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Dettaglio seduta n.189 del 27/04/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento:

Sull'ordine dei lavori e verifica del numero legale


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Propongo di iniziare i lavori del Consiglio con l'esame del punto 3) all'o.d.g. e invito i Consiglieri a contenere i loro interventi in tempi tali da poter iniziare, alle ore 12, la discussione sui nuovi casi di inquinamento dell'ACNA di Cengio.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, chiedo una verifica del numero legale.



PRESIDENTE

Prego il Consigliere Segretario di voler procedere all'appello nominale per la verifica del numero legale.



(Il Consigliere Segretario procede all'appello nominale)



PRESIDENTE

Poiché è stato verificato che il numero legale c'è, a questo punto potremmo iniziare la discussione sul passante ferroviario. Rinnovo l'invito ai Consiglieri a contenere i loro interventi in modo che si possa alla ripresa dei lavori alle ore 15, iniziare il dibattito sul bilancio.
Qualora non fossimo in grado di ritagliare uno spazio di tempo per il pasto, mi appello alla buona volontà dell'assemblea nel chiedere ai Consiglieri di ridurre quanto più possibile l'intervallo.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Dameri, Genovese e Minervini.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge non vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute dell'11 e 18 aprile 1989 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori (seguito)


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Reburdo. Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

Mi scusi, Presidente, ho sollecitato parecchie volte la discussione dell'ordine del giorno relativo al sollecito di una legge sull'obiezione di coscienza presentato qualche mese fa, ordine del giorno che, se fosse stato approvato in tempo, avrebbe sicuramente dato il contributo di questo Consiglio regionale.
Il progetto di legge è già stato licenziato all'unanimità dalla Commissione Difesa della Camera, quindi sarebbe perfettamente inutile discutere l'ordine del giorno. Avrebbe avuto un senso se fosse stato fatto con la tempestività con cui li hanno discussi altri dieci Consigli regionali del nostro Paese. Quindi un po' ironicamente mi pare di dover - e me ne scuso - ringraziare la Presidenza del Consiglio e i Capigruppo per la sollecitudine con la quale hanno affrontato questo problema non secondario e neanche marginale, stante anche il modo in cui nella nuova legge verranno coinvolti gli enti locali. Ritiro quindi la mia firma da quell'ordine del giorno, ormai inutile e dispendioso di tempo.



PRESIDENTE

Ringrazio il collega dell'informazione che ci ha dato.


Argomento: Trasporti su ferro

Comunicazione della Giunta regionale sul passante ferroviario Lingotto Stura


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazione della Giunta regionale sul passante ferroviario Lingotto-Stura", l'Assessore Mignone ha consegnato una nota scritta ai Capigruppo e ai colleghi.
Ha ora la parola l'Assessore Mignone per una sintesi su quella nota.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, pensavo di non intervenire poiché le intese erano che si sarebbe iniziato subito con gli interventi dei Gruppi. Debbo anche ammettere che la comunicazione abbiamo potuto rassegnarla ai Gruppi stessi soltanto nella giornata di ieri, quindi anche con un po' di ritardo rispetto ai tempi che ci eravamo assegnati.
Nella comunicazione che vi è stata rassegnata abbiamo cercato di riassumere le questioni più contingenti e anche di maggior prospettiva che attengono al problema del passante ferroviario e l'incidenza che questo intervento ha sulla mobilità nell'area metropolitana torinese. Nella comunicazione vengono riassunti lo stato dei lavori e il blocco che è intervenuto a seguito delle decisioni assunte dall'Ente F.S., di congelare ogni nuova attività negoziale; quindi i lavori in oggi, come peraltro è noto, del passante sono sospesi a fronte di una spesa accertata e già disponibile nei vari bilanci dello Stato per circa 360 miliardi. A tutt'oggi sono stati spesi circa 60 miliardi. Abbiamo segnalato al Ministero e all'Ente F.S., l'opportunità che questa situazione di blocco venga rapidamente rimossa affinché si possa procedere nel prosieguo dei lavori. Nella comunicazione abbiamo cercato di inquadrare il problema del passante ferroviario, sommariamente indicato nella tratta Lingotto-Stura all'interno di un disegno generale mettendo in evidenza la molteplicità delle funzioni a cui il passate dovrebbe assolvere, ivi compresa la difficoltà di valutare la possibilità della coesistenza adeguata di tutte le varie funzioni che il passante dovrebbe assolvere. In questo quadro abbiamo fatto anche un accenno di inserimento nel passante delle ferrovie concesse tenendo conto anche degli investimenti, che dovrebbero portare ad un loro consistente ammodernamento.
Fra l'altro proprio in questi giorni si è sbloccata la questione relativa agli ulteriori 15 miliardi dei fondi FIO che la BEI aveva negato perché questa cifra è stata assegnata utilizzando altre risorse FIO che erano state accantonate, così come prevede la legge, per la copertura di quegli interventi sui quali la BEI non ritiene di poter dare il proprio assenso. Quindi, dal punto di vista finanziario, quell'investimento di 30 miliardi viene nuovamente assicurato nella sua interezza e i lavori possono proseguire anche per la restante parte dei 15 miliardi che si erano fermati in base al diniego da parte della BEI di finanziare questo tipo di lavoro.
Noi abbiamo cercato, seppur in modo sintetico, di allargare il ragionamento alle potenzialità che può avere il passante con l'inserimento delle ferrovie concesse, non soltanto l'attestamento alla stazione Dora; un ragionamento che attiene alla possibilità di realizzare un sistema di gestione che ricomprenda anche le linee a scarso traffico che insistono nell'area metropolitana e che potrebbero un domani essere utilizzate in un discorso di trasporto integrato dell'area metropolitana.
E' evidente che il fatto che si siano sospesi dei lavori non può che preoccuparci perché questo provvedimento si inserisce all'interno di una questione più generale che attiene all'intero trasporto ferroviario nella nostra regione. Per questo motivo la Giunta regionale ha avuto un incontro con i parlamentari piemontesi a cui ha posto la specificità della questione ferroviaria perché siamo in presenza di una serie di provvedimenti che complessivamente vanificano il servizio che viene reso dalle ferrovie nel nostro territorio e possono innescare dei processi di ulteriore emarginazione contro i quali siamo tutti impegnati.
La comunicazione cita in modo sintetico lo stato dei lavori nelle varie tratte, perché i molti aspetti che attengono alla situazione progettuale tecnica li avevamo già discussi in sede di altre comunicazioni.
In questo quadro si inseriscono le questioni che attengono alla formazione del nuovo strumento urbanistico della città di Torino e delle previsioni che in esso sono contenute, perché, qualora fossero accertate alcune delle ipotesi inserite in questo documento, è evidente che parte della progettazione, in particolare quella riguardante le stazioni, i fabbricati e i viaggiatori potrebbe subire alcune modifiche. Peraltro l'unica richiesta formale che il Comune di Torino ha presentato al Comitato di coordinamento è la nuova ipotesi che attiene all'abbassamento nella tratta fra le Stazioni di Porta Susa e di Torino Dora. Questo argomento è stato già valutato all'interno del Comitato di coordinamento e del Gruppo esercizio lavori e ha sollevato una serie di questioni di necessità e di approfondimenti tecnici che nella comunicazione sono sommariamente riassunti.
Noi riteniamo che nell'immediato questa o altre eventuali decisioni non comportino interferenze con il prosieguo dei lavori. E' evidente che qualora alcuni nodi non venissero sciolti in tempi rapidi, l'incertezza rispetto ad alcune scelte potrebbe provocare il blocco dei lavori; mi riferisco, ad esempio, ad una proposta, non ancora formalizzata, ma apparsa da alcune parti, relativa alla reintroduzione della fermata Zappata che era prevista nel progetto originario e poi, su richiesta del Comune, nel marzo 1985 venne stracciata, ed ora pare che si voglia riproporla.
Non escludiamo che questo tipo di soluzione possa avere dei risvolti interessanti, perché si verrebbe a creare un insieme di stazioni lungo il passante che, a distanza mediamente di circa 2 km, potrebbero far assumere a questa infrastruttura i connotati di un servizio metropolitano. E' chiaro che queste o altre soluzioni che sono state da alcune parti a livello di scelta di Piano regolatore comunale, se venissero formalizzate, potrebbero provocare la necessità di ulteriori approfondimenti progettuali e anche in termini di costi che potrebbero intersecarsi con il prosieguo dei lavori.
Questa non è ancora la situazione di oggi, ma nei prossimi mesi, a fronte di queste scelte, si dovrebbe procedere a delle riprogettazioni e inevitabilmente a dei rallentamenti sia sull'attività progettuale che nell'esecuzione dei lavori. Tenendo presente che su questo vi è tutto il problema finanziario, altro capitolo che in questi casi deve essere aperto perché le convenzioni fra Ente F.S., e Comune prevedevano degli impegni finanziati dal Comune in presenza di una progettazione; qualora venissero prospettate altre soluzioni, e certamente la soluzione positiva per la città di Torino che attiene l'abbassamento del piano del ferro fra Porta Susa e Dora comporta dei costi aggiuntivi che devono essere opportunamente calcolati e devono far parte di una rinegoziazione fra Ente F.S, e Comune e portare ad una nuova convenzione.
Nella comunicazione abbiamo anche, seppur in modo molto schematico cercato di ricondurre la questione del passante ferroviario al problema più generale della mobilità nell'area metropolitana, ricordando come la realizzazione di questa infrastruttura, assieme alla realizzazione delle linee di metropolitana e la possibilità quindi di interscambio tra le varie modalità di trasporto, rappresenta un momento cruciale e nodale per risolvere i problemi della mobilità nell'area metropolitana che oggi sui circa 800.000 spostamenti al giorno sono per oltre la metà assicurati dal mezzo privato.
Da questo punto di vista stanno anche procedendo le analisi attorno agli studi per il progetto integrato di mobilità nell'area metropolitana attraverso l'elaborazione dello schema direttore di coordinamento della mobilità e alla definizione del programma di esercizio nell'area torinese che affiancato ai gruppi di lavoro previsti dal Comitato di coordinamento per la realizzazione del documento unico di viaggio, potrebbero davvero darci un sistema di trasporti dell'area metropolitana all'altezza dei tempi con caratteristiche di modernità quali certo oggi non si possono rinvenire nell'attuale sistema di trasporto.
La comunicazione cerca di seguire questo itinerario. Il problema del passante ferroviario va visto nella sua accezione più ampia, non è soltanto una questione di trasporto ferroviario, ma è una questione cruciale per la mobilità nell'area torinese la cui realizzazione implica anche delle questioni urbanistiche. Tra il piano ferroviario e quello urbanistico esiste qualche pericolo di sfasatura nei tempi di realizzazione degli interventi.
Abbiamo richiamato la crucialità di questa infrastruttura per quanto riguarda le soluzioni da dare in modo integrato ai problemi dei trasporti nell'area metropolitana.
Crediamo che il dimensionamento ipotizzato del passante ferroviario con 400 treni al giorno sia ancora oggi un elemento che può dare una risposta alle varie finalità a cui il passante deve rispondere e che abbiamo cercato anche di richiamare: la mobilità metropolitana, il trasporto merci e l'ipotesi di treni ad alta velocità. Questo insieme di funzioni a cui si deve rispondere ci impone di realizzare un modello di esercizio in modo molto oculato.
Queste sono in sintesi le annotazioni più salienti contenute nella comunicazione che abbiamo rassegnato ai Gruppi consiliari.



PRESIDENTE

Sulla relazione dell'Assessore Mignone è aperto il dibattito. I Consiglieri hanno a disposizione dieci minuti di tempo, a termini di Regolamento, per poter svolgere i loro interventi.
La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, Assessore e colleghi, la discussione di oggi ha un suo antefatto nel luglio dello scorso anno, quando lo stesso Assessore Mignone intervenne in questo Consiglio proprio sul quadruplicamento in asse quando ci fu la novità rappresentata dalla richiesta dell'allora Assessore Ravaioli del Comune di Torino, relativamente all'asse di penetrazione urbana.
Già allora si discusse di questo argomento, già allora furono fornite le stesse annotazioni che oggi l'Assessore ha ridato, naturalmente arricchite da cognizioni che sono pervenute nel frattempo. Se non ricordo male, nel luglio dell'anno scorso la riunione di Consiglio si concluse con una presentazione di tre ordini del giorno. Uno era del sottoscritto dove si chiedeva una revisione completa del progetto di quadruplicazione; ve ne era uno del Partito comunista e uno del collega Picco a nome della Democrazia Cristiana dove si chiedeva soltanto il blocco dell'asse di penetrazione urbana, ma veniva chiesta anche la ripresa immediata dei lavori.
E' passato quasi un anno e le informazioni che l'Assessore Mignone ci ha dato si possono riassumere molto velocemente (io le riassumo forse in modo diverso da quanto ha fatto l'Assessore nella sua esposizione, ma pu anche essere utile): il quadruplicamento in asse, quello che viene conosciuto sotto questo nome, è di fatto bloccato con l'arresto dei lavori anche perché i provvedimenti governativi hanno congelato qualunque intervento.
C'era uno stanziamento iniziale di 360 miliardi, a cui però si devono aggiungere 200 miliardi di nuovi oneri per la tratta Susa-Dora e 400 miliardi richiesti dal Comune per le opere integrative. Di questa somma finora si sono spese, come ha ricordato anche l'Assessore, circa 60 miliardi, una somma relativamente modesta se si tiene conto dell'impegno globale. Quindi il proseguimento dei lavori è subordinato e non potrà avere inizio se non si arriva ad una nuova stipula di convezioni.
E' irrisolto il problema dell'inserimento del nodo di Torino nel sistema TGV e quindi bisogna ipotizzare, lo dice anche l'Assessore, un percorso tutto nuovo esterno alla città di Torino. Bisogna anche rivedere quindi i progetti con le Ferrovie dello Stato per le linee secondarie quindi occorre un nuovo protocollo d'intesa.
L'intero programma per realizzare il quadruplicamento in asse, e quindi il suo inserimento come infrastruttura a servizio anche della città di Torino, non ha avuto neanche dall'Amministrazione comunale una risposta perlomeno minimamente esaustiva e necessaria per avere quelle indicazioni propositive sugli aspetti trasportistici globali, che sono poi i collegamenti con le linee di superficie, di metropolitana, linee in concessione, parcheggi, ecc. E non è ancora definito il costo globale degli interventi e i criteri di ripartizione di tutti quegli oneri maggiori, che ricordava anche l'Assessore, che conseguono all'abbassamento del piano del ferro.
L'Assessore nella sua comunicazione, anche per differenziarla da quella che ci aveva dato nel luglio dell'anno scorso, secondo me avrebbe dovuto dare qualche indicazione della presa di posizione, se ce n'è una, della Regione Piemonte. Purtroppo il tono è diverso (qui si parla di trasporti ma potremmo parlare anche di altri argomenti). Cito alcune parole della relazione dell'Assessore che inizia "confermando l'attenzione e l'interesse della Regione Piemonte per una riorganizzazione complessiva del trasporto pubblico nell'area metropolitana torinese con riflessi sul più generale quadro del trasporto ferroviario del nostro Paese".
Cosa vuol dire? Che la Regione ha interesse e attenzione.
Ci mancherebbe altro! Poi prosegue dicendo che questa comunicazione vuole anche essere la riconferma di un ruolo propositivo e di coordinamento che la Regione ha già svolto e vuole continuare a svolgere.
Certamente, altrimenti chiuderebbe i battenti! Emergono poi forti preoccupazioni per il blocco dei lavori. Mi chiedo queste forti preoccupazioni cosa diventeranno da qui a qualche mese o a qualche anno se continuano a rimanere tali.
L'Assessore dice che ha scritto provocatoriamente che le Ferrovie dello Stato dovrebbero ipotizzare l'arrivo del TGV a Torino.
Una cosa è scriverlo, altra cosa è presentare un progetto e poi sostenerlo per fare in modo che la cosa si verifichi se la si ritiene importante e non soltanto meritevole di approfondimenti, perché o una proposta è seria, è valutata e giudicata giusta e si cerca di realizzarla altrimenti mi domando se è una proposta meritevole di approfondimenti. Da parte di chi? Dei Consiglieri, di un dibattito in aula, come quello del luglio dell'anno scorso? Non lo so.
L'Assessore aggiunge: "così come credo debba essere meno sbrigativamente discussa l'idea di un percorso del tutto nuovo esterno alla città di Torino per una linea riservata ai treni ad alta velocità". Mi chiedo cosa voglia dire "essere meno sbrigativamente discussa". E' un progetto? Sono opinioni? C'è poi il solito tentativo di rimandare a qualcun altro la responsabilità, com'è l'incontro con i parlamentari piemontesi. Speriamo serva, ma non mi sembra che sia una soluzione che possa dare un'indicazione di cosa vuole la Regione Piemonte.
L'Assessore ripete che i lavori oggi sono interrotti perché la convenzione stipulata tra le Ferrovie dello Stato e l'impresa costruttrice prevedeva dei miliardi, ecc. Quindi, il proseguimento dei lavori è bloccato perché la Direzione delle Ferrovie dello Stato ha sospeso tutte le attività negoziali.
L'Assessore ci ha informato di ciò che stava per avvenire, quali sono le intenzioni? Qualcuno ha parlato con qualcun altro? Una comunicazione della Giunta non deve limitarsi a registrare il quotidiano, ma deve dare delle indicazioni su come uscire da un progetto che allo stato attuale rimane di difficilissima comprensione stante la mancanza di indicazioni da parte della Giunta.
Poi ci sono affermazioni condivisibili: "Parlare del passante ferroviario di Torino - dice l'Assessore - non è fare riferimento alle sole questioni ferroviarie, ma a tutto il sistema della mobilità regionale e in particolare dell'area metropolitana". C'è da chiedersi qual è la posizione della Giunta in merito ad un problema così importante. Secondo me, la Giunta non l'ha ancora espressa. Cosa ritiene di dover proporre riguardo ad un sistema di mobilità regionale che soltanto parlando di Torino riguarda metà della Regione stessa.
Poi ci sono le pie intenzioni: "Migliorare l'impatto ambientale delle strutture ferroviarie della città". Impatto ambientale che lo si evoca a cosa fatte, ma non lo si è mai analizzato prima per poter fare un progetto che fosse minimamente serio.
L'Assessore, in un moto di sincerità, scrive che siamo di fronte ad una situazione di sfasamento temporale delle decisioni. E' una frase sibillina ma poi facilmente intelligibile, perché se c'è uno sfasamento delle decisioni non si capisce quali siano gli interlocutori della Regione.
Alcune considerazioni. Siamo di fronte ad una macchina regionale confusa, ci sono accordi triangolari fra Ministero dei Trasporti, Regione Piemonte e Comune di Torino che devono essere completamente rivisti. Mi rendo conto che questi accordi furono fatti in un momento di frettolosità (dal 1979 ad oggi) dove l'ansia di andare in fretta riguardava forse solo gli appalti e non tanto il progetto, però il quadruplicamento in asse è nato come un rappezzo, senza tenere conto delle reali situazioni territoriali e soprattutto delle nuove realtà che si sono create in un discorso europeo che deve coinvolgere le Ferrovie dello Stato e quindi il parere della Regione Piemonte in una dimensione che non è solo più quella regionale, ma europea.
Non si è tenuto conto delle richieste di trasporto che riguardano i viaggiatori di massa e il trasporto delle merci. Non molto tempo fa l'Assessore, rispondendo ad una mia interrogazione che si riferiva alla pericolosità di molte merci che vengono fatte passare nella città, neg tale pericolo mentre invece è una realtà evidente perché non possono passare nel cuore della città, come è stato calcolato, 760 carichi che sono giudicati altamente pericolosi.
La Regione Piemonte dovrebbe pretendere ed esigere una revisione totale dell'impostazione del sistema dei trasporti ferroviari che fanno capo a Torino, partendo semmai dalla salvaguardia del tracciato che è ancora disponibile per realizzare un passante esterno.
Qual è il progetto della Giunta? Mi chiedo se la Regione non dovrebbe avere un ruolo di coordinamento e di indirizzo generale per il nodo ferroviario. Non credo siano domande da poco perché l'Assessore Mignone pur avendo dimostrato la massima buona volontà nel fornirci delle informazioni sulla situazione reale del quadruplicamento in asse, in realtà non ha esplicitato alcun tipo di progetto della Giunta in merito al gravissimo problema dei trasporti, che sappiamo in quale situazione è, non soltanto a livello cittadino, ma a livello regionale. Il ruolo della Regione dovrebbe proprio essere quello di dare indicazioni ed avere una sua progettualità. Nella comunicazione dell'Assessore di progettualità non ne esiste, ma esiste soltanto un'analisi impietosa e sincera del disastro a cui siamo arrivati in una Regione che, da quando è nata, si è limitata ad osservare quali erano i mali, forse li ha aggravati, ma non ha mai fatto nulla per curarli e dare indicazioni su come uscirne.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Prendo la parola anche se non mi pare che ci debbano essere dei rigidi meccanismi di contrapposizione su comunicazioni sulle quali non è assolutamente detto che le posizioni della maggioranza debbano essere necessariamente diverse da quelle della minoranza. Mi auguro che vi sia una sufficiente presa di coscienza comune su questi problemi, tale da evitare che il tutto si attesti su una posizione di dialettica, perché siamo ben lungi dal pensare che i problemi politici ed economici di sviluppo della città si sviluppino in termini di dialettica su posizioni di questo tipo.
Assessore Mignone, non sono soddisfatto della comunicazione non solo per il contenuto, mi rendo conto che probabilmente non era possibile stendere un documento più completo, ma per la collocazione politica che vi è nelle sue comunicazioni; collocazione politica che non esito a definire insufficiente rispetto alla gravità dei problemi che si devono affrontare.
Esprimo grande preoccupazione per questo tipo di collocazione che trova oggettivamente tutti i livelli locali, non solo il Comune di Torino e la Regione ma anche altri livelli istituzionali, in una posizione di pseudoincapacità di aggredire alla radice i problemi.
Questa pseudoincapacità si manifesta a mezzo di una serie di eventi che abbiamo già percorso molte volte in altri momenti di confronto su questo argomento, ma che si evince pesantemente in questo momento di fronte ad un grave evento: la sospensione delle attività, la rimessa in discussione degli accordi tra l'Ente Ferrovie e i livelli istituzionali e di fatto il congelamento delle risorse, sia pure disponibili in misura parziale, per una serie di problemi che andrò elencando e che sono di grande rilevanza per l'area metropolitana e per la nostra regione.
Se facciamo un parallelo tra la gravità dei problemi che incombono rispetto a questa sospensione e rispetto alle sospensioni che hanno caratterizzato le polemiche sui sottopassi di Porta Palazzo o delle opere dei Mondiali direi che non vi sono confronti. Siamo di fronte ad un atto che dal punto di vista dei contenuti economici e di sviluppo in prospettiva, anche per i tempi che richiedono queste realizzazioni, di per sé è molto più grave.
Si tratta di un'opera che le Ferrovie dello Stato studiano dal 1934.
C'è ampia documentazione su questo argomento, quindi il problema del passante ferroviario in quanto tale non è una improvvisazione che possa essere congelabile all'interno di una serie di eventi sia pure non tutti previsti che quindi hanno possibilità di interrompere programmi e di interrompere investimenti.
Credo che le imputazioni che si devono fare alle Ferrovie dello Stato da questo punto di vista sono molto precise, molto serie, molto nette. I livelli istituzionali non possono defilarsi da questo rapporto pensando di subire comunque una difficoltà gestionale delle Ferrovie dello Stato, per una inadempienza rispetto a programmi, impegni, investimenti, atti quali quello del trasferimento dello scalo ferroviario ad Orbassano che è avvenuto sin dagli anni '70. Quindi i livelli istituzionali devono chiedere insistentemente, prepotentemente, vorrei dire aggressivamente, che comunque il programma di realizzazione del quadruplicamento prosegua.
Ricordo che il programma di quadruplicamento è legato in primo luogo ai problemi di ammodernamento e di razionalizzazione dell'assetto di passaggio della linea ferroviaria e dell'attestamento sulla città di Torino, con problemi relativi agli orari, all'intercity, ai collegamenti che comunque non possono continuare ad essere attestati sulla Stazione di Porta Nuova con tutte le irrazionalità che l'attestamento di testata presenta per i collegamenti dei pendolari, ma anche per i collegamenti per ragioni di lavoro ad ogni titolo.
All'interno di questo problema, che è comunque immanente ed essenziale esiste il problema della razionalizzazione delle stazioni. Non so se qualcuno pratica la Stazione di Porta Susa. E' una infrastruttura incredibilmente desueta, i passeggeri vengono scaricati sui binari sotto la galleria. L'ho già denunciato molte volte questo fatto, è una cosa inammissibile! Dalle pensiline cola acqua e non c'è nemmeno da ripararsi dalla pioggia; si dice che tra dieci anni la Stazione di Porta Susa dovrà essere sostituita, ma non è accettabile questo! Non parliamo delle biglietterie, del sistema di servizio, ecc. Siamo di fronte quindi all'esigenza che queste opere proseguano e comunque caratterizzino la razionalizzazione dell'assetto di passaggio dei quattro binari sulla città di Torino perché vi sono delle esigenze immanenti risalenti a decenni tanto è vero che questo programma ha una datazione molto precisa che non credo possa essere smentita.
Il secondo problema riguarda le connessioni con le ferrovie regionali sulle quali abbiamo profuso parole, lacrime e risorse. Impegniamo i parlamentari a dirottare addirittura le risorse dei Mondiali. Se però poi ci troviamo di fronte ad un programma che si arresta perché comunque non ci sono le condizioni per fare arrivare la ferrovia Torino - Caselle - Ceres a Torino allora è inutile. Non possiamo pensare di fermare questa ferrovia a Venaria. Il problema del quadruplicamento in quanto tale ha delle esigenze di urgenza, è legato ad una serie di investimenti sui quali abbiamo prefigurato precise destinazioni di risorse; ultimamente sono stati stanziati ulteriori 15 miliardi per completare i 30 promessi dal FIO 1986.
Il terzo problema è quello della connessione con la metropolitana problema le cui soluzioni sono ancora più in ritardo per ragioni tipiche per colpa della città di Torino. Non stiamo qui ad affossare il coltello su questo argomento, non riteniamo che il problema della metropolitana possa comunque ritardare il proseguimento del quadruplicamento.
Il quarto problema è quello dell'assetto urbano sul quale mi sono dilungato più volte in quest'aula che concerne la connessione con il famigerato attraversamento veloce in corrispondenza di Piazza Statuto per le connessioni extra-urbane con la viabilità di Torino, problema sul quale il nuovo Piano regolatore pare prefigurare delle soluzioni di tipo nuovo.
Mi auguro che non siano stravolgenti rispetto a tutti i contenuti di decisioni politiche che sono state assunte su questa materia, a tutte le infrastrutture che si sono realizzate, a tutto ciò che in fondo ha a che vedere con un patrimonio di decisioni e di opere che, al di là delle Amministrazioni che le hanno eseguite, debbono comunque essere fatte salve non possono essere stravolte da un'improvvisa cupidigia di valorizzazione di immagine e di aree nella nostra città. Dobbiamo renderci conto che su queste cose non si può tornare indietro ad attuare la politica dei gamberi e quindi la politica di non portare il traffico pesante e massiccio nelle aree centrali urbane non può passare attraverso ad un'ipotesi di immaginifico asse viario verde che di fatto però legittima questo tipo di logica stravolgente.
Il quinto problema è quello del passante per l'alta velocità che sempre più manifesta l'esigenza, come già il collega Pezzana ricordava, di riservare una sede propria e che comunque non credo possa in quanto tale rappresentare anch'esso, pur nelle decisioni che le Ferrovie dello Stato hanno su questo tema, un momento di attesa per la realizzazione del passante.
Per concludere, Assessore, rivendico l'esigenza politica di una presa di posizione molto concreta della Giunta regionale sul tema del protocollo di accordo tra Torino, le Ferrovie dello Stato e la Regione. Se qualche altro livello istituzionale si defila rispetto a questo piano perché la sua elaborazione progettuale è in ritardo, noi dobbiamo esigere che comunque la prosecuzione delle realizzazioni avvenga, almeno fino alla Stazione di Porta Susa, che presenta dei tempi di esigenze di servizio ferroviario imprendiscindibili almeno fino alla Stazione Dora, per le esigenze degli investimenti che stiamo facendo sulla Torino-Ceres. Su queste cose il rischio è che queste attese, questi blocchi rinviino di altri dieci anni una serie di realizzazioni sulle quali i tempi sono stati anche troppo lunghi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, esprimo a nome del Gruppo la fortissima preoccupazione riguardo alla vicenda del quadruplicamento e della realizzazione del nuovo passante ferroviario.
Se andiamo avanti di questo passo siamo seriamente preoccupati che il passante ferroviario possa fare una brutta fine, ad esempio, la fine che ha fatto il sottopasso di Corso Regina Margherita. Siamo infatti in presenza di incertezze, di cambiamenti di opinioni, di decisioni ventilate e non prese da parte del Comune di Torino le quali ormai da un anno a questa parte hanno costretto le Ferrovie dello Stato a sospendere ogni determinazione per quanto riguarda il tratto centrale di questo passante.
Ora, è passato un anno da un incontro che abbiamo avuto con le Ferrovie dello Stato che ci avevano avvertito di essere ferme e di attendere decisioni, sono passati sei mesi da una promessa dell'allora Assessore di Torino ai trasporti di consegnare alla Commissione il materiale che consentisse alla Regione di prendere posizioni. Questo materiale non è ancora arrivato, oggi siamo fermi anche per questo, e la cosa che ci preoccupa di più è che tutto questo accade nel momento in cui il Commissario, dott. Schimberni, deciso a tagliare i finanziamenti per la ristrutturazione delle Ferrovie dello Stato, si trova di fronte al problema di dove tagliare. Penso che il dott. Schimberni incomincerà a tagliare dove vede debolezze di progetto, ripensamenti mai portati ad una conclusione, mancanza di chiarezza e di volontà politica.
La preoccupazione del Gruppo comunista è che di fronte ad incertezze e pasticci della Città di Torino si accoppi una estrema debolezza del ruolo della Regione.
L'Assessore Mignone ha fatto l'elenchino, anche condito con un po' di mestieraccio della politica intesa come un colpo al cerchio e un colpo alla botte, dico e non dico. Ha fatto un elenco di manchevolezze, una comunicazione nella quale si dice: "E' meglio non cambiare niente perché si perde tempo", nella frase successiva afferma che anche se si perde un po' di tempo è meglio comunque correggere se si deve, ma senza mai prendere una posizione. Allora, il punto centrale che a nome del Gruppo comunista volevo mettere in rilievo è questo: se continuiamo così, perderemo i finanziamenti del passante e del passante non se ne parlerà più.
Ora mettiamo in fila le cose che non si sanno. Siamo giunti al punto in cui non si sa che tipo di passante si vuole costruire, perché qui il problema non è di ricominciare i lavori, ma il problema è che se i lavori ricominciassero ed avanzassero con il ritmo che tutti speriamo, non si saprebbe nemmeno a che tipo di passante fare riferimento come progetto. Non si sa ancora - e sono passati anni - a cosa servirà questo passante, perch il rapporto tra questo tipo di infrastruttura e l'alta velocità, tra questo tipo di infrastruttura e tutte le ferrovie concesse (la Torino - Ceres, la Torino - Pinerolo, la Torino - Trofarello) non è risolto. La comunità locale, all'atto delle convenzioni con le Ferrovie dello Stato, aveva posto il problema che il passante ferroviario doveva servire anche alla mobilità suburbana e quindi doveva consentire l'accesso alle ferrovie locali. Questo è un nodo non risolto. Non è risolto il nodo dei parcheggi lo ricordava anche il Consigliere Pezzana prima di me mentre un quadruplicamento di questo tipo, nel centro dell'area torinese, esige un rapporto con un piano di parcheggi e con un piano di linee di trasporto pubblico in superficie.
Non è risolto il problema delle merci perché non si capisce ancora se debbano passare nel passante, o se non sia giusto prevedere un passante esterno collegato al Centro intermodale di Orbassano. Siamo in una situazione in cui abbiamo solo dei punti interrogativi di fronte a noi, ma non sono punti interrogativi nati oggi: sono dei nodi che potevano e dovevano essere sciolti, perché un anno fa eravamo nella stessa identica situazione.
Questi finanziamenti per realizzare il passante ferroviario vanno spesi, questo quadruplicamento in asse è ormai la condizione minima, senza la quale anche gli ulteriori discorsi di alta velocità, di traffico merci non prendono il via. Non è più pensabile stare fermi perché forse si potrebbe fare anche qualcos'altro; certo, si potrebbero fare tante altre cose, ma questa comunque, a questo punto, va fatta. E, allora, c'è un nodo dolente in tutto questo sul quale bisogna soffermarsi, ed il nodo è quello dell'inciampo prodotto dall'Assessore Ravaioli quando ha ventilato che il Comune di Torino, in questo fantomatico Piano regolatore che deve fare voleva cambiare il progetto del passante ferroviario. Sarebbe anche bene che i Consiglieri regionali fossero al corrente dei documenti che l'Assessore Ravaioli dovrebbe produrre. I documenti me li sono procurati.
Sinceramente ritengo che la proposta, da parte degli incaricati del progetto del Piano regolatore per smuovere una Giunta inerte e abulica sui temi urbanistici, sia una provocazione culturale che corrisponde alla volontà di discutere del futuro di Torino. L'Assessore ha parlato della ricucitura urbana che realizzerebbe questo nuovo progetto. Nel progetto nel tratto Susa-Dora la ricucitura non c'è. L'alternativa che offrono i consulenti per il Piano regolatore è quella di far passare una strada di quattro corsie a livello del secondo piano delle case di Corso Principe Oddone invece di far passare una ferrovia allo stesso livello. Non so se ricucia di più un muraglione con sopra una strada o un muraglione con sopra una ferrovia: non ricuce nessuno dei due. Dal punto di vista dell'impatto ambientale non so cosa impatti di più. Certo che le vibrazioni, il rumore e i gas di scarico prodotti da quattro corsie di una strada che corre ai secondi piani delle case non è meno inquinante di un treno ogni sette-otto minuti. Su questo fatto, però, bisogna pronunciarsi: personalmente non lo ritengo un miglioramento ambientale. La decisione principale è che il passante va realizzato, il progetto è esecutivo, si spendano questi soldi.
Certo che non basta, c'è il problema dell'alta velocità e delle merci: la Regione assuma una posizione.
La Giunta ha promosso un incontro con i parlamentari piemontesi. A me risulta che non siano stati interessati i parlamentari piemontesi, ma solo alcuni parlamentari del pentapartito, a differenza di ciò che ha fatto Torino che, per salvare i finanziamenti dei Mondiali, ha interessato i parlamentari di tutti i Partiti. La Giunta regionale, nella debolezza di governo e sufficienza, ha interessato solo i parlamentari di quelle forze politiche che hanno dimostrato disattenzione nei confronti del nodo di Torino.
Questo è un errore, è una miopia. Sarebbe bene che queste iniziative venissero prese guardando un po' più in là del recinto del pentapartito che coinvolgessero almeno su questo i parlamentari piemontesi, non solo gli onorevoli Botta e Fiandrotti, ma anche gli altri parlamentari piemontesi se non è una questione di parte, se il problema dell'appartenenza non è l'elemento discriminatore per una iniziativa politica.
Noi sollecitiamo quindi la Giunta ad assumere un'iniziativa affinch sia consentito anche ai Consiglieri regionali di conoscere il ricco dossier che voi avevate presentato ai vostri parlamentari e non a noi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Credo sia inutile sottolineare, nei dieci minuti di tempo che abbiamo a disposizione, l'importanza del potenziamento del passante ferroviario (il quadruplicamento) per i riflessi che ha complessivamente sul trasporto di rete nazionale e internazionale, sul trasporto comprensoriale e metropolitano per le interconnessioni che questo tipo di intervento deve avere con questi livelli di trasporto e soprattutto - io aggiungo - con la struttura urbanistica della città di Torino, perché un'opera di questo tipo certamente condiziona grandemente lo sviluppo e le scelte urbanistiche interne alla città.
Lo ricordava il Consigliere Picco, si sono trascorsi alcuni decenni a discutere sul quadruplicamento in asse e quadruplicamento fuori asse quindi sulla necessità di mantenere all'interno della struttura urbana il passante ferroviario o, invece di portarlo all'esterno della città attraverso un anello che circumnavigasse la struttura urbana.
Si è fatta la scelta del passante in asse, e quindi del quadruplicamento in asse.
Ricordo quando la convenzione tra il Comune e le Ferrovie fu siglata e i dibattiti che anche in Consiglio comunale si svolsero; l'impressione che abbiamo avuto in quella situazione fu che furono privilegiate chiaramente le necessità complessive delle Ferrovie. E, tutto sommato, poteva anche essere una scelta comprensibile. Si giunse poi ad una soluzione di compromesso attraverso il mantenimento in asse del passante con l'abbassamento del piano del ferro e la copertura per un certo tratto, fino a Porta Susa, del passante stesso.
Voglio in proposito ricordare a tutti i colleghi e al collega Chiezzi che con me partecipò anche se in un ruolo diverso a quel dibattito che si svolse in Consiglio comunale, che già fin da allora noi sostenemmo che quella scelta doveva essere più coraggiosa e che quindi la previsione dell'abbassamento, dell'interramento e della copertura del trincerone ferroviario fino a Porta Susa o meglio fino a Piazza Statuto, un po' più in là di Porta Susa, doveva essere proseguita.
Ci sembrava avesse poco senso fare una scelta del genere e fermarla a metà della città e che l'opera dovesse essere con quella scelta completata quanto meno fino a Dora, se non oltre, a prescindere poi da quello che si sarebbe fatto sopra; questa è una scelta diversa, si può fare il giardinetto, l'asse di penetrazione stradale a quattro corsie o il centro direzionale, ma questo è un passaggio successivo. Il problema che coinvolgeva il rapporto città-ferrovie era su quale tipo di attraversamento da Piazza Statuto in avanti dovesse avere il passante ferroviario.
E' una scelta che ha coinvolto e coinvolge fondamentali scelte urbanistiche nella città, non solo per il tipo di trasporti metropolitani ma proprio per l'assetto urbano. Ricordo come l'abbassamento di Porta Susa fosse una delle condizioni della riqualificazione di una delle aree che venivano definite tattiche della città, ed era tutta l'area di Porta Susa Piazza Statuto, Corso Inghilterra. Il Piano regolatore, che è in gestazione ormai da non poco tempo, prevede lungo l'ex asse ferroviario, che dovrebbe essere abbassato e interrato, una serie di interventi a verde, servizi centro direzionale, quella spina che dovrebbe attraversare l'area urbana e che dovrebbe in qualche modo riqualificare tutto un settore, certamente non qualificatissimo fino ad oggi, proprio in gran parte a causa del passante ferroviario.
Siamo anche noi preoccupati di questa battuta di arresto che è già arrivata su questa opera.
Ho l'impressione che si stia giocando a scaricabarile delle responsabilità tra Comune e Ferrovie, che se le palleggiano. Non è molto chiaro se sia stata la mancata attivazione del Comune a ritardare certe scelte o non piuttosto l'impegno delle Ferrovie che in questo momento non è molto chiaro. Io credo che il nodo di tutta la questione sia proprio qui: le Ferrovie stanno attraversando un momento di non estrema chiarezza per la situazione complessiva. Non dimentichiamo che è un'azienda di Stato che ha avuto un commissariamento per le note vicende. Abbiamo, per esempio ascoltato i resoconti dell'intervento che il Commissario straordinario ha fatto alla Commissione Trasporti della Camera, una relazione estremamente significativa, per esempio, per talune scelte che sembravano acquisite come l'alta velocità.
Il nodo che deve essere sciolto passatemi il gioco di parole - è il nodo ferroviario. Se le Ferrovie fanno certe scelte è chiaro che saranno condizionanti anche per il proseguimento di questo intervento. Se sarà abbandonato, come sembra essere l'orientamento, un progetto più significativo di alta velocità in Italia, tutti i discorsi che abbiamo fatto sulla necessità di una sede propria, sul collegamento del Pendolino sulla Milano - Torino - Chambery, devono essere rivisti alla luce di quelli che sono gli orientamenti complessivi dell'azienda ferroviaria.
Concludo su questo, Assessore, perché credo che non ci sia molto più da dire, se non sottolineare l'essenzialità dell'opera che ha riflessi sui trasporti, ma soprattutto sull'assetto urbanistico della città sull'importanza che questa ha nei collegamenti di ordine generale. In questo l'Ente ferroviario vive un momento di difficoltà a trovare un orientamento, un momento di incertezza sul futuro. Saranno accettate le linee proposte dal Commissario straordinario? Questo proseguirà nella sua azione in una situazione non di commissariamento, ma in una situazione ordinaria? Le scelte saranno diverse? Tutto questo è ancora nel grembo di Giove. Proprio per questo, una determinazione più puntuale e precisa da parte degli enti locali può avere un suo rilievo.
Io sarei a suggerirle, Assessore, di sentire il suo omologo presso il Comune di Torino per stabilire tra Regione e Comune una strategia determinata ad un progetto comunemente scelto che cerchi per quanto possibile di condizionare anche gli orientamenti e le scelte future dell'Ente ferroviario; scelte che comunque vadano nella direzione della realizzazione di questo tipo di intervento che non esclude un'impostazione successiva che consenta di avere anche intorno alla città un collegamento merci e un collegamento di alta velocità che chiuda quel quadro complessivo e generale che è necessario chiudere per arrivare alla determinazione di un trasporto corretto nell'area torinese. Quella dei due momenti una volta era un'alternativa, forse oggi comincia a farsi strada l'idea che non necessariamente debba essere alternativa la necessità di un passante interno e la possibilità di avere invece per certi tipi di trasporto un collegamento esterno alla città, così come non è indifferente la collocazione delle stazioni e forse anche la collocazione della stazione principale di Torino. E' un discorso che va avanti da decenni, forse nel quadro complessivo generale sarà importante determinare una volta per tutte anche questo aspetto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, ci portiamo dietro una modalità di intervento sul problema delle ferrovie nell'area metropolitana molto datata, culturalmente vecchia. Il collega Picco diceva che addirittura già sin dal 1934 si era iniziato lo studio di questo problema. Forse, con quel tipo di cultura e di visione che ci siamo trascinati, non abbiamo tenuto conto di che cosa significa oggi il trasporto ferroviario, di come può aiutare a sopperire alla non baricentricità di Torino nell'assetto economico e territoriale italiano. Occorre recuperare rapidamente questa possibilità, che si muove in vari campi, massimizzando l'intermodalità, cercando di aprirci all'alta velocità e vedendo quegli effetti di ottimizzazione della mobilità di bacino che sono anche una ricchezza dell'economia di un'area.
Anch'io non credo più alle due grandi scuole che si sono contrapposte in questo tema: il quadruplicamento in asse e il passante esterno. Ormai occorre arrivare ad un punto di equilibrio che sappia compensare i limiti di una soluzione con i limiti dell'altra soluzione.
Certo la nuova gestione Schimberni vuole dare dei risultati immediati ha una visione molto microeconomica, cerca di limitare i costi e di non proiettarsi immediatamente sugli investimenti, quindi entra a piedi giunti là dove ci sono delle aree a minore resistenza, e Torino potrebbe farne le spese.
Sottolineo che nell'iniziativa del quadruplicamento in asse non si è mai fatta un'analisi costi-benefici, non ci si è mai chiesti che cosa significava il quadruplicamento; la comunità piemontese, il decisore politico, il sistema economico non sanno con chiarezza che cosa questo tipo di soluzione dà e che cosa può determinare in termini di costi. Gli effetti indotti non sono mai stati valutati in un certo tipo di operatività. Penso ai disagi, per esempio, con l'apertura dei cantieri in Piazza Statuto, nel punto più nevralgico della comunicazione della città da est a ovest, che è già molto critico oggi. Abbiamo un ricordo di che cosa è significato il cantiere di Piazza Statuto alla fine degli anni '50.
E' oggettivamente una limitazione all'alta velocità restare vincolati al quadruplicamento in asse. Restando incapsulati in questo tipo di visione si resta un po' nel vecchio, molto datato, che non teneva conto di tutte le potenzialità e di tutti i fatti che potevano determinarsi.
Oggi occorre arrivare ad un mix che dovremmo avere il coraggio di esprimere, di esplicitare per una scelta che guardi anche ad elementi di passante esterno, sia per l'alta velocità sia per le merci. E' inconcepibile non ricordare che il sito di Orbassano è a pochi chilometri da un asse ferroviario importante che libererebbe dalla convergenza della polarizzazione su Torino un importante flusso di merci verso l'area del bacino mediterraneo francese. Si tratta del collegamento con la tratta Airasca-Saluzzo, l'unica tratta chiusa delle ferrovie a minor traffico.
Credo che lei, Assessore, possa considerarle invece uno degli elementi da riproporre nella ripresa del discorso delle ferrovie a minor traffico vista anche nella logica di un passante esterno per il trasporto delle merci.
Sappiamo che l'attestamento ferroviario nel centro di Torino è di una vecchia cultura; è un fatto di status delle Ferrovie che vogliono avere una stazione nella piazza principale della città. Ci sono però aspetti e momenti, l'alta velocità ce lo dimostrerà, che necessariamente non richiedono degli attestamenti nel centro della città. Ovviamente ciò induce ad una politica urbanistica dei parcheggi che si intrecci con l'aspetto del trasporto ferroviario in modo chiaro e deciso.
In questo contesto, occorre vedere il problema del passante così come l'abbiamo ereditato. Una serie di processi e di forze di inerzia sono venuti a determinarsi, ma dobbiamo cercare di farlo rendere al massimo per tutta una serie di esigenze. Penso ad una pendolarità di bacino torinese più ristretto che il passante ferroviario potrebbe indurre. Quindi la fermata Zappata e altre fermate possono costituire questo elemento che tende a trasformare il passante ferroviario in un aspetto che può dare delle risposte alla mobilità di città e di bacino più ristretta. E' anche una chiara indicazione e un orientamento che si possono attendere dalla Regione concertando la cosa con il Comune. Diventa sempre più paradossale il fatto che i nostri comportamenti siano sovrastrutturali, aeriformi mentre il comportamento del Comune di Torino dovrebbe essere più materiale e diretto: sono due momenti che dialogano in modo insufficiente e questo dialogo va recuperato.
Occorre forzare rapidamente, affinché la spesa, che va avanti a moduli per usare un eufemismo, trovi intanto il completamento sino a Chivasso per il collegamento con l'asse di Ivrea-Aosta, asse importante per la capacità non solo di polarizzare su Torino i bacini valdostano ed eporediese per gli effetti economici, ma anche per le prospettive che si possono determinare e Torino rischia di esserne tagliata fuori se non porta rapidamente a compimento il quadruplicamento, con la forte spinta della Regione Valle d'Aosta a tentare di by-passare Torino da una opportunità che si potrebbe determinare con l'alta velocità, comunque con un asse di raccordo ferroviario. E' Torino, è l'area piemontese che devono saper beneficiare di quei processi: questo beneficio lo si può ottenere solo arrivando rapidamente al quadruplicamento su Chivasso.
Lo stesso vale per la Stazione Dora, per la interconnessione con le ferrovie nord di Torino (Ceres e Canavesana, Canavesana su Settimo) proprio per rendere ottimale quella visione di mobilità suburbana che solo con questo intreccio si può determinare.
A questo punto credo occorra uscire da questo dibattito, magari non oggi ma certo in tempi rapidissimi, che colleghi il discorso delle ferrovie a minor traffico vedendo di interconnetterle con il passante ferroviario credo occorra porre il tema dell'alta velocità come un passante esterno occorre porre il problema delle merci perché è assurdo pensare che su Torino converga il traffico delle merci di un sistema economico poderoso come è il nostro; occorre infine porre il problema dell'utilizzo del passante anche per il trasporto urbano di fascia alta, di bacino Torino e prima cintura.
Questi intrecci devono trovare la Regione capace di esprimere una politica, una volontà, una capacità contrattuale. Non è solo Torino uno dei nostri interlocutori, al di là delle Ferrovie dello Stato. Occorre una capacità di progettare, di costituire con questo tipo di politica di trasporti una leva importante di politica economica e di politica sociale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il passante ferroviario è di fatto una struttura, un'opera che determina lo sviluppo complessivo non soltanto della città di Torino, ma dell'intera area metropolitana e forse della stessa regione.
E' un progetto di lunga data. Da sempre se ne parla, da sempre tutti abbiamo sentito parlare di spostare la Stazione di Porta Nuova, di portare le ferrovie esterne alla città in modo che non condizionino lo sviluppo della città. Il progetto ha avuto una sua concretizzazione reale nel 1984 con una convenzione con le Ferrovie dello Stato per il quadruplicamento in asse. Si era fatta la scelta di quadruplicare all'interno della città: scelta che, a mio giudizio, ha molti aspetti ragionevoli e condivisibili costituisce una struttura forte ed importante nei trasporti della città.
Questa scelta è stata in qualche modo modificata, integrata con la scelta successiva del 1985 che ha visto, oltre al quadruplicamento, anche l'abbassamento del piano del ferro, andando a togliere delle barriere grosse e gravi che condizionavano e condizionano ancora oggi la città.
Quando si parla di problemi di Torino e di sviluppo urbanistico, credo non si possa prescindere da questa visione, non si possa prescindere dal giudicare fondamentale la scelta di abbassare il piano del ferro e ricreare una condizione che, al di là di quelle che potranno essere le scelte urbanistiche di insediamento o di utilizzo di quelle aree, è comunque una risorsa territoriale all'interno della città di grande rilievo, di grande importanza.
Il superamento della barriera, che ha sempre diviso la città di Torino è una condizione fondamentale perché la città possa svilupparsi, possa affrontare il Piano regolatore con uno sviluppo non esterno, come in altri momenti si voleva, ma uno sviluppo interno tenuto presente che siamo in presenza di una città che va verso un calo demografico e quindi non ha prospettive di sviluppo all'esterno.
Qualche giorno fa su "La Stampa" l'ex Assessore Radicioni, che ho avuto modo di apprezzare per cinque anni in Consiglio comunale, ritornava su una sua idea, che forse è chiara al collega Chiezzi, dello sviluppo esterno della città andando a ricercare poli di espansione al di fuori della città.
Se questi discorsi avevano un senso parecchi anni fa per la città di Torino, oggi non hanno più senso. Noi crediamo che la nuova situazione territoriale della città, l'andamento demografico della città stessa comportino, giustifichino e impongano che lo sviluppo avvenga all'interno della città di Torino. Se questo è vero, l'operazione di modifica della vecchia convenzione, fatta dalla Giunta della Città di Torino, tendente a recuperare ampi spazi all'interno della città è stata una scelta strategicamente fondamentale e importante che non può essere criticata per avere determinato ritardi di qualche mese rispetto ai lavori normali ritardo che peraltro fino ad oggi non c'è stato. Dobbiamo essere molto chiari. Fino ad oggi, mi pare di capire dalla relazione dell'Assessore nessun ritardo è determinato da ritardi del Comune di Torino. Forse l'unico accenno che ha fatto l'Assessore rispetto ad alcuni ritardi di Torino sono lo spostamento di alcuni sottoservizi, quindi mi pare una cosa invero molto marginale e vivaddio non imputabile all'Assessore ai trasporti.
Anche sul problema dell'abbassamento della tratta Porta Susa Stazione Dora bisogna essere molto chiari. La scelta, ancora in fase di studio, è una scelta importante. Prevede l'abbassamento della ferrovia in Corso Principe Oddone ed è una scelta importante, amico Chiezzi. Non si pu soltanto fare un discorso di impatto ambientale. In realtà, abbassandosi un pochino il piano del ferro, è vero che si crea una strada, ma se si farà il quadruplicamento su Corso Principe Oddone, senza abbassare il piano del ferro, quella massicciata che già oggi è imponente ed insopportabile visivamente, verrebbe raddoppiata fino quasi all'altezza delle case, quindi se si fa il quadruplicamento si amplia evidentemente la massicciata in modo importante. Noi crediamo che un abbassamento in quella zona, se dovesse determinare il ritardo di qualche mese, non sarebbe una perdita per la città, ma una grossa opportunità per la città.
Rispetto a queste esigenze e alla scelta fatta dal Commissario straordinario dell'Ente F.S., dobbiamo prendere una posizione molto forte.
E' una scelta che può essere condivisibile come momento di arresto, ma non può essere condivisibile se dovesse comportare qualche penalizzazione da motivi oggettivi.
La Regione e il Comune di Torino debbono far valere la responsabilità la forza e il prestigio che hanno (se ancor ce l'hanno), perché le opere in corso alla città di Torino nel quadruplicamento del nodo ferroviario di Torino non vengano interrotte o smistate o stornate. E' una scelta fondamentale per lo sviluppo della città che deve essere fortemente supportata dalle Amministrazioni regionale e comunale.
Ho ricevuto il quesito che l'Assessore ha rivolto al Ministero in ordine alla congruità dei prezzi, e ho ricevuto anche la risposta fatta dal Ministero; risposta strana che in qualche modo ha condizionato le scelte dell'Amministrazione comunale. Rispetto a questa comunicazione è stata presentata presso la Camera dei Deputati un'interrogazione dall'on.
Martinat. Un'interrogazione alquanto incisiva che pone in dubbio la correttezza della risposta; c'è stato anche da parte dell'on. Martinat un intervento in Consiglio comunale di Torino il quale ha posto in modo esplicito il sospetto che si sia trattato di una risposta suggerita da qualcuno per l'interesse di qualcuno. Se queste affermazioni sono state fatte, il fatto è grave, quindi chiedo all'Assessore di darci una risposta in merito, nei modi che riterrà più opportuni. Se questo fosse vero, si tratterebbe di un comportamento che andrebbe al di là di quelli che sono i rapporti normali che possono esistere fra i Partiti; nei confronti di un funzionario sarebbero però qualcosa di molto più grave.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guasso.



GUASSO Nazzareno

Signor Presidente, ho chiesto la parola per fare due proposte pratiche e, se mi consente, una considerazione di ordine generale che dovrebbe ispirare la nostra azione prossima.
Quando parliamo di modernità in materia di trasporti dobbiamo renderci conto che nel 1992 il Piemonte e una parte della Liguria saranno l'unica frontiera diretta con l'Europa comunitaria. La modernità è rappresentata da questo fatto. Il rischio però di essere tagliati fuori dai processi in corso in Europa e di tagliare l'Italia dalla sua unica frontiera diretta con l'Europa è un rischio già presente oggi. Vorrei che questa considerazione di carattere generale fosse tenuta presente nei nostri discorsi; poi potremo discutere se la strada passerà più alto o più basso più sotto o più sopra. Non è questa la questione. In questa considerazione generale sul rischio di essere tagliati fuori dai processi europei, il nodo di Torino diventa un punto decisivo del raccordo con l'Europa. Se non teniamo presente quest'altra considerazione rischiamo di fare dei discorsi che restano fuori dai tempi e dai processi che sono in corso. Il nodo di Torino diventa decisivo per un sistema regionale del ferro (e sono disposto a ridiscuterlo fino in fondo, Mignone) e lo scioglimento di questo nodo è decisivo anche nei rapporti del sistema Italia Europa attraverso quella frontiera, quindi se non si scioglie questo nodo i rapporti non possono n attuarsi né svilupparsi.
Teniamo anche conto che la tendenza del movimento e del trasporto di persone e di merci è quella di rilanciare il rapporto nord-sud all'interno dell'Europa e il rapporto est-ovest intorno al Mediterraneo, pertanto la nostra collocazione di unica frontiera verso la Comunità diventa decisiva in questi due rapporti. Allora le due questioni che qui sono state poste dell'attuale passante, come uno degli elementi per sciogliere quel nodo o come uno degli strumenti per un sistema metropolitano regionale e cittadino, e l'eventualità nei raccordi con l'Europa di una nuova circonvallazione ferroviaria sono questioni di cui dobbiamo discutere dobbiamo ridisegnare la nostra collocazione. Questa è la questione che viene posta alla Regione.
In merito alla prima proposta Mignone. Occorre rinegoziare subito con le l'Ente F.S., la convenzione e l'utilizzo dei fondi che erano stati messi a disposizione e occorre andare fino in fondo in merito a questa prima scelta. Non è l'unica, non può essere considerata a se stante, bisogna per capire dove va collocata e in che disegno va collocato il passante.
Seconda proposta Mignone. Facciamo parte di vari comitati internazionali che non contano niente. Ho scoperto, per esempio, che in materia di orientamento sulle politiche dei trasporti c'è stato un grande gemellaggio tra la regione Rodano Alpi, la regione di Francoforte e la Catalogna (questa è la linea di movimento del futuro del trasporto persone e merci). Allora chiedo alla Regione che avvii un'iniziativa verso queste tre regioni, che si rapporti con loro con un discorso europeo. Ne abbiamo il diritto in relazione al fatto che saremo l'unica frontiera diretta con la Comunità. Se si muovono queste tre regioni noi siamo tagliati fuori perché i loro rapporti sono da sud verso il nord, verso altre parti dell'Europa e lasciano fuori l'Italia.
Quindi propongo una trattativa immediata per sbloccare i lavori un'iniziativa verso le tre regioni gemellate che con noi hanno già instaurato dei rapporti, per poter anche noi compartecipare alle scelte decisive che ci saranno nei prossimi anni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone per la replica.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Ringrazio i Consiglieri che sono intervenuti, anche coloro che hanno espresso insoddisfazione o non consenso sulla relazione.
Sono contento perché, con la comunicazione che ho reso, abbiamo tentato di far uscire la discussione del passante ferroviario da un ragionamento legato alle vicende politiche della Città di Torino. Era un ragionamento legato al fatto se questo o quel pilone, se questa o quella copertura doveva essere realizzata, mentre in questo modo abbiamo collegato il problema del passante al discorso più generale che attiene a questo livello istituzionale, in ordine alla mobilità nell'area metropolitana, al contributo e al ruolo che può svolgere questa Regione nel sistema dei trasporti in una visione europea.
L'altra questione che ho colto è quella della forte preoccupazione per il fatto che i lavori sono bloccati, preoccupazione che veniva espressa anche nella comunicazione, in cui però la Giunta diceva di aver avviato alcune iniziative nei confronti del Governo e dell'Ente F.S., perché quella decisione venisse rivista, affinché i lavori venissero sbloccati e potessero riprendere. Questo stava anche a significare che in questo momento il blocco dei lavori non è condizionato dalle scelte urbanistiche della Città di Torino. Questo elemento di chiarezza è stato qui ripreso ed anche nella comunicazione è stato sottolineato.
Noi abbiamo svolto un'azione che riteniamo essere stata politicamente forte e l'abbiamo svolta con richiesta di incontri parlandone con il Ministro e con la dirigenza dell'Ente F.S., mettendo in evidenza l'assurdità di questa decisione, anche rispetto ai problemi più generali che qui sono stati sollevati. Nessuno vuole dire che intanto non si devono proseguire i lavori del passante e che devono questi essere rapidamente completati, lasciando impregiudicata la discussione attorno ad altre ipotesi che sono state prospettate che noi abbiamo cercato di riassumere e di ricomprendere in una comunicazione che per altri aspetti doveva essere più limitata dando anche qualche indicazione.
Da questo punto di vista la presente comunicazione rappresenta uno sviluppo rispetto a discussioni analoghe che abbiamo svolto nel passato perché dà indicazioni anche di tipo propositivo.
In questo lavoro abbiamo cercato di coinvolgere tutti i parlamentari piemontesi. In proposito debbo chiarire che la Giunta regionale ha avviato un incontro con tutti i parlamentari piemontesi, non con alcuni o con quelli appartenenti al pentapartito. Purtroppo non abbiamo registrato grandi presenze, forse abbiamo sbagliato la giornata. Ai presenti o non presenti, comunque, abbiamo fornito un ricco dossier riassuntivo di tutte le questioni ferroviarie presenti nella nostra regione, con al primo punto il problema del nodo, del blocco dei lavori, chiedendo loro un aiuto politico a livello governativo e di Ente F.S., perché venissero intanto revocate le decisioni che hanno portato al blocco dei lavori.
Da questo punto di vista sono emerse oltre alle preoccupazioni del Consiglio, anche una serie di proposte che dovremmo insieme approfondire.
Abbiamo cercato, e in alcuni passaggi lo si può cogliere, di concretizzare il ruolo di coordinamento e di proposta che vogliamo sviluppare. Non soltanto abbiamo chiesto al Comune di Torino un incontro per raccordare le iniziative, chiedendo la convocazione urgente del Comitato di coordinamento, perché è in quella sede che dovremmo porre le questioni, ivi comprese quelle di un'eventuale rinegoziazione dei contenuti delle convenzioni, ma abbiamo anche detto, ad esempio per quanto riguarda il discorso sui parcheggi, che la legge Tognoli non prevede una doppia corsia per cui le città come Torino, che sono incluse in un titolo della legge fanno il piano dei parcheggi e che non vi è alcun ruolo propositivo della Regione. Nella comunicazione di oggi questo lo abbiamo detto. La Regione ha un ruolo propositivo anche su questo fronte e questo ruolo ci accingiamo a svolgerlo fino in fondo insieme al collega dell'urbanistica.
Con questo si vuole risottolineare il fatto che seguiamo questa vicenda con tutta l'attenzione politica che merita per dimostrare che questo non è un problema che riguarda solo la Città di Torino a cui troppe volte forse nel passato si è delegata la questione. La Regione vuole svolgere il suo ruolo e il primo punto è ottenere che i lavori vengano ripresi perch questo è decisivo rispetto a tutte le altre decisioni. Sono emerse oggi alcune proposte puntuali ed altre di più largo respiro, come quelle prospettate dal collega Guasso. Su queste proposte, che mi paiono molto interessanti, la Giunta farà i necessari approfondimenti e riferirà in Commissione le risultanze a cui perverrà.



PRESIDENTE

Si conclude con la replica dell'Assessore Mignone il dibattito relativo al passante ferroviario Lingotto-Stura.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Informazione della Giunta regionale sui nuovi casi di inquinamento dell'ACNA di Cengio (Valle Bormida)


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 4) all'o.d.g. che prevede un'informazione sui nuovi casi di inquinamento dell'ACNA di Cengio in Valle Bormida da parte dell'Assessore Cernetti che ha pertanto la parola.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Il grave episodio di fuoriuscita del liquido dall'area dello stabilimento dell'ACNA verso il Bormida, avvenuto in questi giorni, è la prova inconfutabile di un giudizio di inaffidabilità degli impianti ai livelli richiesti e sottoscritti.
Dopo lunghe e pazienti analisi dei laboratori piemontesi, puntualmente effettuate e trasmesse al Ministero dell'Ambiente in data 13 aprile u.s.
il Presidente del Comitato Stato-Regioni, il prof. Rolle, propose al Comitato stesso l'approvazione di un documento che, partendo dai risultati delle analisi eseguite sul fiume Bormida dai laboratori piemontesi coordinati dall'Unversità di Torino, che "dimostrano - sono parole testuali del documento - la presenza di numerose sostanze di sicura provenienza ACNA presumibilmente pericolose per la salute umana", chiede al Ministero dell'Ambiente di "mettere in atto ogni possibile azione volta a diminuire drasticamente lo sversamento di sostanze organiche pericolose nel fiume Bormida da parte dell'ACNA, ivi inclusa l'eventuale sospensione delle attività lavorative dalle quali si generano le sostanze in questione".
Il documento, approvato dalla Regione Piemonte, non venne formalmente approvato in quella sede dal Comitato per la ferma e indignata opposizione dei rappresentanti della Liguria e dei Ministeri dell'Industria e della Sanità. In seguito a questi avvenimenti e all'avvio dell'iter dell'inceneritore da parte della Liguria (non concordato con il Piemonte) la Giunta regionale del Piemonte ribadiva al Governo la richiesta unanime del Consiglio per la sospensione cautelativa delle produzioni dell'ACNA e ne dava comunicato stampa. L'approvazione del documento del Comitato Stato Regioni è fissata per domani a Roma alle ore 10.
Il fatto che il documento del Comitato Stato-Regioni faccia proprie almeno in parte, le posizioni della Regione Piemonte è il frutto di un lungo, paziente lavoro dei laboratori piemontesi (il controllo sugli scarichi dell'ACNA non viene più fatto esclusivamente dai laboratori liguri, ma anche dai laboratori piemontesi) e dei rappresentanti della Regione in seno al Comitato Stato-Regioni.
Infatti, è con i dati tecnici che è stata dimostrata l'inaffidabilità degli impianti ACNA e che di conseguenza il Comitato è giunto a prevedere una chiusura cautelativa dello stabilimento sino a quando e se verrà recuperata una posizione di compatibilità ambientale, di compatibilità cioè con l'ambiente del fiume Bormida e della Valle Bormida.
L'Assessorato è fermamente convinto (e i fatti ci stanno dando ragione) che solo con il paziente, continuo, metodico lavoro tecnico supportato e diretto da una Giunta attenta e vigile, è possibile ottenere quanto da più parti si va giustamente chiedendo. Questo lavoro è stato portato avanti con serietà e discrezione che niente ha da spartire con visite e dichiarazioni sui giornali che troppo spesso hanno sapore di propaganda personale, ma che non incidono sulla risoluzione dei problemi.
In merito all'incidente di mercoledì notte 19 aprile si riferisce quanto segue. Già nella mattinata del giorno 20 il Laboratorio chimico di Cuneo e l'USSL di Ceva si attivavano per prelevare campioni d'acqua del Bormida e campionamenti d'aria. Sempre il giorno 20, come Assessore alla tutela ambientale, richiedevo la chiusura dell'ACNA.
Il giorno 24 aprile i funzionari dell'Assessorato alla tutela ambientale hanno organizzato un sopralluogo tecnico all'ACNA e nel greto del Bormida allo scopo di accertare l'esatta portata dell'"incidente". Al sopralluogo sono intervenuti oltre ai funzionari regionali, il prof.
Ostacoli dell'Università di Torino, i direttori dei Laboratori di Cuneo e Alessandria e un rappresentante dell'USSL di Ceva.
Per la prima volta i tecnici del Piemonte hanno ottenuto l'accesso all'ACNA e hanno accertato i seguenti fatti: l'ACNA sta emungendo i liquami percolanti con pompe mobili d'emergenza e riversando, alla portata di 10 mc/h, i liquami verso l'impianto di depurazione interno l'ACNA dichiara che l'origine di tali liquami è probabilmente dovuta ai percolati che sono notevolmente aumentati in volume a causa delle recenti piogge analisi eseguite dall'ACNA sui liquami non suffragano la precedente affermazione l'ACNA non è in grado di fare previsioni sul perdurare del fenomeno.
Nel corso della visita all'impianto di depurazione sono stati prelevati, da parte dei tecnici piemontesi, campioni di liquame immesso.
Durante un successivo colloquio, il Direttore dello stabilimento, dr.
Savorelli, ha sempre citato i fatti avvenuti come un "incidente" senza più parlare in termini di "sabotaggio" o "atto vandalico" riferiti da precedenti comunicati stampa dell'ACNA e riportati dagli organi di informazione.
Successivamente alla visita in ACNA, la delegazione tecnica si è recata a visionare il luogo del percolamento, incontrando anche una delegazione di ambientalisti presenti.
Durante la visita si è constatato quanto segue: vi era in atto un afflusso di liquami verso un fosso di contenimento costruito appositamente dall'ACNA e da cui le pompe dell'ACNA stavano attingendo l'afflusso è situato sotto il muro dello stabilimento, a valle dello scarico dei reflui liquidi e costituito da due rivoli di liquami che sono stati campionati dai tecnici dei laboratori piemontesi nel tratto del Bormida sottostante, e nel tratto precedente, fino al punto di sversamento dello scarico dei reflui dello stabilimento, erano visibili nettamente almeno due punti di immissione di reflui con presenza di schiume e di tracce colorate nel fiume i diaframmi recentemente costruiti dall'ACNA per intercettare i percolati dal sottosuolo affiorano visibili per lunghi tratti lungo il perimetro dello stabilimento, ma in prossimità del luogo di sversamento non sono visibili a livello di terreno e nemmeno sono portati alla luce dagli scavi effettuati per contenere la percolazione in corso.
Durante il colloquio con gli ambientalisti presenti è stato affermato che operai dell'ACNA hanno riferito di rotture alle vasche di lagunaggio dei reflui.
La valutazione "a caldo" dei tecnici intervenuti, in attesa che le analisi di laboratorio consentano di valutare con più esattezza l'origine dei liquami, è che le opere di contenimento dei percolati che fuoriescono dallo stabilimento siano comunque inadeguate ad affrontare eventi anomali tutelando adeguatamente il fiume Bormida.
A questo punto, a maggior ragione e con maggior forza per quanto recentemente accaduto, la Giunta ripropone al Consiglio di chiedere al Governo la chiusura cautelativa dell'ACNA perché non è possibile protrarre ancora la guerra di tutta una vallata contro uno stabilimento. E' qualcosa che va oltre la Valle Bormida e oltre l'ACNA: è la compatibilità o meglio l'incompatibilità di certe lavorazioni chimiche su territori fittamente abitati. La popolazione del Bormida avrà combattuto anche per questo.
A questo punto la Giunta si farà promotrice di un incontro con i parlamentari delle province di Cuneo, Alessandria ed Asti per concertare un'azione che porti ad una soluzione da tutti ardentemente voluta.
Comunico inoltre che è già stato presentato dalla Finpiemonte, che aveva avuto l'incarico di riscrivere il Piano Ansaldo, il nuovo piano: alla parte sul disinquinamento è stata aggiunta anche la parte socio-economica.
Per questo insieme all'Assessore Vetrino, che coordina la parte socio economica, avevamo già previsto per giovedì pomeriggio 4 maggio un incontro con gli amministratori. Questo incontro sarà mantenuto, anche se l'oggetto non sarà più lo stesso perché noi abbiamo sostenuto che la parte relativa al disinquinamento è prioritaria al rilancio socio-economico della valle.
Non ci pare opportuno parlare di disinquinamento, mentre continua l'inquinamento dovuto non soltanto a questi, ma anche ad altri fatti, gli stabellamenti continui rispetto alla legge Merli, l'acqua del Bormida che continua ad essere inquinata da sostanze pericolose per la salute, l'iter dell'inceneritore o il recupero di solfati, lo si chiami come si vuole dopo un accordo ben preciso che, valutata l'assenza di soluzioni alternative veniva concordato con la Regione Piemonte, tenuto conto che l'iter è incominciato con l'approvazione in sede consultiva del Comitato tecnico, ma senza che la Regione Piemonte ne sia stata nemmeno informata.
Sono tutti elementi che vanno concordati e per i quali è necessaria la consultazione con gli amministratori locali prima di parlare di disinquinamento e prima di parlare di rilancio socio-economico della valle.
Sono cose importantissime, ma prima, per favore, l'ACNA cessi di inquinare dopodiché parleremo di riscrittura del piano di disinquinamento e di riscrittura di documenti per il rilancio socio-economico della valle.



PRESIDENTE

Ha ora facoltà di intervenire il Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che non si possa parlare di ennesimo incidente all'ACNA di Cengio. Chi ha potuto prendere visione diretta di quanto sta avvenendo dietro al muraglione che protegge gli enormi vasconi dove sono stoccate migliaia di tonnellate di liquami, si rende sicuramente conto che non di incidente si tratta né tanto meno di sabotaggio, ma di una conseguenza logica e normale di un'attività che non è assolutamente più compatibile con l'ambiente e che ha prodotto quei danni che ben conosciamo e altri probabilmente ancora più.gravi può produrre se non vi è un intervento estremamente rapido e risolutivo da parte delle autorità competenti.
Quindi non è incidente, ma è prassi, modo di essere di questa unità produttiva che fa saltare anche quelle residue credibilità che qualcuno non certo di questa parte politica, aveva ancora concesso; non sono credibili nemmeno il piano di investimenti di 100 miliardi (e abbiamo visto come sono finalizzati) e quelle opere che l'ACNA si era impegnata a realizzare onde prevenire certi fatti di inquinamento che invece puntualmente si verificano.
Dobbiamo essere coscienti che quanto sta accadendo in questa fabbrica e all'interno del fiume Bormida è di una gravità estrema, anche alla luce di ciò che abbiamo potuto constatare direttamente e di ciò che lo stesso Assessore ci ha riferito poc'anzi.
Vi è un fronte di almeno 50-60 metri lungo il famoso muraglione dal quale, non solo in due punti, ma in modo costante fuoriesce quel percolato famoso. Bisognerebbe capire esattamente di cosa si tratta. Dalla notte tra il 19 e il 20 aprile ad oggi, quindi sono sette giorni, vi è una fuoriuscita dei liquami con una idrovora che pompa 24 ore su 24 con un tubo da 10-12 centimetri di diametro...



(Interruzione del Consigliere Ferrara)



BRUCIAMACCHIE Mario

Collega Ferrara, sarebbe utile che tu facessi un giro per renderti conto di cosa vuol dire difendere una unità produttiva di quella natura.
Credo che il collega Fracchia sia decisamente più informato e quindi più cosciente della situazione drammatica che vi è in quell'area.
Stavo dicendo che 24 ore su 24 si tenta di impedire che i liquami vadano ad immettersi nell'acqua che scorre nel Bormida a 3 o 5 metri quindi è immaginabile la quantità di prodotto che fuoriesce. Ci dice l'Assessore che nemmeno l'ACNA è in grado di valutare quanto può durare un fenomeno di quella natura e non si è ancora in grado di individuare le cause che lo hanno determinato.
Credo che siano elementi di una gravità assoluta ai quali la popolazione è estremamente attenta, sui quali è intervenuta in modo tempestivo ed è presente con un presidio dalla notte in cui questo fatto si è verificato, ma sono elementi che devono far scattare a tutti i livelli istituzionali, Comuni, Province, Regioni, Ministero, quei poteri particolari, che a livello ministeriale esistono, per individuare i motivi per i quali il percolato fuoriesce. Non si lasci alla sola ACNA l'individuazione di queste cause. Quindi perizie da parte di autorità riconosciute in grado di individuare il fatto e di bloccarlo, perché non è sostenibile a lungo una situazione in cui questa massa continua a fuoriuscire.
Credo ci sia bisogno di un intervento ancora una volta straordinario a livello centrale e a livello regionale, anche alla luce del potere che viene riconosciuto alle UU.SS.SS.LL. che sono intervenute a cinque giorni di distanza, sicuramente in ritardo rispetto alle richieste che avevamo avanzato.
Nella riunione della Commissione abbiamo chiesto un'informazione rapida da parte dell'Assessore visto che l'argomento non era all'o.d.g. Avevamo chiesto una serie di atti tempestivi, un'iniziativa del governo regionale diretta al Ministro dell'Ambiente e al Presidente del Consiglio, quindi chiedevamo che si incominciasse a ragionare in termini unitari su questa questione a livello nazionale, altrimenti il rimpallo delle responsabilità diventerà una questione di comodo; ognuno scarica o sul Ministero dell'Industria o su quello della Sanità, oppure su quello dell'Ambiente che però si vedono frenati, bloccati. Eventi di questa natura, ormai, non possono che essere governati unitariamente a livello dell'esecutivo nazionale e quindi la decisione non può che essere di quel livello di governo generale.
Noi avevamo chiesto che l'esecutivo regionale intervenisse perché non vi fossero più tergiversazioni, che venisse approvato un atto di sospensione immediata dell'attività, che si incominciasse a fare quello che non abbiamo fatto durante la sospensione del mese di agosto e di parte del mese di settembre 1988 e si mettessero in atto quelle politiche che, non essendo state fatte, hanno prodotto gli effetti negativi di oggi.
E' vero, siamo di fronte alle prime opere del muro di contenimento occorre prendere atto che il muro di contenimento è nel greto del fiume sorge proprio dove scorre l'acqua. La parte ultima, dove c'è il fronte dell'inquinamento, la fuoriuscita dei liquami non ha sotto nessun sbarramento di nessun genere, quindi quelle famose griglie lì non sono state fatte. Credo che vi siano tutti gli elementi per battersi fino allo spasimo per chiedere che le volontà espresse in modo unitario dalle popolazioni, dai Comuni, dalle Province, dalla Regione, da questo Consiglio regionale diventino realtà. Non sono più possibili oggi le mediazioni o i compromessi per far vivere quella unità produttiva, ma occorre far scattare provvidenze e protezioni per gli occupati e quindi tutta una serie di strumenti che debbono essere sicuramente attivati. Importante è non perdere la gara contro l'ACNA. C'è questo rischio. Domani si riunisce il Comitato, anticipando la scadenza che era prevista per i primi di maggio quindi saremo chiamati ad andare lì con delle motivazioni non solo di ordine politico, ma di ordine tecnico molto precise che comprovino e supportino la nostra tesi di chiusura dell'ACNA.
Oggi ci troviamo di fronte la relazione tecnica che è stata stilata dai tecnici che si sono recati il giorno 24 a vedere quanto era accaduto, ma non abbiamo le analisi puntuali (non so se sono in possesso dell'Assessorato, spero comunque che ci siano per domani) che possono comprovare e verificare cosa esce dall'ACNA, di che natura è il percolato.
Se noi ci fossimo attivati immediatamente il giorno 20 e non quattro giorni e mezzo dopo, probabilmente avremmo...



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Ho detto chiaramente che ci siamo attivati il mattino del 20, lo sversamento è avvenuto tra il 19 e il 20. Nella mia dichiarazione ho detto che alla mattina del giorno 20 era a Ceva il Laboratorio chimico di Cuneo che ogni due ore prelevava l'acqua; dopodiché i nostri tecnici hanno dovuto ottenere il permesso per accedere all'ACNA, cosa di non poco conto e appena hanno potuto, sono entrati.



BRUCIAMACCHIE Mario

A nome del mio Gruppo, nella riunione di Commissione, ho avanzato queste richieste e in quel momento non c'è stata data nessuna risposta, che adesso ci viene fornita; non solo, ma durante la visita, che io ed altri Consiglieri del mio Gruppo hanno fatto in quell'area, non risultavano altre visite tranne quella dell'Assessore provinciale di Cuneo il quale ha fatto il giorno stesso, un prelievo improvvisato da come mi è stato descritto.
Mi auguro davvero che non sia solo la bottiglia che casualmente viene riempita e poi analizzata l'attività precisa e puntuale che deve fare una Unità Sanitaria Locale. Mi auguro che le informazioni di cui è in possesso l'Assessore siano più precise di quelle che ho io che lasciano molto a desiderare sul come ha operato quella Unità Sanitaria Locale o sul fatto che altre non si sono attivate in tempo utile. Lì sopra c'è una cisterna che ha un tubo che scende nel percolato che nessuno sa esattamente se questo pompa o immette dei prodotti o che non siano magari dei prodotti per trattare o snaturare la qualità dei liquami che lì vengono pescati e rimessi sopra. E' un dubbio, bisognerebbe verificare, però non lo posso verificare io, lo fa evidentemente una autorità di controllo preposta, come sono in questo caso le Unità Sanitarie Locali.
Credo che l'Assessore, domani andando alla riunione delle Regioni con il Ministero, oltre a rappresentare questa grande preoccupazione del Consiglio regionale, proprio per sostenere la nostra volontà, abbia bisogno di quei tecnici da noi nominati per supportare, anche sulla base dei dati del 13 e del 14 aprile e delle verifiche ultime, le nostre motivazioni con argomentazioni tecniche, che sono poi quelle decisive ai fini di ottenere un risultato piuttosto che un altro. Saremmo stati più forti - noi sosteniamo - se avessimo oltre alla perizia anche gli altri risultati che solo le Unità Sanitarie Locali ci avrebbero potuto dare.
Un'ultima cosa. L'Assessore ha parlato di incontri con gli ambientalisti, ma io parlerei di incontri con il Comitato. Quando si parla di Comitato per la rinascita della Valle Bormida, parliamo di un'associazione che insieme ai Comuni rappresenta non una tendenza, una scelta personale importante in riferimento all'ambiente, ma rappresenta in modo totale la volontà delle popolazioni della valle. Dobbiamo quindi avere contatti con il Comitato, con le popolazioni avendo coscienza che quando parliamo con il Comitato, con i Sindaci, parliamo con i rappresentanti delle popolazioni, quindi non solo con una parte.
Ribadisco che il Gruppo comunista è per la chiusura di quella unità produttiva per tutte le motivazioni che abbiamo espresso e che qui ribadiamo in modo assoluto.
Siamo anche per chiedere che l'intervento centrale sia immediato perch non può protrarsi il presidio senza un adeguato sostegno. L'Assessore ha parlato di un piano che comprende anche una parte relativa allo sviluppo economico e sociale della valle. Noi vogliamo conoscerlo in tempi rapidi d'altra parte è una richiesta avanzata anche attraverso una nostra interpellanza e in sede di VII Commissione. Dobbiamo conoscerlo per evitare quanto è successo la volta scorsa quando circolavano diversi piani, ma non si sapeva quale era attendibile. Vogliamo conoscere la posizione della Giunta regionale per andare ad un confronto molto serrato con l'autorità locale della Valle Bormida, attivando quel rapporto che non c'è stato in questi mesi.
Domani a Roma ci sarà un incontro importante, noi chiediamo che ci si vada supportati non soltanto da volontà politiche, ma anche da sostegni tecnici concreti e precisi.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Collega Bruciamacchie, ci vuole una settimana per la valutazione, lo ha detto il prof. Ostacoli. Quindi domani noi non siamo in grado di dare analisi e valutazioni precise, ma solo generiche. I fatti avvenuti non mi pare che necessitino di dati così precisi e puntuali, ma è importante una volontà al di sopra dei dati puntuali, che però domani ci sarà pressoch impossibile portare.



BRUCIAMACCHIE Mario

Sostengo che se l'intervento fosse stato svolto nel giorno in cui si è verificata la fuoriuscita del percolato, forse oggi potremmo avere alcuni risultati. Sono sicuramente indispensabili anche perché le volontà espresse dall'altra Regione, come lei ricordava, non sono assolutamente in sintonia con le nostre, e lei conosce perfettamente il grado di resistenza che vi è non solo a livello dell'altra Regione, ma a livello ministeriale e delle forze economiche in generale.
Quindi o noi agiamo supportati oltre che da buona volontà politica da dati tecnico-scientifici precisi oppure rischiamo di essere in grave difficoltà.



PRESIDENTE

Prima di dare la parola al Consigliere Ala, vorrei invitare i colleghi a rispettare il più possibile i tempi, anche perché in questo modo possiamo concludere il dibattito senza doverlo strozzare all'ultimo momento.
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Il mio intervento potrebbe essere estremamente rapido in quanto le cose da dire sono già state dette, negli ultimi due anni e almeno da parte del nostro Gruppo, non so quante volte. Il fatto che progressivamente il Consiglio e la Giunta siano approdati sulla inevitabilità della chiusura dello stabilimento non può che trovarci soddisfatti. Notiamo con soddisfazione che altre forze politiche fanno proprie - e sarà anche il caso di dirlo qualche volta - quelle affermazioni che, in maniera molto più isolata, pochi Consiglieri e poche forze politiche fecero qui due anni fa.
E' da notare, tra l'altro, come i Consiglieri della zona, di cui ho sempre stimato ed apprezzato i comportamenti rispetto a questa vicenda finalmente riescano a far passare la loro opinione all'interno dei loro Gruppi, anche se credo che una parte di Consiglieri non sia mai andata in Valle Bormida e non sia mai andata a vedere l'ACNA e questa visita collettiva - non posso che associarmi con il collega Bruciamacchie sarebbe istruttivo venisse condotta. Sarebbe istruttivo per due motivi: primo, per conoscere il caso specifico di cui si sta parlando; secondo perché uno dei problemi principali, che costituisce un appunto fatto alla Regione in tutti questi anni, è l'impressione di solitudine e di abbandono.
Nonostante l'Assessore dica che la Giunta è attenta e vigile, se le cose anziché vederle da Torino, si provasse a vederle da Cortemilia, da Saliceto, da Vesime e dagli altri Comuni della zona, l'impressione di una Giunta attenta e vigile diventerebbe un'affermazione altamente improbabile.
Uno dei meccanismi che la rende improbabile è il velo continuo di segretezza che circonda gran parte dei dati e degli avvenimenti. Questo velo di segretezza sta tornando a crescere. Visto dalla Valle Bormida, cosa succedeva? Il piano cosiddetto di bonifica era stato - per così dire respinto al mittente, ma cosa stava succedendo rispetto a tutte le vicende e ai tavoli di trattativa? Fino a una settimana fa era un interrogativo legittimo: nessuno, Commissione e Gruppi consiliari compresi, e la popolazione della Valle Bormida e le Amministrazioni locali prima ancora dei Gruppi consiliari, credo sapesse sostanzialmente più nulla o quasi nulla.
Se la Giunta è realmente attenta e vigile cerchi di usare i meccanismi le sedi, i luoghi per riuscire a dimostrarlo.
Dico "se" perché come Consigliere regionale, rispetto ad alcuni interventi della Giunta regionale che mi si dice siano stati fatti, non ho gli strumenti e gli elementi per una valutazione. Continuo a non avere gli strumenti per valutare con quanto coraggio, con quanta pressione, con quanta determinazione la Giunta regionale abbia fatto, in questo lasso di tempo, l'orientamento del Consiglio regionale per giungere alla chiusura dell'ACNA. I Consiglieri hanno certamente gli strumenti delle interrogazioni e delle interpellanze, ma con scarso successo. Infatti alcuni mesi fa il Gruppo Lista Verde ha presentato un'interpellanza sul famoso "Re-Sol", che fino a poco tempo fa era un intervallo di quarta nella teoria musicale. Ora, è diventata una sigla che sta per recupero solfati un impianto che tutti chiamano giustamente megainceneritore.
Si chiedeva cosa vuol fare la Regione Piemonte rispetto al "Re-Sol".
Risposte non ne sono venute, né in Commissione né in aula, mai la Giunta regionale ha preso impegni o ci ha spiegato quali impegni stesse assumendo per intervenire in questa vicenda, lasciata gestire in toto alla Liguria.
Mesi fa, pertanto, la Lista Verde ha chiesto cosa faccia la Regione Piemonte per impedire che la vicenda del Re-Sol venga gestita unicamente dalla Regione Liguria. La Giunta, attenta e vigile, sull'argomento non ha detto nulla né al Consiglio regionale, né alla Commissione e neppure agli abitanti della Valle Bormida; se ha preso iniziative, non ce le ha fatte conoscere. Se la vicenda deve essere gestita clandestinamente, lo si dica si dica se sono necessari segreti militari, industriali o di altro genere.
Però, vi sono anche iniziative giuridiche legali di vario genere supportate da leggi quali la legge n. 441 e il DPR n. 203, che permettono un intervento regionale su una materia quale quella del Re-Sol. Senza dimenticare il fatto che i protocolli d'intesa, a partire dal mese di febbraio 1987, non possono che fare intendere che ogni decisione sull'ACNA debba vedere coinvolte le amministrazioni e le popolazioni locali.
Il concetto di inaffidabilità, citato dall'Assessore all'inizio della relazione e che noi avevamo già richiamato oltre un anno fa, va portato fino in fondo; l'inaffidabilità non riguarda soltanto gli impegni sottoscritti dall'ACNA, ma deve riguardare i documenti dell'ACNA che stanno alla base della relazione dei cinque saggi rispetto agli accordi sottoscritti dall'ACNA nel mese di novembre 1988.
Tutto quanto riguarda l'ACNA deve essere pertanto rimesso in discussione, perché l'inaffidabilità deve essere riverberata su tutte le vicende passate. E questo incidente non deve essere enfatizzato, rispetto ai problemi generali.
I muri di contenimento - dice l'Assessore e personalmente abbiamo avuto modo di vedere - non circondano tutto lo stabilimento dell'ACNA; dalle dichiarazioni dell'ACNA pareva che ciò funzionasse. Circa il problema dei rifiuti, i giornali di non più di una settimana fa scrivevano che nel Mar Nero galleggiano moltissimi bidoni dell'ACNA. Il problema della diossina sta diventando uno degli elementi chiave della vicenda.
Il problema dell'inaffidabilità riguarda tutto e deve portare la Regione Piemonte a rimettere in discussione gli accordi, almeno quelli del mese di settembre dello scorso anno. Non ha più senso che il Ministero dell'Ambiente affidi all'ACNA il piano dei famosi 100 miliardi per la bonifica dello stabilimento quando l'inaffidabilità assume questo livello.
Il problema è che non si può più gestire questa vicenda con un partner come l'ACNA. Non si tratta solo di inaffidabilità, ma di una politica aziendale che non può essere compatibile in alcun modo con processi chiari e regolari, con impegni che si firmano, si sottoscrivono e si rispettano.
La politica dell'azienda ha poi un momento di caduta di tono, di stile e di livello con il comunicato stampa rispetto al sabotaggio e al recente incidente. Questo modo di fare politica, in cui si cerca di addebitare ai cittadini della Valle Bormida le responsabilità dell'azienda, rappresentano un punto di non ritorno rispetto all'atteggiamento che devono avere la comunità piemontese e la Regione rispetto all'ACNA.
Attribuendo fiducia alle dichiarazioni dell'ACNA, il Ministero stesso e la Commissione dei cinque saggi hanno tenuto una politica che si rivela fallimentare.
Sono un problema non solo le lavorazioni (non possiamo che essere d'accordo con una richiesta di sospensione di tutte le lavorazioni), ma anche chi deve intervenire sul greto del fiume. A questo punto, si tratta di lavori (condotti probabilmente senza alcuna autorizzazione) che non si sa bene a cosa servano.
La dinamica dell'incidente continua a risultare non chiara, non si capisce perché è stato fatto lo scavo e chi l'ha deciso. Sull'argomento si possono avere tutti i più seri sospetti che lo scavo servisse per drenare materiale nel corso d'acqua e non per drenarlo e portarlo all'interno dello stabilimento. Sono possibili tutte le illazioni, tutte le supposizioni hanno il loro fondamento. Ora si tratta di intervenire per sequestrare l'area, per far sì che sulla stessa intervenga non la direzione aziendale ma qualcun altro. Lo stesso problema si pone per la bonifica di Pian Rocchetta di Saliceto. Queste cose impediscono - come l'Assessore ha chiarito in Commissione - che si compiano gli interventi di bonifica perché anche questo è un intervento di bonifica. Ripeto: sequestro dell'area, affidamento dei lavori ad un soggetto indipendente, sequestro e iniziative per sequestrare le documentazioni, i luoghi, i progetti, ricorso al TAR e ogni altra possibile iniziativa contro l'impianto cosiddetto di recupero solfati.
In ultimo invito la Giunta regionale, nell'incontro con i parlamentari piemontesi, a tenere conto delle forze politiche che hanno parlamentari eletti in Piemonte, anche se non nella circoscrizione sud (abbiamo già avuto la vicenda precedente del passante ferroviario) e quindi ad invitare i parlamentari regionali nei casi delle forze politiche che non hanno parlamentari eletti nella circoscrizione sud.
Domani a Roma non si tratta soltanto di chiedere la sospensione dei lavori. La sospensione dei lavori si pone, alla luce attuale degli avvenimenti (del lago inquinato, dei 54 metri cubi di percolato che escono sotto l'azienda, del fatto che bastano un po' di piogge per far esplodere una situazione di emergenza), come atto indispensabile, ma che non ha più quasi nulla a che vedere con il risanamento; il risanamento è ben altro ormai - e i fatti lo dimostrano della semplice chiusura dell'azienda. La chiusura dell'azienda è un dato scontato che la Regione Piemonte deve rappresentare in ogni modo e in ogni sede con più forza di quanto abbia fatto finora. Ma il problema vero da portare al Comitato Stato-Regioni è quello che sta sotto l'ACNA, il passato dell'ACNA, il rimosso dell'ACNA, e come ormai questo emerga minacciosamente da ogni parte, cioè come la situazione stia diventando un film dell'orrore: gli zombi del percolato che escono fuori all'esterno dell'azienda. Cosa succeda all'interno dell'azienda e nel sottosuolo dell'azienda, è cosa che ormai può essere immaginata solo nei film di fantascienza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che il dibattito debba puntare sulla reale presa di coscienza di ciò che sta avvenendo, oltre a ciò che è stato oggetto delle dichiarazioni tempestive dell'Assessore rese sia in Commissione, il giorno stesso in cui si verificarono le prime avvisaglie di incidenti, sia in Consiglio; il dibattito punta anche ad una rilevazione puntuale dello stato di tensione che esiste oggi nelle comunità locali rispetto a questa problematica, una tensione della quale non possiamo non farci carico, della quale il Gruppo attraverso le mie parole vuole dare atto e testimonianza con un atteggiamento non emotivo, ma un atteggiamento che ha delle ragioni di coerenza rispetto a parecchi e parecchi anni di querelle su questo argomento. Me lo ricordava ancora oggi il Consigliere Fassio. Di queste preoccupazioni mi faccio carico a nome del Gruppo e in particolare dei Consiglieri Bonino, Devecchi, Martinetti e Fassio perché loro sono maggiormente interpreti di questa tensione che sta crescendo rispetto alla quale si esige da parte del governo regionale una risposta.
L'altro fatto del quale dobbiamo incominciare a prendere atto con realismo è relativo alla vicenda degli incontri romani. Noi non possiamo più pensare che questi incontri romani possano concludersi attestandoci solo all'assolvere ad una serie di pur formali rapporti, ma dobbiamo cercare di scavalcare nei limiti del possibile tutte le inoperatività e tutte le non consequenzialità, che purtroppo dobbiamo registrare anche rispetto al cosiddetto rapporto romano.
Dirò poi come pensiamo di poter superare questa impasse. Diciamo subito che non possiamo non rilevare con soddisfazione la dichiarazione del Presidente Beltrami che parla dell'esigenza di un'autorità di gestione del controllo. In fondo rileviamo che una serie di non sufficienti possibilità di approdare ad incontri tra le realtà liguri e le realtà piemontesi scontra con un'esigenza di una sede nella quale queste contraddizioni queste differenti valutazioni, queste ricomposizioni di interessi legittimi trovino una giusta risposta.
Venendo al merito di ciò che è successo in questi giorni, l'incidente conferma ciò su cui avevamo ampie ragioni di apprensione: l'insufficienza delle misure poste in atto e l'inaffidabilità degli impianti di depurazione rispetto alle quantità di sostanze inquinanti aggiuntive allo stoccaggio storico, e purtroppo tuttora ancora incombente rispetto ad opere di messa in garanzia che sono state sottoscritte nel settembre scorso dall'ACNA.
La compatibilità sta ulteriormente dissolvendosi in logoranti polemiche rispetto alle quali i dati eloquenti sono solo rilevazioni tecniche sui percolati da un lato e sulle rilevazioni a monte. Purtroppo la Regione Piemonte non riesce ad attivare quel programma di monitoraggio che il Ministero dell'Ambiente aveva promesso di finanziare. Questa purtroppo è una denuncia che ho già fatto in Commissione e della quale non posso non farmi carico anche in questa sede.
Abbiamo un progetto ritenuto dal CIPE soddisfacente, abbiamo una precisa elencazione di stazioni o distretti di monitoraggio da attivare e siamo nell'impossibilità di farlo perché i 3,5 miliardi e ciò che dovrà seguire nell'erogazione di queste risorse non sono ancora stati attivati.
Quindi non pensiamo di poterci confrontare con le ragioni giuridiche e con le ragioni politiche che sopravverranno a contrastare le richieste di chiusura se poi non potremo contrapporre delle misure oggettivamente e scientificamente capaci di contrastare ciò rispetto al quale ci stiamo muovendo oppure gli obiettivi che vogliamo conseguire.
Diamo atto comunque della dichiarazione dell'Assessore per quanto attiene alla maturata consapevolezza del non sufficiente confronto della compatibilità in genere con parametri asettici rispetto all'antropizzazione che esiste e agli insediamenti che esistono nella nostra realtà piemontese.
Credo che questo dato debba essere dato come momento di confronto ai nostri rappresentanti nel Comitato Stato-Regioni, perché il vero tipo di scontro non è tanto in assoluto su una compatibilità, come ha giustamente detto l'Assessore, in un ambiente o in una realtà geografica che sia avulsa dal contesto urbanistico, di cultura esistenti, ma si deve rapportare questa compatibilità a un certo tipo di realtà geografica e antropizzata che è data purtroppo dalla nostra realtà piemontese; rispetto alla quale il confronto non può essere riferito genericamente a dei parametri che sono stati forse a suo tempo definiti da leggi esistenti nel settore, per quanto attiene ad alcuni settori, con riferimento ad alcune sostanze rilevate non tutte quelle che paiono essere oggi l'oggetto delle rilevazioni.
L'urgenza del programma di monitoraggio si pone come momento di assoluta esigenza, quindi la posizione della Giunta regionale, per quanto attiene la richiesta della chiusura cautelativa, non può che trovarci pienamente allineati e con una posizione che vorremmo precisare per quanto attiene al rapporto con il Governo.
Al di là dell'esigenza di questo supporto tecnico-scientifico riteniamo vi sia l'esigenza di investire di questo problema altri Ministeri. Pensiamo al Ministero della Protezione Civile perché si metta in piedi immediatamente la verifica di regimazione delle acque con un piano di bacino che metta in condizione di poter valutare quali sono le risorse disponibili o non disponibili; anche nell'eventualità di una rimessa in funzione di alcune attività rispetto alle quali in quel certo contesto geografico la regimazione delle acque è un elemento con cui bisognerà pur fare i conti, proprio rispetto alla vicenda delle esondazioni del percolato e dei regimi idrici più o meno rappresentabili e ipotizzabili rispetto alle quali l'incidenza dell'inquinamento storico stoccato è una delle componenti di cui bisogna fare i conti.
Ribadisco quindi che la Giunta regionale investa il Ministero della Protezione Civile perché faccia un piano di bacino in corrispondenza di Cengio e dia delle risposte precise ad un problema che non ha nulla a che vedere direttamente con le competenze del Ministero dell'Ambiente, perch sono competenze che attengono alla salvaguardia della salute e alla salvaguardia delle condizioni di vivibilità in quell'area.
Dobbiamo investire anche il Ministero dell'Industria per quanto riguarda la vertenza propria della produttività ed il Ministero del Lavoro per la vertenza occupazionale che deriverà da eventuali decisioni che dovessero intervenire o sulla chiusura a scacchiera o sulla chiusura cautelativa. Non dimentichiamo che questi problemi hanno sempre quei risvolti che tutti ben conosciamo.
Chiedo che la dichiarazione del Presidente Beltrami, che noi sottoscriviamo, si traduca di fatto in un rapporto tra Giunta regionale e Governo, che dia modo di attivare una serie di competenze sulle decisioni governative e che consenta di accrescere, al di là dei contenuti delle rilevazioni tecniche, anche lo spessore di credibilità delle decisioni che si andranno a prendere. Perché ho l'impressione che continuiamo a trastrullarci su una serie di pronunciamenti, di richieste, di riferimenti ma se dal Governo (spero di no) venisse un diniego alla richiesta della chiusura cautelativa, noi non ne verremo fuori.
Ritengo si debba dare credibilità alle popolazioni e a tutto ciò che sta crescendo nella sensibilità della gente oltreché delle istituzioni con degli atti nuovi che diano credibilità a tutte le nostre azioni, avviate con coerenza e con una maturazione della quale danno atto anche le forze di opposizione, muovendo con sintonia nella direzione di una possibile auspichiamo, tempestiva soluzione dei problemi che stanno incombendo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, credo sia doveroso da parte nostra esprimere solidarietà all'Associazione per la rinascita della Valle Bormida e a quanti sono stati accusati e forse denunciati per presunti atti di sabotaggio. Esprimo solidarietà a questi cittadini perché ritengo che stia avvenendo un fatto gravissimo, cioè il tentativo di impedire a dei cittadini di controllare ciò che in effetti avviene sul territorio, quando quello che avviene mette pesantemente in discussione la salute dei cittadini.
Assessore, sono d'accordo con lei, finalmente siamo d'accordo, sul giudizio di inaffidabilità dell'ACNA. Peraltro pare che i punti dei liquami che escono dall'ACNA si stiano moltiplicando; mi riferivano poc'anzi i Sindaci che sono già comparsi altri punti di pompaggio intorno allo stabilimento, quindi è ormai un colabrodo che veramente fa acqua da tutte le parti.
Dicevo che sono d'accordo sull'inaffidabilità dell'ACNA, ma è troppo facile per me e alcuni altri dire che "l'avevamo detto". Molti in quest'aula (e non solo in quest'aula) alcuni mesi fa avevano detto: la chiusura dell'ACNA è inevitabile, basta aspettare il prossimo incidente puntualmente l'incidente è avvenuto, oggi siamo qui a discutere della inevitabilità della chiusura dell'ACNA. Però non era necessario questo ulteriore incidente per rendersi conto che quell'azienda non è in grado di continuare a produrre senza inquinare; così come non era necessario aspettare oltre per rendersi conto che ormai l'accettabilità sociale di questa azienda in quella valle è a quota "0". E quando un'azienda è così radicalmente contestata dai cittadini dell'intera valle la si pu continuare a far produrre soltanto in un modo: con la forza pubblica, cosa che sta avvenendo; c'è qualcuno che addirittura ha invocato l'esercito! Ma queste cose qualcuno le aveva dette, quindi non è possibile continuare a tenerle in piedi, bisogna cercare altre soluzioni.
Devo dire che è amaro constatare che si arriva finalmente ad una stretta sulla questione in base al sorgere dell'emergenza di ordine pubblico, perché questo è quanto sta avvenendo in Valle Bormida: lo scontro ormai a livello fisico e personale tra la gente delle due valli è un'emergenza di ordine pubblico.
Finalmente siamo d'accordo sull'inaffidabilità e anche sul giudizio che dava l'Assessore della necessità di chiudere. Ci sono delle responsabilità prima di tutto a livello governativo, ci sono delle responsabilità a livello di Ministero dell'Ambiente, ma dei Ministeri dell'Industria e della Sanità che ancora oggi si rifiutano di vedere quello che ormai soltanto i ciechi non vedono e cioè che quell'azienda non può continuare a lavorare.
Ci sono delle responsabilità - questo voglio rimarcarlo - anche da parte di questa maggioranza e della Giunta, sebbene vi siano state all'interno della maggioranza lodevoli eccezioni.
Non avete scelto con sufficiente determinazione e nei tempi opportuni l'obiettivo della chiusura. Mentre la Liguria è stata molto determinata nel difendere comunque a qualsiasi costo l'azienda, questa Giunta, questa maggioranza, non ha scelto nei tempi opportuni e con la sufficiente determinazione la richiesta di chiusura. Tutti ricordiamo gli ordini del giorno estremamente ambigui: questa è una responsabilità vostra.
Oggi prendiamo atto con favore che finalmente si è d'accordo su un giudizio e si è d'accordo su un obiettivo: la chiusura, quindi c'è la richiesta di chiusura. Però, Assessore, io chiedo che domani, in occasione della riunione del Comitato Stato-Regioni, la Regione sia rappresentata al massimo livello dalla sua autorità politica e amministrativa, quella rappresentanza politica che spesso è mancata.
Voglio affrontare ancora due questioni. Comunque vadano le cose (io spero che vadano come noi auspichiamo) domani in sede di Comitato Stato Regioni è necessario che la Regione chieda al Ministro Ruffolo di rendersi disponibile per un incontro possibilmente in Valle Bormida per affrontare sul campo la situazione che si è determinata e che verrà a determinarsi.
Quanto sto per dire attiene alla facoltà di ogni singolo cittadino e anche eventualmente di ogni Consigliere regionale: se da parte del Governo continuerà ad esserci un rifiuto della chiusura dell'ACNA, credo che ogni cittadino, ogni Consigliere regionale non potrà non prendere in considerazione l'utilizzo di tutti gli strumenti, compresi quelli giuridici, per impedire che questa azienda continui a inquinare e ad attentare alla salute pubblica. Voglio dire che il Sindaco, quale massima autorità sanitaria sul territorio del Comune, e il Ministro della Sanità che sono preposti alla tutela della salute pubblica, non potranno pensare che questa fabbrica possa continuare a inquinare e ad attentare alla salute pubblica. Penso che qualcuno possa anche decidere di denunciare non solo il Sindaco, ma anche il Ministro della Sanità se questa azienda continuerà ad inquinare.
L'ultima questione riguarda il Piano Ansaldo. Detto piano partiva dal presupposto che questa azienda potesse continuare a produrre, quindi se certamente noi, ma ora anche la Giunta, scegliamo con determinazione la richiesta della chiusura di questa azienda perché è incompatibile con il territorio, la logica conseguenza è che il Piano Ansaldo non può più essere discusso, va preso e rivoltato radicalmente; perché, se si sceglie l'obiettivo della chiusura, qualsiasi piano che affronti il risanamento e lo sviluppo socio-economico della Valle Bormida deve partire dal presupposto che l'azienda si deve chiudere e da qui pertanto si deve partire per riformulare un nuovo piano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, attorno alla vicenda dell'ACNA io credo che si stia giocando una partita molto più ampia che porta a vischiosità e a rigidità che potrebbero essere non spiegabili se ci si concentrasse esclusivamente attorno al tema di questa azienda.
Il primo aspetto è l'incapacità di fronteggiare l'emergenza ambiente con politiche di carattere trasversale: la funzione ambiente non può essere circoscritta ad una funzione verticale di Ministero, tocca tutti gli aspetti, dall'agricoltura all'operatività dei lavori pubblici. Dall'altro lato le politiche industriali sono ancora attardate a guardare all'innovazione come momento centrale dello sviluppo del prodotto interno lordo, non tenendo conto che gli interventi, per quanto riguarda le compatibilità ambientali, non sono solo un aspetto legato alla qualità della vita di una comunità, ma alla economicità complessiva di sistema. In questo senso la parte del piano legata ai concetti di rinascita deve anche tenere conto di questi aspetti.
Non si può difendere ogni attività produttiva a scatola chiusa solo con il vincolo dell'occupazione, occorre pensare alle forme di riconversione possibili. Una comunità responsabile, un Consiglio regionale responsabile che spesso ama trattare con grandi gesti di sensibilità i problemi del Terzo Mondo, del sud del globo terracqueo, evidentemente devono anche considerare che le produzioni dell'ACNA sono connesse a una grande quantità di beni di consumo che la comunità industriale avanzata utilizza, per cui "sbolognarli" al sud del mondo, a un Paese del Terzo Mondo non è una soluzione accettabile, anche se questo processo è molto sviluppato. La chimica di base la mandiamo ai Paesi del Terzo Mondo, così come la produzione degli acciai ordinari per cui andranno ad inquinare là.
Occorre fare un grande sforzo di civiltà. La nostra società si deve misurare con questi problemi, proprio perché le politiche industriali e le connesse politiche del lavoro per le ristrutturazioni inevitabili pongono ormai decisamente, centralmente non solo il problema dell'innovazione tecnologica organizzativa e gestionale, ma anche quello della trasformazione dei cicli produttivi per la compatibilità ambientale.
E' questo lo scontro, la partita grossa! Non si tratta di chiudere o meno l'azienda. Il caso dell'ACNA è come un domino: c'è una concatenazione che si va a determinare con una scelta o con un'altra scelta. Allora le resistenze sono più alte di quello che logica di una comunità, anche logica di un'assemblea e logica di una valutazione generale di una società tenderebbero ad assumere.
Questa è una partita grossa, se passa la chiusura, se si accetta che attorno al vincolo dell'ambiente alcuni cicli produttivi devono comunque chiudere o comunque devono dare prova di essere in grado di riconvertirsi in tempi ragionevoli e con risultati significativi, è chiaro che si tratta di una scelta di fondo che va a produrre a cascata un effetto dirompente sull'intero apparato produttivo italiano.
In questo senso, la non sottovalutazione di una battaglia di principio che si fa attorno alla vicenda ci chiama ad una responsabilità. Non possiamo vedere solo il caso ACNA isolato, ma dobbiamo tenere conto della rilevanza delle concatenazioni e della decisione che andiamo ad assumere.
E' evidente che anche chiudendo l'azienda, anche portandola via con un colpo di bacchetta magica, resta il problema storico di questa azienda di aver impregnato un'intera area su un basamento molto solido che costituisce il problema fondamentale della bonifica.
Non avevamo altra strada che quella di chiedere la chiusura cautelativa, non sarebbe stata compresa un'altra indicazione e forse era un passaggio logico rispetto a quanto abbiamo elaborato in Consiglio.
La chiusura cautelativa, che deve dare una prova di disponibilità o un'eventuale possibilità di poter trasformare radicalmente quelle parti più vulnerabili con i problemi ambientali dal ciclo produttivo, deve avere una subordinata ben precisa: l'azione di bonifica dello stabilimento deve essere fatta da un momento più oggettivo, da un'autorità "di bacino" capace di gestire e controllare questo tipo di processo.
Se domani a Roma sulla chiusura cautelativa ci saranno resistenze e problemi, se ci sarà l'ipotesi della chiusura a scacchiera, la proposta di chiudere qualche reparto (sarà probabilmente questa la linea di tendenza che emergerà, contrapposta alla nostra), noi dovremo impegnarci a fondo affinché l'opera di bonifica assuma un carattere più.oggettivo di quello che ci può offrire la Montedison con il suo intervento. In questi giorni le piogge hanno dato un segnale; in teoria, anche se per sei mesi lo stabilimento fosse stato fermo, l'emergenza di questi giorni sarebbe stata analoga.
Con l'azione di bonifica dobbiamo dare una certezza alla comunità.
Avevo già denunciato la questione dei 52 Comuni che sono stati interdetti per quanto riguarda l'utilizzo dei loro acquedotti per la presenza di atrazina. In una società civile tecnologicamente avanzata il monitoraggio è una scelta che deve essere fatta anche con mezzi della Regione, se non ci sono mezzi messi a disposizione o di difficile utilizzo dal livello nazionale. Intendo un monitoraggio serio che possa dare in tempo reale una certezza, che abbia dei controlli centralizzati dell'andamento delle acque non solo del Bormida (tra l'altro potremmo anche rapportarci ad un nostro apparato industriale molto avanzato in questo settore), l'uso della domanda pubblica al fine di dare una risposta di qualità della vita, ma al fine di essere un volano anche per lo sviluppo economico.
Il minimo che possiamo fare è di programmare subito un monitoraggio autonomo, se non siamo in condizioni di avere un supporto che ci permetta di dare gambe rapidamente a questo problema, in modo che ci siano delle certezze di controllo per evitare che gente di buona volontà o dirigenti dell'USSL vadano a fare il prelievo con il baracchino.
Siamo nelle condizioni tecnologiche ed economiche per poter fare questa scelta. Sta alla nostra volontà dare il segno tangibile alla comunità che almeno in questo piccolo aspetto intendiamo muoverci con coerenza.
Concludo sperando che domani l'Assessore possa far arrivare alta questa indicazione, possa far arrivare alta l'indicazione di richiedere una svolta nella politica industriale, una inaccettabilità ormai di enfatizzare quello che è un modo di mungere il denaro pubblico, teso a trasferire in particolare alla grande azienda grandi quantità di risorse per l'innovazione.
Facciamo un grande sforzo e una scelta di civiltà, in modo da privilegiare le politiche industriali nella direzione di riconvertire l'apparato industriale. Ne trarrà anche beneficio il conto economico consolidato dell'azienda Italia; non è solo un'azione a perdere, è un'azione che recupera a livello complessivo di sistema socio-economico questa economicità.
Assessore Cernetti, l'impegno che lei deve portare a Roma è difficile troverà delle contrapposizioni dure. Cerchiamo di portare a casa un risultato certo, cerchiamo di lasciare dei risultati tangibili sulla questione della bonifica, cerchiamo di dire ad alta voce che sul monitoraggio, se non ci sarà un intervento preciso, responsabile e diretto dovremo assumerci noi - siamo in condizione di farlo - questo impegno verso la comunità. Inseriamoci con le nostre decisioni all'interno di quel più grande dibattito sul tipo e l'orientamento che questa società deve dare ai processi economici. Solo in questo senso concorreremo alla determinazione corretta della nostra società.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone che interviene in qualità di Consigliere.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo socialdemocratico condivide l'impostazione data dall'Assessore Cernetti nella sua relazione e ricorda come in questi ultimi giorni vi siano state alcune notizie concomitanti che ci portano a concludere sull'inaffidabilità dell'azienda e del suo management e sull'impraticabilità di qualunque ipotesi che tenda a valutare la possibilità di convivenza delle produzioni dello stabilimento ACNA con l'ambiente della Valle Bormida.
Il nostro Gruppo il 19 aprile aveva presentato un'interrogazione urgente, a firma del Consigliere Gallarini, che prendeva lo spunto dalle prime indiscrezioni di stampa attorno alle risultanze della relazione del prof. Rolle, che era già una prima testimonianza scientifica e certa di come in realtà il tempo fosse passato invano, che i provvedimenti annunciati o assunti non avevano portato alcun beneficio al miglioramento della qualità delle acque del Bormida, che invece persisteva forte la presenza di inquinanti nelle acque di scarico e si ribadiva anche sul piano scientifico come in realtà questo tipo di produzione e le acque di scarico fossero ancora fortemente inquinate, quindi a loro volta producessero l'ulteriore aggravamento dell'inquinamento della Valle Bormida. Poi vi sono stati i fatti recenti che hanno confermato ulteriormente l'inaffidabilità dell'azienda nel punto in cui questa aveva sempre dichiarato di aver realizzato una impermeabilizzazione dell'area tale per cui il percolato, e tutto quanto sta di misterioso sotto quella fabbrica, non avrebbe mai raggiunto le falde, non sarebbe mai fuoriuscita nel Bormida perché si erano introdotti sistemi innovativi e si era realizzata una impermeabilizzazione tale per cui non vi sarebbe stata questa possibilità.
Sono bastati alcuni giorni di pioggia persistente per vanificare tutte le grandi dichiarazioni che tante volte ci siamo sentiti ripetere, a noi che, da questo punto di vista, avanziamo da sempre dei dubbi.
Questa è un'ulteriore conferma che l'azienda è inaffidabile, che le cose che ha detto non corrispondono al vero, che esiste il pericolo grave di inquinamento ulteriore della Valle Bormida con sostanze di cui non si conosce il grado di pericolosità, oltre al fatto che non si conoscono neanche tutte quelle che circolano in quel corso d'acqua e quindi ripropongono con urgenza il fatto che occorre assumere delle decisioni in tempi rapidi che vanno nella direzione della chiusura dello stabilimento.
Da questo punto di vista - ne abbiamo parlato anche ieri mattina in Giunta condividiamo l'impostazione data dall'Assessore Cernetti là dove si va, domani, a chiedere nuovamente con forza la sospensione delle produzioni dell'attività all'interno dello stabilimento ACNA, in modo da poter procedere in modo scientifico e certo e tecnicamente supportato all'interno dello stabilimento per verificare quello che oggi è sotto gli occhi di tutti, per capire il potenziale pericolo che esiste in questa situazione.
Noi diciamo che si deve fare anche di più. Bisogna anche chiedere il sequestro dell'area da cui fuoriesce il percolato, un sequestro che consenta delle verifiche tecniche per capire la natura di quel liquame, i contenuti, il grado di pericolosità e cosa fare intanto per cercare di bloccarlo e per porre anche fine a questo vergognoso balletto di comunicati a cui ci ha esposto l'azienda cercando peraltro di scaricare sugli abitanti della valle colpe che questi certamente non hanno, ivi compresi anche gli ultimi sotterfugi per tentare di allontanare la popolazione dal greto del fiume, per cercare poi, nottetempo, di ricoprire le polluzioni con la terra, impiegando dei mezzi adatti per la movimentazione della terra peraltro in modo non autorizzato.
Anche questo ci deve veramente impegnare a smascherare l'azienda e a stopparla rispetto a queste iniziative.
Concludo il mio intervento, anche perché noi abbiamo una posizione lineare attorno a questa vicenda che non sto a riprendere perché è nota.
Benissimo, per domani è inteso che ci sarà la richiesta di sospensione dell'azienda. Sarei anche non molto d'accordo ad accedere ad un'eventuale subordinata di richiesta a scacchiera, perché ho paura che ricadremmo in un giochetto in cui in passato siamo già caduti; quindi chiusura cautelativa secca dell'azienda, sequestro dei terreni in cui affiora il percolato per consentire la verifica delle situazioni e la richiesta formale che non si prosegua nell'iniziativa rispetto alla realizzazione del famoso inceneritore Re-Sol. Il Presidente della Giunta, Beltrami, aveva inviato le scorse settimane un telex al Presidente della Giunta ligure, Magnani perché quella Giunta non approvi il progetto, approvato peraltro dal Comitato tecnico (anche se oggi leggiamo che non è stato un provvedimento assunto all'unanimità e che vi sono state delle posizioni diversificate).
Chiediamo che domani venga ribadita questa richiesta e che il progetto dell'inceneritore sia bloccato e comunque non vengano mandati avanti gli atti che in tempi normali dovrebbero essere mandati avanti perché, se andasse avanti questo progetto di inceneritore, sarebbe un'ulteriore iattura che si andrebbe a scaricare sulla valle. Colgo positivamente il fatto che all'interno di questo Consiglio su questi punti non vi sono più le differenziazioni che vi sono state nel passato. Ci rallegra il fatto che le nostre posizioni, che talora abbiamo assunto in modo difforme rispetto alle forze politiche o rispetto all'esecutivo, stiano trovando un ampio consenso che dà anche forza politica ai nostri rappresentanti all'interno del Comitato Stato-Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anche io farò un breve intervento. Ringrazio innanzitutto l'Assessore Cernetti che ha svolto un'amplissima relazione, condivisibile praticamente in tutti i punti.
Debbo dire, come ha già accennato il collega Mignone, che in data 19 aprile, davanti alle prime indiscrezioni della relazione del prof. Rolle avevo presentato un'interrogazione per sapere cosa ne pensasse la Giunta.
Secondo quelle indiscrezioni (che poi sono state confermate) l'inquinamento non era mai diminuito; quindi tutte le analisi, che erano state fatte localmente e poi queste che avevano maggior valore, confermavano che l'inquinamento non era mai diminuito, il che significava che quanto affermato confermava l'inaffidabilità dell'azienda. Parliamo, ad esempio del famoso muro, che è stato ben descritto dal collega Bruciamacchie; quel muro, che doveva salvare tutto il percolato, al massimo sarà lungo venti metri, non di più...



BRUCIAMACCHIE Mario

Quaranta metri.



FRACCHIA Mario

Non ho l'occhio geometrico, comunque questo muro non copre tutta l'area del muro di cinta dove esce il percolato. Quindi, nel punto dove è avvenuto l'incidente, di sabotaggio non se ne deve parlare perché è materialmente impossibile poter fare quello che è avvenuto. E' impossibile che due, tre quattro o cinque persone abbiano potuto fare quello che è avvenuto, se non attraverso una bomba o cose simili, quindi il sabotaggio non è avvenuto.
Il percolo è senz'altro avvenuto per la copiosità delle piogge di questi giorni e le sostanze che escono nessuno sa veramente cosa sono.
In una relazione tenuta dal prof. Ostacoli si diceva che, secondo analisi non ancora complete, erano sotterrati ben ottanta tipi di veleni non diciamo le quantità perché non sappiamo se sono un milione di tonnellate o dieci o venti. Il numero non ha importanza, dobbiamo solo sapere che dove è sorta la fabbrica era tutto un avvallamento, in cent'anni è stato spianato, quindi le produzioni di cent'anni, gli scarti di lavorazione in tutto questo tempo sono stati accatastati, sotterrati in quell'area (non so di quanti migliaia di metri quadrati è). Ci potranno essere dei veleni del 1900 mescolati con dei veleni del 1988. Mi pare quindi che la posizione della Giunta sulla chiusura cautelativa sia molto importante. Nessuno chiede la chiusura per la chiusura in se stessa, si tratta della salute della popolazione! Se l'ACNA fosse in grado di mettersi a posto, penso che i cittadini della Valle Bormida sarebbero i primi a complimentarsi che la fabbrica funzioni. La chiusura della fabbrica porta anche un rilassamento nelle attività dalla parte piemontese, quindi nessuno gioisce a chiedere la chiusura; la chiusura in questo momento va chiesta perché non è più.sostenibile che la gente viva priva di informazioni inquinata e, a causa delle iniziative di ordine pubblico, c'è una situazione molto tesa, si è arrivati a contrasti tra gli operai e gli abitanti della valle della parte piemontese che potrebbero generare scontri molto più violenti.
Quindi domani a Roma, Assessore, con la sua grinta, deve ottenere possibilmente la chiusura cautelativa, perché la chiusura a scacchiera penso risolverebbe ben poco.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, innanzitutto voglio ricordare che fin dal primo momento, in cui il gravissimo problema dell'inquinamento prodotto dall'ACNA e dell'inquinamento dell'intera Valle Bormida è calato in quest'aula, il nostro atteggiamento è stato nel senso di attestarci per la chiusura dello stabilimento, questo motivatamente e responsabilmente come fanno fede i verbali in cui sono consacrate le cose dette. In sintonia con il Gruppo consiliare ligure del MSI-DN, ci siamo resi conto che di fronte alle tre esigenze, tutte meritevoli, che si contendevano il campo di fronte alla grave situazione, la salute delle popolazioni, la tutela dell'ambiente, la tutela del lavoro, la prima doveva essere necessariamente prioritaria ad ogni altra. Ma voglio ricordare che la volontà politica espressa anche in maniera decisa questa mattina dall'Assessore Cernetti, di pervenirsi alla chiusura cautelativa dell'ACNA era già stata espressa e consacrata negli ordini del giorno del 15 settembre 1988 e in quello del 20 dicembre 1988. Se le parole hanno un senso, c'era l'impegno per la Giunta unanimemente votato il 15 settembre, di richiedere al Governo di prolungare la chiusura dello stabilimento ACNA e, il 20 dicembre, di chiedere tout court la chiusura cautelativa.
Oggi con il verificarsi del grave incidente del 19-20 aprile, per la terza volta, si concorda di chiedere con una certa decisione, da parte dell'Assessore, la chiusura dell'ACNA; da parte nostra (spero di sbagliarmi) esprimiamo un certo scetticismo, perché la volontà politica consacrata nell'ordine del giorno di settembre ed in quello di dicembre evidentemente non hanno sortito nulla. Né sappiamo quali comportamenti concreti e con quali supporti tecnici ci si sia incontrati con gli ambienti ministeriali dal 15 settembre ai giorni nostri. Confidiamo che domani si vada con una certa decisione a chiedere la chiusura secca e il sequestro di quei terreni, utili per una approfondita indagine.
Esprimo scetticismo non solo perché da settembre ad oggi nulla si è ottenuto, ma anche perché (e qui lo scetticismo riguarda la volontà politica del Ministro per l'Ambiente) il 29 luglio 1988 venne emanato quel famoso provvedimento beffa cosiddetto "contingibile urgente" con il quale si diceva a chiare note che era stata accertata una situazione di grave pericolo di danno ambientale, la non compatibilità ambientale e pericoli per la sicurezza delle popolazioni. Quindi, dopo queste premesse gravi degne di alta considerazione e supportate da indagini tecniche, la conclusione è stata poi una chiusura per soli 45 giorni ai fini di accertare i reali pericoli, che si davano già per scontati, con la collaborazione dell'ACNA, la quale è del tutto inaffidabile. E' inaffidabile per una ragione, oserei dire, paradossalmente dal proprio punto di vista comprensibile: essa è la parte interessata e tenterà sempre di sostenere o di non essere mai stato il soggetto inquinante oppure di essere in grado di eliminare l'inquinamento.
Quindi nell'incontro di domani, sperando che questa sia la volta buona nella quale si ottiene la chiusura secca (come auspica anche il collega Mignone), la prima cosa da chiedere al tavolo delle trattative è quella di togliere di mezzo da ogni concorso nell'indagine il soggetto ACNA altrimenti, essendo parte interessata, è del tutto inaffidabile. Se altre indagini tecniche dovessero ancora farsi e se il materiale raccolto in precedenza e in questi ultimi giorni non è sufficiente (noi riteniamo che dovrebbe essere abbondantemente sufficiente visto quanto scriveva il Ministro il 29 luglio affermando una situazione di grave pericolo) comunque, se si dovessero fare altre indagini, non si deve tenere conto n di quelle pregresse effettuate dall'ACNA né di un coinvolgimento ulteriore dell'ACNA. Questa dovrebbe essere la premessa del ragionamento da farsi domani con la dovuta auspicabile decisione ai fini di pervenirsi al risultato, prima e davanti ad ogni cosa, della chiusura cautelativa.
Chiaramente il problema dell'intera vallata non si risolve con la chiusura cautelare, ma questo è il primo anello della catena ed auspichiamo che sia la volta buona che si riesca ad ottenerlo.



FRACCHIA Mario



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi, mi sembra doveroso intervenire in questa discussione che, seppur attraverso una serie di dibattiti che hanno verificato un procedere molto articolato, sta registrando una posizione che trova unanime consenso, al di là degli aspetti che potevano esserci in altri momenti, a volte di contrasto, a volte di adesione, ma che erano anche circondati da momenti di legittima perplessità. Gli aspetti di legittima perplessità che potevano esserci prima oggi non esistono più in me. In tutti i miei interventi svolti fin qui ho sempre portato un'attenzione rispetto ad un problema che, secondo il mio punto di vista doveva essere visto con la massima serenità, ma anche con l'attenzione capace di cogliere tutti gli aspetti: di chi giustamente lamentava un secolo di inquinamento che ha colpito tutta la Valle Bormida e di chi in qualche misura rappresentava l'esigenza del lavoro nell'azienda di Cengio.
Condivido pienamente quanto è stato detto dall'Assessore Cernetti.
Questa adesione totale in altri momenti non c'è stata per le ragioni che ho già espresso, con ciò dando luogo ad animate discussioni all'interno dell'assemblea e dello stesso Gruppo socialista, così come condivido l'intervento del mio Capogruppo Tapparo teso a chiedere la chiusura cautelativa dell'ACNA.
Signori, non ci sono dubbi su questo! Magari domani si contrapporranno tentativi di articolare la chiusura, però anch'io vorrei affidare all'Assessore Cernetti la responsabilità di farsi interprete nel confronto con il Ministro di questa presa di posizione molto precisa.
La spettacolarità con cui il Ministro ha deciso di anticipare a domani rispetto alla previsione in cui doveva svolgersi la riunione del 3 maggio si può interpretare come un atto che non consente più alcuna tergiversazione, a maggior ragione se ci sono parti che cercheranno di portare motivazioni varie. Occorrerà comunque dare il massimo di appoggio perché la situazione attuale non è più tollerabile.
Ho detto alla vigilia del 30 luglio dello scorso anno che, pur facendo un discorso articolato, come ho sempre ritenuto di dover fare, perché come socialista ritengo di affermare anche delle ragioni profonde che ci legano al lavoro operaio, nel quale molta gente e molte generazioni hanno sputato sangue, come sputa sangue la gente che ha subito l'inquinamento, che sarebbe stata inevitabile la chiusura dell'ACNA. Ma, badate bene, ritenevo questa inevitabilità per la incompatibilità del tipo di produzione con l'ambiente, per la ingestibilità di quel tipo di produzione che le stesse tecnologie moderne non sarebbero state in grado di gestire. Questi erano i motivi, non per l'afflosciamento. Ho l'impressione che invece l'ACNA, a questo punto mi devo ricredere, debba essere chiusa per fatiscenza, come un regime che crolla, che non ha più alcuna via di uscita, come una struttura decotta.
Questa è la cosa che mi colpisce. Ho avuto modo già di farlo presente perché questo fa vedere, se ancora ce ne fosse bisogno, i ritardi, le profonde contraddizioni in cui si muove un certo tipo di imprenditoria industriale alla quale ho attribuito, come attribuisco, fiducia nella capacità di far fronte a questi problemi.
Questo l'ho fatto presente l'altro giorno quando ad Alessandria la Montefluos (Montedison, quindi titolari della stessa ACNA) ha promosso un convegno a livello internazionale per discutere l'indebolimento della fascia di ozono. Rilevo positivamente questo fatto, però bisogna colmare dei ritardi che mi sembrano molto evidenti. Lo dicevo però più per significare un aspetto culturale che non invece strutturale come quello di questo momento. Si vada dunque rapidamente alla chiusura di uno stabilimento le cui strutture sono fatiscenti e i cui titolari responsabili non mi sembra meritino il titolo di manager industriali, nei confronti dei quali abbiamo invece grande rispetto. Noi vogliamo discutere, aprire un confronto e portare il discorso con gli imprenditori ma anche con coloro che sanno porsi il problema del rapporto con la società. A questo punto il problema è politico, per cui occorre fermamente andare a questo confronto e lo sosteniamo con estrema decisione.
La società che noi rappresentiamo ha e deve avere il diritto di poter far valere i propri orientamenti di fronte ad una classe imprenditoriale che da questo punto di vista sta mostrando una grande incapacità di intervento. Siamo di fronte a fatti che hanno cambiato il quadro e quindi si devono dare delle risposte precise.
E' un problema di salvaguardia e di garanzia della gente. Per gli operai si troveranno altre soluzioni. Credo che l'azienda possa essere trasformata, se si vuole un'azienda capace di disinquinare. Da fare in Valle Bormida ce n'è molto.
E' necessario portare avanti questa battaglia per realizzare quella che è una ragione di fondo che ha mosso la gente della Valle Bormida, che ha tutta la mia solidarietà perché è gente che ha lottato, che ha lavorato. Mi auguro che la Regione Liguria, con la quale vogliamo continuare a lavorare comprenda le molte ragioni che ci porteranno ad assumere con decisione un'iniziativa perché si arrivi all'obiettivo che il Consiglio regionale sta per approvare.



PRESIDENTE

Non essendoci altri iscritti a parlare, do la parola all'Assessore Cernetti per la replica.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Svolgerò un breve intervento a conclusione di questo dibattito che mi pare abbia visto tutte le forze politiche, sia pur con qualche sfumatura sulle stesse posizioni. Non risponderò a tutti i problemi sollevati, ma solo a qualcuno di estrema importanza.
Di importanza essenziale è sicuramente il monitoraggio, cioè il controllo continuo; la Regione Piemonte ha presentato un progetto di monitoraggio completo, il migliore in assoluto tra quelli presentati, anche rispetto alla Liguria, e ci è stato promesso un finanziamento, che già c'è di 3 miliardi, i quali fanno parte di quei 30 miliardi che la Giunta regionale aveva ottenuto per iniziare la bonifica della Valle Bormida e che la Liguria ci contesta.
Questi 3 miliardi devono esserci assegnati e sarà nostro impegno ottenerlo domani a Roma. Mi recherò all'incontro con l'ing. De Giorgio, che fa parte del Comitato Stato-Regioni e con altri due funzionari.
Alcuni Consiglieri e i rappresentanti degli enti locali, che ho ricevuto prima dell'inizio del dibattito, hanno fatto proposte importanti circa il sequestro dell'area dalla quale esce il percolato che è soggetta a manomissioni e ad incementazioni fatte all'ultimo momento.
Sia il monitoraggio che le proposte emerse dagli enti locali sono contenute in una bozza di ordine del giorno, che è già a mani dei Capigruppo e che dovrà essere posto in votazione al termine del dibattito.
Ringrazio quanti hanno approvato la mia relazione e confesso che sento una grande responsabilità per l'appuntamento romano. Farò di tutto per portare avanti le posizioni emerse dal Consiglio, dalla Giunta, dagli enti locali, dalla popolazione del Bormida e le mie personali. Tengo a sottolineare che non sono mai state indecise, neanche nel primo momento delle quali ho ritenuto di dare dimostrazione pubblica quando, a fianco della popolazione, ho partecipato alla grande manifestazione, che vedeva presente anche il Gonfalone della Regione Piemonte. Era una posizione addirittura incauta per un Assessore, però ho voluto che fosse presente, in modo chiaro e lampante, di fronte alla popolazione del Bormida la mia solidarietà e la mia convinzione personale.
E' stato accennato all'inoperatività a livello romano. Non vorrei che mi caricaste di qualcosa che va oltre la mia persona, pur rappresentandovi tutti; non vorrei che mi deste il merito assoluto, se porterò a casa la chiusura cautelativa, e il demerito, se porterò a casa qualcosa di molto meno. L'inoperatività a livello romano è indubbiamente causata - è inutile che ci facciamo delle illusioni - da qualcosa che, a mio avviso, falsamente contrappone produttività ad ambiente; tuttora dobbiamo registrare che è così ed è causa di quella inoperatività e di quella paralisi che noi primi ai nostri livelli constatiamo. Anche la deliberazione della Giunta che riduce l'inquinamento in atmosfera vede ora tutta una serie di ricorsi della produzione al TAR. perché la verità è che si vuole continuare a produrre senza pagare il prezzo necessario per produrre pulito. Questo è il problema che sta alla base tra produzione ed ambiente, che molte volte causa contrasti ed inoperatività e non solo a livello governativo, ognuno di noi lo può riscontrare. Io lo riscontro al mio livello, ma le stesse forze politiche lo riscontrano al loro interno e vediamo il contrasto emerso anche attraverso i mass media. Siccome poi il divario tra produzione ed occupazione in qualche modo si riscontra, le stesse forze di sinistra molte volte sono state imbarazzate di fronte a scelte estremamente difficili tra ambiente ed occupazione, quindi credere che con la bacchetta magica noi riusciamo a risolvere tutti i problemi dell'ambiente, ancora oggi in contrapposizione con la produzione che è ancora l'unico vero e solo dio della società dei consumi, vuol dire presumere troppo.
Faremo il possibile per portare a casa qualcosa. Qui si chiede una "chiusura secca". L'Assessore Mignone, che ha usato questa espressione, ha provato sulla sua pelle quanto sia difficile andare a Roma convinti di ottenere qualcosa, quale sia il divario tra quello che si chiede e quello che si riesce a portare a casa e non per indisponibilità, ma per i contrasti che indubbiamente esistono e che sarebbe sciocco negare.
Assicuro tutto il mio impegno. Mi carico sulle spalle le aspettivative di tutta la popolazione del Bormida, della Giunta e del Consiglio regionale, cercherò di farlo con tutto l'impegno che è stato perseguito nel portare il Comitato tecnico vicino alle posizioni della Regione Piemonte.
Non sono le stesse posizioni, sono vicine, ma se ricordate come è iniziata la vicenda, questa è una vittoria perseguita faticosamente, in modo assolutamente privo di iattanza, però perseguita con assoluta e determinata volontà di giungere a risultati che rendano tutti soddisfatti.



PRESIDENTE

Il dibattito è così concluso.
L'ordine del giorno è stato distribuito ai Capigruppo i quali lo potranno valutare. Prima della conclusione della seduta odierna tale ordine del giorno sarà posto in votazione.
I lavori riprenderanno alle ore 15.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14,10 riprende alle ore 15,15)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento: Bilanci preventivi - Assestamento di bilancio - Bilancio pluriennale

Esame progetti di legge n. 455: "Integrazione alla L.R. n. 52/88 (Assestamento bilanci parchi)", n. 482: "Bilancio di previsione per l'anno 1989" e n. 493: "Bilancio pluriennale 1989/1991" - Presentazione pregiudiziale di non passaggio all'esame dell'articolato


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Il punto 5) all'o.d.g. prevede l'esame dei progetti di legge nn. 455 482 e 493.
Relatore di maggioranza è il Consigliere Santoni, Presidente della I Commissione, che ha pertanto la parola.



SANTONI Fernando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1989 pareggia sulla cifra di 6.926 miliardi 530 milioni. Tale cifra è inferiore a quella del bilancio assestato 1988 di 343 miliardi circa, pari al 4,7%.
Negli ultimi cinque anni i trasferimenti dello Stato si sono ridotti in termini reali, di circa il 7% per la differenza tra tasso programmato e tasso reale d'inflazione.
Di contro si sono incrementate le spese di funzionamento, ed in particolare quelle per il personale in conseguenza dell'attivazione dei concorsi interni.
La situazione rischia di essere ulteriormente aggravata da due provvedimenti del Governo: il decreto n. 548/88 ed il decreto n. 64/89.
Il primo relativo, tra l'altro, ai rapporti Regioni-INPS ricondurrebbe a carico della Regione Piemonte un debito complessivo progressivo nei confronti dell'Istituto di circa 90 miliardi oltre ai 12 miliardi che verrebbero a maturare nel corso del 1989.
Il decreto è attualmente decaduto (bisogna precisare però che era decaduto al momento in cui è stato fatto il bilancio, ed è stato ripresentato sotto il numero 110 del 1989 e non è stato ancora convertito in legge), ma qualora riproposto, comporterebbe per la Regione Piemonte nel presente esercizio, un onere aggiuntivo di circa 30 miliardi (18 miliardi quale rata del debito pregresso più 12 miliardi maturati nell'anno in corso).
Il secondo e cioè il recente decreto n. 64/89 recante: "Disposizioni in materia di finanza pubblica", dispone che le autorizzazioni di spesa dello Stato per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale costituiscono "il contributo statale alla complessiva gestione dei servizi sanitari di competenza di ciascuna Regione", e che le predette autorizzazioni affluiscono al fondo comune delle Regioni senza peraltro concorrere alla determinazione del tetto massimo di indebitamento possibile per le Regioni stesse.
Tale norma, oltre ad apparire ad un primo esame in serio contrasto con quanto previsto dalla legge di riforma sanitaria, pone dei gravissimi problemi di ordine finanziario scaricando di fatto sulle Regioni gli eventuali disavanzi delle Unità Sanitarie Locali con il rischio di un onere aggiuntivo che paralizzerebbe ogni attività nelle altre materie cui è destinato il fondo comune di cui all'art. 8 della legge n. 281/70.
Da quanto fin qui esposto emerge chiaramente come la politica dei trasferimenti statali alle Regioni è stata determinata dalle necessità contingenti di far fronte al disavanzo complessivo dello Stato proseguendo anche per quest'anno, nella logica della riduzione al livello minimo dei trasferimenti senza alcuna responsabilizzazione degli enti regionali sul versante delle entrate.
Tale situazione di fatto impedisce una qualsiasi politica di bilancio pur tentata in questi anni in Piemonte, tendente da un lato ad un risanamento complessivo della finanza regionale e dall'altro ad una realmente efficace distribuzione delle risorse in quei settori ritenuti strategici per una corretta e compiuta politica di programmazione.
Quanto affermato risulta ancora più evidente se si considera che su una cifra di bilancio di complessivi 6.926 miliardi 530 milioni, le risorse cosiddette libere o disponibili della Regione ammontano per quest'anno a solo 196 miliardi 419 milioni (10.342 milioni in meno del 1988 pari al 5 di riduzione) e cioè a meno del 3% del bilancio complessivo.
Altro dato che è necessario sottolineare per la sua rilevanza è che nel bilancio di questo esercizio è stata utilizzata in previsione l'intera capacità di indebitamento della Regione pari a circa 187 miliardi di nuovi mutui.
Tale operazione se da un lato consente di far fronte per quest'anno alle necessità primarie dell'Ente, dall'altro inevitabilmente irrigidirà ancora di più i bilanci dei prossimi anni.
Orbene, se con una estrapolazione tecnicamente non corretta ma sostanzialmente significativa confrontiamo l'ammontare delle risorse libere della Regione previste per quest'anno (circa 196 miliardi) con l'ammontare dei mutui previsti (circa 187 miliardi) ci rendiamo conto che nella sostanza la già scarsa "attività libera" della Regione è quasi totalmente finanziata attraverso l'assunzione di nuovo indebitamento.
Ho già detto che il confronto è tecnicamente non corretto per la diversa imputazione dei mutui alle varie voci di bilancio, ma resta comunque complessivamente significativo; ancor più se si considera che dei 196.419 milioni di risorse libere, circa la metà sono destinati alla formazione professionale che, come ricordato nella relazione della Giunta al bilancio, ha ormai assunto carattere di spesa rigida.
Prima di addentrarci in un più dettagliato esame delle cifre è doveroso riferire al Consiglio che a tutt'oggi la I Commissione non è stata in grado di adempiere all'incarico ricevuto per la redazione di un "Bilancio dei bisogni minimi" così come da ordine del giorno votato da questo Consiglio e ciò non per cattiva volontà od incapacità dei suoi componenti. Il rischio da un lato, di scrivere un libro dei sogni, dall'altro l'insufficienza dei dati conoscitivi ha limitato il lavoro della Commissione alla giustapposizione delle cifre del bilancio 1988 con quelle risultanti dagli emendamenti proposti in sede di Consiglio, dalle richieste dei singoli Assessorati in sede di formazione del bilancio e dai finanziamenti FIO.
L'impegno è di proseguire nel lavoro, se questo Consiglio lo riterrà con la collaborazione indispensabile della Giunta la cui disponibilità è stata già concretamente manifestata.
Tornando alle cifre del bilancio, si è già detto che pareggia sulla somma di 6.926.530 milioni.
Di questi, le spese correnti ammontano, compresa la sanità, a 5.338.450 milioni; le spese d'investimento ammontano a 1.565.579 milioni, mentre gli oneri di ammortamento per i mutui finora contratti ammontano a 17.296,5 milioni.
Veniamo ora ad esaminare la parte entrate.
L'avanzo finanziario è incrementato di 467 miliardi pari al 37,45 rispetto all'avanzo del bilancio assestato 1988.
Tale incremento dipende dal fatto che lo Stato trova sempre più difficoltà ad effettuare i versamenti relativi a leggi settoriali e quindi da un lato si incrementano i residui attivi e, dall'altro, le economie di spesa; e dal fatto che la Regione ha difficoltà a sua volta ad impegnare queste risorse con vincolo di destinazione o, in altre parole, ha difficoltà ad attuare i relativi investimenti.
I residui attivi presunti dalle entrate a destinazione vincolata, cioè delle somme che lo Stato deve versare in relazione a leggi settoriali, si sono incrementati, rispetto ai residui attivi alla chiusura dell'esercizio 1987, di 590 miliardi circa pari al 58,4%, mentre contemporaneamente le entrate a destinazione vincolata di competenza 1989 si sono ridotte rispetto a quelle del bilancio assestato 1988, di 704.412 milioni pari al 12,8%. Nel bilancio assestato dell'esercizio 1988 i residui attivi rappresentano il 18,3% degli stanziamenti di competenza, mentre nel bilancio 1989 i residui attivi rappresentano il 33,3% circa delle stesse entrate. Nel bilancio assestato dell'esercizio 1988, l'avanzo finanziario la cui destinazione è quella di finanziare i fondi statali reimpostati rappresentava il 12% circa delle somme che complessivamente si dovevano riscuotere dallo Stato in competenza e sui residui attivi, mentre nel bilancio 1989 l'avanzo finanziario rappresenta il 19,5% di quelle entrate complessive.
Riassumendo i dati in precedenza visti: da un lato lo Stato trova sempre più difficoltà ad effettuare la ripartizione di risorse tra le Regioni per l'attuazione di sue leggi settoriali; dall'altro, poiché i residui attivi aumentano, mentre contemporaneamente le entrate di competenza con vincolo di destinazione si riducono, significa che lo Stato riesce ad attuare sempre meno leggi settoriali e quindi investimenti un'ultima considerazione riguarda l'avanzo finanziario della Regione Piemonte, che si è incrementato in misura superiore sia all'aumento dei residui attivi che a quello della competenza per cui si può dedurre che essa trova difficoltà ad attivare gli investimenti previsti dalle leggi settoriali.
Il fondo comune ex art. 8 è incrementato del 15,9% circa pari a 72,482 milioni.
Il fondo ex art. 9, per il finanziamento del programma regionale di sviluppo, si incrementa del 7,6% pari a 3.178 milioni.
Per quanto riguarda i fondi a destinazione vincolata relativi al settore agricoltura ed in particolare relativamente alla legge n. 752/86: le risorse disponibili ai sensi dell'art. 3, e da ripartire secondo i criteri stabiliti dal comma secondo, si riducono di 2.635 milioni, pari alla somma ancora da riscuotere e conservata sui residui attivi dell'anno precedente; la forestazione mette a disposizione 12.124 milioni in meno; si mantiene pressoché inalterata sui 63 miliardi la disponibilità per il finanziamento dei programmi di intervento nel settore agricolo; non è più prevista la disponibilità di risorse per il concorso nel pagamento degli interessi sui mutui per il miglioramento fondiario; si riduce di 10 miliardi il finanziamento di azioni a carattere orizzontale; la disponibilità di risorse per l'applicazione dei regolamenti comunitari si incrementa di 5.365 milioni. Complessivamente la legge n. 752/86 mette a disposizione, per l'esercizio 1989, minori risorse per 32.521 milioni. Il finanziamento delle Comunità montane riduce la propria disponibilità di 3.531 milioni.
Per quanto riguarda le leggi n. 153/75 e n. 352/76 sulla concessione di contributi negli interessi sui mutui contratti dagli imprenditori agricoli con gli istituti per il credito agrario di miglioramento, si deve rilevare che lo Stato deve ancora versare e quindi sono conservate nella gestione dei residui attivi risorse per 37.212 milioni.
In relazione ai regolamenti CEE sull'agricoltura, la Regione Piemonte deve riscuotere per motivazioni diverse ben 11.112 milioni, di cui: 1.805 milioni per il finanziamento del programma speciale forestale Piemonte 7.148 milioni per l'abbandono della produzione lattiera; 2.159 milioni per il miglioramento delle infrastrutture agricole nelle zone agricole di montagna; per l'attuazione del regolamento CEE n. 219/84 la disponibilità passa invece da 1.943 milioni nel 1988 a 7 miliardi nel 1989.
Passando al settore trasporti pubblici, la disponibilità della legge n.
151/81 per gli investimenti in questo settore scende, nell'esercizio 1989 a 28 miliardi, il 57,2% in meno rispetto all'esercizio 1988, mentre relativamente al ripiano dei disavanzi d'esercizio delle aziende di trasporto le risorse disponibili, ammontanti a 318 miliardi circa, sono inferiori del 12,5% circa.
Per la sanità le entrate derivanti dal fondo destinato a spese di investimento sono state mantenute costanti, rispetto all'esercizio 1988 sui 133 miliardi circa, probabilmente in mancanza di maggiori accertamenti ma si deve rilevare che la somma che lo Stato deve ancora versare raggiunge i 180 miliardi, che è superiore alla quota accertata per l'anno 1988.
Anche per il fondo per le spese correnti, in mancanza di accertamenti più precisi, la disponibilità iscritta è uguale a quella dell'anno scorso cioè 4.007 miliardi, mentre varia notevolmente la maggiore assegnazione proveniente dagli anni 1985 e 1986 che pone a disposizione solo 2,2 miliardi, rispetto ai 112,5 miliardi dell'esercizio 1988.
Relativamente al settore dell'edilizia residenziale pubblica si rileva che sulla legge n. 94/82, relativa alla concessione di contributi in capitale per l'acquisto, la costruzione, o il recupero di alloggi, lo Stato deve ancora versare 49.581 milioni circa, conservati nella gestione dei residui attivi.
Per quanto riguarda i contributi negli interessi a favore dell'edilizia residenziale agevolata, la disponibilità di risorse provenienti dalle leggi nn. 457/78, 94/82 e 118/85 ammonta complessivamente a 73.200 milioni, con un incremento di 10.070 milioni, pari al 16% circa, rispetto all'esercizio 1988.
Sulla legge n. 650/79 in materia di tutela delle acque dall'inquinamento, la Regione Piemonte deve ancora riscuotere dallo Stato 7.716 milioni circa.
Relativamente ai fondi FIO 1983 - 1984 - 1985 - 1986 la Regione Piemonte deve riscuotere dallo Stato 552.621 milioni, conservati nella gestione dei residui attivi, più gli 8 miliardi che sono stanziati in competenza 1989.
Relativamente ai fondi per il risanamento e la tutela del bacino idrografico del fiume Po, l'assegnazione di 62.500 milioni è interamente da riscuotere.
Relativamente alla Protezione civile e al finanziamento di interventi urgenti in materia, la Regione deve riscuotere dallo Stato 100 miliardi circa, conservati nella gestione dei residui attivi, mentre per l'esercizio 1989 lo stanziamento è ancora solo per memoria.
In materia di funzioni delegate, ed in particolare relativamente agli interventi della legge n. 364/70 per far fronte ai danni provocati all'agricoltura da eccezionali avversità atmosferiche: la concessione di sovvenzioni e contributi, previsti dall'art. 4, primo comma, e dell'art. 5 secondo comma, presenta una diminuzione da 14.391 milioni a 3.440 milioni sono stanziati 1.963 milioni per il ripristino delle opere pubbliche di bonifica e di bonifica montana, danneggiate; la disponibilità per il ripristino delle strade interpoderali si è incrementata di 7.523 milioni pari all'89% della disponibilità dell'esercizio 1988; la disponibilità di risorse per la concessione del concorso negli interessi ai sensi dell'art.
5 e dell'art. 7 della legge n. 364/70, si è ridotta di 4.038 milioni, pari al 42% circa, mentre le risorse ancora da riscuotere dallo Stato ammontano a 20.532 milioni.
Sulla legge n. 308/82 per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la disponibilità di risorse per la concessione di contributi in capitale agli imprenditori agricoli è di 1.847 milioni, mentre la disponibilità per la concessione di contributi negli interessi rimane costante a quella dell'esercizio 1988, e cioè di 1.354 milioni. Sulla stessa legge n. 308/82, relativamente all'utilizzazione di fonti di energia rinnovabili in edilizia, sia lo stanziamento per la concessione di contributi in capitale, che quello per la concessione di contributi negli interessi, sono stati iscritti per memoria, mentre quelli relativi allo scorso anno, rispettivamente di 12.621 milioni e di 25.759 milioni, sono interamente ancora da riscuotere, e conservati nella gestione dei residui attivi.
Le entrate del Titolo III, sulle quali la Regione ha piena discrezionalità di destinazione, si riducono di 28.215 milioni, pari al 32%, rispetto all'esercizio 1988, mentre i residui attivi si incrementano di 14.141 milioni, pari al 22,7% circa. In particolare, l'ammontare dei proventi di beni della Regione si riduce di 6.282 milioni, pari al 21 grazie alla riduzione di 5.700 milioni circa degli interessi attivi sulla giacenza dei fondi economali e sulle aperture di credito agli uffici periferici.
Per quanto riguarda i recuperi e contributi essi sono inferiori di 22 miliardi rispetto al 1988, in quanto mancano 15 miliardi di contributi CEE per la formazione professionale, che da 25 miliardi sono scesi a 10 miliardi, e mancano 10 miliardi recuperati nel 1988 dall'ANAS, per somme che la Regione aveva erogato e l'ANAS non aveva utilizzato; 3,7 miliardi circa è invece previsto siano recuperati in più da altri enti e dagli uffici periferici dell'Amministrazione regionale.
Circa le entrate derivanti dall'alienazione di beni sono previste entrate per 3,6 miliardi, derivanti dall'alienazione delle aree relative alla realizzazione dell'interporto di Orbassano alla società SITO, mentre relativamente ai trasferimenti, eredità e donazioni, è stato iscritto solo per memoria lo stanziamento relativo alle entrate derivanti da erogazioni liberali in applicazione della legge n. 512/82, che nel 1988 ammontava ad 1 miliardo: 4,3 miliardi circa sono conservati da riscuotere per la stessa causale nella gestione dei residui attivi.
Per quanto riguarda i proventi dei mutui a pareggio del bilancio viene utilizzata tutta la rimanente capacità di indebitamento della Regione, che è ancora di 187 miliardi, mentre proventi di mutui per 234.539 milioni circa, stanziati a pareggio del bilancio nei passati esercizi, devono ancora essere riscossi.
Passando ad esaminare la spesa, quelle previste per l'area di attività ossia per il funzionamento del complesso apparato regionale, sono aumentate di 29 miliardi circa rispetto al 1988, di cui 22 miliardi circa sono assorbiti dal personale regionale. Per l'acquisto di beni e servizi è previsto che siano spesi 11,5 miliardi in più dello scorso anno, pari al 23% circa, di cui 3 miliardi circa finanziati con fondi FIO sono destinati alla sistemazione delle residenze e delle collezioni sabaude; 7,5 miliardi si spendono per la realizzazione del sistema cartografico regionale di interesse interassessorile; la spesa per i servizi di mensa del personale regionale raddoppia, portandosi sui 5 miliardi; viene incrementato l'acquisto e l'uso degli impianti di telecomunicazioni, con una maggior spesa di 2,4 miliardi rispetto al 1988. La spesa per gli enti strumentali della programmazione diminuisce di 600 milioni che vengono erogati in meno all'ESAP. La spesa per le Comunità montane è ridotta di 2.700 milioni anche se con risorse regionali si è cercato di attenuare il minor contributo dello Stato di 3.500 milioni. La spesa per la predisposizione di programmi e procedure, per l'elaborazione dei dati a servizio dell'Amministrazione regionale, è stata mantenuta costante a quella prevista nel bilancio assestato 1988; per le consulenze esterne sono stati stanziati 425 milioni in meno.
Il settore agricoltura complessivamente riduce le proprie disponibilità d'intervento di 60 miliardi circa, che si riflettono in minori interventi per 33,5 miliardi nel programma di ammodernamento delle aziende agricole il programma di interventi per il settore zootecnia rimane pressoch costante sui 56 miliardi circa, mentre si riduce di 10 miliardi la spesa per il potenziamento delle colture pregiate; anche il programma di interventi sulla forestazione vede ridursi le proprie disponibilità di 6,5 miliardi, mentre la previsione di spesa per la bonifica, l'irrigazione e le infrastrutture, cresce di 1,3 miliardi; il programma di interventi per il riordino fondiario e per la valorizzazione delle zone collinari e montane subisce tagli per 3,4 miliardi ed una minor spesa di 7,6 miliardi è prevista per il programma di assistenza tecnica di sostegno e di sviluppo delle aziende e delle cooperative agricole; pressoché costante si mantiene la massa di risorse destinata a quegli interventi in agricoltura che non rientrano in alcun programma o progetto.
Anche l'area d'intervento n. 2 perde la disponibilità di 27.716 milioni rispetto all'esercizio 1988, ciò nonostante il programma per lo sviluppo industriale riesce ad incrementarsi di 1 miliardo, grazie ai 5 miliardi in più del 1988 derivanti dalla direttiva CEE n. 219/84, relativa alla rimozione degli ostacoli per lo sviluppo di altre attività economiche nelle zone colpite dalla ristrutturazione dell'industria tessile; vi concorre anche la maggior disponibilità di 600 milioni, rispetto al 1988, per la realizzazione o l'ampliamento di aree industriali attrezzate e la razionalizzazione di quelle esistenti. Sono diminuite invece di 4.300 milioni le risorse destinate alla diffusione dell'innovazione tecnologica nel sistema delle imprese minori. Relativamente al programma lavoro vi è da rilevare soltanto la diminuzione di 800 milioni del programma di interventi per l'apertura di cantieri di lavoro.
Anche il programma di interventi per lo sviluppo e la qualificazione del settore artigianato si riduce di 2.300 milioni, che si riflette nella minor disponibilità di 2.400 milioni per i conferimenti finanziari alla Cassa per il credito alle imprese artigiane, per la concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti bancari e sulle operazioni di leasing.
Si incrementa, invece, di 1 miliardo il programma di interventi per la distribuzione commerciale, grazie ad analogo incremento della disponibilità per finanziamenti e contributi in capitale, da destinare allo sviluppo di strutture della rete distributiva del commercio in Piemonte.
Nel programma per i trasporti pubblici e le comunicazioni, la diminuzione complessiva di 28.251 milioni, rispetto al 1988, si riflette nella minor disponibilità di 26.828 milioni che presenta il progetto autobus; nella minor disponibilità di 16.653 milioni del progetto per la realizzazione di infrastrutture per il trattamento delle merci e per l'interscambio tra sistemi di trasporto; nella riduzione di 11.251 milioni del progetto Lago Maggiore e navigazione lacuale. Ulteriori minori disponibilità riguardano il progetto per la formazione di piani comprensoriali di trasporto e per la redazione dei programmi d'esercizio ed il progetto per lo sgombero della neve che diminuisce di 300 milioni circa il complesso delle altre spese a favore del settore trasporto si incrementa di 27 miliardi, grazie alla maggior disponibilità di risorse per 27.866 milioni per il ripiano dei disavanzi d'esercizio delle aziende di trasporto pubblico di persone.
Per quanto si riferisce agli interventi sulla viabilità, mentre si continua a non erogare i contributi alle Province, si verifica un incremento di 3.600 milioni per la costruzione, il completamento e la sistemazione delle strade comunali.
Il programma di interventi sul territorio, che rientrano nell'area di intervento n. 3, subisce un ridimensionamento, rispetto al precedente esercizio, di 134.700 milioni, di cui 10.283 milioni vanno a ridurre il programma di intervento sulle infrastrutture di acquedotti, fognature ed urbanizzazione primaria, delle aree destinate ad edilizia pubblica residenziale. Il programma per l'edilizia pubblica residenziale subisce complessivamente tagli per 25 miliardi, che però risultano da una minor disponibilità di 30 miliardi del progetto per l'edilizia sovvenzionata, e da un incremento di 5 miliardi del progetto per l'edilizia residenziale agevolata, mentre ad un livello costante a quello dell'esercizio 1988 si mantiene il progetto per l'edilizia scolastica. Un incremento di 1 miliardo circa presenta il programma di interventi per i parchi e le riserve naturali, mentre il programma di interventi per lo sviluppo del turismo si riduce, rispetto al 1988, di 9.300 milioni circa. Un incremento di 3.600 milioni presenta il programma per la sistemazione idrogeologica e forestale, anche se in questo settore si trovano difficoltà a spendere essendovi conservati nella gestione dei residui passivi ben 46 miliardi circa.
Non meno penalizzato è il programma per la protezione ed il risanamento delle acque, che perde la disponibilità di 28.420 milioni risultanti da: la mancanza di ogni stanziamento a favore del risanamento idrogeologico ed al recupero naturale dei laghi di Avigliana che nel 1988 disponeva di 1,5 miliardi; il mancato finanziamento della spesa per l'allestimento di una banca progetti per la realizzazione di una rete di opere infrastrutturali concernenti acquedotti che nel 1988 disponeva di 500 milioni; la minor disponibilità di fondi FIO per la realizzazione di opere di disinquinamento acque per 40.600 milioni; una maggior disponibilità di risorse per 16.376 milioni nel finanziamento degli interventi per il risanamento e la tutela del bacino idrografico del fiume Po: in relazione a questa partita occorre rilevare che la disponibilità di spesa è inferiore all'ammontare dell'assegnazione dello Stato, peraltro ancora interamente da riscuotere dell'ammontare di 62,5 miliardi, in quanto una quota è stata utilizzata già nel 1988, creando una partita zoppa di 36 miliardi circa, di cui risultano spesi una ventina di miliardi. Un'ulteriore minor disponibilità di risorse per 1.700 milioni circa riguarda gli interventi per il risanamento dell'acqua metropolitana torinese e del bacino della Valle Scrivia.
Il programma per lo smaltimento dei rifiuti solidi si incrementa di 1 miliardo, rispetto all'esercizio 1988, e tale aumento si riflette nella maggior disponibilità di 800 milioni circa sul contributo delle spese per l'allestimento delle discariche controllate dei rifiuti solidi, e nell'incremento di 234 milioni nella disponibilità per contributi, per l'acquisto di attrezzature per il trasporto dei rifiuti solidi.
Sul progetto per la tutela dell'ambiente naturale, la disponibilità di risorse si è ridotta di 2 miliardi, essendo stato iscritto solo "per memoria" lo stanziamento relativo alle spese dirette ad eliminare situazioni di rischio connesse con le condizioni del suolo, che nel 1988 disponeva di 2 miliardi. Il programma relativo agli altri interventi sul territorio si riduce di 20,5 miliardi circa, di cui 6.300 milioni riguardano i contributi agli oneri di realizzazione di nuovi metanodotti nell'ambito della convenzione ENI-Regione Piemonte; 12.621 milioni riguardano i contributi in capitale a sostegno dell'utilizzo delle fonti rinnovabili, in relazione alle quali peraltro vi è un incremento di 6,5 miliardi su un fondo statale reimpostato, relativo ai contributi per l'utilizzo delle medesime nell'edilizia.
Un'altra diminuzione dell'ammontare di 9 miliardi circa riguarda la disponibilità per i contributi in conto capitale, per il contenimento dei consumi energetici in agricoltura e nell'industria. Il programma per il pronto intervento si riduce, rispetto all'esercizio 1988, di 46 miliardi circa, che è peraltro la somma conservata nella gestione dei residui passivi.
L'area di intervento relativa ai servizi sociali e sanitari presenta una maggiore disponibilità di 3.772 milioni, che risulta dalla somma delle disponibilità finanziarie dei vari programmi e progetti. Il programma di interventi per la riorganizzazione dei servizi socio-sanitari di base si incrementa di 17.607 milioni, anche se il progetto per la tutela materno infantile perde 1.677 milioni della propria disponibilità rispetto all'esercizio 1988; su un livello costante di 4.240 milioni si mantiene il progetto anziani, anche se in questo settore si incontrano difficoltà a spendere, risultando conservati nella gestione dei residui passivi ben 7.058 milioni circa.
Per quanto riguarda le altre spese, il fondo per la gestione dei servizi socio-assistenziali dispone di risorse, statali e regionali superiori di 6,5 miliardi rispetto a quelle disponibili nell'esercizio 1988; le erogazioni di indennità per l'abbattimento degli animali infetti da tubercolosi e brucellosi si incrementa nel 1989 di 13.395 milioni rispetto all'esercizio 1988.
Nel campo della sanità gli interventi per l'esercizio delle funzioni connesse all'attuazione del Servizio sanitario nazionale presentano una minor disponibilità di 11.703 milioni, anche se le spese di parte corrente complessivamente previste sono superiori di 19.357 milioni a quelle dell'esercizio 1988. Le spese di investimento sono invece complessivamente inferiori di 24.590 milioni, rispetto alle stesse del 1988.
Gli interventi per l'assistenza sociale si mantengono costanti sulla disponibilità dell'anno scorso, cioè 4,5 miliardi circa, mentre il programma degli altri interventi nella sanità si incrementa di 2.132 milioni, che risulta dalle seguenti variazioni: le risorse statali disponibili per il concorso per i servizi gestiti dall'Istituto Zooprofilattico si riducono di 1.333 milioni; la rimanenza è una minor disponibilità, rispetto all'esercizio 1988, di un fondo statale reimpostato.
L'area di intervento formazione professionale e cultura vede ridursi la propria disponibilità per l'esercizio 1989 di ben 23.732 milioni, di cui 22.971 milioni riguardano la formazione professionale. Risulta infatti inferiore di 5.617 milioni lo stanziamento, finanziato con risorse regionali, per contributi ad enti pubblici e privati per l'organizzazione ed il funzionamento dei corsi di formazione ed addestramento professionale e dei concorsi per apprendisti; si è ridotto di 15.262 milioni il contributo della CEE per lo svolgimento di attività di formazione professionale; 5 miliardi sono stati iscritti in meno relativamente alle erogazioni delle somme provenienti dal Fondo di rotazione, istituito ai sensi dell'art. 25 della legge n. 845/78. Si sono invece incrementate: di 400 milioni circa le spese per il personale insegnante a tempo determinato di 1 miliardo circa le spese per l'acquisto e la manutenzione straordinaria di attrezzature per i corsi; di 150 milioni le spese per l'acquisto di materiale didattico e di consumo; di 200 milioni le spese per l'aggiornamento ed il perfezionamento del personale; di 350 milioni circa i contributi per la realizzazione di riqualificazione professionale; di 700 milioni i contributi per l'attività nel campo dell'orientamento e dell'addestramento professionale dei mutilati ed invalidi civili.
Il programma per i beni e le attività culturali subisce tagli per 1,5 miliardi, mentre il programma relativo agli altri interventi nel settore della cultura si accresce di 725 milioni che risultano dalla somma algebrica di diverse variazioni di stanziamenti: così lo stanziamento relativo agli oneri derivanti dal trasferimento ai Comuni delle funzioni già esercitate dalle Regioni, in materia di diritto allo studio, si accresce di 3 miliardi, mentre si riduce di 500 milioni il fondo per il finanziamento dei progetti regionali e per interventi straordinari in materia di diritto allo studio; diminuisce di 2,5 miliardi lo stanziamento per i contributi agli enti delegati per l'esercizio delle funzioni in materia di diritto allo studio nell'ambito universitario; aumenta di 500 milioni la previsione di spesa per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e l'ammodernamento di strutture idonee all'espletamento dei servizi per il diritto allo studio.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, i dati fin qui riferiti evidenziano con assoluta chiarezza la gravità della situazione del bilancio regionale. Credo di poter definire mortificante per la Giunta e per l'intero Consiglio il dover discutere di un bilancio che non consente di fatto significative alternative; di un bilancio che solo a fatica consente di individuare scelte da tempo maturate, ma che trovano difficoltà a realizzarsi pienamente per i ferrei vincoli di ordine finanziario.
Non stiamo attraversando, colleghi, è bene dirlo con chiarezza, una semplice fase di difficoltà che può essere superata con qualche aggiustamento, con qualche piccola economia.
E' la struttura stessa del bilancio regionale che non tiene più. Deve essere posta in discussione non solo la quantità dei trasferimenti comunque del tutto insufficienti, ma anche e soprattutto la qualità degli stessi che pongono sotto tutela l'Ente Regione per il 9% delle proprie teoriche disponibilità finanziarie.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: oltre 1.300 miliardi di reimpostazioni di fondi a destinazione vincolata.
La Regione deve certamente farsi carico delle responsabilità complessive della finanza pubblica e quindi delle sue difficoltà, ma questo non può avvenire solo con la riduzione ai minimi vitali delle disponibilità finanziarie, ma anche consentendo alla Regione reali politiche di bilancio che permettano di scegliere anno per anno il più utile utilizzo delle risorse e sul fronte delle entrate una pur parziale autonomia che realizzi un più diretto e responsabile rapporto con i cittadini.
Non paia eccessivo quanto detto né frutto di allarmismo ingiustificato perché la cruda realtà delle cifre ci dice che abbiamo grattato il fondo del barile e che non ci sono più margini.
La Giunta è pienamente conscia della situazione e ha operato in questi anni per consentire all'Ente, malgrado tutto, gli indispensabili minimi operativi. Saprà la Giunta, per il breve futuro di questa legislatura adottare quei provvedimenti, alcuni già annunciati in Commissione, che nell'ambito interno e soprattutto in un confronto realistico e fermo con il Governo e le altre Regioni consentano di guidare positivamente il futuro finanziario dell'Ente che oggi appare ancora così difficile e incerto.
E' per questi motivi che la I Commissione ha approvato a maggioranza i documenti di bilancio e ne raccomanda l'adozione a questo Consiglio.
La I Commissione ha inoltre esaminato ed approvato il disegno di legge n. 455 relativo all'assestamento del bilancio di previsione per l'anno finanziario 1988 dei parchi: RN della Garzaia di Valenza - RN del Bosco e dei laghi di Palanfrè - RN Speciale del Sacro Monte di Orta - PN Alta Valle Pesio PN del Gran Bosco di Salbertrand - PN della Val Troncea - PN Orsiera Rocciavrè - PN Alpe Veglia, nonché dell'Istituto Ricerche Economico Sociali del Piemonte (IRES) e dell'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte (ESAP).
La Commissione, pur riconfermando la necessità di un approfondimento sulla politica regionale nei confronti degli Enti parco ha espresso un giudizio favorevole su detti documenti contabili e ne consiglia l'approvazione a questa assemblea.



PRESIDENTE

Ha ora la parola l'Assessore Croso.



CROSO Nereo, Assessore al bilancio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo dopo l'esame approfondito svolto dal collega Santoni per tentare di fornire al Consiglio alcune doverose ulteriori precisazioni, e ciò non tanto sul piano dei numeri e delle analisi ad esse connesse, quanto piuttosto sulla cornice entro cui ci si è mossi e sul percorso seguito.
Una prima considerazione che vorrei fare, dunque, è che questo bilancio si pone in una logica di estrema continuità rispetto ai contenuti del bilancio e della legge di variazione al bilancio di previsione presentati in quest'aula dodici mesi or sono.
L'elemento forte di continuità è rappresentato dalla precisa volontà politica riferibile al perseguimento dell'equilibrio di bilancio, o meglio al tentativo di non aggravare la già non facile situazione finanziaria della nostra Regione pur tentando di garantire una disponibilità di risorse libere tale da consentire almeno agli attuali livelli il proseguimento delle attività istituzionali.
Tutto ciò sulla scorta di due convinzioni: la prima, di operare secondo criteri di correttezza, con particolare riferimento alla valutazione dei dati finanziari e di bilancio la seconda, che lo stato di cose che ormai da alcuni anni ci attanaglia non possa durare ancora troppo a lungo: come dirò più oltre infatti, l'approvazione recentissima da parte del Consiglio dei Ministri del disegno di legge proposto dal Ministro Maccanico apre spazi e prospettive nuove che ci fanno almeno sperare di non dovere anche per i prossimi anni concentrare la maggior parte delle nostre attenzioni solo su quel 3% del bilancio corrispondente alla quota di risorse libere.
Ancora in termini positivi va letta la recente approvazione del Piano di sviluppo: questi rappresenteranno probabilmente i due fatti più significativi su cui ci confronteremo con il prossimo documento finanziario.
Non mancano peraltro anche i fatti più preoccupanti, primo tra i quali l'impostazione di carattere generale che lo Stato sta perseguendo con il porre sempre più a carico del bilancio regionale la copertura delle smagliature - e cioè dei disavanzi aggiuntivi - originantesi nelle maglie di attività e di spesa che in qualche modo alle Regioni fanno capo pur senza essere ad esse direttamente addebitabili.
E se l'impostazione, per quanto preoccupante, può essere condivisa certo non può però essere accettata in mancanza di veri strumenti di responsabilizzazione: il disegno di legge approvato sembra rispondere anche se non completamente, almeno a questa esigenza, e questa moderata fiducia nel domani credo ci possa consentire di guardare con minore amarezza alla situazione di oggi.
Veniamo dunque al percorso scelto quest'anno nella formulazione del documento di bilancio.
Come detto, si è scelto un percorso in parte diverso da quello del 1988, anche se la scelta è stata per larghissima parte frutto di condizioni al contorno tali da non lasciare eccessivi margini alla fantasia o alla discrezionalità.
Lo scorso anno, infatti, come voi ben ricordate, si operò con una manovra articolata su due fasi distinte: una prima formulazione di bilancio, predisposta dalla Giunta già nel gennaio, contenente il taglio secco delle risorse libere rispetto all'anno precedente, taglio che si rese necessario in relazione ai dati economico finanziari all'epoca disponibili in ordine all'esercizio 1987 una successiva parallela legge di variazione, cui si affidarono le integrazioni ritenute prioritarie e possibili alla luce di nuove situazioni di riferimento manifestatesi.
Entrambi i documenti contenevano forti connotazioni politiche, almeno relativamente alle scelte possibili, e mi riferisco al taglio, alla linea di tendenza di rientro dal disavanzo, alla riallocazione di risorse secondo schemi di priorità.
Per l'esercizio finanziario 1989 si è invece seguito il metodo di una più tardiva approvazione del documento di bilancio da parte della Giunta documento in cui si sono peraltro compattate tutte le scelte significative e con cui si cerca anche di restituire al successivo documento di assestamento una connotazione tecnica più aderente alla sua funzione.
Resta peraltro da dire che, nonostante il tentativo di lavorare su scenari il più possibile certi, ancora oggi permangono margini elevati di dubbio in ordine ad alcune "partite" che potrebbero cambiare profondamente il volto del bilancio e di cui non si è in questa fase tenuto alcun conto: mi riferisco alle misure governative legate alla finanza locale e che hanno aperto, per le Regioni, i fronti delle contribuzioni INAIL. della tesoreria unica, della spesa sanitaria.
Può essere utile, per capire fino in fondo in quali condizioni ci siamo trovati ad operare, ripercorrere brevemente i fatti che hanno più significativamente influenzato la formulazione di questo bilancio, almeno in ordine ai tempi e alla possibilità di definire gli scenari.
Per limitarmi solo agli ultimi mesi, ricordo ad esempio che il 21 gennaio la Commissione bicamerale per le questioni regionali bocciò il disegno di legge governativo sulla finanza regionale già approvato alla Camera dei Deputati.
Tale disegno di legge fu poi approvato comunque in sede redigente dalla Commissione Finanze del Senato: come ben sapete si proponeva come misura di accompagnamento alla manovra economica del Governo e stabiliva una serie di tagli al sistema finanziario delle Regioni nel quadro più generale degli interventi di contenimento della spesa pubblica.
E' superfluo ricordare che le misure finanziarie non hanno tenuto in alcun conto l'aumentato numero di servizi e di attribuzioni istituzionali e soprattutto hanno nuovamente agganciato i trasferimenti al tasso di inflazione programmato anziché a quello reale, sottraendo di fatto ulteriori fondi alle Regioni; a questo quadro si sarebbero dovuti aggiungere, appunto, i decreti di accompagnamento alla legge finanziaria.
Questi elementi di valutazione prefigurarono un quadro a dir poco "disastroso" dei margini disponibili per impostare una qualsivoglia manovra di bilancio, talché alla fine di gennaio la Conferenza dei Presidenti delle Regioni giunse ad orientarsi verso la decisione di ricorrere alla Corte Costituzionale: l'obiettivo era quello di riportare tutto il rapporto tra lo Stato e le Regioni in una visione di carattere politico più generale respingendo quella che appariva quasi una criminalizzazione e che comunque effettivamente si configurava come una pesante penalizzazione.
Proprio a fine gennaio, comunque, l'assemblea di Palazzo Madama approvava in via definitiva il disegno di legge contenente le norme di finanza regionale, elevando il fondo comune - da ripartirsi tra le Regioni in proporzione alle quote attribuite per l'anno precedente - a 6.401 miliardi; già in quella sede, peraltro, il Governo riconobbe che pur essendo inevitabile la contribuzione del sistema dei trasferimenti in favore delle Regioni allo sforzo di contenimento della spesa pubblica, si poneva comunque all'evidenza la necessità di giungere all'aggregazione in un unico fondo dei diversi fondi settoriali, così da consentire alle Regioni una maggiore capacità programmatoria.
Con riferimento al decreto legge n. 548/88, ancora verso la metà del mese di febbraio le Regioni chiesero formalmente al Governo lo stralcio dal decreto medesimo dell'articolo che prevedeva il versamento da parte delle medesime dei contributi arretrati INPS e INAIL per gli apprendisti artigiani assunti con contratti di formazione lavoro.
Ricordo ancora che, nel frattempo, le Regioni Emilia Romagna e Toscana impugnavano dinanzi alla Corte Costituzionale le disposizioni di cui agli artt. 5 e 6 del decreto legge n. 545/88 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), rilevando una violazione dell'autonomia regionale in materia di finanza.
Quasi contemporaneamente decadeva, anche se approvato con modifiche dal Senato, il decreto sulla fiscalizzazione degli oneri sociali contenente le disposizioni relative ai contributi arretrati INPS e INAIL.
Il 2 marzo viene ripubblicato il decreto legge relativo alle disposizioni in materia di finanza pubblica n. 65/89, il cui art. 10 introduce le nuove pericolosissime norme relative alle autorizzazioni di spesa destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale: secondo tali norme le citate autorizzazioni di spese, pur non concorrendo ai fini della determinazione del tetto massimo di indebitamento delle Regioni affluiscono e fanno parte integrante del fondo comune e costituiscono il contributo statale alla complessiva gestione dei servizi sanitari di competenza di ciascuna Regione.
Solo pochi giorni dopo, il 9 marzo, dopo oltre quattro anni di inattività è tornata ad operare la Conferenza Stato-Regioni: in quella sede il Presidente del Consiglio annunciò l'imminente esame da parte del Governo del disegno di legge di riforma dell'ordinamento della finanza regionale impegnandosi a farlo procedere parallelamente a quello del riordino delle Regioni.
Per quanto riguarda gli altri problemi, primi fra tutti sanità e trasporti, tutto è stato rinviato al confronto con i titolari dei singoli dicasteri.
Tutto ciò ha delineato sicuramente un quadro di riferimento rinnovato rispetto al passato, ed ecco perché mi è sembrato doveroso svolgere questa rapida sintesi sui principali momenti vissuti di recente e che comunque ci hanno in qualche misura condizionato nel lavoro di predisposizione del bilancio.
Resta da dire, peraltro, che nonostante la tenace opposizione delle Regioni a fine marzo sono stati ripubblicati e sono così entrati in vigore i decreti legge relativi alla tesoreria centrale ed ai contributi per gli apprendisti artigiani.
Quasi contemporaneamente la Giunta regionale approvò il documento di bilancio di previsione per l'esercizio 1989, facendo sostanzialmente riferimento ai dati risultanti dopo la prima e la seconda legge di variazione al bilancio di previsione per il 1988 nelle scelte relative ai gradi di copertura da assegnare ai singoli settori di attività e alle priorità da considerare, e facendo invece riferimento ad uno scenario non condizionato dai decreti di accompagnamento ai provvedimenti finanziari per quanto attiene alla definizione del quadro economico finanziario (quindi INAIL e INPS non sono stati considerati).
Dette queste cose, e non certo per ripetere un rito con cadenza annuale, credo sia doveroso aggiornare le considerazioni in ordine alla situazione finanziaria delle Regioni italiane, alla luce anche dei segnali che il Governo ha lanciato in questo ultimo anno.
Interrogarsi sulla situazione della finanza regionale significa innanzitutto chiarire gli obiettivi che i vari soggetti interessati attribuiscono al sistema finanziario, chiarire in quale misura sono raggiunti, valutarne le giustificazioni, l'importanza e l'efficacia.
E' ormai ben noto che obiettivo del Governo è assicurarsi che la spesa locale segua i limiti stabiliti a livello nazionale.
Le giustificazioni vanno ricercate in almeno due argomenti: il Governo nazionale è responsabile della situazione economica del Paese, soprattutto del rapporto tra spesa pubblica e PIL. ed è inoltre responsabile di quelle che possiamo definire politiche di riequilibrio delle situazioni storicamente e territorialmente arretrate.
Occorre prendere atto che la situazione della finanza regionale si pone sotto questi aspetti in una luce del tutto particolare.
Nel ventaglio dei sistemi di trasferimento finanziario, la finanza regionale occupa infatti un posto intermedio tra quei segmenti di finanza trasferita che è possibile tenere sotto controllo (sostanzialmente la finanza comunale e provinciale) e quei segmenti che appaiono incontrollati e incontrollabili (sostanzialmente la finanza sanitaria).
In effetti la finanza dei Comuni è abbastanza controllata attraverso gli atteggiamenti e le politiche poste in atto dal Ministero del Tesoro e dal Ministero degli Interni.
Pur trovandosi in condizioni a volte "pesanti" la situazione della finanza comunale viene ormai storicamente risanata attraverso diversi meccanismi: si pensi a titolo esemplificativo ai vari "decreti Stammati" e a quelli successivi, ed al recente decreto di risanamento della finanza comunale.
All'estremo opposto in questi anni si è collocata la finanza sanitaria che, dopo aver visto un numero consistente di interventi legislativi che hanno cercato di imbrigliarla con tecniche diverse e mai efficaci (pensiamo, ad esempio, ai ticket sulle prestazioni), ne vede ora uno che di fatto non cerca di affrontare il problema in modo serio, ma semplicemente trasferisce il problema nella sua drammatica evidenza al soggetto "Regioni" che ormai da qualche anno ha perso di mordente.
In questo contesto va considerato inoltre, da parte dell'Amministrazione centrale, un atteggiamento che da un lato fa intravedere una proposta futura di soluzione - o quasi - dei problemi della finanza regionale, e dall'altro appesantisce la situazione attuale attraverso decreti che mettono le Regioni nell'impossibilità di operare.
In questa luce, e solo per inciso, occorre considerare con molta calma e serenità di giudizio la ormai vecchia polemica sui trasferimenti vincolati dello Stato.
Questi trasferimenti sono stati negli ultimi anni le uniche voci in aumento che hanno assicurato in modi e forme diverse alle Regioni una qualche capacità di movimento.
Si consideri, ad esempio, il decreto sul trasferimento del fondo sanitario nel fondo comune delle Regioni. In questo modo un fondo sistematicamente ormai tradizionalmente sottostimato da parte del Governo viene trasferito al fondo comune quale contributo dello Stato al finanziamento del settore sanitario. E' implicito quindi che se il contributo non sarà sufficiente saranno le Regioni ad attivarsi per reperire risorse aggiuntive.
In queste condizioni il migliore aiuto alle Regioni sarebbe stato il permanere del vincolo di destinazione alle risorse della sanità.
Come detto, sull'altro versante troviamo l'approvazione del disegno di legge proposto dal Ministro Maccanico, che introduce elementi meritevoli di considerazione anche se ingenera perplessità soprattutto per le parti che attengono ai vari modi di controllo legale, competenze della Corte dei Conti, riordino dei controlli di legittimità.
La novità principale introdotta dal provvedimento è da leggersi nel tentativo di far recuperare alle Regioni quella funzione legislativa e programmatoria che nel tempo è andata via via sbiadendosi.
In più sedi, infatti, il Ministro Maccanico ha riconosciuto che il mancato sviluppo dei raccordi programmatici previsti dal DPR n. 616 e l'incalzare delle leggi ha progressivamente annullato la capacità di scelta degli obiettivi di programmazione regionale e trasformato le Regioni in terminali di spesa dello Stato; ha rilevato di conseguenza che la via di uscita per la riaffermazione del profilo politico delle Regioni e della loro capacità programmatoria presuppone necessariamente l'autonomia finanziaria e la prevedibilità delle risorse assegnate alle Regioni.
Credo che certamente il passaggio più significativo del provvedimento ai fini della discussione odierna - sia quello di far confluire nei due fondi finanziari, istituiti con la recente legge finanziaria, tutti gli attuali fondi settoriali costituiti in questi ultimi anni, consentendo alle Regioni (in un futuro che speriamo prossimo) una maggiore discrezionalità nella gestione della spesa ed una maggiore autonomia finanziaria.
Non più quindi il rapporto diretto fra Ministri di settori ed Assessori locali, che ha di fatto vanificato ogni possibilità di programmare e di scegliere, ma piuttosto un riportare nelle mani delle Regioni la gestione delle risorse finanziarie che potranno essere maggiormente correlate alle problematiche locali e finalmente configurare per gli amministratori regionali un maggior livello di responsabilizzazione.
Il provvedimento trascura invece la problematica dell'autonomia impositiva delle Regioni, anche se il Ministro si è già più volte dichiarato favorevolmente in ordine alla possibilità di introdurre anche per le Regioni un regime finanziario basato anche sulle imposizioni addizionali.
Un'ultima considerazione in tema di rapporti tra Stato e Regioni: assistiamo in questi anni ad un notevole aumento della cosiddetta decretazione di urgenza, che è stata da più parti criticata anche severamente.
Non voglio entrare nel merito di tale problema, ma dobbiamo prendere atto che tale modo di procedere nella produzione legislativa modifica quella che i giuristi definiscono "costituzione materiale".
Nei fatti, ormai, un decreto legge non sempre ha valore di legge ed il numero eccessivo di decreti nonché i numerosi esempi di non conversione fanno sì che le aspettative degli operatori siano estremamente indeterminate, ed in ogni caso portano a situazioni che di fatto frustrano qualsiasi tentativo di programmazione.
Venendo alla situazione della Regione Piemonte, colleghi Consiglieri abbiamo di conseguenza deciso di non tener conto degli ultimi decreti nella formulazione del bilancio di previsione per il 1989, sia in considerazione dell'enorme stress fiscale che tali decreti comportano per la Regione stessa, sia per l'argomentazione che abbiamo cercato di delineare poco sopra, aspettando quindi la conversione in legge dei decreti in questione.
Più in generale, peraltro, riteniamo non vi sia dubbio che anche le Regioni debbano concorrere concretamente allo sforzo di risanamento della finanza pubblica; ciò senza dimenticare, però, che la Regione ha anche l'obiettivo di assicurare alle comunità locali i mezzi per intervenire, ed intervenire essa stessa in prima persona per la soluzione dei numerosi problemi che si pongono quotidianamente alla nostra attenzione.
Allora va ancora evidenziato, e in qualche modo risolto, l'elemento di contraddizione tra Governo e Regioni: il contenimento del debito da un lato e la necessità di operare dall'altro.
Questa contraddizione, colleghi Consiglieri, può essere affrontata solo con una forte presenza della Regione nelle politiche messe in atto dal Governo centrale e con politiche regionali che puntino in modo deciso all'efficienza degli interventi posti in essere.
Come si vede nessuno di questi elementi sembra essere presente in modo soddisfacente nelle iniziative regionali attuali.
Nonostante alcuni sforzi messi in opera attraverso la Conferenza dei Presidenti, il fronte delle Regioni in qualche occasione sembra perdere di coesione, tanto che sempre più numerose diventano le iniziative unilaterali delle Regioni nei momenti di contenzioso con il Governo centrale.
E' di poche settimane fa, come ho detto, la notizia di ricorsi in Corte Costituzionale di alcune Regioni su singole leggi, senza che le altre si siano pronunciate con un giudizio comune.
Per quanto riguarda invece l'efficienza, occorre svolgere alcune considerazioni più strettamente calate nella realtà della Regione Piemonte.
Ebbene, l'efficienza si raggiunge con strumenti diversi: in generale possiamo certamente constatare che il permanere di vincoli estremamente precisi sulle risorse disponibili è un elemento di contraddizione con la ricerca di efficienza, ma altri elementi vanno però individuati nelle vicende della programmazione.
Abbiamo recentemente approvato il nuovo Piano di sviluppo, ma sino ad oggi, in assenza dei documenti aggiornati di programmazione, sono stati applicati quelli vigenti.
Per il bilancio ciò ha comportato in pratica la necessità di ampliare quei capitoli di spesa che vanno sotto le generiche voci di "altri interventi" o "altre spese", voci quindi non riconducibili ai progetti e programmi nei quali si articola un documento di bilancio che voglia essere strumento forte e coerente di programmazione.
Ciò ha comportato anche la tendenza dei vari Assessorati a "ministerializzarsi", cioè a riprodurre in ogni area capitoli di spese generali che però assumono un vincolo preciso per quell'area determinata.
Questo è avvenuto ancora una volta a partire dalle risorse statali vincolate, dove si arriva al limite estremo di porre vincoli per ricerche per interventi di promozione, e così via dicendo.
Proprio sul terreno della ricerca di efficienza, la Giunta regionale ha approvato, in accompagnamento al documento di bilancio, il disegno di legge sul controllo di gestione.
Quello di varare il controllo di gestione è un impegno che assunsi in sede di presentazione del bilancio 1988, traendo spunto dalle considerazioni circa l'esigenza di attivare un meccanismo che consentisse di esprimere giudizi motivati sull'efficacia e sull'efficienza degli interventi.
Le condizioni non sono mutate, anzi anche questo bilancio continua ad essere caratterizzato da una notevole scarsità di risorse e quindi dalla necessità di destinarle secondo una logica maggiormente economica.
I tempi per avere operante a regime questo nuovo strumento non saranno probabilmente brevissimi, e non mancheranno certo le difficoltà: riteniamo però che questo costituirà un passaggio essenziale verso una sempre maggiore qualificazione dell'attività amministrativa e di spesa qualificazione che avverrà mediante valutazioni corrette, oggettive rigorose, del "prodotto" della nostra azione in relazione ai programmi, in relazione alla disponibilità ed all'impiego delle risorse.
Un ultimo elemento che vorrei citare è l'incremento delle spese del personale, che attraverso i meccanismi che conoscete rispondono all'esigenza di soddisfare almeno in parte le aspettative del personale che è ovviamente la principale tra le risorse con le quali la Regione opera.
Il bilancio di previsione per il 1989, colleghi Consiglieri, è dunque l'ultimo bilancio che la Regione addotta prima dell'entrata in funzione del nuovo Piano di sviluppo.
Credo che nel valutare il bilancio 1989 occorra tenere presente accanto alle considerazioni generali, questo importante elemento.
Nel corso delle consultazioni sono emerse, ad esempio, alcune critiche sia sulla scarsità di risorse impiegate in alcuni settori, sia sulle modalità di impiego delle risorse stesse.
Ebbene, per un Ente come la Regione il luogo principale di decisione circa la collocazione delle risorse è proprio il Piano di sviluppo, ed il bilancio annuale è uno strumento di attuazione del Piano di sviluppo medesimo.
Il bilancio annuale 1989, come ho accennato in apertura di intervento dovrebbe quindi chiudere un ciclo di attività della Regione, e ciò sia in riferimento all'adozione del Piano che in relazione al probabile buon esito del disegno di legge Maccanico.
Passiamo dunque ad esaminare quali siano stati, in questa situazione particolare, gli obiettivi o le necessità che si sono prese in considerazione nel preparare il documento per il 1989.
Il primo obiettivo che ci siamo dati è stato quello di tentare di assegnare una quantità di risorse libere il più possibile vicina a quella che si era assicurata ai vari Assessorati nel corso del 1988.
In realtà abbiamo superato la cifra di 180 miliardi prevista per il 1988, e siamo arrivati a 196 miliardi (come giustamente ha ricordato il collega Santoni), ma questo fatto sconta in qualche modo le vicende finanziarie del 1988 che avevano visto oltre alla quantificazione iniziale di risorse per 180 miliardi anche un successivo aumento delle stesse con leggi di variazione al bilancio di previsione.
Per il diverso percorso seguito quest'anno nella formulazione del bilancio, i dati che devono essere comparati sono quindi i circa 196 miliardi di risorse libere dell'attuale previsione ed i circa 205 miliardi del 1988.
Si è praticato, dunque, un abbattimento pari a circa il 5% nella disponibilità di risorse libere, e questo è un elemento di particolare insoddisfazione, ma credo francamente che sul piano delle scelte finanziarie abbiamo lavorato per raggiungere il massimo risultato compatibile con le condizioni attuali e con le scelte di coerenza e correttezza cui non abbiamo inteso venir meno.
La contrazione di mutui ad incremento delle entrate, ad esempio, è stata spinta al suo limite massimo possibile, come dire che abbiamo veramente raschiato il fondo del barile.
Una volta stabilito comunque a quale scenario riferire il quadro finanziario delle disponibilità e degli impegni, è stato poi relativamente agevole collocare le risorse rispetto ai singoli settori di attività, e ci anche grazie al senso di responsabilità dei colleghi dell'esecutivo che qui voglio nuovamente ringraziare.
Le scelte di fondo, peraltro, erano in sostanza già state compiute lo scorso anno, quando con l'ipotesi del taglio del 30% e della successiva riallocazione delle risorse aggiuntive si era praticamente costruito il quadro delle priorità da collegare sia ai bisogni minimi di funzionamento sia ad alcune scelte politiche comunque irrinunciabili, e ciò anche se al solo livello di "segnali" rimandando a tempi migliori il reperimento delle risorse occorrenti.
Ricordiamo infatti che con il taglio generalizzato del 30% sulle varie aree di attività si individuò con chiarezza una linea di demarcazione netta nella compressione della spesa, una soglia di massima compressione o, se vogliamo, un livello zero rispetto al quale collocare ulteriore risorse in modo particolarmente mirato e finalizzato. Tutto ciò anche se in alcuni casi (vedi la formazione professionale) tagli così massicci erano possibili solo in teoria.
Le ulteriori collocazioni di risorse, sfuggendo alle tentazioni di ripolverizzazione, privilegiarono quei settori che ancora oggi riteniamo prioritari quali l'ambiente, il lavoro, la formazione professionale l'innovazione tecnologica.
Un confronto tra la situazione emergente dopo le scelte operate con il bilancio di previsione 1989 e quella dello scorso anno porta dunque ad evidenziare un quadro di continuità in cui a fronte di limitate riduzioni dei fondi destinati al turismo e all'agricoltura si mantengono sostanzialmente invariate le assegnazioni per viabilità, trasporti assistenza, pianificazione e programmazione economica.
Viene in particolare confermato lo sforzo nei settori dell'ambiente dell'artigianato e anche se con lieve decremento dei fondi globalmente destinati a cultura e formazione anche quello del settore della formazione professionale.
Proprio - ed è qui uno dei punti importanti - sul terreno della formazione professionale credo vada registrato con favore l'impegno assunto dall'Assessore ad operare una seria operazione di contenimento, un'azione di revisione, di qualificazione della spesa, considerato che essa ha ormai quasi assunto una connotazione di spesa rigida che è tale da assorbire quasi il 50% delle risorse libere.
Discorso a parte invece per il settore del lavoro che dopo lo sforzo straordinario messo in campo con l'assegnazione 1988 si vede quest'anno parzialmente penalizzato e ricondotto ai precedenti livelli. Ebbene, su questa area di intervento mi sono ripromesso, d'intesa con la Giunta, di operare con il massimo impegno per far sì che almeno con il documento di assestamento si possa segnalare tangibilmente la nostra attenzione a queste problematiche.
Analogo discorso vale per l'innovazione tecnologica rispetto cui abbiamo formulato un piccolo segnale di ulteriore attenzione in aggiunta alle risorse già previste per il 1988, e ciò in attesa di vedere compiutamente decollare il programma di interventi già sostanzialmente uscito dalla fase delle valutazioni progettuali e di fattibilità.
Ritengo di non dovermi addentrare ulteriormente in considerazioni di merito e tornando al ragionamento di carattere generale voglio invece riaffermare che il secondo obiettivo è stato quello di non incrementare eccessivamente il debito extra bilancio che attualmente caratterizza la nostra situazione finanziaria.
Se ci siamo riusciti o meno lo dirà innanzitutto il rendiconto al bilancio, ma certo in questa direzione ci siamo adoperati. Occorre peraltro ricordare che il bilancio 1989 sconta in qualche modo la politica seguita nel 1988 e che ha avuto effetti di trasferimento del debito proprio nel bilancio 1989.
Occorre anche aggiungere che i recenti decreti sui debiti INPS e INAIL e sulle giacenze attive di tesoreria determinano un ulteriore debito della Regione per il 1989 di circa 45 miliardi di lire, debito del quale il documento di bilancio non tiene conto per le motivazioni che ho già espresso prima.
Questi elementi concorrono a preannunciare che l'assestamento al bilancio che ci accingiamo ad approvare vedrà probabilmente un'ulteriore riduzione delle risorse dei vari Assessorati e che di conseguenza occorre continuare a perseguire con tenacia la messa in opera di tutte quelle iniziative che potranno concorrere alla riqualificazione della spesa regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi che svolge la relazione di minoranza.



BIAZZI Guido, relatore

Il relatore di maggioranza riconosce che la struttura del bilancio regionale non tiene più e sottolinea che "è mortificante per il Consiglio regionale esaminare un documento del genere". Noi siamo pienamente d'accordo. Aggiunge che "l'allarmismo non è ingiustificato perché la cruda realtà delle cifre ci dice che abbiamo grattato il fondo del barile e non ci sono più margini".
Io sono d'accordo sull'allarmismo che non è ingiustificato, però devo al collega, Presidente della I Commissione, una precisazione sul "grattato il fondo del barile". Il barile non ha più nemmeno il fondo, non esiste nemmeno il barile! Ce lo dicono i conti e al di là di alcune frasi della relazione credo ne siano pienamente convinti sia il relatore di maggioranza che l'Assessore, che ha appena concluso il suo intervento.
Noi prendiamo atto della preoccupazione, che riteniamo sincera dell'Assessore. Dice che ha fiducia sulla proposta Maccanico per uscire dal disastro. A me sembra che la proposta del Governo per quanto riguarda la finanza regionale ben poco cambierà dell'attuale situazione; certamente sono già in corso provvedimenti che vanno ad aggravarla, i provvedimenti citati che riguardano la tesoreria unica o i provvedimenti che riguardano il Fondo sanitario nazionale. Quel piccolo provvedimento della tesoreria unica vuol dire che si sottraggono alla Regione dai 10 ai 18 miliardi di interessi attivi.
Noi cerchiamo con la nostra relazione di rendere chiara la situazione finanziaria. Voglio essere cattivo: pensavo che l'Assessore prendesse la parola per anticipare qualche risposta ai rilievi che abbiamo mosso all'impostazione del bilancio e che abbiamo messo per iscritto. A dir la verità temevo che ci fosse una contestazione nel merito delle cifre che abbiamo indicato. Ciò non è avvenuto; su gran parte delle cose che ha detto siamo d'accordo, ma non è venuta una contestazione nel merito delle cifre.
A mio modo di vedere doveva esserci una novità che giustificava un intervento dell'Assessore subito dopo il relatore di maggioranza, qualcosa di particolarmente rilevante da sottoporre addirittura all'aula prima del dibattito.
Devo dire che sono rimasto deluso, come sono rimasto deluso quando lo stesso Assessore ha citato tra gli obiettivi raggiunti quello dei fondi liberi destinati ai vari Assessorati. Dice che nel 1988 nei vari Assessorati sono stati messi a disposizione circa 200 miliardi; nel 1989 se ne mettono solo a disposizione 188-190, per cui si sono risparmiati 8-10 miliardi.
Questa storia mi ricorda la vicenda di quel povero marito che non aveva una lira, era pieno di debiti e si lamentava con la moglie perché era andata a comperarsi una pelliccia che costava 3 milioni; e lei gli rispose: "Di che cosa ti lamenti? Volevo comperarne una di 5 milioni, hai risparmiato in questo modo 2 milioni!". Questa storiella può essere applicata al nostro bilancio.
La nostra relazione tenta di mettere in evidenza queste anomalie, pu avere il limite delle cose fatte in casa un po' alla buona, ma alcune derivano anche dal fatto che non sempre sono state fornite le risposte alle domande poste in Commissione, per il tempo scarso a disposizione o per altre ragioni. Ancora ieri il collega Avondo ha posto alcuni quesiti alla Giunta circa precise voci di bilancio e non sono venute le risposte adeguate.
Noi non abbiamo fatto in tempo ad esaminare nel dettaglio la nota di variazione presentata da poco tempo, però ci siamo accorti che alcune proposte peggiorano la stessa situazione. Mi riferisco, ad esempio, alla voce che riguarda gli interventi sull'interporto di Orbassano. Sono messi in entrata 3 miliardi e 600 milioni, che proverrebbero dalla vendita dei terreni messi a disposizione per gli interventi dell'interporto, ma non viene messa in uscita la contropartita, i soldi che bisogna spendere per l'acquisto e per l'urbanizzazione, spese indispensabili per poter mettere in vendita questi terreni. Non solo, c'erano 2 miliardi e 600 milioni che sono spariti dalle uscite (è ancora la storia di quel marito e di quella moglie che citavo prima).
C'è un'altra carenza: il non aver evidenziato che il debito arretrato INPS e INAIL è di 90 miliardi da pagare in cinque anni, con il decreto ormai in vigore. A fronte c'è anche un debito complessivo, non coperto e in gran parte non finanziabile, di circa 400 miliardi. Se mettessimo queste cifre una in fila all'altra, avremmo una differenza sostanziale rispetto alla situazione che veniva denunciata nel 1985.
Parecchi di noi ricorderanno come nel 1985 si diceva che c'era un debito non coperto, un buco di 200 miliardi circa. Ma qual è la differenza tra adesso e il 1985? Che allora c'era questo apparente deficit di 200 miliardi. Perché apparente? Perché si era fatta la scelta di non contrarre il mutuo a pareggio che poteva essere contratto per più di 200, anzi, per più di 300 miliardi. Fu una scelta precisa. C'erano i cespiti per contrarre i mutui, ma si decise il rinvio della contrazione del mutuo a pareggio. Allora si risparmiarono miliardi di oneri perché era un disavanzo apparente; adesso invece il disavanzo è sostanziale. Allora la Giunta in carica poteva da un momento all'altro contrarre un mutuo con un istituto di credito e il cosiddetto disavanzo sarebbe sparito. Adesso invece con la proposta di bilancio si esaurisce qualsiasi capacità di mutuo e i conti non quadrano, né formalmente né sostanzialmente. Ecco la differenza tra adesso e il 1985, anzi, contraendo questi mutui ci troveremo l'anno prossimo, per rimborsare questi mutui, a pagare intorno ai 30 miliardi tra rimborso delle quote capitali e pagamento degli interessi. Si aggraverà ulteriormente la già disastrata situazione della finanza regionale.
Dopo l'ampio e serrato confronto dell'anno scorso in occasione del dibattito sul bilancio nessuno dubitava più dell'emergenza finanziaria in cui ci trovavamo. Noi avevamo indicato un percorso: alcuni emendamenti da inserire subito nel bilancio, altri che dovevano essere fatti propri dalla Giunta (così fu in parte). Indicammo inoltre iniziative che dovevano essere collegate in un'azione di più largo respiro, d'intesa con le altre Regioni, nei confronti del Governo e del Parlamento. Noi restammo allora con i piedi per terra, giudicammo il bilancio un documento di emergenza. Da alcuni colleghi di maggioranza fu allora enfatizzata, come scelta che qualificava di per sé il bilancio, l'indicazione di 15 miliardi quale fondo per l'innovazione tecnologica. Noi fummo molto scettici su tale scelta e i fatti mi pare ci abbiano dato ragione. Credo che non siano nemmeno stati spesi questi fondi destinati all'innovazione tecnologica.
Aggiungiamo qualcosa ancora: non si fece praticamente nulla, da parte della Giunta e della maggioranza, per uscire dalla situazione di emergenza e come era facilmente prevedibile, la situazione si è ulteriormente aggravata ed è addirittura precipitata.
Le cifre parlano chiaro: noi mettiamo sempre a confronto tutte le entrate libere di cui può disporre la Regione con le spese per gli interventi che la stessa ha scelto di fare attraverso il bilancio. Ci sono sempre margini di errore, noi però pensiamo che non si possa andare oltre un 4-5%.
Ci sono entrate libere stimate complessivamente sui 660 miliardi.
Abbiamo i nostri calcoli: per esempio, le entrate tributarie le stimiamo intorno ai 58 miliardi, la Giunta pone 69 miliardi. Riteniamo che 12-13 miliardi siano di troppo e ci danno ragione i conti consuntivi degli anni scorsi, 12-13 miliardi in meno di quelli previsti.
Ieri abbiamo chiesto in Commissione di avere i dati, che ormai da mesi devono essere a disposizione della Giunta, sulle entrate del 1988. L'unico consuntivo approvato dal Consiglio è quello del 1987 che dice che le entrate sono sovrastimate almeno di 12-13 miliardi: noi chiediamo di toglierne almeno 10.
Poi c'è il Fondo comune, le rendite patrimoniali pure sovrastimate perché gli interessi attivi non entreranno più nelle casse della Regione nella misura degli anni scorsi: anche in questo caso sono 12-13 miliardi da togliere. Ma dai 660 miliardi bisogna togliere i fondi che dobbiamo restituire ad alcuni enti: meno 115 miliardi e restiamo a 545 miliardi.
Ebbene, con questi fondi dobbiamo finanziare tutta l'attività della Regione.
Inoltre ci sono tre voci del bilancio che assorbono 480 miliardi: l'onere per l'ammortamento dei mutui (l'anno prossimo saranno altri 30 miliardi in più), le annualità passive e le spese di funzionamento che stimiamo intorno ai 215 miliardi. A questo va aggiunta una voce: la formazione professionale che non può essere che finanziata con le entrate libere, e siamo già a 480 miliardi.
In più c'è il debito INPS e INAIL: la quota a carico del bilancio di quest'anno è di 12 miliardi, ma c'è anche la quota dell'arretrato che viene stimata, secondo il decreto, con un rimborso in cinque anni: 18 miliardi.
In totale, altri 30 miliardi. Perché noi riteniamo che si debba inserire questa voce in uscita? Si facciano pure i ricorsi alla Corte Costituzionale, però oggi il decreto è operante, noi approviamo perciò il bilancio con un decreto legge che non può essere ignorato. Potrà essere cambiato, ma è un decreto legge del tutto operante. Il decreto legge prevede che, se la Regione non stipula le convenzioni con INPS e INAIL entro giugno di quest'anno, sarà lo Stato a trattenere queste somme sui versamenti che dovrebbe fare sul Fondo comune, per cui è doveroso inserire questa cifra nel bilancio; in ogni caso è una cifra di cui bisogna tenere conto nel sistemare le nostre poste di bilancio.
In totale, quindi, solo con queste voci, siamo già sotto di più di 35 miliardi: ecco perché possiamo dire che non c'è più nemmeno il barile! Solamente con queste quattro voci noi siamo già sotto più di 35 miliardi.
Poi occorre finanziare i fondi statali non reimpostati, 85 miliardi; io ho trovato (vado a memoria ma credo sia corretto) 83 miliardi per l'area di Orbassano, ci sono in entrata ma non in uscita.
Noi abbiamo stimato gli slittamenti 1988, ma non possiamo evidentemente avere tutti i raffronti: sono 60-65 miliardi. Poi ci sono i residui perenti, cioè i fondi che servono a pagare i creditori che reclamano i propri crediti; sono stimati intorno agli 80-90 miliardi complessivamente.
Almeno una ventina di miliardi occorre metterli nel nostro bilancio. E sono altri 170 miliardi circa. E vanno infine aggiunte le spese correnti e investimenti relative a tutti i settori di intervento regionale (esclusa la formazione professionale perché l'abbiamo già conteggiata) stimate, noi diciamo per difetto, in 120 miliardi. Ed è la tabella allegata alla relazione della Giunta e sono i famosi risparmi di cui ci parlava l'Assessore! Allora, cosa salta fuori? Cinquecentoquarantacinque miliardi di entrate libere; spese rigide: noi le stimiamo intorno ai 720 miliardi 175 miliardi di un deficit che sfido chiunque a dimostrarmi come riuscirà a coprirlo. Ci sono margini di errore in più o in meno, 20 o 25 miliardi di differenza; ma rimarrebbero sempre 150 miliardi, che nessuno riesce a dimostrare come riuscirà a finanziare, adesso, tra sei mesi, tra un anno se non c'è un'iniziativa adeguata che cambi sostanzialmente la struttura dei flussi finanziari alle nostre Regioni. Di fronte a questo, non possiamo che essere meravigliati e sconcertati che non si prenda atto di questa situazione e si ricorra, forse anche in buona fede, ad artifizi e a sotterfugi che sono assimilabili, a mio modo di vedere, a veri e propri falsi di bilancio, ignorando e violando anche le più elementari regole di correttezza nella gestione del bilancio stesso. Diamo anche il credito della buona fede. Non si sono reimpostati i fondi statali da reimpostare per legge, si sono sopravvalutate le entrate e ci sono i consuntivi a dimostrarlo (accettiamo sempre una prova del contrario), ci sono partite zoppe per almeno 20 miliardi; la stessa previsione di utilizzo completo di ogni capacità di indebitamento, al di là del fatto che il mutuo serve comunque a coprire solamente i 120 miliardi di investimenti e non potrà mai essere usato per finanziare le spese correnti, non basta a coprire il deficit di 175 miliardi, che deve essere finanziato solo con le entrate libere, che non ci sono e nessuno riesce a prevedere quando potranno arrivare.
Ebbene, di fronte ad una situazione finanziaria che si presenta disastrosa, noi riteniamo che si debba reagire con decisione e con ogni mezzo e non rinviare tutto non si sa a quando. Richiamiamo anche le norme di legge: l'art. 22 "Universalità del bilancio" è la nostra legge di contabilità, ma è mutuata pari pari dalla legge statale n. 335, la quale stabilisce che "tutte le entrate spettanti alla Regione e tutte le spese che competono alla Regione devono essere iscritte nel bilancio regionale.
Sono vietate le gestioni di fondo al di fuori del bilancio della Regione".
Si può disquisire molto su questa norma, ma mi pare che la sostanza sia molto chiara, come mi sembra sia chiaro che sono troppe le partite che sono fuori del bilancio e ne abbiamo fatto una esemplificazione eloquente.
Vado avanti citando l'art. 33, secondo comma, il quale a proposito dei fondi statali a destinazione vincolata stabilisce che "il totale degli stanziamenti di competenza relativi a tali spese non può essere inferiore in ciascun bilancio al totale delle rispettive entrate di competenza salvo quanto disposto all'art. 27 e al successivo art. 42, secondo comma". Vi risparmio la lettura degli altri commi che non fanno che confermare come non sia possibile fare quanto invece è stato fatto dalla Giunta.
La mancata iscrizione dei fondi statali reimpostati, che si ripete da diversi anni e con questa consistenza, a noi sembra che sia una patente violazione di legge, ma non siamo i soli a dirlo. Quante volte il Commissario del Governo ha scritto alla Regione che deve provvedere a sanare questa violazione di legge! Che poi il Governo, che conosce la situazione, da una parte predica bene, dall'altra razzola male chiudendo gli occhi su una situazione disastrosa, è un altro discorso. Io credo che non possiamo accettare un comportamento del genere e far finta di niente perché le norme ci sono e noi riteniamo che vadano rispettate anche perch ci sono responsabilità sia degli amministratori sia dei funzionari. Inoltre l'art. 29 "Equilibrio del bilancio" prescrive che "il totale delle previsioni di spesa in termini di competenza può essere superiore al totale delle entrate in termini di competenza, purché la relativa differenza risulti finanziabile con mutui, la cui stipulazione venga autorizzata con la legge di approvazione del bilancio nei limiti di cui al successivo art.
48" e i mutui, ai sensi dell'art. 10 della legge n. 282 e dell'art. 48 prima citato, vengono delimitati nella loro contrazione. Possono essere contratti solo per provvedere "alle spese di investimento o per assumere partecipazione azionarie in società finanziarie regionali". Mi pare che non si scappi da questo meccanismo.
Il secondo comma dell'art. 29 dice anche che "le spese per l'adempimento delle funzioni normali (le spese correnti) devono trovare copertura nelle entrate correnti". Mi pare che siano norme abbastanza chiare.
Potremmo dilungarci, ma non lo facciamo sulla presentazione del bilancio pluriennale. Credo che possa essere chiamato in qualsiasi modo tranne che bilancio pluriennale. Questo mi pare che sia un dato certo.
C'è però una conseguenza su cui dobbiamo riflettere: le leggi di spesa che giacciono nelle Commissioni, a mio modo di vedere, non vedo come potranno essere licenziate dalle Commissioni stesse, perché c'è un articolo, l'art. 16, che dice chiaramente: "le leggi", ma anche le deliberazioni, per esempio quella che riguarda la formazione professionale ripeto "le leggi regionali che prevedono nuove e maggiori spese anche a partire dagli esercizi successivi indicano l'ammontare e i mezzi finanziari per farvi fronte con riferimento al bilancio pluriennale". Sfido chiunque a trovare un riferimento preciso e serio all'interno del documento che viene presentato come bilancio pluriennale. Ci rendiamo conto che in questa situazione è difficile presentare bilanci pluriennali, però c'è un limite a tutto.
A noi sembra di poter dire, con amarezza, che proprio nel momento in cui si richiede il massimo rigore da parte delle Regioni per poter contrastare adeguatamente le pericolose innovazioni che si vogliono imporre con la normativa statale, fondo sanitario nazionale, la tesoreria unica ecc., noi non ci presentiamo a questo confronto con le carte in regola.
Ma ci sono altri elementi che ci fanno pensare. E' vero che la causa del dissesto del nostro bilancio va ricercata nella mancata adozione della legge organica sulla finanza regionale e sui tagli operati dal 1982 in avanti da parte del Governo; pensiamo però che ci siano anche delle responsabilità precise di questa Amministrazione.
Nel 1986 la Giunta adottò una deliberazione relativa alle opere pubbliche, con cui si davano contributi a pioggia, al di fuori da qualsiasi principio programmatorio. Per esempio, al Comune di Domodossola sono arrivati contributi per una strada per 100 milioni che non erano stati richiesti, il che ha creato guai all'infinito; si è potuto contrarre il mutuo con la Cassa DD.PP., solo da pochi mesi. Questo ha significato miliardi di annualità passive, in una situazione già difficile per vent'anni. Sono da stimare intorno ai 100/120 miliardi gli oneri di quella deliberazione.
I colleghi mi ricordano anche la vicenda degli acquedotti. L'anno scorso ci siamo battuti per inserire una quota in bilancio relativa agli acquedotti che permettesse di finanziare la progettazione e la quota a carico della Regione o degli enti locali rispetto a quanto previsto dallo Stato nella Finanziaria.
La Finanziaria l'anno scorso prevedeva progetti per acquedotti per il 90% a carico dello Stato; noi abbiamo sottolineato l'esigenza di finanziare il restante 10% in occasione della discussione sul bilancio. Ebbene, altre Regioni hanno attivato queste provvidenze: la Valle d'Aosta, la Liguria, la Toscana. Il Piemonte che ha le acque nella situazione che tutti conosciamo non ci risulta che abbia attivato questi progetti, e sono decine e decine di miliardi che non sono arrivati alla nostra comunità.
Pochi giorni fa si è discusso in Consiglio sul Piano dello smaltimento dei rifiuti, e mi sembra che sia stata...



(Interruzione da parte del Consigliere Bontempi e da parte del Presidente Beltrami)



BIAZZI Guido

Presidente, mi meraviglio perché la precisazione non sia stata fatta quando il problema è stato posto in aula. Era presente l'Assessore, perch non è stato risposto allora e nessuno ha dato una risposta adeguata? Sono stati già citati i problemi del decreto sui Mondiali di calcio e la sua mancata utilizzazione in modo concertato da parte della Giunta per quanto riguarda i parchi e gli interventi su tutto il territorio piemontese.
Infine vogliamo ricordare qualcosa che apparentemente è molto limitato ma che riteniamo un atto grave, data la nostra situazione finanziaria. Nel bilancio leggiamo che il cap. 240 "Rimborsi agli enti di provenienza di personale comandato" viene elevato da 1.000 milioni a 2.500 milioni; ci sono 1.500 milioni in più che la Regione si accolla e noi non riusciamo a vedere una motivazione vera per questi aumenti. Ma altri esempi se ne possono fare. Il collega Valeri mi ricordava 1 miliardo e 700 milioni per il metanolo, c'è una deliberazione del Governo dell'inizio del 1988. E mi ricordavano altri colleghi la mancata ripartizione di ben 132 miliardi che riguardano investimenti per attrezzature ed edilizia sanitaria; mi dicono attendiamo una conferma o una smentita - che c'è stata una deliberazione del CIPE del gennaio 1988; dopo pochi mesi potevano essere messi a disposizione delle nostre UU.SS.SS.LL., ma non risulta che siano ancora stati ripartiti: sono 132 miliardi per un settore vitale.
Potrei aggiungere ancora (e me lo ha suggerito il relatore) la caduta della capacità di spesa; qui non ha colpa lo Stato. I residui passivi stanno a dimostrare come la macchina regionale incontri sempre più degli inceppamenti e funzioni sempre peggio.
Pongo un'altra questione. Nell'assestamento avevo trovato 10 miliardi in entrata da chiedere all'ANAS, perché l'ANAS non li aveva spesi in base alla convenzione stipulata nel 1984, credo in base alla legge n. 431.
Ebbene, mi domando come mai la Regione abbia versato all'ANAS fondi in anticipo, visto che l'ANAS non li ha spesi, con una situazione finanziaria difficile. In un anno questo significa 1 miliardo e 200, 1 miliardo e mezzo di interessi attivi che noi abbiamo lasciato all'ANAS.
Signor Presidente, non so quando siano stati versati; nel 1984? Si era già in ritardo nel 1985. Perché si è aspettato tanto a chiedere il rimborso? Certo hanno sbagliato a versarli, ma ancor di più a non chiedere la restituzione. Quando si è deliberata la convenzione ANAS ho sollevato la questione della sua legittimità, perché andavamo a impegnare gli esercizi futuri senza che ci fosse un riscontro effettivo nel bilancio regionale.
Credo di non averla nemmeno votata quella deliberazione; è un problema che abbiamo comunque sollevato. Se si è aspettato sei mesi per il versamento credo sia inaccettabile che si aspettino altri quattro anni a chiedere il rimborso. Vuol dire che ormai si tratta di 5 o 6 miliardi di risorse lasciate all'ANAS. Però la domanda che mi pongo è: come mai sono spariti dal bilancio? Se erano inseriti nell'assestamento del novembre scorso, come mai anziché chiederne la restituzione sono stati cancellati dal bilancio? Mi permetto di aggiungere che l'eliminazione delle partite di entrata i residui attivi, è regolamentata in modo rigoroso. Per eliminare un residuo attivo dalle entrate è necessaria una motivazione adeguata.
In conclusione, noi vogliamo chiarire qual è la situazione della finanza regionale (è un'azione che compiamo oggi in Consiglio e che continueremo anche dopo il dibattito in aula). Noi formuleremo due gruppi di emendamenti: il primo si propone di ristabilire la "legalità" della proposta di bilancio; il secondo si propone di fornire delle indicazioni significative su come, nonostante la difficile situazione finanziaria alcuni bisogni elementari devono essere soddisfatti. Ci auguriamo che il Consiglio regionale modifichi radicalmente questo bilancio, faremo tutto il possibile perché questo avvenga: e faremo anche tutto quanto è in nostro potere per impedire che la Regione venga trascinata nel disastro finanziario.



PRESIDENTE

Sulle relazioni di maggioranza e di minoranza è aperta la discussione generale.
Invito i Consiglieri a contenere i loro interventi entro lo spazio di 15 minuti al fine di chiudere la discussione generale nella giornata di oggi.
Ha chiesto la parola il Consigliere Martinetti. Ne ha facoltà.



MARTINETTI Bartolomeo

Signor Presidente, non mi dilungherò molto oltre i termini ristretti da lei suggeriti, anche se ovviamente il primo intervento in discussione generale del nostro Gruppo su un argomento così rilevante non pu certamente soggiacere a limiti troppo ristretti, anche per il fatto che non mi sembra che sul piano formale esistano differenze tra interventi di un Gruppo e di un altro ed in quanto non mi pare che la relazione del Gruppo comunista, una vera e propria contro-relazione, abbia il significato di una relazione di minoranza della Commissione, perché non è questo il contorno la forma in cui si è presentata.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Presidente della I Commissione, il collega Santoni, che ringrazio per la serietà e la completezza della relazione con cui ha presentato al Consiglio la proposta di bilancio 1989, accogliendo alcuni dei partecipanti alle consultazioni indette dalla Commissione, ha pronunciato una frase che mi sembra possa descrivere molto bene il clima in cui si svolge questo dibattito. "Questo bilancio egli ha detto - non è un'occasione esaltante per incontrarci".Clima di insoddisfazione, quindi, per non dire di sfiducia e di pessimismo che ha caratterizzato le riunioni della Commissione a cui tuttavia i membri, sia di maggioranza che di opposizione, hanno partecipato con doveroso interesse e piena diligenza e che è emerso anche dagli incontri con le rappresentanze intervenute alle consultazioni, motivando in un certo senso le assenze di chi evidentemente ha preferito rinunciare persino al tentativo di suggerire modificazioni e iniziative aventi ben poca possibilità di successo.
Non privo di qualche motivazione, dunque, ma non di meno grave e preoccupante, il disimpegno dimostrato dagli enti locali, le Province presenti soltanto con un intervento abbastanza anodino e superficiale della loro rappresentanza regionale; praticamente assenti i Comuni. E' vero che il momento di formazione del bilancio, anche per il suo carattere di operazione tecnicamente condizionata, non rappresenta l'occasione più indicata per il confronto politico amministrativo fra la Regione e gli enti locali territoriali, ma questo distacco di cui si hanno prove a ripetizione deve preoccuparci e deve in particolare preoccupare la Giunta che di un costante collegamento con le realtà locali dovrebbe fare il punto di forza della sua azione quotidiana.
La nuova legge sulle autonomie, testé giunta all'esecutività dopo la sentenza a noi favorevole della Corte costituzionale, sarà lo strumento adeguato per riprendere in pieno questo indispensabile rapporto, ma certamente non basteranno le deleghe né saranno sufficienti le assemblee dei Sindaci forzatamente ridotte a funzione puramente consultiva, a ricreare quel rapporto di fiducia, quel costruttivo scambio di informazioni e di stimoli, quel vincolo di partecipazione che negli ultimi anni è andato molto affievolendosi. Se questo non sarà impegno preciso del Consiglio della Giunta, dei singoli Assessori, attraverso il pratico comportamento degli uffici; se Regione, Province e Comuni non si parlano, come abbiamo purtroppo constatato in occasione delle consultazioni sul bilancio, sarà vano sperare in un rilancio del ruolo della Regione e di una forte ripresa delle autonomie locali.
Va detto però che altri, in particolare gli enti strumentali della Regione e le organizzazioni economiche e imprenditoriali, non hanno rinunciato a fare un esame approfondito del documento di bilancio e ad avanzare proposte, pur riconoscendo lealmente le gravi difficoltà in cui la Regione si dibatte e inserendosi nel discorso che si sta sviluppando anche a livello nazionale, intorno a prospettive di riforma della finanza regionale nel quadro di una riforma istituzionale in cui il ruolo delle Regioni sia adeguatamente valorizzato e rilanciato.
E' stato tuttavia anche ricordato, a mio avviso saggiamente, che nell'attuale situazione della finanza pubblica italiana, l'idea di una riforma sostanziale della finanza regionale potrebbe diventare un obiettivo irraggiungibile almeno in tempi brevi. Sarebbe quindi auspicabile che a tempi ravvicinati si ricercassero soluzioni anche limitate, ma capaci di dare alle Regioni maggiore autonomia e maggiore responsabilità nella gestione di bilancio.
I gravi problemi che rendono pressoché impraticabile la finanza regionale sono noti e sono oggetto di analisi quasi rituale in ogni discussione attinente al bilancio. Essi in definitiva fanno tutti capo all'estrema rigidità del bilancio stesso ed alla riduzione in termini pressoché insignificanti delle risorse libere. Come è stato sottolineato noi ci arrovelliamo attorno a meno del 3%, tale essendo la quota dei circa 7.000 miliardi di bilancio non avente già una destinazione rigida e finalizzata. Inoltre non va dimenticato che i trasferimenti statali con i quali dobbiamo sostenere spese nei vari settori di competenza, nonché le spese fisse e concernenti la gestione dei servizi e il funzionamento dell'ente, hanno avuto negli ultimi anni incrementi inferiori allo stesso tasso di inflazione programmato e quindi la disponibilità delle risorse anche di quelle finalizzate, resta inferiore alla spesa consolidata storicamente, nonostante ogni sforzo di contenimento messo in atto dall'Amministrazione regionale.
L'Assessore al bilancio ha illustrato anche le gravi incertezze in cui la Giunta ha dovuto affrontare l'operazione di formazione del bilancio, a causa dei ripetuti, diversi, a volte contrastanti provvedimenti governativi e parlamentari compresi nella manovra economica finanziaria ancora in corso ed ha precisato che di alcune disposizioni contenute in decreti non ancora convertiti in legge dal Parlamento, la Giunta regionale non ha potuto tenere conto nel documento sottoposto al Consiglio, dal che è facile prevedere, al di là dell'attesa non so quanto plausibile che le normative più pesanti per la finanza regionale siano modificate in sede di conversione o al limite trovino rimedio giurisdizionale a seguito dei ricorsi avanzati in sede costituzionale da alcune Regioni, che in sede di assestamento ci troveremo dinnanzi alla necessità di far fronte a qualche maggiore spesa non indifferente.
Anche da questo appare come la formazione del bilancio abbia potuto attuarsi soltanto attraverso equilibri, si potrebbe forse dire equilibrismi, estremamente delicati, non esclusa la necessità di considerare con qualche ottimismo non del tutto giustificato certe previsioni di entrata.
Lo stato di depressione, che tutto ciò induce in chi vorrebbe maggiormente incidere nella deliberazione di un atto così rilevante praticamente e tecnicamente nella vita della Regione, e la coscienza delle difficoltà obiettive e dei limiti insuperabili che abbiamo di fronte dovrebbe consigliare alle stesse opposizioni di non ripercorrere atteggiamenti largamente propositivi con la volontà di richiedere ed ottenere sostanziali correzioni e modifiche nei vari stanziamenti.
Anche l'idea certamente esaltante, emersa durante il dibattito sul bilancio 1988, di procedere alla predisposizione di un bilancio reale dei bisogni che costituisse la piattaforma di una seria rivendicazione nei confronti degli organi centrali dello Stato, bisogna riconoscere onestamente che non ha dato i risultati che avevamo sperato, forse per incapacità nostra, anche se bisogna ricordare che gli uffici dell'Assessorato e la I Commissione non hanno trascurato di esercitarsi seriamente attorno a quella proposta trovando ostacolo oltreché nella disponibilità di tempo, sempre scarsa rispetto ai molteplici impegni, anche nella difficoltà di imboccare un cammino concreto e realistico che non fosse soltanto una pura esercitazione teorica.
Ogni giorno di più ci rendiamo quindi conto dei limiti obiettivi in cui operiamo e contro cui si troverebbe ad urtare chiunque si dovesse misurare nelle attuali condizioni ad impostare e gestire la finanza regionale.
La stessa severa ed impietosa, pure in forma apprezzabile, relazione del collega Biazzi non ha fatto che confermare l'estrema gravità della situazione, analizzandone i punti cruciali e le contraddizioni, senza poter offrire credibili rimedi che non discendano da decisioni che esorbitano in gran parte dalle competenze regionali.
Pensiamo quindi che abbia fatto bene la Giunta, pure in una continuità sostanziale rispetto ai contenuti del bilancio precedente, a modificarne la presentazione metodologica, presentando cioè un bilancio che non consente aperture ottimistiche a futuri assestamenti e dichiarando correttamente che questo bilancio rappresenta il massimo sforzo che si poteva compiere per la razionalizzazione e il contenimento nelle attuali condizioni giuridiche e finanziarie.
L'Assessore Croso, che in Commissione e in Consiglio ha sempre dato prova di ampia disponibilità al confronto e che non può certo essere accusato di chiusure mentali rispetto ai contributi di tutte le forze di questo Consiglio, ha quindi correttamente sottolineato la obbligatorietà delle scelte a cui è stato costretto dalle reali condizioni della finanza regionale e del quadro normativo generale. Nel contempo, e gliene siamo grati, non ha nascosto uno spiraglio di ottimismo e di fiducia. Egli infatti ha dichiarato di ritenere che il bilancio 1989 dovrebbe chiudere un ciclo, trovandosi allo spartiacque rispetto a due fatti importanti: l'approvazione del Piano di sviluppo e la presentazione del disegno di legge Maccanico per la riforma della finanza regionale.
E' chiaro che i due momenti indicati dall'Assessore (quello della programmazione regionale avviata con la deliberazione del febbraio scorso e quello della riforma delle finanze regionali) costituiscono materia di riflessione e giustificano qualche ragionevole fiducia.
Il disegno di legge Maccanico si propone di recuperare pienamente alle Regioni la loro funzione programmatoria. Per questo, punta su una radicale modifica delle modalità di trasferimento dei fondi statali che dovrebbe avvenire nel pieno riconoscimento dell'autonomia regionale e cioè senza rigida finalizzazione, ponendo così gli organi regionali in condizioni di determinare con più discrezionalità le proprie scelte, cioè di programmare i propri interventi.
Il tema dell'autonomia finanziaria delle Regioni (ora praticamente inesistente a causa della rigidità del bilancio e della riduzione estrema delle risorse libere) è sempre stato al vertice degli interessi del Gruppo DC.
Più volte in quest'aula i nostri rappresentanti hanno ribadito questa linea sia in occasione dei dibattiti sui bilanci sia quando si è trattato dei problemi relativi alle riforme istituzionali.
Naturalmente una vera autonomia non può derivare soltanto dall'eliminazione di forme troppo rigide di vincolo sulle attribuzioni finanziarie dello Stato, se queste attribuzioni continueranno ad essere sproporzionate ai reali bisogni a cui la Regione, per compito costituzionale, deve far fronte.
Emblematico a questo proposito è il caso del finanziamento della spesa sanitaria, un settore cioè dove sono enormi i problemi relativi alla buona gestione dei servizi, ma rispetto al quale dovrebbe comunque essere assodato che la spesa complessiva non può essere diminuita, anche considerando che il rapporto della spesa sanitaria con il prodotto interno lordo è inferiore in Italia rispetto ad altri Paesi europei.
Ridurre o congelare il Fondo sanitario assegnato alle Regioni, sul presupposto che quel che manca dovrà essere autonomamente reperito con imposizioni proprie dalla Regione, è a nostro avviso un modo inadeguato per affrontare e risolvere il problema.
Del resto, più in generale, l'intero problema del riconoscimento di un potere impositivo autonomo alle Regioni deve essere sottoposto ad attenta valutazione.
E' stato infatti autorevolmente osservato che l'autonomia tributaria estesa a livelli rilevanti si scontrerebbe con il sacrosanto principio del diritto dei cittadini delle varie Regioni ad una sostanziale parità tributaria.
Il problema è delicato; esso va considerato in un quadro più ampio senza escludere, a oltre quarant'anni dalla Costituzione, la necessità di considerare se sussistano ancora tutte quelle motivazioni di carattere etnico, territoriale e storico che avevano indotto a considerare la necessità di marcate differenziazioni, proprio sul piano dell'autonomia istituzionale e finanziaria, tra Regioni speciali ed ordinarie.
Fatte queste considerazioni di ordine generale circa l'attesa di radicali modificazioni del quadro giuridico-istituzionale, noi possiamo dichiararci soddisfatti del modo con cui la Regione fa la sua parte, nella sua capacità di muoversi su questo terreno intricato tra le difficoltà obiettive che abbiamo sommariamente ricordato.
Noi ci sentiamo di esprimere un giudizio largamente positivo per quanto riguarda l'impegno che in questi ultimi anni la Giunta ha posto, operando in condizioni di estrema difficoltà per il riordino dell'Ente sul piano finanziario, per il superamento di situazioni pregresse, per il miglioramento delle strutture mediante soprattutto gli importanti provvedimenti in corso nella riorganizzazione degli uffici e del personale.
Per quanto riguarda la situazione del bilancio, la Giunta e l'Assessore sono i primi a riconoscere che risultati concretamente soddisfacenti sono ancora lontani e forse irraggiungibili nelle attuali condizioni.
A fronte di un'evidente carenza di disponibilità per finanziare interventi più incisivi, viene ancora una volta evidenziata la grande consistenza dei residui passivi e il ricorso imponente alla reimpostazione dei fondi statali non utilizzati negli esercizi precedenti.
Questo rimprovero rispetto all'incapacità di spendere, questa constatazione della gravità di una situazione in cui grossi finanziamenti restano immobilizzati, ricorrono annualmente come argomento forte di opposizione e non importa se, da quando questo è un ricorrente tema dei dibattiti sul bilancio, le maggioranze e le opposizioni si sono nel frattempo alternate.
Da questa semplice considerazione dovrebbe derivare il riconoscimento che probabilmente la causa principale di tale stato di cose sta al di fuori della volontà politica e della solerzia amministrativa di chi ha la responsabilità della gestione: procedimenti contorti e vischiosi nel momento dell'assegnazione dei finanziamenti, ritardi già nella prima fase istruttoria, procedure complesse e soggette a controlli sovrapposti e ripetuti nell'approvazione dei progetti e nell'affidamento dei lavori necessità (proprio a causa dei ritardi) di successive varianti rispetto all'impostazione di partenza. Tutto ciò rende addirittura inconcepibile che una pratica di finanziamento e specialmente quelle rilevanti facenti capo a complesse normative nazionali o comunitarie possa avere il suo compimento entro un solo esercizio finanziario.
La modifica di questo stato di cose, al di là delle difficoltà obiettive, dipende certamente da decisioni che non sono alla portata della Giunta regionale. Tuttavia, nelle ripetute discussioni che nella I Commissione si fanno su questa problematica è emerso il convincimento diffuso che alla base di tutto c'è anche una insufficiente conoscenza degli stessi meccanismi che presiedono alla gestione degli interventi ed un certo scollegamento fra la centrale della gestione del bilancio e le singole attività finanziarie dei vari Assessorati.
Quest'ultima difficoltà nasce anche dall'attuale sistema, che favorisce un rapporto diretto fra Assessorati e Ministeri, quello che Maccanico individua come un continuum da spezzare attraverso l'assegnazione dei fondi in forma non più rigidamente finalizzata.
Questo sforzo di conoscenza, di maggiore correlazione tra gestione del bilancio e attività finanziaria dei singoli settori deve essere un impegno che la Giunta nel suo complesso assume, come forma e segno della capacità di attuare una politica regionale fondata sulla collegialità e sulla trasparenza.
Per questo abbiamo appreso con piacere che la Giunta ha approvato il disegno di legge sul controllo di gestione, al fine di dotare la Regione di uno strumento che consenta una maggiore qualificazione dell'attività amministrativa e di spesa attraverso valutazioni corrette, oggettive rigorose e dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi, alle disponibilità e all'impiego delle risorse. Altre Regioni si sono poste su questa strada ed hanno avuto riscontri positivi.
Concludendo, e lasciando ad altri colleghi del Gruppo le osservazioni specifiche su particolari aspetti del bilancio e sugli interventi previsti assicuro che il Gruppo della DC non trascurerà ogni attenzione ed ogni sforzo possibile per superare una situazione che oggi riconosciamo obiettivamente difficile, affiancando la Giunta, nell'ambito della maggioranza che governa la Regione, per la realizzazione di una politica adeguata alle esigenze dei nostri concittadini.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che a nessuno sfugga il passaggio, e non credo di usare toni fuori luogo nel dire passaggio drammatico, in cui la discussione sul bilancio della Regione si pone in questo esercizio 1989.
E' stato fatto un esempio molto calzante per capire il clima di drammaticità in cui ci troviamo.
Nel 1985 avevamo quello che viene comunemente definito buco, cioè un forte disavanzo sommerso, tenuto in piedi con tecniche finanziarie più o meno adeguate. Non credo che arriviamo al falso in bilancio. Chiedevo al collega Santoni quanti anni di pena ci sono per il falso in bilancio e mi ha detto che sono due anni e quattro mesi.
Ma, al di là della tecnica finanziaria che è stata utilizzata per tenere in piedi questo buco, attraverso un processo di scorrimento del debito (è stata soprattutto la formazione professionale che, essendo la parte preponderante delle risorse libere, ha fatto scorrere il debito), nel 1985 ci trovavamo in una situazione di deficit occulto di un certo tipo con una capacità di indebitamento significativa. Oggi ci troviamo con un'area complessa che richiede tecniche finanziarie per procedere allo scorrimento essendo arrivati al limite dell'indebitamento.
Ci troviamo una operatività estremamente critica che se non vedrà cambiamenti radicali, ci porterà ad aprire il prossimo esercizio in condizioni al limite dell'operatività. Oggi stiamo costruendo un bilancio e non vorrei che qui si usi la tecnica del ragioniere che va a spaccare la lira. Sono stupito che si siano ottenuti degli spazi e delle risorse che pensavo non recuperabili nelle forme con cui sono state espresse. Dobbiamo apprezzare nell'azione dell'Assessore e degli uffici di aver fatto quadrare quello che pareva non sufficientemente quadrabile. Noi, in qualche modo abbiamo predeterminato la situazione futura che, se non vedrà dei cambiamenti, richiederà che il Presidente Beltrami se ne faccia interprete presso la Conferenza dei Presidenti delle Regioni. Credo che anche altre Regioni si trovino nella situazione di essere arrivati al limite della nostra operatività.
E' pur vero che ci sono dei limiti di operatività dati dalla caduta di capacità di spesa, i residui passivi, e questo va evidenziato come un elemento che va rapidamente minimizzato nei limiti delle possibilità.
Voglio cogliere una indicazione importante che nella relazione dell'Assessore è stata fatta. Occorrerà ridurre il rapporto diretto tra assegnazione di un Ministero e spesa a carico del singolo Assessorato credo che questo criterio sia uno di quelli che più generano meccanismi della riduzione della capacità di spesa alla quale abbiamo assistito in modo esponenziale come crescita in questi ultimi anni. Probabilmente occorre ridefinire la capacità e l'azione di spesa. L'elemento motore della spesa deve essere un orizzonte di riferimento che viene disegnato dal Piano regionale di sviluppo, che non dev'essere carta straccia, ma la guida di questo processo e che poi, all'interno della singola spesa, può trovare un'articolazione di dettaglio ma deve avere un indirizzo di fondo.
Credo non sia sbagliato il tentativo che è stato fatto nell'esercizio passato di compattare un blocco di spesa per renderlo finalizzato verso un'area di emergenza, che era stata determinata come priorità politica. In questo caso quest'area era stata individuata come sostegno alla velocizzazione dell'introduzione di innovazioni nell'apparato economico. In questa direzione si era mossa la volontà di compattare un blocco di spesa che, nella filosofia del superamento della politica per Assessorati individuava funzioni nelle quali assegnare a blocchi di spesa una funzione propulsiva. Forse come prima esperienza non è riuscita, forse ci sono stati dei limiti, ma questo principio non può essere abbandonato, anzi dev'essere recuperato proprio nei momenti di difficoltà.
Nei momenti di difficoltà poi occorre ottimizzare la spesa. Non credo colleghi, che dinnanzi ad una situazione come questa sia marginale una riconsiderazione delle priorità che indichiamo al Fondo Investimenti e Occupazione. Non credo che in questa situazione le singole spese, le assegnazioni statali possano essere gestite in modo tradizionale e non possano essere viste nella potenzialità implicita che la spesa, resa possibile, può determinare.
Faccio ancora l'esempio di una spesa nel campo dello smaltimento dei rifiuti. Essa può determinare, se usata accortamente, degli effetti di spesa inducendo e orientando rispetto alle priorità che determiniamo nel Piano di sviluppo, l'innovazione, la disoccupazione, ecc., degli effetti positivi.
Occorre recuperare questi aspetti, occorre uscire fuori da una visione ragionieristica del bilancio che permette di recuperare propulsione alle Regioni, le quali, certamente, non si vedranno arrivare una pioggia di lire da parte di qualsiasi riforma delle autonomie locali o della riforma della finanza regionale; occorrerà comunque pensare che ci sarà un giorno che probabilmente renderà meno precaria la funzione ragionieristica di spesa ma certamente non darà propulsione alla capacità necessaria alla Regione di fare qualcosa.
Solo con la volontà di concertare nel Piano di sviluppo una attenta politica della spesa, potremo recuperare una identità e un ruolo nostro.
E' chiaro che ci sono poi aspetti interni. Quando l'Assessore diceva che aveva predisposto un disegno di legge per il controllo di gestione, ha fatto un'affermazione che può essere una pura funzione di tecnica ragionieristica e contabile oppure può essere una funzione forte per capire e ottimizzare le nostre spese. Se questo tipo di gestione ci permette di capire l'efficacia della nostra spesa, l'efficienza della nostra spesa perché ne vediamo i gradi di finalizzazione, ne comprendiamo i costi comprendiamo il ritorno dell'investimento che facciamo, credo che accresciamo la capacità di governare un processo di spesa che altrimenti rischia di spappolarsi o rischia di ridursi e di ricondursi a una funzione ragionieristica, al gioco del ping-pong.
Non ho ancora potuto leggere gli emendamenti. Ritengo che in una situazione così limitata, ad ogni emendamento ci debba essere l'indicazione da dove viene sottratta quella risorsa. Solo così noi a risorse limitate possiamo avere un'operatività chiara, responsabile. Se noi diciamo 10 miliardi in più all'artigianato, dobbiamo altrettanto indicare se li togliamo dalla cultura, dalla formazione professionale, dal turismo o da quale altra parte.
Mi riservo in dichiarazione di voto di precisare la posizione del Gruppo socialista, sostenendo che la Giunta e l'Assessore hanno fatto il massimo sforzo.
Il segnale che dobbiamo però percepire è che al di là c'è il buio siamo arrivati al massimo della proiezione di questa tecnica; abbiamo un bel gruzzolo di miliardi che sono analoghi al buco dei 200 miliardi del 1985, ma oggi abbiamo raschiato il fondo del barile per fare il debito per coprire questi aspetti. Domani non c'è più un'opportunità di questo tipo da utilizzare, abbiamo impegnato anche il nostro futuro e non possiamo solo pensare che una riforma della finanza regionale possa azzerare queste nostre difficoltà. A dare maggiore forza e slancio a questa istituzione è anche una ridefinizione del modo con cui ci poniamo nel fare spesa concatenandola alle politiche, proiettandole in modo trasversale e non verticale per Assessorati, facendole accompagnare da una forte analisi di come la spesa si determina e degli effetti che ha. Sono convinto che il controllo di gestione ci potrà dare degli effetti importanti. Questa struttura ci permetterà di capire che tipo di spesa, per esempio nella formazione professionale, abbiamo realmente per ogni unità di allievo o per altre funzioni. In questo modo potremo capire nella funzione legislativa persino quanto ci costa l'atto legislativo e mi pare non sia una cosa irrilevante.
Quindi un apprezzamento per lo sforzo fatto dall'Assessore per compattare questa spesa. Posso capire che forse, in una situazione diversa avrebbe graduato la spesa meglio correlandola alle indicazioni di priorità del Piano regionale di sviluppo. Ora sta a noi fare un salto qualitativo rendere le aree di spesa a maggiore ricaduta sugli obiettivi del Piano di sviluppo, per esempio nei capitoli dell'innovazione, dell'occupazione dell'equilibrio territoriale e tutela dell'ambiente.



PRESIDENTE

Dal momento che è stato svolto un ottimo dibattito sulla questione del Bormida, pensavo ci fosse sintonia da parte dei colleghi circa la stesura di un ordine del giorno unitario. Mi risulta invece che questa sintonia non ci sia. C'è addirittura una posizione critica per il fatto che non si è trovato il modo di concordare un incontro fra i Gruppi. Li invito pertanto a farsi carico di questo incontro in Consiglio altrimenti ritengo venga meno la nostra funzione che è sovrana rispetto a qualsiasi suggerimento contatto od incontro. La definizione del documento deve avvenire a livello dei rappresentanti dei Gruppi, altrimenti perdiamo solo del tempo e non risolviamo il problema che abbiamo discusso in modo positivo nella prima parte dei lavori del Consiglio regionale della seduta odierna.
La discussione generale sul bilancio di previsione proseguirà domani mattina. Ai Consiglieri ancora iscritti a parlare rivolgo l'invito di trasformare i loro interventi in dichiarazioni di voto; mi rivolgo ai Consiglieri Gallarini, Staglianò, Masaracchio e Ferrara.
A conclusione della discussione generale hanno facoltà di replicare i signori Assessori e i relatori, in questo caso quindi il Presidente della I Commissione, Consigliere Santoni, che è stato relatore di maggioranza e il Consigliere Biazzi, relatore di minoranza.
Dichiaro pertanto chiusa la discussione generale sulla proposta di bilancio di previsione per l'anno 1989.
Ha chiesto la parola il Presidente della I Commissione, Consigliere Santoni. Ne ha facoltà.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, ritengo che gli interventi svolti e in particolare la relazione di minoranza, che è stata svolta in maniera molto brillante anche se non del tutto condivisibile, dal collega Biazzi, meritino delle risposte e credo che anche l'Assessore al bilancio e i rappresentanti della Giunta vorranno interloquire. Mi corre l'obbligo di soffermarmi seppur brevemente su quattro punti che nella relazione di minoranza sono stati sottolineati e che mi sembra meritino dei chiarimenti.
Il primo è di ordine generale. La relazione di minoranza fa un parallelo di ordine generale molto suggestivo confrontando la situazione di bilancio del 1985 con quella del 1989 e il ragionamento che è svolto in estrema sintesi è il seguente: pur ammesso che nel 1985 il bilancio della Regione Piemonte presentasse un disavanzo sommerso di circa 180-200 miliardi, è da sottolineare come in allora la capacità di indebitamento dell'Ente fosse per l'esercizio di quell'anno ancora parzialmente integra e quindi, se si fosse proceduto ad iscrivere e ad evidenziare quel passivo sommerso in bilancio, si sarebbe potuto accendere mutui a copertura di quel debito e comunque il pareggio nella sostanza si sarebbe raggiunto. Mentre oggi che si è esaurita la capacità di indebitamento per l'esercizio in corso della Regione, permane un passivo sommerso attorno ai 150 miliardi che comunque non potrebbe essere pareggiato.
E' molto suggestiva la ricostruzione e la considerazione svolta dal Consigliere Biazzi. Non tiene conto però di un dato; e la conclusione a cui arriva è che la situazione di bilancio per la politica che è stata svolta in questi anni sarebbe in questo senso peggiorata. Dimenticano i relatori di minoranza un dato che ci sembra essenziale e che è evidenziato proprio nella parte iniziale della relazione e cioè che, in termini reali, quindi in termini di potere di moneta, il bilancio della Regione ha avuto una riduzione nella parte delle entrate pari al 7%. Questo è determinato dal fatto che gli aumenti dei trasferimenti intervengono soltanto per quanto riguarda la svalutazione, quindi il tasso programmato e non invece il tasso reale di svalutazione e sappiamo bene che c'è una differenza non marginale fra il tasso programmato e il tasso reale.
Sottopongo all'attenzione dell'aula un conto di tipo diverso e cioè, se effettivamente i trasferimenti si fossero realizzati nella misura del tasso reale d'inflazione, non del tasso programmato, avremmo oggi a bilancio una cifra complessiva di entrate pari al 7% in più, se i conteggi - e non ho motivo di dubitare che sono stati fatti corrispondono alla realtà, e un 7 in una cifra di bilancio considerevole quale è quello della Regione Piemonte è un dato ampiamente superiore a quel deficit sommerso che è stato ricordato dal collega Biazzi.
E' poi da aggiungere che questo 7% non è soltanto una cifra da prendere e da iscrivere, ma diventa in un bilancio quale quello regionale un moltiplicatore, perché evidentemente se queste cifre anno per anno fossero affluite nella parte attiva del bilancio, si sarebbe avuto da un lato un maggiore introito per gli interessi attivi, perché c'è sempre una quota che non viene spesa nell'anno e che va ad integrare quei residui di cui tanto si discute e su cui ci soffermeremo, e una diminuzione da parte degli interessi passivi, perché non sarebbe stato necessario accendere una serie di mutui che in questi quattro anni invece è stato necessario accendere per la diminuita capacità di entrata della Regione; quindi non c'è soltanto quel 7% in meno di trasferimenti reali nella parte attiva della Regione, ma c'è una quota di interessi attivi inferiore e una quota di interessi passivi superiore. Tutto questo non si sarebbe realizzato. Se poi volessimo, anno per anno, calcolando la riduzione in termini reali della parte entrate, calcolare la percentuale, quindi calcolare in cifra assoluta a quanto sarebbero ammontati questo tipo di entrata e gli interessi attivi che avrebbe potuto percepire la Regione e calcolare a quanto sarebbero ammontati gli interessi passivi che non sarebbero stati caricati sul bilancio in uscita della Regione, vedremmo che la cifra complessiva è largamente superiore a quella che non troviamo più nei conti della Regione.
Altro punto sollevato. Si dice che nell'assestamento 1988 erano iscritti circa 10 miliardi di credito con l'ANAS derivati dalla richiesta di restituzione di fondi anticipati dalla Regione per interventi che non sono stati realizzati. Credo sia facile spiegare il perché. Se sono stati iscritti nell'assestamento 1988, sono stati iscritti in pratica nel bilancio 1988 e quindi non possono essere reiscritti nel bilancio 1989 come voce autonoma; evidentemente quei 10 miliardi saranno stati conteggiati nei residui attivi iscritti nel bilancio 1989, perché essendo già stati iscritti come entrata nel 1988 e non essendo stati riscossi, evidentemente rappresentano un credito della Regione che va iscritto non come voce autonoma, ma che dovrebbe essere conteggiato nei residui attivi della Regione essendo un credito non riscosso da parte della stessa.
Un altro rilievo è stato fatto per quanto riguarda le cosiddette "partite zoppe", in particolare per quelle quote di finanziamento relative al Po. Questo non è vietato dalla legge di contabilità. Non è espressamente previsto, ma vigendo la vecchia regola che tutto ciò che non è vietato è consentito, credo che anche questo debba considerarsi consentito dalla nostra legge di contabilità, considerato anche che non è un qualche cosa che altera i conti, tant'è che proprio quella partita che è stata individuata e che è stata esplicitamente indicata in 35 miliardi, risulta iscritta nel bilancio 1988 in entrata e nel bilancio 1989 solo in uscita quindi si è rispettata la regola di iscriverla nella parte passiva nell'esercizio immediatamente successivo, per cui non vi è stata attraverso questo artificio di natura contabile, nessuna alterazione dei dati reali. Sarebbe stato diverso se fosse stata reiscritta in entrata anche quest'anno, perché avremmo avuto una duplicazione delle entrate assolutamente non giustificata.
Un'ultima considerazione sulla massa dei residui passivi, argomento che ha impegnato l'assemblea regionale ad ogni tornata di bilancio. Ci sono problemi di trasferimento e di gestione che derivano direttamente dall'attività del Governo centrale e ci sono problemi che derivano espressamente dall'attività regionale. Anche in questo caso occorre puntualizzare. Se verifichiamo le cifre in bilancio, se cioè scorporiamo la massa complessiva dei residui passivi sulle singole voci di bilancio vedremmo che la larghissima parte di questi residui va a consolidarsi su voci di bilancio in uscita relative ad opere pubbliche, sia che queste siano imputate direttamente nell'area specifica ed espressamente prevista delle opere pubbliche sia che queste vadano ad incidere nell'area agricoltura, anche qui però a finanziamento di opere pubbliche dell'agricoltura. Perché questo avviene? Perché l'impegno complessivo avviene all'inizio, cioè quando viene finanziata l'opera, ma i singoli pagamenti avvengono ad avanzamento lavori e l'ultima tranche di pagamenti avviene a termine lavori, quindi una volta che il lavoro è stato verificato ed accettato. Chiaramente questo sposta nel corso degli anni i vari pagamenti. E' chiaro che l'impegno di spesa deve essere operato al 100% al momento in cui quell'opera viene autorizzata o comunque finanziata, ma i relativi pagamenti non possono essere fatti in anticipo, dovranno essere fatti con la quota di acconto all'inizio delle opere, con l'avanzamento dei lavori nel corso delle opere e l'ultima tranche a completamento e a verifica dei lavori stessi. Quindi, non è un caso che la gran massa dei residui passivi vada a costruirsi proprio sulle voci di bilancio relative alle opere pubbliche direttamente incidenti sull'Assessorato omonimo o sull'area dell'agricoltura che - come ben sappiamo - ha una quota piuttosto ampia di investimenti per opere pubbliche in agricoltura.
Credo che queste precisazioni consentano di superare i dubbi che la relazione di minoranza ha sviluppato e che comunque non esauriscano l'argomento lasciando alla Giunta le risposte per quanto di sua competenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò il più conciso possibile anche se stimolato dalle osservazioni che amabilmente il relatore di maggioranza ha appena fatto. Il collega Guasso mi ricorda che il Consigliere Santoni è un ottimo avvocato, che cerca di difendere al meglio cause molto difficili. Anch'io seguo la sua falsariga perché credo sia utile un confronto anche nel merito.
Il collega Santoni dice che la differenza con il 1985 è da vedere, per ammette che allora si poteva coprire subito quel presunto disavanzo, perch era solo contabile. Siamo all'ammissione di una situazione sostanzialmente diversa. Allora il deficit si poteva coprire con le risorse della Regione adesso non è più così. Il collega Santoni ammette che la situazione è peggiorata e dà una spiegazione che in gran parte condivido.
Certamente la causa principale del dissesto regionale non l'imputiamo al solo comportamento della Giunta dal 1985, diremmo una cosa non vera: la causa principale sta nei tagli governativi. Però, al di là delle cause, la situazione è quella che è: disastrata, e non c'è confronto con il 1985.
Nemmeno con l'anno scorso o con due anni fa. Peggiora sempre di più e non so che bilanci consegneremo a coloro che ci succederanno. Quindi la situazione è grave come noi abbiamo denunciato. Occorre trarne le conseguenze, che devono essere di tipo radicale.
Non si può, a nostro modo di vedere, approvare questo bilancio. Ci sono state anche responsabilità della Giunta, che non stiamo a rielencare unite a responsabilità di ordine generale.
Aggiungeva il Consigliere Santoni, e per questo gli devo delle risposte precise, che in assestamento sono stati messi 10 miliardi per l'ANAS c'erano già l'anno scorso, e che evidentemente non possono essere messi nel 1989. Proprio perché si tratta di residui attivi dovevano essere riproposti, a meno che siano stati incassati nel frattempo, altrimenti c'è qualcosa che non quadra. Noi presentiamo un emendamento integrativo: possiamo inserirlo sui residui oppure nella competenza per ripristinare la correttezza. A meno che si dichiari che le scelte allora fatte per l'assestamento erano sbagliate.
"Partite zoppe", dice sempre il Consigliere Santoni. E' vero, l'anno scorso c'erano 36 miliardi e la legge non dice nulla. Io aggiungo che la legge prevede una cosa precisa: quando alla fine dell'esercizio non è possibile impegnare le spese, corrispondenti all'entrata arrivate in ritardo, è possibile creare una partita zoppa. Stabilisce però che occorre regolarizzare la posizione nel bilancio successivo. Quindi aggiungo: "Sarei d'accordo con te se nel bilancio 1989 trovassi i 36 miliardi, invece ne trovo solo 16". Ecco perché presentiamo l'emendamento, appunto per raddrizzare la partita che è zoppa. Come vedi, Santoni, più si va avanti e più è difficile questa causa da difendere. Richiederebbe certamente molte riflessioni da parte di tutti. Ne ha già fatte il Consigliere Martinetti qualcuna tu l'hai ripresa. Molto spesso la questione dei residui passivi è stata agitata da parte delle minoranze come in un rito.
Ho sempre evitato, finora, di parlare del problema dei residui passivi l'ho sollevato in occasione di questo bilancio perché a me sembra che rispetto agli anni scorsi, la situazione stia, anche su questo versante peggiorando sempre di più. Questo ci deve preoccupare tutti, perch significa che la macchina regionale trova sempre più difficoltà a funzionare bene. Troviamo subito un riscontro di queste difficoltà nelle disfunzioni dell'apparato in generale, soprattutto della dirigenza, che si impoverisce sempre di più.
Abbiamo assistito in questi anni ad una fuga (non può essere definita altrimenti) di funzionari, che costituivano l'ossatura della Regione, di gran parte dei servizi. Probabilmente la ragione del peggioramento dei residui sta anche in questo smantellamento di parecchi settori della nostra macchina burocratica. Questo credo che ci debba preoccupare. Questo è avvenuto, ce lo permetterete, anche per responsabilità di questa Giunta.
Abbiamo visto tutti come i problemi del personale non siano stati affrontati seriamente, come non si sia data una risposta adeguata alle esigenze della nostra struttura. Anche su queste questioni vitali la Giunta non ha dato risposta adeguata.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Intervengo molto brevemente anche se dal dibattito, a parte alcune questioni particolari, non sono venute grandi osservazioni in ordine alle tematiche su cui ho la delega. E' ovvio che sugli aspetti generali sia il Presidente che l'Assessore al bilancio potranno più compiutamente intervenire.
Ho letto alcune osservazioni presentate nel corso delle consultazioni.
Per quanto riguarda il settore dei trasporti, in alcuni interventi della Finpiemonte e della Federpiemonte c'è la sottolineatura di alcuni progetti che stanno in qualche modo andando avanti e che attengono ad alcuni studi che sono stati affidati, per esempio, per realizzare la Fintrasporti oppure per l'avvio di attività interportuali. Vi è chi riconosce che, per quanto riguarda le attività interportuali, vi è stato uno sforzo, da altre parti invece si dice che si dovrebbe fare di più in alcuni settori.
Dalle note consegnate, ad esempio, ho visto che vi sarebbe una scarsa attenzione per il trasporto aereo, al di là della questione sulla competenza piena di questa Regione in materia. Devo dire che in realtà le cose non stanno così perché comunque la Regione si è impegnata non soltanto per favorire l'iter procedurale e l'avvio dei lavori, ad esempio, per quanto riguarda l'aeroporto Torino-Caselle, ma ha dato il suo sostegno per capire, al di là dei facili slogan, se davvero un terzo livello in Piemonte si giustifica. In ogni caso, abbiamo dato il nostro sostegno per quanto riguarda le iniziative di Biella e continueremo a darlo a fronte dei provvidenziali stanziamenti che sono contenuti all'interno del decreto dei Mondiali di calcio con 9 miliardi per quanto riguarda l'aeroporto di Cuneo Levaldigi. Svolgeremo anche un'attenta azione per evitare che facili entusiasmi portino ad ipotizzare cose oltre quella che può essere un'aspirazione legittima di dotarsi di una infrastruttura di terzo livello.
Da altre parti si dice, ad esempio, che non si trovano a bilancio ulteriori risorse da destinare all'ANAS per interventi; qui vediamo invece, emendamenti presentati che vanno nella direzione opposta rispetto a quanto indicato dalle consultazioni, ma su questo mi soffermerò in seguito.
Per quanto riguarda il settore delle opere pubbliche viene rilevato come effettivamente il bilancio 1989 non preveda grandi risorse, anzi, sono previste risorse assai scarse nel sostegno agli enti locali per dotarsi di infrastrutture primarie, quali strade, pubbliche illuminazioni, sedi municipali, cimiteri.
In alcune citazioni è compresa un'osservazione che è stata citata in alcuni interventi in quest'aula sulla capacità complessiva di spesa da parte della Regione.
Riconosciamo che vi sono delle difficoltà e anche delle lungaggini di ordine burocratico nel sommare i vari passaggi che intercorrono dal momento in cui avviene l'assegnazione di un contributo al momento in cui avviene la liquidazione dello stato finale del lavoro eseguito, a collaudo avvenuto.
In questa direzione ci stiamo muovendo con un duplice intervento, da un lato con la modifica della legge n. 18, che abbiamo sottoposto all'esame della Giunta, dall'altro introducendo nell'attività dell'Assessorato alle opere pubbliche una serie di procedure di meccanizzazione e automazione nella gestione dei dati che consentano procedure standardizzate che, in tempi rapidi, possono produrre atti amministrativi in grado di dare le risposte alle pubbliche amministrazioni con minori passaggi e in tempi più brevi.
Mi soffermo su alcuni emendamenti che sono stati presentati. Due in particolare attengono al sistema dei trasporti; il primo riguarda i contributi per l'introduzione delle marmitte catalitiche sui mezzi pubblici di trasporto. In questo caso credo che, anziché prevedere risorse regionali, ci si debba valere del fondo del 151, ancorché tagliato, tenendo conto che su questo vi è un'indicazione precisa. La metà di queste risorse deve essere destinata esclusivamente per acquistare mezzi che utilizzino questo tipo di accorgimento. Quindi già in quella sede e nel piano autobus che stiamo predisponendo vi è un'indicazione prioritaria per questi tipi di interventi. Terremo conto dell'indicazione politica che emerge dall'emendamento che è stato presentato.
Per quanto riguarda l'emendamento che attiene alle piste ciclabili, vi è una proposta di legge che è andata in consultazione e sulla quale dovremo riprendere il confronto all'interno della Commissione. Peraltro credo che il ragionamento debba essere collegato ad un'iniziativa legislativa che a livello nazionale va avanti e che riguarda anche possibili interventi dello Stato a sostegno degli enti locali proprio in questo specifico settore.
Per quanto riguarda la questione dell'ANAS, che è uno dei ragionamenti su cui si è concentrata l'attenzione del Consiglio regionale, vi è una proposta di emendamento che riguarda il recupero. Credo occorra avere il quadro della questione. Questo impegno discende da una convenzione specifica siglata tra la Regione e l'ANAS, con la quale, a fronte di interventi sulla viabilità statale, si prevede che la Regione contribuisca con proprie risorse finanziarie. Anzi, l'ANAS ne chiede ulteriori nel rispetto della convenzione. Oggi siamo nella situazione di avere alcuni lavori avviati fra quelli previsti in convenzione. La convenzione prevede la possibilità di erogazione all'ANAS da parte della Regione di quote di queste risorse, non a stati di avanzamento, ma a cominciare dal momento in cui avviene la consegna dei lavori o addirittura l'espletamento della gara di appalto. Ancora nel 1988, rispetto a tutti gli interventi previsti in convenzione, almeno tre sono andati in appalto, due sono stati consegnati i lavori e complessivamente comporterebbero da parte della Regione un esborso che sta dentro le risorse che già la Regione ha riversato all'ANAS. Quindi oggi siamo nella condizione di avere avviato gli appalti per i lavori previsti dalla convenzione che comportano, fra l'altro, cifre molto più consistenti rispetto a quelle indicate in convenzione. Abbiamo ottenuto dall'ANAS che il maggior costo dell'opera rispetto a quello previsto in convenzione fosse a totale carico della Direzione generale dell'ANAS quindi che questo comportasse una rinegoziazione della convenzione, perch è evidente che oggi i costi sono più rilevanti rispetto a quando siglammo...



GUASSO Nazzareno

Non è solo un problema di costi. Il piano decennale dell'ANAS non c'è.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Si è stipulata una convenzione nella quale sono andati a prevedersi alcuni interventi che stavano dentro il piano decennale dell'ANAS; per Robilante, Roccavione, Nizza sono già stati consegnati i lavori, per la Biella-Mongrando sono già stati appaltati ed è stata esperita la gara d'appalto, per Nizza e Ponti è stata esperita la gara d'appalto. E' chiaro che a fronte dei lavori che partono, la Regione deve cominciare ad onorare i propri impegni. Da questo punto di vista credo che le risorse assegnate all'ANAS lì debbano stare. Si tratterà magari di capire come per gli anni successivi faremo fronte alla convenzione che abbiamo siglato. Sarà cosa diversa se dovremo andare a dire che l'abbiamo disdetta, ma questo attiene ad un altro livello di discussione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

Prendendo nella dovuta considerazione i rilievi critici che vengono formulati dall'opposizione, colgo l'occasione della replica per puntualizzare meglio la posizione degli articoli di bilancio cui ci si riferisce e l'azione del governo regionale.
Mi riferisco in particolare a due aspetti che vengono considerati dalla relazione di minoranza, poi ripresi negli interventi, e che riguardano la politica del personale e il tema dell'organizzazione.
Innanzitutto si rileva l'aumento del capitolo che riguarda i comandi traendo dall'aumento di questo capitolo la conclusione di una cattiva gestione del personale. Mi pare non corretto questo rilievo, perché in effetti ci troviamo in una fase del tutto eccezionale nella gestione del personale della Regione. Di fronte ad un organico di 3.600 unità siamo sotto di circa 1.000 unità, quindi decisamente sotto organico. D'altra parte le ragioni per cui non si è potuto fino ad oggi avviare dei concorsi pubblici sono a tutti note; sono le ragioni dello svolgimento di una serie di concorsi interni che tendono a creare un assestamento nella situazione del personale e il cui svolgimento è preliminare alla effettuazione dei concorsi pubblici.
In questa fase il comando è una delle poche armi di flessibilità che sono nelle mani di questa Giunta per corrispondere ad esigenze straordinarie. Lo si è utilizzato in modo rilevante per l'Assessorato alla sanità, di fronte ad un'emergenza a tutti evidente; e questa emergenza si sta estendendo, come ho avuto modo di rilevare, ad altri Assessorati che si trovano impegnati nello svolgimento di compiti anche straordinari e nuovi: dall'ecologia, all'industria, all'urbanistica. Dobbiamo avere in questa fase la flessibilità per rispondere.
Ci troviamo tra l'altro limitati da due vincoli che ci siamo dati: il primo che limita i comandi soltanto fino all'ottavo livello e non li consente ai livelli inferiori. Questo vincolo abbiamo cercato di superarlo con la legge di contratto ristabilendo una regola più generale e cercheremo di avallare questa regola con uno specifico disegno di legge, che è stato approvato dalla Giunta e che approderà quanto prima in Commissione, il quale affronta il tema dei comandi sotto un profilo più generale come strumento eccezionale. Noi intendiamo prevedere dei comandi limitati a dodici mesi, anche oltre gli organici, perché nella fase attuale abbiamo gli organici sovraccarichi e non abbiamo il personale. Il paradosso sta nella necessità di dover attendere lo svolgimento dei concorsi interni. Si tratta quindi di un'azione di emergenza in una fase che è di emergenza, ma che sta andando verso la normalizzazione. Sarà possibile avviare il primo concorso pubblico per il nono livello nel mese di maggio e, una volta ultimati i concorsi dall'ottavo al nono nonché quelli per il settimo ed il sesto livello, sarà possibile avviare i concorsi pubblici a latere, già nel corso di questo anno. Ribadisco ancora che si tratta di una politica di emergenza per fronteggiare una situazione che è di emergenza, ma non è una situazione che può essere giudicata come immotivata o essere un elemento di cattiva amministrazione.
Colgo questa occasione per dire al collega Guasso che si era fatto carico di tale problema, non in questo dibattito, ma nel precedente, che secondo gli impegni che ho assunto avremo un ultimo incontro con i sindacati il 2 maggio, dopodiché presenterò un disegno di legge all'attenzione della Giunta per l'esame e la soluzione di quei problemi specifici che sono stati indicati concernenti alcune posizioni.
Vengo al secondo tema, quello della disaffezione e di un certo lassismo che ci sarebbero nel procedere alla riorganizzazione dell'Ente.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

AVONDO



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

Non si tratta di lassismo, leggilo bene.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

E' scritto: "Agli elementi di disaffezione e di lassismo più volte richiamati, derivati dai gravi ritardi"...



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

AVONDO



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

Significa quindi che questi elementi sono causati dai ritardi nella riorganizzazione; qui siamo oltre il lassismo.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

Ti garantisco, caro Avondo, che non mi sento affetto da lassismo, ma semmai affetto da attivismo e da movimentismo; non assolutamente da lassismo. Mi sento affetto da attivismo, da volontà e da impegno, ma non da lassismo. Non voglio utilizzare un termine che sarebbe mal interpretato e non conforme alla mia forma mentis. Siamo comunque molto impegnati su questo terreno; anche il bilancio ne tiene conto, i corsi-concorsi sono finanziati, è finanziata la consulenza con la Bocconi per la riorganizzazione che stiamo portando avanti, sono coperte alcune spese importanti e significative che vanno nel segno della riorganizzazione dell'Ente. La Giunta e la maggioranza hanno assunto un preciso impegno e su questa strada camminano. La fase di emergenza va vissuta, non possiamo buttarcela alle spalle anche se cerchiamo di farlo il più rapidamente possibile.
Voglio ancora affrontare il tema della fuga del personale. E' vero che sono state presentate dimissioni di dirigenti e di altro personale, e anche se si sono da ultimo intensificate in rapporto anche a timori connessi a previsioni di modifica del quadro pensionistico nazionale, sono però nella nostra Regione assai meno che in tutti gli altri enti locali. La stampa ha svolto indagini in proposito e ha notato che le dimensioni del fenomeno sono assai più significative in Comune e in Provincia che non a livello regionale. Gli esodi dalla Regione sono limitati: non è che non percepiamo il pericolo, lo cogliamo appieno, tanto che cerchiamo di aumentare la motivazione del personale. Lo abbiamo fatto con la formazione della seconda dirigenza e con la ristrutturazione, lo si fa con i concorsi interni. E' nostra ambizione rimotivare al massimo il personale della Regione perch sappiamo che la sua soddisfazione è essenziale per il funzionamento dell'Ente. I nostro impegno c'è e il nostro comportamento di fronte ad istituti speciali come quello della produttività va nell'indirizzo di promuovere e di premiare con incentivi individuali l'impegno dei singoli.
Cerchiamo di muoverci su questo terreno dando un contributo a quella modernizzazione della pubblica amministrazione che tutti vogliamo. V'è anche una partecipazione nostra al FEPA, progetto nazionale di peso e di importanza; v'è un impegno nella formazione del personale, anche con l'utilizzo di risorse interne ed esterne qualificate. Lo sforzo per far sì che la Regione abbia una struttura adeguata ai problemi che le sono davanti cerchiamo di compierlo in modo completo dando un contributo a risolvere i problemi complessi dell'istituto regionale che sono emersi dal dibattito e ai quali hanno fatto riferimento diversi interventi della maggioranza e dell'opposizione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Marchini.



MARCHINI Sergio, Assessore al commercio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo opportuno cogliere lo spazio che è dato dalla discussione generale per puntualizzare la posizione dell'Assessorato in ordine a considerazioni che oltre che in quest'aula sono state fatte in sede di consultazione. L'Assessorato è consapevole della difficoltà grave che comporta per il settore le decisioni di natura finanziaria che abbiamo responsabilmente assunto. Le riassumo, non per scarico di responsabilità, ma per confermare in questa sede che considero aperta la partita dell'artigianato anche sul piano degli strumenti finanziari di questa nostra gestione.
Il mantenimento della previsione di spesa, così come ci viene indicata nei documenti che abbiamo sul tavolo, pone a forte rischio l'operazione Artigiancassa mettendone in dubbio l'operatività in termini del 60%; così come il capitolo 5133 sull'Artigianfidi comporta, con il mantenimento delle somme così stanziate, la possibilità di irrorare soltanto il 30% degli impegni prevedibili. Per quanto riguarda le aree attrezzate (capitoli 5103 5110 e 5285) il finanziamento, così come è previsto, garantisce soltanto la copertura del 30% degli impegni già assunti.
Non apriamo la questione delicata della convenzione con le Camere di Commercio e delle elezioni delle Commissioni provinciali dell'artigianato che non sono praticabili se non a fronte di uno sforzo finanziario straordinario che l'Assessorato ha già formalizzato alla Giunta.
Meno drammatica è la situazione sul commercio e sulla promozionalità sulla quale peraltro potremmo soltanto soddisfare il 50% delle richieste e rimanere sul piano difensivo in termini di commercio.
La vicenda dei mercati, in conseguenza del mancato rifinanziamento della legge n. 18, non permette alcuna iniziativa.
Quindi, il giudizio che l'Assessorato esprime su un documento finanziario, che condivide in solidarietà politica ed istituzionale, è di forte preoccupazione e anche di fiducia che la Giunta saprà nel suo complesso considerare l'emergenza di questo settore anche alla luce di decisioni e di politiche avviate in particolare in materia di Artigiancassa a livello nazionale per sostenere con interventi successivi questo comparto.
Colgo l'occasione per fare una riflessione. Ci si deve chiedere perch così poche risorse storicamente vengono attribuite a questo settore. In altra sede ho già avviato una riflessione che mi auguro trovi consenso ed apprezzamento. Probabilmente occorre riaprire il discorso della finalizzazione, della priorità e della selezione della spesa, non più alla luce delle esperienze che ho fatto in questi mesi rispetto ai progetti, ma prima di tutto rispetto alle competenze. Prima bisogna recuperare la griglia delle competenze regionali proprie e sulla stessa sovrapporre la griglia della programmazione. Ho l'impressione che in questi anni si sia privilegiata troppo la griglia della programmazione e quindi degli obiettivi rispetto alla griglia delle competenze, con il risultato che settori, anche in termini di opinione o di consenso, più favoriti rispetto a quello che ho l'onore di seguire, abbiano in questi anni attratto più capacità progettuale e programmatica di quante non ne abbia attirato un comparto per certo verso responsabile e tranquillo come quello di cui mi occupo, poco pagante in termini di immagine esterna, a favore di competenze meno proprie della Regione.
Diversamente non è giustificabile una così poca attenzione sul piano storico al comparto artigianale rispetto al quale abbiamo competenza propria essendo materia trasferita. Per carità di patria e per solidarietà di maggioranza e di Giunta non faccio esempi, ma esistono sicuramente settori che sono stati inventati per fare concorrenza allo Stato sul piano del grande contenzioso, con gli interessi forti che deresponsabilizzano lo Stato rispetto a funzioni proprie che si è mantenuto e mettono noi nelle conseguenze di investire risorse rilevantissime per ottenere risultati marginali rispetto alle dimensioni del problema che intendiamo affrontare (ad esempio, problemi che attengono all'occupazione).
Registro le difficoltà in cui versa questo settore, confido che la Giunta saprà prenderle in considerazione e, soprattutto per le questioni di natura straordinaria, in particolare le elezioni delle Commissioni provinciali dell'artigianato, saprà sostenere lo sforzo che facciamo.
Dal punto di vista generale registro l'esigenza del comparto artigianale e commerciale di uscire dalla marginalizzazione rispetto alla quale si è collocato.
Occorre una manovra che veda impegnato il soggetto politico, quindi la classe politica nel suo complesso, la Giunta, il sottoscritto per la responsabilità che copre, il Consiglio nel suo complesso, ma anche i nostri interlocutori esterni.
E' bene che questi settori non ci considerino soltanto più dei banchieri o dei bancari di complemento, la Regione non è soltanto un soggetto che interviene a pagare mutui, ma è un soggetto al quale ci si deve rivolgere e che bisogna coinvolgere all'interno di una progettualità che la categoria deve immaginare al di fuori dei puri strumenti di sostegno che invece sono le questioni che ancora oggi, pure da categorie così avanzate, qualificatamente e culturalmente attrezzate, guardano con maggiore attenzione.
Tanto dovevo per risposta alla cortesia degli interlocutori esterni che hanno ritenuto di dover intervenire con puntualità e con cognizione di causa rispetto a questioni poste in Commissione e tanto dovevo per integrazione ai colleghi.
Mi auguro che la mia riflessione, che so non potrà avere riscontro in questa sede, ne possa avere in tempi finanziari non troppo dilatati, ma soprattutto possa non cadere totalmente nel vuoto e riportare rispetto a questo settore un'attenzione maggiore da parte dell'Amministrazione regionale nel suo complesso, che dovrà prendere atto che o si congela in una spesa storica troppo diffusa (la Regione sempre, comunque e dovunque) o dovrà scegliere e dire "no, la Regione sta solo più su alcune cose, i Comuni su altre, le Province su altre, lo Stato su altre". Se noi ci dobbiamo stare ci dobbiamo stare seriamente. Se non abbiamo le risorse e le competenze per starci, non ci stiamo, lasciamo che ci stiano i soggetti istituzionali che sono stati chiamati dalla Carta Costituzionale a responsabili delle materia che non ci sono state trasferite.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Devo un chiarimento sul conto capitale 1988. Siamo riusciti a completare il quadro delle richieste delle UU.SS.SS.LL. relative al 1988 solo alla fine di settembre 1988 (il ritardo è stato determinato dal decollo delle UU.SS.SS.LL. di Torino).
Avremmo potuto, in una situazione come quella degli anni passati deliberare nel mese di novembre (le variazioni si possono fare solo entro il 30 novembre) la variazione di bilancio sui bilanci delle UU.SS.SS.LL. e le stesse avrebbero portato a residuo sul bilancio 1989 e avrebbero potuto spendere, nella situazione ordinaria, solo dopo il primo assestamento di bilancio che avviene generalmente per norma di legge nei mesi estivi.
Abbiamo modificato l'impostazione per cui il 1989 è stato il primo anno nella storia delle UU.SS.SS.LL. che ha visto una parte di bilancio. Noi abbiamo pregato tutte le UU.SS.SS.LL. di approvare entro il 31 dicembre 1988 il preventivo del 1989; non tutte sono riuscite a farlo entro tale data, ma è stato il primo anno in cui gran parte delle UU.SS.SS.LL. ha deliberato, su indicazione della Regione, il bilancio preventivo entro il 31 dicembre dell'anno precedente.
Abbiamo fatto questo mutuando l'indirizzo della circolare Amato che dava indicazioni per un bilancio 1989 che prevedesse la quantità 1988 più il 4,5% di tasso d'inflazione, per cui il conto capitale 1988 sulla competenza 1989 l'avremmo dato in termini immediatamente spendibili.
Supponevamo di arrivare prima del mese di agosto 1989 in relazione all'altro andamento, quindi c'è indubbiamente un ritardo che può essere di 30 o 60 giorni. Pensavamo di riuscire a fare la deliberazione nel mese di marzo, invece l'approvazione della deliberazione, per difficoltà di quadrare gli intrecci di tutte le Unità Sanitarie Locali, è prevista nella Giunta di oggi, essendo già stata vagliata dalla Giunta nella seduta precedente ed essendo stata vagliata dagli Assessori la documentazione nei dieci giorni precedenti.
Con l'approvazione di oggi della Giunta, con l'approvazione del Consiglio regionale, probabilmente arriveremo alla spendibilità da parte delle Unità Sanitarie Locali nel mese di luglio anziché nel mese di agosto previsto dall'iter normale. Con questa manovra abbiamo cercato di anticipare, ma non ci siamo riusciti; il ritardo, se ritardo si pu chiamare, di questa nuova impostazione è di 60 giorni e non di un anno.
Il CIPE non ha ancora dato le indicazioni per il riparto 1989 del conto capitale, quindi anche in questo caso dovremo partire in ritardo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Ritengo di dover fare alcune precisazioni in merito allo stanziamento che è stato assegnato alla Regione per il bacino del Po.
La Conferenza permanente interregionale per il risanamento del Po in data 18/10/1988 ha assegnato alla Regione 65 miliardi 500 milioni esattamente così ripartiti: 36 miliardi per la depurazione 15 per gli acquedotti 8 per gli impianti e le porcilaie 6,5 miliardi per l'intervento per la rivalutazione delle fasce fluviali che riguarda all'Assessorato alla pianificazione.
I progetti per la depurazione presentati dall'Assessorato erano di 100 miliardi. Siccome avevamo fatto un conto approssimativo della quota che ci spettava, avevamo stabilito delle priorità per 36 miliardi.
Anche per gli acquedotti sono stati presentati progetti per 60 miliardi e anche in questo comparto è stato fatto un ordine di priorità.
I finanziamenti assegnati alla Regione Piemonte non sono ancora stati erogati.
Per quanto riguarda gli acquedotti l'Assessorato ha presentato progetti per 305 miliardi e sono stati assegnati 27 miliardi e 500 milioni.
Per quanto riguarda il FIO 1988/1989 sono stati richiesti 496 miliardi e 378 milioni. Ne sono stati assegnati, e non ancora erogati (la comunicazione non è ancora stata fatta sul Bollettino Ufficiale), 32 miliardi e 500 milioni. Questo dimostra ampiamente che i progetti erano circa dieci volte i fondi che sono stati assegnati dallo Stato. Era stato denunciato che abbiamo rinunciato a dei soldi perché non abbiamo presentato i progetti. Siccome quanto dico è esattamente verificabile, giudicate un po' voi!



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

AVONDO



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Sul Po hai detto: "I progetti presentati, le richieste avanzate erano superiori rispetto alla disponibilità finanziaria" e hai detto anche: "Questi fondi difatti non sono ancora stati accreditati alla Regione". E' una questione che poi vedremo con l'Assessore al bilancio nel senso che addirittura parte di quei fondi l'anno scorso sono stati utilizzati al momento dell'assestamento del bilancio, quindi è un ulteriore elemento che va chiarito. A questo punto, i 30 miliardi di progettazione sono partiti meno quelli sul Po?



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Ci sono stati assegnati in base a questa programmazione e a questi progetti presentati.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

AVONDO



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Vogliamo sapere se qualche progetto è già stato attivato o meno. Ci sono dei cantieri aperti o no? Perché la Regione può anche anticipare a fronte di soldi che arriveranno dallo Stato. Si fa così per il FIO, si fa così per il Po.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Ritengo che alcuni cantieri siano stati avviati sulle promesse, che non sono solo promesse, ma sono già assegnazioni.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

AVONDO



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Quindi secondo l'Assessore alcuni progetti sono partiti.
L'altra questione riguarda i fondi statali reimpostati, cioè soldi teorici dal punto di vista della moneta contante, ma assegnati alla Regione nel 1988, addirittura alcuni risalgono al 1987, pari a 497 miliardi e 400 milioni (molti di questi riguardano impianti di acquedotti); ebbene, di questi fondi così voluminosi cantierati ce ne sono oppure no?



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Ma certo che ce ne sono. Solo che queste erogazioni le facciamo ad avanzamento lavori, quindi si devono anche attendere i tempi tecnici.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

AVONDO



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Ma questo è naturale. Mi pongo però un problema perché, essendo la cifra di 497 miliardi e 400 milioni assegnata nel 1988, reimpostata nel 1989, da questo punto di vista i cantieri danno attivazione a queste risorse? Qui c'è il FIO, ci sono gli acquedotti e altri progetti, quindi vorremmo capire qual è il procedimento. Credo che questo dibattito cerchi anche di rendere conto al Consiglio regionale delle procedure. Dal momento che c'è una carenza di acquedotti in Piemonte e visto che lo Stato dice di dare i soldi, ma poi non li dà, gli acquedotti non si fanno. Vorremmo capire qual è la ragione che porta a questi ritardi.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Gli acquedotti si fanno, solo che non sono sufficienti. Stai tranquillo che i soldi sono erogati nei tempi tecnici consentiti.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Croso.



CROSO Nereo, Assessore al bilancio

Ho ascoltato con molta attenzione la relazione di minoranza del collega Biazzi e in alcune parti sicuramente è condivisibile per il rigore con il quale affronta il problema a cui la Giunta non è stata insensibile, e non lo è, e in particolare anche l'Assessore al bilancio.
Il compito nostro è quello di cercare di dare una continuità all'amministrazione e in questo senso noi, oltre agli sforzi che abbiamo fatto, cercheremo di andare nell'ottica di recuperare ulteriori risorse attraverso un'analisi delle annualità e dei mutui, attraverso un'indagine sui problemi dei fondi statali da reimpostare, e attraverso il controllo di gestione di cui recentemente la Giunta ha approvato il disegno di legge che presto sarà in discussione nelle Commissioni stesse.
Per quanto riguarda alcuni aspetti di carattere anche tecnico, rilevati dalla relazione, devo dire che questo bilancio non è stato fatto con superficialità e nemmeno abbiamo cercato di usare dei sotterfugi e degli artifizi illegittimi. La situazione della finanza regionale è stata ripetutamente denunciata, non solo in questa occasione, ma anche nei vari convegni, anche sulla stampa nazionale e in questo Consiglio. Ed è stata denunciata nella sua gravità. Si è fatto ricorso, nell'ambito della legge di contabilità, a quei meccanismi che hanno consentito - al di là delle considerazioni anche corrette da un punto di vista procedurale che sono state fatte dalla relazione di minoranza di far quadrare i conti seppure a quei livelli di pura sopravvivenza, come sono stati richiamati da tutti gli interventi.
Per quanto riguarda il punto delle partite zoppe, in questo bilancio non sono state create delle "nuove" partite zoppe. Per quanto riguarda invece il punto dell'utilizzo della capacità di indebitamento occorre scegliere tra far quadrare un minimo di attività di investimento, quindi con il necessario ricorso all'indebitamento, oppure non fare niente potendo contare soltanto 15 miliardi di disponibilità nel bilancio di quest'anno.
Per quanto riguarda l'art. 22 (Universalità del bilancio) credo non ci siano delle violazioni di principio della universalità perché tutte le entrate e tutte le spese di pertinenza regionale sono inserite nel bilancio. D'altronde non potrebbe essere diversamente poiché verrebbe altrimenti rilevato nella sede di controllo. Diverso invece è il discorso riferito alla stima delle entrate e la stima delle spese. Nel caso specifico però gli 85 miliardi di minori reimpostazioni sono state desunti dal pre-consuntivo e ci sarà una successiva verifica in sede di assestamento.
Per quanto riguarda l'INPS e l'INAIL. l'ho dichiarato già nella mia relazione, le relative poste non sono state considerate; comunque dobbiamo considerare che, pare, nessuna Regione le abbia inserite nei bilanci e anche noi abbiamo già dato un incarico all'avv. Omida per presentare un ricorso alla Corte Costituzionale; la Giunta ha già deliberato in questo senso.
In merito all'art. 33 (Fondi statali a destinazione vincolata), qui viene sistematicamente fatta la verifica tra somme iscritte e somme assestate alla Regione con un'integrale applicazione di quanto stabilito all'art. 27 della legge di contabilità regionale. Anche questo credo che sia stato puntualmente applicato.
Per quanto riguarda il richiamo all'art. 29 (Equilibrio di bilancio) effettivamente il mutuo è stato destinato a spese di investimento e per avere una verifica di quanto affermato basta andare a consultare l'elencazione riportata all'art. 13 del nostro disegno di legge n. 482 del bilancio.
Per quanto riguarda l'ultima parte, cioè "le spese per l'adempimento delle funzioni normali devono trovare copertura con entrata corrente" anche questi elenchi sono allegati, e la norma è sempre stata rispettata come si vede per il bilancio 1989 dal terzo volume.
Per quanto riguarda il punto in cui si sostiene sia stata inapplicata la normativa che riguarda il bilancio pluriennale, devo considerarla una valutazione personale; viene generalmente predisposto sulla base degli elementi noti, e sulla base delle precedenti esperienze così è stato materialmente fatto anche quest'anno.
Per quanto attiene l'ultimo punto, cioè "il decreto 64 del 1989 (Disposizioni in materia di finanza locale), sulla base del quale le assegnazioni statali per i servizi sanitari dovranno essere fatte affluire al fondo comune", credo non si possa che condividere le osservazioni emerse dalla relazione di minoranza, e quindi anche la preoccupazione che questa norma potrebbe avere un effetto deflagrante sul bilancio regionale perché è sufficiente uno spostamento del 3 o 4% per fare andare a fondo il bilancio stesso.
Credo si debba proseguire nella direzione di un contenzioso con l'amministrazione centrale poiché è in discussione l'esistenza stessa della Regione. Con i colleghi Assessori si dovrà intensificare un'azione di recupero, di ricerca delle possibilità di finanziamento anche a livello CEE, perché ormai siamo giunti ad una fase di emergenza e in questa fase occorre fare un'analisi più puntuale, così com'era stato cercato di impostare con l'ordine del giorno dello scorso anno. Credo che debba essere coinvolta da parte della Giunta la Commissione stessa per andare puntualmente a realizzare quegli obiettivi e quegli impegni non solo attraverso il controllo di gestione, ma anche con una verifica più puntuale dei fondi da reimpostare.



PRESIDENTE

Si conclude con la replica dell'Assessore Croso la discussione generale. Dovremmo ora passare all'esame dell'ordine del giorno di non passaggio all'esame degli articoli della legge di bilancio presentato dal Gruppo comunista. La mia proposta è che si proceda domani mattina, se il Consiglio acconsente.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1100: "USSL n. 27 di Cirié Deliberazione dell'A.A.C., n. 34 del 21/10/1988 - Ampliamento dotazione operatori del Servizio di anestesia e rianimazione"


PRESIDENTE

In attesa di votare l'ordine del giorno relativo all'ACNA di Cengio che è stato sottoscritto da tutti i Gruppi e che è attualmente in fase di stesura definitiva, propongo di procedere all'esame della proposta di deliberazione n. 1100 di cui al punto 8) all'o.d.g.
Il provvedimento è stato licenziato all'unanimità della Commissione competente.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto sul processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1101: "USSL n. 62 di Fossano Deliberazione dell'A.A.C., n. 16 del 25/2/1988 'Scuola per infermieri professionali' - Istituzione nuovi posti in pianta organica"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1101, di cui al punto 9) all'o.d.g.
Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1102: "USSL n. 27 di Ciriè Deliberazione dell'A.A.C., n. 24 del 23/6/1988 - Ampliamento pianta organica provvisoria per la dotazione di operatori addetti al Servizio psichiatrico di diagnosi e cura"


PRESIDENTE

Il punto 10) all'o.d.g. prevede l'esame della proposta di deliberazione n.
1102.
Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1103: "USSL n. 66 di Mondovì Deliberazione dell'A.A.C., n. 5 del 26/4/1988 - Adeguamento pianta organica provvisoria del personale del Servizio di psichiatria, ai sensi della legge n. 180/78"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 1103, di cui al punto 11) all'o.d.g.
Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1104: "USSL n. 43 di Torre Pellice Deliberazione consiliare della Comunità montana n. 42 del 5/7/1988. Ampliamento pianta organica provvisoria"


PRESIDENTE

Pongo ora in votazione la proposta di deliberazione n. 1104, di cui al punto 12) all'o.d.g., il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1105: "USSL n. 33 di Nichelino Deliberazioni dell'A.A.C., n. 8 e n. 10 del 27/4/1988 - Ampliamento pianta organica del Servizio di igiene pubblica e dei Servizi amministrativi"


PRESIDENTE

Passiamo alla votazione della proposta di deliberazione n. 1105, di cui al punto 13) all'o.d.g., il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1106: "USSL n. 51 di Novara Deliberazione dell'A.A.C., n. 26 del 24/5/1988 - Ampliamento organico personale infermieristico e ausiliario socio-sanitario"


PRESIDENTE

Il punto 14) all'o.d.g. prevede l'esame della proposta di deliberazione n.
1106.
Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1107: "USSL n. 74 di Ovada Deliberazione dell'A.A.C., n. 16 dell'1/12/1987 - Ampliamento pianta organica per attività distrettuali"


PRESIDENTE

Passiamo alla votazione della proposta di deliberazione n. 1107, di cui al punto 15) all'o.d.g., il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1108: "USSL n. 40 di Ivrea Deliberazione dell'A.A.C., n. 18 del 25/5/1988 - Ampliamento pianta organica provvisoria"


PRESIDENTE

Pongo ora in votazione la proposta di deliberazione n. 1108, di cui al punto 16) all'o.d.g., il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 1109: "USSL n. 65 di Alba Deliberazione dell'A.A.C., n. 6 del 22/4/1988 - Ampliamento pianta organica provvisoria"


PRESIDENTE

Passiamo alla votazione della proposta di deliberazione n. 1109, di cui al punto 17) all'o.d.g., il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento: Bilanci preventivi - Assestamento di bilancio - Bilancio pluriennale

Esame progetti di legge n. 455: "Integrazione alla L.R. n. 52/88 (Assestamento bilanci parchi)", n. 482: "Bilancio di previsione per l'anno 1989" e n. 493: "Bilancio pluriennale 1989/1991" Presentazione pregiudiziale di non passaggio all'esame dell'articolato (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame del punto 5) all'o.d.g.
E' stato presentato un ordine del giorno dal Gruppo comunista il quale nella parte finale dice: "impegna seduta stante la Giunta a deliberare il riparto degli investimenti 1988 e chiede, in caso contrario, il non passaggio all'esame del bilancio regionale".
Chiedo se, alla luce delle risposte fornite dall'Assessore Maccari tale ordine del giorno può essere considerato superato.



PRESIDENTE

BONTEMPI



PRESIDENTE

Noi chiediamo che il fondo, che non è stato ripartito da mesi, venga finalmente ripartito.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Forse era fuori dell'aula il Consigliere Bontempi quando l'Assessore Maccari ha puntualizzato lo stato di avanzamento di questa pratica. Egli ha reso edotto il Consiglio che aveva rassegnato alla Giunta, che ha delibato nelle scorse sedute su questo argomento, il riparto dei 140 miliardi per attrezzature ed altro che attiene al settore sanitario e la deliberazione posta all'o.d.g. della Giunta di ieri è stata sospesa per un ulteriore approfondimento e verrà approvata dalla Giunta, che è già convocata al termine di questi lavori. Quindi, a mio avviso, rassegnando la deliberazione al Consiglio regionale dovremmo ritenere superato l'equivoco.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

L'ordine del giorno presentato tende verso un obiettivo che a noi pare importante. Seguendo la procedura che testé ci ha illustrato il Presidente oppure seguendo il labirinto di procedure che prima ci ha spiegato l'Assessore, ci chiediamo se la Giunta questa sera potrà approvare il riparto.
Abbiamo dovuto porre il problema in termini molto duri, parlando di un vero e proprio scandalo che si stava verificando sulla vicenda. Diventa un mistero il fondo investimenti per il 1988 parlando con i Presidenti delle UU.SS.SS.LL., con i membri dei Consigli di amministrazione, con gli operatori che si occupano di attrezzature e che hanno problemi di riattamento dei reparti. Questa Regione, rispetto alla deliberazione del CIPE assunta il 28/1/1988, ritarda l'assegnazione alle UU.SS.SS.LL. Ricordo le proteste che abbiamo fatto in sede di Commissione, i solleciti, le spinte che sono venute anche dalle realtà periferiche. Abbiamo dovuto porre in termini pesanti la questione per avere oggi una risposta dalla Giunta.
Prendiamo atto che c'è la volontà, ma il riparto degli investimenti è un oggetto misterioso. I Presidenti e gli amministratori delle UU.SS.SS.LL.
interessavano i Consiglieri regionali per chiedere notizie del piano degli investimenti. I Consiglieri andavano a cercare lumi presso l'Assessorato e pareva fosse pronta la deliberazione, ma poi la stessa non avanzava mai.
Oggi si arriva al dunque e registriamo che dietro questa azione, che qualifichiamo in termini pesanti, c'è questo tipo di risultato.
A commento finale devo aggiungere che le giustificazioni addotte dall'Assessore non sono convincenti dal punto di vista tecnico e procedurale e non reggono rispetto al ritardo che si è verificato. Ci indipendentemente da ogni ulteriore valutazione che ci riserviamo in ordine ai contenuti del riparto stesso e alle scelte che in esso vengono fatte. I colleghi hanno presente che si tratta di 132 miliardi per attrezzature di edilizia sanitaria a cui vanno aggiunti 40 miliardi di fondi propri delle UU.SS.SS.LL. che sono il ricavato dei ticket dello scorso anno. E' una somma considerevole rispetto alle esigenze e ai bisogni prioritari della realtà sanitaria regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Le precisazioni dell'Assessore Maccari e del Presidente della Giunta fanno chiarezza su un problema che è stato ripetutamente dibattuto in sede di Commissione. Per la schiettezza e la chiarezza dei rapporti che contraddistinguono il modo di porsi della Commissione nei confronti dell'Assessorato ci è stata data assicurazione che la deliberazione sarebbe stata assunta dalla Giunta nelle scorse settimane.
E' giusto sottolineare che la Commissione nella seduta di ieri (dove si è discusso del bilancio per la parte di competenza) ha sottolineato il ritardo nell'erogazione dei fondi e ha ritenuto opportuno parlarne in sede di discussione di bilancio in aula.
Siamo convinti che le motivazioni possono essere valide, però non possiamo nasconderci dietro a motivazioni formali. Le UU.SS.SS.LL. hanno bisogno di chiarezza per poter procedere nelle operazioni di gestione e devono sapere in tempi utili di quali cifre potranno disporre e quali programmi potranno realizzare.
Ritengo che le garanzie dateci per l'approvazione della deliberazione nella seduta di Giunta di questa sera possano essere sufficienti. Invito quindi a soprassedere sulla votazione della deliberazione che diventerebbe a questo punto del tutto superata dall'impegno che il Presidente della Giunta e l'Assessore hanno pubblicamente assunto.
Il risultato di arrivare a definire la ripartizione dei fondi mi pare sia raggiunto, pertanto non abbiamo altre considerazioni da fare al riguardo.



PRESIDENTE

Se il Consigliere Acotto ritiene di poter accogliere la dichiarazione del Presidente della Giunta, secondo la quale la Giunta si riunirebbe tra pochi minuti per assumere quelle deliberazioni che vengono richiamate dall'ordine del giorno presentato, potremmo ritenere superato l'o.d.g.
rimandando a domani mattina l'esame della deliberazione.
La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Questa discussione è una variante in corso d'opera rispetto al programma preannunciato dal Presidente del Consiglio regionale che mi pare abbia già rinviato a domani mattina, alle ore 9,30, la discussione su questo punto. Non vorremmo, ma siamo un po' maliziosi, che fosse in corso nella Giunta prevista per questa sera, una variazione della deliberazione di cui abbiamo trattato, per cui è meglio rinviare a domani mattina questo ordine del giorno.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Possiamo essere d'accordo, certamente. Saremmo anche d'accordo di invitare il collega Acotto come osservatore laico della riunione di Giunta.



PRESIDENTE

A questo punto mi sembra corretto chiudere la questione, senza andare ad esasperare la serenità della giornata odierna.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Esame ordine del giorno n. 651 relativo all'ACNA di Cengio


PRESIDENTE

Prima di concludere i lavori pongo in votazione l'ordine del giorno n.
651 che è stato approvato e sottoscritto all'unanimità circa la questione ACNA di Cengio: "Il Consiglio regionale sentita ed approvata la comunicazione dell'Assessore regionale all'ambiente nel merito dell'attuale situazione dello stabilimento ACNA di Cengio, con particolare riferimento agli sversamenti in Bormida avvenuti sin dall'inizio della scorsa settimana sottolineato che detti sversamenti evidenziano come tutta l'area su cui insiste l'unità produttiva sia gravemente compromessa da sostanze fortemente inquinanti e da bacini di stoccaggio ad alto rischio constatata l'assoluta incapacità dell'ACNA di controllare i propri impianti che, oltre a non rispettare in diverse occasioni i limiti di legge per i propri scarichi, con l'ultimo incidente ha messo in evidenza l'impossibilità di contenere l'inquinamento provocato dai percolati visto il documento predisposto dal Presidente del Comitato di coordinamento Stato Regioni che fa proprie le risultanze delle analisi dei laboratori piemontesi richiamati i precedenti ordini del giorno del Consiglio regionale approvati nelle sedute del 7/7/1988, 15/9/1988 e 20/12/1988 chiede al Governo 1) l'immediata chiusura cautelativa dell'intero stabilimento ACNA fino a quando e se verrà assicurata la prescritta compatibilità ambientale 2) l'immediata attivazione di un provvedimento governativo atto a garantire ai lavoratori ACNA e indotto continuità di occupazione e salario 3) di intraprendere subito gli atti necessari per garantire il controllo pubblico dell'area da bonificare e degli impianti di stoccaggio dei reflui ed inoltre chiede a) il divieto di effettuare opere che non siano strettamente necessarie a fronteggiare l'emergenza b) la sospensione dell'iter autorizzativo per la costruzione dell'impianto Re-Sol c) l'attivazione immediata dei fondi già destinati per la realizzazione di un impianto di monitoraggio permanente e sistematico sul fiume d) l'avvio dei lavori di messa in sicurezza delle discariche di Saliceto e Castellazzo Bormida e) l'impegno a definire, con un tempestivo piano di bacino, la regimazione delle concessioni e delle risorse idriche, assumendone il controllo anche ai fini dei monitoraggi e rilevazioni sul territorio sia della Liguria sia del Piemonte".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 40 Consiglieri presenti.
Il Consiglio è convocato per domani mattina alle ore 9,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19)



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