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Dettaglio seduta n.233 del 02/03/90 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


ROSSA Angelo


Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Biazzi, Cernetti, Croso, Fassio, Martinetti e Vetrino.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame ordine del giorno n. 741 inerente la costruzione di una discarica consortile per il sub-bacino di Santhià (rinvio)


PRESIDENTE

In merito al punto 13) all'o.d.g., che prevede l'esame dell'ordine del giorno n. 741, ha chiesto la parola il Consigliere Valeri. Ne ha facoltà.



VALERI Gilberto

Ieri il collega e compagno Monticelli aveva posto la questione della discussione dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista inerente l'autorizzazione o meno della discarica di Santhià, la vicenda autorizzativa della ipotizzata discarica di Alice Castello e il problema della terza linea dell'inceneritore di Vercelli.
Il Presidente si era dimostrato interessato a procedere, richiamando però l'opportunità della presenza dell'Assessore Cernetti. Si tratterebbe di sciogliere questo problema.



PRESIDENTE

L'Assessore Cernetti è assente per un impegno istituzionale.
Prendo atto della richiesta avanzata dal Consigliere Valeri. Pongo questa richiesta all'attenzione del Consiglio e se i colleghi ritengono che del problema si discuta in presenza del Presidente della Giunta, che ha tutti i titoli per affrontare questo problema, apriamo la discussione su questo punto.
Se non vi sono richieste di parola, ha facoltà di intervenire il Presidente Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, rispondo al collega Valeri senza riproporre quello che di fatto era già stato detto nella giornata di ieri e cioè la disponibilità della Giunta, attraverso chi parla nella buona o nella cattiva sorte, di dare una risposta o comunque di intervenire sugli argomenti che sono stati sollevati.
Ho anche avvisato che, nel tentare di raccogliere ogni più utile elemento, una risposta mia può avere dei vuoti, vuoti involontari, vuoti legati al non esercizio diretto di questa attività di settore che è stata delegata alla collega assente ieri per motivi di famiglia, assente oggi per motivi istituzionali.
Se si tratta di dover procedere nella discussione - ho già preso contatti con gli uffici - devo richiedere il conforto di assistenza dei tecnici del settore, il che può avvenire in tempi estremamente brevi ovvero il tentare di dare una risposta, e mi parrebbe la soluzione più giusta. Avverto la difficoltà personale dei colleghi perché l'ordine del giorno relativo a Santhià e Alice Castello è stato protocollato il 23 gennaio, quindi stante l'urgenza che allo stesso è stata conferita, mi parrebbe giusto sciogliere anche ogni riserva.
Se i colleghi ritenessero di dover scegliere la seconda strada pregherò la collega Cernetti di intervenire sull'argomento al primo Consiglio regionale. Purtroppo la settimana entrante ha un vuoto di convocazione, questo per motivi che i colleghi conoscono, quindi alla seduta successiva proporrei questo tipo di intervento.
Eventualmente, non tanto per un fair-play e senza entrare nel merito di quello che può essere deciso dalla Giunta sul piano della sua autonomia responsabile sotto ogni aspetto, mi riservo di chiedere alla collega Cernetti di assumere le determinazioni dopo che possa avere informato l'aula o dare delle risposte agli argomenti che sono stati qui sollevati.
Ripeto: senza che ciò voglia dire che la Giunta deciderà per un sì o per un no. Su questo non ci posso stare. E mi pare che sia anche ovvio: qualsiasi Giunta avrebbe titolo per rivendicare questo tipo di atteggiamento, mentre mi parrebbe consequenziale, coerente, rispettoso, anche in quest'ultima fase di vita parlamentare di questa legislatura, che ci sia una successione dei diversi passaggi tenendo presente queste realtà, alle quali la Giunta ha il dovere di dare delle risposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendiamo atto della disponibilità che il Presidente della Giunta ha testé confermato di dare corso alla discussione dell'ordine del giorno. Nello stesso tempo per prendiamo anche atto delle considerazioni ribadite dal Presidente in ordine alle difficoltà della Giunta, in assenza dell'Assessore Cernetti, di affrontare la discussione con pienezza di conoscenza della materia e di capacità informativa dello stato pregresso delle cose e, soprattutto, delle intenzioni dell'Assessorato competente in ordine ai tre aspetti considerati all'o.d.g. Dato che siamo interessati ad una discussione vera e quindi ad un esame dell'ordine del giorno non puramente formale, giudichiamo fondate le preoccupazioni del Presidente e conveniamo sull'opportunità di rinviare la discussone dell'ordine del giorno alla prossima seduta del Consiglio regionale. Nel contempo però occorre che la Giunta assicuri da parte sua che qualsiasi determinazione in merito agli argomenti trattati dall'ordine del giorno venga nel frattempo sospesa.



PRESIDENTE

A questo punto potremmo ascoltare il parere degli altri Gruppi per avere il conforto di un orientamento che dia più forza alla stessa proposta.
La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

E' una questione che preoccupa alcuni Gruppi e tra questi anche il mio perché è una questione che richiede una sorta di chiarimento per trovare le soluzioni più coerenti rispetto alle necessità dell'area vercellese.
Sappiamo che tale questione è stata esaminata dai Capigruppo in questi giorni, pertanto chiediamo alla Giunta di soprassedere sulla decisione e di consentire che l'Assessore fornisca le informazioni che il Consiglio ha chiesto.
Mi pare che questo non osti neanche con gli interessi della Giunta, che sono quelli di governare e rispetto ai quali sono sempre attento, quindi è solo un fatto di tempistica. Se martedì mattina avremo questa risposta dall'Assessore, la Giunta potrà poi deliberare secondo quanto riterrà.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri interventi potremmo concludere la questione in questi termini, rinviando la discussione a tempi che non siano lontani più di quanto consentano i tempi stabiliti per legge. Potremo così avere un orientamento e una discussione al termine della quale la Giunta assumerà le decisioni che riterrà di dover assumere.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Relazione conclusiva inerente i lavori della Commissione d'indagine sui rapporti tra Regione e Magistrato per il Po (rinvio)


PRESIDENTE

Il punto 22) all'o.d.g. viene rinviato in quanto la questione è stata seguita particolarmente dal Consigliere Tapparo che oggi è assente perché è impegnato con una delegazione dei cantieri di lavoro.


Argomento: Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Esame progetti di legge nn. 114, 569 e 583: "Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del testo unificato dei progetti di legge nn. 114 569 e 583, che è stato iscritto all'o.d.g. nel corso della seduta di ieri pomeriggio.
Relatore è il Consigliere Villa che ha pertanto la parola.



VILLA Antonino, relatore

A dieci anni dall'entrata in vigore della L.R. n. 30/79, ma in base anche alla più vasta esperienza di intervento maturata in questo campo, si propone ora una nuova legge sulla tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza del patrimonio linguistico del Piemonte. Essa è il risultato del lavoro della VI Commissione che è pervenuta all'unificazione del progetto di legge n. 114 (primo firmatario Paris), del progetto di legge n. 569 (primo firmatario Tapparo) e del progetto di legge n. 583 dell'Assessore Nerviani.
Il lavoro in Commissione ha avuto una intensificazione, e anche se non è stato diluito eccessivamente nel tempo l'approfondimento c'è stato.
Ritengo sia doveroso, al di là della relazione ufficiale, ringraziare tutti i membri della VI Commissione che sono intervenuti a rendere sempre più attuale e più pertinente l'impostazione che era stata data nelle varie proposte, che risultarono poi riassunte dal disegno di legge della Giunta.
Un provvedimento auspicato da più parti, che non si propone solo di integrare maggiormente gli interventi regionali in materia, ma che intende collocarli all'interno di un nuovo e più organico quadro giuridico culturale e ideale.
Questi dieci anni infatti non solo hanno consentito alla Regione Piemonte di favorire lo sviluppo di iniziative molteplici e diramate su tutto il territorio regionale, di promuovere interventi conoscitivi di ampia portata, di acquisire stimoli e idee di varia provenienza, ma sono stati dieci anni importanti, a livello nazionale soprattutto, di dibattito e di elaborazione e anche di definizione di nuove prospettive legislative.
E' tale insieme di fatti ed esperienze che suggerisce ora di inquadrare questo nuovo provvedimento legislativo non solo all'interno di una politica di tutela delle minoranze, ma nel quadro più generale della salvaguardia e valorizzazione del patrimonio storico e culturale regionale. Di qui il riferimento tanto all'art. 6 quanto all'art. 9 della Costituzione, con un significativo ampliamento di ottica che ridefinisce profondamente carattere e scopi all'azione regionale sul terreno delle lingue storicamente presenti nel suo territorio: beni culturali rispetto ai quali sviluppare un'attenta azione conoscitiva, condizione e complemento di una loro più efficace tutela; patrimonio storico da conservare e trasmettere quale componente e fondamento della identità regionale; risorsa da valorizzare non meno e non diversamente da altre ricchezze ambientali, artistiche, storiche culturali.
La lingua come bene storico e culturale dunque, ma anche fenomeno pienamente inscritto nella realtà sociale contemporanea, cui guardare nell'ottica della pari dignità di tutte le lingue e in un quadro di pluralismo linguistico, operando attivamente alla progressiva rimozione degli ostacoli che impediscono la piena attuazione di tali principi. Ed è questa la ragione del richiamo all'art. 3 della Costituzione repubblicana cui pure si ispira il primo articolo di questo provvedimento.
Analoghi criteri hanno dettato il riferimento sia agli artt. 5 e 7, sia all'art. 4 dello Statuto regionale, in particolare laddove esso richiama tra gli obiettivi della Regione - da attuare sia in base alle proprie competenze sia in concorso con lo Stato e gli enti locali - la realizzazione delle condizioni atte a rendere effettivo il diritto allo studio e il contributo al progresso della cultura e della ricerca.
Sulla base di tali premesse, il quadro delle competenze regionali in materia risulta molto chiaramente definito e rientra pienamente in quanto previsto dall'art. 49 del DPR n. 616 del 24/7/1977, attraverso cui, com'è noto, sono attribuiti alle Regioni i compiti inerenti "le attività di promozione educativa e culturale attinenti precipuamente alla comunità regionale".
A tale proposito pare opportuno rilevare che in nessun caso come in quello del patrimonio linguistico - ad un tempo bene culturale storico e fenomeno evolutivo in atto - pare possibile e legittimo scindere le due sfere - mai del tutto separate - della tutela e della promozione e non tenere strettamente congiunte attività di conservazione e trasmissione, di recupero e di riproposta.
A completamento delle osservazioni relative al quadro giuridico cui la legge si ispira e richiama, va infine segnalato che essa ha inteso articolare il duplice riferimento all'art. 3 della Costituzione e all'art.
4 dello Statuto, attraverso una particolare attenzione ai problemi del diritto allo studio e dell'assolvimento dell'obbligo scolastico, in attuazione delle competenze di cui all'art. 42 del citato DPR n. 616/77.
Con un emendamento della L.R. n. 49/85 previsto dall'art. 8 della legge viene infatti inserita anche la conoscenza del patrimonio linguistico regionale tra le iniziative volte a offrire alla scuola nuove e significative opportunità culturali, cui la Regione contribuisce con propri finanziamenti.
Un'attenzione particolare alla scuola percorre del resto l'intero testo della legge.
Non si tratta solo di una risposta ad esigenze da tempo e da più parti avvertite, ma innanzitutto della concreta offerta di servizi e interventi che l'Ente Regione mette a disposizione, con particolare, ma non esclusiva attenzione alla scuola dell'obbligo. I nuovi programmi, tanto della scuola elementare come della scuola media, com'è noto, prevedono infatti esplicitamente che l'insegnamento della lingua italiana non prescinda dalle varietà delle tradizioni e delle realtà locali e regionali, che devono essere tenute in particolare conto.
La legge peraltro prevede che la realizzazione delle iniziative in campo scolastico sia preventivamente discussa di volta in volta con i competenti organi dello Stato, a garanzia non solo del rispetto delle competenze di quest'ultimo, ma di una più efficace integrazione degli interventi nel quadro dei nuovi programmi e delle scelte curriculari che ne scaturiscono.
L'impegno nei confronti del mondo della scuola costituisce tuttavia solo uno dei molti terreni d'intervento che la Regione, attraverso questa legge, intende non solo sviluppare attraverso un aumento degli stanziamenti destinati a finanziarla, ma anche ampliare, integrando in essa campi (cui pure sono state destinate risorse significative nel corso di quest'ultimo decennio) che restavano esclusi dai benefici della L.R. n. 30/79 in quanto oggetto di iniziative e di spesa diretta della Regione.
In altri termini la legge prevede che talune iniziative (in analogia a quanto già prevede, in un campo affine, la L.R. n. 58/78 all'art. 7) siano promosse direttamente dall'Ente Regione affiancandosi alle molteplici attività promosse da enti pubblici e privati, associazioni culturali e gruppi locali, che la Regione favorisce attraverso l'erogazione di contributi annuali.
Tale diretta assunzione delle spese concerne interventi la cui estensione nel tempo e nello spazio, o le cui particolari caratteristiche implichino una programmazione e una gestione centralizzate. Così è ad esempio, e per ragioni così ovvie da non dover essere spiegate, per la Festa del Piemonte, per la promozione della ricerca, per l'istituzione di borse di studio, per la formazione dei docenti dei corsi sul patrimonio linguistico, per il bando di premi e concorsi di carattere regionale.
Alla libera ed autonoma iniziativa di quella estesa e diramata rete di enti pubblici e privati, che sono i più veri protagonisti della tutela e valorizzazione del patrimonio linguistico regionale, è invece affidata la promozione dell'insegnamento, lo sviluppo dell'informazione, della creazione artistica, dell'edizione, della ricerca locale e lo svolgimento di altre attività finalizzate a promuovere l'uso e la conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte.
Un uso ed una conoscenza che si intende promuovere non solo negli ambiti geografici d'origine, ma ovunque - in Italia e all'estero l'emigrazione abbia portato alla creazione di comunità che fondano la propria identità anche e soprattutto nel mantenimento della propria lingua.
Il sostegno alle associazioni impegnate a tenere vivi i legami con le comunità di emigrati e all'estero costituisce certamente il mezzo più idoneo per realizzare tale obiettivo.
Rispetto a questo insieme di campi d'azione l'Ente Regione riconosce innanzitutto che essi devono essere frutto di una libera e autonoma iniziativa e che non possono e non devono essere imposti dall'alto.
Favoriti, certamente sì: aiutati, sostenuti sul piano finanziario ed attraverso la creazione di servizi e strutture che aiutino a sviluppare potenzialità e qualità che, se lasciate a se stesse, non riuscirebbero forse ad esprimersi pienamente.
Ma anche lasciando piena autonomia agli enti che li promuovono nella scelta delle modalità, priorità e caratteristiche della propria azione, a tutela di un pluralismo delle culture che è presupposto e corollario di quel pluralismo linguistico che è posto a fondamento della legge.
L'esperienza maturata nel corso della pluriennale gestione della L.R.
n. 30/79 ha portato a riproporne, salvo lievi variazioni, le procedure e soprattutto a riconfermare il ruolo, per molti versi essenziale, della Commissione consultiva. Chiamata ad esprimere un parere in merito al riparto annuale dei contributi, essa ha in realtà fornito un costante supporto conoscitivo delle realtà locali ed importanti stimoli di carattere generale. Non ultimo lo stimolo a modificare e migliorare il quadro legislativo regionale da cui è emerso il testo legislativo che ci accingiamo a dibattere.
Due aspetti della legge meritano infine di essere menzionati.
L'apertura di uno spazio sul periodico "Notizie della Regione Piemonte" che in forma sistematica ospiterà interventi finalizzati a presentare il patrimonio linguistico regionale o comunque a promuoverne l'uso e la conoscenza.
E, in secondo luogo, la specifica procedura adottata nel caso delle richieste di contributo sulla toponomastica locale: un implicito riconoscimento all'importanza di questo campo di intervento e l'affermazione della volontà di garantire insieme il sostegno alle iniziative e la scientificità e l'omogeneità degli interventi.
Nell'ambito delle finalità che sono fondamento di questa legge la Regione si impegna infine a realizzare un rapporto sistematico con il Consiglio d'Europa e con il Parlamento europeo, il cui impegno e sostegno delle culture regionali e locali si è tradotto in importanti risoluzioni ed iniziative.
Una legge, dunque, per molti versi rilevante ed innovativa che non stupisce venga adottata in Piemonte, una regione il cui profilo linguistico è sicuramente del tutto particolare nel panorama nazionale. Fanno parte del suo patrimonio linguistico originale il piemontese e l'occitano (o provenzale), il franco-provenzale e l'alemanno, il ligure e il lombardo l'emiliano, il francese e il sinto-piemontese.
Frutto di un lungo processo storico, questo plurilinguismo costituisce insieme una ricchezza culturale e lo stimolo primo a pensare al proprio patrimonio linguistico con un'ottica pluralistica e con attenzione particolare ai suoi aspetti evolutivi.
Di qui la nozione di originale patrimonio linguistico regionale - non generica, ma capace di comprendere il complesso delle lingue che ne fanno parte insieme alle loro molteplici varietà locali - che è stata adottata nel testo della legge.
Di qui soprattutto una volontà ed un impegno a sviluppare una politica di sostegno alle iniziative locali, agli interventi di enti pubblici e privati e un'azione diretta all'insegna del rispetto delle particolarità locali.
La presente legge è stata licenziata dalla Commissione con parecchie osservazioni, e ora se ne raccomanda l'approvazione al Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Villa è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Adduci. Ne ha facoltà.



ADDUCI Donato

Signor Presidente, è noto che ogni comunità linguistica è caratterizzata da un certo livello di eterogeneità linguistica. Ogni comunità linguistica possiede un repertorio linguistico, cioè un insieme di forme linguistiche che vengono impiegate nelle diverse situazioni comunicative, tra cui il parlante sceglie a seconda delle caratteristiche della situazione. E' noto inoltre che nel repertorio possono essere presenti una o più lingue con le loro varietà, e uno o più dialetti.
La distinzione tra lingua e dialetto è stata ed è tuttora oggetto di molte discussioni, ma due dati emergono con evidenza: primo, in Italia i dialetti o almeno molti di essi hanno una loro autonomia anche in termini di storia linguistica; secondo, prevale la tendenza a rifiutare il fatto che una lingua si distingua dal dialetto per un maggior prestigio culturale. Tuttavia occorre rilevare che l'atteggiamento sociale nei confronti delle varietà linguistiche implica anche alcuni giudizi di valore.
La lingua che un individuo parla ne costituisce una forte marca di identità sociale. Naturalmente una società tende a privilegiare una varietà, spesso la varietà standard o comunque quella del gruppo dominante sulle altre e a considerare scorrette e socialmente disdicevoli le altre.
Ciò naturalmente conduce a comportamenti sociali ben noti, quali, ad esempio, l'imitazione da parte delle classi sociali cosiddette basse della lingua dominante o, a proposito di gruppi di immigrati in altro paese o zona, all'assimilazione alla lingua della zona di arrivo, al rifiuto di tale lingua o all'adattamento a tale lingua con un mantenimento però della lingua propria.
Senza soffermarci su questi fenomeni, poiché non è questa la sede adatta, occorre in ogni caso avere la consapevolezza che ognuno di noi ha una forte identificazione emotiva nei confronti della lingua che sente come propria e spesso un atteggiamento tendenzialmente negativo verso le altre varietà. Ciò è particolarmente vero ed importante nelle scuole dove spesso l'insegnante potrebbe interpretare, e purtroppo a volte lo fa, la differenza linguistica tra sé e l'allievo in termini di deficit linguistico e, non raramente, anche di deficit intellettuale. Dunque, questa legge pu diventare anche uno strumento, a nostro avviso, che aiuta gli insegnanti a considerare più attentamente la lingua dei bambini e dei ragazzi in termini di quantità e di qualità. E' da sfruttare meglio la lingua che i ragazzi parlano, la quale può essere intesa come una base su cui costruire senza dare l'impressione di rifiutarla e di rifiutare con essa, cosa ancora più grave, la cultura di quel bambino.
Nel contesto che ho brevemente cercato di delineare può collocarsi, pur tra luci ed ombre, il disegno di legge che la Giunta ha presentato, in quanto a noi pare che tale disegno di legge sappia cogliere il divenire linguistico insito in quel pluralismo che è pur presente, come diceva il relatore Villa, nella regione Piemonte e lo faccia in parte proprio.
Noi abbiamo presentato tre emendamenti dei quali parleremo nel corso dell'esame dell'articolato. Ora vogliamo evidenziare, sperando che l'Assessore nella replica ci dia ulteriori delucidazioni, solo qualche punto.
Ad esempio, l'art. 5 riguarda le attività dirette della Regione, la quale, attraverso il competente Servizio dell'Assessorato alla cultura raccoglie la documentazione prodotta nel corso di ricerche, di cui all'art.
4, e ne dispone, d'intesa con il Centro Gianni Oberto, il deposito presso la Biblioteca del Consiglio regionale.
E' noto ai colleghi Consiglieri che il Centro Gianni Oberto è stato istituito con legge regionale del 22/4/1980, modificata nel 1983 e che tra i suoi compiti vi sono quelli di acquisire, a titolo oneroso o gratuito scritti inediti o copie autografe di opere edite di scrittori piemontesi deceduti, di tenere in deposito materiali analoghi a quelli indicati prima di custodire e catalogare i materiali, di mettere a disposizione di studenti e studiosi tali materiali. Ha la possibilità di istituire premi di studio da attribuirsi a laureati in discipline letterarie o a tesi e contributi scientifici relativi alla letteratura italiana, alla letteratura piemontese, alla cultura popolare in Piemonte e al teatro piemontese. I compiti attribuiti dalla legge al Centro Gianni Oberto non sono pochi n sono irrilevanti. Tuttavia, signor Assessore, parafrasando il Parini, "non abbiamo sentito in questi anni spirar l'ambrosia", indizio del funzionamento del Centro Gianni Oberto. Vorremmo che l'Assessore ci spiegasse come il Centro Studi Gianni Oberto può essere in qualche modo rivitalizzato, e noi speriamo che lo sia, da questa legge che a nostro avviso ben si colloca nell'attività del Centro Studi stesso. Riteniamo per che questo Centro potrebbe non essere l'unico Centro di documentazione e raccolta del materiale, ma di questo avremo modo di discutere successivamente.
Altro punto su cui richiamiamo l'attenzione dell'Assessore e sul quale abbiamo qualche dubbio e qualche perplessità è il punto d) dell'art. 8 che riguarda la modificazione alla L.R. n. 49/85. A tutti i Consiglieri certamente è noto che questa legge regionale, detta comunemente del diritto allo studio, all'art. 8 non solo prevede che siano elaborati progetti regionali, ma dà anche la possibilità alle scuole ed alle altre comunità di poter utilizzare e conoscere i musei e i parchi mediante visite guidate (punto a). Prevede ancora al punto b) l'inserimento nelle istituzioni scolastiche dei minorati fisici; al punto c) l'applicazione di strumenti informatici per la didattica e la ricerca. A questi tre punti la legge che stiamo discutendo ne aggiunge uno nuovo (d) che prevede la conoscenza dell'originale patrimonio di cultura, lingue e tradizioni del Piemonte con particolare attenzione alle sue espressioni locali.
Si pongono due ordini di problemi. Il primo è il seguente: è giusto e corretto che una legge nuova aggiunga un pezzo ad una legge già esistente? Dal punto di vista legislativo certamente sì, però sarebbe stato meglio intervenire in altro modo.
Il secondo problema che non sfugge sicuramente all'Assessore è la contraddizione in termini tra quanto si propone con il punto d) dell'art. 8 della legge sulla tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza del patrimonio linguistico del Piemonte e quanto si propone con i punti a), b) e c) dell'art. 8 della L.R. n. 49 così come sono stati regolamentati dalla Giunta. L'ultima circolare emanata dall'Assessore (giugno 1989) fornisce infatti, nuove indicazioni in merito all'applicazione dell'art. 8 della L.R. n. 49 e non prevede più la possibilità che le scuole e i singoli istituti possano produrre dei progetti finalizzati ad applicare le lettere a), b) e c) dello stesso art. 8. Le scuole non operano quindi più attivamente in questo settore poiché devono limitarsi ad accedere ad una serie di opportunità che vanno da Experimenta a Pra Catinat. Il punto d) dell'art. 8 della legge che stiamo discutendo, invece, sembra conferire, a mio avviso giustamente, alle scuole la possibilità di diventare soggetti attivi. Vorremmo avere delucidazioni in merito.
Il giudizio complessivo su questa legge è positivo e ci auguriamo che la Giunta, nel rispondere e nel prendere in esame gli emendamenti di cui poi discuteremo, abbia la volontà di venire incontro alle esigenze non nostre, ma della comunità piemontese, che si sono espresse attraverso i nostri emendamenti.



SESTERO Maria Grazia



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Marchini che interviene in qualità di Consigliere.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il sottoscritto Consigliere e il suo Gruppo (sottolineo "sottoscritto Consigliere" perché lo stesso era firmatario di una delle proposte di legge) si riconoscono totalmente nelle conclusioni alle quali oggi perveniamo. Apprezzo in modo particolare l'art.
1 che è fortemente chiarificatore degli obiettivi che ci siamo posti e anche del percorso travagliato che questa vicenda ha vissuto. Ci poniamo l'obiettivo della tutela e della valorizzazione dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte promovendone la conoscenza. Non si parla quindi solo di piemontese, ma dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte che è cosa diversa e non si esaurisce nel solo piemontese. Ancora al comma secondo dello stesso art. 1 si riconsidera come tale impegno sia parte integrante nell'azione di tutela e valorizzazione della storia e della cultura regionale.
Potrebbe bastare questa dichiarazione di riconoscimento pieno del Gruppo in questa legge. Ma forse non è occasione sprecata utilizzare questo tempo per svolgere alcune considerazioni che mi auguro vengano poi inserite agli atti di questa legge per capire come dovrà essere gestita la parte gestionale. C'è un salto forte tra le ambizioni dell'art. 1 e le modalità troppo artigianali e burocratiche che questa legge introduce. C'è da temere allora che il percorso di tipo organizzativo e metodologico che è stato scelto possa nel tempo far perdere il respiro alto e forte che questa legge sicuramente ha, pervenendo quindi alla banalizzazione e alla falsificazione storica. Ho sentito, per esempio, una dichiarazione del collega Adduci, che ho colto al volo, "classi basse"; ebbene, le classi basse piemontesi parlavano il patois. Si è fatto differenza fra lingua e dialetto, probabilmente il piemontese è un dialetto e il patois è una lingua. Chi gestirà questa legge è necessario che si ponga il problema di capire qual è la storia del Piemonte e qual è il patrimonio linguistico del Piemonte, sfuggendo alla retorica di questi ultimi quarant'anni di storia che non ci permettono di leggere la storia del nostro Piemonte in termini autentici. Dico questo non tanto in termini di restaurazione di una verità storica, ma di contributo che dobbiamo dare alla costruzione della storia che è davanti a noi, non di lettura di quella che è dietro. E' la storia che è davanti a noi e per la quale dobbiamo lavorare e per la quale questa legge deve servire, che non è la memoria, ma la memoria per costruire è la costruzione dell'Europa delle Regioni. E l'Europa delle Regioni non è l'Europa delle Regioni istituzioni, ma l'Europa delle Regioni culturali economiche, omogenee, forti.
Se si ha il coraggio di leggere la storia del Piemonte, il Piemonte era e deve tornare ad essere una Regione d'Europa; ma non è il Piemonte che i piemontesi con grande sacrificio hanno accettato di essere in funzione dell'unità nazionale, ma il Piemonte che era e tornerà ad essere! Quando i nostri nipoti leggeranno la carta d'Europa, troveranno una grande Regione che, guarda caso, sta all'interno del triangolo dell'antico grande Piemonte: Ginevra, Nizza e Torino. Che cosa sarà la Regione omogenea alla quale si pensa? E' questa: Ginevra, Torino, Nizza.
Nizza l'abbiamo lasciata per fare l'unità nazionale, ma torneremo a Nizza. A 10 km da Ginevra, nel castello di Thorens ci sono le memorie del Conte Camillo Benso di Cavour, perché la famiglia di Cavour nasce lì. Lo scrittoio di Cavour è conservato lì. E noi torneremo lì, torneremo nell'Alta Savoia; torneremo a Hautecombe dove c'è una stirpe di gente semplice, di montanari. I Savoia non sono qualcosa che risale agli intrighi di palazzo di Richelieu, ma sono una stirpe di montanari, di una terra piemontese, che è la Moriana. E, come ha fatto Marchini dal Moncenisio sono scesi a valle, e sono diventati i reggitori di quell'area, e una parte di quella famiglia è venuta in Piemonte e in Piemonte ha fatto fortuna ed è tornata di là, e ha legato la Savoia al Piemonte. Spero sia stato colto il senso di questo intervento.
Se vogliamo che i nostri figli, attraverso l'interpretazione autentica delle cose, quindi la loro lettura antica, ne possano cogliere il significato, dobbiamo aiutarli a ricostruire la cornice. Non basta ricostruire il tassello. Certo, la storia del Piemonte che va da Thorens (Ginevra), a Nizza, a Torino (il Ticino) non è disegnata da una linea, che non esiste più, sul Moncenisio.
Questo Piemonte è anche la storia, la realtà, la testimonianza della gente semplice. Ma, da legislatori, dobbiamo dire (anche se questo probabilmente ci farà ritornare sui manifesti di Gremmo) che la storia della gente semplice è una storia che per larga parte è solo una parte della storia di questo Piemonte, non è la sua specificità, perché tutte le Regioni di questo nostro Paese e tutti i pezzi del mondo hanno una loro cultura specifica. Beni che vanno mantenuti, tutelati, ricostruiti, riletti in termini effettivi, in termini culturali, qualche volta anche in termini socio-economici, ma quello che dobbiamo registrare, Presidente e colleghi soprattutto Assessore alla cultura, è che mentre esiste l'attenzione di studiosi a queste cose, manca del tutto l'attenzione alla storia, alla cultura del grande Piemonte. Certo, questa legge dovrà aiutarci a leggere le scritte che ci sono sugli architravi delle porte in legno che risalgono al '600, con frasi semplici, di storie di famiglie; ma dobbiamo anche dare strumenti ai nostri giovani perché sappiano leggere Castellamonte e Guarini. Non possiamo immaginare di espellere dalla città, dalla tradizione, dalla grande cultura scientifica del Piemonte, quella che è la caratteristica del Piemonte. E questa legge rischia di essere, se non viene supportata da un respiro alto che è stato recuperato in modo preciso ed assolutamente accettabile all'art. 1, il congelamento di questa tendenza a vedere impegnati, sul piano della cultura in Piemonte, solo il versante del marginale e non del centrale. Si parla tanto della linea Torino-Lione perché la gente vuole andare a Lione e non le interessa invece andare da altre parti? Perché i nostri concittadini sentono a naso la voglia di tornare ad essere insieme. Il fascino di una linea Torino-Lione è sicuramente maggiore di quello che sarebbe una linea Torino-Livorno nessuno starebbe a chiedersi se rende di più al sistema economico torinese una linea Torino-Livorno. La linea Torino-Lione la sentono forte perch Lione l'hanno immaginata dalle loro montagne dove sono nati i piemontesi così come i piemontesi che sono al di là delle Alpi, cioè i Savoiardi hanno visto sempre il Piemonte come un pezzo della loro terra vista dalle loro montagne.
Allora, Presidente, cerchiamo di essere molto attenti anche nei nostri comportamenti spiccioli. E' paradossale che in una polemica e in un'iniziativa, che vede impegnati parlamentari di un pezzo di mondo portato dalla nostra Regione a dignità di Stato, si discuta sul rientro dei Savoia in Italia. I Savoia sono il Piemonte, sono la sua storia. Il Piemonte sono cinquecento anni di storia sabauda nel bene e nel male. Di questo ce ne dimentichiamo sempre.
Torino è una città capitale! Nessuno si sogna di immaginare, anche dal punto di vista turistico, che Torino deve essere soprattutto quella che ha l'orgoglio di essere stata una città capitale. Città capitale non scelta come tale dai conquistatori, ma una città capitale che ha conquistato il resto del Paese e ha rinunciato alle proprie prerogative. Occorrerà prendere atto che questa legge dovrà essere più funzionale al patois che non al piemontese, perché è il patois che ci consente di leggere la storia e la cultura che va dal Lago Lemano fino alle appendici delle Prealpi.
Certo, il piemontese va considerato, ma, a mio modo di vedere, se la prendiamo come testimonianza, ci occuperemo molto del piemontese, se invece ce ne occupiamo come scommessa, rilettura del territorio, che è la nostra storia e la nostra radice, probabilmente questa legge dovrà essere più attenta al patois di quanto non debba essere attenta al piemontese.
Si tratta di capire se questa Regione, con questa legge, cerca anche di fare un'opera di coraggioso recupero storico della funzione che essa ha avuto da Thorens a Nizza, a Torino, non di quella che finisce al Moncenisio, perché soltanto i politici hanno deciso che il Piemonte finisce lì.
Per fare questo bisogna correggere alcuni nostri comportamenti: magari fare qualche convegno sul Guarini, sull'Antonelli, su Cavour, fare qualche Centro studi che si occupi anche del Risorgimento, spendere mezzo miliardo non solo più per celebrare un periodo triste della nostra storia, la Resistenza, perché per quanto bello è un periodo triste perché è un periodo di lacerazioni; spendere qualche soldo per ricordare che questa terra ha costruito l'Italia e l'ha portata in Europa. Questo deve essere momento di attenzione, di studio, di ricordi e di orgoglio continuo. Non può essere lasciato nei libri stampati dallo Stato nazionale che tende a ricondurre il Risorgimento come un fatto di occupazione, per cui i piemontesi in certe aree sono ancora considerati carabinieri e viceversa. Mi è venuta la pelle d'oca quando ho sentito dire che un romano - e tale rimanga - che assurto a Presidente del Consiglio ha suggerito che gli alpini dovessero andare in Aspromonte. I piemontesi da quelle parti sono andati con il cuore in mano e sono stati trattati come sono stati trattati. Da allora è passato un secolo; non abbiamo alcuna voglia che gli alpini tornino lì a rappresentare di nuovo l'impressione dello Stato del nord borghese, arricchito, che comprime le popolazioni del sud. Questo lo abbiamo fatto un secolo fa.
Basta andare a leggere i libri di quell'epoca.
Presidente, arrivo al dunque. Immaginiamo che questa Regione, accanto a queste iniziative tendenti a tutelare questo pezzo eroico ma triste della nostra storia, spenda cinque milioni all'anno per ricordare il periodo grande della storia del Piemonte, finalizzato a costruire un altro periodo grande della storia del nostro Piemonte che sarà la costruzione di una grande Regione transalpina, perché così la vuole la logica d'Europa, ma che, guarda caso, sarà fondata sulla nostra cultura, sul nostro linguaggio sulle cose di cui parliamo oggi.
Queste cose dobbiamo farle giorno per giorno. Non sfugge a nessuno che il Consiglio regionale utilizza in modo sempre più scolorito lo stemma della Regione. Andate a vedere le agende. La storia delle agende che fa il Consiglio regionale sono la testimonianza che - dopo aver dovuto accettare con il simbolo proposto da una legge firmata Marchini e Oberto, la sua antica tradizione, non quella "roba" lì a colori, ma che il Piemonte sono cinque secoli di storia, e non una cosa inventata come lo sono, per esempio, l'Emilia o la Calabria, che si dice le Calabrie - una parte della cultura politica della nostra Regione scolorisce questo simbolo, non lo utilizza, lo vanifica, con il risultato - è un episodio banale, ma drammatico che un povero alpino di 75 anni, salito sulla vetta del Rocciamelone a dicembre, è stato ripreso dalla televisione con quella che lui ritiene essere la bandiera del Piemonte. E quando io gli ho fatto presente che non era la bandiera del Piemonte, lui mi ha detto: "ma ca scusa, mi sun portamla su e mi la tiro fòra": era lo stemma di Gremmo. Quel piemontese di 75 anni non fa alcuna distinzione, lui si riconosce in una certa cosa, ha preso la bandiera, se l'è portata in punta al Rocciamelone e la televisione nazionale l'ha fatta vedere.
Su questo avevo richiamato l'attenzione del Consiglio e avevo suggerito un'operazione molto semplice: fare su un fondale di colore diverso quello che ha fatto Gremmo sul fondale di un determinato colore per consentire ad un altro alpino di 75 anni di scegliere fra due cose, per cui quella su fondo azzurro è la lettura di una storia di cinque secoli di una Regione che era grande e vuole tornare ad essere grande ed aperta, una Regione pluriculturale e plurirazziale, mentre la lettura sul fondo rosso è una cosa diversa. Bene, sono passati mesi, non si è fatto niente. Si è immaginato di fare una bandiera, mi dicono - io non ho messo lingua - ma in quella bandiera naturalmente si cerca di ridurre come elemento marginale cinque secoli di storia all'interno di fatti del tutto marginali che sono per esempio, i colori della Repubblica di Alba che sono tra le cose che il sottoscritto ha ritenuto di dovere recuperare per non identificare in un unico elemento grafico la storia di questa Regione. Nella bandiera non si puntano i cinque secoli di storia dello stemma del Piemonte e questo elemento viene di nuovo ad essere sfumato all'interno di altri.
Questo strumento è sicuramente l'espressione di una volontà del recupero della tradizione e della cultura non solo della gente semplice, ma anche di Guarini e questa Regione deve avere la responsabilità di capire che questa Regione Piemonte fra cinquant'anni non ci sarà più, ci sarà "la Région du Piémont" o "de la Savoie" o "la Région du Mont Blanc", non so come verrà chiamata, la gente non guarderà più al Piemonte né alla Savoia bensì ad uno dei più grandi e splendidi paesi del mondo. Ebbene, cari amici noi lì ci possiamo entrare e portare questo bagaglio culturale se abbiamo la capacità di recuperarlo nella sua interezza sapendo leggere tre anni o venti di storia all'interno di cinque secoli di storia. Altrimenti, questa legge, mi spiace dirlo, diventerà una legge in funzione di qualche parruccone di provincia che si è dedicato a queste cose quando è andato in pensione. Questa legge non vuole essere questo! Ma nel momento in cui Gremmo per esempio parla del piemontese e dimentica il patois vuol dire che questo signore, che non so dove è nato, non sa che cosa è il Piemonte perché quella del Piemonte è soprattutto la lingua del patois e non il piemontese. Non so cosa potrà fare questo Consiglio regionale in questa legislatura, probabilmente nulla. Ma quanto meno che a qualcuno sia rimasta la rabbia di vedere come la storia di cinque secoli e i sacrifici della gente semplice o della povera gente - come diceva Adduci - che ha concorso a costruire un Paese, a creare, in un'area marginale del mondo com'è il Piemonte, uno dei punti avanzati della società del nostro tempo, sia ignorata per mero calcolo contingente dalle istituzioni e dalla classe politica: cinquecento anni di sacrifici, cinquecento anni di lavoro e cinquecento anni di grande respiro culturale e politico che si dimenticano per la voglia di continuare a speculare su tre anni di storia e su vent'anni di storia che sono questioni importanti, ma che non ci permettono di dimenticare che noi parliamo di una Regione che cento anni fa finiva da una parte a Nizza, dove torneremo con i liguri a costruire questa grande Regione, e dall'altra parte al Castello di Thorens dove sono conservate non nascoste - e messe a disposizione di tutti le lettere di Cavour e il suo scrittoio personale. E c'è una cosa paradossale, cari amici, ed è per questo che richiamo l'attenzione dell'Assessore alla cultura al quale ho chiesto cortesemente di voler leggere un pezzettino che ho scritto, perch lì vi è proprio la testimonianza di come qualche laico sia solo rozzo. Non so se la Provvidenza non registra un suo disegno: lo scrittoio e le memorie di Cavour, che è stato il grande laico che ha avuto il coraggio di questo disegno, sono conservati all'interno del Castello di un Santo di Sales.
I disegni della Provvidenza e della storia sono infiniti, razionali ed equilibrati, invece noi, nella nostra piccola vicenda umana, evitiamo di doverli ricondurre alle questioni che quando verranno lette nei tempi lunghi saranno solo atti di cronaca.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, spero di poter esprimere tutto intero il pensiero culturale su questo disegno di legge nella certezza che i colleghi Consiglieri non vorranno credere che talune affermazioni possono essere fatte da me intanto in quanto non sono un piemontese di nascita. Mi onoro di essere un piemontese di elezione perché vivo in questa bella regione da ventisette anni e sempre, sin dal primo giorno e non dal primo anno, fortemente impegnato nella vita sociale e culturale (in provincia di Novara e anche in talune altre zone della regione) per via dell'attività politica e anche per quelle ubbie che ciascuno di noi si porta dietro da giovane verso la cultura più vasta, le espressioni dell'arte che la cultura suggerisce.
Ricordo anzitutto che un giorno, trovandomi in volo per raggiungere la Sicilia, ebbi l'avventura di avere fra le mani la copia di un quotidiano che portava quel giorno la notizia della proposta sulla valorizzazione dei dialetti linguistici della Regione Piemonte ed ebbi lì per lì - lo confesso un moto di reazione perché dentro, nell'intimo, si svegliò tutto ciò che era stato il patrimonio dei miei convincimenti regionalistici sociali giovanili ed anche dell'età matura, verso il Piemonte che noi, giù in Sicilia, abbiamo sempre considerato come la regione a cui affidare una certa paternità morale per quel che il Piemonte seppe fare per il Risorgimento nazionale, ma levando una rivolta, la cosiddetta "Rivolta dei picciotti in Sicilia", che consentì poi al Meridione di aggregarsi al resto della nazione italiana per costruire la nazione. Fra l'altro - chiedo scusa se mi permetto di dire anche questo - in famiglia dove la cultura si è sempre mallevata in un certo modo fra politici e uomini di azione, noi abbiamo anche un poeta, Gaetano Masaracchio, che scrisse tante bellissime poesie, tante liriche nobilissime, molte delle quali proprio al Piemonte glorificando questa regione per significare come tutti i sentimenti nazionali hanno avuto di che essere corroborati dalla politica del Piemonte, che Marchini adesso ha citato facendo caso alla Savoia, ai Savoia e a tutto quello che la politica di Cavour ha dato perché si costruisse lo Stato nazionale. Ma perché questa premessa? Perché uno Stato nazionale non può essere tale se non ha una unificazione fondamentale attraverso la lingua. E allora è stato facile, per me che sono nazionalista, pensare in termini positivi e di sviluppo di ciò che la nobiltà del nazionalismo rappresenta, mi sono ricordato che la letteratura in Italia è stata lo sviluppo della nazione, ha corroborato la nazione e, attraverso la letteratura - Natalino Sapegno, lo dico per i professori che hanno preso la parola, è fondamentale per questo discorso abbiamo appreso tutta l'evoluzione del patrimonio linguistico italiano, partendo dalla scuola di Enzo Re in Sicilia, attraverso le liriche di Ciullo D'Alcamo e su per l'Italia, a risciacquare il tutto, come Manzoni diceva, nelle acque dell'Arno per fondare attraverso il volgare italiano ciò che poi è la massima espressione della lingua italiana attraverso la Divina Commedia e tante altre cose di egregio valore. E nel corso dei secoli, pur attraverso l'invenzione della traduzione in dialetto di grandi opere letterarie (la stessa Divina Commedia, l'Orlando Furioso, La Gerusalemme liberata tradotta in veneziano e in emiliano), siamo arrivati al pensiero letterario di Manzoni che ha depurato il tutto e ha dato una formazione linguistica di cui ci siamo sempre vantati. Queste considerazioni per significare che ci sono i dialetti in Italia, ma individuare nei dialetti la nobiltà di una lingua è cosa che va oltre. Nemmeno il dialetto di Porta può essere individuato come un dialetto linguistico, come una lingua, nemmeno il dialetto napoletano, che ha delle grandi caratteristiche, può essere considerato una lingua: rimangono dei dialetti.
Non parliamo poi dei diversi dialetti di altre regioni che si differenziano da una zona all'altra, per arrivare al Piemonte e dire (lo abbiamo ascoltato da Marchini) che c'è un dialetto che vale più degli altri e nel mentre, durante le consultazioni, abbiamo assistito a delle rivalse rivendicative in opposizione in termini squisitamente separatistici. Non solo in confronto ai diversi dialetti della regione Piemonte, ma addirittura nei confronti della lingua nazionale che è stata autorevolmente definita la lingua dello Stato, l'altra lingua, che non ci interessa. Ma attraverso questi discorsi di revanscismo sciovinista pronunziati durante le consultazioni si sono mallevate alcune questioni anche di carattere politico se non propriamente dichiarate. C'è una guerra all'interno di una regione di contrapposizioni per far valere dei privilegi che in fondo potrebbero essere assorbiti da una buona politica regionale nell'ambito di tutta quanta la Regione, per far sì che la Regione Piemonte fosse questo attestarsi dell'Italia verso l'Europa e risolvere tutte le problematiche di natura sociale, culturale, economica e politica, ma non attraverso la strumentalizzazione del rifacimento di una legge che già c'era, la legge n.
30, e che provvedeva opportunamente a che la Regione Piemonte investisse anche capitali per sostenere le esigenze culturali che comunque non vanno denegate, vanno sostenute per il mantenimento di un certo livello di memoria storica.
Questo non basta, chiedo scusa se dovrò dilungarmi un momentino.
Ci sono altre ragioni che stanno a fondamento della giustezza della mia opposizione critica a questo disegno di legge. Inizialmente le proposte di legge, che con tanta capacità politica sono state messe insieme per portarle all'osso di una dignità politica dall'Assessore Nerviani addirittura proponevano (ed il pericolo non è del tutto scongiurato) che il dialetto divenisse lingua da insegnare nelle scuole partendo dalla scuola di base e quindi dalle classi della scuola materna, facendo pensare inevitabilmente che se ciò fosse accaduto, o accadesse, noi avremmo una guerra discriminante fra gli stessi insegnanti. Insegnanti che sono per la gran parte persone che vengono da altre regioni d'Italia e che non conoscono l'occitano e ancor quando lo apprendessero non potrebbero mai insegnare ciò che dentro il dialetto c'è come verità assoluta. Se vogliamo attingere ad un concetto di cui si serve l'arte per quanto riguarda il realismo, non è quello di rappresentare ciò che esiste, ma è quello di rappresentare ciò che si vede come esistente nella realtà, perché poi alla fine la funzione di tutto, nella cultura, anche quella popolare, è l'immaginifico delle parole. E se questo noi andiamo a metterlo a confronto con una realtà di popolazione in Piemonte, che per l'altissima percentuale non è piemontese, voi immaginate il disastro che potrebbe accadere per quanto riguarda quella problematica, che pare sia stata ovviata in questo testo di legge, sull'insegnamento della lingua cosiddetta piemontese. Che poi non sappiamo quale possa essere e quale debba essere quella dialettale ad avere la supremazia. Altrimenti andremmo incontro alle repubblichette locali e quindi ai municipalismi, non soltanto al regionalismo improprio e distorto che non ha niente a che vedere con la concezione delle regioni europee che sono le patrie. Ma a quel regionalismo che è proprio municipalismo, tutto quello che è nella cultura prerisorgimentale, che proprio i piemontesi hanno tentato (visto che siamo al rientro di certe fantasie) di cancellare per avere uno Stato nazionale.
A proposito, a Marchini voglio dire che se Cavour fu fortemente laico lo fu intanto in quanto a Roma regnava il papato. Se a Roma non fosse stato il Papa ad essere il Re, noi avremmo avuto un Cavour magari profondamente religioso perché a Cavour interessava soltanto fare l'Italia a mezzo i Savoia e l'Europa.
Queste considerazioni, che fanno sorridere qualcuno, ma nelle quali credo profondamente, devono essere dette e forse tocca a me il ruolo ingrato di pronunciarle dichiarando onestamente di non essere nato in Piemonte. Oltretutto non possono non essere riportate ad un certo altro realismo di argomentazioni. E' detto nella legge che quanto viene informato per cancellare la legge n. 30, che avrebbe potuto funzionare in altro modo se ci fosse stata una politica di rispetto migliore di quella esercitata fin qui, si rifà agli artt. 3, 6 e 9 della Costituzione che non hanno niente a che vedere con la questione dei dialetti, tranne qualche accenno al patrimonio culturale che non è soltanto o squisitamente quello dei dialetti e che comunque non è accennato in quegli articoli della Costituzione. Si rifà anche agli artt. 4 e 5 dello Statuto, che non hanno niente a che vedere con la questione dei dialetti, tranne l'art. 7 che molto laconicamente, in due sole righe, fa caso specifico ai dialetti ragion per cui era stata promulgata e messa in atto la L.R. n. 30. Di fronte a tutta questa serie di pensieri dico "perché mai è stata fatta questa legge?". Forse per contrapporre ai vari politicanti autonomisti una qualche ragione di credibilità e fare incetta di qualche voto? Credo di no perché la legge di oggi se fosse nata ieri potrebbe essere imputata per giudizio di prevenzione in tal senso, ma le altre leggi che sono state comparate per poi venire a questo testo sono state portate in Consiglio molto tempo addietro, quando Annibale non era alle porte, quando l'autonomismo non faceva tanta paura, quando non c'erano le problematiche delle Leghe del nord, lombarde o piemontesi, quando non c'era un tale Gremmo... Mi stava venendo Brenno e qui tra una cosa storica e l'altra vado a finire ai Galli e poi ci sarà Vercingetorige che avrà ragioni più di quanto non potesse averne Cavour.
Le assonanze portano a qualche errore. Senza andare a scomodare Italo Calvino che su questi problemi aveva detto tanto di più da parte sua che è di tanta considerazione culturale come scrittore e come letterato; senza scomodare Vittorio Colletti che ha detto delle cose egregie sulla letteratura come vedetta della lingua.
Chiedo a coloro che propongono (al di là di ciò che nella legge è comunque accettabile per la salvaguardia del patrimonio in genere, ma senza l'acrimonia della contrapposizione regionalistica di tipo autonomistico): è proprio il caso di mallevare, attraverso le concorrenze dialettali delle varie zone del Piemonte, una guerra che è perdente? Perché oltretutto se il discorso europeo non funziona per noi italiani, intanto in quanto la lingua italiana ha perso un rapporto diretto con la cultura europea e non soltanto per ragioni linguistiche di sintassi, come potremo noi avere i collegamenti con l'occitano, parlando nell'ambito della CEE di una più vasta cultura che oggi si esprime attraverso la tecnologia dei mass media che trasforma tutto nella mobilità continua ed incessante del fenomeno linguistico, che oltretutto rappresenta una nuova mentalità esistenziale.
Mi diceva il prof. Garzoli, in quel di Novara, che addirittura c'è mancanza nel dialetto del significato idealistico che si trova invece in talune espressioni culturali della lingua italiana. Mi portava l'esempio dell'uomo che si innamora e nel cerchio delle amicizie non si dice ancora oggi o non si diceva ancora ieri che quell'uomo era innamorato della tal donna o della tal'altra persona vicina di casa, ma che l'andava a trovare che andava a parlare con lei. Sono queste cose che nell'ambito della cultura ci fanno capire come nella struttura dialettale c'è un distacco netto dalla realtà di oggi e che si potrebbe rifondare nella cultura dialettale la ricerca di un modo di essere e di vivere di cinquanta-cento anni addietro.
Queste distanze, che diventano siderali fra una cultura vissuta di oggi e una cultura registrata di ieri, possono darci veramente la giustificazione per avere oggi un impegno politico nei confronti del recupero culturale del patrimonio linguistico del Piemonte, così come se lo pensano e se lo immaginano coloro i quali avranno poi modo di calarsi nella realtà della legge per esercitare qualcosa che comunque la legge non configura? Sono preoccupazioni fondate di possibili conflittualità che vanno tenute di buon conto e per le quali il Movimento Sociale Italiano ha una posizione di non piena adesione, anche per quelle motivazioni di natura nazionalistica che noi ci vantiamo di rappresentare anche in favore delle culture locali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Considerati gli interventi che mi hanno preceduto ed il loro ampio divagare tra storia e letteratura, vorrei iniziare con l'elogio di Asterix.
Ricordiamo che qui abitarono non già gli abitanti della Magna Grecia o i romani, ma i Galli e i loro amici. Ed eravamo anche, visto che io sono piemontese, più arretrati culturalmente e tecnologicamente.
Continuando con la storia alcune precisazioni mi paiono utili. Non è vero che esistono cinquecento anni di storia piemontese o almeno mi permetto di dissentire. C'è stato un lapsus molto significativo nell'intervento del collega Marchini laddove ad un certo punto ha citato cinquecento anni di storia sabauda: esatto, esistono cinquecento anni di storia sabauda, non esistono cinquecento anni di storia unitaria piemontese, non esiste da così lungo tempo una unità storico-culturale del Piemonte (se per Piemonte intendiamo la burocratica regione di oggi) e soprattutto non esiste una storia amministrativa che coincida con quello che è adesso il Piemonte. Una parte dei "piemontesi" era (e preferiva) essere governato da Maria Teresa piuttosto che dal bigottismo del fine '700 dei Savoia.
I Savoia, che hanno passato la loro storia nel portare questi poveri cristi di piemontesi da una guerra all'altra per creare, prima, un grandissimo Stato e poi per tenere sotto controllo una unificazione nazionale che assolutamente non rispondeva alle esigenze di coloro che in questo Stato vivevano. E hanno finito (anche questa pagina, dopo Cavour andrebbe ricordata) per far sparare addosso ai torinesi quando i torinesi si sono "adontati" perché i loro cari beneamati re sabaudi avevano trasferito la capitale a Firenze. Ricordiamo pertanto le vicende del 1866 certamente più significative per capire quale concezione Casa Savoia avesse dei torinesi. Per non parlare della concezione di coloro che abitavano in montagna, all'interno della vasta provincia che si estende tra Lione, Nizza e Ginevra: certo, la percorrevano a piedi nei continui processi migratori.
E' questo fenomeno, contadini e montanari ad avere creato l'unità della grande nazione sui due versanti delle Alpi, una unità che è anche unità linguistica nelle sue diverse suddivisioni. E ricordiamo ancora che cosa ha voluto dire per la provincia di Novara, per zone come Casale Monferrato amministrata per lungo tempo dai Gonzaga, o per altre realtà, finire sotto questo stato militaresco, burocratico, accentratore e un po' bigotto.
Non cerchiamo quindi di ricostruire la storia del Piemonte: è una storia inventata, il Piemonte è un'altra cosa, è una unità molto più recente, è una unità imposta dal nuovo Stato che sui modelli degli Stati nazionali ricostruisce i propri dipartimenti, le proprie province, le proprie unità amministrative. Per il resto, il Piemonte "storico" riguarda bene o male, metà dell'attuale Piemonte o poco più. Si tratta di uno dei "problemi" presenti in questa legge: se noi pensiamo che l'attuale Regione Piemonte sia un dato storico che esiste da tempo, come invece è vero per altre zone del nostro Paese, ci riesce più difficile comprendere il nostro pluralismo linguistico.
Il secondo problema è quello della lingua, dei dialetti e delle questioni linguistiche. Cominciamo con la Costituzione. Uno degli aspetti più rilevanti della legge, all'art. 1, è il richiamo agli articoli della Costituzione. Per di più, per il fatto che non solo si faccia riferimento all'art. 6, dove si parla della tutela delle minoranze linguistiche, ma che si faccia esplicito riferimento all'art. 3 (che riguarda la pari dignità di tutti i cittadini senza distinzione di sesso, di razza e di lingua). Si tratta di un'apertura che, in termini culturali e filosofici, ci colloca ben lontano da quelle culture, concezioni e folclorismi che qui sono stati richiamati. Noi vogliamo inserire questa legge - sulla quale il voto è largamente favorevole - nel solco della Costituzione repubblicana all'interno del patto sociale che ci siamo dati nel 1948. E' cosa ben diversa, che ci colloca, in termini politici, in termini opposti a quello delle varie leghe autonomistiche. Noi chiediamo la tutela, la valorizzazione, la salvaguardia e la promozione di questo patrimonio all'interno delle leggi del nostro Paese con la consapevolezza collettiva di voler fare questo percorso insieme, intendendolo come valore collettivo che fa parte del patrimonio collettivo nazionale.
Inoltre, vi sono alcune cose da chiarire in termini di linguistica e di storia della lingua. La nostra legge si colloca anche all'interno dell'ampio dibattito culturale e letterario che ha caratterizzato il nostro Paese da oltre seicento anni. Già nel "De vulgari eloquentia" di Dante Alighieri, a ben vedere - sia pure a costo di necessarie semplificazioni siamo di fronte allo stesso problema: come parla la gente, come scrive la gente, chi decide qual è la lingua "giusta", qual è il bello scrivere e qual è il brutto scrivere. Se decide il potere o se decide la gente. E' una questione che si colloca in termini espressamente politici: vale più la tradizione o vale più la modernità? La scelta di Dante è chiara, in volgare si può scrivere e si può parlare. Il volgare non deriva soltanto dal latino, ma è la rilettura con un diverso livello di contaminazione delle parlate dei popoli del nord e dell'est scesi in Italia e delle altre parlate locali. E' tra l'altro inconcepibile pensare che il latino avesse nel modo vero di parlare della gente e non come lingua letteraria o della burocrazia cancellato e nascosto totalmente il modo in cui in questa Regione si parlava prima della lingua dell'occupante latino che venne a costruire le torri palatine. Le genti di questa Regione continuavano a parlare e lo hanno fatto per lungo tempo in maniera diversa. Il latino nelle lingue moderne si è conservato meglio a Bucarest che a Torino.
Francesco Petrarca pensava invece che le cose "serie" non dovessero essere scritte come parlava la gente, bensì nella lingua degli antichi ovvero in latino, la lingua del potere e della chiesa. E Petrarca ha invece scritto in italiano le poesie dedicate a Laura, da lui definite "gli errori giovanili".
Vengo agli altri personaggi citati oggi in aula, pur trovandomi costretto a saltare interi secoli di letteratura. Per Alessandro Manzoni che scrive "I promessi sposi" in una lingua in buona parte inventata, la questione della lingua è posta in termini politici. Quale Presidente di una Commissione nominata dall'allora Ministro della Pubblica istruzione Broglio (1868), si occupò dei problemi dell'unità della lingua. La proposta di Manzoni, che non esito a definire sciagurata per le sue conseguenze, fu quella di trasformare in obbligo scolastico (ed in imposizione) il modello letterario proposto dal suo romanzo. E' la stessa proposta che qui è stata avanzata da Masaracchio: inventare l'italiano e dopo averlo inventato tenercelo, come lingua nostra. Già nello stesso anno, Settembrini critic questa impostazione. Pochi anni dopo toccò ad un altro personaggio che abitava a Milano per caso (arrivava infatti da un'area marginale, da un territorio che adesso è al di fuori dei confini nazionali), Isaia Ascoli ricordare come invece la lingua nazionale italiana dovesse tenere conto delle varianti locali e non potesse essere proposto un modello linguistico unitario quale quello proposto da Manzoni. Modello che, attraverso la benedizione di Benedetto Croce e di altri Ministri e Governi, diventerà il modello dei programmi ministeriali. All'interno di questa divaricazione tra l'idea di uno Stato centrale e quella di uno Stato federativo, che comprende varie entità di parlanti, si gioca lo scontro linguistico degli ultimi cento anni del nostro Paese e si gioca la messa fuori campo delle classi basse, di coloro che non sanno leggere e scrivere, della grande maggioranza della popolazione in favore di una scelta che privilegia le classi egemoni che detengono il potere e i mezzi di comunicazione di massa.
Lo strumento manzoniano è estremamente rilevante, ma noi ora siamo qui per rivendicare la giustezza delle altre impostazioni, che mirano alla tutela di ogni produzione linguistica. E' corretto che la nostra legge non faccia l'elenco dei modi di parlare esistenti nella nostra Regione e non affronti la questione della definizione di termini ambigui e sfuggenti quali lingua dialetto, minoranza linguistica. Anche questa è una scelta culturale e politica enormemente rilevante: si tutelano le comunità dei parlanti e la loro identità linguistica, qualunque essa sia, senza vedere se questa comunità è grande o piccola, se una lingua è parlata da tanti o da pochi se è capace ad usare le parole della tecnologia o meno (parole che non sono neanche più contenute nell'italiano!). E' la quantità di potere che una determinata lingua e coloro che la parlano possiedono, non una mistica forza interna o quella che possiamo chiamare l'espressività linguistica a far sì che questa lingua contenga e costruisca le parole nuove, ad esempio le parole software e know-how in italiano non esistono, vorremmo forse dire allora che l'italiano è una lingua di serie B? No, vogliamo dire che i capitali sono giapponesi, americani e non italiani.
Se la mettiamo in termini di potere, noi cancelliamo tutta una storia e tutta una tradizione. Aspetto cruciale, invece, è il riconoscimento e la tutela dell'identità delle diverse comunità locali e della loro storia nel quadro dei principi costituzionali. Senza fare del folclore quindi: questa non è una legge di Pro loco, di folclore e di associazioni demodèe, un po' imparruccate. Questa legge può permettere a comunità locali di mantenere e di ricostruire un'identità culturale forte, che è giusto si mantenga all'interno dell'unità nazionale quale noi abbiamo, in rapporto con tutti coloro che abitano questa Regione, senza alcuna pretesa di essere quelli che hanno una storia migliore delle altre. La storia del Piemonte è quella che è come del resto quella delle altre Regioni. Nella legge c'è solo un punto che non mi trova d'accordo: è quello relativo alla Festa del Piemonte. Come ho cercato di spiegare prima, non esiste, a mio avviso, una storia del Piemonte che coincida con la storia della Regione Piemonte. Nel corso delle consultazioni venne anche sostenuto che, qualora si volesse fare una festa, si istituisse la Festa della "Regione Piemonte". In questo caso, la data proposta può andare bene. La Festa del Piemonte, invece, è una cosa complicata, e proprio per la sua complessità e la frammentazione della storia passata (a meno che non si voglia ricorrere ai fasti di casa Savoia, ognuno è libero anche di fare questo) è difficile individuare un momento storico e una data significativa che raggruppi e che dia spazio a tutte le diverse realtà presenti nel Piemonte, sotto il profilo linguistico e culturale.
Quindi propongo un emendamento soppressivo di questo articolo, cercando di avviare una procedura a vasto raggio che permetta un'ampia consultazione per definire quale può essere questa data. Ricordo che in sede di consultazioni è stata, ad esempio, avanzata da alcune parti la data del 19 dicembre 1943, la data di redazione della "Carta di Chivasso", che rappresenta un primo riconoscimento delle diverse forze dell'arco alpino compresa la Valle d'Aosta, che allora faceva parte della stessa unità amministrativa di cui faceva parte il Piemonte. Questa "Carta" forma una sorta di messa insieme di esperienze e realtà, e consapevolezze mature dell'esistenza di una possibile identità piemontese.



PRESIDENTE

Mi permetto di ricordare che l'oggetto della discussione è un progetto di legge che parla della tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte.
Nel dare la parola al Consigliere Tapparo lo invito a dare per scontato il ripasso del programma di italiano e di storia.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, corre una battuta: che un imprenditore per fallire ha tre sistemi: il gioco, le donne, o affidare l'azienda alla gestione di un ingegnere. Cioè dopo questo dibattito c'è il rischio di far fallire definitivamente la Regione e occorre affidarci a dei professori o a degli avvocati. Io sono un modesto informatico, però i professori, con questo tipo di dibattito, probabilmente non riescono a dare un contributo, se il tempo è una risorsa.
Se il tempo è una risorsa, certamente questa mattina non c'è stato un modo appropriato dell'uso del tempo. Cercherò quindi di stare nel limite del tempo concesso.
Torno in avanti, cioè a guardare all'Europa dell'abbattimento delle barriere fisiche, che è alle porte, e che vogliamo che non trasformi in un'Europa dei supermarket, e vogliamo anche guardare questo grande processo in fermento nei Paesi dell'est, che ci porta ad una prospettiva di lunghissimo termine della grande Europa.
E' certo che l'Europa dei popoli e delle genti potrà essere, in un tempo lunghissimo, un elemento portante; è certo che le Regioni potranno essere un aspetto importante ma non esclusivo di questo tipo di Europa.
Credo che la complessità finanziaria e tecnologica non potrà affidare alle Regioni, in forme di autogoverno molto esaltato, la capacità di fronteggiare le grandi sfide con i paesi del Pacifico e con i paesi dell'America. Però le Regioni potranno essere una forma di autogoverno locale che saprà esaltare al meglio le specificità culturali, etniche e di storia delle genti dell'Europa.
Il collega Marchini faceva l'esempio del triangolo: Ginevra, Torino e Nizza. Voglio ricordare che all'interno di quel triangolo ci sono diversi popoli: il popolo occitano, che rivendica anche una sua storia e una sua identità dei rapporti che ha in Francia, e che ha in Spagna. Quindi c'è una complessità che non è facile riquadrare in forme brutali.
Il nodo è come poter inserire questo nostro provvedimento legislativo in una società multiculturale e, in prospettiva, multietnica; sarà duro evitare questo tipo di processo; viviamo grandi mutamenti sociali economici, ed anche la lingua non è un fatto statico, ma segue questi processi, perciò deve cambiare, pena di non sapere interpretare o stare al passo con i grandi processi economici, tecnologici e culturali che ci sono.
Credo che una struttura multiculturale sia un fattore di arricchimento del Piemonte; l'arrivo di tanti elementi culturali, anche per processi imposti dalla logica dei grandi potentati economici, che attraverso processi di industrializzazione di un certo segno hanno provocato nei decenni passati l'immigrazione di un certo tipo, non possono non farci riconoscere un arricchimento, anche solo in termini quantitativi essenziale per far diventare il Piemonte una delle regioni più industrializzate d'Europa. Anche senza il solo arricchimento quantitativo non sarebbe stato possibile questo processo. Saremmo stati una Regione intermedia, magari con maggiore felicità, perché la povertà non è strettamente connessa a un basso grado della felicità, però è solo un problema di decisione degli orientamenti che vogliamo assumere.
Il fatto di poter e dover vivere in una realtà altamente multiculturale è valido solo quando trova una forte coesione. Se questa legge che noi oggi discutiamo è fatta per dividere non serve a nulla; e noi come Gruppo socialista ne saremmo contrari. Se invece vuole esaltare le radici della comunità storica che vive nell'ambito amministrativo delimitato dai confini della Regione Piemonte, credo sia un fatto positivo, perché il patrimonio linguistico è una componente di queste radici che costituiscono quella che è l'etica dei comportamenti di una comunità, l'etica della comunità piemontese, l'etica dell'accumulazione, l'etica forse più vicina alla cultura calvinistica, l'etica che Max Weber avrebbe probabilmente compreso anche all'interno del suo memorabile saggio dello sviluppo del capitalismo nell'ambito dell'etica protestante.
Credo che un Piemonte che sappia recuperare le sue radici in modo aperto, non in modo xenofobo, egoistico, chiuso all'ancien régime, al rievocare i codini, sia un fatto positivo, che arricchisce e ridà fermenti nuovi, anche se fa riferimento a radici storiche a questa comunità.
E' certo che il nodo riguarda l'articolazione delle diverse sfaccettature del patrimonio linguistico all'interno della nostra comunità che è compresa nell'ambito amministrativo gestito dalla Regione Piemonte.
Credo che questa legge possa recuperare questa valorizzazione in modo da non dividere, ma di unire quelle che sono le energie, guardando all'Europa guardando in avanti, non chiudendoci in un ghetto, in una montagna, in una valle.
Il testo oggi in esame è un lavoro comune nel quale tutti abbiamo dovuto rimetterci qualcosa e abbiamo potuto arricchirci di qualcosa dell'altro. Parecchi mesi fa anche il mio Gruppo si era opposto a fare discutere la proposta di legge perché riteneva che forse serviva un qualcosa che potesse meglio far risaltare il pluralismo delle culture esistenti, sapendo che c'è un ceppo forte, che ovviamente va riconosciuto ma sapendo anche che c'è un'articolazione che doveva avere un suo strumento equilibrato. Credo che questo sia uno strumento equilibrato. Non è uno strumento, collega Marchini, che può risuscitare un qualcosa, il tuo intervento - se mi permetti una battuta - si poteva quasi chiudere con: "Allez Savoie". Il fatto che la montagna abbia unito e non abbia diviso è un fatto molto importante, ce lo portiamo nella nostra storia e nella nostra cultura, ed è un patrimonio che dobbiamo certamente valorizzare.
Pensiamo alla CO.TR.A.O., la Comunità di lavoro delle Alpi occidentali, al fatto di poterci rapportare con gli amici della Regione Rhone-Alpes o della Provenza o dei Cantoni svizzeri di lingua francese. Sappiamo che ci sono degli elementi comuni di storia, infatti il lavoro che fa la CO.TR.A.O. è vedere questi elementi di unione del patrimonio storico; però c'è qualcosa di nuovo che è dato da questa dimensione, da questi quasi quattro milioni e mezzo di persone che vivono in questo territorio che la Regione Piemonte gestisce e che deve essere considerato nei processi che via via vengono sempre innescati come nuovi, probabilmente anche il rapporto con gli extracomunitari aprirà nuove prospettive e nuovi processi e sarebbe antistorico pensare di chiuderlo o di usare la cintura di castità per non essere violati da questi processi.
Non credo nemmeno a Gremmo e noi non abbiamo fatto questa proposta di legge per tamponare i pericoli di una tendenza xenofoba che può essere battuta solo se questo Stato riesce a capire che l'autonomismo regionale va aiutato a svilupparsi, perché solo attraverso questo processo si esaltano al massimo le singole specificità delle Regioni, senza nulla togliere al solidarismo che, a livello nazionale e a livello della Comunità Economica Europea, deve essere alto ed esaltato dagli Stati membri e soprattutto dalla Comunità Economica Europea.
Quella che vogliamo tentare di aiutare è una prospettiva dove le nostre radici culturali e linguistiche vogliono essere viste in modo dinamico e non in modo museale. Questa non è la legge per qualcuno che ci giochi o per qualche amatore del nostro patrimonio linguistico. Io non l'ho letta così se ci sono dei pensionati che vogliono farlo, ben vengano, ma rappresenta solo un aspetto minimale. Questo modesto, piccolo apporto è qualcosa che non si colloca in una dimensione museale, vuole stare dentro ai processi dinamici della nostra società, crede che possa concorrere attraverso questo piccolo tassello ad animare, a recuperare, a dare vigore al patrimonio etnico, che è legato anche alla componente linguistica che è uno degli aspetti di un processo di crescita di questo Piemonte in un'autonomia che deve essere più forte. In questi giorni abbiamo visto per l'ennesima volta bocciarci una nostra legge, quella sull'informazione locale, che era una nostra specificità, un modo di leggere quello che doveva essere l'informazione locale. Credo che se vogliamo recuperare dobbiamo ridefinire quello che è il processo autonomistico del nostro Paese.



PETRINI Luigi



PRESIDENTE

Colleghi, cerco di puntualizzare la situazione per vedere come poter svolgere i nostri lavori.
Abbiamo ancora iscritti a parlare tre colleghi, che nell'ordine sono: Paris, Fracchia e Reburdo. Conclusa la discussione generale, dobbiamo procedere all'esame dell'articolato. Gli emendamenti presentati sono undici. Il Consiglio dovrebbe sospendere i suoi lavori alle ore 13 per una pausa non di riflessione, ma enogastronomica; alle ore 14 c'è una riunione congiunta delle Commissioni IV e VIII.
La mia proposta è quella di completare la discussione e rinviare l'esame dell'articolato alle ore 14,30. Poiché ci rimane solo mezz'ora e in questo arco di tempo dobbiamo collocare tre interventi, prego i colleghi di tenere conto di questa situazione. Detto questo non ho altro da aggiungere.
A questo punto ha facoltà di intervenire il Consigliere Paris.



PARIS Mario

"Mè car Pressident, mèi car Consij', an particolar mè car Masaracchio sburdìve nen. Mè intervent i lo deurbo e lo saro an piemonteis, ma i lo farai an italian. Così dimostro che noiautri rispetoma la lenga mare, che a l'è l'italian, ma anche la lenga pare; e mi i pòrto 'l cognòm ed mè pare".
Senza alcuna enfasi - contraria d'altronde allo spirito ed al modo di essere della gente piemontese - ma con profonda convinzione, credo e voglio dichiarare che oggi è una giornata importante nella storia del nostro Piemonte.
E' una giornata importante non solo per coloro che come me sono innamorati del patrimonio culturale della nostra terra e non solo per coloro che con me il 22 maggio 1986 sottoscrissero la proposta di legge relativa alla tutela dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte.
Voglio qui ricordare con commozione il Presidente Viglione che firmò con me quella proposta di legge insieme ai colleghi Marchini, Fracchia, Cerchio Villa, Mignone, Benzi, Quaglia e Fraire. "Se spetavo ancora un pòch, tuti ij Consij' che a l'avìo firmà, a andasio feura".
Non è una giornata significativa solo per l'amico e collega Tapparo che ha presentato successivamente un'altra proposta di legge in materia. E non è soltanto una data importante per l'Assessore alla cultura, amico professor Nerviani, al quale si deve il disegno di legge sul quale poi ha lavorato la VI Commissione: un disegno di legge che ha recepito in larga parte il contenuto della nostra originaria proposta di legge, ma che è stato rifatto, è stato integrato con la proposta del PSI e completato con alcune osservazioni formulate in sede di consultazione.
E' un disegno di legge, quello della Giunta, che si è preoccupato ed è riuscito ad armonizzare le nuove norme contenute in questa legge con la legislazione nazionale, con la L.R. n. 49/85 sul diritto allo studio, e che prevede giustamente ed opportunamente qualcosa di estrema importanza che noi avevamo dimenticato e cioè un continuo confronto con la scuola di ogni ordine e grado. Si deve lavorare insieme.
Oggi - e lo voglio ribadire in quest'aula - è una giornata importante per la comunità piemontese, soprattutto per quella comunità o per quelle comunità che vedono riconosciute e solennemente affermate dal Consiglio regionale piemontese il diritto a salvare, a valorizzare, a promuovere la conoscenza e la diffusione (ed a tramandare a coloro che verranno dopo di noi) di quel grande patrimonio culturale linguistico che è nostro: il modo di essere della nostra gente, dei nostri avi, della gente semplice (alla quale molto opportunamente si riferiva l'amico Marchini), che parlava il piemontese, l'occitano, il franco-provenziale, il patois, il walser, i vari dialetti del Novarese o delle zone finitime della Liguria.
Nel rispetto dei nostri vecchi, della nostra gente semplice, quindi coscienti della dignità di lingue le cui origini risalgono al dodicesimo e al tredicesimo secolo, noi intendiamo con questa legge tutelare e far conoscere un patrimonio immenso rappresentato da una cultura, da una letteratura che annovera fra i suoi più alti rappresentanti poeti che a partire dal '400 hanno onorato il Piemonte. Li possiamo ricordare: Allione del 1400, Ignazio Calvo, Padre Isler del 1600, Vittorio Alfieri, Bersezio Toselli, Cesare Balbo, Massimo d'Azeglio, Norberto Rosa, Brofferio (1800) ma ricordo che anche Don Bosco, ricordato ieri dal Presidente Rossa nella commemorazione di Pertini, scriveva e parlava in piemontese e si avvicinava ai giovani parlando a loro in piemontese, perché altre lingue non conosceva da questi personaggi, fino alle splendide figure del '900, come Nino Costa, come Pinin Pacot, come Arrigo Frusta, Mottura, Renzo Gandolfo ed altri che io definisco apostoli del patrimonio culturale della nostra terra che ancora oggi sono sulla breccia. Io dico che noi oggi offriamo alle comunità piemontesi una legge che esalta e che si propone di salvare e difendere le proprie radici culturali, linguistiche e di civiltà: cultura lingua, civiltà che si è espressa e che si esprime - e va detto onestamente non solo con il parlar piemontese che riguarda un'area molto vasta, non solo attraverso le voci dei poeti che ho citato, ma dalla gente semplice che parlava occitano, franco-provenzale, walser e nei vari dialetti lombardofoni che hanno alle loro spalle una letteratura notevole di tutto rispetto.
Difendere, valorizzare, favorire lo studio e la divulgazione di tale patrimonio è quindi innanzitutto un dovere morale, ma è anche l'attuazione più compiuta dei principi contenuti negli artt. 5 e 7 dello Statuto regionale che ci fanno obbligo di "difendere il patrimonio culturale anche nelle sue espressioni regionali concorrendo allo sviluppo di adeguati mezzi educativi e di informazione", ed ancora di "tutelare l'originale patrimonio linguistico di cultura e di costume delle comunità locali, favorendone la conoscenza e la valorizzazione". Ma è un dono - se così posso definirlo quello che facciamo oggi, approvando questa legge, che non riserviamo soltanto a coloro che, come molti di noi, sono piemontesi da generazioni ma che offriamo anche con gioia, ed attraverso la scuola, a coloro che nati altrove - qui in Piemonte hanno trovato un lavoro, una casa e si sono formati una famiglia. Anche loro, se lo desiderano (e lo ricordo a tutti ed in particolare al collega Masaracchio che l'insegnamento nelle nostre scuole del piemontese e delle lingue locali è facoltativo), hanno il diritto di conoscere il patrimonio culturale e linguistico della terra della quale sono diventati cittadini anche per meglio inserirsi.
Forse, per raggiungere tale obiettivo, negli anni futuri occorreranno Assessore, stanziamenti più consistenti. Vedremo. Comunque, fare un passo alla volta per non inciampare è saggia regola dei piemontesi. In ogni caso nessuno, se non in malafede, può vedere in questa legge una manifestazione di razzismo o di regionalismo esasperato.
Semplicemente noi riaffermiamo il diritto, che è anche un dovere, di parlare e di far conoscere meglio la lingua naturale, che molti di noi hanno succhiato con il latte materno, accanto e non in alternativa alla lingua italiana. I nostri figli debbono apprendere e conoscere meglio la lingua italiana nella scuola e non dall'approssimativo e sovente imbastardito linguaggio televisivo, così come debbono apprendere e conoscere altre lingue straniere utili sempre, ma ora indispensabili nella nuova realtà europea alla quale, "come Dio veul", ci stiamo affacciando.
"Coste lenghe a son cole che an permetto ed fesse capì daspertut e a guadagnesse la pagnòta; el piemontèis, mi i penso, che a peul servine a esprime mej lòn che l'oma ant el cheur: ij nòstri sentiment, se i n'oma ancora". Parlavo di Europa, ma all'Europa di domani, all'Europa dei popoli e all'Europa delle regioni, penso che ci si debba presentare da piemontesi senza rinnegare nulla della nostra cultura, della nostra civiltà, delle nostre radici e del nostro modo di essere "bogia nen", che non vuol dire stare fermi, essere indolenti, ma che significa essere fermi nelle proprie opinioni, nelle proprie convinzioni pur nel rispetto religioso delle altrui opinioni. Una comunità che non sa difendere le radici della propria civiltà e la propria lingua è una comunità amorfa, che rinuncia alla propria identità e, noi piemontesi, nel rispetto di tutti non dobbiamo rinunciare alla nostra identità.
Il nostro Gruppo, che annovera cinque Consiglieri tra i dieci sottoscrittori della proposta originale del 1986, l'Assessore alla cultura che è espressione del nostro Gruppo politico, hanno fortemente voluto questa legge, e lo voglio rimarcare, anche se in questa lotta, in questa buona battaglia non siamo stati soli.
Ecco perché - e penso di poter anticipare le dichiarazioni di voto del Gruppo democristiano, a nome di tutto il Gruppo, del suo Presidente e del suo direttivo, che ringrazio, che mi hanno sostenuto in questa battaglia esprimo voto favorevole alla legge, convinto che sia anche questo un modo significativo per rammentare agli altri e a noi stessi che noi non siamo una colonia di Roma, ma una parte viva di quell'Europa delle Regioni che vogliamo contribuire ad edificare e che, quindi, abbiamo il diritto ad una maggiore e reale autonomia.
Il collega Marchini ha parlato di stemma; io lancio un'idea che non pu essere concretizzata ora, ma - pensate, colleghi! - quanto sarebbe bello e significativo uno stemma che riassume cinquecento-seicento anni di storia che è lo stemma della Regione Piemonte, incastonato nell'azzurro con stelle dell'Europa ed esposto in ogni scuola del Piemonte! "An conclusion: mi i spero e m'auguro che Nosgnor an daga na man, pì che tut per capisse mej tuti ij di, ma anche per realis' na bona lege e per fè na festa del Piemont ant le scòle; na festa pensà nen per f' vacansa, ma come giornà da dediché a la stòria e a la coltura ed nòstra gent ed nòstra Patria cita".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Il mio piemontese non è come quello di Paris, è un po' più langarolo.
Innanzitutto voglio ringraziare l'Assessore che dopo averci fatto penare un po' si è deciso finalmente a portare un disegno di legge della Giunta che si è confrontato con gli altri disegni di legge che giacevano da parecchio tempo in Commissione. Un ringraziamento particolare al collega Paris. Questa legge dovrebbe essere chiamata "legge Paris", perché l'ha voluta intensamente da buon piemontese e dal quale ieri abbiamo avuto in omaggio un bellissimo libro.
Io qui ho un altro libro in piemontese, nel quale mi configuro anche "Fervaje '89", dove c'è una bella poesia di Paris, ne leggo solo due righe: "Ant el me cit l'ai sercà d'regal' ai me frei en chéic agiut, en bon consèj, n'àtim d'amor e, perché no, ne s-cionf ed rie".
Dove la trovate in italiano una parola come s-cionf? Questo è piemontese.
Tornando al disegno di legge, questo ha cercato di mediare un pochino sulle varie proposte. Ci lascia soddisfatti, qualcosa in più forse lo avremmo voluto, specialmente nell'art. 3 dove la Regione "favorisce".
Questo termine ci pare un pochino debole, noi avremmo voluto un provvedimento un po' più incisivo, perché per chi viene dalla provincia, in modo particolare, l'esigenza di conoscere il piemontese è più sentita di quello che voi immaginate. I molti immigrati che vivono in provincia di Cuneo cercano di parlare il piemontese. Purtroppo per ora non hanno ancora strutture: è uscita una grammatica, ma non basta. Ci vogliono dei corsi forse bisognerebbe inserirlo nelle elementari. Chi è venuto in Piemonte ha cercato di inserirsi il più possibile. Il primo modo di inserirsi è parlare il dialetto della città in cui si abita.
Speriamo che questo messaggio di favorire sia raccolto da molti.
Senz'altro la Regione sarà attenta, perché il primo finanziamento serve solo proprio per dare il via. Se negli anni a venire non sarà lautamente rimpinguato, questo fondo sarà ben misera cosa per poter fare la Festa del Piemonte, fare il concorso, favorire il piemontese, recuperare certe culture. Ci auguriamo che dalle strettoie dei prossimi bilanci ci sia più possibilità. Un altro punto su cui concordo e che trovo molto qualificante è la toponomastica: è molto importante riscrivere certi nomi in piemontese.
Voglio portarvi l'esempio di una frazione di Alba che si chiama San Rocco Seno d'Elvio e dice niente: in albese si dice San Roc d'Sanadeira, la differenza è enorme. E' dove l'Imperatore Elvio Pertinace andava a riposarsi e dove c'è un tizio che fa un ottimo vino.
Noi non siamo come la provincia autonoma di Bolzano che vuol togliere l'italiano dalle scritte e lasciare solo il tedesco. D'accordo che resti l'italiano, ma in certi casi dove il nome italiano snatura quello che è l'ambiente, ci sta molto bene il nome piemontese. Con questo dichiaro il mio voto favorevole.



ROSSA Angelo


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Siccome il Presidente della Giunta ha degli impegni urgenti, chiederei al Consiglio di sospendere un attimo la discussione per poter iscrivere all'o.d.g. i seguenti provvedimenti: progetto di legge n. 512: "Norme in materia di riconoscimento in via amministrativa della personalità giuridica di diritto privato delle II.PP.A.B." progetto di legge n. 586: "Partecipazione della Regione Piemonte alla Società E.C.B.I.C. Piemonte S.p.A." progetto di legge n. 566: "Partecipazione della Regione Piemonte alla costituzione della Società I.T.A.C.A. S.p.A.".
La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, non ho particolari obiezioni sugli altri provvedimenti, ma chiederei che il progetto di legge n. 512 venisse iscritto per la prossima settimana, perché è un argomento su cui abbiamo alcune cose da dire e su cui c'è molta attenzione nella nostra comunità.
Credo sia uno di quegli argomenti su cui debba essere data a tutti i Consiglieri la possibilità di esaminarlo con cura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Siccome non è eccezionalmente urgente questo progetto di legge sul riconoscimento della personalità giuridica privata delle II.PP.A.B., penso che sarebbe bene, ai fini di un approfondimento da parte di tutti rimandare l'iscrizione alla prossima seduta. Anche perché quando è venuto sia pure solo per un parere, in VIII Commissione, e non in sede referente l'Assessore Brizio ci ha fatto presente che il progetto di legge è venuto a trovare, in questi ultimissimi giorni, un ulteriore supporto che sarebbe, o è, dato da una direttiva del Ministero delle Regioni e per esso del Presidente del Consiglio.
Questo è un documento nuovo che, a mio avviso, merita un particolare approfondimento in connessione con il testo già licenziato dalla V Commissione e con le riserve di legittimità formulate dagli Uffici legislativi della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Collega Majorino, le sue obiezioni sono note all'Assessore.
Propongo di iscrivere all'o.d.g. i tre provvedimenti. Questo provvedimento lo teniamo in coda ai provvedimenti che dobbiamo affrontare nella giornata di oggi, il buonsenso mi fa dire che non riusciremo ad esaminare tutti i punti all'o.d.g., quindi probabilmente non solo questo ma anche gli altri provvedimenti dovranno essere affrontati in prossime sedute (anche notturne).
La maggioranza ha il dovere di consentire alla Giunta di portare in porto i provvedimenti che riterrà opportuni. Purtroppo oggi non riusciremo a fare tutto, quindi se questo provvedimento è iscritto all'ultimo punto dell'o.d.g. temo che andrà al prossimo Consiglio.



PRESIDENTE

Propongo pertanto di iscrivere all'o.d.g. il progetto di legge n. 512.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 32 voti favorevoli e 1 astensione.
Propongo di iscrivere all'o.d.g. il progetto di legge n. 586.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 32 voti favorevoli e 2 astensioni.
Propongo di iscrivere all'o.d.g. il progetto di legge n. 566.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 32 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento: Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Esame progetti di legge nn. 114, 569 e 583: "Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito in merito ai progetti di legge nn. 114, 569 e 583.
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, nella militanza pacifista uno dei principi basilari è quello di "fare l'amore e non la guerra" e pertanto le attività del Movimento per la pace si svolgono anche con iniziative di divertimento costruttivo. Vorrei pertanto raccontare un episodio ai miei amici piemontesi.
Due anni fa abbiamo organizzato in quel di Chivasso, nel momento in cui il Comune ha dato la cittadinanza onoraria a Nelson Mandela, una serata con i giovani con la partecipazione di un complesso "afro" durata fino alle 3 del mattino successivo. Visto però che i giovani non andavano a casa improvvisamente dal palco, sul quale sedevano solo africani neri, si è alzata una voce che ha detto: "Fòrsa fieuj, a le ora, anduma a ca". Ci siamo guardati nel silenzio generale perché a citare quella frase era il capo del complesso congolese che trovandosi da qualche anno in Italia parlava perfettamente il piemontese.
Il testo unificato della legge, che di per se stesso è interessante ed accettabile, può avere una sua valenza positiva nella misura in cui viene estraniato da un integralismo piemontesista esagerato. Ho sentito alcuni interventi che mi hanno non dico spaventato, ma, pur essendo piemontese a tutti gli effetti, hanno acceso in me un campanello d'allarme e mi hanno fatto pensare che si tratta di un provvedimento che io avrei approvato.
Però una concezione di società come quella che è stata evidenziata pu creare un campanello d'allarme perché siamo di fronte ad una crescita di integralismi di ogni genere e a me pare che questa crescita sia esattamente opposta al tipo di società cui invece noi andiamo incontro nella quale dobbiamo imparare a convivere, non solo perché nella nostra realtà ci saranno più culture, più etnie e più religioni, ma perché vivremo in un villaggio globale che ci porterà quotidianamente al confronto con queste realtà così diverse tra di loro.
Ho voluto richiamare questo aspetto perché un provvedimento di così importante significato credo debba essere interpretato alla luce di queste nuove prospettive. Quindi, la salvaguardia e la valorizzazione di quello che può essere un patrimonio linguistico e culturale ha una sua grande positività se accetta di collocarsi in un confronto aperto con altre culture, con altri patrimoni, con altre storie, siano esse di origine italiana, europea o addirittura di altri continenti. Mi auguro che le radici di altri continenti ci conducano a questa valorizzazione in un confronto aperto perché solo attraverso questo tipo di confronto si potrà arricchire un processo e non estraniarlo.
Non voglio fare della polemica eccessiva. Però ho colto alcune battute nella discussione in Commissione e nei corridoi di questo palazzo e non vorrei che da parte di qualcuno ci fosse l'intenzione abbastanza meschina di voler assolutamente portare a compimento questo provvedimento per ragioni di competitività elettorale portate avanti da altri integralismi che sono seriamente preoccupanti, come sono le varie Leghe autonomiste che in qualche modo rappresentano la reazione culturale che viene avanti in questo Paese.
Chiedo all'Assessore Nerviani se la politica culturale della Regione viene interpretata in un senso aperto entro cui collocare anche questo provvedimento oppure se essa si colloca soltanto in un provvedimento settoriale che andrebbe incontro a tutti i pericoli che vengono notoriamente paventati. Ho voluto dire questo per cercare di correggere alcuni aspetti che sono emersi dalla discussione, anche perché non possiamo dimenticare che una certa tradizione culturale piemontese è stata aggiornata grazie al fatto che in questa Regione ci sono esperienze e tradizioni di altre Regioni del nostro Paese che ormai sono alla seconda o terza generazione in Piemonte e che hanno acquisito molti termini del cosiddetto patrimonio piemontese. In parte lo hanno positivamente aiutato a correggersi, ma in parte lo hanno anche peggiorato, quindi siamo di fronte ad un problema di particolare attenzione concettuale nel momento in cui andiamo a salvaguardare il patrimonio linguistico e culturale proprio perché dobbiamo stare attenti a salvaguardarlo nel contesto che prima cercavo di delineare, quello storico, quello reale, quello che rappresenta effettivamente un patrimonio di vita e di storia che non deve essere utilizzato per altri fini ed obiettivi.
In conclusione devo rilevare che l'art. 2 della legge mi riempie di tutte le preoccupazioni che io ho cercato molto sommessamente di esprimere: cioè l'enfatizzazione della Festa del Piemonte. Se vogliamo effettivamente organizzare ed attivare la Festa del Piemonte questa non può essere inserita nel contesto di un provvedimento che parla dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte, ma va inserito nella politica culturale regionale che nel momento in cui sviluppa la Festa del Piemonte deve valorizzare tutto quanto è presente in questa Regione, sia esso di stretto patrimonio linguistico piemontese sia quanto è sopravvenuto di storia italiana ed internazionale di etnie e di patrimoni linguistici per cui io prego la Giunta di verificare se in effetti il discorso dell'art. 2 non possa essere estrapolato ed inserito in un contesto che tenga conto che questa Festa del Piemonte non può essere riferita solamente alla cosiddetta valorizzazione del patrimonio linguistico piemontese. Se questo problema fosse estrapolato renderebbe ancora più significativo, importante e pregnante il provvedimento che andremo, io mi auguro, ad approvare.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Emilia Bergoglio che l'ha richiesta, informo il Consiglio che l'Assessore Nerviani procederà immediatamente dopo quest'ultimo intervento ad una breve replica per passare poi, prima della sospensione dei lavori, all'esame dell'articolato dal momento che molti emendamenti sono stati accolti.
La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Desidero fare una precisazione senza voler rubare spazio alla replica dell'Assessore. Ritengo che non si debba perdere di vista il contenuto sostanziale di questa legge che è quello di valorizzare il patrimonio culturale linguistico della Regione Piemonte come scelta prioritaria pur collegata con altri problemi e altre implicazioni culturali. Noi abbiamo già nel nostro ordinamento legislativo una serie di norme, di leggi e di specifici provvedimenti, che si occupano di altre questioni di tipo linguistico e culturale più largamente inteso. Ritengo che semmai sia da sottolineare un certo ritardo in Piemonte nell'occuparsi anche di quelle che sono precipuamente le radici culturali piemontesi, senza alcuna velleità o richiesta di priorità, ma con questo spirito. Questo almeno è l'intendimento del Gruppo DC che insieme ad altri Gruppi è da tempo stato promotore di questa iniziativa; desidero quindi sottolinearne la specificità pur non essendo esclusiva e pur non essendo soltanto mirata a questo problema. Il fatto di occuparci oggi di una legge che ha questo contenuto non significa ignorarne altri che sono già stati inseriti in apposite leggi già approvate o che verranno comunque tenute presenti nelle iniziative. La stessa ripartizione dei contributi ad associazioni e gruppi che da anni si va facendo in questa Regione ha sempre tenuto conto di tutte le dimensioni e di tutte le caratteristiche. Permettetemi di fare questa considerazione, proprio da parte di una persona che è nata a Torino, di famiglia torinese e che non ha avuto alcuna difficoltà a sposare un uomo di origine siciliana.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani per la replica.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

Ringrazio i colleghi che sono intervenuti; ritengo che abbiano diritto di una minima attenzione le considerazioni che hanno portato a questo dibattito. Ringrazio anche per la loro disponibilità, anticipatamente dichiarata, a considerare benevolmente questa proposta di legge nella quale sono convenute le iniziative dei colleghi Paris, Tapparo, come primi firmatari di due proposte di legge, e l'iniziativa della Giunta che ha cercato di trovare una sintesi sufficientemente rispettosa delle proposte avanzate, ma anche di dare un taglio proprio che rappresenta, a mio avviso la volontà complessiva della Giunta, che forse ha la presunzione di interpretare fino in fondo l'anima vasta ed articolata del Consiglio regionale.
Queste dichiarazioni so che rimangono agli atti della storia del Consiglio, e penso sia indispensabile che la legge sia letta nella sua ratio e nel suo spirito, e che non venga interpretata a seconda dei tempi come si ritiene più giusto.
Dalla riflessione del collega Reburdo, l'ultimo pensiero che mi ha mosso è di natura integralistico-celebrativa di fasti e di memorie illustri. Ho pensato a questa legge, già nel momento in cui è stata abbozzata dalle proposte dei colleghi, come ad una legge che riconoscesse il diritto delle popolazioni locali ad esprimersi nella loro lingua originale, in quanto è ancora possibile in una società collegata ad esperienze linguistiche diverse, e si è scelta una normalizzazione sufficientemente apprezzabile e convincente nella lingua italiana.
In sostanza la legge non è pensata in termini di prevaricazione o in termini di chiusura, in termini di nuova normalizzazione, ma è pensata come tutela di ulteriori strumenti della libertà espressiva della nostra gente e anche come mezzo per accostarsi a patrimoni che hanno codici diversi da quelli che abbiamo conosciuto e che utilizziamo nel nostro tempo, e che codici nuovi, comunque un po' desueti, almeno per alcuni, che vale la spesa di riconsiderare proprio per la possibilità che ci offrono di entrare direttamente nell'esperienza culturale in forme diverse da quello che è attualmente conosciuto. Quindi niente di integralistico, niente di presuntuoso, niente di offensivo per le molte culture diverse che si sono aggiunte a quelle originarie del Piemonte. Questo per rassicurare fino in fondo l'amico Reburdo, al quale dico con franchezza che ho condiviso, in qualche momento, le sue preoccupazioni; qualche tono è stato in alcuni momenti un po' accentuato; mi pare sia giusto che questo accada quando si parla a titolo personale, quando si vivono esperienze dirette ed immediate quando non si ha il dovere della sintesi di tutto il Consiglio regionale o del suo esecutivo. Credo che queste intemperanze, se così ha ritenuto di valutarle il collega Reburdo, debbano fornire motivo di considerazione attenta ed essere interpretate come forte desiderio di recupero di autenticità originale e di realtà culturale dalla quale non ci si vuole distaccare definitivamente.
E' notorio che io non sono un piemontese, come lingua sono un lombardofono, quindi credo di avere qualche ragione in più per essere meno sospettato di altri. Voglio dichiarare qui che la ragione vera della legge sta in un passo della relazione del collega Villa, laddove si dice che la lingua, o le lingue di una regione sono bene storico e culturale ed anche fenomeno sociale pienamente inserito nella realtà sociale contemporanea, e come tali vanno valutate, apprezzate e conosciute. Partendo da queste considerazioni preliminari, credo proprio che questo testo di legge abbia rispettato fino in fondo tutte le articolazioni della nostra realtà piemontese. Avevo chiesto che la legge, che Paris aveva presentato con altri colleghi, fosse rimandata in Commissione, perché di tanto in tanto manifestava una tentazione di normalizzare linguisticamente in termini rinnovati il Piemonte; non era possibile accettare questa tentazione, anche se era corretta in passi successivi in termini evidenti, bisognava riscrivere questa legge. Questo è stato fatto. E' stato fatto un buon lavoro in Commissione, proprio nella direzione raccomandata dal collega Reburdo.
Che cosa si dice in buona sostanza nella legge? Che non si va ad imporre esperienze linguistiche nuove, ma si va ad attivare delle iniziative che autonomamente, con la loro originalità, si propongono nella nostra regione.
Vogliamo sfruttare ogni occasione di definire la realtà culturale di un'area geografica che è stata individuata dallo Stato con sufficiente omogeneità per farne un momento della sua articolazione territoriale istituzionale, amministrativa.
E' vero che noi non siamo più il Piemonte di un tempo, che siamo una cosa diversa. Siamo tuttavia un'articolazione del nostro Stato e abbiamo il dovere di conoscere le caratteristiche culturali proprie di questa articolazione territoriale, istituzionale, amministrativa. Siamo una realtà territoriale che deve comunque acquisire sempre di più la coscienza della sua particolare identità e in questo senso si muove l'idea della Festa della Regione Piemonte o del Piemonte, non già per ritenerci più belli, per proporre un bagaglio di eccezionale valore alle altre Regioni del nostro Paese, ma per vivere insieme esperienze storiche diverse, culture diverse che comunque fanno il Piemonte di oggi. Non sono d'accordo e quindi rispondo già subito alla proposta di emendamento che è stata segnalata sull'abolizione dell'art. 2. Se l'art. 2 viene interpretato nel senso giusto di sottolineare l'identità regionale attuale, di riscoprire i valori della nostra terra nelle sue articolazioni, di esaltare la cultura positiva della nostra regione, credo che nessuno si debba preoccupare e scandalizzare perché si vuole fare festa nel nome del Piemonte nella regione Piemonte.
Voglio ancora dire per onestà che questa legge è la continuazione di volontà precedentemente affermate, stabilite e confermate, da altri avviate. La legge n. 30, successivamente corretta con la n. 35, è stata l'introduzione forte, autorevole, seria a questa problematica del passato.
Questa legge perfeziona l'esperienza precedente, ma non si può ritenere che dietro vi fosse il buio, la tutela del patrimonio linguistico era già stata da altri raccomandata e ad altri va reso il merito che hanno acquisito con un impegno in questo senso.
Voglio infine dire agli amici che non sono piemontesi, e che sono frequentemente intervenuti questa mattina anche con battute amichevoli e qualche volta umoristiche, che l'attenzione per questo patrimonio è dovuta ma che l'attenzione per ogni espressione culturale del Piemonte sarà forte non avverrà attraverso questa legge specifica sul patrimonio originale del Piemonte, ma avverrà attraverso altri strumenti legislativi e verrà comunque rispettata. L'ho detto all'inizio, scandalizzando forse qualcuno ma lo ripeto qui: se vi sono comunità fortemente individuabili, per la loro caratteristica linguistica e culturale, che richiedono di sviluppare iniziative che aiutino loro a mantenere la loro identità, la Regione Piemonte avrà tanta intelligenza, liberalità e buon senso da non rifiutare interventi e contributi perché questo avvenga, proprio nel senso di riconoscere a questa società una diversificazione forte e un processo continuo di integrazione con altre realtà culturali, linguistiche, sociali del nostro Paese ed anche di altri Paesi con i quali abbiamo rapporti.
Ho finito. Voglio soltanto dire una parola chiara. Abbiamo delle buone abitudini come esecutivo. Io cerco di assumerle con forza. L'abitudine buona in questo caso è quella di dare una parola e di onorarla. Quando io dissi di rimandare in Commissione la legge, qualcuno scrisse su troppi giornali che vi era soltanto l'intenzione di affossare la legge e di non parlare più del piemontese. Rispondemmo che volevamo parlare di walser, di occitano, di lombardo, di emiliano, di sinto-piemontese, di franco provenzale e di tutto questo. Volevamo soltanto consentire che tutta questa ricchezza si potesse esprimere. Siamo andati in Commissione, abbiamo trovato le risorse necessarie per far camminare la legge. Siamo arrivati al punto che il Consiglio regionale la può esaminare con una maturazione convinta e completa. Per questo devo ringraziare i colleghi della VI Commissione e se mi consentite anche gli uffici dell'Assessorato all'istruzione che hanno dimostrato, oltre che sensibilità e senso del dovere, una competenza della materia che molte Regioni ci dovrebbero invidiare. Per tutti mi sia consentito al funzionario Jallà un ringraziamento particolare.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 30 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Sono stati presentati i seguenti emendamenti.
Emendamenti presentati dal Consigliere Ala: 1) al primo comma, la parola "celebrare" viene sostituita con la parola "commemorare" 2) al primo comma, la parola "celebrare" viene sostituita con la parola "ricordare" 3) l'art. 2 è abrogato.
4) Emendamento presentato dai Consiglieri Masaracchio, Majorino e Minervini: sopprimere l'art. 2.
5) Emendamento presentato dal Consigliere Marchini: al primo comma, dopo la parola "linguistico" fino alle parole "simboli regionali", sostituire con le parole "ed i suoi valori di cultura, di civismo e di costume nel loro radicamento e nella loro prospettiva".
6) Emendamento presentato dai Consiglieri Adduci, Sestero e Monticelli: alla prima riga, punto 1), dopo le parole "al fine di", aggiungere le parole "stimolare la riflessione sulla" e sopprimere le parole "celebrare la".
7) Emendamento presentato dal Consigliere Reburdo: riscrivere le prime due righe del primo comma: "al fine di celebrare la realtà del Piemonte e di valorizzarne la cultura e i costumi, in una visione europea e di mondialità, nonché i simboli".
La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

Ho già risposto che ritengo di non poter accogliere l'emendamento soppressivo proposto dai Consiglieri Ala e Masaracchio, lo avevo detto nel corso della mia replica e lo riconfermo. Così come intendo mantenere il verbo "celebrare", dando a questa l'accezione che ho cercato di illustrare: nulla di esaltativo, ma semplicemente la valorizzazione dell'esperienza storica e culturale del Piemonte attraverso questa iniziativa che è costituita dalla Festa del Piemonte.
Ritengo che la proposta del Consigliere Reburdo, corretta dal perfezionamento del collega Marchini, possa essere invece accolta.
Pertanto la Giunta respinge tutti gli emendamenti, salvo quello presentato dal Consigliere Reburdo integrato con la proposta di modifica del collega Marchini.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Marta Minervini. Ne ha facoltà.



MINERVINI Marta

Signor Presidente, penso che il Consigliere Masaracchio voglia spiegare, per arrivare poi ad un voto finale che credo di poter anticipare positivo, la nostra posizione per poter ulteriormente spiegare perché noi diamo un voto favorevole. Riteniamo pertanto che si debba dare la possibilità al collega di illustrare il senso dell'emendamento presentato a nome del Gruppo MSI.



PRESIDENTE

D'accordo. Si conclude quindi a questo punto la prima parte dei lavori del Consiglio.
Ricordo che alle ore 14 sono convocate in seduta congiunta le Commissioni IV e VIII.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,35 riprende alle ore 15,15)



PETRINI Luigi


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale (seguito)

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Comunico che ai congedi annunciati questa mattina si sono aggiunti oggi pomeriggio quelli dei Consiglieri Beltrami, Genovese e Maccari.


Argomento: Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Esame progetti di legge nn. 114, 569 e 583: "Tutela, valorizzazione e promozione della conoscenza dell'originale patrimonio linguistico del Piemonte" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame degli emendamenti presentati all'art. 2 dei progetti di legge nn. 114, 569 e 583.
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

I due emendamenti sostitutivi sono ritirati, mentre viene mantenuto l'emendamento soppressivo dell'art. 2.
Ritengo che il punto relativo alla Festa del Piemonte non sia pertinente all'oggetto della materia della quale ci stiamo occupando che è il patrimonio originale linguistico del Piemonte. Non mi pare che la Festa del Piemonte abbia a che vedere con i valori forti e i bisogni significativi ai quali noi tentiamo di rispondere con questa legge.
Non esiste un Piemonte da festeggiare, esistono insiemi di comunità piemontesi con storie diverse, patrimoni linguistici e culturali in alcuni casi coincidenti, ma in altri casi diversi, e non è possibile ridurre ad un unico momento da reperire nel passato una unità del Piemonte e individuare questo elemento come data attorno alla quale organizzare una festa. E questo aspetto balza evidente nella stessa legge: noi non istituiamo la festa "del Piemonte", ma - senza bisticci di parole - istituiamo la festa della Regione Piemonte, organizziamo la nostra festa. Può anche essere giusto farla, le valutazioni potranno essere le più diverse, ma non è corretto farlo all'interno di questa legge. La "Regione Piemonte" istituzione non ha nulla a che vedere con questioni che risalgono e hanno un periodo di storia e di valore politico-culturale che va ben al di là dei vent'anni della Regione.
La data proposta del 22 maggio 1971, senza voler apparire tra coloro che tengono in scarsa considerazione questa istituzione, non la ritengo una delle date cruciali nella storia della nostra Regione se ci poniamo dell'arco del tempo, dello spazio e dei valori culturali di cui parliamo in questa legge.
Per questo ritengo di rinviare ad altra occasione, ad altra riflessione e anche ad un provvedimento apposito l'organizzazione della Festa del Piemonte. In subordine vorrei che la si chiamasse "La Festa della Regione Piemonte", intesa come istituzione regionale. Non confondiamo infatti la Regione Piemonte in quanto istituzione con il Piemonte in quanto insieme di tradizioni, culture, lingue e valori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Come è risultato evidente dalle dichiarazioni del collega Ala la differenziazione fra l'impostazione culturale che noi abbiamo dato alle motivazioni espresse su questa legge è profonda, addirittura radicale.
Per quanto riguarda le motivazioni che ci hanno indotto a presentare l'emendamento soppressivo dell'art. 2, in particolare, senza andare a trovare tutte le motivazioni possibili ed immaginabili, noi affermiamo che in questo momento, dopo l'excursus che ha avuto la vicenda regionalistica italiana dal 1970 in poi, l'istituto regionale politico-amministrativo appare largamente fallimentare nell'ambito della politica nazionale, tant'è che la proposta di riforma degli enti locali riattribuisce alle Province compiti specifici della Regione lasciando alla Regione "il simposio" di tipo politico generale di impostazione e di indirizzo che poi dovrà conferire alle Province e ai Comuni ogni particolare aspetto amministrativo del territorio.
Devo pur dire che il riferimento allo Statuto ci trova aderenti perch quando si formulò lo Statuto della Regione il Movimento Sociale Italiano vi partecipò con tutta la probità della politica che questo nostro Partito rappresenta non solo nell'ambito del concetto nazionale, ma nel rispetto di talune prerogative della Costituzione e, in particolare, perché l'istituto regionale, da noi sempre avversato, non assumesse aspetti e caratteristiche di tipo autonomistico accentuato. Non sto a ricordare gli interventi dei colleghi Consiglieri che hanno preceduto la nostra presenza, però è vero che in quell'occasione il Movimento Sociale Italiano diede il suo contributo politico riconosciuto anche da quella compagine consiliare del tempo. Non abbiamo quindi motivi di opposizione alla questione dello Statuto, anche se alla luce dei fatti che emergono da ciò che nel tempo si è voluto dimostrare e anche attraverso quello che questa impostazione di disegno di legge cerca di dimostrare la cosa potrebbe essere credibile nel caso in cui si trattasse di una Regione a Statuto speciale. Allora sì che potremmo avallare le motivazioni di una festa regionalistica al di là del fallimento attuale dell'istituto regionale, ma stante le cose che ho delineato (spero di essere stato abbastanza chiaro) mi pare che indipendentemente dai valori che la stessa legge vuol rappresentare e che non sono del tutto da denegare, l'appello che noi rivolgiamo non è strumentale, ma è specifico verso i colleghi Consiglieri che dovrebbero considerare opportunamente il fatto che l'abrogazione di questo articolo eviterebbe di far pensare che anche noi siamo convinti che la Regione è qualcosa da conservare e mallevare sul serio nel tempo a venire della politica che ci attende nell'ambito delle riforme istituzionali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

L'emendamento che ho presentato lo sottopongo alla valutazione prima della Giunta che del Consiglio perché confido che la stessa abbia la possibilità di collocare il ragionamento che sta alla base dell'emendamento in una sua proposta che va evidentemente armonizzata anche lessicalmente con il resto dell'articolo. Mi preme però dire al collega Masaracchio che il mio emendamento in una qualche misura sta all'interno delle sue preoccupazioni. Questa festa del Piemonte non è la festa dei piemontesi, ma del Piemonte, quindi quando suggerisco che nell'ambito di questa festa si celebrino e si illustrino i valori, la cultura e il civismo del Piemonte nella sua storia pregressa e nella sua prospezione, che cosa immagino? Immagino (in riferimento al comma secondo dello stesso articolo che è la parte più delicata) che anche un insegnante che provenga dalla terra del collega Masaracchio sia nelle condizioni di illustrare benissimo a ragazzi che invece vengono dalla terra del collega Bara che questa nostra regione da cinque secoli a questa parte ha una storia che è proiettata rispetto ad un certo tipo di scenario e che soprattutto ha dei valori di civismo, che non è la civiltà. La civiltà è il complesso dei valori, il civismo è un modo di atteggiarsi sui problemi e io auspico che durante la Festa del Piemonte e non dei piemontesi ci sia lo spazio per misurare come il civismo, che noi rivendichiamo come prerogativa di questa Regione, si realizza nei confronti dei problemi aperti.
Ritengo che l'emendamento da me illustrato, e che la Giunta sicuramente migliorerà, consenta che durante la Festa del Piemonte ci sia, per esempio una tavola rotonda di come in Piemonte, in particolare a Torino, si affrontano i problemi con le nuove migrazioni. Il civismo piemontese, a mio modo di vedere, è soprattutto la capacità che ha dimostrato di convivere con culture e con soggetti che hanno avuto la fortuna o la necessità di venire nella nostra Regione. E' un emendamento che lascio al prudente governo della Giunta, ma desidero che rimanga agli atti che per noi la Festa del Piemonte non è la festa dei piemontesi, ma del Piemonte. La storia del Piemonte e i suoi valori non sono di tipo localistico e campanilistico, bensì di valore europeo: la sua storia e le sue prospettive sono cariche di grandi valori di civismo. Ciò è dimostrato dalla società in una qualche misura già multirazziale, ma sicuramente multiculturale del Piemonte. Riteniamo quindi che questa festa possa essere davvero la festa più occasione che festa, di tutti coloro che sono domiciliati, residenti e presenti nella nostra regione. Mi sembra quindi uno spazio che ci consenta di aprire tematiche di ordine attuale, problemi e questioni, ma soprattutto di evidenziare che nelle scuole si dovranno celebrare dei valori che sono percepibili anche da un professore che abbia l'inflessione dialettale del collega Masaracchio e possano essere capiti anche dai bambini che hanno l'inflessione dialettale del collega Bara.
Questo è lo spirito del nostro emendamento. Sono convinto che la Giunta ne darà un'interpretazione e una formalizzazione più coerente di quella che io, di corsa, ho potuto improvvisare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Per quanto riguarda l'art. 2 intitolato "Festa del Piemonte", riteniamo che non debba essere soppresso. Tuttavia abbiamo alcune preoccupazioni circa il termine "celebrare" che non ci sembra appropriato alla dinamica complessiva della legge. Il celebrare dà l'idea di staticità, mentre a noi pare una legge in divenire che non può contenere elementi di staticità e quindi preferiremmo che il termine "celebrare", che, tra l'altro, ha un sapore tipico dei Paesi dell'est (immagino l'Assessore circondato dai bambini con le bandierine in mano), fosse sostituito da un termine più consono a questa legge. Abbiamo pensato alla seguente dizione: "stimolare la riflessione" sulla cultura, sull'originale patrimonio linguistico e di costume, ecc. Questo ci sembra più corrispondente all'insieme e allo spirito della legge.
D'altra parte, Assessore, non sarà sfuggito ai Consiglieri questo dato: si propone una Festa del Piemonte per il 22 maggio, però rispetto al calendario scolastico come si colloca questa festa? Dovrà essere una delle quattro giornate di festività previste dal calendario scolastico? Ma la competenza è della Sovrintendenza regionale, anche se la Regione può esprimere un parere in questa direzione, e se diventa una festa calendarizzata le scuole dovranno essere chiuse, con ciò esulando da quello che è anche lo spirito dell'art. 8, punto d). Proprio quando sarebbe il momento di cogliere all'interno della scuola i frutti del lavoro fatto in applicazione del punto d) dell'art. 8, infatti, ci troveremmo con la scuola chiusa. Se, viceversa, non rientra nel calendario scolastico e le scuole funzionano regolarmente, allora mi chiedo come sia possibile proporre la celebrazione di una festa. E' invece utile suggerire che, in un determinato giorno, si concretizzino quelle iniziative che la scuola stessa, dal basso, ha contribuito a porre in essere. Per queste ragioni crediamo che la validità di un momento unitario di riflessione su questa legge sia necessario, e quindi l'articolo non vada soppresso, ma insistiamo perché il termine "celebrazione" venga sostituito con "stimolare la riflessione": ciò è più dinamico e può consentire meglio l'adesione di questa legge ad una realtà in movimento.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

La nostra proposta di emendamento penso sia un lavoro di sintesi di tutte quelle che sono state presentate dai Consiglieri. Voglio nuovamente tornare sull'emendamento soppressivo presentato dai colleghi Ala e Masaracchio. La Festa del Piemonte, che peraltro è stata richiesta da numerosi Consiglieri con le prime proposte di legge al riguardo, non ha nelle nostre intenzioni alcun significato esaltativo, nessuna volontà di sentirsi capaci di proposte migliori rispetto alle altre Regioni; è un'occasione che è formalmente necessaria per proporre con forza la questione linguistica così come essa è rappresentata da questa legge. E' un'occasione per celebrare la cultura del Piemonte, che è poi la celebrazione delle culture del Piemonte; e su questo credo di aver già detto qualcosa questa mattina.
Quando si parla del Piemonte, Consigliere Ala, credo che si sottintenda della Regione Piemonte (e qui ci sarà quindi l'interpretazione autentica) certamente non è il Piemonte così come è stato storicamente rappresentato è il Piemonte nella sua consistenza attuale, nei suoi confini attuali nelle sue caratteristiche istituzionali attuali, nelle sue articolazioni amministrative attuali. Quindi è la festa di questo territorio, di questa cultura, di queste culture; questo è il senso. In sostanza dire festa dell'istituzione Regione sembrerebbe di limitarla al momento istituzionale vero e proprio. Parlando del Piemonte si intende riferirsi al territorio nella sua complessa realtà umana, sociale, civile, amministrativa ed istituzionale.
Detto questo, credo che si possa mantenere il termine "Festa del Piemonte"; sono anche d'accordo con il Consigliere Ala quando dice: "Forse questo articolo è un po' forzato all'interno di una legge che intende difendere il patrimonio linguistico". Però credo che questa festa sia proprio un'occasione insostituibile per avviare un atteggiamento diverso su questa problematica rispetto a quello che finora c'è stato.
Ho cercato anche di cogliere le raccomandazioni di Marchini, di Adduci di Ala, di Masaracchio, modificando l'art. 2 con la nostra proposta di emendamento, sollecitata particolarmente dal collega Marchini. Reburdo aveva anche presentato un emendamento che mi pare possa correttamente essere interpretato da questa nostra proposta. La proposta è di sostituire il comma primo dell'art. 2 con il seguente: "Al fine di favorire la conoscenza della storia (così, Consigliere Adduci, è raccolta anche la tua preoccupazione) del Piemonte, di valorizzarne l'originale patrimonio linguistico, di illustrarne i valori di cultura, di costume, di civismo nel loro radicamento e nella loro prospettiva, nonché di far conoscere adeguatamente lo Statuto e i simboli della Regione, è istituita la Festa del Piemonte". Quindi, il Consigliere Ala vede recuperato intero il senso che lui raccomandava: "è istituita la Festa del Piemonte".



PRESIDENTE

La proposta dell'Assessore mi pare chiara.
Gli emendamenti n. 1) e n. 2) sono stati ritirati dal proponente Consigliere Ala.
Pongo dunque in votazione l'emendamento n. 3) presentato dal Consigliere Ala.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli, 24 contrari e 3 astensioni.
L'emendamento n. 4) presentato dai Consiglieri Masaracchio, Majorino e Minervini viene ritirato dai proponenti.
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Dalla proposta fatta dall'Assessore non mi sembra sia stato raccolto molto del mio emendamento, nel senso che due questioni che ritengo fondamentali non sono state accolte.
La prima questione riguarda l'uso di un singolare in luogo di un plurale rispetto al problema "cultura e costume". Infatti penso che sarebbe più corretto parlare di "culture e di costumi", nel senso che in questa regione ci sono più culture e quindi più usi e costumi, ci rappresenterebbe un passo in avanti e una risposta.
La seconda questione che mi pare necessario richiamare e che avevo sentito vagheggiare, ma poi ho visto sparire, è il riferimento al contesto nazionale ed europeo. Poiché questi due elementi non sono presenti nell'emendamento proposto dall'Assessore ritengo di dover ritirare il mio emendamento e dichiaro che non voterò a favore dell'emendamento dell'Assessore perché non riscontro il tentativo concreto di venire incontro alle esigenze che sono state sottolineate.



PRESIDENTE

D'accordo, pertanto l'emendamento n. 7) è ritirato.
L'emendamento n. 6) presentato dai Consiglieri Adduci, Sestero e Monticelli viene ritirato dai proponenti.
Pongo dunque in votazione l'emendamento proposto dall'Assessore Nerviani che assorbe quello presentato dal Consigliere Marchini, il cui testo recita: il comma primo è così sostituito: "1. Al fine di favorire la conoscenza della storia del Piemonte, di valorizzarne l'originale patrimonio linguistico, di illustrarne i valori di cultura, di costume, di civismo nel loro radicamento e nella loro prospettiva, nonché di far conoscere adeguatamente lo Statuto e i simboli della Regione, è istituita la 'Festa del Piemonte'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 28 voti favorevoli e 2 astensioni.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 2 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 hanno risposto SI 31 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Emendamento presentato dai Consiglieri Adduci, Ala, Sestero e Monticelli: alla terza riga, punto 1), dopo le parole "patrimonio linguistico del Piemonte", aggiungere le parole "e favorisce la creazione di Istituti di studi volti alla ricerca e alla valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale delle singole comunità linguistiche".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 4 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 hanno risposto SI 31 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Emendamenti presentati dai Consiglieri Ala e Adduci: 1) al termine del primo comma, lettera b), aggiungere le parole "o presso altri Istituti di studi volti alla ricerca e alla valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale delle singole comunità" 2) al primo comma, lettera b), le parole "d'intesa con il Centro Gianni Oberto" sono abrogate.
La parola al Consigliere Ala per l'illustrazione.



ALA Nemesio

Uno dei due emendamenti all'art. 5 è collegato a quello appena accolto e ne sono molto lieto - da parte della Giunta regionale all'art. 4.
Questo emendamento prevede che il deposito della documentazione prodotta possa avvenire non solo presso la Biblioteca del Consiglio regionale, ma anche presso eventuali istituti specificatamente legati alle singole aree linguistiche presenti nella nostra regione. Ritengo che soprattutto per quanto riguarda alcune minoranze linguistiche nella nostra regione (i walser, i franco-provenzali, gli occitani) sia più opportuno che centri appositi possano avere materiale informativo di studio, di riflessione e di ricerca reperibile presso centri riconosciuti all'interno delle comunità locali.
Il secondo emendamento, che prevede di togliere alla lettera b) del primo comma le parole: "d'intesa con il Centro Gianni Oberto", è basato sul fatto che personalmente non ho mai ben capito che cosa abbia fatto il Centro Gianni Oberto e quale ruolo abbia, anche per il suo non rappresentare - per così dire - l'insieme delle aree delle diverse parlate e patrimoni linguistici esistenti nella nostra regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Sul Centro Gianni Oberto anche noi avevamo espresso qualche preoccupazione e avevamo chiesto che l'Assessore ci desse delucidazioni in merito. Se si vede, o intravede, attraverso questa legge, la possibilità di farlo funzionare, o farlo funzionare meglio, va bene. Però, Assessore credo che non vi sia contraddizione fra i due momenti nel senso che è necessario ed è bene che un Centro unico raccolga la documentazione possibile che viene prodotta, ma è anche bene che altri istituti decentrati raccolgano anch'essi la documentazione che li riguarda più strettamente.
Mi pare comunque che il collegamento sia ormai evidente essendo stato accolto il nostro emendamento all'art. 4.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

Per quanto riguarda il Centro Oberto vorrei ricordare, riferendomi anche a quanto è stato detto questa mattina, che le decisioni relative ai punti 1), 2) e 3), previste all'art. 2, che sono i compiti del Centro Oberto, sono assunte dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale "sentito il Comitato consultivo", quindi non è compito dell'esecutivo, ma è compito del Consiglio regionale ed io sono un semplice convocato e consultato, quindi la domanda rivolta a me non è una domanda pertinente.
Questo per quanto riguarda il Centro Gianni Oberto.
Per quanto riguarda il deposito, mi pare che non ci siamo intesi a sufficienza. Che cosa ci va nella Biblioteca regionale d'intesa con il Centro Gianni Oberto? Ci vanno le ricerche fatte per iniziativa della Regione e ci va la documentazione presentata in allegato alle richieste di contributo che vengono avanzate dalle singole associazioni ed istituti. La Regione, tramite l'Assessorato, raccoglie le domande e poi la documentazione in originale; dovendola mettere da qualche parte, la mette nella Biblioteca del Consiglio regionale, sentito il Centro Gianni Oberto che è l'istituto più precipuamente competente nella materia linguistica dopodiché è intenzione della Regione diffondere la documentazione riprodotta nelle varie realtà decentrate e nei possibili istituti che con l'emendamento che è stato accolto si possono realizzare nel nostro territorio.



PRESIDENTE

Gli emendamenti vengono ritirati dai proponenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 5 nel testo originario.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 hanno risposto SI 31 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Emendamento presentato dai Consiglieri Masaracchio, Majorino e Minervini: sopprimere l'art. 6.
Emendamento presentato dai Consiglieri Ala e Adduci: al terzo comma, dopo le parole "provvedimenti legislativi", aggiungere le parole "da assumersi entro 180 giorni dall'istanza".
La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Ribadisco i concetti espressi in sede di Commissione sulla questione della toponomastica. La paura, per quello che ho potuto ascoltare, è che accada anche in Piemonte ciò che sta accadendo nel Trentino Aldo Adige, in quelle zone dove il bilinguismo è portato fino alle estreme conseguenze dell'irrazionalità dentro gli spalti - scusate la retorica dell'espressione di una nazione. E' vero che si aprono i confini per cercare di planetizzare il tutto, ma è anche vero che quando le etnie hanno da rivendicare qualcosa i problemi sono diversi e vediamo come vengono consumati altrove.
A parte queste considerazioni, pur riconoscendo che in fondo è giusto ripristinare qualche nomenclatura storica di valore effettivo per ricordare attraverso questo gesto che la cultura locale è vista come ricongiungimento ideale a tutto ciò che è stato diffusamente già spiegato, io pongo un quesito ai colleghi Consiglieri. Esiste una legge che impone specificamente alle Amministrazioni comunali di chiedere preventivamente l'autorizzazione al Ministero della Pubblica Istruzione, con tutto l'iter seguente. Ora, noi sappiamo che il Commissario del Governo è molto ligio all'osservanza di ci che è scritto nelle leggi dello Stato tanto per mettere il dito addosso al petto degli enti locali quali la Regione. Non vorrei che l'inserimento dell'articolo sulla toponomastica, che fra l'altro è stato una novità dell'ultimo momento perché nei vecchi progetti non se ne parlava costituisse un impedimento sic et simpliciter dopo il voto che andremo ad esprimere alla legge che verrà votata, quindi una perdita di tempo.
A parte questa considerazione c'è ancora un'altra questione da ribadire: i Comuni hanno tutta l'autonomia in loco, dopo aver recepito lo spirito di questo testo di legge, di promuovere quelle iniziative locali per ripristinare certa toponomastica, qualche nome di piazza o di via. Mi si faceva l'esempio della zona torinese di Porta Palazzo il cui nome deriva dalle Porte Palatine. Se il Comune di Torino volesse ripristinarne il nome tanto per attendere allo spirito di questa legge, non lo impedisce nessuno non c'è bisogno che noi andiamo ad inserire questo articolo nel contesto della legge che poi prefigura un'opposizione del Commissario del Governo tranne che non si voglia insistere nel mantenerlo per la questione dei finanziamenti. Infatti, in un altro comma si dice che i finanziamenti saranno elargiti in base alle domande, alla verifica, ci sarà una Commissione, ecc., cioè un aggravio di spesa sulla stessa legge. Facciamo in modo che i Comuni se ne assumano invece tutto l'onere perché la partecipazione è tale quando ciascuno se la può pagare o se la deve pagare.
Con questo intendimento confermo il mantenimento dell'emendamento soppressivo e spero che abbia una certa eco in questo Consiglio ancor quando sappia che la maggioranza è orientata a non accettarlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Invito l'Assessore e la Giunta, considerando l'art. 6 uno degli articoli più significativi della legge, a considerarne la congruità con quanto previsto dalle competenze statali, che è l'unico aspetto rilevante essendo io convinto dell'importanza che nel nostro territorio si giunga alla riproposizione, alla riscoperta e alla rivalorizzazione dei toponimi locali, sia per quanto riguarda toponimi all'interno dei singoli Comuni (vie, piazze, nomi di frazioni e di località) sia per quanto riguarda la modificazione dei nomi di alcuni Comuni venendo incontro a quello che è poi il parlare della gente. Invito pertanto a verificare se non è il caso di chiarire meglio le competenze statali e quelle regionali su questa materia.
Ritengo invece che dal punto di vista politico sia chiaro il fatto che i piemontesi hanno il diritto di chiamare i Comuni o le zone del loro territorio come meglio credono e come li hanno sempre chiamati, se questo non è dovuto al ghiribizzo di qualche amministratore o di qualche Comitato ma è invece storicamente fondato nel nome riconosciuto del luogo da generazioni. Ricordiamo che questo per alcuni Comuni è stato fatto dal Piemonte dopo la seconda guerra mondiale e dopo la campagna di forzata italianizzazione dei nomi di alcuni Comuni delle vallate alpine. Questo non è rifiuto di italianità, ma è una più che giustificata difesa di un patrimonio, di culture e di tradizioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Riteniamo che questo articolo sia non solo fondamentale, ma anche bello, a me piace particolarmente, anche perché mi ricorda esperienza personale. Quando venni in Piemonte per la prima volta, nel 1961, per un anno dovetti soggiornare a Cervelli, una frazione di Coazze. Non capivo cosa volesse significare quel nome, lo abbinavo a tutt'altre conoscenze e indicazioni. Se ci fosse stata la toponomastica originale ne avrei capito subito il significato. Ritengo quindi che ciò possa contribuire molto alla conoscenza dell'originale patrimonio linguistico. La ricerca toponomastica va favorita, è perciò importante che l'emendamento del Consigliere Masaracchio venga respinto, non solo per le ragioni cui accennava il collega Ala...



MASARACCHIO Antonino

Ma non si esclude che i Comuni adottino i nomi che vogliono.



ADDUCI Donato

Certamente, ma qui si tratta di favorire dei processi; i Comuni, poi rimangono liberi di adottare i nomi che vogliono.
Mi permetto di osservare che a me non pare sussistano le preoccupazioni espresse dal collega Ala circa eventuali contrasti con le leggi nazionali perché non è la Regione che impone denominazioni, ma sono i Comuni che autonomamente decidono, se lo decideranno, di intervenire sulla toponomastica e quindi acquisiranno tutti i pareri necessari ed indispensabili a che la loro decisione vada a buon fine.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

Credo ci sia un po' di confusione perché noi non favoriamo il cambiamento delle denominazioni e dei toponimi. Con questo articolo si normano in termini più rigorosi le procedure che sono preliminari alla richiesta formale che ad altri è destinata e si decide di intervenire con dei contributi soltanto in presenza di determinate condizioni di legittimità e di merito specifico. Quindi non è un'iniziativa in proprio per favorire questi processi, ma semplicemente un'indicazione più precisa di meccanismi che consentono ai Comuni di presentare le loro domande in termini di maggiore tranquillità e di accedere in forza della regolarità delle loro richieste ad eventuali contributi della Regione. I punti 3) e 4) che si riferiscono ai Comuni sono semplicemente degli atti che dobbiamo comunque compiere e che si ritrovano previsti nell'art. 133 della Costituzione, il quale recita: "Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione.
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni".
Come si può notare questa è nostra competenza, pertanto attraverso l'articolo in oggetto si norma la procedura in termini rigorosi.
Non esistono quindi problemi di legittimità perché favoriamo la linea che dalle leggi dello Stato è raccomandata.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dai Consiglieri Masaracchio Majorino e Minervini.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 2 voti favorevoli e 26 contrari.
Pongo ora in votazione l'emendamento presentato dai Consiglieri Ala e Adduci.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 29 Consiglieri presenti.
Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto sull'art. 6 l'Assessore Marchini, in qualità di Consigliere. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, chiedo scusa al collega di Gruppo, ma sono questioni personali che crescono anche con la tensione dell'ora: ho l'impressione che con questo articolo si superi il limite.
Immaginare che la toponomastica, sia pure con la spiegazione data dall'Assessore, possa essere scritta non in italiano e che si ritenga che questo processo debba essere favorito e sostenuto con opportuni contributi (questo è il senso dell'articolo), mi pare davvero antistorico. Non uso altri aggettivi perché non voglio rendere offesa a qualcuno che questa questione l'ha pensata senza voler considerare le conseguenze relative. In un'ora di macchina nel nostro Paese si va dalla Liguria alla Lombardia allora io mi chiedo come può un cittadino medio conoscere tre dialetti per leggere gli indirizzi, di questo si tratta, cari amici! Per leggere quelle parole occorre conoscere i dialetti, perché le parole scritte in dialetto sono una cosa diversa da come vengono pronunciate. Io non me la sento di esprimere un voto favorevole, quindi mi asterrò, rispetto ad un articolo che scatenerà un recupero campanilistico generalizzato.
Posso capire che in passato si siano fatte delle storpiature che meritano giustizia, ma questo non vuol dire andare al piemontese, magari vuol dire andare all'italiano perché Oulx non era né piemontese n italiano, non so se attribuire ai Celti questo termine, in latino era Ocelum, quindi non so da che lingua provenga il nome Oulx.
Questa legge ha qualcosa che ogni tanto fa accapponare la pelle. Come si può immaginare che i Comuni possano avere dei contributi se scrivono i loro indirizzi in piemontese che è una lingua difficile da leggere, ma tremendamente difficile da scrivere? Mi chiedo come farà l'immigrato che ha l'accento del nostro collega Masaracchio a spiegare a sua madre dove abita, perché quello che lui comunicherà sarà una cosa completamente diversa da quello che la persona indirizzata scriverà.
Sono molto perplesso ed è una forzatura sulla quale chiedo ai colleghi di fare qualche riflessione. Non voglio fare lo Scalfaro della situazione quindi non voterò contro. Mi limito a dissociare, per quanto vale, la mia responsabilità rispetto a questa decisione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

Poiché si tratta di una questione importante voglio tornarci sopra.
Bisogna, a mio avviso, ben conoscere le cose ed è indispensabile questa premessa: i Comuni hanno per legge il diritto di avanzare richieste di questo tipo alla Regione.



MARCHINI Sergio

Sì, ma tu li incentivi perché gli dai dei soldi.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

La Regione ha diritto di esaminare le richieste, di accoglierle o di rifiutarle a seconda della realtà a cui queste richieste si riferiscono.
Debbo anche sottolineare che noi non innoviamo assolutamente nulla rispetto al passato perché contributi in questo senso sono stati sistematicamente dati e noi con questa norma semplicemente regoliamo meglio la materia. Quindi c'è una legge che dà ai Comuni il diritto e alla Regione la competenza di rispondere alle richieste, c'è una tradizione in questo senso: ci sono realtà diffuse, Ulzio insegna per quanto riguarda le denominazioni dei Comuni e pertanto ci siamo adeguati alla legge nazionale descrivendo in termini precisi la procedura da seguire.
Ricordo che il fascismo cambiò a suo tempo numerosi toponimi dei nostri paesi, delle nostre strade, e c'è stata la richiesta di molti Comuni di ripristinare l'antica indicazione. Questo è il senso della proposta, che tra l'altro si ritrova nella proposta Tapparo e in quella di Paris, e rientra nella nostra legge e nella nostra tradizione regionale.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 6 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 4 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Emendamento presentato dalla Giunta regionale: modificare il capoverso iniziale nel modo seguente: "La Regione si impegna a riservare sulle proprie pubblicazioni periodiche di informazione generale appositi spazi".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 7 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Emendamento presentato dalla Giunta regionale: aggiungere le seguenti parole: "Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo, si provvede mediante gli stanziamenti previsti dalla presente legge".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti. Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 8 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Emendamento presentato dai Consiglieri Adduci, Sestero e Monticelli: dopo le parole "nove esperti", aggiungere le parole "in rappresentanza delle diverse comunità linguistiche e culturali".
La Giunta regionale propone a tale emendamento la seguente modifica: dopo le parole "nove esperti", aggiungere le parole "che tenga più possibile conto delle diverse comunità linguistiche e culturali".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 11 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'art. 11 è approvato.
ART. 12 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 33 Consiglieri.
L'art. 12 è approvato.
ART. 13 Ha chiesto la parola il Consigliere Avondo. Ne ha facoltà.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente e colleghi, interloquisco sull'articolo finanziario per una questione che non riguarda soltanto la legge di cui stiamo discutendo, ma riguarda due disegni di legge iscritti questa mattina all'o.d.g., altri disegni di legge e proposte di legge che non sono ancora iscritti all'o.d.g., ma che lo saranno nelle prossime settimane. Mi spiace che non siano presenti il Presidente della Giunta, il Vicepresidente della Giunta e l'Assessore al bilancio; mi rivolgo quindi ai rappresentanti della Giunta che sono rimasti in quest'aula. Questa mattina, il collega Carletto richiamava l'esigenza di fare delle sedute notturne, ho la sensazione che ci sia la necessità da parte della maggioranza, e in particolare da parte della Giunta di garantire le sedute diurne prima di occuparsi di quelle notturne. Questo è quanto registro oggi.
Nella seduta del Consiglio regionale della scorsa settimana il Presidente della Giunta ha avuto modo di dire ancora una volta che uno dei problemi che questa Regione ha, in modo più aggravato che in altre, è l'impossibilità da parte della stessa, stante il fatto che non ha la prerogativa di stampare il danaro, di far fronte ai problemi che il Consiglio regionale, le Commissioni, i singoli Gruppi, la stessa Giunta regionale hanno in ordine alla predisposizione di progetti di legge che prevedono spese. E lo ha ripetuto su una proposta di legge, approvata all'unanimità da una Commissione consiliare più di sette-otto mesi fa, e che da sette-otto mesi è iscritta all'o.d.g. (quella sulle piste ciclabili), dicendo che la difficoltà, il fatto che questa legge non possa trovare soluzione, quindi discussa e approvata in Consiglio, deriva dal fatto che la Regione non ha competenze nello stampare danaro.
Sto vedendo - ed è questa la questione che sollevo - che non per tutto è così! Infatti, non tutta la produzione legislativa del Consiglio regionale è trattata allo stesso modo. Ci sono disegni di legge e progetti di legge, che, stranamente, la copertura finanziaria riescono a trovarla.
Questo è un problema che il Gruppo comunista non solleva oggi, ma lo ha sollevato nel momento in cui si è discussa l'impostazione del bilancio 1990, e che ci apprestiamo a ridiscutere in occasione della discussione della prima nota di variazione del bilancio 1990. In sostanza, siamo ancora in attesa che la Giunta definisca le priorità e le relative coperture finanziarie che intende dare ai progetti di legge e ai disegni di legge che sono giacenti (alcuni in I Commissione, altri non sono nemmeno arrivati alla I Commissione e sono fermi nelle Commissioni di merito).
Senza conoscere la determinazione della copertura finanziaria - parlo a titolo personale, non voglio coinvolgere il Gruppo comunista - come Consigliere regionale di questa Regione non sono in grado di decidere sui disegni di legge e sui progetti di legge che vengono presentati e che vengono portati in discussione in aula. Agli effetti della disponibilità finanziaria, non so se è più giusto o meno giusto un disegno di legge del tipo di quello che discutiamo a fronte di un altro che potremmo non discutere perché, appunto, la copertura finanziaria non la trovate. Vorrei essere messo nella condizione, come Consigliere regionale, di decidere sui disegni di legge e sulle proposte di legge che il Consiglio regionale discute sulla base della copertura finanziaria avendo avuto da parte della Giunta un chiarimento in ordine a quelle che sono le priorità.
Nel merito di questo disegno di legge la norma finanziaria prevede lo spostamento di risorse su quattro capitoli; sono quattro capitoli di competenza dell'Assessore Nerviani, quindi interviene su capitoli "di propria competenza". C'è però una serie di questioni sulle quali richiamo l'attenzione dei colleghi per una riflessione. Novanta milioni vengono reperiti dal capitolo finanziario del bilancio 1990 previsto per il patrimonio linguistico, che era di 180 milioni, per cui questa legge si presume che entrerà in funzione nel 1990. Con la legge che stiamo approvando, in particolare con i due precedenti articoli, si annulla la preesistente legge, dopodiché sul capitolo finanziario rimane metà delle risorse che erano destinate per il 1990 e l'altra metà viene dirottata su questa legge. Per il 1990 sono stati destinati, lo ripeto, 180 milioni sul capitolo 11870: 90 di questi vengono oggi stralciati e stanziati per questa legge. Questo per quanto riguarda il patrimonio linguistico.
Poi si fa un'operazione di stralcio di 150 milioni dal capitolo 11903 (diritto allo studio) rispetto ai 600 previsti; 60 milioni si recuperano dal capitolo 11753 (attività culturali) il cui totale è di 1.545 milioni 100 milioni si recuperano dal capitolo 11756 (contributi per iniziative culturali) il cui totale è di 1.364 milioni.
Si tratta quindi di 400 milioni che vengono recuperati attraverso queste operazioni. Non tutti i capitoli sono attinenti alla materia di cui stiamo discutendo, ma non voglio entrare nel merito. Quello che desidero sottolineare è che tale questione non riguarda solo questa legge, bensì anche leggi che verranno in futuro.
Signor Presidente, non è per sofismo che ho sollevato la questione, ma per chiarezza. Vorrei sapere se c'è la volontà da parte della maggioranza e della Giunta di approvare i progetti e i disegni di legge che il Consiglio regionale del Piemonte ha in animo di approvare e non è stato in grado di approvare per mancanza di risorse finanziarie.
Cito l'esempio dei 200 milioni per il BIC e dei 300 milioni per l'ITACA: anche in questi casi sono state fatte operazioni di spostamento su vari capitoli di bilancio, ciò vuol dire che i soldi si possono trovare, ma non si capisce perché si debbano trovare per alcune cose e non per altre. A meno che si voglia dire che questo Consiglio regionale ha una sovranità limitata rispetto a quella della Giunta: capita infatti che la Giunta predispone i disegni di legge, magari partendo anche da proposte di legge presentate dai Gruppi consiliari e trova il modo di finanziarli; quando invece l'iniziativa legislativa è del Consiglio regionale questa possibilità non esiste più.
L'ultima riflessione in ordine alla questione che ho sollevato riguarda il capitolo 12600 del bilancio 1990. Nel bilancio approvato risultano iscritti 6 miliardi in favore dell'innovazione tecnologica, ma 1 miliardo ci apprestiamo a farlo saltare, nel senso che sarà destinato ad Expo 2000.
In origine si trattava di 15 miliardi, ricordo la campagna di stampa sviluppata su questo dato: "La Regione Piemonte investe 15 miliardi per l'innovazione tecnologica". Questi miliardi sono già ridotti a 6 e si è in procinto di ridurli a 5. Questo dato quindi rafforza l'affermazione che ho fatto prima sul fatto che ci sono sovranità limitate all'interno del Consiglio regionale: mentre si fa questo tipo di operazioni, il Consiglio regionale, per quanto riguarda una parte dell'innovazione tecnologica, che per conto proprio aveva cominciato a fare al suo interno, rischia di non avere più la possibilità di continuare una convenzione con il CSI per il 1990 per il suo sistema di informatizzazione perché vengono a mancare i 500 milioni necessari per far proseguire la convenzione.
Chiedo scusa all'Assessore Nerviani e ai colleghi se li ho tediati, ma ho approfittato di questa occasione per porre tale questione. Ma senza una determinazione da parte della Giunta regionale in ordine a cosa si vuol fare dei provvedimenti legislativi il cui iter è bloccato per mancanza di copertura finanziaria, personalmente, ma credo di poter interpretare anche la volontà del Gruppo comunista, non mi sento di votare leggi che non comportino, come coerenza e conseguenza a questo tipo di impostazione, un elemento di chiarezza per tutti.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

In questo momento non sono titolato a rispondere per un campo più vasto di quello in cui sto attualmente operando, voglio tuttavia dire che le obiezioni sollevate dal Consigliere Avondo attengono al nostro procedere politico, alle scelte che come Giunta complessivamente facciamo.
Penso che vi sarà l'occasione, durante la prima variazione di bilancio di tornare a parlarne e credo sia giusto da parte di un rappresentante del Consiglio regionale, in particolare dell'opposizione, obiettare sulle scelte che si vanno compiendo.
Per ora, rimanendo nel campo di competenza, ribadisco che nel capitolo 11870 era prevista una spesa di 90 milioni, i quali vengono trasferiti al capitolo previsto per la nuova legge perché la legge precedente finisce e il trasferimento diventa automatico. Quindi, l'aspetto tecnico della presenza di finanziamento doppio non esiste più.
Per il capitolo 11903, che si riferisce al diritto allo studio, sono stati previsti 150 milioni trasferiti su un progetto. I progetti possibili sono quelli relativi all'informatica, all'handicap, ai parchi. Ci sono circa 600 milioni, un quarto di queste disponibilità è riferito ad un quarto dei progetti presentabili, quindi 150 milioni. Per quanto attiene invece al capitolo 11753, dove sono previsti 60 milioni di spesa, ricordo che già l'anno scorso si è speso di più per l'atlante linguistico e per la toponomastica. Infine, per il capitolo 11756 si tratta di un capitolo specifico riferito alle attività culturali che la Regione sostiene e che noi riteniamo quest'anno di destinare privilegiatamente nominativamente alle attività culturali in qualche modo collegate alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio linguistico.
In buona sostanza, tecnicamente non credo vi sia nulla da obiettare.
Per quanto riguarda le scelte di merito sono fatte all'interno dell'Assessorato con specifica, precisa e legittima competenza.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 13.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 27 Consiglieri si sono astenuti 6 Consiglieri.
L'art. 13 è approvato.
La Giunta regionale ha presentato un emendamento che prevede il seguente nuovo art. 14: "Art. 14 - Applicazione art. 12, comma terzo, della L.R. 25/1/1988, n. 6.
1. Lo svolgimento di collaborazioni e consulenze nella materia della presente legge, così come previsto in particolare dall'art. 4, non è disciplinato dalle disposizioni previste dalla L.R. 25/1/1988, n. 6".
Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Monticelli. Ne ha facoltà.



MONTICELLI Antonio

Il Gruppo PCI non può votare a favore dell'emendamento aggiuntivo in quanto si prevede di non seguire le disposizioni della legge sulle consulenze. Non possiamo condividere che con norme specifiche, per di più presentate come emendamento in aula e neppure verificate in Commissione vengano introdotte disposizioni diverse da una legge di carattere generale che la Regione ha su questa materia.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

L'osservazione del Consigliere Monticelli ha un fondamento, sennonch vi è una ragione di metodo costituita dal fatto che questa procedura è prevista espressamente dalla legge n. 6. Per quanto riguarda la consistenza di quello che facciamo, si tratta di 150 milioni di progetti per interventi delle singole scuole, 90 milioni per progetti di tutte le associazioni che presentano domande che sono filtrate da una Commissione dell'Assessorato, 60 milioni per progetti della toponomastica, 100 milioni sono destinati alle ricerche di natura linguistica. Il meccanismo, che oltretutto è di una partita assolutamente modesta, la complessità che deriverebbe dall'applicazione della legge n. 6 per una materia così frantumata e così poco consistente, renderebbe praticamente inoperante ogni nostro procedere, che fino adesso mi pare sia stato in qualche modo non eluso, ma applicato con una certa agilità. Adesso noi volevamo avere questa formalità di esenzione dal controllo della legge n. 6. Trattandosi di questioni controllate da tutti, portate in Commissione e riferite a miriadi di associazioni pensavamo che si potesse eludere questo. Solo questa è la ragione, altrimenti non mi sarei permesso di portare una modifica di questo tipo.



PRESIDENTE

Mantiene la sua posizione, Consigliere Monticelli?



MONTICELLI Antonio

Sì, anche perché questa proposta di modifica è arrivata all'ultimo minuto.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento che prevede il nuovo art. 14.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 25 voti favorevoli, 7 contrari e 1 astensione.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 14.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 hanno risposto SI 23 Consiglieri hanno risposto NO 7 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 14 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Esame progetto di legge n. 586: "Partecipazione della Regione Piemonte alla Società E.C.B.I.C. Piemonte S.p.A." (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 586 che è stato iscritto all'o.d.g. questa mattina.
Poiché è in congedo per malattia il relatore, Consigliere Luigia Fassio Ottaviano, la relazione viene data per letta.
Chiede di parlare il Consigliere Valeri. Ne ha facoltà.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, desidero farle rilevare che dalla lettura della relazione si sarebbe appreso che la Commissione ha chiesto di votare contestualmente al testo di legge, gli Statuti delle due Società, BIC e ITACA, e che questo impegno era stato condiviso dalla Giunta.
Che non si legga la relazione ci può anche star bene, ma l'impegno che ho ora ricordato presuppone quanto meno una risposta da parte di chi era tenuto a consegnare le due proposte di Statuti.



PRESIDENTE

Do lettura del passo della relazione citato dal Consigliere Valeri: "Nell'approvare il disegno di legge di cui si tratta, la Commissione ha chiesto alla Giunta che provvedesse ad un contestuale recepimento dello schema di Statuto della società da approvare successivamente secondo le norme dello Statuto regionale".
Chiedo all'Assessore competente se è in grado di rispondere a questo specifico punto sollevato dalla Commissione.



VALERI Gilberto

Questa richiesta è stata fatta dal rappresentante di Finpiemonte presente alla riunione ed è stata accolta dalla Commissione.



PRESIDENTE

La Giunta non è in grado di sciogliere questo problema; pertanto il provvedimento relativo al BIC è rinviato alla prossima seduta.
Analoga situazione troviamo a proposito del progetto di legge n. 566 relativo alla società ITACA. Il relatore infatti scrive: "Nell'approvare il disegno di legge di cui si tratta, la Commissione ha chiesto alla Giunta che provvedesse ad un contestuale recepimento dello schema di Statuto della società da approvare successivamente secondo le norme dello Statuto regionale".
Pertanto anche l'esame di tale provvedimento è rinviato alla prossima seduta del Consiglio.
Poiché non siamo più in grado di svolgere gli altri punti all'o.d.g.
sciolgo la seduta. Il Consiglio verrà convocato a domicilio.
I Capigruppo sono convocati martedì 6 marzo alle ore 17.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 16,50)



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