Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.210 del 13/10/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

Scarica PDF completo

Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 1861 presentata dai Consiglieri Chiezzi Bontempi e Calligaro.
Il Consigliere Chiezzi non intende illustrarla, pertanto ha la parola l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Con questa interpellanza si chiedono due informazioni, e cioè di conoscere a che punto fosse nel mese di giugno l'iter di approvazione del nuovo PRG di Candiolo e la destinazione di un'area industriale prevista nel progetto definitivo del piano stesso.
Per quanto riguarda l'iter amministrativo del piano, che era già stato sottoposto al parere del CUR e per il quale era in corso di predisposizione la deliberazione di approvazione al momento della presentazione dell'interpellanza, devo dire che è stato approvato con deliberazione della Giunta regionale del 25/7/1989; quindi era presso l'ufficio predisposizione atti che, come i colleghi interpellanti sanno, ha difficoltà a predisporre gli atti amministrativi conseguenti ai pareri del CUR per carenza di organico.
Nel merito della seconda questione sollevata nell'interpellanza, il PRGC delimita effettivamente un'area industriale denominata I 6 e destinata a "mattatoio, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroalimentari" per complessivi mq 91.108.
L'ubicazione dell'area è stata ritenuta compatibile con l'assetto complessivo del PRGC in quanto decentrata rispetto al centro abitato facilmente accessibile poiché in fregio alla strada provinciale n. 140 (con innesto regolato dall'apposita costruzione di un controviale interno) l'attuazione degli interventi è peraltro subordinata alla formazione di uno strumento esecutivo esteso all'intera area e quindi in grado di assicurare un razionale utilizzo degli spazi nonché le indispensabili dotazioni di aree pubbliche.
Il PRGC non definisce con maggiore dettaglio l'uso specifico cui l'area può essere sottoposta (compito questo proprio degli strumenti esecutivi piuttosto che del PRG); conseguentemente, per quanto attiene le misure di tutela ambientale, le norme di piano sono essenzialmente rivolte a sancire i criteri generali cui dovranno attenersi le singole proposte di intervento; infatti l'art. 21 delle norme d'attuazione stabilisce che "in tali aree (tutte le aree industriali) sono vietati gli insediamenti di industrie nocive di qualsiasi genere o natura. Non sono consentiti in ogni caso gli scarichi di fognatura o canali senza preventiva depurazione secondo disposizioni che saranno impartite di volta in volta dalle autorità sanitarie competenti in relazione alla composizione chimica e organica delle acque stesse, tenuto conto delle norme e dei regolamenti igienico sanitari vigenti"; le norme dispongono inoltre che "i piani esecutivi di attuazione delle diverse aree industriali del PRGC dovranno prevedere la realizzazione di idonee fasce di rispetto dai fabbricati a destinazione residenziale adiacenti".
Si tratta di criteri generali che, se correttamente articolati in riferimento ai tipi specifici di insediamenti previsti, pongono l'Amministrazione comunale in grado di esercitare un corretto controllo sugli impatti ambientali derivanti dagli insediamenti medesimi. Peraltro non risulta accettabile sul piano urbanistico che attività eventuali di macellazione possano trovare idonea collocazione nell'ambito di normali aree ad uso artigianale o industriale mentre appare corretta la scelta operata dal PRGC di prevedere apposita area non interferente con il tessuto residenziale o con il tessuto più propriamente produttivo del Comune.
Anche se, essendo la destinazione d'uso abbastanza generale, è chiaro che in relazione alle scelte specifiche dovranno essere adottate in sede di formazione del piano esecutivo le specifiche cautele che sono richieste dal tipo di macellazione e produzione che dovesse essere fatta sulle aree.
Rispetto a quanto è dichiarato nel testo dell'interpellanza, non risulta dallo strumento urbanistico che il mattatoio abbia come destinazione specifica la macellazione di suini. E' un problema che deve comportare necessariamente, per quanto riguarda le norme di tutela igienico sanitaria, che, in sede di formazione dello strumento urbanistico esecutivo, il Comune adotti le specifiche cautele e le misure che sono richieste in questo caso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidenti e colleghi, ringrazio l'Assessore Genovese della risposta.
Questa interpellanza era stata scritta in relazione ad informazioni preoccupate, che il Gruppo comunista aveva ricevuto da parte di amministratori di Candiolo, per l'intenzione, da parte di un'iniziativa privata, di collocare un'attività di allevamento e di macello di maiali in un'area non tanto distante dalle zone residenziali. Abbiamo presentato subito questa interpellanza per informare l'Amministrazione regionale che stava esaminando il nuovo PRG di Candiolo, affinché procedesse alle opportune verifiche. Non è stato possibile farlo per ristrettezza di tempi.
In realtà era proprio questo lo scopo dell'interpellanza, riuscire, per quanto possibile, ad informare l'Amministrazione regionale dei fatti e indurre la stessa a controllare, vigilare, proporre e discutere eventualmente con il Comune queste previsioni.
Il PRGC è stato approvato così com'era. Non so se le informazioni che mi sono state fornire relative ad un allevamento, oltre che ad un macello siano precise.
L'allevamento dovrebbe essere escluso, si tratta comunque di un'attività da valutare con moltissima attenzione, perché è in zone vicine a quelle residenziali. Dalla lettura del PRGC si deduce che è un'attività di macello, trasformazione e commercializzazione dei prodotti. Non è chiaro se sia una commercializzazione all'ingrosso o anche al minuto. In tal caso occorre che il Comune, in caso di centri commerciali oltre un certo numero di metri quadrati, chieda l'approvazione da parte della Regione. Invito l'Assessore, in occasione di interpellanze simili, ad attivare immediatamente gli uffici e richiedere l'aggiornamento della situazione anche se i tempi sono ristretti. In questo caso non è stato possibile farlo, però spesso il Consiglio regionale propone temi che probabilmente sono già in fase esecutiva, perciò la inviterei, signor Assessore, in futuro ad informare immediatamente gli uffici.
Per quanto riguarda questa pratica in particolare, la pregherei di informare gli Assessori competenti in materia di sanità e commercio affinché si attivino per conoscere le reali intenzioni di questa iniziativa.


Argomento: Assistenza e sicurezza sociale: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 1803 dei Consiglieri Dameri, Montefalchesi, Sestero e Calligaro inerente le barriere architettoniche


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 1803 presentata dai Consiglieri Dameri Montefalchesi, Sestero e Calligaro.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'interrogazione non è vecchissima, ma non è neanche molto recente; quindi rispondo quando di fatto per la prima applicazione della legge statale n. 13 relativa a "Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati" sono stati compiuti gli adempimenti della prima fase da parte della Regione. Nella sostanza dobbiamo dire che a seguito della circolare del Ministero dei Lavori Pubblici, Segretariato generale del CER. dell'8/7/1989, quindi circolare successiva all'interrogazione della collega Dameri, non essendo prima prevista ed allocata in nessun punto della struttura regionale questa competenza, sia pure non molto incisiva ma nuova, si è individuato nel settore edilizia residenziale sovvenzionata, e osservatorio dell'edilizia, il settore di competenza. In una forma, però, di collaborazione con l'Assessorato alle opere pubbliche. Successivamente a questa circolare, il 24/7/1989, abbiamo indirizzato ai Sindaci ed abbiamo chiesto la collaborazione dei Prefetti per rispettare la scadenza temporale richiesta, e cioè la fine di settembre, impartendo direttive per coordinare il lavoro e la trasmissione dei dati di fabbisogno dei singoli Comuni, al fine di determinare poi i fabbisogni provinciali di natura finanziaria, per far fronte alle priorità di intervento per l'eliminazione di barriere architettoniche negli edifici privati; inoltre si è avviata sperimentalmente una forma di collaborazione periferica con i servizi decentrati opere pubbliche.
I Comuni dovevano definire e trasmettere alla Regione entro il 30 agosto la seguente documentazione: il proprio fabbisogno complessivo di risorse sulla base delle domande ritenute ammissibili l'elenco delle domande compilato con riferimento ai criteri di priorità previsti dal quarto comma dell'art. 10 della citata legge n.
13/89 le domande ritenute ammissibili complete della documentazione prevista dall'art. 8 della legge stessa le schede A/2 e B/2, debitamente compilate, riportate nella circolare del Ministero dei Lavori Pubblici, Segretariato generale del CER n. 462 dell'8/7/1989.
I Servizi decentrati OO.PP. e difesa del suolo hanno provveduto all'istruttoria dei predetti atti che sulla base delle direttive regionali sono stati loro trasmessi dai Comuni entro il 20/9/1989. La data terminale era il 20/9/1989.
Successivamente gli uffici decentrati OO.PP. hanno trasmesso il materiale raccolto dai Comuni, dopo una prima verifica da loro fatta, al settore edilizia sovvenzionata che ha definito il fabbisogno di risorse da inviare al Ministero articolato per province e sulla base delle priorità indicate da Comuni. L'Assessorato di conseguenza ha provveduto entro l'ultimo giorno utile, il 29 settembre, a proporre alla Giunta regionale le richieste determinazioni, essendo il materiale pervenuto appena il 20 settembre, a causa dei soliti tempi ristrettissimi che ci danno ormai le normative statali di settore. Il 29 settembre la Giunta regionale ha deliberato la richiesta contenente i fabbisogni e le priorità al Ministero con deliberazione immediatamente esecutiva.
Credo di poter dire a conclusione, per quello che mi risulta, che siamo l'unica Regione che ha rispettato il termine del 29 settembre; si è trattato di un lavoro sperimentale che ovviamente non ha potuto entrare nel merito della determinazione dei fabbisogni e delle priorità dei fabbisogni che hanno indicato i Comuni, perché questa è loro competenza. In qualche caso abbiamo trovato delle difficoltà soprattutto per la provincia di Torino a dare un'informazione capillare a tutti i soggetti che potevano essere interessati dalle agevolazioni della legge n. 13/89, perché, anche con l'aiuto della Prefettura, nel caso di Torino, essendo più di 80.000 i soggetti individualmente interessati al problema, è stato difficile dare un'informazione a tutti gli interessati potenziali; l'informazione è avvenuta quindi, soprattutto per la provincia di Torino, sostanzialmente attraverso le associazioni dei portatori di handicap.
Credo di poter dire che abbiamo fatto un lavoro come era possibile rispettando le competenze marginali assegnate alla Regione, di raccolta trasmissione e quantificazione dei fabbisogni finanziari articolati per provincia. Mi riprometto, poiché la trasmissione al Ministero è avvenuta pochi giorni fa, di trasmettere alla Commissione consiliare competente tutto il materiale che abbiamo trasmesso al Ministero ed ovviamente anche ai Consiglieri interroganti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dameri.



DAMERI Silvana

Signor Presidente, colleghi consiglieri, devo fare pochissime considerazioni rispetto alla risposta dell'Assessore. Credo che la legge n. 13/89 sia una di quelle leggi che hanno una forte motivazione.
L'intervento dello Stato per creare condizioni tali da favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche anche negli edifici privati, contiene una motivazione culturale e sociale molto alta.
Dalla natura della legge e dall'organizzazione concreta del modo di funzionare del sistema delle autonomie si rischia però di vedere non pienamente realizzato l'obiettivo di fondo. Per la farraginosità di realtà in cui si articola il nostro Paese, se non ha un momento di coordinamento che viene riconosciuto alle Regioni solo in termini di mera trasmissione di atti dagli enti locali al centro, credo abbia fatto bene da questo punto di vista non solo il fatto che siano stati rispettati i tempi, ma per il tentativo che ha fatto l'Assessore di collegarsi con tutti i soggetti interessati all'iniziativa. Però, per un iter normale di funzionamento della legge, per renderla efficace e per riuscire ad individuare le priorità nelle singole realtà e in quali settori in modo particolare è più positivo intervenire, occorrerà impiantare un lavoro continuativo.
Da questo punto di vista, non so se esiste qualche forma di osservatorio rispetto a queste problematiche anche nella realtà complessiva del modo d'essere delle città, cioè se si riesce ad individuare oltre che nelle strutture pubbliche anche nelle varie realtà la possibilità di individuare degli elementi di priorità.
Inoltre, se è possibile attivare un gruppo di lavoro interdisciplinare che sia in grado di stimolare una risposta e un'attenzione maggiore da parte degli enti locali che devono presentare le domande, in modo che non sia semplicemente affidato alla sensibilità del tutto casuale di amministratori che si trovano ad operare in un Comune piuttosto che un altro. La legge non dà alla Regione questa competenza, ma neanche la vieta e quindi su questo terreno c'è la possibilità da parte nostra di individuare, con un lavoro interdisciplinare dei vari settori interessati e con un'informazione nelle Commissioni competenti, le priorità di intervento e un indirizzo perché non ci sia una dispersione dei finanziamenti nazionali su tante realtà diverse che non risolvono alcun problema, ma un'indicazione di particolare e corposo intervento verso determinate realtà per risolvere con metodologie adeguate queste problematiche. Piuttosto che una raccolta di quello che viene dai Comuni, sarebbe importante un'iniziativa di promozione, di conoscenza e di informazione su queste opportunità, un'azione di osservatorio rispetto alle questioni più rilevanti per fare, d'intesa con i Comuni, una selezione delle priorità.
Temo che una legge giusta, con una forte motivazione sociale e culturale, in assenza di una gestione che sia molto attenta e raccordata rischi di produrre assai poco dal punto di vista dell'efficacia se non addirittura anche degli interventi squilibrati.
Per questo mi sembra che il ruolo, sia pure solo parziale, che la legge prevede da parte della Regione lo si possa ampliare se c'è un'iniziativa rispetto alla quale noi diciamo che c'è disponibilità ed interesse da parte del nostro Gruppo.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interpellanza n. 1866 dei Consiglieri Chiezzi e Bontempi inerente il piano particolareggiato della zona industriale di Pinerolo. Aspetti igienico ambientali


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 1866 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Bontempi.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

L'interpellanza muove dalla considerazione che, in sede collegata alla fase di formazione della deliberazione programmatica per il nuovo Piano regolatore generale di Pinerolo, l'USSL competente ha fatto presente che su un'area che ha, sulla base dell'attuale e vigente strumento urbanistico generale, destinazione industriale risulterebbero delle caratteristiche che renderebbero incompatibile la trasformazione d'uso ad area industriale.
Il Consigliere Chiezzi invita l'Assessorato competente a seguire la fase di formazione del nuovo Piano regolatore attuando quanto possibile per evitare che in questa fase con la formazione di uno strumento urbanistico o piano particolareggiato, consentito dal vigente Piano regolatore, non si proceda alla trasformazione dell'area che parrebbe a scarsa vocazione industriale per motivi di natura ambientale e ad intervenire sul Comune perché non si verifichi una trasformazione radicale dell'area.
Per quanto è stato possibile, come uffici, non avendo competenza diretta di esame di questi atti, dall'esame informale della deliberazione programmatica parrebbe che l'area sia trattata con una cautela maggiore e venga vista con più attenzione rispetto alla previsione del vigente strumento urbanistico generale.
Il Comune di Pinerolo, dotato di un Piano regolatore approvato nel 1974, che ha avuto successivamente alcune varianti, al 20 luglio 1989 ha adottato la deliberazione programmatica. Quindi, siamo nella fase iniziale di formazione di un nuovo strumento urbanistico generale.
Oltre che un rapporto con il Comune, come Assessorato abbiamo richiesto all'USSL il parere che è stato inviato al Comune, ma non ci è ancora pervenuto. Come uffici stiamo seguendo la vicenda; credo che nel limite del possibile, per quanto possa essere nel potere di dissuasione o di convinzione della Regione, cercheremo di seguire il problema in quanto la destinazione dell'area attuale consentirebbe al Comune una sua trasformazione con destinazione industriale.
In presenza della deliberazione programmatica per il nuovo Piano regolatore, del parere dell'USSL e delle preoccupazioni che sono state sollevate, cercheremo di mantenere un rapporto che eviti una trasformazione del territorio così importante nella fase di predisposizione del nuovo Piano regolatore generale.
Credo di non potere dire altro perché a stretto rigore il Comune di Pinerolo è dotato di uno strumento urbanistico generale approvato dalla Regione che in generale ammetterebbe la trasformazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi, prendo atto e condivido l'impegno dell'Assessore ad occuparsi di una vicenda delicata, perché attualmente il Piano regolatore consente insediamenti industriali sull'area in questione mentre l'USSL n. 44 ha inviato una lettera raccomandata al Sindaco di Pinerolo, indicando quell'area come inidonea a sopportare insediamenti di carattere industriale. Siamo in una situazione delicata, perché lo strumento urbanistico ammette la realizzazione di opere che i Servizi a tutela dell'ambiente e della salute considerano non ammissibili. La Regione deve essere presente. Invito l'Assessore ad informare l'Amministrazione comunale di Pinerolo che sta acquisendo la lettera dell'USSL con la quale si dava quel parere molto netto ed importante.
Ringrazio l'Assessore per l'interessamento e chiedo che continui a seguire questa vicenda e a dare immediata informazione qualora il Comune di Pinerolo, nonostante una deliberazione programmatica che mi pare sia ben orientata, decidesse altri provvedimenti esecutivi sulla base del vecchio Piano regolatore.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Acotto, Bergoglio, Biazzi, Cernetti, Croso, Dardanello, Lombardi, Mercurio Paris, Santoni, Valeri e Vetrino.


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetto di legge n. 377: "Istituzione del Parco dell'asta fluviale del Po" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 17) all'o.d.g. che prevede l'esame del progetto di legge n. 377, la cui iscrizione è stata richiesta ai sensi dell'art. 32 del Regolamento interno del Consiglio regionale.
La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Signor Presidente, la ringrazio di avere anticipato, sia pure di poco l'esame di questo punto all'o.d.g. perché interessa tutto il Consiglio certamente il mio Gruppo, sentire l'opinione della Giunta, come del resto quella di tutti i Gruppi presenti in Consiglio.
La questione è nota a tutti: attualmente sono giacenti in Commissione cinque progetti di legge sul Parco fluviale del Po; sostanzialmente per sono due, nel senso che i quattro progetti della Giunta coprono l'intera asta, come del resto il nostro. Entrambi i progetti sono già stati oggetto di consultazioni, quindi sono ad un punto relativamente avanzato di istruttoria di consultazioni e di illustrazione da parte dei presentatori in Commissione. A questo punto però manca poco tempo alla fine della legislatura e pochi mesi allo scadere del vincolo di salvaguardia istituito nel 1985 nel corso dell'ultima riunione della legislatura precedente.
La nostra preoccupazione è quindi quella che dalla Commissione non escano diretti al Consiglio alcuni di questi progetti o anche tutti, nel senso che la soluzione più adeguata emersa dal dibattito già in parte avvenuto in Commissione e nella società piemontese sembrerebbe essere quella di un'unificazione dei progetti attuali, al fine di avere una legge generale di coordinamento che istituisca una sorta di grande Consiglio di coordinamento del parco e una serie di leggi, per esempio sulle quattro tratte come proposto dalla Giunta, che istituiscano dei Consigli di dimensione più governabile per gestire in concretezza le diverse parti del Parco dell'asta fluviale del Po.
Questa è la ragione centrale, cioè la preoccupazione che pur essendoci tutti gli elementi per arrivare alla definizione, possibilmente anche unanime, di una legge istitutiva del Parco del Po, di fatto poi non si arrivi all'istituzione concreta del parco.
Il richiamo in aula della nostra proposta di legge ha quindi il senso di marcare un punto di partenza per la discussione di una legge istitutiva del Parco del Po. Naturalmente si può anche discutere e votarle separatamente ed ognuno potrà prendere la sua posizione, a noi sta altrettanto bene, ma noi siamo anche disposti ad un'ipotesi di rinvio in Commissione, purché nei 60 giorni previsti dal Regolamento ci sia un impegno a definire una legge istitutiva che possa venire in aula ed essere votata oppure che decorrano i termini di scadenza ben definiti, passati i quali noi chiederemo che ci sia comunque un voto che esprima il pronunciamento delle forze politiche su questa questione.
Sui giornali compaiono continuamente dichiarazioni a favore dell'istituzione del Parco del Po con addirittura, come ha fatto di recente l'Assessore Vetrino, grida di allarme in quanto si rischia di non approvare entro la fine della legislatura la legge istitutiva del parco, ma poi nulla si muove nella realtà istituzionale e si va al di là, come se fosse una cosa inevitabile e il Consiglio non ci può fare nulla. Invece il Consiglio può fare qualcosa, ci sono tutte le condizioni, certamente ci sono delle difficoltà e tra queste c'è una pregiudiziale posta dal Gruppo democristiano che vorrebbe, prima di varare nuove leggi istitutive di parchi, una riforma generale della legislazione sui parchi.
Noi siamo autori di una proposta di integrazione e modifica della legge sui parchi, quindi siamo anche noi interessati a che queste modifiche alcune delle quali importanti, vadano avanti; però non riteniamo che ci possa significare che la parte del piano dei parchi che è in attesa di leggi istitutive, in particolare questa del Po, di fatto venga cancellata da questa legislatura perché bisogna varare la legge di riforma.
Crediamo che sarebbe possibile in questi due mesi raggiungere la definizione di un progetto di legge, tale da poter essere, per esempio approvato in sequenza di due sedute dopo la riforma della legge istitutiva dei parchi. E che quindi si possa ottenere il doppio obiettivo: integrare la legge con considerazioni che sono suggerite dall'esperienza di oltre quattordici anni di politica dei parchi attiva in Piemonte e contemporaneamente realizzare una delle cose su cui c'è l'attesa molto viva da parte della società piemontese nel suo complesso che è la salvaguardia attiva del più importante fiume d'Italia.
Credo che sull'obiettivo della tutela del Po non ci siano divisioni in questo Consiglio. La nostra iniziativa è tesa a far emergere dal Consiglio stesso delle dichiarazioni d'intenti che corrispondano a questi intenti generali che però poi non si riescono a tradurre in un fatto concreto istituzionale che è un voto sulla legge istitutiva.
Siamo quindi disponibili ad un'ipotesi di rinvio in Commissione, purch questo rinvio avvenga non per liberarsi della richiesta del Partito comunista e in generale della questione Parco del Po, ma sia un impegno concreto a lavorare in Commissione prima di Natale. Se noi non torniamo in aula prima di Natale con la legge istitutiva, non arriveremo alla scadenza della legislatura con l'approvazione della legge.
Ricordo che esiste un'associazione piemontese per l'istituzione del Parco del Po, che è il raccordo di tutte le associazioni naturaliste ambientaliste piemontesi, la quale ha inviato a tutti i Consiglieri una lettera per sollecitare l'iniziativa del Consiglio su questa questione chiedendo incontri con i Capigruppo consiliari e sollecitando un impegno preciso e non solo generico in merito. Io mi associo all'esigenza che viene dalla società piemontese che è quella di capire se c'è una volontà politica di arrivare all'approvazione di una legge istitutiva del Parco del Po prima della fine della legislatura.
In caso contrario, se non c'è questa volontà politica, riteniamo sarebbe meglio una discussione e una presa di posizione chiara e precisa di ogni forza politica sulla questione in aula, dove noi entreremo nel merito delle modalità e delle ragioni della struttura della nostra proposta piuttosto che un rinvio in Commissione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Dato che non ho la possibilità di fermarmi oltre i dieci minuti per impegni legati al mio incarico e che erano già previsti, propongo questo metodo che abbiamo concordato anche con la collega Bresso e con il Presidente Rossa. Sulle dichiarazioni che ha svolto la collega Bresso sul disegno di legge del Partito comunista, vorrei fare un brevissimo intervento, dopodiché ritengo giusto che si apra il dibattito; il Presidente della Giunta, sulla base delle osservazioni che verranno fatte potrà svolgere eventuali altre dichiarazioni che si rendessero necessarie da parte della Giunta stessa.
La Giunta ha espresso la sua volontà di intervento sul fiume Po nel momento in cui ha predisposto, nel giro di un anno, quattro disegni di legge, perché l'articolazione che discendeva anche dalla nostra proposta iniziale del 1985 prevedeva la suddivisione in quattro tratti che sembravano anche sotto il profilo organizzativo e funzionale più facili da individuare prima e successivamente da organizzare e da definire. Credo comunque che l'obiettivo finale sarà quello di arrivare ad un unico disegno di legge. Considero quindi la sollecitazione della collega Bresso di arrivare quasi ad una discussione oggi rispetto al disegno di legge del Partito comunista come una sollecitazione di tipo essenzialmente politico che tende a sollevare il problema, a mettere il segno su un punto cruciale della nostra attività e sull'esigenza che questa attività abbia un termine certamente entro questa legislatura in quanto scadono le misure di salvaguardia che nel 1985 abbiamo introdotto sull'intera fascia fluviale del Po.
La Giunta raccoglie questa sollecitazione. Per quanto ci riguarda noi trasmettiamo immediatamente la sollecitazione al Presidente del Consiglio in prima persona e al Presidente della Commissione competente che nell'ambito dei lavori che si stanno organizzando in quella sede, tenga conto dell'esigenza di questa priorità che diventa effettivamente un'urgenza perché il 29 marzo del prossimo anno scadranno le misure di salvaguardia. In ogni caso, se non arrivassimo ad una regolamentazione definitiva, saremmo costretti ad assumere un provvedimento, in assenza forse del Consiglio regionale, che ci garantisca rispetto alla prosecuzione di queste misure di salvaguardia.
In questo senso noi siamo disponibili a dare nell'ambito della Commissione la nostra presenza ed il nostro contributo. Abbiamo contestualmente avviato il problema del Progetto Territoriale Operativo per il Po che però ha una vita per certo verso propria rispetto a quella del parco. Sono due strumenti che abbiamo voluto far crescere e camminare insieme, ma potrebbero essere disgiunti, anche se è giusto, trattandosi dello stesso argomento, che abbiano questo dibattito, questo approfondimento così come è venuto sviluppandosi nell'ambito della Giunta e del Consiglio. Credo quindi che 60 giorni, quelli che verrebbero a determinarsi per l'effetto del rinvio in Commissione, siano anche sufficienti per la Commissione stessa, accettando eventualmente i problemi relativi al disegno di revisione della legge sui parchi, il cui esame è iniziato in modo molto collaborativo. Con la buona volontà e con la grinta che deve necessariamente animare i nostri lavori in quest'ultimo scorcio di legislatura, suppongo ci siano le condizioni per poterlo fare.
La Giunta chiede al Gruppo comunista di valutare la possibilità, dopo questo richiamo in aula, di rinviare alla Commissione questo provvedimento per il quale assicuriamo la nostra presenza per la sua conclusione. In ogni caso la conclusione ci deve essere e ci sono tutte le condizioni perch avvenga. Se vi saranno difficoltà di ordine generale o di ordine politico che potrebbero emergere dall'approfondimento nell'ambito della Commissione la Giunta è intenzionata a studiare un provvedimento - e già se n'è parlato nell'ambito della Commissione che consenta di garantire le misure di salvaguardia a partire dal 29 marzo 1990. Questa può essere una sicurezza ma ciò non deve toglierci la volontà di andare avanti.
Lascio quindi la parola alle altre forze politiche, scusandomi per la mia impossibilità a seguire un dibattito al quale tenevo particolarmente perché credo sia noto il mio interesse per questo argomento specifico nell'ambito della mia attività. Tuttavia il Presidente della Giunta è qui presente e probabilmente anche meglio di me potrà raccogliere gli stimoli le preoccupazioni e le sollecitazioni che verranno dai colleghi che vorranno ancora intervenire.



PRESIDENTE

Grazie alla Vicepresidente Vetrino, che è ampiamente scusata per la sua impossibilità a partecipare al dibattito; d'altro canto era anche in congedo.
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la questione sollevata dal Gruppo comunista mi pare abbia rilievo e dignità tale da costringere il Consiglio ad un confronto di merito, di fondo, perché non credo si possa su questo argomento pensare di adottare dei tatticismi per nasconderci dietro posizioni che non siano sufficientemente enunciate.
Il Gruppo DC, non solo perché facente parte della maggioranza ma con una coerenza che gli deriva da comportamenti e da atti che risalgono a momenti nei quali ha avuto anche responsabilità specifiche su questa tematica in altre legislature, non si colloca, come non si è collocato anche quando era all'opposizione, su una posizione di retroguardia, ma vuole essere pienamente interprete dell'esigenza di affrontare questo tema con la dignità politica che sottende un riscontro di consensi nella comunità piemontese che non sia il subire o l'accettare un provvedimento senza averne preso coscienza e quindi senza farsene carico dal punto di vista di tutti gli aspetti gestionali.
E' a tutti noto che se vogliamo parlare di bilancio di legislatura per portare a compimento l'approvazione di queste proposte di legge potremmo mettere su un piatto della bilancia tutto ciò che è stato fatto in questa legislatura dal 1985 ad oggi e sull'altro queste proposte, sulle quali poi dirò, che rappresentano un traguardo rispetto al quale si deve avere chiarezza dei tipi di risultati che si possono conseguire.
Sul piatto della bilancia politica della legislatura non vi sono soltanto i progetti di legge presentati sia dal Gruppo comunista che dalla Giunta anche come atto consequenziale di quel provvedimento che il Consiglio regionale prese nel 1985 sul piano dei parchi.
E' vero che questo bilancio è attardato da aspetti consequenziali rispetto alle decisioni che abbiamo preso in altre legislature quando avevamo fatto il piano dei parchi, ma poi non avevamo dato seguito a tutte le previsioni di quel piano. In larga misura però sì, perché si trattava di aree ridotte, aree di piccole dimensioni, aree sulle quali il problema della gestione e dell'impegno di investimenti non era certamente del tipo di quello qui presente.
Il bilancio della legislatura registra con la legge n. 431 e con atti consequenziali alla legge stessa una serie di atti significativi che non hanno solo compromesso la Giunta e la maggioranza sul versante della politica dei parchi, peraltro - se vogliamo essere onesti - frutto di un'intuizione che risale alla legislatura precedente, nemmeno di questa.
Però l'attuale maggioranza ha di fatto portato avanti il problema con la legge n. 20 e l'applicazione della legge n. 431 con i piani paesistici dando consequenzialità soprattutto sul versante territoriale a tutta una potenzialità di operatività che era rimasta attardata negli anni precedenti e che comunque è conseguente ad un'innovazione fondamentale data dalla legge n. 431. Quindi, il bilancio della legislatura, per essere molto pratici e sintetici, non possiamo solo valutarlo se adotteremo o non adotteremo i disegni di legge relativi ai parchi, bisogna valutarlo in un complesso di proiezioni sul versante sia della tutela che della progettualità sui quali - se permettete - noi vorremmo ragionare. Sul versante della tutela noi riteniamo che non vi siano preoccupazioni eccessive, cioè mi aspettavo dall'Assessore Vetrino qualche precisazione maggiore sul problema della reiterazione dei vincoli relativi alla deliberazione del 1985.
Signor Presidente, giro a lei questo tipo di richiesta: la Giunta ci deve dire chiaramente se la reiterazione entro certi limiti formali di ripetizione oppure di modificazione (non è detto che la reiterazione debba essere la fotocopia di quella che abbiamo fatto una volta) sia un'operazione possibile, in quali termini e per quali limiti temporali.
Quand'anche però dovesse tardare la reiterazione, che è comunque un atto che si renderà necessario, io ritengo che la legge n. 431, cioè le innovazioni legislative che sono intervenute e tutto ciò che è potenzialmente conseguibile da quegli atti che noi abbiamo assunto anche legislativamente con la legge n. 20, ci può portare ad un'ipotesi di consistente definizione dell'assetto vincolistico e di tutela rispetto al quale i drammatici appelli che ci vengono dalle associazioni sul fatto che se non si adottano questi provvedimenti, improvvisamente tutto l'assetto di tutela dell'asta fluviale del Po verrebbe a decadere, sinceramente non trova corrispondenza.
Dove invece non esistono grandi novità nel bilancio di legislatura è sotto il profilo progettuale, perché sia i provvedimenti della Giunta che quelli del Partito comunista, dal punto di vista dell'istituzione del Parco del Po, non ci hanno detto nulla di più di quanto dicevano i vecchi provvedimenti, rispetto ai quali, per unanime consenso derivato dal dibattito, vi sono parecchi nodi da sciogliere e rispetto ai quali la questione della progettualità per il Parco fluviale del Po pone dei problemi totalmente nuovi, che non sono quelli dell'area naturale di Crea o dell'Alpe Veglia, ma sono problemi che investono territori antropizzati che presentano peraltro elementi di intreccio con i progetti che riguardano la tutela dell'asta fluviale, il suo corso, le sue aree golenali, progetti che attengono a competenze statali recentemente ristabilite normativamente dalla legge sulla difesa del suolo del maggio 1989.
Sinceramente ci aspettavamo che la proposta di istituire un parco di così vaste dimensioni (pensiamo al progetto del Partito comunista che indifferentemente estende i contenuti normativi e di ipotesi di assetto per tutta l'asta fluviale che va dal Monviso fino ai confini regionali) comportasse anche un'ipotesi di distinzione di quelle che sono le vere problematiche esistenti da area ad area, quindi tutti quegli aspetti che distinguono che cosa vuol dire istituire un parco su una ex cava di ghiaia rispetto all'area umida delle zone golenali che sono invase per tracimazione naturale oppure per aree che sono state condizionate da interventi più o meno felici di arginatura.
Quindi, sul contenuto della progettualità che sottende aspetti di riferimento alle proprietà e alle comunità locali, è necessario che il dibattito si approfondisca.
Ricordo che proprio in occasione dell'ultimo incontro che la VII Commissione ha avuto a Valenza sono stati fatti dai responsabili di gestione dei parchi dei rilievi dal punto di vista gestionale e normativo.
Dicevano: "Non vi preoccupate del problema delle aree demaniali, delle aree che sono impropriamente occupate dai privati; se non ci dite qual è il regime rispetto al quale anche l'ipotesi del parco possa intervenire sull'assetto patrimoniale, è inutile che ci compiacciamo di istituire delle aree a parco se poi i soggetti pubblici non hanno la possibilità di regolamentarne l'uso".
Non solo, ma è a tutti noto come il problema delle permute o dei regimi patrimoniali che possono essere istituiti per consentire investimenti sulle aree a parco sia uno dei nodi sui quali la Regione Piemonte, nonostante il fiore all'occhiello che è unanime nel riconoscimento di ciò che è stato fatto sulla politica dei parchi, non ha ancora potuto disciplinare un contenuto legislativo e normativo che fosse di sufficiente garanzia rispetto a tutte quelle opposizioni e quei rilievi che abbiamo dalla proprietà agricola, dalla proprietà fondiaria e via dicendo.
Questi aspetti propedeutici normativi sono tuttora presenti nel dibattito che la VII Commissione sta affrontando sulla modifica alla legge n. 43. E' un argomento sul quale le proposte che sono giacenti hanno un contenuto già sufficientemente significativo per poter approdare a nuove conclusioni, però sono ancora contenuti insufficienti. Comunque, per quanto riguarda la DC la volontà di approdare celermente all'approvazione di una nuova legge 43 o di una legge 43 modificata che sciolga alcuni dei nodi che sono alla base delle riserve maggiori che derivano dall'istituzione di nuovi parchi, credo sia ormai un impegno scontato che possiamo dare per acquisito in termini di tempi e di modalità di attuazione.
Ciò che invece non è acquisito - e qui dobbiamo essere molto chiari è la capacità di presa di coscienza delle diverse problematiche che sottendono alle diverse aree sulle quali si dovrebbe istituire il Parco fluviale del Po. La VII Commissione, rendendosi conto di questo, ha preso l'impegno per martedì prossimo di fare un sopralluogo sull'area dell'asta di Valenza e terminale verso la Lombardia, proprio per poter prendere coscienza, anche guidati dall'esperienza che deriva dagli attuali gestori del Parco della Garzaia, di tutte quelle problematiche che comunque dovrebbero poter trovare, all'interno dell'approvazione del progetto di legge per una delle aste, una sufficiente risposta. Risposta che è in parte di merito per l'area stessa ed in parte di tipo generale, anche con riferimento ad altre aree. Se riusciamo con il lavoro della VII Commissione ad approdare ad una sufficiente chiarezza dei problemi che sottendono il nuovo regime normativo che intendiamo innescare per questa nuova problematica - lo sottolineo - dei parchi fluviali, vi sono le condizioni politiche sufficienti per il consenso che è già stato dato dall'Assessore e dalla collega Bresso per approdare a delle conclusioni.
Se non sciogliamo questi nodi, credo che solo sul progetto normativo e di tutela e non già su quello progettuale di un'ipotesi di parchi che sia rispondente a tutte le esigenze che sono state manifestate, il decorso dell'approvazione dei progetti stessi possa incepparsi.
Non sono pessimista. Sono convinto che se riusciamo ad avere la capacità di distinguere problemi da problemi sia possibile approdare a conclusioni anche parziali, ma che siano comunque propedeutiche per sviluppare il discorso su aree successive. Non accettiamo però che l'omologazione del "tutto subito o niente" sia la condizione rispetto alla quale dobbiamo essere attestati sulla posizione dei buoni o su quella dei cattivi. Credo che la DC ed anche altri Gruppi abbiano la volontà di essere su questo tema responsabilmente presenti con un sufficiente spessore di consenso. Se questo verrà dalle convinzioni che deriveranno dal dibattito e dal merito dei problemi che verranno affrontati, i progetti potranno essere non solo esaminati, ma anche parzialmente approvati, dubito nella loro totalità, in questa legislatura. Comunque, se il metodo verrà messo a fuoco in questa legislatura non vi saranno problemi per estenderlo in tempi successivi; certo che se dovessimo continuare ad attestarci su posizioni di rigidismo e di contrapposizione, come paiono denunciare i messaggi che ci derivano dall'esterno, quasi che noi non adempissimo a certi compiti avremmo la responsabilità di un bilancio negativo di questa legislatura.
Questa posizione noi non l'accettiamo perché, come ho già detto, riteniamo che non vi siano aspetti di irreversibilità dal punto di vista della tutela, sia per ciò che abbiamo già fatto, sia per i provvedimenti nazionali, sia ancora per ciò che comunque l'esecutivo si è impegnato a fare, come ha già detto l'Assessore Vetrino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo che la discussione propiziata dal richiamo in aula da parte del Gruppo comunista della proposta di istituzione del Parco fluviale del Po sia una sollecitazione politica importante che va colta nell'occasione di questa discussione. Mi dispiace che l'Assessore non possa essere presente per raccogliere eventuali proposte.
Il valore dell'iniziativa di tutela e di progettualità sull'asta fluviale del Po è innegabile ed il nostro Gruppo conferma la sua adesione.
Il percorso ovviamente va strutturato ed è proprio su questo percorso che dobbiamo porre alcuni elementi di chiarezza. La revisione della legge n. 43 istitutiva dei parchi è un elemento importante proprio perch caratterizza quella nuova progettualità che si vuol dare alla politica dei parchi, meno basata sulla tutela e più basata sulla capacità di intervento di promozione e trascinamento attorno a delle proposte.
E' vero che tecnicamente può anche non essere vista in modo meccanico una propedeuticità di questa revisione con l'affrontare altre proposte di istituzione di parchi, tra le quali questa. Tuttavia è chiaro che occorre fare bene riferimento alla necessità che la nuova definizione di una legge o l'adeguamento della vecchia, possa rispondere a degli indirizzi che diano forza e capacità di intervento alle proposte e non rappresentino semplicemente un'operazione nella quale, vuoi per limiti nella progettualità, vuoi per problemi nelle risorse stanziabili, si lascia al territorio individuato a parco un livello di capacità di esprimere proposte molto basse ed insufficienti.
Non credo che la tempistica in modo rigido sia predeterminabile, ma certo possiamo dire che serrando i tempi, come mi pare voglia fare la VII Commissione, si possono tenere collegati per questa legislatura revisione e intervento sulle proposte.
Questo comporta anche un "gentlemen's agreement" nell'operatività della VII Commissione, la quale è classicamente intasata da molti provvedimenti a volte anche minori. Nessuno vuol togliere a qualsiasi tipo di provvedimento la necessità di approfondimento e di analisi di lavoro, ma è chiaro che i tempi sono ristretti. Si potranno fare riunioni straordinarie, ma in numero limitato. Tuttavia ci sono degli spazi fisici sui quali occorre porre delle priorità ed anche saperci rapportare nell'organizzazione dei lavori all'interno della VII Commissione. Questo è un passaggio molto importante.
Ho apprezzato l'intervento dell'Assessore perché ha espresso con determinazione la volontà di intervenire attorno ai quattro disegni di legge. Occorre chiarire come questo si raccorda, perché non sono corpi completamente separati, con il PTO per il Po; occorre anche studiare qual è la forma di rapporto che si vuole dare.
E' certo che il problema della tutela ci pone dinnanzi alcuni nodi. Il collega Picco li ha già annunciati con un tipo di lettura, dal quale potrei discostarmi un po', che è quello del problema della decadenza dei vincoli di salvaguardia. E' chiaro che il problema si pone, non possiamo far finta di nulla, non possiamo pensare che questa legislatura si concluda e per ragioni di tempo, o qualche altra ragione, vediamo consumarsi quello che era l'aspetto importante di una strategia che questa Regione si era data sulla politica dei parchi, di tutela del territorio in generale, collegata alla legge n. 431 e alla L.R. n. 20.
Il nodo grosso e forte però è quello della progettualità, non si vogliono fare degli escamotages per rinviare. Capisco che si possono anche fare dei ragionamenti preparatori, tra l'altro su certezze di definizione della riforma della legge n. 43, in modo da guadagnare tempo per quanto riguarda la politica dei parchi, però questa capacità di progettualità nell'intervento sui parchi è un problema che noi dobbiamo chiarire e la sede di chiarimento naturale è la revisione o l'integrazione o il rafforzamento o l'adeguamento della legge n. 43.
E' su questo principio che noi dobbiamo stare attenti. Ci sono delle situazioni nuove; ieri in occasione del dibattito sulla Commissione di indagine sui problemi del lavoro dicevo che la legislazione non deve essere una cristallizzazione della società. La società è dinamica e il legislatore deve saper cogliere il suo divenire.
Gli aspetti di inquinamento dell'asta fluviale sono nuovi e diversi rispetto alla nostra cultura di cinque o dieci anni fa; i rapporti con le situazioni a forte antropizzazione hanno caratteri ed aspetti probabilmente nuovi. Noi dobbiamo saperci rapportare con questi problemi nella fase di progettualità ed il corpo portante di questa progettualità è la legge base della costituzione dei parchi.
Capisco che si tratti di un passaggio complesso che rischia anche di offrire, a chi ha riserve mentali sulla politica per i parchi e sull'attuazione del Parco fluviale del Po, degli spazi. Da parte mia e del mio Gruppo voglio dire che non ci sono queste riserve mentali, che noi vogliamo rendere adeguata la legge regionale sui parchi e cercare rapidamente di dare il via all'intervento non solo sul Parco fluviale del Po, perché ci sono altre proposte egregie che aspettano il vaglio della Commissione. Questa povera Commissione però deve sapersi in qualche modo attrezzare, selezionare gli obiettivi, darsi dei tempi adeguati, e questo è un rapporto che i componenti della Commissione dovranno valutare. E' un problema anche della Giunta che non può ovviamente scaricare in modo occasionale, a volte senza la presenza dell'Assessore che renderebbe invece più definitiva la decisione rispetto ad una discussione con un funzionario.
Se non ci sono riserve mentali o non si gioca con altri obiettivi possiamo lavorare a questo traguardo seriamente, con la convinzione che questa è una parte che caratterizzerà non solo una legislatura, ma la storia di questa Regione, soprattutto quando si faranno le valutazioni di cosa ha fatto. Tra gli interventi portanti di essa c'è la politica dei parchi, è innegabile, che rappresenta una delle componenti forti ed alte della nostra operatività, di questa e delle passate legislature.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Vorrei aggiungere la mia povera voce nel coro di questa convinta sollecita e partecipe decisione del Consiglio regionale ad approvare il Parco del Po. Ritengo però che questa partecipazione non sia così convinta e non riesce ad appassionarmi a questo dibattito e a seguirlo in maniera attenta. Mi chiedo come mai finora non si è fatto il Parco del Po se siamo di fronte ad una così grande consapevolezza da parte di tutti, in merito alla rilevanza di queste politiche.
Avrei voluto che si fosse ripercorso il dibattito di questi anni all'interno della Commissione competente, con tutte le vicende connesse consultazioni, rinvii, ecc., che lo hanno caratterizzato, ogni qualvolta pervenisse in Commissione un progetto di legge in attuazione della deliberazione quadro sui parchi del marzo 1985, fatta propria dalla Giunta regionale nei suoi programmi di legislatura, ribadita ancora nel corso dell'approvazione del Piano regionale di sviluppo e riconfermata ancora oggi. Con il dibattito odierno andrebbe chiarito dove stanno gli ostacoli veri alla realizzazione di quello che sembra un progetto solidale, comune e collettivo della Regione.
Uno di questi ostacoli è stato la revisione della legge quadro sui parchi, elemento pregiudiziale rispetto alle singole leggi sui parchi. I tempi rispetto a questa vicenda stanno però diventando tali da andare probabilmente al di là della legislatura: l'operazione di scambio tra l'attuare una nuova legge come premessa indispensabile per poi approvare le leggi sui parchi si sta rivelando un meccanismo inattuabile. La nuova legge quadro sui parchi si sta rivelando invece un'operazione che si potrebbe tranquillamente definire elettorale, che promette non una revisione di una legge quadro, ma un allentamento dei vincoli e un abbassamento dell'interesse regionale rispetto ai problemi della tutela ambientale.
Rimane poi all'interno di quest'aula un'area sostanzialmente non interessata alla realizzazione della deliberazione quadro sui parchi. Vi sono aree politiche interessate ad una seria modificazione della legge n.
43, anche nel senso di porre maggiore attenzione ai problemi delle comunità locali, dell'agricoltura e al rapporto tra vincoli e vivibilità da parte delle popolazioni locali, soprattutto nelle aree di montagna, però vi sono anche aree non interessate alla tutela ambientale.
Del resto, molte leggi approvate da questo Consiglio in questa legislatura sono di fatto leggi di allentamento di vincolo, di rinuncia ad interventi nel campo della tutela ambientale: il modo con cui si sono concluse la vicenda dei piani paesistici e la vicenda della legge di applicazione della legge n. 431/85 in materia di deleghe ai Comuni; le innovazioni apportate con la nuova legge sul vincolo idrogeologico (ex L.R.
n. 27); altre questioni all'o.d.g. di oggi come la legge sugli impianti a fune e le piste da sci; le difficoltà che incontra ad essere accolta da questo Consiglio la modificazione della L.R. n. 56 così come proposta dalla Giunta, perché considerata troppo poco permissiva e non in quadro con le linee esaltanti dei cinquant'anni di Via Roma a Torino o della variante n.
31/ter. Queste posizioni sono all'interno di questo Consiglio così come la reiterata affermazione della necessità di fare il Parco sul Po; però queste posizioni insieme non stanno. Questo agire è schizofrenico.
Non ritengo che si debba parlare di una reiterazione dei vincoli, ma si tratta di completare per tutte le parti, in un modo o nell'altro, quanto prevedeva la deliberazione quadro: revisione della legge n. 43 ed insieme attuazione della deliberazione quadro. L'unica parte della deliberazione attuata sono gli stralci di Candiolo, di San Mauro, del Po Sangone, di Chivasso e Verolengo, cui faranno seguito gli stralci di San Benedetto Po e di Lauriano e chissà quanti altri ancora. Lo stralcio a bocconcini.
In merito alla continuazione dell'attività di escavazione lungo tutta l'asta del Po viene da pensare che siano questi gli interessi che sono oggetto della tutela lungo l'asta del Po e non, come invece si afferma quelli legittimi delle attività agricole e della conduzione dei fondi di coloro che vi abitano.
In questi cinque anni l'asta fluviale del Po, caso ormai noto a livello nazionale, è stata da un lato depauperata e pesantemente inquinata dall'attività di escavazione e dalle conseguenze che questo ha sul territorio in termini di inquinamento, di degrado e di abusivismo nello smaltimento dei rifiuti, e dall'altro lato è stata depauperata dagli interventi di regimazione. E' questo che noi consegniamo politicamente al termine di cinque anni di tutela ed è questa la cosa vera sulla quale alla fine dovremo discutere. Visto che i tempi stanno scadendo si vuole con il rinvio in Commissione eludere la chiara assunzione di termini precisi nei quali questo parco potrà attuarsi. Il problema non è se se ne fanno quattro pezzetti oppure uno, se i rappresentanti dei Consigli comunali saranno 3, 2, 5 o 42; il problema vero è quello di sapere se noi siamo disposti, al termine di questa legislatura, a lasciare un progetto politico serio e responsabile e non soltanto pubblicazioni, mostre, convegni fotografie, concorsi nelle scuole, manifesti, il "volta pagina" di qua e il "volta pagina" di là.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi, svolgerò un breve intervento anche perch l'Assessore Vetrino ha già esposto una posizione precisa in ordine al problema, quindi ritengo vi siano poche cose da aggiungere. In ogni caso in un dibattito così importante e significativo come questo la testimonianza del Gruppo repubblicano credo sia opportuna.
Noi consideriamo il progetto del Parco fluviale del Po un progetto di grande rilevanza, coerente non soltanto con il Piano di sviluppo regionale ma anche con un certo tipo di sviluppo del Piemonte che noi come Partito abbiamo cercato di proporre e di inserire nei progetti e nei programmi della Regione e nel quale crediamo seriamente.
La caratteristica, la connotazione ambientale, vede interessato e sensibile il PRI al di là di certe posizioni che apparentemente io considero erroneamente - lo hanno voluto vedere come un Partito che non si ponesse concretamente i problemi dell'ambiente. Noi consideriamo i problemi dell'ambiente non un fatto folcloristico, bucolico, da favola, ma una cosa seria, una grande opportunità per trasformare il modello di vita un modo diverso di affrontare i problemi che abbiamo di fronte rispetto al modo in cui venivano affrontati in passato.
Inoltre, consideriamo il problema della difesa e della tutela dell'ambiente una grande opportunità economica per la nostra società: economica non intesa in senso del profitto immediato, non è questo il problema che ci si pone rispetto ad una prospettiva di più ampio respiro ma è una grande opportunità economica di mantenimento di una risorsa unica ed eccezionale che oggi abbiamo e che non può essere distrutta perché non può essere rigenerata.
Queste sono le valutazioni di fondo che il PRI ha sempre posto ai problemi dell'ambiente e che ancora oggi pone rispetto a questo progetto che consideriamo coerente rispetto alla filosofia che molto succintamente ho cercato di evidenziare.
Per questo motivo, al di là dell'unanimismo di cui parlava prima qualcuno, visto che ci sono oggettivamente delle difficoltà rispetto a questo progetto, sarebbe miope, se non addirittura del tutto cieco, non cercare di vedere queste divergenze che pur ci sono. Noi crediamo che occorra in sede di Commissione, a livello politico, trovare quelle ragioni di intesa rispetto a questo progetto perché si tratta di un progetto qualificante non soltanto per la Regione Piemonte, ma anche necessario per la difesa di una risorsa unica qual è il Po che partendo dal Monviso giunge al mare Adriatico con conseguenze che tutti conosciamo e che se non fosse affrontato con grande senso di responsabilità a mio giudizio sarebbe una sconfitta grande non soltanto per la classe politica, ma per tutti quanti.
L'unico suggerimento che posso dare è che le forze politiche nelle sedi competenti a livello istituzionale, la Commissione ma non soltanto in quella sede, vadano ad individuare i momenti di intesa, di coagulo delle valutazioni perché questo progetto possa avere una sua concreta attuazione prima che scada la legislatura che stiamo vivendo.
Se questo non si potesse fare sarebbe la sconfitta non soltanto di un Assessore o di una Giunta, ma dell'intera classe politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bara.



BARA Giuseppe

Signor Presidente, vorrei fare una dichiarazione in qualità di Presidente della VII Commissione. Sono completamente d'accordo con quanto hanno sostenuto i colleghi Picco, Tapparo e in ultima analisi Ferrara.
Ritengo doveroso dire però che la VII Commissione sta lavorando a pieno ritmo anche su questa questione. Stiamo predisponendo un testo unico per eliminare la confusionaria legge n. 43 sui parchi perché effettivamente da tutti gli enti che abbiamo consultato è venuta una completa opposizione ai parchi.
I parchi bisogna farli, ma bisogna farli bene, perché parliamoci chiaro non bisogna bloccare il progresso sociale, perché non si vive di sola aria. Io non parlo in politichese elettorale, parlo in modo pragmatico e dico sinceramente che i parchi è giusto che si facciano e si devono fare perché è una questione di civiltà, però bisogna anche salvaguardare quelli che sono gli interessi di tutti i cittadini. Noi abbiamo trovato in 120 enti consultati 120 opposizioni e c'erano i comunisti, i socialisti, i democristiani e tutte le categorie interessate, però noi dobbiamo cercare di far sì che i parchi si possano fare in modo che siano salvaguardati tutti gli interessi.
Per quanto riguarda i lavori della Commissione (mi rivolgo al collega Ala) devo dire che se in Commissione si viene a fare dell'ostruzionismo, se per presentare una legge o una deliberazione di svincolo bisogna venire due volte in Commissione e due volte in Consiglio perché si vuole fare ostruzionismo, allora bisogna sapere che i parchi non si potranno fare mai specialmente quello del Po.
Se vogliamo metterci d'accordo per fare il Parco del Po la Commissione è disponibile ed io personalmente anche a fare doppia seduta settimanale però ci deve essere una volontà politica sulla quale dobbiamo essere tutti d'accordo. Io sono disponibile a lavorare in questi termini, altrimenti mi dispiace e parlo in modo pragmatico (ripeto che non parlo in politichese elettorale): il Parco del Po sarà un problema che bisognerà vedere con molta serietà.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta desidera replicare?



PRESIDENTE

BELTRAMI, Presidente della Giunta regionale



PRESIDENTE

No, perché dovrei ripetere le cose già dette dalla collega Vetrino ampliandole a qualche riflessione dotta che ho sentito dagli interventi che si sono succeduti, in ultimo il collega Bara che è pragmatico, ma assolutamente realista.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola per la replica il Consigliere Bresso. Ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

Vorrei ringraziare i colleghi che sono intervenuti che hanno espresso tutti, con sfumature ben diverse, la volontà di discutere questa questione e arrivare ad una soluzione che vedremo quale potrà essere. In particolare ringrazio i colleghi Ferrara e Ala che hanno espresso le posizioni più rigorosamente di impegno su questa questione.
Desidero precisare brevemente alcuni punti rispetto a un progetto che forse molti dei colleghi non conoscono o non ricordano perché i tempi sono lunghi e quindi molto spesso si parla di cose di cui non si ha più una memoria completa. Il nostro progetto, in realtà, affronta molte delle questioni che il collega Picco nel suo intervento diceva che invece non vengono affrontate nei progetti di legge, non solo il nostro, ma anche quelli della Giunta. Sia nelle consultazioni ufficiali sia soprattutto in una serie di consultazioni che noi avevamo fatto, ad esempio, con le associazioni agricole che hanno i maggiori problemi per una parte consistente dell'asta, ci è stato riconosciuto il grosso sforzo di proporre un progetto che affronti le questioni di legare intimamente la politica di tutela a quella di sviluppo delle economie locali e delle potenzialità delle risorse che lungo il Po sono collocate.
Quindi non si tratta affatto di un progetto che ha solo scopi di tutela, bensì di un progetto che cerca di avviare una politica attiva di sviluppo che peraltro è ripresa nella nostra proposta di riforma della L.R.
n. 43/75 che ha ben presenti alcuni dei limiti non tanto dell'impianto di quella legge, quanto piuttosto della sua concreta gestione legata alle poche disponibilità di fondi. Il fatto di non avere disponibilità finanziarie fa sì che tutte le politiche potenziali di sviluppo che si potrebbero attivare di fatto non si attivano. La nostra proposta (sia quella del Po che quella dei parchi) cerca di attivare risorse esterne alla specifica dotazione dei parchi attraverso, per esempio, la riserva di quote sulle leggi di intervento nei diversi settori (agricoltura, turismo agriturismo, lavori pubblici) in modo da concretizzare sulle aree a parco un pacchetto grosso di interventi possibili che avviino una politica effettiva di sviluppo che marcia sempre sul fatto che ci siano delle disponibilità finanziarie. Ma il Parco del Po, se noi riusciamo ad approvarlo in tempo, ha delle altre potenzialità; attraverso il Masterplan del Po e la legge sulla difesa del suolo, attraverso ancora gli interventi per l'Adriatico, sul Po si stanno riversando molte risorse. Pertanto, avere una voce che rappresenti il Po per tutta l'asta fluviale piemontese e che sia quindi in grado di attivarsi per programmare l'uso di queste risorse per chiederle, per fare dei progetti, è fondamentale. Abbiamo visto che la Regione Piemonte in tutta questa vicenda è riuscita a presentare dei progetti che erano già legati ai parchi esistenti (le Vallere e la Garzaia di Valenza), perché l'esistenza di enti e di organismi che si preoccupano di predisporre dei progetti sull'asta ha fatto sì che ci fossero delle possibilità progettuali pronte sulle quali richiedere dei finanziamenti.
Dare una voce al Po significa creare le condizioni perché queste risorse rilevanti disponibili si trasformino in progetti e poi in realizzazioni. Noi abbiamo ben presente che non può essere una sola politica di tutela quella che noi andiamo a istituire e il nostro progetto per la verità aveva le caratteristiche che descriveva Picco. Noi siamo convinti che le definizioni puntuali non solo dei confini, ma della pianificazione interna ai confini che si definiscono, debbano essere fatte attraverso un dialogo molto approfondito con le comunità locali.
La nostra convinzione era che istituendo il consiglio di tutta l'asta e poi dei consigli di area sulle zone a maggiore interesse naturalistico fosse possibile lavorare molto più in dettaglio sulla pianificazione concreta delle funzioni delle diverse aree. Cosa che, anche volendo, con difficoltà riesce a fare la Commissione: lo abbiamo visto nel caso del quarto tratto, quello che giunge al confine con la Lombardia, su cui sta lavorando l'ente della Garzaia di Valenza, il quale sta operando per definire esattamente quali possono essere i problemi e quindi come si potrebbero modificare non solo e non tanto i confini, ma come si potrebbero definire alcune questioni.
La nostra idea era proprio quella di istituire l'ente e avviare quindi una politica che portasse al piano del parco con una più precisa definizione di tutti gli aspetti di vincoli e di funzioni delle diverse aree che a nostro avviso è più difficile fare. In sede di Commissione pu essere parzialmente istruito già in sede di legge istitutiva, ma deve poi essere la legge che consente all'ente testé istituito (dentro cui saranno rappresentati tutti gli enti locali, le forze ambientaliste e quelle produttive, in particolare i rappresentanti degli agricoltori che costituiscono la forza produttiva più presente nell'area) di lavorare concretamente alla proposta di definizione del piano del parco che comprende tutti questi aspetti di dettaglio. Può darsi che questa nostra idea possa essere vista in due modi: una prima istruttoria e poi lasciare (questo ce lo dobbiamo comunque porre come obiettivo) spazi ampi per un'autodefinizione - anche nell'ambito proprio dell'ente parco in collaborazione con le comunità locali - migliore, più precisa sia degli aspetti di limiti territoriali che poi richiederebbero una modifica legislativa, ma facili da fare quando tutti fossero d'accordo, sia soprattutto delle funzioni delle varie aree, quindi anche la tipologia di tutela o di puro controllo urbanistico generale.
Non credo che dalle novità legislative come si configurano nella L.R.
n. 43/75 vengano moltissime risposte a questi aspetti più di dettaglio rispetto alle presenze nell'ambito dei consigli o alcune garanzie di tipo patrimoniale-finanziario. Noi siamo dell'opinione che si possa arrivare a portare in aula la riforma della L.R. n. 43/75 e la legge istitutiva del Parco del Po ed eventualmente di altri parchi su cui, come effettivamente diceva Ala, c'è un'istruttoria molto avanzata.
Resta però il fatto che non si può dire che non si misurano sulla politica dei parchi i risultati della politica territoriale; certo non solo su quelli, ma la situazione non è per niente allegra per quanto riguarda il resto della politica territoriale, perché i piani comprensoriali a valenza paesistica sono bloccati in Giunta e non in Consiglio, non ci sono segnali che arriveranno e se arriveranno purtroppo siamo ormai a tempi tali per cui non è possibile nemmeno immaginare come la Commissione potrebbe esaminarli ed approvarli avendo fatto un'istruttoria seria. Ho l'impressione che il sistema dei vincoli in base alla legge n. 431 sia bloccato sui vincoli nazionali e che da lì non si uscirà, a meno che la Giunta non li adotti e li mandi in salvaguardia, ma siamo nuovamente in una fase di salvaguardia e non in una di pianificazione.
Siamo ben lontani dall'avere degli strumenti che in qualche modo tranquillizzino rispetto ai vincoli posti dalla politica dei parchi per cui si potrebbe dire che ci sono i piani comprensoriali che su quelle stesse aree dicono delle cose, purtroppo però i piani comprensoriali a valenza paesistica non ci sono: la legge Galasso non è applicata nella nostra Regione che è in genere adempiente alle normative nazionali. Ci sono Regioni che tradizionalmente non adempiono, mentre ve ne sono altre che tradizionalmente adempiono fra le quali il Piemonte, che però in questo caso è una delle poche che sono molto indietro nel processo politico di adozione se non in quello tecnico di elaborazione.
Noi siamo d'accordo sul rinvio in Commissione perché ci pare che si siano espresse delle volontà in positivo, anche se siamo preoccupati, molto preoccupati del fatto che le volontà formalmente espresse hanno già scontato, compreso l'intervento dell'Assessore, la possibilità che poi, per strane cose che non sembrano dipendere dalle volontà espresse, non si arrivi a una decisione finale. Noi speriamo che in questi due mesi si arrivi a far congiungere volontà e fatti, cosa che sembra sempre più difficile nelle assemblee rappresentative.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione il rinvio in Commissione del progetto di legge n. 377.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento: Nomine

NOMINE


PRESIDENTE

In merito al punto 22) all'o.d.g. si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.
IPLA (L.R. 8/3/1979, n. 12) - Consiglio di amministrazione. Nomina di otto rappresentanti.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Carlo Mina, Ezio Pepino, Francesco Barrera, Vittorio Ivona, Vittorio Gioberge Alberico Zeppetella, Sergio Clerico e Paolo Terzolo.
IPLA (L.R. 8/3/1979, n. 12) - Collegio sindacale. Nomina di tre Sindaci effettivi e di uno supplente.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Domenica Lucia Leveratto, Paolo Mirabile e Marco Casavecchia quali Sindaci effettivi e il signor Renzo Zampagni quale Sindaco supplente.
Texilia S.p.A. (L.R. n. 47/84 modificata con L.R. n. 11/88) Consiglio di amministrazione. Nomina di tre rappresentanti.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Paolo Ferla, Antonio Gorgoglione e Giovanni Chilà.
Texilia S.p.A. (L.R. n. 47/84 modificata con L.R. n. 11/88) Collegio sindacale. Nomina di un Sindaco supplente.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Roberto Cravero.
IRRSAE (art. 11, DPR 31/5/1974, n. 419) - Consiglio direttivo. Nomina di tre rappresentanti.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Carla Frijio, Immacolata Carlino e Fiorenzo Alfieri.
Comitato nazionale per la difesa del suolo (art. 6, legge 18/5/1989 n. 183). Nomina del rappresentante regionale.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Vittorio Beltrami.
Socotras S.p.A. - Consiglio di amministrazione. Nomina di un rappresentante.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Dichiaro non eletto il signor Sergio Astrologo in quanto non ha riportato voti sufficienti.
Fondazione Einaudi - Consiglio di amministrazione. Nomina di un rappresentante.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Enrico Nerviani.
Consorzio insediamenti produttivi di Rivoli - Collegio sindacale.
Nomina di un membro effettivo.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Vittorio Perna.
Commissione regionale per il lavoro a domicilio (art. 6, legge 18/12/1973, n. 877). Nomina di tre rappresentanti.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Agnese Grosso, Carlo Baratta e Santina Fiore.
Centro piemontese di studi africani - Collegio dei Revisori Nomina di un membro effettivo.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Carlo Giai.
CESMEO - Consiglio di amministrazione. Sostituzione del signor Franco Ricca dimissionario.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletta la signora Mariangela Rosolen.
Comitato tecnico-regionale per l'attuazione del DPR n. 915/82.
Sostituzione del signor Giovanni Renga (medico igienista).
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Giorgio Gilli.
Commissione tecnica di vigilanza farmaceutica - Provincia di Vercelli. Sostituzione della signora Pierangela Parachini dimissionaria.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Pier Alberto Fenoglio.
Teatro Regio - Consiglio di amministrazione. Sostituzione del signor Giovanni Quaglino dimissionario.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Cesare Dapino.


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordine del giorno n. 616 relativo alla distruzione di villaggi rurali in Transilvania


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'ordine del giorno n. 616, presentato dal Consigliere Ala, di cui al punto 14) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, desidero illustrare brevemente questo ordine del giorno perché l'argomento è già stato oggetto di discussione in più sedi nazionali, europee ed internazionali. E' un argomento, a mio avviso, di rilevante importanza, e che ha visto schierarsi in prima fila i Governi di Belgio, Francia e Svizzera, mentre vi è stato un ritardo da parte del Governo e dell'opinione pubblica italiana.
Avevo presentato questo ordine del giorno molti mesi fa, nel gennaio 1989, rifacendomi a dichiarazioni internazionali e ad un ordine del giorno analogo approvato all'unanimità dal Consiglio comunale di Firenze.
Vorrei brevemente ricordare alcune vicende.
Negli ultimi mesi, più ancora che nel passato, le vicende dei Paesi dell'Est europeo hanno rappresentato momenti di enorme interesse, per quanto riguarda la trasformazione del nostro continente e la riduzione dei conflitti tra Est ed Ovest. Il progetto che Gorbaciov chiama "comune casa europea" ritengo sia e possa essere il progetto di gran parte dei cittadini europei, amanti della pace e dei rapporti pacifici tra le popolazioni interessati alla riduzione della tensione e degli armamenti in Europa.
Tutti insieme dobbiamo cercare di conservare la cultura e le tradizioni di questo continente e soprattutto il suo passato, fatto di una coabitazione di etnie diverse. Esiste un mondo agricolo e con una tradizione di insediamenti rurali - ed è questo l'oggetto dell'ordine del giorno che hanno accomunato gran parte della popolazione del continente, uno degli elementi - si ripensi alle tesi di Duby o di Braudel - che rappresentano l'unità del continente europeo, con esclusione delle popolazioni del mare delle popolazioni mediterranee. Ma al di là di questa grande unità della tradizione contadina e religiosa del nostro continente, che tutti insieme dobbiamo cercare di conservare, il progetto di ristrutturazione degli abitati agricoli, di ammodernamento e di edificazione delle città agroindustriali, attualmente in corso in Romania ci riguarda, proprio perché rappresenta un attacco di fondo ai valori millenari della nostra cultura europea. Il progetto, come dice l'ordine del giorno, riguarda circa 8.000 villaggi rurali. Pregherei, tra l'altro, di accogliere un breve emendamento: nell'ordine del giorno si parla soltanto di villaggi della Transilvania. La Transilvania è solo una parte della Romania. E' entrata a far parte della Romania con i trattati di pace successivi al termine della prima guerra mondiale, con la dissoluzione dell'impero austro-ungarico ed in precedenza faceva parte dell'Ungheria. L'emendamento che chiedo di accogliere tende a precisare che questo progetto di distruzione riguarda villaggi di tutta la Romania. Per alcuni di questi villaggi, la distruzione è già attuata. Sull'argomento, è apparso un triste articolo nel maggio di quest'anno su "La Stampa" di Torino. I giornali italiani dedicano molto poco spazio a queste vicende. Il programma rumeno di riordino dell'agricoltura, secondo un articolo del "Financial Times" tradotto in italiano su "La Stampa", è un programma in corso e comprende un piano decennale che prevede la distruzione di circa 8.000 villaggi, sia della Transilvania che di altre zone della Romania. E' iniziato nei dintorni di Bucarest e prevede la realizzazione di circa 600 nuove città chiamate "agroindustriali", tutte sul modello di condomini di vari piani, con diversi alloggi, con industrie ed una totale riorganizzazione della rete di trasporto. E' comunque previsto di radere al suolo 8.000 villaggi.
A volte si tratta di pugni di case, quelle che noi chiamiamo frazioni ma a volte si tratta di nuclei più grandi. L'intervento odierno del Consiglio regionale rientra in una serie di pronunciamenti, a partire dal 1988, data in cui è iniziata questa "attività" del Governo rumeno. Vorrei ricordare l'intervento del Ministro francese Michel Rocard alla Commissione per i diritti dell'uomo all'ONU il 6/2/1989; le decisioni della Commissione CEE di Bruxelles rispetto ai rapporti commerciali con la Romania; i richiami dell'ambasciatore francese da Bucarest; la condanna della Commissione per i diritti dell'uomo di Ginevra, condanna approvata grazie all'astensione, quindi con l'assenso, della Germania Est e dell'Unione Sovietica.
Segno quindi di un regime che potremmo tranquillamente definire fascista, in cui il capo Ceausescu si fa chiamare conducator, che è la traduzione pura di "duce" in rumeno.
Il pronunciamento collettivo di 140 deputati svizzeri, le dichiarazioni del Principe Carlo d'Inghilterra, con l'assenso del Foreign Office e di Margaret Thatcher il 28/4/1989, accusano il Governo rumeno di distruggere sistematicamente l'eredità umana e culturale del proprio Paese.
In questi giorni siamo stati colpiti dalla fuga di molte persone dalla Germania Est verso l'Ungheria e di lì verso la Germania Ovest, però non altrettanto siamo stati informati di analoghi processi di fuga dalla Romania verso l'Ungheria, Paese che proprio in questi giorni sta tangibilmente attuando, con le sue scelte di politica interna, una modificazione significativa del Governo locale.
La Romania rimane l'unico Paese europeo che ha dichiarato di essere contrario ad ogni ingerenza rispetto alla problematica del rispetto dei diritti umani nel proprio Paese. Vorrei ugualmente aggiungere all'ordine del giorno l'opportunità di considerare la possibilità per i piccoli comuni del Piemonte di attuare la pratica del gemellaggio unilaterale con i villaggi rumeni. E' una pratica ormai diffusa a livello europeo e ha il suo centro a Bruxelles, Losanna, Ginevra e Parigi.
Esiste un coordinamento a livello internazionale e vorrei che la Regione Piemonte valutasse l'opportunità di intervenire, soprattutto per i nostri Comuni di montagna, in questo processo di gemellaggio unilaterale.
La più significativa testimonianza sulla vicenda rumena è l'intervento apparso su "La Stampa" del 25/2/1989 di un noto esponente culturale della Romania, da anni di cultura francese, Eugène Ionesco. Autore, credo noto a tutti, di importanti opere teatrali, soprattutto sulla stupidità degli uomini e della politica. Il suo intervento alla Commissione europea sui diritti dell'uomo di Ginevra, relativo alla situazione in Romania, riguarda sia le politiche di assimilazione forzata di distruzione dei villaggi, sia il rispetto dei diritti umani all'interno del suo Paese, le condizioni di vita e i dati riguardanti la mortalità infantile. La Romania non solo è diventato il principale Paese destinatario dei rifiuti tossico-nocivi dell'Europa occidentale, ma è anche ormai diventato il Paese europeo a peggiori condizioni di vita. Il fatto che i bambini muoiano e la Romania abbia il più alto tasso di mortalità infantile, perché non c'è energia elettrica per far funzionare le incubatrici, come denuncia Ionesco, e che nello stesso tempo esista una politica demografica che considera cittadino perfetto chi ha cinque figli, credo siano tutti elementi di un regime impazzito. Questi fatti impongono una nostra responsabilità ed un nostro intervento, il diritto all'ingerenza nella comune patria europea, da parte di tutti, compreso il Consiglio regionale piemontese.



PRESIDENTE

L'Ufficio di Presidenza accoglie l'impegno di favorire gemellaggi di piccoli Comuni con villaggi rumeni, con l'intento di esprimere piena solidarietà. Se lei formalizza l'emendamento che intende presentare, lo poniamo in votazione.
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Gli emendamenti sono al primo capoverso, che è così modificato: "di fronte al programma del Governo rumeno che prevede la distruzione di 8.000 villaggi rurali della Transilvania e di altre località del Paese". In questo ordine del giorno accentuo la caratteristica antiungherese della politica di Ceausescu, ma questo è in buona parte dovuto al fatto che le informazioni relative alle politiche del Governo rumeno sono sostanzialmente di fonte ungherese. Il problema, pur riguardando principalmente le zone abitate dall'etnia ungherese, riguarda più in generale altre zone nei dintorni di Bucarest abitate da etnie rumene.
Questo è il primo emendamento.
Al termine, propongo di aggiungere "dà mandato all'Ufficio di Presidenza del Consiglio di favorire la realizzazione di rapporti di gemellaggio fra i Comuni piemontesi e le comunità locali sopra ricordate".
Da parte mia fornirò all'Ufficio di Presidenza tutte le indicazioni delle sedi internazionali che coordinano questo progetto.



PRESIDENTE

Il Consiglio concorda su tali emendamenti.
Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno n. 616, il cui testo recita: "Di fronte al programma del Governo rumeno che prevede la distruzione di ottomila villaggi rurali della Transilvania e di altre località del Paese e la deportazione degli abitanti in colonie urbane con il fine di aumentare la superficie di terra coltivabile ricordando come la Transilvania sia una di quelle regioni dell'Europa balcanica caratterizzata ormai da secoli dalla compresenza e convivenza di più gruppi etnici: ungherese, rumeno, tedesco, tra cui il primo è maggioritario considerato che l'iniziativa del Governo rumeno costituisce un serio attacco alle comunità locali e tradizionali delle società rurali europee visto il continuo flusso di profughi dalla Romania verso l'Ungheria, dovuto alle condizioni generali, in tutto il Paese, di violazione dei più elementari diritti umani il Consiglio regionale del Piemonte c o n d a n n a il programma di distruzione di ottomila villaggi rurali della Transilvania e la deportazione degli abitanti in nuove colonie urbane i n v i t a il Governo italiano ad intervenire nei confronti di quello rumeno, a livello degli organismi internazionali, affinché venga impedita l'iniziativa programmata dal Governo rumeno dà mandato all'Ufficio di Presidenza del Consiglio di favorire la realizzazione di rapporti di gemellaggio fra i Comuni piemontesi e le comunità locali sopra ricordate".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 28 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordini del giorno relativi all'obiezione di coscienza (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame degli ordini del giorno relativi all'obiezione di coscienza, di cui al punto 15) all'o.d.g.
Mi pare non sia stato raggiunto nessun accordo rispetto a questo ordine del giorno, per cui propongo di rinviarne l'esame.
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi consiglieri, come ebbi già occasione di dire altre volte, è passato circa un anno da quando è stato presentato questo ordine del giorno. Qualche mese fa ebbi occasione di dire che il Consiglio regionale del Piemonte su alcuni temi dimostra la sua tempestività e sensibilità, ma in questo caso siamo a quasi un anno da quell'ordine del giorno che quando fu presentato aveva un senso perché era in corso un braccio di forza tra il Movimento pacifista e democratico di questo Paese e un Ministro in particolare che resisteva a sviluppare una politica di adeguamento della legge n. 772 sull'obiezione di coscienza.
Questa resistenza è stata tale per cui ha dovuto fortunatamente intervenire, ancora una volta per ripristinare la legalità democratica e repubblicana ed i pari diritti dei cittadini, la Corte Costituzionale perché il Parlamento ed una parte del Governo si sono dimostrati largamente insensibili sul tema dei diritti dei cittadini.
Sulla base di questo la Corte Costituzionale ha fatto una piccola giustizia, ha detto che siccome i cittadini sono tutti uguali non si capisce perché qualcuno debba fare venti mesi di servizio civile, mentre il servizio militare ha la durata di dodici mesi. Pertanto è stata equiparata la durata del servizio civile con quella del servizio militare.
Questo non è sufficiente a considerare il fatto che oltre questo obiettivo il Movimento pacifista di questo Paese, che ha avuto larghi consensi in modo trasversale, spaccando alcune forze politiche su questo problema, ha posto anche altre questioni che sono all'ordine del giorno.
Non ultima quella di affrontare con serietà il problema del servizio civile ed il ruolo che il servizio civile può acquisire nell'ambito di un nuovo modo di dare del tempo al pubblico interesse, in un contesto di salvaguardia del diritto alla vita dei cittadini, ponendo quindi il problema di una forte discussione attorno alla questione del servizio militare. Tutto questo mi sono permesso di dirlo per sottolineare l'insensibilità che è stata dimostrata in questo anno di fronte a questo problema, perché altri consessi democratici hanno con sollecitudine discusso ed affrontato lo stesso ordine del giorno; parlo del Consiglio comunale di Torino e decine di altri Consigli comunali di altre regioni.
Partecipando ad incontri nazionali ho visto Consigli regionali formalmente rappresentati attorno a questo problema, mentre ho dovuto riscontrare la tradizionale assenza del Consiglio regionale del Piemonte a dimostrazione che non siamo solo dei "bogia nen" dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista culturale e della sensibilità sociale. Siccome l'ordine del giorno è stato sottoscritto dalla stragrande maggioranza dei Gruppi, a questo punto mi pare del tutto inopportuno riportarlo ad una successiva discussione. Pregherei quindi il Presidente di mettere in votazione questi ordini del giorno.
Mentre le cose vanno avanti noi stiamo guardando indietro: anche in questa comunità ci sono delle iniziative che si stanno sviluppando, portate avanti da una serie di organismi di diversa estrazione culturale e religiosa, noi siamo di un'arretratezza di tempi che non torna a nostro onore.
Chiedo pertanto che gli ordini del giorno vengano messi in votazione almeno finiamo di fare brutta figura e non ci trasciniamo dietro situazioni indecorose.



PRESIDENTE

Sarebbe opportuno trovare l'intesa per un ordine del giorno unitario e quindi propongo di rinviarne l'esame a giovedì prossimo.



REBURDO Giuseppe

Quasi tutti i Gruppi hanno firmato l'ordine del giorno e chi non ha firmato o ha presentato un altro ordine del giorno avrebbe dovuto cercare rapidamente delle soluzioni. Non è questione di una settimana in più o in meno, tanto che sia approvato oggi oppure la prossima settimana non cambia la sostanza del discorso. Tagliati fuori dalla sensibilità che c'è in questa società lo siamo già da oltre un anno, siamo considerati coloro che ancora una volta stanno a guardare indietro. Se lei è in grado di garantire che la prossima settimana sarà presentato un ordine del giorno unitario sono d'accordo a che venga votato in quella sede. Purtroppo siamo nella situazione di vergognarci di essere Consiglieri regionali.



PRESIDENTE

Provvederò affinché giovedì prossimo possa essere esaminato e votato un ordine del giorno unitario.


Argomento: Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Esame progetto di legge n. 114: "Tutela, studio, promozione e divulgazione del patrimonio linguistico e culturale della Regione Piemonte" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 114, di cui al punto 16) all'o.d.g., la cui iscrizione è stata richiesta ai sensi dell'art. 32 del Regolamento interno del Consiglio regionale.
La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il progetto di legge n. 114 firmato dal sottoscritto e dai colleghi Paris, Viglione, Benzi, Quaglia Cerchio, Villa, Mignone, Marchini e Fraire, era stato presentato nel lontano 1986 ed era stato favorito in gran parte dal compianto Presidente Viglione.
Abbiamo pensato di riproporre il progetto di legge proprio nel momento in cui rifiorisce nuovamente il razzismo. Questa legge non è razzista, anzi vuole favorire la convivenza e potrebbe servire molto in questo momento.
L'emanazione di una legge regionale che promuova e favorisca lo studio e la divulgazione del patrimonio linguistico e culturale della Regione Piemonte trova la sua ragione d'essere in un'ampia ed articolata serie di cause.
Innanzitutto, credo che nessuno vorrà disconoscere il significato che può avere la diffusione, specie fra le nuove generazioni, dell'insieme del patrimonio culturale piemontese. Si pensi, ad esempio, alla letteratura, al teatro e agli usi e costumi delle diverse zone della nostra regione.
In secondo luogo, è indispensabile dare concreta attuazione al dettato dell'art. 5, comma terzo, dello Statuto della Regione Piemonte, il cui titolo recita: "Tutela del patrimonio naturale e culturale", laddove si prevede espressamente che la Regione difende il patrimonio culturale anche nelle sue espressioni regionali, oltre che al dettato dell'art. 7 "Patrimonio culturale delle comunità locali", il quale afferma che la Regione difende l'originale patrimonio linguistico di cultura e di costume delle comunità locali e ne favorisce la valorizzazione.
Il sapere, in quanto strumento essenziale per una completa realizzazione e salvaguardia della libertà degli uomini, è un bene da tutelare in ogni circostanza. E', come suol dirsi, un valore assoluto, ma lo è in particolar modo quando riguarda l'identità storico-culturale di un popolo e in ultimo degli individui che lo compongono.
Come si è ricordato nella relazione introduttiva della legge, nella risoluzione del Parlamento europeo su una carta comunitaria delle lingue e culture regionali e su una carta dei diritti delle minoranze etniche è scritto: "L'identità culturale oggi è uno dei bisogni psicologici non materiali più importanti". D'altra parte non appare ipotizzabile la formazione di una cultura nazionale e domani europea che non sia il risultato della valorizzazione delle culture regionali e locali.
Non esiste e non può esistere una cultura standard che appartiene a tutti in eguale misura e tale da annullare quella delle singole realtà locali. Il modello a cui bisogna guardare è quello di una cultura che consentendo il recupero delle opere conosciute solo in ristretti ambiti regionali, in parte abbia apprezzamento nazionale e in parte sia rispettosa delle tradizioni locali traendo da esse importanti e continui arricchimenti.
Con riferimento poi all'evento dell'unificazione europea bisogna dire che appare indispensabile il verificarsi di un processo di integrazione che sappia far proprie le culture regionali. Questo non solo per evitare la dissipazione delle immense ricchezze culturali che sono proprietà delle nostre Regioni, in particolare del Piemonte, come le Regioni degli altri Paesi, ma perché il suddetto processo di integrazione non deve divenire un impedimento alle possibilità di espressione culturale delle singole comunità locali. Se ciò accadesse, se cioè ogni popolo nella sua articolazione regionale non potesse portare in Europa la propria individualità sia mantenendo vive le proprie consuetudini sia potendole comunicare ad altri, certamente per molti questa integrazione potrebbe sembrare un fatto negativo che ha solo dei risvolti economici, non sentendosi così invogliato a profondere tutte quelle energie di cui invece negli anni futuri si avrà bisogno.
Tuttavia su un punto è importante riflettere con molta attenzione: dobbiamo chiederci se è possibile che vi sia in mezzo alla popolazione odierna quella sensibilità necessaria ad una conoscenza approfondita della cultura piemontese, non esistendo strutture ed iniziative finalizzate allo scopo in oggetto. La mia risposta è no. Se siamo davvero convinti dell'importanza della diffusione del patrimonio culturale piemontese dobbiamo dare ad essa esplicito e formale riconoscimento. Al riguardo ritengo che tale riconoscimento non possa che consistere nel dare ai luoghi deputati per eccellenza al sapere, ossia le scuole, i mezzi necessari per l'insegnamento facoltativo della lingua e della letteratura piemontese e della cultura locale.
In particolare poi l'insegnamento della lingua assume un'importante valenza: ricordando infatti che la lingua è il primo e fondamentale strumento di contatto con un altro popolo o nella fattispecie con genti che hanno radici storiche e culturali diverse, un esteso apprendimento della lingua piemontese sarebbe di incentivo alla sensibilità di cui si è detto poc'anzi. E' chiaro che la conoscenza del piemontese, arricchita eventualmente delle peculiarità locali, può divenire un formidabile impulso per lo sviluppo ed il sostanziale interesse verso la storia, la letteratura, il teatro e il costume della nostra Regione.
Questo in particolare avverrebbe non solo per la indispensabilità della conoscenza della lingua come chiave per poter accedere materialmente alle manifestazioni culturali, ma anche e soprattutto perché funzionerebbe da elemento aggregante e di integrazione culturale per tutti coloro che per mancata cognizione o origine diversa tutt'oggi si sentono esclusi o scarsamente interessati.
E' importante tener presente quindi che l'iniziativa e i propositi cui le norme della proposta di legge in questione vogliono dar corso non intendono minimamente affermare un primato della cultura piemontese o addirittura dei piemontesi. Si vuole invece consentire a coloro che risiedono stabilmente in Piemonte l'opportunità di far compiere un salto di qualità al proprio inserimento facendolo divenire, come si è detto oltreché sociale anche culturale.
L'obiettivo di questa proposta di legge appare quindi duplice: da un lato si vuole concretamente evitare che un'intera cultura possa essere perduta o comunque non completamente avvalorata; dall'altro si vuole favorire un completamento dei processi di mobilità sociale degli anni passati.
Questa introduzione era opportuna per sensibilizzare l'assemblea a prendere in considerazione questa legge che ritengo sia molto importante soprattutto in un momento delicato come questo ove è in atto un grande dibattito sull'immigrazione, l'emarginazione ed il razzismo; sarebbe un alto esempio di civiltà poter varare una legge che dia la possibilità a tutti di conoscere la nostra lingua.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla cultura

Signor Presidente, "a j e' pì gnun chéa parla piemontèis", dopo i corsi accelerati delle 50 ore in piemontese raccomandati dal collega Fracchia il mio piemontese sarà migliore, per ora dovete accontentarvi di quello che sono in grado di offrire in questo momento.
Signor Presidente e colleghi del Consiglio regionale, ritengo questa proposta di legge interessante e stimolante per riflessioni di non poco conto e mi spiace che le stesse non si siano potute svolgere nel corso degli anni in cui la proposta è stata depositata presso gli uffici della Presidenza del Consiglio regionale, ma vi sono state altre priorità alle quali si è guardato come è giusto guardare alle priorità.
Tuttavia sono a chiedere al Consiglio di rinviare in Commissione l'esame di questa proposta di legge con l'impegno di aprire all'interno della stessa un dibattito corretto. Questo però sarebbe elusivo delle responsabilità e degli orientamenti della politica culturale della Regione se non dicessi con molta franchezza che la legge è interessante, ma avrà anzi avrebbe nel caso fosse approvata una difficilissima applicazione e propone a me una serie di dubbi che derivano dall'esperienza e dal rapporto che ho avuto in questi tempi con numerosi gruppi linguistici presenti nella nostra Regione.
Se posso in sintesi dire quale potrebbe essere il mio orientamento, che terrà conto dei contributi di tutti, dovrei dire che se vi è grande interesse per le esperienze culturali, nelle loro più diverse forme, e grande interesse per le espressioni culturali testimoniate nella lingua piemontese, vi è assai meno disponibilità a considerare investimenti di risorse per l'insegnamento della lingua piemontese.
C'è ancora difficoltà per utilizzare le giuste risorse per l'insegnamento della lingua italiana. Potrebbe essere la soddisfazione di qualche desiderio pressante di gruppi che sono maggioritari nella nostra Regione, ma penso che il primo dovere sia quello di rivolgersi all'interesse generale anche sotto questo profilo.
Debbo anche dire che è sempre più difficile, mentre per quanto riguarda la lingua italiana è ormai facile immaginare una forma consolidata ed accettata in termini diffusi, individuare il "piemontese" che ha mille articolazioni, che ha dissonanze chiare come quelle che appaiono nelle zone lombardofone e nella zona occitana della nostra regione, dissonanze chiare come quelle costituite dalla consistente presenza di aree di immigrazione nella nostra regione; è vero che sono le più recenti, ma è pur vero che esse costituiscono patrimonio della cultura e della lingua della gente di questa regione.
Allora, credo proprio che al di là della possibilità di uscire di qui e dire "ho proposto di insegnare il piemontese e mi hanno risposto di no" sia il caso di fare qualche riflessione in più, che porti a poter utilizzare al massimo il patrimonio in lingua piemontese del passato che, con gusto dell'evoluzione della lingua, consenta di seguire le esperienze linguistiche attuali dei vari gruppi ancora presenti in Piemonte.
E' necessario questo impegno e la mia intenzione è di assorbire questa volontà e questo impegno in leggi già esistenti e che sono destinate a tutelare il patrimonio linguistico (le leggi nn. 30 e 35 sono in questa direzione). Per quanto riguarda l'insegnamento mi sembra veramente che bisognerà fare qualche ulteriore riflessione, qualche riferimento in più alle realtà come essi si configurano nella nostra regione.
Ringrazio il collega Fracchia che ha manifestato una diffusa richiesta interpretando gran parte del Piemonte, al tempo stesso dico che l'acquisizione in toto delle sollecitazioni che sono state fatte questa mattina presenta difficoltà considerevoli che affronteremo, se mi sarà concesso da questo Consiglio, in Commissione con onestà intellettuale e tenendo conto delle esigenze di tutti i cittadini, qualunque lingua qualunque dialetto, qualunque inflessione usino per trasmettere il loro pensiero, la loro personale cultura, la cultura dei gruppi a cui appartengono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Ringrazio l'Assessore della cortese risposta, mi delude un po' e mi spiace che non sia presente il collega Paris che è un piemontesista superconvinto.
Accetto la proposta dell'Assessore, se il Consiglio è d'accordo, del rinvio in Commissione dove si potranno discutere i pochi articoli e approfondire quei punti tramite i quali, con poco costo, si può già dare un primo impulso a questa divulgazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono firmatario della legge, e visto che è stato evocato Paris come piemontesista sommo, io spero di essere piemontesista d'accatto.
Ritengo utile quanto è stato suggerito dall'Assessore, perché è indubbio che in questa legge bisogna riuscire ad introdurre il massimo di potenzialità. Questa non è una legge che tende ad un risultato, ma a creare gli strumenti. L'obiettivo politico non è quello di dare uno strumento di conoscenza, ma quello di dare la conoscenza. Si è piemontesi non perché si parla "piemontese"; conoscere il piemontese serve per leggere il Piemonte.
Ho l'impressione che questa legge debba essere affinata molto per essere uno strumento utilizzabile anche da altri per conoscere il Piemonte. Allora qui bisogna che ci decidiamo a fare una rivoluzione culturale. Il Piemonte non è quello che viene fuori da qualche intervento in aula su questo: non è una regione pauperistica da presepio vivente, con i vecchietti che battono sulle scarpe, con i contadini che falciano. No, questo è un elemento generico che potete trovare diffuso in tutto l'arco alpino, in tutte le aree povere. E non sono neanche le sartine: le sartine ci sono in tutte le città, rappresentano un periodo della storia dell'artigianato. Il Piemonte è una cosa diversa, come è una cosa un po' diversa la storia d'Italia basta leggere quel libro di Ceronetti. La storia d'Italia è un po' diversa da quella che la rivoluzione culturale della Resistenza ci ha fatto credere o vuole farci credere. Allora, o questa legge noi la facciamo in modo tale che possa essere uno strumento di lettura e di recupero del Piemonte per quello che è stato, e ci consente quindi di recuperare stimoli dal passato per costruire un futuro in linea con il passato, oppure questa legge non serve a niente.
Non c'è bisogno di conoscere l'inglese per apprezzare Shakespeare n conoscere il tedesco per capire Kant (certo che conoscere il tedesco serve a capire meglio Kant, e conoscere l'inglese serve a gustare meglio Shakespeare). Questo strumento di lettura dobbiamo utilizzarlo, affinarlo e renderlo aperto anche a chi non è dotato dello strumento specifico, per aprire la rivoluzione culturale sul Piemonte.
La rivoluzione culturale sul Piemonte significa recuperare quello che è stato il Piemonte per cinquecento anni: il tentativo di un modello di società, di governo, di istituzione, che ha retto il confronto con quello austro-ungarico, con quello papalino e con quello del Sud. E' questa la verità.
Cari amici, se vogliamo concorrere, come classe dirigente, a che la classe dirigente sia meno di noi orfana del passato, questo passato va ricostruito: qualcosa del genere, guarda caso, hanno fatto, per esempio, le Giunte di sinistra. Noi non abbiamo coltivato abbastanza i ragionamenti fatti da Rivalta sul recupero delle dimore sabaude: io penso che nella sua cultura di umanista, un po' vendutasi al comunismo, c'era la percezione di fondo che si devono chiamare dimore sabaude perché ci deve essere una chiave di lettura complessiva di cosa sono state le realizzazioni sul territorio. Non sono dei mucchi di mattoni, sono una storia di cinquecento anni che ha costruito una cultura, una coscienza, una sensibilità un'intelligenza, delle aspettative per la nostra regione! Immaginate se questa regione fosse trapiantata in Francia, per esempio. Se fosse trapiantata in Francia, la nostra regione sarebbe oggetto di pellegrinaggi celebrazioni, false carneficine. Questa è la regione leader d'Italia.
Amendola, che non era un liberale, diceva: "guardate Torino". Se a Torino avvengono i fatti premonitori dei grandi processi della società culturali e politici è perché qui, a Torino e in Piemonte, è stato insediato qualcosa che per capire e leggere non basta conoscere il piemontese, bisogna strappare qualche velo, chiedere alla solidarietà della cultura, quella per esempio del collega Rivalta, che non ha chiamato questi contenitori Castello di Rivoli e così via. No, li ha chiamati per quello che sono: le dimore sabaude! Quindi, c'era in questo messaggio la disponibilità a rileggere e riconoscere la nostra storia per quello che è stata e che è in noi stessi. Questo lo anticipo, e sarà lo slogan della mia personale campagna elettorale.
Anche rispetto al problema che abbiamo davanti - mi rivolgo soprattutto al collega Fracchia e per esso al mio amico Paris della strumentalizzazione grossolana e incivile che si fa di un valore, dell'attaccamento alla propria terra da parte di alcuni movimenti politici non si può rispondere in termini di difesa. Allora, per essere più piemontesisti di Gremmo siamo più piemontesi di Gremmo nel senso gretto e casalingo del termine: dobbiamo essere più piemontesi nel senso di più aperti e dobbiamo dire che siamo orgogliosi di avere creato le condizioni per alcuni milioni di italiani di concorrere con noi a costruire una società più evoluta, perché la ricchezza dei piemontesi - dobbiamo riconoscerlo - deriva dai sacrifici delle grandi masse immigrate degli anni '50 e '60. Io ricordo quando compravamo la lavatrice con lo sconto e gli immigrati la pagavano a rate, quindi la pagavano il doppio: la ricchezza del nostro Paese per certi versi è nata da questa fase.
Noi dobbiamo riproporre il Piemonte come regione guida di questo Paese e quindi rilanciare l'orgoglio di essere piemontesi sulle prospettive e non sull'egoismo o sulla nostalgia, perché la memoria è una cosa, la nostalgia è un'altra. La memoria è una cosa che ci fa rivivere le cose, la nostalgia è un modo di ricordare le cose che ce le fa rimpiangere. A mio modo di vedere, bisogna trovare il modo, quando arriveremo in aula con questa legge che sarà uno strumento - spero sia così - molto praticabile, molto aperto molto flessibile, di recuperare per questo Piemonte la vocazione non in termini di nostalgia, ma di memoria storica perché è su questo che si costruiscono anche le premesse di quella parte di integrazione europea che dovrà avere una caratteristica piemontese.
Noi non ci legheremo con qualche altra regione per costruire l'identità di una regione alpina sul fatto che abbiamo delle baite che sono distrutte o dalla miseria o dalla speculazione e che non resisteranno, ma dovremo portare a questa "liaison" delle regioni alpine la cultura del fare, che è tipica delle regioni alpine, un po' meno delle regioni di pianura; la cultura del fare e dell'inventare.
Ho l'impressione che i colleghi abbiano colto il senso di questo mio intervento. Dobbiamo superare il trauma che ha subìto il nostro Paese quarant'anni fa e che la nostra regione ha vissuto in termini drammatici mentre altre regioni no (mi riferisco a quelle che non hanno conosciuto la Resistenza). Da Valsusino devo dire che il Piemonte vero, quello che fa riflettere e ci commuove di più, è il Cuneese per certi versi, nel senso che la cultura del lavoro, oltre che nel tempio di Mirafiori, si vede anche nelle vigne delle Langhe. Questa è la cultura del lavoro, più che non la cultura della paura e della fame che c'era sulle mie montagne, che era comune ovunque ci fosse miseria. La cultura del lavoro è una cosa diversa.
E' probabile che la nostra generazione possa ricucire questo strappo che è stato nella forza delle tensioni che hanno caratterizzato per un certo tempo i suoi drammi per poter ripensare al suo passato in termini di serenità - come avrebbe detto Croce - e rilanciare alla grande il suo passato. E il suo passato non è soltanto una serie di cadaveri in qualche Basilica di Superga o a Roma, ma è una tradizione di cultura di governo una tradizione di civiltà e soprattutto di grande cultura del lavoro che ha costruito masse lavoratrici di grande capacità e una cultura industriale che si è affermata tra le prime del mondo. Ho l'impressione che chi verrà dopo di noi su questi banchi avrà la fortuna di chiudere il tempo delle tensioni e cominciare il tempo della ricostruzione del passato per fondare anche il discorso politico su una identificazione della classe politica con il grande Piemonte. Ha detto qualcuno scherzando l'altro giorno: il vecchio Piemonte. Il vecchio Piemonte è un grande Piemonte! Cari amici, quando ci rendiamo conto che la nostra regione conta poco è perché è quella che più di altre ha subìto questo trauma: ha perso la capitale, ha perso la monarchia, ha perso il Principe di Piemonte (l'hanno trasformato in vino, non so lui cosa ne pensi di questa vicenda, comunque pare che sia buono), dopodiché ci lamentiamo che la lobby romana conti poco rispetto a quella milanese che invece è diventata la capitale des affaires rispetto a Roma che è la capitale della mondanità. Noi dobbiamo recuperare a Torino e in Piemonte la capitale di qualcosa che è la cultura del lavoro che è la cultura dell'impresa, che è la cultura del fare, utilizzando lo strumento della lettura piemontese e della cultura del quotidiano, se di questo vogliamo parlare, come un bene comune che però non è più esclusivo di qualcuno che ha avuto la fortuna o la sfortuna di nascere al Moncenisio oppure di essere nato a Gioia del Colle o a Paola. Oggi Susa ha, per esempio, più cittadini nati a Paola che cittadini nati a Susa: questa è la verità con la quale ci dobbiamo misurare. Però io sono convinto che questi cittadini di Paola vogliono conservare la capacità di leggere la loro storia e la loro cultura, ma di capire anche il mondo nuovo che ha dato loro la possibilità di fare un'esperienza nuova e vivere in modo non dico migliore o peggiore, ma certamente diverso rispetto a quello che avevano conosciuto negli anni della loro prima giovinezza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, visto che si è sviluppato un dibattito senza volerlo, dal momento che l'illustrazione del collega Fracchia è stata abbastanza particolareggiata, credo si possano spendere due minuti su questo tema, anche perché le risposte dell'Assessore Nerviani sono state puntuali ed importanti.
Stiamo andando verso una società multinazionale e multirazziale. Come rapportiamo questo tipo di prospettiva, che è nel segno di ogni cosa rispetto alle radici che vogliamo mantenere della nostra storia, cultura ed identità? Questo passaggio è estremamente complesso.
Il Piemonte, così come è riquadrato amministrativamente, rappresenta a volte, come la storia delle Province, divisioni amministrative che non tengono conto delle articolazioni dei popoli. Nel nostro Piemonte c'è una parte del popolo occitano, c'è una grande cultura franco-provenzale, c'è una cultura di radice tedesca; nella provincia di Novara c'è una cultura novarese-lombarda. Inoltre, abbiamo forti nuclei di immigrati dal Sud che sono arrivati negli anni '60/'70, ma anche forti nuclei veneti che hanno delle radici storiche, esistono delle associazioni e del resto la stessa Regione ha emanato leggi per tentare in qualche modo di tutelare questi patrimoni.
Pertanto, l'inserimento della proposta del collega Fracchia è stimolante, ma va vista tenendo conto di queste articolazioni della nostra società. Lo stesso piemontese non è omogeneo; sulla grammatica c'è una maggiore omogeneità, ma sulla pronuncia c'è una disomogeneità notevolissima, a volte da paese a paese. Si tratta quindi di studiare questo percorso e di rispettare quelle che sono le identità dei popoli che sono all'interno del riquadro amministrativo del Piemonte.
L'unità europea, che è dei popoli, perlomeno secondo il mio Partito, è un'unità che dovrà dare una nuova identità, per esempio, al popolo occitano, al popolo bretone, al popolo basco, i quali si troveranno proprio in questa unità europea, che abbatterà le barriere fisiche degli stati nati nel '600, '700, '800 e dovrà dare un nuovo valore a questi popoli che non hanno perso la loro storia, la loro lingua, la loro volontà di identità.
Questo non fa a pugni con il processo di trasformazione verso una società multirazziale e a forte compenetrazione internazionale, ma bisogna trovare la strada per permettere che questo tipo di intervento che si vuole attuare rispetti le radici di ognuno e quindi in qualche modo permetta di non subire una forma di colonialismo piemontese da parte di altre identità perché sono più piccole e marginali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo brevemente per rimarcare quanto sia importante e necessario che il Consiglio regionale si occupi del principale modo di parlare nella nostra regione, il piemontese.
Nello stesso tempo, vorrei rimarcare come sia altrettanto importante che il Consiglio regionale sia capace di cogliere pienamente la quantità, la qualità e la rilevanza storica e culturale delle altre parlate e lingue frutto di storie e tradizioni diverse, che convivono da secoli, nella regione, che sono anch'esse il modo di parlare dei piemontesi, sono "la nostra moda".
Più volte, anche parlando del Piano regionale di sviluppo, ho ricordato come in questa Regione troppo rilievo abbia la grande conurbazione urbana e il centro rispetto alle altre realtà, quali la montagna, che ha senza dubbio un grande passato fatto anche di convivenza tra lingue e tradizioni diverse, pur facendo tutte parte della grande unità delle tradizioni dell'arco alpino, al di qua e al di là delle Alpi, a prescindere dai confini politici e amministrativi ed un presente sempre più marginale. E' importante che la Regione tenga conto di questo insieme di tradizioni e di modi di parlare, dall'occitano, al patois, al franco-provenzale. Al di là e accanto al piemontese che, per le vicende degli ultimi cento anni di storia regionale, corre il rischio di diventare la parlata di una pianura profondamente urbanizzata, per una serie di processi di accentramento politico e culturale.
Mi auguro che, riprendendo anche la legge regionale sulle minoranze linguistiche, riconoscendo l'importanza del piemontese all'interno della riacquisizione della nostra coscienza e storia collettiva, e tenendo anche conto del fatto che ormai il Piemonte è abitato da più popolazioni, in seguito a processi migratori sia interni al nostro Paese che provenienti dai Paesi extracomunitari, all'interno di questa complessità linguistica culturale e religiosa della Regione, il Consiglio possa trovare il tempo e la volontà politica di predisporre un intervento legislativo che permetta di mantenere tutte le tradizioni del nostro passato. Non per affermare particolari imperialismi piemontesistici, senza seguire le politiche più o meno revansciste e localistiche di Gremmo, ma con la capacità di capire la richiesta di fondo di quella parte della popolazione che vive nella nostra Regione, che sente il bisogno di riaffermare tradizioni, radici, costumi e lingua.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non pensavo si sviluppasse un dibattito a cui hanno partecipato tutti i Gruppi e mi pare quindi giusto che anche il nostro Gruppo si esprima.
La Regione possiede già una legge sulla tutela del patrimonio linguistico e culturale del Piemonte che si presenta con un titolo estensivo di questa materia. Noi che sostenemmo l'altra legge non possiamo essere contrari ad una materia di questo genere.
Nella legge ci sono proposte di tipo diverso, alcune possono essere integrazioni della legge precedente, altre sono aperture di nuovi campi.
Condivido quanto detto dall'Assessore Nerviani e dal Consigliere Tapparo: è materia che va ripresa con attenzione considerando che anche alcuni dati del quadro culturale delle presenze piemontesi sono mutati e si sono imposte con evidenza novità negli ultimi tempi. Si tratta quindi di una materia che va trattata con la dovuta attenzione e il dovuto impegno.
Sono d'accordo affinché la Commissione riprenda l'analisi della proposta di legge.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione il rinvio in Commissione del progetto di legge n. 114.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Industria - Commercio - Artigianato: argomenti non sopra specificati

Richiesta di iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno in merito al processo FIAT


PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Avondo. Ne ha facoltà.



AVONDO Giampiero

Ieri il Gruppo comunista, con i Gruppi Verde Arcobaleno e Lista Verde ha presentato un ordine del giorno in merito al processo FIAT. Non chiedo la discussione immediata, ma che nella prossima seduta del Consiglio regionale il documento sia iscritto all'o.d.g. e discusso. Chiedo ai colleghi una riflessione sull'ordine del giorno e una loro eventuale collocazione.



PRESIDENTE

La proposta è accolta.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,20)



< torna indietro