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Dettaglio seduta n.227 del 30/01/90 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute" comunico che sono stati distribuiti i processi verbali delle adunanze consiliari del 26 gennaio, 2, 3, 9, 16 e 28 febbraio, 1, 8, 16 e 30 marzo 1989 e verranno posti in votazione nella prossima seduta consiliare.


Argomento: Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Interrogazione n. 1896 dei Consiglieri Adduci, Bontempi, Bresso e Chiezzi inerente la costruzione da parte della SNAM di un metanodotto sulla collina di Rivoli


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interrogazione n. 1896 presentata dai Consiglieri Adduci Bontempi, Bresso e Chiezzi.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con riferimento all'interrogazione in argomento, si comunica che con deliberazione della Giunta regionale n. 12-30249 del 18/7/1989 è stata autorizzata, a sensi dell'art. 82 del DPR n. 616, la realizzazione del tratto di metanodotto Nichelino - Volvera - Rivoli con allacciamento FIAT - Rivalta, richiesto con nota n. 9270 in data 12/6/1989 dalla SNAM S.p.A.
Il tracciato comporta effettivamente l'attraversamento della collina di Rivoli ed il progetto, attentamente verificato in corso di istruttoria, è stato studiato in modo da individuare l'attraversamento stesso in una zona ove le conseguenze ambientali della realizzazione non determinano particolari problematiche, in quanto le opere di ripristino (che di solito occorre riconoscere - la SNAM progetta ed esegue con grande serietà) garantiscono la risistemazione a regola d'arte dei suoli interessati dalla condotta sotterranea.
La risposta è scheletrica, nel senso che non ho altro da aggiungere che questo: il progetto di questo tracciato e l'istruttoria che il Servizio ha condotto sono naturalmente a disposizione dei Consiglieri regionali che avessero interesse ad approfondire ulteriormente la conoscenza delle opere di mitigazione e di ripristino individuate e che hanno praticamente costituito la base sulla quale è stato autorizzato il progetto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Ringrazio il Vicepresidente che è stato peraltro molto chiaro nell'esporre quanto richiesto. Abbiamo ora la certezza che la Giunta regionale, in data 18/7/1989, ha effettivamente autorizzato la SNAM ad avviare i lavori di costruzione di un metanodotto che risale la collina di Rivoli proseguendo verso la Valle Susa.
L'Assessore dice: "abbiamo valutato attentamente il progetto e conoscendo la SNAM - che peraltro anche noi conosciamo - non abbiamo dubbi che i ripristini verranno effettuati nel modo migliore possibile".
Non ho ragione, allo stato dei fatti, di mettere in dubbio quanto l'Assessore dice. Vorrei però aggiungere che già altre volte, nel passato ci siamo trovati di fronte a progetti che la Regione Piemonte ha approvato e che poi hanno arrecato danni ambientali notevolissimi. Il tratto dell'elettrodotto Leinì-Piossasco, ad esempio, che mi pare non molto distante dal punto di cui stiamo parlando.
Vorrei conoscere con maggior precisione se esiste uno studio di valutazione di impatto ambientale dell'opera che la SNAM dovrà costruire e se esistono dei progetti o la possibilità di elaborare dei progetti alternativi. Ciò che però mi interessa maggiormente è sapere se sia il progetto della SNAM, sia gli eventuali studi di valutazione di impatto ambientale, ammesso che esistano, sia eventuali progetti alternativi, siano stati messi a conoscenza dei Comuni interessati e delle forze ambientaliste che operano in quella realtà e se sia stato acquisito il loro parere. Fino a quando, infatti, il progetto viene approvato soltanto dalla Giunta, con un atto di fiducia nei confronti della SNAM, non c'è da stare molto tranquilli. In sostanza, Assessore, i Comuni attraverso i quali deve passare il metanodotto sono stati consultati? Questo progetto è stato da loro approvato? Le associazioni ambientaliste, che in Valle Susa sono particolarmente attive, hanno potuto dire la loro su questo progetto? Tutti i consensi necessari, non solo quelli istituzionali che sono indispensabili, ma anche quelli della gente, sono stati acquisiti? Se così non fosse, pregherei l'Assessore di sottoporre il progetto all'esame delle Amministrazioni comunali interessate e di organizzare un pubblico dibattito con le associazioni ambientaliste per verificare insieme come meglio possa essere costruita questa opera.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Cernetti, Dameri, Dardanello, Fracchia, Petrini e Pezzana.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge non vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 16 gennaio 1990 - in attuazione dell'art. 9 della L.R. n. 6/88 in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.
Prima di procedere all'esame dei punti iscritti all'o.d.g., sospendo brevemente la seduta per concordare il da farsi, dato che sono parecchi gli assenti.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10,45, riprende alle ore 11,20)


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetti di legge nn. 154, 348, 456, 458 e 510: "Nuove norme in materia di aree protette (parchi naturali, riserve naturali, aree attrezzate, zone di preparco, zone di salvaguardia)"


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Passiamo all'esame dei progetti di legge nn. 154, 348, 456, 458 e 510 di cui al punto 7) all'o.d.g.
La parola al relatore di maggioranza, Consigliere Paris.



PARIS Mario, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il testo di legge che proponiamo oggi alla vostra approvazione, relativo alle nuove norme in materia di aree protette, è un documento corposo, non solo in termini di peso, ma soprattutto in termini di contenuto e in alcune parti può sembrare di non facile lettura.
La VII Commissione consiliare, che ha lavorato con grande impegno all'elaborazione del nuovo testo dedicandovi ben tredici sedute, si è trovata dinnanzi a quattro proposte di legge presentate nel tempo dalle varie forze politiche e ad un disegno di legge predisposto dalla Giunta regionale.
Prima di entrare nel vivo dell'argomento, ricordo che la proposta di legge del Gruppo DC, presentata all'inizio della legislatura, prevedeva la revisione generale della legge istitutiva sui parchi, mentre le proposte di legge del PCI (primavera 1988), del PSI (primi mesi del 1989) e del MSI-DN (metà 1989) contenevano norme di integrazione e modifiche alla legge originaria.
La Giunta regionale dal proprio canto, poco meno di un anno fa, aveva presentato un disegno di legge di integrazione incentrato soprattutto sul problema dell'accorpamento territoriale (generalmente articolato a livello provinciale) attraverso un riordino della gestione dei parchi.
Esaminare, approfondire, confrontare, limare ed infine compattare i cinque testi non è stata una cosa facile, ha comportato un lavoro di notevole impegno ma - questa è la mia personale valutazione - è stato meno difficile di quanto qualche Commissario riteneva inizialmente; e ciò grazie alla buona volontà, alla disponibilità continua al confronto, all'apertura alla comprensione e soprattutto - lo ripeto - all'impegno profuso indistintamente da tutte le forze politiche e dalla Giunta regionale.
Tutti avevamo compreso ed eravamo fermamente convinti che la legge quadro sui parchi - soggetta come ogni cosa umana all'usura del tempo doveva essere mutata, mantenendo in vita i non pochi aspetti positivi (quelli che io avevo definito le "luci" dei parchi) e modificando, per renderle più aderenti alle esigenze delle popolazioni residenti nelle aree protette, quelle norme che invece si erano dimostrate negative e che avevano originato vaste zone d'ombra e giustificate proteste nella politica regionale del settore.
Partendo da tali presupposti, ogni Gruppo consiliare, ogni Commissario unitamente all'Assessore Vetrino e con il prezioso ed indispensabile supporto tecnico dei suoi funzionari e della segreteria della Commissione hanno dato il proprio originale contributo alla stesura del testo che licenziato all'unanimità in sede di Commissione, oggi viene sottoposto alla vostra approvazione.
Sono personalmente convinto che si tratti di una buona legge ed illustrerò - sia pure sinteticamente alcuni di quelli che ritengo essere gli aspetti innovativi, positivi e qualificanti della nuova normativa; di altri aspetti, anch'essi di grande rilevanza, parlerà la correlatrice Bresso.
Nel definire le finalità della legge - riprendendo un concetto già acquisito nella legge sull'equilibrio faunistico nelle zone protette secondo il quale le attività agricole e le altre attività produttive non vanno viste soltanto come "elementi importanti del paesaggio" - abbiamo riaffermato che le zone protette vengono istituite non solo per difendere e ripristinare il paesaggio e l'ambiente ed assicurare alla collettività il corretto uso del territorio per scopi ricreativi, culturali, sociali didattici e scientifici, ma anche per la qualificazione e la valorizzazione delle attività agricole e delle altre economie locali.
Muovendo dalla convinzione che "prima di entrare in casa d'altri si debba chiedere il permesso a chi vi abita", nel nuovo testo abbiamo istituzionalizzato le consultazioni preventive; prima di vincolare temporaneamente o definitivamente, le varie aree occorre sentire il parere non solo degli enti locali, delle istituzioni culturali e scientifiche e delle associazioni ambientaliste, ma anche delle organizzazioni professionali agricole che rappresentano coloro che sui terreni assoggettati a vincolo debbono vivere ed operare.
I divieti transitori (quei vincoli che valgono per il periodo che intercorre fra l'inclusione di un'area nel Piano dei parchi e l'istituzione con legge apposita dei singoli parchi) avranno efficacia non superiore a tre anni (prima erano cinque) e, in caso di reiterazione, i divieti transitori verranno prorogati per una sola volta e con durata non superiore a diciotto mesi. Questa norma secondo il nostro parere - dovrebbe servire ad un duplice scopo: 1) evitare che il Piano dei parchi si riduca ad una semplice e sterile manifestazione di buone intenzioni che non verranno mai realizzate 2) sollecitare la Regione ad istituire le aree protette laddove vanno istituite, ma con i consensi, le garanzie e con gli impegni finanziari opportuni.
Inoltre, per evitare che qualche parco venga istituito con troppa leggerezza, senza tenere conto dei costi conseguenti, ogni nuova legge istitutiva di area protetta dovrà essere accompagnata da una relazione tecnico-previsionale che evidenzi i costi di impianto e quelli ragionevolmente presumibili di gestione, nonché le relative fonti di finanziamento. In sostanza, non vogliamo che si facciano le nozze con i fichi secchi.
Un altro principio innovatore e sensato contenuto nella nuova normativa e che mi pare utile evidenziare è quello relativo alla composizione dei Consigli direttivi; l'art. 9 del testo di legge stabilisce che di ogni Consiglio direttivo delle aree protette debbano far parte, accanto ai rappresentanti dei vari enti locali e sovracomunali, anche i rappresentanti designati dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative e dalle associazioni ambientaliste, in rapporto paritetico ed in numero variabile, in relazione all'ampiezza del parco e dei Comuni interessati. Sembra sensato questo principio perché, se ci fosse un solo rappresentante degli ambientalisti e un solo rappresentate dei contadini in un parco come quello del Ticino dove ci sono quindici Comuni con tre rappresentanti ogni Comune cosa potrebbero fare? Uno contro quarantacinque può avere la buona volontà, ma non può in alcun modo contribuire a determinare certe scelte. Questo principio, cioè della presenza di rappresentanti delle forze agricole, delle forze ambientaliste, vale (con esclusione per i "Sacri Monti") sia per le aree protette già istituite che per quelle di futura istituzione. Ci auguriamo che a tempi brevi venga esteso, con apposita legge, anche al Consiglio di amministrazione della Mandria. Nel Capo III del nuovo testo, relativo alla gestione territoriale sono rilevanti le innovazioni che riguardano i piani dell'area, i piani di assestamento forestale e quelli naturalistici e di intervento (dei quali penso parlerà più diffusamente la collega Bresso). Credo di dover sottolineare soltanto il fatto decisamente positivo della subdelega ai Comuni (evitando le procedure defatiganti ed interminabili che tutti conosciamo) prevista già all'art. 13 della L.R. n. 20 del 3/4/1989. Per quanto riguarda l'utilizzo e la fruizione, esprimo la mia soddisfazione per due principi in particolare: 1) quello secondo il quale si debbono prevedere norme finalizzate a salvaguardare le produzioni agricole e le attività agro-silvo-pastorali anche mediante segnaletica e tabellazioni apposite 2) quello per cui le aree di proprietà privata destinate ad aree attrezzate, con posa di strutture fisse particolari, sono soggette a locazioni o ad acquisizione (non ad indennizzi perché l'utilizzazione è continua e perpetua).
Qualche considerazione a parte, un tantino più ampia e decisamente positiva (data la mia estrazione non solo sindacale ma sociale) desidero fare in merito all'art. 30, quello che norma le attività agricole. Attività che - come recita la legge - rientrano fra le economie locali da qualificare e da valorizzare. Tutti i piani (quindi di area, di assestamento forestale, naturalistici, di intervento) debbono tenere in conto certe priorità e cioè: a) le colture e gli allevamenti esercitati al momento dell'istituzione delle aree protette, per i quali va garantita l'economicità aziendale b) la possibilità di aprire o di ampliare strade o piste agro-silvo pastorali finalizzate evidentemente alle attività agricole c) la possibilità di eseguire interventi edilizi per la manutenzione ordinaria e straordinaria, per il ripristino e il restauro conservativo e per la nuova costruzione di fabbricati rurali e delle relative pertinenze d) sia pure previa valutazione di compatibilità ambientale, è ammessa anche la coltura del pioppo che viene considerata come coltura agraria a tutti gli effetti (come lo è), come altre coltivazioni da legno a rapido accrescimento.
E' inoltre opportuna e qualificante (non faccio nessuna fatica a dire che questa è stata una richiesta del Gruppo comunista) la precisazione che le aree protette sono "zone sensibili" dal punto di vista ambientale secondo le disposizioni CEE; sono soggette a priorità di finanziamento a favore delle aziende agricole in esse operanti. E' interessante anche la norma relativa alla predisposizione di piani e programmi-pilota per lo sviluppo della lotta biologica ed integrata, alla quale sono primariamente interessati gli agricoltori. Le stesse considerazioni, largamente positive valgono anche per quanto contenuto nell'art. 31 che riguarda le attività silvo-pastorali che sono considerate con la stessa attenzione riservata alle attività agricole. Ma c'è un punto, che per me è veramente qualificante di questa nuova legge, ed è quello contenuto nell'art. 32 del testo di legge: la filosofia che sta alla base della nuova normativa che è quella di riaffermare la totale compatibilità fra la difesa dell'ambiente e l'esercizio normale sensato dell'attività agricola, è ancora evidenziata in questo art. 32. In questo articolo sta scritto: "Lo sviluppo delle attività scientifiche, didattiche, culturali, ricreative, turistiche delle aree protette (che deve essere annualmente programmato ed approvato dalla Giunta regionale) deve essere compatibile con l'ambiente naturale, con le attività agricole e silvo-pastorali". Qui siamo di fronte ad un ribaltamento; prima si diceva che le attività agricole dovevano essere compatibili con l'ambiente. Ora si afferma che tutti gli altri programmi di sviluppo (culturali, ricreativi, turistici) devono tenere conto dell'esigenza di rispettare l'ambiente naturale e le attività agricole silvo-pastorali.
Quelle attività che hanno consentito senza alcuna legge, ma con il buon senso dei nostri vecchi, di consegnare a noi, nello stato in cui sono quelle zone splendide che noi vogliamo continuare a salvaguardare. Altra norma importantissima, alla formulazione della quale hanno dato il loro convinto contributo tutte le forze politiche, è quella che prevede la corresponsione da parte degli organi di gestione dei parchi di contributi per il mantenimento e la conservazione delle tipologie edilizie, sia per le nuove costruzioni che per i fabbricati esistenti a favore di soggetti pubblici o privati che svolgono attività produttive agricole, silvo pastorali o artigianali. Contributi, vorrei riaffermarlo con chiarezza perché nessuno possa intendere una cosa per l'altra che tra l'altro non sta scritta - destinati a coprire la differenza fra il costo effettivo delle opere imposte ed il costo degli interventi eseguiti normalmente in assenza di specifici vincoli. Quindi qui ci vuole un impegno finanziario specifico.
Questi contributi, ribadisco perché tutti capiscano, debbono essere rigorosamente riservati per manufatti destinati ad attività produttive e mai, in alcun caso, con finalità speculative, cioè per le cosiddette seconde case, seppure mascherate sotto altre etichette. C'è un articolo nella nuova legge, che concerne la promozione della cooperazione socio economica nelle aree protette, che voglio ricordare con particolare soddisfazione dandone atto al proponente. In virtù di tale articolo, sono previsti dei finanziamenti destinati a cooperative che eserciscono manutenzione e servizio delle aree protette: attività legate alla ricezione, all'assistenza e alla guida dei visitatori dei parchi, alle aziende agrituristiche e di animazione culturale e sportiva, ma anche di commercializzazione al dettaglio di prodotti locali con garanzia di qualità, tipicità e genuinità. Consentiamo quindi ai cittadini di venire nei parchi, di venire nel verde, nella campagna, di mangiar sano e trovare dei prodotti genuini.
Un'ultima sottolineatura desidero fare, concludendo questa mia relazione, sull'art. 37, che prevede l'erogazione di indennizzi per danni economici reali, derivanti da vincoli effettivi posti con legge o dai piani di gestione delle aree protette. Quando è accertato che tali vincoli impediscono in tutto o in parte l'esecuzione di attività economiche in atto, connesse con le attività agro-silvo-pastorali, e riducono in modo continuativo il reddito dell'operatore (solo quando si verificano tali condizioni), è giusto, è sacrosanto che i danni vengano indennizzati. Di conseguenza (è scritto nel testo di legge), danno sempre diritto all'indennizzo: la riduzione del carico di bestiame al di sotto dei limiti di carico ottimale (fissato dalla Forestale); la riduzione del normale periodo di monticazione; le riduzioni di reddito derivanti da limitazioni culturali e da modificazioni delle tecniche di coltivazione, in conseguenza dei vincoli.
Il proposito di fare una legge seria, emerso in ogni seduta di Commissione da parte dei singoli Commissari e della Giunta, trova conferma ancora nell'art. 42 del nuovo testo di legge che ci apprestiamo a discutere e a votare; tale articolo stabilisce che ogni anno, entro il 31 dicembre gli enti di gestione delle aree protette debbono redigere una relazione che evidenzi lo stato di attuazione delle iniziative gestionali, dei piani di gestione dei singoli settori, delle attività del personale e della spesa.
Tale relazione deve essere trasmessa al Presidente della Giunta all'Assessorato competente, al Presidente del Consiglio regionale, al Comitato tecnico-scientifico, ai Presidenti delle Province interessate, ai Sindaci dei Comuni ricadenti nel territorio dell'area protetta. L'impegno è quindi non solo quello di promettere, ma anche di mantenere le promesse documentando periodicamente l'attività svolta o non svolta.
Signor Presidente e colleghi Consiglieri, qualche settimana fa in questa stessa aula, nel corso della presentazione dello splendido volume sui parchi piemontesi, Piero Angela disse molte cose estremamente interessanti e lanciò, tra l'altro, tre slogan che mi sono annotato: 1) no ai parchi "cristallizzati" 2) gli abitanti dei parchi non fanno parte della fauna 3) difendiamo la natura.. e guadagniamoci su (cioè facciamo fruttare mantenendolo integro, l'immenso patrimonio di bellezza del nostro Piemonte).
Sono obiettivi ampiamente contenuti nella legge che sottoponiamo all'esame ed all'approvazione del Consiglio regionale del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al relatore di minoranza, Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prenderò le mosse un po' più da lontano per arrivare allo stesso oggetto, cercando di non ripetere le cose già illustrate dal collega Paris.
La L.R. n. 43, quella che la legge oggi in discussione dovrà sostituire, ha rappresentato al suo nascere - come alcuni ricorderanno o altri conosceranno dalla storia di questa legge - una manifestazione di volontà unitaria del Consiglio regionale nei confronti del problema della tutela delle aree ad elevato valore naturale e paesistico, su cui lo stato repubblicano aveva marcato un sostanziale ritardo e sul quale, fin dal loro nascere, le Regioni avevano dichiarato una volontà di intervento.
In effetti, le potestà regionali in materia di pianificazione territoriale, di agricoltura, di fauna, di flora, rendevano legittima la convinzione delle Regioni di legiferare in questo campo. Tuttavia, le scelte delle Regioni e le modalità di intervento furono diverse. Alcune optarono per leggi che istituivano parchi e riserve, caso per caso (quindi individuavano un'area e la proteggevano), e le istituivano in base alle proprie competenze in materia di fauna e di flora. Altre, invece, scelsero una legge che si appoggiasse alle competenze territoriali. Tra queste, la Lombardia e il Piemonte, che approvarono leggi molto simili, nelle quali assumeva un ruolo centrale la tutela dei valori naturalistici e paesaggistici, culturali e storico-culturali, come momento della pianificazione del territorio; quindi facendo la scelta di inserire la pianificazione e tutela del territorio delle aree di interesse naturalistico storico-culturale nella pianificazione territoriale.
Se si assumeva la tutela come un aspetto della pianificazione territoriale, diventava evidente il percorso da seguire: non un'individuazione caso per caso di aree da proteggere, ma la predisposizione di un Piano dei parchi e delle riserve nell'ambito di una più ampia individuazione di aree meritevoli di tutela. L'individuazione delle aree fu il frutto di una consultazione ampia di coloro che avevano a cuore la salvaguardia del patrimonio naturale della Regione.
Una volta definito e approvato, questo piano (che era il momento centrale della legislazione) comportava il vincolo di salvaguardia su tutte le aree in esso incluse, allo scopo di consentire che, con l'approvazione delle leggi istitutive dei singoli parchi e riserve, non avvenissero nel frattempo interventi tesi a modificare la sostanza di fatto e poi a comprometterla.
Quindi, come dicevo, l'approvazione del Piano dei parchi rappresentava l'atto centrale di pianificazione territoriale in materia di aree protette (esplicitava cioè le ragioni della tutela), mentre l'approvazione delle singole leggi rappresentava l'individuazione precisa delle caratteristiche specifiche della protezione delle singole aree.
A mio avviso, la legge n. 43 è servita al suo scopo. Il Piano dei parchi è stato fatto, è stato integrato più volte e le singole leggi istitutive sono state approvate. Con l'eccezione - e l'abbiamo verificato ieri in Commissione in sede di programmazione dei lavori - purtroppo di questa legislatura, che non ha ancora portato a compimento legislativo il Piano del 1985. Sono state così istituite quarantuno aree tutelate, oggi esistenti, che costituiscono - e lo dobbiamo ricordare in questo momento in cui si discute l'approvazione di una legge che sostituisce la precedente senza dubbio la maggior opera di tutela naturalistica realizzata nel nostro Paese.
La strada prescelta, l'integrazione della politica dei parchi nella pianificazione del territorio, si è rivelata buona ed è stata a poco a poco seguita da altre Regioni; anche le Regioni che avevano scelto l'altra modalità di intervento stanno riorientandosi su una legislazione quadro che prevede la doppia fase: il piano dei parchi e le leggi istitutive.
Ci si potrebbe chiedere dall'esterno - e ci è stato chiesto nell'ambito del lavoro lungo di consultazione prima a livello di Gruppi e poi a livello di istituzione, credo anche a livello di Giunta, con le forze politiche sociali ed ambientaliste di questa Regione - perché occorreva modificare la L.R. n. 43, cioè quali erano le ragioni che inducevano molti Gruppi (quasi tutti i Gruppi lo hanno fatto ed anche la Giunta) a presentare proposte di modifica della L.R. n. 43. Le ragioni sono molte e diverse, potranno essere nel dettaglio illustrate dai diversi presentatori delle singole leggi che interverranno nel dibattito.
In questa sede vorrei tuttavia riassumere le motivazioni principali che sono state alla base del lavoro condotto in Commissione che, come ricordava il relatore Paris, ha conosciuto momenti di confronto anche molto vivace tra le forze politiche, ma che ha prodotto un risultato unanime che è quello che vi presentiamo.
Anzitutto vi era l'esigenza di semplificare le caratteristiche e il numero degli enti di gestione, nati in tempi diversi e con diverse caratteristiche.
In secondo luogo, vi era l'esigenza di chiarire meglio il sistema dei vincoli esistenti nelle aree a parco, in connessione con le attività produttive ed abitative, in particolare con l'attività agricola che, come è noto e come d'altronde è logico, è quella maggiormente presente.
In terzo luogo, vi era l'esigenza di incrementare la conoscenza e la fruizione dei parchi piemontesi che, come sappiamo dalle indagini, sono attualmente utilizzati, ma forse non come il loro potenziale naturalistico potrebbe far desiderare; quindi non solo utilizzati nel senso della fruizione, ma ancora di più nel senso dell'utilizzo didattico e scientifico, nonché di favorire forme di partecipazione più diretta dei cittadini e delle associazioni protezionistiche alla vita dei parchi.
Queste molteplici esigenze erano rispecchiate in vario modo nel disegno di legge presentato dalla Giunta e nei numerosi progetti di iniziativa consiliare. Ricordo che sono stati presentati dei progetti di legge da parte del Gruppo DC, del Gruppo comunista, del Gruppo socialista e del Gruppo MSI, oltre che dalla Giunta. Alcuni erano proposti come integrazioni e modifiche alla L.R. n. 43 (Giunta, PCI, PSI e MSI); altri (DC) come nuove norme sostitutive della L.R. n. 43.
La Commissione ha dovuto quindi per prima cosa individuare un metodo di lavoro per procedere all'analisi comparata dei testi e verificare la possibilità di giungere ad un testo unificato. La verifica di questa possibilità riguardava sia i risultati delle consultazioni avvenute sui diversi progetti (in particolare erano state sollevate molte perplessità e critiche sulle proposte di accorpamento dei parchi, per cui occorreva valutare attentamente le ragioni esposte durante le consultazioni stesse) sia le diversità sostanziali eventualmente esistenti fra i progetti; infine bisognava individuare il metodo di lavoro da adottare su un numero così elevato di testi.
Poiché nel lavoro di Commissione la Giunta si è dimostrata disponibile ad accogliere una parte delle esigenze emerse nel corso della consultazione, modificando in molte parti in sede di discussione in Commissione il testo originario, ed anche i Gruppi hanno espresso la convinzione che fosse possibile procedere alla stesura di un testo unificato, si è scelta la strada di un nuovo testo legislativo e quindi non di una modifica della L.R. n. 43, che appariva tecnicamente troppo complessa da realizzare dato il numero elevato di modifiche e di integrazioni.
Il testo che presentiamo al Consiglio risente in qualche modo delle due esigenze che ne hanno determinato la nascita: il dettare una nuova norma quadro per la politica dei parchi, che era l'obiettivo di buona parte dei testi di iniziativa consiliare, e il riformare gli enti, che era un particolare contenuto nel documento della Giunta, e la composizione dei Consigli direttivi, nonché realizzare almeno alcuni accorpamenti ritenuti necessari ai fini della funzionalità amministrativa.
Queste due esigenze in qualche modo, come ha gia rilevato il collega Paris, rappresentano il limite sul piano formale della legge: la conciliazione delle due esigenze ha prodotto un testo molto corposo, perch tutto il meccanismo di riorganizzazione degli enti doveva essere descritto nel dettaglio e questo ha notevolmente dilatato il testo legislativo rendendolo un po' macchinoso nell'utilizzo. Però non si è potuto fare in altro modo, perché le due esigenze erano entrambe degne di considerazione e dovevano essere contemperate nell'ambito della verifica di tutto il lavoro che occorreva fare.
Si è valutata anche la possibilità di fare due testi distinti, ma a questo punto il problema del raccordo diventava ancora più complesso.
Le principali caratteristiche del testo unificato possono essere così sintetizzate: tra le finalità è stata inserita quella del ripristino del paesaggio e dell'ambiente insieme alla conservazione e alla difesa che già rappresentavano le finalità della legge n. 43, a seguito della considerazione della necessità in taluni casi, considerati i problemi che conosciamo del nostro territorio, le emergenze e lo stato di degrado in alcune aree, di procedere ad opere di rinaturalizzazione di aree di grande valore potenziale, ma in stato di degrado. E' stato altresì accentuato l'aspetto della valorizzazione delle aree insieme a quello della conservazione e della difesa.
Si è proceduto ad un'unificazione della forma gestionale (precedentemente vi erano diversi tipi di gestione affidata ad un Comune ad un consorzio di Comuni, a Comunità montane, ad enti appositamente istituiti, ecc.); nel progetto attuale la gestione è sempre affidata ad un ente apposito. Questo sia per ragioni di semplificazione istituzionale delle forme di gestione, sia per ragioni legate allo stato giuridico del personale che presentava una serie di problemi.
Si è altresì proceduto al riaccorpamento di alcuni parchi per ridurre il numero degli enti ed i relativi costi. Questa è stata l'operazione più complessa che ha comportato una maggiore difficoltà nel rapporto con i nostri interlocutori in sede di consultazione successiva e che ha comportato le più rilevanti modifiche rispetto ai testi proposti.
Accogliendo le istanze espresse sia da molti degli attuali enti di gestione, sia dai rappresentanti delle comunità locali, si è limitato l'accorpamento rispetto alla proposta originaria e nell'attuale testo gli enti sono stati portati ad un totale di ventuno.
Si è meglio definito inoltre l'insieme del processo pianificatorio relativo ai parchi: tutti i diversi tipi di piano (di area, di assestamento forestale, naturalistici e di intervento) sono stati definiti come contenuti e modalità di formazione e approvazione e unificati sul piano del testo legislativo.
Per quanto riguarda il Piano dei parchi (già lo ha rilevato il collega Paris), sono state apportate modifiche ed integrazioni: è stato stabilito che obiettivo della Regione Piemonte è redigerlo in armonia con l'indicazione della Comunità Economica Europea, in particolare per sottoporre a tutela una superficie adeguata del territorio regionale. Come è noto, la CEE consiglia di tutelare almeno il 10% dei territori nazionali: il Piemonte oggi sfiora il 5% con il Piano dei parchi in vigore, che per rischia di ritornare al 3,5% poiché il 30% del Piano dei parchi deve essere ancora trasformato in legge istitutiva; la percentuale protetta in Piemonte sale ancora con il Parco nazionale del Gran Paradiso superando il 6%.
Parecchio è stato fatto per avvicinarsi agli obiettivi proposti dalla CEE.
Non c'è dubbio che la Regione Piemonte è la più prossima al raggiungimento di questo obiettivo, soprattutto se si considera la forma forte di protezione delle nostre aree; ci sono Regioni che non sono lontane da questo obiettivo, ma con una forma di protezione molto più leggera, cioè un'individuazione di possibili parchi senza ancora l'introduzione dei vincoli di salvaguardia quali quelli del nostro Piano dei parchi. Nel nostro piano dei Parchi le aree sono effettivamente oggetto di tutela, è un'altra cosa quindi individuare delle aree senza introdurre alcun vincolo di tutela.
Parecchio è stato fatto, ma molto resta ancora da fare e questa è la parte più difficile del percorso, perché man mano che la percentuale di territorio tutelato aumenta, diventa sempre più difficile aumentare questa porzione di territorio. E' di grande rilevanza l'indicazione precisa della volontà di adeguare la superficie protetta alle indicazioni delle Comunità internazionali, in particolare della CEE.
Sempre per quanto riguarda il Piano dei parchi, è stato ridotto il periodo di salvaguardia portandolo a 36 mesi, rinnovabili per altri 18 una sola volta. Come sanno i colleghi che hanno lavorato a questa legge, si è trattato di una decisione molto discussa e sofferta il cui principio ispiratore è quello di non protrarre troppo a lungo una situazione di incertezza per enti locali e soggetti privati, spingendo al contempo la Regione a realizzare concretamente il proprio piano. La ragione che ha portato tutti noi a concordare, sia pure dopo molti ragionamenti, su questa norma è proprio legata all'esperienza attuale: il fatto che il periodo di tutela sia molto lungo rischia di disincentivare la rapidità di approvazione delle leggi. Il momento magico per istituire anche formalmente un parco è probabilmente poco dopo il suo inserimento nel Piano dei parchi anche perché il lavoro di convincimento delle comunità locali è già stato fatto in quella sede. Se si lascia passare troppo tempo, è più facile che emergano le perplessità che le adesioni, perché il periodo di salvaguardia come sappiamo, è un periodo difficile durante il quale proprio la mancanza degli strumenti di pianificazione previsti dalle leggi istitutive dei parchi rende difficile ogni autorizzazione, rischiando quindi di creare conflitti tra la Regione e le comunità locali.
Grande attenzione è stata dedicata nel progetto agli aspetti relativi alla disciplina e alla promozione delle attività economiche compatibili con le aree protette. Anche questo è un argomento su cui moltissimi sono stati i contributi dei diversi progetti di legge. Sono state aumentate le garanzie agli operatori economici (in particolare gli agricoltori che rappresentano la categoria economica più diffusa nei parchi) di poter svolgere la propria attività, senza vincoli non necessari e potendo comunque contare su tempi certi per le eventuali autorizzazioni e su indennizzi, qualora subiscano dei danni economici in conseguenza dell'esistenza del parco o siano tenuti a comportamenti particolari. Anche questa è una norma che può grandemente facilitare una politica attiva dei parchi. Noi non siamo convinti che, data la forte caratterizzazione di utilizzo del nostro territorio e il suo forte peso antropico anche nelle aree di maggior valore naturalistico, si possa solo mantenere lo stato esistente, ma tutti si sono dichiarati convinti che sia possibile attraverso un opportuno dosaggio degli interventi, migliorare le caratteristiche delle attività economiche per renderle più compatibili con gli obiettivi della tutela. Ciò significa però imporre dei costi e quindi in qualche modo far fronte a questi maggiori costi che privati e comunità devono sopportare attraverso opportuni finanziamenti. Questo è un elemento di chiarezza che può favorire grandemente il rapporto con coloro che sono interessati direttamente alla realizzazione della politica.
Per quanto riguarda le altre attività economiche, si è favorita la cooperazione economica fra operatori locali per svolgere le attività di manutenzione e servizio, ricezione e guida dei visitatori commercializzazione di prodotti locali, servizi turistico-ricettivi e ricreativi. Anche questo è un argomento di grande rilevanza su cui ci sono stati moltissimi contributi, perché evidentemente la sostenibilità dello sviluppo si misura anzitutto dalla capacità di far vivere in queste aree delle attività compatibili con l'ambiente. Attività che devono costituire un'occasione, una possibilità in positivo per gli abitanti locali; queste norme, che tendono sia a favorire la creazione di strumenti di azione nelle aree sia a predisporre delle disponibilità economiche perché queste attività si avviino, potranno essere di grande utilità.
Sempre in questo intento, si è disposto che la Giunta predisponga ogni anno un programma di qualificazione e valorizzazione delle aree protette coordinando risorse pubbliche e private e non solo quelle specificatamente destinate ai parchi, ma attingendo anche alle diverse leggi di settore, in termini di priorità, ma anche e proprio in termini di destinazione di risorse.
Si è favorita la costituzione di associazioni di amici dei parchi anche questo è un elemento innovativo che non esiste nella nostra legislazione, mentre è molto diffuso all'estero e con risultati di grandissimo interesse, sia nel reperimento delle risorse che nella politica di promozione di un utilizzo corretto dei parchi naturali. Data la scarsità delle risorse che si possono destinare a queste politiche, la nascita di queste associazioni potrebbe anche favorire il reperimento di risorse tese ad una migliore conoscenza e ad un maggiore utilizzo del patrimonio piemontese delle aree protette.
Da ultimo, sono state dettate norme per la promozione delle attività didattiche, scientifiche, di ricerca e di informazione. In particolare, si segnala l'istituzione del Centro di documentazione e ricerca sulle aree protette. L'obiettivo iniziale di questo Centro, di cui si parla da parecchio tempo e su cui esistono finanziamenti specifici, è di documentazione e ricerca sulle aree protette, che potrebbe avere sede presso le Vallere, dove, come è noto, vi è una struttura inutilizzata, di grande interesse già situata sul parco. Questo Centro dovrà promuovere la costituzione di una banca dati naturalistico-ambientale, predisporre pubblicazioni, organizzare mostre, favorire l'uso didattico-culturale e per la ricerca delle aree protette.
Tutta questa parte delle norme tende a rivalorizzare molto non solo il ruolo dell'utilizzo ricreativo dei parchi, ma le altre funzioni che erano al centro delle preoccupazioni del Consiglio regionale quando approvò la prima legge, la n. 43, e che sono state riaffermate in varie discussioni che abbiamo avuto sulla politica dei parchi, e cioè il fatto che da questa politica deve nascere una possibilità forte di utilizzo per la didattica delle scienze naturali. Sappiamo che le poche strutture didattiche esistenti nei nostri parchi sono prese letteralmente d'assalto dalle scuole e che vi è un grande bisogno di allargarle; sappiamo anche che attraverso questo tipo di didattica delle scienze naturali si può costruire quel rapporto che sta tanto a cuore al collega Paris e ad altri colleghi, cioè un migliore dialogo fra le popolazioni della città (che devono imparare a conoscere più dal vero che dai libri la natura e la nostra in particolare) e le popolazioni locali. Esse possono avere un rapporto con i giovani e con le scuole diverso da quello che hanno con i fruitori che, anziché avere attenzione nei confronti dell'ambiente naturale in cui si trovano, hanno un atteggiamento di appropriazione e talvolta anche di danneggiamento.
Quindi la funzione didattica è centrale, non solo per la conoscenza del patrimonio, ma anche per la modifica della cultura a favore del rispetto dell'ambiente, che è il perno di una società e di un modello di sviluppo sostenibile con l'ambiente.
A maggior ragione, questo discorso vale per la ricerca scientifica; già molti risultati sono venuti dall'utilizzo a questo fine di nostre aree protette.
In conclusione, ritengo che la Commissione abbia fatto un buon lavoro.
La legge in discussione è il frutto di una riflessione attenta sull'esperienza passata nel tentativo di rimuovere i problemi che essa pu avere creato in alcune situazioni e di ridare, per questa via, slancio vigore e consenso alla politica dei parchi. Una politica di cui tutta la Regione Piemonte può essere orgogliosa e che è stata, e speriamo sarà ancora, anche grazie a questa legge (e ancora di più a partire da oggi o dalla volta in cui l'approveremo) nell'ambito di una più generale politica di attenzione al territorio, in grado di farci consegnare intatto, alle generazioni che ci seguiranno, un patrimonio di incommensurabile valore naturalistico, paesistico, artistico e culturale, che anche grazie a questa politica abbiamo imparato a conoscere e rispettare.



PRESIDENTE

Sulle relazioni dei Consiglieri Paris e Bresso è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo un lungo lavoro in Commissione, che è stato tratteggiato in modo molto egregio dai due relatori, arriva in aula un nuovo testo per quanto riguarda la legge quadro sui parchi. Credo si tratti di un evento estremamente importante, perch questa legge, così come viene presentata, rappresenta ancora una volta la volontà, rimarcata da questo Consiglio, di un governo pubblico dell'uso del territorio. Un governo pubblico che fa i conti e si armonizza con quella che è l'articolazione economica, sociale e culturale della nostra società.
In questo senso, la legge più che essere uno strumento produttore di vincoli è uno strumento che ha forti caratterizzazioni, forti elementi di progettualità, ha potenzialità che possono mettere in movimento una politica per i parchi che non tenda a cristallizzare questi processi, ma soprattutto tenda a valorizzarli.
La collega Bresso ha sottolineato molto (e tra l'altro è un aspetto culturale nuovo) la politica di ripristino. Io sottolineerei altrettanto la politica di valorizzazione. Il parco è una risorsa e sinora lo si è vissuto quasi come un problema. In effetti il parco è una potenzialità della nostra comunità e là dove si troveranno delle aree naturalisticamente interessanti è un dovere - e questa nuova legge ne offrirà le condizioni trasformarle a parco.
Il nostro contributo nel corso dei lavori della Commissione è stato soprattutto rivolto a mettere in condizioni le comunità che vivono nelle aree a parco di poter disporre di potenzialità aggiuntive rispetto a quelle offerte dalla legislazione ordinaria nelle varie materie (agricoltura commercio, turismo, artigianato). Quindi, un qualcosa in più, un qualcosa di aggiuntivo che permetta a queste comunità di poter trarre dall'opportunità della politica dei parchi un arricchimento nel senso della formazione del proprio reddito. Si tratta quindi di un processo estremamente interessante che viene messo in movimento. C'era una specie di gentlemen agreement all'interno di questo Consiglio in base al quale una volta definita la legge generale sui parchi - legge che mi auguro trovi il consenso unanime, così com'è stato in Commissione - si sarebbe rapidamente riavviata la realizzazione, la materializzazione della politica dei parchi.
Credo che questa legge batta tutte le critiche e le proteste che si sono levate attorno alla politica dei parchi regionali; che dietro legittimi problemi degli agricoltori e dei soggetti che vivevano nei parchi, si trovavano forti interessi che erano contrari ad una politica di salvaguardia naturalistica. Credo invece che questa legge metta a tacere una grossa parte di questo tipo di polemica pretestuosa sui grandi interessi che non hanno nulla a che vedere con i problemi dell'agricoltura con i problemi della gente che vive in questi parchi, ma rappresentano interessi molto spesso esterni ai parchi che hanno fatto forti pressioni.
Devo fare un apprezzamento per il lavoro dell'Assessore Vetrino che con ostinazione e con determinazione, ha portato avanti un difficile riordino. In genere, quando le cose vengono a crearsi in un certo modo è poi difficile razionalizzarle. Lo vediamo nelle politiche commerciali, in altri campi: quando si predeterminano alcuni processi, quando le maglie si fanno larghe è poi difficile andare a razionalizzare. Anche situazioni marginali illegali molto spesso, perpetrandosi nel tempo, hanno la pretesa o il peso per essere considerate legali.
Abbiamo visto alcune reazioni da parte dei soggetti che vivono nei parchi; possiamo anche comprenderle perché dobbiamo sottolineare che gran parte della conduzione dei parchi è stata fatta in modo appassionato corretto e con grande competenza. E' naturale che chi ha operato in questo modo possa vivere un processo di ridefinizione delle sue collocazioni con sofferenza e con forte critica. Credo che con la limatura fatta si sia in qualche modo ottenuta una politica praticabile di riordino.
Il Gruppo socialista ieri, in sede di ultima definizione, ha presentato alcuni emendamenti migliorativi (ad esempio, l'utilizzo delle guardie ecologiche volontarie nella vigilanza delle aree che vengono individuate per la politica dei parchi), cercando di enfatizzare le potenzialità di autosviluppo delle comunità all'interno delle aree, ma nel complesso giudica l'impianto della proposta, così come arriva in aula, estremamente positivo e valido.
Il Gruppo socialista darà quindi voto favorevole e parteciperà attivamente ai lavori di limatura che fossero ancora necessari in sede di aula; tuttavia ne dà un giudizio positivo e si riserverà nella dichiarazione di voto finale di puntualizzare alcuni aspetti.
Concludo con una sottolineatura politica. Approvata questa legge, ci auguriamo possa andare avanti la concretizzazione della politica dei parchi. Il Gruppo socialista ha presentato anche altre proposte (ad esempio, il Parco della Vauda Canavesana) e speriamo che in fine legislatura si possano concretizzare alcune iniziative aggiuntive nell'ambito della forte politica di parchi esistenti nella nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Signor Presidente, mi rivolgo ai colleghi per ricordare che qualche tempo addietro ebbi a scrivere sulla rivista del Consiglio regionale in termini critici e negativi circa la politica dei parchi, perché mi pareva doveroso criticare (in assonanza con quanto stessi autorevoli rappresentanti della Giunta avevano detto denunciando le pecche dei parchi) il fatto che era invalso l'uso anche nella politica dei parchi di considerare tali istituzioni come dei carrozzoni, dentro i quali la politica di secondo grado andava ad esercitare dei poteri che non mi pareva, dappertutto e in ogni situazione, salvaguardassero ciò che era nello spirito della pure riformabile legge n. 43. Con questo animo prefigurando la necessità di salvaguardare il territorio, anzitutto per l'uso che l'uomo deve farne, anche nell'ambito di ciò che il territorio rappresenta nella funzione economica.
La politica del MSI-DN, pur non osteggiando la cultura che si deve esprimere per la difesa del territorio e dei suoi valori, era quella di stare attenti a non limitarsi soltanto ad una denuncia nel rilevare le pecche di ciò che si amministra, ma di arrivare ad una risoluzione tale da poter dettare delle norme credibili in ogni senso. Quindi, con questo animo mi sono portato a partecipare ai lavori della competente Commissione pensavo di dover essere quasi sempre e fino in fondo contrario, pensando che in fondo non ci fosse un'effettiva volontà di avere una legge capace di determinare un nuovo giudizio ed un nuovo indirizzo. Invece mi sono trovato contraddetto, perché nell'iter dei lavori di Commissione ho potuto constatare che c'era una coralità di intenti per arrivare ad avere un testo di legge buono, attraverso il quale salvaguardare non soltanto il dovere diritto di provvedere a che talune regole di conservazione del patrimonio ambientale fossero rispettate, ma anche quello dei fruitori (non dei fruitori della domenica) dell'economia dei territori che vengono inclusi che sono amministrati dagli Enti dei parchi, delle riserve naturali, delle aree protette, ecc.
Non abbiamo mancato di dare il nostro apporto a che si rilevassero tutte le condizioni più positive, specialmente per abolire quel periodo quinquennale che coincide con l'arco della legislatura dentro il quale, una volta inserito un territorio nella programmazione dei parchi, si vincolasse il tutto senza quasi termine di soluzione di continuità, prefigurando addirittura che nel caso in cui l'Amministrazione regionale non fosse stata capace di istituire veramente il parco, si fosse reiterato il tutto nei susseguenti cinque anni di nuova legislatura. Ci siamo opposti a questo principio, non soltanto per liberare ciò che veniva vincolato in maniera impropria per così lungo tempo, ma anche per costringere gli amministratori a non perdere tempo, a disciplinare le cose nel tempo necessariamente utile di un'attenzione che non può essere soltanto di intenti quando si indica un territorio come possibile territorio da inserire nell'organicità di un parco. Questo suggerimento è stato ampiamente dibattuto; la collega Bresso ha detto sofferto, perché dalla sua parte si tentava di non approvarlo naturalmente per motivi non criticabili, ma perché si riteneva di potere dimostrare che con una diversa amministrazione politica le cose non accadrebbero in termini negativi. In ogni caso, quell'opposizione alla fine non ha avuto l'esito che sperava e siamo arrivati a determinare una riduzione dei tempi e a limitare la rinnovabilità per i diciotto mesi susseguenti e per una sola volta. Sembra poco, però è un fatto molto importante questo: nell'arco generale il parco non deve essere una riserva cristallizzata, non deve rappresentare un posto dove tutto è fatto di vetro, ma deve costituire un elemento produttivo nell'ambito della più vasta economia del territorio. Se vogliamo ampliare e sviluppare la politica dei parchi, bisogna incominciare a pensare che siano messi in condizione di autogestirsi in tutto, perché le risorse finanziarie destinate alla Regione e la capacità finanziaria dello Stato - è largamente dimostrato - non sono tali da consentirci una più facile, lo dico tra virgolette, "politica dei parchi". Se la disciplina della politica dei parchi è quella che siamo stati capaci di configurare in maniera tale da soddisfare le più vaste esigenze, c'è da pensare che noi, per motivi ecologici, possiamo anche andare oltre il livello del 10% prefigurato dalla CEE di territorio da destinare a parchi. Possiamo pensare di allargare questo orizzonte di politica anche in funzione del fatto che la Regione Piemonte, con questa legge, si pone all'avanguardia sul piano nazionale.
Non nascondo che ho dovuto consultare i colleghi Consiglieri del mio partito in altre Regioni dove non c'è una legge come la nostra e sono stato confortato dal loro giudizio, nel senso che questa è una legge positiva forse la migliore che si ha fra tutte le Regioni d'Italia. Non vado oltre perché mi calerei nella facile demagogica posizione di chi deve dire bene in quanto ha approvato in sede di Commissione un testo.
Per queste considerazioni, il Gruppo MSI-DN è favorevole e si attende che, nella gestione rinnovata degli enti che sono stati ridotti a ventuno si vada ad operare con la coscienza degli amministratori oculati, perché il prodotto non sia guastato dalla cattiva politica locale.
Ho avuto modo, con altri colleghi Consiglieri di Commissione, di visitare qualche parco e "de visu" mi sono reso conto che ci sono realtà estremamente positive, encomiabili, ma che ne esistono anche di non positive e non encomiabili. Cito il Parco del Ticino, perché provengo dalla Provincia di Novara e dico che questo parco non rappresenta una realtà encomiabile, non ha una gestione positiva; è dunque giusto che nella nuova disciplina delle regole non si affidi soltanto all'amministrazione locale l'iter degli impegni e delle incombenze. La Regione, ancorquando non debba mai aver alcuna velleità di essere piccolo Stato, deve farsi carico di vigilare, al di là del controllo, con oculatezza e con attenzione perch gli strumenti operativi che va creandosi siano credibili e producano buoni concetti politici.
Devo, in conclusione, fare un'affermazione che riguarda il Presidente della VII Commissione, Consigliere Bara, per altri versi e per altri motivi non dico chiacchierato, ma comunque contestato; faccio un'affermazione in positivo nei suoi confronti, perché ostinatamente si è imposto a che non si perdesse in fra le cose tutto quel tempo che sembrava si potesse perdere per interferenze di altre proposte, al fine di predisporre questo testo di legge e di consentire al Consiglio regionale di votarlo prima della sua scadenza. Ciò non tanto per vantarcene in giro e spero che nessuno vada a vantarsene, ma quanto per offrire agli operatori uno strumento concreto fra i tanti che questa Regione di concreti non riesce a farne davvero.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, quando un testo di legge viene approvato nella competente Commissione all'unanimità, una serie di elementi negli interventi dei diversi Consiglieri si riproduce e li rende sostanzialmente identici. Riprendo uno dei punti sollevati dal collega Paris, allorquando dice che l'approvazione di questa legge è stata meno difficile di quanto si potesse prevedere inizialmente. Su questo punto concordo, anche se formulerei diversamente la frase: è stato meno peggio di quanto temessi. Bisogna ammettere, con una certa soddisfazione, che dopo una serie di aspre polemiche, c'è stata la consapevolezza, da parte di noi tutti, che stavamo parlando di un provvedimento legislativo strategico che riguarda il nostro territorio, il nostro futuro e la politica regionale per i prossimi anni. Quindi non un intervento contingente, ma un intervento di lunga durata. Mi auguro, e questo aspetto non mi pare sia stato sollevato da molti, che all'approvazione di questo testo con la stessa unanimità raggiunta in Commissione, si accompagnino altre due consapevolezze. Primo la legge quadro è un atto rilevante dell'attuazione della politica regionale sui parchi, quindi è propedeutico all'approvazione della legge sull'istituzione del Parco del Po e delle altre aree protette previste dalla delibera quadro.
L'altro aspetto è che questa legge avrà un'enorme rilevanza per la comunità locale, fermo restando il punto di intesa e di contemperazione che si è raggiunto in Commissione attraverso un lavoro attento e corretto da parte di tutte le forze politiche. La Lista Verde vi ha contribuito, sia accettando il punto di vista di una responsabilità collettiva rispetto al nostro futuro e al nostro territorio, sia non facendo valere né asprezze polemiche che potevano esserci né massimalismi.
Quello che vedo affermato in questa legge è una concezione di carattere contrattualistico. Dobbiamo riandare ad un nuovo patto sociale che metta al primo punto le compatibilità ambientali insieme agli aspetti (che ci avevano visto fare i primi patti sociali tra la fine del '700 e l'inizio dell'800) di giustizia sociale ed eguaglianza distributiva. Però tutto questo deve venir oggi posto con l'accettazione di un "vincolo esterno" da parte di tutti i contraenti. Questo vincolo esterno è il vincolo ambientale. Rispetto al vecchio patto sociale, che le democrazie occidentali hanno stipulato nei secoli scorsi, occorre riconoscere la necessità, oggi, di una forte consapevolezza di vincoli esterni. Le compatibilità ambientali sono un vincolo esterno che tutti i contraenti debbono accettare, riconoscere e ripartire come costo in parti uguali.
Questo è uno dei punti che, in buona misura, la legge riconosce. La politica ambientale ha un costo, questo costo è ripartibile e va ripartito per motivi di giustizia sociale in parti uguali, e non ricadere solamente su chi ha la fortuna di vivere all'interno di un'area protetta.
C'è comunque un punto che dovrebbe essere affermato nella politica della nostra Regione in maniera più evidente. La politica delle aree protette (la politica dei parchi) fa emergere di converso la mancanza di un'altra politica: quella della pianificazione paesistica e territoriale generale del nostro territorio. Qui si riproduce la situazione, in maniera accentuata, dell'esistenza di aree protette rispetto ad un territorio senza protezione. Certamente una protezione diversa, dotata di altri strumenti quindi ad esempio una pianificazione paesistica a largo raggio, ma questa politica manca. Solo questa politica complessiva può far sì che vi sia una reale tutela ed attenzione al territorio, che non è legata solamente ad un problema di percentuali in termini secchi di aree tutelate nella nostra Regione, non è lo 0,5% in più o in meno, alcuni ettari in più o in meno (per quanto questo sia rilevante), quanto piuttosto è invece una capacità politica culturale, il consenso dei cittadini, la partecipazione collettiva. Tutto il territorio ha la necessità di una pianificazione, di strumenti urbanistici (sia a livello locale che a livello territoriale) che mettano al loro primo punto esigenze di salvaguardia del territorio non urbanizzato, forme e procedure di congelamento dello sviluppo urbanistico che ha bisogno di valutazioni di impatto ambientale (ma non solo di quelle), di strumenti che permettano di controllare gli interventi legati soprattutto ad opere pubbliche. Abbiamo a che fare con autostrade massicci interventi di arginatura e regimazione dei fiumi, dighe elettrodotti, la cui realizzazione o meno e le modalità di questa realizzazione rappresentano un momento cruciale per qualunque politica di tutela del nostro territorio.
Nell'attuale legge vi sono degli elementi di ombra sui quali desidero richiamare l'attuazione. Uno è un certo equivoco riguardante il turismo e la valorizzazione turistica: una riflessione sulla presenza del turismo sull'impatto antropico ed ambientale che il turismo, o la valorizzazione turistica, ha in alcune aree sensibili dal punto di vista ambientale non è stata a sufficienza oggetto di attenzione da parte di questo Consiglio della Commissione, delle forze politiche e della società piemontese. Il rapporto fruizione turistica e aree protette richiede, e richiederà in futuro, un'enorme attenzione, proprio perché è uno dei punti di vista più delicato, non nel senso che non deve esserci fruizione delle aree protette non deve esserci un ritorno in termini turistici dall'istituzione di aree protette; quello sul quale dobbiamo intenderci è quale turismo, quali tipi di investimenti, quali tipi di infrastrutture. Su tutti questi aspetti la legge rimane, con poco coraggio, sufficientemente generica, in modo da lasciare presagire possibili berlusconizzazioni, riminizzazioni, modelli luna-park, ecc.
Teniamo presente che di fronte a questa fruizione - ed è questione che noi dobbiamo mettere in conto già adesso ed ancor più nel futuro (essendo già all'ordine del giorno della nostra politica ambientale) - occorre porsi il problema del controllo e del contingentamento della presenza antropica in certe aree enormemente sensibili. Problema che si è gia posto per Venezia e per alcuni musei di rilevanza nazionale: la grande attenzione ai beni artistici, storici, culturali ed ambientali può trasformarsi in un abbraccio senz'altro affettuoso, ma direi a mo' di pitone, stritolante.
Problemi di questo tipo si hanno in determinati giorni e periodi dell'anno in aree protette della cintura torinese, in particolare alla Mandria.
Questi problemi già si delineano ed incombono nel nostro futuro.
Altro problema sul quale ancora vorrei richiamare l'attenzione in quanto non sufficientemente risolto o per quanto mi riguarda non sufficientemente indagato nelle sue conseguenze dal punto di vista istituzionale è la presenza degli ambientalisti e degli agricoltori nei parchi.
Per quanto riguarda gli ambientalisti io dichiaro di essere contrario non di meno voterò questa legge e non presenterò alcun emendamento in questo senso. Ritengo vi siano alcuni aspetti e dinamiche istituzionali non sufficientemente indagati.
Le istituzioni devono essere considerate capaci di rappresentare tutti gli interessi in campo relativamente alle aree protette. E' un principio al quale dobbiamo credere, anche se comprendo e condivido per buona parte quei ragionamenti e quelle esigenze, connesse con la ricerca del consenso e la necessità di partecipazione delle popolazioni locali, che hanno per alcuni versi portato a richiedere la presenza dei rappresentanti delle associazioni agricole nei parchi. Questo fatto e questa presenza possono comunque costituire uno dei momenti di crescita di una cultura dell'ambiente nella nostra Regione. Non è possibile l'autoritarismo ecologista: la crescita di una cultura ambientale attraverso tutti i livelli istituzionali e tutte le forme di partecipazione democratica è la strada giusta da seguire.
Per quanto riguarda le associazioni ambientaliste, ritengo che la scommessa della cultura ambientale, di una politica ambientale, si giochi non attraverso garanzie di carattere corporativo, ma attraverso la loro capacità di essere considerati, tramite il riconoscimento, da parte delle forze politiche e da parte delle diverse sedi istituzionali, della rilevanza di designare esse stesse, esponenti del mondo ambientalista riconoscendone altresì le competenze, le professionalità, la disponibilità disinteressata e la rilevanza in una complessiva politica di tutela e di gestione delle aree protette.
Le associazioni ambientaliste ricoprono oggi un ruolo assai delicato, e che non può che essere principalmente un ruolo di controllo della gestione e dell'attività istituzionale e delle diverse forze politiche. Quindi questo ruolo o passa attraverso le istituzioni e allora ne accetta i vincoli e le compatibilità, oppure si fonda sul controllo popolare esterno per verificare, denunciare e, nello stesso tempo, proporre interventi ed iniziative di tutela a garanzia dell'ambiente. Non di meno, mi auguro che la soluzione adottata possa funzionare e non crei né meccanismi corporativi né contrapposizioni ed asprezze, e non faccia venir meno nelle associazioni ambientaliste questo ruolo principale che deve necessariamente essere di indipendenza.
Per quanto riguarda il testo di legge, ritengo inoltre rilevante avere chiarito bene il punto relativo alle modalità di commissariamento degli enti; si tratta di una sorta di "contropartita" rispetto al maggiore ruolo riconosciuto alle autonome locali e alla partecipazione locale nella gestione delle aree protette. E' giusto che questo avvenga insieme ad una migliore chiarificazione per quanto riguarda la parte relativa al commissariamento: questa delega, oggi più ampia, però tiene ferma una possibilità di intervento regionale, in casi specificamente definiti dalla legge.
Altro punto rilevante è purtroppo, per l'ennesima volta, non aver tratto le opportune e conseguenti determinazioni dell'affermazione che la politica delle aree protette richiede investimenti e comporta dei costi per cui questa politica può essere realistica e rappresentare una concreta scelta politica solamente se si accompagna ad analoghe scelte quando si approvano i bilanci e gli assestamenti di bilancio.
E' stato richiamato il rapporto tra città e montagna, città ed aree marginali, tema che questa legge tocca solo di sfuggita, ma che sarà il punto cruciale nella nostra politica delle aree protette. Certo, la Regione ha, per quanto riguarda le modalità di attuazione dei vari articoli di questa legge, scelto la popolazione e le istituzioni locali, rispetto ad un meccanismo centralistico, preferendo altresì una concezione di tutela e di utilizzo del territorio che tiene conto non solo dell'attualità, ma anche della storia e dei diversi, complessi ed articolati sedimenti culturali.
Si tratta di un punto rilevante, che deve essere fatto salvo. A mio parere è uno dei punti cruciali della politica regionale. La politica delle aree protette deve mettere in gioco le aree marginali, i suoi abitanti e le economie locali. Deve però anche essere in grado di proteggere adeguatamente il territorio nelle aree maggiormente rilevanti dal punto di vista economico e della rendita fondiaria. Una politica di protezione del territorio non può essere sempre soltanto giocata sulle aree marginali, pur in presenza di una più elevata qualità ambientale, stante il diverso e più accentuato livello di degrado di altre aree, quali quelle più centrali della nostra Regione o maggiormente antropizzate e industrializzate. La politica ambientale, nel futuro, si gioca anche, per non dire soprattutto su queste ultime aree.
Sulle attività agricole è stata fatta una serie di precisazioni che possono essere utili se verrà considerata, in primo luogo dalle associazioni di categoria agricole e dai loro più diretti rappresentanti in campo politico, effettivamente come una carta ed una scelta strategica quella della compatibilità tra attività agricola e protezione del territorio. Se, invece, una parte delle cose qui scritte verranno giocate in termini di più basso profilo politico-culturale, di più spicciola attenzione alla quotidianità, allora gli articoli così come sono scritti in particolare quelli relativi ai pioppeti, potranno dare luogo a crisi, a problemi, a momenti di conflittualità tra attività economiche ed attività di tutela del nostro territorio. Bisogna, e io sono disposto a farlo credere che anche da parte delle associazioni agricole, dei loro dirigenti e dei loro rappresentanti in quest'aula, vi sia una scelta strategica e un'accettazione concreta e reale dei vincoli ambientali all'interno dell'attività agricola. Se avverrà tutto ciò, questa legge contribuirà a sviluppare, mantenere ed aggiornare la politica regionale in materia di aree protette nell'interesse di tutti i cittadini piemontesi e nella consapevolezza degli scenari del futuro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, le due relazioni sono state sufficientemente esaustive nell'illustrazione delle novità e dei tagli politici relativi al provvedimento; mi esimo quindi da un commento più ampio, che certo il provvedimento merita e del quale spero e penso la comunità piemontese non avrà modo di recriminarne i ritardi rispetto alle attese.
L'approvazione del nuovo testo rielaborato e modificato della L.R. n.
43/75 pone termine ad una fase di riflessione sulle politiche dei parchi finalizzata non certo alla loro mortificazione, ma all'aggiornamento e all'adeguamento ai nuovi scenari di impegno politico ed ai nuovi quadri di riferimento normativo legislativo. Sono a tutti note le vicende di innovazione sotto il profilo legislativo intervenute in questi ultimi anni e non era certo possibile che fossimo del tutto ignari di un quadro legislativo in così rapida evoluzione, ma anche in così rapida capacità di produrre gli adeguamenti necessari al quadro legislativo regionale.
Nel 1975, quando la Giunta di centro-sinistra propose e il Consiglio regionale approvò la legge sui parchi, le politiche territoriali regionali non avevano ancora acquisito lo spessore di analisi e di progettualità necessarie all'armonizzazione delle previsioni comunali, ma soprattutto lo dico pensando al carico di responsabilità che pesa sull'Assessore Vetrino - non erano ancora state prese a carico di un apposito Assessorato le dimensioni qualitative del territorio piemontese per specifiche politiche di tutela.
I piani dei parchi, predisposti ed approvati successivamente nei quindici anni di efficacia della legge n. 43, hanno permesso di arricchire il repertorio delle valenze ambientali, non solo quelle generali e diffuse delle quali certamente il nostro territorio non manca di caratterizzazione se pensiamo alla contrapposizione dello scenario dell'arco alpino rispetto alla componente di pianura caratterizzata dalle emergenze collinari, ma anche quelle più circoscritte, troppe volte non sufficientemente conosciute e coinvolte nella valorizzazione da parte degli stessi residenti.
La caratterizzazione di questi piani di parchi è a valenza nazionale.
Credo che nessuna Regione abbia dei parchi piccoli come li ha la Regione Piemonte e questa è una caratterizzazione che ha i suoi limiti in termini di estensione territoriale nonostante i traguardi raggiunti siano maggiori di quelli di altre Regioni; ha però una valenza anche di tipo qualitativo perché è riuscita ad individuare una serie di specificità proprie delle emergenze ambientali paesistiche e naturalistiche che altre Regioni, come ad esempio la Lombardia, non sono riuscite ad evidenziare. Infatti, partite sul piede di guerra anche dal punto di vista dell'aggressività delle valenze ambientali a dimensioni tali, purtroppo si sono poi attestate sull'istituzione di pochi parchi (solo in quest'ultima legislatura è proseguita la politica dell'istituzione che era già stata prefigurata in altre).
Sarebbe però illusorio pensare che solo l'ampliamento della dimensione territoriale e, sia pure a piccoli episodi, anche del numero dei parchi possa determinare quei consensi alle limitazioni d'uso e alle norme di gestione, sulle quali i legislatori e la Regione, come ente preposto alla disciplina degli enti di gestione, devono misurarsi. E' questo che io vorrei sottolineare in questo breve intervento.
Noi ci siamo preoccupati, al di là di tutte le giuste cose già sottolineate dai colleghi, di introdurre una grande innovazione e questa grande innovazione - lo sottolineo a chiare lettere perché forse non viene colta nella grande valenza che potrà determinare - riguarda la possibilità (perché per ora bisogna dire che realisticamente ci confrontiamo con la capacità di gestire questo momento di intuizione legislativa) di coinvolgere all'interno della normativa e della disciplina urbanistica tutta una serie di realtà territoriali per le quali in un primo tempo prefiguravamo solo un tipo di gestione affidata agli enti preposti. Questa è una grossa innovazione che ci permetterà di ampliare la dimensione territoriale comprendendovi appieno, mi auguro, anche tutta la dimensione fluviale della nostra Regione, in un quadro di riferimento alla norma e all'istituzione preposta alla gestione della norma che non sia necessariamente solo l'ente di gestione del parco. Questa è una novità di non poco conto che deve essere evidenziata in tutta la reale consistenza anche con tutti i rischi che un'innovazione di questo tipo potrà produrre.
E' noto come non solo la classificazione delle aree protette prefigura una chiara distinzione tra i parchi naturali, le riserve naturali e le aree attrezzate o le zone di pre-parco di salvaguardia, ma proprio nel terzo comma dell'art. 6 si dice che "le aree attrezzate, le zone di pre-parco e le zone di salvaguardia, possono essere istituite con legge regionale ovvero con deliberazione del Consiglio regionale; in quest'ultimo caso il regime normativo ed autorizzativo è disciplinato all'interno degli strumenti di pianificazione territoriale o di pianificazione urbanistica".
Questo passo ci consentirà una grande dilatazione territoriale delle aree protette, ma anche un alleggerimento di quel carico di gestione che finora ha impattato pesantemente in termini di esigenze economiche, di personale di strumenti e mezzi (anche solo di palinature) che in realtà, in molti casi, rischiavano di essere eccessivi nell'investimento effettuato rispetto agli effetti prodotti. In molti casi infatti si rischiava di far sfuggire alla tutela del territorio, alla salvaguardia da parte dei Comuni e delle istituzioni ampie parti del loro territorio, trincerandosi dietro a quello che, purtroppo, oggi è l'alibi che caratterizza il regime o la non gestione del regime autorizzativo della legge Galasso. Tutta una serie di territori che, per legge, dovrebbero essere gestiti in un regime autorizzativo proprio, che fa capo alla Regione, ed essere soggetti però a quel tanto di coerenza e di controllo da parte dei Comuni, oggi di fatto sfugge perché i Comuni si sentono deresponsabilizzati da questo compito.
Dobbiamo invece sottolineare che con questa innovazione abbiamo recuperato un regime normativo ed autorizzativo che viene incontro a tutte le richieste venute dalle istituzioni e dai Comuni di non essere scavalcati, di non essere tagliati fuori, ma di essere coinvolti. Abbiamo in fondo, recuperato in un unico regime autorizzativo il doppio o triplo sportello che in molti casi rischiava di sovrapporsi tra il regime della Galasso e la pianificazione a scala territoriale, dove si esige un intervento autorizzativo che non è lo stesso sportello regionale della legge Galasso; ciò con una serie di intrecci dal punto di vista normativo che rischiavano di investire altri livelli istituzionali (nella fattispecie l'ente gestione del parco). In fondo, una semplificazione di questo regime autorizzativo e normativo può conseguire gli stessi risultati all'interno di un quadro di specificità e di compiti delegati ai Comuni, i quali presiedono il loro territorio e ai quali sono assegnate risorse e personale che, se non sufficiente, vanno integrati per tutelare le valenze ambientali del loro territorio.
Questa è la grande innovazione sulla quale si apre lo scenario delle politiche ulteriori per l'istituzione di nuovi parchi. Credo non si possa sfuggire al commento che oggi è d'obbligo nel quadro degli impegni che ci siamo assunti anche rispetto alle proposte giacenti e rispetto allo stesso Parco fluviale del Po. L'introduzione di questa innovazione apre una prospettiva di tipo nuovo alle proposte di legge che sono state presentate e che la Giunta ha recuperato in una sua propria proposta, quella dei quattro disegni di legge. L'ho già detto in Commissione, l'ho detto ieri secondo me non dobbiamo, con le innovazioni introdotte (sia il regime transitorio, sia quello definitivo), pensare che precipitando o comunque imponendoci una decisione affrettata sulle proposte giacenti noi faremmo un buon servizio alla comunità piemontese. Ai sensi della classificazione prevista all'art. 5 del nuovo testo del disegno di legge noi possiamo tutelare come zone di salvaguardia praticamente la totalità delle perimetrazioni a suo tempo prefigurate nel territorio. E lo possiamo fare al limite, anche con una deliberazione del Consiglio regionale. Dal punto di vista dell'efficacia e dal punto di vista degli approfondimenti necessari per l'investimento (penso soprattutto ai piani naturalistici) dobbiamo però assicurare al patrimonio di tutela e di salvaguardia della comunità piemontese anche quelle aree naturalistiche che i progetti e le proposte hanno individuato. Su queste, nonostante i tempi siano molto stretti, la Commissione, in accordo con la Giunta, potrebbe applicarsi per mettere a fuoco la conclusione delle proposte presentate in modo tale che successivamente, non appena istituite le leggi, si possano, a cascata predisporre i piani naturalistici e fare gli investimenti necessari.
Inoltre, per la totalità delle perimetrazioni individuate a tutela, qualora non fossimo pronti all'approvazione della legge, abbiamo anche lo strumento della deliberazione. Richiamo quindi questa proposta, come ho già fatto in Commissione, quale percorso possibile per giungere alla conclusione degli sforzi fatti dall'Assessorato, delle unanimi istanze che provengono sia dalle forze politiche, sia dalla comunità piemontese affinché la vicenda del Parco fluviale del Po trovi una sua dignitosa conclusione. Con il mio intervento desideravo richiamare questa proposta come momento di riflessione, salvo verificarne la praticabilità nella Commissione preposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come è stato già detto, si tratta di una proposta di legge che ha avuto una lunga gestazione in Commissione, che è frutto di un confronto politico molto serrato ed articolato, ed è indubbio che il prodotto legislativo che ne deriva presenta notevoli elementi di innovazione rispetto alla legge n. 43.
Tuttavia, non recepisce tutte le innovazioni che noi avremmo voluto; ad esempio, nel rapporto parchi-agricoltura, ci sono ancora alcune zone d'ombra. Nel complesso, però, il prodotto legislativo è buono; molte delle innovazioni apportate sono il frutto del contributo dato dalle singole forze politiche (compresa la nostra) e sono positive e necessarie.
Queste considerazioni molto schematiche e di sintesi, che peraltro riprendono una serie di considerazioni sviluppate da altri colleghi portano ad una prima conclusione. Se si considerano positive le innovazioni apportate, quale giudizio si deve dare della legge n. 43? Era una legge che presentava smagliature, una legge di difficile applicazione, che lascia dietro di sé un ricordo negativo? A me pare che in qualche accenno di qualche intervento si siano adombrati questi interrogativi. Se la questione viene posta in questi termini, il giudizio sulla legge n. 43 non è n giusto né obiettivo. Il problema, sotto questo aspetto squisitamente di carattere politico, non è secondario. Si tratta di capire se questa nostra nuova legge, apportando gli aggiustamenti e le innovazioni necessarie produrrà continuità nella politica dei parchi che in questi cinque anni ha registrato una fase di stanca, delle cadute, frutto peraltro di forti divisioni nella maggioranza - un'eco l'abbiamo ancora sentita poc'anzi nell'intervento del collega Picco - o se invece essa potrà rappresentare un elemento sulla base del quale costruire un rilancio. Si tratta quindi di capire quale giudizio diamo sulla legge n. 43. Successivamente dirò cosa pensa il nostro Gruppo, ma ciò compete in particolare alla maggioranza, al cui interno sappiamo esistere una verifica e rispetto alla quale la questione dei parchi è un punto nodale. Poc'anzi abbiamo sentito dire dal collega Picco che questa legge apre un percorso per quanto riguarda il Parco del Po; non voglio anticipare niente, speriamo che la maggioranza sia in grado di dire se ci troveremo di fronte a rilanci o ad insabbiamenti. Da questo punto di vista, il vero punto di verifica nell'immediato non sarà tanto e solo la sorte che toccherà a questa legge, ma la sorte che toccherà al Parco del Po, cioè sino a che punto nella maggioranza c'è una volontà politica di avviare il Parco del Po su tutta l'area piemontese interessata.
Detto questo, se si rilancia o se si insabbia, qualche parola sulla legge n. 43 è comunque necessario dirla.
Credo che legge n. 43 sia stata altamente positiva anche per il contesto di pianificazione territoriale in cui si poneva. La filosofia di fondo di quella legge è tuttora valida e, giustamente, la collega Bresso nella sua relazione ha sottolineato cose che erano presenti nella legge n.
43 e che lo sono in questa proposta di legge. Il parco non viene visto come un'area fine a se stessa, bensì come parte integrante di una politica di gestione e di governo del territorio, quindi come strumento e momento di pianificazione territoriale.
Oggi è facile dire queste cose, perché in linea teorica sono cose acquisite; diverse sono le difficoltà per quanto riguarda la gestione. Noi sappiamo quanta e quale fatica si è dovuto spendere per realizzare i parchi in passato, di fronte alle resistenze e alle conflittualità riscontrate ogni qualvolta si proponeva un parco. Se oggi i parchi in Piemonte sono una quarantina circa, se oggi il Piemonte può ancora vantare un primato nazionale nella politica dei parchi, lo si deve alla legge n. 43. Se all'interno dei parchi si registrano un milione di visitatori all'anno secondo uno studio dell'IRES (possono essere pochi o molti, certamente lontani dalla tradizione anglosassone, ma è pur sempre un dato significativo), è certamente un risultato dovuto alla politica della legge n. 43.
Oggi occorre andare avanti, coniugare insieme le cose che ricordava il Consigliere Ala (la pressione antropica con le esigenze di promozione turistica, didattica e scientifica, il parco inteso non solo come vincolo ma come risorsa). Questo significa che la legge in discussione è una legge su cui il contributo dell'Assessorato ai parchi è stato notevole; deve per essere una legge della Giunta nel suo complesso,nel senso che nella politica dei parchi interagiscono e devono interagire anche altri Assessorati, a cominciare dal turismo e dall'agricoltura.
A parte queste considerazioni, questi sono i risultati della legge n.
43, risultati avvenuti peraltro in una situazione iniziale di indeterminatezza giuridico-istituzionale. Oggi sembra tutto più facile, ma io credo che basti consultare alcune riviste in materia di diritto amministrativo di qualche anno fa per trovarsi di fronte a fior di luminari che sostenevano che i parchi erano una competenza statale e che andavano oltre una politica di pianificazione territoriale. Di fronte alle impostazioni di tali luminari, è chiaro che i quaranta parchi realizzati in Piemonte sono stati, per quanto riguarda gli aspetti giudirico istituzionali, strappati con i denti.
Tutto bene, dunque? Non credo, perché anche per quanto riguarda la legge n. 43 si sono verificati ritardi nella definizione dei piani previsti per ogni parco, e a volte anche delle vere forme di sottoutilizzo dei parchi stessi. Tuttavia credo che il giudizio sulla legge n. 43 non possa essere negativo, e non per una ragione aprioristico-ideologica, ma perché i suoi principi ispiratori e le finalità generali rimangono invariati anche in questa legge.
Noi passiamo da una lunga e faticosa politica di avvio dei parchi ad una fase di consolidamento; qui sta la ragione vera di questa nuova legge di qui nasce l'esigenza di un nuovo testo che prevede la riforma degli enti, la realizzazione di accorpamenti, cose che vanno nella direzione del consolidamento che prevede anche una migliore organizzazione e razionalizzazione degli elementi di ricerca scientifica realizzabili all'interno dei parchi.
Anche sulla base dell'esperienza acquisita, occorre considerare la questione dei parchi alla luce della sua ricaduta sullo scenario socio economico. Di qui nascono alcune modifiche illustrate dal collega Paris nel rapporto tra parchi ed agricoltura. Non mi soffermo sulle illustrazioni del collega, mi sembrano corrette anche se occorre dire che da domani noi non saremo di fronte ad una sorta di liberalizzazione completa, assoluta e senza vincoli delle scelte colturali e delle attività agricole (il collega Ala ha fatto bene a ricordarlo). Molto dipenderà dai piani che si faranno e da come si potranno combinare in modo corretto le esigenze di tutela con quelle delle attività agricole.
Il taglio dato dal collega Paris alla sua relazione mi sembra per presentare alcuni elementi riduttivi, nel senso che il rapporto agricoltura aree protette viene posto in termini quasi esclusivamente di tutela, per quanto è possibile, dei diritti degli agricoltori. Questo aspetto non lo contesto, non lo considero marginale, ma non è l'unica questione. Occorre capire quali ricadute socio-economiche può produrre un parco, come queste ricadute possono essere ottimizzate, con quali politiche interassessorili.
L'aspetto delle ricadute e delle politiche interassessorili è la parte più carente della legge. Intendiamoci, ponendo l'accento su queste carenze non voglio assolutamente dire che la legge non va, nel senso che gli argomenti portati dalla collega Bresso sono argomenti forti; tuttavia consentitemi di dire che questo è un aspetto carente.
Il parco, lo diceva il collega Tapparo, non deve essere solo vincolo ma potenzialità e valorizzazione. Nella nostra Regione si spendono per ogni abitante 2.700 lire per i parchi; un tempo si diceva che se da 2.700 lire si fosse passati a 10.000 lire saremmo stati di fronte ad un ottimo risultato. Analizzando la legge così come è oggi, molto probabilmente le esigenze sono di andare anche oltre le 10.000 lire; le risorse messe in campo non saranno indifferenti. Cito tre esempi per rendere l'idea: 1) l'art. 37, punto b), "Indennizzi derivati da limitazioni colturali e da modificazioni delle tecniche di coltivazione" implica delle risorse, se si vuole coprire totalmente l'indennizzo, non certamente marginali 2) l'art. 27 è un articolo che riteniamo interessante, nel senso che i piani di intervento vengono considerati come strumenti attuativi del piano d'area, dei piani di assestamento forestale e dei piani naturalistici. I piani di intervento implicano la messa in movimento di risorse interassessorili, quindi molto dipenderà dal tipo di gestione che la Giunta saprà darsi, in particolare relativamente agli articoli che prevedono attività interassessorili 3) l'art. 30 pone delle difficoltà di gestione, se posto in relazione con l'art. 34. L'art. 30, infatti, presenta canali di finanziamento tradizionali dell'Assessorato all'agricoltura: gli operatori agricoli all'interno del parco possono avere le priorità, però fanno le domande quindi seguono i soliti canali (Assessorato, Servizi decentrati dell'agricoltura, leggi attualmente in vigore). L'art. 34 interviene sulle stesse cose, però con risorse a disposizione degli enti di gestione: sono due canali diversi. L'art. 34 pone in secondo luogo il problema delle tipologie edilizie, della copertura delle differenze nella realizzazione di fabbricati che tengano conto delle tipologie edilizie presenti nel parco.
Anche in questo caso devono essere valutate delle risorse notevoli.
Ho voluto porre l'accento su qualche neo, pur tuttavia dichiaro che la proposta nel complesso è apprezzabile e che in essa ci riconosciamo abbiamo dato il nostro apporto in Commissione per far uscire il miglior prodotto legislativo possibile e per queste ragioni, a meno che non ci si trovi di fronte ad emendamenti stravolgenti dell'ultima ora da noi non condivisi, voteremo favorevolmente questo testo di legge.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola ha facoltà di replicare l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, la pacatezza con la quale si è svolto questo dibattito, pur su una legge importante come è stata riconosciuta, a parte un piccolo dissenso del collega Ferro al quale peraltro risponderò con la forza delle cifre, pacatezza che peraltro è normale a proposito di una legge licenziata all'unanimità dalla Commissione, mi esime da una replica vera e propria e mi mette in condizione di fare alcune riflessioni che gli interventi di questa mattina hanno stimolato, a seguito di un dibattito molto intenso, come è stato ricordato, nell'ambito della Commissione consiliare competente.
Desidero sottolineare anche la disponibilità dell'intero Gruppo DC di porsi di fronte al problema del Po configurando la possibilità di giungere ad una soluzione nel corso della presente legislatura. Questo è un dato politico apprezzabilissimo, pur nel corso di una verifica che si sta svolgendo nell'ambito delle forze politiche di maggioranza; ritengo per che tale disponibilità apra ad una prospettiva di soluzione che pu soddisfare tutte le istanze ricordate dal collega Picco.
Questa legge valorizza un lavoro collegiale che forse difficilmente nell'ambito delle Commissioni, si riesce a valorizzare, perché, pur partendo da disegni di legge differenziati, il prodotto non mortifica nessuna delle posizioni così come erano esplicitate nei primitivi disegni di legge dei Gruppi consiliari e della Giunta. Questo è un disegno di legge non perfetto, però a me sembra che tutti i Gruppi possano ritenersi sostanzialmente soddisfatti, perché i principi base sui quali i disegni di legge si erano collocati sono stati recepiti. Si tratta di una materia che abbiamo vissuto tutti in questi anni, che abbiamo considerato e sofferto per cui siamo stati in grado di fare un buon lavoro, che non è perfetto lo ripeto ma che valorizza il contributo di tutti.
Si è parlato della decisione di fare una revisione oppure un'integrazione; infatti i disegni di legge si collocavano taluni nell'ambito della revisione della legge n. 43, talaltri nell'ambito dell'integrazione. Personalmente sono sempre stata convinta che la legge n.
43 non dovesse essere assolutamente rivista nei suoi principi basilari, nei suoi principi essenziali e nella sua enunciazione. E' vero che l'art. 1 è stato aggiornato, siamo diventati tutti più colti, più sensibili dei legislatori del 1975: abbiamo strumenti ed informazioni maggiori in un mondo che a questo riguardo ha fatto passi da gigante. La Giunta aveva presentato un disegno di legge che si collocava come una nuova normativa che salvava la legge n. 43, rendendola più gestibile ed accettabile. Il lavoro di Commissione ha portato ad una revisione più sostanziale e quindi la Giunta ha accettato che si abrogasse la legge perché ormai era nell'ordine delle cose: non si poteva infatti mantenere in vita una legge rispetto alla quale quasi tutti gli articoli, anche se solo marginalmente venivano toccati.
Parlerò naturalmente del disegno di legge della Giunta, visto che ognuno ha parlato dei propri testi di legge: i capisaldi su cui si basava la revisione proposta dalla Giunta erano tre.
Il primo, di tipo istituzionale, era relativo agli accorpamenti dei parchi. Questo è il lato del disegno di legge sul quale la Giunta è stata più perdente, l'ho riconosciuto in tutte le occasioni; d'altra parte quando si fanno le consultazioni, le forze politiche devono avere la capacità di comprendere qual è l'atmosfera e quale può essere una situazione di compromesso che è quella che poi abbiamo accettato. Non abbiamo fatto tutti gli accorpamenti che avevamo previsto, però è passato il principio dell'accorpamento che era il dato di fondo politico su cui la Giunta si era impegnata. Questo accorpamento potrà avvenire per momenti graduali successivi negli anni a venire, quando si verificheranno le necessarie condizioni politiche (quelle territoriali in molti casi esistono già).
Il secondo caposaldo era di ricondurre ad un unico ente il fatto gestionale. Noi avevamo attualmente cinque forme di gestione affidate ai Comuni, Consorzi di Comuni, ente apposito, Comunità montane; attraverso questo disegno di legge recuperiamo il ruolo fondamentale dell'ente strumentale, e questo mi sembra un dato acquisito importante di regolamentazione istituzionale significativa che segna un momento di accordo e di sintesi, che nel futuro può determinare anche una migliore direzione di questi nostri enti parco. Il secondo aspetto era quello che atteneva ad una maggiore rappresentanza, un maggior coinvolgimento di tutti coloro che dei parchi e nei parchi in questi anni hanno vissuto, a cominciare da quel Comitato scientifico a cui abbiamo voluto dare maggior protagonismo prevedendone con più attenzione funzioni e momenti significativi nello sviluppo della politica dei parchi più di quanto sia avvenuto in passato. E questo mi sembra un altro dato che qualifica la nostra proposta.
Da ultimo il lato gestionale, su cui molti Consiglieri si sono soffermati. L'obiettivo era di garantire la fruizione sociale culturale del parco, non danneggiando troppo le proprietà, quindi un raccordo anche più interessante, più istituzionalizzato con gli Assessorati che, attraverso i loro bilanci, hanno la possibilità di fare delle cose per i parchi, a partire dall'Assessorato all'agricoltura a quello al turismo o alla cultura. La Giunta è sostanzialmente soddisfatta di questo testo di legge ripeto, mette in evidenza i compromessi ai quali ha dovuto giungere per rendere questo testo accettabile dal Consiglio regionale, tuttavia i compromessi introdotti non sono stati tali da ledere la sua dignità legislativa e dunque con soddisfazione e all'unanimità potrà votare questo disegno di legge.
A questo punto, credo occorra dare delle informazioni in un momento di sintesi di discorso sui parchi, che probabilmente potrà essere ripreso. Pu essere un momento importante, non definitivo, ma significativo al termine di questa legislatura.
Anch'io, come il collega Picco, non credo che il numero delle aree protette sia così importante. Cioè le aree protette si fanno dove bisogna farle, non per aggiungere un parco ai quarantuno che abbiamo. Anche perch se questa cifra (quarantuno) può essere molto interessante se si fa un confronto con le altre Regioni italiane, così non è se la si confronta con i dati relativi a Vienna, nella cui area metropolitana ci sono ottocento parchi. Quindi tutto è veramente relativo. Queste quarantuno aree protette oggi raggiungono il 3,475% della superficie regionale, e non è il 5 previsto dal Piano dei parchi in vigore, che scadrà nel 1990.
Attualmente il Piano regionale dei parchi, approvato dal Consiglio nel 1985, prevede l'istituzione di altre quattordici aree protette per complessivi 35.176 ettari. A questo riguardo - occorre sottolinearlo - la Giunta ha presentato alla Commissione consiliare competente alcuni disegni di legge che, se approvati nei termini della legislatura, porterebbero un ulteriore incremento di 30.000 ettari di superficie protetta, il che ci farebbe dire (e lo dico al Consigliere Ferro) che il Piano dei parchi vigente sarebbe attuato al 90%.
Ragionevolmente devo dire che, visti i tempi a disposizione, a meno di fare un tour de force particolare alla fine della legislatura, non siamo in condizioni di rendere definitivi i disegni di legge della Giunta; però, dal lato della mia competenza e della rappresentanza che ho nell'ambito della Giunta, sono assolutamente tranquilla. Ho assolutamente fatto tutto quello che era previsto per il 1985 (tranne qualche piccolo parco che, tra l'altro, in una revisione del piano non verrebbe nemmeno inserito, perch abbiamo visto che erano delle aree assolutamente improponibili, soprattutto quelle che ci pongono a confronto con la Sovrintendenza per delle competenze ambigue o quantomeno discutibili). Ma devo dire di più: l'attività regionale in materia di parchi non si è limitata ad un'azione di tutela su aree di competenza della Regione, ma si è estesa anche ad una collaborazione molto intensa con lo Stato per le altre aree esistenti in Piemonte. Infatti in questi anni abbiamo avuto la fortuna di poter discutere con un Ministro che, quantomeno, ha tentato di mandare avanti un disegno di legge nazionale sui parchi nazionali, e il Parco nazionale del Gran Paradiso e le Riserve naturali del Monte Mottac e della Val Grande sono stati oggetto di incontri e di confronti costanti con il Ministero.
La superficie complessiva di queste aree in Piemonte è di 37.000 ettari, e porta la superficie già tutelata a parco a 125.000 ettari; quindi abbiamo ormai raggiunto, collega Bresso, il 5% della superficie regionale.
Deve essere ancora ricordato che la Regione ha proposto al Governo, al Ministro Ruffolo in particolare, la costituzione di un parco nazionale nell'area della Val Grande, parco che ricomprenderebbe le citate Riserve naturali del Monte Mottac e della Val Grande, come prima area "wilderness" europea. Questo nuovo parco nazionale, recentemente sancito da due decreti del Ministero dell'Ambiente, si estenderebbe a circa 11.000 ettari ed è notoriamente un parco di facile costituzione, in quanto il territorio è quasi interamente demaniale (una piccolissima parte è regionale), quindi non abbiamo i problemi che normalmente incontriamo quando andiamo a toccare la proprietà privata.
Infine deve essere sottolineato che nell'ambito del disegno di legge nazionale, che attualmente è in discussione alla competente Commissione della Camera dei Deputati e speriamo vada presto in porto, è prevista in Piemonte l'istituzione di un altro parco nazionale, quello delle Alpi Marittime, che addirittura interesserebbe anche la Liguria. Per quanto riguarda il Piemonte, questo parco è già praticamente esistente, in quanto si sovrapporrebbe agli esistenti parchi dell'Argentera e del Bosco e della Riserva di Palanfrè.
A questo punto, vorrei chiudere con un'ultima osservazione. La scelta dei parchi, così come l'abbiamo fatta in questo disegno di legge, la scelta di politica nuova dei parchi implica necessariamente una scelta finanziaria coraggiosa, perché altrimenti avremmo speso inutilmente il nostro tempo. E' inutile voler introdurre norme nuove, aggiornare una politica, farla diventare generale, farne una bandiera della Regione Piemonte se poi, nel momento in cui si stila il bilancio, i parchi vengono trattati non dico come l'ultima ruota del carro, ma certamente non come la prima.
Nell'ambito di una serie di priorità di questa Regione che toccano l'ambiente in senso lato, sicuramente la politica ambientale riferita alla tutela paesaggistica deve diventare nell'ambito del bilancio regionale prioritaria; oggi non lo è, perché le 2.700 lire ricordate dal collega Ferro sono effettivamente un'inezia. Forse bisogna trovare altre fonti di finanziamento fuori dalla Regione; forse bisogna anche sollecitare la sensibilità e la coscienza ambientale dei piemontesi che potrebbero essere disposti (questo lo abbiamo previsto attraverso la costituzione degli "Amici dei parchi") a dare delle sponsorizzazioni anche piccole e a farsi promotori di iniziative nei singoli parchi. Io spero che il Governo italiano, che ha avuto il coraggio di destinare al disegno di legge di istituzione dei nuovi parchi nazionali 735 miliardi, pensi anche ai parchi regionali, perché quando si chiede, quasi si impone attraverso la percentuale del 10%, l'individuazione delle aree, noi individuiamo sì le aree, ma vogliamo anche gestirle con dignità e non in povertà, per poter effettivamente raggiungere gli obiettivi che ci siamo proposti.
Questo dibattito ha fatto giustizia di tante cose che erano nell'aria ha ricomposto tante situazioni e tante incertezze e ha visto questo disegno di legge accettato anche da coloro che in passato si erano opposti.
Recentemente ho partecipato ad alcuni dibattiti nella comunità piemontese e devo dire che, di fronte a questo disegno di legge, ho visto personaggi notoriamente ostili alla politica dei parchi diventare non dico entusiasti ma certamente disponibili a dare una mano affinché la gestione attraverso la quale realizzare concretamente - lo ricordava il Consigliere Masaracchio nel suo intervento - gli obiettivi proposti sia affidata a mani capaci.
Ritengo che ciò sia possibile con i Consigli costituiti così come li abbiamo individuati; probabilmente potremo anche avere un miglioramento anche se concordo con la posizione espressa dal collega Ala sulla presenza degli ambientalisti.
Detto questo, signor Presidente, la ringrazio per il tempo che ha voluto dedicare a questo disegno di legge, che segna un momento alto di questo Consiglio per il dibattito e il confronto civile che è riuscito a sviluppare nell'ambito della Commissione, per il confronto importante che si è avuto successivamente in aula e anche per la valorizzazione dei contributi di quei singoli che individualmente, anche con molta passione hanno portato avanti questo progetto, nella consapevolezza di dare un contributo sostanziale alla politica ambientale della Regione Piemonte, e forse anche un contributo sostanziale più generale alla politica universale dell'ambiente.



PRESIDENTE

Non essendovi richieste di replica da parte dei relatori, si conclude a questo punto la prima parte dei lavori del Consiglio.
L'esame di questo provvedimento riprenderà dopo la discussione sulla deliberazione di ripartizione dei fondi nel settore sanitario, che avverrà all'inizio dei lavori pomeridiani.
Prima di sospendere la seduta, informo il Consiglio che alle ore 14,45 è convocata la riunione dei Capigruppo.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,50, riprende alle ore 16)


Argomento: Università

Comunicazione della Giunta regionale in merito all'incontro con il Ministro Ruberti sui problemi dell'Università


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Prima di passare all'iscrizione all'o.d.g. della proposta di deliberazione n. 1307, ha chiesto la parola l'Assessore Nerviani per rendere una breve comunicazione sull'incontro svoltosi con il Ministro Ruberti in merito ai problemi dell'Università. Ne ha facoltà.



NERVIANI Enrico, Assessore alla istruzione

Signor Presidente e colleghi, ritengo doveroso informare il Consiglio dei risultati dell'incontro svoltosi ieri con il Ministro Ruberti e che aveva come tema centrale il decentramento universitario in Piemonte e il processo di attuazione del Piano quadriennale di sviluppo delle Università per la parte interessante la nostra Regione.
La delegazione era autorevole, perché formata dal Rettore del Politecnico, prof. Zich, dal rappresentante del Rettore dell'Università prof. Curoni, dal Presidente della VI Commissione consiliare, Villa, dai Presidenti dei Comitati per l'insediamento universitario di Novara Alessandria e Vercelli, dai Consiglieri regionali Rossa, Valeri e Masaracchio, dal Presidente della Scuola diretta a fini speciali, Morezzi e dal rappresentante della Valle d'Aosta, Assessore Vierin, che era interessato all'incontro per i riflessi che potevano esserci sull'organizzazione delle scuole dirette a fini speciali in quella Regione.
La richiesta era stata formulata tempo fa e, per una serie di impedimenti, l'incontro non si era potuto realizzare prima. Recentemente altre ragioni spingevano a sollecitare questo incontro: la prima di esse era costituita dalla lettura della nuova formulazione del disegno di legge n. 1660, dalla quale appariva in termini preoccupanti come un'attenzione privilegiata assolutamente particolare venisse data ad altri Atenei, in specifico a quelli di Roma, Napoli e Bari nonché a facoltà che dovevano sorgere gemmate in altre zone del nostro Paese. La preoccupazione era fondata, almeno da una prima lettura del testo che era venuto nelle nostre mani, e il Ministro stesso lo ha riconosciuto. Il primo elemento importante ed obiettivamente registrabile è che il Ministro ha assicurato che le menzioni fatte in aggiunta nel nuovo disegno di legge sono davvero aggiuntive e non intaccano il diritto delle Regioni a cui doveva andare una privilegiata attenzione da parte degli interventi del Ministero, cioè la garanzia di avere una segnalazione prioritaria nel momento in cui saranno distribuite le risorse per l'attuazione del Piano di sviluppo dell'Università nel nostro Paese.
Il Ministro per la Ricerca Scientifica e per l'Università, Ruberti, ha assicurato che la volontà espressa dal legislatore, alla quale noi ci siamo fortemente richiamati con la legge n. 590/82 e successivamente con il decreto del Presidente del Consiglio 13/5/1989, sarà rigorosamente rispettata, e quindi verrà riconosciuta al Piemonte, obiettivamente carente di qualunque tipo di decentramento formalmente riconosciuto, assoluta priorità nella destinazione delle risorse disponibili.
Noi abbiamo manifestato soddisfazione per questa dichiarazione e abbiamo preso atto altresì che il Ministro ha intenzione di chiedere l'accelerazione dell'approvazione della legge sulle procedure che è preliminare all'attuazione del Piano di sviluppo già altre volte menzionato. Il Ministro ha garantito in termini generali un primo reperimento di risorse a copertura del Piano quadriennale, 660 miliardi nel triennio, di cui il 50% per il funzionamento e il 50% per investimenti in attrezzature; ha assicurato inoltre la destinazione di 198 ricercatori specificamente alle realtà gemmate. A questa prima quota, potrà aggiungersi una quota parte dei 500 ricercatori e dei 1.000 tecnici amministrativi previsti dalla legge in corso di approvazione alle sedi gemmate, cioè parte dei 1.000 tecnici amministrativi e dei 500 ricercatori destinati complessivamente all'Università potranno aggiungersi ai 198 specificamente destinati alle sedi decentrate.
Vi è stata una sottolineatura della rilevanza che si deve dare soprattutto per le aree tecniche ai diplomi universitari di primo livello e quindi alle scuole dirette a fini speciali. Si può dire che il Ministro ha assicurato che se la legge di delegificazione, la legge delle procedure verrà approvata in tempo e cioè entro marzo, tutti i corsi previsti in atto presso le sedi di Novara, Alessandria e Vercelli avranno il riconoscimento ufficiale e potranno conseguentemente essere destinatari di professori di ruolo, vincitori di concorso o trasferiti, progressivamente a carico dei bilanci delle singole Università gemmate.
Possiamo dire con relativa tranquillità che ci sembra di essere sulla strada delle certezze e non più delle ipotesi. Adesso tutti assieme dobbiamo ancora continuare a fare la nostra parte, soprattutto nel sollecitare i parlamentari della Regione perché si porti con convinzione a termine il progetto da tempo definito.
Fuori da ogni retorica, un ringraziamento vivissimo ai colleghi della VI commissione e a tutti coloro che hanno partecipato all'incontro, perch sono stati di aiuto essenziale per la buona riuscita dello stesso.



PRESIDENTE

Credo di dover interpretare il pensiero dell'assemblea ringraziando l'Assessore Nerviani che, molto coerentemente, ha seguito questo problema che, dall'incontro di ieri, pare avviarsi nella direzione di far decollare definitivamente la seconda Università. Le perplessità che avevamo espresso sono state fugate; è quindi doveroso esprimere la nostra gratitudine per l'impegno che ha portato avanti.



REBURDO Giuseppe

Chiedo la parola per porre una questione relativamente a questo tema.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Rispetto alla situazione dell'Università di Torino dal punto di vista delle strutture disastrose nelle quali sono costretti ad operare i docenti il personale non docente ed in particolare gli studenti, è stato detto qualcosa?



NERVIANI Enrico, Assessore all'istruzione

E' stato detto di striscio, perché questo era uno degli argomenti: è stato fatto riferimento al Piano di edilizia universitaria che prevede un investimento di 2.400 miliardi nel triennio. E' stato ricordato che tutto quanto nel 1988 è stato chiesto attraverso il FIO per l'Università del Piemonte è stato concesso. In effetti 19 miliardi e 600 milioni sono stati riconosciuti al Politecnico di Torino per nuove strutture. E' noto che nella zona di Grugliasco sono già finanziati numerosi interventi interessanti in particolare la Facoltà di Agraria e, se ci saranno le risorse - questo non posso prometterlo né tanto meno assicurarlo - ritengo che una quota parte di quei 2.400 miliardi dovrà venire al Piemonte.
Il Ministro ha anche parlato di uno sdoppiamento del Politecnico di Torino; quando si parla di sdoppiamenti, si sottintendono anche le risorse necessarie perché questo avvenga, nonché una destinazione specifica del personale e dei professori in prospettiva di questo sdoppiamento. La riunione è stata molto lunga, ma anche molto concitata. Non vorrei essere stato impreciso, ma credo che questi siano dati fondati.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 1307: "Adozione programma decennale e triennale di investimenti ex art. 20 legge 11/3/1988, n. 67"


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. la proposta di deliberazione n. 1307.
Ha chiesto la parola il Consigliere Monticelli. Ne ha facoltà.



MONTICELLI Antonio

Svolgo una dichiarazione di voto a nome del Gruppo comunista, visto che si tratta di approvare la proposta di iscrizione all'o.d.g.
Mi permetto di ricordare al Presidente e ai colleghi Consiglieri un fatto non del tutto noto a questa assemblea. Il nostro Gruppo, nella riunione dei Capigruppo di 15 giorni fa, sollevò la questione che ci era giunta voce che la Giunta stesse per prendere questa deliberazione con i poteri del Consiglio. Il nostro Gruppo sollevò l'argomento e chiese chiarimenti al Presidente della Giunta regionale, Beltrami, che in quel momento rappresentava la Giunta.
Fu necessaria una successiva riunione dei Capigruppo, la settimana seguente, per avere dal Presidente Beltrami le assicurazioni che la Giunta stava operando per portare in Consiglio questa deliberazione.
Questo, unito al fatto che quando venne posta la nostra questione non ci fu data una risposta netta ed esaustiva sull'argomento, perché il Presidente della Giunta Beltrami dichiarò di non essere pienamente informato sull'argomento, ha suscitato fin dall'inizio nel nostro Gruppo notevoli perplessità.
Vorrei far presente che si tratta di una questione di grandissima rilevanza. Come i colleghi vedranno - se evidentemente si arriverà all'iscrizione e alla discussione dell'argomento e se ne parlerà certamente in alcuni interventi - con questa deliberazione si impegnano per i prossimi dieci anni qualcosa come 3.121 miliardi di lire. Ripeto: 3.121 miliardi di lire. In sostanza, dal punto di vista dell'impegno finanziario, anche se su un arco pluriennale lungo, questo è l'atto più importante che la Regione abbia mai compiuto in questa legislatura. Il Gruppo comunista ha tutto il diritto di presumere - per come sono andate le cose - che se il nostro Gruppo non avesse sollevato la questione in quella seduta dei Capigruppo 15 giorni fa, questo atto sarebbe stato assunto dalla Giunta con i poteri del Consiglio e non portato in quest'aula. E ciò è di assoluta e incredibile gravità.
Faccio presente che la Giunta aveva tutti gli estremi per la preparazione di questo atto a partire dal mese di settembre 1989, quando fu ripartito il fondo previsto dalla finanziaria 1988 a disposizione delle singole Regioni.
Soltanto su un aspetto, che compete - se ho capito bene - all'Assessore Brizio, la Giunta ha avuto gli estremi molto più tardi, mi pare pochissimo tempo fa; ma su quel singolo aspetto, da quanto mi risulta, la deliberazione era pronta in tempo utile per essere portata in Consiglio già qualche tempo fa.
Sul resto, si è detto che la Giunta aveva il fiato corto per una questione di tempi. Caro Presidente e cari colleghi, siamo stupefatti. Se c'erano delle difficoltà di tempo, queste dovevano essere rappresentate a questo Consiglio (perlomeno alla Commissione competente) tempo fa. Non ci si poteva e non ci si doveva comportare in questo modo, nel silenzio rispetto al Consiglio.
Perché questo problema è stato sollevato da un Gruppo di minoranza e non dalla Giunta medesima? Perché non è stata rappresentata al Consiglio la difficoltà della Giunta a preparare in tempo utile questa deliberazione? Questo è un interrogativo sul quale chiamiamo la Giunta e la maggioranza a rispondere.
Adesso siamo finalmente chiamati a discutere in Consiglio questa materia, ma non possiamo non far presenti questi elementi. C'è stato - a nostro parere un comportamento grave da parte della Giunta regionale nei confronti del Consiglio. Ora ci si richiede l'iscrizione in Consiglio dell'argomento: di fronte a questi precedenti, se noi fossimo una forza come dice sovente qualcuno della maggioranza - che fa opposizione irresponsabile, dovremmo dire: "Cari signori, colleghi della maggioranza arrangiatevi, trovatevi 31 voti per conto vostro". Cosa dovremmo dire altrimenti, dopo una cosa di questo tipo? Non so se i colleghi della maggioranza sono al momento attuale 31, 28, 29: non vi voglio contare (mi si passi questa espressione). Io dichiaro già adesso che, nel caso non ci fossero i 31 voti, alcuni Consiglieri del Gruppo comunista daranno il loro voto tecnico per l'iscrizione di questa deliberazione all'o.d.g. Ciò solo a puro titolo di assunzione di responsabilità di fronte all'intero Consiglio e alla comunità regionale, perché voi avete fatto di tutto per costringerci ad assumere atteggiamenti diversi: da parte della Giunta non c'è stato alcun senso di responsabilità come dimostra il comportamento avuto su questa questione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro Gruppo non darà assenso all'iscrizione all'o.d.g. di questo provvedimento. E questo non certo per senso di irresponsabilità, perché sappiamo che domani scade un determinato termine ai fini della presa di questo provvedimento, ma per una questione di principio che non è solo astratta: è una questione di principio ai fini di contestare alla Giunta la propria irresponsabilità nello scaraventare - è una parola non regolamentare e non ortodossa, ma è l'unica che rende l'idea - sui banchi del Consiglio un provvedimento di questa mole, così corposo, nello stesso momento in cui deve essere discusso.
La questione di principio viene quindi prospettata in questi termini anche perché noi del Gruppo MSI-DN pensavamo che in quanto a non rispetto del Regolamento si fosse già toccato il fondo in occasione della discussione sul bilancio preventivo. E' infatti noto che, nell'arco di cinque giorni (eravamo fra il 15 e il 19 dicembre 1989), venne presentato il bilancio preventivo che, fino al giorno prima, era un oggetto misterioso; venne, con procedura d'urgenza, passato il giorno seguente alla Commissione I, la Commissione I non ebbe il tempo materiale di richiedere e di ottenere i pareri delle altre Commissioni e finalmente in un certo giorno di dicembre (mi pare il 19) si ebbe a ripetere il rituale dell'iscrizione all'o.d.g. del bilancio preventivo. Solo in quel momento i Consiglieri appartenenti a questa assemblea ebbero il piacere di poterlo leggere, mentre la relazione del collega Santoni, ben lungi - non certo per colpa sua - da poter essere depositata 24 ore prima, venne letta solo nel corso della seduta nella quale si approvò il bilancio. Quindi, pensavo e pensavamo proprio che si fosse toccato il fondo.
La ragione di principio, di fondo, quindi politica, per cui siamo contrari all'iscrizione all'o.d.g. di un provvedimento così corposo discende dal fatto che è oggettivamente impossibile collocarsi. Mi si consenta inoltre di dire che la deliberazione di poche righe che accompagna il corposo documento viene enunciata - non so se consciamente o inconsciamente - con il metodo dell'ironia, perché nel preambolo si dice: "Valutata attentamente la proposta di programmazione regionale". Penso che qualunque Consigliere appartenente a questa assemblea, di maggioranza o di opposizione, prima di valutare deve leggere, dopo avere letto deve approfondire e poi può valutare. Ma che nella deliberazione che accompagna questo corposo documento si dica che il Consiglio (sarà sicuramente la maggioranza) abbia valutato attentamente la proposta, direi che è proprio usare il metro dell'ironia, per non dire altro. Il metodo usato per l'approdo in aula di questa deliberazione vìola tutte le norme regolamentari (i Commissari della V Commissione questa mattina l'hanno approvata, ma sicuramente non hanno potuto esaminarla a fondo, perché anche se la discussione è durata due-tre ore non hanno potuto certamente n leggerla né approfondirla) e si vìolano i diritti fondamentali dei Consiglieri. Signor Presidente, l'art. 1 del Regolamento dice che ogni Consigliere è tenuto a partecipare a tutte le attività del Consiglio.
Vorrei sapere come qualunque Consigliere di maggioranza o di opposizione possa partecipare a questa attività del Consiglio e possa collocarsi con cognizione di causa nel merito di questo provvedimento. Inoltre, esiste il diritto di informazione: come facciamo noi Consiglieri, sia quelli della V Commissione che hanno ricevuto il documento questa mattina alle 9,30 sia noi che l'abbiamo ricevuto oggi, ad informarci per esercitare il nostro mandato? Se oggi si esaminasse una deliberazione di Giunta in merito all'apicoltura e alle arnie delle api, penso che il Presidente della III Commissione, Penasso, protesterebbe nella stessa maniera in cui protesto io, perché verrebbe in Consiglio una deliberazione in materia di apicoltura di cui nessuno conosce le questioni.
A parte quest'ultima considerazione, il nostro atteggiamento non pu che essere contrario. So già quale potrà essere l'osservazione: se il Consiglio non iscrivesse il documento all'o.d.g., sarebbe senso di irresponsabilità perché si perderebbe l'erogazione di ingenti somme.
Sostanzialmente è un argomento politico - mi si consenta la parola ricattatorio, che però non toglie nulla alla bontà delle nostre osservazioni che sono oggettive e riguardano proprio il contraddittorio Giunta-Consiglio, in particolare Giunta-opposizioni, su determinati argomenti, tanto più necessario allorquando gli argomenti sono così corposi e di grandissimo interesse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, a nome del Gruppo DC dichiaro che la vicenda del riparto dell'art. 20 della Finanziaria si è rivelata di una certa complessità e sicuramente è stata affrontata ed approfondita da parte della Giunta e dei suoi tecnici secondo i tempi che il provvedimento consentiva.
Quindi anche noi non abbiamo potuto approfondire la questione e le scelte della Giunta con i tempi che avremmo voluto avere e abbiamo dovuto lavorare sui documenti che ci sono stati proposti nelle condizioni che sottolineava il collega del Gruppo comunista.
Sappiamo che i tempi ristretti e le difficoltà esistenti, anche in presenza di un lavoro non facile delle UU.SS.SS.LL., sono condizioni non solo della nostra Regione, ma anche di altre. Sappiamo inoltre che la stragrande maggioranza delle Regioni predisporrà una deliberazione di Giunta con i poteri del Consiglio; così non avverrà nella nostra Regione perché i Capigruppo di maggioranza e di opposizione, in una riunione con la Giunta svoltasi quindici-venti giorni fa, hanno chiesto alla Giunta di fare ogni sforzo per evitare che il provvedimento venga assunto con i poteri del Consiglio.
Ringrazio il Presidente della Giunta che si è fatto interprete di questa indicazione dei Capigruppo e che si è attivato e ha determinato le condizioni perché questo provvedimento venisse al vaglio del Consiglio e potesse essere deliberato con un voto del Consiglio regionale; ci nonostante che - lo ripeto - nella stragrande maggioranza delle Regioni la scelta, per ragioni di tempo, pare essere quella di assunzione di un provvedimento di Giunta con i poteri del Consiglio.
Concordiamo dunque per l'iscrizione del provvedimento all'o.d.g. in coerenza con la richiesta che abbiamo fatto. Apprezzo che altri Gruppi di opposizione, avendo fatto loro stessi analoga richiesta, concorrano a tale iscrizione e mi auguro che il Consiglio, in grande serenità, possa affrontare questo provvedimento straordinario, eccezionale, di grande peso e di grande importanza che determina le scelte nel settore socio-sanitario dei prossimi anni nella nostra Regione.
Ci auguriamo che il dibattito all'interno del Consiglio possa far sì che la scelta del Consiglio regionale sia la più coerente con gli interessi della comunità piemontese.



PRESIDENTE

Come da richiesta scritta pervenuta dai Consiglieri Montefalchesi Avondo e Staglianò, ai sensi dell'art. 64 del Regolamento, si proceda alla votazione per appello nominale per l'iscrizione all'o.d.g. della proposta di deliberazione n. 1307.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 46 hanno risposto SI 33 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri si sono astenuti 10 Consiglieri.
Il Consiglio approva l'iscrizione all'o.d.g. della proposta di deliberazione n. 1307.
Prima di dare la parola all'Assessore Maccari, do la parola al Consigliere Majorino che l'ha richiesta.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, in base al Regolamento le leggi e le deliberazioni richiedono un relatore di maggioranza. Vorrei sapere in base a quale principio regolamentare o in base a quale prassi una deliberazione approvata questa mattina dalla V Commissione possa arrivare oggi in aula.
La Giunta ha presentato la proposta di deliberazione al Consiglio, un relatore di maggioranza dovrebbe illustrarla e sorreggerla. L'Assessore in base al Regolamento, interverrà nel corso del dibattito o alla fine. Se lei pensa che i lavori possano procedere con un ulteriore strappo al Regolamento, si proceda pure: ormai l'argomento è iscritto.



PRESIDENTE

Collega Majorino, non li definirei strappi al Regolamento. In genere il relatore di una deliberazione è sempre stato l'Assessore.
La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ho chiesto esplicitamente indicazioni su tale questione proprio per non incorrere in strappi regolamentari e formali. Mi è stato risposto che si "poteva" nominare un relatore; data la risposta, non ho interpretato che si "dovesse" nominare un relatore. Dovremmo verificare quante volte, fra tutte le deliberazioni approvate in questi vent'anni di Consiglio regionale, sia stata svolta la relazione da parte di un Consigliere della Commissione competente.
Indubbiamente, per alcuni problemi sui quali la Commissione aveva ritenuto di fare richiesta, c'era stata la relazione da parte della Commissione, ma forse le possiamo contare sulla punta delle dita della mano e se vogliamo essere abbondanti su due.
A prescindere da questo, la Commissione questa mattina ha esaminato alla presenza degli Assessori, dei funzionari e dei tecnici esterni che hanno avuto l'incarico di predisporre questa deliberazione che è stata iscritta all'o.d.g., i criteri e le indicazioni prioritarie che su tale deliberazione sono stati indicati sia per le strutture ospedaliere, sia per le residenze sanitarie assistenziali, sia per i laboratori e gli ambulatori, sia per l'aggiornamento tecnologico e per il progetto di informatizzazione (spero di ricordare bene tutti i settori in cui è stato suddiviso il programma). Ciò con una serie di obiettivi prioritari che all'interno della Commissione sono stati giudicati validi, in quanto si è scelto, prima di determinare le strutture iniziate, di utilizzare un equilibrio territoriale; si è scelto inoltre di verificare le strutture obsolete o che richiedessero degli interventi di sostanziale trasformazione e che avessero la possibilità di essere realizzate in tempi brevi, posto che le scadenze e gli adempimenti formali previsti dalla legge nazionale richiedono che si passi ad una progettazione esecutiva e alla messa in appalto dei lavori in termini molto brevi. Quindi se non c'è tutta una serie di procedure avviate, è chiaro che questi termini brevi non sarebbero rispettati.
Questa è stata l'impostazione del provvedimento. Nel merito dei singoli stanziamenti, la deliberazione reca tutte le cifre; spero che questa sia considerata relazione di maggioranza.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, i tempi ristretti hanno obbligato, ai diversi livelli della Regione, a lavorare in termini molto accelerati, costringendoci a portare il documento in aula all'ultimo minuto. I tempi ristretti erano già stati sottolineati in un incontro che tutte le Regioni hanno avuto con il Ministro De Lorenzo, ed erano state le Regioni stesse a chiedere al Ministro che i documenti potessero essere approvati dalla Giunta e ratificati dai Consigli dopo l'invio a Roma.
Tant'è che il Ministro aveva posto nelle Linee guida n. 2, inviate a tutte le Regioni, la possibilità dell'approvazione e l'accoglimento da parte del Ministero di documenti approvati dalla Giunta. I tempi ristretti non li ha avuti solo il Piemonte; infatti l'altro ieri la situazione in Italia era la seguente: su cinque Regioni a Statuto speciale, solo il Trentino - Alto Adige aveva approvato in Consiglio e sulle quindici Regioni a Statuto ordinario, solo Piemonte e Lazio avevano la previsione di portare il documento all'approvazione del Consiglio. Questi sono i dati che ci ha fornito il Direttore generale della programmazione, dott. Paderni, in un incontro che abbiamo avuto a Torino. Indubbiamente un tempo maggiore avrebbe permesso un approfondimento ai diversi livelli ed una partecipazione maggiore alla formulazione di questo documento.
Mi rendo conto che questo intervento programmatorio è destinato (il collega Monticelli ha sottolineato che si tratta di uno dei documenti principali all'esame di questa legislatura) a lasciare una traccia nell'Amministrazione pubblica, in modo particolare nel settore sanitario tenendo conto che è la prima volta che nel Paese viene affrontato il problema dell'edilizia e della strumentazione nel settore sanitario con organicità. Tutto sommato potremmo considerare questo modo di operare la prima sostanziale modifica della legge n. 833. Ricordo che siamo abituati ad avere un patrimonio sanitario invecchiato, perché c'è stato un costante sottofinanziamento della parte investimenti, non solo in questi anni ma anche negli anni passati: è sufficiente pensare che la parte che veniva destinata al finanziamento in conto capitale, sia per strumentazioni, sia per edilizia, corrispondeva grosso modo al 2,5% di quanto si spende nella gestione ordinaria. Nessuna azienda o produttrice di beni o erogatrice di servizi dedica una percentuale così minima alle tecnologie o agli investimenti fissi o di macchinari equivalenti nel campo industriale; è evidente che questa situazione ha creato le condizioni di un degrado del patrimonio con un crescente ed urgente bisogno generalizzato di ripristino.
Fra queste condizioni urgenti di ripristino diventa difficile talvolta stilare una graduatoria di priorità.
Il documento-base dal quale partiamo è la legge finanziaria n. 67 del 1988, che ha previsto un investimento decennale di 30.000 miliardi nel Paese diviso in tre piani triennali. In base a parametri prestabiliti di divisione fra Italia meridionale e insulare e Italia settentrionale e centrale, il Piemonte ha ottenuto questa destinazione: nel primo triennio 30 miliardi per la quota Prevenzione, indirizzati per i Laboratori di igiene e sanità pubblica; 202 miliardi per le residenze sanitarie assistenziali per anziani non autosufficienti; 30 miliardi per le residenze per gli handicappati fisici, psichici, handicappati gravi; 380 miliardi per gli ospedali, che sono suddivisi in tabella ministeriale in 350 per tutto il sistema ospedaliero piemontese e 30 miliardi vengono destinati esclusivamente alle aree metropolitane. Questa è stata in modo particolare una richiesta dei grandi Comuni (Milano, Torino, Genova, Roma, Palermo) per poter affrontare i problemi sanitari che nelle grandi concentrazioni umane sono nettamente più pesanti, critici e gravi.
Il piano piemontese è di 640 miliardi per il primo triennio, e grosso modo possiamo indicare cifre equivalenti per il secondo e terzo triennio.
Di fronte alle richieste pervenute, queste quantità monetarie non sono certamente sufficienti; abbiamo avuto una richiesta che solo per settore ospedaliero poliambulatoriale si avvicina ai 2.500/2.600 miliardi, e con il settore strumentazione informatico e poliambulatori superiamo i 2.800/2.900 miliardi, avvicinandoci ai 3.000 miliardi. Indubbiamente nel decennio sarà difficile esaudire questa richiesta, perché per la parte ospedaliera abbiamo a disposizione 960 miliardi, però è possibile indicare qualche altra possibilità di finanziamento. Abbiamo i 960 miliardi dell'art. 20 abbiamo in aggiunta le risorse finanziarie previste per il Piano AIDS, e nel documento indichiamo la necessità piemontese in 145 miliardi; abbiamo le risorse del fondo ordinario in conto capitale (quello che si rinnova tutti gli anni), che però in relazione agli anni passati si sta ridimensionando come quantità monetaria, ma è supponibile che continui ad esserci e che nel decennio possa dare alcune centinaia di miliardi in aggiunta all'art. 20. Tutto ciò ci aiuta a fare un ragionamento programmatorio globale; inoltre, abbiamo i proventi da alienazione del patrimonio vincolato. Non tanto il sistema ospedaliero, ma il sistema delle II.PP.A.B. (anche sistema ospedaliero perché ci sono ospedali con dei patrimoni non indifferenti) è interessato dagli investimenti per le residenze sanitarie assistenziali per anziani non autosufficienti, che dispone di un grosso patrimonio. Abbiamo fatto quindi un'indagine su tutto il patrimonio delle II.PP.A.B. e di quello a disposizione del sistema sanitario per valutare le possibilità di vendita del patrimonio e l'equivalente ritorno economico al servizio degli utenti; oggi invece in linea di massima abbiamo un grande patrimonio terriero immobiliare di proprietà che è al servizio di quelli che lo usano o che lo affittano.
Anche se, per una serie di condizionamenti esistenti, non supponiamo di ricavare nel decennio delle cifre amplissime, questa è indubbiamente una fonte che è augurabile e possa metterci a disposizione delle cifre presumibilmente intorno ad un centinaio di miliardi.
In più, abbiamo a disposizione 300 miliardi per il Piano nazionale per gli istituti di ricerche e cura a carattere scientifico che interessano per il Piemonte, l'INRCA di Mirafiori (Ospedale Valletta); inoltre, sul piano nazionale, c'è un fondo di 100 miliardi che interessa gli istituti zooprofilattici. Anche per questo fondo di 100 miliardi abbiamo una richiesta del nostro istituto interregionale.
Di fronte a queste disponibilità, abbiamo la necessità, che affrontiamo con il documento oggi sottoposto al Consiglio, di predisporre un documento da inviare a Roma che preveda in linea di massima un'indicazione di piano decennale, con l'indicazione puntuale di uso per il primo triennio. Dalle indicazioni richieste alle UU.SS.SS.LL. piemontesi, è emersa una richiesta globale che superava i 2.500 miliardi; il gruppo di tecnici che elaborava il documento ha quindi instaurato un contatto con tutte le UU.SS.SS.LL. per verificare le richieste fatte e la possibilità di spesa nell'arco degli anni previsti, in modo da valutare in un quadro di progetto unitario le cose più urgenti da finanziare nel primo triennio o per le quali si potesse prevedere la conclusione nel decennio su finanziamenti di due o tre trienni. Ciò tenendo anche conto del fatto che per gli ospedali nuovi nella circolare regionale avevamo indicato che, trattandosi di cifre molto alte che dovevano trovare un equilibrio nella disponibilità regionale globale, la competenza era della Regione.
Uno dei criteri usati per esaminare la documentazione della parte ospedaliera è stato il completamento delle opere avviate. Voi sapete che a causa della bassa disponibilità finanziaria che si è sempre avuta nella sanità, si sono sempre finanziati lotti molto piccoli, per cui ci sono ospedali che sono dei cantieri permanenti, anche senza avere necessità di grandissimi finanziamenti. Ci sono ospedali dove siamo già al quindicesimo sedicesimo lotto funzionale, lotti che variano da 1 miliardo a 1 miliardo e mezzo l'uno; cantieri che durano da quindici o vent'anni. Quindi ci siamo posti come primo obiettivo quello di completare le opere avviate. Il secondo obiettivo è quello di considerare le opere strategiche, con i necessari adeguamenti ai presidi specializzati per il perseguimento degli obiettivi prioritari in relazione ad alcune patologie: malattie cardiovascolari, l'oncologia e gli anziani. Ciò significa potenziare ad esempio le cardiochirurgie, oltre che le cardiologie; potenziare le oncologie, tant'è che da 40 posti indicati nel piano passiamo a 340 posti letti; per quanto riguarda la politica degli anziani, potenziare le urologie, le riabilitazioni, le lungodegenze e prevedere nel documento relativo alle residenze sanitarie assistenziali tutti i posti necessari che ipotizziamo in 10.000 nell'arco decennale.
Il terzo criterio di priorità che è stato considerato nell'elaborazione del documento è l'adeguamento alla funzione di rete ospedaliera che si affronta nel piano. Bisognerà quindi tenere presente le necessità dei nuovi Dipartimenti di Emergenza (DEA) istituiti e dell'adeguamento necessario ai presidi in relazione alle funzioni dei DEA, nonché al potenziamento delle specialità carenti.
La quarta linea di priorità è stata la razionalizzazione dei presidi ponendo come obiettivo il recupero delle deficienze strutturali e/o la messa a norma in certi edifici. La Regione aveva già condotto un'indagine che aveva posto a servizio degli ospedali esaminati.
Un altro punto che rientra nella razionalizzazione dei presidi e di cui si è tenuto conto sono le economie di gestione.
Il quinto punto, tenuto conto dell'esame delle priorità, è stata la necessità di prevedere e identificare gli interventi che avevano un valore polivalente in relazione agli ampliamenti e alle ristrutturazioni previste nei progetti dei singoli presidi.
E' stato poi considerato (già in circolare ne avevamo dato indicazione) che gli interventi con fabbisogno finanziario valutato sotto i 5 miliardi sarebbero stati affrontati in conto capitale ordinario e non inseriti nell'art. 20.
Nel quadro generale abbiamo anche tenuto conto di alcune (pochissime in verità) UU.SS.SS.LL. che non sono riuscite a presentare in tempo la documentazione richiesta; abbiamo voluto prendere in considerazione quei presidi ospedalieri che, pur non avendo fatto domanda in questo momento nell'arco del decennio avranno bisogno di interventi o per la sistemazione o per l'ampliamento o per affrontare nuove situazioni che potrebbero determinarsi in seguito alle indicazioni di piano.
Si è cercato di usare dei parametri obiettivi per identificare un quadro di interventi che è stato stimato intorno a 966 miliardi per il sistema ospedaliero del piano decennale e 390 miliardi relativi al primo decennio.
Sebbene ce lo fossimo posto come obiettivo del decennio, non siamo riusciti ad impostare una politica di riequilibrio nell'ambito della città di Torino fra la zona nord e la zona sud, perché nella zona nord necessitante di un presidio ospedaliero (in modo particolare nella zona di Lucento) non solo non esiste né progettazione né richiesta, ma neanche il terreno per poter prevedere una costruzione. Quindi nel piano decennale lo ipotizziamo come necessità da affrontare per il riequilibrio torinese e naturalmente, nell'affrontare questo problema, ciascun livello istituzionale si deve caricare delle competenze e delle responsabilità che gli sono proprie.
Questa indicazione sta a dimostrare che la Regione Piemonte non solo è dell'opinione che questo sia un obiettivo da perseguire, ma che è anche disponibile ad assolvere i propri compiti.
Le quantità monetarie richieste hanno subìto dei ridimensionamenti altrimenti con quattro o cinque richieste si sarebbe esaurito l'intero ammontare dei finanziamenti del sistema piemontese, non solo per il triennio, ma addirittura per il decennio. Abbiamo invece un grosso patrimonio da recuperare a tutti i livelli: negli ospedali di riferimento regionale, negli ospedali specializzati, negli ospedali di seconda e di prima istanza. Non vi sono settori che devono essere abbandonati, e nelle indicazioni che emergono da questo piano affrontiamo i problemi di tutti i presidi in relazione alle necessità più urgenti, in un quadro di ragionamento più vasto di area territoriale con compiti diversi da presidio a presidio. Abbiamo quindi ridimensionato gli interventi degli ospedali torinesi e di quelli delle province. In questo periodo è emerso un problema che è stato anche argomento di dibattito politico: quello relativo al Mauriziano.
L'Ordine Mauriziano, come del resto Le Molinette, aveva presentato un progetto FIO che era stato inviato a Roma e ha ricevuto nell'ultima deliberazione del CIPE un'indicazione di possibile finanziamento di 138 miliardi per l'opera completa a totale carico dell'art. 20. E' stato chiarito, anche con il Ministero, che questo dato è solo indicativo e non vincolante, perché il FIO non aveva mai dato in passato alcun finanziamento al Mauriziano, quindi non poteva usare l'articolo a cui si appella. In secondo luogo, i finanziamenti del FIO esigono l'assenso del Ministro competente e su questo non c'era; in terzo luogo, la decisione del CIPE è avvenuta dopo che lo stesso CIPE, con deliberazione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 21 novembre, aveva deliberato l'assegnazione alle Regioni di 648 miliardi, riconoscendo la competenza piena e totale della Regione su queste decisioni; infine la richiesta del Mauriziano era stata fatta prima dell'art. 109.
In una lettera inviata al sottoscritto, il Direttore generale della programmazione, Paderni, conferma che il dato ha un valore di indicazione e non è vincolante. Comunque noi abbiamo tenuto presente il Mauriziano per le necessità più urgenti per una cifra di 41 miliardi, che corrisponde ad una necessità di funzionalità del presidio.
Il secondo settore di intervento su cui possiamo ragionare, anche se non abbiamo ancora la disponibilità, è quello dell'AIDS. Noi prevediamo per questo settore una necessità di 145 miliardi, di cui la parte preponderante (48 miliardi) va all'Amedeo di Savoia, una parte al Regina Margherita e agli altri presidi interessati in Piemonte.
Nel quadro dei fondi dell'art. 20, non abbiamo dimenticato di indicare una soluzione per le esigenze degli ospedali che non ricadono nell'elenco che viene mandato a Roma. Anche su questo, diamo un'indicazione di finanziamento che sarà tradotta in una deliberazione che il Consiglio sarà chiamato ad esaminare nel mese di febbraio.
Nonostante ciò, rimangono scoperte delle grosse necessità e il piano decennale prevede una copertura molto più ampia, perché tiene presente la sistemazione, il recupero, l'umanizzazione e la messa a norma di tutto quanto non è possibile coprire con i 960 miliardi; prevede inoltre la necessità degli ospedali nuovi che non si prospetta a breve tempo, ma a medio e lungo tempo. Tali necessità sono: Moncalieri che ha l'idea di un progetto; Ivrea che ha l'idea, ma al momento non ha né progetto né terreno Lucento e Biella. Biella è l'unica realtà che ha la disponibilità del terreno e su Biella abbiamo fatto un ragionamento che approfondiremo con il Ministero per vedere la possibilità di far decollare il progetto nel secondo o terzo triennio per poi andare al completamento. Questo perché la quantità monetaria oggi non permette di affrontare globalmente il problema e pare che il Ministero non accetti l'indicazione di lavorare su due sedi.
Comunque Biella è quella che oggi ha progetto, terreno ed una situazione obsoleta su cui non è più il caso di intervenire con grandi stanziamenti che ci leghino per anni.
Accanto a quello per il settore ospedaliero, abbiamo previsto un intervento per la definizione dei poliambulatori, in parte già iniziati; su un totale attuale di 41 miliardi è prevedibile che i poliambulatori previsti vengano terminati nell'arco dei due trienni. Questa spesa aggiuntiva è evidentemente "splafonante" rispetto ai 380 miliardi a nostra disposizione, tant'è che a Roma arriverà un quadro di richieste di 450 miliardi.
L'altro settore decisamente nuovo e molto interessante che viene affrontato dal piano è quello delle residenze sanitarie per anziani. Faccio soltanto qualche accenno, perché sarà poi il collega Brizio ad entrare nei particolari. E' fuori dubbio che il decollo del settore della residenza sanitaria assistenziale serve anche a "scaricare" gli ospedali, quindi ad avere posti liberi per malati acuti, permettendo a chi non è autosufficiente un sistema di vita più dignitoso e più civile. L'obiettivo è quello di raggiungere i 10.000 posti nel decennio, e con l'intervento del primo triennio riusciamo già ad assolvere una parte importante.
Sarà ancora il collega Brizio a parlare del settore dei disabili fisici e degli handicappati gravi e meno gravi.
L'altro settore che viene ancora affrontato nell'ambito delle residenze sanitarie per disabili psichici è quello dei malati di mente. In base all'indicazione che emerge dalla legge regionale approvata nel mese di ottobre è stato formulato un piano decennale di intervento con un primo stralcio triennale, nel quale si prevede un centro di terapie psichiatriche per ogni dipartimento (quindi 25 centri in Piemonte), una casa protetta almeno per ogni dipartimento e comunità alloggio a seconda delle dimensioni del distretto.
Nel primo triennio decollerà una serie di centri di terapie psichiatriche già richiesti (si tratta di 7 centri che costituiscono il 25 di quelli previsti) nonché alcune case protette. Centri di terapie psichiatriche verranno istituiti presso le UU.SS.SS.LL. nn. 3, 4 e 7 di Torino e le UU.SS.SS.LL. di Ivrea, Cossato, Omegna e Bra. Tutte, ad eccezione di Omegna, avranno anche la casa protetta.
Ultimo settore è quello dei Laboratori di igiene e sanità pubblica che con lo stanziamento previsto, dobbiamo completare. Rimane scoperto il Laboratorio di Vercelli, per il quale è stata presentata un'ultima richiesta generica, non supportata da alcun documento progettuale; per tutti quelli che erano stati previsti nel piano dei Laboratori di igiene verranno finanziati e completati nel primo triennio.
Queste sono le indicazioni sulle quali abbiamo lavorato. A mio avviso dobbiamo tenere conto del fatto che si tratta del primo documento di programmazione reale che ha la possibilità di essere tradotto in realtà. E' positivo che ciò avvenga in un momento in cui si affronta il nuovo Piano socio-sanitario, perché consente di camminare parallelamente, anche se evidentemente nella prima applicazione ci sono alcune cose che devono essere corrette, credo però che sia difficile fare delle programmazioni perfette, tanto più quando si affronta una prima programmazione. Non si ha la presunzione di fare dei documenti perfetti, bensì la volontà di fare le cose seriamente.
Va considerato inoltre il fatto che la norma nazionale prevede che dopo il primo triennio ci possa essere una verifica del piano decennale in relazione o alle nuove esigenze che si sono venute a determinare sul territorio o in relazione all'andamento della spesa nelle singole UU.SS.SS.LL. Credo quindi che entro il 1991 si potrebbe passare ad un esame delle cose fatte ed eventualmente ad una revisione del piano decennale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore all'assistenza

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, aggiungo poche note a quanto ha detto l'Assessore alla sanità.
Il tema delle residenze sanitarie assistenziali è un tema molto importante e molto nuovo che si ricollega un po' alla filosofia della legge n. 20 e dei piani precedenti per le residenze protette, come intervento sostanzialmente a favore dei non autosufficienti e dei parzialmente non autosufficienti.
Voglio anche ricordare che questo tema ce lo eravamo posto con una certa tempestività. Infatti, nel Piano di sviluppo, pubblicato il 26 aprile 1989, v'è uno specifico progetto anziani che fa riferimento all'art. 20 della legge finanziaria e che indica già delle linee di intervento diffuse sul territorio, in modo da andare a localizzare uno o due localizzazioni in tutte le UU.SS.SS.LL. nel decennio.
Ci siamo trovati ad affrontare questa programmazione disponendo di una certa base di studio e di una certa rete di progetti pervenuti all'Assessorato all'assistenza a seguito del Piano di sviluppo regionale ed anche in relazione all'esistenza della L.R. n. 14 che dà modesti contributi (fino a 300 milioni) in conto capitale.
Tuttavia siamo ripartiti con uno studio di carattere generale per il finanziamento di queste residenze e se ne vede la sintesi alle pagine 57 e 58 della relazione.
Abbiamo voluto ricalcolare i posti a regime necessari, secondo lo standard indicato dal Ministero della Sanità; abbiamo voluto andare a misurare questi dati con i posti letto esistenti a norma (anche se sono dati approssimativi e non censiti in modo perfetto per ovvie ragioni) abbiamo confrontato questi dati con i posti letto, sempre a norma proposti; e, nelle ultime colonne, risulta la risposta complessiva che si ha a fine decennio dalla sommatoria dei posti a norma esistenti e dei posti a norma che verrebbero istituiti con il piano decennale.
Abbiamo puntato ad arrivare ad un riequilibrio territoriale abbastanza puntuale, come era previsto anche dal Piano di sviluppo, nello stesso tempo, però, movendosi con realismo.
Anticipo delle critiche che potranno venire.
In talune UU.SS.SS.LL. si va oltre il 100% di quello che è il fabbisogno; in altre si rimane sotto. Ma ciò è dovuto ad alcuni fattori: alla possibilità di individuare dei concreti interventi, alla capacità di iniziativa che le diverse UU.SS.SS.LL. hanno avuto di fronte al problema ma poi anche a difficoltà di intervenire in determinati grandi centri. A Torino, malgrado siano collocati oltre 1.000 posti ancora da definire sul territorio, si perviene al 70% del fabbisogno (come città), invece come provincia si arriva all'88%. Quindi, ci sono alcune UU.SS.SS.LL. in cui si arriva anche oltre il 100%, ma si tratta di eccedenze di 40, 50 persone l'eccedenza in percentuale appare vistosa, ma l'eccedenza in consistenza appare limitata.
D'altro canto, stiamo anche andando verso una revisione territoriale delle UU.SS.SS.LL. in base alla proposta di modifica della legge nazionale per cui un riequilibrio parcellare sarebbe impossibile ed improponibile.
Comunque, la risposta complessiva mi pare molto forte, perché si arriva a fine decennio a rispondere al fabbisogno in misura di oltre il 93% e si va dall'88% di Torino fino al 97% di Vercelli e di altre realtà.
C'è quindi una risposta complessiva molto consistente, molto forte che ha una notevole valenza soprattutto perché il problema cruciale degli anziani è proprio quello dei non autosufficienti.
Bisogna inoltre tenere conto che il Piano socio-sanitario regionale prevede anche l'avvio della ospedalizzazione a domicilio, per cui alcuni interventi, per quanto possibile, potranno avvenire anche a domicilio ed ovviare ad un intervento di istituzionalizzazione quale è pur sempre quello della residenza sanitaria assistita.
Nel merito specifico, nel primo triennio sono andati soprattutto i progetti che erano già pronti, quelli che avevano la localizzazione sicura quelli che avevano l'indicazione prioritaria da parte delle UU.SS.SS.LL.
C'è un errore materiale che verrà corretto con un emendamento. E' relativo al passaggio dal terzo e dal secondo triennio, che riguarda un complesso di 3,6 miliardi, uno in provincia di Novara e l'altro in provincia di Torino.
Penso che la risposta complessiva, come ho già detto, sia molto positiva e si debba tenere conto che è una risposta molto consistente che dovrebbe risolvere i problemi.
Anche qui andiamo un po' oltre le cifre veramente disponibili: si va a 804 miliardi contro una certezza di disponibilità di 600, però la somma del primo e del secondo triennio risulta inferiore ai 600 miliardi; quindi sulla parte del terzo triennio si potranno fare gli aggiustamenti necessari, tenendo peraltro presente che la parte di localizzazioni ancora da definire è inferiore a questa eccedenza ed è superiore all'eccedenza indicata.
Parlando con il dott. Paderni in occasione dell'incontro, cui ha fatto cenno anche l'Assessore Maccari, abbiamo convenuto su questa necessità di splafonamento che ha la finalità di esprimere il fabbisogno complessivo di fronte a possibili ulteriori risorse, ha la ragione di corrispondere a coprire errori che potrebbero esserci nella progettazione con progetti eventualmente rinviati e ha il peso di una proposta organica di copertura totale del fabbisogno.
Ci siamo mossi con lo stesso criterio per quello che riguarda gli handicappati e l'handicap, andando ad individuare un intervento, come prevede la legge, per 20 posti in tutti i capoluoghi di provincia ed interventi per 10 posti invece nelle varie UU.SS.SS.LL., dando la precedenza a quelle che hanno indicato un'effettiva esigenza e che hanno portato sul terreno con maggiore immediatezza la loro richiesta.
Non aggiungerei altro a quanto è già stato detto. Invito il Consiglio a valutare che si tratta certamente di un investimento molto forte - è stato detto - che viene portato (anche questo delle residenze sanitarie assistite) un po' di colpo all'esame del Consiglio; c'è però stato tutto un lavoro preparatorio: il progetto del Piano di sviluppo, il lavoro effettuato con le UU.SS.SS.LL da parte dell'Assessorato e, nello stesso tempo, una precisa richiesta alle UU.SS.SS.LL. di priorità e di indicazioni di dati specifici. In merito a questi, abbiamo anche relazionato un paio di volte in Commissione ponendo in evidenza che li avremmo richiesti alle UU.SS.SS.LL., quindi credo che una certa informativa, almeno sui principi e sulle impostazioni di questo lavoro, il Consiglio l'abbia avuta con tempestività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Il provvedimento non suscita molta attenzione; in effetti i giochi sono fatti: si distribuiscono oltre 3.120 miliardi per i prossimi dieci anni e non si può non sottolineare che la Giunta ha avuto un atteggiamento gravemente scorretto nei confronti del Consiglio. Infatti ha presentato il Piano pluriennale di investimenti in edilizia sanitaria e in strutture per anziani e soggetti non autosufficienti all'ultimo momento, quindi a scatola chiusa: prendere o lasciare. Questo mette in imbarazzo non poco l'opposizione, ma dovrebbe imbarazzare anche i Partiti di maggioranza che sono all'oscuro delle logiche e dei criteri che hanno determinato la formulazione del piano. Eppure, signor Presidente, la legge finanziaria è dell'11 marzo 1988 e il decreto attuativo dell'art. 20 è del 29 agosto 1989. La portata è enorme: si decide il piano decennale che assorbirà ingenti risorse, i finanziamenti previsti dalla Finanziaria 1988, la spesa annuale in conto capitale del Fondo Sanitario Nazionale, i fondi per l'AIDS, i fondi per gli istituti di ricovero e cura con carattere scientifico, le risorse derivanti dallo smobilizzo del patrimonio delle UU.SS.SS.LL. e delle II.PP.A.B., per oltre 3.120 miliardi.
La tecnica è stata efficace, è quella del colpo di mano, tecnica perseguita consapevolmente.
Lo studio per il rilevamento del patrimonio sanitario e il suo riutilizzo è stato assegnato a Finpiemonte alla fine dello scorso anno circa un mese fa. Finpiemonte ha cercato subcommittenti e, in fretta e furia, ha predisposto quello che ha potuto. Il decreto del 29 agosto era molto preciso in proposito. Perché si è atteso un mese prima della scadenza, sapendo che un mese è del tutto insufficiente? In effetti, queste cose non accadono a caso, nascondono una logica che è quella della spartizione, della clientela: in sostanza, è una spartizione pre elettorale. La legge finanziaria è del marzo 1988 e si aspettano ben venti mesi per attuare l'art. 20. Tutto su misura, evidentemente. Tra l'altro, si tratta di una spartizione a due, a cui i tre Partiti minori del pentapartito non partecipano. E' una spartizione tra democristiani e socialisti, i Partiti minori non sono neanche stati informati; naturalmente il pentapartito serve solo per mandare avanti la baracca, ma quando è ora di spartire le risorse si passa al bipartito.
In questo caso c'entrano poco i criteri di corretta programmazione sanitaria, c'entrano poco le serie misure di organizzazione sanitaria c'entra poco la tutela della salute dei cittadini. Le stesse cifre sono ballerine. Da una USSL ci hanno telefonato per dire: "Ci assegnano solo 10 miliardi"; abbiamo il piacere di vedere che si sono moltiplicati di 2,7 volte, negli ultimi giorni sono saliti a 27 miliardi.
Si è pensato a lungo ad una deliberazione di Giunta con i poteri del Consiglio. Il provvedimento più importante della legislatura, signor Presidente, per ampiezza dell'arco temporale e per entità delle risorse mobilitate, stava per essere preso con una deliberazione di Giunta con i poteri del Consiglio regionale. Direi di più: forse questo è il provvedimento più importante nella storia della Regione Piemonte, a meno che i Consiglieri che sono in quest'aula da diverse legislature non mi dimostrino che altri provvedimenti, per ampiezza dell'arco temporale e per risorse mobilitate, sono stati maggiori rispetto al provvedimento di cui stiamo parlando.
C'è un primo problema, ne abbiamo parlato in Commissione: la deliberazione CIPE assunta in sede FIO, che finanzia il Mauriziano attingendo dal fondo previsto dall'art. 20 della legge finanziaria. E' chiaramente illegittima, siamo tutti d'accordo, perché sottrae alla Regione la competenza programmatoria. Si dice che il Direttore generale del Ministero della Sanità la considera solo indicativa, che non può valere a prenotare fondi. Mi chiedo allora perché è stata assunta tale deliberazione. La spiegazione è stata data dal Presidente Beltrami intervenendo in alcuni Consigli addietro, dicendo che gruppi di pressione si erano scatenati ed imperversavano in lungo e in largo. Attenzione, per signor Assessore: l'Ordine Mauriziano ha incontrato il CIPE in questi giorni ed è di diverso parere. Noi pensiamo che sia prudente ed opportuno impugnare quella deliberazione e presentare ricorso, perché non vorremmo che alla fine il Mauriziano riceva i 138 miliardi previsti dal CIPE in sede FIO, con risorse non FIO, e poi anche i 42 miliardi che la Regione Piemonte stanzia per i prossimi dieci anni. Sarebbe come subire il danno e la beffa non vorremmo che alla fine quella deliberazione risultasse prescrittiva.
Se così fosse, verrebbe sconvolto il piano triennale, perché dei 380-390 miliardi previsti per l'edilizia ospedaliera a quel punto dovremmo detrarre i 138 miliardi per il Mauriziano e forse anche i 42 miliardi assegnati dalla Regione Piemonte.
Sul provvedimento. Risorse cospicue cadranno sulla rete ospedaliera speriamo con beneficio. Dico "speriamo", perché continua ad esserci una concezione nel piano e nella stessa bozza di Piano socio-sanitario che ignora l'area di degenza, ignora i dipartimenti, considera gli ospedali in modo del tutto tradizionale e così le risorse per le residenze sanitarie assistenziali. Ormai i problemi vengono tutti affrontati in termini di ricovero, di posti letto e, nel caso degli ospedali, di reparti, di posti letto, di primariati. In questo caso si continua: attenzione che ad un certo punto potrebbero mancare le risorse per tutti gli altri interventi alternativi che si sono dimostrati più efficienti e più efficaci della semplice soluzione di ricovero.
Veniamo ai problemi ospedalieri: riequilibrio tra sud e nord della città di Torino e della sua area metropolitana. Da una parte stanziamo 42 miliardi per il Mauriziano; 86,5 miliardi per le Molinette; una cinquantina per l'INRCA di Via Farinelli. Non contesto gli interventi in Via Farinelli e alle Molinette, ma contesto quello del Mauriziano. Non è sufficiente rispondere che è parte della rete ospedaliera della città e della Regione questo lo sappiamo: discutiamo se è un intervento prioritario. Secondo noi non lo è per nulla, anche perché questi tre investimenti vengono allocati a sud della città; a nord, a Lucento non si farà, questa è la verità. E' davvero curiosa la tabella che avete presentato: Lucento, totale milioni nel decennio 0; primo trennio 0; secondo triennio 0; terzo triennio 0 finanziamenti in conto capitale neanche una lira; fondi AIDS neanche una lira, nuovo ospedale: "sì" (c'è una crocetta). Un nuovo ospedale senza una lira! Sarebbe stato più corretto non inserire Lucento, perché se tutto andrà bene, Lucento sorgerà dopo l'anno 2000. Abbiamo fatto attentamente le somme: primo, secondo e terzo triennio, i conti tornano; alla fine abbiamo un totale di 966 miliardi di lire, tutte le risorse destinate all'edilizia ospedaliera. Non ha senso prendere in giro nessuno, anzi è assai disdicevole se a farlo sono gli amministratori pubblici. Lucento non avrà una lira: 500 posti letto estremamente necessari, per servire una popolazione di 130.000 forse 200.000 abitanti, perché qualora si determinasse l'esistenza di un presidio ospedaliero su questo presidio graviterebbero gli abitanti di quella parte dell'area metropolitana.
Abbiamo quindi circa 200.000 abitanti privi di ospedale, che non lo avranno nel prossimo decennio e che oggi come oggi sono privi anche di un semplice poliambulatorio.
Mi è stato riferito questa mattina che bisogna finanziare i progetti che si possono cantierare, "cantierabili" si è usato questo brutto termine.
Certo, Lucento non lo è, anche perché il Comune di Torino ha utilizzato l'area destinata al presidio ospedaliero per risolvere un altro problema.
L'USSL è persino priva dell'area, non è un caso questo: i fatti oggettivi si determinano, ma sono le scelte a determinarli. Se si corre il rischio di fare l'ospedale a Lucento è meglio utilizzare immediatamente l'area destinata al presidio ospedaliero, così si potrà dire che non c'è progetto e non c'è neppure l'area, quindi non è possibile finanziare l'ospedale di Lucento, e così continuerà la storia.
Mi è stato detto che un intervento riequilibratore è quello del San Giovanni Bosco (la Nuova Astanteria Martini): 44 miliardi. In termini di posti letto, però, non cambierà nulla, avremo un incremento di 19 posti letto. Ho capito che il riequilibrio non è solo quantitativo, ma è anche qualitativo degli interventi in termini di quantità e qualità. Ma non si può dire che dislochiamo nell'area nord di Torino qualche centinaio di posti letto, perché Lucento non lo costruiamo, il San Giovanni Bosco ha un investimento cospicuo (44 miliardi), ma i posti letto resteranno pressoch invariati.
Allora diciamo la verità: il riequilibrio è rinviato all'anno 2000.
L'idea di decongestionare gli ospedali dell'area sud della città resterà un'idea, anche se molto importante, perché per riqualificare le Molinette evidentemente bisogna togliere reparti che poco hanno a che fare con un polo regionale di alte specialità.
Noi chiediamo all'Assessore di fissare finanziamenti adeguati per il secondo e terzo triennio a proposito dell'ospedale di Lucento. Non lo si può considerare semplicemente una necessità: è una vera necessità. Lo facciamo apparire nel finanziamento agli investimenti ospedalieri dopodiché non c'è una lira. Chiediamo anche che venga potenziato l'intervento al San Giovanni, antica sede. E' o non è un polo oncologico di riferimento regionale e sede di grandi attrezzature? Esiste, lo sanno probabilmente tutti, un progetto per la sistemazione delle ali del vecchio San Giovanni. Quale sistemazione delle ali del vecchio San Giovanni è possibile, se stanziamo nei prossimi dieci anni circa 11 miliardi di lire? Se è polo oncologico di riferimento regionale, che l'intervento sia adeguato, in modo da determinare davvero un polo oncologico particolarmente qualificato.
Lo stesso discorso vale per Moncalieri ed Ivrea. Non chiediamo ospedali nuovi, ma il miglioramento dell'esistente non lo si ottiene certamente stanziando 9 miliardi per i prossimi dieci anni all'Ospedale di Moncalieri e 6 all'Ospedale di Ivrea. Evidentemente si farà l'ordinaria manutenzione.
Biella. Vale il discorso di Lucento. Stanziamenti "zero"; che senso ha mettere Biella tra gli ospedali nuovi quando non c'è una lira nel prossimo decennio? Chiediamo di inserire Biella nel finanziamento riguardante il secondo e il terzo triennio.
Mi pare invece correttamente affrontato il problema di Asti: 40, 80 120 miliardi nei tre trienni.
La richiesta sull'art. 20 della legge finanziaria da parte delle UU.SS.SS.LL. è stata superiore (ha detto l'Assessore) a 2.500 miliardi di lire e le risorse disponibili sono poco più di 950 miliardi. Le richieste riguardano certamente una parte di esigenze reali, ma non poche sono richieste improprie, distorte, persino assurde. Nessuno critica l'Assessore: la difficoltà è nota a tutti noi. Chiunque di noi si troverebbe in difficoltà nel dover distribuire 950/960 miliardi a fronte di una richiesta di 2.500. Ma oggi ci troviamo in particolare difficoltà perché in questi anni la programmazione non è andata avanti, è stata considerata una "inutilità" e si è teorizzato che era meglio affrontare e risolvere giorno dopo giorno i problemi. Problemi così complessi non si possono affrontare alla giornata, è tutt'altro che semplice e richiede rigore e una concezione flessibile della programmazione. Bisogna sottoporre la programmazione a continue verifiche. Ma in questi anni si è fatto troppo poco. E' scaduto il Piano 1987, lo si è prorogato a tutto il 1988, e certamente aveva bisogno di correzioni, cambiamenti; aveva bisogno di una cosa molto semplice: che tutti insieme prendessimo atto che alcune cose avevano funzionato, altre non avevano funzionato per nulla e che l'impostazione originaria doveva essere modificata rispetto alle grandi trasformazioni intervenute nella società e nel campo della sanità. Invece si è preferito prorogarlo a tutto settembre 1989, siamo nel 1990 e stiamo discutendo una bozza, direi abbastanza inutilmente dopo un provvedimento di questo genere. Abbastanza inutilmente dopo un provvedimento come quello che la Giunta intende assumere.
Noi consideriamo questa occasione una grande occasione, e purtroppo nuovamente "persa". Si potevano fare, e c'era il tempo, le cose alla luce del sole, definendo precise priorità. In questo modo avremmo avuto un diverso programma che avrebbe puntato al riequilibrio tra nord e sud della città di Torino e della sua area metropolitana e avrebbe distribuito in modo più razionale le risorse che stiamo distribuendo. In sostanza avremmo elevato efficienze ed efficacia del servizio sanitario regionale e, invece secondo noi, ancora una volta abbiamo perso un'occasione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Signor Presidente, signori Consiglieri, ho l'impressione - e ripeto per certi versi quello che ebbi già a dire stamani in Commissione - che fondamentalmente il primo sguardo a questo piano di finanziamenti non abbia potuto essere uno sguardo approfondito, perché la rapidità dei tempi è tale per cui questo forse è stato in parte precluso. Questa rapidità ha portato a guardare fondamentalmente le cifre senza entrare in un'analisi compiuta del documento. Forse l'analisi compiuta del documento può essere colta con rapidità, a seconda di quanto si è immersi in questa materia, che senza dubbio è complessa, molto particolare. Ma il significato pregnante di questo documento è proprio nella parte espositiva, nei criteri che hanno guidato la stesura dei tabulati.
Dico questo perché, nella realtà dei fatti, le accuse che vengono volte ad una fretta eccessiva, ad aver caricato il lavoro negli ultimi o nell'ultimo mese, mi paiono assolutamente infondate. Dobbiamo considerare l'intreccio che vi è stato, e che c'è tuttora, tra questo documento di finanziamento e il documento di proposta di piano. Sono due aspetti profondamente integrati ed interrelati, né questo avrebbe potuto vedere la luce senza che si fosse compiuto prima l'iter procedurale di allestimento della proposta di Piano socio-sanitario e della successiva consultazione per quella bozza che andrà in discussione nel prossimo mese.
E' evidente che, fatalmente, il lavoro di compilazione, di stesura dei finanziamenti in conto art. 20 della legge finanziaria non poteva che essere fatto nell'ultimo mese. Non è vero che i dati fossero noti prima e che siano venuti alla luce soltanto all'ultimo momento, perché mi risulta che le ultime righe siano state scritte proprio nella giornata di ieri: è un dato di fatto. Non si può sempre accusare di cattiva volontà quando in realtà le circostanze obbligano a dover prendere determinati dispositivi.
Non si può neanche imputare di aver voluto sfruttare questa procedura come un espediente pre-elettorale; caso mai è stato il Governo ad averlo fatto ritardando l'esplicitazione dell'art. 20. Non credo però si tratti di un'operazione pre-elettorale quella in cui, in realtà, si dicono fondamentalmente dei "no". E' abbastanza risibile un'interpretazione di questo tipo, perché se si trattasse di un'operazione che prevalentemente dice dei "sì", mi sentirei di dire che è un'operazione elettorale, ma perché nella fattispecie la percentuale dei "no" di quanto è stato erogato rispetto a quanto richiesto è a favore di quanto è stato chiesto e non di quanto è stato erogato, si può facilmente arguire che si tratta di un'operazione fondamentalmente anti-elettorale.
E' stato detto che questa non è stata un'operazione alla luce del sole.
Ritengo che questo non si possa assolutamente dire, perché tutti quanti sono stati interpellati e i dispositivi, sulla base peraltro dei requisiti che costituiscono la parte più interessante del documento, sono stati concordati; talvolta - è vero - non con il sorriso sulle labbra, bensì con altre espressioni del volto, ma tutto ciò è legato al fatto che purtroppo avendo una coperta corta, non è possibile coprire testa e piedi. Accuse di questo tipo non possono essere portate a cuor leggero; bisogna dare atto che, pur nel tempo limitato, pur con l'intreccio estremamente gravoso e complesso con la politica di Piano socio-sanitario che si sta attuando in questo momento, il documento in esame ha perlomeno il pregio di essere quasi ineccepibile dal punto di vista tecnico, perché risponde ad una serie di requisiti che sono chiaramente elencati, discussi ed esplicitati, su cui prego i Consiglieri di soffermarsi. Questi requisiti, a mio avviso, sono davvero inattaccabili sul piano tecnico.
Faccio ora un ragionamento per assurdo: è pur vero che il tempo a nostra disposizione è stato breve, ma devo dire che io ne sono quasi soddisfatto, perché questo lavoro risulta da un'analisi tecnica stringata da una valutazione la più possibile obiettiva e ha finito con il risentire poco di quelle sollecitazioni di enfatismo o di gigantismo che molte volte ben poco hanno a che vedere con la realtà dei fatti dal punto di vista dell'assistenza del malato o dell'allievo malato. Il documento viene quindi alla luce, questo è il mio giudizio, in un modo congruo e corretto.
Mi spiace dover dire queste cose, ma sappiamo che quando ci si trova di fronte alla materia finanziaria non dovrebbe esserci la spartizione di una torta in tante fette, bensì deve essere tenuto un comportamento come quello avvenuto in questa occasione, cioè la rispondenza di un'analisi compiuta dei bisogni e delle necessità che sono i presupposti per poter garantire un'assistenza sanitaria dignitosa.
Ritengo che questo mio ragionamento per assurdo abbia in questo momento un significato positivo.
Per quanto riguarda poi ciò che alcuni hanno chiesto venga definito e deciso immediatamente nel primo triennio, non ci si rende conto che giustamente - è stato esplicitato dai tecnici il divenire della materia è talmente rapido che, ad un certo punto, il poter avere di fronte le possibilità di assestamento dopo i primi tre anni, o dopo sei, è fondamentale, perché la famosa caccia al letto che è stata imputata è in realtà effimera. C'è infatti una cospicua aliquota di finanziamenti per investimenti che non sono strutturali, bensì in termini di attrezzature e che sono essenziali per il miglioramento dell'aliquota di servizi che sono quelli che fanno di un ospedale un ospedale moderno, efficiente e soprattutto economicamente corretto: questo è il problema. Per troppi anni in Italia si è fatta la politica dei letti senza badare ai contenuti essenziali. Ricordo un ospedale negli Stati Uniti che si dedica prevalentemente al trattamento delle leucemie e dei tumori del sangue nel quale vi sono 80 letti e 220 tecnici tra laureati e diplomati. Possiamo pensare di avere proporzioni non dico sovrapponibili, ma lontanamente apparentabili a queste? La deliberazione che è al nostro esame permette di prendere fiato e di verificare a distanza di tre anni che cosa si sia modificato in questo arco di tempo, per vedere se è possibile inserire una politica che sia non di esaltazione del numero dei letti, bensì della qualità, prevedendo eventualmente una diminuzione di posti letto con un miglioramento non soltanto per la parte economica, ma soprattutto per l'utenza, per l'indotto sociale che esiste attorno al ricovero. Ciò eliminando tutta quella serie di fattori negativi che si accompagnano ai ricoveri prolungati e che non sono soltanto problemi di spesa del Fondo Sanitario Nazionale, ma di scompenso generale a carico delle famiglie e della società.
Se avessimo avuto più tempo forse avremmo potuto analizzarlo più compiutamente e riscontrare questi significati positivi che, secondo me sono esemplari, probabilmente avremmo anche avuto l'occasione di distorcere questi elementi di conoscenza tecnica. La conoscenza tecnica in sanità è pur sempre fondamentale se si vuole che sia una cosa seria e non diventi semplicemente (non vorrei sembrare troppo cattivo) uno strumento di potere politico, di propaganda, se non addirittura un reale strumento pre elettorale.
Tutti noi lavoriamo per far sì che i cittadini del Piemonte abbiano un'assistenza degna di questo nome. A mio parere, il provvedimento ha questo tipo di impostazione.
Vorrei ripetere in aula quanto ho detto questa mattina in sede di Commissione: purtroppo il modo in cui è stato diviso il dispositivo a livello governativo ex art. 20 non ha tenuto in considerazione i patrimoni di base della sanità nelle singole Regioni. Non vi è stato, ad esempio, un confronto accorto ed acuto della situazione del Friuli - Venezia Giulia del Veneto o di altre Regioni, dove per anni, nei decenni trascorsi, si sono profusi investimenti massicci sulla sanità, cosa che non è avvenuta in Piemonte per una serie di vicende storiche che tutti conosciamo. Non si è fatta questa analisi e quindi, pur con gli investimenti relativamente cospicui previsti dal provvedimento di oggi, si rischia comunque di mantenere un determinato "gap" tra Regioni che hanno avuto tutto, troppo o molto, e Regioni come quella piemontese che in passato hanno avuto relativamente poco.
Questo non può, in ogni caso, essere imputabile a noi e neanche alle ultime amministrazioni: è una storia antica del Piemonte che ormai ha soltanto più un valore storico e che quindi come tale è inutile rivangare.
In conclusione, ribadisco che votare favorevolmente questa deliberazione significa da parte nostra rispondere ad un preciso dovere civico.



PRESIDENTE

Mi auguro che lo slancio del Piemonte possa recuperare oltre che il valore storico anche quello politico-istituzionale; credo che in questa direzione dovremo fare uno sforzo significativo, perché non c'è solo il problema della sanità, ne esistono anche altri che purtroppo si sono un po' allontanati dai nostri impegni e dai nostri obiettivi.
La parola al Consigliere Emilia Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, non sarò molto estesa in questo intervento, perché alcune delle considerazioni introduttive svolte dall'Assessore hanno indicato le linee e le interpretazioni portanti di questo provvedimento. Non voglio scendere in una polemica, che ritengo riducente, sulla portata di questo provvedimento, perché questa mattina in Commissione i vari funzionari ed esperti, che nel loro campo sono sicuramente di alto livello, hanno illustrato i criteri che hanno indirizzato il lavoro degli Assessorati. Tanto meno voglio scendere in polemiche più spicciole. E' vero, siamo arrivati con l'acqua alla gola abbiamo lavorato con impegno, ma molto affannosamente: dal punto di vista formale me ne dolgo anch'io. Avrei preferito svolgere con i miei colleghi di Gruppo, ma anche con quelli della Commissione, lo stesso lavoro svolto questa mattina, durante la quale abbiamo dedicato a questa tematica tre ore e mezza e non un quarto d'ora in fretta e furia; avremmo potuto senz'altro fare un lavoro più approfondito, più meditato e più sereno (non voglio dire più serio) se avessimo avuto dei tempi tecnici più ragionevoli.
Va sottolineato quello che già altri colleghi hanno detto: tutto sommato non è addebitabile alla Regione Piemonte un ritardo particolare nel portare questo provvedimento, se è vero come è vero che siamo la terza Regione d'Italia che approva questo provvedimento in Consiglio. Ci significa che anche le altre Regioni hanno avuto le nostre stesse difficoltà oggettive di tempi tecnici. Tuttavia siamo riusciti a non saltare i passaggi essenziali di un confronto fra tutte le forze politiche presenti in questo Consiglio e comunque non è stato un provvedimento preso dalla Giunta con i poteri del Consiglio, ma un provvedimento che ha trovato dei momenti di confronto.
Proprio sulla natura di questo confronto, desidero fare un'osservazione. Non voglio accettare le considerazioni di spartizione tra due parti su cinque, mentre le altre sono state a guardare. Se così fosse mi si dovrebbe spiegare quali sono i provvedimenti contenuti in questa proposta che non servono e che sono sbagliati e quindi vanno tolti.
Volendo, potremmo fare anche noi un lungo elenco di scelte che avevano e hanno altrettanta dignità di essere inserite, che avevano e hanno altrettanta esigenza di essere tenute presenti in questa fase, ma la quantità di finanziamento disponibile è quello che è, e questo lo sappiamo tutti. Si sono quindi dovute fare delle scelte nell'ambito delle disponibilità e delle possibilità di intervento che la Regione aveva. A chi parla di logica di spartizione, a chi parla di gioco delle parti, dico che per poter avere titolo di dire certe cose bisogna elencare i provvedimenti contenuti in questo documento che non servono alla gente delle varie zone.
Bisogna anche tenere presente che laddove non si è potuto avere dei fondi di tipo ospedaliero, si è cercato di indirizzare le risorse sulle residenze sanitarie assistite, per esempio, sui laboratori, sulle ipotesi di ristrutturazione di ospedali che non si fanno nell'immediato, ma nel prossimo triennio, lasciando un certo margine di finanziamento per quelli del triennio successivo. Questo anche perché sappiamo bene che i tempi tecnici stretti per avviare i lavori, le procedure, e così via, saranno tali da consentire sicuramente l'esigenza di una revisione delle ipotesi di finanziamento di strutture che oggi vengono approvate. Questi interventi non saranno tutti attivabili così rapidamente e così tempestivamente; noi ci auguriamo che lo siano, ma possiamo anche immaginare che ci debbano essere dei margini di aggiustamento, che dovranno essere ripresi in considerazione alla fine di questo triennio, anche per un discorso di riequilibrio e di revisione delle scelte che si fanno oggi.
Dico con molta tranquillità che siamo disponibili ad un confronto sui contenuti e sulle ipotesi di modifica successiva. Ma ripeto: partendo dal presupposto che le scelte fatte nella loro realtà, nella loro sostanza sono condivisibili, perché affrontano e risolvono dei problemi reali.
E' necessario evidenziare che si tratta di un provvedimento che nel decennio porta al settore della sanità ulteriori 1.000 miliardi, rispetto agli stanziamenti degli investimenti ordinari. Si stanno affrontando - non per la prima volta, ma certamente per la prima volta in modo così consistente - delle possibili, reali ristrutturazioni ed un'impostazione di rete di servizi che sono richieste essenziali ribadite in questi giorni dalla gente delle varie località del Piemonte. Ci vengono richiesti posti in residenze sanitarie per lungodegenze, per persone anziane, per non autosufficienti, ecc. C'è un problema di ristrutturazione e di riordino degli ospedali e c'è l'esigenza di portare a termine delle cose che si sono avviate e che forse per troppo tempo non si sono completate. L'elenco delle necessità potrebbe continuare, e questo piano va in questa direzione.
Forse non abbiamo avuto il tempo, questo è vero, ma adesso vorrei che ci soffermassimo con sufficiente attenzione su questi problemi. Più che le singole cifre sono importanti e indicativi i criteri e le priorità indicati. Certamente con qualche svista, certamente con qualche errore anche materiale che si dovrà correggere in quest'aula. Però, al di là di questo e al di là delle polemiche più o meno strumentali e più o meno fondate che si possono fare su questa materia, la mia personale opinione è che la Regione Piemonte, ancora una volta, con lo sforzo e con l'impegno di tutte le forze politiche e dei suoi tecnici, non ha perso il treno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pierluigi

Signor Presidente, il nostro Gruppo ha espresso questa mattina, in estrema sintesi, il suo parere di massima in Commissione e si è riservato di entrare maggiormente nel merito non appena fosse stato possibile approfondire l'argomento, perché è condivisibile il rilievo, emerso da parte di tutti, sul fatto che i tempi sono stati stretti. D'altra parte penso che un mese di tempo non avrebbe permesso di arrivare a definizioni di questo tipo, se a monte non ci fosse già stato il lavoro preparatorio che c'è stato. Gli interventi tecnici che questa mattina in Commissione hanno integrato quanto già l'Assessore aveva detto, illustrando sostanzialmente i criteri ispiratori che hanno guidato le scelte di fondo hanno messo in evidenza che questo lavoro ovviamente è stato relativamente lungo e, seppure abbia avuto l'input finale per quanto riguarda la predisposizione dei tabulati e dei piani di intervento in quest'ultimo mese, sicuramente il grosso lavoro di indagine e di raccolta dati è stato preparato nel periodo precedente.
E' ovvio che una situazione di questo tipo, a fronte di esigenze di gran lunga superiori alle oggettive disponibilità - purtroppo si è sempre in tutti i settori in condizioni di questo tipo - rende difficile le scelte. Ma noi riteniamo che le scelte fatte possano essere condivise, e mi riferisco soprattutto alle scelte relative al primo triennio, perch esistono condizioni di oggettività dalle quali diventa difficile derogare.
Se per essere inseriti e per avere opere cantierabili occorre avere i progetti approvati, le aree a disposizione, e così via, questi sono requisiti che o ci sono o non ci sono; quindi penso sia difficile, per quanto riguarda il primo triennio, andare ad individuare priorità che non presentassero questi requisiti.
Per quanto riguarda invece i trienni successivi, le cifre indicate - e mi sembra che anche l'Assessore questa mattina abbia dato un'indicazione di questo tipo - devono essere considerate come orientamenti e non cifre intoccabili, perché ritengo che un piano decennale è un piano a tempi relativamente lunghi, all'interno dei quali ci può essere una dinamica che per alcune realtà, segue una certa velocità, per altre segue una velocità molto differenziata.
Per quanto riguarda il secondo e soprattutto il terzo triennio, le cifre indicate nei tabulati possono essere suscettibili di cambiamenti magari anche di stravolgimenti, in funzione di quanto avverrà. Penso infatti che, nel corso di questi anni, vadano premiate le Amministrazioni che saranno in grado di avviare in modo maggiormente celere gli investimenti nonché le Amministrazioni delle UU.SS.SS.LL. che saranno in grado di attivare gli interventi e di velocizzare i tempi di esecuzione sia per la sanità che per il socio-assistenziale. Nel secondo triennio andrà quindi fatto il punto della situazione per evitare di andare a profondere altre erogazioni, a fronte magari di inerzie del primo triennio. Penso che la gestione del secondo e del terzo triennio debba essere molto dinamica.
Per quanto riguarda le priorità, è difficile sovrapporre l'intervento di investimento, che ci troviamo ad esaminare oggi, con il Piano socio sanitario regionale oggetto di consultazione in questi ultimi mesi e che probabilmente sarà sviscerato in Commissione nel mese di febbraio.
Riteniamo comunque che alcune indicazioni riprendano quanto meno quel progetto di intervento. Nel senso che, per quanto ci riguarda, riteniamo coerente il fatto che non si vada in questa fase ad investire in realtà conosciute tipo Arona e Galliate, ma ci si riservi di adottare degli interventi in conto capitale entro la fine di febbraio (così come ha indicato l'Assessore questa mattina e così come più in dettaglio è indicato nel piano); coerente con il fatto che, laddove esistono UU.SS.SS.LL. sulle quali il Piano socio-sanitario regionale prevede interventi razionalizzatori di un certo tipo, questi siano anche sorretti da investimenti adeguati. Laddove invece il Piano socio-sanitario prevede una stasi o addirittura una contrazione in certi servizi e settori o un adeguamento riequilibratore rispetto ad altre UU.SS.SS.LL., riteniamo che in realtà di questo tipo gli investimenti vadano dosati al minimo indispensabile, cioè limitatamente all'adeguamento degli edifici esistenti.
Questa mattina in Commissione abbiamo già avuto modo di rilevare che la gestione di questo piano sarà delicata per la natura particolare all'interno della quale verranno profusi questi finanziamenti e verranno eseguiti i lavori ad ospedali in funzione. Riteniamo che, effettivamente vada posta una grandissima attenzione; dieci anni sono lunghi l'investimento è massiccio, la risposta - come diceva l'Assessore Brizio è veramente forte. Ovviamente esistono delle priorità, che possono essere condivisibili o meno, ma ci si deve anche assumere la responsabilità di andarle a stabilire. Quindi, come Partito socialdemocratico esprimeremo voto favorevole alla deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi, prendo la parola sulla presente deliberazione con la difficoltà di chi non fa parte della V Commissione e per i tempi forzati che dobbiamo necessariamente seguire. La nostra è quindi una valutazione di larga massima che abbiamo potuto formarci con la lettura rapida della deliberazione e non può entrare nel dettaglio specifico. Se siamo in difficoltà noi, altrettanto lo sarà stata la Giunta nella stesura del documento. Agosto 1989 - gennaio 1990 significano quattro mesi scarsi di lavoro - certamente non si partiva dall'anno zero, documenti e prospettive di massima la Giunta li avrà avuti ma questi sono tempi che non consentono margini molto larghi. Credo che sotto questo profilo la Giunta vada assolta, visto che con termini a me non estranei l'Assessore è stato accusato di un reato aggravato dalla premeditazione. Quanto meno l'insufficienza di prove, data la ristrettezza dei tempi, deve essergli riconosciuta anche dai colleghi di opposizione e, poiché il nuovo Codice non la prevede, non dobbiamo reintrodurre un istituto che non ha più ragione di esistere.
I criteri generali sono pienamente condivisibili e non mi sembra che da parte dell'opposizione su questi elementi ci sia stato un soffermarsi più che occasionale, anche perché difficilmente tali criteri possono essere contestati: sono criteri rigorosi, sono criteri che sovrintenderanno anche al lavoro delle altre Regioni che, in larghissima maggioranza, non hanno ancora approvato analogo provvedimento. Il problema è se questi criteri siano stati poi trasfusi correttamente nelle individuazioni e nelle indicazioni di dettaglio. In questo dobbiamo fare un atto di fiducia nei confronti della Giunta e credo che i prossimi anni consentiranno a tutti di verificare questa rispondenza.
Non drammatizzerei il documento al di là di certi limiti, perché non credo che, sia formalmente ma soprattutto sostanzialmente, documenti di questa fatta possano in concreto rappresentare il Vangelo programmatico ed operativo dei prossimi dieci anni degli interventi sulla sanità in Piemonte. Sarebbe impossibile ed assurdo pretenderlo; è certamente un documento di indirizzo per i prossimi dieci anni ed è un documento che ha la sua maggior pregnanza per la prima tranche. Anche in questa ritengo che potranno aversi per il futuro strumenti di adeguamento e di aggiustamento di correzione, al di là dell'enunciazione del documento, che è necessariamente rigida.
Sottolineo l'importanza del documento non solo e non tanto per l'entità finanziaria che teoricamente - lo sottolineo attiva, ma per il processo che lo stesso innesca.E' un processo di verifica continua delle strutture; è un processo di programmazione concordata ed innescata ai vari livelli (UU.SS.SS.LL., Regione, Stato); è un processo che consente, proprio per le varie fasi e le varie tranche che preordina, di verificare per quanto possibile non solo l'avvio dell'opera, ma anche di seguirne le varie fasi e la realizzazione. A questo va data attenzione, così come credo tutti i colleghi abbiano fatto. Se così è, credo che anche l'unico rilievo di merito che ho sentito provenire dal collega Calligaro derivi dall'inserimento del Mauriziano e dall'assenza di Lucento e dell'Ospedale di Biella. Laddove l'indicazione è già presente, anche se non è presente la specificazione del finanziamento, credo sia in mente per essere recuperata nel processo che in dieci anni dovrà vedere non il completamento delle opere, ma il completamento del progetto complessivo per intervenire sulle stesse. Questo è il quadro che abbiamo davanti e quella indicazione, che pure è presente nella deliberazione, sta a significare che la stessa è recepita e che troverà una sua collocazione prima che il processo complessivo vada a conclusione.
Da parte nostra, e con le possibilità reali di approfondimento del documento, non si può dire altro. Rinnoviamo la fiducia nella Giunta che ha adottato il provvedimento e credo che non mancheranno per questo e per altri Consigli le occasioni non solo di verifica, ma anche di aggiustamento e di adeguamento alle esigenze che quotidianamente cambiano nella nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRRARA Franco

Signor Presidente, vorrei fare una breve dichiarazione di voto rispetto all'importante provvedimento che la Regione si accinge ad assumere e che va ad incidere in due settori di straordinaria importanza (la sanità e l'assistenza), che vedono la Regione oltremodo impegnata, se non altro per le dimensioni quantitative con le quali incidono sul bilancio regionale.
Effettivamente sono pochi i provvedimenti di tali dimensioni assunti dalla Regione Piemonte, e la cosa che in qualche modo sconcerta è che atti così importanti di programmazione vengano assunti (non per totale responsabilità della Giunta, ma credo che lo stesso Governo abbia qualche responsabilità in ordine ai tempi stretti) con carattere di urgenza senza avere la possibilità di un opportuno approfondimento, di un confronto e di una verifica, di avere quelle naturali risposte che la materia richiederebbe.
E' una questione che caratterizza molte volte il procedere politico: tutto quanto viene affrontato in termini di urgenza, anche quando si tratta di provvedimenti di particolare importanza. Qualcuno ha parlato di tecnica di un colpo di mano; spero non sia così e, indipendentemente dalla premeditazione o non premeditazione, mi auguro che questa tecnica sia stata dettata soltanto dalla difficoltà del problema e dall'oggettiva ristrettezza dei tempi imposta dalla disposizione governativa. Salvo l'individuazione di responsabilità più puntuali (il collega Santoni avvocato penalista, si è riferito a clausole processuali), ritengo che un minimo di comprensione rispetto all'operato della Giunta debba essere concesso, anche perché devo dire che rispetto all'operato della Giunta su questa deliberazione tutto è concesso: ci fidiamo esclusivamente del modo con cui la Giunta ha proceduto. Non siamo nella possibilità di verificare alcunché rispetto alle scelte fatte. Diamo dunque fiducia alla Giunta su questo provvedimento in primo luogo per quanto riguarda i criteri seguiti che, da quanto risulta dall'illustrazione fatta dall'Assessore, hanno la caratteristica della definizione puntuale rispetto alle esigenze oggettive e mi auguro siano coerenti rispetto al Piano socio-sanitario già approvato dalla Giunta e che dovrà essere approvato dal Consiglio regionale. Me lo auguro perché non l'ho verificato, però devo ritenere che se la Giunta è responsabile sarà anche coerente rispetto ad un atto assunto al suo interno qualche tempo fa. L'applicazione pratica di questi criteri generali e la compatibilità con il Piano socio-sanitario dovrebbero essere state verificate da una società partecipata della Regione Piemonte, per cui anche questo dovrebbe garantire un minimo di credibilità a tutto il pacchetto.
Alla luce di queste considerazioni, senza poter entrare nel merito non avendone avuto la possibilità e non conoscendo il documento importante che stiamo approvando, per la fiducia che occorre riconoscere alla Giunta, per quell'atto politico, non fideistico, che si è fatto cinque anni fa, per questa fiducia che è nata nel 1985 e che fino ad oggi non è mai mancata da parte del Partito repubblicano nei confronti di questa Giunta, anche su questo provvedimento il Gruppo PRI esprimerà il proprio voto favorevole.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, passiamo all'esame del dispositivo della deliberazione rispetto al quale sono stati presentati alcuni emendamenti.
1) Emendamento presentato dai Consiglieri Acotto e Calligaro: sopprimere dalla terza riga della parte descrittiva della deliberazione del Consiglio regionale la parola "attentamente".
La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sembra un emendamento dettato forse - penserà qualcuno - da piaggeria, ma ha invece un significato politico di primario rilievo circa la valutazione di tutta la vicenda.
Questo emendamento è stato in parte illustrato dalle dichiarazioni fatte oggi dal collega Santoni, dal collega Ferrara e dal collega Olivieri.
Voglio citare il collega Olivieri, in quanto gli altri colleghi hanno test parlato e ritengo che l'eco delle loro parole sia ancora ben presente in ognuno di noi. Il Consigliere Olivieri ha parlato di una valutazione ad un primo sguardo della deliberazione. Si capisce a questo punto perché, per motivi di elementare decenza rispetto al lavoro che siamo chiamati a fare proponiamo almeno sul piano formale di eliminare l'avverbio "attentamente".
Ogni altra ulteriore considerazione mi pare sia di troppo rispetto a questo argomento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel collocarmi su questo emendamento soppressivo della parola "attentamente", devo ricordare che senza volerlo, lo avevo già motivato nel corso del mio intervento.
Effettivamente, scrivere "attentamente" significa se non incorrere, quanto meno lambire un falso ideologico, perché non si può dire che la valutazione sia stata attenta. Giustamente sono stati richiamati dal collega Acotto gli interventi dei colleghi Santoni e Ferrara i quali, onestamente, hanno detto che pur votando favorevolmente il provvedimento, si è trattato di un provvedimento esaminato e valutato, uso le parole di Santoni, "a larga massima".
E' un provvedimento che ritengo nessun Consigliere di maggioranza o di opposizione abbia potuto leggere integralmente; ammesso che lo abbia potuto leggere integralmente, può averlo valutato e di conseguenza si è collocato e si collocherà. Ma dire che questa valutazione sia stata, da parte della maggioranza o dell'opposizione, "attenta", direi che è impossibile perché è contro la realtà oggettiva delle cose.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

"Attento" è un concetto diverso da "approfondito". Io ho cercato di fare attenzione e spero anche gli altri.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Questa è una deliberazione di Consiglio. Per quanto riguarda la Giunta si è trattato di un lavoro molto attento, quindi mantengo la dizione.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 1).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 13 voti favorevoli e 24 contrari.
2) Emendamento presentato dai Consiglieri Acotto e Calligaro: alle tabelle di pagg. 44, 45 e 46, a partire dal secondo triennio sono finanziati i previsti due ospedali nuovi di Lucento e Biella per uno stanziamento globale di 350 miliardi.
La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Questo emendamento si lega curiosamente alla discussione fatta sulla valutazione "attenta" della deliberazione. Sulla vicenda relativa ai due nuovi ospedali di Lucento e di Biella, l'attenzione che siamo riusciti a mettere nel leggerla da questa mattina ad oggi non ci ha consentito di fare chiarezza. Cioè non è stata ancora sufficientemente "attenta" la riflessione su questa deliberazione e l'emendamento serve per sciogliere qualsiasi equivoco a questo riguardo.
L'emendamento colloca la scelta dei due ospedali nuovi, Lucento e Biella, all'interno dell'apposita tabella che prevede le risorse in termini chiari ed evidenti e non prevede soltanto delle X su delle colonne, che sembrano simili alle vecchie schedine del totocalcio prima che arrivassero quelle su cui mettere i puntini neri al posto dei segni. Sulle "incognite" riguardanti queste due realtà così rilevanti e delicate, è importante che non rimangano in sospeso degli "arrière-pensés".
Dall'atteggiamento che la Giunta avrà rispetto a questo emendamento capiremo (ecco un ulteriore elemento di approfondimento, un modo per leggere in maniera "attenta" la deliberazione) le sue reali intenzioni a questo riguardo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

La Giunta respinge l'emendamento in quanto presenta un proprio emendamento alla pag. 49. Laddove si parla di "fabbisogni per nuovi ospedali di 293 miliardi", dopo l'importo di "293 miliardi", aggiungere con nota a fondo pagina: "di cui 170 miliardi per Biella e 123 miliardi per Lucento. Durante il primo triennio vengono predisposti gli studi di fattibilità relativi ai suddetti ospedali in vista del loro inserimento nei piani del secondo e terzo triennio, tenuto conto dello stato di avanzamento delle opere finanziate con le risorse del primo triennio e dell'andamento delle risorse integrative per il finanziamento degli investimenti (alienazioni patrimoniali ed altre risorse del Fondo Sanitario Nazionale".



ACOTTO Ezio

L'emendamento presentato ora dall'Assessore Maccari è piuttosto complesso; meriterebbe quindi di essere spiegato, perché la tabella a cui fa riferimento è assai misteriosa, almeno dal nostro punto di vista, perch è da questa mattina che cerchiamo di interpretarla, ma non riusciamo ad andare più in là di tanto nella sua interpretazione. Quindi chiedo un'illustrazione più precisa, in quanto ci sono numeri abbastanza incomprensibili.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Il Consigliere Acotto si riferisce al punto di pag. 49 relativo a "fabbisogni residui". La richiesta totale degli interventi che abbiamo ricevuto ammonta a 2.623 miliardi. Con il piano decennale si coprono 966 miliardi; tenendo conto dei 39 miliardi che mettiamo a disposizione sul conto ordinario 1989/1990 per questa disponibilità, abbiamo ancora un fabbisogno residuo non coperto di richieste per una somma pari a 1.617 miliardi. Di questi 1.617 miliardi, 293 sono relativi a Lucento e Biella in quanto non abbiamo ancora quantificato e non abbiamo indicazioni di quantificazione per altri ospedali nuovi. Per le altre opere (messe a norma, umanizzazione, ampliamenti, ecc.) mancano 1.324 miliardi. Noi aggiungeremmo, a maggior chiarimento, che i 293 miliardi qui specificati sono: 170 per Biella e 123 per Lucento. In aggiunta, diciamo che durante il primo triennio iniziamo gli studi di fattibilità relativi ai suddetti ospedali (Biella e Lucento) in vista del loro inserimento nel secondo e terzo piano triennale. Ciò tenendo conto dello stato di avanzamento delle opere già inserite nel primo triennio e dell'andamento delle risorse integrative che possono venire o dallo Stato se, secondo Paderni, c'è possibilità di avere un aumento delle quote disponibili in conto capitale per l'edilizia, oppure per alienazioni patrimoniali o altre risorse ancora.
Quindi andiamo a verificare il tutto nel momento di revisione del piano decennale, revisione prevista dalle norme ministeriali alla fine del primo triennio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

La lettura dell'elenco a pag. 49, che è estrapolato dal resto, ci aveva spinto a fare una serie di considerazioni del tipo di quelle svolte dall'Assessore, e cioè - per venire al merito - non ci sono i finanziamenti a tutt'oggi né per i due nuovi ospedali né per le altre opere, per un totale di 1.324 miliardi. Vengo al dunque dell'emendamento predisposto dalla Giunta, che dice che non ci sono i finanziamenti per i due nuovi ospedali, ma prende l'impegno di effettuare una serie di verifiche che possono portare, se si ottengono dei risparmi o comunque non impegni esecutivi sugli altri capitoli di spesa o se intervengono altri tipi di finanziamenti, ad intervenire al riguardo di questi due capitoli (nuovi ospedali ed altre opere).
Essendoci da questo punto di vista una modifica sia pur non definitiva nel senso che non scioglie in maniera definitiva il nodo che abbiamo sottoposto, ci asteniamo dalla votazione sull'emendamento presentato dalla Giunta, pur chiedendo di porre in votazione l'emendamento da noi proposto.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento n. 2) presentato dai Consiglieri Acotto e Calligaro.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli e 28 astensioni.
Pongo in votazione l'emendamento n. 3), firmato dagli Assessori Maccari e Brizio e testé illustrato dall'Assessore Maccari.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 29 voti favorevoli e 14 astensioni.
4) Emendamento presentato dai Consiglieri Biazzi, Bosio, Avondo e Calligaro: tabella 5.3, pag. 44, alla prima riga (Mauriziano) diminuire le cifre della prima e seconda colonna di 10 miliardi: da 41.497 milioni a 31.497 milioni da 32.030 milioni a 22.030 milioni aumentare a pag. 45 "Domodossola" alla prima e seconda colonna di 10 miliardi.
Ha la parola il Consigliere Biazzi per l'illustrazione.



BIAZZI Guido

Con questo emendamento, signor Presidente, desideriamo richiamare ancora l'attenzione del Consiglio regionale su due problemi che ci sembrano seri, sollevati già nell'intervento del collega Calligaro.
Il primo è il finanziamento all'Ordine Mauriziano, che rischia di aggiungersi a quello del CIPE che noi contestiamo. Abbiamo indicato una diminuzione di 10 miliardi e qualcuno mi ha chiesto perché non ad altri. Si tratta di 10 miliardi su 41.497 milioni: è possibile quindi ampliare gli interventi su altri settori, riducendo a zero gli interventi per quanto riguarda l'Ordine Mauriziano, per le ragioni molto fondate e serie illustrate dal collega Calligaro.
Il secondo elemento che vogliamo richiamare è che con questi interventi si lasciano scoperte esigenze che sono fondamentali. Io ne ho indicata una né per motivi campanilistici né per motivi elettorali (non sarò infatti candidato alle prossime elezioni), ma perché è una realtà che conosco.
Credo che la Giunta abbia avuto la documentazione in cui si indica come esigenza prioritaria che nel triennio si completi finalmente l'Ospedale di Domodossola, che è in condizioni indecenti ed incivili, non per responsabilità degli amministratori. Si indicano, se non ricordo male almeno 21 miliardi per il triennio. Con questo si va solo ad affrontare nemmeno completamente, il problema di fornire una nuova ala di degenza all'Ospedale di Domodossola, con il duplice scopo quindi di non avallare da una parte il danno che ci ha provocato la deliberazione CIPE con la beffa di dare altre risorse al Mauriziano e dall'altra parte di indicare (non abbiamo avuto molto tempo per entrare nel merito delle proposte di delibera) parecchie esigenze fondamentali e prioritarie che non possono trovare esaurimento con questa proposta. Non dò la colpa all'Assessore solamente o alla Giunta regionale. Mi pare ci sia però l'esigenza di adeguarsi alle priorità; se ci fosse stato un confronto più serio forse alcune modifiche puntuali avrebbero potuto essere indicate anche all'interno di queste risorse. Ma c'è un altro problema, non meno grave che mi permetto di sottolineare. Qui abbiamo di fronte le proposte per dieci anni di interventi nella sanità in Piemonte. A fronte di 960 miliardi ci sono esigenze e richieste documentate dalle UU.SS.SS.LL per altre centinaia di miliardi. Qualche UU.SS.SS.LL. potrà avere esagerato, ma dai progetti e dalle proposte che ho potuto esaminare ho constatato che si tratta di richieste serie, sensate e fondate.
Qual è il quadro per la sanità in Piemonte che emerge da questa proposta di programma per i prossimi dieci anni? Che non si potranno fare ospedali nuovi; che gran parte degli ospedali che è necessario ristrutturare non possono essere completati; interventi sul territorio ridotti. E' una prospettiva per le nostre popolazioni sicuramente allarmante e grave. Non a caso il collega Olivieri (che io ho seguito nel suo intervento con attenzione e interesse) parlava della coperta corta che si può tirare da una parte e dall'altra. Qui parliamo di problemi della sanità per dieci anni: quali sono le prospettive che indichiamo alla nostra comunità con queste proposte di investimenti vincolate anche da scelte di carattere nazionale? Pongo un altro problema. Occorre un'iniziativa che parta non solo dalla Regione, ma dall'intera comunità regionale affinché vengano finanziati in tempi certi le richieste che, al di là di alcuni tagli o correzioni che possono essere fatti, sicuramente sono fondate e vanno nella direzione di fornire al nostro Piemonte un servizio sanitario almeno decente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

L'emendamento non può essere accettato, perché va a modificare un lavoro che si è fatto in termini molto attenti per avere dei blocchi di opere funzionali. Quindi, andare a modificare delle cifre in modo indipendente è impossibile. Credo che il tutto si possa esaminare in base all'andamento della spesa dopo il primo triennio e che si possa velocizzare la spesa là dove c'è stata una capacità maggiore di usare i soldi disponibili, tenendo conto che purtroppo le UU.SS.SS.LL. hanno velocità di spesa bassissime. Se ci saranno UU.SS.SS.LL. più capaci, è chiaro che si potrà prevedere, in sede di revisione e di giudizio del Consiglio regionale, di concentrare sul secondo triennio quello che oggi è previsto nel secondo e terzo; bisogna comunque tenere presente che parlare del secondo triennio vuol dire parlare del 1991 e quindi mettere in discussione tutto fra 300 giorni, quando probabilmente molte opere non saranno ancora neppure partite in termini reali. Indubbiamente non corrisponde alle necessità, però un volume di investimento come quello previsto da questo piano decennale è superiore a tutto quanto si è speso in Piemonte in edilizia e strumentazione negli ultimi venticinque - trent'anni.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 4).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli e 27 contrari.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Valeri. Ne ha facoltà.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, prima di passare ad esaminare le residenze sanitarie per anziani, desidero porre una domanda relativa ancora alla parte sanitaria. Il piano indica delle scelte: a quali progetti questi stanziamenti si riferiscono non è detto. Ho cercato di compiere degli accertamenti, ad esempio, per quanto riguarda Vercelli, per capire qualcosa di più circa la destinazione dei 20 miliardi previsti e ho avuto delle risposte che giudico assolutamente insoddisfacenti, addirittura fanno emergere qualche margine di preoccupazione circa il fatto che alla contrattazione per la definizione delle priorità abbia partecipato un certo architetto Savoino che risulta essere colui che dovrebbe poi incamerare le prebende progettuali. La domanda è questa: sui progetti a cui questi stanziamenti si riferiscono, quali sono i margini per quest'aula o per il singolo Consigliere di poter intervenire? Purtroppo io non ho individuato l'aggancio per presentare un emendamento rispetto ad una casistica di progetti che non è indicata.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Per quanto riguarda i contenuti dei progetti, i Consiglieri li possono discutere a livello di USSL o con i singoli progettisti. Prendiamo una USSL a caso: Regina Margherita. Sono previste: costruzione di nuove sale operatorie e centrale sterilizzazioni; ristrutturazione del Pronto soccorso; opere di umanizzazione; opere di sicurezza anti-incendi adeguamenti impianti elettrici; elevatori; gruppi elettrogeni comuni con l'Ospedale Sant'Anna e il tunnel di collegamento con l'Ospedale Sant'Anna.
Sulla parte progettuale, si può discutere con il progettista, ma non credo che questo sia un compito del Consiglio regionale.



VALERI Gilberto

La mia domanda era un'altra, evidentemente non sono riuscito a spiegarmi. Mi rifiuto però di credere che noi oggi dobbiamo decidere di ripartire i finanziamenti fra le UU.SS.SS.LL. sulla base di parametri indefiniti. Il riparto va fatto sulla base di precisi criteri di priorità intervenendo sulle situazioni più acute di bisogno. E' compito della Regione definire a quali opere prioritarie questi finanziamenti debbono essere destinati. Diversamente ci spieghi l'Assessore qual è la sede nella quale è possibile avere un confronto reale sulle scelte da compiere e sull'uso finalizzato a priorità reali delle risorse disponibili.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

La progettazione è una competenza dell'USSL. quindi credo sia quella la prima sede di contestazione; il Consigliere può eventualmente chiedere un incontro per dibattere le indicazioni progettuali e decidere cosa sia meglio. Non conosco la situazione di Vercelli, però, in linea di massima credo che il compito del politico non sia quello di discutere singolarmente i contenuti progettuali (se è meglio fare una sala o l'altra), ma di fornire le linee indicative di programmazione sanitaria alle quali devono attenersi i tecnici. Noi abbiamo dato una serie di priorità che ho ricordato all'inizio: il completamento, le opere più urgenti, le cardiochirurgie, le riabilitazioni, le urologie, ecc. In base a questi criteri, i tecnici hanno contattato ogni singola USSL. amministratori e progettisti, per verificare cosa poteva essere realizzato nel primo triennio, nel secondo e nel terzo, anche in base ad una scala, ad un ordine di cose da fare: se non si fanno prima certe cose, non se ne possono fare altre concatenate. Ma questo è un compito tecnico.
Da questo lavoro di indicazione politica di priorità, di lavoro dei tecnici di contatto con le UU.SS.SS.LL. e con i progettisti, di estrapolazione, è venuto fuori quell'elenco di 966 miliardi divisi per trienni, a cui corrisponde una scheda specifica delle previsioni per ogni USSL. Dei rimanenti 1.324, non esiste scheda di priorità.



VALERI Gilberto

In sostanza, per essere chiari, le priorità le decidono le UU.SS.SS.LL.
e gli uffici regionali, che con le UU.SS.SS.LL. raccolgono e discutono magari variando in parte, le priorità che queste presentano. E' così? Cioè noi non abbiamo alcuna possibilità di entrare nel merito delle opere prioritarie o meno a cui gli stanziamenti qui indicati si riferiscono. E' così?



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Noi abbiamo dato delle linee di priorità; ad ogni modo, non credo sia compito del politico, data la priorità, di andare a verificare qual è il piano che risistemano prima. E' un aspetto tecnico: se viene umanizzato prima il piano o se con l'umanizzazione del piano si fa contemporaneamente la messa a norma degli impianti.., oppure se a Vercelli...



PRESIDENTE

Non vorrei che si instaurasse un dialogo, pur con tutte le ragioni.



VALERI Gilberto

Non vi è ancora alcuna decisione che individua la destinazione progettuale delle risorse. E' così?



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Sono già tutte individuate e precisamente destinate. Vercelli - per fare un caso di sua conoscenza - ha: la costruzione di una nuova torre di servizi per un blocco operatorio; l'ampliamento del DEA, unità di terapia intensiva e della rianimazione; l'ampliamento scuola infermieri. Quindi, se vuole fare il reparto di ginecologia e ostetricia non può farlo.



VALERI Gilberto

Domando allora: come posso articolare un emendamento riguardante ci che in questo momento ci ha comunicato l'Assessore e che non ritrovo nel testo della deliberazione?



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Quando un Consigliere approva un progetto, non va a controllare la qualità del cemento armato e i calcoli del cemento armato di un ponte, ma stabilisce l'indirizzo politico dell'opera.



PRESIDENTE

Collega Valeri, presenti un emendamento in cui propone le cose che vuole vengano realizzate; dopodiché il Consiglio valuterà.



VALERI Gilberto

C'è un allegato?



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Ci sono le schede riepilogative del lavoro fatto.



ACOTTO Ezio

Mai viste!



PRESIDENTE

Non è previsto l'allegato; c'è questo lavoro preparatorio, questa proposta di programmazione.



VALERI Gilberto

Presidente, posso presentare un emendamento?



PRESIDENTE

Lei può presentare tutti gli emendamenti che ritiene. Se ha una proposta di modifica da indicare, la presenti.



VALERI Gilberto

Sì, io voglio indicare delle priorità diverse.



PRESIDENTE

Le presenti.



VALERI Gilberto

Lei mi deve indicare come le posso presentare. Formalmente come enucleo questo emendamento, a che cosa lo aggancio: ad un documento fantasma?



PRESIDENTE

Conoscendo la situazione di Vercelli, avrà qualche proposta.



VALERI Gilberto

Sì, ma a cosa la riferisco? Non è che venendo da Vercelli ho pensato che sarebbe bene questo!



PRESIDENTE

Chieda che si tenga conto della proposta che lei ritiene debba entrare a far parte delle priorità. Non posso dirle dove può inserire l'emendamento.



VALERI Gilberto

Allora, Presidente, le chiedo per cortesia qualche minuto per poterlo scrivere mentre discutiamo l'altro.



PRESIDENTE

D'accordo.
5) Emendamento presentato dal Consigliere Valeri: a pag. 63 del Piano pluriennale di investimenti in edilizia sanitaria e in strutture per anziani e soggetti non autosufficientì, cancellare la previsione della costruzione di 40 nuovi posti letto per anziani non autosufficienti nel Comune di Bianzè della USSL n. 46, iscrivendo la stessa previsione nella USSL n. 45, indicando il finanziamento della corrispondente spesa di 3 miliardi e 200 milioni tra le previsioni del primo triennio.
La parola al Consigliere Valeri per l'illustrazione.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'emendamento si poggia sul più comune buon senso, almeno così mi auguro venga inteso.
L'emendamento è riferito a pag. 63, ma prende origine dal quadro delle previsioni indicate a pag. 57 in fatto di fabbisogni. La situazione che emerge è questa: per l'USSL di Vercelli il fabbisogno indicato in 297 posti letto alla fine degli interventi risulterà soddisfatto nella misura dell'89%. Per l'USSL di Santhià, invece, già oggi i posti esistenti risultano superiori al fabbisogno e ciò non di meno se ne prevede un ulteriore incremento, attraverso la costruzione di un modulo di 40 posti portando l'indice di soddisfacimento del fabbisogno al 139,2%. Dato che non è pensabile che sia un buon criterio di programmazione quello di trasferire gli anziani non autosufficienti di Vercelli a Bianzè, dove avverrebbe la costruzione del suddetto modulo, l'emendamento prevede di trasferire quella previsione sull'USSL n. 45 laddove esiste un alto indice di fabbisogno insoddisfatto.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore all'assistenza

Nell'intervento generale avevo già cercato di rispondere a questa obiezione. In realtà, si punta ad un riequilibrio, ma non si può pensare di farlo per ogni piccola USSL al 100%. Il problema si ripete, abbiamo delle UU.SS.SS.LL. nella provincia di Torino dove si arriva anche al 150%, perch il fabbisogno reale significa 30 unità di più di quello teorico. Quindi andare a rilocalizzare su Vercelli questo intervento non ha senso, anche per una ragione pratica: Bianzè ha già un progetto, presentato non adesso nella corsa finale della presentazione dei progetti, ma presentato in precedenza dopo il Piano di sviluppo ed è l'unico finanziamento consistente che diamo all'USSL di Santhià. Si finanziano 18 miliardi a Vercelli e 4 miliardi a Santhià. Vogliamo togliere anche questi 4 miliardi da Santhià? Dobbiamo pensare ad un riequilibrio provinciale, perché quando ci sarà la nuova USSL sarà probabilmente quella della provincia di Vercelli e non ci sarà la parcellizzazione che noi abbiamo fatto per un esame puntuale, ma che non ci può portare a scelte così esasperate. Aggiungo infine che a Vercelli ci sono 80 posti da localizzare nel terzo triennio per 6 miliardi 400 milioni. C'è quindi la possibilità di intervenire anche in concreto su Vercelli, per esempio, quando ci sarà un progetto concreto di ristrutturazione della vecchia casa di riposo, rispetto alla quale siamo già intervenuti con la legge n. 14 con un finanziamento di 300 milioni.
Non possiamo dunque pensare ad un riequilibrio esasperato, ma ad un riequilibrio di area più vasta nel quale anche i piccoli scompensi possano essere assorbiti. Poiché Bianzè ha già il progetto effettivo pronto trasferire degli importi su Vercelli che non li utilizzerebbe nel primo triennio sarebbe una cosa che non corrisponde alla logica del provvedimento medesimo. Malgrado ogni buona intenzione, non possiamo accogliere l'emendamento.



VALERI Gilberto

Un conto è prendere atto dell'esistente e quindi gestire un processo di riequilibrio che ovviamente deve fare i conti con squilibri preesistenti (opera non sempre facile e che implica la convivenza con talune contraddizioni); altra cosa, sostanzialmente opposta, è introdurre delle contraddizioni che prima non esistevano e dei disequilibri. L'intervento previsto su Bianzè è un intervento ex novo fatto in un'area in cui il fabbisogno è interamente coperto, e non lo si finanzia nell'USSL nella quale invece il fabbisogno è scoperto. Che razza di risposta è quella? Non ci si può ingannare.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 5).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 10 voti favorevoli, 23 contrari e 2 astensioni.
6) Emendamento presentato dagli Assessori Maccari e Brizio: nella tabella di pag. 63 dell'allegato nella USSL n. 53 l'intervento relativo alla RSA ex Volpi di Borgo Ticino, per un errore di battitura, è stato posto nel terzo triennio, mentre va collocato al secondo triennio nella tabella di pag. 62 dell'allegato nella USSL n. 38, per il medesimo motivo, l'intervento relativo alla RSA di Cuorgné va riportato dal terzo triennio al secondo il totale generale dei tre trienni della tabella RSA anziani interventi proposti viene conseguentemente così variato: a) primo triennio: invariato b) secondo triennio: + 1,6 + 2,6 c) terzo triennio: - 1,6 - 2,6.
La parola all'Assessore Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore all'assistenza

E' un semplice errore materiale. Si tratta di due interventi previsti nel terzo triennio che vengono trasferiti nel secondo. Il primo riguarda Borgo Ticino e l'altro riguarda Cuorgné, per un totale di 4 miliardi e 200 milioni.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 6).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.
7) Emendamento presentato dal Consigliere Valeri: in sostituzione delle indicazioni relazionate in aula relativamente alle opere prioritarie da finanziare nell'Ospedale Sant'Andrea di Vercelli dare la precedenza alla realizzazione del reparto di chirurgia toracica, di potenziamento delle strutture di riabilitazione funzionale e di attivazione delle strutture per la realizzazione dell'attività medica intra muraria.
La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

L'emendamento è respinto, perché in sede di approvazione di ogni singolo progetto saranno verificati i contenuti precisi.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento n. 7).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 10 voti favorevoli, 22 contrari e 2 astensioni.
Prima di porre in votazione la deliberazione, passiamo alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Marta Minervini.



MINERVINI Marta

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il documento oggi alla nostra attenzione è certamente di notevole spessore politico; proprio per questo maggiore è, secondo noi, l'irresponsabilità di chi ha portato avanti l'iter di questo documento di piano. Questo documento è giunto alla Commissione competente in concomitanza con la convocazione del Consiglio, convocato alle 9,30 della giornata odierna così come la V Commissione, ponendo quindi alcuni Consiglieri nell'impossibilità di partecipare al Consiglio regionale o, a preferenza, alla Commissione della quale fanno parte. Si tratta di un documento corposo che, dato il tempo ristrettissimo, ci mette nell'impossibilità di entrare nel merito e di svolgere un ragionamento ragionato (scusate il bisticcio di parole).
Il documento parla di sanità e tocca tutta la sanità piemontese; sanità vuol dire "salute". Grande è quindi la responsabilità del voto di fronte alle aspettative dei cittadini piemontesi. Questo documento, se ben vagliato, avrebbe anche potuto - e lo sottolineo - cambiare il nostro voto definitivo; la Giunta però ci ha messo nell'impossibilità di valutarlo e quindi di votarlo con cognizione di causa e con un voto responsabile. Si porta a giustificazione - ricordo le parole dell'Assessore - il ritardo delle UU.SS.SS.LL. nell'inviare le schede con cui erano state poste alcune domande e le vacanze natalizie. Questo non si doveva assolutamente dire perché non è bello addurre come causa del ritardo le vacanze natalizie.
Nella riunione della Commissione di questa mattina ho notato lo sconcerto di alcuni Consiglieri di maggioranza e non posso pensare che il voto favorevole dei Consiglieri di maggioranza sia veramente sentito e condiviso da tutti loro. Onestamente non credo che si possa vagliare un documento, come quello presentatoci stamani in Commissione e oggi in aula in tanto poco tempo. Non voglio pensare che i Consiglieri del pentapartito abbiano avuto preventivamente conoscenza del Piano pluriennale.
Penso invece che anche questa volta sia prevalsa l'abitudine ormai quasi consolidata da parte della Giunta di portare documenti di rilevante importanza al vaglio del Consiglio regionale all'ultimo momento. Noi non siamo d'accordo con questa impostazione, non vogliamo dire, come forse pensiamo, che sotto sotto ci siano spartizioni ben fatte, decisioni a tavolino ben definite; diciamo però che la Giunta non ha il diritto di portare al Consiglio documenti importanti come questo all'ultimo momento ponendo tutti i Consiglieri, credo anche quelli di maggioranza, di fronte a responsabilità che io definisco morali nei confronti dei cittadini piemontesi che aspettano le nostre decisioni. Ripeto, se avessimo potuto discutere, vagliare e verificare con calma il documento presentatoci, forse avremmo potuto anche votarlo in modo diverso.
Noi abbiamo - sottolineo abbiamo - il diritto di poter esprimere il nostro voto convinto nel "sì" o nel "no", e voi non dovete, con colpi di mano come questo, negarci tale sacrosanto diritto.
Per tutte queste considerazioni, il Gruppo MSI-DN non parteciperà al voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, pur imponendomi di essere breve vista l'ora, mi corre l'obbligo di fare nell'ambito di questa dichiarazione di voto alcune considerazioni rispetto ad alcuni temi importanti che il dibattito ha sollevato. Il primo di questi temi poderosi non vi sembri un aggancio strumentale e partigiano, l'ha sollevato, sia pur partendo da una questione di carattere apparentemente locale, il collega Valeri: cosa sta nelle cifre indicate in questo piano pluriennale, quali reparti e servizi vengono allestiti, quali tipi di interventi strutturali si fanno per quanto riguarda la rete ospedaliera o quant'altro. Da questo punto di vista, caro collega Valeri, non solo tu non hai avuto la possibilità di sapere nulla a questo riguardo, ma anche noi membri della V Commissione non abbiamo avuto la possibilità questa mattina di compiere un'operazione a questo riguardo. La fretta e l'accelerare i tempi in vista della scadenza del Governo hanno impedito la ricognizione puntuale che abbiamo proposto USSL per USSL. intervento per intervento, su questi singoli investimenti.
E dire che da questo punto di vista non saremmo in presenza di una novità straordinaria per quanto riguarda l'iter procedurale previsto dalla nostra Regione nel caso in cui siano stanziati fondi per investimenti sanitari! Quando si discute il piano annuale ordinario degli investimenti in materia sanitaria, i Consiglieri hanno a disposizione l'elenco dettagliato USSL per USSL. reparto per reparto, di che cosa si fa e, a fronte di questo, il tipo di investimento e la quantità di risorse previste. Non v'è nulla di simile nella documentazione che ci è stato possibile avere a disposizione oggi. Dal momento che l'Assessore ha detto che lui dispone di questa documentazione (anche se dopo un vivace scambio di opinioni a questo riguardo abbiamo capito che questa documentazione non è un allegato alla presente deliberazione), chiediamo perché non sia possibile a tutti i Consiglieri averne visione; chiediamo che sia depositata presso la Presidenza del Consiglio regionale una copia dei documenti di cui ha parlato l'Assessore, delle schede USSL per USSL che l'Assessore ha detto di avere a disposizione e che probabilmente ha potuto consultare per fornire le risposte ed alcune delucidazioni alle richieste del collega Valeri. Consideriamo questo atto, ossia il deposito delle schede USSL per USSL presso la Presidenza del Consiglio, un atto importante anche per quanto riguarda il comportamento terminale all'interno di quest'aula nel momento in cui assumeremo la decisione della votazione sul provvedimento.
Sorge però il legittimo dubbio che un elenco analogo a quello che l'Assessore dice di possedere per gli interventi relativi alle strutture sanitarie fisiche vere e proprie ci sia anche per quanto riguarda un altro capitolo assolutamente non indagato nella discussione odierna - non ci è stato possibile farlo - che è l'innovazione tecnologica. E' bene capirsi e spiegarsi: c'è già un elenco dei litotritori, degli acceleratori lineari delle TAC e quant'altro riguarda l'innovazione tecnologica, che viene mantenuto in qualche forma riservata e che non è assolutamente stato fatto presente nella discussione? E' un grosso interrogativo che non fa altro che sottolineare il fatto che è stato impedito qualsiasi approfondimento nell'esame di questa deliberazione. Da questo punto di vista, però, se esiste anche soltanto qualche velina relativa alle attrezzature ad alta tecnologia, è bene acquisire anche questa agli atti del Consiglio regionale e depositarla presso l'Ufficio di Presidenza. Questo non soltanto perché gli annali del Consiglio siano arricchiti da questi elementi di documentazione, ma perch sia possibile, almeno dopo la deliberazione, fare ogni e più utile approfondimento da parte di ciascun Consigliere che abbia a cuore i problemi delle singole realtà in cui è chiamato ad operare.
Inoltre, non ci è stato possibile verificare se per tutti gli interventi previsti ci sono veramente questi famosi progetti o programmi cantierabili, come dice la deliberazione del CIPE e come è stato richiamato in quest'aula. Saranno veramente tutti cantierabili questi tipi di progetti? Non lo sappiamo. Avranno tutti a disposizione le aree per poter far sì che nel primo triennio gli investimenti previsti vadano a buon fine? Non lo sappiamo. Non è stato possibile arrivare ad elementi di chiarimento a questo riguardo. In altri termini, non vorremmo che all'atto delle verifiche, che pure sono previste dalla deliberazione, dovessimo poi scoprire che molti degli interventi.... Ecco che allora ha senso parlare anche di quello che sta "sotto" alla deliberazione, e parlare di una serie di interventi che stanno dentro un ragionamento - scusate se usiamo questa parola, ma non è assolutamente fuori luogo a proposito di questo atto a scopo prevalentemente "elettoralistico". Se dopo le verifiche scopriamo che mancavano gli elementi "fondamentali" che rendevano possibile l'inserimento nel primo triennio di alcuni di questi interventi, ci domandiamo: "Perch allora sono stati inseriti"? E qui vengo al punto, che è stato uno degli elementi presenti nella polemica introdotta dall'intervento del collega Calligaro, e smentito categoricamente dalla collega Bergoglio: "Questa deliberazione non si presta ad usi di carattere elettorale"! Ma come non si presta? Ho già adombrato uno degli elementi critici che si pongono a questo riguardo: come sono stati distribuiti i fondi? C'erano tutti gli elementi a corredo delle destinazioni previste? Non ci è stato possibile verificarlo. Forniremo alla collega Bergoglio, al collega Olivieri, a tutti quanti, una rassegna stampa di quanto sta succedendo riguardo "l'uso elettorale" della destinazione di queste risorse.
Per quanto riguarda la mia realtà, questa mattina in Commissione ho sollevato una questione relativa ad un articolo di giornale sull'annuncio dato giovedì dagli Assessori regionali Maccari e Croso: "Una pioggia di denaro sta per scendere sull'Ospedale Valsesiano, dove verrà ubicato un Dipartimento di emergenza". Giovedì la Giunta era già in grado di assumere questi impegni nei confronti della comunità! E noi del Consiglio non sapevamo assolutamente nulla! Da questo punto di vista emerge non soltanto un elemento di denuncia nei confronti dell'uso, ma anche di scorrettezza nei confronti di questo Consiglio, che è "premuto" (perché c'è la fretta perché c'è urgenza) da una deliberazione della Giunta regionale assunta ieri sera o questa notte e portata in Commissione questa mattina. Tutto questo dopo che giovedì sono già stati fatti questi ragionamenti puntuali almeno per quanto riguarda un'area. Ripeto, sarà utile fornire elementi di documentazione con un'apposita rassegna stampa a tutti i colleghi.
Non voglio inoltre sfuggire ad un altro spunto importante qui introdotto dal collega Olivieri. Ha parlato di un'impostazione, di un apparato concettuale che è alla base delle scelte di localizzazione degli investimenti; lui l'ha definito "interessante", "innovativo", "un apparato concettuale che rappresenta un momento alto della cultura programmatoria nel campo sanitario della nostra regione". Peccato che il collega Olivieri quando poi si è trattato di elencare i significati positivi in termini di interventi concreti, non abbia fornito alcun caso "esemplare" del prodotto significativo di questo tipo di cultura.
Concludo questi ragionamenti di carattere un po' generale, che non sono assolutamente da sottovalutare. Non è stato possibile neanche svolgere un dibattito culturalmente interessante da questo punto di vista; non è stato possibile confrontarci, in maniera del tutto positiva e costruttiva, su degli elementi, che pure riteniamo interessanti, presenti nella parte descrittiva di questa deliberazione. Schematizzando un po', possiamo dire che le Giunte di sinistra sono state storicamente bollate di essere delle "Giunte dirigiste". Neanch'io sono sfuggito all'impressione, nel valutare sia pure affrettatamente, questo tipo di provvedimento nei suoi presupposti culturali, di "neo rigidismo", nel senso che a me pare che sulla tipologia dei servizi, relativamente al concetto stesso di rete dei servizi, emergano elementi molto rigidi, che impediscono di cogliere - e il malessere è in molti di noi - la vitalità di risorse presenti sul piano locale, che non sono facilmente riconducibili a questi schemi e a queste rigidità. Certo sarebbe stato interessante sviluppare una ricerca in questa direzione attraverso il dibattito, ma il tempo, la fretta, il precipitare della situazione e la scadenza impellente, ci ha impedito pure questo. Per tutte le ragioni che ho illustrato, il nostro voto su questa deliberazione sarà contrario.
Vorremmo inoltre conoscere se la Presidenza è riuscita ad acquisire le schede USSL per USSL e se esiste un elenco delle attrezzature ad alta tecnologia di cui ho fatto cenno nell'intervento.



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto, pongo in votazione la proposta di deliberazione n. 1307, il cui testo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 26 voti favorevoli e 10 contrari (non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri).


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. della seduta odierna le seguenti proposte di deliberazione che sono state licenziate all'unanimità dalla V Commissione consiliare: proposta di deliberazione n. 1264: "USSL n. 69 di Nizza Monferrato Deliberazione del 30/1/1989. Ampliamento organico Servizio di igiene pubblica" proposta di deliberazione n. 1285: "USSL n. 44 di Pinerolo Deliberazione dell'A.A.C., n. 13 del 5/10/1988. Istituzione del Servizio di neuropsichiatria infantile e relativo organico" proposta di deliberazione n. 1286: "Adeguamento organico dei Laboratori di sanità pubblica, ai sensi dell'art. 18 del DL 18/6/1986, n. 282 convertito nella legge 7/8/1986, n. 462" proposta di deliberazione n. 1287: "USSL n. 75 di Acqui Terme Deliberazione dell'A.A.C., n. 7 del 29/5/1989 - Ampliamento pianta organica provvisoria per attività TAC" proposta di deliberazione n. 1288: "Piano dei corsi per operatori sanitari. Anno scolastico 1989/1990. Successive integrazioni e modificazioni DCR n. 1058-7438 del 31/5/1989 - Variazioni" proposta di deliberazione n. 1291: "USSL subcomunale TO IV di Torino Deliberazione del Consiglio comunale n. 1317 del 27/2/1989. Ampliamento organico dei Servizi psichiatrici" proposta di deliberazione n. 1303: "USSL n. 54 di Borgomanero Deliberazione dell'A.A.C., n. 26 del 27/11/1987 - Ampliamento pianta organica provvisoria divisione di pediatria".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Le sopraccitate proposte di deliberazione sono iscritte all'o.d.g.
all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1264: "USSL n. 69 di Nizza Monferrato Deliberazione del 30/1/1989. Ampliamento organico Servizio igiene pubblica"


PRESIDENTE

Passiamo pertanto all'esame della proposta di deliberazione n. 1264, test iscritta all'o.d.g.
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1285: "USSL n. 44 di Pinerolo Deliberazione dell'A.A.C., n. 13 del 5/10/1988. Istituzione del Servizio di neuropsichiatria infantile e relativo organico"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1285, precedentemente iscritta all'o.d.g.
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1286: "Adeguamento organico dei Laboratori di sanità pubblica, ai sensi dell'art. 18 del DL 18/6/1986, n. 282, convertito nella legge 7/8/1986, n. 462"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1286, precedentemente iscritta all'o.d.g.
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1287: "USSL n. 75 di Acqui Terme Deliberazione dell'A.A.C., n. 7 del 29/5/1989. Ampliamento pianta organica provvisoria per attività TAC"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1287 precedentemente iscritta all'o.d.g.
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1288: "Piano dei corsi per operatori sanitari. Anno scolastico 1989/1990. Successive integrazioni e modificazioni DCR n. 1058-7438 del 31/5/1989 Variazioni"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1288, precedentemente iscritta all'o.d.g.
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Psichiatria

Esame proposta di deliberazione n. 1291: "USSL subcomunale TO IV di Torino - Deliberazione del Consiglio comunale n. 1317 del 27/2/1989. Ampliamento organico dei Servizi psichiatrici"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1291 precedentemente iscritta all'o.d.g.
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario - Psichiatria

Esame proposta di deliberazione n. 1303: "USSL n. 54 di Borgomanero Deliberazione dell'A.A.C., n. 26 del 27/11/1987. Ampliamento pianta organica provvisoria divisione di pediatria"


PRESIDENTE

Esaminiamo infine la proposta di deliberazione n. 1303, precedentemente iscritta all'o.d.g.
Pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,45)



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