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Dettaglio seduta n.177 del 09/02/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g. "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo le interpellanze nn. 1526 e 1535.
Poiché si tratta di argomento riguardante persone, visto l'art. 43 del Regolamento consiliare, il dibattito si svolgerà in seduta segreta.
Pertanto, invito cortesemente i funzionari ed il pubblico presente ad abbandonare temporaneamente l'aula.



(Si svolge la seduta segreta)


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza n. 1477 del Consigliere Tapparo inerente l'azienda Altissimo. Gruppo ITT


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Viene discussa l'interpellanza n. 1477 presentata dal Consigliere Tapparo cui risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

La situazione dell'azienda Altissimo del gruppo ITT è stata oggetto di particolare attenzione da parte dell'Amministrazione regionale e dell'Assessorato, attraverso numerosi incontri con il Consiglio di fabbrica e le OO.SS., e con le Amministrazioni comunali direttamente interessate di Trofarello e di Moncalieri, al cui confine insiste il presidio dell'azienda Altissimo. Abbiamo anche partecipato ad alcuni Consigli comunali aperti e a riunioni con l'Amministratore delegato del gruppo Altissimo ITT.
Dall'ultimo incontro avvenuto nelle scorse settimane con l'Amministratore delegato del gruppo Altissimo, dott. Panero, sono emersi elementi, ritenuti rassicuranti dalle stesse OO.SS. (che hanno dato atto dello sforzo notevole operato dall'Amministrazione regionale), risolutivi di alcuni nodi strutturali dell'azienda: a) acquisizione di un nuovo management che si ritiene sia obiettivamente in grado di gestire efficacemente l'azienda b) rinuncia ad ogni ipotesi di vendita dell'azienda da parte del gruppo ITT-SWF in una linea di continuità industriale c) ripresa di una strategia di investimenti (per oltre 8 miliardi) finalizzati sia all'innovazione di processo sia al mantenimento del vantaggio tecnologico sui prodotti acquisiti nei confronti della concorrenza d) chiarimento (avvenuto e registrato positivamente) dei rapporti con la FIAT di cui la Altissimo è e sarà, dopo la Carello, secondo fornitore e primo fornitore su alcuni prodotti ad elevata tecnologia e) sviluppo di un buon fatturato per gli USA anche se l'onerosità del trasporto porrà il problema di dar vita ad un insediamento produttivo sul posto. Operazione che avverrà a pari fatturato ed occupazione per l'Altissimo essendo in corso l'acquisizione di nuovi segmenti di mercato ed essendo previste, sempre nel comparto elettromeccanico per l'auto diversificazioni di prodotto di una certa dimensione (deviosganci, ecc.).
Di fronte ad una situazione certo non rosea sul territorio provinciale e regionale che vede ancora drammaticamente code significative della ristrutturazione degli anni passati, il percorso realizzato nell'ultimo semestre sulla vicenda Altissimo può essere considerato rassicurante anche nel confronto avuto con le OO.SS., che hanno sottoscritto la presa di posizione e di impegno della dirigenza dell'azienda Altissimo che fa parte del Gruppo ITT.
Sul piano occupazionale, inoltre, sono già avvenute assunzioni di tecnici di buon livello (otto unità) ed altre sono previste, mentre nei programmi dell'azienda non esiste utilizzo di CIG né ordinaria né speciale.
E' in corso anche una ripresa del fatturato che proseguirà nel 1989 con un aumento previsto di oltre 2 miliardi.
Le OO.SS., e il Consiglio di fabbrica dell'azienda Altissimo hanno riconosciuto formalmente l'utilità e la positività dei ripetuti interventi regionali e, in questo senso, si sono espresse anche le Amministrazioni comunali di Moncalieri, su cui insiste il presidio dell'Altissimo, e di Trofarello, che ha la stragrande maggioranza di ricaduta occupazionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Ringrazio l'Assessore Cerchio per la risposta. Chiedo, se è possibile di averne copia scritta.
Il caso dell'azienda Altissimo di Moncalieri pone in evidenza le difficoltà dell'operatività del governo regionale e del Consiglio nel rapportarsi con aziende appartenenti a gruppi multinazionali.
E' una difficoltà oggettiva e le preoccupazioni che avevo espresso nella mia interrogazione e che avevano espresso il Consiglio di fabbrica, i lavoratori, il Sindacato, le Amministrazioni comunali di Trofarello e di Moncalieri, erano che dai segnali che emergevano si stava determinando uno svuotamento delle capacità progettistiche e dirigenziali rischiando di trasformare lo stabilimento dell'Altissimo in una semplice officina più soggetta a fluttuazioni nel ciclo della grande multinazionale e quindi o a chiusure o a ridimensionamenti.
Le risposte date dall'Amministratore delegato, dott. Panero, sono abbastanza rassicuranti nel breve-medio termine, se sono state fatte le assunzioni di quadri di tecnici, che era uno degli indicatori più preoccupanti.
L'esaltata economia internazionalizzata manifesta questi tipi di preoccupazioni per le Regioni, le Province, i Comuni. Un'azienda si rapporta sempre di meno con il territorio circostante ed è sempre meno radicata, in qualche modo collegata, pur essendo un'azienda che beneficia di tutti quegli aspetti territoriali e infrastrutturali per vivere, ma sostanzialmente se il centro decisorio è a Detroit o a New York, e i suoi indicatori sono di un certo tipo, è sufficiente un telex per far chiudere un'azienda o per ridimensionarla. Non credo quindi che l'Assessore o il Presidente della Giunta abbiano grandi forze e strumenti per intervenire.
Talvolta addirittura assistiamo ad episodi in cui talune multinazionali mettono in moto un meccanismo, che non vorrei chiamare di ricatto perch non mi sembra giusto, in questi termini: "la nostra casa madre o la nostra direzione statunitense (o inglese o tedesca), se ci sono certe condizioni quindi pace sociale, poca sindacalizzazione, pochi conflitti all'interno dell'azienda, possibilità di utilizzo del territorio in un certo modo, dice che restiamo altrimenti chiudiamo!". Stanno delineandosi questi meccanismi pericolosi per il tipo di rapporto che si viene a determinare con la nostra società.
Assessore Cerchio, stiamo costruendo un'Europa più radicata e poi vediamo nel settore delle telecomunicazioni che viene esaltato un accordo con una delle più grandi aziende statunitensi nel settore, non guardando per esempio, le prospettive offerte da pari imprese in Germania, in Francia o in Svezia. C'è un modo di operare che deve essere meglio spiegato.
Dobbiamo capire se l'Italia va verso l'Europa e cerca delle sinergie industriali al proprio interno oppure se sono chiacchiere, perché quando si devono fare gli accordi nei quali sappiamo che entrano in gioco aspetti rilevanti, poi questo discorso non vale più, facciamo gli accordi con chi vogliamo.
Concludo ringraziandola per queste informazioni che mi sembrano importanti, però il campanello di allarme sulla presenza delle multinazionali nel nostro territorio è un fatto che deve cominciare a portarci a un'organizzazione nuova di questi rapporti; altrimenti rischiamo, da un giorno all'altro, di vedere sparire delle unità produttive non sapendo nemmeno con chi dialogare.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Fassio e Picco.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione dell'onorevole Emanuela Savio, ex Presidente della Cassa di Risparmio di Torino


PRESIDENTE

Prima di riprendere il dibattito sul Piano di sviluppo, desidero esprimere il cordoglio del Consiglio regionale del Piemonte per la scomparsa dell'onorevole Emanuela Savio.
Cari colleghi, è mancata lunedì scorso (i funerali si sono svolti questa mattina) all'affetto dei familiari, dei parenti e degli amici più cari, l'onorevole Emanuela Savio, colpita da malore (sembra addirittura in seguito ad una caduta) nel corso dei lavori del Congresso regionale del suo Partito, la Democrazia Cristiana.
Di lei desidero ricordare l'impegno sociale e civile come infermiera volontaria durante l'ultimo conflitto mondiale e l'adesione alle formazioni partigiane autonome del Pinerolese.
Dopo la Liberazione, Emanuela Savio ha incominciato a lavorare attivamente nella DC piemontese, tanto da far parte del Comitato provinciale e diventare membro dell'Esecutivo nazionale femminile.
Eletta deputato al Parlamento italiano nel 1953, è stata riconfermata nelle legislature successive, anche con incarichi di governo, fino al 1972.
Quando concluse il suo terzo mandato parlamentare ha assunto la carica di Presidente della Cassa di Risparmio di Torino: un incarico di rilevanza e di prestigio che ha ricoperto fino a tre anni fa.
Negli ultimi anni, oltre a far parte del Consiglio nazionale della DC è stata Presidente dell'Istituto Federale di Credito Agrario e Consigliere dell'IMI (Istituto Mobiliare Italiano).
Una donna, dunque, che ha illustrato la nostra città e la nostra regione in lunghi anni di impegno e di lavoro.
Ai familiari, al suo Partito, ai rappresentanti della Democrazia Cristiana presenti in Consiglio regionale, rivolgo questo breve ricordo a nome dell'assemblea regionale accompagnato dal cordoglio per la fine di una vita spesa a onorare la democrazia e i valori di libertà e solidarietà sociale, in Piemonte e in Italia.
Invito tutti ad osservare un minuto di raccoglimento.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Piani pluriennali - Programmazione: argomenti non sopra specificati

Piano regionale di sviluppo 1988/1990 e relativo programma pluriennale di attività e di spesa - Esame relativa deliberazione e mozione presentata dal Gruppo comunista (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo il dibattito sul Piano di sviluppo di cui al punto 4) all'o.d.g.
La discussione generale si era conclusa la scorsa settimana, pertanto nella seduta odierna verranno svolte le repliche da parte della Giunta.
La parola pertanto all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla programmazione economica

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, sono costretta a chiedere un po' di tempo all'assemblea - cercherò di essere sufficientemente chiara e soprattutto, di non apparire troppo noiosa - ma la Giunta ha deciso, nella riunione di martedì scorso, di assommare le repliche della Giunta in questa sola che viene fatta dall'Assessore alla programmazione con una conclusione finale che verrà fatta dal Presidente della Giunta.
Innanzitutto mi corre l'obbligo di ringraziare il Servizio di resocontazione del Consiglio che ha posto la Giunta in condizioni di poter disporre di tutti gli interventi relativi al dibattito che si è svolto nella settimana scorsa. Siccome la Giunta aveva fatto la richiesta di avere il materiale lunedì pomeriggio per poter esaminare questi documenti entro martedì, mi risulta che per fare questo il personale del Consiglio abbia accettato di lavorare anche sabato, quindi esprimo il mio ringraziamento a nome della Giunta per la grande disponibilità che è stata dimostrata dal personale. In questo caso i rapporti Giunta-Consiglio sono stati eccellenti.
Non sarà facile sintetizzare nell'arco di uno spazio che non può essere lunghissimo i numerosissimi interventi che sono stati prodotti dai Consiglieri nel corso delle due giornate di dibattito.
Nella rilettura e nella presentazione alla Giunta di queste conclusioni ho cercato di estrapolare i momenti più significativi ed importanti rispetto ai quali noi dovremmo andare all'approvazione del piano attraverso la relativa deliberazione che è stata predisposta.
Tutti i Consiglieri che sono intervenuti, e che hanno toccato questioni di merito generale e di merito preciso del piano, hanno avuto qualcosa da dire sul metodo. Intanto sui tempi: vi è stato ritardo, che è stato denunciato da più Consiglieri, di minoranza e di maggioranza, ma la Giunta non ha alcuna difficoltà ad ammettere che tale ritardo è conseguenza in parte di un metodo che ci deriva dall'osservanza di una legge delle procedure che, a detta di tutti, necessita di una revisione e in questo senso c'è l'impegno preciso nel piano di snellire i momenti di definizione di questo strumento della programmazione regionale.
Mi permetto di dire che al di là della pesantezza di talune procedure che riguardano questo strumento, io credo che il ritardo possa anche essere attribuito ad altri motivi: ad una certa rilassatezza con la quale peraltro taluni programmi e progetti, ma devo dire la maggioranza dei progetti vengono assunti non solo dalle Giunte che li predispongono, ma anche dalle assemblee che sono tenute a considerarli. Il Consigliere Minervini ha ricordato, e ben lo so io, che ai sensi della legge sulle procedure entro quattro mesi la Giunta avrebbe dovuto produrre il documento di Piano regionale di sviluppo perché seguisse il suo iter procedurale di ordine consiliare. Se sono quattro mesi il tempo nel quale questo documento avrebbe dovuto essere prodotto, sono stati quasi cinque il tempo nel quale questa proposta definitiva di piano è rimasta trattenuta nell'ambito del Consiglio regionale, essendo stata trasmessa il 19/9/1988 ed approdata il 2/2/1989 alla discussione dell'aula consiliare. Ci sono dei ritardi che vanno ricondotti a giuste responsabilità. Il Consigliere Bontempi ad un certo momento del suo intervento ha detto che per sei mesi non si sapeva più dove fosse il piano, chi dovesse essere responsabile, se la Commissione oppure la Giunta e devo riconoscere che questo tempo morto c'è stato. E' stato dovuto ad alcune difficoltà che ha avuto la Giunta a livello politico per rendere trasferibili nella nuova proposta le osservazioni, le critiche i contributi che da parte della comunità, dei Gruppi consiliari, dei Gruppi di maggioranza, erano pervenuti nei confronti della prima stesura del piano. Queste cose ritengo possano essere tranquillamente dichiarate, non a difesa di un ritardo che comunque è quello che è, ma tuttavia per rendere più comprensibili i fatti e soprattutto anche per definire le responsabilità delle giuste sedi e nei momenti corretti.
Il piano in ritardo è comunque ancora un piano che può avere una validità per gli atti importanti che noi abbiamo di fronte. Il Consigliere Tapparo ha detto che abbiamo due bilanci. Intanto non si tratta di trecento giorni, ma ritengo che abbiamo ancora cinquecento giorni nei quali ci dovremo cimentare in quest'aula rispetto ai temi della comunità; avremo la possibilità di ancorare i nostri bilanci di previsione a linee di Piano di sviluppo; dovremo predisporre, me lo auguro almeno, il FIO del 1989, quindi ritengo che il ritardo possa essere sì considerato, ma che tuttavia possa essere anche in parte recuperato attraverso questi momenti di programmazione e di finanza che sono importanti per la nostra Regione.
Il Consigliere Bresso ha voluto portare alcune critiche alla impostazione del piano, discendenti peraltro da una legge delle procedure della programmazione che essa ha attribuito alle Giunte di sinistra, ma nella revisione che si fece nell'altra legislatura io stessa votai a favore di questa legge. Si tratta quindi di uno strumento che per le sue caratteristiche ha un'impronta istituzionale, ci sono delle responsabilità di ordine generale; la legge non ha funzionato, ma - ho detto - non soltanto per la legge in quanto tale, bensì per altri momenti che non possono essere tutti ricondotti alla pesantezza della legge.
La collega Bresso si è chiesta come è nato questo piano e ha chiesto la costituzione di un ufficio del piano per la prossima legge di revisione delle procedure della programmazione, ma di fatto questo ufficio esiste.
Infatti, nel momento in cui la Giunta ha costituito con la deliberazione del 1986 il Comitato per la programmazione economica ha riconosciuto l'esigenza di definire in un ambito circoscritto (l'ufficio del piano) la responsabilità per la predisposizione e anche per i lavori che ne conseguiranno per l'attuazione e il controllo del piano. E' stato indicato un percorso di quella che potrebbe essere una possibile revisione. Nel Piano regionale di sviluppo, laddove si parla delle politiche legislative vengono indicati i criteri rispetto ai quali occorre operare una revisione della legge.
La collega Bresso ha indicato in un documento di indirizzo sganciato dal piano pluriennale di attività e di spesa la possibilità di rendere più veloce l'elaborazione del piano e quindi la sua approvazione da parte del Consiglio. Questo documento intermedio l'abbiamo fatto in occasione della seduta del Consiglio regionale dell'1/8/1985, durante la quale la maggioranza e questa Giunta si legittimò attraverso un documento che rispondeva nella sua compilazione ai sensi dell'art. 32 dello Statuto.
Alcune forze di maggioranza e di minoranza ritennero non sufficiente quel documento, tant'è che il Presidente della Giunta si impegnò alla predisposizione di un documento di approfondimento delle linee programmatiche che potesse servire da guida per la futura predisposizione del Piano regionale di sviluppo. Debbo dire che io non fui mai d'accordo sulla promessa che fece il Presidente, anche se fu un disaccordo legato al momento e sul quale poi potrei anche ritornare, perché consideravo quel documento intermedio come un'occasione per ritardare la predisposizione del piano e devo riconoscere che così è stato perché abbiamo presentato quel piano intermedio alla fine del 1985, il Consiglio lo ha discusso nel febbraio 1986 e devo dire che nonostante la mia riserva questo piano è risultato utile per il dibattito che seppe sviluppare in quell'occasione e fornì alla Giunta utili elementi per la predisposizione definitiva del documento di piano.
Non v'è dubbio tuttavia che nonostante queste precisazioni la nostra legge di revisione vada rivista. Ho parlato già di questo con l'Assessore Genovese, credo che addirittura ci debba essere una contestualità di revisione con la legge n. 56/77, soprattutto per la parte che riguarda la pianificazione territoriale, perché ci sono delle strettissime interconnessioni che attengono ai diversi strumenti di pianificazione e di programmazione territoriale e dunque a questo riguardo noi ci impegneremo per avviare contestualmente per quanto possibile la revisione della legge n. 56/77. Anche della revisione di questa legge si parla nel Piano regionale di sviluppo e a questo proposito devo immediatamente togliere dal banco le difficoltà che sono sorte che attengono esclusivamente ad un errore di ordine essenzialmente materiale che non ha alcun riferimento politico. Questo nostro errore è stato rilevato da alcuni Consiglieri attraverso la mia dichiarazione e soprattutto attraverso il chiarimento che porteremo nella deliberazione di recepimento del piano, noi affermiamo che le pagine che compaiono nella proposta definitiva del piano e che attengono ai criteri per la revisione della legge n. 56/77 debbono considerarsi per certo verso annullate o meglio corrette dalle pagine che compariranno nella deliberazione del piano e che comunque fanno riferimento alle dichiarazioni rese in aula dall'Assessore Genovese durante il dibattito sulla situazione urbanistica in Piemonte, dichiarazioni che hanno poi avviato il processo di revisione della legge e che hanno portato alla costituzione di un gruppo di lavoro formato da funzionari regionali e da esperti.
Queste due importanti leggi di impianto dell'attività regionale comportano la necessità di revisionare altre leggi. A seguito della revisione della legge sulla programmazione occorrerà rivedere la legge sulla contabilità e un'altra serie di adempimenti, che si rendono necessari, di ordine più tecnico, rispetto ai quali non ritengo di soffermarmi.
Per un altro argomento che riguarda aspetti più organizzativi, di ordine finanziario, da alcune parti (nel Piano di sviluppo peraltro è presentato con precisione) si chiede la revisione o l'introduzione del controllo cosiddetto di gestione effettuando, in modo costante, dettagliate analisi della gestione di bilancio al fine di realizzare una più rigorosa politica finanziaria e di spesa. Ciò si rende necessario anche per le difficoltà finanziarie nelle quali ci troviamo e che ancora quest'anno determineranno gravi difficoltà da parte della Giunta a predisporre il bilancio di previsione.
Tutto questo ci deve indurre a richiedere al Governo, in un confronto saldo, forte e rigoroso, la definizione della finanza regionale sia mediante una puntuale ricerca per avere delle fonti di finanziamento nazionali e comunitarie, ma anche attraverso una più incisiva volontà regionale nella definizione dei progetti che negli anni scorsi, dal 1982 ad oggi, hanno rappresentato momenti importanti della nostra politica degli investimenti: mi riferisco al FIO che dal 1982 ad oggi ha destinato alla nostra Regione 1.106 miliardi. E' depositata presso la I Commissione una dettagliata relazione del mio Assessorato in proposito; tra l'altro avevo anche richiesto che si definissero delle condizioni per un dibattito in Consiglio rispetto a questi temi.
Proprio le problematiche relative al FIO esigono (concordo pienamente con le raccomandazioni del collega Tapparo) alcune specifiche considerazioni ed innanzitutto un richiamo all'esigenza di far cadere o ridurre i vincoli di destinazione e di richiedere che si definisca una disciplina del Fondo più rispettosa della volontà regionale nelle decisioni di finanziamento. Ciò significa una maggiore decisione da parte della Regione e forse maggiore coraggio nel definire con più certezze e con più volontà le sue priorità. In questi anni abbiamo presentato progetti al FIO pensando sempre di partecipare per certo verso ad un terno al lotto perch non sapevamo mai quali potessero essere le priorità sulle quali poi il Ministero del Bilancio orientava le sue scelte. Forse è giunto il momento che da parte delle Regioni si esplichi più a fondo questo ruolo di scelta che magari nella prima fase ci potrà penalizzare agendo in un contesto che non è rigoroso, ma tuttavia la possibilità di difendere una dignità regionale che deve far risalire le scelte per gli interventi da realizzare in Piemonte alla Regione Piemonte che ne ha la titolarità e quindi tutta la competenza.
La collega Bresso ha posto un problema che può apparire di ordine tecnico, ma che viceversa ha una chiara indicazione politica. La collega Bresso ha detto che sarebbe stato necessario, prima di avviare il piano presentare una precisa analisi dello stato di realizzazione dei documenti programmatici in vigore fino a quando verrà approvato il nuovo piano.
Rispondo alla collega Bresso che il piano in discussione si basa, come il precedente, sullo stato di attuazione del programma pluriennale di attività e di spesa; è un documento redatto secondo i disposti della legge n. 43, è aggiornato agli anni 1980-1985, è depositato in Consiglio ed è stato su questa base che noi abbiamo potuto impostare nel 1986 la prima bozza di piano. Successivamente, essendo già in corso l'iter di approvazione, si sono compilate delle schede finanziarie di consuntivo per gli anni 1986 1987 che sono depositate in Consiglio.
Nel valutare l'efficacia degli atti di consuntivo occorre però essere chiari. Il lungo iter di formazione del piano non consente stacchi netti tra attività in corso e prevista, ma porta piuttosto a comprendere necessariamente una parte di consuntivo anche all'interno delle politiche di settore di volta in volta considerate.
Con l'attuale legislazione regionale non sono possibili sistematici consuntivi di attività che tengano conto dell'efficacia dei provvedimenti assunti o degli effetti esterni descritti in termini di quantità, misure e conseguenze delle iniziative o delle opere finanziate. Gli stati di attuazione regionale - questo avviene per il Piemonte, ma anche per la Lombardia e per il Veneto - sono basati sugli atti propri dell'Amministrazione (deliberazioni, leggi, impegni di spesa) e non su informazioni relative al realizzato, in quanto occorrerebbero sistemi informativi estesi almeno a livello di enti locali, se non di singoli beneficiari. Gli atti di consuntivo, preliminari al Piano regionale di sviluppo in discussione, ci sono se pure con i limiti che l'attuale legislazione pone per termini di tempo e di significato.
Non solo, e questo l'avevo comunicato in occasione della mia presentazione: noi abbiamo ritenuto addirittura di sintetizzare questi interventi, che negli anni si sono calati sulla realtà regionale attraverso una elaborazione grafica degli elaborati per la rappresentazione degli ambiti socio-economici e territoriali. Si tratta evidentemente di documenti di sintesi, alcuni non sono ancora aggiornati ad oggi, tuttavia la volontà era quella di partire dalla conoscenza di uno stato di fatto per poter agire e fare delle previsioni rispetto a quello che era stato fatto nell'ambito di una continuità che in amministrazione è sempre necessaria.
Esaurite queste questioni di metodo, credo sia importante passare adesso alle questioni che più nel merito hanno sollecitato l'attenzione e la considerazione dei Consiglieri regionali che sono intervenuti nel dibattito.
Mi pare di poter dire che tutti hanno concordato sull'analisi che il piano propone rispetto alla nostra Regione e in sintesi si può dire che il futuro del Piemonte è legato ad alcuni fattori di sviluppo a condizione però che si superino talune criticità che sono diventate ormai strutturali.
Noi stiamo registrando un favorevole dispiegamento delle potenzialità che già oggi, e non solo da oggi, hanno caratterizzato la ripresa. Siamo in un'area industriale ad elevato tasso di innovazione e ad alta concentrazione. Tuttavia in questa realtà permangono delle contraddizioni profonde, quelle che il collega Tapparo ha definito i dualismi. Questo è un momento favorevole, ma anche problematico.
Siamo la Regione che con la Lombardia partecipa alla formazione di una parte cospicua del prodotto interno lordo nazionale (lo ricordava il Consigliere Rossa nella sua relazione). Siamo la Regione che con la Lombardia partecipa ai 2/3 della spesa italiana della ricerca scientifica e da soli rappresentiamo il 20,6%, ma siamo anche la Regione con il tasso di disoccupazione tra i più alti. Non solo: mentre registriamo questo tasso preoccupante che determina una grossa lacuna nella nostra forza lavoro nello stesso tempo - così dicono le statistiche - importiamo della forza lavoro e secondo le previsioni ne importeremo sempre più nell'ambito della cosiddetta forza lavoro intellettuale. Questa Regione, che si è qualificata nel dopoguerra per essere la più grande importatrice di mano d'opera, sottosviluppata per certo verso, potrebbe negli anni 2000 qualificarsi come la più grande importatrice di mano d'opera di alto livello intellettuale. A questo occorre far fronte, non possiamo accettare una situazione di questo genere. La Regione Piemonte ha la possibilità, nei limiti delle sue competenze, di farvi fronte attraverso un sistema formativo che sia più coerente, più qualificato, più articolato. Qualcuno ha parlato delle opportunità che potrebbero venire dall'allargamento del sistema universitario: certamente questi sarebbero momenti importanti, ma anche la Regione, attraverso un sistema formativo diverso, potrebbe collocarsi in una visione nuova per il superamento di questi problemi.
Nel Piano di sviluppo ci sono queste indicazioni. Il progetto per le nuove professionalità è sicuramente un progetto importante che potrebbe in parte, se non definitivamente, farci registrare qualche avanzamento rispetto a questa criticità. Dirò di più: nei progetti per l'innovazione tecnologica - che io spero di discutere prossimamente in questo Consiglio è previsto su proposta del COREP (è detto tra l'altro nelle deliberazioni all'o.d.g. che la Regione si appresta a diventare socio del COREP) un progetto chiamato sinteticamente "Master per l'informatica". C'è la consapevolezza che esiste questa criticità che deve essere superata.
Siamo al quinto posto per quanto riguarda il consumo di energia, ma occupiamo il dodicesimo posto tra le Regioni italiane nella produzione di energia. Questo è un dato conosciuto, peraltro la Regione ne ha perfetta consapevolezza, l'articolo di oggi su "La Stampa" non rivela grandi novità queste cose le sappiamo benissimo, tanto è vero che questa Regione il 4/1/1985 aveva cercato di portare un contributo al superamento di questa grossa criticità accettando la centrale nucleare sul suo territorio con quel patos e le difficoltà che tutti conosciamo per il timore con il quale prendemmo unanimemente quella decisione. Oggi non ci sono più le condizioni per questa occasione di recupero, ce ne sono altre; quindi il Piano energetico nazionale prevedrà sicuramente per il Piemonte taluni adempimenti. Dobbiamo attrezzarci per essere pronti a dare questo contributo e a non dover più registrare in futuro questa discrasia tra produzione e consumo di energia.
Il piano pluriennale di attività e di spesa nel capitolo relativo all'energia elenca una serie di progetti che tuttavia dovranno essere integrati di fronte agli impegni nuovi che vengono a determinarsi per l'accettazione del Piano energetico nazionale.
Abbiamo poi un'altra criticità, la cosiddetta criticità ambientale: la forte concentrazione industriale fa sì che noi siamo i più forti produttori, ma per la nostra posizione geografica siamo anche i ricettori di rifiuti, con tutte le difficoltà, per non parlare di impotenze, che ne derivano per la loro eliminazione.
L'obiettivo del piano sul problema ambientale è quello di coniugare il contingente con una visione di medio periodo. Attraverso gli interventi previsti dal piano pluriennale di attività e di spesa, soprattutto i piani di cosiddetta valenza regionale (ricordo per tutti la realizzazione di un centro ambientale con annesso laboratorio sperimentale per il recupero di risorse da rifiuti; il monitoraggio ambientale; il progetto Marius relativo alle risorse idriche, utenze e scariche) e anche attraverso i progetti che potranno essere ricondotti al Fondo dell'innovazione (penso al Centro delle ricerche ambientali e a tante altre iniziative legate all'ambiente) noi ci dobbiamo attrezzare per passare da una fase di gestione dell'emergenza ad un'altra in cui sia possibile incidere sulle cause strutturali di questa nostra criticità ambientale.
Con meno ansia possiamo considerare, in senso generale, il problema territoriale; intanto perché si sono fatte alcune cose in questi anni mille Comuni posseggono uno strumento di regolazione del proprio territorio rispetto al quale, ai sensi della L.R. n. 56/77, hanno individuato alcune priorità e alcune salvaguardie, ed anche perché abbiamo istituito dal 1975 ad oggi un sistema di parchi consolidato, pur con tutti i problemi esistenti per il loro assestamento e il loro aggiornamento. A questo proposito informo il Consiglio che la Giunta, nella riunione che si è tenuta martedì, ha approvato il disegno di revisione della legge istitutiva dei parchi, quindi quel dibattito tanto atteso dal Consiglio attorno ai temi della salvaguardia ambientale potrà avere inizio. La considerazione di questo stato ci offre quindi alcune garanzie e alcune certezze, anche perché si sta diffondendo rapidamente una cultura che riconosce l'esigenza che ogni grande intervento sul territorio debba essere accompagnato da una valutazione di impatto ambientale. Anche la Regione, soprattutto ora sulla base delle norme tecniche predisposte dal Ministero, si deve attrezzare per gestire questa fase. Non è facile, la Giunta ha già affrontato l'argomento ed è in preparazione un documento che verrà portato in Consiglio; ricordo il dibattito molto alto che il Consiglio regionale svolse e che ebbe il segno di un momento elaborativo rispetto a questo importante tema. Se andrà avanti potrà darci la garanzia di un'ansia minore rispetto ai problemi territoriali in senso generale.
Di queste criticità strutturali, che se non eliminate celermente possono definitivamente compromettere il nostro futuro e la nostra concorrenzialità in Europa e nel mondo, il piano non solo è consapevole, ma nell'individuare gli obiettivi propone attraverso i progetti a rilevanza regionale degli interventi che se pur non risolutivi, certamente se avviati tempestivamente, potrebbero attenuare il tasso di criticità. La stima finanziaria di questi progetti, ove potessero tutti realizzarsi o avviarsi nell'arco di tre-cinque anni, determinerebbero degli investimenti di ordine prioritario di circa 6/7 mila miliardi.
Il dualismo territoriale se non opportunamente gestito pu ulteriormente aggravare il contrasto tra aree forti e aree deboli. In questo senso il disegno territoriale proposto nella stesura definitiva del piano viene prospettato alla luce di un'aggiornata riflessione sul suolo e sulle funzioni trainanti dell'area metropolitana e dell'individuazione qualificazione delle aree esterne interessate o interessabili ad integrazioni interregionali oltreché dalla considerazione della valenza ambientale.
Così a fronte della crisi economica che ha investito ampi strati del tessuto produttivo, i settori cardine dell'economia urbana e dunque della crisi di un modello metropolitano, che pure veniva riproposto, sia pure in termini di riequilibrio per l'intero territorio regionale, nasce l'esigenza di modelli differenziati e più aderenti alle diverse condizioni e potenzialità.
I Consiglieri Martinetti e Ripa nei loro interventi hanno condiviso questa impostazione del disegno territoriale con l'ipotesi di policentrismo diffuso, però a loro avviso le linee generali del piano indicano alcune aree rispetto alle quali queste potenzialità e virtualità, e dal lato progettuale i progetti, non ci sono.
I progetti di rilevanza regionale, precisamente nei settori che attengono allo sviluppo dei bacini turistici, hanno riguardato le aree di più consolidata tradizione turistica come l'Alta Valle Susa, l'Ossola, lo sviluppo e la fruizione turistica della Valli Chisone e Germanasca, il Monte Rosa; rimane scoperto un eventuale progetto per il turismo invernale nel Cuneese. Credo che questa esigenza possa essere ripresa; sono potenzialità emergenti rispetto alle quali progetti di rilevanza regionale potrebbero nascere in un secondo tempo. Così come non ci sono progetti riferiti precisamente alle aree più sensibili ambientalmente e territorialmente.
Il Consigliere Paris ha ragione quando dice che non c'è un progetto che riguarda la montagna; ci sono delle linee molto diffuse per quanto riguarda la montagna.
Per quanto riguarda il Progetto Territoriale Operativo del Po abbiamo delle linee, Consigliere Bresso, questo è un progetto che c'è, come pure esiste quello per il parco fluviale che riprenderemo nella deliberazione di impegno che voterà il Consiglio.
Non c'è un progetto preciso per quanto riguarda il Verbano Cusio Ossola e non c'è il progetto per la Valle Bormida, ma ci sono delle linee di riferimento e di indirizzo. Queste però sono aree che portano al loro interno criticità tali per cui l'obiettivo del piano è quello di pervenire nel periodo a sua disposizione, a definire questi interventi e, come i Consiglieri sanno, attorno a queste quattro aree si sta lavorando, forse con calma, ma con l'esigenza che occorrono interventi specifici che abbiamo enucleato nei progetti di rilevanza regionale.
Un'altra delle criticità strutturali su cui molti Consiglieri si sono soffermati con contributi consistenti, determinati dalla conoscenza che hanno del problema seguendolo da molti anni e che attiene ad una loro specifica professionalità, è quella che riguarda le carenze infrastrutturali. Negli interventi dei colleghi vi sono stati numerosi accenni al sistema dei trasporti e delle infrastrutture della nostra Regione. Taluni con riferimenti generali ai rapporti tra piano socio economico e piano di settore, altri mediante delle indicazioni specifiche attorno a singoli nodi infrastrutturali da sciogliere, legati a specifiche realtà provinciali. In ogni caso è importante il collegamento tra sviluppo socio-economico e livello qualitativo e quantitativo delle infrastrutture di comunicazione sul nostro territorio. Certo, un livello adeguato di queste ultime contribuirebbe a rendere più competitiva la nostra economia e favorirebbe risposte adeguate alla crescente domanda di mobilità che avanza dalla società. Per altro verso, tale sottolineatura stabilisce la nostra opzione per un Piemonte Regione europea, nella misura in cui, più che nel passato, si è posta l'attenzione sui collegamenti internazionali (ferroviari e stradali) atti a garantire rapporti tra la portualità del Mediterraneo e il nord Europa, ma soprattutto a mettere in nuova luce i nuovi rapporti ovest-est in un sistema europeo allargato.
Su questo terreno, la proposta di piano in esame fornisce già alcune indicazioni di grande interesse, che certo vanno riprese ed approfondite anche alla luce delle più recenti considerazioni avanzate a livello internazionale in tema di comunicazioni, ma al tempo stesso viene data un'indicazione generale anche per il rafforzamento dei collegamenti interni al Piemonte, tale da assicurare l'obiettivo del riequilibrio territoriale e di dotare le aree periferiche di un buon livello di comunicazioni atto ad eliminare vincoli ed ostacoli nelle relazioni fra vallate montane e fondovalle.
Di qui, le ribadite priorità per il nuovo collegamento Cuneo - Asti, il ridisegno di una pedemontana più stretta che per alcuni tratti si configura come bretella autostradale (pensiamo alla Biella - Romagnano Sesia nel disegno di una grande pedemontana lombardo-piemontese; all'Acqui Predosa), la necessità di sciogliere il nodo dei cosiddetti rami secchi ferroviari attraverso un loro rilancio e un diverso assetto istituzionale nei rapporti Stato-Regioni in materia di trasporto pubblico locale.
N' la proposta di piano tralascia un ragionamento di rinnovato sforzo per le questioni dell'area metropolitana sia per l'accesso ad essa che per la mobilità interna. Certo, le risorse indicate possono apparire inadeguate, ma non verrà tralasciato alcun canale finanziario, compresi quelli comunitari, per dare risposta ad una questione che non è di Torino ma del Piemonte.
In tale quadro sarebbe già importante realizzare quanto progettato e finanziato. Si pensi al passante ferroviario, alla Torino - Ceres, alla nuova aerostazione.
Oggi vi sono le occasioni per avviare grandi processi in merito a ci dall'ammodernamento della Torino - Ceres per farne una linea metropolitana ai parcheggi di interscambio lungo le tangenziali.
Vi sono oggettive difficoltà di coordinamento fra gli enti, ma la Regione non ha mai applicato il proprio ruolo, tant'è che oggi è riconosciuta come punto di riferimento sicuro per il raccordo tra le varie iniziative.
I ritardi preoccupano tutti, ma lavoriamo per ridurli e superarli.
In questo quadro non si può negare che talune iniziative comunque sono state avviate a conclusione sia per quanto riguarda i collegamenti viari sia per quanto riguarda un sistema di interporti per lo scambio tra le varie modalità di trasporto merci, che è il più avanzato e complesso in Italia.
Tuttavia, ribadita la necessaria integrazione tra i vari livelli di programmazione socio-economica e programma di settore per i trasporti, sarà in quest'ultimo piano che troveranno posto le indicazioni più puntuali in materia di infrastrutture.
Oggi vi è la preoccupazione nel governo regionale di non giungere in tempo a dotare il Piemonte di questo indispensabile strumento che ha comportato anche un impegno oneroso da parte regionale per vari ritardi ivi compresi quelli delle Province. Tuttavia, in caso diverso, proporremo un documento che sulla falsariga del documento di obiettivi e di indirizzi individui opzioni, scelte e priorità per un rinnovato sistema piemontese dei trasporti.
Individuate queste criticità rispetto alle quali il piano tenta soprattutto attraverso i progetti di rilevanza regionale, di dare delle risposte, nel piano è anche più volte chiaramente indicato che il futuro del Piemonte - questo lo hanno detto molti Consiglieri - dipende anche dal ruolo che la pubblica amministrazione sarà capace di giocare in questo contesto regionale in trasformazione e proiettato verso il 1993, ma anche oltre.
La Regione deve essere consapevole di una serie di ruoli di cui ha piena titolarità e responsabilità per svolgerli e per non lasciare nulla di intentato rispetto agli obiettivi che il piano propone. Molti Consiglieri (penso a Petrini, a Masaracchio e a Rossa) si sono soffermati sul fatto che la nostra è una Regione europea che vuole essere europea. Ho davanti a me una tabella del 1988 che è riportata in una rivista che si stampa a Parigi e che sintetizza in uno schema le funzioni internazionali delle città europee. La collocazione che viene riservata a Torino è una collocazione di media importanza. Noi veniamo non soltanto dopo Milano e Roma, ma anche dopo Barcellona e Madrid e persino dopo Lisbona. Questo è quello che pensano di noi in Francia. Invece, credo, che per la sua collocazione territoriale, ma anche per la sua storia passata e recente, la nostra Regione appaia la più idonea a giocare un ruolo effettivo di snodo e di scambi tra l'Europa ed il Mediterraneo; ruolo che può giocare parallelamente con altre Regioni contigue, la Rhone-Alpes e la stessa Liguria. Proprio ieri è avvenuto un momento di raccordo con la Regione Liguria che considero molto importante (tra l'altro è una delle poche occasioni di raccordo interregionale che si è verificata): la firma del protocollo tra Regione Piemonte e Regione Liguria per la definizione di iniziative congiunte sui territori limitrofi, in particolare sulla zona alessandrina. Al di là comunque di questo momento riferito ad un atto specifico che peraltro discende dall'adempimento di un atto previsto dal Piano territoriale comprensoriale della Liguria, l'incontro di ieri è stato importante proprio perché ha rinnovato l'esigenza del ruolo non solo internazionale, ma anche interregionale che la nostra Regione deve saper giocare e che oggi appare più complesso rispetto al passato anche recente perché si sono determinate nuove condizioni negli ultimi anni.
Il triangolo industriale è oggi allineato, per i recenti mutamenti intervenuti agli assetti economici e territoriali, con nuove aree di sviluppo della direttrice della via Emilia e del Veneto per cui abbiamo assistito e siamo ormai nel solco di una sorta di allargamento e di allungamento del triangolo. Questo mutamento pone dei problemi di raccordo e di coordinamento interregionale più forti che nel passato per attivare quei piani e programmi insieme a specifiche collaborazioni intorno a progetti di comune interesse. Qui si parla sovente del Piano dei trasporti ma le occasioni sarebbero infinite. Per parlare di un argomento che mi sta a cuore perché attiene alle mie deleghe, ricordo il Progetto Territoriale Operativo per il Po che più di ogni altro necessita di questo coordinamento strettissimo interregionale per segnare un maggior ruolo, un maggior protagonismo, una maggior presenza e una maggior forza nei confronti con lo Stato.
C'è poi un altro ruolo che la Regione deve in parte recuperare e riaffermare, cioè il rapporto con lo Stato.
Molti Consiglieri hanno parlato di questo rapporto, tutti abbiamo detto che dobbiamo rifiutare il neocentralismo. Non saremmo qui se non avessimo questa convinzione, ma dobbiamo rifiutare un'altra situazione, secondo me ancora più grave: quella di essere soggetti attuativi degli indirizzi statali, ovvero di essere degli sportelli periferici di una spesa decisa sempre nelle sedi centrali.
D'altra parte, la discrezionalità della nostra spesa è quella che è, e i recenti orientamenti del Governo tendono sempre di più a vincolarci sulla spesa, a parte il FIO rispetto al quale - come diceva Tapparo e come ho già detto anche io - in fondo è il Governo a scegliere gli interventi, ma penso anche agli ultimi interventi nel campo della tutela ambientale, ricordo i 300 miliardi datici in articulo mortis prima che scadesse il tempo dell'assegnazione dei fondi per il risanamento del Po. Rispetto a questo settore di intervento abbiamo dovuto inviare a Roma dei progetti rispetto ai quali sarà poi il Ministero a scegliere, ma noi sappiamo benissimo rispetto a taluni interventi quali sono le priorità. Abbiamo comunque indicato le priorità e ci auguriamo che il Governo anche su questi 300 miliardi non ci faccia diventare uno sportello periferico, ma quanto meno senta la Regione nella definizione dei progetti.
Una maggiore dignità nei confronti dello Stato recupererebbe e rafforzerebbe un ruolo che qualcuno ha indicato critico - penso al Consigliere Gallarini - con gli enti locali. In Piemonte ci sono 1.209 Comuni; viviamo inoltre la fase problematica del post-comprensorio che non abbiamo ancora risolto. In proposito devo una risposta al Consigliere Valeri, il quale, nel porre il problema politico più generale di che cosa succede nel nostro ordinamento istituzionale dopo la fase comprensoriale soppressa nel 1985, ha fatto alcune precisazioni attinenti al funzionamento degli ex comprensori, tra l'altro, indicando delle situazioni rispetto alle quali, da parte della Giunta, si determinerebbe una sorta di non governo del personale che fa ancora parte dei comprensori. A tal proposito comunico che il personale degli ex comprensori assegnato alle sedi polifunzionali nel febbraio 1987 era composto di 135 unità, mentre altro personale in giro per la Regione (Osservatorio del mercato del lavoro, Servizio geologico ecc.) era di 59: in totale avevamo sul territorio regionale 194 persone.
Si stanno operando delle ulteriori riduzioni, peraltro già comunicate ai dipendenti; praticamente in questi due anni abbiamo avuto una diminuzione che può essere considerata notevole ed è avvenuta soprattutto per il personale degli ex comprensori. Tra l'altro, proprio in questi giorni, sono in via di definizione ulteriori spostamenti.
Quindi, lo sforzo della Giunta di ricondurre questo personale ad avere una posizione di lavoro più certa rispetto a quella che ha potuto determinarsi a seguito della sua eliminazione, è evidente. Abbiamo responsabilizzato di questo specifico argomento i Capi settore, i quali devono periodicamente rispondere, attraverso schede che firmano, sul fatto che il personale sia presente, operi e così via. Dall'ultima verifica sono emerse delle indicazioni sostanzialmente positive. Il problema sollevato dal Consigliere Valeri, tuttavia, è così grave che costringerà la Giunta ad un'immediata verifica di tipo amministrativo per poter rispondere al Consiglio non soltanto con le cifre, ma anche con la certezza della operatività, oltre che della presenza di queste persone.
Nella fase post-comprensorio si è determinata una sorta di gap nel rapporto proprio con gli enti locali. Ho detto tante volte che intessere rapporti con 1.209 Comuni è praticamente impossibile per la Regione Piemonte. Il momento comprensoriale era un momento di raccordo con un'omogeneità territoriale che aveva problemi comuni, omogenei. Questo momento è finito, dobbiamo prepararci a un modello nuovo e indubbiamente il fatto di non aver potuto veder approvata dal Governo la nostra legge di riordino delle autonomie locali in Piemonte, certamente ci ha posto dei problemi e ce ne pone anche per quanto riguarda le revisioni della legge n.
56/77 e della legge sulle procedure della programmazione.
Quello che il piano propone nel capitolo dedicato al rapporto Regione enti locali è un modello di amministrazione autonoma che non pu discostarsi dal disegno di realizzare una dignità rappresentativa dei diversi livelli di governo. Ciò significa, quindi, il riconoscimento di competenze decentrate ed autonomamente gestite e un rapporto quanto più possibile esente da dipendenza gerarchica. Vuol dire anche però che devono essere innescate le dovute garanzie perché gli enti locali possano operare in regime di certezza, disponendo, quindi, di precisi riferimenti legislativi (leggi quadro, testi unici, circolari) nonché di adeguati strumenti operativi che comportano la possibilità di avvalersi di funzionari, di apparati di consulenza e di elaborazione tecnica. In altri termini, se noi vogliamo recuperare un ruolo nei confronti dei nostri enti locali, non dobbiamo ridurre questo ruolo alla richiesta di finanziamenti che regolarmente questi enti fanno alla Regione, ma dobbiamo soprattutto addivenire ad una maggiore chiarezza istituzionale.
Ciò mette in gioco i termini sui quali la collaborazione e la concertazione deve avvenire con gli enti locali e che dovrà dare sostanza a questo rapporto che non potrà che esercitarsi attraverso quei momenti di delega di funzioni amministrative e regionali alle Province, ai Comuni e alle Comunità montane.
Questo è certamente uno degli aspetti più urgenti cui la Regione si trova di fronte. Nella conferenza di fine anno la Giunta ha comunicato alla stampa il numero degli atti regionali che ha disposto nel corso dell'anno.
Non con orgoglio, ma con preoccupazione abbiamo dovuto dire che la Giunta nel 1988 ha emanato 14.000 atti, riducendo, quindi, la sua attività ai contributi ai Comuni e alle imprese, ai contributi ai corsi professionali e agli atti edilizi più marginali. Se persisterà questo modo di collocarsi da parte nostra, credo che la Regione sarà destinata a perdere di vista il vero ruolo di organo di governo, di pianificazione e di sviluppo di una comunità.
Un altro ruolo da giocare, che abbiamo indicato nel Piano di sviluppo è nel rapporto con il mondo economico-sociale, con le forze imprenditoriali, sociali e con i sindacati di questa Regione.
In Piemonte operano delle grandi imprese il cui assetto è sovente multinazionale e la cui area operativa va ben oltre i confini della Regione pur rimanendo sempre radicati in Piemonte i centri delle decisioni strategiche. D'altro canto, grandi gruppi esterni alla Regione ed esteri hanno in Piemonte delle unità produttive di rilevante dimensione ed importanza. Le stesse Partecipazioni Statali hanno in Piemonte alcune direzioni aziendali e numerose unità produttive spesso collocate in aree strategiche come, ad esempio, il Basso Alessandrino e l'Alto Novarese.
Si tratta di interlocutori che devono essere partner importanti, per certi versi anche utili, per lavorare agli obiettivi e ai progetti del piano regionale. E anche se il rapporto può apparire sbilanciato tra la multinazionale, la cui area operativa è il mondo, e una Regione largamente costretta nei propri confini, è indispensabile, con queste imprese, quanto meno istituire più regolari rapporti di consultazione, premessa di possibili concertazioni su particolari programmi e progetti di comune interesse.
In questi anni il governo regionale ha svolto specifiche azioni volte a richiedere maggior attenzione e coerenti scelte degli enti economici pubblici nazionali, non solo le Partecipazioni Statali, ma anche l'ENEL.
l'ENEA, lo stesso CNR. rispetto ai problemi e alle linee di sviluppo del Piemonte. Il riferimento con immediatezza ai casi della RAI, della SIP della siderurgia a partecipazione statale, riguarda l'area metropolitana torinese, ma anche aree esterne. Tuttavia è con il mondo delle piccole e medie imprese, che formano la realtà più diffusa territorialmente della presenza industriale regionale e che sono le naturali destinatarie dei servizi reali che si intende promuovere, razionalizzare e rafforzare, che il rapporto della Regione e dei suoi enti strumentali si prospetta veramente essenziale proprio nei termini di assicurare a queste imprese quel quadro di infrastrutture per lo sviluppo di cui si è in precedenza trattato.
Accenno brevemente alla rete dei centri storici e al BIC. Di questo particolare rapporto con le piccole e medie imprese ha trattato diffusamente il programma di settore riguardante l'industria e l'artigianato, ma ad esso faranno riferimento anche altri programmi riguardanti, ad esempio, il lavoro e la formazione, anche in relazione al fatto che in queste realtà l'occupazione ha tenuto più che nelle maggiori dimensioni per la presenza di più attivi dinamismi occupazionali.
La Regione, insieme alle associazioni di categoria, intende essere attiva anche nel cercare di assicurare al mondo delle piccole e medie imprese il necessario sostegno per l'accesso a tutti gli strumenti finanziari o comunque supporti operanti sia a livello nazionale come a livello comunitario, particolarmente per quanto riguarda la ricerca e l'innovazione. A questo proposito, noi dobbiamo dare una valutazione assolutamente positiva della gestione della legge n. 56/77 che ha consentito di intervenire in questi specifici settori e dirò di più: il fondo per l'innovazione deve andare a cogliere nella definizione dei suoi progetti, momenti che possano avvalorare ancora l'esigenza di fornire alle piccole e alle medie imprese occasioni per poter correre al passo con la grande impresa e quindi determinare situazioni di concorrenzialità rispetto agli operatori europei.
La collega Bresso ha detto che il piano ignora l'agricoltura.
L'Assessore all'agricoltura ha esaminato con molta attenzione questa affermazione. Io ritengo che quanto è scritto nel piano pluriennale di attività e di spesa indichi molto chiaramente che questo non è un settore ignorato, settore che è non soltanto intrinseco alla nostra economia, ma anche all'attività regionale perché rispetto ad esso la Regione ha piena titolarità e piena possibilità di decidere nel rispetto peraltro di quei vincoli che vengono da finanziamenti sia nazionali che comunitari.
Tuttavia anche nei progetti di rilevanza regionale quando noi parliamo del rilancio dell'economia e della modernizzazione culturale riserviamo a due progetti i momenti sostanziali per la possibilità di aggiornamento ulteriore della nostra economia agricola. Penso al sistema informativo per l'assistenza e l'informazione tecnica in agricoltura, ma soprattutto al progetto di consolidamento e sviluppo della cooperazione di trasformazione in Piemonte che è il progetto su cui faceva riferimento proprio la collega Bresso ritenendo che attraverso questa trasformazione sia possibile aggiornare ulteriormente la situazione dell'agricoltura.
In seguito al rapporto che abbiamo avuto con la società e con il mondo economico imprenditoriale, abbiamo incontrato le Organizzazioni sindacali dei lavoratori per stabilire un fondamentale confronto che probabilmente necessita di essere irrobustito in termini più continuativi secondo occasioni che non siano episodiche e che deve riguardare, a nostro avviso innanzitutto gli obiettivi di fondo della politica di sviluppo del territorio regionale. Per quanto riguarda, ad esempio, il Verbano Cusio Ossola abbiamo avuto un tavolo di confronto con le Organizzazioni sindacali, sono previste alcune riunioni già nella prossima settimana che sono conseguenza dell'approfondimento delle linee che il piano indica e che peraltro le Organizzazioni sindacali in un recente confronto hanno detto di apprezzare.
C'è poi un ulteriore ruolo che è conclusivo ed anche il più difficile forse il più importante. A questo ruolo si richiamavano i Consiglieri Reburdo e Ala, cioè il rapporto con i cittadini, rapporto che la Regione non può naturalmente intessere con quattro milioni e mezzo di cittadini, ma è un ruolo che si estrinseca in un rapporto di collaborazione con il mondo della scuola e dell'Università, con gli Ordini professionali, con il mondo della cultura e della ricerca, per realizzare uno dei quattro obiettivi fondamentali del nostro piano che abbiamo sintetizzato nei servizi alla persona e nella valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e ambientale, con l'obiettivo finale di garantire una maggiore qualità della vita a tutti i cittadini, ma segnatamente a quella parte di cittadini che per condizioni di età o di disagio vivono in situazioni di difficoltà.
Mi dispiace che non sia presente il collega Reburdo che aveva svolto un intervento molto solleticante sul fatto che il piano non possa essere l'arida elencazione di progetti e di cifre e quindi si riconduca ad elementi di esclusivo tecnicismo. Io credo invece che questo piano, intanto per la concretezza che lo pervade che è rappresentata da taluni progetti di rilevanza regionale, alcuni dei quali sono addirittura già stati avviati porti con sé la consapevolezza che tutto quello che noi facciamo lo rivolgiamo all'uomo. Noi abbiamo avuto il coraggio nel 1986 di chiamare un progetto inviato al FIO: "Umanizzazione dell'Ospedale Molinette"; questa parola ha fatto discutere gli esperti del Nucleo di valutazione degli investimenti, però è stato capito, tant'è vero che quel piano è stato approvato. Questo non può essere un piano sentimentale, è un piano che porta con sé la consapevolezza di certe criticità e anche di certe durezze ma che tuttavia è stato confezionato, elaborato, studiato e, se mi consentite, sofferto avendo di fronte come destinatario ultimo l'uomo. Io spero che il collega Reburdo corregga la sua valutazione che considero peraltro sia stata la più grave rispetto a quanto contenuto nel piano.
Ci sono in questo piano delle parole che sono state ripetute molte volte. Il Consigliere Adduci le ha sottolineate: "virtualità e potenzialità", parole che compaiono almeno due volte per ogni pagina, ma c'è un'altra parola che secondo me compare di più ed è la parola "innovazione". Si parla dell'esigenza di una diffusione dell'innovazione perché l'innovazione fa già parte della nostra cultura e della nostra struttura. La diffusione dell'innovazione dev'essere applicata anche alla Regione, alla sua attività, per migliorare la qualità dei servizi che essa eroga e anche per ottenere risultati in termini di efficacia oltre che di efficienza.
Per quanto riguarda la riorganizzazione dell'ente, il controllo di gestione (del quale ho già parlato), le politiche organizzative di gestione del personale, il sistema informativo così avanzato nella nostra Regione (che dovrà però garantire alti livelli di compatibilità fra i mezzi usati e fra di essi i mezzi esterni), gli enti strumentali, sono tutti titoli di capitoli da riempire con azioni concrete.
Se vogliamo che questo piano realizzi gli obiettivi e le azioni che si propone, la riorganizzazione può essere considerata propedeutica, quasi pregiudiziale. E' urgente che gli organi politici si sappiano dotare di strutture organizzative in grado di supportare le strategie e le nuove risposte che la società sollecita. La necessità di riorganizzazione dell'ente, d'altra parte, non è una mera esigenza di adeguamento contrattuale, bensì è il frutto di un ripensamento fondato sulla realtà in movimento che va connessa e raccordata con la capacità dell'ente di programmare il suo futuro e con le linee politiche che caratterizzano il governo della Regione. In altre parole, l'ente Regione si trova oggi in una fase in cui i compiti da affrontare richiedono non solo la volontà di operare in mero senso non burocratico, ma anche di dotarsi di strumenti di intervento nuovi, più efficaci.
La tentazione di rinchiudersi in una visione ristretta, burocratica settoriale, dei compiti da perseguire, privilegiando il ruolo di mera gestione, più rassicurante certamente rispetto a quello più arduo di protagonista, configurerebbe la Regione in un ambito ristretto, lontano dalla collettività, sostanzialmente privo di legami con il sociale. Quello che invece viene chiesto alla Regione, e che la Regione deve impegnarsi ad attuare con questo piano, è di assumere un ruolo decisivo d'intervento anche solo nell'ambito delle competenze ad essa assegnate dal dettato costituzionale.
Potrei anche concludere qui il mio intervento, considerando il compito non facile datomi dalla Giunta di concentrare le sintesi che probabilmente con maggiore consapevolezza altri Assessori avrebbero potuto fare. Sarà il Presidente Beltrami che concluderà questa replica.
Non esprimo un giudizio personale, ma vorrei fare una considerazione.
Molte volte abbiamo iniziato i nostri dibattiti parlando di documenti di programmazione che appaiono come "libri dei sogni". Non ho sentito tale critica da parte di alcuno dei Consiglieri intervenuti, probabilmente l'ansia di concretezza, a costo di farci dire che non esiste nulla di nuovo, è stata raggiunta. I progetti di valenza regionale sono progetti che possono essere attuati nell'arco di tre-cinque anni, quindi possono essere iniziati nell'arco di questa legislatura. Alcuni di questi progetti hanno già alle loro spalle dei precisi indirizzi di riferimento programmatico o addirittura dei progetti di legge. Non siamo di fronte ad un "libro dei sogni", ma ad un libro che adesso ha bisogno di essere sfogliato e soprattutto portato al termine nel più breve tempo possibile.
Collega Chiezzi, non so se in questi giorni di dibattito non abbiamo fatto politica in quest'aula. Soffro - probabilmente come altri colleghi per il sottotono che aleggia in quest'aula, che si distingue - consentitemi per una disattenzione abbastanza costante e forse per qualche momento di rissa, a parte altri di elaborazione che ci sono stati in questi anni e che hanno riguardato momenti nei quali alcuni Consiglieri hanno potuto mettere in evidenza la loro sensibilità, professionalità e il loro interesse territoriale più che legittimo.
In questi due giorni lo sforzo di venti Consiglieri e della Giunta è stato di fare politica, una politica trasparente, con un obiettivo solo: fare qualcosa per il nostro Piemonte.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Presidente della Giunta regionale, Vittorio Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Se non fosse il mio un atto che è dovuto al Consiglio regionale che appartiene alla consuetudine ormai invalsa in questa assemblea, dopo l'ultima parte dell'intervento che ha testé reso la collega Bianca Vetrino riterrei che non esisterebbero altre motivazioni per accrescere ulteriormente l'illustrazione compiuta, totale, svolta dalla stessa in ordine al piano, soprattutto le ultime assicurazioni offerte che il piano non è un "libro dei sogni", ma una cosa che può entrare nella società compenetrarla e ravvivarla.
Il mio intervento non vuole essere ripetitivo dell'illustrazione svolta dalla collega Vetrino, ma è rivolto a chiedere il voto favorevole del Consiglio regionale, intende esprimere per quanto mi è possibile - è un atto giusto, dovuto - il "grazie" a quanti hanno lavorato attorno al piano collaboratori della Regione Piemonte e gli stessi politici che sono stati propugnatori e sollecitatori di questa conclusione.
Desidero comunque svolgere alcune riflessioni. Questo del piano che si conclude, come è stato ricordato dalla collega Vetrino, è un rituale assai lontano dalle intenzioni (era stato presentato nel settembre 1986) e nella buona e nella cattiva sorte è stato filtrato, ha trovato esplicitazione e ancora prima di essere approvato già qualche passaggio attuativo per aree e per settori l'ha realizzato.
Mi auguro che questo dibattito stimoli a tentare, attraverso ogni accelerazione consentita nell'arco di tempo che ancora esiste da qui alla conclusione della legislatura, parziali, attente ed impegnative realizzazioni. C'è da chiedersi se le cause della lentezza o del ritardo sollevate da più parti siano semplicemente imputabili alle procedure ovvero se è il meccanismo nella sua complessità ad evidenziare il fiato grosso, la fisica impossibilità a rendere dinamico ed accelerato un processo che in ogni tempo e, per tutte le diverse edizioni, ha richiesto sforzi non trascurabili soprattutto da chi era chiamato a proporre e a seguire con attenzione il piano. Questo in tutti i tempi: oggi con questo tipo di forma di governo, nel passato con altre forme. Non sempre l'impegno ha avuto come atto di confronto una grande dimensione di risultato. Quindi nessuna intenzione da parte mia di sollevare il velo agli spazi polemici che pure ci sono stati in quest'aula, che stabilivano il richiamo ad altre date di presentazione del piano, proprio nell'ultima curva della precedente legislatura, alla dimensione degli 80 progetti, alle ipotesi di assorbimento di decine di migliaia di persone.
Mi stacco totalmente da questo aspetto per sottolineare che le linee di programma, un certo modo di collocarsi del governo regionale attorno al piano, il tipo di proposta, sono stati più volte filtrati in quest'aula e giudicati con rigore dai colleghi del Consiglio regionale: nell'agosto 1985 sul documento programmatico che ha supportato l'elezione della Giunta regionale; qualche mese dopo, il 7/2/1986 (voglio accogliere il velato e delicato rimprovero che mi è stato rivolto per essere stato l'animatore del tentativo di approfondire il primo documento di programma), discutendo il secondo documento di programma amplificato rispetto al primo. Abbiamo dibattuto non poche volte questi argomenti sui documenti di bilancio, lo abbiamo fatto ancora nel dibattito sulla sfiducia proposta dall'opposizione il 23/7/1987 ed ancora il 30/7/1987, una settimana dopo, allorquando veniva rieletta questa Giunta regionale, e in ogni altra circostanza nella quale l'aula ha ritenuto che si fossero determinate le condizioni per esprimere giudizi e valutazioni d'assieme sui comportamenti della Giunta regionale.
Mi torna alla mente un'affermazione della collega Cernetti che forse non avevo valutato compiutamente nel passato, anche se era stata tanto coraggiosa: "I piani siderali nascondono il vuoto del presente, mi accontenterei - diceva la collega allora in veste di Capogruppo del PSI di governare il presente guardando con semplicità al futuro".
A mio avviso, questo piano presentato con tanto garbo eppur con tanta modestia dalla collega Vetrino tenta di sfidare il presente e di osare il futuro senza presumerlo.
Convengo comunque che il meccanismo complessivo debba essere riformato e in tal senso ho letto interessanti dichiarazioni dei Capigruppo PCI e DC su un periodico torinese. Va riformato qui attraverso una riproposizione complessiva dell'esame del percorso, lungo il quale si costruisce il piano non solo per corposità di dimensione, per le procedure ingessanti, ma anche per un razionale e corretto raccordo con le risorse finanziarie, con il presunto arco temporale di operatività del piano. Quindi, indispensabili grandi linee, ma pochi attuabili progetti, oserei dire con uno sforzo che mi pare sia emerso e sia stato rispettato all'interno di questo elaborato anche per le sue proiezioni più immediate.
Va riformato poi in un raccordo con il Governo centrale, in una diversa ottica del rapporto Stato-Regioni.
In Francia - mi è stata data la possibilità di ricordarlo più volte - i piani approvati diventano contratti con lo Stato.
Cito il caso della vicina Regione francese Rhone-Alpes (con la quale abbiamo un rapporto di collaborazione piuttosto elevato all'interno della CO.TR.A.O.), dove il piano contratto Regione-Stato è estremamente semplice cinque priorità e diciassette programmi. Le priorità sono: sostegno di organismi di ricerca insegnamento assistito da computer sviluppo delle zone di montagna fornitura di alloggio alle persone anziane non più valide messa in opera di servizi telematici per le imprese.
Se pensassi a quanto si sta realizzando: a Villa Gualino, trasformato in polo scientifico ormai a valenza internazionale attraverso la presenza dell'ISI (Istituto dell'Interscambio Scientifico) presieduto dal prof. Regge all'altro Istituto per la Ricerca scientifica condotto dal prof.
Coppi, felicemente recuperato all'Ateneo piemontese per la ricerca dell'energia pulita da fusione al Progetto di Rete Telematica approvato anche da questo Consiglio al Supercalcolatore e ad altri progetti di questa Regione mi sentirei di dire che anche al di qua delle Alpi è stato compiuto qualche passo in avanti.
Alle Regioni francesi e svizzere contigue al Piemonte si è, sino a ieri, guardato quasi solo in termini di infrastrutture di comunicazione.
Nel piano regionale del Piemonte oggi rintracciamo, tra le novità l'intenzione di dare vita a raccordi anche tra aree e poli tecnologici. Si afferma, ad esempio, che è interesse del Piemonte e delle Regioni padane ricercare più stretti raccordi operativi con i parchi scientifici e le tecnopoli francesi vicine, allargando all'area di Tecnocity il disegno di un asse tecnologico Grenoble-Ginevra allo studio in Francia e rafforzando e istituzionalizzando collaborazioni oggi già in atto, anche attorno a taluni progetti della CEE, attorno a raccordi con organismi delle Camere di Commercio del Piemonte e di Grenoble.
All'interno della Regione, gli impulsi e gli stimoli di tecnologia e di innovazione devono poi comunque allargarsi ben oltre l'ellisse Torino-Ivrea e lo stesso "triangolo di Tecnocity". E uno dei supporti di base per questa diffusione è costituito dal sistema universitario del Piemonte ed in particolare dalle sue componenti di ricerca e di formazione più avanzate.
Sistema universitario oggi in una impegnativa fase di evoluzione dalla quale la Regione Piemonte non è stata assolutamente assente.
Per quanto attiene al rapporto con le Regioni finitime - l'ha ricordato poco fa la collega Vetrino ieri a Genova abbiamo sottoscritto un protocollo. Non è che i trattati e i protocolli risolvano di molto i problemi se poi agli stessi non viene corrisposta una pregnanza di impegno un'attenzione operativa di particolare rilievo.
La stessa Genova trova occasioni di rilancio non solo nelle sue tradizionali funzioni mercantili e portuali, ma anche in qualificate funzioni di ricerca e di sviluppo, basate sia su aziende di partecipazione statale, sia su strumenti regionali che cercano di qualificarsi come agenzie per la reindustrializzazione.
Sino a ieri questo nostro rapporto condotto con la vicina Regione ligure tra non pochi atti di buona volontà, ma anche con atti che hanno costituito momenti di vera lacerazione, vedeva il Piemonte, forse talvolta come area di scarico non solo di quello che cresceva, ma anche di un semplice retroterra della regione ligure, creando grosse condizioni di disattenzione e di differenziazione tra le previsioni nelle aree e nelle terre di confine. Oggi con questo protocollo riteniamo di avere stabilito per ogni tipo di intervento, un intreccio che possa mediare tra bisogni aspirazioni e uso del territorio, confrontando i piani territoriali delle due aree finitime.
E anche a Genova, nel Ponente cittadino, vengono avanzati disegni di parchi scientifici (o Tecnotown).
Per Torino, nella proposta di Piano regionale di sviluppo della Giunta regionale, si ripropongono più incisivi ruoli di governo e di guida al servizio di tutta la comunità regionale e si considerano gruppi di funzioni che fanno riferimento all'immaginifico "scenario investito dell'idea forte di Tecnocity" e che oggi richiede un ulteriore allargamento su tutto il territorio regionale.
In questa direzione, e citiamo direttamente dal documento di piano ruoli e funzioni già presenti e da coordinare e sviluppare vengono individuati centralmente: nella valorizzazione di Torino come sede di iniziative per l'innovazione tecnologica e la sua diffusione (in spazi allargati ad altre realtà regionali) nel rafforzamento del ruolo di Torino quale città di relazione e di scambi, attraverso una migliore qualificazione nel campo delle Fiere e dei Centri di congressi nel rafforzamento di Torino quale polo bancario e finanziario di rango internazionale, attraverso un congiunto e coordinato sforzo delle grandi banche che a Torino mantengono il loro "quartiere generale" e della stessa finanza privata in una più elevata qualificazione di Torino allargantesi poi a maglie su tutto il territorio regionale per i servizi resi alla persona e, come ha testé ricordato la collega Vetrino, mai dismettendo l'esaltazione del ruolo, della collocazione territoriale del Piemonte quale regione di frontiera e quindi, più di altre, "regione aperta all'Europa", intersecando il sistema padano.
La Regione politica si trova a convivere con un mondo imprenditoriale di piccole, medie e grandi dimensioni che si muove e corre a velocità di alto richiamo per il Piemonte, per l'Italia e per il mondo.
Terra dell'imprenditoria vivace, di intuizione, di creatività, di genialità e di fantasia: l'impegno nella ricerca scientifica ed applicata è offerto alla comunità in termini doppi rispetto alla media nazionale e percentualmente è pari all'impegno di grosse nazioni quali gli Stati Uniti d'America e il Giappone.
Non abbiamo mai taciuto la nostra aspirazione a far marciare la macchina della Regione alla velocità del privato, anche se è difficile per la sua costruzione burocratica e per la non facilità di introdurre incentivi così come è dato al privato; difficoltà che sono accresciute da una serie di controlli che a più livelli oggi vengono esercitati nei confronti della Regione Piemonte con un rigore che il passato non aveva mai conosciuto. Comunque tentiamo di camminare al passo con i tempi, anche con questo Piano regionale di sviluppo, per non essere da ultimo visti come elemento di blocco di una società che in sé è una società dinamica.
Abbiamo accettato l'invito a mirare più in alto (aggiungo pur camminando sempre con i piedi per terra) dandoci una strategia per togliere gessi, ridurre tempi, dare risposte sollecite alle domande della comunità.
Togliere i gessi vuol ancora dire non isolarsi rispetto alla società che cresce, alle sue componenti (cultura e arte, imprenditoria e sindacato scuola, Università, ricerca), perfezionando un intreccio ormai in atto.
Il piano parte dal presupposto che è impossibile arroccarsi entro "il Palazzo" senza intrecciare un dialogo, senza fare i conti, ovvero cogliere con totale dignità la ricaduta dei benefici di quanti lavorano, progettano realizzano nella Regione Piemonte.
E' quanto abbiamo fatto per Rivoli, sedendoci ad un tavolo comune (imprenditoria privata, mondo bancario, Regione), determinando un incontro di collaborazione foriero di altre iniziative e di altri sbocchi coinvolgendo nella dignità e nella distinzione dei ruoli. Alla fine rinveniamo anche la sollecitazione a scoprire risorse finanziarie che non sono più rinvenibili entro le maglie strette del bilancio regionale.
Vogliamo tentare di far emergere per quanto ci è possibile, ed il piano marcia in questa direzione, una Regione che tenda al nuovo, che parli, per quanto le è possibile, un linguaggio tanto diverso da quello che è in uso tradizionalmente negli enti territoriali. E' una scommessa aperta con la comunità che consente, pur nella tenuità dei mezzi, di entrare nella cabina di pilotaggio del sistema impedendo da ultimo che le logiche dell'economia e della tecnica lasciate a se stesse divengano sempre più padrone della vita e, per certi aspetti, della morte dei popoli e delle persone.
Sembra che i mezzi dell'economia e della tecnica non abbiano più confini anche nel nostro Piemonte e che la stessa classe politica veda sempre più restringere la sfera di intervento, il suo ruolo di guida del processo di crescita della comunità. E' questo che ci sgomenta, per un certo verso: la sovrabbondanza di mezzi e l'insicurezza dei fini. Tentiamo dunque di evocare un'idea più alta della politica che alla fine è anche una risposta alla complessa questione morale; non il ritorno di prigionie ideologiche, ma una difficile, ostinata, paziente ridefinizione dei fini comunitari dello sviluppo quantitativo e delle opzioni qualitative guardando la società, guardando l'uomo protagonista, attore e fruitore dei beni e degli interventi di questa società.
Questo è lo sforzo per non rinunciare a conferire alla politica e alle idee la guida della società che cambia, mettendo già nel conto di non essere talvolta capiti, di sbagliare, di sentirci dire che non ci siamo arrischiando di restare minoranza del complesso sistema, minoranza che cerca con semplicità di rispondere alle attese della gente.
Non possiamo lasciare che nella società dell'indifferenza e dell'egoismo le forze che dentro allo Stato hanno da tempo attuato (e forse mai dismesso dall'inizio) un tentativo di restaurazione con l'affossamento delle Regioni, abbiano a trovare altri sbocchi operativi. Non possiamo lasciare che la società dell'indifferenza e dell'egoismo faccia sbiadire sempre più i sogni, le speranze e gli ideali che appartengono alla migliore tradizione solidaristica del nostro Piemonte, valori il cui recupero è tanto costato alla sua gente.
Questo piano nasce da un concorde atteggiamento del governo regionale nella continuità di un rapporto veramente consolidato tra le forze di pentapartito; è improntato ad estrema serenità, è un prodotto di tolleranza, di certo è rassegnato al Piemonte con largo richiamo ad un grande atto di modestia, quella che si rinviene quando progettiamo dando una nostra originale lettura ai bisogni della gente, per poi offrire una diversa, autentica e originale risposta.
Lo è quando con estrema semplicità (e questo lo facciamo più volte) ammettiamo i nostri limiti, i nostri errori.
C'è un Piemonte che, pur tra non poche zone d'ombra che anche in questi giorni ci fanno estremamente soffrire, complessivamente cresce, è tornato a vivere. C'è una situazione di serenità nel rapporto tra le componenti della società; ci siamo adoperati ad impedire che si continuasse ad erigere sulle piazze del Piemonte e di questa città i patiboli per giustiziare la classe politica o semplicemente chi fa politica; ad evitare che si continuasse a sparare nel mucchio.
Forse non è neppure merito nostro se qualche cosa è migliorata, saranno le circostanze o altri elementi che ci sfuggono. Potrebbe anche essere semplice fortuna, la verità è che accade con noi. Non c'è del trionfalismo ma solo l'interiore ricchezza di chi ha lavorato, di chi si è donato ed ha servito, e potrebbe anche avere sbagliato tutto, ma ha creduto e crede in quello che ha fatto e che sta facendo.
Con questo stato d'animo, colleghi del Consiglio, chiedo di voler esprimere il loro consenso alla deliberazione di approvazione del Piano di sviluppo.



PRESIDENTE

Con l'intervento del Presidente Beltrami si concludono le repliche della Giunta.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,05 riprende alle ore 15,15)


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Sono state distribuite la bozza della proposta di deliberazione presentata dalla Giunta relativa al Piano di sviluppo 1988/1990 ed una mozione presentata dal Gruppo comunista sullo stesso argomento.
Se c'è la disponibilità di tutti i Gruppi, propongo l'iscrizione all'o.d.g. delle deliberazioni concernenti il riconoscimento come enti ausiliari di alcune Associazioni, licenziate all'unanimità dalla Commissione.
Chiede di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Ho chiesto la parola per precisare che nella fretta con cui abbiamo confezionato la nostra mozione abbiamo inserito nella prima pagina la voce "diritti dei cittadini" sotto il capitoletto "Riforme istituzionali", ma tale voce va intesa come se fosse un titoletto in neretto sottolineato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, vorrei fare una proposta a lei e ai colleghi.
La mozione del Gruppo comunista che è giunta adesso sul mio banco vorrei leggerla per poterla valutare. La deliberazione proposta dalla Giunta è stata distribuita ed è in fase di verifica da parte dei Gruppi.
Per consentire a tutti di approfondire questi due documenti e peraltro per non sciupare del tempo, se i colleghi Capigruppo e lei Presidente foste d'accordo, si potrebbero iscrivere ed approvare le deliberazioni licenziate all'unanimità dalla Commissione. Ciò permetterebbe ai Gruppi di poter valutare i due documenti in modo che quando si faranno le dichiarazioni di voto sulla deliberazione e sulla mozione i Consiglieri potranno trarre delle conclusioni e quindi intervenire in modo coerente.
Questa proposta concilierebbe l'esigenza di approfondire i documenti e quella di non perdere tempo approvando provvedimenti licenziati all'unanimità in sede di Commissione.



PRESIDENTE

Se non vi sono altre osservazioni la proposta è accolta.
Propongo pertanto di iscrivere all'o.d.g. le proposte di deliberazione nn. 1038, 1039, 1040, 1041, 1042, 1043, 1044, 1045, 1046 e 1047.
La parola al Consigliere Staglianò per dichiarazione di voto.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, mi riservavo di intervenire a questo punto sulla proposta da lei avanzata, ripresa poi dal Capogruppo della DC, di iscrivere all'o.d.g. dei provvedimenti licenziati dalle Commissioni interrompendo l'argomento che stavamo trattando, cioè il voto dei documenti finali in merito al Piano regionale di sviluppo. Questa proposta non mi trova consenziente e prendo atto della motivazione data dal Capogruppo della DC il quale ha detto che la proposta di deliberazione della Giunta deve ancora essere verificata dai Gruppi. Questa è una constatazione e nel merito dir le mie opinioni.
Manifestato il dissenso su come si procede ed evidenziata quella che mi pare essere una ragione politica e non soltanto tecnica nell'esame dei voti finali del Piano di sviluppo, voterò contro l'iscrizione di tutte le deliberazioni che lei ha avuto la cortesia di richiamare per la semplice ragione che alcuni Gruppi, quali quello del sottoscritto, e sfido tutti gli altri piccoli Gruppi che non sono presenti nella V Commissione a dire il contrario, non sanno nemmeno che cosa trattano queste deliberazioni! Dal titolo capisco anch'io che si tratta di problemi rilevantissimi sul piano sociale, magari urgentissimi su cui forse sarei anche d'accordo, ma non poter nemmeno verificare che cos'è, ad esempio, l'Associazione "La Ginestra", io ritengo sia degradare questa assemblea, che vogliamo essere legislativa, a un luogo di ratifica come avviene nel più sperduto Consiglio comunale alle tre di notte, quando si fa il pacco dell'ultima ora e si alza la mano! Quindi manifesto chiarissimamente la mia opinione, la mia valutazione l'orientamento a votare contro l'iscrizione in questo modo. Intendo peraltro sottolineare che in questo elenco di deliberazioni, cosiddette all'unanimità, è opportuna la specificazione, signor Presidente, che si tratta di unanimità dei presenti. Noi abbiamo preso conoscenza di queste cose non più tardi di cinque ore fa, alla riunione dei Capigruppo, quando si è detto: "c'è anche questo pacco di provvedimenti da esaminare".
Protesto fermissimamente contro questo modo di procedere, perché non mette in condizione i piccoli Gruppi e ciascun Consigliere che voglia fare con coscienza il proprio lavoro di esaminare sul serio le carte che ci vengono presentate, soprattutto quando sono di un certo rilievo. A me stupisce moltissimo che queste cose pare che le percepisca soltanto uno in questa assemblea. Se c'è qualcun altro mi augurerei che prendesse la parola.
Auspico quindi che non si voti l'iscrizione all'o.d.g. di queste deliberazioni, che possono essere esaminate tutte insieme molto rapidamente nel corso della prossima seduta, dopo che ciascuno di noi avrà potuto verificarne il merito, ma non adesso in un minuto in queste condizioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Intervengo dopo l'espressione di volontà da parte del collega Staglian per spiegare molto tranquillamente quale era la nostra posizione e come però noi intendiamo mutarla alla luce di queste dichiarazioni.
Trovavo ragionevole la proposta del Consigliere Carletto perché mi pareva rispondente all'interesse che era stato anticipato ai Capigruppo non era un'improvvisazione, di occupare eventualmente il tempo per la presa in esame dei documenti approvando qualche deliberazione.
Questa ragionevole proposta va però contro a principi che sono ancora più importanti, come ad esempio la messa in condizione - attraverso lo strumento dell'ordine del giorno - di tutti i Gruppi, non del nostro, ma di un altro, di conoscere determinati provvedimenti. E' vero che talvolta ci sono stati dei colpi di forza, ma questa volta non è così, perché in tal modo era stato previsto nella riunione dei Capigruppo e ciò rispondeva a ragionevolezza.
All'appello di Staglianò rispondo che per quanto riguarda il nostro Gruppo, e prego gli altri Gruppi di comprendere, il principio dell'informazione è preliminare allo svolgimento del ruolo del Consigliere.
Quindi, non siamo per iscrivere le deliberazioni che il Presidente ha citato.



PRESIDENTE

Collega Staglianò, la invito a valutare la possibilità di riesaminare la sua posizione perché il problema è un altro: questa mattina lei era presente alla riunione dei Capigruppo in cui si era stabilito che al termine della seduta si sarebbero potute iscrivere, se tutti fossero stati d'accordo, alcune deliberazioni.
La mia proposta iniziale, che poi è stata ripresa e ha trovato l'accordo della maggioranza, finché lei non ha sollevato questa questione era improntata a guadagnare del tempo. E' sempre tempo guadagnato, non già a discapito di qualcos'altro.
Io la comprendo benissimo, collega Staglianò, quando si lamenta della difficoltà di non aver potuto approfondire meglio i provvedimenti, però la prego di comprendere anche l'esigenza che in definitiva è più rispondente ad alcune questioni di carattere organizzativo che non di principio. Dopo la sua dichiarazione alla quale è seguito l'intervento del Consigliere Bontempi che ha ragionevolmente rappresentato la difficoltà di superare questa empasse che riguarda il rispetto di un principio, io le chiedo se non le è possibile superare questa posizione, assicurandole che faremo ogni sforzo perché non si dia luogo a questioni sulle quali possono esserci contrasti tra principio e procedura, tra teoria e prassi.
Durante l'intervento della collega Minervini le chiedo di ripensare alla sua posizione, glielo dico come Presidente che cerca di risolvere nel modo migliore questi problemi.
Ha ora la parola il Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Io capisco benissimo che il Presidente voglia e debba cercare di risolvere i problemi che via via si creano in seno al Consiglio. Ma questa volta il nostro Gruppo si trova d'accordo con l'impostazione di Staglian perché alcune volte, signor Presidente e colleghi, noi ci troviamo nella stessa condizione, cioè quella di dover votare per iscrivere all'o.d.g.
deliberazioni delle quali non siamo a conoscenza perché purtroppo non possiamo partecipare a tutte le Commissioni dato l'esiguo numero di componenti.
Ragion per cui, come questione di principio, ma non è questo il caso perché io faccio parte della V Commissione, il nostro Gruppo decide di astenersi dall'iscrizione all'o.d.g. delle deliberazioni citate dal Presidente.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Vorrei rispondere alla sua domanda.



PRESIDENTE

Mi sembra che a questo punto, anche con la sua buona volontà, non sia più necessaria la sua risposta.
La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Diventa sempre più difficile lavorare in questo Consiglio: i Gruppi grossi hanno dei problemi, i Gruppi piccoli ne hanno altri. I Gruppi grossi devono guardare giustamente con preoccupazione a questi problemi, nel senso che nessuno vuole soffocare i Gruppi piccoli, però i Gruppi piccoli devono sapere che le cose devono pur andare avanti. Vi sono provvedimenti che da mesi sono stati licenziati dalle Commissioni e che non riusciamo a far approdare in aula. Sono presenti oggi delle persone che chiedono che una Commissione valuti una questione dando parere favorevole oppure contrario ma che comunque si esprima su questo problema e non riusciamo a farla esprimere.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Che c'entra?



CARLETTO Mario

Collega Staglianò, io non ti disturbo, fammi la cortesia di stare seduto! Io non mi metto a camminare quando tu parli! Stai seduto un attimo non siamo in un ring! Siamo in un contesto istituzionale! Torno al merito della questione: io capisco i problemi dei Gruppi piccoli, però qui si tratta di deliberazioni intanto approvate all'unanimità in Commissione e che quindi da parte dei Gruppi presenti in Commissione hanno avuto voto favorevole. Queste deliberazioni non sono state approvate in Commissione ieri mattina, ma ho ragione di ritenere che siano state approvate da giorni, qualcuna da settimane. Un Gruppo che è interessato ad un certo problema ha avuto il tempo di valutare di cosa si tratta. Il tempo di valutare c'è anche oggi, nel senso che il Presidente non mette in votazione venticinque deliberazioni una in fila all'altra come si fa in Consiglio comunale a Torino, dove le deliberazioni vengono approvate perché c'è un accordo di un certo tipo e quando una deliberazione non è condivisa da un Gruppo si chiede che torni in Commissione, ci sono procedure diverse.
In Consiglio regionale non c'è questa procedura, abbiamo il tempo di poter valutare le deliberazioni che il Presidente ha proposto all'aula di iscrivere. Questo è il percorso che era stato individuato per consentire ai Gruppi di leggere una mozione nella quale c'è scritto l'universo intero mozione che peraltro io ho avuto dieci minuti fa.
Signor Presidente, io le chiedo allora se non è possibile approvare una deliberazione approvata all'unanimità, che si riferisce specificatamente a un provvedimento che possiamo tutti leggere e vedere nel giro di un quarto d'ora, come io e il mio Gruppo siamo in grado fra mezz'ora di esprimerci su una mozione che riguarda l'universo intero.
Non si possono usare due pesi e due misure. Non si deve cominciare a porre delle pregiudiziali, perché le pregiudiziali sappiamo metterle anche noi, non dobbiamo imparare da qualcuno. Occorre un "gentlemen's agreement" in questo Consiglio per riuscire quanto meno a farlo lavorare e quindi a mandare avanti le cose; non c'è strumentalità nella nostra proposta, caro Staglianò. Si proponeva di andare avanti su cose di non fondamentale importanza, anche se queste deliberazioni saranno pure importanti, per consentire a chi non ha letto la mozione di leggerla. Questo non per ragioni politiche e di maggioranza, perché sulla deliberazione, caro Staglianò, la maggioranza è d'accordo da mesi, non è questo il problema. Il problema è che noi abbiamo ricevuto dieci minuti fa una mozione che non so se tu conoscessi prima, può darsi di sì, che riguarda l'universo intero vorremmo quindi avere un paio d'ore di tempo per poterla valutare. Se questo tempo lo utilizziamo interrompendo i lavori del Consiglio può essere una strada, non è però quella che noi avevamo immaginato perché ritenevamo di non perdere del tempo, visto che i provvedimenti in attesa dell'esame dell'aula sono tantissimi e noi non stiamo rispondendo alle esigenze connesse all'attività amministrativa e legislativa che si è espressa in questi mesi nella nostra Regione. Non stiamo mandando avanti provvedimenti che da mesi sono in attesa di venire in aula!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sono costretto a reintervenire, signor Presidente, perché il modo con cui il Capogruppo della DC ha posto il problema conferma la necessità assolutamente rigorosa di attenerci solo ed esclusivamente al Regolamento e di non operare anche sforzi costruttivi di deroga perché se le cose vengono poste così, mi spiace dirlo collega Carletto, diventano assolutamente inaccettabili. Questa maggioranza ha numeri e condizioni, in tutte le sedi (Commissioni, Capigruppo e aula), se ci foste tutti, per poter iscrivere gli argomenti all'o.d.g. Il vero punto è che viene operata una deroga al Regolamento per chiedere all'opposizione di iscrivere degli argomenti all'o.d.g. Noi eravamo anche disponibili a farlo perché ci pareva ragionevole, ma è una ragionevolezza che mettevamo noi che abbiamo comunque costituzionalmente (ha fatto bene Staglianò a sollevare il problema) il dovere di garantire i diritti che una maggioranza per ragioni sue politiche può non avere lo stesso interesse di garantire.



CARLETTO Mario

Va bene.



BONTEMPI Rinaldo

No, non va tanto bene perché l'intervento era teso a scaricare sulle Commissioni e sul Consiglio le responsabilità delle cose che non vanno.
Conosco anch'io chi è dietro di noi, ovvero gli assegnatari delle case IACP del quartiere Falchera di cui al volantino giallo, che giustamente vengono a chiedere l'esitazione di una deliberazione proposta dalla Giunta e che attualmente è all'esame della Commissione. Se la mettiamo in termini generali io sono costretto a porla in termini politico-regolamentari: c'è una maggioranza che evidentemente non tiene tanto alle deliberazioni perch avendo tutti i numeri per farle passare non le porta avanti. Questi sono i fatti! Se i rapporti invece sono di intesa e di accordo, c'è la ragionevolezza di deroga, perché viene chiesta all'opposizione, di ammettere dei provvedimenti, ne affermiamo i principi e discutiamo. Se questo viene impugnato, mi dispiace signor Presidente, questo sia da ammonimento, c'è il Regolamento e basta!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, cercherò di essere breve cominciando dalle ultime parole pronunciate dal Capogruppo della DC: "non si vuole perdere tempo c'è bisogno di esaminare i documenti presentati sul Piano regionale di sviluppo".
Nel suo secondo intervento il Capogruppo DC ha fatto esplicito ed esclusivo riferimento alla mozione comunista; nel primo intervento mi era parso di cogliere, comunque ci sono le registrazioni a testimoniare se mi sono sbagliato, che il riferimento non era soltanto alla mozione comunista ma anche alla proposta di deliberazione della Giunta, ecco perch incidentalmente mi sono permesso di rilevare una qualche discordanza politica, che è assolutamente legittima e nelle cose, che questa scelta andava ad evidenziare. Chiudo l'inciso.
Non si vuole perdere tempo, signor Presidente? Vogliamo esaminare, come è giusto esaminare, adeguatamente i documenti presentati sul Piano regionale di sviluppo? La mozione comunista io ho potuto scorrerla solo adesso non conoscendola prima perché come sai, collega Carletto, io faccio parte di un altro Gruppo, quindi se vogliamo essere completi dobbiamo dire che non soltanto la mozione comunista deve essere letta e valutata, ma anche la deliberazione della Giunta perché è radicalmente diversa da quella che era stata originariamente proposta e mi pare che di argomenti ampi ne metta molti. Ma io non voglio fare una polemica su questo né tanto meno disprezzare il lavoro importante che il governo regionale da questo punto di vista ha avuto la disponibilità di proporre alla nostra attenzione, su cui proverò a dire la nostra opinione quando entreremo nel merito.
Non si vuole perdere tempo, signor Presidente? Siamo al punto 4) dell'o.d.g. deciso dalla Conferenza dei Capigruppo e comunicato per espresso a tutti i Consiglieri. Ci sono altri sei punti, si proceda pertanto su questi altri punti! Caro Carletto - non è che siamo nati ieri, magari solo l'altro ieri, ma un giorno in più l'abbiamo di esperienza - è inutile appellarsi alla platea per dire: "Non vogliono discutere dei vostri problemi", perché non mi risulta. Ho appreso adesso dal Capogruppo comunista che i signori che gentilmente ci ascoltano sono gli assegnatari delle case IACP della Falchera. Io non ero al corrente. Non mi risulta che fosse prevista la discussione del merito, ma sono pronto in questo preciso istante ad incontrare questi signori, sentire le loro ragioni e magari anche sostenerle. E' inutile fare il gran gesto di appellarsi al pubblico per dire che non si vuole affrontare il problema perché non è previsto nella discussione di oggi.
Torniamo alle deliberazioni. Siamo di fronte ad un problema molto concreto e cioè che manca il presupposto minimo, cioè l'informazione intorno a quello che dobbiamo esaminare per poterci pronunciare scientemente sui provvedimenti che andiamo ad assumere. Dopo che saprò cosa è la "Casa Serena La Ginestra" voterò la deliberazione, ma ho il diritto di sapere di che cosa si tratta.
Signor Presidente, spero di aver evidenziato queste ragioni di principio che debbono indurre tutti noi a fare bene il nostro lavoro, a non svilire la funzione di questa assemblea e possibilmente ad essere anche tempestivi rispetto ai problemi sociali che la gente ci manifesta, per senza mistificare e senza far finta di introdurre argomenti di falso populismo.


Argomento: Piani pluriennali - Programmazione: argomenti non sopra specificati

Piano regionale di sviluppo 1988/1990 e relativo programma pluriennale di attività e di spesa - Esame relativa deliberazione e mozione presentata dal Gruppo comunista (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo la discussione sulla deliberazione e sulla mozione presentata dal Gruppo PCI relative al Piano regionale di sviluppo 1988/1990.
La parola al Consigliere Bontempi che illustra la mozione.



BONTEMPI Rinaldo

Illustro la mozione in modo sintetico e non elencativo per rispondere al focoso Capogruppo della DC che si lascia prendere la mano perché o questi quattro anni non li ha vissuti oppure mi giunge strano che in una lettura un po' condensata di queste tre pagine non si ritrovino tutte le cose che sono già venute in discussione o sono state poste all'attenzione del Consiglio. L'universo mondo è proprio quello che non volevamo fare e che è alla base della nostra contrapposizione sulla deliberazione della Giunta di cui apprezziamo alcuni passaggi, ma che rappresenta, proprio per il suo carattere e stile descrittivo e ottativo, un modo per eludere le questioni che invece attraverso la mozione noi cerchiamo di porre a rischio persino di qualche semplificazione.
Nella nostra premessa (leggibile in un minuto e mezzo) cerchiamo di descrivere le ragioni che abbiamo derivato dal dibattito, quindi non sono ragioni solo nostre ma anche di altri colleghi, sulla necessità che approvando un Piano di sviluppo il giorno 9/2/1989, presumibilmente un anno circa prima dello scioglimento di questa assemblea, ci pare emergere dal dibattito la necessità e l'urgenza, addirittura istituzionale prima ancora che politica, di porre rimedio ai ritardi, alle deficienze strutturali su cui l'Assessore Vetrino si è lungamente intrattenuta, a tutte le cause che sappiamo, per definire con maggiore chiarezza possibile, quindi scontando l'onere e la responsabilità di una scelta, le azioni che si intendono fare.
E' una premessa piccola, ma significativa di un modo tutt'affatto diverso di affrontare il problema anche nel voto conclusivo di questo dibattito.
Siamo convinti che così si debba fare.
Ho sentito con interesse da parte dell'Assessore Vetrino (credo di non essere stato estraneo perché da un po' di tempo vado dicendo queste cose agli Assessori) che per i trasporti, avendo grandi problemi nel definire un piano organico, forse si pensa di definire uno stralcio di azioni, di interventi concreti e precisi padroneggiabili e governabili di qui al 1990 quindi dai soggetti che oggi chiedono di approvare e governano i vari strumenti. Quindi, non l'universo mondo - caro, focoso Carletto - ma una selezione e soprattutto un metodo che cerca di dire esattamente, non abbiamo messo i tempi per non offendere il Consiglio, ma su molte di queste noi riteniamo che debba essere addirittura assunto un impegno con tempistica relativa proprio perché farle entro un certo tempo vuol dire farle, farle dopo un certo tempo vuol dire non farle più del tutto.
Insistiamo sulla necessità di definire così la chiusura del dibattito sul Piano di sviluppo perché non crediamo sia solo una nostra convinzione ma intanto un'esigenza della comunità quella di avere punti di riferimento più certi e selezionati e sia, anche per la stessa azione di governo questo un metodo che la può far assurgere a dignità ed operatività.
La deliberazione presentata dalla Giunta, che ho letto nell'ultima versione arrivatami con ritardo, è persino meno leggibile perché più concettuale, la nostra è solo sintetico-propositiva. C'è il tentativo di inserire dei concetti e un altro, del tutto parallelo, di sottrarre degli impegni. Per esempio, sulla legge urbanistica vedo con piacere che è stato recuperato il fantomatico documento sparito, quello intermedio, quello del black-out dei sei mesi, che nel modo con cui si affronta il problema anche se non ho potuto confrontarmi con gli esperti del mio Gruppo - pare una sterzata anche di qualche interesse rispetto ad altre cose che abbiamo visto scritte sull'intenzione di cambiare la legge n. 56. E' però indubbio che proprio questo concentrato di analisi, riflessioni e intenti, talvolta riesce ad atterrare, ma mai su azioni concrete perché perfino laddove si tenta di essere concreti non si riesce a capire bene che cosa avverrà.
Faccio l'esempio dell'ultima nota a pag. 8 laddove si dice "la Giunta è impegnata a dedicare costante e particolare attenzione ad alcune aree sensibili. Ad esempio, il Verbano Cusio Ossola è già posto in evidenza con specifici progetti di rilevanza regionale in materia di sviluppo turistico e difesa del suolo".
A questo punto chiarezza vorrebbe dire quali di quei progetti partono con quali soldi, con quali tempi: non saranno tutti, saranno solo alcuni.
Bene, almeno quelli partono! C'è credibilità perché si recupera un rapporto reale tra cose, gente che le aspetta e ruolo della Regione.
Potrei andare avanti in questi esempi. Dicevo che abbiamo voluto seguire un'altra strada a rischio di semplificazione e di semplice titolazione. Perché abbiamo voluto fare questo? Perché dietro a questa titolazione, nell'80% dei casi non ci stanno cose che devono ancora essere fatte, ma ci stanno cose che sono già state proposte e giacciono (e vedremo il modo di tirarle fuori dalla giacenza) in una preoccupante disattenzione di confronto da parte della maggioranza che, come ricordavo prima, ha i numeri e quando vuole ha anche tutta la determinazione per fare le cose che ritiene meglio, senza stare molto a sentire gli altri.
Faccio un esempio. Nella parte sulle riforme istituzionali abbiamo ridotto (facendo un computo ragionevole dei tempi da quell'impianto a cui pure ci eravamo impegnati con scadenza al 15 novembre) le priorità (se poi si fanno altre cose tanto meglio) a poche cose che ci paiono preliminari e pregiudiziali, ma solo quelle.
Certo, noi non possiamo che essere convinti della nostra proposta e vorremmo tanto poterla confrontare con qualche altra. Comunque, che una legge sulla struttura della Giunta e una legge di organizzazione del personale siano delle priorità per salvare il salvabile è difficile confutarlo. Sono preoccupato perché non trovo nella deliberazione della Giunta questo impegno, non trovo da parte della maggioranza questo preciso impegno. Ed è questo il ragionamento metodologico che però è il fondamento di una contrapposizione e anche di una forte critica politica. Siamo cioè nel caso in cui l'opposizione potrebbe legittimamente abdicare a responsabilità di scelte di indicazione perché nelle funzioni dell'opposizione c'è soprattutto, ed è prevalente, una funzione di controllo e di verifica dell'operato di una maggioranza che è investita di tutti i poteri. In realtà, anziché stare su questa linea ci siamo esposti ad indicare, con la massima sinteticità e chiarezza, titoli di provvedimenti e, se volete, anche date. E', per esempio, del tutto ovvio che la legge sull'informazione (che è ritornata ai fasti dell'attenzione per un convegno, ma evidentemente non dentro ad una vera e propria intenzione politica della Giunta che l'ha proposta o della maggioranza di mandarla avanti) è attesa e per tanti motivi è una delle leggi che riteniamo prioritarie.
In materia di ambiente e territorio noi non proponiamo nuove cose da mettere in cantiere, perché il realismo di questa proposta deriva dal fatto che attingiamo o a quello che abbiamo proposto o a quello che non solo noi abbiamo proposto, ma che comunque è già in condizioni di poter essere definito.
Faccio un esempio per tutti. L'approvazione dei piani territoriali con integrazioni paesistiche è uno di quei casi in cui addirittura ci sarebbe da vergognarsi leggermente di definirlo nel Piano di sviluppo come impegno prioritario visto che si tratta di un intollerabile, colpevole e gravissimo ritardo. E' difficile mettere tra le priorità positive quello che per inerzia è già diventato uno dei motivi di vera e propria disobbedienza istituzionale.
Andiamo avanti. Sull'emergenza acqua noi non abbiamo scritto dei contenuti. Facciamo riferimento ad una mozione (certo i contenuti che abbiamo presentato sono i nostri) e alla necessità di definire divieti e azioni in positivo come riprendiamo, ad esempio, nella parte agricoltura.
Parte agricoltura che non abbiamo voluto trattare come universo mondo, ma che abbiamo cercato di prendere nell'ottica della priorità della potabilità dell'acqua e delle azioni oggi da farsi. Abbiamo selezionato, abbiamo fatto quello che comunemente è chiesto ai governi, a chi ha responsabilità di programmazione.
Per i settori sanitario e assistenziale, proprio per non appesantire troppo, facciamo rinvio a un nostro documento e alle nostre proposte in positivo - non so se chiamarlo contropiano o quasi, visto che tanto il piano non c'è - in materia di sanità e assistenza.
Ci si deve dire se su una mozione del genere, al di là delle valutazioni politiche sul piano che trovano maggioranza e opposizione (come è emerso dal dibattito) anche chiaramente avverse, non sia più utile cimentarsi sul togliere o aggiungere altrettanti simili impegni concreti piuttosto che approvare una deliberazione che io rilevo, pur in qualche annotazione, interessante politicamente, assolutamente molto vecchia, nella vecchia concezione descrittiva e desiderativa dei piani e con una genericità sul piano degli impegni che se è comprensibile il primo anno di legislatura, diventa colpevole l'ultimo anno.
Caro Presidente Beltrami, intuisco certe ragioni che ti portano, a volte in maniera irritante, alla materialità di un confronto politico che si misura poi in voti, in interessi, in tante cose. Poi apprezzo anche questo tuo volitare e tutto sommato considerare che nel mondo è pure importante andare avanti, anche se i problemi non si risolvono oppure è difficile risolverli. Ho intuito e ho cercato di rendermi conto di una personalità; devo dirti però che come Presidente della Giunta, quindi non come persona, io ti giudico - ed è giusto che io ti giudichi proprio sul fatto che tu e la Giunta continuate ad ammannirci un po' di acqua fresca un po' di fumo e di impegni generici, e in realtà la Giunta non riesce a essere capace di stare sulla definizione di qualche cosa.
Faccio allora una proposta. Se non si è maturi o non sono mature le condizioni o appare troppo indigesto il reperto di tre pagine che ho or ora presentato, si può anche scegliere di prendere solo un argomento (gli altri li possiamo fare in un altro momento), ad esempio quello sui diritti dei cittadini. Noi abbiamo fatto queste proposte e crediamo che abbia dignità di piano di sviluppo, per i messaggi che attraverso il piano si possono dare, l'indagine conoscitiva sul rispetto dei diritti dei lavoratori nei luoghi di lavoro. Ci si risponde su questo o no? O si elude. La deliberazione della Giunta che per la parte comprensibile approva il piano predisposto, per l'altra è elusiva. Dato che perfino il pentapartito nazionale si è messo in testa di punire l'elusione (quella fiscale), credo che sulle elusioni sia venuto il momento non solo di lamentarci dall'opposizione, ma di fare un sano esame di coscienza. Esame di coscienza che non può essere reso solo nelle sedi a ciò deputate per la propria anima, ma che sul piano politico deve essere reso anche ad un'assemblea e potenzialmente a coloro che ascoltano.
Concludo dicendo che non illustro tutta la mozione, che è strutturata con atti già compiuti.
Nel documento della Giunta intuiamo anche delle lodevoli intenzioni per esempio sul Po, ma - ahimè! - mentre vedo delle buone intenzioni dall'altra parte leggo che si tratta di una formazione che resta lì. Perch dire, in chiusura di dibattito, che "oggetto di attenzione è il Po sul quale convergono lavori intersettoriali finalizzati alla predisposizione del PTO" vuol dire quello che c'è, ma non vuol dire quello che si vuole fare e quando lo si vuole fare! Dato che il caso del Po è emblematico di una legge che o la si approva entro la fine dell'estate oppure per la sua portata rischia di essere ingoiata in un bailamme elettorale che rende molto difficile procedere, sarebbe molto opportuno, non elusivo, quindi come tale non perseguibile, almeno politicamente, se ci fosse l'indicazione che si fa questo e si mette una data.
Come andrà questo dibattito? Vedi, Carletto, questo è proprio un altro universo, questo è il problema. E' un altro universo, un altro modo di approccio, che mi pare un contributo serio, di un governo (non so se ombra o meno), certo di una formazione di opposizione che si propone obiettivi non solo di controllo, ma anche di proposta e di governo.
Se come temo non muterà nulla e il dibattito si limiterà a far valere con tutta tranquillità la forza dei numeri, quella stessa forza dei numeri che evidentemente non si vuol far giocare per portare in aula perfino le proposte che voi avete fatto perché evidentemente c'è qualcosa che non funziona in questa maggioranza, se non sarà così noi ci premureremo di esercitare una funzione nei termini regolamentari che ci sono permessi, per porre all'o.d.g. dei lavori di questo Consiglio, siano esse le Commissioni o l'aula, i temi che abbiamo indicato nella mozione e a cui abbiamo lavorato.
E' ora di uscire dall'area dell'elusione e andare sul terreno di alcune scelte che forse o realizzabili o avviabili alla realizzazione per il '90 sarebbero possibili. E questo vorrebbe dire molto per recuperare quegli elementi di difficoltà di rapporto che rendono la Regione molto impalpabile.
Non disprezzo gli sforzi fatti con i protocolli, con le intese, ma il problema è per tutti di assumersi la responsabilità di qualche atto. Non è un caso che il processo che sembra più avviato, e più arduo, sia quello dell'impegno a rivedere la legge n. 56/77. Non vorrei che questa vicenda ritornasse come argomento del tutto consumato, che stranamente arriva alla fine della legislatura come una specie di grande talismano esorcizzatore che viene preso in mano quando non si sa più cosa fare. Si prende la legge n. 56/77 che esorcizza tutti i problemi perché all'interno della stessa pu starci tutto. Mi pare molto poco, pur apprezzando gli elementi di merito che ho visto, per onorare gli impegni concreti al 1990 del Piano di sviluppo. In questo senso caldeggio il confronto: se la deliberazione debba essere predisposta come ha fatto la Giunta oppure possa essere tradotta in uno strumento operativo ed impegnativo che è quello che proponiamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, intervengo sui due documenti propostici e mi soffermerò in particolare sulla proposta di deliberazione della Giunta. Se ho letto ed inteso bene i documenti che hanno animato la discussione della settimana scorsa mi pare si possa concludere che il Piano regionale di sviluppo in realtà non esiste. Dovendo spiegare il motivo per il quale siamo contro questa deliberazione, potrei cavarmela dicendo che approvare una cosa che non c'è, è evidentemente un controsenso. Le deliberazione afferma che si approva un "Piano", dopodiché si scrive una sequenza di propositi sufficientemente generici, non determinati storicamente n politicamente praticabili nel tempo che resta per la durata del piano, che ne suggellano, per l'appunto, l'inesistenza.
Ma ragioni più profonde ci inducono ad essere contrari a quanto proposto dalla Giunta, che vorrei offrire all'attenzione dei colleghi. Mi soffermerò pertanto su qualcuna di esse. E, tanto per cominciare, i tempi per discutere un argomento del genere sono già qualità politica: a un anno dalla fine della legislatura ci esponete ancora intenti generici. Non c'è dubbio che, nella stesura di questo interminabile romanzo d'appendice, come lo definivo nella seduta del 7/2/1986, hanno pesato anche questioni obiettive di indeterminatezza istituzionale; l'abolizione dei Comprensori ha messo in difficoltà un disegno di lettura e di intervento sulla realtà socio-economica della nostra Regione. Ciò, inevitabilmente, ha pesato. Ma per fare un piano che sia fondato storicamente e che sia politicamente percorribile da qui alla fine del nostro mandato, sarebbe stato utile ed opportuno, anzi indispensabile, fare un bilancio di merito su quanto è stato attuato dai piani precedenti. Non basta cavarsela - come ha tentato di fare il Capogruppo della DC - con quattro battute su "come erano cattivi quelli che c'erano una volta" (e, a scanso di equivoci, noi non c'eravamo).
Bisognerebbe aver detto quello che non si è fatto e perché. E questo bilancio non ci pare ci sia.
C'è invece, Assessore Vetrino, una rincorsa degli eventi economici sociali ed ambientali. Al riguardo, assistiamo ad una mera registrazione da parte degli organi di governo e dell'intera assemblea per i rapporti di forza che qui dentro si esprimono - di quel che accade; quando va bene si tenta una piatta mediazione degli interessi in gioco a vantaggio degli "interessi forti"; il "laisser-faire" - come si sarebbe detto una volta nei campi della sanità e dell'ambiente in particolare, è assolutamente istruttivo.
Certo, emerge una procedura per l'elaborazione del piano in effetti troppo farraginosa, come si lamenta da più parti. Ci sono regole che devono essere ridefinite, ma qui posso dirlo solo incidentalmente. Ci sono e lo ribadisco - alcuni limiti oggettivi nel proporre documenti di questo genere, ma sono i nodi politici che ci portano ad essere in netto dissenso nei confronti dell'impostazione propostaci. Quello che emerge è, sempre e soltanto, la vostra volontà di deregolazione. Ha proprio ragione il Consigliere Bontempi quando dice: "quando non avete null'altro da fare ve la prendete con la legge n. 56/77". Dietro ai vostri assalti alla pianificazione c'è la volontà di rimuovere ogni ostacolo a favore degli interessi costituiti. Senz'altro, è la via "più facile" e più redditizia forse - per voi.
Il Presidente Beltrami ha ripetuto ancora questa mattina più volte: "siamo ingessati". Non si riferiva, evidentemente, agli abiti indossati.
Noi che comunque preferiamo il "casual" vi diciamo che non guasterebbe un po' più di fantasia, per non assecondare piattamente la volontà degli interessi dominanti ad avere campo libero e vita facile. Sarebbe viceversa, più utile ed anche più difficile praticare una politica di programmazione che è diversa, almeno nella nostra concezione, da una politica di pianificazione centralistica che, sin dal nostro sorgere abbiamo fermamente criticato, per aderire sul serio alle esigenze (mutevoli) che la società civile pone alle istituzioni rappresentative. Non per questo non si può fare, anzi per noi è auspicabile, una politica di programmazione che sia di effettivo indirizzo, individuazione di priorità e perseguimento di finalità sociali. Ma per farlo occorrerebbero basi materiali e volontà politiche che oggi non si intravedono sui vostri banchi di governo.
Voi dite: "vogliamo programmare in modo moderno e più flessibile per orientare le opportunità". Parrebbe che siamo d'accordo. In verità, dietro a questa frase ci sta o la falsa coscienza o la mistificazione rispetto a quello che realmente avviene. La realtà è un'altra. Occorrerebbe avere tanto per cominciare, risorse proprie per creare - è questo che noi intendiamo per programmazione flessibile, sensibile e permeabile alle esigenze della società civile - il solco in cui incanalare i riequilibri economici, sociali ed ambientali.
Nel Verbano Cusio Ossola, ad esempio, bisognerebbe avere effettivamente la volontà politica e le basi materiali per impiantare attività produttive e sostitutive alla deindustrializzazione. Occorrerebbe, in altre parole proporre interventi positivi, come avviene in altri campi, a livello nazionale, con la fiscalizzazione degli oneri sociali o simili.
Questo non si fa né si può farlo adeguatamente a causa della scarsità delle risorse libere. E questo lo sappiamo. Dietro le parole "vogliamo programmare in modo moderno e più flessibile per orientare le opportunità" ci sta allora, lo ripeto ancora una volta, o la falsa coscienza oppure la mistificazione.
Non era mia intenzione dilungarmi nel merito e quindi mi avvio, signor Presidente e colleghi, a concludere, non senza aver richiamato alcuni contenuti forse più concreti dei concetti necessariamente generali che ho potuto riprendere nello spazio consentitomi.
Nel Piano regionale di sviluppo manca una coscienza vera intorno all'emergenza ambientale, fatto salvo il risanamento della Valle Bormida su cui noi possiamo essere, per le cose che nel documento vengono dette moderatamente soddisfatti. Però, Assessore Vetrino, converrà con noi che se su questo punto può riscontrare l'apprezzamento di ampie forze di questa Regione, non è perché ci avevate pensato voi. Nel caso della Valle Bormida quel che c'è di concreto è stato strappato a furor di popolo, con una discussione, pur frammentaria, durata per un anno e su sollecitazione dell'opposizione oltre che delle popolazioni locali.
Se volete la riprova dei vostri ritardi e della vostra mancanza di coscienza vera intorno all'emergenza ambientale, valga per tutti il Piano dei siti per lo smaltimento dei rifiuti, su cui ci siamo già soffermati nello specifico in altre occasioni e su cui questo Piano di sviluppo non fa che ripeterne i limiti che a sua volta abbiamo dovuto evidenziare e che lo tengono, di fatto, bloccato. Nel mentre i rifiuti "selvaggi" crescono.
Per procedere rapidamente non parlerò della sanità, su cui abbiamo avuto modo di soffermarci ampiamente nel novembre scorso e dove più netta è la volontà di "deregulation" portata avanti da tutta la Giunta - al di là di eventuali dissensi all'interno della stessa che però non emergono - con grande determinazione e arroganza dall'Assessore Maccari. E' la pervicace volontà - degna di miglior causa - di smantellare quel minimo di Stato sociale e di attenzione ai bisogni (in particolare dei più deboli) che in questi anni faticosamente si è cercato di costruire e che è stato strappato dalle lotte sociali di milioni di uomini e di donne.
E ci pare clamorosa, Assessore Vetrino, l'assenza di argomenti e proposte conseguenti ad un bilancio energetico regionale. La questione energetica in questa Regione, per il peso che ha nell'economia complessiva e nell'attività economica del Piemonte, non la si può affrontare e risolvere con quattro parole a proposito dell'utilizzo del sito di Trino Vercellese, destinato inizialmente ai 2.000 megawatt nucleari che finalmente abbiamo sotterrato e di cui rivendichiamo la nostra piccola parte di merito. Ci vorrebbe qualcosa di più preciso e tangibile. Nel Piano di sviluppo non c'è un bilancio del fabbisogno energetico, di come si favorisce il risparmio, di come si intendono diversificare e potenziare le fonti pulite e rinnovabili: ciò che potrebbe mettere il Piemonte di fronte alla possibilità di governare e dominare gli eventi.
Per non parlare dell'agricoltura dove non si osa nemmeno ipotizzare la sperimentazione di strade alternative alla tirannia della chimica nelle nostre campagne.
Al riguardo, avrà pure qualche fondamento il grido di allarme che appare oggi su "Stampa Sera". "E' stata tradita la ricerca agricola nel Piemonte": c'è scritto e sono tecnici e studiosi a parlare. Anche su questo versante il Piano di sviluppo non indica, cadenzandone le priorità l'imbocco di strade alternative ai disastri che dobbiamo affrontare quotidianamente, magari a proposito dell'inquinamento delle acque.
Propositivamente, bisognerebbe rovesciare come un guanto questo vostro "Piano". Cosa che, evidentemente, non intendiamo fare in questa circostanza e che naturalmente cercheremo di evidenziare, con le nostre capacità di proposta, in tutti i passaggi politico-istituzionali e legislativi che affronteremo nell'anno scarso che ci resta davanti per portare a termine la legislatura. Togliere i vincoli o i "gessi" - ripetete stancamente - per tornare a prima del 1977: ma non è questa mancanza di guida e orientamento nelle attività economico-produttive, nelle attività antropiche in senso lato, non è - dicevo - tutto questo ad aver prodotto questo sviluppo con questi disastri, con queste emergenze? Noi non parliamo tanto di politica di piano - lo ripeto - ma di programma, usando i vincoli per incanalare l'iniziativa, sia pubblica che privata, verso finalità sociali di riequilibrio e di equità. Ed ecco perch ci arrovelliamo anche intorno ad alcune questioni che possono avere una qualche rilevanza teorica (ma questo può interessare una piccola parte di noi). Senz'altro, ha una rilevanza sociale il tentativo di costruire uno sviluppo "autocentrato" sulle nostre risorse, sulle nostre caratteristiche peculiari, immaginando uno scambio della nostra economia, delle nostre comunità, con le economie e le comunità a noi vicine, alla pari. Da questo punto di vista occorre ripensare alla nostra Regione nell'Europa delle Regioni, un'Europa delle Regioni che non sia soltanto quella di qualche ulteriore (ed eccessivo) collegamento autostradale attraverso qualche ulteriore (ed eccessivo) valico. Occorre, in altre parole, immaginare una filosofia di approccio diverso ai problemi del nostro tempo in grado di rispondere alle emergenze e priorità effettive.
Chiedo scusa a tutti i colleghi che hanno avuto la pazienza e la cortesia di ascoltarmi fino in fondo. L'ho fatto perché mi sono sentito doverosamente impegnato nei confronti di chi ha proposto idee che abbiamo lealmente e onestamente criticato, ed anche nei confronti di tutti quei miei compagni che hanno lavorato con me ad analizzare questi materiali e a prospettare approcci diversi. Mi sono sentito impegnato - dicevo - a ricapitolare alcuni ragionamenti di fondo che ci portano ad essere molto distanti dal tipo di impianto che ci è stato proposto, senza mancare di rilevare gli elementi di conflitto politico nella stessa maggioranza di pentapartito che tutte le parole di Carletto, focose o meno, non potranno occultare, per tutto quello che è stato detto in quest'aula e nei dintorni di quest'aula. Dopo quattro anni di vostre discussioni sulla necessità di superare i dieci anni precedenti, ad un anno dalla conclusione del mandato non fate che proporci intenti generici, molto distanti dall'esigenza di indirizzare le attività istituzionali, economiche e produttive di questa Regione, per rispondere ad almeno una parte dei problemi principali che la collettività chiede di affrontare e risolvere.
Per tutto ciò, il voto di DP sarà negativo nei confronti della proposta di deliberazione della Giunta.



PRESIDENTE

Siccome era stato chiesto da qualche collega quali fossero le modalità dell'attuale discussione, rispondo che si tratta di interventi di dichiarazione di voto sui due documenti presentati: la deliberazione della Giunta e la mozione comunista illustrata dal Capogruppo Bontempi.
Ha chiesto la parola il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Io volevo chiederle proprio un chiarimento sulle modalità, però sul punto - mi consenta - vorrei fare rilevare alcuni elementi ai fini di un corretto ordine dei lavori. La settimana scorsa si è svolta la discussione generale e oggi c'è stata la replica della Giunta: a me pare che per un corretto modo di procedere dovrebbero adesso seguire le dichiarazioni di voto sul Piano di sviluppo e sulla relativa deliberazione. Questo perché a mio avviso la mozione del Gruppo comunista presuppone che ci sia un voto di approvazione del Piano di sviluppo, dopodiché si passa all'esame della mozione, si collocano gli interventi sulla mozione, la quale in sostanza dice - lo sintetizzo in poche parole - che di fronte a tutto il grosso programma del Piano di sviluppo, sicurissimamente irrealizzabile nell'arco dei trecento giorni, si chiedono prioritariamente determinate cose. Non è quindi logicamente possibile fare un'unica dichiarazione di voto su entrambi i documenti, anche per la ragione che all'interno di qualche Gruppo, per esempio il nostro, vi sarà un Consigliere che farà la dichiarazione di voto sul Piano di sviluppo e un altro sulla mozione. Ma a parte il fatto che va da sé che ci sarà consentito di operare in questo modo, ritengo sia opportuno che i lavori si svolgano in questo modo: dichiarazione di voto sulla deliberazione della Giunta, quindi votazione della deliberazione di Piano di sviluppo, dopodiché - a seconda dell'esito esame della mozione del Gruppo comunista.
Il Presidente ha disposto diversamente e irritualmente, se mi consente.



PRESIDENTE

No, nella sostanza le cose non sono diverse fra loro. Quando si rispetta la forma, la sostanza può essere riassunta in un intervento che ha anche il carattere di dichiarazione di voto. Lei può pronunciarsi - questa è la mia interpretazione - contestualmente sulla deliberazione e sulla mozione che naturalmente verranno poste in votazione separatamente.



MAJORINO Gaetano

Tant'è vero che il Consigliere Staglianò ha concluso dichiarando soltanto di votare contro il Piano di sviluppo e non ha preso posizione almeno nella dichiarazione finale, sulla mozione comunista.



PRESIDENTE

La forma viene comunque rispettata e la sostanza a mio parere pu essere riassunta in un unico intervento, altrimenti si ripeterebbe in merito alla mozione la discussione appena svolta sulla deliberazione.
Pertanto ritengo si debba svolgere un unico dibattito al cui termine si procederà alla votazione disgiunta di deliberazione e di mozione.



MASARACCHIO Antonino

Voglio fare una proposta, signor Presidente. E' stata fatta una dichiarazione dal collega Majorino, per cui, a parer mio, bisogna chiedere all'assemblea come procedere. Tengo a puntualizzare, per ribadire il concetto del collega Majorino, che la mozione del Gruppo comunista non si contrappone al Piano di sviluppo, ma è un'alternativa della deliberazione di Giunta, quindi non contrapponendosi al Piano di sviluppo può e deve essere votata dopo il Piano di sviluppo. La deliberazione di Giunta pu essere approvata, come del resto può anche essere approvata la mozione del Gruppo comunista. Se passasse la mozione comunista, per ipotesi assurda quanto si vuole, ma è comunque un'ipotesi di cui bisogna tener conto, pu essere poi proposta la deliberazione presentata dalla Giunta? Io la vedo così. Ragion per cui bisogna chiedere all'assemblea come procedere nelle dichiarazioni che devono essere fatte nei confronti del Piano di sviluppo.



PRESIDENTE

Io non ritengo necessario valutare l'orientamento della maggioranza di questa assemblea, se sia ciò d'accordo a svolgere una discussione ed un'altra immediatamente successiva sullo stesso argomento. Ritengo di interpretare nel modo più corretto la questione: pertanto sui due documenti che sono in questo momento all'esame dell'aula i Gruppi possono pronunciarsi, rispettando la forma e la sostanza anche in senso pratico svolgendo un unico intervento di valutazione.
E' iscritto a parlare il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'intervento che in rappresentanza del Gruppo socialista avevo svolto in sede di discussione generale l'avevo concluso dicendo che probabilmente il test di credibilità e di peso della nostra capacità programmatoria era dato non solo dalla presenza di soggetti economico-sociali interessati agli aspetti della vita della comunità poco presenti nella nostra assemblea, ma anche dalla scarsità di Assessori al tavolo del governo. Ciò mi faceva riflettere sulla capacità di incidere e di pesare con lo strumento programmatorio, se ci questo strumento è in grado di orientare e determinare la spesa, di dare la priorità come io auspico. Ritengo che uno sforzo sia stato fatto: ogni Assessore sa che da questo documento potranno derivare dei riflessi sulla sua area di competenza.
Nella deliberazione di recepimento sono stati indicati alcuni aspetti che rafforzano l'esigenza, troppo lievemente espressa nel piano, di indicare priorità, di concatenare alcuni processi di decisione e di riuscire a saldare la spesa con gli obiettivi che ci siamo dati. Forse, la chiave di volta di tutto il nostro ragionamento è che quello che diciamo pare sempre essere astratto rispetto alla spesa che si fa. Se la programmazione avesse la capacità di concatenare più rigidamente e dare più coerenza alla decisione strategica, alle determinazioni operative e alle spese conseguenti, probabilmente l'attenzione sarebbe molto più alta su questo documento, il quale caratterizzerebbe un clima di programmazione in cui si articola ed opera la Regione.
Non sottolineo le ragioni di utilizzare uno strumento programmatorio sempre più avvalorate dalla complessità della situazione in cui viviamo, ma vorrei soffermarmi brevemente su alcuni punti che nella deliberazione di recepimento recuperano alcune carenze all'interno del piano. Mi sembra rilevante, e credo non faccia parte della sfera propagandistica perché c'è un impegno in questo senso, che quando noi parliamo di un impegno per finalizzare in modo rigoroso la politica finanziaria di spesa con controllo di gestione, con un livello di informazione adeguato, è chiaro che facciamo un'affermazione di fondo, che nel grande tema del debito pubblico, dei problemi che questo prospetta, c'è l'assunzione di una direttrice strategica che è quella di usare meglio la nostra spesa per renderla più efficace e producente. Per questa strada, una Regione può concorrere ad affrontare il problema strutturale del deficit pubblico.
Dobbiamo evitare di piagnucolare sulla mancanza di risorse e non considerare sempre solo la quantità di risorse aggiuntive come unica condizione per fare politica, che si può fare anche ridando ai nostri strumenti di spesa una caratterizzazione nuova. In questo senso, l'impianto della proposta finanziaria collegato alle decisioni assume caratteri molto importanti. E' evidente che occorrerà poi accertare quanto verrà fatto per realizzare la coerenza tra i comportamenti e questo tipo di impostazione.
Vengono fatte affermazioni che sono al vaglio dei prossimi appuntamenti. Quando si dice che il FIO dovrà essere determinato in base a priorità che vengono indicate con estrema precisione (il rafforzamento dell'innovazione tecnologica organizzativa e gestionale nel nostro apparato economico; l'occupazione; l'appuntamento comunitario dell'1/1/1993), si fa un'affermazione netta sulla quale la Giunta ha una responsabilità. Si afferma anche che deve esserci un rapporto tra comportamenti di governo e documento programmatorio, preciso e vincolante, per quanto riguarda le spese che derivano dalle disponibilità finanziarie che il Governo eroga per l'ambiente. Sono affermazioni molto nette rispetto alle quali dovremo essere consequenziali. Si dice che quando avremo una disponibilità di spesa per certi obiettivi, visto che all'interno ci può essere una serie di vie alternative su come possono essere utilizzati, si privilegeranno le politiche di riequilibrio territoriale, di effetti occupazionali, di rapporto con una crescita strutturale dell'apparato produttivo, in particolare della piccola e media impresa e dell'artigianato. Questo è un impianto di programmazione, l'alveo in cui si deve muovere il governo regionale. Lo ritengo un fatto estremamente importante e il passaggio successivo sono gli atti concreti in modo che i documenti non siano semplicemente un esercizio manipolativo per assolvere ad un obbligo imposto dalle leggi regionali.
Viene anche recuperato, rispetto alla stesura precedente del piano l'approccio sulla modifica della legge urbanistica. Da noi viene letta come la definizione di nuove regole in relazione alle nuove esigenze, ma salvaguardando lo spirito, la filosofia che ha espresso la legge n. 56/77.
Forse uno sforzo di coraggio dovevamo farlo perché - come ha detto l'Assessore - tutta l'operatività sul territorio deve avere un elemento guida che è dato dalla valutazione di impatto ambientale che è una cultura un elemento con il quale dovremo approcciare tutti i problemi.
Un altro passaggio importante che tende a spezzare la logica della sommatoria dei comportamenti, per esempio dei settori, degli Assessorati, e tende timidamente a fare i primi passi per alcune politiche orizzontali (che vanno però concretizzate) è rappresentato dall'impegno della Giunta ad armonizzare i programmi e i piani di settore in corso di definizione con le indicazioni strategiche del piano. Se questa non è un'esercitazione accademica vuol dire concretamente che non ci può più essere la logica degli "Assessorati feudo", dove ognuno gestisce il proprio orticello, ma una politica per fattori che riesce ad essere lo strumento dei programmi e dei piani che si collega alla filosofia della programmazione.
C'è un punto che non sto ad emendare, ma che denota una nostra dipendenza culturale, cioè Tecnocity da estendere a Biella. E' discutibile la logica in cui è stato individuato il triangolo di Tecnocity, è stato fatto da una struttura privata che non vorrei, una volta definito l'ambito venga a battere cassa alla Regione, la quale darà il contributo.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Cosa è Tecnocity in concreto?



TAPPARO Giancarlo

Si tratta di un contenitore definito da una struttura privata al quale non vorremmo che la Regione Piemonte debba, siccome Tecnocity è diventato un mito, dire no altrimenti farebbe la figura del cialtrone, ma debba versare una quota senza nulla poter dire. Dovremmo essere noi a dare progettualità e dire che quel triangolo è imperfetto. Noi abbiamo una presenza di innovazione nell'Alessandrino, nel Cuneese, nel Pinerolese: questa definizione territoriale è un fatto di comodo così come lo schema dell'area di Boston o della Silicon Valley aveva portato la moda ad individuare dei bacini di innovazione. Dico questo non per polemizzare, ma solo perché mi sembra una cosa sulla quale non dobbiamo perdere troppo tempo, che dovremmo invece utilizzare per le operatività dirette da individuare all'interno della Regione.
Mi sembra molto importante il rilancio degli aspetti della nostra struttura economica e si enfatizza il ruolo della formazione professionale.
Bisogna dire con estrema chiarezza che non possiamo fare la figura di quelli che si lamentano che la spesa per la formazione professionale è troppo alta, potremmo lamentarci che non è adeguata agli obiettivi che vogliamo raggiungere. Potrebbe anche esserci bisogno di spese in più per la formazione del nostro capitale umano, anzi, è la nostra competenza piena potremmo giocare qui una sfida anche sulla formazione di terzo livello, che si lamenta essere una grande carenza, cioè la formazione universitaria, la formazione di alto livello.
Si parla anche di un'innovazione con attenzione alla piccola industria e all'artigianato. E' un passaggio importante. Quando abbiamo scelto la rete telematica, che va bene, ho sollevato il dubbio che poteva essere un qualcosa in più rispetto a quello che avrebbero fatto i grandi sistemi economici; dobbiamo cercare di fare uno sforzo per far sì che l'innovazione arrivi là dove l'allocazione delle risorse innovative fatta dal mercato è meno adeguata.
Vorrei portare in evidenza ai colleghi un fatto che avevo sollecitato e credo sia stato delineato nella deliberazione programmatica: se si vorrà attuare quanto è detto nella deliberazione programmatica, una limatura a qualche fonte di spesa assessorile dovrà essere effettuata. La deliberazione programmatica infatti dice: "L'esperienza di formare dei blocchi di spesa nelle risorse libere - e siccome non abbiamo soldi in più dovremo pure ricavarli da qualche parte - che formino una massa critica di intervento in alcune aree (innovazione, lavoro, ecc.), rappresenta una metodologia di intervento importante per operare". Credo che questa sia un'assunzione di impegno molto importante che tocca trasversalmente tutto l'impianto della funzione di governo e la nostra funzione di controllo.
E' chiaro che a tutte queste cose occorrerà dare coerenza nella produzione legislativa. In sede legislativa dovremo operare avendo sempre come guida, come faro, questi orizzonti di riferimento. Ci sono molte indicazioni di questo tipo.
Concludo dicendo che occorre in qualche modo vigilare sul dualismo della nostra società che è ricca in termini di valori medi, ma povera perché il 10-15% della nostra popolazione è in condizioni di reddito molto basso e marginale, quindi non possiamo dire che la media del reddito in Piemonte è molto elevata. Quando diciamo che il nostro apparato industriale lo diceva anche l'Assessore - è di una innovazione alta, dobbiamo anche tenere conto che c'è una parte che è in forte difficoltà. Quando noi diciamo che il nostro territorio bene o male non è allo sfascio come lo sono probabilmente altre realtà, dobbiamo tenere conto che in una logica puntiforme abbiamo dei punti di estrema emergenza. Il recupero di questi dualismi, che è nella filosofia di fondo del piano e che viene recuperata nella deliberazione programmatica, dovrebbe essere il faro, l'indirizzo nel quale noi collochiamo i nostri comportamenti in raccordo con le spese.
In questo senso il Gruppo socialista voterà favorevolmente questa deliberazione.
Vengo ora al problema procedurale legato al documento del Gruppo comunista, che probabilmente è anche raccordabile in una operatività più diretta nei passaggi relativi al bilancio di previsione o ad altri aspetti.
Devo riconoscere però alcuni contenuti. Si indica, ad esempio, che da talune vicende (vedi il caso FIAT) si possono anche recuperare ruoli molto importanti e legittimi di una istituzione che deve operare per la crescita della democrazia economica, delle buone relazioni industriali e dei diritti sindacali. Non vale solo il sindacato in Polonia: non vorrei che qualcuno si spellasse le mani legittimamente solo per il rafforzamento del sindacato in Polonia, perché quando il sindacato è in Italia le cose non funzionano più così. Anche l'intervento in queste aree entra nel dualismo tra una parte della società che è tutelata anche nel lavoro e una parte che lo è un po' meno. Queste attenzioni vanno nella direzione corretta: nel documento comunista ci sono stimoli che in qualche modo possono essere recuperati in momenti appropriati, per esempio in questo caso con un'iniziativa ad hoc.
Ritengo anche che alcuni aspetti sono, se non in conflitto, certamente non in piena assonanza rispetto al Piano di sviluppo e alla deliberazione di recepimento. Mi pare però che con questa deliberazione di recepimento si sia fatto un passo in avanti rispetto alle difficoltà di mettere insieme un documento programmatico certamente complesso, che rischiava di essere soltanto una sommatoria, dandogli una direzione di marcia. A questa direzione di marcia occorre dare coerenza nei comportamenti e da parte del Consiglio vigilare su questa coerenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo repubblicano esprime voto favorevole rispetto alla deliberazione della Giunta di recepimento del Piano di sviluppo e svolge questa dichiarazione di voto non tanto come un fatto dovuto in ossequio alla maggioranza, ma come atto convinto rispetto a un documento che meglio puntualizza, precisa, individua e definisce il Piano di sviluppo stesso. Un Piano di sviluppo che, come abbiamo detto la settimana scorsa, è molto ampio, forse troppo ampio, che andava ad individuare un universo di problemi, l'intero sistema delle necessità della nostra Regione. Con questa deliberazione, invece, si individuano alcuni punti fondamentali, alcuni momenti centrali e si dà particolare risalto a certe situazioni che nel piano erano contenute e che talvolta erano solo marginalmente accennate.
Alcuni di questi aspetti devono essere citati. Il primo è nella parte iniziale della deliberazione, parte dedicata alla politica finanziaria nella quale da una parte si va ad individuare la capacità della Regione di ampliare le proprie entrate, dall'altra si fa un'affermazione di contrattazione nei confronti del Governo rispetto alle entrate di competenza della Regione. Credo che questo aspetto debba essere valutato con grande forza.
E' opinione del Gruppo repubblicano che la situazione penalizzante che il Piemonte ha rispetto alla ripartizione generale delle entrate, dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni, debba essere modificata. Noi crediamo che la situazione di oggi del Piemonte sia tale da non meritare più quel ruolo di ultima Regione rispetto a tutte le altre. Questa sorta di contrattazione con l'autorità nazionale per meglio definire nuovi parametri di ripartizione deve essere fatta con grande autorevolezza e forza. Noi crediamo pure che nel momento in cui si parla di politica finanziaria e si vanno a individuare delle nuove volontà di aumento delle entrate, è implicito che in questo discorso debba leggersi anche una volontà di riqualificazione della spesa, che proprio perché è troppo forte rispetto alle entrate deve essere mirata rispetto alle esigenze della collettività.
Ci sono altri punti che ritengo molto importante puntualizzare e che erano già stati indicati dal Gruppo repubblicano. Si parla in modo preciso e puntuale, questa volta, di riorganizzazione della struttura della Regione come momento decisivo ai fini di un possibile rilancio e quasi premessa rispetto alla possibilità di adempiere alle funzioni e ai ruoli che ci siamo dati o che ci vogliamo dare con questo piano.
Credo che la situazione che non si era potuta modificare alcuni anni fa quando si parlava della riforma della struttura possa oggi essere rimossa perché esiste forse una nuova situazione. Il documento della DC, che è stato oggetto di polemiche, non da parte del Gruppo repubblicano, conteneva anche aspetti relativi ai problemi del personale. Noi siamo convinti che sia possibile oggi individuare una nuova struttura del personale, nuova struttura che a nostro giudizio va anche ad impingere rispetto ai problemi della struttura della Giunta e quindi una legge sulla stessa, legge che è contenuta nel documento del Partito comunista, ma soprattutto è contenuta nei programmi di verifica di un anno fa e che a nostro giudizio dovrebbe essere ancora recepita.
Manca poco più di un anno alla scadenza della legislatura, non si possono quindi fare grandi cose, ma certamente alcune sistemazioni istituzionali da parte del nostro ente possono essere fatte in modo che le amministrazioni che verranno dopo il 1990 si trovino quanto meno con delle premesse favorevoli al rilancio della Regione.
Nella deliberazione si sottolinea l'importanza del controllo della gestione, elemento inserito anche nel documento della verifica. Crediamo che occorra dare concretezza a questi aspetti e non lasciarli soltanto e sempre nei documenti. Se l'indicazione nella deliberazione sta a significare la volontà di operare, credo rappresenti un fatto particolarmente importante.
Si è parlato di formazione professionale. Io avevo espresso alcune perplessità in ordine ad una non precisa puntualizzazione rispetto a questo settore nel Piano di sviluppo. Mi pare che la deliberazione recuperi questa situazione e assegni alla formazione professionale un ruolo importante.
Sono d'accordo con quanto ha detto il collega Tapparo, non credo che sia una spesa troppo alta quella che la Regione Piemonte fa per la formazione professionale. Anzi, proprio per il tipo di competenza specifica della Regione, ma soprattutto per il tipo di materia, per l'importanza che essa ha rispetto alle prospettive e capacità di rimuovere cause di disoccupazione oggi presenti nella nostra Regione, la formazione deve essere considerata una grossa emergenza, perché la criticità che abbiamo oggi rispetto all'occupazione è diversa, ma altrettanto grave rispetto alla criticità alla quale andiamo incontro, cioè la carenza non di domanda di lavoro, ma di offerta di lavoro qualificato. Se la Regione Piemonte ha un ruolo, e crediamo che lo debba avere, la formazione professionale è certamente uno strumento capace di incidere profondamente rispetto a questa necessità.
Oggi esiste una situazione nuova in questo campo, c'è l'unanimità del Consiglio regionale rispetto agli obiettivi che la formazione professionale si deve dare. Agli ordini del giorno approvati all'unanimità dal Consiglio regionale occorre dare seguito e dei contenuti. Questo è il momento di farlo e ci auguriamo che l'Assessore quando ci presenterà i piani dei corsi sappia dare delle indicazioni per raggiungere questi obiettivi.
C'è un altro elemento nuovo rispetto al Piano di sviluppo ed è la questione energetica. Si diceva troppo poco sul problema dell'energia nel Piano di sviluppo; qualcuno diceva "per fortuna si dice poco", io pensavo invece che "per sfortuna si dice poco" non per quello che leggiamo oggi sui giornali, ma per quello che sappiamo. Il problema energetico è fondamentale per l'economia industrializzata del mondo intero e certamente per la regione Piemonte. Abbiamo grossi problemi energetici da affrontare e credo che la Regione Piemonte non possa porsi dei limiti, ma credere allo sviluppo che vuol dire energia pulita. Il collega Staglianò ha ascritto al suo Gruppo il merito della scelta fatta in ordine alla centrale nucleare di Trino, noi sappiamo però che esiste un grave deficit energetico che deve essere risolto non con la storia, ma con dei comportamenti precisi e puntuali ai quali la Regione deve partecipare. Quindi il fatto che questa deliberazione riproponga il problema dell'energia noi lo giudichiamo positivamente.
Questi sono i motivi per i quali riteniamo che tale deliberazione debba essere approvata perché rispetto ad un Piano di sviluppo complessivo va a puntualizzare aspetti significativi sui quali avevo posto dei problemi nell'intervento della scorsa settimana.
Rispetto alla mozione presentata dal Gruppo comunista devo dire che non intendo bene il senso di questa mozione. Se questo documento ha lo scopo di dire "c'è poco tempo, andiamo ad individuare le cose che ci sono da fare e che si possono ancora fare" è un fatto positivo che dev'essere guardato non soltanto con questa mozione, ma con un confronto complessivo. Se è vista in quest'ottica non credo che possa essere posta in votazione questa sera, ma dovrà essere oggetto di discussione e di confronto con i proponenti al fine di individuare i comportamenti da tenere da oggi al 1990. Se invece la si intende porre in votazione questa sera, avendo perplessità in ordine ad alcuni elementi che sono presenti e ad altri che non lo sono, il Gruppo repubblicano esprimerà voto negativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente e colleghi, non ho molto da aggiungere all'intervento che ho svolto la settimana scorsa in merito al Piano regionale di sviluppo.
Dall'intervento della settimana scorsa emergeva chiaramente, anche se non espressamente dichiarato, il mio voto contrario sul piano. Voto contrario che allora come adesso è temperato dal giudizio favorevole in merito ad alcune delle singole azioni proposte dal piano. Ciò non toglie che il documento in sé debba essere giudicato in maniera molto sfavorevole per i modelli culturali ai quali questo piano fa riferimento: la fiducia nei modelli e nel concetto dello sviluppo. Avevo detto che avrei preferito un piano non di sviluppo, ma che si autodefinisse di riequilibrio regionale.
Avevo inoltre affermato che i modelli di sviluppo che qui vengono previsti potrebbero far sì che questo piano potesse tranquillamente fregiarsi del titolo "Piano regionale di distruzione programmata del territorio". Lo avevo detto l'altra settimana, non ho cambiato opinione, come non l'ha cambiata nessuno in quest'aula dall'altra settimana ad oggi. Aggiungevo inoltre un'altra tesi che, tra l'altro, considerata la bozza di deliberazione di cui si sta concretamente parlando che l'altra settimana non c'era, non può che essere ripresentata. La tesi è questa: il piano descrive (o non descrive, ma dà per implicita) una situazione piemontese diversa da quella reale per quanto riguarda la situazione di emergenza complessiva in materia ambientale. Da questa situazione di emergenza discende la necessità che qualsiasi piano, sia esso un piano di equilibrio oppure un piano di sviluppo, debba prestare particolare e prioritaria attenzione ai problemi del risanamento ambientale. Queste questioni non le vedevo emergere a sufficienza (si deve sempre dire "a sufficienza" perch in un piano di questa dimensione c'è comunque scritto un po' di tutto quindi nessuno può affermare che non si dice che nel Piemonte c'è emergenza). L'emergenza, da un lato, e la necessità del risanamento ambientale, dall'altro, non vengono mai prese in considerazione come vincoli decisivi e fondamentali per qualsiasi politica o di riequilibrio o di sviluppo che una qualunque amministrazione intenda intraprendere, visto che gran parte delle risorse nazionali, regionali e locali devono e dovranno di fatto essere investite per sanare, curare e rimediare (assolutamente non prevenire perché a questo nessuno ci pensa) i guasti delle errate politiche ambientali condotte nel passato e nell'attualità immediata. Basta dire una cosa: il Piano regionale per l'organizzazione dei servizi di smaltimento, ma soprattutto le modalità e i modelli con i quali viene attuato, faranno sì che alla prossima legislatura chi sarà Assessore all'ambiente (tra il 1990 e il 1995) presenterà il suo piano delle bonifiche relativamente a quei siti per i quali adesso si concedono, in maniera direi scriteriata, autorizzazioni di ogni genere connesse con lo smaltimento dei rifiuti. Per cui il Piano regionale di sviluppo dovrebbe fin d'ora prevedere la bonifica di ciò che adesso si autorizza.
Questi ritardi culturali rendono precario e difficile anche l'apprezzamento di quelle parti del piano (ad esempio, il progetto di Piano Territoriale Operativo e di Parco del Po, uno dei progetti che vorrei non fosse solo scritto nel piano, ma anche realizzato) sui quali questa Giunta l'intera comunità e anche la mia forza politica vogliono scommettere. Non si può realizzare questo Parco e, mi auguro, anche gli altri, in una sorta di slalom tra cave, inquinamenti idrici, violazioni della legge Merli mancanza di ogni monitoraggio, progetti faraonici e dissennati a cominciare da quelli della Provincia di Torino relativi a nuova viabilità e nuovi interventi infrastrutturali di ogni natura, ordine, grado, rango all'insegna di una fantasia paurosa, nel senso che tutto quello che si pu inventare le Province, soprattutto quella di Torino, in questo caso inventano. Fino quasi ad inventare interi paesi per inventare le strade da fare per arrivare fin lì.
E' in questi vincoli e in questo contesto che diventa poco plausibile e anche sotto certi aspetti incapace di sviluppare appieno le proprie valenze, la parte seria di politica ambientale che è dentro questo piano.
Venendo brevemente a scorrere la deliberazione, per non scorrere nuovamente il Piano di sviluppo come avevo fatto l'altra volta, la prima cosa in cui ci si imbatte è la politica relativa ai progetti FIO. Le scelte regionali di richieste di finanziamento al FIO a me paiono assolutamente indecifrabili se non all'interno di una logica di spartizione tra i vari Assessorati. Tra l'altro, questo è un dato ovvio. In questa logica, abbiamo in media due progetti FIO che tutelano l'ambiente contro ventidue che lo danneggiano. L'unica logica è concentrare probabilmente tutti gli Assessorati anti-ambientali per definizione (i trasporti, per cominciare) in un solo Assessore e dividere in undici Assessori le competenze ambientali "buone", così che poi nella ripartizione avremo undici a favore anziché ventidue contro. Allora, i progetti del FIO (basti pensare a quello dell'invaso della Combanera o quelli relativi all'inceneritore di Moncalieri o ad altri impianti di quel genere) consegneranno a noi, ai nostri figli, alla futura amministrazione, un Piemonte con problemi di degrado ancora maggiori di adesso.
L'altra parte - l'avevo già richiamata e la ritrovo nella deliberazione riguarda i valori e le priorità che sono alla base della pianificazione urbanistica e della pianificazione territoriale. Cosa vuol dire l'unione tra obiettivi di tutela e di valorizzazione dell'ambiente e delle risorse quando sappiamo benissimo che per molti operatori e partiti politici l'ambiente è una risorsa da sfruttare, quindi da distruggere per produrre profitto e per produrre - direbbe Staglianò che usa certi termini obsoleti plusvalore? Cosa vuol dire chiedere che i necessari aggiornamenti innovativi possano assicurare un corretto e rapido svolgimento delle iniziative economiche e di trasformazione del suolo? Il vero problema non sono più le "trasformazioni" del suolo, sono la tutela del suolo, la difesa del patrimonio che ancora rimane. Qui, invece, si propongono i soliti snellimenti per far sì che le iniziative economiche e di trasformazione del suolo possano svolgersi più rapidamente, con meno - diceva a suo tempo Guido Carli - "lacci e lacciuoli". Frase poi diventata storica. Certo, che e qui si parlava di lacci e lacciuoli - contro i bulldozer e le escavatrici ben poca cosa possono fare. Ci auguriamo che all'interno di questa concezione la legge n. 56/77 rimanga un laccio e un lacciuolo, per quanto esile e per quanto ormai logorato.
La deliberazione prosegue: "con un processo di gestione del territorio che sia in grado di adeguarsi all'evolversi dei bisogni socio-economici e al manifestarsi delle conseguenti trasformazioni del territorio, conferendo certezza di diritto ad operatori pubblici e privati". Qui si tocca con mano che problemi di risanamento, di tutela, di riequilibrio e di emergenza ambientale non esistono, che le leggi in materia urbanistica debbono essere soltanto finalizzate all'intervento degli operatori economici.
Grosso modo, questo atteggiamento culturale lo si ritrova ancora a pag.
5: "la valorizzazione dell'ambiente e delle risorse, una rapida realizzazione delle decisioni di trasformazione del suolo e delle iniziative economiche". Quindi io non me lo sogno questo concetto: compare nel piano e per ben tre volte in tre punti diversi della deliberazione, mai contemperato da iniziative o anche soltanto da parole ed espressioni di segno contrario.
Ritorna ancora - e sarà un tasto sul quale, magari isolato in quest'aula, io parlerò - una concezione della montagna come spazio da colonizzare sia attraverso forme di iniziative che vengono definite di valorizzazione turistica sia attraverso le vie di comunicazione internazionali, sia ancora attraverso il reperimento di risorse in montagna in conseguenza delle politiche condotte dalle zone forti. Mi riferisco in particolare agli interventi in campo energetico e nel campo del reperimento e approvvigionamento di acqua potabile.
La mancanza di ogni politica relativa alla tutela dei corpi idrici, sia superficiali che sotterranei, nonché degli acquedotti esistenti, di fatto non fa altro che attuare una politica di rapina nel territorio montano. E lasciamo perdere le strade, le superstrade e le autostrade: anche queste nonostante la demagogia con la quale le si spaccia, sono finalizzate agli interessi del potere urbano. E con questo termine non intendo soltanto l'industria in quanto tale, ma anche i cittadini e i turisti del week-end quindi di chi abita nelle grandi concentrazioni urbane.
Ritorna il concetto di innovazione tecnologica come valore necessariamente positivo, valore positivo in sé e non per le azioni e i risultati che produce o meno: l'innovazione, la modernizzazione sono una sorta di feticcio al quale noi stiamo sacrificando quel po' di territorio che rimane.
Non ritengo necessario citare un'altra volta le tesi sulla filosofia della storia di Benjamin rispetto a questa concezione del progresso e a questa fiducia che è irrazionale, che è di tipo magico, tipica del mondo pre-industriale, fiducia che nutriamo nei confronti della tecnologia alla quale consegniamo addirittura la nostra capacità di comprendere quello che sta succedendo.
Ultima considerazione: evitiamo le reticenze come quella relativa alla Valle Bormida. Non stiamo concertando con lo Stato sui temi del disinquinamento. Allo Stato abbiamo chiesto di chiudere l'ACNA e quindi poiché questo l'abbiamo già deciso praticamente tutti insieme, cerchiamo di non fare ogni volta che possiamo un passo indietro rispetto a una decisione presa. Al "concertare con lo Stato sui temi del disinquinamento" occorrerebbe aggiungere è un emendamento che propongo - "a partire dalla già presentata richiesta in merito alla chiusura dello stabilimento".
Altrimenti, la nostra fiducia nell'industria - si chiami Montedison o in qualsiasi altro modo - appena ci si distrae un momento, la si ritrova trasbordare da tutte le parti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, una prima considerazione di rilievo si impone. E' innegabile che questo terzo Piano di sviluppo proposto dalla Giunta pentapartitica, che sta per essere sottoposto al voto del Consiglio, perviene fuori tempo massimo.
Si tratta di un dato di fatto oggettivo e politico incontestabile.
Infatti questa mattina, molto onestamente, il Vicepresidente Vetrino ha spiegato le ragioni, a suo avviso, giustificatrici del ritardo, ma non poteva dire che ritardo non c'era. E' un dato incontestabile, se è vero come è vero, che il secondo Piano di sviluppo della Giunta di sinistra and ad approvazione quattro mesi prima della fine della terza legislatura, così come è altrettanto vero che questo terzo Piano di sviluppo per la Giunta pentapartitica vada ad approvazione trecento giorni prima.
La differenza fra questi due "fuori tempo massimo" è molto sottile e soltanto l'orologio del cronometrista sarebbe in grado di cogliere la differenza del massiccio ritardo rispetto ai tempi dovuti e quindi rispetto alle precise regole previste dallo Statuto e prescritte dalla legge sulla programmazione. Si era censurata la Giunta di sinistra che aveva fatto calare in aula quattro mesi prima della scadenza della legislatura il suo Piano di sviluppo, non vedo quindi come si possa non censurare la Giunta pentapartitica che lo fa calare in aula trecento giorni prima. Come dicevo solo il cronometrista può dirci che differenza ci sia fra i due ritardi e fra le due pretese di vedere realizzato un Piano di sviluppo in così breve tempo, ma il discorso non è solo questo.
Vengo comunque alla stagione politica attuale, quella appartiene al passato.
E' un ritardo che per quanto concerne l'odierno Piano di sviluppo ci consente di firmare con tranquillante certezza, e senza poter essere seriamente smentiti, in quanto soltanto una minimissima parte delle previsioni di questo piano e dei suoi progetti potrà trovare approdo in quest'aula in quel poco che ci rimane della corrente legislatura, entro l'aprile del 1990.
A tal proposito devo ricordare, senza che il mio intervento possa apparire strumentale, che con una felice e azzeccata formula di sintesi, il Consigliere Brizio, attuale Assessore al personale, quando era all'opposizione e rivestiva la carica di Capogruppo della Democrazia Cristiana, dava un'esatta definizione del Piano di sviluppo. Diceva testualmente: "Il Piano di sviluppo consiste nel programma della Giunta ovvero nel complesso degli interventi e delle azioni che la Giunta ritiene necessarie ed opportune per lo sviluppo della Regione" e, in coerenza con questa definizione, subito dopo proseguiva affermando solennemente: "Il Piano di sviluppo a fine legislatura appare improponibile".
Io non sto estrapolando delle frasi per riportarle oggi pari pari nel corso di questa dichiarazione di voto, dire però che "il Piano di sviluppo a fine legislatura appare improponibile" è un'affermazione oggettiva di carattere universale nell'ambito della Regione. Questa affermazione trov perfettamente d'accordo tutte le forze di opposizione di allora, in particolare la nostra, e forse più e meglio entrando nella definizione noi definimmo il Piano di sviluppo come lo scheletrato all'interno del quale e per l'intero arco di una legislatura vanno collocati con coerenza un programma di governo e i vari bilanci preventivi che del programma sono la logica e la conseguenza. Questa nostra definizione trovava un preciso addentellato legislativo, anzi trova perché questa è la definizione in astratto del Piano di sviluppo, nella legge sulla programmazione, il cui art. 10 che ne statuisce l'efficacia recita che "il Piano di sviluppo costituisce indirizzo, prescrizione e vincolo della Regione, dei suoi enti strumentali e degli enti locali, ai quali si può derogare solo con una specifica previsione legislativa". Concludemmo anche noi per l'improponibilità del Piano di sviluppo presentato a fine legislatura.
Assessore Brizio, mancano trecento giorni lavorativi alla fine della legislatura e adesso dite che il Piano di sviluppo è proponibile, quando allora dicevate che non lo era! Avrei avuto piacere che ci fosse stato un intervento in sede di discussione da parte dell'Assessore Brizio che spiegasse perché nel dicembre 1984 riteneva improponibile un Piano di sviluppo che aveva soltanto, per essere attuato o mandato ad attuazione in tutto o in parte, quattro mesi di vita e perché adesso in trecento giorni il piano dovrebbe essere proponibile. Sempre senza voler essere strumentale, il Vicepresidente Vetrino, che è una coautrice di questo Piano di sviluppo e una convinta sostenitrice dello stesso quando anche lei si trovava sui banchi dell'opposizione, di fronte al secondo Piano di sviluppo disse che "il Piano di sviluppo è l'interpretazione programmatica di una volontà politica e la carta degli intenti è il filo conduttore a contenuto programmatico". Noi eravamo solidali con lei quando sedeva sui banchi dell'opposizione; con vigore affermava: "Credo che il Piemonte avrebbe guadagnato qualcosa se fallita la piattaforma politica del Piano di sviluppo la Giunta avesse assunto quei tre o quattro provvedimenti da realizzarsi nei pochi mesi che rimangono". Quelle sue affermazioni sono proprio di attualità e non si comprende perché, essendo questa una sua affermazione ancora di attualità avente un contenuto oggettivo e come dicevo prima universale come valenza, oggi non si sia comportata nella sua veste di Vicepresidente della Giunta regionale in eguale maniera, cioè di fare un censimento delle cose, dei provvedimenti amministrativi e legislativi, dei progetti attuati fino ad oggi, quelli che erano scritti e promessi nel documento programmatico del 30/7/1985, nel documento di intenti del gennaio 1986, nel programma del 28/7/1987, di spiegare perch solo una parte di tutto ciò era stato attuato e di quello che si poteva fare nei prossimi trecento giorni.
Questo sarebbe stato a nostro avviso un documento politico serio seriamente sostitutivo del Piano di sviluppo sul quale sarebbe stato possibile confrontarsi sia oggi nella enunciazione degli indirizzi, sia nei prossimi trecento giorni.
Ma veniamo ai giorni nostri. Intendo riferirmi alla principale giustificazione che dal Vicepresidente è stata data questa mattina relativamente al ritardo. Lei ha detto che il ritardo per noi causa di improponibilità, per lei mero ritardo - è dovuto essenzialmente e principalmente alla macchinosità della legge n. 43 sulla programmazione.
Siamo d'accordo, noi abbiamo avuto occasione in questi anni, nel corso di questa legislatura come nella precedente, di denunciare la macchinosità e la complessità della legge n. 43 sulla programmazione, anche perch l'intelaiatura di questa legge si basava sull'istituto del comprensorio quando è noto che il comprensorio ha avuto in quest'aula una onorata sepoltura nel dicembre 1984. Si trattava quindi effettivamente di una legge da rivedere, da revisionare, da rifare, ma questa mattina ci è stato detto che in definitiva il ritardo è dipeso dalla vigente legge della programmazione, ci è stato detto che andrà cambiata e che si provvederà a cambiarla nei trecento giorni. Mi si consenta di osservare che dire "c'è stato un ritardo (che per noi produce improponibilità) la cui colpa è da ascrivere alla legge sulla programmazione" è un discorso che è molto fragile perché tutto questo stava già scritto a chiare note nel documento programmatico del 30/7/1985 ove si affermava perentoriamente: "Si dovrà procedere ad una coerente modificazione della legge regionale sulle procedure della programmazione". Si proseguiva dicendo: "Si tratta di ricostruire, sulla base di un nuovo strumento legislativo della programmazione, il processo stesso di programmazione regionale, in chiave operativa e non in chiave puramente documentale". Tutto questo invece non è stato fatto, perché oggi, attraverso questo Piano di sviluppo, è stato ricostruito il processo sulla base di una legge che si diceva (era il 30/7/1985!) "molto presto verrà riveduta e corretta", di fatto quindi la programmazione è stata ricostruita su una chiave puramente documentale.
Quando si dice che la nuova legge sulla programmazione potrà riguardare la futura assemblea e il futuro governo regionale nel momento in cui si accingerà a predisporre il quarto Piano di sviluppo, mi si consenta di fare una dichiarazione che è certezza di scetticismo perché se dal 30/7/1985 ad oggi non è stata proposta, io penso che nei trecento giorni a venire succederà la stessa cosa.
Restiamo quindi a un documento puramente documento in quanto tale e non a qualche cosa di operativo come peraltro ci era stato detto e promesso solennemente nel documento programmatico del gennaio 1986. Abbiamo quindi un libro di intenti, se non vogliamo chiamarlo libro dei sogni, che potrà trovare la sua attuazione in tre o cinque anni, anche perché la legge sulla programmazione prevede che la durata minima del Piano di sviluppo sia di tre anni: in questo caso quindi fatalmente vincolerà in maniera istituzionalmente scorretta le istituzioni che nasceranno nel 1990, perch la nuova assemblea, la nuova Giunta, dovrà rispettarlo fino all'elaborazione di un nuovo Piano di sviluppo.
Questa era una tesi molto acuta e suggestiva in contrasto con quanto andavo sostenendo nel dicembre 1984, quando dicevo che il piano era inutile e improponibile perché ci sarebbe stata la nuova legislatura dopo cinque mesi e il nuovo governo, la nuova Giunta, la nuova assemblea, le nuove istituzioni in una parola, non potevano essere vincolate da quel Piano di sviluppo. Venne però sostenuta in allora una tesi suggestiva da parte dell'attuale Assessore Marchini, il quale diceva che non era vero che il Piano di sviluppo attuale fosse improponibile - egli era su questa linea perché non veniva a cessare con la fine della legislatura: il Piano di sviluppo ha una valenza minima di tre anni, quindi scorrettamente e ingiustamente ci sarà un'abnormità istituzionale per cui il Piano di sviluppo, cioè a dire lo scheletrato entro il quale si devono collocare i programmi, le leggi e gli atti amministrativi, vivrà (questo si diceva nel dicembre 1984).
In allora noi abbiamo ampiamente condiviso questa tesi e che oggi vale come ulteriore supporto per quanto riguarda il nostro assunto della improponibilità di questo piano, non solo per questo motivo, ma anche per questo.
C'è ancora un ultimo argomento che viene a supporto della nostra tesi politica dell'inutilità del Piano di sviluppo ed è un argomento che si congiunge all'affermazione che l'Assessore Vetrino fece nel dicembre 1984 allorquando disse che era bene definire una gamma di progetti realizzabili in pochi mesi. Questo argomento di ulteriore appoggio al nostro assunto politico ci viene dal documento della DC del 2 febbraio scorso, la cui parte dispositiva e finale consiste nell'elencare quattro o cinque progetti di legge da attuare negli ultimi trecento giorni. In definitiva, questa opinione si collega e collima perfettamente con quella sostenuta nel 1984 e che noi oggi sosteniamo, opportunità in luogo del Piano di sviluppo di un documento politico che ci dica il da farsi negli ultimi trecento giorni.
Da quanto detto emerge chiaramente quale sarà il nostro atteggiamento in ordine alla deliberazione relativa al Piano di sviluppo. Noi non parteciperemo alla votazione in quanto riteniamo di non dover votare nemmeno con il "no" un documento che non è seriamente proponibile a trecento giorni dalla fine della legislatura.
Questo atteggiamento non significa agnosticismo o sottrarsi al confronto in ordine alle grandi problematiche della Regione e della gente del Piemonte e ai problemi che enuncia il Piano di sviluppo. Noi abbiamo sempre atteggiato il nostro comportamento in quest'aula all'insegna del realismo politico. Con questo realismo ci caleremo nel merito delle questioni, faremo le nostre valutazioni politiche su quel poco che si potrà estrapolare dal Piano di sviluppo e che potrà approdare in quest'aula nei prossimi trecento giorni. Questi appuntamenti sono vicini, avremo presto il bilancio preventivo, perché ovviamente le premesse e le proposte politiche del bilancio preventivo non possono che essere estrapolate dal Piano di sviluppo; ci saranno dei disegni di legge preannunciati nel documento della DC che la Giunta proporrà.
Prima di concludere, vorrei rilevare che la proposta di deliberazione è abnorme perché mentre nella prima parte, dopo il richiamo alle leggi vigenti, alle norme di contabilità regionale, alle procedure di programmazione e a tutto il rituale che precede ogni deliberazione, si dice che è la Giunta che propone al Consiglio di approvare il Piano regionale di sviluppo e il programma pluriennale di attività e di spesa, fin qui ognuno si atteggerà nel modo che vorrà, nella seconda parte c'è tutta una serie di impegni, quindi è la Giunta che propone al Consiglio di impegnare se stessa su alcune azioni da svolgere. Questo può essere il contenuto di un ordine del giorno e chi vuole può proporlo, ma che debba far parte di una deliberazione mi pare si vada fuori strada anche sul piano della correttezza istituzionale. Non vorrei apparire formalista, mi si potrà dire che non siamo legati ai precedenti, le altre due deliberazioni con cui vennero approvati il primo e il secondo Piano di sviluppo erano brevi e secche.



VETRINO Bianca, Assessore alla programmazione economica

Non ricorda quello che è successo nel 1977?



MAJORINO Gaetano

Allora faccio la valutazione attuale. Che una deliberazione proposta dalla Giunta possa contenere impegni per la stessa Giunta di fare alcunch al di fuori dell'approvazione del piano, mi pare una cosa abnorme. Se ci sarà chi la pensa diversamente voterà la deliberazione con tutta la serie di impegni aggiunti.
Concludo, ribadendo l'atteggiamento del Gruppo MSI-DN di non partecipazione al voto.
Per quanto riguarda la mozione del Gruppo comunista, è necessaria una pausa di riflessione, nel senso che siccome la mozione presuppone che venga approvato il Piano di sviluppo.



BRESSO Mercedes

O il rigetto!



MAJORINO Gaetano

Formalmente è così. Mi esprimo meglio: presuppone il voto sul Piano di sviluppo che potrà essere di approvazione o di reiezione dopodich approvato o non approvato il Piano di sviluppo, si può collocare la mozione che formula delle proposte sul da farsi immediato.
Quindi, per un'utile e valida collocazione di tutti i Gruppi è bene fare una pausa di riflessione e votare la mozione come primo punto all'o.d.g. della prossima seduta. Qualora ci fosse da parte dei proponenti l'insistenza per votarla subito o qualora l'Ufficio di Presidenza decidesse, nonostante un eventuale diverso avviso dei proponenti, di porla in votazione dopo il voto sul Piano di sviluppo, in quel momento ci riserviamo, in base al Regolamento, di intervenire per dichiarazione di voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in sede di dichiarazione di voto è inutile ripercorrere quanto è stato già detto in merito al Piano di sviluppo negli interventi che abbiamo fatto in sede di discussione generale.
Il voto si accentra in particolare su una deliberazione che il Consiglio deve assumere, che è in questo caso più ampia della semplice deliberazione di approvazione del documento. Se così fosse, le dichiarazioni di voto sarebbero superflue, sul documento ci si è già pronunciati.
Questa deliberazione opportunamente va al di là e dà una serie di indicazioni che ci sembrano estremamente utili e necessarie in questa sede: sottolinea alcuni aspetti, integra in termini sintetici alcune parti considerato il fatto che dalla stesura del documento nell'agosto 1988 sono passati alcuni mesi e quindi alcune situazioni si sono modificate e dà anche un'indicazione di priorità o meglio sottolinea alcune priorità che, a mio avviso, erano già indicate nel piano.
Innanzitutto la deliberazione richiama due aspetti che sono essenziali affinché il documento di piano non resti un libro dei sogni e cioè fa riferimento a quegli strumenti finanziari che possono dare gambe al documento stesso e che sono da un lato i finanziamenti del FIO, dall'altro lato la politica finanziaria in senso lato della Regione.
Sui finanziamenti del FIO abbiamo già detto e torneremo a parlarne più avanti.
Sulla politica finanziaria della Regione credo ci sia da fare un qualche richiamo che è contenuto in termini generali nella deliberazione.
In particolare un richiamo alla necessità che, al di là e oltre al reperimento di nuove e comunque più ampie fonti di finanziamento che consentano alla Regione di intervenire non soltanto nella gestione ordinaria, ma anche con uno spazio alle spese libere che consenta di poter programmare, progettare e realizzare, occorre introdurre nella legislazione sulla finanza regionale alcuni elementi che consentano anche un puntuale e periodico controllo della spesa.
Nel documento che è alla nostra attenzione si fa esplicito riferimento a quegli strumenti di controllo di gestione che, a nostro avviso, sono indispensabili per poter fruire di strumenti finanziari che abbiano attenzione non soltanto alla quantità della spesa, ma anche alla qualità della spesa stessa. Vedete colleghi, noi riteniamo che la qualità della spesa possa anche essere uno strumento per allargare gli spazi della quantità della spesa disponibile.
Il discorso del controllo di gestione e degli strumenti opportuni e necessari non è nuovo: più volte l'abbiamo fatto in sede di I Commissione e i colleghi commissari lo ricorderanno. Si è anche tentato, fino ad oggi con scarsa fortuna, di verificare come è stato realizzato in quelle poche altre Regioni dove è stato fatto. Mi auguro che come I Commissione riusciamo finalmente a fare questa "gita" istruttiva per valutare gli strumenti che nelle Regioni Veneto e Lombardia sono stati adottati, per introdurre anche nella nostra legislazione finanziaria questo tipo di strumenti che ci consenta di dare una valutazione alla quantità della spesa che viene indirizzata nei vari settori. Diceva un vecchio proverbio cinese (ci sta sempre bene la citazione della saggezza cinese): "non sprecare legna anche se abiti vicino a un bosco". Noi purtroppo non solo non abitiamo vicino a un bosco in termini finanziari, ma direi che siamo quasi in un deserto quindi a maggior ragione credo che dobbiamo fare molta attenzione alla legna che utilizziamo e al modo in cui la utilizziamo.
Il documento, al di là degli aspetti finanziari, fa riferimento, fra gli altri, a due settori estremamente importanti della vita regionale: quello sanitario e quello dei trasporti. E non dimentica, come giustamente non bisogna dimenticare, che in questi settori la Regione ha strumenti di programmazione particolari e mirati, come si dice oggi, cui fare riferimento e ai quali rinvia cioè il Piano sanitario e il Piano dei trasporti.
Non si limita a questo la deliberazione che dobbiamo votare, sottolinea anche quella indicazione di priorità che, come dicevo prima, era già contenuta nel piano stesso.
Queste priorità mi pare possano essere individuate in tre settori specifici: il governo del territorio sotto il profilo della politica urbanistica e della politica infrastrutturale la tutela del territorio sotto il profilo del recupero del territorio compromesso e della tutela vera e propria, cioè della introduzione di quegli strumenti che consentano di non compromettere più il territorio il settore della innovazione, anche qui sotto il profilo degli interventi strutturali e infrastrutturali e più propriamente relativi all'ambito e al mondo della produzione.
Questi sono gli aspetti che già alla lettura del piano emergevano come gli aspetti prioritari e principali. Credo che questo documento faccia anche un altro servizio: infatti, oltre agli ambiti di intervento come materia, dà dei riferimenti specifici a quelle porzioni del territorio regionale che necessitano di una attenzione particolare e quindi richiama i problemi dell'area del Verbano Cusio Ossola, del Po, della Valle Bormida che ben conosciamo, purtroppo, per averne a lungo parlato in quest'aula, e i problemi della montagna.
Su quest'ultimo punto credo di dover rubare al Consiglio ancora un minuto. Ho ascoltato l'intervento del collega Ala estremamente interessante come sempre. Dobbiamo dire e chiarirci una volta per tutte che cosa intendiamo quando ci approcciamo ai problemi della tutela del territorio e in particolare quando ci approcciamo ai problemi di un settore specifico e particolare del territorio quale è la montagna. Noi intendiamo questo tipo di attenzione sotto due profili: la tutela dell'equilibrio ambientale, ma anche la tutela dell'equilibrio della situazione territoriale per una migliore fruizione del territorio stesso da parte dell'uomo. L'uomo non è un elemento estraneo all'ambiente e al territorio. Cerchiamo allora di metterci d'accordo: se tutela del territorio significa mettere il territorio sotto una campana di vetro, chiuderlo in un cassetto ipoteticamente, e cercare di lasciarlo nei secoli lì com'è, è una scelta ma non è la nostra! In altri Paesi più avanti di noi in questo settore dove per esempio la politica dei parchi non è una scelta recente, ma di decenni se non addirittura di secoli, la tutela del territorio è fatta proprio in funzione di una corretta fruizione del territorio da parte dell'uomo: non si mette una porzione di territorio sotto la campana di vetro. Allora anche in riferimento alla politica della montagna, che è un aspetto essenziale della politica della Regione Piemonte proprio perch gran parte del territorio è rappresentato da ambito e ambiente montagnoso credo si debba usare lo stesso criterio, cioè una tutela delle zone di montagna che consenta la più corretta fruizione del territorio montano da parte dell'uomo e dei cittadini in genere.
L'ultimo elemento che è richiamato nella deliberazione è quello relativo ai progetti. Anche in questo caso, alcune scelte sono indicate ed altre sono obbligate. Sappiamo che molti progetti hanno già iniziato il loro iter, quanto meno sotto il profilo della impostazione, altri hanno in parte già ottenuto dei finanziamenti. Questo documento richiama quindi correttamente, in questo particolare aspetto del piano, che la priorità andrà al completamento e alla realizzazione di quei progetti che sono già in itinere e che non sono stati scelti occasionalmente, ma sono stati scelti sia perché erano effettivamente dei progetti che andavano a toccare settori prioritari nella politica complessiva della Regione sia perch erano dei progetti che avevano ottenuto dal FIO il finanziamento necessario a procedere. Il documento che andiamo a votare serve non solo a dare l'approvazione dell'aula al Piano di sviluppo, ma anche come documento integrativo e di precisazione di alcuni aspetti prioritari del documento medesimo.
Voglio dire pure due parole sulla mozione presentata dal Gruppo comunista. Sono rimasto, fuor di polemica, un po' deluso da questa mozione perché quando abbiamo iniziato la discussione era stato preannunciato come un documento che al di là delle enunciazioni di carattere generale, al di là delle grandi elencazioni che erano contenute nel Piano di sviluppo cercava di dare un'indicazione più specifica di priorità e di cose che si potevano fare in questo anno. Invece ho trovato un documento che pur elencando cose importanti da fare, ho l'impressione che abbia ceduto alla tentazione di rimettere tutto in elenco, e la funzione di focalizzare l'attenzione su quei pochi interventi che in un anno si potevano fare ho l'impressione che non l'abbia, perché per cercare di non lasciar fuori cose importanti si è messo tutto in elenco, persino qualcosa che con il Piano di sviluppo non ha una diretta attinenza. Mi sembra quindi che non sia un documento estremamente utile; è utile come promemoria, per ricordare a tutti quali sono i problemi che sono davanti a noi, dando in alcuni casi dei riferimenti specifici anche a documenti presentati dal Partito comunista, al modo in cui questi problemi possono essere affrontati secondo l'ottica dei presentatori, però perde di efficacia laddove voleva avere la funzione di individuare degli ambiti più ristretti di tipo operativo in questo anno.
A me piacerebbe che tutti i problemi elencati nelle tre pagine della mozione del Gruppo comunista potessero essere risolti in quest'anno, ma la mia fiducia nella capacità e nella operatività della Giunta e del Consiglio complessivamente non arriva al punto di sperare che tutto quello che è elencato in questo documento si riesca a fare. Quindi, prendiamo questo documento come uno stimolo alla operatività, però non può essere accettato come documento operativo e impegnativo per l'anno di legislatura che ancora ci rimane.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, annuncio il voto contrario del Gruppo comunista facendo un commento preliminare sul modo in cui tutta la discussione relativa al Piano di sviluppo è andata avanti non solo in quest'aula, ma anche nel lungo periodo in cui il Piano di sviluppo è stato a nostre mani. Ricordo a tutti i colleghi che la discussione effettiva del documento, detto Piano di sviluppo, è avvenuta in una sera d'estate fra le ore 17 e 19 in I Commissione, perché nelle altre Commissioni non se ne è discusso. Di fatto la discussione nelle Commissioni non è avvenuta, non vi sono state altre sedi se non le consultazioni in cui non è previsto che i Gruppi si pronuncino, in aula nell'illustrazione fatta dall'Assessore non vi è stato un solo cenno al fatto che il nostro Gruppo aveva, in contemporanea alla presentazione del documento di piano, presentato un documento di riflessione sulle modalità possibili di modifica delle procedure e del modo d'intendere il concetto di Piano di sviluppo teso anche a rendere più veloce, più semplice, più rispondente alle esigenze espresse da tutti, la predisposizione e la successiva discussione del Piano di sviluppo. Lo annoto come un rilevante sforzo propositivo rispetto al modo ignobile in cui è stata gestita la discussione anche in Commissione su questo documento. Non vi è stato alcun momento reale di confronto su una serie di proposte che erano rilevanti e che avrebbero consentito di uscire dall'impasse in cui ci troviamo: un documento che non dice nulla e una proposta di deliberazione che, tentando di recuperare alcune priorità, di fatto propone una serie di affermazioni lapalissiane.
Il livello del dibattito, voluto in maniera precisa da questa Giunta e da questa maggioranza, è stato il più incredibilmente basso che si potesse immaginare rispetto ad una serie di proposte che meritavano quanto meno la discussione. Non c'è stato un nuovo momento istituzionale nei due anni circa che è stato depositato questo documento in cui si sia trovato il tempo di parlane, dopodiché si dice che lo si valuterà prossimamente. Ma fate proprio ridere! Infatti in questo caso "Monsieur De Lapalisse" impegna la Giunta a presentare adeguate proposte di aggiornamento dei relativi strumenti legislativi vigenti a proposito del piano, quando il piano è stato giacente due anni in ottica di revisione, non ha avuto il coraggio di confrontarsi su proposte ben precise di revisione, dopodiché non esiste uno straccio di idea su come rivedere la questione ed è per questo che De Lapalisse ripropone l'esigenza di vedere le procedure di programmazione, ma questo lo sappiamo tutti! Sarebbe interessante capire in che senso si rivedono le procedure di programmazione.
Seconda affermazione lapalissiana: le disponibilità finanziarie devono essere orientate in modo maggiore verso effetti positivi. Evidentemente si può anche ritenere di impegnare la Giunta ad orientarle verso effetti negativi. Verrebbe quasi voglia di proporre un emendamento per invertire le frasi al fine di dimostrare quanto sia lapalissiana questa affermazione.
Allora, verranno favoriti effetti negativi sulle politiche territoriali ed occupazionali, di innovazione tecnologica ed organizzative.
Un'altra affermazione lapalissiana è che la contabilità va snellita per improntarla a criteri di maggiore snellezza ed efficienza. Ci mancherebbe si dicesse che va improntata a criteri di maggiore pesantezza ed inefficienza! Però che cosa voglia dire snellezza ed efficienza nel concreto in una legge di contabilità, qualcuno lo sforzo di dirlo lo potrebbe fare.
Potrei andare avanti, ma non insisto. Ad un certo punto si indicano le priorità, ma non si indicano le proposte a partire dalle quali il piano non c'è, perché un piano e le proposte che vengono poi approvate diventano le decisioni. Allora, se non ci sono non approviamo il piano. Francamente suggerisco che sarebbe meglio non solo non approvare il piano, ma neanche la deliberazione perché non rettifica. Per la verità, l'unico tentativo di rettifica riguarda la revisione della legge n. 56/77; c'è il tentativo di dire qualcosa di più e in questo caso anche di diverso, almeno come tono generale, in questo linguaggio sfumatissimo che dice sempre tutto e il contrario di tutto. E' un tentativo di rettifica di una posizione che è sfuggita, passata non si sa bene come e forse non era condivisa da tutti.
Certo, però, non è un tentativo di rettifica che si specifichi, come si pensa, alla revisione della legge n. 56/77, a meno che non si debba intendere l'unica cosa apparentemente chiara che ci sia, laddove cioè in sostanza si dice che è necessaria, sia pure nel rispetto della tutela e valorizzazione dell'ambiente, la rapida realizzazione delle decisioni di trasformazione del suolo e delle iniziative economiche. Forse il punto di coagulo e di precipitazione dopo un lungo discorso è questo. Se è questo non ci trova così convinti perché la rapidità può essere un fatto positivo o negativo a seconda delle realizzazioni. La questione non è la rapida realizzazione delle decisioni, ma è indicare con precisione quali sono le trasformazioni che si ritengono augurabili e quali invece non si ritengono augurabili.
Sono state fatte alcune correzioni dal documento rispetto al piano nel tentativo di dimostrare che citando i punti che alcuni Consiglieri hanno sollevato come carenti è possibile far finta che ci siano nel piano.
Questo vale per la questione, giusta, del Piemonte sud che avevamo osservato anche noi rappresenta una delle aree difficili del Piemonte molto più di altre che il piano indica, in cui non si danno indicazioni se non ovvie come quella dello sviluppo turistico del Cuneese che peraltro è la zona meno debole del Piemonte sud, facendo quindi piovere sul bagnato e non andando ad annaffiare dove è arido. Si danno delle indicazioni da una parte generiche e dall'altra contrarie all'obiettivo che ha fatto inserire la questione del riequilibrio del Piemonte sud. Questa forse è l'unica integrazione che è stata realmente tentata.
Rispetto al piano vorrei capire che cosa dobbiamo ritenere come priorità, se quelle indicate dal piano o quelle indicate dalla deliberazione che sono profondamente diverse. C'è stata una sostanziale inversione degli obiettivi che il documento di piano individuava. Il documento di piano - ricordo all'Assessore - diceva che le priorità erano la questione ambientale e la questione occupazionale coniugate insieme.
Questa era l'unica cosa che avevano in comune i nostri due documenti. C'è stato un rovesciamento delle priorità. Adesso la prima priorità è l'innovazione tecnologica per il rilancio dell'economia. Concordo con quanto ha detto il Consigliere Ala: "L'innovazione in s' non è n' un bene n' un male, può essere un bene può essere un male. Bisognerebbe intendersi su cos'è un'innovazione positiva e un'innovazione negativa". Al di là degli aggettivi, la priorità è comunque l'innovazione tecnologica che, come è noto, allo stato attuale delle cose produce riduzione dell'occupazione e non aumento dell'occupazione, quindi non è più quella priorità, ma è un'altra! La seconda priorità è il potenziamento dell'armatura infrastrutturale e lo sviluppo dei servizi al settore produttivo. Pertanto gli obiettivi diventano innovazione, infrastrutture (che poi si traducono in strade) e servizi al settore produttivo.
La terza priorità è la tutela dell'ambiente, incorniciata nel settore innovazione, che vuol dire tutela dell'ambiente filtrata attraverso finanziamenti del progetto innovazione e di nuovo attraverso la delega si direbbe - della tutela dell'ambiente al settore produttivo.
Quarta priorità. Questo è un punto buffo che se avete notato continua ad insistere nella congiunzione fra archeologia ed anziani, fra patrimonio artistico, culturale ed ambientale e anziani per cui si indica la riorganizzazione del servizio alla persona e la valorizzazione del patrimonio artistico, culturale ed ambientale come un'unica priorità, quasi che essendo gli anziani un "patrimonio culturale, storico e artistico" potessero venire inglobati insieme! Queste lodevoli priorità sarebbe meglio separarle perché mi pare non abbiano nulla in comune.
Viene poi la questione della tutela delle aree sensibili, con quattro subpunti che dovrebbero essere prioritari, sui quali sarebbe bene dire qualcosa di più. Per esempio, sulla questione della Valle Bormida qualcosa di più si potrebbe già dire. Sulla questione Po abbiamo presentato un unico emendamento che ha il carattere di appoggio ad un'associazione che si è costituita di recente per l'istituzione del Parco del Po che si propone entro sei mesi di arrivare all'approvazione della legge istitutiva del parco. Si tratta di un emendamento che impegna a stabilire dei tempi perch altrimenti non si capisce cosa voglia dire la frase "convergono sul Po dei lavori intersettoriali": non vuol dire assolutamente nulla! Il fatto che convergano non significa un impegno a trasformarli in un'approvazione.
Lo stesso vale per il Verbano Cusio Ossola perché non si capisce che differenza c'è fra quest'area, già peraltro indicata nel piano, e le aree sensibili del Piemonte sud che invece rappresentano un'altra priorità. In altri termini, ci sono alcune indicazioni prima, altre dopo, che non si capisce come si coordinano fra loro e quindi che cosa logicamente e prioritariamente viene prima e come si congiungono.
La questione della montagna. Figuriamoci se non sappiamo tutti che c'è un problema di sviluppo della montagna! Il collega Santoni fa finta di credere che quando si parla dell'ipotesi di creare uno sportello regionale per finanziare progetti di sviluppo significa fare una proposta di avvio di programmi di sviluppo della montagna che siano compatibili con l'ambiente.
Non c'è scritto nulla di tutto ciò e in questo senso se uno indica una priorità diversa lo deve dire. Non può far finta di non sapere che lo sviluppo della montagna è stato fondato su un turismo di rapina, nel senso di un turismo solo immobiliare che ha prodotto immense dotazioni di alloggi vuoti, di costi alle comunità locali e che, come unico apporto di reddito porta i benefici di tipo immobiliare.
Questo è stato il modello di sviluppo della montagna! Se questo non è il modello che viene proposto, va detto e si può far finta di credere che lo sportello per i progetti di sviluppo sulla montagna non sarà un finanziamento di iniziative immobiliari e analoghe. Se è un'altra cosa va detto! In questo senso il suggerimento di Ala era tutt'altro che peregrino perché non è così che sono andate le cose e se non è così che devono andare in futuro, va detto! Non si può far finta di credere che sia ovvio che l'obiettivo di sviluppo in montagna si coniuga con la tutela dell'ambiente non è mai successo, quindi se deve coniugarsi bisogna dire come.
Vengo alle conclusioni del mio ragionamento pur avendo la possibilità di andare avanti perché ho tanti altri appunti, ma non sto a infierire.
E' vero che nella nostra mozione abbiamo indicato molte cose, ma è anche vero che, forse con qualche eccezione, mi scuserete se in uno o due casi mi sarò sbagliata, su tutti gli argomenti indicati giacciono nostre proposte di legge, di deliberazione, documenti che individuano un percorso il che vuol dire che sarebbe del tutto teoricamente possibile, se esistessero analoghi progetti su questi argomenti, passare ad una rapida fase di discussione e di approvazione.
Voglio dire che non è tanto una questione di numero in un documento di piano perché abbiamo già detto che il documento di piano - lo hanno ammesso tutti può anche scavalcare il periodo finale della legislatura, ma dato che manca poco tempo e che un documento di piano deve essere preciso, si tratta di connettere dei nomi a delle proposte, cioè delle sigle, delle definizioni, delle frasi generiche a delle proposte.
Ognuna delle cose raggruppate volutamente da noi sotto un determinato titolo è connessa ad una precisa proposta e quindi costituisce un'indicazione di modalità dell'agire rispetto a quell'argomento. In teoria è tutto realizzabile in un anno e se non fosse tutto realizzabile in un anno, resterebbe un patrimonio da lasciare alle amministrazioni successive che ne potranno ovviamente fare quello che vorranno, ma un patrimonio che indica che cosa stava dietro a ognuna delle formulazioni proposte, per esempio, in una mozione che accompagnasse il Piano di sviluppo e che fosse di quel tipo.
Quindi è tutt'altro che generico ed è tutt'altro che ridondante, nel senso che rappresenta, a nostro avviso, una scelta di tutto quello che noi in questo periodo abbiamo prodotto. Non è tutto quello che abbiamo prodotto, ma il meglio di quello che abbiamo proposto alle Commissioni e al Consiglio su diversi argomenti e che riteniamo maturo tecnicamente e politicamente per poter essere approvato. Quindi è tutt'altro che una pura lista di titoli! In politica si dice ormai "mi limiterò ai titoli", che vuol dire che non so cosa c'è dietro ai titoli, ma dietro ai titoli, ogni volta, c'è una precisa proposta formalizzata, come minimo in un documento di solito in un progetto di legge.
Ribadisco il nostro voto contrario sia per il contenuto sia per il metodo che non esito a qualificare poco degno con cui tutto il dibattito sul Piano di sviluppo è avvenuto in questo lungo, ma in realtà brevissimo periodo di discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi

Signor Presidente, colleghi, il voto del Gruppo socialdemocratico sarà favorevole; già avevamo annunciato questo orientamento nell'intervento articolato che abbiamo fatto la volta scorsa con il quale davamo alcuni suggerimenti e proponevamo alcune integrazioni che ci sembra siano state recepite nella deliberazione, che oggi l'Assessore Vetrino ha illustrato proposta all'approvazione del Consiglio.
Mi limiterò ad indicare alcuni concetti che esprimono il recepimento di quelle e di altre indicazioni emerse nel dibattito consiliare.
Sono indicate alcune priorità: in effetti è stato compiuto uno sforzo rispetto all'intero spettro propositivo del piano originario. La deliberazione va a raccogliere, ad indicare e a rafforzare alcune priorità.
Inoltre era emersa l'indicazione di andare ad una maggiore omegeneizzazione per quanto riguardava l'impronta di fondo o di espressione risultante del piano laddove, invece, esistevano delle frammentazioni all'interno dei vari settori di competenza. Anche in questo senso ci sembra che lo sforzo sia degno di soddisfazione.
Per quanto riguarda la mozione del Gruppo comunista, riteniamo, come già qualche collega in precedenza ha sottolineato, che l'occasione per dare corpo alle priorità sia quella di andare alla discussione del prossimo bilancio per sottolineare alcune linee fondamentali all'interno di quegli "n" elementi sui quali, ovviamente, diventerebbe dispersivo soffermarsi in questa occasione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dardanello.



DARDANELLO Ferruccio

Innanzitutto annuncio il voto favorevole del sottoscritto al Piano di sviluppo. Voglio fare però alcune considerazioni che non ho potuto fare in sede di discussione generale perché purtroppo non ho potuto essere presente in quell'occasione. Intendo sottolineare alcuni punti che mi hanno lasciato perplesso: in primo luogo la macchinosità del piano che non è un libro dei sogni ma quasi, perché vi è stato inserito di tutto un po', e credo che riuscire a realizzare il tutto nei trecento giorni operativi che ci restano fino alla scadenza della legislatura sia una cosa se non impossibile certamente un po' utopistica. Faccio due annotazioni sulle miriadi di cose che sono ipotizzate in questo lasso di tempo.
Mi soffermo in primo luogo sul problema della formazione professionale: un comparto che avrei voluto la Giunta guardasse con altra attenzione. E' stato sottovalutato a mio parere il comparto del terziario, del turismo del commercio; un comparto che recita e reciterà nei prossimi mesi ed anni un ruolo fondamentale all'interno della realtà occupazionale del Piemonte.
Se i dati dell'ISTAT sono sufficientemente attendibili, risulta che in futuro il 58% del comparto occupazionale sarà nell'area terziaria e specificatamente per quanto riguarda il settore turistico-commerciale.
Questo settore è stato sottovalutato e non è stato dato sufficiente fiato ai supporti indispensabili per una sua riqualificazione, che conta circa 130.000 aziende operanti sul territorio regionale. E' un comparto che creerà ulteriore occupazione e darà fiato e corda alla nostra economia, che sempre più si individuerà in questo settore per una ricrescita della società piemontese.
La seconda considerazione riguarda il settore della montagna. Già oggi si è discusso di questo problema, ma credo che nella deliberazione il problema della montagna sia stato un po' troppo semplicemente descritto con tre frasi: "la montagna, per la quale è stata preliminarmente.



VETRINO Bianca, Assessore alla programmazione economica

E' vero, ma nel piano c'è il progetto.



DARDANELLO Ferruccio

D'accordo. Nella montagna, a mio avviso, si potrà verificare un momento fondamentale della crescita del comparto turistico, ricettivo e commerciale. Sappiamo come in questi giorni la montagna stia attraversando dei momenti non difficili, ma difficilissimi. Il nostro impegno dovrà essere rivolto a questo comparto, che tanto ha dato e che tanto potrà dare alla nostra realtà economica con altra attenzione.
I 1.209 Comuni della Regione Piemonte guarderanno con grande attenzione alla deliberazione che andiamo ad approvare oggi. La realtà monregalese attendeva qualcosa di più da quelle che sono le prospettive che emergono dalla deliberazione. Auguriamoci che nei prossimi trecento giorni operativi si riesca ancora a focalizzare meglio il piano per dare un supporto operativo concreto a questa realtà piemontese che guarda al Piano di sviluppo che stiamo per approvare con grande attenzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, cercherò di rimanere nei tempi previsti dal Regolamento.
Il Gruppo della DC durante il dibattito della scorsa settimana ha fornito in modo puntuale le sue posizioni. Abbiamo apprezzato il lavoro che la Vicepresidente Vetrino e la Giunta intera hanno fatto per cercare di raccogliere ciò che dal dibattito è emerso.
La deliberazione che la Giunta ci propone è a nostro avviso un documento che puntualizza tutta una serie di aspetti che sono emersi dal dibattito. E' una deliberazione che dà al piano, che già aveva fatto lo sforzo di essere concreto, gli obiettivi e le gambe per raggiungere questi obiettivi.
E' una deliberazione che non è, a nostro giudizio, senza priorità, che anzi sono individuate anche in modo corretto. Quindi noi che già avevamo anticipato la settimana scorsa il voto favorevole al piano, ribadiamo il nostro voto favorevole alla deliberazione non solo nella parte con la quale si approva il piano, ma anche per tutti gli aspetti che in essa sono messi in evidenza.
Ci pare puntuale sulla questione degli aspetti finanziari; condividiamo molto, Presidente e Vicepresidente, il richiamo all'esigenza di individuare con sempre maggiore puntualità le risorse per intervenire in favore della nostra Regione. Abbiamo ormai chiara la situazione del nostro bilancio abbiamo ormai chiara la situazione di quelle che sono le risorse libere e quindi lasciate alla scelta regionale ormai tendenti a zero, quindi occorre davvero uno sforzo per rivolgersi agli strumenti che qui vengono richiamati: il FIO, le risorse della Comunità Europea, le risorse su leggi e provvedimenti dello Stato straordinari in ordine ad una serie di problemi. Lo Stato infatti tende - in questi anni lo si evidenzia - a individuare, attraverso provvedimenti legislativi e non, degli strumenti eccezionali per risolvere determinati problemi (pensiamo al problema ecologico, al problema dei Campionati mondiali di calcio del 1990, ad altri ancora).
Il Piemonte deve sapersi collocare all'interno degli spazi finanziari che vengono individuati dal Governo e dal Parlamento sempre di più e sempre più spesso per cercare di canalizzare verso la nostra Regione delle risorse senza le quali è chiaro che molti obiettivi e molti progetti rimarrebbero nei sogni. Questo sforzo ritengo si possa cogliere ed è importante, voglio sottolinearlo: la Giunta è impegnata su questo fronte.
Condividiamo le proposte sul governo del territorio che vengono formulate e sulla tutela del territorio, nell'accezione che Santoni richiamava: il territorio visto come elemento da valorizzare all'interno della cui valorizzazione ci sta anche la tutela, ma intesa come capacità della Regione di cogliere tutte le occasioni di sviluppo dell'area piemontese. Sviluppo che non può e non deve essere a danno dell'ambiente lo dicevo già in sede di discussione generale la scorsa settimana - ma un'azione che sappia coniugare lo sviluppo con i problemi ambientali.
Questa volontà e questo impegno ci sono, così come ci pare di cogliere positivamente l'azione nei confronti di tutte le attività produttive della nostra Regione, dalle più piccole alle più significative, per esaltarle e per cercare di valorizzarne anche gli effetti economici.
Ciò si inquadra nello sforzo di riequilibrio del Piemonte che è partito negli anni passati, che ha determinato anche degli effetti positivi, ma che va completato e che quindi deve sapere cogliere nelle aree più deboli quelle occasioni di sviluppo che consentano di ottenere il risultato che a noi pare importante di riequilibrio. Non si tratta quindi di una politica torinocentrica o di disinteresse nei confronti del capoluogo, bensì di una politica equilibrata che tenendo conto delle esigenze della città capoluogo, delle sue peculiarità, dei suoi problemi sociali, sa cogliere tutto ciò di cui le altre Province e il Piemonte nel complesso hanno bisogno, quindi una politica di riequilibro complessivo che a noi pare in questo piano si cerchi di realizzare.
Quindi, un piano realistico, un piano che può cogliere nel segno, ma che ha bisogno di un'azione di riverifica della legislazione di programmazione nella nostra Regione. Noi lo abbiamo già detto, lo ribadiamo e ci auguriamo nei prossimi mesi ed anni possa essere realizzata.
Dobbiamo definire delle procedure, dei meccanismi di programmazione più coerenti con le esigenze della società di oggi. In tutti gli interventi è stato colto questo aspetto, ne siamo contenti ed apprezziamo che sia emersa l'esigenza di correggere queste procedure che forse potevano valere per gli anni '70, ma che riteniamo non possano valere più per gli anni 2000 verso i quali stiamo rapidamente andando.
Annunciamo il voto favorevole del Gruppo DC e ritiriamo gli emendamenti che il collega Martinetti ha presentato la settimana scorsa sul problema del Monregalese, anche perché la proposta di deliberazione della Giunta ricomprende bene le esigenze di tale area se correlate con un emendamento che è stato presentato oggi che definisce per l'area del Monregalese l'esigenza di impostare alcuni provvedimenti ai fini di svilupparne delle iniziative con benefici sia di tipo economico che sociale. Quegli emendamenti sono ritirati, ma ci auguriamo che la Giunta voglia accogliere l'unico emendamento presentato questa mattina che completa la nostra preoccupazione sull'area debole del Monregalese.
Riteniamo che la Giunta possa accogliere la riformulazione che il nostro Gruppo ha proposto sulla questione della montagna, formulazione sulla quale eravamo d'accordo, che ci pare più completa soprattutto negli aspetti socio-economici, cioè mirati all'obiettivo di consentire alle popolazioni locali di poter continuare a vivere in quelle realtà di montagna in modo dignitoso. Quindi, si chiede alla Regione di studiare qualche provvedimento graduale. Non si chiede tutto e subito, ma qualche proposta di piano di intervento organico per quest'area così sofferente anche in funzione del permanere delle popolazioni.
Se la Giunta vorrà accogliere i due emendamenti, noi ringraziamo e riconfermiamo il voto favorevole del Gruppo DC.



PRESIDENTE

La discussione generale è così conclusa.
Passiamo pertanto all'esame del dispositivo della deliberazione.
Esaminiamo il primo emendamento presentato dai Consiglieri Bontempi Chiezzi e Sestero: alla pag. 8, punto 4, sostituire la frase "il Po sul quale convergono..." fino alle parole "sul parco fluviale" con "il Po, per il cui risanamento e tutela verranno sottoposte, entro sei mesi, all'esame dell'aula, la legge istitutiva del parco e la deliberazione di approvazione del PTO".
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla programmazione economica

La Giunta è d'accordo di accentrare l'attenzione anche ponendo un problema di tempo. Mi permetto di fare osservare che stiamo parlando di un impegno della Giunta, quindi mi sembra difficile far risalire alla Giunta il momento della presentazione all'aula di questi documenti. Rimanderei tutto alla Giunta, cioè metterei in causa unicamente la responsabilità della Giunta, quindi propongo di formulare l'emendamento nel modo seguente: "il Po, per il cui risanamento e tutela la Giunta presenterà prontamente al Consiglio la deliberazione di approvazione alla proposta di PTO e la legge di sintesi per l'istituzione del parco fluviale". Ritengo più corretta questa formulazione perché si tratta di impegni per la Giunta e non si pu quindi impegnare l'aula: saranno i Capigruppo e la Commissione che decideranno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Accetto la proposta dell'Assessore perché mi pare un segno positivo.
Anticipo che ho intenzione di accogliere a nome del Gruppo le proposte avanzate dai colleghi Ferrara, Majorino ed altri, di rinvio dell'esame della nostra mozione alle prossime sedute. Il modo con cui l'Assessore Vetrino pone il problema può essere collegato in quella sede ad un impegno del Consiglio.



VETRINO Bianca, Assessore alla programmazione economica

Certo, il primo impegno deve essere quello della Giunta successivamente sarà il Consiglio a definire un altro tempo rispetto all'adempimento che farà la Giunta.



PRESIDENTE

L'emendamento del Gruppo comunista è pertanto ritirato e sostituito dal seguente presentato dall'Assessore Vetrino: alla pag. 8, punto 4), sostituire la frase "il Po sul quale convergono..." fino alle parole "sul parco fluviale" con "il Po, per il cui risanamento e tutela la Giunta presenterà prontamente al Consiglio la deliberazione di approvazione alla proposta di PTO e la legge di sintesi per l'istituzione del parco fluviale".
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 38 voti favorevoli (non hanno partecipato alla votazione 3 Consiglieri).
Emendamento presentato dai Consiglieri Paris, Penasso, Olivetti e Carletto: a pag. 8, sopprimere l'ultimo capoverso del punto 4) relativo, alla montagna, e sostituirlo con il seguente testo: "Per la montagna predisporre un piano organico, seppure graduale, per avviare a soluzione i problemi economici e sociali della stessa anche per consentire alle popolazioni locali di continuare a permanere e a vivere dignitosamente nelle loro zone".
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Intervengo per dichiarazione di voto perché il Gruppo comunista non è d'accordo su questo emendamento e ne spiego il perché.
Apprezziamo lo sforzo dei proponenti per porre il problema, ma prima abbiamo votato tutti un emendamento che la Giunta ha accolto, e questo vorrei ricordarlo a chi ha criticato la nostra impostazione, mi riferisco al collega Santoni. L'emendamento proposto dalla collega Bresso e accolto dall'Assessore Vetrino in maniera diversa stava dentro un'assunzione precisa di impegni e di responsabilità. Capisco che questo emendamento rappresenta uno sforzo; però, come abbiamo detto, dal nostro punto di vista il difetto delle conclusioni sul piano, nonostante le opinioni che ho sentito da parte di altri Gruppi, sta proprio nell'impegnare vagamente un piano quando sulla base del piano della montagna dell'UNCEM, sulla base dei vari livelli e stadi di piano, forse era possibile in questa fase precisare qualcosa da mettere in cantiere concretamente. Il problema è che si rincorre per anni dietro a fantomatici piani organici della montagna quando il problema è di scendere sul concreto e di cominciare a dire per esempio che per quanto riguarda il turismo una programmazione turistica che classifica le zone a vocazione prevalente ecc. porta a certe conseguenze (agricoltura, connessione con l'ambiente, tutte cose che sappiamo). Noi non voteremo questo emendamento perché, pur apprezzando lo sforzo di porre il problema e convenendo su questo, lo riteniamo dentro a una logica tuttora eccessivamente generica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Concordo sul problema della genericità di queste grandi opzioni, di queste parole. Il mio giudizio sul piano è di un negativo pazzesco, per usare un aggettivo che va di moda. Non ritengo che queste quattro parole ne modifichino il senso complessivo. Del resto mi auguro che il piano non venga attuato e non vi siano i soldi per attuarlo. Sono già stato criticato per questo. Però nei due miei precedenti interventi ho continuamente richiamato il problema della montagna, inteso come colonizzazione della montagna.
Provo a fare uno sforzo, quasi disperato, pensando che il problema della montagna è ben altro e richiede ben altre cose.
Voto contro tutte le cose che ci sono nel piano. Queste quattro righe sole provo a votarle, sperando di non sbagliare.



PRESIDENTE

Se non vi sono altri interventi, pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 28 voti favorevoli e 11 astensioni (non hanno partecipato alla votazione 3 Consiglieri).
Emendamento presentato dal Consigliere Martinetti: a pag. 8, prima dell'ultimo capoverso inserire: "per l'area Monregalese dovranno essere impostati opportuni provvedimenti integrati a fini di sviluppo economico e sociale".
La Giunta come si pronuncia?



VETRINO Bianca, Assessore alla programmazione economica

La Giunta è d'accordo, anche perché mi consente di recuperare una contraddizione che mi ha fatto rilevare la collega Bresso, alla quale non sfugge nulla.
Spiego velocemente ai colleghi questa contraddizione. In questo emendamento c'è una proposta di integrazione delle quattro aree cosiddette deboli con il Monregalese. La collega Bresso faceva rilevare che mentre nella parte propositiva si riconosce la debolezza intrinseca di quest'area dopo non la si recupera nella elencazione delle aree. In questo senso ha ragione, a parte che ha anche ragione il collega Martinetti, e io pertanto lo accolgo.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 38 voti favorevoli (non hanno partecipato alla votazione 4 Consiglieri).
Il Consigliere Martinetti ritira gli altri emendamenti presentati congiuntamente al Consigliere Bonino.
Pongo infine in votazione l'intera deliberazione così emendata con i relativi allegati, il cui testo verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 29 voti favorevoli e 15 contrari (non hanno partecipato alla votazione 3 Consiglieri).
Per quanto riguarda l'esame della mozione presentata dal Gruppo comunista c'è l'orientamento e la disponibilità a rinviarla per un approfondimento in Commissione.



BONTEMPI Rinaldo

Questo ulteriore approfondimento deve però avvenire in tempi congrui perché le decisioni che devono essere assunte vengano assunte.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione delle vittime del disastro aereo avvenuto sulle isole Azzorre


PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, prima di chiudere i lavori desidero interpretare il sentimento di angoscia della comunità piemontese e italiana tutta per il disastro aereo avvenuto ieri sulle isole Azzorre che ha provocato la morte di circa 130 persone, tra le quali vi erano alcuni cittadini piemontesi.
Desidero esprimere l'angoscia e il dolore del Consiglio regionale alle famiglie e la nostra solidarietà per questo disastro che colpisce l'Italia e la Regione Piemonte.
Il problema dei trasporti ci interessa direttamente perché non presenta aspetti di totale garanzia. Noi siamo perché il turismo si sviluppi e che la gente possa viaggiare con sicurezza e non perché, per superficialità o interesse immediato, succedano queste disgrazie. I disastri possono anche essere imputabili alle fatalità, ma di fronte a questo disastro potrebbe esserci una superficiale scelta di mezzi che invece dovrebbe essere fatta con la massima garanzia per tutti coloro che vogliono far uso di questi mezzi.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Mi associo a questo cordoglio. Capisco le buone motivazioni ed intenzioni che il Presidente Rossa fa nel comunicarci le buone e le cattive notizie.
Questa mattina abbiamo fatto un accenno a proposito delle commemorazioni, forse vale la pena discuterne nella sede opportuna perch credo che ci sia qualche problema di istituto in queste cose, di scelta, di opportunità, e devo dire onestamente che non può essere la sede del Consiglio regionale una specie di sede di ricevimento di bollettini ANSA che commentano vicende pur importanti e che a vario titolo capitano nel Paese.
Ogni cosa ha un senso nelle istituzioni se non è troppa, se è quella giusta, e se viene colta e fatta nel momento in cui suscita, in chi nelle istituzioni ci sta, un'adeguata risposta alla sollecitazione che ci viene.
Lo dico senza polemica, apprezzando le intenzioni e associandomi ai sentimenti che ha espresso il Presidente, però inviterei a riflettere perché è una questione che ha dei risvolti istituzionali e di rapporto e che il Presidente insieme all'Ufficio di Presidenza credo debba apprezzare.



PRESIDENTE

La ringrazio Consigliere Bontempi, la nostra è un'assemblea che esprime la presenza viva della comunità piemontese e di fronte ad alcuni avvenimenti tristi ritengo possa essere motivata una partecipazione viva.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Minervini. Ne ha facoltà.



MINERVINI Marta

Signor Presidente, prendo atto della sua umanità e mi associo a quanto detto dal collega Bontempi. Visto l'argomento ritengo opportuno puntualizzare un aspetto. Questa mattina mi ha molto colpito, mentre si commemorava l'on. Savio, aver visto delle persone che assistevano dalle tribune all'adunanza del Consiglio restare sedute.
Sono d'accordo che non si trattava di Consiglieri regionali, ma noi stavamo in quel momento ricordando una persona morta e quindi eravamo inchinati riverenti. Visto che si discuterà di questo suggerisco al Presidente di invitare ad alzarsi chi resta seduto.



PRESIDENTE

Questa sottolineatura mi pare molto opportuna.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,10)



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