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Dettaglio seduta n.223 del 18/01/90 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


ROSSA Angelo


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute" comunico che sono stati distribuiti i processi verbali delle adunanze consiliari del 20, 21 e 22 dicembre 1988 e 17 e 18 gennaio 1989 e che verranno posti in votazione nel corso della prossima seduta.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interrogazione n. 1522 del Consigliere Ala inerente la variante al PRG del Comune di Sarezzano. Realizzazione Centro sportivo


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interrogazione n. 1522 presentata dal Consigliere Ala.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Con l'interrogazione n. 1522 il Consigliere Ala richiama opere realizzate o in corso di realizzazione nel Comune di Sarezzano per la costruzione di un Centro sportivo - area verde attrezzata per sosta e giochi e strada di accesso per i quali è stato concesso un contributo regionale di 105 milioni.
L'interrogazione richiama il fatto che il Comune di Sarezzano ha adottato una variante al PRGC con deliberazione del 19 dicembre 1982 che prevede un'area di 69.000 mq da trasformare da area agricola ad impianti sportivi, con un incremento della superficie per impianti sportivi di 50.000 mq, nonostante fosse stato formulato nel mutamento di destinazione d'uso, collegato alla variante, da parte della Commissione agricola di zona un parere contrario in quanto i terreni erano classificati nella prima classe di fertilità.
Successivamente è stato presentato un ricorso al TAR e nel maggio 1988 il Comune di Sarezzano ha pubblicato una variante generale al PRG che conferma la zona di ubicazione degli impianti sportivi.
Quanto esposto dal Consigliere Ala corrisponde alla situazione reale salvo la precisazione che la variante specifica richiamata, adottata il 19 dicembre 1982 dal Comune di Sarezzano, da tempo è stata approvata dalla Giunta regionale a seguito del parere positivo del Comitato Urbanistico Regionale. Questo non è avvenuto negli ultimi tempi; infatti l'approvazione da parte della Giunta regionale è del 17 maggio 1984. Quindi, il Comune di Sarezzano per la previsione di realizzazione di impianti sportivi e di strada di accesso, prevista dalla variante, è in una posizione regolare e legittima; infatti, ciò corrisponde alla previsione della variante specifica di Piano Regolatore approvata dalla Giunta regionale il 17 maggio 1984.
Per quanto riguarda le successive vicende, non essendo gli impianti terminati ed essendo stati riproposti nella variante generale di PRG che è all'esame dei competenti uffici, e presto del CUR. in quella sede si presterà la dovuta attenzione ai problemi sollevati dall'interrogazione e allo stato di compromissioni del territorio a seguito della variante adottata ed approvata dalla Regione. Si deciderà quindi se è possibile ed opportuno intervenire per tenere conto di quanto è stato sollevato dall'interrogante e che già aveva costituito oggetto di valutazione da parte del Consiglio nella precedente legislatura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

L'Assessore ha confermato il contenuto dell'interrogazione aggiungendo inoltre che la vicenda è già stata trattata in altre sedi.
Il punto, in merito al quale l'Assessore sottolineava una leggera divergenza, non è trattato nell'interrogazione. In merito esiste un'approvazione della Giunta regionale risalente alla passata legislatura quindi è responsabilità di altri. Io condivido, essendo confermato che il CUR di fronte alla variante non si è ancora pronunciato, che questa possa essere l'occasione in cui è possibile un ripensamento.
Non viene data risposta alla domanda relativa al rispetto degli standard previsti dalla legge n. 56. Forse, i Mondiali di calcio possono farsi a Sarezzano, senza bisogno di fare la Continassa. Riconosco di non conoscere a fondo tutti i precedenti storici della vicenda, però mi pare sia opportuno poterla richiamare visto che c'è un atto di competenza della Regione ancora da compiere. Non possiamo pensare di essere un paese così sportivo da poterci permettere questi standard ovunque: sarà bello lo sport, ma l'occupazione di territorio e la compromissione ambientale si realizzano anche con questi modelli e con queste politiche di carattere faraonico. Un Comune può scegliere lo sport piuttosto che altri tipi di grandi opere pubbliche, ma qualunque politica delle grandi opere pubbliche è abbastanza risibile e ridicola quando avviene al di fuori di ogni senso della realtà.
Il CUR deve ancora esaminare questa variante generale, una verifica degli standard della razionalità e del senso di realtà degli interventi all'interno di un territorio può e deve essere in qualche modo recuperato.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interrogazione n. 2002 dei Consiglieri Chiezzi, Calligaro, Avondo e Sestero inerente la vendita di alloggi IACP nei quartieri Falchera e Mirafiori


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 2002 presentata dai Consiglieri Chiezzi Calligaro, Avondo e Sestero.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il Consigliere Chiezzi, con altri colleghi del Gruppo comunista, ripropone la questione dell'autorizzazione concessa all'Istituto Autonomo Case Popolari di Torino per la vendita di alloggi relativi ai quartieri Falchera e Mirafiori, ai quartieri S3-S4 e per il completamento dell'alienazione di alloggi in stabili già ceduti per più del 60% agli inquilini.
Si richiede, cioè, come lo IACP stia procedendo rispetto all'autorizzazione concessa dal Consiglio regionale alla vendita ed inoltre se siano state avviate le procedure per la vendita del rimanente patrimonio; infatti, a suo tempo il Consiglio regionale aveva autorizzato la vendita di 2.600 alloggi rispetto ai 3.400 teoricamente vendibili tenendo conto delle richieste più volte avanzate da alcuni altri quartieri in particolare da quelli delle Vallette e di Collegno.
Sulle due questioni devo dire che ho ripetutamente scritto all'Istituto Autonomo Case Popolari, anche perché in un primo tempo c'è stata un'interpretazione non corretta della deliberazione assunta dal Consiglio regionale; gli uffici dello IACP sostenevano infatti l'impossibilità di localizzare la vendita di 2.600 alloggi nei quartieri indicati a fronte di una richiesta teorica, da parte degli inquilini, che superava i 3.000 alloggi. Il Consiglio regionale, invece, aveva deliberato chiarendo che i 2.600 alloggi erano da alienare all'interno di una richiesta complessiva superiore ben sapendo che mai, neanche nei casi più favorevoli, passando dalla richiesta generica alla definizione concreta del contratto di alienazione non più del 60-70% degli interessati arrivano alla conclusione sia per la valutazione del valore economico che per altre motivazioni.
In occasione di queste precisazioni era stato anche fatto presente che rispetto al rimanente patrimonio teoricamente alienabile di circa 850 alloggi il Consiglio regionale si era riservato di prendere in considerazione le richieste dell'Istituto sollecitate più volte in incontri, ad alcuni dei quali anche noi abbiamo partecipato, con i rappresentanti dell'inquilinato e dei sindacati di questo settore, per alcuni quartieri tra cui quelli richiamati dal collega Chiezzi.
Successivamente, come ultimo atto che richiamo, il 23 ottobre si è scritto al Presidente dell'Istituto Autonomo Case Popolari, pregando di far sapere che cosa stava avvenendo rispetto al problema dell'alienazione già autorizzata che poi avrebbe dovuto consentire anche una valutazione più puntuale della possibilità concreta di ulteriore alienazioni. Si è ricevuto come risposta, da parte dell'Istituto Autonomo Case Popolari, il desiderio di accedere alla proprietà di alloggi da parte...



CHIEZZI Giuseppe

In che data?



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

Questa è in data 24 novembre, o meglio, è stata protocollata in quella data.
Il desiderio di accedere alla proprietà di alloggi da parte dell'utenza, come avrai avuto modo di constatare, è notevole ed è innegabile che sotto l'aspetto quantitativo l'autorizzazione regionale fornisce solo una parziale risposta, tanto più che, come avevo tentato di spiegare in una nota del maggio 1989, esistevano margini per interpretazioni meno restrittive rispetto a quelle che hanno poi dato origine alla deliberazione del Consiglio regionale n. 1060/CR 8418 problema che ritorna e che viene richiamato, ma che avevamo abbondantemente chiarito in sede di Commissione e anche nei rapporti con l'Istituto.
Continuiamo a ritenere che la nostra interpretazione della norma sia quella corretta.
Occorre ricordare che la prima proposta dell'Istituto, del dicembre 1986, aveva individuato in 5.572 le unità immobiliari oggetto di possibile cessione, progressivamente ridotte alle 3.403 del citato provvedimento regionale, delle quali solo 2.600 immediatamente cedibili. Se tieni presente che tale cifra viene poi in gran parte assorbita dalla potenzialità dei complessi Falchera Nuova e Mirafiori Sud, è evidente che rimane ben poco margine per l'inserimento di altri fabbricati in un piano di vendita.
Comunque l'Istituto sta tentando di predisporre un programma che tenga conto dei casi più urgenti, nell'ambito della disponibilità residua, e lo sottoporrà guanto prima all'approvazione della Regione.
Circa i provvedimenti adottati per il trasferimento in proprietà ricordo che l'ultima proposta dell'Istituto è stata inviata alla Regione nell'ottobre 1988 e che la deliberazione in Consiglio regionale è solo del giugno 1989. Tutti ricordiamo la difficoltà di valutazione della deliberazione proposta dalla Giunta. In ogni caso l'Istituto, cui compete la seconda parte, cioè l'iter di alienazione rispetto all'autorizzazione già concessa, ha completato la raccolta dei dati e della documentazione tecnica da inviare all'UTE per la valutazione degli alloggi di Falchera e Mirafiori.
Contemporaneamente sono state avviate presso i competenti Istituti di Credito le procedure per il frazionamento dei mutui garantiti dai complessi in vendita.
Solo dopo le valutazioni e la comunicazione dei prezzi di vendita agli assegnatari sarà possibile individuare gli alloggi richiesti in proprietà pagare alle banche gli arretrati accumulati sui singoli lotti, togliere le ipoteche e, ove esistono, ridurre i pignoramenti immobiliari. Perché questa è la situazione dell'Istituto: su molti alloggi ci sono ipoteche pignoramenti immobiliari; occorre procedere al frazionamento del mutuo e a liberare la proprietà da questi vincoli.
Completate tutte queste procedure si potrà accedere al perfezionamento degli atti di vendita. I funzionari dell'Istituto hanno organizzato gli incontri in loco con gli inquilini al fine di informarli sull'andamento delle operazioni di vendita.
Successivamente ho parlato ancora con il Presidente e con il Collegio Sindacale dell'Istituto di Torino e ho sollecitato nuovamente una definizione delle procedure e la predisposizione, per quanto entro margini ridotti, di un programma ulteriore di vendite che tenga conto delle richieste avanzate da altri quartieri e comitati inquilini e rispetto alle quali, in una serie di incontri, che il collega Chiezzi certamente ricorda benissimo, abbiamo assunto impegni che hanno portato a rivedere la stessa deliberazione del Consiglio regionale e l'interpretazione della norma di legge statale.
Avrò nei prossimi giorni un ulteriore incontro per una serie di questioni che sono da valutare insieme all'Istituto e non mancherò di richiamare le richieste di iniziativa e di ulteriore informazione rispetto alle determinazioni già assunte dallo IACP e dal Consiglio regionale per poter dare poi una risposta non tanto ad un'interrogazione, quanto ai problemi che sono stati nuovamente sollevati.



PRESIDENTE

La parola al collega Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dalla risposta dell'Assessore si capisce che purtroppo, in ordine alla cessione degli alloggi dell'Istituto Autonomo Case Popolari, non esiste un programma serio, capace di portare a conclusione in breve tempo questo problema.
Dalla comunicazione dell'Assessore risulta che sono passati sette mesi senza che si sia fatto molto, tranne l'aver chiarito un elemento che non era mai stato portato a conoscenza, che io sappia, né della Commissione n del Consiglio regionale: parlo del fatto che sugli alloggi da vendere dello IACP gravano delle ipoteche. Che ci fossero problemi sul patrimonio dello IACP era noto, ma che lo IACP avesse deciso di vendere gli alloggi ipotecati questo non si sapeva. Ora, se questi alloggi sono gravati da ipoteche, queste ipoteche devono essere tolte con esborso di denaro da parte dello IACP; mi chiedo: l'Istituto Autonomo Case Popolari ha i soldi per togliere le ipoteche? Dove prenderà questi soldi? Sulla vendita degli alloggi dell'Istituto Autonomo Case Popolari si sono fatte campagne elettorali, si è fatta tanta agitazione, si sono create molte attese. Noi comunisti in via di principio non abbiamo dato un giudizio pregiudizialmente negativo alla cessione di una parte del patrimonio dell'Istituto, quella prevista dalla legge n. 513. Abbiamo sempre collegato questo fatto ad una prassi di giustizia. Tutti gli inquilini dell'Istituto hanno pari diritti, l'Istituto, abbiamo proposto, faccia un piano di vendite serio e proceda. Invece si è proceduto in modo parziale solo per due quartieri, per questo ci siamo astenuti sulla deliberazione. Però ora notiamo che ci sono difficoltà che non erano state messe in luce.
L'Assessore dice che l'Istituto farà valutare gli immobili da vendere; ma come prima cosa bisogna dare la certezza che l'Istituto dispone dei soldi per togliere le ipoteche ed inoltre mettere in luce in quale modo questa vendita, visto che ci sono le ipoteche, migliora i conti economici dell'Istituto, che è uno dei requisiti richiesti dalla legge n. 513.
Bisogna chiarire come stanno le cose, altrimenti si rischia di dire nuovamente alla gente che ci sono delle prospettive che poi non vengono perseguite; questo sarebbe gravissimo. Se l'Istituto è indebitato, da dove prende le risorse per rendere vendibili gli alloggi? A questa prima domanda l'Istituto non ha dato risposta.
Vi è poi un discorso polemico tra l'Istituto e la Regione sul numero degli alloggi vendibili. L'Istituto dice di non saper scegliere tra le richieste di acquisto perché è stato autorizzato a vendere meno alloggi di quanto avesse richiesto. Mi pare che ci sia una situazione non chiara, in quanto l'Istituto aveva richiesto di vendere solo due quartieri dimenticandosi degli altri. La Regione, solo parzialmente, l'ha richiamato al dovere di trattare gli inquilini in modo non troppo diverso autorizzando la vendita in modo da lasciare un certo numero di alloggi in vendita per gli altri quartieri. L'Istituto sembra che ora abbia risposto:"questa non era la mia politica, perciò non so più a chi assegnare gli alloggi in vendita là dove sono stato autorizzato", pertanto per le molte richieste di altri quartieri i numeri degli alloggi vendibili sono molto inferiori alla domanda. C'è un evidente disinteresse a rimettere in piedi una corretta procedura di vendita di una parte del patrimonio. Da questo punto di vista la situazione peggiora invece di migliorare.
Continueremo a spiegare nei quartieri la nostra posizione che rimane quella di non creare ingiustizie, di vendere secondo criteri di convenienza economica e di rispetto dei diritti di tutti gli inquilini dello IACP.
Chiediamo di fare assoluta chiarezza sulla percorribilità di questa strada e sui tempi prevedibili. Chiediamo che l'Istituto Autonomo faccia un piano finanziario dal quale emerga con chiarezza la possibilità di vendere gli alloggi ipotecati. Quanti soldi occorrono per togliere le ipoteche? Dove ed in che tempi saranno reperiti? Vi è un'altra questione importante: quella relativa alla gestione degli stabili che risulteranno parzialmente venduti. Perché è probabile che si verifichino situazioni nelle quali alcuni inquilini comprano ed alcuni inquilini non comprano. In questa vicenda non devono pagare i più deboli occorre garantire comunque il diritto di chi non vuole comperare di non subire conseguenze negative da questa procedura. Lo IACP non propone nulla da questo punto di vista, e la cosa preoccupa perché è una situazione delicata che può portare ad inefficienze di gestione o a provvedimenti ingiusti nei confronti degli inquilini che eventualmente non volessero comperare.
La situazione è molto preoccupante. Si avvicinano le elezioni e forse ci sarà la tentazione di confondere di nuovo le idee, di non fare assoluta chiarezza. Chiedo all'Assessore, per quanto sta nelle sue competenze, di evitare tutto questo e di trattare questi temi senza demagogie, senza promesse elettorali, senza eludere i problemi veri che ci sono, dicendo alla gente le cose come stanno, e se ci sono delle difficoltà discuterle apertamente. Riconfermiamo la necessità che lo IACP attivi procedure che eliminino l'iniziale ingiustizia che è stata fatta verso i quartieri di Collegno, delle Vallette e di altre situazioni che hanno gli stessi diritti di Falchera e di Mirafiori. Non è accettabile la vaghezza con la quale l'Istituto tratta queste situazioni rispetto alle prime, Mirafiori Sud e Falchera, che sono già state avviate.
Ricordo, signor Presidente, che lei stesso aveva speso qualche parola in proposito di fronte a queste nostre preoccupazioni. Dalla risposta dell'Assessore avrà sentito che l'obiettivo di riequilibrare secondo giustizia la possibilità di tutti gli inquilini dello IACP di accedere alla proprietà anche se non abitano nei primi due quartieri è tutto da raggiungere, non c'è alcun programma, nulla di serio e di concreto. Questo è molto grave. Non siamo soddisfatti della risposta dell'Assessore chiediamo di avere tutta la documentazione sulle lettere che la Regione e lo IACP si sono scambiate in questi mesi per poterci rendere conto di cosa stia accadendo e per andare ad esporlo nei quartieri IACP.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interrogazione n. 2080 dei Consiglieri Chiezzi, Avondo, Monticelli e Guasso inerente la riforma dei canoni per gli alloggi di edilizia economica e popolare


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 2080 presentata dai Consiglieri Chiezzi, Avondo, Monticelli e Guasso.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

Credo sia difficile dare risposta ai problemi che sistematicamente da alcuni colleghi vengono posti, particolarmente dal Consigliere Chiezzi, in questa materia.
Il Consigliere Chiezzi chiede ancora, a seguito anche di incontri che si sono avuti negli ultimi tempi e delle decisioni assunte dalla maggioranza in sede di Commissione consiliare permanente, che cosa intenda fare la Giunta per procedere entro tempi definiti ed attraverso procedure che chiede di conoscere, per addivenire alla revisione della legge n.
33/84; in particolare per quanto riguarda i problemi della revisione delle fasce per l'applicazione dei canoni sociali. Ciò, anche a seguito di problemi che si sono riacutizzati negli ultimi tempi e che hanno visto anche i rappresentanti dei gruppi presenti ad incontri che si sono tenuti presso il Consiglio regionale e che avevano portato alla presentazione di due ordini del giorno nell'ultima seduta, quella del venerdì precedente il Natale, non discussi per richiesta della Giunta e della maggioranza. Nella sostanza, la rideterminazione dei canoni, a seguito del censimento dei redditi relativi all'anno 1987, ha comportato modifiche abbastanza diffuse nelle diverse fasce dell'inquilinato ed aumenti anche consistenti del canone sociale a decorrere dall'1 gennaio 1989; per l'Istituto di Torino, a causa del ritardo nel censimento, trovano applicazione alla fine dell'anno 1989 con la richiesta dei relativi arretrati e con una rateizzazione ritenuta non sopportabile per la brevità dei tempi previsti.
Questo problema doveva essere discusso ed approfondito per quanto era stato stabilito durante l'incontro presso la sede del Consiglio regionale nella seduta della II Commissione della scorsa settimana (cosa che poi non ha potuto avvenire) e successivamente nella seduta di ieri della II Commissione consiliare.
In quella sede è solo stato possibile distribuire una prima valutazione che gli uffici hanno predisposto in collaborazione con il Consorzio tra gli Istituti Autonomi Case Popolari e preannunciare che gli uffici sono in grado di presentare una simulazione con una proposta di revisione della legge n. 33/84 per quanto riguarda la determinazione del canone sociale ciò per corrispondere alla richiesta di stralcio rispetto all'esame complessivo della revisione della normativa in materia, che non è andata avanti per decisioni di maggioranza all'interno della Commissione consiliare. Di ciò il Consiglio regionale è informato perché se n'è discusso e perché a maggioranza non ha accolto l'iscrizione e il passaggio alla discussione della proposta di legge in materia presentata dal Gruppo consiliare comunista.
Dai dati che abbiamo risulta che, soprattutto per quanto riguarda gli inquilini che a seguito dell'applicazione della rideterminazione dei redditi si trovano ad essere inseriti nella fascia ad equo canone, i dati appaiono gonfiati dato che, per norma di legge, tutti coloro che non hanno risposto trasmettendo i redditi relativi all'anno a cui fa riferimento il censimento da parte dell'Istituto (e in questo caso per quanto riguarda l'Istituto di Torino sono 4.014 nuclei familiari che non hanno risposto) vengono provvisoriamente inseriti nella fascia che paga di più, cioè nella fascia che deve pagare come canone sociale il corrispettivo dell'equo canone.
Abbiamo sollecitato l'Istituto, sulla base degli impegni che sono stati assunti in Consiglio regionale, a procedere in due direzioni: ad attivarsi per essere esso stesso promotore di una rideterminazione rispetto a questi 4.014 casi, perché è difficile immaginare e pensare sulla base degli andamenti del passato che tutti questi 4.014 nuclei familiari non abbiano risposto perché rassegnati sapendo di ricadere sotto il regime dell'equo canone. Sulla massa dell'inquilinato, più di 43.000 mila nuclei familiari succede che una grossa percentuale fisiologica non risponda, come è già successo per l'applicazione dei redditi del 1985; quando però si va a vedere cosa è successo, risulta che nel passato gli inquilini che non avevano risposto erano equamente distribuiti nelle fasce centrali, cioè in quelle intermedie.
Comunque, dai dati che sono stati distribuiti ieri in Commissione risulta uno spostamento progressivo verso le fasce superiori a seguito della rideterminazione dei redditi e, conseguentemente, risulta che per la stabilità della normativa a livello statale e a livello regionale e dei parametri entro cui dobbiamo operare, progressivamente l'inquilinato dello IACP slitta verso le fasce alte, verso il pagamento, al limite, dell'equo canone.
Si richiedono dei correttivi e credo che sulla base dei dati che abbiamo fornito sia possibile tentare una simulazione per vedere attraverso l'introduzione di qualche coefficiente, di rendere più lineare l'andamento del reddito a cui si fa riferimento per il calcolo del canone sociale, evitando gli sbalzi che sono determinati da un numero ridotto di fasce provocando differenze di canone in aumento che a volte sono enormi per il superamento, anche di poco, del limite massimo della fascia sottostante.
Credo che ciò possa essere definito in Commissione sulla base di un confronto concreto che sono disponibile ad affrontare subito. Per altri aspetti, che non richiamano solo puntualmente il problema dei canoni sociali, bensì l'andamento dei rapporti rispetto ai problemi principali che sono stati valutati negli ultimi sette-otto mesi, farò una comunicazione al Consiglio regionale.
Informo inoltre il Consiglio che abbiamo invitato formalmente l'Istituto (in questo caso con lettera) a rivedere la rateizzazione degli arretrati entro i limiti massimi consentiti dalla legge che sono ben più ampi di quanto non sia stato deciso dal Consiglio di amministrazione dell'Istituto stesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la risposta dell'Assessore non è soddisfacente in quanto certifica che siamo ancora in ritardo su questo problema.
E' ora di fare il punto sulle varie proposte politiche che ciascuna forza ha avanzato in questo Consiglio.
Per quanto riguarda la vicenda dell'aggiornamento della legge regionale sui canoni negli alloggi dell'Istituto Autonomo Case Popolari aggiornamento previsto dalla legge stessa, per il quale il Consiglio regionale più di due anni fa aveva impegnato con un ordine del giorno la Giunta, che invece ha tardato molto a presentare una propria proposta, il Gruppo comunista presentò per primo una proposta di riforma della legge sui canoni. Molto tempo è trascorso insieme al peggioramento delle condizioni di manutenzione degli stabili e la crescita del malumore degli inquilini.
Sono passati circa due anni nei quali ripetutamente il Gruppo comunista ha chiesto da un lato un intervento più deciso da parte della Regione Piemonte sullo IACP per le sue competenze specifiche; dall'altro ha sollecitato visto che la proposta comunista non veniva accolta dal governo, la Giunta a presentare un disegno di legge. Il disegno di legge del governo ha suscitato molti malumori tra le organizzazione sindacali degli inquilini e nei quartieri stessi. Ad un certo punto la maggioranza, di fronte a questi problemi, non è stata in grado di andare avanti.
Il disegno di legge della Giunta è stato bloccato in Commissione in una situazione di stallo che ci preoccupava moltissimo perché il patrimonio dello IACP continua ad essere degradato, il malcontento cresce, le situazioni sociali in questi quartieri di edilizia economica popolare non sono facili, dopo anche anni e anni di malgoverno. Ci è parso allora che occorresse un atto, anche unilaterale del Gruppo comunista che segnalasse l'impossibilità di continuare a procedere in questo modo.
Chi governa deve assumersi la responsabilità di fare proposte; di fronte al fatto che chi governa non si assumeva la responsabilità di fare proposte, abbiamo fatto l'unica cosa che rimaneva in nostra possibilità di fare: portare in Consiglio regionale la nostra proposta di legge. In Consiglio regionale però la maggioranza ha respinto l'esame della proposta di legge comunista.
A questo punto è nata una nuova vicenda: lo IACP ha aggiornato i canoni secondo le regole della legge che non aveva modificato ed ha inviato agli inquilini, con ritardo, i nuovi canoni da pagare con tutti gli arretrati.
Va da sé che la situazione, così malgestita da tempo e malissimo gestita negli ultimi anni, sia precipitata. Gli inquilini, ai quali non si dà risposta per le opere di manutenzione, non si dà udienza spesse volte per i problemi che pongono, trovatisi affitti spropositati, in forza di una legge che presenta delle iniquità, sono tornati a protestare, ad organizzarsi, a fare assemblee. Sono venuti in Regione e hanno chiesto di correggere le storture più grosse della legge n. 33 sui canoni e hanno chiesto di sospendere l'invio delle bollette di aggiornamento dei canoni. Alcuni di loro hanno segnalato che ci sono degli errori e l'Assessore Genovese stesso afferma che per 4.000 famiglie, la fascia K, nulla è chiaro, se non l'applicazione burocratica di un disposto di legge in base al quale chi non ha risposto ad un questionario è stato collocato nella fascia ad equo canone. Nello stesso tempo l'Assessore Genovese afferma che in realtà non tutte queste 4.000 famiglie sono da collocare in equo canone, anzi la maggior parte di esse - a suo giudizio - dovrebbe essere collocata in fasce intermedie.
Di fronte a questa situazione il Gruppo comunista ha proposto di variare la legge n. 33 per eliminare queste storture. Abbiamo fatto la proposta di limitare il canone al 7% del reddito familiare. Abbiamo proposto di chiedere allo IACP di sospendere momentaneamente l'invio degli aggiornamenti delle bollette in attesa di verificare le situazioni di ogni famiglia. Queste proposte sono contenute in un ordine del giorno che abbiamo presentato in quest'aula. La maggioranza, una nuova volta, ha impedito che questo ordine del giorno venisse discusso. La maggioranza ha governato questo problema "in negativo": incapace di fare proposte, ha impedito che le proposte del Gruppo di opposizione comunista potessero anche solo essere discusse in quest'aula.
Arriviamo a questi giorni, alla riunione della Commissione di ieri nella quale l'Assessore ha portato una documentazione, dalla quale si pu notare che c'è uno slittamento verso l'alto delle fasce degli inquilini, ma non sono state fatte ancora proposte concrete, siete in ritardo e siamo preoccupati. Ieri in Commissione abbiamo chiesto che al primo punto dell'o.d.g. della prossima Commissione (25 gennaio p.v.) venga iscritto questo argomento, sollecitando il governo a fare delle proposte. Nel nostro ordine del giorno abbiamo fatto proposte; se sono indirizzate nel senso giusto vengano fatte proprie dall'Amministrazione regionale e trasformate in atti concreti, attraverso il lavoro degli uffici. Se le nostre proposte non sono ritenute accettabili, sia il governo regionale a fare delle proposte, però non si può più tardare.
Mi è parso di capire che da parte di tutti i Consiglieri regionali presenti all'incontro con gli inquilini e le loro organizzazioni sia stato preso un impegno a dare una soluzione a questa vicenda prima della fine della tornata legislativa, però le settimane passano e i problemi si accavallano. Ci troviamo in una situazione in cui si manifesta l'intenzione di fare tante cose, ma si temporeggia e il tempo sta diventando un imbuto troppo stretto per contenerle tutte.
Il Gruppo comunista chiede pertanto che la riforma dei canoni sia uno dei temi prioritari da portare sicuramente a conclusione in un modo o nell'altro. Noi le proposte le abbiamo fatte, aspettiamo le proposte della Giunta e speriamo che giovedì prossimo su questo problema ci si possa confrontare.


Argomento: Opere pubbliche - Edilizia: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 1502 del Consigliere Ferro inerente la costruzione di strutture immobiliari a Garessio (Piano esecutivo convenzionato)


PRESIDENTE

L'Assessore Genovese risponde ancora all'interrogazione n. 1502 presentata dal Consigliere Ferro.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

L'interrogazione del Consigliere Ferro richiama una vicenda abbastanza complessa, di costruzione di struttura immobiliare nel Comune di Garessio località Val Casotto, che ha richiesto tempo per la ricostruzione delle vicende stesse e necessariamente ha dovuto interessare il Servizio istruttoria ed approvazione strumenti urbanistici e il Servizio vigilanza urbanistica, perché molti aspetti non potevano avere risposta se non attraverso un approfondimento puntuale e preciso delle situazioni e delle circostanze che il collega Ferro solleva.
Sulla base della segnalazione che è stata fatta, il Servizio istruttoria e il Servizio vigilanza urbanistica hanno rilevato che nel Comune di Garessio sono stati edificati tempo fa 37.648 mc residenziali attraverso il rilascio di una ventina di concessioni edilizie, in luogo dei 21.500 circa, previsti dal Piano regolatore generale. Di queste quattro concessioni, quattro ricadevano in zona agricola, nella quale ogni intervento è subordinato allo svolgimento di un'attività agricola da parte del concessionario, come vuole la legge. In data 30/7/1985 il Sindaco di Garessio comunicava che la situazione era regolare rispetto alle concessioni rilasciate: era stata sanata con l'approvazione e l'adozione definitiva del Piano regolatore generale avvenuta in data 2/4/1985. Queste sono le premesse.
A seguito dell'interpellanza è stata ripresa in mano la situazione evidenziata dall'interrogazione, che presenta aspetti di particolare rilievo: 1) la volumetria realizzata in località Val Casotto: sarebbe in totale di 50.000 mc.
2) la proprietà dei terreni oggetto degli interventi da prendere in considerazione 3) l'avvenuta predisposizione di un PEC che prevede un ulteriore considerevole incremento di cubatura.
Alla domanda se gli interventi sarebbero sottoposti alla limitazione della legge Galasso rispondo solo in parte, non essendo di mia competenza ed essendo sempre più difficile coordinare le risposte tra diversi Assessori in questa fase.
Dall'esame della documentazione esistente presso gli uffici comunali e degli elaborati progettuali, è risultata la seguente situazione: il Comune di Garessio è attualmente dotato di Piano regolatore, adottato con deliberazione consiliare n. 109 del 20/7/1983 ed approvato con deliberazione della Giunta regionale il 2/4/1985. Precedentemente era dotato di un Piano regolatore adottato nel 1970 e approvato il 24/1/1980.
In date successive e differenti il Sindaco di Garessio ha rilasciato gruppi di concessioni edilizie, in regime di salvaguardia, quando ancora il vecchio PRG non era stato approvato; quindi, tra il 1970 e 1980, quando il vecchio Piano regolatore risultava adottato ma non ancora approvato dalla Regione. Tale regime di salvaguardia prevedeva l'applicazione dell'indice di fabbricabilità previsto dalla legge "ponte"; trattandosi di zona che ricadeva fuori dalla perimetrazione degli abitati era possibile una edificazione di 0,10 mc. per ogni mq. Sennonché, al rilascio delle concessioni non seguiva l'inizio dei lavori, all'infuori di una concessione edilizia relativa ad un intervento realizzato utilizzando l'indice di cubatura previsto dalla legge "ponte". Queste concessioni sono state variate a Piano regolatore approvato, dopo il 1980, con una edificabilità concessa dal nuovo Piano regolatore e non più dal regime di salvaguardia. A questo punto, in ordine alla legittimità di tali concessioni sorgevano e sorgono per gli uffici i seguenti problemi: 1) due gruppi di concessioni realizzavano una lottizzazione di fatto non prevista dal Piano regolatore generale che prevedeva per la zona in questione un'attività edilizia da attuarsi con intervento edilizio diretto cioè con concessione edilizia singola, circostanza che in quegli anni era diffusissima nei nostri Comuni 2) le concessioni realizzavano una cubatura totale di 42.355 mc. in luogo di una cubatura massima ammissibile di 21.500 circa, dato che il rapporto di cubatura previsto nella zona A) era di 1,5 mc. per ogni mq a fronte di una superficie catastale di mq 14.300 circa 3) alcune di queste concessioni ricadevano in zona agricola dove i soli interventi ammissibili erano quelli destinati all'attività agricola.
Nella stessa zona era stato realizzato un edificio ad uso servizi per gli impianti sciistici oggetto della concessione n. 3159 del 14/4/1980.
La situazione sopra delineata mostra chiaramente come il rilascio delle concessioni sia avvenuto ancora con la normativa della legge "ponte" mentre altre concessioni sono state rilasciate in date diverse, come interventi singoli e fino alla volumetria ammissibile, invece che attraverso lo strumento esecutivo. Considerando però il contesto generale è da rilevare la situazione particolare che si è venuta a creare in quanto le concessioni rilasciate prima dell'approvazione del Piano regolatore generale e rilasciate in regime di salvaguardia, sempre secondo gli uffici sono state regolarizzate impropriamente con delle varianti rilasciate dopo l'approvazione dello strumento urbanistico generale e non con nuove concessioni. Si è proceduto cioè attraverso una variante delle concessioni date in regime di salvaguardia e non con il rilascio di nuove concessioni conseguenti all'approvazione definitiva del Piano regolatore generale da parte della Regione. E' subentrata così l'approvazione di un nuovo Piano regolatore, da parte della Regione, il quale ha introdotto una normativa diretta a sanare la situazione e a regolare ex novo l'attività urbanistica del Comune, in particolare della zona della Val Casotto.
La zona A) del vecchio Piano regolatore generale, e una parte della zona agricola considerata, rientra nell'area per il turismo invernale disciplinata dall'art. 451 e seguenti e dalle norme tecniche di attuazione.
Per sanare il pregresso, invece, veniva introdotto l'art. 455, il quale ammetteva nel comparto 1 (quello della Val Casotto) mq 6.000 entro le volumetrie massime previste per concessione diretta, in attesa della formazione dello strumento urbanistico esecutivo. Cioè, è stata introdotta una norma di sanatoria che prevedeva, nel nuovo Piano regolatore, su una limitata area, all'interno di una zona da realizzare attraverso lo strumento urbanistico esecutivo, la concessione diretta volta a sanare queste situazioni.
Si venivano così ad ammettere all'interno altri 18.000 mc. circa, nei quali si ricomprendeva la volumetria eccedente realizzata con le concessioni delle quali si è parlato. Il nuovo Piano, perciò, prevede che gli interventi compatibili con la destinazione di zona debbano essere realizzati soltanto con la redazione di uno strumento urbanistico esecutivo, almeno quelli che eccedono i 18.000 metri cubi che ho richiamato e che erano in sanatoria delle concessioni rilasciate in regime di salvaguardia e variate successivamente all'approvazione del Piano regolatore.
La volumetria massima ammissibile, inoltre, nel comparto considerato si aggira intorno ai 192.000 mc., considerato che l'art. 458 delle norme ammette una superficie utile al netto dell'esistente di 64.000 metri quadri.
L'irregolare situazione persistente veniva in questo modo con il nuovo Piano regolatore sostanzialmente sanata; cosa che è avvenuta anche con l'approvazione di altri Piani regolatori.
Nei tempi di cui sopra, intanto, veniva recentemente approvato il Piano esecutivo convenzionato ai sensi dell'art. 43 della legge n. 56 e la convenzione tra il Comune di Garessio e la Società Val Casotto, la Società Tenuta agricola Castello di Casotto e la Società Garessio La Sopea registrata dal notaio Virana con atto rogito in data 20/10/1989 n. 15657.
Sulla base di questo piano è stata fino ad ora rilasciata la concessione n. 1730 in data 26/9/1989 per la costruzione di un albergo con piscina scoperta e campi da tennis scoperti; altre concessioni finora non sono state rilasciate.
Concludendo, si richiamano i punti rilevati dal collega Ferro.
La volumetria realizzata in località Val Casotto precedentemente all'approvazione del nuovo Piano regolatore, è di mc. 42.000 circa più 22.618 metri cubi circa per l'intervento oggetto della concessione edilizia n. 730 rilasciata in seguito all'approvazione del PEC; la proprietà dell'area oggetto del PEC di estensione di 13.000 mq risulta essere della Società Val Casotto, della Garessio La Sopea e della Tenuta agricola Castello di Casotto.
Come detto sopra, la volumetria prevista dal Piano regolatore generale è quella indicata dalle norme tecniche di attuazione del nuovo Piano ovvero di 192.000 mc. circa, interamente sfruttati nelle previsioni del PEC che è stato approvato e che ho richiamato prima, ma in conseguenza del quale sinora è stata rilasciata un'unica concessione, la n. 1730, riguardante la realizzazione di questi impianti sportivi, in data 26/9/1989.
Riguardo al problema se il Comune di Garessio debba preventivamente richiedere, nel rilascio della concessione edilizia, l'autorizzazione prevista dall'art. 1 della legge n. 431/85 occorre precisare quanto segue.
Per il rilascio della concessione edilizia n. 1730 tale autorizzazione non è stata chiesta; il territorio oggetto del PEC considerato rientra nella fattispecie prevista dalla lettera g) dell'art. 1 della legge di cui sopra ovvero "territori coperti da foreste e boschi". A rigore il Comune avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione prevista, sennonché è intervenuta una interpretazione della legge da parte del Comune, che ha ritenuto che in base alla circolare regionale n. 18 del 22/8/1989 sia da escludere la richiesta di autorizzazione per quest'area specifica.
Questa circolare esplicativa della L.R. n. 20 del 3/4/1989, quarto comma, recita che "il vincolo di tutela imposto dalla legge nazionale n.
431/85 non riguarda le zone ed aree già riconosciute dagli strumenti urbanistici vigenti come parti del territorio edificate, suscettibili quindi di accogliere esclusivamente interventi di completamento...". La zona oggetto del PEC sarebbe già parzialmente edificata, per cui gli interventi da realizzare con lo strumento urbanistico esecutivo sarebbero di completamento dell'esistente, almeno secondo l'interpretazione data dal Comune.
Questa interpretazione non pare a me certamente accoglibile, ma non è di competenza del mio Assessorato; quindi rivolgerò il problema alla collega Vetrino, in quanto la dimensione degli interventi previsti nel PEC l'area interessata e la dimensione dell'esistente, parrebbero escludere decisamente che si possa trattare di semplici interventi di completamento.
Né vale il richiamo ulteriore fatto dall'Amministrazione comunale alla L.R.
n. 45, punto 2, lettera a), del 1989 "Definizioni di bosco", il quale recita che "per bosco si intende un terreno coperto da vegetazione, la cui area ed incidenza non sia inferiore al 50%", in quanto non emerge in modo netto come questa norma possa essere applicata ad un'area così estesa di Piano regolatore interamente interessata dal PEC.
Si tratta comunque di un'interpretazione che è sostenuta dal Comune e rispetto alla quale occorre una determinazione regionale che non è di competenza dell'Assessorato all'urbanistica. Nonostante queste obiezioni che vengono rivolte in sede di incontro e di accertamento con l'Amministrazione comunale, la stessa ha dichiarato che è intenzionata a chiedere l'autorizzazione ai sensi della legge n. 431 per ogni altro intervento che si realizzerà in attuazione del Piano esecutivo convenzionato.
Questa è la risposta complessa che poi farò pervenire e per alcune parti è anche incerta, con passaggi che vanno valutati perché la vicenda è molto lunga; si accavallano strumenti urbanistici diversi, decisioni, anche regionali, che in larga misura hanno sanato le situazioni precedenti mentre invece c'è una specificità del problema aperto per quanto riguarda l'applicazione della legge n. 431 e per quanto riguarda l'ultima concessione che è già stata data in applicazione del PEC.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

L'interrogazione chiedeva una risposta scritta, comunque è corretto da parte dell'Assessore rispondere verbalmente. L'interrogazione sollevava un problema abbastanza complesso e la risposta dell'Assessore Genovese dimostra che il problema è ancora più complesso di quanto veniva esposto nell'interrogazione.
Credo che nel Comune di Garessio ne siano capitate di tutti i colori ed è interessante la sottolineatura dell'Assessore in regime di salvaguardia su concessioni date e su cui non si è costruito e si è costruito successivamente con le varianti. In alcune circostanze pare addirittura che queste concessioni siano diventate una specie di rendita nelle ragioni di scambio che si determinano tra privati, cioè su un terreno c'era la concessione, non la costruzione, e negli scambi che sono intercorsi tra società, alcune di queste in situazione prefallimentare, ed altre che acquistavano terreni, queste concessioni date su cui non è costruito diventavano ragione di scambio. Questo dimostra la complessità della situazione.
Mi considero abbastanza soddisfatto della risposta data dall'Assessore è molto chiara anche per quanto riguarda gli aspetti relativi alla Galasso e condivido l'orientamento espresso dall'Assessore stesso. Chiederei che mi venisse consegnata la risposta scritta e possibilmente, siccome l'Assessore parlava a nome dell'Assessorato all'urbanistica, che questa risposta scritta venisse integrata con le valutazioni che l'Assessorato alla pianificazione territoriale intende fare nel merito dell'interpretazione della legge Galasso, art. 1 e circolare esplicativa.
Su queste questioni la situazione è molto delicata; credo ci siano anche rischi di interventi della Magistratura, soprattutto per il tipo di situazione che si è determinata e quindi la Giunta non può sottrarsi ad esprimere un parere puntuale rispetto alla questione Galasso ed ai problemi che qui sono stati sollevati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Cernetti, Fracchia e Mercurio.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge non vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

d) Designazione nuovo Capogruppo e Vicecapogruppo PCI


PRESIDENTE

Do lettura al Consiglio della lettera che ho ricevuto dal Capogruppo del PCI, Giampiero Avondo: "Egregio signor Presidente le comunico con la presente che il Gruppo consiliare del PCI nel corso della riunione di martedì 16 gennaio u.s. ha deciso che Marco Bosio ricoprirà la carica di Capogruppo in sostituzione di Giampiero Avondo ed Antonio Monticelli quella di Vicecapogruppo.
Distinti saluti.
F.to: Giampiero Avondo".
Questa Presidenza ne prende atto e rivolge un saluto ed un augurio di buon lavoro al nuovo Capogruppo ed al nuovo Vicecapogruppo.


Argomento: Rapporti delle Regioni con l'ordinamento internazionale extra-comunitario

Esame proposta di deliberazione n. 1304: "Presa d'atto delle dimissioni dall'Ufficio di Presidenza del Vicepresidente Silvana Dameri ed integrazione Ufficio di Presidenza"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 4) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 1304.
Do lettura della lettera che mi è stata inviata dal Vicepresidente Silvana Dameri: "Egregio Presidente nel momento in cui mi trovo a dover assumere un nuovo incarico all'interno del PCI sono costretta a presentare le mie dimissioni dalla carica di Vicepresidente del Consiglio regionale.
Chiedo pertanto che tale argomento venga iscritto all'o.d.g. della prossima seduta del Consiglio regionale.
La prego di voler estendere il mio vivo ringraziamento ai colleghi tutti dell'Ufficio di Presidenza per la collaborazione dimostrata in questi anni di comune lavoro, con l'augurio di buon lavoro.
F.to: Silvana Dameri".
Desidero ringraziare, interpretando sicuramente i sentimenti e il pensiero non solo dell'Ufficio di Presidenza, ma di tutti i colleghi del Consiglio, la collega Dameri per il contributo che Ella ha dato in questi anni all'attività dell'Ufficio di Presidenza. Le rinnovo ancora l'augurio per il nuovo incarico che si accinge ad assumere.
La parola alla collega Silvana Dameri.



DAMERI Silvana

Cari colleghi, mentre mi accingo a lasciare in mani sicuramente capaci il mandato che finora ho svolto, intendo molto brevemente svolgere qualche riflessione e qualche ringraziamento sull'esperienza vissuta in questi due anni.
In primo luogo vorrei dirvi che da questo lavoro, perché tale l'ho sempre considerato, credo di aver appreso molte cose utili per chi fa politica nelle istituzioni e deve risponderne ai cittadini.
Essendo un po' pignola, in questi giorni ho rimesso insieme il quadro delle iniziative che ho contribuito a svolgere e sono soprattutto contenta di quelle che ci hanno consentito di rapportarci con la realtà esterna e che sono realizzabili a chi nella Regione e nel suo ruolo ancora crede. In particolare, il lavoro del Comitato antifascista di cui avevo la delega del Presidente che ho assolto, per quelle che sono le mie capacità, con impegno e profonda convinzione. E' stato per me fonte di autentico arricchimento morale e culturale per l'opportunità che mi ha dato di collaborare al servizio del Consiglio con persone che reputo straordinarie per la loro storia e cultura e che ci hanno consentito di svolgere iniziative istituzionali di qualità e valore che nazionalmente è apprezzato.
In secondo luogo, vivendo da vicino il lavoro dell'Ufficio di Presidenza, ho rilevato assieme alle grandi lacune e alle disfunzioni delle istituzioni pubbliche, anche le grandi potenzialità di innovazione, di possibile ammodernamento delle risorse della pubblica amministrazione e del nostro stesso Consiglio.
Penso al vasto programma di informatizzazione che abbiamo attivato con la collaborazione del CSI, all'attivazione della Banca dati, al programma di riqualificazione e di formazione professionale attivato dal Consiglio regionale del Piemonte.
C'è da chiedersi se, e come, l'Ufficio di Presidenza mette in grado gli stessi Consiglieri di fruire di servizi che sono essenziali per svolgere in modo moderno e documentato il proprio mandato.
In terzo luogo, vorrei ringraziare per la collaborazione i dipendenti e funzionari del Consiglio regionale con i quali ho lavorato e che dovremmo concretamente valorizzare come una risorsa essenziale dell'Ente. Ci sono molte capacità e disponibilità che non sappiamo pienamente evidenziare, che rischiamo di non vedere e di appiattire senza tra l'altro renderci conto che il funzionamento del Consiglio dipende moltissimo da loro, in quanto la nostra presenza in quest'aula è labile e dipende solo dal consenso degli elettori. Voglio nominare quelli con cui più strettamente ho collaborato: Maria Rovero, Adriana Garabello, Mara Pegnaieff, Mario Pugno, Franco Leone Sandra Pont e gli altri funzionari che seguono l'Ufficio di Presidenza Marisa Pagliaccetti, Marica Bertolotto, Italo Maino.
Infine, ringrazio i colleghi dell'Ufficio di Presidenza, il Presidente e tra questi in particolare il Vicepresidente Luigi Petrini per le sue qualità umane, per il suo equilibrio, per la sua cultura ed esperienza.
Per quanto mi riguarda spero di aver fatto un lavoro non inutile.



PRESIDENTE

Ringrazio la collega Dameri.
Pongo in votazione la presa d'atto delle dimissioni da Vicepresidente del Consiglio regionale del Consigliere Silvana Dameri.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio prende atto con 32 voti favorevoli e 1 astensione.
La parola al Capogruppo del PCI, Bosio.



BOSIO Marco

Signor Presidente, signori Consiglieri, consentitemi di esprimere gli auguri alla collega Silvana Dameri che ha lasciato l'incarico di Vicepresidente del Consiglio regionale per assumerne un altro politico sicuramente prestigioso, ma anche molto complesso.
Come Gruppo, nel quadro del valore dell'Ufficio di Presidenza, del ruolo di Vicepresidente del Consiglio regionale e nel quadro del significato della rappresentanza della Presidenza e dell'Ufficio di Presidenza di questo Consiglio, proponiamo la candidatura della collega Maria Grazia Sestero.
Non c'è bisogno di richiamare i connotati di esperienza che la collega Sestero ha avuto modo di esprimere in questi anni di lavoro nel Consiglio regionale, per non parlare dell'esperienza politica ed amministrativa già consolidata precedentemente.
Mi preme però sottolineare il dato di continuità che come Gruppo e come forza politica vogliamo segnare, non per tentare di legittimare niente, ma proprio per determinare una legittimazione dentro quella che è stata e rimane a tutt'oggi una delle più grandi contraddizioni e battaglie e rivoluzioni nella società e dell'umanità, ovvero l'affermazione dei diritti della donna. Questo problema lo vogliamo risottolineare non alla ricerca forzosa, ma nella determinazione di una continuità non solo di ruolo, ma anche di capacità e di qualità. Abbiamo l'opportunità di farlo sotto tutti gli aspetti, lo proponiamo al Consiglio, ci auguriamo che tra l'altro la nostra proposta venga intesa da tutto il Consiglio come uno sforzo e un'indicazione di duplice valore e fuori anche da innaturali schemi tipici politici ed istituzionali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come è noto in occasione dell'elezione dell'Ufficio di Presidenza o della sostituzione dei suoi membri il Consiglio diviene un seggio elettorale e sono quindi valide sia le dichiarazioni di voto sia le presentazioni di candidature.
Il Gruppo MSI-DN, come già ha fatto in altra occasione, presenta la candidatura della collega Marta Minervini all'ufficio di Vicepresidente del Consiglio regionale. La presentazione di tale candidatura non deve apparire velleitaria, in quanto va interpretata e vista innanzitutto come candidatura di bandiera, ma vuole essere una sottolineatura della discriminazione che si è perpetrata nei confronti del nostro Gruppo in ordine alla rappresentanza nell'Ufficio di Presidenza. Tale discriminazione non si è verificata soltanto nelle precedenti legislature ma anche in occasione della IV legislatura, all'inizio della quale e successivamente, in occasione della sostituzione del Consigliere Ala da Segretario e in occasione del rinnovo al trentesimo mese dell'Ufficio di Presidenza, il compianto Presidente Viglione ebbe ad esprimersi come, al punto in cui si era della situazione politica in Piemonte, stesse maturando un confronto tra le forze politiche meno teso e più alto, tale fra l'altro da dover e poter escludere qualsiasi "conventio ad excludendum".
Siamo ormai nella dirittura finale della legislatura e su questo argomento non merita soffermarsi più di tanto, però vorrei ricordare a flash quali sono state le tappe e le motivazioni della nostra discriminazione. Il 17 giugno 1985, presentando anche in quella occasione la nostra candidatura, sottolineammo il nostro diritto politico ad essere rappresentati nell'ufficio di Presidenza, che è un organo "super partes" istituzionale, e che è un organo, nell'ambito e nell'interno del quale Camera, Senato e Parlamento Europeo non hanno mai posto alcuna preclusione nei confronti della destra. In quell'occasione ricordammo che con le elezioni del giugno 1985 la nostra era la quarta forza politica come rappresentanza, quindi come maggior rappresentatività in Piemonte e che nell'ambito e nell'interno dei Gruppi di opposizione era la seconda forza.
Allora in occasione dell'insediamento dell'Ufficio di Presidenza l'unica voce, a nostro avviso politicamente stonata, era quella dell'allora Capogruppo del PSI, mi spiace parlare male degli assenti, il collega Moretti, il quale ebbe a dire che l'Ufficio di Presidenza viene eletto solamente nell'ambito di forze politiche che appartengano all'arco costituzionale. Noi non avremmo certo avuto bisogno della legittimazione da parte dell'onorevole Craxi, ma proprio pochi giorni prima in cui si dicesse in quest'aula che solo le forze del cosiddetto arco costituzionale anacronistico avevano diritto ad essere rappresentate, l'onorevole Craxi diceva che sotto questo profilo ogni barriera doveva cadere. Per la verità altri colleghi rappresentanti di quella che sarebbe stata la futura maggioranza, che lo era già in itinere, si espressero in maniera possibilistica, tant'è vero che il collega Brizio sostenne che era condivisibile il principio della più ampia rappresentatività nell'Ufficio di Presidenza. La collega Vetrino ribadiva che nell'Ufficio di Presidenza dovevano essere rappresentati Gruppi presenti in Consiglio e se le parole hanno un senso, la maggior rappresentatività doveva necessariamente captare nella segreteria dell'Ufficio di Presidenza, non nella Vicepresidenza o nella Presidenza, dove solo i Gruppi maggiori per prassi costantissima hanno il diritto di pretendere e di ottenere. Il collega Mignone poi si spingeva serenamente, responsabilmente, più in là perché diceva che non doveva essere sottovalutata come possibile rappresentanza la presenza del Gruppo MSI-DN. Ma parole ancor più apprezzabili, perché le cose vanno dette e ricordate proprio in questo momento in cui si assiste ad un'ulteriore discriminazione, vennero pronunciate dal collega Pezzana il quale pur ribadendo, e noi ricambiamo l'espressione, che eravamo distanti mille anni luce, si pronunciò per il "no" in coerenza con i principi che ha sempre sostenuto nella sua ottica politica, quindi disse "no" alla discriminazione. Allora si disse che siccome sono due le minoranze che hanno diritto a due rappresentanze nell'Ufficio di Presidenza uno va indubbiamente, e questo era ed è incontestabile, al Gruppo numericamente più consistente, il Gruppo comunista, il quale ebbe anche la Vicepresidenza; dopodiché scatta il marchingegno, l'azzeccagarbugli, il secondo posto rappresentativo non al MSI-DN, nonostante il Gruppo sia presente in quest'aula forte di 165.000 voti ottenuti in Piemonte. Siccome il cartello degli altri tre Gruppi minoritari era rappresentato da Lista Verde, Lista Verde Civica e DP, secondo il marchingegno venne scelto il Consigliere Ala. Arriviamo poi alle dimissioni di Ala. Dopo si è verificato un evento che indubbiamente politicamente è paradossale, perché con la scelta del collega Guasso (persona verso la quale abbiamo sempre manifestato la nostra stima) il Gruppo comunista nell'ambito dell'Ufficio di Presidenza ha una rappresentanza ancora più forte rispetto a quella di ciascuna delle forze di maggioranza. Infatti il pentapartito è rappresentato da una parte con la Presidenza, Vicepresidenza e tre segretari, il Gruppo comunista, consentendogli la maggioranza di rappresentare tutto il cartello delle minoranze, avrà presumibilmente anche oggi due rappresentanti all'interno dell'Ufficio di Presidenza.
Fatte queste sottolineature concludo protestando in questa maniera ritengo sia una protesta più che valida, più che legittima per la nostra esclusione, anche adesso nella dirittura finale prima della chiusura della legislatura. Quando venne eletto il collega Guasso fu per noi una lusinghiera constatazione che le parole che pronunciavo a nome del Gruppo non erano cadute invano, tant'è vero che nel segreto dell'urna, oltre che i nostri due voti, dato che eravamo presenti solamente io e la collega Minervini per il Gruppo, abbiamo ricevuto sulla nostra candidatura otto voti, cioè a dire sei più del previsto. Confidiamo che il senso di responsabilità dei colleghi di maggioranza voglia essere sensibile anche questa volta alle mie parole e sappia ribellarsi agli ordini di scuderia dei rispettivi Capigruppo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho votato "sì" alla presa d'atto delle dimissioni della collega Dameri, anche perché di fronte alle motivazioni addotte credo che questo fosse l'unico atteggiamento possibile da parte di quest'aula. Anch'io rivolgo alla collega Dameri i migliori auguri per l'incarico nuovo che assumerà, un incarico faticoso, difficile vista anche la situazione che pervade oggi nel Partito comunista. Mi asterrò invece dal votare la candidatura della collega Sestero, non tanto per non stima o valutazione delle forze non capacitarie della collega, che sicuramente invece possiede, ma perché rifacendomi all'intervento del collega Majorino vorrei in questo modo richiamare la responsabilità del governo, e soprattutto del Presidente del Consiglio, che so, in quanto lo ha affermato più volte anche in quest'aula e nella riunione dei Capigruppo che questa discriminazione nei confronti di un Gruppo politico è veramente indegna di un'assemblea che si richiama ai valori democratici. Se un Gruppo come quello del MSI-DN indipendentemente dal giudizio che si può dare sulla sua politica e sui suoi contenuti, è rappresentato da un certo numero di Consiglieri, perché i cittadini hanno votato in quella misura, discriminare la loro presenza nell'Ufficio di Presidenza è un atto non democratico. E questo torna, secondo me, veramente a vergogna di questo Consiglio che, in base ad un concetto ampiamente superato dai tempi - se mai ha avuto validità perché la democrazia non ha doppi sensi, o è democrazia o non lo è si è sempre posto su posizioni antidemocratiche, e forse anche in episodi riguardanti la gestione dell'Ufficio di Presidenza.
Dichiarando che mi asterrò dalla votazione, rivolgo direttamente al Presidente del Consiglio l'invito, formale ma pressante, a rivalutare la composizione del Consiglio medesimo per porre fine, almeno in questi ultimi mesi di legislatura, ad una ingiustizia che non torna a nostro vantaggio perché se ci dichiariamo democratici dobbiamo esserlo proprio nei confronti di una forza politica che esprime opinioni diverse dalle nostre. Quindi il mio invito personale è proprio diretto a lei, Presidente Rossa, affinch esprima la sua valutazione non soltanto a parole (come ricordava il collega Majorino), ma con un atto che sia riparatore di una ingiustizia, perch altrimenti noi in quest'aula ci dichiariamo democratici, ma non lo siamo imponendo, direi in maniera autoritaria, l'esclusione di un Gruppo che indipendentemente dalle idee che sostiene, ha tutti i diritti di essere presente nell'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, cercherò di attenermi a questo provvedimento lasciando ad altre sedi e ad altri momenti le valutazioni in ordine alla democrazia o alla non democrazia di questo Consiglio, anche se noi siamo dell'opinione che su questa questione occorra, per la prossima legislatura fare qualche riflessione e valutare se le scelte compiute da questo Consiglio nelle legislature passate siano ancora coerenti, e se su quella strada si debba continuare. Il Gruppo DC da questo punto di vista si sta interrogando e ritengo che la prossima legislatura possa essere un'occasione per affrontare questo problema.
Noi salutiamo la Vicepresidente Dameri, la ringraziamo per il lavoro che ha svolto nell'Ufficio di Presidenza. Un lavoro sicuramente non facile un lavoro, in un momento della vita del Consiglio regionale, articolato e complesso per i problemi che ci sono nella società, per le attese, per le aspirazioni, per gli interessi che la Regione suscita nella società, al punto che qualche volta ci sono stati anche dei problemi, essendo la Dameri rappresentante di un Gruppo di opposizione, con la maggioranza. Ma questo è normale nella vita democratica di un'istituzione, anzi noi abbiamo apprezzato anche la durezza con la quale ha sostenuto le sue tesi l'abbiamo trovata sempre coerente e proprio per questo, qualche volta abbiamo dovuto scontrarci in modo un po' forte. Il ricordo che abbiamo di lei è comunque positivo e riteniamo che possa far bene alla guida del Partito comunista, anche se i problemi certamente non mancheranno visti i tempi. Quindi possiamo dire che lei abbia la capacità di dimostrare ancora quell'equilibrio e quella mediazione che è necessaria in un Partito comunista come è quello di oggi.
Salutiamo la collega Sestero come nuovo Vicepresidente del Consiglio regionale. Ci auguriamo che questo Consiglio possa esprimere sul suo nome un certo consenso, nel senso che non ci siano le solite posizioni: maggioranza ed opposizione. Il Gruppo DC potrà in parte concorrere alla sua elezione, e questo ci pare un segnale di attenzione rispetto al fatto che la Sestero non è la Vicepresidente del Partito comunista, ma è la Vicepresidente del Consiglio regionale, e quindi ci siamo da questo punto di vista sempre comportati in modo coerente. Ritengo che, seppure in parte, il Gruppo DC può concorrere alla sua elezione, le auguriamo buon lavoro, e le auguriamo - consentitemi questa battuta visto che il Gruppo comunista in questa legislatura ha indicato alla Vicepresidenza tre rappresentanti del gentil sesso, e tutte e tre stanno facendo carriera per il futuro questa crescita che sicuramente saprà farla apprezzare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche il Gruppo socialista ringrazia la collega Dameri per l'attività svolta. E' stata un'attività dialetticamente ricca e a volte anche dura; riteniamo che questo possa essere un elemento molto importante per una vita reale di un'assemblea elettiva e dei suoi organismi.
Un augurio quindi sincero e netto per il suo nuovo incarico certamente complesso. Spero che il nuovo incarico che assumerà possa portare fattivamente l'apporto al dibattito importante che è in corso nel PCI anche per i riflessi che potrà avere nell'area generale progressista e riformista del Paese.
Per quanto riguarda i problemi sollevati dal collega Majorino sottolineo che è in corso una serrata discussione sullo Statuto e sul Regolamento, aspetti questi che credo possano inquadrare e puntualizzare alcuni elementi che sono stati oggetto di discussione.
Saluto la compagna Sestero che è, per l'incarico che sta assumendo, in una posizione libera, senza un'indicazione di Gruppo e penso che potrà trovare anche da parte di alcuni Consiglieri del Gruppo socialista un segno concreto di adesione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pierluigi

Anche noi, come Gruppo socialdemocratico, intendiamo associarci a quanti hanno espresso il saluto alla collega Dameri che lascia l'incarico di Vicepresidente. Abbiamo avuto modo, in Ufficio di Presidenza, di collaborare con la Dameri, pur da posizioni diverse per quanto riguarda lo schieramento in quest'aula. L'Ufficio di Presidenza è un organismo di natura istituzionale: riteniamo che un certo imbarazzo viene a manifestarsi per dover collaborare su posizioni che necessariamente, molte volte, sono diametralmente opposte, a volte per partito preso, a volte per interessi politici comprensibilmente differenziati. Abbiamo avuto modo, dicevo, di apprezzare la collega Dameri per l'impegno svolto, anche se ci siamo trovati in alcune occasioni su posizioni comprensibilmente diverse e differenziate, la ringraziamo quindi per quanto ha dato e formuliamo, anche come Gruppo PSDI, gli auguri perché all'interno dell'incarico che ha assunto di Segretario regionale del PCI possa dare il meglio nell'interesse ovviamente della propria forza politica.
Per quanto concerne la seconda questione, cioè le osservazioni del Consigliere Majorino, riteniamo, come ha sottolineato il Consigliere Tapparo in precedenza, che, siccome sono in dirittura d'arrivo le modifiche ai regolamenti che regolano la vita di questo consesso, riteniamo che ad oggi - lo si deve riconoscere - non esistono le condizioni politiche per arrivare ad un'indicazione di questo tipo. Riteniamo però che il problema sia maturo, non tanto perché il nuovo regolamento lo vogliamo assumere come pretesto per nasconderci dietro ad un dito, ma le condizioni che oggi non esistono in quest'aula ci auguriamo possano esserci alla partenza della prossima legislatura.
Per quanto riguarda l'ultima questione, cioè la proposta di Maria Grazia Sestero da parte del Partito comunista, per quanto riguarda l'incarico di Vicepresidente, anche noi appoggeremo, così come abbiamo appoggiato a suo tempo le due Vicepresidenze Petrini e Guasso, la candidatura Sestero.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marta Minervini.



MINERVINI Marta

Come donna voglio ringraziare la collega Dameri per come ha svolto il suo incarico e voglio augurare alla collega Sestero buon lavoro naturalmente a nome di tutto il mio Gruppo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Solo due parole anche se avrei preferito esprimere i ringraziamenti e gli auguri personalmente alle colleghe interessate, ma lo faccio anche perché rimanga agli atti del Consiglio, per ringraziare a nome del Gruppo liberale e a nome mio personale la collega Dameri per il lavoro svolto in aula e per il lavoro svolto insieme in Ufficio di Presidenza e per fare gli auguri alla collega Sestero per questo ultimo scorcio di legislatura convinti che il polso che la collega ha dimostrato come Consigliere e come membro delle Commissioni di lavoro, si risolverà in un beneficio per i lavori del Consiglio regionale. E per questo le porgiamo i nostri auguri di buon lavoro, convinti che la collaborazione nell'Ufficio di Presidenza continuerà proficua come lo è stata in questi due anni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRRARA Franco

Signor Presidente, molto brevemente una dichiarazione rispetto a questo avvicendamento della Vicepresidenza del Consiglio regionale. Ringraziamo la collega Dameri per il lavoro svolto come Vicepresidente e le porgiamo gli auguri per il nuovo, importante incarico che assumerà, che è politicamente molto significativo all'interno del suo Partito. Affermo in questa sede che prestiamo molta attenzione all'evoluzione politica di grande interesse che si sta determinando all'interno di questo Partito capace di imprimere non soltanto in modo formale, ma realmente, una svolta aperta, più democratica dell'intero sistema politico italiano. Ci auguriamo che tale posizione possa contribuire - così come ha contribuito alla gestione e al buon andamento di questo Consiglio regionale a determinare questa svolta di così grande e significativo interesse per tutti noi.
Prendiamo atto di questo avvicendamento, prendiamo atto che il PCI ha designato la collega Sestero, che abbiamo avuto modo di apprezzare molte volte in questo Consiglio regionale.
Il Gruppo repubblicano crede che anche con questo avvicendamento il prestigio e l'efficienza dell'Ufficio di Presidenza rimarrà qual è stato nel corso di questa legislatura, pertanto porterà il proprio voto al candidato designato dalle opposizioni - dal maggior Partito di opposizione nella convinzione che questo rientri nelle regole e nei giochi della democrazia. Dovremo comunque farci carico delle osservazioni avanzate dal Capogruppo MSI-DN, ma non possiamo non prendere atto altresì che il gioco il ruolo che si svolge in quest'aula rispetto a certe posizioni istituzionali, vede impegnate maggioranze ed opposizioni e che all'interno delle stesse debbano determinarsi le candidature alle quali fa riferimento.
Noi votiamo il candidato indicato dal Partito comunista nella convinzione che sarà evidentemente Vicepresidente di questo Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Mi sia consentito, come Presidente, di esprimere un saluto alla collega Maria Grazia Sestero indicata dal suo Gruppo a ricoprire l'incarico di Vicepresidente in sostituzione della collega Dameri, alla quale sia i colleghi che mi hanno preceduto sia personalmente abbiamo già espresso un ringraziamento per il lavoro svolto nell'Ufficio di Presidenza.
Insieme all'augurio di buon lavoro ribadisco che avremo occasione - il cammino da percorrere non sembra molto lungo - di lavorare insieme per completare l'ultima parte di questa legislatura.
Prendo nuovamente atto delle posizioni già espresse a suo tempo dal Consigliere Majorino a nome del Gruppo MSI-DN, ritenute dal Gruppo stesso di esclusione o di discriminazione: non ho difficoltà a dire che è un problema che esiste, non è la prima volta che ragionevolmente vi abbiamo riflettuto, pur nella difficoltà di dare una risposta. Questi problemi devono essere visti sia dal punto di vista politico (e possono presentare anche degli aspetti di contrapposizione), sia da quello formale e di principio. Il collega Pezzana ha ragione quando richiama il fatto che la democrazia è il rispetto di tutte le posizioni.
La Resistenza, lottando 45 anni fa per liberare il Paese dall'oppressione, ha lottato anche per coloro che erano contro la Resistenza dando loro la possibilità di esprimersi. Il nostro Paese ha dimostrato la più ampia libertà alle posizioni politiche, anche se ha trovato momenti di difficoltà nel dare delle risposte che, mi auguro vengano date. Non so, Consigliere Pezzana, se questa Presidenza sarà in grado di compiere qualche atto, non direi riparatore, perché i termini erano politici e sono sempre politici in qualsiasi assemblea dove si discute di politica ed anche di amministrazione, ma significativo per l'ulteriore sviluppo della democrazia.
Mi sarei augurato che la marcia verso la democrazia del MSI (lo dico agli amici che hanno compiuto una grossa battaglia) fosse stata più destra e meno movimentista. I problemi politici si presentano anche in queste immagini e in queste posizioni nei confronti delle quali possono anche essere inventate le conventio ad excludendum, ma ci sono anche delle posizioni che si autoescludono per ragioni di carattere politico. Mi auguro che non si vada in questa direzione e che il processo di crescita veda tutti non in termini di contrapposizione aspra e frontale, bensì in termini di posizioni politiche di tutto rispetto qualunque siano le collocazioni che si danno, ma all'interno di questa visione democratica, che non deve più aver bisogno di archi per definire le posizioni.
Dopo queste considerazioni, che ho ritenuto doveroso fare, possiamo procedere all'elezione del nuovo Vicepresidente del Consiglio rinnovando la disponibilità, l'apertura e l'attenzione che l'Ufficio di Presidenza deve sempre dimostrare per rappresentare al meglio la centralità del Consiglio che nel rispetto dell'autonomia dei poteri della Giunta tuttavia non consenta alcuno spazio ad appannamenti del proprio ruolo.
Si proceda pertanto alla distribuzione delle schede per l'elezione del Vicepresidente del Consiglio regionale.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti 52 votanti 51 hanno riportato voti:



SESTERO M. Grazia 34

MINERVINI Marta 8 BRESSO Mercedes 3 GUASSO Nazzareno 1 schede bianche 5 non ha partecipato alla votazione 1.
Il Consigliere Maria Grazia Sestero è pertanto eletta Vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte.


Argomento: Norme generali sui trasporti

Comunicazioni della Giunta regionale sul sistema ferroviario regionale ed esame ordine del giorno n. 738 relativo alla direttrice ferroviaria Chivasso - Ivrea - Valle d'Aosta


PRESIDENTE

Passiamo al punto 5) all'o.d.g. che prevede il dibattito sulle comunicazioni della Giunta regionale sul sistema ferroviario regionale.
La parola all'Assessore Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, finalmente il Consiglio regionale può affrontare un argomento che da più tempo aveva sollecitato e può quindi discutere della relazione che la Giunta regionale aveva a metà dicembre assegnato ai colleghi Consiglieri.
Mi limiterò a poche e brevi considerazioni, quindi tolgo subito il dubbio dalla possibilità di una lettura integrale della relazione, anche perché credo che il lasso di tempo intercorso abbia consentito ai colleghi Consiglieri di prendere in esame in modo approfondito i contenuti della relazione stessa.
Le poche osservazioni che mi limiterò a fare sono da un lato di ordine metodologico e dall'altro attengono ai contenuti. Come è noto l'argomento è stato introdotto da richieste di notizie e di dibattito, in particolare concentrate sulla vicenda del passante ferroviario di Torino. Abbiamo ritenuto più opportuno inserire questo argomento particolare all'interno della più generale valutazione dell'attuale situazione del sistema ferroviario regionale e delle prospettive che si aprono alla luce del piano di risanamento e di ristrutturazione presentato congiuntamente dalle Ferrovie e dal Ministero dei Trasporti. Riteniamo infatti che le soluzioni che si prefigurano per il passante ferroviario si collocano nel discorso generale dell'assetto del sistema ferroviario regionale. E' a questo livello, in questo ambito, che dobbiamo affrontare la questione particolare del nodo di Torino, lasciando ovviamente alle altre sedi le questioni di carattere strettamente urbanistico.
Abbiamo ritenuto anche opportuno fare un punto in Consiglio regionale rispetto alla situazione del sistema ferroviario piemontese, perché siamo all'interno di alcune procedure programmatorie che ci paiono molto interessanti. Intanto perché si stanno per concludere gli studi per la definizione del secondo Piano regionale dei trasporti; riteniamo che questa sia una parte importante di quello che sarà nel suo complesso il Piano regionale dei trasporti. Questa relazione integrata con gli studi di questi mesi nonché con le osservazioni che emergeranno dal Consiglio regionale potrà rappresentare la struttura portante delle linee strategiche del secondo Piano regionale dei trasporti che ancora prima della fine della legislatura vorremmo in qualche modo, non come Piano di trasporti ma come rapporto finale sulle linee portanti, cercare di portare all'attenzione del Consiglio regionale. Anche perché siamo all'interno dell'aggiornamento del Piano generale dei trasporti, secondo la lodevole intenzione del Ministro di concludere rapidamente anche questa parte.
E' chiaro che all'interno dell'aggiornamento del Piano generale dei trasporti vi stanno alcune questioni cruciali, come la soluzione del trasporto delle merci via ferrovia e il problema dell'alta velocità, tanto per citare due argomenti. Credo quindi sia anche utile che le indicazioni che noi andremo a dare vengano avallate dalle opinioni del Consiglio regionale.
In terzo luogo, dal momento che vi sono iniziative in corso anche a livello internazionale e di rapporti con le Regioni italiane con noi confinanti, è opportuno rinnovare l'impegno della Regione a stabilire le proprie linee strategiche su questo tema, di concerto (per quanto è possibile) ovviamente anche con le iniziative delle Regioni transfrontaliere sia francesi come anche spagnole e tedesche e dall'altro lato anche di un raccordo con le Regioni confinanti Liguria e Lombardia per cercare di definire linee per quanto possibile comuni da presentare sia a livello di Comunità Economica Europea sia a livello nazionale. Noi riteniamo nell'anno passato di avere sotto questo profilo svolto un'azione molto assidua (non sto a sbilanciarmi in valutazioni di merito) che credo abbia su alcune tematiche, a cominciare da quella del Sempione, consentito al Piemonte di avere una collocazione più importante e meglio definita all'interno dei grandi assi di comunicazione che si vanno prefigurando a livello internazionale. Questo vale sia per i rapporti all'interno della CO.TR.A.O, che per i rapporti svolti in convegni di ordine internazionale nonché all'interno del gruppo di lavoro formato da Catalogna, Baden Wurttemberg, Rhone-Alpes, Lombardia e Piemonte. Vi è anche un aspetto che riguarda i collegamenti stradali su cui non mi sto in questa sede a dilungare, ma sui quali contiamo entro febbraio di rassegnare un rapporto al Consiglio regionale che abbiamo sviluppato soprattutto con le Regioni francesi Provence-Alpes, Cote d'Azur e Rhone-Alpes.
Detto questo, per quanto riguarda gli aspetti più generali e metodologici, mi limiterei in questa mia breve introduzione ad aspetti di ordine generale, perché ovviamente i contenuti del dibattito sono rimandati alla lettura che è stata possibile fare in questo periodo per ciascun Consigliere e quindi su essi non vi ritorno. Peraltro, il dibattito cade anche in un momento molto significativo, perché consentirà alla Giunta di acquisire l'opinione del Consiglio in ordine al piano di ristrutturazione e di risanamento, qualora sia supportato anche dalle risorse finanziarie certe e da un programma triennale rispetto al complesso delle proposte definite nei dettagli, e di dare una risposta significativa alle necessità che sono da più parti rappresentate. Sappiamo che ieri la Commissione Trasporti della Camera ha concluso l'esame delle proposte e ha predisposto una relazione conclusiva in cui è sintetizzato il parere della Commissione che dovrebbe essere votato la prossima settimana.
Auspichiamo che anche il Senato con celerità concluda il proprio esame di modo che questo piano su cui tanto si è discusso nel corso del 1989 possa diventare operativo, avendo anche certezza di risorsa perché è noto che su questo ci sono stati anche dei momenti di polemiche, di contrasto fra lo stesso Commissario e il Ministro dei Trasporti. Noi lo riteniamo in ogni caso un documento molto importante che certo deve essere perfezionato rispetto alla definizione di alcuni interventi e alla definizione temporale finanziaria come abbiamo segnalato ai Presidenti delle Commissioni parlamentari e ai Capigruppo presenti alla Camera e al Senato, ma che ci pare comunque, per quanto riguarda il Piemonte, vada nella direzione di una migliore collocazione del ruolo strategico del Piemonte all'interno delle comunicazioni ferroviarie di rango internazionale.
Riteniamo soprattutto importante il riconoscimento del ruolo che dovrebbe avere il sistema ferroviario, in particolare per quanto riguarda il trasporto delle merci; questo è un obiettivo che da sempre noi abbiamo dichiarato perché i dati del trasporto merci attraverso le Alpi sono crescentemente sconfortanti; vi è questa dichiarazione di buona volontà per il momento, di trasferire quote crescenti, attraverso il trasporto combinato, di trasporto merci dalla strada alla ferrovia; mi pare che le indicazioni contenute nel piano vadano in questa direzione, le abbiamo succintamente indicate nel capitolo che riguarda l'esame del piano di risanamento, che ci hanno consentito peraltro di ribadire la priorità sotto questo profilo, che dà la nostra Regione all'ipotesi del Sempione in particolare per quanto riguarda il trasporto delle merci.
Dobbiamo ricordare che il vecchio Piano generale dei trasporti non citava il Sempione come asse portante nei collegamenti internazionali di questo tipo, e con soddisfazione credo si debba prendere atto che l'azione che tutti assieme abbiamo svolto ha consentito di ribaltare questa impostazione e di dare al livello nazionale l'indicazione del Sempione come una delle linee portanti anche alla luce delle decisioni del Consiglio Federale Elvetico che vanno in questa direzione. Noi abbiamo chiesto che su questo vi sia qualche indicazione più specifica rispetto a quelle contenute nel documento all'esame del Parlamento e che in particolare debbono riguardare la elettrificazione della linea Novara - Borgomanero Villadossola - Domodossola da usare a sistema assieme alla linea Arona Domodossola che, per certi aspetti, interessa di più l'area di Milano all'interno di un quadro che vede anche il potenziamento dei terminal ferroviari di Novara - Boschetto e di Rivalta Scrivia assieme a quello di Torino - Orbassano, indicazioni peraltro che sono anche contenute nella soluzione provvisoria illustrata dal Ministro federale elvetico in un documento che tenta di dare per il 1994 una soluzione transitoria rispetto alla soluzione finale che comunque interessa la linea del Sempione con la nuova galleria di base Loetschberg.
Su questo argomento non mi dilungo ulteriormente perché credo che da questo punto di vista abbiamo superato una posizione di partenza di alcuni anni fa che ci vedeva emarginati e siamo giunti ad una posizione diversa del Governo in cui si assegna al Sempione un ruolo più importante, anche questo collegato al discorso del terzo valico appenninico, che deve rappresentare un corridoio portante nei collegamenti fra il sistema portuale tirrenico e il Nord Europa, in particolare in considerazione dell'entrata in funzione del nuovo terminal portuale di Voltri che movimenterà nel 2000 container per un milione di TEU.
Un altro aspetto ritenuto importante, ipotizzato nel piano e da noi sostenuto con grande forza per quanto riguarda il sistema ferroviario, è il cosiddetto sistema di alta velocità. Su questo pochissime considerazioni perché la parte della relazione che tocca questo argomento sia, sotto questo profilo, sufficientemente esaustiva; credo anche che le dichiarazioni rese ancora stamani dal Ministro Bernini, riportate dagli organi di stampa, ci confortino sul fatto che anche a livello nazionale è stata recepita la nostra indicazione, da tempo espressa, della direttrice Venezia - Torino con collegamento a Lione via Chambery alla rete del TGV francese. Nella relazione noi prospettiamo delle soluzioni transitorie rispetto a quella che può essere la soluzione finale, un sistema che sempre più si va definendo come autonomo rispetto all'attuale rete ferroviaria.
Come Regione crediamo, sotto questo profilo e per questo aspetto, di aver fatto sino in fondo la nostra parte e stiamo anche lavorando per realizzare a Torino un incontro tra i responsabili delle ferrovie italiane e delle ferrovie francesi per vedere come operativamente e tecnicamente procedere in questa direzione; così come stiamo anche lavorando, insieme al Presidente Beltrami, per dare luogo a quel Comitato promotore che vede la presenza del pubblico e del privato, così come espresso anche in occasione di alcuni convegni.
Per essere molto sintetico - eventualmente, in sede di replica, mi riservo di precisare alcuni aspetti che in questo momento per brevità e per fretta possono anche sfuggirmi - svolgerò ancora due riflessioni.
La prima riflessione riguarda la questione del nodo ferroviario di Torino e del passante ferroviario. Sono note le difficoltà di questo progetto dal momento in cui le ferrovie hanno deciso di sospendere i lavori. Credo che i colleghi Consiglieri abbiano potuto leggere nel documento come vi sia all'interno del Piano di risanamento e sviluppo delle ferrovie, in particolare nel documento del 22 settembre predisposto dallo stesso Commissario straordinario delle Ferrovie, l'indicazione di risorse finanziarie per il quadruplicamento del tratto Dora - Chivasso per 262 miliardi. I colleghi avranno anche avuto modo di leggere come nel documento integrativo predisposto dal Ministro Bernini vi sia un'indicazione strategica e anche finanziaria di intervento delle ferrovie per la soluzione dei nodi e per la tratta Torino - Lingotto, Torino - Dora per 521 miliardi. Dalla lettura integrata dei documenti presentati all'attenzione del Parlamento, qualora fossero così approvati e questo rappresentasse anche una volontà concreta in termini di impegno politico e di risorse finanziarie, questo ammontare complessivo di risorse rappresenterebbe il totale delle necessità delle opere ferroviarie per realizzare l'intero passante ferroviario. Peraltro, darebbe anche l'indicazione che non vi sarebbe una smobilitazione delle ferrovie dall'impegno per i passanti.
In realtà, la situazione non è così chiara, perché ancora il 5 dicembre il Commissario straordinario - su nostra richiesta - ci ha inviato una lettera di precisazione in cui ribadisce che "non è previsto nel piano presentato dalle Ferrovie il completamento della tratta Lingotto - Dora, in quanto trattasi di intervento diretto prevalentemente a risolvere problemi di spostamenti di massa viaggiatori in ambito urbano e come tale da realizzare a carico degli enti interessati". Noi ovviamente abbiamo già replicato a questa dichiarazione con un documento che abbiamo inviato al Compartimento FS, al Comune, al Ministro ed allo stesso Commissario in cui contestiamo questa linea ed in cui sostanzialmente chiediamo che su questo si faccia chiarezza una volta per tutte perché questa dichiarazione è in contrasto con quanto contenuto nel piano complessivo che è stato presentato all'esame del Parlamento. Siamo attestati sulla linea che le Ferrovie non possono disattendere una convenzione che da loro stessi è stata sottoscritta. E' noto peraltro che in questo periodo vi è stata anche un'iniziativa da parte del Comune di Torino volta a sbloccare la situazione di stallo attraverso l'utilizzo dei 215 miliardi assegnati con la Finanziaria 1988 per realizzare le opere a carico del Comune da effettuare per il passante; è una proposta di utilizzare nell'immediato queste risorse per fare anche le opere ferroviarie, in modo da poter riaprire i cantieri e sbloccare i lavori. Abbiamo sempre sostenuto che le Ferrovie debbono rispettare gli impegni sottoscritti in convenzione e non è concepibile un loro disimpegno dalla realizzazione delle opere ferroviarie interessanti il passante. La proposta del Comune tuttavia poteva essere valutata positivamente visto che rappresenta una sorta di anticipazione rispetto agli impegni finanziari delle Ferrovie e quindi sarebbe stata positiva se avesse consentito lo sblocco immediato dei lavori e la ripresa dei lavori sul passante. Sotto questo profilo vi era la disponibilità della Regione a lavorare per la necessaria modifica della convenzione. Peraltro in quell'occasione ponemmo la questione della Presidenza del Comitato di coordinamento per i lavori del nodo ferroviario che vede la presenza di Comune, Regione e Ferrovie perché riteniamo che alla luce dell'esperienza di questi anni la Presidenza debba essere assegnata agli enti locali e nella fattispecie alla Regione Piemonte. Abbiamo anche chiesto alle Ferrovie, in attesa che il piano sia definitivamente approvato e vi siano gli atti amministrativi conseguenti, se non ritenessero, poiché almeno sui 262 miliardi pare non esservi contenzioso, di avviare un utilizzo immediato di questi 262 miliardi, parte per riprendere i lavori del quadruplicamento nella tratta Dora - Settimo per consentire l'ingresso nel nodo della Canavesana e in parte per riprendere i lavori interrotti da Lingotto verso Corso Vittorio, in attesa che il piano faccia le scelte definitive. Per quanto riguarda il problema della ripresa dei lavori sul nodo di Torino la situazione sta ancora in questi termini. Le indicazioni paiono di rinnovato impegno da parte delle Ferrovie, anche se con atteggiamenti contraddittori.
Sull'ipotesi prospettata dal Comune di Torino vi è il consenso della Giunta per l'anticipazione rispetto ai futuri impegni delle Ferrovie.
Questo potrebbe anche consentire l'utilizzo delle risorse disponibili a sistema, a prescindere dall'ente a cui sono formalmente attribuite, e per fasi funzionali.
L'insieme del quadro delineato nella relazione, per quanto riguarda gli interventi sul sistema infrastrutturale, non risolve tutti i problemi delle Ferrovie rispetto alla loro capacità di rispondere ai bisogni di mobilità delle persone e delle merci, a cominciare dal problema degli orari. Stiamo lavorando molto intensamente assieme agli enti locali, ai sindacati, ai rappresentanti degli utenti, ai vari Comitati pendolari che da più parti si sono creati, per arrivare a presentare alle Ferrovie delle proposte, per quanto riguarda gli orari ferroviari, che siano più rispondenti alle esigenze della mobilità all'interno dell'area piemontese. Non vi è solo un problema di collegamenti a lunga percorrenza, che certamente vanno migliorati: le Ferrovie hanno anche l'obbligo di dare una risposta alle esigenze di mobilità pendolare e di area metropolitana. Per quanto riguarda il trasporto delle merci, crediamo che il Piemonte dal punto di vista delle strutture di interscambio abbia un territorio sufficientemente armato. Il Compartimento di Torino ha avuto interessanti incrementi di offerta da questo punto di vista, ma certamente la situazione è ancora deficitaria. Mi riserverò puntualizzazioni in occasione di replica che sicuramente saranno necessarie perché mi sono limitato a toccare soltanto alcuni dei punti descritti nella relazione.



SESTERO Maria Grazia



PRESIDENTE

Sulla comunicazione dell'Assessore Mignone è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Pezzana. Ne ha facoltà.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, caro Assessore Mignone, se noi dovessimo dare valore a quello che diciamo sempre nelle campagne elettorali "le parole sono una cosa ed i fatti sono un'altra", mi chiedo, in base alla relazione che lei ci ha consegnato ed alla conseguente illustrazione, quali sono i fatti.
Secondo me, fatti non ce ne sono. E' una constatazione amara frustrante, dell'impotenza che questo Consiglio non può non procurare: se ripenso ai cinque anni di lavoro sul problema trasporti che la Lista Verde Civica ha fatto, oggi siamo, sentendo la sua relazione, ad un punto morto.
Addirittura lei ci ha detto che l'opinione espressa dal Consiglio poteva essere di grande interesse per la Giunta, anche se in questo momento la stessa è quasi totalmente assente; abbiamo nuovamente sentito tante parole ma fatti nessuno.
A me viene in mente l'esempio di una città spagnola, Siviglia, dove l'amministrazione in quattro anni ha costruito la metropolitana. Non sto citando un'efficiente città del nord Europa, non è né Amsterdam n Copenaghen, ma una città spagnola, con tutti i difetti che possiamo avere noi latini italiani rispetto ad una Spagna che è molto più latina di noi.
Ebbene, quella amministrazione in quattro anni invece di parlare, scrivere discutere, scambiare lettere e fare incontri, ha costruito la metropolitana.
Tutto questo crea un senso di frustrazione enorme in un Consigliere come me che da cinque anni in questa Regione si è occupato del problema dei trasporti, nel sentire a fine legislatura che la situazione è ancora ferma perché la Regione è sostanzialmente impotente. Non attribuisco la colpa all'Assessore né alla Giunta, devo riconoscere che forse questo è ormai un sistema talmente trasversale che blocca qualsiasi tipo di amministrazione di potere. La Regione come altri organi ed istituzioni locali non ha potere per fare nulla.
La posizione della Lista Verde Civica è stata, fin dall'inizio, quella di opporsi all'ipotesi del quadruplicamento, anche perché io affronter soltanto il problema dei trasporti che possono riguardare Torino e zona metropolitana in generale, perché ritengo che investendo questa zona metà della popolazione della regione Piemonte abbia un'importanza decisiva per affrontare in modo serio il problema delle comunicazioni che riguarda l'interno della regione, ma anche altre regioni ed altri paesi comunitari.
Molto brevemente, Assessore, le porrò alcune domande e le esprimer alcune riflessioni. Sono tutti problemi non risolti, non risolvendo i quali sarà inutile inviare lettere ai vari Commissari del Governo, ai vari Ministri e al Governo nazionale perché la proposta specifica, chiara e netta espressa da questa Regione io non l'ho capita. Forse sarà una deficienza mia personale, ma non ho ancora capito cosa vuole la Regione Piemonte su alcuni problemi chiari, netti e precisi.
Rifacciamo molto brevemente un excursus storico: le stazioni di Porta Nuova e Porta Susa erano state costruite ai margini di una città che cento anni fa contava 120 mila abitanti concentrati su 350 ettari. Oggi Torino metropoli ha 1 milione e 700 mila abitanti circa e 115 mila ettari. Quindi immaginare che il tracciato ferroviario, a ridosso del Po, sia ancora valido e che serva una città che si è sviluppata verso ovest (Collegno Grugliasco, Rivoli, ecc.) è non avere presenti quelli che erano i saggi intendimenti dell'amministrazione locale che cento-centocinquanta anni fa aveva stabilito come doveva svilupparsi la città. Questo tracciato ferroviario condiziona pesantemente tutto lo sviluppo della città, infatti il terziario non a caso si concentra all'interno del centro storico, area piccola e molto congestionata. Inoltre, questo tracciato ferroviario (l'ho ricordato già in interrogazioni alle quali mi erano state date ampie risposte, ahimè, molto vaghe), passando all'interno della città è un tracciato ad alto rischio, perché i treni possono trasportare merci pericolose attraverso l'abitato. Quali saranno le misure di sicurezza? Non avevo avuto risposta alla mia interrogazione prima e non c'è nulla nella relazione. Non si sa nemmeno quanto verranno a costare le apparecchiature per ridurre l'inquinamento da rumore. Peraltro, con le indagini effettuate in questi giorni, l'inquinamento da rumore è deprecato persino di più di quello atmosferico.
Sarà possibile inserire il nodo ferroviario torinese in un progetto per l'alta velocità se si insiste sul quadruplicamento? Non credo, e non mi è stato spiegato come ciò sarà possibile. Anche i costi, che lei ci ha presentato nella relazione, quei conti - che potremmo definire occulti non sono chiari, ad esempio, il costo derivante dal generale rallentamento del transito dei treni sul nodo torinese dovuto soprattutto ai lavori in corso, ma anche il costo delle linee automobilistiche sostitutive di quelle sospese (per esempio, la Torino - Ceres), oppure il maggior costo di cantieri obbligati ad operare con le linee in esercizio. Di tutto questo non c'è traccia nella sua relazione.
Inoltre, non sono chiare quali siano le spettanze regionali e quelle comunali, a parte quelle considerate nei protocolli d'intesa. A questo punto mi chiedo se sono state prese in esame tutte le altre spese, magari non direttamente competenti agli Assessorati responsabili per traffico e metropolitana, quelle parallele che riguardano l'illuminazione, il patrimonio, la rete fognaria, ecc.
Anche su altri dati forniti non c'è una certezza. Nella tabella della macrovalutazione - compresa nel suo documento - figurano costi di intervento per il nodo ferroviario torinese di 1.042 miliardi (682 a carico dell'Ente FS e 460 a carico del Comune). Nel testo del documento, due pagine prima, è scritto che la Regione ritiene indispensabile un finanziamento complessivo di 262 miliardi per il quadruplicamento Dora Chivasso, 521 miliardi per il tratto Dora - Lingotto e l'utilizzo di 215 miliardi già disponibili per il Comune, per un totale di 938 miliardi. Su "La Stampa" del 13 dicembre 1989 invece è riportata la cifra di 1.183 miliardi. Quali sono le cifre esatte? Quelle fornite dalla stampa, e non smentite, oppure quelle che lei ci ha fornito nella sua relazione? E' un balletto di cifre che però nasconde posizioni politiche non chiare. Ripeto la Regione non si sa cosa vuole fare in merito a questo argomento.
Si potrebbe ricordare la triste vicenda che aveva coinvolto l'Assessore comunale Ravaioli quando per il tratto di sotterranea tra Porta Nuova e Corso Regina Margherita aveva un preventivo di 314 miliardi mentre gli uffici competenti lo duplicarono a 600 miliardi. Anche l'Assessore Matteoli su l'"Espresso" dichiarava che occorreva fare preventivi molto bassi per poter far passare il progetto. Questa non è una proposizione seria e credo che un Assessorato che si comporti in questo modo non possa pretendere credibilità.
Tralasciamo la linea 3 - triste retaggio della Giunta precedente, ma realizzata da questa Giunta comunale - sulla quale credo che qualunque cittadino torinese passando in Corso Regina può rendersi conto della mostruosità di quella effettuazione.
Allora le chiedo, esiste un preventivo attendibile di spesa oppure no? Il nuovo Piano regolatore - in Comune sarà in discussione la delibera programmatica - prevede il recupero alla città di tutta l'area adiacente il tracciato attuale della ferrovia, quindi quella che viene chiamata la spina centrale, e secondo le indicazioni che sono emerse finora dovrebbe ospitare tutte le attività terziarie e gli insediamenti residenziali. Il recuperare qualunque cosa in genere è buona cosa, ma bisogna tenere presente che Torino ha bisogno non di nuove costruzioni, ma di spazi liberi da dedicare a piazze, giardini, ampliare cioè lo spazio vivibile e non costruire ulteriormente; questa è un'ipoteca pesante per il futuro della città capoluogo della Regione. I problemi urbanistici e di trasporto della città e quindi della Regione, non si possono risolvere nello spazio dei confini amministrativi della città stessa, quindi non si tratta soltanto di un problema comunale, ma di un problema regionale.
Un argomento totalmente ignorato è la valutazione dell'impatto ambientale su tutto il progetto dell'intero nodo ferroviario, la stessa valutazione non è stata fatta nemmeno sulla spina centrale. Queste sono alcune domande ed osservazioni che vorrei fare, anche se le ripeto Assessore, in tutta franchezza ho poca fiducia non che non vengano ascoltate, perché sicuramente lei è attento ai rilievi che questo Consiglio può muovere o alle obiezioni che può fare, ma rispetto alla progettualità che questa Regione può avere riguardo al suo futuro. Qui stiamo parlando di trasporti, ma il discorso vale su tutto, sembra quasi che noi come amministratori, come legislatori, siamo soffocati da una burocrazia, da una lentocrazia, da un bisogno di intervenire, senza poi realizzare nulla perché noi finiremo questa legislatura senza aver realizzato nulla di concreto sui trasporti riguardanti il capoluogo e la Regione.
Pertanto mi chiedo se non ci sia via di uscita, ma nessuno meglio di lei, Assessore Mignone, lo può sapere. Se veramente non c'è via di uscita al protrarsi di lungaggini verbali, allora tanto varrebbe entrare in sciopero, dichiarare uno sciopero del lavoro che sarebbe una proposta troppo spinta per qualunque tipo di governo. Se realmente una Regione, in base alle capacità e ai movimenti che le nostre leggi le affidano, si rende conto che non è in grado di realizzare alcunché, allora a questo punto potremmo lanciare veramente un segnale di cambiamento ma a livello nazionale, dicendo che questa Regione tramite la sua Giunta, il suo Assessore, il suo Consiglio non si ritiene in grado, per tutte le zeppe che vengono messe di carattere burocratico, legislativo, di realizzare quello che la gente si aspetta. Mi rendo conto che questa è una proposta che cadrà nel vuoto, ma darebbe un grande rilievo e tingerebbe veramente di grande onore una qualsiasi Giunta che l'assumesse. Dopo aver seguito per cinque anni il problema del quadruplicamento da un lato e il passante esterno dall'altro ho capito come questa città doveva poter cambiare per dare un segnale diverso ai trasporti in Piemonte, ma oggi a fine legislatura constato, con grande dispiacere, che il risultato è zero.
Giunti a questi risultati, chiederei a questa Giunta, all'Assessore, al Presidente di fare un passo, non dico nemmeno di grande coraggio, ma che sicuramente tornerebbe a vostra lode, dichiaratevi impotenti, per tutti motivi che noi ormai ben conosciamo. Abbiamo una legislazione che frappone troppe zeppe a tutto quello che uno vorrebbe realizzare, pertanto dichiariamoci tutti impotenti, Giunta e Consiglio e dimostriamolo facendo sciopero da questo Consiglio non partecipando più per un mese e disertiamo le Commissioni. Questo atteggiamento sarebbe un appello ai cittadini e alla gente estremamente serio, in questo modo dichiareremmo la nostra impotenza che non deriva dalle nostre incapacità, ma dal fatto che qualunque Giunta in tutti questi quarant'anni non è riuscita a realizzare quello che i ducati e poi le monarchie sabaude, grazie forse alla capacità di intervento e di potere anche dei principi e dirigenti di allora, avevano realizzato e in maniera molto positiva.
Oggi nella Repubblica del decentramento siamo soffocati da questo cordone decentrato e abbiamo le mani legate. I Consiglieri si affannano a studiare pratiche, a studiare argomenti, che poi non avranno mai in questo Consiglio e nei confronti della Giunta alcun risultato; vi chiedo se non sia opportuno dire chiaramente ai cittadini che siamo impotenti.
Spero di non avere abusato del tempo né di essermi espresso in modo retorico, credo veramente in quanto ho detto. In questi anni di lavoro di Consiglio noi siamo stati sostanzialmente impotenti a realizzare qualunque cosa. Spero che la Giunta, l'Assessore e i colleghi del Consiglio abbiano ascoltato queste osservazioni, li pregherei di valutarle, perché altrimenti la nostra è una finzione che continuerà fino alla fine della legislatura e si riprodurrà tale e quale nella prossima.



ROSSA Angelo



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, il Gruppo DC ringrazia l'Assessore Mignone per il documento presentato. Le considerazioni di carattere generale che emergono nel documento, anche se sono scontate, è opportuno considerarle per rivendicare alle Regioni un ruolo ancora utile in tutta questa vicenda e per collocarci comunque in un segmento che sia costruttivo e non solo di frustrazione. Noi riteniamo che il documento su alcuni aspetti, soprattutto per quanto riguarda l'alta velocità, aggiorni la comunità piemontese sullo stato di maturazione del collegamento internazionale che finora conoscevamo per provenienze frazionate e che invece nel documento ritrovano un minimo di dignità dal punto di vista della presentazione delle opzioni che si offrono; pertanto rendiamo atto all'Assessore dello sforzo fatto.
L'Assessore esordiva la sua presentazione dicendo che si tratta di collocarci in questa discussione in modo che sia soprattutto orientata al rafforzamento delle strategie, e su questo noi siamo perfettamente d'accordo anche della storicità di questa riattualizzazione delle strategie, perché gli avvenimenti internazionali ci obbligano in qualche modo a rivedere le priorità delle nostre lente cadenze di consumazione delle risorse e delle spese e collocarci in un atteggiamento che sia realistico rispetto a ciò che sta succedendo. D'altra parte chi ha visto riprendendo in parte le considerazioni del collega Pezzana - "sfrecciare" il nuovo collegamento veloce Milano-Barcellona, si rende conto che Paesi che noi ritenevamo non solo decentrati ma quasi esclusi dalla tecnologia oggi ci sopravanzano in termini di soluzioni realistiche su collegamenti sia pure limitati, ma che di fatto offrono una risposta alle esigenze della società moderna.
Assessore, dobbiamo renderci conto che la nostra collocazione non è soltanto sulle strategie a lungo termine, ma sulle realizzazioni che stanno avvenendo. Se facciamo un confronto fra Torino e Milano, ci rendiamo conto che Milano - al di là del bene e del male di ciò che sta succedendo sta continuando a realizzare il passante ferroviario; inoltre è già in atto per il rafforzamento della qualità infrastrutturale del collegamento Roma Milano. Quindi Milano ci sta sopravanzando in termini di ammodernamento sia per quanto riguarda l'infrastrutturazione urbana sia per quanto riguarda il collegamento, sia pure in una sola direzione per ora, con Roma.
Dobbiamo constatare invece - non perché noi vogliamo ad ogni costo essere alla rincorsa di una emulazione fine a se stessa, ma perché di fatto sono considerazioni sulle quali dobbiamo discendere che il passante ferroviario di Torino è inceppato in mancanza di una chiara prospettiva rispetto al collegamento internazionale, e quindi rispetto all'utilizzazione dell'alta velocità. Ha ragione il collega Pezzana che si deve chiarire urgentemente in che misura il quadruplicamento è funzionale all'alta velocità; qualora non lo sia, tutto ciò che attiene al problema delle priorità e delle spese cambia. In questo senso, Assessore, noi rivendichiamo - come abbiamo più volte fatto anche attraverso interrogazioni (ve ne sono almeno cinque o sei dal 1987 ad oggi) - non solo la Presidenza del Comitato misto, ma un ruolo di guida della Regione sulla programmazione e sulla progettualità, che è in fondo il senso vero del ruolo che la Regione deve avere in questo frangente. Solo se riusciamo ad accrescere il patrimonio dei progetti e ad affinarlo, ci metteremo nelle condizioni di destinare risorse e di spenderle in modo che siano non legate solo ad una storicità consumata qual è quella del progetto del passante che, ben sappiamo, risale ad un'intuizione del prof. Zignoli del 1934 questo progetto, pur necessario, si realizza in ritardo e con tutti i limiti che il ritardo comporta.
Assessore, occorre renderci conto che connessi agli altri due problemi che interessano il Piemonte sud e il Piemonte nord, si giocano i destini del nostro futuro ferroviario, in particolare del ruolo di Torino e di ci che stiamo realizzando su Torino, non di ciò che vagheggeremo si potrebbe realizzare. Ciò che stiamo realizzando sono il completamento dello scalo di Orbassano - quindi la liberazione di aree urbane e strategiche ai fini delle attrezzature infrastrutturali ferroviarie ed urbane - e il quadruplicamento ferroviario. Vagheggiare altre ipotesi sarebbe del tutto anacronistico e irrealizzabile rispetto anche al traguardo del 1992/1994 che dovremo comunque essere pronti ad affrontare.
Le Ferrovie dello Stato continuano ad ignorare il discorso della stazione passante di Torino. C'è un progetto che riguarda Porta Susa, che ovviamente si colloca in termini di apprestamento e di priorità come linea 1, però non v'è dubbio che Porta Susa da sola non potrà assolvere a tutti i ruoli necessari per risolvere una serie di problemi che pongono il quadruplicamento, la nuova realtà degli attestamenti incrociati, le ferrovie concesse e via dicendo.
Assessore, se le Ferrovie dello Stato non si decidono ad affrontare nel merito la progettualità inerente la stazione passante sul Lingotto, oppure la trasformazione di Porta Nuova da stazione a testata a stazione che abbia una valenza a passante, credo debba essere la Regione a farsi carico di rivisitare urgentemente questo problema non potendolo solo attribuire alle competenze di una concessionaria che, sia pure pubblica e in regime, pare non essere in condizione di assolvere ai ruoli fondamentali rispetto alle strategie anche economiche di una Regione.
E' certo che il telegramma di Schimberni, Assessore Mignone, del quale lei faceva riferimento per quanto attiene alla nuova collocazione dell'Ente Ferrovie rispetto all'utilizzazione delle risorse in atto, da questo punto di vista aggiunge esigenze di sostituzione di un ente programmatorio, qual è quello della Regione, ad un ruolo programmatorio che pare in una sede di concertazioni, quale poteva essere il Comitato misto, non ottenere i sufficienti risultati.
Mi riallaccio soprattutto alla progettazione dei collegamenti con Lione, alle soluzioni dell'inserimento delle ferrovie concesse e alle proposte che avevo formulato nelle interrogazioni.
Il discorso del patrimonio progetti la Regione lo deve attivare a 360 gradi, utilizzando le concessionarie, perché anche queste devono soprattutto rispondere agli indirizzi di programmazione a livelli superiori. Per esempio, se le aziende SATTI e Trasporti Torinesi, ecc., non producono progetti e non aggiornano progetti, mi chiedo in quale misura e condizione assolveranno i problemi di realizzazione. Se tali aziende devono essere solo degli enti gestori, benissimo, ma se si presume realizzino infrastrutture, debbono adeguare questo patrimonio di progetti e devono continuamente aggiornarlo; le utilizzazioni delle risorse che sono destinate al collegamento Torino-Caselle non fanno sperare bene.
Lei, Assessore, nella relazione cita che esistono sufficienti controlli, dei quali noi non abbiamo ragione di dubitare, inerenti l'utilizzo dei 300 miliardi che pare siano già destinati al collegamento Torino-Caselle. Con tale cifra (a conti mal fatti) si potrebbero realizzare 15 km di collegamento; non credo infatti che vi siano ipotesi di costi anche in galleria superficiale, che possano costare più di 20 miliardi al chilometro.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Intervengo per una precisazione. E' vero quello che dice il collega Picco, ma bisogna tenere presente che nella cifra dei 190 miliardi dati per la Torino-Caselle è compresa anche la somma per il materiale rotabile ovvero circa 100 miliardi sono di locomotori.



PICCO Giovanni

Quindi con 200 miliardi si possono realizzare 20 km di collegamento.
Constatiamo però che vi sono dei vuoti, delle strane assenze, come quelle già denunciate della mancanza di una previsione di attestamento su Caselle: non si sa bene, realizzato il collegamento Torino-Caselle, che tipo di connessione possa avvenire con l'aerostazione. Tale problema è stato sollevato e denunciato più volte e nessuno credo si sente obbligato a risolverlo, però chiedo che la Regione se ne faccia carico. Se dobbiamo pensare di destinare le risorse necessarie, credo che questo non lo si possa fare senza avere un minimo di soluzione progettuale connessa con le realizzazioni che sono in atto all'aerostazione di Caselle.
Questo problema di Torino, Assessore, è un problema nodale da rivisitare totalmente e da arricchire con cognizione rispetto agli avvenimenti che stanno succedendo anche al di là dei nostri confini.
Sperare in un nuovo rapporto di collaborazione anche con le Regioni limitrofe è una delle componenti, però è necessaria una forte capacità di iniziativa e di autonomia nell'essere propositivi, altrimenti il trovarci attorno ad un tavolo e discutere non serve a nulla.
Ricordo inoltre che esistono anche altri due collegamenti sui quali da tempo la Regione Piemonte non solo destina attenzione, ma è riuscita anche sul piano nazionale ed internazionale, a far destinare risorse. I due collegamenti sono quelli relativi alla Arona-Sempione e alla Cuneo-Nizza che non possono essere solo funzionali ad esigenze di altre regioni o di altre realtà, ma debbono essere funzionali anche alle esigenze del Piemonte. Quindi sono due tratte sulle quali è possibile, da parte della Regione Piemonte, ottenere benefici che non siano solo a vantaggio di altre Regioni o di altre realtà. Per esempio, il collegamento Cuneo-Nizza ha un ruolo di collegamento del Piemonte con altre regioni e con la Francia - che non sia solo di pura compiacenza di avere comunque salvato un collegamento storico - ma che di fatto però non riesce a produrre effetti nuovi rispetto alle strategie internazionali in atto.
Gli schemi che lei, Assessore, ci ha prodotto in ordine alle realizzazioni sull'alta velocità, dimostrano che questi collegamenti possono essere strategicamente utilizzabili nel tempo, in particolare con la vicina Francia.
Le altre questioni trattate nella relazione riguardano le ferrovie concesse e i problemi delle riclassificazioni funzionali delle linee a scarsa utilizzazione; problemi anche questi da affinare continuamente dal punto di vista progettuale.
Credo, Assessore, che ad oggi, con tutto il riconoscimento del lavoro svolto anche dai suoi predecessori, il cosiddetto "modello Piemonte", per quanto riguarda la riclassificazione funzionale, non abbia prodotto nulla di nuovo.
Occorre riuscire a trovare delle soluzioni concrete con le Ferrovie dello Stato e con gli enti locali per destinare delle risorse su alcuni collegamenti ferroviari affinché possano essere all'altezza della situazione. Penso, ad esempio, al collegamento ferroviario di Torino Pinerolo, il quale può essere funzionale alla riutilizzazione anche di rami secchi nella direzione del Piemonte sud, ma se non si fanno degli investimenti sul ramo della Torino-Pinerolo, è impensabile che gli altri collegamenti (Saluzzo, Torre Pellice, ecc.) possano immediatamente ed improvvisamente, solo perché interviene la Regione, addivenire funzionali all'uso del pendolarismo o ad altri ruoli. Occorre che su questi rami la Regione si impegni a valutare le connessioni funzionali relative che si fanno alla base della riclassificazione poi dei grandi rami secchi.
Un'analoga considerazione la si può fare per le ferrovie in concessione. Tralasciamo quella a nord di Domodossola, che comunque non corre dei pericoli di esaurimento proprio per il ruolo che le è stato assegnato sul piano economico da una certa collocazione geografica, ma sull'area metropolitana torinese le ferrovie in concessione giocano sul trasporto urbano e metropolitano un ruolo molto importante: solo con un costante aggiornamento del patrimonio progettuale da parte della Regione è possibile capire se gli stanziamenti previsti nelle leggi finanziarie hanno la possibilità di essere utilizzati e quindi messi al servizio della mobilità urbana.
Sottolineo che gli appuntamenti che l'Assessore ha ricordato, sia per quanto riguarda il Piano dei trasporti regionali sia per quanto riguarda il Piano dei trasporti nazionali, sono d'obbligo e necessari. Assessore, mi permetto di dire che se però a questi appuntamenti la Regione non si presenta con un nuovo, aggiornato, credibile e rivisitato patrimonio progettuale, queste indicazioni che noi porteremo nei Piani sia a livello regionale sia a livello nazionale, non solo non saranno credibili, ma rischiano di non trovare collocazione sia nella destinazione delle risorse sia nella possibilità di utilizzarle e, purtroppo, questo si è dimostrato già più volte.
Tralascio le considerazioni che si potrebbero fare su altri problemi più specifici, ma ne accenno ad uno solo che comunque credo sia di tale rilevanza da non poter essere taciuto; si tratta del passante ferroviario su Torino. Su questo argomento non si può pensare di dover delegare o comunque ritenere che le soluzioni tecniche infrastrutturali possono essere solo funzionali alle attenzioni che possono riservare settori particolari della Pubblica Amministrazione, non voglio scendere nei dettagli, ma il portare avanti delle soluzioni progettuali, come quelle emerse dall'ipotesi di delibera programmatica del Piano regolatore di Torino, che di fatto sono distorcenti rispetto ai problemi del trasporto pubblico e sono dei diversivi, rischia solo di ritardare ulteriormente realizzazioni che invece sono molto urgenti. Il lasciare che tutte queste soluzioni tecniche si disperdano nel mito di una presunta riqualificazione ambientale rischia di conseguire soluzioni che sono del tutto opposte. Credo che se non ci sarà da parte della Regione, questo tipo di attenzione noi rischiamo davvero non solo di perdere il treno - come si dice eufemisticamente - rispetto ad altri Paesi, ma anche di dare delle risposte che saranno molto contraddittorie rispetto agli impegni e agli obiettivi che abbiamo da più tempo e più volte in questa sede enunciato.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Chiezzi comunico che la Commissione Nomine è convocata alle ore 14,30 e che al termine dei lavori della seduta di domani mattina i Capigruppo hanno concordato di ricevere una delegazione in rappresentanza di FIM, FIOM e UILM.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, esprimo una grande delusione per il documento consegnato nel mese di dicembre dall'Assessore Mignone, ed anche una grande preoccupazione per quello che sta succedendo, perché, se è vero che si fa poco o nulla, ciò non significa che non succeda qualcosa. Le cose che stanno succedendo nel sistema dei trasporti sono due e molto gravi: stiamo assistendo a un degrado preoccupante dell'ambiente ed insieme ad un peggioramento e una grande inefficienza dei trasporti.
Sono due fatti che vanno avanti di pari passo, insieme al progressivo depotenziamento del ruolo delle ferrovie. Abbiamo visto che, se non si fa qualcosa, i traffici che si svolgono sulle ferrovie tendono costantemente a diminuire: da vent'anni diminuiscono sia il traffico passeggeri che quello merci.
Da questa delusione e preoccupazione, a differenza del collega Pezzana traggo la convinzione che cambiare è possibile, è possibile progettare superare lo scoramento per una presunta impossibilità da parte della Regione di governare i problemi. Sono convinto che, se ci sono progetti, si governa. Bisogna però avere la volontà di leggere le esperienze amministrative svolte sul tema dei trasporti in questi ultimi vent'anni in termini assolutamente laici e non ideologici, senza dire che tutto il bene sta da una parte e tutto il male dall'altra, che le Giunte di sinistra hanno fallito tutto, mentre queste dovevano risolvere tutto. Non è così! Se c'è un progetto - questo è uno dei punti difficili da risolvere da parte della Pubblica Amministrazione questo può essere realizzato. Per farlo per occorrono volontà ed analisi della realtà; occorrono anche delle riforme collega Picco: una riforma elettorale che consegni nelle mani dei cittadini la scelta dei programmi da realizzare e delle maggioranze politiche disponibili a farlo. Se c'è progettualità si può agire: cito l'esempio del quadruplicamento ferroviario, progetto che si è messo in moto nel 1984 sebbene ora sia fermo per le indecisioni della Giunta di Torino.
Quello che manca nella relazione dell'Assessore è il senso e la convinzione che ci stiamo occupando di uno dei problemi fondamentali della nostra società avviata verso l'anno 2000; i trasporti sono uno snodo fondamentale non soltanto per l'economia e per lo sviluppo, perché di trasporti oggi si vive, si lavora, si studia, si hanno dei rapporti sociali, si conosce il mondo.
Occorre che chi dirige questo settore sappia che ha a che fare con un tema di eccezionale interesse e che, viste le risorse limitate, compia delle scelte. Si fa se si sceglie! Uno dei difetti fondamentali della relazione dell'Assessore è di non indicare le scelte prioritarie. Sembra quasi che, provincia per provincia, si siano indicate tutte le ipotesi possibili. In questa relazione si trovano infatti tutti i trafori ferroviari possibili, tutti i trafori stradali e autostradali possibili potenziamenti stradali e ferroviari ovunque e comunque. Questo vuol dire che non succederà nulla, oppure che le scelte saranno compiute senza un coordinamento ed un programma. Questo è il grosso difetto che troviamo nella relazione. La scelta che deve essere compiuta a livello nazionale e regionale è il potenziamento del ruolo delle ferrovie.
Non siamo tutti un po' stanchi di sentire parlar bene di questo mezzo di trasporto, che inquina di meno, costa di meno, ha meno incidenti consuma meno energia, vivifica l'economia perché rende più piccola la quota di costo del trasporto sul costo del prodotto? Non siamo un po' stanchi di sentire le lodi delle ferrovie e contemporaneamente assistere all'inesorabile impoverimento delle stesse? Dobbiamo reagire a questo. La Regione Piemonte deve reagire nei confronti di un Piano, quello del Ministro Bernini, che tra l'altro mi chiedo se esista. I soldi che si continua a dire che saranno stanziati sono realmente disponibili? Mi riferisco ai 52 mila miliardi di investimenti che sono diventati prima 58.000 e poi 69.000. Nella legge finanziaria ci sono queste risorse riferite a progetti concreti? Questo è un Piano che non si vede, sembra un piano-civetta. Si propagandano dei Piani, ma quale concretezza hanno di essere realizzati non si dice.
Bisogna fare delle proposte concrete e non solo dire "viva le ferrovie": fare delle scelte significa spostare sulle ferrovie degli investimenti precisi e concreti.
Dal punto di vista delle scelte, l'Assessore Mignone non sceglie. Il Gruppo comunista propone le seguenti scelte.
La prima scelta ha come sfondo l'Europa: deve esserci più Piemonte in Italia e più Piemonte in Europa. Il Piemonte è una regione nodale nei rapporti con l'Europa, infatti il 25% dei traffici con l'estero avviene attraverso il Piemonte. Per questo la Regione sostiene il valico ferroviario del Sempione a condizione che il valico non abbia per il Piemonte lo stesso valore che potrebbero avere lo Spluga o il Gottardo. La condizione è che il traforo ferroviario del Sempione sia collegato ai porti liguri con una linea che interessi il Piemonte. Su questo il documento non sceglie, perché mette tutto sullo stesso piano: il traforo del Sempione, il terzo valico appenninico, la linea ad alta velocità Voltri - Genova Milano, dicendo che tra queste ipotesi non c'è nulla di incompatibile.
Questo non è vero, bisogna scegliere.
Chiediamo che la Regione Piemonte ottenga la garanzia che, sostenendo il Sempione, ci sia un rafforzamento delle linee ferroviarie tra il Piemonte ed i porti liguri.
La seconda scelta è riferita ai collegamenti internazionali del sud del Piemonte.
Nella relazione dell'Assessore Mignone c'è tutto: c'è il miglioramento della linea Cuneo-Ventimiglia, l'ipotesi di un traforo ferroviario, tre ipotesi di tunnel stradali. Questo è un po' troppo: può far consentire all'Assessore di andare a sedersi in provincia di Cuneo e raccogliere tiepidi consensi da parte di tutti, perché non dice di no a nulla; tiepidi consensi e piccola politica.
Per quanto riguarda il Piemonte sud il Gruppo comunista propone di fare le seguenti scelte: 1) rafforzamento della linea ferroviaria ed elettrificazione della linea Cuneo-Ventimiglia in funzione turistica ed in vista di un collegamento merci tra l'interporto di Ventimiglia e il SITO in costruzione a Torino 2) nuovo traforo ferroviario di apertura ai traffici provenienti da Francia, Spagna e Portogallo.
Sui rapporti internazionali queste sono le due scelte che proponiamo le altre devono essere per il momento sottoposte ad altri ordini di priorità. Si tratta di due scelte fondamentali in primo luogo per rafforzare il ruolo del Piemonte in Italia nei traffici nord-sud e per impostare lo sviluppo di tutti i traffici che stanno crescendo tra l'est e l'ovest e che cresceranno ancora di più in futuro per il ruolo che le economie dei Paesi dell'est avranno con la Comunità europea.
La terza scelta è l'alta velocità. Noi siamo favorevoli (l'abbiamo chiesto anche in diversi comunicati) che l'Italia non trascuri questo settore. E' il settore del futuro, dobbiamo saperlo. E' un settore che è nato là dove le nazioni hanno sviluppato il loro sistema ferroviario, è un punto alto della tecnologia ferroviaria ed è nato là dove le ferrovie erano forti. Noi siamo in tutt'altra situazione: abbiamo un patrimonio ferroviario che sta andando alla svendita. "Alta velocità" non vuol dire da un lato continuare a svendere il patrimonio ferroviario e dall'altro mettersi il fiore all'occhiello dell'alta velocità, anche perché penso che questo non sarebbe possibile, perché l'alta velocità da sola non decolla può realizzarsi soltanto in un sistema ferroviario forte a tutti i livelli altrimenti è una speranza, è una chimera, è una campagna di opinione o elettorale, nulla di più.
Chiediamo l'alta velocità perché vogliamo stare al passo con i tempi perché viaggiare veloci in treno costa poco in termini di energia, è comodo, è efficiente. Diciamo però che per fare questo occorre fare scelte complessive a favore del sistema ferroviario, di tutto il sistema ferroviario. Occorre creare una cultura che non c'è. Se pensiamo alla storia dello sviluppo del sistema dei trasporti in questi ultimi cinquant'anni possiamo affermare che è cresciuto un modello di sistema dei trasporti legato all'automobile sotto la spinta dell'industria automobilistica. Insieme a questo si è sviluppato un modello di vita. Ora dobbiamo renderci conto che questo modello di crescita legato al modo di muoversi è giunto ad un punto limite di fronte ai problemi ambientali indotti. Urgono cambiamenti.
Dire che si potevano fare altre scelte e non puntare tutto sull'automobile è una critica politica rivolta al passato che può lasciare il tempo che trova. Dire che non si può più continuare così è una scelta politica di oggi. La crescita del trasporto su gomma sia di persone che di merci è giunta ad un punto limite. Non siamo al futuribile: dire che il nord del mondo non può proporre i suoi livelli di consumo al sud del mondo perché il pianeta non lo sopporterebbe, è vero, ma può sembrare una prospettiva lontana. Parliamo dell'oggi: questo modello di mobilità è giunto a casa nostra, nel nord del mondo, ad un punto di saturazione che impone scelte differenti. Nelle scelte differenti c'è la ferrovia nella quale bisogna crederci con i fatti, impostando programmi, impegnando risorse ed intelligenze per proporre modelli di "consumo" della mobilità diversi.
Quindi l'alta velocità la chiediamo, intanto nelle forme possibili. E' possibile andare a Chambery e a Modane più velocemente di ora se si cominciano a prendere provvedimenti in ordine all'uso sull'attuale rete di tecnologie ad alta velocità, che pure saranno penalizzate in certi tratti.
Questo sarebbe un grande segnale, immediato, di possibilità di lavorare sull'alta velocità.
In secondo luogo, bisogna considerare la trasversale Lione - Torino Milano - Venezia, una scelta per la quale destinare risorse precise.
Quindi sì all'alta velocità, la condizione perché cresca effettivamente è un grosso impegno anche di carattere culturale a sostegno di un cambiamento profondo nel modo di muoversi.
L'automobile - stiamo attenti - già non la possiamo più usare sempre.
In certe situazioni non è più possibile, perché l'impatto ambientale è inaccettabile. Non si tratta di mettere in contrapposizione l'automobile ma prendere atto che le ferrovie sono state troppo trascurate e che oggi bisogna fare di tutto per farle funzionare meglio e trasportare più persone e più merci.
La quarta scelta è il potenziamento del nodo ferroviario di Torino.
Condivido le considerazioni svolte, che il nodo di Torino è centrale per lo sviluppo del sistema ferroviario piemontese. Se non si potenzia il nodo di Torino, i discorsi dell'alta velocità, del trasporto merci e dei valichi internazionali sono discorsi vuoti.
Sul nodo di Torino ho sentito considerazioni veramente interessanti sia da parte del collega Pezzana che da parte del collega Picco. Questi interventi mi hanno dato la convinzione sincera che su questo si debba discutere - idee ce ne sono - senza pregiudizi, perché in questo modo è possibile governare il problema. Non accetto una visione di resa. Non sono d'accordo con il collega Pezzana quando dice che è finito tutto, che non riusciamo più a muoverci, che non riusciamo a fare niente.
Per individuare le alternative su cosa fare domani, visto che oggi mi sembra non si faccia proprio niente, occorre ragionare sul problema del rafforzamento del nodo di Torino: se non si rafforza il nodo di Torino tutto rimane fermo. Per il nodo di Torino si è approvato un programma di rafforzamento nel 1984 quando si firmò la convenzione con l'ipotesi di quadruplicamento delle linee, il passante ferroviario e gli attestamenti incrociati, che ritengo siano una delle novità da confermare. Questo lavoro di ammodernamento e rafforzamento del nodo di Torino è iniziato, non si è stati fermi, questo va riconosciuto in modo obiettivo, laico, con freddezza, chiunque l'abbia proposto e chiunque l'abbia fatto, altrimenti non si riesce più a capire nulla. Era un'ipotesi criticabile? Ricordo che allora, quando la Regione Piemonte fece l'esame delle varie ipotesi, ve ne furono due alternative. Il collega Pezzana ne ha citata una, ricordo benissimo chi l'aveva proposta. La critica verteva sul fatto che impegnare un asse così centrale con il quadruplicamento era meno convincente rispetto alla proposta di costruire un nuovo anello ferroviario esterno. Una vecchia proposta da questo punto di vista.
Oggi che fare? Anche da parte di chi aveva criticato questa proposta che giudizio possiamo dare su cosa è accaduto e su cosa dovrebbe accadere? Ritengo che con il senno di poi, certo un po' comodo, questa proposta di rafforzare l'asse ferroviario centrale non sia stata sbagliata e che possa essere utilmente confermata. Infatti quindici, vent'anni fa il problema dell'alta velocità non si poneva: oggi abbiamo il problema dell'alta velocità e abbiamo il problema della crescita del traffico merci alla quale vogliamo dare una risposta con le ferrovie. Avere a disposizione a Torino un passante ferroviario quadruplicato capace di assorbire il traffico passeggeri, il traffico suburbano e interregionale, e pensare di spostare là dove si pensava di spostare tutto il sistema ferroviario, quindi all'esterno della città stretta, ma all'interno della conurbazione, le linee merci e l'alta velocità, è un'ipotesi fattibile e che forse, non per recriminare, non sarebbe stata possibile se avessimo scelto l'altra strada quella di spostare tutto fuori, con la quale forse ci troveremmo più in difficoltà di ora.
Dico al collega Pezzana che, da questo punto di vista tende ad apparire lo è senz'altro - per il moderno, per il nuovo, che questo quadruplicamento in asse deve essere sostenuto. Ho una grande paura che solo per rifarsi a vecchie ipotesi alternative si perda questa occasione.
Questa scelta è stata fatta, i progetti ci sono, manteniamo questa ipotesi e chiediamo che si progettino delle linee esterne alla città di Torino capaci di servire il trasporto merci e l'alta velocità. In questo modo liberiamo il passante ferroviario per la politica di trasporto interurbano e regionale di cui c'è bisogno e sulla quale vogliamo impegnare le ferrovie. Vogliamo riorganizzare anche le ferrovie che in qualche documento vengono chiamate a scarso traffico e che noi chiamiamo di interesse regionale. La nostra regione è una città-regione, in provincia di Cuneo quante potenziali "città capoluogo di provincia" ci sono: quattro, cinque sei? E' una regione multipolare anche dal punto di vista socio-economico.
Il quadruplicamento va difeso, ne sono convinto, al di là di polemiche del passato, realizziamolo in fretta e studiamo le soluzioni nuove, legate al trasporto merci e all'alta velocità.
Il passante è fermo, per un misterioso motivo? Questo non è vero e bisogna dirlo, non per polemica, ma per capire. Il passante è fermo da molto tempo ormai e dei 360 miliardi stanziati dal 1981 (60 nel 1981 e 300 nel 1984) ne sono stati spesi soltanto 60. Ne sono stati spesi così pochi in parte perché le ferrovie non sono capaci a spendere (questo è uno degli elementi), per un'altra parte perché dal 1985 in poi è stato dato uno stop messo da chi ha governato. Questo va detto, perché se non lo diciamo la gente non viene informata ed alla fine ha ragione il collega Pezzana perch se nessuno ha delle responsabilità, se il mondo sta fermo perché non ci si può muovere alla fine siamo tutti uguali, governare o non governare è la stessa cosa. Ho detto questo per sostenere che in presenza di un progetto si va avanti, ma il progetto del passante ferroviario si è fermato perch la città di Torino è ferma nella politica urbanistica e nelle scelte di governo. La Giunta di Torino ha impiegato cinque anni per approvare la delibera programmatica che contiene scelte che hanno bloccato il passante ferroviario. Sono d'accordo con il giudizio negativo che il Consigliere Picco ha dato della proposta dei progettisti del Piano regolatore che ha individuato l'asse ferroviario come l'asse sul quale costruire la penetrazione urbana veloce per le auto, successivamente, di fronte alle critiche, l'asse sul quale costruire una penetrazione lenta.
L'ipotesi della delibera programmatica di portare "tangente" a Piazza Castello l'asse del futuro sviluppo terziario, direzionale di uffici pubblici e privati di Torino, lo ritengo un gravissimo errore. Forse anche Pezzana diceva indirettamente questa cosa. In questa città congestionata in cui non si respira più, il nuovo sviluppo di Torino, i nuovi palazzi, i nuovi uffici, i nuovi traffici, avverranno lungo una "spina" che passa a 500 metri da Piazza Castello? Dove andremo a finire con quel fiume di macchine che arrivano dalle autostrade da zona nord e zona sud e, a traffico lento, come è scritto sulla deliberazione, transitano nel centro della città! Altro inquinamento per la città! E' tutto questo che ha fermato il passante; per fare questa strada non chiamandola più penetrazione veloce o autostrada, ma chiamandola boulevard, prendendo in giro i cittadini, perché si dice che sarà una strada alberata. Voi conoscete gli alberi che si mettono sui tetti piani: ecco, saranno gli stessi alberi che saranno messi su questo solettone di cemento armato che porterà una strada a sei corsie. Vi immaginate cosa succederà in questa nostra città? Questa scelta non ha permesso alle Ferrovie di agire. In Commissione avevamo incontrato il Capo Compartimento delle Ferrovie che si chiedeva come procedere, perché il progetto vecchio era stato fermato dall'Assessore Ravaioli. Siamo fermi da allora. Sul problema del nodo ferroviario di Torino la Regione, Assessore Mignone, deve dire la sua: e se Torino stenta, va in crisi e non sceglie, la Regione deve rivolgersi alla comunità, ai cittadini, e decidere. Certo che la Regione deve decidere se bisogna fermare il passante ferroviario, perché Torino vuole realizzare la "spina", o se il passante ferroviario deve andare avanti. Se non va avanti il passante ferroviario finiscono tutti i discorsi sul potenziamento delle ferrovie.
Passante ferroviario, linee in concessione, sviluppo di una Regione con tanti centri, possibilità dei cittadini e delle merci di viaggiare veloci: questo è il futuro che come Gruppo delineiamo per il Piemonte. Un futuro in cui lo sviluppo del sistema dei trasporti cominci ad entrare più in sintonia con l'ambiente. Per fare questo ci vuole un progetto. Non è vero che a questa società, così complessa, non si riesca più a prendere le misure, perché ogni progetto non sarebbe in grado di comprenderla tutta.
Ci sono progetti in grado di orientare lo sviluppo. Ad esempio, temi dei trasporti, dell'inquinamento, il passante ferroviario, le linee ferroviarie concesse, lo sviluppo della città legato a scelte politiche diverse da quelle della concentrazione, sono fatti concreti che, se coalizzano una maggioranza di volontà, possono essere realizzati. Rimane il fatto che per coalizzare questa maggioranza di volontà c'è bisogno che cambi qualcosa nel nostro sistema elettorale, nel modo in cui si formano delle decisioni, nel modo in cui i cittadini scelgono. Bisogna portare i cittadini a scegliere le cose da fare, più che a scegliere le rappresentanze che dovranno governare. Questa è una grande scelta che deve essere fatta ed è una grande speranza. Sia per i due interventi che mi hanno preceduto, sia per queste possibilità, non mi arrendo; il Gruppo comunista dice: l'alternativa c'è.
Anche su questo problema occorre confrontarsi senza pregiudizi in modo laico, dire cosa si vuole e poi fare le cose con chi è d'accordo.



PRESIDENTE

Si conclude a questo punto la prima parte dei lavori del Consiglio.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,45 riprende alle ore 15,25)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo il dibattito sulle comunicazioni della Giunta regionale in ordine al sistema ferroviario regionale.
E' iscritto a parlare il Consigliere Calligaro. Ne ha facoltà.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Consigliere Chiezzi ha tracciato molto lucidamente la proposta dei comunisti in materia di trasporti e comunicazioni. Intervengo brevemente a proposito della linea ferroviaria Chivasso - Ivrea - Aosta. Mi riferisco quindi ad un problema specifico che forse è in contrasto con il documento generale presentato dall'Assessore, ma attribuisce senso alle proposte del Gruppo comunista.
E' vero, il documento si riferisce ad interventi strategici, ma sappiamo che la strategia è fatta anche di tanti piccoli pezzi.
Si tratta di una linea ferroviaria di carattere metropolitano regionale, che ha valenze nazionali e che interessa un tratto della medio padana; quindi è considerata una linea principale. Tuttavia è una linea principale assolutamente dimenticata e penalizzata. Esistono gravi problemi di carattere strutturale e gestionale che causano pesanti disagi agli utenti. Questi problemi strutturali e questi disagi vengono evidenziati dal Comitato utenti della ferrovia Chivasso - Ivrea - Aosta che ha raccolto tra gli utenti migliaia di firme, dall'ordine del giorno del 15 aprile dello scorso anno approvato dal Consiglio regionale evidenziati dal documento conclusivo approvato al termine dei lavori della Conferenza svoltasi ad Ivrea il 20 febbraio 1989, sulle prospettive di potenziamento della direttrice ferroviaria Chivasso - Ivrea - Aosta promosso dalle Regioni Piemonte e Valle d'Aosta, dalla Provincia di Torino dai Comuni di Chivasso, Ivrea ed Aosta. Si evidenzia in sostanza che la linea ferroviaria è gravemente inadeguata, è incapace di garantire un efficiente servizio di collegamento tra la Valle d'Aosta ed il Canavese e le aree metropolitane torinese e milanese.
Si evidenzia inoltre che la gestione assegnata al Genio Ferrovieri è inadeguata se si pensa alla valenza nazionale della linea ed è motivo di ulteriore disagio ogni qualvolta si verifica uno sciopero in un qualche Compartimento del nostro Paese. A quel punto il Genio Ferrovieri viene dislocato nel Compartimento in sciopero e ciò determina seri contraccolpi scarica le contraddizioni di qualsiasi sciopero che si svolga sulla linea Chivasso - Ivrea - Valle d'Aosta.
Inoltre, si evidenzia un pesante impatto ambientale causato dal notevole flusso autoveicolare che percorre il tronco autostradale A5 e la strada statale 26; la ferrovia non funziona, pertanto si ricorre, in modo esasperato, all'uso del mezzo privato.
Questo pesante impatto ambientale è stato denunciato dalla Comunità montana Dora Baltea Canavesana in base ad uno studio di valutazione dell'impatto ambientale del traffico autoveicolare nel territorio della Comunità montana stessa svolto dall'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano.
Si è messo in evidenza un flusso annuo di 6 milioni 700 mila veicoli sull'autostrada e di 4 milioni 200 mila veicoli sulla statale. L'impatto del traffico con le conseguenti emissioni inquinanti appare essere - scrive lo studio dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche - quantitativamente rilevante e, in carenza di dati relativi al carico ambientale di altre attività industriali, agricole, ecc., prioritario come aspetto di indagine.
Il Comitato degli utenti ha redatto una piattaforma che ha presentato al Compartimento ferroviario e alla stessa Regione Piemonte nel corso della conferenza di Ivrea. Si sostiene che il servizio deve essere di tipo metropolitano con navette tra Ivrea e Chivasso, che i trasporti interregionali devono essere rapidi elevando il numero dei treni diretti tra Aosta e Torino in coincidenza con i diretti per Milano, che occorre eliminare assurdità tariffarie e limitazioni di percorso sugli abbonamenti che è necessario il raddoppio dei binari sulla tratta Chivasso-Ivrea, che è necessaria l'elettrificazione dell'intera rete fino a Pré S. Didier e la smilitarizzazione della linea stessa.
Nello stesso convegno di Ivrea del 20 febbraio 1989 si è insistito molto sul miglioramento del servizio. Il documento conclusivo si articola in vari punti e infrastrutture, in particolare sul materiale rotabile, sul programma di esercizio, sulla gestione della linea e sull'integrazione con il trasporto pubblico su strada.
Sono conclusioni cui è giunta anche la Regione anche se non sono assolutamente seguiti i fatti. Noi vorremmo che alle parole e agli intenti seguissero fatti, sia pure graduali, ma fatti concreti capaci di incidere sul funzionamento, sulla gestione e sull'organizzazione del servizio di trasporti di cui stiamo parlando.
Inoltre, è necessario un minimo di coerenza. Non è possibile che la Regione Piemonte partecipi come protagonista ad una conferenza come quella di Ivrea e poi dimentichi di fare un solo cenno nella comunicazione dell'Assessore sul sistema ferroviario regionale.
A proposito dei contraccolpi gravi che determinano un crescente disagio tra gli utenti passeggeri in prossimità degli scioperi negli altri Compartimenti a causa dello spostamento del personale del Genio Ferrovieri abbiamo presentato un ordine del giorno, firmato da tutti i Gruppi consiliari, che chiede alla Regione di intervenire presso la Direzione compartimentale in modo tale che questo disagio venga eliminato sulla tratta ferroviaria di cui stiamo parlando. Si avanzano tra l'altro interessanti proposte alternative capaci di eliminare il disagio, ma anche di far risparmiare soldi alla collettività, in questo caso all'Ente FS.
Chiediamo l'iscrizione all'o.d.g. e la votazione di tale ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, Assessore, il mio intervento sarà il prolungamento di quello svolto or ora dal collega Calligaro.
Assessore, anch'io sono preoccupato della dimenticanza nella sua relazione del caso specifico della linea Chivasso - Ivrea - Aosta, ma che poi tanto specifico non è se ne vogliamo cogliere le valenze generali.
Le caratteristiche di questa linea sono note, il collega che mi ha preceduto le ha richiamate opportunamente, io vorrei sottolineare che per affrontare le gravissime deficienze nell'esercizio di questa linea, molto importante per il trasporto di persone e di merci, occorre analizzare un dato sociale e politico di un qualche rilievo, anzi, mi pare essere di grande interesse.
Il Comitato utenti organizzatosi sul problema, come lei avrà avuto modo di cogliere negli incontri e nelle discussioni che si sono svolti in questi mesi (non ultimo nel convegno svoltosi ad Ivrea la primavera scorsa), si è caratterizzato non tanto e non solo per difendere gli utenti di una linea vessati da deficienze intollerabili alle soglie del 2000, ma si è costituito per raggiungere uno sviluppo alternativo a quello oggi dominante per quanto riguarda la politica dei trasporti. Con questo voglio dire Assessore, che se da parte della Regione Piemonte c'è attenzione conseguente al problema, che pure si dice di condividere, se alle parole si fanno seguire i fatti, questa linea può essere all'avanguardia di una sperimentazione possibile per invertire la tendenza alla congestione del traffico su gomma e anche all'appestamento dell'atmosfera e non soltanto di quella. Ci troviamo in altri termini di fronte all'opportunità, guardando verso il futuro, di realizzare una rete di trasporti metropolitani all'altezza dei tempi, come avviene nelle più civili città d'Europa, e quindi in questo senso affrontare alla radice il problema di cui i torinesi discutono preoccupati in questi giorni a proposito dell'inquinamento atmosferico del capoluogo. Se la Regione Piemonte potenziasse la linea Chivasso - Ivrea - Aosta, la linea per Pinerolo e le Valli Chisone, la linea della Valle Susa e le linee nelle Valli di Lanzo disegnando un reticolo in grado di raccogliere il flusso di pendolarità - che poi si riversa attraverso il mezzo di trasporto privato in Corso Giulio Cesare, in Corso Regina Margherita, in Corso Unione Sovietica, per citare tre dei corsi principali che attraversano il capoluogo regionale - eviterebbe il fatto che a Torino non si circola più e non si respira più.
Tornando alla linea in questione, Assessore, non mi è parso di aver colto nella sua comunicazione l'attenzione dovuta a questo possibile ridisegno dell'area metropolitana torinese per quanto riguarda il trasporto ferroviario in questi anni, forse non ho prestato l'attenzione dovuta alla problematica dei trasporti, ma quando si è numerosi come lo sono in quest'aula, bisogna gioco-forza selezionare gli argomenti su cui soffermarsi. So benissimo quali sono le difficoltà nelle quali si dibatte l'Assessorato regionale ai trasporti per quanto riguarda le risorse, il discolo interlocutore con cui hanno a che fare le Ferrovie dello Stato però mi pare che non ci sia questa progettualità di cui abbiamo bisogno.
La linea in questione ha un ulteriore elemento che dovrebbe attirare la nostra attenzione e la sua, Assessore, e cioè che la linea Chivasso - Ivrea Aosta è fondamentale. Si tratta di una linea strategica anche per il trasporto merci e per l'interconnessione che un capoluogo regionale, ad esempio la Regione Valle d'Aosta - meta di attività turistica per migliaia di persone - può avere con le linee ad alta velocità. Naturalmente lei Assessore, conosce meglio di me il disegno della rete ferroviaria piemontese e quindi penso non ci sia bisogno di soffermarsi più di tanto sulla questione. Auspico che in questo scorcio di legislatura ci sia la volontà politica, da parte di questo Consiglio, di lasciare una traccia sul ridisegno del sistema dei trasporti nell'area metropolitana torinese e sull'esigenza di costruire gli affluenti del traffico su rotaia, per quanto riguarda le persone in particolare, e per alleggerire il peso ormai insopportabile del trasporto privato su gomma. Il collega Calligaro richiamava l'ordine del giorno - firmato anche dal sottoscritto a nome dei Verdi Arcobaleno e dai rappresentanti del Sole che Ride - sul quale auspichiamo ci sia non soltanto un voto formale (già ne abbiamo discusso uno molto simile il 15 aprile 1988), ma ci sia la volontà di affrontare alla radice con una utenza autorganizzata, quindi una società civile che non soltanto protesta, ma fa anche proposte, l'elemento della servit militare che oggi inibisce qualsiasi possibilità di potenziare e sviluppare come dovuto questa linea che è particolarmente significativa come abbiamo evidenziato fin dall'inizio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, assistendo a questo dibattito, dall'introduzione dell'Assessore Mignone in avanti, mi è parso di partecipare ad un incontro tra le grandi religioni del mondo, dove mi pareva di sentire con le dovute modestie, interventi ecumenici onnicomprensivi, in grado di disegnare quello che si vorrebbe sul quale si concorda tutti e poi confrontando questo quadro così angelico con la realtà si vede un pauroso distacco, cioè le cose stanno andando esattamente nel modo opposto con il quale qui con tutta la buona volontà sono state presentate.
Questo accade perché i soggetti che concorrono ad assumere decisioni in modo determinante procedono senza il vincolo di un quadro pubblico in grado di dare delle coordinate al sistema dei trasporti collettivi esistenti nella nostra Regione e nel nostro Paese. Allora noi non possiamo nasconderci di fronte al fatto che c'è un depauperamento, una devitalizzazione del sistema ferroviario del Piemonte, c'è una crisi profonda, drammatica del sistema dei trasporti di persone e di merci su strada. Percorrendo in lungo e in largo le contrade del nostro Piemonte vediamo che le nostre strade sono sempre più impercorribili, chi non pu usufruire di un sistema serio di trasporti pubblici collettivi sia su rotaia che su gomma vive una situazione quotidiana di tragedia. Credo sia questo il quadro di ragionamento dal quale partire. Mentre è giusto e corretto cercare di impostare un discorso serio, come si è fatto oggettivamente dal punto di vista teorico, di come il Piemonte affronta il problema del collegamento con l'Europa e il resto d'Italia (anche se tutti i nodi sostanzialmente sono irrisolti, come è stato detto dall'Assessore) occorre però evidenziare che ci troviamo di fronte a realtà diverse. Ad esempio, c'è la questione di Torino, che è determinante per un sistema serio di trasporti metropolitani e regionali, la paralisi del Comune di Torino rende "libro dei sogni" qualunque nostra relazione e qualunque nostro ordine del giorno. E se non si sblocca la questione centrale è evidente che possiamo reciprocamente prenderci in giro, perché questo problema non può essere affrontato in quanto non c'è la volontà politica per affrontarlo.
Assessore, nella comunicazione ha richiamato alcuni ordini del giorno e dibattiti precedenti, ma io intendo evidenziare il problema dei trasporti regionali. E' impossibile affrontare seriamente questo problema quando non si risolve la questione di Torino e dell'area metropolitana, quando non si affronta il problema delle linee ferroviarie "a scarso traffico", quelle chiuse e quelle che si intende ridimensionare, nonostante ci sia la buona volontà da parte dell'Assessore e in sostanza tutto rimane sulla carta.
Io e alcuni amici l'altro giorno transitavamo lungo la strada che da Saluzzo va ad Airasca viaggiando parallelamente alla ex linea ferroviaria Saluzzo-Airasca. Una linea che è stata chiusa due anni e mezzo fa e sulla quale, pochi mesi prima della sua chiusura, erano stati fatti degli investimenti. Oggi quella linea è coperta di erbacce e quindi è irrecuperabile. Cioè la struttura portante della rotaia e delle stazioni è in una situazione di sfascio. Noi continuiamo a scrivere che c'è un protocollo sulle ferrovie con il quale si pensa di rilanciare le linee a scarso traffico, francamente alcune linee potranno essere recuperate soltanto con investimenti di decine e decine di miliardi per ripristinare le condizioni in cui si trovavano qualche anno fa.
Io chiedo all'Assessore, alla Giunta, a tutti noi quali capacità abbiamo - non dico di spostare i grandi problemi a livello di collegamento tra il Piemonte e il resto dell'Europa - per realizzare un serio riequilibrio fra il trasporto su gomma e il trasporto su rotaia per tentare di decongestionare o bloccare il congestionamento del traffico delle nostre strade e affrontare il problema del pendolarismo e quello del trasporto delle merci.
Quello che stiamo facendo, qui oggi, quello che abbiamo fatto nel passato sono delle buone intenzioni, ma non abbiamo la forza politica come Regione di incidere rispetto a questo; quindi è sostanzialmente un "gettare la spugna". Si possono approvare tutti gli ordini del giorno che vogliamo ma la situazione di degrado del trasporto su rotaia nella nostra realtà piemontese rimane quella che è visualizzata. Al degrado del trasporto su rotaia si aggiunge il degrado del trasporto su gomma dove veramente c'è licenza di uccidere; ci sono strade nel Piemonte dove ogni cento metri ci sono mazzi di fiori, lapidi, perché tutti i giorni avvengono incidenti mortali. Ci troviamo di fronte ad un problema veramente grave.
Inoltre voglio sottolineare il problema delle conferenze sugli orari che sono una buona iniziativa; lo sforzo che facciamo è serio però mi pare inadeguato. C'è un'oggettiva difficoltà ad utilizzare il mezzo di trasporto su rotaia, perché gli orari dei pendolari e di coloro che devono usufruire di strutture ospedaliere di alta qualificazione non esistenti nella propria USSL. richiedono lo spostamento su altre USSL più organizzate, dove questo problema è drammatico. Ad esempio, alla zona dove abito io è stato assegnato l'Ospedale di Carmagnola distante 12 km, quindi se devo prendere un mezzo di trasporto pubblico impiego almeno 40 minuti.
Per quanto riguarda le ferrovie in concessione faccio due esempi, uno riguarda la Torino-Ceres e l'altro la Canavesana. Siamo di fronte al fatto che gli stanziamenti, in particolare per la Torino-Ceres, sono fortemente inadeguati, non si riesce a fare dei tratti organici. Non dimentichiamo il momento di paralisi drammatica del Comune di Torino, il fallimento dell'Assessore Ravaioli è stato micidiale come Assessore ai trasporti, non è solo il fallimento della politica dell'Assessore Ravaioli, ma è anche responsabilità della Giunta che è stata totalmente incapace di sderenare la situazione precedente. Avrebbe potuto farlo se ci fosse stata la volontà politica e quindi trovare piccole soluzioni a questo dramma che Torino sta vivendo.
Se Torino non è in grado di utilizzare i finanziamenti che le sono stati concessi, per esempio, per delle linee ferroviarie come la Canavesana e la Torino-Ceres, significa prendere atto che il Comune di Torino non è in grado di gestire alcuna politica, tanto meno quella dei trasporti.
In questi giorni stiamo assistendo ad un triste e indegno spettacolo di un Paese cosiddetto industrializzato e di una città fortemente avanzata.
Pertanto non c'è differenza tra Torino e Palermo, non c'è differenza tra Milano e Roma, non esiste più il problema di un sud inefficiente e di un nord capace; ricordate il problema della neve a Torino o a Milano dove tre anni fa è dovuto intervenire l'Esercito per risolvere tale problema! Si tratta di un problema di crisi della gestione amministrativa che è del tutto evidente.
Francamente dobbiamo ammettere che il dibattito di oggi e le decisioni che andremo ad assumere sono pannicelli caldi; il problema deve essere affrontato con interventi terapeutici diversi da quelli che noi possiamo decidere qui, illudendoci di essere in grado di affrontare contemporaneamente il problema dei trasporti su gomma e dei trasporti su rotaia. Quindi prendiamo atto del fallimento non solo della Giunta, ma del fallimento del ruolo delle Regioni, in questo caso del Piemonte, nel campo di una politica strategica come quella dei trasporti. E' l'ennesimo fallimento del ruolo delle Regioni, dell'incapacità di incidere con forza nelle decisioni che riguardano il sistema strutturale e il sistema di vivibilità della nostra regione.
Questo è il problema che dobbiamo avere ben presente e rispetto al quale non dobbiamo illuderci di poterlo risolvere, stante anche l'attuale quadro di situazioni istituzionale e politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Cercherò di essere breve, anche se sottolineo che gli interventi numerosi del nostro Gruppo indicano l'interesse che abbiamo verso il problema oggetto della relazione.
Non farò un intervento ecumenico, ma limitato ad un aspetto specifico anche se è legato strettamente al ruolo del Piemonte come regione cerniera tra Italia ed Europa. La Regione (Giunta regionale e Consiglio regionale) si è impegnata, in questo ultimo anno e mezzo, con una certa intensità al problema che riguarda il transito delle merci attraverso le Alpi (merci e passeggeri), con particolare riferimento alla nuova trasversale alpina che dovrà essere ad alta velocità. Il problema dell'alta velocità comporta una ricerca di soluzioni a breve e medio periodo per il transito delle merci attraverso le Alpi, alla luce anche delle decisioni assunte dall'Austria e di quelle mantenute dalla Svizzera.
E' già stato ricordato come l'incremento del transito di merci attraverso le Alpi ha già raggiunto i livelli previsti per il 2000, per cui il Piemonte è doppiamente interessato sia come parte del sistema Italia che vede di fatto un impedimento al transito libero delle merci attraverso le Alpi sia come unica regione italiana confinante con la CEE.
L'aumento di traffico, in particolare in Valle Susa, ha già raggiunto livelli inaccettabili; credo che quest'anno abbiano transitato più di un milione di automezzi attraverso il Traforo del Frejus. Con la chiusura del Brennero è prevedibile che un altro flusso venga a riversarsi sia in Valle Susa che verso il Traforo del Bianco. In questo modo superiamo i livelli ritenuti inaccettabili del Brennero, livelli che hanno spinto l'Austria a chiudere in parte, per adesso, il transito del Brennero ai TIR.
Devo sottolineare che su questi problemi, a differenza di altri, alcuni risultati, anche se limitati e parziali, sono stati ottenuti (grande trasversale alpina, problemi che riguardano il transito a breve e medio termine).
E' stato redatto dalle quattro Regioni CEE, più il Piemonte, Rhone Alpes, Baden Wurttemberg, Catalogna e Lombardia, un documento in cui si dà un'indicazione positiva per quanto riguarda la scelta strategica del Sempione. All'interno della stessa Lombardia sono sempre più numerose le forze che si orientano verso un potenziamento del Sempione-Lotschberg. E' caduta ormai l'ipotesi Spluga.
C'è un documento scritto del Ministro Bernini di integrazione del Piano Schimberni che testualmente recita: A differenza di pochi mesi fa - e questa è anche un'ammissione della scarsa attenzione prestata a questo gravissimo problema per il nostro sistema produttivo - sui valichi c'è chiarezza di intenti a livello internazionale, per quanto riguarda i nuovi valichi attraverso Svizzera ed Austria, essi sono il Sempione, il Gottardo ed il Brennero. Cade definitivamente per il Governo italiano la scelta dello Spluga e si riapre la questione delle grandi scelte sugli interventi operativi su questo versante".
Il documento stesso indica delle scadenze di progetti di fattibilità e scadenze progettuali. Ma anche questa è una confessione di inerzia da parte del Ministero e delle stesse Ferrovie italiane, perché i dati attinti sono quelli elaborati non in Italia, ma all'estero e cioè dal Governo svizzero oppure dall'Austria. In tutti questi anni il Ministero italiano e le Ferrovie italiane non hanno compiuto alcun studio serio su questo problema.
Pertanto, ben venga lo studio di fattibilità che la Regione Piemonte si è impegnata a portare avanti e che spero venga concluso entro breve tempo proprio per rilanciare la nostra iniziativa. Ricordo che sono aperte delle grosse questioni, innanzitutto il problema di carattere nazionale dello spostamento delle quote traffico merci da strada a ferrovia.
Prendo atto che il Ministro Bernini nel documento integrativo al Piano FS presentato da Schimberni assume questo impegno; ricordo però che questa era un po' la filosofia - mi corregga il collega Guasso se sbaglio - che stava alla base del Piano generale dei trasporti. Non ci furono azioni conseguenti rispetto a quella scelta in tutti questi anni n' da parte del Governo e nemmeno di fatto da parte dell'Ente Ferrovie Statali. Perfino l'ultimo Piano Schimberni non rispettava quella logica, se è vero come è vero che lo stesso Ministro Bernini ha detto che le indicazioni date non sono ancora state integralmente recepite dal piano presentato dalle FS.
Questo per dire che c'è ancora molto da fare per recuperare il terreno perduto su questo fondamentale problema.
Ricordo anche - l'Assessore Mignone era presente con me e il Consigliere Ratti al convegno di Francoforte che mentre i tre Ministri di Germania, Svizzera e Austria, ribadivano con forza la scelta di potenziare le proprie ferrovie (siamo in presenza di Paesi che hanno già una quota ferroviaria di traffico merci del 35% più il 15% di navigazione interna mentre noi siamo intorno al 10%), il Ministro Santuz non tanti mesi fa non manifestava la stessa volontà. Rivendicava, anzi, una differenza del nostro sistema dei trasporti e chiedeva comprensione agli altri partner della CEE.
Di fatto considerava le distorsioni del nostro sistema dei trasporti come se fossero un dato immutabile. Il Ministro Santuz infatti si limitava a chiedere alla Svizzera di aprire un nuovo corridoio autostradale sul Gottardo non ponendosi per nulla il problema del potenziamento a breve e medio termine del traffico ferroviario; ricevette in quella sede un rifiuto netto da parte del Ministro svizzero. Non si poneva perciò questi problemi carenza che pesa ancora adesso nonostante le intenzioni manifestate dal Ministro Bernini. Voglio ribadire che non fu solo Santuz a non porsi il problema in quella sede dello spostamento delle quote di trasporto merci da gomma a ferrovia, ma anche una grossa rappresentanza del mondo produttivo italiano non si pose quel problema. Il Presidente della Camera di Commercio di Milano, che è anche Presidente della Intercamere nazionale, diceva espressamente che l'attuale sistema dei trasporti - ribadiva ciò pochi mesi fa a Francoforte - va assunto come tale e chiedeva che la CEE premesse sulla Svizzera per avere un nuovo corridoio autostradale del Gottardo.
Questi personaggi hanno dunque dimostrato scarsa lungimiranza in quanto in quella sede non hanno ottenuto altro che un netto rifiuto. L'unica preoccupazione manifestata dal rappresentante le componenti produttive del sistema italiano era che circa 2 miliardi di tonnellate/chilometro di merci erano costrette, per limitazioni svizzere, ad aumentare di 300 chilometri il percorso tra nord e centro Europa per arrivare in Italia. Ora, nemmeno questi 300 chilometri in più sono sufficienti per permettere fino in fondo questo transito e noi rischiamo di trovarci nelle nostre vallate con un aggravio ulteriore rispetto al passato.
Questo per dire che il resto del mondo produttivo, di fatto, su questa grande questione del transito attraverso le merci mi sembra che sia stato in gran parte alla finestra a guardare. Occorre quindi un'iniziativa da parte della nostra Regione, ma anche da parte delle altre Regioni interessate al transito attraverso le Alpi, per coinvolgere questa parte della società italiana in modo da affrontare seriamente il problema.
L'atteggiamento ancora attendista del sistema produttivo italiano è incomprensibile se teniamo conto che il transito di merci internazionale attraverso i valichi ormai è egemonizzato da vettori esteri al galoppo.
Infatti in quattro o cinque anni siamo passati da una quota di più del 50 di vettori italiani ad oltre il 70% di vettori gestiti da stranieri. Tutti conosciamo l'interdipendenza esistente all'interno di questo settore ed è evidente che la posizione di monopolio di vettori stranieri avrà influenza anche sui trasporti nazionali. Siamo di fronte ad imprese estere che sono più agguerrite sia per quanto riguarda l'organizzazione aziendale sia per quanto riguarda la promozione. Pertanto, non capisco l'atteggiamento dell'apparato produttivo italiano, che non favorisce il mantenimento di quote di mercato di operatori italiani. In questi ultimi anni al ritmo del 4-5% la quota di mercato di transiti alle frontiere è passato dagli italiani agli stranieri. Questo è un problema che io sottopongo all'attenzione della Giunta, ma anche del Consiglio perché su questi problemi c'è sempre stata un'iniziativa unitaria ed è fondamentale coinvolgere il mondo produttivo su tale questione.
Il secondo problema è inerente i finanziamenti. E' vero che il piano delle Ferrovie Statali rischia di rimanere sulla carta. Infatti lo stanziamento iniziale era di 59.000 miliardi, successivamente di 75 80.000, ma di fatto la legge finanziaria 1990 riguardante gli anni 1991 e 1992 prevede per l'alta velocità, per il Mezzogiorno e i valichi, 250 miliardi nel 1990, 400 nel 1991 e 700-800 nel 1992. Ebbene, con queste cifre non si può realizzare praticamente nulla, per cui di fatto - al di là dei documenti - il problema slitta di altri anni, mentre i problemi che esaminiamo acquistano sempre più la dimensione dell'urgenza. Ecco perch anche in questo senso occorre un'iniziativa in parte già avviata della Regione con le Commissioni parlamentari dei Trasporti di Camera e Senato affinché questi programmi siano effettivamente finanziati, altrimenti il piano delle Ferrovie rimarrà nei cassetti non si sa per quanto tempo.
Il terzo problema, legato strettamente ai precedenti, è quello sull'adeguamento delle linee di adduzione ai valichi per poter trovare una soluzione a breve o medio termine per quanto riguarda il transito delle merci. Le questioni, per quanto ci riguarda, sono tutte sulla direttrice del Sempione; da Domodossola a Iselle la linea non si presta al transito come propone la Svizzera - di TIR caricati sul treno a Basilea e che possono essere scaricati in Italia.
Occorre poi raddoppiare la linea Arona-Vignale anche in prospettiva del collegamento Sempione - porti liguri, sicché serve anche al Gottardo ed è indispensabile e può essere realizzato con pochi miliardi rispetto ai 560 già investiti. Occorre inoltre adeguare lo scalo di Domo 2 perché possa ricevere i TIR che vengono caricati a Basilea e scaricati in Italia; questi interventi però non sono previsti nei programmi delle Ferrovie Statali.
L'incontro che abbiamo avuto con il Capo Compartimento di Milano, ing.
Rizzotti, ha chiarito questo punto che è un nodo fondamentale. Occorre quindi che la Regione anche su queste questioni riprenda l'iniziativa.
Pertanto diventa prioritaria la questione di garantire il transito a breve e medio periodo sul Sempione perché è l'unica soluzione che si presenta attualmente, in quanto il Gottardo di fatto è già intasato, viene infatti utilizzato, rispetto ai parametri ufficiali, al 129% della propria potenzialità per cui se si vuole trovare una soluzione ai blocchi introdotti dall'Austria, occorre trovarla sulla direttrice del Sempione.
Concludo, saltando evidentemente altre grosse questioni, ribadendo che diventa prioritario portare avanti anche il problema del collegamento Europa centrale - Sempione - porti liguri con interventi organici. Uno di questi è il raddoppio della Arona-Vignale, un altro è il potenziamento della Domodossola-Novara, un altro ancora è quello del problema di un nuovo valico dell'Appennino verso i porti liguri.
Altro problema da affrontare interessa il collegamento del sud del Piemonte verso la Francia aprendosi alla Spagna e all'Europa. Il tempo a mia disposizione è terminato per cui termino qui il mio intervento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione dell'Assessore Mignone è stata molto puntuale e precisa (quella scritta l'ha illustrata brevemente). Mi pare però che si tenda in questi tipi di relazione, quasi seguendo la scuola di Vattimo del pensiero debole, a fare un buon compitino. Avrei ritenuto utile che ci potesse essere in questi casi la possibilità di vedere, o perlomeno di intuire, quale fosse la dimensione strategica sulla quale collocarci e quale fosse il carattere progettuale dei nostri interventi. Certamente c'è un filo conduttore, ma stento a ritrovare quelle tre o quattro grosse idee di trascinamento che potrebbero essere utili per poi far convergere il lavoro specifico e di dettaglio.
Credo che un elemento di fondo che può sembrare banale, ma forse se lo si pratica lo diventa meno, sia quello di utilizzare al meglio il trasporto su rotaia sia per il trasporto di persone che di merci, compiendo questa azione miniminizzando l'impatto ambientale in tutti i suoi aspetti. Si enfatizza - a parole bene, ma poi nella pratica ci sono alcuni limiti - la necessità di trovare un'integrazione tra i vari sistemi di trasporto e di dare a questi nostri lavori non una divisione per capitoli, ma una visione sistemica dove se ne colgano le interrelazioni precise perché il sistema dei trasporti è a vasi comunicanti.
Mi riferisco alla intermodalità, al problema della polemica vecchia del non perfetto raccordo degli orari tra trasporto su gomma e trasporto su rotaia, credo ancora in una visione sistemica che non è in grado di misurarsi adeguatamente alla valutazione dei costi. Oggi, ad esempio nell'alternativa tra il trasporto su gomma e trasporto su rotaia difficilmente si analizza che quest'ultima provoca, per esempio, una riduzione della velocità media commerciale di trasporto sulla rete viabile che richiede investimenti aggiuntivi nella viabilità ordinaria investimenti ampiamente ammortizzabili nel settore ferroviario. Il collega Reburdo in precedenza faceva l'esempio della linea Airasca-Saluzzo struttura che è stata ampiamente ammortizzata. In questo senso ritengo che occorra avere il coraggio, dinnanzi alle varie scelte alternative, di pretendere una valutazione dei costi che tenga conto degli impatti ambientali (inquinamento acustico e così via). La linea Airasca-Saluzzo che è stata chiusa poteva essere un asse di comunicazione anche per il trasporto merci, con pochi chilometri di raccordo con il Centro intermodale di Orbassano avrebbe potuto costituire un asse importante nel sud del Piemonte per lo sbocco di merci.
Nella valutazione delle scelte devono essere considerati vari elementi la minimizzazione dell'impatto ambientale, l'inquinamento acustico e la sicurezza. E' evidente che facendo una scelta alternativa, per esempio, che privilegi il trasporto su gomma anziché su rotaia, non si tiene sufficientemente conto del problema delle sicurezze e dell'impatto territoriale, ecc., come risulta, per esempio, dal quadruplicamento tra Chivasso e Settimo, con lo sbrecciamento di paesi come Brandizzo (problema che già il collega della Lista Verde Civica aveva evidenziato stamani). Nel quadruplicamento in asse non sono stati mai tenuti in debito conto i costi e il fatto che per molti anni verrà rallentata la velocità commerciale di una comunità nel movimento tra est ed ovest della città, mi riferisco, per esempio, agli interventi necessari in Piazza Statuto; scelte che probabilmente vanno fatte in quella direzione, ma non si ha molta chiarezza dei costi.
Anche per quanto riguarda l'alta velocità, credo che questa scelta non possa essere assunta sulla base di una pura visione efficientistica senza tener conto dei raccordi. La richiesta della Valle d'Aosta di realizzare l'alta velocità con il raccordo Santhià-Ivrea e successivamente un ipotetico tunnel era stato uno dei cavalli di battaglia, ma quel tipo di scelta era stata assunta scaricando i costi di impatto ambientale ad una comunità, senza che questa ne potesse ricavare alcun beneficio.
Sul quadruplicamento in asse, quindi, occorre oggi capire quelli che sono gli impatti ambientali; l'esempio precedente di Brandizzo dimostra come una comunità che si è atteggiata nel suo sviluppo urbanistico sobbarcandosi l'onere nel passaggio di due binari, oggi sarebbe una città che dovrebbe essere sbrecciata per questo tipo di scelta.
Anche sui 500 chilometri di ferrovie a minor traffico c'è il rischio di perdere di vista quelle che possono essere le economie che si determinano se l'approccio è tradizionale e classico come abbiamo avuto modo di constatare dal 1985 in poi. Il rischio grosso che si corre è quello di continuare a favorire la polarizzazione, quindi la struttura stellare del sistema ferroviario piemontese su Torino. Dobbiamo anche pensare che esistono bacini socio-economici molto importanti che dovrebbero vedere anche dei momenti di raccordo, penso all'area dell'Eporediese con l'area dell'Alto Canavese. Voglio sottolineare che c'è il rischio, sulla vicenda dei 500 chilometri di ferrovia a minor traffico, di avere un approccio apparentemente efficientistico, in quanto la valutazione dei costi è scorretta e limitata e non tiene conto che ormai la struttura stellare delle ferrovie che convergono su Torino è limitativa e riduttiva rispetto alle possibili sinergie che si potrebbero determinare tra bacini socio economici esistenti. Quali, ad esempio, quelli classici dell'Eporediese e dell'Alto Canavese, che praticamente confluiscono su Torino, ma che invece potrebbero trovare, probabilmente anche con il Biellese, delle economie di rapporto tra bacini.
Per quanto riguarda le ferrovie in concessione con la Canavesana - con l'ipotizzato attestamento su Rivarolo si rischia di non tenere conto di una valutazione dei costi diversa, più moderna, più globale, si fa una valutazione ferroviaria rigida, limitata, del trasporto su gomma per l'altro asse, ma altri elementi di costo non riescono mai ad entrare.
Pertanto credo che occorra far prevalere più che una cultura della caccia alla spesa, dell'aggressività a poter avere i fondi, una cultura che guardi alla qualità della spesa; ovviamente è necessario recuperare i fondi in modo adeguato, ma è altrettanto necessario utilizzarli in modo estremamente equilibrato. Oggi assistiamo al tentativo di un recupero di possibilità di spesa in quanto tale più che, prioritariamente caratterizzare queste esigenze con degli indirizzi sui quali poi collocare le varie esigenze finanziarie che si determinano e tentarne un recupero.
Non mi voglia male l'Assessore se in apertura ho accennato al pensiero debole. Ma c'è il rischio di fare sempre un compito perfetto da 6/7 con tutti i punti e tutti i capitoli perfetti. Forse oggi questo lo dobbiamo considerare quasi scontato, abbiamo bisogno di qualche indirizzo, avere qualche idea sulla quale la comunità, le altre amministrazioni, le forze sociali, le energie di questa società possano in qualche modo far convergere le loro idee e le loro energie per raggiungere degli obiettivi adeguati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guasso.



GUASSO Nazzareno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, per il rispetto che porto a questo Consiglio e ai colleghi e poiché avverto anche la pesantezza e la lunghezza di questo dibattito, alle considerazioni egregie e condivisibili espresse dai miei compagni di Gruppo mi limiterò a tre sottolineature.
Però, proprio in questo clima di rispetto che ognuno di noi deve all'aula, al Consiglio e ai singoli, voglio considerare che l'impegno che il Gruppo comunista ha messo in questa discussione è anche dato da elementi di fatto, oggettivi, da scadenze che non siamo stati in grado di rispettare o da scadenze che altri faranno valere.
Cosa voglio dire? Voglio dire che noi avremmo dovuto chiudere questa legislatura con la presentazione del secondo Piano regionale dei trasporti: così non sarà; il secondo Piano regionale dei trasporti non vedrà la luce in questa legislatura. Mi auguro e auguro a coloro che arriveranno con la prossima legislatura ad interessarsi di un problema così grosso come quello dei trasporti, di poter raccogliere tutto ciò che di positivo in questi cinque anni si è verificato e che quel poco che è venuto avanti possa permettere di andare alla stesura del secondo Piano regionale dei trasporti. Ci sono precise scadenze nazionali ed europee: da qui l'impegno per questo tipo di dibattito, che può apparire anche sproporzionato nei confronti di altri argomenti che sono all'o.d.g., ma questa è una delle cause che ci ha visto esprimere questo tipo di impegno.
Svolgerò quindi solo tre risottolineature, perché le questioni sono già state poste dai colleghi Chiezzi, Calligaro e Biazzi per ciò che riguarda il mio Gruppo.
Primo: è in atto una discussione sulla revisione del Piano generale dei trasporti.
Secondo: si ventila la possibilità di fare decollare dei nuovi piani di investimento delle FS.
Terzo: in rapporto a queste questioni ci devono essere le nostre proposte.
Voglio schematicamente tornare su queste tre questioni, perché mi pare che noi dobbiamo puntare ad un progetto preciso di proposte prioritarie e di scelte attorno alle quali poi fare le battaglie necessarie ai vari livelli per acquisire dei risultati.
Mi soffermo sulla prima questione. Assessore Mignone, io apprezzo il suo lavoro e quello degli uffici, ma noi andiamo a discutere nel nostro Paese di una revisione del Piano nazionale dei trasporti; di un Piano che non è mai decollato, che non è mai stato realizzato, che non ha mai avuto le gambe per camminare sia sul piano dei flussi finanziari, sia sul piano degli strumenti. E' difficile rivedere una cosa che non esiste, che non è stata sperimentata nella realtà, che non ha decollato, quindi mi pare anche un po' pretestuoso voler andare a rielaborare, in base alle questioni nuove o vecchie che vengono avanzando, una cosa che non c'è, se non un bel libro un bel volume su cui c'è stato il placet del Parlamento, che è in qualche libreria, da qualche parte. Mi sono chiesto in questi anni perché questo Piano generale dei trasporti, che aveva visto in Parlamento l'adesione di tutte le forze politiche, non sia andato avanti, non sia decollato: solo perché sono cambiati tanti Ministri dei Trasporti (anche questo è vero, in Italia nessuno vuole fare il Ministro dei Trasporti oppure dopo un anno scappa) o solo perché c'è stato lo scandalo delle ferrovie o solo perché ci sono le pressioni - io non mi scandalizzo - "degli autostradali" o perch c'è stata un'incapacità delle Regioni di fare proprio quel Piano? A questa questione devo dare una risposta prima ancora di porci il problema e di andare ad una revisione del Piano generale. Credo che ci sia stato tutto questo, ma il perché non sia decollato quel piano che oggi si vuole rivedere e non si capisce come e dove rivederlo c'è un motivo di fondo e l'Assessore lo sa: quel piano poneva al centro di una nuova politica dei trasporti la ferrovia, l'intermodalità, la soluzione dei trasporti nelle aree urbane. Queste erano le tre questioni portanti di quel piano.
Il sistema ferroviario diventava per la prima volta la scelta prioritaria di piano, l'integrazione e l'intermodalità diventavano le scelte del sistema, il trasporto nelle grandi aree metropolitane, che sono poi il blocco di tutto il sistema, diventava il nodo da sciogliere, lo spostamento consistente di quota parte di trasporto delle merci dalla gomma alla rotaia diventava l'obiettivo di quel piano.
Per questo il piano non è decollato. E il piano non decollò quando nella finanziaria 1987/1988, se non vado errato utilizzando l'art. 5 bis della 531, lo Stato metteva a disposizione 27.000 miliardi per le società autostradali. Prima di andare ad una revisione del piano, bisogna che ci poniamo il problema di far rimettere in moto quel piano, di garantire che le sue scelte prioritarie siano riaffermate con forza e di lì ripartire.
Se riconfermiamo che il Piano generale dei trasporti in Italia deve avere come priorità la scelta della ferrovia, come struttura portante del sistema integrato ed intermodale, non è la stessa cosa mettere in alternativa la scelta del terzo valico, traforo autostradale o traforo ferroviario. Non è la stessa cosa parlare anche qui del traforo della Scala, della bretella della Malpensa, della grande circonvallazione stradale intorno all'Appennino ligure-piemontese e poi dire che siamo per un rilancio del sistema ferroviario. Non è possibile avere tutto. Mi preme mettere in chiaro quali sono, secondo noi, le scelte particolari e generali che possono far parte di un disegno, di un progetto complessivo, che la Regione Piemonte rivendica al fine di rilanciare tutto il sistema ferroviario. I Consiglieri Chiezzi e Biazzi ricordavano che due dei temi di queste scelte fondamentali sono i valichi e l'alta velocità. I valichi diventano decisivi per noi in rapporto al fatto che la stessa nostra collocazione geografica ci obbliga ad essere l'unica frontiera con l'Europa comunitaria e qui le tre punte fondamentali Sempione, Francia, Torino Lione, terzo valico internazionale, diventano dei punti irrinunciabili nella nostra iniziativa. Diventano dei punti irrinunciabili anche con tempi diversi.
L'interesse piemontese per il Sempione è condizionato al fatto che ci sia un raccordo diretto Sempione-Liguria attraverso il Piemonte. Il terzo valico appenninico ferroviario proposto dall'Assessore Mignone è decisivo per il Piemonte se è collegato a questa scelta, e non sulla direttrice proposta, Genova - Milano - Sempione, perché a quel punto Rivalta Scrivia la cancelliamo, idem per Alessandria come retroterra dei porti liguri, e Novara-Boschetto sarà un grattacielo nel deserto di cui non sapremo cosa fare.
Anche nei rapporti fra Torino e la Francia ci sono dei tempi diversi: la battaglia va data. Il raccordo con il TGV noi potremmo già averlo domani: basterebbe obbligare le Ferrovie italiane ad usare dei mezzi adeguati a raggiungere Chambery in questo collegamento con la Francia. Se guardiamo al futuro possiamo già pensare che in questa zona si faccia un traforo ferroviario sotto il Moncenisio da Susa, ristabilendo una grande direttrice da Torino al centro dell'Europa, e dal Piemonte sud verso la Francia, la Spagna ed il Portogallo. Guardiamo al 2000! E soprattutto guardiamo alle priorità.
Quando pongo la questione di puntare ad un traforo ferroviario come terzo valico nel Piemonte sud, mi ripropongo contemporaneamente il problema che la linea Cuneo - Asti - Casale di fronte a quel tipo di traforo pu rappresentare un raccordo tra la Francia del sud e l'Adriatico. La linea Cuneo - Nizza - Ventimiglia la definirei tutta turismo, cioè una linea adeguatamente organizzata che sia in funzione di una politica del turismo sul fronte piemontese italiano e cuneese, sul fronte francese e in parte ligure. E' meglio precisarli questi particolari per non fare poi la fine che abbiamo fatto con le autostrade: nessuno le voleva ed alla fine abbiamo il più ampio ed articolato sistema autostradale, oggi quasi all'intasamento.
Il discorso dell'alta velocità posto in questi termini si connette al corridoio Torino - Milano - Venezia ed il quadruplicamento di Torino con la circolare esterna rappresentano delle strutture che non si contrappongono tra di loro, ma che stanno in questo disegno complessivo. E' illuministico? E' probabile, ma non troppo.
Anni fa il Presidente Rossa non poteva pensare di passare sotto il tunnel della Manica, con due tubi lunghi più di 49 km su cui viaggeranno dei treni a 250 km l'ora: treni che costruiscono le industrie italiane. Noi stiamo ancora a pensare cosa faremo per il canale di Messina, ma il mondo guarda in avanti. Se vogliamo guardare a questo disegno, che dovrebbe essere quello prioritario, ricordiamo che siamo già la seconda Regione sul piano della struttura delle strade. Abbiamo da completare il raddoppio montano della Torino-Savona ed abbiamo da completare la Rivoli-Susa punto e basta e se la priorità è quella del sistema ferroviario lo dobbiamo dire con estrema forza e chiarezza ed attorno a quella priorità disegniamo anche un po' di futurismo.
In questo contesto credo sia giusto, come in parte fa l'Assessore Mignone, mettere in risalto che ci sono altre direttrici vecchie e nuove per migliorare e potenziare i servizi alle persone e alle merci (mi riferisco alla Torino - Genova - Roma, alla Torino - Alessandria - Bologna e alla Torino - Savona) e che ci sono anche cose nuove che non possono essere disperse.
Assessore Mignone, una cosa è il terzo valico appenninico ferroviario altra cosa è la strana circonvallazione tra l'Appennino ligure e piemontese. Se la scelta è quella deve essere quella, e se la scelta è ancora quella di andare avanti con una medio-padana, da Torino a Casale Pavia e ci porti verso l'Adriatico diminuendo il traffico soprattutto delle merci sulla Torino - Milano - Venezia, deve essere riconfermata. Se la scelta è quella del traforo ferroviario del Piemonte sud si rilancia il discorso sulla Cuneo - Asti Casale - Mortara - Pavia verso Ferrara o verso Venezia. Capisco che bisogna stare con i piedi per terra, ma occorre anche avere il coraggio di guardare al domani. I francesi sono partiti con l'alta velocità con la linea Parigi-Lione e a quei tempi non potevano che pensare ad una linea soltanto di persone. Quell'esperimento ha portato oggi la Comunità a disegnare un progetto di alta velocità non solo per persone, ma per persone e merci in tutta Europa in rapporto al tunnel della Manica, in rapporto alle nuove tecnologie che vengono avanzando, in rapporto alle nuove sperimentazioni, ecc.
Abbiamo anche cose più a nostra portata. Sono d'accordo con i colleghi Reburdo e Tapparo, in questi cinque anni questo Consiglio una cosa l'ha fatta: ha sconfitto il Governo e l'Ente FS facendo rimangiare loro il famoso protocollo d'accordo del dicembre 1986 sui 500 km di linea che dovevano essere tagliati. Ne abbiamo persa una sola, ma indegnamente. In merito abbiamo lavorato fino a presentare dei progetti di ammodernamento di rinnovamento e di razionalizzazione di ogni singola linea, progetti approvati anche dalle organizzazioni sindacali (lo cito perché uno dei primi elementi di razionalizzazione era purtroppo la riduzione del personale che pesava profondamente su queste linee). O imponiamo che questi progetti vengano attuati oppure abbiamo lavorato per la storia, perch quelle linee non rappresenteranno le strutture portanti di un sistema ferroviario che è locale, regionale, nazionale ed internazionale.
Infine, dato che forse sarà una delle ultime volte che intervengo in chiusura di questa legislatura sulla questione dei trasporti, ripropongo un'ultima questione. Modifico una mia vecchia remora, forse è il momento di puntare, nel nostro ambizioso progetto, alla costruzione di un ampio sistema metropolitano del ferro. L'Assessore Mignone aveva parlato di un'azienda regionale del ferro, io continuo ad avere dei dubbi, ma se vogliamo ritornare a prendere appieno l'insegnamento di Cavour è proprio il suo disegno sulle ferrovie che ci consente di rilanciare questa discussione, cioè come sono disegnate le ferrovie nell'area metropolitana torinese in un'area molto larga. Noi possiamo pensare ad un vero e proprio sistema metropolitano del ferro che ha al suo nodo lo sblocco portato dal quadruplicamento e dalla circolare esterna per far passare merci e domani l'alta velocità e che ha un raccordo organico già ormai tracciato geograficamente dai tempi di Cavour, dalla Torino - Ceres, dalla Canavesana, dalla Torino - Pinerolo, dalla Chieri - Trofarello dall'Airasca - Saluzzo - Cuneo e dalla Chivasso - Ivrea. Un sistema integrato organicamente con la metropolitana torinese. Un sistema metropolitano del ferro che non risolve i problemi del rapporto di tutte le nostre città e se pensiamo anche ad altre linee di forza e di trazione ritroviamo Alba, Asti, Casale, raccordi che inseriti su altre direttrici fanno del sistema ferroviario il nodo di una vera e nuova politica dei trasporti.
Però occorre rinunciare ad altre cose, occorre dire qual è la scelta dire che la Regione Piemonte sceglie il rilancio del sistema ferroviario come struttura portante di un nuovo sistema dei trasporti integrato ed intermodale e in rapporto a questo disegniamo una carta del futuro.
Facciamo come hanno fatto in Europa, tutte quelle linee non le faranno domani, le faranno nei prossimi dieci-quindici-venti anni, ma guardiamo al futuro. Nell'800 quando Cavour e coloro che governavamo a quei tempi scelsero la ferrovia come strumento dello sviluppo della collettività della produzione, delle merci, ecc., fecero una scelta intelligente e di sviluppo. Noi lo dobbiamo fare nel 2000, altrimenti abbiamo perso.
Metteremo dei rattoppi qui e là, ma questo nostro Piemonte non riuscirà ad assolvere alla sua funzione di cerniera verso l'Europa e non contribuirà a fare in modo che l'Italia stessa non diventi un Paese da Terzo Mondo in un'Europa che ormai non è più così piccola come era fino ad un anno fa, ma incomincia ad essere un'Europa che a breve probabilmente andrà dall'Atlantico agli Urali.



PRESIDENTE

A conclusione del dibattito ha facoltà di replicare l'Assessore Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, innanzitutto ringrazio i Consiglieri intervenuti perché hanno confermato l'attenzione di questa Regione ai problemi che sottendono alla modesta, ma puntuale relazione che la Giunta ha presentato. Rivolgo un particolare ringraziamento al Gruppo comunista non solo per la quantità, ma anche per la qualità degli interventi che hanno testimoniato una grande attenzione a questo problema.
Ovviamente molte sono le suggestioni che emergono dagli interventi succedutisi, probabilmente su alcuni non sarò in grado di dare delle risposte puntuali, per cui mi scuso in anticipo; cercherò comunque di cogliere gli aspetti salienti. Innanzitutto rilevo una certa ambivalenza di giudizio fra chi ha detto che era una relazione che guardava troppo in generale al futuro, e chi invece sosteneva che era scarsamente proiettata verso il futuro. Se facessimo una media potremmo dire che si è trattato di una relazione che ha cercato di rappresentare l'esistente, cercando di dare anche delle indicazioni immediate, ma che non ha dimenticato di delineare alcune grandi strategie.
Credo peraltro che si debba riconoscere alla Giunta e al Consiglio come in questa occasione e in poche altre abbiano cercato di focalizzare l'attenzione su un problema di grande rilevanza, non soltanto per la mobilità delle persone e delle merci, ma per l'intero sistema economico e sociale.
Si deve tuttavia riconoscere che in questo documento vi è una serie di riflessioni generali che vanno nella direzione diversa rispetto ai rilievi che sono stati mossi. Infatti nella premessa vi sono almeno due o tre indicazioni di un percorso diverso da quello che qualcuno ha inteso riconoscere nell'azione complessiva della Regione. Vi è anzitutto una risottolineatura - se mai ve ne fosse bisogno dal momento che già nel documento del 1987 l'avevamo richiamato - di come un sistema efficiente e moderno di infrastrutture di comunicazione fosse fondamentale per assicurare la competitività e la concorrenzialità al nostro sistema economico e produttivo. Si richiama quindi la stretta interdipendenza che vi è tra il sistema dei trasporti nel suo complesso e il mondo produttivo.
Vi è in modo molto netto una seconda sottolineatura della priorità al trasporto ferroviario nell'affrontare i problemi della mobilità delle persone e del trasporto delle merci.
Ci sono altri punti importanti, ad esempio, il fatto che noi trattiamo una materia che ha come ente gestore un ente che è sottratto ad una qualche forma di controllo, di subordinazione o di richiamo anche programmatorio rispetto alla Regione; questo fu oggetto di diverse battaglie. Il collega Guasso ricorderà certamente quando si parlava del sistema ferroviario regionale. Questa definizione è suggestiva di forti richiami, è una frase non innocua che deve essere colta nelle sue potenzialità: noi dicevamo che bisognava andare ad una modifica della legge n. 151 che richiamasse alla competenza delle Regioni tutto il trasporto di interesse regionale, ivi compreso quello ferroviario al di là del soggetto gestore di tale servizio.
In queste brevissime premesse credevo vi fosse un'indicazione politica strategica di questa Giunta nel dare una priorità al trasporto ferroviario.
E' stato detto che vi sono anche indicazioni che sostengono il sistema stradale. Credo che questa sia una falsa dicotomia e che in realtà in Piemonte noi abbiamo ancora bisogno di completare alcuni collegamenti di rango internazionale e soprattutto di ammodernare il nostro sistema stradale rendendolo più sicuro. A riguardo vi sono alcuni dati che debbono far riflettere: l'Italia ha un rapporto di chilometri di strade ogni mille abitanti di 5,3 che è il rapporto più basso dei Paesi della Comunità Economica Europea, quando di converso il numero di veicoli circolanti per chilometro di strade è il più alto d'Europa. Questo vuol dire che esiste un problema sul piano della messa in sicurezza e dell'adeguamento della nostra viabilità che non può non essere riconosciuto.
Noi abbiamo cercato di sviluppare una relazione che si ponesse l'obiettivo di presentare un quadro dell'esistente e delle prospettive su una modalità di trasporto. Noi sappiamo che non è un compartimento a s stante e che va visto insieme ad altri aspetti, ma sulla intermodalità e sull'armatura dei centri intermodali del Piemonte questo Consiglio ha già avuto modo di intervenire. Anche sul sistema complessivo della viabilità dovremo soffermarci, così come sul discorso dei piani di bacino per l'integrazione del trasporto pubblico su ferro e su gomma. Su questo si riscontrano alcuni ritardi delle Amministrazioni provinciali nell'approntare gli schemi di piano provinciale che sono quelli che ci impediranno sostanzialmente di riuscire a concludere in questa tornata legislativa l'iter del piano dei trasporti.
Noi siamo comunque nelle condizioni, mettendo assieme gli argomenti già discussi con quello della viabilità ancora da affrontare, di avviare, prima della fine della legislatura, un confronto sulle famose dieci pagine in cui sono indicate le grandi opzioni ferroviarie e stradali.
Per quanto riguarda poi il discorso dei corridoi plurimodali - che noi condividiamo - occorre tenere presente la pluralità di modalità di trasporto che si dispiegano nei vari corridoi. Esiste anche la questione del PGT, il cui decreto ministeriale non ha ancora avuto leggi di attuazione. Oggi si parla di aggiornamento (può essere un escamotage) come Regione Piemonte abbiamo chiesto al Ministro Bernini l'aggiornamento del PGT. Il nuovo PGT sarà efficace intanto se attiviamo il famoso CIPET che è una struttura importantissima di confronto fra istituzioni per la definizione della programmazione, ma soprattutto se il PGT non si limiterà ad essere soltanto un piano dei trasporti ferroviari intermodali, ma un piano dei trasporti ferroviari e della viabilità, cioè se riconduciamo all'interno del PGT anche il piano decennale, quello che ne è rimasto o quello che dovrebbe essere. Dobbiamo muoverci in questa direzione. In realtà, in cinque anni non abbiamo visto grandi cose. Intanto credo che su alcuni argomenti si sia andati avanti, magari forse più sul piano della viabilità che su quello delle ferrovie. Qualcuno ha ricordato che il quadruplicamento è partito e poi si è bloccato, ma l'aspetto negativo non ci deve far velo rispetto a quel poco o tanto che è andato avanti in termini positivi.
Inoltre, credo sia importante ragionare sulle grandi opzioni. Forse abbiamo dimenticato che le indicazioni legislative programmatorie dello Stato solo fino a due anni fa in tema di grandi comunicazioni non facevano cenno al Piemonte, ma erano riferite allo Spluga; oggi si deve dare atto che siamo in una situazione diversa per cui non si parla più soltanto di Spluga, ma anche di Brennero e Sempione.
Il discorso dell'alta velocità si è ripreso e vi è una condivisione nazionale nel legare l'alta velocità italiana alla rete francese attraverso Torino. Nel documento, che martedì la Commissione Trasporti della Camera dovrebbe approvare, è riportata una frase importante con la quale si chiede "che venga attivata in modo prioritario sia la progettazione esecutiva del nuovo valico del Brennero, dando corso contestualmente allo studio di fattibilità del Sempione, sia la realizzazione degli interventi che fluidificano gli attuali assi di accesso e di sostegno ai valichi".
Questo nasce da una forte azione svolta dal Consiglio nella sua totalità che rappresenta un risultato positivo. Noi riteniamo importante questo collegamento nella misura in cui è collegato al sistema dei porti liguri. Si può riconoscere alla Giunta regionale di essere stata fra le prime a porre la questione della linea del Sempione che rientrava tra gli obiettivi condivisi e sostenuti dalla Regione Piemonte poiché stava dentro il corridoio plurimodale tra i porti dell'alto Tirreno e il nord Europa. E' per questo che abbiamo sempre sostenuto, insieme all'ammodernamento del Sempione, l'ipotesi del terzo valico appenninico. Noi non abbiamo ancora abbandonato l'idea del raddoppio di una linea ovadese, abbiamo chiesto delle priorità e posto molta cautela nella valutazione della linea Genova Milano, tant'è che nel documento è scritto che può avere un senso per il trasporto merci solo se si lega direttamente alla linea Alessandria-Torino.
Ma noi stiamo facendo di più, stiamo lavorando per realizzare un documento assieme alla Regione Lombardia (la quale, costretta dai fatti, è d'accordo) in cui si dica esplicitamente che gli interporti di Novara Boschetto e di Rivalta Scrivia sono anche a servizio dell'interscambio merci della Regione Lombardia. Domani a Milano si svolgerà una riunione tecnica che speriamo definisca un documento che vada in questa direzione.
Anche per il Sempione occorre fare delle precisazioni. Noi abbiamo scritto nei documenti che è necessario l'adeguamento delle gallerie, perch la soluzione transitoria degli svizzeri, pure interessante, ci spaventa perché se non adeguiamo le gallerie e le linee che portano al Sempione si corre il pericolo di intasare la Valle Ossola con i TIR. Pertanto all'interno dei documenti ferroviari è previsto non soltanto l'adeguamento delle gallerie della linea Gallarate-Domodossola, ma anche l'elettrificazione della linea Domodossola - Borgomanero - Vignale. Questo è importante anche per Torino, se la pensiamo collegata alla linea Santhià Arona, perché consentirebbe di entrare in Santhià e nell'interporto di Orbassano.
Mi soffermerò ora sulle linee a scarso traffico. All'interno dei Piano delle Ferrovie vi sono circa 376 miliardi scaglionati fra il 1991 e il 1994 per interventi di ammodernamento delle linee a scarso traffico; ma nel frattempo stiamo già lavorando con le Ferrovie e con i Comuni per la soppressione di alcuni passaggi a livello. Abbiamo in Piemonte una decina di enti locali che assieme alle Ferrovie stanno lavorando per la chiusura o la creazione di sovrappassi o di strade laterali, così come stiamo ancora approfondendo assieme alle Ferrovie la possibilità di realizzare delle società miste che subentrino nell'esercizio. Proprio l'altro giorno vi è stato un incontro a Roma con il dott. Vaciago, che è l'alter ego del dott.
Schimberni per le Ferrovie, e vi è stata una disponibilità delle Ferrovie a partecipare a questa società anche attraverso il conferimento del patrimonio immobiliare esistente sulle singole linee. Crediamo che questa iniziativa potrebbe trovare una prima applicazione nel piano del ferro nell'area metropolitana. Credo che in questa area vi siano occasioni di integrazione tra i vari aspetti della gestione del ferro che potrebbero consentire un discorso concreto attorno all'ipotesi di un servizio ferroviario di area metropolitana realizzato e gestito attraverso delle società miste, che vedano il coinvolgimento diretto della SATTI, anche se è una società che dovrebbe cercare di potenziare le proprie capacità di progettualità non solo quella del mero ripiegamento sulla gestione del ferro e della gomma di propria competenza.
In questo quadro potrebbe essere collocata anche la riapertura della linea Airasca-Saluzzo sulla quale le Ferrovie hanno espresso, anche a livello di compartimento, una qualche disponibilità.
Per quanto riguarda la questione dell'alta velocità si deve riconoscere che abbiamo fatto nell'anno 1989 grandi passi in avanti rispetto ad un problema addirittura quasi dimenticato. Oggi vi è una forte attenzione su queste problematiche, attenzione alla quale abbiamo contribuito anche noi come Regione sviluppando delle iniziative. Suppongo che si possa - il documento della Giunta lo riprende - fare un ragionamento sdoppiato fra le prospettive a medio termine e le ipotesi immediate. Peraltro già nel gennaio 1988 noi avevamo manifestato alle Ferrovie questa possibilità; sono argomenti e problemi che incontrano un consenso e una disponibilità all'impegno nella misura in cui non diventano progetti futuri, ma se nell'immediato diventano fatti concreti, visibili. Pertanto occorre avviare subito delle intese, delle integrazioni tra SNCF e FS che facciano concretamente vedere che è possibile accorciare notevolmente i tempi di percorrenza sulla linea Torino - Lione - Parigi utilizzando il materiale esistente. Questo è un progetto sul quale si sta lavorando che comporta un impegno delle società italiane costruttrici perché vi è un aspetto legato all'alimentazione elettrica e un altro legato alla ripetizione del segnalamento in cabina. Le ditte costruttrici, in particolare quelle che realizzano il Pendolino, stanno lavorando su questi problemi e ci è stato riferito che entro qualche mese sarà approntata la soluzione tecnica che consentirebbe al Pendolino di percorrere le linee francesi. Ciò per presuppone un accordo fra gli enti e questo, come sappiamo, spesso è di difficile realizzazione. Noi stiamo lavorando per organizzare un incontro fra gli enti, italiano e francese, al riguardo; sappiamo che il 29 p.v., il Ministro Bernini incontrerà il collega francese proprio per valutare lo stato delle cose rispetto a questo collegamento di alta velocità e per concretizzare le ipotesi sullo studio di fattibilità.
In questo quadro è giusto informare i colleghi che attraverso un rapporto sviluppato in particolare dal Presidente Beltrami assieme al Ministro Bernini, la prossima riunione dei Ministri dei Trasporti della CEE avrà luogo a Torino. Stiamo già esaminando le modalità organizzative e quale ruolo eventualmente come Regione possiamo giocare all'interno di questo avvenimento che assume una valenza che va anche al di là del fatto contingente.
Voglio ricordare che noi cerchiamo di sviluppare una progettualità al riguardo e che gli studi che abbiamo avviato vanno in questa direzione e sono significativi, in particolare per il Sempione è stato affidato un incarico per realizzare lo studio di fattibilità.
Sulla questione del nodo e del passante ferroviario le cose che abbiamo scritto nel documento confermano la nostra attenzione ed anche la nostra preoccupazione per i ritardi che sta accumulando questa realizzazione che a nostro avviso, mantiene tutta la sua validità.
Rispetto ai ritardi credo che in realtà se le Ferrovie avessero avuto la volontà politica i lavori potevano non essere interrotti, ma anzi proseguire perché certamente dal Lingotto fino a Corso Vittorio e da Dora in avanti anche la delibera programmatica con la spina centrale non avrebbe comportato delle interferenze. Se non vi fosse stato questo mutato orientamento delle Ferrovie i lavori avrebbero per qualche tempo ancora potuto proseguire. Questo non elimina l'aspetto di immagine o psicologico che la continua rivisitazione o ridiscussione delle scelte fatte pu provocare all'esterno, nel senso di chiedersi perché continuare ad impegnarsi se non vi è una progettualità definita una volta per tutte.
Penso che nell'immediato la ridefinizione della tratta Porta Susa Stazione Dora non avrebbe comportato l'interruzione dei lavori sul nodo.
Per quanto riguarda la questione delle risorse che vanno e vengono devo ricordare che noi ci troviamo di fronte ad un progetto che è stato nelle sue linee principali elaborato fra il 1984 e il 1986; i dati riportati in quella tabella sono aggiornati alle valutazioni delle Ferrovie dell'ottobre 1989. Le risorse che noi indichiamo (521 più 272 miliardi) non sono della Regione, bensì le cifre che sono contenute nel piano Schimberni Bernini, chiamiamolo così, e che attengono alle sole opere ferroviarie mentre invece l'altro schema assomma anche le opere di competenza dell'ente locale che sono le coperture, i sottoservizi e in parte i fabbricati viaggiatori.
Noi non abbiamo abbandonato l'obiettivo della realizzazione dello schema direttore dei trasporti dell'area metropolitana che stiamo sviluppando insieme ad ATM, Comune, SATTI e dei consulenti, proprio perch vogliamo realizzare un modello di esercizio integrato tra le varie modalità di trasporto, che è l'obiettivo finale cui vogliamo mirare, ivi compreso il discorso della tariffa unica, a proposito del quale abbiamo avviato gli incontri tecnici con il Comune e con l'ATM per vedere se già per i Mondiali sarà possibile avviare in modo sperimentale il documento unico di viaggio a prescindere dal mezzo di trasporto che viene utilizzato dal cittadino.
Su questo non possiamo che riconfermare l'attenzione della Regione e ribadire che abbiamo cercato con grande assiduità di fare cambiare opinione alle Ferrovie rispetto alla loro intenzione di sganciarsi dagli impegni sottoscritti in convenzione, tant'è che abbiamo posto prudenza e molta cautela rispetto all'ipotesi del Comune di utilizzo dei 215 miliardi anche per le opere ferroviarie. Abbiamo detto che può essere una cosa positiva se consente la ripresa dei lavori, ma la intendiamo come anticipazione perch questo non può significare che i passanti sono un fatto che riguarda solo il Comune e non anche le Ferrovie. Nell'ipotesi di ordine del giorno che la Commissione Trasporti approverà la prossima settimana vi è un inciso che ribadisce l'impegno per le Ferrovie ad intervenire sui nodi delle aree metropolitane.
Per questo argomento è stata avanzata l'ipotesi interessante dell'anello esterno per quanto riguarda l'alta velocità e il trasporto delle merci, condividendo anche quanto ha detto il collega Guasso, ma rispetto al modello francese. Se vogliamo andare per slogan, noi eravamo più per il modello tedesco per cui l'alta velocità doveva essere intesa sia per il trasporto delle persone che per quello delle merci; questa è la linea prevalente anche a livello europeo. Cogliamo quindi l'indicazione dell'anello esterno; fra l'altro con il Compartimento di Torino avevamo anche già avanzata l'ipotesi, su cui le Ferrovie si sono impegnate a fare un approfondimento progettuale, di una bretella fra Lingotto e Orbassano che non è certamente strategica come quella che oggi è stata adombrata, ma che già andava nella direzione di utilizzare al massimo le potenzialità dello scalo di Orbassano e che in qualche modo avrebbe già contribuito a sgravare il nodo da una quota di carico dato dal passaggio di treni merci.
Credo possa concludersi qui la mia replica; chiedo scusa se non sono stato esaustivo di tutti gli interrogativi che sono stati posti, ma diligentemente li ho annotati ed assicuro i colleghi che di questi far tesoro nel prosieguo dell'attività, confermando l'impegno a riportare in Consiglio un documento molto sintetico che sia riassuntivo delle priorità regionali in materia. Noi avremmo voluto entrare più nel dettaglio ed è per questo che non abbiamo dato indicazioni rispetto a tanti problemi particolari, ma questi debbono avere anche l'elaborazione dei piani provinciali.
Al collega Chiezzi devo dare una risposta riguardo al problema dei collegamenti tra il sud del Piemonte (la provincia di Cuneo in particolare) e la Francia, anche qui valutando i collegamenti all'interno della linea del quarantacinquesimo parallelo e quindi non considerandolo solo come collegamento tra Cuneo e Nizza, ma in un quadro di grande respiro europeo.
Noi non abbiamo indicato tre trafori o tre direttrici da potenziare, ma abbiamo riferito che si stanno elaborando degli studi di fattibilità attorno alle tre ipotesi su cui poi si dovrà ragionare insieme ai francesi.
Tuttavia prendo atto che il Gruppo comunista non è d'accordo per un grande collegamento stradale internazionale tra Cuneo e la Francia, io però debbo ribadire che questo rientra, a mio avviso, all'interno delle priorità che la Regione si deve dare. Debbo onestamente a questo proposito esprimere le opinioni e le indicazioni che noi dobbiamo dare e credo che all'interno di questo documento complessivo daremo l'indicazione delle priorità sia ferroviarie che stradali.



PRESIDENTE

Con la replica dell'Assessore Mignone si è concluso il dibattito sul sistema ferroviario regionale.
Prima di passare al punto successivo all'o.d.g. pongo in votazione l'ordine del giorno n. 738 sottoscritto da tutti i Gruppi relativo alla direttrice ferroviaria Chivasso - Ivrea - Valle d'Aosta, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte richiamato il documento conclusivo approvato al termine dei lavori della Conferenza svoltasi ad Ivrea il 20 febbraio 1989 sulle 'Prospettive di potenziamento della direttrice ferroviaria Chivasso - Ivrea - Valle d'Aosta', promossa dalle Regioni Piemonte e Valle d'Aosta, dalla Provincia di Torino e dai Comuni di Chivasso, Ivrea e Aosta rilevato che tale documento esprimeva nei confronti della 'Gestione della linea' le seguenti valutazioni: 'Pur apprezzando l'opera svolta dal Genio Ferrovieri, gli enti promotori ritengono che l'Amministrazione Militare, date le sue peculiarità, sia più idonea a gestire una linea ferroviaria di interesse locale e non di interesse interregionale ed internazionale' evidenziato che: da molti mesi, a causa del protrarsi delle agitazioni dei lavoratori dell'Ente FS, il servizio ferroviario nella tratta Aosta-Chivasso subisce pesanti e frequenti limitazioni a causa dello spostamento dei militari, che vengono dirottati in altri Compartimenti ferroviari allo scopo di assicurare in quelle sedi l'effettuazione dell'esercizio sostituendo il personale FS in sciopero tale situazione comporta, in occasione di uno sciopero di 24 ore indetto in un Compartimento, la sostituzione dei treni con servizi automobilistici sulla tratta Chivasso-Aosta per la durata di quattro o cinque giorni, a causa del tempo impiegato dai militari del Genio per raggiungere il Compartimento nel quale è programmata l'astensione dal lavoro gli utenti della linea Chivasso-Aosta vengono in tal modo a subire una pesante penalizzazione discriminatoria determinata dalla elevatissima frequenza con cui tale situazione si verifica e dalla impossibilità per gli autoservizi sostitutivi di rispettare le coincidenze a Chivasso con i servizi ferroviari delle tratte Torino-Milano, Chivasso-Asti, Chivasso Casale, nonché quelle con i servizi automobilistici per le valli valdostane e per le località canavesane ritenuto di dover condividere la protesta del 'Comitato utenti della Ferrovia Chivasso - Ivrea - Valle d'Aosta', che nel mese di novembre ha raccolto tra i viaggiatori della linea oltre tremila firme in calce ad una petizione che, nel richiamare la necessità del potenziamento del servizio sottolinea la richiesta di 'garantire il mantenimento del servizio in occasione degli scioperi in altri Compartimenti, in modo da evitare il ripetersi della situazione di inaccettabile disagio subita dagli utenti' impegna la Giunta ad assumere le opportune iniziative per richiedere all'Ente FS di affrontare l'esigenza di rendere meno pesante l'effetto dell'interruzione del servizio in altri Compartimenti a causa di astensioni dal lavoro del personale dell'Ente, attraverso strumenti diversi dall'impiego dei militari del Genio Ferrovieri, suggerendo l'utilizzo di servizi automobilistici sostitutivi nelle località interessate dallo sciopero, ottenendo in tal modo anche rilevanti economie nelle spese di noleggio dei pullman delle ditte private (risulta che a volte sono stati noleggiati pullman addirittura di ditte francesi), in quelle di trasporto dei militari del Genio, nonché nelle corresponsioni delle diarie di trasferta agli stessi".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 32 consiglieri presenti.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. due provvedimenti che sono stati licenziati all'unanimità dalle Commissioni competenti: legge rinviata dal Commissario del Governo relativa a: "Devoluzione di quote di assegnazioni statali nell'area agricoltura".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.
Progetto di legge n. 581: "Modifiche alle LL.RR. 23/1/1984, n. 9 e 18/12/1986 n. 57 (Previdenza Consiglieri regionali)".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.


Argomento: Questioni internazionali

Richiesta di informazioni sull'attività del Comitato regionale di solidarietà al popolo rumeno


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Pezzana. Ne ha facoltà.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, le rivolgo una cortese domanda. La settimana scorsa i Capigruppo sono stati riuniti d'urgenza per un incontro sulla Romania.
Poiché si trattava di una riunione urgente con decisioni da prendere con la massima urgenza e dal momento che a me non è stato più comunicato nulla vorrei sapere dal Presidente del Consiglio se è possibile essere informati sulle iniziative assunte dal Consiglio o dalla Giunta regionale sul tema Romania che necessitava, unanimemente, di un intervento urgentissimo.



PRESIDENTE

I Capigruppo non hanno previsto che oggi si svolgesse una comunicazione relativa alla Romania. Tuttavia le posso dire che la vastità del problema cui siamo di fronte richiederà un ulteriore momento di riflessione preceduto da un'informazione sulle iniziative che stiamo assumendo.
Propongo pertanto di rinviare ad una seduta successiva un'informazione più precisa e più dettagliata sulle iniziative che sono state prese e attorno alle quali si sta lavorando credo anche con risultati che sono adeguati all'impegno di questo Consiglio regionale. Mi sento di poterle dire soltanto questo, ma pronto a dare una risposta più ampia ed esauriente intorno a questo problema.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Richiesta di comunicazioni della Giunta regionale sui lavoratori extracomunitari


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Colgo l'occasione di questa informazione da parte del Presidente per ricordare all'Ufficio di Presidenza che insieme ai colleghi Montefalchesi e Guasso la scorsa settimana abbiamo inviato una lettera per richiedere che la Presidenza si attivasse nei confronti della sicura disponibilità dell'Assessore Cerchio di dare una comunicazione al Consiglio regionale, o attraverso un'altra formula definita, sullo stato di applicazione del decreto governativo relativo agli immigrati stranieri e come questo interferisce rispetto allo stato di applicazione della legge regionale recentemente approvata. Poiché si tratta di una questione molto delicata vorremmo sapere se la Presidenza del Consiglio ha in qualche modo recepito questa esigenza e come intenderebbe darvi uno sbocco informativo sufficiente.



PRESIDENTE

La Presidenza ha immediatamente consultato l'Assessore Cerchio il quale è disposto a dare un'informazione al Consiglio la prossima settimana.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Comunicazioni della Giunta regionale sui finanziamenti FIO


PRESIDENTE

Passiamo al punto 6) all'o.d.g. che prevede una comunicazione della Giunta regionale in merito ai finanziamenti FIO.
La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Questa comunicazione sarebbe stata sicuramente più interessante ed attuale se avesse potuto essere resa alla fine di dicembre nei giorni in cui si ebbe notizia dell'avvenuta ripartizione dei fondi FIO da parte del CIPE. Purtroppo il periodo natalizio e una serie di circostanze la rendono tardiva e per certi versi anche superata dalle numerose notizie stampa che in proposito sono intervenute, non ultima quella riportata dall'edizione odierna di "Stampa Sera" che ancora ritorna sull'argomento ed aggiorna l'opinione pubblica relativamente a questi finanziamenti.
Ritengo comunque corretto informare il Consiglio nei termini che ci sono noti che sono ancora non ufficiali, nel senso che i dati che noi abbiamo, pur provenendoci da fonte ministeriale, sono ancora ufficiosi perché nessuna comunicazione ufficiale è ancora pervenuta alla Regione Piemonte e il decreto non è ancora stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Potremo parlare di dati ufficiali soltanto nel momento in cui questo riparto verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Stiamo parlando del FIO 1989, quello che era stato previsto ancora nella legge finanziaria del 1988 e rispetto al quale la Giunta regionale del Piemonte aveva mandato una deliberazione in data 6/10/1988 al Ministero, quindi praticamente ad oltre un anno di distanza abbiamo avuto le risposte.
Bisogna subito dire che, con una prassi che è già stata utilizzata in precedenza, nelle determinazioni del CIPE sono stati inseriti anche fondi messi a disposizione da leggi speciali e di settore (farò un elenco specifico delle fonti di legge alle quali si è attinto), quindi oltre ai 3.017 miliardi del FIO sono stati assegnati ulteriori 1451 miliardi a valere sulle previsioni di leggi settoriali (trasporti e lavori pubblici) ovvero a suo tempo stanziati da precedenti leggi finanziarie, ad esempio per la sanità.
In questo quadro, a livello nazionale ingenti risorse sono state destinate a progetti a valenza ambientale (1.270 miliardi pari al 30% circa del totale), ad interventi nel Mezzogiorno (1.728 miliardi) e a favore delle Università (1.200 miliardi).
Per quanto concerne la quota assegnata a progetti presentati dalle Amministrazioni regionali, questa supera il 70% dei finanziamenti. In totale la Regione Piemonte sulla quota FIO 1989 ha ottenuto 475 miliardi che sono riferiti a fonti legislative diverse: 275 miliardi attengono ai veri e propri fondi FIO; 6 miliardi alla legge sui trasporti (legge n.
189); 175 miliardi alla legge finanziaria del 1988, ai sensi dell'art. 20 che prevedeva la ristrutturazione ospedaliera e socio-sanitaria; infine 19 miliardi 440 milioni alla legge n. 910 in materia di edilizia universitaria.
Con riguardo alla distribuzione tra le Amministrazioni regionali, il Piemonte risulta al primo posto con 391 miliardi (nei 475 vi sono anche quelli attingenti ad altre leggi di iniziativa ministeriale), seguito dalla Sicilia con 319 miliardi.
La prima notazione che occorre fare immediatamente scorrendo l'elenco dei progetti che ci sono stati finanziati è che per la prima volta abbiamo ottenuto su un progetto solo un finanziamento straordinario che è quello che ha riguardato l'Ospedale Mauriziano di Torino che ha ottenuto il più forte finanziamento in assoluto su tutti i progetti presentati dalla Regione Piemonte sin dal 1982: non è mai successo che nei confronti di progetti che pure avevano questi valori, qualcuno forse addirittura di più è il caso di SITO, da parte del CIPE ci fosse stata un'assegnazione che superasse i 60/70 miliardi. Ricordo che il primo finanziamento FIO nel 1982 fu di 64 miliardi e 800 milioni ed era quasi per tutto riferito al depuratore Consorzio Po-Sangone, ma anche scorrendo l'elenco delle altre Regioni in questi anni non ricordo francamente di aver notato delle cifre così alte, praticamente è la prima volta che un progetto viene approvato nella sua interezza. C'è da notare però che questo finanziamento è stato visto dal CIPE in riferimento alla legge finanziaria 1988 (art. 20) e questa è stata considerata dalla Giunta regionale una pesante interferenza se vogliamo, nella programmazione regionale, perché di fatto leggendo l'art. 20 della finanziaria 1988 si ha l'impressione che quel tipo di finanziamento spetti alle Regioni, quindi alla programmazione regionale. La Giunta sta predisponendo la deliberazione per poter utilizzare i fondi messi a disposizione del Piemonte per il triennio 1989/1991 sulla ristrutturazione ospedaliera, quindi in qualche modo questo finanziamento potrà essere messo in discussione. Sta di fatto però che si è verificato per la prima volta un grosso finanziamento rivolto ad un solo intervento per di più attingendo a fondi che scorrettamente, almeno ad avviso della Giunta regionale che è intervenuta peraltro sul Ministero tramite telegrammi per segnalare questo fatto, hanno interferito nella programmazione regionale.
Detto questo, all'interno dei finanziamenti concernenti il Piemonte tenendo anche conto dei progetti ministeriali, la relativa distribuzione per settori risulta nell'ordine e nei seguenti termini: edilizia sanitaria, 174 miliardi (con il vizio del quale ho parlato) disinquinamento acque, 103 miliardi edilizia universitaria, 60 miliardi smaltimento rifiuti, 41 miliardi trasporti, 41 miliardi beni culturali, 17 miliardi acquedotti, 16 miliardi forestazione, 10 miliardi.
In termini più generali e con riguardo al merito dei progetti finanziati si può osservare quanto segue.
La Regione, con deliberazione del 6/10/1988, aveva indirizzato al Ministero settanta progetti che erano riconducibili a dodici aree di attività. Nella definizione dell'ordine generale delle priorità, la Regione, sulla base dei criteri di priorità nella presentazione dei progetti di rilevanza regionale, aveva individuato sette aree di priorità: 1) ambiente ecologia 2) sanità 3) infrastrutturazione 4) innovazione tecnologica 5) Verbano-Cusio-Ossola 6) montagna 7) cultura.
Dei diciotto progetti finanziati sui settanta presentati dalla Regione dieci risultano indicati fra le priorità che vi ho testé letto, mentre otto non erano indirizzati tra le priorità stesse e il CIPE le ha scelte nell'elenco generale che pure noi siamo tenuti a mandare. Praticamente quindi il nostro elenco di priorità è valso al 50%; il CIPE ha scelto nell'elenco generale tutti i progetti che ho elencato.
Dei progetti regionali finanziati la maggioranza risulta essere prosecuzione o completamento di opere già finanziate da precedenti fondi FIO.
Ho una serie di tabelle che consegnerò ai Consiglieri che evidenziano il rapporto tra i progetti presentati, le priorità regionali, i finanziamenti ottenuti e rispettivamente i flussi finanziari FIO in proiezione pluriennale.
Per quanto circa un anno fa io abbia fatto una relazione alla Commissione competente rispetto allo stato di realizzazione dei progetti FIO finanziati dal 1982 al 1988, mi sembra giusto fare, in questo momento di riflessione attorno al problema, una brevissima comunicazione anche per quanto riguarda questo aspetto.
In tempi immediatamente precedenti alla deliberazione del CIPE nel mese di novembre un ispettore ministeriale ha compiuto, sulla base della documentazione fornita dai competenti uffici regionali, una verifica complessiva dello stato di realizzazione dei progetti già finanziati: ne è risultato un quadro largamente positivo in quanto i progetti finanziati sui fondi 1982, 1983, 1984 e 1985 risultano pressoché tutti ultimati; i progetti finanziati sui fondi 1986-1988, erogati solo nel maggio 1988 con una deliberazione pubblicata il 21 giugno, rispettano sostanzialmente i tempi di realizzazione previsti.
E' stato conseguito un buon risultato in ordine all'occupazione in quanto sono state assicurate nell'insieme quasi 600.000 giornate operaio. A questo proposito fornirò degli schemi che specificano in dettaglio i risultati della verifica di cui sopra ed evidenziano l'andamento dei finanziamenti per settore dal 1982 al 1989. In sintesi, dal 1982 al 1989 la Regione ha ottenuto, per effetto del FIO, 1.573 miliardi che hanno avuto questa escalation: 65 miliardi nel 1982; 59 miliardi nel 1983; 236 miliardi nel 1984; 271 miliardi nel 1985; 476 miliardi nel periodo 1986/1988; 465 miliardi per il 1989. In totale, e mi sembra una cifra non indifferente sono arrivati alla Regione Piemonte 1.573 miliardi e bisogna anche dire che la Regione Piemonte si colloca in questa distribuzione in genere ai primi posti, e se si può fare una constatazione si deve dire che si finanziano i progetti che ci sono: ricordo che molte volte ci siamo rammaricati nella prima legislatura, come del resto in quelle successive, di essere costretti ad inviare una massa enorme di progetti e di non avere scelto i progetti se non in quelle scale di priorità che vi ho indicato prima, per quanto una scala di priorità sia stata fatta e poi comunque il Ministero non ne ha tenuto conto, però se abbiamo mandato i progetti è perché i progetti c'erano, le esigenze sussistevano, quindi ribadisco ancora una volta che una notevole progettazione in questa Regione è stata fatta ed è servita per poter portare a casa l'ultima non indifferente cifra di 475 miliardi.
Come voi sapete il 1990 non vede nella legge finanziaria alcun finanziamento per quanto riguarda il FIO, perché c'è stata un'evoluzione nel dibattito sul FIO e ci sono delle normative in materia di interventi per la realizzazione di obiettivi prioritari per lo sviluppo economico e sociale.
C'è una storia brevissima, che forse è il caso di conoscere, avendo l'opportunità di parlare del FIO e ponendoci in prospettiva rispetto a questo problema.
Era stato presentato ancora nel 1988 dagli allora Ministri del Bilancio e della Programmazione Economica, del Tesoro e dell'Ambiente, alla Camera dei Deputati, un disegno di legge recante: "Determinazioni per gli anni 1990/1991 delle somme per il finanziamento dei progetti immediatamente eseguibili di cui all'art. 21" relativo appunto alla disciplina dei fondi FIO.
Questo disegno di legge conteneva, oltre alla previsione delle dotazioni del Fondo Investimento e Occupazione per gli anni 1990 e 1991 anche l'attribuzione al Fondo stesso di un carattere di continuità con la previsione a partire dal 1992 che la quantificazione della dotazione venisse disposta dalla legge finanziaria su base triennale.
Tale determinazione ha lo scopo di allargare gli orizzonti temporali dei programmi di investimento ed agevolare sia i percorsi progettuali che le capacità programmatorie delle Amministrazioni pubbliche fra cui in primo luogo quelle degli enti locali.
La discussione in sede legislativa aveva fatto emergere alcune discordanze in seno alla Commissione con riferimento ai criteri di riparto dei fondi. In particolare, al fine di creare un raccordo con gli obiettivi di politica generale degli investimenti, era stato proposto un emendamento che vincolava la valutazione dei progetti ai criteri della programmazione nazionale con il rischio, secondo taluni, di svuotare i criteri di selezione utilizzati dal Nucleo di valutazione ponendo un vincolo discutibile alle scelte che esso è deputato ad operare.
Esiste invece un recente disegno di legge: "Interventi per la realizzazione di obiettivi prioritari di sviluppo economico e sociale" collegato alla proposta di legge finanziaria dello Stato e alla manovra economica sottostante, che riprende in esame la materia operandone una sostanziale revisione. Viene affidato al CIPE il compito di individuare, su proposta del Ministro del Bilancio e sentite le Organizzazioni sindacali e imprenditoriali, gli obiettivi prioritari di investimento per lo sviluppo economico e sociale del Paese, per la realizzazione dei quali i Ministri competenti predispongono un programma triennale annualmente modificabile che indichi i settori produttivi di intervento, le opere infrastrutturali da eseguire, le risorse finanziarie disponibili e i soggetti istituzionalmente responsabili. Tale programma viene approvato dal CIPE sentito il parere del Nucleo di valutazione.
Il provvedimento stabilisce tempi brevissimi e procedure semplificate per l'esame dei progetti e la realizzazione delle opere. A tal fine è istituita la Conferenza dei servizi, cui partecipano i rappresentanti delle amministrazioni degli enti responsabili della realizzazione del programma che, oltre ad esprimere il proprio parere sui progetti esecutivi, consente di concentrare in un'unica sede istituzionale gli atti procedimentali di autorizzazione, di parere, di intesa, nulla osta, previsti dalle leggi statali e regionali.
Di conseguenza l'approvazione di progetti assunta all'unanimità tiene luogo di tali atti e se occorre costituisce variante dei piani urbanistici territoriali.
Il fondo istituito per il finanziamento degli interventi volti a perseguire gli obiettivi prioritari di sviluppo economico e sociale individuati nel programma triennale, ma anche a realizzare o completare, su proposte di amministrazioni pubbliche o di ente, progetti specifici in settori e territori ritenuti rilevanti dal CIPE, viene denominato Fondo per il perseguimento di obiettivi prioritari di sviluppo economico e sociale.
In esso affluiscono le risorse comunque destinate alle opere incluse nel programma predisposto dai Ministri ed iscritte anche nel conto dei residui nei bilanci delle amministrazioni degli enti competenti e in aggiunta a tali risorse viene autorizzata la spesa di 3.900 miliardi di cui 1.900 per il 1991 e 2.000 per il 1992.
E' inoltre autorizzato il ricorso alla BEI per la contrazione di mutui fino ad un importo di 1.500 miliardi per il 1991 e di 1.600 miliardi per il 1992. Restano le riserve a favore di interventi di protezione o risanamento ambientale in misura non inferiore ad un terzo, di cui il 50% per il Mezzogiorno, mentre non si fa cenno alla riserva del 40% a favore delle Amministrazioni regionali.
Emerge da questo disegno di legge il tentativo da parte dello Stato di uscire dall'ambito di una programmazione articolata per progetti, per recuperare obiettivi generali a livello nazionale che rientrano in un disegno organico di politica economica nazionale. Rischia peraltro di uscire diminuito da questa volontà di programmazione nazionale il ruolo delle Regioni, le quali, oltre a vedersi ridotte le entrate dalla più generale manovra finanziaria di cui il disegno di legge fa parte (tra l'altro non è previsto per il 1990 il finanziamento di progetti), non sono mai esplicitamente indicate come soggetti di iniziativa, né per i progetti ministeriali né per i progetti propri. Nessun cenno inoltre viene fatto ai Piani di sviluppo e ai Piani di settore regionale, cui erano stati strettamente vincolati negli ultimi anni i progetti finanziati dal FIO.
Per quanto riguarda la Conferenza dei servizi, che potrebbe costituire la già tanto auspicata sede di incontro e confronto tra Regione e Nucleo di valutazione, non pare ben chiaro dal testo del disegno di legge se il loro ruolo sia limitato all'ambito dei progetti indicati dal programma triennale dei Ministeri o sia riferito ad un ambito più generale. Pare comunque discutibile la costituzionalità della norma che attribuisce alla Conferenza, qualora si esprima all'unanimità, la capacità di sostituire ad ogni effetto gli atti d'intesa, i pareri, le autorizzazioni, le approvazioni, i nulla osta previsti da legge statale o regionale ancorch formalmente finalizzata a rendere più rapide le procedure di attuazione del programma. Infine, con riferimento ai tempi indicati dal disegno di legge questi progetti ministeriali sono molto dettagliati, mentre per gli altri progetti viene unicamente indicato il limite di giorni 60 per l'istruttoria da parte del Nucleo di valutazione.
Questa è la storia del FIO in questi otto-nove anni di attività, nei quali siamo passati da una legislazione che sembrava molto rigorosa e rispondente a criteri nuovi di programmazione, ad un'altra legislazione che non sempre ha fatto riscontrare momenti di limpidezza e di trasparenza nella sua gestione. Forse questo è il motivo che ha indotto il Ministro ed i suoi collaboratori a fare una pausa di riflessione quest'anno e proporre una regolamentazione nuova nella quale ci auguriamo che le Regioni, che attraverso la Conferenza dei Presidenti hanno ripetutamente richiesto di avere un ruolo nella fase proprio dell'istruttoria rispetto a questi progetti, possano essere riconosciute, quindi avere parte e non subire come è successo in questi anni, le scelte che hanno fatto gli altri a volte attraverso dei mercati non proprio esaltanti dove il "do ut des" è stato probabilmente il criterio di fondo che ha purtroppo ispirato la ripartizione di questi fondi per l'innovazione e l'occupazione.



PETRINI Luigi



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio il Vicepresidente Vetrino per l'informazione data che è di grande interesse, anche perch riguarda fatti di inaudita gravità.
L'Ordine Mauriziano per un progetto ospedaliero riceverà 174 miliardi.
La decisione è del FIO, ma si attingerà dall'art. 20 della legge finanziaria 1988. Risorse che spettano di essere destinate dalla programmazione regionale, vengono destinate invece dal Fondo Investimenti Occupazione! L'art. 20 della legge finanziaria 1988 assegna al Piemonte, se non sbaglio, circa 648 miliardi di lire. Di questi 648 miliardi circa 300 sono destinati all'edilizia ed alle attrezzature ospedaliere. Se da questi 300 ne sottraiamo 174, assegnati d'autorità in modo centralistico dal FIO all'Ospedale Mauriziano, ci accorgiamo che il piano triennale regionale per l'edilizia ospedaliera e le attrezzature ospedaliere è di fatto pregiudicato. Non è realizzabile in sostanza, perché restano poco più di 100 miliardi di lire, anche se consideriamo che circa 60 miliardi devono essere assegnati all'Ospedale Amedeo di Savoia per farlo diventare centro regionale di riferimento alla lotta all'AIDS.
Un provvedimento di questa portata è di inaudita gravità! Toglie alla Regione Piemonte ogni competenza in materia di investimenti in edilizia ospedaliera ed in attrezzature ospedaliere. Non solo, ma sconvolge lo stesso Piano socio-sanitario regionale, perché se per la parte relativa all'edilizia e alle attrezzature ospedaliere nel prossimo triennio non vi saranno risorse a disposizione, non avrà senso parlare del nuovo Ospedale di Asti, del completamento dell'Ospedale di Chivasso e tanto meno del nuovo Ospedale Lucento Vallette. Vi è un'area della città, che conta circa 250.000 abitanti, che è priva dell'Ospedale. Quindi è pregiudicato definitivamente il Piano regionale di investimenti e lo stesso Piano socio sanitario regionale.
E' difficile sostenere che questo modo di fare è inspiegabile, è spiegabilissimo! Ci aiuta il Presidente della Giunta, che in una precedente seduta ha parlato di gruppi di pressione e di lobby organizzate che hanno premuto, e vedo con successo dal loro punto di vista, sul FIO in modo tale da distorcere le risorse che il FIO ha destinato alle Regioni. Questi gruppi di pressione, queste lobby hanno nome e cognome, più o meno le conosciamo tutti. Sono in larga parte gruppi di pressione e lobby democristiane e non solo democristiane! A proposito delle tre opere riconosciute valide dal FIO per la provincia di Cuneo (l'Acquedotto delle Langhe e due impianti a valenza ambientale) vorremmo sapere dalla Giunta quali e quante sono le società capofila chiamate a realizzare le suddette opere. Se si entrerà nel merito delle società capofila si capiranno non poche cose.
Il Vicepresidente Vetrino ha ricordato che l'elenco delle priorità indicate dalla Regione Piemonte è stato in larga parte ignorato dal CIPE e quindi dal FIO. Questo sta a significare che prima aboliamo il FIO meglio è, ma giustamente mi è stato ricordato che il FIO non ha responsabilità, è il CIPE che decide. Io direi di togliere questo strumento al CIPE e di abolire il CIPE stesso. La riforma del FIO probabilmente peggiorerà il FIO stesso, come accade spesso nel nostro Paese. Se va avanti questa politica neocentralistica i colpi portati alle istituzioni, che sono già stati durissimi, possono essere mortali perché a questo punto se sottraiamo centinaia di miliardi alla programmazione sanitaria non ho capito bene che cosa resta alla Regione: restano quattro soldi, le miserie! Parliamo di inaudita gravità sorridendo perché c'è una sorta di rassegnazione in tutti noi, però non possiamo rassegnarci. Che cosa intende fare la Regione Piemonte di fronte a questi avvenimenti? Per esempio, il Presidente della Giunta regionale pensa di convocare la Conferenza dei Presidenti delle Regioni per protestare rigorosamente nei confronti del CIPE per un uso così spregiudicato del FIO oppure no? Non è che possiamo dire che sono accadute cose di inaudita gravità dopodiché accettiamo di non avere un piano triennale di investimenti di edilizia ed attrezzature ospedaliere; accettiamo che il Piano socio-sanitario regionale sia un piano finzione, privo di risorse per essere realizzato; accettiamo che le poche prerogative che vengono lasciate alle Regioni vengano del tutto svuotate accettiamo una politica neocentralistica che in effetti è autoritaria parassitaria, burocratica! Questo è l'interrogativo che rivolgo al Vicepresidente Vetrino: pensiamo di protestare energicamente o accettiamo come un dato di fatto tutto questo? Se lo accettiamo come un dato di fatto non parliamo di piani triennali di investimenti in edilizia ed attrezzature ospedaliere, non parliamo di Piano socio-sanitario regionale, diciamo piuttosto che i gruppi di pressione governano questo Paese! Le lobby hanno partita vinta e di conseguenza avremo il sistema autonomistico definitivamente in ginocchio e le Regioni svuotate di ogni qualsiasi prerogativa!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Il collega Calligaro ha già sottolineato gli aspetti più rilevanti della comunicazione che il Vicepresidente Vetrino ha testé svolto.
Naturalmente per un ragionamento più meditato occorrerebbe avere sotto gli occhi le tabelle con le cifre precise. Io ho qualche appunto, ma non ritorno sull'aspetto più grave, che certamente è quello relativo allo stravolgimento del Piano socio-sanitario, per fare invece delle considerazioni sugli altri aspetti.
La prima osservazione che rientra nello stesso filone di ragionamento si riferisce alle priorità. Si può dire che le priorità della Regione sono state rispettate per metà oppure si può sottolineare che sono state rifiutate per metà. Possiamo vederla dal punto di vista che vogliamo, la realtà è che diventa quasi casuale il fatto che si scelgano le priorità delle Regioni. Non so se ciò in qualche modo si sia verificato, sarebbe interessante saperlo anche per le altre Regioni, perché se il fenomeno è generalizzato appare evidente il sospetto che ormai i fondi pubblici per investimento, che sono i più rilevanti delle decisioni statali, sono gli unici a rappresentare risorse libere e quindi a rappresentare nella realtà dei fatti dei cantieri, quindi dei finanziamenti al settore privato. Se fosse un fenomeno generalizzato vorrebbe dire che nel caso del Piemonte le altre istanze non filtrate dalla Regione contano almeno quanto la Regione in sostanza che le lobby contano almeno quanto la Regione e forse l'anno prossimo la supereranno. La prossima volta che ci saranno, se ci saranno fondi FIO, forse le lobby ci avranno superato, questa volta è andata pari e patta! Questa è una cosa molto grave perché in realtà, dato che la stragrande maggioranza degli investimenti possibili in Regione sono fondati sulla speranza di ottenere fondi FIO, quindi sulla necessità di andare a chiedere gentilmente allo Stato di voler attribuire dei fondi alla Regione se non vengono neanche più rispettate le priorità è evidente che qualunque possibilità di fare una politica di programmazione basata su investimenti e non solo sulla gestione dell'esistente, che come sappiamo è necessariamente in buona parte bloccato, salta del tutto, diventa del tutto aleatoria.
Dall'esame dettagliato dell'elenco in mio possesso risultano altri fatti gravi oltre a quello relativo alle scelte in materie di sanità. Per esempio, mi pare sia molto sottorappresentato il finanziamento relativo agli acquedotti, alle risorse idriche, in una situazione che ben conosciamo del Piemonte di necessità rilevante per interventi in materia di acquedotti. Può darsi che mi manchi un pezzo di informazione, ma dall'elenco in mio possesso non risulta alcun finanziamento dell'impianto di Combanera, che mi pareva essere il più importante intervento acquedottistico previsto dalla Regione. Significa che Combanera è finanziato su qualcos'altro o significa che sono saltate delle priorità? Il Vicepresidente Vetrino dice che questo intervento faceva parte dell'elenco. Ciò significa che è saltato l'intervento per l'impianto di Combanera: a mio avviso, questo è un fatto sconvolgente altrettanto quanto per altri versi i 140 miliardi al Mauriziano. Non salta quindi solo il Piano sanitario, bensì anche il Piano degli acquedotti, cioè quello su cui la Regione faceva affidamento per superare l'emergenza idrica. Ci sono le emergenze, si elaborano progetti che poi si inviano e sui quali si ricevono sempre garanzie di accoglimento nel momento in cui scoppiano i problemi, ma all'atto dell'effettiva assegnazione dei fondi i pezzi più grossi dei progetti saltano.
A parte Combanera, che non risulta minimamente finanziato, gli altri stanziamenti per gli acquedotti sono esigui: mi risulta che siano stati finanziati con 2 modestissimi miliardi gli acquedotti di Cuneo, Asti Alessandria e l'acquedotto della Baraggia circa il quale chiedo se si tratta della trasformazione a scopo potabile della diga di Mongrando o ancora di un altro acquedotto. Mi risultano solo queste due voci per cui di tutta la progettazione relativa agli acquedotti ci si limita ad accogliere questi due progetti.
Più ampia è invece l'accettazione di progetti relativi alla depurazione. Non sono in grado di sapere quali erano prioritari, mi pare però che per l'ennesima volta sia molto bassa, a meno che non sia finanziata su altri fondi, anche la quota relativa ai rifiuti. L'Assessore ha detto di più, a me però risultano la piattaforma di Alessandria e la Valle Scrivia. Sui rifiuti, sebbene siano stanziate cifre rilevanti, è preoccupante il numero (solo due progetti) e la modalità che è stata prescelta rispetto all'insieme dei progetti regionali.
Le osservazioni di carattere più generale che intendevo fare riguardano innanzitutto la progressiva trasformazione del FIO in un meccanismo autobloccante nel senso che una quota molto rilevante dei finanziamenti finisce per essere assegnata alle tranche successive di finanziamenti già approvati nelle tornate precedenti, per cui protraendosi questo meccanismo si ha difficoltà ad usare effettivamente il FIO per quello che doveva essere, cioè un volano per i nuovi investimenti da determinarsi volta per volta in base alle esigenze emergenti dalla situazione complessiva del Paese, quindi strumento di programmazione e non solo di distribuzione corrente di interventi.
Sarebbe poi interessante sapere se per caso l'elenco delle priorità regionali non si riduca ad essere l'elenco dei progetti già finanziati e da rifinanziare o se invece tutti i nuovi finanziamenti non siano per caso quelli fuori dall'elenco delle priorità regionali, perché allora il non rispetto delle priorità indicate sarebbe ancora più rilevante.
Ritengo che la modifica sostanziale, anzi lo stravolgimento delle indicazioni regionali obblighi a porre nuovamente la questione del senso e del modo in cui vengono distribuiti i fondi per finanziare determinati progetti da parte dello Stato alle Regioni. Credo anch'io che il CIPE potrebbe essere tranquillamente abolito visto che è un comitato interministeriale per una programmazione economica che non c'è più da almeno tredici anni in Italia, l'ultimo documento di piano è stato approvato nel 1977 e quindi da tredici anni il CIPE potrebbe tranquillamente non esistere visto che non esiste la programmazione economica. L'azione delle Regioni deve consistere nel riportare il rapporto Regioni-Stato al livello corretto; il Governo è libero di non elaborare alcun documento di programmazione se lo desidera, ma almeno il CIPE quando distribuisce i fondi lo faccia sulla base di un documento che sia di tipo programmatorio. Di fatto lo Stato non ha un documento di piano generale, si limita ad utilizzare la legge finanziaria, quindi diciamo che abbiamo un piano annuale che consiste nel bilancio. Questo piano annuale che consiste nel bilancio e nella legge finanziaria allegata non è il piano, benissimo ma la quota degli investimenti, in particolare quella che si attribuisce alle Regioni, venga almeno connessa ad un documento programmatorio che spieghi le ragioni per cui vengono così ripartiti i finanziamenti e consenta alle Regioni, per la quota di questi finanziamenti che è attribuita a progetti regionali, la possibilità di modificare e di decidere liberamente gli stanziamenti.
Credo sia l'unica possibilità che si può andare a sostenere per formulare un nuovo progetto che sostituisca il FIO. Si parla di sistema della Conferenza dei servizi, se è vero che il FIO non viene più citato non viene più finanziato; si propone una Conferenza dei servizi per la decisione delle priorità dei progetti. Mi sembra sia ancora più folle pensare all'uso di uno strumento come la Conferenza dei servizi per decidere la distribuzione dei finanziamenti ai progetti. E poi cosa significa "dei servizi"? Forse servizi dello Stato perché al massimo ci potrà essere un rappresentante generale delle Regioni, della Conferenza Stato-Regioni. In sostanza, abbiamo pochi elementi per capire se il FIO è morto e che cosa sostituirà il FIO.
Credo che in questa situazione oggi non possiamo dire nulla perché non sappiamo se ancora ci sarà o se verrà sostituito da qualcosa d'altro; per se ancora ci sarà, dovremo rivendicare un altro modo di gestione del FIO.
Se ci sarà qualcosa d'altro, bisognerà proporsi di avere una posizione anziché attendere che venga presa una decisione, dopodiché protestare perché è stata presa.
Penso sarebbe opportuno che l'Assessore, dopo aver raccolto informazioni più precise su questa questione, riproponesse all'assemblea o in Commissione un'informativa su che cosa può sostituire il Fondo Investimenti, che rappresentava la risorsa quasi unica di finanziamento o in alternativa, se il FIO resta, che cosa intende fare la Regione per modificare questa procedura.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, sulla comunicazione del Vicepresidente Vetrino relativa ai fondi FIO e in ordine alle dichiarazioni del Presidente della Giunta rese nei giorni scorsi e agli interventi appena svolti dagli amici comunisti, intendo fare alcune brevi osservazioni.
La prima è la seguente. Mi pare di registrare che non è la prima volta infatti è un rito che si ripete in quest'aula da molti anni che il Governo non tenga conto delle indicazioni che la Regione dà in ordine alle priorità. E' un tema che abbiamo dibattuto ampiamente negli anni scorsi e che ha sicuramente le implicazioni che sono state richiamate, quelle cioè di un centralismo che continua anche in questo settore e che fa sì che le scelte del Governo passino sulla testa delle Regioni, certamente della Regione Piemonte. Quindi è necessario che l'azione di interlocuzione con il Governo da parte della Regione, in particolare della Giunta che ha la titolarità di rapporto con il Governo, sia più forte per creare delle condizioni di capacità di ascolto nei nostri confronti da parte del Governo che sia superiore rispetto a quella che è stata in questi anni, non solo in questi ultimi perché il problema è antico. Non si tratta quindi di una questione che attiene solo a questa maggioranza e a questa Giunta, ma certo è necessario che da parte della Giunta ci sia nei confronti del Governo nazionale una presa di posizione forte, perché sicuramente questa disattenzione totale alle nostre priorità esiste, quindi in questo siamo allineati sulla posizione dell'esecutivo.
Mi chiedo anche - e credo che questo interrogativo se lo sia posto anche la Giunta - se forse in futuro non sia più utile avere una capacità di autoselezione al nostro interno allo scopo di fare delle proposte al Governo che siano più concise e limitate, pertanto molto più forti. Se continuiamo a presentare ad un Governo così disattento un lungo elenco di progetti, per certi versi significa salvarsi la coscienza e lasciare al Governo la facoltà di scegliere all'interno di un elenco nel quale la Regione non è stata in grado di scegliere.
Su questo problema, che non è di oggi, colleghi della Giunta, ci siamo confrontati in passato anche con le opposizioni; è un metodo di lavoro sul quale occorre che ognuno di noi si assuma le proprie responsabilità.
Assumere le nostre responsabilità significa dire "no" a molti e "sì" a pochi; in questo modo quei "sì" potranno avere un'attenzione diversa dal Governo, bisogna quindi percorrere questa strada. Certo che se una volta scelte poche cose anche queste dovessero esserci cassate, credo che davvero sarà opportuno rimettere in discussione il rapporto con il Governo. Non solo a livello di rapporto Giunta piemontese - Governo nazionale, ma anche di Conferenza dei Presidenti, occorre richiamare la titolarità delle scelte di programmazione regionale che non può essere continuamente calpestata.
Da questo punto di vista condividiamo la relazione della Giunta e ci interroghiamo su questa questione e credo che per il futuro qualche riflessione debba essere fatta.
Per quanto riguarda la parte relativa alla questione dei finanziamenti nel settore socio-sanitario, mi ha molto stupito il finanziamento che il Governo ha individuato per il Piemonte avendo come interlocutore l'Ordine Mauriziano. Stupore che è giusto esprimere in quest'aula, perché un finanziamento così consistente, finalizzato e recuperato dall'art. 20 della legge finanziaria, rappresenta una scelta del Governo che invece deve essere regionale, quindi da questo punto di vista siamo d'accordo. Vorrei però ricordare ai colleghi che i finanziamenti ai sensi dell'art. 20 della legge finanziaria ammontano a 2.000 miliardi e il finanziamento per il Mauriziano a 150 miliardi. Mi rendo conto che 150 miliardi sono molti soprattutto in rapporto al FIO complessivo, ma sono pur sempre 150 miliardi su 2.000 per un periodo di dieci anni, così prevede l'art. 20 della finanziaria (380 miliardi nel primo triennio dei quali 150 per il Mauriziano). Condivido l'obiezione che si trattava di una scelta che competeva alla Regione nell'utilizzo dei fondi dell'art. 20 della finanziaria. Mi stupisce però che qualcuno che ha responsabilità in questo Consiglio dimentichi che l'Ordine Mauriziano si trova in Piemonte e che offre un servizio nel settore sanitario ai cittadini piemontesi. Dalle dichiarazioni rese oggi emerge quasi il rammarico per questo finanziamento all'Ordine Mauriziano, che serve per ristrutturare l'Ospedale che è sicuramente tra i più fatiscenti della Regione e ha quindi bisogno di ristrutturazioni se vogliamo umanizzarlo e renderlo una struttura sanitaria efficiente. Pur nel rammarico per questa scelta che ha tolto alla Regione la competenza di programmare in questo settore, una prudenza maggiore era necessaria.
Inoltre, collega Calligaro, non posso accettare la sua affermazione che ci sono lobby democristiane dietro questo finanziamento! Credo che tale affermazione sia probabilmente dovuta alla foga del discorso. Capita anche a me talune volte, quindi posso anche accettarla, ma se non è così la prego di fare in quest'aula nomi, cognomi, indirizzi e riferimenti in modo che chi eventualmente fosse nella sua testa possa avere il modo di difendersi da quella che io considero un'accusa calunniosa!



ROSSA Angelo



PRESIDENTE

Non essendovi altri iscritti a parlare, ha facoltà di replicare il Presidente della Giunta, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

La conclusione attorno ai dati che sono stati oggetto della discussione la trarrà il Vicepresidente Vetrino che ha seguito con attenzione l'iniziativa sin dal suo sorgere. Vorrei solo aggiungere, anche in sollecitazione di quanto ho sentito or ora dal Consigliere Carletto, che proprio nella giornata di ieri, in un incontro intervenuto presso il Ministero del Tesoro, abbiamo convenuto con il Ministro Cirino Pomicino, a seguito anche di insistenze notevolissime intervenute nel tempo, di modificare la legge costitutiva del CIPE. Attraverso la proposta che è stata accolta nella giornata di ieri, le Regioni saranno presenti nel CIPE con tre rappresentanti con la possibilità, all'interno del sistema, di alternare la presenza proprio laddove, per ragioni geografiche o tecniche possa essere necessario sostituire chi tradizionalmente dovrebbe far parte del CIPE stesso.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta, Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Signor Presidente, all'inizio ho comunicato che avevo una serie di dati che non avrei letto e che avrei successivamente trasmesso ai Consiglieri regionali per una lettura più attenta, perché mi rendo conto che è difficile fare un discorso tra chi possiede tutta la documentazione e ha tratto delle osservazioni e chi deve invece ribattere sulla base di appunti. Inizialmente avevo posto il problema e sarei stata anche disposta a rinviare la comunicazione, ma credo che ritorneremo sull'argomento e pertanto farò pervenire i dati che ho annunciato a tutti i Consiglieri affinché possano meglio riflettere.
E' stato posto il problema del rapporto tra Regioni e Stato e in particolare, come ha richiamato il Consigliere Calligaro, il vigore con cui la Conferenza dei Presidenti ha rivendicato maggior ruolo in questa vicenda. La risposta del Presidente in parte recupera una certa freddezza che per la verità i Presidenti avevano sempre nutrito nei confronti di questi problemi. Ho avuto l'opportunità di intervenire ad una riunione in rappresentanza del Presidente Beltrami, presente l'allora Ministro del Bilancio, Colombo, ed io ero la sola rappresentante regionale eletta, tutti gli altri erano funzionari (naturalmente il Ministro Colombo ha rilevato il fatto e credo che in seguito riunioni di questo tipo non siano più avvenute). In quella riunione si parlò specificatamente del disegno di legge che allora era in preparazione riguardante il FIO e in quella sede le Regioni avrebbero dovuto rivendicare questo maggior ruolo. Se il nuovo disegno di legge persegue questa intenzione sicuramente ci sarà un maggior coinvolgimento delle Regioni. Occorrerà poi vedere effettivamente nella gestione concreta come questo ruolo sarà estrinsecato e quali saranno gli spazi che saranno dati ai Presidenti delle Regioni, attraverso quali formule e quali momenti per poter difendere la nostra programmazione e le nostre priorità.
Qualcuno ha detto che noi abbiamo accettato una politica neocentralistica e burocratica. Io rispondo che l'abbiamo accettata perch di fronte ad una situazione di carenze finanziarie ogni volta che arrivava il FIO, che finiva per essere l'unica fonte di finanziamento straordinario per la Regione, ci rammaricavamo di come erano stati distribuiti i soldi ma erano tuttavia dei soldi che arrivavano in Piemonte. In questo senso, il Consigliere Carletto ha ragione quando dice che in fondo il Mauriziano è una struttura ospedaliera, tutto sommato sono contenta dei 475 miliardi, ma non è di questo che ci lamentiamo, è il modo con il quale sono stati attribuiti non tenendo conto delle priorità evidenziate dalla Regione perché inviare a Roma progetti per 1.500 miliardi è stato molto faticoso per quanto riguarda le priorità. A questo proposito informo la collega Bresso che per quanto concerneva l'acquedottistica l'impianto di Combanera era al primo posto ed al secondo quello di Casale; in luogo però di questi progetti ne sono stati finanziati altri. A volte definire un'elencazione per una Giunta non è facile, così come non sarà facile scegliere i progetti da inviare a Roma ai sensi dell'art. 20 a proposito dei quali devo correggere la cifra ricordata dal Capogruppo DC, Carletto. Magari fossero 2.000 miliardi i fondi stanziati! Purtroppo per la ristrutturazione ospedaliera avremo a disposizione nei nove anni 966 miliardi e circa 600 miliardi per quanto riguarda la ristrutturazione delle residenze protette per i non autosufficienti.
Relativamente alla questione Mauriziano io penso che la Giunta e il Consiglio potranno trovare i modi per la gestione di questi 966 miliardi tenendo conto che tale struttura esiste e svolge un ruolo ospedaliero importante, ma che evidentemente non può essere la sola ad assorbire in modo così massiccio i fondi stanziati perché ciò significherebbe - come diceva il Consigliere Calligaro - stravolgere davvero non soltanto il nostro Piano socio-sanitario, ma anche le nostre possibilità di intervento sulle strutture ospedaliere nei prossimi nove anni.
Il Consigliere Carletto ha ragione allorquando dice che la Giunta avrebbe dovuto mandare elenchi più selezionati. Abbiamo fatto una lotta che è stata faticosa, nell'ambito della Giunta e della maggioranza. Non dimentichiamo però il fatto che noi siamo stati molte volte costretti ad inviare una serie di elenchi piuttosto corposi, quindi precludendoci per certo verso quella possibilità di rigore e di autoselezione interna, perch non sapevamo mai con quali criteri si sarebbe mosso il Nucleo di valutazione degli investimenti del CIPE. Non sapevamo, ad esempio, se sarebbe stata privilegiata l'edilizia ospedaliera, l'acquedottistica o le fognature, quindi siamo stati costretti a mandare un po' di tutto perché di fatto un po' di tutto sarebbe stato finanziato. Ricordo che nei primi anni non richiedevamo alcun intervento sull'edilizia ospedaliera perch ritenevamo che dovesse essere rimandato al Piano sanitario regionale quindi al fondo sanitario nazionale che sappiamo prevede anche una parte relativa agli investimenti. Quando abbiamo visto che le altre Regioni ricevevano centinaia di miliardi per l'edilizia ospedaliera abbiamo modificato il nostro comportamento. Ricordo le critiche del Gruppo comunista allorquando decidemmo di inserire la richiesta di intervento sulla struttura ospedaliera delle Molinette, ma la nostra scelta dipendeva da questa constatazione, tant'è vero che le Molinette ricevettero il finanziamento di 28 miliardi e quest'anno ha ricevuto il terzo finanziamento, per un totale complessivo di quasi 100 miliardi.
E' stato difficile in questi anni gestire il FIO per le incertezze a livello nazionale perché non essendoci un piano a medio termine che individui quali sono le priorità di intervento a livello nazionale, ogni anno si è costretti ad improvvisare, per cui se un anno viene privilegiata l'emergenza anziani occorre muoversi in quella direzione, l'anno dopo pu toccare all'ambiente: per queste ragioni siamo stati costretti a coprire tutti i vuoti per avere la possibilità di raccogliere il più possibile. Per la verità questo stratagemma è servito, anche se l'Assessore alla programmazione ha sempre inviato con molto dispiacere un elenco di progetti per 1.500 miliardi, perché io ricordo benissimo le critiche che facevo a Viglione e a Rivalta quando sedevo sui banchi dell'opposizione. Quando per mi sono trovata da questa parte ho vissuto le stesse difficoltà. Io credo che la cosa buona che possiamo fare adesso, come ha proposto la collega Bresso, è di vedere le linee di intervento su cui intende muoversi la programmazione nazionale nei riguardi della programmazione regionale.
Abbiamo un disegno di legge che è in preparazione: la Conferenza dei Presidenti finalmente sembra spronata e disposta a voler giocare un ruolo concreto. Come Regioni quindi siamo in condizioni di fornire qualche suggerimento affinché il nuovo disegno di legge sia probabilmente quello del 1982 che era stato elaborato in un ambiente molto rigoroso e che poneva degli obiettivi che purtroppo, come abbiamo constatato tutti, negli anni a venire sono stati assolutamente disattesi, se non addirittura degenerati.
In questo senso sono disponibile a portare alla I Commissione il disegno di legge che è in gestazione al Ministero e a valutare insieme un possibile nostro accordo anche perché noi facciamo parte, attraverso i nostri funzionari, della Commissione interregionale ministeriale che discute di queste cose, quindi siamo in grado di fornire ai nostri funzionari degli input, delle osservazioni e delle segnalazioni che riflettano la voce della Regione Piemonte rispetto a questo tema.



PRESIDENTE

Si è concluso con la replica del Vicepresidente Vetrino il dibattito sulle comunicazioni relative ai finanziamenti FIO.



ADDUCI Donato

Vorrei pregare il Presidente di comunicare con gioia al Consiglio che la Corte di Cassazione ha dichiarato ammissibili i referendum contro la caccia e i pesticidi.



PRESIDENTE

Non ho ancora ricevuto la comunicazione ufficiale, quindi mi riserver di farlo non appena la riceverò.


Argomento: Fondo di previdenza dei Consiglieri

Esame progetto di legge n. 581: "Modifiche alle LL.RR. 23/1/1984, n. 9 e 18/12/1986, n. 57 (Previdenza Consiglieri regionali)"


PRESIDENTE

A questo punto propongo di esaminare il progetto di legge n. 581 precedentemente iscritto all'o.d.g., relativo al fondo di previdenza dei Consiglieri regionali.
Relatore è il Consigliere Gallarini che dà per letta la relazione.
Non essendovi richieste di parola passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 32 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 32 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 hanno risposto SI 31 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Esame legge rinviata dal Governo relativa a: "Devoluzione di quote di assegnazioni statali nell'area agricoltura"


PRESIDENTE

Esaminiamo infine la legge rinviata dal Governo relativa a: "Devoluzione di quote di assegnazioni statali nell'area agricoltura", precedentemente iscritta all'o.d.g.
Tale provvedimento è stato licenziato all'unanimità dalla I Commissione.
Non essendovi interventi possiamo passare alla votazione del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 21 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 21 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 21 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 21 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 21 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 30 hanno risposto SI 21 Consiglierei si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,55)



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