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Dettaglio seduta n.181 del 08/03/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


ROSSA ANGELO



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Prima di iniziare i lavori della seduta odierna, colgo l'occasione di questa giornata per fare gli auguri alle gentili signore che lavorano in Consiglio e in Regione e a tutte le donne presenti.
L'8 marzo è una festa che ci riempie di gioia alla quale partecipiamo con tanto entusiasmo augurando alle donne di crescere, come sono cresciute in questi anni, verso nuove conquiste. La loro crescita è anche la crescita della società sul piano culturale e sul piano sociale. Questo ci riempie di gioia e di rinnovato impegno pur sapendo che l'erta è molto difficile, pur sapendo che la strada è lunga, pur sapendo che, nonostante l'entusiasmo, la buona volontà, la generosità per realizzare la crescita generale delle donne, la strada è piena di ostacoli. Penso però che tutti insieme potremo rimuovere gli ostacoli e guardare alle cose che elevano la personalità umana perché la crescita delle donne nel mondo significa la crescita della personalità umana.
A tutte le donne rivolgo un grande e affettuoso abbraccio. Avremo modo di salutarci ancora nell'incontro che si terrà alle 12,30 al primo piano del Palazzo per festeggiare questa ricorrenza.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Beltrami, Bresso, Cernetti, Martinetti, Olivetti e Pezzana.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 14, 21 e 23 febbraio 1989 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R. 6/11/1978, n. 65 in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazione della Giunta regionale in attuazione dell'ordine del giorno del 20 gennaio 1988, concernente l'atteggiamento discriminatorio della FIAT Auto nei confronti delle donne per quanto riguarda le assunzioni


PRESIDENTE

Passiamo al punto 3) all'o.d.g. che reca: "Comunicazione della Giunta regionale in attuazione dell'ordine del giorno del 20 gennaio 1988 concernente l'atteggiamento discriminatorio della FIAT Auto nei confronti delle donne per quanto riguarda le assunzioni".
Informo il Consiglio che esaurito l'esame di tale argomento, prima di passare al successivo punto 4), sono convocati i Capigruppo per valutare alcuni aspetti di procedura.
Ha ora la parola l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Ritengo che per poter affrontare la tematica in questione sia necessario ripercorrere brevemente l'iter della vicenda, oggetto dell'approfondimento e dell'analisi del documento approvato all'inizio del 1988 da questa assemblea consiliare, e una serie di percorsi e di passaggi conseguenti a quelle determinazioni e a quelle prese di posizione.
Il caso è iniziato nel corso del 1986 con una richiesta di informazioni da parte di FIM, FIOM e UILM al Ministro del Lavoro De Michelis, al Comitato Nazionale Pari Opportunità e per conoscenza al Consigliere di parità del Piemonte.
Nel mese di giugno 1987 fu inviata al Consigliere di parità una lettera sottoscritta da ben 1.082 lavoratrici della FIAT Auto che richiedeva di intervenire con tutti gli strumenti istituzionali e politici al fine di rimuovere l'atteggiamento discriminatorio della FIAT Auto per favorire nelle assunzioni future l'ingresso di più donne.
Il Consiglio regionale del Piemonte, con un ordine del giorno del 20 gennaio 1988, impegnava la Giunta e in specifico l'Assessore regionale al lavoro, con l'apporto della Commissione regionale per l'impiego di cui l'Assessore stesso è il Presidente, a promuovere iniziative tali da consentire l'acquisizione di informazioni sui criteri e sui motivi della selezione e l'individuazione dei meccanismi da attivare in collaborazione con le parti interessate per superare ogni discriminazione diretta ed indiretta.
Già nel mese di settembre 1987 il problema era stato sollevato dal Consigliere di parità del Piemonte che richiedeva alla Commissione regionale per l'impiego l'esame e poneva la questione (insieme ad altri casi e problematiche relative all'applicazione della legge n. 903/77) al Ministro del Lavoro sottolineando il fatto che l'unico strumento consegnato nelle mani del Consigliere di parità era quello del ricorso all'Ispettorato del lavoro. Nello stesso tempo non pareva possibile che nel 1987, in un Paese che si definisce civile e attento alle problematiche della donna dovessero avere un posto di lavoro le donne solo in conseguenza di una sentenza.
Risultava peraltro auspicabile mettere in atto strumenti e procedure che tenessero conto della profonda trasformazione del mercato del lavoro da governarsi mediante la legge n. 56/87 con la consapevolezza di interpretare da un lato le necessità dell'impresa e dall'altro lato la mutata posizione di chi si offre sul mercato del lavoro, sapendo di non chiedere obiettivamente un favore, ma di esercitare un diritto sancito dalla Costituzione.
L'Assessore al lavoro, in qualità di Presidente della Commissione regionale per l'impiego, ha cercato di dare seguito a questa linea individuando eventuali soluzioni attente e puntuali al problema con il coinvolgimento di tutte le parti. Certamente una parte significativa la svolgeva la Commissione per le pari opportunità che, a seguito di una precisa disposizione legislativa del Consiglio regionale del Piemonte aveva attivato i suoi primi passi.
Nel febbraio del 1988 la questione viene riproposta con la richiesta di coinvolgimento attivo della Commissione regionale per l'impiego e veniva sollecitata una particolare sensibilità verso fatti discriminatori. Un caso emblematico era appunto quello della FIAT Auto. Le statistiche ufficiali dimostrano che nel settore industriale vi è maggiore difficoltà di ingresso per le donne. Sempre nello stesso periodo la Commissione per la realizzazione delle pari opportunità fra uomo e donna espresse vive preoccupazioni per la situazione occupazionale delle donne in Piemonte impegnandosi nella sua fase di avvio a promuovere ogni utile iniziativa affinché potessero essere acquisite le informazioni in merito ai motivi di discriminazione. In sostanza si voleva approfondire la conoscenza per una migliore valutazione delle cause che l'hanno determinata e soprattutto per ipotizzare eventuali iniziative per il suo superamento.
La Commissione per le pari opportunità ha avuto alcuni incontri con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali regionali CGIL. CISL e UIL (in data 4/2/1988) e con la direzione FIAT Auto (4/4/1988) rappresentata dal dott. Magnabosco.
Dall'incontro con la delegazione della FIAT è emerso che la ridotta assunzione di personale femminile con contratti di formazione lavoro era attribuita da parte della FIAT alla scarsa o all'inesistente formazione professionale delle donne. E' inoltre emerso che solo in seguito a tendenze positive del mercato del lavoro, che comportano un incremento di assunzioni, è possibile assumere le donne.
Nell'arco di un anno, dal 1987 al 1988, alcune situazioni sono mutate come dimostrano i dati sui contratti di formazione lavoro che registrano un andamento significativo di allargamento dell'occupazione femminile.
L'avviamento femminile con contratto di formazione lavoro riferito al settore dell'industria, per la Provincia di Torino, registra nel 1988 rispetto all'anno 1987 una variazione in aumento del 7,3 per le operaie e del 23,3 per le impiegate. Nell'anno 1988 le donne che sono state avviate con contratti di formazione lavoro nell'industria rappresenta il 35,6 degli avviamenti complessivi. In specifico le donne operaie sono 3.252 e rappresentano il 43,3%, mentre le impiegate sono 3.618 e corrispondono al 52,7%. Rispetto agli avviamenti totali nell'industria le donne operaie sono il 16,8% e le donne impiegate sono il 18,7%. Questo aumento è anche conseguenza di una serie di azioni e di rapporti tra l'Unione Industriale l'azienda FIAT e la Commissione per le pari opportunità.
Il Consigliere di parità in data 16 febbraio 1989 informava le lavoratrici dell'esito della seduta della Commissione regionale per l'impiego del Piemonte dell'8 febbraio 1989 in cui è stata approfondita e discussa la denuncia presentata.
Il Consigliere di parità aveva sollevato il problema dell'atteggiamento dell'azienda che da tempo era tendenzialmente discriminatorio nei confronti delle aspiranti lavoratrici e delle lavoratrici già in attività.
La Commissione regionale per l'impiego ha invitato le parti ad aprire immediatamente una trattativa sulle questioni in esame, l'applicazione della legge n. 903, le forme di discriminazione e gli strumenti per superarle, accogliendo la disponibilità manifestata sia dall'Unione Industriale, in rappresentanza della FIAT, sia delle Organizzazioni sindacali ad avviare questa novità negoziale.
Vi è stata un'evoluzione del caso dalla prima denuncia sino ai giorni attuali. Si è riusciti, in sostanza, a modificare una situazione sicuramente complessa dal punto di vista delle opportunità per le donne di entrare e, soprattutto, di fare carriera in FIAT. Questo è l'altro grosso problema perché se per un verso alcune indicazioni dal 1987 al 1988 hanno registrato un miglioramento dell'occupazione femminile, dall'altro vi è ancora il problema di accedere alle carriere, tema forse ancora più delicato.
In qualità di Assessore al lavoro e di Presidente della Commissione regionale per l'impiego, mi sono impegnato di avviare a soluzione positiva un fatto che è stato denunciato e che è stato affrontato all'interno della Commissione stessa. A dieci anni dalla legge delle pari opportunità si terrà a Torino, venerdì e sabato prossimi, un'iniziativa promossa dalla Commissione per le pari opportunità che metterà a confronto tutte le Commissioni operanti sul territorio nazionale. Sarà anche un'occasione importante per confrontarci con le iniziative delle altre realtà regionali.
Non nego al tempo stesso che di fronte a questa situazione complessa si può prendere in considerazione la questione delle azioni positive in più sedi sollevata.
Il disegno di legge sulle azioni positive del 12 dicembre 1986 è importante in quanto ha il compito di dare concreta attuazione alla parità di opportunità, come è richiamato all'art. 1 del disegno di legge stesso deve però essere sollecitato il suo decollo. In attesa del decollo normativo come punto di riferimento certo, ogni azione positiva può essere promossa anche congiuntamente dai diversi soggetti (imprese ed enti locali). Significativa è l'iniziativa del Comune di Torino. Nonostante le difficoltà non indifferenti che hanno incontrato l'Assessorato, la Commissione regionale per l'impiego e la Commissione per le pari opportunità, alcuni risultati significativi di sensibilizzazione e di correzione sull'andamento dell'occupazione femminile ci sono stati.
L'Osservatorio del mercato del lavoro dal 1985 al 1988 ha registrato un aumento di occupazione che ha interessato 20 mila donne. E' un primo risultato che non può non essere considerato positivamente non tanto come traguardo, ma come obiettivo intermedio per raggiungere ulteriori spazi di presenza e soprattutto di titolarità all'interno delle aziende, nella fattispecie all'interno dell'azienda FIAT.



PRESIDENTE

Sulla comunicazione dell'Assessore Cerchio è aperto il dibattito.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Silvana Dameri. Ne ha facoltà.



DAMERI Silvana

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, spero che la discussione di oggi possa servire al Consiglio regionale a considerare che le questioni che le donne pongono non sono liquidabili n' con un augurio n' con un mazzetto di mimose. Richiedono, invece, alle forze politiche, alle istituzioni e alle parti sociali di cogliere un dato di modernità molto forte che segna la nostra realtà, e non solo quella italiana: la nuova coscienza ed identità delle donne. La questione che le donne oggi pongono non è tanto e solo quella di rivendicare dei diritti, ma di proporre una ridefinizione della dislocazione dei poteri e delle scelte generali che sia segnata dalle donne stesse. Quindi non donne che reclamano, ma donne che vogliono segnare.
Una conferma di questa volontà di segnare, di esserci e di pesare relativamente alle definizioni delle scelte più importanti e relativamente alla stessa connotazione del potere ce l'ha data l'Assessore Cerchio (non so se involontariamente), nel senso che nella sua relazione circa l'ordine del giorno approvato un anno fa non ha mai parlato in prima persona, non ha mai detto: "L'Assessore ha fatto o la Giunta ha fatto", ma ha dovuto dire: "Le donne della Commissione per le pari opportunità hanno fatto. Il Consigliere di parità ha fatto". E' una conferma che abbiamo dell'utilità e della validità di questo strumento, di questo spazio di iniziativa delle donne; nello stesso tempo evidenzia che la Giunta non ha prodotto un'iniziativa autonoma, soprattutto non ci ha detto che cosa intende fare.
Mi sembra sia importante dare merito del lavoro che la Commissione per le pari opportunità ha fatto, delle iniziative che ha attivato a livello di verifica della situazione che il Consiglio regionale aveva evidenziato in quell'ordine del giorno votato all'unanimità. Tutti i Gruppi hanno avuto un'analisi e delle considerazioni molto interessanti che possono dare spunto per qualche iniziativa.
Nel mio intervento vorrei avanzarne alcune. Nell'ordine del giorno per si chiedeva anche di attivare un'indagine attraverso la Commissione regionale per l'impiego. Mi pare che questo non sia stato fatto così come ripeto, non ho sentito proposte per attivare qualche iniziativa che metta in discussione la discriminazione di fatto che comunque viene confermata.
Dai dati che ci sono stati forniti dalla Commissione per le pari opportunità emerge che da parte dell'azienda si nega una volontà discriminatoria nei confronti delle lavoratrici, mentre i dati, anche quelli che ci ha fornito l'Assessore, confermano di fatto questa discriminazione.
Si diceva che c'è stata una crescita nell'avviamento al lavoro con il contratto di formazione, ma se leggiamo i dati che sono raccolti nell'ultimo volume, vediamo che l'avviamento al lavoro delle donne con i contratti formazione lavoro nell'industria in quest'ultimo anno è calato di 3.500 unità. Comunque, sono aumentate le donne assunte con i contratti di formazione lavoro alla FIAT, credo in base a due elementi: intanto, l'esito della pressione da parte delle donne, del movimento sindacale e della Commissione per le pari opportunità. In questo Paese, per fortuna, conta anche l'opinione pubblica e l'opinione pubblica è sempre più di segno femminile. C'è un potere delle donne più ampio dalla formazione di questa opinione pubblica, che conta, di cui neanche la FIAT, che è un'azienda avvedutissima, non può non tenere conto.
L'altro elemento è dato dal fatto che il mercato del lavoro ormai ha un tale grado di femminilizzazione che era quasi inevitabile che aumentasse la quota di donne assunte con il contratto di formazione lavoro. Bisognerà poi vedere quale sarà la percentuale delle conferme che è indiscutibilmente più bassa per le donne che non per gli uomini (meno della metà degli uomini).
La FIAT adduce il fatto che esistono dei profili professionali che non corrispondono a quelli richiesti. Io continuo a dire, anche se forse è banale, che i contratti di formazione lavoro si chiamano così proprio perché dovrebbero fare formazione. Quindi quella mi pare un'obiezione che non sta in piedi.
Dobbiamo poi vedere che cosa capita delle donne quando riescono ad entrare in FIAT. Per quanto riguarda il livello operaio, le donne restano costantemente al terzo livello in quanto le iniziative di formazione che l'azienda prende per alcune figure che possono tendere ad inserirsi nella gestione di processi innovativi, escludono nettamente le donne. La selezione rispetto alla formazione professionale interna viene fatta nominativamente e le donne sono escluse.
L'istituzione pubblica non può su questo terreno non prendere delle iniziative. Corriamo il rischio che in un conclamato processo di innovazione tecnologica le donne si trovino di fronte a nuove e più forti forme di discriminazione.
La situazione non cambia per quanto riguarda la realtà delle donne impiegate dove, in forza degli automatismi, c'è una progressione di carriera che al massimo porta al quinto livello, ma non c'è alcuna possibilità di accesso a carriere direttive. E questo è confermato dal fatto che quando si muovono queste contestazioni, i nomi che si sentono fare relativamente alle donne che hanno potuto accedere alle mansioni direttive sono pochi e sempre gli stessi.
Tornerò poi su alcune proposte per quanto riguarda le iniziative di formazione e di orientamento.
Esiste, tuttavia, anche un problema di riconoscimento di professionalità acquisite che deve essere affrontato e risolto.
Vorrei tornare sulla legge di parità che è stata approvata dieci anni fa (che non è quella delle pari opportunità, Assessore Cerchio). Fu l'esito di una battaglia unitaria e mi auguro che su questo terreno si possano trovare terreni di iniziative unitarie, anche se possono permanere impostazioni dal punto di vista ideologico-culturale differenti. Quella legge ha un grande valore dal punto di vista dei principi e dei valori che afferma, ha però un forte limite rispetto alla forza impositiva e alla capacità di far valere questi principi. In questi dieci anni le politiche del lavoro sono state sconvolte da una deregolazione fortissima che è sfuggita a ogni tipo di indirizzo. Di fatto la legge n. 903 è una legge ottima nei principi quanto inattiva nella realtà. Si tratta allora di costruire degli strumenti attivi, appunto, una legge che consenta di realizzare effettivamente una parità di opportunità in base anche alla direttiva della CEE del 1984.
Il primo atto che questo Consiglio regionale può fare a conclusione della giornata di oggi è quello di prendere un'iniziativa nei confronti della Commissione parlamentare che sta esaminando le proposte di legge attuative di quella direttiva, per sostenere appunto l'esigenza che si approvi rapidamente una normativa nazionale che ci consenta di attivare a livello decentrato, con un supporto giuridico di riferimento, e anche finanziario, iniziative molto precise.
Ma ritengo che ci siano le condizioni per avviare già adesso alcune iniziative e proposte che consentano di andare nella direzione dell'affermazione della parità di opportunità. Questa è una questione che chiama in causa tutte le parti, prima di tutto le istituzioni. Non è un problema da affidare esclusivamente alle parti sociali, imprenditori e organizzazioni sindacali, ma chiama in causa il livello istituzionale e di governo.
Prima di fare queste proposte, vorrei soffermarmi sulla relazione del dott. Gherzi, responsabile dei Servizi sindacali dell'Unione Industriale di Torino, contenuta in questo volume. Gherzi riconosce che la domanda di lavoro delle donne è cresciuta, ma tende a dimostrare che la domanda di lavoro delle donne non può modificare nei meccanismi del mercato e della produzione, e non coglie che essa mette in discussione qualche cosa di questi meccanismi, di questa produzione, di questi valori. Soprattutto richiede che si superi la divisione sessuale del lavoro.
Credo sia importantissimo agire a livello di strumenti sul terreno della formazione, ma contemporaneamente credo sia importantissimo agire sul terreno del lavoro di riproduzione e di cura, mettendo in discussione appunto la divisione sessuale del lavoro che condanna le donne a un ruolo o di marginalità o di sacrificio per poter accedere e realizzarsi nell'ambito del lavoro. Non è tollerabile oltre un certo limite l'idea che solamente alcune donne, eroiche, che pure sono importanti nella storia delle donne italiane, possano segnare la possibilità di affermare se stesse pienamente nel mondo del lavoro.
Quello del lavoro delle donne è un ambito molto chiaro, per questo è cruciale e dimostra che c'è bisogno del governo pubblico, di politiche mirate, di valori da affermare nel lavoro produttivo e nella ridefinizione dello stato sociale, di cui tanto si ragiona. Altrimenti la maggior parte delle donne, come i lavoratori che provengono da realtà del Terzo Mondo sarà inevitabilmente sospinta verso lavori dequalificati, precari: i cosiddetti lavori atipici.
In questa relazione si dice che grazie all'accordo tra l'Unione Industriale e il sindacato che ha esteso i vantaggi dei contratti di formazione lavoro oltre i ventinove anni, il numero delle donne che vengono assunte in questa fascia è più ampia. E' un dato da valutare. Mi sento per di azzardare un'ipotesi e cioè che nella fascia di età in cui la fertilità delle donne è meno significativa, il rischio (così lo vive l'impresa) della maternità è meno forte, quindi c'è una disponibilità maggiore all'accesso.
Quante sono le donne che si sono sentite chiedere al momento dell'assunzione un impegno rispetto alla rinuncia alla maternità per un certo numero di anni? Occorre dirle queste cose in un Paese nel quale ogni tanto qualcuno scopre che l'Italia non ama i bambini. Qual è questa Italia da chi è fatta, quali sono le forze che la compongono? E lo dico senza alcuna polemica di parte, ma per poter ragionare sulle azioni da fare se vogliamo davvero affermare certi valori.
L'altro punto discutibile è quello relativo all'individuazione per l'ennesima volta, in modo banale e banalizzante, del part-time come il massimo di risposta che Gherzi avanza per le donne. Credo che non ci sia risposta più rigida del part-time. Non sono contraria a forme di part-time alla discussione sulla flessibilità reale degli orari, purché sia una discussione su tutti gli orari, quelli di lavoro e quelli sociali. Questa unica risposta è semplicemente una fotografia della situazione fissa sulla quale non si intende intervenire.
Vorrei avanzare alcune proposte concrete sulle quali mi auguro si possa lavorare per arrivare ad un documento conclusivo di questa discussione e per assumere alcuni impegni.
La prima proposta riguarda la formazione professionale. Molte sono le forze che concordano sulla necessità di una riorganizzazione profonda del sistema di formazione: propongo che il Consiglio regionale si assuma un impegno solenne e serio perché una nuova politica di formazione professionale abbia al suo centro proprio il rapporto fra la domanda e l'offerta di lavoro delle donne.
In attesa di questo impegno solenne si potrebbe intanto decidere che i dati raccolti sulla formazione professionale siano divisi per sesso.
In secondo luogo, facendo riferimento all'art. 17 della legge n. 56 relativa al mercato del lavoro, ritengo che si possa elaborare un progetto pilota, concordato tra l'azienda, la Regione, la Commissione per le pari opportunità, la Commissione regionale per l'impiego e le Organizzazioni sindacali, perché già adesso si attivi un'esperienza di formazione su un profilo professionale carente, quindi un progetto finalizzato alla formazione di manodopera femminile.
Ritengo inoltre che si possano assumere a livello regionale iniziative specifiche di corsi per le donne relativamente alle nuove tecnologie, corsi di formazione per gli agenti di parità, progetti pilota finalizzati alla formazione professionale di donne in mobilità, di donne adulte in cerca di prima occupazione, di donne diplomate e laureate in settori senza sbocco professionale. Non possiamo semplicemente limitarci a dire che tutto questo è difficile.
Poiché il diritto al lavoro è una questione che riguarda la società quindi le istituzioni, credo sia utile ragionare con le Organizzazioni sindacali sul tipo di iniziative da prendere affinché i corsi di formazione e di aggiornamento, che autonomamente le imprese organizzano, non siano discriminatori nei confronti delle donne.
Occorre inoltre ragionare attorno ad una legge sull'orientamento professionale che abbia una forte connotazione dal punto di vista culturale, una legge sull'orientamento che spinga le giovani donne verso professionalità di più sicuro sbocco e di più sicura qualificazione.
Infine, propongo di definire un principio e di studiare quale potrà essere lo strumento attuativo di tale principio, attraverso una legge o altre misure, affinché le commesse pubbliche che sono finanziate dalla Regione o sulle quali la Regione è chiamata a dare un parere, vedano una definizione di priorità: rispetto al finanziamento questa priorità deve dipendere non solo dalla qualità dei progetti presentati, ma anche in modo fortemente significativo dalla quota di forza lavoro femminile collocata ai diversi livelli professionali; quando manca una significativa e adeguata quota di donne occupate, le imprese devono presentare dei programmi di azioni positive attuative della direttiva CEE.
Il fatto che non esiste una legislazione nazionale non è un impedimento. Potremmo concordare una definizione in modo che questa diventi per noi una componente della griglia di selezione.
Abbiamo approvato una legge regionale sull'innovazione e io credo che dovremmo introdurre il criterio che i progetti presentati in attuazione di quella legge abbiano la finalità della promozione del lavoro delle donne sia in termini quantitativi che in termini qualitativi.
L'ultima questione è relativa alla Commissione per le pari opportunità.
E' stata una scelta giusta quella di dotarci di questo strumento, è per necessario che la Giunta presenti un programma significativo di iniziative per dare una struttura più solida al lavoro della Commissione, lavoro che è assolutamente volontario anche in forza di quella virtù delle donne socialmente riconosciuta e cioè la gratuità. Oltre un certo limite però la gratuità e il volontariato non possono reggere. Allora dobbiamo impegnarci affinché ci sia una strumentazione di supporto documentaria, di consulenze pareri giuridici in modo particolare sulle questioni del lavoro che diano forza all'attività della Commissione per le pari opportunità. Occorrono poi altre misure, che sono state chieste e che non sono ancora state attivate per esempio una linea telefonica diretta con l'esterno.
Mi auguro che oggi si possa concludere non semplicemente con l'aver assolto ad un compito formale, ma con un impegno rispetto al futuro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'occasione data dal tema oggi affrontato è importante se la manteniamo fuori dai rituali e cerchiamo di fare emergere apporti concreti.
Una delle più rilevanti limitazioni all'obiettivo di eliminare le discriminazioni dei sessi, per quanto riguarda l'accesso al lavoro, è costituito dal pesante attacco che viene fatto allo stato sociale.
L'esistenza di forti squilibri (la società che per il 30% della sua popolazione vive al di sotto del reddito medio, la società che per un 10 vive con il 3% del reddito nazionale), sono elementi che concorrono a determinare un retroterra di vischiosità e contraddizioni che distorcono anche corrette legislazioni di sostegno all'inserimento della donna nel mondo del lavoro. Paradossalmente l'attacco allo stato sociale rende addirittura perversa la funzione di leggi che sono state ideate per supportare e rafforzare l'inserimento, non solo quantitativo ma anche qualitativo, della donna nel mondo del lavoro.
La parte di società socialmente ed economicamente marginalizzata trova nella donna l'attore principale di forme di organizzazione della vita familiare che concorrono fortemente a superare le carenze del sistema sociale e le carenze di reddito; carenze che vincolano la donna e determinano forti limitazioni a poter "percorrere" completamente e a piene "chance" l'attività di lavoro.
In questa società dove da un lato lo stato sociale viene progressivamente ridotto e snaturato e dall'altro si creano forti squilibri, c'è anche una marginalizzazione delle donne nel processo formativo. La stessa relativamente recente legislazione del lavoro in materia di contratti di formazione lavoro e i part-time possono avere caratteri di ripiego, fatto transitorio e non strutturale e qualificato di inserimenti nel lavoro.
Tuttavia non possiamo non tenere conto che il sistema produttivo si basa su vincoli di competitività che hanno nell'equilibrio di costi e ricavi e nella redditività d'impresa aspetti fondamentali per l'esistenza della singola impresa.
Per l'inserimento della donna, a pieno titolo (quantitativo ma anche qualitativo), nel mondo del lavoro, occorre superare alcuni aspetti del vincolo dato da valutazioni microaziendali. Infatti tale dimensione di valutazione diventa estremamente critica per la piccola e piccolissima impresa e per l'artigianato, dove, a volte, sono pochi i dipendenti per l'impresa. Se per la FIAT e altre medie e grandi imprese si ragiona su centinaia o decine di migliaia di persone, in alcune attività produttive le persone che vengono utilizzate per singola impresa sono una, due o tre.
Se si analizza l'occupazione, disaggregandola per settori e, in tale modo, focalizzando l'artigianato, si vede come sia relativamente ridotto l'utilizzo della manodopera femminile proprio per problemi di rapporto con i vincoli di impresa sopraddetti. Tali problemi scaturiscono spesso per limiti di formazione professionale, per disponibilità negli orari, per continuità della prestazione di lavoro. Sono vincoli strutturali, dunque verso i quali l'operare della Regione è alquanto limitato.
Non sono utili solo politiche settoriali connesse all'Assessorato al lavoro, ma occorrono politiche trasversali, fattoriali, che tocchino tutti i settori interessati (formazione professionale, assistenza, edilizia residenziale, ecc.). Primariamente occorre attivare politiche attive per il lavoro. Uno strumento quale l'Agenzia per l'impiego, che trova la Regione presente nell'organismo politico di guida, la Commissione regionale per l'impiego, dovrà fare in modo che l'Agenzia si ponga come priorità, oltre al problema delle fasce deboli, anche quello dell'inserimento qualificato della donna nel mondo del lavoro.
A tali interventi specifici in materia di lavoro occorre dare una base di provvedimenti di natura sociale. Sappiamo quanto sia strategico questo tipo di retroterra sociale per evitare quei condizionamenti che discriminano la donna nel momento della selezione al lavoro. Si può portare quale esempio il vincolo della maternità. Mano a mano che si riduce la struttura dei servizi sociali, mano a mano che si marginalizza il reddito delle famiglie nella fascia vasta del 30% della popolazione, si riduce la forza della donna nel mercato del lavoro.
Se tra gli interventi specifici si pone con rilevanza la formazione professionale, diventa importante e fondamentale non solo una formazione professionale che non discrimini, ma sono anche altrettanto importanti i caratteri e le linee di tendenza dell'organizzazione del lavoro nelle imprese: nello strutturare l'organizzazione del lavoro occorrerebbe che l'impresa fosse messa in condizioni di minimizzare scelte che possono penalizzare categorie deboli e la donna. Anche l'orientamento scolastico e professionale può concorrere a modificare i luoghi comuni delle scelte scolastiche che sono un grande incanalamento discriminatorio della donna.
A questo proposito sarebbe interessante avere in tempo reale i dati dell'Osservatorio regionale del mercato del lavoro e un rapporto sistematico con la Commissione regionale per le pari opportunità. Oggi non abbiamo in tempo reale una visione chiara e disaggregata della situazione dell'occupazione della donna; la conosciamo per settori, ma non sappiamo come è inquadrata per categorie, per età e soprattutto per mansioni. Solo con questi ultimi dati si potrebbe capire come la donna è inserita nella mobilità verticale di carriera all'interno dell'impresa.
Nel sostegno all'innovazione e ai processi di trasformazione tecnologica del sistema produttivo, occorrerebbe non favorire quei tipi di trasformazione in cui l'organizzazione del lavoro presenti aspetti ergonomici e mansioni penalizzanti la donna e più in generale le categorie deboli. Se minimizziamo le attività routinarie, ad esempio, riduciamo gli spazi alle mansioni marginali in cui viene relegata prioritariamente la donna. Naturalmente dovrebbe essere primariamente la politica industriale nazionale a dare questo indirizzo.
Ho ricordato che stanno avvenendo delle forti ristrutturazioni nei settori del terziario che possono toccare pesantemente la donna, per esempio nel settore bancario. Noi dobbiamo prestare attenzione affinché in questi processi di ristrutturazione non avvenga quello che si è manifestato agli inizi degli anni '80 con l'emarginazione delle categorie più deboli dell'apparato industriale.
Nella pubblica amministrazione che cosa si può fare, quali esempi si può dare? L'introduzione del part-time nel pubblico impiego, a fronte di una situazione devastata dell'organizzazione del lavoro e delle mansioni come quella che ho brevemente accennato, non potrebbe essere un rischio? Il part-time verrà, se lasciata la scelta senza indirizzi di fondo, ad essere utilizzato per attività routinarie, deresponsabilizzate.
Non sarebbe il caso - e le tecnologie e le tecniche organizzative ce lo permettono di puntare alla minimizzazione del lavoro routinario all'interno del pubblico impiego? Non si possono ricomporre le mansioni in modo da evitare che ci siano dei segmenti del mansionario della Regione, del Comune o della Provincia che sono di facile emarginazione della donna? Ritengo che per fronteggiare una situazione così complessa la struttura organizzativa della Commissione regionale per le pari opportunità debba essere tale da poter costituire uno stimolo forte per il nostro processo di governo e legislativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marta Minervini.



MINERVINI Marta

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, vedo che gli uomini di questo Consiglio regionale non sono interessati al problema donna. Sono le ore 11,15 e le presenze sono molto scarse. Ne prendiamo atto.
Condivido l'intervento svolto dalla collega Dameri quando chiede un impegno solenne nel senso che abbia delle conseguenze reali.
Torniamo a parlare della condizione femminile, gli interventi che mi hanno preceduta hanno dimostrato come nulla è cambiato sotto il sole nei confronti della donna. Le disposizioni di legge, che tutti gli anni in questa giornata vengono ricordate, che hanno sancito l'eguaglianza o la parità tra l'uomo e la donna, sono rimaste parzialmente formali perché non hanno determinato l'apertura della mentalità dell'uomo abituata da venti secoli al potere. A me pare che anche quegli ambienti che si dichiarano favorevoli alla considerazione paritaria della donna poi, quasi per inconscia, ancestrale autodifesa, consentono la persistenza di innumerevoli remore tese ad impedire che si estrinsechino le potenzialità delle donne e che esse possano raggiungere i massimi livelli nelle varie attività, sia pubbliche che private.
Se mi permettete un inciso aulico: è come se tutti i componenti di un sistema solare tendano a far inserire, coordinatamente fra le lore orbite il pianeta donna, ma poi, temendo che questo inserimento possa generare forze di attrazione sugli altri corpi del sistema, si pentano e con vari accorgimenti ne limitino l'orbita all'interno del sistema stesso.
Accade così, per esempio, che a concorsi pubblici o privati siano ammesse le donne, e per caso molte di esse li vincano. Una volta assunte la loro carriera ha un iter regolare per i livelli iniziali, ma poche pochissime anzi, riescono a raggiungere livelli più alti perché nei loro confronti scatta tutta una serie di valutazioni e di atteggiamenti, dei quali parlava il Consigliere Dameri, pregiudizialmente negativi. Fra questi le frequenti assenze in correlazione ad una loro presunta debolezza, il fatto che debbano accudire alla prole, il preconcetto che siano incapaci di imporre ai dipendenti l'osservanza dei loro doveri, ecc. Argomentazioni naturalmente tutte discutibili che mi portano a dire che la società dovrebbe comprendere l'importanza del lavoro femminile, specialmente nei posti di maggiore responsabilità e conseguentemente approntare al meglio tutte le strutture necessarie per consentire alla donna di estrinsecare la propria capacità di lavoro, anche organizzativa e dirigenziale, che le permetta di raggiungere (naturalmente se li merita) i posti di responsabilità più alti.
Quando Ferdinando III, principe imperiale d'Austria, principe reale d'Ungheria e di Boemia, granduca di Toscana, nel promulgare il 15 novembre 1814 la legge sulla patria potestà, la tutela, l'interdizione, le obbligazioni delle donne, i testamenti, i codicilli e la porzione illegittima con cui all'art. 65 escludeva i sordi, i muti, i ciechi, i furiosi o i dementi, non poteva immaginare che 175 anni dopo il Parlamento italiano avrebbe riconosciuto - anche se la legge stenta a vedere la luce la violenza sessuale come reato contro la persona. Non poteva immaginare che la Federmeccanica avrebbe predisposto norme di incentivi alle aziende onde migliorare la posizione delle donne sul mercato del lavoro, che la Presidenza del Consiglio e i Ministri avrebbero insediato Commissioni e Comitati per la parità. Una vera e propria rivoluzione, essenzialmente culturale, che come tale incide non poco e non solo sul modello di società ma anche sul modello di sviluppo che a questa società si vuole dare.
Voglio però ricordare quella che è la base del pensiero della mia forza politica nei confronti della donna, cioè quella che ci fa dire che ciascuno di noi, espressione di una propria identità e dunque di una diversità, è soggetto di uguali diritti, ma anche - non dimentichiamolo mai - di uguali doveri.
Aggiungo che la partecipazione delle donne alla vita politica, sociale ed economica, non ha sminuito i suoi doveri nei riguardi della più importante istituzione statale, la famiglia, tutt'al più ha caricato l'uomo di maggiori responsabilità. Non si tratta di ribaltare i ruoli, bensì di riqualificarli nel momento in cui l'aspetto affettivo ed economico non coincidono necessariamente con uno o con l'altro dei componenti la famiglia, ma incombono parimenti su ambedue.
Allora, che si discuta sulla presenza femminile è sacrosantamente giusto ed ovvio; che però il problema sia risolvibile in termini di quote è per noi dubbio perché pensiamo di più ad una valutazione di qualità della presenza. Non siamo nella generazione del dopoguerra, ma in quella dei nipoti del dopoguerra, dei figli dei sessantottini, di quelle giovani donne che il problema delle pari opportunità non se lo pongono neppure perch giustamente, lo danno per acquisito, culturalmente lontano da loro.
Il richiamo della Chiesa alla responsabilità soprattutto da parte delle donne non c'è parso inopportuno come alcuni hanno sostenuto. Il messaggio della "mulieris dignitatem" è chiaro ed analitico e, perché no? documentatamente rivoluzionario con la sua indicazione difficile di un recupero più maturo dell'armonia sociale nella negazione di una conflittualità inutile ed immotivata nel momento in cui ciascuno è consapevole del ruolo che sa di poter svolgere nella società.
Il nostro augurio a tutte le donne piemontesi e italiane è che si metta al più presto in atto la vera parità con la preparazione, la misura, la coerenza che competono ad ogni cittadino, uomo o donna che sia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Emilia Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Non a caso, signor Presidente, si discute oggi del tema introdotto dalla relazione dell'Assessore Cerchio circa le presunte difficoltà di assunzione e di carriera della donna. Il lavoro che si è fatto in questi mesi era rivolto ad acquisire dati al fine di consentire un'analisi approfondita degli elementi raccolti e delle proposte operative che intendiamo portare avanti in Consiglio regionale.
La ricorrenza dell'8 marzo è ricordata non in modo enfantizzato e retorico, ma affrontando e discutendo di problemi importanti come quello della possibilità di accesso al lavoro in condizioni di parità e come quello dello sviluppo della carriera in termini di parità.
I dati che ci ha fornito l'Assessore Cerchio danno un quadro meno pessimistico su certe situazioni e su certi settori di quanto in un primo momento poteva apparire, però confermano che ci sono ancora molti passi da compiere, al di là delle dichiarazioni di buona volontà da parte dell'Assessore e da parte della Commissione regionale per l'impiego. Sono piccoli passi significativi più faticosi, anche meno clamorosi e meno entusiasmanti (non possiamo pensare di raggiungere obiettivi così importanti e così rilevanti con la tecnica del gatto con gli stivali che con ogni passo faceva sette leghe), ma che alla fine risultano utili e positivi.
Non sono dell'avviso di entrare nel merito dei casi singoli, parlando dell'azienda X o Y, intanto perché questo è un problema che deve essere affrontato con maggiore conoscenza e con maggiore convinzione da parte delle organizzazioni sindacali e delle organizzazioni aziendali. Mi sembra più importante un esame della situazione nella sua globalità.
La Commissione per le pari opportunità ha operato in questi mesi instaurando sotto il profilo del metodo un modo nuovo di confrontarsi con le realtà esterne.
Le risposte ottenute non sono soddisfacenti in assoluto, ma dimostrano in qualche caso come può essere equivocato un certo modo di porre le questioni. L'azienda, quando è interpellata, tende a dimostrare o che i fatti non sono veri o che comunque, se sono veri, hanno una loro motivazione.
Alcune motivazioni sono però ragionevoli, per esempio quando si dice che le assunzioni di donne tornitori o fresatori o con altre qualifiche di questo genere non raggiungono il 50%. Sappiamo che non c'è un numero di donne significativo con questa qualifica professionale, quindi fintanto che la situazione è questa non avremo la possibilità di raggiungere un rapporto soddisfacente.
Se esaminiamo altri campi notiamo che prevale l'occupazione femminile per esempio nel settore della scuola, e sappiamo tutti perché. Se parliamo del personale laureato, vediamo che alcune professioni sono appannaggio maschile. Il numero dei laureati uomini in ingegneria è in nettissima prevalenza rispetto al numero delle donne laureate. La Commissione per le pari opportunità ha intenzione di sviluppare una ricerca per avere una conoscenza più articolata, più diretta e più completa della situazione esistente.
E' necessario rivedere il livello di formazione professionale che spesso non consente sviluppi di carriera soddisfacenti ed è anche necessario esaminare quei settori carenti dal punto di vista occupazionale.
Mentre da un lato si dice che c'è saturazione di occupazione in un certo settore, dall'altro ci sono settori, come quello della sanità, in cui si minaccia la chiusura di reparti ospedalieri per mancanza di personale infermieristico e ausiliario. Proprio ieri in Commissione si sono fatte delle proposte per cercare di ovviare nell'immediato a questa difficoltà.
Voglio cogliere questa occasione per dire che nel settore sanitario per quanto riguarda le professioni ausiliarie e infermieristiche siamo all'emergenza. Questo problema si innesta nel discorso che stiamo facendo oggi. Sono ambiti professionali per i quali c'è uno sbocco professionale e c'è l'urgenza di attivare corsi di formazione professionale.
Quali soluzioni e quali risposte vogliamo dare? Ci sono problemi di formazione professionale, di sviluppo di carriera e c'è anche un problema di definizione degli orari di lavoro. Non liquiderei il part-time come un fatto riduttivo e limitativo. Che cosa succederà in futuro? Probabilmente avremo delle sorprese, perché se part-time vuol dire lavorare meno ore sicuramente nel futuro lavoreremo di meno se vorremo. Siamo in presenza di una grande rivoluzione silenziosa, strisciante e rapida. Oggi più che mai è importante che ci dotiamo di strumenti conoscitivi sulle opportunità, sulle prospettive professionali per uomini e donne se non vogliamo parlare del problema occupazione in maniera riduttiva e parziale.
In questi giorni è stata presentata la realizzazione da parte della FIAT di uno stabilimento modello, quasi completamente automatizzato, a Cassino dove si producono circa 1.200 auto "Tipo" in una giornata. Non possiamo parlare di sviluppo dell'occupazione e di professionalità senza collegarci con la rivoluzione nel campo dell'informatica, della robotica e con l'automatismo delle fabbriche. Ragioniamo di occupazione e di raggiungimento di parità come se i posti di lavoro fossero un dato acquisito, come se le professionalità, le attività e i profili professionali siano gli stessi. Ci sarà sicuramente un problema di riconversione, di articolazione diversa del lavoro, di riduzione delle grandi unità produttive.
E' sufficiente entrare in una banca per rendersi conto di come il futuro è già oggi; l'automatismo delle procedure, la robotizzazione l'informatizzazione hanno già cambiato i profili professionali e siamo solo agli inizi! Dovremo ragionare sulla quantità di tempo da dedicare all'occupazione; c'è il discorso del cosiddetto home-computer, del lavorare a domicilio. Per noi sono fatti ancora strani, ma in Giappone e in altri Paesi sono la realtà quotidiana, e noi dobbiamo tenerne conto in termini di possibilità reali di inserimento al lavoro per uomini e per donne, perch tra non molto rischiamo di occuparci anziché dei problemi di pari opportunità nell'occupazione, di problemi di non occupazione o di cassa integrazione o di scarsa flessibilità professionale per tutti.
Non faremmo un buon servizio, a mio avviso, al discorso che da questa mattina stiamo facendo e che è prevalente se non tenessimo conto, se non studiassimo e se non valutassimo anche questi elementi, perché ogni problema singolo fa parte del tutto.
Concludo, signor Presidente, dicendo che ritengo positivo che questa mattina si sia parlato di questi problemi, anche se l'aula del Consiglio regionale dedica una disattenta attenzione...



PRESIDENTE

Non è proprio così!



STAGLIANO' Gregorio Igor

E' proprio così, invece!



BERGOGLIO Emilia

Mi rivolgo a lei, signor Presidente, in prima persona, che è attento ma purtroppo non vale per tutti. Le orecchie le abbiamo e sentiamo un brusio continuo. Non importa, succede anche su altri argomenti, quindi ci sentiamo sotto questo aspetto in parità.
Mi preme invece di sottolineare che tutti i passi che possono essere utili nella direzione del superamento delle difficoltà vanno posti in essere dal Consiglio e dagli strumenti che la Regione si è data, però, in una dimensione corretta, perché i velleitarismi e le polemiche non affrontano seriamente i problemi e non li risolvono. Anche fingere che i problemi non esistono non è un modo per risolverli. I problemi esistono.
C'è un problema molto grave di discriminazione in una Regione avanzata come il Piemonte, ma è una discriminazione fatta di coscienza, di cultura, di non conoscenza approfondita del problema.
E senza farne un problema di parte, senza dirlo con toni apodittici condivido le osservazioni di altre colleghe sul ruolo intergrato e integrale dell'uomo e della donna nella società e mi permetto di concludere con uno slogan un po' scherzoso, ma vero: vorrei che ci fosse un po' più di uomo nella casa e nella famiglia e un po' più di donna nella società, nel lavoro e, perché no, anche nella politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bianca Vetrino.



VETRINO Bianca

Signor Presidente, non sono affatto sconcertata dall'atmosfera di disattenzione di questo Consiglio: questa è l'atmosfera nella quale ci troviamo ad agire normalmente, sia che si parli di ambiente, sia che si parli di lavoro, sia che si parli di piano di sviluppo o che si parli di donne, come ci siamo apprestati a fare questa mattina.
Chi è interessato lo dimostra solitamente attraverso la propria presenza e la propria attenzione, chi non è interessato avrà altre cose da fare. Ognuno di noi renderà poi conto del proprio operato.
Desidero ringraziare l'Assessore Cerchio per la sua completa relazione che al di là dell'uso del plurale majestatis di cui qualche volta si è accaparrato per citare iniziative, operatività e impegni degli organi che operano a lato dell'Assessorato, in particolare della Commissione per le pari opportunità, ha rivelato la volontà dell'Assessorato, e quindi della Giunta, di usare opportunamente di tale nuovo strumento di collaborazione e di impegno che, tra l'altro, si va diffondendo presso tutte le Regioni e presso i Comuni e le Province ed effettivamente può rappresentare uno strumento per superare le differenze che ancora esistono nel raggiungimento delle pari opportunità.
La legge che ha istituito la Commissione per le pari opportunità è stata una legge di giustizia nei confronti delle donne, è anche una legge di cultura perché ha voluto porsi nella visione della società nella sua completezza con tutte le sue esigenze, sia al femminile che al maschile.
La Commissione è composta da quindici donne che per la professionalità che esprimono, per la cultura e la convinzione che portano con s', possono rappresentare dei momenti di consultazione, di collaborazione, di operatività dalle quali la Giunta non può che trarre un grandissimo beneficio. In Piemonte era nata fin dal 1976 la Consulta regionale per i problemi della donna che continua tuttora ad operare anche se ha un ambito completamente diverso da quello della Commissione per le pari opportunità ma può sviluppare con questa dei momenti di confronto e di approfondimento.
Sempre in Piemonte abbiamo organizzato momenti strutturali importanti per superare soprattutto nel livello occupazionale la discriminazione che ancora esiste tra l'uomo e la donna.
Della donna oggi si potrebbe parlare in tantissimi modi. E' la nostra festa, quindi ben vengano anche le mimose, ma l'aspetto con il quale noi abbiamo voluto caratterizzare questa riunione è quello di verificare la posizione della donna in Piemonte nei confronti del lavoro e dell'industria. L'Assessore Cerchio con molta chiarezza ha evidenziato che questi problemi esistono. La FIAT, nei rapporti che ha avuto con la Commissione per le pari opportunità, ha teso a sminuire queste discriminazioni più o meno latenti o più o meno evidenti. Sta di fatto che i numeri confermano la nostra diffidenza e la nostra paura rispetto alla denuncia che è venuta dalle donne che lavorano in FIAT. Ci sono effettivamente delle profonde discriminazioni: il sesso è ancora un differenziale per impedire alla donna di procedere nella carriera. Per la donna si verifica ad un certo punto una strozzatura che le impedisce di andare avanti e le riserva soltanto posti di sottordine.
C'è nella relazione dell'Assessore Cerchio l'impegno a considerare questo problema in termini politici per capire quali possono essere gli interventi reali da assumere, avendo la Regione tra i suoi compiti anche quello di favorire il raggiungimento del diritto al lavoro a tutti i cittadini, uomini o donne, e quali potrebbero essere gli strumenti, ad di là della Commissione per le pari opportunità, per consentire il superamento del differenziale tra uomo e donna.
Il problema deve essere visto in un contesto generale e deve essere riferito ad altri campi nei quali si possano raggiungere le pari opportunità.
In quest'aula parliamo sovente di formazione professionale. Questo deve essere un campo attraverso il quale si possano determinare delle condizioni per superare queste differenze. Ma credo che ancora prima della formazione professionale dobbiamo pensare alla funzione della scuola nel determinare condizioni culturali di ordine generale attraverso le quali l'inserimento e l'avviamento della donna al lavoro possa essere facilitato. Questo significa conoscere la scuola, ma significa soprattutto che la scuola deve conoscere le esigenze lavorative nel settore industriale e nel terziario.
Questo impone alla scuola di essere più moderna di quanto non sia stata finora. Oggi si parla dell'esigenza di apprendere più lingue. Ciò è fondamentale, perché uno degli strumenti per ottenere con facilità lavoro in futuro sarà la buona conoscenza della propria lingua, ma anche la conoscenza di altre lingue.
Si parla dell'esigenza di avere dimestichezza con l'informatica, con le tecnologie nuove, con la robotica. Indubbiamente questo è importante, per se oggi ci possono essere ancora delle difficoltà per raggiungere piena confidenza con l'informatica o con apparecchiature tecnologicamente sofisticate, queste difficoltà sono superabili, ma non possiamo non chiedere alla scuola una maggiore presenza, una maggiore incisività nei campi fondamentali dell'istruzione, che comunque devono essere aggiornati secondo le esigenze nuove. Sono d'accordo che sono importanti l'apprendimento delle lingue e la conoscenza dell'informatica, ma non dobbiamo dimenticare che anche la formazione storica deve continuare ad accompagnare la nostra scuola, perché è conoscendo la storia che si pu comprendere il presente e determinare le condizioni per il futuro. Sono quasi terrorizzata nel leggere i programmi dei licei classici e scientifici: manca qualsiasi aggancio alla realtà concreta del mondo. Per esempio, della formazione giuridica non si parla mai nelle scuole intermedie, così come della formazione economica, discipline che ci consentono di capire i processi dell'innovazione tecnologica e, per esempio, la ristrutturazione industriale.
Se la scuola moderna assolvesse questi compiti, tutti - uomini e donne sarebbero nelle condizioni di poter giocare un ruolo nuovo. Le donne notoriamente frequentavano la Facoltà di lettere e lingue, ma oggi si rivolgono anche alle Facoltà di economia e commercio, chimica e matematica.
Attualmente soltanto il 7% delle donne diventano ingegneri. Questa percentuale d'altra parte è quella delle donne che siedono nei banchi di quest'aula e addirittura in Parlamento! Sono rivoluzioni lente, ma importanti, perché alla fine ci porranno nella condizione di poter svolgere il nostro ruolo nella pienezza delle nostre potenzialità e disponibilità.
Il Presidente tedesco Kohl, un anno e mezzo fa durante una campagna elettorale, ebbe a dire che i protagonisti del futuro sarebbero stati l'ambiente e le donne. Non c'è niente di più giusto, l'ambiente con l'emergenza di ogni giorno e le donne nella nuova società. Si preconizza inoltre la multirazzialità e dunque la multicultura saranno i dati di fondo su cui si reggerà la società la quale avrà più bisogno delle donne, perch per convivere in una società sociologicamente complessa come sarà quella del futuro occorreranno mentalità flessibili ed elastiche, condizioni di adattabilità, moltissima pazienza e tolleranza. Non credo che queste siano caratteristiche solo delle donne, certamente le donne le hanno in quantità maggiore degli uomini, perché la nostra storia nelle case in ruoli a volte dimessi ci ha consentito di esercitare queste caratteristiche che nel passato ci hanno reso la vita più difficile e ci hanno tenute in situazioni a volte di segregazione e di isolamento. Queste caratteristiche ci aiuteranno oggi e domani ad esprimere le nostre personalità e le nostre volontà per partecipare ad un mondo diverso ma che potrebbe essere anche migliore.
Ringrazio i Capigruppo che hanno accettato di riservare la seduta di oggi, 8 marzo, alla trattazione di questi temi, e ringrazio il Presidente del Consiglio per questa opportunità unica nella storia della Regione. E' una novità che fa piacere alle donne, ma che fa anche ben sperare in un futuro diverso, un futuro più al femminile e di speranza per la nostra società.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel mio Gruppo politico non c'è l'alibi di un'"esperta" femminile a cui affidare lo svolgimento di temi quali quelli di oggi e nelle circostanze "canoniche". E questo è un bene perché sono temi su cui non guasta che s'interroghino tutti i Consiglieri maschi compresi.
Ribadisco che la base delle difficoltà per l'inserimento delle donne nel mondo del lavoro sta nello smantellamento dello stato sociale e nella marginalizzazione di fette sempre più consistenti della nostra società; sta in quelle ragioni su cui si sono soffermati, in particolare, i colleghi Dameri e Tapparo. Ma c'è di più. Le resistenze della società maschile alle istanze femminili sono sempre forti, perché facciamo fatica noi, faccio fatica io, fanno fatica le istituzioni rappresentative a capire, per esempio, che le donne non chiedono più diritti, ma chiedono di ridisegnare il potere così come storicamente si è costruito nella nostra società.
Facciamo fatica a capire che le donne non chiedono di essere maggiormente protette, ma chiedono qualcosa di più impegnativo per noi, e cioè la possibilità di praticare fino in fondo la libertà individuale che in quanto tale è indivisibile. Le donne chiedono non soltanto accesso al lavoro, ma la trasformazione del lavoro esistente. Sono queste difficoltà che ci fanno resistere, più o meno consapevolmente, poi dal punto di vista politico la collocazione delle forze in campo è diversa.
Vorrei soffermarmi su questi elementi culturali di fondo, sul substrato che viene prima delle determinazioni politico-istituzionali. Oggi noi maschietti, con un po' di galanteria, finiamo per cavarcela con un ramoscello di mimose, ma non bastano questi atti, pur gentili ed apprezzabili, se non si intacca la sostanza della realtà. La sostanza della realtà, come io mi sforzo di comprenderla, ci dice che le donne non chiedono di essere annesse a questa democrazia, ma si propongono di cambiare le regole attraverso le quali nella società occidentale noi maschi abbiamo esercitato per secoli il potere, cioè il dominio di una parte del genere umano su un'altra parte di esso. Allora, dovremmo cercare di non attardarci oltre nel tentativo di aprire nuovi orizzonti che comprendano due soggetti, due individualità, due sensibilità dentro le nostre case dentro le istituzioni, dentro i nostri partiti; due soggettività che possono arricchirci, come già ci arricchiscono.
Senza queste rotture nella continuità, noi saremmo costretti a vedere riemergere costantemente le vecchie strade delle sfere separate, come abbiamo visto proprio in queste settimane e in questi giorni, ad esempio a proposito della legge sulla violenza sessuale. Mi riferisco - scusate la piccolissima digressione - alla proposta, avanzata da alcuni settori della DC, del cosiddetto "doppio regime", cioè della intangibilità della sfera della "sacra famiglia" nei confronti di regole che dovrebbero valere per tutti ed in qualsiasi ambito. Senza queste rotture di continuità, vedremo riemergere i lavori marginali, compatibili con il fatto che la donna possa dedicare la propria vita solo ed esclusivamente alla famiglia. E' una realtà contrastata dal protagonismo delle donne che ci mettono da questo punto di vista costantemente di fronte alle nostre responsabilità, talvolta con le spalle al muro, anche nel nostro privato.
Signor Presidente, questi percorsi per noi uomini sono scomodi difficili, ma, se non prenderemo coscienza di queste difficoltà, di questa contraddizione di cui noi uomini siamo portatori, non faremo bene nemmeno il nostro lavoro nella Commissione regionale per l'impiego o nel Consiglio regionale del Piemonte. Quindi non faremo bene nemmeno quelle cose precise e puntuali che hanno ricordato le colleghe che sono intervenute prima di me.
Volevo soffermarmi brevemente su queste questioni di fondo per sottolineare i ritardi che la società ha accumulato rispetto alle domande di civiltà e di partecipazione di cui le donne sono portatrici, e che non vogliono siano confinate nella celebrazione di un giorno, che coincide magari felicemente, con la seduta settimanale del Consiglio. Ma dovremmo impegnarci a far sì che questi ragionamenti e questi propositi continuino per i restanti 364 giorni dell'anno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Gli interventi dei Consiglieri che mi hanno preceduto mi fanno meditare sulla inevitabile retorica con cui gli uomini affrontano questi temi.
Soprattutto quando non sono legati alla quotidianità ed agli atteggiamenti concreti. Gli uomini ricorrono ad una serie di luoghi comuni e di frasi fatte che tutti condividono, ma che fanno parte dei meccanismi di difesa maschili di fronte alle donne e alle loro rivendicazioni, ed è difficile capire quanto sia effettivamente sentito e quanto invece faccia parte della buona educazione.
Una seconda considerazione la riprendo dalla conclusione dell'intervento della signora Vetrino che sottolinea come sia opportuno parlare oggi di questo tema. Io sottolineerei questa considerazione in maniera molto più rammaricata ed insieme diversa. Parliamo solo oggi di questo e ne parliamo per motivi rituali. La società politica concede a questa categoria così come concede ad altre "categorie" di cittadini (pur considerando improprio il termine "categoria") dei momenti assegnati cercando che questi momenti siano i più asettici possibili, ovvero quelli delle ricorrenze obbligate.
Quando invece nel corso degli anni e dei giorni questi temi vengono sollevati discutendo di una legge o di un emendamento, cadono regolarmente nel vuoto e nell'indifferenza.
Si può allora parlare di donne solo l'8 marzo. Ma questo è un infortunio della Conferenza dei Capigruppo, non un punto a suo merito.
Teniamo presente che questo tema è poi casualmente venuto a coincidere con l'8 marzo non perché oggi è la festa della donna, ma solamente perch incombeva la grande politica degli affari, quella del sottopasso di Porta Palazzo, perché si voleva approvare (almeno volete provarci, ma il mio voto non l'avrete n' oggi n' mai) un progetto che permettesse di accedere ai finanziamenti del decreto dei Mondiali del '90. Poi dignità impose che prima di questo argomento si celebrasse la ricorrenza ufficiale dell'8 marzo. Neanche con le orchidee probabilmente riusciremo a farci perdonare i nostri peccati individuali e collettivi del passato. Comunque dovremmo risolvere i problemi nella quotidianità sia familiare, sia sui posti di lavoro, sia nella nostra attività legislativa di Giunta, di Consiglio e di Commissione. Impegni, francamente, non ne ho sentiti nessuno e l'atmosfera di disattenzione richiamata dalla collega Vetrino è un sintomo che accomuna la gran parte delle cose che facciamo qui dentro. Anche questa, senza dubbio. E senza passione e convinzione, i pensieri e le tensioni già oltre verso le leggi e le deliberazioni che contano, un po' impazienti per il tempo che scorre nel trattare di queste "futilità", alle quali comunque ed in ogni caso - non possono non risiedere le nostre speranze.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, sono stato tutta la mattina presente in aula e credo che quando si crea un'antiretorica superanticonformista della disattenzione ci si strappa le vesti, occorre però vedere le cose come stanno: chi è presente, chi ritiene di dare un peso alle questioni.
A nome del Gruppo voglio porre una questione tutta politica che riguarda i comportamenti e la traduzione in pratica delle cose. Noi non abbiamo alcuna speranza di far diventare questioni di questa larghezza di prospettiva e di questa difficoltà per una lunga acquisizione culturale come questioni di cui ci si occupa in maniera prioritaria e continuativa con la dovuta spesa di risorsa politica, se non cambiamo l'agenda politica.
L'agenda politica va cambiata anche solo in termini di tempo, di impegno di energie fisiche che vengono dedicate a questioni che sono politicamente meno importanti e necessitano di minori risorse politiche che non queste questioni.
La scena politica piemontese e torinese è tristissimamente dominata ahimé!, da alcune questioni, certo importanti, ma che rivelano la profonda crisi della politica e che necessiterebbero, anche concettualmente, di minori risorse.
E' straordinario, sbalorditivo, degno di una società politica incapace espressione di una società civile disattenta che la scena politica torinese sia occupata da tre questioni: un buco nel terreno dove far passare dei mezzi pubblici, uno stadio con le spese di una concessione più o meno convenute, e la costruzione, non a caso, di quel grande concetto dei parcheggi, proprio della politica. Sono questioni importanti per la città ma su questi temi la politica torinese e piemontese rischia di consumare tutte le sue risorse, al punto che ritengo di dire con accento pessimistico e critico che se le risorse politiche si esprimono in quella direzione non è più far politica, o meglio, non è più la concezione sana, forte lungimirante della politica che va incontro ai bisogni diffusi della gente che tende ad intervenire attivamente sui processi culturali e tende a determinare i cambiamenti prevedendo il futuro.
Sulla questione femminile, sotto tutti i suoi aspetti, sulla questione ambientale, sulla nuova questione del lavoro che si pone nella società per donne e per uomini, dobbiamo marcare anche personalmente in funzione positiva dentro i partiti un ambito di scelta di dove spendere la risorsa politica, anche personale, che possiamo mettere in campo.
Dobbiamo cambiare l'agenda, dobbiamo trovare accordi ed intese programmatiche vere, dobbiamo superare i classici schemi e sbarramenti con cui si formano le coalizioni in base a parole scritte per cambiare il mondo e non in base a fatti anche marginali di intervento sul mondo, dobbiamo fare uno sforzo. Sulle questioni relative all'occupazione, alle donne sulle questioni valide per gli uomini, presenti per inerzie e retaggi, il cui cambiamento a molti non può andar bene, le risorse politiche debbono essere molto forti. Queste discussioni concettualmente, secondo il nostro Gruppo, sono prioritarie rispetto a discussioni su cui normalmente i sistemi (meno scassati) si esprimono attraverso l'amministrazione, se ci sono penali da pagare, aggiunte da fare a concessioni, cose essenziali ed utili, ma non politiche.
Mi rendo conto di fare un intervento contro corrente, mi rendo conto che qualcuno, abituato a spargere il suo cinismo quotidiano, vede solo il reale, che qualcuno è sfiduciato e contrario al cambiamento e che considera questa una petizione utopica. Non è una petizione utopica, sto facendo un calcolo di risorse, un calcolo di costi e benefici della politica.
E' chiaro che dando poche risorse, quindi pagando pochi costi, i benefici su questo terreno non verranno. I dibattiti, nonostante l'impegno serio di qualcuno (concordo con il Consigliere Vetrino che questa mattina non si è verificato nulla di diverso rispetto ad altre volte), non diventeranno una di quelle linee di azione per cui vale la pena di discutere.
Il Gruppo comunista si schiera in questo dibattito oltre che sui contenuti dell'ordine del giorno che è in gestazione per dare questo impulso e questo significato, per chiedere a questa assemblea di non fuggire dietro il paravento di comodo delle cose, ma di reagire all'andamento delle cose attraverso la spina dorsale di chi ce l'ha e attraverso la voglia di ragionare e di dare alle questioni importanti, come il lavoro, l'ambiente, le questioni della donna, le questioni delle prospettive per le nuove generazioni, l'assoluta priorità. E qui, in Regione più che in Comune, ha un senso. La Regione giustifica se stessa in quanto, per la sua conformazione costituzionale (ancorché ostacolata centralisticamente), è soggetto capace di progettare, di dare occasioni, di animare, di stimolare, di raccordare, come diceva il Presidente Viglione.
Non si può chiedere all'Assessore Cerchio di fare quello che non può fare nei confronti dell'azienda, ma si deve chiedere a Cerchio, a noi e al Consiglio regionale, di creare un clima di raccordo, di animazione, di stimolo, di intervento perché le questioni del lavoro femminile, della collocazione della donna nel processo produttivo e nel processo della vita siano questioni prioritarie.
Questo è un versante del cambiamento, è un versante che mette criticamente in discussione le cose quindi, come tale, va visto positivamente, al di là del fatto che su alcune punte di espressione del mondo femminile si possa essere o non essere d'accordo. Personalmente non concordo su tutto, però questo è il processo, questo è l'elemento su cui ragionare.
Signor Presidente, il mio intervento era ben lontano dalla ritualità dell'8 marzo perché intendevo significare che l'agenda della politica va cambiata. Compito e responsabilità soggettiva di chi è eletto, proconsoli padrini o no, è di contribuire a cambiare questa agenda, qui in Regione dove un greve, pesante e colpevole immobilismo dovuto a molte cose sta determinando l'abdicazione a possibilità che forse potremmo esprimere. E' strano che non si possa trovare il terreno e il modo, avendo qui un'agenda diversa, di diffondere culture ed esperienze, magari di provenienza diversa, mirate a questi obiettivi e che si sia costretti ad un'agenda per questioni concettualmente inferiori di cui si può vedere solo il periodo del basso impero in cui l'unica vocazione vera dei reggitori della cosa pubblica è quella di pugnalarsi alle spalle. Noi vogliamo rappresentare un altro mondo, le donne sono un altro mondo, oltre che - come dicono loro l'altra parte del cielo. E la questione è davvero importante, talmente importante che forse più attenzione sugli atti che vengono proposti da parte dell'esecutivo regionale dovrebbe essere posta. Nella legge di recepimento del contratto abbiamo un articolo dedicato alla pari opportunità. In esso si dice: "saranno definiti interventi che concretizzino vere e proprie azioni positive a favore delle lavoratrici", e al secondo punto: "a tal fine la Giunta istituisce un comitato che proponga...". Sono i tipici congiuntivi nella consecutio sintattica che portano le cose talmente lontane da dimostrare due cose: che su questi punti non ci si è soffermati e che non si è tentato almeno di cumulare l'esperienza compiuta, o quello che si può acquisire da altre esperienze per fare dell'art. 7 sulle pari opportunità un'espressione vera di volontà politica e di indirizzo. Questo non è avvenuto. Mi spiace che non sia presente l'Assessore Brizio perché a lui va elevata con fermezza di rampogna questa osservazione. Credo che ci sarà molto lavoro da fare su questo articolo. In Regione abbiamo molte donne in posizione e in grado di fornirci input, testimonianze ed esperienze preziose. Pensiamo al ruolo che le donne hanno nell'andamento delle Commissioni, alle esperienze acquisite al lavoro fatto. Credo che la loro partecipazione possa far sì che questo articolo, assolutamente acqua fresca che il dottor e amico Gianpaolo Brizio ha presentato a nome della Giunta, diventi un articolo con qualche senso e con qualche conseguenza.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio per la replica.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con la mia comunicazione ho cercato di dire sommessamente - mi si passi la parola, però non in termini di riduzione di impegno - che, tra le molte difficoltà, l'Assessorato al lavoro della Regione Piemonte, senza la pretesa di avere la bacchetta magica, senza voler invadere competenze altrui, ha inteso collocarsi da quando opera la Commissione per le pari opportunità come anello di congiunzione fra i soggetti interessati a pieno titolo alle problematiche femminili.
Il grado di partecipazione della popolazione femminile al mercato del lavoro rappresenta uno dei più importanti mutamenti della nostra società.
Nella mia comunicazione ho cercato di attenermi strettamente all'argomento relativo all'atteggiamento o all'eventuale discriminazione attuata dalla FIAT, da cui ha origine diretta il nostro confronto odierno, quindi le ultime battute del Consigliere Staglianò sui problemi del sesso, pure importanti, non attenevano al problema dell'occupazione, anche se sarebbe stimolante allargare la discussione su questo argomento.
Non ho però negato l'opportunità di allargare, di approfondire, di fare un primo bilancio dell'attività svolta dai vari soggetti istituzionali che hanno operato nella Regione Piemonte. Proprio per doveroso riconoscimento del ruolo svolto dalle varie realtà istituzionali e dai vari soggetti, ho inteso spiegare ciò che hanno attivato. Ho parlato del ruolo della Commissione per le pari opportunità, espressione di una legge regionale voluta da questa assemblea e non presieduta da un Assessore, anche se insiste sull'Assessorato, sulle strutture e sui suoi finanziamenti, ho parlato del Consigliere di parità che è una voce significativa all'interno della Commissione regionale per l'impiego, organismo presieduto dall'Assessore al lavoro.
Forse ho parlato poco in prima persona perché l'Assessorato e la Giunta si sforzano di essere anello di congiunzione senza velleità di protagonismo. Alcuni risultati graduali nell'occupazione femminile anche se contestabili su alcuni versanti o su alcuni comparti, si sono registrati ultimamente. Devo convenire però - e l'ho detto nella mia comunicazione che la posizione delle donne nell'ambito delle attività produttive risente ancora di notevoli condizionamenti e di ostacoli.
Vi sono stati in quest'ultimo decennio dei mutamenti significativi nell'occupazione femminile e non possiamo non tenerne conto. Occorre per continuare e individuare ogni possibile ulteriore iniziativa in considerazione del fatto che la Giunta regionale deve seguire costantemente i mutamenti nell'ambito della domanda e dell'offerta del lavoro femminile e questo Assessorato e questa Giunta non possono non essere attenti a tutti gli aspetti relativi all'organizzazione del lavoro, ai tempi di lavoro, al rapporto tra occupazione e ore effettivamente lavorate, ai cambiamenti nell'organizzazione del lavoro indotti dall'innovazione tecnologica.
Proseguiremo su questo percorso come sulla strada della recentissima legge regionale n. 44 dell'88 che vuole favorire lo sviluppo dell'imprenditoria sotto forma cooperativistica tra le donne. L'Osservatorio del mercato del lavoro della Regione Piemonte ha presentato in queste ore un volume di dati e prosegue nelle sue analisi soprattutto verso le fasce più deboli del mercato del lavoro, tra le quali c'è anche la fascia del mondo femminile.
L'occasione dell'8 marzo può essere positiva soprattutto per l'Assessorato che vive giorno dopo giorno le emergenze delle fasce più deboli del mercato del lavoro. Occorre far sì che l'8 marzo sia una costante, proprio perché di fronte alle violazioni dei diritti dei cittadini non si debba ricorrere agli Ispettorati del lavoro e alle Preture o ad altre forme per garantire il diritto al lavoro che la Costituzione garantisce ai cittadini, alle donne come agli uomini.
Le osservazioni del collega Bontempi mi paiono opportune: tentiamo di creare insieme, in reale sinergia, un clima di raccordo, di assicurazione che deve maturare intanto in noi, nella convinzione nostra di essere moltiplicatori credibili nel rapporto con l'azienda e con quanti possono essere gli interlocutori su questo problema.
La collega Dameri lo diceva molto opportunamente, il collega Tapparo lo richiamava e la collega Bergoglio ne faceva un punto di riferimento: c'è la necessità di una situazione orizzontale che va al di là delle competenze di una singola delega e al di là delle competenze dell'Assessorato al lavoro.
Mi riferisco alla formazione professionale. Il mio collega di Giunta non potrà non essere attento a questi aspetti, dobbiamo cercare di rafforzare le iniziative formative rivolte alle donne come formazione e come riqualificazione professionale, sia a livello scolastico sia in termini di orientamento didattico.
Alcune iniziative sono state assunte. E' stato attivato, per iniziativa del Consigliere di parità, il progetto formativo sperimentale che è decollato nei mesi scorsi e che attualmente è in atto nella scuola di Settimo Torinese; sono decollate alcune azioni positive attivate dal Comune di Torino. C'è un'ipotesi di lavoro su un pronunciamento del Consiglio regionale. Mi auguro che questa sia una delle molte tappe perché il tasso di femminilizzazione nell'occupazione, che è passato dal 36,4% dell'anno 1987 al 37,4% del 1988, possa aumentare ancora, non soltanto nel terziario ma anche in quei comparti che hanno registrato una situazione stabile, se non addirittura in calo come risulta dalle ultime rilevazioni congiunturali della fine del 1988.



PRESIDENTE

Si conclude a questo punto il dibattito sulla comunicazione dell'Assessore Cerchio relativa alla questione delle pari opportunità nell'ambito del mondo del lavoro tra uomini e donne.
Si è trattato di un dibattito che fa onore al Consiglio regionale per cui io desidero ancora una volta ringraziare tutti i colleghi che vi hanno concorso.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Prima di sospendere la seduta devo dare alcune comunicazioni e in seguito ricordare la figura del prof. Luigi Firpo.
In primo luogo devo informare il Consiglio che alle ore 14 è convocata la I Commissione.
I Capigruppo sono convocati alle ore 14,15 per assumere delle decisioni in ordine alla discussione del punto 4) all'o.d.g. relativo al sottopasso di Porta Palazzo. C'è infatti una valutazione che l'Assessore Mignone vorrebbe portare per far presenti le difficoltà di procedere nella discussione di questo argomento.
L'inizio della sessione pomeridiana è anticipato alle ore 14,30 perch alle ore 17,30 si terrà nella sala Aldo Viglione, al primo piano, la presentazione della ricerca effettuata dall'Istituto storico della Resistenza dal titolo: "Donne e Seconda guerra mondiale: esperienza memoria".
Comunico altresì che sta per essere predisposto un documento conclusivo del dibattito testé svoltosi che verrà posto in approvazione non appena perverrà alla Presidenza.
Desidero ringraziare, chiedo venia se non l'ho fatto prima, le rappresentanze femminili che hanno assistito all'intero dibattito del Consiglio regionale, alle quali va il nostro plauso caloroso.



REBURDO Giuseppe

Chiedo la parola in merito all'o.d.g.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



REBURDO Giuseppe

E' stato presentato da molto tempo un ordine del giorno che riguarda la riforma della legge relativa al servizio civile in alternativa al servizio militare. Questa legge è in discussione al Comitato ristretto della Camera che ha già approvato i primi tre articoli. Chiedo formalmente che nella riunione dei Capigruppo si affronti questo problema e si decida di portarlo con rapidità al dibattito del Consiglio regionale, pena il fatto di essere tagliati fuori da un momento nel quale noi potremmo intromettere una presa di posizione del Consiglio regionale.
Chiedo che venga posta l'attenzione su un problema che è importante quanto quello che abbiamo discusso poc'anzi.


Argomento: Varie

Commemorazione del prof. Luigi Firpo


PRESIDENTE

Invito ora tutti i presenti ad alzarsi in piedi perché desidero commemorare la persona di Luigi Firpo, il più grande studioso italiano di storia delle dottrine politiche che è mancato all'affetto dei suoi cari e a questa città che tanto amava giovedì scorso, 2 marzo, dopo 40 giorni di agonia.
La comunità piemontese gli deve molto perché in lui ha trovato il più arguto e strenuo difensore dei valori peculiari della nostra tradizione tanto da farli valere e rivendicarli come principi etici di validità universale. Basterebbe anche solo questo motivo, accanto alla volontà di donazione della sua biblioteca e a quell'altra donazione estrema umanissima ed esemplare dell'organo della vista, per rendere doveroso da parte di questa istituzione un breve e sobrio ricordo di questo grande moralista laico. Ma c'è di più: nessun altro intellettuale piemontese di altrettanta erudizione e vasta cultura ha difeso la sua città e lo stile di vita piemontese con analoga determinazione e vis polemica; la sua "apologia" di Torino non ha come retroterra culturale e come punto di riferimento i grandi del passato, ma quei valori sui quale anche i grandi del passato hanno improntato il loro pensiero e la loro attività artistica sociale o politica, si chiamassero essi Vittorio Alfieri, Cavour, Gramsci Gobetti o don Bosco. Quali questi valori? Moralità, operosità, realismo solida fantasia e altruismo.
Trascinato nell'amore profondo per la sua città tanto da viverla come destino e da idealizzarla e da viverla come utopia, ha avuto la temerarietà polemica di scrivere: "Siamo sul quarantacinquesimo parallelo, esattamente equidistanti dal polo e dall'equatore, lontani dai furori umorali dei tropici e dalla glaciale compostezza dei nordici". Affermazione paradossale, enfatizzata e tuttavia efficace in una duplice direzione: come monito ai piemontesi per riaffermare il giusto orgoglio regionale; come colpo di frusta alle città più blasonate, effimere nella morale e nei valori, perché recuperino principi di sana concretezza e di etica produttività.
Certo, la Torino di Luigi Firpo è più una città ideale che reale, più simile alla "città del sole" di Campanella, di cui lui è stato insigne appassionato studioso, che alla città delle grandi migrazioni, degli scontri di classe, delle nuove povertà, del terrorismo sconfitto e della microdelinquenza legata alla droga. Ma questo lato grigio della città se è giusto non rimuoverlo dalle nostre coscienze è altrettanto corretto non presentarlo come destino negativo, univoco per il nostro futuro, perch quell'altra Torino, operosa e solidale, su cui Firpo ha rivolto il suo sguardo indulgente, esiste ancora ed è volontà sua e nostra che essa riesca a ricomporre conflitti, lacerazioni e situazioni emarginanti che la rendono troppo simile ad altre metropoli intossicate dalla violenza e inquinate nei costumi, nell'acqua e nell'aria.
Alla realizzazione di questa utopia siamo tutti chiamati amministratori, imprenditori, classi lavoratrici, intellettuali e partiti politici e questo per evitare che l'utopia si cristallizzi in mito, anzi in nostalgia.
Raccogliamo questo messaggio di impegno sociale e istituzionale e cerchiamo di avvicinarci all'utopia e se nei prossimi anni Torino e il Piemonte riconquisteranno il quarantacinquesimo parallelo dovremo dire grazie anche a Luigi Firpo che per tutta la sua vita ha stimolato le nostre coscienze verso i valori fondamentali dell'equilibrio, della moralità e della concretezza.
Il Consiglio regionale partecipa al dolore dei familiari di Luigi Firpo.
Invito i presenti ad osservare un momento di raccoglimento.



(I presenti, in piedi osservano un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

I lavori riprenderanno alle ore 14,30.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12,50 riprende alle ore 16)


Argomento: Opere pubbliche - Edilizia: argomenti non sopra specificati

Comunicazione della Giunta regionale sul progetto del sottopasso di Porta Palazzo del Comune di Torino (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Al termine della riunione dei Capigruppo, che ha visto posizioni contrapposte, sono arrivato alla conclusione che non è possibile, in mancanza di progetti definitivi all'attenzione della Regione, procedere al dibattito di cui al punto 4) all'o.d.g. C'è stato un rinvio di due-tre giorni e dovranno ancora intervenire alcune decisioni alla luce delle quali il Consiglio regionale dovrà discutere.
Sulla base di questa valutazione propongo l'inversione del punto 4) con il punto 5) all'o.d.g.
Chiede la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, mi è sembrato di capire dalle sue parole - e ne sono stupito - che lei si assume la responsabilità e la titolarità della proposta di posposizione o di rinvio del punto 4) all'o.d.g. Ciò è di notevole gravità e costituisce un precedente. Con questo atto si mescola un potere ordinatorio del Presidente del Consiglio con il potere che è attribuito alla sovranità del Consiglio e che nelle meccaniche proprie dell'esprimersi di questa sovranità, attraverso le proposte che pervengono dai Gruppi e dalla Giunta, si esplica nel risultato finale. Il Presidente non ha il potere di rinviare o di anteporre gli argomenti iscritti all'o.d.g., questa decisione, secondo il Regolamento, appartiene alla sovranità del Consiglio. E' molto pericoloso il fatto che il Presidente del Consiglio assuma un'iniziativa che è propria dei Gruppi.
Signor Presidente, lei sa che questa questione nella Conferenza dei Capigruppo, dopo una discussione, ha visto divise maggioranza ed opposizione. C'era una proposta del Gruppo DC che tendeva a venire incontro all'esigenza di marcare questo passaggio. E' molto grave che lei si faccia interprete di una parte del Consiglio per avanzare questa proposta. In altri termini, o lei ritiene di avere un potere che non ha, quindi è una causa forte di non legittimità del suo operato, oppure, come Presidente del Consiglio, interpreta un potere tipico della sovranità dell'assemblea e quindi degli attori dell'assemblea (i Gruppi e la Giunta). Secondo i poteri che ogni Consigliere o Gruppo ha, ci esprimeremo nel merito vista questa scorciatoia confusa che non contribuisce a chiarire i rapporti all'interno del Consiglio.



CARLETTO Mario

C'è una richiesta formale da parte del Gruppo DC.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

In base allo Statuto e al Regolamento non è il Presidente del Consiglio che può proporre di invertire o eliminare punti all'o.d.g., però, siccome la proposta è stata fatta, chiedo che sia votata e dichiarata irricevibile.



PRESIDENTE

Ai sensi dell'art. 49 del Regolamento, è stata presentata un'altra proposta di inversione dei punti all'o.d.g.



MAJORINO Gaetano

Lei non può ritirare la sua proposta visto che ne è stata presentata un'altra da parte di alcuni Consiglieri.



PRESIDENTE

Quando ho fatto la mia proposta non intendevo invadere campi che non sono di pertinenza del Presidente del Consiglio. Tuttavia tale proposta è coerente con la responsabilità che come Presidente ho avuto nella Conferenza dei Capigruppo. E' la registrazione della situazione che si è determinata nella Conferenza dei Capigruppo. Sono ben lontano dal pensare di forzare, di invadere o di assumere competenze che non sono di pertinenza del Presidente. Sono stato semplicemente lo speaker che registra una posizione.



BONTEMPI Rinaldo

Lo speaker registra, non sceglie.



PRESIDENTE

Io ho registrato una posizione e ho detto che a mio parere non c'erano le condizioni per proseguire. Se la mia proposta ha stravolto la coerenza e la procedura del comportamento, la ritiro anche perché ne è giunta un'altra.



MAJORINO Gaetano

La sua proposta appartiene al Consiglio e non può essere ritirata. Il Consiglio deve decidere sulla sua proposta.



PRESIDENTE

Ritiro la mia proposta.
La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, mi è sembrato di cogliere nelle sue parole non una proposta formale al Consiglio, ma un ragionamento, per capire che cosa il Consiglio, rispetto a questo ragionamento, intendesse fare. Alcuni Gruppi hanno risposto presentando, secondo lo Statuto e il Regolamento, un ordine del giorno. Quindi, signor Presidente, mi pare correttissima la sua posizione, nel senso che non è da ritirare questa proposta in quanto era un invito al Consiglio. Io l'ho inteso come tale.



PRESIDENTE

Infatti era in questi termini. Comunque lo ritiro.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Vorremmo l'interpretazione autentica del suo pensiero.



PRESIDENTE

Non credo sia molto difficile l'interpretazione autentica del mio pensiero. L'ho espresso.
Prima di porre in votazione la proposta di inversione dell'o.d.g., ai sensi dell'art. 49 del Regolamento, ha chiesto di intervenire il Consigliere Chiezzi che parlerà contro tale proposta.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, parlo a favore dell'assunzione da parte del Consiglio regionale di un vero ruolo, a favore della non rinuncia a svolgere il nostro lavoro e ad esercitare le nostre responsabilità. Trovo la decisione proposta scandalosa. Scandalosa perch non è affatto vero che al Consiglio regionale non sia pervenuto nulla e che alla Giunta regionale, che a questo Consiglio dovrebbe riferire, non sia pervenuta alcuna decisione. La decisione è pervenuta e consiste in una deliberazione della Giunta municipale...



PRESIDENTE

La interrompo brevemente Consigliere Chiezzi per ricordarle che il tempo a sua disposizione, secondo quanto stabilisce l'art. 59 del Regolamento, è di cinque minuti.



CHIEZZI Giuseppe

Devo illustrare i motivi per i quali non siamo d'accordo a non discutere questa vicenda. Innanzitutto questa vicenda potrebbe essere discussa perché vi sono ancora in questa Città e in questa Regione degli amministratori che si rifiutano di piegare la testa di fronte a interessi particolari e ci sono amministratori di maggioranza e di opposizione che stanno tenendo in questa Città e in questa Regione questo tipo di comportamento. Ci sono interessi potenti, sappiamo che la decisione presa dal Comune di Torino con quella deliberazione è stata una decisione assunta in assenza di importanti amministratori del Comune di Torino, che si sono rifiutati di votare una deliberazione che è veramente un ottimo esempio di pessima amministrazione. Noi chiediamo che questa deliberazione venga discussa oggi, perché in essa si impegna in modo preciso la Regione Piemonte. Si dà una indicazione di lavoro alla Giunta regionale sulla quale noi vogliamo discutere. In questa deliberazione c'è scritto che la Regione Piemonte dovrà dare un parere in sede di Conferenza su ipotesi progettuali su complessi progettuali chiaramente indicati in deliberazione. Noi contestiamo che la Regione Piemonte debba dare un parere su quelle ipotesi progettuali, che sono a mani del Governo oggi e non fra cinque giorni.
Allora, vogliamo discutere e vogliamo che la Regione si impegni a non esprimere alcun parere oggi, non a Conferenza convocata chissà quando e della quale non saremo informati. Oggi deve impegnarsi a esprimere pareri conformi alle leggi e non difformi alle leggi.
Secondo punto. Su questa deliberazione e su questi progetti, che sono a vostre mani, sono stati espressi gravissimi dubbi sulla congruità dei prezzi. Quando è stata discussa la deliberazione in sede di Giunta comunale e se mi concede qualche minuto in più illustro i particolari di quella deliberazione - il prosindaco ing. Porcellana è uscito e non ha partecipato giustamente a quella votazione. Dall'ing. Porcellana ci possono dividere tante cose e tante passate battaglie, ma sia ben chiaro che noi non lo lasciamo solo in questa battaglia di chiarezza, a tutela dell'interesse pubblico per la verifica della congruità dei prezzi. Siamo usciti idealmente anche noi da quella riunione, ma vogliamo invece restare qui in questo Consiglio regionale per poter discutere queste cose, discutere dei prezzi che l'Ingegnere capo del Comune ha definito anomali e questi prezzi sono contenuti nel progetto che è a mani dell'Assessore Mignone.
Su questo vogliamo discutere oggi. E' inutile che il Presidente della Giunta ogni tanto sui giornali si lamenti della pochezza dei poteri della Regione Piemonte e invochi unicamente più soldi, più risorse finanziarie.
Non sono sufficienti. Il ruolo della Regione Piemonte si svolge anche su atti politici, assumendo le responsabilità proprie. Quella che proponete è una fuga di fronte a responsabilità che la Città di Torino vi ha assegnato oggi (non domani). Su quella deliberazione nella quale si chiede un comportamento preciso da parte della Regione Piemonte dobbiamo discutere e prendere le prime decisioni.
C'è di peggio. Ieri l'Assessore Mignone in sede di Commissione ha già detto cosa intenderebbe fare. Perché non lo ripete in questa sede? Ieri ci siamo limitati ad alcune osservazioni e abbiamo indicato all'Assessore quali erano i fili logici e strutturali del discorso critico che avremmo fatto oggi. Questo deve essere fatto! Signor Presidente, si parla tante volte della commistione tra politica e affari. Lei sa che sul tavolo della Giunta regionale giunge un progetto e un'ipotesi di concessione, affidata senza alcuna gara ad un unico soggetto che si è autoproposto, al quale è stato affidato l'incarico di eseguire un progetto. L'Assessore Mignone ieri ha detto che è equivalente, dal punto di vista funzionale e sostanziale, ad un progetto precedente che era a mani dell'Amministrazione comunale di Torino.
I criteri di una amministrazione corretta non sono forse l'imparzialità? L'imparzialità non è sostanziata da comportamenti che consentano l'accesso alla gara a tutti i soggetti interessati? In questo caso è mancato questo comportamento corretto e bisogna discuterne, se davvero la Regione deve svolgere un ruolo nel settore dei lavori pubblici.
Lo sapete meglio di me, ci sono delle leggi, c'è una banca dati sugli appalti da fare.
Un altro elemento. E' vero o non vero che l'amministrazione pubblica corretta deve perseguire il massimo dell'interesse pubblico? E nel settore delle opere pubbliche come si realizza il massimo dell'interesse pubblico? Si realizza scegliendo all'interno di una pluralità di offerte quella migliore. Invece, la concessione e il progetto sul quale noi chiediamo di discutere non prevedono un confronto tra più offerte, tant'è vero che sono stati espressi da parte di settori seri della maggioranza dei dubbi che noi vogliamo riprendere.
Per questo, signor Presidente, noi chiediamo di conoscere la posizione della Giunta, che non può sottrarsi a questo impegno. Ieri in sede di Commissione ha fatto una comunicazione e noi chiediamo che sia riproposta oggi. Questa è una gravissima fuga dalle proprie responsabilità. Non potete assumere questo ruolo. Voi state affondando questa istituzione.
Nella Regione Lombardia qualcuno ha detto che l'Ente Regione sta diventando inutile. Questa Amministrazione e questa maggioranza, se siete così compatte in questa idea, si assumono il ruolo di affondare lentamente ed inesorabilmente la Regione Piemonte, non assumendosi le responsabilità quando queste si pongono.
In questo progetto ci sono dei fatti che sarebbe bene discutere, che i cittadini devono sapere, ma non vengono informati.



(Interruzioni dai banchi della DC)



CHIEZZI Giuseppe

AVONDO



CHIEZZI Giuseppe

Non potete impedirci di parlare!



CHIEZZI Giuseppe

Siccome vengo regolarmente disturbato in pochi minuti vorrei illustrarvi una serie di scorrettezze amministrative che sono sul tavolo della Giunta regionale, sulle quali chiediamo che si effettui un confronto.
Ne cito solo una, signor Presidente, che è veramente grandiosa.
Lei sa che non è possibile iniziare un'opera pubblica senza un progetto esecutivo. Nella deliberazione che chiediamo di discutere vi sono dei passaggi veramente sbalorditivi; si cita un progetto, che è quello deliberato e approvato dalla Giunta, si dice che a quel progetto farà seguito una "specifica generale di variante". Cosa sia una "specifica generale di variante" penso non sia scritto da nessuna parte. Questi due elementi, il progetto (consegnato perché progetto non è ancora) e la specifica generale di variante vengono chiamati "complesso progettuale unitario". Di nuovo che cosa sia il complesso progettuale integrato non lo sa nessuno. Sulla base di questa denominazione, che non esiste nell'ambito dei lavori pubblici, si affidano e si iniziano i lavori senza avere un progetto esecutivo. Qualche riga dopo si scrive che non esiste il progetto esecutivo all'atto dell'inizio dei lavori. Signor Presidente, questa è una dichiarazione in un atto pubblico e viene discussa in un luogo pubblico. Mi credo come si possa leggere queste cose senza intervenire. Si dice che i lavori iniziano senza progetto esecutivo, che questo sarà consegnato solo 60 giorni dopo l'inizio dei lavori e che sarà approvato solo ai fini economici, non in linea tecnica perché - e la deliberazione lo dice chiaramente in linea tecnica è stato approvato prima quando non c'era, e non ora che c'è.
Questa non è amministrazione! Questo è un testo che dovrebbe essere stampato a cura della Regione, distribuito nelle scuole di diritto amministrativo agli studenti per spiegare cosa non bisogna fare! Quindi, si iniziano i lavori senza progetto esecutivo; quando lo si approva, non lo si approva in linea tecnica, ma solo per vedere quanti soldi bisogna pagare al concessionario; non solo, ma si dice che prima di fare il progetto esecutivo bisogna fare dei sondaggi per capire cosa c'è nel sottosuolo, dai quali deriverà una variazione dei costi o una precisazione dei costi. Allora, il nesso tra i sondaggi e il progetto esecutivo fa capire a tutti che senza i sondaggi non c'è il progetto esecutivo e senza questo non ci sono i finanziamenti.
Per concludere, la ciliegina, una bella frase in cui si dice che comunque vada la cifra massima, deve essere quella presuntiva scritta all'inizio, cioè scritta quando non c'era il progetto esecutivo, non c'erano i sondaggi e quindi non si sapeva qual era il costo. Farà probabilmente la fine della cifra massima prevista dell'Acqua Marcia per lo Stadio. Di questo passo, c'è da pensare che finirà così.
Signor Presidente, ho messo in fila due-tre elementi, cercando di ragionarci sopra, mi portano però a concludere, a nome del Gruppo PCI, che bisogna avere il coraggio di discutere oggi questa questione nell'interesse della Regione e nell'interesse della collettività. Non si può fuggire a questo confronto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni che parlerà invece a favore della proposta di inversione dei punti all'o.d.g.



SANTONI Fernando

Mi auguro, non tanto per noi quanto per il Consigliere Chiezzi, che lo stesso sia in grado di dare precisazioni e prove su alcune affermazioni gravi che ha fatto nel suo intervento. Spero che il collega ci darà precisazione quando entreremo nel merito dell'argomento per avere egli posto da una parte gli onesti e dall'altra i disonesti con nome e cognome e, se possibile, con qualche elemento a sostegno.
Senza entrare nel merito di questo argomento, l'intervento che svolgo è a favore dell'ordine del giorno che è stato presentato e a spiegazione dello stesso.
Per quanto mi risulta il Comune, avendo inviato un progetto all'esame della Conferenza dei servizi e non della Regione, ha successivamente chiesto di sospendere l'esame da parte della Conferenza dei servizi perch è in arrivo, o è comunque all'esame del Comune, una variante al progetto stesso; variante che, per quanto è dato di sapere, non è marginale, ma va a incidere esattamente nelle materie su cui la Conferenza dei servizi deve pronunciarsi, prezzi, tempi e assetto complessivo dell'area su cui si interviene.
Ci è sembrato che, in presenza di questa richiesta da parte del Comune non si potesse entrare nel merito dell'argomento in una sede quale è il Consiglio regionale, che non è neppure direttamente competente nella materia. Avrebbe dovuto dare un orientamento all'Assessore ai trasporti che è membro della Conferenza dei servizi. Non sarebbe d'altra parte stato corretto entrare nel merito dell'argomento prima che questo argomento fosse formalmente conchiuso da parte dell'organo competente, che rimangono la Giunta comunale e il Consiglio comunale di Torino. La Conferenza dei servizi e, se vogliamo in senso lato, la Regione sono organi di controllo.
Visto che il Comune ha chiesto la sospensiva e ha annunciato la variante, può il Consiglio regionale o meglio la Conferenza, organo di controllo, e noi rappresentati dall'Assessore che di questa Conferenza fa parte, anticipare un giudizio e una valutazione su un iter che l'organo competente non ha ancora esaurito? La Giunta e la maggioranza ribadiscono l'impegno a riportare in Consiglio il progetto, così com'è o variato, prima che venga sottoposto all'attenzione della Conferenza dei servizi perché i Gruppi e i singoli Consiglieri possano esprimersi in una sorta di indirizzo e di parere consultivo all'Assessore che è componente la Conferenza dei servizi.
Ma ci è sembrato, e ci sembra tuttora, che anticipare questo giudizio laddove è stata preannunciata una variante da parte dell'organo competente significasse, da parte di una componente dell'organo di controllo anticipare il dibattito e quindi una valutazione su un iter che non è stato, per quanto espressamente detto dal Comune, ancora portato a compimento.
Quindi, caro Chiezzi, non c'è nessuna fuga, non c'è nessuna sottrazione. C'è soltanto la volontà di non fare anche in questa sede dei polveroni e di discutere invece nel merito di provvedimenti che si sono conclusi. Cosa che, almeno per quanto riguarda noi e l'intera maggioranza avverrà puntualmente quando l'iter sarà concluso.



CHIEZZI Giuseppe

Chiedo la parola per fatto personale.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Parlo per fatto personale in quanto il collega Santoni dice che sollevo dei polveroni e in primo luogo per il fatto che ha esordito dicendo: "dica il Consigliere Chiezzi chi sono gli onesti e chi sono i disonesti". Questa è la terminologia usata.
Allora su questo bisogna fare massima chiarezza. Gli onesti e i disonesti non sono entrati nel mio discorso. Io ho parlato di correttezza amministrativa, di interessi particolari (che non è disonestà) e ho iniziato dicendo che ci sono ancora amministratori sia nelle maggioranze che nelle minoranze che non si piegano a portare avanti politiche legate ad interessi particolari.
Vuoi un esempio, collega Santoni? Il Centro Fiere del Lingotto.
Secondo il mio parere, le forze che sostengono l'utilità di quell'insediamento soggiacciono ad interessi di carattere particolare perché ritengo che abbia più interesse la società che valorizza quell'immobile ad avere questa previsione rispetto all'interesse della città.
Non è disonestà! Della disonestà se ne occupano i magistrati, sia che i fatti siano corretti, sia che siano scorretti amministrativamente.
Parlo di interessi particolari, e lo riaffermo! Nomi e cognomi? Un nome di un amministratore pubblico che ha responsabilità di governo, che secondo me si è comportato in modo corretto in questa vicenda, l'ho fatto, l'ing.
Porcellana, prosindaco di Torino. Secondo me su questa questione si è comportato bene.
Quanto alla commistione tra politica e affari, dove sta il nocciolo? E l'ho ripetuto già in Consiglio regionale. La commistione tra politica e affari può seguire molti canali anche all'interno di procedure corrette però ci possono essere delle procedure che rendono più facili gli inserimenti e i connubi tra politica e affari. Lo strumento della concessione l'ho già detto, lo ripeto e sono in grado di sostenerlo di fronte a chiunque - è uno strumento in base al quale si può eludere il confronto di mercato tra i soggetti in grado di costruire un'opera. E quindi la vicinanza tra decisione politica e gestione amministrativa diventa addirittura una coincidenza! Diciamo che per la moralizzazione della vita pubblica è necessario separare i livelli della decisione politica dai livelli della gestione delle scelte politiche. Allora capite che la prassi che la Città di Torino ha seguito in questa occasione con il metodo della concessione a un soggetto che si è autocandidato, senza confronto del mercato, è una prassi che favorisce il connubio tra politica e affari. Non dico che c'è un connubio, non faccio delle accuse, dico che si scelgono dei percorsi amministrativi estremamente pericolosi perché poco controllabili.
Ho parlato per fatto personale, ma non vorrei - dopo l'interruzione che mi sembra che nuovamente arrivi da parte del Consigliere Santoni - chiedere di parlare una seconda volta per fatto personale. Spero di essermi spiegato.



SANTONI Fernando

Lo strumento è stato usato anche dalla Giunta di sinistra!



PRESIDENTE

Ai sensi dell'art. 49 del Regolamento, sulla proposta di inversione dell'o.d.g., hanno parlato un Consigliere contro ed uno a favore. Pongo pertanto in votazione per alzata di mano tale proposta.



(Vive proteste dai banchi di sinistra)



PRESIDENTE

MONTEFALCHESI



PRESIDENTE

Signor Presidente, io le chiedo di chiarire l'interpretazione del Regolamento!



PRESIDENTE

La mia interpretazione è che si può presentare nel corso della seduta la richiesta di inversione di un punto all'o.d.g. ed è in base a questa interpretazione che io ho posto in votazione la richiesta.



(Vive proteste dai banchi di sinistra)



PRESIDENTE

Chi è favorevole alla proposta di inversione dell'o.d.g. è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 29 voti favorevoli e 2 contrari (non hanno partecipato alla votazione 14 Consiglieri).
Il dibattito di cui al punto 4) all'o.d.g. è pertanto posposto all'ultimo punto.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Esame progetto di legge n. 193: "Norme per la regolamentazione, promozione e valorizzazione dei prodotti agricoli biologici e per la ricerca sperimentazione, divulgazione e sviluppo delle tecniche agricole biologiche" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 193, di cui al punto 5) all'o.d.g.
L'iscrizione di tale provvedimento all'o.d.g. è stata richiesta, ai sensi dell'art. 32, quarto comma, del Regolamento interno del Consiglio regionale, da parte del Consigliere Staglianò che ha quindi facoltà di intervenire per illustrare tale richiesta.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente e colleghi, il clima non è certamente il migliore per introdurre un argomento che è almeno altrettanto importante di quello che abbiamo appena esaurito. Mi conforterebbe l'attenzione quanto meno dell'Assessore all'agricoltura nonché dei colleghi che hanno a cuore i problemi relativi a quello che mettiamo nel nostro stomaco, a quello che si produce per la nostra tavola.
Se i lavori della seduta devono finire entro le ore 17,30, come era stato programmato, evidentemente non c'è il tempo necessario per articolare in maniera sufficientemente ampia le ragioni per le quali abbiamo richiesto a norma di Regolamento l'iscrizione all'o.d.g. del Consiglio di questa proposta di legge che giace nella Commissione competente ormai da due anni e quattro mesi. Ma basterebbe far mente locale all'emergenza atrazina negli acquedotti e all'emergenza ambientale, di cui abbiamo dovuto occuparci ancora la scorsa seduta, su questo argomento il ritardo delle istituzioni democratiche, delle assemblee legislative, quali la Regione Piemonte, che sulla base delle deleghe costituzionali e del DPR 616 sull'argomento agricoltura ha sovranità piena e ampi poteri di intervento, per rendersi conto che tale ritardo è ben superiore ai due anni e quattro mesi.
So bene, signor Assessore, che per legiferare sull'argomento sarebbe opportuno che lo Stato, il Parlamento nazionale, definissero norme quadro entro le quali inquadrare la legislazione regionale. A questo proposito mi permetto di richiamare brevemente, al fine di rinviare la palla nelle sedi in cui l'approfondimento sarà più utile e proficuo forse di quanto qui oggi non si possa fare, le raccomandazioni che ancora una volta il Parlamento europeo ha rivolto a tutti i Paesi membri della Comunità.
Sul tema agricoltura-ambiente il Parlamento europeo, con una risoluzione del 1985, chiede "una revisione della politica agricola comune nel senso di una migliore integrazione delle preoccupazioni ecologiche nelle peculiarità regionali e di una politica globale basata al tempo stesso su obiettivi quantitativi e qualitativi volta a ottenere in particolare: 1) la destinazione razionale dei suoli e la loro conservazione a lungo termine, nonché la protezione dell'insieme delle risorse e ricchezze naturali 2) la conservazione e lo sviluppo della vita rurale, in primo luogo la difesa dell'occupazione nel settore agricolo, anche attraverso l'introduzione di nuove tecnologie e le possibilità per gli agricoltori di avere un reddito decoroso".
Il Parlamento europeo chiede di "mettere a punto a breve scadenza criteri sulla base dei quali gli Stati membri, di concerto con le autorità regionali e locali, dovrebbero destinare gradualmente una parte dei loro terreni agricoli a parchi naturali, colture boschive, aree ricreative". Si dovrebbero inoltre "stabilire contratti di gestione con i relativi sostegni diretti ai redditi a favore dei produttori di zone in cui l'agricoltura è possibile solo in condizioni ambientali difficili".
Insiste il Parlamento europeo sulla "necessità di una politica di assetto rurale integrato che favorisca attività diversificate e al tempo stesso l'equilibrio ecologico dell'ambiente, che sia definita e attuata a livello regionale, sulla base di una collaborazione fra tutte le istanze interessate all'assetto del territorio e alla gestione delle zone rurali con le associazioni professionali e private rappresentative dei settori dell'agricoltura, della silvicoltura e della protezione dell'ambiente".
Il Parlamento europeo insiste sulla "necessità di una politica agroalimentare qualitativa che tenga conto della domanda da parte dei consumatori di prodotti alimentari di qualità, sani e a prezzi ragionevoli una politica che dovrebbe comprendere tra l'altro una migliore informazione dei consumatori in materia sanitaria e alimentare per quanto riguarda: la qualità dei prodotti alimentari mediante un'etichettatura precisa, nonch l'introduzione di norme e marchi di garanzia controllata che tengano conto anche di considerazioni ecologiche; i vantaggi di un'alimentazione equilibrata e diversificata, nonché gli effetti dannosi dell'eccessivo consumo di grassi, zucchero, sale, tabacco, alcol e prodotti di sintesi; i pericoli di prodotti alimentari avariati per esempio con formazioni di muffe e miceti; la salvaguardia di specie e varietà vegetali locali".
Inoltre il Parlamento europeo si dichiara favorevole a "uno specifico programma d'azione a favore dell'agricoltura che non fa uso di prodotti chimici di sintesi e che comporti la creazione di varie istanze che riassumo per brevità indirizzino in maniera alternativa l'agricoltura comunitaria assediata dalla presenza chimica di sintesi nelle campagne del nostro continente e non solo".
Il Parlamento europeo ritiene che "occorre incoraggiare l'agricoltura alternativa a causa delle sue conseguenze positive sulle scelte dei consumatori, sull'occupazione e sul terreno. I parlamentari europei hanno presente la desertificazione crescente delle nostre campagne; chiede un'informazione ampia e costante per quanto riguarda pratiche agricole razionali nonché un notevole sforzo in favore della divulgazione delle tecniche agricole alternative; chiede l'adozione di misure contro il grave inquinamento del suolo e dell'acqua connesso all'uso dei prodotti chimici di sintesi". Chiede inoltre molte altre cose che non riprendo perch l'Assessore all'agricoltura certamente le conosce, come le conoscono i colleghi che a questi problemi sono attenti.
Tutte queste considerazioni ci inducono a sottolineare come il ritardo con cui si avvia il percorso di queste strade nuove non sia accettabile.
Nel proporre la legge "Norme per la regolamentazione, promozione e valorizzazione dei prodotti agricoli biologici e per la ricerca sperimentazione, divulgazione e sviluppo delle tecniche agricole biologiche", all'inizio del nostro mandato istituzionale, come uno dei primissimi atti compiuti dalla mia forza politica in questo Consiglio tendevamo a sottolineare che i ritardi, rispetto a quella che è la coscienza diffusa, non erano più sopportabili e che le punte avanzate della legislazione, o quanto meno del lavoro istituzionale, rimangono lettera morta perché i governi nazionali e regionali antepongono gli interessi di singole categorie economiche (siano i produttori della chimica di sintesi o i grandi produttori dell'agricoltura estensiva) agli interessi della collettività intera, dei consumatori e degli stessi lavoratori agricoli che non a caso, come comincia ad essere documentato da una letteratura scientifica sufficientemente ampia, sono le prime vittime della dittatura della chimica di sintesi nelle nostre campagne.
Noi, piccola forza politica, ultima arrivata in questo Consiglio, ci siamo sforzati di indicare una strada - speriamo che l'Assessore e i colleghi ce ne diano atto - con uno sforzo serio di analisi e di approfondimento insieme ai tecnici, ai lavoratori dell'agricoltura e a coloro i quali questi problemi provano da tempo a segnalarli alle istituzioni.
Non abbiamo improvvisato un testo di legge qualunque, tanto per mettere l'onore della nostra firma, perché risulti agli atti di questa legislatura che anche il Gruppo di DP ha detto la sua sull'agricoltura, che "purtroppo" non è il nostro terreno di iniziativa quotidiana, perché l'abbandono o la trascuratezza delle forze di sinistra del settore primario della nostra economia è un errore gravissimo per tutti gli effetti che a catena determina.
Se la nostra proposta di legge ponderata, articolata ed approfondita può servire a colmare i ritardi e a suscitare l'inversione di marcia potremmo ritenerci soddisfatti. Però non possiamo ritenerci soddisfatti in quanto iniziative legislative quali queste (non voglio fare la gerarchia perché tutte le proposte di legge hanno pari dignità in questo contesto) che tendono ad incidere su alcuni meccanismi strutturali della nostra vita collettiva, non dovrebbero restare nei cassetti delle Commissioni competenti a cui la Presidenza del Consiglio assegna l'avvio dell'iter legislativo. Ciò è avvenuto in questo caso, quindi il richiamo in aula aveva il significato di ottenere finalmente l'avvio di questo processo legislativo affinché viaggi parallelamente o in anticipo anche in relazione al processo legislativo nazionale.
Anticipo una possibile obiezione che l'Assessore Lombardi potrà fare al mio ragionamento. Ritengo sia inaccettabile aspettare i tempi più o meno storici del Parlamento nazionale in materia, tempi storici determinati dal fatto che le grandi centrali economiche, professionali o di categoria trovino la quadra su come giocare il proprio ruolo in questa partita, a cui dedicano crescente attenzione i cittadini della CEE, i cittadini della nostra Regione; quei tentativi, lasciati a se stessi, di sperimentare queste tecniche agricole biologiche si sono triplicati nel giro di quattro anni, tali da configurare la nostra Regione come una delle Regioni più avanzate. Proprio per questo ha bisogno di norme che ne regolamentino le attività per evitare che, così come sono spuntati come i funghi gli ecofurbi, spuntino anche i furbi in ecoagricoltura.
Occorre che queste norme regionali vengano varate prima di andare tutti a casa (perché il nostro tempo è scaduto), in modo che la nostra sovranità legislativa sia di stimolo nei confronti del legislatore nazionale, tenendo conto che non interveniamo su un campo selvaggio, in cui non ci sono solchi già tracciati.
Ho voluto richiamare le risoluzioni del Parlamento europeo per sottolineare come i ritardi sono determinati dagli interessi che opprimono la stessa possibilità di incamminarsi su una strada più proficua e lungimirante; è inaccettabile, per la nostra salute, addirittura immorale che si siano spesi 16.500 miliardi nel 1987 per mandare al macero le eccedenze alimentari nel nostro Paese (con soldi CEE) e che nello stesso tempo gli agricoltori che provano a praticare strade diverse debbano rischiare molto, perché la redditività di questi prodotti, per chi cerca di realizzarli sul serio, non è quella dell'economia di scala che impera anche nel settore agricolo. E' immorale questa disparità di trattamento, è immorale che da una parte si mandi al macero la sovrapproduzione chimicizzata, appestata da prodotti chimici e nello stesso tempo si lasci a se stesso chi vorrebbe recuperare un po' di saggezza contadina.
Visto che l'Assessore è attento a questi argomenti, mi auguro che sia d'accordo a che il Consiglio, attraverso un pronunciamento oggi, rinvii alla Commissione, a norma di Regolamento, per gli approfondimenti necessari. Mi auguro che si possa arrivare ad un voto finale in aula su norme, che possono non essere quelle che abbiamo proposto avviando questo percorso, ma che devono trattare questi argomenti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Ferro. Ne ha facoltà.



FERRO Primo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la proposta di legge presentata dal Gruppo DP è estremamente interessante per una serie di ragioni.
La prima di queste ragioni consiste nelle argomentazioni che venivano poc'anzi portate dal Consigliere Staglianò nella sua relazione. Il collega Staglianò, citando una serie di risoluzioni della CEE, constatava che la CEE attorno ai problemi del rapporto tra agricoltura e ambiente è molto più avanti di quanto possano essere gli Stati membri e molto più rispettosa dell'ambiente soprattutto dall'avvio del Regolamento 797, dall'avvio del rapporto Andriessen in avanti, dal momento in cui la CEE si è resa conto che non poteva più continuare a portare avanti politiche di incentivazione alle esasperazioni produttive e di tutela dei prezzi che avevano contraddistinto le politiche agrarie negli ultimi decenni.
Da questa constatazione che faceva il collega Staglianò mi pare vengano degli stimoli, nel senso che la proposta di legge che presenta DP, al di là di quella che può essere la sua valenza generale sul piano territoriale piemontese e al di là delle considerazioni che possono essere fatte attorno alla questione del marchio per riconoscere il prodotto biologico, ha il pregio di portare un grosso elemento di rottura rispetto al passato rispetto a ciò che è avvenuto nel corso di questi anni. Un elemento di rottura che risponde alle esigenze nuove che sempre più vengono avvertite dai consumatori, ma anche dai produttori. Sempre più frequente nei congressi, nei convegni e nelle riunioni delle organizzazioni professionali agricole emergono valutazioni di carattere ambientale ed esigenze di tutela della salute, sottolineate e sollecitate dai produttori agricoli. Elemento di rottura che, secondo me, ha tanto più pregio se si considera la politica agraria nel corso di questi ultimi anni.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito nelle campagne a una profonda innovazione tecnologica. Sbagliano coloro che ritengono che il mondo delle campagne sia un mondo fermo, dove nulla si muove, un mondo statico. Per molti aspetti nelle campagne si è avuta più innovazione tecnologica di quanta se ne è avuta in altri settori. Ma questo spesso viene sottaciuto.
Ma, insieme all'innovazione tecnologica, è avvenuta nelle campagne anche una innovazione per quanto riguarda i processi, i prodotti, i mercati.
Una valutazione fatta da Andriessen dovrebbe far riflettere sull'innovazione di mercato.
La CEE nel corso degli ultimi anni ha aumentato i contributi alle imprese agricole del 77%. La produzione lorda vendibile nelle campagne a livello europeo è aumentata del 20%; il valore aggiunto è addirittura diminuito.
Che cosa vuol dire questo? Vuol dire che noi dobbiamo pensare all'agricoltura come a qualcosa che sta all'interno di una grossa filiera agroalimentare, nella quale le multinazionali controllano le sementi controllano le coltivazioni, controllano il mercato dell'agroindustria mentre l'agricoltura diventa uno dei settori scoperti, più deboli rispetto a questa filiera e, ogni qualvolta si creano dei contraccolpi, non è tanto la filiera nel suo complesso a pagarli, ma è soprattutto l'agricoltura l'anello più debole della catena.
Non è un mistero che l'Union Carbide di Bophal controlla il 66% delle sementi a livello mondiale.
Perché queste grosse innovazioni di mercato? Perché in fondo si è spinto nel corso di questi ultimi anni in una direzione che è stata volta soprattutto alle esasperazioni produttive, a garantire politiche agrarie tali da soddisfare prevalentemente le esigenze di coloro che stanno a monte e a valle dell'agricoltura.
Credo che il Piemonte queste cose le abbia pagate sensibilmente sia sul fronte del fatto che l'agricoltura è sempre più dipendente da quello che gli sta a monte sia per il fatto che quello che gli sta a valle l'agroalimentare, presenta degli elementi di debolezza non indifferenti anche sul piano occupazionale. Non è un mistero, per esempio, che nel Trentino il rapporto tra occupati nell'agroindustria e occupati nell'agricoltura è un rapporto uno a uno, per ogni occupato in agricoltura c'è un occupato nell'industria agroalimentare. Non è un mistero che in Emilia questo rapporto è tre occupati in agricoltura, due nell'agroindustria. Nella realtà piemontese siamo a livelli molto più bassi, abbiamo un tessuto agroindustriale estremamente più debole.
Quindi, da un lato esasperazioni produttive, con le eccedenze che venivano poc'anzi ricordate e che sono la contraddizione del nostro tempo soprattutto in settori in cui l'Italia è un paese non eccedentario, ma che deve continuare a importare, dall'altro spinte a uno sviluppo industriale che, se ha privilegiato la Pianura Padana, comunque non ha privilegiato il Piemonte.
Ecco dove sta l'elemento di rottura di questa proposta di legge. E' un elemento di rottura rispetto al consolidamento che abbiamo conosciuto nel corso di questi anni.
Mi rendo perfettamente conto che parlare di agricoltura biologica vuol dire nella realtà parlare del tessuto agricolo del Piemonte, vuol dire avviare una scommessa. Oggi chi coltiva biologicamente non ha garantito un reddito pari a quello di chi invece coltiva in modo diverso. E' però una scommessa che dobbiamo avviare, così come l'hanno avviata altre Regioni.
L'agricoltura biologica è fatta da qualche volontario della pianura piemontese, con delle difficoltà di valorizzazione che tutti conosciamo.
Non è un mistero che l'Emilia, una delle regioni che in passato hanno contribuito più di altre ad inquinare, è anche una delle regioni in cui lo sforzo verso le produzioni biologiche è estremamente presente. Le cosiddette fragole biologiche dell'Emilia vengono ampiamente decantate sui mercati e nel momento in cui vengono promosse hanno anche un riscontro positivo sul mercato.
In Piemonte c'è stata qualche spinta, non verso l'agricoltura biologica, ma verso la lotta integrata. Questo ambito nuovo che si apre tende soprattutto a definire l'autonomia dell'impresa agricola rispetto alla filiera agroalimentare e richiede uno sforzo da parte della Regione volto a definirne un sostegno.
Nella proposta di legge di DP ritroviamo gli elementi per condurre una battaglia di questo tipo. Non ci nascondiamo le difficoltà che ricordava il Consigliere Staglianò circa la questione del marchio. A livello nazionale non esiste ancora una definizione puntuale di che cosa si intende per prodotto biologico. A nostro parere però esistono le condizioni per definirlo a livello regionale.
La questione del marchio è un problema; in alcune realtà i marchi sono riconosciuti. Per esempio, in alcune leggi della Regione Veneto dove si parlava dell'istituzione vera e propria del marchio, il Governo l'ha accettato. La materia del marchio è estremamente controversa. Comunque su questo terreno il confronto potrà essere più serrato nel momento in cui lo si renderà opportuno e verrà consentito alle forze politiche di misurarsi nel merito e presentare una serie di proposte sulla certificazione, sui marchi depositati, sulle procedure attraverso le Camere di Commercio di cui si rende promotrice la Regione. Possono essere diverse le strade importante è aver avviato la discussione di merito.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola ha facoltà di replicare l'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a nome della Giunta ritengo di proporre al Consiglio regionale il non passaggio agli articoli di questa legge per due motivazioni fondamentali che sono già state richiamate precedentemente da coloro che avevano dei dubbi su questi aspetti.
La prima motivazione è che sono in fase avanzata di discussione nella Commissione Agricoltura della Camera diverse proposte di legge per regolamentare il significato del prodotto biologico. Non è accettabile una situazione in cui ogni Regione stabilisce che cosa intende per "produzione agricola biologica" creando confusione fra i consumatori che hanno invece bisogno di essere garantiti. Non ci può essere una produzione biologica per l'Emilia, un'altra per il Piemonte e un'altra per il Veneto.
Nessuna Regione italiana si è dotata di uno strumento di regolamentazione sull'agricoltura biologica e non vorrei creare dei problemi di scontro dicendo che fra i grandi sostenitori dell'impossibilità di una agricoltura biologica vi è l'attuale responsabile della politica agricola della Regione Emilia Romagna. Questo non significa non avere attenzione ai problemi che hanno sollevato i Consiglieri Staglianò e Ferro ma significa creare delle condizioni di maggiore garanzia nei confronti dei consumatori.
Il Consigliere Ferro ha evidenziato anche la questione del certificato di garanzia di produzione della carne bovina piemontese. Ricorderete che ci fu rinviata a suo tempo dal Commissario di Governo perché quel certificato di garanzia veniva identificato come un marchio. Debbo dire al Consigliere Staglianò che moltissime competenze e responsabilità sono passate alla Regione, ma ci sono competenze e responsabilità che sono rimaste a livello nazionale, fra le quali, senza discussione, quella del marchio, per cui se non esiste una legge quadro non è possibile creare dei marchi perché questa competenza è rimasta a livello nazionale.
Le aziende che fanno produzione biologica hanno gli stessi interventi delle altre aziende, non solo, qualora si associno hanno titolo ad ottenere tutti gli interventi sia per quel che riguarda l'assistenza tecnica sia per quel che concerne la commercializzazione dei prodotti. Per queste motivazioni propongo al Consiglio il non passaggio agli articoli.



PRESIDENTE

L'Assessore Lombardi propone un ordine del giorno di non passaggio agli articoli, ai sensi dall'art. 77 del Regolamento interno del Consiglio regionale.
Su tale proposta ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Il richiamo in aula ha il significato di segnare un argomento, una discussione e un orientamento.
Di solito a questo orientamento succede il rinvio in Commissione perch la materia non è stata approfondita in maniera sufficiente, anche per disaccordi. Quindi questo postula un vero dibattito.
Il dibattito odierno si è svolto tra il proponente il richiamo in aula un Gruppo e l'Assessore. A questo punto chiedo se è il caso di continuare a discutere coinvolgendo anche le altre forze politiche, oppure se è il caso di rinviare in Commissione il provvedimento per un ulteriore approfondimento.
La questione non può essere liquidata nel modo in cui l'ha posta il Presidente.



PRESIDENTE

La mia opinione personale è che il progetto di legge debba essere rinviato in Commissione.
La parola all'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

E' stato affermato che non esistono le necessarie condizioni per poter svolgere il dibattito per due motivazioni: la prima è che manca la legge quadro nazionale; la seconda è che il marchio non è di competenza regionale.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Questa non è la legge sul marchio! C" un solo articolo che ne parla!



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

La Giunta, tramite l'Assessore all'agricoltura, esprime la volontà di riprendere questa proposta in aula quando vi saranno le condizioni per poterla affrontare compiutamente. Determinante per questa discussione è una legge quadro nazionale, quindi sarà impossibile fra 60 giorni richiamare nuovamente in aula questo disegno di legge. Se vi è l'accordo di riprendere l'argomento quando esisteranno le condizioni per discuterlo, quindi in presenza della legge quadro nazionale che consenta di procedere a livello regionale, sono d'accordo che tale progetto di legge ritorni in Commissione, ma soltanto a questa condizione.



PRESIDENTE

Sarebbe opportuno a questo punto non cassare la proposta e concordare il rinvio in Commissione per iniziarne l'esame quando ci sarà la legge quadro nazionale. Pertanto deve essere formalizzata, ai sensi del quinto comma dell'art. 32 del Regolamento, la proposta di rinvio in Commissione.
La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, anche per i ragionamenti laterali ai lavori strettamente d'aula che sull'argomento si sono potuti fare nelle settimane scorse, a me era parso evidente da quanto avevo affermato che c'era la consapevolezza che l'argomento non potesse essere esaurito in poche battute oggi in aula e che, per alcune delle ragioni che lo stesso Assessore ha voluto sottolineare, la Commissione fosse la sede più opportuna affinch questo lavoro legislativo potesse essere fatto proficuamente.
In altre parole, era implicita, già nelle cose che provavo a dire prima, la richiesta del sottoscritto che, attraverso il passaggio nell'aula, si avviasse la discussione nel senso di non tenere sotterrata la proposta di legge n. 193 dentro i cassetti della Commissione agricoltura del Consiglio.
Se occorre assumere un atto formale, ai fini della richiesta di rinvio in Commissione, non ho nulla in contrario, a mio avviso comunque, la sostanza della richiesta era già contenuta nel mio intervento precedente.
Riterrei, signor Presidente, molto grave il fatto che con un voto in aula, dopo che genericamente tutti hanno affermato che l'argomento sollevato non è peregrino, si chiuda la vicenda della quale poi non si sa quando si parlerà. Questo mi parrebbe un fatto gravissimo che contraddirebbe lo spirito che percorre più di una testa qui dentro.



PRESIDENTE

Il Consiglio condivide il suo orientamento, non soltanto adesso, ma già nel momento in cui lei ha richiesto, ai sensi dell'art. 32, quarto comma del Regolamento, l'iscrizione di tale progetto di legge.
L'art. 32, al quinto comma, disciplina il rinvio di argomenti alle Commissioni. Recita infatti: "Quando un argomento sia posto in discussione a norma del comma precedente, il Consiglio, su richiesta motivata della Commissione o di almeno tre Consiglieri, può deliberare, con la maggioranza dei membri assegnati, di rinviare l'argomento stesso alla Commissione perché concluda o effettui la dovuta istruttoria, fissando alla stessa un termine non superiore a 60 giorni per riferire in Consiglio". La condizione che viene posta nel caso di specie è però che la Commissione esaminerà tale argomento non appena verrà emanata la legge quadro nazionale cui farà riferimento.
Pongo pertanto in votazione la richiesta di rinvio in Commissione, ai sensi del già citato art. 32 del Regolamento, sottoscritta da tre Consiglieri.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La richiesta è accolta all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.


Argomento: Delega di funzioni regionali agli enti locali

Sentenza della Corte Costituzionale relativa alla legge regionale del Piemonte sul riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative in materia di competenza regionale ed indirizzi normativi per la delega di funzioni amministrative


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Vicepresidente della Giunta regionale, Bianca Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Desidero informare ufficialmente il Consiglio regionale che la Corte Costituzionale ha accolto la tesi della Regione Piemonte relativamente alla legge regionale sul "Riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative in materia di competenza regionale ed indirizzi normativi per la delega di funzioni amministrative", che il Consiglio regionale aveva approvato il 12/9/1987 e riapprovato il 16/6/1988, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale relative agli artt. 3, 6, 8, 9, 10, 12, 13 e 15 sollevate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in riferimento agli artt. 118, 119, 128 e 129 della Costituzione. La Giunta ha voluto prontamente informare il Consiglio in quanto questa è una vittoria della Regione Piemonte della quale dobbiamo rallegrarci per aver avuto il coraggio di insistere.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Vorrei ricordare a questo proposito, per amor di verità, il ruolo essenziale - ne sono testimoni almeno cinque colleghi della Commissione che ha avuto il Presidente dell'VIII Commissione, Gilberto Valeri, per sostenere il conflitto davanti alla Corte Costituzionale anziché il conflitto di merito alle Camere. E' stata un'insistenza che talvolta è parsa a tutti un po' ripetitiva, in realtà invece è stata un'intuizione molto giusta, sulla quale peraltro si è associato l'accordo di tutti.



(Applausi da parte di tutti i Gruppi)



PRESIDENTE

Anche l'Ufficio di Presidenza desidera aderire all'entusiasmo dell'intero Consiglio intorno a questa soluzione che conclude positivamente un iter molto lungo.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno relativo alla discriminazione delle donne nelle assunzioni


PRESIDENTE

C'era l'intesa di predisporre un documento sottoscritto da tutte le forze politiche del Consiglio sulla discriminazione delle donne nelle assunzioni.
Ne do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte c o n s t a t a t o dall'approfondimento dei dati forniti dall'Assessorato competente il perdurare di ostacoli all'inserimento e alla progressione professionale delle donne, come già ipotizzato dalla situazione esistente alla FIAT da cui ha tratto origine il dibattito odierno r i b a d i s c e che la situazione non può essere significativamente modificata dalla semplice dinamica del mercato occupazionale né unicamente dalla contrattazione fra le parti sociali, ma richiede una consapevole e mirata azione dei livelli di governo c h i e d e al Parlamento nazionale la rapida approvazione della legge che disciplina e finanzia politiche tese a creare parità di opportunità attraverso le cosiddette azioni positive, in attuazione di quanto previsto dalla Raccomandazione CEE del dicembre 1984 i m p e g n a la Giunta regionale affinché la ridefinizione del sistema di formazione professionale abbia fra i suoi obiettivi centrali quello di fare incontrare domanda e offerta di lavoro delle donne: questo vale in particolare per le aree e le figure più direttamente coinvolte nei processi di innovazione tecnologica i m p e g n a altresì la Giunta regionale, anche attraverso l'iniziativa della Commissione regionale per l'impiego, ad attivare, in base a quanto previsto dall'art. 17 della legge n. 56/87, un progetto pilota mirato all'inserimento qualificato di occupazione femminile in base alle esigenze proposte dalle aziende stesse r i c h i e d e alla Giunta regionale di individuare forme per privilegiare nei finanziamenti pubblici quelle aziende che documentino di aver realizzato o inserito nei loro progetti specifiche azioni positive a favore dell'occupazione e qualificazione femminile r i c h i e d e altresì alla Giunta, al fine di valorizzare il lavoro avviato dalla Commissione regionale pari opportunità, di supportarne con adeguate strutture e strumenti l'attività stessa, dando in particolare specifico mandato per un'indagine conoscitiva in Piemonte sullo stato dell'occupazione femminile.
Il Consiglio regionale del Piemonte si impegna a predisporre sollecitamente una legge regionale sull'orientamento scolastico che consenta di superare la segregazione formativa, intervenendo tempestivamente nei confronti delle ragazze e delle famiglie per le scelte scolastiche, creando anche operatori qualificati in collegamento sia con l'Osservatorio regionale del lavoro e il sistema produttivo, sia con il sistema scolastico".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 42 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 17,35)



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