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Dettaglio seduta n.226 del 24/01/90 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento: Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Interrogazione n. 1851 del Consigliere Ferrara inerente il premio di produttività ai dipendenti regionali


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interrogazione n. 1851 presentata dal Consigliere Ferrara.
Risponde l'Assessore Brizio.
BRIZIO, Assessore al personale Il premio di produttività per l'anno 1988 è stato attribuito sulla base dei criteri definiti nelle deliberazioni n. 660-CR15898 del 17/12/1987 e DGR n. 352/26003 del 29/12/1988. Gli elementi più rilevanti di tali criteri si possono così sintetizzare: l'incentivo è suddiviso tra una parte (pari al 90% circa del totale) destinata a premiare il raggiungimento degli obiettivi di struttura nel piano di lavoro del settore, e un restante 10% circa attribuito in presenza di una valutazione di rendimento individuale positiva.
Voglio informare l'interrogante che non è stato facile dare questo 10 individuale, che nel 1989 abbiamo aumentato ulteriormente. La valutazione circa il conseguimento degli obiettivi di struttura viene effettuata dal Presidente della Giunta regionale, dagli Assessori e dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale per i settori regionali di rispettiva competenza. Una valutazione negativa circa il rendimento di struttura dà luogo ad una decurtazione della quota di premio, differenziata tra il Responsabile della struttura e i dipendenti operanti nella struttura stessa. Sono inoltre effettuate detrazioni in relazione ad assenze a vario titolo e a sanzioni disciplinari.
La valutazione di rendimento individuale viene effettuata dal Responsabile della struttura sulla base di alcuni fattori omogenei; per i dirigenti di II q.d. (il massimo) la valutazione viene espressa dalla Giunta regionale, ovvero dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, per i settori di rispettiva competenza. In presenza di una valutazione individuale negativa non viene corrisposta la relativa quota d'incentivo. Nel 1988 ci sono stati alcuni casi in cui c'è stata la valutazione negativa, quindi non è che sia mancata completamente.
All'interno della pubblica amministrazione italiana la programmazione dell'attività degli uffici per il conseguimento di obiettivi predeterminati, la verifica dei risultati, la valutazione del rendimento individuale sono concetti dirompenti rispetto all'universo culturale dominante sino a pochi anni fa.
In tale contesto, la valutazione individuale, pur con le indubbie problematiche sollevate, è uno strumento (potenziale) di riconoscimento dell'impegno e della responsabilizzazione dei dipendenti più attivi.
Sicuramente per il 1988 è ancora stato un riconoscimento più di tipo "morale" che "materiale" - data l'entità dell'importo che tuttavia ha costituito il segnale di una tendenza in atto nella nostra amministrazione per la valorizzazione di quei dipendenti che con maggior impegno contribuiscono all'attività dell'amministrazione stessa.
Le precisazioni elencate nella premessa sono necessarie per rispondere al quesito circa l'opportunità di ricorrere a "parametri di produttività in uso presso aziende private e molti enti pubblici".
Purtroppo la definizione di tali parametri non è affatto semplice neppure nelle aziende private.
Infatti, anche se è relativamente facile, in un'azienda privata calcolare la produttività di una struttura (utilizzando indicatori economici), non è altrettanto semplice ripartire in modo oggettivo l'incentivo di produttività, ponendosi comunque il problema di valutare il più obiettivamente possibile il contributo di ciascun lavoratore. Ma ben difficilmente ciò può avvenire attraverso il confronto con "parametri di produttività": infatti, anche nelle aziende private l'individuazione di standard è ritenuta affidabile solo per le fasce di lavoro operaio o tecnico con limitati livelli di specializzazione. Al contrario è di ben diversa e più rilevante complessità la determinazione di standard per il lavoro impiegatizio medio-alto o dirigenziale.
Nel contesto dell'ente pubblico, per intuibili ragioni, queste stesse difficoltà si accentuano ulteriormente. L'Amministrazione regionale piemontese ha ritenuto che la via più concreta e realistica di miglioramento della "produttività" dell'ente passi attraverso la razionalizzazione di quello che si può definire come "ambiente organizzativo" (disegno delle strutture, metodi di pianificazione programmazione delle attività e verifica dei risultati), nonché di valorizzazione e responsabilizzazione individuale dei dipendenti.
Tale processo è graduale perché si ritiene che la modifica culturale che esso presuppone non possa essere repentina. Le linee generali dei criteri di erogazione dell'incentivo di produttività adottate sino al 1988 (e sostanzialmente confermate nei criteri per l'anno 1989 e seguenti) vanno nella direzione prima delineata.
La valutazione individuale del rendimento, introdotta per il 1988 applicata nuovamente per l'anno 1989 e seguenti (e prevista dal nuovo contratto nazionale di lavoro) potrà costituire sempre più riconoscimento del "merito effettivo" (costituendo, perciò, fonte di motivazione per i dipendenti) non perché distribuita sulla base di parametri di produttività impossibili per le molte attività complesse che caratterizzano gli uffici di un ente con funzioni, prevalentemente, di programmazione, ma perché si fonda sullo sviluppo di altri elementi. In primo luogo, sul processo di pianificazione delle attività e di verifica dei risultati: la valutazione non avviene perciò su quanto e come è stato conseguito dal dipendente.
Parallelamente, sulla crescita professionale della dirigenza anche per quanto concerne la capacità (e il coraggio) di valutare i propri collaboratori: crescita che non si realizza solo attraverso "asettici" corsi teorici di formazione, ma anche e soprattutto "sul campo". L'ultimo elemento da considerare, comunque non di minore importanza dei precedenti è la progressiva trasformazione del premio individuale da incentivo "morale", per usare il termine usato in precedenza, in concreto incentivo economico: tendenza confermata dai criteri per l'erogazione dell'incentivo proposti per l'anno 1989 e seguenti.
Infine, si deve sottolineare che l'Amministrazione regionale ha aderito al progetto FEPA (Funzionalità ed Efficienza Pubblica Amministrazione) promosso dal Dipartimento della Funzione Pubblica.
Nell'ambito di tale progetto, a livello nazionale sono state messe a punto sei NTG (Nuove Tecniche Gestionali), adattando alle caratteristiche ambientali della pubblica amministrazione le tecniche di analisi procedurale, di verifica dell'efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa ed inoltre di controllo dei costi. Tali tecniche sono state sperimentate in alcuni settori regionali nel corso del 1989; a partire dal 1990 se ne prevede l'estensione a tutta la struttura dell'ente, legandola eventualmente all'incentivo di produttività per i prevedibili effetti positivi già nel breve periodo sull'azione dell'amministrazione (previsione confortata dall'esperienza di altre amministrazioni). Aggiungo ancora al testo scritto un'ulteriore annotazione: come Regione abbiamo operato secondo le indicazioni del Governo per fissare dei criteri nell'applicazione del premio di produttività anche nell'ambito dei Comuni e della pubblica amministrazione degli enti locali di livello inferiore.
Abbiamo, sentiti i Comitati regionali di controllo e di concerto con il Comune di Torino, fissato degli indirizzi nell'applicazione del premio di produttività che mirano a camminare sulla strada della progressiva applicazione dei criteri di incentivazione e di premio individuale.
Le difficoltà sono tutte esposte, se ne potrebbero aggiungere altre, ma c'è questa nostra volontà di trovare i canali per rendere possibile questo riconoscimento che presuppone, come qui è stato detto, un senso di responsabilità nella dirigenza e dei mezzi per poter misurare in modo concreto la produttività. Quando nel 1988 ho fissato questa quota di premio individuale, si ebbe a dire "a nessuno non sarà riconosciuto". Abbiamo dovuto invece constatare che qualche caso di non riconoscimento c'è stato.
E' previsto un meccanismo di contestazione da parte del lavoratore. Non tutti hanno contestato.
Si costituisce una Commissione paritetica che dovrà valutare i casi del 1988 che sono stati contestati, comunque è stato avviato un principio che nel 1989 si rafforza e che ritengo sia utile.
Circa l'opportunità generale la norma del premio è fissata dal contratto nazionale ed è applicata dall'intera pubblica amministrazione.
La produttività complessiva forse non è eccezionale, però uno sforzo di razionalizzazione si sta compiendo soprattutto con l'impegno che abbiamo nella predisposizione delle nuove strutture che spero possano essere ultimate prima della fine della legislatura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.
FERRARA La risposta dell'Assessore Brizio, esauriente ed interessante certamente ha portato alcuni elementi nuovi rispetto ad una radicata convinzione di tutti noi.
Quando si è parlato qualche tempo fa della legge sul personale avevo espresso diverse perplessità in ordine alla capacità della pubblica amministrazione di saper operare delle scelte, di assumersi responsabilità e dare giudizi. In merito alla questione della seconda dirigenza, la scelta della Giunta era quella del colloquio, e quindi del giudizio espresso dall'Amministrazione; abbiamo scoperto che tutti i giudizi erano positivi: di fatto si era rifiutato di dare giudizi. Quindi questa scelta, che pur deve essere la tendenza verso la quale occorre muoversi, era puramente di facciata, senza volontà oggettiva di modificare i criteri precedenti.
Quanto ci ha detto l'Assessore Brizio è certamente un passo avanti e mette in evidenza la volontà di muoversi in questa direzione. L'Assessore inoltre, ha espresso dei dubbi sulla capacità di assunzione di responsabilità da parte della dirigenza. Personalmente nutrivo dubbi sulla difficoltà di assunzione di responsabilità da parte della Giunta, ma se dall'organo politico viene tale indicazione, probabilmente la cosa potrà diffondersi: non si può pretendere che siano altri a fare delle scelte quando non si ha la forza e la capacità di farle in prima persona (come la Giunta ha dimostrato nel momento in cui ha indetto i concorsi per la seconda dirigenza).
Se questa è la nuova politica della Giunta, credo occorra esprimerle un reale apprezzamento. Mi pare che su un argomento del genere sarebbe opportuno qualche approfondimento più coinvolgente il Consiglio, per un dibattito più complessivo della Regione.



PRESIDENTE

La discussione delle interrogazioni e delle interpellanze è così terminata.


Argomento: Questioni internazionali

Comunicazioni sull'attività del Comitato regionale di solidarietà con il popolo rumeno


PRESIDENTE

Passiamo al punto 13) all'o.d.g. che reca: "Comunicazioni sull'attività del Comitato regionale di solidarietà con il popolo rumeno". In merito al problema il Consigliere Pezzana ha presentato un'interrogazione circa una lettera inviata da una funzionaria regionale rumena per richiamare l'attenzione della Regione sulle iniziative che è necessario intraprendere.
Di fronte alla tragica situazione in Romania ci siamo immediatamente attivati anche raccogliendo l'appello venuto dai rappresentanti della comunità rumena per decidere il tipo di iniziative che la Regione Piemonte avrebbe potuto mettere in atto. Questa attivazione ci ha consentito di realizzare un incontro tra i Capigruppo e le varie rappresentanze della comunità rumena in Piemonte che si è svolto nei giorni tra Natale e Capodanno. D'intesa con il Presidente della Giunta e con i Capigruppo ho promosso tale riunione per esprimere concretamente la solidarietà della Regione Piemonte reperendo, attraverso una ricognizione sulle economie di bilancio che si è potuto realizzare nell'ambito delle spese della Presidenza del Consiglio regionale, una somma pari a 350 milioni, i quali sono stati destinati ad un conto corrente attivato immediatamente. Inoltre si sono invitati i Comuni piemontesi a stanziare delle somme per destinarle in tale conto corrente. Si sono presi contatti anche con gli Assessorati all'agricoltura e al commercio per vedere cosa era possibile realizzare nell'ambito delle varie categorie che potevano mettere a disposizione generi alimentari vari, ecc. Ci siamo mossi immediatamente, in un primo tempo sembrava che fosse urgente, come lo era, ma d'altro canto non è stato così semplice realizzare un rapporto di collegamento via aerea tra Caselle e Bucarest. Avevamo parlato direttamente con Caselle ricevendone la loro disponibilità, sia come spazi per stoccare generi alimentari non deperibili sia per realizzare un collegamento diretto via aerea Caselle-Bucarest, che poi non è stato utilizzato. Questi spazi e questi collegamenti non sono stati utilizzati perché il processo di avviamento è stato piuttosto lento erano i giorni delle vacanze natalizie, quindi era necessario rimettere in piedi un meccanismo che si era per un momento rallentato; nello stesso tempo però c'erano due grossi bracci operativi, la Croce Rossa Italiana e la Caritas, cui si sono aggiunti anche altri enti privati. Ci siamo messi in contatto con alcune aziende; tra queste la FIAT, la quale ha assicurato attraverso i suoi canali, presenza, partecipazione e impegno, e ha dichiarato la disponibilità a concorrere nelle forme e nei modi che sarebbero stati possibili per l'azienda FIAT negli eventuali progetti che la Regione avesse portato avanti in una zona della Romania. Parlo di azienda FIAT, ma potrei dire anche di Istituti di Credito, che hanno fatto sapere che seguivano altri canali. Da Caselle abbiamo ripiegato su uno spazio messoci a disposizione dalla FIAT nel Lingotto, perché qualora ci fosse stata necessità di stoccare generi da inviare in Romania questo sarebbe stato utile. Inoltre ci siamo attivati per segnalare l'iniziativa alle varie attività economiche commerciali. Tutto questo non ci esonerava però, dal realizzare quanto di competenza della Regione, sia nei confronti degli enti locali sia nei confronti dei privati. Abbiamo preso contatti con il Politecnico e con l'Università per verificare il tipo di concorso nella formazione di quadri dirigenti amministrativi e tecnici in corsi specializzati, borse di studio, ecc. Tutto questo fa parte di un'assistenza a più ampio raggio: elemento ben presente nell'iniziativa avviata in quei giorni e seguita nei giorni successivi. C'è stata nei giorni scorsi una riunione in occasione della Conferenza Stato-Regioni che si è tenuta a Roma il 17 gennaio; si è discusso il tipo di intervento che le Regioni italiane avrebbero potuto fornire per quanto riguarda l'assistenza medica, per quanto riguarda il trasferimento di feriti e di persone, o di medicinali medici e materiale sanitario da mandare in Romania. Il materiale sanitario è stato inviato immediatamente perché di estrema immediatezza. In questa riunione si è parlato del trasferimento di persone colpite, di feriti, per non c'erano elementi precisi; addirittura ieri doveva esserci una riunione al Ministero degli Esteri, che non si è tenuta. So che la Regione, tramite l'Assessorato alla sanità, si è dichiarata disponibile, insieme ad Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Friuli, Lombardia e Lazio, ad accogliere feriti anche se i dati su questa necessità sono piuttosto vaghi. Tale è la mia valutazione: siamo stati colti impreparati un po' tutti: manca infatti un rapporto diretto tra Italia e Romania, Regione e zone con cui realizzare rapporti più stretti. Abbiamo avuto parecchie difficoltà a realizzare un collegamento via telefono, che ci ha consentito comunque di creare un rapporto più stretto tra comunità rumena e loro familiari. La nostra Regione ha messo a disposizione un funzionario - cui vanno i ringraziamenti che si occupa dei rapporti con la CEE. La SIP ha immediatamente attivato un collegamento telefonico: l'iniziativa è stata tra le prime ed ha avuto un certo rilievo a livello nazionale, nonostante le difficoltà riscontrate in quei giorni. I risultati non sono ancora certi; la certezza sta nell'impegno della deliberazione della Presidenza del Consiglio regionale.
L'Ufficio di Presidenza si è riunito e ha delegato il Presidente a portare avanti questa iniziativa, accompagnandola con la richiesta che fosse la Regione a seguire la destinazione degli aiuti, affinché siano il più mirati possibile. Nella lettera inviata ai Comuni abbiamo auspicato la realizzazione di gemellaggi. Dati certi sulla raccolta di fondi finanziari e generi alimentari sono più difficili per l'ampia articolazione di iniziative ed interventi; ad esempio, il Comune di Torino ha stanziato 200 milioni destinandoli alla Croce Rossa; altri Comuni e Province hanno orientato il proprio intervento in direzione di strutture operative impegnate nell'operazione.
Ho ricevuto in questi giorni parecchie lettere di ringraziamento, ma anche di richiamo dei problemi che, superata la fase dell'emergenza rimarranno da risolvere.
Infine, voglio far presente un elemento importante sul quale è necessaria una riflessione (questione sulla quale la Giunta sta avviando una legge).
In questi ultimi giorni abbiamo cercato di avvalerci della legge utilizzata nel 1984 per portare la solidarietà alle popolazioni del Libano legge che però necessita di un completamento per poter meglio destinare i fondi. A tal proposito ho contattato il Commissario del Governo, il quale di fronte alle necessità che si presentavano, si è dichiarato disponibile ad un'interpretazione della legge che individuasse come poter superare le difficoltà, dopodiché si potrà individuare in modo certo uno strumento che consenta di poter operare senza altri ostacoli. Mi pare che quanto è stato fatto abbia corrisposto alle attese della comunità rumena in Piemonte ed anche allo spirito di solidarietà che ha sempre caratterizzato la nostra gente nei confronti di coloro che si sono trovati in stato di necessità sia che fossero sciagure di carattere naturale sia che fossero tragedie di carattere politico, come quella della Romania. Siamo consapevoli della necessità di esprimere solidarietà e di cooperare per incoraggiare lo sforzo alla conquista della libertà; strada ancora tutta da percorrere, che ha bisogno del sostegno dell'intera comunità: comunità internazionale democratica, consapevole dei sacrifici che questo popolo, come altri popoli, hanno compiuto per la conquista della libertà.
Ho fatto un'illustrazione di quello che è stato il nostro impegno mettendo in evidenza le cose sulle quali abbiamo lavorato e le cose sulle quali occorre ancora lavorare per far sì che, insieme agli entusiasmi, ci sia anche una realizzazione concreta.
La parola al Vicepresidente della Giunta, Bianca Vetrino.
VETRINO, Vicepresidente della Giunta regionale Non ho molto da aggiungere a quanto esposto in modo sostanziale dal Presidente del Consiglio, il quale si è fatto carico anche di comunicazioni che potevano riguardare più direttamente la Giunta; credo che lo stesso Presidente della Giunta non avrebbe altro da aggiungere. Due cose vanno però approfondite. Prima di tutto il raccordo interregionale che ha portato all'accordo sui 200 feriti, rispetto ai quali mi viene consegnato in questo momento un telegramma che ritengo di dover leggere ai Consiglieri affinch sappiano a che punto siamo. E' un telegramma indirizzato al Ministero della Sanità e spedito per conoscenza alle Regioni Valle d'Aosta, Lombardia Veneto, Toscana e Lazio, che comunica le indicazioni del Governo rumeno di sospendere per ora l'invio di feriti in Italia. Il testo recita: "L'incaricato dell'Ambasciata d'Italia a Bucarest ha fatto presente di aver incontrato oggi il nuovo Viceministro rumeno alla sanità, per sollecitargli l'invio degli elenchi nominativi e delle rispettive cartelle cliniche dei feriti da trasportare dalla Romania in Italia con treno ospedale di questa Croce Rossa conformemente alle intese di Bucarest del 13 corrente, tra il nostro Vicecommissario straordinario e l'allora Viceministro rumeno Ionescu".
E' stato risposto ringraziando del gesto amichevole ed altamente umanitario, ma facendo presente che, contrariamente a quanto comunicato da Ionescu, lo sgombero all'estero dei feriti più gravi può considerarsi concluso con le operazioni svolte via aerea. Analoga comunicazione è giunta via telex dalla Croce Rossa rumena, la quale ha altresì fatto presente che se il treno si rendesse necessario in prosieguo di tempo, la Croce Rossa italiana verrebbe tempestivamente allertata.
"Quanto sopra si comunica in relazione agli accordi intercorsi con i rappresentanti di codesto dicastero, nella riunione del 17 corrente presieduta dal Commissario straordinario prof. Giannini" (credo si tratti della riunione che si è svolta a Bologna). Ieri, come ha detto il Presidente, avrebbe dovuto svolgersi una riunione che non si è tenuta probabilmente per la nuova situazione di defezione che si è venuta a determinare. Il Presidente ha accennato anche ad un disegno di legge, che dovrebbe essere di iniziativa della Giunta regionale, relativamente a borse di studio e quant'altro, al fine di favorire il collegamento con enti locali, ecc. Per le informazioni che ho, tale disegno di legge non è ancora stato predisposto; credo che la Giunta secondo gli impegni assunti - lo sta predisponendo a livello operativo amministrativo attraverso i propri uffici; sarà questa una delle occasioni di confronto dei prossimi giorni rispetto a questo adempimento specifico riguardante la Giunta. Al momento non ho altro da aggiungere; eventualmente, a seguito degli interventi che si svilupperanno sarà mia cura assumere gli impegni necessari e trasmetterli al Presidente, che ha curato in prima persona questi aspetti.
Ricordo ancora che la Giunta, in una riunione che si svolse prima di Natale, aveva incaricato l'Assessore Maccari di seguire direttamente questi lavori in qualità di rappresentante della Giunta, nell'ambito del Comitato di solidarietà che si è costituito alla fine dello scorso anno.
Se verranno fornite altre notizie nel prosieguo del dibattito sarà mia cura metterle immediatamente a disposizione dei Consiglieri regionali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.
PEZZANA Ringrazio innanzitutto il Presidente Rossa per l'urgenza con la quale ha risposto alla mia interrogazione, dandogli atto che fin da quando ha riunito due settimane fa i Capigruppo si è immediatamente attivato per realizzare quanto deciso in quella riunione. Purtroppo, però, i risultati si sono rivelati diversi sia da quanto era nelle intenzioni espresse dai Capigruppo in maniera conforme sia da quanto il Presidente Rossa ha rappresentato come volontà di quanto doveva accadere: la realtà è che non siamo al corrente di quanto la Giunta ha stanziato in aiuti finanziari. Non conoscendo la cifra precisa ne deduco che non sono stati ancora versati e quindi utilizzati; idem devo dire per quanto riguarda il Consiglio regionale: si conosce la cifra, ma non si sa su quale conto corrente è stata versata e soprattutto quale utilizzo se ne farà.
Muovo queste critiche, più che altro osservazioni e puntualizzazioni affinché il Presidente del Consiglio ne prenda nota e possa far da tramite con la Giunta.
Il Presidente Rossa ha parlato di materiale sanitario inviato immediatamente: vorrei sapere che tipo di materiale e in che data è stato inviato; diversamente sono parole che non hanno alcun riscontro. A me non risulta, per esempio, che dall'Assessorato alla sanità sia mai partito alcunché; inoltre, purtroppo questo non fa certo onore ai Comuni piemontesi nello spazio-raccolta al Lingotto di cui il Presidente ha dato informazione, non è giunto alcun pacco da nessun Comune del Piemonte: la realtà è questa! Il Piemonte è purtroppo una Regione che, per quanto riguarda la Romania, non ha fatto nulla se non dichiarare buone intenzioni.
Nella riunione del 17 gennaio, che il Presidente Rossa ha citato, del Comitato Stato-Regioni, si è stabilito che la Regione Emilia Romagna fosse il soggetto delegato alla ricezione di tutti gli aiuti da inviare in Romania.
Vorrei sapere, in primo luogo, se la funzionaria delegata concordemente da tutti i Capigruppo e dal Presidente Rossa è stata ufficialmente investita ad intrattenere questi rapporti; mi risulta infatti che alla Regione Emilia Romagna non sia arrivato alcun rapporto ufficiale dalla Regione Piemonte. Se non c'è alcuna persona delegata a tenere questi rapporti, è inutile aver fatto delle riunioni e avere stanziato, o meglio immaginato delle cifre. Ricordo che nel corso della riunione dei Capigruppo si parlò dell'acquisto di una TAC da mandare in Romania; posso anche capire che l'ipotesi di acquistare uno strumento così costoso e delicato, che richiede mesi per l'attivazione e per insegnare ad usarlo possa essere stata forse affrettata; pertanto, se questa cifra esiste chiedo che venga stanziata per corsi di formazione professionale da tenere subito: esistono il BIT ed altre strutture, in Piemonte, che possono immediatamente attivarsi a questo fine. Non dico di essere scandalizzato ma ancora una volta viene riconfermata la mia convinzione che tutto quanto è privato agisce e si muove subito, mentre tutto quello è pubblico viene non solo rallentato, ma addirittura fermato. Il giornale "Sole-24 ore" ha raggiunto in dieci giorni quasi un miliardo di lire di raccolta fra i lettori per borse di studio, messe a disposizione dalle forze imprenditoriali per fornire alla Romania tutto il know-how di cognizione e di formazione che il regime di Ceausescu aveva impedito si formasse, al fine di far diventare la Romania un Paese industriale avanzato come gli altri Paesi europei. Visto che anche da noi era emersa tale indicazione (si è parlato, infatti, di corsi di formazione professionale) chiedo si stabilisca in primo luogo la cifra stanziata dalla Giunta (relativamente allo stanziamento da parte del Consiglio) e la destinazione, e si dia ufficialmente incarico alla funzionaria, che avevamo individuato nella dottoressa Amprimo, affinché l'iniziativa non dico vada avanti, ma cominci.
Per quanto riguarda i feriti, dubito che la situazione sia andata a buon fine; abbiamo letto che negli ospedali si continua a morire per la carenza di strutture (in quel Paese oltre i 70 anni si doveva smettere di vivere); credo quindi che la situazione dei feriti o comunque dei malati negli ospedali rumeni sia ancora molto grave. Posso immaginare che l'attuale Governo provvisorio tenda a diminuirne l'immagine e l'importanza per problemi di facciata verso l'esterno, ma i problemi continuano a sussistere.
So che il Presidente Rossa si è subito attivato, ma non solo lui; in qualità di Capogruppo ho ricevuto molte lettere di cittadini rumeni a Torino che non si sentono affatto rappresentati dagli organi ufficiali della comunità rumena che, ricordiamo, è sempre stata a favore di Ceausescu fino a quando è rimasto in vita; non diamo troppo valore a queste ufficialità, perché quelli dell'Ambasciata e del Consolato sono tutti funzionari che hanno aderito in pieno al regime per tutto il periodo in cui è vissuto. Badiamo alle cose sostanziali, signor Presidente, ed immediatamente; glielo chiedo con convinzione sperando che lei possa risponderci con dati precisi. E' inutile dire che esiste un conto corrente quando in realtà non esiste nulla, neanche da parte dei Comuni, i quali hanno dato riprova di insensibilità di fronte ad una tale richiesta di partecipazione. Mi permetto di suggerirle, con una seconda lettera che parta dalla Presidenza del Consiglio, di attivare iniziative, anche finanziariamente, per la realizzazione di corsi di formazione professionale (iniziativa attualmente più realizzabile). Se pensiamo che una Regione non riesce neanche ad iniziare quanto ha quasi raggiunto un quotidiano in dieci giorni... So che il Presidente Rossa su questo argomento è molto sensibile per quanto riguarda la Giunta, mi auguro che il Vicepresidente Vetrino vorrà scuotere l'albero più alto che le sta vicino.., mi pare che la Giunta non abbia fatto niente: come Consigliere regionale spero che su un tema così importante e qualificante si muova immediatamente. Se nei prossimi giorni non ci sarà una risposta chiara a queste mie domande ripresenter altre interrogazioni e cercherò di mobilitare qualunque mezzo di informazione: che la Regione Piemonte non abbia fatto nulla è davvero scandaloso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Signor Presidente e colleghi, non posso dire cose molto diverse da quelle dette ora dal collega Pezzana, nel senso che anche il nostro Gruppo aveva apprezzato la tempestività e la passione con le quali il Presidente del Consiglio aveva avviato iniziative della nostra Regione in solidarietà con il popolo rumeno; avevamo partecipato agli incontri che ci furono prima di Natale e poi subito alla ripresa a gennaio. In quelle sedi, dichiarammo la nostra piena disponibilità a favorire tutte le iniziative legislative ed organizzative che la Regione Piemonte poteva prendere. Da quanto è stato detto questa mattina si evince che concretamente si è realizzato poco, o praticamente nulla, quindi noi sollecitiamo un'iniziativa concreta e stringente. Vorrei, in specifico, sottolineare un punto che è stato già ripreso da Pezzana e accennato dal Vicepresidente Vetrino. Circa due settimane fa, c'era stata una riunione informale del Comitato (una sorta di Comitato di solidarietà) che era stato avviato dal Presidente Rossa a Natale, e in quella sede concordemente tutti i Gruppi si erano espressi e in tal senso si era espresso anche il rappresentante della Giunta regionale, Presidente Beltrami, perché si attivasse immediatamente l'iniziativa di una legge della Giunta, che doveva consentire di impegnare i fondi e quindi spendere quelli che erano già stati o destinati dalla Presidenza del Consiglio (i 300 o 350 milioni se ricordo bene) o annunciati dalla Giunta. Mancando questo strumento, si era detto allora, questi fondi restano inattivi perché non sono spendibili da parte della Regione. Sono passate due settimane e, a quanto mi risulta, non c'è ancora nulla, se non le parole del Vicepresidente Vetrino il quale ha detto che gli uffici stanno predisponendo la legge. Ricordo che, allora, si era parlato di tempi strettissimi, si era detto che nel giro di due giorni questo disegno sarebbe stato presentato in Consiglio e i Gruppi avrebbero potuto votarlo immediatamente in aula. Ma, ancora adesso, non abbiamo il disegno di legge. Non si possono spendere i soldi, non è istituito il fondo di solidarietà della Regione Piemonte. Esistono solo delle dichiarazioni di intenti di buona volontà che vanno certamente apprezzate, ma che non sono attuabili e non sono concretamente spendibili. Quindi, il nostro Gruppo richiede con insistenza alla Giunta l'immediata presentazione di questo disegno di legge e ribadisce la piena disponibilità ad un iter del tutto eccezionale e velocissimo in Consiglio. Termino informando il Presidente del Consiglio e i colleghi che i Consiglieri del Gruppo comunista hanno deciso di versare sul conto corrente che è già stato istituito la somma di L. 3 milioni per concorrere all'iniziativa della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Devecchi.
DEVECCHI Ricordo, brevissimamente, che la DC ha partecipato, in persona del Consigliere Olivetti e con il sottoscritto, alle riunioni che sono state tempestivamente indette dal Presidente del Consiglio per concordare le iniziative da assumere per venire incontro alle necessità della Romania. Mi pare che tutte le iniziative che erano state concordate, soprattutto nell'ultima riunione, siano tutte valide e da perseguire. Può spiacere che i Comuni del Piemonte non abbiano ancora risposto alle lettere invito fatte dal Presidente del Consiglio. A titolo personale vorrei pensare che la situazione, essendo molto confusa a causa delle notizie contrastanti che provengono dalla Romania, probabilmente ha rallentato l'entusiasmo dei primi giorni. Al di là di questa considerazione sollecitiamo la Giunta a presentare il disegno di legge, perché è il mezzo indispensabile per dare l'avvio concreto agli aiuti per il popolo rumeno. Nello stesso tempo auspico che si possano in tempi brevi mettere in atto quelle iniziative quali l'invio di apparecchiature sanitarie, così come era stato proposto.
Saranno la TAC o altre da inviare soprattutto nelle città periferiche della Romania, attraverso l'eventuale istituzione di gemellaggi. Inoltre potranno essere inviate somme o derrate che possono alleviare la situazione drammatica che sta vivendo il popolo rumeno. I tempi sono stretti, ma tante volte per voler essere eccessivamente rapidi nel mettere in atto determinate iniziative si è rischiato di compiere errori anche gravi. Non sarei quindi così pessimista circa l'attività che la Regione può svolgere sempre che il disegno di legge promesso dalla Giunta in tempi brevi possa approdare a questo Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Signor Presidente, alla sua presenza, un mese fa, i rappresentanti del Consiglio regionale e la Giunta si sono esposti pubblicamente nei confronti della comunità piemontese, della comunità internazionale e anche del popolo rumeno, assumendo a livello di principio degli impegni che sarebbe opportuno vedessero rapidamente concretizzazione. Voglio sottolineare che abbiamo strumenti di competenza nostra; l'Assessore sta per presentare in Commissione primi elementi del piano-corsi per il prossimo anno formativo.
Tale settore, di nostra piena competenza è molto importante per dei rapporti fattivi con una popolazione colpita duramente dagli eventi drammatici di poche settimane addietro. Sono d'accordo sull'ipotesi delle apparecchiature, ma sarei anche d'accordo su questa forma di intervento che ha già visto altre realtà muoversi. La necessità di affidare un ruolo di coordinamento ad una funzionaria della Giunta regionale che segua istituzionalmente i problemi sovraregionali e sovranazionali era già emersa. Credo che questi siano atti, al di là del disegno di legge, che devono vedere rapidamente la luce per poter dare operatività agli stanziamenti preannunciati; atti che dovrebbero avere primi rapidi momenti di concretizzazione. E' giusto non fare cose affrettate, però non è giusto lasciare che le cose incancreniscano per poi (siamo a poco meno di due mesi dalla fine della legislatura) trovarci in una situazione affannata da mille provvedimenti che rischiano di essere stritolati dinnanzi ad altre emergenze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.
MAJORINO Signor Presidente, non ho che da associarmi alle motivate e pressanti richieste formulate per primo dal Consigliere Pezzana. La rivolta in Romania risale ad un mese fa, le dichiarazioni di intenti da parte della Regione Piemonte, della Giunta e dell'Ufficio di Presidenza sono della medesima data e siamo pressappoco, al di fuori di mere dichiarazioni di intenti, al nastro di partenza. Chiedo a lei, Presidente, e alla Giunta, di fare decollare questa doverosa operazione umanitaria di solidarietà sia sul piano materiale ed operativo che sul piano legislativo visto l'unanime accordo di tutte le forze politiche. Penso sia - non voglio usare parole grosse vergognoso che si sia ancora al punto di partenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.
REBURDO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il problema, per come è stato gestito, apre questioni di un certo rilievo: la Regione ha attivato delle iniziative, ma la società piemontese - su questo come su altri problemi di drammatica emergenza nel mondo - ha mostrato disattenzione e per certi aspetti disaffezione, anche per l'impressione, da parte di settori non secondari della società, di un costante e continuo pericolo di strumentalizzazione politica di questi problemi. Qualcuno ha tentato di muoversi, però c'è stata scarsa sollecitazione da parte della struttura pubblica alla comunità nel suo insieme. Credo che in Piemonte ci siano forze di base che hanno fatto un lavoro molto più serio di quanto si è fatto nelle istituzioni. La questione Romania - credo che sulla Romania come sugli altri Paesi dell'Est, un ragionamento andrebbe fatto - non è tanto un problema di tradizionali aiuti economici: è questione molto più complessa e non facile da affrontare.
Un esempio. Noi abbiamo avallato la politica di Ceaucescu, visto che siamo grandi consumatori di carne prodotta in Romania. Basterebbe rivedere alcuni contratti di carattere commerciale e trasferirli su realtà ed interventi diversi. La serie di rapporti commerciali e industriali fra Italia e Romania, avviata da molti anni, ha contribuito a sostenere una politica di sfruttamento avallando di fatto quella che è stata la politica di Ceaucescu. Non siamo solo di fronte alla compromissione delle strutture rappresentative di quel regime che oggi si sono strumentalmente riconvertite, ma ad un problema di politica commerciale e industriale che noi abbiamo fatto nei confronti dei Paesi dell'Est e che adesso pensiamo di rilanciare in modo più organico cercando di farle diventare sostanzialmente delle esperienze satellite nei nostri confronti. Sulla questione Romania qualcuno lo ha già detto - non c'è un problema di aiuti tradizionali (inviare coperte o cibo è una cosa che mi rende perplesso), ma quello di sostenere strutture largamente inadeguate (ad esempio, dal punto di vista sanitario) sia con varia strumentazione sia con strumenti di formazione oppure sostenendo settori di carattere produttivo. Qualcuno qui parlava di formazione professionale e di una diversa attenzione e un diverso rapporto tra il settore agricolo del nostro Paese e il settore commerciale, in particolare delle catene alimentari, con la Romania stessa.
Non credo che si debba fare un "je accuse" per il fatto che non si sono spesi questi 350 milioni. Probabilmente per certi aspetti non è un male che si sia atteso qualche istante: ci sono state denunce di materiali, di aiuti, che parrebbero non essere mai stati distribuiti sul territorio rumeno. Quindi, prima di assumere iniziative che tendono a dare una risposta di immagine immediata, ma senza continuità e senza dare risposte ai problemi drammatici esistenti, è meglio stare un po' attenti. E' giunto però il momento di accelerare. Credo che su alcuni problemi la Regione possa dare delle risposte. Il campo sanitario e quello della formazione professionale sono due settori sui quali qualche passo si può fare. Il problema non è quello di una legge, ma di verificare se in occasione della Conferenza delle Regioni, attivando un rapporto con il Ministero degli Esteri, si riescano ad ottenere spazi di più stretta e diretta competenza in settori in cui si possano attivare azioni di interscambio tra i problemi di quel Paese e le possibilità concrete di risposta che noi possiamo dare.
Per concludere, penso non sia tanto una questione di aiuti tradizionali quanto di impostare una politica di collaborazione rapida, che in qualche modo dia la possibilità di avviare sostegni di carattere finanziario o strutturale per creare strutture ed infrastrutture dal carattere continuativo sul territorio. E' meglio seguire un solo progetto concordato con la realtà rumena e far sì che sia in grado di offrire con continuità risposte ad alcuni bisogni piuttosto che inviare aiuti genericamente, a pioggia; aiuti che poi, come dicevo, non sempre possono essere controllati nelle loro destinazioni. Si tratta quindi di accelerare gli interventi stando molto attenti alle strumentalizzazioni provenienti anche da settori che parrebbero lontani. E' molto importante mantenere continuità di rapporto con il nostro Ministero degli Esteri: la situazione si sta evolvendo, non sempre notizie ed informazioni sono realistiche. Mi permetto di dire che più che stanziamenti diretti è necessario riunire attorno ad un tavolo le realtà economico-sociali e culturali della nostra Regione e coinvolgerle progettualmente su un intervento dalla necessaria continuità.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Vetrino.
VETRINO, Vicepresidente della Giunta regionale Signor Presidente, colleghi Consiglieri, posso concordare con i Consiglieri regionali che hanno parlato di risultati deludenti rispetto agli impegni che, forse anche sull'onda emozionale, ci eravamo tutti assunti un mese fa. D'altra parte, devo riconoscere che il Presidente del Consiglio nel presentarci questi risultati, con molta onestà, pur non usando l'aggettivo "deludente", ha constatato che non potevamo essere soddisfatti di quanto finora eravamo riusciti a raggiungere. Ci sono evidentemente, delle giustificazioni a questi atteggiamenti: difficoltà di collegamento, difficoltà di coordinamento, probabilmente anche scarsa sensibilità, perdita di tensione rispetto al momento emozionale di quei primi giorni che tutti abbiamo stampati nella memoria.
Questo però non ci esime dal rilanciare e dall'accelerare gli impegni assunti, che dobbiamo perfezionare. A nome della Giunta, mi impegno personalmente, tenendo presente il contributo ricevuto dagli interventi di questa mattina, sulle seguenti tre cose.
La prima. Qualcuno ha detto che la Giunta non ha nemmeno ancora definito il proprio preciso impegno finanziario da aggiungere al fondo che si è venuto costituendo. In effetti, non sono stati definiti termini finanziari precisi, esiste però un impegno politico: potranno essere 50 milioni o un miliardo, però nell'ambito della discrezionalità di bilancio che potremo avere questo contributo ci sarà.
Secondo impegno, che vorrei assumere anche nei confronti degli Assessorati competenti. Alcuni Consiglieri hanno parlato di aiuti non tradizionali. Tra le nuove esigenze che questo popolo ci ha rappresentato l'aspetto della formazione professionale rimane uno dei più interessanti.
Approfittare del fatto che l'Assessore sta per presentare il nuovo Piano di formazione professionale può essere un'occasione per inserire anche l'esigenza che si è venuta determinando. L'apparecchiatura per la TAC è rimasta un po' nel vuoto: si era parlato inizialmente di inviare questo strumento, poi sembrava fossero sorte delle difficoltà soprattutto perch occorre che ci siano in loco persone che sappiano usarlo e quindi sfruttarlo. Tali difficoltà ci avevano consigliato di cambiare obiettivo e spostando la disponibilità della sanità da aspetti strumentali ad aspetti formativi, attraverso corsi di formazione professionale.
Terzo impegno, è quello del disegno di legge di cui ho già parlato nell'introduzione, ma rispetto al quale vorrei assumere un impegno più preciso: mi impegno personalmente, con la responsabilità che ho come Vicepresidente della Giunta, a vedere con i funzionari il testo del disegno di legge e, nei limiti del possibile, a presentarlo per l'approvazione da parte della Giunta nella seduta di martedì prossimo. Se non l'avrò fatto è perché mi saranno mancati i tempi materiali di costruzione dell'articolato.
Se riuscirò a presentarlo per martedì, superando i momenti burocratici che accompagnano la presentazione dei nostri disegni di legge, il Consiglio potrebbe essere in condizioni, nella prossima seduta, se non di esaminarlo quanto meno di avviarne l'iter attraverso la Commissione competente.
Per quanto mi riguarda questa è la mia convinzione ed il mio impegno come correttamente ha detto qualcuno, l'unico modo per poter utilizzare i soldi che abbiamo è realizzare un impegno attraverso lo strumento legislativo, modo concreto per affrontare questo problema.
Mi impegno a riferire al Presidente della Giunta i contenuti di questo dibattito e mi auguro che gli impegni che mi sono assunta a livello personale possano diventare impegni ufficiali della Giunta; e senza dubbio la Giunta si esprimerà in questo senso.



PRESIDENTE

Grazie al Vicepresidente, anche per le conclusioni con cui ha precisato l'impegno del governo regionale. E' stato costituito un Comitato al quale partecipano tutti i Gruppi del Consiglio; penso che questo Comitato potrebbe essere convocato dopo gli adempimenti annunciati dal Vicepresidente Vetrino, dopo la presentazione del disegno di legge e dopo la deliberazione del contributo finanziario della Giunta, come concorso alla formazione del fondo. I risultati sono stati giudicati deludenti e non corrispondenti alle attese. C'è bisogno di un coordinamento, di qualcosa di più preciso. A livello nazionale superati i primi momenti che sono sempre più difficili - si terrà venerdì una Conferenza dei Presidenti nella quale senz'altro sarà affrontato il problema del coordinamento dei momenti istituzionali e di governo regionale. Credo che questo sia un elemento molto importante. D'altro canto i problemi cui far fronte sono ancora molti; abbiamo quindi la possibilità di dare il nostro contributo, sia sotto l'aspetto sanitario, per il quale ci si era impegnati a verificare cosa è possibile fornire anche in termini di strumentazione, sia dal punto di vista della formazione professionale, sia dal punto di vista di un richiamo ad una maggiore sensibilità dei Comuni. Comuni che non si sono manifestati insensibili; il Comune di Torino, come Comune leader della Regione Piemonte, ha stanziato 200 milioni; altri hanno stanziato 10, 15 milioni: probabilmente è mancato un coordinamento di tali contributi.
Questo mette in evidenza il rinnovato impegno che dovrà esserci da parte della Regione: c'è bisogno sempre più di solidarietà, di presenze concrete.
Non escludo, per esempio, che possano essere realizzabili, attraverso rapporti di collegamento tra la Regione Piemonte e una regione della Romania, rapporti di scambio, visite di delegazioni, per potersi rendere conto, per parlare, per una maggiore "politica estera" attraverso il Ministero degli Esteri o attraverso rapporti diretti: comunque, una partecipazione maggiore, una presenza più concreta della Regione. Inoltre occorre attivare degli uffici con funzionari che si occupino della questione per non fare soltanto dell'improvvisazione, ma per aiutare un Paese che si prepara per l'Europa, e per un'Europa delle Regioni come andiamo sempre sostenendo. Come annunciato dal Vicepresidente Vetrino si tratterà di indire una riunione; per la parte che mi compete mi farò carico di iniziative per mettere a punto un qualche progetto (per il quale abbiamo la disponibilità di forze economiche, oltreché di interessi pubblici e privati) per concorrere alla realizzazione degli obiettivi che ci siamo posti.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale in relazione agli argomenti di cui alle interrogazioni nn. 2033, 2036, 2055 e 2086 Presentazione ordine del giorno n. 743


PRESIDENTE

Passiamo al punto 12) all'o.d.g. che reca: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale in relazione agli argomenti di cui alle interrogazioni nn. 2033, 2036, 2055 e 2086".
I Consiglieri sono in possesso di una nota in merito che mi pare doveroso riassumere. L'11 novembre u.s., qui a Palazzo Lascaris, si è svolto il Convegno nazionale "Le Forze Armate italiane nella guerra di Liberazione".
Nel corso del Convegno veniva letta dal generale di C.A.M.O., Alberto Li Gobbi, una comunicazione del dott. Edgardo Sogno con cui lo stesso protestava per la sua esclusione dal pool di relatori, esclusione che egli riteneva immotivata e discriminante. La stampa nella stessa giornata riportava con ampio risalto il problema, e seguivano interrogazioni.
L'Ufficio di Presidenza ha discusso e approfondito la questione ritenendo doveroso proporre al Consiglio un quadro sintetico che fornisca lumi sulla predisposizione e gestione del Convegno e conseguentemente formulare considerazioni e valutazioni. Dagli atti relativi all'organizzazione del Convegno, e noti a questa Presidenza, si evince: che lo stesso fu proposto nel corso della riunione del Comitato per l'attuazione dei valori della Resistenza del 16 febbraio 1988 dall'avv.
Belardinelli, Presidente della Sezione di Torino dell'Associazione Nazionale Combattenti della guerra di Liberazione delle Forze Armate e la proposta fu condivisa dal Comitato. Conseguentemente fu formato un gruppo di lavoro composto dal col. Rossi, dall'avv. Belardinelli, dal com.te Isacco Nahoum (Milan), incaricato di predisporre il programma.
L'avv. Belardinelli propose una scaletta di argomenti e di rispettivi relatori. La prima bozza di proposta è così formulata: gen. Pierluigi Bertinaria, Capo Ufficio Storico S.M.E., "La partecipazione alla guerra di Liberazione delle Forze Armate" sen. Luigi Poli, generale C.A., "Testimonianza di un combattente da Montelungo al Brennero" gen. Giuseppe Moiso, Consigliere Nazionale A.N.C.F.A.R.G.L., "La prima sanguinosa battaglia" gen. C.A. Alberto Li Gobbi, M.O.V.M., "Collegamenti tra l'esercito e i partigiani" Edgardo Sogno, M.O.V.M., "Le missioni al Nord" gen. Enrico Boscardi, Direttore Centro Storia Guerra di Liberazione, "I reparti ausiliari" col. Lando Mannucci, Presidente Associazione Garibaldini, "I combattenti del Montenegro" prof. Vittorio E. Giuntella, Cattedra di Storia Università La Sapienza di Roma, "Gli internati in Germania" prof. Massimo Mazzetti, Cattedra di Storia Università di Salerno, "I rapporti con gli alleati" gen. Dionisio Sepielli, Divisione Acqui, "Cefalonia e Corfù" gen. Pesce, "L'attività dell'Aeronautica" amm. Fulvi, "L'attività della Marina" avv. Belardinelli, "I motivi di una scelta".
Risulta dal comunicato dell'11 novembre 1989, emesso dalle Associazioni antifasciste e combattentistiche che "Edgardo Sogno fu in un primo tempo invitato informalmente al Convegno".
Successivamente veniva individuato più precisamente il tema fondamentale della manifestazione. Pertanto la partecipazione di Sogno, così è specificato dal Comitato, avrebbe costretto "ad estendere il Convegno alla storia delle formazioni partigiane e delle missioni alleate".
Risulta da lettere prodotte in copia da Edgardo Sogno (e non presenti agli atti d'ufficio) che lo stesso protestò vivamente con l'allora Presidente Viglione, con il Ministro della Difesa on. Valerio Zanone, con il gen. Poli, reclamando la pretestuosità delle motivazioni di esclusione.
La predisposizione del Convegno ebbe una lunga stasi a causa di difficoltà organizzative e la sua realizzazione fu quindi proposta l'anno successivo (ottobre 1989) all'Ufficio di Presidenza che ne deliber l'attuazione con impegno di spesa di L. 13.000.000.
Né l'attuale Presidente, né l'attuale Ufficio di Presidenza furono mai messi al corrente del contenzioso che si era sviluppato su questo tema.
Per quanto concerne le dichiarazioni da me rese in seguito alla protesta espressa da Sogno ribadisco di essere profondamente amareggiato per essere stato tenuto all'oscuro di un problema che, se affrontato per tempo avrebbe potuto portare ad uno scambio civile e chiarificatore di opinioni evitando perciò di turbare un Convegno di così alta levatura. Del resto le occasioni in cui l'argomento venne affrontato in Ufficio di Presidenza anche con scambio di osservazioni critiche di forma e contenuto, avrebbe dovuto consentire di conoscere questi "retroscena" così rilevanti.
Una dettagliata accusa di discriminazione e faziosità che indirettamente è rivolta al Consiglio regionale e da un Ufficiale decorato con medaglia d'oro nella guerra di Liberazione non può trovarmi indifferente.
E' nostro dovere accertare il reale svolgimento dei fatti per dissipare le ombre che inevitabilmente si sono create anche all'interno dell'Ufficio di Presidenza.
Del resto gli anni della lotta di Liberazione sono così vicini, gli animi di chi l'ha combattuta ancora così vivi che occorrono tatto e profonda attenzione nell'affrontare i temi ad essa connessi.
Questo Consiglio ha sempre mostrato molta sensibilità (la creazione del Comitato per l'attuazione dei valori della Resistenza lo dimostra) e prodotto in questi anni iniziative di buon livello culturale, di considerevole risonanza, che certamente hanno contribuito a mantenere vivi a trasmettere alle nuove generazioni gli ideali di libertà.
Tanto proficuo lavoro a cui si sono dedicati negli anni le Associazioni e i Consiglieri regionali, che hanno contribuito a far nascere e crescere il Comitato, non deve assolutamente essere inficiato da dubbi di faziosità o peggio ancora di settarismo.
Sono certo che così non è, ma occorre promuovere azioni chiare che sgombrino il campo dalle perplessità che sono state ingenerate dalla polemica legata al Convegno sulle Forze Armate. Non credo di sbagliare se affermo che ci accomuna la convinzione che la grandezza storica della lotta di Liberazione è determinata dalla coralità dei suoi combattenti, dalla pluralità di voci, di orientamenti e di ideologie che hanno saputo superare sbarramenti d'ogni sorta ed unirsi per un più alto ideale di libertà.
Questo è l'insegnamento che ho ricevuto, da qui nasce il mio convincimento che se più parti hanno contribuito ad una storica lotta, più parti devono essere chiamate a rendere testimonianza. E' la "libertà" nella sua accezione più ampia, che ci è stata consegnata da chi ha combattuto la guerra di Liberazione, ed è questa che noi abbiamo l'obbligo di tutelare.
Non mancheranno occasioni di nuove grosse iniziative del Comitato che saluteremo con attenzione ed interesse perché sapranno dimostrare la capacità di raccogliere ed armonizzare le voci così vive e così diverse che vogliono rendere la loro testimonianza sull'ampio arco di tematiche di interesse del Comitato.
Auspico dunque un più stretto collegamento tra Comitato e Ufficio di Presidenza, solo così eviteremo di dover fronteggiare situazioni impreviste e spinose di cui, come nel caso in esame, neppure la stessa Presidente del Comitato, Dameri, come ci ha riferito in Ufficio di Presidenza, era stata resa edotta. L'Ufficio di Presidenza è sempre disponibile a collaborare e sostenere il Comitato con rinnovata, reciproca fiducia. Voglio credere che da oggi gli scambi tra Ufficio di Presidenza e Comitato saranno più diretti e costanti.
I problemi sorti, ed i necessari chiarimenti, non sono stati, per parte mia, occasione di frizione: un franco chiarimento aiuta, più di diplomatici silenzi imbarazzati, a sgombrare il terreno da riserve mentali, riaprendo la strada ad una ancor più stretta collaborazione.
E' aperta la discussione, ha chiesto la parola il Consigliere Dameri.
Ne ha facoltà.
DAMERI Signor Presidente e colleghi Consiglieri, non intervengo sulla ricostruzione dei fatti che ha fatto il Presidente nella prima parte della sua comunicazione perché si tratta di un dato oggettivo. Occorre per leggerla con animo sgombro e non pregiudiziale, perché la questione sulla quale dobbiamo confrontarci oggi (io personalmente mi colloco in questa posizione) non è l'attività del Comitato, bensì l'affermazione del fatto che la promozione di questo Convegno non ha esposto il Consiglio regionale a nessuna fondata accusa di discriminazione da parte di alcuno. Quando un privato cittadino accusa un Consiglio regionale di averlo discriminato lancia un'accusa grave alla quale bisogna dare delle risposte in termini chiari.
In base alla ricostruzione dei fatti che insieme abbiamo accertato con i diretti interessati, verificando puntualmente quali sono stati i passaggi attraverso i quali si è arrivati a costituire il Comitato, non si possono avere dubbi sul fatto che non c'è stata da parte dell'Ufficio di Presidenza, del Presidente, della sottoscritta a maggior ragione, alcuna volontà di discriminazione nei confronti di alcuno. L'iter è preciso: proposta di iniziativa sul tema "Partecipazione delle Forze Armate alla guerra di Liberazione" all'interno del Comitato antifascista predisposizione da parte del primo proponente di un'ipotesi; attivazione di un gruppo di lavoro ad hoc per definirne il merito e l'iter che è stato molto lungo per varie ragioni di ordine organizzativo (la signora Pont funzionario del Consiglio regionale, lo può testimoniare). Io non ho alcun imbarazzo e alcun silenzio, dico tutto quanto è a mia conoscenza ed era allora sotto la mia responsabilità; per questo ho chiesto di parlare essendo stata chiamata in causa come l'artefice della discriminazione che esponeva il Consiglio a questa grave accusa. Non c'è alcun atto che possa essere prodotto da parte di questo privato cittadino che provi che il Consiglio regionale lo ha effettivamente discriminato: si tratta di un'accusa del tutto infondata, non supportata da alcun elemento di dato certo. E' indubbio che a livello di "pour parler" puramente personale da parte di qualcuno del Comitato probabilmente questa ipotesi è stata ventilata, tanto è vero che nella prima lista insieme ad altre presenze che non ci sono nel Convegno c'era anche quella del signor Sogno, ma è altrettanto vero che in nessuna occasione ufficiale, in nessun atto ufficiale (che poi sono le cose che contano), si può sostenere che questa discriminazione sia fondata su fatti. Questo è il commento alla ricostruzione nella quale mi ritrovo.
Quello che francamente mi ha portato a chiedere di intervenire è un certo taglio del commento del Presidente, perché non deve essere lasciato alcun dubbio, appunto, che questa è la verità. Quindi, nessun silenzio e nessun imbarazzo. Io credo che se bisogna fare un'analisi critica su come è andata la vicenda che ha portato anche a questo spiacevolissimo fatto, la critica va fatta al signor Sogno, il quale non ha ritenuto, e il tempo c'è stato (purtroppo anche a causa della morte del Presidente Viglione che ci ha portato a rinviare l'iniziativa), di doversi rivolgere all'attuale Presidente, all'attuale Ufficio di Presidenza per far valere, se le aveva le sue buone ragioni. Non capisco perché, se queste buone ragioni c'erano ed erano fondate e si voleva effettivamente, come credo e come dice il signor Sogno, contribuire con il suo intervento a questo Convegno essendoci stato un anno di tempo dall'insediamento della nuova Presidenza fino allo svolgimento del Convegno il 21 novembre, questo signore non ha ritenuto di rivolgersi al Presidente del Consiglio per far presente queste sue recriminazioni e neanche alla Presidente del Comitato antifascista che per delega del Presidente del Consiglio, era la sottoscritta, a meno che non ci fosse da parte del signor Sogno un atteggiamento pregiudiziale nei confronti di questa Presidenza e del Comitato antifascista.
Il tempo trascorso da quando l'ipotesi è stata avanzata al momento in cui il Convegno si è svolto, dava largamente occasione a questo signore di far presente le sue buone ragioni. Questo non è stato fatto, allora non è il Consiglio che deve rispondere, è questo signore che deve dire perché non l'ha fatto e perché ha ritenuto di rivolgersi ad altri e non a quelli che sono i titolari e che rispondono qui adesso attraverso questa discussione alle accuse rivolte.
In effetti, concordo con quanto scritto nel commento del Presidente: di questo Convegno abbiamo discusso in Ufficio di Presidenza: se non ci sono state discussioni in merito a questo problema è perché lo stesso, per quanto mi riguarda, non era a mia conoscenza, non era una questione posta nei termini che conosciamo. Se qualcun altro sapeva che c'era questo tipo di questione doveva dirla. Ho buone ragioni per pensare che nessuno dell'Ufficio di Presidenza fosse a conoscenza del problema, e per questo nessuno l'ha sollevato, perché è chiaro che è responsabilità dell'Ufficio di Presidenza affrontare questioni che possono esporre il Consiglio ad una così grave accusa. Accusa che certamente non può lasciare indifferente n il Presidente né la sottoscritta né la parte che io ho svolto nel Comitato antifascista e nell'Ufficio di Presidenza.
Quindi, la mia considerazione è che non si tratta dell'esistenza di imbarazzo o di silenzi. Anzi, dobbiamo chiedere a questo signore perché non si è rivolto in tempo utile al Consiglio per far presente le sue buone ragioni, ma ha atteso che questo fosse avviato per sollevare, il giorno prima, uno scandalo sui giornali.
Lascio a voi ogni commento e considerazione su questo tipo di comportamento. Sento di poter dire che il Consiglio regionale ha tutte le carte in regola per rispondere a questo cittadino, ma soprattutto a tutti i cittadini, che qui non sono state fatte discriminazioni e per quanto ci riguarda (parlo ancora come membro dell'Ufficio di Presidenza, ma non c'è stato alcun disegno machiavellico che oggi mi porta su questi banchi e non su quelli, ma fatti che sono accaduti) non c'è stata nessuna volontà di escludere alcuno che potesse dare un contributo realmente costruttivo al lavoro del Comitato e a quella preziosa opera che il Comitato ha svolto in rapporto con il Consiglio regionale e che, come dice il Presidente, ci ha consentito in questi anni di attivare iniziative che hanno dato qualità e valore ad un settore particolare, ma significativo della nostra attenzione politica.
Sono state presentate diverse interrogazioni; dato che il Presidente non l'ha fatto, risponderò ad alcuni quesiti posti dai Consiglieri interroganti.
Innanzitutto prego i Consiglieri di studiare la legge ed invito i Gruppi a designare loro rappresentanti nel Comitato antifascista. Il Comitato antifascista non è un oggetto oscuro; è stato voluto dal Consiglio regionale che l'ha istituito con legge: da parte di tutto il Consiglio deve pervenire non solo attenzione, ma volontà ed interesse a contribuirvi.
Occorre che i rappresentanti dei Gruppi vi partecipino: questo è il modo più concreto per costruire un rapporto stretto tra Consiglio e Comitato.
Per quanto mi riguarda, devo dire che questo rapporto stretto - vista la delega che il Presidente mi ha consegnato in questi anni e che ho cercato di gestire per quanto nelle mie capacità, al meglio - c'è sempre stato. Ho fatto distribuire nella precedente seduta del Consiglio, anche se i Consiglieri avevano a proprie mani i rendiconti che consegniamo loro a fine anno, una raccolta di tutte le iniziative del Comitato dal 1986 ad oggi ed un opuscolo nel quale sono descritti i dieci anni di attività del Comitato. A mio parere, da quanto si può leggere, sono state assunte iniziative di qualità. Un rapporto più stretto, lo ripeto, comporta la necessità di un effettivo contributo.
Colgo l'occasione di questa discussione perché il Consiglio regionale si impegni affinché del Convegno di grande valore sulla figura di Primo Levi, che si è svolto nei giorni 28/29 marzo in quest'aula e che ha visto per la prima volta dalla tragica scomparsa di Levi contributi di grandissima rilevanza da parte di molti studiosi e di diverse parti culturali, possano essere stampati gli atti, materiale molto importante ed utile da mettere a disposizione soprattutto dei giovani. Abbiamo lavorato insieme all'Einaudi e all'Associazione nazionale ex deportati. Questo patrimonio del Piemonte deve interessare tutti.
Se si guarda la mole di queste iniziative, che possono essere giudicate superate come fa il MSI nella sua interrogazione (posizione del tutto legittima), si vedrà che la quota di stanziamenti che il Consiglio regionale destina a queste attività non soltanto è del tutto giustificata ma anche ben spesa. Ogni spesa è presa con deliberazione dell'Ufficio di Presidenza, quindi discussa in seno a questo organo collegiale; si tratta di iniziative che tendono a finanziare per la maggior parte attività del Consiglio e non esterne: ogni anno circa il 70% di quella quota di bilancio è stata spesa per iniziative che il Consiglio ha organizzato direttamente non si tratta quindi di contributi dati qua e là, ma di iniziative nostre.
La restante parte è suddivisa tra iniziative dei Comuni, delle scuole e delle associazioni. E' bene che questi elementi siano a conoscenza dei Consiglieri, in modo da evitare brutte figure come quella di considerare viaggi di piacere quelli ai campi di sterminio che ogni anno il Consiglio regionale organizza e che ha consentito di portare centinaia di studenti a visitare quelle zone. Vi sono lettere di studenti, scuole e insegnanti.
Consiglieri di varie forze politiche hanno partecipato a queste iniziative se vi si guarda senza animo pregiudiziale si vedrà che si tratta di iniziative di grande valore di arricchimento dell'esperienza di quei ragazzi di cui diciamo di preoccuparci.
La mia è un'aggiunta alle considerazioni svolte dal Presidente; volete una proposizione diversa? E' il signor Edgardo Sogno che deve chiedere scusa a questo Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.
PEZZANA Signor Presidente e colleghi, avevo presentato l'11 novembre scorso un'interrogazione urgente scritta, proprio pochi minuti dopo aver letto sui giornali dell'esclusione da un Convegno organizzato dal Consiglio regionale di una persona che la collega Dameri chiama "il signor Sogno". In politica quando si indica una persona con l'appellativo "signore", in genere lo si fa con lo scopo di sminuirne l'importanza. Ricordo alla collega Dameri che colui che lei chiama il "signor" Sogno è una medaglia d'oro della Resistenza e che, travestito da nazista, si diede da fare per liberare Ferruccio Parri.



(Commenti del Consigliere Dameri)



PRESIDENTE

PEZZANA



PRESIDENTE

Collega Dameri, sai benissimo che in politica non bisogna usare l'appellativo "signore", perché, ad esempio, si dice "la compagna o il Consigliere Dameri", quando però si dice "signore" si tende sempre a sminuirne l'importanza. E' una cosa che sappiamo tutti, l'unica a non saperla, a quanto pare, sei tu.
Ho voluto comunque ricordare i meriti di partigiano di quello che viene definito il "signor" Sogno.
L'oggetto in questione, per quanto riguarda la mia interrogazione e non altro, non è l'attività culturale del Comitato antifascista, del quale condivido e apprezzo altamente le attività svolte, anche se apprezzo meno i riferimenti fatti dalla collega Dameri ai viaggi di piacere ai capi di sterminio. Nessuno ha mai accusato qualcuno di essere andato "per piacere" a visitare dei campi di sterminio; trovo davvero volgare, se mi si permette, questa definizione. L'accusa era stata semmai ai Consiglieri regionali, ma è invece altamente meritevole che studenti e chi non conosce la storia vadano a vedere cosa è successo. Si discute la presenza, forse degli accompagnatori. La cosa è comunque di bassa lega per cui non mi soffermo. Torno al merito della mia interrogazione, attraverso la quale chiedevo al Presidente del Consiglio come era stato possibile escludere da un Convegno sulla lotta di liberazione una figura storicamente ormai classificata, che ha avuto una storia nella resistenza al fascismo quando altri invece frequentavano ancora i GUF, divenendo in seguito segretari di Partiti importanti della sinistra. Mentre Natta andava al GUF, Sogno faceva già la resistenza contro il fascismo; Sogno difese, per esempio, gli ebrei dopo l'emissione delle leggi antisemite del 1939. Il passato del "signor" Sogno, come lo chiamava la collega Dameri, è un passato più che onorevole, ed anche il suo presente sarebbe tutto sommato onorevole se lui non avesse commesso un grave crimine: quello di essere stato un partigiano non comunista; dichiarò subito che se in Italia ci fosse stato un regime comunista avrebbe ripreso le armi, esattamente come aveva fatto contro il fascismo. Questo lo isolò per tutta la vita: fu emarginato e perseguitato anche penalmente, da magistrati del PCI (mi riferisco a Violante) e per tutta la vita subì, da antifascista, una persecuzione in nome di valori e ideali che non condivideva.
Vorrei citare alcune parole di Sogno che condivido: "La pretesa dei comunisti di monopolizzare la Resistenza e di fabbricarne la storia quando sono proprio gli ultimi che possono parlare di libertà...". Il Comitato antifascista non è che uno dei tanti strumenti dell'apparato frontista per esercitare questa sopraffazione, parla del caso personale. L'unità della sinistra non potrà farsi che quando il PCI avrà totalmente rinunciato al partito-guida e alla megamacchina leninista che, come scrivono i russi nei cortei di Mosca oggi "ha guidato una marcia di settant'anni verso il nulla attraverso milioni di cadaveri". Mi pare che attualmente Sogno sia vicino all'area socialista, visto che scrive sull'"Avanti"; quando fa queste dichiarazioni non posso fare a meno di condividerle.



PRESIDENTE

E' liberale. L'"Avanti" è un giornale aperto.
PEZZANA Signor Presidente, la mia era un'affermazione che non richiedeva alcuna scusa perché è lecito scrivere su qualsiasi tipo di giornale, dal "Manifesto" all'"Avvenire".
Volevo solo dire che ho molto apprezzato la risposta che il Presidente ha dato sull'argomento; qui si parla del caso Sogno e non del Convegno in memoria di Primo Levi. Trovo nuovamente di bassissima lega voler ricordare un medagliere pulito e onorevole parallelamente ad un affare sporco che qui è avvenuto. Il Consigliere Dameri o è poco informato o non è in buona fede: quando dice che Edgardo Sogno ha comunicato tutto ai giornali evitando i percorsi istituzionali, non cita invece una lettera mandata da Edgardo Sogno al Presidente Viglione in data 13/5/1988. Il Presidente Viglione avendo delegato il Consigliere Dameri a Presidente del Comitato antifascista sicuramente gli avrà passato copia.
DAMERI No, caro! Signor Presidente.
PEZZANA Posso accettare solo un'interruzione breve, altrimenti potrà parlare dopo per fatto personale, se lo vorrà. Per mia natura accetto le interruzioni. Questa è la fotocopia di una lettera inviata da Edgardo Sogno al Presidente Viglione.
DAMERI Desidero precisare subito la questione, caro Pezzana.
PEZZANA Di' pure "signore" così mi diminuisci ancora di più!



(Commenti dai banchi comunisti)



PRESIDENTE

PEZZANA



PRESIDENTE

Per me è una qualifica onorevole, ma in politica vige ben altra prassi cari colleghi! Prego, collega Dameri.



PRESIDENTE

DAMERI



PRESIDENTE

La lettera di cui parla Pezzana, che è stata anche citata dal Presidente, la sottoscritta non l'ha mai vista.



PRESIDENTE

PEZZANA



PRESIDENTE

Stavo proprio dicendo, prima che la collega Dameri mi interrompesse che o non l'ha vista oppure se l'ha vista è in malafede. Prendo atto che non l'ha vista. E' strano che il Presidente del Comitato non veda una lettera tutto sommato così importante che viene inviata al Presidente del Consiglio in cui (in data 13/5/1988, quindi non alla vigilia della polemica sui giornali) il signor Sogno chiede al Presidente Viglione il perch dell'esclusione del suo nome da un Convegno organizzato in questo Consiglio; e ce n'è un'altra del 24/10/1988 al generale Poli; quindi, sono tutte polemiche nate molto prima di quando la vicenda è esplosa sui giornali: sostenere che Edgardo Sogno ha polemizzato sui giornali senza seguire l'iter istituzionale non è assolutamente vero. Prendo atto che la ex Presidente del Comitato non era al corrente di questa lettera, fatto che ritengo piuttosto grave.



PRESIDENTE

STAGLIANO'



PRESIDENTE

C'è un numero di protocollo?



PRESIDENTE

PEZZANA



PRESIDENTE

Questa è la fotocopia di una lettera inviata e firmata da Edgardo Sogno all'avvocato Aldo Viglione, Presidente del Consiglio regionale. Se c'è un protocollo deve esserci nell'originale che giace in questo palazzo. Io l'ho avuta in fotocopia da Edgardo Sogno del quale mi onoro di essere amico, sia dal punto di vista storico che dal punto di vista umano.
Voglio rimanere esclusivamente al problema che stiamo trattando oggi.
Non sono in discussione le iniziative culturali - ripeto altamente egregie che il Comitato ha intrapreso, ma un caso gravissimo di esclusione non particolarmente riferito a questo Convegno; si tratta di una persona, di un partigiano meritevole al pari di altri, se non di più, durante la lotta contro il fascismo che per tutta la vita è stato perseguitato da un partito politico che è quello comunista. E questo lo sanno tutte le persone che anche se non leggono libri, almeno leggono i giornali. Mi chiedo se la delega data dall'avvocato Viglione - ahimè deceduto debba essere mantenuta ancora dall'attuale Presidenza: è questa una richiesta che chiedo al Presidente di valutare; non dico che si debba togliere, anche se le deleghe così come si danno si possono riprendere. Importa poco, cara collega Dameri, sapere se sei stata tu a dire "Qui Sogno non mette piede" oppure qualcun altro; credo che nessun giornalista abbia avuto interesse ad inventarsi una frase del genere. Quella frase comunque è stata detta e il Presidente, essendo la più alta autorità di un Comitato, ha comunque la responsabilità di quanto avviene. Sogno, di fatto - il risultato è questo è stato escluso da un Convegno al quale invece avrebbe potuto a pieno titolo partecipare: mi chiedo se la delega data dalla Presidenza del Consiglio debba ancora continuare in questi termini oppure si debba invitare la Presidenza del Consiglio regionale del Piemonte a valutare attentamente se la stessa non debba essere ritirata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.
SANTONI Signor Presidente e colleghi Consiglieri, credo si debba sfuggire ad una tentazione che per me, per deformazione professionale, è abbastanza forte. La tentazione è quella di fare qui un processo, ma credo non sia questo né il luogo né l'oggetto che meriti un processo. Non è un processo al Comitato per la Resistenza, non è un processo al Vicepresidente Dameri ma è una questione delicata che il Consiglio deve seguire con attenzione proprio per i soggetti che sono coinvolti: da una parte una medaglia d'oro della Resistenza, che accusa non il Consiglio regionale, ma il Comitato per la Resistenza di averlo discriminato. Comprendete che questi due elementi messi insieme spiegano già l'attenzione che dobbiamo. Non bisogna in questa sede neppure risolvere la questione, che pure esiste e che ha suscitato polemiche non solo a Torino, non solo in Piemonte e non solo da Edgardo Sogno, circa l'interpretazione della Resistenza, la sua partecipazione credo che faremmo dell'accademia: stiamo ai fatti, stiamo alle competenze di questo Consiglio.
Per quanto riguarda le competenze di questo Consiglio sono due gli aspetti da verificare: 1) un'esatta e corretta ricostruzione della vicenda 2) l'atteggiamento che questo Consiglio oggi deve assumere.
Per quanto riguarda la ricostruzione della vicenda ringrazio il Presidente Rossa della puntualità con cui ha riferito al Consiglio. Questa vicenda ha occupato non poco tempo all'Ufficio di Presidenza e credo che dalla documentazione e dalle dichiarazioni raccolte, la ricostruzione almeno cronologico-oggettiva sia quella fatta dal Presidente, che purtroppo però non chiarisce il punto oggetto delle interrogazioni e della protesta dell'ambasciatore Sogno (oltre ad essere medaglia d'oro della Resistenza è stato anche ambasciatore della Repubblica) e credo che non potremmo chiarirla nemmeno noi.
Il Convegno ha avuto due fasi distinte: una organizzativa nell'anno 1988 e una esecutiva nell'anno 1989; il largo lasso di tempo tra una fase e l'altra non è chiaro a cosa sia stato dovuto, anche se, così come è stato riferito, pare sia imputabile a problemi di ordine organizzativo. Mi riferisco a tale aspetto (le due fasi del Convegno) per un dato essenziale: la fase preorganizzativa del 1988 sembrava conclusa con un nulla di fatto circa un anno dopo, invece, il Convegno ha avuto nuova origine e una nuova fase organizzativa. Questo spiega molte cose, soprattutto perché questa vicenda non abbia avuto prima uno sbocco negli ordini istituzionali, in primo luogo l'Ufficio di Presidenza. Quello che dobbiamo sottolineare è che dalla ricostruzione fatta dal Presidente e dagli elementi che abbiamo acquisito (le dichiarazioni, le lettere, ecc.) emerge che in questa vicenda sicuramente qualcuno non ha detto la verità: è inevitabile, non tutte le versioni possono combaciare. L'ambasciatore Sogno dice: "Sono stato invitato al Convegno dal generale Belardinelli in una fase preliminare nel 1988, io ho accettato dopodiché il generale Belardinelli mi ha detto che non potevo partecipare perché c'era stata l'opposizione, alla mia persona e non all'argomento che avrei dovuto trattare, da parte di una certa componente del Comitato". Risposta del Comitato: "Non è vero. Sogno è stato effettivamente informalmente invitato e inserito in un primo programma di massima, dopodiché è stato escluso insieme ad un altro relatore per motivi oggettivi, perché il Convegno trattava di temi che non ricomprendevano l'argomento affidato a Sogno". La collega Dameri in Ufficio di Presidenza e ancora oggi in aula ha detto che lei della protesta di Sogno, della lettera di Sogno a Viglione, non ne sapeva niente e che non se n'è mai parlato nel Comitato antifascista.
Non soltanto per un aspetto formale, ma anche sostanziale, per rispetto delle persone e delle istituzioni, non voglio mettere in dubbio quanto ha dichiarato la collega Dameri; sarebbe certamente grave se un Vicepresidente del Consiglio non avesse detto la verità all'Ufficio di Presidenza e al Consiglio. Negli Stati Uniti i Presidenti finiscono sotto impeachment per non aver detto la verità al Congresso. Noi non vogliamo darci troppe arie ma certamente dobbiamo considerare un fatto e un'eventualità di questa sorta talmente grave da non potersi nemmeno immaginare. Allora, o ha detto bugie Sogno o ha detto bugie Belardinelli: di qui non si esce.
Vorrei sapere chi ha detto le bugie.
Ho l'impressione che l'ambasciatore Sogno, con tutto il "bataclan" che ha fatto, se avesse detto delle bugie non si sarebbe così esposto. E non aggiungo altro.
Il generale Belardinelli è un componente di un Comitato che fa parte della Regione ed è organo operativo della Regione in una particolare situazione; se non ha riferito la verità alla Regione è fatto molto grave.
Siccome non siamo qui per fare un processo, non dobbiamo nemmeno pronunciare una sentenza. Prendiamo atto dei fatti e diamo dei giudizi sui fatti.
Giudizi politici credo siano emersi molto chiaramente e credo che debbano emergere ancor più chiaramente con il secondo aspetto che il Consiglio deve considerare in questa fase: con quale atteggiamento uscire da questa vicenda. Noi crediamo che l'unico atteggiamento possibile (se discriminazione non c'è stata, così come abbiamo ripetuto tutti insieme in questo Consiglio) sia riconfermare che questo Consiglio regionale non ha atteggiamenti discriminatori nei confronti di alcuno, che l'ambasciatore medaglia d'oro Edgardo Sogno purtroppo è stato male informato da un componente del Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e che questo Consiglio regionale riconferma piena e incondizionata stima e ammirazione per la persona dell'ambasciatore Sogno, fulgida figura della Resistenza italiana.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.
ALA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la vicenda, come già illustrava nel suo precedente intervento il collega Santoni, non può essere limitata, a mio avviso, alla pura ricostruzione del "come sono andati i fatti". Dibattiti di questa natura non possono fare a meno di approfondire il modo con cui le forze politiche, le istituzioni, il mondo culturale ed accademico del nostro Paese, oltre che i mass media, hanno trattato soprattutto negli ultimi anni, quello che è stato il periodo fondante anche in termini simbolici, dell'attuale Repubblica. E' attorno a questa vicenda, che non è solo italiana, riguardando tutti i Paesi europei dell'Est e dell'Ovest e i vincitori e gli sconfitti della seconda guerra mondiale, che quanto oggi stiamo discutendo in Consiglio regionale si inserisce. Questo è lo scenario da tenere presente, se desideriamo esprimere un giudizio politico sulla vicenda e se desideriamo uscire dalle polemiche personali, cercando di capire qual è il contesto entro il quale il Comitato regionale per l'affermazione dei valori della Resistenza si trova di fatto ad operare. Sono quindi costretto a recuperare il lavoro ed il percorso del Comitato per inquadrare alcuni aspetti della politica che ha svolto. A mio avviso, il Comitato ha un compito politico da svolgere sia rispetto al Consiglio regionale, sia rispetto all'opinione pubblica sia rispetto al contesto storiografico, più o meno ufficiale, e al mondo scientifico-culturale.
Su come si siano svolti i fatti non ho molto da aggiungere. Esiste certamente uno scarto tra un progetto preliminare di Convegno ed un progetto definitivo. Normalmente vengono acquisiti contatti per stendere una serie di relazioni. Convegni come questo sono, indipendentemente dalla volontà dei protagonisti e delle forze politiche, Convegni di enorme rilevanza e di grande scontro politico. Perché di scontro politico si tratta: l'interpretazione, l'analisi del fascismo, della resistenza e la transizione dalla monarchia alla repubblica sono problemi non risolti. Non abbiamo a che fare con un caso isolato: la Commissione relativa all'eccidio di Leopoli, per citare un caso recente, tratta un problema cruciale.
All'interno della Commissione ugualmente si riproduce lo scontro che anche il Convegno ha riprodotto, lo scontro tra l'interpretazione degli uffici e dei settori legati al Ministero della Difesa e l'interpretazione di altre aree politico - culturali, che vedono la guerra come resistenza, come partecipazione di popolo. Quindi lo scontro tra Rigoni Stern e Nuto Revelli da un lato, il Ministro Zanone prima e Spadolini dopo, il generale Bertinaria e il generale Poli dall'altro, attorno alla vicenda Leopoli, è sintomatico di uno scontro culturale, di istituzioni e di apparati, di modi diversi di vedere il mondo che travalicano, per così dire, gli aspetti politici in quanto tali. E' chiaro che il problema di quanto è accaduto ai confini tra la Polonia e la Russia negli anni tra il '43 e il '45 coinvolge non solo le questioni italiane, ma tutto il problema della conduzione militare e politica della seconda guerra mondiale da parte dell'armata rossa, da un lato, e dell'esercito tedesco, dall'altro. E' di pochi giorni fa la notizia che il Governo sovietico intende riaprire la questione relativa ai fatti del fronte nell'area a confine tra Polonia e Unione Sovietica.
Altro aspetto da considerare è quello relativo alle responsabilità nella conduzione della guerra in Italia e sugli scenari europei da parte delle potenze alleate (voglio dire inglesi, americani e francesi). Per i francesi rimane il grosso problema aperto dell'internamento dei prigionieri di guerra italiani in Nord Africa. Problema cruciale sul quale il nostro esercito e il nostro Governo non sono disposti ad intervenire, perché si riaprirebbero vecchie ferite e vecchie questioni. Il problema, all'interno anche della "cobelligeranza" (a partire dall'ottobre '43 fino alla fine della seconda guerra mondiale), che aveva qualificato il governo Badoglio e tutti i successivi governi del Regno del sud, si lega al fatto di non aver potuto in alcun modo intervenire per ottenere qualcosa rispetto alla presenza dei prigionieri italiani nella seconda guerra mondiale. E non stiamo parlando di un numero limitato di persone, stiamo parlando di 650.000 persone, secondo i dati disponibili. Dati in buona parte di fonte francese e tedesca, soprattutto di Schreiber. Abbiamo - anche in questo caso limitata disponibilità di dati e di ricerche di fonte italiana ufficiale.
La stessa Commissione per l'eccidio di Leopoli ha chiarito a sufficienza l'inesistenza di uno sforzo, da parte dei governi italiani dal '45 in poi, per dare senso, dare atto e dare nomi a quello che è stato lo sfascio dell'esercito italiano, sia dell'Armir nell'inverno tra il '42 e il '43, sia delle truppe italiane dislocate nel teatro di guerra dei Balcani.
All'interno di questo c'è un problema ulteriore: come, in quali contesti con quali criteri avviene l'aspetto meno studiato della seconda guerra mondiale (che è l'oggetto del Convegno), cioè la "ricostruzione" dell'esercito italiano. Può apparire paradossale che a studiare questa vicenda siano principalmente le componenti che hanno fatto la guerra partigiana. Questo ricostruito esercito è più oggetto di studio e di riflessione da parte di coloro che tra il '43 e il '45 erano in un altro contesto, erano al nord, conducevano la guerra partigiana, che non da parte dell'apparato istituzionale ufficiale, visto che questo è, fino a prova contraria, quello che rimane dell'esercito e che tra gli scopi politici della sua esistenza vi era anche la contrapposizione di una guerra regolare, condotta da un esercito regolare, in maniera regolare, alla guerra degli "sbandati", alla guerra delle bande, alla guerra irregolare.
E, tra l'altro, questo Convegno ha evitato di approfondire gli elementi cruciali della vicenda, cioè non il rapporto tra il sud e il nord della penisola o le vicende belliche, ma il rapporto tra l'allora governo Badoglio e le truppe di occupazione e il comando alleato. Ricordiamo quanto tempo c'è voluto perché l'Italia, il Regno del sud, riavesse poco per volta una serie di attribuzioni civili, mantenute a lungo sotto il controllo e la gestione degli alleati occupanti. Chiarire, per esempio, così come già diceva Chabod nelle sue lezioni alla Sorbona nel 1950, i motivi della limitatezza e della limitazione della presenza militare italiana negli scenari di guerra al sud. Problema che si giocò sulla conduzione degli alleati in tutta la seconda guerra mondiale, connessa con i sostanziali fallimenti degli sbarchi alleati in Italia (escluso quello che avvenne in Sicilia) e con la scelta decisiva dell'operazione Overlord, che porterà allo sbarco in Normandia. Arriviamo anche ad Edgardo Sogno, ma bisogna partire da lontano.
Secondo me, c'è un'attuale convenzione ad escludere dal campo della indagine storica aspetti cruciali della seconda guerra mondiale, perché in effetti occorre tuttora impedire, e infatti continua ad essere impedito, il processo ai vincitori, oltre che il processo ai vinti. Il processo ai vincitori, alle loro scelte, agli accordi che tra Teheran e Yalta vengono comunque definiti, è tutto dentro questo periodo 1943/1945, ivi compresa la svolta di Salerno e le posizioni di Togliatti nel 1944.
Da un lato, abbiamo la necessità di trasformare l'Italia in paese cobelligerante, dall'altro lato, troviamo la questione mai risolta dei rapporti tra l'allora Primo Ministro Churchill e tutto il mondo della resistenza italiana; la questione di quali scenari fossero già stati definiti (piaccia o non piaccia anche a molti partigiani di sinistra e delle formazioni "Garibaldi"), rispetto al nostro Paese, sono le questioni sulle quali riflettere dal punto di vista storiografico. Il Convegno ha abbastanza eluso questo scenario. Non si tratta semplicemente di fare l'epopea delle battaglie, ad esempio delle due successive battaglie di Mignano Montelungo attorno a Montecassino; occorre che siano affrontati i nodi politici e di lettura storiografica che si muovono attorno a tutto questo, ivi comprese le polemiche contro il governo Badoglio. Polemiche che più che dalle forze partigiane del nord, in quel momento erano sollevate dal mondo della Repubblica Sociale Italiana. Il Convegno è in parte fallito proprio perché si è rivolto a generali e a uomini politici.
Se viene invece vista nella sua globalità, la produzione di documentazione avviata dal Comitato è di eccezionale livello, anche dal punto di vista del metodo storiografico e dell'imparzialità di giudizio sulle vicende che toccano l'esercito ricostruito, quello ufficiale, e su questi scenari siamo ancora lontani dall'andare al di là della geografia ufficiale. Qui arriviamo all'ultimo scenario e vediamo qual è il ruolo di Sogno e di altre persone.
Dello storico tedesco Ernst Nolte non condivido gran parte delle interpretazioni e delle posizioni sul "passato che non vuole passare". E chi è che non vuole far passare il passato? Chi è che non è disponibile ad una lettura sufficientemente distaccata che tenga conto dei ruoli, delle collocazioni, dei meriti, delle colpe e delle responsabilità? Chi ritiene che elementi come questi debbano ancora essere oggetto di una rilettura e di una riproposizione di tematiche tipiche della guerra fredda? Esistono ampi studi e documentazioni, anche all'interno del lavoro prodotto dal Comitato, sulle diverse e legittime aspirazioni delle forze politiche che facevano parte del Comitato di Liberazione Nazionale. Teniamo conto che su questo si fonda la Costituzione e la Repubblica. Per cui dietro queste questioni c'è un aspetto fondante della nostra identità nazionale attuale, perché la storia non è una banalità. Qui troviamo il modello collettivo che riteniamo costituisca il nostro Stato e le nostre istituzioni, troviamo quali sono i tratti fondanti e caratteristici delle posizioni delle nostre forze politiche. Non condivido le posizioni di Nolte, come non condivido chi in Italia riproduce queste posizioni soprattutto quando queste "riletture" del fascismo e particolari estrapolazioni vengono piegate ed "adattate" allo scontro politico immediato. Non vengono trattate, per quanto possibile, come questioni storiografiche in quanto tali. Attorno alla questione del rapporto e dello scontro tra Sogno, Belardinelli, Dameri, Rossa e Viglione, proviamo finalmente a concepire il "Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza" come momento fondante di un'identità e di una cultura nazionale che, tenendo chiaramente conto delle responsabilità e dei ruoli, sappia essere sede storiografica e di riflessione politica e culturale. Non dobbiamo svilire questo ruolo, piegandolo alle questioni delle nostre beghe quotidiane. Ricordiamo che è solo stato un accenno, un rifacimento e una ripresa, valori fondanti della nostra Repubblica, perché noi tutti insieme negli anni '70 abbiamo fondato un minimo di memoria e di cultura storica che ci ha permesso di superare uno dei momenti critici nella storia e nella vita della Repubblica e della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.
MAJORINO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la disputa insorta circa la partecipazione o la non partecipazione dell'ambasciatore Edgardo Sogno al Convegno organizzato dal Comitato per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana, istituito con legge n. 7 del 23/1/1976, ci ha indotti a formulare alcune riflessioni che traggono origine dalle riflessioni con le quali il nostro Gruppo consiliare nel corso del dibattito del 18/12/1975 espresse un motivato e convinto dissenso alla legge istitutiva del Comitato stesso.
Le riflessioni di allora e quelle espresse con l'interrogazione del 19/12/1989 ci hanno indotto a formulare delle marcate riserve circa gli scopi del Comitato che, a nostro avviso, sono principalmente quelli di prospettare in chiave partigiana (nel senso lessicale della parola) la storia e gli eventi che hanno caratterizzato la guerra civile in Italia nel 1943/1945.
Il dibattito in aula che condusse al varo della legge n. 7/76 venne introdotto dal relatore, il compianto avv. Gianni Oberto, che militò dalla parte della Resistenza, il quale affermò: "Noi vogliamo insegnare documentare e spiegare ai giovani che non sanno e agli immemori". Noi rispondemmo, tramite i Consiglieri del MSI-DN dell'epoca, che in linea di principio non saremmo stati, come non siamo tuttora, contrari ad una ricerca seria, approfondita, appassionata, ma obiettiva del periodo 1943/1945, periodo che comunque lo si voglia valutare appartiene indubitabilmente alla storia d'Italia, periodo che noi ci ostiniamo a chiamare, sicuramente con realismo, guerra civile e che su altro versante viene chiamato guerra di Liberazione.
Il titolo stesso della legge "Affermazione dei valori della Resistenza", le premesse dell'istituzione del Comitato, quali emergevano in allora dagli interventi in aula (quello di Gianni Oberto era stato il più pacato e sereno), davano a divedere che documentazioni, spiegazioni e ricerche sarebbero stati, come inevitabilmente sono stati nella realtà dal 1976 ai giorni nostri, a senso unico in quanto diretti ad appoggiarsi sull'assurda distinzione che il male stava tutto da una parte e il bene tutto dall'altra e che a seconda della drammatica scelta di ciascuno i buoni erano tutti da una parte, i reprobi tutti dall'altra, a seconda di avere militato nell'una o nell'altra parte della barricata (mi spiace non sia presente il Presidente Beltrami perché penso che sull'espressione della drammatica scelta nessuno e meglio di lui potrebbe darmi ragione). Buoni erano i sette fratelli Cervi, i quali combattendo per il loro ideale vennero catturati nei pressi di Reggio Emilia e vennero fucilati dai tedeschi, reprobi erano e sono i sette fratelli Govoni i quali a Pieve di Cento vennero anch'essi sterminati, ma a guerra finita. E' questa distinzione fra buoni e reprobi che in definitiva costituisce il sottofondo sul quale muove la sua attività il Comitato, che lascia molto perplessi e che non è condivisibile. In questa situazione la polemica insorta non ci tocca e per usare un'espressione precisa è "res inter alios", perché nasce nell'alveo di un Comitato che noi ripudiamo e di questo Comitato abbiamo chiesto nella nostra interrogazione al Presidente della Giunta un'iniziativa legislativa diretta a scioglierlo. Non è una richiesta polemica e non è strumentale in quanto nasce da serene considerazioni: è un Comitato che non agisce nell'alveo della serenità e dell'obiettività storica, proprio per quella assurda distinzione fra buoni e reprobi che a quarantacinque anni dal 25 aprile 1945 continua ad essere fatta.
Noi prevediamo che la nostra richiesta verrà respinta, che il Comitato rimarrà in vita e che persisterà nella strada della non obiettività storica. Ciò nonostante, chiediamo ai colleghi che presiedono presiederanno e che sono compartecipi di questo Comitato, un segnale, a quarantacinque anni dal 25 aprile 1945, un piccolo segnale di mutamento di rotta; chiediamo che allorquando si accompagnano gli studenti perch imparino, perché apprendano, perché meditino, ai campi di sterminio germanici, sulla strada del ritorno facciano una sosta a Vercelli e depongano un fiore nei pressi dell'ospedale psichiatrico dove cinquanta giovani, colpevoli solo di avere militato sotto le insegne della Repubblica Sociale Italiana, quindi dall'altra parte della barricata, vennero sterminati nel maggio 1945, a guerra ormai finita.
E' un gesto doveroso; e io voglio, insieme ai miei colleghi di Gruppo confidare che questo si verificherà, visto che si parla della storia, dei ricordi, per i memori, gli immemori, per i giovani, di questo tragico periodo della guerra civile; chiediamo che sulla strada del ritorno ci si fermi a Vercelli per questo doveroso omaggio che sarebbe forse in Piemonte un primo segno di vera e reale pacificazione. Vogliamo confidare e sperare che nell'aprile-maggio prossimo tutto questo abbia a verificarsi: sarà un segno di alta civiltà e per il Comitato e per il Piemonte intero.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.
MINERVINI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, su questa vicenda, o meglio su quanto ruota intorno a questa vicenda, voglio aggiungere anch'io alcune considerazioni. Sebbene lo abbia già fatto molto bene il Presidente del nostro Gruppo, desidero fare una considerazione, un po' di parte se volete anche se io considero di parte tutto quanto si fa oggi per portare avanti conoscenze e documenti che secondo me, ma penso secondo noi, dopo quasi cinquant'anni dovrebbero ormai appartenere alla storia, che dovrebbe essere l'unica garante obiettiva degli avvenimenti.
Sono andata a rileggere gli interventi svolti in quest'aula nel 1985 quando fu discusso il progetto di legge che diventò poi la legge n. 7/76 che recitava: "Attività della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana". In quell'occasione l'intervento del Movimento Sociale Italiano sottolineava che il Gruppo MSI avrebbe potuto anche non essere pregiudizialmente contrario a quel progetto di legge, in quanto il nostro voto contrario non voleva n' poteva essere la negazione dell'esistenza di determinati eventi storici.
Noi oggi concordiamo con quel giudizio perché se così non facessimo potremmo essere tacciati come coloro che non sanno valutare la storia; ma così certamente non è: la storia la conosciamo, abbiamo contribuito a scriverla attraverso i nostri morti e quindi la rispettiamo. Non possiamo però seguirvi sulla vostra strada, perché quella seguita da voi è la strada della rievocazione a senso unico (il ricordo del nostro Presidente sull'ospedale psichiatrico di Vercelli lo dimostra): rievocazioni che anziché far meglio comprendere il momento politico storico che va dal 1943 al 1945 serve solo, a nostro avviso, non ad approfondire il solco tra vinti e vincitori, bensì a creare un solco tra gli italiani di oggi.
Il relatore del progetto di legge nel 1985 disse: "Noi vogliamo insegnare, documentare, spiegare ai giovani che non sanno ed agli immemori"; siamo perfettamente d'accordo anche noi con questa frase o meglio con questa impostazione, ma noi vogliamo o meglio vorremmo che i giovani che non sanno e gli immemori che non ricordano abbiano la possibilità di ricostruire con serenità un periodo che appartiene a tutti da qualunque parte essi stessero.
"La Resistenza noi l'avevamo vissuta come un dramma e una lacerazione del tessuto unitario dello Stato, una fatalità storica dalla quale l'Italia avrebbe dovuto emergere rappacificata con il proprio passato. I comunisti invece l'hanno praticata come una strategia a lungo termine e hanno fatto fin d'allora il possibile per trasformarla in un momento rivoluzionario destinato a rompere l'armonia tra gli italiani e disgraziatamente ci sono riusciti".
Queste non sono dichiarazioni mie, bensì di un uomo politico che è stato deputato democristiano, medaglia d'argento della Resistenza, primo Prefetto di Asti insediato dal Comitato di Liberazione Nazionale; un uomo che credo abbia tutte le carte in regola anche per voi, ma è un uomo che ha capito il gioco e lo ha denunciato. Quest'uomo, colleghi, è l'onorevole Enzo Giacchero, certamente un vero e genuino antifascista. Lascio questa dichiarazione alla meditazione di tutti voi affinché si finisca di insegnare ai giovani a senso unico e si lasci finalmente alla storia quella con la "S" maiuscola, il vero ed unico giudizio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Monticelli.
MONTICELLI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, confesso un certo imbarazzo ad intervenire perché alcuni degli interventi che mi hanno preceduto hanno portato il discorso su un piano, interessante indubbiamente, legittimo certamente, ma che mi sembra diverso dal piano sul quale si colloca la vicenda su cui siamo chiamati a discutere questa mattina, sulla base della comunicazione che ha reso il Presidente del Consiglio regionale. Cioè, in sostanza, io vorrei ritornare all'episodio del Convegno e al fatto che, in relazione a quel Convegno, Edgardo Sogno fece una protesta pubblica tramite i giornali per la sua presunta esclusione. Mi scuso, quindi, se il mio intervento sarà "di tono basso". Sinceramente non credo sia il caso di scomodare questioni ancora all'attenzione degli storici, e non soltanto. Il collega Ala ricordava prima il tentativo in un decennio a noi abbastanza vicino di rimeditare la Resistenza, ma ricordava come alcune questioni siano ancora aperte su questo piano della ricerca storica; pensiamo soltanto al dibattito in Germania di pochi mesi fa, e ai tentativi, forse discutibili - anzi a mio giudizio molto discutibili di rileggere la storia di un'intera epoca, di un intero periodo. Non voglio entrare su questo piano, certamente interessantissimo e degno dell'attenzione di questo Consiglio, ma che sinceramente mi sembra fuori tema rispetto al punto che siamo chiamati a discutere: questa presunta esclusione di Edgardo Sogno da un Convegno promosso dal Consiglio regionale nell'ambito delle iniziative del Comitato antifascista della Regione Piemonte. Da questo punto di vista voglio esprimere a nome del Gruppo comunista la perplessità nutrita fin dall'inizio poiché l'episodio è stato usato nella polemica apertasi dopo le dichiarazioni di Sogno, per chiamare in causa il ruolo e, da qualcuno, la funzione stessa del Comitato antifascista. Mi pare occorra tenere distinte le cose; una cosa è quell'episodio, altra cosa è il ruolo, la funzione e l'attività che il Comitato antifascista ha svolto in tutti questi anni e che, mi auguro, continuerà a svolgere in futuro. Non credo che giovi a nessuno confondere questi discorsi, questi diversi livelli dei problemi.
Ho apprezzato, da questo punto di vista, fra gli interventi sentiti finora l'intervento svolto dal collega Santoni, il quale ha affrontato la questione di petto, con la nota passione per sviscerare i problemi che gli deriva in parte dalla sua professione; egli ha detto - anche se si era un po' avventurato in questo tipo di taglio - "non siamo qui a fare processi".
Appunto, non siamo qui a fare processi.
Voglio solo ricordare che quel Convegno aveva un tema molto specifico: il ruolo delle Forze Armate italiane nella lotta di Liberazione. Quindi riguardava in specifico il ruolo avuto dall'VIII Armata, quella che si formò ad un certo momento nel sud d'Italia e che durante gli ultimi momenti della lotta di liberazione del nostro Paese avanzò al nord e partecipò alla liberazione dell'Italia. Quello era il tema specifico del Convegno, non era il tema complessivo della Resistenza e della lotta di Liberazione. Io, da questo punto di vista, non vedo perché si debba presumere - sulla base di cosa? Se non sulle dichiarazioni di una persona che certamente ha dato un contributo altissimo alla lotta di liberazione, testimoniato dalla medaglia d'oro ricevuta - non vedo perché si debba mettere in discussione quanto fu dichiarato, immediatamente dopo la polemica sollevata da Edgardo Sogno dagli organizzatori di quel Convegno che dissero che il nome di Sogno, che pure era stato preso in considerazione in un primo tempo, fu a un certo momento tolto dagli elenchi degli oratori ufficiali perché "era fuori tema". Tema del Convegno era altro rispetto al ruolo avuto da Sogno nella Resistenza, di ufficiale di collegamento fra gli Alleati e le forze partigiane che operavano in certe aree del nostro Paese.
Ripeto, e mi scuso ancora se il mio tono abbassa il livello della discussione, credo che dobbiamo stare a queste cose. Poi, se vogliamo discutere di quello che ha fatto in questi anni il Comitato antifascista nonostante quanto prima detto dal collega Pezzana in polemica con la collega Dameri, voglio solo ricordare che tramite il Comitato antifascista sono stati a visitare i campi di sterminio nazisti in questi anni migliaia e migliaia di giovani.
PEZZANA Non hai capito cosa ho detto.
MONTICELLI Mi scuso, Pezzana, forse abbiamo equivocato, ho equivocato anch'io.
Voglio solo ricordare questo fatto che da solo direbbe che è stata un'opera importante, culturalmente molto importante per la nostra comunità, quella svolta dal Comitato antifascista in questi anni.
Concludendo, dico che non credo vi siano state persecuzioni storiche che si prolungherebbero nel tempo dal '45 fino ad oggi. Quando Edgardo Sogno fu inquisito da un magistrato torinese (che allora non era onorevole del PCI, ma era semplicemente un magistrato torinese, dell'Ufficio Istruzione, quindi operava con altri magistrati, perlomeno con un magistrato della Procura, come era il processo all'epoca) questo avvenne perché magistrati avevano avuto sentore di elementi sui quali occorreva indagare. Quel processo, come sapete, non ebbe sviluppi; se n'è parlato recentemente alla televisione, ma non voglio tornare su queste polemiche.
Chiudo dicendo solo questo. Le persone hanno avuto tutte, Edgardo Sogno in particolare, in certi momenti della loro vicenda personale, un ruolo più o meno grande, che può essere più o meno segnato sui libri di storia quello di Edgardo Sogno è stato certamente un ruolo molto significativo nella lotta di Liberazione: il riconoscimento ricevuto impone a tutti rispetto nei suoi confronti. Credo, però, che non abbia giovato alla sua stessa causa la polemica apertasi dopo la vicenda del Convegno. Il fatto che Edgardo Sogno abbia pubblicamente dichiarato (è uscito sui giornali in quei giorni e questo credo non possa non aver colpito tutti noi) che i generali che hanno partecipato al Convegno tenutosi in quest'aula, e che non avevano protestato per la sua esclusione, erano generali "conigli" o "felloni", ecco, io dico, forse non è il caso che noi ci scusiamo "con nessuno" di fronte a vicende di questo tipo. Forse è il caso che prendiamo la questione nel tono giusto, stando ai fatti. Credo che questo Consiglio e l'Ufficio di Presidenza abbiano svolto in questi anni, relativamente alla gestione della legge sul Comitato antifascista, fino in fondo il loro dovere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.
TAPPARO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo che il principio generale che deve guidare un'assemblea elettiva, com'è questo Parlamento del Piemonte, sia quello di evitare in tutti i campi qualsiasi tipo di discriminazione.
Sono già fin troppo forti gli interessi e le culture organizzate che sanno pesare e far aprire le porte della discussione e delle proposte.
L'interpretazione della guerra di Liberazione presenta ancora tensioni forti, essendo fatto storicamente recente. Porta ancora visioni manichee frutto di ciò che ha prodotto la guerra fredda, anche se ritengo inaccettabile l'ammucchiata di giudizio attorno ai grandi processi storici il non riconoscere pesi e caratteristiche diverse degli interpreti ed anche i tempi in cui questi processi, queste tensioni, questi impegni, questi atti di eroismo, sono stati determinati.
Il Comitato regionale forse risente ancora di queste tensioni, ma non è fatto che deve farci gridare allo scandalo: fa parte di un processo di sistemazione culturale e storica che ha bisogno dei suoi tempi. Tuttavia ritengo che questo Comitato rappresenti un organismo utile; non credo alla logica dei colpi di spugna: è troppo comoda e non è accettabile per ciò che ha rappresentato il fascismo per l'Italia (questo vale anche per la fase del terrorismo; non possiamo atteggiarci con la logica dei colpi di spugna). Quindi, è opportuno il ruolo di questo organismo ed è giusto sia svolto nei termini in cui è stato svolto in questi anni.
Seppure all'interno di questo Comitato ci siano tensioni di interpretazione storica, nonostante la durezza che un evento ancora così vicino a noi ha potuto determinare nei soggetti che vi hanno partecipato dubito che questa situazione abbia portato ad una discriminazione dolosa nei confronti dell'ambasciatore Sogno. L'iter dell'elaborazione del Convegno ha avuto passaggi seguiti ad una valutazione logica; io non posso entrare nei processi ultimi della formazione di quegli atti: occorrerebbe un'indagine di grande profondità. Dubito che ci sia stata una discriminazione dolosa e ritengo che l'iter seguito incorpori elementi logici accettabili. L'unico documento che il Consigliere Pezzana ha indicato è un atto formale dell'ambasciatore Sogno della prima metà del 1988, nel quale lo stesso sottolinea le discriminazioni - secondo lui alle quali è stato sottoposto. Siccome l'ambasciatore Sogno è personaggio di grossa caratura e grande esperienza politica, dubito non sapesse come far valere le proprie ragioni e, infatti, conclude la sua lettera dicendo che restava in attesa di riscontri; non ho la formulazione ufficiale in possesso del Consigliere Pezzana, ma ho letto questo passaggio. Questo accadeva - ripeto nella prima metà di giugno 1988. E' chiaro, però, che rispetto ad una lettera del genere occorre rispondere senza aspettare il giorno del Convegno; ci si attiva prima, se del caso.
In questo frangente nasce il dubbio che attorno alla vicenda vi siano interessi che vanno al di là del legittimo diritto di qualsiasi soggetto che si sente discriminato di far valere le proprie ragioni.
PEZZANA Se è così, vuol dire che Sogno è poco polemico.
TAPPARO Può darsi; oppure Viglione gli avrà risposto. Questi elementi sfuggono al livello di informazione che abbiamo. Nel protocollo generale non risulta protocollata alcuna lettera; non so se esiste un protocollo personale del Presidente, credo che le lettere personali vengano gestite individualmente.
Il Consiglio non ha alcun imbarazzo a parlare di questo problema: non l'abbiamo "tirata alla lunga" per giocare sul silenzio; ribadisco la necessità di questo Consiglio di prestare cura particolare all'evitare discriminazioni e silenzi nei confronti delle minoranze, di chi non ha riscontro sui grandi giornali poiché non fa parte di associazioni forti e aggressive. Questa assemblea dovrebbe non solo evitare discriminazioni, ma anche attivarsi per dare voce ai silenzi, affinché possano venire fuori.
In questo quadro non ritengo opportuno alcun atteggiamento riparatorio nei confronti dell'ambasciatore e medaglia d'oro Edgardo Sogno. Se nel corso delle iniziative future che il Comitato andrà ad assumere ci sarà una logica possibilità di inserimento per il tipo di Convegno della medaglia d'oro Edgardo Sogno, ben venga egli a portare la sua importante testimonianza. Come medaglia d'oro ha il mio rispetto; lo ha meno per quanto riguarda l'espressione delle posizioni politiche che ha prodotto nei decenni passati, ma questo è elemento trascurabile e marginale.
Ripeto. Non abbiamo atti riparatori da compiere, semmai dovremmo ribadire che non sono state fatte discriminazioni nei confronti di alcuno e che qualora nel corso delle iniziative e dei progetti che questa Regione avvierà risultasse utile storicamente la testimonianza di questo importante personaggio della Resistenza, lo stesso sarà ben accolto: lo ascolteremo con grande attenzione come componente non trascurabile della Resistenza italiana.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.
MASARACCHIO Signor Presidente, i colleghi Majorino e Minervini hanno espresso quanto è nei convincimenti di chi milita nel MSI. Io ne condivido pienamente le espressioni e non mi soffermerò su determinati argomenti anche perché in occasione del dibattito avuto in Consiglio sui fatti di piazza Tienanmen mi pare di aver espresso un convincimento politico legato alla storia così come gli uomini vivono, con tutto ciò che la storia degli uomini determina nel mondo delle ideologie, sempre nella nobiltà degli intenti che le lotte ideologiche hanno quando il contendere è per lo Stato e quindi per la dignità delle nazioni e per i diritti e i valori dei popoli.
Nessuno può misconoscere che l'ultimo conflitto mondiale ha determinato un coinvolgimento entro il quale talune forze hanno vinto, talune altre hanno perduto. Quindi, parlare di tutto questo in termini di contrapposizioni partitiche - l'Italia è l'unica nazione in cui si discute in questo modo di storia - è un po' cercare di avallare credibilità saltate o comunque fare in politica quel discorso sul sesso degli angeli che giova a qualcosa e a qualcuno.
Non mi soffermerò su queste questioni, desidero invece sottolineare un altro aspetto: il Convegno in discussione ha dato la stura al Presidente del Consiglio, Rossa, per assumere un certo atteggiamento nei confronti del Vicepresidente del Consiglio, Dameri. Fra le righe di ciò che i giornali hanno riportato, a chi è osservatore in quanto lettore non c'è dubbio che il tutto possa sembrare una questione da calarsi nell'involuzione dei rapporti tra i partiti, in concomitanza con quanto accade fuori dei confini dell'Italia.
Non sto a leggere le dichiarazioni dell'una e dell'altra parte, ma quando il Presidente Rossa dice: "Intervengo non soltanto per la questione del Convegno, ma anche per la questione di quelle elezioni che si sarebbero dovute tenere o che si stanno tenendo negli istituti superiori, perché non sia comunistizzata la Resistenza", certo l'occasione è stata buona. Io non sto lanciando delle accuse, sono affari che riguardano l'arco costituzionale, all'interno del quale stanno sia il Partito socialista che il Partito comunista, ma in effetti chi legge, che non è certamente informato dei retroscena - e di retroscena si è parlato nella fattispecie non ha che da pensare che ci sia una qualche diatriba. A mio parere, il Comitato per la difesa dei valori della Resistenza (lasciamo stare la dicitura "riaffermazione dei principi della Costituzione"; sarebbe stato meglio ribadirla nei quarantacinque anni intercorsi dalla sua promulgazione) nella fattispecie rappresenta ancora l'aspetto anacronistico di un'attività di contrapposizioni dialettiche e dialogiche nell'ambito della stessa partitocrazia dell'arco costituzionale. Il fascismo c'entra come "i cavoli a merenda", tant'è che qualcuno ha anche detto con molta intelligenza che in questa occasione sarebbe stato meglio non tirare in ballo tutte le questioni del fascismo. La questione Sogno ha un riferimento preciso; Sogno - è stato soltanto accennato - negli anni '70, quelli susseguiti al 1968, quando l'Italia andava a scasso, è stato inquisito per avere organizzato, si è detto, un golpe fascista. Vedete quindi che il fascismo, quando si vuole, c'entra sempre come i cavoli a merenda, è come la cartina di tornasole. Se esso fosse la cartina di tornasole per risolvere i problemi della nazione, noi che per la nazione ci struggiamo diremmo: "Ben venga un'azione risolutiva che cancelli tutto - qui sì - con un colpo di spugna e si risolvano i problemi della nazione"; si risolvano i problemi del buon comportamento democratico fra le parti, quindi fra i partiti con pacificazione per andare definitivamente incontro a quel mondo che va avanti e che sta avviando veramente dei processi alla storia, non tanto per le difficoltà di alcune nazioni, ma quanto per le cose che da quella storia Yalta ha determinato. In tal caso non saremmo qui a discutere se Sogno è più o meno fascista, se è più o meno bianco di altri se la Dameri ha ragione nel giustificare se stessa e se il Presidente ha ragione nel dire: "Io voglio mettere le mani avanti perché non venga fascistizzata la Resistenza".
Questi sono i nostri pensieri e questo è il nostro modo di far politica in questa nazione. Per cui, senza offesa per alcuno, egregi Consiglieri considerate il mio intervento soltanto un modo per dire: veramente noi siamo gli altri, veramente noi siamo diversi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.
GALLARINI Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche noi del Gruppo PSDI come diceva il Consigliere Monticelli all'inizio del suo intervento intendiamo attenerci alla questione all'o.d.g. e non riteniamo che questo intento debba essere considerato "tono basso": non è né basso né alto direi che è il tono giusto. Se il tema in discussione è uno, riteniamo corretto e produttivo ai fini del dibattito attenerci al tema, riservandoci eventualmente di debordare su questioni più ampie e di fondo qualora se ne presentassero le opportunità.
Per quanto riguarda la vicenda specifica, abbiamo già avuto modo all'interno dell'Ufficio di Presidenza, di dibatterla a lungo. E' per questo che condividiamo innanzitutto la descrizione dei fatti data dal Presidente Rossa, puntualmente ricostruita all'interno dell'Ufficio di Presidenza.
Per quanto riguarda l'esclusione di Sogno da quel Convegno, ci sembra doveroso e corretto fare almeno una certa considerazione. Riprendo l'affermazione del collega Tapparo quando dice: "Non si è trattato di discriminazione dolosa"; certo, ma discriminazione c'è stata o se non c'è stata discriminazione quanto meno c'è stata grossa leggerezza, non da parte del Consiglio regionale, che mai è stato investito della questione, ma da parte del Comitato, perché logica vorrebbe che i relatori sui vari temi venissero scelti dopo aver definito i temi oggetto del dibattito. Mi sembra una grossa leggerezza interpellare un certo numero di relatori e definire poi il tema del Convegno, in modo tale che automaticamente alcuni debbano essere esclusi perché il tema definito non comprende la loro competenza o la loro figura istituzionale. Ribadisco quindi che o c'è stata discriminazione o, quanto meno, grossa leggerezza.
Ritengo che il Consiglio non debba giungere, come diceva Tapparo, ad un atto riparatorio: assolutamente no; neanche noi riteniamo si debba arrivare ad un atto riparatorio, ma che si affermi con forza, visto che il Consiglio è stato investito nella sua solennità dell'oggetto di questo dibattito, che non si intende discriminare e non si è mai inteso discriminare alcuno.
Condividiamo l'analisi lucida, pacata, ragionevole che il collega Santoni ha fatto sull'intera questione.
Non penso si tratti di processo, ma i fatti sono lì e offrono molte interpretazioni: questo è fuori discussione, altrimenti che fatti sarebbero? Penso anche che eventi di questo tipo, se vogliamo evitare che si ripetano, debbano insegnare qualcosa. Insegnare qualcosa significa che se leggerezza - questo è sicuramente il vocabolo più labile che si possa usare - c'è stata, in futuro bisognerà impedire che ci si comporti analogamente. Per impedire questo e per impedire che le cose oggetto di delega vadano avanti e vengano gestite senza che l'Ufficio di Presidenza nel suo complesso (dal vertice, ai Vicepresidenti, ai Segretari) ne sia al corrente, occorre gestire l'ambito delle deleghe assegnate con un coinvolgimento dell'Ufficio di Presidenza nella sua interezza.
Sono due le proposte che riteniamo avanzare come risultante di questo dibattito, per vedere come uscirne in positivo.
Prima considerazione: affermazione forte che la Regione Piemonte attraverso le sue espressioni, in questo caso il Comitato, non intendeva assolutamente e non intende fare discriminazioni di qualsiasi natura (che il fatto non fosse doloso già l'abbiamo acquisito). Seconda considerazione: nell'ambito della gestione delle deleghe, qualunque esse siano, la gestione venga fatta attraverso un coinvolgimento vero e proprio per evitare che pur non volendo fare un processo - ci si debba, nei fatti, comportare quasi come se si fosse ad un processo. Infatti, si citano elementi quali: "è stata protocollata", "non è stata protocollata", che tendono semplicemente a far emergere verità e comportamenti che sono l'essenza vera e propria di un processo, anche se noi abbiamo affermato all'inizio e riaffermiamo ora che non è questa l'intenzione.
Senza entrare in temi più ampi di quelli oggetto del dibattito, penso che da questa vicenda si debba trarre un insegnamento di questo tipo: l'affermazione di cui ho parlato prima e l'impegno affinché all'interno dell'Ufficio del Presidenza ci sia coinvolgimento collegiale pieno.
Coinvolgimento che in questa vicenda non c'è stato: se ci fosse stato quasi sicuramente non saremmo qui oggi a discutere di questa vicenda e quasi sicuramente non ci sarebbero state le polemiche sui giornali di quei giorni che oggi siamo qui a riprendere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.
CARLETTO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo DC apprezza come si è articolato in quest'aula il dibattito sulla comunicazione del Presidente del Consiglio in ordine al Convegno "Le Forze Armate italiane nella guerra di Liberazione". Temevamo che l'impostazione potesse portare ad una sorta di processo a qualcuno o peggio che, nel confronto un po' duro che abbiamo registrato anche dagli organi di informazione tra il Presidente Rossa e il Vicepresidente Dameri, si volesse alla fine arrivare a definire chi vince e chi perde. Ma non si tratta di una battaglia. Non c'è un vincitore, né uno sconfitto: c'è la convinzione, che noi abbiamo sempre avuto come DC, che questioni importanti come questa debbano essere affrontate con grande serenità, tolleranza, senza superbia, senza primogeniture, ma, come ci ha insegnato il popolo italiano in quegli anni, con grande unità e avendo chiari e precisi quali erano e quali devono essere gli obiettivi del nostro Paese e quindi di esaltare la democrazia consolidatasi nel nostro Paese e intorno alla quale costruire momenti di crescita dei giovani. Passaggi così importanti della nostra storia non possono essere dimenticati; occorre ricordare, senza retorica, alle future generazioni quali momenti difficili il nostro Paese ha vissuto e a prezzo di quali sacrifici la democrazia e la libertà sono state conquistate.
Nel merito ci pare che la ricostruzione dei fatti tentata da più parti tutto sommato, ridimensioni un po' il contenzioso apparso sui giornali in modo così clamoroso ed emerso anche dalle interpellanze che alcuni Gruppi hanno presentato. Noi non abbiamo presentato interpellanze non perch l'argomento non ci interessi, ma per ribadire i concetti che esprimevo prima. Ci pare che la relazione del Presidente del Consiglio, i documenti che sono agli atti, la relazione e l'intervento del Vicepresidente Dameri non abbiano sciolto il nodo che il collega Santoni richiamava: qualcuno ha raccontato qualche bugia; chi ha raccontato queste bugie? Devo dire che ho guardato gli atti, i documenti, non ultimo anche la lettera inviata a "Repubblica" dalle Associazioni antifasciste e combattentistiche, in cui si contesta per certi versi e in modo anche preciso le dichiarazioni dell'ambasciatore Sogno. Noi diciamo che c'è stata, a nostro modo di vedere, superficialità e leggerezza nell'organizzazione del Convegno riteniamo infatti, prescindendo dalle persone, che un organismo importante come la Regione non possa invitare un relatore e poi dirgli: "No, guardi scusi, ci siamo sbagliati, il tema è un po' diverso, per lei non è previsto l'intervento". Ci pare quanto meno che un comportamento di questo tipo richieda qualche riflessione in ordine a come ci si muove all'esterno sapendo che la società guarda la Regione con rispetto, ma che questo rispetto dobbiamo guadagnarcelo e conquistarcelo anche nei comportamenti oltre che nei fatti. Noi abbiamo rispetto per l'ambasciatore Sogno, per il ruolo che ha avuto nella lotta partigiana, sebbene le posizioni politiche che ha espresso negli ultimi anni non sempre sono state condivise dalla DC ma questo non ha alcuna importanza agli effetti del dibattito di oggi.
Riteniamo non ci possa essere discriminazione nei confronti dell'ambasciatore Sogno e auspichiamo una futura occasione alla quale possa partecipare e dare il proprio contributo. Non sono io, ma la storia a dire quanto egli abbia fatto. Vorremmo però trarre qualche brevissimo spunto di riflessione. Vogliamo intanto dire cosa significhi e che cosa non debba essere, per noi, l'antifascismo. Ribadiamo che il Gruppo DC ritiene che l'antifascismo non debba essere un momento manicheo, una divisione tra buoni e cattivi. Riteniamo che l'autentico antifascismo consapevole, non demagogico, non enfatico, non trionfalistico, non distorcente i fatti storici sia il migliore ancoraggio di chiunque voglia essere autenticamente democratico, di chiunque voglia essere antitotalitario, di chiunque voglia condurre all'autentica pacificazione nel nostro Paese. Se dobbiamo fare una riflessione sulla vicenda più in generale della lotta partigiana e dell'antifascismo, dobbiamo dire che qualche volta registriamo da parte del Partito comunista un tentativo di egemonizzazione della lotta antifascista.
Forse non nella specifica vicenda, quindi il ragionamento non è riferito al fatto specifico.
L'antifascismo e la lotta partigiana sono stati fatti dal popolo italiano: è la resistenza del popolo italiano. Basta pensare alle centinaia e migliaia di sacerdoti che hanno partecipato alla lotta partigiana. Potrei citare tanti altri casi per dire che non c'è stata egemonia di qualche forza politica; è quindi pericoloso, a mio modo di vedere, immaginare che qualcuno da solo possa portare fiori all'occhiello. Se qualche ragionamento politico più generale si deve fare, a nostro modo di vedere è quello inteso ad evitare che ciò venga riproposto, anche se in modo non appariscente: è questa una posizione che la DC non può accettare. La comunistizzazione della Resistenza o, per altro verso, fascistizzazione di tutto, mi sembra una posizione politica superata dai fatti, dalla storia e, credo sicuramente superata in questo Consiglio regionale.
Quale insegnamento ci offre la vicenda? L'insegnamento è quello che richiamava Gallarini: una maggiore collegialità dell'Ufficio di Presidenza nell'assumere decisioni importanti quali quelle riguardanti il Comitato antifascista (e non solo il Comitato), per evitare che questioni sulle quali siamo in stragrande maggioranza d'accordo ci costringano a divisioni inesistenti. Sono invece importanti la forma, i passaggi e come la Regione si pone nei confronti della società civile su questi argomenti. L'occasione mi permette di fare una brevissima considerazione al Presidente del Consiglio in ordine all'altra iniziativa in itinere, che noi condividiamo così come siamo d'accordo che il livello qualificato di iniziative svolto in questi anni dal Comitato antifascista debba continuare, sempre in termini di qualità anche nei prossimi anni.
L'iniziativa cui mi riferisco è quella assunta in accordo con alcuni Istituti storici per un corso di studio sulle trasformazioni politiche e strategiche del mondo contemporaneo.
Invitiamo l'Ufficio di Presidenza a continuare il proprio lavoro senza faziosità, affinché il lavoro svolto fin qui dal Comitato - al di là di qualche episodio tipo questo, che purtroppo è più che altro un malinteso eviti di svilire un ruolo primario nella nostra Regione. Raccomando che anche nell'organizzazione di questi corsi si tenga conto di un aspetto che a me pare fondamentale in democrazia: il pluralismo. Se noi riusciamo, come sempre, o quasi sempre siamo riusciti, a mantenere questa caratteristica esaltando il pluralismo, invito a nome del Gruppo DC l'Ufficio di Presidenza e il Comitato antifascista a continuare in modo incisivo questo loro impegno e lavoro, nei confronti del quale abbiamo il massimo rispetto.



PRESIDENTE

Ringrazio il Consiglio per il dibattito, che considero estremamente importante, anche se con qualche momento di tensione. Sarebbe stato meglio anticiparlo, ma ragioni indipendenti dalla volontà di ciascuno non ce l'hanno consentito, anche se il tempo trascorso ci ha forse consentito un giudizio diverso da quello che magari si sarebbe potuto dare a caldo.
Ringrazio per il modo in cui il Consiglio si è orientato e di come si è rapportato nel dibattito, che è stato il più possibile obiettivo e diretto a far emergere le ragioni di fondo. Ragioni iniziate dai contrasti nati in seno al Convegno, ma che hanno offerto l'occasione di un orientamento da seguire nell'azione del Comitato per la difesa dei valori della Resistenza (preferisco chiamarlo così piuttosto che "antifascista"). Sono contento che il Comitato abbia questa denominazione, in quanto deve sempre più essere un Comitato in difesa di tali valori.
Il Convegno è stato momento importante, al quale hanno partecipato molte personalità e ha saputo coagulare un interesse particolare; è stato preceduto da alcune mie personali critiche, sia di merito sia di contenuto.
Critiche che però non ho voluto ulteriormente accentuare e, mettendole da parte, ho partecipato ai lavori di apertura del Convegno recandovi in esso il saluto del Consiglio regionale.
Ho appreso la polemica sviluppatasi come un fulmine a ciel sereno perché avevo svolto delle critiche, ma di altra natura. Ho reagito come avete reagito voi, perché mi è parso che le dichiarazioni di Sogno fossero degne di immediata risposta. Nell'ipotesi che le cose stessero come egli ha dichiarato ho ribadito la mia solidarietà, poiché la Regione è estranea ad ogni forma di discriminazione (ed intendo ribadirlo in questa sede).
Mi auguro che non manchi l'occasione per dimostrare l'irreprensibilità e la correttezza di questa Presidenza nei confronti di tutti i cittadini e in modo particolare nei confronti di quei cittadini che alla Resistenza hanno dato un contributo significativo. Condivido la tesi secondo la quale probabilmente c'è stata una gestione superficiale, sebbene svolta da persone rispettabilissime, ma non attente come occorreva, che ha provocato le reazioni che hanno poi avuto i risvolti che sappiamo: in effetti, non si può coinvolgere la gente e poi, ad un certo momento, dir loro che il tema è cambiato. Se ne fossi stato al corrente avrei operato in modo che il tema centralmente sul ruolo delle Forze Armate, fosse mantenuto per non assumere atteggiamenti che potessero dare adito a risvolti di carattere politico.
Credo che non debbano esserci né atti di riparazione né atti di contrizione; correttezza vuole che non ci siano forme di discriminazione ma sottolineature e valorizzazioni in tutti coloro che hanno dato contributi importanti. Questo mi auguro possa fare in futuro il Comitato anche nei confronti dell'ambasciatore Sogno.
Il collega Santoni si chiedeva come uscire dalla vicenda. A me pare che il Consiglio regionale esca dalla vicenda riconfermando la propria stima la propria ammirazione, il proprio rispetto per l'operato dell'ambasciatore Sogno, medaglia d'oro della Resistenza, appartenente ad una città e ad una Regione che si onora di un uomo come lui per il suo contributo alla battaglia per la libertà.
Come orientarci, come gestire in futuro? Da parte mia e da parte della collega Sestero, che nel frattempo ha sostituito la collega Dameri, si lavorerà per stabilire un rapporto con il Comitato e per operare in modo positivo. Il tempo non è molto per mandare avanti ulteriori iniziative.
Il collega Pezzana propone di valutare la gestione delle deleghe.
L'ufficio di Presidenza farà le proprie valutazioni, però i tempi molto stretti mi portano a dire che sarebbe un errore aprire un dibattito in questo momento sulla questione.
Consegniamo al futuro Ufficio di Presidenza, alla futura gestione della Regione, riflessioni che attengono anche al rapporto di delega tra componenti di una certa parte politica rispetto ad un'altra e che presuppongono un rapporto di fiducia, che mi auguro ci sia sempre, per un impegno di carattere unitario relativo alla garanzia del valore pluralistico della Resistenza.
In merito all'apertura del dibattito sulla questione dei corsi storici dico ai colleghi e agli illustri professori, che mi hanno scritto chiedendo il motivo per cui i corsi non vanno avanti, che è necessario approfondire le tematiche che di giorno in giorno, di settimana in settimana, sono andate cambiando segno e che richiedono ampio approfondimento e coinvolgimento e notevole impegno che non può venire soltanto dal contributo ricchissimo di una parte o di alcune parti, ma da tutte le parti che partecipano all'impegno della vita democratica.
Questo è l'impegno che intendo assumere e il segnale che intendo dare al proseguire degli sforzi che il Comitato compie, nelle visite ai lager nell'onorare i nostri caduti; un segnale a cui è legato sempre più l'impegno di difesa di valori che ci portano ad andare sempre più avanti.
Non ho difficoltà a dire che la Resistenza, nel momento in cui ripristina la libertà, batte le forme di oppressione, libera non solo se stessa, ma anche tutta la nazione.
A conclusione del dibattito il Consigliere Santoni ha presentato un ordine del giorno del quale ho provveduto immediatamente a far distribuire copia a tutti i Consiglieri. Poiché questo documento deve necessariamente essere meditato con attenzione da parte di tutti i Gruppi propongo che venga esaminato nel corso dei lavori pomeridiani.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14.05 riprende alle ore 15.25)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Comunicazioni della Giunta regionale in merito all'ESAP


PRESIDENTE

La seduta riprende.
I lavori riprendono con una comunicazione della Giunta regionale in merito all'ESAP, di cui al punto 10) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura Signor Presidente e colleghi, la Giunta attraverso il sottoscritto si accinge a rendere alcune comunicazioni al Consiglio sulla situazione in cui si è venuto a trovare uno dei suoi enti strumentali: l'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte (ESAP). Per la verità il Consiglio e la stessa Giunta hanno già dovuto affrontare nel passato, e credo lo dovranno fare ancora situazioni di difficoltà nei vari enti strumentali costituitisi nel corso della vita della nostra Regione. Il caso ESAP non è quindi fenomeno isolato, anche se presenta aspetti particolari che meritano di essere attentamente valutati.
Premetto che gli Enti di sviluppo agricolo sorti nelle varie Regioni sembrano scontare una sorta di ambiguità istituzionale derivata dalla legge quadro n. 386 del 1976, la quale nel dare indicazioni sulle competenze degli enti detta formulazioni di carattere molto generale, tali quindi da poter ingenerare nelle conseguenti leggi regionali altrettanta genericità.
Lo stesso termine "sviluppo" non sostanziato successivamente da compiti e direttive precise, può aver contribuito nella legge del Piemonte, come in altre Regioni, ad una sostanziale duplicazione, con qualche confusione e razionalità dei ruoli tra amministrazione regionale, Giunta regionale ed ente di sviluppo in settori molto delicati quali la programmazione agricola zonale, gli interventi nei comparti produttivo e promozionale ed altri aspetti ancora.
Altro fattore condizionante, come logico, sono state le risorse, per cui dopo un primo periodo in cui si poteva disporre di un finanziamento statale ad hoc si è fatto affidamento esclusivamente al bilancio regionale che, come è noto ai Consiglieri regionali, è divenuto carente di risorse libere costringendo la Giunta ad operare riduzioni anche pesanti ai bilanci predisposti dall'ente.
In sostanza ritengo di poter evidenziare la crisi complessiva degli Enti di sviluppo operanti nelle Regioni italiane.
I dati per l'anno 1989 sono già stati ripetutamente divulgati per sommi capi nelle varie dichiarazioni rilasciate agli organi di informazione da componenti il Consiglio ESAP, forze politiche ed organizzazioni sindacali di categoria. Mi limiterò a ricordare che dalle entrate per l'anno trascorso l'ESAP ha avuto dalla Regione risorse fresche per L.
6.894.690.000 così ripartite: contributo per funzionamento: L. 2.765.000.000 contributo per programma regionale di difesa integrata: L. 3.744.000.000 contributi per manifestazioni fieristiche: L. 50.000.000 contributi per ricerche: L. 35.000.000 contributi per investimenti: L. 300.000.000 sulla legge di assestamento.
Tutto questo a fronte della richiesta dell'ente che ammontava a L.
11.272.000.000 per l'anno 1989, cifra alla quale l'Amministrazione regionale non era in grado di far fronte vista la situazione finanziaria nella quale la Regione Piemonte si trova ad operare.
Dopo un dibattito all'interno del Consiglio di amministrazione nello scorso luglio incentrato sulle prospettive dell'ente, una parte dei Consiglieri (la maggioranza) e lo stesso Presidente, hanno formulato le dimissioni dall'incarico anche con l'obiettivo dichiarato di provocare una verifica sulla situazione dell'ESAP che potesse portare a proposte di soluzione anche radicale, compresa la messa in discussione della validità dell'ente stesso. Altri Consiglieri dell'ESAP invece si sono pronunciati per una continuità dell'operato intrapreso anche per non interrompere azioni importanti, come il programma di lotta integrata, pur convenendo anch'essi sulla necessità di una seria verifica delle prospettive operative dell'ente.
Il dibattito a livello di forze politiche, organizzazioni di categoria e rappresentanti sindacali è stato in questi mesi notevole e diversificato talché si può, da parte della Giunta e del Consiglio regionale, valutare tutte le ipotesi di opzione che si possono presentare. Al di là della situazione contingente che dovrà trovare soluzione in una forma che consenta l'ordinata gestione dell'attività in corso, le questioni che vengono poste all'Amministrazione regionale sono sostanzialmente due: ridefinizione dell'assetto istituzionale dell'ESAP attribuzioni di compiti precisi e risorse certe.
Sulla prima questione molte opzioni sono e restano aperte: da quella che prevede lo scioglimento dell'ente con passaggio dei dipendenti all'Assessorato all'agricoltura o comunque nei ruoli della Regione Piemonte, a chi ipotizza un'agenzia pubblica che sia il supporto alla politica agricola regionale, all'altra proposta di ridurre drasticamente con legge, cosa possibile, il numero dei Consiglieri (attualmente 27) eliminando anche il Comitato esecutivo, ad altre proposte ancora.
Anche la Giunta regionale conviene sulla necessità di rivedere l'assetto istituzionale per rendere più agevole e agile l'operato dell'ente ed è anche disponibile ad una verifica con le forze politiche e il mondo agricolo sulla sua concreta utilità.
Il Gruppo comunista ha presentato nel settembre 1989 un ordine del giorno ove vengono avanzate proposte che sono punto di discussione e di approfondimento in questa sede e con questo dibattito.
Sulla seconda questione più strettamente operativa si tratta di formulare per l'ESAP, strumento operativo per definizione del settore agricolo, ma anche con possibili valenze per le questioni del territorio e dell'ambiente, un quadro di riferimento con finanziamenti regionali proporzionati nell'ambito del quale la capacità proposta ed organizzativa dei dirigenti e del personale possa dispiegarsi. L'esempio di Piano di lotta guidata ed integrata, pur nelle difficoltà della sua estensione e della sua realizzazione, che è stato affidato dalla Giunta regionale all'ESAP, ha consentito a quest'ultimo di operare con certezza di risorse e direttive di base tali da renderne concreta l'attuazione. Attuazione ripeto - assai complessa; siamo al primo anno di attuazione e quindi in una fase di rischi ed errori che dovranno essere rettificati man mano, nel caso in cui il compito affidato all'ESAP potesse o dovesse andare avanti. Questo è un esempio che si potrebbe riproporre per altri comparti o altre azioni.
Un'ultima parola per il personale, che ha espresso anche recentemente per il tramite dei loro sindacati, il disagio di lavorare in un ente in crisi di identità. La Giunta desidera tranquillizzare questi lavoratori poiché comunque avvenga il riordino dell'ente, le professionalità ivi impegnate potranno trovare all'interno o dell'ESAP o dell'Amministrazione regionale o dell'organico regionale idonea collocazione. Questo è quanto la Giunta può dire, anche se in ritardo (ritardo dovuto oltre che alla difficoltà del problema stesso anche a problemi che hanno coinvolto la persona dell'Assessore responsabile in questa materia). Fino ad oggi la Giunta non ha assunto decisioni; mi sembra corretto che le decisioni che la Giunta andrà ad assumere in merito ad un problema di rilievo come quello della situazione ESAP, nascano anche dal dibattito, dalle osservazioni e dalle proposte che le forze politiche presenti in Consiglio regionale vorranno proporre all'attenzione del Consiglio e alle decisioni della Giunta.
Questo sentivo il dovere di riferire al termine di questa breve concisa, ma ritengo sostanziale relazione, che fa riferimento a fatti sostanziali della situazione nella quale l'ESAP si trova ad operare dichiarandomi sin d'ora disponibile ad un confronto che vada alla stesura di un testo di ordine del giorno o di impegno della Giunta per tentare di razionalizzare la presenza dell'ESAP nel quadro degli enti strumentali della Regione, con l'obiettivo di renderlo veramente a disposizione del Consiglio e della Giunta regionali. I problemi che non solo in questa legislatura, ma già nelle legislature passate sono emersi nei rapporti fra Regione ed ESAP possono essere superati attraverso una formula di rapporto fra la stessa Regione e l'ESAP più efficace e più efficiente e soprattutto in grado di dare risultati migliori, nell'interesse dell'agricoltura della nostra Regione.



PRESIDENTE

Apriamo la discussione generale.
La parola al Consigliere Ferro.
FERRO Intervengo unicamente per una considerazione sulla condizione dei lavori nella tarda estate dello scorso anno: come ha ricordato l'Assessore la maggioranza del Consiglio di amministrazione dell'ESAP si è dimessa. Il nostro Gruppo politico ha presentato una mozione con la quale venivano avanzate proposte per quanto riguarda il futuro e la sorte dell'ESAP. Nella prima parte della comunicazione dell'Assessore che abbiamo sentito oggi c'è un po' la storia delle ragioni di tali dimissioni. Mi pare però che dalle comunicazioni dell'Assessore non emergano proposte forti, al di là della disponibilità ad un confronto politico che potrebbe anche tradursi in un ordine del giorno. Per quanto riguarda gli impegni relativi all'ESAP gradirei capire il senso di un dibattito dove si recita un po' a soggetto: c'è un Assessore che interviene, un Consigliere dell'opposizione che ribatte; il confronto si esaurisce lì. A questo punto, secondo me, pur trovandoci di fronte ad un problema come quello delle dimissioni del Consiglio di amministrazione dell'ESAP, ci troveremo di fronte ad un dibattito mortificante per il Consiglio regionale e soprattutto per le responsabilità che in quanto Consiglio abbiamo nei confronti dell'ESAP. Se invece esistono le condizioni per un reale dibattito, per un confronto corale sono disponibile ad intervenire e a dire cosa pensa in merito il Partito comunista. Intervenire a nome del Partito comunista senza un confronto più generale finisce con l'essere una cosa molto finta, e non so fino a che punto sia agibile un percorso di questo genere.



PRESIDENTE

La parola Presidente Rossa, che interviene in qualità di Consigliere.
ROSSA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, di fronte alla crisi dell'ESAP credo sia necessario, oltre che una riflessione sul ruolo e sulla funzione dello stesso, verificare quali prospettive la Regione può proporre a questo ente in seguito alle dimissioni del Consiglio di amministrazione.
Vorrei scindere l'intervento in due parti: nella prima parte vedere quali potrebbero essere le prospettive; nella seconda vedere quale ruolo l'ESAP ha svolto e quale ruolo potrà ancora avere.
Attorno al problema dell'ESAP c'è stata la presa di posizione delle dimissioni da parte dei suoi dirigenti; successivamente c'è stato un Convegno organizzato dai sindacati e un dibattito ampio che ha visto posizioni articolate.
Sono grato all'Assessore Lombardi per la comunicazione resa perché ha espresso la sensibilità e la sollecitudine della Regione per dare una risposta a questo problema. A mio avviso, per quel poco o tanto che ho potuto seguire finché sono stato nella III Commissione Agricoltura, le dimissioni della dirigenza dell'ESAP nascono da uno stato di insoddisfazione, che credo possa essere considerato legittimo. Stato di difficoltà e di insoddisfazione che coinvolge i dirigenti degli enti operativi, in questo caso i dirigenti dell'ESAP i quali, con le dimissioni hanno voluto segnalare alla Regione che c'è qualcosa da modificare, c'è da dare indirizzi diversi, c'è da rivendicare un ruolo autonomo come quello che in fondo si è immaginato alla costituzione di questi organismi operativi. Quindi, interpreto le dimissioni di questi dirigenti come un segnale incisivo, significativo, in un certo senso clamoroso; il fatto che si siano rivolti al governo regionale e al Consiglio regionale è stato per dire che è necessario che vengano riesaminati il ruolo e la funzione degli enti operativi e se si intende continuare ad assegnare loro un ruolo e una funzione.
A questo punto il discorso ci riporta - o ci riporterà, visto che si è addirittura parlato di un prossimo dibattito sugli enti operativi strumentali - al ruolo e alla funzione dell'ESAP.
L'ESAP ha ancora un ruolo? Ha svolto i propri compiti? E' stata veramente la risposta puntuale a quelle che sono state le esigenze della Regione? Credo di poter dire che l'ESAP - seppure all'interno delle difficoltà che caratterizzano in questa fase, e hanno caratterizzato negli anni precedenti, gli enti operativi e strumentali abbia dato proprie risposte e abbia svolto un preciso ruolo. Sono considerazioni positive che non interferiscono, tanto per intenderci, con il settore dell'agricoltura o in modo particolare con l'Assessorato all'agricoltura, ma che possono essere di arricchimento, di autonomia, di elaborazione di piani di lavoro, di collegamento con tutta una serie di realtà della nostra agricoltura nei confronti della quale è necessaria un'articolazione autonoma e strumentale da parte dell'ESAP.
Ritengo che il ruolo e la funzione dell'ESAP siano stati positivi e che debbano continuare. Per esempio, non ritengo che questa branchia di attività, né in questa fase né in una fase successiva, venga assimilata dall'attività dell'Assessorato all'agricoltura e quindi ne divenga un prolungamento; ritengo debba avere una propria autonomia, come è stata la linea seguita dalla costituzione dell'ESAP in poi. C'è bisogno di iniziativa operativa, di una presenza che riqualifichi il lavoro nel settore dell'agricoltura, i suoi rapporti con il mondo esterno, con il mondo del commercio, della vendita, nonché del consumo, dell'istruzione nel campo, tutte funzioni che possono essere benissimo assolte da questo ente operativo.
A questo punto, qual è la risposta alle domande legittime poste dai molti dirigenti presenti al Convegno svolto un paio di mesi fa al Teatro Nuovo? A me sembra che la risposta sia di invitare gli attuali dirigenti dell'ESAP dimissionari a riprendere il loro posto, accompagnando l'invito a ritirare le dimissioni con una dichiarazione di volontà politica ad approfondire tutta la parte di intervento, operativa, di autonomia che spetta all'ESAP nel campo dell'agricoltura piemontese. Non vedo strada diversa; una strada diversa equivarrebbe a una dichiarazione di conclusione di un'attività svolta complessivamente bene dall'ESAP: una dichiarazione di messa in liquidazione di un'attività strumentale svolta, mi pare, molto bene. Il Gruppo socialista - e personalmente - è contrario a dichiarare chiusa l'esperienza ESAP. Non condividiamo la tesi, prevalente ma tuttavia esistente, sostenuta nel settore dei Coltivatori diretti secondo la quale l'ESAP potrebbe trasformarsi o diventare braccio operativo stretto dell'Assessorato, senza più alcuna autonomia e senza più alcuna funzione.
Questa legislatura sta giungendo a conclusione, quindi non avrebbe nemmeno il tempo, qualora decidesse di compiere altre scelte, che sarebbero soltanto di tipo amministrativo, di dire "chiudiamo questa esperienza", e senza alcuna possibilità di compiere riflessioni, di ragionare su tutto l'insieme delle prospettive. Dovremmo invece invitare la Presidenza dell'ESAP a ritirare le dimissioni, chiedendole di continuare il compito svolto finora, accompagnandolo all'impegno di approfondire il ruolo e individuare le risorse alla base della manifestazione legittima di richiamo nei nostri confronti, questione che riguarda gli enti in genere e non soltanto l'ESAP. La nascita di questi enti strumentali, che hanno complessivamente svolto la loro funzione, è stata salutata con grande convinzione dal mondo agricolo. Occorre dar loro un percorso più ampio ed una connotazione specifica, in modo che chi viene designato a dirigere questi settori non arrivi dopo poco tempo a trarre conclusioni deludenti.
La delusione significa rinuncia, significa non credere più nella possibilità di mettere insieme energie fresche (oggi si dice sinergie) significa non concorrere alla modernizzazione di una parte importante dell'apparato economico del nostro Paese, e in questo caso della regione Piemonte. Sono convinto che una società moderna, avanzata e progredita come quella piemontese che vuole incrementare il proprio sviluppo, non può non avere insieme al proprio slancio anche un sostegno importante che l'accompagni, più che mai necessario. Credo che a tutti i dirigenti dell'ESAP, alla gente che ci lavora ed al mondo agricolo piemontese debba essere lanciato un messaggio della volontà politica da parte della Regione a rimettere in moto un settore con enti e strumenti adeguati, capaci appunto di concorrere a realizzare gli sforzi in atto nelle nostre campagne; diversamente, se da una parte ipotizziamo grandi confronti in campo europeo con agricolture più avanzate delle nostre, dall'altra non sempre facciamo seguire adeguati strumenti. L'apparato economico di questo Paese deve ammodernarsi: il settore dell'agricoltura fa parte di questo apparato economico. L'ESAP e gli enti strumentali e quanto all'inizio degli anni '70 tutti abbiamo immaginato con entusiasmo e grande convinzione hanno in parte assecondato, in buona misura aiutato, ma possono continuare ad aiutare ulteriormente il nostro sviluppo. Dopo aver visto gli sforzi compiuti e valutato le prese di posizione pervenute dall'ESAP, dopo aver ascoltato le varie discussioni, concludo dicendo che bisogna rimettere in moto l'attività dell'ESAP, consegnando con questa volontà politica ai nuovi legislatori compiti e obiettivi di approfondimento per meglio cogliere la funzione, il ruolo, le prospettive che gli enti strumentali, in questo caso l'ESAP, possono avere per un ulteriore sviluppo dell'agricoltura piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.
FERRO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la crisi dell'ESAP (anche se occasione di distrazione al momento in cui se ne discute in aula) continua ad essere una crisi dirompente, poiché è l'ente più esposto relativamente alle politiche agrarie portate avanti a livello regionale. Ha ragione l'Assessore, in fondo, a dire che la crisi dell'ESAP in Piemonte è la crisi che attraversa un po' tutti gli enti di sviluppo agricolo nelle altre Regioni, proprio perché sono enti che rappresentano i punti più esposti della politica agraria. C'è una differenza, però, tra il nostro ente e la realtà delle altre regioni. In Piemonte ci sono state le dimissioni della maggior parte del Consiglio di amministrazione. E' maggiore sensibilità politica da parte del Consiglio di amministrazione? Non so. O ci sono forse, elementi più acuti di contraddizione rispetto ad altre realtà? Sono d'accordo su un inciso del collega Rossa (un inciso abbastanza critico nei confronti dell'operato della Giunta) quando in sostanza dice che sta cambiando il mondo dell'agricoltura e che non si sono fatti seguire a questa realtà di mutamenti adeguati propositi e strumenti. E' indubbio che esistono tendenze in atto nel nostro Paese che, piaccia o non piaccia pongono in discussione le politiche agrarie del passato. Ieri, discutendo della modifica parziale della legge n. 63, sono stato rimproverato dall'Assessore di aver messo in campo questioni di carattere generale secondo lui assai poco pertinenti con quel tipo di modifica. Mi si consenta di insistere perché i veri nodi stanno nelle cose che abbiamo detto ieri e nelle cose che in qualche modo cercheremo di dire oggi. Ci sono tendenze che si manifestano sotto forme diverse: 1) integrazione sempre più forte tra le produzioni agricole e le trasformazioni agroindustriali. Da questo punto di vista mi pare che il Piemonte stia segnando il passo per quanto riguarda la possibilità di dominare questo processo di integrazione 2) integrazione tra uso agricolo ed altri usi del territorio, che impone il riconoscimento e la valorizzazione di una nuova agricoltura, più rispettosa dell'ambiente 3) allargamento dei mercati internazionali, accompagnato alla progressiva riduzione della protezione comunitaria sui prezzi 4) esigenza di una diffusione di modelli vita omogenei tra zone rurali e zone urbane.
Queste tendenze pongono un serio interrogativo, non solo a livello regionale, su quale politica agraria portare avanti. Non voglio riprendere quanto detto ieri, probabilmente non è questo il momento per aprire un dibattito di questa portata, anche se si tratta di elementi che concorrono a dare una risposta alle esigenze richiamate. In qualche modo noi abbiamo tentato di dare queste risposte, anche con le varie proposte di legge presentate in materia di agricoltura.
Crediamo che l'accresciuto legame dell'agricoltura con l'intero sistema economico-sociale imponga che la politica agraria perda il forte connotato settoriale, di comparto separato, per diventare parte integrante della politica più generale (per politiche più generali intendiamo quella economica, quella ambientale e quella territoriale). Abbiamo quindi indirizzi e tendenze che spingono in direzione di una riorganizzazione del rapporto tra agricoltura ed ambiente, tra agricoltura e industria. Le emergenze che il Piemonte ha conosciuto sui diserbanti sono in fondo la punta dell'iceberg del conflitto tra il vecchio (le politiche agrarie conosciute nel passato) e il nuovo (le nuove esigenze emergenti). Rispetto alla necessità di orientare il nuovo senza troppo esporre il sistema delle imprese agricole alle contraddizioni imposte da una svolta che preme l'ESAP avrebbe potuto e può ancora essere un formidabile strumento. Sono d'accordo con il collega Rossa quando pone l'accento sulla necessità che questo ente debba essere rilanciato. Così non è stato e rischia di non essere. Occorre uscire da quella che l'Assessore chiamava "ambiguità istituzionale"; occorre forse definire meglio i compiti di questo ente anche se è indubbio che bisogna rilanciarlo. La crisi dell'ESAP in fondo è il punto di incontro di tre cadute che la politica agraria regionale ha registrato in questi anni. La prima, l'abbandono della politica dei Piani agricoli zonali; politica macchinosa, assemblearista, con troppi passaggi farraginosi: poteva e doveva essere snellita. Ho la sensazione che sui Piani agricoli zonali si sia buttato via il bambino con l'acqua sporca.
Chiunque voglia seriamente affrontare i problemi dell'agricoltura e del suo rapporto con l'ambiente, il territorio, l'organizzazione della produzione avverte quanto quella politica, liberata dalle sue farraginosità, fosse preziosa. Invece ci siamo liberati di uno strumento di base che era essenziale per avviare una nuova politica.
La seconda. I finanziamenti, sui quali l'Assessore ha fornito qualche dato. Non si capisce, per esempio, per quanto riguarda i 6 miliardi (3 per la difesa integrata) se sono soldi che passano attraverso l'ESAP, ma poi vanno ad altri, o se invece rimangono all'ESAP. Ho la sensazione che siano soldi che passano attraverso l'ESAP e vanno poi ad altri. Si sa che i finanziamenti in qualche modo consentono all'ESAP un certo funzionamento ma, a parte questo, le risorse nel settore agricolo in questi anni con il Piano agricolo nazionale sono aumentate, comprese le risorse non vincolate a leggi specifiche. Mi pare che all'ESAP si sia lasciato ossigeno appena sufficiente per respirare, non per muoversi; credo sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso delle dimissioni. Probabilmente ci sono anche altre ragioni, il Consiglio di amministrazione dell'ESAP è un parlamentino e si riflette all'interno dello stesso un dibattito tra forze politiche fatto anche di logiche che passano attraverso i singoli partiti con tutto quello che ne deriva: sgambetti, ripicche, logiche tipiche di un parlamentino. Probabilmente ci sono altre ragioni, ma la ragione fondamentale delle dimissioni credo sia da ricondurre alla questione dei finanziamenti. La cosa più sconcertante, per dimostrare come si sia di fronte ad un parlamentino, è il modo con cui si è gestita la lotta fitopatologica, che ho sempre creduto fosse rivolta a ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura in Piemonte, e in particolare per quanto riguarda il bacino del Po. Seguendo questo ragionamento presumo che una delle fonti di maggior inquinamento siano i suini, ma qualcuno sostiene che i bovini inquinano molto di più; io credevo che una delle fonti di inquinamento fossero le mele, ma ho scoperto da un progetto presentato da un'associazione all'ESAP che l'inquinamento in Piemonte è provocato dal ribes e dai lamponi, frutti che rappresenterebbero una fonte micidiale di inquinamento. Per cui, all'interno di questo progetto, per quanto riguarda i prodotti su cui agire come fonte di disinquinamento si considerano il ribes e i lamponi. In realtà, si sono inventati criteri funzionali non alla lotta fitopatologica, ma alle esigenze di qualche associazione; il riferimento preso per la lotta all'inquinamento è stato il prodotto e non le aree a maggior rischio, come invece una corretta politica avrebbe richiesto; malgrado il parere contrario del Comitato tecnico-scientifico tale scelta è stata comunque portata avanti, tagliando fuori le Province dai progetti di lotta fitopatologica (in verità solo la Provincia di Asti ha protestato, le altre hanno detto che andava bene così). Sarebbe opportuno che quando discutiamo dell'Ente Provincia ci si ricordasse di queste cose; comunque, tutto è stato dato in mano alle associazioni. E i riferimenti per i finanziamenti quali sono stati? La produzione lorda vendibile. Nel momento in cui si prende come riferimento la produzione lorda vendibile, è chiaro che ci sono settori con una produzione lorda vendibile molto più elevata di altri: questi settori sono stati quindi maggiormente beneficiati rispetto ad altri, con squilibri incredibili nei finanziamenti. Basta pensare che è stato penalizzato il settore viticolo che per quanto riguarda il diserbo sino a ieri qualche problema lo ha creato - per quanto riguarda l'impatto ambientale, mentre è stato privilegiato il settore dell'actinidia che non credo che per quanto riguarda l'impatto ambientale offra grandi problemi (l'actinidia ha soprattutto bisogno di sostanze organiche come il ferro per svilupparsi).
L'interrogativo che rimane, detto questo, è se l'ESAP debba continuare ad esistere. Noi abbiamo presentato un ordine del giorno dove diamo delle risposte a questo problema. Come ho detto prima, concordo su tutte le cose ricordate dal Presidente Rossa; ciò nonostante ce n'è una sulla quale non concordo: che si faccia un dibattito sull'ESAP e si consegni il tutto alla futura legislatura, chiedendo ai dimissionari di rientrare dalle proprie dimissioni. Mi chiedo come possiamo chiedere ai dimissionari di rientrare dalle dimissioni se non esiste da parte nostra un atto politico che consenta loro di rientrare. Se noi consegniamo tutto alla futura legislatura - come qui è stato chiesto - credo sia estremamente difficile convincere qualcuno a pensare di aver sbagliato nel momento in cui si è dimesso e, quindi, a recedere dalle dimissioni che a suo tempo ha avanzato.
L'ESAP può vivere? Nel nostro ordine del giorno si chiede di uscire dalla situazione anomala del "parlamentino", con un commissariamento per sei mesi da parte di un Commissario che non sia espressione del vecchio Consiglio di amministrazione, quindi non invischiato nei giochi del precedente parlamentino; inoltre, si chiede che venga avanzata una proposta di legge per quanto riguarda il futuro dell'ESAP.
In realtà, la Regione Toscana ha presentato una legge in cui il ruolo dell'ESAP è tutto imperniato attorno alla questione dei servizi di sviluppo. Ieri, in uno degli emendamenti presentati dall'Assessore Lombardi viene assegnato all'ESAP un ruolo importante per quanto riguarda la valutazione di impatto ambientale; mi pare che spazi e margini per un ruolo che l'ente può avere ci siano.
Penso che l'ESAP possa continuare la sua attività se si esce un po' dal grigiore di una indifferenziata politica agraria come quella attuale, fatta di indifferenziati sostegni e di indifferenziate provvidenze al sistema delle imprese agricole; occorre cioè mettere in campo politiche che facciano leva sulle differenze, sulle soglie di compatibilità tra agricoltura, ambiente e territorio: in sostanza, mettere in campo dei servizi di sviluppo. Se si va in questa direzione certamente, a nostro parere, l'ESAP avrà un futuro. Ma in fondo la crisi dell'ESAP è la crisi del "quali politiche per la Regione"? E' questo l'interrogativo su cui prima o poi - meglio prima - la Regione dovrà interrogarsi se non vogliamo ulteriormente essere penalizzati non solo dalla vicenda ESAP, ma da politiche agrarie che cominciano a segnare grossi ritardi rispetto alle esigenze poste dal nostro tempo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Penasso.
PENASSO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo dibattito ovviamente passa - e lo dobbiamo riconoscere un po' nell'oblio di queste ultime sedute di Consiglio, senza la necessaria e dovuta, secondo la mia valutazione preparazione. Dobbiamo affrontare questa importante tematica che vede il Consiglio regionale impegnatissimo in un vasto settore di enti che operano all'interno e per conto di questa Regione. Più volte abbiamo ragionato in questo Consiglio sulle modalità e sulle presenze nostre attraverso questi enti strumentali nel fare la politica della Regione Piemonte. L'ESAP per una sua tipicità particolare è stato investito in questo ultimo periodo da una crisi che non deriva però solo dal suo modo di essere, ma, secondo la nostra visione, da una serie di condizionamenti che cercherò di illustrare.
Innanzitutto la legge istitutiva dell'ente: assai indeterminata, non ha posto vincoli operativi, lasciando spaziare un'autonomia ancora oggi richiamata e difesa, ha portato a scelte ed iniziative finalizzate al tentativo di dare delle risposte alle molte richieste del settore agricolo ma che non hanno portato, soprattutto in termini economici, ai risultati prefissi. Alcune iniziative hanno lasciato la bocca amara, forse perch portate avanti in termini troppo entusiastici. Questo ente che non pu essere operativo nella sua attuale impostazione, deve assolutamente trovare dei correttivi (vedo che unanimemente si riconosce questa esigenza).
Alcune valutazioni sono già state espresse: personalmente sostengo che dobbiamo aprire un grosso confronto a livello politico ed anche - se mi consentite - di rappresentante del mondo agricolo, per dare una risposta funzionale alle esigenze e agli eventuali compiti che vogliamo affidare a questo ente. Alcune iniziative sono state intraprese negli anni in cui c'era piccola disponibilità finanziaria per dare attuazione a delle iniziative. Siamo giunti, non credo per colpa della volontà della Giunta ma per una serie pesante di riduzioni di risorse, ad avere un ente di gestione di se stesso e non di promozione e sviluppo del mondo agricolo. Ci sono poi quegli aspetti richiamati in particolare dall'amico Ferro.
Il "parlamentino" cui si rifaceva il collega risponde alle esigenze di uno strumento che deve essere tecnico, celere ed operativo? Credo che le dimissioni del Consiglio di amministrazione siano state il risultato di queste valutazioni. Non possiamo scaricare conflitti politici ed anche sindacali all'interno di un ente che deve essere strumento operativo delle politiche della Giunta regionale. Non possiamo accettare le valutazioni dell'amico Ferro, secondo le quali la politica agricola regionale è in condizioni di non individuazione di un'attuale corretta politica sul territorio. Le leggi che questa Regione si è data sono molto avanzate per permettere con le modeste risorse - questa è una rivendicazione pesante che viene dal mondo agricolo a disposizione di rispondere ai processi di rinnovamento e ristrutturazione di cui ha bisogno il mondo agricolo soprattutto in vista del fatidico appuntamento del 1993, quando dovremo confrontarci in termini molto più ampi di quelli attuali con gli altri Paesi europei (e non solo europei: da ultimi incontri internazionali sono emersi problemi di commercializzazione dei prodotti anche sui mercati mondiali). Noi abbiamo rivendicato più volte un ruolo più forte dell'ESAP ma dobbiamo essere coscienti della necessità di adeguate risorse per progetti, quali la lotta fitopatologica, in particolare, come richiamava il collega Ferro. Non voglio entrare nel merito delle valutazioni del collega circa la validità o meno dei progetti, dico però che questa è la strada da percorrere, strada che l'Ente di Sviluppo Agricolo potrebbe realizzare con molta incisività se disponesse di strumenti adeguati per poter effettuare una gestione tecnica di alto rilievo.
Abbiamo perorato alcuni studi effettuati dall'ESAP necessari se vogliamo un'agricoltura efficiente, con capacità di confronto e di presenza sul mercato, sfociati poi in progetti che procedevano attraverso i Piani di sviluppo agricolo che noi non condanniamo. Il mondo agricolo ha condotto una grossa battaglia sulla macchinosità di questi strumenti, che dovevano essere non solo di ricerca, ma anche operativi. Un ente di sviluppo deve avere quindi questi requisiti per rispondere alle esigenze del settore; io ho molte perplessità a condividere l'idea di richiedere il rientro dalle dimissioni di un Consiglio di amministrazione, che ha assunto una decisione che personalmente condivido: in quella situazione l'Ente di Sviluppo Agricolo non può reggere. Di conseguenza richiamo la Giunta a muovere i passi necessari per dare validità giuridica ed operativa ad un ente in fase di transizione; il nostro impegno deve essere quello di immaginare uno strumento gestionale di questo braccio operativo, al servizio della politica regionale e non un ente in contrasto con essa. Se si conducono politiche diverse o se usiamo strumenti diversi creeremmo conflitti e contrapposizioni tali da impedirci di raggiungere risultati doverosamente da perseguire. Dopodiché occorre un discorso sulle risorse disponibili da investire in un ente di questo genere; se malauguratamente le risorse di bilancio rimanessero quelle attuali, mi domando che senso abbia tenere in piedi uno strumento non idoneo per perseguire i disegni e i progetti che intendiamo portare avanti.
Chiedo all'Assessore e alla Giunta di attivarsi sia per uno strumento giuridico che permetta all'ente di continuare ad operare per quella parte di attività attualmente già affidatagli, sia, nel quadro politico attuale per un confronto serio ed impegnato con le organizzazioni agricole e con tutto il mondo agricolo.
In tal senso troveremo semmai una soluzione ottimale: in un Convegno ad hoc, in un primo impatto tra le forze politiche presenti in Consiglio all'interno della Commissione Agricoltura, troveremo la formula che ci permetterà di confrontarci con disegni e progetti di recupero dell'ente.
Questo è quanto mi sento di avanzare, nel momento in cui l'ente è una forma assai ibrida nella quale, certamente e responsabilmente, non lo possiamo lasciare.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura Molto brevemente ringrazio i colleghi per gli interventi, per le proposte, per i suggerimenti. Se l'ESAP dovrà vivere dovrà essere un ESAP diverso; se è vero che le dimissioni sono scaturite da difficoltà finanziarie, è altrettanto vero che le difficoltà di funzionamento (per esempio, in merito alla lotta fitopatologica a proposito della quale il collega Ferro ha già fatto una serie di affermazioni e critiche) hanno portato allo scontento che ha determinato le dimissioni del Consiglio di amministrazione. Direi che proprio la gestione delle risorse affidate all'ESAP per quella lotta fitopatologica che in Piemonte va avanti pur tra difficoltà, è la dimostrazione che non è solo questione di risorse finanziarie, ma che ci sono problemi di funzionalità, di capacità di affrontare i problemi in termini convincenti per tutti, o possibilmente per larga parte almeno del mondo agricolo interessato. Quindi, è opportuno che l'ESAP viva, potrà vivere, come dice il Presidente Rossa, anche se personalmente pongo al Consiglio una riflessione di carattere generale. Gli strumenti sono tutti utili; anche l'ESAP ha avuto e può avere un ruolo bisogna però verificare bene il rapporto costo-benefici relativo al ruolo degli enti. A mio modesto parere va fatta un'analisi approfondita sui bilanci di questi enti; credo però che come Consiglieri ci dobbiamo porre il problema per cui un ente spende per spese di funzionamento il 50% delle risorse complessive che gli sono affidate. Confrontiamoci anche con coloro che, dall'ESAP, si aspettano risposte ai propri problemi. Noi siamo qui a rappresentare la realtà sociale politica della nostra Regione, ma questo è un ente strumentale a favore dell'agricoltura; non credo che il confronto possa concludersi in quest'aula. Credo sia necessario aprire un confronto anche con coloro che hanno rassegnato le proprie dimissioni perch insoddisfatti del funzionamento dell'ESAP per capire quali siano le risposte, le proposte e i suggerimenti per migliorare questa presenza. Il collega Ferro sostiene che noi siamo diversi dalle altre regioni. In questo caso mi permetto di dire che è una diversità che ci fa onore, perché nel momento in cui esistono dei problemi credo sia opportuno affrontarli.
Esiste il problema ESAP in tutte le regioni italiane: ci sono delle regioni dove il numero dei dipendenti di tali enti (questo è un merito per il Piemonte) supera le due o tre mila unità, dove i costi sono talmente elevati che le risorse destinate al settore agricolo, sia per ristrutturazioni aziendali sia di politica di mercato sia di servizi di sviluppo, non esistono più perché ingoiate da enti di queste dimensioni. In Piemonte questo ente, per merito di tutti, non ha assunto una tal dimensione: è ancora un ente governabile, modificabile, che può veramente diventare uno strumento per un servizio concreto all'agricoltura.
Ritengo però anche che una modifica sia necessaria, e faccio mia la proposta del collega Penasso di andare ad un ulteriore approfondimento in Commissione, per vedere se si può giungere ad una proposta di modifica di razionalizzazione dell'ente, che determini il maggiore consenso possibile visto che in Consiglio ormai siamo a fine legislatura, i problemi si sovrappongono e non sempre si è in grado di fare l'approfondimento e di prestare l'attenzione dovuta ai vari argomenti.
Signor Presidente, io non mi sento di accettare un'impostazione che dica: "Si ritirino le dimissioni". Le dimissioni le devono ritirare coloro che le hanno rassegnate; la Giunta e il Consiglio regionale non possono forzare la volontà di coloro che hanno espresso un parere diverso. In base al dibattito avvenuto, in base agli approfondimenti che potremo fare a livello di Commissione (se quella sede viene accettata) potremo confrontarci con gli amministratori dimissionari e vedere se le proposte che avanzeremo saranno tali da far rientrare le dimissioni. Ritengo che noi non si possa forzare la situazione; possiamo avviare un confronto e verificare se esistono le condizioni per continuare. Se le dimissioni verranno confermate la Giunta e il Consiglio dovranno assumere gli atti conseguenti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La parola al collega Avondo.
AVONDO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo non tanto per entrare nel merito delle conclusioni di un dibattito stantìo, quanto per richiamare l'attenzione su un impegno di valutazione, di proposta, di discussione e voto dell'ordine del giorno che il Gruppo comunista ha presentato nel lontano 14 settembre 1989. Dalla discussione emersa oggi e dalle conclusioni tratte dall'Assessore mi pare che in linea di massima le indicazioni contenute all'interno dell'ordine del giorno possano collimare con quanto proponeva l'Assessore Lombardi.
Certo, noi diamo per acquisito un passaggio che l'Assessore Lombardi in questa fase tendeva ad escludere, ovvero di dichiarare sciolto il Consiglio di amministrazione, di nominare un Commissario all'ESAP e di fornire al Commissario le indicazioni contenute nell'ordine del giorno affinch provveda a creare le condizioni per la predisposizione, prima, e per l'approvazione, poi, di un disegno di legge sull'ESAP che possa andare incontro alle esigenze emerse dalla discussione di oggi.
Al di là del fatto che l'Assessore Lombardi non ha potuto essere presente all'attività del Consiglio per un certo periodo, rimane comunque aperta una questione. Ci troviamo di fronte a dimissioni datate all'inizio dell'estate scorsa; da questo punto di vista, se non usciamo da questo dibattito consiliare con un orientamento preciso in ordine a quanto da intraprendere, rischiamo di andare alla scadenza di un anno rispetto a delle dimissioni di un Consiglio di amministrazione che da questo punto di vista è privo della possibilità di funzionamento e di funzionalità. Quindi considerando la vacanza determinata dall'imminente scadenza elettorale, il rischio è di riparlarne a tempi assai lunghi. Dal dibattito di oggi è emersa la volontà sul fatto che l'ente vada rivisto, rinnovato e ridiscusso, però l'esigenza che l'ente sopravviva mi pare non sia stata messa in discussione da alcuno.
La richiesta formale che avanziamo è di mettere in discussione e porre in votazione la proposta di ordine del giorno che - ripeto - abbiamo presentato il 14 settembre 1989.
La Giunta regionale stessa aveva iscritto all'o.d.g. l'esame delle dimissioni del Consiglio di amministrazione dell'ESAP e l'eventuale nomina del Commissario, poi la questione è stata rinviata; noi crediamo che i tempi siano tali da non più consentire una diluizione nell'affrontare la questione da parte della Giunta.
Quindi, la richiesta di discussione e di messa ai voti dell'ordine del giorno ha il significato di ulteriore sollecitazione alla Giunta affinch assuma fino in fondo le sue responsabilità.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Presidente Rossa, che interviene in qualità di Consigliere.
ROSSA Signor Presidente, colleghi Consiglieri, discussioni come quella odierna cominciano quasi in sordina, ma poi possono arrivare ad una grande esplosione.
La posizione che avevamo assunto era in termini molto sereni, però la discussione sta andando avanti e segnando il percorso anche di risvolti di carattere politico.
Non avevo presente il documento presentato dal Gruppo comunista, ma quando leggo: "impegna la Giunta a dichiarare sciolto il Consiglio di amministrazione dell'ESAP e a nominare il Commissario straordinario" mi pare necessario dare delle risposte. La nostra posizione - l'ho illustrata non è accompagnata da alcun ordine del giorno, ritenendo, dopo le conclusioni dell'Assessore Lombardi, di concretizzare la nostra posizione attraverso momenti di incontro in III Commissione, di concerto con l'Assessorato, per una discussione con i dirigenti dell'ESAP per verificare se ci siano le condizioni per proseguire questo cammino oppure no.
Personalmente pensavo che in ogni caso al termine di questo dibattito fosse naturale e scontato che il gruppo dirigente dell'ESAP ritirasse le proprie dimissioni. Però nel momento in cui siamo chiamati ad esprimere un voto è chiaro che dovremmo uscire dallo stato di generico assenso ad un incontro con i dirigenti dell'ESAP; sono convinto che a questo punto ai dirigenti dell'ESAP vada rivolto l'invito a ritirare le dimissioni. Siamo alla conclusione della legislatura, non mi sembra utile né positivo sciogliere come viene richiesto dal Gruppo comunista, il Consiglio di amministrazione dell'ESAP; non mi sembra un elemento di aiuto ad un dibattito che deve essere affrontato partendo da questo incontro, per poi consegnarlo, se vogliamo essere realisti visti i tempi molto stretti, alla futura legislatura.
Parto dalla considerazione complessivamente positiva sull'attività svolta dall'ESAP, contenuta anche nel documento del Gruppo comunista, il quale chiede però la nomina di un Commissario, figura particolare che dovrebbe raccordare la situazione attuale con il futuro ESAP rinnovato.
Personalmente non concordo con la richiesta di nomina di un Commissario esprimo anche dissenso rispetto ad una situazione non chiara: l'Assessore Lombardi dice "saranno loro"; certo, senz'altro saranno gli attuali dirigenti a stabilire se continuare a mantenere le dimissioni o a ritirarle. A questo punto, però, dobbiamo, anche solo con tre righe concludere questo dibattito con un invito ai dirigenti a ritirare le dimissioni, in attesa di poter andare ad un approfondimento che definisca ruolo, funzione e risorse da mettere a disposizione dell'ESAP. Credo che questa debba essere la naturale conclusione di questo dibattito. Dopodich si sentiranno i dirigenti e si aprirà un dibattito che potrà essere fatto di vari momenti di incontro e discussione più generale per quanto riguarda non solo l'ESAP, ma anche gli altri enti strumentali di cui bisogna ridefinire ruolo e funzioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.
CARLETTO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, chiedo scusa se intervengo senza aver assistito al dibattito. Credo sia giusto, dopo l'intervento del collega Penasso che ha precisato la posizione della DC sull'argomento, e dopo l'intervento del collega Avondo a nome del Gruppo comunista e del Presidente Rossa a nome del Gruppo socialista, dire anche come la pensiamo in ordine non al merito delle soluzioni, ma alle procedure, ai tempi e a come la DC pensa si debba arrivare a delle proposte. Dobbiamo registrare che il Presidente dell'ESAP ed una parte consistente del Consiglio di amministrazione ha rassegnato le proprie dimissioni. Queste dimissioni datano a parecchi mesi fa e quindi non credo si possano lasciare ulteriormente sul tavolo della Giunta. Da questo punto di vista voglio ringraziare l'Assessore Lombardi che rientrando da un periodo di malattia ha voluto affrontare subito l'argomento, condividendo l'esigenza di un dibattito sulla questione. Ciò significa che la Giunta ha indicato questo come un argomento sul quale è necessario, sentito il Consiglio regionale assumere una qualche decisione che sia di prospettiva per questo ente, alla luce anche delle situazioni determinatesi negli anni nel settore agricolo piemontese, tenendo conto dell'indicazione inconfutabile della maggioranza di svolgere un intervento di razionalizzazione degli enti strumentali della Regione per riportarli al ruolo che è giusto abbiano e ricondurli ad un'azione operativa coerente con le indicazioni della Giunta e divenire braccia operative delle politiche regionali.
L'odierno dibattito si innesta su dimissioni non dovute alla difficile situazione dell'ente dal punto di vista finanziario o di legittimazione ad operare, ma strettamente collegate alle politiche della Giunta regionale e dell'Assessorato (e quindi, di conseguenza, anche alle risorse finanziarie che la Regione è in grado di mettere a disposizione in un momento di grande difficoltà del bilancio regionale). Forse va anche rivista la coerenza tra l'azione dell'ESAP e le risorse finanziarie che oggi siamo in grado di destinare a questa politica; diversamente, o siamo velleitari o siamo sciocchi. La strada del commissariamento, che noi riteniamo sia in questa fase la più corretta, deve essere molto breve, per consentire all'ente nella fase immediatamente successiva e sulla base delle scelte che la Giunta e il Consiglio regionale faranno, di rimettere in condizione l'ente di riprendere la propria attività con l'attuale forma giuridica o un'altra con i soci attuali o con altri: personalmente non prefiguro nulla e lascio aperto lo scenario nell'individuazione delle soluzioni. Una fase di commissariamento molto breve ed incisiva che consenta di gestire l'ordinaria amministrazione, in attesa che all'inizio della prossima legislatura vi siano delle scelte da parte del Consiglio regionale su proposta della Giunta che determinino condizioni di operatività coerenti con le indicazioni della Regione, ma soprattutto con gli interessi del mondo agricolo piemontese. E' in questo senso che riteniamo coerente la scelta del commissariamento, ma anche quella di invitare la Giunta ad assumere delle decisioni. In certi incontri svoltisi recentemente e ai quali il nostro Gruppo ha assistito, abbiamo colto aspetti strumentali che non ci spaventano e non ci preoccupano più di tanto, ma che se lasciati ad una situazione di ingovernabilità potrebbero anche determinare situazioni di difficoltà di rapporti fra Regione ed ESAP, con i dipendenti e con tutto il mondo agricolo piemontese.
Ci pare che la proposta da noi avanzata sia corretta, seria e non strumentale e che possa consentire nell'arco di alcuni mesi di definire le politiche che si intendono portare avanti, alla luce degli interessi e delle esigenze del mondo agricolo, alla luce delle risorse finanziarie che possiamo mettere in campo e alla luce, anche, dell'esperienza di questi anni. Mi pare che l'Assessore Lombardi e la Giunta possano in questo dibattito trovare spunti interessanti per scelte le quali ci auguriamo vengano compiute il più rapidamente possibile.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.
FERRO Mi permetto di insistere affinché il nostro ordine del giorno venga posto ai voti. Capisco le argomentazioni presentate dal Gruppo socialista ma una lettera di dimissioni non è cosa ordinaria come prendere il caffè la mattina. Quando si assume una posizione del genere si sa perfettamente - e quelli che l'hanno assunta lo sapevano perfettamente - che porta al commissariamento. D'altra parte, dalle dimissioni sono trascorsi cinque mesi: se ci fossero state le condizioni per un recupero, probabilmente sarebbero state spese sino in fondo. Il fatto medesimo che come Gruppi politici, anche all'interno della maggioranza, si esprimano voci non completamente in sintonia dimostra difficoltà di recupero. Credo estremamente difficile fare oggi quanto in cinque mesi non si è riusciti a fare. Si parla della necessità di un incontro in Commissione, ma quando abbiamo provato ad interpellare l'ESAP in tale sede sulla lotta fitopatologica non si è presentato alcun membro della Commissione, sono venuti solo alcuni tecnici. Non siamo di fronte alle dimissioni di un esecutivo, ma all'inagibilità dell'ESAP. D'altra parte, qualunque discussione attorno ad un'ipotesi di recupero a due mesi dalle elezioni non vedo come possa essere svolta e quali titoli possano esserci, a scadenza di legislatura, ad assumere impegni per il prossimo futuro; è più corretto che se li assumano coloro che verranno dopo. Insistiamo sul percorso indicato nel nostro ordine del giorno; il rilancio dell'ESAP, al di là delle considerazioni sugli enti strumentali nel loro complesso, deve stare soprattutto nel bisogno e nella domanda politica proveniente oggi non solo dal mondo agricolo, ma dalla realtà del rapporto agricoltura-ambiente agricoltura-territorio, roduzione agricola-agroindustria: su questo terreno c'è gran spazio e ci sono le condizioni per un rilancio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.
CARLETTO Siccome il collega Ferro ha ripreso il discorso sull'ordine del giorno ribadiamo la nostra posizione. Riteniamo non opportuno votare un ordine del giorno; in Commissione, alla luce delle proposte che la Giunta farà nei prossimi giorni sentito il dibattito di oggi, credo si potrà trovare un'intesa su un altro ordine del giorno da votare in una prossima seduta di Consiglio, in modo che la Giunta e le eventuali scelte che si faranno siano più forti. Un ordine del giorno del Consiglio regionale mi pare la strada da percorrere, accompagnato però da un confronto in aula da tenersi nei prossimi giorni e in quella sede vedere se le proposte della Giunta saranno condivise dal Consiglio regionale.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Presidente Rossa, che interviene in qualità di Consigliere.
ROSSA Ho chiesto di intervenire per dichiarare la nostra disponibilità alla proposta di demandare alla Commissione un ulteriore approfondimento del tema che stiamo trattando. Invito anch'io il Gruppo comunista a valutare l'opportunità di un confronto in Commissione; è ben vero che si è svolto un incontro con i dirigenti dell'ESAP sulla lotta fitopatologica, ma è stato un confronto circoscritto ad un percorso e a questioni che non attenevano all'insieme della dichiarazione pervenutaci attraverso le dimissioni.
Collega Ferro, so bene che le dimissioni sono un atto importante, ma non sempre sono irrevocabili: ci sono dimissioni intese a sollecitare l'uscita da una certa situazione, quali le difficoltà segnalate non soltanto dall'ESAP, ma riconosciute anche dalla Regione. Ci sono poi dimissioni irrevocabili, le quali, comunque le si affronti, sono dimissioni già scontate.
Quelle dell'ESAP non ci paiono dimissioni scontate, ma un segnale di richiamo ad un nuovo impegno. Dobbiamo quindi darne una lettura in positivo, diretta a dire che abbiamo avvertito il significato delle dimissioni e che abbiamo svolto un dibattito - ringrazio l'Assessore Lombardi per la sua disponibilità e il suo impegno - conclusosi con l'affidamento alla Commissione di esplorare nuovi rapporti, per vedere se ci sono le condizioni, in un quadro rinnovato, per superare l'attuale stato di dimissioni.
Sono state avanzate altre proposte, legittime, come la nomina di un Commissario. Non riteniamo sia una strada che aiuti a realizzare il rilancio, ma, al contrario, che introduca elementi di delusione; se non ci fossero alternative, saremmo per verificare, prima della nomina di un Commissario, la disponibilità dell'attuale gruppo dirigente dell'ESAP, e in questo senso mi rivolgo ai vari Gruppi; qualora tale disponibilità non esistesse, potremo ritornare in aula e trarne delle conclusioni.
Concorderei con una conclusione di questo tipo e non con le proposte contenute nell'ordine del giorno presentato dal Gruppo PCI.
Concludendo, invito il Gruppo comunista a valutare la nostra posizione e la nostra disponibilità, in un incontro con l'ESAP, ad una verifica, sia essa di rilancio dell'attuale gruppo dirigente sia essa della nomina di un Commissario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.
AVONDO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi pare non sia stato inutile da parte nostra proporre oggi la discussione e la votazione del nostro ordine del giorno: documento che ha consentito ulteriori elementi di chiarezza sul percorso da proporsi.
Crediamo che l'utilità del confronto tra le forze politiche che qui si sono espresse possa essere rappresentato dall'impegno assunto dal Consiglio regionale nella seduta odierna di accogliere la proposta dell'Assessore ovvero che nel corso della seduta di Commissione di mercoledì vi sia, sulla base della discussione che si è sviluppata oggi, una verifica e una puntualizzazione in ordine ai percorsi eventuali da attuare. Crediamo che tale discussione possa rappresentare un momento di approfondimento autonomo da parte del Consiglio regionale e permetta un orientamento definitivo nei tempi e nelle modalità con cui la questione viene affrontata. E' chiaro che lo spirito con cui avanziamo questa proposta è di tener conto delle osservazioni emerse oggi da parte di qualche Gruppo del Consiglio regionale. Da parte nostra, dopo la riunione di Commissione di mercoledì ci sarà la richiesta (per giovedì, giorno in cui si terrà seduta di Consiglio) di discussione di un eventuale ordine del giorno unitario se la Commissione sarà stata in grado di proporla - oppure di votazione dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista. In questo senso può esserci da parte nostra l'orientamento a non chiedere la votazione in questo momento del nostro ordine del giorno, presentato nel mese di settembre 1989.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.
LOMBARDI, Assessore all'agricoltura Per quanto concerne competenze e responsabilità della Giunta, dichiaro la disponibilità di seguire il percorso indicato, che mi pare offra la possibilità di un approfondimento vero, alla ricerca di una posizione che ottenga il maggior consenso. Questa nostra disponibilità conforta il Presidente della Commissione; dopo l'approfondimento di mercoledì, giovedì si andrà ad una posizione unitaria, se sarà possibile, oppure a posizioni diversificate, ma chiare, sulla situazione dell'ESAP nella nostra Regione.



PRESIDENTE

Possiamo concludere il dibattito sull'ESAP. Ci sono ancora due punti iscritti all'o.d.g., sui quali, però, c'è stata richiesta di rinvio.
Prima di chiudere la seduta annuncio ai Capigruppo l'intenzione di svolgere una breve riunione sulla grave situazione relativa ai numerosi incidenti mortali che avvengono soprattutto il sabato notte e che colpiscono molti giovani.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 743 relativo alla vicenda Edgardo Sogno


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'ordine del giorno che conclude il dibattito di questa mattina relativamente alla vicenda Edgardo Sogno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte sentita la comunicazione del Presidente del Consiglio in ordine al Convegno 'Le Forze Armate italiane alla guerra di Liberazione' e alle polemiche ad esso seguite auspica che più espliciti e diretti rapporti evitino per il futuro incomprensioni ed equivoci quali quelli che sembrano aver dato origine alla presente vicenda; conferma la propria stima ed apprezzamento all'ambasciatore Edgardo Sogno, medaglia d'oro della Resistenza, per quanto ha rappresentato nella storia del nostro Paese quale combattente per la libertà e la democrazia ed auspica che in una prossima occasione l'ambasciatore Sogno possa portare, nell'ambito delle iniziative della Regione, il proprio contributo di protagonista della Resistenza".
La parola al Consigliere Pezzana.
PEZZANA Vorrei sapere perché l'aggettivo "prezioso" è stato cancellato dal testo originario.



PRESIDENTE

I proponenti l'ordine del giorno lo hanno ritenuto opportuno. Ha chiesto la parola il Consigliere Monticelli. Ne ha facoltà.
MONTICELLI Signor Presidente, il mio intervento ha anche valore di dichiarazione di voto del Gruppo comunista. Siamo sconcertati da questo ordine del giorno, anche per le modifiche che sono state introdotte nell'intervallo fra la prima parte dei lavori del Consiglio di questa mattina e il momento attuale. Un elemento che ci sconcerta in questo documento è la presenza fra i sottoscrittori, del Presidente del Consiglio Angelo Rossa. Vorremmo capire a che titolo lei ha firmato questo ordine del giorno: se lo ha fatto come Presidente del Consiglio regionale, visto che il documento esordisce con le parole "sentita la comunicazione del Presidente del Consiglio" oppure se lo ha firmato come Consigliere del Gruppo socialista. Questo aspetto è curioso, siamo stimolati a porre una questione di tipo deontologico, sebbene il termine possa sembrare eccessivo. C'è poi un altro aspetto curioso, quello della scomparsa dell'aggettivo "prezioso". Mi pare che non soltanto il nostro, ma anche altri Gruppi, pronunciandosi nel corso del dibattito di questa mattina seguito alle sue comunicazioni, signor Presidente, avessero dichiarato in modo molto chiaro, fermo e sereno che questo Consiglio non deve scusarsi di fronte ad alcuno. Nel mio intervento mi ero permesso anche di ricordare che se c'era qualcuno che doveva scusarsi questi poteva essere lo stesso Edgardo Sogno che aveva rivolto un epiteto abbastanza ingiurioso a persone, che avevano altrettante medaglie forse non d'oro, che si erano riunite in questa sala per celebrare un Convegno organizzato dalla Presidenza del Consiglio regionale. Non vedo quindi, come il nostro Gruppo possa prendere in considerazione, nemmeno lontanamente, l'approvazione di un testo che, invece, suona proprio come scuse verso una persona che, in questo caso, non credo debba pretendere da noi alcuna scusa. Quindi, anche se a malincuore, devo dire che questo dibattito, che sembrava incominciato bene, ha avuto degli sviluppi, con questo ordine del giorno ed anche, se mi posso permettere, con alcuni accenni nelle sue conclusioni di questa mattina, che non ci soddisfano.
Motivi che ci spingono a votare contro tale proposta di ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.
PEZZANA Signor Presidente e colleghi, ho chiesto di parlare subito dopo il collega Monticelli anche perché molte delle sue osservazioni sono condivise dal sottoscritto; mi fa piacere comunicargliele immediatamente viste le così rare occasioni in cui ci possiamo trovare d'accordo. Il fatto che manchi l'aggettivo "prezioso" lascia sorpreso anche me, sebbene con spiegazioni diverse.
Sono d'accordo anch'io nel giudicare questo documento molto leggero molto soft: praticamente non dice nulla. Sono d'accordo ancora con il collega Monticelli, per ragioni opposte, però: mancano le scuse al partigiano ambasciatore Edgardo Sogno, che il collega Monticelli dice di aver letto, non so bene dove: qui davvero non ci sono. Dalla lettura del documento sembrerebbe non sia successo nulla: si riaffermano la stima e l'apprezzamento per un cittadino torinese; stima e apprezzamento che non si capisce bene per quale motivo e perché debbano essere espressi. Devo dire però che al di là del primo e secondo capoverso che mi trovano consenziente, è il "conferma" che dà contenuto e peso reale all'ordine del giorno che non mi trova d'accordo proprio per le motivazioni che questa mattina ho portato nello spiegare la mia interrogazione e nel dichiararmi soddisfatto dalla relazione del Presidente. Mi è sembrato estremamente importante che il Presidente del Consiglio riconoscesse che un Comitato deve essere gestito diversamente, in modo paritetico, unitario, ma rispettoso di qualunque forma di diversità e senza i paraocchi di una visione comunista della Resistenza, che rappresenta un falso storico.
L'intervento del Presidente Rossa mi ha pertanto molto favorevolmente impressionato e l'ho accolto con molta simpatia. Malgrado l'ordine del giorno sia di una leggerezza tale per cui i colleghi del Gruppo comunista potevano astenersi, ma non certo votare contro, e malgrado tutte le riserve da me espresse sul documento, mi sembra doveroso da parte del Consiglio regionale se non altro significare con queste righe che il Consiglio regionale, per il futuro, si assume l'impegno per una presenza dell'ambasciatore Sogno ben accetta e non più respinta. Un'interpretazione magari un po' maliziosa ha voluto attribuire al Vicepresidente Dameri la frase "Sogno qui non lo voglio"; può darsi che l'abbia pronunciata qualcun altro, comunque la frase è sicuramente stata pronunciata: come rilevato anche da altri colleghi questa mattina qualcuno qualche menzogna l'ha detta.
In tal senso sono disposto a firmare l'ordine del giorno, benché molto limitativo.
Concludo dichiarando che sono molto stupito della capziosità da "arrampicata sui vetri" che il collega Monticelli ha dimostrato relativamente alla firma del Presidente del Consiglio. Non trovo nulla di strano a che il Presidente del Consiglio, dopo avere svolto una relazione e dopo avere assistito al relativo dibattito, apponga la propria firma a un documento che condivide. La trovo una dimostrazione lontana dal modo politichese cui siamo abituati: un'espressione di sincerità di comportamento. Di questo devo dargli atto: motivo in più che mi spinge a firmare l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.
ALA L'intervento da me svolto nel dibattito di questa mattina è stato da più parti considerato una lezione di storia anziché un intervento nel merito dell'oggetto all'o.d.g. Ne discendeva però - lo ribadisco - la richiesta di collocare in altro contesto i problemi relativi alla vicenda del Convegno e quindi alla presenza o meno dell'ambasciatore medaglia d'oro Edgardo Sogno, secondo la locuzione che in quest'aula si è deciso di utilizzare. L'ordine del giorno a mio avviso elude sostanzialmente la quasi totalità dei problemi sollevati in quest'aula e i problemi connessi con le diverse attuali letture di fatti storici accaduti in passato; quindi elude sia il dibattito storiografico, sia ogni considerazione sulla lettura ed interpretazione della storia a fini politici contingenti, in senso generale, nel quale cadiamo tutti. Non è questione di salvare l'uno oppure l'altro, però se si escludono questi temi, ovvero il ruolo, i compiti, la politica e - qualcuno ha detto - il controllo del Comitato, ritengo che la proposta dell'ordine del giorno non sia una conclusione adeguata e all'altezza delle questioni.
Non si tratta tanto di approvare o meno questo documento - fermo restando il fatto che sostanzialmente io non lo condivido - quanto piuttosto di riflettere e non approvare il metodo e le questioni sulle quali devono essere centrate le decisioni finali del Consiglio regionale.
Pertanto, poiché non è questo l'oggetto vero - a mio avviso del contendere, dichiaro di non partecipare alla votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.
MAJORINO Signor Presidente, colleghi Consiglieri, per le ragioni esposte nei tre interventi del Gruppo MSI-DN nell'ambito del dibattito di questa mattina (interventi che richiamo integralmente in questo momento parola per parola) e segnatamente perché l'intera vicenda oggi dibattuta si è svolta nell'alveo di un Comitato che noi ripudiamo perché agisce all'insegna della faziosità e al fine di continuare a voler tenere divisi gli italiani fra buoni e reprobi a seconda della scelta che fecero durante il periodo della guerra civile, noi non partecipiamo al voto.



PRESIDENTE

Prima di passare alla votazione desidero rispondere alla domanda postami dal Consigliere Monticelli e ciò a quale titolo il Presidente del Consiglio regionale ha firmato l'ordine del giorno in oggetto. Ritengo doveroso rispondere, al di là delle valutazioni che ho espresso a conclusione del dibattito di questa mattina, sulle quali ciascuno ha piena libertà di esprimere le proprie posizioni.
Innanzitutto mi ha confortato l'intervento del Consigliere Angelo Pezzana che in qualche misura mi toglie dall'impaccio della ricerca di un titolo in base al quale avrei potuto comunque esprimere la mia opinione.
Alla domanda: "Lo ha firmato in qualità di Presidente del Consiglio regionale o di Consigliere del Gruppo socialista?" potrei rispondere infatti, che l'ho firmato in qualità di Consigliere e il problema sarebbe risolto.
Aggiungo però che avendo svolto una relazione e avanzato delle conclusioni al termine di un dibattito nel quale è stato predisposto un ordine del giorno, ritengo non vi sia nulla di anomalo se, come direttamente impegnato, ho espresso la mia adesione al documento sottoscrivendolo.
L'incertezza mia era dovuta alla non convinzione, di fronte ad un ordine del giorno partito dal Presidente del Consiglio, di poter dare allo stesso facoltà di esprimere la propria adesione apponendo la firma in calce al documento.
Pongo quindi in votazione l'ordine del giorno n. 743.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 19 voti favorevoli e 14 contrari (non hanno partecipato alla votazione 4 Consiglieri).


Argomento: Informazione

Esame ordine del giorno n. 744 relativo agli interventi per l'informazione locale


PRESIDENTE

Pongo infine in votazione l'ordine del giorno unitario n. 744 relativo agli interventi per l'informazione locale, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte, preso atto dell'approvazione della legge regionale relativa agli interventi per l'informazione locale ricordato che nell'ottobre scorso, a Lussemburgo, i Ministri degli Esteri della CEE hanno approvato le norme relative alla programmazione pubblicitaria transfrontaliera che entreranno in vigore nel 1991 evidenziato che tali norme riguardano tra l'altro: a) il divieto ad esaltare gli effetti dell'alcol o presentare o presentare come oggetto di emulazione e di ammirazione personaggi veri o fittizi che ne consumano e di collegare l'uso di superalcolici al miglioramento della prestanza fisica b) il divieto di qualsiasi forma di pubblicità televisiva delle sigarette e degli altri prodotti del tabacco, in forma diretta o indiretta ed affermano che, in ogni caso, la pubblicità televisiva 'non deve arrecare un pregiudizio morale o fisico ai minorenni;' i m p e g n a la Giunta regionale ad incentivare opportunamente tutte le iniziative che le emittenti regionali vorranno autonomamente assumere: a) per adeguarsi fin d'ora ai comportamenti sopra richiamati b) per rendere l'informazione pubblicitaria sempre più rispondente alle istanze di vigilanza e di protezione dell'ambiente naturale e delle specie animali, che emergono nell'opinione pubblica piemontese c)perché vengano aboliti gli spazi pubblicitari nei programmi espressamente destinati ai bambini".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.



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