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Dettaglio seduta n.204 del 14/09/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprendiamo i lavori consiliari dopo la pausa estiva con l'esame del punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni e interpellanze".
Esaminiamo congiuntamente l'interrogazione n. 1863 presentata dal Consigliere Ala e l'interrogazione n. 1873 presentata dai Consiglieri Valeri, Montefalchesi e Staglianò.
Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore all'energia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, rispondo congiuntamente agli interroganti: i primi elementi di risposta erano già pronti prima delle ferie, ma per motivi tecnici non erano ancora stati realizzati. L'impegno era di aggiornare la risposta se ci fossero stati degli sviluppi, ma a tutt'oggi non c'è stata alcuna comunicazione da parte dell'ENEA.
Le interrogazioni in oggetto, pur ponendo quesiti differenti e variamente articolati, trovano origine comune nei dati contenuti in un documento programmatico che il Presidente dell'ENEA, Umberto Colombo avrebbe presentato ai sindacati e del quale si ha notizia solo attraverso la stampa.
Il citato documento, non ancora deliberato dal Consiglio di amministrazione dell'Ente energetico, elencherebbe una serie di iniziative di riconversione delle attività di ricerca e di sviluppo di nuove tecnologie interessanti il Centro Ricerche Energia di Saluggia, dove verrebbero a concentrarsi le residue attività nucleari italiane.
In sostanza si tratta di capire quali siano i prevedibili sviluppi futuri del Centro di Saluggia, sia per quanto attiene ad attività rivolte alle tematiche ambientali ed energetiche promosse d'intesa con la Regione o autonomamente dalle strutture del Centro stesso.
Sul primo punto è necessario aprire una premessa, in attesa che ci giungano risposte dall'ENEA di Roma cui abbiamo rivolto tempestivamente i quesiti del caso, come istituzione regionale.
Lo schema del nuovo Piano Energetico Nazionale trova origine dalle risoluzioni parlamentari del dicembre 1987 e ridimensiona drasticamente i programmi di sviluppo dell'energia nucleare sottolineando la necessità di riorientare la ricerca in questo settore.
Nell'ambito della sospensione quinquennale della costruzione di nuove centrali nucleari, viene però evidenziata la necessità di valorizzare e potenziare soprattutto le attività di ricerca mantenendo le capacità tecnologiche esistenti.
Di fatto viene bloccato lo sviluppo dei progetti CIRENE, PEC e reattori veloci, ma non possono essere annullate le attività residue che attengono al ciclo del combustibile, in quanto il condizionamento e la sistemazione delle scorie radioattive derivanti da pregresse attività produttive e sperimentali svolte nei centri ENEA spettano istituzionalmente all'ente medesimo e ai suoi centri dislocati sul territorio nazionale.
Il problema pertanto non è quello di decidere che cosa può o non pu fare il Centro ENEA di Saluggia in ordine a previsioni o ipotesi non ancora programmate e deliberate dall'ente, bensì di decidere che cosa fare di prodotti, servizi e attività che, in larga misura, spettano istituzionalmente ed esclusivamente al Centro di Saluggia e per i quali non esisterebbero collocazioni alternative, ad eccezione delle intese che, in casi particolari, vengono raggiunte con altri centri analoghi esistenti nei Paesi dell'Europa occidentale che detengono attrezzature e impianti qualificati per ritrattare o confinare prodotti del ciclo nucleare.
In merito alle attività, pur non essendoci ancora determinazioni o deliberati ufficiali dell'ente o del Governo, non si può non richiamare l'attenzione al capitolo del PEN che illustra il ruolo dell'ENEA in campo energetico e che affida all'ente energetico, tra nuovi e vari compiti anche quello di sviluppare programmi di ricerca nel campo della fissione nucleare con riguardo "all'esplorazione e allo sviluppo di nuove soluzioni impiantistiche basate sull'impiego di sicurezze intrinseche o passive accettate dall'opinione pubblica".
E' logico, pertanto, che se nel campo della fissione nucleare devono essere valorizzate le attività di ricerca, mantenendo le capacità tecnologiche esistenti, come recita il PEN, il Centro di Saluggia dovrà adattare mezzi e risorse a nuovi filoni di ricerca, magari anche diversificando le attività, ma non potrà mutare radicalmente i compiti d'istituto che è stato destinato ad assolvere, a maggior ragione considerando che tale presidio non trova altri centri analoghi in Italia.
Riprendendo recentissime dichiarazioni in merito alle varie attività in campo nucleare, si può sostenere che sono in avanzato stato di attuazione iniziative intese a liberare il sito di Saluggia da ogni materiale radioattivo accumulato nel corso dei passati programmi impostati sul ciclo del combustibile relativo alla fissione e sono state, inoltre, impostate le attività relative al "decommissioning" (smantellamento) degli impianti EUREX ed IFEC su cui già ampiamente relazionato in aula consiliare in occasione di una precedente interrogazione.
Come già prima richiamato, questi sono gli unici elementi di cui disponiamo, ma la Giunta relazionerà in modo integrativo richiedendo all'occorrenza, uno specifico incontro con l'ENEA, magari in sede di Commissione consiliare competente.
Per quanto attiene ad altre attività, diverse da quelle collegate al ciclo del combustibile nucleare, si rappresenta quanto segue pur sottolineando che il presidio piemontese dell'ente energetico sarà sempre più coinvolto in attività di collaborazione con la Regione Piemonte, in modo esclusivo o di supporto di programmi concordati con i dipartimenti centrali dell'ENEA.
Alla luce della prima intesa-quadro del 1982, con la quale la Regione Piemonte e l'ENEA stabilivano di unire competenze e risorse per dare pratica attuazione alla politica energetica nazionale e, conseguentemente per realizzare il programma regionale finalizzato per il settore energia sono scaturite iniziative e progetti che in una certa misura hanno interessato e coinvolgeranno certamente l'ENEA e in parte il Centro Ricerche Energia di Saluggia.
Di notevole interesse è l'incarico di predisporre il bilancio energetico regionale, affidato all'ENEA e in corso di formalizzazione in questi giorni.
La collaborazione è finalizzata all'istituzione di un osservatorio energetico regionale permanente ed autosufficiente che aggiornerà annualmente il bilancio energetico e soprattutto individuerà elementi tecnici di supporto e di indirizzo della politica energetica regionale.
Il Centro di Saluggia, su specifica richiesta regionale, ha inoltre dimostrato ampia disponibilità a fornire consulenza ed assistenza strumentale negli adempimenti derivanti dalla gestione della legge n.
308/82, i cui termini sono decollati in queste settimane; già nella precedente edizione l'ENEA aveva messo a disposizione della Regione un programma di gestione automatizzata delle domande di contributo e un rappresentante dello stesso ente, presso il Centro di Saluggia, era stato nominato in qualità di membro del Comitato tecnico di cui alla L.R. n.
19/84.
A seguito del rifinanziamento delle norme di incentivazione al risparmio energetico la collaborazione con il Centro si è arricchita di un ulteriore supporto di consulenza tecnica e di trattamento dati per il quale si è recentemente espresso con favore lo stesso Presidente Colombo.
Nel settore della protezione dell'ambiente, e in particolare in quello dei residui tossici e nocivi, già operano parte delle competenze e infrastrutture attive realizzate sul riprocessamento del combustibile nucleare. Sempre in tale settore verranno ulteriormente potenziate le attività che sono finalizzate allo studio del trasporto, la diffusione e la trasformazione degli inquinanti convenzionali, mediante l'utilizzo di modelli e di reti di monitoraggio.
Con l'occasione, si comunica che dopo l'approvazione del DPR 24/5/1988 n. 203 riguardante il controllo delle emissioni gassose nelle attività produttive, la Regione Piemonte è stata chiamata a provvedere al rilascio delle autorizzazioni per le emissioni in atmosfera sia per i nuovi impianti, sia per quelli esistenti.
Per supportare la Regione Piemonte nell'attività di catalogazione verifica e messa a punto di modalità di riferimento in attuazione del citato provvedimento statale, il Centro Ricerche Energia ENEA di Saluggia ha offerto la propria collaborazione sia in termini di personale, sia di strumentazione, per sperimentare, su un numero limitato di domande, la procedura idonea per l'immagazzinamento dei dati e la loro elaborazione fornendo un valido aiuto metodologico per sveltire e razionalizzare i processi di lavoro.
Nel settore delle fonti energetiche alternative, verranno ampliate le attività già in atto relative allo sviluppo di tecnologie innovative per la combustione di biomasse. E' prevista la realizzazione a Saluggia, in collaborazione con la piccola e media industria, di un centro di sviluppo prova e riqualificazione di prototipi di serie che utilizzeranno anche interventi tecnologici innovativi.
Infatti, in collaborazione con il Dipartimento FARE dell'ENEA, è in corso di realizzazione una stazione sperimentale per combustori di grossa taglia, rivolti alle biomasse e in particolare di legno.
A questo punto merita ricordare proprio le precedenti esperienze maturate fra ENEA, IPLA e Regione con il progetto sull'utilizzo del combustibile legno conclusosi lo scorso anno.
Il personale del Centro di Saluggia in rappresentanza dell'ENEA partecipa inoltre ad un gruppo di lavoro denominato "Tavolo degli esperti" istituito presso la Finpiemonte, con il compito di proporre al governo regionale iniziative e soluzioni per fronteggiare l'emergenza rifiuti.
In collaborazione con altri Dipartimenti dell'ENEA (TIB: Tecnologie Intersettoriali di Base, e FARE: Fonti Alternative e Risparmio Energetico) il Centro ha partecipato al progetto denominato Musei Biblioteche Archivi Piemontesi, che ha come titolare la FIAT-Engineering e come promotori ENEA Regione e Politecnico (nelle scorse settimane ha avuto una particolare attenzione per sbocchi occupazionali che nel frattempo non avevano visto terminare quella forma di collaborazione per decine e decine di tecnici e di laureati).
Il presidio di Saluggia ha istituito ancora un laboratorio di taratura della strumentazione impiegata nel rilevamento delle condizioni ambientali esistenti negli edifici posti sotto indagine ed ha organizzato i corsi di formazione dei giovani addetti al progetto.
Nello stesso ambito il Centro ha messo a punto, per il Museo del Risorgimento, un sistema informatico di catalogazione di testi e immagini su personal computer.
Fra le attività rivolte al territorio regionale, va ricordato il progetto BIC Piemonte che si propone di creare un organismo in grado di stimolare nuova imprenditorialità fornendo servizi non disponibili presso le associazioni di categoria.
Tralasciando altre iniziative non direttamente collegate ad attività o progetti regionali, quanto sopra testimonia come le risorse e le competenze presenti a Saluggia siano già da tempo orientate, anche grazie agli stimoli offerti dalla Regione e dalle forze scientifiche ed imprenditoriali piemontesi, verso una graduale diversificazione dell'attività con particolare riferimento all'ambiente, alle fonti energetiche alternative ai servizi di assistenza e consulenza a sostegno e valorizzazione di tematiche di particolare interesse scientifico e culturale.
Anche per questi motivi, è stata estesa in Giunta regionale una mia specifica comunicazione che sottolinea la necessità di aggiornare il Comitato misto, di cui all'intesa del 1982, con l'avviso di attualizzare il protocollo Regione-ENEA adattandolo a nuove esigenze e a programmi più mirati e meno generici o generalizzati, anche in relazione al Piano Energetico Nazionale e ai recenti progetti che la Giunta sta attivando con l'ente energetico statale.
Come dicevo, siamo in attesa di una determinazione più precisa da parte dell'ENEA (determinazione che non ci è ancora formalmente arrivata).
Ripropongo a questo momento successivo un aggiornamento per un ulteriore confronto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, debbo innanzitutto constatare che, pur con la migliore volontà, l'Assessore non è stato in grado di dare risposte esaurienti, e ciò in conseguenza del fatto che l'ENEA non ha risposto alle sollecitazioni che le sono state rivolte.
La nostra interrogazione è stata originata dalle notizie giornalistiche inerenti le ipotesi di concentrazione a Saluggia delle residue attività nucleari dell'ENEA. Da verifiche successive da noi svolte dette ipotesi si sono rivelate in buona parte errate, ed in particolare è risultata infondata la notizia che Saluggia fosse destinata a divenire sede della ricerca e della fabbricazione di combustibile nucleare, tanto per reattori innovativi che per reattori standard. In realtà i programmi ENEA prevedono la concentrazione di dette attività alla FM di Bosco Marengo. Quindi il problema, sotto questo profilo, se così stanno realmente le cose, si sposta soltanto territorialmente.
L'altro grande nodo irrisolto è quello dello stoccaggio delle scorie.
In proposito mi pare che, pur con le incognite dovute all'insufficiente grado di informazione a nostra disposizione, si debba dissentire dall'affermazione fatta dall'Assessore, secondo cui sarebbe in corso lo smaltimento delle scorie radioattive. Innanzitutto occorre intendersi. Nei depositi ENEA di Saluggia sono stoccate scorie a bassa, media ed alta attività. Cosa significa dichiarare che le scorie sono in via di smaltimento? A noi non risulta che le cose stiano così. Anzi, riteniamo che per quanto riguarda le scorie ad alta attività le prospettive di smaltimento si stiano facendo più incerte e difficili.
Di recente è stato stipulato un accordo internazionale tra la Francia e la Germania occidentale per il ritrattamento di scorie ad alta attività, in base al quale è vero che alla Germania è consentito conferire ad impianti francesi la ritrattazione di 500 t/anno di scorie ad alta attività prodotte dalle proprie centrali, ma al termine di tale operazione le scorie ritrattate la Germania e costretta a riprendersele indietro. E si tratta sempre, è bene ricordarlo, di scorie ad alta attività di cui resta insoluto lo smaltimento finale. Di conseguenza, anche qualora il ritrattamento delle scorie giacenti a Saluggia fosse risolvibile - e non lo è ancora - a livello di accordo internazionale, ciò non equivarrebbe in alcun modo ad una soluzione definitiva.
Anche per queste ragioni occorre sollecitare l'ENEA a dare alla Regione un quadro informativo esauriente. Quando lo si sarà ottenuto riteniamo bisognerà trovare, in Consiglio o in VII Commissione, l'occasione per un ulteriore confronto con la Giunta che serva a definire le iniziative da assumere con sollecitudine.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, cercherò di essere breve, evitando di sottolineare l'insoddisfazione nei confronti della risposta fornita dall'Assessore.
Insoddisfazione che può essere temperata dal fatto che l'Assessore ha messo le mani avanti.
Facciamo tesoro di una proposta, che è quella dell'interesse e della disponibilità dell'Assessore e della Giunta regionale ad esaminare in futuro la vicenda ENEA insieme alla Commissione e al Consiglio. Facciamolo presto, perché questo è il problema della sopravvivenza dell'avventura nucleare nel nostro Paese, che finirà ad avere Saluggia come uno dei centri impegnati nel ritrattamento o nello stoccaggio "provvisorio" delle scorie per alcuni secoli. Perché di questo si tratta. Quindi non è pensabile che la cosa finisca domani o dopodomani: durerà probabilmente alcuni secoli.
Però deve esserci un Governo nazionale, prima che regionale, capace di tener conto che le conseguenze degli errori del passato resteranno ancora per secoli e dovranno essere controllate e possibilmente rese meno pericolose per altrettanto tempo. Attorno a tutto questo la Regione deve cercare di chiarire a se stessa quale sia la propria politica, al di là dell'utilizzare servizi e competenze dell'ENEA in altri settori. Ma questo problema è quello che l'Assessore dice "che non è" un problema: decidere che cosa può fare o non può fare Saluggia. O meglio che cosa a Saluggia è compatibile con gli aspetti sanitari e con il rischio connesso, sia per quanto riguarda il semplice deposito, sia per quanto riguarda le attività.
Il problema è questo: noi, Regione Piemonte, quale ruolo vogliamo giocare rispetto alla sopravvivenza del nucleare e delle conseguenze dell'avventura nucleare a Saluggia? Giustamente occorre una relazione più approfondita, un incontro in Commissione. Ma ricordo a tutti i colleghi che, fino a prova contraria, circa un anno fa noi avremmo dovuto indire una Conferenza regionale sull'energia e uno dei nodi era proprio questo: il futuro di Saluggia. Anche perché, a mio modesto avviso, da quanto ho capito, il futuro di Saluggia è più rischioso del già rischioso presente, perché prima o poi si porrà il problema dello smantellamento e del destino delle centrali di Latina, del Garigliano, di Caorso e della Fermi di Trino. Tutto il materiale ad alta e media radioattività presente in queste centrali, in un modo o nell'altro, da qualche parte dovrà finire. E su questo gli accordi internazionali richiamati dal Consigliere Valeri sono praticamente inesistenti perché sta fallendo ogni ipotesi internazionale in merito, sia nel campo del riprocessamento che in quello dello stoccaggio.
Vorrei però ricordare alla Giunta che la vicenda che a me preme di Saluggia è quella relativa al materiale radioattivo presente, alle attività che si svolgono e soprattutto a quelle che probabilmente si svolgeranno.
Chiedo allora che essenzialmente su questo, in tempi molto brevi, vi sia l'incontro in Commissione, presenti i dirigenti dell'ENEA, ma vi sia anche e questa è l'aggiunta che faccio io - un contatto con il Governo nazionale per capire comunque effettivamente, all'interno del futuro Piano energetico che ogni tanto viene e ogni tanto va, quali saranno le previsioni per il ritrattamento e riprocessamento delle scorie, che ci ha lasciato in eredità la nostra avventura nucleare. Poi a margine si può pur dire che qualcuno intende ancora ripercorrere la strada nucleare. Non è vero?


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza n. 1838 del Consigliere Tapparo inerente la situazione occupazionale in Bassa Valle Susa


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 1838 presentata dal Consigliere Tapparo.
Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

La Elcit S.p.A. di Sant'Antonino di Susa è un'azienda controllata dalla GEPI che opera nel comparto dell'elettronica civile. Occupa ad oggi 362 dipendenti. La produzione è costituita da apparecchi televisivi articolati sui marchi Magnadyne e Radio Marelli per un volume annuo di circa 80.000 televisori; fino a poco tempo fa a questo tipo di produzione si affiancava quella di video per computer destinati all'Olivetti per un totale di 100.000 pezzi (anno); oggi questa produzione è venuta meno a seguito della decisione dell'Olivetti di affidarsi per l'approvvigionamento ad altre imprese (si osserva che tale quantità rappresentava comunque assai meno della metà della produzione totale per quantità di lavoro trattandosi di un prodotto assai più semplice rispetto agli apparecchi di ricezione televisiva).
Il problema di competitività dell'azienda si ricollega allo stato di frantumazione dell'industria italiana del settore, che produce annualmente 800.000 pezzi suddivisi in 25 marchi, a fronte dei 10 milioni di pezzi prodotti dalla sola Philips, ed ai 3 milioni della Thompson.
Si tratta quindi, per la Elcit, di problemi di volumi produttivi e di economie di scala e non di qualità del prodotto, che è sostanzialmente omogenea per tutti i produttori, in quanto i componenti, a partire dal tubo catodico, sono costruiti dalle medesime aziende fornitrici, e la tecnologia per il montaggio è molto semplice.
L'azienda ha evidenziato un'eccedenza strutturale di circa 150 unità sui 362 totali dipendenti a causa del negativo andamento aziendale che ha causato una perdita di 10 miliardi per l'esercizio 1988; l'azienda aveva avanzato nel corso del 1988 richiesta di CIGS per crisi, senza tuttavia procedere alla sospensione dei lavoratori; la richiesta è stata respinta dal CIPI.
L'azienda ha quindi comunicato l'intenzione di voler procedere alla riduzione del personale; dopo ripetuti incontri della Regione con la Elcit la controllante GEPI e le Organizzazioni sindacali, si è giunti a stipulare un accordo in sede di Ministero del Lavoro, in cui si riconosce lo stato di crisi e l'eccedenza strutturale. L'azienda si impegna a non dar corso ai licenziamenti e a presentare istanza di CIGS per un anno a decorrere dal 26/6/1989. Nel corso di detto periodo l'azienda si attiverà per utilizzare l'istituto del prepensionamento e favorire le dimissioni incentivate. Al tempo stesso la Regione Piemonte si adopererà per attivare corsi di riqualificazione professionale finalizzati a soluzioni occupazionali che si renderanno disponibili anche a seguito di progetti specifici di reimpiego di lavoratori ultraventinovenni ai sensi dell'accordo vigente tra le Organizzazioni datoriali e le Organizzazioni sindacali (individuati anche con il concorso dell'Amministrazione comunale di Sant'Antonino di Susa e la Commissione regionale per l'impiego).
Le prospettive per un reale sviluppo dell'azienda possono derivare per da un favorevole posizionamento della Elcit rispetto all'eventuale costituzione di un polo nazionale dell'elettronica civile che comprenda anche le aziende del Gruppo REL. anche in previsione degli spazi di mercato che si possono aprire per la TV ad alta definizione, intesa come trasformazione radicale della TV, come mezzo multiuso teso a coprire il campo audiovisivo, e quello dell'informatica e delle telecomunicazioni, in cui sono in gioco non solo questioni di tecnologie, ma anche processi di ristrutturazione finanziaria e imprenditoriale dei settori tecnologici di punta a livello mondiale.
Il Ministero dell'Industria a questo proposito ha svolto degli studi di fattibilità, ma la scelta di politica industriale di costituire una struttura imprenditoriale adeguata per condizioni e dimensioni, per capacità di ricerca e commercializzazione, anche mediante accordi con grandi e importanti gruppi europei, richiede approfondimenti ulteriori, che ad oggi non possono certo prefigurare un cammino già tracciato in cui la Elcit possa trovare un proprio ruolo.
E' da notare che la legge n. 442/80 dispone che la GEPI definisca programmi di disimpegno nelle Regioni settentrionali, anche prevedendo ipotesi di riconversione produttiva delle aziende; sotto questo aspetto la GEPI non può, a termini di legge, effettuare nuovi investimenti, ed anzi considera la Elcit appartenente alla fascia delle aziende da cedere ai privati.
A questo proposito le ipotesi percorribili possono essere sia quella che va nella direzione del polo nazionale dell'elettronica civile o, in alternativa, un interessamento da parte di privati che rilevano l'azienda avendo come obiettivo la riconversione produttiva, che nel contempo garantisca il mantenimento dei livelli occupazionali.
In questo senso sono tuttora in corso contatti preliminari con gruppi finanziari ed industriali privati che dovrebbero rispondere al duplice requisito della ricapitalizzazione e del rilancio dell'immagine di marchi (Magnadyne, Radio Marelli, Lesa) un tempo prestigiosi. La Regione sarà informata di eventuali sviluppi circa l'ipotesi della cessione a privati.
Sarà mia cura aggiornare i Consiglieri interroganti di eventuali sviluppi mi auguro positivi, su questa vicenda che insiste su un'area territoriale particolarmente "difficile" quale la Valle Susa che è in attesa di particolari aspettative al riguardo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Ringrazio l'Assessore per la risposta anche se l'argomento ha perso un po' di attualità visto che è stato particolarmente concentrato e drammatizzato alcuni mesi fa. Voglio solo sottolineare che il caso della Elcit, della vecchia Magnadyne, è ancora una volta una chiara espressione della mancanza di un'adeguata politica industriale in alcuni settori, come quello dell'elettronica civile. Ricordo che quando è stata introdotta la televisione a colori in Italia sembrava che dovesse cascare il mondo se non si fosse fatta quell'operazione in tempi rapidi per gli interessi della nostra industria nel settore dell'elettronica civile.
Quell'apertura senza un'adeguata politica industriale si è tradotta semplicemente in un'apertura ulteriore del nostro mercato ai produttori europei e dell'Estremo Oriente.
Credo occorra, per quello che può fare la Regione Piemonte, favorire in tutti i modi la possibilità dell'ingresso della Elcit nel polo nazionale per l'elettronica civile; dubito che però ci sia, da parte di alcuni rappresentanti del Governo, la volontà di interpretare adeguatamente quella che è una politica industriale con tutti i suoi elementi (i problemi dell'indotto e del rapporto con la domanda).
Ho l'impressione che sia la cultura della deregolamentazione a produrre questi effetti. Ho maggiori dubbi verso una riconversione produttiva della Elcit, una differenziazione di produzione o proprio una profonda trasformazione. Tuttavia credo che la Regione Piemonte, ne do atto all'Assessore, debba essere impegnata, sia per gli aspetti di ammortizzatori sociali nel rapporto con i lavoratori, sia sollecitando il Governo sul polo dell'elettronica e su altri aspetti della politica industriale, a non demordere, anzi a cominciare a mordere visto che non l'ha mai fatto.


Argomento: Università

Interrogazione n. 1775 dei Consiglieri Valeri, Avondo, Dameri e Sestero inerente la seconda Università tripolare in Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 1775 presentata dai Consiglieri Valeri Avondo, Dameri e Sestero.
Risponde l'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore all'istruzione

Il decreto 12/5/1989 del Presidente del Consiglio dei Ministri relativo all'approvazione del Piano di sviluppo delle Università per gli anni 1986/1990, ha accolto nel suo complesso la proposta che il Consiglio regionale del Piemonte ha formulato fin dal 1984 e ribadito nel febbraio 1987.
Formalmente forse non ne abbiamo mai parlato, ma essendo pubblicato il decreto sulla Gazzetta Ufficiale possiamo dire che finalmente e formalmente il Governo con suo atto ha riconosciuto il diritto al decentramento degli Atenei piemontesi. I dati sono noti, i giornali ne hanno abbondantemente parlato e noi abbiamo riferito in Commissione. Il Consigliere Valeri e gli interroganti ne sono ampiamente informati, ma sono disponibile a dare ulteriori precisazioni dopo la replica del collega Valeri.
Nella stesura della proposta, con il concorso degli enti interessati si era ipotizzato che le sedi ove i nuovi corsi fossero attivati dovevano essere fornite dagli enti locali. Nella proposta era esplicitato che i locali sarebbero stati reperiti e messi a disposizione dagli enti locali.
Nella stessa relazione con la quale il Ministro Galloni aveva accompagnato la proposta di decentramento era specificamente indicato che le sedi, le strutture, i contenitori, dovevano essere reperiti e messi a disposizione dagli enti locali interessati che avevano richiesto il decentramento universitario.
Sia la Commissione precedente che il CUN hanno apprezzato e messo in evidenza - questa è stata una delle ragioni forti per appoggiare la proposta della Regione Piemonte la serietà e l'impegno con cui gli enti locali hanno individuato le strutture fisiche dove ubicare i nuovi corsi di laurea.
E' naturale che con l'inizio dell'attività accademica nuove esigenze sorgono, sia per quanto riguarda l'attività di laboratorio, di biblioteca e di spazi ad hoc, ma è necessario anche sperimentare le reali necessità che verranno via via manifestandosi e alle quali dovrà essere data adeguata risposta con il concorso degli enti locali interessati. In particolare penso che non sia possibile, per le ragioni che sono fin troppo note (ragioni di bilancio), ma anche per ragioni di competenza, immaginare un diretto impegno finanziario delle risorse regionali per l'approntamento delle strutture. Tuttavia mentre si esclude questo, si ritiene di poter accogliere il suggerimento di indicare come prioritaria la realizzazione delle sedi per la seconda Università nei progetti FIO del 1990, data che realisticamente consente di approntare nel tempo le procedure necessarie purché sempre gli enti locali propongano le ristrutturazioni che ritengono necessarie.
Al di là del linguaggio un po' burocratico la sostanza della risposta è questa: come iniziativa regionale, anche perché la storia non portava a questa conclusione, non si può immaginare un intervento diretto della Regione per la realizzazione delle strutture. Come Assessorato chiederò che nelle domande FIO sia presente quella per le strutture destinate al decentramento universitario. Ritengo opportuno ricordare che ho raccomandato, in riunioni ripetute con i Comitati per l'insediamento universitario di Novara, Alessandria e Vercelli e con i Rettori, una iniziativa locale forte per la definizione di strutture idonee ad ospitare nuove sedi universitarie. Questo perché, a mio avviso, siamo in un momento estremamente delicato di queste esperienze di decentramento. Qualcuno sembra addirittura essere interessato a minimizzarla, a ritenerla non particolarmente degna di attenzione: io invece credo che anche l'apparenza esteriore di idoneità delle sedi e l'intesa vasta e approfondita fra le città, una convinta iniziativa di recupero di risorse nuove anche attraverso sponsor locali, possono dare tono ad un'esperienza che, a mio avviso, deve essere consolidata e dovrebbe portare vantaggi particolarmente forti al Piemonte.
A questo scopo, con i Comitati per l'insediamento e con i Rettori (la prossima volta che ci incontreremo investirò anche la VI Commissione), si stanno puntualizzando alcune iniziative esemplari attraverso le quali far emergere la realtà nuova che si sta definendo e perfezionando. Sono iniziative che attengono al settore delle strutture, al settore della promozione esterna e della diffusione dell'informazione relativa alle nuove sedi universitarie; sono iniziative che riguardano l'assistenza scolastica il diritto allo studio e - per parlare più specificamente di Università la possibilità di decentrare anche l'attività di segreteria che ancora adesso viene tenacemente mantenuta a Torino. Tutti coloro che sono interessati veramente al decentramento universitario e soprattutto alla sua qualità penso che debbano lasciare da parte le propensioni alla competizione particolaristica e lavorare invece in prospettiva per una diffusione della presenza qualificata dell'Università in Piemonte.
Penso che come Assessorato si stia facendo quello che si deve. Ho chiesto formalmente al Ministro, come forse hanno già riferito alcuni organi di stampa, un incontro di riflessione al riguardo, anche per ricordare al Ministro che la legge n. 590 prevedeva il Piemonte come destinatario primo, insieme ad altre Regioni, delle risorse nuove che dovessero essere messe a disposizione per l'attività universitaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Ringraziamo l'Assessore della risposta e prendiamo atto con soddisfazione del consenso che ha espresso alla nostra proposta relativa all'utilizzazione dei fondi FIO per finanziare parte degli investimenti che i Comuni e le Amministrazioni provinciali di Alessandria, Vercelli e Novara dovranno realizzare per determinare le condizioni di insediamento della seconda Università tripolare del Piemonte.
Dobbiamo però dichiararci dissenzienti e insoddisfatti per quella che nelle parole dell'Assessore ci è parsa essere un'assunzione acritica dell'indicazione contenuta nel provvedimento governativo: il rinvio agli enti locali interessati delle incombenze e degli oneri necessari all'allestimento del futuro Ateneo.
Allo stesso modo abbiamo qualche dubbio che la Regione non abbia in questa specifica materia qualche responsabilità politica da onorare. Siamo stati i presentatori del progetto e sarebbe assurdo se non avvertissimo la responsabilità politica di concorrere alla sua realizzazione.
Sul fatto che gli enti locali non possono limitarsi ad attendere trasferimenti di risorse statali per la realizzazione delle opere edilizie ed infrastrutturali necessarie per i nuovi insediamenti universitari ne eravamo consapevoli anche in precedenza. Non è pensabile che le risorse comunali non debbano misurarsi con una problematica tanto rilevante anche sotto il profilo degli interessi locali. A tale riguardo, siamo anche disponibili per combattere eventuali sottovalutazioni che dovessero manifestarsi. Dopodiché, però, ribadiamo che un progetto di questa natura non può essere prevalentemente scaricato sulle spalle degli enti locali e sui loro bilanci sempre più asfittici.
Perciò ribadiamo la necessità di individuare la sede per un confronto con il Governo, promosso e condotto in prima persona dalla Regione.
Più precisamente crediamo che questo ruolo di coordinamento da parte della Regione deve sapersi tradurre in azione di vera e propria direzione del progetto. Si stanno infatti verificando scompensi gravi nel livello di iniziativa degli enti locali sedi della nuova localizzazione universitaria tripolare. A Vercelli, per esempio, i corsi della Facoltà di lettere sono di là da venire e si discute l'ipotesi che possano partire a gennaio. Nello stesso tempo non ci pare che emergano ancora forme che in qualche modo anticipino l'organizzazione come insieme unitario delle tre localizzazioni.
Il decreto governativo rinvia la scelta della sede del rettorato, però è chiaro che se la costruzione delle strutture tripolari deve avviare e prefigurare i futuri assetti di un insediamento universitario autonomo ed autosufficiente, l'individuazione di prime forme di coordinamento delle tre sedi, anche dal punto di vista tecnico-funzionale, non deve essere esclusa dalla sperimentazione in atto.
L'esercizio di un ruolo attivo regionale presuppone anche idonee misure di coordinamento all'interno della Giunta. A Vercelli, tanto per citare un caso concreto, l'allocazione delle Facoltà assegnate a quella città era stata ipotizzata nei locali dell'ex ospedale neuropsichiatrico. La settimana scorsa, invece, un giornale locale ha dato la notizia che dalla Regione sarebbe giunta una dichiarazione di intenti diretta al riutilizzo di quella struttura a fini psichiatrici. Si badi che si tratta di una struttura che ai suoi tempi ospitava 1.000 degenti e oggi è in gran parte vuota e cadente. E' chiaro che un minimo di collegamento interassessorile sia necessario per evitare sovrapposizioni e divaricazioni che possono interferire molto negativamente sui tempi di realizzazione di un processo già di per sé estremamente complesso e difficile.
In conclusione sollecitiamo l'effettuazione dell'incontro, che avevamo richiesto, della VI Commissione con la Giunta, al fine di un confronto più stringente ed operativo sulle iniziative da assumere verso il Governo e gli enti locali interessati. Ciò è urgente anche per quanto riguarda il capitolo dei fondi FIO in quanto se da parte degli enti locali non saranno messi a punto per tempo i progetti necessari anche questa soluzione non sarà percorribile.



PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, mi sia consentito, come alessandrino, di associarmi alle considerazioni che sono state svolte dall'Assessore Nerviani e dal Consigliere Valeri sulla questione dell'Università tripolare. Il mio particolare ringraziamento va all'Assessore per il suo impegno intorno a questo obiettivo faticoso, obiettivo che sembra ormai concretizzato nell'interesse della nostra regione.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

Comunico che per quanto riguarda l'interrogazione n. 1859 presentata dai Consiglieri Bresso, Sestero e Adduci, inerente la Villa Gualino, e l'interrogazione n. 1779 presentata dal Consigliere Ala, inerente l'abbattimento di piante nel Parco "La Mandria", verrà data risposta scritta.


Argomento:

Sollecito risposta ad interrogazioni


PRESIDENTE

Chiede di parlare il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, in merito alle interrogazioni ed interpellanze desidero sottolineare che già da due sedute sono calendarizzate alcune interrogazioni sulle barriere architettoniche, questione di grande rilevanza. Chiedo pertanto che nel corso della prossima seduta tali interrogazioni vengano svolte.



PRESIDENTE

A queste interrogazioni verrà data risposta nel corso della prossima seduta che si terrà il giorno 19 settembre.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Acotto, Bergoglio, Ferrara, Martinetti e Mignone.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge non vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 18, 20 e 25 luglio, 1, 22 e 29 agosto 1989 - in attuazione dell'art. 9 della L.R. n. 6/88 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Varie

Commemorazione di Gaetano Scirea, dei turisti italiani deceduti nella tragedia aerea dell'Avana e di Terenzio Magliano


PRESIDENTE

Prima di passare all'esame del punto 4) all'o.d.g. vorrei rivolgere un mesto e commosso pensiero alle vittime delle tragedie che sono accadute in questi ultimi tempi.
Domenica 3 settembre è stata una giornata triste e luttuosa per l'accadimento di due gravi sciagure che hanno dolorosamente colpito i nostri animi.
La prima riguarda la scomparsa di Gaetano Scirea, il grande regista della Juventus che indossò la maglia bianconera per quattordici campionati consecutivi, conseguendo risultati eccezionali sia a livello nazionale che internazionale.
Venerdì scorso la città di Torino - e noi con essa - ha dato l'estremo saluto a questo atleta di forte talento e di squisita umanità, perito in un incidente d'auto sulla strada per Varsavia, mentre ritornava da una missione per la propria squadra.
La seconda riguarda la tragedia dell'Avana che, con il suo spaventoso numero di vittime - 15O di cui 113 italiane e 21 della nostra regione - ha assunto la dimensione di una vera e propria ecatombe di nostri connazionali.
Non spetta a noi in questa sede stabilire i livelli di responsabilità sulla sciagura. Quello che è certo, invece, è la necessità di individuare strumenti e norme che rendano più sicuro il trasporto aereo e, in particolare, i voli charter.
Dopo la tragedia dell'Avana non possiamo non far sentire la nostra voce al Governo italiano affinché intervenga a livello nazionale, europeo ed internazionale per bloccare forme di deregulation che, sembra, vengano messe in atto, negli ultimi anni, da molte compagnie private. Perch questa è forse la causa prima della strage delle Azzorre e dell'Avana e inoltre, di molte altre tragedie evitate per intervento della fortuna o per grande perizia dei piloti.
Accanto a questo pressante invito al Governo italiano, il nostro cuore si rivolge ai familiari delle vittime di questa domenica di morte: ai congiunti di Scirea e alla sua Juventus, e assieme ad essi, ai parenti delle vite spezzate nell'aeroporto cubano.
Siamo consapevoli che i telegrammi di cordoglio da noi inviati ai familiari, accanto ad altre manifestazioni di solidarietà, non servono a lenire la ferita orribile che ha lacerato le anime di questi nostri concittadini. Pur tuttavia avanziamo la timida speranza che il segno di cordoglio abbia almeno il debole effetto di rendere meno angosciante la disperazione da solitudine che colpisce le persone a cui vengono mancare improvvisamente i loro cari.
Ribadiamo inoltre il nostro appello ai responsabili politici e tecnici della navigazione aerea - e di ogni altra forma di trasporto - affinch mettano in atto strategie, normative e innovazioni tecnologiche atte a invertire in tempi brevi la preoccupante escalation d'incidenti nei trasporti di massa; non vorremmo mai che questa diventasse una nuova emergenza internazionale, tra le tante altre che già affliggono il nostro pianeta.
Questo è il breve messaggio che da questa nostra assemblea inviamo all'esterno: un messaggio di cordoglio innanzitutto, ma anche un pressante invito a chi ha il potere di attivare tutte le energie e i controlli necessari affinché tragedie simili a quelle dell'Avana non abbiano più ad accadere.
E' mancato lunedì 11 settembre all'affetto dei suoi cari e dei suoi compagni di Partito, Terenzio Magliano, uno dei protagonisti più attenti e vivaci della vita politica torinese.
Partigiano delle formazioni Matteotti, internato a Mauthausen dalle SS nell'immediato dopoguerra dedicò la sua attività politica al coordinamento delle associazioni combattentistiche e degli ex internati nei campi di sterminio nazisti.
Militante nell'area riformista, nel 1959 fu eletto segretario della Federazione provinciale del PSDI.
Nel corso degli anni '60 fu uno degli uomini di punta del Comune di Torino, ricoprendo tra l'altro gli incarichi di Assessore al bilancio e di Vicesindaco. Partecipò, inoltre, alla vita politica nazionale, sia come senatore e deputato al Parlamento, sia in qualità di Consigliere del Forum nazionale di energia nucleare.
Ricordiamo, infine, che Terenzio Magliano ricoprì anche l'incarico di Consigliere regionale nel periodo costituente della prima legislatura.
Ai suoi congiunti e al suo Partito esprimo a nome del Consiglio regionale le più sentite condoglianze.
Invito l'assemblea a rispettare un momento di silenzio.



(I presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Saluto del Presidente ai Consiglieri in occasione della ripresa dei lavori consiliari dopo la pausa estiva


PRESIDENTE

Riprendiamo i nostri lavori.
Il Consiglio dei Ministri ha nominato i nuovi vertici dello Stato. E' stato nominato il nuovo Commissario del Governo per quanto riguarda la Regione Piemonte, Luigi Piscopo.
Il nuovo Prefetto di Torino è Carlo Lessona, il nuovo Questore di Torino è il dott. Annino Berardino, il nuovo Prefetto di Alessandria è il dott. Vincenzo Maiello. A tutti questi funzionari rivolgiamo l'augurio di buon lavoro.
Credo sia mio dovere rivolgere a tutti i Gruppi consiliari, al Presidente della Giunta e agli Assessori un fraterno saluto alla ripresa dei lavori in aula. Il mio, tuttavia, non vuole essere un appello generico alla produttività, quanto un invito a lavorare con entusiasmo, con concretezza e con il massimo di dedizione istituzionale possibile.
Di fronte a noi, per chiudere positivamente questa quarta legislatura rimangono circa sei mesi. Evitiamo, per il bene della società piemontese e della nostra istituzione, che questo periodo non certo lungo, ma sufficiente per lasciare un'eredità onorevole del nostro operato, rimanga in un certo senso sospeso, incompiuto, con scarsa incidenza nella soluzione dei problemi di nostra competenza.
Dobbiamo, insomma, mettere il piede sull'acceleratore per sintonizzare il ritmo della produzione istituzionale con la velocità dei mutamenti sociali, e individuare e percorrere la rotta che diminuisca la distanza, la forbice, tra paese legale e paese reale. E tutto ciò a partire dalla razionalizzazione peraltro già formalizzata e solennemente legittimata dalla Corte Costituzionale in una recente sentenza - del nostro modo di operare rispetto agli enti locali: il riordino delle funzioni amministrative della macchina regionale, la modifica dei regolamenti per dare maggiore impulso all'attività legislativa e l'applicazione degli indirizzi normativi per una più ampia delega di materie ai Comuni dovrebbero rappresentare l'avvio di un'autoriforma istituzionale che ridarebbe slancio e autorevolezza alle Autonomie locali, al ruolo della Regione rispetto al Governo e all'immagine non certo esaltante che di questo impegno e di questo ruolo in genere ha l'opinione pubblica.
Dunque, cerchiamo di intensificare questo sforzo perché di carne al fuoco ce n'è molta negli Assessorati e nelle Commissioni, e sarebbe veramente un peccato non giungesse alla tavola dei commensali, cioè nel corpo vivo della società piemontese, tanto attiva quanto meritevole di un'intensa attività istituzionale.
Ora che il Piemonte ha superato le due grandi calamità del terrorismo e della crisi economica e ha ripreso a guardare lontano (all'Europa e al Mercato unico in primo luogo e ai mercati extraeuropei in secondo luogo) occorre che anche la nostra progettualità sia più dinamica ed incisiva al fine di presentarci con un'immagine europea all'appuntamento del 1993.
L'invito rivolto al Presidente dell'URSS Gorbaciov, qualora si realizzi l'auspicata visita in Italia e a Torino, come sembra ormai certa, in novembre, non rappresenta soltanto un segno di solidarietà per l'uomo della glasnost e della perestrojka, ma una volontà nostra di porci in modo attivo nell'Europa delle Regioni e di contribuire nella misura possibile nello scambio di merci, intelligenze e tecnologie con quei Paesi dell'Est che stanno operando un grande sforzo di democrazia interna e di dialogo con l'Occidente.
E' con questo spirito che io desidero rivolgere a tutta l'assemblea alla ripresa della nostra attività, l'augurio di buon lavoro e il ringraziamento per le cose che abbiamo fatto fin qui, ringraziamento che va esteso a tutto il personale che in questo sforzo ci ha assistiti.


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetto di legge n. 386: "Istituzione della Riserva naturale speciale della Fontana Gigante" (rinvio)


PRESIDENTE

Il punto 4) all'o.d.g. prevede l'esame del progetto di legge n. 386.
Il Consigliere Valeri aveva già svolto la relazione. Da parte di alcuni colleghi mi era pervenuta una richiesta di rinvio della discussione per consentire alla Commissione un ulteriore accertamento.
Se non vi sono obiezioni, propongo che la discussione venga rinviata alla seduta successiva al sopralluogo della Commissione.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame progetti di legge nn. 396 e 477: "Spedizioni transfrontaliere di rifiuti in attuazione ed integrazione delle norme di cui alla legge 9/11/1988 n. 475 e al decreto ministeriale 22/10/1988 n. 457"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 6) all'o.d.g. che prevede l'esame dei progetti di legge nn. 396 e 477.
Il relatore, Consigliere Bara dà per letta la sua relazione.
Non essendovi richieste di parola, possiamo procedere all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 21 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 21 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 21 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 21 Consiglieri hanno risposto NO 13 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 19 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 15 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 21 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 23 Consiglieri hanno risposto NO 12 Consiglieri si sono astenuti 4 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
Passiamo alle dichiarazioni di voto.
La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Per valutare attentamente anche sul piano dell'impostazione tecnico giuridica il progetto di legge proposto, credo sia interessante non tanto riferirci all'introduzione e alla relazione del Consigliere Bara, quanto piuttosto alla relazione che la Giunta a suo tempo presentò. Relazione che ritengo onesta, nel senso che tra le righe saltano fuori le stesse perplessità giuridiche sull'impianto che questo disegno di legge presenta.
Tant'è che la Giunta dice che aveva già a suo tempo presentato la proposta poi l'ha rivista in quanto ci sono dei problemi per quanto riguarda l'impostazione nel suo complesso.
Qui siamo in una sede in cui le cose devono essere valutate, ovviamente per quanto possiamo da un punto di vista tecnico-giuridico, ma soprattutto da un punto di vista politico. Questo disegno di legge in fondo è uno specchio interessante, perché riflette la situazione e la conseguenza, non necessariamente obbligatoria, di una situazione che si va delineando sempre più difficile, rispetto alla quale noi constatiamo, dalle vicende che abbiamo vissuto in questi ultimi anni, l'incapacità di governo della Giunta. Con ciò voglio dire che questo disegno di legge bisogna inserirlo e guardarlo in un contesto più generale. In questo disegno di legge si parla soprattutto di rifiuti industriali; la prima questione che ci si dovrebbe porre quindi è: quanti sono i rifiuti industriali in Piemonte? Non si sa quanti sono! Il piano regionale dà una cifra che è la metà di quella che veniva data nel 1982. Per approssimazione si dice che rispetto alla cifra che cita il piano i rifiuti industriali sono non più del 10%.
Il catasto a che punto è? Anche qui siamo ancora in alto mare, perch non è ancora stato predisposto il catasto per i rifiuti.
Le difficoltà di conoscenza che abbiamo per quanto riguarda la realtà piemontese in merito ai rifiuti industriali è tale per cui il governo di questa materia diventa sempre più lontano da parte della Giunta regionale.
Questo progetto di legge è venuto alla luce perché se è vero che la realtà dei rifiuti in Piemonte non è chiara, pur tuttavia i tempi stringono. Qualche anno fa noi avevamo una disponibilità in impianti di smaltimento che era attorno a 1.900.000 metri cubi. Il piano regionale diceva che attraverso gli ampliamenti previsti e le nuove autorizzazioni saremmo arrivati a 3.400.000 metri cubi (parlo di rifiuti nel complesso: industriali e urbani). Con 3.400.000 metri cubi di disponibilità avremmo avuto in Piemonte un'autonomia di due o tre anni, ma io ho la sensazione che siamo assai lontani da queste cifre. Ho la sensazione che ormai il problema dei rifiuti, che ha assunto caratteristiche di emergenza che abbiamo conosciuto nel corso di questi anni, stia assumendo caratteristiche tali per cui la governabilità di questo problema diventa, per una Giunta come l'attuale, pressoché improponibile, ed ecco il motivo per il quale nascono disegni di legge di questo genere.
Questa proposta è soprattutto rivolta a contenere l'importazione dei rifiuti e in qualche misura a sollecitare l'esportazione, perché il sistema di smaltimento piemontese è quello che è. C'è una frase nel testo che è significativa: si dice che i rifiuti che vengono importati in Piemonte devono comunque avere come destinazione, ben definita, gli impianti di smaltimento. Qualcuno aveva addirittura chiesto gli impianti di stoccaggio per fortuna che una richiesta del genere non è passata. Ma quanti e quali sono gli impianti di smaltimento dei rifiuti industriali in Piemonte che sono in grado di recepire rifiuti provenienti dall'estero? Questo per quanto attiene il quadro politico.
Per quanto attiene invece il quadro giuridico si dice che in qualche misura viene recepita la legge n. 457. Io continuo a nutrire dei dubbi, e vorrei essere smentito soprattutto dall'Assessore sulla possibilità di una Regione di disciplinare comunque materie che ineriscono ai rapporti internazionali (qui si parla di rifiuti transfrontalieri). Questi dubbi sono avvalorati se consideriamo un articolo su cui noi in sede di Commissione abbiamo votato contro: l'art. 7. In questo articolo giustamente si fa una distinzione tra i rifiuti a valorizzazione individuata - quindi presumo materie seconde - e gli altri rifiuti.
Giustamente si dice che per quanto riguarda i rifiuti a valorizzazione individuata si seguono le procedure previste dallo Stato perché i rapporti sono tra Stati. Noi cerchiamo invece di ritagliarci uno spazio, in modo credo un po' ardimentoso, per quanto riguarda gli altri rifiuti cercando di introdurre un rapporto che è tra la Regione Piemonte e gli Stati. Non so se una cosa del genere possa stare in piedi a fronte del DPR n. 616; ma visti i tempi che corrono e il fatto che il Governo, in certi casi, si dimostra abbastanza distratto per quanto riguarda l'approvazione di leggi presentate dalla Regione, non mi stupirei che questa legge venisse approvata.
C'è poi la questione del silenzio-assenso che noi riteniamo abbastanza pericolosa. In una situazione nella quale l'Assessore spesso lamenta di non avere personale, di non avere una struttura, corriamo il rischio di non essere in grado di seguire come Assessorato le singole pratiche e dare quindi i pronunciamenti di merito, che se non vengono dati fanno scattare il silenzio-assenso.
Ultima questione: si nega - giustamente da questo punto di vista lo smaltimento di rifiuti in Piemonte provenienti dall'estero, nel momento in cui si compromettono, si dice, i piani. Diventa difficile capire quali siano i piani. Anzi - per dirla tutta - ho la sensazione che con leggi di questo tipo e con la legge che abbiamo ultimamente approvato per quanto riguarda il trasporto di rifiuti dentro e fuori Regione, nel rapporto con le altre Regioni, in fondo si compiano delle scelte di emergenza che allontanano sempre di più la prospettiva di una realizzazione di piani seri.
Certo, allo stato attuale degli atti il piano regionale sospeso dal TAR in qualche misura è stato riattivato senza un pronunciamento nel merito da parte del Consiglio di Stato. Questo piano regionale per quanto riguarda i rifiuti industriali non si può neanche chiamare piano; è una descrizione della situazione attuale, peraltro scientificamente neanche corretta.
Il futuro è buio, Assessore, perché per quanto riguarda l'individuazione di siti idonei non sono più stati dati incarichi. Non mi risulta che l'IPLA stia lavorando per perfezionare quelle che vengono considerate le aree potenzialmente idonee ed individuare invece le cosiddette aree idonee.
Quel piano è stato presentato al Ministero dell'Ambiente, si sono ricavati i finanziamenti che dovevano essere ricavati e oggi è una letteratura messa negli archivi, perché l'importante è attivare i finanziamenti dati. C'è quindi una rinuncia ad una programmazione sistemica in materia di rifiuti: si scelgono strade di questo tipo che da un punto di vista politico sollevano qualche perplessità, perlomeno da parte nostra.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 25 Consiglieri hanno risposto NO 13 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Esame proposta di deliberazione n. 1168: "Parere sulla proposta di Progetto Territoriale Operativo 'Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del Po' ai sensi dell'art. 8 quinquies, L.R. 5/12/1977, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 7) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 1168.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, sono costretta a chiedere attenzione all'aula cercherò comunque di sintetizzare i numerosi oggetti di questa deliberazione. La sintesi è possibile perché di questo argomento si è ampiamente discusso nell'ambito della II Commissione consiliare. Data l'importanza della deliberazione che abbiamo di fronte ritengo opportuno richiedere un particolare momento di attenzione e la possibilità di un esame collegiale del Consiglio rispetto a questa materia che deve essere considerata strategica ed importante tra quelle che sono attribuite alla nostra competenza di legislatori.
La proposta di Progetto Territoriale Operativo "Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del Po" è già stata sottoposta alle comunità locali, cioè gli ottanta Comuni rivieraschi del Po, e oggi viene sottoposta all'attenzione del Consiglio regionale. Questo documento è il preliminare alla formazione del progetto territoriale vero e proprio dell'asta fluviale del Po che verrà successivamente al parere espresso dalle comunità locali e all'approvazione della proposta da parte del Consiglio regionale.
Come avevo già detto in Commissione l'importanza di questo momento è fondamentale perché è in questo momento, più che in altri, che il Consiglio ha la possibilità di giocare un proprio ruolo e quindi esprimere proprie idee, proprie iniziative, propri contributi rispetto ad una serie di indirizzi che vengono proposti attraverso la deliberazione che abbiamo di fronte.
Come nasce il progetto? Il progetto nasce dalla necessità di intervenire attivamente con progetti, piani, investimenti, destinazioni territoriali sull'insieme delle problematiche ambientali, territoriali e socio-economiche poste dall'avanzato stato di degrado e marginalizzazione del Po e dei suoi territori limitrofi.
Abbiamo recentemente approvato il terzo Piano regionale di sviluppo che ha confermato e specificato, soprattutto attraverso il programma pluriennale di attività e di spesa, la previsione del programma Po, che peraltro in modo più sintetico era già stato inserito negli atti di programmazione della passata legislatura e segnatamente nel secondo Piano di sviluppo regionale.
La proposta di PTO che abbiamo di fronte è quindi uno strumento di coordinamento delle politiche regionali rispondente alle caratteristiche di intersettorialità che presenta il tema fluviale e alla necessità di approfondimento delle tematiche relative all'uso plurimo delle acque.
Parallelamente, la Regione per salvaguardare da ulteriori irreversibili compromissioni la fascia fluviale ha con proprie leggi inserito la stessa fascia, per un ambito territoriale più ristretto rispetto al PTO nell'elenco regionale dei parchi e delle riserve naturali. Come i colleghi sanno, esistono all'attenzione delle competenti Commissioni consiliari dei disegni di legge di iniziativa della Giunta, ma anche di iniziativa consiliare, per regolamentare al più presto questa fascia la cui salvaguardia scade il 29 marzo 1990.
Scopo di questi provvedimenti riferiti al parco è quindi quello di procedere successivamente alla realizzazione di un sistema di parchi riserve ed aree attrezzate per il tempo libero e per le zone ambientali e paesistiche più meritorie lungo l'asta del Po piemontese.
E' necessario ripercorrere brevemente la storia dell'iter legislativo che abbiamo percorso e che ci accompagnerà ancora per qualche tempo, per arrivare all'approvazione definitiva di questo Progetto Territoriale Operativo. La storia comincia l'8 maggio 1986 quando il Consiglio regionale faccio osservare la funzione centrale che ha sempre il Consiglio nella predisposizione di questo atto importante della nostra pianificazione territoriale - ha individuato nel progetto iniziale le condizioni per poter avviare un Progetto Territoriale Operativo. In quella prima deliberazione dell'8 maggio 1986 venivano individuati gli obiettivi in modo molto sintetico, ma anche estremamente chiaro. Gli obiettivi erano così esplicitati: "Tutela e valorizzazione ambientale, ecologica e paesaggistica, utilizzazione culturale, ricreativa e sportiva del fiume Po delle sue sponde e dei suoi territori limitrofi di particolare interesse a questi fini". "Il progetto dovrà garantire in particolare la connessione con l'attività agricola anche in relazione alla sua valenza di tutela ambientale". Mi sembra che dalla verifica dell'art. 1 della legge sui parchi che stiamo per rivedere ci sia una omogeneità di questi indirizzi e principi che evidentemente corrispondono ad una pluralità di intenti del Consiglio regionale rispetto alle linee di politica di salvaguardia territoriale ed ambientale.
Perché abbiamo scelto il Progetto Territoriale Operativo? Questo ultimo strumento che abbiamo introdotto nella nostra legislazione urbanistica alla fine della scorsa legislatura, nel suo crescere e nel suo affermarsi nell'iter legislativo ci consente di fare un'esperienza, perché nessun altro progetto è stato per ora avviato. Ci sarebbe stato il progetto della centrale di Trino, ma le circostanze sono note a tutti. Abbiamo pertanto scelto questo progetto territoriale e tale scelta deriva dall'esigenza di uno strumento pianificatorio che rendesse possibile l'analisi e il controllo di tematiche intersettoriali complesse in una visione organica in grado di rendere espliciti i primi livelli di operatività.
A questa scelta discussa nel 1985 (se ne discusse anche nel 1984, nel 1985 si arrivò all'inserimento di questo strumento nell'ambito della legislazione) si è arrivati con la consapevolezza di scontare le difficoltà derivanti dall'applicazione di uno strumento direttamente progettuale su un'area così vasta e così diversificata nella sua estensione. Il PTO è il primo Progetto Territoriale Operativo avviato dalla Regione dopo il suo inserimento nella legge n. 56/77.
Rispetto a tali problemi l'attuale proposta si colloca quindi come primo documento in cui ancora è forzatamente preponderante la parte di analisi e di ricognizione dello stato di fatto, ma in cui si avanzano prime linee di intervento e proposte di progetto. Questo è ciò che a mio avviso dovrebbe segnare l'attenzione dei Consiglieri regionali per farne oggetto di conferma o comunque di sollecitazione, di maggiore approfondimento, di critica o di nuova proposizione. Sono delle proposte sulle quali si è chiesto alle comunità interessate e ai Comuni che abbiamo consultato le espressioni di intese e di convergenze così come gli approfondimenti e le ricalibrature con l'obiettivo di poterle poi tradurre nel documento del progetto di piano.
Le consultazioni con le Amministrazioni locali si sono svolte in un clima estremamente collaborativo e sono state tenute in loco nei vari Comuni centrali rispetto allo sviluppo del fiume. Nel corso di queste riunioni sono pervenute richieste di informazioni dai Comuni. Da parte della Giunta c'è stata la richiesta rivolta ai Sindaci o ai rappresentanti dei Sindaci che erano presenti di cogliere la possibilità che la Regione offriva su questo tema per svolgere attorno ad esso un vero momento centrale e collegiale di impegno e di approfondimento da parte del Consiglio comunale. Noi chiedevamo cioè che la deliberazione del Consiglio comunale non fosse soltanto una deliberazione formale che portasse con s il parere negativo o positivo, ma avesse invece la capacità di raccogliere effettivamente le idee e le proposizioni e dunque gli atteggiamenti e i comportamenti del Consiglio in senso più lato. Non posso dire che tutte le deliberazioni abbiano portato questo segno, alcune si sono semplicemente ridotte a dare parere negativo o positivo, ma da parte di alcune Amministrazioni c'è stata la volontà di formulare anche dei documenti compiuti, che sono quelli che ci sono serviti poi nel predisporre la sintesi di questo momento elaborativo con i Comuni che è stato trasmesso anche alla II Commissione consiliare.
Compito di questa proposta non è tanto quello di illustrare le indicazioni operative per le azioni o gli interventi da attuare, che saranno poi invece il vero e proprio oggetto del progetto del Po, bensì di sottoporre all'attenzione di tutti coloro che sono a vario titolo interessati al progetto gli essenziali elementi conoscitivi, circa i caratteri, i problemi, le prospettive di recupero della fascia fluviale e le fondamentali linee programmatiche, su cui, dopo le consultazioni, potrà essere sviluppato il progetto.
La proposta tende cioè ad offrire una buona base di discussione preliminare per tutti gli interessati. I contenuti della proposta sono i seguenti: una predisposizione degli elementi conoscitivi essenziali circa i caratteri ed i problemi della fascia fluviale una precisazione degli obiettivi principali del progetto una delineazione di strategie, indirizzi e proposte di intervento che il progetto, dopo le necessarie consultazioni, sarà chiamato ad integrare e sviluppare.
Il fatto che questa proposta non abbia né possa avere quel carattere operativo che avrà invece il progetto vero e proprio, non esclude che essa possa assumere un ruolo più preciso, in funzione da un lato dell'applicazione della legge n. 431 e della pianificazione territoriale regionale, dall'altro delle intese tra lo Stato e le Regioni padane per la concertazione dei grandi programmi di risanamento e sistemazione del Po.
Resta comunque l'ambizione fondamentale della proposta, che è quella di porsi come momento di riferimento per il coordinamento e la scelta degli investimenti regionali, comunali e di altri soggetti pubblici e privati.
Come sapete, questa proposta è stata redatta dall'IRES sulla base del programma di lavoro concordato con la Regione, in collaborazione con l'Assessorato alla pianificazione territoriale, e con il supporto di professionisti esterni, esperti nelle discipline interessate.
Passiamo ad una breve analisi delle fasi procedurali. Abbiamo detto che il progetto è stato introdotto nella L.R. n. 56/77; abbiamo dunque avuto questa prima deliberazione del Consiglio che ha dato mandato alla Giunta per la formazione del Progetto Territoriale Operativo che è stato inviato ai Comuni, i quali avrebbero dovuto esprimere il loro parere entro 45 giorni. La deliberazione odierna non avviene nei 45 giorni indicati dalla legge, perché i Comuni hanno ampiamente approfittato del tempo a loro disposizione. Si tratta di una proposta di deliberazione che, valutando le compatibilità della proposta stessa con gli altri strumenti di programmazione regionale, individua le priorità e, se opportuno, in base a queste delimita le aree interessate e definisce gli obiettivi del progetto.
Dopo questo momento, la Giunta elabora il Progetto Territoriale Operativo su cui il Comitato Urbanistico Regionale esprimerà il suo parere e verrà nuovamente inviato agli enti locali per le consultazioni e l'espressione delle osservazioni.
Nei successivi 60 giorni la Giunta predispone gli atti definitivi del progetto che, sentito nuovamente il CUR. viene sottoposto al Consiglio regionale per l'approvazione.
Credo che qualunque Consigliere abbia colto la macchinosità di questo iter previsto dalla legislazione, che tuttavia è comprensibile, ove si ritorni su una affermazione che ho fatto prima, cioè che il fatto di andare ad incidere su un'area vasta, su progetti di grande portata e, per certo verso, che potrebbero essere di grande vincolo, ha spinto il legislatore del tempo ad essere assolutamente garantista nei confronti della partecipazione che si realizza a più livelli da parte delle Amministrazioni locali.
C'è un'ipotesi di modifica della L.R. n. 56/77 che interviene anche sul titolo della pianificazione territoriale e che pone dei momenti di snellimento nell'ambito proprio della costruzione del Progetto Territoriale Operativo, che si chiamerà Piano d'area e che riconosce ai Comuni un ruolo autonomo forse più significativo di quello che avveniva in questa fase nella quale i Comuni avevano un ruolo di presenza e di sollecitazione, ma con scarse possibilità di incisione reale sulla proposta stessa.
Oggi però dobbiamo muoverci nel solco di questa legislazione; se nel prosieguo dell'iter procedurale del PTO avverranno delle modifiche che a tutt'oggi non siamo ancora in grado di definire perché questa proposta di modifica deve essere sottoposta all'intera comunità, oltre che all'attenzione dei legislatori di questa legislatura, credo che avremo tutto lo spazio per poter eventualmente adeguare questo strumento alle nuove norme e alle nuove procedure.
Dico ancora qualcosa sulla predisposizione degli elementi conoscitivi essenziali circa i caratteri e i problemi della fascia fluviale.
La maggiore difficoltà che hanno affrontato i tecnici incaricati di predisporre la proposta deriva dall'estrema complessità e vastità degli argomenti e dei tematismi settoriali coinvolti. Questo, tutto sommato, è quello che crea qualche difficoltà oggi all'Assessore alla programmazione a presentare una proposta articolata alla Giunta per la predisposizione del Progetto Territoriale Operativo. Il programma che abbiamo di fronte non è di poco conto: l'intersettorialità, ma anche la grande complessità che ogni settore reca con sé, evidentemente obbligherà ad uno sforzo per un incarico di progettualità molto approfondito ed importante da valutare prima di essere assegnato, sia per la fase di analisi (necessità di indagare settori metodologici complessi e diversificati preliminarmente, ad esempio l'assetto naturalistico con la dinamica fluviale), sia per la formazione della proposta che deve risolvere modalità anche conflittuali di valorizzazione e uso delle risorse.
Passo fondamentale del lavoro è stata la definizione di una metodologia di analisi, incentrata prima sul riconoscimento dei settori di analisi ritenuti strategici e successivamente sull'organizzazione sistematica delle ricerche settoriali.
Il lavoro di analisi ha poi individuato una serie di filoni principali guida: assetto geomorfologico e idrogeologico, assetto naturalistico assetto insediativo e storico-culturale, assetto paesaggistico, assetto urbanistico infrastrutturale e assetto propriamente socio-economico.
Ognuno di questi filoni di analisi risponde ad una specifica relazione di settore che è contenuta nel libro stampato dall'IRES e che i Consiglieri regionali hanno potuto avere prima dell'estate, dunque io rimando alla lettura di queste relazioni di settore l'approfondimento di questi elementi conoscitivi settoriali. Questi documenti fanno comunque parte integrante della proposta per quanto attiene all'approfondimento conoscitivo tematico dei vari settori di riferimento.
Nonostante i limiti che queste analisi presentano, dovute principalmente al diverso grado di approfondimento e di coordinamento nella fase analitico-conoscitiva, esse hanno consentito di raggiungere alcuni obiettivi: 1) operare un'individuazione delle risorse ambientali del fiume Po o quanto meno delle componenti ambientali più significative 2) avviare una riflessione in ordine alla qualificazione delle risorse allo stato delle risorse stesse ed alla qualità, rarità, rinnovabilità ed importanza strategica 3) procedere ad una prima individuazione del grado di sensibilità delle diverse aree della fascia fluviale.
Oltre agli aspetti trattati nelle analisi settoriali sono stati affrontati due ulteriori problemi riconducibili al generale concetto della controllabilità esistente e potenziale del sistema Po.
Il primo problema riguarda la situazione della pianificazione del territorio della fascia fluviale.
Il secondo problema concerne il carattere di operatività del progetto in termini di fattibilità economica e in relazione agli effetti di vario tipo (ambientale, economico, culturale, politico, ecc.) che gli interventi di progetto o anche l'assenza di interventi sono suscettibili di produrre non solo all'interno della fascia fluviale, ma anche al di fuori della stessa investendo il resto del territorio regionale.
In tal senso si sono sviluppati due studi specifici: 1) uno schema del programma di fattibilità che svolge una ricognizione orientativa su alcuni principali elementi (strumenti giuridici utilizzabili, risorse attivabili, ecc.) tramite i quali individuare gli sviluppi e le possibilità realizzative degli interventi di progetto 2) uno schema dell'analisi di compatibilità ambientale che delinea lo schema di ragionamento attraverso il quale procedere alla qualificazione delle risorse ambientali e all'individuazione del ruolo e dell'ambito di applicazione degli interventi progettuali.
Dal punto di vista territoriale, l'analisi e l'elaborazione della proposta è stata riferita a due delimitazioni che abbiamo chiamato "fasce": la fascia allargata costituita dall'insieme dei territori dei Comuni rivieraschi legati all'ambito fluviale (i famosi ottanta Comuni appartenenti a quattro Province) e la fascia ristretta che comprende, oltre al solco fluviale, le aree latistanti. Si tratta di un'esile striscia che rappresenta appena il 24% della superficie territoriale nella fascia allargata e meno del 2% di quella del Piemonte.
La fascia allargata non si caratterizza quale ambito di applicazione di specifiche politiche di intervento quanto come confine di riferimento soprattutto amministrativo ed istituzionale del territorio a vario titolo coinvolto dalla presenza del fiume Po.
La fascia ristretta, il cui confine è già individuato nella deliberazione regionale di avvio della proposta e meglio definito dai presenti elaborati, rappresenta il territorio direttamente oggetto di indagine nella fase di analisi specifica ed è luogo in cui il progetto deve dare specifiche indicazioni di interventi di attuazione nei limiti che sono stati prima individuati.
Ai fini inoltre di condurre l'analisi per tronchi significativi si sono articolati i circa 200 km dell'asta fluviale nel territorio piemontese, in otto ambiti di riferimento.
Il riferimento agli otto ambiti ha soprattutto un significato strumentale ai fini di organizzare le eventuali osservazioni. Gli ambiti sono: 1) da Paesana al Ponte di Saluzzo: 2) dal Ponte di Saluzzo alla confluenza del Pellice: 3) dalla confluenza del Pellice a Moncalieri 4) da Moncalieri a S. Mauro 5) il tratto urbano di Torino 6) da S. Mauro a Crescentino 7) da Crescentino a Casale 8) da Casale al confine con la Regione Lombardia.
Elemento rilevante dell'elaborato di proposta che stiamo esaminando è la definizione, in base all'approfondimento delle analisi settoriali condotte, degli obiettivi e linee di azione principali che costituiranno la base del successivo progetto.
La presente proposta traduce gli obiettivi generali della deliberazione in una lista ordinata di opzioni di fondo che se condivise (ed è su queste opzioni che il dibattito dovrebbe orientarsi) costituiranno i binari strategici di riferimento per le scelte tra alternative di intervento e per la determinazione degli interventi stessi di competenza regionale o di altri soggetti pubblici e privati.
Prima opzione: restituire il più possibile al fiume la sua fascia fluviale salvaguardandone al massimo la libertà di diramazione e ridurre al minimo le interferenze nella dinamica evolutiva del fiume e degli ecosistemi fluviali. A volte, per i pesanti interventi che sono stati condotti dal Magistrato del Po (interventi di regimazione delle acque e quindi di salvaguardia delle popolazioni che vivono attorno al Po), si è anche esagerato nella definizione degli argini che hanno ridotto il percorso del fiume di qualche chilometro. Oggi il fiume pare presentarsi con una lunghezza di 12 km inferiore rispetto al 1950.
Seconda opzione: ridurre e prevenire l'inquinamento, ridurre sprechi e cattivo uso delle risorse idriche, migliorare la qualità delle acque e dell'ambiente fisico.
Terza opzione: salvaguardare le aree sensibili di sistemi di specifico interesse naturalistico e garantire la continuità ecologica della fascia fluviale.
Quarta opzione: salvaguardare la riconoscibilità della struttura storica del territorio e garantire la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali (segnalo a questo riguardo il capitolo della ricerca storica che è estremamente interessante perché si scoprono storie e tradizioni che forse non tutti i piemontesi conoscono).
Quinta opzione: salvaguardare le risorse agricole, rispettarne le aree e i sistemi infrastruttuali e valorizzarne l'attività, compatibilmente con le opzioni precedenti.
Sesta opzione: salvaguardare e migliorare la fruibilità sociale della fascia fluviale, l'accessibilità e percorribilità delle sponde e la navigabilità del fiume, compatibilmente con l'opzione precedente, in particolare con le capacità di carico dei diversi ambienti.
Settima opzione: salvaguardare la struttura percettiva del paesaggio fluviale, migliorarne la varietà e la continuità di immagine compatibilmente con le opzioni precedenti.
Queste opzioni di fondo non si sono fermate ad una relazione che le ha sviluppate, ma si sono tradotte in filoni di intervento propositivi che sono fortemente diversificati per il livello strategico di riferimento, per il grado di definizione e per le caratteristiche degli strumenti dei soggetti cui spetta la traduzione operativa. Infatti da queste opzioni discende una serie di progetti: alcuni sono considerati progetti strategici di rilevanza sovraregionale, altri progetti sono di livello locale e riguardano interventi di politica settoriale (che riguarderanno poi nella loro definizione e nella loro gestione altri livelli che non sono quello regionale), ci sono poi altre articolazioni territoriali di altre politiche ed altre individuazioni di proposte progettuali che attengono a settori più diversificati.
Credo di non dover approfondire i progetti strategici sovraregionali e le politiche di intervento settoriali che si differenziano attraverso la politica di ricostruzione e riqualificazione paesaggistica ambientale, la politica di riorganizzazione urbanistico-territoriale, il coordinamento delle politiche settoriali con linee per l'agricoltura, per le attività estrattive, per il riassetto idrogeologico, per il turismo e per il tempo libero, il coordinamento dei piani urbanistici e territoriali.
Il progetto ha una dimensione stratosferica ed effettivamente, per quanto complesso, credo abbia dato una possibilità di comprensione notevole e soprattutto la misura dell'ambizione alta che sta alla base di questo progetto, anche per porci nel dibattito nazionale di fronte ad un Ministero che ha avviato la predisposizione di un masterplan del Po, con la necessaria conoscenza e idee chiare di quello che deve essere il nostro interfaccia con il Ministero stesso.
Noi abbiamo sempre detto che per quanto riguarda questo masterplan del Po siamo disponibili a sentire tutti gli esperti stranieri e italiani che il Ministro Ruffolo ha chiamato a sé e che sicuramente stanno lavorando in modo estremamente egregio, ma non vogliamo rinunciare a fare la nostra parte e siamo disponibili a fornire al Ministero tutte le nostre conoscenze ed i nostri studi che in ormai quindici anni di pianificazione territoriale e programmazione economica cominciano ad essere consistenti ed anche piuttosto impegnativi.
Con questa chiusura orgogliosa, per quanto riguarda il ruolo che la Regione può giocare nel rapporto con il Ministero, io sollecito da parte dei Consiglieri regionali che hanno avuto la bontà di ascoltare e che hanno evidentemente più interesse di altri rispetto a questi temi, di sviluppare un dibattito importante ed approfondito che serva alla Giunta per poter ridefinire linee di intervento utili alla predisposizione del progetto territoriale vero e proprio che è quello che comincia dopo l'approvazione della deliberazione da parte del Consiglio e dopo l'assegnazione dell'incarico conseguente.
Non so se i tempi di questa legislatura consentiranno di portare in porto questo progetto, tuttavia, se la volontà del Consiglio odierno è quella di approvare il progetto, io credo che la Giunta si possa anche impegnare a definire celermente gli atti successivi e dunque a porre ancora il Consiglio regionale nella condizione di esaminare questo strumento prima della fine della legislatura.
Ci sono ancora momenti interlocutori: il parere del CUR necessiterà di un certo tempo per la sua predisposizione, ci saranno ancora le consultazioni con i Comuni. Tuttavia credo che l'importanza di questo progetto e la sollecitazione che ci verrà dalla sede ministeriale per proporre il nostro contributo ci obbligherà a correre. Questi sono i tempi della Giunta, il Consiglio verrà chiamato in un secondo tempo, quindi ritengo in questo momento di dover sollecitare anche la responsabilità collegiale della Giunta rispetto a questo problema e ad un impegno che pu essere quello che si prenderà alla fine di questo dibattito per un'attenzione prioritaria, essenziale e fondamentale su questo tema.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale sulla proposta di deliberazione n.
1168.
La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signori Consiglieri, la Democrazia Cristiana nel portare il suo parere favorevole all'approvazione della deliberazione crede di doversi collocare con un intervento che non vuole essere né enfatizzante né di orgoglio, come l'Assessore ha esordito nelle sue conclusioni, nel rivendicare ruoli alle competenze regionali, quanto piuttosto un approccio realistico rispetto ai problemi che stanno di fronte alle responsabilità della Regione e ai tempi rispetto ai quali i problemi possono avere risposta.
Quindi il problema dei contenuti e dei tempi ci interessa a fondo e siamo ampiamente disponibili, non solo in questa discussione, ma anche in altre sedi, ad approfondire e a sviluppare ulteriormente i problemi.
Credo di dover riferire al Consiglio e all'Assessore che esiste una diffusa critica di scetticismo rispetto a questo obiettivo rappresentato dal Progetto Territoriale Operativo. Lo scetticismo deriva dal fatto che la legislatura purtroppo sta per chiudersi senza conclusioni in ordine agli strumenti della pianificazione territoriale. Quindi è facilmente rilevabile non dico un alibi di fondo, ma una comparazione con quella che poteva essere la conclusione del regime transitorio della legge n. 56, cioè dando ai temi di decisione sostanziale sulla pianificazione territoriale, ivi compresa la fascia fluviale del Po, una conclusione che consentisse ai Comuni di definire tutti gli aspetti più propriamente normativi e gestionali rispetto ad un'ipotesi di non soluzione, di incertezza, che non è solo attribuibile alle responsabilità di questa gestione dell'Assessorato nella legislatura 1985/1990, ma che ha delle radici evidenti rispetto al vuoto che nonostante l'enfatizzazione hanno lasciato le Amministrazioni di sinistra dal 1975 al 1980 e dal 1980 al 1985. Questo vuoto pesa consistentemente sui programmi e sugli obiettivi delle successive Amministrazioni, quindi non è certo imputabile all'Assessore Vetrino o a questa Giunta che le conclusioni sulla pianificazione territoriale non vi siano e che quindi non si riuscirà ad evitarle in termini di inadempienze con un'ipotesi di PTO per quanto attiene alla fascia fluviale del Po.
Credo che questa critica vada colta ed evidenziata nel suo significato reale per evitare che ci si nasconda dietro un dito per eludere responsabilità.
Quindi quello del PTO è un obiettivo che prima di essere di qualità rispetto alle sette opzioni che l'Assessore ha ricordato, è un appuntamento che dovrebbe conseguire dal punto di vista della celerità e dell'efficacia quindi tempi e risposte, una soluzione reale ai problemi di tutela e di organizzazione della pianificazione territoriale in questi ottanta Comuni.
Mi si permetta di dire che le conclusioni non vi saranno in questa legislatura, ma rispetto al tipo di strumento del quale stiamo parlando mi permetto di manifestare delle fortissime perplessità. Ciò non impedisce comunque che gli obiettivi culturali, strategici e programmatori che l'Assessorato si è proposto rispetto a questa fascia, che esige una qualità del prodotto progettuale e di indagine molto più sofisticato, proseguano ed è con questa deliberazione che noi affermiamo questo principio con forza e lo raccomandiamo alle future gestioni, indipendentemente dalla presenza o meno in quest'aula, per difenderne le conclusioni.
Credo però che ci sia una raccomandazione di fondo da fare che riguarda complessivamente l'utilizzo delle risorse dell'Assessorato. Ho l'impressione - e la manifesto con una certa preoccupazione - che rispetto alle varie incombenze e responsabilità che l'Assessorato ha in termini di gestione, questa partita rischia di assorbire in modo non sufficientemente proporzionale alle risorse disponibili l'utilizzazione complessiva del rapporto non interno alla Regione, ma esterno. Sono preoccupato della gestione del rapporto esterno sul quale tutta la massa di attese che esiste a seguito delle innovazioni intervenute con leggi recenti sull'istituto autorizzativo, esigerebbe che vi fosse da parte delle strutture regionali una consapevolezza di tutto ciò che attiene al patrimonio acquisito con questi studi preliminari rispetto alla gestione di fatto di questo processo autorizzativo, che, nonostante le innovazioni introdotte con la legge purtroppo si attarda con pesanti ritardi e con attese che non sembrano delineare prospettive di rapida soluzione. Faccio questa raccomandazione dicendo che pur dando noi semaforo verde all'ipotesi di prosecuzione e di approfondimento di questi studi, sia pure nel filone di una struttura legislativa che potrebbe anche modificarsi, ma che comunque è bene conservi per ora l'impostazione data dalla vigente legge n. 56/77, nonostante questa prosecuzione esiste l'esigenza di una utilizzazione delle risorse dell'Assessorato che però faccia corpo rispetto al rapporto con le comunità locali.
Le dico questo, Assessore, perché c'è stato un passaggio della sua relazione nella quale lei ha riferito circa i rapporti che i Comuni hanno fatto di assenso o di non assenso al PTO, dove lei stessa ha rilevato la non capacità di entrare nel merito delle proposte, cioè un atteggiamento formalistico di adesione o di non adesione, quasi precostituito, che è un atteggiamento pericoloso e del tutto non producente rispetto agli obiettivi che ci proponevamo. Noi abbiamo definito questa ipotesi progettuale nella consapevolezza di dare ai Comuni uno strumento di dialettica e di pronunciamento nel merito dei temi sulla pianificazione e abbiamo ottenuto in molti casi delle adesioni formali di assenso o di dissenso che non ci hanno nemmeno consentito di capire se i perimetri dei due livelli che il PTO propone siano gestibili rispetto ad una serie di attese che i Comuni hanno rispetto a questa fascia. Pensiamo, ad esempio, all'opzione n. 6 sui problemi di fruibilità sociale e di capacità di carico dei comportamenti e delle attività rispetto alla fascia fluviale, che è uno dei problemi reali rispetto ai quali ci si deve confrontare per capire quale tipo di normativa intendiamo innescare su questa ipotesi di pianificazione territoriale.
Credo che questo segnale dell'agnosticismo e quasi dell'indifferenza rispetto a questa dialettica sia anche una risposta, Assessore, alla insufficiente capacità che la Regione ha di rispondere alle esigenze immediate. Quindi, questo istituto dell'autorizzazione deve rappresentare in questa fase finale della legislatura 1985/1990 un'attenzione particolare, non perché la massa di pratiche esistenti debba necessariamente essere smaltita nel filone della deregolamentazione, ma se non altro nel filone della consapevolezza che i sì e i no che si debbono dare siano una risposta che deriva anche dall'approfondimento di studi e di elaborazioni che i funzionari hanno fatto, che l'IRES ha fatto, che la Regione nel suo complesso con l'adesione del Consiglio ha fatto. Quindi chiedo che questi studi vengano utilizzati al meglio, perlomeno in questa fase finale, per consentire di dare al processo istituzionale delle autorizzazioni o dei dinieghi, delle risposte insomma, io dico solo questo.
Si tratta delle autorizzazioni ai sensi della legge n. 431 (legge Galasso) e di tutte le autorizzazioni che derivano dalla deliberazione consiliare del 1985 rispetto alla perimetrazione del parco: abbiamo giacenti moltissime pratiche che si rimbalzano da una struttura all'altra degli Assessorati in attesa di conoscere se sono pratiche di natura ambientale di difesa del suolo o di tutela del patrimonio culturale. E' vero o non è vero, Assessore, che esiste ancora questa dialettica all'interno della struttura regionale? Allora io dico che con la fase di approfondimento acquisita con il PTO questi problemi di incertezza e di attesa rispetto ai pronunciamenti "sì" o "no" possono anche essere negativi, ma comunque debbono entrare nel merito, devono in qualche modo essere sciolti.
Diversamente tutto lo sforzo di elaborazione culturale e strutturale che stiamo facendo rischia di non avere nel referente esterno, che sono la popolazione e i Comuni, credibilità e accettabilità. Anche per questo dico che i Comuni si sono attestati in queste risposte con un atteggiamento sufficientemente distaccato, perché non hanno capito che questa era l'occasione per potere non dico dialogare con la Regione, ma comunque collocarsi in un atteggiamento propositivo che non voleva dire necessariamente né di accettazione supina né di contrasto pregiudiziale, ma di costruzione assieme della linea culturale e strategica che il PTO si proponeva.
Questo, Assessore, ha voluto essere il contributo che il nostro Gruppo ha inteso dare per collocare anche da un punto di vista storico-politico l'assenso che forniamo a questa deliberazione. Il Consigliere Paris poi sottoporrà una proposta di correzione al testo della deliberazione che riteniamo positiva e che quindi possa essere accolta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Ho ascoltato attentamente sia l'introduzione dell'Assessore sia l'intervento del collega Picco. Concordo con il collega Picco sul sentimento di frustrazione e impotenza che rispetto ai problemi della tutela e salvaguardia del territorio ha preso ormai da tempo tutti coloro che ne sono preoccupati, anche se formalmente siamo dotati di una strumentazione legislativa articolata e complessa, di una serie di importanti norme di tutela del territorio, nel caso piemontese in particolare i parchi. I parchi inseriti nel Piano dei parchi globalmente riguardano un'area rilevante del territorio e quindi dal punto di vista della strumentazione la situazione non è così drammatica o di fallimento come richiamava il collega Picco, perché è ben vero che le Giunte di sinistra non hanno predisposto ed approvato un piano territoriale complessivo, però è anche vero che hanno lasciato una strumentazione che consente di governare il territorio. I piani territoriali comprensoriali c'erano, tant'è vero che sono diventati la base per l'integrazione ai sensi della legge Galasso, e, volendo utilizzarli per governare il territorio non c'è dubbio che potrebbero essere utilizzati, in particolare rispetto a tutte le questioni autorizzative che invece continuano a non essere risolte. E poi di fronte all'evidente fallimento in genere nel nostro Paese, non solo e non tanto delle normative (in termini di esistenza di normativa e di vincoli che sono tanti), ma nella realtà della capacità di intervento sul territorio, devo dire che quello strumento che può apparire parziale come il vincolo delle aree a parco, rappresenta uno dei pochi strumenti operativi seri di tutela del territorio. Sono aree limitate, ma le aggressioni continue che in questi giorni in Commissione e in Consiglio vediamo avvenire alle aree a parco dimostrano quanto sia difficile nella cultura italiana introdurre elementi di rispetto del territorio: cioè non appena su alcune aree si introducono dei vincoli di rispetto, piombano infinite richieste di modifica. In realtà, in questo Paese il rispetto del territorio è la cosa meno diffusa. Chiunque faccia un progetto, lo fa nello spregio più totale del rispetto delle qualità del territorio. E non sono richieste di posizione, sono richieste di "smangiucchiamento" dei confini di tutti i parchi; siamo pieni di proposte di erosione! Non ci sono proposte di allargamento, non ci sono comunità che dicono: "lì avremo un problema, ma siamo disposti ad allargare di là". Si dice sempre: "riduciamo, togliamo, prendiamo, facciamo delle cose". Il risultato è quello che vediamo: un territorio che era tra i più belli del mondo e che ormai è nettamente tra i più brutti sul piano della qualità del paesaggio! In Italia abbiamo moltissime belle cose ormai immerse nel degrado minuto più diffuso. Ci sono lungo tutte le strade i centri commerciali quelli che vendono i mobili, quelli che vendono le automobili...



BRESSO Mercedes

PENASSO



BRESSO Mercedes

C'è anche gente che deve vivere.



BRESSO Mercedes

Certo, allora io auguro a tutti di fare un breve viaggio in Germania per vedere come 60 milioni di persone su un territorio più piccolo di quello italiano vivono con un'organizzazione del territorio che mantiene una qualità ormai maggiore del paesaggio, di fronte a un territorio che aveva qualità intrinseche ben inferiori.



BRESSO Mercedes

FRACCHIA



BRESSO Mercedes

Anche nella Rhur?



BRESSO Mercedes

Anche nella Rhur! Vai a vedere.
Io non sto parlando di com'è la qualità del paesaggio intorno a Mirafiori o a Rivalta, sto parlando di com'è la qualità del paesaggio sulle rive del Po! Veniamo alla questione del PTO del Po. E' davvero sconfortante vedere come questo processo relativo alla tutela dell'asta fluviale del Po vada avanti in una maniera che non riesce a produrre e che produrrà sempre di meno una effettiva tutela e rivalorizzazione dell'asta fluviale. Da una parte abbiamo questa bella esperienza culturale che è data dal primo documento preliminare sul Progetto Territoriale Operativo. Ma i tempi che abbiamo sentito illustrare, e che sono evidenti, ci dicono che la fine di questa legislatura arriverà probabilmente senza che sia elaborata la versione definitiva di questo progetto, certamente senza che sia approvata.
Abbiamo l'asta fluviale, in termini molto più ristretti territorialmente, inserita nel Piano dei parchi; e le certezze che ci stiamo facendo sono che non c'è comunque la volontà politica da parte della maggioranza (noi porteremo comunque il nostro progetto in aula e lo faremo arrivare fino al voto) per realizzare almeno la tutela di quell'asta più limitata che è stata inserita nel parco fluviale.
Inoltre, la questione dei tempi è grave perché se saltasse il vincolo determinato dall'inserimento dell'asta del Po nel Piano dei parchi, senza la possibilità del reinserimento nel vincolo, non c'è dubbio che non ha più senso parlare del PTO del Po, perché saremmo di fronte ad una aggressione immediata e violenta su tutta l'asta fluviale da parte di coloro che solo questo attendono, che provocherebbe la distruzione di quel pochissimo che ancora oggi ha elevati valori paesaggistici, naturalistici, ambientali e ricreativi, e dopo si tratterebbe di fare un progetto di ripristino dell'asta fluviale, non certo di tutela e di difesa. Ma non basta perché io sono convinta - per tutto quello che ho sentito, rispetto al Po, nei diversi dibattiti che abbiamo affrontato nelle consultazioni e poi in Commissione, sia sul problema del parco che sul problema del PTO - che anche se alla fine questo documento e la relazione dell'Assessore verranno approvati (noi li approveremo e vogliamo che vadano avanti) in realtà gli obiettivi che sono stati oggi nuovamente elencati non siano nella realtà dei fatti condivisi. Gli obiettivi sono stati elencati in un ordine che, se ho capito bene sia dal documento che dall'illustrazione che ne è stata fatta, è di priorità, non è un ordine casuale: il primo obiettivo è prioritario rispetto al secondo e così via.
Sono convinta che il primo obiettivo, almeno da quello che ho sentito in questo Consiglio, non sia davvero condiviso. Il primo obiettivo è rivoluzionario rispetto al modo in cui il fiume è stato gestito e non protetto in questi anni (anzi aggredito continuamente) perché propone di rispettare la libertà del fiume nei limiti naturali della evoluzione storica che l'utilizzo del fiume ha avuto. E' evidente che nessuno pu pensare di riportare il Po alla naturalità di alcune decine di migliaia di anni fa. Però è evidente che l'obiettivo di rispettare la naturalità e la libertà del fiume significa, proprio perché le compromissioni sono forti e le condizioni di impossibilità di rispetto di questa libertà sono altrettanto forti, un obiettivo attivo di recupero di margini di libertà per il fiume ove queste sono ancora possibili. Bisogna però sapere che questo obiettivo confligge non con gli interessi generali dell'agricoltura di questo Paese, che non sono certo determinati dalle aree rivierasche del Po che, come gli studi dell'IPLA hanno ampiamente dimostrato, non sono dotate di particolare fertilità e che sono utilizzate attualmente male rispetto alle loro potenzialità reali, confligge bensì con gli obiettivi di chi - lo abbiamo visto molto spesso in queste consultazioni insediandosi su terreni demaniali, artificialmente resi coltivabili attraverso processi di bonifica delle lanche e quindi di chiusura delle zone umide, del loro interramento per renderle coltivabili, ha provveduto in seguito, dopo avere fatto un'operazione scorretta, alla richiesta di sdemanializzazione.
Questa è la realtà! Allora, il principio del rispetto della libertà del fiume, sia pure limitato dalle condizioni di suo effettivo utilizzo, non può essere il principio per cui chiunque abbia fatto qualcosa lungo il fiume ha diritto di continuare a farlo! Deve essere un principio davvero di pianificazione, capire dove e come è possibile ridare al fiume una possibilità di libertà, come e dove è possibile recuperare al fiume quel tanto di naturalità che è indispensabile perché abbia senso parlare di parco, perché abbia senso parlare di fiume e non di un canale in cui collettiamo un po' di scarichi che inviamo verso l'Emilia! Non sono convinta perché tutti coloro che ho sentito citare, nelle consultazioni, la questione della naturalità del fiume lo hanno fatto in senso negativo come una critica al documento che andiamo ad approvare. Se lo approviamo dobbiamo dire che il primo e prioritario obiettivo di questo PTO, nei limiti del possibile, ma nei limiti del possibile in intervento attivo, è restituire la libertà al fiume ovunque sarà possibile con interventi attivi, naturalmente intervenendo anche finanziariamente per risolvere questioni che dovranno sicuramente essere risolte. Sono convinta che, così come avviene in molte parti del mondo oggi, ci sia un problema non solo più di tutela dei fiumi, in particolare nel nostro Paese, bensì di rinaturalizzazione del corso dei fiumi. E' evidente che con attività intorno al fiume che dilavano e scaricano direttamente nel fiume inquinanti di origine agricola, industriale, artigianale, di allevamento, ecc., la naturalità del fiume e la qualità dell'acqua non possono essere certo protette. Si tratta quindi di intervenire attivamente per ricostituire questa naturalità, ovunque è possibile.
Nel caso piemontese il lavoro è grosso perché tutte le aree sono in forte e pesante stato di compromissione. Da quando la presentazione dei progetti sul parco del Po ha reso più evidente che il parco del Po forse sarà fatto, abbiamo assistito a tante aggressioni e proposte di modifica dei confini del parco. Siccome il parco cerca di tutelare delle zone libere, su quelle zone libere immediatamente vengono presentati progetti perché ovunque c'è una zona libera c'è qualcuno che spera di farci qualcosa su e quindi di toglierla da una condizione di libertà che la rende poi possibile oggetto di vincolo. Abbiamo pendenti in VII Commissione otto o dieci proposte di rettifica tutte in riduzione dei confini del parco del Po. Non c'è nessuno che abbia detto: "lì ci sarebbe una bella zona che potrebbe essere inserita", no, tutti vogliono ridurre! Ci va benissimo che oggi si approvi il proseguimento di questo lavoro che però non può essere solo un lavoro culturale, deve comunque già ispirare, da oggi e sulla base di quell'elenco di priorità, per esempio tutto il lavoro autorizzativo ai sensi della legge n. 431 (legge Galasso) e ai sensi delle eventuali richieste di modifica della legge dei parchi. Non possiamo essere sempre in contraddizione: approviamo un documento, ma sappiamo benissimo che non arriverà alla fine. Questo documento contiene già delle indicazioni di aree, contiene già delle indicazioni di vincolo contiene già delle indicazioni di priorità da rispettare come obiettivi! Non possiamo, nel momento in cui ci occupiamo delle autorizzazioni, anzi nel momento in cui la Giunta si occupa delle autorizzazioni ai sensi delle diverse leggi che insistono su questa materia, negare o dimenticare quali sono le priorità anche se non ci sarà ancora il documento formale approvato. Questo documento di orientamenti sarà approvato e quindi costituirà indicazione di priorità. Voglio solo che in questa sede ci si metta d'accordo che dire "sì" vuol dire indicare da oggi, almeno all'azione della Regione, una reale scelta di priorità e non solo una formale approvazione alla continuazione di studi che di fatto non sono, nel loro intendimento generale, nei loro obiettivi, condivisi. Può darsi che, se la pianificazione territoriale va avanti così, non diventi mai, non in tutte ma in molte Regioni del nostro Paese, un documento definitivo. Forse non deve neanche essere questo, ma man mano che le elaborazioni vanno avanti ad esempio per i famosi piani comprensoriali con valenza paesistica, le elaborazioni devono costituire almeno orientamento per l'Amministrazione quando prende le decisioni, perché se neanche questo costituiscono allora davvero non ha senso fare la pianificazione territoriale, visto che sappiamo che da quando si istruiscono i documenti a quando li si approvano questi sono già invecchiati. Il momento in cui servono è proprio il momento in cui sono in fase di elaborazione, questo è il momento in cui sono più validi e più aggiornati. Allora, è quello il momento in cui devono costituire orientamento rispetto alle numerose e continue decisioni che l'Amministrazione deve prendere.
Vorrei che su questo ci chiarissimo. Un approfondimento rispetto all'insieme complesso della legislazione che sempre più riguarda il territorio in generale, ma in particolare l'asta del Po, mi pare dovrebbe essere fatto. L'Assessore ha richiamato un aspetto che riguarda l'asta del Po, in particolare il masterplan del Po; contemporaneamente è stata approvata la legge n. 183 sulla difesa del suolo che, come novità istituisce l'autorità di bacino del Po e quindi configura un'autorità che avrà compiti di pianificazione, non è un'autorità gestionale, bensì di pianificazione, di orientamento, di indirizzi. Sull'asta del Po incidono decisioni di notevole rilievo come, per esempio, il piano della Valle Bormida che in qualche modo ha influenza sull'asta del Po.
Su tutta questa partita è evidente che il PTO del Po costituirebbe un'indicazione di intenti della Regione, ma una riflessione più approfondita di come tutti questi strumenti si incrociano e si integrano fra loro la dovremmo prima o poi fare. Il modo in cui si costituirà nella realtà questa autorità di bacino sarà estremamente rilevante per le possibilità di intervento da parte delle Regioni sul proprio territorio per quanto concerne le aste fluviali in generale, perché non riguarda solo il Po, ma le aste di tutti i fiumi del bacino del Po.
Quindi varrebbe la pena di capire come evolve la possibilità di intervento regionale nell'ambito di questi nuovi strumenti di intervento ordinario e straordinario. Noi daremo un parere favorevole a questa proposta, ma vorremmo essere certi che il parere favorevole, che se ho capito bene molti altri daranno, non sia soltanto un'autorizzazione a proseguire degli studi, ma lo sia anche nel merito della questione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Informo i Capigruppo ed il Presidente della Giunta che la delegazione di abitanti della Frazione Tetti Francesi di Orbassano, che doveva essere ricevuta alle ore 13,30, non ha dato la sua disponibilità per questo incontro, quindi l'incontro è annullato.
I lavori del Consiglio proseguiranno oggi pomeriggio.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,25 riprende alle ore 15,20)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo l'esame della proposta di deliberazione n. 1168, di cui al punto 7) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Paris.



PARIS Mario

Il mio intervento è estremamente breve perché è volto soltanto all'illustrazione della proposta di emendamento integrativo alla deliberazione n. 1168 che ho presentato.
Nella prima pagina della deliberazione sono elencati tutti gli elaborati che sono stati predisposti a corredo di questo Progetto Territoriale Operativo, ma vedo la mancanza, tra queste relazioni, di un'apposita relazione che dia una fotografia della situazione agricola delle zone che debbono essere vincolate. Sono considerati gli aspetti geomorfologici, naturalistici, insediativi e paesaggistici e anche nella seconda parte a pagina 3, parte deliberativa, manca ovviamente la relazione sugli aspetti agricoli.
L'emendamento che il Presidente ha a sue mani dice soltanto che bisognerebbe aggiungere nella prima parte "considerata la mancanza tra le relazioni a corredo di una specifica relazione riguardante la situazione agricola"; per conseguenza a pagina 3, dopo il punto c) che suggerisce di prendere atto dei pareri espressi dai Comuni nei rispettivi atti deliberativi allegati alla presente, chiedo ancora di integrare la documentazione già esistente con una "relazione sulle colture agricole esistenti e possibilità di una qualificazione".
Questa indicazione di qualificazione delle colture agricole è già stata recepita, anche se non ancora in via definitiva, nell'art. 1 della modifica della legge generale sui parchi e dato che qui si parla di parco, credo non dovrebbero esserci difficoltà ad includere nella deliberazione queste due precisazioni.



PRESIDENTE

Poiché in questo momento non è presente il Consigliere Chiezzi sospendo temporaneamente il dibattito sul PTO.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Il punto 12) all'o.d.g. prevede l'esame del progetto di legge n. 485: "Modifica della L.R. 28/4/1988, n. 23 'Modifiche ed integrazioni alle LL.RR. 26/6/1973, n. 14, 12/8/1976, n. 42, 27/5/1980, n. 62 (Disciplina dei gettoni ed indennità per i componenti gli organi di controllo)'".
Chiedo ai colleghi se è possibile conoscere, magari in una breve pausa della seduta, la posizione espressa dall'VIII Commissione cosicché il Consiglio regionale possa assumere la sua posizione.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, proporrei di non affrontare oggi questa proposta.
Nei giorni scorsi ci è giunta un'analoga proposta di legge, presentata dalla Provincia di Novara, che la Commissione ha già esaminato e licenziato con identico parere negativo, per cui potremmo affrontare entrambe le proposte nella prossima seduta del Consiglio.



PRESIDENTE

D'accordo, però è necessario iscrivere la proposta di legge presentata dalla Provincia di Novara per poterla trattare contestualmente a questa.
Propongo pertanto di iscrivere il progetto di legge n. 534, che è del tutto analoga alla proposta di legge n. 485.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.
Propongo ora di iscrivere all'o.d.g. la proposta di deliberazione n. 1223: "Criteri per la redazione del Programma straordinario di intervento per la realizzazione di impianti sportivi destinati alla promozione delle attività sportivo-ricreative (art. 1, lettera c), legge 6/3/1987, n. 65 e successive modificazioni".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 31 voti favorevoli e 1 contrario.
Propongo infine di iscrivere all'o.d.g. la legge rinviata dal Governo relativa a: "Prestazione di garanzia fidejussoria nell'interesse dell'Aeroporto di Cuneo Levaldigi S.p.A.".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 31 voti favorevoli e 1 astensione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ala. Ne ha facoltà.



ALA Nemesio

Signor Presidente, a norma di Regolamento, avanzo una richiesta di iscrizione di un ordine del giorno che ritengo vada preso in considerazione a fianco delle altre richieste di iscrizione all'o.d.g. Tale richiesta è sottoscritta anche dai colleghi Reburdo e Montefalchesi. Si tratta di un ordine del giorno relativo all'allestimento e alla prossima entrata in funzione di una discarica per rifiuti solidi urbani in Comune di Orbassano ai sensi dell'art. 12 del DPR n. 915, anziché ai sensi dell'art. 3 bis della legge n. 411. E' a disposizione delle forze politiche e dei Capigruppo da tempo. Avevo già sollevato questo problema informalmente nel corso dell'ultima seduta dei Capigruppo. Ritengo sia un problema di stringente attualità e rispetto a questo chiedo l'iscrizione all'o.d.g.
dell'attuale seduta, con l'invito a discuterlo martedì prossimo, visto che avevamo convenuto in sede di Capigruppo per un unico ordine del giorno per le due sedute. Chiedo pertanto che venga posta in votazione questa richiesta.



PRESIDENTE

Ho ricevuto questo ordine del giorno (n. 688) che non ho ancora fatto distribuire pensando che i Capigruppo avrebbero già dovuto conoscerlo.
Comunque, prima di dare una risposta al Consigliere Ala faccio distribuire l'ordine del giorno.
Se sarà il caso prima della chiusura della seduta procederemo all'iscrizione di tale ordine del giorno.


Argomento: Trattamento economico dei membri del Comitato di controllo

Esame progetti di legge nn. 485 e 534: "Modifica della L.R. 28/4/1988, n. 23 'Modifiche ed integrazioni alle LL.RR. 26/6/1973, n. 14, 12/8/1976, n. 42, 27/5/1980, n. 62 (Disciplina dei gettoni ed indennità per i componenti gli organi di controllo)'" - Votazione pregiudiziale di non passaggio all'esame dell'articolato


PRESIDENTE

Dopo aver provveduto all'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n.
534, esaminiamo congiuntamente i progetti di legge nn. 485 e 534.
La parola al relatore, Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge n. 485 la Provincia di Cuneo sostiene che la norma contenuta nell'art. 3 della L.R. n. 23/88 ha effetti negativi sull'attività degli enti controllati e che per tale ragione deve essere abrogata.
Afferma, in particolare, la Provincia di Cuneo: poiché il controllo condiziona, come è noto, l'efficacia degli atti la sospensione dell'attività di controllo provoca inevitabilmente la sospensione dell'attività degli enti controllati, i cui atti rimangono privi di efficacia con conseguenze rilevanti sul piano economico e funzionale per non parlare poi dell'impedimento che la sospensione dell'attività di controllo determina nell'osservanza dei doveri di efficienza e tempestività dell'azione amministrativa.
Ricevutane l'assegnazione, l'VIII Commissione ha preso in esame questo progetto di legge, immediatamente ravvisando l'opportunità di sentire in proposito la Giunta regionale e di consultare il Comitato di controllo e le sue Sezioni decentrate: e ciò in considerazione del fatto che la L.R. n.
23/88 era stata presentata dalla Giunta e che la sospensione dell'attività di controllo nel mese di agosto era stata introdotta nella L.R. n. 23/88 soprattutto in accoglimento di una richiesta in tal senso ripetutamente e da tempo avanzata dagli stessi Co.Re.Co.
Nella consultazione soltanto due Sezioni del Co.Re.Co. hanno espresso parere favorevole all'abrogazione dell'art. 3 proposta dalla Provincia di Cuneo, asserendo che: a fronte dei pochi benefici ottenuti e ottenibili, elevati sono i disagi creati dalla sospensione agli enti controllati, considerato che "con poco sforzo è possibile garantire la presenza del numero legale anche nel periodo estivo" per l'attività dei Co.Re.Co. la sospensione estiva arreca limitate agevolazioni, mentre produce per gli enti locali conseguenze sfavorevoli procrastinando di 30 giorni l'esecutività degli atti inviati al controllo nel periodo feriale.
Il Comitato di controllo e la stragrande maggioranza delle Sezioni decentrate partecipanti alla consultazione si sono invece coralmente espressi, con precise motivazioni, per il mantenimento dell'art. 3 della L.R. n. 23/88 e quindi contro l'abrogazione proposta dalla Provincia di Cuneo.
Sostanzialmente i Co.Re.Co. hanno affermato che: l'istituto della sospensione estiva non è peculiare della Regione Piemonte, ma si va affermando nella legislazione italiana in quanto rispondente ad esigenze reali di buon funzionamento dell'amministrazione in genere non risultano sussistere motivi di urgenza per l'approvazione degli atti proprio nel mese di agosto non ci sono state nei diversi e rispettivi circondari doglianze da parte degli enti sottoposti al controllo; neppure nei circondari delle due sezioni Co.Re.Co. che si sono dichiarate favorevoli al progetto di legge n. 485 presentato dalla Provincia di Cuneo.
La Giunta ha, per parte sua, espresso parere contrario all'abrogazione della sospensione estiva dell'attività di controllo per gli stessi motivi per i quali la stragrande maggioranza dei Co.Re.Co, si è pronunciata negativamente.
In particolare la Giunta ha ricordato che l'istituto della sospensione estiva è stato introdotto nella L.R. n. 23/88 su richiesta degli stessi Co.Re.Co. e che le argomentazioni contrarie della Provincia di Cuneo non attengono alla legittimità della norma, che è indiscutibile, bensì al merito, all'opportunità della stessa e sono di per sé, proprio perch riguardano il merito, ampiamente discutibili; soprattutto per il fatto che in agosto tutti i Co.Re.Co. si sono ugualmente riuniti, assicurando in ogni caso l'attività di controllo indispensabile, seppur ridotta.
Tenendo conto delle diverse posizioni e attentamente valutando gli argomenti ed elementi addotti a sostegno delle une e delle altre, l'VIII Commissione ha concluso l'esame del provvedimento, deliberando all'unanimità di proporre al Consiglio regionale il non passaggio all'esame degli articoli.
Questa decisione l'ha assunta con le seguenti motivazioni. Innanzitutto va rilevato come nella relazione di presentazione del progetto di legge n.
485 l'affermazione secondo cui la sospensione estiva dell'attività di controllo ha effetti negativi sull'attività degli enti controllati non appare suffragata dall'indicazione di un solo dato od elemento dimostrativo delle difficoltà insorte e riscontrate. Non viene fatta, cioè, alcuna menzione né viene dato alcun rilievo specifico ai fatti negativi che si sarebbero determinati.
Per contro deve registrarsi la corale affermazione dei Co.Re.Co. che dall'introduzione della norma di cui si tratta non sono a tutt'oggi derivati effetti negativi di sorta.
La prima esperienza ha infatti dimostrato che la sospensione di agosto ha raggiunto l'obiettivo, senza ritardi o difficoltà di funzionamento.
Per consentire una verifica precisa occorrerà, è vero, una sperimentazione di maggior durata: è però indubbio che, ora come ora, tutti i dati rilevabili non permettono obiettivamente di condannare la sospensione, come fa la Provincia di Cuneo.
Che la sospensione non sia stata né possa essere di per se stessa causa di ritardi nelle procedure di controllo degli atti è dimostrato dal fatto che nel mese di agosto 1988 tutti i Co.Re.Co. del Piemonte si sono effettivamente riuniti da un minimo di tre volte ad un massimo di sedici volte, a seconda delle situazioni e delle esigenze. E non c'è motivo di ritenere che così non continui ad avvenire anche ad agosto 1989 e nei mesi di agosto successivi.
La sospensione, di cui all'art. 3 della L.R. n. 23/88, ha infatti carattere facoltativo e non obbligatorio, ed è stata introdotta a titolo puramente cautelativo, avendo riguardo in modo specifico a situazioni in cui la mancata esistenza del numero legale potrebbe rendere oggettivamente impossibile tenere le sedute ed esperire quindi il controllo nei termini ordinari.
Quello della sospensione del decorso dei termini è, d'altra parte, un istituto largamente e legittimamente applicato nella nostra pubblica amministrazione.
Del resto le affermazioni della Provincia di Cuneo sopra riportate circa gli effetti negativi sull'attività degli enti controllati risultano non del tutto precise, ove si consideri che, nei casi in cui non possa attendersi per varie ragioni il completamento dell'iter di controllo, è facoltà degli organi deliberanti dichiarare l'immediata eseguibilità dei propri atti.
In sostanza, mentre gli effetti negativi lamentati a carico degli enti controllati non sembrano sussistere o sembrano essere del tutto marginali e di pochissimo conto, con la sospensione di agosto, prevista dall'art. 3 della L.R. n. 23/88, i Co.Re.Co. hanno ottenuto la possibilità di assicurare durante l'estate un miglior funzionamento degli uffici con indubbie conseguenze positive per l'esercizio dell'attività di controllo.
Non secondariamente, con la sospensione di agosto gli enti locali non possono più approfittare del periodo estivo per inviare ai Co.Re.Co.
(soprattutto a fine luglio) una quantità spropositata di atti allo scopo di conseguire un controllo meno puntuale per le carenze di organico degli uffici in tale periodo; come prima della L.R. n. 23/88 accadeva diffusamente.
Per i motivi sopra esposti appare evidente come nei confronti del progetto di legge n. 485, presentato dalla Provincia di Cuneo, l'VIII Commissione non abbia potuto esprimere parere favorevole ed abbia, anzi dovuto proporre al Consiglio regionale di deliberare il non passaggio all'esame degli articoli del provvedimento, ai sensi dell'art. 77 del Regolamento consiliare.
Ieri l'VIII Commissione ha preso altresì in esame il progetto di legge n. 534, presentato dalla Provincia di Novara sullo stesso argomento.
Essendo il progetto di legge del tutto identico a quello presentato dalla Provincia di Cuneo, l'VIII Commissione l'ha respinto con le stesse motivazioni, e propone che anche su di esso il Consiglio deliberi il non passaggio agli articoli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

A nome del Gruppo MSI-DN confermo quanto già dichiarato in sede di VIII Commissione, cioè a dire che per le medesime motivazioni condivise dall'intera Commissione, chiaramente espresse oggi dal relatore e Presidente dell'VIII Commissione Valeri, questa proposta di legge va rigettata.
Le motivazioni sono diverse, sono tutte condivisibili, ma ce n'è una che è preliminare ad ogni altra, cioè a dire che è ormai un principio legislativamente acquisito: più che la prassi è la legge che ha stabilito che dall'1 agosto al 15 settembre sono sospesi tutti i termini processuali nella materia civile e penale, nella materia amministrativa, nel contenzioso davanti alle Commissioni tributarie.
Come è noto, le decisioni dei Co.Re.Co. sono decisioni sostanzialmente paragiurisdizionali in quanto verificano di ogni deliberazione dei Comuni delle Province o nei congrui casi anche delle Regioni, quando si tratta di provvedimenti amministrativi, la conformità del provvedimento alla legge.
Quindi il principio generale della sospensione dei termini va evidentemente applicato anche a questa materia, tanto più che mentre le giurisdizioni civili, penali, amministrative e tributarie non possono assumere decisioni se non in casi di eccezionale urgenza, quindi come eccezione nelle loro singole materie, i Co.Re.Co. possono egualmente, nonostante la sospensione dei termini, provvedere ad assumere le decisioni anche fra l'1 agosto e il 15 settembre. Quindi c'è una ragione di più, cioè la possibilità di poter egualmente provvedere, che ci consente e ci impone di condividere in pieno la proposta dell'VIII Commissione chiaramente enunciata dal Consigliere Valeri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bonino.



BONINO Guido

Il mio intervento è personale nel senso che mi differenzio dalla posizione assunta dal mio Gruppo.
Annuncio voto contrario alla relazione espressa dal Consigliere Valeri a nome dell'VIII Commissione intanto perché trovo singolare una delle affermazioni (non è la più importante, ma è abbastanza singolare) e cioè che gli "enti non possono più approfittare del periodo estivo per inviare ai Co.Re.Co. (soprattutto a fine luglio) una quantità spropositata di atti allo scopo di conseguire un controllo meno puntuale". Il fenomeno mi pare singolare perché proprio il Consiglio regionale, prima della sospensione estiva, ha sfornato una serie di provvedimenti non tanto perché nel periodo di agosto si immagina che non ci siano controlli, ma perché è il nostro modo di lavorare che ci porta agli ultimi giorni a cercare di chiudere alcuni provvedimenti che si sono trascinati per un po' di tempo.
Secondo problema: mi rendo conto che i Co.Re.Co. hanno delle difficoltà e che molti non hanno trovato obiezioni sostanziali a questa facoltà di chiusura, devo però mettere in evidenza come su 1.209 Comuni almeno 500 sono piccoli Comuni a vocazione turistica dove proprio nei mesi di luglio e agosto ci sono provvedimenti da adottare. Se Torino o Cuneo chiudono perché tutto sommato non ci sono attività, vi sono alcune centinaia di piccoli Comuni che invece proprio nei mesi di luglio e di agosto svolgono un'attività più intensa rispetto ad altri periodi.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione l'ordine del giorno per il non passaggio all'esame dell'articolato dei progetti di legge nn. 485 e 534.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 31 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Esame proposta di deliberazione n. 1168: "Parere sulla proposta di Progetto Territoriale Operativo 'Tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del Po' ai sensi dell'art. 8 quinquies, L.R. 5/12/1977, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni" (seguito)


PRESIDENTE

Informo il Consiglio che nella sala Viglione sarà ricevuta una delegazione per i problemi connessi alla discarica di Orbassano. Invito pertanto la Giunta e i Capigruppo a nominare i rappresentanti che dovranno partecipare a tale incontro.
Riprendiamo il dibattito sulla proposta di deliberazione n. 1168, di cui al punto 7) all'o.d.g.
Ha facoltà di intervenire il Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo comunista sente il dovere di precisare in quale contesto fornisce il proprio voto favorevole a questo atto di pianificazione territoriale, perché se non precisassimo queste condizioni non si capirebbe il senso della nostra posizione.
Siamo in presenza di un atto di pianificazione territoriale, del primo atto di una lunga procedura al termine della quale la Regione Piemonte potrebbe disporre nel proprio territorio di uno strumento di governo dello stesso, uno degli ultimi strumenti inventati dalla Regione Piemonte, il Progetto Territoriale Operativo (PTO), capace di unificare la pianificazione a lungo termine e di area vasta con i progetti operativi.
Mentre assentiamo a questo PTO, dobbiamo anche rilevare che in questi quattro anni la Regione Piemonte, dal punto di vista della strumentazione territoriale, ha prodotto nulla. Noi dobbiamo ripeterlo. Perché? Perché a fronte di una serie di atti, proposte e programmi che pure sono stati presentati da parte del Vicepresidente Vetrino, dobbiamo far rilevare che in pratica gli strumenti a disposizione per il Governo non esistono, e se strumenti ci sono dobbiamo fare riferimento agli strumenti approvati nel 1982 sotto altre maggioranze.
Noi voteremo a favore di questo Progetto Territoriale Operativo dicendo però che temiamo che sia il solito pezzo di carta che questa Giunta ha già prodotto sotto altre forme e che non avrà poi un seguito. L'Assessore quasi inevitabilmente, non ha presentato un programma secondo il quale sia possibile capire in quali tempi questo Progetto Territoriale Operativo sarà approvato. Non l'ha fatto perché, se l'avesse fatto, probabilmente doveva dire a questo Consiglio che in questa legislatura questo progetto è stato avviato, ma non sarà concluso. Siamo di nuovo di fronte ad un atto tardivo che non sarà capace di produrre opere concrete. Ciò nonostante lo votiamo perché siamo favorevoli affinché, anche sull'asta del Po, si utilizzi uno degli strumenti oggi a disposizione della Regione Piemonte per fare delle opere secondo dei criteri di salvaguardia di valorizzazione del fiume.
Quindi l'assenso lo diamo, ma dobbiamo rimarcare l'insufficienza dell'azione della Giunta in questi anni.
Voglio precisare che questo provvedimento lo votiamo e speriamo che vada in porto al più presto. Però, dato che i tempi sono quelli che ho enunciato prima, noi riteniamo occorra una forte volontà politica affinch si possa fare qualcosa in questi mesi prima delle elezioni.
La collega Bresso ha elencato alcune questioni che ci fanno avere dei dubbi sulla compattezza della maggioranza sulle cose da fare, ma dato che formalmente c'è la compattezza di tutto il Consiglio su questo Progetto Territoriale Operativo, noi chiediamo all'Assessore che si attivi in opere e non in pezzi di carta, affinché le indicazioni che tutto il Consiglio regionale questa sera approva, in ordine ad alcune priorità e criteri di intervento, vedano all'opera sin da domani gli Assessorati regionali.
Sono state compiute delle scelte interessanti che noi condividiamo.
Compiuto questo atto ritengo che l'Assessore alla pianificazione territoriale, anche come Vicepresidente della Giunta regionale, in questi ultimi mesi possa fare in modo che l'attività di altri Assessorati cominci a seguire le linee di comportamento approvate oggi in Consiglio regionale.
Ce ne sono molte, Assessore Vetrino. Ne propongo all'attenzione solo una: il problema delle attività estrattive.
Non passa quarto di luna senza che l'Assessore Cernetti proponga all'approvazione di questo Consiglio l'autorizzazione a cavare ghiaia e sabbia, non solo vicino al fiume Po, ma addirittura dentro le aree da salvaguardare per il parco e le concessioni a cavare vengono rinnovate per due o tre anni.
Il Gruppo comunista ha fatto diverse interrogazioni su questo ricevendo sempre risposte di tipo burocratico e assolutamente insufficienti. Voglio solo ricordare all'Assessore Vetrino che quanto ci apprestiamo ad approvare ha dei riflessi sulle attività estrattive. Si dice che le attività estrattive debbano essere confrontate con le esigenze prioritarie di tutela idrogeologica, agricola e naturalistica; si dice anche che la pressione delle domande di cavare ghiaia e sabbia abbia assunto valori eccessivi sicuramente incompatibili con le esigenze di sicurezza idraulica e di conservazione ambientale e risulta inoltre gonfiata a causa di una utilizzazione impropria dei materiali estratti. Ad esempio, si dice che troppi materiali di pregio, utili per confezionare calcestruzzo, vengano utilizzati per fare dei rilevati, che potrebbero viceversa essere fatti con materiali meno pregiati.
L'Assessore Vetrino si faccia portavoce nella gestione di questa materia presso gli Assessorati competenti, lo faccia anche il Presidente della Giunta, con delle circolari per studiare il modo, di qui alla fine della legislatura, di produrre qualcosa di concreto.
Si dice anche che occorrerebbe regolamentare le procedure di appalto e dei prezzi per questi materiali: proponete un'iniziativa in questo senso.
Si dice anche che l'attività estrattiva debba essere strettamente collegata alle esigenze di ricostruzione paesaggistica e di recupero ecologico: siamo d'accordo. Si propone che la prospettiva tradizionale cioè quella di cavare, di fare le buche, e successivamente di predisporre dei programmi di sistemazione ambientale paesaggistica, debba essere rovesciata. E' questo un elemento propositivo che ritengo molto interessante. Ve lo leggo perché è breve: "Si presume infatti che una corretta sistemazione degli intorni ambientali delle cave esistenti, per la realizzazione di adeguate zone umide o di specchi d'acqua ad uso ricreativo od altro ancora, comporti comunque rilevanti movimentazioni di materiali lapidei. Ciò implica che il recupero ambientale, in termini non meramente mimetici ma al contrario fortemente negativi, formi oggetto di progetti estesi alle unità di paesaggio coinvolte. Il progetto estrattivo dovrà far parte di tali progetti e non viceversa". Vedete che esiste un collegamento immediato con le autorizzazioni che vengono date in continuazione dalla Regione Piemonte: sono autorizzazioni di estensione della coltivazione di cave esistenti, cave che bisognerà risistemare. Nella proposta di PTO si dice che è possibile invertire questo modo di agire e non dare autorizzazioni alla prosecuzione di estrazioni di ghiaia e sabbia, ma che si potrebbe, sulla base di un progetto di riambientazione, continuare a cavare la ghiaia e la sabbia e quindi a fornire la produzione per l'edilizia e le opere pubbliche necessarie, ma nell'ambito già della ricostruzione di un paesaggio e di un ambiente. Ritengo che fare queste cose sia possibile e non sia necessario aspettare il PTO.
Vi ringrazio per l'attenzione prestatami finora: ho voluto solo citare uno dei molti elementi che consentirebbero, anche a fine legislatura, una utile opera di impostazione di attività lungo l'asta del Po, con forte qualità ambientale. Per fare questo però occorre cambiare registro: occorre che la Giunta assuma queste priorità del PTO come norme e criteri per il comportamento e la gestione concreta di questi problemi che tutte le settimane vi trovate sui vostri tavoli. Sarei grato se da questo punto di vista l'Assessore Vetrino sarà in grado, nei prossimi mesi, di produrre dei risultati concreti.
Per il resto rimane il nostro voto favorevole a questo che purtroppo forse, resterà solo un pezzo di carta. Ma non sarà solo un pezzo di carta se almeno produrrà, prima delle elezioni, gli atti che prima ricordavo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino per la replica.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio tutti i colleghi intervenuti su questa materia interessante per il progetto che si va ad esaminare, che sicuramente è uno dei progetti principali che qualifica il nostro Piano regionale di sviluppo e che ha la possibilità, se avviato in modo più concreto, di qualificare l'attività stessa del Consiglio.
Effettivamente il documento che abbiamo di fronte reca con sé una serie di impegni che sono ancora in una fase di indirizzo e quindi possono anche essere considerati con relativa tranquillità, ma io ho sempre detto che il momento del confronto politico più importate e decisivo sarà quello che vedrà, o non vedrà, l'approvazione della proposta di piano.
Sarà infatti dall'applicazione di questo schema che si solleveranno dei problemi, alcuni dei quali dovranno essere risolti proprio nel passaggio al progetto vero e proprio. Molti di questi problemi sono stati esplicitati questa mattina dalla collega Bresso, dal collega Picco e in ultimo dal collega Chiezzi.
Il primo problema concerne il grado di determinazione delle norme, sia di quelle immediatamente operanti sia di quelle che sono da mediare con i piani locali o di settore o con i progetti operativi di iniziativa pubblica. Credo sia necessario pervenire ad un buon livello di determinazione per dare efficacia ai vincoli e garantire le salvaguardie essenziali a cui fanno riferimento le opzioni di fondo delle quali abbiamo parlato questa mattina (le risorse idriche, l'ambito del fiume, le aree di specifico interesse naturalistico, i beni culturali e via dicendo).
Tuttavia un certo grado di indeterminazione è necessario per garantire una sufficiente flessibilità del progetto rispetto ai successivi momenti di determinazione progettuale (piani locali, piani di settore, progetti operativi), anche in considerazione della vastità, complessità e sensibilità del sistema ambientale del quale ci stiamo occupando.
Un secondo problema, toccato ora dal collega Chiezzi, concerne i rapporti tra il progetto Po e i piani degli altri Assessorati (i piani che noi chiamiamo di settore). Questo problema non appare risolvibile né in termini di reciproca subordinazione né in termini di reciproca autonomia.
Se spetta ai piani, ai programmi di settore, approfondire le rispettive tematiche e dare più specifiche indicazioni operative, spetta però al progetto Po definire i criteri di compatibilità e di coerenza da rispettare ai fini degli obiettivi che sono stati assunti.
C'è un terzo problema che è solo in parte analogo e che concerne i rapporti tra il progetto Po e i piani locali, che sono i piani rispetto ai quali i Comuni a volte hanno avuto molte perplessità nel formulare il loro voto, che fatte salve le prescrizioni immediatamente prevalenti sulle discipline vigenti dovrebbero garantire la valorizzazione degli approcci locali nella tutela ambientale senza esporre le scelte di intervento alle successive pressioni municipalistiche. Nella ricerca dell'equilibrio un criterio chiave potrebbe essere quello per cui ogni problema deve essere affrontato e risolto al livello giusto, al livello cioè nel quale tutte le più significative implicazioni del problema possono essere più efficacemente controllate.
Un quarto problema concerne i progetti operativi competenti ai diversi soggetti pubblici e privati. Fatti salvi i criteri e le opzioni di fondo il margine di autonoma determinazione per ciascun progetto dovrebbe essere rigorosamente proporzionato alla concreta possibilità di verificare preventivamente la coerenza e la compatibilità degli esiti attesi rispetto alle scelte strategiche indicate dal progetto Po. Quello che abbiamo di fronte è un progetto ambizioso, ma è anche un progetto di difficilissima composizione con le altre norme vigenti, non da ultimo la legge di difesa del suolo che disciplina alcuni aspetti di intervento sul bacino del Po.
Al di là del valore che va attribuito a questo voto unanime che credo riveli la diffusa coscienza ambientale e la consapevolezza che su questi temi ci dobbiamo sì scontrare, ma anche trovare un'isola di unione come quella che stiamo realizzando, io non nascondo, collega Chiezzi, che il poco tempo a disposizione potrebbe rendere anche poco credibile questo atto, però io credo che su questo progetto non abbiamo perso assolutamente tempo. L'analisi e la predisposizione di questa fase ancora conoscitiva è stata una fase lunga, però è stata una fase necessaria; la consultazione è stata lunga, ma necessaria. Il Consiglio regionale non ha perso molto tempo, perché si è evoluto in modo abbastanza tempestivo, non abbiamo lasciato andare molto i termini, tuttavia questi sono progetti che anche se non si esauriscono in una legislatura portano con sé una valenza, una complessità ed un fascino tale che io credo possano essere presi così come sono da coloro che verranno dopo di noi e che dovranno perfezionarli. Ci non toglie che ci sia l'impegno da parte della Giunta a voler proseguire in questo iter legislativo, non perdendo tempo, anche se - lo ripeto - già soltanto la fase di affidamento dell'incarico per un progetto così complesso merita approfondimento e prudenza e comunque la consapevolezza che noi stiamo per dare degli incarichi che, a seconda di come verranno svolti, potranno determinare il futuro o il non futuro del Po.
In questo senso mi farò carico nell'ambito della Commissione competente di far conoscere l'iter successivo a questo progetto.
Il primo progetto è stato dato all'IRES e io ritengo che la scelta sia stata molto opportuna, probabilmente oggi per la dimensione del progetto il nuovo incarico ha bisogno di un ambito anche straordinario che non può più essere lasciato all'iniziativa delle ricerche che sono state perfezionate dall'IRES e che hanno determinato la proposta che noi oggi stiamo votando.
Tuttavia mi impegno e credo di poter impegnare la Giunta, anche se in questo momento non c'è il Presidente, al perseguimento di tempi che siano quelli corretti e che nei limiti del possibile ci consentano di concludere se non completamente tuttavia di portare ad un buon stadio di realizzazione queste linee che noi oggi pomeriggio abbiamo ancora una volta rintracciato e che ci apprestiamo a votare.
In ultimo, devo una risposta al Consigliere Paris, il quale ha presentato una proposta di emendamento. Ritengo che i documenti che gli ho trasmesso siano sufficienti a rendere inutile e intempestivo questo emendamento, perché nella relazione socio-economica credo ci sia abbondantemente la risoluzione di quelle perplessità e di quelle carenze che avevano determinato la presentazione di questo emendamento che chiede una specifica relazione riguardante la situazione agricola. Mi sono quindi permessa di presentargli uno degli allegati (la relazione socio-economica) che nella prima parte esamina proprio gli aspetti agricoli di tutti i Comuni della fascia fluviale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paris.



PARIS Mario

Sono venuto in possesso di questo documento che non ho potuto vedere prima; temevo che nella relazione sugli aspetti socio-economici gli aspetti agricoli non fossero stati esaminati con la profondità con la quale sono stati esaminati sia nella prima che nella quarta parte del documento. Non c'è una relazione che porta il titolo specifico "Agricoltura", ma poiché le considerazioni che sono state scritte in questo documento certamente saranno tenute presenti per ciò che riguarda l'iter successivo, mi ritengo soddisfatto di questo documento e non ha più ragione di esistere l'emendamento.



PRESIDENTE

L'emendamento è quindi ritirato.
Pongo pertanto in votazione la proposta di deliberazione n. 1168, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.


Argomento: Trasporti a fune

Esame progetto di legge n. 252: "Disciplina degli impianti funiviari in servizio pubblico per il trasporto di persone e delle piste per la pratica dello sci" (rinvio)


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, a questo punto si tratta di decidere se esaminare il progetto di legge n. 252, di cui al punto 5) all'o.d.g., che è stato rinviato questa mattina perché non era presente il relatore Marchini con l'impegno di discuterlo oggi.
Ricordo in proposito che si era ipotizzato di individuare una prossima riunione di Consiglio da dedicare interamente all'esame di questo progetto di legge sul quale peraltro sono stati presentati molti emendamenti. Se dovesse intervenire una valutazione di questo tipo, si passerebbe al punto 8) all'o.d.g. che riguarda la modificazione al Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali nel Comune di Candiolo.
Questa Presidenza richiama l'assemblea ad esprimersi.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, volevo rassicurare sia l'Assessore competente che i colleghi, in particolare i Capigruppo, che questa non è una richiesta fatta da nessuno, ma è un ragionamento che era maturato ad opera dei Consiglieri più impegnati su questa materia. Forse non è opportuno avviare una materia così tecnicamente delicata e complessa ad un'ora tarda, con la certezza di non concludere in serata e quindi con il rischio di dover riprendere questi argomenti. Mi pare che martedì prossimo c'è l'impegno ad esaminare preliminarmente l'argomento sulla psichiatria, quindi rischiamo che la legge relativa agli impianti sciistici vada avanti a spizzichi e bocconi all'interno di più sedute consiliari. Quindi rassicuro l'Assessore e i colleghi Capigruppo che non è una valutazione che vede divisi o protagonisti alcuni, ma è un ragionamento che si era fatto a livello di alcuni Consiglieri, tra i quali il sottoscritto e come tale la rimetto alla valutazione operativa di chi su questo intende pronunciarsi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, dopo le considerazioni fatte dal collega Marchini il quale fra l'altro ha messo in evidenza che si tratta di un disegno di legge che, come è noto a chi ha partecipato ai lavori della Commissione, è piuttosto complesso dal lato politico e tecnico, penso che sarebbe bene rinviarlo a una seduta che, se non ci sono provvedimenti più urgenti potrebbe essere quella del 28 settembre, nella quale dedicarsi solo a questo disegno di legge che è complesso già per sua natura e la cui complessità è aggravata dalla presentazione di molti emendamenti.
Oggi sicuramente non si potrebbe esaminarlo, se non solo la relazione e la discussione generale, perciò la proposta del nostro Gruppo è di rinviare ad una prossima seduta e prevedere di dedicare l'intera giornata o gran parte di essa a questo argomento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, a nome del mio Gruppo dico che il Consigliere Marchini ha giustamente sollevato alcuni problemi di tipo operativo su un progetto di legge che è complesso e che richiede una discussione non spezzata, consentendo ai vari Gruppi di affrontare una problematica così complessa che ha determinato la presentazione di numerosi emendamenti.
Per quanto ci riguarda, anche se questo argomento era già iscritto all'o.d.g., noi accediamo alla richiesta fatta dal Consigliere Marchini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Mi associo alla richiesta dei colleghi che mi hanno preceduto. Mi pare giusto calendarizzarlo per il giorno 28 settembre, perché il 19 la seduta sarà quasi interamente dedicata alla psichiatria.
Propongo di passare al punto 8) all'o.d.g., perché data l'ora e l'urgenza dell'argomento nonché l'importanza degli interventi che verranno svolti in quest'aula, mi pare che potrebbe essere affrontato e risolto nella giornata di oggi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, data l'importanza e la complessità nonché il numero degli emendamenti che sono stati depositati in merito a questa iniziativa legislativa, credo occorra trovare uno spazio più adeguato, che permetta una continuità e non un'interruzione. Quindi aderisco anch'io alla richiesta del relatore Marchini per un rinvio che però deve essere iscritto all'o.d.g. del prossimo Consiglio del 28 settembre, in modo che si possa partire in mattinata su questa materia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente, prendiamo atto delle dichiarazioni che abbiamo sentito da parte dei colleghi; sottolineiamo però il fatto che questo è un disegno di legge che circola da lungo tempo nelle Commissioni del Consiglio regionale. C'era la possibilità di affrontarlo nella seduta di oggi con tranquillità, certo senza arrivare ad una conclusione. Prendo atto che la Presidenza propone di passare al punto 8) all'o.d.g., chiedo quindi alla Presidenza se è possibile concedere al Gruppo comunista una breve pausa per una riunione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dardanello.



DARDANELLO Ferruccio

Mi adeguo a malincuore alla richiesta di rinvio della discussione di questo progetto di legge, non tanto per i problemi che sono stati evocati da chi mi ha preceduto, ma per le grandi attese che il mondo degli impianti funiviari e delle piste relative alla pratica dello sci stanno attendendo.
Si sta avvicinando la stagione invernale, ci auguriamo che non sia drammatica come la precedente, ed è opportuno che queste norme siano definite. E' stato proposto di discutere questo disegno di legge nella seduta del 28 settembre, mi auguro che in quella data sia affrontato il problema con la speranza che nella stessa giornata sia concluso.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ripa.



RIPA Franco, Assessore al turismo

Prendo atto di questa volontà.
Si tratta di un problema molto importante, del quale si dibatte fin dal 1987 nella Commissione competente. In quella sede ci siamo resi conto della difficoltà di questo disegno di legge, quindi è importante che si metta ordine nell'argomento degli impianti a fune. Le aspettative sono molte, ma è importante che da parte nostra non ci sia la volontà di posporre il problema solo perché è complesso. Accetto la volontà espressa dal Consiglio di iscriverlo al secondo punto dell'o.d.g. del Consiglio del 28 settembre altrimenti si rischia nuovamente di andare per le lunghe mentre è importante che ci adeguiamo adesso, perché in un settore come questo siamo in una fase in cui niente o poco è regolamentato. La Giunta ritiene che l'argomento meriti di essere affrontato in Consiglio per essere concluso e per dare una regola.



PRESIDENTE

Il punto 5) all'o.d.g. viene quindi rinviato alla seduta del 28 settembre ed iscritto al punto 2) dell'o.d.g. Prima si esaminerà il progetto di legge relativo all'istituzione della Riserva naturale speciale della Fontana Gigante e poi si passerà al disegno di legge sugli impianti funiviari.
Accolgo la proposta avanzata dal Gruppo comunista di sospendere brevemente la seduta.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 16,30, riprende alle ore 17,05)


Argomento: Parchi e riserve

Esame proposta di deliberazione n. 1140: "L.R. n. 43/75, art. 2 Modificazioni al Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali (Comune di Candiolo)" - Presentazione questioni sospensive


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Passiamo al punto 8) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 1140.
Si tratta di una deliberazione esaminata dalla V e dalla VII Commissione riunite in seduta congiunta il giorno 25/7/1989 ed il cui testo è stato approvato a maggioranza.
La parola all'Assessore Vetrino per l'illustrazione.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo argomento è ampiamente conosciuto dai Consiglieri, essendo stato oggetto di riunione delle due Commissioni congiunte e quindi ha raggiunto l'attenzione di buona parte dei Consiglieri presenti in quest'aula ed anche perché le relative consultazioni sono state frequentate e seguite dalla stampa la quale ha sviluppato attorno a questo argomento un'ampia informativa, che mi permetto di giudicare a volte non molto coerente, in qualche caso non corretta.
Tuttavia mi sembra giusto, riprendendo questo argomento dopo la pausa estiva e avendo l'accortezza di cercare di focalizzarne i momenti più importanti, attenermi al criterio cronologico per capire come questo argomento si sia sviluppato e oggi sia alla nostra attenzione nei termini della deliberazione che abbiamo di fronte.
Nella legislatura 1975/1980, il Consiglio regionale approvò per due volte il disegno di legge istitutivo dell'area del Parco di Stupinigi. I due provvedimenti furono entrambi rigettati dal Governo.
Nella scorsa legislatura, 1980/1985, la Regione che aveva inserito l'area di Stupinigi nel primo Piano dei parchi del 1976, ripropose quest'area nella deliberazione contenente il secondo aggiornamento del marzo 1985.
Nell'attuale legislatura la Giunta, con la bozza del piano regionale di sviluppo presentato alla fine del 1986 e oggi diventato piano, ha confermato la sua volontà di istituire con legge tutte le aree a parco individuate nella deliberazione suddetta. Con questo proposito si è dato inizio al percorso legislativo di buona parte delle aree contenute nella deliberazione e alla data odierna molte di esse sono diventate leggi della Regione, altre sono depositate presso la Commissione competente e altre verranno presentate al Consiglio da parte della Giunta nei prossimi mesi.
Alla fine del 1987 tra la Giunta regionale e la Fondazione per il cancro si avviarono degli incontri nel corso dei quali la Fondazione illustrò la volontà di istituire un Centro per la ricerca e la cura del cancro e in particolare comunicò la volontà di far sorgere questa struttura in territorio di Candiolo ai margini dell'area vincolata a parco.
La Regione fece presente le difficoltà di tipo vincolistico che si frapponevano, nel senso che per superare il vincolo la Regione avrebbe dovuto predisporre un disegno di legge regionale per la costituzione del Parco di Stupinigi al fine di correggere i confini e svincolare l'area di interesse della Fondazione.
Negli stessi tempi si stabilirono rapporti anche con il Comune di Candiolo per il successivo adeguamento dello strumento urbanistico. Il disegno di legge adottato dalla Giunta per la costituzione del Parco di Stupinigi fu presentato dall'Assessore Vetrino alla Commissione competente e nella seduta di presentazione l'Assessore richiese una corsia preferenziale in quanto attraverso quel disegno di legge si rendeva possibile la realizzazione di due obiettivi: da un lato l'istituzione del parco e dall'altro la possibilità di realizzare il centro. Su questa linea la Giunta prese contatti altresì con la FIAT, proprietaria di parte dei terreni ricadenti nel parco ed ottenne la promessa di cessione gratuita alla Regione Piemonte dei terreni di sua proprietà, al fine del loro utilizzo pubblico per il costituendo Parco di Stupinigi.
La FIAT stessa nella seduta del Consiglio di amministrazione del 7/7/1988 condizionò la cessione all'entrata in vigore di una legge regionale istitutiva del Parco di Stupinigi, alla statuizione in tale ambito di un'area attrezzata aperta al pubblico, alla definitiva approvazione di tutti gli strumenti urbanistici tali da consentire alla Fondazione la realizzazione delle strutture per il Centro tumori.
Questa lettera si può configurare come un atto di una trattativa avviata fin dal 1978 che ha evidentemente connotazioni anche più ampie e sulle quali ci siamo già soffermati.
A seguito della presentazione del disegno di legge istitutivo del parco ebbe inizio il processo legislativo in Commissione che apparve subito molto lungo, in primo luogo per la presa di posizione del Gruppo DC in tema di parchi che posponeva l'istituzione di nuovi parchi alla revisione della legge quadro e per la presa di posizione dell'Ordine Mauriziano che avanzava delle pregiudiziali di ordine tecnico-giuridico in merito alla legittimità del testo di legge. D'altra parte l'esperienza dei precedenti disegni di legge bocciati dal Governo poteva rendere comprensibile questa riserva per la quale, a mio avviso, oggi esistono tutte le condizioni per il suo superamento.
Di fronte alle sollecitazioni della Fondazione per il cancro e del Comune di Candiolo per un riscontro alle istanze presentate, la Giunta valutò opportuno anticipare le modifiche dei confini già previsti dal disegno di legge attraverso una proposta di deliberazione al Consiglio regionale, quella che formalmente è alla nostra attenzione oggi, ma che nel contenuto è profondamente diversa da quella presentata dalla Giunta. Il cambiamento del contenuto della deliberazione è il risultato del dibattito delle Commissioni V e VII congiuntamente riunite e delle consultazioni che le Commissioni congiunte hanno svolto il 25 luglio 1989. In pratica si è passati dalla iniziale proposta della Giunta regionale di stralciare dal parco un'area omogenea dal punto di vista territoriale a quella di stralciare esclusivamente la parte di territorio direttamente interessata alla costruzione del centro. Questo stralcio contrasta con la iniziale volontà della Giunta; tuttavia la Giunta ha tenuto conto dei risultati della Commissione e li ha fatti propri.
Se devo esprimere una valutazione come Assessore alla pianificazione territoriale considero questa nuova configurazione sotto il profilo territoriale una operazione incoerente e incompleta rispetto alla situazione territoriale complessiva e che comunque a seguito della costruzione del centro porterà a dover definire come due entità nettamente distinte l'area naturale del parco da quella occupata dalle strutture sanitarie. Tuttavia, poiché il dibattito nell'ambito delle due Commissioni in seduta congiunta e le consultazioni hanno portato a questa decisione, la Giunta accetta l'ipotesi di uno svincolo graduale, che nella deliberazione in discussione si perfeziona per ora unicamente attraverso lo svincolo di 270.000 metri quadrati. Questa soluzione mette un po' in forse il rapporto con la FIAT in merito alla cessione gratuita, anche se evidentemente in occasione di questo svincolo successivo e della costituzione del parco credo sarà molto facile ricostruire il rapporto che avevamo stabilito con la FIAT. Infatti soltanto attuando la gradualità di svincolo sarà possibile recuperare questa ipotesi di cessione gratuita e soprattutto - questo ci tengo a dirlo - si potrà recuperare anche un rapporto con il Comune di Candiolo che già deve fare una variante ad hoc al proprio Piano regolatore e non potrà quindi approfittare di questa variante per una regolamentazione coerente di quest'area di confine tra il proprio territorio e l'area a parco.
Detto questo la Giunta sollecita il Consiglio ad una discussione serena per quanto possibile su questo argomento e a trovare le condizioni per una sua votazione nei termini più stretti possibili, in quanto c'è molta attesa per questa iniziativa da parte della comunità piemontese che, come sapete generosamente in questi anni ha profuso alcuni miliardi perché questa importante opera si realizzasse sul territorio piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, accoglierò l'invito del Vicepresidente della Giunta regionale ad affrontare con serenità questo argomento (d'altronde non vedo come possa essere affrontato diversamente) anche se inizio il mio intervento dicendo che mi dispiace notare l'assenza dei colleghi Consiglieri cosiddetti, se non autodefinitisi, ambientalisti: a parte il sottoscritto non ve n'è uno; affrontando un problema che ha procurato anche questa mattina una presenza all'esterno di questo edificio per "salvaguardare" il parco mi stupisce - e voglio che rimanga agli atti l'assenza di coloro ai quali in maniera specifica è demandata - ripeto: tranne il sottoscritto - la difesa d'ufficio di questi argomenti in questa sala.
Mi sono iscritto subito a parlare e c'è un motivo. Credo che noi dovremmo affrontare anche la legittimità con cui certe associazioni intervengono a parlare su argomenti che riguardano, come in questo caso l'ambiente. E' stata distribuita pochi minuti fa una lettera a tutti i Consiglieri o comunque ai Capigruppo da parte di tre associazioni ambientaliste: la Lega per l'ambiente, Pro Natura e Italia Nostra. Su un argomento come quello che trattiamo, mi chiedo con quale legittimità la Lega per l'ambiente, Pro Natura e Italia Nostra esprimano un'opinione senza farci sapere a quale titolo: hanno consultato i loro iscritti, hanno fatto un referendum? L'opinione che loro esprimono riflette i firmatari di questa lettera oppure riflette interamente queste associazioni? Avanzo dei dubbi perché avendo molti amici che lavorano in queste tre associazioni so per certo che la loro posizione non è assolutamente quella che viene descritta in questa lettera inviata a tutti i Consiglieri. Mi sembra una notazione non di poco conto, perché ancora una volta - è un tema che ho affrontato diverse volte in questo Consiglio - la demagogia e la superficialità che contraddistingue molte delle posizioni ambientaliste quando si affrontano temi seri, fondamentali ed importanti come quelli legati all'ambiente rischiano di far saltare alcune decisioni che invece sarebbero molto sagge proprio dal punto di vista dell'ambiente per la nostra regione.
Cito un solo esempio. E' un esempio banale, ma a volte gli esempi banali sono utili per capire gli errori che vengono commessi nella quieta accettazione da parte di tutti. Si è parlato molto nei mesi prima dell'estate del Palatenda. La stagione del Regio non si può fare a causa delle ristrutturazioni, si è avanzata quindi l'ipotesi del Palatenda. E la prima ipotesi, avanzata anche dalla Sovrintendenza, era di realizzare questa struttura ai Giardini Reali. Tutti noi abbiamo in mente il parco gli alberi, il tratto di strada che va dalla Prefettura a Corso Regina Margherita. Credo sia dovere di chi pretende intervenire su un argomento specifico informarsi, non dico il comune cittadino che ha come conoscenza dei Giardini Reali solo quello che vede passando raramente a piedi perch non sono molto frequentati, ma in macchina sicuramente molto perché è un tratto molto frequentato. Ripeto: chi vuole intervenire su un argomento del genere avrebbe dovuto come minimo andare a vedere con i propri occhi cosa significava installare un Palatenda nei Giardini Reali. In primo luogo non significava assolutamente buttare giù gli alberi, ben seicento alberi ad alto fusto, uno si immaginava una strage ai Giardini Reali; invece cosa che peraltro non è poi apparsa sui giornali o è apparsa pochissimo questo Palatenda doveva essere messo sui bastioni, quelli che non si vedono a occhio nudo, anzi l'ingresso a questi bastioni è tassativamente proibito se non ai pochi cittadini che abitano nell'area delle caserme dei Carabinieri di Via Verdi, sono in gestione alla Famija Turineisa, ospitano due bocciofile, un luogo per giocare a carte, dove sono ospiti poche decine di persone. Si possono vedere, anzi immaginare andando all'Auditorium da Via Rossini, sono decisamente non vedibili da chi passa per i Giardini Reali ed è un avanzo tenuto in maniera obbrobriosa, contiene sterpaglie non ci sono alberi degni di questo nome, è praticamente una proprietà pubblica diventata privata, quindi un'area verde sottratta alla possibilità di essere usufruita dal pubblico.
Le forze cosiddette ambientaliste hanno detto: "Guai a distruggere gli alberi ai Giardini Reali!". Qual è stata la risposta delle istituzioni? "Se gli ambientalisti non vogliono, non si farà lì il Palatenda". Questa è stata la risposta di un'istituzione che comportandosi in questo modo, a mio avviso, è venuta meno a quelle che sono le sue funzioni, i suoi doveri cioè di andare a verificare ed intervenire e, all'atto, saper anche dire "no" e sostenere un parere quando, come si è visto in questo caso, era stato sostenuto fin dall'inizio.
Invece è avvenuto il contrario: di fronte ad una posizione demagogica superficiale, ignorante (nel senso etimologico del termine), la reazione dell'Amministrazione è stata quella di non fare il Palatenda nel posto più giusto dove poteva essere fatto e che avrebbe recuperato al bene pubblico un'area abusivamente privata oggi.
Ho fatto questa premessa, ripeto banale, di un esempio da poco (forse non tanto) per dire come su un argomento come quello della costruzione di un Centro antitumori a Candiolo, noi assistiamo ancora una volta a questa incompetenza. Sottolineo con forza (anche se con serenità come invitava l'Assessore Vetrino) che siamo di fronte all'ignoranza tecnica, concreta di persone che si attribuiscono voce in capitolo solo perché rappresentano oggi l'appartenenza (titolo che peraltro nessuno ha intenzione di togliergli) ad una parte politica che si definisce "ambientalista", come se questo aggettivo potesse coprire automaticamente qualunque ignoranza di argomenti sui quali, invece, si deve intervenire.
E lo vediamo ancora da queste annotazioni (peraltro uscite sui giornali in questi ultimi mesi) che i tre firmatari hanno inviato a noi Consiglieri per farci riflettere affermando se non sia il caso di prendere una pausa di riflessione per trovare qualche altra soluzione. Penso invece che le pause di riflessione siano, al di là del dovuto, una delle malattie endemiche della nostra incapacità amministrativa a scegliere e a decidere.
Nel punto a) di questa lettera che tutti dovrebbero aver ricevuto, c'è scritto: "Sappiamo del resto che la salvaguardia della natura, del verde dell'ambiente, nella sua più ampia accezione del termine, costituiscono la migliore prevenzione per la malattia neoplastica"; ora, se fosse così facile prevenire la malattia neoplastica semplicemente con l'accettazione di queste tre righe, forse avremmo risolto tutto senza bisogno di Centri antitumori e senza bisogno di ricerca, perché dire che l'ambiente procura le malattie credo sia una verità lapalissiana di cui tutti siamo al corrente, ma non sappiamo ancora oggi come uscirne. Conosciamo le indicazioni a grandi linee, ma non sappiamo come fare. Nell'attesa, non si può bloccare un progetto che per primo in Italia si propone di fare ricerca a livello internazionale. Chiunque ha esaminato il progetto sa che avverrà in questo modo perché è fatto esattamente sulla falsariga di quello che è stato realizzato in altri Paesi molto più avanzati del nostro per quanto riguarda la ricerca contro i tumori. L'affermazione contenuta in questa lettera è di una banalità e superficialità della quale io mi vanto di non tenere conto.
Scorrendo ancora la lettera, entrando nel campo amministrativo urbanistico si legge "che non si può costruire dal nuovo, ma bisogna recuperare un'opzione diversa cioè ristrutturare strutture fatiscenti abbandonate" proprio perché le pause di riflessione degli amministratori sono così lunghe che nel frattempo strutture una volta efficienti sono ormai disastrate. Si parla dell'Eremo e di aree industriali dismesse non sapendo quanto costa ristrutturare, entrare in un'area studiata e realizzata per altri fini, immaginarla invece così efficiente come vediamo certi ospedali americani che, vorrei ricordare a questi ambientalisti, non sono protagonisti di telefilm e basta, sono nella realtà costruiti in quel modo. I nostri ospedali sappiamo in quali condizioni sono e in quali condizioni lavorano e operano medici, quindi dovremo augurarci tutti che le strutture siano diverse da quelle che abbiamo oggi. Invece i consigli delle cosiddette associazioni ambientaliste ci dicono che bisogna ristrutturare l'Eremo. Io mi chiedo in base a quale valutazione! Ci hanno fatto avere un parere di qualche architetto od urbanista? Se non è così, per una vaga idea di risparmio? Ma su che cosa poi, visto che i soldi vengono investiti da una associazione privata? Ci sono poi dei consigli macroscopicamente stupidi, cioè dire che la lontananza dal centro di Torino, in carenza di un adeguato sistema di autobus navetta - e qui voglio solo ricordare tutta la retorica di questi autobus navetta che è stata fatta dalle medesime associazioni e dalle medesime forze politiche per quanto riguarda i trasporti nel centro storico a Torino - renderebbe difficoltoso l'accesso ai pazienti, ovunque obbligati ad un faticoso pendolarismo, nonostante le loro condizioni di sofferenza.
Credo che queste associazioni sappiano anche superficialmente che chi è ammalato di cancro non chiama l'autoambulanza per essere ricoverato in ospedale, ma programma il suo ricovero - ahimè! - nella condizione triste in cui questo può avvenire, cioè con un po' di anticipo. Non è come quando ci si ferisce o si ha un incidente d'auto per cui l'ospedale, il day hospital o il Pronto soccorso non possono essere a chilometri di lontananza, ma devono essere in un luogo facilmente accessibile e in centro. L'esperienza di altri Paesi ci insegna che questi ospedali "devono" essere costruiti in zone lontane dal centro, dal rumore, possibilmente in un ambiente che faciliti, purtroppo, il soggiorno a termine di questi malati.
Quindi è giusto non farli dove loro direbbero che dovrebbero essere costruiti, ma farli per esempio nell'area indicata a Candiolo. Io non dico che sia l'unica area disponibile, dico solo che dopo anni e anni di lavoro di studi, di ricerche, di investimenti, si è trovata un'area che, secondo la mia posizione, è un'area che non danneggia il Parco di Stupinigi, è una piccolissima fetta all'estremità del parco, è l'area più giusta per costruire l'ospedale che non solo deve fare ricerca.
Sulla famosa questione dei 120 letti. C'è chi dice che sono pochi naturalmente fossero stati 300 sarebbero stati troppi, ma devono esserci dei letti e 120 è una cifra minima, perché fare ricerca significa anche avere i malati nell'ospedale sui quali fare ricerca. E questo è il criterio di uno dei più famosi ospedali del mondo (Bethesda) dove sono andati e continuano ad andare medici, laureati, ricercatori dell'Università di Torino, i quali rientrando a Torino vorrebbero trovare condizioni simili dove un'intelligenza possa essere applicata in strutture che possano offrire la strumentazione adatta per fare ricerca e non soltanto la professione di medico.
Tutto questo verrà garantito da questo ospedale che oltre ad essere tale sarà anche centro di ricerca.
Al di là delle osservazioni, dei timori, di tutto quello che si è detto in questi mesi - osservazioni alle quali i responsabili di questo progetto hanno puntualmente risposto in interviste sui giornali e con documenti - mi chiedo quali giustificazioni possano darsi le associazioni ambientaliste, e mi riferisco soprattutto a queste perché essendo il rappresentante della Lista Verde Civica è mio dovere far sentire una voce che si differenzia in modo totale dal coro di questi ignoranti, superficiali e demagogici interventi che purtroppo vediamo espandersi sempre di più sul nostro territorio ad impedire che vengano realizzate opere indispensabili per la comunità! Mi chiedo se le mie osservazioni possano essere di aiuto e di stimolo ai Consiglieri presenti in quest'aula per invitarli a comportarsi in modo totalmente differente e dissimile da quello che invece hanno sperato i firmatari di questa lettera e che comunque si auguravano potesse avere qualche risultato.
Non sto a leggere tutte le osservazioni che sono venute fuori dalle rassegne stampa su questo argomento in questi mesi, voglio solo pregare e invitare i colleghi, per non aggiungere altre parole a quanto detto, di valutare quanto questa iniziativa possa finalmente portare la Regione Piemonte ad un risultato che è di livello internazionale, sempre che poi chiaramente le aspettative vengano rese concrete, ma questo credo sia il dubbio che di fronte ad ogni legge ciascuno di noi deve avere consapevolmente. C'è poi il problema della sua realizzazione concreta. Se questa opera verrà realizzata nei quattro, cinque anni di tempo che occorreranno per portarla a termine sarà un grosso risultato proprio di fronte ad una malattia così grave come quella del cancro che, pur avendo origine da un avvelenamento dell'ambiente atmosferico, è una malattia inventata dall'uomo, ma per riuscire a sconfiggerla dopo averla inventata dobbiamo avere gli strumenti per poterlo fare. E io credo che gli strumenti in questa nuova struttura potranno essere trovati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo comunista per trattare questa vicenda si rivolge direttamente al Presidente della Giunta regionale (che è assente) in quanto l'importanza del tema, il numero dei cittadini interessati allo stesso e l'urgenza che un problema di questo genere venga portato a positiva soluzione, almeno per quanto riguarda le competenze dell'ente pubblico, fanno sì che questo tema, pur se è di competenza specifica di vari Assessorati, faccia capo, anche per gli impegni che la Regione aveva sottoscritto con soggetti oggi interessati da questo provvedimento, al coordinatore della Giunta regionale, al suo Presidente. Il quale Presidente, se avesse senso della Regione, in questa situazione avrebbe dovuto essere presente e comunque dirigere i lavori della Regione stessa in modo da portare a conclusione positiva questa legge. Non sollevo la questione dell'assenza del Presidente della Giunta regionale. Ho detto che però ci rivolgiamo al Presidente, alla massima autorità esecutiva presente in questo Consiglio. Informiamo i colleghi che in questo mese o poco più che ci separa dall'ultima riunione del Consiglio e delle Commissioni abbiamo ricevuto, non dalla Giunta regionale come avremmo gradito, ma dalla stessa Fondazione per la ricerca sul cancro una lettera in data 7 settembre, alla quale si accompagnava una relazione con alcune informazioni ed alcune fotografie. Nella lettera si diceva anche che la documentazione che veniva fornita, penso a tutti Gruppi e non solo al nostro, era solo una prima documentazione parziale. La Fondazione si dimostrava disponibile a fornire ulteriori informazioni; immediatamente il Gruppo comunista ha inviato un telegramma alla Fondazione dichiarandosi interessato e disponibile ad avere un confronto diretto. Oggi pomeriggio alle ore 14 una delegazione del Gruppo comunista si è recata alla Fondazione, dove quattro rappresentanti del Consiglio di amministrazione ci hanno ricevuto. Abbiamo avuto uno scambio di idee e, devo dire, ci sono stati anche forniti elementi nuovi che successivamente esporrò ai colleghi interessati.
Da questo incontro sono emersi alcuni elementi già noti come ad esempio il rammarico per una conduzione da parte dell'ente pubblico di questa vicenda che ha portato a discutere questa questione con grave ritardo.
Ora vediamo i fatti che riguardano in primo luogo la Regione Piemonte.
I fatti che esporrò sono quelli ottenuti esaminando i documenti forniti dalla Giunta regionale in proposito.
Dobbiamo dire che siamo veramente esterrefatti dal modo con il quale la vicenda è stata condotta fino a qualche minuto fa, compresa la relazione dell'Assessore Vetrino. Si conduce una vicenda senza tenere conto di questioni amministrative che, a giudizio del Gruppo comunista (abbiamo fatto una riunione poco fa), non possono non essere considerate prima di prendere queste decisioni.
Vedete, colleghi, il 15 gennaio 1988 - questo è il primo atto a nostra disposizione - la Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro scrive al Presidente della Giunta regionale per dire che intende edificare un Centro tumori e per questo richiede un primo lotto (nella lettera è scritto proprio così) di circa 200/300 mila metri quadrati di terreno, con una previsione futura di ulteriori ampliamenti e maggiori fabbisogni. E' una frase sulla quale abbiamo fatto chiarezza non con la Giunta ma con la Fondazione, che ha assicurato non debba intendersi come richiesta ulteriore di fabbisogno di terreni oltre a quelli già deliberati, come invece si capirebbe leggendo questa lettera. Nella lettera della Fondazione si fa presente che vi è un vincolo di inedificabilità su quest'area, in quanto area a verde attrezzata nel Parco di Stupinigi (e questa lettera è del mese di febbraio 1988). Il 6 aprile - due mesi dopo il Presidente della Regione Piemonte risponde al Presidente della Fondazione piemontese e per conoscenza all'Amministratore delegato della FIAT-Auto che "dopo un'attenta analisi e valutata positivamente l'iniziativa ci preme richiamare all'attenzione" - queste sono le parole testuali della lettera "l'esistenza di alcuni vincoli urbanistici e territoriali, ma anche derivanti da precedenti intese tra FIAT-Auto e Regione". E ricorda, nella pagina successiva, gli impegni della FIAT assunti con lettera 14/3/1978, con lettera 23/5/1980 e nel comodato firmato dalla Regione Piemonte, dai rappresentanti della FIAT alle ore 19,30 del 27/7/1983 con il quale la FIAT metteva a disposizione gratuita della Regione l'area di proprietà in Candiolo per la costituzione definitiva del parco regionale. La scadenza del comodato era successiva a queste prime lettere di trattative. Va chiarito a tutti i Consiglieri che questi terreni di cui si parla, compresi quelli dati in comodato alla FIAT sino al 27 luglio 1988, sono i terreni di cui si discute oggi la proposta di stralcio dal parco.
Sempre il Presidente Beltrami - ed è il primo elemento che sottoponiamo alla vostra attenzione - in questa lettera scrive una cosa molto importante: "E' necessario, prima di assumere i provvedimenti definitivi chiarire i reciproci impegni sulla base di precisi e dettagliati accordi con la FIAT e consociate, soprattutto in ordine al passaggio a titolo gratuito in proprietà regionale dei terreni di cui trattasi".
Ora capite lo spessore di questa presa di posizione da parte del Presidente della Giunta regionale che evidentemente, sia perché l'ha seguito direttamente da questi banchi, sia perché probabilmente vi sono pratiche negli uffici, si è reso conto che si stava parlando di terreni sui quali tra la Regione e la FIAT erano intercorsi degli accordi. Per questo prima di assumere delle decisioni, scrive che occorre chiarire la natura degli accordi. Occorre evidentemente verificare se tutti gli accordi sono stati assunti, se vantaggi ed oneri sono stati equamente distribuiti, se gli interessi pubblici sono stati realizzati, se gli interessi privati sono riusciti a realizzare le loro opere. Alla fine di questa verifica occorre rinegoziare la questione. Il Presidente Beltrami in una lettera ufficiale ha posto questi problemi ed io, sino a questo punto, devo dire che il Presidente Beltrami si è riagganciato, al 6/4/1988, ad una vicenda che aveva visto impegnata la Regione e la faceva presente alla FIAT nel momento in cui sugli stessi terreni, già promessi gratuitamente alla Regione, si ipotizzavano altre scelte diverse dal passato.
Mi soffermo un attimo per richiamare all'attenzione questi fatti perché a partire da questi diventa difficile, senza aver verificato l'utilizzo e la realizzazione effettiva, anche patrimoniale, di quegli accordi, prendere decisioni contrastanti. Sappiamo che gli accordi comportano interessi economici. Gli accordi con la FIAT comportavano rilevantissimi interessi economici dai quali, Presidente Beltrami, non si può prescindere, non si può far finta di niente.
Nel 1975, prima che si formasse la nuova Giunta regionale, la FIAT aveva ottenuto dal Comune di Candiolo un certo numero di licenze per una grande lottizzazione da destinare a centro direzionale, proprio su queste aree oggi in discussione. Non ricordo la cifra esatta, ma era più di un milione di metri cubi. Vi ricorderete che allora la città si stava espandendo a macchia d'olio ed esisteva questa volontà della FIAT di concentrare in un'unica zona a sud di Torino, in prossimità di Stupinigi il proprio centro direzionale perché Corso Marconi era insufficiente.
La Giunta regionale che si insediò allora si trovò di fronte a questo fatto compiuto; la FIAT poteva iniziare i lavori il giorno dopo e realizzare con quel milione e più di metri cubi il suo centro direzionale.
La Giunta regionale di allora, in funzione di un programma di riorganizzazione territoriale di Torino, che non prevedeva un'espansione a sud in quanto prefigurava una nuova espansione a macchia d'olio, propose una ricentralizzazione di funzioni direzionali non in un solo punto, ma nell'intera area metropolitana per utilizzare queste potenzialità private al fine di un migliore assetto del territorio. Chiese perciò e contratt con la FIAT la rinuncia a quelle licenze edilizie. Ne nacque una trattativa che durò circa tre anni. La lettera citata dal Presidente Beltrami del 14/3/1978 sanciva il raggiungimento di un accordo con il quale la FIAT rinunciò, senza chiedere contropartite su quegli atti, a edificare sui terreni dei quali oggi stiamo discutendo. Rinunciò a quelle licenze edilizie. In cambio ottenne, in base agli accordi, di poter localizzare una parte dei propri uffici in base ad un Piano particolareggiato in zona S.
Paolo a Torino, dove era proprietà della ex S.p.A. Centro e di realizzare un'altra parte dei suoi uffici, mi sembra 400.000 metri cubi, nella zona del Campo Volo del Comune di Collegno; in cambio avrebbe ceduto gratuitamente alla Regione tutti i terreni di Candiolo. Evidentemente il Presidente Beltrami lo sapeva e nel momento in cui su parte di questi terreni si fanno altri progetti, scrive che occorre verificare se quegli accordi, che prevedevano obblighi per la Pubblica Amministrazione e possibilità per la FIAT di eseguire delle opere, sono andati a buon fine oppure fino a che punto sono stati realizzati.
Non si può quindi prescindere da un esame di merito sull'esito di quegli accordi. Non si può discutere l'utilizzo di questi terreni, che in base a quegli accordi avrebbero dovuto essere ceduti gratuitamente, prima di fare una verifica; verifica su quelli che il Presidente Beltrami chiama "precisi e dettagliati accordi".
Il Presidente Beltrami scrive che bisognava chiarire i reciproci impegni sulla base di precisi e dettagliati accordi con la FIAT. Questi accordi, che erano stati stipulati nel 1978, erano stati oggetto di un pubblico dibattito in tutte le sedi istituzionali. Allora ero al Comune di Torino e l'ho fatto in quella sede; sono stati fatti in Regione. Erano accordi pubblici, contrattati pubblicamente. Risulta chiara nella lettera del Presidente Beltrami la preoccupazione di rimettere a fuoco la questione.
Dopodiché si potrà rinegoziare tutto. Questo deve essere fatto prima di assumere provvedimenti, così come dice il Presidente Beltrami. Noi chiediamo che questo lavoro sia fatto. Siamo preoccupati perché nel 1975 sono stati messi in gioco interessi economici rilevantissimi. Chiunque abbia amministrato un Comune sa che quando un privato ha un diritto di edificare non è semplice revocare questo diritto. Non basta nemmeno invocare il solo interesse pubblico al ripristino della legalità. Neppure le licenze edilizie chiaramente illegittime sono facilmente revocabili perché creano un immediato interesse privato per togliere il quale non basta più il ripristino della legalità. Ci vogliono interessi della Pubblica Amministrazione specifici e dimostrabili che conducano alla revoca. Quindi la licenza edilizia è un atto che genera, in effetti interessi economici rilevanti: tant'è che a norma del nostro Codice Civile il privato che ne è in possesso assume una posizione di forza nell'esercizio di questi diritti.
La FIAT disponeva di diritti ad edificare che sono stati trasferiti e realizzati altrove, perché la FIAT ha realizzato questi diritti trasferendoli, diciamo così, dalla zona di Candiolo in altre zone dell'area metropolitana torinese. Il Centro direzionale di S. Paolo non solo è stato progettato dal punto di vista urbanistico, ma è stato anche realizzato.
La situazione al Campo Volo qual è? E' questo l'elemento che va chiarito. Se ricordate, qualche mese fa abbiamo anche parlato del Piano regolatore di Collegno e delle previsioni che fa. Ne avevamo anche parlato in un'interrogazione fatta dal Gruppo comunista.
La situazione a Collegno qual è? A me risulta che ci sia una situazione urbanistica nella quale oggi la FIAT dispone di cubatura su quelle aree.
Gli enti pubblici hanno soddisfatto quegli accordi? Se l'ente pubblico ha soddisfatto quegli accordi, in tal caso i terreni di Candiolo sono della Regione, devono passare in proprietà gratuita della Regione. Se gli accordi non sono stati soddisfatti da parte dell'ente pubblico la Giunta li esamini, dica al Consiglio in quale misura non sono stati soddisfatti, si verifichi se c'è stato uno svantaggio per il privato, lo si quantizzi dopodiché si può, sulla base di questo, decidere quanti di questi terreni sono da cedere gratuitamente alla Regione e quanti devono rimanere in proprietà della FIAT. Però tra le lettere c'è un vuoto, nel senso che dopo questa prima lettera (che, letta per quello che pare voglia dire, è condivisibile) cosa succede? Il 15 aprile, quindi nemmeno nove giorni dopo la lettera del Presidente Beltrami, la FIAT risponde al Presidente Beltrami, al Sindaco di Candiolo e alla Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro. In questa lettera la FIAT dice: "Come la Fondazione ricorda, questi terreni sono inedificabili" - c'è il vincolo a destinazione agricola di inedificabilità perché è inserita nel parco - "comunque vi dichiariamo la nostra più ampia disponibilità in merito alla vostra proposta" - è una lettera alla Fondazione e per conoscenza al Presidente Beltrami - "Sono a disposizione degli enti pubblici per i colloqui e tutte le iniziative". Conclude dicendo: "Abbiamo preso nota - verso la Fondazione che il vostro interesse è per ora di acquisire un primo lotto di terreni di circa 200 o 300.000 metri quadrati, con una opzione per ulteriori fabbisogni per futuri ampliamenti". Prego il Presidente Beltrami di memorizzare il fatto che la Fondazione incontrata da noi oggi pomeriggio ha dichiarato che questo non è vero, loro non hanno alcun fabbisogno aggiuntivo di terreni (da queste lettere si capiva il contrario) e che sono sufficienti questi 270.000 metri quadrati. Anche qui la FIAT risponde alla Fondazione dicendo "prendiamo atto che volete acquisire dei terreni".
Io ritengo legittima la domanda che sto per fare perché trattandosi di terreni oggetto di accordi pubblici mi pare che la domanda sia legittima: questa acquisizione è a titolo oneroso o è a titolo gratuito? La FIAT nei confronti della Fondazione cosa sta pensando di fare, di regalare questi terreni o no? Noi questo non lo sappiamo, non l'abbiamo chiesto oggi ai rappresentanti della Fondazione, però qui poniamo questo problema. Erano terreni, secondo gli accordi, se sono andati a buon fine, da cedere gratuitamente alla Regione e la FIAT cosa ne fa (visto che qui non parla di cessione gratuita, ma di acquisizione di un primo lotto)? Ma questo, se volete, è un problema ancora minore.
Successivamente la FIAT scrive al Presidente Beltrami e dice: "Abbiamo preso atto della comune valutazione", quindi il 7/7/1988 c'è una comune valutazione che sia allocato su quei terreni il Centro tumori. "Dalla vostra richiesta a noi indirizzata a che sia, preliminarmente a quanto sopra e condizionata ai fini anzidetti, definita una cessione non onerosa a favore della Regione Piemonte di una parte residua dei terreni in questione".
Capite tra queste due lettere c'è un vuoto di documentazione. Il Presidente Beltrami parla dei terreni oggetto degli accordi e la FIAT parla di cessione di una quota residua dei terreni; ma chi ha detto questo? Questo bisogna dimostrarlo. Bisogna dimostrarlo facendo dei conti, parlando di investimenti e di risorse. Questa è la preoccupazione del Gruppo comunista: ci sono degli aspetti economici delicati. Se questi terreni erano oggetto di una trattativa bisogna fare due conti prima di rinegoziare, mentre la FIAT dà per scontato che alla Regione Piemonte spettino soltanto dei terreni residui. Dice sempre la FIAT in questa lettera: "Con la presente comunica che farà in modo che sia sottoposta ai competenti organi della società propria controllata proprietaria dei terreni in Candiolo una proposta di deliberazione per la cessione gratuita alla Regione Piemonte dei terreni stessi - quindi residui - al fine del loro utilizzo come area attrezzata per il costituendo Parco di Stupinigi".
Questo è un altro elemento di grande stupore, nel senso che la FIAT, che pare "governi" questa città e non solo le proprie fabbriche, non solo decide che alla Regione spettano solo terreni residui, che gli altri lei li cede alla Fondazione per il cancro, ma decide anche che sui terreni residui il parco dovrà prevedere un'area attrezzata. Strano che la FIAT si occupi di progettazione del parco, dovrebbe spettare all'ente pubblico! La FIAT scrive: "La deliberazione medesima sarà sospensivamente condizionata quella del Consiglio di amministrazione - all'entrata in vigore di una legge regionale istitutiva del parco di Stupinigi e alla statuizione in tale ambito di un'area attrezzata aperta al pubblico come testé previsto" quindi subordina la cessione, di quella che lei considera un'area di risulta, alla Regione Piemonte, ma solo a patto che nella legge del parco quell'area sia prevista come area attrezzata. Questo francamente Presidente Beltrami, è inaccettabile! Che la FIAT faccia quello che vuole e la Regione non dica niente e non risponda a questa affermazione è veramente la prova che si parla di senso dello Stato, in questo caso parliamo di senso della Regione, ma di senso della Regione ce n'è veramente poco o pochissimo in questa vicenda, nella quale pare di capire che i vecchi accordi non esistono più, i nuovi accordi non sono stati rinegoziati e discussi pubblicamente e la Regione si fa portare via da sopra il tavolo un pezzo delle aree che erano state oggetto di un accordo generale.
Signor Presidente, la prego di considerare questo un atto di responsabilità civile; noi siamo rammaricati che una questione così importante, come il rafforzamento delle strutture per combattere il cancro debba essere trattata in un ambito che ci costringe ad essere oggetto di strumentali attacchi. Noi siamo favorevoli affinché anche in Piemonte si elevi al massimo grado possibile, anche con le risorse private, la lotta contro il cancro. Noi diciamo che questa Giunta regionale ha condotto nel modo peggiore questa vicenda. Se aveste avuto un senso delle istituzioni vi sareste accorti sia per gli accordi intercorsi su quei terreni, sia per l'importanza del tema, che la prima cosa era informare il Consiglio che forze private riunite in una Fondazione si proponevano lodevolmente di aggiungere le proprie forze alle forze già in campo nella lotta al cancro.
Bisognava porre immediatamente la questione all'attenzione di tutte le forze politiche, dando tutte le informazioni un anno e mezzo fa.
Probabilmente un anno fa saremmo stati in grado di risolvere il problema.
Invece ci siamo trovati a luglio di quest'anno a discutere una deliberina di modifica dei vecchi confini del 1985 senza discutere nemmeno il piano del parco e privati di ogni informazione.
Signor Presidente, lei non era in Commissione, ma la fatica che abbiamo fatto per far tirare fuori queste lettere del 1978 è stata grandissima. Le prime volte non ci hanno nemmeno risposto in Commissione, le lettere non c'erano, non si sapeva niente. Abbiamo chiamato anche il Comune di Torino per capire se le lettere erano lì.
Ora non si fa così; noi questo lo dobbiamo denunciare, lo diremo all'opinione pubblica.



PEZZANA Angelo

Si fa come avete fatto voi nei vostri dieci anni, che avete impedito tutto!



CHIEZZI Giuseppe

Cosa c'entra questo?



(Interruzione del Consigliere Pezzana)



PRESIDENTE

Per cortesia, non facciamo un dialogo e non interrompiamo gli oratori.



CHIEZZI Giuseppe

Ognuno ha le sue manie, Pezzana ha le manie dei comunisti, va benissimo! Pezzana, di tutti i colori dell'arcobaleno oggi hai assunto le tinte più fosche!



(Interruzione del Consigliere Pezzana)



PRESIDENTE

Consigliere Pezzana, non interrompa l'oratore.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, su questa vicenda noi chiediamo che il comportamento della Giunta regionale sia simile a quello tenuto dalla Giunta di sinistra su questa questione. Quindi che lei discuta nelle Commissioni e in Consiglio l'accordo stipulato non dalla Giunta di sinistra, ma dalla Regione Piemonte con la FIAT! Lo discuta, si verifichi questo accordo, e solo successivamente si passi a trattative...



(Interruzioni)



PRESIDENTE

Vi prego, colleghi, di non interrompere in alcun modo.



CHIEZZI Giuseppe

Per carità, qui dentro può anche non servire parlare! Ahimè, bisogna andare a parlare da qualche altra parte? Io voglio parlare qui! I problemi relativi a trattative sul valore dei terreni, perché di questo si tratta, vanno condotti nella massima correttezza e cautela amministrativa, stiamo attenti! Questi terreni, in base a quell'accordo non valgono "niente", sono inedificabili! Per portare terreni da inedificabili a edificabili bisognerà fornire giustificazioni? Farlo senza discuterlo a noi pare molto pericoloso per le istituzioni: molto pericoloso non solo sul piano politico, non solo per il fatto che nelle contrattazioni esiste solo la volontà della FIAT, ma anche per gli aspetti amministrativi.
Siamo preoccupati di questo. C'erano degli accordi, vogliamo essere tranquilli che in base agli accordi e alle realizzazioni che la FIAT ha fatto si giunga ad un nuovo equilibrato accordo. I terreni non possono passare da inedificabili a edificabili così semplicemente, tanto più che ho rilevato che non conosciamo quali siano i rapporti economici tra la Fondazione e la FIAT.
Il secondo elemento è questo: l'incontro con la Fondazione.
L'incontro con la Fondazione è stato utile. La Fondazione è senz'altro mossa da nobilissimi intenti, lavorano nella Fondazione persone che dedicano tempo e probabilmente denaro alla possibilità di incrementare queste strutture di ricerca sul cancro.
La Fondazione ha raccolto delle risorse private, però per sua stessa ammissione dichiara che questo Centro per la ricerca e la cura del cancro non può essere avulso dal sistema sanitario nazionale e regionale; loro stessi dicono che occorre raccordarlo con l'Università e con le strutture ospedaliere. Allora, questo fa sì che questa iniziativa, nata dal settore privato, sia però un'iniziativa che intende e deve colloquiare a tutti i livelli con il settore pubblico. Occorrerà verificare come deve essere realizzato questo centro per raccordarsi al meglio con il sistema esistente; dal punto di vista amministrativo, quanto costerà far funzionare questo centro? Perché tutti noi, anche quelli non aderenti alla Fondazione pagheremo per far funzionare questo centro così come paghiamo per far funzionare gli ospedali. Allora, il rapporto con la Fondazione diventa il tipico rapporto pubblico-privato. Non è una questione privata, è un rapporto pubblico-privato.
Il rapporto pubblico-privato ci sono tanti modi di gestirlo. C'è chi governa con gli occhi chiusi: passano di lì i privati e gli dà tutto quello che chiedono. C'è chi governa sapendo che deve guardare agli interessi pubblici e nel momento in cui i privati fanno delle proposte assume tutte le informazioni che lo rendono capace di perseguire al massimo compatibilmente con i rapporti di forza, l'interesse pubblico.
Noi oggi, signor Presidente, abbiamo chiesto alla Fondazione la cosa che più volte abbiamo chiesto all'Assessore Vetrino, cioè abbiamo chiesto di vedere il progetto di questo Centro tumori.
Nella sala in cui ci siamo riuniti c'era il plastico. E' la prima volta che abbiamo visto il plastico dal vero, perché la Fondazione ci aveva mandato solo una fotografia di questo edificio. Abbiamo allora chiesto se era possibile visionare il progetto. La Fondazione ci ha risposto che il progetto c'è. Abbiamo fatto la domanda specifica: siete disponibili a farlo vedere alla Regione? Loro hanno risposto: "Siamo disponibili solo dopo che sono state assunte le decisioni che ci consentono di farlo".
Ora il problema è delicato. Da un certo punto di vista posso capire la posizione di un privato e dei professionisti che hanno lavorato attorno ad un tema avendo impiegato denaro e intelligenza nel risolvere un problema di avere una certa cautela e ritrosia a mettere in piazza le proprie idee capisco che è un problema, e da questo punto di vista capisco la reticenza.
Da un altro punto di vista però, questo privato si deve rendere conto che questo progetto è inserito in un sistema pubblico, anche di finanziamenti.
Non solo: il privato chiede l'inserimento di questo progetto in una zona "difficile" - chiamiamola così comunque in una zona parco dove occorre un provvedimento regionale. Allora, sia il privato che la Regione devono ammettere che per decidere in modo scientificamente fondato che questo inserimento è compatibile con l'ambiente occorre conoscere il progetto. Se non si conosce il progetto di massima come si fa a decidere? La Fondazione sostiene: "Perché non va bene dentro un parco una struttura di questo genere?". Abbiamo chiesto: "Come è fatto il progetto?". Non basta dire che c'è un "Centro per la ricerca del cancro". Se guardate nel plastico c'è una grande sala riunioni che nel disegno non c'è. Bisogna capire cosa diventa questo Centro antitumori! Se non lo si capisce non si può dire che pu stare bene anche all'interno di un parco o di un'area di salvaguardia.
Signor Presidente, questo è il secondo elemento che noi chiediamo. Il Consiglio regionale non può decidere di stralciare da un'area a parco un terreno per fare una cosa che non sa cos'è. Ciò vuol dire rimanere incompetenti a decidere. Capisco le questioni di riservatezza, ma la Regione deve conoscere il progetto. Questo progetto invece non ce l'ha nessuno, non ce l'ha nemmeno il Presidente Beltrami, il quale evidentemente non l'ha chiesto (di qui la critica che facciamo al Presidente Beltrami di scarso senso della Regione). Doveva chiederlo, non si accetta a scatola chiusa di togliere un vincolo di inedificabilità per fare una cosa che non si sa cosa sia. Il Sindaco di Moncenisio (47 abitanti) prima di dare una concessione edilizia vuol vedere il progetto e il Presidente della Giunta regionale prima di stralciare un'area dal parco deve vedere il progetto.
Invece questo progetto non l'ha visto nessuno. A noi sembra una situazione da rimuovere, la Giunta deve vedere il progetto. I Gruppi dovrebbero poterlo vedere. La Regione affermi un suo ruolo, deve vedere questo progetto. Affermando questo suo ruolo la Regione difende e afferma il ruolo delle istituzioni.
Noi non siamo qui per accettare tutto quello che arriva, siamo qui per governare nell'interesse pubblico. Questa Fondazione ha un'attività meritoria ed è ruolo della Regione renderla il più meritoria possibile aiutarla a realizzare, accelerare i tempi, farle fare le scelte giuste chiedere i progetti! Secondo noi, il comportamento della Giunta è inaccettabile.
Su queste due questioni noi chiediamo di essere informati. Siamo rammaricati di non poter giungere ad un nostro consenso sulla decisione.
Sappiamo bene che forse qualcuno prenderà la palla al balzo per darci la croce, spiegheremo anche perché, ma non possiamo, per la correttezza verso le istituzioni, accedere a deliberare una decisione di questo genere senza aver chiarito prima quei due punti: il primo, di responsabilità politica e di merito del progetto; il secondo, fare bene i conti, Presidente Beltrami sul valore di quei terreni, perché se lei apre il giornale di oggi vede che c'è già un articolo nel quale si dice che, dato che si farà un Centro tumori, ad un volo di rondine il galoppatoio di Vinovo sarà trasformato in villette e residence. Signor Presidente, non chiudiamo gli occhi l'insediamento del centro genera altre necessità, sarebbe puerile negarlo: non ci sarà solo il centro o se ci sarà solo il centro bisogna vedere il progetto e mettere dei vincoli precisi. Se non si fa così, prima ancora che lei abbia tolto il parco, lo dice il giornale di oggi, c'è già chi sta speculando a poche centinaia di metri e sarà una pressione alla quale voi non resisterete. Questa pressione voi dovete disattivarla ora, invece ho sentito dire dall'Assessore Vetrino che questo è il primo stralcio e che poi arriveranno i successivi.
Signor Presidente, siamo stati con lei fino alla sua prima lettera che è corretta, riannodava i fili, poi è successo qualcosa; oggi apro il giornale e vedo citare...



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Scusi, Consigliere Chiezzi, è il nostro comportamento generale che è corretto.



CHIEZZI Giuseppe

Mi risponderà dopo, Presidente Beltrami! Non mi interrompa, avevo finito, adesso mi ha rimesso tutto in circolo!



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Per la vicenda di Nichelino lei ci ha buttato addosso tutto, ma noi abbiamo risolto un problema che era insoluto da decenni!



CHIEZZI Giuseppe

Presidente Beltrami, non citi Nichelino! La Regione Piemonte ha valutato i terreni a Nichelino per un privato a 70.000 lire al metro quadro, il Sindaco di Nichelino li ha contrattati a 30! Questo è il lavoro fatto dalla Regione! Mi risponda su quella questione! Hanno concluso sulla base di un prezzo di mercato, Presidente Beltrami, e lei ha deliberato un prezzo di mercato fasullo, se dico falso l'Assessore Genovese salta sulla sedia.



(Proteste del Presidente della Giunta, Beltrami)



CHIEZZI Giuseppe

Noi chiediamo che la Giunta fornisca delle risposte. Quando le avrà fornite potremo passare all'altra fase del confronto che potrà vederci uniti oppure divisi, ma questa è la nostra posizione! Non vogliamo intralciare nulla, l'unico intralcio è quando uno si inciampa come ha fatto la Giunta e tarda un anno e mezzo a venire in Consiglio! Noi è solo da maggio-giugno che esaminiamo questo provvedimento, si poteva anche giungere ad oggi avendo fornito chiarimenti ed informazioni. Per poter votare chiediamo di avere questi chiarimenti ed informazioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivetti.



OLIVETTI Michele

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'argomento è estremamente coinvolgente e accogliendo l'invito dell'Assessore Vetrino a un discorso sereno e tranquillo vorrei richiamarmi in questa prima parte del mio intervento ai dati essenziali che sottacciono all'iniziativa per un Centro di ricerca sui tumori. Andando indietro nella memoria, quando ancora non partecipavo ad una vita politica attiva, ma solo ad una vita di politica sanitaria attiva come medico, ricordo che già nei primi anni '80 il problema che la Regione Piemonte disponesse di un Centro di ricerca sui tumori era così presente e partecipato da quanti allora facevano già politica attiva, che nel Piano sanitario regionale dell'epoca era stato inserito un apposito capitolo che prevedeva che in Piemonte si potesse realizzare un'iniziativa per un Centro di ricerca sui tumori. Ricordo che con Sante Bajardi si era discusso di questo e nel Piano sanitario regionale di allora era stato inserito.
Quindi, il problema di un Centro di ricerca sui tumori nella nostra Regione, al di là di tutte le polemiche o delle posizioni differenziate che si possono assumere in quest'aula, rimane un problema di fondo della nostra società. Qualsiasi atteggiamento che voglia essere solo strumentale per non affrontare e risolvere in tempi brevi questo problema, non può essere credo, da molti condiviso. Soprattutto non può essere condiviso dal sottoscritto.
E' un fatto rilevante che dobbiamo affrontare con quella serenità, ma anche con quell'impegno a produrre, che la popolazione si attende da parte nostra. Oggi in Consiglio regionale in effetti è stato presentato un provvedimento non sanitario, ma esclusivamente di tipo urbanistico, se ho ben capito. Però di fronte a un provvedimento anche solo urbanistico diventa interessante sapere a che cosa sia finalizzato ed ecco che il coinvolgimento del sanitario in questa discussione diventa praticamente inevitabile per molti aspetti. Dobbiamo pur sempre rimanere ai fatti: è un provvedimento urbanistico con implicanze sanitarie (non mi pare una concessione edilizia come è stato detto) e mi pare che alcune garanzie che molti chiedono, e che anch'io ho chiesto quando mi sono approcciato a questo problema (che per tutti noi occupa molto spazio e volume di carte nelle rispettive cartelle), siano necessarie.
Desidero richiamare alcune di queste garanzie perché forse c'è un po' di confusione, non tanto e non certo nei Consiglieri che questo problema hanno approcciato e studiato a fondo, quanto nel grosso pubblico che segue questa discussione e che potrebbe non averne focalizzato gli aspetti più importanti.
Una garanzia è che si sta trattando di un Centro di ricerca sui tumori da collocare in una certa zona e che non si sta trattando di un ospedale di cura dei tumori. Questa è la prima garanzia che anch'io avevo richiesto in Commissione e che è stata acquisita.
Il Centro di ricerca sui tumori, a differenza dell'ospedale di cura dei tumori, costituisce un centro di altissima e sofisticatissima specializzazione mirato a ricercare le cause e ad individuare le possibili terapie dei tumori. Il che significa che deve essere un centro che funziona in base a dei protocolli molto precisi di ricerca, scientificamente al massimo livello, che coinvolga però l'attività di tutti i reparti ospedalieri della Regione.
Sarà un centro che per periodi ben definiti secondo i protocolli farà indagini, ricerche e terapie sperimentali su certi tipi di tumori. I primi tre anni potrebbero essere dedicati alla ricerca sulle leucosi, i secondi tre anni alla ricerca sui tumori del colon. Il che significa che nei primi tre anni tutte le leucosi che verranno ricoverate negli ospedali di tutto il Piemonte faranno riferimento a quel centro per il protocollo da adottare e per, eventualmente, gli esami o le terapie da sperimentare. Aggiungo che questo toglie anche molte valenze alla polemica che si è fatta sui letti che dovevano essere affiancati a questo centro.
Il numero dei letti è indicativamente dato in 90 o 120 (mi pare che questa sia l'indicazione emersa): per me è un'indicazione che avrà una verifica successiva, perché questo è un dato per le economie di scala, come si dice, perché al di sotto costerebbe troppo mantenerli e quindi avrebbe un suo significato. Ma il numero dei letti, in un centro di ricerca, è destinato ad ospitare quei pazienti che, con il consenso informato accetteranno di essere sottoposti ad un certo tipo di sperimentazione.
Questo è il concetto internazionale di Centro di ricerca sui tumori scientificamente accettato e universalmente adottato in tutti i Paesi.
Quindi, la prima garanzia che abbiamo per questo intervento di carattere urbanistico è che si tratti di un Centro di ricerca dei tumori e non già di un contraltare agli altri reparti di tutto il Piemonte nei quali si curano i tumori.
Il secondo problema è quello che sia garantito il raccordo di questo centro con tutti gli altri ospedali: anche a questo quesito è stato risposto in maniera positiva.
In più, l'impostazione primitiva, che riguardava un progetto urbanistico di scorporo di un'ampia area, è stato ridotto, rivisto e ricondotto ad una deliberazione di carattere urbanistico che prevede solo lo scorporo di quell'area minima utilizzabile a questo scopo. Se non ricordo male i dati numerici in metri quadrati, si tratta di 270.000 metri quadrati, mentre in un primo tempo sembrava si dovesse scorporare dal parco un'area ben più ampia. Questo perché quest'area più ristretta è strettamente correlata con l'ipotesi della costruzione di un Centro per ricerca sui tumori e non può lasciare margine a quelle perplessità che anche qui sono state palesate. Cioè che un'area così estesa potesse essere una proiezione verso delle iniziative diversificate rispetto a quello che era il progetto originale.
Richiamo un'altra garanzia che è indispensabile nell'adozione di questa deliberazione. E' prematuro oggi parlare del progetto o del plastico dell'opera da realizzare perché esiste una Commissione regionale oncologica, di nomina della Giunta. E' una Commissione permanente dell'Assessorato regionale alla sanità, alla quale verrà affidato il compito di individuare sia sul piano progettuale, sia sul piano dell'impostazione della ricerca, sia sul piano della realizzazione del centro, tutte le indicazioni di cui oggi non disponiamo. Di conseguenza, io sarei poco preoccupato di sapere che cosa c'è nel plastico che è presente in un certo ufficio: quello di cui sono realmente preoccupato è che comunque sia questa Commissione a dare, a nome della Regione, dopo la verifica a livello istituzionale, le indicazioni per costruire il centro.
Può darsi che questa Commissione del progetto già esistente, così come fatto, se rivolto da est a ovest o da nord a sud, pretenda cambiamenti sostanziali per metterlo, ad esempio, in posizioni intermedie o con altre dislocazioni.
Sarà a quel livello che faremo tutte le altre discussioni che forse qui potrebbero risultare anticipate.
Concludo dicendo che non accetto a titolo personale che ci siano ulteriori rinvii nella conclusione della discussione in una chiara presa di posizione sul provvedimento che è stato offerto alla nostra discussione perché questo non farebbe che allungare enormemente i tempi e potrebbe addirittura far travalicare una legislatura ad un provvedimento di questo tipo e per il quale esiste una viva attesa nell'opinione pubblica.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che su questo argomento come ho già avuto occasione di dire in Commissione, non stia soltanto alle competenze dei Gruppi ma alle posizioni dei singoli Consiglieri esprimere delle opinioni e delle valutazioni.
In verità pensavo che, dopo un mese di meditazione dall'ultimo Consiglio ad oggi, la Giunta si sarebbe presentata con una introduzione che in qualche modo tentasse di approcciare in termini più puntuali i problemi che noi avevamo sollevato nelle discussioni in Commissione e in aula.
Purtroppo l'intervento dell'Assessore Vetrino non accompagnato dall'intervento dell'Assessore Maccari ci rimette nella condizione precedente, cioè quella nella quale ci eravamo lasciati nel mese di luglio e non mi pare opportuno che il Consiglio venga messo in una situazione del genere. D'altra parte noi siamo stati sollecitati da una lettera del Presidente della Fondazione piemontese che ha voluto giustamente portare ai Consiglieri delle informazioni in parte già conosciute, ma che compie uno sforzo inadeguato per venire incontro alle osservazioni, ai problemi, alle domande, alle richieste di chiarimento che noi avevamo fatto già in precedenza. Infatti, nella memoria che ci è stata fatta cortesemente pervenire non si compie alcuno sforzo di entrare nel merito di un'impostazione sia pure di larghissima massima della collocazione sanitaria del problema e ci si limita ad evidenziare gli aspetti territoriali ed urbanistici. Ci troviamo quindi nella difficoltà di esprimere con oggettività una opinione, senza essere né pregiudizialmente contrari né pregiudizialmente favorevoli ad una importantissima proposta dal punto di vista sanitario ed umanitario.
In questo senso ritengo opportuno sollevare una questione da non competente sul problema. Mentre da parte di alcune associazioni e gruppi parlo delle organizzazioni sindacali che hanno organizzato un convegno alla Sala Valentino e delle associazioni ambientaliste - oggettivamente si è fatto uno sforzo per tentare di entrare nel merito della questione all'interno del cosiddetto sistema medico, del sistema specialistico, c'è stata una grossa difficoltà ad esprimere delle opinioni che convergano rispetto a questa proposta. Ho sentito opinioni acriticamente favorevoli però ho notato anche molti silenzi, molte assenze, una grande difficoltà ad entrare nel merito proprio per la mancanza di elementi sufficientemente articolati in grado di garantire che il sistema delle esperienze attorno a questa delicata questione si senta nel complesso coinvolto in un'operazione di grande portata, come è appunto la proposta della Fondazione piemontese.
D'altra parte credo che nella valutazione non ci possiamo pregiudizialmente limitare ad una decisione di carattere territoriale od urbanistico, nel senso che è del tutto evidente che senza avere un sufficiente quadro di massima in cui collocarsi nel sistema sanitario della ricerca piemontese sulla questione del cancro, una proposta di questo genere, la collocazione in un'area di questo tipo, pregiudizialmente non è sufficiente a garantire l'organicità e il coordinamento del complesso sanitario attorno a questo problema.
Quindi, contrariamente alla proposta della Giunta e della maggioranza a me pare che non ci possa essere una netta distinzione tra gli aspetti urbanistici territoriali e gli aspetti sanitari. Avrei pensato che nel frattempo la Commissione oncologica regionale - su questo sono d'accordo con il collega Olivetti - avesse incominciato, sia pure a titolo del tutto informale, ad elaborare una nota di larghissima massima o perlomeno a far girare all'interno del sistema decisionale di questo Consiglio una nota perché accanto agli aspetti territoriali e urbanistici noi fossimo in qualche modo arricchiti non da opinioni già definite, ma da elementi che ci aiutassero ad un ragionamento più attento e più approfondito.
Presidente Beltrami, qui non siamo di fronte al fatto di volere in qualche modo bloccare una decisione. Credo che questa decisione andava presa esattamente poco tempo dopo da quando la Fondazione vi aveva fatto pervenire questo tipo di proposta andando ad un sollecito approfondimento di questi aspetti e ad un sollecito dibattito. Il ritardo quindi non è del Consiglio, bensì - non voglio fare polemiche della Giunta: la Giunta ha tardato, tra l'altro senza alcun tipo di elaborazioni, perché se la Giunta avesse ritardato il dibattito dandoci nel frattempo elementi più organici rispetto alla forte integrazione tra l'aspetto urbanistico, quello territoriale e quello sanitario, sarebbe stato un ritardo per molti aspetti positivo. Invece noi ci siamo trovati di fronte ad una forzatura all'interno della Commissione per farci assumere con rapidità una decisione che sicuramente andava presa con grande rapidità. Consentite però che i Consiglieri non si possono permettere di assumere questa decisione con superficialità o comunque delegandola ad altri e in particolare alla buona volontà della Giunta che assolutamente non voglio mettere in discussione ma la buona volontà non fa decisione, non dà garanzie. Una buona volontà può fare andare in Paradiso, ma rende difficile un processo di carattere democratico e decisionale rapido in grado di rispondere sollecitamente a questo tipo di problema sul quale ogni accelerazione sia la benvenuta stante la drammaticità dei problemi che vengono posti.
Questo lo voglio dire proprio perché la posizione che a titolo personale assumerò è una decisione che non può non tenere conto del fatto che la Giunta e la maggioranza sino a questo momento ci obbligano ad assumere una decisione su uno degli aspetti più delicati e più importanti che assumeremo in questa legislatura senza darci quel minimo quadro di garanzie, di orientamenti, di progetti che ci permettano di esplicare, a parte chi sta dentro la stanza dei bottoni, quel ruolo di controllo e di sollecitazione che può essere fatto nella misura in cui si è messi di fronte a proposte sufficientemente organiche e puntuali, quindi che ci mettano in grado di operare con una verifica continuativa.
Concludo questo mio intervento aprendo una questione di metodo. Ho detto all'inizio che è comodo da questi banchi fare da antenna di recepimento di messaggi che vengono da lontano e fare da altoparlanti per esprimerli in questo Consiglio, senza avere dietro un rapporto con organismi che pur essendo largamente deficitari dal punto di vista dell'elaborazione, rappresentano però una presenza significativa di espressioni non secondarie di questa società. Mi riferisco in particolare a due iniziative: quella del sindacato, che ho visto molto interessato, ma che poi, al di là di un convegno importante dove si sono illustrate delle ipotesi, si è seduto a guardare e ad aspettare senza cercare di gestire in modo attivo un rapporto affinché le idee elaborate in quell'incontro trovassero un fertile terreno di confronto con la Fondazione e con l'istituzione Regione. Questo non l'ho visto da parte del sindacato e ci rende quasi inutile l'iniziativa, pur importante, che ha fatto.
La seconda iniziativa è delle associazioni ambientaliste alle quali voglio esprimere un forte apprezzamento per una presa di posizione che per certi aspetti può anche essere discussa. Guai se accettassimo le prese di posizione in modo acritico, non credo di delegare alle associazioni ambientaliste né ad altri il merito delle motivazioni che mi portano ad assumere delle decisioni, ma va sicuramente a merito delle associazioni ambientaliste quello di aver almeno tentato di cimentarsi su un argomento così delicato e complesso come questo. Argomento che ha delle valenze ambientali forti, perché si mette in discussione un'area di parco, quindi questo problema è di stretta e diretta competenza delle associazioni ambientaliste, ma che le ha obbligate a fare un passo in più, ad assumere un ruolo, sia pure problematico ed insufficiente, per tentare di affrontare il grande tema della salute dei cittadini che non può essere evidentemente indifferente alle associazioni ambientaliste che fanno della difesa della vita e dell'uomo il centro del loro sviluppo.
In questo senso ritengo risibili certe osservazioni venute da questi banchi; non avendo altre argomentazioni è facile prendersela con chi in questo Consiglio non ha voce per potersi difendere, oppure è facile, quando non si hanno argomentazioni, criticare altri senza assumersi le proprie responsabilità ciascuno per la sua parte.
Mi auguro che l'Assessore Maccari intervenga in questo dibattito, se non per rispondere alle voci della minoranza, quanto meno per rispondere alla sollecitazione fatta dal Consigliere Olivetti, quando chiedeva che la Commissione oncologica regionale fosse coinvolta operativamente in questo.
Questa sollecitazione proveniente dalla maggioranza del Consiglio meriterebbe una risposta. Quindi auspico che nella replica vengano forniti elementi più probatori per affrontare un problema che, Assessore Vetrino non può essere separato così nettamente da permettere che prima si decida dell'insediamento territoriale e poi vedremo il da farsi. A me pare che le due competenze debbano intrecciarsi e svilupparsi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Signor Presidente, io non mi occupo di aspetti sanitari che sono stati ampiamente trattati, anche se non sono oggetto della deliberazione di cui stiamo discutendo. Non metto quindi in discussione l'opportunità di istituire un Centro di ricerca sui tumori. Ho partecipato anch'io all'incontro con l'associazione e il progetto mi è parso interessante quindi ritengo valga la pena perseguirlo e contribuire alla sua realizzazione.
Io mi occupo di ambiente, faccio parte di quella "banda di matti" che è stata oggetto degli strali del collega Pezzana, e sono molto più preoccupata di lui e di molti altri colleghi delle conseguenze e del modo con cui si sta arrivando a questa decisione. Ho già detto in Commissione quando si è iniziato a discutere questo argomento e l'ho ripetuto oggi alla Fondazione che avrei capito - continuando ad avere qualche dubbio sull'opportunità di localizzare una struttura presso un parco - e potuto accettare un'ipotesi in cui considerato che si era concluso l'iter di Commissione dell'esame del progetto di legge istitutivo del Parco di Stupinigi un'altra deliberazione avrebbe allungato i tempi e quindi si sollecitava l'approvazione in Commissione e la trasmissione in Consiglio della legge istitutiva del Parco di Stupinigi con o senza all'interno del parco l'area per l'Istituto di ricerca. Io richiamo il fatto che votando la legge istitutiva si poteva mantenere l'antico confine e consentire all'interno del parco la costruzione di un Istituto di ricerca. Questa sarebbe stata la mia proposta in quella situazione. Nulla vieta che un oggetto accettabile sul piano delle funzioni e dell'impatto ambientale sia inserito dentro un parco. I nostri parchi non sono santuari intoccabili soprattutto in zone che potrebbero essere definite zone di salvaguardia.
Altrimenti, ipotesi alternativa, poteva essere scorporata quell'area, ma nel contesto dell'approvazione della legge. Può sembrare un cavillo, si pu benissimo approvare la legge, ma io sono convinta che questa legge in questa legislatura non l'approveremo più, e che quindi la tutela, la salvaguardia dell'area di Stupinigi salterà, perché saremo in difficoltà visto che questa legislatura si chiude in anticipo, a riapprovare una deliberazione che non è ancora scaduta quando scadremo noi, probabilmente.
Con la decisione che quasi certamente voterete questa sera, io dico che il Parco di Stupinigi non si farà in questa legislatura e probabilmente mai più.
Non dobbiamo nasconderci che una struttura di quel genere, che non è una cosa piccola, possa avviare in quell'area un meccanismo di sviluppo di strutture di servizio, tra l'altro in un'area in cui c'è la quasi totalità della proprietà del Mauriziano che ovviamente come ente ha il dovere di tutelare i propri interessi. Possiede delle aree in una zona che prima era agricola, ma adesso diventa di potenziale sviluppo, quindi la sua posizione, che è già forte, aumenta.
Forse era proprio questa l'occasione per mettere in qualche modo due potenze di questa città l'una contro l'altra. In passato è stato molto più facile far bocciare una legge della Regione a Roma sulla base di argomentazioni speciose, perché noi non andiamo certo ad impedire l'utilizzo di quelle aree, né andiamo ad espropriare, ma andremmo solo a dare una destinazione a parco. Oggi però sarebbe stato più difficile perch c'è una coscienza ambientalista, perché c'è un Ministero dell'Ambiente, ma anche perché il potentato di Torino sarebbe stato interessato all'approvazione di quella legge istitutiva del parco che contestualmente gli consentiva la costruzione dell'istituto.
Quindi, dal punto di vista dei "biechi e stupidi ambientalisti", si sarebbe ottenuto certo l'Istituto di ricerca sui tumori, ma anche il Parco di Stupinigi, che non è cosa meno importante dell'Istituto di ricerca sui tumori, che può essere edificato in molti altri posti. Certo questo è più comodo perché la FIAT dopo avere regalato, in base ad un accordo, un terreno alla Regione se lo ripiglia e lo riregala. Non costa nulla, è anche vincolato e lo dobbiamo svincolare noi, quindi non vale niente finch vincolato.
Evidentemente è comodo regalare una cosa neanche nostra e per di più vincolata, però c'erano tante altre possibilità: la Regione poteva generosamente regalare una propria area o struttura, magari neanche vincolata o destinata a quella funzione.
L'Istituto di ricerca sui tumori, sicuramente, dato che ha come Presidente una persona molto potente in questa città, troverà un'area e si farà, per cui non sono assolutamente preoccupata di questo. Invece sono molto preoccupata per la sorte del Parco di Stupinigi, perché in quest'aula non ho sentito nessuno esprimere la volontà di approvare la legge istitutiva.
Dichiaro che comunque noi richiameremo in aula questa legge, domani mattina presenterò formale richiesta, perché voglio vedervi a votare contro! Voglio vedere l'approvazione di questa legge perché la mia impressione è che il Parco di Stupinigi con quello che forse si approverà questa sera, sia molto, ma molto più in pericolo dell'Istituto di ricerca sui tumori! Non capisco proprio, se non perché gli interessi sono diversi e non sono solo quelli di costruire la benemerita struttura, la scelta che è stata fatta. E' vero che c'era il rischio di farci bocciare la legge, ma la legge poteva "passare" parecchio tempo fa, perché avremmo potuto approvarla un mese fa e se ce l'avessero bocciata allora poteva avere un senso modificare e prendere una decisione diversa. Non capisco proprio che cosa succederebbe se noi fra due settimane votassimo la legge che contestualmente consente di fare l'istituto e non capisco che tempo si sarebbe perso visto che da due anni state "cincischiando" intorno a questa questione.
Credo che ci si stia comportando in maniera non molto chiara e addirittura lesiva degli interessi della Regione, perché io non ho capito quale sia lo stato giuridico degli accordi che allora erano stati presi.
Capisco che la Regione ha rinunciato a dei terreni a cui aveva diritto in base ad un accordo che ha per parte sua rispettato, altrimenti saremmo noi a regalarli alla Fondazione, eventualmente, e non la FIAT come appare in questo momento.
Capisco che ci sia un perseguimento non completo degli interessi della Regione, sono terreni che andrebbero comunque a una Fondazione, quindi nessuno pensa che ci siano interessi illegittimi, ma certo non c'è un perseguimento accurato degli interessi della Regione.
Non mi sono chiari gli interessi legati agli sviluppi in quell'area, mi è chiaro invece che dal momento in cui questa deliberazione fosse approvata il Parco di Stupinigi sarà a gravissimo rischio, perché anche se lo approveremo sarà molto più facile farlo bocciare ancora una volta.
La mia proposta quindi è che riprendiamo la legge istitutiva del parco lasciamo i vecchi confini, chi si occupa di sanità ritiene che sia giusta quella localizzazione, quindi si localizzi dentro il parco, e non fuori l'area destinata all'Istituto per i tumori, conché avremo risolto sia la questione della Fondazione sulla ricerca che quella dell'interesse pubblico, che continuo a considerare prevalente anche se sembra esecrabile cioè più interessante un parco che non la Fondazione. Il fatto è che il parco rischia di non farsi, mentre la Fondazione si farà comunque. In questo caso noi avremmo portato il potentato di Torino dalla parte del parco e qualche speranza in più di farlo approvare anche a Roma la avremmo.
Spero di sbagliarmi sulle conseguenze della decisione che probabilmente prenderete.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò breve ed incisivo come al solito. Questa deliberazione reca un titolo che non ricordo, ma la potremmo anche chiamare "o delle cattive intenzioni", perché fino ad ora si è parlato fondamentalmente o della mancanza di intenzioni o delle cattive intenzioni che attraversano trasversalmente o verticalmente questa deliberazione e che mettono in difficoltà il Consiglio.
Credo che invece si debba sempre andare al nocciolo delle questioni valutare pragmaticamente cosa abbiamo di fronte, cercare di sfrondare tutto ciò che è una semplice aggiunta strumentale e vedere con chiarezza possibilmente con lucidità, qual è la materia che trattiamo.
La materia credo sia discretamente importante. Non vorrei essere viziato professionalmente in questo mio giudizio, quindi mi rimetto al giudizio di lor signori. Dietro a questa vicenda vi è una lunga storia che nasce da un dibattito fra sordi che si è protratto quasi per un decennio e che ha visto affrontarsi su questo tema posizioni di tipo fondamentalmente ideologico, che si riflettono poi sul piano e su certe impostazioni smorzate ad un certo punto, concernenti da un lato le strutture specialistiche e gli ospedali generali, dall'altro la presenza o meno in Piemonte di istituti a carattere scientifico, fossero essi di tipo pubblico o di tipo privato.
Questo è il nocciolo vero della questione. Da un punto di vista scolastico si potrebbe protrarre il discorso ancora per un altro decennio: sono più validi gli istituti di carattere scientifico, prescindendo dal pubblico o privato, oppure le strutture specialistiche? Io sostengo che sono validi gli istituti a carattere scientifico siano essi di diritto pubblico o privati, ma sostengo anche che sono valide le strutture specialistiche che ho sempre difeso e altri diranno il contrario.
Ad un certo punto, però, guardo anche a quello che la gente dice e che la gente cerca. Noi in fondo siamo su questi banchi perché la gente ci ha mandati qui, perché bene o male seguiamo quello che la gente vuole, nei limiti del corretto, nei limiti del legittimo, nei limiti del razionale.
Abbiamo avuto chiaramente la dimostrazione che seppur c'è stato un padre putativo su questa vicenda, che indubbiamente aveva una sua forza propositiva, che in Torino non è indifferente, c'è stata una risposta corale che ha attraversato trasversalmente tutta la popolazione (brutto termine, ma politicamente valido) e sono affluite le sottoscrizioni ed i consensi di tutti i ceti, di tutte le condizioni socio-economiche.
Questo per me è un grosso risvolto, che solo chi non conosce la triste vicenda delle emigrazioni intranazionali, intraregionali ed extranazionali non può forse capire. Chi non ha visto i viaggi del dolore, della speranza fuori e dentro l'Italia. L'altro giorno sono venuti da me i genitori di un ragazzo che è stato ricoverato quattro anni a Lione con un diabete scompensato, in attesa di un trapianto renale, che è morto due mesi fa e la famiglia continua a pagare i debiti.
Questa è la situazione reale che c'è dietro a questa richiesta popolare; la gente vuole questo Centro tumori perché è una speranza, vuole una struttura che dia una certa garanzia rispetto ad una malattia che purtroppo ancora ogni giorno uccide, checché ne dicano i giornali, e seguiterà ad uccidere per chissà quanto tempo.
Credo non si possa sempre razionalizzare tutto all'estremo, perch allora sarebbe perfettamente inutile stare qui a fare politica. La politica non è fatta di pura razionalità, perché allora basterebbe un computer! Basterebbe un esercito di esperti e noi potremmo andare a casa. Questo è il concetto che mi ha guidato in una riflessione in questi anni e a dare già il mio assenso quando sedevo sulla poltrona su cui siede Maccari oggi. Poi ebbi una malattia, quindi la cosa si fermò.
Al contempo cercai di dare una risposta positiva, assumendo la proposta del Centro di oncologia ematologica alle Molinette, purtroppo fra tutte le difficoltà e le lentezze tipiche del Pubblico. Non mi sentirei oggi di dare una risposta negativa a questa che secondo me, dal punto di vista della mortalità non primaria e forse secondaria rispetto a malattie circolatorie è una funzione di altissimo rilievo, collegata ad una serie di fattori che voi conoscete benissimo, di cui molti sono proprio quelli cosiddetti ambientali.
Si è fatto un processo alle intenzioni, la speculazione di questo e di quell'altro, quando in fondo eravamo partiti con una deliberazione che era molto più garantista di quella che noi ci approntiamo ad approvare, dal punto di vista del rispetto del territorio, a difesa delle speculazioni.
Non possiamo arroccarci su posizioni precostituite. Abbiamo centinaia di esempi di istituzioni analoghe che sorgono in centri isolati, come momento di ricerca e di studio, con più o meno posti letto.
Il compito della Regione qual è? Non è quello di teleguidare questa o quella Commissione, ma di arrivare ad un lavoro di dipartimentazione orizzontale in campo oncologico che permetta un collegamento fra le varie strutture, fra i vari centri, fra chi lavora veramente su questo tema, in modo che non si parli la lingua della torre di Babele, bensì un linguaggio unitario. Su questo impegno l'Assessore Maccari non ha motivo di rispondere negativamente, anche perché è d'accordo. E' questo l'obiettivo a cui tendevo già io e che adesso sta andando avanti. C'è tutto il tempo per elaborare un dipartimento che non è coattivo, perché nasce da una permeazione culturale su determinati problemi. Non si governa con gli editti: si governa solo se si permeano le varie categorie che sono addette alla diagnosi e alla terapia del tumore, in modo che si arrivi a parlare un linguaggio unitario che garantisca per tutti, nei limiti del possibile sempre perché siamo uomini con i difetti ed i limiti degli uomini, elementi di unitarietà, un linguaggio moderno ed il più possibile standard. Non per fare dello standard, ma per garantire dei livelli di qualità, perché in questi centri e istituti di ricerca, dal Centro tumori di Via Cavour all'Istituto per il cancro e le malattie ematologiche che va sorgendo, si raccolgano esperienze e si possa ridistribuire questa materia e relativa cultura in modo che tutti i piemontesi possano avere delle garanzie.
Ritengo che questa deliberazione che nasce come deliberazione di ordine soprattutto territoriale, ma che è stata dibattuta sul piano sanitario debba passare senza tanti scompigli, perché obiettivamente, cara Bresso e caro Reburdo, la lettera degli ambientalisti...



(Commenti dei Consiglieri Bresso e Reburdo)



OLIVIERI Aldo

Ma io sono più ambientalista di voi, forse! Voi parlate di Eremo, ma sei anni fa io ci rimisi 400.000 lire di carrozzeria perché andando proprio all'Eremo feci una slittata sul ghiaccio, era la fine di novembre, sulle foglie dei castagni cadute, per cui ammaccai la fiancata della mia macchina. Tra andare all'Eremo e andare a Nichelino era meglio andare tre volte a Nichelino e una volta all'Eremo. Non si riusciva a trovare un infermiere che andasse all'Eremo e alla fine lo si è dovuto chiudere! Per cui quando scriviamo, dobbiamo scrivere delle cose che abbiano un po' di buon senso comune. Il sindacato, con quella bocca, può dire ciò che vuole e tante ne ha dette e tante ne dirà ancora. Apprezzo quando dice delle cose sagge, invece quando dice delle cose meno sagge faccio finta di niente. Sono diventato un po' sordastro per l'età e per le decine di migliaia di colpi che ho sparato al piattello e tanto tempo fa al piccione.
Scusate se adesso ho dato un certo tono scherzoso alleggerendo la materia ma veramente in questo caso vorrei dire che mi sento quasi debitore di un'iniziativa che avremmo dovuto assumere noi dieci anni fa.
Signori, ho finito. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non ho la verve del collega Olivieri e quindi sarò certamente meno brillante e meno incisivo di lui cercherò però di sintetizzare il pensiero del Gruppo liberale. Mi sembra giusto che su un argomento che ha sollevato tanta attenzione - starei per dire: fin troppa attenzione - data l'entità del problema anche il nostro Gruppo esprima in termini sintetici, ma chiari la propria posizione.
Il primo aspetto di questa vicenda lo definirei aspetto ambientale urbanistico. Meno male che in quest'aula nessuno ha ripetuto cose che ho letto questa mattina su cartelli che pur Consiglieri che sono intervenuti portavano al collo: "lo squarcio nel parco"; direi che è un dato oggettivo che questa localizzazione, così come è prevista, non sarebbe nel parco sarebbe in un'area che era stata prevista e vincolata al fine di individuare poi al proprio interno un'area parco e che il disegno di legge che è attualmente giacente esclude dall'area vera e propria del parco.
Certo, si trova in un'area cosiddetta di rispetto, in una zona che sarebbe confinante con quella a parco e che quindi deve essere trattata con l'attenzione che questo tipo di area, pur non rientrando nell'ipotesi di parco, così come oggi è in discussione, deve avere. Quindi, credo che il problema sia di valutare se questo tipo di intervento, così come è individuato, sempre sotto il profilo ambientale-urbanistico, sia compatibile con questo tipo di area, che ripeto non è un'area di parco, ma al massimo è un'area di preparco, un'area di rispetto.
Mi sembra di poter dire in questa fase che questa compatibilità sussiste sugli elementi che oggi sono a nostra conoscenza, ma dobbiamo anche dire che oggi noi non dobbiamo deliberare una licenza edilizia, noi dobbiamo semplicemente dire se una certa fetta di area può essere sottratta a un vincolo a parco che era stato imposto tempo fa alla luce della specificazione che la Giunta ha già fatto per quanto riguarda i limiti del parco vero e proprio. Si tratta quindi dell'inizio di un iter, non è la conclusione di un iter, forse questo ha viziato un po' la discussione: sembra che noi oggi dobbiamo con la deliberazione sottoposta alla nostra attenzione dare autorizzazione, concessione edilizia e il via ai lavori l'appalto dei lavori per questa opera. Dobbiamo semplicemente fare il primo passo e farlo nei termini e con i riferimenti che oggi è consentito avere nella fase attuale.



(Interruzione del Consigliere Reburdo)



SANTONI Fernando

Dovrà provvedere, tant'è che l'atto della Regione mi sembra sia l'atto preliminare per poter poi proseguire nell'iter amministrativo che attraverso vari passaggi dovrà portare a questa opera che si vedrà se e come sarà fatta.
A noi sembra che in questi termini e per il provvedimento che oggi dobbiamo assumere, i termini siano di assoluta compatibilità e che gli elementi che oggi conosciamo siano sufficienti per fare questo primo passaggio. Certamente non sarebbero sufficienti per dare il via all'opera nel suo complesso e alla destinazione definitiva e complessiva dell'opera stessa, ma non è questo che dobbiamo fare in questa sede. Ciò richiederà passaggi ulteriori e la Regione sarà ancora coinvolta in questo iter che dovrà portare alla conclusione dell'opera stessa. Quindi, non confondiamo i piani di discussione e atteniamoci a quelli che sono i limiti oggettivi del provvedimento che dovrebbe essere adottato dal Consiglio.
Il secondo aspetto è quello più sostanzioso che ha sollevato, ad esempio, il collega Chiezzi nel suo intervento: il fatto che questa deliberazione si inserisce in un iter di trattativa tra la Regione, il Comune di Torino, il Comune di Candiolo e i proprietari delle aree.
Credo non ci sia problema nell'affermare che questo iter deve essere concluso e che deve concludersi esattamente nei termini che erano stati ipotizzati da parte della Giunta, da parte della Giunte che in allora avevano sottoscritto una certa serie di accordi e che hanno avuto poi degli sviluppi anche concreti attraverso l'edificazione di opere direzionali della FIAT, ma non mi sembra che questo fatto sia incompatibile con la conclusione di questi accordi. Qui non stiamo ipotizzando di trasformare quell'area in area edificabile in zona residenziale su cui il proprietario del terreno può fare quello che vuole: noi stiamo ipotizzando se uno spicchio di terreno di 270-280.000 metri quadrati che è inserito in quegli accordi, che ancora non si sono conclusi, possa avere una destinazione diversa da quella che era stata ipotizzata, cioè da quella di rientrare in piena disponibilità della Regione e di andare a corredare un'area verde così come era stata complessivamente ipotizzata.
Questo è il problema che non incide assolutamente sulla destinazione delle altre aree che dovranno certamente seguire l'iter degli accordi così come sono stati fissati e così come ci auguriamo potranno trovare conclusione.
Non riesco a vedere veramente perché questo atto, che è di eliminazione di un vincolo su una quota di territorio estremamente limitato (eliminazione di un vincolo finalizzata a una certa opera, non finalizzata alla liberalizzazione tout court di un'area), sia in conflitto con il fatto che ancora non c'è stato il compimento degli accordi, così come erano stati ipotizzati dalle passate Giunte e dai proprietari FIAT dei terreni. Non stiamo discutendo se la FIAT su quei terreni farà una pista di prova stiamo discutendo se, al di là della destinazione originaria immaginata dalla FIAT (centro direzionale), o dalla destinazione successiva immaginata dalla Regione (area verde di preparco), sia utile dare una destinazione ipotetica, anche qui è ancora ipotetica, finché poi in concreto non si avrà la conclusione dell'iter, diversa da queste due che originariamente i proprietari dei terreni e gli enti pubblici avevano immaginato.
In altre parole, si fa un accordo, si consente alla FIAT di costruire da una parte, dopodiché anche dall'altra si tolgono i vincoli e si restituiscono i terreni alla FIAT perché faccia la pista di prova; è una cosa sostanzialmente diversa. Certo, nei passaggi successivi bisognerà inserire il comparto delle attrezzature e delle capacità sanitarie complessive della Regione, non può essere un fungo che sorge indipendentemente dai collegamenti con gli ospedali e con le altre capacità professionali che esistono sul territorio torinese e piemontese. Non potrà non coordinarsi con queste, è evidente, ma mi sembra che anche questo discorso attenga ad un passaggio successivo.
Non attiene ad un passaggio successivo invece il discorso sulla localizzazione. La collega Bresso chiedeva: perché non all'Eremo? Il collega Olivieri ha risposto; ma io chiedo perché non a Candiolo? Se qualcuno si è preso lo sfizio, e io l'ho fatto in questi giorni di ferie di andare a capire fisicamente dove andava paracadutato, ha visto che si tratta di una landa desolata. Non stiamo pensando di andarci ad inserire in qualche cosa che già esiste, è una landa desolata sulla quale si dovrà intervenire. Il progetto di massima che attraverso quella documentazione la Fondazione ha trasmesso mi pare compatibile con la creazione di un'ampia area a bosco che circonderebbe la parte strettamente edificata dell'intervento.
E' chiaro che occorrerà perseguire lungo l'iter della procedura l'ottimizzazione dell'intervento attraverso il collegamento di questo con le strutture sanitarie, con le capacità, con gli enti che si occupano di questo tipo di intervento.
Consentitemi di concludere con un briciolo di polemica. Non vorrei che la battaglia, pur con motivazioni non direttamente evidenziate, contro questa localizzazione nascondesse il timore che ancora una volta attraverso l'edificazione di questo Centro antitumori si prova che quando ci si mettono i privati a fare qualche cosa, forse fanno qualche cosa di meglio del pubblico. Non vorrei che ci fosse questo timore. E' un pensiero malizioso di un vecchio incallito liberista e quindi, per carità, ha il valore che ha, con la grossolanità che ha, però in questo dibattito ci pu stare anche questo.
Inoltre, si è evocato in quest'aula lo spettro della FIAT che certo ha il peso che ha, non lo neghiamo, però (a mo' di battuta grossolana) consentitemi di dire che è da vent'anni che io faccio politica in questa città e in questa regione, e devo dirvi che le uniche e grandi opere che la FIAT ha realizzato, le ha realizzate non con delle Giunte di centro sinistra, di pentapartito o di centro, ma le ha realizzate con le Giunte di sinistra. Con le altre Giunte non mi pare abbia fatto granché! Non vorrei che si radicasse la mentalità che con il mostro capitalista può trattare soltanto il rappresentante del popolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, inizio il mio intervento conservando la posizione che avevo illustrato a fine luglio in una riunione dei Capigruppo e che poi avevo trasmesso per iscritto come proposta alla Giunta regionale e alle altre forze politiche, quale via procedurale d'uscita al problema. Non era ovviamente una via d'uscita a tutto il problema, ma una via d'uscita ad una parte del problema.
La richiamo ora per poi riproporla di fatto nei tempi e nei modi possibili che, secondo me, possono essere brevissimi. Tra l'altro sostenevo e risosterrò, possono essere più brevi di quelli che noi stiamo adottando: partivano dalla richiesta del richiamo in aula, da parte della Giunta regionale, del disegno di legge di istituzione del Parco di Stupinigi; proseguivano con il ripristino in aula della planimetria prevista nel marzo 1985 per l'istituendo Parco di Stupinigi, ovvero della planimetria che comprende l'area che è oggetto della nostra attuale controversia.
Questa procedura prevedeva poi l'individuazione, attraverso un emendamento concordato in aula, dell'area oggetto in questo momento di stralcio dall'area prevista dal piano dei parchi. Per quest'area si proponeva la determinazione di un insediamento da destinarsi a Centro di ricerca oncologica, però con la precisazione che quest'area, con questa possibile destinazione d'uso, non veniva stralciata dal parco ma rimaneva a tutti gli effetti un'area all'interno del parco. Soltanto che, potendosi graduare i vincoli e le tutele sulle aree, si prevedeva che il futuro piano dell'area mantenesse questa destinazione.
Voglio precisare che, in questa maniera, alcuni punti venivano raggiunti: il fatto che l'area non veniva ad essere oggetto di una normativa urbanistica come variante al Piano regolatore generale del Comune di Candiolo, ma rimaneva un'area soggetta a valutazioni regionali, per quanto riguarda le modalità di inserimento, anche territoriale, degli edifici, il loro rapporto con l'area a parco, priva di insediamenti e il reticolo delle cascine e con l'area più lontana, caratterizzata dalla Palazzina di caccia. Rispetto a tutte queste valenze di elevato carattere paesaggistico e ambientale, vi era uno strumento, un ente, una possibilità di pianificazione regionale capace di valutare l'inserimento territoriale di questo insediamento.
Rimaneva aperto un altro problema: con questo iter procedurale noi creavamo le premesse per considerare questa area "suscettibile di". Nello stesso tempo, la Regione avrebbe potuto prendere in considerazione altre possibili localizzazioni. Nello stesso tempo, però, quest'area poteva avere questa destinazione d'uso. La procedura è la stessa dell'individuazione di un sito per una discarica e questo procedimento poneva le condizioni urbanistico-territoriali per rendere possibile questo insediamento e per garantirne un più razionale ed omogeneo inserimento nel contesto paesistico-ambientale dell'area. Nello stesso tempo si riservava alla Regione, e non al Comune di Candiolo, la possibilità in tempi brevi di valutare - su questo non ho le idee certe e precise di altri colleghi - se questa fosse l'unica o la migliore area o se ve ne fossero altre. Restava il fatto, però, che l'area di Candiolo ha così un vincolo per quella destinazione e solo per quella destinazione, tengo a precisare: solo per quella. La procedura che noi stiamo invece seguendo di fatto è tale solo da togliere la competenza regionale sulla destinazione d'uso di un'area, senza vincoli per il Comune che si trova quest'area nuovamente inserita nel proprio Piano regolatore comunale e può in realtà deciderne la destinazione. Per di più la Regione, con alcune altre sue procedure e normative che potevano essere studiate, potevano già essere previste poteva contestualmente avviare una considerazione su quello che, a mio avviso, è il nodo cruciale: le conseguenze territoriali di questo insediamento, esterne al Centro di ricerca oncologica vero e proprio. E' qui che si ritrovano il sospetto, le minacce (le minacce in senso ambientale), le dicerie, le voci, le cose che si sentono dire, cioè la possibilità di essere centro attrattore di questo insediamento, tale quindi da riverberarsi per tutta un'altra serie di operazioni nell'area circostante. La Regione dovrebbe avere la capacità e la competenza, almeno questa è la mia opinione, per controllare gli sviluppi complessivi della vicenda. Il processo di localizzazione non è il processo di localizzazione di questo centro e basta. Il vero processo di localizzazione del quale noi dobbiamo parlare è una valutazione dell'incidenza sul territorio di tutto quello che può esserci o è prevedibile vi sia. Competenze, possibilità di analisi e di indagine ve ne sono. Occorre pertanto ribadire la competenza regionale in merito a questa vicenda: è un progetto troppo complesso troppo delicato in termini urbanistico-territoriali, per lasciarlo al gioco di due o tre Piani regolatori comunali. Se si vuole che sia quella cosa di alta qualità, di alto livello che affermiamo e che gran parte della comunità piemontese si augura che sia, allora questa era ed è la scommessa: facciamolo, però - ripeto all'interno di una competenza regionale, quindi all'interno del parco.Perché nulla ci vieta di inserire questo intervento nel parco, contestualmente al recupero dell'area più a sud del parco, che in effetti - come è stato detto - è un'area che richiede una seria operazione di ripristino. Quest'area non ha una particolare valenza ambientale (è stato detto). Occorre però considerare che oggi ha valenza ambientale un'area che non è occupata da palazzi anonimi e cose di questo genere. Ormai, nella cintura torinese, le aree non urbanizzate sono di fatto un bene ad elevato pregio ambientale, in qualsiasi condizione queste si trovino.
Vi è poi, sullo sfondo, un problema enorme che io avrei voluto vedere affrontato in altra maniera e vorrei che vi fosse il tempo di affrontare che è quello dei valori simbolici che un'ipotesi di centro come questo mette in gioco. Problema che, da noi, è stato quasi dimenticato. Già anni fa, esaminando il testo di legge sulla sperimentazione in campo medico avevo sostenuto di non sapere quale fosse il ruolo degli ospedali e dei centri di ricerca di carattere ospedaliero in rapporto alla salute dei cittadini. Questo lo avevo già detto anni fa e mi sento di ripeterlo adesso. Non so se gli ospedali sono il metodo o la procedura più utile per curare la gente. La mia, forse, sarà una posizione di carattere estremistico o di carattere molto isolato. Proprio perché posizione isolata non ritengo di potere in alcun modo imporre questa opinione alla comunità piemontese che invece vede, spera e si augura, magari ingenuamente e fideisticamente, che siano possibili soluzioni a questo male attraverso una ricerca di carattere farmacologico, di carattere clinico e altre cose di questo genere. Però, su questo vorrei che vi fosse un serio confronto della comunità piemontese. Che valutasse se la strada indicata e se queste procedure sono quelle più idonee, se questo è l'approccio che noi dobbiamo avere rispetto a questo male o se invece non vi siano anche altre risposte altre procedure, altri tipi di speranza. Ciò nonostante, la scienza medica è una delle speranze della gente. Si tratta, in gran parte, di un elemento fideistico più che di un elemento scientifico. Comunque sia, da sempre l'uomo tecnologico moderno, come l'uomo del passato, si è appoggiato a miti, a religioni, a miracoli, di fronte a problemi che sono troppo grossi troppo insondabili e troppo complessi. Ma di questo nessuno ha discusso e intende discutere.
Io mantengo e ripropongo la mia proposta per giungere ad una possibile localizzazione nell'area salvando comunque insieme in contropartita l'approvazione del parco, approvazione che rivendico contestualmente. Gli altri aspetti - aspetti cruciali - ho inteso solo richiamarli, per dire che non possono, stante il livello del dibattito che si è sviluppato nella comunità piemontese adesso, essere purtroppo oggetto di discussione. Pu quindi essere accettato un insediamento del genere, si può comunque pensare che sia giusto che i cittadini vogliano più ricerca, più interventi per una soluzione dei loro mali, però dentro di me sono convinto che questo centro ma non perché lo fa la FIAT, non perché lo fa la Fondazione per la ricerca sul cancro, non perché lo fa un medico piuttosto che un altro o perché c'è un primario al posto di un altro, non indichi la strada che ci serve.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, abbiamo dovuto riscontrare sin dall'inizio l'esistenza di punti ambigui, equivoci, oscuri; molte sono state le reticenze, anche clamorose. Non c'è stata una discussione preliminare né sulla localizzazione né sul tipo di istituto n sull'esigenza di integrazione dell'istituto con il Servizio sanitario regionale. Non si sono discussi preliminarmente i rapporti che devono intercorrere tra il Centro oncologico e l'Università. Eppure è un argomento che merita di essere trattato alla luce del sole, in modo trasparente.
L'esigenza di avere un Centro oncologico è un'esigenza indubbia, che nessuno può mettere in discussione. Si tratta di essere trasparenti, di programmare questo intervento, di ottenere il massimo di consenso. Tra l'altro sarebbe stata la strada più breve, i ritardi denunciati dalla Fondazione sono in larga parte dovuti al fatto che è mancata la chiarezza necessaria.
Noi abbiamo chiesto di sapere e di approfondire. Chi ha valutato la congruità dell'area di Candiolo? La Regione? No, la Fondazione. Con tutto il rispetto per la Fondazione, una verifica doveva essere fatta. Sono stati stralciati al momento 270.000 metri quadrati, ma il Vicepresidente ci ha ricordato che si arriverà a stralciarne un milione e mezzo.
Nell'incontro con la Fondazione, oggi, i suoi rappresentanti hanno detto che a loro interessano 270.000 metri quadrati. Perché si vuole arrivare a stralciarne un milione e mezzo? Si tratta di centinaia di migliaia di metri quadrati, virtualmente donati dalla FIAT alla Regione, ripresi indietro con atto unilaterale privi di vincoli. Si può quantificare la ricchezza materiale che viene trasferita in questo modo da un soggetto all'altro. La Regione lo deve fare: c'è stato uno scambio ineguale.
La Regione ha onorato tutti gli impegni che aveva assunto, la FIAT si è rimangiata la parola data. Noi sosteniamo che altre ipotesi di localizzazione dovevano essere prese seriamente in considerazione.
Sono inevitabili le osservazioni di carattere sanitario. Lo stralcio è motivato dalla realizzazione del polo oncologico, non si può quindi sostenere "intanto stralciamo l'area e poi si valuterà la congruità di quest'area ai fini della realizzazione del polo oncologico".
Bisogna vedere il tutt'uno, se quell'area e quella localizzazione è congrua. Invece qui si propone di procedere a spizzichi e a bocconi: prima stralciamo e poi valuteremo. E qualora dalle valutazioni successive risultasse che quella non è un'area congrua, noi avremmo stralciato un'area priva di vincoli di 270.000 metri quadrati per il momento, destinati a diventare un milione e mezzo: da dare in pasto a chi? Le osservazioni di carattere sanitario possono essere le seguenti: bisogna predisporsi per tempo a realizzare un tipo di polo oncologico che si integri con i servizi sanitari regionali, a cominciare dal polo oncologico torinese del San Giovanni Vecchio e dalle esperienze in campo oncologico che vengono tentate alle Molinette. Queste cose non si inventano. I tempi di realizzazione per brevi che siano, sono sempre tempi di alcuni anni: cinque, dice la Fondazione.
Nel frattempo bisogna predisporre la rete dei poli oncologici regionali ad un rapporto stretto con il costruendo polo oncologico.
In questi anni migliaia di pazienti sono stati colpiti dal cancro e trovano attività curative non adeguate: bisogna predisporre la rete dei servizi pubblici per costruire un rapporto con il centro di ricerca.
Bisogna valorizzare il patrimonio sanitario e scientifico di cui dispone la Regione Piemonte. La Regione fin d'ora deve essere garante di una convenzione tra il polo oncologico, la Fondazione e l'Università.
C'è il problema delle attività curative. Nell'incontro con i rappresentanti della Fondazione abbiamo visto il prof. Cappa particolarmente sensibile a questo problema. Centoventi posti letto sono decisamente pochi: è di un anno fa il decreto di Donat-Cattin sugli standard ospedalieri in base al quale si dice che gli ospedali con meno di 120 posti letto devono essere chiusi.
Oggi, questo è un dato positivo, abbiamo riscontrato nel corso dell'incontro con la Fondazione che il prof. Cappa è stato particolarmente sensibile a questa nostra osservazione. Ha detto che anche la Fondazione nutre seri dubbi sui posti letto per la degenza, non per il day-hospital e così via. Dovranno valutare attentamente questo problema e comunque sempre di più, l'idea è quella di svolgere le attività terapeutiche nei presidi oncologici esistenti.
A proposito del rapporto con i privati. Noi vogliamo valorizzare l'intervento dei privati, comprendiamo perfettamente che sono attività pubbliche: se a queste attività pubbliche si sommano attività private efficienti possono trarne beneficio tutti i servizi. Siamo per una collaborazione pubblico-privato, ma intendiamoci: noi stiamo parlando di una iniziativa che non è solo privata, c'è un intervento, in questo caso perlomeno misto di pubblico e privato. Anzi, se permettete, le risorse che verranno messe a disposizione dal settore pubblico saranno preponderanti.
Abbiamo decine di migliaia di sottoscrittori che hanno versato sino ad ora 7 miliardi di lire, interverranno banche di diritto pubblico, interverranno assicurazioni a prevalente capitale pubblico, la spesa di gestione sarà accollata al Servizio sanitario regionale, la spesa per la ricerca sarà accollata al CNR. alla parte del Fondo sanitario nazionale destinata alle attività di ricerca.
Non voglio sminuire il ruolo del privato, iniziativa lodevolissima, ma mettiamo le cose in chiaro: il peso sopportato dal pubblico sarà rilevantissimo e questo ci induce a dire che la Regione non può restare in disparte, non può accettare progetti paracadutati, non li può accettare a scatola chiusa, deve entrare nel merito delle proposte. I soggetti sono sostanzialmente due: uno privato, che avanza una proposta di grande interesse, uno pubblico: l'istituzione Regione, che ha tra l'altro tutte le facoltà per intervenire nel campo delle politiche sanitarie, urbanistico territoriali, ecc.
Con questo non voglio togliere nulla all'opera, alla finalità, al merito della Fondazione. Quello che è inammissibile è l'assenza della Regione. Si approva in sostanza un progetto di massima che non si conosce si parla di costruire un Centro oncologico su un'area virtualmente già donata alla Regione, manca del tutto il senso dello Stato o della Regione in questo caso.
Già il collega e compagno Chiezzi ha ricordato la lettera del Presidente della Giunta regionale, Beltrami, inviata il 6 aprile dello scorso anno al Presidente della Fondazione e all'Amministratore delegato della FIAT. Ad un certo punto si legge il seguente passo: "E' necessario chiarire i reciproci impegni sulla base di precisi e dettagliati accordi con la FIAT e consociate, soprattutto in ordine al passaggio a titolo gratuito in proprietà regionale dei terreni di cui trattasi".
Signor Presidente, questo chiarimento c'è stato o non c'è stato? Come mai unilateralmente la FIAT si riprende i terreni virtualmente donati alla Regione Piemonte? E' anche motivo di amarezza il dibattito che si svolge oggi perché è un dialogo tra sordi, ovvero non è un dialogo. Vi sono argomentazioni che dovrebbero essere prese seriamente in considerazione che vengono ignorate, snobbate, non è possibile svolgere nemmeno un serio confronto, come il caso merita.
Con rammarico non possiamo che considerare l'occasione della collaborazione pubblico-privato come un'occasione persa; questa collaborazione può avere luogo se i due soggetti esistono, in questo caso esiste la Fondazione, che presenta precise proposte di cui sollecita l'attuazione, ma il soggetto Regione noi non lo abbiamo visto. Non pu esservi collaborazione seria ed efficace, se non tra due soggetti esistenti, capaci di confrontarsi e di affrontare i seri problemi.
E' con molta amarezza che noi diciamo, signor Presidente e signori Consiglieri, che la Regione non può essere ridotta al rango di concessionaria FIAT.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono dispiaciuto di non essere stato in grado di partecipare nella totalità dell'impegno al dibattito che si è svolto in quest'aula e che penso non potrà che proseguire. Proseguire perché oggi siamo in una fase intermedia, liberatoria, rispetto ad una prima fase del problema, che è quella di consentire il decollo di una iniziativa che si sta trascinando decisamente da tempo, che non è di fatto all'anno zero, almeno nelle potenzialità, almeno nelle virtualità di rispetto dell'ambiente poiché le lettere che sono state ricostruite qui dentro, quelle che abbiamo potuto leggere oggi, fanno ascendere al 1978 una prima fase di contatti con l'Azienda FIAT per tentare di definire un rapporto che se da un lato avrebbe consentito il prosieguo, l'acquisizione ad uso gratuito e con finalità di pubblica utenza a livello di parco pubblico di quest'area, dall'altro lato avrebbe dovuto consentire alla stessa Azienda la possibilità complessiva di talune sue esigenze che erano collocate in diverse parti del territorio di questa comunità e che andavano dagli uffici direzionali della FIAT al Borgo San Paolo ad altri aspetti ancora attorno a Collegno per il Campo Volo.
Ho letto e riletto attentamente questa documentazione. Sar estremamente breve, anche perché mi pare che questa brevità sia una restituzione di correttezza ai colleghi che hanno rinunciato a parlare e soprattutto al Vicepresidente che alla fine è stato elemento centrale in tutta questa vicenda, sovvenendo anche a qualche vuoto mio e di altri che accompagnano normalmente la gestione della cosa pubblica. Non ho rinvenuto, negli atti che sono a mani della Giunta, atti di carattere formale che di fatto trasferiscono, magari in attesa di un loro perfezionamento, questa proprietà alla Regione. Direi che semmai è stato possibile rilevare una serie di condizioni che partono dalla prima lettera del 1978, ad un'altra del 1980 e ad un'altra ancora del 1982 dove i "se" sono di casa e la prudenza dell'Azienda è assolutamente totale. Semmai ha consentito l'accesso in luogo, l'utilizzo breve ed immediato del fondo a titolo gratuito. Addirittura avevo trovato, all'interno della struttura note (che risalgono al 1982) del collega Enrietti che sollecitava l'Assessorato al patrimonio a definire questa questione che si stava trascinando da troppo tempo.
Nella memoria che gli uffici in allora avevano rassegnato all'Assessorato risultava che dagli incontri intervenuti con la FIAT era emerso che la società avrebbe inteso procedere alla donazione di tali terreni alla Regione, soltanto dopo aver ottenuto la certezza di realizzare i nuovi Centri direzionali in Torino (zona San Paolo) e Collegno (zona ex Campo Volo). Il Centro di Borgo San Paolo è stato in parte realizzato.
Ancora nel 1983, il defunto Presidente Viglione riproponeva con forza all'Azienda questo tipo di risposta e a seguito di un mio intervento, che è stato ricordato da altri, con una lettera di puntualizzazione del 6 aprile 1988, l'Azienda ricordava una sua disponibilità. Disponibilità che non è venuta mai meno. Attraverso l'ultima presa di posizione del luglio 1988 evidentemente dopo ulteriore sollecitazione da parte della Giunta regionale, in allora Cesare Annibaldi, a nome della direzione FIAT avvertiva: "La FIAT, con la presente, comunica che farà in modo che sia sottoposta ai competenti organi della società propria controllata proprietaria dei terreni in Candiolo in meglio evidenziati con contorno verde nella planimetria allegata, una proposta di deliberazione per la cessione gratuita alla Regione Piemonte dei terreni stessi, al fine del loro utilizzo come area attrezzata per il costituendo Parco di Stupinigi".
Parco che avrà decisamente una sua consacrazione, una sua formalizzazione solo in un secondo momento, evidentemente non in questa fase di accelerazione delle risposte. Fase che vede come momento di realizzazione di una prima parte del processo l'adozione di una deliberazione, da più parti richiesta con tanta solennità, che potesse rientrare nell'assieme di una proposta relativa ai parchi della Regione Piemonte, in superamento della deliberazione del 1985 che è in scadenza.
Proprio per i motivi che ho testé ricordato, voglio dichiarare semplicemente che noi siamo ancora non solo nello stato d'animo, ma nella determinazione di portare avanti con intensità di proposta e soprattutto la ricerca di un momento di concretezza, pendente questa fase e nella fase immediatamente successiva, questa contrattazione per tentare di portare a casa definitivamente l'uso di quest'area a parco, superando le note difficoltà.
Non entro nel merito della progettazione; sono lieto che oggi la Fondazione abbia avuto il rapporto che ha avuto con l'opposizione. Devo però dire a tutte lettere che l'interazione esistente tra i protagonisti di questa vicenda, il pubblico e il privato, oserei dire per un umano, comune e forse giusto, razionale modo di sentire sulla nobiltà dei fini di questa iniziativa, non può registrare, come è stato fatto registrare in quest'aula, una posizione passiva dell'ente pubblico e una posizione superattiva del privato. E soprattutto la Regione non può essere chiamata a rinunciare al suo ruolo di governo del territorio e dei servizi, proprio per funzioni istituzionali, per lo stesso governo della spesa sanitaria che sarà strettamente collegato alla successiva convenzione che avrà una sottolineatura, un'adesione da parte della Regione affinché siano rispettate talune regole del gioco. In risposta ad una complessiva visione peraltro già pianificata nelle proposte di piano sanitario, seppur non localizzata, che si lega al bisogno di salute della popolazione.
Questa è la nostra convinzione. L'opposizione pensa in modo diverso se questo modo di pensare non è strumentale (non voglio riferirmi a siffatto atteggiamento, soprattutto a conclusione di questa legislatura) direi che questa posizione ci rende più attenti, a mio avviso diviene stimolante a che taluni passaggi non siano trascurati. Noi non svendiamo alcunché alla FIAT, noi assicuriamo oggi alla comunità piemontese un'opera in una terra nella quale la politica del rinvio e del ritrovare cause e momenti per i quali non si costruisce, non si va avanti, non si procede per motivi che forse hanno delle sottolineature anche di nazionalità, ha trovato molti sbocchi e molti sfoghi nei tempi più recenti.
Pertanto, la nostra è una posizione di estrema chiarezza, senza enfatizzare, senza tentare di percorrere sogni o aspetti, momenti di fantasia che possono anche sbiadirsi e superarsi con il tempo.
C'è una domanda della comunità, l'ha proposta il collega che già aveva svolto il ruolo di Assessore alla sanità, Olivieri; ci sono atteggiamenti di grosso interesse; c'è un modo di sentire della gente al quale va data una risposta; con ciò, non venendo meno al dovuto rispetto, a tutte le alte animazioni, anche di carattere scientifico e di ricerca, che intervengono sul territorio.
Questi sono gli elementi di supporto che hanno sottolineato il nostro modo di agire. Dichiaro, con senso di lealtà nei confronti del Consiglio che le cose che sono state dette oggi saranno oggetto di grossa e profonda riflessione per non compiere passi falsi e se qualche passo, magari lievemente vivace, possiamo anche aver compiuto, avremo la possibilità di correggerlo e di perfezionarlo, ma io ritengo che oggi noi non possiamo negare questa risposta. E la Giunta è schierata per dare la giusta risposta a quanto è chiesto dalla comunità piemontese.



PRESIDENTE

E' così terminata la discussione generale.
Ricordo ai colleghi che il 28 luglio 1989 sono state presentate due questioni sospensive all'esame della proposta di deliberazione n. 1140: la prima, dai Consiglieri Minervini, Majorino e Masaracchio; la seconda, dai Consiglieri Avondo, Chiezzi e Calligaro.
Per la prima questione ha facoltà di intervenire il Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo molto velocemente per dire che ritiriamo la nostra questione sospensiva perché la riteniamo ampiamente superata nel senso che noi in allora chiedevamo una sospensione della discussione onde avere il tempo di esaminare documenti che ci erano stati dati in quella mattinata. Siccome il tempo lo abbiamo avuto ampio a sufficienza per esaminare detti documenti, riteniamo superato il nostro ordine del giorno e pertanto lo ritiriamo.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, conserviamo l'ordine del giorno che fu presentato lo scorso mese di luglio e lo riproponiamo sulla base di due considerazioni: sulla base degli elementi che allora chiedemmo e cioè di conoscenza ulteriore, elementi che ci sono stati in parte forniti, ma che non sono completi e che tutt'oggi riteniamo non completi, e sulla base della risposta, dopo il dibattito di oggi, che ha dato il Presidente Beltrami.
A me pareva molto chiaro, signor Presidente e colleghi, nei problemi sollevati dal compagno Chiezzi, che sulla base delle conoscenze aggiuntive dei documenti che abbiamo avuto, nel cui merito non siamo mai entrati perché allora non li possedevamo, ci fosse per noi un problema preliminare ad altri aspetti della questione che pure avevamo posto sul tappeto nella discussione prima dell'estate.
Il problema preliminare è il seguente. Noi non siamo entrati sostanzialmente oggi nel merito né dell'Istituto di ricerca né della localizzazione (se a Candiolo o altrove), abbiamo posto oggi un altro tipo di problema: i rapporti tra la Regione Piemonte e la Società FIAT che riguardano il terreno di cui si discute a proposito di questa deliberazione.
Permettetemi questa osservazione. Non mi pare onesto intellettualmente dire che perché si parla di un Istituto per la ricerca sul cancro, e sappiamo quale dramma sia, non si possa parlare di niente. Non è possibile sostenere una cosa di questo genere: richiamare la drammaticità di questo male, di questo flagello per dire che comunque, ovunque, chiunque, in qualsiasi modo operi, va tutto bene! Noi abbiamo posto un problema molto delimitato oggi sulla base di una documentazione che a fatica abbiamo tenuto, che è più ampia di quella con cui la Giunta si è presentata in Commissione, che a quanto mi risulta, vedendo il Presidente sfogliare altre carte che non sono a mano nostra, è ancora incompleta.
Sulla base di questo è emersa un'altra questione. Quella delle relazioni con la FIAT sul terreno di Candiolo è storia su cui il Presidente della Giunta intervenendo ora non ha dato risposte. Il collega Chiezzi richiamava la lettera del 6 aprile 1988 del Presidente Beltrami, noi siamo totalmente d'accordo con l'esigenza che lì il Presidente Beltrami poneva cioè che fosse necessaria una fase preliminare a una decisione e che riguardava la necessità di chiarire i reciproci impegni definiti con il verbale di consegna del 1983 che aveva scadenza nel 1988. Il Presidente però non ci ha detto che cosa è stato fatto in merito a questa verifica. La risposta non c'è stata e non abbiamo documentazione di quello che è successo dal 6 aprile 1988 ad oggi, per cui il problema che il Presidente Beltrami poneva e che noi condividiamo è totalmente caduto, perché questa è la questione che ci interessa ora e che noi abbiamo posto: riguarda la proprietà di questi terreni ed è assolutamente preliminare all'altra questione, cioè a che cosa si vuole destinare. Senza questa verifica non è possibile far finta di niente e la FIAT si riappropria di questi terreni li usa in un certo modo e la Regione Piemonte fa finta che non sia successo niente: che il verbale di consegna non ci sia stato, non verifica questi impegni.
Si è detto: "questa è una questione solo urbanistica", come se quella urbanistica fosse una questione immateriale. No, quel verbale di consegna quell'intesa con la FIAT e il problema che affrontiamo oggi è una questione materiale, non immateriale.
Per dirla più esplicitamente, a noi pare che qui si configuri un comportamento dell'Amministrazione regionale che non tutela gli interessi regionali, anzi che danneggia gli interessi regionali! Si tratta di un terreno consegnato, certo non in via definitiva, in uso precario, se le altre condizioni che facevano dire che questo doveva passare definitivamente alla Regione sono state realizzate (a noi risulta che in gran parte le altre condizioni si sono verificate). In questo momento la Regione rende alla FIAT un terreno che dovrebbe essere suo, di cui dovrebbe prendere formalmente in carico la proprietà. Sono alcuni miliardi a cui la Regione rinuncia! Questo è il problema che abbiamo posto. Non è cosa di poco rilievo! Non voglio drammatizzare, ma è una questione molto materiale, è una questione che può rischiare anche di avere responsabilità particolari, di danno arrecato all'interesse regionale, che è cosa ancora più grave di un altro problema che noi pure poniamo, cioè la subalternità ai voleri della FIAT, che invece è un problema politico, è un problema di come un ente pubblico e chi ne è responsabile difende la sua rappresentanza nei confronti di un rapporto con i privati. Badate, non c'è alcun problema di demonizzazione! Il collega Santoni ricordava come gli accordi più corposi che hanno dato esiti concreti con la FIAT, come con altre società private, siano stati fatti dalle Giunte di sinistra. Lo ricordava Santoni ed è vero. Noi non abbiamo alcun problema di demonizzazione, non ci siamo comportati e non intendiamo comportarci secondo queste logiche. Riteniamo però che un rapporto tra pubblico e privato debba rispondere ad una contrattazione chiara, esplicita, in cui gli interessi di entrambi trovino il punto di contemperamento, di intesa.
Invece qui ci troviamo di fronte ad un comportamento che noi riteniamo dannoso per gli stessi privati, perché se i privati si lamentano che i tempi sono troppo lunghi, non l'ha provocato l'opposizione l'allungamento dei tempi! L'avete provocato voi percorrendo una strada oscura, credendo che con un colpo di mano e una deliberazione che non parlava di niente si potesse farla franca, e continuate anche oggi a rendere comunque difficile la decisione che volete prendere in tempi che il privato giustamente rivendica affinché siano decenti.
Noi siamo vivamente preoccupati che l'ente pubblico non tratti, non ponga condizioni, che esegua ordini che vengono da un soggetto privato.
Badate che questo è grave sul terreno politico! L'altro punto che oggi abbiamo richiamato ricavandolo dalla documentazione che abbiamo in possesso è un problema ancora di altro spessore, cioè la Regione con questo atto a noi pare rinunci al valore di una proprietà e lo regali ad un soggetto privato. Noi riteniamo che questo non si debba fare, vorremmo che si prendesse in considerazione e non si parlasse di altro in questa seduta.
In altre fasi si parlerà di come debba essere il centro, della giustezza della localizzazione. Noi chiediamo un'attenzione a questo problema.
Oggi credo sia una giornata storica per Torino: contemporaneamente due Giunte stanno regalando barche di miliardi alla FIAT. Contemporaneamente in sedute parallele: al Comune di Torino e qui! Non è proprio casuale che si trovi un modo di sopravvivere a governare sotto questa insegna.
Questi sono i motivi per cui noi vi chiediamo di ripensare a questa cosa e di attuare, in tempi rapidi, quel percorso di verifica sulla proprietà reale di questi terreni, non formale: come sono state rispettate le intese e quindi stabilire a chi spettino questi terreni e non procedere in nome di un flagello su cui siamo tutti d'accordo, ad un'operazione che se fossimo poco corretti diremmo che in nome di questo flagello, di questa malattia così terribile, si riesce persino a fare gli affari.



CARLETTO Mario

A fare gli affari? Chiedo sia messo a verbale.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione l'ordine del giorno presentato dal Gruppo PCI di non passaggio all'esame della proposta di deliberazione n. 1140.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 16 voti favorevoli e 30 contrari.
Passiamo pertanto all'esame del dispositivo della deliberazione.
Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Vicepresidente della Giunta, Bianca Vetrino, che interviene in qualità di Consigliere.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, comunico l'adesione del Partito repubblicano a questa deliberazione. Devo dire che sono quasi convinta che in un Paese civile e democratico una deliberazione come questa avvenga a titolo amministrativo e non avrebbe sicuramente determinato il lungo dibattito che c'è stato sia in quest'aula che nella società a questo riguardo. Parlo naturalmente degli aspetti di tipo urbanistico-ambientale che questa deliberazione va a cogliere.
I repubblicani votano questa deliberazione senza riserva alcuna né di tipo ambientale-urbanistico né di tipo sanitario, nella convinzione che attraverso questa deliberazione noi diamo il "la" ad una operazione che porta con sé la possibilità di restituire a Torino quel ruolo scientifico e sanitario che negli ultimi anni ha perso. Sicuramente andiamo alla costruzione di un momento sanitario e scientifico molto importante che potrà far convergere su Torino molti studiosi e medici, quindi un polo di attrazione scientifico-sanitaria di grande rilievo.
Questo è il motivo fondamentale per cui noi votiamo questa deliberazione.
Non abbiamo riserve di tipo ambientale perché riteniamo che questa sia una zona opportunamente scelta. E' vero, essa sorge ai limiti di un parco però abbiamo anche considerato che si tratta di una zona che può essere tranquillamente stralciata. Qualcuno ha detto "si tratta di una radura": ci sono pochissimi alberi, per non dire addirittura che non ci sono proprio alberi.
Basti questo: "La Repubblica" quando faceva i servizi nel mese di luglio su questo centro ha inviato un fotografo a fotografare proprio gli alberi che sarebbero dovuti cadere sulla base della costruzione del centro e purtroppo il fotografo ha dovuto fotografare delle radure. Dunque il quotidiano "La Repubblica" si è trovato a dover pubblicare, a corredo dell'articolo relativo all'abbattimento degli "alberi", la fotografia del Castello di Stupinigi! Questa è la realtà nella quale ci muoviamo. Quindi non credo, collega Bresso, che gli ambientalisti siano tutti brutti e cattivi, anzi credo che stiano facendo in questo Paese delle battaglie sacrosante, che vanno appoggiate, perché il loro obiettivo è sicuramente grandissimo, che condividiamo in molti e che vogliamo aiutare e perseguire.
Però, di qui a sostenere che quanto stiamo per predisporre è uno sfregio all'ambiente, devo dire che c'è una grandissima malafede e una grandissima disonestà.
Un'altra questione. Ci sono state delle osservazioni, svolte soprattutto dal Gruppo comunista e che io mi sento di condividere, sulla confusione - di cui ho detto nella mia introduzione - che si è venuta a determinare nei rapporti con la FIAT a seguito della nuova situazione nella quale veniamo a trovarci. Devo dire però che dal 1978, che è la data alla quale facciamo ormai tutti riferimento per parlare dei rapporti tra FIAT e Regione, si sono scambiate delle lettere. Ci sono state probabilmente centinaia di telefonate, si sono costruiti grandissimi spazi (ho sentito parlare di 400.000 metri cubi), si sono cambiati gli accordi, però nulla risulta agli atti della Regione: non c'è una deliberazione, non c'è un protocollo di intesa, non c'è niente! Le uniche lettere alle quali noi oggi possiamo fare riferimento con una certa tranquillità sono la lettera di Annibaldi - che è stata citata - e la lettera del Presidente della FIAT che sono quelle che ci garantiscono che comunque noi abbiamo la possibilità di avere una cessione gratuita di un terreno - collega Sestero - che non è della Regione. Noi non stiamo regalando niente a nessuno, questo è un terreno che è della FIAT, dell'Ordine Mauriziano e del Comune di Candiolo che oggi è vincolato, quindi oggi questo terreno non ha, per certo verso nessun valore, ma è comunque un terreno che rimane alla proprietà. Chi ha detto che il vincolo vuol dire appropriazione della proprietà? Assolutamente, almeno io non credo che sia così. Rimane la proprietà rimane una proprietà vincolata. Quindi, evidentemente quando la FIAT pone il problema che vuole che si restituisca il parco, non è perché la FIAT sia tanto ecologica o tanto amante della natura, è perché ha bisogno di cedere un'area che non valga niente e quest'area non vale niente, sotto il profilo commerciale, nel momento in cui diventa parco, mentre diventa importante sotto il profilo ambientale.
Non stiamo regalando niente a nessuno, stiamo semplicemente complicando le cose, perché la proposta iniziale della Giunta che era quella di svincolare un'area omogenea probabilmente avrebbe consentito di controllare di più quella naturale espansione che avrà quest'area, perché evidentemente si determineranno delle nuove esigenze rispetto a quest'area. Questo è sacrosanto e io mi stupirei che non si determinassero delle esigenze quello che conta per la Regione è di poter controllare queste esigenze quindi il galoppatoio e tutto il resto evidentemente va rigettato! Ma le esigenze sacrosante, quelle di realizzare in quest'area un polo come deve essere fatto, le può consentire soltanto la Regione se controlla e le controlla attraverso lo strumento del Piano regolatore di Candiolo che dovrà intervenire su quest'area prima o poi, perché quest'area evidentemente porterà con sé - adesso svincoliamo 270.000 metri quadrati delle esigenze.
Detto questo, penso che la collega Bresso abbia fatto una proposta giusta che era governabile dalla Regione se l'avessimo pensata al momento opportuno; oggi non siamo più in condizione di governarla, perché questa proposta vuol dire rimandare di altri due anni questa iniziativa. Il Consiglio è stato informato di questa possibilità di costruzione del centro nel momento in cui si è presentato il disegno di legge, cioè nel mese di settembre perché non c'è stato un momento in cui la Giunta non si sia presentata in Consiglio, nella sede della Commissione, e non abbia detto molto chiaramente che il disegno di legge portava con sé la possibilità di costruire questo centro. Quindi, tutte le illazioni che sono state fatte di non trasparenza, di bugie, di connivenza con la FIAT vanno assolutamente rigettate! Come repubblicana intendo rigettarle! Può darsi che io sia particolarmente ingenua, che in questa operazione ci siano delle speculazioni che io non ho potuto vedere. Io ho gestito in prima persona per quanto riguarda gli aspetti urbanistici e territoriali, questa cosa; mi è sembrato che la Giunta abbia seguito un iter regolare, corretto e assolutamente trasparente ed è appunto per questa convinzione che il mio Gruppo voterà a favore di questa deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche io sarò molto veloce nel dire che noi siamo d'accordo (lo avevo già anticipato in Commissione) e quindi voteremo a favore della deliberazione, oggi all'attenzione del Consiglio, di modifica al Piano regionale dei parchi per quanto riguarda il Comune di Candiolo.
Siamo d'accordo anche con la finalità che ci porta a considerare questa modifica e cioè la costruzione di un Centro per la ricerca sul cancro perché noi riteniamo che la Regione Piemonte sia in grosso ritardo in questo campo, perché di un Centro per la ricerca sul cancro il Piemonte avrebbe dovuto dotarsi già da tempo, adesso ci pensa la Fondazione Agnelli.
Quindi diciamo: non perdiamo altro tempo a ricercare eventuali luoghi diversi da quelli presi in considerazione oggi.
Noi - lo sanno tutti - non siamo amici della FIAT né la FIAT è assolutamente amica nostra, ma noi oggi riteniamo che non dobbiamo perdere tempo visto che abbiamo la possibilità di perdere un terreno che si dice che è della FIAT e che la FIAT concede per questa realizzazione. Questi centri debbono essere creati in posti tranquilli, possibilmente nel verde e raggiungibili più o meno facilmente, nel nostro caso, da tutta la regione.
Ho letto la lettera che le tre Associazioni ambientaliste hanno mandato a tutti, tranne che a noi. Le ringrazio di non avercela mandata in quanto non ci interessava; in questa lettera si parla solo di Torino, mentre questa è una iniziativa che riguarda la regione Piemonte in tutta la sua interezza.
Ci sembra quindi che queste premesse siano valide per il nostro voto favorevole. Naturalmente ci riserviamo altre valutazioni quando conosceremo il progetto nella sua complessità; progetto che penso debba calare in quest'aula per essere varato anche dal Consiglio regionale. Non so se sbaglio in questa affermazione, perché effettivamente chi costruirà questo centro è la Fondazione per il cancro, però penso che il Consiglio regionale debba essere investito e quindi esprimere un parere.
Comunque noi oggi diciamo sì alla deliberazione, con ogni più ampia riserva per dare il nostro assenso definitivo dopo avere conosciuto il progetto nella sua complessità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo comunista non ha ricevuto, come sperava, le risposte ai due quesiti fondamentali che aveva posto: quello relativo alla conoscenza del progetto, elemento di sostanza necessario per prendere questa decisione, e quello relativo alle situazioni concernenti gli accordi citati dal Presidente Beltrami nella sua lettera dell'aprile 1988.
Il progetto, colleghi Consiglieri, rimane a voi sconosciuto, non sapete cosa sarà realizzato su quest'area, è sconosciuto anche a noi e questo per noi è un motivo sufficiente per non poter, purtroppo, votare questa deliberazione. Per quanto riguarda l'altro problema, quello relativo agli accordi tra Regione e FIAT, l'intervento del Presidente Beltrami mi è parso molto imbarazzato; intervento nel quale ogni tanto si scivolava in affermazioni che farebbero stupire, se non preoccupassero di più, del tipo "forse su qualche atto siamo stati troppo vivaci" (lui la prende con vivacità, io la prenderei con più preoccupazione). Intervento molto imbarazzato, e si capisce, perché il Presidente Beltrami porterà (se voterà questa deliberazione) la responsabilità di avere scritto una lettera nella quale, a tutela degli interessi della Regione, assumeva degli impegni come Presidente della Giunta regionale, e poi di aver compiuto un atto (quello di questa sera) contraddittorio con gli impegni da lui stesso assunti in questa lettera. E di questo il Presidente Beltrami ne porta tutta la responsabilità.
Certo che dalle lettere che ci avete fornito (non tutte perché c'è una lettera del 1982 citata dal Presidente Beltrami che noi non abbiamo) emerge con chiarezza che il filo conduttore delle decisioni fa capo all'Azienda FIAT - basta leggere queste lettere, poi che lo si voglia ammettere o meno è un altro discorso però di certo non avete perso l'occasione con le lettere che ci avete fornito di dimostrare che in questa vicenda la FIAT è quella che decide: le sue decisioni sono poi quelle che alla fine vanno in porto.
Siamo anche più preoccupati di prima, sentite le parole dell'Assessore Vetrino la quale candidamente aggiunge che a queste operazioni ne seguiranno delle altre. E' del tutto normale che a questo punto in quelle aree si muova qualcosa, per carità! Ma come le controllerete? Ravvisiamo, cari colleghi, una pericolosa superficialità nel vostro modo di governare, lasciamo stare gli affari, gli affari sono sempre puliti però rimangono affari. Ma la superficialità di governo è una cosa che preoccupa moltissimo. Non si può in questo modo sottacere che esiste un problema di verifica di un comportamento che non è escluso possa produrre danni alla Regione. Io non dico che il comportamento produca danni alla Regione, io dico: stiamo attenti perché nessuno ha dimostrato che non pu produrre un danno alla Regione, perché si parla di terreni oggetto di accordi, in base ai quali dovevano essere ceduti gratuitamente alla Regione. Il vostro comportamento, la volontà di non rispondere, prima del voto di questa deliberazione, alle questioni che abbiamo posto - e potevate rispondere un anno fa porta ad una superficialità di governo che potrà condurre un danno alla Regione.
Ultima questione. Torniamo al merito della deliberazione. Questa è una deliberazione, pur motivata con l'insediamento dell'Istituto per il cancro di carattere urbanistico. Allora, questa deliberazione non sta trattando di un insediamento di un edificio in un prato, Assessore Vetrino; un prato non può essere valutato soltanto all'interno dei propri confini. Quello non è un prato qualunque: siamo all'interno del perimetro individuato come Parco di Stupinigi. E il complesso di Stupinigi non è un complesso nel quale si può separare la Palazzina dal suo ambiente naturale, altrimenti si ripete quello che è stato realizzato nello sviluppo della città da nord quando le case sono state costruite sino a poche centinaia di metri dall'edificio.
Con il parco individuato dalla Regione Piemonte si era salvaguardato un patrimonio storico, perché da Stupinigi è passato un pezzo della storia d'Italia, architettonico ed ambientale. Come sapete tutti, il valore grande del complesso di Stupinigi è proprio dato da questa caratteristica integrazione di architettura ed ambiente, la Palazzina, le strade di caccia, le strade vicinali, le bialere, i prati, le attività agricole.
Vetrino, tu parli di "prato e sterpaglia", ma quella è una zona nella quale le aree boscate a servizio dell'attività venatoria e le zone agricole erano funzionali le une alle altre, e tutte erano funzionali rispetto alla vita della Palazzina stessa, che trovava nella caccia e nelle attività agricole gli elementi concreti della propria economia. E non solo. Se voi vedete gli aspetti territoriali di organizzazione di questa zona, le strade, le direttrici, le prospettive (sono stati scritti tanti libri), è una zona di grande valore.
Quindi dal punto di vista culturale, secondo me, la prendete troppo alla leggera. Non si può dire "è un prato". No! Voi stralciate 270.000 metri quadrati da un bene di eccezione nella storia dell'architettura e dell'ambiente.
Lo stralciate senza dir nulla, dicendo che è un prato! Questo è inaccettabile. Questo è un danno che voi fate al patrimonio culturale e storico dei torinesi, un danno grave che vi sarà imputato. E non lo fate neppure organizzando delle argomentazioni a proposito. L'avete fatto in una legge senza serie motivazioni, se non i confini più chiari, e lo fate adesso con una piccola deliberazione, nella quale dite: si deve costruire qualcosa senza un progetto, senza sapere cosa succederà intorno. Non si opera così. Questo noi lo chiamiamo uno sfregio al complesso di Stupinigi.
Sintetizzo al massimo la nostra posizione dicendo: va bene il Centro tumori, siamo d'accordo, ma non siamo d'accordo se si fanno sfregi ad una delle emergenze ambientali, storiche ed architettoniche più rilevanti di Torino, una di quelle per le quali si può dire che vale la pena venire a Torino.
Per questi motivi, signor Presidente, ci rammarichiamo e protestiamo contro questo atteggiamento della Giunta che non ha fornito ancora oggi alcuna documentazione. Per questi motivi votiamo contro questa deliberazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo socialista approva questa deliberazione. La discussione è stata necessaria, un approfondimento dinnanzi a questi atti è sempre utile: anche questa è la funzione di un'assemblea. Ci troviamo di fronte ad un problema classico: da un lato la funzione di governo, di programmazione che dovrebbe essere espressione della funzione di un'assemblea elettiva, dall'altra gli stimoli che arrivano dalla società, quindi fatti nuovi che determinano vischiosità. Lo vediamo, ad esempio, quando vogliamo trasformare l'impianto della formazione professionale: dobbiamo fare i conti non solo facendo un'operazione di ingegneria organizzativa, ma anche tenendo conto dei processi che si sono determinati e degli aspetti nuovi che emergono.
In questo senso ecco che ci troviamo a dover ottimizzare una situazione che se fosse stata disegnata a tavolino avrebbe permesso di predisporre dei percorsi magari diversi.
Nella discussione di oggi è emersa quella che è una disputa, anche teorica, che avviene in tutti i campi: nelle organizzazioni tra accentramento e decentramento; nei campi territoriali per una migliore ubicazione delle strutture di ricerca. Per esempio, nel campo industriale c'è stata la tendenza a collocare i centri di ricerca in aree molto decentrate, spesso nel verde, con aspetti positivi, ma anche negativi.
Negativi perché si riduce l'interazione di queste strutture con i centri motori della società; positivi perché si ritrovano condizioni particolarmente idonee per poter svolgere al meglio certe funzioni.
Probabilmente con certe interrelazioni la seduta di oggi non aveva ragioni di misurarsi, ci sarà un altro momento che dovrà opportunamente approfondire come si colloca questa iniziativa all'interno della politica sanitaria. Ma in questo caso, nell'ambito della politica territoriale, si fa una scelta che tende a privilegiare l'individuazione di un'area che si ritiene non ottimale nel sistema dei trasporti e nel sistema delle interrelazioni, ma ottimale per adempiere ad altre funzioni.
In conclusione, va sottolineato - mi rivolgo al Presidente e al Vicepresidente della Giunta - che il completamento del discorso di oggi deve essere l'assunzione di un impegno affinché la realizzazione del Parco di Stupinigi, che ha già visto svolgersi le consultazioni in VII Commissione, si concluda in tempi rapidissimi.
Sappiamo che c'è un vincolo e un accordo per far sì che ci sia prima la revisione generale della legge sui parchi per poi procedere alla formulazione di altre leggi per quanto riguarda parchi specifici. Auspico che questo parco, se è possibile, viaggi contestualmente con la revisione generale della legge nella sua determinazione, ma se non è possibile sia il più prioritario affinché si possa, prima della fine della legislatura arrivare alla definizione della legge del Parco di Stupinigi. Solo in questo modo c'è la possibilità di mantenere appieno la funzione di governo territoriale attorno a questa operazione.
Come secondo aspetto, l'approvazione della legge del Parco di Stupinigi diventa una condizione necessaria per dare continuità all'iter della trattativa che richiamava il collega Santoni per avere una cessione gratuita da parte della FIAT di quei terreni che hanno caratterizzato la discussione.
Oggi sarebbe una follia pensare che questa cessione possa avvenire proprio per vincoli di stato patrimoniale di una Società per Azioni. Ecco quindi che dobbiamo recuperare anche questa possibilità andando rapidamente a concentrare la nostra attenzione, prima della fine della legislatura sull'attuazione della legge istitutiva del Parco di Stupinigi.
Riconfermo il voto favorevole del Gruppo socialista in merito alla deliberazione in esame.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Quando questo provvedimento è giunto all'attenzione del Consiglio regionale è parso subito chiaro al Gruppo DC che nonostante si trattasse di un provvedimento urbanistico non si poteva immaginare di affrontarlo solo da quel punto di vista, ma indubbiamente i problemi che esso pone avrebbero investito anche gli aspetti sanitari dei quali questo provvedimento è propedeutico.
In Commissione abbiamo affrontato l'argomento sia dal punto di vista urbanistico sia dal punto di vista sanitario. Pertanto in questa dichiarazione di voto vorrei puntualizzare la posizione del Gruppo DC, il quale ritiene che la Giunta si sia mossa con grande attenzione nei confronti di un'iniziativa che noi giudichiamo molto positiva.
Riteniamo che un Istituto di ricerca sul cancro, che sul territorio nazionale è presente a Milano, Genova, Roma, Napoli e Bari, possa e debba essere presente anche in Piemonte perché a Torino esistono le condizioni le professionalità, l'interesse e la voglia di fare e di affrontare problemi così complessi di carattere sociale, affinché ciò avvenga.
Noi abbiamo visto da sempre con particolare interesse questa proposta ma abbiamo registrato come la Giunta abbia con prudenza affrontato in questi mesi il problema sia dal punto di vista sanitario che dal punto di visto urbanistico.
Dal punto di vista sanitario, dopo i confronti realizzati, dopo le garanzie che abbiamo avuto (il collega Olivetti ha prospettato le nostre preoccupazioni in ordine alla questione), ci sentiamo di dire che oggi siamo tranquilli e sereni, nel senso che abbiamo colto appieno da parte della Fondazione la disponibilità a realizzare un centro di ricerca e non un ospedale di cura: un centro di ricerca applicata che riteniamo utile per la nostra Regione.
Abbiamo registrato la disponibilità della Fondazione ad una convenzione con l'Università (riteniamo che questa ricerca non possa essere avulsa e sganciata dall'Università); abbiamo registrato con favore la totale disponibilità della Fondazione a confrontarsi con la Regione per quanto riguarda gli aspetti organizzativi del centro e pertanto invitiamo fin d'ora l'Assessore Maccari a definire un gruppo di lavoro, come ha fatto l'Università, per confrontarsi nei prossimi mesi con la Fondazione e definire nel merito come deve essere il progetto e quale deve essere l'operatività di questa struttura nel momento in cui la stessa sarà realizzata.
Su questo fronte diamo un giudizio positivo nelle premesse e lasciamo aperto un confronto, sapendo che la Giunta sarà attenta e sapendo che l'Università ha predisposto un suo gruppo di lavoro. Noi con l'Università ci vogliamo confrontare sapendo che ci sono le condizioni di premessa perché si faccia quello che noi abbiamo immaginato e quindi non una struttura ospedaliera di 'lite, ma un centro di ricerca a livello mondiale che coinvolga le professionalità e la scienza non solo italiana, ma internazionale.
Da questo punto di vista abbiamo fatto i nostri approfondimenti perch non siamo partiti a scatola chiusa nel dare il voto favorevole al provvedimento. Siamo stati problematici, abbiamo voluto approfondire abbiamo partecipato al confronto con le organizzazioni sindacali. E' stato un incontro molto utile nel quale abbiamo potuto cogliere tutta una serie di elementi positivi anche modificativi rispetto alle loro ipotesi iniziali che noi abbiamo visto con interesse verificarsi nel corso dei confronti.
Riteniamo quindi che dal punto di vista sanitario ci siano tutte le condizioni.
Dal punto di vista urbanistico si era partiti con una proposta di svincolo di 1 milione e mezzo di metri quadri, ma nel corso del confronto in Commissione è stato detto che lo svincolo di area a parco doveva riguardare esclusivamente i 270.000 metri quadrati che interessano tale intervento. Questo perché noi abbiamo detto alla Giunta che lo svincolo deve essere graduale proprio perché, per tutte le cose che sono state dette in quest'aula, non ci pare chiaro allo stato degli atti il rapporto con la FIAT, proprietaria dell'area. Non è chiaro per responsabilità della Giunta di sinistra! Perché il dramma di questa vicenda, caro Chiezzi, è che la concessione edilizia...



(Proteste dai banchi comunisti)



CARLETTO Mario

Mi lasciate parlare? Non avete visto che tutta la documentazione che è a vostre mani ed anche a mie mani dal 1978 ad oggi verte su un grande equivoco (che l'Assessore Testa chiarisce nella lettera inviata al Presidente della Giunta nel 1982) e cioè che la FIAT non ha mai scritto che regalerà alla Regione queste aree, bensì la FIAT ha sempre scritto che queste aree saranno date in comodato gratuito per l'uso a parco, salvo poi il fatto - chiarito nelle lettere di Romiti e di Annibaldi - che nel momento in cui la Regione volesse la cessione, la cessione dovrebbe essere trattata con la FIAT! Allora è grave, caro Chiezzi, che tu abbia dato le concessioni edilizie per l'operazione San Paolo senza aver consentito la definizione di questi accordi! Questo è grave!



(Vibrate proteste del Consigliere Chiezzi)



CARLETTO Mario

Concludo perché la polemica non serve. E' grave, caro Chiezzi, che tu venga qui a non parlare dell'operazione San Paolo, perché nel tuo intervento non ho sentito parlare di San Paolo! Questo è grave perché tu allora eri Assessore comunale e sei corresponsabile di operazioni che la FIAT ha fatto senza che si fosse determinata in quegli anni la contropartita! Su questo il mio Gruppo nei prossimi mesi cercherà di capire, qui e in Comune, come mai ciò sia potuto avvenire.
Detto questo, noi votiamo a favore perché ci pare che la proposta anche dal punto di vista urbanistico, sia legittima. Noi condividiamo la tesi in base alla quale i centri di ricerca - è vero, collega Tapparo - non solo di questo tipo, ma anche industriale e produttivo, ormai si tende a realizzarli (l'America e non solo l'America docet da questo punto di vista) in aree verdi dove si possa lavorare con serenità e tranquillità.
Riteniamo tra l'altro che questa sia un'area facilmente raggiungibile dal punto di vista dei trasporti. Capisco che al Gruppo comunista diano fastidio certe cose, ma insomma, voi ce ne dite e consentiteci di fare le nostre obiezioni.
Anche dal punto di vista urbanistico a noi pare una soluzione positiva e concludo invitando il Gruppo comunista, che giustamente dice - condivido questa posizione - "controlleremo ciò che accadrà in quest'area" non tanto riferito a questo intervento - così mi è parso di capire - ma alla prospettiva, a controllare. Noi siamo d'accordo che ciò avvenga, così come noi controllammo a suo tempo l'intervento sulla zona ovest che le Amministrazioni di sinistra ci proposero in quegli anni.



(Commenti da parte del Gruppo comunista)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per una precisazione.



CHIEZZI Giuseppe

E' solo per dire che Carletto dice le bugie. Siccome Carletto ha fatto mettere a verbale che le licenze edilizie in zona San Paolo le ho rilasciate io, voglio precisare che non è vero: io non ho rilasciato le licenze edilizie in zona San Paolo.
Ciò detto, aggiungo che, se avessi dovuto rilasciarle, lo avrei fatto perché ritengo quell'intervento un intervento che questa Giunta dovrebbe studiare con attenzione, perché l'interesse pubblico che abbiamo conseguito allora non è mai stato più conseguito da operazioni come quelle che oggi voi proponete.
Quindi dell'intervento di Borgo San Paolo ne faccio una bandiera, per io non ho rilasciato le licenze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ratti.



PRESIDENTE

RATTI



PRESIDENTE

Desidero solo comunicare al Consiglio che per la mia personale posizione nell'ambito della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro, posizione abbastanza eminente come segretario generale e tesoriere ritengo corretto astenermi da questa votazione, anche se devo dire che in coscienza aspettavo questo momento con molta ansia, perché sono anni che lavoro a questo progetto con molta fatica.
L'impressione percepita che con questa votazione il progetto si realizzi, devo frenarla un momento. Questo non è che il primo gradino di una lunga scala in fondo alla quale c'è la realizzazione del progetto e sarà una scala che ci farà piangere per la fatica. Mi auguro però di arrivare in porto perché io credo e lavoro in questo progetto che è indispensabile per la Regione Piemonte e mi dispiace che la mia coscienza mi chieda di non votare in questo momento.



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto pongo in votazione la deliberazione n. 1140 per appello nominale, ai sensi dell'art. 64 del Regolamento interno del Consiglio regionale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 48 votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 16 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 3 Consiglieri.
Il Consiglio approva.


Argomento: Programmazione sportiva (impianti e attivita")

Esame proposta di deliberazione n. 1223: "Criteri per la redazione del programma straordinario di intervento per la realizzazione di impianti sportivi destinati alla promozione delle attività sportivo-ricreative (art. 1, lettera c), legge 6/3/1987, n. 65 e successive modificazioni)"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1223, iscritta precedentemente all'o.d.g., il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 47 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 21)



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