRESIDENTE

La parola ad uno degli interroganti. Ne ha facoltà il Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

La volta scorsa il Presidente della Giunta Beltrami usò una bella espressione a proposito della scelta delle varie interrogazioni ed interpellanze alle quali rispondere.
Egli ebbe a dire: "Ci si è posto il problema di scegliere fior da fiore". Non credo che avesse in mente di paragonare la Giunta a Beatrice la quale, come è noto, sceglieva fior da fiore in quel celestiale luogo che è il paradiso. Forse il Presidente avrebbe fatto meglio a dire che la Giunta doveva porsi il problema di scegliere non fior da fiore, ma cianuro da cianuro, oppure gas inquinante da gas inquinante. Perché l'elenco degli attentati al territorio della Regione Piemonte è veramente ampio, veramente vasto.
Devo anche dire subito che la risposta dell'Assessore Maccari ci lascia del tutto insoddisfatti, anzi ci preoccupa molto perché dimostra ancora una volta che la Giunta sulle tematiche ambientali è completamente depistata.
L'Assessore ha detto che quello del controllo non è compito della Regione non è un compito specifico certamente, tuttavia è un problema che la Regione deve sempre aver presente. L'Assessore dice che è compito dell'UU.SS.SS.LL., certamente questo lo sappiamo anche noi, però non ci pare che in una situazione come quella citata sia difficile, non tanto individuare chi è stato, ma incominciare a porre in atto degli interventi affinché anche le aziende che si trovano in quel tratto avvertano in qualche modo la presenza di un Ente che si fa carico delle tematiche ambientali e comunque controlli o faccia controllare i loro scarichi.
Questa risposta francamente è preoccupante perché la dice lunga sul modo di operare della Giunta sui temi dell'ambiente.
Possiamo anche rilevare che la sonora bocciatura da parte del Commissario di Governo della delibera della Giunta che pretendeva di applicare alla rovescia le disposizioni della legge Galasso è ulteriore testimonianza del fatto che i problemi dell'ambiente non possono essere affrontati con prepotenza arrogante o con uno scarico di responsabilità complessivo.
Invece questi problemi, Assessore, vanno affrontati con un lavoro continuo, costante il quale deve e non può non partire da un presupposto fondamentale che è questo: i nostri non sono solo tempi di inquinamento dell'ambiente, ma anche di inquinamento delle menti, forse questo è il dato fondamentale su cui noi dobbiamo ragionare.
Bisogna innanzi tutto incominciare a tener conto delle opinioni, delle ragioni degli altri, cosa che non avete fatto in occasione della discussione sulla delibera di Giunta applicativa del Decreto Galasso (in quel caso il nostro Gruppo - del partito Comunista - si è giustamente rifiutato di partecipare alla votazione), neanche quando l'evidenza delle ragioni degli altri, come ebbe efficacemente ad illustrare il compagno Rivalta, era tale da non lasciare alcun dubbio. Ora il fatto che noi stiamo qui affrontando è di per se certamente grave per i danni specifici causati alla fauna ittica (faccio presente che questa interrogazione fu presentata il 4.11.1985) e dimostra la vaghezza con cui vengono affrontati questi temi sia per quanto riguarda il merito degli stessi, sia per quanto riguarda il tempo abbondantemente decorso nell'affrontarli: non si può infatti pensare di esercitare un qualche intervento efficace a distanza di due o tre mesi da quando un fatto così grave accade. Ciò riguarda anche il modo mentale di affrontare questi problemi.
Questo fatto va considerato insieme a decine di altri atti del genere i quali vengono compiuti sistematicamente sul territorio della Regione Piemonte. Noi possiamo semplicemente dare una scorsa alle interrogazioni (sono fatti appurati, pensiamo quanti altri fatti non accertati accadono ogni giorno) presentate dai colleghi Pezzana presenta una interpellanza sulla scarica di sostanze nocive in una zona con un nome molto bello Diletta. Dameri, Bresso, Ferro e Bruciamacchie evidenziano episodi di inquinamento idrico ed atmosferico in una area molto vasta della Bassa Valle Scrivia.
Bresso, Rivalta ed io fin dal 16.10.85 abbiamo presentato una interpellanza, sulla cui urgenza e gravità richiamo il Presidente affinch si faccia parte attiva nel richiedere una risposta alla stessa, sullo stato di degrado di una area vastissima compresa tra la strada per Borgaro, via Reiss Romoli, la superstrada per Caselle e la Stura di Lanzo. Ci sono stati esposti di Pro-Natura su quest'area, ma noi non abbiamo ancora ottenuto una risposta. E' un'area gravemente devastata, inviterei l'Assessore all'ambiente a fare una passeggiata lungo quell'area, allora potrà constatare lo stato di degrado che quell'ambiente ha assunto.
Vi sono moltissime altre interrogazioni che tralascio per brevità.
Tutti questi fatti che cosa denotano, che cosa testimoniano? Testimoniano intanto c h e il nostro territorio è sottoposto ad atti di pirateria che lo devastano e lo inquinano, alcuni di questi atti non possono essere facilmente individuati, altri possono e devono essere individuati;è il caso dell'area di via Reiss Romoli dove c'è una discarica permanente e ci sono delle industrie che continuano ad inquinare. Bisogna intervenire.
Noi ci chiediamo se sia possibile, se sia giusto, logico, umano persino che la Giunta Regionale assista impotente e passiva ad una continua e costante azione di degrado ambientale. Ci domandiamo se dobbiamo continuare ancora a rimanere inerti di fronte a questo banditismo vero e proprio contro la natura.
A queste domande dobbiamo dare una risposta, non dire che non è nostra competenza, ma di altri.
Questa Giunta si è assunta il compito non semplice di gestire la costruzione di una centrale nucleare, di gestirne e di controllarne i processi. Non riusciamo ad avere un minimo di attività nei confronti di chi getta cianuro nella Stura, lasciamo passare più di tre mesi per dare risposta ad episodi come questi, e vogliamo gestire i processi di costruzione della centrale! Pensate un po' quale grave responsabilità incombe sulla Giunta; è un fatto che ci deve far riflettere anche perché, e concludo, in campo ambientale l'inerzia, il non fare, il non essere della Giunta è dannoso, come i pesticidi i quali non si vedono, sembrano assenti però inquinano e danneggiano il territorio.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Interrogazioni del Consigliere Pezzana e dei Consiglieri Sestero e Acotto relative a Villa Ida di Lanzo


PRESIDENTE

Interrogazione del Consigliere Pezzana inerente la Casa di cura "Villa Ida" di Lanzo Torinese.
Interrogazione dei Consiglieri Sestero e Acotto sullo stesso argomento.
A entrambe le interrogazioni risponde l'Assessore Olivieri.



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Si ritiene che le recenti vicende che hanno coinvolto i responsabili della Casa di Cura privata "Villa Ida" di Lanzo, nonché alcuni amministratori della Unità Socio Sanitaria Locale n. 37, non possano e non debbano condurre a generalizzazioni in merito alla amministrazione della Sanità nella nostra Regione.
Per quanto è dato sapere, i fatti in esame hanno, pur nella loro indubbia gravità, se dimostrati, caratteristiche ed estensione limitata ad alcuni episodi, che possono essere indubbiamente individuati e perseguiti.
Per quanto concerne la eventuale costituzione di parte civile da parte della Regione, si sta valutando anche dal punto di vista tecnico-giuridico quali iniziative assumere.
Per quanto riguarda invece la vigilanza, che è di competenza delle UU.SS.SS.LL., in particolare nei confronti delle strutture private convenzionate, si fa presente che, a più riprese, sono state sollecitate le Unità Socio Sanitarie Locali stesse a svolgere tali adempimenti di competenza, e non si ha motivo di affermare che gli stessi, in generale non siano stati correttamente e compiutamente svolti.
Nei confronti della Unità Socio Sanitaria Locale n. 37 di Lanzo Torinese, e sempre a proposito del rapporto convenzionale con la Casa di Cura "Villa Ida", venne rivolta sin dal 26 settembre 1984 richiesta di formale attestazione del possesso e mantenimento dei requisiti minimi di cui AL Decreto del Ministro per la Sanità del 30 giugno 1975.
Essendo stata detta richiesta evasa solo in parte, la stessa è stata perentoriamente rinnovata in occasione di un incontro con gli amministratori della Unità Socio Sanitaria Locale di Lanzo avvenuto presso L'Assessorato alla Sanità in data 25 novembre u.s., e sollecitata con raccomandata in data 3 dicembre 1985 nella quale veniva sottolineata la possibilità, da parte della Regione, di avvalersi, in caso di omesso o ritardato adempimento, dei poteri surrogatori di cui all'art. 11, decimo comma, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazione nella legge 11 novembre 1983, n. 638.
In effetti l'Unità Socio Sanitaria Locale n. 37 di Lanzo provvedeva finalmente ad accertare quanto richiesto e, in data 31 dicembre 1985 perveniva all'Assessorato regionale alla Sanità copia del provvedimento n.
602 del 13 dicembre 1985 del comitato di Gestione, attestante il possesso dei requisiti di legge da parte della struttura in esame.
Sulla scorta di tale provvedimento, nonché del verbale di sopralluogo effettuato il 30 ottobre 1985 da parte di funzionari dell'Assessorato alla Sanità, la Commissione per la Classificazione delle Case di Cura private istituita ex D.M. 30.6.1975, ha ritenuto nella riunione del 9 gennaio u.s.
di esprimere parere favorevole al mantenimento della classificazione nella fascia "C", parametro "80", della Casa di Cura "Villa Ida", a partire dal 13 dicembre 1985.
Per quanto riguarda il pregresso, sussistendo fondati dubbi, espressi anche dal Collegio dei Revisori dei conti della U.S.S.L. n.37, con verbale n. 15 del 25.11.1985, sul possesso di tutti i requisiti richiesti da parte della struttura in esame, è stato rivolto invito, da parte dell'Assessorato alla Sanità, alla Unità Socio Sanitaria Locale n. 37 di Lanzo affinch svolga tutti i necessari accertamenti, al fine di operare, previa autorizzazione della Giunta regionale, eventuali detrazioni sull'importo totale della diaria riconosciuta, relativamente a periodi in cui i requisiti posseduti, in special modo per quanto concerne il personale dipendente, risultassero inferiori ai minimi di legge.
In ogni caso, da quanto precede, emerge evidente la necessità che la Regione si doti di forme di controllo idonee a garantire, senza soluzione di continuità, la correttezza delle attività delle UU.SS.SS.LL..
In tal senso, ho predisposto un disegno di legge, ancora all'esame dei competenti uffici regionali, per attivare presso l'Assessorato un apposito servizio ispettivo, così come previsto dall'art. 13, primo comma, della legge 26.4.1982 n. 181.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Ascoltando la risposta alle interrogazioni dell'Assessore competente sembra sempre che gli Assessori e gli Assessorati si rendano conto di quello che avviene quando esistono interrogazioni da parte dei Consiglieri.
L'episodio di Villa Ida risale al '78. Credo che il tentativo dell'Assessore di minimizzare la situazione condendo la sua risposta con: "è all'esame dell'Assessorato", "stiamo vedendo cosa si deve fare", mi sembra che denoti quel famoso ritardo per cui, giustamente, i cittadini quando pensano alle istituzioni politiche o ai loro amministratori sentono che il distacco tra loro e le mansioni che ai politici e agli amministratori vengono delegate si fa sempre più vasto, quindi aumenta la disaffezione. Usando questo termine, uso un eufemismo, perché l'opinione che la gente si fa dei propri amministratori è molto più pesante di quanto io stia dicendo in questo momento.
Villa Ida è un caso tipico che denota l'immagine che la Regione, e in generale la pubblica amministrazione, può avere di fronte ai cittadini.
Villa Ida aveva stipulato nel '78 una convenzione con la Regione, sulla quale c'era stato un parere positivo da parte della Commissione Sanità di allora.
Della Commissione Sanità faceva parte la signora Vietti, che era Assessore, ora è Sindaco di Lanzo, evidentemente gli scandali fanno fare carriera. Prendo atto di questa correzione che, se non altro, aggrava la posizione della pubblica amministrazione e non la solleva dalle colpe che può avere. L'amministratore della clinica era il fratello, Piero Vietti della già citata Anna Maria Vietti. Coinvolti nell'inchiesta sono quasi tutti i componenti del comitato di gestione dell'U.S.S.L. 37., alcuni medici dell'ospedale di Ciriè, per un totale di circa 32 persone incluso Enrietti.
E la decisione di convenzionarsi con Villa Ida fu proprio presa allora da Enrietti.
Sarebbe interessante andare a rivedere i documenti di allora per capire come mai la Commissione Sanità espresse un parere favorevole, quando alla clinica, che non aveva nessuno dei requisiti richiesti, si dette parere favorevole e la Regione stanziò per i 100 dipendenti la somma di 70.000 al giorno.
Il discorso si allarga alla situazione della Sanità in Piemonte e, se pensiamo agli scandali non è certamente una situazione rosea, tale da far dire all'Assessore oggi che all'Assessorato competente "sono previsti degli studi", "si vedrà come intervenire".
Secondo me la situazione è molto più grave perché abbiamo: 20 anestesisti negli ospedali Torinesi che hanno ricevuto comunicazione giudiziaria perché erano contemporaneamente presenti sia negli ospedali che in cliniche private il Comitato di gestione di Orbassano è sotto inchiesta per approvazioni facili 48 medici novaresi sono sotto inchiesta perché curavano malati deceduti senza tenere conto di tutte le denunce che il movimento federativo ha sempre presentato e raccolto per quanto riguarda il comportamento dell'U.S.S.L.
Nella mia interrogazione, che - sottolineo - era del 14 novembre chiedevo alla Regione quali controlli effettivi avesse messo in atto.
Sentirmi oggi rispondere che l'Assessorato competente sta preparando degli strumenti per intervenire è come dire che l'Assessorato competente non ha in mano assolutamente niente per modificare questa situazione e far sì che le varie ville Ida, con tutto quello che ho enunciato fino adesso, non abbiano a ripetersi. Prendo atto che l'Assessorato in questo momento non può presentare al Consiglio nessun tipo di intervento che garantisca la Regione e quindi i cittadini di fronte a queste situazioni che si ripeteranno, non possiamo essere sicuri quando si ripeteranno e come possiamo solo essere sicuri che ci sarà un altro Consigliere, un altro intervento, un'altra interrogazione che riandando indietro si dirà le stesse cose che ho detto io in questo momento, perché la Regione non ha ancora attivato quegli strumenti che permettano il controllo e la trasparenza di quello che avviene sotto la sua giurisdizione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Ringrazio l'Assessore per la risposta e per le informazioni che ha dato. Mi rendo conto che siamo di fronte a una situazione in cui vanno distinte le responsabilità e i compiti della Magistratura da quelli dell'amministrazione regionale.
Credo anch'io però, come diceva il Consigliere Pezzana, che un episodio di questo genere non debba far minimizzare i rischi che ci sono nei rapporti con il privato e, alcune volte, anche all'interno del sistema pubblico evidentemente nel comportamento dei singoli. Mentre mi pare giusto che la Giunta esamini e possibilmente risolva rapidamente il problema di una eventuale costituzione di parte civile, devo dire che mi lascia perplessa l'informazione data dall'Assessore sulla verifica, se ho ben inteso, condotta sulle condizioni e la capacità della struttura di rispondere all'impegno convenzionale e la riconferma della stessa collocazione nel tipo di fascia della clinica stessa. Visto che c'è un precedente negativo, sarebbe stato opportuno - lo chiedo comunque - che questa questione, per una valutazione più attenta che forse in aula non si può fare, torni in sede di V Commissione per informazioni più precise. Come è stato possibile che una clinica, che per tanti anni ha lucrato sul denaro pubblico, non essendo in grado di rispondere, a quanto pare, ai servizi che si era impegnata a fornire, improvvisamente si trovi ad essere a posto e regolarmente adeguata al suo compito. Chiedo quindi che, come in altre occasioni, tali questioni passarono nella Commissione, anche in questo caso ritorni in quella sede.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazioni dei Consiglieri Reburdo e Ala inerente il censimento nazionale delle industrie ordinato dal Ministero della Sanità


PRESIDENTE

Interrogazioni dei Consiglieri Reburdo e Ala inerenti il censimento nazionale delle industrie ad alto rischio.
La parola all'Assessore Olivieri.



OLIVIERI Aldo, Assessore alla sanità

Il Ministro della Sanità, con l'Ordinanza del 21.2.1985 ha avviato il censimento nazionale delle industrie a grande rischio. Con tale atto il Ministero ha inteso dare applicazione, da un punto di vista operativo, ai contenuti più urgenti della Direttiva CEE 82/501, la quale non è stata ancora recepita nella legislazione italiana e che il Consiglio dei Ministri della CEE ha approvato il 24.6.1982 a seguito dei noti eventi di Seveso e Manfredonia.
Il giorno 8 maggio 1985 è scaduto il termine di 60 gg. previsto dall'Ordinanza ministeriale per la presentazione, da parte delle Aziende interessate, dell'apposito questionario relativo agli Stabilimenti e depositi a grande rischio.
Risultano per ora pervenuti al Ministero 9.945 questionari.
Il Ministero competente ha quindi incaricato l'Istituto Superiore di Sanità e l'Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro di elaborare, per la parte di loro competenza, i dati raccolti.
Oltre ad una registrazione e catalogazione dei questionari pervenuti suddividendoli per Regione, Provincia e Comune, l'I.S.P.E.S.L. ha provveduto a: a)elencare le Aziende nelle quali sono comunque presenti (in ciclo o in deposito) le sostanze elencate negli allegati II e III dell'Ordinanza, in quantità superiori ai valori di soglia stabiliti dalla Direttiva CEE 501/1982 b) elencare le Aziende nelle quali sono comunque presenti (in ciclo o in deposito) le sostanze riportate negli allegati II e III dell'Ordinanza c) elencare le Aziende che hanno provveduto alla sola compilazione dei punti 1) e 2) del questionario relativi alla sede, tipo e descrizione dell'attività svolta.
L'Istituto Superiore di Sanità ha invece provveduto ad elaborare una scheda tecnica, in cui sono contenute informazioni relative alle sostanze al loro utilizzo, alle loro proprietà tossicologiche,ecc..., per ogni Azienda in cui siano presenti (in ciclo o in deposito) le sostanze riportate negli allegati II e III dell'Ordinanza ministeriale, in quantità superiori ai valori di soglia stabiliti dalla Direttiva CEE.
Le Aziende interessate risultano essere complessivamente 391 sull'intero territorio nazionale. Di queste Aziende 36, pari al 9,2% sono ubicate nel territorio piemontese e sono così ripartite per Provincia: Prov. di Torino n. 16 aziende Prov. di Novara n. 12 aziende Prov. di Alessandria n. 6 aziende Prov. di Vercelli n. 1 aziende Prov. di Cuneo n. 1 aziende Prov. di Asti nessuna Il primo elaborato dell'I.S.P.E.S.L. trasmesso alle Regioni in questo mese è relativo alle 391 Aziende ed in particolare sono elencate le 36 Aziende piemontesi con il nome del Responsabile dello Stabilimento, il recapito telefonico, le sostanze in ciclo, sia per quanto attiene il quantitativo che per quanto attiene l'aspetto qualitativo, eventuale presenza di depositi nonché il Comune in cui ha sede l'insediamento produttivo. Manca quindi l'elaborazione successiva da parte dell'Istituto Superiore di Sanità sulle sostanze e le loro caratteristiche chimico fisiche, tossicologiche, studi ambientali e osservazioni sull'uomo.
Dai dati contenuti nell'elaborato dell'I.S.P.E.S.L. si evidenzia che: in Piemonte esistono, in riferimento alle sostanze contenute nell'allegato II della Direttiva CEE: n. 8 depositi di liquidi facilmente infiammabili n. 10 depositi di gas infiammabili n. 1 depositi di Clorato di Sodio n. 1 depositi di Acrilonitrile n. 3 depositi di Ammoniaca per un totale di 23 depositi installati presso 16 Aziende delle 36 censite nei cicli di produzione delle 36 Aziende piemontesi, vengono utilizzate solo 27 delle 178 sostanze elencate nell'Allegato III, e si deve rilevare che alcune Aziende utilizzano più sostanze tabellate nei loro cicli produttivi.
In proposito si possono fare queste prime considerazioni in ordine al fatto che i depositi previsti dalla Direttiva CEE sono riferiti solo a 9 sostanze, impedendo quindi la possibilità di acquisire informazioni sull'esistenza di stoccaggi di altre sostanze pericolose previste già in altra legislazione vigente; che le sostanze tossiche utilizzate nei cicli produttivi sono certamente superiori a quelle contenute nella Direttiva CEE.
Ne consegue che dai primi dati a disposizione, benché rappresentino l'avvio di una attività di censimento sistematica, non potrà essere compiutamente definita la realtà esistente sul territorio regionale.
Questo Assessorato alla sanità provvederà ad informare i componenti del Consiglio regionale trasmettendo al Presidente tutta la documentazione acquisita e quella che si acquisirà in relazione al censimento delle Industrie ad alto rischio.
Contestualmente ad ogni Comune interessato ed alle UU.SS.SS.LL. terri torialmente competenti si trasmetteranno le informazioni in nostro possesso e si provvederà a convocare una riunione con i Comuni e le UU.SS.SS.LL.
interessate per definire congiuntamente gli strumenti necessari a fronteggiare eventuali situazioni comportanti rischio per la salute pubblica, l'Igiene e l'Ambiente.
Per quanto precedentemente evidenziato, al fine di elaborare una mappa regionale della distribuzione delle Aziende ad "alto rischio" l'Assessorato alla Sanità intende proporre alla Giunta Regionale un progetto complessivo che comprenda in modo specifico le seguenti iniziative: 1) censimento generale delle Aziende che hanno sede nella nostra Regione, predisponendo una specifica Direttiva operativa per tutte le UU.SS.SS.LL.
2) attivazione in tutte le UU.SS.SS.LL. della "scheda di notifica" sinora utilizzata in fase di sperimentazione solo in alcune UU.SS.SS.LL.
3) nell'ambito delle competenze in materia di protezione civile della Prefettura, si avvierà un'indagine regionale mirata all'identificazione di tutte le industrie ad "alto rischio", predisponendo protocolli operativi di intervento che permettano di fronteggiare situazioni di possibile emergenza, questa iniziativa verrà, in una prima fase, verificata ed attuata in accordo con la Prefettura di Torino e per la Provincia di Torino.
I cittadini saranno informati degli eventuali pericoli presenti sul territorio con iniziative di Educazione Sanitaria attraverso la realizzazione, la stampa, e la diffusione di opuscoli informativi contenenti i dati, le mappe ed ogni altra notizia utile al fine di consentire una puntuale e più precisa conoscenza.
Al di là di queste notizie che erano pronte da diverso tempo, devo dire che ho avuto una serie di contatti con la Magistratura, con i Vigili del Fuoco ,e con il Politecnico per attivare una Commissione specifica che consenta una valutazione su tutte le industrie già classificate nell'ambito Ministeriale, per verificare in modo compiuto se siano in atto tutte le misure di sicurezza che sono opportune nei casi in oggetto, se tutti i meccanismi di protezione siano nelle migliori condizioni di mantenimento se non emergano con palese evidenza necessità che gruppi di depositi debbano essere spostati qualora essi siano nei pressi di centri abitati.
Questi sono i primi dati. Ho preso contatto anche con la Protezione Civile a livello romano, in quanto indubbiamente l'argomento in se stesso dell'Industria a "grande rischio" non è soltanto un problema squisitamente sanitario, ma è un problema che coinvolge tutto il sistema della Protezione, quindi deve vedere attivate potenzialità di intervento in casi d'emergenza, che, comunque, al di là di ogni buona volontà, di ogni provvedimento tecnico che si possa prendere, potrebbero sempre avvenire.
Pensiamo ai meteorismi che possono intervenire in caso di accidenti, di uragani e così via.
E' una situazione estremamente complessa, che coinvolge la Sanità per la sua parte, ma che dovrebbe vedere coinvolto tutto l'arco delle autorità civili ed anche militari.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore Olivieri per il documento che ci ha fatto pervenire su un problema del quale abbiamo preso conoscenza attraverso i mezzi d'informazione. L'elenco che i giornali avevano anticipato è confermato dalla documentazione ufficiale che, tra l'altro, è stata fatta pervenire alla Regione, se non sbaglio, soltanto il 22 gennaio.
Quindi, anche in questo caso con un certo ritardo di fronte ad un problema, come ha anche affermato l'Assessore Olivieri, fortemente preoccupante. E' opportuno che anche a livello regionale si sia attivi, per verificare la veridicità del censimento per estenderlo eventualmente anche ad altre situazioni che non possono essere a conoscenza del Ministero della Sanità. E' sicuramente importante coinvolgere le UU.SS.SS.LL. eventualmente corresponsabilizzando le forze produttive e le organizzazioni sindacali per rilevare la complessità della situazione in una regione industrializzata com'è il Piemonte. La chiusura di determinati sistemi comporta un cambiamento produttivo abbastanza rapido. Quindi, è opportuno seguire continuativamente questo sviluppo.
Mi pare anche opportuna la corresponsabilizzazione della Protezione Civile, l'operazione andrebbe avviata con una certa celerità, visto che in occasione dell'abbondante caduta della neve in Piemonte la Protezione Civile era inesistente.
Oltre al censimento sarebbe anche opportuno poter intervenire all'interno dei piani regolatori e di tutte le scelte di carattere urbanistico e produttivo, al fine di guidare gli insediamenti futuri dal punto di vista della salvaguardia dell'ambiente e del territorio ma anche dal punto di vista delle calamità naturali, tra le quali il terremoto.
Si tratterebbe di sapere, per esempio, quante di quelle "bombe" sono collocate in aree sismiche. Mi auguro che questi problemi vengano celermente affrontati e seguiti e che i provvedimenti ai quali accennava l'Assessore siano attivati il più rapidamente possibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Gentile Assessore, grazie per la risposta che so già pronta da tempo.
Per prima cosa, desidero sottolineare positivamente il fatto che l'Amministrazione del Piemonte ha scelto la strada della divulgazione dei dati, diversamente da altre Regioni (la Lombardia, ad esempio).
Sono passati alcuni mesi da quando hanno cominciato a circolare le prime notizie relative a questo censimento, soprattutto su "Panorama" e "Nuova Ecologia", che avevano anche pubblicato un primo elenco di aziende ad alto rischio; il materiale ora fornito permette di esaminare in dettaglio la situazione, di avere un quadro più preciso, di fugare anche almeno in parte allarmismi e incertezze, o polveroni sollevati da alcune Associazioni industriali e permette di avere un quadro più completo.
Da questo quadro emerge una certa approssimazione nel censimento dovuta alle modalità con cui è stato fatto dal Ministero. Da un lato il meccanismo dell'autodenuncia, che può permettere una area di evasione, che spero le UU.SS.SS.LL. e la Giunta regionale, per quanto di loro competenza cercheranno con la maggior rapidità possibile di evidenziare, prestando una particolare attenzione soprattutto alle piccole aziende; dall'altro il meccanismo di questo censimento, non permette - l'Assessore lo ha già richiamato, individuandolo come uno dei compiti che dovrebbe essere di competenza della Regione e di altre Amministrazioni - di evidenziare quanto lo stoccaggio di certe sostanze sia pericoloso, non prendendo in considerazione le modalità esatte dello stoccaggio. Non è soltanto la quantità della sostanza, ma anche le modalità d'uso, di trasporto, di deposito a renderla pericolosa.
Raccomando soltanto, e raccomando a tutti, di fare in fretta. Soltanto nell'ultimo mese, abbiamo avuto l'incendio dei depositi Agip di Napoli, due grossi incidenti all'Acna di Cengio, quattro lavoratori morti in una raffineria in Toscana, nubi tossiche a Chieti, per indicare soltanto - per gli ultimi 30 giorni - alcuni rilevanti incidenti, che hanno coinvolto questo tipo di aziende.
Bisognerebbe inoltre tenere conto del fatto che, probabilmente, il rischio industriale è maggiormente diffuso di quanto risulta da questo censimento.
Raccomando quindi la rapidità nelle decisioni da adottare ed il mantenimento di questa linea di costante e completa informazione, sia dei Consiglieri regionali, sia delle popolazioni locali interessate; raccomando anch'io, come ha, già fatto il collega Reburdo, uno stretto collegamento con la Protezione Civile, proprio perché questo problema investe direttamente questo tipo di competenze. Raccomanderei anche un po' più di attenzione nei bilanci e nella spesa da parte del tuo Assessorato, per quanto riguarda la prevenzione dei rischi di carattere industriale, anche se mi pare non sia prevista nessuna spesa di questo tipo nel fondo Sanitario Nazionale.
Riandando alle parole dette dal Sottosegretario Francesco de Lorenzo secondo il quale il Ministero della Sanità avrebbe periodicamente convocato le Amministrazioni pubbliche interessate, per approfondire gli ulteriori aspetti di questa materia e per passare alle questioni operative, vorrei che degli esiti di questi incontri fosse informata la Commissione competente.
Io non so se questa collaborazione è stata avviata. Proporr probabilmente al prossimo Consiglio regionale un Ordine del giorno che inviti il Parlamento Italiano a recepire finalmente la Direttiva CEE sui grandi rischi Industriali, che finora non è entrata a far parte della legislazione italiana.
Vorrei che, soprattutto, il Presidente della Giunta, al quale compete la Protezione Civile, lavorasse di concerto con le Prefetture e gli altri Organi competenti per la predisposizione, nei casi più gravi almeno ed anche questo con urgenza, di piani di emergenza esterni. Come già ha affermato a Torino, al Convegno sulla Protezione Civile, il Ministro Zamberletti alcune di queste industrie, magari nascoste nella campagna o dietro il vicolo o addirittura nel seminterrato del condominio, sono delle autentiche bombe.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione dei Consiglieri Bontempi e Manfredini inerente lo stabilimento FILSETA di Perosa Argentina


PRESIDENTE

Interrogazione dei Consiglieri Bontempi e Manfredini inerente lo stabilimento FILSETA di Perosa Argentina. La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'industria

L'interrogazione dei colleghi Bontempi e Manfredini è legata al problema della FILSETA del Gruppo Cascami Seta, che negli ultimi mesi ha impegnato la Regione e l'Assessorato e che sinora non ha avuto soluzione.
In sede Ministeriale, presenti le parti, è stata avanzata un'ipotesi di accordo su cui desidero subito dire che l'Assessorato non conviene.
La crisi produttiva e finanziaria che ha colpito il Gruppo Cascami perdura da anni. Le continue e consistenti perdite hanno portato la Società a individuare un piano di ristrutturazione dei processi produttivi e della rete di vendita. I punti di debolezza, che sono da rilevare, appaiono soprattutto costituiti da un marketing superato e da una struttura produttiva irrazionale, nonché da una struttura finanziaria non ottimale dovuta al permanere di investimenti non funzionali al processo produttivo.
Il piano di ristrutturazione che è stato presentato dall'azienda ed esaminato in ripetute riunioni presso il Ministero del Lavoro, alla presenza del sottosegretario Borruso che segue la vertenza, si impernia sul rinnovamento del marketing, sull'introduzione di nuovi e più convenienti processi produttivi, sulla razionalizzazione degli impianti e macchinari sulla semplificazione dell'organizzazione. Ma l'attuazione di tale piano creerà un'esuberanza di personale, che è valutabile in circa 400 unità, a parità di fatturato e di produzione.
Il piano, tra l'altro, prevede lo scorporo dalla Cascami 1872 degli stabilimenti di Tarcento, Zugliano e Jesi, che verranno apportati alle Società operative "Cascami Filatura delle Venezie" e "Cascami Filatura di Jesi".
Da un punto di vista occupazionale il maggior onere della ristrutturazione del Gruppo e dei ridimensionamenti previsti dovrebbe essere sostenuto dallo stabilimento di Perosa Argentina. In seguito ai vari incontri presso il Ministero del Lavoro con tutte le parti interessate, a cui la Regione ha partecipato, si è pervenuti ad un'ipotesi di intesa ancora peraltro da sottoscrivere e che non è condivisa dall'Assessorato.
Tale ipotesi di intesa prevede che lo stabilimento di Perosa Argentina debba essere adibito specificamente e solo alla macerazione della seta con un numero di unità orientativamente intorno alle 105 persone. Per ciò che concerne la maestranza resasi esuberante (oggi vi sono in forza circa 320 unità a Perosa Argentina) l'azienda ha dato un incarico ad una società di ricerche, la SOGES, di elaborare un piano di fattibilità per la localizzazione di attività industriali e artigianali negli immobili che si renderanno disponibili; attività che dovrebbero però assorbire nell'ipotesi migliore per gli approfondimenti che si è riusciti a fare, non più di 60 unità lavorative. Devo dire però che non è molto convincente quest'ipotesi di ricorso ad uno studio affidato ad una società esterna perché la spesa che per lo stesso è prevista e le ipotesi minimali che vengono presentate non danno sufficienti garanzie.
Se non ricordo male, nell'ultima riunione al Ministero si è precisato che questa ricerca dovrebbe costare sugli 8.000.000 e sappiamo tutti valutare che cosa possa significare: probabilmente che l'azienda ha tentato tutte le strade per cercare di avviare qualche attività sostitutiva mettendo a disposizione i capannoni che si renderanno liberi.
Il Ministero del Lavoro si è impegnato a convocare un incontro specifico per esaminare il piano di fattibilità, che sarà elaborato dalla SOGES; l'unica cosa che si è ottenuta è che tale esame dovrebbe avvenire entro il mese di febbraio e che la Cascami Seta S.p.A. si impegna, fino a quando non sia stato esaminato il progetto di fattibilità studiato dalla SOGES, a non procedere ad alcuna alienazione degli immobili.
La Regione, dovendo riconoscere purtroppo che nessun'altra intesa ha potuto essere definita e che le organizzazioni sindacali nazionali di conseguenza hanno accettato di massima la proposta di pesante riduzione occupazionale per lo stabilimento di Perosa Argentina, ha segnalato che non può opporsi all'accordo di massima prospettato, richiedendo però delle garanzie sulla proroga della cassa integrazione per tutti i dipendenti e si è riservata di assumere una posizione definitiva dopo che sarà conosciuto e valutato il piano di fattibilità per attività sostitutive che la Cascami Seta, come ho ricordato, si è impegnata a presentare entro il mese di febbraio 1986.
La Regione ha altresì precisato al Ministero del Lavoro durante le riunioni e per iscritto che si riteneva e si ritiene tuttora che l'accordo avrebbe dovuto assicurare quantomeno un più alto livello occupazionale - si ragionava almeno attorno ai 140/150 dipendenti - e possibilmente avrebbe dovuto salvaguardare la presenza di un reparto di pettinatura accanto a quello della macerazione. Ciò per garantirsi che in un secondo momento non ci sia un trasferimento successivo dell'attività di macerazione presso gli stabilimenti del Gruppo che saranno potenziati, particolarmente quello di Tarcento, anche in virtù di finanziamenti speciali, che la Regione Friuli Venezia-Giulia, disponendo di poteri diversi dai nostri, è disponibile a dare al Gruppo Cascami per la ristrutturazione.
Non ci siamo potuti opporre in modo netto all'accordo prospettato in sede nazionale per due motivi: in primo luogo, perché i sindacati a livello nazionale lo giudicano complessivamente realistico e quindi come un accordo che può essere sottoscritto; in secondo luogo, perché l'alternativa parrebbe, se noi ci opponessimo fino in fondo e non si addivenisse alla firma di un accordo, solo quella di una chiusura definitiva dello stabilimento di Perosa Argentina e dell'impossibilità di chiedere la proroga della cassa integrazione guadagni, in quanto il CIPI aveva a suo tempo deliberato che la cassa integrazione guadagni, attualmente in corso rappresentava l'ultima proroga. Siamo cioè di fronte ad una situazione molto complessa e difficile, in una zona già molto colpita della nostra regione, che non ci consente di opporci duramente, e ci ha indotti a mantenere aperta la trattativa prima di arrivare all'accordo definitivo ricordando però che puntiamo ancora sulle direttrici prima ricordate: salvaguardare un livello di occupazione superiore di 40/50 unità a quello indicato dal Gruppo Cascami Seta e cercare di ottenere il mantenimento di un reparto di pettinatura accanto a quello di macerazione. Ci riserviamo poi di valutare il progetto di fattibilità, che l'azienda ha commissionato alla SOGES, e di ciò terremo informati i colleghi interroganti e il Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Manfredini.



MANFREDINI Viller

Signor Presidente, ringrazio l'Assessore per la risposta che ci ha voluto dare, anche se la risposta è arrivata oggi, ma dalle notizie forniteci dall'Assessore questo ritardo è giustificato dalle cose che abbiamo potuto apprendere nelle notizie esposte.
Anche noi, quando abbiamo posto con l'interrogazione il problema all'Assessorato regionale, siamo partiti dalla preoccupazione che nella Val Chisone siamo di fronte, con il problema della FILSETA, ad un ennesimo caso di riduzione delle capacità produttive con gli evidenti aspetti negativi per l'occupazione.
Anche per noi pare che possa essere condiviso il lavoro svolto dall'Assessorato per tentare di mantenere aperta una trattativa, che possa consentire un recupero ulteriore dei limiti presentati nell'accordo.
Siamo preoccupati, come partito, perché siamo di fronte ad una situazione resa ancora più grave dalla situazione complessiva economico produttiva delle valli Chisone e Germanasca, già colpite, occorre ricordarlo, da chiusure di altri stabilimenti o da ridimensionamenti degli stessi a cominciare dalla FIAT di Villar Perosa.
Infine siamo preoccupati, perché abbiamo ancora una volta un calo evidente, significativo e drammatico di occupazione femminile. Credo che occorre individuare, e mi pare che le proposte suggerite dall'Assessore vadano sostenute, un'iniziativa più articolata, con strumenti che oggi abbiamo, ma credo anche che occorre chiedere agli organi di governo, mi richiamo alla discussione per quanto riguarda queste questioni che affronteremo successivamente a tempi brevi con la mozione, che noi abbiamo presentato, sul lavoro. Condivido l'opinione dell'Assessore sulla discutibilità dell'accordo: questo è un accordo tampone, che ha le caratteristiche negative, ma che in queste condizioni probabilmente era per le organizzazioni sindacali l'unica occasione rimasta per mantenere un confronto aperto, un'occasione con il padronato e con il Governo.
E' certo che l'intervento in questo spazio ristretto, marginale finch si vuole dell'autorità di governo regionale può consentire, anche alle stesse organizzazioni sindacali, di intervenire nella sottoscrizione definitiva dell'accordo a risultati più consistenti di quelli attuali.
Tuttavia credo anche che per questa fabbrica, così come per altre siamo di fronte a una situazione di precarietà, di incertezza che pu essere superata non solo con l'intervento del sindacato, ma se attorno ad essa più forze e più idee ed una maggiore unità anche di capacità di intervento delle forze politiche, a cominciare dall'organo regionale, pu creare le possibilità di una risposta più positiva di quella che oggi noi abbiamo. Forse occorre proprio utilizzare questo accordo, i suoi stessi limiti, mi pare anche di condividere in tal senso l'espressione dell'Assessore, che in sostanza dà ancora un po' più di fiato per assumere iniziative possibili per questa fabbrica e per interventi anche in tutta l'area del pinerolese e delle valli che ne formano il bacino economico.
In questo contesto ricordo anche che iniziative per risottolineare il problema, partendo anche dalla FILSETA, ma non solo da questa fabbrica per tutta l'area del pinerolese e delle valli, è stata assunta alcuni mesi fa dalle stesse organizzazioni sindacali, che hanno chiesto precise rivendicazioni e che hanno anche aperto vertenze a vario titolo con imprese, a cominciare dalla RIV-SKF per la possibilità di una riapertura di occupazione in quegli stabilimenti.
Vorrei richiamare che l'area pinerolese è il bacino economico, dove è inserita la FILSETA; ha un'aggravante nella composizione della disoccupazione derivata proprio dalla massiccia presenza di manodopera femminile, che non solo il settore tessile ha espulso dal processo produttivo, ma anche una consistente quota determinata dalla crisi della INDESIT. Anche per questo noi abbiamo tentato di individuare attraverso le proposte contenute nella nostra mozione sul lavoro alcune risposte parziali, ma risposte possibili.
Bisogna intervenire in fretta, ribadendo il consenso alla risposta che l'Assessore ha voluto assumere e quindi abbiamo voluto proprio utilizzare questa interrogazione per richiamare l'allarme attorno alla crisi della FILSETA, perché non è solo la crisi di questa azienda, ma è la crisi di un'area molto più vasta e soprattutto un'area importante economicamente per la nostra regione.
Invitiamo l'Assessore a continuare a seguire con attenzione la strada percorsa, le possibilità di rivedere i termini di accordo per aumentare le quote definite e vorrei chiedere al Presidente e all'Assessore stesso anche una cortesia: non ho utilizzato lo strumento dell'interrogazione, non vorrei rivolgermi all'Assessore Genovese, per segnalare in una zona non molto distante dall'area del pinerolese la situazione della Cartiera Italiana Riunita di Coazze, anch'essa a quanto mi risulta all'attenzione dell'Assessorato regionale al lavoro e se non ufficialmente, almeno per iscritto, se l'Assessore, appena potrà, potesse comunicarci a che punto stanno le iniziative per quanto riguarda l'Assessorato e la CIR.


Argomento:

Interrogazione dei Consiglieri Bontempi e Manfredini inerente lo stabilimento FILSETA di Perosa Argentina

Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

Comunico che verrà data risposta scritta alle seguenti interrogazioni: n. 173 del Consigliere Valeri, inerente l'Azienda CIPAS n. 213 del Consigliere Staglianò inerente l'uso di anticrittogamici n. 194 del Consigliere Rossa inerente la Cooperativa Cuneo Polli di Genola


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Programmazione: argomenti non sopra specificati

Dibattito sugli indirizzi politico-programmatici della Giunta regionale


PRESIDENTE

Inizia ora la discussione sugli indirizzi politico-programmatici della Giunta regionale.
Chiederei l'attenzione e la presenza massima. Come Voi sapete, e devo darne comunicazione, è stata pubblicata e promulgata la legge per le presenze, dal 1 gennaio sono scattati i meccanismi che il Consiglio regionale approverà perché la relativa delibera è stata mandata alla prima Commissione, e tra ieri e oggi dovrebbe arrivarvi. Attenzione, perché la mancata presenza, come ha detto l'emendamento Bontempi, porta alla detrazione di un quindicesimo dello stipendio.
La parola al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, per esprimere alcune valutazioni di carattere generale sul documento programmatico della Giunta vorrei partire da alcune considerazioni di carattere generale, avendo ben presente la natura del documento che abbiamo di fronte. La Giunta ha ritenuto corretto proporre alla nostra discussione un documento intermedio di passaggio dalle dichiarazioni programmatiche dell'agosto scorso al nuovo piano regionale di sviluppo. E' un documento nel quale si propongono procedure di lavoro e di riforme legislative, ma nel quale si formulano anche degli obiettivi e si prefigurano delle scelte. Ci viene dunque fornito del materiale sul quale dibattere, prima di arrivare ad una compiuta bozza di piano regionale, anzi per cercare di arrivare a questa bozza di piano anche attraverso il fondamentale contributo del Consiglio regionale, quale si sviluppa oggi. La procedura della Giunta Regionale ci sembra dunque corretta e, apprezzabile. La Giunta ci dice,-nei suoi indirizzi programmatici, come intende arrivare al nuovo piano regiona-le di sviluppo e quali saranno gli obiettivi e le linee di fondo di questo piano.
Ma ci dice anche esplicitamente che non partirà da zero, che terrà conto delle precedenti elaborazioni, cambiando, aggiornando e innovando. E aggiunge che talune impostazioni (le linee generali di organizzazioni territoriale, la grande maglia delle vie di comunicazione) possono essere confermate. Mi sembra che si possa convenire con questo atteggiamento, il quale prende atto che talune linee espresse dalle precedenti Giunte sono frutto di un processo di elaborazione che risale indietro nel tempo e che ha impegnato diversi enti e forze politiche. Chi, come me, è anziano di vita amministrativa, ha colto con interesse i richiami ai disegni di una organizzazione del territorio del Piemonte formulati, nel corso degli anni sessanta, dall'IRES "amministrato" dall'Unione delle province Piemontesi e poi dal Comitato regionale per la Programmazione Economica del Piemonte. Il riferimento alle passate esperienze di programmazione è però utile e produttivo se si tradurrà in una serie di riflessioni che colga insieme gli elementi di validità di un impianto di previsioni messo in piedi negli anni settanta (pensiamo agli enti strumentali), ma pure le ragioni di tanti ritardi o dei mancati adempimenti (ad esempio sul terreno dei programmi pluriennali di attività e di spesa) o della impraticabilità di procedure forse perfette solo sulla carta (come quelle della legge sulle procedure della programmazione, che è stata probabilmente la meno rispettata e la meno ricordata, in questi anni, tra tutte le leggi regionali). Se questa riflessione verrà sviluppata in maniera approfondita, si individueranno forse le ragioni delle difficoltà di passare dai piani ai progetti, alla attuazione, all'amministrazione della programmazione da parte di una struttura regionale che la programmazione stessa ha adottato come metodo di lavoro, come scelta statutaria e costituente.
Nei prossimi mesi la Giunta regionale dovrà passare dagli indirizzi al nuovo piano regionale di sviluppo. Sarà bene che lo faccia elaborando una programmazione fattibile, definendo compiutamente programmi e progetti e soprattutto, mettendo in piedi una snella ed efficiente struttura organizzativa per la gestione dei progetti. Si tratta di un lavoro che, a mio avviso, deve cominciare subito, già oggi, nella fase di elaborazione del piano regionale.
Tutta la struttura regionale dovrà essere attivamente interessata alla elaborazione del piano. Ritengo che la Regione abbia al proprio interno nei suoi servizi e tra il suo personale, energie e capacità forse non sufficientemente impiegate. La Giunta deve attivare l'elaborazione di un piano regionale non attraverso pochi servizi o persone, ma con il concorso della intera struttura, per passare poi alla gestione del piano, alla sua attuazione e al controllo della sua esecuzione. Il documento con gli indirizzi politico-programmatici, che è oggi in discussione comprende una parte con gli indirizzi generali per il piano regionale e una seconda parte con le indicazioni delle politiche settoriali.
E' nell'approfondimento di questa seconda parte che si rivelerà prezioso l'apporto di tutta la struttura regionale (con il necessario ruolo, di coordinamento e di raccordo tra i servizi, della programmazione regionale), soprattutto se si vuole realmente produrre un vero e proprio programma pluriennale di attività e di spesa. Ritengo che questo documento costituisca un fondamentale banco di prova, nel cercare di far sì che la programmazione, in questa Regione, diventi, almeno tendenzialmente, un costume di tutti, nel quotidiano.
E' un costume che deve esprimersi nella sua essenza, che è quella di fare delle scelte precise e puntuali. Il che vuol dire: selezionare (tra i diversi programmi e progetti sul tappeto), fissare delle rigorose scale di priorità, esprimersi costantemente in termini di progettualità verso l'esterno (i progetti FIO e i progetti che devono attingere in maniera più cospicua ai diversi fondi CEE) e anche all'interno della Regione (se si vorrà arrivare a una diffusa pratica di analisi costi/benefici e di analisi di impatto ambientale).
L'esigenza di lavorare selettivamente e per progetti, la necessità di attingere, nella misura massima possibile, alla finanza nazionale e comunitaria, per il finanziamento di investimenti di pronto realizzo e di diretta creazione di posti di lavoro, è una strada maestra (in verità già in parte praticata) per uscire dai vincoli che stanno riducendo drasticamente la capacità di investimento della Regione, particolarmente a fini di sviluppo.
Oltre al FIO, per il quale ci siamo già attivati, sono soprattutto i fondi CEE che andranno ricercati con determinazione. Una recente nota di stampa evidenziava che il FIO nei tre, anni di attività aveva finanziato interventi per 5.601 miliardi di lire, mentre nello stesso periodo 1980/1983 gli aiuti CEE a favore delle Regioni italiane sono passati da 1.041 a 1.819 miliardi. Ma è interessante l'annotazione che commentava queste cifre: "L'utilizzo di queste risorse appare sempre più legato alla capacità delle Regioni e degli Enti locali di esprimere una progettualità integrata, peraltro piuttosto carente".
Ecco, mi sembra questo uno dei fronti sui quali operare attivamente visto che è solo con dei progetti fattibili, di pronto avvio, selezionati e prioritari, che potremo accedere ai canali di finanziamento indicati.
Un primo aspetto del disegno strategico di fondo che ci viene proposto dalla Giunta e che vorrei esaminare, è quello riguardante il rapporto tra l'area metropolitana torinese e il resto del Piemonte, nel rilancio complessivo del sistema in un quadro più competitivo e più equilibrato.
Ritengo corretto mettere in atto tutte le misure che accompagnino il rilancio e la riqualificazione del polo di Torino, nell'interesse di tutto il Piemonte, ma penso che occorra dedicare subito il massimo impegno anche al resto del Piemonte. Su Torino è urgente intervenire: perché è in questa area che i tassi di disoccupazione toccano i livelli più elevati e pertanto è qui che occorre ricreare un più intenso processo di formazione di nuovi posti di lavoro perché Torino deve potere competere più efficacemente con le altre importanti aree metropolitane (Milano e gli altri grandi centri europei che abbiamo intorno). Torino deve potere recuperare ruoli e acquisire nuovi spazi di influenza in ambito territoriale molto ampio perché una Torino più dinamica, più ricca di servizi avanzati, con un sistema di ricerca e di tecnologia più "diffusivo", è più funzionale a un Piemonte economicamente in ripresa e culturalmente più avanzato sul terreno industriale e manageriale.
Sotto questo profilo, ritengo molto interessanti tutti gli spunti che nel documento della Giunta, riguardano la "istituzionalizzazione" (da intendere, credo, nel senso di "apertura alle istituzioni") di Tecnocity, i parchi scientifici, come anche un nuovo approccio delle grandi banche regionali e di FINPIEMONTE nell'attivazione di nuovi strumenti finanziari e di assistenza alle imprese. Gli spunti vanno peraltro tradotti presto in specifici progetti sulla base di una preliminare attivazione di una più stretta concertazione tra Regione e banche e il sistema (destinatario dell'azione di questi nuovi strumenti) delle imprese, ovviamente con il supporto tecnico e organizzativo di FINPIEMONTE.
Ma se il sistema Piemonte deve ritrovare nuovi ritmi di sviluppo e un più equilibrato assetto economico e territoriale, occorre che, insieme agli sforzi dedicati a Torino, ci sia un parallelo e contemporaneo impegno dedicato al resto del Piemonte, alle aree di crisi, alle aree in fase di transizione, ma anche a quelle aree nodali dove è possibile attivare estesi spazi di terziario avanzato oppure importanti fuochi di innovazione.
Alle aree di crisi classiche, dell'alto Novarese e del basso Alessandrino, si sono aggiunte altre aree in difficoltà, come, ad esempio lo spazio intermedio del Casalese e del Vercellese. Le aree in fase di transizione, verso nuovi equilibri produttivi, come lo stesso Biellese hanno bisogno del supporto di ulteriori spinte innovative di diffusi elementi di terziario avanzato.
Bene fa il documento programmatico della Giunta a indicare sul territorio, un'importante e articolata serie di elementi terziari avanzati e innovativi. Ad esempio, lungo la dorsale di riequilibrio da Alessandria a Novara. Sarà necessario collocare in sistema tutte le realtà e tutti i progetti di questa dorsale: l'Università del Piemonte orientale e i suoi istituti di ricerca, la centrale elettro-nucleare e il suo contorno in termini di ricerca, sperimentazione e altri possibili istituti, alcuni possibili centri di diffusione dell'innovazione centrati su preesistenza di rilievo oppure legati al finanziamento comunitario.
Naturalmente il discorso si può sviluppare anche per un'altra importante area, come quella del Piemonte sud occidentale, dei comprensori della provincia di Cuneo.
Questo ci richiama ad un altro importante capitolo sugli strumenti per correggere gli squilibri, quello delle grandi infrastrutture di comunicazione e di trasporto.
Possiamo ritrovare un'analoga esigenza di un complesso integrato di interventi infrastrutturali nella parte nord orientale del Piemonte, dove è urgente un celere arrivo dell'autostrada dei trafori, una più adeguata apertura alla Svizzera, il raccordo con le autostrade da Milano ai Laghi, i centri intermodali di Novara e dell'Ossola.
Altre realtà potrebbero essere evidenziate, ma preferisco invece sviluppare alcune indicazioni di metodo. Ci sono due occasioni interrelate di fare il punto sull'armatura infrastrutturale in atto e in progetto per tutta la regione e di costruire su questa puntualizzazione una serie organica di priorità finalizzata al ruolo di Piemonte Regione d'Europa nonché alle esigenze di rilancio e di sviluppo del Piemonte.
Le occasioni sono quella, annunciata nel documento della Giunta di elaborare il piano territoriale regionale (come elemento del piano regionale di sviluppo) e quella dell'esigenza di aggiornare un piano settoriale, quale il piano regionale dei trasporti. Al piano territoriale regionale si arriverà attraverso l'esame congiunto (in sede centrale) dei documenti di piano comprensoriali. Da questo dovrà discendere l'aggiornamento del piano regionale dei trasporti e i successivi piani dei bacini di trasporto (finalizzati a fornire un supporto programmatico alla delega prevista dalla recente nuova legge generale sui trasporti). Mi sembrano, quelle accennate, due occasioni di notevole rilievo di notevole impegno, nelle quali, alla Regione, dovranno essere accomunati gli Enti locali. Il documento programmatico della Giunta ci ha presentato le cifre essenziali dell'occupazione e della disoccupazione in Piemonte. Ma dall'Assessorato al lavoro e dall'IRES ci è stata fornita adeguata documentazione in materia. A livello nazionale cresce, seppure in misura ridotta, l'occupazione insieme alla disoccupazione: in Piemonte cresce la disoccupazione mentre cala l'occupazione. Vorrei soffermarmi sulla disoccupazione dei giovani. La componente giovanile della disoccupazione è sintetizzabile in dati drammatici ( riferiti all'ambito nazionale) come questi: sull'occupazione complessiva i giovani (fino a 29 anni) contano per il 25 sulla disoccupazione complessiva i giovani contano per il 75%.
Tutto questo in un contesto europeo, in cui l'Italia conta per circa un quarto della disoccupazione comunitaria e, assestandoci sui tre milioni di persone in cerca di lavoro, abbiamo un tasso di disoccupazione sul 13%.
La drammaticità della situazione deve soprattutto servire a stimolare un impegno allargato di tutti, per difendere i livelli occupazionali, ma soprattutto per contribuire a creare nuove occasioni di lavoro, specie per i giovani. Come Regione, bene si è fatto a porre l'accento sulla realizzazione delle "infrastrutture-condizioni dello sviluppo" (che non sono soltanto le infrastrutture fisiche tradizionali, ma anche servizi reali alle imprese e, in generale, un clima favorevole al manifestarsi dell'iniziativa e della imprenditorialità) e sull'appello rivolto a tutti i soggetti operanti in Piemonte a indirizzare i loro sforzi prioritari in questa direzione.
Ma dobbiamo, innanzitutto fare il nostro dovere come Regione, nei campi di nostra diretta competenza. Uno di questi campi riguarda il sistema formativo. Va qui svolto un ampio lavoro di razionalizzazione, di selezione degli interventi, di rigorosa finalizzazione della spesa a specifiche esigenze produttive del sistema.
Il sistema della formazione professionale, che pure comprende già comparti di avanzata specializzazione ed efficienza, deve avere costantemente presenti le domande del sistema produttivo, quali vengono espresse dalle imprese, quali sono richiamate da quello che viene definito il mondo delle professioni nuove. Inoltre il sistema formativo deve essere messo in campo particolarmente nelle aree critiche della economia regionale (con riferimento ai settori e con riferimento alle aree di crisi), in maniera che esso possa operare - pur sempre attento a cogliere le specifiche domande di formazione - insieme ad altri strumenti di intervento (le aree attrezzate, incentivazioni ai consorzi di garanzia, ecc.) con un effetto cumulativo.
In altra parte del mio intervento ho accennato alla ricerca e all'innovazione. Vorrei qui, avendo presente il problema dell'occupazione sottolineare un'esigenza, quella di ricercare un difficile equilibrio o rapporto tra innovazione e solidarietà, per evitare che siano sempre e solo i deboli a pagare i costi della trasformazione e dell'introduzione di nuove tecnologie che, in parte, sostituiscono il lavoro.
Vorrei soffermarmi anche su due particolari tematiche, come quelle dell'ambiente e dell'energia, mi sembra significativo che di salvaguardia dell'ambiente e di tutela della natura già si parli tra gli obiettivi di fondo del piano regionale.
Il problema è complesso: innanzitutto di creazione di una diffusa cultura dell'ambiente e di rispetto quotidiano dell'ambiente (nell'attività delle imprese come nelle attività dei singoli).
Voglio dire che è tempo di passare dall'ecologia di una pura (e magari elitaria) denuncia, al potenziamento della ricerca, all'affinamento delle proposte e dei progetti, all'azione di tutela. Come Regione, abbiamo qui compiti di grande rilievo e di responsabilità.
Va sì completata e arricchita l'operazione parchi e riserve naturali che già hanno incluso il Piemonte tra le regioni all'avanguardia in questo campo, ma dobbiamo organicamente attuare le prescrizioni di tutela ambientale e paesistica della legge Galasso, anche se essa deve essere opportunamente reinterpretata.
Dovremmo arrivare, in tempi accettabili, al piano territoriale regionale. Insieme o al suo interno andrà portata avanti anche la redazione dei piani paesistici. Si è detto che il piano territoriale regionale deriverà dalla considerazione unitaria degli elementi di piano comprensoriale giunti, negli ultimi tempi, in regione. Orbene, proprio nei piani comprensoriali, sono contenute numerose proposte in materia di tutela paesaggistica e una considerazione unitaria di esse, vale a dire in chiave regionale, potrà fornire materiale di base per la pianificazione in esame.
E dove c'è particolare necessità di interventi organici e coordinati, lo strumento del "progetto territoriale operativo" potrà essere utilmente impiegato.
Un punto di una certa importanza che merita qui sottolineare è quello del recepimento della direttiva CEE sulle analisi di impatto ambientale.
Dobbiamo adeguatamente attrezzarci in materia, per essere in grado di praticare, con il necessario supporto delle Università, tale analisi estendendola anche oltre le elencazioni comunitarie.
Sull'energia mi preme formulare poche puntualizzazioni. Negli ultimi tempi ha dominato la scena il dibattito sul nucleare, come se il nucleare fosse la scelta energetica per eccellenza, se non l'unica scelta, di questa Regione. In realtà fare una politica energetica significa avere presente una gamma di azioni molto ampia, a cominciare da tutto quanto riguarda il risparmio energetico.
Una grande tastiera di interventi, che non dovrà essere dispersiva ma mirata, fatta di progetti ben definiti. Non posso tuttavia non ritornare qui sul progetto della centrale elettro-nucleare di Torino. Siamo vincolati in materia da un ordine del giorno del Consiglio del 27 dicembre scorso che richiede un impegno e una tensione notevoli, pari peraltro all'emergenza di un intervento di tale natura e di tale dimensione.
Vorrei sottolineare qui due soli aspetti, uno operativo-organizzativo l'altro di natura economica.
Sotto il primo profilo devo dire che ritengo di estrema importanza il coordinamento delle strutture tecnico-operative della regione a supporto della attività della Giunta regionale. Siamo di fronte ad un grosso progetto e a un grosso operatore, l'ENEL. che richiedono attitudini organizzative e manageriali eccezionali. Forse siamo anche di fronte ad un caso in cui la presenza di un "manager di progetto" (della struttura regionale) è giustificato.
L'aspetto di natura economica è quello relativo alla ricaduta di benefici economici (derivanti dalla costruzione della centrale) sull'economia piemontese e, in particolare, sull'economia dei territori intorno alla centrale o ad essa contigui. Si deve vigilare a che le ricadute ci siano (positive naturalmente) e che esse interessino in modo particolare il territorio e la popolazione che hanno contribuito alla scelta del sito, ma che, forse, sono pure stati "oggetto" della scelta.
Vorrei anche fornire al dibattito qualche puntualizzazione e qualche approfondimento sul tema del rapporto Regione-Enti locali. Il punto di partenza è che, per realizzare gli obiettivi e i progetti del piano regionale di sviluppo, occorre mobilitare tutte le energie del sistema Piemonte.
Ma penso, qui, soprattutto al nostro sforzo per la mobilitazione delle energie locali e periferiche degli Enti locali del Piemonte. Attraversiamo una cruciale fase di mutamenti, anche istituzionali, nella quale si intrecciano momenti distinti, come: la conclusione dell'esperienza comprensoriale, e il "dopo comprensori" una sistematica attuazione di deleghe di funzioni regionali a Province, Comuni, e Comunità montane la riforma delle autonomie locali da parte del Parlamento.
Sarebbe corretto operare in modo che tutti i momenti facciano parte di uno stesso disegno e, in particolare, ci sia coerenza (in termini di anticipazione) tra i primi due momenti e il terzo. In altre parole, eredi istituzionali dei Comprensori sono le Province e le assemblee dei Sindaci rappresentano un opportuno supporto di consultazione-partecipazione. Nel definire il riordino delle funzioni già dei Comprensori è necessario tenere presente questa realtà e, in particolare, della presenza, tra la Regione e i Comuni (e le Comunità Montane) di un solo effettivo livello di governo rappresentato dalle Province.
Occorrerà inoltre tenere presente che questo livello di governo è anche un effettivo livello programmazione. Elabora in effetti piani pluriennali di attività e di spesa, che devono cercare un corretto raccordo con la programmazione regionale (è la legge nazionale a dirlo, trattando delle relazioni previsionali e programmatiche che accompagnano tali piani), ma che hanno pure una loro autonomia derivante dall'autonomia dell'Ente.
Sarà bene sperimentare nuovi rapporti con questo Ente, già ora, nella fase di elaborazione del nuovo piano regionale di sviluppo. Si darà così un senso e un contenuto, sul versante delle autonomie locali, all'esigenza di mobilitare tutte le energie della comunità regionale, sul quale abbiamo posto l'accento.
Colleghi Consiglieri, mi pare poter dire, per concludere, che le Regioni restano essenziali, per quello che possono essere, nella struttura dell'ordinamento del nostro Paese, anche se, nel clima attuale, si ha la sensazione che alla realtà regionale non sia ancora riconosciuto il giusto ruolo di momento di autonomia intermedia nel filo diretto Stato-Enti locali.
Abbiamo di fronte, all'avvio della quarta legislatura regionale, una situazione in Piemonte densa di problemi, ma ricca anche di possibilità e di sfide da raccogliere, se ci faremo carico di un rinnovato, quotidiano impegno, che dia sostanza e coerenza alle linee strategiche di rilancio della nostra regione.
Possiamo quindi augurarci che l'attuale legislatura sia, finalmente quella di assestamento e di consolidamento della esperienza regionale nella piena attuazione del disegno istituzionale.
Per la nostra Regione, gli indirizzi di fondo (cui la Giunta dovrà attenersi) dunque ci sono, insieme ad un quadro realistico di ciò che il governo regionale intende fare. Auguriamoci quindi un pronto avvio delle indispensabili realizzazioni di quanto contenuto nel programma, perché su di esse si misurerà la capacità di questo nuovo governo, al quale è destinato tutto il nostro leale e costruttivo impegno, e su di esse si misurerà pure l'efficienza della nostra Assemblea.
Nello Stato italiano restano comunque emergenti le domande di efficienza e di libertà.
Di efficienza, perché molte cose restano ancora da fare: non possiamo certo delegare ad altri le nostre incombenze di amministratori. E' necessario mobilitare tutte le energie esistenti, perché la regione diventi più efficiente e cresca nella coscienza popolare, accettando la sfida dello sviluppo con tutte le difficoltà, i rischi e le incertezze che accompagnano quest'epoca di grandi manifestazioni.
Credo che la nostra Regione non possa che sentirsi in piena sintonia con l'ispirazione e i contenuti del primo messaggio rivolto al parlamento dal Capo dello Stato. Riguardo al ruolo degli Amministratori e delle Autonomie Locali e il Presidente Cossiga aveva, infatti, affermato che "l'Italia delle autonomie è il primo baluardo della democrazia del nostro Paese" e che "nel rapporto tra cittadino e amministrazione statale non meno che locale, si gioca gran parte della credibilità delle nostre istituzioni democratiche".
Il Capo dello Stato afferma poi che i problemi della credibilità dell'intero sistema, trovano riscontro anche nella capacità del settore pubblico, di dare ai cittadini risposte quotidiane ed immediate. Non possiamo che essere consenzienti con tale punto di vista e offrire la risposta anche ai piccoli problemi della gente comune e alle difficoltà del suo vivere quotidiano.
Anche per questo pur con umani immancabili errori, nelle inadeguatezze burocratiche e strutturali, le Regioni si devono innanzitutto immergere in un rapporto diretto con i cittadini mai prima d'ora immaginato.
Efficienza regionale vuol dire anche assicurare la sollecita soddisfazione dei problemi posti dagli amministratori, siano essi persone o enti.
Efficienza regionale vuol ancora dire la constatazione - per adottare i rimedi nel caso - del come la produzione legislativa e normativa dell'assemblea sia spesso oscura e difficoltosa per la successiva interpretazione da parte del cittadino e degli Enti locali.
Si impone quindi il riordino dell'esistente legislazione, raggruppando in "testi unici" i provvedimenti regionali, eliminando le inutili sovrapposizioni e facilitando l'applicazione dei dispositivi di legge, per una maggiore efficienza della stessa macchina organizzativa regionale.
Colleghi Consiglieri, vorrei concludere con un augurio.
Quello che la quarta legislatura prosegua positivamente il suo cammino ispirandosi all'esempio e coltivando il ricordo delle grandi figure che hanno punteggiato la storia del nostro Piemonte.
In questa prospettiva occorre lavorare per il bene comune, con estremo rigore di comportamento, in una inattaccabile coerenza cristallina ad ogni atto o provvedimento che si renda necessario adottare.
Ricordandoci che: questione morale e questione politica sono due aspetti non disgiunti ma che si legano indiscutibilmente tra di loro.
Il Piemonte deve ritornare ad essere un fondamentale motore dell'economia nazionale, mettendo a profitto, intelligentemente, la propria posizione geografica, attraverso la quale la nostra Regione pu qualificarsi, a tutti gli effetti, "regione d'Europa", divenendo quasi un ideale ponte tra il nostro Paese e quelli con i quali conviviamo in una "comunità" che va sempre più prendendo corpo, al di fuori degli orizzonti limitati di un tempo ormai passato.



MARCHIARO Maria Laura



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo



REBURDO Giuseppe

Sappiamo tutti che questi dibattiti lasciano il tempo che trovano, per sono poche le occasioni che abbiamo in Consiglio regionale di uscire qualche volta dal contingente per affrontare problemi complessi che abbiamo davanti a noi e il ruolo che di fronte ad essi possono svolgere le pubbliche istituzioni e la società nella sua globalità.
La presentazione del programma stimola il dibattito e coglierei l'occasione per chiedere se non sia il caso di svolgere periodicamente in Consiglio regionale dibattiti che vadano al di là del contingente dibattiti che possono apparire inutili, ma che obbligano a riflettere e ad analizzare a fondo i problemi, le situazioni e le prospettive.
Mi chiedo se le maggioranze, le opposizioni, le istituzioni, le forze politiche, la società siano adeguate a rispondere ai problemi che abbiamo di fronte.
Questo si può fare nella misura in cui si posseggono strumenti di analisi o si utilizzano studi e approfondimenti che altri compiono e sviluppano.
Mi ha colpito un recente rapporto fatto per il club di Roma sulle conséguenze sociali della cosiddetta seconda rivoluzione industriale, che accanto ad altri approfondimenti costituisce sicuramente un apporto di rilevante significato.
Intervengo qui nell'indifferenza generale, ma problemi di questo genere li ho dibattuti soltanto sabato in questa sala, presenti più di 400 persone, giovani e non giovani: era quello il luogo privilegiato per un confronto, piuttosto che una sede che molte volte è difficile interessare.
Siamo di fronte alla società dell'informatica, che sarà inevitabilmente accompagnata, di qui al duemila ed oltre, da una disoccupazione strutturale che assumerà dimensioni diverse a seconda delle situazioni, ma che comunque inciderà in modo profondo specialmente nei confronti dei giovani. Il lavoro diventa problema centrale.
Interessante è il rilevare negli studi che prima citavo, che pur non prevedendo la totale scomparsa delle forme di lavoro che oggi conosciamo si svilupperanno esperienze nuove ed emergeranno anche nuove situazioni.
In quell'analisi si dice appunto che rimarranno attivi tutti i campi di lavoro che oggi genericamente vengono definiti creativi e che questo campo di lavoro si svilupperà in modo superiore a quello attuale. Si dovrà rispondere alla domanda di istruzione in quei campi dove lo sviluppo economico sarà trainante. Il problema centrale sarà quello della domanda di ricercatori specializzati che la nuova situazione determinerà. La ricerca e la scienza diventeranno sicuramente elementi trainanti e determinanti nel futuro e quindi elementi centrali.
Assumeranno un ruolo importante le professioni e le occupazioni, che sono connesse all'organizzazione della vita sociale, che non potranno essere svolte dalle macchine, anche se lo sviluppo dei calcolatori della microelettronica sicuramente toccherà aspetti già ora intuibili, ma non facilmente prevedibili. In particolare lo sviluppo dei servizi toccherà i bisogni sociali e richiederà una pianificazione per la loro soddisfazione.
La sanità, l'educazione, l'istruzione, i trasporti, il commercio, la conservazione e la protezione dell'ambiente, i servizi bancari, il sistema turistico e alberghiero sono settori che comporteranno e avranno sicuramente un ruolo consistente.
La previdenza sociale individuale e forme di intervento collaterali assumeranno forti caratteristiche per dare quelle garanzie che il sistema produttivo di per se stesso non può dare e che il sistema per la sicurezza sociale dà con sempre maggiori difficoltà.
Si dimensioneranno in modo significativo - affermano sempre quelle indicazioni - settori ad alte specializzazioni, come il sistema organizzativo, quello delle ispezioni dei servizi. Si farà un salto di qualità nella ricerca scientifica forse senza precedenti.
E' interessante rilevare che patiti ecologisti, ambientalisti, gente ritenuta fuori dalla normalità, i cosiddetti matti, che non sono quelli degli ex Ospedali Psichiatrici, ma quelli che non stanno a certe regole del gioco, che cercano in qualche modo di dimenarsi e che non accettano queste situazioni, questi "diversi" che operano nella società, già oggi sperimentano forme di vita e di lavoro alternative e sicuramente avranno uno spazio maggiore di quello che non hanno oggi. Il discorso dell'agricoltura, della selvicoltura, del giardinaggio, dell'allevamento degli animali, in sostanza quelle opportunità per rispondere in termini di coerenza e di non accettazione di un certo modello di vita garantiscono da un lato anche un sistema produttivo, ma soprattutto la centralità della persona umana quindi, nella misura in cui il recupero dell'uomo si renderà necessario nella società tecnologica, diventeranno sicuramente elementi di espansione notevole. Assistiamo anche nel nostro paese, sia pure in ritardo, all'estendersi di forme di vita nella natura e nell'ambiente forme che rispondono alle esigenze di sopravvivenza economica e culturale.
Lo sviluppo del lavoro creativo, dell'immaginazione, della creatività favorito come politica, sono elementi attorno ai quali è opportuno compiere un ragionamento.
La disoccupazione strutturale che già oggi è abbastanza evidente, sarà sicuramente una mina innescata sulla quale siamo chiamati tutti a dare delle risposte già oggi.
Forse il mio intervento non suscita interesse ma mi pareva opportuno collocare il mio ragionamento dentro questo quadro, perché il resto che dirò è conseguente.
La domanda che ci poniamo è: di fronte a questo scenario gli interventi sono adeguati? Coloro che decidono di intervenire in questi processi sono adeguati ai compiti che hanno di fronte?Credo che la risposta sia molto preoccupata. Non la do io. L'ha data un eminente sociologo Achille Ardig che in un recente seminario organizzato dalle ACLI, in una relazione estremamente significativa ha affrontato il problema del cambio di fase.
Ardigò denunciava il fatto che questo cambio di fase sta avvenendo in una direzione individualistica e competitiva che lui chiama di "destra" e che in qualche modo affronta con proposte tradizionali invece un cambio di epoca, che meriterebbe un altro tipo di risposta. Sono elementi che raramente si conoscono, specie nella nostra Regione dove vige il monolitismo dell'informazione. Manca lo strumento fondamentale della democrazia. Abbiamo tenuto un convegno sui temi dell'obiezione fiscale alle spese militari; abbiamo avuto spazi sui giornali, "Il Corriere della Sera" "Il Messaggero", "Paese Sera" ed altri di altre regioni, ma il giornale di Torino, il giornale del futuro, quello che risponde ai bisogni della società tecnologica futura, ha sostanzialmente snobbato quel convegno, non lo ha trattato nemmeno parzialmente o in modo critico. E' preoccupante e questo ridimensiona quanto si dice sul pieno estrinsecarsi della democrazia nella società piemontese.
Ardigò parlava del cambio di fase e diceva che il compromesso tra democrazia e capitalismo che aveva caratterizzato la fase precedente socialdemocratica e social -cristiana è stato denunciato e rotto da una nuova classe imprenditoriale economica molto forte, con processi innovatori fortissimi ed una concorrenzialità finora dispiegata su tutto il mercato industriale.
Questo capitalismo rampante - dice sempre Ardigò - singolare combinazione di managerialità internazionale e di localismi sommersi interni, con problemi diversissimi, ma con somiglianze culturali molto spinte, non è più disponibile a vedere dirottata una quota naturale di risorse nello stato sociale. Non è vero che questa classe possa fare a meno dello Stato, piuttosto rivendica una spesa pubblica diversa, più congeniale alle sue esigenze di ceto; di qui la nascita di una sorta di keynesismo militare.
La spesa militare afferma sempre Ardigò, che in un Paese del Terzo Mondo rappresenta un affossamento dell'economia, nelle economie sviluppate rappresenta la condizione attuale, politicamente garantita, del mantenimento di quel tanto di keynesismo, cioè di intervento pubblico nell'economia, che è necessario, in ogni caso, di fronte alla vastità dei processi di concentrazione e di investimenti richiesti dalla nevrotica complicazione commerciale interna all'ambiente.
Sempre il prof. Ardigò in termini molto eleganti definisce questa situazione "smantellamento soft dello stato sociale", e un processo parallelo che possiamo chiamare di polarizzazione sociale, che caratterizza il nostro Paese. Posso citare tre esempi che sarebbe interessante esaminare nei particolari.
La legge finanziaria testé approvata in Parlamento che intacca a fondo alcuni elementi fondamentali della ragione di essere di un serio Stato sociale: il diritto allo studio, la sicurezza sociale e la sanità.
Ho avuto occasione di partecipare ad una iniziativa, organizzata dal Gruppo Abele, nel quale è presente l'On. Gorieri, che ha approfondito il problema della povertà in Italia.
Il rapporto sulla povertà è emblematico e sarebbe importante che ci soffermassimo a valutarlo in Commissione o in Consiglio. In esso si legge che in Italia circa 11 milioni di persone vivono con sole L. 250.000 lire al mese, che la disoccupazione strutturale si è stabilizzata al livello minimale di 2.500.000 di disoccupati, che le industrie continuano a ritmo programmato e omogeneo ad espellere manodopera, creando gravi e complessi problemi, non solo per i giovani.
Tutto questo dimostra che si è di fronte ad una spinta sempre crescente che va a costituire una fetta non secondaria di società che ricerca forme di sopravvivenza, di adattamento e risposta a questo processo di emarginazione.
In questo senso esiste il rapporto CENSIS sulla ricerca delle attività illecite che segnano la nostra società, il quale dice con molta chiarezza che nel nostro Paese oltre alla crescita di una società civile si delinea la crescita della società incivile, una società fondata sulla fabbricazione e sul commercio della droga, sulla produzione e lo smercio clandestino di armi, sulla produzione e lo smercio clandestino di opere d'arte, sullo sfruttamento della prostituzione, sul gioco d'azzardo sulle estorsioni, sui ricatti, le rapine, i furti, sulle tangenti illecite per servizi dovuti: in sostanza un tipo di società spinta anche dalla crisi che si sta attraversando a scegliere tali collocazioni, che pongono degli interrogativi.
Che cosa si sta determinando a Palermo? Che solo la mafia possa dare delle risposte è sicuramente un fatto che non si può tranquillamente condannare come elemento di strumentalizzazione. E' un fatto reale, è una contraddizione presente nella nostra società.
Il programma che stiamo discutendo e il complesso delle forze politiche,, delle istituzioni e delle forze più organizzate della società sono in grado e hanno la volontà di rispondere a questa situazione? Non se ne dolga la Giunta, se dico che il programma è largamente inadeguato. Credo che si debba riflettere se non sia opportuno ridimensionare certe affermazioni, se non sia opportuno ricercare, magari ampliando ulteriormente il dibattito, ulteriori punti di convergenza su elementi che chiedono risposte a tutti, ognuno per i ruoli che hanno.
Sono in qualche modo sollecitato a leggere molto e, per il tipo di rapporti che ho, mi vengono sottoposti documenti e notizie varie, mi riferisco a una inchiesta, pubblicata sul numero 5 di "Famiglia Cristiana" sugli italiani e sulle armi.
Da questo sondaggio risulta che la gente è preoccupata di tre fenomeni sostanzialmente: la disoccupazione, la criminalità e la minaccia della pace nel mondo. Questa è una questione che incomincia a indicare quali possono essere i filoni portanti.
Mi ha anche colpito il fatto che l'OXE abbia prodotto un rapporto sullo stato dell'ambiente nei paesi industrializzati e su quello che pensa la gente su questa questione.
L'OXE è un organismo che si può definire al di sopra delle parti. Ad esempio all'interno della CEE il 59% della popolazione ritiene che bisognerebbe privilegiare la protezione dell'ambiente anche a scapito della crescita economica; negli Stati Uniti è il 62%; nel Giappone il 41%; in Finlandia il 47%. Sono punti di riferimento importanti.
Termino facendo queste valutazioni. Nel programma della Giunta manca il tentativo di sollecitare un dibattito per coinvolgere la società piemontese di fronte a questi problemi, chiamando tutti alle responsabilità che competono, quindi manca uno stimolo, una sollecitazione ad andare al di là del contingente. Di qui al 2000 quali problemi, quali drammi avremo di fronte? Come dobbiamo affrontarli? E' difficile definire questo un programma, anche se ho letto delle affermazioni interessanti, per esempio, per quanto riguarda il turismo l'agricoltura e qualche altro campo. Ci sono però almeno tre aspetti che ritengo inaccettabili e non condivisibili. Li riassumo. Il primo riguarda la scelta che la Giunta e la maggioranza fanno sul rilancio delle infrastrutture e delle grandi operazioni necessarie per dare respiro al Piemonte che è soffocato e isolato. Ricordo che tanti anni fa in Piemonte già se ne discuteva. C'è il problema energetico che è affrontato in modo inadeguato. Di fronte al crollo del prezzo del petrolio e alla dimostrazione che esistono ancora grandi risorse di questa fonte energetica, cadono due elementi portanti della scelta nucleare che avete fatto: cade l'elemento del costo e della competitività dell'energia nucleare. Già prima l'energia nucleare non era competitiva, lo è tanto meno oggi, inoltre il petrolio si è dimostrato ancora capace di sostenere la fase di trapasso tra queste forme di energia e la futura forma di energia quindi, la provvisorietà del nucleare è caduta, anche di fronte alle previsioni che sono state fatte.
Nel programma della Giunta manca un discorso serio sul tema dell'informazione nella nostra Regione. E' un problema prioritario. La società piemontese è rappresentata da una sola fonte giornalistica di parte, il problema si pone come scommessa per tutti noi, sul quale chiedo che si faccia una riflessione.
Nel mio intervento ho dovuto parlare in termini generali perché l'amico Donat Cattin con l'articolo scritto su "Lettere piemontesi" ha svuotato me e l'opposizione di molte osservazioni che si potevano fare. Vorrei capire se la posizione della Democrazia Cristiana è quella di Brizio che dice: "...il giro di boa, tra l'85 e 1'86, si è consumato in Regione all'insegna di un'attività consistente, che ha segnalato il conseguimento di alcuni punti fermi, l'adozione di provvedimenti importanti e significativi, la cui discussione e approvazione ha richiesto la convocazione dell'assemblea anche fra Natale e Capodanno..."; oppure se la posizione della Democrazia Cristiana sia contenuta nell'articolo di Donat Cattin che dice: "...ne ricaviamo finora il senso che manchino quella spinta e quella forza che paiono indispensabili per tentare di modificare la situazione e dare un senso contrario alla marcia, per ora, di declino".
Voglio raccogliere questa sfida per dire che la incompletezza del programma e l'inadeguatezza che abbiamo tutti noi da un'istituzione importante, come quella regionale, ad affrontare le tematiche di fronte alle quali noi siamo chiamati a dare delle risposte, forse richiede qualche riflessione approfondita su queste prospettive.
Avevo una serie di proposte da fare, ma per ora le lascio. Voglio citare alcuni aspetti importanti anche se a qualcuno potrebbero sembrare secondari. C'è il salto netto della produzione industriale nella produzione di carattere militare, è in atto la riconversione soft e anche meno soft di questo settore. Una denuncia seria e venuta dall'Osservatorio regionale sull'industria bellica, che è sostenuto dalla F.L.M. e da alcuni centri studio, che ha già prodotto due bollettini. Richiamo questo problema soltanto trai tanti che avrei voluto richiamare, anche per sollecitare l'Assessore al lavoro e all'industria a dirci che linea 1a Regione intende seguire, da un lato per sostenere queste iniziative e dall'altro per approfondire questi problemi che anche il prof. Ardigò ha denunciato.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Nell'intervenire sul programma della Giunta non mi soffermerò, come forse sembrerebbe logico, sui temi trattati nelle Commissioni di cui faccio parte, anche perché quegli argomenti avrò modo di trattarli altre volte in quest'aula e in Commissione, bensì mi soffermerò su altri punti del programma.
Entrando nel merito devo confessare che la lettura di questo programma mi ha lasciata alquanto perplessa, perché da esso emerge chiara una fragilità di impronta politica: un programma senza firma, un programma anonimo, un programma che, a mio avviso, è frutto di compromessi tra linee politico-programmatiche divergenti, con la conseguenza che allorquando queste incominceranno ad entrare in collisione tra loro, questa maggioranza potrà anche sgretolarsi.
Ciò diventa tanto più evidente a fronte di problematiche come l'agricoltura e l'ecologia che presuppongono invece precise scelte di campo. La Giunta, a mio avviso, ha puntato tutto sull'aspetto tecnico dei temi trattati, tralasciando, o meglio, non sottolineando l'aspetto politico; ma anche sotto l'aspetto tecnico le soluzioni prospettate non appaiono chiare e comunque sono ben al di là delle aspettative.
Debbo rilevare che nei programmi politici riferirsi all'agricoltura è diventato d'obbligo, anche se spesso se ne parla come se si trattasse di una clausola di stile, né questa volta le cose sono andate molto diversamente. Grande attenzione ai regolamenti comunitari, quasi dimenticando che se essi non vengono tradotti in specifiche leggi statali e regionali, rimangono lettera morta. Leggiamo a pagina 56-57 del programma un approfondimento particolare relativo al problema delle deleghe agli Enti Locali, il che è come dire che prima di cercare di risolvere i problemi dell'agricoltura la Giunta ritiene opportuno porsi il problema di come risolvere il problema: Molte chiacchiere e poco succo.
Il fatto che si vogliano valorizzare organismi e forze sociali, che si voglia "semplificare" o "rivedere" non dice ancora nulla: i campi non si arano con la dialettica, né tanto meno con scorribande nella sezione sinonimi dello Zingarelli ultima edizione.
Certo in un programma di massima non pretendevamo di rivedere spiegate fin nei minimi particolari le direttrici di azione, di intervento che intende seguire la Giunta, ma almeno delle indicazioni di massima era lecito aspettarsele, invece non mi pare siano arrivate. Nessuno ci ha ancora spiegato a quale tipo di agricoltura si vuole puntare: a quella dei piccoli proprietari terrieri e dei coltivatori diretti o a quella che privilegia un sempre più marcato accorpamento delle proprietà? A quella dell'azienda o a quella della cooperativa? A quella estensiva o a quella intensiva? All'agricoltura che privilegia i prodotti tradizionali piemontesi o a quella che cerca nuovi mercati e quindi deve rivolgere la propria attenzione a nuovi prodotti? Sono tutte domande queste e altre a cui è necessario fornire una risposta programmatica prima di partire,lancia in resta, a legiferare e a distribuire deleghe,- altrimenti, come al solito, finiranno per venire fuori provvedimenti che dicono tutto e il contrario di tutto, che tengono un piede in due scarpe mentre poi il contadino rischia di rimanere scalzo.
Che le idee siano scarse in materia lo dimostra il fatto che, quando la Giunta scende dal piano delle intenzioni a quello dei fondi, il verbo che ricorre di più è "richiedere", si bussa quattrini a tutti, allo Stato, alla CEE e chi più ne ha più ne metta. Intendiamoci, se le leggi consentono di aprire linee di ossigeno privilegiate, poniamo con Bruxelles, sarebbe un vero autolesionismo non approfittarne fino in fondo, ma non vorremmo che la filosofia dello Stato-mamma dovesse ancora una volta prevalere su ogni altra pur praticabile prospettiva.
E' prevedibile allo stato dei fatti che nei prossimi anni la flessione degli occupati in agricoltura si accentui ulteriormente, senza arrivare al livello degli USA, dove solo il 3% della popolazione attiva è impegnata nel lavoro dei campi, certamente anche in Piemonte gli attuali già non alti livelli scenderanno ulteriormente.
Ciò significa che continueranno a coltivare la terra i più organizzati e i più preparati ad affrontare i tempi nuovi. La Regione dovrebbe assecondare quest'evoluzione mettendo a disposizione di quanti potranno o vorranno rimanere occupati nel settore agricolo tutti quegli strumenti tecnologici e finanziari, che l'evoluzione di questo fondamentale settore economico richiederà. Quindi niente assistenzialismo a spizzichi, tanto per poter dire che anche la Regione c'era, bensì interventi finalizzati.
Occorre coordinare le attività di ricerca e di guida attraverso l'attivazione di uno strumento usato poco per non dire per nulla, mi riferisco all'Università con la Facoltà di Agraria e quella di Economia e Commercio. Occorre mirare ad alcune produzioni ben precise , come potrebbero essere quella vitivinicola e quella risicola, tanto per citare due campi tipici della produzione piemontese, ed insieme quella di settori nuovi, come la floricoltura e la coltivazione delle erbe officinali, che l'Italia importa al 95% e che solo in piccola parte vengono prodotte proprio in Piemonte.
Tutto questo comunque non può che essere inserito in un più vasto quadro caratterizzato da un preciso intento della Regione di modificare l'immagine di una terra, quella piemontese, che troppo spesso ha finito per identificarsi con quella di Torino, identificata a sua volta nell'industria dell'automobile. Occorre sfatare la falsa equazione che vuole il Piemonte uguale a Torino e Torino uguale all'auto, anche perché, in epoca di grave crisi economica come l'attuale, ciò può comportare un significativo allentamento della recessione e della morsa della disoccupazione.
Cercare altri canali di produzione di reddito, oltre quelli industriali, significa anche andare a vedere cosa è possibile fare per l'agricoltura per esempio in un campo, che ad essa può essere strettamente connesso, cioè quello del turismo. Negli anni più recenti si è tentato goffamente di convincere i torinesi a passare ferragosto in collina e i novaresi sul greto del Ticino, ottenendo, com'era logico, ben poco. Né ci pare che l'attuale Amministrazione vada molto più in là, siamo anche in questo campo nella generica dichiarazione di intenti, ma nulla di più.
E' evidente che la Regione non può mettersi a fare da anfitrione a clienti che non esistono, ma può cercare le premesse affinché il Piemonte non diventi d'estate una specie di deserto dei Tartari. La posizione del Piemonte favorirebbe senza dubbio, almeno per le città maggiori, il turismo di passaggio, perché, per chi viene dal nord, sarebbe presumibile un transito in Piemonte, ma la realtà è diversa, anche perché, per convincere il turista di passaggio verso Roma, Firenze o Venezia occorrerebbe che il turista passasse effettivamente da queste parti.
Invece le non scelte della grande viabilità, che avrebbero dovuto collegare il Piemonte al resto d'Europa, l'hanno costretto finora a faticosissimi passaggi a nord-est, Brennero in primis, che hanno completamente tagliato fuori città, che pure qualche cosa hanno dato alla storia d'Italia e d'Europa, relegandone cultura, arte, architettura e musei tra la periferia del visitabile.
Quindi, per avere turismo, occorre in primo luogo immettere il Piemonte nel novero degli itinerari percorribili; alla fine poi qualcuno si fermerà ma occorre anche promuovere l'immagine del Piemonte come località di villeggiatura montana, lacustre, estiva e invernale e questo è compito della Regione; censire il tipo, la quantità e la qualità dei servizi offerti e rilanciarlo in Italia, ma soprattutto all'estero, attraverso appositi enti e società, attraverso un'accurata politica di selezione e comunicazione di quanti professionalmente intendono dedicarsi al turismo ed alla sua organizzazione, favorendo investimenti per il lungo periodo (vedi l'esempio del Sestriere), coordinando le attività delle pro 1oco coniugando il rilancio dell'agricoltura e l'impegno per frenare la disoccupazione.
Regioni come la Toscana, che oltre alle perle cittadine poco possedevano, o l'Umbria hanno fatto la propria fortuna coniugando l'agricoltura con il turismo, offrendo vacanze agresti in grado di far scoprire un'altra piacevolissima Toscana o Umbria, quella dei vigneti e degli uliveti, delle aziende agricole e delle lavorazioni artigianali.
Tutte caratteristiche che può vantare, e forse in misura anche maggiore, il Piemonte, che in più ha ancora una freccia al proprio arco: la inestimabile ricchezza eno - gastronomica della sua terra.
Perché non provare a spendere qualche soldo per richiamare, tra il Monferrato e il Canavese, qualche quota di un mercato che, sempre più consistente in Italia e all'estero, vuole vacanze ecologiche e un po' più distensive delle spiagge di Cesenatico? Oltre al parco nazionale del Gran Paradiso, un vero e proprio patrimonio faunistico e paesaggistico, negletto e dimenticato senza giustificazione alcuna, il Piemonte vanta almeno una trentina di oasi faunistiche di primaria importanza, vedi il Ticino l'Argentera, l'Orsiera ecc... Ci sono le terme, numerose e fornite in genere di attrezzature alberghiere di qualità inversamente proporzionale a quella delle acque e qui si innesca un discorso urbanistico che certo non faremo, ma che esiste. Abbiamo elencato alcune vie di possibile accesso al problema, quali siano le prioritarie non sta certamente a noi stabilirlo né potremmo farlo, certo è che tutto e tutto insieme non si può fare e d'altronde compiere la scelta sbagliata significa far rimanere la situazione a bagnomaria ancora per anni.
Perché allora non commissionare ad una agenzia demoscopica un'indagine per scoprire quali trasformazioni compiere e che tipo di offerta turistica il Piemonte deve fornire per poter finalmente entrare in un circuito turistico che non lo veda agli ultimi posti in Italia come meta di vacanze e di svaghi? 0 dobbiamo concludere che certe cose le sa fare Berlusconi e non la Regione Piemonte? Comunque opposizione per noi vuol dire critica, ma vuol dire anche proposta. Noi crediamo di aver fornito alcune proposte, se le recepirete ve ne daremo atto, se non ne terrete conto ne prenderemo atto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Sono venuta qui preparata ad intervenire sul programma, anche se mi attendevo una comunicazione dell'Assessore Cerutti sui disastri provocati dalla neve in Piemonte, perché le popolazioni interessate sono convinte che qui oggi definiamo i provvedimenti da prendere, anche se gli addetti ai lavori sanno benissimo che le scarse risorse finanziarie non permettono di decidere se non fino a quando queste risorse finanziarie ci proverranno da altri livelli.
Comunque un'informazione alle popolazioni è doverosa e pregherei la Giunta di provvedere in giornata, anche prolungando la durata della seduta.
Alle popolazioni che sono state duramente colpite nell'area industriale, in quella commerciale e in quella artigianale e che vedono nuovamente minacciata la già disastrata occupazione, le discussioni sul programma possono sembrare aria fritta.
Per quanto concerne il programma, mi piacerebbe sapere quanti Consiglieri, esclusi forse quelli nuovi, ne hanno letto attentamente tutte le parti. Personalmente, ma penso di non essere la sola, in quasi sei anni ne ho letti già troppi di programmi di ordinaria amministrazione, di verifiche, di piani di sviluppo tutti simili fra di loro da far capire chiaramente che si ripetevano perché ben poco era stato attuato.
Il bello è che queste cose ce le diciamo fra di noi, ma gli interventi vengono più o meno edulcorati e mai compare alla luce quello che gran parte dei Consiglieri pensa. In ogni piano o programma c'è qualcosa "ad effetto" o il grandioso progetto "Ignitor" di dimensioni supernazionali o il "Piemonte capitale delle Alpi e porta verso l'Europa", o progetti finalizzati ad un asse Torino-Alessandria-Genova, da contrapporre all'asse del Lombardo-Veneto , o la sfida tecnologica e il terziario avanzato e via di questo passo.
Ora, si ventila un laboratorio spaziale, che a me è parso molto nebuloso. L'impressione ricavata - e lo dico in tutta sincerità- è: "Niente di nuovo sotto il sole". Il mio partito è per "l'ottimismo della volontà" ma quando la volontà si tramuta in velleità, non so cosa ne può conseguire.
Lo chiederò a Craxi. Quello che so è che oggi, viste le scarse realizzazioni di programmi e di piani precedenti, per non parlare della scomparsa dei progetti più ambiziosi, di fronte a questo nuovo programma rimango incredula e scettica.
A me pare che Torino e il Piemonte stiano subendo un processo di lenta e continua emarginazione, il confronto con la Lombardia e con Milano diventa di anno in anno più schiacciante. Ne sa qualcosa la provincia di Novara, che, proprio perché posta al confine tra l'una e l'altra regione ha un confronto quotidiano per quanto riguarda l'imprenditorialità, la managerialità, le iniziative, le realizzazioni dell'una e dell'altra Regione. E non c'è dubbio sulle scelte che farebbe se potesse decidere sulla sua annessone.
L'impressione è quella di un grosso aereo che consuma il carburante rollando sulla pista, ma che non trova la forza per decollare.
L'esperienza passata mi ha convinto che un programma non si giudica n dalla bontà delle intenzioni né dalla enunciazione di principi, sui quali tutti consentiamo, né dalla stesura più o meno equilibrata dei settori, ma dai mezzi operativi per tradurre le enunciazioni in realtà. In una situazione difficile, complessa, rapida e in profonda trasformazione com'è l'attuale, ormai, non credo più a piani siderali, che spesso nascondono un vuoto progettuale del presente.
Non credo a piani di ampio respiro quando si sta morendo d'asfissia, mi accontenterei di governare il presente, di governare il cambiamento con un occhio all'immediato futuro.
Per questo avrei preferito un programma fatto di pochi obiettivi concreti, evidenziando i mezzi a disposizione per raggiungerli, in modo che gradualmente ne fosse possibile e direi automatico il riscontro Sanità e Assistenza.
Devo dire la verità, una decisa innovazione l'ho trovata - e mi spiace non sia presente l'Assessore Olivieri - nel settore sanità, la dov'era presumibile fosse più difficile trovarla, proprio per la presenza di un piano socio-sanitario regionale della durata di tre anni. L'innovazione riguarda la filosofia economica che sta alla base di questo programma e ne ribalta la concezione. Intendo dire che nei due precedenti piani socio sanitari, ma è meglio tralasciare la parte socio-assistenziale che ha sempre avuto un bilancio pressoché inesistente, e prendere in considerazione per questo aspetto solo la parte sanitaria, punto d'onore della Regione era quello di pareggiare le uscite con le entrate, quando le entrate dipendevano da una spesa storica per noi penalizzante e che ancora ci penalizzano dato che il graduale recupero con altre regioni è quasi insignificante, continua a penalizzarci.
Si è capito che questa concezione, finora usata da massaia più che da manager, ci ha portato ad una situazione di carenza del servizio sanitario regionale dalla quale dobbiamo uscire, privilegiando i bisogni della salute, più che i conti della spesa, Per non trovarci di fronte ad una sorpresa per cui sono molti di più i pazienti che per alte specialità dal Piemonte si rivolgono ad altre regioni che quelli che da altre regioni si rivolgono al Piemonte con un saldo per noi completamente negativo.
Ci si meraviglia che a Torino non si possano fare i trapianti cardiaci ed è giusto non farli perché, nello stato attuale, bisognerebbe sacrificare l'ordinaria amministrazione dei "by pass". Questo capovolgimento di criteri economici porterà indubbie innovazioni e nuovo impulso nel settore sanitario, pur nell'ambito assegnato dal piano che si presenta, per sufficientemente elastico per potere accogliere necessità ed esigenze maturate da precedenti esperienze.
L'impressione, leggendo la parte del programma riguardante la sanità, è di una certa concretezza,è continua la necessità di considerare gli strumenti attuativi per realizzare i programmi e la verifica della produttività e il riscontro adeguato in ogni campo: dalla formazione professionale ad una razionale organizzazione sia dell'Assessorato che delle UU.SS.SS.LL. all'innovazione tecnologica.
Parla chiaro, a questo proposito, l'istituendo servizio di verifica e controllo all'interno dell'Assessorato visto che il criterio finora prevalso è stato piuttosto quello di un'erogazione a pioggia e poco o nulla ci si è preoccupati del ritorno. Esplicito o sottinteso in questa parte del programma è il raffronto tra il piano socio-sanitario regionale e il piano sanitario nazionale. E qui con orgoglio dobbiamo dire che nei punti più qualificanti le leggi della Regione Piemonte - i due ultimi piani sociosanitari e la legge n. 20 - hanno precorso e influito sul P.S.N.
Primo fra tutti l'integrazione tra sanità ed assistenza che dovrà essere perseguita e potrà portare a concrete realizzazioni se fra i due Assessorati ci sarà una linea di collaborazione e non di sostanziale demarcazione, come in effetti c'è stata finora, anche quando i due Assessorati erario riuniti nelle mani di un unico Assessore, quale riflesso della linea nazionale, che ha sempre portato avanti, ad esempio, una netta quanto assurda linea di demarcazione tra il Fondo sanitario e i contributi devoluti all'assistenza, ma anche per una certa insensibilità della classe politica, intendo dire di tutti i partiti, fatta eccezione per qualche singolo, quanto raro personaggio, portata a risolvere i problemi dell'assistenza, compreso quello più esplosivo degli anziani, più con le parole che con i fatti.
Attenzione però: l'integrazione è questione complessa.
Nella presentazione della legge n.20 - permettetemi di citarla perch sono stata molto bersagliata - che la pone come pilastro essenziale sta scritto che "i servizi socio-assistenziali, quali i servizi sanitari perché rivolti al benessere psico-fisico delle persone, costituiscono due facce di un'unica medaglia" (prevenire i bisogni può ridurre i ricoveri in ospedale, agire immediatamente per la riabilitazione significa diminuire i ricoveri di invalidi, soprattutto anziani nelle strutture assistenziali).
Proprio perché l'integrazione è complessa, bisogna accettarla nella sua globalità e non frammentarla per prendere solo ciò che conviene. E mi spiego.
La gestione integrata dei servizi non può che fare capo ad un unico livello istituzionale ed esattamente a quello che già gestisce i servizi sanitari, l'U.S.S.L.
Che alcune difficoltà ci siano è indubbio, soprattutto per la mancanza di una legge nazionale sull'assistenza che comporta la mancanza di un ruolo del personale e di un Fondo specifico, come invece avviene per la sanità.
Ma le difficoltà nascevano anche dal fatto che sempre più l'U.S.S.L. si è configurata come ente a se stante dimenticando in effetti che era nata come associazione di Comuni.
Lo stralcio sulla legge Degan riporta l'U.S.S.L. nel suo giusto ambito ridando la centralità ai Comuni e tutto questo facilita il fatto che la gestione integrata dei servizi faccia capo all'Unità Socio-Sanitaria Locale.
Del resto, là dove è stata attuata, cito come esempio il Cuneese proprio perché notoriamente zona bianca (non dipende tanto dalla divisione tra i partiti o dalla diversa ideologia ma dalla buona volontà della gente) ha dimostrato di funzionare bene e gli amministratori sono i primi ad esaltarne gli effetti positivi.
Accettare la gestione integrata e proporre che alcuni dei servizi assistenziali vengano gestiti dall'Unità Socio-Sanitaria Locale, altri invece direttamente dai Comuni, è una contraddizione in termini.
Costi se si vuole attingere, come è giusto, ai fondi della sanità, per costruire le case protette, bisogna riconoscere l'urgenza di risolvere il problema degli anziani non autosufficienti e questo implica che gli sforzi dei due Assessorati devono essere direzionati in questo senso e perci diventa una contraddizione proporre e costituire case miste di autosufficienti e non quando in Piemonte abbiamo 32.000 posti per anziani autosufficienti e solo qualche centinaio per non auto-sufficienti.
Significherebbe anche dare agli anziani la risposta di sempre: l'istituto la ghettizzazione e non dare impulso, sostanzialmente non volere servizi alternativi che tengono gli anziani inseriti nella società.
Vorrei ricordare - permettetemi ancora un accenno e spero che il Consiglio ritorni su questo argomento - che il Piano Sanitario Nazionale per le strutture degli anziani ammette le stesse tipologie della legge n .20, Comunità alloggio, che vengano chiamate case famiglia per autosufficienti, case protette per non autosufficienti. Nessuno ha gridato allo scandalo.
Su un punto sono d'accordo con l'Assessore Carletto, quando sostiene che c'è una scarsa diffusione della cultura dell'integrazione. Certo, è una cultura nuova che succede ad un immobilismo di secoli. E allora diffondiamola e facciamone un punto d'orgoglio della Regione Piemonte per averla intuita, per averla proposta, per aver influenzato un Piano Sanitario Nazionale, in modo inequivocabile. Non si arrocchi, Assessore Carletto, su vecchie posizioni che non hanno avvenire e che sono di retroguardia anche rispetto al Piano Sanitario Nazionale, alla cui formazione anche il suo partito ha ampiamente contribuito. Nel suo programma di questo arroccamento ne ho letto la tentazione e qualcosa di più.
Fra l'altro lei parla di "profili professionali" e di formazione professionale per gli operatori socio-assistenziali, ma non parla di pianta organica dell'U.S.S.L. per il settore socio-assistenziale che è il nodo principale per il corretto funzionamento del settore.
Nel programma della sanità viene riservata una parte consistente a soggetti da sempre considerati, erroneamente, in prevalenza "assistenziali", come tossico dipendenti, handicappati, malati psichici, ma sopratutto anziani a cui gia nel Piano Socio Sanitario Regionale, che aveva accolto in proposito un documento del mio partito era stata riservata una vasta gamma di interventi.
Tutti i partiti dovrebbero considerare gli anziani, accanto all'occupazione, come i due problemi più esplosivi della società.
Ciò è dimostrato da parte dell'Assessore Olivieri e un contributo di proposte che di certo si tramuterà anche in un contributo per l'attuazione delle proposte che l'Assessore Carletto, anche per la sua giovane età e per la sua professione di imprenditore che lo dovrebbe portare ad una spinta di innovazione, non mancherà di cogliere, dando nuova spinta ai numerosi e gravi problemi socio-assistenziali esistenti, ma che sono ancora lungi dall'essere risolti. Ce lo auguriamo per tutta la società piemontese e invitiamo l'Assessore a respingere certe tentazioni che traspaiono dal suo piano. Sant'Antonio respinse le tentazioni, ed erano ben più allettanti delle sue, Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

Signor Presidente, Consiglieri, prima di parlare del programma - e lo farò prevalentemente sulle questioni che riguardano l'economia, lo sviluppo, l'occupazione, poiché assai più dei programmi contano gli atti dirò della nostra viva preoccupazione che accresce ogni giorno e che la presentazione del programma non attenua di certo per quanto va accadendo in Piemonte.
In questa Regione, badate, è andata gradualmente risanandosi e trasformandosi un'industria che ha ormai interessi in tutto il mondo. Il processo è lungi dall'essere concluso e non ne sono chiare né la direzione di marcia né lo sbocco.
In questa Regione e a partire da questa Regione va ridisegnandosi una mappa di assetti finanziari e proprietari, quindi di potere, che interessa il sistema delle imprese, i servizi, l'intermediazione finanziaria l'informazione, che vede protagoniste le grandi imprese piemontesi e che inciderà a lungo su tutto il Paese.
Il Piemonte, nel quale è ripresa vigorosamente l'accumulazione, nel quale si concentra gran parte del know innovativo d'Italia, conta anche il più alto numero di disoccupati e cassaintegrati e le più pesanti condizioni di disagio sociale, dopo la Campania, in aree non certo marginali della sua popolazione.
Questa Regione, crogiolo di ripresa finanziaria e industriale e soprattutto per il suo capoluogo, anche di acuta crisi sociale complessivamente decade.
Ebbene, Presidente e colleghi, questa Regione che esprime il massimo bisogno di governo della sua trasformazione tumultuosamente in atto, è forse l'unica in Italia nella quale, a sei mesi dall'elezione della Giunta regionale, non è stato varato un solo provvedimento, né presentato un solo disegno di legge regionale, dico non uno solo in materia di economia politica industriale, lavoro ed occupazione. Sfido chiunque a smentirmi in questa sede: non un provvedimento, non un disegno di legge.
Finora in 5 mesi, cancelliamo pure agosto, si è discusso di Fiat, di cassa integrazione, di agenzia del lavoro esclusivamente a seguito dell'iniziativa del Gruppo comunista.
Giace in IV Commissione da tempo il nostro disegno di legge sull'artigianato, che non essendo stato ancora discusso, per l'assenza di quello della Giunta, che solo ora finalmente si è impegnata a presentare se non ricordo male - entro il 21, avrà come conseguenza il mancato rispetto dei tempi di attuazione fissati dalla legge quadro per una categoria che dà lavoro in Piemonte a 300.000 persone.
Non è stato neppure presentato un disegno di legge sull'innovazione quando la Lombardia lo ha fatto da 9 mesi.
La Commissione lavoro si trascina stancamente, impegnata solamente negli adempimenti sulla mozione Fiat, da noi presentata e prossimamente suppongo, da quelli sulla mozione sul lavoro da noi presentata ormai da tanto tempo.
E' una situazione assai grave che noi denunciamo con forza e con preoccupazione vivissima.
La comunità regionale deve sapere come stanno le cose. Noi ci auguriamo che gli organi di stampa, da qualche tempo insolitamente avari di notizie che riguardino l'opposizione, vogliano, almeno in questa occasione, dare conto oggettivamente di quanto viene detto in quest'aula, come imporrebbe l'etica professionale.
Da qui dobbiamo partire per discutere del programma. Un programma del quale testimoniano, intanto, la scarsa presenza e attenzione di pubblico di stampa e persino di Giunta e che, alla luce delle esperienze di questi sei mesi, appare non solo vacuo e contraddittorio e del tutto inadeguato come scrive una fonte davvero non sospetta, Carlo Donat Cattin,ma anche assai poco credibile, soprattutto per le parti che riguardano lo sviluppo e il lavoro.
Questo programma manca completamente di un'anima, di un'idea forza per la guida della trasformazione in Piemonte. C'è in più punti la riproposizione di temi che hanno caratterizzato e contraddistinto l'azione e gli orientamenti della precedente Giunta regionale e che si confermano validi ancora oggi - potrei fare un lungo elenco, ma ve lo risparmio- ma nel complesso se ne ricava l'impressione di un governo regionale ripiegato su se stesso, schiacciato dalle difficoltà della situazione, che sono per altro oggettive, ma che appunto per questo richiederebbero ben altra tempra per essere affrontate sostanzialmente, subalterno e portato ad appiattirsi sui processi spontanei che avvengono in Piemonte, incapace persino di dare al Consiglio regionale i dati giusti sullo stato dell'occupazione in Piemonte. Ho qui i dati della disoccupazione delle singole province e quelli complessivi della Regione forniti nel programma: non ve n'è uno solo giusto. E' davvero un fatto paradossale.
I dati forniti dall'Osservatorio regionale del mercato del lavoro sono uguali a quelli forniti dall'IRES e non sono dissimili d a quelli forniti dall'ISTAT. La disoccupazione in Piemonte è pari oggi all'8,7%. Nel programma della Giunta il dato fornito è il 9,8%. Vengono cioè fabbricati 15.000 disoccupati come se non ce ne fossero abbastanza di quelli realmente esistenti.
Così come sono sbagliati tutti, senza nessuna eccezione, i dati forniti per le altre province: Alessandria è pari al 7,2% invece è al 6.7%; Asti al 4,1%, qui si fanno sparire 800 disoccupati; sarà un sistema nuovo per fare fronte alla disoccupazione.
A Cuneo ne compaiono 1200 in più; 5000 fantomatici compaiono a Novara.
Anche a Torino, a Vercelli i dati sono completamente sbagliati. Torno a dire non diversi ma sbagliati, perché i dati che io ho citato sono dell'Osservatorio regionale sul mercato del lavoro, un servizio di questa Regione che, incredibilmente, non è stato interpellato per fornire i dati alla Giunta, ma sono gli stessi dell'IRES e sono gli stessi dell'ISTAT.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'industria

Non è affatto vero che L'Osservatorio regionale sul mercato del lavoro non sia stato interpellato e non abbia fornito i dati.



AMERIO Mario

Peggio ancora, perché questo significa che si interpella l'Osservatorio, si prendono i dati e poi non li si usa. Nel programma dite che sono dati IRES, ma non è così. I dati IRES sono quelli che io ho citato. L'Osservatorio ha pubblicato i suoi dati negli stessi giorni del programma nel piano annuo per l'Osservatorio, che è sotto gli occhi di tutti e cita dati diversissimi da quelli forniti da voi negli stessi giorni.
Dunque, nemmeno sui dati, come ho detto, si è in grado di fornire un quadro attendibile. Si ripetono nel programma cose non inedite e da tutti condivisibili: l'importanza dell'innovazione e dell'ammodernamento nel sistema produttivo, la necessità di qualificare i processi formativi, di coordinare la domanda pubblica, di mettere in campo nuove politiche del lavoro, tutti titoli assolutamente condivisibili. Alcune prime soluzioni erano state impostate con correttezza e fantasia dalla precedente Amministrazione, di nuove qui non se ne trovano. Ciò che è peggio, non si sceglie nulla, non c'è il segno di una direzione di marcia su nessuno di questi temi.
Facciamo un paio di esempi. Su ricerca e innovazione, questione cruciale oggi in Piemonte, si dice che si dovrà "approfondire" il rapporto fra Università, scuola, mondo della cultura e della ricerca (pag. 15); cioè sei mesi sono serviti a stabilire che bisognerà approfondire questo tema.
Poc'anzi però si era detto che la ricerca è sostanzialmente appannaggio dello Stato e lo si era detto senza avanzare proposte. Poco oltre si rilancia Tecnocity, ma si rilancia Tecnocity in modo subalterno e partendo Con il piede sbagliato, quello dei parchi scientifici, cioè di una fisicità degli interventi che era probabilmente più giusta qualche anno fa, quando furono varati Silicon Valley o Boston o il Cambridge Science Park o Tecnopoli in Giappone nell'80, piuttosto che adesso nell'era delle reti telematiche che cancellano le distanze, e che in ogni caso deve seguire non precedere la creazione di una rete di servizi, collaborazioni opportunità e sinergie fra pubblico e privato, che sono invece del tutto immateriali, che sono propedeutiche agli Science Park e che postulano in primo luogo un vigoroso rinnovamento del settore pubblico oggi del tutto inadeguato. Per giunta e per finire, neppure la più modesta legge sull'innovazione viene fatta.
Ma ancora, scusate, come si fa ad affrontare seriamente questi problemi, se in tutto il programma un'impresa come la Fiat, che è centrale per questo tipo di ragionamento, come per altri, addirittura scompare! Non c'è sulle strategie di gruppo per la ricerca e l'innovazione, né sulle partecipazioni internazionali, (inquieta il caso Westland come e più di quello con la Ford), non c'è nel suo prepotente ruolo di grande finanziaria dai molteplici e dinamici interessi, non c'è neppure più la fabbrica con le sue peggiori condizioni di lavoro che peggiorano anziché migliorare, che si fanno sempre più insostenibili per decine di migliaia di lavoratori, che sono anch'essi torinesi e piemontesi.
Volete un secondo esempio? Le politiche sociali e del lavoro che dovrebbero essere l'altra metà del cielo se non la prima metà del cielo per il Piemonte in questi anni. Vi avete dedicato quattro cartelle e siete riusciti a scriverci ben poco, quattro chiacchiere, non paia offensivo sulla formazione, un rimando alla IV Commissione per l'Agenzia del lavoro della quale voi dite solo che dev'essere strumento - leggo testualmente efficace ed efficiente. . Ecco, geniale intuizione, non ci avremmo mai pensato e qui si capisce bene che ci siano voluti sei mesi. Nessuna indicazione sulla formazione, sul ruolo della pubblica amministrazione e del pubblico impiego, su nuove strategie da adottarsi per favorire l'incontro fra domanda e offerta. Nulla sull'Osservatorio regionale del mercato del lavoro, del quale pure avete approvato con noi tra molte lodi il piano di attività e al quale nel contempo tirate siluri imperdonabili come quello che poc'anzi ho ricordato. Spiaceva anche l'assenza dell'Assessore, devo dire giustificata, in quella occasione, la più importante per questo servizio.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'industria

Ci sono stato la prima seduta e ho illustrato. Almeno non dica falsità perché ne ha già dette molte.



AMERIO Mario

Parlo della discussione che è quella che conta.
Sulle politiche sociali e del lavoro non c'è un'idea di fondo. E' assente quello spirito nuovo, che pure aveva animato la precedente amministrazione, per la sperimentazione coraggiosa di strategie flessibili di politica del lavoro. Sono nate lì le uniche iniziative di questo programma in materia di politica del lavoro, sulla formazione, sui cantieri di lavoro, sulla cooperazione. Altro non c'è, quelle di cui parlate sono nate ieri nella precedente amministrazione. Altro non c'è. Non c'è la capacità di mettere avanti fantasia e di misurare la propria capacità nel nuovo, avendo soprattutto qualcosa da dire alla parte più debole della popolazione piemontese, alla quale la Regione dovrebbe essere più vicina.
Potrei continuare ma non lo faccio. Riassumiamo così: se un nucleo duro viene fuori dal programma, questo è rappresentato dal declino, non si sa se lucidamente perseguito o no, del ruolo dell'istituzione regionale sia verso i privati, sui quali vi appiattite, che verso lo Stato, nei confronti del quale proponete che una Regione come il Piemonte assuma un ruolo da comparsa e non da protagonista o da comprimario, sia verso il mondo del lavoro e più ancora verso la povera gente.
Noi proponiamo a questo Consiglio e al Piemonte un ruolo assai diverso un ruolo fatto di evoluzione e di am-modernamento, ma guidato dentro un'idea del Piemonte che è fatta per tutti i piemontesi, anche per la parte più debole della popolazione e che vuole scegliere e non subire i temi del suo sviluppo.
Voglio riassumerne almeno i titoli corredandoli rapidissimamente da un' ossatura di proposte e di idee che li sorreggano. Quattro titoli, quattro idee forza, quello che manca nel vostro elaborato.
Il primo: l'ammodernamento, il rilancio di Torino e del Piemonte non in una sciocca contrapposizione con Milano e con la Lombardia. Sbaglia anche l'articolo, per altro pregevole, di Donat Cattin. Non solo il decollo di un 'area non esclude l'altro, al contrario. Questo decollo o è simbiotico o non è tra il Piemonte e la Lombardia, fra Torino e Milano; anzi, in uno sforzo di integrazione in cui il Piemonte può portare aprendosi specificità, saperi, tecnologie di primo piano in grado di competere su scala internazionale. E' una scelta fatta anche di infrastrutture e collegamenti. Ma anche di un poderoso rinnovamento del settore pubblico e dei servizi, che debbono innovarsi anche sul piano delle tecnologie e dell'organizzazione, guadagnare in produttività, efficacia ed efficienza se no non saranno né interlocutori né sponda per il sistema produttivo. E' fatto anche di un rilancio della ricerca dell'Università, del Politecnico qui c'è molto da fare, in uno sforzo di integrazione con la formazione professionale di secondo e terzo livello e con il sistema delle imprese. Si tratta di mettere in campo, qui e adesso una rosa di strumenti nuovi, di opportunità che ci colleghino con i progetti europei da Espria ed Eureka al CNR. all'Enea, ai centri di ricerca pubblici e privati, che promuovano anche agendo sulla domanda pubblica la qualificazione del sistema delle imprese piemontesi, che puntino sulla Meccatronica di Tecnocity meccanica ed elettronica, ma anche sullo sviluppo delle tecnologie ambientali ecologiche, sulla ricerca di fonti di energia rinnovabile, sulle biotecnologie, per qualificare le direttrici di marcia dello sviluppo e non subire quelle pensate e perseguite soltanto dagli altri.
Gli strumenti possono essere una legge per l'innovazione anche nella pubblica amministrazione, provvedimenti per i contratti-di ricerca servizi, assai più che incentivi per i progetti innovativi, borse di studio, potenziamento della formazione pregiata costituendo società o consorzi che le interfaccino con la ricerca e la produzione, progetti urgenti di formazione dei formatori, sviluppo di reti telematiche e di aree a sistema. E' solo citata quella che riguarda l'alto novarese, per la quale anche "si pensa" e intanto passano i mesi.
Il secondo titolo: una nuova qualità dello sviluppo, nuovi lavori. Che cosa dire su questo punto? E' tutto detto nella nostra mozione sul lavoro per quel che ci riguarda, non abbiamo certo la pretesa di avere il monopolio della capacità di proposta né tanto meno della verità. Presto spero finalmente la discuteremo.
Il cardine è un'idea di risanamento ecologico, di sviluppo di servizi alle persone e alle comunità, di sviluppo della cultura, dell'istruzione come risorsa, anche come potenziale business per creare nuove forme di lavoro. Un' idea di nuovo sviluppo, piuttosto che di crescita, per dirla con Giorgio Ruffolo.
Il terzo titolo: allargamento della base produttiva, pensare ad un rapporto con il Governo sulla politica industriale, oggi assente, al ruolo della domanda pubblica, al coordinamento degli strumenti Regionali che pure ci sono, allo sviluppo di nuovi settori produttivi e di servizi, al ruolo dell'agricoltura, dell'agroindustria, del turismo, dell'agriturismo.
Servono idee e provvedimenti per allargare e non restringere, in rapporto al mercato e ai bisogni della gente, l'economia e la base produttiva regionale, per creare, anche qui con i piedi per terra, quel po' di occupazione che è possibile creare.
Il quarto titolo, non davvero in ordine di importanza: nuove politiche sociali e del lavoro.
E' il capitolo più dolente e sul quale va messo il maggior impegno.
Disoccupati, cassaintegrati, giovani, quarantenni o cinquantenni espulsi dai processi produttivi, aree di vera e propria povertà che si sono andate allargando in una Regione che ha perso in cinque anni oltre 100.000 posti di lavoro in assoluto e nella quale il reddito,come voi stessi scrivete, si è ridotto dal 1950 mediamente di un punto all'anno. Necessitano interventi urgenti. Come si fa a non offrire su questo terreno risposte convincenti per quanto può la Regione e per quanto non può attivandosi nei confronti del Governo centrale? Richiamiamo qui rapidamente le indicazioni che voi non date, che noi abbiamo evidenziato, soprattutto nelle due mozioni sulla Fiate sul lavoro: prepensionamento a cinquant'anni e agenzia del lavoro, secondo caratteristiche precise, che la IV Commissione ha già iniziato a discutere e che concluderà venerdì prossimo dibattito in aula su questi temi entro i primi di marzo incontro con il Ministro De Michelis in occasione della sua prossima venuta in Piemonte a marzo, per la seduta d'apertura della nuova Commissione regionale per l'impiego miglioramento della legge sulla cooperazione, per quanto riguarda in particolare la questione dei servizi e delle garanzie apertura sperimentale a Torino e in altri centri del Piemonte di centri per l'informazione ai giovani e ai disoccupati sperimentazione di attività di Job-creation nell'ambito dell'agenzia istituzione del fondo sociale per le case popolari razionalizzazione dell'assistenza attraverso l'utilizzo dei lavori di pubblica utilità.
Oltre alla formazione, questi sono i terreni sui quali agire subito sui quali agire già con un ritardo di sei mesi.
Ecco, di tutto questo c'è poca traccia nel programma che pure ho letto attentamente. Questo Piemonte, questa idea dello sviluppo che come vedete non è davvero arretrata, non si trova, né c'è alcuna altra idea, per il vero. Si può dire: "quando voi eravate al governo perché queste cose non le avete fatte?" Avremo marcato nella fase finale della precedente legislatura anche ritardi ed errori - nessuno si sogna di disconoscerlo - molte cose sono state fatte, ritardi ed errori non sono probabilmente mancati. Nell'ultimo periodo la trasformazione è stata e resa tumultuosa per tutti in questa Regione.
Ma voi siete oggi colpevoli due volte, perché adesso per nulla ammaestrati dall'esperienza avanzate proposte vecchie o inesistenti. C'è da domandarsi: "come può ancora a lungo il sistema produttivo piemontese accettare di avere un interlocutore così latitante?" Vorrei chiudere, rivolgendomi per un attimo alle forze che hanno con noi condotto l'esperienza della precedente amministrazione ed in primo luogo ai compagni socialisti. E' davvero quella contenuta in questo programma la Regione che immaginate? Dice bene da questo punto di vista Donat Cattin. Lo ha già detto. Reburdo. Voglio solo aggiungere alla frase che lui ha letto due righe: "non si può accampare neppure la limitata disponibilità finanziaria né i pesi burocratici. Le norme sono per gli uomini, non gli uo-mini per le norme, ed a una situazione straordinaria quale quella del cuore del Piemonte, di gran parte della Regione, possono e debbono rispondere azioni d'eccezione: la questione della classe politica la questione del suo livello e della sua flebile passione ideale". Sono parole di un esponente politico di primo piano con il quale abbiamo spesso anche litigato, ma che la sa lunga e che conosce bene il mestiere e la Regione.
Vi chiedo davvero se voi ritenete che sia questo un programma su cui ci si può spendere, Non ritrovate qualcosa di comune nelle brevi cose che ho tentato di dire stamattina, che diranno i miei compagni nei prossimi interventi, su come si potrebbe tornare a dare una guida a questo Piemonte tornare a far vivere una idea di sviluppo? Davvero questa sinistra piemontese non ha più nulla da dirsi e deve assistere divisa alla progressiva decadenza della Regione? Noi non ci vogliamo credere e ci auguriamo che ci riflettiate.
Forse questo programma, in qualche misura anche il dibattito di questa mattina, possono aiutare a riflettere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Lascio alcune considerazioni iniziali. Ci accingiamo ad un esame in prospettiva di quanto la Giunta ci ha proposto col duro scontro sul da farsi. Non è lecito, credo,e questo in particolare per i Consiglieri che erano in questi banchi già cinque anni fa, sfuggire all'accostamento, che la stessa coincidenza dei tempi ci propone. Infatti la giornata del 12 febbraio del 1981 fu interamente dedicata al dibattito sulla politica culturale e regionale. Il numero e il peso degli interventi resero invero godibile quella seduta del Consiglio e servirono a puntualizzare le differenti posizioni delle parti politiche che si riassunsero in due Ordini del Giorno, uno della maggioranza e uno della DC. Era stata la presentazione di un quadro di intenzioni, che si basavano più su una trama di pensiero, che sulla realistica esposizione di un programma operativo. Un quadro dove prendeva pur risalto la personalità di Ferrero, percorsa da impazienze giovanili, rimaste quasi sempre impazienze e soccorsa da sprazzi del suo predecessore, il Professor Fiorini, per il quale è giusto un reverente ricordo.
C'era invero a disposizione dei Consiglieri un dossier informativo in certo modo esauriente, che poteva costituire un'informazione, ma solo un'informazione, per l'agire sui temi generali.
Fummo critici allora, pur riconoscendo lo sforzo intellettuale e programmatorio; difendiamo ora l'impostazione degli indirizzi politico programmatici della Giunta regionale, nella fattispecie culturale, pur riconoscendo l'utilità di un confronto che si avvalga di supporti ideali capaci di immettere l'azione nel solco degli obiettivi che prefiggiamo e che occorre perseguire.
Ci troviamo ora di fronte a stringate direttrici orientative, che rapportate quanto prima possibile a fatti deliberativi, potranno rendere visibili metodologie e contenuti di sicuro validi per il progredire culturale della nostra regione. Anche questa volta però, e mi sia concesso insieme al taglio diverso di manifestazione del programma, abbiamo l'acquisizione di dati che si allontanano in modo estremo da quelli avuti cinque anni fa. E' l'analisi di spesa 1981/1985 del Piemonte nel settore della cultura, "Meminisse juvabit" - gioverà ricordare.
Trovare riunite in un sintetico tabulato di mandati le decisioni di cinque anni di gestione è direi shockante, si squadernano di colpo capitoli di spesa, che ci lasciarono molto perplessi e che non potevamo approvare.
Troviamo beneficiari, i più vari, raggruppati in forme cooperativistiche nella cui opera non riuscivamo a trovare motivazioni sufficienti.
Enti locali esaltati dall'avventura dell'imprenditoria, dello spettacolo; velleitarismi ben presto avvizziti, perché non supportati da una stabilità rocciosa su cui costruire. Vogliamo ricordare le centinaia e centinaia di milioni per il cinema cinese, parentesi troppo breve e infeconda, perché soffocata da miriadi di sterpi? e le altre centinaia e centinaia per un Dario Fo improvvisato? Per serate solitarie nelle platee non certo rigurgitanti? per gruppi e compagnie e associazioni, troppe volte paghe della vanità dell'etichetta di laboratorio? Siamo agli inizi di un cammino. Tutti ci auguriamo che da angolazioni diverse possano confluire al centro operativo suggerimenti e critiche assensi e dissensi, che sono l'espressione di un pensiero personale o di gruppo o di partito, ma che hanno la comune matrice di una retta tensione verso fini costruttivi. Visto che c'è una diversificazione, non penso a un radicale antagonismo rispetto al passato per aprirci à una speranza - è così logica la speranza in un contesto culturale - noi riteniamo, insieme agli Assessori ed alla Giunta, proponibili le linee di indirizzo che ci sono offerte e che brevemente riprendo.
l) L'iniziale proposito di valutare in termini sempre più positivi il rapporto tra varie sedi mi sembra che colga con perspicacia il movimento che circola nelle aule scolastiche, il luogo deputato in via principale per l'acculturazione, brutta parola che correggo subito con educazione, è di certo ancora la scuola, si può essere incerti sui limiti temporali che potrebbero chiudere i millenni scolastici, ma non è possibile dubitare ora della forza propulsiva che ha ancora la scuola.
La Regione non può e non deve in prima persona gestire alcunché del mondo pedagogico, ma può seguire il mondo giovanile nel suo vivere la stagione dell'apprendimento e della crescita.
2) Il panorama dei beni culturali, così ricco di tradizioni, così pervaso della secolare esistenza della nostra gente, è un problema che si pone prepotentemente all'attenzione di ogni amministratore, non soltanto perché non si affievoliscano voci e racconti di millenni, ma perch ripetono i valori che essi conoscono. Con prudenza e discernimento è necessario procedere al colloquio con le altre sedi istituzionali e li riscoprire veramente le fonti fresche che dissetano molto più dell'estemporaneo ed effimero trattenimento, un'azione congiunta è certo più producente di sforzi singoli.
3) E' ancora vasto lo spazio aperto su un coordinamento tra pubblico e privato nel ricercare gli strumenti idonei per operare sui due piani della norma e dell'azione, proiettati in avanti e sorretti da adeguate risorse,e ogni formazione politica scopre in questo spazio un proprio porsi, se non si adagia nell'accettazione degli eventi nel loro effettuarsi, senza por mano ai mezzi disponibili. Voglio dire che ogni parte ha una sua caratteristica capacità di usufruire degli strumenti esistenti, purch eviti la facile tentazione della strumentazione, che può soddisfare in fase polemica, ma non può apportare fertilità.
4) Ritengo sia correttamente posta la questione della responsabilità degli Enti locali come propulsori, non come gestori della cultura. Un Sindaco o un Assessore non può trasformarsi in impresario teatrale o in talent scout. Se qualche sindaco ne avesse la personale vocazione nulla vieta che si dedichi alle citate attività, ma come privato cittadino con soldi suoi, non con i poteri e i proventi della Regione. Meritoria di contro sarà la sua opera se promuove la crescita culturale delle popolazioni che l'hanno eletto, così la propulsione della Regione sarà fortemente motrice quando conceda queste possibilità, magari anche in forma giuridica, in un concerto attivo dove dovrà essere sempre ricercata al massimo la partecipazione della gente, proprio perché incitata, sostenuta facilitata dall'Ente pubblico.
5) Questa partecipazione è estrinsecarsi di forze vive, è desiderio di solidarietà, è ceppo indigeno delle nostre popolazioni, in una parola è volontariato. Sono le sere impegnate, sono il trovarsi assieme, sono la manifestazione dei propri talenti, diventano nel raccordo dei singoli immagine dell'attività comune.
6) Nella vicinanza a questa azione entusiastica della gente si consideri innanzitutto la struttura esistente e visibile da salvare per i nostri successori, ma un diletto più intimo, un'operazione più appagante è il ricercare tra quello che si intravede, è il collazionare quanto ci resta. A questo proposito ritengo si debba avere una visione più ampia ed essere presenti presso coloro che vicino a noi in Piemonte operano anche a grandi progetti. Era un'intenzione proposta con serietà, già nella relazione Ferrero del 1981, purtroppo in buona parte rimasta tale, ma non priva di sprazzi luminosi e cito il Museo Regionale di Scienze Naturali e cito il CESMEO, purtroppo non posso citare Ignitor. Mi sia concesso un accenno, non una digressione, che anzi vorrei considerare quanto sto per dire come seria proposta nel campo della ricerca umanistica, che usufruisce della tecnologia moderna. Da parte di docenti dell'Università di Torino si sta lavorando ad una ricerca di lessicografia latina. Si tratta cioè di computerizzare tutta quanta la latinità, ma gli operatori, che pure hanno avuto l'approvazione dell'iniziativa da parte del Ministero, si dibattono nell'inadeguatezza degli strumenti e dei finanziamenti, messi a loro disposizione dal CNR.
Mi scuso delle probabili imprecisioni del riferimento, mi sento veramente un profano in questo campo, ma mi risulta che presso l'Università della California, nella sede di Irvine, è stata completata la registrazione elettronica di tutta la grecità, dalle origini al VI sec, dopo Cristo, e si attende di fagocitare l'opera dei nostri studiosi, non appena avrà raggiunto certi risultati. Non è doveroso intervenire, pubblico e privato per tenere in Piemonte un lavoro di tanto prestigio, tanto più che i costi sono piuttosto modesti, considerata la mole e l'eccellenza dell'opera? 7) Il "bisogno di cultura", a parte la terminologia che si affida ad un concetto di cultura forse superato, si fa stimolo per l'iniziativa regionale laddove l'entità dei costi è tale che solo con uno sguardo di lungo raggio è possibile commisurarne i confini. E' il pensare in grande sono le prospettive che segnano il tempo, specialmente in questo antivedere consiste la capacità programmatoria del nostro Ente che è essenzialmente di legislazione e di programmazione.
8) Si allarga a tutto il Piemonte l'esigenza di un esistere culturale che elevi le potenzialità locali, che fruisca delle opportunità, non limitate al capoluogo, che congiunga le generazioni, accostando alla saggezza del passato la trepida attesa del futuro.
Esistono progetti pluriennali di ampio respiro. Bene ha fatto l'Assessore ad assicurare ad essi l'attenta adesione della nuova Giunta che d'altro canto nella maggior parte dei casi è il riconoscimento inevitabilmente concreto, della fatica di tanti studiosi e ricercatori.
Molti di questi progetti ed iniziative sono anche la strada maestra che ci porta fuori dalla chiostra alpina, che ci collega alla cultura europea, che ci accosta anche a quella degli altri continenti. Quest'azione può lasciare senz'altro un segno incisivo nel nostro territorio culturale e non soltanto per un , gusto snobistico di sprovincializzazione, ma perché questi rapporti specie occidentali, questo porsi a livello degli altri - in quest'aula, non ricordo più da chi, è stato citato anche il Giusti "Gino eravam grandi e loro non eran ancor nati" - è caratteristico della nostra tradizione, gelosissima della propria cultura, ma contemporaneamente aperta ai fermenti delle culture altrui.
Un angolo laboratorio, una struttura degna per operazioni di questa partita può essere villa Gualino, ne ha trattato l'Assessore, ne sta trattando con il mondo accademico, ne abbiamo già parlato in Commissione non impediamoci anche di sognare. Ciò maggiormente perché si sente tra la gente, nei caffè, sui treni, nelle fabbriche, nelle associazioni un lievitare di acquisizioni, un generalizzarsi di consapevolezze, persino un raffinarsi nell'esposizione, contro il "cioè" di qualche anno fa, pensiamo alla rubrica della RAI "Parola mia"; sta dando frutti positivi, in qualunque modo la si giudichi, la riforma della scuola media del 1963.
Si apre allora il problema dei metodi degli strumenti per la cultura problema che non è difficile porre, ma che costituisce un largo campo di dialettica, non tanto nell'indicare il fine ultimo dell'estensione e dell'approfondimento di un consapevole vivere umano, proclamato da tutti nella sua genericità, ma soprattutto nello scavo , inesausto di ricerche e riconoscimento delle radici, delle motivazioni, dei principi, in sostanza dei valori.
Sembra quasi l'approdo ad un discorso pedestre, ma non lo è.
Gli indirizzi politico-programmatici della Giunta parlano degli ex filtri comprensoriali e ora parlano di Comuni e Province capoluogo, allora mi si passi l'immodestia di un'autocitazione, quando dichiaravo nel 1981: "interessante il criterio di territorialità ed apprezzabile l'obiettivo assunto di pervenire all'autogoverno delle iniziative, obiettivo però che non può essere perseguito, se chi aiuta soffia troppo sul collo, se in continuità fa pesare l'aiuto, se permette insomma , che l'auto-governo si riduca ad una formula anziché sostanziarsi di democrazia". E precisavo: "A questo punto si apre davvero un discorso serio e fertile da affidare alle Province, che certamente si riconoscerebbero nelle loro virtualità e si sentirebbero di conseguenza stimolate a raccogliere il testimonio dell'ideale staffetta. Credo,anzi, sia doveroso avanzare una proposta proprio per rincarare la nostra adesione al concetto e per tradurre in campi pratici l'appello agli Enti. Tramite la loro unione regionale, le Province,creino un loro gruppo di lavoro, che si interessi, insieme alla VI Commissione Regionale, alla concretizzazione di alcune funzioni in rapporto allo sviluppo culturale del Piemonte, che vengono già suggerite nei documenti della Giunta e di altre possibili". Aggiungevo: "Non dubitiamo che l'apporto delle Province, trattando di cose e non di astratti funanbulismi, renderà più agevole anche il nostro compito. Mentre con tutta probabilità esse aderiranno alle indicazioni ipotizzate, non è azzardato sicuramente pensare che diano altresì un apporto reale per altre eventualità culturali, non escludendo una loro partecipazione con parere da discutere se e come vincolante, circa l'opzione per le spese di investimento sulle strutture o sul riuso di quelle esistenti, dal momento che in certi casi ne sono proprietarie o comunque possono dimostrarsi interessate ad una collaborazione, magari anche finanziaria". Non se ne fece nulla, ripetiamo l'invito, nostalgicamente carico del passato di tanti di noi nelle aule dei Consigli Provinciali.
Lo ripetiamo, certi come siamo che qualsiasi aspetto della politica, e specie quello della cultura, non può avanzare di molto se, sul comune tracciato, si affollano soggetti diversi, per fare all'incirca le stesse cose, ognuno proteso alla conquista di una immagine in esclusiva. Le forze unite portano più facilmente al traguardo, anche se a volte c'è da vivere i momenti umili del portatore della borraccia d'acqua, e tutti dobbiamo sottrarci alla tentazione della tronfia passerella. Cose più grandi di noi fremono: più grandi perché fissate dalla realtà dei problemi e dall'urgenza delle soluzioni. L 'Assessore ne fa un capitoletto riassuntivo, ma al quale nulla sembra doversi aggiungere. Occorre operare, questo si: ce lo impongono le leggi che ci siamo date sia in ambito nazionale che regionale.
L'edilizia scolastica, per la quale in modo netto e corretto rivendichiamo insieme alla Giunta, il ruolo programmatorio della Regione, in particolare nella collocazione dei Centri da servire e nel discernimento degli interventi finanziari.
A ciò si lega l'applicazione di numerose nostre leggi regionali, per le quali siamo maggiormente investiti di responsabilità, dopo il tramonto dei Comprensori. Tale responsabilità si traduce nella necessità di chiarezza.
Un corpus, un "testo unico", delle leggi della Regione Piemonte che conglobi con sistematicità la legislazione del settore che stiamo trattando, ormai è acquisizione generale; non è desiderio platonico n estemporanea estrosità.
Abbiamo constatato, ancora pochi giorni fa, che un impegno serio e qualificato, è fertile: parlo del Seminario sul diritto allo studio del 15 gennaio scorso, materia di discussione e anche di convergenze. Se ne tratta in molte Regioni d'Italia: la nostra presenza nel concerto più vasto pu portare annotazioni utili. E' una strada, è la strada, neanche nuova, che chiama i suggerimenti di tutti coloro che hanno qualcosa da suggerire. Su questo tracciato di consulenze efficaci si può camminare verso la chiarificazione e l'organicità dei dettati esistenti e delle proposte sopraggiungenti.
Non posso chiudere questo mio intervento, che d'altronde è propedeutico ad altre occasioni, senza accennare ad una questione basilare per la nostra legislatura, affinché questa non venga tramandata esclusivamente come il tempo della " Centrale nucleare". Parlo dell'Università.
Questo argomento nel nostro Consiglio regionale si ripresenta con scadenza quasi lustrale (non in senso purificatorio, ma in duello più modesto, e doloroso per noi, di quinquennale). Di tanto in tanto si porta in aula: un dibattito, spesso intelligente, impegnato; un o.d.g.
immancabilmente unitario, che afferma e auspica; la trasmissione del documento a chi di competenza. Dorme il documento negli ambulacri Romani? Ma anche noi purtroppo, finora, abbiamo i tempi Olimpici per riaccendere il fuoco. Non mi nascondo le difficoltà che possono anche soffocare questa iniziativa (di produzione legislativa, di bilanciamenti nazionali, di pesantezza economica), ma non vorrei che si aggiungessero remore piemontesi che vanno da un diluito interessamento nostro al rinfocolarsi di aspirazioni, da sufficienze ammantate di statistiche, da sacrosanti diritti ad ottenere un decoroso progredire dell'esistente ad un superato concetto sullo sviluppo della scienza e della tecnica, che prepara una civiltà diffusa, di una metropoli luogo dei punti di tutta quanta la Regione.
Il progetto per l'Università è stato approvato dal C.R. unanime e consegnato alle superiori autorità; il Ministero ha espresso il suo apprezza-mento. Certo è un progetto da studiare più approfonditamente nella sua applicabilità e nella sua aderenza alla legislazione vigente: per questo, anche per questo, siamo ad una prova più impegnativa, che potremo superare a condizione di essere veramente convinti del diritto del Piemonte a non essere costretto nella attuale struttura degli Atenei. E personalmente vorrei più ancora essere veramente convinto che non esistono ripensamenti, che le dilazioni non si mutino in affossamento, che le formalità non celino una non confessata ma autentica propensione a non volere il nuovo, specie se per ubicazione e diversa qualità dovesse scuotere templi venerati.
Il nuovo infatti si apre ad orizzonti sempre più larghi, dove nell'ideale città futura e non troppo utopica, hanno cittadinanza la scuola, l'educazione permanente, i beni culturali nella più larga accezione con i relativi rapporti coi Ministeri competenti la formazione professionale, la ricerca scientifica, gli avanzamenti tecnologici, i processi tecnici, il lavoro Accademico, gli interscambi nazionali ed internazionali, i Musei e le Biblioteche, le sponsorizzazioni, il restauro delle opere d'arte ed il recupero rispettoso ed attualizzante delle tradizioni, l'esaltazione dell'operatività nel suo proteiforme verificarsi.
Volutamente ho citato, senza priorità ed eccellenze, come se tutti questi spaccati fossero un confuso concerto: l'ho fatto per ricordare prima che agli altri a me stesso quante sfaccettature compongono il corpo culturale e quindi quale richiamo all'umiltà dell'umano limite, ma insieme quale sprone al compimento di un dovere verso la società.
Per compiere questo dovere credo nella disponibilità di tutti, credo nella cooperazione convinta, anche se critica, nei lavori della '.VI Commissione, credo al gusto dell'intelligenza, credo al fervore della volontà.
Questa fiducia illumini la,nostra opera, affinché l'essere uomini nel nostro Piemonte significhi, per la nostra gente, consapevolezza di storia certezze quotidiane gradatamente maturate nella dialettica delle varie parti; ma soprattutto si colori, per i giovani che crescono, di non velleitaria speranza per le future stagioni.



MARCHIARO Maria Laura



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi, siamo giunti ad un appuntamento importante nella vita della nostra istituzione perché è il momento in cui avviene il confronto in quest'aula fra i Gruppi e le forze politiche attorno alle prospettive e alle indicazioni che si danno per il futuro della Regione intesa come insieme di uomini, di attività e di energie.
Noi riteniamo questo dibattito opportuno e importante anche per uscire dagli equivoci.
Con questo dibattito noi usciamo da un lato dall'alibi della maggioranza derivante da un' apprendistato nella gestione delle cose e dall'altro usciamo dalla fatica per l'opposizione di tallonare una maggioranza, che sino ad oggi ha vissuto più su delle posizioni numeriche che non su delle posizioni che attengono a interventi strategici politico strutturali di lungo respiro.
Al tempo stesso credo che questo dibattito possa servire ad eliminare usando una parola un po' ambigua che abbiamo coniato in questi mesi, il cosiddetto continuismo sia per gli uni sia per altri.
Per noi, perché ci è servito per sfuggire ad un confronto nel senso che vi sarebbe una supposta continuità amministrativa delle cose, per l'opposizione che di fronte ad una non cospicua proposta politico amministrativa ha avuto, più che altro, come unico argomento quello del giocare sulle divisioni, sulle piccole rivalità che attengono da un lato ai continuatori di fatto e dall'altro ai supposti innovatori più a parole che nei contenuti.
Riteniamo importante questo dibattito perché almeno farà giustizia e potremo finalmente avviarci verso un confronto, un chiarimento che attiene alle strategie per il Piemonte e per la realtà sociale piemontese.
Va innanzitutto riconosciuta la positività contenuta in questo documento, là dove si parla - usando uno slogan per non dilungarmi in quanto parliamo fra persone che conoscono i problemi - della scelta per lo sviluppo. E' un elemento importante contenuto nel documento di indirizzi elaborato dalla Giunta. Anche se, come viene richiamato nel testo stesso si colloca ancora come documento intermedio fra quella che era stata la piattaforma programmatica che aveva dato luogo alla formazione di questa maggioranza e di questa Giunta e quello che sarà poi il piano di sviluppo.
Quindi, essendo definito come documento intermedio, ha già degli elementi di approfondimento, di specificazione, di sostanza maggiori rispetto al documento dell'agosto scorso, ma non è ancora giunto, perch questo è compito e struttura propri del piano di sviluppo, a dare concretezza specifica e puntuale ai singoli progetti, alle singole indicazioni, ai singoli contenuti operativi, che peraltro sono già per larga parte delineati nel documento di indirizzi che è stato predisposto dalla Giunta. Quindi, sotto questo profilo va da un lato colto nella sua positività dall'altro ci raccomandiamo che vengano recuperate nel piano di sviluppo quelle che qui non possono non apparire come alcune debolezze metodologiche e strutturali e debolezze di impianto strategico.
Non sempre risulta attenta l'analisi a cogliere le novità significative del mondo dell'economia. Non basta qualche generica e timida genuflessione sull'altare della innovazione, parola diventata più che altro uno slogan ma non si sa cosa ci stia sotto questa coperta; forse anche il mondo.
Da questo punto di vista: occorre una maggiore caratterizzazione dell'attenzione verso le nuove tecnologie, anche facendo uno sforzo per distinguere gli innovatori da quelli che sono semplicemente dei rampanti e tenendo anche conto delle indicazioni del dibattito a livello nazionale su un nuovo disegno e strategia di politica economica.
Qualche passo in più potrebbe essere compiuto, anche perché, il documento, che nelle sue linee generali di politica economica risente ancora a livello inconscio del dibattito che ha ruotato attorno alle analisi passate, ormai datate, come quella dello choc petrolifero, ha bisogno di una maggior puntualizzazione. Come si dice nel dibattito economico, sarebbe oggi il caso di parlare di un contro choc-petrolifero cioè di quelli che sono gli effetti che derivano dalla caduta del prezzo del petrolio, che certamente avrà degli effetti più gravi in paesi come la Gran Bretagna. Anche da noi però pone la necessità di una serie di aggiustamenti di politica economica. Ragioniamo allora incominciando a pensare al contro choc petrolifero, perché questo potrà aver degli effetti benefici per l'economia italiana, che è un'economia dipendente da questo prodotto, stando però attenti perché potremmo avere degli effetti negativi.
Per esempio, un consumo molto incentivato dei prodotti petroliferi, se non ben collocati, potrà avere effetti negativi o di ritorno perché i minori introiti delle nazioni che lo producono avranno minor possibilità di investire e di acquistare magari i nostri prodotti.
E' una riflessione che nel momento in cui è stato scritto questo documento forse non aveva ancora la rilevanza che assume in questi giorni.
Certamente non si possono non considerare questi aspetti.
Al di là di questi correttivi che certamente debbono trovare la loro sede di collocazione propria all'interno del piano di sviluppo, credo che vada sottolineato come elemento fortemente positivo nel documento di indirizzi, oggi in discussione, quella che richiamavo come "la scelta dello sviluppo in una regione di confine". Se dovessi dare un titolo a questo documento, che sottolineo in positivo, lo chiamerei così come ho ricordato.
Certo, in un quadro generale difficile.
Dobbiamo renderci conto che non ci muoviamo in un'isola, ma che abbiamo una serie di condizionamenti a livello nazionale ed internazionale con i quali dobbiamo fare il confronto. In questo quadro generale, nazionale ed internazionale, vogliamo ricordare quattro problemi in particolare perch ci paiono essere degli elementi condizionanti di cui anche la Regione, al di là del suo potere di intervento, grande o minore, a seconda del giudizio di ciascuno di noi, deve tenere presente.
Il primo è certamente quello della politica economica e monetaria sviluppata dal Governo - sulla quale non mi addentro perché non è questa la sede - ma certamente deve essere un elemento da tenere presente, basti considerare la dinamica e l'evoluzione che stanno avendo settori importanti come quello della Borsa, quello dei fondi di investimento ed un supposto contrasto o concorrenza tra questo sistema e lo Stato inteso come ente che emette BOT e CCT. Credo che non si debba vedere 1a cosa in termini conflittuali, ma nella dinamica della politica finanziaria, questi sono elementi che debbono essere tenuti presenti, perché richiamano un sistema complesso che finisce poi per avere delle incidenze sui flussi finanziari dallo Stato alle Regioni, che finisce per avere delle influenze per ciò che attiene, ad esempio, le industrie e i possibili incentivi che queste possono trarre da misure valutarie come quelle che sono state introdotte per le esportazioni, che noi giudichiamo non positive perché in realtà non vanno a colpire i mali che sono stati indicati nel momento in cui questa scelta è stata fatta e che forse finiscono per penalizzare quelle industrie che davvero facevano della politica di esportazione un momento importante per il loro rilancio.
Secondo problema. In questo quadro, va fatta anche una considerazione sulla situazione della finanza pubblica e del debito pubblico, altro elemento che non possiamo non tenere in considerazione, perché anche la Regione fa parte di quel sistema complessivo, quindi credo che un'attenzione a non andare oltre nella politica del debito pubblico ci riguarda direttamente. Pare per altro, anche con affermazioni talora coraggiose, che la maggioranza e la Giunta nel loro documento di questo si facciano carico. Questo non vuol dire - lo abbiamo detto tutti - lo smantellamento dello stato sociale, anche perché sarebbe difficile smantellare una cosa che fondamentalmente, forse, neanche ancora abbiamo.
Ma di questo parlerò dopo.
Il terzo elemento di carattere generale che dobbiamo avere presente è quello che attiene alla finanza regionale. Anche di questo si parla nel documento, ma qualche ulteriore specificazione sarebbe auspicabile, non tanto perché un discorso generale sulla finanza regionale, così come oggi è strutturata, non può avere degli effetti immediati sulle politiche operative che la Giunta intende attivare, ma perché un contributo al dibattito nazionale che su questo tema avviene non può non venire anche da una Regione come il Piemonte che in questo settore ha sempre avuto un ruolo, anche dal punto di vista propositivo, metodologico, tecnico scientifico importante tramutatosi in Ordini del giorno e partecipazione di nostri colleghi con contributi significativi allo sviluppo della politica e della finanza regionale. Da quattro anni, ormai dopo la scadenza della Legge 336 le Regioni per il finanziamento delle loro attività dipendono dalle decisioni annuali del Parlamento che stabilisce l'entità dei trasferimenti statali e,quel che è peggio, il contenuto del progetto governativo in materia non recepisce appieno le indicazioni che venivano dalle Regioni.
Nessuno pensa di rimettere in discussione la scelta fatta nel '70 di dotare le Regioni di una finanza prevalentemente derivata, cioè fondata su trasferimenti statali, né di innovare profondamente sul riparto delle risorse tra diverse Regioni consolidatesi in questi 15 anni, ma la nuova legge, nell'attuale testo, si colloca ancora in una situazione che nel momento in cui non coglie molti spunti dal dibattito di questi anni si tramuterebbe in una occasione perduta, senza proporsi uno sforzo di ripensamento e di novità.
La disciplina attuale infatti prevede come tributi propri delle Regioni alcuni tributi di marginale rilevanza. Realisticamente appare difficile immaginare una cospicua estensione dell'area dei tributi propri. Nelle maglie strette del nostro sistema fiscale è estremamente arduo pensare di inserire qualsiasi manovra fiscale e una nuova forma di imposta regionale significativa. Sarebbe stato forse più realistico ripristinare il carattere originario di una imposta nata, come locale, come riforma tributaria, cioè l'ILOR. il cui gettito sarebbe dovuto andare in grande parte a favore degli enti territoriali e una quota anche alle Regioni. Invece l'ILOR oramai è divenuta, anche a dispetto del suo nome, una imposta statale e allo Stato affluisce l'intero gettito.
Il progetto non abbandona questo indirizzo, come forse sarebbe stato auspicabile. Resterebbe un'altra strada per cercare di realizzare un collegamento tra amministrazioni decentrate e il gettito derivante dai rispettivi amministrati, le quote di tributo erariale, di cui parla la Costituzione. Sembra evidente che la norma costituzionale si riferisca almeno in via principale, all'ipotesi dell'attribuzione alle Regioni di una parte del gettito dei tributi riscossi nel rispettivo territorio.
L'applicazione che ne è stata fatta dal '70 ha seguito invece un'altra strada. Si è formato un fondo comune alimentato da quote del gettito nazionale di certe imposte e questo fondo si è poi distribuito per le regioni con criteri del tutto svincolati dall'entità del gettito riscosso nei rispettivi territori. In seguito si è però abbandonato, o quasi, lo stesso criterio di fissazione preventiva delle quote di gettito devolute alle regioni, stabilendo tali quote di volta in volta, in misura tale da far corrispondere il gettito devoluto all'entità del fondo di cui si voleva dotare la finanza regionale.
Il progetto governativo conferma in sostanza questo sistema, sia pure con un complesso meccanismo che trasferisce l'eventuale gettito eccedente il tasso programmato di incremento ad altri fondi, destinati anch'essi alle regioni, ma con corrispondente riduzione dei trasferimenti statali. Per di più le quote sarebbero soggette a révisione triennale. A questo punto diverrebbe veramente e definitivamente una finzione il meccanismo della devoluzione di quote del gettito di dati tributi. Si tratterebbe in definitiva di veri e propri trasferimenti statali, determinati con criteri del tutto indipendenti dall'andamento del gettito dei tributi considerati e del sistema tributario in generale.
Vi è un'obiezione che dice: regioni ricche e regioni povere.
Gli organi centrali con questo sistema in sostanza si riservano di regolare il rubinetto della finanza regionale in modo del tutto indipendente dall'andamento dell'economia e quindi del prelievo di quella determinata regione.
Su questo argomento qualche ragionamento in più andrebbe fatto e anche da questo punto di vista probabilmente la Regione Piemonte potrebbe attivare in modo più deciso un confronto con il Governo.
L'altro problema che è richiamato all'interno del documento e quello della riforma delle autonomie locali è, per quel che riguarda il Piemonte questo argomento è di grande delicatezza, che la Regione ha avviato con la soppressione dei comprensori. E' un altro elemento importante che va tenuto in debito conto all'interno di questo documento di indirizzi, così come mi pare venga fatto, perché da una più chiara, più netta, più definita articolazione territoriale degli enti pubblici avremo da un lato un sistema che darà più garanzie di risposta ai cittadini e alla società in generale e dall'altro avremo anche l'occasione per semplificare le procedure, quindi per cercare di liberare quelle risorse, quelle energie che molte volte sono bloccate da un sistema articolato, integrato, sovrapposto di burocrazie parallele, che finisce talora per frenare le capacità propositive del mondo economico e imprenditoriale piemontese.
Partendo da questa analisi e da questo quadro generale, che certamente meriterebbe più attenzione di quella che ho qui dedicato credo chele indicazioni operative contenute nel documento programmatico vadano ricondotte attorno a quattro o cinque grandi aspetti.
Il primo è quello dell'affermazione o se vogliamo riaffermazione della vocazione internazionale della nostra Regione, quindi una maggiore accentuazione di ciò che riguarda ad esempio la promozione dei nostri prodotti commerciali e non solo all'estero, attraverso un'azione che deve essere maggiormente raccordata fra gli enti pubblici presenti sul territorio regionale, ivi comprese le emanazioni di enti statali. Chiediamo che non ci si muova per compartimenti stagni, ma attraverso un'azione concordata, che sia anche la promozione degli scambi commerciali e la prosecuzione di politiche già avviate di raccordo politico - economico programmatico con altre Regioni confinanti, cito ad esempio, il Cotrao da un lato e il Formont dall'altro.
L'affermazione del ruolo internazionale della nostra Regione è ben ripreso dove si fa accenno alla politica delle infrastrutture a servizio dell'industria, che ci servono per far diventare il Piemonte una regione di confine e di collegamento tra il Nord Europa e il sistema portuale italiano.
E' chiaro che in questa prospettiva si collocano gli interventi che sono delineati sia nella parte che riguarda il piano territoriale che nella parte specifica che attiene ai trasporti e alle infrastrutture, che si colloca nella prospettiva dei grandi interventi sull'asse viario di maggior collegamento tra Nord e Sud, quindi di penetrazione verso il Nord Europa che si colloca nel discorso di dotare la nostra regione di aree attrezzate e di parchi scientifici e di un sistema complessivo degli interporti perché il triangolo Orbassano, Novara e Rivalta Scrivia credo debba diventare il nerbo della infrastrutturazione regionale, per diventare il punto di riferimento per il traffico merci fra il Nord Europa ed il sistema dei porti liguri.
Su questo voglio richiamare l'attenzione della Giunta e dell'esecutivo perché non si fermino a semplici dichiarazioni di intenti ed ai rapporti già avviati e già consolidati con le autorità private e pubbliche che si stanno muovendo per il rilancio del sistema portuale e di quello di Genova in particolare.
Debbo dire onestamente che, a fronte del grande fermento di iniziative e di decisioni che in questi ultimi mesi si stanno concretizzando da parte delle autorità del porto di Genova e degli enti pubblici liguri, c'è stato troppo silenzio da parte della nostra Regione.
In questi ultimi mesi non ci siamo inseriti come veri e propri interlocutori nel momento in cui venivano avanti proposte molto importanti da parte dei privati e del pubblico ligure. Pensiamo, ad esempio, al progetto ormai realizzato da D'Alessandro per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro e dei servizi all'interno del porto di Genova con la costituzione della S.p.a. Container, per quanto riguarda l'avvio dei terminal di Voltri e di due altri scali; pensiamo agli incontri avuti a Genova nelle settimane scorse delle autorità ferroviarie liguri italiane con i dirigenti liguri e genovesi dove sono stati toccati dei problemi e date delle indicazioni che riguardano direttamente la nostra Regione per quanto riguarda il collegamento viario tra il porto e l'autostrada Voltri Sempione attraverso una bretella o una tangenziale che superino gli attuali ingorghi; attraverso le indicazioni per ciò che attiene al discorso del terzo valico o il potenziamento dei due valichi esistenti.
Queste sono tutte politiche e indicazioni che ci vedono direttamente interessati. Dobbiamo su questo chiedere alle autorità liguri, ferroviarie e statali che, nel momento in cui discutono e si confrontano su questi argomenti, vi sia anche il coinvolgimento diretto della Regione Piemonte a questo livello di discussione. Sono temi che vedono direttamente interessata l'economia di larga parte della nostra Regione e riguardano il futuro ed il destino che deve avere una struttura importante come il centro intermodale di Rivalta Scrivia, per il quale occorre svolgere un'azione propulsiva perché decolli e diventi l'unico naturale punto di riferimento per gli operatori portuali.
Abbiamo notizie che nel Rarmense vi sono iniziative di interporti molto consistenti, che si stanno muovendo in modo deciso.
Pensiamo anche agli sforzi che stanno facendo sul versante del Brennero. Non vorremmo ancora una volta che il Piemonte, anche da questo punto di vista, diventasse una Regione periferica rispetto alle grandi assi di sviluppo economico e per ciò che attiene il trasporto delle merci.
Il secondo punto che a noi pare di cogliere fra l'insieme delle politiche predisposte nel documento d'indirizzo è quello che attiene al rafforzamento della competitività delle imprese che ci sembra un elemento importante che va ulteriormente perseguito.
A questo riguardo le competenze della Regione sono limitate. A me pare che dare delle indicazioni di carattere generale, così come è stato fatto,è positivo. Sono anche contenute, per quanto di nostra competenza, alcune indicazioni operative positive, intanto per ciò che attiene ai servizi alle infrastrutture che possiamo mettere a disposizione, all'industria per l'abbattimento dei costi, quindi all'aumento della competitività dell'apparato produttivo piemontese, alle indicazioni per il servizio alle imprese per la realizzazione di aree industriali attrezzate (non soltanto di nome ma anche di fatto), a una politica urbanistica diversa che consenta lo sviluppo di queste nuove iniziative, al discorso dei parchi scientifici.
Tutte proposte positive che vanno nel senso di recuperare il ruolo del pubblico per ciò che attiene all'innovazione tecnologica.
Il discorso sulla Tecnocity, forse, andrebbe meglio calibrato e ricondotto a quelle che sono le reali dimensioni anche dal punto di vista territoriale, anche per non esagerare.
La seconda politica che possiamo attivare per raggiungere questo obiettivo è certamente quella di muoverci sulla politica formativa delle persone. Il discorso del decentramento e della qualificazione universitaria è un discorso fondamentale che deve vedere la Regione incalzare il Governo perché si avvii concretamente la seconda Università in Piemonte. E' un discorso che attiene alla formazione professionale. Questo è uno di quei punti che attengono pienamente alla nostra competenza e su cui occorrerà un'analisi seria, profonda e, se deve esserlo, anche impietosa. Il sistema della formazione professionale è - lo riconosciamo tutti - un settore strategico ma anche nel contempo delicato. Oggi occorre senza indugi porvi mano con azioni e strumenti adeguati per ridefinirne il ruolo e là funzione, per avviare profondi processi innovativi quanto alle sue strutture, alla sua gestione, all'insieme della docenza e ai curricula formativi.
Sappiamo che questa può essere una politica contestata e anche difficile perché dolorosa per rendite di posizione di alcuni centri, per problemi occupazionali dei docenti, cresciuti in modo meccanico anche attraverso automatismi perversi, però, se non abbiamo il coraggio all'inizio della legislatura, di avviare in modo deciso ed incisivo una politica in questa direzione, certamente, non avremo più il coraggio di farlo fra due o tre anni,quando avremo magari altri problemi, altre prospettive che ci potranno indurre a non avere tanto coraggio da incidere in modo drastico e radicale sul sistema complessivo della formazione che così com'è oggi, è per larga parte nient'altro che un duplicato, un doppione, una scopiazzatura del sistema scolastico statale e un'area di parcheggio. Oggi diventa, anche dal punto di vista finanziario, un peso importante per la finanza regionale; ormai ragioniamo attorno agli 80/90 miliardi, più di tre quarti della finanza libera regionale.
Nel discorso del potare per il potare, possono anche rimanere queste cifre, però credo vada radicalmente ristrutturato il sistema complessivo della formazione professionale, perché oggi è una grande macchina che non produce, comunque non produce là dove vi sono le richieste del mondo del lavoro.
E' un compito che attiene alle strutture e alla politica culturale che deve avviare la Regione per far capire ai giovani che vi sono nuove grandi professioni richieste dal mercato del lavoro, che non sono meno dignitose rispetto alle professioni classiche.
Ci siamo tutti stupiti nel leggere i risultati di un'indagine pubblicata recentemente sulla valutazione sociale dell'occupazione. Pare che i giovani, e comunque l'opinione pubblica media, collochino al vertice dal punto di vista del prestigio sociale, le professioni tradizionali negli enti pubblici, i geometri, i ragionieri, gli impiegati statali e i professionisti e collochino, addirittura dal dodicesimo posto in giù,le professioni manuali, che sono oggi le più richieste dal mondo del lavoro.
La situazione è paradossale: due milioni di disoccupati; due milioni di occupati negli enti pubblici che fanno un secondo lavoro; un milione circa di lavoratori che provengono dal Terzo Mondo; abbiamo poi ancora una scala del prestigio sociale dell'occupazione che non risponde affatto alla dinamica del mercato del lavoro.
Anche su questo versante una politica culturale della Regione che sappia avvicinare di più il mondo scolastico e i giovani alla dinamica del mondo del lavoro, un sistema di orientamento scolastico più incisivo, più attento al mondo dell'innovazione sarebbe un risultato importante.
Nel documento di indirizzi predisposto dalla Giunta regionale c'è un discorso di valorizzazione delle risorse naturali della Regione, degli "atouts" della regione, altro elemento che va sottolineato.
L'agricoltura è chiamata la "filiera agroalimentare": produzioni agricole e mezzi di produzione, sistemazioni idrogeologiche e drenaggio delle terre, industria agroalimentare. Anche qui, in un quadro molto difficoltoso e che subisce pesanti condizionamenti delle politiche comunitarie e nazionali.
Foreste e filiera del legno, energia ed ambiente. Mi pare che anche su questo vi sia qualche indicazione nuova che meriti di essere riconosciuta.
Diverso può essere il giudizio sul grado attuale di approfondimento o sul grado di operatività; su questo avremmo auspicato maggiori gradi operativi oggi forse è presto per poterli pretendere e per poterli avere. Ci piace però richiamarli perché ci sembrano punti importanti.
Così come ci pare importante, sia pur in un quadro generale di difficoltà, un'attenzione per il miglioramento della qualità della vita.
Questo è il quarto punto che volevo richiamare. Vi è attenzione per le politiche del tempo libero, per un diverso disegno urbanistico delle città perché diventino a misura d'uomo. Vi è un discorso sui servizi sociali voglio solo dire che non condivido molto le affermazioni che dicono: "basta con lo stato sociale", che - come dicevo - questo non lo abbiamo ancora neanche avuto; non si tratta di tagliare in modo indiscriminato, che alla fine non produce niente, ma si tratta di rendere più produttiva la politica pubblica in tema di servizi sociali. Forse la proposta non è ancora giunta a quel grado di concretezza che possa dar vita fin da domani a momenti operativi e concreti, tuttavia è una proposta che noi condividiamo e che riteniamo apprezzabile perché ha una strategia di riferimento unitaria che credo possa rappresentare un utile terreno su cui pubblico e privato si confrontino e possano trovare dei momenti di raccordo.
Anche noi riteniamo che alcune cose debbano avere delle migliori puntualizzazioni, degli approfondimenti e degli aggiustamenti. Queste cose ci potrebbero magari suggerire dei cattivi pensieri, noi auspichiamo invece che la Giunta con le buone azioni sappia allontanare questi cattivi pensieri.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Io vorrei incominciare, signor Presidente e colleghi, questo mio intervento con una storiellina che circola nel mondo accademico.
Il giovane ricercatore presenta la sua prima comunicazione ad un convegno scientifico.
Il discussant è un vecchio barone, noto per la sua brillante oratoria e per la durezza dei suoi giudizi. E' quindi preparato al peggio, quando le prime parole del suo interlocutore fanno drizzare le orecchie a tutta l'assemblea: "Caro collega - esordisce il barone - il suo lavoro è originale e intelligente ......" Stupore nell'assistenza: che il vecchio si stia rammollendo? "Peccato - continua il nostro con un piccolo sorriso - che ciò che è intelligente non sia originale e ciò che è originale non sia intelligente".
Credo proprio che questa frase possa efficacemente sintetizzare da sola, il capitombolo di questo Godot, ingrassato e dimagrito nel corso dei mesi tanto annunciato e atteso come una originale versione subalpina del ritorno ad una visione manageriale ed efficientistica della politica e dell'amministrazione, ma anche, e soprattutto, come il trionfale ritorno sulla scena politica regionale del buon vecchio capitalismo, più pudicamente ribattezzato, in tutti gli interventi, "privato".
Ci aspettavamo dunque noi, di quella che Marchini definisce sempre vetero - sinistra - pianificatrice - assistenziale, a seconda delle occasioni, un bel documento stringato, un po' aziendalistico, con ben definiti, all'inizio, alcuni pochi e chiari obiettivi (dico pochi e chiari perché è noto che un buon criterio di efficienza è concentrare risorse scarse su poche cose realizzabili) e di seguito una bella lista di cose da fare, con precisati i tempi, gli stanziamenti, i responsabili. Poche, si sa, perché la Finanziaria è tiranna e per di più nevica, governo.......
Ma leggendo questo documento, cari colleghi, a me è venuto veramente da chiedermi perché questo gruppo di partiti, questi cinque, ha scelto di dare un governo a questa regione, se non sapeva bene che cosa voleva fare di questa regione e per questa regione, e perché questo gruppo di persone ha accettato di essere questo governo, se non sapeva cosa fare per esserlo (impresa che d'altronde può difficilmente derivare logicamente dalla prima proposizione).
Naturalmente possiamo tutti benissimo dare una risposta, intuitiva alla mia domanda retorica, ma è una risposta che non vorremmo, che non vogliamo dare.
Si possono fare le critiche più approfondite nel merito dei singoli pezzi del documento, ma bisogna anche dire qualcosa dell'impianto generale di questo oggetto a forma di parallelepipedo, che non so se definirei documento, men che meno libro, men che meno programma, che dovrebbe proprio dirci, per prima cosa perché quel gruppo di signori sta seduto lì, quale comune strategia li guida, quali comuni passioni politiche, quale immagine hanno della società piemontese, dove vogliono guidarla e come pensano di farlo.
Non sono proprio d'accordo con Mignone: oltre a qualche titolo - e poi vedremo anche titolo scritto male, senza neppure l'uso del vocabolario non c'è proprio niente di cosa si vuole fare e di come si vuole farlo, se non consideriamo che si possa ribadire sempre i soliti vecchi luoghi comuni.
Diciamolo francamente, leggendo questo documento sembra di essere di fronte a una tesina scritta su commissione da qualcuno che ha avuto il mandato di mescolare a piacere alcuni ingredienti di moda (un po' di efficientismo-decisionismo, un po' di privato, ma anche un po' di sociale perché non siamo in America un po' di tutela dell'ambiente, perché va di moda, però un ambiente "valorizzato") qualche pagina per ogni settore di intervento, faccia pure l'estensore, purché si resti sulle generali e non si vincoli troppo l'Assessore; l'occupazione naturalmente, anzi è meglio come notava il collega Amerio, calcare la mano, ma senza toccare il dogma della mobilità e il suo gemello della flessibilità; una manciata di interventi di settore e di trasferimenti, non alle famiglie, perché non è più di moda, ma alle imprese, meglio se innovatrici. Il tutto farcito con alcune parole magiche che diano il segno del cambiamento in atto.
Farò un piccolo glossarietto per chi eventualmente, rimasto isolato dalla neve, non le conoscesse ancora, ma che si ritrovano ovunque nel documento, sparse a piene mani: produttività, imprenditorialità flessibilità, innovazione, ricerca e sviluppo - detta R&S per gli addetti progettualità concretezza ed operatività, efficienza, significatività e poi gli aggettivi: attivo, dinamico, moderno ecc...
Sul concetto di modernità, contenitore magico di tante cose vecchie in politica, bisognerà un giorno decidersi a fare un seminario.
E così ecco pronto un documento passepartout con alcune vecchie idee intelligenti - si sa che gli estensori di documenti si sono formati nel pieno del periodo panpianificatore; è rimasta un po' di polvere di "piano" attaccata alla penna e alcune, poche, idee originali sulla cui qualità non mi dilungherò perché vi rimando alla storiella iniziale.
Francamente, signori, ho l'impressione che nessuno si sia preso la briga di mettere a disposizione una penna appassionata di idee, di politica, per dar forma, corpo e sostanza politica e amministrativa a questo parallelepipedo, per lavorare ad un documento che rinviasse un'immagine significativa, nel senso proprio del termine, cioè portatrice di significati, del progetto che sta dietro questa cosa e delle gambe su cui deve marciare.
Bisogna davvero dire che o il re si veste o noi dovremo continuare a constatare che è nudo, e che, fuori di metafora, questa assemblea avrebbe il diritto di attendersi qualcosa di meglio di questo parallelepipedo abborracciato, mal scritto, incoerente fra una parte e l'altra, in cui nessuno sforzo viene fatto per spiegarci cosa si pensa di fare nei diversi campi, al di là di sempre generiche affermazioni - aperte immancabilmente dal "bisognerà, sarebbe opportuno, ci si farà carico" - per offrirci delle idee. E le idee non sono luoghi comuni. Quella degli anni '70 sarà stata anche, come si dice nel documento, una programmazione tentata, ma diciamolo, almeno ci si provava a programmare. Tutto si può dire del famoso parallelepipedo, salvo che su di lui sia possibile un confronto di idee. Un confronto di idee vive su un progetto coerente per guidare questa società nei fatidici anni verso il 1990 e il 2000.
La modestia è una virtù, ma non sempre e dovunque, e non nei documenti programmatici.
E ora, perché ci siamo divisi il lavoro, per altro non arduo, di analizzare le idee contenute in questo documento, verrò all'argomento che a ne sta a cuore e a cui la Giunta attribuisce, citava Mignone i titoli, ma non è andato al di là di essi, un valore strategico primario poiché, cito "ti tratta di un settore vasto e variegato che presenta al suo interno un'infinità di complesse interconnessioni".
La protezione dell'ambiente si farà, cito ancora, e salvaguardandone l'integrità, senza però stringere in un'insopportabile gabbia di vincoli rigidi le attività produttive'. Lodevoli intenti, salvo che occorre far notare che l'integrità di quell'ambiente è da tempo compromessa e che le attività produttive di cui sopra sono tutto, meno che costrette in una gabbia di insopportabili vincoli.
Tutti i dati disponibili, andando a vedere anche quelli pubblici, e la realtà che è sotto i nostri occhi concordano nel confermare che nessuna delle leggi sull'ambiente viene rispettata, Ve lo dicono anche alla Federpiemonte, se andate a chiedere. La legge Merli compie dieci anni quest'anno e le acque superficiali e sotterranee ne hanno avuto ben pochi benefici, malgrado i molti soldi spesi per contributi a depuratori che non vengono fatti funzionare. I rifiuti, specie quelli industriali, costringono gli ambientalisti, l'avete notato, a trasformarsi in tanti Sherlock Holmes per andarli a scovare nei posti fantasiosi come i fiumi, le cave a contatto con la falda, ecc., dove vengono depositati da questi produttori costretti da insopportabili vincoli.
I pochi dati sull'inquinamento dell'aria danno informazioni allarmanti ma non esiste neppure un piano per intervenire con misure che esistono, Ve lo assicuro, poi darò dei riferimenti, per ridurre in tempi brevi le concentrazioni pericolose.
Che cosa è caduto sulle nostre teste e sui nostri alberi con queste nevicate, dopo tanti giorni senza pioggia? Non lo sappiamo,anche se lo immaginiamo, perché dopo un po' gli Istituti universitari tirano fuori i dati su cosa è successo, ma come dicono illustri amministratori dell'ENEL (è detto per Milano, ma viene detto anche per Chivasso e anche per noi) la desolforazione non serve nella pianura padana, dove tanto ci sono già altre fonti inquinanti e quindi la popolazione vi è abituata.
La signora Vetrino non c'è. Si tratta, per la cronaca, della dichiarazione di un amministratore repubblicano dell'ENEL di pochi giorni fa.
Non si può certo dire che la spesa ambientale delle nostre attività produttive sia insopportabile, anzi, direi che per gli amanti del privato rappresenta una palese violazione delle norme CEE sulla concorrenza, sia per la non applicazione della maggior parte delle direttive CEE in materia di ambiente in Italia, sia perché le nostre leggi ambientali sono comunque anche quando ci sono, le più lassiste e poi le meno applicate.
Se davvero l'ambiente ha un valore strategico per Voi, invece di gingillarvi con le parole, provate a dire chiaro e forte che perseguirete con l'efficienza e l'uso delle sofisticate strumentazioni tecniche che andrete ad acquistare, tutti coloro che non rispettano le leggi che non sono le leggi insopportabili vincoli ma regole inderogabili del vivere civile.
Detto così, sarebbe un programma minimo, ma già ci basterebbe, perch in questo paese, se si facesse quel che si dice di voler fare, sarebbe già rivoluzionario. Basta dire di voler fare: strumenti e come.
Però devo dire che un programma che inizia, a parte una piccola introduzione da cui Vi ho citato dei fior da fiore, la parte dedicata all'ambiente con quattro pagine dedicate alla caccia e alla pesca, sulle otto o nove dedicate all'ambiente, è alquanto strano.
Sorvolo sulla solita, ridicola in questo paese con questi cacciatori storiella della caccia come mezzo di valorizzazione delle risorse faunistiche e di salvaguardia dell'ambiente; ma che si senta l'esigenza di studiare l'idrobiologia delle acque piemontesi per migliorare il rendimento alimentare della pesca professionale sportiva, che si decida di investire a questo scopo, notevoli risorse e impegno in piani, comitati, convenzioni con l'Università e il Politecnico (ricorrenti, devo dire, saremo riempiti di convenzioni, però quando si vedono le proposte di consulenze l'Università e il Politecnico scompaiono come convenzioni e ricompaiono come singoli) rafforza la strana impressione di un'idea dell'ambiente più come risorsa da sfruttare che come patrimonio minacciato da proteggere a fini di interesse generale e non particolare.
Impressione rafforzata dal curioso capitolo sulla difesa del suolo dove, dopo le solite dichiarazioni rituali sulla riforestazione, che ha anche recitato il Consigliere Mignone, e l'affermazione che si farà quello che già è stato fatto (questo riferito a tutta una serie di studi sui rischi, che già ci sono, che anzi sono un vanto dell'amministrazione piemontese), si inseriscono due pagine sul comparto delle pietre decorative. Uno si riferisce alla difesa del suolo e si trova le pietre decorative e le attività estrattive che, evidentemente, contribuiscono alla difesa del suolo, come tutti ben sappiamo, su cui, per di più, non si dice nulla; le famose attività estrattive, se non che, ovviamente, l'estrazione degli inerti verrà programmata. Se questa non è la sfilata dei luoghi comuni, Dio sa! Non dico che non si possano usare anche le vecchie cave, come viene proposto, come discariche controllate, ma i progetti che circolano, quando si orecchia quello che sta capitando, sono raccapriccianti; ne ho sentiti alcuni, si mettono rifiuti di cava in cave a contatto con la falda, in riva ai fiumi, a profondità di 80 mt, per cui appena il fiume si ingrossa un po' vengono a galla.
Si dimentica poi che l'attività di cava produce elevatissimi profitti buona parte dei quali, sono esternalità scaricate sulla collettività allora facciamo una politica liberale, per carità, niente rivoluzioni internalizziamo quei costi sociali nei costi di impresa, con una tassa sul materiale scavato, che serva al ripristino dei danni causati e con severe norme sul recupero territoriale delle aree di cava. Norme e pene, anzi garanzie finanziarie e assicurative preventive, perché sappiamo tutti come finiscono poi le aree di cava.
Diciamo che il nuovo modello di sviluppo che ci viene proposto, che è adombrato nei documenti, nei primi atti di questa Giunta, e non solo di questa Giunta, ma anche nel Governo nazionale, è in realtà quello degli anni '50 dell'edilizia e delle opere pubbliche che trainano la ripresa economica (se mai ci sarà quando invece traineranno solo immigrazione di manodopera straniera e colate di cemento su quell'ambiente che dovrebbe essere salvaguardato.
Non è detto che a qualunque fabbisogno di inerti si debba poter provvedere; anche questo va ricordato.
Finalmente, dopo le facezie precedenti definite politica ambientale) vengono due capitoletti, appena più grossi, mezza pagina di più di quelli su caccia e pesca,dedicati alle risorse idriche e ai rifiuti. Sul primo punto verrà, ovviamente, sviluppata un'azione permanente e incisiva per un più "attivo, moderno ed organico" governo delle risorse idriche! Certo l'acqua fresca è una risorsa fondamentale, ma questa mi pare piuttosto quella famosa aria fritta di cui parlava Ernesto Rossi (che forse per parecchi di noi è stato ed è un punto di riferimento) già molti anni fa.
Sarei lieta, per una volta, di leggere in un documento, e sarebbe anche più carino, che il governo delle risorse idriche sarà non attivo, arretrato e disorganico, il che poi corrisponderebbe meglio alla verità e forse varrebbe la pena una volta tanto di dirla.
Comunque, e cito: "per uscire dal quadro indeciso e aggrovigliato che caratterizza tale problema (ditemi poi cosa significa: un po' di penna rossa e blu non sarebbe stata male), oltre alle iniziative già delineate moderne e dinamiche (ma quali sono?), occorre predisporre adeguate proposte di valutazione di impatto ambientale (ma di che cosa? Proprio non si capisce e sa il cielo che la valutazione d'impatto ambientale mi piace però su che cosa?) di situazioni e di interventi vettori di rischio".
Certo, adesso tutto è più chiaro, comunque verranno anche predisposti i programmi di allarme, di intervento e risanamento. Non si potrebbe precisare? Ma insomma, come si può affrontare il tema centrale della politica ambientale in Piemonte, con i suoi duemila corsi d'acqua, il Po (nemmeno citato!), i laghi, in questo linguaggio cripto-magniloquente che sarebbe da segnare come dicevo prima in blu in una tesi universitaria! E' stata approvata alla fine della legislatura l'istituzione del parco del Po. Quale migliore occasione per fare dell'intervento su questo grande fiume, che è il termometro di tutto quello che succede nel sistema idrico piemontese l'asse portante di tutta la politica delle acque? Con un efficiente sistema di monitoraggio facile, moderno e innovativo da realizzare per tutti i corsi delle acque, potremmo capire immediatamente che cosa sta succedendo davvero in tutto il Piemonte nel sistema idrico. Inquinamenti industriali agricoli, urbani, queste cose misteriose che occorre andare a colpire sarebbero facilissime da individuare.
L'aumento delle concentrazioni nelle acque del Po rivelerebbe subito da dove arrivano e in che punto si immettono. Allora perché non immaginare un centro di studi sul Po e sulle acque come perno dell'intervento istitutivo del parco? Che dopo tutto il parco non si voglia fare? Ci consoleremo con la "dinamica attuazione operativa" del vetusto piano delle acque, come ci viene detto.
Veniamo ai rifiuti che cito: "offrono vaste possibilità all'applicazione e diffusione dell'innovazione tecnologica" (infatti si vede qui all'opera la creatività innovatrice dell'impresa privata nel campo dei rifiuti) qui, con il "coinvolgimento e supporto di Università Politecnico, ecc, la Regione svolgerà una attività propositiva e di indirizzo (e di appoggio, formazione e aggiornamento, anche della legislazione regionale che abbiamo appena licenziata in Commissione! Rinnoviamo anche quella?) e anche con l'aiuto della solita valutazione di impatto ambientale. Sono lieta di sapere che vorrete presto discutere il nostro progetto, ma - a parte ciò - che cosa farete con questi strumenti che andrete a mettere a punto e con i coinvolgimenti di tante istituzioni importanti? Che ne direste di sbottonarvi un po' e di darci una qualche anche sommaria, indicazione progettuale? In questo vuoto pneumatico vedremo comunque di fornirvi qualche idea, che non sto ad anticipare, sarebbe lungo, perché la formalizzeremo in un progetto di legge.
Non voglio tediare, ma un documento programmatico va discusso, con analisi puntuali di quello che non c'è, ma l'aria fritta incombe proprio sul cielo piemontese: sul suo controllo si "conoscerà, si migliorerà progressivamente la qualità, (per fortuna non la si peggiorerà), si definiranno le competenze, ecc. Bene. Ma come farete? Anche qui, non era neanche difficile copiare. Ci ha distribuito il presidente Croso un documento del Consiglio d'Europa che contiene decine e decine di suggerimenti puntuali che possono essere immediatamente operativi (costano poco e si fa in fretta, proprio come piace a voi), puntuali, innovativi e operativi per intervenire sulla qualità dell'aria particolarmente negli ambienti urbani. D'accordo che il documento è scritto in francese, ma nel parlamento subalpino, mi corregga signor Presidente se sbaglio, il francese dovrebbe e potrebbe essere la nostra seconda lingua! Farò comunque lo sforzo di tradurvi e segnalarvi i passi più interessanti che vi preannuncio non faranno piacere né all'Enel né agli automobilisti torinesi e naturalmente neanche a tanti altri, ma che ci permetterebbero di avere l'aria un po' più pulita, subito, con alcune di quelle misure di emergenza che forse si potrebbe indicare invece di lasciarle sul generico. Dirò solo poche cose, sorvolerò sull'incidente Galasso, perché questa è una simpatica vicenda come temo sia ormai per voi la legge. Annunciate fin dalla prima costituzione di questa maggioranza, con grande grancassa, che finisce la politica dei vincoli territoriali soffocanti per le attività produttive e poi vi ritrovate fra i piedi (ad opera di un buon vecchio repubblicano storico molto simpatico) una bella legge tutta di vincoli, che malgrado i maldestri tentativi per annacquarla un po', vi toccherà pure gestire fra i referendum della Coldiretti annunciati e le rivolte di coloro che si aspettavano la licenza di uccidere (solo l'ambiente per carità!) Qui finisce la politica per l'ambiente per il prossimo quinquennio secondo il documento programmatico. Così arriveremo alle soglie degli anni '90 in un bello stato! Berremo acqua minerale e gireremo con le mascherine e il fucile per difenderci dai topi, le mascherine contro l'aria se dobbiamo contare su programmi così efficientemente, operativamente e innovativamente avviati.
Chiuderò con un omaggio a Pirandello, autore che penso molti di noi amano e di cui ricorre quest'anno il cinquantenario della morte. Abbiamo fatto, stiamo facendo, lo sforzo di commentare questo parallelepipedo che chiamate programma e di fornire qual- , che indicazione sul merito. Per l'impressione che abbiamo sempre di più è che sia tempo perso e come direbbe Pirandello "Ma non è una cosa seria !"



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Benzi.



BENZI Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il documento in discussione è stato definito dagli estensori interlocutorio. E' un documento particolare che chiede aiuto ai Consiglieri, ma non fa distinzione tra maggioranza e minoranza, per eventualmente aggiungere qualche cosa alle idee espresse.
Non so se si può aggiungere quello che ha detto la collega Bresso, io direi che le sue aggiunte sono pericolose. Niente di male! Per l'esperienza che ho maturato in moltissimi anni, come Consigliere comunale e poi regionale, devo dire che noi non dobbiamo sbranare nessuno perché se chi sta all'opposizione incominciasse a sbranare tutto quello che fa il governo è chiaro che il governo non potrebbe fare molto perché gli mancherà l'apporto di idee costruttive.
Il nostro compito è di dare un aiuto al governo, perché abbiamo un nemico, il Governo. In quindici anni l'autonomia della Regione è diminuita moltissimo. Un esempio lo abbiamo avuto quando cinque grandi uomini a Roma hanno deciso la sorte del Piemonte. E' un fatto inammissibile! La nostra autonomia che era già disfatta allora non vale più niente. I Presidenti del Consiglio e della Giunta si facciano promotori presso le altre Regioni perché si costituisca un fronte perché il Governo sta distruggendo il regionalismo e l'autonomia regionale perché ha necessità di soldi. Dobbiamo dimostrare che le Regioni sono una cosa seria, che non sono delle "sottoprefetture", che ubbidiscono a Roma e corrono al galoppo ogni volta che fa un fischio, ma che abbiamo le nostre idee e i nostri programmi che vogliamo svolgere. Diversamente veniamo qua, ci salutiamo, prendiamo il caffè, ma non possiamo incidere per nulla sulla vita regionale.
Il documento dimostra che c'è una carenza di mezzi finanziari spaventosa. La Giunta dichiara che non ha mezzi per assumere certe iniziative.
Quello poi che si rimprovera al documento è che parla di molte cose più o meno buone, però non parla delle somme occorrenti per gli investimenti; non conoscendo l'entità delle somme non sappiamo quale incidenza possono avere sui settori: di buoni propositi si dice che è lastricato anche l'inferno.
Quello che manca, secondo me, è la possibilità di commisurare lo sforzo che vuol fare la Giunta, la Regione e tutti noi nei vari settori.
Mi soffermerò su una delle spine del Piemonte: la disoccupazione. E' un problema che tutti conosciamo e che da tutti sentiamo parlare, Partiti Gruppi. Si può fare qualche cosa? Io dico di si. Il fatto è che molte volte con i nostri interlocutori esterni non riusciamo a far presa, i contatti sono molto sporadici e la nostra difesa molte volte è fatta con delle belle dichiarazioni, con la votazione di qualche Ordine del giorno che vanno a finire in qualche cestino di qualche Ministro. La realtà è che noi non abbiamo luna grande incidenza.
Per esempio, perché a Torino e in Piemonte non si fa una vera battaglia al lavoro nero? Quanta gente oggi fa del lavoro nero? Quanti sono coloro che lavorano in modo precario e in modo disastroso sotto l'aspetto contributivo? manca lo Stato, ma manca anche la Regione nel non far punire severamente come la legge dispone, non chi fa del lavoro nero, perché non è da punire un disoccupato che magari per cinquemila lire all'ora si presta a fare lavori umili, ma chi assume in quel modo danneggiando il concorrente onesto.
Dovremmo impegnarci davvero per impedire che continui questa specie di tratta dei negri.
Ai mercati generali si scaricano le merci di notte e nessuno ha in tasca un regolare contratto, se poi qualche nuovo arrivato vuole lavorare c'è la minaccia dei coltelli. Queste cose bisogna dirle.
Perché la Regione non interviene? C'è poi il fenomeno del doppio lavoro. Ritengo che in Torino e in Piemonte ci siano almeno 30/40 mila persone con un doppio lavoro, gente in gamba che lavora sette/otto ore in una azienda, in un ufficio e poi fa un altro lavoro, togliendo delle possibilità di lavoro ad altri.
La Regione si metta su questa strada e vedrete che i lavori verranno fuori. Quanti saranno? Cinquemila, ventimila. Finché non interverremo vedremo sempre i più furbi che vivranno benissimo, facendosi anche i viaggi alle Canarie, e gli altri che non avranno un posto di lavoro.
La terza osservazione è sulle ore straordinarie. Molte aziende da decenni pretendono dai lavoratori prestazioni straordinarie, ma non assumono nessuno, perché un'ora straordinaria costa di meno di un'ora normale. Non dico di sopprimere le ore straordinarie, che possono anche servire, ma dico di trovare il modo di ridurle del 50% Sono convinto che almeno 20.000 posti di lavoro verrebbero fuori.
Uno studio della U.I.L. condotto su questo aspetto ha dato dei risultati impressionanti. Questi sono problemi che per noi, che abbiamo a cuore l'occupazione in Piemonte, dovrebbero essere valutati con molta serietà.
Voglio parlare anche dei corsi professionali. In questo momento a Torino l'Unione Industriale e la Regione hanno istituito un corso che costa attorno ai 20 miliardi, per dare lavoro a circa 2.000 persone. E' una iniziativa molto interessante, al di là delle difficoltà effettive di trovare lavoro, perché le aziende sanno chi vogliono assumere; se per invece di 20.000 miliardi si spendessero 80 o 100 miliardi, se si abolissero certi tipi di corsi che sono perfettamente inutili e si desse all'industria, all'artigianato e al commercio il denaro disponibile ci sarebbero non solo 2.000 posti di lavoro, ma forse anche 8/10.000, in cinque anni.
Ma si tratta di spendere il denaro in maniera diversa.
I corsi professionali molte volte non rispecchiano la richiesta del mercato perché sono corsi tradizionali. Chi viene chiamato da un'azienda se ha buona volontà e se non è un mascalzone, viene assunto definitivamente. Le aziende hanno bisogno di gente in gamba, perciò si dia maggiore possibilità di assunzione alle piccole, alle medie e alle grandi aziende.
Parlando di occupazione, vorrei aprire una parentesi sulla Promark. E' un ente che ha creato la Regione con il compito di promuovere delle iniziative particolari all'interno e specialmente all'estero. E' per opportuno stabilire esattamente cosa deve fare la Promark, perch certamente non può mettersi in concorrenza con i commercianti, deve invece diventare un ente di promozione in settori che in questo momento non sono ancora molto sviluppati.
Questa mattina ho letto che in quattro giorni 15 mila persone hanno visitato gli stand delle Promark, ma ricordo che altre mostre in un giorno in Lombardia hanno richiamato 100 mila persone. Ecco perché ritengo che la Promark debba avere degli indirizzi molto precisi. Si tratta di decidere se è opportuno allestire tante mostre all'estero con tre o quattro ditte espositrici o se è più opportuno allestirne poche in due o tre nazioni massicciamente e con dei produttori capaci. E' un problema che abbiamo sfiorato brevemente in Commissione, ma non l'abbiamo approfondito perch mancava il tempo. Pregherò il Presidente della Commissione di riportare all'o.d.g. questo argomento. E' chiaro, che se facciamo una politica dispersiva, non raccogliamo dei grandi frutti.
Dovremmo anche discutere dell'impegno della Regione nel campo delle esportazioni, campo in cui non si impegna granché, nonostante che il Piemonte goda all'estero di fama, forse anche immeritata.
Ricordo l'esperienza della delegazione in Bulgaria, che era composta di Consiglieri regionali, di un esponente della Camera di Commercio e di un esponente della Confindustria, e che nel giro di otto giorni ottenne commesse per 40 miliardi per le industrie piemontesi. Tutto però è crollato per l'attentato al Papa.
Dobbiamo essere noi a portare all'estero la voce del Piemonte. Non possiamo pensare che il piccolo industriale possa farsi conoscere all'estero, potrà farlo la Fiat, l'Olivetti che hanno Moro rappresentanti e non hanno bisogno di noi, alla Regione invece tocca di incentivare il commercio. Quando a Torino vengono gli ambasciatori di varie nazioni parlano di questioni commerciali e non soltanto del tempo bello o dei nostri monumenti. Qualche considerazione sul turismo.
Il turismo può dare molta occupazione in Piemonte perché abbiamo una fortuna particolare, la Valle di Susa, uno dei migliori luoghi turistici in Europa. Se il Piemonte si lega alla vicina Francia per realizzare un grande bacino sciistico noi realizzeremo, forse, le piste più belle del mondo.
Però qual è la ricettività della Valle di Susa? Bardonecchia ha 400 posti letto, Salice d'Ulzio l.200, Sestriere 600 posti.
Mi risulta che una comitiva di 500 francesi non ha potuto restare a Bardonecchia perché mancavano posti letto.
Se la Regione non ha i mezzi per intervenire, intervengano gli imprenditori privati - mi dispiace dirlo all'amica Bresso. Noi abbiamo perso ultimamente un'occasione. Per due anni e mezzo ci siamo interessati all'esposizione la "Villette" a Parigi. Per due anni abbiamo tenuto in ballo la questione, intanto in Francia stavano attrezzando per Torino e per il Piemonte quella che doveva essere una grande mostra del Piemonte. Sette otto mesi fa questo piano è decaduto, con il risultato che il Piemonte non è più andato a Parigi ed ha perso la possibilità di far conoscere la sua arte, la sua cultura, la sua industria, perché non si è avuto il coraggio di affrontare la spesa, che fra Regione, Comune e Provincia ammontava a 2 miliardi, oltre a 10 miliardi che sarebbero stati messi a disposizione da parte delle industrie.
Un anno fa c'è stato il convegno dei Sindaci d'Europa, ebbene (2.400 persone) li abbiamo mandati un po' dappertutto, Torino, Ivrea, Asti, perch qui non c'era la possibilità di ospitarli.
Torino non potrà mai essere una città caratteristica se non avrà la possibilità di ospitare gli stranieri.
Purtroppo dei beni culturali non parliamo mai, ma io credo che sia opportuno che il Presidente della Giunta prenda contatti con le grandi aziende torinesi che - sappiamo - danno i finanziamenti di miliardi ad altre città, come Venezia e Firenze, e qui sono assenti.
E' vero, Torino non è Venezia o Firenze o Roma, però non c'è paese nostro dove non esista un'opera artistica da valorizzare. Quali sono i beni culturali del Piemonte? Nemmeno noi piemontesi lo sappiamo. L'immagine italiana va all'estero e questo è un settore che deve essere propagandato.
Farò qualche osservazione sullo sport, che è trattato in fondo al volume in una paginetta, come se qualcuno se ne fosse ricordato all'ultimo istante. Che valore ha oggi in Italia lo sport? Qui se ne parla in una paginetta soltanto, ma lo sport interessa ogni giorno e ogni domenica centinaia di migliaia di persone.
Lo sport è nella scuola, alle corse campestri partecipano i ragazzi; lo sport è gestito dalle federazioni sportive, ma gli enti pubblici sovrintendono. Quale discorso facciamo alle federazioni, quali fondi diamo alle Federazioni? In Piemonte esiste l'associazione azzurri d'Italia, alla quale partecipano tutti gli atleti che hanno meritato la maglia azzurra per difendere lo sport italiano in tutti i campi. Ma nessun Consigliere ha mai parlato con questa gente. Nel '75 qui abbiamo avuto un grande campione, ma la maggior parte dei colleghi di allora non sapeva nemmeno chi fosse e fu nominato Assessore all'assistenza invece che allo sport.
Questo per dire quanto venivano considerati i valori di queste persone.
Lo sport è molto importante e non deve essere considerato come capitolo ultimo come se fosse un riempitivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, un documento programmatico di questa portata rischia di non poter essere trattato a fondo per ragioni di tempo, però credo che, concentrando gli interventi su alcune parti specifiche, si possa andare in profondità ed evitare le passate generiche.
Ritengo che il documento ponga in chiaro e riconfermi i termini della questione Piemonte sull'innovazione, che ha un carattere di grande rapidità e ormai di costanza. A volte passa un po' in ombra il fatto che non è tutta innovazione quella che viviamo, ma è un mix di ristrutturazione e innovazione. Spesso l'innovazione in questi ultimi anni ha fatto moda.
Nella relazione sono puntualmente evidenziate le diverse velocità dell'economia piemontese ed è un elemento di preoccupazione indubbia la particolare qualità della disoccupazione in Piemonte, che è uno degli elementi di grande complicazione di intervento sul mercato del lavoro.
La nostra non è una fase di transizione, ma è un nuovo modo d'essere della società economica. Viene posto dal documento con grande rilevanza, ma non riusciamo ancora a capire quali possono essere le ripercussioni, il fatto che i mutamenti nei mercati internazionali, i mutamenti monetari, i mutamenti nei prezzi delle materie prime stanno aprendo una fase interessante per il nostro sistema economico. Questa fase va colta e oltre a coglierla per far crescere il prodotto interno lordo del Piemonte occorre agganciarla a effetti positivi sull'occupazione e a effetti strutturali sull'apparato economico, altrimenti sarebbe un'opportunità congiunturale che lascerebbe sulla strada degli elementi discutibili.
Purtroppo in molti ambienti economici si tende a dire: "Abbiamo davanti tre anni di vacche grasse, diamoci dentro", ma non possiamo fare investimenti oppure agire sul mercato del lavoro, perché è un ciclo che si chiuderà. La scommessa su questo terreno è far sì che si possa coniugare questa opportunità con la crescita del prodotto interno lordo e con gli effetti positivi sul mercato del lavoro.
Nella relazione si parla di "sistema Piemonte" e credo che questa visione sistemica nell'affrontare i complessi problemi che ci stanno davanti è un segno di maturità culturale oltre che di sensibilità politica.
Bisogna fissare degli obiettivi generali. Cito testualmente. Si dice di: l'uniformare le diverse velocità della nostra società, concorrendo ad eliminare le stridenti disparità sociali". Mi sembra importante, ma non dobbiamo uniformare verso il basso, non dobbiamo redistribuire le povertà ma dobbiamo uniformare verso l'alto e questo è l'aspetto più complicato. Si dice ancora nella relazione "congruenza fra obiettivi individuati e attività legislative amministrative", ovviamente con grande coerenza nell'impiego delle risorse. Se un tema diventa centrale le risorse saranno anche utilizzate in modo centrale.
Tutti noi abbiamo un livello di conoscenza e anticipatorio più alto di quello che disponiamo in questo momento, perché attraverso questa strada si riesce a ottimizzare i nostri interventi quindi, a parità di risorse o con risorse scarse, si possono raggiungere obiettivi migliori: il ruolo dell'Osservatorio del mercato del lavoro, il ruolo dell'osservatorio dei processi produttivi, che tende a agganciare il sistema industriale perch possa anticipare i suoi percorsi nell'innovazione tecnologica, nella capacità produttiva, per poter predisporre quelle economie esterne con gli interventi che un ente come il nostro può fare, in modo coerente e non disperdendoli, senza capire qual è la prospettiva, senza avere una visibilità almeno di medio termine.
E' giusto realizzare e continuamente aggiornare le infrastrutture dello sviluppo. Mi pare però che vada enfatizzato ulteriormente il raccordo internazionale che la nostra Regione può avere, non solo come fatto rituale, ma cercando di vederlo negli elementi concreti, che sono i rapporti a occidente con le regioni francesi e svizzere dell'arco alpino occidentale, e mi dispiace che la relazione non parli della comunità di lavoro delle regioni alpine, struttura che va valorizzata e che deve vedere l'impegno della nostra Regione in particolare, e i rapporti a oriente verso la Lombardia e a sud verso la Liguria visti come fase di creazione di sinergie, non di contrapposizione. Attenzione però, temo molto le subalternità: il MITO può essere un elemento positivo per tutte e due le aree, ma, per la forte polarizzazione delle attività finanziarie e commerciali svolte dalla Lombardia e in particolare dal Piemonte, pu portarci a una marginalizzazione, a un ruolo puramente industriale.
In questo quadro, chela relazione pone in evidenza, c'è un nodo politico che nei quattro anni e mezzo che abbiamo davanti dobbiamo giocare e cioè: siamo in grado di attrezzare il momento pubblico per porlo in grado di intervenire in questa trasformazione che è in corso? Leggo un altro passaggio del documento quando si dice che: "lo sviluppo, per certi aspetti selvaggio, non crea soltanto una situazione disomogenea,ma determina soprattutto, una situazione di non produttività complessiva di diseconomia del sistema".
Io sono perfettamente d'accordo. Quindi si entra a piedi giunti col metodo della programmazione, non come fatto nostro interno e non come fatto auspicatorio, ma come elemento che concorre a dare ordine, a stabilire le priorità degli interventi, per evitare, come si dice nella relazione, "che elementi selvaggi, che non sono in grado di allocare in modo ottimale le risorse, abbiano il sopravvento". Forse si va un po' fuori misura con l'enfasi ai criteri imprenditoriali. Credo che per il pubblico si debba parlare di criteri manageriali, il controllo di gestione, l'aggiornamento e la preparazione del nostro personale, i canali di comunicazione funzionanti; si parla di base di dati, di sistemazione di tutto l'insieme dell'informazione in una rete di connessioni. Tutto ciò è importante, ma deve essere anticipato da una procedura, nessun computer ha mai migliorato un'organizzazione scalcagnata, se essa prima non si è data delle basi chiare sul piano organizzativo.
I criteri di managerialità sono molto importanti non solo per fare della buona amministrazione, che non è sufficiente, ma per poter rispondere agli obiettivi che ci diamo.
Quale ruolo per la Regione, quando pensiamo di dare al pubblico un ruolo alto? Io non credo che il vincolo delle risorse possa essere ciò che plasma il nostro ruolo. Quasi si dice che è inevitabile che finiremo per fare un po' di leggi e a programmare in modo teorico perché non abbiamo quattrini.
Questo schema non dà coerenza alle affermazioni. Nel documento non è detto nei termini in cui lo dico, però è un rischio che può portarci che pu portarci ad un ruolo inadeguato nel sistema Piemonte, che ha invece bisogno del nostro ruolo e della nostra presenza.
I Comprensori erano delle unità territoriali ottime per gli interventi programmatori, perché avevano una capacità di intervento su aree omogenee.
Dopo quell'esperienza dobbiamo trovare un giusto equilibrio tra programmazione regionale e subregionale, ma attenzione, anche parlando del rapporto tra la nostra programmazione e quella del livello centrale.
Perché se noi compiamo degli interventi, per esempio, per favorire la crescita del terziario avanzato e l'operatore centrale ce li smonta con iniziative contraddittorie, la nostra è una programmazione effimera.
Al problema delle risorse ci si può avvicinare in due modi: con il vecchio modo, per cui se ne accetta il vincolo: se non ci sono soldi non si può far nulla, se ce ne sono facciamo delle cose concrete. Questa è una mentalità vecchia, un modo di fare amministrazione pubblica non più adeguato al momento presente, che ci porta ulteriormente ad emarginarci oppure sfruttando spazi che possono da un lato andare al di là delle risorse, e dall' altro, permettere di impiegare delle risorse occulte.
La relazione parla giustamente di indirizzo, coordinamento, verifica e controllo. Dice anche che intorno a comuni progetti il pubblico e privato possono interagire in modo sinergetico, ci può essere la concertazione progettuale attuativa.
Dobbiamo chiamare in causa da un lato le grandi imprese, che non possono chiamarci solo per gestire le emergenze del mercato del lavoro oppure per chiederci qualche intervento particolare su stabilimenti inutilizzati, e dall'altro il sistema bancario che non può essere in un altro pianeta, ma deve convivere in questo bisogno di cambiamento che il sistema Piemonte ha.
Però in altri punti possiamo perfettamente operare. Pensate alla risorsa informazione e a quanto potrebbe migliorare le nostre scelte .a parità di spesa, per raggiungere più grandi obiettivi, oppure con meno risorse, per raggiungere degli obiettivi in precedenza.
Si possono orientare le scelte dell'operatore centrale in modo omogeneo ai nostri indirizzi. Se le Partecipazioni statali vanno in direzione completamente opposta al nostro indirizzo, evidentemente creiamo una risultante zero, o poco superiore, se invece riusciamo a influenzare le scelte dell'operatore centrale nella direzione in cui andiamo noi evidentemente la risultante sarà più elevata.
Massimizzare l'impiego dei fondi CEE non è solo un problema finanziario, ma sono anche delle opportunità specie nel campo dell'innovazione tecnologica, dove ci sono degli ambiti interessanti per il nostro sistema delle imprese, e nelle Università.
Nella sfera economica c'è un modo per rinunciare, in modo voluto a volte e con una lucidità politica, in modo involuto altre volte, ed è il terreno della politica industriale.
Non possiamo subire il vincolo se non abbiamo competenza. Ci sono molti spazi in cui la nostra capacità di coordinamento, la nostra capacità di innescare dei processi, di coagulare delle volontà può mettere in movimento delle iniziative.
E' una risorsa sulla domanda pubblica nella sanità, nell'informatica nei trasporti, nel trattamento dei rifiuti, nell'energia, che può tradursi in un effetto non tanto occupazionale a breve termine, ma negli effetti strutturali. Per esempio, la "Pol" potrebbe creare le basi per un'industria di fornitura del settore del nucleare, un indotto particolare. E' questo l'elemento che bisogna ritrovare a parità di spesa.
Il ruolo della GEPI. La GEPI in un'azione straordinaria nel Verbano potrebbe, se opportunamente sollecitata, dare degli inneschi importanti.
I fondi CECA, Voi sapete che la prima tranche da 50 miliardi dei fondi CECA non ha avuto quelle ripercussioni che tutti speravamo.
Ora c'è una tranche da 30 miliardi e la Regione non deve avere un indirizzo rigido, certamente deve dire che questi 30 miliardi devono in qualche modo potersi canalizzare verso gli orientamenti che noi indichiamo.
C'è il problema delle leggi sui consorzi, quella nazionale, la Legge 240 che in Piemonte viene molto meno utilizzata che in altre regioni, e quella regionale, che può essere meglio pubblicizzata, perché possa dare sia nei riusi che nell'innovazione dei risultati consistenti.
Non entro nel merito della revisione delle leggi nazionali di politica industriale, né il Consiglio dovrebbe ribadire la richiesta di una sua presenza, perché la sua realtà è diversa per esempio da quella delle Regioni Marche e Toscana.
Non sto a soffermarmi sulla promozione, che non può essere quella per la sposa e per i matrimoni, ma deve essere una promozione fatta soprattutto per quei settori industriali che hanno qualcosa da dire, quindi una politica che individui alcune aree nel mondo e alcuni segmenti del nostro apparato produttivo e su questi, per anni, condurre un'azione coerente e conseguente.
Le Partecipazioni statali presenti nel nostro territorio ci permettono di fare una politica industriale se concordiamo, se sollecitiamo. Con l'Aeritalia si è aperto un interessante rapporto; più difficile è stato con l'ENI, ma si può fare in molti altri casi.
Dirò qualcosa per quanto riguarda l'innovazione, ma non lo si prenda come polemica. Oggi siamo affascinati da un linguaggio come "parchi scientifici", "città e villaggi tecnologici", "tecnosci", "tecnocity". E' una strada che richiede molti quattrini. Chi costruisce queste scatole va poi a bussare in giro per trovare chi le riempie, perché non ha proposte.
Noi invece dobbiamo fare una politica più fattibile che è quella di andare magari con pezzi minimi, ma con coerenza, a costruire gli elementi di innovazione. E' un'altra strategia. Si faceva l'esempio di Boston e della politica in Giappone o in Francia. Sono due politiche diverse. Boston è un'area diffusa, in Francia e in Giappone si sono costituite queste cittadelle, ma con forti finanziamenti pubblici poi è da discutere se è migliore l'uno o l'altro modo di operare. Io credo che dobbiamo privilegiare la diffusione e la creazione di elementi ambientali per la crescita dell'innovazione tecnologica.
Noi abbiamo un villaggio tecnologico a Torino, forse non tutti lo sanno, esiste l'area di ricerca del C.N.R. Il guaio è che sta deperendo e vi crescono anche le erbacce. E' un'area nel settore della metrologia, tra le più avanzate d'Europa. Ricordo che avevo tentato di metterla tra le richieste al F.I.O.
Sulla formazione professionale abbiamo tentato di operare in alcuni ambiti. Per esempio, l'Istituto Donegani, utilizzando l'impegno della Regione ha riqualificato verso la chimica fine una parte dei suoi ricercatori che prima erano orientati verso la chimica di base. Esiste poi un problema, che io avevo impropriamente definito dei "poli" ed è quello di far si che la formazione professionale sia una sede dove si irradia innovazione e non dove si butta sul mercato magari un ragazzino sprovveduto.
C'è poi da rivendicare la presenza del pubblico. Da noi è scomparso il CERIMET, è scomparso il Centro di Ricerche dell'E.N.I. Se facciamo una politica per il terziario, dobbiamo stare attenti, che mentre mettiamo l'acqua nella vasca non ci sia un buco d'uscita più grande della capacità d'immissione.
Sono state appena avviate delle iniziative dove miei colleghi ora hanno delle responsabilità e le loro gatte da pelare, ma che nel riscontro col privato hanno dato dei significativi assensi, penso al laboratorio d'intelligenza artificiale che funziona da due anni, al sistema di utilizzo del computer per progettare e produrre, il CAD-CAM che dovrebbe diventare una società consortile mista con il Politecnico in cui dovrebbe entrare il privato per fare formazione e diffusione dell' innovazione per la piccola industria, con piccole cifre.
C'è il problema della domanda pubblica che può servire a creare lavoro ma può anche servire a innescare delle commesse a prezzi giusti e con buona qualità di prodotto.
Nella relazione si parla, opportunamente, dei Centri d'Impresa e Innovazione. Vorrei suggerire al mio collega di collegare questi centri all'utilizzazione del nostro sistema di formazione professionale ai centri più forti e a vedere questa come possibile area di "job creation". Noi non possiamo creare posti di lavoro fittizi e la job creation può diventare la danza della pioggia se pensiamo che ci siano ancora spazi di mercato lasciati dagli imprenditori. Tutto lo spazio è saturo ormai. Possono per esistere spazi interstiziali nelle aree tradizionali e possono esistere spazi nuovi nelle aree innovative per la job creation. Si parla del progetto Itaca, una rete telematica per il Verbano-Cusio-Ossola che potrebbe dare importanti economie al sistema amministrativo e a quello produttivo.
Occorre valorizzare la L.R. n, li sui Consorzi misti per l'innovazione tecnologica, che è uno strumento che ci può portare per un strada giusta.
Nel campo dell'innovazione il ruolo degli enti strumentali diventa essenziale, deve essere il braccio operativo delle scelte. Non possono essere degli enti in libertà.
Accenno brevemente al problema della ristrutturazione. La struttura produttiva tradizionale della regione non sempre apporta una altissima quantità di innovazione , che non è nemmeno necessaria, anzi, sarebbe opportuno aprire un dibattito per verificare se la quantità di innovazione che abbiamo immesso nel nostro sistema produttivo sia ai livelli giusti.
Bisogna fare anche una valutazione di opportunità sapendo che i costi del mercato del lavoro (che stenta ad impiegarsi) sono costi che l'azienda non conta, ma che a livello di "azienda Italia" o di "sistema Piemonte" vengono ad incidere.
Le economie esterne sono i trasporti, il trattamento dei rifiuti industriali, il problema dell'ambiente professionale, l'assetto urbano ecc., che favoriscono la ristrutturazione. Mercato del lavoro. Il movimento degli studenti chiede che se uno fa bene, il trovare lavoro possa non essere una scommessa, come il 34 che non usciva mai.
La Regione può da un lato accompagnare l'intervento nazionale in materia di politica del lavoro, con gli osservatori l' agenzia del lavoro la Commissione regionale per l'impiego e dall'altro può intervenire con le .sue specificità, tenendo conto dei limiti del mercato che, è stato già detto in precedenza, non può operare in certe aree, non vuole nemmeno operare. Allora, dovremmo operare noi, non solo nelle aree arretrate, dove qualcuno non vuole sporcarsi le mani, ma anche in alcune aree dove l'allocazione delle risorse non può essere fatta in modo ottimale dal mercato, ma questo, insieme all'operatore pubblico deve trovare un giusto equilibrio per operare. Se nell'innovazione si può fare della job creation penso che si possa fare nelle aree deboli.
La legislazione regionale per interventi in questo campo è appena iniziata; i cantieri di lavoro, la cooperazione. Probabilmente la cooperazione va rivista per renderla più efficace, probabilmente la gestione della job creation deve creare, anche nella nostra struttura organizzativa regionale, una specie di "task force" interassessorile, che sappia portare questo messaggio, innescare dove c'è in embrione l'imprenditorialità collettiva, che magari non viene fuori, ma che noi potremmo sollecitare mostrando degli strumenti.
Poi ci sono gli interventi straordinari: il prepensionamento. I 1500 cassaintegrati che entreranno nella pubblica amministrazione nei prossimi mesi.
Il nostro intervento è stato difficile, ma è stata l'unica risposta disperata che potevamo dare alle aree della nuova povertà, ai 950 lavoratori che sono in formazione professionale per due anni. Non era la soluzione tra le più auspicabili, ma era una via di mezzo per eliminare un puro intervento assistenziale e per poter riagganciarla con una prospettiva del mercato del lavoro, che va gestito, visto, studiato, sviscerato per vedere se è praticabile su altre forme e innestato sui cantieri di lavoro.
Il F.I.O. permette di intervenire nelle aree deboli. Il governo l'ha chiamato proprio Fondo Investimenti e Occupazione, il che vuol dire che deve essere cantierabile rapidamente e che deve avere dei riflessi sul mercato del lavoro dove ci sono delle difficoltà.
Sull'artigianato, credo che occorra attuare la legge-quadro nazionale rispettando i tempi di attuazione e sapendo che, soprattutto nell'area dei servizi reali, occorrono interventi di innovazione tecnologica, ma soprattutto di innovazione organizzativa e gestionale.
Ancora due punti: formazione professionale e territorio.
Credo che siamo giunti ad una svolta sulla formazione professionale.
Giorni fa, in Commissione è stato presentato uno studio, che si era avviato un anno e mezzo fa, sui ragazzi che escono dai centri di formazione professionale. I riscontri sono gravi e di estrema preoccupazione. Si pensava ad un grado più alto di finalizzazione, tra l'altro, si pensava che i corsi realmente finalizzati fossero utilizzati in una misura più alta.
Questo non è avvenuto, tanto che oggi dobbiamo chiederci se formare esclusivamente per il mercato del lavoro sia la strada giusta, o se invece non sia necessario - e ci sono alcune esperienze pilota - raccordare l'impegno finanziario della Regione nella formazione ad una finalizzazione più certa, anche nel tipo di professionalità.
Questi temi sono da approfondire, perché rischiamo di impiegare risorse e per ogni lira impiegata in formazione professionale il grado di finalizzazione tende ad abbassarsi costantemente.
I C.F.P. hanno un ruolo molto importante, non credo che si debba sbaraccare il sistema di formazione professionale pubblico e convenzionato com'è auspicato da qualcuno. Pur con tutti i suoi limiti, il progetto pilota avviato con l'Unione Industriale è importante, perché sappiamo che i fondi spesi per formare 1900 persone, sono spesi per persone che faranno il lavoro per il quale abbiamo speso i soldi.
Questo è un momento di coraggio, che può portare a mutamenti strutturali nel sistema formativo importanti. Potremmo andare al collasso del nostro sistema se rifiutassimo questa ipotesi, invece, se ci entriamo dentro, se la gestiamo noi, così come abbiamo tentato di fare con il progetto dell'Unione Industriale, rilegittimiamo il ruolo del sistema formativo, che non deve essere solo di formazione, ma anche di trasferimento delle tecnologie, specie per la piccola industria e per l'artigianato e anche per l'orientamento professionale: orientare significa ottimizzare le risorse.
Esistono poi alcuni punti nei quali è più preciso il rapporto tra formazione e trasferimento dell'innovazione tecnologica.
Il caso del "Tecnotest" di Biella va rafforzato e seguito, è un'esperienza importante e penso ad alcuni centri della formazione diretta e della formazione convenzionata. In un momento di grande movimento dei problemi energetici dobbiamo pensare a un sistema formativo specializzato in questo settore. Avevo ipotizzato l'istituto Pastore, ma potrebbe essere un'area di specializzazione nucleare nell'area "Po 1" o un'altra realtà un'altra area. Il "Formont" che è stato concepito come un elemento di formazione, deve costituire una società consortile mista; l'abbiamo avviato, per rapidità, in un certo modo, ora dobbiamo meglio indirizzarlo e meglio guidarlo.
Concludo sulla formazione predicendo che il Fondo Sociale Europeo terreno estremamente complesso, può essere un'area importante, se gli diamo delle nuove priorità nell'erogare i fondi. Direi che le priorità non devono essere solo l'innovazione, ma devono essere aree territoriali, segmenti produttivi e tipologia d'impresa.
Una breve considerazione sul territorio. La risorsa ambiente e la risorsa territorio sono importanti non solo oggi, ma per il futuro del sistema Piemonte. Difendere oppure intaccarle può avere delle ripercussioni nel lunghissimo termine che oggi non riusciamo ancora a cogliere. Credo che si possa commettere un errore sia in eccesso che in difetto: o essere megafoni di tutti i particolarismi dando la stura a tutto e ascoltando tutti i pruriti di voler fare, o essere i depositari di una società immobile, chiusa nella salvaguardia di un mito lontano.
Credo che i cultori della rigidità da "gospel" sono altrettanto pericolosi di coloro che stanno ad ascoltare troppe lobby, troppi piccoli interessi, non sempre con una visione sistemica (visto che è stato introdotto nel documento questo concetto).
Dobbiamo stare attenti, intanto a non subire i problemi contingenti anche di Torino. Certo, è importante cogliere gli ambiti territoriali omogenei. Non si può fare qualcosa che sia piatto, ma non possiamo nemmeno attorno al meccanismo della risposta precisa degenerare troppo.
Occorre prudenza prima di dichiarare il fallimento della legge n. 56.
Sarebbe auspicabile non arrestare un processo di pianificazione, che si sta concludendo con mille difficoltà e che bisogna perfezionare. Dobbiamo evitare di dare dei tagli soprattutto non cadendo nella contraddizione di stringere all'osso la legge n. 56, in una logica di "regulation", mentre a livello centrale c'è una logica completamente opposta che tende ad allargare.
Dobbiamo metterci d'accordo su questo aspetto per trovare un punto d'equilibrio.
Mi avvio al pistolotto finale. Il mercato e la centralità dell'imprenditore non possono essere risposte a base globale, a 360 gradi.
Se togliamo troppo "gesso" alla nostra società non credo che possiamo darle dei benefici. Forse ingrassiamo certi interessi e forse creiamo una società un po' sciancata, magari togliendo un pezzo di gesso, poi cammina gobba. Dobbiamo essere consapevoli e anche orgogliosi del ruolo che pu avere l'operatore pubblico in questa fase di trasformazione e di cambiamento, in un rapporto equilibrato con il privato, che tende a creare delle sinergie, a sommare.
Non dobbiamo accettare muti un ruolo ristretto, fuori dai grandi passaggi del cambiamento dell'economia e della società piemontese. Ognuno di noi, in ogni sede, in ogni partito deve essere portatore di questo messaggio che tende a circoscrivere, a chiudere gli spazi dell'ente Regione, proprio nel momento in cui l'ente Regione ha una grande scommessa da giocare.



MARCHIARO Maria Laura



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Sestero. Ne ha facoltà.



SESTERO Maria Grazia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel parlare di alcune parti del programma, quelle che riguardano l'istruzione , la formazione, la ricerca e la cultura non seguirò il Consigliere Villa, in questa simbologia di matrice religiosa o antropologica, che ha delineato un percorso dal buio alla luce con speranza. Un po' perché ho qualche difficoltà (forse perché non ho illuminazioni divine) a scorgere la grande luce di questa nuova maggioranza, e un po' perché non ho abitudine a distinguere, a dividere il bene e il male, il male in questo caso e poi il bene, così nettamente.
Cercherò quindi di fare alcune riflessioni per capire questo programma presentato, che senso ha, e per esprimere quelle che, secondo me, sarebbero le esigenze di questo momento. Vorrei partire da un'osservazione, ancora sul passato; l'hanno fatto anche altri. L'iniziativa forte delle Giunte di sinistra per la cultura e la formazione, e anche la priorità netta assegnata a questo settore, in quell'esperienza, ha avuto, io credo al di là delle realizzazioni su cui si può discutere, un merito indubbio: quello di tenere alto il dibattito attorno alla politica culturale in tutto il Paese. L'assenza o l'incapacità, spesso, del Governo centrale in questi campi (inutile elencare quanto manchi l'iniziativa centrale nei settori dello spettacolo, dei beni culturali, dei beni artistici, della stessa ricerca, per ammissione dello stesso Ministro, della formazione; e le ultime vicende, che si sono addensate attorno al Ministro Falcucci lo dimostrano) hanno fatto si che le Regioni e gli Enti locali sono spesso stati l'unico soggetto attivo e operante; e, devo dire, Regioni ed Enti locali spesso al di la della loro configurazione politica.
Le Giunte di sinistra si erano mosse su un'idea forte, che era più cultura e più istruzione, come leva di crescita del singolo e della società. Una scelta che si concretizzava in fatti amministrativi, dopo decenni di battaglie del movimento democratico e progressista; a questa scelta non sono mancate le critiche e proprio della parte che, per responsabilità del Governo centrale, è responsabile dello sfascio dei Musei, dei monumenti, delle istituzioni culturali, della ricerca e della stessa formazione, ha accusato di effimero, termine ormai notissimo, una politica che, in realtà, era rivolta a restituire la cultura alla società intera.
Altri, in nome del pluralismo, hanno propugnato,anche per la cultura un neo liberismo del si salvi chi può Dove "potere" equivale ad avere denaro. Nel momento in cui cambia l'amministrazione in Regione e nel momento in cui il Piemonte vive le giornate del suo riscatto, come ha affermato il Presidente della Giunta, che pare così convinto di questa connotazione da recitare versi risorgimentali oltre il Ticino, noi credevamo che fosse giusto, legittimo che si delineasse una politica culturale che, in coerenza con le denunce e le accuse precedentemente rivolte alle amministrazioni di sinistra, si fondasse su una visione diversa, su una alternativa, perché no, e, in qualche modo,offrisse anche a noi la possibilità di misurarci con un'altra idea, con un altro progetto.
La politica, quando è degna, è anche il gusto del confronto e, perché no anche dello scontro delle idee. Dicevo prima di una preoccupante divaricazione dei livelli culturali e formativi della popolazione: la selezione, le ripetenze, gli abbandoni scolastici, come risultato di un cattivo funzionamento dell'istituzione formativa, l'analfabetismo di ritorno, gli indici bassi di lettura, di vendita dei giornali, il calo del pubblico negli spettacoli, l'invadenza dei "media" nella vita dei singoli e spesso nei suoi aspetti più dequalificati dal punto di vista culturali.
Tutti questi sono segnali che devono far riflettere, se si è convinti che una società è moder-na, se gli uomini che la compongono hanno gli stessi diritti, tutti, al sapere e alla conoscenza. Questa situazione (e lo dico per chiarezza) di fenomeni di emarginazione non è solo, un retaggio del passato, un ritardo da colmare, ma è alimentata anche da fenomeni che si esprimono compiutamente, si realizzano in questa fase, da una istituzione formativa che non è produttiva e si sceglie che non lo sia, dal monopolio dell'informazione, dell'editoria dello spettacolo, delle comunicazioni ormai in grande parte concentrate in mano a gruppi finanziari privati alcune volte multinazionali, che non rispondono certo al pubblico interesse, dalla massificazione del gusto e della moda, ubbidienti anch'essi a interessi commerciali multinazionali, dalla subalternità volutamente conservata, della ricerca italiana in campo internazionale quindi della sua dipendenza da altre centrali di altre Nazioni dall'abbandono delle stesse risorse artistiche e naturali, per cui si offre un modello che è lo scempio e la rapina del bene pubblico per profitti privati.
Di fronte a questi fenomeni che si presentano con sempre maggiore evidenza e accelerazione in tutta la loro preoccupante prefigurazione del futuro, diventa urgente un intervento che attivi tutti gli strumenti necessari per un progetto di crescita generalizzata di conoscenza, di sapere, che superi le disuguaglianze e ridia ai singoli gli strumenti di autonoma espressione e intervento nella società. Un obiettivo di democrazia, di uguaglianza dei diritti di fronte al sapere, ma anche di produzione di risorse nuove quali la capacità, le intelligenze più che mai necessarie anche per lo sviluppo economico. Gli strumenti sono già tutti nelle competenze regionali: educazione degli adulti, formazione, diritto allo studio, promozione culturale, biblioteche, musei. Una rete di servizi alcuni avviati ma da definire e strutturare meglio, altri già più sviluppati che sono il tessuto di una politica non assistenziale, ma di produzione di beni individuali, che quando sono generalizzati diventano beni collettivi.
Su questa dimensione, a me pare,si deve misurare la forza di un programma, le cui linee di concretezza avremmo voluto vedere delineate nel documento che ci è stato proposto. Quindi le forme, non soltanto un auspicio, della valorizzazione delle risorse scientifiche: università politecnico, secondo me, non solo al servizio delle imprese, non è questo sufficiente, ma per un loro effetto trainante su tutta l'elaborazione culturale e l'innovazione sociale. Avremmo voluto capire se la seconda università, dopo una decisione precisa del Consiglio regionale, resta così vaga nell'impegno della Giunta da non sapere neanche se questa decisione c'è stata. Quali proposte poi per i beni culturali che si dice di voler valorizzare? Qui c'è un riferimento molto preciso, c'è un progetto del Ministro De Michelis che vede stanziamenti in bilancio, che è basato sulla famosa teoria dei giacimenti (i beni culturali come giacimenti) vorremmo capire rispetto a questa possibilità nuova, che proposte ha da fare la Regione per interagire con questo impegno del Governo. Vorremmo sapere quale accelerazione verrà data rispetto al progetto biblioteche, come centri culturali, già tutto compreso nelle linee programmatiche dell'Amministrazione precedente, ma che adesso esige di essere concretizzato visto che la fase precedente. è giunta a termine.
Quali integrazioni si vogliono fare tra risorse culturali, scientifiche e sistema formativo? Quale nuova concezione del diritto allo studio si afferma? Non è un problema solo di garantire l'accesso all'istruzione con una serie di servizi: mensa e trasporti,ma si pone ormai il problema di garantire la formazione, quindi interventi sul terreno della qualificazione della scuola, come già sta nella legge regionale sul diritto allo studio che, dopo molti mesi di nuova Giunta pentapartito, non è stata ancora, per l'anno scolastico '85/86, applicata e realizzata appieno. Quale impegno poi, vorremmo sapere, la Regione intende assumere per dotare la realtà regionale di spazi e strutture per le attività culturali (teatro, musica cinema, dibattiti); esigenza, anche questa, apertasi con un intervento più attento degli organi di controllo, crisi che ha decimato l'agibilità degli spazi nella nostra regione. Quali proposte si intendono fare? Quali interventi, al di là di quelli già realizzati per estendere la circolazione nella nostra regione della cultura di altri paesi e affermare la stessa come polo internazionale? In che modo poi estendere l'accesso alla cultura a strati sociali ad essa ancora lontani? Pensando a strumenti nuovi, e perché no, anche ad un piano straordinario di educazione permanente che risponda alla necessità di un intervento efficace e rapido per impedire questa dilacerazione, divaricazione di condizioni culturali all'interno della società? Queste sono alcune delle cose, per brevità non ne ricordo altre, su cui sarebbe stato opportuno che la Giunta si esprimesse. Noi siamo convinti che il lavoro svolto in questi ultimi dieci anni è stato ampio e ricco, che si sono stimolate nuove domande, nuovi e più elevati consumi, un nuovo bisogno di non essere spettatori passivi ma, di partecipare all'elaborazione culturale. Si sono prodotte anche nuove offerte, una nuova professionalità, un'economia culturale, prima inesistente, servizi per una qualità nuova della vita e del tempo libero.
Sentiamo però l'esigenza che questo processo non si interrompa, non lo si faccia degradare e rifluire e non si paralizzi neanche al punto in cui è arrivato (la stessa conservazione sarebbe difficile, perché in questo terreno l'assenza di spinte produce un inevitabile deflusso). Noi avvertiamo che è necessaria, e lo dicemmo prima della scadenza elettorale stava nei nostri programmi, una nuova fase per nuove urgenze, è necessaria un'efficacia più alta degli interventi e anche nuove funzioni degli stessi nell'organizzazione sociale.
Questo chiediamo alla Giunta: che con queste necessità si misuri. Ci pare davvero poco ritrovare nel programma, come unico riferimento l'identità culturale della subalpinità, che, così insistita, (devo dire, lo dico con serenità, senza asprezze) ci pare anche soffrire di qualche venatura di intolleranza, nonché di asfissia localistica, in una regione che poi vuole essere (si dice nel programma) Regione d'Europa, che vuol mettersi in relazione con il mondo.
Così come ci preoccupa l'insistito riferimento alla "comunità". E' l'unica parola che nelle quattro pagine ricorre frequentemente, parola che è significante in una certa cultura cattolica, che è ben altro dalla valorizzazione delle radici della storia culturale che si è avviata con strumenti precisi, ma ci sembra piuttosto rivelatrice di un certo gusto per la strapaesanità, che per lungo tempo ha caratterizzato certa cultura italiana minore e talvolta con esiti, non solo culturali, non certo felici.
Forse abbiamo frainteso (i dati offerti erano veramente pochi), ma se il futuro che volete costruirci è un ibrido miscuglio di villaggi tecnologici e di effimero parrocchiale, non possiamo che essere preoccupati per la collettività del Piemonte, perché non ci pare la strada per cui passa un progetto coerente di sviluppo che costruisca; qui e ora - certamente Consigliere Cernetti, - ma per carità, non solo spostando dei bicchieri o facendo lavori da massaie, con tutto il rispetto per le massaie, ma con la consapevolezza del futuro, che credo si debba richiedere e debba avere chi vuole governare.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri, il programma presentato dalla Giunta inverte, finalmente e nei fatti, la rotta di governo del Piemonte.
Ci preme per il momento in questa sede sottolineare l'attenzione nuova prestata ai fenomeni in atto nella nostra società, in una fase di profonda trasformazione. Le proposte, le analisi, le strade da perseguire da parte dell'Ente nascono a supporto di questi fenomeni e non da quella estraniazione di fatto che abbiamo conosciuto negli anni scorsi.
Qualcuno ha detto che in questo programma non ci sono "grandi idee". Io dico, specifico, che qui dentro non ci sono slogan. E non siamo certo orfani della prima pagina. Perché le proposte sono indirizzate su ben altro piano.
Sono formulate partendo dallo stato di fatto: dalle risorse, dagli uomini, dalle energie che oggi, e non domani o dopodomani o dopo l'ennesima verifica, abbiamo in Piemonte. Energie cui possiamo rivolgerci in un clima di operatività.
Un Piano di Sviluppo non nasce dal vuoto, non può essere fatto autarchicamente, ma va elaborato, in questo clima, tenendo innanzitutto conto di quello che succede fuori dal "Palazzo".
E il clima che questa Giunta sta instaurando rafforza le possibilità di un Piemonte "sistema aperto", culturalmente rinnovato secondo le sue vocazioni storiche produttive e sociali. Questo è l'autentico cambiamento che questo Governo sta ponendo in atto, scevri da ogni tautologico immobilismo.
Il cambiamento che è insito nella terza rivoluzione industriale, nella nostra Regione ha trovato nuovamente culla, terreno per un fertile sviluppo. E la Regione ritorna a confrontarsi con questa realtà non con antagonismo, non con conflittualità, ma con una capacità di confronto, di analisi responsabile dei meccanismi che conducono allo sviluppo.
Il rinnovamento sociale e il consenso si aggiudicano su questa base. E questa è la responsabilità che grava sulle spalle anche del pubblico governo locale.
Come repubblicani partecipiamo e condividiamo questo impegno, questo sforzo per un Piemonte rinnovato, capace di "segnalare" la strada per lo sviluppo al sistema Italia.
Un compito non facile, che possono assumere solo coloro che sono capaci e consci delle responsabilità e della situazione.
Il metodo che ha improntato l'elaborazione del programma, che ha condotto la Giunta alle difficili scelte di bilancio, è certamente il primo fiducioso segnale che la comunità si attendeva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Cari colleghi, come ha detto in precedenza la Consigliere Cernetti, che ha previsto che solo i nuovi Consiglieri avessero letto tutto il programma io, che per l'appunto sono fra questi, l'ho effettivamente letto tutto quanto. Premesso che mi piace leggere libri, ed ho un'abitudine alla lettura, dirò subito che ho fatto una fatica bestiale a leggere questo programma, continuamente pensando che avevo di meglio da fare. Finita ogni pagina, la giravo e mi veniva in mente che era meglio se avessi fatto qualcos'altro. Questo lo devo confessare con tutta franchezza. Ho cercato di capire il perché di tanta fatica, ma è stato difficile. Certo, in questo programma ci sono delle frasi di cui non si capisce il significato, che suonano completamente vuote, altre che mi sembrano aperte a tutte le possibili interpretazioni. Alcune espressioni sono delle vere e proprie tautologie, altre possono voler dire qualsiasi cosa. Altre anche risultano francamente incredibili, del tipo: "La valorizzazione della fauna attraverso la caccia". Questo premesso, quando ho cercato di "stringere" e ho consultato gli appunti che ho preso, ho avuto l'impressione che la grande quantità di appunti, nascondeva il non essere riuscito forse per incapacità mia, a trovare punti di unificazione, di concordanza, a capire bene che cosa c'era e c'è dentro quello che la mia collega Bresso ha chiamato "parallelepipedo".
E' un programma totalmente sfuggente, in cui a me pare si alternino delle cadute burocratiche (detesto il linguaggio burocratico di alcune pagine), dichiarazioni di intenti un po' banali, affermazioni sulle quali non si può non essere d'accordo per la loro ovvietà, paragrafi incomprensibili che possono voler dire qualsiasi cosa. Togliendo tutto questo, resta una serie di vocaboli ricorrenti, che ritornano, sono slogan purtroppo. Mi dispiace per il collega Fracchia che ha affermato che questo programma non contiene slogan. Secondo me, ne contiene parecchi e li utilizza come delle parole-chiave che servono a giustificare il programma e la cui ossessiva ripetizione ha lo scopo, in primo luogo, di auto convincere chi le scrive o le pronuncia, di dare l'idea di crederci. Parole come sviluppo, innovazione, snellimento, razionalizzazione, valorizzazione modernizzazione. Allo sviluppo si aggiunge agevolazione perché ci si sviluppi, ovvero si tratta di agevolare questo sviluppo. Ma è uno sviluppo purché sia, senza finalizzazione o perlomeno questa non si vede nel programma. Lo sviluppo è un valore in quanto tale. Mi veniva in mente Bernanos, scrittore cattolico, che diceva: "Svilupparsi per che cosa?" E poi lo sviluppo richiederà delle strade. "Ma strade per andare dove" e avanti di questo passo. Innovazioni: con quali finalità e con quale direzionalità? Tutto questo non è detto. Lo stesso dicasi per lo snellimento, è un valore in sé come nelle pubblicità televisiva per le signore dove il dimagrire, lo snellirsi sono un valore in quanto tale. Lo snellirsi è di moda. La modernizzazione può diventare, per essere più precisi, "la quota di modernizzazione proponibile nel medio periodo". Cosa vuol dire? Eppure è su questo che gravita il programma.
In merito alla razionalizzazione è poi significativa una frase, che si trova nella parte dedicata ai trasporti, che funge da ulteriore specificazione.
Nei trasporti, infatti, non si vuole la razionalizzazione (un gioco da ragazzi!), ma la effettiva razionalizzazione. E' quasi un sottile lapsus che permette di dimostrare che la razionalizzazione forse auspicata da tutti gli altri Assessori non è poi così effettiva. La vera razionalizzazione è invece quella dell'Assessore Cerutti, che vuole l'effettiva razionalizzazione.
Se si vuole ragionare in termini semiologici, addentrandosi in questi vocaboli in cui ci si imbatte ogni dieci righe, tra innovazione e razionalizzazione ogni tanto cozza qualcosa. L'innovazione pare presupporre, leggendo il programma, che si tratti di aggiungere modificare, sviluppare; la razionalizzazione pare invece presupporre una diversa organizzazione dell'esistente, una sua rivisitazione "snellita" e corretta.
Il risultato di tutto questo è la continua e insistita ripetizione che occorre cambiare le norme vigenti regionali.
Pare che tutte le leggi quadro regionale siano tutte da rivedere e soprattutto da snellire. In che modo? Questo non viene mai detto. Avendo personalmente avuto difficoltà, nei miei primi mesi, ad imparare le leggi in vigore della Regione Piemonte, sono stato colpito dall'inutilità del mio lavoro, perché adesso le si vuole cambiare tutte.
Questo è il primo programma di una Giunta che leggo, mi sarei aspettato qualcos'altro. Anche i programmi delle Giunte precedenti, che non ho letto forse erano altrettanto vaghi, generici e sfuggenti. Chissà.
L'unica nuova legge proposta è quella sull'innovazione (se ne parla a pag. 66), per fornire l'habitat favorevole all'innovazione.
A questo punto, ho perso il filo del ragionamento e non sono più riuscito a capire bene di che cosa si tratti. Perché mi pareva, da molte altre pagine, che l'innovazione fosse già qui, che ci trovassimo, già in una società francamente e potentemente innovativa.
E' necessario invece sottolineare e riflettere, facendo magari un po' il populista, su quello che è scomparso e quello che non si trova in questo programma. Nella noia della lettura mi pare che manchi la gente. Mi sarei aspettato di trovare le persone concrete, la concretezza della nostra quotidianità, la gente che lavora, che si muove, gli uomini e le donne, e poi gli anziani, i bambini, gli handicappati, i disoccupati, le cose che facciamo ogni giorno e le esigenze che abbiamo tutti i giorni.
Pensavo alla gente che ogni giorno ride, è triste, abbozza delle previsioni, delle angosce per quello che succede, ma cerca comunque di cavarsela in questa desolazione nella quale viviamo, soprattutto nella desolazione metropolitana e nella solitudine della montagna.
Nonostante che qui si affermi che si vuole fare un programma con i piemontesi, la gente non c'è assolutamente. Il tutto mi sembra di un'astrattezza totale, come se discutessimo di un qualcosa che non ha nessun raffronto con la nostra sensibilità, con la nostra personalità, con la sensibilità e personalità dei piemontesi.
Tutti questi discorsi sulle utenze, sulle tecnologie, sulle sinergie io riesco onestamente a seguirli solo fino a un certo punto, tanto mi riescono totalmente slegati dall'esperienza quotidiana.
Questo fatto mi preoccupa, così come mi preoccupa la mancanza di un guizzo, di un momento di fantasia. Avrei desiderato e gradito anche solo tre righe nelle quali ci fosse non dico un'apertura sull'utopia (questo era pretendere troppo), ma nelle quali si abbandonasse questo stile, questo linguaggio, questa forma altamente burocratica. Mi dispiace, non sono riuscito a trovarle, non sono riuscito a trovare la passione, il desiderio anche magari la preoccupazione, la tristezza, la difficoltà (secondo me giusta) che chiunque dovrebbe ammettere di avere nel governare adesso questa Regione, questo paese.
Mi rendo conto che è difficile, che è uno sforzo enorme, ma mi pare che questo documento escluda totalmente queste sensazioni, così come la debolezza; la difficoltà, l'incertezza. Avrei anche voluto vedere, ogni tanto, un piccolo inciso in cui si dicesse: "non sappiamo cosa fare, siamo in dubbio, abbiamo dei problemi". Invece sembra tutto pesantemente grigio pesantemente uniforme, come se fosse passata una mano anonima che ha ripreso tutto, ha cercato di livellarlo e appiattirlo.
Sono queste le sensazioni provate alla lettura del documento, che stanno magari fuori dalle singole parti e dai singoli aspetti del programma.
Mi sento, quindi, profondamente distante, ho visto questo documento come qualcosa di altro, lontano da quella visione che le forze che rappresento cercano di portare in quest'aula. E' sembrato tutto molto impacchettato, quasi deglutito burocraticamente, oltre che di difficile lettura. Anche questo dibattito, nonostante qualche momento che ho seguito con interesse, mi è sembrato stanco e direi che è emblematico il vuoto di oggi pomeriggio. C'è stato un momento, in cui sembrava che la cosa stesse per arenarsi sulla riva e il tutto si fermasse lì. Altra cosa ancora che non ho trovato nel programma è una riflessione seria ed approfondita, come ho trovato in alcune dichiarazioni del collega Benzi, su quale ruolo ancora possa avere l'autonomia regionale, questo tipo di assemblea, questo tipo di Giunta, stretta tra la ripresa e l'aggressività del mondo privato, da una parte, la rivincita del centralismo statale di Roma, dall'altra. Che cosa ci rimane? Per esempio su un punto (che a me sta particolarmente a cuore) come quello del pesante intervento delle grandi aziende di stato nel campo dei trasporti o delle grandi infrastrutture, quale spazio rimane per la nostra autonomia, per la pianificazione regionale, per la programmazione che è stata fatta in precedenza o può essere fatta ancora adesso? Ci rimane qualcosa o no? Oppure i piani territoriali operativi, come nel caso della centrale nucleare, devono soltanto più consistere nel fare un piano che metta insieme le cose che sono state decise da altre parti e debba soltanto più razionalizzarle, renderle più agevoli, snellirle, non fare altro che trovare il sistema mediante il quale le decisioni dell'Anas o delle Ferrovie dello Stato diventano realizzabili in Piemonte? Ed ancora: non vi ho trovato il futuro. Nonostante questo sia un progetto di cinque anni non vi ho trovato la tensione, la capacità di immaginare il nostro futuro.
Un futuro che rimane di disoccupazione giovanile (non mi pare ci sia nessuna ricerca, nessuno spiraglio che dimostri che la disoccupazione giovanile diminuirà nei prossimi anni anzi diventerà disoccupazione adulta anche perché i giovani disoccupati crescono ed avranno poi 35 anni nel '90); di continuo declino dell'Europa; di crisi del mondo mediterraneo; di diminuzione della popolazione; di crescita di forme di lavoro illegale malamente e vagamente garantito; di crescita della popolazione immigrata di colore. Sarà probabilmente questo il nostro futuro.
La deregulation vorrà dire garanzie e sicurezze solo per chi lavora sempre un maggior numero di spazi di lavoro lasciati alla totale e libera contrattazione. E ugualmente continueranno a crescere (come ha detto prima Reburdo e io non vedo perché non debbano continuare a crescere, non vedendo linee di tendenza diverse) altri poteri criminali legati a situazioni che non rientrano nel nostro quadro democratico.
Così pure, ho visto scarsa attenzione, nonostante vi siano alcune righe, per quella che, secondo me, doveva essere la grande scelta di questa Giunta o di qualsiasi Giunta: la Protezione Civile, il ruolo di controllo che la Regione deve avere su tutta una serie di problematiche rilevanti come il problema del territorio e dell'inquinamento. Il controllo assume sempre più un ruolo fondamentale: la capacità di verificare quanto le leggi (ha detto anche la collega Bresso) vengano rispettate. E non ho trovato assolutamente nulla e mi sembra preoccupante - riconsiderando il passato di questa Regione - in merito alla moralità, alla trasparenza delle scelte, in merito a quella che dovrebbe essere l'etica della politica che, per quanto riguarda il Piemonte ancora si sta consumando nelle carceri. Ma abbiamo gia dimenticato questo passato? A me pare riguardasse, non dico tutte, ma quasi tutte le forze politiche presenti in questa aula, sia dell'attuale e vecchia maggioranza, che dell'attuale e vecchia opposizione, che poi in parte si sovrappongono. Nel documento non esiste una riga di impegno della Giunta che tenga conto del passato di questa Regione. Volevo dire: se questi non si preoccupano molto dell'ambiente, il nostro avvenire sarà abbastanza tetro e preoccupante. Proprio oggi i giornali annunciano una fuga di plutonio dalla centrale di Sellafield in Gran Bretagna. Una di quelle centrali, belle sicure, con la deregulation thatcheriana che taglia sui costi della sicurezza. E in futuro avremo anche noi una grande centrale. Non è certo allegro, almeno dal mio punto di vista. Sulla moralità e la politica voglio solo precisare che, nel documento della Giunta, non esiste una sola riga che affronti questo problema e questo secondo me, è preoccupante. Il rimuovere ed eludere è uno degli aspetti principali del problema. E' stata a suo tempo dichiarata, proprio dalla Giunta e dalle forze che adesso rappresentano il pentapartito, la necessità di una svolta moralizzatrice. Questa necessità c'era a marzo, durante la campagna elettorale; a maggio nelle dichiarazioni immediatamente successive alle elezioni; forse ancora a giugno-luglio, ma ora mi pare si sia totalmente persa. Invece questo problema non va rimosso, riguarda grande parte della classe politica italiana e, come già ho detto, ha riguardato la Regione Piemonte in alcuni suoi personaggi ed amministratori che sedevano in quest'aula.
Se si discute del programma senza tenere conto delle cose che mancano si cade pesantemente in un gioco le cui regole sono immediatamente fissate da chi sta nella Giunta. Rifiuto che il programma debba essere solo quello.
Così come posso dire che manca molto in merito alla Protezione Civile ed al controllo, nel senso che queste cose ci sono, ma sono troppo poco approfondite. Aveva ragione la collega Bresso nel dire che la cosa più accuratamente, amorevolmente trattata nel programma è l'attività estrattiva. L'attività estrattiva è la cosa più trattata con amore, con affetto, quasi come elemento di difesa del territorio. C'è la vita intera della cava, fino al suo divenire discarica. C'è una leggiadria nel modo di ragionare (questo buco che si trasforma in discarica e poi la discarica viene bonificata una volta riempita e crescono gli alberelli).
Leggendo questo programma, caro Presidente, vi è un'unica cosa urgente e sono le strade. Le strade non sono, secondo me, la cosa più urgente, per qui c'è scritto "urgenza", urgenza per le strade! E non posso fare a meno, in mezzo alle righe, di provare tristezza per l'acquiescenza alla motorizzazione privata ed alla sua crescita. Per esempio, non c'è una riga sul taglio dei rami secchi. Di questo si parla in aula, ma nel programma questo non c'è. C'è soltanto un'elencazione delle linee ferroviarie prioritarie e i rami secchi scompaiono. Dall'altra parte potrà sembrare una battuta, leggo la tristezza per il fatto che noi andiamo ancora a lavorare in automobile. Leggendo il numero di strade previste come urgenti potremmo, secondo me, andare tutti quanti a lavorare in tir, sempre che sia questo il nostro futuro.
Si chiedono strade per continuare a lavorare e andare in giro. La popolazione diminuisce e le strade si allargano e ognuno di noi potrà avere il suo tir. Si fanno le strade per collegare tra di loro le città e poi si fanno le strade per evitarle e per fare le tangenziali per girarci attorno.
Se si fa una strada nel nord Piemonte, poi occorre riequilibrare la rete stradale facendo una, strada al sud, poi bisogna farne una ad ovest, poi una ad est. A questo punto si potrebbe dire che c'è equilibrio.
Ma il sistema stradale non è mai in equilibrio, c'è sempre il bisogno di fare un'altra strada, perché del resto è una legge economica quella che dice che le strade generano traffico. Non si può pensare che si deve incentivare il trasporto merci su ferrovia e, tre pagine dopo, scrivere invece che occorre sviluppare i centri intermodali per il trasporto merci in gran parte su gomma. Bisogna poi aumentare le merci che circolano per il motivo che esse devono continuare a circolare.
E lasciando perdere le agenzie spaziali, i centri fieristici e soprattutto, lasciando perdere la centrale nucleare in merito alla quale nonostante gli ordini del giorno del 27 dicembre, sui quali ho votato contro (e ci tengo a precisarlo), mi pare che questa Giunta continui a non afferrare la dimensione del problema, il buco nero in cui ha cacciato la cultura, la popolazione e lo sviluppo del Piemonte. Mi pare che ci sia una sottostima, una sottovalutazione della gravità e dell'impatto che questa grandissima struttura provocherà. Costa due volte il ponte dello stretto di Messina, un'altra delle grandi panzane che si ;girano per l'Italia.
Probabilmente creerà dissesti, sconquassi e anche profonde disillusioni.
Vorrò vedere questa Giunta, come avrei voluto vedere anche la precedente gestire con il consenso dei piemontesi, come si richiede, una attività come questa di fronte alle amare disillusioni che già si stanno verificando in merito all'occupazione e alle ricadute sulla popolazione dell'area Pol e dell'area circostante. Anche su questo punto, direi, la vaghezza e l'impressione che si tratti ormai di ordinaria amministrazione rappresentano un'altra delle cose che mi preoccupa fortemente, sia per la gravità della scelta e sia per la difficoltà che comporta la sua realizzazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, ho scelto di intervenire oggi pomeriggio in un'aula tra l'altro che si è riempita solo all'ultimo, per esprimere il nostro giudizio con maggiore libertà, visto che il compito di chiudere i nostri interventi ce l'ha il compagno Bosio.
Esprimo alcune sensazioni, credendo di potere ricavare alcuni ragionamenti utili sul piano politico e sul piano operativo - me lo auguro dopo questa discussione sul programma.
Oggi si è segnato, purtroppo dopo altre occasioni, con maggiore e più marcata incisività ed evidenza il limite di disagio e di difficoltà nello svolgere questo dibattito.
Non sono mancati spunti e interventi vivaci, da parte del Gruppo comunista, ma anche da parte di altri Gruppi. Tutti abbiamo avvertito che l'insieme non funziona. Un'assemblea, quando gli interventi e la discussione vengono portati avanti riesce a reagire, a capire sul momento quali percorsi si debbono cogliere nella validità di fondo del dibattito democratico. Sarebbe ingeneroso dire che questa è una novità. Non è una novità, l'abbiamo già avvertita altre volte, questa volta però è più grave perché in realtà è il primo, atteso e ritardato appuntamento con la nuova Giunta, dopo sei mesi dal suo insediamento.
Indicherò alcune impressioni e alcune mie valutazioni. C'è una responsabilità della Giunta per i limiti del documento, per il modo un po' stiracchiato con cui è venuto alla luce e per il modo un po' appeso rispetto alla realtà, che poi è il metro vero di giudizio di qualsiasi documento scritto, con cui questo documento ha cercato di uscire all'evidenza e alla discussione.
Si sente uno scarto, può essere letto come non credibilità se vogliamo metterla in termini di polemica politica, tra gli accadimenti e le cose che viviamo tutti i giorni e le intenzioni che vengono descritte.
Si è arrivati a questo appuntamento con il fiato grosso e con il fiato grosso si è rimasti. Ho apprezzato alcuni contributi venuti dai Consiglieri. Non voglio per orgoglio di bandiera valorizzare solo quelli dei miei compagni, che personalmente mi sono molto piaciuti, ma ho apprezzato anche quelli di altri Consiglieri che hanno ottiche diverse.
Ho apprezzato, anche se poi farò una critica esplicita, l'intervento un po' estemporaneo, ma coraggioso, della collega Cernetti. Il malessere si è sentito e la responsabilità dei limiti del documento per queste ragioni vanno individuati, anche se non vedo una presenza diligente da parte di tutta la Giunta.
La signora Vetrino è stata qui tutto il giorno, non è uno sforzo indifferente stare sui banchi del Consiglio tutto il giorno, perché il rodeo oratorio non è propriamente appassionante, anche se si dicono cose giuste. Anche il Presidente e altri Assessori sono stati qui, però ho avvertito, questa presenza e questa cortesia, un vetro tra i banchi dei Gruppi e quelli della Giunta, un vetro che dà l'impressione che non possa scattare quella scintilla che è data dal confronto, quella dinamica del pensiero, quella verifica critica delle proprie affermazioni che sta nella convinzione che questo è un momento in cui tutto il Consiglio e gli organi che ne fanno parte fanno il loro mestiere e quindi c'è uno scambio di opinioni, di critiche, di polemiche. Questo forse l'ho avvertito ,per pregiudizio, ma il pregiudizio è fondato sui fatti, anche se attendo per domani le repliche con serenità.
Il pregiudizio è fondato sui fatti di questi mesi, su quello che abbiamo lamentato più volte e che continuiamo a lamentare, come la difficoltà a trovare il modo di confrontarsi sui contenuti e credo che da questo punto di vista i numeri ampiamente rassicuranti sul piano del mantenimento della maggioranza possono giocare un brutto scherzo. Avete dei numeri troppo larghi che rendono la Giunta e la maggioranza troppo sicure per essere anche attente politicamente. Si può essere attenti con le orecchie, si può anche essere attenti con l'intenzione soggettiva, non credo che si stia lì solo per fare presenza; ma altra cosa è l'attenzione politica, che deriva da un processo che parte da una alta e forte convinzione di avere impostato un programma e delle scelte con la convinzione che da altri pezzi della società, quindi dai partiti politici della maggioranza, ma particolarmente dell'opposizione, si ricavano stimoli che possono comunque far scattare la "strada" dell'assemblea, il percorso il momento che vedo, forse immaginificamente, come la scintilla.
Sono tra quelli che hanno atteso con curiosità il documento: era la prima vera prova di un'impostazione organica di un programma a cui era chiamata la Giunta; era una misura delle capacità di sintesi e di scelte di questa Giunta, partita da avvisaglie abbastanza chiare prima delle elezioni come formazione politica e dopo le elezioni con uno sbandieramento di senso di svolta rispetto a quello che erano, non tanto le Giunte di sinistra quanto la zavorra, i limiti, la vecchiezza del PCI, la sua arretratezza.
Ho letto con molta attenzione quel documento e devo dire che attendevo di vedere soddisfatta la mia curiosità e cioè di capire su che cosa questa formazione politica, il pentapartito, si caratterizzasse per essere in parte o in tutto coerente con le pronunce e le definizioni di svolta che aveva in precedenza più volte fatto. Avevo anche curiosità di vedere il risultato politico, collegiale,da parte di persone nuove, ma anche di altre che sono state con noi in Consiglio gli anni scorsi che avevano espresso non solo al microfono ma anche lavorando delle idee, delle suggestioni delle proposte interessanti, tali da essere rispettate.
In che cosa si era calata, in che cosa si era sedimentata questa maggioranza politica sotto il profilo politico e sotto il profilo della fantasia, del coraggio, dell'individualità delle persone? La lettura della parte generale mi ha scoraggiato più che la parte riguardante i settori sui quali il giudizio deve essere più preciso e non pretendo di doverlo dare perché in alcuni casi si riscontrano dei pezzi condivisibili, anche perché non si può essere originali a tutti i costi.
Emerge una preoccupante mancanza di identità politica.
Che cos'è nei contenuti questo pentapartito? Non sono in grado di dirlo, perché neanche dagli interventi di oggi questo elemento non è emerso. Non che sia così facile - me ne rendo conto - però certo almeno qualche segno di identità, di identificazione che rendano possibile il confronto doveva esserci. . Il rischio vero è che il giorno per giorno, se non è ancorato a chiarezza di obiettivi, rischia di diventare davvero un pragmatismo senza principi che va condannato perché è uno dei mali di una politica asfittica che non si alimenta più nell'interpretazione della realtà e nel tentativo di individuare le sintesi e perché no anche il bene comune, espressione non desueta, poiché questo è uno degli scopi principali di chi con il voto popolare è chiamato a governare le istituzioni e i soldi pubblici.
Pur riconoscendo le difficoltà, i problemi, le carenze che i miei compagni hanno indicato, sono carenze che derivano dalla mancanza di scelta e di chiarezza. Arriverà con il piano di sviluppo? Ci saranno gli atti? Voi ci dite di aspettare, di pazientare, francamente all'opposizione non pu essere chiesto questo, anche perché a noi di sconti non ne sono stati fatti! Non si parla della questione Fiat, come ricordava Amerio, non si parla della questione dello stato sociale, come ricordava il Consigliere Sestero non si parla dell'impianto regionale. La timidezza con cui è affrontata la questione del nuovo riequilibrio territoriale, il peso prevalente che ha la concezione torinocentrista, voluta o no, è comunque il risultato della difficoltà di andare, forse in collisione, con livelli politici che, oggi per il motivo delle omogeneità degli enti si sta producendo con caratteri degenerativi. Anche perché proprio la ragion d'essere del pentapartito, più eterodiretta che interna, ha messo anche alcuni di voi in profonda difficoltà.
Mancano le risposte ai veri problemi che in ogni programma c'erano o comunque si tentava di dare, in una maniera o nell'altra.
Cosa si è tentato di fare? Da una parte, secondo me, una ragionevole operazione di recupero della continuità - permettetemi di essere molto schietto. La misura è nei comportamenti e nelle opere più che nelle preghiere o nelle dichiarazioni dall'altra parte qualche sostantivo, qualche aggettivo allusivo, come diceva la compagna Bresso, molto più aggettivo e sostantivo che sostanza.
Parole usate per significare un tentativo di trovare qualcosa che magari non c'è.
Questa maggioranza non riesce ancora a produrre una politica e non so se riuscirà mai a produrla. Possiamo dire, leggendo il programma,vedendo i comportamenti, che non ha prodotto una politica. Ha prodotto delle ordinarie amministrazioni, là dove doveva, ha cercato e cerca di impadronirsi della complessità dei meccanismi. Questa rinuncia ha ragioni di fondo più che di struttura.
Prendo un esempio: la collegialità, il Presidente Beltrami ne ha sempre parlato sin dalle prime interviste alla televisione.
Non basta esprimere le intenzioni, è un approccio molto complesso, è difficilmente realizzata dovunque, quindi è chiaro che implica l'immissione di risorse, di fantasia, di strutturazione molto complicata. Però il primo substrato della collegialità, dell'unità di indirizzo politico, che garantisce la collegialità, è proprio la base programmatica, ed è quella che non c'è stata in maniera esplicita in questi 6 mesi, ed è quella che oggi non registriamo per quei pezzi fondamentali che noi riteniamo essere quelli che definiscono che cosa si vuol fare.
Di qui nascono degli scivoloni. Siamo abituati alla politica così com'è fatta oggi, non certo per colpa vostra soggettivamente. E' più importante la dichiarazione sul giornale che non quello che nella realtà accade.
E' un rischio pericoloso, che tende ad attrarre tutti; di costruttivo non vedo niente, solo il fatto di apparire.
L'intervista dell'amico Carletto sul personale dava per acquisita una costruzione in senso evolutivo, ma che alla lettura degli articoli a me non sembra di vedere. Si tratta di un'operazione innovativa difficilissima allo stato dei fatti, così com'è pensata, è davvero molto tradizionale sul piano dell'organizzazione della pubblica amministrazione.
Anziché pensare a forme di direzione snelle abbiamo una proposta molto alta di settori; era già alta quella della vecchia Giunta, questa mi sembra perfino più alta.
Gli scivoloni sono appunto l'intervista, l'uscita, il dare a vedere quello che si vorrebbe fare o che si dice di voler fare, ma poi c'è la difficoltà reale di maneggiare questa sostanza se, rispetto ad alcuni punti programmatici, non si ha una sufficiente chiarezza di idee politiche.
Non escludo il fatto che ci sia poca alimentazione esterna (detto in senso buono) nei confronti della Regione per il suo stato di crisi. Perch d i alimentazione esterna nel senso di andare all'attacco della dirigenza secondo me, ce n'è sempre di più, qui e altrove, ed è uno di quei pericoli su cui mi tratterrò perché sarebbe bene preoccuparsene.
Parlo di alimentazione di idee, di dibattito, di quelle parti, di quegli interessi che si riconoscono partiti che sono in una certa formazione politica e che riescono a non farvi sentire nel vuoto pneumatico.
Certo il clima è rivelatore, è un fatto che sappiamo. Tra noi consiglieri, o addetti ai lavori, circola pesantemente il clima di sfiducia: le battute, il non crederci a sufficienza.
In questo senso devo dire che porto rispetto molto più a Donat Cattin che si fa questi numeri, che a quello che appartiene alla sua corrente Brizio, che con molta serietà, anche contro la realtà fa sempre la difesa d'ufficio di questa Giunta.
Non sopravvaluto il tam-tam, le chiacchierate di corridoio, che per son segnali di un clima; il "pacchetto di mischia", che in situazioni difficili è necessario per riuscire, se son determinati gli obiettivi: ad organizzare il lavoro complesso e difficile per governare, questo pacchetto non c'è.
Anche potenziali sostenitori e quei ceti che vi hanno votato non credono che questa esperienza possa portare a granché.
Il problema vero è che non c'è un clima, non dico di consenso, che è difficile oggi, ma di spinta perché continuano a intravedersi nella ragnatela un pezzo di luce o un pezzo di obiettivo.
Non userò la clamorosa sortita del noto "Pierino della politica", Donat Cattin, altri l'hanno già ricordata e vale per quel che vale, però è certo che oggi nel pentapartito non si sta bene. Questo malessere, questa rassegnazione che portano alla decisione del "tirare a campare" rischiano di incidere negativamente se non si reagisce (e la possibilità di reazione c'è anche negli uomini) ad uno stato di grande difficoltà; si ha quindi una perdita di peso del governo regionale, ma anche della Regione.
Non sottovaluto le difficoltà. E' ingeneroso fare un ragionamento che non si faccia carico delle difficoltà che ci sono state per tutti. Bisogna però ricordare che la prova politica, ormai si sta facendo sempre più ravvicinata. Quando ero dall'altra parte, non ho mai trovato un mondo di cavalieri disposti a ragionare. La vita è sempre stata dura in una misura impietosa. Noi non siamo per riproporre necessariamente questo tipo di reazione, certo che i tempi, i fatti, le carenze, i vuoti sono larghi.
L'opposizione ha il dovere di indicarli, di rappresentarli, cercando anche di dare contenuto, forza di proposta al dovere per contribuire al governo del Piemonte.
Compagni socialisti, non ci interessa molto, quello che tra l'altro parrebbe un gioco di poco respiro, quello cioè di dividere una maggioranza però state attenti a fare a tutti i costi le guardie svizzere di una cosa che rischia di non esserci già dal momento in cui è partita. Certo, è giusto essere leali, ma leali anche con sé stessi, con la storia, con una parte di esperienza che si è fatta.
Ho trovato ingeneroso ed incredibile, perché non corrispondente alla realtà, il giudizio pesante che ha dato stamattina la collega Cernetti sull'operato nella Sanità in questi anni. Altro è dire: "bisogna cambiare innovare, abbiamo opinioni diverse", altro è la stroncatura che è stata operata, tra l'altro risparmio i particolari perché andremo al confronto sulla Sanità spero presto.
Mi pare ingenerosa verso di noi per quel pezzo di storia che il partito socialista ha percorso insieme a noi e ai socialdemocratici, con luci ed ombre, ma che nei programmi ha costruito qualcosa, comunque ha stabilito dei paletti fondamentali.
C'è stata un'epoca, certo diversa, e non è imputabile a voi se adesso è peggio, dal '75 all'80,in cui abbiamo dato grandi speranze non solo come un grande Ente locale ma come un vero Ente di governo. E' un patrimonio che non va disperso da cui potremmo addirittura recuperare il lavoro di opposizione di allora.
Questo malessere ha delle origini. Si può reagire a questo in tanti modi e io mi augurerei che il modo migliore sarebbe di cambiare la maggioranza, è ovvio. Non ne vedo molto la percorribilità numerica, ma è chiaro che su questo terreno, se si va avanti così, noi faremo la nostra parte per raggiungere quegli obiettivi che abbiamo sempre dichiarato.
C'è comunque un modo di reagire che sta nelle cose per migliorarle e che non è quello di acquiescere a decisioni che vengono prese fuori. Nel passato si è fatto del lavoro interessante ed è difficile oggi reggere l'assurdo di un'intesa, che non si raggiunge e non si raggiungerà,temo sulle Presidenze dei CO.RE.CO. per veto posto all'esterno dei Gruppi, con una scarsa comprensione delle ragioni per le quali è bene arrivare ad un accordo, intesa che non è assolutamente consapevole dell'opportunità di procedere su una strada coraggiosa non solo per le Presidenze, ma per le situazioni esistenti nei CO.RE.CO.. Forse è bene scrostare certi centri di potere. Noi chiediamo la rotazione per impedire che si affermi per cinque anni il potere di qualcuno nella contrattazione, nella negoziazione esasperata con gli Enti locali, tenendo presente che è opportuna una decisione di abolirli che questa maggioranza assunse con noi.
Questi sono i segnali che vorremmo ricevere. E' assente la , questione morale. Sarebbe sbagliato e ingeneroso ritenere che tra i colleghi della maggioranza non ci sia stato lo scossone che provocò lo scandalo, una reazione, il tentativo di fare qualcosa sul piano dei risvolti tecnico istituzionali e strutturali.
Nel programma non c'è nulla di questo.
Sentiamo assillante il dovere di mettere al centro dell'attenzione le questioni della trasparenza, della responsabilità come principi cardine su cui determinare le regole del gioco, ma di tutto questo non si parla non tanto perché non è nella testa di alcuni Assessori o Consiglieri quanto perché è un terreno su cui la controindicazione di un mondo esterno, e spesso dentro i partiti, è oppressiva. Sembra dare una concessione a quella che è una speranza di rinnovare la politica su cui continuiamo a batterci con assoluta testardaggine, e che mi auguro abbia delle radici profonde in altri Gruppi, perché da soli non si porta avanti, da provocare quello scatto e quelle scintille indispensabili anche nelle dialettiche.
Ricordo un articolo su "La Stampa" di Manzella che trattava di uno dei punti cardine della questione morale, quello del controllo pubblico dei partiti, finanziamenti e non, e parlava della attivazione dei contro poteri all'interno dei partiti "eletti verso l'organizzazione centrale contro quella periferica, l'organizzazione collaterale contro quella interna". Do valore a questo perché gli elementi di responsabilità , di individualità e di autonomia, non scassando, ma dentro un dialogo si possono affermare di più che non ricevendo ordini e diktat.
A mio avviso, questo programma e la sua discussione, questo intervento politicamente molto chiaro, possono essere momenti non inutili se ricominciamo in questa assemblea facendo la nostra parte di opposizione netta di nessuna cogestione, assolutamente improntata ad uno spirito costruttivo rispetto ai problemi del Piemonte, se si riapre un canale di coraggio e di passione.
Ieri sera ho partecipato ad una riunione in preparazione del Congresso nella quale si discuteva della questione morale e dei rapporti tra partiti e istituzioni ed ho riletto l'intervista del mese di luglio dell'81 del nostro compagno Enrico Berliguer.
Da quella intervista condotta da Scalfari emersero critiche al modo di essere dei partiti, alla loro incapacità tendenziale di interpretare la realtà o comunque di collocarsi su di essa per cercare di trarne sintesi rivolte al bene comune. L'amarezza con cui il compagno Berlinguer rimpiangeva la mancanza di passione, di ideali, di un modo di fare politica che per molti di noi è stata la ragione che ci ha fatto scegliere un mestiere duro, per le ore che occupa, per quanto ci distoglie dalle occupazioni che ci piacerebbero di più. Queste cose non sono da lasciar cadere, quando la politica non è realista, e troppo tecnicista e quando gli elementi di fondo, che sono poi anche quello che noi chiamiamo credibilità capirsi, buttare giù questo pezzo di vetro fa fare dei passi indietro.
La storia poi assegna le lotte, anche gli scontri duri. Noi ci auguriamo ci assegni la compensazione, la sanzione e gli interessi che prevalgono. Noi ci auguriamo che prevalgano gli interessi di quelli che abbiamo cercato di rappresentare, anche in collegamento con i ceti nuovi ma soprattutto con la gente che lavora, con, gli emarginati, con la gente che sta peggio nel mondo e che ha da recuperare tanti handicap in senso molto lato. Noi rappresentiamo questo, altri altre cose. Il confronto ha questo senso. Però se c'è questo muro di vetro e se c'è qualcuno che non lo lascia abbattere, credetemi, le cose non andranno bene. Non solo non ci sarà un programma e non ci saranno delle definizioni programmatiche, ma il clima non potrà migliorare.


Argomento: Interventi per calamita' naturali

Comunicazioni dell'Assessore Cerutti sulla distribuzione dei fondi FIO alla Regione Piemonte e sui contributi della Giunta per i danni causati dalla neve


PRESIDENTE

E' chiusa la discussione. Passerei alle comunicazioni dell'Assessore Cerutti. Vi proporrei di sentirle questa sera e domani mattina o nel corso della giornata vedremo come collocare l'eventuale discussione. Non ci sono opposizioni. Ha quindi la parola l'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore al pronto intervento

Presidente, colleghi. Prima di darvi un'informazione sui danni della neve penso che interessi al Consiglio conoscere il risultato dell'assegnazione del Fio avvenuta oggi pomeriggio e che ha interessato ovviamente anche la nostra Regione nel quadro delle assegnazioni nazionali.
(E' finita appena adesso la riunione del Cipe, il Ministro interessato ne ha fornito notizia per telefono e i giornali di domattina la riporteranno.
Il Piemonte ha avuto per la depurazione delle acque 171 miliardi così suddivisi: Lagonia Ticino 32 miliardi, Cervo Sesia 22 miliardi, Po Sangone 69 miliardi e mezzo, l'Area 7 del cuneese 10 miliardi, Dora Baltea-Orco 37 miliardi e 800 milioni.
Per i problemi ferroviari: il centro intermodale di Orbassano 35 miliardi, Torino-Ceres 30 miliardi.
Per gli acquedotti: Piemonte sud Cuneo-Asti-Alessandria 16 miliardi e 900 milioni, il completamento dell'acquedotto di Borgamanero 7 miliardi e 400 milioni.
Per le collezioni Sabuade 10 miliardi.
Totale 270 miliardi.
All'ultimo momento c'è stata una leggera modifica della quale mi dispiace profondamente, non perché interessava una determinata zona a me vicina, ma ritengo che fosse importante il suo mantenimento: erano stati assegnati per la depurazione delle acque del consorzio di Cannobio 15 miliardi, l'intervento del Ministro Zanone - fatto all'ultimo momento- li ha fatti togliere e ha spostato 7 miliardi a favore della Dora Baltea-Orco e 8 miliardi a favore di altre Regioni.
MARCHINI E' formalmente scorretto anticipare le intenzioni dei comportamenti dei Ministri in ordine a questa materia.



CERUTTI Giuseppe, Assessore al pronto intervento

Sarà formalmente scorretto,ma uscirà domani sui giornali questa notizia.
MARCHINI E' un comportamento formalmente scorretto perché non riporta comportamenti di singoli Ministri estrapolandoli dai comportamenti complessivi del Governo. E il nostro Gruppo si riserva iniziative al riguardo.



CERUTTI Giuseppe, Assessore al pronto intervento

Benissimo mi fa anche tanto piacere, personalmente ho l'intenzione di chiedere la spiegazione di questo atteggiamento che oltre tutto è estremamente importante.
Voglio ripetere quello che ho detto ieri in Commissione chiedendo scusa alla collega Cernetti che me ne ha chiesto rendiconto stamattina in Consiglio. Pensavo fosse stato sufficiente la comunicazione fatta in Commissione ieri dove tutte le forze politiche erano presenti ad eccezione forse del Gruppo socialista. Il problema della neve che ha interessato un po' tutto il territorio. Nella riunione che stamattina in forma conclusiva ho avuto, anche, con i responsabili dei Geni Civili di tutte le Province Piemontesi si è evidenziato sostanzialmente che le due Province maggiormente colpite sono state quella del novarese, in particolare la zona dell'Ossola, e del vercellese in val Sesia. Sono state le due zone dove l'entità delle nevicate ha toccato dei limiti dai due metri e rotti a tre metri e mezzo nelle località di alta montagna . Sono state registrate in alcune vallate dell'alessandrino, del cuneese e dell'area torinese situazioni di eccezionale precipitazione che hanno creato non pochi disagi.
Noi saremo chiamati quanto prima anzi immediatamente per un certo aspetto, a rispondere positivamente (in un contesto molto più complesso) ad una serie di richieste finanziarie, che vanno da, un eccedenza di sgombro di neve, non previsto come disponibilità finanziarie nei bilanci di competenza comunale, alla necessità di ripristino di opere pubbliche non solo infrastrutturali ma anche strutturali, parlo ovviamente di sedi pubbliche, scuole, municipi e altre strutture.
Infine, cosa di non poco conto, una grossa entità di richieste per il ripristino di strutture private dalle case di abitazione a strutture di tipo commerciale-artigianale e industriale. Si presume dalle valutazioni non ancora definitive, che l'entità della spesa si potrà aggirare per il Piemonte attorno ai 50 miliardi; mi auguro che sia una cifra che possa contenere l'entità dei , danni. Vista la grave situazione, il Presidente della Giunta ha fatto la dichiarazione di grave calamità sul territorio del Piemonte per poter contare su dei benefici finanziari erogati direttamente dallo Stato attraverso una legge speciale oppure attraverso la protezione civile.
Sono cinque le regioni che hanno chiesto questa situazione oltre al Piemonte, la Valle d'Aosta, la Liguria, le Marche, il Veneto e l'Emilia Romagna.
Ora abbiamo un problema immediato: dare un minimo di assistenza ai Comuni. Questo è possibile utilizzando delle risorse che avevamo previsto nelle variazioni di bilancio e assegnate al pronto intervento. Significa utilizzare a favore di questi Comuni un contributo di circa 3 miliardi che tutto sommato, comporterà un'erogazione ai comuni piccoli di circa 10 milioni di spesa. Non saranno assegnati in forma generalizzata ma attraverso un'attenta analisi delle effettive situazioni economiche e oggettive delle quali questi comuni hanno operato, in modo da consentire ai diversi bilanci, soprattutto dei comuni piccoli, di coprire delle spese sostenute o in fase di pagamento che in caso contrario non sarebbe possibile provvedere. Dico subito ai colleghi che avranno contatti con Enti locali e Comunità Montane che non è il caso di illudere nessuno. La neve è caduta su tutto il Piemonte, sarà opportuno far presente che si tratta di interventi eccezionale e non di una nevicata (anche se abbondante) dove tutti i comuni possono chiedere qualcosa o possono sperare di ottenere qualcosa. Devo anche dirvi che l'ultima decisione assunta dal Prefetto ( dai diversi Prefetti ovviamente), su indicazione della protezione civile di fare una specie di censimento dei maggiori costi con richiesta specifica a tutti. I comuni sta creando una grande confusione.
Ovviamente tutti i comuni si sentono autorizzati a chiedere una cifra con la difficoltà, a mio avviso, di rispondere positivamente attraverso la protezione civile o attraverso finanziamenti dello Stato. Noi abbiamo suddiviso e intendiamo operare attraverso tre frasi: Prima: un contributo per lo sgombero neve vero e proprio.
Seconda: la possibilità di recepire attraverso un censimento sistematico i soldi per riparare i danni infrastrutturali.
Terza: la possibilità, se verrà assicurato, e riconosciuta la grave calamità al territorio regionale del Piemonte, di contribuire anche per interventi a carattere strutturale così come ci auguriamo per attività produttive che rischiano di aggiungere disoccupazione ad altra disoccupazione.
Sono questi i tre obiettivi che ci siamo posti. Essi richiedono tempi e certificazioni di entità ben precisi. Ci auguriamo di fare nei prossimi giorni, attraverso un contatto sistematico con gli Enti locali, una valutazione puntuale di tutti gli interventi e la speranza che da parte dello Stato ci venga riconosciuta questa calamità che effettivamente ha creato notevoli danni su tutto il territorio.



PRESIDENTE

I lavori proseguiranno domani alle ore 9,30.
La seduta è tolta.



(La seduta termina alle ore 17,40)



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