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Dettaglio seduta n.175 del 02/02/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale" comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Biazzi, Dameri, Mignone e Sestero.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 10, 19 e 24 gennaio 1989 - in attuazione dell'art. 9 della L.R.
n. 6/88 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Prima di riprendere l'esame del progetto di legge n. 315 relativo alle chiese vorrei informare il Consiglio circa le previsioni per i lavori della seduta odierna. La prima parte dei lavori sarà interamente dedicata alla conclusione dell'esame della legge relativa alle chiese. La seconda parte sarà preceduta da una conferenza dei Presidenti dei Gruppi allo scopo di definire tempi e modi per il dibattito sul Piano di sviluppo.


Argomento:

Sollecito risposta ad interpellanza


PRESIDENTE

Prima di entrare nel merito della discussione dell'art. 5 del progetto di legge n. 315 ha chiesto la parola il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, in merito all'o.d.g. dei lavori della seduta, prendo non più di un minuto per ricordare che durante la scorsa seduta del Consiglio avevo chiesto alla Giunta di rispondere in merito ad un'interpellanza relativa ad una vicenda che si trascina ormai da quattro mesi. Mi riferisco alla vicenda che ha visto l'Assessore Maccari accusare una dipendente di aver sottratto un documento riservato e averlo passato al sottoscritto.
Il Presidente del Consiglio, che è tenuto a tutelare la dignità dei Consiglieri, deve ammettere che si tratta di accuse gravi in quanto l'Assessore Maccari accusa una funzionaria di aver sottratto un documento riservato e accusa implicitamente il sottoscritto di aver indotto una dipendente a venire meno ai propri doveri d'ufficio.
Noi, il sottoscritto e il Gruppo comunista, abbiamo più volte detto e dimostrato che queste accuse sono false, abbiamo più volte chiesto in quest'aula, ma anche attraverso lettere inviate alla Giunta, che si risponda in merito a questa vicenda rendendo giustizia a chi deve essere resa.
Il sindacato ha più volte inviato alla Giunta e a lei, signor Presidente del Consiglio, delle lettere sollecitando un chiarimento. Sono passati però quattro mesi e questa vicenda non è ancora stata chiarita! Probabilmente, visto il personaggio, l'atteggiamento dell'Assessore Maccari non poteva essere che questo, cioè il silenzio! Perché questo è il tipico atteggiamento di un omuncolo, pagliaccio e buffone...



PRESIDENTE

Consigliere Montefalchesi, se non modera il linguaggio sono costretto ad interromperla e a toglierle immediatamente la parola!



MONTEFALCHESI Corrado

Mi tolga pure la parola, se vuole mi espella pure, ma lei deve avere il coraggio di assumersi le proprie responsabilità!



PRESIDENTE

La prego di sedersi! Lei non ha più la parola!



(Vivissime e reiterate proteste del Consigliere Montefalchesi)



PRESIDENTE

Consigliere Montefalchesi, a suo tempo avrà le risposte!



(Vive proteste di tutto il Gruppo comunista)



PRESIDENTE

Di questo problema si è occupato anche l'Ufficio di Presidenza che sta seguendo la questione.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Non entro nel merito della conduzione specifica dell'episodio. Pare a me però, signor Presidente, che debba essere assunto, come una priorità assoluta anche da parte sua, il dovere di indurre l'Assessore a rispondere su una questione del genere.
In questa vicenda la credibilità cosiddetta delle istituzioni, quindi di tutti, anche di chi la guida a livello di Presidenza del Consiglio viene profondamente minata e intaccata se questioni preliminari che attengono al vero o al falso, alla credibilità di un Consigliere, e quindi ai comportamenti che sono avvenuti, non vengono sciolte.
Non si può lasciare sospesa una vicenda di questo genere. A volte quindi possono apparire intemperanze, ma appaiono l'unico modo plausibile di reagire a forme di arroganza che si esplicano anche attraverso il silenzio e il non curarsi di queste priorità.
Per questo, signor Presidente, la invito a farsi carico della questione come priorità.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

Non c'è il Presidente della Giunta e nemmeno il collega Maccari pertanto non entro nel merito della polemica. Dico soltanto che era previsto che non sarebbero state discusse interrogazioni né oggi né domani per l'accordo raggiunto tra i Capigruppo. Non ho altro da aggiungere.



PRESIDENTE

All'inizio ho concesso la parola, come è giusto fare perché possono essere fatte delle osservazioni o delle segnalazioni, al Consigliere Montefalchesi che ha richiamato una vicenda nei confronti della quale l'Ufficio di Presidenza aveva già provveduto a sollecitare o perlomeno a segnalare all'Assessore l'esigenza di dare il necessario chiarimento a questa vicenda.
L'intervento del collega Montefalchesi sarebbe stato corretto nella misura in cui fosse rimasto nell'ambito del comportamento che deve essere mantenuto in quest'aula. Il collega Montefalchesi ha usato aggettivi che ho ritenuto estremamente gravi nei confronti di un collega, quindi ho riprovato l'uso di quei termini. Mi auguro che la questione venga chiarita il più presto possibile.
Devo ribadire quello che ha detto poc'anzi l'Assessore Brizio. Avevamo concordato di iniziare la seduta senza svolgere le interrogazioni e le interpellanze e quando ho detto che la risposta sarebbe stata data a suo tempo intendevo dire che questo tempo verrà stabilito in modo del tutto autonomo e si inquadrerà nelle esigenze dei nostri lavori anche alla luce dei mesi che sono trascorsi sulla vicenda. Rispondo quindi al collega Bontempi che mi sono fatto carico insieme ai colleghi dell'Ufficio di Presidenza di tale questione affinché venga chiarita nelle sedi amministrative.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Proseguimento esame progetto di legge n. 315: "Utilizzo del fondo per le opere di urbanizzazione finalizzato ad interventi regionali concernenti le chiese e gli altri edifici religiosi"


PRESIDENTE

Riprendiamo pertanto l'esame del progetto di legge n. 315 di cui al punto 3) all'o.d.g.
ART. 5 - Emendamento presentato dai Consiglieri Biazzi, Sestero, Bontempi Chiezzi e Avondo: l'art. 5 è soppresso.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con questo emendamento il Gruppo comunista propone di evitare la necessità da parte dei Comuni di attingere dagli oneri di urbanizzazione per finanziare questa gamma di interventi che continuiamo a ritenere molto estesa perché oltre al risanamento, restauro e valorizzazione, prevede anche le nuove costruzioni in senso molto lato.
Noi insistiamo con la presentazione di questo emendamento perch sappiamo come gli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione, sia primaria che secondaria, non consentono ai Comuni di far fronte a tutte le esigenze, neppure quelle di carattere primario. Non voglio soffermarmi sul problema solo delle fognature o degli inquinamenti che oggi nella nostra pianura determinano situazioni molto allarmanti. I Comuni sono in grave difficoltà finanziaria e ci sembra sbagliato costringerli ad utilizzare le poche risorse costituite dagli oneri di urbanizzazione per destinarne una quota solo per gli edifici per il culto.
Le opere di urbanizzazione sono molte; se si dovesse fare una ripartizione occorrerebbe farla oculatamente per tutte queste opere, ma noi riteniamo comunque che sia bene lasciare liberi i Comuni di gestire gli oneri di urbanizzazione secondaria come credono, e cioè in funzione delle reali esigenze che emergono dalle loro comunità.
Questo è il nocciolo duro di questa legge ed è il contrasto più netto che noi esprimiamo nei confronti delle procedure e delle scelte ivi contenute. Quindi insistiamo nella proposta rivolgendoci a tutto il Consiglio e in particolare a quelle forze che durante il dibattito alcune volte si sono dimostrate più sensibili al nostro argomentare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Siccome si ripete l'opposizione a questa proposta di legge c'è il dovere, derivante dalla necessità di rapporti positivi e dall'opportunità della chiarificazione, di intervenire anche da parte nostra.
Il collega Chiezzi torna su posizioni che il Consiglio a maggioranza ha già esplicitamente contestato accettando linee diverse. Se c'era bisogno di una ragione in più per sostenere la nostra posizione, questa è venuta dalle dichiarazioni del collega Chiezzi, il quale ha ritenuto che esistono opere di urbanizzazione primarie, nel senso di maggiormente importanti, ed altre opere di urbanizzazione, fra le quali quelle di cui stiamo trattando, che hanno una rilevanza secondaria. Se questa fosse la posizione dei Comuni credo che ci sarebbe una indisponibilità concettuale ad intervenire su opere che invece noi, con questa legge, riteniamo ugualmente degne di considerazione. Mentre togliendo la quota obbligatoria abbiamo lasciato liberi i Comuni di scegliere come essi meglio ritengono, riteniamo, perch non prevalga la cultura di cui è interprete il collega Chiezzi e per interpretare correttamente le leggi dello Stato e della Regione, che ci sia una sollecitazione alle realtà comunali per beni che sono ugualmente primari come altri e che debbono essere ugualmente degni di attenzione.
Abbiamo già detto che questa discussione è iniziata in Commissione e che non sembrava accettabile, all'interno della realtà consiliare l'ipotesi di destinazione vincolata di una quota fissa da riservare da parte dei Comuni per opere di urbanizzazione di questo tipo. Proprio per unire al massimo il Consiglio regionale abbiamo detto: nessuna imposizione vincolata ai Comuni, di fatto una eliminazione (come sanno i colleghi Tapparo, Gallarini ed altri che si sono fatti interpreti di una posizione contraria ad una destinazione vincolata dell'8%) e una sollecitazione con l'indicazione di impegno da mettere a memoria nel bilancio di ogni singolo Comune.
Non capisco una posizione radicalmente contraria a questa indicazione quando essa deriva dalle nostre leggi e in particolare dalla legge n. 56 almeno come la interpretiamo noi avendone vissuta la modifica e avendo letto gli atti consiliari relativi al dibattito che su questo punto dell'art. 51, lettera m), si è svolto.
Anche per una minima coerenza con quanto è stato detto e votato precedentemente sosteniamo che l'art. 5 vada mantenuto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Anche il Gruppo socialista ritiene che l'art. 5 vada mantenuto tuttavia con alcuni aggiustamenti che nel corso della discussione affrontando gli altri emendamenti, si potranno determinare.
Il mio emendamento tende a restringere la gamma di interventi che sono fonte di preoccupazione per il collega Chiezzi, mentre il suo successivo emendamento che sostituisce al secondo comma la parola "adotta" con le parole "può adottare" può essere un elemento importante che affronteremo nel seguito della discussione per rendere questo articolo praticabile nelle forme più corrette possibili.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione l'emendamento test discusso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 9 voti favorevoli, 18 contrari e 4 astensioni.
Emendamento presentato dal Consigliere Majorino: sostituire al rigo 2 le parole "l'Autorità tutoria secondo l'ordinamento di ciascuna confessione religiosa" come segue: "Il soggetto titolare - ai sensi dell'ordinamento di ciascuna confessione religiosa della legale rappresentanza dell'attrezzatura di cui all'art. 2 della presente legge".
La parola al Consigliere Majorino per l'illustrazione.



MAJORINO Gaetano

L'emendamento tende a migliorare il primo comma dell'art. 5 laddove si prevede che sia l'Autorità tutoria, secondo l'ordinamento di ciascuna confessione religiosa, a presentare la domanda al Sindaco del Comune entro il 31 ottobre con tutta la documentazione inerente.
A me pare che il termine "Autorità tutoria" sia equivoco e non tecnicamente esatto. Ma a parte questa considerazione, ormai nell'impalcatura della legge è previsto che i Comuni possano indicare una parte dei proventi derivanti dalle concessioni ai fini della distribuzione tra le confessioni richiedenti. Siccome il Comune provvede su questa domanda a seconda della consistenza della confessione religiosa e a seconda delle esigenze prospettate e documentate, è bene che sia, proprio in parallelo con il fatto che il Comune è l'ente che esamina le domande e che eroga, il soggetto titolare - ai sensi dell'ordinamento di ciascuna confessione religiosa - della legale rappresentanza dell'attrezzature religiosa. In altri termini, parlando delle attrezzature religiose appartenenti al culto cattolico che sono nel territorio piemontese il 99% e che saranno le principali fruitrici per una ragione di presenza di questo disegno di legge, è bene che sia il Parroco o quell'altro titolare dell'attrezzatura religiosa che fa la sua valutazione e rivolge la richiesta al Sindaco.
Secondo il testo originario "l'Autorità tutoria" dovrebbe per la Chiesa cattolica essere il Vescovo, per le altre confessioni religiose l'esponente centrale delle stesse. Con il mio emendamento si vuole invece dare a chi ha la legale rappresentanza dell'attrezzatura religiosa da ristrutturare, da migliorare, da ampliare, dare cioè al titolare dell'attrezzatura religiosa legittimata a fare questo tipo di intervento il potere di domanda. Si propone un congegno che si inserisce in quello che in base agli articoli già votati ha voluto essere il sistema di questa legge, cioè i Comuni accantonano e distribuiscono in base alle domande proposte. Allora, chi fa la domanda? La fa la realtà locale in persona del suo legale rappresentante. Decentrare alla cosiddetta "Autorità tutoria", a parte l'equivocità del termine, a mio parere sottrae le proprie valutazioni alla singola realtà locale e alla singola confessione religiosa titolare dell'attrezzatura.
Infine ho avuto modo di leggere un emendamento, che forse non è ancora stato distribuito, del collega Martinetti, relativamente al quale non mi è riuscito di cogliere, al di fuori di espressioni, una differenza sostanziale con la mia proposta di emendamento. Ci si esprime in maniera diversa, si chiede di emendare l'inciso oggetto della mia proposta, ma al di là delle parole usate non mi riesce di cogliere, salvo che mi venga spiegato in maniera congrua, la differenza tra il mio emendamento e quello del collega Martinetti, perché a me pare che entrambi tendano a legittimare la realtà locale di quel determinato Comune rispetto all'autorità centrale.
E' un principio che dopo l'approvazione dei primi quattro articoli e quindi dopo l'impalcatura che la legge ha avuto, è opportuno affermare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, diamo atto al collega Majorino della preoccupazione di carattere giuridico che egli ha suggerito intervenendo a proposito di questa dizione, cercando di chiamare nel modo giusto i soggetti titolati e abilitati a fare queste istanze.
Noi riteniamo che la dizione scelta nella proposta di legge, "Autorità tutoria", possa effettivamente sottolineare eccessivamente una preoccupazione che tuttavia esiste. La preoccupazione è che la richiesta di essere inclusi in questi programmi di interventi comunali e regionali - la stessa problematica si ripropone anche all'art. 6 - sia fatta dalle comunità religiose nell'ambito degli ordinamenti delle comunità stesse.
Definire il legale rappresentante in ordine al titolo di proprietà, di rappresentanza della struttura, ci sembra limitativo nel senso che qui siamo di fronte a proposte e a interventi che vanno dalla richiesta di inserimento di aree alla richiesta per costruzioni anche nuove, in cui la proprietà può ancora non essere definita. Noi non nascondiamo però, e preghiamo il Consiglio di prendere atto di questo, che il richiamo in qualche modo ad un coordinamento interno alle stesse confessioni religiose (coordinamento che nella Chiesa cattolica avviene attraverso una autorizzazione dell'ordinario diocesano, in altre confessioni può avvenire in altri modi, attraverso interventi di Consigli o di altre autorità sempre nel rispetto dell'ordinamento interno) sia un elemento che serve a facilitare al Comune stesso le scelte che deve operare. Non ci sembra consigliabile accettare una situazione in cui il Comune possa trovarsi ad essere arbitro tra richieste diverse, e magari in ipotesi anche contrastanti, mentre ci sembra del tutto logico che le istanze siano fatte dai legali rappresentanti delle comunità religiose abilitati e autorizzati a questo nell'ambito degli ordinamenti interni di ciascuno.
Pertanto, cercando di interpretare lo spirito dell'emendamento del collega Majorino per le valenze di carattere giuridico che ha, intendiamo proporre un aggiustamento di questa dizione, cioè le parole "l'Autorità tutoria secondo l'ordinamento di ciascuna confessione religiosa" dovrebbero essere sostituite da queste: "i legali rappresentanti delle confessioni religiose, autorizzati a norma degli ordinamenti interni delle stesse".



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, pongo in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Majorino.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli, 24 contrari e 4 astensioni.
Pongo ora in votazione l'emendamento presentato dai Consiglieri Nerviani e Martinetti il cui testo recita: al primo comma, le parole "l'Autorità tutoria, secondo l'ordinamento di ciascuna confessione religiosa" sono sostituite dalle parole: "i legali rappresentanti delle confessioni religiose, autorizzati a norma degli ordinamenti interni delle stesse".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 24 voti favorevoli e 12 contrari.
Emendamento presentato dai Consiglieri Reburdo, Montefalchesi e Ala: al primo comma, terza riga, sostituire alle parole "confessione religiosa" la parola "culto".
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, non vorremmo che passasse inosservato che si sta elaborando una legge che non risponderà oggettivamente alle reali esigenze di tutelare gli aspetti ambientali, religiosi e culturali della nostra regione. Stiamo approvando una legge che non risponde al problema essenziale e prioritario del recupero del patrimonio storico, ambientale culturale, religioso che è in corso di drammatica caduta e contemporaneamente non risponde delle domande, non ancora molto ampie determinate dall'immigrazione nella nostra realtà di nuove confessioni che si stanno immettendo nella nostra società e che dovrebbero essere facilitate.
Noi ripeteremo fino alla noia che i due veri obiettivi che questa legge dovrebbe perseguire finiranno per non essere affrontati: il recupero dei beni storico-ambientali in corso di degrado pauroso e le nuove domande che stanno emergendo.
Ribadiamo che questo emendamento lo segnaliamo all'attenzione non solo del Consiglio, ma della società.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Rispondo all'illustrazione fatta dal collega Reburdo non perché ritengo che sia necessario ripetere concetti che già abbiamo svolto, ma per dare atto dell'importanza dell'argomento che è stato sollevato.
Voglio fare due osservazioni. La prima riguarda l'opportunità di ritornare su questioni che sono già state risolte in altre situazioni da questo Consiglio. Nello stesso tempo vorremmo spiegare che a nostro avviso pur riconoscendo l'esistenza di questa problematica e pur auspicando che queste nuove forme di espressione di religiosità, che attraverso i movimenti di oggi nella società si presentano sempre con elementi di novità, magari imprevedibile, siano dall'ente pubblico comprese, seguite e anche supportate, ma nelle sedi e nei modi opportuni.
Questa è una legge che esplicita orientamenti già stabiliti sia nella legge urbanistica nazionale e regionale sia negli atti legislativi conseguenti al Concordato e alle intese in corso con le confessioni religiose. Pertanto appare a noi assolutamente preferibile mantenere l'espressione usata nella Costituzione italiana che è intenzionalmente aperta a tutte le problematiche che sono state sottolineate. La Costituzione parla di confessioni religiose e noi usando questa espressione crediamo di non uscire dai limiti di un'esatta interpretazione della nostra funzione legislativa, che dà la capacità di dire le cose nei termini giuridici e istituzionali più seri e ovvi possibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, come è emerso da questo intervento e da quelli fatti in sede di discussione generale, il nostro Gruppo ha già manifestato esaurientemente delle perplessità su questa legge, principalmente perch gli edifici di culto vengono estrapolati dall'art. 51 della legge urbanistica per avere una sorta di trattamento privilegiato rispetto agli altri fruitori delle opere di urbanizzazione secondaria.
Ciò premesso e una volta entrati nell'ordine di idee (e non si pu contestare che si sia entrati nell'ordine di idee di arrivare a questa sorta di legge speciale per gli edifici religiosi), penso che l'argomento vada correttamente disciplinato. A parte la considerazione preclusiva che è già stato approvato l'art. 1 della legge, mi pare che si debba tenere conto dell'art. 8 della Costituzione, la quale prevede l'eguaglianza di tutte le confessioni religiose e prevede che i rapporti tra le confessioni religiose diverse da quella cattolica siano disciplinati sulla base di intese con le relative rappresentanze.
In conclusione, a parte la lettera e lo spirito del già approvato art.
1 di questa legge, una volta che si entri nell'ordine di idee di questo accantonamento di fondi in favore delle confessioni religiose, bisogna prendere in considerazione normativa solo quelle confessioni religiose che abbiano una valenza giuridico-costituzionale, cioè a dire che non possono non essere prese in considerazione ai fini di questa legge, che pur ci lascia perplessi, se non la confessione religiosa cattolica e quelle altre confessioni religiose le quali hanno stipulato intese. Pur rispettabili tutte altre confessioni religiose cui fa riferimento il collega Reburdo, le cosiddette religioni emergenti e via dicendo, allo stato attuale della Costituzione e della legislazione italiana, sono associazioni di mero fatto che non mi pare proprio possano appartenere a quella cerchia di associazioni religiose legittimate a proporre domande per questi noti interventi.
Il nostro voto è quindi contrario.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento proposto dai Consiglieri Reburdo Montefalchesi e Ala.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 9 voti favorevoli e 24 contrari.
Emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi: al primo comma, quinta riga, le parole "e con i progetti planivolumetrici" sono sostituite dalle parole "e con i progetti esecutivi".
La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

E' un carico eccessivo per domande la cui destinazione, considerando i fondi disponibili da parte dei Comuni e da parte della Regione, è molto precaria e quasi inconsistente. Quindi caricare gli istanti di un obbligo così specifico ci sembra un po' esagerato.
Quindi noi sosteniamo l'espressione "planivolumetrici".



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola pongo in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Chiezzi.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 8 voti favorevoli, 21 contrari e 5 astensioni.
Emendamento presentato dal Consigliere Tapparo: al secondo comma, dopo le parole "Consiglio comunale" aggiungere le parole "in presenza di necessità rilevate dal Comune e di eventuali domande avanzate".
La parola al Consigliere Tapparo che lo illustra.



TAPPARO Giancarlo

Questa aggiunta tende a chiarire che si procede al programma solo in presenza di indicazioni precise espresse ed approvate dal Consiglio comunale e delle domande avanzate che possono essere eventuali. Altrimenti c'è il rischio di un automatismo anche a fronte di una non presenza di domande, di una non esigenza rilevata e approvata dal Consiglio comunale.
In questo senso allora verrebbe meno quel mio dubbio espresso in precedenza e che andava a prestare attenzione all'emendamento del collega Chiezzi che proponeva di sostituire la parola "adotta" con "può adottare".
Se venisse approvata la proposta che ho avanzato con il mio emendamento, mi riterrei soddisfatto e lascerei quindi "adotta" non ritenendo utile recuperare l'indicazione del collega Chiezzi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Ritengo che la preoccupazione del collega Tapparo sia puntuale. Forse entrando nel complesso dello spirito della legge, può anche apparire lievemente pleonastica, nel senso di aggiuntiva oltre misura, però è una preoccupazione che esiste e che va apprezzata, quindi noi accogliamo l'emendamento Tapparo.
Per semplificare la discussione, mentre ho la parola, mi riferisco alla proposta di emendamento Chiezzi "può adottare" e debbo dire che tanto è sottile la richiesta di emendamento, quanto inevitabilmente da respingere da parte nostra, almeno per un dovere di consequenzialità rispetto a quanto già approvato.
E' chiaro che va esattamente nel senso opposto a quello segnato nell'articolo precedente allorquando si dice che il Comune stabilisce una quota, inoltre significherebbe dire che ai Comuni non si chiede una specifica indicazione di programma così come, invece, avevamo previsto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, il Gruppo comunista voterà a favore di questo emendamento, pur dando un giudizio diverso sia da quello espresso dal collega Tapparo che da quello espresso dal collega Nerviani.
Questo emendamento, purtroppo, non è, come afferma il collega Tapparo in grado di dire le stesse cose dell'emendamento successivo presentato dal mio Gruppo, quello che propone di sostituire la parola "adotta" con le parole "può adottare". Sono cose ancora molto diverse, e il fatto che il collega Tapparo dica che l'emendamento, che noi votiamo perché è migliorativo comunque del testo, funga le funzioni del successivo, ahimè non è vero, lo dimostra la dichiarazione del collega Nerviani che invece definisce questo emendamento addirittura pleonastico e a riguardo dell'emendamento successivo, quello che prevede la sostituzione delle parole "può adottare" con la parola "adotta", prima dice che è molto sottile, poi si contraddice dicendo che è assolutamente da respingere perché snaturerebbe tutto l'impianto. E' vero, non è per nulla sottile questo "può adottare" anziché "adotta": è una questione di fondo che vuole sostituire un obbligo, un vincolo burocratico per il Comune con l'espressione di una volontà autonoma e libera del Comune. Torniamo a quei punti che ci dividono e che sono di fondo. Manteniamo pertanto il nostro emendamento.



PRESIDENTE

Procediamo quindi alla votazione dell'emendamento presentato dal Consigliere Tapparo.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.
Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Bontempi e Sestero: al secondo comma, le parole ", in sede di approvazione del bilancio adotta" sono sostituite dalle parole ", in sede di approvazione del bilancio, può adottare".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 12 voti favorevoli 13 contrari e 9 astensioni.
Emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Bontempi e Avondo: al terzo comma, le parole "e quelli destinati al servizio degli insediamenti di edilizia popolare e convenzionata, nonché tener conto delle priorità indicate all'atto della domanda" sono soppresse.
Emendamento presentato dal Consigliere Tapparo: al terzo comma, le parole "e quelli destinati al servizio degli insediamenti di edilizia popolare e convenzionata" sono soppresse.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Dichiaro che il nostro voto confluirà sull'emendamento Tapparo e pertanto ritiriamo quello che abbiamo presentato, perché il problema della priorità lo riteniamo di minore importanza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, io ho presentato questo emendamento martedì scorso e ho visto che questa mattina era in distribuzione insieme agli altri emendamenti, noto però che molti colleghi non lo posseggono, mi permetto quindi di illustrarlo.
Come ho già avuto opportunità di dire nel mio intervento in discussione generale, per varie ragioni, fra le quali la ristrutturazione demografica l'andamento dei processi che determinano i movimenti demografici nella nostra società che sono abbastanza stabilizzati, ritenevo opportuno, e con questo emendamento ho cercato di farmi interprete di quella precedente indicazione, di focalizzare l'azione che questa legge dovrà esplicare prioritariamente al recupero e alla ristrutturazione degli edifici a valenza storica, artistica e culturale e non invece a inoltrarci nelle aree nuove qui nella legge espresse attraverso i servizi degli insediamenti di edilizia popolare.
Lo spirito del mio emendamento va nel senso di meglio mirare gli interventi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Sono molto incerto di fronte alla richiesta del collega Tapparo di emendare, peraltro nel senso già richiesto da un altro emendamento, il comma terzo dell'art. 5, perché a me sembra che curarsi, se si ritiene che queste opere siano opportune e necessarie, in maniera privilegiata delle zone di nuovo insediamento, soprattutto di quelle di edilizia economica popolare, sia proprio nello spirito previsto dalla L.R. n. 56/77 di dotare i nuovi insediamenti di tutte le opere di urbanizzazione secondaria ritenute, dalla lettera delle leggi, necessarie. Quindi io chiedo di rimando al collega Tapparo una riflessione sul senso della richiesta di priorità avanzata con queste parole del comma terzo dell'art. 5. Dico subito che se è questa un'occasione, ovviamente non ricercata, per dividerci sulla proposta della legge, ebbene io, per evitare problemi, sono disposto - io e il mio Gruppo - ad accettare l'emendamento Tapparo.
Aggiungo che mi oriento a farlo per sottolineare con un atteggiamento concretamente sincero la volontà dominante che c'è all'interno della nostra richiesta di approvazione di questa legge, parallela all'applicazione della L.R. n. 56/77, cioè che particolarissima attenzione vada riservata al patrimonio culturale, architettonico e artistico del nostro Paese.
Dunque, se questa opportunità mi dà l'occasione di dimostrare che è davvero preminente, come per altro aspetto, il nostro impegno verso il recupero in termini prioritari, decisi, fondamentali, ebbene anche per questo, se non c'è una disponibilità a retrocedere facilmente da parte del collega Tapparo, sono disposto ad accettare l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Sono lieto della disponibilità del Gruppo DC nei confronti dell'emendamento del Consigliere Tapparo che noi condividiamo.
L'orientamento che abbiamo manifestato era di sottolineare, quanto meno attraverso un'indicazione di priorità, la volontà di sostenere attraverso questo tipo di interventi il recupero laddove ci fossero due valenze positive: il riconoscimento dell'importanza dei culti religiosi nella vita sociale della comunità e il contributo al recupero di opere di interesse artistico e storico che in molti casi coincidono con le sedi del culto religioso.
Comprendo la preoccupazione del collega Nerviani, però nel momento in cui nell'emendamento Tapparo, a differenza dell'emendamento Chiezzi, viene lasciata la dizione in cui si deve tenere conto delle priorità indicate all'atto della domanda laddove ci saranno situazioni particolari in cui nelle zone ricordate dal collega Nerviani, c'è una necessità pressante di interventi di nuove opere, credo che queste saranno indicate nelle priorità che le domande e i programmi conterranno e che quindi avranno pari dignità di priorità unitamente alle opere di interesse artistico, storico e culturale, quindi laddove c'è una reale e pressante esigenza, non solo perché è zona di edilizia economica popolare, magari già servita da altre opere di questo tipo.
E' apprezzabile la disponibilità dimostrata dai proponenti, pertanto il nostro Gruppo si schiera a favore dell'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Sottolineo l'interesse del terzo comma e dell'intero articolo, nel senso che - come hanno già detto i colleghi Nerviani, Santoni, Tapparo e Chiezzi - questa legge ha bisogno (se la si considera una legge seria come penso tutti la consideriamo) di essere il più possibile attuabile per rispondere ad aspetti prioritari.
Un aspetto prioritario è il degrado preoccupante del contesto storico artistico e ambientale, che ha particolare riferimento alla tradizione religiosa della nostra regione, che ha bisogno, per evitare che si degradi in modo irrecuperabile, di essere affrontato in termini non strumentali, ma oggettivi, con motivazioni culturali, ambientali e anche - per chi crede religiose.
L'emendamento proposto dal collega Tapparo rafforza un'idea che stava dietro ad alcuni nostri interventi e che il collega Nerviani ha colto.
Mi pongo solo un interrogativo laddove si dice "nonché tenere conto delle priorità indicate all'atto della domanda". Siccome questo comma affronta il problema delle priorità e dà priorità al recupero e alla ristrutturazione degli edifici a valenza storica, artistica, culturale tali parole potrebbero essere contraddittorie. Non capisco come possa essere interpretato.
L'emendamento del collega Tapparo è comunque importante anche se permane questo interrogativo.



PRESIDENTE

L'emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi, Bontempi e Avondo è pertanto ritirato dai proponenti.
Pongo in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Tapparo.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Emendamento presentato dal Consigliere Staglianò: dopo il terzo comma aggiungere il seguente: "La concessione del contributo, di cui al seguente comma, è subordinato all'attuazione di piani che prevedono l'eliminazione delle barriere architettoniche".
Essendo assente il Consigliere Staglianò, il Gruppo PCI fa proprio tale emendamento.
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, l'illustrazione sarà brevissima, nel senso che è già stato approvato un emendamento relativo alla considerazione del problema dell'agibilità degli edifici per il culto da parte degli handicappati. E' un tema irrisolto, non solo per gli edifici per il culto, ma per numerosi edifici civili, è un problema della città e della sua organizzazione. Chi è portatore di handicap subisce giornalmente nella sua vita quotidiana quindi nell'utilizzo della città in tutte le sue forme, inaccettabili condizionamenti.
Prevedendo una legge specifica che con gli emendamenti apportati privilegia la ristrutturazione, il restauro e la valorizzazione di edifici esistenti, che raramente consentono l'accesso all'handicappato, è opportuno introdurre l'obbligo di prevedere piani precisi per il superamento delle barriere architettoniche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, comprendo e condivido al 100 lo spirito dei presentatori dell'emendamento. Ho una preoccupazione che voglio segnalare ai colleghi per vedere se è possibile trovare una formulazione che salvaguardi anche questa esigenza.
Qui stiamo parlando in generale di tutti gli interventi. Sugli edifici nuovi non ci piove che devono essere fatti in modo che non ci siano barriere architettoniche. Su edifici non nuovi, che non hanno caratteristiche di pregio artistico, storico e architettonico non ci piove che devono essere fatti tutti gli interventi. Siccome questo riguarda - e abbiamo stabilito le priorità - edifici che hanno qualità architettoniche storiche e artistiche, fissare un obbligo così tassativo mi crea qualche preoccupazione perché questo non sempre è possibile rispettando le esigenze di tutela. Sono due valori entrambi validi che entrano in conflitto, quindi bisogna trovare un meccanismo che sia meno tassativo di come è stato impostato, perché escludere dal contributo laddove non c'è un programma specifico di interventi in questo settore, mi sembra un po' radicale e pericoloso. Ho presente, ad esempio, alcune splendide chiese a cui si accede soltanto attraverso grandi e imponenti scalinate, non so come si possa intervenire per salvaguardare un valore e un principio valido sopprimerne e sacrificarne un altro che è quello della tutela architettonica, storica e artistica.
Bisognerebbe trovare una dizione che non sia così tassativa e che non costringa o a non dare i contributi laddove questo non è possibile per motivi storici o architettonici o a snaturare il pregio artistico e architettonico di un edificio per rispondere obbligatoriamente a questo imperativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, anche io come il collega Santoni esprimo l'adesione al principio, del resto già espresso la volta scorsa, sorge però un problema di attuabilità di queste indicazioni. Penso, ad esempio all'intervento eventuale sulla Sacra di San Michele con la sua splendida scalinata dei morti. Tutte le confessioni religiose sono particolarmente sensibili e attente ai problemi dei portatori di handicap, quindi non credo che possano esserci delle realtà che rifiutano di prestare attenzione a queste categorie sfortunate. Occorre lavorare per pensare a una forma che questo principio possa avere una graduale attuazione attraverso un piano ma che non sia un divieto alla operatività delle determinazioni che vengono assunte con la legge.
Dobbiamo da un lato trovare la forma per accettare il principio e dall'altro renderlo tecnicamente attuabile perché non sia impeditivo dell'operatività della legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei richiamare l'attenzione dell'assemblea sul fatto che proprio ieri è diventata operante una legge dello Stato che impone l'adeguamento degli edifici di civile abitazione alle necessità dei soggetti portatori di handicap. E' una legge molto importante, una testimonianza di alta civiltà e credo che ben si adegui ad essa l'emendamento del collega Staglianò, che abbiamo fatto nostro. Tra l'altro è una legge che prevede la possibilità di ottenere ulteriori contributi ove si predisponga un piano per l'abbattimento delle barriere architettoniche all'interno degli edifici già esistenti. Quindi, approvando l'emendamento, otterremmo due vantaggi: quello di accedere ad ulteriori contributi da parte dello Stato e quello costituito dal fatto che, proprio perché vi è un richiamo legislativo in questa direzione, tutti i progetti ne terranno conto adeguandosi a questa volontà, con indubbio giovamento da parte dei soggetti che devono essere maggiormente tutelati, anche ovviamente, quando accedono agli edifici religiosi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Faccio mie le preoccupazioni del collega Santoni, il quale peraltro aveva manifestato la possibilità alle preoccupazioni di trovare una formula che salvi il principio (che poi è un principio conseguente alla norma di cui all'art. 4 già approvato) e nello stesso tempo non blocchi certi interventi. L'esempio della Sacra di San Michele è stato puntualmente ricordato: qui effettivamente sarebbe impossibile, qualunque ristrutturazione o riparazione straordinaria venga fatta, prevedere l'eliminazione di barriere architettoniche.
Mi pare che proprio nello spirito di quanto diceva il collega Santoni l'emendamento potrebbe essere mantenuto e approvato con questo correttivo cioè la concessione del contributo di cui al seguente comma è subordinata all'attuazione di piani che, se e in quanto sia tecnicamente possibile prevedono l'eliminazione delle barriere architettoniche. In questa maniera ci saranno due fasce: una fascia di piani di ristrutturazione o altro, per i quali è oggettivamente e tecnicamente impossibile prevedere l'eliminazione di barriere architettoniche, per cui questa preclusione non opererà e poi una fascia per così dire normale nella quale i piani ben possono prevedere l'eliminazione delle barriere architettoniche. Penso che con questo inciso, "se e in quanto tecnicamente possibile", si venga proprio incontro alle apprezzabili esigenze di opportunità suggerite dal collega Santoni e si recupera il principio che tutti condividiamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

In primo luogo credo sia facile per tutti dire parole, soprattutto su questo argomento e mi riferisco soprattutto a me stesso. Molto più difficile è poi concretizzare la nostra disponibilità verso coloro che sono limitati da handicap nei movimenti o comunque nella loro vita relazionale.
La prima osservazione - la più giusta, a mio avviso - è quella fatta dal collega Tapparo, laddove ha fatto riferimento a tutte le confessioni non soltanto quella cattolica, ma anche a tutte le comunità che notoriamente in fatto di ascolto e attenzione agli handicappati hanno posizioni del tutto privilegiate. Voglio dire che in una chiesa, in un oratorio, in una zona che sta attorno alla proprietà della tavola valdese tutti gli handicappati hanno trovato ospitalità e soprattutto facilissimo aiuto per entrarvi. Il problema grave è quello di poterci entrare autonomamente, e mi pare che questa sia una preoccupazione civile di buona rilevanza.
Abbiamo già detto, come ha ricordato il collega Majorino, la nostra volontà nell'art. 4 cioè che i contributi possono essere richiesti ed erogati per questa specifica finalità; accettare un emendamento di questo tipo è dimostrare la nostra ampia volontà su tale problema, ma significa pure o cadere in una tentazione velleitaria o cancellare ogni nostra possibilità di erogare dei contributi. Quando penso ad un piccolo Comune di montagna a cui diamo 5 milioni per recuperare il tetto della chiesa che va in rovina, se noi subordiniamo l'erogazione di questo contributo all'attuazione di piani che prevedono il superamento delle barriere architettoniche sembra che si dica che il contributo non deve essere dato né per la tutela del patrimonio né per la difesa di questa categoria.
Quindi, a fronte della buona volontà c'è poi la conseguenza o del mancato rispetto dello spirito della legge oppure una forzatura che è nei fatti daremmo cioè il contributo senza avere l'attuazione dei piani che sono richiamati qui.
Personalmente sono dell'avviso che in questi casi, anche se non c'è bisogno, occorre stare con i piedi per terra. Due anni fa votammo in aula un ordine del giorno relativo alle barriere architettoniche; ricordo che in Commissione mi opposi perché sapevo che quell'ordine del giorno, così impegnativo e dettagliato, vincolante per l'Assessore competente, non poteva avere concreta attuazione. Allora, le affermazioni che faccio sempre con onestà, cerco di farle nel momento in cui hanno concreta attuazione nei fatti. Né posso accettare la correzione, pur apprezzabile, del collega Majorino che dice: "laddove sia oggettivamente e tecnicamente" quasi che l'elemento finanziario fosse un elemento aggiuntivo, di coda, mentre invece è quello più rilevante.
In sostanza raccomanderei all'Assessore e ai funzionari che daranno attuazione concreta alla legge, di predisporre una opportuna raccomandazione a tutte le comunità che fruiranno di possibili contributi di questo tipo, perché prioritariamente tengano conto, fra le altre cose della necessità di consentire agli handicappati di accedere ai luoghi di culto e alle attrezzature religiose autonomamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

L'argomento posto dall'emendamento del collega Staglianò deve essere affrontato con la serietà dovuta.
Dopo l'intervento del collega Nerviani è opportuno fare alcune puntualizzazioni. Quando fu approvato l'ordine del giorno relativo alle barriere architettoniche, l'osservazione di fondo espressa in quest'aula fu che mancava una normativa nazionale. Oggi invece esiste una legge nazionale approvata dal Parlamento, la quale vincola i nuovi progetti, le nuove costruzioni al fatto che non debbono esservi ostacoli e concede dei contributi per recuperare le situazioni preesistenti. E' del tutto ovvio che una legge nazionale vada applicata. Noi potremmo, al limite, anche non scrivere questo emendamento proprio perché la legge nazionale prevede che qualunque intervento di carattere urbanistico deve affrontare questo aspetto, ma il problema, collega Nerviani, comunque nella legge va inserito.
Questo pone dei problemi perché avendo giustamente dato priorità alle ristrutturazioni di edifici a valenza storica, artistica e culturale questo recupero avviene sulla base del parere della Sovrintendenza. E' chiaro che intervenire per eliminare le barriere architettoniche può essere fatto nella misura in cui esso è organico alle esigenze che poneva il collega Santoni.
Nell'emendamento del collega Staglianò si potrebbe aggiungere la dizione "approvati dalla Sovrintendenza" e mantenerlo comunque come elemento importante di questa legge. Mi porrei il problema invece di capire se comportando maggiori oneri questo tipo di intervento, tali oneri non possano essere previsti. Se questo comporta maggiori oneri non è giusto che gli oneri relativi all'abbattimento delle barriere architettoniche vengano ad essere scalati dall'investimento di recupero; quindi si dovrebbe prevedere un intervento finanziario aggiuntivo laddove al recupero si ponga l'esigenza di un intervento per l'eliminazione delle barriere architettoniche. In questo senso chiedo che nell'emendamento venga richiamato il parere della Sovrintendenza e che si preveda un intervento finanziario aggiuntivo dove si pone il problema per l'abbattimento delle barriere architettoniche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, sono particolarmente grato ai colleghi del Gruppo comunista che hanno sostenuto gli argomenti a favore del mio emendamento che non ho potuto illustrare per un contrattempo determinato dal caos del traffico che mi ha bloccato per mezz'ora.
Per le cose che ci siamo detti già la volta scorsa è evidente che su questo argomento non possiamo accontentarci di parole, collega Nerviani.
Nessuno di noi propone, e non lo facemmo nel luglio del 1987 quando definimmo una serie di impegni realistici per quanto riguarda l'iniziativa dei Comuni, l'abbattimento delle barriere architettoniche; tant'è che diversi piccoli Comuni sono venuti direttamente presso il mio e altri Gruppi per avere qualche consiglio su come attuarlo (qualcuno ci ha lavorato nel concreto, mi riferisco al Comune di Chivasso o ad altri piccoli e medi centri della nostra regione).
La verità è che i nostri impegni, soprattutto quelli solenni, rimangono sulla carta quando manca la volontà politica, questa benedetta volontà politica, di essere conseguenti.
Se non ci si vuole accontentare di parole, io penso che la discussione (almeno la parte che ho potuto seguire questa mattina) ha definito come perfezionare ulteriormente la proposta di emendamento per far sì che la realizzazione sia possibile: è questo che vogliamo! Nessuno di noi qui propone delle iniziative che lascino il tempo che trovano. Ognuno di noi andrebbe a perdere il suo tempo da un'altra parte. Non vogliamo lastricare di buone intenzioni nemmeno questo inferno.
Allora, io penso che...



PRESIDENTE

Non mi sembra proprio che si possa considerare un inferno!



BONTEMPI Rinaldo

Intendeva dire un inferno esistenziale!



REBURDO Giuseppe

Non è un attacco alle istituzioni!



STAGLIANO' Gregorio Igor

L'onorabilità del Parlamento regionale è salva, signor Presidente! Non la voglio fare più lunga, perché penso che gli intenti siano sufficientemente chiari. Sarebbe molto grave per il segnale che noi dovremmo riuscire a trasmettere e per gli strumenti, perché non ci accontentiamo soltanto di un segnale, per questo bastava già l'emendamento all'art. 4. Il collega Santoni mi suggeriva, la volta scorsa, di fare il giro di campo per cantare vittoria, io ho registrato con vivissima soddisfazione l'accoglimento all'unanimità di quell'emendamento, ma aspettavo la discussione di questi altri due, perché altrimenti non ci siamo! Il collega Reburdo ha specificato come per questi interventi le risorse a disposizione di fatto ne inibirebbero la realizzazione, interventi per i quali la legge è concepita. Per questo tipo di interventi, espressamente quando ricorrano tali situazioni, è possibile, a nostro avviso è opportuno prevedere che ci sia un finanziamento, un contributo aggiuntivo di modo che la realizzazione possa essere effettiva trattandosi di opere che tutti quanti diciamo essere indispensabili.
Io mi fermo qui, se mi consente ancora una volta il collega Paris, "se fate tacere questa persona le pietre grideranno" come dice il versetto n.
19.40 del Vangelo di Luca. Non facciamo gridare queste persone perché noi abbiamo la responsabilità di fare tutto il possibile per far sì che siano alla pari di tutti gli altri.



PRESIDENTE

La parola al collega Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Dal momento che dalla stragrande maggioranza degli interventi svolti in merito a questo emendamento, con opportuna specificazione in ordine sia alla possibilità tecnica e sia - come diceva il collega Reburdo - a giudizi e autorizzazioni da parte della Sovrintendenza, ritengo che questo emendamento possa riscuotere la maggioranza dei consensi favorevoli di quest'aula. Chiedo quindi, se possibile, una breve sospensione dei lavori per formulare una nuova stesura dell'emendamento.



PRESIDENTE

Accolgo questa proposta perché anch'io ho avvertito da tutte le parti politiche il riconoscimento del principio, ma pure la difficoltà di confezionare tecnicamente la norma per rispondere a questa domanda.
La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Sono molto dispiaciuto di dover intervenire ancora - cosa che abitualmente credo mi sia capitata una volta, non di più in tutti gli anni che sono in quest'aula - su uno stesso argomento, su uno stesso articolo di legge, anche forzando il regolamento.
Mi spiace dovere assumere al riguardo una posizione contraria al di là dell'emozione che può sollevare un problema di questo tipo. Io ribadisco che le comunità religiose sono le più attente ai problemi dei portatori di handicap e laddove sarà possibile superare gli ostacoli, questi verranno superati. Ma ritorno sul pensiero iniziale: senza guardare le città abbiamo 1.200 Comuni, 800 dei quali montani. Molti di questi hanno le chiese con alto valore artistico appollaiate in posizioni assolutamente irraggiungibili, anche in conseguenza di una cultura religiosa che qualche volta - almeno quella cattolica - faceva portare le chiese in posizioni emergenti, eminenti.
Allora, se noi estendiamo il principio, dobbiamo coinvolgere queste decine di migliaia di strutture religiose, ma di fatto non interverremo perché, sebbene dal punto di vista tecnico ciò sia possibile, a fronte dei pochi milioni di lire necessari per la ristrutturazione, occorrerà spenderne 30 o addirittura 50 per gli scivoli, gli ascensori e quant'altro ancora. E' chiaro che neanche il modesto contributo che si potrebbe concedere potrà essere dato perché è subordinato a questo aspetto.
Faremmo una raccomandazione ulteriore: dal momento che c'è una legge dello Stato, questa dev'essere applicata, non vedo quindi perché si debba dire nella nostra legge che una legge dello Stato deve essere applicata.
Ritengo che si tratti comunque di una forzatura, pur partendo da intenti assolutamente nobili e largamente condivisi anche da molti di coloro ai quali si vorrebbero imporre - è un po' la ragione del tono acceso che uso queste limitazioni già concretamente, quotidianamente attuate e testimoniate personalmente.
Mi pare che sia un eccesso di preoccupazione che si accompagna alla preoccupazione nostra esattamente contraria della impraticabilità dell'attuazione di un articolo di questo tipo, a meno di mandare all'aria tutto quanto abbiamo detto a proposito del recupero anche soltanto dei beni artistici e architettonici del nostro Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Collega Nerviani, io non condivido le cose che ha detto perché rispetto alla compatibilità tra edifici a valenza storica e artistica e la possibilità di intervenire, è la Sovrintendenza che autorizza e su questo non ci piove.



SANTONI Fernando

Se non autorizza non si dà il contributo.



MONTEFALCHESI Corrado

Certo, se non autorizza non si fa l'intervento: questo è chiaro.



SANTONI Fernando

Sì, ma non si fa nemmeno l'altro.



MONTEFALCHESI Corrado

Sono d'accordo: o si può fare l'intervento ed allora è possibile ristrutturare, quindi si opera anche sulle barriere architettoniche viceversa se l'intervento non è autorizzato non si pone neppure il problema.
Il collega Nerviani ha sostenuto che dal momento che vige una legge nazionale non è necessario dire nella nostra legge che la legge nazionale va applicata. Io replico con questo ragionamento: la legge finanziaria nazionale per il 1986 diceva che per tutti i progetti di nuovi edifici o di ristrutturazione di edifici pubblici, i Comuni dovevano obbligatoriamente prevedere interventi di eliminazione delle barriere architettoniche.
Quella norma è rimasta totalmente inapplicata, tant'è vero che in quel momento il Consiglio regionale approvò un ordine del giorno articolato che impegnava la Giunta sull'eliminazione delle barriere architettoniche.
Anche quel documento è rimasto inapplicato, ma occorre dire che l'applicazione di quell'ordine del giorno competeva alla Giunta e non al Consiglio. Noi diciamo quindi che l'aspetto delle barriere architettoniche va inserito nella legge perché del superamento diffuso delle barriere architettoniche finalmente si è fatto carico il legislatore nazionale (la legge è stata pubblicata recentemente). In secondo luogo, ritengo che l'applicazione di questa legge sarà tutt'altro che automatica, credo, anzi che rimarrà inapplicata come è rimasta inapplicata la norma della legge finanziaria 1986, se nella concessione concreta dei contributi e delle agevolazioni per gli interventi chi eroga questi contributi non pone un vincolo rispetto al progetto. In altri termini: la Regione dà il contributo nella misura in cui viene applicata questa legge. Se non c'è una norma, io dico a questo punto coercitiva, a tal proposito, non verrà mai applicata neanche la nuova normativa che prevede l'eliminazione diffusa delle barriere architettoniche. Io non ho letto la nuova normativa, presumo per che per quanto riguarda gli edifici privati questa legge impedirà la concessione ai privati di agevolazioni, autorizzazioni o incentivi economici se i progetti non prevedranno l'eliminazione delle barriere architettoniche.
Per questo motivo io dico che deve essere scritto nella nostra legge perché purtroppo a buone intenzioni, che del resto ci sono sempre state, su questo terreno non ha mai corrisposto una concreta applicazione delle stesse. E' necessario quindi imporre una norma coercitiva che leghi l'applicazione della legge alla concessione dei contributi o altri benefici.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Siccome esiste un riferimento alla legge nazionale e si vuole in ogni caso che venga ricordato, l'emendamento può essere accolto con un inciso che potrebbe essere di questo tenore: "la concessione del contributo per i nuovi edifici è subordinata all'approvazione di piani che prevedano l'eliminazione delle barriere architettoniche".



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, a nome degli altri firmatari dell'emendamento, le chiedo di sospendere brevemente i lavori per darci l'opportunità di esaminare questo aspetto.



PRESIDENTE

Dal momento che è stata avanzata una proposta che arricchisce ulteriormente il dibattito e poiché si sono manifestate delle difficoltà di carattere operativo, sospendo brevemente la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 11,50 riprende alle ore 12,10)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
E' stata concordata la seguente proposta di emendamento sottoscritta dai Consiglieri Staglianò, Chiezzi e Bara: "La concessione del contributo, di cui al seguente comma, è subordinata alla presentazione di piani che prevedono l'eliminazione delle barriere architettoniche ove tecnicamente possibile".
La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Forse tale proposta di emendamento consente il formarsi della maggioranza più ampia del Consiglio regionale. Probabilmente non è la forma migliore, nel senso che "ove tecnicamente possibile" si può prestare a diverse interpretazioni. Se l'inserimento di questa frase consente l'esprimersi di una larghissima maggioranza noi voteremo l'emendamento, pur con questa precisazione che forse è superflua. Vogliamo affermare la necessità che in presenza di contributi si presentino dei progetti per l'eliminazione delle barriere. Va da sé che questi progetti dovranno essere tecnicamente possibili e autorizzati dalle Sovrintendenze. Se viene presentato l'emendamento, noi voteremo a favore anche se è riduttivo rispetto all'emendamento presentato dal collega Staglianò e fatto proprio da altri Gruppi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Il Gruppo MSI-DN voterà l'emendamento così formulato. Ritiriamo il nostro subemendamento in quanto la lettera e lo spirito dello stesso è recepito dall'emendamento testé proposto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Il Gruppo DC voterà l'emendamento.
Ho il dovere di esprimere la mia ma credo anche degli altri colleghi di Gruppo, profondissima amarezza per una formulazione che va a ricercare intese (peraltro auspicabili per una legge di questo tipo), ma che privilegia questa preoccupazione al riconoscimento di dati.
Siccome si tratta di cose di molto conto che investono nella articolazione più ampia la nostra società, vorrei che ciascuno prendesse conto di quello che si sta dicendo.
Mi pare ingiusto pretendere dalle comunità religiose atteggiamenti di avanguardia rispetto a tutta l'altra comunità civile su temi di questo tipo nel momento in cui si fa una legge di possibile erogazione di contributi che saranno inevitabilmente modesti, dicendo che questi contributi dovranno essere erogati a condizione che queste comunità si preoccupino del superamento delle barriere architettoniche e quindi si preoccupino degli handicappati, cioè di coloro che si trovano in difficoltà, ricordando quindi a quelli che nel concreto tutti i giorni svolgono questa attività di difesa degli handicappati che loro per primi devono eliminare le barriere architettoniche. Prima di dare al parroco di Montrigiasco 3 milioni per riparare l'affresco della Cappella della Madonna del Rosario gli diciamo che la stessa deve essere raggiungibile dagli handicappati, quindi prima di chiedere i 3 milioni deve presentare il piano dove è tecnicamente possibile.
Voterò comunque l'emendamento, signor Presidente.
Mi sembra che spesse volte le intese costino molto, soprattutto quando sono contrastanti rispetto all'obiettività e alla verità dei fatti e in qualche modo non tengono conto delle obiettive realtà e in questo caso della generosità vera che sta dietro alle comunità delle confessioni religiose.



PRESIDENTE

Le intese sono sempre difficili e motivo di sofferenza, però il problema va visto sotto due aspetti: quello umano, sul quale siamo tutti d'accordo con quanto ha detto il collega Nerviani a proposito di chi si è sensibilizzato più di quanto lo siano state le istituzioni, e quello istituzionale che ci induce non a porre delle condizioni, ma a fare delle sottolineature.
La breve sospensione ha comunque consentito di raggiungere un'intesa.
Pongo pertanto in votazione l'emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 37 voti favorevoli e 2 astensioni.
Emendamento presentato dai Consiglieri Martinetti e Nerviani: al quarto comma, le parole "dell'Autorità tutoria, secondo l'ordinamento di ciascuna confessione religiosa" sono sostituite dalle parole "del rappresentante legale della confessione religiosa beneficiaria dell'intervento".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 22 voti favorevoli e 13 astensioni.
Emendamento presentato dai Consiglieri Martinetti e Nerviani: dopo le parole "il programma di cui al secondo comma" sono inserite le parole "predisposto sulla base delle necessità rilevate dal Comune oppure delle domande presentate".
La parola al Consigliere Nerviani per l'illustrazione.



NERVIANI Enrico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che quando si legifera bisogna essere sempre onesti. Quindi potrei dire ai colleghi Tapparo e Chiezzi, che giustamente l'hanno richiesto, di scrivere "eventuali" e il discorso si chiuderebbe. Si tratta però di una cosa in più che è nata dall'osservazione di un collega in aula per una possibile, non precisa interpretazione da parte dei Comuni del nostro disposto di legge.
Nella frase precedente quando avevamo aggiunto "in presenza di necessità rilevate dal Comune e di eventuali domande avanzate" ci eravamo riferiti a quanto precedentemente avevamo definito e la condizione per l'intervento del Comune era duplice: o in presenza di esigenze rilevate autonomamente dal Comune o in presenza di richieste avanzate dalle confessioni religiose. Questo era lo spirito concordato con il presentatore dell'emendamento. Dalla rilettura dell'emendamento fatta qualche secondo dopo, è emersa la possibilità che si potesse invocare la contemporaneità delle due condizioni. Invece noi diciamo, come dicevamo, che deve esserci o la rilevazione del Comune o la presentazione di eventuali istanze o tutte e due, ma è chiaro che non sono obbligatoriamente richieste contemporaneamente entrambe.
L'emendamento vuole essere quindi una interpretazione autentica anche dell'emendamento precedentemente formulato.
Questo per correttezza, chiarezza e rispetto dei colleghi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, insisterei perché la dizione del programma rimanesse la medesima. Non mi disturba la parola "oppure" perché l'interpretazione che personalmente davo del secondo comma non era di contemporaneità dei due fatti, anche perché in realtà i due fatti non sono contemporanei.
Propongo comunque di aggiungere il termine "eventuali" prima di "domande presentate".



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento così modificato.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 34 voti favorevoli e 4 astensioni.
Prima di procedere alla votazione dell'art. 5 ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, faccio una dichiarazione di voto in quanto in questo articolo sono contenuti due argomenti abbastanza distinti tra loro. Su un argomento siamo sfavorevoli a quanto sostenuto, mentre sull'altra parte siamo favorevoli.
Siccome non chiediamo di votare l'articolo per commi, cosa che gradiremo perché ci permetterebbe di esplicitare al massimo questa differenza di giudizio, vogliamo comunque precisare che in questo articolo noi voteremmo contro il primo comma, quello relativo all'obbligo da parte dei Comuni di destinare una parte degli oneri di urbanizzazione secondaria mentre voteremmo favorevolmente a tutti i successivi commi. Dato però che votiamo l'articolo per intero, ci asterremo nella votazione.



PRESIDENTE

Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 5 nel testo emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 23 Consiglieri si sono astenuti 17 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Emendamento presentato dai Consiglieri Biazzi, Sestero, Bontempi Chiezzi e Avondo: l'art. 6 è sostituito dal seguente: "La Regione può concedere per le opere di manutenzione straordinaria, di restauro e risanamento conservativo di edifici per il culto di particolare valore storico, artistico e culturale, contributi sino ad un massimo del 30% della spesa prevista, ad integrazione del contributo del Comune.
L'intervento del Comune deve finanziare almeno il 20% della spesa prevista.
La deliberazione di Consiglio comunale di assegnazione del contributo deve documentare come saranno reperiti i fondi per il finanziamento complessivo del progetto".
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione.



CHIEZZI Giuseppe

Nel dibattito generale sulla legge avevamo proposto una legge radicalmente diversa nei suoi contenuti e nei suoi principi ispiratori e tra questi diversi contenuti vi era quello di privilegiare gli interventi relativi al restauro, risanamento e valorizzazione di edifici esistenti.
Questo emendamento sostitutivo si inserisce nella logica della nostra legge, quindi lo manteniamo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 10 voti favorevoli, 19 contrari e 5 astensioni.
Emendamento presentato dai Consiglieri Reburdo, Montefalchesi e Ala: al primo comma, prima riga, sostituire alle parole "dalle confessioni religiose interessate e autorizzate" le parole "dei culti interessati e autorizzati" al secondo comma, terza riga, sostituire le parole "dalle confessioni religiose" con le parole "dagli organismi di culto" al secondo comma, ultima frase, sostituire le parole "confessioni religiose" con le parole "organismi di culto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 9 voti favorevoli, 21 contrari e 5 astensioni.
Emendamento presentato dal Consigliere Tapparo: al punto a) sostituire "50%" con "60%" al punto b) sostituire "30%" con "20%".
La parola al Consigliere Tapparo per l'illustrazione.



TAPPARO Giancarlo

Va nel senso di quanto è già emerso dal dibattito, privilegiare ciò gli interventi su edifici con valore storico, artistico e monumentale e di graduare in forme molto diverse interventi su altri tipi di edifici.
Questa impostazione è uno dei caratteri di fondo della legge. Il tentativo del mio emendamento è di rendere più marcato questo carattere anche se mi rendo conto che probabilmente per quanto riguarda il punto b) viene a dargli una operatività molto bassa. Tuttavia ritengo di mantenere l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Qui non si tratta di suddividere - probabilmente questo è sfuggito - i contributi fra quelli destinati ad opere di alto valore artistico tutelato e quelle che questo valore non hanno perché non rientrano nella legge n.
1089. In questo articolo si prevede di poter intervenire fino al 30% per opere che non rientrano nella legge n. 1089.
Siccome la suddivisione fra l'una e l'altra parte la facciamo noi quindi si interviene laddove si ritiene necessario intervenire, perché è una nostra autonoma scelta, limitare la possibilità di intervenire fino al 20% è veramente molto riduttivo, quindi chiedo al collega Tapparo di alzare pure il valore al 60%, ma senza ridurre la possibilità del tutto teorica da noi definita di erogare fino al 20% per gli interventi che non rientrino nella legge n. 1089.
Mi rendo conto che stiamo parlando di fichi secchi perché si tratta di un fondo di 900 milioni per interventi in favore di tutte le chiese del Piemonte (circa 100 milioni per provincia), suddivisi ancora, magari, in 95 milioni per quelle che rientrano nella legge n. 1089 e in 5 milioni per quelle che non vi rientrano. Questi 5 milioni corrispondono al 20% di una serie di possibilità che dovrebbero essere configurate in un milione, un milione e mezzo l'una. Sarebbe una questione assolutamente marginale perciò chiedo di lasciare il 30% e di aumentare al 60% l'altra parte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, dopo che abbiamo operato la scelta di destinare una parte degli oneri di urbanizzazione secondaria a questo tipo di intervento un altro intervento aggiuntivo, come si configura in questo senso, è un fatto che ha suscitato preoccupazioni nel nostro Gruppo e anche un dibattito interno piuttosto serrato che ci ha portato a ritenere che probabilmente non fosse utile collegare parallelamente agli interventi previsti con l'art. 4 questo tipo di intervento.
Posso capire che probabilmente stiamo facendo il matrimonio con i fichi secchi, ma noi avremmo anche qualcosa da dire sulla quota da destinare a questo intervento con l'art. 7; c'è un emendamento da me firmato - lo anticipo - volto a ridurre i 900 milioni previsti. Con questa impostazione si vuole rimarcare un segnale che è già il frutto di un grande sforzo di mediazione all'interno di un partito laico come il nostro che affronta con grande spirito di apertura questo problema.
Per questa ragione mantengo l'emendamento così come è stato da me formulato nella settimana scorsa proprio per dargli una caratterizzazione di principio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Il Gruppo comunista voterà a favore di questo emendamento che è senz'altro migliorativo. Spostare maggiori contributi sugli interventi verso i beni più preziosi, ci sembra saggio.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Tapparo.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 36 voti favorevoli e 1 astensione.
Emendamento presentato dai Consiglieri Nerviani e Martinetti: al primo comma, le parole "dalle confessioni religiose interessate e autorizzate dalle rispettive autorità tutorie" sono sostituite dalle parole "dai legali rappresentanti delle confessioni religiose, autorizzati a norma degli ordinamenti interni delle stesse".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 23 voti favorevoli e 13 astensioni.
Emendamento presentato dal Consigliere Staglianò: dopo le lettere a) e b), aggiungere il seguente comma: "La concessione di cui alle lettere a) e b) è subordinata alla presentazione dei piani che prevedono l'eliminazione delle barriere architettoniche".
La parola al Consigliere Staglianò per l'illustrazione.



STAGLIANO' Gregorio Igor

E' inutile ripetere la discussione che è stata fatta in merito all'art.
5. Se vuole cortesemente prendere nota, signor Presidente, do lettura della modifica che è stata apportata all'emendamento: "la concessione di cui alle lettere a) e b) è subordinata alla presentazione dei piani che prevedono" e via dicendo.
Questo per coerenza con quanto è stato detto in precedenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

A mio avviso l'emendamento è superato e in pratica assorbito dall'emendamento sostitutivo presentato dai colleghi Nerviani e Martinetti al penultimo comma dell'art. 6 che recita: "L'erogazione dei contributi regionali avviene con le stesse modalità previste per l'erogazione da parte dei Comuni di cui all'articolo precedente".
Quindi, avendo inserito tra le modalità il comma che richiamava quanto detto dal collega Staglianò ritengo che il suo emendamento possa essere ritirato.



STAGLIANO' Gregorio Igor

D'accordo, ritiro l'emendamento.



PRESIDENTE

Passiamo quindi all'emendamento presentato dal Consigliere Ferrara: il secondo periodo del secondo comma dell'art. 6 è soppresso.
La parola al Consigliere Ferrara per l'illustrazione.



FERRARA Franco

Ritengo sia piuttosto chiaro. Nel secondo comma si danno delle indicazioni al Sindaco circa alcuni adempimenti che lo stesso deve svolgere, quali l'invio del progetto alla Regione. Nella seconda parte è scritto: "In caso di inadempienza da parte del Sindaco, le confessioni religiose interessate potranno trasmettere direttamente alla Giunta regionale la propria richiesta".
Ritengo che questo passaggio sia eccessivo, si tratta di una sostituzione totale degli enti locali che potrebbero avere argomentazioni serie per non procedere. Chiedo quindi di abrogare questa seconda parte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Siamo d'accordo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Emendamento presentato dai Consiglieri Nerviani e Martinetti: il penultimo comma dell'art. 6 è sostituito dal seguente: "L'erogazione dei contributi regionali avviene con le stesse modalità previste per le erogazioni da parte dei Comuni di cui all'articolo precedente".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 21 voti favorevoli e 10 astensioni.
Non essendovi altri emendamenti si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 6 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 29 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Emendamento presentato dai Consiglieri Nerviani e Martinetti: l'intero art. 7 è sostituito dal seguente: "1. Per l'attuazione dell'art. 6 della presente legge è autorizzata per l'anno finanziario 1989 la spesa di L. 900.000.000.
2. Nello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1989 viene conseguentemente istituito apposito capitolo avente la seguente denominazione: 'Interventi regionali concernenti le chiese e gli altri edifici religiosi' e con la dotazione in termini di competenza e di cassa, sopra indicata.
3. Agli oneri di cui al primo comma si fa fronte mediante riduzione di pari importo del capitolo n. 12800 per l'anno 1989.
4. Per gli anni finanziari successivi si provvederà in sede di predisposizione dei relativi bilanci.
5. Il Presidente della Giunta regionale è autorizzato ad apportare, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio".
La parola al Consigliere Nerviani per l'illustrazione.



NERVIANI Enrico

L'emendamento è stato riproposto in forma nuova perché la legge doveva essere approvata l'anno scorso. La somma era divisa in parte sull'anno finanziario 1988 e in parte sull'anno finanziario 1989. L'anno 1988 è trascorso, quindi si deve spendere tutto sul bilancio dell'anno finanziario 1989.
Vi sono inoltre dei subemendamenti che si riferiscono al titolo del capitolo, che è reso coerente con gli edifici destinatari degli interventi e a punti puramente tecnici.
E' stato annunciato l'emendamento del collega Tapparo che riduce la spesa da 900 a 600 milioni. Non ritengo opportuna tale riduzione tenendo conto del patrimonio di edifici religiosi esistenti sul nostro territorio e degli interventi necessari. Dei 900 milioni previsti circa 450 vanno alla Provincia di Torino, mentre alle altre cinque Province vanno 90 milioni circa a testa. Ridurre ulteriormente dopo avere specificato che si tratta di interventi non sulle chiese, ma sui beni architettonici, è una limitazione della nostra volontà di intervenire sul patrimonio culturale.
Chiedo al collega Tapparo di annotare che questi 900 milioni nascono dall'intesa raggiunta l'anno scorso di mettere 300 milioni per il 1988 e 600 milioni per il 1989, pertanto comprende anche una parte dell'impegno del precedente anno. Oltre tutto essendo specificatamente finalizzati al recupero e al restauro di edifici compresi nella legge n. 1089, con notevole valore artistico-culturale, quindi lavorando in un ambito che non c'entra niente con le confessioni religiose, chiedo di mantenere un capitolo sul quale anche il Gruppo socialista si era impegnato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Per le argomentazioni portate dal collega Nerviani ritiro il mio emendamento e accetto questo tipo di impostazione che va nello spirito di dare un significato concreto e di non fare una burla con questa legge.
Mi riservo in sede di dichiarazione di voto di dare la precisazione complessiva dei caratteri del nostro intervento tenendo conto del ritiro di questo emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Gli emendamenti del Gruppo comunista, del collega Reburdo e il nostro sono tutti subemendamenti all'emendamento, cioè da parte del Gruppo comunista e di altri si dice di cambiare la denominazione del capitolo.
Noi abbiamo proposto che fosse adottata la stessa formula prevista al primo comma dell'art. 2 che è quella adottata per definire i destinatari degli interventi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

La discussione sul tema è già stata svolta ampiamente. Questo emendamento è in coerenza con gli altri. Ritiriamo l'emendamento e ci asterremo in sede di votazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Manteniamo l'emendamento perché lavoriamo affinché si abbia un perenne ricordo, in particolare la Giunta, su una questione aperta. Chiediamo all'Assessore Cerchio che il provvedimento che riguarderà la questione degli stranieri e l'applicazione della legge n. 943 sia un provvedimento non solo verticale, ma anche orizzontale, nel senso che dovrà affrontare nel complesso una questione importante come quella degli stranieri per la quale la legge n. 943 dà suggerimenti e indicazioni, in particolare alle Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Guasso.



GUASSO Nazzareno

Noi voteremo l'emendamento presentato dal collega Reburdo conseguentemente all'aver assunto una parte dell'emendamento del Consigliere Tapparo, a suo tempo.
E' abbastanza comune che nelle assemblee elettive si possa fare scaturire da un dibattito una raccomandazione alla Giunta. Noi usiamo questo momento per raccomandare al governo regionale di accelerare la stesura e l'invio in Commissione, quindi in aula, del disegno di legge che l'Assessore Cerchio ha pronto sul problema degli immigrati extracomunitari nel nostro Paese. L'Assessore si era assunto l'impegno di garantire loro strutture per il culto. Questa può diventare una raccomandazione del Consiglio nei confronti della Giunta perché, entro brevissimo tempo, invii in IV Commissione lo strumento che ha predisposto per questo particolare problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Il nostro Gruppo è d'accordo sull'impostazione suggerita dal collega Guasso, ma devo proprio dire - visto che il collega Reburdo ha discusso questo emendamento entrando di corsa in aula senza aver potuto sentire quello che si è detto prima che la stessa finalità che ha motivato il mantenimento di questo emendamento non vedo come non sia accolta nella nostra proposta che dice di dare al titolo dell'articolo di bilancio la stessa definizione che abbiamo dato nell'art. 2. La vostra proposta è "Interventi regionali concernernti le chiese e gli altri edifici di culto" il nostro emendamento propone: "Interventi regionali concernenti gli edifici di culto e pertinenze funzionali all'esercizio dello stesso". Non si parla neanche più di chiese, bensì di edifici di culto. Quindi non capisco come questo mantenimento dell'emendamento possa avere valore sia pure nel senso motivato e giusto che intende darvi il collega Reburdo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Masaracchio.



MASARACCHIO Antonino

Non entro nel merito delle valutazioni fatte dai Consiglieri per quanto riguarda la distinzione tra "culto" e il termine "religioso", anche perch dovendo questa legge intervenire per tutto ciò che riguarda le strutture della pratica religiosa che è anche "culto", non vale proprio la pena entrare nel merito. Però per una questione di ragione semantica, visto che in altra parte il concetto di culto è stato già salvaguardato, dico che nell'emendamento presentato dal collega Nerviani la dizione "edificio religioso" va bene perché quanto meno ribadisce un concetto fondamentale alla questione religiosa, poiché non è detto che il culto debba essere soltanto il culto di una religione, così come non è detto che nel culto non ci siano gli elementi dello spirito religioso. Quindi gli interventi vanno fatti per gli edifici religiosi che possono essere anche edifici di culto ma nell'ambito della religione.
Per questo noi siamo favorevoli all'emendamento del collega Nerviani e contrari agli altri emendamenti.



PRESIDENTE

Sono pertanto ritirati i seguenti subemendamenti.
Subemendamento presentato dal Consigliere Tapparo: al primo comma, le parole "L. 900.000.000 di cui L. 300.000.000 per l'anno finanziario 1988" sono sostituite dalle parole "L. 600.000.000".
Subemendamento presentato dai Consiglieri Avondo, Biazzi, Sestero Calligaro e Chiezzi: al primo comma sono soppresse le parole "dell'art. 6" al secondo comma la denominazione del capitolo "Interventi regionali concernenti le chiese ed altri edifici religiosi" è modificata in "Interventi regionali concernenti edifici per il culto".
Subemendamento presentato dal Consigliere Tapparo: le parole "Interventi regionali concernenti le chiese ed altri edifici religiosi" sono sostituite dalle parole "Interventi regionali in materia di edifici per il culto".
Pongo in votazione il subemendamento presentato dai Consiglieri Reburdo Montefalchesi e Ala: al punto 2, sostituire "Interventi regionali concernenti le chiese ed altri edifici religiosi" con "Interventi regionali concernenti le chiese e gli altri edifici di culto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 15 voti favorevoli e 25 contrari.
Subemendamento presentato dai Consiglieri Martinetti e Nerviani: le parole "le chiese ed altri edifici religiosi" sono sostituite dalle parole "gli edifici di culto e le pertinenze funzionali all'esercizio del culto stesso".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 25 voti favorevoli e 15 contrari.
Pongo ora in votazione l'emendamento che sostituisce l'intero art. 7 presentato dai Consiglieri Nerviani e Martinetti.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 25 voti favorevoli e 15 contrari.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 7 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 44 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 14 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
Esaminiamo ora la seguente proposta aggiuntiva di un nuovo articolo presentata dai Consiglieri Nerviani e Martinetti: dopo l'art. 7 aggiungere il seguente articolo: "Art. 8 - Norme transitorie.
Per i primi cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le disposizioni di cui ai precedenti articoli si applicano anche alle confessioni religiose che abbiano stipulato con lo Stato italiano l'intesa prevista dal terzo comma dell'art. 8 della Costituzione, pur in pendenza della legge di approvazione.
Per il solo esercizio 1989 la data di scadenza per la presentazione delle domande è fissata entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge".
La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Questo articolo è stato proposto per tentare possibilmente il massimo recupero delle confessioni religiose che rientrano nello spirito dell'art.
8 della Costituzione, per esempio la comunità israelitica. Ribadisco che se avessimo potuto fare un'ipotesi sostenibile più ampia l'avremmo fatta. In questo momento riteniamo che sia la più aperta che si possa formulare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, sono d'accordo sulle norme transitorie, per cogliamo ogni occasione per ribadire che nelle norme transitorie si sarebbe potuto, in via eccezionale, inserire la problematica che abbiamo finora sottolineato cioè di quelle confessioni religiose, che non rientrano nelle norme previste dalla Costituzione, che riguardano altri fenomeni immigratori.
Inserire questo elemento nelle norme transitorie avrebbe rappresentato un segnale culturale, politico e sociale a queste realtà, ma non è avvenuto, quindi continueremo ad insistere affinché questo problema venga affrontato con tutta la forza necessaria.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione tale emendamento aggiuntivo che diventa il nuovo art. 8.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 26 voti favorevoli e 12 astensioni.
Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale del nuovo art. 8.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 32 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 8 è approvato.
Passiamo infine ad esaminare l'emendamento al titolo presentato dai Consiglieri Nerviani e Martinetti: il titolo del progetto di legge n. 315 è sostituito dal seguente: "Individuazione negli strumenti urbanistici generali di aree destinate ad attrezzature religiose. Utilizzo da parte dei Comuni del fondo, derivante dagli oneri di urbanizzazione e contributi regionali per gli interventi relativi agli edifici di culto e pertinenze funzionali all'esercizio del culto stesso".
La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Voglio ricordare che avevamo rinviato la definizione del titolo a conclusione della legge, perché non sapevamo che cosa nella legge sarebbe risultato scritto. Ora sappiamo cosa c'è scritto e dobbiamo, attraverso il titolo, sintetizzare il contenuto della legge. Il titolo che formuliamo pu assorbire gli emendamenti che su esso sono stati presentati.
L'ultima parte del titolo è stata modificata in sintonia con l'art. 2: "agli edifici di culto e pertinenze funzionali all'esercizio del culto stesso".



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 23 voti favorevoli, 3 contrari e 11 astensioni.
Vengono pertanto considerati decaduti i seguenti emendamenti: 1) a firma dei Consiglieri Reburdo, Montefalchesi e Ala: cancellare il titolo riportato sostituendolo con: "Utilizzo del fondo per le opere di urbanizzazione finalizzato a interventi regionali concernenti le chiese e gli altri edifici di culto" 2) a firma dei Consiglieri Biazzi, Sestero, Bontempi, Chiezzi e Avondo: il titolo della legge è modificato in: "Individuazione negli strumenti urbanistici generali di aree riservate ad edifici per il culto e provvidenze per manutenzioni straordinarie, restauro e risanamento conservativo di edifici per il culto di particolare valore storico artistico e culturale" 3) a firma del Consigliere Majorino: il titolo della legge è modificato in "Utilizzo del fondo per opere di urbanizzazione finalizzato a interventi regionali concernenti edifici di culto e fabbricati annessi nelle loro parti strettamente collegate al servizio di culto" 4) a firma del Consigliere Tapparo: il titolo della legge è modificato in "Utilizzo del fondo per le opere di urbanizzazione finalizzato a interventi regionali in materia di edifici per il culto".
Prima di procedere alla votazione dell'intero testo della legge passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, esprimo a nome del Gruppo comunista una certa soddisfazione per il lavoro svolto dal Consiglio regionale. E' una soddisfazione che ci porterà ad astenerci nel voto di questa legge in quanto, con il lavoro svolto da tutti, abbiamo consentito una trasformazione netta e decisa al disegno di legge originario giunto in Consiglio regionale, quello sul quale la DC aveva prodotto un vasto momento di informazione e propaganda sui giornali.
Abbiamo ottenuto dei risultati importanti perché questo disegno di legge è decisamente diverso da quello su cui si è iniziato a discutere anche se permangono alcuni difetti sostanziali che non ci consentono purtroppo, di dare un voto positivo ad una legge che in linea generale pu contribuire a risolvere veramente il problema del risanamento e della valorizzazione degli edifici religiosi.
Il confronto mi è parso improntato a questioni di merito: da parte nostra abbiamo evitato in qualsiasi modo di indurre o accettare terreni di carattere ideologico. Devo dire che nel dibattito la stragrande maggioranza degli interventi e delle voci è riuscita a tenersi su questo terreno e a non scivolare in artificiose contrapposizioni al di fuori di un confronto di merito e civile sulle cose da fare e al di là dei valori che all'atteggiamento religioso ciascuno di noi assegna.
In quest'aula abbiamo trovato consenso su alcune proposte di merito, al di là degli schieramenti maggioranza-opposizione e questo è un fatto che fa sempre piacere. Con questa legge i Comuni saranno più liberi rispetto alla legge precedente di decidere la propria amministrazione; con questa legge i finanziamenti andranno in misura maggiore della precedente ad interventi di restauro e di risanamento; con questa legge siamo riusciti a definire meglio, anche se non in modo ottimo secondo noi, il concetto di edifici per il culto.
Risultati completamente soddisfacenti non sono stati conseguiti per consentirci di votare a favore, soprattutto per le resistenze che sono state messe in atto da parte della Democrazia Cristiana. Ci dispiace di non aver ottenuto soddisfazione su alcuni punti importanti. Da parte della Democrazia Cristiana c'è stato forse il tentativo, in trascurabili momenti o che comunque vogliamo trascurare, di esorcizzare talune proposte avanzate dal nostro Gruppo nel momento in cui ci si accorgeva che si trattava di proposte che facevano breccia negli schieramenti, nel senso che sono state in tutto o in parte sostenute da altri Gruppi.
Qualche caduta di tono, almeno a mio giudizio, vi è stata, ma non la voglio riprendere né raccogliere. Cadute di tono come i commenti sulle priorità o sull'importanza delle opere di urbanizzazione secondaria o sulle opere di urbanizzazione primaria. Sono tutti problemi importanti, non ce n'è uno che viene prima dell'altro, sono problemi che si pongono su sfere diverse e si potrebbe fare un dibattito sul contenuto dell'urbanizzazione primaria che non è altro che l'urbanizzazione che consente a tutte le altre funzioni di svolgersi: se non c'è l'acqua non si fa l'edificio, se non c'è la rete fognaria non si fanno gli edifici e quindi le città. Ma respingiamo, se questa ci fosse stata, l'insinuazione che si tende a mettere tutto sullo stesso piano e a dare a ciascun fatto il medesimo valore o, peggio ancora, a dare ad alcuni fatti, come quello religioso minor valore che ad altri. Non è questo il nostro atteggiamento, lo respingiamo e quindi riportiamo il discorso sul tema del merito.
Il Gruppo comunista si astiene su questa legge confermando la sua volontà di affrontare questi problemi nel rispetto dell'autonomia da parte dei Comuni. Noi sosteniamo che i Comuni devono essere liberi di scegliere la propria politica amministrativa. Riteniamo che i Comuni non debbano vedere le difficoltà finanziarie in cui versano accentuate da una legge che li obbliga a destinare in modo particolare e determinato i proventi degli oneri di urbanizzazione che sappiamo essere insufficienti per le esigenze globali di tutti i servizi previsti dalla legge per la collettività.
Siamo quindi contro gli obblighi inseriti dalla legge che riteniamo di carattere burocratico vincolistico e anche inefficienti e inefficaci a raggiungere lo scopo, perché questi obblighi sono tanto severi e netti quanto inefficaci nel momento in cui il Comune si limita a destinare cifre prossime allo zero, e questo la legge lo consente di fare, come contributi.
Ci sembra anche un modo politicamente sbagliato di costruire una legge perché i vincoli alle Amministrazioni comunali non producono mai dei grandi benefici. Obbligare una comunità già in crisi dal punto di vista finanziario a compiere degli atti non vuol poi dire che questi atti si realizzino e non aiuta la comunità, su un tema così importante come quello dell'attrezzatura di carattere religioso, a trovare quell'unità di intenti che solo un rapporto democratico all'interno della comunità stessa, con un Comune che vede una propria partecipazione prioritaria diretta, pu raggiungere.
Non è obbligando i Comuni a fare una deliberazione che si risolvono i problemi del restauro degli edifici religiosi, ma è lavorando affinché il Comune nella propria libertà rediga - come abbiamo proposto noi ed è stata respinta questa proposta - dei programmi di intervento in questo settore.
La nostra proposta di legge andava nella direzione di non sottovalutare il problema, di farsene carico, ma assegnando al Comune il compito di predisporre programmi. E nel predisporre i programmi il Comune attiva le sue energie, colloquia con la comunità, con le autorità religiose. Guardate che ricchezza maggiore di rapporti e che unità maggiore si ottiene nella comunità attorno ad un programma piuttosto che a una deliberazione da ottemperare in base a un obbligo di legge! Gli oneri di urbanizzazione, sappiamo, sono molto scarsi, ma cosa pensiamo si possa fare limitando le risorse dei Comuni agli oneri di urbanizzazione? In Piemonte ci sono 2.250 chiese parrocchiali, per riferirci al culto cattolico che rimane quello più praticato, e 10.000 chiese non parrocchiali: la cifra è enorme. Di queste chiese moltissime hanno carattere di bene artistico-architettonico vincolato in forza di legge, ma altrettante, forse di più, hanno comunque un valore, anche se non è tutelato, e costituiscono una ricchezza di tutta la società.
Pensiamo allora che con una deliberazione sugli oneri di urbanizzazione si possa far fronte a questi bisogni? Certamente no! La strada è un'altra non può essere risolta da questo, la strada è quella dei programmi e dei rapporti tra comunità e autorità religiose. Vorrei ricordare l'articolo scritto nel gennaio 1988 da don Marengo, responsabile dell'Ufficio liturgico della Curia che chiede alle istituzioni attenzione perch dichiara "rispetto al bisogno della comunità cattolica l'eccedenza delle chiese e degli edifici per il culto è tale da costituire un problema".
Questo sarebbe un punto di partenza e dovrebbe esserlo per chi governa: Comuni e Regioni. Partire ad affrontare il problema dove ce lo consegnano ad esempio, le autorità religiose del culto che chiedono aiuto perché hanno più chiese di quante ce ne sia bisogno a loro giudizio e di quante comunque riescano a mantenere, a gestire economicamente. Questo è il punto di raccordo tra una volontà del Comune e una legge della Regione che poteva proporre dei programmi da parte dei Comuni legati ai veri problemi della comunità.
Il secondo punto che questa legge non soddisfa appieno è quello relativo alla destinazione dei fondi anche per nuovi edifici per il culto.
Basterebbe la citazione di don Marengo per evidenziare il fatto che probabilmente esigenze in questo senso il culto cattolico non ne ha.
Su questo tema avevamo presentato emendamenti, il compagno Guasso è anche intervenuto successivamente; siamo favorevoli invece a programmi in direzione della predisposizione di edifici atti ad accogliere l'esercizio del culto da parte di culti provenienti da Paesi extracomunitari.
Noi quindi ci asteniamo, teniamo però a dichiarare che il nostro lavoro non si fermerà qui, nel senso che noi ci sentiamo partecipi di questo problema. Abbiamo fatto, riteniamo, delle proposte serie: a tutti i cittadini, alle persone credenti, alle autorità tutorie, per quanto riguarda il culto cattolico alle sue gerarchie, ai Vescovi, ai Sindaci e agli Assessori dei Comuni, diciamo che a nostro parere non è con questa legge che si affrontano i problemi. Non si illuda nessuno che con l'imposizione di vincoli amministrativi ai Comuni questi problemi si risolvano, perché si possono risolvere in modo diverso: con l'accordo e la libera responsabilità di ciascuno.
Noi continueremo a sostenere il nostro impegno e se volete anche una battaglia affinché la libertà di espressione e di esercizio di ciascun credo religioso venga garantita a ogni cittadino. Noi non solo siamo rispettosi di questo, ma siamo anche pronti a fare delle battaglie e ad assumerci impegni amministrativi concreti.
E' su questo terreno che noi vorremo incontrare tutti i cittadini e i responsabili delle autorità religiose, Comune per Comune. Noi amministriamo ancora molti Comuni, abbiamo comunque parte nelle decisioni dei Comuni; non ci faremo vincolare da questa legge, non cercheremo nell'obbligo burocratico ivi previsto la risoluzione dei problemi. Daremo invece un contributo a livello di tutte le comunità affinché i Comuni si impegnino al di là della deliberazione che può avere valore nullo, a fare delle proposte programmatiche a sostegno di interventi che vadano, con le poche risorse a disposizione di tutti, soprattutto in direzione della tutela e della valorizzazione del patrimonio storico esistente.
Questa è una brevissima dichiarazione di voto che giustifica una parziale soddisfazione per il lavoro svolto e un rammarico perché pensavamo che in questo Consiglio regionale ci fossero le forze che consentissero di evitare un appesantimento e un vincolo all'attività dei Comuni, poco producente sul piano concreto delle destinazioni finanziarie e forse nocivo per lo sviluppo di rapporti tali che consentano alla comunità di affrontare e risolvere questo problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro Gruppo voterà a favore di questo progetto di legge, anche se non tutte le perplessità che erano emerse in noi alla prima lettura del testo originario sono state fugate. Perplessità che derivavano e derivano da una diversa scelta che forse sarebbe stato opportuno fare: meglio avremmo visto, ad esempio, due distinti provvedimenti normativi che consentissero di intervenire nei confronti degli edifici a valenza storico - artistico - culturale, a prescindere dalla destinazione e dai titolari degli edifici stessi, che quindi consentisse di intervenire anche con contributo finanziario nei confronti di tutti coloro che si trovano a dover affrontare oneri per il mantenimento di un patrimonio che è di tutti. Ci riserviamo e abbiamo in animo con il collega Marchini, questa volta in veste di Consigliere e non di Assessore, di presentare in materia un progetto di legge che consenta di sanare questa che secondo noi è una lacuna.
Il secondo eventuale provvedimento legislativo avrebbe potuto consentire di intervenire nei confronti di tutti quegli enti o meglio nei confronti di tutti quegli immobili destinati ad attività di rilevante funzione sociale, così come rilevante funzione sociale noi riconosciamo anche agli edifici destinati al culto.
Il progetto di legge che ci apprestiamo a votare non è di ostacolo a che nel prosieguo di questa legislatura sia possibile allargare le possibilità di intervento ad uno spettro di destinatari più ampio di quello che è stato considerato in questo provvedimento normativo.
Detto questo, riteniamo che un buon lavoro sia stato fatto attraverso la discussione in aula e che sostanzialmente gli obiettivi, pur limitati in quanto all'interno di questa proposta legislativa, siano stati raggiunti.
Il primo obiettivo che la nostra forza politica si proponeva di raggiungere all'interno di questa proposta di legge, era il riconoscimento della pari dignità e quindi dei pari diritti di tutte le confessioni religiose senza privilegiarne qualcuna, pur rendendoci conto e sapendo perfettamente della rilevanza di qualcuna rispetto ad altre nel nostro Paese. Nel momento in cui però il legislatore si pone di fronte alla situazione, pur così oggettivamente considerata, non può, se non in termini proporzionali, fare scelte che siano indirizzate solo nei confronti degli uni e non degli altri. Ci sembra che la soluzione adottata rispetti sostanzialmente questa indicazione, anche se - su questo concordiamo mantenendo necessariamente delle limitazioni proprio per non eccedere nel senso opposto e quindi avere un minimo di verifica e di controllo sulla concretezza, sul radicamento, sulla attualità nel nostro Paese, anzi nella nostra Regione perché questa è una legge regionale, delle confessioni religiose stesse.
Un altro obiettivo che ci proponevamo era che pur all'interno di questo provvedimento vi fosse una destinazione prioritaria dei contributi al recupero degli edifici di interesse storico e artistico. Lo ricordava il collega Chiezzi: sappiamo bene che gran parte degli edifici destinati al culto, in particolare della religione cattolica, sono un patrimonio artistico, storico e culturale importantissimo e rilevantissimo e riteniamo che attraverso il lavoro di aula sia stata sottolineata un'esigenza di attenzione rispetto a questo tipo di intervento.
Un altro obiettivo era quello di determinare quali erano gli edifici che potevano essere destinatari dell'intervento e anche qui mi sembra che sia stato raggiunto un risultato soddisfacente attraverso quella formulazione che individua esattamente gli edifici destinati al culto, da intendersi soltanto ed esclusivamente come edifici direttamente destinati al culto, perché indirettamente qualunque edificio che avesse una certa appartenenza, una certa titolarità, poteva eventualmente rientrare, ma non si sarebbe rispettato lo spirito che ritenevamo dovesse avere il provvedimento normativo.
Riteniamo anche che sia stata accolta un'esigenza di autonomia seppure in un ambito normativo degli enti locali, dei Comuni, laddove è stata eliminata quella quota minima obbligatoria da destinare a questi interventi, ma si è lasciata ampiezza di possibilità di applicazione e quindi da un minimo che può essere zero a un massimo che sarà quello che il Comune riterrà. Questa legge costringe i Comuni a porsi in termini sostanziali il problema, le scelte poi potranno essere le più varie e diversificate.
Ritengo quindi sia stato fatto un buon lavoro e che nelle norme che sono state introdotte sia stata fatta una sottolineatura che avvia un processo.
Ho ascoltato, compreso e condiviso l'intervento del collega Nerviani quando abbiamo discusso dell'emendamento Staglianò sul problema dell'abbattimento delle barriere architettoniche.
Non avendo avuto l'opportunità di farlo prima, vorrei ribadire che da parte nostra (sperando che questo fosse lo spirito reale di tutto il Consiglio) quella sottolineatura rappresentava e rappresenta un segno di attenzione da parte del Consiglio nei confronti di quei problemi e non un richiamo di attenzione a chi per quei problemi ha dimostrato di averne avuta.
Questa sottolineatura doveva essere fatta per dare il giusto rilievo ad una norma che ha una sua valenza più per avviare un processo che non di realizzazione in termini concreti. Era giusto che fosse così, ma era giusto anche che questo non apparisse come un segno di richiamo e di sfiducia nei confronti di chi invece questo richiamo e questa sfiducia non merita.
Abbiamo fatto un buon lavoro, speriamo che attraverso la predisposizione di ulteriori provvedimenti normativi, di cui facevo riferimento all'inizio del mio intervento, si possa completare in questa legislatura il quadro degli interventi in questa materia.
Il voto del Gruppo PLI sarà pertanto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Esprimendo la valutazione del Gruppo repubblicano in ordine al disegno di legge che stiamo per approvare ribadisco alcune perplessità che si fondano su alcuni argomenti precisi e puntuali.
Devo premettere che esistono aspetti molto positivi: il livello del dibattito che si svolto e la grande disponibilità dei presentatori. Il collega Nerviani ha cercato di trovare momenti unificanti pur partendo da posizioni diverse, atteggiamento tenuto con molta coerenza e forza in questo dibattito sul quale esprimiamo un giudizio favorevole.
Ci sono però alcuni elementi sostanziali di questa legge che ci suggeriscono l'astensione. E' un disegno di legge diverso dal testo originario, migliorato nei contenuti, ma resta un difetto di fondo che consiste nell'ambiguità che esso comporta. Ho la sensazione che la lettura i contenuti e le interpretazioni che vengono dati su alcuni punti abbastanza importanti siano diversi rispetto alle varie posizioni. Questo aspetto è già stato evidenziato all'interno del dibattito e credo che rappresenterà uno degli elementi di ambiguità nell'applicazione della legge, laddove questa dovrà essere adottata.
Ci sono altre questioni che ci lasciano perplessi, come ad esempio l'autonomia dei Comuni. Questa legge va a condizionare l'autonomia, la libertà che i Comuni dovrebbero avere nell'impostare i loro bilanci alquanto stretti.
Oltre questa valutazione ci sono altre considerazioni. Si è giunti a modificare la legge n. 56 nel momento in cui la stessa sta per essere riesaminata complessivamente e si individua una terza categoria di opere di urbanizzazione. L'opera di urbanizzazione secondaria esce rafforzata da questa legge. Quindi, al di là di quelle che potranno essere le scelte dei Comuni, le opere individuate in questa legge hanno più forza di altre opere di urbanizzazione. Temo che questa situazione potrà determinare, certamente non in un clima da anni '50, motivi di polemica e contrasto all'interno dei Consigli comunali quando dovranno fare delle scelte e iscrivere per memoria un capitolo del proprio bilancio che oggettivamente potrà determinare nelle forze politiche e nella stessa società momenti di tensione.
Abbiamo fatto una legge che poteva non essere fatta, a mio giudizio.
Il collega Santoni ha detto che avrebbe preferito assumere due strumenti di legge: io li avrei firmati subito, perché il risultato sarebbe stato diverso da questo unico strumento di legge che stiamo per approvare.
L'aspetto positivo è l'avvio del recupero del patrimonio artistico culturale della Regione Piemonte. Questo aspetto ha però due limiti: uno nelle scarse risorse che purtroppo la Regione può destinare; due l'operazione di recupero del patrimonio artistico-culturale è finalizzato solo ad una parte del patrimonio.
Per questi motivi il Partito repubblicano esprimerà un voto di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel corso dell'intervento generale nel luglio scorso avevo già preannunciato e motivato l'astensione del nostro Gruppo sull'intero testo della legge.
La motivazione fatta nel luglio scorso è identica a quella che richiamo in questo momento. Preciso subito che la ragione è puramente legislativa (non ci sono questioni ideologiche, non c'è collocazione in una sorta di guerra di religione che non è esistita e non aveva ragione di esistere nell'ambito di questo disegno di legge), ma seria, cioè a dire che non era necessaria una legge speciale a favore degli edifici per il culto, perch gli stessi, in quanto soggetti di opere di urbanizzazione secondaria, erano già sufficientemente tutelati alla pari di altri soggetti dall'art. 51 della legge n. 56/77. Legge alla quale venne apportata, con voto unanime una modifica nel corso della seduta del 18 ottobre 1984 allorquando, dopo l'elencazione dei destinatari delle opere di urbanizzazione secondaria, si precisò testualmente: "Con apposito atto il Consiglio regionale definisce i criteri di utilizzazione delle somme relative a opere di urbanizzazione secondaria che facciano carico a soggetti diversi dal Comune". Questa era ed è la regola generale contenuta nel vigente testo dell'art. 51 della legge n. 56/77.
Vi era poi l'eccezione alla regola: "Fino all'entrata in vigore di tale atto che fino a questo momento non è stato posto in essere dalla Giunta e non ha quindi potuto essere approvato dal Consiglio regionale - i Comuni in via provvisoria avrebbero potuto determinare l'uso delle somme fra i destinatari delle opere di urbanizzazione secondaria fra i quali gli edifici per il culto".
Non mi pare esatto quello che si coglie nella relazione del collega Nerviani al disegno di legge, laddove, dopo avere premesso un preciso excursus storico dei precedenti legislativi della materia, richiama l'art.
51 nel testo che ho ricordato e dice: "bisogna colmare un vuoto legislativo o quanto meno una indefinitezza e precarietà legislative". A mio avviso questo vuoto legislativo non c'era perché quella deliberazione del Consiglio regionale che fino a questo momento non esiste, per cui rimane in vigore il regime eccezionale dei Comuni che devono provvedere in ordine a queste opere di urbanizzazione secondaria, tutelava sufficientemente tutti i soggetti, compresi gli edifici per il culto.
Questa è la ragione di fondo che ci induce ad astenerci pur manifestando apprezzamento, nei limiti comunque della norma, a quella parte dell'articolato nel quale si prevedono dei contributi regionali in favore degli edifici e delle chiese che hanno un particolare valore storico culturale e architettonico. Indubbiamente sotto questo profilo poteva e doveva farsi di più ed è quindi apprezzabile l'iniziativa che ci ha preannunciato il collega Santoni in ordine alla presentazione di un disegno di legge ad hoc in questa materia.
Quindi, questa seconda parte della legge che verrà approvata dalla maggioranza ci induce, dopo le premesse fatte, a passare da una valutazione negativa per le ragioni dette ad una astensione. Astensione che viene rafforzata anche in considerazione di alcune parti del testo legislativo nei confronti delle quali e contro le quali noi ci eravamo inutilmente battuti, soprattutto quella parte che è stata enunciata in maniera fumosa e che darà luogo a contrasti interpretativi sul piano della gestione della legge, laddove sono state definite le pertinenze che anziché essere pertinenze pure e semplici (concetto che a nostro avviso andava bene) sono diventate funzionali all'esercizio del culto per cui lì potranno esserci da parte dei Comuni, differenti e divergenti interpretazioni.
Queste sono le ragioni fondamentali di carattere preminentemente ed eminentemente legislativo che ci suggeriscono l'astensione. In sintesi delle sintesi, la ragione di fondo è che comunque non era necessaria una legge speciale a favore degli edifici per il culto, perché una sufficiente tutela e garanzia era già assicurata dalla vigente legge urbanistica in virtù di una norma che venne approvata all'unanimità in sede di revisione della legge stessa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a nome del Gruppo PSDI esprimo parere favorevole a questa legge. Il nostro Gruppo aveva già avuto modo di esprimersi in Commissione soprattutto sulla prima questione pregiudiziale quella della destinazione dell'8% in termini vincolati. Ritenevamo che quella premessa andasse a ledere l'autonomia dei Comuni; il progetto che stiamo per approvare lascia invece piena autonomia agli enti locali.
Questa legge ha lo scopo di sottolineare l'attenzione verso gli enti locali, perché se è vero che possono in modo autonomo destinare a queste opere di urbanizzazione cifre che vanno da zero a quote molto alte, è pur vero che una legge di questo tipo, che non va a ledere l'autonomia dei Comuni, permette ai Comuni stessi in prima persona di considerare la necessità di conservare e di ristrutturare queste opere, pur nell'ambito delle modeste cifre che possono essere destinate dalla Regione e dagli enti locali nell'ambito dei proventi degli oneri di urbanizzazione.
Mi ricollego a quanto ha detto il collega Santoni a nome del Partito liberale relativamente all'emendamento Staglianò e al quale abbiamo dato il nostro assenso a proposito dell'eliminazione delle barriere archittettoniche. Anche noi siamo convinti che vada posta attenzione al problema dell'handicap non solo perché in questi giorni a livello nazionale si è votata una legge in tal senso, ma perché non si poteva ignorare all'interno di un contesto di questo tipo un'attenzione particolare a questo problema. Non voleva essere neanche da parte nostra la sottolineatura di una insensibilità per quanto riguarda le comunità alle quali accennava il collega Nerviani che invece di sensibilità ne hanno dimostrata molta nei confronti del problema in questi anni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, se dovessi basare il mio giudizio finale sul testo di legge solo sugli argomenti sollevati dal sottoscritto con gli emendamenti attentamente considerati dai colleghi e quindi accolti, il mio voto non potrebbe che essere positivo.
Il dibattito in aula e lo spirito aperto che ho registrato in questa circostanza nel considerare gli argomenti di tutti ha migliorato senza alcun dubbio un testo originario che ci suscitava moltissime perplessità.
Sottolineo soltanto due di questi miglioramenti, cominciando da quello che abbiamo cercato di sollecitare. In questo senso l'accoglimento degli emendamenti firmati dal sottoscritto e sostenuti anche da altri colleghi ai quali rinnovo nuovamente il mio ringraziamento, intendevano e intendono promuovere un processo. Forse qui c'è una differenza che ho colto nel tono molto sentito del collega Nerviani a difesa di una comunità che senz'altro non ha bisogno dei nostri voti nella testimonianza di solidarietà.
Abbiamo voluto sollecitare la promozione di un processo ispirati dalla convinzione profonda che la solidarietà verso i soggetti a cui abbiamo dedicato l'attenzione in quella circostanza non è solo un moto, etico e morale, soggettivo, che i destinatari della legge posseggono in abbondanza la solidarietà per noi va organizzata e da questo punto di vista mi ritengo soddisfatto per come la discussione ha sistemato in termini credibilmente operativi la questione. La differenza per noi è questa: non carità, ma cultura! Un altro miglioramento che evidenzio è quello relativo alla sottolineatura delle pluralità dei culti religiosi e del sostegno alla libertà effettiva dell'esercizio religioso e, se mi consentite dell'esercizio agnostico che mi sforzo di praticare con una certa assiduità.
Queste sono le ragioni positive che hanno prodotto un miglioramento del testo originario. Tuttavia la legge mantiene degli aspetti per noi non condivisibili, laddove va ad intaccare l'autonomia dei Comuni, laddove introduce modifiche surrettizie, disorganiche della legge regionale n.
56/77 (come diceva il Capogruppo repubblicano Ferrara), laddove allarga il concetto di pertinenze in maniera un po' troppo impertinente. Ragioni che sommate, ci inducono a definire un atteggiamento di astensione sul testo della legge, sperando che si possa ritornare più organicamente sugli aspetti che sono stati introdotti lateralmente nella regolazione delle attività urbanistiche che, a nostro avviso, hanno trovato un approdo non condivisibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, il Gruppo socialista dà voto favorevole a questa legge che ci ha visti impegnati per un tempo estremamente ampio. La rilevanza politica di questo provvedimento è indubbia e sarebbe ingiustificato viverla in sordina, quasi per non suscitare problemi.
Si avvia un processo complesso che concorre ad intervenire sul nostro patrimonio storico, artistico e culturale che è di tutti e che rappresenta la nostra memoria, che è una risorsa e quindi va tutelata sia dal versante della memoria sia da quello della potenzialità turistica e di vivibilità dell'ambiente.
Un altro versante importante è che la tutela dell'edificio dei vari culti si colloca in una società in forte trasformazione con una perdita di valori, con un'evoluzione rapida e una rottura delle tradizioni, con un'atomizzazione di alcuni processi, con una polverizzazione da spinte utilitaristiche che certamente non concorrono a delineare un futuro tranquillo se non dal lato dello sviluppo economico, perché dal lato dello sviluppo civile e culturale potrebbe apparire più preoccupante.
Tuttavia a questa sensibilità di collegare l'intervento sugli edifici del culto come una componente di un processo di socializzazione nella nostra società, vedo il limite in cui vive un'altra legittima espressione di religiosità che può derivare o dall'umanesimo socialista o da altre forme che non trovano, evidentemente, negli edifici del culto e nelle pertinenze possibilità di espressione. Se ho capito bene quanto ha detto il collega Santoni, credo che occorrerebbe pensare anche ad un intervento sugli edifici che abbiano una funzione sociale, ovviamente raccordati a caratteristiche storiche e architettoniche significative.
E' proprio per questa necessità di equilibrio che noi ci siamo battuti per circoscrivere il concetto di edificio di culto, per evitare che potessero essere una cosa indeterminata, vasta, onnicomprensiva. Comprendo perfettamente che nell'azione di catechesi si sviluppano funzioni di socializzazione dei giovani, ma non è solo in quell'area che questa funzione si determina, quindi occorre stare attenti che questa legge non faccia rientrare dalla finestra cose che non può e non vuole far rientrare in quanto lederebbe l'operatività di altre aree laiche di espressione della loro azione.
C'è stato anche da parte nostra uno sforzo per mirare l'intervento visti i limiti oggettivi delle risorse; abbiamo anche enfatizzato il concetto di presenza, non il riconoscimento statico delle realtà religiose ma l'aspetto dinamico della capacità di esprimersi e di caratterizzarsi in modo da interfacciarsi con le amministrazioni locali. I rischi certamente ci sono in questa legge, la sua gestione sarà molto delicata perch potrebbe rischiare di aprire degli spazi a una microcontrattazione a volte di comodo e di bassa bottega a livello dei Comuni. Noi abbiamo voluto giocare una fiducia pensando di attuare un rapporto corretto tra comunità e autorità religiosa e considerando un vincolo all'attività dei Comuni che si può determinare con questa legge, però è un vincolo orientato in una direzione che credo possa essere unanimemente riconosciuta.
Si è lavorato seriamente, non hanno prevalso furberie (anche se la materia si prestava), ora il passaggio successivo per lasciare definitivamente fuori dalla porta le furberie è quello di evitare di aprire un gioco delle interpretazioni e di utilizzare strumentalmente il successo o insuccesso del tipo di realizzazione a cui si è arrivati con questa proposta di legge che sta per diventare legge regionale.
In questo contesto viene il voto favorevole del mio Gruppo che vede questa legge come l'elemento di un processo più ampio che dovrà avere dei completamenti, per opera eventualmente del Gruppo liberale o di altri, ai quali noi presteremo grande attenzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi si consenta, intervenendo per ultimo in questo dibattito, di manifestare oltre che soddisfazione sincera, vivissima gratitudine ai numerosi colleghi che hanno preso parte al dibattito e in particolare a tutto il Consiglio regionale. Può darsi che la materia sia da alcuni considerata marginale, può darsi che ad altri appaia fastidiosa e comunque da non considerare come prioritaria d'attenzione. Rimane il fatto che in questa materia si è svolto un dibattito nel merito, come ha detto il collega Chiezzi all'inizio e come hanno ripetuto tutti gli altri e in conclusione Tapparo. E' una delle poche volte che con sommo piacere, al di là delle spigolosità che alcune volte si sono manifestate e delle ripetizioni frequenti, si è legiferato con ampia coscienza e con competenza profonda, non solo su alcuni passaggi fondamentali, ma su tutti i momenti della legge che presentavano aspetti di delicatezza.
Quando si conclude un lavoro che si è svolto con il massimo impegno e con il rispetto degli altri avendone di ritorno uguale misura, non si pu che riconoscere che il tempo trascorso, per quanto lungo, sia trascorso utilmente.
Dette queste cose, mi si permetta di ringraziare in modo particolare il mio Gruppo e il collega Carletto che mi consente di parlare a nome del Gruppo, ma mi si dia anche la possibilità di rispondere ad un'annotazione di possibile preoccupazione manifestata dal collega Tapparo qualche minuto fa in ordine alla strumentalizzazione che si può fare di un eventuale ritenuto successo per l'approvazione di questa legge. Dico subito cose che non ho detto mai, né prima né durante, ciò che questa legge insieme alla paternità mia, di Martinetti, di Picco e di qualche altro, ha anche quella del compianto collega Viglione.
Vorrei che mi fosse dato modestissimamente atto del fatto che non ho mai usato questo argomento per premere in un senso o nell'altro, di averlo ricordato al massimo per alcuni passaggi fondamentali in via riservata e privata ad alcuno, ma di non avere mai menzionato un nome al quale si doveva e poteva fare riferimento. Quindi non intendo assumermi paternità e giocarle sulla pubblica opinione. Penso che non sarà mio compito impedire ai giornalisti di fare un titolo, di scrivere un pezzo, il collega Chiezzi mi perdonerà se anche sul Verbano Cusio Ossola che aveva contestato quella legge e sul quale avevo portato via un po' di spazio, come mi ha detto l'altra volta, al Partito comunista, si ricorderà che questa legge disgraziatamente è stata approvata. Questo è il lavoro dei giornalisti, non voglio impedirlo.
La risonanza che la legge ha non la misuro io, certamente non canteremo vittoria, non diremo che abbiamo sconfitto qualcuno, perché il Consiglio regionale ha ottenuto nel suo insieme una vittoria positiva e, a mio avviso, di civiltà.
Voglio sottolineare, entrando nel merito più specifico della dichiarazione di voto, che è vero che esisteva la legge n. 56/77, la lettera m), la promessa di deliberazione e via dicendo, ma è altrettanto vero che la legge n. 56/77 per torto nostro o di altri è rimasta su questo specifico argomento dormiente e sono numerosi i Sindaci che si sono rivolti a noi per dire quando mai avremmo approvato con chiarezza una legge e quindi quanto è contenuto nella relazione risponde ai fatti obiettivi. Vi era indefinitezza, noi abbiamo dato definitezza.
Non abbiamo detto ai Sindaci di atteggiarsi verso le confessioni religiose a seconda della vostra disposizione alla liberalità nei loro confronti. Non abbiamo detto ai Sindaci che se erano in maggioranza avrebbero potuto favorire questo piuttosto che quell'altro, oppure di sentire di più l'esigenza di aiutare questo o quell'altro. Abbiamo detto ai Sindaci che questa legge rappresenta il canovaccio al quale fare riferimento nel momento in cui si prendono decisioni in ordine alla tutela del diritto delle confessioni religiose di esprimere la loro partecipazione nella nostra società.
Non è vero quindi che tutto fosse dato per scontato e che questa legge sia superflua. Era necessaria ed è bene che sia stata approvata in questo modo. Nei nostri Comuni c'è molta più intelligenza di quanto noi non immaginiamo. Questa legge servirà soltanto a tracciare un percorso, a discutere in termini chiari su due cose: sull'esigenza delle confessioni religiose che sono una parte di interessi della legge, ma soprattutto sulla realtà del nostro patrimonio artistico. E' vero che si poteva anche emanare una legge sugli altri beni culturali, ma è anche vero che qualche cosa di più di quanto non è stato detto finora si doveva dire.
Questa legge - è l'augurio che faccio - finirà per entrare nella pubblica opinione, ricordando quello che ha detto il collega Chiezzi: ci sono 15.000 strutture destinate al culto che hanno grande valore artistico che costituiscono un grande patrimonio, che la gente deve impegnarsi a recuperare. Ebbene, il volano che si determina con questa legge su questo argomento è grosso e io mi impegno a usarlo, proprio nel senso di recuperare un patrimonio che adesso vale, ma che varrà mille volte di più soltanto fra dieci, vent'anni, allorquando, per esempio, l'Italia avrà scoperto tutto il suo potenziale artistico e culturale.
Se allora in futuro sarà necessario emanare una legge sugli altri beni come ha raccomandato Santoni, ben venga! Io sarò al suo fianco e se mi consentirà e se mi riserverà l'onore, la firmerò insieme a lui. Questa non è una legge preclusiva, è una legge di stimolo che richiama l'applicazione di impegni che sono stati precedentemente assunti.
Il collega Chiezzi, di solito non tenero, ha sfiorato appena i temi polemici e allora, cortesia per cortesia, io neppure li sfioro, li trascuro, per quanto ne avrei ugualmente consistenti - presumo - quanto i suoi.
In ogni caso ribadisco che il lavoro è stato fatto bene. E' stato chiarito quasi tutto: è vero che su alcuni argomenti dovremmo ancora misurarci, ad esempio, sul tema delle pertinenze, ma si tranquillizzi il collega Majorino, gli interventi che verranno fatti per il 99,99% saranno destinati al recupero del patrimonio esistente che con le pertinenze c'entreranno poco, nel concreto delle cose sarà tutto più semplice di quanto noi non ci siamo immaginati.
Prima di concludere mi si consenta di fare ancora una considerazione: la legge era difficile, doveva tener conto di sensibilità diverse, di rapporti all'interno della maggioranza, di qualche posizione pregiudiziale non dico pregiudizi, ma posizione pregiudiziale che deriva dalla cultura propria, dalla storia personale di ciascuno di noi. Ebbene, di queste sensibilità diverse che si esprimevano con pieno diritto qui, io credo che i colleghi del Gruppo democristiano, ma tutti i colleghi che in qualche modo siano stati impegnati come maggioranza di questo Consiglio regionale abbiano tenuto estremo conto e il tenere conto di queste cose è sempre produttivo di risultati favorevoli e positivi.
Concludo quindi manifestando la mia gioia di vedere approvato questo provvedimento e porgo un ringraziamento sincero al Presidente del Consiglio e ai colleghi Consiglieri tutti che hanno consentito di portare a termine questo lavoro.



PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, ci apprestiamo ad esprimere il voto conclusivo su questa legge, tuttavia intendo manifestare la soddisfazione non solo mia ma ritengo di tutta l'assemblea, per il risultato raggiunto, al di là delle posizioni dalle quali le questioni sono state valutate. Ringrazio tutti i Gruppi perché insieme si è svolto un dibattito estremamente positivo che innalza il livello dell'iniziativa della Regione Piemonte, insieme ad altre poche Regioni, nell'affermazione di alcune questioni fondamentali che attengono ai rapporti di convivenza e di libertà nella visione culturale.
Questa iniziativa è partita da una ispirazione del Presidente Viglione e la sua proposta è stata firmata da altri colleghi, cito per tutti il Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Preciso che si è trattato di proposte diverse poi unificate.



PRESIDENTE

D'accordo, ma sempre in uno spirito che ci consente di guardare avanti l'impegno della comunità piemontese.
Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 30 Consiglieri si sono astenuti 13 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
Si conclude a questo punto la prima parte dei lavori del Consiglio.
Comunico altresì che alle ore 15,40 è convocata la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi per stabilire l'ordine dei lavori circa la discussione del Piano di sviluppo.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14,40 riprende alle ore 16,35)


Argomento: Piani pluriennali

Dibattito sul Piano regionale di sviluppo 1988/1990 e relativo programma pluriennale di attività e di spesa


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo i lavori con il dibattito sul Piano regionale di sviluppo 1988/1990 e relativo programma pluriennale di attività e di spesa, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Nella Conferenza dei Capigruppo abbiamo stabilito tempi e modalità degli interventi. La seduta inizia con un certo ritardo rispetto a quella che avrebbe dovuto essere l'ora di ripresa dei lavori. E' stato comunque un lavoro positivo quello fatto dai Capigruppo. L'intesa è quella di andare avanti con i lavori all'incirca sino alle ore 19 e proseguire il dibattito domani mattina. Se è possibile concluderemo il tutto domani mattina, se non è possibile andremo ad una conclusione successiva.
Rivolgo una raccomandazione a tutti i Gruppi consiliari: quella di una presenza permanente e impegnata da parte di tutti i presenti in quanto si tratta di un dibattito di grande rilevanza che va realizzato con tempi ragionevoli e nello stesso tempo con tutta l'attenzione che un argomento di questo genere richiede. E' uno dei documenti fondamentali della vita della Regione, perciò è necessario che da parte del Consiglio vi sia il massimo impegno.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla programmazione economica

La ringrazio, signor Presidente, per questa sua raccomandazione a prestare attenzione al dibattito che sta per cominciare.
Per collocarci correttamente nel clima giusto con cui affrontare questo dibattito, credo sia necessario fare la storia della programmazione nella Regione Piemonte.
Occorre dire che la Regione Piemonte è stata la prima Regione a Statuto ordinario che si è dotata, nel 1977, di un Piano regionale di sviluppo; da allora è rimasta immutata la volontà di dare compiuta espressione al ruolo e alle finalità istituzionali attraverso gli strumenti della programmazione così come previsti dallo Statuto e dalla L.R. n. 43/77.
Attraverso alterne vicende, con tempi e procedure condizionate dagli eventi socio-politici, la Regione ha proceduto, nel 1977, all'approvazione del primo Piano regionale di sviluppo, si è quindi passati nella scorsa legislatura dalla proposta di Piano di sviluppo del 1982 al Piano del 1984 e nella presente legislatura dalla proposta di Piano del 1986 ad oggi alla discussione del Piano 1988/1990.
Due caratteristiche accomunano i piani che si sono succeduti nel tempo: sono considerati atti fondamentali per delineare le strategie dell'istituzione regionale ciascuno ricalca la scuola di pensiero che, al momento della formazione del Piano, caratterizza il termine "programmazione".
Basterà a questo proposito ricordare che dai primi documenti articolati per obiettivi strategici e programmi settoriali, si è mano a mano passati alla forma "obiettivi, programmi e progetti" che è tipica dell'attuale cultura di programmazione maturata attraverso esperienze che risalgono al piano a medio termine statale e si sviluppano nelle procedure FIO che dal 1982 - nel bene e nel male - hanno segnato e anche qualificato gli investimenti regionali.
Gli atti di programmazione oggi posti all'attenzione del Consiglio sono due e sono diversi per le forme di intervento proposte: si passa dagli obiettivi strategici di medio periodo del Piano regionale di sviluppo, alle previsioni triennali dei programmi di settore, all'attualità dei progetti di rilevanza regionale.
Seguendo i disposti della L.R. n. 43/77 "Procedure di programmazione" al Piano regionale di sviluppo si sono riservati gli indirizzi generali di sviluppo economico e sociale, quelli concernenti l'assetto del territorio e le priorità di intervento espresse sotto forma di progetti regionali; al programma pluriennale di attività e di spesa il compito di documentare le scelte che, nei diversi settori di intervento regionale, sono riconducibili agli indirizzi del Piano di sviluppo.
Prima di affrontare le questioni di metodo e di merito relative al Piano e al suo aggiornamento non sembri inutile ripercorrere, seppure in estrema sintesi, l'iter del Piano stesso collocandolo nella situazione politica nella quale esso è venuto prima elaborandosi e successivamente modificandosi alla luce delle consultazioni intervenute nell'anno 1987.
L'elaborazione della proposta di Piano si concluse nel dicembre 1986.
Ricordo che l'atto di avvio di elaborazione del Piano è dell'aprile 1986 allorché la Giunta con propria deliberazione costituì il Comitato della programmazione.
Questa prima proposta, presentata dalla Giunta alla fine del 1986, era già il prodotto di approfondimento di quelle linee politiche programmatiche che avevano presieduto alla costituzione della maggioranza del luglio 1985.
Da questa nacque prima il documento di programma previsto dall'art. 32 dello Statuto e successivamente il documento che chiamammo "intermedio" e che venne discusso dal Consiglio nel febbraio 1986.
Nel 1987 la I Commissione consiliare effettuò le consultazioni di rito sulla proposta, i cui risultati sono stati sintetizzati a cura dell'IRES e trasmessi alla Giunta, insieme alle valutazioni delle Commissioni consiliari, in data 3/8/1988.
Sostanzialmente quindi il documento che abbiamo di fronte si fonda sulle articolate valutazioni che la Giunta ha effettuato circa le osservazioni e le proposte emerse nell'iter consiliare del piano.
Detto questo credo che occorra anche ricordare un evento che sotto il profilo politico non può non essere evocato.
Si ricorderà che a fine luglio 1987 vi fu una verifica della maggioranza che comportò, con le dimissioni della Giunta e l'elezione di un nuovo governo regionale, la conferma del quadro politico e programmatico di una linea di continuità ed insieme di attualità degli indirizzi politico programmatici assunti a sostegno del governo della Regione per la legislatura 1985-1990.
Ecco dunque che il documento che oggi è all'esame del Consiglio, se da un lato ricalca l'originaria impostazione generale dei documenti di piano sia negli obiettivi che nelle linee organizzative fondamentali, da un altro lato risulta aggiornato e, in taluni casi, meglio specificato nelle azioni da promuovere ed attuare essenzialmente in due direzioni: innanzitutto l'aggiornamento ha consentito di recepire i nuovi programmi amministrativi varati dalla Giunta negli anni trascorsi in secondo luogo, l'aggiornamento ha precisato gli orientamenti che avevano presieduto alla definizione dei più importanti piani di settore che sono venuti in scadenza, come il Piano sanitario o come nel caso dei Piani per la tutela dell'ambiente.
Inoltre, le proposte formulate dagli enti locali, dalle organizzazioni economiche e sociali, nel dibattito consiliare del febbraio 1987, così come le valutazioni delle Commissioni consiliari e dei Consiglieri regionali hanno trovato considerazione in questo contesto.
Si ritiene che l'aggiornamento del Piano abbia potuto garantire una maggiore omogeneità ed integrazione, avendo meglio precisato, e ciò in ossequio a precise richieste, le connessioni che legano il momento progettuale e soprattutto la programmazione amministrativa di settore agli obiettivi più generali che il Piano assume.
In questo senso credo che, al di là del giudizio che sul Piano potrà essere dato, vada riconosciuto lo sforzo che la Giunta ha fatto per presentare un documento che rechi se non il segno reale, certamente la volontà della collegialità e della considerazione di tutti i contributi.
Quindi, credo che in questo senso quanto meno lo sforzo che è stato fatto nell'aggiornamento della proposta possa essere apprezzato.
Inoltre, e anche questo in ossequio a precise e diffuse richieste, sono state meglio specificate le linee di organizzazione territoriale che costituiscono un punto cardine per il governo della Regione.
Per sintetizzare il lunghissimo articolo dedicato a questi argomenti si può dire che queste linee propongono quale obiettivo di piano il rafforzamento del Piemonte quale sistema aperto a vaste e profonde interrelazioni e a possibili integrazioni con le aree esterne alla Regione ed individuano un disegno dinamico e diffuso di organizzazione territoriale policentrico nel quale, accanto al rilancio ed alla qualificazione di Torino, si realizza un più consolidato ed intenso sviluppo delle altre aree piemontesi, delle quali ampliando le indicazioni relative all'articolazione economica e sociale sono state specificate le loro prevalenti virtualità.
Gli approfondimenti sulle linee di organizzazione territoriale si sono basate sulle indicazioni delle consultazioni nelle diverse Province e sulle indicazioni dei Gruppi consiliari, mentre sono state utilizzate le proposte contenute nei Piani territoriali comprensoriali e nel Piano regionale dei trasporti.
Ciò che nel disegno territoriale, così come si presenta oggi all'attenzione del Consiglio, non è cambiato, e che anzi si è riconfermato è la struttura portante costituita dalle tre dorsali di riequilibrio (l'asse pedemontano, la dorsale nord-sud da Voltri a Sempione e la dorsale trasversale da Cuneo a Casale e a Vercelli attraverso Alba e Asti) individuate nel Piano di sviluppo del 1984 e secondo la rilettura effettuata nel documento di indirizzi del gennaio 1986 e nella presente proposta.
Il disegno, così proposto, dei tre assi e considerando anche le altre vie di comunicazione (la Valle di Susa e la Valle d'Aosta), tende a costruire in concreto il disegno di un Piemonte regione aperta e regione d'Europa.
La presente proposta aggiorna poi in modo sostanziale i dati della situazione socio-economica, confermando un dato ormai conosciuto che è quello della previsione, perlomeno fino al 1997, di una forte riduzione di popolazione dell'età giovanile, mentre si avrà un incremento di quella centrale in età di lavoro dai 25 ai 54 anni ed un aumento considerevole per la classe di età tra i 60 e i 74 anni.
Inoltre si conferma la ormai purtroppo consolidata incapacità del sistema economico regionale ad assorbire la disoccupazione, il che porta alla previsione costante di un numero considerevole di persone in media all'anno alla ricerca di un lavoro.
Non solo. Il mercato del lavoro continua a discriminare la componente femminile, su cui si scarica buona parte dell'effetto congiunturale negativo, anche se gli ultimissimi dati resi noti, proprio negli ultimi giorni, dall'Osservatorio regionale del lavoro fanno registrare qualche piccolo miglioramento.
Anche i dati relativi all'economia hanno avuto la loro puntuale rilettura: il trend è ormai tipicamente indirizzato verso un aumento dei servizi, con una accentuazione del commercio, mentre il decremento dell'industria e con minore consistenza dell'agricoltura rappresentano delle altre conferme.
Se il dato di consumo dell'energia elettrica può essere considerato un indicatore probante per considerare il contributo delle diverse realtà provinciali allo sviluppo di questa Regione e se vogliamo considerare e valutare i valori che l'IRES ci ha indicato rispetto ai consumi 1980-1987 si deve dire che i valori di Novara, Cuneo e Vercelli segnalano una dinamica che va oltre il semplice recupero, mentre per le altre province il recupero o non c'è o è relativamente modesto.
Per quanto riguarda il reddito pro capite il raffronto 1980-1987 indica un miglioramento per Asti, Vercelli e Novara, un rallentamento per Torino e Alessandria, una stazionarietà per Cuneo anche se il dato più interessante del reddito risulta essere un sostanziale allineamento delle posizioni a dati medi molto vicino, superando i contrasti che ancora negli anni '80 si potevano registrare. Un esempio: nel '51 Torino aveva un reddito pro capite superiore del 22,6% alla media regionale, mentre Asti faceva segnare un reddito pro capite inferiore del 32,7% alla stessa media regionale. Oggi invece il reddito si è livellato e la differenza tra province oscilla in un massimo di nove punti. In questi nove punti passa la più recente storia economica e sociale del Piemonte contrassegnata da un indubbio, anche se non ancora compiuto, riequilibrio territoriale.
Prima di affrontare le politiche di piano, il documento illustra anche alcuni indirizzi di politiche istituzionali e legislative con particolare accentuazione alla materia dei rapporti Stato-Regioni, individuando precise iniziative da intraprendere, anche alla luce del dibattito consiliare intervenuto nello scorso anno sulle riforme istituzionali, rifiutando il ruolo di funzione notarile che il Governo continua a riservare alla Regione, valga per tutti l'ultimo provvedimento in base al quale per la Valutazione di Impatto Ambientale la Regione dovrebbe, secondo il Ministero, costituire un ufficio per raccogliere i progetti da trasmettere poi al Ministero dell'Ambiente.
Un altro capitolo molto importante è quello dedicato ai rapporti Regione - enti locali, anche qui con previsioni in fatto di delega molto significative anche se l'impossibilità di avere potuto attuare la reiterata volontà del Consiglio di riordinare gli enti del Piemonte rimane una lacuna incolmabile e problematica anche di fronte ad impegni di revisione legislativa importanti previsti dal Piano che sono innanzitutto la legge sulle procedure della programmazione e la legge sulla pianificazione urbanistica e territoriale.
Un capitolo a parte e molto circostanziato è riservato ai problemi degli enti strumentali, di cui si esaminano lacune e prospettive anche con riferimento a problemi specifici degli enti stessi.
Molta attenzione è dedicata al capitolo della finanza regionale locale dove le analisi prendono in considerazione il progressivo peggioramento della posizione relativa alla Regione per i bassi tassi di crescita delle entrate "proprie", rispetto ai tassi di crescita dei trasferimenti e la riduzione delle possibilità di formulare previsioni attendibili sui flussi di risorse nel medio periodo.
Tra le proposte ricordiamo una maggiore capacità di contrattazione con lo Stato e un recupero di margini sempre più consistenti nell'area "discrezionale" della spesa. In questo senso i primi rimedi vanno ricercati nella riqualificazione della spesa corrente, nella fissazione di un tetto alle autorizzazioni per limiti di impegno e nella piena utilizzazione dei finanziamenti esterni dal FIO ai Fondi comunitari.
Quindi, per quanto concerne il quadro delle risorse finanziarie disponibili, l'aggiornamento del Piano non ha potuto prospettare significativi miglioramenti, tanto più tenuto conto dell'ipotesi di riforma della finanza regionale, tuttavia i lineamenti di politica finanziaria e di bilancio sono stati integrati sia in base ai nuovi provvedimenti statali sia tenuto conto degli effetti dei vincoli prodotti dai nuovi provvedimenti legislativi regionali.
Prima di passare ai contenuti programmatici e progettuali il Piano analizza due problemi di fondo della nostra Regione, così grandi da apparire come autentiche questioni strutturali.
Nell'esame del problema numero uno, quello dell'occupazione riconosciuta l'inadeguatezza delle tradizionali politiche del lavoro, il Piano individua nell'istruzione il primo degli aspetti da tenere in conto nella considerazione che il lato debole di molta della disoccupazione è riconducibile anche a carenze di formazione.
E' dunque fortemente presente una sorta di domanda di nuove professionalità in quanto ruoli diversi delle aziende connesse alla ricerca, alla progettazione, alla commercializzazione, alla finanza all'informazione esigono nuove professionalità, mentre emergono prepotentemente nuovi settori di attività: l'energia, l'ambiente l'informatica, il credito.
Il piano, nonostante gli sforzi che anche recentemente nel corso della discussione sui piani di formazione professionale sono stati introdotti riconosce l'inadeguatezza del nostro sistema formativo rispetto al nuovo contesto sopra descritto e propone alcuni interventi per accelerare questo adeguamento richiamando tra l'altro il ruolo centrale della scuola e dell'Università.
Il secondo problema è, come è immaginabile, quello ambientale.
La sottovalutazione del problema ambientale per troppo tempo ha fatto sì che anche dal punto di vista tecnologico si registri una forte arretratezza in termini di apparati e impianti specializzati nella eliminazione degli inquinamenti.
Il ritardo dell'Italia non è molto più grave di quello di altri Paesi europei: è invece più preoccupante per molti versi il fatto che i condizionamenti fisici del territorio regionale siano molto più stringenti che altrove per questioni di densità territoriale e di concentrazione industriale.
Ciò spiega lo stato di emergenza nel quale stiamo vivendo da alcuni anni e che anche in questi giorni si propone, il che impone di avviare una politica di riequilibrio e di uscita dall'emergenza in tempi stretti e con grande efficacia.
Anche lo stato infrastrutturale della Regione è bisognoso di interventi di investimento tanto da dover prefigurare un vero piano delle infrastrutture, inteso come insieme coerente di scelte di investimento infrastrutturale pesato sulla base della integrabilità con il ruolo dei privati, ma guidato da un disegno coerente del settore pubblico e dall'utilizzo delle risorse finanziarie di cui può disporre.
Non solo più quindi un piano pluriennale di spesa che elenchi le necessità da un lato e le spese dall'altro, ma un programma di opere valutate anche in base agli effetti di sviluppo economico, ma anche turistico, culturale, ricreativo o sanitario a seconda del settore.
Rispetto alla proposta del 1986 i progetti sono stati riconsiderati alla luce dei problemi che già avevano rappresentato il riferimento di analisi nella bozza di piano, ma che nel documento odierno appaiono più circostanziati e documentati.
L'occupazione, l'ambiente, le infrastrutture, come abbiamo già detto ma anche l'innovazione tecnologica e la qualità della vita sono i problemi le cui soluzioni dovranno fare i conti non soltanto con le ridotte possibilità finanziarie, ma anche con il quadro economico più generale del sistema regionale alla scadenza del 1992.
Ecco perché i progetti di rilevanza regionale rappresentano, per certi aspetti, il fulcro operativo del Piano poiché ad essi è attribuita, in via primaria, la funzione di tradurre sul piano attuativo e concreto gli indirizzi economici e di organizzazione territoriale della programmazione quale contributo allo sviluppo generale della Regione.
Sovente nel corso delle consultazioni abbiamo dovuto rispondere a che cosa si intendesse per progetto di rilevanza regionale. Quando la Giunta fornì criteri e indirizzi in ordine all'impostazione del Piano di sviluppo richiese altresì di effettuare un accurato censimento dei progetti identificando le finalità, l'ambito di intervento e le caratteristiche.
Cinque sono stati i criteri sui quali la scelta si è articolata.
Innanzitutto, alla luce dei problemi che abbiamo prima evidenziati, i progetti dovevano avere una rilevanza localizzativa ed una coerenza rispetto alle linee di assetto territoriale definite dal Piano. In secondo luogo essi dovevano determinare condizioni, anche minime, di accrescimento dell'occupazione, avere contenuti innovativi sotto il profilo della tecnologia utilizzata in funzione della diffusione della cultura tecnologica e innovativa e a supporto delle imprese; garantire la tutela delle fasce più deboli (si veda il progetto anziani) ed essere idonei alla valutazione dei beni costituenti il patrimonio pubblico ed in particolare quello regionale, ivi compreso il patrimonio forestale.
Particolare importanza assunse poi il fatto che il progetto fosse o potesse divenire passibile di valutazioni di fattibilità tecnica ed economica nonché, ove necessario, di valutazione d'impatto ambientale.
Inoltre il progetto doveva essere suscettibile di finanziamento specifico tramite risorse provenienti da fonti diverse, e pubbliche e private.
Su queste premesse e nella consapevolezza dunque che per concorrere allo sviluppo del Piemonte occorre stimolare le necessarie interrelazioni di area vasta cioè promuovere le condizioni per il rafforzamento dell'integrazione europea della Regione e che per questo occorre fare leva su progetti diversificati, da quelli di sostegno più finalizzato al campo economico, a quelli di matrice culturale a quelli finalizzati al superamento delle emergenze ambientali, il piano ha analizzato quattro grandi opzioni obiettivo da cui sono discese quattro strategie che hanno individuato quattro settori di intervento: 1) il rilancio dell'economia e la modernizzazione culturale 2) la tutela e la gestione dell'ambiente e delle risorse naturali 3) la riorganizzazione e lo sviluppo dei servizi alla persona con particolare riguardo alla tutela delle fasce deboli 4) la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale.
Il censimento dei progetti riconducibili a queste quattro grandi opzioni ha consentito di selezionare oltre cinquanta progetti che determinerebbero, nell'arco di 3/5 anni della loro realizzazione investimenti per 6/7 mila miliardi. A questi occorrerà aggiungere quegli altri progetti che discenderanno dalla gestione del fondo per l'innovazione che per la parte residua di 10 miliardi è stato accantonata in conto 1989.
Si ricorderà infatti che il bilancio 1988 destinò la somma di 15 miliardi per la creazione di un fondo per il finanziamento di progetti innovativi promossi dalla Regione, progetti che sono già stati sottoposti ad analisi di fattibilità (essi vanno dal Centro di ricerca sulle tecnologie ambientali al Super computer, dal Laboratorio di ricerca di nuovi materiali al Centro di Ingegneria per Software) e che quando definitivamente selezionati potranno essere inseriti nel Piano in occasione del suo primo aggiornamento.
La proposta aggiornata di Piano ha poi voluto evidenziare alcune priorità territoriali e ambientali. Per alcune aree della Regione, cioè in relazione a particolari emergenze economiche e sociali, si è ritenuto necessario enunciare alcune generali indicazioni oltre a più specifiche linee di azione alle quali dovranno seguire ulteriori approfondimenti e conseguenti progettazioni. Queste priorità riguardano l'area delle Bormide ed il collegato Basso Alessandrino; l'area del Verbano Cusio Ossola, l'arco montano alpino ed appenninico e l'area interessata dal Progetto territoriale operativo di tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del Po.
Occorre dire che il tempo intercorso tra il momento di conclusione di aggiornamento del Piano (fine agosto 1988) ed il tempo nel quale lo stiamo analizzando ha fatto sì che proprio su queste aree sia la Giunta che il Consiglio siano già intervenuti per approfondimenti e puntualizzazioni: innanzitutto costituendo apposite strutture tecniche di coordinamento interno, ma soprattutto avendo già individuato e promosso iniziative specifiche che vanno dai lavori per il PTO del Po, alla preliminare positiva valutazione circa la creazione di uno sportello regionale per il finanziamento di progetti integrati per lo sviluppo delle aree montane, ai progetti di difesa del suolo e di sviluppo economico del VCO (Itaca Ossola, Turismo ecc.) al dibattito ed ai lavori in corso per un piano di disinquinamento della Valle Bormida e di un piano per lo sviluppo socio economico della Valle.
Questa sintesi potrebbe anche concludersi e mi auguro che lo sforzo di concentrare in un tempo sopportabile le tante parole contenute nei due volumi sia effettivamente riuscito. Qualche volta si è anche ironizzato sull'eccessivo volume di questi documenti, ma va detto che le analisi alle quali obbliga l'elaborazione del Piano stesso, che sono peraltro previste dalla procedure, non consentono di essere sintetici. Per rendere più comprensibile e più veloce la consultazione abbiamo con questa edizione del Piano 1988/1990 prodotto delle carte che riportano gli ambiti di sviluppo economico e sociale del coordinamento dei programmi di settore e dei progetti di rilevanza regionale.
Gli elaborati che i Consiglieri hanno potuto vedere non costituiscono atti di programmazione in quanto non sono adottati con deliberazione di Giunta, quindi non verranno approvati nell'odierno Piano di sviluppo nel momento in cui si andrà a votare la delibera di approvazione; sono stati un contributo alla comprensione della situazione in cui si sono innestate le scelte di Piano regionale di sviluppo e del relativo programma pluriennale di attività e di spesa. A noi è parso di fornire, oltre che al Comitato della programmazione e agli Assessori, anche ai Consiglieri regionali, la conoscenza e l'analisi del reale stato di fatto nei vari campi di intervento regionale a cui si giunge attraverso una ricognizione a tappeto di quanto la Regione ha attuato o ha deciso di attuare.
Si tratta in sintesi di una raccolta di dati riferiti esclusivamente ad interventi di pertinenza della Regione che, per la scala scelta, non prende in considerazione quelli eccessivamente diffusi sul territorio cioè puntiformi o comunque individuabili solo a scala ridotta. Pur con tutti i limiti della grande scala, la lettura incrociata delle carte ha consentito di compiere una certa analisi di base, di cogliere le problematiche, di rilevare le potenzialità e la progettualità esistenti nei vari settori e di analizzare le interazioni e le sinergie tra essi. Un esempio: il Piano sanitario, basato sui quadranti, verrà ottimizzato dall'accessibilità delle DEA di secondo livello; un eventuale progetto turistico sarà potenziato dall'accessibilità delle aree e così via.
Le informazioni di settore sono quasi tutte aggiornate ai primi mesi del 1988, quindi alcuni dati non sono aggiornatissimi, per esempio nel presentare lo stato di fatto del settore tutela ambientale non si è tenuto conto del Piano smaltimento rifiuti approvato dal Consiglio il 24/5/1988.
Tale Piano entrerà a pieno titolo, invece, nella previsione di attività e di spesa del Piano pluriennale di attività.
Due brevi cenni sul programma pluriennale di attività e di spesa. E' uno dei documenti attuativi del Piano regionale di sviluppo e ne specifica gli indirizzi attraverso gli interventi programmati nei settori di competenza regionale.
Se a monte abbiamo il Piano regionale di sviluppo, a valle dovremmo avere, in conseguenza, anche i documenti contabili di bilancio della Regione: il bilancio pluriennale e il bilancio annuale. Il programma offre un quadro molto dettagliato e anche organico della complessa e variegata attività in atto e prospettica della Regione. Il programma è ordinato per aree di intervento: l'organizzazione istituzionale, gli interventi in campo economico, la tutela e la valorizzazione del territorio e i servizi alla persona. Una serie di tabelle finali quantifica le spese occorrenti nel triennio per realizzare il programma, un totale di 16.024 miliardi di lire.
Si è lavorato sia a livello di settore, interventi attuativi di politica di settore, o a livello di progetti, alcuni di questi sono in toto o in parte progetti di rilevanza regionale. L'elaborazione del programma pluriennale ha comportato un notevole sforzo organizzativo in quanto tutta la materia è stata trattata dai funzionari referenti del piano per i diversi settori di intervento regionale. Con l'aggiornamento al 1989 si provvederà a recepire le specificazioni dei piani di settore non ancora conclusi al momento della stesura del programma pluriennale.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa è la sintesi dei documenti che sono oggi all'attenzione e alla valutazione del Consiglio regionale. Gli obiettivi, che, attraverso questi strumenti, proponiamo alla comunità regionale e a noi stessi in primo luogo, richiedono all'Ente Regione una forte capacità di relazione e di coordinamento, di porsi cioè in modo propulsivo nei confronti di tutto il sistema Piemonte.
Ciò significa un'interpretazione più chiara e puntuale del dettato costituzionale che individua nella Regione un ente eminentemente, ma non esclusivamente, di programmazione e di progettazione, di coordinamento e di legislazione, e, nei confronti di tutti i soggetti operanti sulla scena regionale, pur nel rispetto dei ruoli regionali di ognuno, il coordinamento dovrà ricercare sempre la collaborazione intorno a comuni programmi e progetti, la concertazione progettuale e operativa.
Inoltre, di fronte agli obiettivi che si sono definiti in tutti i settori, sono necessarie capacità di innovazione e di cambiamento atte a dare sostanza ad un'imprenditorialità diffusa, che è già nei fatti nell'agricoltura e nel suo sviluppo dualistico, nell'industria della grande razionalizzazione che deve farsi più diffusa e soprattutto generare sviluppo, nel terziario di frontiera fra l'assetto tradizionale ed i nuovi assetti del terziario avanzato.
Rimane quello che è stato chiamato il nodo della pubblica amministrazione, dove sono necessarie ed urgenti capacità di decisione e di progettazione, capacità organizzative e operative più adeguate rispetto ai problemi e alle domande della gente.
Quello della ristrutturazione e riorganizzazione dell'ente è anche un capitolo importante del nostro Piano di sviluppo e diventa comunque propedeutico al raggiungimento degli obiettivi che il Piano si propone.
Signori Consiglieri, l'aggiornamento di Piano di sviluppo che oggi la Giunta propone al Consiglio è il frutto del lavoro collegiale della Giunta in collaborazione della I Commissione consiliare e dell'impegno costante della struttura regionale, in primis del Comitato della programmazione, ma anche di numerosi funzionari che hanno contribuito al non semplice lavoro di elaborazione, predisposizione e aggiornamento dei documenti.
La Giunta è grata a tutti coloro che in questi due anni di maturazione del Piano hanno voluto arricchire l'elaborazione del Piano stesso con contributi preziosi, quelli dei soggetti consultati, dei Gruppi consiliari dei Consiglieri regionali, delle Commissioni consiliari, degli enti strumentali della Regione, in particolare l'IRES e la Finpiemonte.
La Giunta auspica che dall'odierno confronto possano nascere ulteriori motivi di arricchimento e di miglioramento del documento. Sovente, in quest'aula, i Consiglieri avvertono l'esigenza che soprattutto sul piano dell'iniziativa politica il rapporto Giunta-Consiglio possa diventare più rispondente alla sua primaria natura di rapporto diretto che si deve sviluppare essenzialmente sui grandi temi politici ed istituzionali propri dell'ente regionale e sanciti dal nostro Statuto.
Quella odierna, colleghi Consiglieri, è un'occasione per la nostra istituzione, e per le forze politiche in essa rappresentate, per avviare quel recupero di credibilità dei ruoli di cui sovente avvertiamo e soffriamo il sottotono. Non è l'ambizione di chi in questi tre anni ha creduto e lavorato per questo momento, ma la consapevolezza che lo sforzo che faremo in questi giorni potrà contribuire, al di là dell'adempimento ad un dettato statutario e legislativo e al di là delle diverse valutazioni politiche, ad un recupero complessivo del ruolo politico e dell'immagine della nostra Regione.



PRESIDENTE

Sulla relazione dell'Assessore Vetrino è aperta la discussione.
E' iscritto a parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Ho la parola, ma la userò per molto meno tempo di quanto pensassi perché il senso del mio intervento all'inizio di questo dibattito certo era anche il piano, ma soprattutto un collegamento diretto con questioni politiche, che mi sembra assolutamente opportuno sollevare, ma che ovviamente postulano una risposta sufficientemente contestuale da parte delle altre forze politiche.
Per questa ragione chiedo al Presidente di poter spostare a domani mattina il mio intervento e lasciare l'intervento della collega Bresso, se i colleghi sono d'accordo e se lei lo ritiene, quale primo intervento a nome del Gruppo comunista, essendo totalmente dedicato al merito del Piano.



PRESIDENTE

Accolgo la proposta testé formulata dal collega Bontempi.
Ha pertanto la parola il Consigliere Mercedes Bresso.



BRESSO Mercedes

Comincerò il mio intervento dicendo in pochi punti che cosa, ad avviso mio e del Gruppo comunista, dovrebbe essere un Piano di sviluppo regionale oggi. Utilizzerò poi questo mio velocissimo ragionamento come chiave di lettura del documento che ci è stato presentato dalla Giunta.
Intanto un documento di piano, in una Regione che pone la programmazione a base della propria azione di governo, dovrebbe contenere non solo un'analisi della situazione della comunità regionale, quindi l'andamento dell'economia, della società, del territorio e dell'ambiente piemontese, ma dovrebbe anche contenere, come è previsto sia pure in maniera non così chiara e definita nella legge delle procedure della programmazione, una precisa analisi dello stato di realizzazione dei documenti programmatici in vigore fino al momento in cui non viene approvato il nuovo Piano.
Poiché i documenti di piano sono documenti dell'ente e non di una parte o di una maggioranza, questo non può essere trascurato dal fatto che ci sia stato un cambiamento di maggioranza, anzi, il nuovo documento di piano deve proprio, a partire dall'analisi dello stato di realizzazione del documento precedente, cogliere l'occasione per dire quello che, a suo avviso, è valido delle linee di piano precedente, che cosa è stato realizzato o non è stato realizzato e se quello che non è stato realizzato non è stato realizzato perché non si è stati capaci di realizzarlo o perché si sono modificate alcune linee politico-programmatiche. I consuntivi sono sempre e soltanto di spesa, ma nessuno di noi riesce mai a capire se a fronte di quella spesa c'è stato un risultato. Per esempio, se abbiamo installato cinque depuratori, dovremmo sapere se la qualità dell'acqua è migliorata se abbiamo avviato una politica per lo sviluppo dell'occupazione, dovremmo conoscerne i risultati. Se non si procede su questa base, questa non è una Regione che basa la propria azione sul metodo della programmazione.
Soltanto su questa base dovrebbe venire individuato l'elemento differenziale che rappresenta la nuova politica che è alla base del nuovo documento di piano, valutando che cosa va bene nell'impostazione data fino a quel momento dall'Amministrazione, che cosa non va bene e come si propone di cambiare la situazione. Questo significa avere un'impostazione programmatica dell'azione di governo, altrimenti ognuno porta un documento ma non si sa che fine farà. Questo è un modo perverso, ignorante e incapace di fare un'azione di programmazione e svilisce a priori qualunque documento.
Identificato che cosa costituisce il differenziale politico di azione e di governo, si può e si deve scendere in un livello di dettaglio maggiore individuare quali sono le linee guida, i valori, gli obiettivi centrali per il prossimo periodo, valutare che cosa ciò comporta di variazione di elemento differenziale nelle politiche generali e nelle politiche specifiche di settore dell'ente stesso. Dimostrerò in seguito che la stragrande maggioranza di quel poco che c'è in questo documento rappresenta semplicemente una descrizione di ciò che si sta facendo, quindi non occorre in nessun modo una impostazione di differenziale; è sufficiente dire che per quel settore, in quella politica, va bene così e si continuerà a fare così.
In conseguenza di ciò che cambia, cioè del differenziale politico programmatico che si individua, quali sono le riforme legislative e le norme a disposizione con le connesse trasformazioni, i connessi spostamenti di tipo finanziario? Individuate le risorse libere, percentualmente, come le risorse vengono spostate da un settore all'altro in connessione alle modifiche delle politiche? Siccome ci occupiamo di ambiente e di occupazione si dovrebbe dimostrare che percentualmente, rispetto alle risorse libere, si sono spostate risorse sull'ambiente e sull'occupazione.
Altrimenti non si capisce più che cos'è un piano se non uno "spapocchio", un elenco di cose messe insieme e tutti sappiamo come si fanno i documenti collettivi: si mettono insieme cose senza senso, comunque sconnesse tra di loro e si chiamano piano.
Su questa base di ragionamento abbiamo letto il documento della Giunta e abbiamo letto anche la nuova versione, peraltro in nulla modificata rispetto alla precedente sul piano sostanziale, ma non vi abbiamo trovato il corpo centrale del piano. Il piano non c'è. C'è l'analisi, prevista dalla legge, della situazione socio-economica, che peraltro non identifica il fatto che oggi la cultura di questa Regione e di questo Paese chiede che non si analizzi solo la situazione socio-economica, ma anche quella ambientale e del territorio. C'è poi un titolo: "Indirizzi generali di riferimento" nei quali però non esiste il corpo del piano, che sono le linee guida e gli obiettivi.
Si parla poi delle politiche istituzionali e legislative e degli strumenti organizzativi in modo del tutto indifferente rispetto a quello che il piano vuole essere. Sembra che la struttura e la strumentazione non dipenda dagli obiettivi. Gli obiettivi non ci sono, c'è soltanto un discorso sul rapporto con la società che non ha niente a che vedere con gli obiettivi.
C'è una terza parte, che andrebbe a mio avviso in allegato, contenente le tendenze della finanza regionale e della finanza locale. In effetti è un documento interessante, ma non c'entra con il piano; è un documento che dovrebbe venire dopo aver identificato quello che si vuol fare, altrimenti si spende senza sapere perché.
La quarta parte è rappresentata dalle linee di organizzazione territoriale, che è ben vero che sono previste dalla legge sulle procedure di programmazione, ma sono previste in connessione ad una politica di pianificazione territoriale, cioè uno strumento che nomasi "piano territoriale", ma che non c'è. E non mi si dica che ci sono i piani territoriali comprensoriali a valenza paesistica, perché fintanto che non vengono varati e passati al Consiglio, vuol dire che non ci sono politicamente parlando. Si dovrebbe fare riferimento a quelli, quindi quelle linee di organizzazione territoriale dovrebbero essere la sintesi di un documento di un altro piano rispetto a questo e che connette questo con l'altro. Quindi sono un tessuto connettivo, non sono il piano.
Si arriva poi alla parte quinta: "Progetti di rilevanza regionale". E' unicamente un elenco di progetti senza una spiegazione sul perché quelli e non altri, anzi, magari se ne aggiungeranno se qualcuno li proporrà; noi potremmo proporne alcuni che derivano in maniera netta da un'identificazione di obiettivi, di linee guida. Possiamo proporne altri tanto non esiste una connessione tra spesa e progetti. Sappiamo che ogni Assessore ha dato i suoi progetti, ma questa è una ragione non programmatica, bensì fattuale.
Quindi, sono arrivata alla fine del documento senza sapere qual è l'impostazione programmatica che presiede alle scelte che alla fine in qualche modo vengono fatte.
C'è poi un secondo documento che è il programma pluriennale di attività e di spesa che è un elenco delle politiche di settore, più orientato al passato che al futuro, nel senso che racconta in termini problematici perché è fatto da volenterosi funzionari che raccontano quello che stanno facendo, non potendo assumersi responsabilità spesso di Assessori, ma che comunque non ha alcuna connessione con l'altro documento, nel senso che non si sa se si tratta di cose in più, se sono connesse, perché alcune sono qui ed altre là, perché non è che i progetti di rilevanza regionale siano più grossi delle cose scritte nell'altro documento. L'altro probabilmente è l'elenco dei "desiderata", dove si mette di tutto, quello che si fa da quando l'ente esiste, più ce n'è più se ne mette. Anche lì le linee di azione sono rivolte al passato, nel senso che raccontano qual è la linea che sta seguendo quella Amministrazione. Non dicono se quella va bene e non individuano i punti su cui si pensa di cambiare. Per esempio, nel campo ambientale è tutto un disastro, i piani vengono fatti e rinviati, bocciati dal TAR. rinviati dai Ministri, le leggi sono in continua rielaborazione contestazione e modifica, e siccome è scritto da qualche parte che i piani e i programmi andranno cambiati, sarebbe bene dire come verranno cambiati.
In quel documento si dice che il piano degli acquedotti andrà rivisto sarei curiosa di sapere quando, visto che siamo al quarto anno della legislatura e mancano trecento giorni alla fine.
Che cosa caratterizza questa Amministrazione? Ormai può dircelo a sintesi, se può, perché ha già governato per quattro anni, quindi lo potrebbe dire non più prospetticamente, ma retrospettivamente.
Il collega accanto a me, professore di lettere, mi suggerisce che il piano è racchiuso in due parole: virtualità e potenzialità. Pare che tali parole siano ripetute tre volte in ogni pagina. D'altronde viene a fagiolo con quello che stavo dicendo perché in effetti una delle sue caratteristiche è che continuamente scrive: "bisognerebbe fare.., sarebbe opportuno.., si rivedrà.., si dovrà.., ci sono delle possibilità". Ma la questione ormai è annosa. Si sentono i Ministri che, intervistati alla televisione sul loro specifico settore di competenza, continuano dire: "bisognerebbe fare" e tutti a chiedersi: "ma chi dovrebbe fare?" visto che abbiamo di fronte i responsabili principali. Lo stesso vale per il documento.
Darei una definizione di sintesi: è un piano di chi, non avendo fatto nulla, non sa nemmeno ancora che cosa fare al quarto anno della legislatura.
Non ci sono gli obiettivi, non c'è un'idea della programmazione, ma invece ci sono alcune cose da fare in prospettiva che avrebbero già dovuto essere fatte e che non si capisce cosa si aspetta per farle. Per esempio c'è un peana alla legge Galasso. Sapete che le linee di pianificazione territoriale ci dicono che la Galasso è la panacea che sanerà tutti i mali della pianificazione territoriale ed è uno strumento operativo fantastico.
Noi sappiamo però che i piani ai sensi della legge Galasso giacciono in un cassetto e che, se verranno fuori, sarà perché noi chiederemo l'intervento con i poteri sostitutivi del Ministro. Di questo nel piano non si dice nulla. Una delle revisioni che erano da fare era questa, si doveva dire: "Intendiamo tirarli fuori il prossimo mese e mandarli all'approvazione o intendiamo buttarli via perché non ci piacciono".
Si parla di revisione, si dice che si dovrebbero rivedere le procedure di programmazione perché la legge sulle procedure di programmazione fatta dalle Giunte di sinistra è elefantiaca e bisogna cambiarla.
Le Giunte di sinistra l'hanno fatta, però gli unici ad avere un'idea di come si può rivedere la legge sulle procedure della programmazione sono gli eredi morali e politici di quelle Giunte; in questo documento si dice che si deve fare una revisione, ma questo lo sappiamo anche noi anche perch addirittura non ci sono più i Comprensori. L'esperienza delle consultazioni, che è stata tragica, ha dimostrato tra l'altro che non si sa come fare le consultazioni e, siccome mancano trecento giorni alla fine della legislatura, non si capisce come, essendo ancora sforniti di idee potrete presentare un progetto, approvarlo e vararlo in questa legislatura.
Questa è un'altra cosa che, insieme ai piani territoriali, non ci sarà anche se è indicata come titolo nel documento.
Poi c'è il piano territoriale del Po che c'è e non c'è, nel senso che il progetto, che dovrebbe comprendere la legge istitutiva del Parco del Po in connessione con il PTO, è bloccato nel cassetto. Siamo contenti di sapere che verrà stampato, a cura dell'Assessore Vetrino, un bel libro in cui si presenta il progetto del PTO elaborato dall'IRES; vorremmo sapere se mai quel documento verrà portato in quest'aula per essere approvato vorremmo sapere come si connette alla questione dell'istituzione del Parco che è scomparsa letteralmente nel documento, addirittura nel programma pluriennale di attività e di spesa sembra che si dica che non si fa più il Parco del Po perché sarà sostituito dal PTO. Come il PTO sostituisca il Parco del Po non è dato di capire. Su questo lavoreremo con un movimento che spinge per il varo della famosa legge istitutiva del Parco.
Non c'è nemmeno la questione della legge n. 56 su cui questa Giunta si è caratterizzata da quando è nata con dichiarazioni continue e con continue asce di guerra. Anche il documento della DC dice che la legge n. 56 va cambiata, oltre al fatto che il giudizio dato sulla legge n. 56 in quel documento comporterebbe le dimissioni dell'Assessore Genovese. L'ho sentito una volta parlare dei risultati della legge n. 56 ma lui diceva che sono stati fatti i piani, che ci sono alcuni problemi, alcune cose da cambiare ma nel complesso l'impianto ha funzionato.
Volete cambiare la legge n. 56? Sentiamo come, ma il documento di piano che contiene le linee territoriali, che dovrebbe pronunciarsi sulla legge Galasso e sulla legge n. 56, due pilastri di questa maggioranza, non dice in che senso la legge n. 56 dovrebbe essere rinnovata. Faccio notare che un tentativo di modifica della legge n. 56 l'abbiamo proposto noi rispetto alla questione della Galasso. Al momento sono le uniche proposte esistenti sul tappeto.
Che cos'è un piano se neanche sulle cose centrali la maggioranza non dice che cosa pensa! Annoto che tra le politiche territoriali scompare la politica dei parchi; c'è solo il famoso Parco di Stupinigi redivivo e si parla del PTO del Po, ma della politica dei parchi non si parla tranne una frasetta sibillina che dice che occorrerebbe completare il piano dei parchi attuale anche qui è il funzionario che ha scritto che, dato che c'è un piano dei parchi approvato, occorrerebbe completarlo, ma non esiste nessuna affermazione di volontà politica.
A parte questi incisi, torno a parlare della struttura del piano.
Manca l'indicazione delle modalità con cui si stabilisce un rapporto con la comunità piemontese. Questo è grave perché ricordo che questo piano è stato attaccato e criticato nel corso delle consultazioni dalla comunità piemontese; poche sono state le voci favorevoli. E' ben vero che nella versione aggiornata si dice che sono state fatte alcune correzioni. Le correzioni però sono sostanzialmente di due tipi. La prima correzione è che è stato aggiunto il redivivo progetto Verbano Cusio Ossola. Io amo il VCO ho studiato e fatto il primo Piano di sviluppo socio-economico, ho una casa ai margini del VCO, figuriamoci se non lo amo! Ma sospetto che la volontà di individuare nel VCO un'area sventurata sia anche connessa al fatto che questa Giunta ha ben due Assessori e mezzo, quasi tre, che vengono da quella zona (l'Assessore Cernetti fa parte di quella zona elettorale).
Dall'insieme dei problemi drammatici della periferia e della montagna piemontese viene fuori forse la più ricca delle zone periferiche piemontesi. Gli abitanti del VCO protesteranno e vedo anche il Consigliere Martinetti protestare pensando al fatto che il Monregalese è ben più malmesso di quanto lo sia il VCO.
Ho dei dati sul reddito prodotto dal settore turistico nel VCO, e vi assicuro che il settore turistico porta molti più soldi di quelli stimati e quello è il differenziale fra la ricchezza e la povertà! Un giorno vi mostrerò questa ricerca, che oltretutto aveva finanziato la Regione! L'altra aggiunta, imposta a furor di popolo, è quella del piano di sviluppo della Val Bormida, sul quale però si dice quasi niente.
Aspetteremo che in un lontano futuro ci si dica quali idee guida vengono delineate.
Non c'è neanche l'idea di riorganizzazione dell'ente ai fini della programmazione. C'è una discussione sul miglior rapporto con i privati sostenendo che le Giunte di sinistra avevano pessimi rapporti con il settore privato, mentre adesso invece sono eccellenti. A me risulta in realtà che le critiche su come si sta muovendo questa Giunta siano rumorose e forti, non solo nella comunità piemontese intesa come periferia, ma anche nell'area centrale, con il mondo imprenditoriale, che pare un po' stufo di sentire sempre e soltanto parole. Quindi non sono rose e fiori i rapporti tra la maggioranza e il mondo imprenditoriale. Non basta dire che si ama il privato per essere sensatamente in rapporto politico con il mondo che si muove al di fuori della pubblica amministrazione. Bisogna capire come con il privato si instaura un rapporto che non sia di subordinazione, perché se si tratta di prendere qualche ordine e approvare qualche progetto nato altrove, eventualmente mettendoci pochi soldi e un timbrino, non mi pare sia di grande interesse.
Manca una nota sul rapporto con gli enti strumentali tolta la descrizione di quello che stanno facendo. In realtà molti enti strumentali sono in grave crisi perché non sono stati aiutati ad individuare un loro ruolo e una loro funzione. Per esempio, sono convinta che mancando una struttura nella Regione che provveda ad una relazione sullo stato dell'ambiente nella Regione, l'IPLA che ha problemi di individuare il suo ruolo potrebbe correttamente essere incaricata di farlo; si dovrebbe individuare nell'IPLA l'ente strumentale che lavora alla predisposizione dell'informazione sullo stato dell'ambiente in Piemonte. Faccio un esempio: manca una precisa identificazione dei problemi che ha il CSI e di come possono essere superati. Non parliamo dell'ESAP che pure potrebbe avere un grande ruolo in questo momento in cui l'agricoltura non può più essere vista solo come un settore produttivo, ma deve essere vista come un settore con compiti di riconversione a fini di tutela ambientale. L'ESAP ha forze e competenze, ma vige in uno stato di perenne disastro e nessuno n in questo documento né fuori se ne preoccupa.
Mancano poi quelle strumentazioni che sarebbero indispensabili perch un ente possa reggersi sulla programmazione, per esempio, un ufficio del piano dove ci sia qualcuno che abbia il compito di verificare che tutte le politiche generali e di settore si connettano al documento di piano. Sarei curiosa di sapere se gli Assessori hanno letto, non dico il pezzo di loro competenza, ma l'insieme del documento di piano, quindi se sanno quali sono i vincoli che vengono dagli altri. Per fortuna che il piano dice poco quindi non vengono molti vincoli per nessuno.
Un documento di piano vero richiederebbe anche un ufficio incaricato di raccordare e coordinare le politiche, di verificare ogni volta che arriva una legge se è coerente con le linee del piano, di proporre eventuali modifiche in connessione con le linee del piano stesso e di promuovere le iniziative generali necessarie.
E' gravissimo il fatto che manca un ufficio statistico della Regione tant'è vero che se abbiamo bisogno di adottare qualche dato piombiamo nel disastro più generale, perché nessuno è addetto al reperimento e alla trattazione dell'informazione. Queste cose, in un documento di piano della fine degli anni '80, andrebbero trattate.
Il documento è così tristanzuolo che non ci dà una grande voglia di intervenire, quindi non so se i miei colleghi avranno voglia di intervenire sui vari settori, peraltro non ha nulla di originale e di differenziale che inciti a cimentarsi nell'indicazione di alcune linee. Cito un solo settore.
Con il collega Ferro discutevo di un problema che riguarda l'agricoltura, settore che mi è caro e che non è tanto caro alla Regione Piemonte, almeno nel modo in cui se ne occupa.
Uno dei problemi dell'agricoltura è la sconnessione tra crescita del prodotto e la non crescita dell'occupazione. Il dramma è che non si riesce a vedere una crescita dell'occupazione in connessione con la crescita dell'economia. Colpisce nell'analisi dello stato dell'agricoltura piemontese il bassissimo livello di attivazione di agroindustria, cioè il rapporto fra agroindustria e settore agricolo è molto squilibrato l'agricoltura attiva poco il settore agroindustriale, dove invece, solo portandosi a un rapporto buono, efficiente, per esempio, del tipo di quello lombardo o emiliano, ci sarebbero grandi possibilità di attivazione. Il collega Ferro calcola che si potrebbero attivare cinquantamila posti di lavoro nel settore agroindustriale, favorendo appunto lo sviluppo di questo settore che appunto in Piemonte è sottosviluppato.
Nulla è stato aggiunto in questo documento in merito al rapporto agricoltura-acqua. Sono ben contenta che siamo riusciti a vietare l'uso dell'atrazina, ma si trattava di vietare altri erbicidi ben più pericolosi che non sono stati vietati.
Per concludere torno alle questioni generali cercando di sintetizzare le nostre proposte in termini di riforma della strumentazione generale quindi delle procedure della strumentazione del piano. Noi ci rendiamo conto che, così come sono strutturate oggi le procedure della programmazione, sono troppo lunghe, rischiano di portare a tempi troppo lunghi con il rischio di non orientare più in nessun modo l'azione regionale.
Le nostre proposte separano il Piano regionale di sviluppo dal piano pluriennale di attività e di spesa; il Piano regionale di sviluppo deve essere elaborato entro quattro mesi e approvato nei successivi quattro dal Consiglio regionale, diventa un sintetico documento che delinea la situazione socio-economica, ambientale e territoriale della Regione individua valori guida e obiettivi strategici dell'azione regionale e propone le azioni prioritarie che sono strettamente limitate dal fatto di rappresentare il differenziale rispetto alle politiche correnti, le quali politiche correnti quindi non vengono descritte e non richiedono i tempi per essere inserite inutilmente nel piano visto che già sono in fase di realizzazione; le azioni possono contenere più progetti, devono indicare gli obiettivi che perseguono, chi sono i soggetti, regionali e non, tenuti e invitati a perseguirli, quali differenze comporta rispetto all'azione attuale in quel campo della Regione, le modifiche di legge o regolamenti che siano necessari per realizzare quell'azione, i finanziamenti necessari e il loro reperimento. Le azioni devono essere strettamente limitate a quelle realizzabili nel periodo oggetto del piano e in base ai finanziamenti che si ritiene di avere disponibili e liberi perch evidentemente sono le azioni differenziali che comportano stanziamenti liberi e aggiuntivi.
Le linee guida sono uno strumento che consente il controllo delle politiche settoriali; evidenziano quello che nelle diverse politiche di settore si ritiene di dover cambiare e come, in seguito ai cambiamenti vengono spostati i finanziamenti da un settore all'altro, aspetto molto rilevante che deve essere indicato nel piano, il check list di quel settore per vedere che sia in connessione con gli obiettivi del piano dei diversi settori.
Il programma pluriennale viene presentato separatamente dal piano, in connessione con il primo documento di bilancio e raccorda i piani e le politiche di settore; organizza la spesa della Regione; viene poi aggiornato annualmente in connessione con il bilancio e diventa uno strumento di stretta connessione delle politiche generali del piano con lo strumento di bilancio. Naturalmente, aggiunto a questo, viene istituito l'ufficio del piano per le ragioni che dicevo in precedenza, un ufficio non solo di elaborazione, ma di controllo della progressiva attuazione delle politiche.
Come ho detto, non saranno molti gli interventi da parte del nostro Gruppo, abbiamo valutato molto seriamente questo piano - ciò che non è sempre stato fatto da parte di altre forze politiche sui documenti delle Giunte precedenti - ma non vogliamo sforzarci inutilmente a succhiare sangue da rape che non ne hanno, quindi a contestare l'impianto generale le cose che mancano, le cose che a nostro avviso sono contraddittorie rispetto alle affermazioni che sono state fatte, non vogliamo addentrarci in una complessa e per certi versi inutile analisi di politiche di settore che non sono che una stanca ripetizione di quello che, almeno in teoria, si sta facendo o si tenta di fare.
Ringrazio i colleghi per avermi ascoltata così a lungo.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio non sarà un intervento generale comprensivo di tutti gli aspetti della pianificazione regionale come quello della collega Bresso. Altri colleghi svilupperanno i vari aspetti. Io intendo, in questo intervento, riprendere uno specifico argomento che ritengo molto importante, che merita qualche riflessione da parte del Consiglio e che ho avuto modo di sollevare durante l'esame del Piano in I Commissione. Si tratta del problema del riequilibrio socio economico e territoriale inteso come rilancio delle aree più deboli da assumersi come obiettivo specifico del Piano di sviluppo.
Ho già avuto modo di ricordare come il superamento degli squilibri territoriali costituisca una precisa finalità del nostro Statuto regionale il che emerge dagli obiettivi distintamente elencati nell'art. 4 dello Statuto e soprattutto dalla chiara enunciazione del secondo comma dell'art.
73, il quale recita: "La Regione nella politica di piano opera per superare gli squilibri territoriali, economici, sociali e culturali esistenti nel proprio ambito".
L'attenzione posta a questa finalità, che nel primo Piano di sviluppo per la volontà di bilanciare ed alleggerire l'eccessivo e incontrollato sviluppo dell'area metropolitana, era stata assunta come fondamentale e prioritaria, è andata via via attenuandosi in relazione ai nuovi problemi posti dai fenomeni di recessione che hanno caratterizzato, negli anni passati, aree di grande tradizione industriale e lo stesso polo torinese.
Il progetto del nuovo Piano di sviluppo parte ancora dalla considerazione di tali mutamenti negativi verificatisi in zone che in passato erano considerate le aree forti del Piemonte. Infatti, sottolinea il permanere di situazioni di crisi in aree di deindustrializzazione quale, ad esempio, l'alto Novarese, il Vercellese, il basso Alessandrino.
Do atto, con soddisfazione, che in alcune pagine aggiunte al capitolo secondo della parte quarta, nell'ultima stesura, successiva alle consultazioni e anche alle mie osservazioni in I Commissione, il discorso sul riequilibrio è stato approfondito.
La conclusione a cui si perviene è che anche in Piemonte è possibile parlare di un maggiore equilibrio complessivo, ben visibile nelle cifre dei livelli di reddito pro capite delle province piemontesi e nell'avvicinarsi dei livelli di reddito delle singole province alla media regionale rispetto ai fortissimi scostamenti degli anni '50 e '60. Sarà vero, se lo dimostrano gli indicatori econometrici, che gli impulsi di crescita tendono ora a distribuirsi in modo molto più articolato all'interno della Regione addirittura privilegiando in generale l'area meridionale da sempre considerata la meno sviluppata. Ma non appena passa ad individuare gli obiettivi di fondo dell'organizzazione territoriale, il documento di piano deve ancora sottolineare l'esigenza del riequilibrio, riconoscendo che il Piano deve innescare processi di ripresa nelle aree in declino o rimaste ai margini dello sviluppo.
Viene quindi ripresa e confermata, sia pure in termini aggiornati l'idea dell'equilibrio regionale attraverso la diffusione dello sviluppo che in Piemonte costituisce, ormai, come il documento di piano ricorda matrice storica di ogni linea di programmazione.
Desidero sottolineare queste enunciazioni che io considero fondamentali e che dovranno costituire elemento imprescindibile per la definizione di tutta la politica regionale dei prossimi anni.
Viene operato un giusto collegamento con la politica di piano attuata in questa Regione nel passato, quando alcuni tentativi di interventi mirati al recupero e al rilancio delle aree più deboli erano stati fatti, anche se per le difficoltà emerse nei momenti della recessione industriale tali tentativi non hanno potuto essere portati a compimento o attuati con l'impegno e la consequenzialità necessaria.
Viene confermato, dunque, che il riequilibrio socio-economico e territoriale resta uno degli obiettivi fondamentali del Piano a cui sono finalizzati anche gli interventi che si prospettano, giustamente, per il mantenimento e il potenziamento delle aree forti come condizione per il consolidamento del processo di crescita in atto e per la moltiplicazione e la diffusione degli effetti positivi sull'intero sistema regionale. In particolare, gli stessi interventi su Torino, naturalmente se paralleli agli interventi e agli investimenti nelle altre aree del Piemonte, possono essere considerati per la loro potenzialità di massimizzare e diffondere effetti indotti positivi.
Il disegno di organizzazione territoriale proposto riconferma la struttura portante delle tre dorsali di riequilibrio: la pedemondana, che mette in comunicazione realtà diverse ed è funzionale al Progetto Montagna che è certamente uno dei progetti di piano più qualificanti a riguardo dell'obiettivo del riequilibrio; la dorsale nord-sud, che interessa direttamente due aree in declino economico da rivitalizzare e cioè il basso Alessandrino e la Valle Scrivia a sud e l'Ossola a nord e attraversa nella parte centrale, tra Casalese e Vercellese, un'area da stimolare in quanto colpita negli ultimi decenni da rilevanti disattivazioni industriali; la dorsale Cuneo - Asti - Casale che indubbiamente, aprendo il Piemonte sud occidentale a rilevanti sbocchi e traffici nazionali e internazionali dovrà influire sullo sviluppo di territori fino ad oggi emarginati.
Fra i progetti di rilevanza regionale non mancano quelli che possono e debbono essere utilizzati in vista di un processo di riequilibrio da assecondare e promuovere, molti di essi attendono obiettivi di carattere generale e prevedono interventi la cui localizzazione dipenderà da diversi fattori.
Primo dei quali dovrebbe essere, a mio avviso, la concomitanza di effetti diffusivi dello sviluppo nelle zone marginali e più deboli.
L'iniziativa regionale, se l'impegno al riequilibrio viene assunto come fondamentale, dovrà manifestarsi in forme non puramente di registrazioni di possibilità e di virtualità locali, ma come promozione e supporto della stessa azione e iniziativa locale.
Personalmente considero un pieno fallimento della politica di programmazione, anche se motivato dalla volontà di mettere sollecitamente in moto le risorse, il comportamento di chi decide le priorità degli interventi sulla base delle progettazioni esistenti, delle tempestività di risposte burocratiche o tecniche o, come si dice, della cantierabilità delle opere. In questo modo saranno sempre più forti i più dotati di capacità e di strutture, e magari di solleciti informatori o di buoni appoggi nelle sedi decisionali ad essere favoriti. Questo sistema, ormai invalso ogni volta che si tratta di destinare risorse pubbliche, si tratti del FIO o dei grandi progetti per i "Mondiali di calcio", costituisce il contrario della programmazione, la quale invece dovrebbe essere capace di individuare i bisogni, di promuovere, sollecitare e supportare tecnicamente le iniziative dei più deboli.
Signor Presidente e colleghi, date queste premesse di carattere generale, che mi auguro siano condivise dall'intero Consiglio e che costituiscano punto sostanziale di valenza politica per questo Piano di sviluppo che andiamo ad approvare, desidero entrare in un discorso che è direttamente conseguente dagli argomenti fin qui trattati, anche se riguarda un'area specifica della nostra regione.
Per questa parte avrebbe dovuto intervenire il collega Bonino che ha rinunciato per favorire l'economia del dibattito e quindi mi riprometto di sintetizzare anche valutazioni confrontate con lui.
Il progetto del nuovo Piano di sviluppo riconosce, per grossa parte della provincia di Cuneo, la notevole vitalità ed originalità capace in pochi anni, e nonostante vaste carenze infrastrutturali, di migliorare le condizioni di vita e di reddito di quelle che erano le aree meno sviluppate della regione. Ma ciò non esime dal considerare che proprio nel Piemonte meridionale e nella provincia di Cuneo il territorio identificabile con l'ex comprensorio di Mondovì presenta ancora oggi e forse più di ieri quei caratteri di depressione socio-economica in relazione ai quali il primo Piano regionale di sviluppo era giunto ad affermare che "senza decisi interventi della Regione, tale area era destinata ad una involuzione irreversibile".
Basterà ricordare due elementi: 1) la conformazione orografica, che presenta i due terzi del territorio occupati da rilievi montuosi 2) la presenza di ampie fasce collinari aride e non adatte ad un'agricoltura intensiva.
Se a ciò si aggiunge l'isolamento e l'insufficienza delle strutture di comunicazione si spiega come, nonostante alcune non indifferenti presenze turistiche, l'area sia stata oggetto di un decadimento demografico che sembra inarrestabile e che, se ha presentato negli ultimi tempi qualche rallentamento, ciò è dovuto al fatto che vi sono meno giovani in grado di andare a cercarsi altrove un lavoro dignitoso. Comunque è un fatto che nell'ultimo ventennio il Monregalese ha perduto mille abitanti l'anno e che nell'ex comprensorio di Mondovì ancora negli ultimi anni si è riscontrato uno dei più negativi saldi nel movimento demografico rispetto all'intero Piemonte.
Dal 1981 al 1986 in tutto il resto della provincia di Cuneo si è avuto un sia pur minimo incremento di popolazione, mentre nell'ex comprensorio di Mondovì si è avuta una diminuzione del 2,3% (che è responsabile del saldo negativo a -0,2% del territorio provinciale nel suo complesso). Anche i dati relativi al tasso di invecchiamento e alla percentuale della popolazione attiva confermano la condizione di degrado demografico del Monregalese rispetto alla provincia e alla regione.
Le ultime rilevazioni dell'IRES collocano l'area di Mondovì all'estremo inferiore rispetto alla provincia per quanto riguarda il reddito pro capite che risulta di poco superiore ai 12 milioni.
L'area dell'ex comprensorio di Mondovì è dunque ancora oggi, nonostante l'impegno di intervento già assunto dalla Regione con il primo e il secondo Piano di sviluppo (impegno parzialmente assolto con l'iniziativa dell'area industriale attrezzata, la metanizzazione, ecc.), l'area più debole del Piemonte.
Ciò considerato ed in coerenza con quanto affermato nel Piano (e prima ancora nello Statuto della nostra Regione) circa il dovere di operare per il riequilibrio e il rilancio delle zone più emarginate, sarebbe legittimo attendersi che un progetto specifico di interventi per il riequilibrio del Monregalese fosse inserito nel Piano stesso, nella parte quinta del documento che individua le linee programmatiche per le aree prioritarie sotto il profilo territoriale ed ambientale, accanto alle quattro "priorità" previste (Verbano Cusio Ossola; Progetto Po; sviluppo aree di montagna; studio per la Valle Bormida).
Sulla base del piano comprensoriale e di studi e progetti della Provincia di Cuneo, del Comune di Mondovì e di altri enti della provincia mi sono permesso di predisporre un programma specifico a ciò finalizzato che ho sottoposto all'attenzione dell'Assessore Vetrino.
Il superamento dell'attuale situazione di precarietà e di involuzione potrà avvenire con un'azione mirata che attui le linee di organizzazione territoriale enunciate e quindi in piena coerenza con la parte generale del Piano, e che utilizzi alcuni dei progetti di rilevanza regionale nei quali si possono riscontrare possibilità di intervento a favore dell'area indicata.
Nel programma, che si vorrebbe in qualche modo fosse recepito nel Piano, sono specificate le linee di assetto territoriale, con rilievo particolare ai collegamenti e ai rapporti con la Liguria occidentale, e quelle attraverso cui si può promuovere un processo di sviluppo economico con riferimento all'agricoltura, all'industria, al turismo, inoltre al risanamento dell'alta Valle Bormida che viene abbastanza trascurata anche nello specifico documento dedicato allo studio sullo scenario socio economico della disgraziata valle. Inoltre si enunciano alcune ipotesi di interventi per valorizzare ed accrescere il ruolo di Mondovì come polo di attrazione e di raccordo dell'area comprensoriale.
Sono certo che la Giunta vorrà prestare la dovuta attenzione a questa proposta. In caso contrario mi sarà difficile capire perché alle quattro aree prioritarie indicate nel Piano non possa aggiungersi quella relativa alla zona che è universalmente riconosciuta come la più bisognosa di interventi riequilibratori.
Un altro degli ambiti in cui la politica di riequilibrio dovrebbe trovare la sua massima esplicazione è, come già ho ricordato, quello relativo alle aree di montagna. A tale riguardo, nel capitolo del Piano in cui si illustrano i ruoli, le potenzialità e le funzioni delle varie aree della regione, viene richiamato il Programma Montagna all'interno del quale si individuano alcune aree e sistemi territoriali, rispetto ai quali vengono evidenziate le potenzialità e le virtualità turistiche, su cui si può far leva per lo sviluppo delle aree stesse. Queste aree sono: il Verbano Cusio Ossola la Val Sesia, nel contesto delle valli alpine che fanno capo al Monterosa la Valle Susa la Valle Chisone le Valli Cuneesi e del Monregalese (richiamando per queste ultime le proposte progettuali di cui già si dispone).
Non si comprende, quindi, perché al momento di individuare i progetti di rilevanza regionale a valenza turistica si propongono solo i progetti relativi alle prime quattro aree (troviamo infatti i progetti: 1) Razionalizzazione e ristrutturazione produttiva dell'area turistica Alta Valle Susa; 2) Ossola Turismo; 3) Sviluppo e fruizione turistica delle Valli Chisone e Germanasca; 4) Monterosa Turismo), mentre non compare alcun progetto relativo alle aree del Cuneese e del Monregalese, nelle quali pure il turismo rappresenta una delle più concrete prospettive di sviluppo e per le quali, come nella parte generale il Piano ha ricordato, esistono in sostanza progetti già ben definiti ed anche avviati.
Il lavoro da me compiuto con il collega Bonino e rassegnato all'Assessore consentirebbe di integrare il gruppo di progetti di rilevanza regionale dedicati allo sviluppo dei bacini turistici, eliminando una lacuna evidente e anche, a mio parere, una contraddittorietà tra le premesse del Piano nella parte generale e la concretizzazione progettuale dello stesso.
Anche per questo, salvo che sia contestata la validità delle considerazioni esposte, ci attendiamo la dovuta comprensione da parte della Giunta, anche se in una forma che non comporti obbligatoriamente aggiunte formali e modifiche al testo predisposto, ma che rappresenti una ricezione della sostanza delle nostre proposte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

E' la prima volta che mi accingo ad intervenire per discutere un Piano di sviluppo, precisamente quello che riguarda il periodo 1988-1990.
Una prima lapalissiana considerazione mi salta all'occhio e ne fa per me oggetto di sottolineatura. E' quella che discende dall'esame della L.R.
19/8/1977 n. 43 che riguarda le procedure per la programmazione e quindi la strada e i tempi percorribili per stendere e rendere operativo un atto di programmazione, certamente l'atto più importante dal quale dovrebbe discendere, nel rispetto dell'art. 4 dello Statuto regionale, tutta l'attività del Consiglio durante la legislatura. Orbene, la legge n. 43 all'art. 5 recita: "Entro quattro mesi dalla data della propria elezione la Giunta regionale predispone la proposta di Piano regionale di sviluppo".
Fin qui forse è andata così, ma a me pare che i tempi, tra la predisposizione e l'apparizione ufficiale di questo documento, che è quella del 18 febbraio 1987, siano certamente saltati. Oggi, a tre anni e mezzo dall'inizio della legislatura e a trecento giorni, nemmeno un anno, dalla sua fine (tutti sappiamo che il Consiglio regionale chiuderà qualche mese prima perché si dovrà anticipare la data delle elezioni visto che ci saranno i Campionati di Calcio), il Piano di sviluppo regionale cala in aula per una discussione che necessariamente lascerà il tempo che troverà.
Non riesco a capire quanto questa discussione possa coinvolgere noi Consiglieri, anzi, a questo punto non so neanche se è giusto che ci coinvolga dal momento che alla messa in opera di questo Piano non potremo prendere parte perché il Piano è di questa legislatura, la cui fine è alle porte e l'anno prossimo sarà tutto da vedersi.
Mi si potrà obiettare che continua a mancare la programmazione nazionale. Certamente, questa non sarebbe un'obiezione felice da parte di una Regione, anche se è giusto riconoscere che se lo Stato non programma ed agisce seguendo la prassi non dichiarata delle decisioni a breve, non si vede come le Regioni possano continuare oltre il rito della programmazione.
Ma adeguarsi a questo è di per sé rinunciatario. Bisogna insistere, ormai la precarietà del decennio di crisi è superata ed occorre necessariamente superarla anche e soprattutto nella conduzione politica di questa Regione.
Altra considerazione che mi è saltata all'occhio nel leggere il documento di piano è che avrei anche potuto non impegnarmi a stendere questo breve intervento, in quanto avrei potuto rileggere pari pari quello fatto a suo tempo sugli indirizzi politico-programmatici (che dovrebbero invece essere altra cosa dal Piano di sviluppo) in quanto i due documenti a parte qualche punto più allargato, sono quasi la stessa cosa.
Come ho già detto prima la discussione di questo Piano mi sembra totalmente inutile, per cui mi soffermerò molto velocemente su alcuni punti del Piano stesso.
Il Piano, che dovrebbe essere programmatorio, fa rilevare nella sua lettura che ciascuno dei progetti trattati costituisce un'iniziativa a se stante (come ha detto la collega Bresso, gli Assessori hanno portato il loro compitino e poi sono stati messi tutti insieme), quindi completamente al di fuori di una logica di programmazione, al di fuori di ogni definizione quantitativa almeno nell'ipotesi obiettivo generale. Questo sta ad indicare la debolezza strutturale del Piano; questo limite è evidente, vale a dire che un approssimativo ammontare complessivo di questi progetti non è stato portato nemmeno a livello di tentativo e non è stato valutato nemmeno uno scaglionamento temporale degli investimenti e delle realizzazioni. Quindi, va da sé che non è possibile stimare l'impatto dei progetti sullo sviluppo economico e sociale.
La debolezza strutturale della programmazione è implicitamente definita dal rapporto tra spese vincolate e spese non vincolate della Regione e tutti sappiamo che solo su queste risorse finanziarie la Regione deve contare per la realizzazione di una programmazione per progetti. E' vero le disponibilità dirette della Regione sono talmente esigue, al punto da annullare qualsivoglia possibilità di programmazione per progetti, ma credo che sarebbe stato realistico procedere attraverso un metodo di scelte razionali o meglio di scelte che potremmo anche definire "eroiche" o al limite di "scelte politiche".
Andando più avanti sulle analisi settoriali osservo: 1) scarsa percezione delle tendenze del ciclo espansivo dell'economia dei Paesi industrializzati e in particolare dell'Italia 2) mancanza di percezione del processo di internazionalizzazione dell'economia piemontese, caratterizzata più di ogni altra Regione italiana dagli investimenti delle multinazionali a base estera e dagli investimenti all'estero delle imprese con centro direzionale in Piemonte, oltre all'apporto allo scambio di merci in entrata e in uscita da e per l'area comunitaria e i Paesi terzi 3) l'analisi delle forze lavoro occupate e inoccupate appare troppo sintetica rispetto all'esigenza di cogliere le opportunità di un intervento della Regione e del sistema dell'operatore pubblico in Piemonte. A questa carenza di analisi sono connesse quelle che noi definiamo gravi deficienze di impostazione progettuale nel campo della formazione delle risorse umane ad ogni livello, in ogni settore e di ogni età 4) l'approccio conoscitivo e quindi di diagnosi delle esigenze di breve e lungo periodo della politica di interventi per l'organizzazione del territorio ci sembrano molto datate. Lo stesso livello di approfondimento appare scarso e le linee di intervento proposte sono generiche e certamente prive di riferimento a priorità temporali e ad un ragionamento scaglionato nel breve, medio e lungo periodo 5) il progetto che riguarda il "polo tecnologico" è generico, pur facendo riferimento a un progetto di massima che ne definisce il tempo di attuazione in cinque anni.
Potrei andare avanti così, anche per sottolineare che la nostra decisione di non discutere più di tanto il documento di piano alla nostra attenzione oggi non è una "non voglia" di studiare i problemi, bensì una convinzione dell'inutilità o della poca utilità della discussione.
Per di più, mi rifaccio ad una riflessione fatta in occasione della discussione del Piano di sviluppo della scorsa legislatura (prodotto da un'altra Giunta che però nei modi e nei tempi non era assolutamente diverso da questo) dal compianto collega Carazzoni: "Noi dobbiamo chiederci quale senso logico possa avere la scelta di varare quasi alla vigilia della scadenza della legislatura (anche se quella era una vigilia più vicina) un documento che già in partenza appare destinato a non essere gestito dagli amministratori in carica oggi, oppure a proiettarsi come vincolante ipoteca sull'attività degli amministratori in carica domani (ammesso che ne tengano conto).
Se si voleva lasciare un intangibile segno di operatività e di buon governo, pensiamo che si doveva fare in ben altro modo. Questo certamente non è né operare né governare".



SANTONI FERNANDO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo dibattito riguarda un documento basilare per tutto il complesso dell'attività regionale, il Piano regionale di sviluppo, che finora ha da noi due soli precedenti nelle edizioni del 1977 e del 1984. Questa proposta della Giunta regionale venne da noi conosciuta nella prima versione all'inizio del 1987. Seguì una lunga ed articolata fase di consultazioni e il testo che è giunto al dibattito consiliare comprende aggiornamenti, modifiche e riscritture del testo originario che tengono conto in buona misura delle critiche e delle proposte emerse in sede di consultazioni.
La macchinosità del processo attraverso il quale si è giunti all'odierno dibattito anche gli innegabili ritardi (che peraltro ci sono stati anche in passate elaborazioni del Piano regionale) dovrebbero farci riflettere sull'esigenza di cambiare le procedure di elaborazione, la struttura di gestione e controllo delle scelte, magari anche i contenuti dei nostri piani. I problemi e le esigenze sollevate dall'applicazione della legge sull'uso e la tutela del suolo hanno monopolizzato la nostra attenzione in questi anni più recenti lasciando in ombra l'altro collegato problema della modifica della legge sulle procedure della programmazione (legge n. 43/77).
Non è problema solo della Regione Piemonte, visto che anche altre Regioni hanno da tempo leggi analoghe sotto revisione e stentano a produrre piani regionali, proprio come noi. Forse un momento di riflessione comune tra Regioni che hanno sul tappeto problemi di concertazioni intorno a problemi comuni (penso alla Lombardia, alla Liguria, all'Emilia Romagna, al Veneto) è opportuno e anche urgente. E il nostro dibattito dovrebbe lasciare tracce (per il nostro impegno di domani) e lanciare segnali (all'esterno) anche in questa direzione.
Il nuovo Piano regionale di sviluppo ha elementi di continuità con le precedenti elaborazioni (non si comincia mai da zero, ma si lavora sulle esperienze accumulate in passato), ma contiene anche interessanti elementi di innovazione, che conferiscono ad esso una propria originale caratterizzazione.
Il collegamento con le precedenti esperienze è naturale in una Regione come il Piemonte che, fino dagli anni '60, ha realizzato anticipatori "modelli" di piani regionali. Penso allo schema di sviluppo del CRPE (Comitato Regionale per la Programmazione Economica), ma anche ai lavori svolti dall'IRES, in chiave di piano, per conto dell'Unione delle Province Piemontesi.
Ma il collegamento, ad esempio, con il secondo Piano regionale, quello del 1984, è ben visibile in parte almeno dell'impianto di natura territoriale, nelle linee di organizzazione territoriale regionale (cito solo il disegno delle grandi dorsali di riequilibrio, l'utilizzo delle elaborazioni comprensoriali, ecc.). Ma ci sono anche gli elementi di innovazione e di originalità. Vorrei citarne solo due, quali l'apertura interregionale e internazionale della nostra regione e l'impostazione di un piano per progetti.
"Piemonte regione aperta", "Piemonte regione d'Europa" sono espressioni non di oggi, nella stessa cultura e nella prassi di noi piemontesi. Ritengo però che il capitolo della proposta di piano che dà concretezza a queste espressioni colga molto correttamente una realtà e delle potenzialità illustrando il quadro all'interno del quale, tra Milano e Lione, tra Ginevra e Genova, il Piemonte può giocare un fondamentale ruolo nell'Europa di oggi e, ancora più, nell'Europa del Mercato Unico di domani.
Si tratta però di dare corpo al disegno con comuni progetti di lavoro (insieme alle Regioni italiane e francesi, insieme ai Cantoni elvetici contigui) e anche con quotidiane attitudini al dialogo e alla concertazione. Il nuovo Piano regionale si caratterizza anche per la scelta prioritaria di alcuni progetti di rilevanza regionale. Essi daranno sostanza alle scelte di fondo del Piano. Forse sono troppi (ne ho contati più di cinquanta), ma un eventuale sfoltimento, nella fase di ulteriore verifica di fattibilità, non dovrebbe togliere organicità di interventi al sistema di obiettivi che compongono questo Piano.
Mi sia concesso, a questo punto, fornire alcune valutazioni sul documento di piano, con riferimento al Biellese, anche se lo farò tenendo in qualche misura, conto di contesti più ampi e non in maniera, come si potrebbe dire, "campanilistica".
Le consultazioni sulla proposta di piano, organizzate dalla I Commissione di questo Consiglio regionale, hanno trovato nel Biellese, a mio avviso, una particolare attenzione da parte delle forze politiche e anche da parte delle forze economiche e sociali.
Ricordo che anche a Biella non erano mancate critiche all'originario documento di piano, così come erano state formulate indicazioni e proposte.
Soprattutto era stato affermato con forza che il riequilibrio economico e territoriale del Piemonte doveva restare obiettivo prioritario e che, in siffatto contesto, un importante ruolo va attribuito a realtà, come Biella e il Biellese, in grado, per le loro virtualità e per la loro "storia" economico-industriale, di diventare poli di sostegno di una struttura regionale più articolata e, in qualche misura, più decentrata.
Era stato fatto a Biella, durante le consultazioni sulla proposta di Piano regionale, un discorso di grandi infrastrutture (come togliere Biella dall'isolamento viario, l'aeroporto, ecc.) e un discorso di servizi alle imprese per un'ulteriore qualificazione del nostro polo industriale. Ma si era guardato anche agli altri settori (in particolare l'agricoltura e il turismo), avevamo battuto il chiodo della qualificazione terziaria della città di Biella (al servizio di tutto il Biellese e oltre), non ci eravamo dimenticati dell'ambiente (segnalando problemi di lotta all'inquinamento e problemi di tutela naturale e paesaggistica).
E' stato tenuto conto di tutte queste "istanze" nell'aggiornamento del documento di Piano regionale? Fondamentalmente si può rispondere affermativamente, anche se va subito aggiunto che questo stesso dibattito consiliare può aggiungere qualcosa di più, può far compiere qualche passo di più al disegno di piano, proprio per far risaltare, in forma più incisiva, il ruolo e le diverse funzioni (quelle sinteticamente qui richiamate) di Biella e del Biellese.
Il disegno di assetto territoriale regionale che si è tracciato mi sembra sostanzialmente valido, forse vanno "sottolineate" meglio le infrastrutture, anche in collegamento con il Piano regionale dei trasporti in fase di elaborazione. In ogni caso, il momento della ulteriore specificazione territoriale dovrebbe essere "imminente" ed è quello di dare un seguito al complesso lavoro della pianificazione comprensoriale costruendo un piano territoriale regionale. Si tratta di un impegno che la Giunta ha già enunciato in occasione del recente dibattito consiliare sui piani paesistici. Occorre portarlo a realizzazione in tempi accettabili.
Alcuni particolari problemi potranno trovare specificazione sia nel secondo Piano regionale dei trasporti sia nel Piano territoriale regionale: rafforzamento della pedemontana (anche come supporto della proiezione verso est dell'asse di Tecnocity), collegamenti con le autostrade (la Torino Milano e la Voltri - Sempione), riqualificazione dei collegamenti ferroviari. Ma è bene che questi problemi e le relative soluzioni facciano già parte del Piano regionale di sviluppo. E quindi nell'ordine del giorno di approvazione della proposta della Giunta sarà necessario introdurre qualche sottolineatura in merito che, ad esempio, segnali delle priorità.
Un particolare aspetto che merita di essere, anche qui, segnalato è quello delle "due velocità" dello sviluppo e del progresso: un rapido e dinamico adeguarsi al nuovo da parte dell'impresa e un più lento muoversi da parte di tutto il sistema delle istituzioni del settore pubblico.
Bisogna che anche questo "sistema" si metta in corsa per essere adeguato ai tempi. Lo stesso mondo delle imprese, senza un positivo "contesto" pubblico, troverà remore, ostacoli nei programmi di sviluppo e di innovazione.
Si risponde anche a questa particolare esigenza, soprattutto dando sostanza alla parte della proposta di piano relativa ai progetti di rilevanza regionale. Sono sostanzialmente d'accordo sulla gamma di progetti indicati in questa selezione, anche se forse non c'è molta omogeneità tra progetto e progetto, tra intervento e intervento prospettati nei diversi progetti.
Vorrei però, senza sconvolgere la lista dei progetti, che rilievo regionale venga dato a tutta una serie di progetti nodali sui quali il dibattito, a Biella, è stato approfondito, formulando anche una serie di proposte che si possono chiamare ormai "definite": la ricerca l'innovazione e i servizi alle imprese; la formazione, anche manageriale il turismo montano e il collegato discorso della tutela naturalistica; la promozione economica e commerciale e un terziario avanzato fieristico congressuale. Sono tutti (questi e altri) progetti non di campanile, ma inseriti in ambiti molto vasti, che interessano spazi che vanno oltre al Biellese (la nostra tecnologia è di tutto il Piemonte). Come tali possono diventare progetti di rilevanza regionale: progetti del Biellese che concorrono allo sviluppo e alla qualificazione complessiva del Piemonte.
La proposta di piano che la Giunta regionale ci ha presentato nell'aggiornamento seguito all'intensa fase delle consultazioni, diventerà con l'approvazione Piano del Consiglio regionale e della Regione.
L'approvazione è però solo un, sia pure solenne, atto di avvio di un processo (peraltro continuato in questi anni anche in assenza di piano).
Per diventare operativo, questo Piano, deve essere seguito da progettazioni più dettagliate, da leggi di spesa, da concertazioni operative con soggetti diversi dalla Regione, pubblici e privati. Il vero Piano regionale di sviluppo comincia con il lavoro, con l'impegno che la sua attuazione richiede, per tutta la struttura regionale.
E questo è il passaggio fondamentale, per tradurre le scelte in fatti per vedere realizzato il disegno di sviluppo e di organizzazione territoriale che il documento della Giunta regionale ha pure, con chiarezza, tracciato.
La mia dichiarazione di assenso alla proposta della Giunta con le modifiche proposte è anche un augurio alla Giunta e all'Assessorato in particolare di buon lavoro.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paris.



PARIS Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi inserisco anch'io nel dibattito che precede l'approvazione del Piano di sviluppo 1988/1990 per formulare alcune considerazioni ed alcuni suggerimenti migliorativi suggerimenti, osservazioni che non tendono ad una modifica del documento ma che chiedo vengano tenuti presenti dal governo regionale in sede di concretizzazione del piano stesso.
Interverrò in modo specifico su quelle parti del documento che riguardano l'agricoltura e la montagna, convinto di interpretare le idee e di presentare le proposte critiche e costruttive che provengono da quel mondo agricolo che assieme al collega Penasso, per quanto riguarda la provincia di Torino, cerchiamo di rappresentare, sia in seno al Gruppo consiliare democristiano che nell'ambito del Consiglio regionale.
Rispetto alla prima bozza del Piano di sviluppo, che era stato portato a nostra conoscenza nella primavera del 1987, il documento che ci troviamo oggi a discutere contiene per quanto riguarda il settore agricolo - alcune novità sulle quali dobbiamo esprimere un giudizio decisamente positivo.
Mi riferisco in modo particolare a quella parte del Piano nella quale viene analizzata la situazione dei vari settori produttivi, ove si evidenziano le preoccupazioni - da noi più volte manifestate - che la politica della CEE crea e creerà negli operatori agricoli.
Da tali preoccupazioni, che il governo regionale (a quanto sta scritto) dice di condividere, nasce la proposta di indirizzare le scelte politiche della Regione verso il potenziamento ed il sostegno della cooperazione verso una maggiore integrazione fra agricoltura e distribuzione e tesa ad aumentare ancora la professionalità degli operatori agricoli; operatori che debbono essere aiutati non tanto e non più per produrre di più, ma per produrre meglio e soprattutto per riuscire a commercializzare direttamente i propri prodotti, nell'interesse proprio e dei consumatori.
La prova che il governo regionale intende procedere in tal senso non è solo costituita dall'approvazione della legge sullo sviluppo della cooperazione e del relativo regolamento di applicazione, ma anche dal "Progetto relativo al sistema informativo per l'assistenza e l'informazione tecnica in agricoltura" contenuto nel Piano di sviluppo e dal "Progetto consolidamento e sviluppo della cooperazione di trasformazione in Piemonte".
Per il progetto relativo all'assistenza e informazione tecnica (presentato al finanziamento dell'art. 4 della legge n. 752/86, con impegno di verificare la possibilità di un finanziamento integrato a livello comunitario) vi è una stima degli oneri per il periodo 1987/1991 di 20 miliardi di lire.
Per quanto concerne il progetto a favore della cooperazione di trasformazione si indicano in 40 miliardi le risorse finanziarie necessarie per la sua realizzazione.
Noi chiediamo alla Giunta che venga fatto ogni sforzo per trovare tali risorse finanziarie perché il progetto non rimanga solo tra le "buone intenzioni" ma venga concretizzato.
Giusta sensibilità per il settore agricolo la Giunta ha dimostrato inoltre prevedendo - in attuazione del regolamento CEE 1401/88 e con la presentazione di progetto al FIO - interventi selvicolturali, nell'ambito del progetto "Piemonte Foreste". In questo settore sono previsti interventi per oltre 53 miliardi di lire.
E' anche vero che, oggi come oggi, questi 53 miliardi non ci sono ancora (se ne possono prevedere 13 per le superfici di proprietà pubblica e 7 per le superfici di proprietà privata), ma noi siamo certi che se l'impegno della Giunta non verrà meno, un po' per volta, ma non troppo tardi, si farà tutto ciò che è necessario fare.
Accanto a queste note positive, qualche osservazione la dobbiamo fare per quanto riguarda l'individuazione delle zone nelle quali andranno fatti determinati interventi. Poiché nel capitolo del Piano di sviluppo che tratta delle potenzialità, dei ruoli e delle funzioni delle varie aree della regione sta scritto che "le più elevate potenzialità in campo agricolo sono presenti nella provincia di Cuneo, nella parte sud della provincia di Torino, nell'Astigiano, nel Vercellese, nelle Langhe e in alcune zone dell'Alessandrino" non vorremmo che ci si dimenticasse delle aziende agricole vive e vitali che esistono ancora nel Canavese, nella media e bassa Novarese, ed anche ad ovest di Torino, ove non sono ancora venute meno le preoccupazioni nate da megaprogetti di città-satelliti che assolutamente non vogliamo.
Un discorso a parte, se pur breve e per concludere questo intervento merita la montagna.
Per la montagna, che rappresenta ben il 51,78% del territorio regionale e che è (come diceva Nino Costa) "La mare dij acque, richessa del Piemont" vi è un capitolo apposito che indica "gli indirizzi programmatici per lo sviluppo delle aree di montagna".
Il collega Penasso ed io abbiamo attentamente letto questa parte del documento ed abbiamo notato con viva soddisfazione che ci sono moltissime cose che ci trovano pienamente consenzienti: siamo d'accordo che vadano eliminati gli squilibri di natura sociale ed economica; siamo d'accordo che occorre difendere il suolo e proteggere la natura; concordiamo sulla necessità di riconoscere alle popolazioni montane le funzioni di servizio che svolgono a presidio del territorio e di fornire alle stesse strumenti e mezzi per compensare le condizioni di disagio e di minor reddito; l'idea di rendere la montagna piemontese una "montagna viva" ci esalta, come pure siamo lieti (come sta scritto) che ogni azione a favore della montagna debba avere il suo punto di riferimento nel nucleo familiare, in quell'azienda montana a prevalente insediamento rurale cui la pluriattività ha consentito la sopravvivenza, pur tra mille difficoltà.
Noi siamo d'accordo che vada incrementato il patrimonio forestale siamo anche d'accordo che vada potenziato il turismo ed in particolare l'agriturismo. Attenzione però: sempre che questo turismo dia più reddito ai residenti, non sciupi ulteriormente il paesaggio, non sottragga le sorgenti ai contadini che le hanno usate sempre e non siano solo e sempre motivo di guadagno per le grosse società immobiliari.
Siamo in sostanza d'accordo su quasi tutte le enunciazioni di principio, ma siamo contemporaneamente molto perplessi quando dopo aver attentamente riletto il documento "tre volte l'oma falu perché l'oma la testa dura" - ci accorgiamo che, per tutte le grandi, buone e belle cose che si vorrebbero fare e che devono essere fatte, non sono stati fatti dei progetti precisi, anche se di piccole entità, e non vengono previsti specifici stanziamenti se non quelli che derivano dall'applicazione delle varie leggi di settore.
Ecco il motivo per cui, pur esprimendo il nostro voto favorevole (parlo anche per il collega Penasso) al Piano di sviluppo, sentiamo pressante nelle nostre coscienze il dovere di raccomandare vivamente alla nostra Giunta ed in particolare al nostro Presidente, di fare in concreto qualcosa di più a favore della nostra montagna e della gente che ci vive.
E' gente che non ha paura di lavorare, che deve essere mantenuta lass ma che deve avere gli stessi diritti, gli stessi servizi e lo stesso tenore di vita di chi vive in piano. E' gente che deve essere oggetto non di elemosina (non la vorrebbe neppure perché la gente piemontese ha una sua dignità!), ma che deve essere utilizzata convenientemente per frenare il dissesto idrogeologico e per fare i rimboschimenti. Gente che deve essere aiutata a realizzare forme di agriturismo, aiutata a fabbricare meglio e a commercializzare meglio i propri prodotti genuini e tipici che oggi vanno tanto di moda. Bisogna favorire questa gente nella valorizzazione del proprio originale artigianato, conservata nelle proprie tradizioni, nel proprio folclore e, mi sia consentito, anche nella propria parlata.
E' un patrimonio immenso quello della montagna piemontese ed io penso che ognuno di noi, che vive in pianura, in città, o in altre realtà, ha il dovere di dare qualcosa anche in termini economici perché i montanari possano vivere con pari redditi e con pari dignità come tutti gli altri proprio - e lo sottolineo - per il servizio che essi rendono all'intera collettività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Constatata la diversa impostazione concettuale che si è venuta maturando nei vari Piani di sviluppo, si nota in questo 1988/1990 una particolare attenzione agli aspetti metodologici che vengono d'altronde riproposti nelle ipotesi per la definizione del Piano regionale di sviluppo e del programma pluriennale di attività e spesa redatta dalla Giunta regionale l'1/2/1988 e trasmessaci dalla I Commissione nel mese di maggio 1988.
L'aggiornamento sente la realtà di un ulteriore anno di proposta e di perfezionamento dei nuovi programmi amministrativi, ma soprattutto ci richiama ad orientamenti verso piani di settori che dovranno essere presentati (vedi il Piano sanitario) o che nuove circostanze richiedono di modificare (vedi la tutela dell'ambiente).
Sarà certamente meritorio e producente lo sforzo attuato di portare ad un generale compendio di fondo le doverose articolazioni di ambiti nei quali il processo conoscitivo ma anche pragmatico sollecita circostanziati approfondimenti coerenti con il crescere delle realtà sociali e tecnico scientifiche.
Ritorna l'idea base del Piemonte sistema aperto, piuttosto sottaciuto nel precedente Piano di sviluppo. Oltre alla costante osservazione per le interrelazioni e le integrazioni per aree esterne, si riprende con decisione il disegno di organizzazione territoriale policentrica. Ciò pone l'inderogabile premessa operativa del collegamento con gli enti territoriali: facile da enunciare come obiettivo, ardua da determinare nelle modalità e nei tempi delle stesse procedure.
A tal fine si ritengono valide le linee di indirizzo per l'adeguamento delle normative in materia di riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative di programmazione e tutela ed uso del suolo.
Sono andato a rileggere il dibattito del dicembre 1984 che aveva come oggetto il secondo Piano regionale di sviluppo, ma più ancora ho rinfrescato il ricordo ripercorrendo quanto era stato prospettato nella programmazione culturale che l'allora Assessore Ferrero aveva portato alla nostra considerazione. Alcune linee di accentuata rilevazione delle esigenze che erano state presentate all'inizio degli anni '80 mantengono ancora la loro validità pur con le attenuazioni e i distinguo che già in quella discussione avevamo fatto presenti, specialmente là dove il fondo ideologico sembrava dare toni troppo meccanicistici a intuizioni indubbiamente condivisibili.
E' pur vero che in campo culturale un decennio evidenzia incrostazioni e ridondanze, ma non è fatica ardua ritrovare, anche nel Piano che ora stiamo trattando, filoni degni di essere sempre più scavati, finalità che permangono.
La concentrazione forse eccessiva nel capoluogo, non tanto di occasioni a volte sterili o almeno poco fertili (si va nel ricordo alle "Ombre Cinesi"), quanto piuttosto di robuste iniziative che poggiavano già in allora sull'eccellenza di personalità della scienza, delle arti e delle lettere (vedi l'Istituto Scientifico Internazionale, Experimenta, il Castello di Rivoli, il CESMEO), vengono continuate con smalto nuovo sia per la purificazione dell'esperienza, sia per la forza che il sapere trae dal proprio essere.
Basta tuttavia scorrere la parte del Piano 1988/1990 che va da pag. 276 a pag. 298 per percepire il moderno che lo sviluppo tecnico-scientifico obbliga a tenere in costante considerazione.
Dare il via alla modernizzazione culturale (che può chiamarsi, cito ad esempio, la Rete telematica piemontese o il Sistema informativo per l'assistenza e l'informazione tecnica in agricoltura o il Laboratorio per il trattamento e la gestione delle immagini o il Centro per l'editoria elettronica o il Servizio di diagnostica per l'edilizia) credo sia un benemerito sforzo, cui ci chiama l'innovazione tecnologica, impregnata da tutte le valenze culturali che la preparano. Ci accostiamo in tal modo allo sforzo di ricerca e di iniziativa che gli Atenei del Piemonte (Università e Politecnico) attuano nei corsi accademici e nei laboratori sperimentali.
Ma, soprattutto, credo debba leggersi la permanente tensione ad allargare i confini al di là della cinta daziaria, pur prestigiosa. L'estendersi della nostra Regione, con la caratterizzazione delle sue zone maturata nelle tradizioni dei padri, pretende un occhio vigile su tutto il variegato mondo dello spirito che si manifesta in mille realtà locali. E queste realtà hanno il loro senso della storia, sono costruttrici di quei modi di vita che sono cultura.
Partendo da questa constatazione si palesa per nulla aberrante il concetto dell'Università multipolare e della massiccia, ma razionale richiesta di scuole dirette a fini speciali che esaltino le tipicità di Biella o di Cuneo, di Asti o di Ivrea e via dicendo, di tutti quei centri in sostanza, che hanno costruito nelle loro strade le fucine per originali timbri culturali.
Sembra, ormai, che i tempi siano maturi perché, a contorno del ceppo saldo del polo intellettuale di Torino, germoglino (si parla di gemmazioni) piante nuove che serviranno certamente a dar linfa a comunità che presentano un ricco humus, al di là della diretta acquisizione di capacità maggiori e di professionalità necessarie da parte dei giovani cui è affidato il futuro.
Al di là del problema universitario, inoltre, motivi congiunturali e radici strutturali, di comportamento e di contesto, giocano e giocheranno di sicuro, nel triennio della nostra prospettiva, per lo sviluppo del processo culturale, che viene indicato nel Piano, senza stacchi dall'esistente, anzi cogliendo il più possibile i segnali che l'impegno della mente umana ci presenta nel suo evolversi.
Ritengo quindi che da un lato i progetti del Piano, dall'altro i capitoli del programma pluriennale di attività e spesa servano, con l'ideazione dei fini e dei tracciati, non meno che con gli strumenti finanziari, a rafforzare e ad estendere i confini della cultura piemontese.
A questo compito sono chiamati non solo le istituzioni pubbliche attraverso la normativa sia di livello nazionale che regionale, ma anche il vasto pianeta del privato, in una concezione solidaristica di estrema produttività.
La partecipazione allargata ad enti, associazioni e società permette di chiamare allo scambio del conoscere organismi che non sarebbe giusto concludere nei limiti delle loro specifiche finalità, le quali ovviamente non possono essere neglette. La disputa sulle sponsorizzazioni culturali si presta ad una infinità di sfaccettature, di implicazioni, persino di travisamenti se si traguarda lo sponsor esclusivamente al prisma dell'utilitarismo, ma siamo in segno positivo se l'obiettivo confluisce in una crescita globale della società.
E' difficile pensare che la ricchezza delle proposte non si sostanzi (cito l'intervento di Bontempi del 13 dicembre 1984) in una caratterizzazione di validità del Piano, anche legata al periodo che ci resta e comunque una validità di prospettiva, su cui è persino ovvio dire che qualsiasi maggioranza debba formarsi può intervenire con piena legittimità.
Non mi soffermo, se non in forma di elencazione, sulle varie componenti (musei, biblioteche, teatro, mostre e musica, diritto allo studio e formazione professionale) che costituiscono nel nostro ambito istituzionale l'edificio culturale, assumendo come principio assiomatico la validità del concetto "cultura" come espressione totale della vita di un popolo.
Vorrei usufruire ancora di pochi istanti per rimarcare la concretezza dei progetti interessanti lo sviluppo dei bacini turistici, che evidentemente non annulla l'opera che le varie aziende di promozione turistica, ognuna nel proprio territorio, svolgono per dare scatto a un sistema di interdipendenze economiche, sociali, culturali.
Superfluo è ricordare, comunque lo si voglia giudicare, il lungo e puntuale lavoro che in questa legislazione è stato portato a termine in campo turistico nel quadro della legge nazionale, la legge n. 217, sia in punto organizzazione generale e deleghe, sia come offerta, sia come promozione turistica; e mi auguro che giungano presto in quest'aula gli altri progetti di legge già approvati in Commissione, tipo quello sull'agriturismo. Mi riferisco al concreto interesse che rivestono la razionalizzazione e ristrutturazione produttiva dell'area turistica dell'Alta Valle Susa, Ossola turismo, sviluppo e fruizione turistica delle Valli Chisone e Germanasca, Monterosa turismo, e concordo con il Consigliere Martinetti per il Monregalese.
Tali proposte hanno la logicità che deriva dal riferimento, anche se ormai troppe volte abusato, al 1992 per il quale occorrono iniziative intelligenti e determinate, più che lamentosi piagnistei, supportate da strutture operative che siano in grado di permettere un minimo di competitività reale ai nostri organizzatori nei confronti dei loro concorrenti europei. Preoccupa, nella misura in cui è rigorosa, un'indagine svolta da un autorevole Istituto per la ricerca applicata al consumatore (IFAV) di Colonia su incarico della CEE. E' un'indagine sul turismo settore chiave della nostra economia.
I risultati non solo non autorizzano alcun ottimismo per gli italiani ma preannunciano sommovimenti tempestosi che prima o poi dovranno investire tutta la nostra struttura turistica nel suo insieme.
La ricerca ha preso in esame gli organizzatori turistici di sei Paesi CEE (Belgio, Germania, Danimarca, Francia, Gran Bretagna, Italia) e ne è risultato un forte svantaggio per l'Italia nei confronti dei prezzi delle condizioni di vendita, offerte dai tour operator alla clientela per soggiorni nella stessa classificazione alberghiera, nella stessa stagione e nelle stesse condizioni. Risulta inoltre che sul prezzo "chiavi in mano" praticato dai diversi organizzatori incide la diversità dei costi dipendente dalla diversa efficienza di alcuni servizi essenziali praticati nei vari Paesi e, fra essi, in primo luogo i trasporti.
Incide poi in modo decisivo la dimensione delle varie imprese: la diversa possibilità di realizzare grandi economie di scala, la minore o maggiore flessibilità nell'organizzazione del lavoro e negli oneri relativi, il differente potere contrattuale nei confronti delle controparti ospitanti a seconda della capacità di convogliare flussi più o meno grandi più o meno stabili, più o meno importanti di turisti.
La vitalizzazione dei nostri più importanti bacini turistici potrà essere davvero il momento promozionale, sorretto ed esaltato non soltanto dalle bellezze naturali, ma dall'imprenditorialità dei nostri operatori a tutti i livelli. In questo campo l'ente pubblico ha una sua funzione, non surrogatoria di compiti che sono propri dell'iniziativa privata, ma tendente a facilitare la creazione delle indispensabili strutture e infrastrutture al servizio di un'offerta turistica che diventi sempre più appetibile. I tratti operativi sono presenti nel Piano che stiamo esaminando.
Mi si conceda ora di presentare rapidissimamente alcuni suggerimenti che valgano ad eliminare un senso di insoddisfazione di fronte ad una considerazione della zona vercellese che può sembrare attenuata.
Tra i progetti indicati nel settore "Potenziamento infrastrutture" occorre tener presente la proposta già da tempo sollecitata e prevista dall'Amministrazione provinciale di Vercelli, dai Comuni di Vercelli e cintura, in collegamento con l'ANAS, finalizzata ad alleviare la pericolosità e l'inadeguatezza per il traffico della SS 11 (Torino-Milano) particolarmente nel tratto San Germano Vercellese - Novara.
La costruzione poi della tangenziale nord del capoluogo a completamento dell'anello indispensabile per impedire l'intasamento di Vercelli, punto obbligato di transito, nonché il completamento della SS 455 Vercelli - Asti (realizzazione della circonvallazione di Desana) costituiscono i naturali svincoli per l'intersecazione esistente nell'area delle tre fondamentali autostrade (Torino Milano, Voltri - Sempione, Trafori alpini) e interessanti un forte arco di centri (Trino, Crescentino, Santhià, Biella Cossato, Gattinara, Novara).
Nel capitolo "Valorizzazione del patrimonio artistico e culturale" nel sistema museale è da prevedersi l'istituzione del "Museo della civiltà del riso" nei locali acquistati dalla Regione ad Albano Vercellese, con visione lungimirante dell'Assessorato ai parchi.
L'accostamento al Museo locale del Parco Lame del Sesia, l'interesse destato negli ambienti dell'economia risicola, le sollecitazioni delle Associazioni ecologistiche ed ambientalistiche, ma soprattutto l'intento di non limitarsi a una statica esposizione di attrezzi e macchinari del buon tempo antico, ma di esaltare gli aspetti culturali ed esistenziali di una produzione non legata ad un territorio ristretto, pur meritorio di considerazione, sono argomenti che ben chiariscono la necessità e quindi l'utilità del "Museo della civiltà del riso".
Sarà una struttura che si avvarrà nella memoria come istanza critica del nuovo e del moderno e che seguirà l'evolversi di una coltivazione (il riso) che collega il lavoro in diversi continenti, mentre nello stesso tempo costituisce uno specifico "animus" di tradizioni, di usi e costumi di tecnologie e di prospettive culturali che il Piemonte, nell'interesse di ogni gente, non può trascurare.
Questo il giudizio e alcuni suggerimenti che ritengo possano essere considerati dall'esecutivo, al di là della formalizzazione, la quale ho sicura fiducia possa anche ritenersi non indispensabile. Pur non negando l'importanza alla forma, stiamo fissi alla sostanza.



PRESIDENTE

Con l'intervento del Consigliere Villa si concludono i lavori odierni.
I Consiglio è convocato per domani mattina alle ore 9,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19)



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