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Dettaglio seduta n.31 del 30/01/86 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) dell'ordine del giorno: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni i processi verbali dell'adunanze consiliari del 12, 19, 20 e 27 dicembre 1985 si intendono approvati.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione del Consigliere Mignon inerente l'applicazione della legge finanziaria nelle attività socio-assistenziali


PRESIDENTE

In merito al punto 2) dell'o.d.g. "Interrogazioni e interpellanze" esaminiamo l'interrogazione del Consigliere Mignone inerente l'applicazione della legge finanziaria nelle attività socio-assistenziali.
Ha la parola l'Assessore Carletto



CARLETTO Mario, Assessore all'Assistenza

L'atto di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 8/8/85 affronta i problemi di individuazione di quelle attività socio-assistenziali a rilievo sanitario che gravano sul fondo sanitario, come espressamente previsto e riconosciuto dall'art. 30 della L.
730/83.
Va ricordato che il problema dell'individuazione aveva formato oggetto di approfondimento a livello delle Regioni già in passato e che le stesse Regioni avevano richiesto che si pronunciasse, il Consiglio Sanitario Nazionale che, previo approfondimento di una speciale Commissione, l'8/6/84 aveva formulato una proposta articolata da cui ha preso le mosse l'atto di indirizzo.
La formulazione del testo del Decreto non è certamente delle più felici, ma ove si interpreti alla luce del voto obbligatorio espresso dal Consiglio Sanitario Nazionale molte perplessità possono essere fugate.
E' per tale motivo che il Presidente della Giunta regionale, su proposta degli Assessori alla sanità e all'assistenza, ha emanato fin dal 10/9/85 un telegramma con il quale si invitavano le UU.SS.SS.LL. a continuare ad operare secondo le procedure esistenti e le disposizioni già impartite.
Contemporaneamente, veniva predisposto un quesito al Ministero della Sanità - già rimesso ai Consiglieri della competente Commissione Consiliare per aver conferma dell'interpretazione formulata alla luce di quel voto e richiamare l'attenzione su aspetti poco chiari inseriti nel contesto del decreto.
A tutt'oggi, non è stata data ancora risposta ne è stata emanata la circolare che il Ministero aveva in animo di fare.
Le perplessità riguardano: 1) l'esclusione delle attività aventi rilievo sanitario dell'assistenza economica in denaro o natura, esclusione del tutto corretta stando alla lettera del Decreto, ma estremamente pericolosa per la funzionalità dei servizi e per l'innalzamento dei costi, ove si andasse, non legittimamente peraltro, ad interpretazione estensiva che coinvolgesse gli assegni terapeutici per malati di mente o la ospedalizzazione a domicilio 2) sempre alla luce delle indicazioni del voto del Consiglio Sanitario e alla evoluzione legislativa, non dovrebbero sorgere problemi in ordine alla tutela materno-infantile e neppure per le comunità alloggio ospitanti soggetti disabili o malati di mente, atteso che l'esclusione operata all'art. 2 per le comunità alloggio è ampiamente recuperata al successivo art.6 3) per quanto attiene la esclusione dell'onere sul fondo sanitario dell'attuazione delle convenzioni con le strutture per tossico-dipendenti la esclusione può essere corretta ove concerna le strutture finalizzate esclusivamente al reinserimento sociale e lavorativo 4) sull'assistenza agli anziani la previsione è pienamente coerente con le indicazioni di piano sociosanitario di cui alla L.R. 59/85 per quanto attiene alle strutture gestite direttamente dall'UU.SS.SS.LL.; per le strutture socio-assistenziali da convenzionarsi, nascono indubbi problemi di ordine giuridico per quanto attiene la mancanza di autorizzazione sanitaria; il problema appare peraltro risolvibile nella logica della citata legge di piano 59/85 che mette in capo alle UU.SS.SS.LL., a livello di distretto, la responsabilità delle risposte sanitarie erogate direttamente o attraverso il personale e la strumentazione delle strutture convenzionate.
Va sottolineato inoltre che non sussistono problemi in ordine alla coerenza con le statuizioni della L.R. 20/82; anzi, la formulazione dell'art.30 della legge finanziaria del 1984, alla base dell'atto di indirizzo,contempla proprio la fattispecie dell'U.S.S.L. che gestisce insieme funzioni sanitarie e funzioni socio-assistenziali.
Altrettanto coerente è il regime configurato nella nostra Regione dalla legge 20 citata e attuato attraverso disposizioni e provvedimenti successivi, là dove prevede che le UU.SS.SS.LL. provvedano alle spese socio assistenziali con apposito fondo, alimentato dai Comuni facenti parte dell'Associazione e integrato dalla Regione, con imputazione di spesa su parte separata dell'unico bilancio di U.S.S.L.
Proprio tale regime ha comportato un'analisi rigorosa sulla competenza della spesa e la soluzione di complessi problemi prima ancora della emanazione della stessa legge finanziaria 1984.
Sarà in ogni caso necessario, una volta confermata da parte ministeriale, la giustezza delle interpretazioni, pervenire ad una direttiva alle UU.SS.SS.LL. cogliendo così l'occasione per disciplinare con ulteriore puntualità, alcuni aspetti che sono stati in passato applicati sulla base di una prassi anche remota (quale l'assegno terapeutico) o che sono estremamente innovativi (spedalizzazione a domicilio) e che, come tali, devono essere circondati da tutte le cautele e le garanzie necessarie alla tutela dei cittadini e alla correttezza dell'intervento anche sotto il profilo finanziario.
Va sottolineato infine che gli Assessori Regionali ai servizi socio assistenziali delle Regioni Basilicata, Calabria, Emilia-Romagna, Liguria Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Veneto e delle Province autonome di Trento e Bolzano, riuniti a Perugia il 5/12/85 hanno esaminato approfonditamente il Decreto dell'8/8/85 ed hanno puntualizzato che lo stesso non è né una legge, né un atto avente forza di legge, ma un atto amministrativo di indirizzo e coordinamento la cui efficacia è subordinata all'emanazione di provvedimenti di recepimento da parte delle Regioni.
Pertanto desta sorpresa la circolare n. 53 del 19/9, emanata dal Ministro del Tesoro, avente per destinatari i revisori dei conti delle UU.SS.SS.LL. di nomina ministeriale che ritiene i contenuti del decreto immediatamente operativi e vincolanti per le stesse.
Per quanto concerne l'istituzione della Commissione di cui all'art. 6 le Regioni prima indicate hanno concordemente osservato che la stessa costituisce una indebita interferenza sulle competenze regionali.
Tenuto conto delle difficoltà di varia natura emerse per il recepimento delle indicazioni governative, anche in relazione alle diverse realtà operanti nelle varie regioni, gli Assessori regionali sopra richiamati hanno ritenuto necessario un coordinamento permanente per meglio sintonizzare le politiche di ciascuna Regione di fronte ai problemi dell'assistenza sociale ai cittadini.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante, Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Ringrazio l'Assessore per la risposta precisa e puntuale. Lo pregherei di mettermi a disposizione copia del documento che ha costituito la base della sua risposta.
Con l'interrogazione volevo conoscere se da parte della Regione era stata predisposta qualche iniziativa per cercare di dare alle Unità Sanitarie Locali delle indicazioni in ordine alla applicazione del decreto che, an-corché supportato da un parere del Consiglio Sanitario Nazionale si presenta in molti punti di non facile applicazione.
Apprezzo il fatto che l'Assessore non ha preso per buono il decreto fino in fondo, in questo confermando - consentitemi la battuta - quel carattere rivoluzionario che sarebbe stato anticipato per quanto riguarda la politica del personale. In realtà, il decreto nonostante un titolo innocuo innova profondamente addirittura per certi aspetti, ad avviso del Gruppo socialdemocratico, è in contrasto con alcune statuizioni della legge di riforma sanitaria.
E' pur vero che alcune Regioni, in carenza di una definizione della riforma dell'assistenza, avevano ampliato troppo l'applicazione del concetto di assistenza così come poteva intendersi dopo il D.P.R. 616, ma è anche vero che, non vorremmo che, con questo decreto si aprisse uno spazio per un nuovo grande internamento, se così possiamo dire, usando il termine fra virgolette. Ci pare di capire, leggendo il combinato disposto degli articoli 2 e 6 del decreto, che da un lato disincentivano tutti i servizi sul territorio, nella misura in cui l'ente locale non può farsene carico (servizio agli handicappati, reinserimento scolastico e lavorativo comunità-alloggio ecc..), dall'altro si dice espressamente che è a carico del Fondo Sanitario tutto ciò che è struttura rispetto a questi bisogni.
Non vorremmo, appunto, che con l'innocuo titolo di un decreto ministeriale in realtà si facesse luogo di nuovo ad un processo di grande reinternamento.
Probabilmente non sarà così, speriamo che non sia così, lavoreremo tutti assieme perché questo non accada.
La mia interrogazione voleva appunto da un lato acquisire notizie rispetto alle iniziative che la Regione ha assunto, e su queste mi dichiaro perfettamente d'accordo e plaudo alle iniziative assunte dall'Assessore dall'altro lato richiamare l'attenzione nostra perché siano vigili su questa materia.
Evitiamo delle fughe in avanti, come già ci sono state, ma evitiamo anche lo smantellamento dello stato sociale senza neanche averlo avuto rinnovando una storia in Italia perché abbiamo fatto la controriforma senza aver avuto la riforma.


Argomento: Asili nido

Interrogazione del Consigliere Reburdo inerente l'asilo nido di Vinovo


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Reburdo inerente l'asilo nido di Vinovo.
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza

La Regione Piemonte, ai sensi della legge regionale 5/76 ha dato corso all'esecuzione di opere per la costruzione nel territorio del Comune di Vinovo di un edificio destinato al asilo nido, assegnandone la costruzione all'Impresa Belloni di Codemondo (Reggio Emilia), con spesa direttamente a carico della Regione stessa.
Con deliberazione della Giunta regionale n.46-359 in data 29/8/1980 infatti, sono stati approvati gli atti di collaudo afferenti i lavori di costruzione, fra gli altri, dell'asilo nido di Vinovo.
Con nota in data 20/11/1985, n.10576, il Sindaco del Comune stesso ha comunicato che, a causa delle abbondanti piogge verificatesi nei giorni 9 10 e 11 novembre 1985, si sono registrate infiltrazioni di acqua nei locali dell'asilo nido e che,da un sopralluogo effettuato dall'Ufficio tecnico comunale, la struttura in questione è risultata assolutamente inagibile per le infiltrazioni suddette provenienti dal tetto dell'edificio.
Immediatamente, con ordinanza n. 232 in data 14/11/1985, il Sindaco disponeva la chiusura temporanea dei locali dell'asilo nido in via Roma e pochi giorni dopo, con ordinanza n.233, stabiliva che i bambini dell'asilo nido in questione potevano essere ospitati nella Scuola Materna in località DE.GA. e assistiti da tutto il personale già operante presso l'asilo nido temporaneamente chiuso.
L'ordinanza stessa prevedeva inoltre che i bambini della Scuola materna DE.GA., nel transitorio, potevano essere ospitati nella vicina Scuola materna Buozzi della frazione Garino. Successivamente, a seguito della nota n. 11266 del 9/12/85, con la quale il Sindaco del Comune di Vinovo chiedeva l'intervento finanziario della Regione per il ripristino ed il rifacimento della impermeabilizzazione del tetto dell'asilo, questo Assessorato - cui fa capo la competenza in materia - prima con comunicazioni verbali e successivamente con nota n. 1892/142 del 23/12/1985, invitava il Sindaco di Vinovo a contattare la Società "La Fondiaria", in quanto la riparazione di che trattasi può rientrare nella copertura assicurativa, come da certificazioni assicurative esistenti agli atti.
Da notizie assunte risulta che l'Amministrazione comunale segue con attenzione il problema, infatti sono in corso gli atti necessari (delibere) per il rifacimento della copertura al fine di ripristinare, nel più breve tempo possibile, i locali dell'asilo nido.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per la ricostruzione delle varie fasi che ha fatto di questa situazione che ho voluto segnalare per due ordini di motivi. In primo luogo perché è un finanziamento pubblico che corre il rischio di essere inutilizzato; in secondo luogo perché dietro a questa vicenda ci possono essere delle interpretazioni politiche.
Mi sono preoccupato di documentarmi e posso portare all'attenzione dell'Assessore e del Consiglio una notizia che è stata pubblicata sul bollettino parrocchiale di Vinovo. Prego i partiti laici di prestare attenzione. E' scritto: "Brutta notizia. Polemica sbagliata".
"Per volontà politica, nel quinquennio rosso fu costruito in Vinovo l'asilo nido con capienza massima di trenta posti. La gestione del nido è costata la somma di 209 milioni nell'ultimo anno. Nell'asilo gestito dalle suore (130 bambini), è piovuta la ricca elemosina di lire 1 milione e rotti. Vergogna, vergogna vergogna." E poi scritto in grande e sottolineato: "A quando la giustizia sociale in Vinovo? I bambini poveri non vanno al nido, il padre lavora, la mamma in casa si guarda i figli; i bambini ricchi vanno al nido, padre e madre sono entrambi sul lavoro, perciò hanno due stipendi, vale a dire oltre 24 milioni all'anno. Bisogna aiutarli perché i loro genitori possano comprarsi la macchina, la casa e forse la tessera del P.C.I., nel frattempo la popolazione di Vinovo deve aiutarli pagando il 65% delle spese del nido.
E' tempo di tagliare i rami secchi. In altri paesi hanno avuto il coraggio di chiudere gli asili nido o almeno di metterli al servizio di chi ne ha veramente bisogno." "Chi vuole il servizio del nido se lo paghi. Bisogna aiutare i veri non i falsi poveri. Ci sarà fra gli amministratori del comune di Vinovo qualcuno con un po' di coraggio? Basta riconoscere che il nido serve a poco o niente, mentre ci sarebbero molte altre cose più utili alla popolazione".
Voi capite che di fronte a questa situazione di degrado, di fronte a queste posizioni assunte e che vengono anche pubblicizzate, nasce il dubbio che si voglia lasciare precipitare la situazione perché questa struttura che tra l'altro è incuneata in strutture parrocchiale, venga disabilitata definitivamente.
Spero che non sia questa la posizione che l'Amministrazione comunale assumerà, prego comunque l'Assessore di seguire attentamente l'evolversi della situazione, perché con gli ultimi avvenimenti atmosferici si corre il rischio che la già degradata situazione precipiti definitivamente.
Prego l'Assessore di darmi copia della risposta all'interrogazione.
Grazie.


Argomento: Personale socio - assistenziale

Interrogazione del Consigliere Cerchio inerente il problema delle assistenti sociali


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione del Consigliere Cerchio inerente il problema delle assistenti sociali.
La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza.

In relazione all'interrogazione di cui all'oggetto, inerente il riconoscimento giuridico del titolo di Assistente Sociale e l'agitazione intrapresa dalla categoria per sollecitare tale riconoscimento,preciso che l'Assessorato all'assistenza ha seguito costantemente con interesse tutte le vicende del riconoscimento giuridico del titolo di assistente sociale per due ordini di motivi: il primo, in quanto l'assistente sociale è un professionista storicamente consolidatosi come figura centrale nel sistema organizzato dei servizi socio-assistenziali che la Regione promuove e coordina.
Infatti tale operatore presta la sua opera non solo in ambiti di intervento diretto alle persone in stato di bisogno, ma anche in ambiti di intervento promozionale ed organizzativo diretto alla generalità dei cittadini. E ciò in ottemperanza al principio ormai consolidato che una assistenza di tipo moderno deve prioritariamente essere diretta a liberare le persone dal bisogno, possibilmente prima che questo si manifesti.
Pertanto l'assistente sociale, come gli altri operatori, è chiamata quotidianamente ad adeguare scelte tecniche ed interventi secondo modalità che richiedono capacità organizzative, creatività, anche per compiti impegnativi quali la promozione della partecipazione degli utenti, la sollecitazione del volontariato, la progettazione e la verifica degli interventi. E' appena il caso di sottolineare come l'esercizio di questo ruolo richieda requisiti di scientificità sempre più avanzati.
Il secondo ordine di motivi è dovuto all'intollerabilità di un vuoto giuridico che dura da decenni, quando storicamente la figura dell'assistente sociale è ormai di fatto riconosciuta in tutti i comparti del pubblico impiego (Stato, Enti locali, Servizio Sanitario Nazionale) anche nei loro risvolti amministrativi ricorrenti, quali i concorsi pubblici per l'accesso alla copertura dei posti.
Consapevole dell'importanza del riconoscimento giuridico di tale professione, il nostro Assessorato ha attivamente partecipato, anche in sede tecnica, ai lavori della Commissione Nazionale di Studio per la definizione dei profili professionali e dei requisiti di formazione degli operatori sociali, insediata dal Ministero dell'Interno, fra il giugno '82 ed il dicembre '83.
Nel rapporto finale la suddetta Commissione Nazionale individuava, in relazione al ruolo ed ai requisiti di professionalità richiesti all'assistente sociale, come pure all'educatore professionale, la scuola universitaria diretta a fini speciali come la più idonea a garantire a questo operatore una formazione post-secondaria a carattere scientifico e tecnico-pratico, ai sensi del D.P.R. 10/3/82 n.162.
Questa proposta, presentata al Ministero dell'Interno, che ne è stato il suo committente, confluiva successivamente al Ministero della Pubblica Istruzione, il quale l'assumeva e la traduceva in due schemi di decreto come previsto dal citato D.P.R. 162/82, ossia: un decreto ministeriale approvato il 30/4/1985 e concernente il piano studi e l'ordinamento delle scuole dirette a fini speciali per assistenti sociali un decreto presidenziale concernente il valore abilitante del diploma di assistente sociale per l'esercizio della professione e l'accesso al pubblico impiego, al momento attuale non ancora approvato.
Dei suddetti decreti e dei loro contenuti il nostro Assessorato è venuto a conoscenza soltanto a livello informale, nonostante che nell'arco dell'anno 1985 abbia indirizzato parecchi solleciti al Ministero della Pubblica Istruzione, anche al fine di saldare la programmazione universitaria con la programmazione dei servizi socio-sanitari regionali.
In particolare si sollecitava al Ministero della Pubblica Istruzione una garanzia di transizione dal vecchio al nuovo ordinamento, che tenesse conto del patrimonio di cultura e di esperienze accumulato dalle attuali scuole piemontesi, sia pubbliche che private, nonché della convalida dei titoli da queste rilasciati.
Onde evitare vuoti di intervento nella fase transitoria si instaurava di concerto con l'Assessorato all'Istruzione e Formazione Professionale della Regione, un rapporto di collaborazione con l'Università degli Studi di Torino, allo scopo di istituire nell'ambito di una programmazione concertata Regione-Università le scuole universitarie a fini speciali in Piemonte e si proponeva la costituzione di un gruppo di lavoro tecnico politico misto che avanzasse proposte in merito.
Il Magnifico Rettore esprimeva la sua più ampia disponibilità a tale disegno, non appena il D.P.R. in questione fosse stato approvato.
Per quanto riguarda l'iter della sua approvazione, da notizie in nostro possesso,risulta che il testo sia stato portato all'esame del Consiglio dei Ministri fin dal maggio '85 e successivamente bloccato per reiterati emendamenti apportati dai vari Ministri interessati.
Di questi emendamenti rispetto al testo originale alcuni ci sembrano decisamente migliorativi, anche in ordine alle nostre preoccupazioni di una frattura violenta con il passato, soprattutto a scapito degli studenti in formazione, che il nuovo ordinamento avrebbe rischiato di apportare.
Rispetto alle iniziative intraprese dall'Assessorato per sollecitare l'approvazione del decreto in parola, devo segnalare che il sottoscritto anche su sollecitazione della categoria che nel frattempo era scesa in agitazione, con l'appoggio delle OO.SS CGIL. CISL. UIL. ha avuto occasione di affrontare l'argomento durante il convegno interregionale tenuto a Perugia il 5/12/1985, coinvolgendo i colleghi Assessori all'assistenza delle altre Regioni italiane per una presa di posizione comune nei confronti del Governo, finalizzata a promuovere, a tempi brevi l'approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del decreto giacente secondo gli accordi intervenuti fra i Ministeri interessati.
Nel suo intervento il sottoscritto richiamava ancora l'attenzione, fra l'altro, sull'incongruenza fra la situazione di fatto che registra una professionalità in espansione nell'ambito dell'organizzazione dei servizi ed il mancato riconoscimento giuridico della stessa, che determina, fra l'altro, disomogeneità nei percorsi formativi e penalizzazioni negli inquadramenti contrattuali con gravi ripercussioni anche nell'organizzazione dei servizi stessi.
E' infatti intenzione di questo Assessorato promuovere una giusta valorizzazione della professionalità dell'assistente sociale a tutti i livelli, compresi quelli direttivi e di coordinamento.
In questa scelta si è confortati sia dall'esperienza positiva espressa dagli assistenti sociali laddove già esercitano questo ruolo, sia dagli indirizzi nazionali che in merito l'ultima versione a noi pervenuta dello schema del D.P.R. in questione, prevede. Siamo pertanto estremamente interessati ad una approvazione tempestiva del decreto in parola che, da notizie recenti, risulta essere stato licenziato definitivamente dal Consiglio dei Ministri il 14/12/85, trasmesso dalla corte dei conti e in fase di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

L'Assessore attraverso la risposta all'interrogazione sulla questione del riconoscimento giuridico delle assistenti sociali, ha indicato tutto l'excursus di una vicenda che registra da troppo tempo un vuoto giuridico.
E' una problematica aperta da molti anni, le ultime decisioni, legate alla necessità dell'approvazione del decreto, sono importanti per risolvere un caso che ha visto, in questi ultimi tempi, agitazioni sindacali da parte di una categoria che ha un ruolo significativo nella realtà sociale.
Ringrazio anche per l'attenzione che direttamente la Regione Piemonte attraverso l'Assessore ha posto negli incontri a livello ministeriale.
L'augurio è che si giunga al punto finale della questione del riconoscimento della categoria.
Prego l'Assessore di farmi avere copia della risposta.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interpellanza del Consigliere Staglianò inerente le attività socio assistenziali


PRESIDENTE

Passiamo all'interpellanza del Consigliere Staglianò inerente le attività socio-assistenziali.
Il Consigliere Staglianò rinuncia alla sua facoltà di illustrare l'interpellanza, ha quindi la parola l'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza.

In base all'art.50 della L.R. 13/1/1981, n. 2, le Unità Socio-Sanitarie Locali debbono deliberare il rendiconto generale entro il 30 giugno di ciascun anno.
Con deliberazione della Giunta regionale 13/12/1983, n.39-30420 è stato predisposto lo schema di bilancio per la parte socio-assistenziale che le UU.SS.SS.LL. hanno dovuto adottare a partire dall'esercizio 1984. Pertanto gli elementi richiesti, contenuti nel prospetto che fornisco al Consigliere interrogante si riferiscono all'anno 1984.
Occorre in proposito precisare quanto segue: 1) i finanziamenti regionali indicati nel prospetto si riferiscono esclusivamente al fondo per la gestione dei Servizi socio-assistenziali di cui all'art. 34 della L.R. 20/82 2) gli avanzi di amministrazione per lo più sono riferiti non solo all'esercizio 1984, ma anche ai precedenti. La loro entità e generalizzazione sono in parte giustificate dal fatto che, solo alla fine del 1984, sono state ripartite tra le UU.SS.SS.LL. comples-sivamente 20.391.245.887 lire (deliberazioni del Consiglio regionale n. 778-CR 11478 del 22/11/1984 e Giunta regionale n. 106-39442 del 6/12/1984) e in parte dal fatto che il processo di assunzioni diretta delle funzioni socio assistenziali da parte delle Unità Socio-Sanitarie Locali non è ancora avvenuto completamente 3) nel valutare le entrate complessive si sono rilevate tutte le entrate risultanti dai rendiconti e non solo quelle riferite al finanziamento regionale e a quello dei Comuni associati. Infatti, in alcuni casi esistono entrate derivanti da contributi delle Province, delle Comunità Montane, degli utenti dei Servizi Socio-assistenziali, da interessi attivi, ecc.
Per il 1985 non sono disponibili i conti consuntivi che, come detto già sopra, devono essere deliberati dalle Unità Socio-Sanitarie Locali entro il 30 giugno 1986.
Ad ogni buon conto si allega l'elenco delle somme assegnate dalla Regione alle UU.SS.SS.LL. per l'anno 1985.
Tenuto conto che lo schema di bilancio uniforme per tutte le UU.SS.SS.LL. è stato adottato a partire dal 1984, si sta approntando una rilevazione più precisa degli avanzi di amministrazione per determinare l'esatta consistenza ed individuare la possibilità di utilizzo degli avanzi medesimi.
Consci delle carenze sia qualitative che quantitative esistenti nel settore socio-assistenziale piemontese, già dagli ultimi mesi dello scorso anno, si sono tenuti contatti diretti sul territorio al fine di avere una più approfondita conoscenza della reale situazione e per porre in atto gli interventi volti ad eliminare le cause di eventuali inefficienze.
Il riparto del fondo regionale in argomento è sempre avvenuto in base a deliberazioni del Consiglio Regionale, come previsto dall'art. 35 della L.R. n. 20/1982: nel 1984 in gran parte in base ai parametri oggettivi "popolazione" e "caratteristiche" del territorio, già individuati sempre dal Consiglio regionale nel 1983, e in parte, a fronte di specifiche esigenze (assistenza ospiti ex ONPI, realizzazione programmi nell'anno 1983, assunzione della gestione dei servizi da parte delle UU.SS.SS.LL.) nel 1985, in base ai parametri oggettivi per l'importo complessivo di lire 49.200.000.000= e per far fronte ad accentuati fenomeni in alcune UU.SS.SS.LL. lire 400.000.000.
Nel 1986 siamo di fronte ad una diminuzione di risorse finanziarie che si aggirano intorno ai 37 miliardi contro i 50 del 1985. Tale situazione dovuta al fatto che nel fondo del socio-assistenziale erano confluite negli anni passati risorse statali riferite ad anni pregressi (ad es. nel 1983 sono state incluse nel capitolo le assegnazioni statali di due anni del fondo sociale della legge 392/78 (equo canone) non più finanziata dal 1983), impone una verifica e controllo puntuale sulla spesa delle UU.SS.SS.LL. e sulla sua efficacia.
L'Assessorato sta attuando una verifica sui criteri di riparto del fondo finora adottati per verificarne la congruità e la coerenza con i problemi oggi esistenti e con l'obiettivo di superare gli squilibri emersi negli anni passati e rendere più efficace l'utilizzo delle risorse in un quadro complessivo che determini maggiore oculatezza e razionalità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente la ringrazio. Ringrazio anche l'Assessore se non per la tempestività della risposta, dovuta sicuramente alla difficoltà di recuperare tutti i dati disponibili, almeno per la puntualità con cui ha risposto agli interrogativi di fondo da me sollevati.
Mi pare di capire che si vadano prospettando anni di vacche magre per l'assistenza. A maggior ragione a me pare terribilmente colpevole il ritardo con cui vengono utilizzati i fondi che erano stati a suo tempo stanziati per questo capitolo. Gli avanzi di gestione, così come sono stati anticipati nella premessa dell'Assessore (mi riserverò di verificarli nel dettaglio consultando gli allegati), non possono trovare il consenso, né da parte mia né dovrebbe trovarlo da parte dell'intero Consiglio.
Da questo punto di vista mi permetto, Assessore, di formulare alcune proposte e qualche considerazione in merito a carenze ancor più gravi nel settore socio-assistenziale, al fine di dare un contributo per un migliore utilizzo dei fondi in futuro.
Lei sa, signor Assessore,che la registrazione dei presidi socio assistenziali previsti dalla Legge Regionale n. 59 dell' 85, in particolare l'articolo 23, è di fondamentale importanza per la tutela dei diritti della fascia più debole della popolazione: gli handicappati adulti, in particolare, gli insufficienti mentali con scarsa o nulla autonomia e gli anziani, soprattutto quelli non autosufficienti. E' evidente che condizione assolutamente indispensabile per controllare gli istituti pubblici e quelli privati è la conoscenza della loro esistenza e quindi la registrazione come atto assolutamente preliminare.
Questo controllo non può essere limitato solo agli aspetti formali ma deve riguardare tutti gli aspetti concernenti gli assistiti: la condizione di vita, il vitto, l'accesso ai servizi esterni all'istituto, la possibilità di rapporto con amici, familiari ed altri ricoverati, la retta la libera scelta del medico, le condizioni edilizie, il numero massimo dei posti-letto per camera, i metri di apertura esterna rispetto alla superficie o al volume delle camere da letto e dei soggiorni, rapporto utenti-servizi igienici. Mi permetto di dettagliare, perché ritengo che siano problemi rilevanti: stiamo parlando della condizione quotidiana di vita di una parte importante, da un punto di vista etico oltre che sociale della nostra realtà.
Per un accertamento adeguato dei suddetti requisiti e delle altre norme, è assolutamente indispensabile che la Regione definisca i requisiti minimi per le nuove strutture e stabilisca tempi e modalità affinché essi vengano soddisfatti, in tempi accettabili, anche dalle strutture esistenti.
In ogni caso, da subito, la Regione, recuperando i lunghissimi tempi perduti, dovrebbe assumere le necessarie iniziative affinché tutte le USL provvedano ad accertare l'osservanza delle norme di legge concernenti la prevenzione e l'estinzione degli incendi e le vigenti disposizioni in materia anti-infortunistica. Questo è un problema di assoluta importanza che coinvolge, lo dicevo già prima, almeno sul piano etico, la responsabilità di tutti i Consiglieri regionali, anche quelli di minoranza.
La registrazione dei presidi socio-assistenziali è anche una condizione assolutamente indispensabile per l'attuazione, da parte della Regione Piemonte, dell'anagrafe degli assistiti (che oggi è limitata ai minori ricoverati in istituto, con particolare riguardo agli handicappati, ciechi sordi, spastici, distrofici, insufficienti mentali) e degli anziani autosufficienti e cronici non autosufficienti, allo scopo di conoscere l'entità del fenomeno e l'incidenza degli interventi e dei servizi alternativi al ricovero. Questo è un punto per noi molto importante.
La richiesta di un'anagrafe relativa agli anziani malati cronici non autosufficienti, non contraddice minimamente, a mio giudizio, la linea diretta ad ottenere il rispetto delle leggi vigenti, che attribuiscono al Servizio Sanitario Nazionale il compito di provvedere alla tutela degli anziani, anche al fine di prevenire e rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione, come prevede la legge 23/12/1983 n.
833.
La legge suddetta prevede, come Lei sa, che le prestazioni devono essere fornite agli anziani, come a tutti gli altri cittadini, qualsiasi siano le cause, la fenomenologia e la durata delle malattie. Questo è un punto di grande rilievo, alla luce, anche, delle denunce che sono state portate da organismi di assistenza di base sul territorio, come è stato registrato anche dalla "Stampa Sera" di lunedì scorso.
Concludendo, l'urgenza di interventi nel settore socio-assistenziale è dimostrata non solo da quanto rilevato in precedenza, ma anche dal fatto che attualmente gli istituti per anziani, per handicappati adulti e per minori di età superiore ai sei anni, funzionano con dirigenti e altro personale costituito in gran parte da analfabeti. E' possibile che la situazione continui in questo modo, o è indispensabile che si proceda ad una qualificazione del personale che deve gestire strutture tanto importanti? Inaccettabile, poi, sul piano etico e sociale, è la segregazione in istituti di migliaia e migliaia di persone. Fino a quando non verranno attuate alternative al ricovero, per altro già oggi disponibili, si devono rendere queste strutture accettabili almeno sul piano igienico-sanitario e funzionale.
Ancora più inaccettabile è la deportazione assistenziale, ovvero il trasferimento imposto dalle amministrazioni in istituti situati anche centinaia di chilometri dalla residenza del soggetto e dei suoi familiari.
Ancora oggi ci sono, ad esempio, insufficienti mentali in istituti del Veneto e della Lombardia, ivi deportati anni or sono della Amministrazione Provinciale di Torino. Altro esempio di deportazione è il trasferimento di anziani malati cronici non autosufficienti dagli ospedali torinesi ad istituti di assistenza di Bagnolo Piemonte, San Dalmazzo, Verbania.
Mentre si declama l'importanza del legame familiare, avvengono queste deportazioni che violentano la coscienza civile di ciascuno di noi, pur riconoscendo che dei passi in avanti, negli anni passati, sono stati fatti in questa direzione anche se sono stati assolutamente insufficienti.
Una registrazione accurata di tutti gli istituti di ricovero un'aggiornata anagrafe dei ricoverati, minori, anziani, handicappati consentirebbe una puntuale verifica del funzionamento del settore assistenziale ed un controllo effettivo circa il rispetto dei diritti e delle esigenze della fascia più debole della società.
Ho formulato queste considerazioni e proposte con l'intento di fornire un contributo allo sviluppo dell' iniziativa che il Consiglio regionale dovrà sviluppare in questo senso, e che auspico il suo Assessorato vorrà recepire. La ringrazio se mi farà avere risposta scritta di quanto Lei ha detto ed insieme gli allegati.


Argomento:

Interpellanza del Consigliere Staglianò inerente le attività socio assistenziali

Argomento:

Sul programma dei lavori


PRESIDENTE

A causa della situazione metereologica di questi giorni sarebbe opportuno svolgere celermente i lavori di oggi in modo che i Consiglieri soprattutto quelli non residenti a Torino, possano tornare a casa non troppo tardi.
Pertanto, propongo di discutere ancora un paio di interrogazioni per passare poi alla discussione della comunicazione, della Giunta sullo Stadio comunale che i Presidenti dei Gruppi hanno convenuto di svolgere in termini stretti, e ai restanti provvedimenti di cui all'ordine del giorno.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Vorrei rilevare, per l'ennesima volta, che, da quasi tre mesi, è stata presentata un'interrogazione sul censimento nazionale delle industrie pericolose, il cui elenco abbiamo letto sui giornali nazionali e locali non abbiamo però avuto una risposta o l'impegno a discutere in Commissione su questo problema non secondario. O la questione assume il rilievo che deve assumere, oppure solleveremo il problema anche dal punto di vista scandalistico. La mappa delle industrie pericolose in Piemonte è stata pubblicata su "Nuova Ecologia", "Panorama" e "La Stampa" dopo gli incidenti che sono avvenuti.
Ricordo anche che il 3/10/1985 il Consigliere Ala ed io abbiamo presentato una interrogazione sulla società Sestriere. So che l'Assessore Moretti era pronto da tempo a rispondere.
Mi domando come sia possibile che la Presidenza non trovi il modo di programmare questa risposta che riguarda un problema altrettanto importante. Tutti i giornali ne hanno parlato e ormai sono passati 4 mesi dalla presentazione dell'interrogazione. C'è veramente da esserne preoccupati.



PRESIDENTE

Faccio presente che le risposte a queste interrogazioni erano previste all'o.d.g., ma l'Assessore Olivieri è assente giustificato.
La parola al Presidente della Giunta.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Questa del Presidente, è già una prima risposta al collega Reburdo che è preoccupato di una non risposta su questo argomento. Non ho avuto la possibilità fisica di accertare la cosa, ma ho l'impressione che questa iscrizione data da qualche altra seduta. Su 200 interrogazioni abbiamo risposto a 130 e abbiamo manifestato la disponibilità a rispondere ad altre quaranta o cinquanta.
Devo dire che non sappiamo più che pesci pigliare, prima ci si rimproverava che rispondevamo a poche interrogazioni, allora abbiamo risposto a molte, poi c'è stato chiesto di scegliere le risposte più intelligenti e abbiamo scelto fior da fiore. Oggi l'Assessore è fisicamente impedito per malattia, infatti ieri era a letto. Questa disponibilità quindi c'era. Per quanto attiene alla risposta all'interrogazione del Sestriere c'è pari disponibilità da parte dell'Assessore Moretti a dare congrua risposta.
Devo peraltro segnalare al collega Reburdo che nell'ultima Conferenza dei Presidenti di Gruppo è stato convenuto che sul problema dello stadio anziché una risposta alle molte interrogazioni presentate, si sarebbe dato luogo ad una comunicazione della Giunta che, infatti, interverrà regolarmente e puntualmente stamani.



PRESIDENTE

Il collega Reburdo solleva un problema che abbiamo affrontato nella Conferenza dei Capigruppo proprio per dare attuazione alle tante interrogazioni giacenti tenendo conto della disponibilità della Giunta e dei Consiglieri. L'interrogazione sul Sestriere è iscritta all'ordine del giorno e quindi sarà senz'altro portata alla prossima seduta del Consiglio regionale, nell'auspicata ipotesi e certezza che l'Assessore si sia nel frattempo rimesso. Auguri quindi all'Assessore.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione dei Consiglieri Adduci, Amerio, Manfredini, inerente la soc. SIEM di Venaria


PRESIDENTE

Proseguiamo il punto 2) all'o.d.g. con la discussione dell'interrogazione dei Consiglieri Adduci, Amerio, Manfredini inerente la società SIEM di Venaria.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore al lavoro

Vorrei prima di rispondere a questa interrogazione, pregare la Presidenza, in assenza del Consigliere Capogruppo del P.S.I., Angelo Rossa di comunicare che l'interrogazione n. 66 riguardante l'assegnazione di alloggi in edilizia residenziale, e la n. 193 riguardante la FULGENS sono state trasformate in risposte scritte per accordi presi nella precedente seduta con il Consigliere Rossa Ritengo però opportuno portare a conoscenza degli altri colleghi, per quanto riguarda l'interrogazione n. 193, inerente alla FULGENS di Pozzolo Fornigaro, che è intervenuto un accordo, siglato tra le parti, che mantiene la quasi totalità dell'occupazione attraverso alcuni prepensionamenti e con l' utilizzazione per 6 mesi di una parte del personale a tempo parziale.
Successivamente verrà effettuata una verifica per la trasformazione in contratto part-time per 43 dipendenti, mentre i rimanenti dovrebbero restare a tempo pieno nel ciclo produttivo. Questo accordo è già stato raggiunto da un mese e credo quindi non abbia più senso che l'interrogazione resti iscritta all'ordine del giorno del Consiglio.
Provvederò, subito dopo la seduta, a redigere la risposta scritta, come convenuto con il Consigliere Rossa.
Per quando riguarda l'interrogazione sulla Siem di Venaria desideriamo chiarire che, per quanto è stato possibile fino ad oggi appurare, non sono stati effettuati, ne sembrano prevedibili, almeno stando alle informazioni che abbiamo raccolto, dei licenziamenti all'interno dell'azienda. La Direzione della Siem non aveva smentito, nei mesi scorsi, le voci correnti in tal senso,ma aveva presentato (e questo è l'aspetto grave che ha provocato le preoccupazioni per quanto riguarda l'occupazione futura) 40 denunce contro i lavoratori che, secondo il contenuto della denuncia stessa, avrebbero ostacolato l'accesso allo stabilimento nel quadro di azioni di sciopero a sostegno di una normale vertenza integrativa aziendale, che si era avuta nei mesi precedenti. I rischi di provvedimenti disciplinari potrebbero intervenire solo dopo una eventuale sentenza di colpevolezza a carico dei lavoratori denunciati. La Federazione dei lavoratori metalmeccanici ritiene però, stando agli incontri che abbiamo avuto e alle cose che sono state dette, che l'andamento della causa, e le testimonianze, anche di pubblici ufficiali, che sono state udite in Pretura siano tranquillizzanti sotto il versante di un eventuale decisione di colpevolezza delle maestranze. Questi episodi sono preoccupanti e si inseriscono in una situazione che certamente non è di grande tensione come in altri momenti ma che rimane grave perché, per una serie di motivazioni e di crisi che si protraggono da tempo, preludono ad una situazione in cui sarà difficile far fronte, anche con la cassa integrazione, alle eccedenze di mano d'opera che si sono registrate in questi anni.
C'è il pericolo di un accentuarsi di situazioni di contrasto sociale e quindi di situazioni, quali quella che è denunciata dagli interroganti, che preoccupano tutti, ma in particolare chi, come il sottoscritto,deve seguire quotidianamente, a nome della Regione, vertenze occupazionali. Possiamo quindi dire che condividiamo le preoccupazioni espresse dagli interroganti riferite ad un inasprimento, sia pure non generalizzato, delle relazioni sindacali ed industriali. Vogliamo dire però, e questo deve essere espresso chiaramente ai colleghi interroganti e al Consiglio regionale, che la Regione Piemonte non ha alcuna competenza amministrativa, né generale n specifica, ad intervenire in questa materia.
La vicenda riguarda il quadro istituzionale e politico regionale quindi coinvolge la Regione, che però non ha poteri in merito e può solo muoversi cercando di evitare che all'interno di vertenze occupazionali, di carattere contrattuale, o di contrattazioni integrative aziendali, sorgano situazioni di contrasto duro che portano, come hanno portato in questo caso, ad una denuncia di dipendenti che avevano partecipato ad una normale agitazione sindacale. Mi dispiace di non potere dire di più, ma non abbiamo alcuna competenza ulteriore. Il ruolo che si può svolgere è di tipo politico e di relazioni, compito che cerchiamo di svolgere in queste situazioni.



PRESIDENTE

La parola ad uno degli interroganti, Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Ringrazio anch'io per la risposta data dall'Assessore dalla quale emerge qualche elemento che lungi dal tranquillizzare, preoccupa ancora di più: se è vero che l'andamento del procedimento giudiziario è in qualche modo tranquillizzante, la domanda che ci si pone è evidente: "Come mai l'azienda Siem di Venaria ha ritenuto di dover denunciare 41 lavoratori non 40, mentre i Carabinieri, le Forze dell'Ordine che erano presenti non hanno ritenuto, loro per primi, procedere ad un atto di denuncia?".
Su questo dobbiamo fare qualche riflessione: è vero, lo sappiamo benissimo, che la Regione non ha competenze specifiche in materia occupazionale, però è compito e dovere della Regione intervenire in sostegno ed in appoggio, come in questo caso sarebbe oltremodo necessario,ai lavoratori che hanno intrapreso un'azione in difesa del loro posto di lavoro e per questa ragione, pur senza avere nulla compiuto di illegale, si vedono denunciati dall'azienda.
In effetti, all'interno della Siem, vi è un rinnovamento tecnologico che ha portato ad una riduzione del personale del 50%: da 1000 occupati si è arrivati a 500 e questo dal '79 al '84. Tale rinnovamento è ancora in atto tramite l'introduzione di 5 robot su presse di stampaggio plastica e di un sesto robot su una linea di montaggio graffatura per i fanali anteriori.
Tutti questi dati fanno presupporre (devo dire che la presunzione è fondata sul comportamento dell'azienda in passato) il persistere della volontà di procedere ad ulteriori licenziamenti e l'Ente Regione deve saper cogliere questi indicatori, anziché aspettare che diventi troppo tardi.
In tale quadro va visto il comportamento della Siem che ha denunciato quei 41 operai, i quali manifestavano per il rinnovo del contratto.
I due fatti: ristrutturazione da un lato e denuncia dall'altro (denuncia fatta dall'azienda) procedono, come è evidente, in un'unica direzione: il licenziamento dei lavoratori e la messa sotto accusa, e questo è ancora più grave, di quei lavoratori maggiormente impegnati nella tutela dei diritti sindacali.
Assessore, a me risulta che la Siem tra l'altro abbia ricevuto dei finanziamenti regionali per la ristrutturazione di alcuni capannoni ex Snia, e noi non dobbiamo dimenticarcene, soprattutto in una situazione come questa, perché il dato che emerge con grave evidenza è il seguente: con il denaro di tutti si procede alla ristrutturazione, per licenziare quei lavoratori che quel denaro hanno prodotto. Questo è un fatto grave di cui come Ente, non possiamo disinteressarci, per altro consapevoli della non possibilità di entrare, in modo specifico, nel merito di questa vertenza tanto che la Magistratura non si è ancora pronunciata. Noi non avevamo chiesto molto, avevamo semplicemente chiesto che si facesse pervenire, in ogni caso, ai lavoratori colpiti dalla Siem e alle organizzazioni sindacali che questi lavoratori rappresentano, un attestato di solidarietà censurando allo stesso tempo l'intollerabile comportamento aziendale.
Credo che questa censura si possa fare, e sarebbe un atto premonitore o preparatorio a che l'azienda, prima di procedere a licenziamenti, rifletta o comunque, prima di comportarsi in modo antisindacale, ci pensi un attimo.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione del Consigliere Cerchio inerente la situazione dell'azienda Invir di Brandizzo


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione inerente la situazione dell'Azienda Invir di Brandizzo.
La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore al lavoro

Il ritardo con cui rispondiamo all'interrogazione del Vicepresidente Cerchio, riguardante la Invir di Brandizzo, è dovuto alla necessità di avere elementi per fornire risposte il più possibile precisi circa il destino futuro degli attuali dipendenti, circa una trentina, di una azienda che è stata posta in liquidazione dal Tribunale.
Per la verità, la risposta è pronta da un po' di tempo ma si risponde quando poi è possibile, secondo la programmazione dei lavori del Consiglio.
La Regione ha accertato, per quanto possibile, che esistono delle offerte per l'acquisto della Invir e si è attivata (poiché alcuni di questi "interessamenti", che a me risultano in via non ufficiale, sembrerebbero più rivolti a realizzare condizioni di tipo speculativo o comunque non dirette ad una ripresa produttiva) presso un'azienda di Varese, che fa capo ad una finanziaria di cui non è opportuno dare indicazioni precise, che sarebbe interessata a una prosecuzione, dell'attività produttiva a Brandizzo, sia pure prevedendo una riduzione di manodopera. Questa è l'unica informazione che possiamo dare al momento, precisando però che è compito istituzionale del Tribunale e del liquidatore valutare la congruità delle varie offerte che saranno presentate per il soddisfacimento dei creditori.
Dalle notizie in possesso riconfermiamo però la preoccupazione che possano pervenire al Tribunale offerte superiori, tali da aggiudicarsi il possesso della Invir, ma che non paiono dirette alla ripresa dell'attività produttiva, bensì alla commercializzazione dei macchinari.
Stiamo ancora interessandoci su tre versanti che, nel rispetto di competenze che non sono nostre, è oggi possibile individuare: il primo è diretto a valutare se esistono ancora spazi per promuovere un'offerta superiore da parte dell'azienda di Varese, che sembra interessata a proseguire l'attività produttiva qualora fosse aggiudicataria dell'asta. Il secondo è volto a valutare l'entità delle altre offerte per vedere se effettivamente sono più congrue, e il terzo a valutare se sia ancora possibile individuare altre ipotesi imprenditoriali che consentano di riavviare l'attività produttiva.
Credo di poter dire al collega Cerchio che stiamo seguendo con attenzione e con impegno da parte dell'Assessorato il problema e ci auguriamo di riuscire a individuare un'ipotesi imprenditoriale che salvaguardi, sia pure parzialmente, l'occupazione a seguito della cessazione dell'attività dell'Invir.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Cerchio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO

Ringrazio l'Assessore per la risposta.
In effetti la situazione è estremamente drammatica in quanto la condizione di disoccupazione insiste in un area metropolitana particolarmente disagiata e già penalizzata in ordine ai livelli occupazionali.
Nonostante la Regione non abbia una competenza diretta in questo campo ha svolto una azione di sensibilizzazione e di mediazione alla ricerca di una via di uscita.
Questo gruppo di Varese, si è attivato, ma non sappiamo in che misura e se in realtà potrà risolvere la vicenda.
Sarei grato all'Assessore se vorrà darmi comunicazione di eventuali sviluppi che dovessero verificarsi.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione dei Consiglieri Avondo e Bosio inerente la CGE di Novara


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione dei Consiglieri Avondo e Bosio, inerente la CGE di Novara.
La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore al lavoro

L'interrogazione sulla CGE di Novara viene discussa dopo molto tempo da quando è stata presentata. (Mi pare il 10 di novembre).
Il 19 di dicembre, il Consiglio regionale si è già espresso sul problema, pur non avendo discusso l'interrogazione, attraverso l'approvazione di un Ordine del Giorno che ha costituito la base per un ulteriore confronto con le parti e in particolare con la direzione dell'azienda CGE di Novara.
Al problema, oltre che dagli interroganti, eravamo stati interessati anche da altri colleghi e Consiglieri, in particolare dalla collega Cernetti agli incontri che abbiamo poi avuto, aveva partecipato il Consigliere Biazzi, mentre erano stati impediti il collega Avondo e la collega Cernetti, che mi pare non fosse in Italia.
In seguito, come ricordato, il Consiglio regionale ha votato un Ordine del Giorno, invitando la Giunta a prendere gli opportuni contatti, oltre che con la CGE, anche con i sindacati e con l'Enel, per valutare le possibilità di mantenimento dell'attività produttiva della CGE a Novara.
Gli sviluppi non sono rassicuranti, direi anzi che sono negativi: si è ottenuta unicamente, anche per l'intervento diretto dei Consiglieri regionali della Provincia di Novara, dell'Amministrazione Provinciale di Novara e del Prefetto di Novara una proroga del trasferimento dell'attività al 31 gennaio. Proroga delle decisioni che l'azienda parrebbe aver assunto in modo irrevocabile.
Devo dire al Consiglio regionale che il confronto con la direzione della CGE è stato particolarmente aspro e duro. E' stata una delle situazioni aziendali in cui è stato più difficile mantenere una possibilità di dialogo e di relazione corretta, nella valutazione dei problemi occupazionali e produttivi che interessano il gruppo e l'area di Novara.
Abbiamo avuto difficoltà anche a comprendere le motivazioni reali che hanno portato la direzione dell'azienda a decidere il trasferimento dell'attività a Milano presso un'altra unità produttiva del gruppo a cui fa capo la CGE, ovvero il gruppo della multinazionale General Electric.
Sostanzialmente credo che non interverranno fatti nuovi e significativi, 'anche perché ho sentito in questi giorni l'Amministrazione provinciale di Novara, che, con gli altri Enti locali e con le forze sindacali, ha seguito gli sviluppi della situazione, giorno per giorno.
Se non interverranno fatti nuovi e imprevisti, saremo di fronte ad una situazione in cui Novara perderà in modo secco un'altra attività produttiva, configurandosi sempre più come uno dei punti gravi di deterioramento produttivo e occupazionale nella fase più recente.
Secondo queste decisioni, dovrebbero essere trasferiti tutti i dipendenti allo stabilimento di Milano, salvo coloro che non essendo disponibili ad accettare la mobilità sarebbero messi in Cassa Integrazione a zero ore.
Devo dire che anche se in questi giorni ci siamo attivati, non abbiamo molte speranze di ottenere in extremis una modifica delle decisioni della Direzione. Questa, sotto il profilo aziendale, ha cercato di dare una spiegazione invocando problemi di organizzazione interna e produttiva, di razionalizzazione e di economie di scala legati al trasferimento dei dipendenti; ma, a nostro modo di vedere, e credo sia la sensazione che hanno avuto tutti coloro che hanno seguito la vicenda, pare invece che la decisione preluda ad un ridimensionamento complessivo della manodopera.
Non siamo solo di fronte ad un'attività produttiva che la nostra regione perde, poiché il trasferimento in Lombardia è un operazione all'interno della quale è più facile un ridimensionamento occupazionale complessivo.
Questo ci preoccupa doppiamente perché in ogni caso, al di là delle difficoltà che una pendolarità a lungo raggio comporta, abbiamo la sensazione che si tratti del primo passo per una riduzione dell'occupazione all'interno di un gruppo, che colpirebbe particolarmente se non esclusivamente la nostra regione e Novara in particolare.
Mi dispiace doverlo dire, al termine di questa risposta. Abbiamo tentato, credo con tutta la fermezza necessaria, non solo a livello Regionale ma anche attraverso l'azione che a Novara si è svolta e a cui abbiamo cercato di essere sempre collegati, di portare la direzione aziendale a rivedere una decisione che non pare essere l'unica economicamente possibile; infatti, per i dati che ci sono stati esposti, si può ritenere, che, sia pure con qualche riduzione di manodopera e con un accordo che poteva essere contrattato con le parti sociali e le forze sindacali, sarebbe stato possibile, economicamente, mantenere l'unità produttiva a Novara.
Purtroppo abbiamo trovato una situazione di durezza e di chiusura totale e sembra che la situazione non possa essere rivista.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Ringrazio l'Assessore per l'azione che ha svolto, non tanto invece per la mancata tempestività nel rispondere all'interrogazione.
Ho sollecitato la discussione su questa interrogazione, visto che solo 48 ore ci dividono dalla scadenza ultima conquistata presso la Direzione dell'azienda. Voglio però porre la questione in generale, non soltanto riferendomi alla CGE, ma all'intera area metalmeccanica che nella città di Novara ha avuto e ha ancora un ruolo importante, ma che rischia con questo colpo inferto alla CGE di ridursi in modo irreparabile.
Intravediamo la liquidazione di questo polo del comparto elettromeccanico, non conciliandosi con le scelte che la Regione ha compiuto in questi anni rispetto alla produzione di energia elettrica in particolare da parte dell'Enel.
Crediamo di poter suggerire alla Giunta e all'Assessore competente di fare uno sforzo con gli enti locali novaresi per recuperare quel rapporto con l'Enel.
In questi anni anche presso la Falconi c'è stata una riduzione pesante delle maestranze e della produzione nel momento in cui la Falconi si è trasformata in Otis.
In questi giorni assistiamo in pratica alla liquidazione della CGE che aveva già avuto nel passato una fortissima riduzione nel momento del passaggio da Scotti Brioschi a CGE. L'8 febbraio, quindi tra pochi giorni scade il concordato preventivo della Panelettric, anche questa azienda, che è conosciuta nel novarese in tutta Italia e anche all'estero per la sua attività, aveva avuto in passato difficoltà nella Direzione e sul piano finanziario, ma aveva poi potuto recuperare la sicurezza con una forte riduzione del personale occupato.
Ad oggi non conosciamo quali saranno le sue prospettive.
Per quanto riguarda poi l'Elettromeccanica di Verbano, negli anni scorsi, l'azienda aveva trovato due collocazioni nella città di Novara e oggi, mi si dice, è stata ridotta ad una sola delle due collocazioni e che anche lì ci sono gravi problemi di mercato.
Ho richiamato questi esempi per dire che i problemi come quello della CGE ci dimostrano l'esigenza di instaurare con queste aziende sul piano produttivo anche per individuare le aree più idonee alla loro collocazione nella città di Novara. C'è anche un'esigenza di sviluppo e di coordinamento del mercato, discorso, questo che passa attraverso la disponibilità e l'attenzione dell'Enel, più di quanto non ci sia stata finora rispetto alle scelte che la Regione Piemonte ha fatto in questi ultimi mesi.


Argomento:

Interrogazione dei Consiglieri Avondo e Bosio inerente la CGE di Novara

Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g. "Comunicazioni del Presidente del Consiglio", rendo noto che sono in congedo i Consiglieri: Amerio, Bresso, Bruciamacchie, Carazzoni, Fracchia Olivieri, Pezzana e Valeri.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

Sono stati presentati i seguenti progetti di legge: n. 61: "Interventi della Regione per la realizzazione di nuove diramazioni di metanodotti in aree economicamente da sviluppare" presentato dai Consiglieri Ferro, Biazzi, Bruciamacchie, Dameri, Valeri il 28/1/86 ed assegnato alla VII Commissione in sede referente e alla I Commissione in sede consultiva in data 22/1/86 n. 62: "Modifica delle L.R. 36/7/84 n. 33 e 18/12/84 n. 64 per l'aggiornamento dei canoni e la collocazione in fasce di reddito dell'inquilinato degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ai sensi dell'art. 2, secondo comma della L. 58/78, n. 457 in attuazione della deliberazione CIPE pubblicata sulla G.U. n. 348 in data 19/12/81" presentato dalla Giunta regionale il 21/1/86 ed assegnato alla II Commissione in data 21/1/86 (già approvato dal Consiglio regionale il 21/l/86) n. 63: "Integrazioni alla legge approvata dal Consiglio regionale in data 27/12/85 ed avente per titolo: 'Disposizioni relative alla fase transitoria di riordino delle funzioni svolte dagli organi comprensoriali", presentato dalla Giunta regionale il 21/1/86 ed assegnato alla VIII Commissione in sede referente e alla I Commissione in sede consultiva in data 22/1/86 n. 64: "Prima legge di variazione al bilancio per l'anno finanziario '86.
Provvedimento generale di rifinanziamento di leggi regionali", presentato dalla Giunta regionale il 21/1/86 ed assegnato alla I Commissione in data 22/1/86 n. 65: "Applicazione in Piemonte del regolamento delle Comunità Economiche Europee n. 797 del 12/3/85 relativo al miglioramento dell'efficienza delle strutture agrarie", presentato dalla Giunta regionale il 21/1/86 ed assegnato alla III Commissione in data 22/1/86


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo ha apposto il visto: alla legge regionale del 19/12/85: "Modifiche alla L.R. 17/12/79, n. 73 'Istituzione di un nuovo servizio a supporto della commissione permanente VIII del Consiglio regionale" alla legge regionale del 19/12/85: "Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario '85 'Parco naturale e area attrezzata del Sacro Monte di Crea, parco naturale dell'Argentera, riserva naturale della Garzaia di Valenza, parco naturale dell'Alpe Veglia, riserva naturale del bosco e dei laghi di Palanfrè-Vernante, parco naturale delle Lame del Sesia, dell'Isolone di Oldenico, della Garzaia di Villarboit e della Palude di Casalbeltrame, riserva naturale del Gran Bosco di Salbertrand, parco naturale dei laghi di Avigliana, Azienda regionale dei parchi suburbani Venaria Reale, Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte (ESAP)" alla legge regionale del 19/12/85: "Modifica dell'art. 5 della L.R.
23/1/84, n. 9" alla legge regionale del 19/12/85: "Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1984 'Parco naturale dei laghi di Avigliana, parco naturale dell'Alpe Veglia, riserva naturale del Bosco e dei laghi di Palanfrè-Vernante, ESAP" alla legge regionale del 19/12/85: "Modifica dell'art. 2 della L.R.
30/12/81, n. 57" alla legge regionale del 19/12/85: "Ulteriori modificazioni ed integrazioni alla L.R. 10/72, modificata con le LL.RR. 33/77, 74/78, 14/79 77 e 78/80 e 5/84" alla legge regionale del 20/12/85: "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 1986 e relativi allegati" alla legge regionale del 20/12/85: "Legge generale sui trasporti e sulla viabilità" alla legge regionale del 27/12/85: "Disposizioni relative alla fase transitoria di riordino delle funzioni svolte dagli organi comprensoriali".


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

Il Commissario del Governo non ha apposto il visto: alla legge regionale del 19/12/85: "Norme sulla detenzione, l'allevamento ed il commercio di animali esotici"


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Gli elenchi delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 14 e 21 gennaio 1986 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/78, n. 65 - sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Strutture ricettive (albergh., extra-albergh., campeggi e villaggi, classif., vincolo) e strutture e impianti turist.

Comunicazioni della Giunta Regionale in merito alla costruzione di un nuovo stadio


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) all'o.d.g. "Comunicazioni della Giunta regionale in merito alla costruzione di un nuovo stadio".
L'assessore Moretti farà una comunicazione al Consiglio in merito allo Stadio di Torino, la quale comprende le risposte alle interpellanze e alle interrogazioni presentate sull'argomento. Ha facoltà di intervenire.



MORETTI Michele, Assessore al turismo

Colleghi, l'interesse della stampa cittadina circa la questione dello Stadio, più volte ripresa nel corso di questi anni, ha sollecitato in questo periodo di preparazione degli impianti per i campionati del mondo del 1990 l'entusiasmo e il dibattito delle forze politiche, sportive economiche ed imprenditoriali del settore.
La Giunta comunale di Torino aveva a suo tempo deliberato la ristrutturazione e la copertura del vecchio stadio perseguendo un obiettivo di minima spesa sul problema. L'Assessore Matteoli ci ha reso noto che gli Assessorati competenti della Città di Torino (Sport, Trasporti, Ambiente Cultura, Patrimonio, Bilancio) stanno operando allo scopo di identificare eventuali aree disponibili nel territorio metropolitano, classificarle e valutarle in funzione di una serie di parametri significativi.
L'ipotesi di lavoro - dice l'Assessore Comunale in una sua comunicazione - è quella di impostare un quadro procedurale tecnico economico e gestionale per verificare la possibilità di un'azione congiunta tra l'ente pubblico e un complesso di imprese per procedere alla eventuale realizzazione dell'opera. Le aree attualmente in analisi sono: Pellerina 2 C.so Grosseto (adiacenze nuovo Mattatoio comunale) P.zza d'Armi Aereoporto di Mirafiori Campo volo di Collegno C.so Allamano Basse di Stura Poi c'è un'ipotesi non specificata adiacente alla tangenziale.
L'Amministrazione Comunale di Torino ha in corso contatti con il C.O.N.I.
per verificare le effettive disponibilità di linee di finanziamento sul Credito Sportivo e per verificare l'appoggio di quell'Ente ai fini dell'acquisizione di eventuali provvidenze del Governo agli enti locali impegnati nelle attività per ospitare i Mondiali di Calcio del '90.
Ho avuto modo di esprimere quale dovrebbe essere il ruolo della Regione nella mia comunicazione alla Giunta: se è vero che, sia la ristrutturazione dell'attuale complesso sportivo, sia la realizzazione di un nuovo impianto comportano - valutazioni in termini politici, economici e territoriali di particolare rilevanza, è altrettanto vero tenere in considerazione la politica sportiva che si intende attuare sul territorio.
La necessità di garantire a fasce sempre più alte di popolazione la possibilità di praticare lo sport a carattere amatoriale e dilettantistico comporta la finalizzazione degli interventi regionali a favore degli Enti Locali per la realizzazione di strutture di base e per l'associazionismo.
E' tuttavia innegabile, soprattutto per la Città di Torino, il valore di immagine, di presenza e di movimentazione turistica che tale avvenimento potrebbe promuovere ed è legittimo pensare che né il Piemonte né il suo capoluogo possano essere esclusi da tali opportunità. Indipendentemente dalla convenienza di inserire o meno lo Stadio torinese nel circuito dei Mondiali del 1990, ritengo che: il problema relativo all'interesse della Regione in merito a tali questioni va innanzitutto visto alla luce dei compiti che alla Regione sono stati assegnati in materia sportiva e, nell'equilibrio che una corretta programmazione territoriale richiede di fronte ad impianti così specializzati ed al notevole impatto urbano che tale insediamento potrebbe provocare; alla Regione tocca il ruolo di programmazione, coordinamento e legislazione, mentre all'ente locale sono attribuite le competenze in ordine alla realizzazione e gestione delle strutture. In questo senso la ristrut-turazione o la realizzazione di uno stadio deve essere affrontata in base ad un panorama generale che veda soddisfatte tutte le esigenze in materia sportiva presenti nella Regione, che tenga conto cioè degli equilibri tra attività praticate ed incentivazione sul territorio.
Di fronte alle prospettive finanziarie ispirate al contenimento della spesa ritengo che un impegno per lo Stadio debba essere comunque verificato nella globalità degli interventi regionali; solo alla luce di un chiarimento programmatico, in questo senso la Regione sarà in grado di valutare come poter costituire soggetto di partecipazione all'iniziativa.
Sulle scelte progettuali non abbiamo ad oggi elementi per valutare le diverse proposte di cui abbiamo notizia, perché estremamente difformi e quindi non confrontabili tra di loro. Inoltre, per quanto concerne la spesa, non possiamo che registrare le offerte che si susseguono.
In questo senso ci sembra opportuno soffermarci su alcuni criteri che possono suggerire elementi di valutazione e di possibile interesse regionale purché inseribili in quei criteri di programmazione già citati e che riteniamo conformi al ruolo della Regione.
Tali proposte vanno valutate con l'intento di riconoscere un possibile diverso ruolo dell'area torinese e confrontate nel contesto regionale nazionale ed internazionale attraverso il conseguimento di obiettivi fondamentali, quali la realizzazione della specializzazione delle funzioni urbane che consenta, inserendosi nel ruolo trainante che fu dell'industria automobilistica, di ampliare ben oltre i confini regionali l'area di influenza sia del capoluogo torinese che della Regione Piemonte.
In questa ottica anche la realizzazione di uno stadio per il calcio pu diventare un'occasione di riordino della Città, sia sotto l'aspetto urbanistico che sotto l'aspetto dei servizi sportivi, mirando a saldare il miglioramento dell'efficienza economica con la crescita della qualità della vita in termini di accessibilità e qualità dei servizi.
Sotto l'aspetto prettamente sportivo la città di Torino conta una media approssimata di un campo di calcio per 14 mila abitanti, comprendendo tra questi anche i quattro impianti di tipo specialistico - spettacolare.
Un dato questo che, seppure approssimato, evidenzia al confronto con le altre città europee,una carenza di impianti. Quasi tutti i campi di calcio comunali nella città di Torino sono disposti in posizione periferica situazione che comporta per la popolazione di interi quartieri l'utilizzazione di strutture poco accessibili in contrasto con le esperienze maturate in questi ultimi tempi, che suggeriscono la creazione di una rete molto fitta di impianti di base zonali accessibili a tutti affiancati da una seconda maglia più specializzata, con funzioni anche di tipo spettacolare ed agonistico, localizzata per settori o per grosse aree polifunzionali.
Mentre infatti le attrezzature di base devono trovare giuste collocazioni nel cuore dei quartieri residenziali, gli impianti di tipo agonistico - spettacolare possono essere localizzati anche su aree meno centrali purché facilmente accessibili dai mezzi di trasporto pubblico con elevata potenzialità e con ampie disponibilità di aree di servizio (parcheggio, attrezzature complementari, etc.).
Nella logica della localizzazione di queste attrezzature sembra opportuno ricordare la possibilità di strutture complementari capaci di rendere produttivi i collegamenti ed i parcheggi anche in periodi non utilizzati dalle manifestazioni sportive. Sempre secondo questa impostazione, appare logica la localizzazione di un impianto sportivo a carattere agonistico e spettacolare in aree nelle quali siano previste altre attività capaci di integrarsi nell'uso delle infrastrutture e dei servizi richiesti.
La realizzazione di un simile modello di dotazione non si prospetta facile. In particolare, la realizzazione della rete di base trova indubbie difficoltà nel reperimento delle aree, ma a fronte di queste difficoltà occorre rilevare che proprio la trasformazione urbanistica, di cui Torino è oggetto, apre interessanti possibilità. Se ipotizziamo la realizzazione di questo modello, incontriamo lo Stadio ed altri impianti agonistici in aree centrali che però sono totalmente riservate all'uso agonistico, con conseguenti evidenti incongruenze. Se infatti le aree in questione risultano ottimamente servite dal punto di vista del trasporto pubblico esse presentano un elevato grado di congestione per essere al centro di alcuni quartieri tra i più fittamente popolati della città, che per di più si stanno rapidamente terziarizzando. L'aspetto più vistoso di questo congestionamento è la forte carenza di parcheggi, oggi recuperati sui controviali cittadini con indubbio grave disagio per i residenti. Tale disagio è particolarmente sentito anche dagli utenti dello Stadio perché le squadre cittadine di calcio partecipano non solo al campionato italiano della serie A, ma anche ad altri tornei, nazionali e internazionali e questo comporta un forte afflusso di spettatori da altre città.
Dall'insieme di queste considerazioni emergerebbe la proposta di individuare nel tempo un'ampia area in grado di soddisfare le varie esigenze di preparazione atletica, agonistica e spettacolare, espresse dal calcio e da altri sport complementari, capace di adattare le sue strutture alle esigenze di ricollocazione di attività sportive che si verranno via via concretando in relazione allo sviluppo ed al riordino dell'area metropolitana, al fine di liberare le aree centrali attualmente utilizzate e di destinarle ad impianti di quartiere.
In quest'ottica il ruolo della Regione nell'ambito dei compiti che le sono stati assegnati con il D.P.R. 616/77, potrebbe diventare attivo attraverso un programma integrato che veda impegnati la Regione stessa, il Credito Sportivo, la città di Torino e i Comuni della prima e seconda cintura per, quella rete di impianti di base, sia rispetto alla reperibilità che alla "difesa" delle aree, nonché alla realizzazione delle attrezzature necessarie per il reale sviluppo dello sport a carattere ludico-motorio.
In questo senso anche la partecipazione dell'imprenditoria privata potrebbe tornare utile se contestualmente alla realizzazione e ristrutturazione dello Stadio si dichiarasse favorevole ad interventi atti alla copertura delle carenze prima citate.
La Giunta, tenuto conto dell'attività svolta dalla Giunta comunale, ha fatto un quadro della situazione. E' chiaro che il discorso non si ferma con la registrazione delle situazioni attuali. Compito della Regione è di fare una scelta per il futuro sia sul piano del territorio, sia sul piano dell'impatto urbanistico, come ho detto nella mia comunicazione. Ho accennato alla disponibilità della Regione per un incontro con il C.O.N.I.
e con il Credito Sportivo. Ma, dopo aver discusso con gli Enti pubblici dobbiamo anche sentire che cosa pensano le società in ordine al discorso finanziario, visto che uno Stadio di queste dimensioni è usato dalle due società torinesi, Juventus e Toro.
La Giunta si riserva di ritornare sul problema. Ieri ho ricevuto un telegramma del Sindaco di Torino che chiede un incontro con la Giunta quindi mi riservo di portare a questa assemblea le conclusioni degli incontri fra la Giunta regionale e la Giunta comunale e le proposte che in quella sede verranno avanzate alla Giunta in modo che anche il Consiglio regionale possa valutarle.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARCHIARO



PRESIDENTE

E' aperta la discussione. Ha chiesto di intervenire il Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Con il Consigliere Ala avevo presentato tempo fa una interpellanza urgente alla Giunta affinché anche il Consiglio regionale affrontasse questo problema che interessava tutta la Città, tanto più che notizie di stampa - della fine di novembre mi pare - parlavano di un incontro tra il Presidente della Giunta, il Presidente del Consiglio regionale e il Sindaco di Torino. Queste erano le uniche informazioni che i Consiglieri regionali avevano, come d'altra parte era avvenuto anche per altri argomenti.
Ci fa piacere che, anche se con ritardo, si sia investito il Consiglio regionale della questione, ma avremmo gradito che questo particolare fosse stato ricordato.
Precisato e puntualizzato questo, mi attendo dalla replica della Giunta le informazioni sull'incontro avvenuto, salvo che "La Stampa", unico mezzo di informazione esistente nella società democratica piemontese, non abbia detto il vero.
Entrando nel merito, devo dire che lo sport professionistico è stato gestito in modo discutibile, infatti è di oggi la notizia che la Corte, dei Conti ha chiesto un intervento sulle federazioni che aderiscono al C.O.N.I.. Parrebbe che ci siano problemi sulla trasparenza dei bilanci. La questione del Milan è evidente, e, guarda caso, il giornale "La Stampa" di Torino, che si è fatto paladino della questione, non ha mai affrontato seriamente il problema dello sport consumistico, professionistico, dove le società spendono fior di miliardi per rappresentare non si sa bene quali interessi se non quelli dei giocatori e quelli della facciata economica e politica.
E' quindi difficile dire che "La Stampa" abbia ritenuto questa questione centrale e determinante per lo sviluppo della Città.
Pensare questo è un po' forzare la situazione. "La Stampa" pu approfittare per il fatto che è l'unico giornale che fa informazione in questa città, ma non può cambiare le carte in tavola presentando il problema come uno dei problemi determinanti per lo sviluppo della città.
E' per lo meno discutibile, lo riaffermo, il fatto che si sia sentita l'esigenza di discutere in Consiglio regionale della questione dello Stadio e non si sia sentita l'esigenza, per esempio, di discutere del censimento delle fabbriche chimiche, che sono vere e autentiche bombe che mettono in pericolo la sopravvivenza di larghe fasce della popolazione piemontese.
E' un modo di intendere i problemi e di dare le priorità. Anche i mezzi di informazione dovrebbero saper cogliere questi aspetti con opportuna serietà.
Stiamo parlando di un problema che ha forti connotati economici ma che riguarda solo una parte marginale della cittadinanza torinese e piemontese.
Il Consiglio comunale ha assunto delle deliberazioni, ha speso soldi per il progetto di ristrutturazione dello Stadio, e adesso, improvvisamente in questa Regione così avanzata, così progressista, così all'avanguardia, è emerso il problema dello Stadio nuovo come problema di immagine della città. E' strano - lo dico perché di calcio qualche volta mi interesso che faccia comodo avere un certo tipo di stadio, quando spesso lo stadio è semivuoto, anche in occasione di partite importanti, come per esempio domenica scorsa.
Questo non è un problema prioritario per la Città, ma è un problema prioritario per gli interessi economici che ruotano attorno allo Stadio alle società sportive, in particolare alla società Juventus Club.
C'è l'interesse dell'avvocato Agnelli che ha un problema di immagine in questa città. Perché non ce lo diciamo? Quali sono le effettive priorità di questa Città? Lo Stadio Comunale è forse prioritario rispetto all'edilizia scolastica? Decine di migliaia di ragazzi sono scesi in piazza denunciando in un libro bianco l'inconsistenza della edilizia scolastica. Il mancato adeguamento delle strutture, dei laboratori, dei servizi della scuola denunciano una situazione spaventosa.
Siamo in una città dove si chiudono i musei, fra i quali il Museo egizio, che non dispone nonostante sia il secondo museo nel mondo per importanza, di strutture adeguate.
Torino è una città dove qualunque organizzazione che voglia promuovere degli incontri è obbligata a utilizzare la disponibilità della Regione Piemonte, perché manca un punto di riferimento, come centro di incontri. Da anni molte organizzazioni rivendicano l'utilizzo dell'ex Arsenale militare come punto di riferimento delle forze sociali e culturali.
Mi stupisce che questo problema non sia ritenuto prioritario rispetto a quello del nuovo Stadio.
A Torino non si riesce a organizzare un congresso di partito perch mancano le strutture indispensabili, che sono sicuramente prioritarie allo Stadio e che farebbero più opinione, Assessore Moretti, di quanto farebbe uno Stadio, sia pure nell'occasione dei Mondiali del 1990.
Ho citato alcuni esempi, ma potrei citarne altri ancora più importanti.
C'è il problema degli anziani, ma in una Città questo problema non pu essere affrontato per la grave carenza di case protette e di comunità alloggio. Non si capisce perché, visto che ci sono dei capitali anche privati da investire, la scommessa non possa essere fatta sugli esempi che ho indicato anziché sullo Stadio Comunale.
Ho fatto un elenco di situazioni che se davvero venissero affrontate e risolte renderebbero Torino interessante dal punto di vista turistico nazionale e internazionale, molto più di quanto farebbe lo Stadio che serve solo in una stagione o poco più.
Se poi parliamo di turismo, possiamo portare altri esempi, perché non esiste solo Torino, ma ci sono mille altri casi in Piemonte che se venissero adeguatamente e ulteriormente valorizzati sicuramente creerebbero maggiore interesse turistico, nazionale e internazionale.
Se poi permettete faccio ancora una considerazione ulteriore. Larga parte di questa città qualche volta va ad assistere ad una partita, ma molte volte va anche a sentire i concerti di massa per vivere momenti di ricreazione, di gioia e di partecipazione. Ma è difficile e complesso poter utilizzare lo Stadio Comunale perché è proibito calpestarvi l'erba: i palchi andrebbero piazzati in modo da non calpestare l'erba perché i giocatori, che sono lautamente pagati, non possono giocare in un campo di calcio senza l'erba per loro indispensabile.
Un intervento sullo Stadio Comunale, eventualmente attraverso la ristrutturazione, dovrebbe essere tale da rendere quella struttura punto di incontro, di aggregazione di massa per concerti e altri spettacoli e non esclusivamente a disposizione delle associazioni calcistiche.
La mia voce forse è in contrasto con molte altre ma credo che, malgrado "La Stampa" si sforzi a sponsorizzare i Mondiali, la maggioranza della popolazione è dalla parte di chi intende valutare i problemi prioritari della città.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Santoni. Ne ha facoltà.



SANTONI Fernando

Presidente, colleghi Consiglieri, ho l'impressione che il collega Reburdo abbia semplificato il problema, ma non voglio rispondergli su questo piano.
Certo è che il fenomeno del calcio non è un fenomeno così semplice e così marginale se celebri etologi hanno scritto volumi sull'interesse e sulle ragioni del fenomeno. Rimando per tutti a quella divertente pubblicazione che va sotto il titolo: "Tribù del calcio", per capire quanto questo fenomeno, a torto o a ragione, sia radicato nelle società moderne e nella nostra in particolare.
Il problema esiste, non è marginale, ma è un problema che interessa decine, centinaia e migliaia di persone, non solo i professionisti che in mutande corrono per il campo la domenica e non solo coloro che spendono e guadagnano capitalisticamente su questo fenomeno.
Il problema esiste per questo e perché Torino e il Piemonte si trovano di fronte a una questione ineludibile. Il problema non è se tenere il vecchio Stadio comunale così com'è, senza spendere una lira, se ristrutturarlo o se farne uno nuovo, se così fosse, potrebbe in parte aver ragione il Consigliere Reburdo. Si potrebbe dire: "Abbiamo uno Stadio per 70/75 mila persone, teniamocelo, è inutile quindi spendere altri soldi".
Purtroppo non è così, perché lo Stadio di Torino non è più agibile così com'è, non è più agibile per i parametri imposti dalla Federazione Internazionale Calcio che si occupa dell'organizzazione dei campionati del mondo, quindi della collocazione in Torino di uno dei gironi dei campionati del mondo, ma purtroppo non è più agibile nemmeno per l'attività ordinaria nazionale del campionato. E' uno Stadio vecchio, le cui strutture sono messe in crisi dal tempo e dall'uso, quindi dobbiamo partire da quella che è la reale alternativa, che non è di tenere il vecchio stadio, ma è o ristrutturare il vecchio o farne uno nuovo. Oppure - ma mi pare assurdo chiudere il vecchio e rinunciare a questo tipo di sport, di attività di interessi ormai tanto radicati nella nostra società. Tutti dovremmo essere d'accordo nel dire che uno Stadio nuovo è migliore di uno Stadio vecchio riaggiustato, ma i pubblici amministratori devono porsi una serie di questioni che non possono essere sottaciute, i costi, la ricerca di un'area urbanistica adatta per quanto riguarda i problemi urbanistici, per quanto riguarda l'impatto che un insediamento di questo tipo può avere; questioni che vanno viste non in termini generali, ma in termini particolari.
Non a caso il Comune di Torino si era posto il problema in un primo tempo con le giunte di sinistra, poi con la giunta dei cento giorni ed era arrivato ad una conclusione sostanzialmente analoga: la spesa per un nuovo Stadio esclusivamente a carico degli enti pubblici locali non era sopportabile, quindi aveva preferito avviarsi su una ipotesi di ristrutturazione del vecchio Stadio che avrebbe comportato costi ridotti e su cui sarebbe stato possibile concentrare, oltre alle risorse degli Enti locali, anche le risorse private, in primo luogo le società sportive che utilizzano quella struttura.
Successivamente a quella indicazione di massima sono intervenuti fatti nuovi, proposte di privati, possibilità di intervento anche sotto il profilo del finanziamento parziale dell'opera, possibilità di intervento del Credito Sportivo, tutti elementi che oggi sono al vaglio del Comune di Torino che assumerà una determinazione.
Certo, se il costo per quanto riguarda gli enti pubblici potrà essere mantenuto nei limiti contenuti e accettabili, grosso modo quelli che erano stati individuati per la ristrutturazione o poco più, e se su questo sforzo è possibile innestare interventi di gruppi privati, di società sportive interessate, la soluzione di un nuovo stadio potrà essere quella preferibile, ma se tutto questo non fosse possibile, se dovessimo porre a carico degli enti pubblici una spesa troppo grave per l'edificazione del nuovo stadio, forse l'ipotesi primitiva potrà tornare ad essere quella migliore.
Tutto questo non può essere valutato in termini generali, ma - toccherà primariamente al Comune dì Torino - deve essere valutato in termini di costi a carico dell'ente pubblico, di costi che possono essere a carico delle società, di costi che possono essere assunti a carico di quegli enti che hanno interesse ad intervenire.
Il problema della localizzazione ci riguarda in seconda battuta.
Innanzitutto riguarda le scelte del Comune di Torino.
Accennavo ai problemi urbanistici e all'impatto sul territorio. Il Comune dovrà tenere conto, tornando ai costi, del fatto che la costruzione dì un nuovo stadio in una zona urbanizzata costa circa la metà di quanto costerebbe in una zona da urbanizzare.
Quindi tenuto conto di tutte le altre problematiche, anche questo aspetto dovrà essere affrontato.
In conclusione, anche per venire incontro al giusto richiamo fattoci dal Presidente di mantenerci in tempi limitati, io credo primo, di dover dire che non è un problema eludibile, è un problema reale, che comunque la realtà fattuale ci impone, che interessa centinaia di migliaia di persone e che anche la Regione deve affrontare. In secondo luogo, credo che la Regione non potrà esimersi dall'intervenire qualora le condizioni lo richiedessero per concorrere insieme agli altri enti per una iniziativa e un'opera di interesse generale.
E' un'opera che verrebbe localizzata nell'area torinese, ma è ovvio che un fatto di questo tipo riguarderà interessi e attenzioni più vaste che vanno al di là degli stretti confini dell'area torinese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

La ringrazio signor Presidente. Cercherò anch'io di essere breve, senza tuttavia rinunciare ad esporre gli argomenti del mio Gruppo in merito ad una vicenda che ha interessato molto l'opinione pubblica, rispetto a cui è anche facile la demagogia e rispetto alla quale è importante che da questo Consiglio emerga una valutazione attenta delle implicazioni che la realizzazione dei progetti di cui si discute può comportare.
Dall'esposizione dell'Assessore Moretti mi pare di capire che la Giunta regionale non abbia ancora definito una posizione. Io auspico che il dibattito, che qui svolgiamo, possa pesare davvero nel definire una posizione, visto che il Consiglio regionale nella vicenda per il nuovo stadio non può essere mero spettatore. Comincio ad entrare in merito.
La pubblicistica non specializzata, ma di larga opinione, a proposito degli stadi parla sempre più spesso di monumenti faraonici sempre meno frequentati. E la frenesia per costruirne degli altri cresce con l'avvicinarsi del 1990 data fatidica per il mondiale "made in Italy". Ma sarà un "made in Italy" con tangenti annesse? Come è avvenuto, ad esempio con il sindaco democristiano di Lecce, Ettore Giardiniero, in galera con altri due Assessori dal 20 dicembre scorso. Il Comune aveva stanziato 10 miliardi per portare la capienza dello stadio cittadino da 25.000 a 55.000 posti, ma un miliardo se lo era versato sul conto personale.
Mi rifaccio ad un recente articolo del 19 gennaio del settimanale "Panorama", il quale, parlando di monumenti faraonici, ne enumera diversi: il Sant'Elia di Cagliari, che è stato costruito in previsione della salita in serie "A" del Cagliari e che non ha mai raggiunto la sua capienza massima, la Favorita di Palermo, il San Paolo di Napoli, dove alcuni vorrebbero realizzare il Maracanà d'Italia.
Di tutti questi progetti il supervisore è il magnifico Luca Cordero di Montezemolo che ci riporta in Piemonte, e precisamente a Torino, dove il solo progetto del Comune di Torino è costato 900 milioni, se non ricordo male.
Dopo poco tempo i 29 miliardi di spesa iniziale sono già raddoppiati.
In previsione di che cosa, colleghi? Di un boom di spettatori che dovrebbe realizzarsi per 4 settimane, solo per la durata del campionato, in uno stadio che resterebbe semi deserto per altri 335 giorni all'anno.
Un barlume di saggezza lo ha manifestato il Presidente della Roma, Dino Viola, consentimi Rivalta, non sto dando una patente di saggezza a Viola ho parlato solo di un barlume, così come si evince da questa citazione testuale riportata dal settimanale "Panorama" sempre nel già citato numero del 19 gennaio 1986. Vediamo.
Il Presidente della Roma, di precedenti poco luminosi e di poco encomiabili passati, dice: "Costruire un megastadio nell'era dell'elettronica è da paese sottosviluppato; spese ingenti e non facilmente ammortizzabili, problemi enormi di sicurezza e di traffico. Vogliamo più spettatori? Allora, trasmettiamo le partite in diretta via cavo nelle case nei circoli o nelle sale cinematografiche in crisi". Mi pare che queste parole occorre leggerle per quello che sono, anche se vengono da una tribuna a me per nulla simpatica.
Torino purtroppo non si sottrae alla ventata di scarsa saggezza che sta pervadendo le varie forze in campo. In particolare mi pare di poter denunciare che tutte le proposte avanzate non hanno alcun riferimento preciso alla necessaria programmazione nell'uso del territorio, né ad un piano dei trasporti adeguato. E qui si torna alle competenze della Regione ragione per cui non possiamo stare a guardare. Ed è questa la questione centrale che ho sollevato con la mia interrogazione.
Per quanto riguarda l'atteggiamento della Giunta comunale di Torino, mi pare di poter rilevare un succedersi continuo di contraddizioni. L'ultima è la proposta di costruire un nuovo stadio in piazza d'Armi perché la zona è congestionata, quasi che spostandolo di cento metri si risolve qual cosa.
C'è una costante, però, a cui l'esempio di piazza d'Armi è pertinente, così come l'area dell'ex Campo volo di Collegno, così come l'ultima trovata dell'ex aeroporto di Mirafiori. La costante è quella di mirare alla sottrazione del verde e a rivedere in profondità quel minimo di programmazione che, da questo punto di vista, era stato fatto in passato dalla Giunta regionale così come dalla Giunta comunale.
Mi pare che accanto a tutto questo, e vengo al mio punto di vista in merito, ci sia una pregiudiziale da porre con forza e che per noi è davvero essenziale: riguarda l'uso del denaro pubblico. Non me la voglio cavare con la sparata demagogica che lo stadio interessa solo i tifosi; proverò a dire in che cosa può consistere una alternativa ai progetti faraonici in questione. Il progetto, qualunque esso sia, non può però pesare sulle scarse risorse della nostra comunità. In particolare, le società sportive non possono solo spendere cifre astronomiche, che offendono qualsiasi buon senso, per acquistare i calciatori e poi, al momento di dover battere cassa, rivolgersi alle casse pubbliche. Se occorre intervenire, e occorre farlo perché allo stadio ci vanno decine di migliaia di persone che rappresentano una realtà sociale, per quanto criticabile, se pensiamo alla scuola di violenza che troppo spesso sono le curve in cui si raccolgono gli Ultras, se occorre intervenire dicevo per noi di Democrazia Proletaria l'ammodernamento dello stadio attuale pare la cosa migliore.
In quale Piano di sviluppo territoriale sarebbe collocato un nuovo impianto? Parrebbe collocato, in verità (anche a proposito dei progetti che riguardano la cintura torinese) soltanto nei piani di valorizzazione della rendita, ad esempio del gruppo Fiat, oppure degli interessi finanziari, di cui si è fatto portavoce l'avvocato Franz Grande Stevens. Lo stadio di Torino, che sappiamo essere stato costruito in un periodo non molto fausto per la storia politica e sociale di questo paese, un monumento che Mussolini aveva voluto costruire con quella torre orribile, è inadeguato perché si accede dal basso verso l'alto, creando un imbuto pericolosissimo in caso di emergenza.
Voglio soffermarmi su questa opzione, perché occorre tenere conto che lo stadio di Torino in quell'area comprende: un campo di atletica, due piscine olimpioniche, 5 palestre che servono ben 5 scuole, un centro di medicina sportiva. Quindi, l'attuale "Comunale" non è solo il tempio dei tifosi, anche se di questi aspetti nessuno ne ha parlato. E' un importante centro di servizi per tutti i cittadini che fanno sport sul serio, e non soltanto lo guardano, situato nel cuore della città. Gli ammodernamenti previsti per i mondiali di calcio a nostro avviso potrebbero andare a beneficio anche di questi impianti, facendoci apparire più civile il dispendio di miliardi previsto a favore di manifestazioni gladiatorie, che alimentano tanto la retorica quanto la violenza.
Si è parlato con insistenza, già lo accennavo prima, al campo volo di Collegno. Per quanto riguarda quest'area, debbo ricordare ai colleghi che nel dicembre del 1979, veniva deliberato dal Consiglio comunale di questa città il piano particolareggiato "area campo volo", che non prevedeva stadi, bensì un centro direzionale.
Qui, il discorso si potrebbe allargare molto. Non lo faccio per brevità, ed anche perché si finirebbe per non essere del tutto pertinenti con la discussione aperta. Tuttavia ancora il 18 ottobre del 1984, la delibera programmatica del Consiglio comunale di Collegno prevede, come eventuale variante al piano regolatore, un enorme parco lungo la fascia fluviale della Dora. La zona del campo volo risulta, inoltre, completamente sguarnita di strade e servizi; la bretella di corso Marche in via di realizzazione non prevede affatto collegamenti con questa zona.
Quindi, nel caso si optasse per quest'area, si riverserebbero sulla collettività anche le spese di urbanizzazione necessarie ad insediarvi uno stadio di circa 80.000 posti. Ma penso che occorra aggiungere anche una ulteriore argomentazione. Le organizzazioni ambientaliste e le forze politiche di opposizione, fra cui D.P., nel Consiglio comunale di Collegno hanno avanzato la proposta di utilizzare l'intera area a fini produttivi definendo un piano di utilizzazione agricola e di salvaguardia naturalistica della fascia fluviale.
Queste idee sono sicuramente meno spettacolari di quelli a cui l'opinione pubblica è sottoposta con i bombardamenti dei mass-media; ma sono sicuramente più mirati a risolvere i problemi di sviluppo occupazionale per un benessere sociale autentico.
Le organizzazioni ambientaliste, nel corso di un Consiglio comunale aperto a Collegno, hanno sottolineato come la validità di investimenti economici, legati a grandi strutture sportive o legati allo spettacolo, sta rapidamente diminuendo, con il diffondersi di questi stessi nuovi servizi.
Lo spettacolo di qualsiasi tipo tende sempre più ad essere diffuso, e quindi seguito attraverso reti televisive, per mezzo di postazioni decentrate con ampi schermi.
Sono le stesse argomentazioni usate dal presidente della Roma, Viola diffuse, questa volta, da organismi non sospettabili in alcun modo di pretese speculative.
Colleghi! Per concludere, mi pare che il marchingegno, che ci è stato messo davanti, preveda che il calcio di rigore sul nuovo stadio di Torino stiamo parlando di calcio e forse la metafora può essere appropriata - il calcio di rigore finale, dicevo, dovrebbe essere affidato alla Commissione per i Mondiali, che ha come Presidente l'onnipresente, ma non ancora onnipotente (almeno si auspica) Luca Cordero di Montezemolo, detto anche "Libera e Bella", suggerisce il collega Bontempi.
Far decidere lui sarebbe una clamorosa sconfitta per la programmazione democratica del territorio, più bruciante perché si consumerebbe nella fatidica "zona Cesarini" per la credibilità delle istituzioni, sottoposte spesso e volentieri con il loro tacito consenso, al saccheggio di privati famelici.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi, il partito Repubblicano aveva presentato un interrogazione su questo argomento e riteniamo che la comunicazione della Giunta risponda alla nostra interrogazione.
Interrogazione perché avevamo ritenuto, e riteniamo ancora, che il problema dello stadio sia un problema di carattere più generale, che non si riferisce soltanto alla città Torino, che comporta ed ha un impatto sull'e ventuale costruzione di un nuovo stadio, un impatto che va al di là, delle porte della cinta daziaria, e quindi pensavamo che fosse opportuno che la Regione su questo argomento facesse conoscere le proprie valutazioni.
Devo, dire che il problema dello stadio, non è un problema che si riferisce soltanto (ed è forse un modo errato di valutarlo) ai 10 giorni di Campionato del Mondo, perché se fosse solo questo il problema forse sarebbe dibattuto in modo anche diverso.
Se si trattasse di fare un nuovo stadio o di ristrutturare lo stadio vecchio, perché bisogna fare i Campionati del Mondo, mi pare che il problema sarebbe posto in termini diversi. Il problema è invece più complessivo, più generale. Condivido alcune valutazioni che ha fatto il collega Reburdo, sul fatto che il problema dello stadio non è un problema prioritario oggi nella città di Torino; che ci sono tante altre carenze non c'è un centro fieristico, è vero; purtroppo nessuno ci ha pensato. Mi auguro che la nuova Amministrazione provveda e affronti questo problema che è importante, che è certamente un aspetto dell'immagine, e direi che il Consiglio comunale ha affrontato il problema dello stadio già da un paio d'anni, e l' ha affrontato credo da parte di tutte le forze politiche in modo serio, però sulla base di alcuni dati che erano errati.
Quando la prima volta si pose il problema, i dati accertati erano - chi era Consigliere comunale si ricorda bene - che lo stadio così com'è non pu più andare avanti, perché ci sono problemi di sicurezza, di costi di ma nutenzione (alcuni miliardi all'anno), della necessità di impermeabilizzazione (si sta sgretolando il cemento armato), ecc..
Quindi bisognava fare qualche cosa, l'alternativa era o fare un'opera di manutenzione straordinaria, come la ristrutturazione e la copertura dello stadio, oppure farne uno nuovo.
Direi che il Consiglio comunale, mi pare all'unanimità, scelse l'ipotesi di ristrutturazione, perché i dati comunicati in quel momento erano questi: ristrutturare costa 20 miliardi, farne uno nuovo costa 200 miliardi. Quindi rispetto a questa scelta, a questi dati il Consiglio comunale ha fatto le sue scelte. Poi ad una verifica più completa, senza essere pressati da una qualche forza economica esterna, si apprese che ristrutturare il vecchio stadio costava almeno 35 miliardi - credo però che il consuntivo sarebbe anche superiore - mentre farne uno nuovo costa circa 70 miliardi, quindi con questi elementi in concreto, mi pare giusto e possibile riconsiderare il discorso.
Il Partito repubblicano, che pure aveva votato quella delibera di ristrutturazione, sulla base di queste nuove valutazioni esprime una preferenza ad una ipotesi di nuovo stadio. Io vorrei contestare le affermazioni di opere faraoniche, non dimentichiamo che parlando di opere faraoniche un po' di anni fa non si è fatta l'autostrada del Frejus, oggi scopriamo che forse era struttura necessaria allo sviluppo economico di questa nostra regione.
Quindi, dicevo che il Partito repubblicano è favorevole alla costruzione di un nuovo stadio, a certe condizioni precise, che sono quelle che ha posto la Giunta e cioè che il coinvolgimento finanziario degli Enti Pubblici non sia comunque superiore al costo di ristrutturazione dello stadio. Non c'è dunque uno sperpero di denaro pubblico, ma una spesa assolutamente necessaria per avere uno stadio agibile, coinvolgendo gli interessi privati per la parte di integrazione, interessi privati di tutti compresi quelli delle società sportive, che hanno diritto ad avere l'erba non calpestata, non distrutta, visto che, non dimentichiamolo, pagano al Comune di Torino degli affitti in percentuale rispetto agli incassi percentuali che sono le più alte, rispetto alle percentuali di tutte le altre squadre che ci sono in Italia.
Le società sportive per parte loro hanno anche dichiarato disponibilità a partecipare, ma non sono solo le società sportive: ci sono altri interessi privati piemontesi che devono essere coinvolti in questa vicenda ci sono altre situazioni che possono essere interessate a che giunga a questa nuova struttura sportiva.
E' evidentemente una scelta di competenza del Comune, non è la Regione che possa fare di queste scelte, mi pare corretta l'impostazione che l'Assessore Moretti ci ha dato: è il Comune che deve fare le sue scelte, è il Comune in prima persona che dovrà gestire tutta questa operazione, anche se la Regione non può essere estranea a questa vicenda. Non credo che lo sport del calcio sia un qualcosa di così marginale, come ci ha voluto fare intendere prima il collega Reburdo, ma è un fatto sociale che coinvolge gran parte dell'opinione pubblica, non soltanto torinese, e mi pare che nel momento in cui si affronta questa nuova struttura importante, alcune scelte di carattere generale devono essere valutate, come ad esempio i problemi dei trasporti che hanno anche delle inerenze con quella che è l'attività regionale.
C'è un discorso più complessivo che è quello di fare della nuova struttura non soltanto una struttura sportiva a fini professionistici, ma una struttura sportiva complessiva che abbia anche la disponibilità di utilizzo nel tempo libero. E' stata importante la comunicazione del Comune di Torino, che con un telegramma ci ha invitato a partecipare ad un incontro per affrontare questo problema. Importante mi pare anche la disponibilità manifestata dall'Assessore Moretti a partecipare e collaborare in qualche modo non solo alle scelte, ma anche alla realizzazione, se questo si renderà necessario.
Per restare nei termini che c'eravamo fissati né volendo ampliare il discorso, non vorrei però si dimenticasse che l'immagine di Torino nel mondo è rappresentata da tante cose, ma certamente anche e non proprio in modo marginale da quella che è la vita e l'attività sportiva che vi si svolge.
Quindi, io invito la Giunta a partecipare a questo incontro confermando questa disponibilità concreta a collaborare, a partecipare alle scelte e alla realizzazione delle scelte che verranno fatte e a tenere informato il Consiglio regionale rispetto alle cose che verranno decise.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Voglio fare, a nome del Gruppo MSI-DN, poche e brevi considerazioni per esternare la nostra posizione sulla vicenda dello Stadio comunale. Stadio nuovo si, stadio nuovo no, ormai sono mesi che se ne parla, se ne discute in ogni sede competente e non. A questo punto mi sembra che sia giunta l'ora di discuterne anche in Consiglio regionale anche se ritengo che questo sia di competenza del Comune, al quale la Regione darà il suo parere.
Se dovessi definire con uno slogan la vicenda dello Stadio lo farei prendendo a prestito il titolo di un film di qualche anno fa: "sussurri e grida". Sussurri, quelli che ci sono nei corridoi del palazzo e per palazzo, s'intende, mi riferisco principalmente al Comune, grida, per quanto riguarda la stampa cittadina e parte almeno dell'opinione pubblica.
Il Gruppo del Movimento Sociale Italiano né sussurrando né gridando, ma con voce normale e con convinzione fin dall'inizio ha espresso, senza ombra di equivoci, la sua posizione a favore di un nuovo impianto. Naturalmente abbiamo affiancato a questa nostra valutazione alcune considerazioni dalle quali non possiamo certamente prescindere, cioè partendo dallo stanziamento per la ristrutturazione dell'attuale Stadio che il comune aveva quantificato in 25/30 miliardi per arrivare ai 35 dell'ultima relazione dell'allora Assessore allo Sport, Tessore, che poi sarebbero naturalmente diventati 40 miliardi. La ristrutturazione per noi è ormai superata dai tempi, non fosse altro perché insiste su una zona di Torino ormai divenuta centrale e per tutte le negatività che tutti conosciamo, mancanza di parcheggi, poca e difficile accessibilità, poca sicurezza, disturbo agli abitanti della zona, oltre ad altre considerazioni. Partendo, come dicevo da quello stanziamento del Comune noi diciamo che, ferma restando la cifra destinata alla voce "Stadio", bisogna adoperarsi perché a questa cifra si affianchino stanziamenti di privati, intendendo per privati società di calcio, gruppi industriali, banche. Mi sovviene, per esempio l'Istituto Bancario S. Paolo che mi pare dia 60 milioni all'anno di beneficenza, il quale potrebbe intervenire (naturalmente non per beneficenza) la Cassa di Risparmio, alcune assicurazioni e anche il Coni. Noi riteniamo che necessariamente il Coni debba intervenire.
Voglio dire un pull di società e di privati che completino la cifra necessaria alla costruzione dello Stadio nuovo, in aggiunta a quella stanziata dal Comune che non deve assolutamente aumentare.
Non ci sembra che sia poi tanto difficile raggiungere questo risultato se pensiamo per esempio ai grossi stadi quali il Bernabeo di Madrid, il Maracanà di Rio, quello di Barcellona che sono stati costruiti non solo con i fondi delle amministrazioni comunali bensì in forme diverse, con diverse strutture societarie, con l'apporto di società e privati, comunque con forme miste di intervento.
Veniamo alla localizzazione dello Stadio. L'Assessorato allo sport del Comune, o meglio l'amministrazione comunale, ha evidenziato e indicato sette o otto ipotesi possibili, Pellerina 2, corso Grosseto, piazza d'Armi Aereoporto di Mirafiori, Campo Volo, corso Allamano, Basse di Stura,ipotesi non specificate adiacenti alla tangenziale.
Il nostro Gruppo tra tutte ne individua due che sembrano le più idonee non scartando a priori però anche qualche altra: Campo Volo e Pellerina 2.
Siamo invece decisamente contrari a Piazza d'Armi in quanto, al di là di altre considerazioni, pensiamo soprattutto che così facendo si toglierebbe uno dei pochi polmoni verdi esistenti in quell'area cittadina.
In sintesi, noi diciamo sì allo Stadio nuovo e pensiamo che la Regione per quel che le compete debba operare in questa direzione, non dimenticando però che, al di là delle nostre scelte, dovrebbero essere i cittadini di Torino con il peso delle loro opinioni a dare una risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Gentili Consiglieri, credo sia facilmente intuibile che il Gruppo della Lista Verde e le diverse associazioni naturalistiche e protezionistiche come già ricordato ,dai Consiglieri Staglianò e Reburdo che mi hanno preceduto, siano risolutamente contrarie ad ogni ipotesi di costruzione di nuovo stadio e siano invece favorevoli, perché ritengono trattarsi di una giusta esigenza, ad una ristrutturazione dello stadio comunale attuale secondo quanto deliberato dalla precedente amministrazione comunale di Torino.
I motivi, di diverso aspetto, in parte sono già stati qui richiamati sempre dai Consiglieri Reburdo e Staglianò, e io non li riprendo, in quanto le motivazioni grosso modo su questo punto collimano.
Dopo la ristrutturazione dello stadio comunale, secondo i progetti, il numero di persone che potrebbero accedervi sarebbe abbondantemente sufficiente per quasi ogni partita possibile ed immaginabile, tenuto conto della profonda crisi, che non si vuole vedere, che ormai circonda lo sport professionistico e il mondo del calcio.
L'Assessore Moretti ha fatto bene a distinguere il calcio professionistico dallo sport di base e dalle associazioni. Questa, ne do atto, è stata una giusta precisazione.
Sempre più il calcio professionistico diventa un qualcosa che con lo sport non ha più assolutamente niente a che vedere. Ma ha a che vedere con il mondo dello spettacolo, con il mondo degli investimenti finanziari sempre meno chiari e meno limpidi, con politiche del consenso in una società post-industriale. Tutto questo dovrebbe profondamente farci riflettere in merito ai possibili esiti di questa linea di tendenza.
Tra l'altro gli stadi (citati nell'intervento della collega Minervini e nell'articolo di "Panorama" a cui si è rifatto Staglianò) si trovano in paesi che potremmo definire del Terzo Mondo, senza volere attribuire a questa espressione alcuna connotazione offensiva, perché questa non è la mia intenzione.
La struttura dei grandi stadi e dei grandi impianti sportivi da 100.000 posti sta sempre più configurandosi come un momento peculiare di una certa concezione di direzione dello stato, concezione sociale che non mi pare sia quella che le forze che oggi guidano Torino e il Piemonte dicono, a parole di perseguire.
Non vedo il nesso tra questa politica e la politica dell'innovazione della tecnologia, dell'Europa del futuro. A me sembra che vada in un'altra direzione.
Non vedo, ripeto, la Torino che decolla attraverso lo stadio.
I segnali di rinnovamento che si colgono nei documenti, sia della nuova Giunta della Provincia che di quelle del Comune e della Regione, io non riesco proprio a vederli attorno a questa ipotesi di stadio. Non c'è un patto per lo sviluppo che nasce attorno al grande stadio, magari al Campo Volo. Diciamolo francamente, questa Giunta di Torino non riesce a spalare la neve, tra ieri e oggi, e vuole fare uno stadio! Siamo circondati da grandi impianti sportivi,e non inaugurati a suoni di fanfara e da grandi autorità, dallo stadio Olimpico, dalle molte attrezzature per le olimpiadi del 1960, al velodromo per i campionati mondiali di ciclismo in Puglia, che sono adesso strutture abbandonate.
Un altro esempio è quello di "Italia '61" a Torino, che ben illustra il degrado a cui si è andati incontro.
I costi che si sono resi necessari per recuperarne una parte dovrebbero essere un esempio di come i sogni di grandezza si trasformino poi rapidamente in un insieme di situazioni e strutture degradate, che richiederanno poi costanti e numerosi investimenti per il recupero.
Ritorno a parlare della crisi nel mondo del calcio professionistico. Il calcio professionistico, prima che i suoi dirigenti vengano inquisiti e messi probabilmente in galera, sta bussando per avere altri 250 miliardi per un progetto di risanamento che dovrebbe servire a ripianare tutti i bilanci passivi delle società.
E' pertanto assurdo investire denaro pubblico in strutture di questo tipo, per andare incontro a delle aziende che hanno dimostrato l'assoluta incapacità, ma anche l'assoluta mancanza di cultura civile, che dovrebbe essere propria di un Paese moderno e democratico, di fare corretto uso delle risorse che, in ultima analisi, sono pubbliche perché provengono o da leggi dello Stato o da finanziamenti attraverso il Totocalcio; hanno dimostrato l'assoluta incapacità, dicevo, di gestire questo denaro. Adesso si presentano come aziende modernizzate, una sorta di tecnologia avanzata anche se non si sa come, e bussano per avere un cospicuo intervento da parte delle strutture pubbliche, richiedono che venga dato loro nuovamente credito.
Il problema dei costi, così come viene normalmente impostato quand'anche non si trattasse di costi superiori ai 30/35 miliardi, quali quelli indicati dalla delibera del Comune di Torino, è posto in maniera scorretta.
Primo, perché non vengono previsti i costi a carico della cittadinanza in ettari di verde pubblico o possibile verde pubblico che verrebbero sottratti alla fruibilità da parte della cittadinanza. Questo non viene messo nei conti, però se lo stadio si farà nella zona della Pellerina i cittadini perderebbero un ampio spazio di verde, così come se si farà nell'area dell'ex Campo Volo. Area che l'amministrazione comunale di Collegno purtroppo, da 15 anni a questa parte, cerca di piazzare al miglior offerente, per qualsiasi progetto passi in giro. Questo mi dispiace, in quanto cittadino ed abitante di Collegno, che condivideva e condivide tuttora le scelte del Piano regolatore, che prevedono in quell'area spazio verde e servizi pubblici ed anche altre strutture, ma, sicuramente non questo stadio.
Per cui resto perplesso dalla disponibilità di alcune amministrazioni locali, il loro essere così immediatamente disponibili senza nemmeno andare a vedere bene i progetti.
Bisogna prevedere il costo del verde sottratto all'uso e alla fruibilità dei cittadini nei costi, e questo di solito non viene conteggiato. E non ho assolutamente capito chi pagherà se non i cittadini attraverso le tasse, tutte le infrastrutture, gli oneri di urbanizzazione necessari per andare allo stadio, in termini di viabilità (tangenziali e parcheggi) e delle altre strutture di servizio necessarie. E ancora non vengono conteggiate quelle opere che potrebbero essere utilmente fatte al posto di questa, utilizzando la stessa quantità di denaro.
Pertanto se si riesce ad avere una visione d'insieme, si possono vedere effettivamente quali sono i costi che graveranno sulla collettività qualora passi l'ipotesi di un nuovo stadio. Perché solo se vengono occultate queste spese e vengono dirottate sulle finanze pubbliche l'opera, forse, potrebbe diventare redditizia.
Mi dispiace che l'Assessore non abbia fatto assolutamente cenno ad altri aspetti della vicenda di cui si è recentemente parlato. L'opera forse, potrebbe diventare redditizia solo attraverso altre forme di scambio, quali quelle dichiarate esplicitamente da uno dei progettisti e cioè "noi facciamo il nuovo stadio però vogliamo l'area del vecchio per demolirlo e vogliamo costruirci altri palazzi e altre opere".
Tutti i dati in mio possesso dimostrano che quest'opera in termini puramente economici non può essere redditizia: questo nuovo stadio non verrà mai riempito se non per due partite. I costi comportano sottrazione di verde e comportano ingentissimi oneri di urbanizzazione.
Come la si fa quadrare l'operazione? Solo se ci sono altri finanziamenti da parte di denaro pubblico variamente messi a disposizione (finanziamenti del Coni oppure aree pubbliche a fondo perduto) oppure entrando nella gestione di questa vicenda e, soprattutto, ottenendo in cambio via libera per un ulteriore modifica di quella che è la programmazione degli Enti pubblici sull'uso del territorio. Così non solo si modificano piani regolatori o progetti di pianificazione per permettere la costruzione di uno stadio che non era preventivato dalle strutture pubbliche e dalle amministrazioni pubbliche, ma di conseguenza si modificano piani regolatori e progetti di pianificazione in un'altra area per una compensazione. Soltanto in questo modo l'operazione potrebbe diventare redditizia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.
MIGNONE Andrea Io credo che nell'affrontare l'argomento che stamattina è stato introdotto occorra tener presente alcuni fatti. Succede spesso che quando si discute di un argomento si dica che non è prioritario, che ci sono altre cose più importanti di quelle che si stanno trattando. Io direi che se cominciassimo intanto, man mano che i problemi ci vengono presentati, a tentare di risolverli, ne avremmo qualcuno di meno.
Io credo che questo problema non sarà certo tra i più importanti e decisivi rispetto allo sviluppo di una società, ma certamente ha la sua rilevanza e il suo peso nell'economia e nel vivere di una società. Un altro elemento che va tenuto presente anche in questo dibattito è,rispetto alla scelta specifica della ubicazione della progettazione, di competenza del Comune. La Regione ha un ruolo in questa vicenda, che non è soltanto quella del dire "c'è un problema, discutiamone, anche se sappiamo che noi non c'entriamo niente", perché, mi pare, è stato già precisato che così non è.
Su questo abbiamo anche competenza e voce in capitolo, è emerso che qualcosa su questa materia, su questo argomento specifico deve essere fatta.
Non è corretto fare la contrapposizione tra quello che viene definito in termine giornalistico lo sport spettacolo e quello che è invece lo sport di base, in quanto è compito di ogni oculata amministrazione cercare di conciliare la duplice esigenza, di tener conto di entrambi gli aspetti.
Bisogna avere una attenzione, una considerazione per quella che è la diffusione della pratica sportiva, delle strutture che ne consentano la diffusione sul territorio, ma non ci deve essere un misconoscimento delle strutture che consentono la pratica di quello che viene chiamato lo sport spettacolo. Dobbiamo considerare che questo ha molte volte un effetto trainante, lo sport spettacolo può rappresentare un volano che ha effetti moltiplicatori, pari alla diffusione degli impianti. Prendiamo un esempio non calcistico: lo sviluppo dell'atletica leggera in Italia è avvenuto anche grazie all'esplosione di grandi personaggi come Mennea, perché hanno avuto un impatto sull'opinione pubblica tale da avvicinare molti giovani a questa disciplina sportiva. Se poi per raggiungere l'exploit ha avuto bisogno di 500 metri di pista in cui solo lui e pochi altri potevano allenarsi credo che questo sia un sacrificio che val la pena di correre se contribuisce alla diffusione di una disciplina sportiva. Certo, occorre avere un complesso di impianti che consentano ai giovani attirati da questi grandi personaggi di potere esplicare questa attività. Io li vedrei come dei momenti fra di loro correlati ma non anche contrapposti, per cui il dare rilievo ad un aspetto sottrae risorse all'altro Questo vuol dire che occorre svolgere un ruolo più deciso in termini di programmazione, di distribuzione territoriale; occorre che su alcune distorsioni qui messe in evidenza rispetto alla attività del C.O.N.I. e a quello che è il sistema complessivo del finanziamento sportivo si mediti.
Detto questo, qual è la situazione in concreto che noi oggi dobbiamo esaminare? Dobbiamo esaminare la prospettiva di avere uno stadio che comunque necessita di un intervento, che è ritenuto inadeguato anche dal punto di vista della sicurezza, che non risponde più oggi a quelli che sono i moderni criteri di intendere uno stadio e la fruizione di queste strutture da parte di una disciplina sportiva, e anche di altre discipline sportive. Mi pare che tutto sommato, il Comune, da questo punto di vista abbia agito correttamente. Proprio stamattina ho avuto occasione di vedere perché è stato inviato dal Comune, il programma che in questi giorni è oggetto di discussione e di dibattito da parte del Consiglio comunale: contiene una parte riguardante questa ipotesi, che mi pare sia posta in modo corretto, nel senso che il Comune dice "io avevo deciso di stanziare una certa somma per la ristrutturazione dello stadio, vi sono delle altre proposte? Benissimo, purché queste dal punto di vista dell'impegno economico pubblico non vadano al di là di quello che era già preventivato da parte del Comune." Siamo disponibili per valutare e percorrere questa strada, credo che la conclusione sia questa, cioè l'ipotesi di andare a realizzare un nuovo impianto sportivo attraverso l'impegno finanziario diretto e consistente da parte dei privati: questa è l'altra condizione che va percorsa. Su questo mi pare vi sono già state dichiarazioni da parte di alcuni gruppi, comprese le stesse società sportive, circa una partecipazione finanziaria a realizzare questo progetto. Io credo che siano questi i punti di riferimento su cui occorre radicare i nostri convincimenti e le nostre opinioni che rapidamente mi riservo di fare.
Credo sia stato anche opportuno parlarne a livello di Regione perché il problema di un nuovo stadio a Torino non è, come ricordavano alcuni colleghi, il collega Ferrara in particolare, un problema di Torino, ma è un problema che riguarda l'intera Regione Piemonte, perché la sua eventuale realizzazione avrebbe degli effetti che vanno ben al di là delle cinta daziaria della città.
Qualora, come noi auspichiamo, si vada nell'ipotesi di realizzare un nuovo stadio, dovranno essere valutati problemi che attengono al piano territoriale e alla svolta urbanistica, di cui certamente a livello di Regione dovremo discutere e assumere delle determinazioni dal punto di vista amministrativo. La nostra opinione è favorevole alla realizzazione di un nuovo stadio concorrendovi quelle condizioni che già abbiamo espresso.
Condizioni che per altro erano già contenute in una nostra nota, quando nel luglio scorso discutevamo del programma che la maggioranza si apprestava a definire in Consiglio regionale, su cui si doveva realizzare il quadro come poi si realizzò, delle forze del pentapartito, in cui indicavamo la nostra posizione favorevole su questa proposta. Allora si ritenne da parte di altre forze di soprassedere ad una indicazione così precisa del programma. Osservo con piacere che nel frattempo sono aumentati i Gruppi che esprimono un consenso su questa posizione, vedendo nello stadio non soltanto, come oggi è di moda dire, una cattedrale nel deserto o un impianto sportivo fine a sé stesso, ma cercando di considerare che, così come è stato scritto in un gran bell'articolo pubblicato poco tempo fa su un quotidiano, lo stadio dei centomila diventi la piazza del duemila, cioè uno stadio che abbia attorno a sé una serie di occasioni, di ricreazioni di svago, di momenti culturali che davvero possa essere un punto di riferimento, di coagulo, di incontro fra la gente, che non siano soltanto pochi o tanti - questo è un problema di opinioni personali - di appassionati di questo sport. Si ha anche un'occasione per un ridisegno complessivo della città e del suo hinterland. Si parla tanto di un ridisegno della città di Torino, di un ruolo più propulsivo che dovrebbe svolgere a livello nazionale ed internazionale come città del terziario. Si parla tanto di un centro fieristico, di fare di Torino un punto di attrazione: io credo ci stia anche questo.
Allora non perdiamo ancora una volta l'occasione per cercare di fare attraverso questa iniziativa, questo intervento, che ha un impatto certo non indifferente, di sviluppare la fantasia nostra per un ridisegno più complessivo della città e del suo hinterland. E' una grande occasione e un'opportunità dal punto di vista urbanistico che non possiamo ulteriormente lasciarci sfuggire.
Noi siamo d'accordo nel percorrere l'ipotesi di un nuovo stadio, concorrendo le condizioni che abbiamo detto, richiamando l'attenzione sul fatto che questa potrebbe essere anche un'occasione dal punto di vista territoriale ed urbanistico per un nuovo ridisegno della città e della sua cintura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il problema dello Stadio non è eludibile per una serie di ragioni, la sicurezza dell'attuale costruzione i caratteri tecnologici della costruzione che richiedono alti costi di manutenzione, ma c'è un'altra ragione che richiede da parte degli operatori pubblici una decisione rapida. Sono troppi ormai gli entusiasmi, le attenzioni, anche i pressapochismi, i limiti di informazione su questa vicenda al punto da farli diventare per certi versi sospetti. Deve essere una scelta che abbraccia qualcosa che va al di là della semplice predisposizione di una struttura per la pratica dello sport prevalentemente, professionistico. Fa bene l'Assessore a chiedere quale valore intendiamo dare alla pratica sportiva nella nostra Regione per poter nell'ambito di quella strategia considerare la scelta dello stadio nuovo.
Quale rapporto esiste tra sport professionistico e sport dilettantistico? Ci sarà in futuro l'opportunità di utilizzare ampi spazi di tempo libero o perché saranno disoccupati molti dei nostri figli o perché ci sarà una riduzione dei tempi di lavoro? Quale cultura esiste nel valutare i costi e le diseconomie di localizzazione? Ci sono i tradizionali schemi sui quali esistono persino precisi suggerimenti della C.E.E. Per esempio, non si possono considerare i costi delle opere pubbliche nei termini tradizionali, ma occorre vedere l'impatto ambientale e paesaggistico e le diseconomie esterne che possono derivare. Visto che ormai si parla a proposito e a sproposito di spirito imprenditoriale, non possiamo non valutare il ritorno dell'investimento bisogna avere i piedi per terra nella valutazione delle scelte, delle dimensioni, della localizzazione, del tipo di impianto.
Che rapporto ha lo Stadio con gli altri bisogni della città? Ovviamente all'altare di un ipotetico Maracanà ci sarebbe il contrasto con i limiti della struttura della nostra Università, delle nostre scuole superiori, di altri bisogni urgenti, impellenti della città che porrebbero in essere un gap inaccettabile dal giudizio dei più.
Nella scelta della struttura devono interagire molti elementi e parrebbe che questi elementi agendo in modo corretto diano prevalenza alla scelta di un nuovo stadio, per problemi di sicurezza, per il rapporto con i costi, per il tipo di riequilibrio che questa nuova struttura potrebbe, se fatta in un certo modo, costituire.
Va detto che il nuovo stadio deve essere compatibile con la permanenza dell'uso del vecchio stadio e della vecchia struttura, che, come illustrava un altro Consigliere, gravita attorno al vecchio stadio e che costituisce un elemento importante e che, non essendo più punto di richiamo di grandissime manifestazioni, viene a togliere quell'impatto che rende difficile il coesistere della vita dei cittadini di quel quartiere e la pratica dello sport professionistico. Quindi, a certe condizioni parrebbe logico il nuovo stadio.
Occorre stabilire dei parametri per la fruibilità reale l'accessibilità, la polivalenza, la specializzazione di funzioni urbane, la capienza. Con la "ciucca" che abbiamo (detta a proposito o a sproposito) di logica imprenditoriale, dobbiamo dire che un imprenditore non si sogna di creare delle strutture nella sua azienda con capacità produttiva in eccesso, ma cerca, a volte rinunciando magari ai "picchi" di domanda, di avere una struttura equilibrata, ben saturata, che permetta attraverso questa strada il ritorno dell'investimento.
A Torino la partecipazione media allo stadio nell'arco dell'anno è tra le venti e trenta mila persone. Nella scelta dobbiamo tenere conto anche di questi aspetti.
Non è escluso che si debba discutere di stadio monofunzionale o plurifunzionale. Potrebbero anche farsi altre scelte, per l'atletica leggera. Non abbiamo bisogno di uno stadio per ottantamila spettatori per l'atletica leggera, al di là dei problemi dei tifosi: ormai pare che gli spettatori vadano nelle curve non più per vedere la partita, ma se stessi: lo spettacolo nello spettacolo. Tra l'altro recenti studi hanno dimostrato che gli incidenti più gravi avvengono in stadi plurifunzionali, più lontani dal terreno di gioco, rispetto ai monofunzionali. E' un particolare questo che non andrebbe sottovalutato.
Il parametro costo è certamente importante. L'operatore pubblico deve stabilire un tetto finanziario massimo accettabile, oltre al quale non andare.
La ricerca di una soluzione mista tra pubblico e privato è giusta ovviamente, resta al pubblico l'autono-mia di indirizzo nella scelta, anche se viene a interagire il privato. Occorre anche valutare i costi dei trasporti. Va ricordato che su ogni biglietto staccato allo Stadio, il Comune percepisce il 7% che non basta a coprire i costi di manutenzione anche se qualcuno dice che a Torino le squadre di calcio pagano di più che in altre città. Vorrei sapere che situazione ci sarà in qualche altra città in cui esistono i megastadi oggi riempiti da dieci-quindicimila persone perché la squadra è finita in serie "B" o sta galleggiando in fondo alla classifica.
Il Comune deve fare dunque delle scelte complesse perché devono interagire tutti questi parametri e la Regione Piemonte; trattandosi di una struttura che ha riflessi al di là della città di Torino, non può che auspicare dei criteri chiari. Credo che l'Assessore Matteoli stia lavorando ad un quadro procedurale che permetta di avere dei riscontri precisi in modo da permettere una scelta attraverso meccanismi automatici, una scelta cioè che non subisca l'influenza di varie lobby che già da troppo tempo, a volte in modo sfacciato, sono all'opera.
Noi riteniamo che se la scelta sarà per uno stadio nuovo, questo dovrà essere in un'area del Comune di Torino, altrimenti sarebbe una cattedrale nel deserto, tenendo conto che questa opportunità potrebbe servire a compiere alcuni riequilibri all'interno dei quartieri periferici della città.
In sostanza, la scelta del Comune di Torino deve avvenire attraverso dei criteri chiari, dei riscontri precisi, degli automatismi nelle scelte che tengano da una parte le lobby e che - mi si passi questa affermazione in gergo sindacale ormai fuori moda - evitino di socializzare le perdite e di privatizzare i profitti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rivalta.



RIVALTA Luigi

L'Assessore Moretti nel suo intervento ci ha proposto una sintetica individuazione dei problemi delle attrezzature di base dello sport.
Nonostante che in questi ultimi dieci anni nella città di Torino si sia fatto parecchio in merito alle attrezzature di base sportive, l'Assessore Moretti segnala come ancora queste siano fortemente carenti e come queste attrezzature siano mal distribuite nella città, anzi, come siano assenti di fatto nella città di Torino e siano presenti soltanto nelle aree periferiche.
Dovremmo tutti partire dal richiamo che Moretti ha fatto sapendo, in linea di principio, che se l'amministrazione pubblica, il Comune di Torino in primo luogo e Regione, devono spendere per lo sport, deve essere chiaro che una priorità di spesa deve essere data alla costruzione delle attrezzature di base.
Se questa è la linea politica dell'Assessore Moretti, noi la condividiamo e la sosterremo, perché le attrezzature di base hanno la capacità di rispondere effettivamente alle esigenze di una fase educativa per i giovani e alle esigenze delle attività ludiche dei cittadini e possono qualificare i quartieri, anche i quartieri interni alla città di Torino. Penso a quante opportunità e occasioni da non perdere avremo nei prossimi anni nel riuso di quei contenitori industriali che sono stati costruiti alla fine del secolo scorso e nella prima parte di questo attorno alla parte centrale della città e attorno alla città storica. Il disegno della città non può essere lasciato in mano a chi vuol fare affari, come invece viene proposto nell'ipotesi del riutilizzo dei contenitori.
Le attrezzature sportive creano quegli spazi verdi che sono in grado di dare qualità ambientali e di vita di cui questa città ha necessità, stante i tassi di inquinamento per i veicoli, per l'acidità atmosferica.
Su questa politica l'Assessore Moretti ci troverà concordi se dall'analisi della problematica che qui ha posto trarrà conclusioni operative per l'attività della Regione.
Il problema, però, che si dibatte sui giornali in queste ultime settimane è un altro: lo Stadio per il calcio, il grande stadio che con l'altra problematica ha poco a che vedere. Non si può negare che ci sono legami, ma sono più legami di sfruttamento della grande attrezzatura, di una possibile potenzialità formativa delle attrezzature sportive di base che non un aiuto che la grande attrezzatura dà alle attrezzature sportive di base.
Se ne è parlato molto sui giornali e se ne è parlato poco (e io dico male) nelle assemblee elettive. Se ne è parlato in luoghi in cui lo sport c'entra poco o per lo meno dove lo sport è pensato come spettacolo, come strumento di immagine,di persone, di politiche spesso aziendali economiche, magari di grande rilievo, dove è pensato anche in chiave di ottundimento delle coscienze.
Non sono contro il calcio, anzi, amo il calcio, lo ritengo uno tra gli sport più belli, ma di fronte alla situazione in cui versa il calcio credo che si debba dire, senza esagerazioni, che oggi è utilizzato per affari e per ottundere le coscienze. E sotto il profilo dell'ottundimento delle coscienze, non degli affari, perché credo che non ne faccia direttamente con lo sport, non lascio fuori neppure Agnelli. E' uno strumento del suo condizionamento culturale della città di Torino e non solo della città di Torino.
Ma penso a fatti molto meno chiari, anzi oscuri che fanno venire in mente personaggi come Viola, ché ha pagato 100 milioni per vincere una partita e che viene utilizzato persino dalla televisione come un eroe naturalmente con i nuovi chierici che gli fanno la corte. Viola non dovrebbe essere difeso da nessuno per altri motivi, invece pare che si stia creando una corte di sostenitori, forse per la sua spregiudicatezza, forse perché costruisce armi e vende armi. Credo forse meno perché è democristiano.
Penso anche ad altri dirigenti di squadre di calcio come Mantovani, che ha dovuto stare 3 anni in Svizzera. Penso a Colombo, penso alle vicende di Farina, l' attuale dirigente del Milan, a Pellegrini, dell'Inter, a Sibiglia che forse è ancora in prigione o è al confino, a Massimino, il Presidente del Catania, ai Pontella di Firenze. Sui giornali se ne sono lette molte di notizie sullo sport utilizzato come merce negli scambi e negli affari.
Se il calcio è questo, credo che dovremmo stare molto attenti a considerare lo stadio come problema di questi signori e dello sport che loro alimentano, ma dovremmo considerare lo stadio su un altro piano quello della risposta alle esigenze di carattere culturale e sociale della comunità.
Nel quadro dello sport-spettacolo, speculazione, strumentalizzazione si inseriscono gli imprenditori affaristi e speculatori che hanno facile accesso anche negli uffici delle amministrazioni pubbliche, i quali naturalmente vedono qui una buona occasione. Uno di questi personaggi ce lo siamo trovato di fronte,, persino con arroganza - e lo dico per averlo misurato personalmente - nel caso delle ville della Saim alla Mandria, sono personaggi che corrono dove intravedono che c'è la possibilità di un affare.
Questi personaggi non intervengono solo sul piano imprenditoriale, sul ritorno degli investimenti sul piano dei biglietti, per esempio. Ricercano altre cose. La storia dell'utilizzo dell'area dello Stadio per una operazione immobiliare residenziale è vecchia. Dello stadio nuovo se ne parla da tanti anni sempre in relazione alla possibilità di riutilizzare l'area dello stadio vecchio per fare un quartiere residenziale, sulla base di quella speculazione e della rendita di posizione che di li si poteva acquisire.
Improvvisano anche progetti. Un giornale di Moncalieri ha ripreso una notizia che è apparsa su "Stampa sera" circa la possibilità di localizzare lo stadio alle Vallere. Naturalmente questa ipotesi ha già messo in atto un'altra congerie di illusioni e di stupidità. Non le leggo per non portar via del tempo, ma ripeto le dichiarazioni di alcuni Assessori di Moncalieri: "una grossa occasione", "sarebbe bello, perché finalmente il Torino e la Juventus dovranno venire a giocare a Moncalieri con tutto quello che questo vuol dire".
La storia delle Vallere è una storia viva nella nostra comunità. Negli anni '60 quella zona era stata individuata dal proprietario per una operazione di carattere immobiliare e non era né immorale né illecito che il proprietario pensasse questo. Ci siamo opposti e io ero fra quelli che si sono opposti; e si è istituita la Regione, abbiamo cercato di bloccarlo fino al punto di arrivare all'acquisizione.
Le Vallere è un'area naturale, è la continuazione del parco del Valentino, del parco fluviale del Po, ha una funzione paesaggistica eccezionale nella nostra città.
Chi guarda quel profilo del vecchio abitato di Moncalieri, che è uno dei più bei profili esistenti attorno a Torino, come può pensare che sia possibile all'improvviso inventare o dare credito nelle amministrazioni pubbliche, almeno in via informale e nei giornali ad una soluzione di stadio, alla creazione di un elefante costruito alle Vallere? Credo davvero che siamo all'assoluto impoverimento culturale che tra l'altro stralcia una battaglia reale fatta per difendere le Vallere che ha visto la Regione artefice di questo, fino all'acquisto delle Vallere, fino alla strutturazione del parco, per l'utilizzo giusto che deve avere.
E piazza d'Armi? Piazza d'Armi è una conquista dei quartieri di Santa Rita. Qualcuno si sta dimenticando che verso la fine degli anni '60 ci sono stati dei movimenti di quartiere che hanno posto il problema del rinnovo della città e il quartiere di Santa Rita ha posto il problema dell'utilizzo di piazza d'Armi, e in ragione di quella pressione, il Comune di Torino ha strutturato quell'area a verde, almeno per quello che gli era consentito perché una parte è ancora militare. Sono stati spesi anche molti soldi meritoriamente se volete. Ricordo che la sola recinzione, che io continuo a considerare del tutto inutile, era costata quasi un miliardo.
Adesso si parla di costruire il nuovo stadio in quell'area, cancellando tutte queste storie? Questo significa non avere cervello neanche per ricordare il passato, non soltanto per prevedere il futuro,o avere un cervello che non sa fare esperienza, altro che proporre quello che deve venire! Spero che non si arrivi a riproporre, su altre scale, di riutilizzare l'ex piazza del San Giovanni vecchio. Viglione se lo ricorderà, perch insieme abbiamo premuto sul Comune di Torino perché quella piazza, che era un parcheggio, com'è ancora adesso purtroppo, fosse almeno "piantumata" per impedire - credevamo allora - che la presenza delle piante la rendesse inagibile a qualsiasi costruzione in futuro.
Non vorrei che anche la piazza del San Giovanni vecchio in questa orgia di riutilizzo degli spazi interni della città, si pensasse di destinarla magari alla costruzione di un grattacielo per un autosilos per le auto che comunque, quando dovessero scendere sboccherebbero in via Giolitti o nelle vie adiacenti bloccando gli incroci quindi, probabilmente non avrebbero neanche la possibilità di uscire nelle vie.
Questa è la maniera di destrutturare la città. Ieri c'è stato un convegno alla Facoltà di Architettura dove si è anche discusso del modo di destrutturare la città! Le soluzioni proposte per lo stadio colpiscono quella parte di opinione pubblica che si lascia ottundere dal mostro del calcio professionistico, da quella parte di comunità che fa dei "pedatori" dei miti, di quei pedatori che hanno dei guadagni davvero offensivi, non dico per la gente più povera ma per chiunque lavori.
Qui, c'è la mia natura di comunista. Io continuo ad avere della diffidenza per chi ha alti redditi, per chi guadagna facilmente senza meriti. Il mondo del calcio sotto questo profilo non mi piace. E' inammissibile il commercio delle persone che si fa nel calcio professionista e inammissibili sono i guadagni che si fanno, quando penso alle persone che hanno grandi meriti nella società, nella cultura, sul piano della ricerca, sul piano della dedizione e impegno. Penso a molti ospedalieri, per esempio, che, pur guadagnando già a soglie elevate, magari ci mettono intere vite per guadagnare quello che alcuni calciatori guadagnano in un anno.
Vorrei poter avere le macchine della società informatica per schiacciare un tasto e fare un referendum, ma ho l'impressione che la popolazione di Torino e dell'area metropolitana veda con diffidenza un orientamento di spesa sullo Stadio.
Certo, il calcio è una realtà, e io ne sono appassionato, tutte le domeniche, alla sera, mi guardo "90esimo minuto". E' un grande spettacolo il calcio, appunto se non degenera nelle forme in cui sta degenerando, e sarebbe bene che alcuni personaggi venissero spazzati via presto. E' una realtà, è un'esigenza ricreativa della popolazione, quindi bisogna rispondere in qualche modo.
Però non sono state poste le domande vere, si sono accolte le proposte le iniziative di chi in quel gioco mostruoso di affari e di strumentalizzazione cerca di correre su questo business.
Qual è la domanda vera? Che cosa si deve fare per rispondere ad un desiderio ricreativo? Occorre ragionare seriamente nelle assemblee pubbliche. La domanda di utenza allo Stadio è in forte concentrazione, non momentaneamente, ma oramai è un processo consolidato.
Persino in Germania e in Inghilterra, dove il calcio è diffusamente giocato bene, non soltanto in alcuni punti di grande potere economico come qui da noi in Italia, la presenza negli stadi è in fortissima contrazione.
Risulta che la dimensione ottimale dello stadio, oggi, è attorno alle 35.000-40.000 persone, non più 100.000-120.000 persone. Persino in Sudamerica, tolto il Maracanà e forse pochi altri, gli stadi sono modesti con una partecipazione non eccezionale.
Bisogna incominciare a ragionare attorno ad una attrezzatura che risponda alla dimensione storica della domanda di partecipazione allo stadio. Voglio aggiungere che in questo calo degli spettatori confluiscono vari fattori, certamente, lo spregevole spettacolo che gli organizzatori del calcio professionistico stanno dando, ma anche la presenza della televisione.
Credo si possa dire sulla partecipazione agli stadi quello che più drasticamente è avvenuto per i cinematografi.
Aggiungo ancora - è una vena un po' utopistica che però mi è sempre cara - che in una società che sta sempre più dichiarandosi telematica cablata, che la televisione nella diffusione dello spettacolo avrà un ruolo importante. Quindi le attrezzature da spettacolo non possono essere viste in se stesse come unico luogo di effettuazione dello spettacolo, ma debbono essere viste attraverso l'organizzazione della diffusione telematica.
Credo che l'esempio Berlusconi per il Milan ci debba dire qualcosa. Non so che cosa volesse fare Berlusconi prendendo la presidenza del Milan.
Un'interpretazione che si può dare è quella che, avendo lui i canali televisivi, gli interessasse avere il Milan come uno strumento diretto della sua politica televisiva: un imprenditore che, pensando allo sport spettacolo e al calcio spettacolo, probabilmente lo voleva connettere alle sue reti televisive.
I campionati del mondo del 1990 non possono indurci a correre per costruire uno stadio senza sapere che cosa succederà dopo, anzi, magari dopo succederanno processi che saranno la negazione della presenza di quello Stadio, "Italia 161".E' un esempio! E vengo alla spesa. Non dico che non si debba spendere per uno stadio ma mi preoccupo quando il discorso dello stadio genera un balletto di cifre e attorno a questi discorsi neppure nelle assemblee elettive emerge la questione delle priorità. Le priorità non sono assolute, ma sono dei riferimenti.
Vorrei che si potesse sentire direttamente la comunità. Il problema della spesa deve essere visto solo ragionando attorno ad uno stadio nuovo o a uno stadio vecchio? O non deve essere visto ragionando anche sulle spese in altri settori? Ad esempio, pensiamo all'Università. Non dobbiamo forse cercare di definire l'ambito di spesa possibile per uno stadio in ragione dei problemi dell'Università, ma anche in ragione dei problemi della giustizia, dei trasporti e della cultura? L'altra settimana leggevo l'articolo di Arbasino sulla "Repubblica".
Arbasino, che è stato a Los Angeles a visitare delle mostre temporanee fini-sce il suo articolo dicendo: "e poi ci sono sale e sale della Collezione Panza di Biumo, 84 pezzi eccezionali". Ha il rammarico che queste opere siano uscite dall'Italia. Per decenza non ripeto la frase che ha usato per chiudere il suo articolo con la sua autorità di giornalista e di uomo di cultura.
Mi veniva voglia di rispondergli: "hai ragione, siamo proprio stati governati così", ma dicendo questo so benissimo che né Viglione, né io, n altri che si sono adoprati per far rimanere qui la Collezione di Panza di Biumo possono riconoscersi nella definizione usata da Arbasino. Ho parlato con i dirigenti del San Paolo, con i dirigenti della Cassa di Risparmio con industriali disponibili a mettere a disposizione dei fondi, eppure non siamo riusciti a mettere insieme gli 11 miliardi per fermare quella collezione e a Rivoli abbiamo un centro di arte contemporanea tra i più suggestivi e i più ricchi in Europa.
Ho citato questi esempi per dire che dobbiamo ragionare, senza procrastinare all'infinito le decisioni, non dobbiamo chiuderci nella visione di stadio nuovo o stadio vecchio, ma capire, da altre problematiche, se dobbiamo per esempio accedere alla spesa più ridotta piuttosto che alla spesa più alta cercando di fare tesoro di quello che già esiste.
In questo senso, di nuovo mi ritrovo comunista perché ritengo che i soldi non siano soldi che possono andare in una cosa soltanto e non nell'altra. I soldi sono il prodotto di un'intera comunità e ritengo che vadano gestiti non settorialmente e parzialmente, ma in una visione di carattere comunitario.
Cari amici e cari colleghi, più passate ad una fase di concreta esemplificazione di come deve essere la società capitalistica, piena di imprenditori, di affaristi, di libertà d'azione, più mi accorgo che il discorso del comunismo sulla ricchezza prodotta dalla comunità che ritorna ad essa è un discorso valido e fondato. Sotto questo profilo non siamo affatto fuori gioco. Proprio la vostra insistenza nel portare avanti le strade vecchie del capitalismo ci fa ritrovare la validità di ispirazione del nostro pensiero e dei nostri principi.
Se si tratta anche di valutare la spesa in relazione ad altri fattori credo che non possano essere scartate immediatamente, come qui è stato fatto, le ipotesi di riutilizzare lo Stadio. Se questa spesa, pur rilevante, costa consistentemente meno alla società e permette di andare avanti in modo decente e sufficiente in quella funzione spettacolo, che pure è necessaria, potrebbe essere questa la strada e la soluzione. Io non la scarterei. Si dice che lo Stadio sta crollando, lo si considera già un colosseo. Non credo, perché se stesse andando giù dovremmo non aprirlo alla domenica e non usarlo. Gli edifici vanno mantenuti. E' arrivato il momento di una manutenzione straordinaria, anche strutturale? Ebbene, se questo pu corrispondere a una risposta per altri 10 o 15 anni, dilazionandoci la spesa e utilizzando questi fondi in altre direzioni più giuste, allora non è un'idea da scartare.
Vengo all'ipotesi dello Stadio nuovo. Se nella valutazione di opportunità e di priorità salta invece fuori che è possibile e giusto utilizzare dei fondi per uno stadio nuovo, come lo faremo questo stadio? Non dobbiamo accettare le proposte che un impresario nella sua visione di costruttore, viene a farci rimanendo nudi e scalzi, chiusi in una botte magari senza neppure avere il lanternino. In questo modo vengono fuori elenchi di soluzioni possibili, come se l'una fosse fungibile all'altra dal punto di vista funzionale e dal punto di vista territoriale. Il Comune di Torino pecca, oggi come ieri. Consigliere Bergoglio, non me ne faccio un problema, ormai anche l'età mi consente di parlare con tutta tranquillità e con senso critico. Il Comune di Torino si sta muovendo con una visione municipalistica, scarica i problemi sui Comuni della cintura, come ha sempre fatto nella storia della realtà dell'area metropolitana, senza avere una visione di carattere metropolitano. Se si dovesse fare uno stadio nuovo le problematiche da affrontare sarebbero davvero molte, sono intanto di pianificazione territoriale. Assessore Moretti, non siamo più soltanto nella logica della politica dello sport della Regione. La politica territoriale spetta alla Regione che quindi, sotto questo profilo, deve dire la sua parola, anzi, secondo me, l'interlocutore vero in questo è la Regione e non il Comune di Torino.
Ci sono problemi ambientali difficili da risolvere: uno stadio è un l'elefante brutto", per quanto possano essere risolte bene le strutture architettoniche, è un mastodonte, peraltro vuoto, è una struttura di vuoto perché si riempie alcune domeniche all'anno. E' una struttura per contenere del vuoto, molto brutta da vedersi dal punto di vista ambientale. I greci avevano la sensibilità, che non hanno avuto invece i romani, di costruire i loro teatri cercando i terreni declivi, le anse delle colline; ancora oggi vengono portati ad esempio quelle soluzioni architettoniche che hanno resistito, non solo strutturalmente ma culturalmente, per 2000 anni. Vi ricorderete il teatro di Epidauro nell'Argolide, del V secolo a.C., portato come esempio di gioiello, ma non è il solo. Sono passati tanti secoli e prima dell'ultima guerra, è stato costruito a Leningrado lo stadio "Kirof" che si affaccia sull'estremo dell'isola determinata da due braccia dell'Anivaa sulla baia di Cronstad, nel golfo della Finlandia; questo teatro è una collina, lo stadio è in sostanza il cratere di questa collina.
In quello stadio si accede, si va sempre non solo quando ci sono le manifestazioni, perché quella collina è diventata un giardino, un parco e sulla sommità c'è un anello su cui si passeggia e guardando verso il Golfo della Finlandia si vede l'isola di Cronstad, si vede un mare bellissimo e sulle sponde ci sono le foreste della taiga, che lì si sviluppa rigogliosamente; se girando su quell'anello si guarda dall'altra parte, si vede la bellissima città di Leningrado con le braccia del fiume che si buttano alle foci nel mare.
Ci sono molti modi per avvicinarsi con intelligenza e con cultura alla soluzione di un problema come questo.
Non si può stare a quello che viene a dire il Presidente dell'Ascoli o qualche altro impresario. Uno stadio nuovo, che sappiamo essere una infrastruttura che dovrà vivere almeno per altri cinquant'anni, magari anche di più, va progettato con questo respiro, con tutto il tempo necessario, senza l'affanno del 1990.
Dal punto di vista territoriale poi ci sono altri problemi che accenno soltanto, per esempio quello della facile accessibilità. Allo stadio accede un'utenza molto larga che va dalle valli alpine, dalle zone fuori del Piemonte, quindi va collocato in un luogo in cui tutto questo traffico non venga dentro la città, va collocato in una posizione esterna che sia ancorata ad una grande struttura di viabilità. Si pensa di spendere 100 miliardi ragionando di utilizzare qualche infrastruttura urbana già esistente, che non è stata realizzata per uno stadio, ma che è stata realizzata come il verde di p.za d'Armi, in risposta a problemi del quartiere? Pensiamo di utilizzare questa preesistenza distorcendone l'utilizzo a cui era stata destinata per avere minore spesa? Se pensiamo allo stadio nuovo, dobbiamo pensarlo in grande, sapendo che ci sono anche le spese delle infrastrutture. Ci sono delle linee di approccio molto più serie, quelle del ruolo, dell'accessibilità, dell'impatto ambientale.
Questo ci permette di chiarire se riteniamo di trovare una soluzione che resista, non dico come i teatri greci, ma che abbia almeno una prospettiva futura e un segno culturale di questa nostra società. Il Campo volo non credo sia adatto.
Torino non finisce nel 1990 con i Campionati Mondiali del calcio. Sarà di nuovo una mia utopia, ma credo che nel secolo prossimo Torino avrà una spinta demografica non solo nazionale, ma perfino di carattere internazionale. Le dinamiche demografiche che stanno venendo avanti in Africa sono forti e noi non reggeremo senza accogliere parti di quelle popolazioni. L'Europa è l'unico continente al mondo che ha esportato popolazione e non l' ha importata se non in misura piccola. In Europa avverrà quello che è avvenuto altrove, Torino avrà di nuovo espansione nel 2000. Il raddoppio della popolazione a 8 miliardi è previsto per il 2015 e saranno determinanti proprio quelle popolazioni. Ragioniamo per cose durature, per capacità infrastrutturali non momentanee andiamo a cercare le soluzioni dove vanno ricercate, non compromettiamo l'area del campo volo che può divenire una grande area verde all'interno dell'area metropolitana.
Gli strumenti per la pianificazione territoriale sono in atto, si concludano, si migliorino sotto questo profilo; c'è il problema della valutazione dell'impatto ambientale e paesaggistico da esercitare, ci sono le valutazioni economiche da fare. Questa è la strada di lavoro da percorrere ed è una strada che deve vedere partecipare, su iniziativa degli esecutivi, le intere assemblee elettive che devono consentire di recuperare un grande rapporto di partecipazione con la comunità. Non si può gettare uno stadio, spendere centinaia di miliardi sulla testa di tutti, sulla base di spinte emozionali e strumentali.



PRESIDENTE

Ha chiesto, di parlare il Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Molte cose sono già state dette, ma sono venuti anche molti stimoli a intervenire, perché proprio attraverso il confronto, lo scambio di opinioni, anche opposte, si riesce a valutare a fondo il problema.
E' un problema difficile da circoscrivere agli aspetti specifici che stiamo discutendo oggi, perché molte osservazioni che sono state fatte toccano altri aspetti che non sono oggetto di discussione oggi in quest'aula.
Apprezzo la relazione dell'Assessore Moretti, perché ha posto l'accento sulla situazione che emerge dai dati a nostra conoscenza, non ipotizza soluzioni e non dà indicazioni preconcette, che avrebbero forse tolto al dibatto e all'apporto dei singoli Gruppi e Consiglieri un valore di proposta.
Ma su questo tema dovremo tornare a discutere, in questa o in altre sedi politiche, anche perché si sono citati dati nell'utilizzo dello stadio che, per serietà e correttezza di discussione, non dovrebbero essere citati a caso, ma dopo opportuni confronti e controlli. Forse la memoria fa difetto, ma mi risulta che il nuovo stadio di Cagliari non è stato costruito quando la squadra del Cagliari è andata in serie A, ma quando ha vinto lo scudetto; quanto poi si viene a dire che lo Stadio alla domenica è semivuoto è un'opinione, offerta a questo Consiglio, così come è un'opinione quella dei miei figli che domenica mi hanno detto di aver visto poco perché c'era troppa gente.
Sarà opportuno avere dalle società sportive i dati sul numero dei biglietti venduti, sul numero degli abbonati verificando questi dati in un clima di collaborazione, perché non è soltanto il grande calcio che deve essere tenuto in considerazione, ma è tutto il mondo giovanile che pratica questo sport.
Credo che sulle priorità, sulle indicazioni programmatiche che l'amministrazione della Regione intende dare, avremo modo di soffermarci di dibattere nella prossima settimana quando discuteremo diffusamente del programma.
Non ci poniamo lo Stadio come problema prevalente o prioritario né lo affrontiamo ignorando i pressanti e urgenti aspetti sociali e umani della nostra Regione.
Oggi parliamo di questa questione e non credo sia produttivo imbrogliare le carte introducendo altri aspetti che necessariamente richiedono un più ampio spazio, un più ampio dibattito. Non mi pare neanche corretto citare in termini irrisori delle persone assenti. Ho in comune con l'avvocato Agnelli solo il tifo sportivo per la Juventus. Il collegare ogni proposta di privati ad un intento speculativo e truffaldino è un modo distorto e fuorviante di affrontare i problemi. Non è detto che l'intervento pubblico sia esente da rischi, ma io rifuggo dal pensare che tutto sia rischioso e legato a logiche di affari loschi e occulti. Voglio affrontare il problema con un'ottica ottimistica, sapendo che il calcio è una realtà importante per Torino e per il Piemonte, non solo per il calcio maggiore, che interessa molte migliaia di persone, tifosi o appassionati ma anche per il mondo giovanile che ruota attorno ad esso.
E' necessario recuperare le caratteristiche sportive prevalenti di educazione allo sport dei giovani, limitando il fanatismo che talvolta offusca l'autentico tifo sportivo e la genuina passione sportiva. Non nego che ci siano interessi economici e finanziari rilevanti, ma non credo ci sia da demonizzare quello che oltre a sport è spettacolo, mestiere professione, una vera e propria industria turistica o del terziario, che dire si voglia.
Anche sotto il profilo contingente di ospitare un girone del Mundial 1990 non si può non riconoscere che questo fatto avrà una sua rilevanza sul flusso turistico. La vera scommessa sarà di saper collegare a questo interesse meramente sportivo gli aspetti più propriamente turistico culturali che consentano di far conoscere la città di Torino e il nostro Piemonte a chi ignora totalmente ciò che essi possono offrire sotto il profilo artistico, monumentale, culturale e paesaggistico.
Il Sindaco di Torino invitò chi aveva idee e suggerimenti concreti a farsi avanti, a offrire contributi. Aggiungo che anche la Regione è interessata a questo. Da questi elementi, di cui per la verità abbiamo notizia solo dagli organi di stampa e che non abbiamo potuto approfondire emergono cifre diverse da quelle che in un primo tempo erano state indicate. La stessa ipotesi di ristrutturazione del vecchio stadio partiva da una base di 30 miliardi, già stanziati dalle precedenti Giunte comunali di sinistra, almeno come ipotesi di impegno presunto, quindi l'appello di oggi in ordine a spese più urgenti e più importanti, mi sembra sotto questo riguardo un po' tardivo.
Il collega Rivalta ha le sue idee ed è giusto che le esprima, però mi stupisce sentirle solo ora. La sua proposta mi sarebbe piaciuta di più se l'avesse fatta quando la Giunta torinese, presieduta da Novelli, decise di ristrutturare il vecchio Stadio, senza che sentisse l'esigenza di un referendum. Non credo che anche lui - lo cito come capo di una maggioranza e non come persona - fosse sulla strada del capitalismo.
Si vocifera che la spesa per la ristrutturazione dello stadio vecchio sia ben maggiore di quella di una costruzione; peraltro non ci sono n offerte precise né calcoli di spesa. Le condizioni di lavoro di uno stadio concretamente funzionante sono ancora tutte da verificare.
Le ipotesi di spesa, presentate dai Gruppi o dalle imprese, per un nuovo stadio non sono così astronomiche come precedentemente si riteneva ma su questi aspetti non mi dilungo perché già si sono specificatamente soffermati i colleghi Ferrara, Santoni e la signora Minervini.
L'impostazione data dall'Assessore comunale Matteoli di fare una verifica seria dei parametri oggettivi di riferimento delle varie zone rispetto ai dati significativi riguardo al tema è corretta e consentirà di risolvere il problema della scelta tra nuovo stadio o ristrutturazione del vecchio in modo serio e rigoroso, basato su elementi precisi e concreti.
Ritengo inoltre che non sia un elemento negativo, anzi,mi pare positiva la ricerca dell'apporto finanziario dei privati nella realizzazione di tale opera, posto che la competenza degli enti pubblici non è prioritariamente quella di ristrutturare o costruire stadi. Esiste un interesse pubblico reale legato a tutti questi fenomeni anche per ricondurli, ammesso che lo si voglia, ad una più idonea dimensione sociale e sportiva. Ma se così è non vedo perché non sia praticabile l'idea di un consorzio misto, enti pubblici e privati, per tutelare da un lato l'evidente interesse pubblico della città e della Regione e dall'altro la partecipazione privata altrettanto interessata a realizzare un'opera di tale tipo.
Non dimenticherei, cosa che molti non hanno fatto,le opportunità di lavoro e di occupazione che questa ipotesi potrà rappresentare sia sotto il profilo progettuale che operativo e non riterrei negativo neppure pensare che, se esistono nella nostra città o regione possibilità di impegno al riguardo, dovrebbero essere a parità di condizioni valorizzate e stimolate.
E' perciò utile approfondire l'ipotesi di un nuovo stadio con fiducia senza tatticismi preconcetti, con il vincolo che comunque, la città di Torino in tale ipotesi non stanzi più di 30 miliardi che inizialmente aveva già deciso di spendere per la ristrutturazione del vecchio Stadio, sia con la precedente Giunta di sinistra sia con la Giunta dei cento giorni con decisione unanime, ma pare che oggi qualcuno l'abbia dimenticato.
Non si tratta tanto di valutare i guadagni eccessivi o le degenerazioni di alcuni personaggi discutibili prima di tutto sul piano umano più che sul piano di dirigenti sportivi. Concordo con il collega Rivalta circa il suo giudizio negativo su certi fenomeni di degenerazione del calcio, ma qui non stiamo discutendo della moralizzazione di quell'ambiente.
Non mi sembra né giusto, né corretto, né obiettivo generalizzare sarebbe un insulto agli sportivi che lavorano onestamente. Il nostro obiettivo è di garantire un'opera funzionale, moderna, di dimensioni idonee, dotata di servizi possibilmente polivalenti. E' un obiettivo realizzabile almeno in linea teorica.
Si faccia un confronto serio tra i costi di uno Stadio nuovo e i costi della ristrutturazione del vecchio, non dimenticando che molti degli incidenti che sono stati da più parti citati sono dovuti alle condizioni precarie in cui sono allogate le persone; le curve sembrano pollai più che luoghi agevoli e comodi per assistere ad uno spettacolo sportivo. Il teppismo è anche favorito da condizioni ambientali degradanti.
Concludendo, colleghi Consiglieri, mi pare che sia necessario studiare una soluzione con serenità, senza schieramenti preconcetti, con l'attenzione rivolta ai reali interessi della Città e della Regione, con la consapevolezza dei rischi di tipo urbanistico, ambientale e delle difficoltà che sono legate ad ogni scelta. Non si parta dal preconcetto che tutti i contributi offerti dai privati sono spinti da biechi ed abbietti interessi, da istinti puramente speculativi, attribuendo alla dirigenza politico-amministrativa degli Enti locali, maggioranza od opposizione che sia, la patente intrinseca di incapace asservita alla logica della speculazione privata, priva cioè della capacità di decidere, di scegliere autonomamente.
Personalmente ho una visione più ottimistica della politica e delle forze imprenditoriali produttive oggi nonostante tutto, non solo per ragioni di età,°si tratta di definire i rispettivi compiti, i rispettivi ruoli, le rispettive responsabilità e sfere di influenza. Il dibattito sullo stadio di Torino oggi si è solo avviato ma non è concluso. Ci sono le premesse per portare avanti un lavoro serio e costruttivo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti per le conclusioni.



MORETTI Michele, Assessore allo sport

La comunicazione ha toccato diversi aspetti quelli che riguardano la ristrutturazione dello Stadio comunale e quelli che riguardano la costruzione di uno nuovo.
Questo dibattito l' ha voluto la Giunta e le forze politiche del Consiglio regionale di fronte ad una questione che il Comune di Torino sta portando avanti: ristrutturare il vecchio stadio o costruirne uno nuovo.
Gli interventi hanno posto il problema dello stadio considerando tutte le problematiche che sono legate allo sport e alle scelte che l'ente Regione deve affrontare nel piano territoriale.
La comunicazione si sofferma anche sulla parte finanziaria che è da verificare con il Comune, con il CONI, con il Credito Sportivo e con i privati.
Sul discorso dell'investimento non ci siamo limitati a prendere atto ma abbiamo indicato alcune proposte. Noi siamo contrari alla proposta del Sindaco di Torino di incontrare la Giunta regionale solo per l'aspetto finanziario, in quanto non è solo questo il problema. Se viene posto in questi termini, la Giunta regionale non può accettare d'incontrarsi.
A tale proposito vi è stato con la Giunta comunale un incontro puramente informale.
Nella mia introduzione ho precisato che la Giunta regionale non opera scelte di tali dimensioni senza informare il Consiglio.
Nel corso del dibattito sono emerse posizioni politiche che sono favorevoli alla ristrutturazione dello stadio e alcune valutazioni.
Nell'incontro con la Giunta comunale verificheremo quali sono gli indirizzi e informeremo successivamente il Consiglio regionale.
La Giunta non si è limitata a discutere dello stadio in funzione del campionato del mondo, ma ha puntato l'attenzione sulla dimensione della struttura e sulle implicazioni che ne derivano.
Occorre fare un discorso in prospettiva e la Giunta si limiterà a prendere atto delle proposte del Comune di Torino e non imporrà le sue scelte al Comune non volendo sostituirsi al Comune nella realizzazione e nella gestione delle strutture in quanto la Giunta non è organo di controllo, bensì organo di indirizzo e di programmazione.
Lo stadio di Torino sta suscitando discussioni e dibattiti in tutta l'area metropolitana, perciò la Giunta è del parere di coinvolgere tutti i Comuni che ne fanno parte.
Oltre alle verifiche circa l'insediamento dello stadio, occorre fare un'analisi delle strutture di base esistenti e del loro utilizzo.
La Regione intende affrontare il problema dello sport per tutta la comunità piemontese e valuterà le strutture di base esistenti nell'area metropolitana al fine di poter programmare la politica dello sport in un ambito definito sotto il profilo urbanistico territoriale.
Quindi non si esaurisce qui la discussione. Valuteremo quanto è emerso qui e porteremo in sede di Consiglio regionale le proposte. Non volevamo evitare di pronunciarci quindi abbiamo posto il problema in termini di Rapporto fra gli Enti locali, la comunità e la Regione.
Sui temi dello sport e del turismo ci sarà un dibattito la prossima settimana. In quell'occasione svilupperemo indirizzi e programmi da inserire nel piano di sviluppo.
Informo il collega Reburdo che l'Assessorato al turismo ha predisposto la schedatura delle strutture congressuali, ha anche partecipato al work shop di Firenze.
Se me ne sarà data l'opportunità porterò in Consiglio l'elenco dei congressi che si effettueranno nell'area torinese e regionale. Ritornando allo sport vorrei sottolineare che la politica impiantistica sportiva della regione, non si limita solo alla questione dello stadio ma interessa principalmente le strutture di base. L'introduzione della relazione-analisi ha ottenuto un risultato significativo, cioè portare a conoscenza dei Consiglieri i rapporti tra Regione e Comune circa lo stadio.
La Regione diversi anni fa ha effettuato il censimento delle strutture sportive e pubblicheremo fra qualche mese i dati tecnici relativi agli impianti sportivi di base di tutti i Comuni del Piemonte compreso Torino.
Potremo così intervenire per selezionare e programmare congiuntamente con gli Enti locali. Per quanto concerne il finanziamento, la Regione si farà promotrice di una società mista o di un consorzio, inviterà pertanto gli istituti di credito piemontesi ad intervenire.
Non possiamo interferire nelle scelte del Comune di Torino. Il Consigliere Ala sa benissimo quello che ho detto. Quando sono intervenuto non invitato, durante il dibattito organizzato dal Comune di Collegno, sono stato chiamato occasionalmente alla tribuna per esprimere la mia opinione.
Qualcuno si attendeva un pronunciamento sul Campo volo, che però non c'è stato.
L'attività sportiva è importantissima per i giovani, ed è anche per questo che in alcune discipline si ottengono ottimi risultati, occorrono però nell'ambito dei quartieri le strutture sportive per soddisfare le domande.
In Torino i campi di calcio sono insediati nelle fasce laterali della città o a corona nelle aree marginali. Nei Paesi dell'Europa orientale ed occidentale i campi sportivi sono liberi. Sono campi dove vi è molta partecipazione, in cui non avvengono fenomeni come in Italia. I giovani vengono incanalati ed inseriti a discrezione da chi gestisce gli impianti o dalle società calcistiche. Quando invece la pratica e la disciplina sportiva è aperta a tutti, la selezione è naturale con risultati sul piano sportivo e sul piano sociale di altra levatura.
Il collega Rivalta ha posto molti problemi, che peraltro avevo indicato nella comunicazione. L'interpretazione che viene data dello sport, è della Giunta, non è mia personale. Di fronte alla scelta del Comune di Torino considerando l'impatto urbanistico e quello finanziario, l'Ente regione si attrezzerà e coinvolgerà altri Comuni.
Comunque la Giunta difenderà le aree fruibili per le attività culturali e ricreative.
Nella mia comunicazione ho detto che lo stadio non deve essere una cattedrale nel deserto. Lo stadio deve essere utilizzato ogni giorno non solo la domenica, deve risultare sotto il profilo urbanistico e tipologico una cittadella dello sport con strutture polifunzionali, utili per la terziarizzazione.
E' molto difficile definire una struttura terziarizzata. E' opportuno analizzare il problema a fondo, studiare le forme migliori per inserire questa struttura in una dimensione ampia e tale che interessi sia il turismo, sia lo sport del nostro territorio.
Per ora mi limito a questo breve intervento, ma avremo ulteriori occasioni per dibattere i temi dello sport e dello stadio. Questo dibattito è stato molto utile per la Giunta e per il Consiglio regionale perché sono state chiarite alcune posizioni. Si riteneva che la Giunta non fosse interessata al problema dello stadio, devo dire invece che è ben presente e terrà conto di quanto è emerso dal dibattito e seguirà le future iniziative sia che comportino la ristrutturazione sia che comportino la costruzione di un nuovo impianto.
Forse qualche collega si attendeva da me e dalla Giunta un pronunciamento più preciso sullo stadio, ma tutto è ancora da approfondire tenendo conto dell'opinione della comunità piemontese e torinese.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame proposta di deliberazione n. 72 "L.R. 56/77 e successive modifiche ed integrazioni, art. 36, secondo comma" (rinvio)


PRESIDENTE

Comunico al Consiglio che la Giunta ha ritirato la proposta di deliberazione di cui al punto 8 dell'ordine del giorno.


Argomento: Nomine

Deliberazione relativa a: "Integrazione all'elenco di cui all'art. 9 della L.R. 10/85 per le nomine di particolare rilievo"


PRESIDENTE

Propongo l'iscrizione all'ordine del giorno la deliberazione n. 78: "Integrazioni all'elenco di cui all'art. 9, della L.R. 10/85 per le nomine di particolare rilievo".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione della deliberazione è approvata all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione per alzata di mano la deliberazione il cui testo è riportato nel processo verbale ed è dichiarata immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/53, n. 62 e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte a norma dell'art. 65 dello Statuto.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Beni librari (biblioteche, tutela ecc.

Esame deliberazione relativa: "Recepimento del protocollo d'intesa fra Ministero per i Beni culturali e ambientali e Regioni - Servizio Bibliotecario Nazionale"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del punto 9) dell'o.d.g. "Recepimento del protocollo d'intesa fra Ministero per i Beni Culturali e ambientali e Regioni per il progetto speciale di Servizi Bibliotecari Nazionali e approvazione dello schema di convenzione con il Ministero per i Beni Culturali e anche per l'attuazione in Piemonte del Servizio Bibliotecario Nazionale".
Pongo in votazione per alzata di mano la deliberazione il cui testo è riportato nel processo verbale e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi dell'art. 65 dello Statuto.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.


Argomento: Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Riesame proposta di deliberazione: "Erogazione incentivi di produttività per l'anno '85. Importo di L. 1.500.000.000 da impegnarsi sul cap. 260 del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1986"


PRESIDENTE

Punto 5) all'o.d.g.: "Riesame proposta di deliberazione n. 74: 'Erogazione incentivi di produttività per l'anno '85. Importo di L.
1.500.000.000 da impegnarsi sul cap. 260 del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1986' ".
Pongo in votazione per alzata di mano la revoca della deliberazione consiliare n. 63 approvata in data 21/1/86 di identico oggetto. Chi è favorevole è pregato di alzare la mano. E' approvata all'unanimità dei 43 consiglieri presenti.
Passiamo ora alla votazione della proposta di deliberazione n. 74 licenziata all'unanimità dalla I Commissione nella seduta del 15/1/86 ma integrata dagli emendamenti presentati dalla Giunta regionale, il cui testo è riportato nel processo verbale e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ai sensi dell'art. 65 dello Statuto.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 43 Consiglieri presenti.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame p.d.l. n. 59: "Interpretazione autentica del quinto comma dell'art. 85 della L.R. 5/12/77, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni"


PRESIDENTE

Punto 7) all'o.d.g.: "Esame del p.d.l. n. 59: 'Interpretazione autentica del comma 5 art. 85 della L.R. 5/12/77, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni' " Ha chiesto di parlare il Consigliere Biazzi. Ne ha facoltà.



BIAZZI Guido

Questa leggina tocca un aspetto importante della L.R. 56/77, mi sembra pertanto opportuno intervenire nel merito.
Ricordo che avevamo presentato un'interpellanza in merito alla interpretazione che l'Assessorato aveva dato del quinto comma dell'art. 85 attraverso il quale si erano bloccati parecchi interventi nei Comuni, per esempio a Verbania dove non è possibile rilasciare delle concessioni per l'ampliamento di attività produttive, in particolare all'Unione Manifatture.
A noi sembrava corretta e chiara l'interpretazione secondo la quale si allargava l'applicabilità a tutti i Comuni che avessero adottato il piano regolatore generale.
Il parere invece recitava: "La norma relativa alla parziale possibilità di attuazione anticipata di P.r.g. è applicabile solo ai Comuni sprovvisti di strumento urbanistico o dotati di strumento urbanistico inadeguato".
Si sosteneva: "che la collocazione della norma nell'art. 85, le cui prescrizioni si applicano esclusivamente ai Comuni espressamente individuati al primo comma, sprovvisti di strumenti urbanistici generali vigenti, o approvati anteriormente al D.M. 1444 del 1968". Questo comportava l'impedimento alla applicazione per i Comuni con strumento urbanistico post '68.
Questo era il parere e argomentazioni che meritano ovviamente rispetto.
Nella discussione di queste settimane non è venuta solo questa argomentazione, ma ne sono venute altre. Sono obiezioni a cui cerchiamo di dare una risposta, sia perché provengono da funzionari del servizio regionale qualificati e preparati sia perché non le sottovalutiamo nel merito. Sono quattro: la prima è quella che ho ricordato e che contempla i Comuni sprovvisti di strumento urbanistico o con strumento urbanistico ante '68 la seconda argomentazione è che l'art. 85 è collocato all'interno del titolo decimo "Disposizioni transitorie e finali", quindi dovrebbe essere applicato una volta sola e non può essere considerato come norma a regime la terza argomentazione è che non può prevalere lo strumento urbanistico adottato su quello vigente, cioè su quello approvato la quarta infine è che non risulterebbe dagli atti del Consiglio la volontà precisa del legislatore.
Riprendo queste argomentazioni anche per sottolineare che la nostra posizione, espressa già nell'interpellanza, non è una interpretazione preconcetta. Parto dall'ultimo punto sulla volontà del legislatore. A noi sembra chiara. La norma originariamente era inserita all'art. 15, venne collocata poi all'art. 85 dopo il dibattito in C.R., con una modifica al titolo, che da "Limitazione transitoria all'attività costruttiva" divent "Disciplina transitoria dell'attività costruttiva". Una mia annotazione nel testo originario dice appunto che è impropria la collocazione all'interno delle disposizioni transitorie. Non è la sola collocazione impropria e riprenderò anche questo punto.
Il senso della norma era chiaro e questo traspare dall'illustrazione fatta dal relatore Simonelli e dagli interventi di Cerutti, di Bontempi e di Picco, e cioè maggior autonomia ai Comuni per alcuni interventi garanzia di intervenire nei casi più delicati, come la ristrutturazione urbanistica o alcuni interventi che possono essere stravolgenti come i nuovi impianti e ristrutturazioni urbanistiche all'interno dei centri storici.
Simonelli nell'illustrazione dell'emendamento diceva che gli effetti conseguono al momento dell'adozione del piano regolatore generale; diceva testualmente: "lo facciamo perché riteniamo i Comuni maggiorenni e tali da decidere interventi che non necessitano di un ulteriore controllo da parte di altri organi". Si è voluto mettere in capo ai Comuni la facoltà di decisione in merito ad alcune scelte o di attuare una parte delle indicazioni del piano regolatore. Torno al primo punto, quello che stabiliva che l'art. 85 comprende solo i Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici oppure quelli dotati di strumenti urbanistici ante 1968. Se andiamo a vedere le tre formulazioni dell'articolo, quella originaria del 1977, quella rivista nel 1980, quella modificata nel 1984, vediamo che non si contemplano mai i casi indicati al primo comma dell'art. 85; infatti la prima formulazione della legge 56 prevedeva solo tre commi, uno dei quali troveremo in tutte le formulazioni: al primo comma si indicavano i Comuni sprovvisti di strumenti urbanistici e le limitazioni maggiori; al secondo comma si prevedevano i Comuni dotati di strumenti urbanistici ante '68 cioè adeguati e si faceva un'ulteriore casistica tra quei Comuni che erano tenuti al P.P.A. e quelli che erano esclusi dallo stesso; infine, il terzo comma, che normava i Comuni con strumenti urbanistici post '68. Questo comma non aveva assolutamente nessun collegamento con il primo, infatti si distingueva tra i Comuni tenuti al P.P.A. (e l'unica limitazione era valida fino all'approvazione del P.P.A. stesso, per nuove costruzioni in aree libere) e i Comuni esclusi dal P.P.A. per questi non c'era nessuna limitazione, potevano applicare interamente il piano regolatore vigente allora.
Questo è un aspetto molto importante e dà una risposta alle obiezioni che erano state sottolineate, non è nemmeno solo una interpretazione nostra, perché anche Barbieri che ha commentato la legge urbanistica sottolinea che la ratio della norma,a suo modo di vedere, dice che le limitazioni devono essere tanto più incisive quanto meno sono adeguati gli strumenti urbanistici; nella sostanza è una posizione opposta a quella che veniva sostenuta nel parere.
La formulazione del 1980 è ancora più diversificata, con delle novità anche molto importanti. Lì si codifica già l'attuazione anticipata del piano regolatore in diversi commi. Addirittura si permette ai Comuni sprovvisti di strumento urbanistico, che adottano per la prima volta il preliminare del piano regolatore, dal momento in cui inviano questo strumento al comprensorio, possono adottare il primo P.P.A., cominciando a dare attuazione al piano regolatore.
Per quanto riguarda la collocazione all'interno del Titolo decimo delle "Disposizioni transitorie e finali", è fuori dubbio che questa norma ha collocazione impropria. Però non è l'unica norma collocata impropriamente all'interno del Titolo decimo, infatti, l'art. 87 si riferisce a "Regolamenti edilizi e criteri regionali per l'edificazione"; è l'unico articolo della legge che norma e definisce il regolamento edilizio mi pare però che il regolamento edilizio è uno strumento che continua nel tempo, anzi è uno strumento flessibile che dovrà essere man mano adeguato per cui questa mi pare una norma a regime.
L'art. 91 "Approvazione degli statuti dei consorzi" tratta ovviamente di Comuni che si consorziano per redigere un piano regolatore intercomunale. Ritengo che se è possibile all'interno della legge 56 prevedere una successiva generazione di piani regolatori, questi sono proprio di quei Comuni che si consorziano per redigere un piano regolatore intercomunale che superi le limitatezze del piano regolatore comunale.
Anche questa è una norma a carattere permanente.
Infine l'art. 91 quater "Tutela dello stato attivo del suolo coltivato", dice tra l'altro che i piani di tutti i livelli previsti dalla presente legge devono assoggettarsi a queste norme, devono individuare aree incolte, aree a bassa fertilità e dettare norme per il trasferimento sulle stesse aree, ai fini del recupero e della bonifica, dello strato di terreno che viene asportato dalle aree cosiddette fertili. Anche questa norma deve valere nel tempo e non per un periodo limitato.
In sede di modifica della legge 56 si erano individuate delle anomalie e si era posto il problema se era più opportuno reiscrivere l'intero Titolo decimo, collocando le varie norme nei Titoli appropriati, oppure se era più utile rinviare il tutto alla reiscrizione dell'intero articolato anche ai fini della sistemazione formale.
In ultimo si pone il problema se è attuabile o meno, anche se in modo parziale, un piano regolatore prima della sua approvazione, e, qualora sia attuabile, se prevalga o meno il vecchio strumento urbanistico sulle indicazioni del nuovo. Ai sensi della legge 1150,uno strumento urbanistico generale non era attuabile che dopo l'approvazione da parte del Ministero o degli organi allora preposti. Con il passaggio alle Regioni però molte innovazioni sono state introdotte e fanno parte oramai del diritto positivo. Ci sono queste innovazioni già nella legge 56 all'art. 85, dove per esempio si dice che i Comuni che hanno trasmesso il piano regolatore al comprensorio possono attuare alcune cose; si dice inoltre che i Comuni non tenuti alla formazione del P.P.A. possono attuare il piano regolatore dopo il voto del C.U.R., prima comunque che il piano sia stato approvato dagli organi preposti.
In termini di diritto positivo esiste una legge dell'Emilia Romagna per la quale il piano regolatore generale può addirittura essere attuato quasi al completo dopo sei mesi dall'invio del piano adottato dal Comune o dai consorzi di Comuni alla Giunta del comprensorio (che nella Regione Emilia Romagna era tenuta all'approvazione degli strumenti urbanisti).
Ho trovato tra le mie carte una memoria scritta dal Servizio dell'Assessorato riferita all'introduzione di questa norma all'interno dell'art. 15, che di fatto avalla la possibilità di attuare anticipatamente il piano regolatore generale.
Un'ultima obiezione sulla prevalenza dello strumento urbanistico vigente sull'adottato. Non sono riuscito a trovare una norma di carattere generale che fissi questo principio. La 1150 non parla assolutamente n della prevalenza del vecchio strumento urbanistico sul nuovo adottato, n della salvaguardia passiva a favore del nuovo strumento urbanistico.
Tra l'altro, da quello che mi risulta,questo non è nemmeno un problema molto discusso in dottrina. Io non ne ho trovato traccia.
Al secondo comma dell'art. 5 della legge 56 si parla di prevalenza del vecchio strumento urbanistico sul nuovo adottato.
Ma questa introduzione meriterebbe un'analisi del tutto particolare. Ci sono norme nazionali in materia di salvaguardia passiva (non so se la dizione è propria o impropria) ma è una salvaguardia a favore delle scelte che il Comune si è dato o che si vuole dare.
La salvaguardia attiva non c'era nella prima legge urbanistica nazionale è subentrata nel dopoguerra, nel 1948 con i piani di ricostruzione. Una codificazione vera e propria è venuta con la legge 1902 del '51 ed è diventata obbligatoria con la famosa legge "ponte".
Ho voluto motivare perché riteniamo giusta l'interpretazione che viene data del quinto comma dell'art. 5.
In questo ultimo mese c'è stata una specie di corsa agli ostacoli perché veniva una proposta poi saltava fuori un'obiezione, poi un'altra obiezione, fino a ieri in Commissione. Spero che con questa approvazione si possa chiudere la vicenda dell'interpretazione del quinto comma dell'art.
5.



PRESIDENTE

La parola a Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Sarà una dichiarazione di voto brevissima perché non mi addentrer negli aspetti tecnici, che pure sono rilevanti, su cui ha voluto diffondersi ampiamente il collega Biazzi. Stiamo parlando di "interpretazione autentica delle norme", attraverso le quali, però, si introducono, a mio avviso, mutamenti sostanziali di indirizzo, che non vengono proposti in quanto tali. Proverò a spiegarmi rapidamente. A prima vista, l' "interpreta-zione autentica" può apparire come una misura finalizzata a non penalizzare quei Comuni che si sono dotati tempestivamente, di strumenti urbanistici. Ciò sarebbe vero se l'art. 85 della Legge n. 56 fosse rimasto come era in origine, il quale recitava che "sono consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b), e c) dell'art.
13", e cioè la manutenzione ordinaria, la manutenzione straordinaria, il restauro e il risanamento conservativo.
In tale caso, ritengo che sarebbe stato giusto permettere che queste attività fossero consentite non solo nei Comuni ancora senza piani urbanistici, a distanza di anni non più giustificabili, ma anche a quei Comuni che li hanno varati da tempo.
Ma, modificando nel 1984 la legge n. 56, si sono estesi gli interventi anche alla lettera d), che riguarda la ristrutturazione edilizia, e alla lettera f) che riguarda il completamento. La lettera d; dell'art. 13 parla di "interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente" (il resto ve lo risparmio) alla lettera f) si parla di "interventi rivolti alla realizzazione di nuove opere su porzioni di territorio già parzialmente edificate". Estendendo la possibilità di intervenire anche nei casi previsti dalle lettere citate attraverso l' "interpreta-zione autentica", ci troviamo, in realtà, di fronte ad un provvedimento (e penso che vada fatto un atto di onestà e di serietà per i nostri lavori) che prefigura la riapertura massiccia dei piani urbanistici dei Comuni e forse anche di vanificare e stravolgere quelli faticosamente realizzati.
Ci troviamo di fronte ad un mutamento di indirizzo che per la verità non è cominciato oggi. E' iniziato già qualche tempo fa, attraverso le modifiche introdotte nella precedente legislatura e che non ci trovano concordi. Si introducono surrettiziamente modifiche sostanziali che hanno rilevanza tale da essere affrontate e discusse con ben maggiore ampiezza.
Per tutte queste ragioni, brevissimamente e schematicamente richiamate il mio voto sarà contrario al disegno di legge proposto.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di intervento pongo in votazione il pdl n. 59.
Articolo unico "Al quinto comma dell'art. 85 della L.R. 5/12/77, n. 56, cosa come modificato dalle leggi 6/12/84, n. 61 e 6/12/84, n. 62, la dizione: 'Comuni che abbiano adottato il Piano Regolatore Generale' va interpretata come comprensiva non solo della categoria dei Comuni sprovvisti di strumento urbanistico o dotati di strumento urbanistico approvato anteriormente all'entrata in vigore del D.M. 2/4/68, n. 1444, citata al primo comma dello stesso articolo, ma anche della categoria dei Comuni dotati di strumento urbanistico approvato dopo l'entrata in vigore del D.M. 2/4/68, n. 1444.
In conseguenza, dalla data di trasmissione alla Regione del Piano Regolatore Generale adottato ai sensi del titolo III della L.R. 5/12/77, n.
56, nei predetti Comuni sono consentiti gli interventi di cui alle lett.
a), b), c), d) dell'art. 13 della citata L.R. n. 56, nonché alla lettera f) dello stesso articolo in aree dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali, come definite dall'art. 91 quinquies, primo comma, lett. b), per destinazioni anche non residenziali, nel rispetto delle previsioni del Piano Regolatore Generale adottato ancorché in contrasto con quelle dello strumento urbanistico approvato" Si passi alla votazione



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto si 43 Consiglieri hanno risposto no 3 Consiglieri L'articolo unico è approvato


Argomento: Opere pubbliche

Esame p.d.l. n. 47: "Modificazioni alla L.R. 21/3/84, n. 18 in materia di opere e lavori pubblici"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 47: "Modificazioni alla L.R. 21/3/84, n. 18 in materia di opere e lavori pubblici".I relatori Consigliere Nerviani e Majorino danno per letta la relazione.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Biazzi, ne ha facoltà.



BIAZZI Guido

Non per fare Catilina e approfittare della vostra pazienza. Anche se questa è una leggina, la Giunta e la Commissione hanno ben presente che è una legge di una certa importanza. Innanzitutto, molto brevemente vogliamo sottolineare che è stato molto positivo il confronto in Commissione con l'Assessore nel merito della legge. Ciò ha permesso di esaminare con attenzione le varie proposte. E' stato accolto un emendamento sostanziale che permetterà la messa a regime della legge. Vogliamo però sottolineare un aspetto negativo: la sospensione dell' applicazione di una legge che il Consiglio regionale ha approvato, anche se di questo non possiamo dare interamente la colpa a questa Giunta che si è insediata nel mese di luglio.
Vogliamo sottolineare che in questi mesi occorrerà lavorare per la predisposizione del piano e dei programmi, in modo da poter mettere a regime la legge stessa col prossimo bilancio. Siamo in presenza di una riduzione delle disponibilità regionali; probabilmente, nel giro di due o tre mesi verrà approvata la nuova legge sulla Finanza regionale che prevede, da parte della Regione, la possibilità di intervenire nella distribuzione delle risorse della Cassa Depositi e Prestiti nella misura del 25% circa. Questo potrebbe significare in un anno, per il Piemonte,risorse da destinare o indicare da parte della Regione nell'ordine delle centinaia di miliardi, se teniamo conto dei mutui che sono stati contratti con la Cassa Depositi e Prestiti dagli Enti locali della Regione Piemonte negli ultimi due o tre anni e della fruizione per il 1986 intorno ai 6.000 miliardi.
Vogliamo sottolineare un aspetto positivo emerso in Commissione. Altre parti della legge sono avviate ad attuazione: la Banca Dati, gli atti relativi al prezziario, l'analisi dei prezzi sul nostro territorio.
L'Assessorato ha governato effettivamente attuando la legge questi aspetti che sono non meno importanti dei piani e dei programmi. Data l'importanza di questa problematica, ci sembra opportuno ritornare a discuterne in Commissione.
Noi abbiamo delle perplessità sull'art. 2, il vecchio art. 3, già manifestate in Commissione, circa la sanatoria in blocco; soprattutto per la retroattività di questa norma. Sappiamo che ci sono dei pareri che dicono come possa essere ritenuta giuridicamente valida. Ci sembra però di dover manifestare queste perplessità, di fronte alla non applicazione di una Legge regionale a tempo vigente.
Questo è comunque un fatto negativo. Probabilmente ha giocato la fase di prima applicazione della legge stessa. Però resta il fatto che si pongono problemi non di poco conto. Si tratta di sanare in blocco una serie di probabili o presunti atti assunti dall'Amministrazione regionale, che riguardano investimenti per centinaia di milioni, o per qualche miliardo.
Noi vogliamo pensare che questa sia soprattutto una norma cautelativa per il caso ipotetico in cui si fossero compiuti atti non in completa conformità alla legge precedente. Una cautela per il periodo trascorso.
E vogliamo, e chiudo, precisare che in ogni caso non può trattarsi di sanatoria per atti assunti del tutto discrezionali dell'Assessore o della Giunta regionale, ma comunque di atti assunti in base alla normativa regionale valida fino all'introduzione della legge 18. Abbiamo poi presentato un emendamento che riguarda l'art. 4.
Pare ci sia una convergenza con la Giunta e con la maggioranza: ci sembra opportuno sospendere l'applicazione solo delle norme relative ai piani e ai programmi. Le altre, che non sono in contraddizione con la messa a regime della legge perché riguardano le procedure, possono continuare a vivere. Il sospenderne l'applicazione creerebbe non pochi problemi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Chiedo scusa ai colleghi che intendevano terminare rapidamente i lavori,li rassicuro, tuttavia, perché il mio intervento sarà brevissimo ma indispensabile dopo la relazione sostitutiva di Biazzi su questo provvedimento e dopo la sua implicita dichiarazione di voto. Su questa legge avremmo preferito non parlare e parleremo molto poco, come ho detto.
L'avevamo ostacolata; ritenevamo che fosse di difficile applicazione e mi pare che i fatti ci diano abbondantemente ragione.
Riferendosi all'art. 2, Biazzi ha commesso un errore chiaramente freudiano; quando ha parlato di non applicabilità della legge voleva dire "non applicazione" della legge nel tempo dal 31 dicembre dell'anno scorso all'agosto di quest'anno.
Il fatto vero è che questa legge non era applicabile. E' anche vero conseguentemente, che è stata disattesa anche dalla Giunta precedente.
Noi chiediamo a questo Esecutivo di operare affinché le leggi siano finalmente facilmente comprensibili e applicabili, chiediamo anche che su questa legge si torni a fare, dopo la sospensiva che si afferma con il presente provvedimento, le opportune riflessioni. Crediamo nella seria programmazione, l'abbiamo detto l'anno scorso, lo ribadiamo ora, ma questa seria programmazione, una volta che è definita, la si deve rispettare e non la si deve eludere. Per quanto attiene all'art. 2, le perplessità sono state ripetutamente manifestate anche da noi in Commissione, ci sono state date assicurazioni sul piano giuridico che l'art. 2 è proponibile ed è sostenibile, pertanto aderiamo alla proposta della Giunta di sostenerlo.
Abbiamo perfetta coscienza della validità di alcuni articoli che già nella scorsa legislatura abbiamo decisamente sostenuto, riteniamo tuttavia e lo diciamo per l'ultima volta, che sarebbe bene fare le opportune meditazioni perché le leggi siano definitivamente, facilmente semplicemente applicabili. Con questa dichiarazione, che costituisce anche dichiarazione di voto, la Democrazia Cristiana si ac-cinge ad approvare il provvedimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Per motivare il nostro voto negativo, richiamerò integralmente la relazione di minoranza che è stata distribuita e che rimane agli atti. La ragione fondamentale del nostro voto contrario risiede nella considerazione che si legge nella relazione accompagnatoria del disegno di legge in forza della quale si rileva che non sempre sono stati compiuti nel pieno e scrupoloso rispetto delle nuove normative atti e procedure, che quindi vanno regolarizzati sotto il profilo formale. E' chiaro che la norma più qualificante di questo disegno di legge modificativo è proprio quella norma il cui titolo consiste nella sanatoria di provvedimenti gia assunti.
Noi non ci sentiamo, prima di tutto per una ragione politica, di sanare dei comportamenti che si sono formalizzati in atti amministrativi sostanzialmente illegittimi. E' stato scritto nella relazione di Giunta che si devono "regolarizzare atti e procedure non sempre compiuti nel rispetto delle leggi". Parlo della relazione di Giunta, perché la relazione di Nerviani usa delle parole più sfumate, si parla di atti e comportamenti contrari allo spirito della legge.
C'è una sottile distinzione; secondo il relatore Nerviani, dopo i lavori in Commissione, ci sarebbe stata una violazione dello "spirito della legge", secondo le parole chiaramente usate nella relazione introduttiva c'è stata una "violazione della lettera della legge e delle procedure usate".
C'è poi un'altra norma che fa capire come in realtà sia esatto quello che è stato scritto nella relazione introduttiva, perché si richiamano in servizio norme già abrogate e si dice: "d'ora in avanti procediamo con le norme abrogate, poi dal primo gennaio 1987 rivivrà la vecchia normativa".
La ragione fondamentale è politica per cui noi non ci sentiamo di sanare atti che sono stati compiuti dal 18 maggio al 2 agosto 1985 dalla Giunta di sinistra e dal 2 agosto ad oggi dalla Giunta pentapartitica.
C'è una ragione di carattere istituzionale che sento alla pari della ragione politica. La legge per sua natura è un provvedimento generale astratto che riguarda il futuro, qui abbiamo una legge che non solo retroagisce, ma che sana atti amministrativi illegittimi, mentre la regola generale per sanare atti amministrativi illegittimi, allorquando l'amministrazione se ne rende conto, e nel nostro caso la Giunta se ne è resa conto, . è quella di ricorrere al principio dell'autotutela, rifacendo gli atti sanandoli. E' prevista la sanatoria degli atti illegittimi allorquando l'amministrazione se ne rende conto.
La ragione fondamentale del nostro voto contrario risiede in questa considerazione e nell'altra considerazione, sempre di carattere legislativo istituzionale; pare dubbio che norme abrogate con la legge marzo 1984 possano essere puramente e semplicemente richiamate e fatte rivivere.
Queste norme non appartengono più all'ordinamento, ma su questo avrà modo di soffermarsi l'organo di controllo. Io mi limito ad accennare alla questione non certo di tutto riposo e di tutta tranquillità.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerutti.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Rispondo brevemente a due osservazioni che il collega Majorino ha fatto nella sua relazione.
Il termine usato dai funzionari si riferisce ad atti che non sono illegittimi perché compiuti al di fuori delle norme, ma perché erano in itinere e che dovevano essere restituiti ai Comuni nel momento in cui la legge n. 18 entrava in vigore.
Sapete che una delle innovazioni della legge n. 18 era l'approvazione autonoma dei progetti da parte dei Comuni. Parecchi di questi atti erano in itinere, avevano ottenuto l'approvazione da parte del Genio Civile e aspettavano il decreto dell'amministrazione regionale. Si dovevano rimandare i progetti e farli riapprovare, oltretutto, in un periodo elettorale e postelettorale nel quale si stavano definendo le nuove maggioranze. Questo avrebbe creato non pochi problemi.
La legge n. 18 non prevedeva una "prorogatio" o una norma che contemplava questo passaggio repentino da una normativa all'altra perché si è inteso di chiudere questo iter, che era stato iniziato con un'altra legge, comunque, nel rispetto della legge.
"Illegittimo" è un termine improprio.
Non si volevano creare disagi, ulteriori rinvii. Il collega Majorino ha usato il termine "autotutela", in effetti, con lo spostamento dell'entrata in vigore della legge si coprirebbero come atto di autotutela questi atti.
Perciò nessuna remora sull'aspetto programmatico, nessuna remora su aspetti di responsabilità penale o altro, ma soltanto un perfezionamento di atti amministrativi.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione dell'articolato.
Art. 1 "L'art. 34 della legge regionale 21/3/84, n. 18 è abrogato e sostituito dal seguente: Art. 34 - (disposizioni finanziarie) - Con decorrenza dal 1/1/87 agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si provvede mediante l'istituzione di apposito capitolo tra gli oneri non ripartibili avente la seguente denominazione: 'Fondo regionale per il finanziamento di opere e lavori pubblici e di interesse pubblico', il cui stanziamento viene fissato con la legge di bilancio.
In deroga al disposto dell'art. 42 della L.R. 29/12/81, n. 55 sono autorizzate variazioni con atto amministrativo per il prelievo di somme dal predetto fondo da iscrivere nei capitoli specifici dell'area di attività e delle singole aree di intervento".
Si passi alla votazione



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 hanno risposto si 43 Consiglieri hanno risposto no 2 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri L'art. 1 è approvato.
Art. 2 (Sanatoria dei provvedimenti già assunti) "Sono fatti salvi gli atti compiuti nel periodo intercorrente fra l'entrata in vigore della L.R. 18/84 e l'entrata in vigore della presente legge in conformità alle leggi riportate nell'art. 33 della citata L.R. 18/84. Sono altresì validi gli atti conseguenti a provvedimenti già assunti sulla base della precedente normativa dagli organi regionali alla data di entrata in vigore della presente legge".
Si passi alla votazione



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto si 30 Consiglieri hanno risposto no 5 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri L'art. 2 è approvato.
Art 3 (Modificazioni dell'art. 12 della L.R. 18/84) "Il disposto di cui alla lett. b) del primo comma dell'art. 12 della L.R.
18/84 è sostituito come appresso: b) contributi in annualità fino alla misura e alla durata occorrente al totale ammortamento del mutuo".
Si passi alla votazione



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 47 hanno risposto si 41 Consiglieri hanno risposto no 3 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri L'art. 3 è approvato.



PRESIDENTE

La Giunta ha presentato un emendamento aggiuntivo dopo l'art. 3 che diventerà art. 3 bis.
L'emendamento recita: l'ultimo comma dell'art. 18 della L.R. 18/84 è sostituito dal seguente: "L'atto amministrativo di approvazione dei progetti o di concessione del contributo per la realizzazione di opere e lavori pubblici in zone soggette a vincolo idrogeologico costituisce anche autorizzazione ai sensi della L.R. 12/8/81, n. 27. Le opere e lavori pubblici di cui all'art. 2 della L.R. 19/11/75 n. 54, comunque finanziati, non sono soggetti alle procedure previste dalla L.R.' 12/8/81, n. 27".
Ha chiesto di parlare il Consigliere Rivalta, ne ha facoltà.



RIVALTA Luigi

Vorrei capire il significato di questo emendamento.



CERUTTI Giuseppe, Assessore ai trasporti

Nel programma indichiamo le opere che sono soggette a vincoli, che devono seguire le procedure della legge 27, e quelle per le quali non è necessario questo vincolo.
La legge 18 prevede il decreto del Presidente. Non per tutti gli atti c'è il decreto, infatti per gli atti della Comunità Montana c'è un atto amministrativo e un decreto per il finanziamento delle opere. Si è dovuto inserire "l'atto amministrativo" o "la concessione del contributo" al posto del semplice decreto, come recita l'art. 18.
Come era previsto nella legge 54, il secondo comma prevede la loro esclusione dai vincoli della legge 27, per opere di sistemazione idraulico forestale, rimboschimenti e rinsaldamenti di terreni ed opere costruttive immediatamente connesse con la ricostruzione di boschi deteriorati, lavori di difesa contro la caduta di valanghe e alcune opere idrauliche a difesa degli abitati.
Erano opere che la legge 54 prevedeva con possibilità di procedura immediata.
La legge 18 prevedeva per tutte le opere una, istruttoria doppia sia da parte degli uffici del Genio Civile, del servizio geologico sia forestale in sostanza tutto l'iter burocratico per lo svincolo della legge 27.
Si precisa che le opere previste dall'art. 2 e dalla legge 54 non siano soggette allo svincolo della legge 27, mentre qualsiasi atto amministrativo attraverso la programmazione che è prevista dalla legge 18 vengono selezionate tra opere soggette alla legge 27 e opere che non sono tenute a questo vincolo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione per alzata di mano l'emendamento aggiuntivo.
E' approvato con 25 voti favorevoli, 4 contrari e 11 astensioni. Passiamo alla votazione dell'art. 3 bis



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto si 29 Consiglieri hanno risposto no 5 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri L'art. 3 bis è approvato.
Art. 4 (Norma transitoria) "L'applicazione degli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 13, 15, 19, della L.R. 18/84 è sospesa fino al 31/12/86.
Fino a tale data sono da considerarsi in vigore - in deroga a quanto previsto al secondo comma dell'art. 33 della L.R. 18/84 - le norme di finanziamento e di programmazione di cui alle LL.RR. elencate nel citato secondo comma dell'art. 33 della L.R. 18/84".
I Consiglieri Biazzi e Guasso presentano il seguente emendamento: al primo comma dell'art. 4, dopo le parole "l'applicazione degli artt. 4 5, 6, 7, 8" sono soppressi i numeri "13, 15, 19".
Chi è favorevole all'emendamento è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 39 voti favorevoli, 2 contrari e 3 astensioni.
Si passi alla votazione dell'articolo così emendato.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto si 39 Consiglieri hanno risposto no 3 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
Art. 5 (Urgenza) "La presente legge è dichiarata urgente, ai sensi dell'art. 45, sesto comma, dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione".
Si passi alla votazione.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto si 39 Consiglieri hanno risposto no 3 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri L'art. 5 è approvato.
Procediamo alla votazione dell'intero testo di legge.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 46 hanno risposto si 30 Consiglieri hanno risposto no 5 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri L'intero testo di legge è approvato.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione degli astronauti periti nel rogo dello Shuttle


PRESIDENTE

Signori Consiglieri ritengo doveroso ricordare la terribile tragedia dello Shuttle.
Si può essere d'accordo o no sulle missioni e sulle sperimentazioni scientifiche che le super potenze realizzano. C'è chi dice in America che prima di scoprire il cielo occorre scoprire la terra.
Sono però sperimentazioni importanti a cui conseguono risultati altrettanto importanti rispetto ad un mondo che fino ieri ci era del tutto sconosciuto.
Ci ha colpito la tremenda vicenda come ci aveva colpito la terribile vicenda sovietica che si accompagnava alla scomparsa del primo astronauta che aveva violato, se così si può dire, l'infinito e aveva scoperto per primo l'extra terrestre.
Noi siamo vicini alle famiglie, vicino al popolo americano partecipiamo a questo tremendo dolore e ci auguriamo che gli esperimenti futuri avvengano nella sicurezza totale degli uomini. Ci inchiniamo alla memoria delle vittime.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati - Resistenza

Ordine del giorno relativo alle offese rivolte dall'on. Almirante ai partigiani del Corpo Volontari della Libertà


PRESIDENTE

Propongo l'iscrizione all'o.d.g. un Ordine del giorno presentato dai Consiglieri Bontempi, Ferrara, Brizio, Marchini, Cernetti, Tapparo, Ala Mignone e Staglianò, relativo alle offese rivolte dall'on. Almirante ai partigiani del Corpo Volontari della Libertà.
Chi è favorevole all'iscrizione è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 39 voti favorevoli, 1 astensione (2 Consiglieri non partecipano alla votazione).
Chi intende illustrarlo? Il Consigliere Bontempi ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Abbiamo proposto questo O.d.g. e abbiamo registrato con soddisfazione la piena assonanza di tutti gli altri Gruppi dell'arco costituzionale e democratico. Riteniamo che di fronte alle gravissime affermazioni fatte a Milano dal Segretario del M.S.I.. non possa che scaturire, anche dalle assemblee elettive, la promozione di un'azione di sensibilità e di reazione democratica. Sarebbe un grosso guaio se con il pretesto del lungo tempo passato dimenticassimo i valori fondanti della nostra Costituzione, del nostro patto sociale.
Non entro nel merito dell'O.d.g., richiamo solo l'opportunità che si esprima un voto oggi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Presidente, colleghi Consiglieri, mi limiterò nella materia di questo Ordine del Giorno a leggere una breve e meditata dichiarazione che riflette fedelmente il pensiero dell'intero nostro Gruppo.
Al riguardo rilevo anzitutto che il discorso del nostro Segretario Nazionale,pronunziato a Milano, ha investito tutte le tematiche politiche di attualità, ovviamente dalla nostra angolazione, che si possono condividere o non condividere, tant'è vero che in maniera articolata si è soffermato a lungo a mettere in evidenza la ormai manifesta crisi del governo Craxi, che conduce in porto una legge importante come la legge finanziaria a colpi di mozioni di fiducia.
Questa è la sostanza, questo è il contenuto vero e reale del discorso diretto ai quadri dirigenti del nostro partito e alla cittadinanza milanese.
Questa premessa è necessaria perché sembra che l'intero discorso, che è durato circa due ore sia stato un discorso retrospettivo.
Fatta questa premessa appare molto evidente che l'O.d.g.
originariamente del Gruppo comunista, ma poi fatto puntualmente proprio da tutte le altre forze presenti in Consiglio, è chiaramente strumentale in quanto, isolandolo dal contesto del discorso, coglie nello stesso discorso un inciso di valutazione concernente la guerra civile e lo coglie ai fini di riproporre la anacronistica tesi dell'abbraccio universale in nome dell'antifascismo e al fine di cogliere un'altra occasione, un'ennesima occasione, per emarginare e demonizzare l'opposizione di destra.
Se il Gruppo comunista e gli altri Gruppi politici che hanno sottoscritto l'Ordine del giorno, vorranno,in un futuro vicino o lontano organizzare una tavola rotonda che abbia per oggetto la guerra civile in Italia nel periodo 1943/'45, su quelle valutazioni storiche ci sapremo collocare responsabilmente e esprimeremo la nostra valutazione e il nostro punto di vista.
Su questi fatti storici di quarant'anni fa c'è una numerosa pubblicistica e, per rimanere al Piemonte, c'è una recentissima pubblicazione a cura del Consiglio regionale del Piemonte stesa da un gruppo di ricercatori, non certo della nostra parte politica,con il titolo "Giustizia penale e guerra di Liberazione".
Senza complessi questo gruppo di ricercatori titola uno dei principali capitoli: "Collaborazionisti e partigiani di fronte alla giustizia penale" ed esamina tutte le sentenze che fra il 1945 e il 1952 furono di condanna penale per soggetti che militarono dall'una e dall'altra parte della barricata.
Quindi sul piano delle valutazioni storiche di quarant'anni fa noi siamo disponibili, ognuno responsabilmente trarrà le sue conclusioni.
In questa sede istituzionale noi non siamo disponibili a farci strumentalizzare e quindi non partecipiamo al voto.



PRESIDENTE

Comunico che i Consiglieri Bontempi, Sestero, Bosio, Marchiaro Rivalta, Guasso, Adduci, Avondo e Dameri, ritirano l'Ordine del giorno sullo stesso argomento.
Passiamo quindi alla votazione dell'Ordine del Giorno il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte appreso dagli organi di informazione delle gravissime offese rivolte dal Segretario del MSI, on. Giorgio Almirante, ai partigiani del Corpo Volontari della Libertà con la citazione testuale delle parole di Mussolini 'il ladrocinio e l'assassinio sono l'emblema dei partigiani', durante la riunione al Teatro Lirico di Milano esprime la più ferma condanna per tali espressioni e comportamenti che costituiscono un inaudito, inaccettabile attacco a un patrimonio di storia e di valori su cui si fonda la Costituzione repubblicana sottolinea con vivo allarme come tale episodio non costituisca un fatto isolato, ma si inserisca in un quadro di manifestazioni - messo in rilievo anche dalla Commissione di inchiesta del Parlamento Europeo - che testimoniano di una pericolosa recrudescenza del fascismo in Italia e in Europa; a conferma di ciò valgono anche le arroganti dichiarazioni del criminale nazista Reder che offendono la memoria dei martiri di Marzabotto e l'alta prova di tolleranza dimostrata da quelle popolazioni esprime la necessità che le istituzioni democratiche, anche per il tramite dei mezzi di comunicazione di massa, promuovano una profonda, vasta e continua azione di orientamento soprattutto rivolta ai giovani, affinch non si disperda la memoria storica di un periodo tanto tragico per l'Italia e per l'Europa, quale fu quello del fascismo e del nazismo e affinché su tale memoria si costituiscano e si rafforzino i valori dei presenti, per la pace e la fratellanza umana si impegna ad attuare, avvalendosi del Comitato della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana, ogni iniziativa volta al raggiungimento di questi obiettivi fa appello alle forze democratiche per una costante azione di vigilanza e di mobilitazione contro i rigurgiti del fascismo invita le Assemblee elettive del Piemonte a sviluppare un comune impegno per un attivo recupero storico delle ragioni permanenti dell'antifascismo".
Chi è favorevole a tale Ordine del giorno è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 36 voti favorevoli (2 Consiglieri non partecipano alla votazione).
I lavori terminano qui. Il Consiglio è convocato per i giorni 6 e 7 febbraio p.v.


Argomento:

Ordine del giorno relativo alle offese rivolte dall'on. Almirante ai partigiani del Corpo Volontari della Libertà

Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 15,45)



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