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Dettaglio seduta n.3 del 17/07/85 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CERCHIO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, il processo verbale dell'adunanza consiliare del 2 luglio 1985 s'intende approvato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

a) Congedi



PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale", comunico che sono in congedo i Consiglieri Ala e Devecchi.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

b) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Le deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 19 21, 22, 25, 26 e 27 marzo; 2, 9, 11, 18, 23, 26 e 30 aprile; 3, 14, 16, 21 23, 28 e 30 maggio; 4, 6, 11, 13 e 20 giugno; 2 e 4 luglio 1985 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/78 n. 65 - sono depositate e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Difensore civico

c) Scadenza dall'incarico di Difensore Civico


PRESIDENTE

Informo il Consiglio regionale che il 15 luglio è scaduto, per compiuto triennio, l'incarico del Difensore Civico, per il quale era stato designato, con deliberazione del Consiglio regionale n. 298 del 17 giugno 1982, il dr. Vittorio De Martino.
Su sollecitazione dello stesso Difensore Civico, i Presidenti dei Gruppi hanno esaminato il problema e hanno concordato sulla opportunità che il dott. De Martino, come peraltro è previsto dall'art. 15 della L.R.
2/12/81, n. 50, continui ad esplicare le sue funzioni sino alla nomina del successore, nomina peraltro a cui il Consiglio regionale non può procedere finché non sarà eletta la Giunta regionale.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

d) Costituzione Giunta delle Elezioni


PRESIDENTE

Comunico che la Giunta delle Elezioni, nominata nella seduta del Consiglio regionale del 2 luglio, alla quale spetta di verificare la condizione di eleggibilità dei colleghi Consiglieri, si è riunita questa mattina eleggendo nel proprio seno un Presidente, due Vicepresidenti, un Segretario, secondo quanto indicato dall'art. 15 del Regolamento.
I nominativi sono:



PRESIDENTE

Presidente Germano Benzi



PRESIDENTE

Vicepresidenti Armando Devecchi



PRESIDENTE

M.Grazia Sestero



PRESIDENTE

Segretario Angelo Pezzana


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto: Elezione del Presidente e della Giunta


PRESIDENTE

Passiamo al punto 3) all'o.d.g. "Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto: Elezione del Presidente e della Giunta".
Non essendo pervenuto a questa Presidenza alcun documento a supporto dell'elezione del Presidente della Giunta e della Giunta, in questa seduta a seguito di quanto si è concordato nella Conferenza dei Capigruppo, si aprirà un dibattito su questo tema, secondo la metodologia richiesta dai vari Gruppi.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, premetto che la richiesta di parola segue a quanto abbiamo sentito nella riunione dei Capigruppo, che è inedito, straordinario, ma anche inammissibile.
Questa è una riunione in cui si sarebbe dovuto presentare il documento programmatico e la formazione della Giunta, invece la costituenda maggioranza rinuncia a parlare per prima per spiegare i motivi per cui il documento programmatico non è stato presentato, perpetuando la tecnica della sottrazione dell'informazione e quindi del confronto. Questo va denunciato con severità. Peraltro, di fronte al fatto che nella riunione dei Capigruppo mi sono trovato di fronte a una specie di muro di gomma, noi riteniamo di dover fare subito la nostra parte sapendo che la irritualità di questa procedura non può durare a lungo, anzi, è già durata persino troppo. Sono trascorsi 65 giorni dalle elezioni, si sono tenute due sedute di Consiglio a vuoto e rischiamo di slittare ulteriormente e di superare il periodo feriale. Non è vero che non sia successo nulla, certo, non è successo nulla di utile alle istituzioni, alla loro autorevolezza e alla loro credibilità, non è successo nulla di utile per risolvere i problemi concreti della gente, non è successo nulla di utile per la trasparenza, per la fecondità di un confronto democratico, come dimostra l'avvio di queste sedute consiliari, salvo che si ritenga utile il walzer delle informazioni giornalistiche, che assomigliano tanto ai bollettini di guerra su incontri che di giorno in giorno vengono annunciati come decisivi (ne ho già contati sette o otto, ce ne sarà un altro domani), incontri decisivi per la sorte del Piemonte e della Giunta, ma il giorno dopo smentiti da dichiarazioni diverse, anzi, da segni preoccupanti di contraddizioni e anche di lacerazione. Ieri su "Stampa Sera" addirittura c'era l'annuncio che ci sarebbe stata la firma del documento programmatico i cui contenuti continuiamo a non conoscere.
Nulla di utile, salvo che si ritengano utili queste cose o le dichiarazioni di auspicio da parte dei protagonisti.
Devo denunciare questo come segno di debolezza e anche d'impotenza. A 65 giorni dal voto, mentre nei primi giorni è andata avanti, in modo pomposo e roboante, la trattativa, negli ultimi giorni i giornali hanno evocato auspici.
Il Segretario provinciale della DC si appella al buon senso. Altri protagonisti della trattativa, che sembrano persino più diretti di lui dicono che bisogna evitare altri rinvii. Siamo d'accordo, ma c'è un problema: a chi lo dicono? Lo dicono a loro stessi, non certo a chi non partecipa alla trattativa. Questi segnali contribuiscono largamente a generare confusione, stato di incertezza, mettono disagio e malessere nella trattativa certamente complessa. Non è vero che non è successo nulla di utile, però è successo qualche cosa che si può ricondurre facilmente alla nota figura della profezia che si autoavera. Mi spiego. Avevamo parlato nello scorso Consiglio di partenza drogata del pentapartito, insensibile addirittura ad una lettura attenta dei risultati del voto, poco incline a considerare i problemi reali, il loro spessore, le questioni di programma e di contenuto e anche di indirizzo politico che le varie forze si potevano dare. Avevamo parlato di un sistema delle diffidenze e soprattutto avevamo denunciato - e qui lo voglio dire con più forza, più nettezza e anche con severità - l'inaccettabilità di un metodo che alla fine avrebbe provocato come sta purtroppo provocando, effetti distruttivi sulla istituzione. Noi continuiamo a denunciare il metodo della trattativa a Roma, non lo tolleriamo, non lo ammettiamo. Pietose bugie sono state dette su questo conto, addirittura si sta configurando una specie di trattativa itinerante degli emigranti. Si è detto che in realtà si tratta di torinesi emigrati a Roma, quindi la trattativa si fa là. La trattativa si sta facendo a Roma e lo dimostra il fatto che l'incontro di oggi, nuovamente spacciato per decisivo, è un incontro romano. La inaccettabilità del metodo non è solo in questo, è nei veti contrapposti sui vertici. Non a caso ho parlato di effetto distruttivo sulle istituzioni regionali.
Come si può pensare che il Presidente di una Giunta regionale, per il ruolo che nel nostro ordinamento ha la Regione, diventi una variabile dipendente, ad esempio, del Sindaco di Torino, della sua casacca politica della sua collocazione? Ed ancora: vuoto di contenuti, sottrazione dell'informazione democratica e quindi sottrazione al confronto. Apro una parentesi. La risposta a queste osservazioni nette e non equivoche è stata: in tutta Italia è così. Ci sono situazioni in cui gli accordi si sono fatti, anche nella nostra Regione, ad esempio ad Alessandria. A Firenze la lunghezza della trattativa dipende dall'incertezza della prospettiva politica. A Bologna i contenuti sono stati proposti ma la questione è su un partito: se il PSI entra o meno in Giunta. Qui in Regione abbiamo una situazione di numeri ad alto livello di sicurezza, una partenza che abbiamo definito drogata, se non vi piace la definiamo lanciata, abbiamo invece un atteggiamento che di fatto si è arenato e ha accettato che tutto venisse rimesso altrove in omaggio ad una concezione - questa è la seconda osservazione - che non accettiamo e che ci sembra pericolosamente invece sedimentarsi attraverso un atteggiamento rinunciatario, a volte anche cinico, per cui si accetta che le Regioni vengano portate di fatto alla loro fine delegando a pochi e su poche cose a Roma e a qualche vertice la questione che riguarda invece gli interessi della popolazione l'espressione del voto dei cittadini, il confronto tra le forze politiche.
Siamo in tempi grami, ma il modo in cui stanno andando le trattative per le Giunte in Piemonte è un indicatore pericoloso in questi tempi grami.
Vediamo poca ribellione, poca reazione. La politica si riduce a una cosa di pochi. Pensate alla ricchezza, alla fecondità che appartiene al processo di discussione democratica, al valore intrinseco delle autonomie; patrimonio che viene espropriato, portato via, sottratto con conseguenze nefaste sui partiti. Tre anni fa, l'on. Bozzi, persona di cui ho grande rispetto, ha tenuto per il PLI una conferenza sulle Regioni. Quello che diceva Bozzi lo voglio riprendere: "Il dato più pericoloso è che il centralismo sta annullando la possibilità di una crescita forte ed autorevole di una classe politica regionale". Questo è il punto. Le trattative fatte a Roma, le trattative itineranti, aeree non sono forse la più grande contraddizione non sono forse l'avallo ad impedire che cresca una classe politica regionale? Abbiamo qui colleghi che sanno quello che dicono, che sanno cosa proporre, che però non sono in grado di darci sufficienti informazioni su quello che sta succedendo. Ma non è così dappertutto. Noi non la vogliamo accettare questa situazione e ribadiamo la richiesta che con trasparenza e con pubblicità venga riportato in Piemonte il fuoco della trattativa.
Qualche cosa è accaduto, nulla di utile, ma qualche cosa è accaduto.
Tocca a noi rimarcare che l'alleanza di pentapartito sta perdendo quel carattere di strategia che molto pomposamente aveva rivendicato all'inizio.
Ho sentito in televisione ieri sera l'intervista al Segretario provinciale del PSDI. Egli ha detto testualmente, a motivazione anche del ritiro della delegazione del PSDI dal tavolo delle trattative, che il PSDI non ci sta ad un pentapartito inteso come momento tattico, ci sta solo ad una strategia.
Non interessa sposare questa o quella versione, mi pare però che abbia colto nel segno. D'altra parte guardiamo quello che sta avvenendo, vediamo pezzi perduti qua e là in Piemonte rispetto ad un inizio pomposo, anche un po' arrogante (li abbiamo visti nella riunione dell'Ufficio di Presidenza) ci sono poi le ragioni di fondo. Le alleanze si formano attraverso due o tre elementi, un grande slancio di prospettiva, elementi soggettivi di intenzione e di volontà e soprattutto la cura e l'individuazione dei nodi programmatici su cui costruire lo stare assieme e poi ancora la ripartizione dei pesi. Il dato che nota chiunque, non solo noi, è la perdita di carattere strategico e il rischio che questa concorrenzialità spinta all'eccesso sta provocando anche in periferia l'esclusione, ad esempio, del PLI dove è troppo forte, del PSDI o dove è troppo forte o dove è troppo debole. Il sistema delle diffidenze, il mero terreno della spartizione del potere mi richiamano una trasmissione molto felice di Arbore in cui le sorelle Bandiera si spingevano dicendo: "fatti più in là".
A me sembra questo lo spirito, ma non è certo lo spirito che costruisce il fondo e lo zoccolo di una coalizione. Già si dice: "non durerà questo pentapartito". Voglio ricordare che, pochi giorni dopo il voto, alcuni rappresentanti delle forze politiche ci dissero: "partiremo bene perch alcuni partiti non sono più determinanti". Quando si parte già con questa riserva mentale, quando si costruisce il lavoro con il metodo che ho espresso, è difficile pensare che il valore della strategia possa contare.
Il Gruppo PCI, per il suo peso e per le sue responsabilità, non tollera che vada oltre questo degrado istituzionale. Due volte così, con questi modi, non solo in funzione del tempo, è una lesione non facilmente rimarginatile anche sul piano dell'immagine delle istituzioni. Noi abbiamo ritenuto con alcuni brevi interventi di portare qui alcune urgenze, non portiamo un programma, tocca ad altri farlo, non ci prestiamo ad azioni velleitarie o finte. Certo, sulle urgenze che hanno collegamento con i problemi della gente, che attendono la soluzione del problema politico alla Regione, verranno portate in brevi interventi che, anche sul piano del metodo, vogliamo innovare sul modo di collocarci nel Consiglio regionale.
Mi limito a ricordare alcuni temi di grande urgenza: la parte istituzionale l'attuazione della legge di riforma delle autonomie che abolisce i Comprensori (la scadenza è a dicembre) e la messa in opera del comitato misto c'è da applicare la legge e il regolamento d'attuazione della legge sugli appalti. Si tratta di dare o di non dare soldi ai Comuni, si tratta di istituire o di non istituire la banca dati ci sono scadenze vicine (addirittura al 30 settembre per la legge sulle nomine) occorre riapprovare leggi importanti di delega sui trasporti sull'artigianato, che sono state rinviate dal Governo.
Di fronte a questo vuoto di confronto, temo anche vuoto di prospettive partire più piano vuol dire forse costruire più solidamente, partire con arroganza e con velleità vuol dire anche fare dei tonfi. Noi non stiamo fermi, crediamo che la situazione di confusione istituzionale che si è venuta a verificare debba essere rimossa, soprattutto alla luce del forte rischio che la comunità piemontese, per i giochi a Roma di qualche personaggio, debba attendere la soluzione dei suoi problemi fin dopo le ferie. E' una battuta a cui noi non staremo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carazzoni.



CARAZZONI Nino

A sessantacinque giorni dalle elezioni del 12 maggio, dobbiamo constatare, ancora una volta, che a nessun risultato positivo sono approdate le trattative in corso per la formazione della nuova maggioranza nell'ambito del pentapartito. Ne siamo letteralmente disgustati: l'espressione può anche apparire forte o comunque non abituale in chi sedendo in questa assemblea regionale da quindici anni, sempre si è sforzato (ed i colleghi che ci conoscono possono darcene serena testimonianza) di parlare un linguaggio moderato, pur nella più accesa polemica politica; e tuttavia altro modo non troviamo per definire questa vergognosa situazione di stallo, che sempre più va scandalizzando, ed a ragione, l'opinione pubblica piemontese.
Nell'ultima conferenza dei Presidenti di Gruppo, programmandosi l'odierno dibattito, è affiorata la tesi di fare luogo oggi ad interventi più articolati di quelli della precedente seduta. Non siamo stati,né siamo di questa opinione. Crediamo, anzi, che di parole se ne siano già spese anche troppe durante due avvilenti mesi di trattative senza sbocco; e che occorra, invece, dire adesso poche, chiare e definitive cose.
Per richiamare anzitutto - in linea di principio ed a fronte di quello che qui sta accadendo - la bontà e la validità della riforma istituzionale propugnata dal MSI con l'elezione diretta del Sindaco, del Presidente della Provincia, del Presidente della Regione, che - investiti da tanta legittima autorità autenticamente popolare - verrebbero in tal modo sottratti ai condizionamenti, ai veti incrociati, ai ricatti dei partiti, di cui proprio i casi di Torino e del Piemonte offrono clamorosa ed evidente dimostrazione. E per denunciare poi - in linea di merito - i limiti assurdi, paradossali, degradanti di questa vicenda che lascia ancora senza un esecutivo nella pienezza dei suoi poteri il massimo Ente locale piemontese, anche se da più parti si viene ora affermando che gli ostacoli sono quasi superati e che ormai prossima è la stretta finale, avviata a concludersi con la formazione di governi omogenei ai tre livelli di Comune Provincia e Regione.
Noi abbiamo qualche dubbio in proposito, avvalorato anche dalla recentissima presa di posizione della Federazione torinese del PSDI che sembrerebbe essersi ritirata dal tavolo delle trattative. Ma se anche ci fosse vero, se anche ciò avvenisse entro la fine di luglio - tanto da permettere ai vari Consigli di partire beatamente per le vacanze.., dopo una vacanza che si è protratta per più mesi - ebbene, resterebbero pur sempre consegnate, senza più possibilità di revisione alcuna, alla cronaca ed alla storia della quarta legislatura regionale queste negative impressioni che vogliamo ora rapidamente elencare: 1) l'impressione, mortificante, di un pentapartito che - pur non avendo trionfato nelle elezioni, al contrario di quanto superficialmente affermato da troppi già all'indomani del 12 maggio - ciò non di meno era stato gratificato da una fiducia elettorale che gli consentiva di formare una nuova maggioranza ma che tuttavia, in questi due mesi, ancora non ha avuto la determinazione, la capacità, la sensibilità, di cogliere prontamente il segnale di novità uscito dalle urne con la clamorosa sconfitta delle "Giunte rosse" 2) l'impressione, mortificante, di un pentapartito che - dovendo e volendo porsi come alternativa alle coalizioni di sinistra - consente per in conseguenza della sua interna litigiosità, la sopravvivenza oltre ogni termine lecito di un esecutivo egemonizzato dal PCI: che, infatti, per l'istituto della "prorogatio", continua a rimanere tutt'ora in carica, pur avendo ben tre Assessori, non più rieletti, libero di deliberare senza alcun controllo del Consiglio non dal 12 maggio ma - giova ricordarlo - sin dal 28 marzo scorso 3) l'impressione, mortificante, di un pentapartito che punta a realizzarsi non attorno a concreti indirizzi programmatici, di cui sinora non si è sentito parlare, ma a seguito di una farmacistica suddivisione del potere: per cui, dopo aver ascoltato e letto tante solenni dichiarazioni di volontà rinnovatrice, di serietà comportamentale, di trasparenza amministrativa oggi si viene a scoprire che motivo del contendere sono solamente gli Assessorati in Giunta, i posti nelle banche, le poltrone del sottogoverno. Poi, se e quando tutti gli appetiti verranno saziati, allora si getterà su tutto questo lo spolverino di un qualunque programma: che però - vogliamo dirlo sin da adesso - non potrà avere credibilità alcuna proprio per le vicende che ne hanno preceduto il varo; e che, pertanto, noi saremo costretti ad esaminare e a giudicare nell'ottica di questi precedenti 4) l'impressione, mortificante, di un pentapartito che, per nascere ed ammesso che nasca, ha subordinato tale sua nascita a soluzioni di carattere nazionale non riguardanti in alcun modo il Piemonte: tant'è vero che la crisi regionale verrà risolta soltanto con lo scioglimento del nodo comunale, cioè del "colore" attribuito al futuro Sindaco di Torino, il che a sua volta dipende dalla sistemazione che, sempre nazionalmente, verrà data ai grandi Comuni d'Italia. Intanto, i gravi problemi della Regione occupazione, casa, sanità, trasporti solo per citarne alcuni - vanno facendosi sempre più urgenti e drammatici, nell'esasperante attesa che lor signori si mettano finalmente d'accordo! 5) l'impressione, mortificante, di un pentapartito che, per badare ai propri particolari interessi, se ne "strafrega" - ci si scusi il termine brutto ma tuttavia efficace - del rispetto dovuto alle istituzioni: ne è prova il fatto che questo Consiglio regionale, da settimane e settimane, è privato di ogni sua capacità decisionale; costretto ad assistere quale spettatore impotente al balletto degli incontri, dei comunicati, delle dichiarazioni che si intrecciano tra le segreterie, provinciali, regionali e nazionali, delle diverse forze politiche; chiamato, alla fine, ad un atto di mera ratifica delle deliberazioni che, se verranno prese, saranno state decise altrove, in altro luogo, nel chiuso delle sedi di partito. In questo clima di stagnazione e di paralisi, persino l'Ufficio di Presidenza, eletto un mese fa, rimane in carica con il carattere della provvisorietà, retto da un Vicepresidente vicario perché il Presidente del pentapartito è, al tempo stesso, ancora a capo della Giunta di sinistra; con un Segretario che è contemporaneamente, anche Assessore; con altri suoi componenti che si considerano "in transito", aspiranti come sono ad entrare nella futura coalizione di governo... In qual modo si può sperare che, operando in siffatta maniera, le istituzioni abbiano a poter resistere, a rivitalizzarsi, a riacquistare in credibilità? 6) infine, l'impressione, mortificante, di un pentapartito che, oltre al danno procurato con la troppo lunga stasi politico-amministrativa, offre anche le beffe di prendersi gioco dell'opinione pubblica con le ricorrenti ampollose "denunce" - raccolte ed amplificate da una stampa compiacente priva ormai di ogni senso della misura - dei vari La Ganga, Romita, Zanone Spadolini o Piccoli, che, proprio loro, vengono qui a dirci come occorra fare presto, come diventi urgente concludere, come sia necessario non perdere altro tempo: ma forse che loro non sono i primi ed unici responsabili dei mancati accordi? E forse che nelle proteste contrastanti dei cinque partiti da loro rappresentati non deve essere individuata la sola causa dell'immobilismo cui è stata condannata, sino ad oggi, ogni attività in Piemonte? Ecco, queste sono le impressioni negative che volevamo manifestare. Se comunque e quando questa squallida vicenda giungerà a termine, non si potranno in alcun modo cancellare o dimenticare; e da esse non sarà consentito prescindere per un giudizio conclusivo circa la nuova maggioranza che verrà a formarsi.
Avevamo detto, esattamente un mese fa, che la quarta legislatura era nata sotto una cattiva stella. Crediamo oggi di dover aggiungere che essa alla luce dei fatti finora verificatisi, appare destinata a proseguire anche peggio, verso soluzioni ed assetti che, prima ancora di concretarsi già hanno perduto - per il modo stesso secondo il quale vengono perseguiti e saranno raggiunti - ogni loro seria attendibilità. E, questo, venendo dopo la fallimentare esperienza delle "Giunte rosse", è per il pentapartito la più deludente delle dimostrazioni, la più grave delle colpe, la più pesante delle responsabilità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è un peccato che quest'aula non sia collegata via radio o Tv con qualche strumento di comunicazione perché i cittadini e gli elettori si renderebbero conto della sostanziale inutilità di riunioni come queste.
Ciascuno legge la parte che si è preparata o che gli è stata attribuita e noi ripetiamo più o meno tutti, anche se con toni diversi, quello che la gente sa e conosce benissimo e crediamo in questo modo di svolgere una funzione che ci viene attribuita con il mandato elettorale.
Non si può non essere d'accordo con quanto diceva Bontempi, ma io so già fin da adesso che non potrò non essere d'accordo con quanto diranno i colleghi di Bontempi. Anche l'opposizione di destra, come ha fatto il collega Carazzoni, ha sottolineato aspetti che ritengo siano condivisibili dalla maggioranza delle opposizioni di sinistra.
Il pentapartito, la cosiddetta maggioranza, non ha ancora avuto il pudore di presentare uno straccio di documento, anche per continuare nella finzione che le divisioni siano sugli argomenti, sui programmi politici.
Che cos'è che distingue due forze politiche diverse l'una dall'altra, una posizione di progresso da una di conservazione? Sono i programmi e le utopie che ciascuno di noi crede di poter realizzare facendo politica. In realtà qui non si parla mai di politica, non si parla mai di programmi.
Quello che ha tenuto fermo il pentapartito fino ad oggi è, come ha detto il collega Carazzoni ed in maniera un pochino più velata il collega Bontempi l'incapacità dei cinque partiti di dividersi, di spartirsi il potere nei modi che noi conosciamo. Ma questa non è una funzione caratteristica e tipica del pentapartito in gestazione e questo non lo si voglia vedere come una difesa del pentapartito, anzi, mi sembra che la stessa situazione che viviamo in Piemonte è la stessa per cui a Bologna si discute se fare il Sindaco socialista o comunista, anche 11 da 65 giorni. Quindi, non mi sembra che la situazione piemontese e la situazione torinese siano particolarmente diverse o gravi rispetto ad altre situazioni nazionali.
Allora bisogna capire come mai il degrado del sistema dei partiti è arrivato ad un punto tale in cui non si riesce più a distinguere nei metodi e nei mezzi una posizione che sia di progresso o di conservazione.
Questi sono dei brevi appunti e delle annotazioni che voglio fornire non tanto a questa assemblea che in realtà è l'espressione del potere dei partiti. Qui ciascun Gruppo è sottomesso ai voleri delle direzioni nazionali. L'autonomia provinciale, regionale e comunale è un'autonomia fittizia. Qui si gioca un balletto con più o meno capacità. Il sistema dei partiti - quella che noi chiamiamo la partitocrazia - è arrivato ad un punto tale che ha esautorato persino le capacità da parte delle forze di progresso di dare dimostrazioni concrete di una volontà politica diversa di un modo di fare diverso. Citavo l'episodio di Bologna perché mi sembra estremamente indicativo di come questa forma cancerogena di fare politica abbia ormai contaminato tutte le forze politiche.
Allora qual è la funzione di un piccolo Gruppo, asettica, lontana da quello che pensa la gente? Se andate per la strada e chiedete come mai non abbiamo ancora i governi in Piemonte, in provincia ed in città non sentirete sicuramente nessun cittadino parlare con il linguaggio che si esprime in quest'aula. La risposta che daranno tutti - e credetemi non è qualunquismo - è semplicemente quella a cui alludevo prima: "Stanno discutendo come spartirsi le poltrone". Questa è la realtà che qui si vuol continuare a negare giocando, qualcuno a fare il comunista, qualcuno a fare il democristiano, qualcuno a fare il missino, qualcuno a fare - mi pongo anch'io in quest'ottica perché i sistemi sono questi...



BONTEMPI Rinaldo

Io sono comunista.



PEZZANA Angelo

Nessuno vuole intaccare verità storiche...



PEZZANA Angelo

RIVALTA



PEZZANA Angelo

Si gioca da altre parti: sui campi da tennis, da bocce...



PEZZANA Angelo

Questa è la solita mancanza di senso dell'umorismo da parte vostra per cui non riuscite mai a cogliere...



PEZZANA Angelo

RIVALTA



PEZZANA Angelo

Sta venendo il senso dell'umorismo sentendo.



PEZZANA Angelo

Scusate, se io ragionassi come voi sarei nel vostro Gruppo. Se invece sono in un altro, abbiate la tolleranza, visto che siamo davanti a testimoni, di lasciar parlare e di rispettare chi ragiona diversamente da voi.
Allora, quando dico "giocando a fare il comunista", giocare è una cosa serissima. Non uso termini inglesi di riferimento perché potrei essere criticato. Giocare è una cosa serissima, chi non gioca mai non sa nemmeno essere allegro, quindi non disprezzo il gioco e posso benissimo dire: "giocare a fare il comunista" che per me è una cosa seria. Comunque se non mi interrompevate e mi lasciavate finire potevo specificare che giocare significa ottemperare ad un ruolo. Il ruolo che qui, sia da parte dell'opposizione di sinistra, sia da parte del futuro governo, è quello di rivestire un ruolo, giocarlo appunto, quindi non sentitevi offesi nel modo più assoluto, né singolarmente, né come Gruppo (semmai dovreste sentirvi offesi per ben altro, non da questa parola). Qui ciascuno gioca la sua parte, la gioca sapendo che non c'è un microfono allargato, che non c'è un teleschermo che fa vedere questi interventi inutili, come noi facciamo ormai da due mesi e se si va avanti così grazie alla forza del pentapartito li rifaremo ancora. Non si conclude nulla, si evita di dire chiaramente come stanno le cose. Le cose sono un'effettiva e reale spartizione del potere. Questo è il degrado dei partiti e del nostro sistema che noi dovremmo considerare e sul quale dovremmo riflettere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Manfredini.



MANFREDINI Viller

Signor Presidente, colleghi Consiglieri; mi ritengo in dovere rimarcare anch'io la lentezza con cui si affrontano i problemi relativi al governo della Regione e come questo ritardo, la non conoscenza di una benché minima traccia di programma, mettano in risalto la divaricazione che esiste tra questo fatto con i problemi presenti nella Regione soprattutto sul versante occupazionale e che questi problemi non possono aspettare più del dovuto l'assenza di un governo, di punti di riferimento certi per le forze sociali a cominciare dal movimento operaio e dalle organizzazioni sindacali.
Voglio sottolineare come la politica può permettersi pausa e ripensamenti, riflessioni, magari anche pause feriali, credo che i problemi dell'industria in crisi, dei disoccupati, dei lavoratori in cassa integrazione non possono né aspettare, né andare in ferie.
Sono proprio i dati complessivi della crisi, le fabbriche chiuse quelle minacciate di chiusura, i 175 mila disoccupati, di cui soltanto 121 mila nella sola provincia di Torino, a sottolineare l'urgenza di dare un governo autorevole alla Regione e la non compatibilità quindi di questa situazione grave della crisi "con le comodità" con cui le forze politiche dell'ipotetica maggioranza di pentapartito si apprestano a presentare programmi e uomini per la formazione della Giunta. Non è mia intenzione caricare di significati spropositati questa grande emergenza, allo scopo magari di rivendicare dal governo regionale soluzioni o interventi risolutori che so bene non essere possibili in quanto non sempre o tutto di competenza specifica della nostra Regione. Ma voglio solo sottolineare che un ruolo positivo per consentire la ricerca di soluzioni industriali ed occupazioni possibili a questa grande emergenza, la Regione Piemonte può e deve svolgerlo, ha l'autorevolezza politica per potervi contribuire.
Si è parlato nel precedente Consiglio di vicinanze tra Torino e Roma per rimarcare come le soluzioni politiche da dare alla nostra Regione debbono essere concertati anche da Roma, come a sottolineare gli sbocchi politici del Piemonte si inquadrano in un disegno nazionale. Vorrei solo rimarcare che se i riferimenti di tale governo non sono le emergenze, tra cui quella della disoccupazione, allora è una pura illusione pensare che Roma sia avvicinata a Torino. Se cioè alla base della formazione del governo non c'è il richiamo alle drammatiche situazioni industriali produttive, occupazionali, allora rivendicare la vicinanza tra Regione e centro del governo è solo un meschino espediente vuoto nei contenuti e valido solo per mascherare logiche spartitorie e reciproche concessioni in termini di potere. In questa intricata e perversa logica politica non c'è posto, come temo purtroppo, per le emergenze ed il silenzio della presunta maggioranza sui problemi conferma questo mio timore.
La disoccupazione è aumentata nella nostra Regione del 4,2% in un anno e nella sola nostra Regione la disoccupazione rappresenta sul totale nazionale il 9%, punte oltre a questo dato sono registrate nell'area metropolitana torinese con il 12,6%. Le forze di lavoro sono calate in un anno dell'1,7% con un calo vistoso dell'8,8% nella sola industria; un calo insufficientemente compensato dal parziale recupero di forza-lavoro nel terziario.
La cassa integrazione guadagni è stata chiesta nel 1984 per 209,3 milioni di ore con un aumento sul 1983 di ben 24 milioni. Oggi sono ancora 70 mila i lavoratori in cassa integrazione i quali essendo sostanzialmente inoccupati vanno ad aggiungersi alle 175 mila unità in cerca di lavoro rappresentando questo un vero e proprio "tappo" a qualsiasi soluzione anche riformata per un governo del mercato del lavoro. Oltre all'area torinese su cui voglio concludere questo mio intervento, siamo in presenza di altre concentrazioni di crisi note a tutti, le cui soluzioni non possono essere ritardate se non si vuole disperdere quel tanto e poco di patrimonio industriale produttivo che ha rappresentato il punto trainante ed economico dell'industria nella nostra Regione.
Non mi soffermerò su questi punti, altri colleghi e compagni del mio Gruppo li richiameranno. Voglio soltanto dedicare uno spazio maggiore derivato anche dall'incidenza sull'attività economica della Regione all'area torinese dove sono concentrate e se vogliamo moltiplicate, le dimensioni e gli ingredienti dell'emergenza occupazionale con al centro di questo due situazioni che, per citare un rapporto della Provincia di Torino, possono essere definite ormai esplosive, quella della Michelin e dell'Indesit. Proprio sull'Indesit in questi giorni si è concentrata l'attenzione dell'opinione pubblica, cioè sul fatto che sembra essere arrivato all'epilogo e quindi alla minacciata scomparsa del polo dell'elettrodomestico nella nostra Regione, rappresentato dalle produzioni della casa di Orbassano.
La produzione industriale in quell'azienda è ormai pressoché ferma: 3.500 lavoratori sono già oggi in cassa integrazione a zero ore e da sei mesi non ricevono indennità.
Lo stesso nuovo Consiglio sembra trovare soluzioni drastiche per l'occupazione. In questi giorni le organizzazioni sindacali hanno chiesto ed ottenuto un incontro al Governo. Allora, è in grado la Regione di far pesare la sua autorità politica nei confronti del Governo affinché avanzi proposte tese al mantenimento del polo produttivo, provvedendo al salvamento di un'azienda che per tecnologie e mercato oltre che per l'impatto territoriale derivato dalle maestranze in prevalenza donne merita di essere salvata? Ecco che l'assenza di un governo e di un programma rende incerta la risposta. Ma non solo occorre lavorare per la salvaguardia produttiva dell'impresa: devono essere richiesti al governo strumenti e mezzi finanziari anche in deroga alle leggi esistenti per realizzare, se vogliamo anche in via sperimentale, politiche attive del lavoro in imprese, nei servizi, nella pubblica amministrazione, per quella quota di mano d'opera che sappiamo non troverà più collocazione nell'Indesit ed il numero appare consistente. Forse sarebbe bene che una delegazione del Consiglio regionale ponesse direttamente al Governo queste richieste, in modo da dare un segnale politico concreto, non solo alle maestranze dell'Indesit, ma a tutto il movimento dei lavoratori impegnato su questo fronte, cioè impegnato alla ricerca di soluzioni, strumenti, finanziamenti per politiche attive del lavoro da realizzarsi nelle grandi concentrazioni di crisi della nostra Regione.
Infine, per concludere, voglio richiamare al Consiglio regionale la situazione della Fiat vista per così dire dall'altro lato della medaglia cioè quella parte taciuta dall'avv. Agnelli nell'ultima assemblea degli azionisti. Abbiamo a fine anno la scadenza dell'accordo sul rientro dei lavoratori in cassa integrazione a zero ore e vedrà ancora 9 mila lavoratori fuori dal processo produttivo dopo cinque anni. Abbiamo un'azienda che il blocco del turnover ha fatto invecchiare in maniera preoccupante la mano d'opera al punto da presentare problemi nella gestione della ristrutturazione dei processi di innovazione tecnologica, perché di difficile realizzazione aggiornamenti e formazioni professionali o riconversioni, senza un ricambio o uno svecchiamento. Abbiamo un'accelerata produttività realizzata ancora oggi in maniera prevalente oltre che da nuovi processi di automatizzazione e di razionalizzazione, dall'accentuarsi dello sfruttamento della mano d'opera, dall'uso dello straordinario per recuperare le punte di mercato e dalla cassa integrazione per ammortizzare le eccedenze. Abbiamo un assenteismo in fabbrica che sta ritornando ai livelli antecedenti il 1980, con decine di lavoratori e lavoratrici che vengono rispediti a casa perché trovati ammalati sul posto di lavoro.
Abbiamo malori ed anche decessi extra-infortuni che tendono all'aumento, al punto che sarebbe interessante una ricognizione sullo stato di salute in fabbrica magari compiuto dagli strumenti della Regione. Abbiamo processi di accentuata mobilità che stanno ridisegnando la mappa delle produzioni e degli stabilimenti Fiat sul territorio regionale e cittadino, al punto da mettere in discussione la continuità produttiva di gran parte di questi.
Gli stessi risultati raggiunti dall'azienda, il cosiddetto "stato di salute finanziario e produttivo" è il risultato non solo manageriale dell'impresa ma anche di un massiccio intervento dello Stato e quindi di risorse pubbliche per non citare il fatto che questo stato di salute ha corrisposto un aggravamento sociale della nostra città.
In questi chiaro-scuri, chiari per l'azienda, ma scuri per la città per il movimento dei lavoratori, per la stessa economia regionale, si inserisce l'annunciato accordo Fiat-Ford, un accordo oscuro, incerto nei contenuti, ma anche sugli effetti di ricaduta nel complesso delle produzioni e degli stabilimenti.
Quali saranno i dipendenti dopo l'accordo? Quali produzioni continueranno e quali chiuderanno? Che destino avranno gli stabilimenti, le aree industriali liberate nella città, nell'area metropolitana, nella regione? A questi processi di forte ristrutturazione, di modifica anche geografica dell'assetto produttivo della Fiat, la Regione come risponde per tentare di governare in patti economici, territoriali e sociali? E come riesce a coinvolgere la stessa azienda negli oneri che derivano da questi processi? Oggi sono solo, signor Presidente e colleghi, interrogativi che faccio a voce alta perché nessuno mi può confortare di risposte. Ma noi lavoreremo affinché il Consiglio sia messo in grado di costruire risposte a questi interrogativi e ad altri, a cominciare da quelli che devono essere dati subito ai 9 mila lavoratori che attendono un destino produttivo.
Per questo presenteremo a questo Consiglio regionale uno strumento di dibattito politico sulle prospettive occupazionali e produttive del gruppo Fiat senza per questo perdere di vista gli altri poli dell'emergenza occupazionale che ho ricordato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non credo, come sembra credere il collega Pezzana, che sia inutile sollevare in quest'aula dei problemi concreti che aspettano la costituzione di un governo regionale, che aspettano la possibilità di azione concreta di questo Consiglio regionale.
Vorrei quindi sollevare anch'io un problema di merito che è a mio avviso allo stesso tempo un complesso problema di rapporto con la collettività piemontese. Il tema concreto che vorrei sollevare °è quello della legge sullo smaltimento dei rifiuti, che era stata approvata dal precedente Consiglio regionale, in data 21 febbraio 1985, che è stata rinviata successivamente dal Commissario del Governo poco più di un mese dopo, quindi alla fine del mese di marzo, con soltanto tre osservazioni osservazioni peraltro pertinenti ed estremamente facili e rapide da accogliere con una riapprovazione che potrebbe avvenire in pochissimo tempo. Invece, prima l'interruzione per le elezioni e poi la sempiterna ormai operazione di formazione della Giunta hanno già fatto perdere quattro mesi, il che, se ci aggiungiamo comunque nella migliore delle ipotesi il periodo di agosto, ci porterà a cinque-sei mesi e forse più di ritardo.
Intanto una legge già in grave ritardo come il D.P.R. 915 sullo smaltimento dei rifiuti resta senza recepimento regionale dalla fine del 1982, data in cui fu approvato. Nel frattempo sono state concesse 2.500 autorizzazioni eufemisticamente definite provvisorie, a trasportare, smaltire, trattare rifiuti solidi (di cui ben 150, da una nostra inchiesta presso l'Assessorato competente, negli ultimi mesi, cioè in carenza di qualunque possibile governo della Regione) sulla base di una semplice procedura amministrativa, senza che gli uffici regionali dell'Assessorato all'ecologia siano in grado, dopo aver concesso l'autorizzazione, detta provvisoria, di dire che cosa viene trasportato, stoccato, trattato, in quale quantità, dove e con quali garanzie.
Lo dico con coscienza di causa perché ho chiesto i dati relativi ai funzionari dell'Assessorato, i quali non sono in grado di fornirli malgrado essi giacciano nelle suddette 2.500 schede e nella fase della richiesta dell'autorizzazione si chiedano anche una serie di dati che per non vengono trattati. Nessuno è in grado di trarre i dati che abbiamo richiesto. L'autorizzazione quindi viene concessa semplicemente sulla base di una procedura amministrativa.
Intanto, il piano regionale, che è previsto dalla legge approvata dal Consiglio entro 12 mesi dall'approvazione della legge stessa, slitterà come minimo di un anno; è una procedura molto complessa che richiede del tempo il che ci porterà dall'approvazione del D.P.R. 915 ad oltre quattro anni di ritardo, se tutto va bene. Nel frattempo continua lo sconquasso e il degrado del territorio regionale, continua l'assenza delle deleghe alle Province - le quali non possono entrare in azione - e quindi continua l'assenza di controllo di merito sui siti di discarica, l'assenza di un bilancio dei flussi di materiali che nella Regione entrano ed escono dai processi produttivi. Non siamo in grado di seguire il percorso di milioni di tonnellate all'anno di materiali che vengono trasformati in rifiuti senza alcuna politica di recupero di risorse - che pure tutti ammettono sono risorse rare - che vengono scaricati nei luoghi più fantasiosi e nei modi più strani, compromettendo la già precaria qualità dell'ambiente piemontese e spesso anche la salute dei cittadini come i casi che continuamente emergono e che i giornali ci ricordano.
Le poche informazioni di cui disponiamo e che sono il frutto di una sensibilità storica dell'Assessorato all'ecologia della Provincia di Torino sono assolutamente raccapriccianti. C'è però un altro problema a cui vorrei venire che è quello del rapporto con la comunità piemontese, su questo e su molti altri temi che riguardano la politica ambientale. La cittadinanza piemontese dopo aver espresso in molti modi la propria decisa e precisa domanda di una migliore qualità dell'ambiente, eleggendo Consiglieri su liste verdi, eleggendo molti Consiglieri ambientalisti in altre liste, ha il diritto, dopo aver espresso una così forte domanda, di aspettarsi da parte nostra un'offerta che sia rapida, che sia qualitativamente elevata.
Sui problemi che riguardano l'ambiente e la salute, le collettività locali io credo - non sono più disposte ad accettare procedure amministrative che tranquillizzano solo il funzionario o l'Assessore che mette un timbro o una firma. La gente chiede informazione - e in questo caso, dove, quali quanti, come vengono sistemati i rifiuti -; chiede per l'autorizzazione ai siti per le aperture delle discariche una valutazione dell'impatto ambientale; chiede una partecipazione non retorica delle collettività interessate alle decisioni; chiede il controllo pubblico rigoroso e documentato.
Tutto questo non siamoin grado di darlo e rischiamo di avvicinarci alle situazioni di alcuni Paesi anglosassoni, dove ormai si è coniato un termine per parlare della resistenza delle collettività locali a progetti di intervento a forte rischio ambientale "L.U.L.U." (magari in italiano si potrebbe dire "LULU'") che vuol dire Local Unwanted Land Uses, ovvero usi del territorio che non sono voluti dalle collettività locali e su cui si è sviluppata una tale resistenza per cui, per esempio, negli USA ci sono decine di migliaia di progetti bloccati da anni per il rifiuto dei cittadini ad accettarli, evidentemente senza le garanzie che ho indicato precedentemente.
Se non vogliamo che succeda la stessa cosa in Piemonte - e mi pare che ce ne siano tutte le premesse dobbiamo imparare ad offrire ai nostri cittadini non timbri e firme, come finora abbiamo offerto su questo problema e su molti altri che autorizzano l'ulteriore sconquasso del territorio, ma dobbiamo offrire programmazione, partecipazione e controllo.
Tutte cose che per il momento noi, che siamo venuti qui per farle, non possiamo fare, perché si deve discutere intanto di come si distribuiscono i posti.
Credo sarà forse poco piacevole da ammettere, ma se credete che qualcuno nella collettività piemontese sia più interessato ai vostri complessi problemi di spartizione di posti nella futura Giunta, piuttosto che al luogo dove stanno andando a finire le migliaia di tonnellate di rifiuti che nel frattempo si producono ogni giorno che passa, credo che vi sbagliate di grosso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dameri.



DAMERI Silvana

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che l'atmosfera un po' ovattata della nostra aula consiliare e soprattutto le schermaglie, il fair play, che nelle precedenti sedute hanno visto protagonisti i cinque "promessi" alleati del pentapartito, non riescano, anche volendolo, a tenere fuori dalla porta i problemi reali della comunità piemontese. Noi che siamo eletti dai cittadini e che rispondiamo a loro e non al sistema dei partiti, di cui parlava il collega Pezzana, riteniamo questa mattina seppure brevemente, riportare questi problemi in quest'aula.
Qualche cifra: nella provincia di Alessandria abbiamo oltrepassato la soglia dei 18.000 iscritti nelle liste di collocamento quando un dato fisiologico si aggirava intorno alle 3.000 unità. Ebbene, circa il 40% di questi iscritti sono concentrati in un'area, la Valle Scrivia, che ha conosciuto sconvolgimenti profondi dell'apparato produttivo, la scomparsa di interi settori, tessile-abbigliamento; la crisi di altri: alimentare e dolciario; il venir meno di un ruolo delle Partecipazioni Statali come traino e creazione dell'indotto. Siamo oggi di fronte ad un aggravamento ulteriore: la mano d'opera colpita è prevalentemente femminile (63%) ed oltre il 50% degli iscritti nelle liste di collocamento è rappresentato da giovani in cerca di prima occupazione. Anche situazioni recenti che trovano degli sbocchi come quelli dell'industria dolciaria "Novi" richiedono una gestione della ristrutturazione e delle innovazioni che chiamano in causa non solo le parti sociali, ma anche il potere amministrativo di governo così come, per esempio, per citare un altro dato concreto, va definito con contorni più certi il futuro di una realtà produttiva come quello della "Graziano" di Tortona.
Le cifre e questi scarni esempi (sono solo i più recenti) sono inadeguati forse a rappresentare l'emergenza della situazione, ma è probabilmente bene ricordarci che dietro le cifre ci sono uomini e donne in carne ed ossa, tensioni sociali non sostenibili oltre certi limiti e c'è anche il lavoro concreto che soggetti diversi, forze locali, Enti locali ed infine la Giunta regionale di sinistra hanno impostato negli scorsi anni.
La questione Valle Scrivia, che ha visto promotrici di una vasta elaborazione inizialmente le forze del movimento operaio, ha saputo aggregare e coinvolgere tutte le forze produttive ed imprenditoriali, ha esaltato il ruolo degli Enti locali fino alla definizione del progetto specifico contenuto nel secondo Piano regionale di sviluppo.
Non è mia intenzione e sarebbe presuntuoso richiamare qui tutti i settori del progetto, il loro intreccio, se non per sottolineare come partendo dalla preminenza delle questioni occupazionali aperte dalla crisi industriale e per dare una risposta di prospettiva alla questione-lavoro il ventaglio nel progetto si è allargato al problema dell'uso delle risorse, del governo del territorio, della salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente.
Ci sono ora sviluppi che richiedono una decisa accelerazione, una reale capacità di governo della Regione dopo il 12 maggio. La Giunta attuale in carica compie il proprio dovere e fa fronte all'emergenza: ad esempio, con la concretizzazione della partecipazione azionaria alla Rivalta S.p.A.
secondo la recente legge regionale. Ma è evidente che bisogna rendere operanti politiche di prospettiva, ad esempio: 1) fare i conti con il nuovo piano ferroviario 2) vedere come dalla ristrutturazione posta in essere del porto di Genova sulla base dei finanziamenti FIO si definisce il ruolo dell'entroterra, chiarendo definitivamente la questione dell'ipotesi di altri centri, ipotesi che pare ricusata anche dalla partecipazione della Regione Liguria alla Rivalta S.p.A, ma che va definita chiaramente 3) vanno riprese e concretizzate - sulla base dei fondi FIO - nell'area le politiche per l'agricoltura, l'irrigazione, l'uso plurimo delle acque 4) va rapidamente incoraggiata ed ampliata la politica degli Istituti di credito locali - sull'esempio della Cassa di Risparmio di Tortona - per finanziamenti a tasso ridotto, in una realtà provinciale dove sulla massa di risorse finanziarie (sull'ordine dei 4.000 miliardi) che costituiscono il risparmio, solo un'esigua quantità viene investita nella Provincia.
Per quanto riguarda l'altra area di crisi della Regione, il Verbano Cusio - Ossola, all'interno del progetto finalizzato anche qui definito nel Piano di sviluppo, a seguito della riunione tenutasi nelle scorse settimane presso la Presidenza del Consiglio alla presenza delle organizzazioni sindacali, dei parlamentari della zona, dei Consiglieri regionali, delle rappresentanze degli Enti locali è urgente che la Regione operi per quanto le compete per dare attuazione alle indicazioni contenute nel decreto sulla siderurgia per interventi specifici nell'area.
E' bene anche qui ricordare che queste indicazioni furono introdotte anche a seguito dell'impegno unitario assunto a suo tempo dal Consiglio regionale e prevedono: a) il riavvio parziale di Montefibre b) l'assunzione parziale di ex dipendenti da parte della nuova costituenda società c) l'avvio delle attività sostitutive con l'assorbimento prioritario degli ex dipendenti Montefibre d) il passaggio delle ulteriori eccedenze alla GEPI.
E' evidente che sia per la creazione di nuovi posti di lavoro, come per la localizzazione, c'è larga materia di intervento della Regione per la riqualificazione professionale, per l'eventuale predisposizione e reperimento delle aree, per il coordinamento complessivo degli interventi.
E' per noi dunque doveroso e ineludibile, questo certamente è il nostro ruolo concreto: proporre a tutte le forze del Consiglio, ma anche alle forze sociali esterne della Regione l'emergenza di questi temi, la drammaticità di una realtà socio-economica che non può restare senza punti e riferimenti certi di governo.. E questo lo facciamo constatato che la sicumera espressa nel primo Consiglio dal Capogruppo democristiano ha finora prodotto una litigiosa inconcludenza: una matassa sempre più ingarbugliata sugli assetti e neppure un fantasma di programma.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo sarebbe addirittura banale ribadire che i tempi dei problemi che incombono non sono subordinati ai defatiganti calendari del pentapartito.
Per converso, non mi pare che la volontà del Gruppo comunista di richiamare all'attenzione di questa assemblea alcuni dei maggiori problemi sia assimilabile agli sterili riti di cui parlava il collega Pezzana, a meno di non votarsi ad una concezione nichilista e passiva delle istituzioni e di non dare per scontata e immodificabile la separazione tra le istituzioni e i problemi della gente.
Ora, sicuramente, tra questi problemi più gravi ed urgenti sui quali più pesantemente si fanno sentire le conseguenze negative dell'impasse dello schieramento pentapartito ci sono sicuramente quelli attinenti al previsto insediamento di una centrale elettronucleare in Piemonte.
Il fatto che gli effetti di tali problemi non si dispieghino nell'immediato, ma soltanto nel futuro prossimo e lontano, non riduce certo la gravità delle conseguenze dell'assenza di organi regionali di governo dotati di pienezza di poteri e di rappresentatività. Ciò è tanto più vero in quanto è in questa fase particolarmente che si concentra una somma considerevole di scadenze importanti per il governo della convenzione Regione-Enel e delle verifiche relative alle prescrizioni dettate a suo tempo dall'Enea e contenute anche nelle raccomandazioni espresse dal Comitato tecnico-scientifico dell'Università e del Politecnico.
Ricordo, seppur fugacemente, che entrambe queste problematiche costituirono, in modo particolare per noi, ma credo per tutto il Consiglio parte integrante delle motivazioni che portarono la precedente assemblea regionale ad esprimere voto favorevole all'individuazione del sito. Per cui è chiaro che gli obblighi conseguenti da quegli impegni non si prospettano alla stregua di semplici adempimenti formali ed accessori, bensì come precisi terreni di verifica della praticabilità delle scelte compiute e delle loro condizioni di fattibilità. Verifiche che ovviamente non possono essere aggirate o vanificate da omissioni o furbizie.
Per ciò che riguarda la convenzione, ricordo, anche in questo caso molto schematicamente, che gli impegni bilaterali che in essa sono contemplati prevedono tra l'altro: 1) la formazione del Progetto Territoriale Operativo, quale momento centrale per il governo dell'insieme dei problemi di impatto territoriale ed ambientale 2) la definizione entro sei mesi dalla data di localizzazione, dei problemi relativi agli usi agricoli del suolo espropriato 3) la definizione entro tre mesi (sempre dalla data di localizzazione) e di comune accordo dei programmi e delle modalità di attuazione delle reti di monitoraggio ambientale 4) un'informativa, entro trenta giorni (sempre dalla data di localizzazione), su tutta la materia concernente le gare di appalto da emettere entro il 1985 5) la formazione di precisi programmi per quanto concerne la formazione professionale: in modo particolare per quanto riguarda, da parte dell'Enel, l'individuazione e la comunicazione dei fabbisogni di mano d'opera e delle specializzazioni richieste, oltre alla collaborazione per l'organizzazione dei corsi e delle indicazioni necessarie a garantire l'organizzazione tempestiva degli stessi e i loro programmi didattici 6) inoltre, per quanto riguarda i progetti di elettrificazione rurale il protocollo d'intesa prevedeva l'impegno a realizzare i programmi, che in proposito dovevano essere e dovranno essere formulati dai Comuni e dalle Province di Vercelli e di Alessandria, che dovrebbero valere dall'1/1/1985 al 31/12/1990 7) per quanto riguarda le misure di sicurezza e di protezione sanitaria ed ambientale era contenuto nel protocollo d'intesa l'impegno dell'Enel a presentare proposte su tali misure e sulle modalità di controllo e di partecipazione della Regione e degli Enti locali in tempo per poterne fare oggetto di specifica convenzione, prima del rilascio del nulla osta alla costruzione da parte del Ministero dell'Industria 8) per quanto concerne la pianificazione energetica (aspetto anche questo del tutto fondamentale, essendo evidente che la scelta nucleare era inserita in un programma energetico ben più ampio e diversificato) l'impegno contenuto era quello di concordare in sede di Comitato misto entro sei mesi - anche in questo caso i tempi sono già scaduti - tempi e modalità delle realizzazioni e ristrutturazioni di impianti idroelettrici e di investimenti in fonti energetiche rinnovabili ed integrative e 'in questo contesto varrebbe anche la pena ricordare che uno degli ultimi atti della precedente assemblea fu quello di votare una legge finanziaria per il finanziamento di un piano di metanizzazione che è tuttora tutto da elaborare e che rischia di essere seriamente compromesso dalle manovre che sono in atto da parte di alcune società private o collegate alla SNAM che vanno a pescare i Comuni più graditi e più finanziariamente vantaggiosi dal punto di vista di collegamento. Se queste manovre andranno avanti rischieranno di vanificare la realizzazione di un piano rendendo impraticabile ed economicamente inefficiente il collegamento dei Comuni più lontani e meno appetibili 9) infine, vorrei ricordare che nel protocollo d'intesa era contenuto l'impegno a collaborare da parte dell'Enel con la Regione per costituire società miste per iniziative nel campo del risparmio energetico e della costruzione ed esercizio, produzione, trasporto, distribuzione dell'enegia elettrica.
Come si può vedere si tratta di una mole di problemi impressionanti e tutti ineludibili e strettamente collegati tra di loro, cui si aggiungono anche i necessari apporti politici e tecnici che già in quella circostanza avevamo ritenuto di sottolineare come indispensabili nei confronti dei Comuni di Trino e dell'area interessata a proposito delle convenzioni da stipulare per l'utilizzazione dei fondi della legge n. 8 (anche in questo caso i tempi sono già scaduti) e la convenzione ben più impegnativa riguardante la legge 393.
Ma questo importante capitolo degli impegni che stavano e che stanno di fronte alla Regione appare addirittura secondario, almeno dal nostro punto di vista, rispetto ai problemi che stanno emergendo dal lavoro di progettazione della centrale e dalle verifiche avviate sulle prescrizioni dell'Enea.
Ciò che sta emergendo è un mutamento preoccupante di cifre e di problemi, rispetto al quadro presentatosi nella fase di qualificazione del sito. In particolare, questi mutamenti riguardano l'ammontare della mano d'opera di cantiere che prima prevista in 2.700 addetti ora viene stimata tra i 3.500 e i 4.000; una variazione che sotto il profilo sociale ed occupazionale immediato può anche essere accolta con favore, ma che pone nuovi preoccupanti problemi per quanto riguarda l'aumento probabile dei trasfertisti, per quanto riguarda l'assorbimento futuro di tale mano d'opera quando il cantiere chiuderà e soprattutto problemi dal punto di vista abitativo di impatto territoriale e sociale se prevarranno, come paiono al momento essere, le intenzioni dell'Enel tendenti a privilegiare più le baraccopoli che il recupero del patrimonio abitativo presente in zona.
Una seconda variazione dei dati precedentemente comunicati concerne l'occupazione di ulterori 140 ettari di suolo agricolo in aggiunta ai 300 già previsti che si dice sono necessari per la condotta delle acque di raffreddamento. L'Enel è vero che assicura che ad opera ultimata questi terreni verranno restituiti all'uso agricolo, ma, l'ho già ricordato in precedenza, gli impegni rivolti a definire l'uso del suolo agricolo sono ancora tutti da assumere e da sottoscrivere e i tempi anche in questo caso sono già ampiamente scaduti. Ma le variazioni maggiori e ben più gravi riguardano tre aspetti tra loro collegati e dipendenti dalla cosiddetta operazione "de watering" la cui verifica ed approfondimento era stata prescritta dall'Enea e raccomandata dal Comitato Tecnico Scientifico.
Le indagini idrogeologiche infatti, ancorché le informazioni in proposito fornite dall'Enel siano carenti dei dati di base e sperimentali e quindi si presentino non scientificamente valutabili al momento, hanno portato alla conclusione che pur alzando a 8 metri e mezzo il rilevato, nel punto più alto della centrale, si verificherebbe comunque un abbassamento della falda all'esterno del perimetro della centrale valutata attorno al metro, metro e mezzo.
Ricordo che siamo in zona di coltura agricola irrigua rispetto alla quale un simile abbassamento della falda non accompagnato da un'immissione forzosa di acqua porterebbe probabilmente, se non sicuramente all'impossibilità di mantenimento della coltura riso per un'area che al momento non è quantizzata, ma che certamente non sarebbe trascurabile. Al di là quindi della verifica dei dati Enel da parte del Comitato Tecnico Scientifico degli Atenei, per la quale so che è prevista una riunione il 22 p.v, presso l'Assessorato al territorio, insorgono gravi problemi ai quali occorre dare una soluzione.
Innanzitutto vanno resi chiari la portata e gli effetti dell'abbassamento della falda. L'Enea nella sua prescrizione parlava della necessità di evitare nell'operazione di "de watering" abbassamenti significativi della stessa al di fuori del perimetro della centrale. Ma che cosa si intende per significativi? Le interpretazioni possono essere diverse. E 'chi compirà le valutazioni? E chi si assumerà l'onere di decidere? E' vero che l'Enel sostiene che questi effetti si avrebbero soltanto nella fase di costruzione della centrale, ma è una fase che comunque abbraccerebbe un numero non trascurabile di anni (almeno tre o quattro) ed inoltre anche in questo caso non sono chiari e valutabili le conseguenze che si avrebbero successivamente a proposito dell'assetto della falda in ragione delle modificazioni determinate dall'introduzione del manufatto centrale sulla falda stessa.
Nello stesso tempo occorre tener presente anche le altre variazioni indotte dall'esito di queste analisi idrogeologiche.
La prima riguarda l'ammontare degli inerti necessari, che prima era valutata in l.500.000 metri cubi e che ora viene invece calcolata in 5.100.000 metri cubi, quindi più che triplicata, quindi una cifra altissima che pone gravi problemi di impatto ambientale oltre che per il suo reperimento, nonché per il suo trasporto, cambiando in questo caso anche tutte le previsioni in ordine alla sostenibilità di un simile carico di trasporto da parte dell'attuale rete viaria. Ora io vorrei che si avesse chiaro come sta vivendo la popolazione di quella zona questi problemi e come si possa pensare che questi problemi, la popolazione di quell'area possa vederli subordinati a queste defatiganti meline di cui sta dando spettacolo il pentapartito. Si tratta di variazioni e di cambiamenti di notevole portata che a nostro giudizio oltre che porre nuovi interrogativi sulla credibilità dell'Enel mutano e potrebbero mutare in alcune parti in modo sostanziale le valutazioni comparate che si fecero sui due siti proposti.
Mutamenti, quindi, che richiedono una verifica attenta, una completezza di informazioni ed una trasparenza di decisioni che solo una mobilitazione di tutte le risorse politiche e tecniche possono consentire essendo del tutto evidente, infatti, che la disponibilità di un apparato normativo qual è quello contenuto nel protocollo d'intesa, non è di per sé in nessun modo sufficiente se nel contempo la Regione, gli Enti locali, le popolazioni e le loro rappresentanze politiche e sociali, non sono in grado di esercitare in questa, come nelle successive fasi, un controllo democratico costante, sostanziato da un'adeguata autorevolezza tecnico scientifica.
Questo problema, che io seppure molto schematicamente ho voluto richiamare, è aggravato anche dalla latitanza governativa di quel Ministro che era venuto a minacciare di espropriare la Regione nel caso non si fosse deciso entro i 60 giorni e che successivamente non si è più fatto vivo. Non solo non ci si preoccupa di attuare il PEN - e le denunce a questo proposito da parte di numerosi gruppi e parlamentari sono note - ma non ci si preoccupa neppure di esercitare da parte degli organi centrali quella doverosa azione di controllo sull'attuazione di una scelta che è nazionale prima ancora di essere locale.
Una latitanza da parte del Governo che accentua ancor più le responsabilità che stanno di fronte alla Regione e l'urgenza che a questa situazione di empasse e di blocco vada rapidamente a conclusione, che si dia alla Regione completezza di organi di governo, completezza di organi di assemblea in grado effettivamente di esercitare un ruolo di governo regionale assieme agli Enti locali ed alle popolazioni interessate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vetrino.



VETRINO Bianca

Per la verità ho qualche difficoltà ad inserirmi in questo dibattito perché non so bene sedevo svolgere il ruolo di ragionare insieme per capire i motivi per cui questa mattina non siamo in grado di ottemperare allo svolgimento dell'ordine del giorno, cioè l'elezione del Presidente della Giunta, oppure se inserirmi in questa miriade di argomenti che sono stati sottoposti dal Partito Comunista, che possono essere certamente un contributo alla piattaforma programmatica della quale si sta discutendo in questi giorni per definire il programma della Regione per i prossimi anni.
Se è vero che 65 giorni sono un tempo lungo per i piemontesi, per i lombardi, per i veneti, per i liguri, forse anche per i romani (magari per loro un po' meno), lo sono stati anche per gli emiliani che, mi risulta hanno impiegato anche essi 65 giorni per votare, ieri sera, un monocolore comunista con Presidente della Giunta ed Assessori co-munisti e con un programma comunista.
Per me 65 giorni sono un tempo lungo, per il mio temperamento sono lunghissimi. Se questo è vero non è però vero che il dibattito politico per la formazione delle Giunte procede a rilento. Le delegazioni non stanno infatti discutendo uno dei tanti rimpasti, cui abbiamo assistito negli anni scorsi, ma sono impegnati nel disegno di una prospettiva di legislatura di governo che richiede grande serietà e molta attenzione come da tempo i cittadini del Piemonte attendono.
Siamo infatti impegnati a definire un'identità di governo politico per il Piemonte che raccolga la più larga convergenza tra i partiti secondo criteri di omogeneità politica a più livelli. Anche questa è un'esigenza di coerenza, una delle risposte inevase negli anni scorsi.
E' per noi chiaro che un'identità di governo non può essere che un'identità programmatica sui problemi della Regione e della società. La coesione e la stabilità politica di una coalizione non vivono infatti nelle alchimie degli schieramenti e delle formule precostituite, ma nella rispondenza oggettiva puntuale e coerente dei programmi, dei problemi da risolvere.
La coalizione che rimanda i problemi offre risposte parziali: in nome di una presunta stabilità non avrà mai l'alibi o il tacito consenso dei repubblicani.
Dunque, confermiamo la preferenza del Partito Repubblicano per le soluzioni di governo locale rispondenti agli schieramenti politici nazionali, ma escludiamo fin da ora la partecipazione a quelle Giunte che sorgessero senza adeguate piattaforme programmatiche sulla base di esclusivi criteri di spartizione del potere o di riequilibrio tra poteri locali e nazionali.
Il riequilibrio tra poteri nazionali e poteri locali in chiave di lottizzazione centralizzatrice non interessa i repubblicani.
Dunque, come ho detto, attribuiamo importanza prioritaria al programma.
Tra l'altro la formula di maggioranza che dovrà governare il Piemonte nei prossimi anni è stata indicata dagli elettori molto chiaramente soprattutto per quanto riguarda la Regione Piemonte: un'alleanza tra la DC e i quattro partiti laici e socialisti.
E' infatti arcinoto che alla Regione Piemonte non è sostenibile altra maggioranza oltre quella di cui si discute dopo il 12 maggio, e qui nessuno può minacciare il ritorno di altre forme di alleanze che sono non soltanto numericamente, ma politicamente insostenibili.
Noi offriamo in questa Regione la nostra collaborazione. Siamo stati fino a ieri all'opposizione. In questi anni crediamo di aver condotto un'opposizione mai dogmatica né settaria, ma fondata su precise individuazioni programmatiche, su specifiche contestazioni di merito.
Oggi in Piemonte, a nostro avviso, esistono possibilità per degli esecutivi capaci di governare un programma di sviluppo economico e di risanamento istituzionale.
Per quanto riguarda le nomine, di cui anche i giornali hanno parlato non possiamo che ripetere che questi sono problemi che interessano le istituzioni e non le spartizioni. Ricordo che il Consiglio ha approvato recentemente una legge sulle nomine. I problemi sono infiniti. Bene ha fatto il Partito Comunista ad evidenziare quelli che a suo avviso sono problemi emergenti che più di altri necessitano di una soluzione, di una presa di coscienza immediata. Per esempio, la collega Bresso ha posto l'accento sul tema dello smaltimento dei rifiuti, che è un tema essenziale e fondamentale. Vorrei però dire che il ritardo consiliare evocato dalla collega Bresso non è nato in questi due mesi. Ci sono ritardi di carattere legislativo a livello nazionale che tutti conosciamo (abbiamo fatto lunghi dibattiti su questa storia nella passata legislatura), ma ci sono anche delle inadempienze di carattere regionale a questo riguardo, quindi il problema non è né di due mesi né di quattro ma è forse di alcuni anni.
Vorrei, per esempio, ricordare che il piano dei siti che il Consiglio approvò, su proposta della passata Giunta, mancava della cosiddetta funzione di controllo che noi, con un ordine del giorno, avevamo sollecitato proprio in quella sede, funzione istituzionalmente separata dalla promozione e dalla ricerca di questi difficili siti. Il problema ambientale attende da tempo in Piemonte alcune risposte e, sempre in merito ai siti di discarica, vorrei riportare in Consiglio, visto che se ne è parlato con tanto senso di responsabilità da parte della collega Bresso, la situazione di una cittadina nella provincia di Alessandria (l'avrete letto sulla stampa locale dei giorni passati) che vive momenti drammatici a causa di autorizzazioni concesse per una discarica dove oggi pare vadano a scaricare liquami molto pericolosi da tutte le Regioni, non soltanto dal Piemonte. In questo caso indaga già la Magistratura per capire la ragione per cui non soltanto le autorità locali ma anche le autorità regionali hanno permesso questo abuso a danno - e in questo caso veramente a danno dei cittadini del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la seduta odierna presenta qualche novità rispetto a quella precedente. Il Gruppo liberale non fa scandalo del fatto che la opposizione comunista, in particolare, abbia ritenuto di non far passare nel nulla una giornata di lavoro incominciando a introdurre alcuni elementi di merito sui quali il Consiglio dovrà dare risposta in termini di formulazione di deliberazione di programma in genere di governo della Regione.
Il Gruppo liberale apprezza quindi il contributo che il Partito comunista ha voluto dare sia pure in termini impropri: il nostro strano Statuto ci obbliga a ragionare e a comportarci in termini kafkiani.
L'importante è che dagli atti del Consiglio incomincino a emergere le tematiche più attuali, più significative sulle quali dovremo misurarci tutti come istituzione nel rispetto dei ruoli, chi dalla maggioranza chi dall'opposizione.
La posizione dei partiti di maggioranza è diversa, più difficile e più delicata, ma - se consentite lo ricordo per mia memoria - per una situazione curiosa in cui quello che sembrava un capolavoro di ingegneria istituzionale, cioè la deliberazione programmatica preparata fuori dal Consiglio, fosse un modo per rivalutare la funzione del Consiglio. Così non è. Su questo chiederei a tutte le forze politiche di fare qualche riflessione.
Sostanzialmente noi siamo come istituzione, come Consiglio regionale come complesso di Consiglieri eletti, impossibilitati a far decollare la Regione se non avviene fuori di quest'aula un accordo che di fatto è trasferito alle forze politiche, perché ci sia il fatto che mette in moto il processo all'interno delle istituzioni. Questa mi sembra una anomalia rispetto al costume parlamentare puro. Queste soluzioni di ingegneria parlamentare che vengono considerate il toccasana dei tempi lunghi e delle difficoltà a decidere nel nostro sistema parlamentare, guarda caso, qui dove sono state sperimentate e attuate, non hanno risolto il problema, ma l'hanno reso meno presentabile. Non solo "è brutto" che non si arrivi alla formulazione di un governo, ma è anche poco presentabile che questa assemblea su questo non sia nelle condizioni di avviare alcuna iniziativa.
I signori Consiglieri depositari del mandato regionale non hanno alcuna possibilità di iniziativa. Questa mi sembra una anomalia e se una anomalia non è, comunque è la dimostrazione che gli atti di ingegneria parlamentare e politica non risolvono i meccanismi e i nodi sostanzialmente politici.
Per parte nostra neghiamo in primo luogo che esista una trattativa nazionale e su questo vorremmo che fosse fatta chiarezza. Per una strana coincidenza di cose, i massimi livelli delle delegazioni che si occupano delle Giunte della Regione Piemonte, del Comune e della Provincia di Torino sono parlamentari e, guarda caso, parlamentari anche non di seconda fila.
Questo fa si che la trattativa venga anche collocata a Roma, ma soprattutto all'interno dei delegati dei capi delegazione torinesi e non dei partiti.
Non c'è un incontro presso il Consiglio dei Ministri o presso il gruppo a) o presso il gruppo b). Purtroppo non c'è nessuna compensazione a livello nazionale. Su questo pregherei che non si facessero risolini.
Quando vedrete chiudere il gioco dei poteri negli enti istituzionali vedrete che il nostro Partito, per esempio, non ha potuto giocare alcuna compensazione nazionale e giocheranno i rapporti di forza locali.
Purtroppo non c'è nessun livello nazionale. C'è semplicemente il fatto che il Senatore Bastianini oggi deve essere a Roma per votare. L'On.
Bodrato e l'On. La Ganga oggi devono essere a Roma per votare e guarda caso, sono i capi delegazione delle trattative comunali. Quando si parla di livello nazionale normalmente ci si riferisce al fatto che le decisioni vengono prese su piattaforme e tenendo presente problemi non locali. Questo non è né sul piano dei contenuti, né sul piano dei rapporti politici, o comunque, noi rifiutiamo che sia; secondo noi non è, e secondo noi non ha da essere, per adesso non è ancora e comunque non ha da essere e poi parleremo del non ha da essere. L'ha detto la Signora Vetrino, lo diranno altri colleghi della maggioranza. Passare in una Regione come la nostra caratterizzata da dieci anni di governo di sinistra, che hanno lasciato segni in positivo e in negativo e che obbligano la maggioranza che si va costituendo a misurarsi con pari dignità di proposta politica (non siamo in una crisi durante la legislatura o nel cambio di maggioranza in un comunello dell'alta Valle di Susa) significa disegnare le linee strategiche di un governo di pentapartito che ovviamente guarda in termini politici che sono almeno di una legislatura, se non di più, come avviene nei disegni politici di grande respiro. Soprattutto a livello regionale, le scelte sono di ordine strategico. Lo dicevo al mio collega Santoni, lo dico anche alle colleghe del Partito Comunista che sono intervenute; noi non ci scandalizziamo per quanto non ha fatto la maggioranza di sinistra sui problemi dell'ambiente. Non scandalizzatevi peraltro neanche voi sul fatto che questa maggioranza non possa fare molto in tempi stretti: perché i meccanismi legislativi e attuativi della politica regionale hanno tempi lunghi oggettivamente e strutturalmente. Quindi, non aspettatevi che alcuni problemi vengano risolti in due minuti. Per questo gli accordi di Governo non sono accordi che si risolvono in un pomeriggio o come si risolvevano un tempo, mi dice il mio segretario Arrigo, per il Comune di Torino, in una sala del "Cambio". Pare che una volta le maggioranze si facessero al "Cambio", perché i tempi erano più facili e più semplici. Il decisore politico aveva molto meno da decidere. Probabilmente contavano di più i gruppi di pressione; adesso la democrazia è maturata.
Le scelte che ci competono e le decisioni che dobbiamo assumere sono più complesse e richiedono tempi adeguati. Ho l'impressione che di questo la stessa opposizione in pectore non ci faccia colpa più di quanto non ci sia dovuto dalla sceneggiata che è richiesta dallo Statuto. Così come non è stato fatto scandalo dei nostri ritardi, noi non facciamo scandalo delle riserve che vengono fatte sulla nostra attività. Se di qui deve uscire un segnale da parte del nostro Gruppo è di ribadire quello che abbiamo espresso nel comunicato, firmato dal nostro Segretario nazionale (non come segretario nazionale, ma come eletto in questo Collegio) in una riunione che si è tenuta a Torino.
Avevamo anticipato nella riunione dei Capigruppo e lo abbiamo anticipato nel nostro comunicato, lo diciamo qui con termini molto fermi come la Signora Vetrino ha detto che non starà ad, una maggioranza che non sia fortemente caratterizzata sui contenuti; anche noi diciamo che non staremo a delle maggioranze che non siano politicamente e significativamente raccordate. Diciamo anche che uno dei segnali sui quali misureremo il senso politico delle maggioranze che si stanno istituendo è il quando: il quando non può andare oltre un certo limite e non può essere considerato un elemento di indifferenza. Su questo concordo con gli amici comunisti. Noi consideriamo quindi il mese di luglio come il termine ultimo in cui si deve verificare che in questi tempi si siano stabilite le condizioni politiche per Giunte di pentapartito, omogenee, con la presenza di tutte le forze politiche al Comune di Torino, alla Regione Piemonte e alla Provincia di Torino. Se questo non avvenisse, sarebbe un segnale certamente molto significativo dal punto di vista politico, sul quale la nostra forza politica e il Gruppo di conseguenza, farebbero loro riflessioni anticipando sin d'ora che sarebbe quanto meno difficile una partecipazione liberale a Giunte che nascessero attraverso un processo politico che ne facesse emergere una sostanziale debolezza e un carico di elementi di effimero, di non programmatico e strategico. I giornali non hanno ritenuto di fare emergere il messaggio liberale. Chissà perché i liberali vengono sempre eletti in quello che hanno di mediatore. E' vero che la funzione dei liberali nella storia è stata di far giustizia delle follie fatte dai radicali: speriamo che avvenga anche in materia di nucleare. Mi riferisco alle follie dell'ultimo '700 francese che però hanno maturato i loro risultati di civiltà attraverso l'elemento di mediazione liberale nella seconda parte dell'800.
Nei comunicati che abbiamo emesso è stata rilevata e sottolineata la componente mediatrice del nostro Partito: del "bisogna fare in fretta". Nel nostro comunicato c'era anche questa espressione molto ferma: noi consideriamo il mese di luglio il mese in cui deve maturare l'alleanza di pentapartito nei tre livelli ai quali facevamo riferimento. Se questo frutto non matura in questa stagione, e se qualcuno ritiene di dover fare slittare la maturazione di questo frutto a settembre, sarà un altro frutto completamente diverso. Rispetto a quell'altro frutto ci dovremo misurare ma certamente ci misureremo con qualche elemento di difficoltà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, Colleghi Consiglieri, anch'io, riallacciandomi all'intervento del collega Marchini, ho sostenuto già la volta scorsa che siamo in presenza di un dibattito atipico perché il dibattito del Consiglio dovrebbe avvenire su un documento programmatico e su una proposta di composizione della Giunta mentre ci troviamo a discutere attorno ad una fase che è precedente ed esterna, ancorché influente, a questa situazione.
Di qui anche l'imbarazzo e la difficoltà di tutti noi a capirci a vicenda e ad affrontare un dibattito in termini seri, concreti ed operativi. Nè io, anche qui condividendo la valutazione del collega Marchini, menerei gran scandalo per il fatto che vi siano riunioni e incontri che fra loro si incrociano e avvengano anche al di fuori della sede fisica di Torino. Sono vicende che sempre sono avvenute.
E' chiaro che le delegazioni hanno più opportunità, più occasioni e più sedi di incontro e di scambio di opinioni, l'importante è che queste sedi e queste occasioni di incontro siano davvero fruttuose e non siano, come purtroppo talora è stato, anche ultimamente, soltanto un'occasione per vedersi e per rinviare ad altra sede, ad altra occasione, il momento della decisione. Quindi, io credo che questo rientri nella normalità delle cose che avvengono ovunque, su tutte le latitudini e i colori politici l'importante è certo che da questa serie di incontri e di riunioni emergano fatti positivi, su cui poi confrontarci dato che certamente sono diverse le valutazioni che dai risultati di questi incontri vengono date.
Certo credo che non si possa nascondere e negare in quest'aula che rispetto alla precedente riunione del Consiglio Regionale purtroppo non sono stati fatti molti passi in avanti, e quindi dobbiamo registrare una situazione di stallo rispetto alla precedente riunione del Consiglio regionale.
Noi ribadiamo quello che in quell'occasione dicemmo e cioè che ritenevamo che il risultato elettorale fosse tale da prefigurare una soluzione di pentapartito perla Regione Piemonte e per il Comune di Torino e, rispettosi della indicazione dell'elettorato, lungo questa linea ci eravamo mossi, subito dichiarando la nostra disponibilità per l'approfondimento della possibilità di giungere a questa ipotesi politica nella Regione Piemonte.
Dobbiamo dire che in realtà non sempre così è andato durante questi mesi, non tutti i Partiti si sono mossi lealmente con ugual solidarietà in questa prospettiva dando ad essa talora un ruolo tattico, talora un ruolo contingente, piegando questa formula spesso anche a soluzioni che invece nascevano da preoccupazioni o personali o di potere, perché dobbiamo qui dire che invece in alcune realtà locali dell'area di Torino, dove pur essendovi le condizioni, i numeri e le volontà per formare giunte di pentapartito, si sono formate Giunte che hanno questi Partiti al loro interno, ma che vedono esclusa la nostra componente e quindi credo che questo non sia il miglior modo di avviare una collaborazione pentapartitica al Comune di Torino, alla Provincia di Torino e alla Regione Piemonte.
Credo che su questo occorra fare da parte dei Partiti del pentapartito una seria riflessione, una seria riconsiderazione delle posizioni assunte in questi enti, perché io credo che, se vogliamo davvero dare a questa formula quello che era per noi, vale a dire un significato strategico di prospettiva ancorata a soluzioni di ampio respiro e di omogeneità, occorre rivedere le soluzioni attuate in alcuni casi.
Da alcune parti si dice che il Partito Socialdemocratico e anche il Partito Socialista partecipano in alcune realtà a Giunte di sinistra. Credo che siano due problemi che vanno tenuti distinti e che non hanno lo stesso tipo di problematica alla loro base. Noi abbiamo detto sempre che per noi la soluzione pentapartitica è una soluzione che andava estesa a quella che è la collaborazione a livello nazionale, anche a livello periferico laddove vi erano le condizioni, i numeri e le possibilità programmatiche e politiche. E lungo questa linea noi ci siamo mossi, non abbiamo deflettuto rispetto a questa condizione. Però abbiamo anche detto che non era una trasposizione meccanica, che vi erano invece delle situazioni in cui l'elettorato aveva dato un responso di tipo diverso, perché vi sono anche in Piemonte delle situazioni in cui le Giunte di sinistra non sono uscite sconfitte.
Vi erano delle realtà in cui si potevano prospettare anche partecipazioni a Giunte di sinistra. Diverso è il caso di realtà in cui vi sono le condizioni e le volontà per formare Giunte pentapartitiche e queste invece non sono realizzate perché vi sono delle preclusioni nei confronti del nostro Partito. Credo che questo sia invece un fatto che va condannato è un fatto su cui occorre rimeditare, su cui occorre che il pentapartito faccia una riflessione e riveda queste posizioni perché è chiaro che perdurando queste situazioni abnormi che noi abbiamo rilevato in alcune realtà della cintura di Torino e non volendo peraltro noi fare da ruota di scorta a nessuno, perché non l'abbiamo mai fatta, occorrerà da parte nostra rivedere le situazioni e valutare il comportamento da tenere in tutti gli enti a cominciare dal Comune di Torino, nel senso che noi siamo per mantenere fede all'impegno preso di alleanza pentapartitica, però è chiaro che noi chiediamo precise garanzie rispetto alle situazioni che si sono venute a creare in alcune realtà a nostro danno.
Questo sconta il fatto che abbiamo tutti realizzato una serie di incroci tra i livelli amministrativi che hanno sede in Torino e fra i tre enti; questo ha sostanzialmente danneggiato la Regione che invece aveva i numeri, le volontà e i programmi per dare subito una soluzione alla Regione Piemonte. Noi vogliamo sperare che questo non rappresenti un appiattimento rispetto al disegno innovatore di mutamento che avevamo tutti dichiarato nel momento in cui avevamo prospettato questa ipotesi di maggioranza alla Regione Piemonte. Credo sia uno svilire questa soluzione nella misura in cui la condizioniamo al colore di un Sindaco o al fatto che se non vi sono degli aggiustamenti, delle compensazioni, non si può andare avanti.
E questo viene invece detto anche da parte di chi per tanti anni ha sempre fatto gran vanto di privilegiare soltanto un discorso di programmi e non di posti. Credo che questo debba essere tenuto in considerazione nella misura in cui il Consiglio Regionale è l'espressione del Piemonte, non soltanto della città di Torino che certamente ha un peso e un ruolo economico, sociale e politico che in questo Consiglio non deve né pu essere disconosciuto; il Consiglio Regionale del Piemonte rappresenta il Piemonte e deve farsi carico in ugual misura di Torino e di tutte le altre realtà presenti nella nostra Regione. Quindi il ridurre la situazione di Torino e della Regione alla situazione di un problema di una città ancorché ripeto importante e il cui peso è certamente determinante, ci sembra riduttivo per la dignità dell'intero Piemonte.
Se scioglieremo questi nodi potremo rapidamente e realmente trovare soluzioni possibili con numeri, con programmi, in questo mese; è una soluzione possibile e, ancora prima che possibile, richiesta dalla collettività; è urgente perché vi sono problemi come quelli che opportunamente il Gruppo comunista rileva nei suoi interventi che attendono risposte urgenti a cui non si può sottrarre il Consiglio Regionale del Piemonte, anche per non dare un alibi a quella parte del privato che potrebbe fare tante cose e non le fa per una serie di ragioni, con la scusa che le istituzioni non sono in grado di governare o perché non vi sono ancora soluzioni pronte; soluzioni il cui ritardo, fra l'altro, non è compreso neanche dalla collettività.
Se sapremo dare una visione più ampia ai problemi del Piemonte, non relegandoli a quelli di questa o quella città, se sapremo dare alla formula di pentapartito che auspichiamo possa giungere in porto un significato di grande prospettiva, di strategia programmatica e non soltanto di tattica piegata a seconda delle circostanze, credo che potremo dare entro questo mese alla Regione Piemonte un governo stabile ed efficiente.


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Incontro avvenuto a Roma sulla formazione delle Giunte locali


PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Bontempi, ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Siamo venuti a conoscenza di un comunicato relativo ad un incontro a Montecitorio tra Cardetti e La Malfa per discutere la situazione al Comune di Torino. Forse non meriterebbe di essere inserito nel dibattito, se non avessimo avuto notizia, peraltro in via ufficiosa, che in questo incontro si sarebbe raggiunto un accordo, tra l'altro già con calendarizzazione di sedute per il Consiglio comunale, relativamente all'attribuzione del Sindaco e del Vicesindaco al Comune di Torino.
Per non sprecare questa occasione chiederei, visto che ci sono ancora colleghi della maggioranza che debbono intervenire, che ci venga illustrato questo fatto, se c'è.
E' pregiudiziale, una mozione d'ordine, perché altrimenti si fa un dibattito tutto spernato.



PRESIDENTE

E' pregiudiziale e può essere propedeutico per gli interventi che seguono, anche se l'attinenza è chiaramente in termini indiretti, ma certamente conseguente a questo dibattito.



BONTEMPI Rinaldo

No, scusi, signor Presidente, solo per farle notare che questa notizia è ufficiosa e quindi davvero dobbiamo essere informati: si parla di una seduta fissata per il giorno 29, di un Vicesindaco a Torino, repubblicano.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Presidente della Giunta Regionale

Adempimenti di cui all'art. 32 dello Statuto: Elezione del Presidente e della Giunta (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il punto 3) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Moretti.



MORETTI Michele

Ringrazio il collega Bontempi dal quale ho appreso la notizia adesso non ero a conoscenza. Credo affronte-remo oggi con tutta la parte politica questo problema e informeremo come d'intesa durante la conferenza dei Capigruppo e l'Ufficio di Presidenza per decidere la convocazione del Consiglio regionale.
Il Gruppo consiliare del PSI si era impegnato di intervenire presso il partito circa la preparazione del programma sul quale si richiede un approfondimento sui problemi che oggi investono il Piemonte, come la questione occupazionale, quella economica e quella sui problemi sollevati questa mattina dai colleghi del Gruppo PCI. L'impostazione di un programma è un problema complesso che deve vedere impegnate le forze politiche nel cui ambito c'è un confronto e noi socialisti siamo impegnati a confrontarci non solo con tutte le forze sociali, ma anche con le forze politiche dell'arco costituzionale. Questo non vuole essere novità, ma è uno degli impegni politici che il PSI si è assunto tenendo conto dell'impegno precedente in merito alla funzione politica che ha svolto nell'ambito delle istituzioni. Devo dire che le scelte politiche non sono solo riferimento ad una collocazione nazionale, ma un riferimento ai dati elettorali; se consideriamo il dato elettorale della Regione, credo che la responsabilità politica di un partito che ha otto seggi è quella di dare governabilità alla Regione. Voglio chiarire questo concetto anche perché il PSI non è del parere di arrivare ad un Commissario regionale e di affrontare con responsabilità politica la costituzione del governo regionale.
Crediamo nell'autonomia e nelle funzioni politiche autonome nell'ambito delle istituzioni del nostro partito tant'è che nelle sezioni e nelle federazioni del PSI si è discusso ed analizzato il risultato elettorale: sono state assunte delle decisioni su questa base ed altrettanto faremo nell'ambito del Consiglio regionale.
I problemi sollevati ci vedono molto impegnati non tanto in riferimento a quello che è stato il nostro impegno passato, ma in riferimento a quella che è la situazione attuale rispetto ai problemi. Più volte abbiamo discusso in quest'aula alcune situazioni che riguardano l'ambiente e per noi non è una novità, l'abbiamo affrontato pur avendo avuto responsabilità in questo campo, rilevando carenze legislative nazionali in merito ad alcuni problemi e ad alcuni ruoli. Qui si pone il problema della riforma delle autonomie locali che più volte è stato sollevato dal nostro partito.
Proprio nell'ambito del programma occorre affrontare questo problema che l'assemblea elettiva sarà chiamata a dibattere ancora una volta sotto il profilo legislativo per risolvere i problemi attuali (mi riferisco alla questione occupazionale nel settore industriale). Il Consiglio regionale non può essere chiamato ad esprimere pareri sui finanziamenti per l'innovazione o la ristrutturazione; il Consiglio regionale deve attraverso l'impostazione programmatica, non solo dare un'indicazione per lo sviluppo, ma discutere del riequilibrio dell'economia della Regione tenendo conto delle analisi contenute nel primo e nel secondo Piano di sviluppo.
I colleghi del PCI e della Lista Verde Civica hanno parlato di "spartizione di potere". Non è così. La questione è posta in termini di proposta programmatica e non abbiamo discusso di spartizione. Abbiamo dibattuto nel nostro interno del Comune, Provincia e Regione e come avviare la discussione dei tre livelli. E' stato incaricato il responsabile nazionale degli Enti locali, da tutto l'attivo del partito, a seguire il problema, quindi c'è stata un'indicazione e decisione presa dal partito anche a livello di base.
Noi siamo impegnati a portare a termine entro la fine de mese una proposta di programma confrontandoci con le forze sociali e con le forze politiche ed altrettanto siamo impegnati a decidere in questa sede la scelta del governo regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Di irrituale in questa riunione di Consiglio, per usare il termine adottato dal collega Bontempi, non c'è tanto il fatto che le forze della costituenda maggioranza abbiano scelto di parlare nella fase finale del dibattito e non nella fase iniziale, quanto semmai la scelta del Gruppo comunista di fare una serie di interventi che è cosa veramente irrituale e del tutto nuova nella prassi consolidata del nostro Consiglio. In vacanza della Giunta si era sempre concordato un intervento per Gruppo; ci si era sempre limitati all'assunzione di una breve posizione politica, anche durante la lunga pausa (non possiamo dimenticarla) che ha seguito il 2 marzo e durante la quale ci siamo riuniti ogni 15 giorni senza che si fosse pensato ad una serie di interventi.
Il PCI ha innovato una prassi; le prassi possono essere innovate, non ne facciamo certamente scandalo. Formuliamo peraltro un rilievo: il Gruppo comunista ha sollevato una serie di problemi importanti, ma che a ben vedere (e ciò credo non può sfuggire ad alcuno) segnano profonde inadempienze rispetto al passato, particolarmente per quello che riguarda il tema delle deleghe; non solo, ma fanno emergere incongruenze per quello che concerne progetti di legge bocciati e da ripresentare o da rivedere effetto di un'abbuffata finale di provvedimenti che noi avevamo, allora dall'opposizione, con molta cautela, ma anche con molta fermezza denunciato come inopportuna e non tale da produrre una legislazione precisa e puntuale.
Al pentapartito si può dire tutto, ma non lo si può incolpare della gestione passata. La gestione deve essere nuova; questo comunicato stampa che parla di un collegamento, di un incontro tra socialisti e repubblicani a Roma, cui fa cenno Bontempi, menziona chiaramente un forte rinnovamento di programma e ciò significa che ci si muoverà certamente in un'ottica nuova. Tutti, evidentemente anche i socialisti e i socialdemocratici sentono la necessità di portare avanti un programma rinnovato, cioè adeguato alla gravità della situazione denunciata che costituisce un dato reale che ci è ben presente. Noi abbiamo raggiunto finora un accordo politico per formare una maggioranza di pentapartito nella Regione Piemonte. E' un accordo che ha già trovato la sua sanzione nelle modalità dell'elezione dell'Ufficio di Presidenza; è un elemento base importante sul quale si muove la trattativa per raggiungere altri aspetti di programma ed anche di organigramma.
Per quello che riguarda l'organigramma credo di poter dire che è un problema anche questo, non dobbiamo farne scandalo! Ma non si può parlare di spartizione quando questo problema riguarda gli altri e parlare invece di responsabilizzazione quando riguarda se stessi. Le Amministrazioni sono condotte da uomini con tutte le conseguenze che ciò comporta.



(Voce dall'aula)



BRIZIO Gian Paolo

Allora il programma viene per ultimo?



BRIZIO Gian Paolo

No, il programma non viene per ultimo. Il programma anzi è in gran parte siglato. Il documento che riguarda i tre livelli e, che non è il programma della Giunta regionale ma il documento per un accordo politico, è già stato steso ed è stato ampiamente affrontato; ha soltanto necessità di alcune puntualizzazioni.
Si è andati quindi di pari passo sia sull'organigramma che in ordine ai problemi programmatici. Certamente si tratta di un programma che esige un approfondimento; prima di tutto perché occorre raggiungere un accordo fra cinque forze politiche che hanno ciascuna la propria individualità, la propria collocazione. In secondo luogo, perché ci sono dei problemi complessi che riguardano la situazione del Piemonte. In terzo luogo, perch si è scelta la via di siglare un accordo ai tre livelli principali, quindi si deve tener conto anche delle integrazioni importanti tra situazione dell'area metropolitana torinese che è il centro oggi della crisi e situazione regionale.
Ci si dice: "non vi ponete il problema del ritardo, del fattore tempo?" Noi ci poniamo il problema del fattore tempo. Siamo fortemente impegnati ad accelerare al massimo la presentazione di un documento e la formazione dei governi che sappiamo essere assolutamente necessari per affrontare la grave situazione del Piemonte, ma per altro intendiamo ribadire che vogliamo un accordo chiaro che consenta di raggiungere poi, sul terreno dell'azione politica, quella sintesi operativa efficace e necessaria per governare che non c'è stata, a nostro avviso, nella precedente legislatura, malgrado si trattasse di un accordo tra tre forze politiche.
Ci sono quindi dei problemi importanti e proprio perché per noi la Giunta che dovrà essere formata, l'accordo politico che ad essa è sotteso ha un valore strategico importante, noi riteniamo che il tempo necessario debba essere consumato per raggiungere questo accordo. La DC non ha frapposto difficoltà; anche sul tema degli organigrammi, noi abbiamo fatto delle richieste assolutamente moderate e adeguate a quello che è il ruolo del nostro partito, senza essere mossi né da spiriti di rivincita, né da desideri di assordire più del necessario.
Abbiamo fatto delle proposte che credo potranno essere accettate e non avranno difficoltà ad essere concretizzate, perché abbiamo dimostrato grande disponibilità nei confronti degli alleati che hanno giustamente delle ambizioni e che hanno pari dignità di forza politica con noi, come partito di maggioranza relativa della coalizione di governo. Certamente la DC vuole entrare in queste maggioranze a pieno titolo; vuole entrarci con una capacità propositiva, con il peso di un consenso rafforzato rispetto alle ultime consultazioni elettorali di carattere nazionale, con il peso di un consenso che deve avere rilievo perché la pari dignità è cosa estremamente importante, ma non può confondersi con una posizione inversamente proporzionale rispetto all'entità del consenso stesso, di oneri e di responsabilità da assumere. La nostra posizione è stata estremamente chiara fin dall'inizio. Fin dal 17 maggio noi abbiamo chiesto alle forze del pentapartito un incontro, movendoci per primi, e quindi siamo ben al di dentro della presentazione di questi documenti, anche per quello che riguarda il programma. Non ne siamo assolutamente fuori.
Ci possono essere degli incontri bilaterali che hanno la loro importanza, il loro significato e la loro utilità per superare alcuni nodi ma nulla di più. Si procede con impegno. Anche noi siamo impegnati a chiudere al più presto e se sarà possibile entro il mese di luglio arrivare alla formazione della Giunta.
Sarà questo certamente per la DC un elemento in più di soddisfazione e siamo impegnati con tutte le nostre forze a far sì che ciò avvenga. Non faremo scandalo se non sarà così, perché sappiamo che molte Giunte non saranno formate prima delle ferie estive. Finora sono state formate soltanto Giunte laddove il PCI aveva la maggioranza assoluta (quindi dei monocolori) o dove analoghe posizioni potevano essere assunte da altre forze politiche, compresa la DC. Dove c'è necessità di accordi politici ampi, i tempi si fanno lunghi in questa fase, perché sono pesanti i problemi e perché presenta problemi l'obiettivo di estendere complessivamente le alleanze sul territorio per dare ad essa un significato veramente strategico.
La DC credo sia stata la forza che più di ogni altra ha fatto una campagna elettorale centrata sull'esigenza di una larga estensione di Giunta pentapartitica; più di ogni altro partito si sente impegnata a portare avanti 'questo discorso nel territorio piemontese e particolarmente nella Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bosio.



BOSIO Marco

Signor Presidente, signori Consiglieri, vorrei fare alcune rapide considerazioni che mi vengono dall'ordine delle questioni che si sono sviluppate in questo dibattito, anche da alcuni richiami che ci sono stati rivolti.
Vorrei intanto sottolineare come abbia capito oggi fino in fondo il senso e il significato di quella sentenza della Cassazione che ha ritenuto non più un gioco d'azzardo, ma un gioco di abilità quello delle tre carte perché abbiamo potuto vedere qui un formidabile dispiegarsi e una formidabile abilità nel gioco delle tre carte. Non essendo più un gioco d'azzardo e non potendo più correre rischi di denunce avete deciso di presentarvi in forza sul terreno del gioco delle tre carte.
Intendo porre due questioni: se domani i giornali presentassero come fatto l'intesa e l'accordo romano di questa mattina, gli esponenti del pentapartito della futura maggioranza di pentapartito in Consiglio regionale cosa ci diranno della loro autonomia, della loro contrattazione autonoma locale, della loro soluzione maturata attraverso il ragionamento il confronto, la definizione programmatica e così via? Cosa ci diranno? Che erano qui e a Roma allo stesso tempo? Che erano come dire uni e trini quelli delle tre carte, sempre? Noi poniamo questa questione, perché abbiamo all'inizio sottolineato con molta forza elementi e valutazioni che ritenevamo e continuiamo a ritenere questioni di fondo non solo del formarsi di maggioranze e di opposizioni, ma anche dei modi con i quali esercitare con pienezza totale i ruoli e le funzioni istituzionali nel Consiglio regionale. Avere, come noi riteniamo, espropriato le forze politiche, le forze consiliari, di questo diritto e di questo dovere, di qui confrontarsi, qui ricercare le soluzioni, qui realizzare le convergenze di carattere programmatorio, avere espropriato di questo le forze politiche da parte dei partiti del pentapartito, ebbene, non resta una questione limitata al puro momento di formazione o di soluzione di maggioranze di Giunte di governo, ma è una questione che segna profondamente, se non viene modificata con un grande sforzo di volontà, le prospettive e il lavoro futuro.
Lo abbiamo richiamato e lo richiameremo nei prossimi giorni, nel prossimo Consiglio, se maturerà, come appare maturare una soluzione romana non torinese, non regionale.
La seconda questione che vorrei richiamare riguarda il fatto che c'è stato stupore da parte del Capogruppo democristiano per il fatto che il Gruppo comunista abbia determinato di intervenire attraverso più Consiglieri.
Abbiamo ritenuto noi di dovere cominciare a introdurre alcune questioni di tipo programmatico che non sono state minimamente in nessun caso e in nessun momento proposte dai partiti che stanno realizzando una intesa, una convergenza, una alleanza di carattere politico e di governo della Regione.
Ingegneria istituzionale o meno, sta di fatto che ci si poteva presentare quest'oggi, con i punti, con i percorsi, con i nodi e le questioni aperte che non sono solo di alcuni partiti, ma sono del Consiglio regionale, sono di tutte le forze.
Ci si potevano indicare alcuni terreni, alcune questioni; non ci si poteva limitare alla pura e semplice affermazione che state discutendo dei programmi perché è alla base di tutto il vostro ragionamento e noi legittimamente chiediamo: ma questi programmi cosa contengono? Quali sono i punti e i problemi? Noi ne abbiamo individuati alcuni per adesso e li abbiamo proposti.
Come risposta ci è venuto che sono un grande contributo al vostro programma; devo dedurre che dunque ancora probabilmente questo programma vostro non c'è. In questo il gioco delle tre carte è proprio scoperto; è stato depenalizzato da qualche giorno a questa parte, ma è stato riconosciuto un puro e semplice gioco d'abilità, voi ne avete dato prova poi non so se ci sono di mezzo anche i soldi, ditemelo voi, ma la questione è un'altra.
Questo volevo sottolineare, ma non a mo' di conclusione, perché la conclusione quest'oggi è abbastanza mortificante per quanto ne può venire dalle forze che intendono e pretendono dare una risposta di governo non più rapida e non più solida alla Regione Piemonte, e questo ho proposto.
Certamente, visto che non ci viene oggi nessuna indicazione in questo senso, valuteremo domani, leggendo i giornali, perché credo che i Partiti regionali del pentapartito non siano in grado di informarci stasera, cos'è successo nella trattativa a Roma, se c'è una soluzione o se ancora non c'è.



PRESIDENTE

Vi sono altri interventi? Non mi pare di coglierne altri. Questa Presidenza non può non rilevare che il giocare, non certo alle tre carte ruoli ripetutamente richiamati in questo dibattito, al di là di legittime posizioni differenti di forze politiche all'interno di questa assemblea non abbia voluto esprimere fatti lucidi, ma occasioni comunque di confronto. Il richiamo quindi alla necessità di accelerare i tempi in Piemonte, come nel Paese, perché la centralità del ruolo delle istituzioni possa veramente decollare come fatto certo è una preoccupazione di tutti i Gruppi consiliari che qui hanno espresso le loro osservazioni e non può non essere innanzitutto e soprattutto anche una preoccupazione di questa Presidenza del Consiglio regionale.
Io mi rendo conto delle necessità di tempi del confronto politico, ma l'augurio che questa Presidenza fa indubbiamente non è solo un augurio rituale o formale, ma un augurio sostanziale perché queste aspirazioni espresse dai vari Gruppi, pur da posizioni differenti, possono permettere di giungere a breve per una soluzione organica, affinché tutti gli organi della Regione possano essere operanti stante le necessità e le esigenze non poche sul tappeto.
Dichiaro esaurito questo punto all'o.d.g.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Dimissioni del signor Alberto Tridente dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) all'o.d.g. che reca: "Dimissioni del signor Alberto Tridente dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108)".
Informo che il Consigliere regionale Alberto Tridente, eletto nella lista n. 2 - Democrazia Proletaria - nella Circoscrizione di Torino, con lettera datata 15/7/1985 pervenuta e protocollata il giorno 16, ha comunicato che l'imminente nomina a Deputato europeo gli impedisce di svolgere al meglio il compito di Consigliere regionale e si vede perci costretto a rassegnare le dimissioni da Consigliere della Regione Piemonte.
Se non vi sono interventi su quanto comunicato, propongo che il Consiglio prenda atto delle dimissioni dalla carica di Consigliere regionale del signor Alberto Tridente.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 49 Consiglieri presenti.
Occorre pertanto procedere, ai sensi dell'art.16 della legge 17/2/1968 n. 108, alla surrogazione del Consigliere dimissionario. Ai sensi del citato articolo, il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto. La stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dagli Uffici Centrali Regionali.
Dal verbale dell'Ufficio Centrale Circoscrizionale presso il Tribunale di Torino risulta che all'ultimo eletto nella lista della Democrazia Proletaria nella Circoscrizione di Torino segue immediatamente il signor Staglianò Gregorio detto Igor, al quale deve essere pertanto attribuito il seggio resosi vacante.
Pongo quindi ai voti la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Alberto Tridente subentra, nella Circoscrizione di Torino, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il signor Igor Staglianò.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 49 Consiglieri presenti.
Propongo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Alberto Tridente con il signor Igor Staglianò sia dichiarata immediatamente eseguibile, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953 n.
62 e faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dai componenti del Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 49 Consiglieri presenti.
Dichiaro pertanto la predetta deliberazione immediatamente eseguibile ed invito il signor Igor Staglianò a prendere posto in aula qualora si trovi nelle vicinanze.



(Il neo Consigliere Igor Staglianò prende posto)



PRESIDENTE

Per quanto attiene alla convalida, l'art. 17 della legge n. 108/1968 prevede che "al Consiglio regionale è riservata la convalida dell'elezione dei propri componenti, secondo le norme del suo Regolamento interno". A tal fine l'art. 16 del Regolamento stabilisce che l'esame delle condizioni di ciascuno dei Consiglieri eletti sia effettuato dalla Giunta delle Elezioni la quale proporrà successivamente al Consiglio regionale l'adozione dei provvedimenti conseguenti.
Al neo Consigliere Igor Staglianò va il nostro saluto e il nostro augurio di buon lavoro.
Comunico infine che i Presidenti dei Gruppi consiliari verranno convocati a domicilio per concordare la data e l'ordine del giorno della prossima adunanza consiliare.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,05)



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