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Dettaglio seduta n.218 del 30/11/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PETRINI Luigi



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 1902 presentata dal Consigliere Ala.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Con l'interpellanza in argomento il Consigliere Ala richiede di conoscere quali siano le vere intenzioni della Regione e della Comunità montana Valle Ossola in merito alla valorizzazione del Parco dell'Alpe Veglia individuando le opere che si intendono realizzare e se vi sia l'intenzione di richiedere un finanziamento FIO per queste iniziative.
Inoltre il Consigliere desidera sapere quale sia il ruolo della Finpiemonte nella vicenda; se risponda al vero che l'ENEL intende costruire una strada di accesso all'Alpe Veglia; e quali iniziative la Regione intenda porre in atto per garantire che le operazioni immobiliari avviate nel parco non costituiscano una modificazione delle cubature originarie.
Per quanto attiene alla prima domanda - e cioè quali siano le intenzioni della Regione e della Comunità montana in merito alla valorizzazione del parco - è ovvio che può essere fornita risposta esclusivamente in merito alle intenzioni regionali non essendo in grado di conoscere gli intendimenti di un altro ente. Si può peraltro fornire, come dato di fatto, il quadro dei problemi che la Comunità montana ha esposto alla Regione, quadro che costituisce il punto di partenza delle successive valutazioni. La Comunità montana ha infatti presentato una proposta di valorizzazione turistica della Valle Ossola che considera prioritari interventi di miglioramento del comprensorio sciistico di San Domenico di Varzo (località esterna al Parco dell'Alpe Veglia) e di sistemazione dell'accesso al parco, oggi assicurato da un'unica strada, attraverso la costruzione di una galleria. Si tratta quindi di due problemi tra loro distinti, ma territorialmente collegati. Le proposte pervenute dalla Comunità montana costituiscono pertanto un quadro di riferimento che deve essere attentamente valutato nel suo complesso.
Prima di fornire una risposta in merito alle domande del Consigliere Ala è peraltro opportuno ricordare che, oggettivamente, sussistono dei problemi di sicurezza in relazione all'attuale strada di accesso al parco e che è necessario ragionare sulle soluzioni atte a ridurre o ad eliminare i rischi per le persone che utilizzano questa strada al fine di impedire che avvengano incidenti o che sussista uno stato di pericolo per i frequentatori del parco in quanto il rischio è comunque presente, a causa del dissesto geologico dell'area, anche per coloro che si recano nel parco a piedi. Di fronte a questa situazione è pertanto necessario affrontare la questione in modo serio verificando le possibili alternative che dovranno comunque essere tali da garantire la tutela ambientale e la fruizione del parco.
La Giunta regionale ha pertanto deciso di affidare alla Finpiemonte uno studio di fattibilità economica da un lato, ma anche ambientale, che prenda in considerazione non soltanto il territorio del parco, ma un comprensorio ben più vasto ed esteso alle aree urbanizzate e utilizzate dal turismo sciistico esterne al parco. Pertanto si attendono le valutazioni della Finpiemonte in merito allo sviluppo ed alla valorizzazione dell'intera area che deve necessariamente ricomprendere il parco quale elemento da conservare come zona protetta e richiamo per aree circostanti; in questo senso si attendono anche risposte in merito ai rapporti territoriali tra questa ampia zona e le limitrofe aree di Baceno e dell'Alpe Devero che, in quest'ottica, debbono costituire elementi di ampliamento del parco al di fuori del quale ed attorno al quale predisporre strutture turistiche e ricettive adeguate.
La stessa Finpiemonte ha peraltro già dichiarato che l'accessibilità al Parco dell'Alpe Veglia deve costituire un punto di riflessione più approfondita rispetto alla proposta della Comunità montana, in quanto proprio l'esistenza del parco come area protetta può consentire di valorizzare l'offerta turistica.
In questa situazione pertanto risulta difficile pensare ad interventi di costruzione di nuove strade - non soltanto per i problemi geologici evidenti - da parte di chicchessia, ivi compresa l'ENEL; probabilmente, ma qui si tratta soltanto di una illazione, si può pensare di migliorare l'accesso al parco non attraverso costosissimi interventi viari, ma più facilmente attraverso un opportuno impianto funiviario che garantisca comunque una portata limitata di fruitori così come peraltro previsto dal vigente Piano dell'area del parco.
Proprio l'esistenza del Piano dell'area consente infine di dare risposta in merito alle paventate operazioni immobiliari nel parco che paiono peraltro collegate ad uno sviluppo sciistico non rientrante tra i fini e gli obiettivi precedentemente illustrati. Il Piano dell'area vieta infatti modificazioni in termini di cubatura e di destinazione degli edifici presenti nel parco. E' pur vero che un piano può essere modificato ma questo non rientra tra gli intendimenti di questa Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, le risposte date dovrebbero muoversi su due piani: uno di carattere psicologico e uno di carattere normativo. La questione sollevata si colloca infatti su entrambi i piani. Dal punto di vista psicologico, per quanto riguarda le attese che si ingenerano rilasciando determinate dichiarazioni da parte di esponenti di forze politiche delle diverse maggioranze presenti negli enti locali, che di fatto lanciano, e non solo per motivi elettorali, proposte che suonano in un'unica maniera: "stiamo per modificare il quadro normativo del Piano dell'area del parco".
Questa è la sostanza attorno alla quale muoveva l'interpellanza: una serie di soggetti politici ed economici hanno, negli ultimi mesi, detto e sostenuto che si avviava un processo di valorizzazione turistica del parco.
"Valorizzazione turistica di un parco": questi termini quando vengono pronunciati da determinati operatori economici hanno un senso ben preciso.
Forse, per carità di patria, l'Assessore Vetrino ha dimenticato qual è il quadro attuale dell'Alpe Devero, un "esempio" di inizio di valorizzazione turistica di un'area protetta.
Quindi, dal punto di vista psicologico, era per me importante che venisse una risposta in merito alla volontà politica dell'Ente regionale come istituzione, per quanto riguarda la modificazione del Piano dell'area.
L'ultima frase della risposta all'interpellanza è per me la più importante. Colgo con soddisfazione, da quanto dice la Regione, che non è allo studio una modificazione del Piano dell'area. Ciò non toglie che alcune vicende siano tuttora non sufficientemente definite, come il problema dell'accesso al Parco dell'Alpe Veglia.
Prendo atto, anche qui in maniera sufficientemente soddisfatta, del fatto che il progetto di accesso presentato dalla Comunità montana non viene accolto dalla Giunta regionale. Se si pensa che la cosa debba essere risolta in altro modo, anche questo è un elemento positivo. Ritengo che soprattutto per quanto riguarda i parchi istituiti in Provincia di Novara vi sia, da parte della Giunta regionale, troppo silenzio e troppa poca grinta nel difendere una politica. Si ha l'impressione che, bordata dopo bordata, momento dopo momento, si sia continuamente sulla difensiva di fronte all'aggressività di altri soggetti e soprattutto di altri interessi.
La risposta concreta, a mio avviso, può essere una soltanto: la chiara esplicazione della volontà politica di completare il Piano dei parchi per quanto riguarda la Provincia di Novara.
Al di là della condivisione, per buona parte, del contenuto delle risposte a questa interpellanza, questo è il segno della volontà di realizzare una politica antitetica, almeno in quella zona, rispetto ad alcuni interessi economici e non solo.


Argomento: Viabilità

Interpellanza n. 2001 dei Consiglieri Chiezzi, Guasso, Avondo, Sestero e Calligaro inerente lo svincolo tra Avigliana e la Statale n. 589


PRESIDENTE

L'Assessore Mignone risponde ora all'interpellanza n. 2001 presentata dai Consiglieri Chiezzi, Guasso, Avondo, Sestero e Calligaro.



MIGNONE Andrea, Assessore alla viabilità

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, con l'interpellanza in oggetto i Consiglieri Chiezzi, Guasso, Avondo, Sestero e Calligaro, hanno chiesto alla Giunta, e all'Assessorato ai trasporti e viabilità in particolare, notizie rispetto ad una riunione tenuta presso l'Assessorato stesso con alcuni Comuni, in ordine alla viabilità nella zona tra i Comuni di Giaveno e Trana e la Statale n. 589.
Gli elementi di risposta sono i seguenti: la riunione è stata indetta su richiesta del Sindaco del Comune di Giaveno e sono stati invitati i Comuni di Avigliana, Giaveno, Trana, la Comunità montana Val Sangone l'ANAS e la Provincia di Torino. Il Sindaco del Comune di Giaveno ha invitato alla riunione anche la SITAF.
Il problema trattato durante la riunione riguarda la variante all'abitato di Trana ed il collegamento della Valle Sangone alla Statale n.
589. Sono state avanzate alcune ipotesi, non supportate però da documenti cartografici, di varianti alla Statale n. 589 stessa; è stato anche fatto il punto della situazione urbanistica con riferimento al PRG di Trana e delle ipotesi progettuali possibili nonché degli aspetti legislativi relativi al finanziamento delle opere.
Al termine dell'incontro l'Amministrazione regionale si è impegnata, a fronte di una progettazione di fattibilità ANAS, a svolgere la propria parte presso la Direzione Generale dell'ANAS e il Ministero dei Lavori Pubblici per l'eventuale finanziamento dell'opera. E' chiaro che questo avverrà quando tutto ciò sarà disponibile da parte dell'ANAS e quando sarà verificato con le Amministrazioni per quanto attiene gli aspetti urbanistici e quelli relativi all'impatto sul territorio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio l'Assessore Mignone almeno per la tempestività con la quale ha fornito questa risposta peraltro molto generica. Non è possibile che il ruolo della Regione Piemonte, sui temi della viabilità nell'area centrale importante della Regione, si limiti a partecipare ad una riunione indetta da un Sindaco su problemi che possono parere locali, di assistere a tale riunione promettendo interessamenti e illustrando alcune possibilità di azione da parte della Regione stessa.
In realtà, tutti i problemi, soprattutto quelli della viabilità, hanno sempre interconnessione con il territorio circostante. A volte neppure la circonvallazione di un abitato è di per s' confinata all'interno dei problemi comunali. In questo caso, Assessore Mignone, il problema di dare un accesso alla pianura da parte della Valle Sangone attraverso il Comune di Trana è strettamente collegato alla soluzione della viabilità tra la Valle Susa, Avigliana, Trana e la Val Sangone. Ci sono perplessità polemiche e anche mancanza di informazione su questo nuovo tracciato che dovrebbe partire dal lotto 28 dell'autostrada della Valle Susa e attraverso gallerie più o meno lunghe, passaggi a mezza costa sul lago dovrebbe, da un lato, aprire una direttrice dalla Valle Susa su Giaveno e dall'altro potrebbe costituire la direttrice per i mezzi pesanti diretti allo svincolo del Drosso sito tra Torino e Beinasco. A quel punto ci troveremmo di fronte ad una vera e propria camionabile, con tutti i danni ed i pericoli che questo comporterebbe per il paesaggio dei laghi di Avigliana e per queste zone prealpine che giungono fino a Trana.
Chiedo che la Regione Piemonte partecipi a queste assemblee, forte di una propria progettualità che invece non c'è. In assenza di questa i casi sono due: si spendono un po' di soldi per fare i progetti, l'ANAS mette in circolo delle ipotesi progettuali e poi tutto si ferma lì, oppure, peggio ancora, attraverso dei canali scoordinati rispetto all'insieme dei problemi, si realizzano tratti di viabilità che a quel punto sarebbero la prima parte di un progetto più ampio che nessuno ha discusso.
E' sbagliato continuare ad agire in questo modo sui problemi della viabilità. Suggerirei all'Assessore Mignone di svolgere almeno in Commissione una relazione sui problemi della viabilità metropolitana fornendo le informazioni necessarie e dicendo cosa la Regione intende fare sull'insieme di questi problemi.
Un problema analogo a questo è quello relativo al secondo lotto della strada che si diparte dallo svincolo del Drosso verso Pinerolo. Ho visto la documentazione fornita e vi assicuro che questo secondo lotto è davvero insensato, a meno che non sia il secondo lotto dell'autostrada tra Torino e Pinerolo in quanto la strada ha una sezione di 26 metri e si innesta su una strada che ha una sezione di 8 metri. Non ha senso a meno che quella strada prosegua dritta verso Pinerolo.
Bisogna fare il punto su tutte queste vicende, solo in questo modo la Regione può affermare un ruolo che adesso non ha.
Chiedo a nome del Gruppo comunista di dare più peso al ruolo di programmazione della Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore alla viabilità

Sono disponibile a concordare con la Commissione una data ragionevole ancora prima di Natale, per fare una comunicazione che prenda in esame la situazione complessiva. In realtà è pur vero che organizziamo riunioni specifiche, però abbiamo presente il quadro di riferimento di ordine più generale.
Ribadisco la mia disponibilità ad individuare insieme alla Commissione un momento in cui poter descrivere il quadro complessivo dell'area metropolitana.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

Per quanto riguarda l'interpellanza n. 1855 presentata dal Consigliere Staglianò relativa ad una cava esistente nel Comune di Cantoira e l'interrogazione n. 1885 presentata dal Consigliere Pezzana inerente lo stato del trasporto pubblico da e per l'Aeroporto di Caselle, essendo assenti sia gli interroganti sia gli Assessori competenti, verrà data risposta scritta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Calligaro, Lombardi, Masaracchio e Picco.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge non vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 14 e 21 novembre 1989 - in attuazione dell'art. 9 della L.R. n.
6/88 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Parchi e riserve

Esame proposta di deliberazione n. 1259: "L.R. 4/6/1975, n. 43, art. 2. Modificazione al Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali Fascia fluviale del Po (2) - Comune di San Mauro" e rinvio esame relativo ordine del giorno


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1259, di cui al punto 4) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Prenderò qualche minuto perché l'argomento all'o.d.g. è discretamente importante.
Ci troviamo di fronte ad uno stralcio consistente rispetto ad altri che abbiamo discusso in questo Consiglio, non ultimo quello del Comune di Lauriano che l'altra volta è passato abbastanza tranquillamente perché si trattava di uno stralcio di poco conto.
Prima di affrontare il contenuto della proposta di deliberazione della Giunta al Consiglio, coglierei l'occasione per rilevare una questione formale di fondo sullo svolgimento delle deliberazioni.
La deliberazione proposta dalla Giunta ha un suo momento elaborativo di confronto nella Commissione competente. Molte delle nostre deliberazioni danno anche occasione alle consultazioni e poi vengono trasmesse all'aula per il voto conseguente. Non è prevista per la deliberazione la nomina di un relatore e quindi succede che ogni qualvolta il Presidente del Consiglio annunci l'esame di una deliberazione, si determina un momento di incertezza tra Giunta e Consiglio e non si sa mai bene chi debba essere il propositore della deliberazione stessa.
La prassi ha visto solitamente la Giunta, che è appunto l'ispiratrice della deliberazione, proporsi come interlocutrice prioritaria e privilegiata nei confronti della deliberazione.
Ritengo che una successiva correzione del Regolamento del Consiglio regionale debba prevedere la possibilità di nominare un relatore anche per le deliberazioni, attraverso la solita espressione "di norma", affinché la Commissione stabilisca di volta in volta sul tipo di argomento in discussione se ci siano le condizioni per nominare un relatore. Vorrei far presente che la deliberazione, pur essendo ispirata dalla Giunta, ha di per se stessa una vita consiliare propria nell'ambito della Commissione: avviene il dibattito e ci sono le consultazioni che sono indette dalla Commissione competente. Dunque, non è giusto escludere questa partecipazione del Consiglio e quindi rimandare esclusivamente alla Giunta la presentazione della deliberazione, tenendo conto inoltre del fatto che non abbiamo soltanto deliberazioni semplici, ma anche deliberazioni complesse, perché il nostro Statuto prevede che atti importanti della nostra attività legislativa e regolamentare di piano vengano approvati con deliberazione del Consiglio regionale. Ricordo per tutti il Piano regionale di sviluppo che viene approvato con deliberazione del Consiglio regionale ricordo i piani della formazione professionale che annualmente vengono approvati con deliberazione del Consiglio regionale; ancora i piani di settore e i piani dei parchi che vedono regolarmente l'approvazione con deliberazione da parte del Consiglio regionale.
Quindi mi permetto, signor Presidente, di rappresentare questa esigenza, anche se nel caso specifico sono ben lieta di essere io stessa ad illustrare la deliberazione e a raccogliere nella mia esposizione anche quella parte più strettamente connessa all'attività della Commissione e a far diventare questo un documento congiunto di resoconto della Giunta e della Commissione consiliare competente.



PRESIDENTE

Scusi, Assessore Vetrino, prima che lei illustri la deliberazione prendo atto di quanto lei ha dichiarato. Devo peraltro dire che l'art. 26 del Regolamento del Consiglio regionale recita testualmente: "Sugli oggetti discussi da ciascuna Commissione, questa nomina un relatore, il quale redige una relazione scritta che viene presentata in Consiglio". Quindi, il Regolamento attualmente prevede che ci sia un relatore. Poiché esiste attualmente una Commissione che sta esaminando le modifiche da apportare al Regolamento, la sua osservazione viene a proposito e pertanto il problema sollevato dall'Assessore Vetrino verrà portato nella sede competente della Commissione Regolamento.
Per quanto riguarda quindi questa richiesta dell'Assessore, credo che la discussione debba finire qui, ma non è materia su cui deve entrare il Consiglio regionale se non per prendere atto che è stata sollevata questa esigenza.
Si proceda quindi all'illustrazione della deliberazione.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Sul contenuto della deliberazione, cioè l'ipotesi di stralciare dal Piano dei parchi una determinata area del territorio di San Mauro, previsto dalla cartografia che è allegata alla documentazione di supporto alla deliberazione, occorre ricordare che con deliberazione del Consiglio regionale n. 878-3974 del 22 marzo 1985 è stata inclusa nel Piano regionale dei parchi l'area denominata "fascia fluviale del Po (2)": in tale area è ricompresa anche parte del territorio del Comune di San Mauro che è pertanto soggetta, a far data dal 22 marzo 1985, ai vincoli transitori di cui alla L.R. 4/6/1975, n. 43. Questi vincoli comportano, tra l'altro anche limitazioni all'attività urbanistica e, in particolare, impediscono la costruzione di nuove opere.
Lo stato di fatto giuridico che si è venuto a determinare ha prodotto due richieste di deroga alle norme della legge regionale sui parchi da parte del Comune di San Mauro, più precisamente relative alla costruzione di un nuovo ponte sul Po (su finanziamento FIO), con la conseguente sistemazione della viabilità, e alla costruzione di alcune case in un'area PEP di edilizia popolare su finanziamento regionale.
In merito alla richiesta di deroga deve essere sottolineato come la legge non consenta di procedere a deroghe alle normative, bensì permette esclusivamente di seguire due strade: l'istituzione del parco con le relative modifiche normative ovvero lo stralcio di parte del territorio incluso nel Piano dei parchi. Per entrambe le richieste si è deciso di seguire quest'ultima strada.
La collega Bresso nella seduta scorsa poneva il problema che determinati interventi potessero essere autorizzati con provvedimento di deroga da parte della Giunta; quindi, quell'area continuava a rimanere parco, ma veniva introdotta una deroga per quel determinato provvedimento.
Per la prassi che abbiamo stabilito e per come sono congegnate le nostre leggi, abbiamo invece la necessità di seguire solo queste due strade: o l'istituzione del parco che può portare o non portare con s' le modifiche normative ovvero lo stralcio di parte del territorio incluso nel piano dei parchi.
Tuttavia anche il contributo che ha dato la collega Bresso può essere approfondito e si può valutare un eventuale aggiornamento rispetto all'atteggiamento che può tenere il Consiglio regionale di fronte alle richieste di stralcio.
Per quanto concerne l'edilizia popolare la Giunta regionale ha proposto lo stralcio, approvato dal Consiglio regionale in data 30/3/1989, con deliberazione del 19/7/1989.
Più complesso è il discorso relativo al ponte e alla viabilità. Anche se noi non ci occupiamo dell'opera in questo momento, ma di uno stralcio che la consentirà, io credo che non sia sprecato il tempo ove noi lo impieghiamo ad individuare gli obiettivi principali che hanno guidato la stesura del progetto da parte del Comune di San Mauro e che si possono sinteticamente elencare in quattro punti: 1) la soluzione dei problemi del traffico e il suo smaltimento con una razionale fruizione dei nodi e degli incroci 2) il consolidamento e la bonifica delle sponde del fiume 3) il conseguimento del più ampio rispetto paesaggistico ed ambientale 4) la riqualificazione degli spazi urbani interessati dall'interno che pur nella conservazione delle valenze che provengono dalle eredità storiche naturali del sito possono essere oggetto di un ridisegno architettonico atto alla rivitalizzazione tanto sul versante dell'organizzazione economica quanto su quello dell'esaltazione degli aspetti sociali e più propriamente comunitari della città.
In merito a questi quattro punti, da parte del Comune di San Mauro è parso che sarebbe risultato poco corretto ragionare in termini di proprietà dell'uno rispetto all'altro ed è sembrato agli estensori del progetto più opportuno svolgere un lavoro di attento e continuo controllo al fine di raggiungere una soluzione che amalgamasse concretamente le problematiche proposte dagli obiettivi elencati.
La soluzione dell'annoso problema della salita al ponte e al cuore della vecchia città, con i ben conosciuti fenomeni di rallentamento e di ingorgo del traffico e di attraversamento nelle diverse direzioni implicitamente risponde alle esigenze di viabilità di ordine territoriale interessando una vasta porzione di Comuni limitrofi e non. Sono queste le motivazioni che hanno portato alla predisposizione di questo grande progetto di viabilità, che è grande per la costruzione di un ponte che è già costruito, ma che diventa grande anche per il prosieguo del collegamento che deve ancora essere costruito e per il quale noi oggi definiamo questo intervento di stralcio.
A questo proposito devo dire che sono sorte delle perplessità nell'ambito della Commissione relativamente al secondo tratto del progetto che prevede il tunnel e la ricostituzione della passeggiata. Il progetto inizialmente proposto dal Comune di San Mauro (quello presentato alla Regione il 17/7/1986) presentava una sistemazione complessiva non chiara soprattutto in relazione alla viabilità stessa. Questa situazione iniziale ha portato la Regione a considerare con prudenza questo intervento e ad autorizzare inizialmente soltanto lo stralcio relativo al ponte; gli amministratori di San Mauro dicono che la Regione aveva tutto il progetto e avrebbe quindi potuto già in quella sede concedere lo stralcio per tutto il progetto. Noi invece, siccome avevamo visto con preoccupazione la seconda parte del progetto, avevamo autorizzato solo il ponte, che tra l'altro era l'unica opera che in quel momento veniva finanziata dal FIO e questo era uno dei motivi di fondo. Il primo progetto è stato presentato il 13/10/1987 ed approvato dal Consiglio regionale l'11/11/1987.
Per quanto attiene viceversa lo svincolo stradale del ponte, la proposta definitiva del Comune di San Mauro ha consentito di predisporre l'atto deliberativo in discussione al Consiglio, mentre bisogna dire che nel merito delle opere da realizzare deve essere rilevato che così come proposte le stesse devono essere oggetto di autorizzazione a norma della legge n. 431. A questo riguardo occorre un chiarimento perché il Comune di San Mauro ha esibito nella documentazione presentata alla Commissione consiliare una lettera, a firma del Responsabile del Settore Beni ambientali, nella quale la Regione (il responsabile di un settore rappresenta infatti la Regione) comunicava che "esaminate le planimetrie inviate, constatato che l'intervento di nuova costruzione riguarda un tratto del Po compreso fra zone totalmente urbanizzate e come tali individuate dallo strumento urbanistico, visto il comma secondo della legge n. 431, la realizzazione indicata non necessita di autorizzazione ex art. 7 in quanto non compresa in zona soggetta a vincolo di tutela ambientale e paesaggistica".
Di fronte a questa lettera che non conoscevo perché non l'ho firmata io, mi sono trovata nella esigenza di dover capire di più rispetto a questo problema. Ciò mi ha portato ad un chiarimento che comunico al Consiglio per tranquillizzarlo sul prosieguo che deve avere questa pratica. Dalla documentazione che ci inviò il Comune il 17/6/1986 e dagli atti allegati risultava trattarsi di un appalto concorso indirizzato a risolvere problemi di traffico del nucleo di San Mauro anche con la costruzione del ponte e dei connessi vincoli stradali, ma non si poteva assolutamente dedurre che il progetto comportasse la realizzazione ex-novo di un tracciato stradale in tunnel da costruire, creando nell'alveo del Po la nuova struttura in modo tale da ridisegnare completamente la sponda del fiume per un lungo tratto. Se ciò fosse stato chiaro non avremmo potuto né dovuto scrivere quella lettera. Sottolineo infatti che nella planimetria a suo tempo inviata dal Comune l'ipotesi di tracciato era tratteggiata e sembrava o ipotetica o rispecchiante una sistemazione di tracciato preesistente.
Alla luce degli atti che noi oggi abbiamo a disposizione (il progetto definitivo) appare invece evidente che la soluzione progettata comporta una trasformazione radicale di tutta la sponda del Po suscettibile sì di potenziare aree a passeggio pubblico e di fruizione della vista sul fiume ma certamente da valutare con estrema e dettagliata cura per le conseguenze ambientali e paesistiche che la stessa verrà a determinare, trattandosi di opera che sostituisce l'attuale sponda con una infrastruttura artificiale da eseguire in massima parte nell'alveo del fiume.
Nel caso concreto si ritiene che la nuova realizzazione non possa considerarsi esonerata del parere prescritto dalla legge n. 431 in quanto non rientra in zona urbanizzata bensì sulla sponda e nell'alveo del fiume Po.
Di fronte a questa situazione, che io ho voluto illustrare nella sua completezza al Comune, è evidente che l'atto che noi approviamo oggi consente al Comune di realizzare l'opera, ma che quest'opera non potrà essere realizzata se non con il benestare, per quanto riguarda il progetto del Settore Beni ambientali e quindi della Regione in ultima analisi ancora.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la decisione del Consiglio regionale concerne la costruzione di una strada, anzi di un tunnel nel fiume Po, è di questo che dobbiamo discutere.
Dalla relazione dell'Assessore Vetrino si coglie un'esplicita sensibilità nei confronti di una politica di tutela dell'ambiente, per alle sue dichiarazioni non corrispondono atti conseguenti.
La vicenda di San Mauro non può essere presa come esempio di una politica delle istituzioni attenta all'ambiente. Con questo stralcio probabilmente il Comune di San Mauro si è liberato del Parco del Po (forse non rimane più nulla soprattutto in sponda destra). Non penso che questo sia un punto a favore di una corretta politica ambientale. E' stato un errore, Assessore Vetrino, deliberare stralci parziali come lo stralcio dell'area impegnata dal nuovo ponte senza tenere in considerazione tutte le conseguenze di tale manufatto. Il primo errore da parte dell'Amministrazione regionale è di aver deliberato il primo stralcio del parco.
L'Assessore Vetrino dice che ci si è accorti, sia pure in ritardo, che si sta per costruire una strada interrata, anzi "annacquata", all'interno dell'alveo del fiume, modificando il regime idraulico dello stesso. Si parla a favore dell'ambiente e si cementano i fiumi. L'Assessore dice ancora che in un primo tempo la Regione Piemonte non si era accorta di questo perché la grafica del progetto era ambigua e che peraltro non era stato ritenuto necessario alcun parere ai sensi della legge Galasso.
Adesso si rivede questo giudizio e l'opera sarà autorizzata solo se il Servizio competente darà parere favorevole, però nel frattempo si stralcia l'area dal parco: è una palese contraddizione! I casi sono due (l'Assessore non è estraneo al parere del Settore Beni ambientali poiché lo dirige): il Settore Beni ambientali darà parere favorevole al progetto, allora contestuamente a questo si fa lo stralcio del parco, oppure se il Settore Beni ambientali non darà parere favorevole a questo progetto non si capisce perché oggi si faccia uno stralcio.
Assessore Vetrino, in realtà questo problema non può essere risolto unicamente dall'Assessorato che lei dirige. Il Comune di San Mauro ha il problema della strettoia nel centro storico adiacente al fiume che genera gravi problemi di traffico e di inquinamento che non possono essere elusi.
I cittadini e gli amministratori di San Mauro si cimentano da anni con questo problema. Rimane da decidere se questo tipo di problemi è affrontabile in ambiti locali. A mio parere, non è possibile affrontare questi problemi localmente, se si vuole avere un'attenzione diversa nei confronti dell'ambiente, in termini locali.
In termini locali il Comune di San Mauro, vista l'assenza di spazio, ha progettato una strada di scorrimento veloce all'interno del fiume.
Probabilmente, il Comune di San Mauro e gli abitanti del centro storico vedono risolto il loro problema, perché le auto entreranno sott'acqua prima ed usciranno dopo (dal punto di vista dell'inquinamento non so cosa succederà ai due imbocchi della galleria, che saranno dei camini!). Questa soluzione renderà più fluido, almeno in una zona, il traffico veicolare sulla destra del Po, si viaggerà meglio e viaggiando meglio ci sarà più gente che intenderà percorrere la parte destra del Po. Ciò vuol dire che San Mauro per risolvere i problemi li ha scaricati un po' più a monte o un po' più a valle, dove ci saranno altre strettoie, altri inquinamenti. Così facendo non mi stupirei che il tunnel nel fiume Po poco per volta giunga fino a dove dovrebbe giungere se questa logica venisse continuamente riproposta dai Comuni per risolvere i problemi localmente, cioè fino al ponte di Moncalieri, dove potrebbero risalire sulla tangenziale e andare nel resto del Piemonte.
Di qui la necessità, se non si vuole solo parlare dell'ambiente, ma agire per l'ambiente, che il problema del tunnel di San Mauro e della sua viabilità debba essere visto nell'ambito di una proposta regionale e provinciale del Piano dei trasporti. Occorre decidere se la strada destra del Po è una strada di scorrimento veloce oppure no, se la strada viene percorsa da chi dal Piemonte vuole accedere a Torino o da chi dal Piemonte vuole bypassare Torino, oppure se deve diventare una strada di accesso a Torino da parte delle comunità locali site a destra del Po. I problemi del centro storico di San Mauro devono essere risolti in altro modo, ad esempio utilizzando il secondo ponte per trasferire il traffico dalla destra alla sinistra del Po.
La collega Bresso illustrerà la nostra posizione su una vicenda che non è da prendere ad esempio. Vorrei avere ancora un'informazione dall'Assessore. In questi anni ho assistito a molti stralci del Piano dei parchi del 1985, mi interesserebbe sapere quanti metri quadrati di parco sono stati stralciati. Chiedo pertanto che in ogni deliberazione in cui si stralciano le aree dal parco venga precisato il numero di metri quadrati in modo che ogni Consigliere regionale sia in grado di giudicare quanto territorio viene tolto da provvedimenti di tutela ambientale che il Consiglio regionale ha approvato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò breve perché una serie di considerazioni centrali riguardanti il merito trasportistico della scelta del Comune di San Mauro sono state fatte, meglio di come avrei potuto fare io, dal collega Chiezzi e credo debbano essere attentamente considerate dall'Assessore e in generale dalla Giunta. Infatti anch'io sono convinta che la soluzione scelta dal Comune di San Mauro apra la via a un proseguimento ulteriore di questi tunnel dentro il Po, perché non potrà che creare degli intasamenti all'uscita dal tunnel stesso.
Io intervengo sugli aspetti ambientali legati a cosa succederà a seguito di questo intervento nell'area specifica tutelata dal Parco del Po che fa parte, da entrambe le sponde, del Comune di San Mauro.
La questione del ponte. Mi rendo conto che purtroppo in questo momento stiamo discutendo di un'opera che è stata già realizzata. Credo però che ci sia, per l'aspetto dell'impatto ambientale dell'opera specifica del ponte, una grossa responsabilità dell'Amministrazione nell'avere autorizzato un progetto, non ai sensi della legge Galasso perché è dentro l'area urbana quindi non necessita di autorizzazione ai sensi di questa legge, ma approfittando dell'autorizzazione ai sensi della legge sul Parco del Po non si è valutata l'opera nel suo complesso dal punto di vista dell'impatto su quello specifico ambiente. Qui si tratta, come è stato fatto rilevare nell'ambito del PTO del Po, di uno dei pochi Comuni (forse l'unico insieme a Torino nell'asta piemontese del Po) che ha un affaccio diretto sul fiume e quindi rappresenta sul piano ambientale e sul piano dei beni storico-culturali un valore importante. Non è un Comune come gli altri: sono pochissimi, per ragioni idrauliche evidenti, i Comuni che si affacciano direttamente sul Po e sono, specificamente nell'area piemontese solo Torino (sia pure con un affaccio non diretto sul centro) e San Mauro (che invece ha un affaccio proprio sul centro storico del paese). Quindi un'attenzione particolare anche all'inserimento paesistico di questa opera doveva essere portata.
Invece cosa è venuto fuori? Che c'è un ponte antico, tra l'altro molto bello, un ponte nuovo, posto vicinissimo a questo e di sghembo (quindi esteticamente il ponte è brutto, è brutta la scelta progettuale) e subito dopo un orribile mezzo ponte diga dell'ENEL. nel senso che si configura come un ponte che si ferma a metà del fiume.
L'Amministrazione di San Mauro ha dimostrato un'attenzione al proprio ambiente uguale a zero, un disprezzo per il proprio ambiente che pure è bello, molto bello. E' possibile che nessuno abbia valutato l'ipotesi - non ci abbia pensato la Regione di congiungere il ponte con la diga, facendo un ponte diga, evitando, addirittura riducendo, per certi versi, la situazione precedente alla costruzione del ponte di impatto su quell'area? In effetti la diga dell'ENEL è molto brutta e quindi la costruzione di un ponte, magari progettato un po' meglio di quello attuale, poteva anche migliorare il paesaggio locale. Siamo di fronte ad un pasticcio architettonico costituito praticamente da tre ponti (due e mezzo) uno di seguito all'altro, tutti con stili diversi, due dei quali (quello nuovo e quello della diga dell'ENEL) francamente proprio brutti. Per cui attualmente, chi passa sul vecchio, venendo dal centro di San Mauro sul lato destro, mentre prima aveva una visione su un tratto molto bello del Po, ora vede solo più una specie di muraglione, un muro di prigione, perch la prospettiva fa vedere accavallati i due ponti.
Ma non basta. Il famoso tunnel, di cui ha già parlato Chiezzi, passa sotto l'ultima arcata del vecchio ponte verso il centro storico di San Mauro, praticamente ostruendola. Tra l'altro l'opera viene fuori a metà dall'acqua per cui sarà una cosa assolutamente obbrobriosa. Passa ostruendola e quindi costringerà - così sembra dalle descrizioni del progetto che abbiamo visto - a riaprire l'ultima arcata in faccia al centro storico pur sempre in Comune di San Mauro al di là del vecchio ponte che attualmente è interrata nel senso che ci passa una stradina.
Questa apertura probabilmente renderà inevitabile la modifica della sponda in faccia che è una delle poche non murate, non canalizzate di questo tratto del fiume, che è sistemata a sponda erbosa (c'è un piccolo parco davanti), è molto bella, e tra l'altro poco più in là c'è l'isolone.
La modifica del regime idraulico, spostando l'acqua tutta dall'altra parte e quindi spostando il corso del fiume, a detta degli esperti che abbiamo consultato, delle Associazioni ambientaliste, gli stessi redattori del PTO del Po (attualmente l'arch. Stanchi è Presidente dell'Associazione per il Parco del Po ed è uno degli estensori del PTO del Po e credo abbia come associazione mandato una lettera in proposito per sollecitare l'attenzione a questa questione) provocherà la distruzione dell'isolone in lato sinistro di San Mauro guardando dal centro storico. Questo è un rischio grosso e a fronte di tutta questa partita ambientale (il disastro paesistico del ponte e di tutto il tunnel di cui si è parlato che provocherà la distruzione della parte relativa al centro storico di San Mauro; il fatto di dovere sfondare l'ultima arcata sull'altra sponda e quindi di rischiare di distruggere tutta quella sponda perché l'acqua a quel punto tenderà ad eroderla, per cui saranno costretti a fare delle difese spondali; infine il rischio di distruggere l'isolone) appare abbastanza strano che non ci sia stata da parte della Giunta regionale un'attenzione. Anche se non le capisco sul piano delle scelte dell'Amministrazione, sono evidenti le ragioni per cui si è scelto di autorizzare quest'opera. Ma tra l'autorizzazione di un'opera dopo averla valutata e l'autorizzazione di un progetto senza preoccuparsi minimamente di cosa potrebbe succedere, c'è una grande differenza.
Finché le proposte di deliberazione non arrivano in Commissione e poi in aula, naturalmente i Consiglieri non possono discuterle.
L'Amministrazione però ne era a conoscenza da diverso tempo, quindi è grave che non ci sia stata una preoccupazione di questo genere e che non sia stata imposta al Comune di San Mauro una valutazione di impatto ambientale che comprendesse anche gli aspetti relativi al trasporto e le conseguenze che da esso derivano. Si tratta di un impatto ambientale su quella sponda del Po perché i flussi di traffico in San Mauro sono in aumento e non in diminuzione, come il Comune apparentemente crede. Inoltre non c'è stata l'imposizione di un'attenzione a tutte le conseguenze dell'opera, e non mi riferisco soltanto alle conseguenze specifiche nel punto in cui l'opera viene costruita, ma alle conseguenze che derivano dal fatto che l'opera interferisce pesantemente con il regime idraulico del fiume. Quindi le conseguenze della modifica del regime idraulico, che sono state valutate dal Magistrato del Po sull'ambiente fluviale in quell'area particolarmente bella ed estremamente fragile, dovevano essere valutate.
Noi abbiamo presentato un ordine del giorno che impegna la Giunta ad affrontare questa questione ambientale, consci del fatto che si tratti di una scelta sbagliata sul piano trasportistico e sbagliatissima sul piano ambientale, quindi voteremo contro questa scelta. Siamo contrari allo stralcio dal Parco del Po di qualunque area perché riteniamo che qualunque scelta vada fatta contestualmente all'approvazione della legge sul Parco del Po. Sapendo però che i numeri per impedire questa operazione, che riteniamo nefasta, non li abbiamo, abbiamo presentato questo ordine del giorno per cercare almeno di evitare che da un'opera sbagliata nasca un danno ambientale maggiore di quello che inevitabilmente ci sarà.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Vorrei contestare alla collega Bresso il fatto che la Giunta non si sia preoccupata della verifica più puntuale di questo progetto. Noi abbiamo fatto l'errore (e questo va riconosciuto) di non aver preteso, nel momento del primo stralcio quando abbiamo approvato il ponte, di avere il progetto completo, ma quando si è sotto il ricatto del finanziamento del FIO diventa difficile a volte produrre degli atti completi. Quindi sollecitati da questo finanziamento abbiamo accelerato i tempi ed è stato in quel momento che abbiamo commesso un errore. Quando però abbiamo compreso che il prosieguo del progetto avrebbe comportato tutto quello che avrebbe comportato, sono stata io la prima, oltre a visitare il luogo per rendermi conto personalmente di che cosa si trattasse, a stabilire un momento di riflessione e a produrre una deliberazione che recasse con sé oltre che l'ordine del giorno anche la relazione che ho fatto, affinché il Comune di San Mauro potesse avere la consapevolezza che noi abbiamo perfettamente compreso ciò che loro intendono fare e che ci poniamo nella logica di voler controllare questo intervento per la valenza non soltanto comunale che ha un intervento di questo genere.
Non so se il Comune di San Mauro si stia mangiando il parco, come diceva il Consigliere Chiezzi; il progetto prevede un uso diverso del lungo fiume (ed è questo il dato fondamentale), con un consistente ampliamento delle aree pedonali che passano da 3.000 a 9.000 mq, prolungando il piazzale Europa in una passeggiata attrezzata che collega il viale al vecchio ponte. Non so se questa sistemazione si possa collocare nella logica di una razionalizzazione o di un ammodernamento del parco, perch oggi quella sponda è orribile, deve essere recuperata e non può essere lasciata nell'abbandono. In questo senso è stato previsto il recupero attraverso questa passeggiata più allargata.



BRESSO Mercedes

Ma l'altra parte non si è rotta.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Sì, però la parte recuperata è stupenda. Penso che poi si potrebbero fare degli altri interventi molto più soft. Probabilmente il progetto che noi richiederemo di valutazione di impatto ambientale globale credo possa anche arrivare ad altri momenti più sofisticati, ad esempio il vecchio ponte (che era già previsto nelle loro deliberazioni) potrebbe essere allargato con una passerella pedonale coperta a sbalzo sul fiume, in modo da esaltare la funzione di collegamento tra le due parti della città.
"L'intervento consentirebbe la realizzazione di un sistema pedonale integrato, costituito dalla passeggiata sulla sponda destra, dalla passerella sul fiume e dall'esistente parco sulla sponda sinistra. Le case in fregio alla passeggiata lungo il fiume potrebbero essere oggetto di piani particolareggiati di recupero, anche di iniziativa privata, al fine di esaltarne la vocazione commerciale e socio-culturale; il vecchio ponte in occasioni particolari (sagre, fiere e mercati), potrebbe essere chiuso al traffico veicolare e integrare il sistema pedonale esistente".
Ma queste sono cose di completamento, il nodo vero che abbiamo di fronte è il tunnel. Quindi credo che questo ordine del giorno - e mi rivolgo in particolare ai Capigruppo della maggioranza - che è di iniziativa del Gruppo comunista e che raccoglie le firme dei Consiglieri Bresso, Biazzi, Chiezzi e Montefalchesi, ha un contenuto che è largamente condivisibile, in quanto dice che approviamo lo stralcio, che abbiamo visto la deliberazione, che l'opera progettata prevede modifiche sostanziali al regime idraulico del fiume ed ha un rilevante impatto, per cui si impegna la Giunta ad effettuare la valutazione di impatto ambientale.
Indipendentemente da questo ordine del giorno che se viene votato dalla totalità del Consiglio assume un impegno maggiore per la Giunta, tuttavia nell'ambito dell'istruttoria che l'Assessorato alla pianificazione territoriale farà di questo intervento non v'è dubbio che chiederà una valutazione di impatto ambientale, anche se non è tra quelle previste dagli elenchi, perché qui c'è un interesse paesaggistico che autorizza la Regione, che ha la responsabilità paesaggistica nel suo territorio, ad un'attenzione particolare rispetto a questo progetto. Io, come Assessore alla pianificazione territoriale, lo firmo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ripeto per l'ennesima volta il mio voto contrario nel merito non solo di questa deliberazione, ma anche della politica della Giunta regionale relativa agli stralci di aree destinate a parco. Ho già affermato in più occasioni precedenti che la mia è anche un'opposizione di principio. Vi è la necessità di giungere all'approvazione dei parchi, e solamente all'interno di questi parchi - una volta in funzione - prevedere strumenti normativi di pianificazione che permettano la realizzazione di alcune opere. La politica degli stralci si sta rivelando invece come l'unica politica regionale concreta in materia di realizzazione della delibera quadro sui parchi: il mio voto non può che essere contrario.
Si configura poi anche un'altra politica: quella di non voler mai considerare, quando si autorizza una parte di intervento, quali meccanismi si mettono in moto. Meccanismi che, di fatto, autorizzano ogni Comune a chiedere qualsiasi stralcio ritenga opportuno; questa politica infatti non ha avuto finora alcun argine e alcuno sbarramento da parte del Consiglio e della Giunta. E si tratta di una politica assolutamente demenziale perch si autorizza un ponte, ma non la viabilità connessa. E' demenziale perch poi la viabilità connessa verrà autorizzata, essendo stato autorizzato e realizzato il ponte e così di seguito si dovranno autorizzagli gli altri interventi.
Quando si rivendica - do atto all'Assessore di aver accolto questo suggerimento - una valutazione di impatto ambientale, questa deve preesistere almeno negli atti amministrativi: se si autorizza un intervento bisogna essere capaci di valutarlo nella sua globalità. Queste cose le sa chi redige i piani regolatori o i progetti delle opere (gli ingegneri, gli architetti e tutta questa fauna di progettisti). Nello stesso tempo invece, non paiono saperle gli organismi amministrativi che autorizzano tali interventi. Prima o poi autorizzeranno il pilone di un ponte e poi un altro pezzetto, ogni volta scoprendo che bisogna fare quella cosa perché si è fatta quell'altra. Ricordiamoci però che quando è stata messa la prima pietra era già chiaro che dovevano poi esserci altri elementi, che non sono neppure finiti con questo ulteriore stralcio.
Ribadisco, in conclusione, il mio no a questa politica della Giunta regionale, che è abbastanza generalizzata e diffusa nelle pubbliche istituzioni: la politica di autorizzare a pezzi un progetto che fin dall'inizio si sa riguardare un'area molto più vasta, con un conseguente vasto impatto ambientale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, svolgo una dichiarazione di voto su questo provvedimento che mi consente di fare anche alcune considerazioni in ordine non solo a questo specifico provvedimento, ma anche ad un problema che è più generale, a mio modo di vedere, un problema non risolto, non facilmente risolvibile, che né questo Consiglio regionale né il prossimo riuscirà a risolvere, perché è una questione di coscienza civile e non si possono imporre solo per legge determinate scelte alla società, ma occorre che quanto noi scriviamo nelle leggi sia accettato e condiviso dalla società, altrimenti c'è sempre qualcuno che evade la legge e ce ne sono tanti in tutti i settori.
E' complesso riuscire a far convivere lo sviluppo con un ambiente che sia vivibile, quindi con una qualità della vita che sia accettabile per una società moderna come la nostra; una società che vuole vivere possibilmente meglio di come ha vissuto finora dal punto di vista ambientale (tutti i Partiti sono d'accordo), una società che vuole lasciare ai propri figli e ai propri nipoti una situazione complessiva dell'ambiente (terra, aria e acqua) corretta rispetto alle storture che la società industriale ha sicuramente determinato; una società che comunque nella stragrandissima maggioranza dei suoi componenti chiede che lo sviluppo prosegua e che quindi non si facciano passi indietro sulle conquiste che la società nel suo complesso ha raggiunto. Le conquiste sono molte, cito un esempio banale per semplificare: se questa sera la televisione trasmette una partita di calcio o altro vogliamo poter accendere la televisione e vedere la trasmissione quindi ci serve energia elettrica. Conduciamo una vita che è fatta di continui spostamenti sul territorio per ragioni di lavoro o di divertimento; ognuno di noi, in un mondo libero e democratico, pu scegliere di passare il proprio tempo come crede, per cui sono necessarie infrastrutture, strade, servizi e quant'altro, per soddisfare questa esigenza! La sfida è quella di riuscire a coniugare le due esigenze. La sfida è quella di non vedere l'ambiente solo da una parte e di non essere miopi dall'altra premiando lo sviluppo in modo cieco e becero realizzando sul territorio e nell'ambiente delle lacerazioni che sono inaccettabili. Questa sfida non è facile, mi rendo conto che è un dibattito in atto nella società, è un'assunzione di responsabilità da parte della società e non solo, consentitemi, delle forze politiche.
Vorrei dire alla Giunta, all'Assessore ed alla collega Bresso che in linea teorica quando uno percorre il vecchio ponte di San Mauro, vedrebbe delle cose bellissime se non ci fossero migliaia di macchine che impediscono di vedere quelle cose bellissime. O la collega Bresso e l'Assessore Vetrino hanno la fortuna di viaggiare su quel ponte in ore particolari, che francamente sono poche nella giornata, ma anche nella settimana e nel mese, in cui passa una macchina ogni tanto e si possono vedere delle cose interessanti dal punto di vista ambientale, o io ho la sfortuna di passare sempre quando vedo migliaia di macchine urlanti suonanti, che si spingono e gettano fumo inquinando in modo folle e facendo impazzire e rendere nevrotici coloro che tentano faticosamente di tornare a casa.
Il modo di affrontare il problema da parte della Giunta è a nostro modo di vedere il più corretto.
L'Assessore Vetrino ha proposto lo stralcio dal Piano dei parchi di quest'area e noi siamo d'accordo, perché facendo questo si creano le condizioni perché si realizzi l'opera e dall'intervento dell'Assessore Vetrino ho colto la volontà di sottoporre il progetto alla Commissione Beni ambientali ai sensi della legge n. 431 perché valuti le soluzioni tecniche progettuali proposte, sulle quali personalmente non entro nel merito perché non sono né ingegnere né architetto, anche se comincio per la verità a registrare che quando si mettono intorno ad un tavolo cinque persone come sta capitando sulla legge n. 56, vengono fuori cinque idee diverse pur appartenendo le cinque persone alla stessa area politica. Quindi non è vero, Assessore Vetrino, che affidandoci ai tecnici otteniamo sempre delle soluzioni coerenti con le esigenze della gente e della società. Non è vero che i tecnici sono sempre in grado di dare soluzioni perfette, perch ripeto - cinque tecnici della stessa area politica intorno a un tavolo dicono cose diverse su un problema urbanistico o su un problema ambientale come questo.
Noi ci rimettiamo all'Assessore, che dice "mandiamo il progetto in Commissione e vediamo quali indicazioni e soluzioni propone". Desidero per richiamare due questioni. Prima questione: non siamo d'accordo, secondo l'interpretazione data dal collega Chiezzi, che gli amministratori locali non abbiano la capacità e la dignità di decidere questioni di una certa rilevanza sul loro territorio. Se così fosse, mi chiedo come mai il Comune di Torino sempre con arroganza pretende di decidere sul suo territorio bypassando sistematicamente, oggi e ieri, la Regione. Vorrei sapere se gli amministratori del Comune di Torino sono amministratori di serie A, siano essi democristiani, socialisti o comunisti, e gli amministratori di San Mauro, di Nichelino, di Volpiano, di Orbassano o di Pino torinese, di serie B. Noi non ci sentiamo amministratori di serie B e credo che l'Assessore Vetrino condivida questa mia valutazione. Quindi non accettiamo l'interpretazione in base alla quale gli amministratori locali non sono in grado di vedere questi problemi così rilevanti. Siamo dell'opinione che gli amministratori locali debbano trovare nella Regione un punto di riferimento per trovare le soluzioni. Mi fa piacere che il collega Chiezzi assenta vuol dire che siamo d'accordo. Chiediamo all'Assessore Vetrino di esercitare questo ruolo sapendo però che gli amministratori di San Mauro hanno cervello, testa, gambe, cuore, sono persone che conoscono, forse meglio di noi, che percorriamo quel ponte ogni tanto, i problemi della loro realtà.
Seconda questione: i problemi di quella realtà sono drammatici. Chiedo che le soluzioni che verranno individuate siano le più coerenti con la questione ambientale e da questo punto di vista, Assessore Vetrino, noi siamo con lei. Ma le chiediamo anche di garantire le soluzioni a migliaia e migliaia di cittadini che sono costretti ogni giorno a vivere in una situazione che sta rendendo intollerante il quadro ambientale di quella zona. C'è una situazione di invivibilità a San Mauro per queste ragioni di viabilità, di ponti, di percorsi, di collegamenti, che è assolutamente insostenibile e alla quale si deve guardare con grande preoccupazione. Le soluzioni tecniche possono essere trovate per consentire di risolvere un problema senza penalizzare troppo l'altro.
Questa è la soluzione che noi chiediamo alla Giunta regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci troviamo ancora una volta a dover valutare un problema piccolo come aspetto e dimensione, ma grande come riflesso generale sui comportamenti e le scelte che dobbiamo compiere nel rapporto tra sviluppo e ambiente. Credo che su questo problema non possiamo non fare una considerazione generale.
E' certo che San Mauro paga un prezzo caro in termini di carico di traffico per processi di sviluppo urbanistico che poi determinano degli effetti indesiderati. Una volta compiuta questa soluzione, al prossimo intasamento che si ripete e si perpetua dovremo pensare ad una soluzione aggiuntiva. Mi viene da pensare a quelle circonvallazioni di paesi o di cittadine che vengono fatte sotto la spinta dell'impossibilità di attraversare i centri abitati e che dopo dieci anni, per le autorizzazioni di edificazione e di urbanizzazione attorno alla circonvallazione, gli stessi Comuni lamentano essere intasate per cui occorre un'opera successiva. Cito l'esempio dell'Econolinea a Leinì, che sorgeva in mezzo ai prati, ma poi si è permesso di costruire dei condomini attorno a quello stabilimento. Giustamente la popolazione, in genere quella con meno quattrini, che è andata ad ubicarsi e a vivere in quel posto, lamenta l'impossibilità di coesistere con un'azienda di quel tipo.
Se la programmazione ha un senso e non è una finzione (stiamo parlando delle deleghe alle Province e ai Comuni perché la Regione è un Ente di programmazione), gli indirizzi e gli orientamenti di fondo devono avere un valore e non devono semplicemente essere delle affermazioni generiche.
Abbiamo dato quindi una priorità e un'attenzione alla politica di salvaguardia, tutela e valorizzazione del nostro ambiente. In questo senso dobbiamo ovviamente cercare di far coesistere questo tipo di scelta, non rispetto ad un ambiente teorico, ma alla realtà, a quell'ambiente che possiamo costruire con il grado di sviluppo che abbiamo e oggi ci troviamo a misurarci su questo aspetto.
Il problema esiste e San Mauro deve poter trovare una soluzione a questo aspetto che non può essere superato da una trasformazione delle modalità di trasporto e di pendolarismo, problema comunque che la programmazione regionale non dovrebbe lasciare a se stante, perché un processo di svuotamento di Torino e di diffusione urbanistica nel territorio non è un fatto che riguarda soltanto il singolo cittadino o il singolo Comune che fa questo tipo di politica. Manca quindi un adeguato ruolo programmatorio della Regione anche in questi processi di governo della trasformazione urbanistica.
Poiché questa risposta-esigenza va assolta (l'Assessore ha individuato la strada della valutazione di impatto ambientale) occorrerà essere in grado di fare una valutazione rispetto alle ipotesi alternative che immagino potranno determinarsi, perché quella proposta, con quella dimensione, quei caratteri, quel rilevato, quella distanza dal fiume, non è l'unica. Credo ci possano essere soluzioni alternative. Su quest'opera deve essere fatta una valutazione di impatto ambientale, così come era stata chiesta per l'autostrada del Frejus in forme anomale non essendoci una norma vigente. Fare questo tipo di valutazione non significa tergiversare ma fare in modo che la soluzione a quel problema di sviluppo sia la più compatibile rispetto agli obiettivi generali di tutela dell'ambiente che ci siamo dati come Regione. Questo è un aspetto sul quale non possiamo venir meno, per non lasciare moltiplicare micro-esigenze che hanno dato vita a fenomeni degenerativi soprattutto negli anni '50 e '60 per quanto riguarda lo sviluppo urbanistico nel quale i Comuni avevano piena autonomia.
Presentando questa sera gli interventi svolti da Aldo Viglione in questo Consiglio ho rilevato un suo intervento del 1975 che aveva come tema quello che lui amava maggiormente, ovvero l'autonomia dei Comuni, il rapporto con la capacità di governo delle singole comunità. Viglione denunciava però i rischi di una mancanza di indirizzo programmatorio, cioè gli atti preparatori alla produzione legislativa in termini di legge urbanistica e di tutela del territorio. Ecco che oggi attorno a questi aspetti e attorno ad appuntamenti ben più corposi, come il Parco fluviale del Po sul quale ci impegneremo affinché in questa legislatura si possa realizzare, ci troviamo a non fare una scelta burocratico-amministrativa, ma una scelta che determini un indirizzo, una cultura, un atteggiamento rispetto a questo tipo di problemi che si moltiplicheranno via via, perché il problema del traffico e della viabilità sarà sempre più critico, ma è necessario affrontare quello della qualità della vita e della tutela e valorizzazione dell'ambiente.
Occorre avere una visione globale per poter intervenire anche sui problemi specifici; non voglio partire dal buco dell'ozono oppure dall'effetto serra, anche questo comunque dovrebbe guidarci su alcune scelte, però occorre partire da una visione generale che dia un senso alla parola "programmazione" e non sia meramente una funzione.
Io non sono per non dare una risposta al Comune di San Mauro, sono per dare una risposta che costringa il Comune di San Mauro ad atteggiarsi anche tecnicamente nel modo migliore in modo da minimizzare le compromissioni ambientali. Pertanto, Assessore, chiedo se è possibile trovare una modalità per cui ci possa essere una valutazione di impatto ambientale che sia di ausilio a una determinazione la meno compromissoria degli indirizzi e delle politiche che questa assemblea ha votato in più occasioni in tempi passati ed ha sempre riconfermato.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione testé discussa, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 24 voti favorevoli, 11 contrari e 2 astensioni.
Si proceda ora all'esame dell'ordine del giorno che è stato anche oggetto della discussione su tale deliberazione. Se si vuole ancora valutare l'argomento, la Presidenza è disponibile per un rinvio nel merito pur votando nella mattinata.
La Giunta regionale chiede di rinviarlo per cercare di addivenire ad un testo unitario.


Argomento: Parchi e riserve

Esame ordini del giorno sul problema del Parco nazionale del Gran Paradiso


PRESIDENTE

Anticipiamo l'esame degli ordini del giorno di cui al punto 7) all'o.d.g. permettendo così all'Assessore Vetrino di poter adempiere ai suoi impegni istituzionali assunti per oggi pomeriggio.
Gli ordini del giorno presentati sono tre e sempre sullo stesso argomento sono agli atti due interrogazioni. Il primo documento è stato presentato dal Gruppo PCI il 21/11/1989 (n. 709); il secondo dal Gruppo PRI (n. 711); il terzo (n. 712), presentato in data 28/11/1989, sottoscritto dai Consiglieri Ala, Staglianò e Montefalchesi. Le due interrogazioni sono state presentate rispettivamente dal Consigliere Ala e dal Consigliere Picco.
La discussione, trattandosi di documenti relativi al medesimo argomento, non può che essere unica.
Ha pertanto la parola il Consigliere Chiezzi per illustrare l'ordine del giorno presentato dal gruppo PCI che è il primo in ordine cronologico.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi, il Gruppo comunista ha appreso con grande allarme la notizia che presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri c'è la proposta di smembrare il Parco nazionale del Gran Paradiso in particolare per quanto riguarda la gestione delle autorizzazioni edilizie.
Questo fatto ha suscitato gravi preoccupazioni e allarmi fra tutte le forze ambientaliste, ma non solo: questo fatto ha preoccupato quanti (tecnici, professionisti, ricercatori) si occupano dell'ambiente; ha preoccupato molto anche una parte del Consiglio di amministrazione dell'Ente parco.
Il problema che abbiamo di fronte è il solito. Quando si parla dell'ambiente volando molto alto, parlando in astratto, parlandone come se l'ambiente non avesse un corpo, ma fosse solo un'idea, avesse cioè solo "l'anima", assistiamo a pronunciamenti nobilissimi (gli articoli sui giornali si sprecano a favore di questo tema); quando invece l'ambiente è fatto anche di un corpo, quindi si tocca il territorio, la fauna, la flora i problemi veri, allora diventano più difficili gli argomenti a favore dell'ambiente e le forze che si dimostrano decise a contrastare una linea di sviluppo, che continua sulla vecchia strada di non curarsi dell'ambiente, si assottigliano.
I nostri ordini del giorno a tutela dell'ente nazionale Parco Gran Paradiso magari non trovano più dignità di stampa e non vengono neppure ripresi, altri ordini del giorno che invece se ne preoccupano hanno una certa pubblicità.
Il problema è molto semplice: noi riteniamo che il Parco nazionale del Gran Paradiso, così come è unitario dal punto di vista ambientale faunistico e vegetazionale, debba essere gestito unitariamente.
Del problema si era già occupata la Regione Piemonte nel 1977 in un dibattito molto approfondito sui temi generali del parco, che era stato concluso con un ordine del giorno del 27/1/1977 nel quale si confermava la necessità di non giungere a nessuna forma di smembramento del parco, tanto meno della gestione urbanistica.
La Regione Valle d'Aosta aveva proposto una legge in proposito, poi riconosciuta dalla Corte Costituzionale incostituzionale e bocciata. Ora il problema viene riproposto. Si propone di assegnare al Presidente della Giunta regionale della Valle d'Aosta poteri autorizzativi in materia edilizia ed urbanistica. Gestire il territorio, l'urbanistica e l'edilizia non è un fatto meccanico. Le norme, per quanto precise nella loro volontà e nei loro obiettivi, possono e devono essere sempre interpretate; pare strano che all'interno di un parco si decida che queste norme possono essere interpretate da un soggetto (la Regione Valle d'Aosta) su una parte del parco e dall'Ente parco sulla parte rimanente del territorio.
Il Gruppo comunista ritiene che questa proposta, che non è stata ancora formalizzata e che pare, dalle notizie che abbiamo, sia gestita dal Ministro Maccanico, debba essere contrastata.
Il Gruppo comunista sa che nella gestione dell'Ente parco non tutto funziona come potrebbe funzionare. L'obiettivo di avere una maggiore efficienza ed efficacia nella gestione della materia edilizia ed urbanistica va raggiunto. Non si può neppure, come spesso accade in Italia avere buone intenzioni, formulare degli obiettivi condivisibili e poi non dare alle amministrazioni, che sono deputate a conseguire quegli obiettivi le forme organizzative necessarie a renderle veramente efficaci.
Queste difficoltà non si superano dividendo in due la struttura di gestione assegnandone una alla Regione Valle d'Aosta. Per questi motivi noi abbiamo presentato un ordine del giorno nel quale impegniamo la Giunta regionale a dichiarare l'opposizione ad uno smembramento che non ha alcuna giustificazione e sensatezza. Il Parco nazionale del Gran Paradiso è un'unità che travalica i confini nazionali unendosi al Parco francese della Vanoise: gli stambecchi e i camosci viaggiano senza passaporto.
E' assolutamente da rifiutare, Assessore Vetrino e colleghi, l'ipotesi di gestire questo parco in due modi diversi. Il parco è uno solo, le procedure devono essere omogenee, devono essere sveltite, ma non si pu pensare di gestire nell'interesse dell'Italia e diciamo pure dell'Europa un bene di carattere eccezionale come questo con piccoli provvedimenti che hanno un sapore troppo localistico per essere accettati dalla comunità intera.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Ferrara per illustrare l'ordine del giorno n. 711 presentato dal Gruppo PRI.



FERRARA Franco

L'illustrazione del documento presentato dal nostro Gruppo sarà molto breve perché si tratta di un ordine del giorno, come del resto gli altri presentati sullo stesso argomento, che si illustra da sé. E' una dichiarazione di principio in ordine al fatto che il provvedimento del Governo, frazionando un parco che ha rilevanza nazionale, di fatto viene a svuotare una tendenza politica che pur va determinandosi anche con la proposta della creazione di un parco addirittura delle Alpi, quindi è un discorso che vede un maggior coordinamento e una maggiore aggregazione della politica dei parchi rispetto alla tendenza, caso abbastanza isolato di frazionare una risorsa eccezionale del patrimonio dei parchi italiani.
La Regione Piemonte nell'ambito della politica dei parchi ha svolto da molto tempo una battaglia e ha dimostrato una volontà seria di dare dei contenuti rigorosi ed importanti ad una politica dell'ambiente impostata non soltanto sul facile ambientalismo, ma sulla tutela vera del grande patrimonio ambientale del nostro Paese. Pertanto il nostro ordine del giorno invita la Regione Piemonte a prendere delle iniziative nei confronti del Governo per contrastare l'atto compiuto.
E' opportuno che la Regione Piemonte, proprio per la sua cultura forte dei parchi, si attivi al fine di dare attuazione rapida alla legge quadro sui parchi, che tarda ad essere approvata e quindi a coordinare la politica che la Regione Piemonte ed altre Regioni stanno portando avanti e, in conseguenza di iniziative assunte a livello europeo, determini un coordinamento vero dei parchi anche a livello sovranazionale. I parchi non hanno confini burocratici: una linea non può dividere un parco da un altro non è possibile una politica totalmente autonoma rispetto a queste prospettive. Noi crediamo che il Governo nazionale debba anche attivarsi perché ci sia un minimo di coordinamento soprattutto a tutela dell'eccezionale e straordinario patrimonio ambientale del nostro Paese che è rappresentato dal Parco delle Alpi che coinvolge non più competenze di una Regione o di un'altra, ma di diversi Stati europei.
Questo è il senso politico dell'ordine del giorno che il Gruppo repubblicano ha presentato, preoccupato della scelta, ma anche per dare mandato alla Giunta regionale del Piemonte di essere promotrice presso il Governo di una normativa più moderna e più efficace dei parchi nazionali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala per illustrare l'ordine del giorno n. 712.



ALA Nemesio

Tale ordine del giorno è stato presentato in collaborazione con i Consiglieri Staglianò, per i Verdi Arcobaleno, e Montefalchesi.
L'ordine del giorno fa proprie le medesime preoccupazioni già illustrate in precedenza, nella consapevolezza dei rischi che sta oggi correndo il Parco del Gran Paradiso, qualora si concretizzasse l'ipotesi di regionalizzazione per quanto riguarda la parte valdostana e propone forme più adeguate di tutela e di gestione di un parco di rilevanza nazionale qual è quello del Gran Paradiso.
Siamo disponibili ad un lavoro collettivo, insieme ai proponenti degli altri ordini del giorno sin qui illustrati, per giungere ad un ordine del giorno unitario, anche perché nei diversi documenti ricorrono le stesse frasi e gli stessi ragionamenti.
Inoltre, nell'ordine del giorno presentato dal Gruppo repubblicano sono contenuti alcuni punti significativi, quali la necessità di un più stretto collegamento tra il Parco del Gran Paradiso e le scelte politiche che devono compiere Governo e Parlamento rispetto alla legge quadro dei parchi e all'istituzione di nuovi parchi, soprattutto per quanto riguarda il territorio alpino. Per quanto riguarda il territorio alpino, due proposte riguardano il territorio regionale e una riguarda a livello internazionale il Parco del Monte Bianco, con il problema dello smantellamento della funivia connessa con il parco.
Il futuro del Parco del Gran Paradiso è stato oggetto di più dibattiti sulla stampa locale con prese di posizione ripetute non solo da parte di esponenti dell'Ente parco, delle comunità locali e di associazioni ambientaliste e protezionistiche, ma anche da parte di esponenti del mondo scientifico e accademico. Tutte queste voci sono univoche nel rivendicare una forma di gestione unitaria, perché appunto è unitario il Gran Paradiso.
Non possono essere i confini burocratici di Regioni, di Province o di Comuni a farci perdere la consapevolezza di un'unità territoriale vera o la presenza di uno o più ecosistemi tra loro interrelati, che tra l'altro escono dagli stessi confini burocratici del parco. C'è la necessità di una visione unitaria, chiaramente in rapporto con le comunità locali, nella sua aspirazione e anche nelle priorità dei valori e delle esigenze che si mettono in campo, che in questo caso non possono essere altro che quelle della tutela e della salvaguardia dell'insieme di un patrimonio e di messaggio culturale rappresentato da rocce, piante, animali, paesaggio. Non si può trasformare la montagna soltanto in piste da sci e in seconde case questi altri valori e questi altri messaggi non possono che essere oggetto di una grande forma di tutela, perché questo non è un patrimonio della Valle d'Aosta o del Piemonte. E' un patrimonio nazionale, ancor di più è un patrimonio dell'intera Europa, visto che le Alpi non possono non essere un momento di una nuova politica ambientale europea (non c'è bisogno di fare fiumi di retorica).
In una nuova visione europea dobbiamo ritrovare non solo l'Europa delle zone forti, industriali, delle grandi vie di comunicazione e dei grandi poli economici, politici e culturali, ma dobbiamo anche ritrovare l'Europa delle montagne e delle Alpi che hanno rappresentato e rappresentano tuttora, al di là degli Stati e dei confini amministrativi, un'unità importante nella nostra storia collettiva, che per molti tempi e per molte generazioni nel nostro passato è stata un'esperienza e un momento unitario delle popolazioni, degli stili di vita, delle culture. Oggi le Alpi possono essere un momento dell'unità europea al di là della CEE, dell'Est e dell'Ovest, ed essere un momento importante della riscoperta del nostro patrimonio ambientale.



PRESIDENTE

Sono stati così illustrati i tre ordini del giorno. E' chiaro che essendo l'argomento di grande rilevanza ed essendo stato introdotto dalle illustrazioni dei vari presentatori dei documenti, credo si possa aprire la discussione generale, indipendentemente dalla presentazione di un ordine del giorno unitario.
Ha chiesto la parola il Consigliere Carletto per formulare una proposta. Ne ha facoltà.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei formulare una proposta dopo aver detto che il Gruppo DC non ha presentato ordini del giorno su questo argomento perché intendeva collocarsi oggi in aula dopo aver fatto alcune verifiche più generali all'interno del nostro Partito e quindi anche con la DC valdostana che ci hanno confortato sulla giustezza della nostra idea che sostanzialmente concorda con quelle dei presentatori degli ordini del giorno.
La DC ritiene che debba essere assolutamente salvaguardata la gestione unitaria del parco; la DC ritiene che il parco è così rilevante dal punto di vista ambientale da dover non solo rimanere un parco nazionale, anche se è abbastanza affascinante l'idea, proposta dal collega Picco in un'interrogazione, di immaginare che questo parco possa essere trasformato in un parco a gestione locale e quindi delle Regioni e delle Autonomie locali interessate.
A noi pare che sia così rilevante il suo insistere in quest'area e così rilevante anche ciò che all'interno di questo parco esiste che ci fa dire che deve continuare ad essere un parco nazionale. Quindi noi sostanzialmente siamo d'accordo con la posizione espressa dai colleghi e riteniamo che in quell'articolato che oggi è sul tavolo del Presidente del Consiglio, onorevole Andreotti, che attiene a questa convenzione con la Regione autonoma Valle d'Aosta e all'interno del quale ci sono dei riferimenti precisi in ordine al parco, debbano essere visti con grande preoccupazione. Nel merito del problema a noi pare giusto che la scelta debba essere quella di continuare ad avere una gestione come quella avuta finora, ancorché migliorare alcuni aspetti che dovranno essere migliorati ma certo non è opportuno passare ad una gestione regionalizzata, per cui la Valle d'Aosta gestisce il suo pezzo e la Regione Piemonte il suo.
Detto questo noi riterremmo utile, se i Gruppi sono d'accordo, che a fronte dei tre ordini del giorno presentati ed altri che potrebbero esserlo, visto che grosso modo la pensiamo tutti alla stessa maniera, si pervenga ad un ordine del giorno unitario del Consiglio regionale per il quale noi siamo disponibili a lavorare. Chiedo quindi ai colleghi e al Presidente del Consiglio, se vi è l'accordo, che si possa a latere dei lavori del Consiglio tentare di costruire un ordine del giorno unitario chiedendo anche che la Giunta informi brevemente il Consiglio sui rapporti recenti che ha avuto con il Governo e con la Regione Valle d'Aosta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Il Gruppo liberale pone a questa questione grande attenzione e ritiene di dover considerare un elemento di grande rilievo nella sua storia avere presentato come candidato il responsabile sanitario del Parco nazionale proprio come omaggio all'attività che svolge. Così come il Gruppo DC noi abbiamo elementi e materiale predisposto scritto per l'elaborazione di un proprio documento, ma ci sembra un inutile appesantimento del livello cartaceo delle istituzioni. Quindi dichiariamo la nostra disponibilità e contiamo su quella dei Gruppi presentatori per la predisposizione di un documento comune.
Devo peraltro dire che bisogna avvertire la delicatezza di quanto sta avvenendo non solo da un punto di vista di ordine ambientale e naturalistico (è già stato illustrato bene da altri colleghi), ma dobbiamo anche dirci che non è solo un problema istituzionale: la divisione di questo parco in due parti comporterebbe la vittoria di chi sul versante valdostano dà di questo parco una lettura diversa da quella che diamo noi.
Bisogna che sappiamo che non è soltanto un problema di dividere il parco in due, ma di avere alla fine una cosa totalmente diversa. Quindi l'unitarietà è un valore che è nella forza delle cose; ma si tratta anche di opporci ad un tentativo di ridurre il senso d'essere del Parco del Gran Paradiso, perché questa è la vera ragione per cui si vuole andare alla regionalizzazione.
Vorrei poi dire che esiste un altro rischio, sempre di natura istituzionale. In particolare noi liberali qui in Piemonte, dove abbiamo anche il merito storico di essere stati tra coloro che hanno concorso alla creazione di una normazione regionale che è tra le più avanzate d'Italia pensiamo che ci deve essere una profonda differenza tra il parco regionale e il parco nazionale. Il parco regionale non è un piccolo parco, e il parco nazionale non è un grande parco regionale; le funzioni sono assolutamente diverse. E io ritengo, paradossalmente, che una politica di parchi regionali come quella che stiamo conducendo avanti, ma - ahimè - perdendo un po' di vista quello che è lo spirito genuino della nostra legge che considera il parco uno strumento di ricomposizione del rapporto uomo-natura e non viceversa, è finalizzata a recuperare la presenza dell'uomo in un ambiente riqualificato, mentre il parco nazionale per sua natura tende a tutelare come templi della natura quelle specificità ambientali che tali meritano perché sono del patrimonio non della regione o della nazione, ma del complesso del Paese. Temo quindi che un'ipotesi come questa, che porti a far sì che le Regioni non cerchino più di ritagliarsi un proprio ruolo specifico e diverso dallo Stato su queste cose, porterebbe evidentemente alla banalizzazione del ruolo regionale: paradossalmente crescendo di ruolo si finirebbe per banalizzare il ruolo nella misura in cui tenderebbe in qualche misura ad appiattirsi su quello nazionale.
Colgo l'occasione per rilevare come, a mio modo di vedere, la Regione Piemonte, non solo l'istituzione Piemonte, ma per esempio il sistema degli istituti universitari piemontesi, probabilmente rispetto al parco non colga tutte le opportunità di crescita culturale e scientifica che il parco pu offrire al mondo della ricerca piemontese. In questo senso chiedo all'Assessore Vetrino di passare qualche ora del tempo che ancora le rimane prima della competizione elettorale, a riflettere sull'esigenza che il Piemonte in proprio scommetta sul parco nazionale legandolo di più e meglio al sistema della ricerca piemontese, perché è questo che noi possiamo in particolare conferire alla cultura del Parco del Gran Paradiso: le sue ricadute sul piano scientifico internazionale. Il Parco nazionale del Gran Paradiso su questo e in altri settori è all'avanguardia e lo è grazie al volontariato e al pionierismo di qualcuno; non è un valore che è stato istituzionalizzato all'interno del sistema di ricerca.
Concludo ribadendo che c'è la nostra richiesta alla cortesia dei colleghi di voler prendere atto della nostra disponibilità a concordare un documento comune, nonché una richiesta alla Giunta di essere molto attenta alla possibilità di sviluppare la partecipazione e quindi l'arricchimento del sistema della ricerca universitaria della nostra Regione rispetto a questo bene che si rivela sempre di più non solo unico nel nostro Paese, ma probabilmente in Europa.



PRESIDENTE

Informo il Consiglio che era giacente un'interrogazione urgentissima presentata dal Consigliere Tapparo, in relazione al Parco del Gran Paradiso.
La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, il Gruppo socialista manifesta la sua disponibilità a cercare un testo comune per quanto riguarda i documenti che sono stati presentati. Da parte nostra è stata presentata un'interrogazione, per troviamo nei contenuti un'assonanza con quanto è stato finora detto.
Desidero però fare alcune sottolineature, intanto per non generalizzare le accuse sulla Regione Valle d'Aosta, anche se non ricordo se il WWF o Italia Nostra abbiano assegnato il Premio Attila a tale Regione per quanto riguarda i problemi della tutela ambientale.
La Regione Valle d'Aosta ha il territorio toccato per oltre 1/6 della sua superficie da parte del Parco del Gran Paradiso, quindi gli effetti e i pesi sono diversi da quelli del Piemonte; dico questo per collocare nella giusta dimensione il problema.
Inoltre sottolineo che in questo momento la CEE conduce la politica dei parchi con grande attenzione, ad esempio il Parco del Monte Bianco è una delle ipotesi importanti. Non so però fino a che punto il ruolo delle Regioni possa interagire in queste vicende. Spesso in quest'aula si sente sottolineare l'insopportabilità di un centralismo statalistico, molto burocratico, lento, dirigistico; non vedrei negativamente la capacità delle Regioni di operare in modo ampio in questa materia di parchi.
Tuttavia mi rendo conto, sia per la storia sia per i problemi che ha posto, sia ancora per gli indirizzi che successivamente ha determinato in Valle d'Aosta, che l'unitarietà territoriale e gestionale del Parco del Gran Paradiso deve essere salvaguardata, pensando poi di proiettare una politica più ampia di dimensione europea e collegare il Parco del Gran Paradiso con il Parco francese della Vanoise che confina con il nostro quindi tessere attraverso queste politiche la trama di una politica comunitaria per quanto riguarda i parchi naturali.
Il nostro Gruppo è disponibile a lavorare per addivenire ad una formulazione unica nella quale il Partito socialista si possa riconoscere pienamente.



ROSSA Angelo



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino per la replica.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Mi sembra di poter cogliere da parte di tutti i Gruppi che sono intervenuti una generale adesione alla proposta di un ordine del giorno che rigetti l'iniziativa ministeriale e chieda la ricomposizione del parco nei termini nazionali.
L'atteggiamento della Giunta è stato immediato in quanto nei giorni scorsi ha subito inviato al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro per gli Affari Regionali e al Ministro per l'Ambiente un telegramma con il quale comunicava la preoccupazione ed il dissenso della Regione Piemonte a motivo dell'importanza internazionale del parco e anche della gestione unitaria del territorio protetto, mediante un'opportuna strumentazione prevista sia dalle vigenti norme nazionali che dalle vigenti norme regionali, ricordando anche il pieno coinvolgimento che hanno gli enti di gestione del parco.
Inoltre, il Presidente della Giunta nel corso dell'incontro avuto con il Ministro Maccanico ha rappresentato le perplessità della Regione Piemonte rispetto a questo provvedimento. Il Ministro ha considerato con molta attenzione le osservazioni che ufficialmente venivano rivolte dal Presidente della Giunta regionale del Piemonte e ha promesso una stato di attesa rispetto al prosieguo degli effetti del provvedimento.
Quindi penso che questo ordine del giorno, se sarà unitario e se potrà essere trasmesso prontamente al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Ministri interessati, sicuramente rappresenterà un contributo ulteriore per la constatazione della reale volontà da parte della Regione Piemonte.
Questo provvedimento tra l'altro si è collocato in un momento estremamente contraddittorio, perché mentre da un lato i giornali davano notizia della volontà di smembramento, contestualmente da parte di un altro Ministero veniva annunciata la predisposizione di una deliberazione del CIPE, con la quale si istituivano altri ventidue parchi, alcuni dei quali con la connotazione interregionale, quando non internazionale. Quindi appare veramente contraddittoria questa politica a singhiozzo, che dimostra probabilmente uno scoordinamento e una scarsa informazione tra i Ministeri romani.
Tuttavia c'è una dichiarazione del Sottosegretario Angelini, che unitamente al Ministro Ruffolo ha presentato il Piano dei parchi, che sollecitato ad una dichiarazione sulla questione del Gran Paradiso, ha detto: "La questione va riesaminata: la gestione del Gran Paradiso va riportata nel quadro della legge senza riconoscere alla Valle d'Aosta poteri diversi da quelli delle altre Regioni". Quindi mi pare ci siano delle prese di posizione di attesa rispetto a questo problema, e mi auguro che questa posizione ufficiale della Regione Piemonte contribuisca a fugare questa eventualità e a restituire al Parco del Gran Paradiso la sua connotazione nazionale ed internazionale.


Argomento: Commercio ambulante

Esame proposta di deliberazione n. 1263: "Direttive generali per il rilascio delle autorizzazioni per l'esercizio del commercio ambulante relative all'anno 1990" e rinvio esame relativo ordine del giorno


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1263, di cui al punto 5) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Marchini.



MARCHINI Sergio, Assessore al commercio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, questa deliberazione richiede un'illustrazione preventiva piuttosto corposa e puntuale, posto che si colloca come uno strumento non di ordinaria gestione della materia, ma di gestione fortemente innovativa.
Il riferimento istituzionale delle direttive per l'ambulantato è costituito dall'art. 8 della legge n. 398/76 "La disciplina del commercio ambulante", che recita: "La Regione, sentita la Commissione di cui al successivo art. 9, formula indicazioni programmatiche e di urbanistica commerciale ai fini dell'elaborazione e della revisione delle norme del piano di cui al precedente art. 7 (piano per l'ambulantato, ad integrazione di quello del commercio ex legge n. 426/71), nonché direttive generali per il rilascio delle autorizzazioni tenuto conto delle caratteristiche economiche del territorio, della densità della rete distributiva, della presumibile capacità di domanda della popolazione residente e fluttuante al fine di assicurare la migliore funzionalità e produttività del commercio esercitato nei modi di cui al precedente art. 1 (commercio ambulante a posto fisso o itinerante), ed un adeguato equilibrio fra esso, le installazioni commerciali a posto fisso, o le altre forme di distribuzione in uso".
Le Regioni, chiamate dalla legge n. 398/76 a svolgere compiti di programmazione e di indirizzo del settore, hanno dovuto selezionare ciò che rientra nell'ambito dell'autonomia dei Comuni e ciò che, invece, o per difficoltà di acquisizione della conoscenza o per la generalità delle conseguenze, è opportuno che sia affrontato su scala più ampia.
Nonostante la complessità dei fattori conoscitivi di base, con deliberazione del Consiglio regionale n. 581-2519 del 27/3/1980 si è ottemperato alla prima parte del disposto del citato art. 8, relativamente alla formulazione di indicazioni programmatiche e di urbanistica commerciale, documento questo cui non è tuttora apportata variante alcuna.
Per quanto concerne il secondo compito affidato alle Regioni, cioè la stesura delle direttive, si è provveduto con cadenza quasi sempre annua all'adozione con deliberazione consiliare di tale provvedimento, che consta di due parti distinte: la prima, strettamente giuridico-amministrativa, riassume e chiarisce con opportune chiose le fonti legislative e regolamentari gerarchicamente superiori, in questo caso la legge n. 398/76 ed il suo regolamento di attuazione (DM 15/1/1977), nonché tutte le successive modifiche ed integrazioni la seconda, essenzialmente programmatica, che determina gli elementi (variabili) di calcolo del valore della consistenza del parco autorizzazioni dei singoli Comuni (numero massimo di autorizzazioni rilasciabili).
Sia le indicazioni programmatiche sia le direttive sono state precedute dalla raccolta e dall'elaborazione di dati statistici sfociati in un'analisi preliminare.
Le scelte della Regione Piemonte, per i vari ordini di problemi, sono state le seguenti: effettuare studi generali sulla consistenza, la dinamicità e le problematiche del commercio ambulante, in modo che servano da inquadramento per le questioni specifiche fornire ai Comuni suggerimenti sulla localizzazione e la progettazione dei mercati richiamare l'attenzione dei Comuni sugli effetti gravitazionali (che superano i loro confini) attribuibili a mercati di dimensione particolarmente ampia (senza con ciò escludere la validità dei medesimi) adottare direttive in tema di rilascio di nuove autorizzazioni in modo che siano evitati fenomeni indesiderati che, alla luce del quadro generale, si ritiene possano scaturire qualora vengano superate certe soglie di consistenza del parco autorizzazioni.
Seguendo gli obiettivi testé indicati, sono state elaborate le indicazioni programmatiche del 1980 e le successive direttive annuali.
Le direttive predisposte per l'anno 1990 presentano, nella parte giuridico-amministrativa, rispetto alle precedenti, una maggior accentuazione della "doverosità" da parte dei Comuni di predisporre i piani di ambulantato, al fine di perseguire - per quanto è concesso alla Regione l'obiettivo di costringere gli stessi ad avviarsi nella logica di pianificazione e di programmazione intrinseca alla legge n. 398/76.
Esse risultano, inoltre, favorire l'adozione su tutto il territorio regionale di criteri di equità, onde evitare squilibri derivanti da difformi scelte locali.
Da ultimo consolidano la considerazione dell'ambulantato come "azienda" sotto tutti i profili: professionale, economico-finanziario, giuridico.
Per quanto attiene la parte programmatica, cioè il Capo V delle direttive, essa è suffragata da un'analisi preliminare, condotta al fine di una conoscenza della situazione del comparto quanto più possibile reale ed aggiornata.
Tale analisi è legata: alla consistenza media delle autorizzazioni a livello comunale e regionale alla consistenza dei posti banco/settimana rispetto alle autorizzazioni in carico nonché al ruolo del Comune entro la propria area di gravitazione: alla programmata consistenza dei mercati, in termini di posti banco/settimana, per un più adeguato servizio e per permettere più adeguati livelli di concorrenza con il commercio in sede fissa ad un incremento delle quote di mercato che i mercati ambulanti potrebbero assorbire, almeno per quanto riguarda il settore alimentare.
Sulla base di quanto emerso dall'analisi relativa ai "pesi" delle aree commerciali, gli uffici hanno valutato di porre nella stessa situazione tutti i Comuni del Piemonte, anche se i dati dimostrano livelli di differenziazione area per area, ritenendo l'obiettivo generale in grado di soddisfare sia le Amministrazioni locali sia gli ambulanti, particolarmente in quei gruppi di Comuni che non hanno saputo, nel passato, riorganizzare i propri mercati permettendo l'utilizzo dei coefficienti di ampliamento legati al numero dei posti banco per ciascun mercato, già presenti nelle scadute direttive.
La scelta del coefficiente 4,6, corrispondente a 4,6 autorizzazioni rilasciabili ogni 1.000 abitanti, trova il suo fondamento nell'analisi "storica" che segue.
L'Assessorato al commercio fin dal 1979 ha analizzato con scadenza annuale l'andamento del commercio ambulante nella Regione con lo scopo di misurarne le caratteristiche evolutive. Nel 1976 gli studi effettuati dalla Regione avevano fatto emergere delle situazioni di settore diverse da quelle che attualmente si verificano. Ovvero il "fare l'ambulante" non era riconosciuto come un vero e proprio mestiere, né questo era riconosciuto come attività di tipo imprenditoriale. Sottoccupati e disoccupati erano propensi a cercare rifugio nel settore operando senza alcuna professionalità, si tendeva infatti a diventare ambulanti per insofferenza al lavoro dipendente e/o al chiuso.
La pressione esercitata dalla richiesta di nuove autorizzazioni era quindi molto elevata e tendente a concentrarsi in alcuni Comuni in particolare. Semplificando, potremmo affermare che le aree storicamente più consolidate dal punto di vista delle attività commerciali erano le più ambite. Infatti il tasso di riferimento di autorizzazioni rilasciate per 10.000 abitanti risultava essere in questi particolari Comuni molto superiore rispetto al valore mediano regionale.
Per le prime direttive approvate, la Regione aveva scelto una struttura piuttosto rigida di filtri al rilascio di nuove autorizzazioni, con lo scopo di favorire ulteriori rilasci solo in quei Comuni che erano rimasti fino ad allora al di sotto dei valori medi annui, calcolati per classi di Comuni e loro aggregazioni, limitatamente ad alcune merceologie che si collocavano anch'esse sotto i valori mediani rilevati.
L'obiettivo che ci si poneva era quello di diffondere su tutto il territorio regionale una omogenea presenza di autorizzazioni per l'ambulantato, in modo tale che si potesse decongestionare la pressione sui Comuni più interessanti dal punto di vista commerciale, favorendo contestualmente una maggior qualificazione imprenditoriale (solo chi avesse effettivamente voluto fare il mestiere di ambulante avrebbe scelto aree meno appetibili formandosi una propria capacità imprenditoriale).
Per raggiungere tale obiettivo, il primo dei criteri posto a quell'epoca è stato quello di fare in modo che la metà dei Comuni del Piemonte, per ogni classe dimensionale, potesse rilasciare autorizzazioni mentre gli altri dovevano, in linea di principio, congelare il proprio stato.
Tale indirizzo tuttavia si è dimostrato essere troppo rigido e via via analizzando di anno in anno la struttura del settore, si è scelta la strada di liberalizzare alcune merceologie; pertanto è stata valutata l'opportunità di introdurre correttivi, permettendo ai Comuni di utilizzare alcune deroghe di non indifferente intensità. In pratica dal 1977 al 1980 considerando che esse erano fissate in valori assoluti, si poteva circa raddoppiare il parco autorizzazioni esistente.
Le analisi seguenti hanno tuttavia fatto emergere che tutte queste possibilità di maggior rilascio di autorizzazioni non sono state utilizzate dai Comuni a causa di una maggior consapevolezza sia degli stessi sia degli ambulanti nell'affrontare le problematiche di settore.
Alcune tensioni rimanevano, ma erano da imputarsi sostanzialmente alla inadeguatezza della struttura dei mercati. I posti banco erano (e purtroppo lo sono ancora oggi) ancora troppo esigui rispetto alla richiesta.
Il neo che si può attribuire alle Amministrazioni locali è stato quello di una mancata adeguata pianificazione dei mercati.
Alcuni dati di riferimento possono contribuire a percepire il fenomeno: al 31/12/1980 il 75% dei Comuni faceva registrare un tasso di autorizzazioni per 1.000 abitanti oscillante tra il 3,9 ed il 4,6, a seconda della classe dimensionale (con un valore medio di 4,0 autorizzazioni per 1.000 abitanti).
Il valore mediano sul totale dei Comuni piemontesi si attestava su valori oscillanti tra il 2,9 e 3,8 autorizzazioni per 1.000 abitanti.
L'effetto di controllo introdotto dalle direttive aveva indotto una situazione di consolidamento e caratterizzazione, attribuibile al ruolo importante svolto dalle Associazioni sindacali di categoria per il mantenimento delle autorizzazioni in vita (favorendo ove fosse possibile la compravendita, organizzando la vidimazione annuale, organizzando aiuti per i nuovi adempimenti fiscali); alla fuoriuscita dai mercati di ambulanti "improvvisati", che di fronte ad un gravoso controllo hanno preferito lasciare il settore; al maggior lavoro svolto dalle Amministrazioni locali per organizzare adeguati spazi mercatali; all'intervento regionale perseguente uno sviluppo omogeneo e controllato delle autorizzazioni con conseguente minore tensione nel comparto. Quindi, partendo dai risultati e dalle analisi, si era comunque ritenuto di stabilire tassi di sviluppo ancora al di sotto dei valori medi, ma ciò nonostante in una logica di sviluppo programmato. Tale logica si esplicava con il: fornire ai Comuni campi di variazione rispetto ai quali si potessero normalizzare il numero di autorizzazioni rilasciate e il numero dei posti banco/settimana attivati. Pertanto il numero delle autorizzazioni in carico a ciascun Comune, eliminate onerose e restrittive griglie, veniva calcolato con una semplice formula che mette in relazione il numero dei residenti con il numero mediano delle autorizzazioni per 1.000 abitanti consentire che i Comuni, avendo una conoscenza approfondita della realtà locale, ampliassero la consistenza del parco autorizzazioni. Quindi si era ritenuto di introdurre un coefficiente di maggiorazione da moltiplicare per il numero di autorizzazioni in carico in funzione del numero dei posti banco settimanali presenti in ciascun Comune consentire la possibilità di utilizzare ulteriore deroga onde fornire maggiori flessibilità, ponendo come solo vincolo la dotazione del Piano comunale per l'ambulantato fornire criteri indicativi nella composizione del parco autorizzazioni, onde evitare un'eccedenza di tabelle merceologiche rispetto ad altre, per favorire una omogenea distribuzione tra le varie merceologie.
Le direttive portatrici di tali criteri erano state pensate per una durata quinquennale - in una logica di programmazione più ampia, superando il limite, posto dalla legge n. 398/76, di annualità delle direttive - e pertanto sono rimaste in vigore dal 1984 al 1988.
Al 31/12/1986 è stata reimpostata una ricerca settoriale che, oltre a prendere in considerazione gli indicatori fondamentali del fenomeno, ha analizzato l'ordine di grandezza delle quote di mercato assorbite dall'ambulantato.
I dati hanno posto in evidenza che: i provvedimenti predisposti fino ad oggi dalla Regione Piemonte hanno agito inizialmente in una situazione turbolenta, con gravi conflitti sui mercati causati dagli ambulanti in cerca di posto e una forte aspettativa di nuove autorizzazioni (e di posti sui mercati) l'effetto ammortizzatore delle direttive emanate è innegabile, in quanto si è ridotta di molto la tensione sui mercati, sono poche le nuove autorizzazioni rilasciate, così come sono poche le richieste giacenti o respinte in questi anni il ricorso all'autorizzazione ad esercitare il commercio ambulante ha perso, si spera definitivamente, il significato simbolico (e illusorio) di "ultima spiaggia" come soluzione occupazionale in parallelo il mestiere di ambulante che esercita sul mercato si è andato consolidando su livelli di imprenditorialità e con necessità di investimenti non inferiori a quelli richiesti per l'esercizio del commercio in sede fissa su punti di vendita di piccola dimensione.
Per rappresentare l'ordine di grandezza del fenomeno che stiamo esaminando si è fatto ricorso a tre indici: gli indici di densità delle autorizzazioni e dei posti banco rispetto alla popolazione residente e l'indice di consistenza tra autorizzazioni e posti banco settimanali.
Al 31/12/1986 i dati dichiarati dai Comuni ed elaborati dagli uffici della Regione con la collaborazione del CSI Piemonte forniscono il seguente dato: area di riferimento di Torino: autorizzazioni ogni 10.000 abitanti 49,4; posti banco settimanali ogni 10.000 abitanti, 312,8; posti banco per ogni autorizzazione, 6,33 area di riferimento dei Comuni polo: autorizzazioni ogni 10.000 abitanti, 51,8; posti banco settimanali ogni 10.000 abitanti, 142,2; posti banco per ogni autorizzazione, 2,75 area di riferimento dei Comuni subpolo: autorizzazioni ogni 10.000 abitanti, 49,9; posti banco settimanali ogni 10.000 abitanti, 142,2; posti banco per ogni autorizzazione, 2,85 altri Comuni: autorizzazioni ogni 10.000 abitanti 48,6; posti banco settimanali ogni 10.000 abitanti 70,6; posti banco per ogni autorizzazione 1,45.
In totale nella Regione Piemonte il tasso delle autorizzazioni ogni 10.000 abitanti è di 49,8; i posti banco settimanali ogni 10.000 abitanti è di 157,3; i posti banco per ogni autorizzazione è di 3,16.
Le autorizzazioni presentano una apprezzabile stabilità; sono cioè, a livello aggregato, indipendenti dall'area di riferimento. Rispetto alle direttive in vigore, che individuavano un tasso base di natalità pari a 36 autorizzazioni ogni 10.000 abitanti e un margine di elasticità (da gestire con deroghe o a giustificazione di una più elevata dotazione iniziale), si registra l'assestamento dello stock regionale su livelli pari a circa il 28% in più del tasso base (36 + 28% = 46).
Per evitare equivoci, è opportuno che ci si soffermi ad analizzare che l'aumento del tasso percentuale non è tanto da ascriversi ad un aumento reale del numero delle autorizzazioni rilasciate dai Comuni nell'ultimo periodo, applicando le direttive dal 1977 al 1988, bensì al rapporto esistente tra le autorizzazioni in carico ai Comuni e la popolazione residente fin dall'entrata in vigore della legge n. 398/76 e la possibilità che hanno avuto i Comuni di utilizzare le deroghe, contenute nelle citate direttive, seppure con parsimonia.
Se si confrontano i dati della rilevazione dell'anno 1980 con quelli della rilevazione riferita al 1986, si può constatare che l'aumento delle autorizzazioni ogni 1.000 abitanti è pari allo 0,6% rispetto al valore mediano relativo al 75% dei Comuni che, come già detto, era pari al 4,0.
Si ribadisce quindi che il valore di 4,6 autorizzazioni per 1.000 abitanti rappresenta il riconoscimento di una situazione di fatto in termini di valori medi.
Con l'adozione del coefficiente 4,6 pertanto, non si verificheranno indiscriminati rilasci di autorizzazioni; si constateranno leggeri aumenti nei Comuni di minor dimensione, in aree di gravitazione denominate da un centro polo o subpolo di grande attrazione.
Di fatto alcuni Comuni, che soffrono attualmente di stati di "tensione" a causa del non equilibrato rapporto tra le autorizzazioni e posti banco non potranno rilasciare nuove autorizzazioni.
Allo scopo di una maggiore flessibilità nell'applicazione delle direttive, al fine di ridurre i livelli di "tensione" di cui detto, in una visione di maggior respiro programmatico, si è inoltre voluto introdurre un sistema di "deroghe" ben diverso dai precedenti.
La "deroga" attuale non è infatti più legata al parametro popolazione come nelle direttive 1977/1986. Per quegli anni infatti i Comuni avrebbero potuto rilasciare nuove autorizzazioni sulla base di un parametro fisso numerico, ovvero un'autorizzazione ogni 5.000 abitanti, in più rispetto al valore massimo delle autorizzazioni rilasciabili da ciascun Comune. Tale incremento in deroga impediva quindi ai Comuni più piccoli di eliminare eventuali rigidità vincolistiche, mentre premiava "tout court" i Comuni di classe dimensionale maggiore che, tra l'altro, sono quelli che tendono a far coincidere il numero delle autorizzazioni con il numero di posti banco se non a superarlo.
Le direttive proposte per il 1987, approvate con validità semestrale per l'anno 1988, allo scopo di consentire ancora più flessibilità, non legata ad alcun elemento di programmazione settoriale, introdussero un'ulteriore "deroga della deroga". Sulla base di "vaghe" indicazioni di "effettive esigenze di popolazione residente e fluttuante", i Comuni potevano rilasciare una autorizzazione ogni 3.000 abitanti, in più rispetto al valore massimo delle autorizzazioni rilasciabili.
Quanto inserito cercava di sopperire ad un'esigenza, fatta emergere in sede di Commissione regionale ambulantato, di un generico maggior rilascio di autorizzazioni.
Nelle direttive attualmente proposte invece l'Assessorato, a fronte della necessità di avere mercati più grandi, con frequenza plurigiornaliera, nonché della considerazione che la Regione è priva di potere cogente tale da obbligare i Comuni ad attivarsi per una più adeguata organizzazione mercatale, si è ritenuto di "premiare" quei Comuni che aumenteranno i posti banco settimanali, prefigurando quindi interventi ristrutturanti dei propri mercati: operazione questa che, come è noto, è sempre effettuata con la stretta collaborazione degli ambulanti e delle Associazioni di categoria che li rappresentano (un'autorizzazione ogni sei posti banco di nuova attivazione che dovranno essere nella misura minima del 30% dell'attuale dotazione dei posti banco/settimana, di ciascun Comune). In altri termini, a fronte di un forte intervento, da parte dei Comuni e delle categorie, di ristrutturazione e riqualificazione di un'area mercatale che comporti un'ulteriore utilizzazione non inferiore al 30 corrisponde un premio che è soltanto pari ad un sesto della maggior superficie messa a disposizione.
Da quanto scritto si desume che: si attesta ulteriormente il parco autorizzazioni, riconoscendogli la reale consistenza media (con l'applicazione del coefficiente 4,6) si tenta la via della promozione di un'adeguata organizzazione dell'apparato distributivo ambulante offrendo la possibilità alle Amministrazioni comunali di programmare e pianificare i propri mercati (per mezzo della deroga).
L'obiettivo fondamentale che sottende le direttive proposte è la realizzazione graduale del disegno di ammodernamento cui già tendevano le indicazioni programmatiche pregresse, puntando sul fatto che il mercato ambulante costituisce la più densa e forte concentrazione di offerta che gestita da lavoratori autonomi del commercio, sia in grado di competere con la grande distribuzione (ipermercato).
Un grande mercato è, dal punto di vista commerciale, l'entità funzionante più completa, più flessibile, più varia e più conveniente di qualsiasi ipermercato.
Sotto il profilo dell'impatto territoriale un grande mercato ha potenzialità strutturanti molto più forti della carica destrutturante connaturata agli ipermercati extraurbani; inoltre la possibilità di far funzionare i mercati solo alcuni giorni alla settimana ne ottimizza la produttività e consente di coprire il territorio regionale con una rete di servizio a maglia più stretta di quanto non possano fare gli ipermecati consentendo oltretutto un tasso di convivenza con il sistema fisso più significativo.
In sintesi: se si vuole evitare che le grandi strutture di vendita sviluppino una loro dinamica "monopolistica" fondata sulla dominazione dimensionale, occorre promuovere un potenziamento del sistema mercatale e la riqualificazione di ciascun mercato. Questa è una delle risposte che l'Amministrazione regionale intende dare rispetto ad una problematica che si sta ponendo in termini sempre nuovi e sempre più forti, non soltanto più sul versante nazionale, ma anche sul versante internazionale.
Poiché la formazione del sistema dei mercati (piano - programma progetto - realizzazione delle infrastrutture) è competenza esclusiva delle pubbliche amministrazioni locali, la loro latitanza sul problema altera anche se inconsapevolmente, la dinamica della libera concorrenza giocando a vantaggio delle grandi aziende nazionali e multinazionali che operano nel settore degli ipermercati.
A partire da questa premessa si è quindi pensato alle nuove direttive regionali per il commercio ambulante non tanto allo scopo di incrementare il rilascio di nuove autorizzazioni legato alla variabile popolazione quanto per far sì che i Comuni possano gestire adeguatamente i livelli di tensione sui mercati con l'aumentare i posti banco settimanali e la frequenza dei mercati settimanali, nell'intento di soddisfare le esigenze di nuove autorizzazioni fino ad oggi disattese.
L'Amministrazione regionale pertanto intende farsi carico di fornire alle Amministrazioni comunali tutte le consulenze, prototipi di progetti ricerca di finanziamenti statali e regionali tali da favorire un nuovo assetto programmatico della rete distributiva per il commercio sia in sede fissa sia in forma ambulante.
A supporto di quanto finora affermato si evidenzia che l'analisi del comparto è stata completata da una sintetica osservazione della grandezza delle quote di mercato assorbite dall'ambulantato per il settore delle carni e quello degli altri alimentari nelle città piemontesi capoluogo di provincia.
Considerato che, con una valutazione media prudenziale, un posto banco carni è valutato 270 milioni di giro d'affari all'anno, mentre un posto banco di altri alimentari è valutato 100 milioni, si ottengono le seguenti quote di mercato dell'ambulantato: Torino 4,5% carni - 2% altri Vercelli: 1% carni - 5% altri Novara 5,9% carni - 7,2% altri Cuneo: 1,8% carni - 3,7% altri Asti: 1,6% carni - 5,2% altri Alessandria: 0,6% carni - 2,9% altri.
Come si può notare le quote di mercato coperte dall'ambulantato sono estremamente esigue e in controtendenza quindi rispetto agli obiettivi contenuti nelle Indicazioni programmatiche regionali che prevedevano, come già precedentemente detto, un ampio ruolo all'ambulantato che avrebbe dovuto realizzare le stesse finalità generali e i medesimi obiettivi nella trasformazione della rete di vendita piemontese degli esercizi in sede fissa.
Conclusioni.
Le pressioni delle forze sociali che si trovavano nella necessità di dover risolvere problemi contingenti, legati ad un particolare momento storico in cui più drammatico era il problema occupazionale (elevato tasso di disoccupazione, immigrazione extracomunitaria e crescente ricorso alla cassa integrazione), avevano indotto l'Assessorato ad affrontare il problema del settore con la logica della loro possibile risoluzione.
Da ciò la prima proposta alla Commissione regionale ambulantato che consentiva ai Comuni di scegliere il valore più alto tra quelli risultanti o dall'applicazione del tasso medio di natalità (4,6 ogni 1.000 abitanti) oppure dal rapporto posti banco settimanali esistenti e il valore numerico "4", corrispondente al valore medio regionale autorizzazioni/posti banco settimanali.
Ciò avrebbe potuto determinare un aumento notevole delle autorizzazioni rilasciabili, particolarmente in quei Comuni in cui esisteva una consistenza di posti banco elevata, senza peraltro presupporre dei miglioramenti qualitativi e quantitativi alla struttura dei mercati.
L'Assessorato, dopo ulteriori riflessioni e valutazioni sulle possibili conseguenze che avrebbero potuto determinare la penalizzazione della professionalità e della qualità della rete, senza contare che non si sarebbe potuto risolvere il problema dell'abusivismo esercitato in prevalenza da immigrati clandestini extracomunitari, con la piena collaborazione delle Associazioni di categoria, ha ritenuto di proporre un nuovo schema programmatico sulla base di due sole alternative: una, il ricorso al registrato tasso medio regionale fisiologico (4,6 ogni 1.000 abitanti) l'altra, l'utilizzo del sistema della deroga che, come più volte ripetuto, consente a quei Comuni che ampliano la dotazione dei propri posti banco settimanali, intervenendo quindi con atti di programma, progetto e consultazione con le Associazioni di categoria, ulteriori minimi rilasci di autorizzazioni.
Con questa scelta la Giunta ha inteso evitare l'inflazionamento e il conseguente degrado professionale del settore, consentendo un aumento del valore massimo dell'autorizzazione rilasciabile puramente fisiologico, in grado di permettere il giusto flusso di ricambio connaturato ad ogni comparto produttivo, superando da un lato la difesa di retroguardia dei privilegi di categoria e dall'altro evitando il ricorso a scelte demagogiche fini a se stesse.
Nel contempo si intende ribadire che: il generalizzato ed annoso problema occupazionale non deve e non pu essere risolto scaricandone oneri e difficoltà sulle categorie di lavoratori esistenti il problema occupazionale non deve costituire presupposto basilare della logica decisionale in merito all'ambulantato la ormai pressante questione dell'abusivismo è sottratta alla potenzialità disciplinatoria regionale in materia di commercio l'ambulantato non deve pertanto rappresentare il rifugio occupazionale dei diseredati, riducendosi da una sorta di improvvisazione estemporanea del mestiere pur di sbarcare il lunario con un conseguente calo di professionalità, una dequalificazione diffusa e la creazione di aspettative destinate - nella maggior parte dei casi a rivelarsi fallimentari in tempi brevi.
L'ambulantato - questo è il giudizio che la Giunta esprime in conclusione dell'illustrazione della deliberazione - deve assumere puntualmente e permanentemente la connotazione di azienda da cui discendono per renderla produttiva, competitiva e in grado di fornire servizi adeguati al consumatore - i requisiti di professionalità e di competenza commerciali che le permettano di inserirsi a pieno titolo nell'albo d'oro delle "imprese".
Prego di voler considerare che in questa illustrazione la Giunta ritiene di avere ritrovato, sia pure con gestioni e atteggiamenti diversi ed apparentemente incoerenti, un percorso storico degli ultimi dieci anni sui quali abbiamo avviato la nostra riflessione che sostanzialmente è tutta finalizzata all'obiettivo con cui ho concluso questa illustrazione, anche se i momenti di governo del passato hanno reso apparentemente meno leggibile questa linea che è coerente e costante nella nostra Regione.



PRESIDENTE

Sull'illustrazione della deliberazione da parte dell'Assessore Marchini è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Guasso. Ne ha facoltà.



GUASSO Nazzareno

Signor Presidente, utilizzando l'intervento che svolgo ora anche come dichiarazione di voto del Gruppo comunista, vorrei cogliere un solo problema. Vorrei riproporre una questione che è comunque connessa con questa deliberazione anche se in essa non si ritrova. Il problema che voglio richiamare non sta dentro il dispositivo della deliberazione, ma nel bene e nel male è presente nella realtà di tutti i giorni. Nella relazione per la quale ringrazio l'Assessore di avercela fornita prima in Commissione ed esposta oggi in aula, si torna sul problema dell'abusivismo in questo settore. Non dell'abusivismo in generale, ma quello più specifico che investe parte della vita drammatica degli immigrati extracomunitari condannati ad essere degli abusivi.
Già nella discussione a proposito della legge, approvata anche dal Commissario del Governo, sugli immigrati extracomunitari, il mio Gruppo, ma non solo, sollevò il problema del come la Regione fosse chiamata a dare, in rapporto alle questioni nuove drammatiche che vengono avanzando nella realtà, delle risposte al lavoro autonomo, cioè alla presenza di fenomeni conseguenti all'immigrazione extracomunitaria, cioè a quella parte di extracomunitari che per non morire di fame è costretta a fare dell'ambulantato abusivo.
Credo sia giudizio comune che questa è questione seria su cui non possiamo chiudere gli occhi (l'Assessorato di Marchini - devo riconoscere non li ha chiusi in questa prima fase, anche se siamo ancora solo in una fase operativa) sperando che questo fenomeno che è già un fenomeno di massa trovi per motu proprio delle soluzioni che non creano delle ulteriori frizioni e situazioni di disagio più di quante già non siano presenti per esempio sui nostri mercati. Ognuno di noi ha presente la realtà drammatica dell'ambulantato normale e del collaterale ambulantato di immigrati extracomunitari che trovano così il modo per poter vivere anche in condizioni di sfruttamento spaventose a cui sono obbligati da coloro che forniscono la merce che deve essere venduta.
Credo sia comune giudizio di questo Consiglio (il mio Capogruppo insieme al collega Pezzana ha in proposito presentato un ordine del giorno che chiude questa discussione) che occorra lavorare per trovare soluzioni che da un lato salvaguardino l'interesse della categoria interessata a questa deliberazione che è una categoria grandissima e dall'altro la coinvolgano ad essere protagonista con le istituzioni per trovare soluzioni valide, atte a rispondere al fenomeno abnorme che la realtà ci presenta.
Ringrazio l'Assessore Marchini per aver accolto i problemi posti in IV Commissione e per averci fornito una prima informazione di merito (non sono ancora proposte) che può essere considerata come un impegno per lavorare sulla materia. Da tale informazione risulta che non siamo i primi a porci il problema. In altre Regioni e Comuni sono già in atto tentativi di iniziative capaci di coinvolgere la categoria protagonista dell'ambulantato per dare delle prime soluzioni a quello che prima ho chiamato in modo abnorme "abusivismo dell'ambulantato dei lavoratori extracomunitari".
Dalle ricerche effettuate dagli uffici dell'Assessorato risulta un lungo elenco di iniziative che sono venute maturando in altre Regioni e in altri Comuni per avviare un processo che risponda a questi problemi. Non so se la strada giusta è quella indicata dalla Regione Emilia Romagna che ha portato un'ulteriore specificazione di merci da ricomprendere nella tabella merceologica 14, però tale Regione si è posta il problema anche se è sorta una diatriba nei confronti del Governo perché siamo di fronte ad un'assenza assoluta di iniziative legislative per regolamentare la materia. Non so se le scelte giuste sono quelle che hanno tentato di fare i Comuni di Bologna o di Firenze o anche i primi accenni che paiono avanzare dal Comune di Torino, però il problema è stato posto indicando alcune prime strade su cui si può incominciare a dare risposte positive.
Ritengo, pur comprendendo la delicatezza del problema, che la deliberazione avrebbe dovuto e potuto operare qualche scelta in questa direzione. I blocchi ci vengono dall'arretrata legislazione nazionale infatti la legge nazionale sancisce che per avere una licenza di lavoro ambulante occorre essere cittadini italiani. Gli immigrati stranieri che hanno regolarizzato la loro presenza sul nostro territorio non hanno la cittadinanza italiana, per cui non si può pensare ad una soluzione del problema soltanto attraverso questa via.
Inoltre, ci sono i problemi della quantità, della presenza, della riorganizzazione dei mercati e il fatto che non tutti i Comuni hanno completato il loro piano commerciale con la politica organizzata dell'ambulantato. La legge n. 943 ed altre non dicono niente in questa direzione, pertanto occorre una nostra iniziativa verso il Governo e il Parlamento per sollecitare iniziative legislative in questo senso. Forse qualche spazio l'avremmo potuto tentare anche noi proprio nel momento in cui dettiamo norme di regolamentazione dell'ambulantato per il 1990.
Non potendo o non volendo fare una forzatura (forse altre Regioni hanno fatto delle forzature, hanno cercato soluzioni minime, anche se solo provvisorie) prendo per buona l'ultima parte della nota che l'Assessore ci ha fornito, là dove si dice che pur restando le difficoltà oggettive presenti nella vigente disciplina del commercio ambulante, pur non potendo forzare queste leggi, la Regione Piemonte potrebbe farsi promotrice di una serie di incontri di carattere tecnico cui far aderire le altre Regioni con l'intento di focalizzare gli ostacoli di carattere giuridico e normativo. A questa prima indagine storica dovrebbe seguirne una seconda coinvolgendo le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali, gli enti locali e i Comuni che sono i primi destinatari delle norme attuative del regolamento per il 1990, affinché si possa allargare l'orizzonte della discussione e si possano trovare delle prime soluzioni.
L'ordine del giorno prevede anche un confronto con il Parlamento che però deve essere costante e concreto affinché ci sia un'iniziativa legislativa anche a quel livello. Noi eravamo perché già nella deliberazione ci fossero primi elementi di sperimentazione, ma l'Assessore ha detto che non era in grado di poterlo fare. Mi pare interessante che anche in prospettiva ci sia da parte dell'Assessorato l'impegno ad avviare un'iniziativa costante di confronto, di ricerca e di sperimentazione con le parti interessate per incominciare a mettere dei punti fermi su un problema che ha aspetti così pesanti e drammatici e che non si può fare finta di non vedere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, Assessore, colleghi, entrerò in argomento soltanto per quanto riguarda il problema che l'Assessore ci ha fornito con la nota informativa che giudico ben redatta e che informa su quanto sta avvenendo in Italia sul problema dei cittadini extracomunitari, che noi chiamiamo extracomunitari semplicemente perché siamo abituati alla cultura dell'eufemismo, per cui il cieco è il non vedente, il sordo è il non udente, il muto è il non parlante, ma la realtà è un'altra: l'immigrato extracomunitario è un negro e per bene che vada la parola più tranquillizzante è nero, ma nessuno si sognerebbe mai di chiamarli cittadini extracomunitari! Questa gente vive in Italia, dove la cultura dell'eufemismo ci ha abituati ad eliminare i problemi senza averli risolti vive in condizioni peggiori che in Sud Africa, dove almeno la chiarezza di un sistema di separazione come l'apartheid è evidente, è comprensibile a tutti. Qui vivono invece sfruttati senza alcun tipo non dico di legge o protezione, ma nemmeno di legge o regolamentazione e un immigrato extracomunitario - per usare un termine che deve essere usato in quest'aula vive nella nostra regione, come credo in tutta Italia, in condizioni neanche lontanamente paragonabili a quelle in cui vivrebbe se vivesse e lavorasse nello Stato del Sud Africa: questa è la realtà! Non esiste uno sfruttamento in Sud Africa paragonabile a quello abitativo e lavorativo cui vengono sottoposti i negri in Italia, Paese dove naturalmente non c'è razzismo, siamo tutti buoni. Ma una persona di colore nero al mattino quando si guarda allo specchio non dice "sono un cittadino extracomunitario", si guarda e si vede nero in una realtà bianca! Allora tutto quello che noi diciamo qui è bello, ha molto senso, ci auguriamo si realizzi, però dovremmo riuscire a trovare delle soluzioni subito immediate, ed è per questo che ho presentato un ordine del giorno che ho distribuito ai Capigruppo (il collega Avondo l'ha già firmato), dove si cerca di dare qualche indicazione in più rispetto a quella che è l'analisi fornita dalla proposta di deliberazione n. 1263.
Personalmente non sono d'accordo con quanto è stato fatto nella Regione Emilia Romagna. Il fatto che a Bologna si siano create delle zone di ambulantato, trovando così una soluzione di rattoppo inadeguata forse dal punto di vista legislativo, ma adeguata dal punto di vista concreto, non mi sembra comunque la soluzione giusta. Creare delle zone di ambulantato riservate ai negri - diciamola questa parola che può pesare e dar fastidio ma è quella che esprime la realtà fuori da quest'aula - significa creare una zona di emarginazione controllata, ristretta, mentre invece la stessa identica soluzione potrebbe essere trovata unendo questa forma di ambulantato, non ancora regolamentata dalle leggi, a forme di ambulantato regolari. Come diceva prima il collega Guasso, l'origine della merce che vendono queste persone la conosciamo tutti: prodotti contraffatti accendini, cioè merce sostanzialmente non richiesta, ma che permette a questa gente di sbarcare il lunario e di sopravvivere. Io eviterei però la marginalizzazione in qualche angolo della città o del paese dove ci sono i neri, perché non verranno mai chiamati cittadini extracomunitari, ma cercherei invece, in accordo con i Comuni, di vedere dove è possibile unire queste forme di ambulantato che possono avere pari dignità di altre forme di ambulantato regolari perché messe in atto da cittadini di nazionalità italiana.
Nell'ordine del giorno che ho presentato, sul quale vorrei sentire l'opinione sia della Giunta che dei colleghi Capigruppo o di chi volesse intervenire, c'è intanto un invito a livello nazionale affinché il Parlamento si decida ad affrontare in maniera non retorica e non eufemistica questo problema, anche se esiste la non reciprocità in altri Paesi, perché sarebbe illusorio pensare che il fenomeno immigratorio in Italia possa avere lo stesso flusso in confronto di Paesi non europei. E' una realtà che capita in Europa e non ha un flusso di andata e ritorno, ma ha un flusso di sola andata. Per cui anche se non c'è questa reciprocità credo che proprio la modificazione di una legislazione vigente a livello nazionale sarebbe augurabile e se parte da una Regione forse potrebbe rendere più veloce una pratica che invece potrebbe giacere, come sappiamo avviene a Montecitorio molto sovente, per anni e anni. La Giunta regionale può farsi promotrice di iniziative in questo senso: da un lato contattando le altre Regioni, dall'altro cercando soluzioni parziali, non definitive che però possono essere utili in attesa di una modifica della legge.
La Giunta regionale potrebbe farsi soprattutto partecipe con un'iniziativa nei confronti dei Comuni, per favorire questo tipo di integrazione che non sarà supportata da una legge nazionale, ma che pu avvenire attraverso inviti così come oggi questo ambulantato viene ipocritamente tollerato dai vigili che non elevano multe, anche se è irregolare però noi viviamo già in una condizione di illegalità. Qualunque persona può aprire una tovaglia, stenderla per terra e vendere qualsiasi tipo di cosa dovunque gli paia. Questa è già una irregolarità, è un illecito e se l'Assessore responsabile venisse denunciato sarebbe passibile di una condanna dal punto di vista legale. Tutto questo viene tollerato facendo intendere che la tolleranza su questo argomento può facilitare qualche forma di integrazione. Invece è vero l'opposto: il diffondersi di questa forma di ambulantato sta provocando (non è da oggi che lo diciamo e che lo dico in quest'aula) una forma di razzismo latente, che sta per esplodendo poco per volta, e lo abbiamo visto quando qualcuno ha avuto il coraggio civile o incivile di dire delle cose brutalmente, ma ha espresso pensieri che la gente cosiddetta "per bene" pensa, ma si tiene dentro e in realtà se fosse sincera dovrebbe esprimere: vedere questa forma di ambulantato in giro per le nostre città, piccole o grandi che siano, è una forma sgradevole, spiacevole.
Come intervenire allora su questo? Credo sia compito di una Amministrazione, sia regionale che comunale, trovare quei mezzi, che ci sono perché dalla situazione di illegalità nella quale siamo oggi si pu benissimo essere in un'altra parimenti illegale, per cercare di inserire queste forme di ambulantato nei mercati rionali esistenti dove viene effettuata la normale vendita degli ambulanti. Questo sarebbe un primo passo per evitare quello che secondo me è il problema più grande e grave di una esplosione prossima, e lo ripeto sarà prossima: il razzismo della gente per la quale non ci saranno più gli extracomunitari, ma soltanto "gli sporchi negri" che danno fastidio e che bisogna togliere. Non dovremo quindi stupirci dopo di fatti delittuosi, scrivere begli articoli, piangere lacrime di coccodrillo, quando sia come legislatori che come amministratori noi abbiamo il dovere di prevenire forme di tipo delittuoso organizzando questa forma anomala e atipica di ambulantato.
Vorrei invitare l'Assessore a ignorare per un momento il linguaggio asettico che in genere noi usiamo in quest'aula, o che si usa nel redigere proposte di deliberazione o nel dare note informative (per carità, è il linguaggio giusto da usare), ma guardare in faccia questa realtà che è una realtà dove gli "sporchi negri" presenti nella nostra Regione stanno per affrontare delle situazioni estremamente gravi ed imminenti.
Vorrei sentire dall'Assessore Marchini un suo parere su questo ordine del giorno, sentire i Capigruppo, è un ordine del giorno fatto in maniera molto, molto moderata, proprio per rendere possibile quel minimo che è possibile oggi avere in mancanza di una legislazione nazionale, ma che se non altro potrebbe mettere in moto subito dei colloqui tra l'Assessorato regionale al commercio e i vari Assessori al commercio comunali di tutte quelle città, paesi, località, dove questo problema esiste e in qualche modo deve essere affrontato. L'autorità di una Giunta regionale pu esprimersi in maniera influente, importante, proprio nel momento in cui pu attivare questi Assessorati che finora sono rimasti muti di fronte ad un problema che non è soltanto reale, ma è esplosivo.



SANTONI Fernando



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, la deliberazione che l'Assessore Marchini ha presentato oggi in Consiglio regionale è stata oggetto di una seria discussione in IV Commissione; confermo in questa sede l'apprezzamento per il lavoro svolto dall'Assessorato e quindi il voto favorevole da parte del Gruppo repubblicano.
Il comportamento di prudenza tenuto dall'Assessorato nell'affrontare la sollecitazione che viene di ampliamento delle licenze e dei posti banco mi pare sia apprezzabile. Occorre regolamentare in modo serio il settore del commercio poiché le richieste di licenze che giungono sono ampie, ma l'ambulantato deve essere governato da norme che in qualche modo prescindono dalle sollecitazioni e devono fare riferimento alla necessità effettiva del settore rispetto a questo problema.
Svolgo inoltre il mio intervento sull'ordine del giorno connesso alla deliberazione sul problema posto e che credo debba essere affrontato senza remore da questo Consiglio regionale.
Sono d'accordo che occorra uscire da certi eufemismi ed affrontare con serietà il problema che abbiamo di fronte. Problema che con una certa frequenza viene posto alla nostra attenzione e che si riferisce a diversi settori. Nell'ordine del giorno si parla di lavoro autonomo, probabilmente non è il termine esatto per definire il settore dell'ambulantato. In questo senso mi pare che occorra fissare alcuni punti fermi proprio per evitare di andare incontro alla grande ondata di razzismo che qualcuno prima aveva paventato. Io credo che si corra il rischio di andare incontro ad una forte ondata di razzismo se i problemi che abbiamo di fronte non vengono affrontati in modo corretto.
Le domande per ottenere le licenze e i posti nei mercati hanno ormai una coda lunghissima in tutti i Comuni; nei Comuni più grossi i tempi di smaltimento di queste pratiche raggiungono ormai i secoli! Io so che nel Comune di Torino ci sono liste di attesa per ottenere licenze o posti banco che, seguendo il normale iter storico precedente, lasciano prevedere possibilità di assorbimento che vanno a livello di secoli!Quando si chiede di tenere degli atteggiamenti diversificati rispetto a questa situazione in relazione all'origine di certe domande, credo si innesti un meccanismo oltremodo preoccupante e pericoloso. La mia opinione è che se dobbiamo arrivare a soluzioni come quelle previste in questo ordine del giorno, cioè trovare degli spazi al di fuori delle graduatorie normali, si corrono due rischi: o si fanno delle eccezioni rispetto alle graduatorie normali, si va oltre, si creano nuovi posti riservati (ma in questo caso credo che si creerebbe un altro tipo di discriminazione), oppure stando entro i limiti si fanno passare davanti certe domande rispetto ad altre che sono ormai in lista di attesa da decine di anni. Operando in questo modo si creano oggettivamente le condizioni perché quel paventato razzismo possa fondare le sue radici. Non credo che si possa discriminare in senso negativo un disoccupato che ha gli stessi problemi di sopravvivenza che hanno altri, da qualunque parte esso arrivi, soltanto per una questione di origine e basta.
Se noi continuiamo a spingere rispetto a questa soluzione, lungi dal fermare questa tendenza che è grave e che a mio giudizio deve essere regolamentata, la si esaspera vieppiù, quindi si creano oggettivamente quelle condizioni di non gestione di questo fenomeno, che è un fenomeno grave, serio e che deve essere affrontato non in modo demagogico. Penso anche che occorra ad un certo punto saper individuare i comportamenti demagogici rispetto a questo problema, e dire che se siamo in un Paese libero non vuol dire che siamo in un Paese deregolamentato completamente un Paese che non possa avere delle norme, e la tutela deve essere fatta nei confronti di tutti e non a discapito dei cittadini italiani.
Alla luce di queste considerazioni, pur ritenendo che il problema esiste - l'abbiamo già detto in tante sedi - è grave ed importante, non credo lo si possa risolvere con degli inviti al Governo a fare delle norme speciali, con delle sollecitazioni ai Comuni affinché creino spazi nuovi o alterino le graduatorie oggi esistenti. Ciò significherebbe davvero creare non soltanto nel mondo dell'ambulantato ma complessivamente in tutto il Paese, situazioni di grave turbamento. Nell'ordine del giorno si parla di "pari opportunità di lavoro", credo che le pari opportunità di lavoro non possono essere tali da determinare disparità di lavoro a svantaggio dei cittadini italiani rispetto ad altri Quindi, rispetto a quanto è contenuto in questo ordine del giorno esprimo il voto contrario del Gruppo PRI.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dardanello.



DARDANELLO Ferruccio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, va fatto un apprezzamento all'Assessorato per il lavoro svolto, un lavoro difficile e corposo per dare le nuove direttive per la regolamentazione di questo comparto. Un comparto che sta vivendo oggi, anche all'interno dell'economia regionale dei momenti estremamente difficili; un comparto che sta aspettando, con le grandi movimentazioni che vi saranno nell'economia generale che andrà a rinnovarsi nei prossimi anni con l'avvento del mercato unico europeo novità di grande importanza e rilevanza. Pertanto l'aver saputo contenere in determinati limiti, le nuove autorizzazioni in questo settore, mi fa credere che sia un momento di riflessione importante che ha visto la Regione, l'Assessorato in particolare, vigile ed attenta.
Come avevo affermato anche in Commissione il comparto della distribuzione ambulante ha avuto in questi anni una grande trasformazione: sono venuti a mancare dei presupposti, ma ne sono nati altri, perché questa forma di distribuzione svolgesse realmente la sua vocazione all'interno della distribuzione commerciale. L'ambulantato non è più svolto per portare al consumatore quello che non è più reperibile nella distribuzione normale perché questa funzione è venuta a mancare oggi che c'è un'abbondanza tale di proposte e di merci reperibili sul mercato. La funzione seconda, intesa come ammortizzatore dei costi e dei prezzi, è una funzione che ancora oggi è presente all'interno della distribuzione ambulante. La terza funzione nuova e forse la più importante, è quella di collante all'interno della realtà distributiva.
L'ambulantato è stato in questi anni, anche per scelta politica l'assorbitore dell'occupazione e oggi grazie alla polverizzazione del sistema nascono le grandi preoccupazioni su cosa potrà rappresentare a livello occupazionale. Andiamo incontro a grandi trasformazioni: l'Europa si sta velocemente avvicinando anche a livello economico e distributivo.
Dovremo pertanto fare dei ragionamenti, perché se è vero che la distribuzione italiana è poco in sintonia con quella oggi vigente nei Paesi predominanti economicamente all'interno di questa Comunità di dodici nazioni, dovremo stare attenti a cosa andrà a verificarsi nei prossimi anni. Si parla di un'armonizzazione delle legislazioni a livello internazionale, è opportuno quindi andare a verificare cosa ci sarà dall'altra parte.
La nostra è una Regione di frontiera, pertanto per primi andremo a risentire o ad essere avvantaggiati di queste armonizzazioni. Facendo un'analisi estremamente attenta della realtà presente in Francia, Germania Inghilterra o nei Paesi Bassi, ci rendiamo conto che si tratta di una situazione completamente diversa dalla nostra. Il 50% della distribuzione è già impostata verso la grande o media distribuzione, mentre sul territorio italiano essa non rappresenta che il 7,5%. Potrebbe voler significare che in breve tempo l'Italia, il Piemonte in particolar modo essendo Regione di confine, potrebbe diventare nei prossimi anni un terreno di conquista per la grande distribuzione europea organizzata, attenta, con grandi capitali con grande professionalità, con grandi investimenti, mettendo quindi in drammatica difficoltà l'Italia, in particolare la base di operatori del mondo del lavoro autonomo, che dovrà confrontarsi con realtà rispetto alle quali non è in grado di confrontarsi e che avrà quindi difficoltà enormi per portare avanti la propria attività. Pertanto il saper oggi contenere per guardare al futuro e a quello che le Amministrazioni locali saranno in grado di fare per quanto riguarda i piani commerciali in cui l'ambulantato dovrà avere il suo spazio, credo sia un momento apprezzabile sul quale noi concordiamo compiutamente.
Per quanto riguardo l'ordine del giorno proposto dal collega Pezzana su questa tematica non ci troviamo d'accordo, ma non per la motivazione che ha stimolato il Consigliere a fare questo tipo di proposta. Siamo anche noi concordi che il fenomeno dell'abusivismo extracomunitario all'interno della nostra realtà debba trovare una soluzione. Ma il comparto della distribuzione non deve ancora una volta dare delle risposte, non deve essere l'assorbitore di questi problemi creandone altri più drammatici per il futuro. Dobbiamo renderci conto del momento drammatico che vive questo comparto, che poi è colpevolizzato grazie all'abusivismo, che passa per il comparto che abusa di determinate situazioni, il comparto che è da colpevolizzare, perché è quello che non paga le tasse, quindi non è in sintonia con l'altra realtà economica e sociale italiana. Pertanto non bisogna creare altri presupposti che andrebbero a condizionare ulteriormente e negativamente la vita stessa di questo comparto. Non solo io sarei particolarmente attento, ma vorrei che valutazioni di questo tipo non fossero fatte con tanta leggerezza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, già stamani in occasione del problema del Parco del Po e delle deroghe per il Comune di San Mauro, avevo sottolineato come a parole si cerchi di ribadire il ruolo programmatorio della Regione, mentre poi nella realtà si constata in tutti i settori che questo ruolo programmatorio o non è possibile praticarlo o è stato svuotato o in certi casi non c'è la volontà di renderlo attuabile.
Nel caso della distribuzione nella nostra Regione, ci rendiamo sempre più conto che è quasi impossibile praticare questo ruolo programmatorio proprio per dei processi, sia legislativi che di assunzione di decisione a livello statale, che svuotano la capacità di rendere questa Regione equilibrata nel rapporto quantità di prodotti venduti e unità di vendita anche se il termine è improprio ed oggi con l'evoluzione in corso non dà l'idea.
Il settore della distribuzione ha avuto andamenti diversi: lo ricordiamo sul finire degli anni '70 primi anni '80, con i grandi processi di ristrutturazione industriale, quando le aziende incentivavano l'uscita dalle aziende dando un piccolo pacchetto di milioni o invogliando i lavoratori a licenziarsi per disporre di dieci o venti milioni con i quali tentare l'avventura nel settore della distribuzione. Abbiamo visto, anche in quella fase, che il momento pubblico ebbe un occhio di benevolenza per certe forme di abusivismo, perché si pensava che potessero in qualche modo essere un ammortizzatore di questi forti processi, non tenendo conto che l'abusivismo quando si radica, si struttura, diventa un elemento che vincola, che poi fa riconoscere il dato di fatto, in una forma o nell'altra. Allora sottolineai che il settore della distribuzione non poteva essere un settore che servisse per una soluzione ai problemi occupazionali. E' un elemento che può in qualche misura concorrere nella fase di innovazione che vive oggi, ma non può essere un elemento forte.
Pensare delle soluzioni di forte assorbimento occupazionale in questo settore vuol dire creare degli effetti degenerativi che pesano o sulla caratteristica del servizio o sui prezzi o su altri aspetti.
Tuttavia mi pare che, così come la legislazione in materia del lavoro sta aprendo in qualche forma ai lavoratori extracomunitari, non possiamo pensare che il Paese sia fatto a compartimenti stagni per quanto riguarda le opportunità di lavoro. Questo ovviamente va visto con grande attenzione e capito nelle implicazioni future, perché noi sappiamo che i lavoratori extracomunitari, per la base di reddito che ritengono appetibile, che per un lavoratore italiano od europeo sarebbe insufficiente, riescono in qualche modo a portare avanti attività marginali nella piccola distribuzione. Dobbiamo quindi non chiudere, non avere una zona protetta ma nel contempo se questa apertura ci deve essere, va realizzata con modalità tali da non creare delle forti distorsioni al processo di razionalizzazione e modernizzazione del settore distributivo.
Un altro elemento che viene misconosciuto è che il settore della distribuzione non è un fatto puramente economico. E' un aspetto che ha dei riflessi urbanistici e sociali non indifferenti. Torno a sottolineare che se le periferie della città di Torino verranno svuotate ulteriormente di quel tessuto di piccola distribuzione che concorre ad essere un mastice di rapporti sociali di vivibilità, di interrelazioni soprattutto con le categorie più deboli, gli anziani, ad esempio, che vivono in questi quartieri, evidentemente lo svuotamento, il "prosciugamento" di queste strutture andrebbe contro quelle politiche di socializzazione che noi facciamo per ridurre l'emarginazione dei più deboli, per evitare che si costituiscano o si determinino dei quartieri dormitorio.
Le politiche pubbliche, anche in questo settore, devono avere la capacità di collegarsi in una dimensione più vasta e sistemica ed in questo senso la proliferazione indiscriminata di settori della grande distribuzione con modalità che sfuggono al controllo regionale e il connesso svuotamento dell'articolazione della distribuzione, potrebbero generare effetti non voluti di carattere sociale. Certo, dobbiamo fare i conti con un bisogno di forte innovazione di questo settore. Speriamo che questa forte innovazione abbia delle ripercussioni positive sui prezzi (che nel lungo periodo non è poi così scontato), sulla qualità del servizio e sulla specializzazione. Tutto questo dovrebbe essere in mano ad un governo regionale con una capacità di orientamento, che però temo non sia più completamente alla nostra portata.
Ritengo il provvedimento che l'Assessore Marchini ha sottoposto all'aula, e che già è stato discusso in Commissione, un provvedimento positivo se collocato all'interno di una forte volontà di rendere massima la nostra azione di governo di questi processi. Altrimenti, se diventa solo qualcosa che verrà visto dai Comuni come opportunità di piccolo cabotaggio per dare qualche licenza in più nel settore dell'ambulantato e che poi si distribuirà sul territorio in modo anomalo, la proposta che fa l'Assessore Marchini, di per sé positiva nella strutturazione dei mercati dell'ambulantato, ritengo possa capovolgersi nei risultati. Quindi un voto favorevole come già il Gruppo socialista aveva espresso in Commissione, ma con la forte raccomandazione di far valere il massimo possibile di quello che ci resta di capacità di governare questi processi nel settore del commercio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio intervento riguarderà esclusivamente il problema che è sorto in seguito alla presentazione dell'ordine del giorno del collega Pezzana, condiviso dal Capogruppo comunista.
Noi abbiamo meditato sul contenuto di questo ordine del giorno l'abbiamo esaminato a fondo, però non ci sentiamo di poter assentire, pur rendendoci conto che il problema esiste. Non ci sentiamo di assentire in quanto, secondo le parole usate e quella che è stata l'interpretazione data dallo stesso presentatore, quando si prospettano queste richieste a favore degli immigrati extracomunitari non si fa la distinzione fra l'extracomunitario che ha il permesso di soggiorno e quelli che sono, pur rendendoci conto del loro drammatico problema e nella terra d'origine e in quella italiana, i cosiddetti "clandestini". Approvando questo ordine del giorno andremmo innanzitutto contro la lettera e lo spirito della legge che abbiamo approvato qualche mese fa, la quale conteneva a guisa di spartiacque del provvedimento il fatto di essere cittadini comunitari con permesso di soggiorno. In quella sede - desidero ricordarlo - tentai prima con un emendamento che venne respinto, poi con un ordine del giorno, di pervenire sul presupposto dei principi di quella legge a far sì che fra le pieghe della legge sanitaria si consentisse agli extracomunitari dotati di permesso di soggiorno di accedere con parità di diritti nella stessa guisa dell'esercizio del diritto dei cittadini italiani, piemontesi nella specie alle strutture sanitarie. Ricordo che l'Assessore rispose che non era possibile trovare fra le pieghe della legge una siffatta affermazione e una siffatta soluzione anche se, in definitiva, una persona che si rivolge al pronto soccorso non viene buttata fuori. Questa era una risposta non soddisfacente perché chiedevo che sul presupposto dello spirito di quella legge che andavamo votando, si arrivasse quanto meno alla tutela sanitaria di chi aveva il permesso di soggiorno.
Questo è il motivo numero uno per cui non ci sentiamo di poter dare assenso all'ordine del giorno del collega Pezzana, proprio perché manca questa rilevante specificazione.
Inoltre per quanto riguarda il punto n. 3), laddove si invitano i Comuni ad intervenire nella materia dell'ambulantato attuando una prima regolamentazione, non vediamo con realismo come i Comuni possano, se non commettendo un abuso di potere o un qualche altro illecito sia pure amministrativo, regolamentare in base alla legislazione vigente quanto qui viene richiesto, cioè intervenire per favorire l'integrazione e concedere una prima regolamentazione alle attività degli extracomunitari.
Potrebbero andare bene i punti 1) e 2) dell'ordine del giorno, laddove si chiede lo studio di provvedimenti al Consiglio dei Ministri, alla Presidenza del Senato e alla Presidenza della Camera ed anche allorquando si sollecita la Giunta, anzi si invita la Giunta a farsi promotrice di iniziative nei confronti delle altre Regioni ai fini di organizzare studi su queste problematiche. Anche in questo caso però manca quello che, a nostro avviso, è il presupposto base e lo spartiacque, cioè quello di riferirsi solo a chi abbia il permesso di soggiorno.
Inoltre non c'è nemmeno un cenno - questa ultima considerazione me l'ha suggerita l'intervento del Consigliere Ferrara - ad additare in ogni caso una posizione paritaria per questi extracomunitari dotati di permesso di soggiorno rispetto ai cittadini italiani, piemontesi nella specie, visto che regolamentiamo l'ambulantato per il Piemonte.
Il Consigliere Ferrara ha parlato, penso che i dati siano esatti, anche se forse non conosciamo da vicino la materia, ma sono nozioni di comune esperienza, di dominio pubblico, di code storiche di anni, lui diceva quasi secolari. Penso che in ogni caso dovrebbe potersi escludere, proprio per un motivo di giustizia sostanziale una volta che si entrasse per avventura nel filo di idee di cui all'ordine del giorno, una corsia preferenziale. Non so come l'ordine del giorno possa sbloccare la tragica situazione esistente che è quella che ha enunciato il Consigliere Pezzana e che è sotto gli occhi di tutti, appunto quella dei fenomeni di razzismo e del fatto che questa sciagurata gente che è venuta in Italia, in particolare in Piemonte in qualche maniera deve sbarcare il lunario.
Mi rendo conto di tutti questi problemi, però non credo - questo è il concetto finale - che attraverso quanto si chiede con questo ordine del giorno si possa nel concreto avviare a soluzione questo tragico problema.
Mi potrete dire che allora noi non sappiamo prospettare soluzioni; so che il problema esiste ed è gravissimo, ma a fronte di questa soluzione così com'è prospettata non riteniamo che si risolva il problema e nello stesso tempo non riteniamo giusto risolverlo con una sorta di concorrenza nei confronti dei cittadini italiani e piemontesi nella specie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Anch'io come il Consigliere Majorino intervento unicamente sull'ordine del giorno presentato, dando atto in primo luogo al Consigliere Pezzana di avere sollevato oggi, come è stato sollevato in passato più volte, un problema rilevante, comunque lo si voglia affrontare e lo si voglia risolvere.
Possono essere rifiutate le proposte e le visioni contenute nell'ordine del giorno, ma non possiamo assolutamente eludere il problema che con questo documento viene sollevato. Possiamo dargli anche soluzioni diametralmente opposte, ma non è assolutamente sostenibile pensare che il problema possa essere rinviato e non possa essere oggetto di una politica oggi ed ora. In ogni caso invito le altre forze politiche a presentare qualche proposta in merito affinché sia possibile uscire da quella che, a mio avviso, diventa una complicità. Abbiamo sì il problema, qui sollevato di regolamentare un'attività, ma abbiamo anche la consapevolezza di una situazione di sfruttamento e di lavoro "nero", di lavoro nero nel senso che sindacalmente e normalmente si dà a questa espressione. Il meccanismo attuale non può essere tollerato da un paese civile, per quanto riguarda i rapporti tra le persone e lo sfruttamento delle persone. Tale situazione richiede un intervento politico, oltreché una solidarietà da parte delle istituzioni del nostro Paese e, in questo caso, da parte delle istituzioni regionali.
Ci sono inoltre ulteriori questioni che sono state sollevate. Il sostenere che gli immigrati portano via il lavoro a chi abita in un posto è un problema che è stato sollevato da secoli e quotidianamente viene sollevato in ogni realtà, qualunque essa sia. Lo potevano sollevare gli svizzeri, i tedeschi o gli americani quando erano gli italiani che andavano ad occupare posti di lavoro, sia di lavoro dipendente che autonomo. Questo è un problema ineludibile all'interno dei meccanismi economici nei quali siamo inseriti. Si possono e si devono trovare delle soluzioni. L'unico modo per non porsi il problema è rimandarli al mittente. Non attuata questa politica, i problemi del lavoro, della sanità e della casa si pongono e non possono non essere posti. Quindi, con il lavoro si pone il problema della regolamentazione di questo lavoro.
La regolamentazione - l'uso di detto termine da parte del Consigliere Pezzana credo implicasse questo - dovrà riferirsi alla valutazione del problema del permesso di soggiorno o meno, della clandestinità o meno. Il termine "regolamentazione" a mio avviso significa questo. E' chiaro che in materia di regolamentazione si può, non essendo qui individuato nulla di preciso, optare per soluzioni tra loro diverse. Per noi regolamentazione vuol dire dare un giudizio e valutare: chi, come, quando, perché, con quali garanzie, a quali condizioni. Ritengo che a un ordine del giorno tutto questo non lo si può chiedere. Il documento deve limitarsi a chiedere una regolamentazione. Nella legge approvata dal Consiglio regionale sull'immigrazione extracomunitaria questi problemi sono stati affrontati.
Possono essere approvate alcune proposte oppure altre, ma le regole ci vogliono e quindi io condivido il termine "regolamentazione". Dalla regolamentazione discenderanno le autorizzazioni e quanto sollevato negli ultimi commi dell'ordine del giorno: l'integrazione degli ambulanti extracomunitari e gli spazi appositi per l'esercizio di questa attività.
Ritengo che il problema principale, insieme alla regolamentazione, sia quello di evitare in ogni modo forme di ghettizzazione di questa presenza.
E' una questione enormemente complessa, culturale oltre che politica.
Occorre avviare tutti gli strumenti necessari per realizzare una società che riconosca la diversità, capace di giungere a forme di integrazione non penalizzanti per nessuno e rispettose di quanto ognuno di noi è capace di portare in termini di cultura, di solidarietà, di modelli di vita e di atteggiamento.
Questo è il problema cruciale di una regolamentazione: riconoscere le differenze e le diversità. Questo ordine del giorno solleva un problema concreto che richiede una politica; su questo documento si possono sollevare eccezioni rispetto al fatto che non vengono dette certe cose e rispetto a come vanno fatte certe cose. Ma un ordine del giorno non pu assolutamente fare tutto questo. In ogni caso oggi la nostra assemblea non può eludere una risposta e una presa di posizione su questo tema.
Quanto proposto dal collega Pezzana è quindi largamente condivisibile pur con alcune correzioni, in particolare relativamente alla prima regolamentazione delle attività. Ma questo viene in second'ordine rispetto alla necessità di un pronunciamento collettivo che, a mio avviso, non pu che porsi in questo quadro di insieme.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola ha facoltà di replicare l'Assessore Marchini.



MARCHINI Sergio, Assessore al commercio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, ringrazio i colleghi dell'attenzione che hanno voluto porre ad un problema che per sua natura è arido nella formulazione e ostico nel suo sviluppo.
Ringrazio i colleghi per l'apprezzamento che hanno voluto riconoscere nei confronti dell'Assessorato, sottolineo la parola Assessorato, che mi pare ampiamente meritato e devo dire, dopo un anno di esperienza, di avere potuto constatare che in questo Assessorato, che veniva descritto come l'Officina n. 14 (forse è sbagliato il numero, ma sicuramente Guasso capisce cosa voglio dire quando uso il termine "Officina" con un numero dietro), esiste una professionalità approfondita e diffusa; si tratta di capire se il soggetto politico rispetto a questa professionalità è stato capace di dare il senso dei cambiamenti e degli stimoli politici conseguenti ai diversi scenari in cui ci si collocava.
L'Assessore, la Giunta, rivendica un elemento che mi rendo conto da alcuni intervenuti non è stato compreso nella sua importanza strategica e assolutamente innovativa con cui non esiste più alcuna possibilità - mi rifaccio a quanto detto dal collega Tapparo di rilascio di autorizzazioni.Le autorizzazioni sono bloccate nel dato registrato; quelle che vengono concesse sono legate a forti interventi di carattere programmatorio, il che significa realizzare spazi ulteriori del 30 rispetto a quelli esistenti e all'interno di questi spazi ulteriori del 30 rispetto a quelli esistenti, un sesto degli spazi viene destinato a nuove autorizzazioni, tutto il resto va nella razionalizzazione e nella migliore organizzazione dell'esistente. E' certo quindi che non esiste più una possibilità discrezionale, che invece è legata alla programmazione e all'intervento concreto. La possibilità di rilasciare un'autorizzazione in deroga è solo successiva alla realizzazione dell'intervento.
La Giunta rivendica questo tipo di scelta che si colloca all'interno di una problematica generale sulla quale sono intervenuti molti colleghi.
Indubbiamente la materia del commercio richiede in primo luogo una forte esigenza di attrezzarsi in termini conoscitivi. Abbiamo provato, con quanto abbiamo prodotto su questo argomento, che per certi versi può essere considerato marginale, a supportare il lavoro dei Consiglieri con il massimo di conoscenza o di disponibilità.
Ho l'impressione che questo vada fatto, mi riferisco al collega Dardanello, anche per quanto attiene all'Europa del 1992, sempre che non sia già in casa. Anticipo che la Giunta ha affidato ad un gruppo di esperti facenti capo all'Università la preparazione di una scheda illustrativa di questi processi su cui confrontarci con le categorie e con le forze politiche in un pubblico convegno che faccia il punto dello stato della grande distribuzione sullo scenario europeo.
V'è l'esigenza di avere strumenti di conoscenza diversi comunque almeno storicamente, da quelli che hanno supportato la deliberazione che stiamo gestendo che risale al 1980. Richiamo anche su questo punto l'attenzione del collega Tapparo allo scopo di tranquillizzarlo: non esiste alcuno slittamento da parte della Regione rispetto ai percorsi che si era data. La deliberazione sulla grande distribuzione del 1980, votata all'unanimità di questo Consiglio, con la relazione entusiastica di un collega che non cito, è tuttora l'asse portante della politica regionale e non ha sofferto alcuna slabbratura.
Diverso è il problema che dobbiamo porci sulla grande distribuzione che non capisco perché è grande da 1.501 in su e piccola da 1.500 in giù.
Questo è il versante di competenza esclusiva dei Comuni rispetto ai quali probabilmente va fatto un esame approfondito. In questo caso ha ragione il collega Tapparo: dobbiamo capire in che misura alla pauperizzazione e alla banalizzazione del sistema commerciale piemontese abbia concorso il sistema improprio della grande distribuzione. Si tratta di capire se non si devono inventare degli strumenti di governo del commercio, non attraverso la materia delegata e quindi molto stretta, ma attraverso la materia trasferita e quindi molto ampia, per esempio quella della politica territoriale. Io sono convinto che l'uso - è stato fatto in Lombardia dello strumento territoriale urbanistico come elemento di guida dei processi di insediamento commerciale, costituisca una leva forte, che ha un substrato di natura socio-economica capace di incidere al di là del formalismo attinente alla materia che ci è delegata.
Ho molto apprezzato quanto ha detto il collega Tapparo in ordine alle preoccupazioni che dobbiamo avere sulla qualità della vita che viene a ridursi e a dequalificarsi in quei settori urbani in cui la mancata realizzazione di un sistema commerciale di servizio alle persone adeguato ha comportato una decadenza di qualità della vita umana ed urbana che evidentemente va corretta.
La Giunta è orientata a fare un'operazione ambiziosa ripensando il ruolo del commercio e dell'artigianato quale elemento portante e non residuale rispetto alla politica urbanistica. Non c'è alcun Piano regolatore che ponga tra gli obiettivi primari delle deliberazioni programmatiche il recupero della qualità della vita attraverso questi due strumenti, ma considera sempre il commercio e l'artigianato un servizio alla persona come una categoria residuale che si scrive nell'ultima pagina e si liquida con una formula di rito.
Quindi, da parte della Giunta esiste la volontà e l'impegno di chiudere la legislatura mettendo l'istituzione regionale in grado di conoscere queste questioni dotandola di un supporto conoscitivo professionalmente e tecnologicamente ai più alti livelli che siano reperibili nella cultura della nostra Regione.
In ordine al problema degli immigrati ritengo che per una volta il Consigliere Pezzana non sia stato coerente. A Pezzana si possono rimproverare molte cose, ma non l'ipocrisia e l'incoerenza. In questo caso non è ipocrita, però non è coerente. E' vero, non si devono chiamare extracomunitari gli uomini di colore, anche se poi questo termine in Italia è intraducibile ed incomprensibile, perché il nero è assenza di colore, per cui questo inglesismo tradotto in italiano snatura completamente il concetto. Questa questione però va affrontata per quello che è dal punto di vista del governo, non dal punto di vista della valutazione dei Gruppi: uno scandalo nel tollerare un sistema illegittimo. Se un fenomeno nella società lo si ritiene accettabile va riconosciuto e regolamentato, se è un fenomeno che si ritiene patologico lo si espelle dal corpo sociale. Non si può tenere addosso il cancro facendo finta che sia un foruncolo e non occuparsene. E' un abusivismo tollerato, anzi, non solo tollerato, ma costruito. Il parallelo con i nostri nonni non ci sta, perché non è l'immigrato che fa l'abusivo, è l'abusivo che viene qui a fare l'immigrato.
Ritengo di non essere lontano dal vero immaginando che dietro queste catene di infelici ci sia un'organizzazione di carattere internazionale che prende questi infelici di sesso maschile e di sesso femminile per portarli nel nostro Paese a fare precise cose. Non è un'organizzazione che prende le persone arrivate in Italia pensando di mandarle a lavorare alla FIAT o a fare le ballerine. Avete ragione, cari amici, è scandaloso che lo Stato consenta non soltanto l'abusivismo nei termini commerciali, ma che nelle nostre città si insedino i terminali di un sistema di delinquenza organizzata a livello internazionale. E' gravissimo, perché questo oggi determina l'inflazione di falsi orologi russi, ma il giorno che il mercato ne fosse saturo, questi infelici, che sono i terminali di quel sistema possono diventare i terminali di ben altri beni di più o meno largo consumo.
In primo luogo, va collocato in modo corretto l'approccio a questo problema, che è scandaloso nella misura in cui viene tollerato e non normato. La responsabilità attende allo Stato nazionale che non può non farsi carico della questione in termini radicali ed assoluti. La scorciatoia suggerita immagina che si possa fare qualcosa consentendo al Governo di continuare ad eludere il problema, perché l'analisi che è stata fatta rivela che le esperienze conseguite o sono fallite o sono culturalmente inaccettabili perché sono forme di ghettizzazione.
Prendo atto che una Regione come la nostra non può non misurarsi su questo problema, ritengo però che si debba misurare su un profilo alto soprattutto in termini istituzionali, non di maggioranza, non di minoranza non di impulso di questa o di quella forza politica. Quindi, rispetto all'ordine del giorno del Consigliere Pezzana è probabile che la soluzione più corretta sia la sospensione del suo documento per consentire una riflessione in Commissione con la possibilità di elaborare un documento unitario.
Consigliere Pezzana, è inutile parlare di mercati nei confronti di persone che al mercato non ci vanno o se vogliono andare non trovano posto.
L'attività di questi infelici è fuori dal mercato, perché nelle aree mercatali spazi appetibili non ce ne sono. Nei mercati non li possiamo mettere perché fisicamente non ci stanno se non attraverso l'eliminazione fisica di chi c'era prima; fuori del mercato in termini di tempo e in termini geografici è una materia che sfugge a quella sulla quale ragioniamo, quindi è chiaro che la questione non può non vederci impegnati.
Mi pare difficile immaginare di ricondurre al concetto di mercato e di spazio un fenomeno che tende per sua natura a stare fuori dagli spazi in termini temporali e geografici. Se volessimo ricondurli negli spazi non faremmo che aumentare la conflittualità rispetto a questi cittadini d'ultima generazione.
E' una questione che richiede una dimostrazione di attenzione da parte dell'istituzione regionale, un'attivazione di rapporti con le altre istituzioni considerando che siamo una Regione a forte rischio perch avendo un sistema produttivo ed occupazionale del secondario tra i più sviluppati d'Europa è evidente che, dopo il plesso turistico, questo è il plesso più interessante rispetto a queste catene di immigrazione.
Suggerisco al Consigliere Pezzana di consentire al Consiglio nel suo complesso, attraverso le sue espressioni più interessate, di valutare l'opportunità di richiedere alla Giunta - che si dichiara fin d'ora disponibile - di porsi in termini di attenzione ai livelli ai quali si sono poste altre Regioni e grandi Comuni del nostro Paese. Chiedo inoltre di non creare l'imbarazzo alla Giunta di dover dichiarare che non può esprimere un parere positivo nella misura in cui ci si chiede di attivarci, visto che siamo soltanto destinatari di funzioni delegate, nei confronti dei Comuni che hanno funzioni proprie rispetto ad una questione la cui competenza è rimasta allo Stato, ma con un approccio che consentimi, Pezzana - è sbagliato e non coerente. Non si tratta di agevolare un fenomeno, perch questo fenomeno si è realizzato in tutta la sua potenzialità e andrà avanti nelle potenzialità che svilupperà. Si tratta di ricondurre il fenomeno all'interno della legalità.
Pertanto, è evidente che l'approccio che dobbiamo dare alle nostre iniziative non è quello di favorire un processo, ma di ricondurre a legalità questo processo e contenerne lo sviluppo all'interno di un sistema equilibrato tra l'esistente e i processi migratori che sicuramente avremo nel tempo. Si tratta però di materia che è soltanto delegata per quello che ci riguarda ed è una materia brutta, perché su questo tutti tendono ad interpretare le norme in termini di deresponsabilizzazione. Per esempio, a me sembra strano che la Magistratura inquirente o requirente (ho difficoltà a capire questo termine) abbia ritenuto di dare un'interpretazione a queste cose che, a mio modo di vedere, sembrano invece dover attendere alla Magistratura giudicante, perché è il giudice che emette la sentenza che deve decidere se un fatto è reato oppure no. Il magistrato inquirente ha il compito di proporre al magistrato giudicante di decidere. Invece, i nostri Comuni hanno ricevuto delle circolari che su questo problema danno un'interpretazione la più morbida possibile per evitare contrasti perché è ovvio che i processi non piacciono a nessuno, come del resto i sequestri ma è evidente che se non si fanno né processi né sequestri e nemmeno si varano leggi a livello nazionale questo fenomeno diventerà incontenibile.
D'altra parte una scelta di civiltà non può non vederci d'accordo ed è quella di non lasciare la Regione Piemonte estranea rispetto a una questione che le altre Regioni, quelle più sensibili, se così vogliamo chiamarle, o le più interessate ai problemi si sono poste.
Riassumo quindi la proposta che ritengo di poter fare a nome della Giunta. Sarebbe probabilmente pregiudizievole per l'immagine regionale se venisse respinto l'ordine del giorno del Consigliere Pezzana perch verrebbe letto come la ripulsa della questione di fondo, così invece non è: non può essere accettato per le ricadute improprie e non praticabili. Mi pare quindi che la conclusione davvero di governo, di sintesi, possa essere quella di dichiarare la disponibilità della Giunta a riprendere, quando il Presidente lo riterrà opportuno, questa questione in Commissione, per misurarci su un impegno che però, anticipo, dovrà essere non in termini di cose che non si possono fare perché nessuno le vuole, perché questo è il punto, queste cose non le vuole nessuno, noi le andremmo ad imporre a qualcuno senza avere gli strumenti, ma in termini di richiesta che la Regione si collochi su questa questione al livello del problema.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione testé discussa, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.
Passiamo ora all'ordine del giorno sottoscritto dai Consiglieri Pezzana e Avondo, ai quali chiedo se intendono che tale documento sia posto in votazione e se desiderano fare ulteriori dichiarazioni.
Ha chiesto la parola il Consigliere Pezzana. Ne ha facoltà.



PEZZANA Angelo

Accetto l'invito dell'Assessore Marchini non a ritirare l'ordine del giorno, ma a sospenderne la discussione in vista di quanto lo stesso Assessore ha dichiarato ricordandogli però che già nella precedente discussione in quest'aula sul medesimo argomento erano venute alla luce delle situazioni che ben difficilmente permetteranno una spiegazione nei termini che l'Assessore si augura. Per esempio, la Regione Piemonte non ha o non ha avuto finora la capacità di valutare a quanto ammonti, a livello numerico, il "fenomeno". Quindi non si può affermare che il mercato dell'ambulantato è saturo e non permette la collocazione accanto ad esso di un numero di ambulanti quando non si sa quanti sono. Questa affermazione dovrebbe essere di stimolo ad effettuare qualche richiesta per sapere a quanto ammonta la presenza effettiva dell'ambulantato in Piemonte per poter valutare se questa presenza è possibile o meno.
Solo una parola sulla incoerenza, che tra l'altro non ritengo sia un delitto: se letto bene - può anche darsi che l'ordine del giorno sia stato scritto male - questo documento richiede una regolamentazione. Non credo quindi ci siano posizioni incoerenti rispetto a quanto io ho sempre sostenuto in quest'aula su questo preciso argomento. Ritengo che sia compito di un'assemblea legislativa, come quella regionale, di regolamentare un aspetto che non è ancora regolamentato. Nel documento da una parte c'è un richiamo al Parlamento nazionale, dall'altra un invito alla Regione ad attivarsi nel modo che riterrà più opportuno nei confronti di quelle forze che a livello locale, regionale e comunale, possono e debbono intervenire su un argomento di questo genere.
Non dico nulla invece sul problema del bianco emarginato rispetto alla presenza del nero che arriva perché mi sembra una posizione che definirei con il nome dell'ultima auto FIAT prodotta per l'Unione Sovietica. Chi sostiene queste tesi non può essere altro che definito con il nome della nuova vettura FIAT-URSS, perché non credo che qui ci sia un problema di emarginazione bianca rispetto ai neri che arrivano, semmai il problema è l'opposto, proprio quello del razzismo, perché se un nero che vive in Piemonte conoscesse la realtà nera sudafricana farebbe le valigie e se ne andrebbe subito. Quindi il nostro grande animo di tolleranza se verificato bene è un animo terribile. Mi auguro però che l'Assessore Marchini e la Giunta mantengano vivo questo ordine del giorno, che per ora viene sospeso e credo di interpretare anche la posizione del Capogruppo comunista Avondo che lo ha firmato insieme a me se dico che non lo metterà in un cassetto.
Data l'urgenza del problema, e sono certo che la sensibilità dell'Assessore Marchini lo abbia colto, questo argomento deve essere affrontato il più in fretta possibile.



PRESIDENTE

Poiché anche l'altro firmatario dell'ordine del giorno è d'accordo nel non richiedere la votazione immediata ne dichiaro sospeso l'esame.
Ha chiesto la parola il Consigliere Carletto. Ne ha facoltà.



CARLETTO Mario

Il Gruppo DC è assolutamente d'accordo sull'invito della Giunta accolto dai firmatari. Ci pare la strada giusta perché questo problema, a nostro modo di vedere, non va visto solo nel merito dell'argomento trattato dalla deliberazione, ma deve essere oggetto di un ragionamento complessivo.
Ricordo alla Giunta che esiste una Commissione sull'immigrazione che si occupa di questi problemi e quindi ci pare utile che questo lavoro la Giunta lo possa fare anche in raccordo con tale Commissione.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. i seguenti provvedimenti: deliberazione n. 1268: "Programma di localizzazione degli interventi di edilizia residenziale agevolata da finanziarsi con le disponibilità previste dall'art. 22 della legge n. 67/88 (biennio 1988/1989) e delle economie derivanti dalla legge n. 457/78 (quarto e quinto biennio)".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Progetto di legge n. 556: "Norme per l'esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia di navigazione sui Laghi Maggiore, di Como e di Garda".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Deliberazione n. 1279: "Istituzione del fondo straordinario per l'occupazione. Proposta al Consiglio regionale di parziale modificazione alla propria deliberazione del 19/10/1989 n. 1162-13086".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Progetto di legge n. 563: "Disposizioni finanziare relative all'applicazione della L.R. 23/3/1984, n. 19, in tema di risparmio energetico".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Progetto di legge n. 572: "Seconda integrazione alla L.R. 5/6/1989 n. 31".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Progetto di legge n. 551: "Contributo straordinario alla Cooperativa Palit di Vico Canavese".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 31 voti favorevoli e 11 astensioni.
Progetto di legge n. 561: "Integrazione alla L.R. 25/2/1980, n. 8 'Disciplina delle attività di formazione professionale'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Progetto di legge n. 536: "Modifiche ed integrazioni alla L.R.
29/12/1981, n. 55 (Legge di contabilità)".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.
Ordine del giorno n. 715 inerente i rifornimenti di carburante nelle zone limitrofe alla Confederazione Elvetica.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento: Parchi e riserve

Esame ordine del giorno sul problema del Parco nazionale del Gran Paradiso (seguito)


PRESIDENTE

Se i colleghi acconsentono, pongo in votazione l'ordine del giorno unitario n. 717, sottoscritto da tutti i Gruppi, relativo al Parco nazionale del Gran Paradiso su cui è già avvenuta la discussione.
Il testo di tale ordine del giorno è il seguente: "Il Consiglio regionale del Piemonte a conoscenza della proposta di decreto attualmente all'esame del Consiglio dei Ministri con il quale verrebbe sancito lo smembramento del Parco nazionale del Gran Paradiso, attribuendo alla Regione Valle d'Aosta le funzioni amministrative e di governo della porzione di parco ricadente sul territorio della stessa considerato che tale provvedimento contraddice l'impegno assunto dal Governo per il varo della legge quadro sui parchi e per una politica di programmazione che elimini interventi parziali e di carattere saltuario considerato inoltre che, pur essendo il ruolo dell'istituzione regionale rilevante ed opportuno per la tutela dell'ambiente (e la politica per i parchi della Regione Piemonte lo evidenzia), il proposto provvedimento governativo contrasta con la necessità di gestire in modo organico l'unità territoriale del parco per la sua salvaguardia e valorizzazione ambientale ritenuto inoltre prioritario il problema, in particolare per i parchi nazionali e regionali frontalieri, di coordinamento delle competenze gestionali anziché di un ulteriore frazionamento amministrativo tenuto conto che la Regione Piemonte ha dimostrato la piena compatibilità gestionale ed amministrativa nei rapporti con il parco, anche nella recente collaborazione per la ridefinizione dei confini, attraverso l'importante meccanismo normativo di equiparazione degli strumenti di pianificazione alla legge n. 431/85 sottolineato che già la Corte Costituzionale, con la sentenza del 15/11/1988, n. 1029 ha stabilito che la potestà autorizzativa in materia edificatoria all'interno del territorio dei parchi nazionali non può essere demandata alle Regioni in quanto detto potere deve essere espressivo degli interessi unitari del parco e non già di quelli particolari dell'ente locale richiamato il precedente ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale in data 22/12/1977 ribadita la propria contrarietà agli atti di frazionamento delle competenze, di fatto deprimenti un autentico regionalismo europeo, ed i ritardi nell'approvazione di una normativa quadro nazionale sui parchi, nonostante il dichiarato impegno governativo, e alla perpetuazione di una politica costruita su provvedimenti saltuari, al di fuori di una linea di seria programmazione chiede al Governo: la rapida approvazione della legge quadro nazionale sui parchi di rinunciare ad un provvedimento di parcellizzazione amministrativa del Parco del Gran Paradiso di procedere, alla luce del progetto presentato al Parlamento europeo da alcuni Gruppi parlamentari per l'istituzione del Parco europeo delle Alpi, alla creazione di un coordinamento politico e amministrativo transfrontaliero tra Francia, Svizzera ed Italia al fine di valutare tutte le opportune azioni per il sostegno dell'unità europea sulle tematiche della tutela e salvaguardia ambientali.
Invia il presente ordine del giorno al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro competente, nonché ai Presidenti della Camera e del Senato della Repubblica".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 715 inerente i rifornimenti di carburante nelle zone limitrofe alla Confederazione Elvetica


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'ordine del giorno n. 715 testé iscritto all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Presidente della Giunta, Beltrami. Ne ha facoltà.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Sotto questo aspetto ci siamo messi in moto come governo regionale con un disegno di legge rivolto al Parlamento che è tra gli atti in itinere del Consiglio regionale.
Con questo documento, come del resto fa anche l'ordine del giorno, si chiede di estendere alle Province finitime interessate dal problema le stesse possibilità di fruizione e di benefici che hanno le altre Province d'Italia.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto che i continui aumenti del prezzo della benzina inducono molti cittadini residenti nelle zone di frontiera a recarsi nella vicina Confederazione Elvetica per effettuare i rifornimenti di carburante considerato che tale situazione provoca una drastica riduzione nelle entrate fiscali a danno dell'erario, incidendo altresì negativamente sulla già precaria situazione economica delle nostre zone e causando crescenti danni all'apparato degli impianti di distribuzione della zona invita il Governo e il Parlamento ad estendere anche ai Comuni delle Province di Como, Varese, Novara, Sondrio e Bolzano, per una fascia compresa nel raggio di 30 chilometri dal confine, il regime agevolato della zona di Gorizia, limitatamente al prodotto n. 13 della tabella A allegata alla legge 27/12/1975, n. 700, già esteso alla Provincia di Trieste dal quarto comma dell'art. 7 del decreto legge 29/12/1987, n. 534, convertito con modificazioni, dalla legge 29/2/1988, n. 47 in ciò realizzando un'iniziativa tesa a soddisfare giustificate esigenze degli abitanti delle zone interessate, a rispondere ad un comprensibile stato di tensione da parte dei titolari di impianti di carburante ma anche recuperando un carico fiscale valutabile attorno ai 500 miliardi annui invita altresì la Giunta regionale a concertare con le altre Regioni interessate, Lombardia e Trentino Alto Adige, iniziative efficaci per ottenere risultati positivi in tempi brevi".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 35 voti favorevoli, 3 contrari e 1 astensione.


Argomento: Lavoro - Movimenti migratori: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 1279: "L.R. n. 53/89 Istituzione del fondo straordinario per l'occupazione Parziale modificazione alla propria deliberazione del 19/10/1989 n. 1162-13086"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1279 precedentemente iscritta all'o.d.g., licenziata unanimemente dalla IV Commissione.
Non essendovi richieste di parola pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.



ROSSA Angelo


Argomento: Varie

Esame ordine del giorno n. 706 relativo al trentesimo anniversario della morte di Fausto Coppi


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 706, presentato dai Consiglieri Avondo, Bruciamacchie, Ferro, Chiezzi, Dameri, Guasso e Monticelli, di cui al punto 6) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la ricorrenza del trentesimo anniversario della morte del campionissimo Fausto Coppi, avvenuta a Tortona il 2 gennaio 1960, ci ha spinto a considerare questa ricorrenza con particolare attenzione.
Riteniamo sia giusto che la Regione Piemonte, che rappresenta la comunità piemontese, diventi un soggetto attivo nell'ambito delle iniziative che, in modo a volte disorganico, verranno intraprese dai vari soggetti interessati (enti locali, singole associazioni, amici sportivi.
La considerazione dalla quale noi partiamo è che il Piemonte ha dato i natali ad un uomo che ha rappresentato e continua a rappresentare un punto di riferimento molto importante per gli appassionati di questo sport, e non solo di questo sport; uno sportivo conosciuto e che viene ricordato ben al di là della dimensione regionale o nazionale, e che è un mito a livello europeo. Pensiamo quindi che aver dato i natali a questo sportivo ci impone l'obbligo morale di realizzare un programma di iniziative, gestite in coordinamento e con l'apporto dei soggetti istituzionali periferici: il Comune di nascita del campione, i Comuni limitrofi che lo videro svolgere i primi anni della propria attività, o che lo videro così impegnato quotidianamente anche in opere che non erano solamente quelle di carattere sportivo. Riteniamo che la Regione in quanto autorità di governo più complessiva deve essere soggetto attivo e non solo registratore di iniziative che vengono intraprese.
Nel corso di questi anni ci sono state alcune manifestazioni di interesse attorno alla figura di Fausto Coppi, che sono state quelle di dedicargli alcune cime che lui ha gloriosamente scalato, oppure ci sono state singole iniziative di Comuni che gli hanno dedicato ancora recentemente piazze e vie. Oppure ci sono programmi, come quelli del Comune di Tortona e di Novi, che si orientano a ricordare questa data importante ma il soggetto Regione non emerge in queste iniziative. In questo senso pensiamo che ricordare Fausto Coppi nel trentesimo anniversario della sua scomparsa sia un compito anche di questo livello statuale, proprio perch trattasi di uomo che non ha solo un'importanza di carattere locale, ma ha una valenza molto più ampia.
Inoltre abbiamo avanzato delle proposte, che non hanno assolutamente la presunzione di rimanere così come sono state avanzate né hanno la pretesa di essere onnicomprensive, ma pensiamo che invece dal contributo dell'Ufficio di Presidenza, con la collaborazione dei Gruppi e con la stessa competenza assessorile, possa venire un arricchimento e quindi la formulazione di un programma serio ed articolato, che veda momenti specifici di iniziativa a livello locale, ma momenti altrettanto importanti e specifici di iniziativa in Torino, in questo Consiglio regionale, avendo presente la figura della persona che noi vogliamo ricordare. Quindi non un'iniziativa di carattere localistico, ma un'iniziativa almeno di ordine regionale.
Intanto abbiamo una prima scadenza, quella del 2 gennaio: gli enti locali si sono attivati, hanno programmato delle iniziative, forse avremmo fatto bene a discutere questo ordine del giorno il mese scorso, perché oggi c'è bisogno di recuperare tempo. Occorre che l'Ufficio di Presidenza in accordo con i Gruppi formi un gruppo di lavoro ristretto. E' evidente che bisogna rapportarsi con gli enti locali territoriali, con le associazioni ciclistiche, che in questo senso sono fortemente impegnate, con tutte quelle associazioni che hanno attualmente già programmato iniziative, per dire che vogliamo esserci anche noi, non per aggiungere semplicemente un nome (Regione Piemonte), ma per portare un contributo di idee, di proposte e anche di risorse, perché quest'uomo continui ad avere il peso che ha ancora nella coscienza della gente. C'è un rifiorire di pubblicazioni, di inserti speciali, sono state approntate mostre, sono stati prodotti dei filmati che sono ancora patrimonio di quei pochi appassionati che vogliono ogni tanto rivedere le gesta, per certi aspetti eroiche, compiute da Fausto Coppi.
Noi dobbiamo porci l'obiettivo di recuperare l'insieme di questi materiali per utilizzarli in modo organico. Noi proponiamo che si solleciti affinché questi strumenti, come quelli che vengono gestiti autonomamente da "La Stampa" o altri giornali sportivi, oppure tutta una serie di materiali cinematografici che sono nelle mani della Radiotelevisione Italiana, ci siano forniti per selezionarli e farli diventare dei video atti a far conoscere questo campione e utilizzarli durante gli incontri e i dibattiti.
Il ciclismo a livello nazionale, ma anche regionale, vive un periodo di crisi molto seria e sempre di meno i giovani si avvicinano a questa disciplina. E' una disciplina estremamente pesante, faticosa, rigorosa, una disciplina che non ripaga se non i campioni, per quelli che riescono ad emergere in modo particolare. Molte volte si corre e spesso pur essendo primi o capitani e vincendo qualche tappa si portano a casa lo stipendio di un impiegato o poco di più; alla fatica non corrisponde mai un guadagno utile in ordine finanziario.
La crisi che investe il ciclismo deve essere affrontata in maniera tale da coinvolgere le nuove generazioni e il mondo della scuola. Questo vuol dire chiedere un rapporto diretto con i vari Provveditori agli Studi per programmare nelle ore di educazione fisica iniziative in questo senso facendo delle conferenze nel corso delle quali si presenta il video realizzato su Fausto Coppi e di conseguenza si fa un'attività di promozione delle discipline sportive.
Noi abbiamo coscienza che a livello di massa è ancora uno sport importante, seguito, ben voluto dalla popolazione come è stato dimostrato ogni volta che il Giro d'Italia o un'altra corsa percorrono le strade di questa o quell'altra località. La nostra non è assolutamente un'iniziativa per ricordare semplicemente che il 2 gennaio ricorre il trentesimo anniversario della morte di Fausto Coppi; noi chiediamo al Presidente della Giunta e al Presidente del Consiglio regionale, di organizzare attorno a questa data un programma di iniziative che si distribuiscano nell'arco di un paio di mesi, quindi gennaio e febbraio, in un rapporto molto stretto con Comuni, Province e quei soggetti che operano nello sport e valutiamo quale tipo di contributo autonomo noi possiamo dare per far sì che quest'uomo venga ricordato nel modo più degno possibile.
Tutto ciò per far sì che non venga ricordato solamente nel Comune di Castellania, sua città natale, o in qualche Comune altrettanto importante della zona che lo ha visto protagonista delle sue prime attività sportive.
Noi elenchiamo anche una serie di proposte che si riferiscono a borse di studio per giovani che vogliono intraprendere l'attività di giornalista in direzione del ciclismo, o altre iniziative ancora capaci di coinvolgere non solo gli appassionati, ma in modo particolare i giovani da cui possiamo trarre nuove energie per uno sport che stimiamo molto e che pensiamo possa continuare a dare un contributo importante in Piemonte dove già in passato i giovani hanno saputo rivelarsi forze vive capaci di dare grandi soddisfazioni e grandi imprese.
Se vi sono delle osservazioni, e già qualche collega me lo ha fatto rilevare, sull'ordine del giorno, in particolare sulla premessa del punto 3), saremo disponibili a modificare questa parte, però già oggi deve esserci un pronunciamento del Consiglio e l'attivazione immediata di un comitato che operi perché ormai le scadenze sono estremamente vicine.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho letto questa mattina il documento presentato da alcuni colleghi del Gruppo Comunista sul quale in linea di massima concordo, tranne che sul terzo comma per il quale sto predisponendo un emendamento.
Mi sembra che ricordare in modo non retorico, ma intelligente e concreto, un uomo di sport come Fausto Coppi, sia utile ed interessante soprattutto a trent'anni dalla sua morte. E' stato un uomo che in campo ciclistico ha segnato un'epoca, ha dato il nome a tutta una stagione accanto a campioni come Bartali, Magni ed altri ancora. La vita non gli è stata particolarmente prodiga in campo familiare, mentre gli è stata prodiga in campo sportivo. Non gli ha risparmiato momenti di amarezza particolari, dolori e alcune contestazioni. Anche la sua stessa morte, non priva di lati oscuri, ha dato origine a polemiche e ancora oggi lascia alcune zone di ombra. E' certo che il suo passaggio nel mondo del ciclismo ha segnato un momento particolare. Prova ne sia che alla sua tomba, alla sua casa natale e al suo paese giungono in continuazione ed in maniera crescente, da molte parti d'Europa, ma soprattutto dalla Francia e dalla Svizzera, molti sportivi per rendergli omaggio e per ricordarlo.
Come amico personale e coetaneo di Fausto Coppi sarò particolarmente lieto se il Consiglio regionale e la Giunta regionale assumeranno iniziative non retoriche ma concrete ed utili per ricordarlo. Quindi anche a nome del Gruppo DC sono disponibile ad aderire alle eventuali iniziative che potranno essere messe in atto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anch'io ho seguito con molta attenzione questo ordine del giorno. Per uno come me, nato a metà degli anni Trenta, è ancora vivo il ricordo delle grandi battaglie che facevamo da giovanotti tra coppiani e bartaliani. Ero tifoso di Coppi, ma le imprese del '49 qui non le ricordiamo in molti. Il Consigliere Bruciamacchie forse nel '49 era ancora un ragazzino e non ricorda quando Coppi vinse il Giro di Francia e il Giro d'Italia e la grande soddisfazione che prendemmo quell'anno dopo le batoste del '48 quando Bartali salvò anche l'Italia con la famosa vittoria del 18 luglio. L'epoca ciclistica del dualismo Coppi-Bartali ebbe anche un'importanza nel cambiamento del costume italiano.
In questo momento, nel trentesimo anniversario della scomparsa di Fausto Coppi, l'iniziativa di ricordarlo non retoricamente è molto importante, perché come ha già accennato il collega Bruciamacchie dobbiamo anche preoccuparci di questo sport. Purtroppo è uno sport che in questo momento in Italia ha poco avvenire per molti motivi. C'è un grandissimo disinteresse da parte della televisione nei confronti del ciclismo, ma il problema più grave è la mancanza di strade dove poter disputare le corse il sabato e la domenica. Questo è il vero dramma. Si stanno riducendo anche le corse e il ciclismo amatoriale e agonistico che non è in crisi, ha moltissime difficoltà. Il ciclo-turismo va bene, però un po' di sano agonismo anche a livello amatoriale non farebbe male.
Questa iniziativa giunge in un'annata forse la più triste per il ciclismo italiano a causa dell'abbandono dell'agonismo da parte di importanti squadre produttrici di biciclette, come la Bianchi e l'Atala che abbandoneranno il campo delle corse. Un motivo in più di tristezza l'abbandono della Bianchi. Coppi-Bianchi: binomio inscindibile, la maglia bianco-celeste che da quest'anno non si vedrà più nell'ambito dell'agonismo ciclistico.
Aderiamo senz'altro a questo ordine del giorno e approviamo anche l'emendamento di modifica del comma terzo che era un po' troppo forte.
Facciamo in fretta a prendere delle iniziative, il mio Gruppo aderisce ed io personalmente darò il mio contributo come appassionato di ciclismo.



SANTONI Fernando



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei esprimere l'adesione del Gruppo socialista e mia personale all'iniziativa che il Consiglio sta per assumere a sostegno di questo importante avvenimento che è il trentesimo anniversario della scomparsa di Fausto Coppi. Sono grato al collega Bruciamacchie che ha richiamato questo importante avvenimento. Era qualcosa che avvertivamo tutti, d'altro canto gli interventi dei colleghi l'hanno messo in evidenza nell'avvicinarsi del 2 gennaio 1990, data per la quale noi riteniamo che la Regione debba farsi promotrice di un progetto diretto a coordinare le molte iniziative che stanno per essere avviate negli enti locali della Regione, per celebrare degnamente il trentennale della scomparsa di un uomo che è stato definito uno dei più grandi campioni, il campionissimo, nel settore del ciclismo. Un uomo che chi ha l'età che abbiamo noi, ha avuto la possibilità di conoscere direttamente o comunque di vederlo. In ogni caso la sua eco è ancora presente oggi: non è soltanto il mito che dura nel tempo alla luce delle grandi imprese che egli ha compiuto, ma è qualcosa che ha unificato delle coscienze per il ruolo che ha svolto e per il rapporto che ha saputo realizzare anche nei momenti di grande tensione con i suoi rivali, che ancora vivi non mancano di sottolineare questi rapporti che avevano un carattere umano e sportivo. Mi riferisco, ad esempio, ad un altro grande campione come è stato Gino Bartali, che in tutte le manifestazioni non manca di mettere in luce le grandi imprese realizzate con Fausto Coppi in quegli anni.
Vorrei mettere la figura di Fausto Coppi sotto una luce storico politica: uscivamo dalla Seconda guerra mondiale e il nostro Paese aveva enormi problemi da affrontare, per cui queste grandi imprese hanno concorso sicuramente a dare, attraverso questa presa di coscienza radicata nella gente, un significato che non era solo profondamente popolare, ma di rafforzamento delle convinzioni che hanno sorretto i grandi sforzi per conquistare i traguardi e lo sviluppo del nostro Paese. Fausto Coppi ha dato al Paese il gusto e la forza di uscire da momenti difficili, che avevano visto grandi umiliazioni e il Paese ne è uscito attraverso questi momenti.
Vi sono stati momenti che inconsciamente tendevano a realizzare nuovi orizzonti che oggi chiamiamo Europa unita. Le sue grandi imprese nel Tour di Francia e negli altri Paesi europei, dove lo sport della bicicletta è molto sentito, popolare, hanno consentito di vedere una Europa diversa da quella nella quale qualche anno prima la gente aveva vissuto dolorosamente.
Il ricordo a trent'anni dalla morte di Fausto Coppi deve essere messo sotto questa luce e deve essere richiamato il suo ruolo che non è stato soltanto quello di un grande campione, del rilancio delle attività economiche a cui sono legate le imprese che producevano biciclette, in modo particolare la Bianchi, ma è stato un ruolo da tutti riconosciuto anche sul piano storico e politico.
Credo ci sia parecchio da fare; sono state indicate alcune iniziative.
Penso che la Regione abbia autorevolezza per segnalare al futuro Giro d'Italia e al futuro Tour di Francia la ricorrenza del trentesimo anniversario della scomparsa di Fausto Coppi. E' possibile riunire il ciclismo italiano in iniziative importanti, partendo da quelle che potremmo già mettere in cantiere attraverso una conferenza stampa da prevedersi entro termini brevi per dire che dal 2 gennaio, giorno in cui si ricorda il trentesimo, possa aprirsi un periodo nel quale realizzare articolate manifestazioni che coinvolgono gli enti locali. La Regione può coordinare queste iniziative nelle quali inserire la figura di Fausto Coppi.
Nello stesso tempo ricordo anche il simpatico e grande campione, amico rivale di Fausto Coppi, che fu Gino Bartali. E' un doveroso omaggio che deve essere espresso ad un grande campione vivente insieme agli auguri di continuare a rappresentare questa testimonianza che ha dato un contributo molto importante. Non ricordo bene se nel ventennale è stata assunta qualche significativa iniziativa, so invece che in altre Regioni la figura di Fausto Coppi viene celebrata forse più di quanto non facciamo noi.
Siccome siamo una buona terra che ha dato un grande contributo al ciclismo con Fausto Coppi e con altri grandi campioni, credo che possiamo vedere il 2 gennaio come momento di partenza per recuperare e fare emergere il ruolo della Regione, non soltanto per valorizzare delle grandi potenzialità sportive e dei valori che si sono prodotti nella nostra terra, ma anche per storicizzare il ruolo di Fausto Coppi dentro la nuova Europa che si sta profilando in modo concreto al nostro orizzonte che ci fa sperare in quei traguardi di pace e di partecipazione che nello sport hanno la loro forza fondamentale di sostegno.
In questo senso desideravo anch'io esprimere la convinta adesione del Gruppo socialista e mia personale, certi che anche questa è una strada diretta ad elevare il ruolo e l'importanza della Regione Piemonte non solo nel nostro Paese, ma anche in Europa attraverso i contributi che la nostra gente ha saputo dare alle cose che si stanno realizzando e per le quali lavoriamo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone che interviene in qualità di Consigliere.



MIGNONE Andrea

Svolgerò due brevi considerazioni associandomi alle riflessioni già portate avanti dai colleghi condividendo larga parte delle motivazioni che stanno alla base della proposta del Gruppo comunista.
Credo che l'Assessore Ripa farà delle proposte che potranno trovare il consenso del Consiglio regionale nell'ottica di dare alla Regione un ruolo non solo di coordinamento, ma anche propositivo, per meglio ricordare questi trent'anni con manifestazioni che non abbiano soltanto il carattere episodico e meramente celebrativo, ma diano anche una continuità di ricordo di questa grande figura di sportivo.
Mi permetto solo di ricordare che se è vero che sono in particolare gli stranieri più ancora che gli italiani a ricordarsi delle grandi imprese sportive di Coppi, una delle questioni che deve essere affrontata, al di là dei due mesi di manifestazioni variamente organizzate, è quella della costituzione di un'associazione, se non vogliamo una fondazione, fra enti locali ed associazioni sportive che lavori per la realizzazione di una struttura permanente di carattere sportivo e ricreativo che rappresenti un momento di riferimento per quanti intendono visitare i luoghi e ripercorrere la memoria di Fausto Coppi. Quindi, uno degli aspetti da focalizzare, se vogliamo uscire dall'episodico e dal celebrativo, è quello di capire come si può, insieme ad altri enti locali e al mondo associativo e sportivo, realizzare una struttura permanente di carattere museale o anche di carattere didattico-educativo che rappresenti un punto di riferimento strutturale certo per quanti vogliono venire nelle nostre terre sull'onda delle gesta sportive di Fausto Coppi.
Il secondo aspetto che volevo evidenziare riguarda l'opportunista di avviare - proprio perché i colleghi hanno ricordato la crisi di questo sport a livello professionistico, ma il grande sviluppo a livello amatoriale - insieme al CONI e alla Federazione ciclistica, una serie di iniziative nel campo scolastico, utilizzando anche il mondo del ciclismo amatoriale, per avviare nuove leve ciclistiche. Questo è un altro settore di intervento che farebbe uscire l'iniziativa regionale da un fatto episodico o meramente localistico, dandole un respiro adeguato alle gesta del campione che andiamo a ricordare.
Chiedo all'Assessore, al di là degli aspetti celebrativi già ricordati di questi due mesi (l'incontro con i grandi sportivi, la tappa del Giro di Francia e qualche celebrazione più o meno rituale come siamo usi ritrovare sul territorio per celebrare una volta un campione sportivo, una volta un generale, un'altra un uomo politico), se fosse possibile connotare l'azione della Regione con qualcosa di maggiormente significativo. Io individuo due filoni: una struttura permanente di carattere museale o didattico che rappresenti un punto fermo di riferimento per quanti vengono nelle nostre zone sull'onda del ricordo di Coppi da un lato; dall'altro avviare con il CONI e con la Federazione ciclistica iniziative di tipo educativo e promozionale avvalendosi anche del grande apporto del ciclismo amatoriale.



PRESIDENTE

Comunico che è pervenuto alla Presidenza un emendamento all'ordine del giorno in discussione, sottoscritto dai Consiglieri Rossa, Bruciamacchie Devecchi e Fracchia, che è sostitutivo del terzo comma e che esprime gli stessi concetti in maniera più sintetica e forse meno enfatica: "sottolineato che in ogni caso è tuttora molto viva nella gente, anche di età e generazioni diverse, la memoria dell'uomo e del campione, delle sue gesta tecnico-sportive e umane;".
La parola per la replica all'Assessore Ripa.



RIPA Franco, Assessore allo sport

Ritengo sia inutile ricordare e tessere l'elogio sportivo di Fausto Coppi che rappresenta il Piemonte, ma non lo porrei solo ad un livello riduttivo come potrebbe essere quello provinciale od anche regionale rappresenta l'Italia, è stato un grande campione della storia e soprattutto rappresenta lo sport come si intendeva in quell'epoca, molto più umano, più faticoso e denso di sacrifici.
Siamo di fronte ad un primatista mondiale dell'ora, ad un personaggio che ha vinto cinque Giri d'Italia (1940, 1947, 1949, 1952 e nel 1953), ha vinto due Tour di Francia; è un personaggio che è conosciuto e stimato altrettanto in Francia come in Italia; ha vinto due campionati mondiali dell'inseguimento nel 1947 e nel 1949; ha vinto ancora un campionato mondiale dei professionisti su strada nel 1953: è un grande personaggio della storia dello sport. Merita di essere celebrato non soltanto il 2 gennaio, ma in tutto l'arco dell'anno 1990.
Per quanto riguarda le manifestazioni ciclistiche di quest'anno ho avuto modo di seguirne molte, ho avuto modo di seguire anche quanto è stato fatto dall'Associazione degli amici di Fausto Coppi che esiste già, è viva vegeta ed effervescente; vi sono anche dei Consiglieri regionali qui presenti che ne hanno condiviso negli anni passati la storia, faccio il nome del Consigliere Bonino. Oggi i giovani sentono ancora la figura di Fausto Coppi. In tutte le manifestazioni c'è stato lo stacco della storia storia che era fatta di agonismo e di antagonismo molto di più a quei tempi; a tutte le manifestazioni dell'Associazione "Fausto Coppi" ho visto partecipare il grande antagonista di quei tempi ovvero Gino Bartali. Ciò dà l'immagine, la sensazione, la misura del personaggio storico.
Riteniamo quindi che le manifestazioni che potremmo coordinare vadano nell'ottica di un grande piemontese nella storia dello sport internazionale. E' in quest'ottica che si è pensato, e in una delle recenti sedute di Giunta abbiamo già in parte delibato questo argomento, di avanzare delle proposte intese non tanto alle manifestazioni commemorative che potranno essere fatte nel Comune natale, ma a manifestazioni che possano coprire tutto l'arco dell'anno. Non per questo la Regione si dovrà porre come un organismo che cerca di limitare l'autonomia delle iniziative che sono già state prese, ma quanto meno come l'organismo che ritiene in questo anno particolare, che è tra l'altro l'anno europeo del turismo, di coordinarne qualcuna, soprattutto per quanto riguarda le iniziative sportive, ma anche culturali secondo i filoni che sono stati espressi oggi.
La Giunta proporrà all'attenzione del Consiglio alcune di queste iniziative che raggrupperemo in tre filoni fondamentali: una conferenza stampa di presentazione delle manifestazioni da tenere entro dicembre, cioè prima della scadenza del trentesimo anniversario della morte di Fausto Coppi; un convegno sotto il profilo culturale e sportivo da organizzare nel Comune di Castellania o in altre località, ad esempio Novi ligure e Tortona; infine una grande manifestazione sportiva agonistica e amatoriale.
In questo filone cercheremo di inserire in modo degno e dignitoso tutte quelle iniziative che sono state suggerite oggi: iniziative permanenti museali, iniziative documentali.
La Giunta, la Regione, vuole fare da tramite, da coordinamento, per cui organizzerà queste manifestazioni chiedendo la collaborazione delle amministrazioni locali e delle società ciclistiche (in Piemonte ve ne sono molte e agiscono con molto spirito volontaristico e di sacrificio), il tutto legato con la Federazione ciclistica italiana, l'Unione della stampa sportiva italiana, i mass media, l'Associazione Amici di Fausto Coppi che dovrebbe avere un rilievo perché si tratta di manifestazioni che ha sempre organizzato per cui è logico che in modo particolare nel trentesimo anniversario della morte lo possa ulteriormente fare.
La Giunta si è impegnata a presentare in tempi brevi un disegno di legge per i conseguenti adempimenti organizzativi e finanziari in modo tale che l'organizzazione e le manifestazioni conseguenti non siano solo un fatto episodico, ma rappresentino un qualcosa di tangibile e un riconoscimento, in modo particolare della Regione Piemonte nel suo insieme a questo grande figlio dello sport piemontese che è riuscito a valicare tutti i confini europei e che oggi, nonostante gli antagonismi di quel momento, è un personaggio della storia riconosciuto da tutti e in modo particolare dai giovani che, come il collega Bruciamacchie ricordava, forse non si avvicinano molto allo sport ciclistico perché è pesante, sia nell'esercizio che nella conduzione che nel quadro generale in cui viene esercitato.
La Giunta si è impegnata a presentare entro breve tempo un disegno di legge ad hoc ritenendo che sia il momento giusto per prendere un impegno come Consiglio.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 706 nel testo così emendato: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerato che il 2 gennaio del 1990 ricorre il trentesimo anniversario della morte di Fausto Coppi rilevato che a tutt'oggi la figura del grande campione scomparso è oggetto di studi, analisi, rievocazioni da parte della stampa e della pubblicistica, sportiva e non sottolineato che in ogni caso è tuttora molto viva nella gente, anche di età e generazioni diverse, la memoria dell'uomo e del campione, delle sua gesta tecnico-sportive e umane ritenuto opportuno che il Piemonte, attraverso l'istituzione che lo rappresenta democraticamente, sia parte attiva nel promuovere le iniziative e le occasioni rievocative di questo suo illustre figlio impegna l'Ufficio di Presidenza affinché, in collaborazione con i Gruppi consiliari, definisca un programma di iniziative in memoria di Fausto Coppi nell'occasione del trentesimo anniversario della sua morte, attraverso la cooperazione ed il coinvolgimento dei Comuni della zona di nascita e di residenza del campione - da Castellania a Tortona a Novi Ligure - in stretto riferimento e coordinamento con gli organismi sportivi rappresentativi (CONI - Federazione ciclistica italiana, Lega) e avvalendosi della consulenza e della collaborazione dell'Unione stampa sportiva italiana".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 29 voti favorevoli e 1 astensione.



ROSSA Angelo


Argomento: Problemi energetici

Esame progetto di legge n. 563: "Disposizioni finanziarie relative all'applicazione della L.R. 23/3/1984, n. 19, in tema di risparmio energetico"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 563, precedentemente iscritto all'o.d.g., licenziato a maggioranza dalla VII Commissione.
Il relatore Consigliere Picco dà per letta la relazione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ferro. Ne ha facoltà.



FERRO Primo

Il Gruppo comunista voterà a favore del progetto di legge n. 563 pur esprimendo qualche elemento di disagio perché nel corso di questi anni con la L.R. n. 19 sono stati finanziati in Piemonte 4.500 interventi di risparmio energetico (la maggior parte sui pannelli solari) e diventa difficile quantificare, in termini approssimativi, ma sufficientemente attendibili, il risparmio energetico realizzato. Esistono approssimazioni di massima, per cui non si capisce in termini concreti il rapporto tra costi e benefici.
Ci troviamo di fronte ad un progetto di legge che di fatto rappresenta la prosecuzione, in termini di finanziamento, della legge n. 308 e che offre possibilità di attivare nuove domande, dal momento che non ci sono domande pregresse non finanziate.
Siamo di fronte ad un progetto di legge rispetto al quale, tenendo conto dell'attivazione delle domande che stanno pervenendo e che perverranno ancora, non è da escludere la possibilità di finanziare con i soldi pregressi circa 7.000 nuove domande, però si dice che la previsione è di 14.000 richieste di intervento.
Credo che a questo punto ci sia un problema che riguarda più la legge n. 308 che non la legge n. 19. Non possiamo continuare ad avere una legge che concorre con interventi pubblici per il 30% per iniziative di risparmio energetico nell'edilizia e per il 25% nell'industria senza entrare nel merito delle proposte di intervento che vengono fatte per quanto riguarda gli elementi di ottimizzazione e senza quindi entrare in termini concreti nel rapporto tra costi e benefici. Inoltre, non possiamo continuare a trovarci di fronte ad una legge che ritaglia per le Regioni un ruolo molto subordinato, dal momento che la maggior parte degli interventi più importanti vengono valutati a livello ministeriale.
Crediamo quindi sia opportuno che le Regioni, in particolare la Regione Piemonte, escano da questa situazione notarile, di passacarte, per cui le domande vengono rivolte alla Regione sulla base delle disposizioni della legge n. 308, la Regione attinge ai finanziamenti nazionali ed eroga i fondi.
Da questo punto di vista, occorre che venga messa in campo (esistono le condizioni di maturità su questo terreno) una nuova politica energetica che assegni alle Regioni un ruolo diverso, perché diversamente rischiamo di trovarci di fronte a politiche in cui gli investimenti possono essere quelli che sono, i benefici finali sono minimi e il rischio quindi è di avere uno spreco di risorse.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 34 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Navigazione (lacuale e fluviale)

Esame progetto di legge n. 556: "Norme per l'esercizio delle funzioni amministrative regionali in materia di navigazione sui Laghi Maggiore, di Como e di Garda"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora il progetto di legge n. 556, precedentemente iscritto all'o.d.g.
E' relatore il Consigliere Ratti, che ha facoltà di intervenire.



RATTI Aldo, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'art. 97 del DPR n. 616/77 ha dettato disposizioni per il trasferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di navigazione interna e porti lacuali stabilendo al secondo comma del successivo art. 98 che "la gestione governativa per la navigazione dei Laghi Maggiore, di Garda e di Como viene trasferita alle Regioni territorialmente competenti, previo risanamento tecnico ed economico a cura dello Stato. Resta salva la competenza dello Stato in relazione ai rapporti internazionali riguardanti la navigazione sul Lago Maggiore".
La gestione lacuale governativa riguarda laghi che lambiscono il territorio di tre Regioni e una Provincia, ossia: Lombardia (che ne ha la parte preminente), Piemonte, Veneto e Provincia autonoma di Trento rispettivamente per i Laghi Maggiore, di Como e di Garda. Inoltre detta gestione assicura per conto della Regione Lombardia la navigazione sul Lago di Iseo.
Il Ministero dei Trasporti ha informato di avere ultimato il previsto risanamento tecnico ed economico ammodernando la flotta e completando gli investimenti infrastrutturali necessari ad una gestione risanata economicamente.
Il risanamento predisposto dal competente Ministero non coincide comunque con il riequilibrio economico. D'altra parte il secondo comma del richiamato art. 98 fa riferimento al risanamento economico e non all'equilibrio economico che si identificherebbe nel pareggio tra introiti e spese, il che date le attuali condizioni socio-economiche deve ritenersi impossibile.
Il coefficiente di esercizio raggiunto dalla gestione governativa laghi garantisce al presente la copertura del 50% dei costi.
Le Regioni interessate (Lombardia, Piemonte e Veneto, e da ultimo la Provincia autonoma di Trento), dopo aver per lungo tempo dibattuto sull'attuazione della previsione legislativa nella materia di cui trattasi sono addivenute al convincimento di adottare una gestione unitaria per l'intero sistema di trasporto lacuale e ciò per motivi di efficienza e di contenimento della spesa anche con riferimento al patrimonio di esperienze conseguito in questi anni dall'azienda governativa stessa.
Richiamata l'esperienza dell'intesa interregionale per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di navigazione interna sul Po e idrovie collegate tra Regioni Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto le Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto e la Provincia autonoma di Trento hanno concordato un testo di legge unitario, con allegata convenzione idoneo a conseguire un'efficace gestione unitaria del servizio lacuale.
Come strumento per la gestione unitaria dell'intero sistema di trasporto lacuale è stato individuato un apposito soggetto giuridico a capitale pubblico tra le Regioni interessate, le cui quote di partecipazione sono state stabilite in funzione degli introiti del tariffario rivierasco e in misura proporzionale al traffico sui tre laghi di rispettiva competenza degli enti interessati e vengono così indicate: Lombardia: 48%; Piemonte: 34%; Veneto: 15,5%; Provincia autonoma di Trento: 2,5%.
Al coordinamento delle funzioni amministrative è stato quindi proposto un Comitato interregionale per la navigazione lacuale composto dagli Assessori ai trasporti delle Regioni interessate o da loro delegati.
La proposta di legge all'art. 1 prevede l'approvazione di identico schema di convenzione tra le Regioni e la Provincia autonoma interessate sulla base di apposite intese; nonché prevede la facoltà del Consiglio regionale di approvare con propria deliberazione eventuali successive modificazioni alla convenzione.
L'art. 2 approva la convenzione stessa.
L'art. 3 delega all'organo esecutivo la firma della convenzione.
L'art. 4 autorizza la Giunta regionale alla sottoscrizione delle azioni della società di gestione.
L'art. 5 prevede la norma finanziaria.
Nell'allegata convenzione, l'art. 6 consente di attribuire alla società che gestirà la navigazione lacuale ulteriori servizi lacuali, come ad esempio quelli esercitati sul Lago d'Iseo, i cui conti economici sono da tenere separatamente da quelli delle altre gestioni.
A seguito della convenzione il competente Ministero dei Trasporti provvederà al trasferimento a ciascun ente dei beni a chi di competenza.
Alla relazione segue allegata una scheda tecnica, che essendo stata distribuita, io vi risparmio di leggere perché reca l'indicazione storica dei costi delle navi che compongono la flotta ed altri dati. Credo che la relazione sia sufficientemente esaustiva dei cinque articoli che compongono il disegno di legge proposto.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Ratti è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Guasso. Ne ha facoltà.



GUASSO Nazzareno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, propongo una serie di questioni che sono direttamente ed indirettamente connesse a questo disegno di legge.
In questo disegno di legge si dicono cose precise che riguardano la costituzione e la società di gestione, ma questo atto implica altre cose che nel disegno di legge oggi non ci sono, e pretendiamo che il governo regionale ce le dica, se le sa, e se non le sa, faccia le riserve che sono necessarie. Dico questo perché bisogna guardare al futuro con serietà e con grande interesse, non solo in politica, ma anche e soprattutto nel governare materie delicate come il trasporto pubblico, pur se si tratta di trasporto sul lago.
La delega di gestione alle Regioni della navigazione sui Laghi Maggiore, Como e Garda, non è problema di oggi. Se non vado errato Assessore Mignone, questa questione fu avviata da un DPR nel 1972. Allora si disse che immediatamente dopo la messa in cantiere del DPR doveva essere approvata una legge attuativa di quel DPR. e che in attesa di quella legge si andava ad una gestione governativa del trasporto pubblico sui tre laghi.
Attraverso altri passaggi, finalmente il decreto n. 616/77 dispose il trasferimento alle Regioni interessate nella gestione del trasporto pubblico sui tre grandi laghi.
Dal 1972 ad oggi c'è stato questo lunghissimo periodo di transizione contrassegnato da una gestione governativa, senza avere né l'attuazione della legge del 1972 né quella del DPR n. 616.
Come ricordava il relatore Ratti, la gestione governativa (che doveva essere breve, invece è stata lunghissima) aveva non solo lo scopo di gestire in transizione un trasporto che non poteva essere abolito in quanto trasporto pubblico di persone e di cose, ma aveva lo scopo, per preciso incarico, di giungere anche al risanamento tecnico ed economico del trasporto pubblico che si effettuava sia per le persone che per le cose sui tre laghi. Inoltre, ricordava ancora il Consigliere Ratti e lo ricorda anche l'Assessore Mignone nella relazione che è stata inviata alla Commissione, il 16/6/1986 il Ministero dei Trasporti informava le Regioni interessate che il risanamento tecnico ed economico del trasporto sui tre laghi era stato completato e quindi si poteva attuare la delega. Qualcuno si chiederà come mai dal giugno 1986 solo oggi noi variamo la legge che stanzia la parte di nostra competenza per costituire la società di gestione. Va detto che non sempre è tutta colpa del Governo, qui ci sono colpe che sono anche degli enti locali. Noi abbiamo assistito ad una lunga diatriba di potere tra le Regioni interessate: qualcuno voleva avere la maggioranza assoluta delle azioni nella nuova società mista regionale, non noi pur se gestiamo, come territorio, una considerevole parte del Lago Maggiore. Questa diatriba non doveva sussistere, perché mi pare abnorme che tre Regioni più una Provincia autonoma che hanno ricevuto dallo Stato la delega di gestione di un servizio pubblico, si mettano nella condizione di essere tra di loro in diatriba perché uno vuole il 51% per poter comandare in una società che è pubblica.
Oggi finalmente l'Assessore Mignone ci ha detto che la legge stabilisce le quote parti, recuperando giustamente la questione della presenza della Provincia autonoma perché anch'essa è parte interessata per una fetta del Lago di Garda a questa società. Attraverso questa legge si costituisce la società di gestione del trasporto pubblico sui tre laghi fra le Regioni e la Provincia autonoma di Trento.
Potrei fermarmi qui se tutto fosse definitivamente chiaro e mi accontentassi di quanto dice l'Assessore Mignone, cioè che siamo solo alla legge costitutiva della società di gestione, ma io che sono curioso mi sono posto qualche altro problema. Non mi basta dire "allora tutto è risolto adesso abbiamo la delega, abbiamo la società di gestione, e possiamo gestire il trasporto pubblico sui laghi". Ripeto, sul piano puro e semplice della società di gestione sarebbe finalmente tutto risolto, ma credo che nel momento in cui costituiamo la società di gestione nascano dei problemi e li ripropongo qui come li ho proposti in Commissione, anzi domani potremmo trovarci di fronte a problemi anche molto seri.
In primo luogo sussistono zone d'ombra nel rapporto Stato-Regioni. Fin dall'inizio c'è stata una questione poco chiara: trattandosi di aziende, il risanamento economico dovrebbe coincidere con il riequilibrio economico altrimenti in un'azienda privata risanata tecnicamente, ma non riequilibrata sul piano economico, qualche problema sussiste ancora. Già allora ci fu questo equivoco, perché lo Stato si era impegnato soltanto al risanamento tecnico-economico distinguendolo nettamente dal riequilibrio economico e di questo bisogna tenerne conto perché il rapporto costi-ricavi sui tre laghi (anche se è differente da un lago all'altro) è negativo: dato 100 noi incassiamo 50 e gli altri sono di deficit. L'Assessore Mignone ha fornito una tabella dalla quale risulta che noi incassiamo annualmente 24.500 milioni e ne spendiamo 47.900; finora lo Stato ha coperto il disavanzo con 23.000 milioni, quindi non totalmente lasciando fuori 400 milioni e non capisco perché se il deficit consolidato è di 23.400 milioni lo Stato ne tiri fuori solo 23.000. Ma a parte questa che è una battuta, la realtà di oggi, anche con il risanamento tecnico-economico delle aziende che operano sui tre laghi, è la seguente: si incassa 50 e si spende 100.
Questo disavanzo continua ad essere coperto dallo Stato? L'Assessore Mignone ha risposto sì in Commissione: ma come, con quali leggi, dove sta scritto, dove risulta l'impegno finanziario di questa natura, finita la gestione governativa che obbligava lo Stato al risanamento? Siamo sufficientemente esperti del mestiere per sapere che le Finanziarie cambiano e gli impegni dell'anno prima vengono negati l'anno dopo e viceversa, per cui bisogna che noi abbiamo esatta chiarezza che i 23 miliardi lasciati dalla situazione di fatto ci siano, altrimenti non credo che le Regioni abbiano la possibilità di coprire in proprio questo disavanzo.
Ho già detto all'Assessore Mignone che non mi basta quel passaggio della relazione in cui dice che trattandosi di trasporto pubblico locale potremo far rientrare la copertura del deficit nella legge n. 151, che è quella che regola il trasporto pubblico locale che copre i deficit di bilancio e prevede degli investimenti. La legge n. 151 va modificata, va rifinanziata in toto, non può continuare ad essere una legge che ogni anno viene tagliata sui ripiani di bilancio e sugli investimenti.
L'Assessore Mignone ha recuperato 1.240 milioni con i quali sono state sistemate talune aziende private perché non ci tirassero addosso le linee in concessione, ma questi fondi erano le briciole che sono state recuperate sulla legge n. 151, qui invece si tratta di 23 miliardi annui! Seconda questione. Qual è il deficit accumulato in questi anni? Io non sono un manager, non ne capisco molto di problemi di bilancio, il mio amico Biazzi ne capisce più di me, ma chiedo come pesa sulla gestione. Questo deficit è congelato? Quant'è? Chi lo paga? Ci sono degli interessi passivi? Terza questione: qual è il livello della qualità dei servizi che oggi si offre all'utenza? C'è stato un ampio processo di rinnovamento dei mezzi dalla tabella che ci è stata fornita recanti i nomi delle navi, ecc. C'è stato uno sviluppo e un rinnovamento dei mezzi, ma la qualità del servizio è all'altezza della domanda? Quali problemi sussisteranno domani? Ancora. Una società di trasporto pubblico, anche se molto particolare perché è una società i cui mezzi viaggiano sull'acqua e non su strada o su ferro, ha comunque gli stessi analoghi problemi di una qualsiasi società di trasporto sul piano dell'ammodernamento, dello sviluppo del servizio, del progresso tecnologico, che comporta continui investimenti. Dove li prenderà i futuri investimenti questa società? Dal Fondo nazionale trasporti per la parte investimenti? Non c'è quasi più niente, se non vado errato, è ridotto a poche decine di miliardi; non riusciamo nemmeno più a far valere la nostra legge sugli autobus, abbiamo difficoltà noi che siamo stati i progenitori della legge di rinnovo di tutto il parco autobus, non possiamo applicarla perché quella grande scelta del Fondo nazionale investimenti è ridotta a pochi miliardi, allora dove prenderemo i soldi per il rinnovamento? Non basta oggi dire "facciamo solo la società e domani vedremo": questo è molto pericoloso. Certo, oggi facciamo la società, per contemporaneamente forniamo ognuno di noi alla stessa Regione tutti gli elementi in positivo e in negativo che ci consentono di capire cosa avverrà domani, dopodomani, fra sei mesi, fra un anno o fra due.
C'è infine una questione che è tutta nostra sulla quale esigo una risposta da parte dell'Assessore Mignone. La nostra è l'unica Regione che da due anni dispone di una nuova legge regionale sui trasporti e la viabilità che delega tutta la gestione del trasporto pubblico locale alle Province, un processo di delega lento e complesso, che però andrà in porto.
Come rapportiamo una gestione regionale con la Provincia di Novara che avrà la delega su tutti i trasporti pubblici locali compreso teoricamente quello del Lago Maggiore? Come coinvolgiamo la Provincia di Novara in questa operazione? Come la facciamo compartecipare alla gestione anche di quella fetta di trasporto pubblico che dovrebbe essere di sua competenza che oggi invece viene gestita, per obblighi imposti dallo Stato, da una società retta dalle Regioni? E' una questione cui bisogna dare una risposta.
Noi siamo per approvare la legge con queste riserve, perché si tratta di un'operazione non indolore e bisogna dire dove e come ci dobbiamo muovere anche per il prossimo futuro.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone per la replica.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intanto ringrazio il Consigliere Ratti, relatore del disegno di legge, ed in particolare il Consigliere Guasso che come sempre con grande puntualità e passione interviene sulle tematiche che riguardano il trasporto. Giustamente anche questo è un pezzo di trasporto pubblico che non può essere considerato in modo disgiunto, ancorché sia atipico rispetto ai modi che tradizionalmente in questa Regione intendiamo; non va considerato appunto avulso dalle altre modalità di trasporto.
Faccio alcune brevi riflessioni. La prima è che, come già è stato ricordato, abbiamo impiegato vent'anni per dare completa attuazione alla disposizione di un decreto attuativo di un dettato costituzionale. Quindi dobbiamo segnalare favorevolmente il fatto che finalmente giunge a compimento un lungo iter legislativo ed amministrativo che ha portato in capo alle Regioni, seppure in forma associata, la competenza per quanto riguarda il trasporto pubblico locale. E' un aspetto che dovremo portare avanti anche come Regioni in modo più deciso, sia per quanto riguarda le ferrovie in concessione sia per quanto riguarda il trasporto ferroviario di interesse locale, nel senso di ricondurre alla competenza delle Regioni la capacità di coordinamento e di programmazione di tutto il trasporto locale al di là dei modi con i quali questo viene effettuato.
Questo per segnalare la positività di giungere finalmente alla conclusione di questo controverso iter legislativo. Tanti anni sono trascorsi complessivamente per colpa del Governo, gli ultimi anni per la necessità di definire fra le Regioni concorrenti un quadro di assetto societario che impedisse di fatto ad una sola Regione di tenere la maggioranza assoluta del pacchetto azionario. Questo non per ragioni di potere, ma per ragioni oggettive di equilibrio che credo siano evidenti a tutti. Un po' di tempo si è dovuto dedicare alla questione dell'ingresso e della partecipazione della Provincia autonoma a questa società di gestione che a noi pare comunque un fatto positivo.
Nel momento in cui siamo andati a definire questo tipo di intesa con le Regioni e le Province interessate abbiamo anche avuto presente la questione che fatta la società non abbiamo comunque risolto tutti i problemi, perch certamente non abbiamo più la scusa di dire, se le cose non vanno, che la colpa è della gestione commissariale. D'ora in avanti vi è la responsabilità diretta delle Regioni seppure in forma associata.
Vi è poi l'aspetto finanziario, che è un aspetto che abbiamo evidenziato con tutta chiarezza nella relazione, nel senso che questa, come altre modalità di trasporto, registra dei deficit di esercizio e non potrebbe non essere così, anche se il coefficiente di esercizio realizzato sui laghi è di gran lunga inferiore rispetto ad altri modi di trasporto pubblico. Tuttavia esiste, ed è per questo che noi nella convenzione esplicitamente ribadiamo il fatto che la copertura dei disavanzi d'esercizio deve essere garantita con un flusso autonomo rispetto alla legge n. 151, a prescindere che poi dal punto di vista formale sia caricata sullo stesso capitolo, ma con un flusso autonomo derivante dalla previsione dell'art. 130. Ieri eravamo alla Commissione trasporti per un'audizione delle Regioni in ordine ai provvedimenti per i trasporti d'accompagnamento alla legge finanziaria ed abbiamo avuto modo di sottolineare ai componenti la Commissione trasporti di avere presente anche questo aspetto particolare, accertando che intanto per il 1990 nella finanziaria siano allocate le relative risorse. Peraltro va anche detto che il trasferimento effettivo avverrà a seguito di un ulteriore atto e in quell'occasione avremo ancora l'opportunità di chiarire, con l'attuale gestione commissariale, questi aspetti. Il momento finanziario riguarda ovviamente trasferimenti sia per ciò che attiene all'esercizio che agli investimenti perché è chiaro che il fondo attuale della legge n. 151 non può farsi carico anche di questo provvedimento. Si tratta di concordare risorse aggiuntive, così come previsto peraltro dalla Costituzione.
Ultima questione: sono d'accordo con il collega Guasso che su questa partita di trasporto vi debba essere il coinvolgimento delle Province interessate, perché abbiamo affidato una delega alle Province. E' pur vero che la delega non tocca gli aspetti dei servizi di carattere interregionale, qual è quello qui in esame, tuttavia riteniamo che questo ci debba essere, perché se ha un senso che le Regioni spingano per avere la competenza in questa materia, bisogna cercare di integrare fra di loro le varie modalità di trasporto. Credo quindi che il piano provinciale (di questo ne abbiamo già discusso con i funzionari della Provincia di Novara) dovrà anche tenere conto delle modalità di svolgimento del servizio sul lago e delle sue possibili integrazioni con gli altri modi di trasporto terrestre su gomma e su ferro. Abbiamo già anche in animo, poiché è previsto il Comitato interregionale che deve dare le indicazioni programmatiche alla società, che ai lavori di tale Comitato non partecipi soltanto l'Assessorato regionale, ma anche i rappresentanti della Provincia, proprio in quell'ottica di rispetto del dettato legislativo regionale che prevede la delega delle funzioni amministrative. Quindi noi abbiamo due momenti, al di là che si tratti di un servizio di carattere interregionale rimasto alla competenza della Regione: il momento dei piani provinciali e quello del Comitato interregionale a cui parteciperanno anche i rappresentanti della Provincia che consentiranno alla Provincia stessa di avere un ruolo propositivo anche sotto questo aspetto.
Ovviamente raccomando al Consiglio l'approvazione della legge.
Preannuncio che ho presentato un emendamento per eliminare la previsione di modifica delle convenzioni con deliberazione del Consiglio regionale sulla quale è stata sollevata qualche perplessità, di cui non sono convinto comunque per non avere dei dubbi eliminiamo questo comma così siamo più tranquilli. Presenterò inoltre un emendamento aggiuntivo per la dichiarazione di urgenza della legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, faccio una dichiarazione di voto che è anche una continuazione del confronto con l'Assessore Mignone.
Diceva il Consigliere Guasso che occorre guardare al futuro. Questa espressione mai è stata più appropriata come in questo caso. Per guardare e capire il futuro occorre innanzitutto conoscere il passato, soprattutto di fronte ad un provvedimento che ha un iter che risale al 1972, che ha visto una tappa intermedia con il DPR n. 616 ed altre successive in tempi più recenti. Problemi aperti ce ne sono. L'Assessore non ha fugato i dubbi e le perplessità che il Consigliere Guasso ha sollevato. Io ne richiamo solo alcuni.
La situazione economico-finanziaria. Mi pare che sia stata presa per buona la comunicazione del Ministero. Nessuno aprioristicamente mette in dubbio quello che il Ministero ha dichiarato; siccome però ci avviamo, come Regioni e Provincia di Trento, a subentrare in tutto e per tutto ai rapporti dello Stato, a mio modo di vedere, era ed è regola di corretta amministrazione cautelarci con delle verifiche. Pongo una domanda: le Regioni hanno verificato effettivamente la situazione economico patrimoniale e finanziaria? E' stata predisposta un'attenta analisi dei comparti del patrimonio che ci viene affidato? E' stato giusto seguire il problema di un equilibrio all'interno della ripartizione del pacchetto azionario; ma questi sono problemi altrettanto gravi e seri. Mi sembra che ci sia il rischio di trovarci poi di fronte a problemi seri, come quelli sottolineati dal Consigliere Guasso. Certamente il rischio c'è di trovarci di fronte oltre che al danno anche alla beffa: al danno di dover intervenire con fondi propri regionali per la copertura di disavanzi che eccedano il parametro del 50%, tra l'altro non ancora garantito da nessun provvedimento nazionale, e la beffa di essere accusati poi di incapacità a gestire e di essere degli scialacquatori del denaro pubblico.
Perché richiamo l'attenzione su questo punto? Perché dal 1986 sono subentrati dei fatti nuovi che possono avere già cambiato la reale situazione economica finanziaria o l'equilibrio economico-finanziario della società di navigazione. Per quanto riguarda il Piemonte l'apporto a questa società, non in termini azionari, ma in termini di compartecipazione effettiva all'attività, è del 33,2%. Perché dico che possono essere già oggi cambiate alcune situazioni? Perché da un anno e più sono stati completati tronchi importanti della grande viabilità che collega la Lombardia al Piemonte. Questo significa che, siccome le entrate della società di navigazione per una parte consistente derivano dai traghetti di automezzi, tra la sponda lombarda e la sponda piemontese, con l'apertura della bretella autostradale, che ormai arriva quasi ad Arona, c'è il rischio che il settore più redditizio della società di navigazione sia in buona parte ridimensionato. Si riuscirà ancora a coprire il 50% del costo standard? Ecco perché è necessaria un'analisi puntuale sulle novità degli ultimi due anni e sulle prospettive di un futuro abbastanza prossimo, quando sarà completata l'autostrada Voltri-Sempione e verranno meno buona parte dei ricavi che finora hanno garantito un equilibrio della gestione della navigazione.
In attesa della costituzione della società di navigazione, a cui non ci opponiamo, anzi daremo il nostro voto favorevole, chiediamo alla Giunta di attivarsi per completare un'analisi di cosa è successo e su quanto si prospetta, tenendo presente l'altra incidenza della navigazione del Lago Maggiore e del servizio di traghettazione, in particolare sulla vita della costituenda società. Senza un'analisi seria non conosciamo quanto ci viene ceduto dallo Stato, se è stato effettivamente raggiunto l'equilibrio economico, tecnico e finanziario dichiarato dal Ministero e se lo stesso potrà essere mantenuto in futuro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, una breve dichiarazione di voto sull'art. 1 e sull'intero disegno di legge.
La dichiarazione di voto va nel senso che anche da parte del nostro Gruppo si manifesterà assenso a questo disegno di legge, nonostante due riserve: una in un certo senso mi è già stata sottratta o, meglio, svuotata di contenuto dalla dichiarazione dell'Assessore Mignone, il quale dice che presenterà un emendamento soppressivo del secondo comma, perch effettivamente era paradossale che da un canto, prettamente e correttamente, venisse approvata con legge la convenzione e poi si dicesse che ogni modifica di questa convenzione approvata con legge, potesse venire approvata con deliberazione.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

In tema di personale sono state fatte cose analoghe.



MAJORINO Gaetano

Allora, secondo me, sono state fatte erroneamente ed approvate ancor più erroneamente perché se si approva una convenzione con legge ogni sua modifica non può che essere fatta con legge. Qui non è solo una questione di forma o di pretesa di perfezionismo accademico; penso che anche l'Assessore aveva dei dubbi, pertanto ha tolto di mezzo la questione, e questo mi va benissimo.
L'altra riserva, peraltro già sollevata dal Consigliere Guasso riguarda questa domanda: come può coesistere una norma regionale contenuta nella legge sui trasporti pubblici la quale prevede espressamente la regola della delega alle Province in materia di trasporti pubblici e la norma contenuta in questa legge che approva la convenzione, in forza della quale invece c'è una ritenzione da parte della Regione di questa materia che verrà poi gestita tramite la società di gestione? Se, come ha detto l'Assessore, qui c'era un motivo per non seguire la regola della delega in quanto si tratta di materia interregionale, si sarebbe dovuto scrivere espressamente in un articolo di questo disegno di legge che in questa materia (poi si spiegava il come e il perché nella relazione) essendo di carattere interregionale, si derogava alla legge sui trasporti pubblici e si ghigliottinava, in senso figurato, il principio della delega.
Tutto questo non è stato detto, quindi non so come possano coesistere le due normative senza una specifica spiegazione nell'interno di questa legge che derogasse motivatamente alla regola generale della delega.
Nonostante queste riserve, opportunità, convenienza e utilità che si provveda a dare corso a questa convenzione, ci suggeriscono peraltro un voto di assenso.



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto, passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Emendamento presentato dall'Assessore Mignone: sopprimere il secondo comma.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 1 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 5 è approvato.
L'Assessore Mignone ha presentato un emendamento che prevede il seguente nuovo articolo: "Art. 5 bis La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 127 della Costituzione e dell'art. 45 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 5 bis.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 5 bis è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 32 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare una proposta di deliberazione relativa all'edilizia agevolata che ha carattere di massima urgenza.
Ha chiesto la parola il Consigliere Avondo. Ne ha facoltà.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente, vorrei farle rilevare che c'è un o.d.g. stabilito dai Capigruppo, ma questa mattina sono stati iscritti molti argomenti in aggiunta a quelli già risultanti dall'o.d.g. Non è una questione che riguarda il merito di questa deliberazione urgente, perché anche il Gruppo comunista ha votato a favore dell'iscrizione, c'è però il problema che esiste un o.d.g. scritto e quindi in via prioritaria bisogna esaurire quanto risulta già iscritto.



PRESIDENTE

Concordo con la sua osservazione; vi sono però delle scadenze imminenti per cui taluni provvedimenti devono essere esaminati con assoluta urgenza.
Inoltre era stato stabilito che la seduta di oggi avrebbe dovuto terminare alle ore 17,30 e che se fosse stato possibile si sarebbe potuto annullare la convocazione per domani.



AVONDO Giampiero

D'accordo, però le priorità devono essere stabilite prima, altrimenti diventa difficile lavorare in queste condizioni perché i colleghi Consiglieri sono rapportati a quanto risulta dall'o.d.g. dopodiché si stravolge tutto. Comprendiamo l'urgenza e la necessità di taluni provvedimenti, però vi sono altrettanta urgenza e necessità per quanto riguarda i punti iscritti all'o.d.g.



PRESIDENTE

Comprendo benissimo la questione.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame proposta di deliberazione n. 1268: "Programma di localizzazione degli interventi di edilizia agevolata da finanziarsi con le disponibilità previste dall'art. 22 della legge 11/3/1988, n. 67 (biennio 1988/1989) e con le economie derivanti dalla legge 5/8/1978, n. 457 (quarto e quinto biennio)" - Votazione ordine del giorno n. 713


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1268 precedentemente iscritta all'o.d.g.
La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

A questo punto posso anche rinunciare, di fatto, a parlare.
Si tratta del nuovo programma di edilizia residenziale pubblica che prevede lo stanziamento dei contributi statali per il biennio 1988/1989 e delle economie realizzate sul quarto e quinto biennio del piano decennale della casa (legge n. 457/78).
Si prevede la concessione di mutui agevolati di 60 milioni per alloggio; complessivamente il programma prevede la realizzazione di circa 6.100 alloggi con mutuo agevolato che dovrebbero muovere quanto meno la realizzazione di 8.000 alloggi, tenendo conto della parte di autofinanziamento, collegata ai programmi che si andranno a realizzare. Di questi 6.100 alloggi, 222 sono da ristrutturare da parte di cooperative edilizie, già individuate in base alle richieste presentate dai Comuni e tutte accolte perché rientrano nel tetto del 20% massimo consentito dalla L.R. n. 76; 500 alloggi da ristrutturare da parte di imprese edilizie, già individuate, anche queste, sulla base delle richieste presentate dai Comuni e tutte accolte; 96 alloggi di nuova costruzione che arano realizzati da alcuni IACP del Piemonte per affittarli ad inquilini che hanno perso i requisiti per usufruire di un alloggio di proprietà dello IACP; 600 alloggi finanziati per realizzare un programma organico integrato di almeno 1.000 alloggi nell'area metropolitana torinese, intervento che utilizza per la prima volta congiuntamente una norma dell'art. 17 della L.R. n. 76, che prevede la possibilità da parte della Regione di indire bandi speciali per interventi integrati da realizzarsi da parte di consorzi di cooperative consorzi di impresa con un minimo di 1.000 alloggi. Noi mettiamo a disposizione il contributo per la realizzazione di 600 alloggi chiedendo agli operatori di presentare sull'area metropolitana torinese un programma integrato di almeno minimo di 1.000 alloggi. E' una novità importante nel senso che non diamo solo più finanziamenti a singole cooperative, a singoli soggetti, a singole imprese o loro consorzi, ma si promuove la realizzazione di un intervento urbanistico ed edilizio integrato attraverso il quale si realizzano non solo alloggi, ma anche servizi e infrastrutture creando quindi delle parti di città nuova o recuperata.
Altri 400 alloggi sono finanziati per la realizzazione di interventi organici integrati più contenuti in Comuni del Piemonte con più di 10.000 abitanti. Abbiamo avviato le procedure per questa fase sperimentale presso tali Comuni: hanno risposto complessivamente 57 Comuni. Ci sono 27 interventi presentati da 14 Comuni che sembrano fattibili e quindi c'è la previsione di tentare di portare a termine questi primi interventi integrati da parte di Comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti con esclusione dell'area metropolitana per la quale è previsto il programma integrato di 1.000 alloggi che ricordavo poc'anzi.
Inoltre, è prevista la realizzazione di 4.300 alloggi di nuova costruzione che saranno realizzati da cooperative edilizie a proprietà divisa e indivisa, da imprese edilizie, da consorzi di imprese e di cooperative sulla base di bandi pubblici che devono essere approvati contestualmente a questa deliberazione e che presumibilmente saranno pubblicati all'inizio di gennaio 1990.
La II Commissione consiliare - che ringrazio per avere compreso le ragioni dell'urgenza - ieri ha licenziato a maggioranza, con la riserva del Gruppo PCI di pronunciarsi in aula, questa deliberazione che era stata trasmessa solo il 17 novembre. Questo è avvenuto perché con lettera datata 14 novembre 1989 del Ministro dei Lavori Pubblici, pervenuta all'Assessorato competente il 23 novembre 1989, si comunicava che se entro il 30 novembre non si approvava definitivamente la localizzazione dei finanziamenti statali gli stessi sarebbero stati revocati e rilocalizzati da parte del Comitato per l'edilizia residenziale ai sensi dell'art. 11 del DL n. 629/79, convertito in legge n. 25/80. Pertanto ci siamo trovati di fronte ad un'improvvisa manifestazione di decisionismo ministeriale che richiamando una norma che non è mai stata considerata perentoria, contenuta nella legge n. 457 e ribadita dal decreto legge citato prima, ci ha comunicato con sette giorni di anticipo che dovevamo procedere, pena la revoca dei finanziamenti, all'approvazione del programma regionale di localizzazione degli interventi a valere sul biennio 1988/1989.
Ieri, in sede di Commissione sono state accolte tutte le richieste di integrazione e modifica che sono state presentate dai Commissari, salvo tre che riguardano l'allegato 3A e tre che riguardano l'allegato 3B su cui avevo chiesto di poter riflettere sino ad oggi. Attraverso la distribuzione ai colleghi di tre modifiche all'allegato 3A e di tre modifiche all'allegato 3B di fatto si accolgono così le ulteriori richieste presentate dal Consigliere Chiezzi in sede di Commissione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi, accettiamo il metodo di lavoro proposto perché il Gruppo comunista antepone, di fronte al grave problema delle abitazioni, il bisogno di dare risposte anche minime e non ottimali alle necessità della gente a questioni pure rilevantissime che concernono la democrazia e la possibilità di avere dei veri confronti nell'aula che non può essere una scatola vuota.
Sul piano politico è inaccettabile il modo con il quale, anche oggi questo argomento viene trattato. L'argomento della casa non è mai stato trattato in modo organico. E' un problema importante sul quale il Governo nazionale non ha mai dato risposte esaurienti e condivisibili.
Anche se è un provvedimento di carattere limitato (reperimento di fondi non spesi più una nuova quota di fondi) non può essere discusso in poche ore, da un giorno all'altro, su richiesta di un Assessore al quale non possiamo addebitare tutte le responsabilità perché "dulcis in fundo" è stato costretto da una decisione del Governo centrale, improntata ad un chiaro autoritarismo burocratico, ad approvare la deliberazione in tempi strettissimi.
Non assolviamo del tutto la Giunta e neppure l'Assessore Genovese che pure qualche responsabilità in ordine ai ritardi ce l'ha. Rimane il fatto che sia ieri che oggi accediamo alla discussione di una deliberazione che a questo punto ci dispiace di non poter approvare. Il Gruppo comunista si asterrà perché ci troviamo nell'impossibilità di capire fino in fondo le proposte fatte; ci limitiamo a poche correzioni di dettaglio sul testo della deliberazione.
Il problema della casa rimane grave e questo provvedimento si caratterizza sia per l'entità degli alloggi sia perché è avulso da qualsiasi linea politica, come un intervento di carattere marginale.
Il problema della casa dovrebbe essere affrontato in quest'aula con altro spirito, tanto più che da una relazione dell'Osservatorio sulle costruzioni dobbiamo rimarcare che in questo settore, mentre da parte dell'iniziativa privata c'è un trend di crescita, da parte dei finanziamenti pubblici si sta andando indietro. L'edilizia sovvenzionata ha un trend negativo, come pure l'edilizia agevolata. Tutto questo dovrebbe preoccupare il Consiglio regionale che dovrebbe disporre di uno spazio politico sufficiente per discutere il problema. Siamo in presenza di una crisi dell'edilizia sovvenzionata, della quale si parla troppo poco in quest'aula.
Nella deliberazione vengono destinati all'edilizia sovvenzionata poco meno di cento alloggi. Non c'è un censimento del fabbisogno abitativo signor Presidente. In Provincia di Torino non si conosce il fabbisogno abitativo perché gli ultimi dati risalgono a quelli forniti dalle Giunte di sinistra che avevano censito la situazione nella città di Torino. Non è più stato fatto un bando dell'Istituto Autonomo Case Popolari che evidenzi il fabbisogno.
Le richieste cui viene data soddisfazione sono poche e a molte di queste in modo del tutto marginale: come per i programmi integrati che dovrebbero diventare il futuro degli interventi abitativi. L'unico intervento forse sarà sull'area industriale della ex Venchi Unica a Torino demolendo un edificio non dissimile dal Lingotto, ma per il quale non è stata spesa neppure una parola per valorizzarlo. Sui problemi della casa si procede lentamente perché manca una legge sull'uso dei suoli.
Il Gruppo comunista da più di un anno sollecita la Giunta regionale a prendere un'iniziativa su questo tema. Abbiamo chiesto una verifica di come la Regione Piemonte gestisce l'acquisizione pubblica di aree in assenza di una legge per l'uso dei suoli. Riproporrò in un prossimo Consiglio questo problema quando la Giunta regionale proporrà al Consiglio regionale di spendere dei soldi, invece che per costruire delle case, per pagare ai proprietari dei terreni degli incrementi di valore.
Termino qui, signor Presidente, aggiungendo che dovrebbe essere sul tavolo dei Consiglieri regionali un ordine del giorno relativo ad un impegno da far assumere alla Giunta regionale in ordine al finanziamento per la riduzione dei mutui a carico degli assegnatari delle cooperative a proprietà indivisa. In Italia circa il 70% della popolazione è proprietaria di alloggi, ma l'obiettivo di continuare ed estendere il settore dell'edilizia in locazione resta fondamentale per rispondere a vecchi e a nuovi bisogni. Per questo ci sembra utile e necessario, che mentre si approva questo programma di finanziamento, ci sta un contestuale impegno del Consiglio regionale per la riduzione dei mutui a carico dei soggetti che realizzeranno case per l'affitto.
Prego ancora il Presidente del Consiglio e il Presidente della Giunta a svolgere, prima della fine dalla legislatura, una comunicazione molto ampia sul problema della casa in Piemonte.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola passiamo all'esame del dispositivo della deliberazione testé discussa.
La Giunta ha presentato i seguenti emendamenti: Allegato 3A Art. 5, ultimo capoverso: l'ultimo capoverso è abrogato e sostituito dal seguente: "L'acquirente che rinunci all'alloggio per il quale è stato stipulato un 'compromesso di vendita' non può stipularne un altro in capo alla stessa unità immobiliare".
Art. 10: dopo il primo capoverso è aggiunto il seguente: "Onde evitare la presentazione degli stessi documenti più volte, da parte del medesimo operatore, è consentita, allo stesso, la possibilità di presentare i documenti di cui agli artt. 8 e 9 una sola volta segnalando nelle note contenute nella scheda informativa della domanda formale, in quale bando di concorso e relativo Comune è stata presentata in originale la documentazione richiesta".
Punto 22) della scheda informativa allegata alla domanda formale: alla quinta riga il numero "75" è sostituito da "80" alla sesta riga il numero "75,01" è sostituito da "80,01".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
Allegato 3B Art. 5, ultimo capoverso: l'ultimo capoverso è abrogato e sostituito dal seguente: "Il socio che rinunci all'alloggio assegnato non può ottenere la riassegnazione del medesimo".
Art. 10: dopo il primo capoverso è aggiunto il seguente: "Onde evitare la presentazione degli stessi documenti più volte, da parte del medesimo operatore, è consentita, allo stesso, la possibilità di presentare i documenti di cui all'art. 9, punti 1) e 3), una sola volta segnalando, nelle note contenute nella scheda informativa della domanda formale, in quale bando di concorso e relativo Comune è stata presentata in originale la documentazione richiesta".
Punto 22) della scheda informativa allegata alla domanda formale: alla quinta riga il numero "75" è sostituito da "80" alla sesta riga il numero "75,01" è sostituito da "80,01".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.
Pongo quindi in votazione la deliberazione così modificata, il cui testo verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
la deliberazione è approvata con 23 voti favorevoli e 11 astensioni.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.
Su tale deliberazione è stato presentato l'ordine del giorno n. 713 da parte del Consigliere Chiezzi che ha pertanto la facoltà di intervenire.



CHIEZZI Giuseppe

Chiedo che venga posto ai voti l'ordine del giorno da me presentato a nome del Gruppo comunista relativo alla deliberazione che è stata test discussa.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

L'ordine del giorno del Consigliere Chiezzi richiama l'applicazione della L.R. n. 28/76 che concede contributi integrativi regionali, con finanziamenti propri della Regione, per l'abbattimento degli interessi e quindi del costo degli alloggi realizzati dalle cooperative a proprietà indivisa o dai Comuni e che sono destinati alla locazione.
La Regione sino ad oggi ha sempre applicato la legge n. 28/76. Quando abbiamo potuto, come in occasione del programma integrativo approvato nel giugno 1988, abbiamo tentato - sfruttando la possibilità di elevare l'entità del mutuo concedibile alle cooperative a proprietà indivisa e ai Comuni - di contenere il costo per la Regione.
Sui finanziamenti che sono previsti dal programma appena votato, sui finanziamenti 1988/1989 abbiamo potuto contenere questo costo per la Regione: infatti, mentre abbiamo previsto mutui di 60 milioni (questo non l'avevo detto prima) per le cooperative a proprietà divisa e per le imprese, li abbiamo previsti di 75 milioni (che è il limite massimo) per le cooperative a proprietà indivisa. Sulle economie del quarto e quinto biennio non abbiamo però potuto farlo per una particolarità delle ultime disposizioni ministeriali, non superabile, abbiamo dovuto limitarci a prevedere un mutuo di 60 milioni per alloggio anche per le cooperative a proprietà indivisa.
Credo che quanto viene richiamato nell'ordine del giorno proposto non contrasti con la volontà che la Giunta ha espresso fino ad oggi di applicare la legge n. 28/76, cercando nei limiti del possibile di contenerne il costo. Fin quando esisterà la legge n. 28/76 siamo tenuti ad applicarla e quindi ritengo accoglibile l'ordine del giorno presentato dal collega Chiezzi.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Chiezzi, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale vista la deliberazione del Consiglio regionale n. 1268 del 30/11/1989 avente per oggetto 'Programma di localizzazione degli interventi di edilizia residenziale agevolata da finanziarsi con le disponibilità previste dall'art. 22 della legge 11/3/1988 n. 67 (biennio 1988/1989) e delle economie derivanti dalla legge 5/8/1978 n. 457 (quarto e quinto biennio) riconfermato l'importante ruolo svolto dalle iniziative per la realizzazione di alloggi da dare in locazione, al fine del soddisfacimento dei fabbisogni abitativi impegna la Giunta regionale a reperire sul proprio bilancio ed a mettere a disposizione i fondi necessari per ridurre gli interessi dei mutui integrativi e agevolati, come previsto dalla L.R. n. 28/76 e successive modifiche ed integrazioni, sui finanziamenti previsti dalla deliberazione del Consiglio regionale sopra citata, a tutti gli operatori che destinano gli alloggi per la locazione.
L'entità dei mutui integrativi concedibili dovrà essere quella prevista dall'art. 5, terzo comma, della citata L.R. n. 28/76 e l'onere a carico degli operatori dovrà essere quello di cui all'art. 4 della medesima legge".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Nomine

NOMINE


PRESIDENTE

Il punto 10) all'o.d.g. reca: "Nomine".
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.
Mercato Ingrosso Alimentare Cuneo (MIAC) S.p.A. - L.R. 16/12/1987, n.
64 - Consiglio di amministrazione. Nomina di tre rappresentanti.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Salvatore Vecchio, Lorenzo Devalle ed Emma Cappa (quest'ultima designata ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 8 della L.R. 18/2/1985, n. 10).
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.
Mercato Ingrosso Alimentare Cuneo (MIAC) S.p.A. - L.R. 16/12/1987, n.
64 - Collegio sindacale. Nomina di un Sindaco effettivo.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Giovanni Cerutti.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 34 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento: Assistenza e sicurezza sociale: argomenti non sopra specificati - Protezione civile

Esame progetto di legge n. 533: "Valorizzazione e promozione del volontariato nella protezione civile" (rinvio in Commissione)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 533, di cui al punto 8) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Io dissento in modo molto profondo su come è stato gestito l'ordine dei lavori del Consiglio regionale nella giornata odierna, perché non è stato minimamente rispettato il Regolamento, soprattutto per quanto riguarda le nuove iscrizioni. Le nuove iscrizioni, se non ricordo male, vanno ad aggiungersi ai punti già iscritti all'o.d.g., e solo tramite l'atto formale dell'inversione, dichiarata e voluta dall'assemblea, si possono esaminare in modo prioritario i punti che sono stati iscritti.
Se questo però è un modo di gestire i lavori del Consiglio regionale che si vuole affermare, io non ho alcuna difficoltà a dichiarare che non concordo, anzi lo faccio appositamente, con questo modo di condurre i lavori comunque sia, se concordato oppure no.
Il punto che è stato iscritto all'o.d.g., ai sensi dell'art. 32 del Regolamento, riguarda una legge che questo Consiglio regionale si trascina dal febbraio 1985. E' una legge che discusse la Commissione nel 1984 (allora era Presidente della Commissione il Consigliere Marchini) e nel 1985 questo Consiglio regionale, allora relatore Carletto, approv all'unanimità, ma non ottenne il visto da parte del Commissario del Governo. Poiché il Consiglio regionale venne sciolto, per le elezioni, il 27 marzo 1985, non fu più possibile riadottare il provvedimento accogliendo le osservazioni avanzate dal Commissario del Governo. Sono passati diversi anni ormai.
Io ero allora responsabile di questo settore di lavoro all'interno dell'esecutivo, e proposi questo disegno di legge alla Giunta. Non c'era un obbligo da parte di disposizioni legislative nazionali, ma lo proposi perché credevo e continuo a credere fermamente che il volontariato nella protezione civile sia un aspetto fondamentale per la comunità piemontese.
Credo sia importante discuterne in termini anticipati rispetto al versare lacrime o formulare discorsi demagogici ogni qualvolta un fatto drammatico calamitoso si abbatte su una determinata comunità e dove a quel punto tutti quanti siamo pronti a fare sfoggio di disponibilità verso coloro che hanno bisogno.
Credo quindi che rasenti l'irresponsabilità (uso questo termine con molta cognizione) aver tenuto fermo per ben cinque anni un articolato come questo. Articolato che è stato ripreso in questa legislatura su iniziativa del Gruppo comunista a cui si affiancò l'iniziativa del Gruppo DC, quindi iniziative portate avanti non dall'esecutivo, ma dal Consiglio; producemmo un testo rinnovato profondamente rispetto all'originario, che venne approvato dal Consiglio il 13 novembre 1986, ancora all'unanimità. Il Commissario fece due piccole obiezioni, e dal 13/11/1986 il testo giace in II Commissione senza che i vari tentativi attuati, tendenti a recepire le obiezioni del Commissario del Governo, abbiano prodotto alcunché, quindi oggi siamo in presenza di un articolato che è nato cinque anni fa e che è fermo.
A questo punto noi abbiamo bisogno di capire di chi è la responsabilità di tutto questo. Alcuni hanno espresso le loro volontà, altri no. Chi è che non vuole concretamente che la Regione Piemonte si doti di uno strumento legislativo attorno al problema del volontariato nella protezione civile? Altre Regioni si sono dotate di questo strumento, ci sono spazi legislativi in questo senso offertici dalla legislazione nazionale e poi la comunità piemontese non è al riparo, nel modo più assoluto, da problemi di questa natura, tant'è vero che periodicamente anche noi siamo stati chiamati a far fronte ad emergenze piuttosto serie.
Qualcuno deve pur rispondere! Non possiamo far finire la legislatura senza dare uno strumento a questa parte così importante del volontariato che esiste nella nostra regione e che in parte abbiamo normato, e che riguarda i settori dei servizi sociali e dell'assistenza, della protezione e prevenzione degli incendi, ma vi è un volontariato più ampio, ricco, in parte organizzato e in parte no, al quale dobbiamo dare la possibilità di essere soggetto attivo, al di là di quello che è l'impegno nel proprio lavoro, nel proprio campo di studio, che aspetta uno strumento che gli è stato promesso dal Consiglio regionale, cioè un riferimento legislativo preciso e concreto. Il Consiglio regionale però dopo cinque anni non è in grado di dare questo tipo di strumento! Siamo davvero quasi ad un livello di amoralità politica, da me non condivisa e da respingere nel modo più assoluto! Si fanno passare tanti altri provvedimenti prima, non si trova il tempo per discuterlo in Commissione, perché magari c'è da sentire questo o quell'altro, c'è da esprimere un altro giudizio, e così via. Non si riesce a portare nulla di concreto in quest'aula! Al Gruppo comunista non è rimasta altra strada che, constatati i vari tentativi infruttuosi fatti in sede di II Commissione, riprendere insieme ad altri colleghi del Gruppo il testo che questo Consiglio regionale aveva votato, valutare le osservazioni del Commissario del Governo, accoglierle e ripresentare il testo alla Commissione, nella speranza che questo venisse esaminato nei 90 giorni previsti dal Regolamento. Trascorso questo periodo non ci è rimasta altra soluzione che quella di richiamare in aula questo provvedimento, perché è ora che questa questione venga chiarita fino in fondo e si dica in modo preciso chi è d'accordo e chi non lo è nel produrre un atto legislativo, chi è coerente con gli atti compiuti nelle due votazioni precedenti; chi invece queste cose non le vuole più, ma è giusto che qualcuno le modifichi, dica perché non è più d'accordo che la Regione Piemonte intervenga con atti legislativi in questo senso. Il motivo è questo e non un altro! Non ci sono da fare tante cose innovative rispetto a quelle che abbiamo già fatto: si è già discusso nel merito, si tratta di adottare la procedura, sempre seguita in questo Consiglio regionale, che un testo non vistato dal Commissario del Governo non si modifica se non nelle parti su cui sono state avanzate obiezioni dallo stesso Commissario. Così ho fatto io apportando le modifiche proposte dal Commissario del Governo e lasciando inalterato completamente il restante articolato della legge. E' possibile che questa questione venga risolta non attraverso il classico voto di maggioranza che dice che non è agibile, per cui il provvedimento viene bocciato o rinviato alla Commissione, ma facendo il dibattito necessario nei tempi dovuti per far sì che questa proposta di legge diventi legge e cominci ad essere operativa.
Per quanto riguarda la protezione civile, avremmo potuto in questi quattro anni dare vita a quei corsi per la formazione di volontariato civile qualificato; avremmo potuto organizzare delle squadre, avremmo potuto dotare la collettività piemontese di una struttura che in caso di bisogno potesse effettuare interventi rapidi, e noi sappiamo che sono indispensabili e decisive le prime due o tre ore dell'intervento qualora si verifichi un fatto calamitoso. Se non c'è questo, il resto diventano chiacchiere. O noi siamo una forza di governo capace di costruire strumenti operativi tali da incidere nel vivo del territorio, capaci di liberare energia e volontà e quindi di operare in modo permanente, oppure si fa davvero della grande retorica su questa questione probabilmente pensando che queste cose rendano di meno rispetto ad altre che invece sono "ad personam" e quindi più redditizie in termini elettorali.
Il Gruppo comunista ha richiamato in aula questa proposta di legge per discuterla e per sentire cosa ne pensano i colleghi degli altri Gruppi consiliari. Vogliamo sentire l'opinione della Democrazia Cristiana, dal momento che il Consigliere Carletto fu uno dei tanti relatori ai progetti di legge su questa materia e l'Assessore Nerviani il primo firmatario della proposta del Gruppo DC del 1986, ma anche da parte di altre forze, ad esempio i socialisti che con noi avevano votato questo articolato in Giunta, nella passata legislatura. Devono essere manifestate le volontà politiche se si vuole operare in questa direzione: la maggioranza vuole andare avanti e riprendere questo articolato che è giacente in Commissione per la parte non vistata e qui riproposto già integrato, accettando le osservazioni del Commissario del Governo oppure non si vuole fare nulla? Gli equivoci devono cadere fino in fondo: questa è una materia che io continuo a ritenere estremamente importante, anche se qualcuno non la considera tale, perché si rivolge a quella fetta di società che molte volte non ci ascolta, si rivolge a quelle sensibilità che molte volte non sono più le sensibilità delle forze politiche e quindi le considerano molto marginali salvo accorgersi che si può parlare al vento.
Io ripropongo la proposta di legge con questa determinazione fino in fondo: valutiamo tempi e modi per affrontare questo problema. Non voglio scandire ultimatum, so che ci sono delle scadenze molto precise e si deve compiere un atto di estrema importanza e di rispetto, e guai noi se non lo facessimo, quindi mancano i tempi opportuni per affrontare oggi questo tema, ma la proposta di legge è stata richiamata, pertanto rimane iscritta all'o.d.g. e deve essere esaminata con i tempi che il Regolamento prevede.
L'art. 32 del Regolamento recita infatti che "trascorso il termine stabilito (60 giorni per riferire al Consiglio) sia che la Commissione abbia licenziato la proposta corredandola della relazione di cui al precedente art. 26, sia che la Commissione non abbia provveduto in tal senso, l'argomento viene iscritto alla prima seduta del Consiglio, che dovrà discuterlo entro e non oltre 30 giorni".
Nella presentazione di questa sera non ho voluto entrare nel merito dell'articolato, voglio capire però quando il Consiglio è disponibile a riprendere l'esame di questa proposta di legge per licenziarla, io mi auguro, con lo stesso spirito con cui già due volte è stato approvato oppure se la maggioranza non lo vuole lo dica, almeno chiudiamo questa vicenda, ma fare politica significa anche fare atti di governo!



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Marchini che interviene in qualità di Consigliere.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, questa proposta di legge che nasceva sicuramente da una questione reale e da una volontà fortemente collaborativa e partecipativa, aveva visto il nostro Gruppo molto disponibile al confronto, ma portatore di forti perplessità e aveva votato a favore, in Commissione e in aula, perché riteneva di avere ottenuto il massimo rispetto alle questioni che aveva posto. Questo non vuol dire che le questioni non ci siano: noi temiamo che questa legge, seppure si è fatto molto per ridurre al minimo i rischi di questo tipo, tenda a dirottare le risorse, a distrarle dall'esistente del volontariato qualificato, che in questo Paese è forte e radicato, verso un volontariato che per sua natura tende ad essere molto effimero. Quindi, posto che queste risorse sono x se anziché essere concentrate nel rafforzamento dell'esistente vengono divise su due filoni, il mantenimento dell'esistente e la promozione dell'effimero, io avevo ritenuto che si dovesse essere molto attenti ad evitare questo rischio. La Commissione aveva fatto il massimo in questo senso ed io in termini di apprezzamento avevo votato a favore, ma questa perplessità in noi rimane.
L'altra perplessità era che l'investire i Comuni e il Sindaco della responsabilità di movimentazione di questo sistema comportasse che qualunque problema nascesse sul territorio diventasse un problema di protezione civile perché non c'è nessun Sindaco di paese, di montagna e di pianura, che è in grado di fermare le squadre del volontariato rispetto a un qualche cosa che avviene e colpisce che è ragione di allarme generale e che nel 99,99% dei casi non è un fatto di protezione civile, perché il vecchietto che sparisce o l'amante che si suicida non sono fatti della protezione civile. Però se sparisce l'amante è sicuro che per cercare l'amante che si è buttato sotto la Torre di Bricherasio con questa legge non si muovono solo i pompieri, si muovono tutti. Voglio sapere poi cosa succede a quel punto, quando vengono erogate le risorse e i volontari si sono mossi, dopodiché la Corte dei Conti fa le verifiche.
Questo per dire al collega Bruciamacchie che noi continuiamo a dichiarare la nostra disponibilità a dare il nostro voto a questo testo di legge perché apprezziamo lo sforzo che c'è stato da parte delle altre componenti di farsi carico delle nostre preoccupazioni. Riteniamo che questa opera di affinamento deve essere portata alle sue massime possibilità di concretizzazione. In questo senso suggerisco che questa questione vada in Commissione con l'impegno di riportarla in aula in questa legislatura e verificare se esistono ancora gli spazi per un miglioramento di questa legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi ero ripromesso di tacere perché non vale la pena di proporre qualcosa. Questa è la mia considerazione a conclusione, però c'è bisogno di qualcuno che getti qualche sasso nello stagno. Sono d'accordo con il collega Bruciamacchie nel senso che anch'io sono dell'opinione che sostanzialmente quando si affronta il problema del volontariato in questo Consiglio regionale si assiste a grandi affermazioni di principio. L'importante è che ci si sciacqui la bocca con questa parola, ma se poi oggettivamente non c'è una politica reale in questo senso, pazienza! Tant'è vero che in questo Consiglio regionale esiste una legge sul volontariato sanitario socio-assistenziale rispetto alla quale ogni anno si doveva presentare una relazione che avrebbe dovuto essere discussa dal Consiglio per verificarne l'agibilità e l'incidenza nel contesto sociale e istituzionale di questa Regione subalpina. Questo non si è mai fatto e quasi nessuno l'ha rivendicato.
Questa è la cartina di tornasole.
In questo Consiglio, come negli altri consessi istituzionali, si è instaurato un sistema dove si decide che c'è una politica di serie A ed una politica di serie Z. Quella del volontariato, in questo Consiglio regionale, è una politica di serie Z ed è del tutto evidente che ci scontriamo su un concetto di società, di politica e di rapporto tra istituzione e società, profondamente diverso. Siamo di fronte ad un elemento incredibile. Proprio ieri ero a Roma ad una iniziativa parlamentare sul tema "Pace e sicurezza per l'Europa", dove si discuteva di alternative alla difesa armata. Era presente a questo dibattito un settore di militari ad un livello culturale ed etico probabilmente più alto di quello a cui assistiamo molte volte in quest'aula, che ha manifestato la disponibilità ad un confronto e la volontà di acquisire elementi di messa in discussione. Tra l'altro questa operazione è gestita da un piemontese.
Riguardo al problema della protezione civile si è detto che vive in una condizione di trascuratezza, che pone il nostro Paese, non ad essere la quinta potenza industriale del mondo, ma ad essere una potenza che fa della sicurezza dei cittadini una distorsione spaventosa. Il fatto che si sia lasciata militarizzare la protezione civile, che non si sia dato un coordinamento, che non si siano attivate iniziative di volontariato, è l'ennesima dimostrazione che il sistema politico, che in qualche modo ei rappresenta, Presidente, trova eco delle sue affermazioni in qualche mezzo di informazione accondiscendente, trova la disponibilità di un certo livello di informazione ad accettare di enfatizzare parole e mai fatti.
Come succede anche nella nostra realtà piemontese, è del tutto evidente che il problema della protezione civile non sta nel contesto del sistema di potere che si vuole installare in questa Regione. Mi spiace doverlo dire ma quando si tratta di discutere di un problema di grande delicatezza ed importanza, scatta il meccanismo del sistema di potere di cui emblematicamente noi siamo una piena espressione.
Non si capisce perché una legge che è costata un certo lavoro in Commissione, una legge che ha portato anche a convergenze unitarie, alla fine non si sia comunque varata di fronte alla posizione del Commissario del Governo. Capisco che era più importante discutere del piano di edilizia economica perché con i quattrini si comprano i voti, con il volontariato nella protezione civile si creano dei problemi. Mi chiedo quanti sono disponibili in Consiglio regionale ad operare anche legislativamente nell'interesse della comunità, al di là se esso sia un modo istituzionale e legale di comprare voti e clientele. Lo dico espressamente perché questa legge, così come è rimasta ferma, è la dimostrazione palese che ci sono altre questioni. Il mio amico Paris aveva ragione quando nella scorsa seduta si lamentava del fatto che una proposta di legge sulla questione del dialetto, che personalmente ritengo discutibile, sia stata rimessa da parte. Anche questo non rientra negli interessi elettorali che si avvicinano a breve scadenza, se non per qualche area. Probabilmente queste aree sono minoritarie nel sistema politico, per cui evidentemente il sistema si difende emarginando le cose che non ritiene di grande valore.
Presidente del Consiglio, credo che lei qualche volta dovrebbe richiamare il Presidente della Giunta, benevolmente. Qualche scrollatina gliela dovrebbe dare perché in questo caso penso non sia soltanto un problema di maggioranza, bensì di Giunta. Il Presidente ha la delega sulla protezione civile e non si capisce perché non debba porre la questione del volontariato come un elemento che in un lasso di tempo credibile, magari entro il mese, abbia la possibilità di essere affrontata. Presidente del Consiglio, si faccia tramite verso il Presidente della Giunta per verificare questa possibilità. Penso che data la sua forte autorità politica ed influenza all'interno della Giunta possa in qualche modo ottenere dei risultati, anche perché la disponibilità del Presidente Beltrami è certa. Io attendo ancora una volta, nonostante i miei giudizi rimangano fermi, fiducioso che all'interesse politico prevalga l'interesse della società.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani che interviene in qualità di Consigliere.



NERVIANI Enrico

Penso di dover intervenire anche se il mio titolo specifico ed unico sia quello di avere presentato con altri una proposta di legge al riguardo e di avere tenacemente lavorato con il collega Bruciamacchie che ringrazio per il contributo molto serio e anche per la disponibilità che ha dimostrato alla rielaborazione di testi che erano stati presentati alla II Commissione.
E' davvero passato molto tempo, credo che se c'è una maggioranza questa si debba caricare delle responsabilità, anche della responsabilità del ritardo con cui si torna ad esaminare l'obiezione del Commissario del Governo. Se può servire a lenire l'amarezza dei colleghi che hanno creduto in questa iniziativa, devo sottolineare che proposte di legge in questo campo non possono avanzare e diventare fortemente e convintamente operative nella nostra società se non esiste un consenso vero, un'adesione sincera nella realtà politica che le rappresenta. Probabilmente in tutta la vicenda qualche incertezza e qualche mancata convinzione ha pesato e io non nascondo questo: qualche mancata convinzione nei settori della maggioranza ma non solo, non c'è stata fino in fondo, al di là del voto formale del Consiglio regionale, una solida volontà, un convincimento totale, di fare proseguire la proposta di legge nel percorso che porta alla concretizzazione dell'iniziativa.
Sono convinto che le sottili crepe, quando si deve coinvolgere l'intera società civile, come in questo caso il sistema dei Comuni, diventino poi delle fratture irreparabili che hanno ripercussioni molto negative e che credo neanche il collega Bruciamacchie voglia e raccomandi.
Non credo di essere compratore di voti e tanto meno di clientele, per una ragione fondamentale: mi manca lo strumento primo per acquistare. Non sono quindi nella categoria di coloro che il Consigliere Reburdo vedeva come tenaci oppositori a questa legge. Credo invece di essere stato coinvolto in queste perplessità non definite che il collega Marchini, con l'onestà che gli deve essere riconosciuta, ha cercato ancora oggi di rappresentare.
Forse non è neanche il caso di scomodare la moralità politica, forse è un po' di negligenza o di preminenza di altre serie preoccupazioni che abbiamo trovato nel nostro percorso, che ci ha suggerito di rinviare fintanto che un fatto drammatico non accadesse come quello di oggi, l'esame definitivo in senso positivo o in senso negativo di questa proposta di legge.
Il Consigliere Bruciamacchie ha fatto un'osservazione molto corretta: ha detto di essere stato costretto a ripresentare come proposta del Gruppo comunista un'elaborazione che è di tutto il Consiglio, perché per richiamare in aula bisognava tornare alle origini, per cui il collega Bruciamacchie ha scelto la via della presentazione di un testo già approvato, quindi assumendosi anche il lavoro di altri per un intendimento generale.
Io dico che non è vero che i problemi sono risolti, perché se i problemi fossero risolti significherebbe che quanto ha detto Marchini oggi è cancellato e siccome il suo Gruppo è forza del Consiglio regionale ed è forza anche della Giunta, quindi espressione della maggioranza, non pu essere non considerato quanto egli ha detto. Qualche problema quindi esiste ancora: esiste il problema tecnico dell'esame delle obiezioni del Commissario del Governo. Ritengo di dover dire che la questione vada riproposta con estrema chiarezza in tempi brevi per rispetto di coloro che hanno sollecitato l'argomento in Commissione consiliare.
Concludo dicendo che non si tratta di un rinvio sine die. Anche per quanto riguarda la tutela della cultura piemontese non soltanto è arrivata una nuova proposta di legge, ma la Giunta ha ormai definito la sua propria che verrà sottoposta, nei tempi che ci eravamo dati, alla Commissione e poi al Consiglio regionale.
Con questo spirito e con questa franchezza, devo dire anche con qualche imbarazzo, chiedo al Consigliere Bruciamacchie di aderire alla richiesta di rinviare alla Commissione, con l'impegno che abbiamo assunto, il provvedimento per il quale ha chiesto la discussione in aula.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Non so se il Consiglio deciderà o meno di rinviare alla Commissione la proposta di legge, vorrei però far presente al Consiglio una questione che è chiara a tutti i membri della II Commissione. Detta Commissione ha un calendario di lavoro tale (si stanno svolgendo le consultazioni sulla legge urbanistica) che in questa sede, per serietà e correttezza nei confronti di tutti e per non prenderci in giro collettivamente, o diciamo che si rinvia alla Commissione la proposta e contemporaneamente le forze politiche si accordano sulla convocazione di una seduta di Commissione straordinaria, al di fuori dei giorni normali di riunione della Commissione che sono ormai tutti impegnati, oppure rinviamo, se non c'è questo accordo, alla Commissione la proposta di legge sapendo che continuerà a giacere nei cassetti. O ci si mette d'accordo sull'obiettivo di convocare a breve termine una seduta straordinaria della II Commissione in uno dei giorni non ritualmente di riunione della stessa, oppure questa proposta non verrà esaminata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Credo occorra fare chiarezza anche in termini procedurali. Noi oggi abbiamo iniziato a parlare di questa proposta di legge e il dibattito potrebbe anche considerarsi non concluso, alcuni colleghi del mio Gruppo infatti vorrebbero intervenire. Quindi, noi potremmo considerare, in modo estremamente corretto e rispettoso del Regolamento, che abbiamo iniziato ad esaminare questo punto all'o.d.g., esame che non si è concluso e viene sospeso. Il provvedimento, che in questo caso è provvedimento di parte con le caratteristiche che ricordavo prima e che anche l'Assessore Nerviani ha richiamato, rimane congelato a livello di esame del Consiglio regionale.
Vi è la maggioranza che intende esaminare in Commissione in tempi rapidi l'articolato che lì è giacente, perché in Commissione c'è il testo licenziato dal Consiglio, quello ritornato dal Commissario del Governo, non vistato, con due obiezioni. Quindi se la II Commissione intende esaminare l'articolato che questo Consiglio votò il 13 novembre 1986 lo può fare in qualsiasi momento, lo può esaminare, lo può modificare e lo può inviare al Consiglio per la sua approvazione. Quindi, non c'è bisogno di fare nessun atto di rinvio del testo che noi abbiamo presentato, perché questo è un testo di parte; l'altro invece è il testo unitario che il Consiglio votò.
Credo quindi che non ci sia alcuna difficoltà a lavorare in modo unitario con uno spirito molto serio e anche con i tempi che la situazione richiede in II Commissione, mantenendo evidentemente questa proposta di legge iscritta al Consiglio così com'è. Credo sia questione di garanzie reciproche che dobbiamo darci, se vogliamo essere estremamente leali.
Quindi potremmo non considerare concluso il dibattito su questo punto che rimane iscritto all'o.d.g., mentre la Commissione potrà valutare il testo votato dal Consiglio, che non è di parte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi pare si possa sostanzialmente accogliere la richiesta del collega Bruciamacchie con questo impegno: considerate le preoccupazioni del collega Montefalchesi, io chiedo al Vicepresidente della II Commissione di valutare positivamente la proposta di una convocazione ad hoc per l'esame di questa proposta di legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ratti.



RATTI Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non posso evidentemente prendere degli impegni senza avere consultato il Presidente della Commissione, che forse si è già assentato.
Noi ci rendiamo perfettamente conto che il problema ha una sua urgenza ma come ha giustamente anticipato il collega Montefalchesi noi ci troviamo di fronte ad un grosso carico di lavoro e ad una calendarizzazione già effettuata per le prossime settimane.
Quindi, mi faccio carico del desiderio che voi avete espresso di portare in Presidenza della II Commissione questo problema per vedere in quale modo e in quali tempi possa essere affrontato senza avere però in questo momento alcun elemento di date da segnalare.



MONTEFALCHESI Corrado

Il Gruppo comunista è disponibile ad una convocazione straordinaria della Commissione.



PRESIDENTE

La dichiarazione di disponibilità dei Gruppi c'è, salvo che non ci sia da parte del Presidente della Commissione. A questo punto si può passare alla votazione per il rinvio del testo in Commissione; la Commissione non è più investita di questa responsabilità perché il Consigliere l'ha richiamata in aula.



BRUCIAMACCHIE Mario

Non è così.
Presidente, non ci siamo intesi, per cui svolgo un chiarimento.
Questo Consiglio votò un testo (non quello che oggi è a nostre mani) il 13 novembre 1986. Su quel testo il Commissario del Governo formulò due obiezioni all'art. 1 e gli artt. 4 e 5. Quel testo non vistato è tornato al Consiglio che a sua volta lo ha inviato alla II Commissione. Ed è lì fermo nessuno ha richiamato quell'articolato. Il mio è un nuovo testo, infatti ha un altro numero, ed è quello che è stato richiamato in aula. L'altro vige giace in II Commissione, la quale se intende esaminare quel testo non vistato dal Commissario del Governo lo può fare in qualsiasi momento.



PRESIDENTE

D'accordo, la Commissione discuterà quel testo e non quello che è stato richiamato in aula.


Argomento: Bilanci preventivi

Esame progetto di legge n. 572: "Seconda integrazione alla L.R. 5/6/1989 n. 31"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora il progetto di legge n. 572, precedentemente iscritto all'o.d.g., di cui è relatore il Consigliere Santoni che ha quindi la parola.



SANTONI Fernando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la L.R. 25/1/1986 prevede, tra l'altro, che gli stanziamenti destinati agli interventi di collaborazione nell'ambito dell'attività dell'Amministrazione regionale vengano formulati in sede di redazione di bilancio in specifici capitoli sulla base dei piani previsionali predisposti ed approvati dalla Giunta.
Al momento dell'approvazione del bilancio della Regione Piemonte esercizio 1989, non era ancora predisposto il piano delle collaborazioni per cui tutti i finanziamenti pari a L. 4.481.500.000 previsti per le collaborazioni erano stati individuati e imputati sul cap. 2250.
Successivamente la Giunta, previo parere della I Commissione, ha redatto il piano per le consulenze, quindi dobbiamo procedere alla redistribuzione sugli specifici capitoli di bilancio dell'intero ammontare dello stanziamento per le consulenze.
Il presente disegno di legge, che è di modifica della legge di bilancio, redistribuisce i fondi originariamente stanziati sul cap. 2250 sui cinque specifici capitoli, dal 2251 al 2255, relativi alle collaborazioni. Quindi è una variazione di bilancio conseguente all'approvazione da parte della Giunta del piano annuale delle consulenze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi, questa legge relativa all'attuazione del piano delle consulenze, deve essere giunta fuori pacco nella seduta della I Commissione di ieri. Noi abbiamo discusso in alcune riunioni di Commissione il piano delle consulenze che, in base alla legge regionale, la Giunta deve predisporre ogni anno. Da parte del Gruppo comunista vi è la più completa insoddisfazione per l'esito di questa vicenda. In realtà il piano delle consulenze non ha rispettato, almeno a nostro giudizio, le procedure previste dalla legge. Al piano delle consulenze non è allegato il parere delle Organizzazioni sindacali, che si sono dichiarate inabilitate ad esprimere un qualsiasi giudizio in quanto la Giunta regionale non ha fornito alle Organizzazioni sindacali i dati minimi di conoscenza necessari per esprimere un giudizio sulla congruità delle scelte compiute.
Signor Presidente, con questo piano delle consulenze si procede con il vecchio sistema: è un elenco di ipotesi di incarichi professionali, che viene proposto dai vari Assessorati regionali senza chiarire perché si danno queste consulenze, quali rapporti esistono tra queste consulenze e gli apparati pubblici, se sono inserite in un programma di riqualificazione dell'apparato pubblico.
Il sindacato non era stato sentito; su nostra richiesta e con urgenza è stato sentito, ma non ha espresso alcun parere, e per quanto ne sa il Gruppo comunista ha svolto una critica radicale a questo modo di agire.
Il piano delle consulenze non sarà deliberato in Consiglio regionale.
Faccio presente a lei, Presidente, e a tutti i Consiglieri che, a giudizio del Gruppo PCI, il piano delle consulenze non rispetta la legge regionale.
Per questo motivo votiamo contro questo disegno di legge.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Norme finanziarie, tributarie e di contabilita - Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Esame progetto di legge n. 551: "Contributo straordinario alla Cooperativa Palit"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 551, precedentemente iscritto all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Villa che ha pertanto la parola.



VILLA Antonino, relatore

L'intervento avviato nel 1979 dalla Cooperativa Palit in Valchiusella rappresenta uno dei rari tentativi di valorizzare le risorse montane e frenare l'esodo della popolazione attivando le potenzialità umane finanziarie e tecniche endogene di un'area montana.
La cooperativa coinvolge in pratica tutte le famiglie dell'Alta Valle (450 soci) che hanno prestato gratuitamente la propria opera e sottoscritto continui aumenti di capitale per sostenere le iniziative agro-turistiche promosse dalla Palit con le proprie consociate Agro-Palit e Ser-Co-Val realizzando un sistema cooperativo diversificato che, in piena sintonia con i piani di sviluppo degli enti locali, consente un'integrazione di attività lavorative e offre lavoro annuale a una quindicina di giovani valligiani e stagionale-invernale ad un'altra decina.
La Cooperativa Palit nata nel 1979 cura in particolare il programma di sviluppo turistico dell'Alta Valle e ha realizzato e gestisce gli impianti di risalita, le strutture ricettive e di ristorazione, i servizi complementari (scuola sci e sgombero neve).
La cooperativa Agro-Palit nasce nel 1980 con l'obiettivo di promuovere una concreta gestione delle risorse in campo agricolo e forestale, intese come strumento di produzione e quindi di tutela del patrimonio economico ambientale e culturale.
Ultima nata è la Cooperativa Ser-Co-Val (Servizi Coordinati Palit Valchiusella) che si prefigge di completare il sistema produttivo agro turistico con iniziative nel campo dei servizi, che consentano tra l'altro di differenziare i contenuti lavorativi e offrire maggiori occasioni occupazionali alla forza lavoro femminile.
La configurazione organizzativa sopra descritta consente attraverso sinergie di servizi e integrazioni strutturali, di mantenere pressoch costante il livello di occupazione attivando occasioni di lavoro interattive.
La Cooperativa Palit oltre le strutture specificamente finalizzate all'attività turistica, ha provveduto a realizzare una serie di infrastrutture di carattere generale quali strade, acquedotti, elettrodotti che garantendo facile accesso e migliori condizioni di vita e di lavoro in due frazioni e in molti alpeggi, hanno consentito la rivitalizzazione dei pascoli di alta quota e l'aumento dei capi stanziali.
Il programma integrato di intervento cooperativo ha quindi dato risultati di indubbia positività per quanto riguarda l'occupazione, lo sviluppo socio-economico e la rivitalizzazione di un'area debole che, come tante aree montane, si stava avviando verso un lento e quasi inarrestabile degrado.
Pur nella difficoltà per il turismo invernale, determinate in queste ultime stagioni dalla scarsità delle precipitazioni nevose, la Palit e le sue consociate attraverso la pluriattività sono riuscite ad avere risultati positivi sul piano gestionale.
La stessa attività turistica, secondo valutazioni fatte dalla Fidipiemonte, dovrebbe consentire a regime di produrre un reddito annuo di L. 325.000.000, che consentirebbe di realizzare anche gli ammortamenti degli investimenti fatti e una riduzione dell'indebitamento.
Le difficoltà della Palit non sono quindi associate ad una crisi economico-patrimoniale della cooperativa né a sue difficoltà reddituali, ma ad una carenza di programmazione finanziaria e ad un eccessivo indebitamento nella fase iniziale di realizzazione degli impianti e delle strutture.
Sulla difficile situazione finanziaria della Palit pesa soprattutto l'indebitamento contratto per realizzare le opere di infrastrutturazione generale (strade, acquedotti, elettrodotti) che per un'errata impostazione finanziaria sono state poste tutte a carico della cooperativa mentre di norma tali opere, attenendo ad interessi di carattere diffuso, vengono realizzate con oneri a totale o parziale carico dell'ente pubblico.
Tali opere, sulla cui validità tecnica si è di recente espresso anche il servizio decentrato delle OO.PP. di Torino, avrebbero d'altronde potuto essere finanziate dalla Regione in base alla normale legislazione qualora a tempo debito fosse stata fatta richiesta.
L'attività della cooperativa potrebbe quindi assestarsi e continuare ad esplicare i positivi effetti per l'area in cui opera, qualora la stessa venisse in parte sgravata dagli oneri impropri di cui si è fatta carico con la realizzazione delle infrastrutture.
La possibilità di un intervento straordinario della Regione in tal senso è stata tra l'altro più volte auspicata e sollecitata anche dai Comuni della zona, dalla Comunità montana Val Chiusella e dalla Provincia di Torino. Lo stesso Consiglio regionale con un ordine del giorno del 9 febbraio 1984 riferito alle difficoltà finanziarie della Palit aveva invitato la Giunta regionale ad assumere i necessari provvedimenti per "dotare di un minimo di risorse finanziarie sufficienti a consentire la sopravvivenza di quelle iniziative cooperativistiche, a larghissima base sociale, sorte e funzionanti per combattere l'arretratezza economica e sociale delle zone montane e per assicurare in queste funzioni possibilità occupazionali ai giovani che garantiscono un indispensabile presidio umano in luoghi disagiati e di difficile permanenza di vita".
Questo era stato detto, tra l'altro, nell'ordine del giorno del 1984 votato all'unanimità del Consiglio regionale.
Il disegno di legge che si trasmette all'esame del Consiglio dopo l'approvazione a maggioranza da parte della VI Commissione consiliare intende quindi dare una risposta alle aspettative della popolazione della Valchiusella e alle sollecitazioni degli enti locali, assegnando alla Cooperativa Palit un contributo riferito esclusivamente alle opere infrastrutturali da essa realizzate e rivestenti interessi di carattere generale per l'economia agro-turistica della Valle.
Si raccomanda al Consiglio regionale l'approvazione di questo provvedimento.



PRESIDENTE

La parola al consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, desidero svolgere un breve intervento, pur nella complessità e nella delicatezza di questo provvedimento legislativo, cercando comunque di non abusare delle argomentazioni fino a renderle incomprensibili.
Si tratta del problema di un'iniziativa di imprenditorialità collettiva che ha coinvolto in modo diretto o indiretto un'intera comunità come probabilmente unica iniziativa mista agro-turistica che - nella relazione è stato sottolineato non ha saputo o potuto nella fase progettuale iniziale utilizzare appieno tutti i benefici che le varie leggi, specie quelle agricole, mettevano a disposizione per questo tipo di iniziativa. Le strade poderali realizzate da questa cooperativa oggi sono utilizzate dalla Comunità montana anche per raggiungere gli alpeggi comunali, si tratta quindi di infrastrutture che sono di utilizzo generalizzato dell'economia dell'alpicoltura e della silvicoltura di quella zona. Questi investimenti che hanno richiesto molte forze, e i lavori in economia, sono gli elementi che hanno provocato l'odierno squilibrio finanziario. Si tratta quindi di capire se è possibile intervenire in modo diretto, non certamente in un'attività privatistica di lucro, ma in un'attività ben visibile alla comunità locale. La Comunità montana non si è opposta a questa iniziativa e non ha manifestato opposizione a tale intervento.
Nel tempo sono state studiate varie forme di intervento: nel 1985 la cooperativa tentò di usufruire della L.R. n. 28, ma questa legge esclude la possibilità di fruire di altri provvedimenti legislativi regionali, nella sfera turistica ad esempio, e quindi la cooperativa dovette rinunciare alla parte finale del progetto di sviluppo. Oggi qualche collega potrebbe chiedersi perché questa cooperativa non usufruisce della legge regionale sulla cooperazione che le permetterebbe di rispettare la clausola sociale prevista dalla legge stessa. Devo dire che ormai questa cooperativa - è emerso dai lavori svolti in Commissione ha esaurito il programma di sviluppo: probabilmente in futuro ne avrà sicuramente altri, ma ad oggi ha sviluppato la parte turistico-sciistica, la parte di commercializzazione dei prodotti agricoli e la parte relativa all'agriturismo, quindi credo che avrebbe difficoltà ad elaborare un progetto che le permetta di poter beneficiare delle possibilità previste dalla L.R. n. 28, oggi modificata.
Per questa ragione, anche nei lavori di Commissione, seppure con profondo e sofferto dibattito, perché comprendiamo benissimo la delicatezza del provvedimento, si è arrivati quantunque a maggioranza ad essere d'accordo sul contenuto, riservandosi di illustrare l'ipotesi in aula.
Ci troviamo dinnanzi a un passaggio che, sviscerato di tutte le possibilità di poter usufruire dei benefici regionali, non presenta altre soluzioni tecniche, ad oggi. Si può scegliere di dire che gli aspetti formali della legislazione vigente non permettono di intervenire, allora si mette un punto e a capo. Mi stupirebbe un comportamento di questo genere quando noi forziamo un intervento per resuscitare o per valorizzare forme di imprenditorialità collettiva. E' in questo senso che da parte del Gruppo socialista c'è l'approvazione al disegno di legge presentato dalla Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo comunista esprime un parere favorevole ai contenuti ed alle finalità della Cooperativa Palit.
Siamo infatti fermamente persuasi del fatto che l'intervento che si è avviato fin dal 1979 da parte della Palit in Val Chiusella, sia effettivamente un intervento che rappresenta un tentativo di valorizzare le risorse montane, come siamo consapevoli del fatto che proprio i territori montani hanno bisogno di interventi di valorizzazione, essendo in atto un esodo dalle nostre montagne che crea dei problemi notevolissimi a chi rimane, a chi è costretto ad abbandonare quelle terre ed anche all'ambiente montano privato del supporto antropico, necessario alla sua conservazione ed al suo sviluppo.
La Palit è una cooperativa che coinvolge tutte le famiglie del luogo: ha 450 soci che hanno lavorato con tutta l'anima e tutta la loro forza.
Hanno prestato gratuitamente la loro opera, si sono impegnati in una serie di iniziative agroturistiche, hanno diffuso sul territorio iniziative di cooperazione reale.
Condividiamo le finalità del provvedimento, tuttavia riteniamo che la Giunta regionale avrebbe dovuto impegnarsi ad operare diversamente, a ricercare vie diverse per poter dare un aiuto concreto a questi cittadini senza ricorrere ad un disegno di legge ad hoc. Avrebbe potuto, ad esempio svolgere un'opera di informazione nei confronti della cooperativa stessa al fine di consentire ai suoi responsabili di accedere ai finanziamenti previsti da altre leggi regionali. Conseguentemente, non essendo d'accordo con il modo di procedere della Giunta regionale, siamo costretti ad astenerci.



PETRINI Luigi



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei solo manifestare l'assenso del Gruppo DC per le ragioni che già il relatore Villa ha annunciato rispetto a questo provvedimento che è stato presentato in questa forma perché non sussistevano altre strade possibili per venire incontro alle esigenze che un'esperienza, comunque con profonde radici in una zona montana, con una valenza sociale ed umana di grande rilievo, doveva essere in qualche modo sistemata.
E' con questo spirito che noi riteniamo che questo provvedimento sia utile a risolvere questo problema, avendo ricercato l'unica soluzione possibile per affrontarlo correttamente, cioè un provvedimento di legge ad hoc.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro intento sarebbe quello di dire no a questo disegno di legge in quanto siamo contrari alle legislazioni speciali. Questa è una legge speciale ad personam per questa cooperativa. Tuttavia, sentito quanto ha detto il relatore e quanto hanno spiegato i colleghi Tapparo, Adduci e Bergoglio, circa la valenza sociale di questa cooperativa, ci asterremo.
Ribadisco però ancora una volta la nostra contrarietà ad una legge speciale ad hoc, ad personam, anche perché nella relazione si coglie un passo nel quale si dice che in definitiva le difficoltà della Palit nonostante le benemerenze che ha nella zona, dipendono da una carenza di programmazione finanziaria. Una legge speciale perché carente nella programmazione finanziaria non ci sentiamo certo di considerarla come meritevole di voto favorevole. Pur tendenzialmente orientati a dire no ad una legge speciale, tuttavia ci asteniamo.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 9 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17,45)



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