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Dettaglio seduta n.172 del 17/01/89 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


ROSSA ANGELO


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Passiamo al punto 1) dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri: Avondo Biazzi, Cernetti, Gallarini.


Argomento:

Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

Gli elenchi delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 13, 20 e 29 dicembre 1988 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/78, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il servizio aula.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Sull'ordine dei lavori, in particolare in merito ad un incontro tra rappresentanti dei Gruppi consiliari, cittadini e Sindaci intervenuti in relazione alle megadiscariche localizzate nelle rispettive zone di appartenenza


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, l'intesa era di iniziare la seduta con la risposta a due o tre interrogazioni, che per prassi e convenzione non richiedono il numero legale. L'inizio formale della seduta, che si avvia con le comunicazioni del Presidente del Consiglio, postula l'esistenza del numero legale, in questo momento mancante. Nell'attesa vorrei far rilevare signor Presidente, la presenza fra il pubblico di cittadini che hanno richiesto un incontro su questioni relative al territorio, alla localizzazione di discariche, etc.



PRESIDENTE

Invito i Gruppi, tramite i loro Presidenti, a designare un proprio rappresentante a partecipare all'incontro con i cittadini presenti in aula su problemi che stanno a cuore non solo a loro, ma alla stessa Regione Piemonte, possibilmente senza pregiudicare il normale corso dell'attività assembleare.
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Auspico che tale incontro si possa realizzare al più presto.



PRESIDENTE

Ribadisco l'invito ai rappresentanti dei Gruppi a prendere contatti tra di loro, coadiuvati dal Vicepresidente Petrini, al fine di organizzare l'incontro sui problemi d'interesse dei cittadini qui presenti nel più breve tempo possibile, affinché sia consentito a tutti i Consiglieri di essere presenti in aula per le ore 10,45 quando procederò alle commemorazioni di alcuni amici non più tra noi.


Argomento: Parchi e riserve

Interpellanza n. 1408 dei Consiglieri Bontempi, Bresso, Sestero, Adduci Montefalchesi e Chiezzi, inerente l'eccessiva presenza faunistica, specie cervi, a La Mandria


PRESIDENTE

Passiamo pertanto all'esame delle interrogazioni e delle interpellanze di cui al punto 2) dell'o.d.g.
L'Assessore Vetrino risponde all'interpellanza n. 1408.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Signor Presidente, con l'interpellanza in oggetto si richiede alla Giunta regionale se non si ritenga opportuno informare il Consiglio sullo stato del Parco della Mandria e quali ostacoli abbiano impedito fino ad oggi di attuare gli interventi suggeriti dall'IPLA relativi alla gestione dello stesso.
Nel premettere che non vi è alcuna difficoltà, da parte della Giunta, a stabilire di inserire all'o.d.g. del Consiglio un'apposita informativa sullo stato della gestione del Parco regionale La Mandria, pare comunque opportuno fornire già in questa sede alcuni chiarimenti in relazione a quanto sottolineato dai Consiglieri nella premessa alla loro interpellanza.
Innanzitutto, in merito alla situazione ambientale complessiva del Parco che subisce un costante e continuo degrado determinato dall'eccessiva presenza di cervi e cinghiali, deve essere precisato che la Giunta regionale ha posto in atto tutti i provvedimenti amministrativi ammessi dalla legislazione vigente e cioè quelli relativi all'abbattimento selettivo delle specie che arrecano i danni ambientali riscontrabili nel Parco: è altresì noto che ricorsi al TAR e sospensive concesse dallo stesso hanno in passato impedito gli interventi di riduzione dei cervi e dei cinghiali e pertanto gli atti assunti hanno perso la loro efficacia.
Peraltro, al fine di risolvere definitivamente il problema, la Giunta regionale, rendendosi conto che l'attuale legislazione non consente la certezza degli interventi, ha provveduto a presentare un disegno di legge relativo al problema generale degli abbattimenti selettivi - già all'esame della competente Commissione. Penso che nei prossimi giorni la Commissione possa riprendere l'esame del disegno di legge, peraltro già consultato e rielaborato.
Per l'anno in corso si è provveduto, come per il passato, ad analoghi provvedimenti amministrativi non sospesi dal TAR o con sospensione parziale: dal punto di vista teorico sarebbe pertanto possibile intervenire se non fossero stati posti ulteriori ostacoli alla realizzazione dei piani di abbattimento relativi al tipo di arma utilizzabile ed al porto d'armi.
La questione, risolvibile soltanto attraverso una precisa disposizione di legge oggi mancante, ha trovato una sua prima soluzione di carattere eccezionale attraverso un'ordinanza prefettizia che impone l'abbattimento dei cervi e dei cinghiali con l'utilizzo delle Guardie venatorie della Provincia di Torino e con il coordinamento dell'Azienda regionale dei Parchi suburbani. Non potendosi peraltro prevedere di ovviare, anche per il futuro, alla situazione di carico faunistico attraverso le ordinanze prefettizie, resta da considerare l'inadeguatezza dell'attuale normativa in materia di controllo faunistico e la necessità di concludere in tempi brevi l'iter di approvazione del disegno di legge proposto dalla Giunta al fine di fornire una soluzione normativa al problema.
Dalla situazione sopra descritta si evince pertanto la volontà della Giunta di risolvere problemi di disequilibrio, ma la contestuale impossibilità di risolvere i problemi stessi a fronte di una legislazione evidentemente carente è stata pienamente compreso anche dall'Istituto nazionale di biologia della selvaggina con il quale, infatti, prosegue il rapporto di collaborazione, nonostante in passato ci sia stato un atteggiamento di protesta dell'Istituto stesso, che non riusciva a comprendere le motivazioni che portavano regolarmente alla sospensione dei piani di abbattimento.
Per quanto concerne i piani di intervento messi a punto dall'IPLA essi riguardano la sistemazione forestale del parco, in parte subordinata alla soluzione del problema faunistico. Peraltro, al fine di non porre ulteriori indugi alla realizzazione del Piano forestale, è stata avviata dall'Azienda regionale dei parchi suburbani la procedura di convenzionamento con l'IPLA per l'attuazione di parte dei lavori previsti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ringrazio l'Assessore per la risposta che pregherei venisse inviata per iscritto ai Consiglieri interroganti, anche perché il Consigliere più interessato alla questione non è presente.
Poche osservazioni. La Giunta ha dichiarato la propria disponibilità a svolgere una comunicazione sulla gestione del parco "La Mandria"; sarebbe opportuno che tale dichiarazione, di carattere generale, riportasse anche l'indicazione del necessario congruo periodo di tempo entro il quale verrà svolta.
All'interno del parco non esiste solo il problema del soprannumero di cervi; ci sarebbe da discutere l'intera impostazione dell'Azienda, sulla quale non voglio spendere parole oggi, per non fare "mezzi-dibattiti": sono parecchi i problemi sui quali l'opposizione sarebbe interessata a discutere.
Entrando invece nel merito del problema sollevato dall'interpellanza inerente l'abbattimento dei cervi in soprannumero, non ho ben capito i tempi di soluzione del problema. La risposta dell'Assessore è stata articolata, ha enumerato i vari problemi, ha ricordato la legge in corso di predisposizione. Ma all'attuale soprannumero di cervi quando si prevede di poter dare soluzione?


Argomento: Problemi energetici

Interrogazione n. 1335 dei Consiglieri Valeri e Bontempi inerente il Centro ENEA di Saluggia


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 1335 presentata dai Consiglieri Valeri e Bontempi.
Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

L'interrogazione in oggetto, riguardante l'impianto IFEC operante nel Centro ENEA di Saluggia, evidenzia la necessità di conoscere i programmi operativi, immediati e futuri, dell'impianto stesso e l'opportunità di orientare i nuovi progetti di ricerca e di sperimentazione verso tecnologie innovative, in alternativa alla produzione nucleare che, a seguito del noto esito referendario, ha dovuto subire il blocco dei programmi.
L'attività dell'impianto IFEC va oggi inserita nell'ottica delle direttive in campo energetico previsto dal nuovo Piano energetico nazionale, approvato dal Governo ed ora all'esame del Parlamento, che confermano il ruolo primario dell'ENEA nelle attività di ricerca e sviluppo industriale, anche in campo nucleare per quanto riguarda la fusione e la fissione, quest'ultima relativa ad una filiera di reattori a sicurezza intrinseca.
Negli ultimi cinque anni le attività dell'impianto in oggetto hanno riguardato prevalentemente la preparazione della fabbricazione del combustibile destinato al reattore prototipo "Cirene", in corso di completamento sul sito di Latina.
In particolare, nel periodo 1982/1986 si sono effettuati i necessari interventi di adeguamento sull'impianto e si sono approvvigionati i materiali necessari alla fabbricazione. La quasi totalità di tali materiali è stata consegnata da tempo sul sito di Saluggia.
A partire dal 1986, sono iniziate nell'impianto IFEC attività necessarie a qualificarlo per l'esecuzione delle principali operazioni della fase di fabbricazione degli elementi di combustibile. Via via che le necessarie qualifiche venivano completate ed approvate dall'ENEA e dall'ENEL nelle loro funzioni di committenti dell'impianto Cirene e dall'ENEA-DISP nelle sue funzioni di organo di controllo, l'impianto IFEC è passato all'effettiva attività di fabbricazione. In particolare, a giugno 1988, completata la qualifica di due primi processi di fabbricazione, si sono avviate le relative fasi di produzione. Parallelamente venivano proseguite le qualifiche dei restanti processi.
Recentemente, il Consiglio di amministrazione dell'ENEA ha disposto la sospensione delle attività di fabbricazione del combustibile per il Cirene nel quadro di quanto previsto dal Piano energetico nazionale approvato dal Consiglio dei Ministri il 10.8.1988. Coerentemente con tale decisione, le attività saranno limitate al completamento delle qualifiche dei processi di fabbricazione e ad attività di ricerca, di sviluppo e dimostrazione relative all'intero ciclo di fabbricazione del combustibile ed in particolare alla realizzazione di elementi di combustibili con caratteristiche innovative. Inoltre, a seguito di quanto emerso alla Camera e al Senato in occasione della conversione di legge del decreto relativo al finanziamento dell'ENEA per il 1988, il Ministero dell'industria ha invitato ENEA ed ENI ad approfondire la possibilità di un'integrazione fra le attività di sviluppo e fabbricazione di elementi combustibili innovativi, svolti dall'ENEA, e la potenzialità della Fabbricazione Nucleari di Bosco Marengo.
Tale approfondimento, già avviato congiuntamente con l'ENI, dovrà consentire di individuare in tempi brevi il più razionale utilizzo delle risorse dell'impianto IFEC anche in una prospettiva di diversificazione delle proprie attività, concentrando presso l'impianto di Bosco Marengo le attività di ricerca e le attività di fabbricazione nel settore del ciclo del combustibile condotte presso lo stesso impianto IFEC.
Al fine di avviare e di completare in tempi brevi la sopraccitata diversificazione, l'ENEA ha già iniziato un approfondito esame sulle possibilità di riorientamento delle attrezzature e dello stesso personale operante presso l'impianto IFEC. Un'indagine di recente conclusa consultando i principali operatori industriali interessati, tra cui in particolare, ovviamente, quelli della realtà regionale del Piemonte, ha mostrato che un settore di notevole interesse a livello industriale in grado di valorizzare in misura adeguata infrastrutture e competenze dell'impianto IFEC è quello della ricerca e della sperimentazione finalizzate alla produzione e all'impiego di materiali compositi ed in particolare di materiali metallici rinforzati.
Prendendo atto di quanto disposto dal Consiglio di amministrazione dell'ENEA in ordine alla sospensione della fabbricazione di combustibile per il reattore Cirene, non si può non sottolineare l'attenzione che meritano i processi legati ai cicli di fabbricazione del combustibile di cui l'ENEA non ha comunicato le caratteristiche, e le attività di ricerca di sviluppo e di dimostrazione volte alla realizzazione di elementi di combustibili con caratteristiche innovative.
Non è dato sapere, infatti, se le caratteristiche del nuovo combustibile attengano al ciclo nucleare, né viene fatto riferimento nel testo del Piano energetico nazionale dove si specifica che "altre attività nel settore della combustione nucleare saranno intraprese in appoggio ai reattori a sicurezza intrinseca". Peraltro, le previsioni del nuovo Piano energetico nazionale in materia di fusione e fissione nucleare, rispondono agli orientamenti espressi in sede di dibattito parlamentare culminato nelle determinazioni del dicembre del 1987.
Pertanto, in relazione agli elementi raccolti sull'argomento unitamente alla risposta inviataci dallo stesso Presidente dell'ENEA, prof. Colombo risulta necessario appurare, in attesa della sospensione della fornitura di combustibile al reattore Cirene, in che misura e per quale utilizzazione l'impianto IFEC si inserisce nei programmi previsti del nuovo Piano energetico nazionale e se per l'intero complesso di attività localizzate nelle strutture tecnologiche di Saluggia esistono ipotesi o programmi di riconversione e diversificazione, così come auspicato dall'ordine del giorno assunto dal Consiglio regionale in data 29 settembre dello scorso anno e rinviato al Ministro per l'industria e agli enti energetici centrali.
In tal senso, la Giunta regionale del Piemonte è impegnata al fine di ottenere precisi chiarimenti in ordine a quanto sopra rappresentato convenendo sul fatto che gli elementi raccolti non possono obiettivamente ritenersi definitivi, ma necessitano di opportuni aggiornamenti nel corso del dibattito parlamentare, anche a seguito dell'invio delle determinazioni assunte nei mesi scorsi dal Consiglio regionale del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Ringrazio l'Assessore per l'ampia ed esauriente risposta alla nostra interrogazione dell'8 giugno scorso, con la quale facevamo presente che a Saluggia il 13 giugno avrebbe preso corpo un programma incongruente e paradossale per la fabbricazione di 600 elementi di combustibile nucleare per il reattore Cirene.
Nell'interrogazione chiedevamo di far pressione sul governo e sull'ENEA al fine di bloccare tale produzione; prendiamo atto con soddisfazione che si è impedita un'operazione in netto contrasto con le decisioni di blocco dei programmi nucleari, che inopportunamente avrebbe messo in circolazione altro materiale nucleare creando inutili rischi e comportato lo spreco di risorse economiche ed umane dovuto all'accantonamento, se non all'abbandono, di altri programmi di ricerca del centro ENEA di Saluggia.
Leggeremo attentamente la parte di risposta relativa ai nuovi programmi per il centro ENEA di Saluggia. Condividiamo il richiamo dell'Assessore al fatto che il problema, di grossa rilevanza, dovrà trovare spazio nelle iniziative concordate in quest'aula in vista della seconda conferenza energetica nazionale; cogliamo l'occasione per sollecitarne la preparazione nei tempi stabiliti.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 1462 del Consigliere Staglianò inerente la ditta SAIAG di Ciriè


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 1462 presentata dal Consigliere Staglianò. Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

La società SAIAG Industria spa è stata ed è seguita da questo Assessorato per quanto concerne le problematiche inerenti il suo stato di crisi, sin dal primo manifestarsi delle sue difficoltà.
In riferimento alle ultime fasi, ricordiamo che agli inizi del 1988 l'azienda SAIAG manifestò l'intenzione di licenziare i 113 lavoratori in cassa integrazione speciale in quanto il CIPI non aveva approvata la prosecuzione della stessa.
Successivamente ad una verifica delle situazioni presso la segreteria tecnica del CIPI e ad alcuni incontri realizzati dall'amministrazione regionale - per essa l'Assessorato al lavoro - con le parti sociali, si rese necessario, o meglio indispensabile per la realizzazione di iniziative volte alla salvaguardia dell'occupazione, un incontro con il Ministro del lavoro affinché potesse direttamente seguire, su sollecitazione e segnalazione delle organizzazioni sindacali e dell'Assessorato al lavoro della Regione, l'intera partita.
Dopo numerosi interventi, venimmo convocati dal suddetto Ministero unitamente alle parti sociali per il giorno 31 marzo 1988. In quella sede dopo approfondita discussione e trattativa, si raggiunse con l'ausilio del Ministero del Lavoro un accordo che si può così sintetizzare: impegno dell'azienda a ripristinare la richiesta di CIGS per ristrutturazione e in conseguenza impegno del Ministero del lavoro per un rapido iter procedurale dell'esame della stessa astensione dell'azienda dall'attivazione della procedura di licenziamento collettivo (secondo quanto era stata attivato in un primo tempo) individuazione degli strumenti di legge per il superamento delle eccedenze di personale quali: a) blocco del turn-over b) corsi di riqualificazione c) pensionamenti anticipati d) dimissioni incentivate e) articolazione dell'orario di lavoro su 4 squadre e introduzione del terzo turno di lavoro per le donne.
Sentite ultimamente le parti sociali in merito all'attuazione dell'accordo ricordato sopra, non sono emersi elementi che conducano a ritenere disattesa la sostanza dello stesso.
Alla cessazione della CIGS per ristrutturazione avvenuta il 14/9/1988 per quanto riferitoci ancora 8 dipendenti in forza alla SAIAG spa, non sono rientrati nell'attività aziendale. Tale situazione è oggetto di incontri fra le parti sociali per l'attuazione di una completa soluzione rispettosa delle diverse e specifiche esigenze nell'ambito di quanto concordato.
Mantenendo la dovuta attenzione alle problematiche inerenti il pieno rispetto dei diritti e della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori ritengo che la via più diretta ed immediata per una loro tutela in presenza di specifici elementi lesivi, sia il ricorso all'Ispettorato del lavoro o all'autorità giudiziaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, ringrazio vivamente per la risposta l'Assessore Cerchio, che si direbbe uno degli ultimi che rispondono alle domande poste ai loro Assessorati: merito da poco visto l'andazzo... L'interrogazione è stata presentata nel settembre scorso, quindi soltanto tre mesi fa (puntini)



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Ricordo che la risposta era già pronta il 4 novembre.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ribadisco l'apprezzamento per la disponibilità dell'Assessore Cerchio coglievo soltanto l'occasione per sottolineare che il sottoscritto - come molti altri Consiglieri aspetta risposte ad interrogazioni presentate 3 anni fa, magari su argomenti rispetto ai quali l'autorità giudiziaria, per quanto di sua competenza, continua a pronunciarsi; per quanto invece di competenza della Regione in genere si fa finta di non sentire, vedi vicenda Ginatta di Santena.
Dopo la breve premessa devo dire che ho trovato particolarmente interessante la parte terminale della risposta dell'Assessore, rispondente allo spirito dell'interrogazione, in cui si sottolineava una violazione dei diritti sindacali di lavoratori, anzi, nella fattispecie, di lavoratrici.
Questione, questa dei diritti sindacali dei lavoratori e delle lavoratrici esplosa in queste settimane con il cosiddetto "caso FIAT", industria italiana che si è scrollata di dosso ogni tipo di garantismo a tutela dei più deboli. Per questo motivo ho apprezzato la disponibilità dell'Assessore a far sì che iniziative dell'Ispettorato del lavoro - o altra prassi possano ristabilire regole corrette in un'azienda che si è macchiata ripetutamente di questo tipo di violazioni. Nell'interrogazione facevo rilevare, infatti, che i lavoratori per avere giustizia sono stati costretti a ricorrere all'autorità giudiziaria.
Inizialmente era stato raggiunto un accordo che, conciliando le parti rispondeva positivamente alla richiesta di reintegro nell'organico dell'azienda dei lavoratori impropriamente licenziati o messi in cassa integrazione. Dopodiché, l'azienda ha aggirato il dispositivo dell'autorità giudiziaria attribuendo, a quattro lavoratrici in particolare, lavorazioni pesantissime, tali da indurre due di esse alle dimissioni.
La vita dei lavoratori e delle lavoratrici in piccole e grandi aziende è punteggiata di tali soverchierie. Ritengo importante la disponibilità dell'Assessorato ad attivare gli strumenti a propria disposizione per ottenere il rispetto pieno delle leggi della Repubblica e, quindi, dello Statuto dei lavoratori anche nelle piccole aziende: ditte che spesso non fanno notizia, ma rappresentano la quotidiana realtà vissuta da milioni di persone.
Chiedo all'Assessore copia della risposta; i lavoratori e le lavoratrici di Ciriè, infatti, aspettano da tempo un segnale da parte dell'autorità di governo che, in questo caso, è di disponibilità ed attenzione alle loro ragioni.


Argomento: Zootecnia

Interrogazione n. 1285 dei Consiglieri Ferro, Bontempi, Acotto e Avondo inerente la causa contro l'allevatore Bartolomeo Re, accusato di aver gonfiato vitelli con sostanze proibite - Non costituzione di parte civile da parte della Regione Piemonte


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 1285 presentata dai Consiglieri Ferro Bontempi, Acotto e Avondo.
Risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

L'attività di controllo, negli allevamenti e nei macelli, sull'impiego illecito di sostanze anabolizzanti ha assunto negli ultimi diciotto mesi proporzioni molto vaste facendo registrare significativi successi.
L'avvio, per il secondo anno consecutivo, del programma d'indagine predisposto dal Servizio veterinario regionale consente infatti, pur nei limiti oggettivi della potenzialità dei laboratori dello Zooprofilattico una serie di campionamenti mirati che hanno portato all'individuazione a tutt'oggi di ben ventitré proprietari di bovini trattati.
Ad ogni riscontro di positività è seguito un approfondimento diagnostico e di ricerca su tutti gli allevamenti collegati, che ha consentito di trovare altri capi sottoposti a trattamenti farmacologici vietati. Attualmente, sono posti sotto sequestro sanitario oltre 10 mila capi quasi totalmente appartenenti alla categoria dei vitelli a carne bianca, che pertanto si configura come un tipo di allevamento decisamente "a rischio". Gli interventi sanitari sono effettuati dai servizi veterinari delle Unità socio-sanitarie locali che si avvalgono (e a loro volta prestano) della collaborazione delle forze dell'ordine (NAS, Carabinieri territoriali, Guardie di Finanza).
Tra le sostanze riscontrate (attraverso metodiche analitiche che prevedono l'utilizzo prevalente di esami radioimmunologici e cromatografici) appare particolarmente preoccupante la presenza del dietilstilbestrolo, ad accertata azione mutagena e cancerogena.
Gli esiti sottolineano sia l'importanza di questo tipo di vigilanza a tutela della salute pubblica nel quadro della medicina preventiva sia la necessità di disporre di metodi ed apparecchiature scientifiche moderne ed aggiornate per accrescere l'efficacia dell'azione sanitaria.
I controlli stanno provocando vasta eco e riscotendo consensi molto positivi a livello delle categorie interessate (allevatori, veterinari macellai, consumatori, operatori di sanità pubblica). Lo stesso Ministero della sanità ha più volte espresso i più vivi apprezzamenti per l'attività svolta e per i risultati raggiunti.
Infine, deve essere sottolineato che l'accresciuto livello qualitativo dei controlli, oltre a fornire ai coltivatori piemontesi reali garanzie sanitarie, costituisce uno strumento importante per la valorizzazione delle produzioni zootecniche locali ed una valida premessa per la credibilità dell'iniziativa "carni garantite" di prossima attuazione.
La mancata costituzione della Regione Piemonte come parte civile nel processo contro gli allevatori Bartolomeo e Ferdinando Re, accusati (e poi condannati) per aver utilizzato sostanze proibite per l'ingrasso dei vitelli, è essenzialmente legata al fatto che gli uffici regionali non sono stati informati in tempo utile sulla data di inizio del dibattimento e pertanto non è più stata possibile la costituzione di parte civile. Si è quindi trattato di un'omissione certamente involontaria a cui si potrà porre rimedio in occasione di altri analoghi procedimenti, diretta conseguenza dell'attività del servizio veterinario della Regione e delle Unità socio-sanitarie locali. Nel caso dei Re si trattava di un'azione avviata su iniziativa dei nuclei di polizia tributaria, motivo per cui non ne avevamo avuto informazione durante la procedura.
Pertanto, durante le indagini svolte negli allevamenti soccidari dei Re erano intervenuti direttamente il servizio veterinario dell'Assessorato alla sanità e i servizi veterinari delle Unità socio-sanitarie locali Le operazioni della Guardia di finanza sono iniziate il 24 ottobre 1985 con l'arresto dei signori Re Bartolomeo e Ferdinando e la perquisizione del loro allevamento e sono proseguite, fino al febbraio 1986, sugli animali allevati nelle diverse aziende soccidarie dei Re.
La vicenda si è svolta in tempi lunghissimi ed è stato molto difficoltoso seguirne le varie fasi e, a procedimento avviato, non è più stata possibile la costituzione di parte civile ai sensi dell'art. 93 del Codice di Procedura Penale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Penso che il Consiglio possa essere risparmiato da valutazioni di carattere didattico-informativo su DES, anabolizzanti, strumenti utilizzati e nuove generazioni di gascromatografia in fase liquida, ecc.
relativamente alle tecniche inerenti al rilevamento di estrogeni nei bovini, parto dal presupposto che coloro che seguono il problema siano sufficientemente informati.
La questione posta nell'interrogazione non è tanto sulle tecniche utilizzate per identificare i DES, gli anabolizzanti, ecc., all'interno delle carni bovine, ma sulla non costituzione di parte civile da parte della Regione Piemonte, che su tale terreno ultimamente ha dimostrato particolare vigilanza attraverso il proprio servizio veterinario, di fronte a fatti dall'ampia eco sui giornali (lo stesso Assessore Maccari ha dovuto riconoscere che ad un certo punto ci furono degli arresti), rivelatisi in seguito ad un'iniziativa assunta dalla Guardia di finanza.
Sono soddisfatto dell'interpretazione data dalla Regione Piemonte: "Non siamo stati informati sul percorso avviato per quanto riguarda l'istruttoria e quando scusate il termine - ci siamo svegliati era troppo tardi". Prendo atto che non siete stati informati, che non vi siete attivati e nel momento in cui avete deciso di attivarvi era troppo tardi.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 964 dei Consiglieri Ferrara e Fracchia, interrogazioni n. 1135 e n. 1480 del Consigliere Ferrara, interrogazione n. 1508 del Consigliere Staglianò, interrogazione n. 1013 del Gruppo Partito comunista italiano, e interrogazione n. 1607 del Consigliere Tapparo, inerenti la politica aziendale della RAI


PRESIDENTE

Esaminiamo congiuntamente le interrogazioni n. 964, 1135 1480, 1508 e 1013 inerenti la politica aziendale RAI.
Risponde l'Assessore Cerchio



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Per la pluralità di interrogazioni e interpellanze inerenti la RAI o in termini più globali, il ruolo delle partecipazioni statali all'interno della realtà regionale mi sarà concesso, signor Presidente, di trasbordare leggermente dai termini di tempo regolamentari per rispondere ai numerosi quesiti postimi.
La Giunta regionale è consapevole del ruolo e dell'importanza delle partecipazioni statali in territorio regionale; tale rilevanza risulta evidente qualunque sia il parametro preso in considerazione.
Dal punto di vista occupazionale mi limiterò a ricordare che le sole aziende del Gruppo IRI avevano in Piemonte nel 1986 - ultimo dato ufficiale disponibile - oltre 34.000 dipendenti operanti in dieci settori (siderurgia, cemento, meccanica, alimentare, infrastrutture e costruzioni trasporti, telecomunicazioni, informatica, banche e formazione professionale).
Alla presenza IRI va aggiunta quella delle aziende del Gruppo EFIM e dell'ENI, con un'incidenza occupazionale assai più limitata, ma non meno significativa per i settori in cui essa si manifesta.
Dal punto di vista territoriale le aziende a partecipazione statale sono distribuite in tutte le province piemontesi, anche se in misura più rilevante nelle province di Torino, Alessandria e Novara e quindi il loro andamento finisce con l'interessare tutto il territorio regionale piemontese.
Dal punto di vista settoriale le partecipazioni statali operano in Piemonte sia nei settori manifatturieri tradizionali sia nei comparti più avanzati e innovativi, nei servizi e nel terziario qualificato.
Al di là dei dati numerici settoriali e territoriali già di per se stessi significativi, s'intende comunque sottolineare l'importanza che assume in sé e per sé una presenza qualificata dell'impresa pubblica in Piemonte, regione da sempre caratterizzata da forti imprese private dominanti e dalla schiacciante prevalenza, nella sua struttura industriale di un unico settore.
La presenza di una qualificata industria pubblica in Piemonte costituisce quindi una condizione importante per uno sviluppo equilibrato dal punto di vista economico, sociale ed anche culturale della Regione.
La Giunta regionale intende muoversi secondo le seguenti direttive: a) mantenere periodici rapporti con il vertice politico delle partecipazioni statali e con i vertici degli enti di gestione, al fine di conoscere le strategie complessive del sistema e le loro conseguenze nella Regione con l'obiettivo di mantenere e qualificare in Piemonte la presenza dell'industria pubblica. A tal fine già nell'aprile scorso il sottoscritto unitamente al Presidente della Giunta regionale Beltrami, evidenziava, nel richiedere un incontro al neo Ministro delle partecipazioni statali, i problemi di alcuni comparti delle partecipazioni statali in Piemonte, in primo luogo quello siderurgico, e sottolineava la necessità di uno stretto rapporto fra Ministero e Giunta regionale sulle prospettive delle imprese pubbliche nella regione. Sulle stesse tematiche nell'agosto 1988 era richiamata l'attenzione dello stesso Presidente del Consiglio dei Ministri.
La Regione, partendo dalla grave e difficile situazione della siderurgia in una nota inviata a Roma allargava le proprie osservazioni ai segnali contraddittori emergenti anche da altri comparti delle partecipazioni statali in Piemonte e ai rischi di un progressivo disimpegno. La Regione chiedeva al Governo elementi di chiarificazione e direttive precise per il futuro delle imprese pubbliche in Piemonte b) la seconda direttrice, su cui la Giunta regionale in questi mesi si è mossa e soprattutto intende muoversi, è quella di avviare e mantenere un sistema di rapporti costanti e diretti con le principali aziende pubbliche operanti nella Regione, al fine di disporre di un flusso adeguato e tempestivo di informazioni concernenti l'andamento delle aziende, i programmi di investimento, l'evoluzione dell'occupazione, la previsione di eventuali situazioni di crisi, attivando cioè quello scambio informativo che è uno dei modi attraverso i quali può attuarsi una reale politica di programmazione.
Movendosi in questa prospettiva, l'Assessorato regionale all'industria sta avviando una ricognizione sulle aziende pubbliche operanti nella Regione al fine di acquisire un insieme di dati omogenei e aggiornati su dette aziende, presupposto per l'attuazione delle linee di attività sopra illustrate.
Per quanto riguarda i due settori delle partecipazioni statali che in questo periodo preoccupano più direttamente la Regione e che sono oggetto di varie interrogazioni, presentate, siderurgia e informazione, lascerei per il momento da parte il primo, oggetto di una specifica comunicazione successiva, e mi soffermerei sul problema RAI e sui relativi collegamenti con i più generali discorsi delle partecipazioni.
I problemi sollevati circa il progressivo svuotamento delle funzioni della sede RAI di via Cernaia, nonché l'impoverimento o il rischio di impoverimento del Centro di produzione di via Verdi, sono purtroppo al centro dell'attenzione, da mesi, direi da anni, della Giunta regionale del Piemonte come di altre amministrazioni locali.
Penso sia obiettivamente pleonastico in questa sede ripercorrere tutte le tappe della serie di interventi che la Giunta regionale ha promosso in passato sia nei confronti delle strutture dirigenziali dell'ente a livello di direzione generale e di Consiglio di amministrazione sia nei confronti del Governo ed in particolare dei Ministeri a vario titolo chiamati ad esercitare competenze relative alla RAI.
Mi limito al riguardo a richiamare un intervento che, come Assessore ho promosso nei confronti della Presidenza del Consiglio e di molteplici di Ministri nell'agosto scorso. Sottolineo anche il recentissimo ed autorevole sollecito del nostro Presidente Beltrami nei confronti del Direttore generale della RAI, Biagio Agnes, che ha risposto nelle scorse settimane riconfermando l'attenzione del vertice aziendale circa la complessa presenza RAI in Piemonte.
Devo tuttavia aggiungere che comunicazioni più o meno rassicuranti agli atti ne abbiamo più d'una. Le notizie che ci giungono attraverso canali e riunioni ufficiali (che anche recentissimamente abbiamo avuto modo di svolgere) con gli organi rappresentativi dei lavoratori nonché le informazioni che raccogliamo in modo forse episodico e disparato, ma non meno significativo, sono pervase da un diffuso malessere e rischiano obiettivamente di portare alla conclusione che vi possa essere o vi sia stato un disegno più o meno strisciante per ridurre progressivamente la qualità e la quantità della presenza RAI in Piemonte. In realtà recentissime notizie paiono in parte poter rettificare le tendenze negative di questi anni; mi auguro che le prossime settimane possano al riguardo risultare importanti per capire la reale portata e l'eventuale consolidamento di questi segnali.
Innanzitutto, è opportuna una visione complessiva dell'articolazione RAI in Piemonte. In altri termini dobbiamo ribadire, al di là delle competenze tecniche del Centro di produzione di via Verdi o della Direzione amministrativa di via Cernaia o, ancora, dell'Orchestra o del Coro, per finire al Centro di sperimentazione di c.so Giambone, che tutti questi tasselli hanno pari rilevanza e tutti irrinunciabilmente debbono essere salvaguardati, rivitalizzati e potenziati senza dimenticare peraltro società consociate come la ERI o come la Sipra.
Scendendo dunque nel dettaglio, la prima considerazione negativa, da più parti sottolineata, è lo svuotamento progressivo dei livelli dirigenziali. Uno svuotamento che riguarda sia la mancata copertura di posti, peraltro previsti dall'organico sia la carenza di livelli dirigenziali adeguati ad una struttura complessa quale richiederebbero sia il Centro di via Verdi sia la sede di via Cernaia. Succede così che a posti con funzioni e responsabilità analoghi, il livello "torinese" è inferiore a quello di un collega di Milano o Roma, con indubbia ricaduta negativa anche in termini di autorevolezza oggettiva e di capacità contrattuale nei confronti della Direzione generale e delle sue articolazioni operative centrali.
Condivido la preoccupazione di coloro che individuano in questa situazione, che è benevolo definire singolare, una causa primaria del progressivo rischio di decadimento della presenza RAI a Torino e in Piemonte. Un decadimento quantitativo, ma soprattutto qualitativo nei compiti, nelle funzioni e nelle trasmissioni affidate. Mi permetto di richiamare l'attenzione su questo punto perché - non solo a mio parere - è da considerarsi strategico.
Le scelte di "romanizzazione" o di "milanizzazione" devono essere ricusate, soprattutto nella necessità di riportare la sede RAI di Torino ai livelli delle altre sedi.
Per quanto attiene il Centro di produzione di via Verdi esso dev'essere posto nella condizione di riprendere il ruolo occupato qualche anno fa.
I segnali registrati nelle ultime ore vanno verso un'ipotesi di recupero, da verificarsi nelle prossime settimane.
Si tratta di un'ipotesi di convenzione sottoscritta fra la RAI e l'Istituto Bancario S. Paolo entro il mese di marzo, in ordine al problema dell'orchestra sinfonica; ipotesi che, pur prevedendo un afflusso di capitale da parte dell'istituto bancario, non risolverà il problema ma permetterà di rilanciare e rafforzare in termini strutturali l'orchestra RAI. L'impegno di convenzione, che pare potrà concludersi nei prossimi mesi, è sicuramente un elemento positivo da registrare. Altrettanto indispensabile, però, è un appoggio al Coro, come elemento funzionale di collegamento con l'orchestra sinfonica. Il Coro è in fase di continuo depauperamento; non vi è alcun turn over per la mancata attivazione di concorsi per il ripristino dei posti resi vacanti dai pensionamenti.
Secondo elemento positivo - ne accenno in termini prudenziali - che da quanto ci è parso capire potrebbe rappresentare la chiave di volta per il mantenimento di un presidio RAI torinese a tutti gli effetti della stessa dignità di quello di Roma o Milano, è la rivendicazione - non solo a livello sindacale, anche istituzionalmente sono state mosse richieste in questo senso, negli ultimi anni - di una parificazione fra le varie sedi affinché a compiti uguali corrispondano uguali livelli. Sembra che all'interno del Consiglio di amministrazione RAI tale ipotesi di equiparazione fra le varie sedi stia finalmente decollando; a questo punto è impensabile una politica di impoverimento o di dequalificazione della sede RAI di Torino.
Termino non dimenticando che la questione RAI assume significato particolare all'interno della presenza delle partecipazioni statali in Piemonte. La funzione dei presidi RAI di Torino deve essere sicuramente valorizzata - e mi auguro che le ultimissime notizie possano essere confermate - ma non è possibile dimenticare la necessità di un dibattito su altri poli di presenza delle partecipazioni statali in Piemonte: il polo pubblico della ricerca, con particolare riferimento a ciò che resta dell'Istituto Metalli Leggeri o del Centro Donegani, entrambi di Novara che non potrà non essere visto all'interno di un'equilibrata politica delle partecipazioni statali; il discorso SIP e quindi la necessità di strategie per il rafforzamento della rete telematica sul territorio regionale piemontese; la questione del polo dell'alluminio, in particolare per quanto riguarda la produzione di fogli per usi alimentari e prodotti similari e derivati che assume particolare rilievo nel territorio regionale piemontese; la presenza dell'Aeritalia e la relativa e consolidata prospettiva di sviluppo; il discorso relativo alla STET, nei confronti della quale prospettive di sviluppo delle capofila e delle sue consociate con particolare riferimento alla DEA e all'ILTE non possono non essere prese in considerazione.
Queste le principali questioni aperte che, lasciando da parte il grosso tassello della siderurgia e della presenza della siderurgia pubblica in Piemonte oggetto di specifica comunicazione successiva, non ci possono non vedere presenti. Questo è quanto ho dichiarato alcuni giorni fa in occasione di un confronto sui temi siderurgici alla presenza dei Gruppi consiliari e delle organizzazioni sindacali, confronto attuato anche al fine di un'ipotesi di conferenza regionale sul ruolo delle partecipazioni statali in Piemonte entro marzo di quest'anno, per un'attenta valutazione di alcuni segnali che obiettivamente indicano forti contraddizioni nel ruolo delle partecipazioni statali in Piemonte, con il coinvolgimento - mi auguro - di responsabili parlamentari e governativi.
Relativamente al discorso RAI, l'ipotesi di convenzione con l'Istituto Bancario il San Paolo per l'orchestra sinfonica - che richiederò sia agganciata al discorso del Coro - e i segnali di carattere sindacale che il Consiglio di amministrazione RAI sembrerebbe recepire (e che proprio in questi giorni si dibattono a livello centrale) possono rappresentare i primi tasselli di un recupero istituzionale e funzionale della presenza RAI a Torino. Naturalmente, oltre al mio impegno di riaggiornare la questione nelle prossime settimane eventualmente alla luce di sbocchi positivi un'attenta verifica ed un confronto non potranno non essere affrontati in maniera più organica nella conferenza delle partecipazioni statali che convocheremo entro marzo.



PRESIDENTE

Vista la rilevanza dell'argomento durante l'intervento dell'Assessore ho concordato in incontri informali con i vari rappresentanti dei Gruppi di non dare luogo immediatamente alle repliche degli interroganti, ma di calendarizzare entro breve tempo una discussione sull'importante questione in sede di Conferenza dei Capigruppo. Un dibattito più ampio di una pura e semplice risposta a delle interrogazioni darebbe la possibilità al Consiglio regionale di rispondere alle esigenze complessive poste dal problema.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Francamente, signor Presidente, sulla vicenda RAI qualcosa non funziona. Dopo il dibattito tenutosi pur in assenza dell'Assessore Cerchio e chiusosi con un ordine del giorno sottoscritto da Consiglieri di tutti i Gruppi con il quale erano stati assunti impegni precisi, si riprende l'argomento attraverso delle risposte ad interrogazioni: la vicenda non pu che proseguire attraverso delle comunicazioni della Giunta o un dibattito che coinvolga l'intera l'assemblea per la verifica dell'attuazione dell'ordine del giorno, diversamente, continuiamo a fare passi all'indietro.
Pur se comprensibile sul piano funzionale, dividere la fase dell'illustrazione dell'Assessore dalle repliche o dalle opinioni degli interroganti è altra cosa che non funziona. Continuiamo a portare avanti un argomento che ha alle spalle una forte pronuncia del Consiglio su precise richieste d'impegno alla Giunta e allo stesso Ufficio di Presidenza, in maniera casuale, spezzettato, parlandone una settimana sì e un'altra no. La questione, signor Presidente, va pilotata; reintervenendo sull'argomento RAI, sarebbe preferibile avere una comunicazione riguardante la verifica dell'attuazione dell'ordine del giorno e, in quell'ambito, riassumere le interrogazioni giacenti da tempo sull'argomento, relative al salvataggio e al rilancio RAI. Diversamente procediamo con scarsissima incisività ed efficacia. In un incontro da noi richiesto con il Coro per valutare i problemi inerenti l'attuazione della convenzione con l'Istituto S. Paolo si è ripreso a parlare come se l'ordine del giorno non fosse mai stato assunto. Occorre stare attenti. L'assemblea non può avviarsi in maniera spontaneistica e inconsulta su un argomento di questo rilievo. Oggi, invece di sospendere, credo sarebbe preferibile collocarci sull'argomento anche solo con un breve flash. Comunque, quello che più mi interessava era richiamare l'esigenza di efficace incisività nei nostri dibattiti. Dover ripescare vecchie interrogazioni per aver liceità di parola mi pare assurdo; siamo sottoscrittori di un ordine del giorno e avendo contribuito a predisporlo riteniamo di aver tutti i titoli per poterci pronunciare sull'argomento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, capisco la sua difficoltà di gestione dei lavori del Consiglio, vista anche l'emergenza che sta impegnando molti Consiglieri sulla questione delle discariche di Poirino.
L'esposizione dell'Assessore a mio giudizio è un po' troppo ottimistica; il piano finanziario RAI, per l'anno 1989, assegna il 7% delle risorse a Torino, l'11% a Napoli, il 28% a Milano e il 56% a Roma: sono queste le cifre della realtà dei fatti. E dinnanzi a questi elementi discutiamo sullo spazio da dedicare alla vicenda! Il suggerimento è trovare nell'ambito delle sedute di oggi e domani un ritaglio di tempo significativo e adeguato a far sì che i Gruppi possano pronunciarsi. Il rischio è di uno scostamento: gli stessi mezzi di informazione recepiranno oggi la comunicazione dell'Assessore e tra una settimana o due l'opinione dei Gruppi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, condivido quanto detto dal Consigliere Bontempi: è assurdo e ridicolo che si debbano rispolverare vecchie interrogazioni vale anche per il mio Gruppo - per avere diritto di parola su un argomento non certo di poco significato e all'attenzione di tutti. Mettendo in discussione le interrogazioni sul problema RAI, avremmo dovuto immaginare che ci saremmo trovati in questa situazione. Ogni argomento trattato nelle interrogazioni è importante e ha pari dignità, siamo però tutti coscienti del rilievo politico che va assumendo la vicenda RAI: in sede di riunione dei Capigruppo si è in più occasioni addirittura ipotizzato un dibattito sulla politica delle partecipazioni statali in Piemonte.
Rispetto alla prosecuzione dei lavori, le interrogazioni di oggi hanno "spiazzato" i Gruppi: i lavori di oggi e di domani erano stati programmati in modo assai rigido per arrivare possibilmente alla conclusione degli argomenti all'o.d.g. L'argomento RAI, messo in discussione come interrogazione, richiede un minimo di tre ore.
Per modificare i lavori di oggi e di domani è necessaria una riunione del Presidente del Consiglio con i Capigruppo. L'Assessore Cerchio rispondendo agli interroganti, ha previsto per i prossimi giorni ulteriori elementi di integrazione alla sua relazione. Nella prossima seduta consiliare potrà essere considerata come comunicazione della Giunta la risposta di oggi più la parte di informazioni mancanti - che aggiorneranno la situazione anche alla luce di quanto diceva il Consigliere Tapparo - e poi, con il necessario spazio, si avii il confronto fra i Gruppi.
Mi auguro che i mezzi di informazione siano così attenti ai nostri lavori da capire che su questo argomento è necessario uno spazio più ampio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, non c'è dubbio che sulla vicenda RAI si stia procedendo in maniera incredibile. Se avessimo avuto modo, nella conferenza dei Capigruppo ultima scorsa, di avere l'elenco degli argomenti che le interrogazioni avrebbero trattato, le obiezioni fondatissime, che condivido dalla prima all'ultima, portate dal collega Bontempi e integrate successivamente da altri Consiglieri, le avremmo pari pari affrontate in quella sede. Alla fine del mese di ottobre con un ordine del giorno abbiamo votato impegni precisi e circostanziati a cui bisogna dare seguito e verificarne l'attuazione attraverso un rendiconto degli organi di governo non soltanto della Regione, ma anche dell'Assemblea. Non volendo fare surrettiziamente un intervento di merito mi fermo qui.
Entro la fine del mese di gennaio dovremo calendarizzare un dibattito con comunicazione della Giunta e conseguente collocazione dei Gruppi possibilmente ancorato agli impegni assunti a suo tempo, con tutti gli aggiornamenti del caso. Ciò senza fare piazza pulita dei precisi argomenti su cui ci si era soffermati in quella memorabile giornata per questa assemblea (ma, ormai, gli echi di quel "Va pensiero" in quest'aula non risuonano più).
Questo è l'indice di disattenzione di quanti sono preposti a seguire questioni rilevanti quale quella di cui dovremo parlare.
Nonostante i numerosi ed importanti argomenti all'o.d.g. delle prossime sedute di Consiglio, penso che quello in questione abbia assoluta priorità in realtà la vicenda non sta procedendo come ottimisticamente voleva far credere l'Assessore Cerchio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Sarò molto breve; la risposta dell'Assessore alla serie di interrogazioni inerenti la politica aziendale della RAI (e a quella vecchissima, sulla politica complessiva delle partecipazioni statali in Piemonte) comporta un aggiornamento del dibattito svoltosi in aula, che ha sortito impegni precisi, dei quali sarà opportuno verificarne l'esito.
Nessun problema, quindi, a rinviarne pure la discussione. Mi auguro, come il Consigliere Carletto, che stampa e organi di informazione si rendano conto della situazione e non pubblichino strane e frammentate notizie.
Inviterei l'Assessore Cerchio a far distribuire il suo documento ai Consiglieri e, possibilmente, di non fornirlo alla stampa prima di un dibattito complessivo del Consiglio da prevedere con scadenza molto ravvicinata. Credo che due ore di dibattito possano essere sufficienti a risolvere l'importante questione, prendendo spunto sia dalla comunicazione e dalle integrazioni dell'Assessore Cerchio sia dagli ordini del giorno votati tre mesi fa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sarò brevissimo. Quanto detto dai Consiglieri Carletto e Ferrara credo induca a richiedere formalmente alla cortesia dell'Assessore Cerchio di considerare eventuali effetti esterni al dibattito della prossima settimana anche a fronte del modo assolutamente strambo di procedere sulla vicenda.
Chiedo al Presidente del Consiglio di operare attraverso l'Ufficio stampa affinché sia chiaro agli interlocutori esterni che il dibattito avverrà quando lo deciderà il Consiglio; quelle di oggi sono da considerarsi prime informazioni, la contestualità della vicenda verrà affrontata in un prossimo dibattito.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Sarò telegrafico. Nel leggere l'o.d.g. dell'odierna seduta di Consiglio ho visto calendarizzata una serie di interrogazioni che mi hanno lasciato un po' perplesso. La mancata presenza ad inizio seduta del collega Ferrara che da tempo aveva presentato una prima interrogazione, mi ha trascinato a fare una comunicazione a braccio, senza alcun elemento di novità, su miei appunti di tre mesi fa. Do la mia disponibilità affinché in un'apposita e prossima riunione vi sia possibilità di approfondire l'argomento avendo assunto l'intero Consiglio regionale, e non solo l'esecutivo, precise determinazioni. Vi pregherei però di rilevare che i pur minimi segnali sui livelli aziendali, dei quali sono venuto a conoscenza in queste ore, molto probabilmente non si concretizzeranno nel giro di una settimana, dieci giorni. Ipotizzando un confronto fra una quindicina di giorni avremmo forse, qualche elemento in più di discussione.



PRESIDENTE

Mi sembra di poter accogliere i vari suggerimenti pervenuti sia perch il dibattito sulla questione RAI non sia da assumere all'esterno come avviato ed avvenuto sia per l'attenzione del Consiglio regionale al problema. E, proprio per sottolinearne l'importanza, in sede di conferenza dei Capigruppo si calendarizzerà il dibattito sulla questione.
Si poteva forse procedere in modo più coerente; personalmente intendo farmi carico del prosieguo dei lavori per evitare che si avvii una discussione da dover poi contenere o addirittura sospendere per ampiezza ed importanza.
La discussione, calendarizzata nel più breve tempo possibile d'intesa con i Presidenti dei Gruppi, a mio avviso dovrà essere introdotta da una breve comunicazione dell'Assessore di aggiornamento della situazione.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazioni del Consigliere regionale Nino Carazzoni; del critico musicale, Massimo Mila; del Consigliere comunale di Torino Gianni Mercandino


PRESIDENTE

Prego i colleghi di prendere posto in sala e di sospendere eventuali impegni affinché si possa procedere alle commemorazioni di alcuni amici non più fra noi.
Desidero innanzitutto ringraziare i famigliari per aver accolto l'invito ad essere presenti.
Ritengo doveroso rendere omaggio e ricordare il collega Nino Carazzoni scomparso alla vigilia di Natale dopo una malattia che lo ha tenuto a lungo lontano da questo Consiglio.
Per la verità, non ho avuto in questi anni molte occasioni di dialogo approfondito con il compianto Consigliere, perché quando nell'85 entrai a far parte di questo Consiglio iniziavano i primi segnali della malattia che lo avrebbero allontanato dalla politica attiva in Consiglio. Ma da incontri personali avuti in quel tempo, da suoi interventi che ho avuto occasione di sentire - ed anche di leggere - in questa assemblea, dal riscontro di colleghi e collaboratori che lo hanno frequentato dall'ormai lontana prima legislatura, il ritratto che emerge è quello di un uomo di alta integrità morale, dai modi affabili e signorili, rigoroso nella politica come nello stile di vita.
Certo, la storia ha voluto che Carazzoni conducesse la propria battaglia politica regionale sempre dai banchi dell'opposizione; ma questa condizione sfavorevole, per altri versi difficile, non è mai stata per Carazzoni ragione sufficiente per condurre una battaglia cavillosa o dispersiva.
L'assemblea ricorda e apprezza la sua eredità morale e istituzionale insieme al suo stile dibattimentale, caratterizzato da chiarezza e lealtà di posizioni.
In quest'ultimo anno abbiamo vissuto una tremenda stagione di lutti, di cui ancora oggi non riusciamo a capacitarci e a trovarne senso profondo.
Due Assessori regionali, Ezio Alberton e Antonio Turbiglio, due amici l'altro amico, Aldo Viglione, quindi una persona fine e di sottile ingegno come Nino Carazzoni. Quattro rappresentanti dei cittadini piemontesi ci hanno abbandonati lasciando in noi tutti uno sconforto le cui ferite dureranno a lungo nel nostro animo.
Ricordo Nino Carazzoni, quando ormai pallido ed esausto ha avuto la forza e il coraggio di portare l'estremo saluto al Presidente Viglione presso la camera ardente allestita qui a Palazzo Lascaris, partecipando ai suoi funerali.
Desidero ringraziarlo anche per l'atto di altruismo compiuto per salutare un amico - quando mi ci sono avvicinato e gli ho chiesto: "come stai?" mi ha risposto: "sono qui con fatica". Desidero ringraziarlo per tutto quello che ha fatto, per quanto ho avuto modo di apprezzare direttamente e di sentire. E grazie soprattutto per quello che hai fatto per la nostra Regione, Nino, per la nostra terra. Il Consiglio regionale ti ricorda con affetto e con stima.
Alla famiglia e al Gruppo del MSI-Destra Nazionale porgo le più sentite condoglianze a nome di tutta l'assemblea.
Invito i presenti a osservare un minuto di raccoglimento.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Minervini. Ne ha facoltà.



MINERVINI Marta

A nome del Gruppo, ringrazio l'intero Consiglio regionale e il Presidente che ha ricordato con parole così nobili il nostro collega recentemente scomparso, Nino Carazzoni.
Anche noi vogliamo ricordare oggi con poche e forse povere parole il nostro Consigliere che, entrato a far parte dell'istituzione regionale fin dal suo nascere, ha portato avanti sempre con competenza e passione il lavoro, talvolta improbo, che compete ai Consiglieri nell'espletamento delle proprie funzioni, riferendosi sempre e soprattutto mai dimenticando le idee e le posizioni del Movimento Sociale Italiano, Partito nel quale egli militava da giovanissimo e del quale anche da questi banchi è stato un degno rappresentante. Purtroppo il male che qualche anno fa lo ha aggredito non arrestandosi nel tempo bensì diventando ogni giorno più implacabile ha impedito a Carazzoni di continuare a prendere piena parte alla vita del nostro Consiglio, pur tenendosi egli sempre al corrente della sua attività.
La politica, o meglio il Consiglio regionale, era divenuto la sua seconda vita: quella vita che quasi sempre prende il sopravvento nell'esistenza di un uomo politico, mettendolo largamente in debito nei confronti della propria famiglia e della propria vita personale.
Così, noi sappiamo, è stato per il nostro collega Carazzoni; così noi lo ricorderemo ed è quindi con tanto rispetto e con immensa stima che porgiamo da questi banchi alla moglie, ai figli, a tutti i suoi congiunti a coloro che lo piangono, le nostre sincere e commosse condoglianze.



PRESIDENTE

Invito ancora l'assemblea ad alzarsi in piedi per ricordare altri uomini scomparsi recentemente, ovvero Massimo Mila e Gianni Mercandino.
La comunità piemontese, il mondo della cultura e dell'arte, l'universo della musica e della critica musicale, le istituzioni nazionali e locali piangono la scomparsa di Massimo Mila, una delle figure più rappresentative dell'intellettualità italiana laica e antifascista, cresciuta e maturata nella lotta contro il fascismo e diventata grande maestra di vita e di pensiero nell'ultimo dopoguerra fino ai giorni nostri.
Nel ricordo doveroso della sua personalità "a più dimensioni", come è stato giustamente scritto il giorno dopo la sua scomparsa da un illustre critico, non possiamo non ricordare l'ambiente culturale torinese degli anni '30 vivacizzato da Augusto Monti e alla cui scuola di pensiero diedero contributi di alto valore intellettuale e civile personaggi come Massimo Mila, Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Giulio Einaudi, Norberto Bobbio, Luigi Firpo (abbiamo appreso che ieri è stato colpito da malore; ritenendo di interpretare i sentimenti di tutta l'assemblea, gli auguro una pronta guarigione), Franco Antonicelli e tanti altri ancora.
Massimo Mila ha rappresentato al massimo livello il ruolo dell'intellettuale progressista: curioso, solido e geniale nel campo della cultura quanto determinato e stoico nelle proprie scelte di vita. Tra il fascismo e l'antifascismo non scelse la strada del conformismo o dell'indifferenza, ma combattè la sua battaglia a viso aperto, patendo per la sua attività antifascista 5 anni di carcere.
Ma anche durante i lunghi anni di detenzione Mila lavorò con tenacia dedicandosi ad approfondire letture e studi che rappresenteranno punti di riferimento importanti per le sue prime pubblicazioni dell'immediato dopoguerra, già specializzate nel settore della storia e della critica musicale. Tra il 1944 e il 1950 pubblicò "Cent'anni di musica moderna" "Breve storia della musica" e il corposo saggio "L'esperienza musicale e l'estetica".
Negli anni successivi divise l'attività giornalistica di critico musicale con quella dell'attività all'Università e al Conservatorio e con quella di consulente editoriale presso la casa editrice Einaudi su problemi di storia ed estetica musicale.
E' stato critico de "La Stampa", giornale di Torino. Dall'attività giornalistica ha desunto le pagine di "Cronache musicali 1955/59" e "Terza pagina: 36 articoli"; dell'attività didattica rimane la pubblicazione delle "Letture" dedicate ad alcuni capolavori quali il "Don Giovanni" di Mozart e la Nona sinfonia di Beethoven.
"Mila - ha scritto Giorgio Pestelli - era l'opposto di quegli studiosi che credono di allacciare la musica alla cultura scrivendo cappelli introduttivi di 'storia delle idee'; per lui il discorso partiva sempre dal centro, dalla musica, ma sapeva allargarsi alla vita culturale e civile".
Insomma, un uomo che ha sempre preso di petto la vita, nella accezione più ampia del termine, sia sotto il profilo esistenziale che sotto quello critico letterario o musicale; come quando si accingeva a scalare una delle sue amate e terribili montagne, come quando ha sfidato il fascismo, o come quando, ancora, è riuscito a coniugare forte rigore e curiosità accentuate per ogni fenomeno musicale.
Questa è l'eredità che ci ha lasciato Massimo Mila: un'eredità di rigore, di profondità e di sapienza critica. Ma anche di umorismo, virtù eccellente degli uomini liberi, non schiavi dei loro paludamenti, non paurosi dell'ironia. Al critico di risonanza europea, al difensore degli ideali di democrazia e di progresso, a questo spirito libero, va il ringraziamento dell'istituzione regionale e della comunità piemontese per l'esemplarità della sua attività di studioso e di maestro di vita.
Alla famiglia, agli amici più stretti e cari, porgo le condoglianze personali e di tutto il Consiglio regionale.
Voglio ora ricordare la figura di un altro amico scomparso durante i giorni di fine anno.
Mi riferisco a Gianni Mercandino, cui un male incurabile ha stroncato la vita il primo giorno dell'anno, che fu dirigente comunista e Consigliere comunale di Torino. Ancora adolescente, con la sua famiglia di cultura antifascista, fu costretto ad emigrare in Francia, ritornando in Italia nell'immediato dopoguerra. E subito fu attivo militante e poi dirigente del Partito comunista torinese. Ricoprì in anni recenti incarichi istituzionali di prestigio, quali la Presidenza del Comprensorio di Torino e l'Assessorato al lavoro della Provincia di Torino. Ma al di là delle diverse tappe che hanno contraddistinto il suo impegno politico istituzionale, quello che più ci piace ricordare della figura di Gianni Mercandino è l'estrema sobrietà del suo comportamento e il rigore chiaro delle sue idee: doti queste che unite a una grande umanità di carattere hanno reso Mercandino uno dei dirigenti più ben voluti e stimati dalla gente e un interlocutore politico tra i più sensibili sulle questioni sociali e sui problemi del mondo del lavoro.
Alla famiglia e ai suoi compagni di partito va il nostro più vivo cordoglio per la scomparsa di un uomo, di un politico che capiva il cuore della gente, che sapeva parlare con il linguaggio della gente in modo chiaro, onesto e trasparente.
Invito tutta l'assemblea ad osservare un minuto di raccoglimento in memoria di Massimo Mila e Gianni Mercandino.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione n. 1051 "Surrogazione Consigliere deceduto (art. 16 Legge 17/2/1968, n. 108)"


PRESIDENTE

In merito al punto 4) all'o.d.g., esaminiamo la deliberazione n. 1051.
A seguito del verbale della Giunta delle Elezioni pongo in votazione la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Nino Carazzoni subentra, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/68, n. 108, il signor Antonino Masaracchio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
Propongo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Nino Carazzoni con il signor Antonino Masaracchio venga dichiarata immediatamente eseguibile ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/53, n. 62.
Faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti il Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 31 Consiglieri favorevoli 31 Consiglieri.
Il Consiglio approva.
Per quanto attiene alla convalida dell'elezione del signor Antonino Masaracchio ricordo che essa viene devoluta, ai sensi dell'art. 13 dello stralcio delle norme di Regolamento, alla Giunta delle Elezioni, la quale accerterà che non sussistano, nei confronti del neo Consigliere, cause di ineleggibilità e di incompatibilità. Ad esame compiuto, la Giunta delle Elezioni riferirà al Consiglio.
Invito pertanto il neo Consigliere, se presente, a prendere posto in aula.



(Il neo Consigliere Antonino Masaracchio prende posto in aula)


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale sul problema della siderurgia


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 5) all'o.d.g.: "Comunicazioni della Giunta regionale sul problema della siderurgia".
La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Innanzitutto ringrazio la Presidenza del Consiglio per aver accolto l'invito affinché i lavoratori che vivono direttamente le attuali emergenze occupazionali in ordine soprattutto alla grande partita della siderurgia italiana potessero essere presenti a questo dibattito, giacch nell'incontro della scorsa settimana con una loro significativa rappresentanza avevamo annunciato che nella prima seduta di Consiglio del 1989 avremmo prodotto una breve comunicazione sulla base anche delle ultime non simpatiche notizie che nel frattempo, a far corso dalla vigila di Natale, si ipotizzavano sulla siderurgia piemontese.
Non ripercorro i fatti, perché compito della comunicazione, com'è stato concordato, non era di collocarci sulla vicenda dai molti risvolti assurdi e di grande preoccupazione, ma relativamente ad ultimi aspetti che certamente non possono non ricevere l'attenzione unitaria delle istituzioni regionali piemontesi e delle organizzazioni sindacali, come peraltro abbiamo avuto modo di registrare in un documento comune la scorsa settimana in sede di Giunta regionale.
Le ultime gravi novità riguardanti la siderurgia piemontese rappresentano una conseguenza, subita dal Governo italiano, di decisioni assunte in sede comunitaria, in parte dovute a ragioni oggettive, e in parte imputabili ad una "guerra dei produttori" ove produttori di altri Paesi hanno trovato efficaci rappresentanze governative dei loro interessi spostando così ulteriormente a loro vantaggio i rapporti di forza.
L'anticipo al marzo 1989 della chiusura dell'Italsider di Torino perché di questo si tratta come ultima drammatica notizia e determinazione assunta alla vigilia di Natale in sede comunitaria appare particolarmente assurdo perché riguarda uno stabilimento che ha chiuso la gestione 1988 con un margine operativo lordo positivo, che ha praticamente un unico cliente di grande affidabilità qual è la FIAT, e che produce laminati piani per stampaggio auto di grande qualità.
L'ipotesi del riassorbimento della laminazione sull'Italsider di Novi Ligure aveva senso se programmata nell'arco 1990-1993, cioè del futuro piano triennale. Ad oggi l'Italsider di Novi Ligure è vincolato dalla sua stessa struttura produttiva ad una quantità massima di 950 mila tonnellate già coperte dalle attuali produzioni e potrebbe tutt'al più riassorbire 100 150 mila tonnellate, utilizzando misure organizzative straordinarie.
Da anni la FIAT respinge partite di prodotto laminate a Taranto, per gravi difetti qualitativi, senza contare che la FIAT esige tempestività di consegne che Taranto non è palesemente in grado di garantire.
Diventa del tutto evidente la quasi certezza che la FIAT si potrebbe servire da tedeschi (Thiyssen) e da francesi (USINOR) che già bussano alle porte di corso Marconi.
Questa, che in termini ironici definirei brillante operazione costerebbe la perdita di 400 posti di lavoro a lavoratori che in buona parte non possiedono requisiti di prepensionamento.
In vista di queste considerazioni la Regione Piemonte ha richiesto con fermezza il riesame delle decisioni CEE, reso possibile non solo da ragioni obiettive o da motivazioni sostanziali, ma anche da una clausola compresa nella stessa decisione della Comunità.
Vale la pena aggiungere qualche considerazione ulteriore: la chiusura dell'Italsider si aggiungerebbe a quella dell'Acciaieria Inox della Tas avvenuta lo scorso anno e a quella della Deltasider la perdita totale di manodopera siderurgica diretta a Torino in questi due anni presenta questi dati: Deltasider 650 Tas 400 Talsider 450 per un totale di 1500 posti di lavoro.
Apparentemente i lavoratori sono stati recuperati in parte (circa 800 posti) con la mobilità, gli altri hanno fruito di prepensionamenti.
In realtà la mobilità interna alla siderurgia torinese è stata in gran parte, a ragion veduta, un espediente dilatorio in quanto in un primo tempo dall'Acciaieria Tas vi è stata mobilità verso la Deltasider che, chiudendo ha riproposto mobilità verso la Tas e l'Italsider. Se a sua volta l'Italsider chiude - con l'ipotesi del 31 marzo 1989 - diventa evidente che si è realizzato solo una circuitazione fasulla di manodopera verso l'espulsione, seppure assistita.
L'unica mobilità che ha funzionato è stata quella verso altri settori delle partecipazioni statali, che ha però una dimensione non incidente nel pacchetto della situazione siderurgica del polo torinese (riguarda circa 100 unità).
Le promesse verbalmente fatte alla Regione erano assai più ampie.
Le stesse novità riguardanti un polo che resiste, l'Italsider di Novi Ligure, non appaiono del tutto positive: vi sono problemi di investimenti e quindi di richiamo agli stessi come elemento di proposizioni futuribili.
Gli investimenti già decisi e finanziati procedono a rilento e le strozzature impiantistiche del processo produttivo permangono. Assai lontana appare la seconda fase di investimenti che dovrebbe far divenire Novi Ligure un grande centro europeo di laminazione automatica a freddo.
Non possiamo non segnalare le parecchie preoccupazioni nel momento in cui andiamo a ricercare ipotesi di aggancio per le situazioni più drammatiche; ma non possiamo neppure non valutare le prospettive per il futuribile e per quanto rimane di poli siderurgici che pure, negli anni passati, avevano visto occupazione e produzione nella nostra Regione.
Gli avvenimenti danno ragione alla Regione Piemonte almeno su un aspetto: la "guerra" campanilistica tra i due stabilimenti di cui tutti disconoscono la paternità, ma che in qualche modo è avvenuto coinvolgendo di istituzioni, sindacati e forze politiche, avrà come risultato probabile la perdita da parte del nostro Paese di importanti produzioni.
La confusione più assoluta regna circa le sorti della Alessio Tubi di La Loggia, della Ita-tubi e della T.D., di Racconigi.
E' ovvio che questa confusione è innanzitutto da attribuire alla mancanza di qualsiasi elemento di orientamento e programmazione nel comparto dei tubi. Lo stesso piano Finsider pare più che altro preoccupato se ho inteso bene "di tutelare" il tubificio di Torre Annunziata che non le realtà del nostro territorio.
Vi sono però ragioni più specifiche: ad esempio, la Alessio Tubi ha maggioranza societaria privata e gestione "de facto" pubblica, mentre appare del tutto incerta la programmazione produttiva.
Che qualcosa non sia del tutto chiaro in questa partita, lo conferma il rifiuto del nuovo amministratore delegato (uomo Italsider) di accettare un incontro con la Regione per chiarire la situazione, come abbiamo richiesto ripetutamente nelle scorse settimane. Bisogna rammentare che il permanere di uno stato di confusione rischia di compromettere un patrimonio commerciale, professionale, tecnologico di grande valore soprattutto per quanto riguarda i tubi-forma per arredamento, edilizia, articoli di design: campo in cui la Alessio Tubi è da sempre protagonista.
Un capitolo a parte, ma che non può non essere ricompreso seppur in una breve comunicazione sulla situazione siderurgica del Piemonte, merita il presidio Sisma di Villadossola, la cui alienazione a privati (31 marzo 1989) attualmente in corso, dovrebbe essere sottoposta, secondo impegni del Governo peraltro confermati nei mesi scorsi in un confronto con la Regione Piemonte e le delegazioni dei Gruppi consiliari (impegni espressi anche dalla FINSIDER), al vaglio della Regione Piemonte e del Ministero delle partecipazioni statali, cui spetta "l'ultima parola". Il Ministro Fracanzani aveva garantito che si sarebbe dato il massimo rilievo agli aspetti occupazionali, in considerazione della pesantissima situazione del Verbano Cusio Ossola, area all'interno della Regione Piemonte dove particolarmente drammatici, se dovesse ulteriormente calare questo presidio occupazionale, diverrebbero il tasso di disoccupazione e soprattutto la non alternatività di sbocchi occupazionali.
Abbiamo recentissimamente richiamato il Ministro ed il Comitato dei liquidatori FINSIDER al pieno rispetto di questo impegno, scadendo attorno alla metà di gennaio, quindi in questi giorni, il termine indicato nei mesi scorsi per scelte definitive. Per ora nulla ci è stato riferito, e in data 10 gennaio al Comitato liquidatori FINSIDER e al Ministro delle partecipazioni statali abbiamo richiesto un ulteriore confronto conseguenza di quello avuto mesi fa, prima che il Ministro delle partecipazioni statali ponesse "l'ultima parola" in ordine al presidio della Sisma di Villadossola.
Di fronte a questa grave situazione, chiare sono le posizioni e gli impegni della Regione Piemonte, assunti in perfetta sintonia con i lavoratori e le organizzazioni sindacali, da tempo assai attiva nonostante i limitatissimi poteri di cui dispone.
Circa il Verbano Cusio Ossola la Regione chiede una soluzione immediata della questione Sisma che garantisca un polo siderurgico completo di parte fusoria nell'Ossola, che faccia leva possibilmente su risorse imprenditoriali locali, come segmento di un'iniziativa più complessiva di riattivazione industriale di questa sfortunata Valle, e più in generale del Verbano Cusio Ossola. La Regione richiede inoltre la riattivazione delle centraline e l'individuazione di una soluzione, tecnicamente possibile, di riqualificazione della bulloneria.
Per il polo torinese ribadiamo in sede del Consiglio regionale il giudizio marcatamente negativo, di cui chiediamo la revisione, alla chiusura Italsider (laminazione). L'Italsider di Torino deve rientrare richiesta che può essere giustificatamente proposta - all'interno dell'Ilva.
Notizie di giornale sotto forma di comunicazione sindacale riportano che lo stabilimento siderurgico di Lovere o la stessa Deltasider di Sesto S. Giovanni sarebbero in procinto di entrare nell'Ilva: non vediamo motivi per cui l'Italsider non possa rientrarvi, alla stregua di altri presidi che in questo momento si stanno ipotizzando, almeno per dichiarazione sindacale. Di qui l'invito al sindacato di fare pressione a livello nazionale - queste dichiarazioni sono del segretario nazionale della FIM CISL Musetti - affinché vi sia attenzione a livello centrale nei confronti dell'Italsider di Torino per un inserimento all'interno dell'Ilva e per garantire l'occupazione almeno fino al 1990 in attesa del potenziamento del presidio di Novi Ligure. Rimangono del tutto valide le proposte già avanzate dalla Regione, che richiamo in estrema sintesi: a) installazione della seconda linea di elettrozincatura b) mantenimento di un reparto ridotto di laminazione anche dopo il '90 come elemento di flessibilizzazione di Novi Ligure c) rafforzamento delle fasi di verticalizzazione, finimento e taglio a misura per venire incontro alle esigenze FIAT.
Per quanto riguarda la TAS chiediamo: a) realizzazione di una "superlinea" b) automazione completa della fase finimento magazzino c) sostituzione del laminato Sendzimir più logoro anche come segnale di una volontà di mantenimento dello stabilimento.
Circa la Deltasider chiediamo il mantenimento di tutte le misure di mobilità identificate nel recente accordo sindacale, compresi i riassorbimenti già previsti all'Italsider di Torino.
Queste richieste sono ovviamente conseguenti al fatto che ulteriori smantellamenti renderebbero così ridotto il presidio siderurgico di Torino e dell'Ossola da mettere in discussione questi due poli e la stessa siderurgia piemontese.
La Regione crede in una siderurgia qualificata e funzionale, in un sistema industriale avanzato e respinge l'ottica secondo la quale il Piemonte sul piano sociale deve e può "riassorbire tutto", poiché essendo regione industriale o industrializzata sarebbe autosufficiente nel risolvere, pur in emergenza, le varie difficoltà. Anche per questi motivi nel Piano di sviluppo la Regione Piemonte ribadirà il ruolo significativo che la siderurgia dovrà mantenere, pur rivendicando con forza che le aree del Piemonte più colpite dalla destrutturazione industriale vengano inserite dalla CEE (tramite il nostro Governo) tra le aree oggetto di interventi speciali di reindustrializzazione della Comunità. Ci riferiamo a Torino, al Verbano Cusio Ossola, all'area interessata dalla crisi Indesit.
La nostra è una battaglia su più fronti: per una più corretta politica industriale, per uno sviluppo più equilibrato e soprattutto per un'immagine che senza ingiustificati pietismi consideri la nostra regione non solo come il Piemonte ricco, ma per ciò che esso è realmente con le molte luci ma anche con le molte ombre profonde. Piemonte che proprio in questi mesi e settimane, nelle quali riferendoci all'andamento del mercato del lavoro del 1988 rileviamo un incremento occupazionale soprattutto nel settore industriale privato, vede abbattere i pochi elementi positivi da segmenti deboli del mercato del lavoro o da alcune aree territoriali, quali quella torinese o dell'alto novarese, divenute polmoni negativi all'interno di questo andamento.
In questo quadro mi pare debba essere riconfermato nella sede istituzionale della Regione Piemonte quanto concordato alcuni giorni fa con le stesse organizzazioni sindacali e cioè la predisposizione di una conferenza sulle partecipazioni statali in Piemonte da tenersi entro il mese di marzo. Non solo dal versante siderurgico, ma anche da quello RAI e della presenza delle partecipazioni statali in altri settori (dal polo dell'alluminio, al discorso STET, RAI Italia e SIP) provengono segnali contradditori. Una conferenza regionale sulle partecipazioni statali potrà permettere di fare il punto della situazione e di elaborare, in sintonia con le parti sociali, progetti di coinvolgimento del livello parlamentare e governativo ad impegni per una non smobilitazione del ruolo delle partecipazioni statali nella realtà regionale piemontese.
Concludo l'impegno assuntomi di una comunicazione breve, che riprendesse gli aspetti derivanti da notizie pervenute alla fine di dicembre in ordine all'anticipazione della chiusura dell'Italsider ribadiamo la richiesta di rimettere in discussione tale decisione e soprattutto di valutare l'ipotesi di un inserimento Italsider all'interno della nuova società Ilva, riattivando tutti quei rapporti politici sindacali e istituzionali che possano, seppure in salita, apportare eventuali correttivi.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione sulla comunicazione dell'Assessore Cerchio.
E' iscritto a parlare il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ancora una volta, dai primi anni di questo decennio, dobbiamo dibattere con crescendo di drammaticità il tema della siderurgia nella nostra regione. Le argomentazioni della nostra discussione sono quelle da sempre utilizzate ed espresse con il Governo, con rappresentanti delle aree siderurgiche e con le organizzazioni sindacali: non è pensabile un'operazione basata esclusivamente su "tonnellaggi", occorre un'operazione di ristrutturazione della siderurgia italiana basata su scelte di qualità, che vedano la siderurgia come un sistema complesso, del quale occorre valutare una serie di elementi. Non può essere la sola componente sociale a determinare la configurazione di quest'importante pezzo dell'apparato industriale.
In occasione di questo dibattito - mi fa piacere sia presente la collega Vetrino che in qualche modo ha concorso all'elaborazione del Piano regionale di sviluppo - occorre ribadire l'importanza di far sì che la Regione in tema di politica industriale abbia una strategia ampia, certa non basata su interventi "di volta in volta" sulle aree in crisi: il ruolo della Regione, pur nelle sue limitate competenze e possibilità, deve tradursi all'interno del Piano regionale di sviluppo in indicazioni di strategia. Inoltre, occorre meglio definire il rapporto esistente tra Regione Piemonte, operatività del suo governo, determinazione dei suoi piani e scelte nazionali assunte non da privati, ma da componenti pubbliche che dovrebbero interagire e armonizzarsi all'interno di un preciso progetto programmatorio. Relativamente alle partecipazioni statali, abbiamo avuto l'impressione di vivere, come Piemonte, una politica di strisciante ristrutturazione al ribasso che dall'ENI alla RAI, dalla siderurgia ed altri settori ha determinato un indebolimento progressivo. L'operazione da rifiutare - e denunciare - è "mettere insieme" tonnellate alla rinfusa per raggiungere gli obiettivi posti dalla CEE.
Dobbiamo anche chiederci, alla fine di tutta questa storia, quale potrà essere il saldo commerciale (e non quello complessivo, che in termini di quantità, di tonnellaggio, potrebbe essere analogo a quello attuale) dei settori qualificati della siderurgia italiana, indispensabilmente positivo per poter avere possibilità e forza nel rapporto con il mercato. Rischiamo infatti di tagliare, menomare e ridurre - oggi - settori strategici che domani, una volta che la CEE avrà determinato soglie siderurgiche sufficienti e scioglierà le briglia alla concorrenza sul mercato, non saremo più in grado di recuperare. L'errore di fondo, da anni in Piemonte è stato guardare alla ricollocazione del personale come problema primario indebolendo la determinazione e la forza delle nostre argomentazioni.
Ripeto: anche se con una bacchetta magica, potessero essere adeguatamente sistemate tutte le teorizzate eccedenze delle partecipazioni statali, come Consiglio regionale dovremmo esprimere la nostra insoddisfazione per un'operazione che andrebbe a colmare ipotetici posti di lavoro per disoccupati e giovani: sarebbe un'operazione al ribasso. Dobbiamo invece considerare la ricollocazione del personale all'interno di un discorso più ampio, di difesa della nostra siderurgia.
A peggiorare la situazione, già precaria ma oggi veramente dirompente nella sua drammaticità, l'anticipazione della chiusura Italsider: colleghi dobbiamo batterci a tutti i livelli, con il coinvolgimento di tutte le energie: dalla nostra Regione, dai parlamentari nonché da tutte le forze anche private, dell'apparato economico che ricevono dalla presenza di significativi presidi siderurgici piemontesi diretti ed indiretti effetti.
Ritengo che un sistema non fortemente concentrato, ma più diffuso sul territorio e più vicino ai centri di consumo - si pensi che la FIAT, da sola, utilizza ben di 530.000 tonnellate annue di laminati rappresenti l'affidabilità di un sistema complesso; attualmente non ci troviamo di fronte a un sistema fidato. Sarebbe un po' come se in Italia si decidesse di impiantare un'unica unità centrale, un computer gigantesco, che gestisse ogni esigenza di trattamento informatico del nostro Paese. In termini teorici potrebbe sembrare un risparmio; in termini pratici sarebbe un sistema estremamente vulnerabile.
Inoltre, senza un significativo presidio siderurgico, rischiamo di perdere eventuali opportunità - che non possiamo negare a priori per il futuro - di nuovi sviluppi e articolazione della siderurgia a livello internazionale. Azzerata la situazione a Torino, possibili processi favorevoli non potranno trovare punti di innesto e collocazione.
Non dormirei tranquillo - Assessore - neppure sul problema Inox.
Infatti, per il settore, non contingentato, della produzione degli acciai inossidabili, vengono stabilite partecipazioni statali di 200 miliardi per investimenti a Terni e di 40 miliardi per investimenti a Torino. Per Terni palesemente, si tratta di investimenti di sviluppo, per Torino di mantenimento. Questa può essere la premessa, nel breve e medio termine alla messa in discussione della presenza della laminazione a freddo degli acciai inossidabili, dopo aver già perso, negli anni passati, l'area a caldo.
In tale vicenda come Piemonte non abbiamo trovato grande solidarietà da parte delle altre Regioni, e non sempre nelle organizzazioni sindacali c'è stata attenzione ad esigenze poste non con spirito campanilistico, ma con serietà e con visione corretta delle esigenze economiche del Paese.
Non possiamo aspettare tranquillamente le "seconde fasi": in qualsiasi campo politico sono sempre ad alto rischio, per il nostro sistema sarebbero letali.
Salvando il salvabile, l'entrata dell'Italsider nell'Ilva è un minimo risultato sul quale attestarci per coprire sino alla fine del '90 come previsto dal Piano Italsider, eventuali esigenze di laminati che si possono determinare, e nel frattempo valutare gli andamenti strutturali del mercato non occasionali o congiunturali. Ma c'è un altro punto che passa sempre sotto silenzio. Abbiamo sempre detto che le aree dismesse sono una risorsa: che fine fanno? Cosa si dice su queste realtà, estremamente appetibili? Non vorrei che rispetto a queste aree siano emersi elementi che abbiano incentivato l'accelerazione dello smantellamento del polo siderurgico torinese.
Sull'uso delle aree dismesse, il Comune di Torino dovrà assumere posizioni precise e nette di non modifica di destinazione, per bloccare appetiti eventualmente determinatisi su aspettative di nuove aree libere.
Veniamo all'incontro con il Ministro Fracanzani. Rispetto ad iniziative di reindustrializzazione non dobbiamo aspettare l'intervento delle partecipazioni statali per far sì che in quelle aree si determinino processi importanti. Dobbiamo essere noi (Comune di Torino, Regione, ecc.) a presentare proposte operative nei settori di intervento che il progetto di reindustrializzazione potrà determinare.
Il primo obiettivo è fare in modo che l'Italsider possa essere assorbita all'interno dell'Ilva; viste le premesse che diceva l'Assessore credo non sia così impossibile (se non si è già svenduta l'Italsider per altri obiettivi).
Il secondo obiettivo consiste nell'operare per porre divieti e vincoli ad altri usi delle aree dismesse.
Terzo obiettivo, più generale, è alzare una voce precisa: la distruzione definitiva della siderurgia, magari con la fine tra alcuni anni dell'Inox a Torino, è una perdita, è un portare in negativo una realtà.
Non possiamo accettare il solito luogo comune secondo il quale "Tanto Torino e il Piemonte possono risolversi i loro problemi visto che hanno un mercato del lavoro meno negativo di altre realtà". Questo discorso non lo possiamo più accettare!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Intendo apportare un modesto contributo al dibattito, recuperando valutazioni che probabilmente sfuggono nei confronti sui grandi numeri, sui grandi tonnellaggi, sulle grandi strategie a livello internazionale.
Come ho già avuto modo di dire ai precedenti Ministri alle partecipazioni statali, credo che nella vicenda della siderurgia, l'errore di fondo sia stato aver assunto come Governo italiano e come partecipazioni la difesa della siderurgia in termini di difesa strategica delle singole aziende e non, più complessivamente, in termini di tutela delle produzioni in funzione dello sviluppo del mercato.
Se a suo tempo le partecipazioni statali non avessero dovuto sopportare il peso di grosse aziende siderurgiche ed avessero potuto muoversi più strategicamente in direzione della diversificazione delle attività, a Bruxelles non avremmo dovuto operare confronti sui grandi numeri e grandi dimensioni che oggi, oggettivamente, ci trovano perdenti. L'Italia non pu continuare ad ignorare che esiste non solo la difesa della propria produttività, ma anche l'esigenza d'incrementare una domanda che alimenti nuovi mercati, per giustificare nuovi prodotti. Mi riferisco in particolare al mercato delle costruzioni civili.
E' chiaro che rispetto ai beni di consumo quali elettrodomestici ed autoveicoli la produzione di laminati ha oggettivamente saturato il mercato (pur con tutte le ricadute specialistiche che si vogliono), ma dal punto di vista della collocazione del prodotto sul mercato non v'è dubbio che esiste una comparazione tra la produzione complessiva di Paesi quali quelli della Comunità Economica Europea che peraltro intendono tutelarsi anche in relazione ai mercati internazionali, e produzioni eventualmente eccedenti che possono divenire controproducenti rispetto alla competitività del prodotto stesso.
Non dobbiamo continuare a difendere la siderurgia subordinandola solo al mercato auto-elettrodomestici; su alcune produzioni a grande livello internazionale, la nostra industria concorre all'installazione di nuovi impianti mai costruiti nel mondo. Non so se qualcuno di voi ha visto recenti i servizi televisivi sugli impianti - tubifici - che si stanno costruendo in Unione Sovietica, a Volzski: sono dimensioni che sconvolgono la proiezione di dimensione aziendale italiana e forse anche europea.
Ritengo giusto collocarci nella dimensione di difesa italiana e regionale delle nostre produzioni tradizionali, Assessore Cerchio, perch mi pare corretto che i lavoratori abbiano da parte nostra, almeno su questo versante, assicurazioni sulla tutela del ciclo produttivo finalizzato alla produzione automobilistica e degli elettrodomestici. E ciò in funzione di una specifica competenza e tradizione da operarsi nel Paese in funzione dell'obiettivo socio-economico di una certa continuità delle attività tradizionali e non certo quello della deindustrializzazione.
Dobbiamo però preoccuparci della componente della specializzazione della diversificazione, tenendo conto che sul versante delle ricadute specialistiche, e parlo in particolare di elettrozincatura e di termossidazione per i famosi acciai tipo Corten per costruzioni civili che non richiedono riverniciature, vi è ampia carenza produttiva e il nostro Paese del tutto subordinato alla produzione estera.
Nel settore del recupero edilizio non si dispone di una produzione sufficientemente articolata per assicurare la fornitura di tali prodotti di uso corrente nel recupero dei centri storici, del patrimonio edilizio esistente e in tutta quella sorta di interventi strutturali che non sempre giustificano l'uso del cemento armato o di materiali lapidei.
Dirò di più: l'allontanamento della produzione siderurgica dal settore produttivo delle costruzioni incomincia a interessare largamente e con preoccupazione anche il mercato delle infrastrutture, a cominciare dai guard-rail che vengono sostituiti dai new-jersey (per quanto dibattiti e riviste specialistiche si chiedono ancora se sia più sicuro il new-jersey o il guard-rail metallico). In campo edilizio, in tutta la serie di produzioni riguardanti l'uso di carpenterie attive e passive c'è la tendenza al non recupero del materiale metallico in quanto non prodotto in misura sufficiente per poter essere competitivo con altri prodotti quali ad esempio, il legname. Risorsa della quale dovremmo fare uso molto più oculato; nel nostro Paese non siamo in condizioni di assicurare il fabbisogno ligneo sia nelle costruzioni sia in altri beni di consumo, anzi ne siamo largamente debitori all'estero.
Quindi, Assessore, nel difendere la struttura produttiva regionale non dimentichiamo che essa è potenzialmente diversificabile; per quanto attiene alla qualificazione sui mercati internazionali pensiamo, ad esempio, alle produzioni della Cogne, che ha avuto esperienze di punta significative. E' facile produrre acciaio per coniare monete ad alti costi: tutti sono capaci di farlo; diverso è individuare nuovi versanti di produzione rispetto ai quali si è in condizione di collocare intelligentemente un know-out che nel nostro Paese e nella nostra Regione ha nascita e caratterizzazione del tutto specifica.
Ritengo che la Regione si debba muovere su questo versante, non parlando solo e sempre di problemi di occupazione e così via - per carità sacrosanti ma con una serie di iniziative promozionali, di riqualificazione come ho già detto - del significativo settore della media e piccola produzione di impianti speciali, con un Know-out estensibile a cicli anche ridotti, ma ad altissima specializzazione.
In riferimento alla relazione fra prodotti esistenti e grandi contratti internazionali, la Regione potrebbe assumere, in termini di vertenza sindacale, un ruolo di presenza dal quale finora è stata sempre esclusa, ma che potrebbe costituire un futuro modo d'essere in conflittualità preoccupanti quali quelle di riduzione o chiusura di stabilimenti Italsider.
Concludo richiamandomi alla questione delle aree dismesse e degli eventuali deterrenti rispetto alla possibilità da parte delle aziende di recuperarne l'uso a fini di incremento del patrimonio. Non illudiamoci non è su queste polemiche che possiamo innestare una costruttiva operazione di reindustrializzazione e di diversificazione: dobbiamo puntare all'apertura di nuovi mercati per produzioni esistenti, in questo ancorandole ad un futuro sviluppo. Rispetto a recuperi parziali di aree dismesse ricordiamo che in alcuni casi sono collocate nel vivo di centri urbani e possono costituire anche un modo per riqualificare la qualità della vita in questi assetti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, la siderurgia a partecipazione statale è giunta ad una situazione che è poco definire scandalosa, e ciò a causa di una linea di condotta del governo irresponsabile e inaffidabile.
Il 21 dicembre scorso, il Governo italiano ha raggiunto un accordo in sede di Comunità Europea, offrendo la chiusura dell'area a caldo dello stabilimento di Bagnoli (per salvaguardare la laminazione, si è detto) e tra altri impianti, quello dello stabilimento dell'Italsider di Torino chiusura prevista al settembre del '90, ma anticipata a marzo di quest'anno.
In sostanza, pur di "fare tonnellaggio" si sommano i vari impianti e le loro capacità produttive presentandoli alla Comunità Europea come pacchetto di chiusura. Tale è la politica industriale del Governo italiano: si sommano alla rinfusa capacità produttive di stabilimenti destinati a cessare l'attività, e se non basta se ne aggiungono altri senza alcun indirizzo di politica industriale e di risanamento finanziario del settore.
Intendiamoci, la responsabilità principale non è della Comunità Europea; è troppo comodo celarsi dietro le normative della Comunità Europea: è il Governo italiano ad essere responsabile! Lo Stato ristruttura la siderurgia pubblica con dieci anni di ritardo e dopo 15 anni di investimenti dissennati, di paurose perdite finanziarie, di riduzione drastica dei livelli occupazionali, senza un piano di politica industriale siderurgica pubblica e privata che preveda investimenti, innovazione ed avanzamento generale della nostra siderurgia.
Innovazione e rilancio produttivo della qualità degli impianti e della qualità dei prodotti costituiscono la condizione essenziale per il risanamento economico-finanziario della finanziaria Ilva dell'IRI. Procede invece una politica di tagli che destruttura interi impianti, con il rischio di destrutturare l'intero settore della siderurgia in modo irrimediabile.
Questo, signor Presidente, mentre aumenta la domanda di acciaio a livello internazionale e ne aumenta il consumo; Paesi più agguerriti aggrediscono il nostro mercato, tant'è vero che le nostre importazioni aumentano.
Inutile quindi, a questo punto, sperare in qualche indulgenza, in deroghe alle regole del gioco comunitario: "L'Italia o rispetta le regole si è detto in sede comunitaria - o non potrà essere concesso neanche uno solo dei 7.670 miliardi che lo Stato intenderebbe trasferire all'Ilva nuova finanziaria della siderurgia a partecipazione statale. Arriviamo così alla chiusura anticipata dell'Italsider per principale e gravissima responsabilità del Governo italiano.
Non si può dimenticare che la chiusura anticipata dell'Italsider rappresenta il completamento dello smantellamento del polo siderurgico torinese: siamo all'ultima spiaggia. Non discutiamo in questa sede, oggi di un'ulteriore riduzione delle capacità produttive o delle produzioni: no discutiamo sulla permanenza o meno di un minimo presidio siderurgico nell'area torinese! La Nuova Deltasider chiude entro questo mese; la FIAT si sta approvvigionando altrove; la piccola e media industria incontra serie difficoltà nell'approvvigionarsi di acciaio già in questi mesi. Con la Nuova Deltasider è probabilissimo che scompaia la Vertek di Condove.
Non si possono verticalizzare a lungo periodo prodotti provenienti dall'estero; quando i prodotti della Nuova Deltasider verranno realizzati a Piombino non avrà alcun senso economico verticalizzarli a Condove. Oggi la Vertek verticalizza un prodotto importato, ciò sottolinea l'importanza delle produzioni della Nuova Deltasider. Cessa l'attività alla Nuova Deltasider: si importa l'acciaio; è un'operazione che non può essere realizzata in alcun impianto siderurgico italiano (forse a Piombino tra qualche anno, di certo non tra qualche mese).
La TAS (Terni Acciai Speciali) ha perso l'area a caldo e tardano gli investimenti per irrobustire l'attività di laminazione. Nello stesso tempo consistenti investimenti a Terni mettono in discussione la possibilità di continuare a laminare il prodotto a Torino.
Ora si anticipa lo smantellamento dell'Italsider. E' curioso notare che nell'accordo per chiudere la Nuova Deltasider sta scritto che una parte della mobilità si muoverà in direzione dell'Italsider, che ora si vuol chiudere. Questo sta a dimostrare quanto inaffidabile sia il Governo italiano e inaffidabile sia la finanziaria dell'IRI che segue i problemi della siderurgia.
Voglio ricordare anche in questa sede che si tratta di un impianto punto di forza della nostra produzione di acciaio di elevata qualità non realizzabile in altre aziende italiane, complementare e non concorrenziale ad altri impianti italiani, al centro di un mercato di consumo garantito quello della FIAT, flessibile e capace di attuare le consegne in tempo reale. La FIAT importerà questo prodotto; già oggi, nella misura del 20 lo importa dalla Francia e dalla Repubblica Federale Tedesca. Un impianto che lavora bene, con un mercato certo e un margine operativo lordo positivo viene chiuso solo per "fare tonnellaggio", per raggiungere i milioni di tonnellate di capacità produttiva da cancellare nel nostro Paese.
Questo richiama tutti noi all'attenzione su un punto di decisiva importanza: non si può ristrutturare senza politiche industriali, non si può ristrutturare senza piani industriali degni di questo nome. I piani industriali possono adottare criteri industriali e produttivi o seguire criteri sociali (è il caso di Bagnoli). Ma devono esserci dei criteri! E sia che i criteri seguiti siano industriali e produttivi sia che essi siano sociali è un delitto chiudere l'Italsider di Torino; è un delitto importare 530.000 tonnellate d'acciaio dall'estero. Il punto è ormai discriminante: da questo dipende la continuità produttiva di un presidio siderurgico a Torino, la sopravvivenza di una pur minima produzione siderurgica torinese.
Nell'incontro urgente richiesto all'on. De Mita, la Regione ha tenuto una linea di condotta debole, contraddittoria e subalterna ad un Governo non affidabile; ora ne registriamo gli effetti disastrosi.
Una linea di condotta debole. Si doveva indire una conferenza d'impegno per il Governo: di rinvio in rinvio, sono trascorsi due anni. Oggi si rileva l'importanza di una conferenza sulle partecipazioni statali. Quando la faremo? Quando non avremo più siderurgia? L'incontro di settembre con il Ministro Fracanzani è stato desolante! Non c'è stata opposizione alla linea del Ministro, agli indirizzi ministeriali. In quella sede si è detto: "Chiuderemo la Nuova Deltasider" e pochi hanno strillato contro un altro delitto di carattere industriale.
Si è detto: "Chiuderemo l'Italsider nel settembre del 1990", senza alcun vantaggio dell'Italsider di Novi Ligure. Alcuni avevano giocato su questo taluno si era illuso che si potesse perdere a ragion veduta Torino per potenziare produzione e occupazione a Novi Ligure: non è così! In sede ministeriale ci è stato detto che Novi Ligure continuerà la solita produzione di un milione di tonnellate, con ben 340 dipendenti in meno rispetto agli attuali livelli occupazionali. Non c'è compenso, non c'è contropartita se si scende sul terreno del cedimento, della subalternità alle politiche governative! In quella sede si è detto anche che si accettavano offerte per la Sisma. Signor Presidente, è bene che almeno alcuni degli impegni assunti vengano mantenuti, visto che sugli altri il Governo è del tutto inadempiente. Il Ministro è garante: primo, del fatto che non si tratti di un trucco per impossessarsi delle quote produttive dell'ex-Sisma; secondo della continuità produttiva all'ex-Sisma; terzo, della realizzazione della massima salvaguardia dei livelli occupazionali.
In quella sede si è anche detto che le aree torinese e ossolana non rientravano nei provvedimenti di reindustrializzazione: il Ministro le ha "cantate chiare" e l'opposizione è stata debole, contraddittoria e del tutto inadeguata.
Se va avanti una linea di fermezza e di determinazione c'è l'appoggio incondizionato del Gruppo comunista. Penso ad una linea di difesa intelligente; all'Italsider bisogna garantire continuità produttiva, non discutere se si chiude a marzo o a settembre: una linea di questo genere non ha senso, è perdente. Bisogna garantire nel tempo gli investimenti necessari alla continuità produttiva; investimenti per l'elettrozincatura e per l'inserimento dell'impianto torinese nella nuova società finanziaria dell'IRI, l'Ilva. Allo stesso modo non possono tardare investimenti innovativi alla TAS, e occorre garantire la Vertek di Condove e l'ex-Sisma di Villadossola.
Non possiamo permetterci di perdere la siderurgia, al centro del mercato di consumo; sarebbe un delitto: si accentuerebbe il carattere monoindustriale della nostra area e si perderebbe un settore strategico. Il Piemonte ha già pagato un tributo pesantissimo e continua a pagarlo: nel corso di questo mese perderemo 1.400 dipendenti della Nuova Deltasider.
Non ritrovo alcuna parte del progetto sulla siderurgia a partecipazione statale nel Piano regionale di sviluppo. Può darsi che si tratti di una mia svista; so che si era redatto un capitolo riguardante la siderurgia a partecipazione statale, forse non è in mio possesso la versione aggiornata del Piano di sviluppo regionale 1988-1990. Mi spiacerebbe che non se ne parlasse, perché è un settore strategico la cui sopravvivenza e sviluppo dipendono da precise scelte politiche.
Ultima considerazione. Siamo un'area siderurgica rilevante, ma non centrale rispetto ad altre, indubbiamente più importanti. C'è il rischio in sede governativa, di fare la parte dei parenti poveri e dimenticati. Si può sopperire a questa debolezza strutturale con peso politico autorevolezza e fermezza adeguati, consapevoli che siamo "all'ultima spiaggia": la perdita di un settore produttivo come la siderurgia per l'area torinese significa perdere una parte importante della cultura industriale dell'area torinese e del Piemonte.
Invitiamo pertanto l'Assessore e il Presidente della Giunta a fare il possibile affinché abbia luogo urgentemente l'incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri, e soprattutto perché ci si confronti con chiarezza e fermezza. Non si può discutere se chiudere a marzo o a settembre; bisogna impostare la discussione in modo diverso. Il tributo pagato è stato pesantissimo: adesso basta, vogliamo salvaguardare e garantire lo sviluppo dell'Italsider e di ciò che resta degli altri presidi industriali siderurgici del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Signor Presidente e colleghi, a distanza di pochi mesi (per la precisione sette mesi esatti: l'ultimo dibattito sulla siderurgia in quest'aula ebbe luogo il 16 giugno 1988), in un momento che non esito a definire preoccupante e quasi drammatico, specie dal punto di vista sociale, ci ritroviamo con le pive nel sacco a riparlare di siderurgia, di Deltasider, di Italsider, di Vertek, di Sisma di Villadossola, ecc.
Naturalmente ne riparliamo in senso negativo. Mi spiego. Andandomi a rinfrescare la memoria e rileggendo le conclusioni alle quali era approdato il dibattito precedente, ho dovuto ancora una volta constatare quanto la Regione Piemonte non abbia alcun peso a livello di Governo centrale ministeriale. Riprendendo l'ordine del giorno della maggioranza che concluse il dibattito del giugno scorso (sul quale noi ci astenemmo non perché non ne condividessimo i contenuti, bensì perché non lo ritenemmo abbastanza incisivo), leggo che: "Il Consiglio regionale del Piemonte, ecc., respinge: 1) la decisione di Finsider di chiudere la Deltasider di Torino 2) l'ipotesi di cessazione della laminazione nello stabilimento Italsider".
Inoltre, richieste di approfondimenti e chiarimenti rispetto alla situazione della Vertek, richiami all'urgente necessità di promuovere un confronto IRI, Governo, Regione su problemi e prospettive della presenza delle imprese pubbliche in Piemonte e di indire una conferenza regionale sulla siderurgia; sottolineature dell'inderogabile necessità che il confronto sui destini della siderurgia venga portato ai massimi livelli politici e governativi, e di come la Regione Piemonte intenda difendere in modo attivo i propri insediamenti siderurgici," ecc.
Dopo la rilettura ho avuto un attimo di perplessità; forse, non avevo capito niente. Mi sono ripresa subito ricordando, come ho constatato insieme ai colleghi del mio Gruppo, quanto poco valore in ogni campo abbiano le richieste della Regione Piemonte, e in particolare i tanti ordini del giorno, nei confronti del Governo. Nel caso specifico, la chiusura della Deltasider respinta nell'ordine del giorno è operante dal corrente mese, e l'Italsider si vede accelerati i tempi di chiusura. E' totale follia, totale irresponsabilità di chi, dovendo gestire la cosa pubblica in modo da tutelare l'economia e la produttività nazionale e di conseguenza la stabilità dell'occupazione, prende decisioni a livello CEE con parametri di valutazione incomprensibili o meglio totalmente irresponsabili e da incompetenti.
Non riusciamo a capire l'illogicità della chiusura di stabilimenti indispensabili per un corretto funzionamento dell'economia, in un momento oltre tutto in cui il mercato dell'acciaio "tira" e la domanda è in aumento. E, nel caso specifico piemontese e torinese, con la più grande industria automobilistica italiana che fruisce dell'acciaio delle nostre acciaierie, rifornendosene giornalmente (è noto a tutti che la FIAT non lavora più su grossi stock di magazzino). Non vediamo quale utile possa esserci, nel caso particolare per la FIAT come per altri casi nell'approvvigionarsi di acciaio in Francia. Questo, al di là del fatto importantissimo, che la chiusura dell'Italsider metterebbe sul lastrico uomini e donne che con il loro onesto lavoro mantengono le proprie famiglie, contribuendo così alla tanto decantata a livello nazionale "ricchezza piemontese" che, se si continua a chiudere e a tagliare, rischia di diventare "povertà piemontese".
Il Gruppo MSI ribadisce il suo "no" alla chiusura anticipata dell'Italsider. Ma dice di più. L'Italsider, a nostro parere, non dovrà essere chiusa nemmeno nel 1990, a meno che non sorgano - ma non nel libro dei sogni - reindustrializzazioni che permettano l'occupazione odierna e magari aprano possibilità di nuovi posti di lavoro ai tanti, troppi disoccupati che gravano sul nostro Piemonte.
Ho ascoltato la comunicazione dell'Assessore in apertura di dibattito e avendo partecipato alla riunione con le organizzazioni sindacali, ho ascoltato l'impostazione resa dall'Assessore e letto il testo del telephax inviato al Presidente del Consiglio e al Ministro delle partecipazioni statali. La relazione è condivisibile in quasi tutti i passaggi, ma il Gruppo MSI non ha alcuna fiducia nelle possibilità, da parte del governo piemontese, di ottenere a livello nazionale risultati validi e fattivi. Per quanto ci riguarda la comunicazione dell'Assessore è un atto, sia pure valido, di conoscenza del problema e - perché no? - di mero esercizio della lingua italiana.
Penso che quanto da tutti ribadito cadrà anche questa volta nel vuoto più profondo; chiuderemo con un ennesimo ordine del giorno dalle stesse richieste, con qualche "respinge" in meno dell'altra volta. Richiederemo incontri con il Presidente del Consiglio che lasciatemelo dire - preso dal sistemare operazioni sbagliate e da preoccupazioni precongressuali, avrà troppo poco tempo da dedicare ai fatti piemontesi; come sempre, molto probabilmente non avremo nulla.
Mi auguro, nell'interesse del Piemonte e dei suoi lavoratori e perch no? - della nostra Regione, di essere smentita.
Chiudo con la richiesta-sfida alla Giunta regionale che puntualizzeremo in un ordine del giorno - di assumere l'impegno di non permettere in alcun modo la modificazione dell'attuale destinazione d'uso delle aree interessate nell'operazione siderurgia. Non ne spiego i motivi: "a buon intenditor poche parole".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, stiamo arrivando stancamente all'epilogo di una vicenda costata tantissimo ai lavoratori e alla gente piemontese. La politica del carciofo nella siderurgia ha lasciato in mano solo spine. Nell'ultimo anno, non si può dire che la Regione Piemonte abbia assistito passivamente al degrado della situazione bisogna dare atto all'Assessore Cerchio di essere indefesso da questo punto di vista - ma senza dubbio si è rapportata inadeguatamente al precipitare di una crisi innescatasi da almeno dieci anni.
Nel dibattito consiliare del 27 aprile scorso richiamammo in ballo le responsabilità della Fiat. Anche in quella circostanza, con la solita aria di sufficienza, si fece spallucce. Qualche mese dopo - cito dall'ANSA del 21 novembre scorso tuonanti dichiarazioni del sen. Donat Cattin, il quale testualmente, in un incontro tra Giunta regionale e parlamentari piemontesi, diceva: "La crisi della siderurgia piemontese risale a parecchi anni fa" definendo "al limite del reato l'acquisizione a pagamento da parte delle partecipazioni statali della parte marcia della siderurgia FIAT".
"Già si sapeva - ha precisato - di dover smobilitare" e quindi l'operazione si è rivelata una delle tante forme di finanziamento statale gratuito alla grande industria.



(Voce: hanno fatto tutto in famiglia.)



STAGLIANO' Gregorio Igor

Hanno fatto tutto in famiglia. Donat Cattin, attualmente Ministro alla sanità, è stato Ministro dell'industria per lungo tempo, proprio nel periodo in cui è esplosa la crisi della siderurgia. Il sen. Donat Cattin si è guardato bene dal compiere atti conseguenti alle denunce che si premura di fare alle agenzie di stampa.
DP non sta alla logica secondo la quale ogni forza politica ha stesse responsabilità, senza distinzioni di ruolo. Sembra che a governare il Paese o questi segmenti produttivi - sia stata l'opposizione e non, nel gioco delle parti, la DC, il PSI e via discorrendo.
Noi di DP denunciamo che le istituzioni pubbliche hanno subito il gioco all'arricchimento da parte della FIAT con la compravendita di segmenti produttivi a compiacenti partecipazioni statali, non definendo linee strategiche su argomenti solidi, per rapportarsi ad un processo oramai in gran parte compiuto.
Signor Presidente e colleghi, non vogliamo far girare al contrario la ruota della Storia. Sappiamo bene che la produzione di acciaio perde terreno; anche se congiunturalmente - ed è la fase attuale - siamo in fase di crescita della domanda, è indubbio che la produzione non è quella di venti o trent'anni fa, per l'innovazione del prodotto e delle tecnologie.
Detto questo si tratta di capire a quale sviluppo produttivo regionale si sta guardando. Al riguardo non basta l'attivismo indefesso dell'Assessore Cerchio - che pure è qualcosa nell'ampio panorama di coloro che assistono da spettatori al degrado della nostra Regione - occorre qualcosa di più.
Ho addossato parte delle responsabilità alla FIAT: conosciamo il peso politico oltreché produttivo dell'azienda nella regione e nel Paese. In un assetto produttivo in cui la FIAT e la produzione di auto in Piemonte continueranno a caratterizzare gran parte della vicenda economica nazionale, le produzioni Italsider sono indispensabili.
Il Consiglio di fabbrica dell'Italsider di Torino ha voluto ricordare opportunamente che stiamo parlando di un'azienda tecnologicamente all'avanguardia; i rappresentanti dei lavoratori, citando l'art. 499 del Codice Penale, affermano che è una scelta delittuosa di chiudere uno stabilimento dal bilancio 1988 in attivo - fatto singolare nel panorama disastroso della siderurgia pubblica. Stabilimento con costi di trasformazione tra i più bassi del gruppo, con capacità di servire il mercato FIAT di 530.000 tonnellate all'anno in tempo reale e con grande flessibilità, e con un margine operativo lordo (scrivono i rappresentanti sindacali a fine novembre) di circa 39 miliardi, cioè oltre il 9% sui ricavi netti.
Si tratta di far pesare, Assessore, argomenti economici e sociali competitività degli impianti e caratteristiche del prodotto della siderurgia superstite; non ci interessa fare processi, anche se avremmo molte cose da dire sulle responsabilità del passato, qualche flash, per chi ha voluto intendere, stava già nei termini usati ampiamente nel dibattito consiliare del 27 aprile '88. Si tratta di far pesare oggi questi argomenti economici e sociali.
Nell'incontro avvenuto la settimana scorsa fra organizzazioni sindacali, Giunta regionale e Capigruppo, abbiamo ribadito la richiesta di una conferenza regionale sulla siderurgia. L'Assessore in quella sede e ancora stamani ha allargato il campo della discussione alla presenza delle partecipazioni statali in Piemonte. Non abbiamo nulla in contrario ad analizzare la vicenda siderurgica in tale complessivo contesto, purch allargando il campo della discussione non si miri ad annacquare, come temiamo, lo specifico "siderurgia", che dovrà avere ben altro peso nel Piano regionale di sviluppo per i prossimi anni rispetto a quello attuale.
Ribadiamo l'opposizione nettissima del nostro Gruppo alla chiusura Italsider. Un'opposizione non di principio ma motivata, fondata su argomenti economici, produttivi e sociali.
Da questo punto di vista pensiamo sia necessario che le istituzioni contribuiscano anche al superamento dei ritardi registrati con preoccupazione nelle stesse organizzazioni sindacali dei lavoratori; non sfugge, nei dibattiti di queste settimane delle organizzazioni sindacali nazionali, che l'analisi di una produzione siderurgica rispondente a precise caratteristiche dell'industria di trasformazione piemontese non è minimamente presente. In tal senso rivolgiamo l'appello ai lavoratori ad intensificare la mobilitazione. La difesa di quanto rimane della siderurgia è in grandissima misura nelle loro mani; solo se continuerà la mobilitazione di queste settimane avrà senso l'incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri. Dobbiamo sforzarci affinché le istituzioni organizzino immediatamente la conferenza regionale, alla quale bisognerà chiamare tutti i soggetti istituzionali coinvolti a rispondere di scelte sciagurate. Scelte subordinate passivamente ai "diktat" stabiliti a livello europeo, non certo per cattiveria altrui, ma per i ritardi consapevolmente accumulati da coloro che hanno governato il Paese e gestito questi settori di industria pubblica e privata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Colleghi, non si tratta di convincere il Governo o la CEE sulla validità tecnica delle nostre argomentazioni, giacché tutti sappiamo che si tratta di un problema politico. Le argomentazioni tecniche da sempre portate a sostegno della difesa del polo siderurgico torinese non hanno finora sortito alcun effetto, per la mancanza di un'iniziativa politica forte.
La chiusura non risponde ad alcuna logica tecnica di programmazione o di economicità, ma a quella della divisione a livello CEE di fette di mercato sulle quali pesa la credibilità e il peso politico dei vari governi. Non c'è dubbio che a livello CEE Germania e Francia, per le scelte di politica industriale attuate negli ultimi anni, abbiano maggiore credibilità dell'Italia.
La debolezza dell'Italia a livello CEE è determinata in gran parte dalla mancanza di indirizzi di politica industriale e di programmazione scelte compiute non a caso, ma per precise decisioni politiche.
E' dal 1980 che si chiede la predisposizione di un piano siderurgico dell'industria del settore (sia pubblica che privata), ma non è mai stato attuato. Al Ministero delle partecipazioni statali si sono avvicendati Ministri democristiani e socialisti, ma né gli uni né gli altri hanno dedicato volontà politica alla predisposizione di un piano che potesse rappresentare la carta di maggiore credibilità al tavolo della CEE.
Scelte di programmazione non sono mai state attuate; dall'inizio degli anni '80 (e qui stanno le responsabilità politiche) sono prevalse filosofie secondo le quali nella programmazione e nelle scelte di politica industriale non devono intervenire le istituzioni ma il mercato e le imprese. Questa è la logica prevalsa, e le responsabilità politiche di chi ha governato sono gravissime. I risultati che ne sono derivati sono mancanza di peso politico, non scelte di politica industriale di sviluppo non scelte di governo nel settore, chiusura dell'Italsider di Torino per favorire industrie siderurgiche francesi dalle quali la FIAT e industrie collegate acquisteranno le lamiere per costruire le auto. Questo è il risultato. Cosa fare? Evitiamo di prenderci in giro collettivamente.
Ritengo che la partita in gran parte sia perduta anche perché - e dobbiamo dircelo - il Piemonte e Torino nel rapporto con il Governo pesano molto di meno di altre Regioni, di altre città dove, forse, ci sono stati momenti di drammaticità maggiore che in Piemonte.
In gran parte la partita è persa; ma se coltiviamo la speranza di recuperare e salvare qualcosa del polo siderurgico torinese, la Regione, la maggioranza deve avere la volontà politica di operare veramente uno scatto di reni, per affermare con forza e chiarezza che il problema non è chiudere sei mesi prima o sei mesi dopo, un anno prima o un anno dopo. Su questo terreno si porrebbe semmai il problema dei cosiddetti ammortizzatori sociali. Dobbiamo dire con forza e chiarezza che è assurdo pensare che uno dei maggiori utilizzatori di laminati d'Europa, la FIAT e il suo ciclo soddisfi il proprio fabbisogno di lamiere in Francia, mentre a Torino si chiudono le industrie che le producono. E' assurdo sotto qualsiasi logica sia di politica industriale sia di politica economica: non si deve chiudere, né ora né poi, sarebbero scelte di politica industriale e di politica economica dannose per il Piemonte, per l'Europa e per l'Italia. Se vogliamo avere qualche speranza dobbiamo sostenere l'apertura di un grosso caso politico nel rapporto con il Governo, ribadendo l'importanza di queste produzioni per le strategie di politica industriale del Piemonte supportando tale azione con atti di drammatizzazione che non ho alcun problema a proporre, anche se gran parte di questo compito spetta non tanto alle istituzioni quanto alle organizzazioni sindacali. Il Governo ha sempre preso in giro i lavoratori del polo siderurgico torinese, le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali: è ora di smetterla. Ricordo le promesse dell'allora Ministro delle partecipazioni statali, on. De Michelis (oggi Vicepresidente del Consiglio) sulla salvaguardia del polo siderurgico torinese, e le promesse successive del Ministro Darida, quando alla conferenza sulla siderurgia pubblica piemontese disse: "Nessuna scelta di politica nel settore della siderurgia che ne metta in discussione gli impianti verrà presa se non prima discussa con gli Enti locali e con la Regione". Promesse, sia quella di De Michelis sia quella di Darida totalmente disattese. Basta col prenderci in giro! Personalmente sono per l'apertura di un caso politico, affinché tutte le forze di opposizione possano dare alla Giunta ogni contributo.
Purtroppo siamo in una situazione di debolezza; è difficile proporre di non chiudere il polo siderurgico torinese in quanto produzione strategica se poi la Giunta si "dimentica" di inserirla nel Piano di sviluppo. La conferenza sulla siderurgia avremmo dovuto farla un anno fa, come noi avevamo più volte chiesto, e non adesso.
Questione delle aree. La situazione è delicata: si può vincolare una certa zona ad area industriale e chiudere comunque gli stabilimenti. La questione delle aree è importante per il segnale politico che costituisce prevedere il cambiamento di destinazione d'uso di quelle aree può essere interpretato come il segnale che, nonostante le proteste, si dia per scontata la fine di una certa produzione e che si vogliano fare altre cose.
Attenzione alla questione delle aree, il Comune di Torino si deve pronunciare chiaramente. La maggioranza politica al Comune di Torino è in situazione di putrescenza tale che non so se riuscirà ad andare in porto la delibera programmatica. Ma visto che ne stanno discutendo, è assolutamente indispensabile che la Giunta regionale insista affinché nella delibera programmatica si ribadisca la destinazione industriale delle aree dove si intende mantenere il polo siderurgico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, nel porgere l'apprezzamento del Gruppo DC per il modo con il quale sta guidando il dibattito e questo inizio di seduta assicuro i colleghi che rimarrò nei tempi previsti, per consentire ai vari Gruppi di illustrare le proprie posizioni in modo chiaro.
Intervengo per brevissime annotazioni sull'argomento siderurgia oggetto nei giorni scorsi di un incontro fra Giunta, forze politiche e organizzazioni sindacali, e che, come tutti gli interventi hanno rilevato preoccupa molto sia la realtà piemontese dell'amministrazione pubblica sia quella sindacale sia quella socio-economica.
Da una serie di elementi che non possono essere sottaciuti ma analizzati in profondità, si rileva che, certo, la partita è difficile, ma non persa completamente.
Primo elemento, a mio giudizio, è una valutazione non sufficientemente coerente della Comunità Europea fatta negli anni passati sul mercato siderurgico europeo. Il mercato dell'acciaio, che qualche anno fa sembrava in calo costante e consolidato, ha avuto negli ultimi anni un recupero insperato; un sondaggio di mercato fa prevedere per i prossimi anni una ripresa abbastanza stabile.
A fronte della richiesta della Comunità Europea di ridimensionare la nostra capacità produttiva nel settore, l'inversione di tendenza del mercato ha recentemente determinato in Paesi europei forti (mi riferisco in particolare a Germania e Francia) la difesa dei nuovi mercati che si stanno aprendo in parte "sulla pelle" della capacità produttiva del nostro Paese.
Il Governo italiano deve far presente alla Comunità Europea che il nostro Paese, a fronte della pur minima ripresa del mercato della siderurgia, vuole poter mettere sul piatto delle trattative una propria volontà di recupero. Il grosso rischio è che il mercato dell'acciaio per autovetture passando da una produzione piemontese a una produzione di altro Paese venga saturato dalla Germania o dalla Francia. E' un rischio grosso conseguenza di scelte e rapporti non sufficientemente forti nei confronti della Comunità Europea. Il Ministro delle partecipazioni statali ed il Governo nel suo complesso devono ridiscutere con la Comunità Europea il plafond siderurgico del nostro Paese con il supporto di un'azione forte delle organizzazioni sindacali, degli Enti regionali, delle forze economiche.
Secondo elemento è non considerare il Piemonte come una regione nella quale le perdite di posti di lavoro vengono comunque riassorbite da un sistema economico e produttivo forte; tendenza presente non solo nel Governo, ma anche in Parlamento, e quindi in tutte le forse politiche.
E' impensabile vendere il Piemonte come regione debole del nostro Paese, è chiaro però che non si può continuare a toglierle importanti settori produttivi; diminuzioni che creano le sacche di difficoltà (anzi quasi di povertà) che già si stanno individuando in alcune aree della regione, che ampliano una situazione di oggettiva incertezza.
Da questo punto di vista condividiamo la puntuale relazione dell'Assessore; d'altro canto, quanto detto dai colleghi si è tradotto in puntualizzazioni dell'elaborato della Giunta, sostanzialmente condiviso.
Non ci pare che la Giunta regionale sia stata debole nei confronti del Governo; occorre un'azione forte delle rappresentanze parlamentari piemontesi, che difenda meglio e tuteli maggiormente gli interessi del Piemonte, non sempre rappresentati a sufficienza.
In questo senso condivido l'esigenza di una conferenza regionale sulla presenza e sul ruolo delle partecipazioni statali nella nostra Regione, per ridiscutere la vicenda RAI e le diverse altre questioni sul tappeto.
Da questo punto di vista l'impegno della DC e del Gruppo regionale è completo, e quindi anche quello dei nostri rappresentanti a livello nazionale, affinché ci sia nei confronti del Piemonte e dei suoi problemi un'attenzione maggiore di quella degli ultimi anni.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Si deve convenire che le osservazioni seguite alla comunicazione di stamani rivelano una sostanziale convergenza dei Gruppi consiliari sull'analisi della situazione fatta dalla Giunta. Non si può infatti non deplorare che le riduzioni delle potenzialità produttive nella nostra realtà, e nella fattispecie del settore siderurgico, avvengano con logiche che spesso poco hanno a che vedere con parametri di validità industriale.
Con tutta la nostra autorevolezza di istituzione non possiamo non confermare questa prima osservazione, in assonanza con altre voci e altre parti sociali. Ma francamente, come osservato nella comunicazione introduttiva e ribadito da colleghi di versanti diversi, la Regione - e non solo la Regione non ha ricevuto risposte adeguate a livello governativo scontrandosi con l'opinione diffusa in ogni sede politica, sociale e sindacale nazionale che il Piemonte debba e possa fare "da solo". E questo anche in situazioni particolarmente drammatiche quali quelle dell'alto novarese, o particolarmente assurde quali quelle di ulteriori ipotesi di riduzione, o meglio di polverizzazione, del polo siderurgico torinese.
Occorre dire che nei vari confronti (anche in quello con la dirigenza del Ministero delle partecipazioni statali, un paio di mesi fa a Roma) nessuno, né in sede Finsider né in sede governativa, ha mai confutato la validità sostanziale delle nostre proposte, peraltro sempre concordate in termini unitari con le organizzazioni sindacali e sempre conseguenti a prese di posizioni unanimi del Consiglio regionale del Piemonte.
L'amarezza di questo momento non ci farà certo deflettere dalla nostra impostazione. Il Governo, il Parlamento ed il sindacato devono comprendere il ruolo essenziale della presenza delle partecipazioni statali nella nostra Regione e, soprattutto, devono comprendere l'importanza di una siderurgia qualificata nell'ambito di un sistema industriale avanzato quale vuol essere o dovrebbe essere quello piemontese.
Riconfermiamo con tutta la nostra titolarità, in sintonia con le parti sociali, che chiudere l'Italsider non significa solo decretare la fine del polo siderurgico piemontese, ma contraddire nei fatti un principio importante, e cioè che l'attenzione ai problemi sociali, attenzione doverosa, non deve far prevalere logiche assistenziali su corrette e coerenti impostazioni industriali.
Su questo piano non potevo non attivare - anche a cavallo di giorni festivi - una sollecitazione della Regione Piemonte, portavoce dell'intera assemblea e non solo dell'esecutivo e della Giunta. Già nel giugno scorso infatti, avevamo avviato un articolato dibattito sulla situazione siderurgica della nostra realtà regionale, ripreso oggi in una comunicazione breve ma completa ed articolata in cui si sono espresse le varie voci di opposizione e di maggioranza. Nell'arco di questi mesi magari con discontinuità imputabile non tanto a nostra debolezza quanto ad inascoltate nostre unitarie prese di posizione, abbiamo quotidianamente vissuto accanto ai lavoratori delle realtà della periferia dell'area metropolitana torinese e dell'alto novarese il dramma di ipotesi assurde come quella che andiamo oggi a registrare.
Il percorso è tutto in salita. Vi è inoltre la necessità di una verifica del Piano regionale di sviluppo, "volano" sul quale si deve misurare la credibilità di una Regione che voglia avere punti di riferimento e di programmazione regionale.
Relativamente al ruolo delle partecipazioni statali in Piemonte e alla conferenza sulla siderurgia, sono dell'avviso che "non è mai troppo tardi" anche se, come qualcuno dell'opposizione giustamente ha richiamato, visti gli errori di Ministri e responsabili precedenti degli ultimi anni sul versante della siderurgia, forse valeva la pena indire una conferenza sulle partecipazioni statali due, tre, quattro anni fa.
Dopo averne discusso con l'opposizione, l'Assessore all'industria in rappresentanza sia dell'esecutivo sia dell'assemblea in sede di IV Commissione predisporrà una conferenza in tempi non futuribili, ma entro marzo, e quindi nelle prossime settimane, indipendentemente dalla disponibilità o meno di questo o di quel soggetto di livello governativo.
Riteniamo indispensabile un confronto anche per cercare di verificare meglio segnali di contraddizione interni alla stessa realtà piemontese.



PRESIDENTE

Vorrei sottolineare l'importanza dell'avvenuta discussione, che non si concluderà con l'intervento dell'Assessore ma con l'impegno di un'attenzione particolare, passo per passo, da parte non soltanto del collega, ma anche della Presidenza del Consiglio. E' questione che merita ogni sforzo per recuperare una situazione che in altro modo potrebbe rappresentare un contraccolpo pesante per la nostra Regione.
Come è stato annunciato da parte della collega Minervini, il Gruppo MSI ha presentato un ordine del giorno che ho provveduto a far distribuire ai Consiglieri, riguardante il problema delle aree dismesse e di cui do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte tenuto conto che è in corso una smobilitazione degli stabilimenti siderurgici in Torino e nel Piemonte, la quale necessariamente lascerà libere le aree interessate impegna la Giunta regionale a non permettere in alcun modo la modificazione dell'attuale destinazione d'uso delle aree interessate all'operazione siderurgica".
Ho l'impressione che questo documento si collochi in un'angolazione tale da non cogliere gli aspetti complessivi emersi dalla discussione.
Invito pertanto la collega Minervini a valutare l'opportunità di non insistere nella presentazione di questo documento, alla valutazione dei Capigruppo, per votare eventualmente un ordine del giorno unitario.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Comprendo le finalità dell'ordine del giorno presentato e le condivido.
In realtà, però, si dà per scontato quanto per ora temiamo avvenga, e che l'iniziativa politica di oggi tenderebbe a non far avvenire. Se vogliamo intervenire sulla questione delle aree dismesse potremmo incontrarci alla ripresa dei lavori ed eventualmente votare un ordine del giorno diverso, ad esempio che dica: "La Giunta regionale nei confronti del Comune di Torino faccia immediatamente presente l'opportunità di mantenere a vincolo d'uso quelle aree, anche allo scopo di non favorire con lo strumento territoriale la dismissione delle stesse".
Come Gruppo, se ritenete, ci impegniamo a concordare un testo unitario in questa direzione.



MINERVINI Marta

Sono d'accordo con quanto proposto dal Consigliere Bontempi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Se lei è d'accordo, Presidente, potremmo interrompere i lavori e riprenderli nel primo pomeriggio con gli argomenti previsti all'o.d.g. Nel frattempo, verifichiamo la possibilità di un'intesa su un ordine del giorno unitario che potremmo votare verso sera.



PRESIDENTE

D'accordo la seduta è sospesa.



(La seduta sospesa alle ore 13,50, riprende alle ore 15,15)


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Risultati finali della Commissione d'inchiesta sulle convenzioni Unità socio-sanitarie locali - strutture private operanti in Piemonte (Proseguimento del dibattito) Presentazione ordini del giorno


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Riprendiamo i lavori con il punto 6) all'o.d.g. che prevede il proseguimento del dibattito sui risultati finali della Commissione d'inchiesta sulle convenzioni Unità socio-sanitarie locali - strutture private operanti in Piemonte.
La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, a due anni dallo scoppio dello scandalo e a circa otto-nove mesi dalla conclusione dell'inchiesta, finalmente si discute in quest'aula la relazione conclusiva, datata 8 giugno 1988: un ritardo ingiustificabile.
Si è lavorato tra non poche difficoltà, con mancanza di dati; si è dovuto procedere alla raccolta e all'elaborazione di dati spesso incompleti, parziali e non sempre affidabili.
Dobbiamo anche denunciare che all'inizio dei lavori della Commissione d'inchiesta mancò quasi del tutto la collaborazione dell'allora Assessore Olivieri, e si è notato un certo disimpegno: a pag. 4 della relazione conclusiva si segnalano presenze ed assenze dei Commissari. E' curioso notare che i due Consiglieri del Gruppo consiliare dell'Assessore alla sanità hanno partecipato ai lavori mediamente, con due riunioni su dieci.
Per fortuna, c'era unità flessibile, i nostri tecnici, che hanno dimostrato grande competenza ed efficienza, sono stati preziosissimi: sento il dovere di ringraziarli.
Risultato raggiunto. Se si considera il quadro generale entro cui si è operato si può dire che la relazione svela il marchingegno, mette in luce le responsabilità, nel complesso fa un'analisi accettabile e soprattutto fa precise e nette raccomandazioni.
Un ulteriore contributo è venuto dalla relazione di minoranza di DP che mi pare in larga parte possa integrarsi alla relazione conclusiva della Commissione d'inchiesta.
Veniamo ad alcuni dati analitici. Laboratori di analisi cliniche versante pubblico. C'è la conferma sostanziale dei dati raccolti nella prima fase in ordine al carico di lavoro e della preoccupante incompletezza e disomogeneità dei dati raccolti sul personale a disposizione di ciascun servizio. Questo è l'elemento più significativo e più grave, in prospettiva, soprattutto perché costituisce una spia assai preoccupante dell'organica incapacità dell'Assessorato ad organizzare con un minimo di ragionevole decenza il proprio servizio.
La penosa impressione che se ne ricava è che nell'era dell'informatizzazione avanzata la questione del personale, che assorbe un'alta percentuale del bilancio regionale della sanità, in realtà è assai più apparentabile all'archivio delle "Anime morte" di Gogol che non all'impostazione aziendal-manageriale che si pretenderebbe di dare alla sanità italiana. E' un primo elemento di seria riflessione che poniamo all'Assessore e alla Giunta.
In occasione della prima discussione in aula, il 23 settembre 1987 abbiamo presentato una nostra modesta ma significativa elaborazione dei dati già allora disponibili, da cui è emerso un prezioso primo indicatore di produttività dei laboratori di analisi pubblici, ovvero il numero annuo di esami eseguiti per unità tecnica. La nostra elaborazione risulta confermata dall'elaborazione regionale ufficiale, ma soprattutto risulta confermato un duplice e contestuale trend che si configura così: la produttività decresce in modo vistoso dalle Unità socio-sanitarie locali periferiche all'USSL 1/23 evidenziando potenzialità pubbliche non adeguatamente sfruttate, e un contestuale quasi simmetrico e inversamente proporzionale ricorso ai privati convenzionati.
Da prime valutazioni si può affermare che gli avvenimenti di quest'anno, seppure contraddittori, sembrano dimostrare ai più scettici (e a coloro che non hanno alcun desiderio né interesse che questo avvenga) due considerazioni: un recupero di potenzialità operative è doveroso e realisticamente fattibile anche in area torinese il contestuale ridimensionamento delle attività privatistiche non crea alcun inconveniente in ordine al soddisfacimento dei bisogni dei cittadini.
Ne deriva un preciso quesito che intendiamo porre all'Assessore Maccari e alla Giunta: avete intenzione di coltivare ed incrementare questo positivo e per noi neanche inaspettato trend? E in tale auspicabile caso quali articolati e conseguenti impegni realisticamente percorribili e calendarizzati, con verifica semestrale, intendete ufficialmente assumere per garantire il pieno ed equilibrato processo di recupero della potenzialità operativa pubblica e quindi dell'uso corretto delle risorse finanziarie, umane e strutturali che avete a disposizione? Versante privatistico convenzionato. I trentuno laboratori elencati ancorché le prestazioni pagate rientrino tutte per ragioni storiche nel regime della convenzionata esterna, non risultano tutti uguali, almeno sul piano dell'imprenditorialità privata a fini di lucro. Tolti cinque di questi (Avis, Banca del Sangue, Koelliker, Cottolengo e Gradenigo) i ventisei rimanenti che si possono comprendere nel settore dell'imprenditorialità privata fatturano alla Regione complessivamente 10 miliardi di lire all'anno. Tale cifra per il 67% è appannaggio di soli sei laboratori (CDC, Larc, Mirafiori, Aras, Redi, Spam, Lambda). Tale graduatoria di merito potrebbe anche costituire un prezioso indicatore della capacità di "assalto alla diligenza" alle casse della sanità pubblica piemontese oppure della potenzialità, se non di corruzione di cui si sta occupando la Magistratura, almeno di pesante pressione (che rasenta il ricatto) sotto varie forme nei confronti delle pubbliche istituzioni.
Non pensiamo di fare un'affermazione troppo pesante e non pertinente: quattro di queste aziende sanitarie private (CDC, Larc, Redi e Lambda) dimostrano tanto sovrano disprezzo nei confronti della Regione, che le alimenta finanziariamente e ne consente le fortune imprenditoriali, da ritenersi pacificamente esentate persino dall'elementare obbligo di rispondere al questionario della Commissione regionale d'inchiesta per quanto concerne il proprio personale. Colpisce questo inquietante elemento di stile di rapporti con la Regione soprattutto per il CDC, che in questi ultimi mesi è riuscito a strappare alla Giunta il rinnovo dell'autorizzazione-convenzione, enfatizzando in modi assai artificiosi e discutibili, e in termini che è lecito definire ricattatori, proprio il problema dell'occupazione del personale. Ma su questo aspetto torneremo ancora, anche perché riteniamo questo episodio illuminante rispetto al livello di guardia assai basso della capacità della Giunta di non subire i ricatti degli imprenditori privati più spregiudicati e disinvolti nel loro stile di rapporti con l'ente Regione.
Ancora tre considerazioni sul versante privatistico convenzionato.
Sul piano del governo reale di questa delicata materia e su quello del coinvolgimento e responsabilizzazione delle singole Unità socio-sanitarie locali servono assai poco i dati forniti in merito alla quota fatturata e pagata dalle singole Unità socio-sanitarie locali alle strutture private esistenti sul proprio territorio.
Conosciamo fin troppo bene il meccanismo perverso dei trasferimenti di campione e quindi della fatturazione da sede a sede dei singoli laboratori più grandi e da USSL a USSL.
Questo meccanismo perverso, che ha avuto come strumento operativo soprattutto l'USSL 1/23 (ufficiale pagatore anomalo di troppe e troppo discutibili cose per conto di altre Unità socio-sanitarie locali), non emerge per niente dalle tabelle che ci sono state fornite. Ci servono invece tabelle riassuntive che possano essere facilmente prodotte per conoscere per conto di quali utenti e per quali Unità socio-sanitarie locali di provenienza sono state liquidate le competenze alle singole strutture private. Il che, evidentemente, è altra cosa.
E' inoperante dal novembre 1987 la legge regionale n. 55. La legge, con i suoi qualificanti punti che ne fanno uno strumento efficace, serio ed esemplare per il governo, nell'interesse della comunità regionale, dei delicati rapporti fra pubblico e privato in materia di laboratori di analisi, è stata di fatto dimenticata nel cassetto dell'Assessorato.
Magistratura e pubblica opinione richiedono giustamente chiarezza normativa e giuridica. Gli stessi operatori del settore, che riteniamo seri (almeno nella maggioranza), sia nel comparto pubblico che in quello privato rivendicano che vengano loro fornite ragionevoli certezze e non clientelari discrezionalità in ordine ai loro diritti e ai loro doveri.
L'ultima considerazione, strettamente collegata con le precedenti riguarda altri due elementi: la predisposizione e l'applicazione di una adeguata normativa per ovviare ai noti meccanismi meglio conosciuti come abuso del timbro facile; la predisposizione e attivazione di un efficace servizio ispettivo che coinvolga in modo articolato e positivo sia la componente del competente servizio dell'Assessorato che la componente delle singole Unità socio-sanitarie locali interessate. A questo proposito abbiamo voluto che venissero acquisiti agli atti di questa Commissione i verbali di ispezione dell'USSL 1/23 per il periodo 1987 e primi mesi del 1988.
Radiodiagnostica. Anche per questo settore valgono le riserve di fondo in ordine al modo con cui sono stati raccolti ed elaborati in tabulato i dati che ci sono stati consegnati.
Non vi sono ragionevoli certezze su un numero di reali addetti operanti nei singoli servizi pubblici.
Nel settore ambulatoriale ex mutualistico il criterio delle "anime morte" è altresì aggravato dal fatto che non vengono considerati, come se non esistessero, i laureati medici e non medici, i cosiddetti convenzionati interni a forfait orario. Questo particolare, che per la verità riguarda anche i laboratori, inficia largamente ogni possibilità di utile confronto della produttività per unità tecnica disponibile fra le varie sedi pubbliche.
Versante pubblico. Seguendo il modello di analisi dei tabulati in esame, adottato per i laboratori, si evidenzia quanto segue. Come già detto, una verifica minimamente significativa può avvenire solo per i presidi ospedalieri, con carichi di lavoro e pazienti con patologie comportanti sia l'esame in regime di ricovero sia in regime ambulatoriale.
Come per i laboratori di analisi, anche per la radiodiagnostica si evidenzia un calo di produttività media per unità tecnica disponibile assai significativo, procedendo dalle Unità socio-sanitarie locali dei tre quadranti periferici al quadrante uno e in ispecie all'USSL 1/23. Il che porta ad affermare che anche in questo settore del comparto pubblico vi sono ancora consistenti margini di recupero di produttività nei servizi pubblici ospedalieri soprattutto nell'area metropolitana di Torino.
E' inoltre significativa la quota di mancate risposte al questionario da parte soprattutto dei grandi e medio-grandi ospedali di Torino.
Versante privatistico convenzionato. Praticamente, soltanto a Torino esistono strutture autorizzate e convenzionate dedite unicamente alla diagnostica per formazione di immagini. La modalità più frequente e diffusa di impostazione organizzativa si riconduce in genere ad un collegamento con i laboratori di analisi che assume, come sempre, una funzione trainante di marketing assai gratificante dal punto di vista imprenditoriale. Per affinità storica di branca, in genere l'attività privata di formazione di immagini trascina anche attivamente e genericamente la fisiochinesiterapia.
Come sempre l'area di Torino città è quella che vede la maggiore e più strutturata presenza di attività private e per formazione di immagini, con unità satelliti nella prima cintura e con tentativi apparentemente e solo parzialmente riusciti di diramazione negli altri capoluoghi di provincia.
Pertanto è soprattutto all'area metropolitana torinese che merita porre attenzione per cogliere le dimensioni e le caratterizzazioni del fenomeno che si configura come segue. Anche per questo settore, secondo lo schema interpretativo adottato al precedente punto per i laboratori di analisi delle trentuno strutture che fatturano, finanziandosi con le casse regionali, poco meno di nove miliardi di lire, almeno tre possono essere considerate private anomale: il Gradenigo, il Cottolengo, il KoelliKer. I restanti 7 miliardi e 600 milioni sono distribuiti fra le ventotto strutture che restano. Orbene, sei di queste assorbono il 69% della cifra residua e sono sempre il CDC, il Mirafiori, il Larc, il Lambda, il Redi, il Lamp, il Tedar.
Come per il settore laboratori analisi, quattro di questi laboratori (CDC, Larc, Lambda e Redi) che hanno una posizione di indiscutibile privilegio nell'accesso alle casse regionali, manifestano anche una larga e sospetta propensione alla vaghezza di informazione sul modo con cui organizzano la produzione e le componenti del fatturato.
La cosa risulta tanto più preoccupante atteso che risulterebbe piuttosto diffuso l'andazzo di utilizzare il lavoro nero e clandestino soprattutto di tecnici dipendenti da strutture pubbliche. Anche e soprattutto per questo siamo costretti a rivolgere all'Assessore e alla Giunta una ulteriore formale, ufficiale richiesta: quando vi deciderete a presentare in V Commissione e in Consiglio la bozza di legge n. 120 che ci risulta già pronta da circa due anni e che deve regolamentare per la parte di nostra competenza il settore della radiodiagnostica privata? Riabilitazione e recupero funzionale.
Anche per questo settore valgono le riserve di fondo già illustrate sin qui in merito alla preoccupante incompletezza e disomogeneità dei dati raccolti e poi elaborati sia sul versante pubblico che su quello privatistico.
Versante pubblico.
Si può fare solo una triplice e non rassicurante constatazione: malgrado l'attenzione posta su questo particolare tipo di servizio, i servizi unici di USSL previsti dai due PSSR sono ancora fragili e stentano a decollare. Si può anzi affermare che dal 1985 questo indispensabile processo di costruzione programmata e di crescita e potenziamento da parte dell'Assessorato e delle USSL si è praticamente arenato, se non bloccato.
Ci pare inutile sottolineare le grandi responsabilità che sotto questo profilo si assumono l'attuale Assessorato e l'attuale Giunta in un contesto di invecchiamento della popolazione e di impetuosa crescita dei bisogni di riabilitazione.
Seconda considerazione. Proprio a causa della stasi del comparto pubblico, che ci auguriamo non voluta, non si riesce a contrastare la crescita abnorme, e non si sa fino a quale punto utile ed efficace, di iniziative del settore privatistico.
Terza considerazione. Malgrado l'interessamento più o meno d'assalto dei privati in un settore con radici storiche assai più recenti che non per i laboratori di analisi e le radiodiagnostiche, negli ultimi anni vi è stato un autentico pullulare di richieste di autorizzazioni a convenzioni.
Il risultato è stato che nel 1986 la Regione ha rimborsato la rispettabile cifra di 7 miliardi di lire, ormai abbastanza vicina a quella rimborsata per la radiodiagnostica; il che sta ancora una volta a dimostrare che gli inquietanti fenomeni di cui si stanno occupando i magistrati inquirenti hanno radici molto precise e inequivocabili, ovvero le macroscopiche inadempienze programmatorie e gestionali delle pubbliche istituzioni che lasciano eccessivo spazio al malcostume: potenzialmente, la tentazione fa l'uomo ladro.
Versante privatistico convenzionato Colpisce anche qui una singolare simmetria con i laboratori e la radiodiagnostica. Su 24 strutture convenzionate a Torino, tolto il fatturato di 4 di esse che noi definiamo privati anomali, la quota restante è per l'89% appannaggio di soli 8 privati (sempre gli stessi).
Come costume di rapporti con la Regione, che appare tacitamente consolidato, 5 di questi si guardano bene dal rispondere al questionario in merito alle dotazioni di personale. Anche in questo caso si rivela indispensabile l'emanazione di una precisa e vincolante normativa giuridica regionale in materia, questo anche perché è assai noto che il settore riabilitazione e recupero funzionale si configura ancora come un'autentica e assai pericolosa "corte dei miracoli"; non solo per gli storici equivoci semantici fra fisioterapia e fisiokinesiterapia, ma anche per la babele di titoli acquisiti in modi più o meno disparati (medici fisiatri e tecnici) equivoci superabili solo con una chiara normativa regionale, anche questa giacente nei cassetti della Giunta e della maggioranza.
Prime valutazioni tecnico organizzative Per un quadro di generale incompletezza e disomogeneità dei dati disponibili si possono formulare le seguenti conclusioni operative. Esiste un largo margine di recupero della resa operativa dei servizi pubblici soprattutto nell'area metropolitana di Torino, area metropolitana in cui d'altra parte, sono presenti le più consistenti concentrazioni di potere imprenditoriale privato in capo a poche sigle, che come tali e indipendentemente dalle indagini in corso da parte della Magistratura rappresentano un costante rischio di potenziale indebita pressione e di ricatto nei confronti delle istituzioni. Deve far riflettere seriamente lo stile di rapporti a carattere sprezzantemente a scatola chiusa e unilaterale che questo gruppo ristretto di imprenditori intende mantenere con la Regione, come dimostrano ampiamente gli stessi tabulati fornitici.
La realtà e l'esperienza insegnano che la "deregulation" e "il privato è bello" sono slogan accattivanti a livello emotivo, ma possono reggere solo se le pubbliche istituzioni, Regione e USSL. sono di bocca buona e interessate, e, come tali, non sanno o peggio non vogliono verificare nel merito la validità del prodotto fornito e fatturato, a cominciare dal modo e dai mezzi con cui viene concretamente messo sul mercato sanitario.
Il quadro generale che emerge risulta inequivocabilmente il seguente.
Nelle Unità socio-sanitarie locali extra città di Torino il ricorso al settore privatistico convenzionato è sostanzialmente irrilevante, denotando una positiva fiducia degli utenti nei confronti delle strutture pubbliche che risulta ulteriormente aumentata nel corso dell'87/88.
Desideriamo quindi sapere dalla Giunta e dall'Assessore quali concrete iniziative intendano assumere per consentire alle strutture pubbliche di reggere convenientemente al carico di lavoro aggiuntivo che questa fiducia in crescendo inevitabilmente comporta.
Come già detto in precedenza, le vicissitudini inquisitorie dell'ultimo anno a carico delle più consistenti strutture private torinesi e le loro conseguenti temporanee crisi operative di cassetta non sembra abbiano avuto particolare ripercussione in negativo sul soddisfacimento dei bisogni diagnostici della popolazione torinese e delle Unità socio-sanitarie locali limitrofe. Sorge anche qui l'esigenza di sapere a tempi molto brevi come Giunta, Assessorato e le nuove 10 Unità socio-sanitarie locali di Torino intendano consapevolmente coltivare e incrementare questa congiuntura eccezionalmente favorevole al comparto pubblico. E questo anche se le recenti vicissitudini delle autorizzazioni-convenzioni CDC, prima negate e poi rinnovate sull'unghia con uno stile che è lecito definire perlomeno schizofrenico, non ci inducano come privati cittadini e come pubblici amministratori ad essere particolarmente ottimisti.
Il bubbone dei rapporti pubblico-privato è scoppiato notoriamente a livello dell'elefantiaca e ormai superata USSL 1/23.
Sulle gravi inadempienze programmatorie gestionali che si sono verificate tutti dobbiamo riflettere. Non vogliamo dimenticare le responsabilità passate. Se vi sono, vanno circostanziate con nomi e cognomi, con fatti concreti, distinguendo tra chi ha lavorato per la riforma, chi è stato a guardare, chi l'ha sabotata.
E' a tutti noto che il quinquennio '80/85 è stato caratterizzato dal pesante assorbente impegno di trasferimento delle competenze dai disciolti enti mutualistici, che avvenne in un quadro di caos giuridico e normativo nazionale. Contestualmente si dovette creare quasi dal nulla l'ossatura politica amministrativa e operativa di 53 Unità socio-sanitarie locali; nel contempo, fu altrettanto impegnativo e assorbente il processo finalizzato a rendere ragionevole chiarezza nell'intrigo dei rapporti pubblico-privati.
Processo non certo facilitato dalla comparsa, proprio nel 1980, del noto DPR che mise in moto un caotico e non facilmente arginabile "assalto alla diligenza" da parte di una marea di imprenditori privati, impazienti di vedere codificato il loro diritto, vero o presunto, di accedere al grande fiume del finanziamento pubblico.
Forse nessun'altra Regione ha prodotto nel quinquennio '80/85 uno sforzo legislativo e normativo paragonabile a quello del Piemonte per creare un clima di correttezza di rapporti fra pubblico e privato. Per la verità in questo senso assai poco aiutato, per non dire di peggio dall'allora minoranza consiliare. Sta di fatto che l'ex Assessore Bajardi può vantarsi giustamente di avere consegnato a chi l'ha sostituito un preziosissimo patrimonio di strutture di Unità socio-sanitarie locali avviate, consolidate, e ancora potenziabili, con modesti ma coerenti completamenti realisticamente attuabili solo nel tempo.
Che cosa ha fatto invece la gestione assessorile succedutasi dall'85 in poi su un terreno predisposto per essere fertile sia sul piano del potenziamento operativo nei servizi pubblici di Unità socio-sanitarie locali sia sul piano della doverosa e corretta regolamentazione dei rapporti fra pubblico e privato? Una puntuale evidenziazione dei fenomeni di concentrazione in ristretti gruppi dell'imprenditorialità sanitaria privata a Torino richiede ineludibili adempimenti di competenza della Regione e delle Unità socio sanitarie locali; sul piano delle responsabilità delle istituzioni sanitarie l'inchiesta ci permette di individuare impietosamente le carenze e i rischi del loro non tempestivo e rigoroso superamento. Un ristretto gruppo di strutture private torinesi, praticamente quasi sempre le stesse hanno rispettivamente l'appannaggio del 67% delle risorse regionali per i laboratori, del 69% per la radiodiagnostica e dell'89% per la riabilitazione. Orbene, questo sconcertante fenomeno ci porta a fare i seguenti inquietanti ragionamenti: quasi tutte queste strutture si trovano nel mirino dei procedimenti istruttori dei magistrati inquirenti per comportamenti, per così dire, un po' troppo disinvolti nei confronti delle pubbliche istituzioni.
A parte il disprezzo dimostrato da alcune di esse nei confronti della nostra Commissione d'inchiesta, ci risulta che le ispezioni finalmente attivate dall'USSL 1/23 nell'87, hanno rilevato gravi irregolarità organizzative e gestionali a carico di queste strutture. E questo non alla luce della legge regionale n. 55, ma alla luce dello stesso D.P.C.M.
dell'84; il che porta a ritenere che questi signori hanno certamente potuto beneficiare per anni della disattenta e compiacente benevolenza dei competenti servizi, non solo dell'USSL 1/23, ma anche dell'Assessorato regionale.
Il servizio ispettivo della Regione Piemonte è inattivo dall'aprile maggio dello scorso anno. Ha ripreso la sua attività a luglio di quest'anno. E' lo stesso servizio ispettivo a capo del quale era stato posto un funzionario che nel contempo era amministratore di ben due strutture private. Non si è mosso il Servizio ispettivo della Regione, si sono mosse alcune Unità socio-sanitarie locali Che cosa hanno riscontrato? Che cosa è accaduto in questi ultimi anni? Che cosa accade oggi dopo lo scandalo? USSL 1/23. Il servizio ispettivo, riscontra 32 gravi irregolarità nel periodo fra il 9 febbraio 1987 dopo lo scandalo, quindi - e il 29 febbraio 1988. Emergono i seguenti fatti: presenza di locali inadeguati attrezzature inidonee e non rispondenti ai requisiti minimi prescritti dal D.P.C.M. 10 febbraio 1984; carenza di personale sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, ovvero prelievi effettuati da sanitari privi della necessaria specializzazione medica o non titolari di formale rapporto con i centri convenzionati. Mancanza di autorizzazione all'apertura o all'effettuazione di quel tipo di analisi, assenza di direttore tecnico regolarmente autorizzato, ovvero mancanza di effettiva accettazione da parte della persona indicata; mancanza di regolare autorizzazione comunale all'apertura all'esercizio di strutture di analisi e ambulatori; invio di campioni prelevati in sede ad altri laboratori di analisi per l'esecuzione analitica; trasferimenti di sede non autorizzati; irregolarità nella titolarità della convenzione. Alla fine vengono segnalati anche fatti che dimostrano il tentativo di occultare in previsione di possibili ispezioni la situazione esistente: improvvisa chiusura di sedi, rimozione di targhe e cartelli esterni agli edifici indicanti la presenza di laboratori, nonch in un caso, possibilità di dichiarazioni false. Questo accade dopo lo scandalo.
Chi ha commesso queste irregolarità, che sono nel complesso 32, almeno per ex l'USSL 1/23? Ricorre la sigla CDC in otto casi, per due casi il Lab per tre casi il Laras e così via. Sono sempre gli stessi.
Un esempio significativo; la nostra interpellanza dell'ottobre 1987 reiterata nell'ottobre del 1988, un anno dopo, denuncia il funzionamento strabiliante, per incongruenza, del poliambulatorio dell'USSL 5 di Via del Ridotto a Torino, dove è possibile prenotare nel corso di cinque giorni, ma l'autorizzazione per recarsi nei laboratori privati vale anche il sabato il sesto giorno. Quindi lo scandalo parla chiaro.
Emerge che nelle Unità socio-sanitarie locali di Torino i laboratori pubblici di analisi cliniche, intra ed extra ospedalieri, sono rimasti nel complesso sotto utilizzati, in particolare quelli extra ospedalieri. La causa fondamentale è certamente dovuta alle pesanti intromissioni interessate a favorire sfacciatamente i laboratori privati. Un meccanismo perverso è rappresentato dalla combinazione, dall'intreccio tra le interferenze illecite, la mancanza di regole di controlli e le carenze strutturali organizzative del servizio pubblico.
Vi sono molte cause reali da non sottovalutare, ma neppure da enfatizzare: riguardano gli organici, l'organizzazione dei servizi, la carenza di apparecchiature. Sono cause reali, vere, comunque secondarie per importanza. Prova ne è che dopo lo scandalo, in presenza di un andamento della domanda di prestazioni crescente, i laboratori pubblici hanno registrato un significativo aumento del volume di esami effettuati.
Scandalo e incentivi materiali sono stati i due fattori che hanno determinato aumento di produttività. Nello stesso periodo la spesa generale per la convenzionata esterna è diminuita, anche la mancata integrazione unitaria a livello territoriale dei laboratori intra ed extra ospedalieri su cui insiste molto la relazione di DP, può essere considerata più un'opportunità non colta di creare una rete organica di laboratori e di aumentare la loro potenzialità complessiva, che non la principale causa del problema sotto-utilizzazione. Tant'è che ancora oggi questa integrazione non si è verificata e ciononostante si è riscontrata una crescita della quantità di prestazioni.
Le carenze strutturali e la mancata integrazione, dunque, non spiegano il problema sotto utilizzazione. E' indispensabile risalire allora alle interferenze, alla precisa volontà di non far funzionare il pubblico per favorire il privato, alla mancanza di regole chiare, di controlli adeguati da parte delle Unità socio-sanitarie locali della Regione. L'inchiesta della Magistratura ha messo a nudo commistioni intollerabili di interessi privati con quelli pubblici. Nella sentenza di rinvio a giudizio si ipotizzano reati quali: l'associazione per delinquere, la corruzione, il falso, il peculato, l'interesse privato.
E' evidente che gli amministratori pubblici hanno compiti precisi quello di far funzionare i servizi pubblici e quello di stabilire un rapporto corretto tra attività pubbliche e attività private.
Insisto su un punto: lo spazio coperto dai privati nella sanità ha un carattere surrogatorio. Inoltre, sentiamo l'esigenza di un privato corretto, efficiente, competitivo, affidabile. Sentiamo più in generale la necessità di regole trasparenti e moderne, di controlli rigorosi, senza essere asfissianti, sia per il privato che per il pubblico, soprattutto di capacità programmatoria, capacità di governo da parte delle istituzioni. In questo quadro si può collocare correttamente il rapporto tra pubblico e privato. Il pubblico comunque non può e non deve pagare e finanziare due o tre volte i servizi sanitari: la prima volta finanziando i propri servizi depotenziati e sottoutilizzati; la seconda volta finanziando i servizi dei privati convenzionati; la terza volta perché i servizi privati convenzionati fanno la doppia o la tripla fatturazione.
Questo è inammissibile! Paghiamo una volta sola servizi efficienti stabiliamo in questo quadro un corretto rapporto tra pubblico e privato.
All'inizio ho posto una domanda un po' retorica: pensa l'Assessore e la Giunta di trarre vantaggio da questo trend positivo, di rafforzarlo, di irrobustirlo, di dargli maggiori prospettive? Ma, al di là di ciò che dirà l'Assessore, ci sono già delle risposte concrete: parlano i fatti, sono rappresentate dai processi reali in corso, dalle tendenze, purtroppo tutte negative.
Voglio ricordare che il 23 settembre 1987 (oltre 25 mesi fa) la Commissione presentò una prima relazione al Consiglio regionale con proposte e raccomandazioni. Possiamo in questa sede solo ripeterle.
Dobbiamo chiederci inevitabilmente che cosa è stato fatto, quali indirizzi guidano l'Assessorato, dove si va a parare.
Interventi strutturali. Il riparto "Fondo investimenti per edilizia sanitaria e per apparecchiature ed attrezzature sanitarie" (siamo all'inizio 1989) non è stato fatto per l'anno 1988. Per gli investimenti abbiamo quindi saltato un anno.
Il Fondo sanitario nazionale per la spesa a destinazione vincolata del 1986 è ancora immobilizzato. E' stato svincolato - se non sbaglio - in data 6 dicembre 1988. Non so se quelle cospicue risorse (quasi 39 miliardi di lire) potranno essere messe a disposizione e spese dalla Regione Piemonte.
Ma voglio ricordare che per la spesa a destinazione vincolata, quel fondo prevedeva per le attività di riabilitazione oltre 12 miliardi di lire.
Abbiamo un sistema informativo assolutamente carente, tant'è vero che nella relazione si dice: "La sanità non conosce sé stessa".
E' proibitivo inserire i dati mensili dei laboratori in un calcolatore? E' possibile basarsi sui dati raccolti dal mese di ottobre 1984 per costruire un minimo di servizio informativo sul funzionamento dei laboratori di analisi cliniche, di radiodiagnostica, di riabilitazione funzionale? E' impossibile prendere delle misure straordinarie per rafforzare i laboratori di radiodiagnostica, i laboratori di riabilitazione funzionale? E' impossibile avere un servizio di riabilitazione funzionale almeno per ogni Unità socio-sanitarie locali, come prevedevano i due piani precedenti? E' impossibile potenziare l'attività di aggiornamento e di qualificazione del personale? Gli incentivi, per esempio, si sono dimostrati di enorme utilità, ma bisogna badare non solo agli incentivi materiali, ma anche a quelli professionali.
E' impossibile attuare interventi straordinari mirati ai servizi con più elevati tempi di attesa? E' impossibile prolungare l'orario di apertura dei servizi? Noi pensiamo sia possibile rafforzare e qualificare i laboratori ospedalieri, che risultano i più penalizzati in termini di investimenti per apparecchiature e attrezzature, mentre per i laboratori territoriali che hanno avuto investimenti cospicui in questi campi è di grande importanza assicurare il completamento degli organici in modo tale da dispiegare appieno tutta la loro potenzialità.
Vi sono poi interventi organizzativi, istituzionali. L'integrazione unitaria dei laboratori intra ed extra ospedalieri è una esigenza fondamentale. E questa integrazione deve avvenire su base territoriale e deve anche articolarsi in punti di prelievo in ogni distretto. Così il Centro unificato di prenotazione per una gestione unitaria dell'accesso alle prestazioni specialistiche. Il CUP ha avviato la sua attività, è molto circoscritta, è impossibile diffonderla a tutta la città.
Inoltre bisogna realizzare il principio della mobilità della spesa; la USSL che autorizza la prestazione deve effettuare il pagamento.
C'è un capitolo delle regole. La Legge n. 55 sui requisiti minimi è inapplicata. Non solo, ma c'è un disegno di legge che gioca a modificarla a snaturarla. Così la normativa che responsabilizza gli operatori addetti al rilascio delle autorizzazioni, al ricorso alle prestazioni erogate alle strutture private convenzionate. Così le leggi sui requisiti minimi per i servizi di radiodiagnostica e di riabilitazione funzionale. Esistono disegni di legge della Giunta fermi da circa due anni. C'è il capitolo dei controlli: il controllo statistico dal punto di vista sanitario delle prescrizioni degli esami per responsabilizzare i medici di base; la normativa per l'attività ispettiva e di vigilanza, permanente e periodica della Regione e delle Unità socio-sanitarie locali; i controlli di qualità delle prestazioni laboratoristiche, gli interlaboratori, gli indicatori di efficienza e di efficacia.
Persino la finanziaria del 1988 stabilisce che non può esservi un aumento delle prestazioni convenzionate superiori al 5%. Impone alle strutture private convenzionate l'obbligo di tenere aggiornati, ai fini dei controlli di congruità delle prestazioni effettuate, un registro di carico dei materiali impiegati ed un registro del personale.
I controlli.
Non pensiamo di costituire un esercito di controllori. Pensiamo invece al controllo automatico basato su dati reali ottenuti in tempo reale.
Qualsiasi tecnico, conoscendo quantità e qualità delle prestazioni, unità tecniche impiegate e loro qualifica, livello tecnologico delle apparecchiature, quantità dei reagenti impiegati e tempi di attesa, pu dire se il funzionamento di un qualsiasi laboratorio pubblico e privato è congruo o meno; se ha elevata o bassa produttività. L'importante è conoscere in tempo reale questi dati, che invece sono di difficile reperibilità. Non è un caso questo! Innanzitutto, un servizio informativo degno di questo nome e poi controlli diretti da parte della USSL e della Regione, che devono intervenire sui dati anomali o con interventi a campione. Vi sono a volte picchi di produttività improbabili e vi sono casi di questo genere nella documentazione che ci è stata fornita. Vi sono dati di evidente sottoutilizzo; con quelle apparecchiature, con quel numero di unità tecniche non è possibile effettuare un così basso numero di esami nel corso dell'anno.
Allora, si può misurare efficienza ed efficacia. Badate che parlo di un controllo rappresentato automaticamente nella misura del 90% dal servizio informativo, non parlo di un esercito di controllori. Si può assicurare un controllo efficace conoscendo in tempo reale i dati reali. La reticenza è diffusa è profonda. Non a caso si falsano i dati.
Così, per le case di cura private i controlli sono molto formali.
Bisogna in questo caso verificare effettive prestazioni e loro qualità occorre una politica di governo, bisogna guidare, indirizzare, adeguare le case di cura private verso nosologie di cui il pubblico ha bisogno, anche per evitare doppioni.
Vogliamo in sostanza proporre di introdurre elementi di competitività all'interno dei servizi pubblici e all'interno dei servizi privati.
Vogliamo che le regole ci consentano di selezionare privato e pubblico secondo criteri di efficienza, di efficacia, di competitività, di qualità e affidabilità delle prestazioni.
Per concludere, non posso non dichiararmi d'accordo con il Consigliere Staglianò quando sostiene che la cifra trattenuta in via cautelativa ai laboratori privati, potrà essere pagata soltanto a seguito di un'attenta verifica contabile. Lo scandalo consiste nella doppia e tripla fatturazione. Perché dovremmo pagare a scatola chiusa, a piè di lista quando sappiamo che la lista dei conti è stata falsata? Se avessi qualche responsabilità, mi guarderei bene dal pagare a scatola chiusa, vorrei effettuare tutti i conteggi necessari, vorrei essere sicuro di pagare ci che deve essere pagato e non ciò che non deve essere pagato perché non effettuato.
Le raccomandazioni della relazione conclusiva sono nette, chiare e note alla Giunta e all'Assessore dal lontano settembre 1987. Non possiamo non riscontrare inadempienze clamorose e mancanza di volontà. Ne prendiamo atto. Il pericolo è che nulla cambi, che tutto si svolga come sempre negli ultimi anni, in questi ultimissimi tempi e come probabilmente si svolge oggi stesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, Assessore e colleghi Consiglieri, la Commissione di inchiesta era stata istituita con il compito di individuare le cause organizzative, legislative e strutturali che avevano dato origine agli episodi di scandalo nella sanità torinese. Questo quanto si legge a pag. 2 della relazione.
In realtà la Commissione non ha potuto effettuare alcuna inchiesta valida poiché mancano i dati di moltissimi e importanti servizi, in particolare di quelli pubblici, per il periodo 81/85; d'altra parte questo è quanto viene specificato all'inizio della stessa relazione conclusiva.
Si tende però a sottovalutare un dato, a mio avviso principale per riflettere in primo luogo sulla rispondenza delle strutture pubbliche e sull'efficacia di siffatte Commissioni di tale portata.
Su 196 questionari, spediti ai 196 servizi esistenti presso Unità socio sanitarie locali torinesi, non ne sono stati rispediti 61, il 31% del totale. Di questi, 17 riguardano strutture private autorizzate, 27 strutture private convenzionate, 17 strutture pubbliche.
L'inchiesta ha quindi potuto prendere in considerazione dati relativi al 70% dell'esistente in Torino. Ma se si fa un raffronto fra il numero delle prestazioni effettuate dalle strutture che non hanno fornito dati, in particolare per gli anni 1981 e 1985 - e quasi nessuno relativo ai costi per cui si hanno dati inservibili perché non confrontabili - e il numero totale delle prestazioni di laboratorio fornite, i dati diventano particolarmente insignificanti e non utilizzabili.
Faccio un esempio: a pag. 9 della relazione conclusiva si fa cenno ad alcuni servizi operanti presso Unità socio-sanitarie locali di Torino di una certa rilevanza, che non hanno rispedito i questionari inviati.
L'eufemismo "alcuni servizi di una certa rilevanza" copre una realtà assai più preoccupante.
I laboratori analisi non hanno fornito alcuna indicazione per il periodo antecedente all'85 e vi sono grandissime lacune anche per i dati successivi. I laboratori delle Molinette, del Mauriziano, del CTO e del Regina Margherita coprono più del 50% di tutte le analisi di laboratorio effettuate nelle Unità socio-sanitarie locali torinesi, oltre che essere come ospedali enormi centri di potere. Mi chiedo quale possa essere la validità di un'inchiesta basata soltanto sul 50% dell'esistente e che non tiene conto di strutture la cui importanza strategica e politica nella sanità torinese è fondamentale.
Assolutamente patetico, inoltre, il balletto delle cifre fornite sui costi delle analisi. Per ammissione della stessa Commissione i costi relativi alle analisi effettuate in laboratori pubblici si riferiscono alle sole spese per reagenti e strumentazione d'uso, senza tener conto degli investimenti in strutture, del costo del personale e della manutenzione dei laboratori.
E' quindi completamente falso affermare che le analisi nel settore pubblico costano mediamente 2.300 lire l'una e nel settore privato 4.514.
(Quanto si legge a pag. 7 della relazione di minoranza del collega Staglianò). 4.514 lire è quanto paga lo Stato, mediamente, ai laboratori privati per ogni analisi, mentre 2.300 lire è una pura indicazione di un costo assolutamente parziale che non tiene conto del personale, delle strutture, degli investimenti, degli sprechi del pubblico.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Questo, l'ha già detto Olivieri due anni fa!



PEZZANA Angelo

Vorrei pregare il collega Staglianò di non interrompere.



PRESIDENTE

Collega Staglianò, la prego di non interrompere!



PEZZANA Angelo

Suggerirei al collega Staglianò di stare più attento nel compilare le relazioni di minoranza per non dover poi dare contrordini del tipo: "Mi sono sbagliato, scusate, va riletta in modo diverso!". Sarà più utile, a noi Consiglieri, non rileggere due volte gli stessi documenti.
Ripeto. 4.514 lire è quanto lo Stato paga mediamente ai laboratori privati per ogni analisi, mentre 2.300 lire è pura indicazione di costo parziale, che non tiene conto del personale, delle strutture, degli investimenti, degli sprechi del pubblico. Il contribuente è sicuro delle 4.500 lire medie di costo di un laboratorio privato, ma non sa quanto effettivamente costi un'analisi nel settore pubblico. Voglio citare i risultati di un'indagine dell'ISIS (Istituto internazionale per gli studi di informazione sanitaria) relativa al costo dei ricoveri in Italia: una giornata di degenza in una casa di cura privata convenzionata costa allo Stato mediamente 121.300 lire; la stessa giornata costa all'USSL mediamente 291.912 lire, più del doppio. Questi dati sono stati riportati dal quotidiano "La Stampa" in data 22.11.1988.
E' clamoroso, poi, che l'inchiesta non abbia potuto tener conto del costo delle prestazioni "TAC", perché molte Unità socio-sanitarie locali così si legge - non hanno restituito compilata la relativa scheda (pag. 10 della relazione). Queste prestazioni sono fra le più costose, per tecnologia e personale utilizzato, ma non si sa nulla del costo all'utente.
Un'analisi corretta delle cause del forte aumento delle analisi di laboratorio non può prescindere dal momento prescrittivo. C'è un brevissimo cenno a questo riguardo nella relazione finale (pag. 66), laddove si afferma che si ha l'impressione che il ricorso a questi esami non sempre sia giustificato e conduca a un diffuso consumismo. Eppure quello della prescrizione è un momento importante per valutare se le analisi crescono per degenerazione del sistema oppure per troppa leggerezza da parte dei medici di base (o dei pazienti stessi che le richiedono).
I risultati del lavoro gravoso - ma a mio avviso inutile, ahimè - di questa Commissione non potevano che essere il solito elenco di buone intenzioni: otto pagine di "si dovrebbe", "sarebbe necessario", senza un'indicazione precisa delle responsabilità amministrative e politiche che hanno reso possibile sfascio e scandali. Sarà opportuno ripercorrere noi tali responsabilità politiche e amministrative.
Da parte nostra abbiamo indicato in modo specifico e circostanziato dove indirizzare l'attenzione al fine di individuare queste responsabilità in un documento che abbiamo inviato alla Magistratura il 19.2.1987, in cui abbiamo fornito dati precisi su alcuni aspetti delle vicende che hanno caratterizzato lo scandalo dei laboratori.
Primo aspetto: la vicenda della legge regionale sui controlli dei laboratori. La Giunta precedente presentò in Consiglio un disegno di legge sulla materia il 12.11.1980, approvato solo il 20.10.1983, che venne per rinviato dal Commissario di Governo il 24.11 dello stesso anno. Le minime obiezioni del Commissario di Governo fanno sì che il nuovo testo sia riapprovato il 31.5.1984, per essere nuovamente bocciato il 2.7.1984.
Questa volta, a differenza della precedente, le obiezioni sono molto più consistenti e non riguardano soltanto le procedure dei controlli - come affermato dal Partito comunista - ma la voluta ignoranza (nel senso etimologico del termine) da parte della Giunta rispetto al decreto ministeriale approvato il 12.2.1984 intitolato "Indirizzo e coordinamento dell'attività amministrativa delle Regioni in materia di requisiti minimi di strutturazione, dotazione strumentale e di qualificazione funzionale del personale dei presidi che erogano prestazioni di diagnostica e di laboratorio".
Perché la Giunta - mi chiedo - scelse di ripresentare un disegno di legge il 31 maggio superato in parte dal decreto ministeriale di 3 mesi prima?



PRESIDENTE

Collega Pezzana, le ricordo che ha solo più un minuto di tempo a disposizione.



PEZZANA Angelo

La ringrazio per avermi segnalato il tempo.
Punto 2: la vicenda del servizio ispettivo, di cui si è riparlato in questo dibattito.
Il Servizio ispettivo delle Unità socio-sanitarie locali è stato istituito con la Legge n. 181 del 1982, ma la Giunta passata giunge ad individuare i componenti della prima unità operativa solo nel gennaio 1984.
E' bene ricordare queste date e i lunghi tempi morti della Giunta precedente nell'arrivare a qualcosa di concreto, anche se teorico. In realtà è un'unità operativa che non ha mai operato nulla.
In questa nuova legislatura si è arrivati alla legge istitutiva del giugno 1986, e si è subito visto che la capacità d'intervento incisivo e concreto del Servizio ispettivo, è decisamente maggiore (questo me lo lasci dire l'Assessore) di qualsiasi Commissione consiliare: tale servizio è composto di tecnici con i necessari poteri ispettivi all'interno delle strutture stesse, mentre la Commissione d'inchiesta di cui oggi dobbiamo valutare l'operato, purtroppo non ha effettuato nemmeno una verifica o una visita sul territorio.
Punto 3: i controlli sulle convenzioni esterne.
In un documento distribuito dal PCI nei giorni dello scandalo dei laboratori si affermava che "su proposta dell'ex-Assessore Bajardi la Giunta regionale approva il 14.1.1981 quattro delibere che realizzano una puntuale e scrupolosa verifica delle convenzioni fino ad allora intercorse tra gli enti mutualistici e strutture private". In realtà si è trattato di 5 deliberazioni assunte dalla Giunta il 3.12.1980 con le quali si applicava semplicemente la norma nazionale dell'accordo collettivo nazionale per le prestazioni ambulatoriali in regime di convenzionamento esterno, approvato con DPR 16.5.1980.
Il secondo comma dell'art. 1 dell'accordo stabiliva che "il rapporto convenzionale era confermato automaticamente". Nel documento del PCI si affermava che "già in queste prime delibere compaiono nell'elenco dei laboratori non in regola i nomi delle società oggi al centro dello scandalo (Mirafiori, CDC, Redi, eccetera)". Anche in questo caso non è vero: nelle delibere di chiusura a tempo indeterminato per i presidi della Provincia di Torino non appaiono mai i nomi né di Mirafiori, né di Redi (anzi questi sono regolarmente autorizzati: 52546 del 3.12.1980).
Sarebbe molto interessante seguire i balletti delle autorizzazioni soprattutto per il caso dello Studio medico Mirafiori che nel giro di 3 anni si vede chiudere e aprire dalla Giunta una serie di presidi in provincia e a Torino senza che alcuna ispezione approfondita venisse effettuata nella sede centrale e sulla struttura esistente.
Ma ancora più interessante è la questione dei controlli. Nell'accordo nazionale citato (DPR 16.5.1980) il secondo comma dell'art. 5 recitava: "L'ente erogatore nell'ambito della normale vigilanza si riserva di esperire i necessari controlli relativi all'attività convenzionale espletata". Una dizione chiara, che non lascia dubbi: gli enti mutualistici che in quel periodo assumevano la struttura di USSL avevano tutti i poteri per verificare le attività convenzionate. Bisogna chiedersi che cosa hanno fatto i responsabili amministrativi e i responsabili dei servizi di assistenza sanitaria di base integrativa che hanno gestito l'USSL torinese in quegli anni.
Patetico ma palese è poi il tentativo del Consigliere Staglianò (se intende interrompermi lo prego di avvertirmi prima, così mi arresto) di scaricare tutte le responsabilità politiche di quanto è accaduto sull'Assessore Bajardi della Giunta rossa e su Olivieri, non nominando stranamente Poli e con lui tutti coloro che hanno operato nella sanità torinese, direttamente responsabili.
Le responsabilità politiche e amministrative vanno equamente distribuite fra tutti gli attori della commedia, anche coloro che partecipavano alla spartizione come comparse o in silenzio.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Sei arrivato in ritardo Pezzana! Lo abbiamo già detto.



PEZZANA Angelo

Ricordo al Consigliere Staglianò che poteva dire queste cose nella relazione di minoranza, così mi risparmiava la fatica di rileggere il suo contrordine.



STAGLIANO' Gregorio Igor

E infatti non l'hai letta!



PRESIDENTE

Collega Staglianò la prego di non interrompere più il Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Se il collega Staglianò controlla le mie letture ha poteri che gli pregherei di comunicarmi.
Dicevo che è patetico e fin troppo facile scaricare le responsabilità degli scandali e dello sfascio della sanità pubblica sulle strutture private.
A parte le connivenze dirette che sarà la Magistratura a verificare quello che come esponenti di forze politiche dobbiamo saper valutare è l'incapacità, la confusione, l'assenza di interventi decisi da parte dei massimi responsabili della sanità torinese. Demonizzare il privato significa soltanto occultare le responsabilità dell'amministrazione pubblica. In un sistema sanitario misto dove l'utente può scegliere liberamente a chi rivolgersi per curare la propria salute sulla base di fiducia e della serietà offerte, porsi come obiettivo la riduzione di ogni attività convenzionata significa semplicemente ledere un diritto fondamentale del cittadino. Una sanità statalizzata e interamente pubblica non significa affatto garantire il diritto di quanti hanno meno possibilità economiche - cosa facilmente risolvibile se si rivedessero gli attuali irrisori rimborsi in caso di assistenza sanitaria indiretta - ma appiattire i servizi a un livello decisamente basso.
Per concludere, non ritengo di aggiungere alcunché all'elenco completo dei "si dovrebbe" della Commissione. D'altronde ogniqualvolta che si è istituita una Commissione d'indagine o d'inchiesta ho sempre espresso i miei dubbi sui concreti risultati a cui si sarebbe addivenuti. L'elenco poteva essere redatto senza ventuno riunioni.
Potrebbe essere invece un gesto molto significativo e importante da parte della Giunta - mi rivolgo all'Assessore - approvare il più presto possibile l'avvio di una contabilità precisa dei costi delle Unità socio sanitarie locali, d'altra parte prevista dall'art. 59 della L.R. n. 281, in modo che tutte le Unità socio-sanitarie locali piemontesi dal 1989 siano obbligate a registrare le spese e redigere bilanci che permettano di sapere realmente quanto costa al contribuente la propria assistenza sanitaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, esprimo piena condivisione alla relazione svolta dal collega Devecchi nel corso della precedente seduta. Sottolineo anche, avendo letto le parti essenziali di quanto illustrato dal collega Staglianò, lo sforzo significativo ed utile del collega, seppure non condivisibile in molti aspetti, allo sviluppo della dialettica politica all'interno di un'assemblea elettiva come la nostra.
Concordo con alcuni passaggi molto forti del collega Staglianò: non credo che la situazione si possa liquidare addossando ogni responsabilità alla gestione consociativa e socialista.
Dal lavoro serio, seppure costellato di grandi difficoltà, e dai vari documenti emerge una considerazione di fondo: le distorsioni si sono determinate in prevalenza laddove esistevano enormi strutture, di difficile governo e controllo. Le carenze sono legislative e strutturali. La stessa legge n. 833 non ha saputo cogliere le profonde diversità interne all'apparato della sanità pubblica (ad esempio fra zone a grande concentrazione urbana e zone prevalentemente rurali). In questo quadro, gli aspetti fondamentali da recuperare per cercare di migliorare la situazione della sanità sono due. Da un lato, un adeguato livello di informazione sul fenomeno-sanità, che permetta un'accorta funzione di governo e accettabili livelli di controllo; dall'altro lato, il rapporto pubblico-privato.
Occorre recuperare rapidamente la carenza di informazione, che determina insufficiente capacità di controllo e fa sì che la funzione di governo non possa contare che su elementi minimi per poter agire in modo non intuitivo o comunque sommario: è problema di personale, di procedure, di tecnologie.
Non credo che occorra un accertamento per ogni atto, ma con un sistema in grado di cogliere in tempo reale i vari fenomeni, si può intervenire per eccezione, anticipando aspetti indesiderati che proliferando creerebbero degenerazioni difficilmente affrontabili, se non con pesanti interventi.
Esiste un sistema informativo della sanità, ma pesante, strutturato costoso; andrebbe pensato con carattere diverso, non come se si trattasse dell'uso di un computer o di una grande calcolatrice, ma come qualcosa di più sofisticato, che faccia emergere comportamenti, atti, prestazioni costi e loro rapporti, e anomalie, in modo sistematico e permanente, come si dice in gergo "in tempo reale". Occorre evitare interventi o indagini una tantum a seconda delle emergenze che si determinano; i controlli rischiano di essere troppo casuali, basati molto spesso sulla buona volontà, ma non adeguatamente supportati.
Nel rapporto pubblico-privato il sistema informativo svolge un ruolo estremamente determinante proprio perché le risorse, prevalentemente pubbliche, non intervengono solo nel campo della sanità; in altri campi quali quelli di politica industriale, politica agricola, ecc., sarebbe bene rilevarne caratteristiche e qualità di finalizzazione.
L'indagine condotta sui servizi sanitari ha posto in evidenza la necessità di definirne con precisione standard di efficienza e di efficacia; si avrebbero così elementi che permetterebbero, sia come funzione di governo sia come funzione di controllo, attraverso un sistema informativo che possa far emergere eventuali scostamenti nell'intervenire su una spesa già effettuata con interventi non occasionali, non intuitivi.
D'altro lato, attraverso lo stesso sistema informativo occorre garantire la rispondenza tra prestazione effettivamente erogata da privati e prezzi fatturati: è uno degli elementi emersi con precisione dalla relazione. Non credo che il mondo privato sia da demonizzare; così come in molti altri campi occorre individuare utili aspetti sinergetici; il problema del settore pubblico, quando si trova in posizione monopolistica è di non avere situazioni di riferimento, rischiando quindi di perdere stimoli al miglioramento non solo nella semplice ricerca scientifica, ma anche negli aspetti di funzionalità. La presenza dell'ambito pubblico deve essere ampia, molto articolata e dall'utilizzo massimizzato. Sarebbero paradossali grandi sforzi d'investimento in strutture, in personale e impianti senza un successivo adeguato utilizzo. Una frase ricorrente degli imprenditori è che un buon utilizzo degli impianti è indispensabile per ammortizzare gli investimenti in quote da reinvestire in ulteriori innovazioni. La massimizzazione dell'utilizzo economico della struttura pubblica esistente è importantissima.
La relazione ha posto in evidenza vuoti da colmare: questo non significa negare la presenza privata.
Il collega Staglianò nell'intervento illustrativo della sua relazione ha sottolineato un aspetto importante: la mera risoluzione di problemi di risorse finanziarie, di personale e di buone procedure non potrà permetterci di ottimizzare gli obiettivi che ci siamo posti nel settore della sanità. Nella relazione si elencano adeguato livello di formazione professionale e di aggiornamento, di impegno nella ricerca, di maggiore responsabilità della struttura tecnica: tutti elementi importanti, ma a mio avviso non sufficienti. Dobbiamo porci problemi di politica retributiva e con estrema trasparenza, di mobilità professionale, dando agli operatori una chiara visibilità di ciò che fanno, di cosa rappresenta il loro impegno. Il motivare i dipendenti è una strada individuata da tempo dalle aziende, magari non praticata; ma non bastano affermazioni generali del tipo "ti faremo l'aggiornamento professionale". Occorre lavorare anche sulla politica retributiva, sugli individuali percorsi professionali all'interno della sanità.
Un semplice adeguamento procedurale e del sistema informativo non sono sufficienti; vi è necessità di un controllo di gestione adeguato ad una struttura della portata di quella della sanità. Un qualcosa di più radicale, che scandagli in profondità il funzionamento dell'apparato pubblico, superando commistioni e confusioni tra funzione di governo e funzione amministrativa, burocratica, gestionale e tecnica.
E' necessario separare in livelli diversi e compiti diversi aspetti che oggi convivono penosamente nelle Unità socio-sanitarie locali, in commistioni che favoriscono quelle connivenze e quegli interessi che oggi sono stati denunciati. Lo sforzo, ovviamente del Governo e del Parlamento è trasformare in modo reale e profondo il funzionamento dell'apparato pubblico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, s'impone innanzitutto una considerazione preliminare sia alle risultanze della Commissione di inchiesta sia alla sua stessa istituzione: ed è un dato di fatto oggettivo che ancora una volta la Magistratura ha svolto in materia una funzione supplente e surrogatoria nei confronti delle istituzioni.
Rispetto a fenomeni che il collega Santoni, anch'esso componente della Commissione di inchiesta, ha definito con un eufemismo "degenerativi" qualora ci fossero stati dovuti e necessari controlli e dovuta e necessaria vigilanza pur prevista espressamente dal Piano socio sanitario del 1982, avrebbero dovuto intervenire le istituzioni e quindi il governo regionale e più particolarmente l'Assessorato alla sanità, cogliendone la portata, denunciandoli e ponendovi rimedio e, attraverso un'opportuna opera di vigilanza, impedendo che si verificassero.
Fatta questa considerazione di massima, che mi pare incontestabile s'impone un'altra considerazione di fondo. Lo sfondo di questa vicenda è dato, in definitiva, dalle Unità Socio Sanitarie Locali, pilastro di una riforma sbagliata, i cui errori noi denunciammo fin dal momento dell'entrata in vigore.
Non è oggi il caso di ritornare su tale questione di carattere generale; prima di entrare nel dettaglio delle risultanze della Commissione di inchiesta, merita però sottolineare ancora una volta in quest'aula lo sfondo nel quale hanno operato e continuano a operare le Unità Socio Sanitarie Locali.
E questo non con parole nostre: non con le osservazioni, i termini e le considerazioni svolte in numerosissime sedi e fatte proprie, precise e puntuali dalle relazioni di minoranza del nostro Gruppo parlamentare alla Camera e al Senato, ma partendo dalle considerazioni del 29 novembre 1981 di un fautore della riforma sanitaria, presumibilmente pentito già in allora, l'ex Ministro socialista Reviglio, il quale definiva la riforma sanitaria disastro nazionale. E nel 1982, con facile profezia riferendosi alle Unità Sanitarie Locali, ci diceva che sarebbero entrate in vigore con spese sommerse, senza un efficiente sistema di programmazione, di bilancio e di controlli.
Venendo più vicino ai giorni nostri, merita ricordare una dichiarazione del 31 agosto 1986, anche qui non di un "quisque de populo" e non di un uomo di parte nostra, ma dell'allora Ministro Goria, il quale a proposito delle Unità Socio Sanitarie Locali dichiarava testualmente: "Ci sono delle Unità Sanitarie Locali che non rispettano il vincolo di bilancio; se avessimo una Magistratura funzionante dovremmo costruire nuove carceri".
Veniamo ai giorni nostri e allo scandalo giudiziario che ha dato l'avvio, surrogandosi all'amministrazione regionale, all'inchiesta giudiziaria e all'operato della Commissione di inchiesta.
La Commissione di inchiesta venne da noi pesantemente, precisamente e puntualmente richiesta attraverso la formulazione di una proposta di deliberazione ad hoc del 3 febbraio 1987. In questa deliberazione noi richiedevamo di accertare criteri e modalità di esercizio, sotto il profilo burocratico amministrativo, dei convenzionamenti - oggetto del contendere ma prima d'ogni altra cosa (sia pur con valutazione paritaria) di accertare le verifiche e i controlli posti in essere dalla Giunta regionale sulla gestione amministrativo-contabile delle Unità Socio Sanitarie Locali e di accertare altresì verifiche e controlli posti in essere dal Collegio dei revisori dei conti. Tale aspetto per noi era di sostanziale rilievo facendo un paragone con i poteri dello Stato di diritto, legislativo esecutivo e giudiziario, controlli e verifiche nel settore della sanità erano l'equivalente di quello che in ambito di poteri statali è il potere giudiziario: senza una massiccia e puntuale opera di controllo e di verifica si corre il grosso pericolo del verificarsi di fenomeni degenerativi.
Passo alla relazione. E' già stata rilevata dal collega Pezzana la difficoltà nella quale è venuta a trovarsi la Commissione per la mancata collaborazione dell'USSL. Si legge nel preambolo - e noi, componenti della Commissione lo abbiamo constatato - che accanto a Unità socio-sanitarie locali disponibili a rispondere ai questionari inviati loro, due li hanno restituiti solo dopo numerosi solleciti due; Nichelino e Orbassano non hanno addirittura risposto. In ogni caso, un numero considerevole di quesiti contenuti nei questionari non hanno avuto risposta. Quanto è accaduto è particolarmente grave: a rifiutarsi di rispondere o a rispondere con reticenza non erano istituti diagnostici privati, al fine di tutelare illecitamente un loro interesse o per occultare loro illeciti, ma Unità socio-sanitarie locali soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione regionale, che non collaborando violavano, oltreché norme etiche, la precisa norma dello Statuto che prevede l'istituzione delle Commissioni d'inchiesta. Nella stessa si dice che quando trattasi di Commissione d'inchiesta tutti i soggetti pubblici devono, senza alcun timore di violare segreti d'ufficio, collaborare e rispondere a tutti i quesiti che vengono loro posti. Tale non collaborazione, sottolineata con maggior dettaglio dal collega Pezzana, ha fatto sì che l'indagine non abbia potuto essere completa; in definitiva, infatti, era dai questionari che avrebbero dovuto derivare considerazioni e conclusioni più appropriate in materia.
Come si legge nella parte finale della relazione della Commissione, non sono pervenuti dati informativi in tempo reale tali da poter essere presi in considerazione, e non sono stati fissati con certezza i requisiti minimi delle diverse strutture; da parte nostra si vuole anche sottolineare la cronica mancanza di controlli e di vigilanza in materia.
Come già ricordato, una serie di provvedimenti avrebbero dovuto essere attuativi dell'art. 19 del PSSR '82/84 entrato in vigore in seguito alla Legge 26/4/82; l'art. 19 enunciava: "La Regione vigila sull'andamento della gestione dell'USSL". Gestione in senso lato, sia sotto il profilo contabile sia relativamente all'attività da porsi in essere sia sotto il profilo del convenzionamento. I provvedimenti, giunti con estremo ritardo non hanno mai trovato pratica attuazione.
A questo punto, i rimedi prospettati sono di estrema e larga massima ma possono rappresentare un piccolo passo avanti se riceveranno pratica e precisa attuazione.
A nostro avviso - continuo a sottolinearlo - dovrà (o dovrebbe, senza farci soverchie illusioni) essere attuato un preciso e puntuale sistema di vigilanza e controlli in ordine all'intera gestione delle Unità socio sanitarie locali Senza questo presupposto-base riteniamo che la gestione continuerà a ruotare di proprio moto, come un satellite che non ruoti intorno alla Regione e all'Assessorato alla sanità, ma ruoti liberamente.
Ogni altra considerazione, necessità di efficienza e di un sistema informativo, e qualsiasi altra conclusione possono essere fatte nostre come principi di massima, ma senza vigilanza e controlli il sistema di gestione dell'USSL continuerà ad essere incontrollabile, tale da rendere di palpitante attualità le considerazioni ispirate al più pesante pessimismo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente, intervengo per riflessioni aggiuntive e riassuntive di quanto detto in sede di illustrazione della relazione del collega Devecchi. Il dibattito si è svolto in due tempi: alcuni concetti, a loro tempo espressi, possono essere ribaditi; certamente non è a questo punto del dibattito che si possono aggiungere considerazioni nuove, almeno da parte mia.
Quando si definì l'esigenza della Commissione d'inchiesta, la DC ha voluto sottolineare alcuni principi che ritengo utile ricordare: non è lecito immaginare un calderone di carattere generale, in cui tutti sbagliavano e nessuno operava correttamente; nel medesimo tempo sottolineare che chi ha sbagliato, laddove vi siano responsabilità soggettive, deve pagare. Desidero infatti ribadire che non è, non era e non è mai stato compito della Commissione arrogarsi poteri che competono alla Magistratura. Compito della Commissione, che credo abbia svolto pur nei limiti delle reali possibilità operative e delle oggettive difficoltà nelle quali ha lavorato, è stato di fare una fotografia la più precisa e puntuale possibile della situazione del settore. La Commissione nella sua relazione e negli interventi dei singoli Commissari ha inteso sottolineare - a giudizio quasi generale - problemi e difficoltà tuttora esistenti, nonch porre al Consiglio e alla Giunta in termini di dubbio o di interrogazione una serie di questioni a suo avviso (e ad avviso del Gruppo DC), da affrontare, definire e risolvere in modo diverso e completo.
Come già stato detto, ci sono problemi di integrazione, di trasparenza e di corretto rapporto tra strutture pubbliche e strutture private.
Problemi inerenti l'attrezzatura, i modi di acquisirla, i sistemi di appalto, di concorso, di asta, di licitazione, di trattativa, che devono essere improntati alla trasparenza.
Nella relazione è stato affrontato esplicitamente il problema dei cosiddetti prestiti in prova, in uso gratuito; sistema che, se non viene definito e impostato correttamente, si può prestare a rischi di turbativa nel sistema degli acquisti e nelle scelte delle apparecchiature, dei reagenti e di quant'altro necessario per svolgere con correttezza il lavoro nei laboratori di analisi e di radiologia.
Vorrei sottolineare, inoltre, le lunghe attese di esami e di analisi.
C'è una burocrazia che potrebbe essere definita "contro" il cittadino: passaggi, andirivieni, attese, uffici aperti in orari differenti, collocati in sedi diverse; tutto questo non agevola, non facilita e non interviene a favore della trasparenza, dell'efficienza della riduzione dei costi, della capacità del servizio complessivamente inteso di dare risposte adeguate corrette e in tempo utile al cittadino e, sottolineo, al cittadino malato.
L'esigenza è di "umanizzare" la sanità; umanizzarla nel porgere il servizio, nello svolgerlo nel corretto modo di intendere il rapporto tra cittadino e servizio, affinché non si traduca, ad esempio, in abuso di richieste di analisi e di esami. Emergono dalla relazione della Commissione analisi non sempre utili e necessarie, esami spesso prescritti dal medico di base con l'obiettivo di esimersi da un esame corretto e approfondito.
Molto spesso è più facile togliersi dai piedi un malato immaginario seccatore che non affrontare i reali problemi. Non voglio dire che questi siano sistemi generalizzati e diffusi, ma mi sembra importante sottolinearli nel momento in cui, licenziando il lavoro della Commissione e definendo delle linee di intervento, attendiamo dalla Giunta e dall'Assessorato competente in particolare, indicazioni per affrontare diversamente problematiche finora affrontate inadeguatamente.
La Commissione aveva il compito di rilevare eventuali sfasature analizzare il livello di utilizzo delle strutture pubbliche e, in ogni caso, individuare non tanto responsabilità personali o soggettive, ma offrire un quadro della situazione quanto più possibile dettagliato e affidabile. Lavoro di ricerca e di analisi in cui le difficoltà riscontrate hanno messo in evidenza la necessità di sistemi informativi, di controllo e di raccolta dati più definiti e predisposti in modo organico ed omogeneo.
Le critiche di qualcuno di lavoro affrettato e non ben svolto hanno dimostrato l'impossibilità di un lavoro di programmazione, organizzazione e riorganizzazione dei servizi senza un sistema di raccolta dati, di informazione e di trasmissione più organico.
Problema cartella clinica. Personalmente ritengo che la cartella clinica dovrebbe contenere i dati relativi all'intero percorso sanitario della persona, per non mettere in piedi una serie infinita di certificati individuali che, se non letti in modo integrato e globale, rischiano di non assolvere al loro scopo principale ovvero dare al medico di base il precedente quadro clinico della persona ammalata o della persona che si sta sottoponendo a controlli di prevenzione. Non sono da dimenticare, inoltre i problemi connessi ad un minimo eccessivo di radiografie e altre questioni del genere.
Oltre alla necessità di trasparenza e di correttezza nella gestione della cosa pubblica e dei fondi pubblici affidati ai privati, è necessario sveltire e snellire le procedure, ed evitare che nel destreggiarsi tra pratiche, uffici e timbri, sfuggano sostanza e controllo della qualità del prodotto "sanità" sia esso offerto dal settore pubblico o quello privato.
Controlli e vigilanze, come diceva poco fa il Consigliere Majorino, sono sicuramente essenziali, ma così anche responsabilità individuale e collegiale di chi opera nei servizi e di chi li gestisce.
Le difficoltà emerse e i fatti gravi che hanno destato preoccupazione oltreché l'intervento della Magistratura, hanno messo in evidenza che è necessario sgombrare il campo dall'emergenza, nonché da facili, diffuse e generiche accuse per passare a proposte e soluzioni. La Commissione ha lavorato con serietà, nei limiti dei compiti che le si erano affidati senza invadere il campo altrui; obiettivamente non era possibile, con gli strumenti a disposizione, andare con serietà, documentazione e dati verificati al di là di quanto la Commissione abbia reso al Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari per la replica.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

La Giunta condivide la valutazione di serietà della collega Bergoglio sull'operato della Commissione presieduta dal Consigliere Devecchi.
Era un lavoro complesso, non facile; il documento prodotto va a merito non solo della Commissione e del Presidente, ma della modalità di lavoro dell'intero Consiglio.
Il lavoro della Giunta e del Consiglio inizia laddove il lavoro della Commissione finisce. I 15 punti indicati a conclusione della relazione della Commissione costituiscono i termini sui quali la Giunta ha iniziato a lavorare, anche se non tutti potranno essere tradotti in atti operativi.
Norme e regolamenti non poche volte impediscono di agire come la situazione esigerebbe.
La relazione rende un quadro efficace dei fatti, ma identifica e indica modi o vie di soluzioni recepite dalla Giunta per quanto di competenza dell'area regionale.
Nel lasso di tempo intercorso non sono state concesse nuove convenzioni e sono state revocate tre autorizzazioni (numero probabilmente destinato ad aumentare).
Relativamente alle strutture pubbliche dell'area torinese si è andati indubbiamente ad un recupero di produttività (riprendo le parole usate dal Consigliere Calligaro); abbiamo fermamente intenzione di proseguire su questa strada e di agire favorendo questo trend.
Nel 1988 abbiamo concesso 2685 deroghe per assunzioni alle dieci Unità socio-sanitarie locali di Torino, tradottesi in bandi di concorso avviati per il momento avviati solo per circa 320/350 assunzioni, ma il fatto è dovuto alla complessità delle normative. Non tutte le 2685 deroghe sono destinate ai servizi diagnostici, ma una certa parte era specificatamente destinata ad attività di laboratorio. Si sono potenziate le strumentazioni e in alcuni casi si è andati a ridurre la convenzionata esterna.
All'ospedale Molinette le convenzionate esterne per le TAC si sono notevolmente ridotte in seguito al potenziamento nel settore pubblico: è entrata in funzione all'ospedale Regina Margherita e quello di via Tofane.
Rimane purtroppo ferma la TAC dell'ospedale Maria Vittoria e la sostituzione di quella del CTO (per un ricorso al TAR delle ditte, di cui avrete avuto notizia dai giornali). Sono inghippi ricorrenti nella struttura pubblica e scarsi in quella privata, quando sul piano operativo si decide di sostituire o programmare nuovi investimenti in apparecchiature.
Si ricordava qualche giorno fa, in una riunione a Roma, che il 70 delle grandi apparecchiature sono in mano a privati.
Nell'area torinese, com'è noto, sta decollando un litotritore. Spesso i piemontesi si recano in strutture private convenzionate di Milano per le note polemiche che ne hanno impedito il convenzionamento nell'area piemontese. Il litotritore pubblico ha difficoltà d'avvio per fatti assai banali: mancano due dattilografe che battano i referti. In quest'aula tutto diventa semplice: due dattilografe sembrano un problema insignificante, ma sono queste le "inezie" che bloccano interi settori tant'è vero che avevo dato disposizione di assumere due trimestrali come Regione da assegnare all'ospedale Molinette. Ogni intervento del litotritore significa cinque milioni: lasciare fermo un litotritore per due mesi a una media di quattro o cinque interventi al giorno vi dà l'idea di cosa vuol dire.
Sono questioni che il settore pubblico, a differenza del privato, ha difficoltà a considerare; purtroppo nel settore pubblico non si è mai ragionato in termini di costo degli investimenti, di costo del denaro, il paragone con il costo del privato diventa quindi difficile. Il Consigliere Pezzana ricordava alcuni dati; ma il costo del denaro per l'intervento pubblico non è più calcolato fittiziamente, con percentuale ipotetica. Il Ministro del tesoro per poter assegnare i fondi per acquistare le attrezzature deve emettere dei Buoni del tesoro corrispondendo un interesse non più ipotetico, figurativo! E' un costo reale! Il settore pubblico ha molte difficoltà a introdurre l'elemento "centri di costo", indispensabile non solo per il paragone con il settore privato, ma anche per un funzionamento migliore e per un miglior uso delle risorse. La struttura amministrativa, la capacità professionale rimangono quelle che sono, preparate decisamente su altri schemi, abituate a considerare il denaro costo zero e a una rispondenza "zero" sull'investimento effettuato.
E' sul cambiamento e mentalità di intervento che si deve operare, con calcoli di ammortamenti e previsioni di sostituzioni di apparecchiature inesistenti in qualsiasi USSL e presenti in ogni piccola aziendina artigianale che deve sostituire anche solo un trapano. Uno schema di previsione, rispetto alla sostituzione dei macchinari, magari con ipotetiche quote di ammortamento (e meglio sarebbe se le quote di ammortamento fossero calcolate non solo su piano ipotetico, ma anche su piano reale) permetterebbe migliori modalità d'intervento e programmazione da parte della Regione, che attualmente non è assolutamente informata sulla situazione e l'obsolescenza delle attrezzature degli ospedali piemontesi.
L'introduzione di centri di costo ci aiuterebbe anche, indubbiamente, a fare paragoni con il settore privato. L'Assessore alla sanità della Liguria mi diceva che da un esame comparato del costo del lavaggio della biancheria si è rilevato che all'interno della struttura ospedaliera costava il doppio di quanto sarebbe costato all'esterno.
E' indispensabile cambiare mentalità; non tanto per paragoni economico ideologici con il settore privato, al contrario l'indicazione emergente a livello nazionale per ora solo come ipotesi, è di avere quattro/cinque strutture ospedaliere gestite dal sistema pubblico IRI che possano essere termini di riferimento per le altre strutture sanitarie pubbliche: paragone non con il privato, ma con un apparato efficiente.
Indubbiamente, molte sono le cose ancora da fare. La Commissione prevista dalla Legge n. 55, che dovrebbe verificare i test di qualità dei laboratori, è stata costituita, deve però avere l'imprimatur ufficiale dalla Commissione consiliare e passare in Consiglio. Sono procedure che allungano i tempi, non certo per cattiva volontà politica di qualcuno indubbiamente, una certa macchinosità porta a rallentare gli interventi e a posticiparli sempre. Per non istituire lunghe serie di Commissioni quella prevista dalla Legge n. 55 probabilmente assorbirà la definizione del testo di legge per controlli di qualità rispetto alla radioterapia e al recupero funzionale. Si è realizzato uno snellimento delle procedure, così come era stato richiesto dalla Commissione di indagine.
E' fuor di dubbio che gli interventi del servizio ispettivo non sono ancora sufficienti né sul piano regionale né sul piano di Unità Sanitaria Locale; è contemporaneamente fuor di dubbio, però, che nei 18 mesi trascorsi ci si è mossi su vie diverse e decisamente più consistenti. Non si tratta di una giustificazione, ma di un ripensamento per tutti, poich alle ipotesi bisogna far seguire soluzioni reali, concrete.
Il sottoscritto è il primo a sentire la carenza di un servizio ispettivo regionale. Comunque sia organizzato, un sistema sanitario regionale deve prevedere un'alta capacità di verifica e di controllo da parte della Regione. In altra sede sostenevo che la Regione dovrebbe disporre per il settore sanità di persone di alto profilo professionale dall'indiscussa capacità di controllo - tipo gli ispettori previsti, a suo tempo, dall'on. Reviglio - con capacità di intervento globale, non solo sul piano amministrativo, ma anche sul piano del funzionamento sanitario degli ospedali. Le norme vigenti, invece, ci costringono a rimanere chiusi nell'ambito delle possibilità di personale regionale, e spesso copriamo con grandi parole il vuoto. Per coprire i posti scoperti, facciamo grandi ricerche di professionalità all'interno della Regione senza neppur sapere se vi siano realmente.
Credo sia compito di chi svolge attività politica porsi questo problema che, naturalmente, si scontra con le normative contrattuali, con le normative che regolano il rapporto pubblico. Tant'è vero che disperatamente - per poter disporre di un primo nucleo ispettivo abbiamo fatto ricorso alla cosiddetta mobilità forzata, in quanto la ricerca di professionalità disponibili non aveva dato alcun esito: non è per nulla allettante lavorare nella sanità. Abbiamo quindi "catturato" due/tre persone impegnate l'una all'archivio urbanistico, l'altra in un CORECO.
Queste sono le difficoltà; non potendo aver mano libera nel scegliersi persone dalla professionalità adatta, si deve recuperare quanto offre il mercato interno.
Rispetto a forme di controllo sugli esami richiesti dai medici, che sarebbero estremamente interessanti per verificare determinate linee di tendenza, non abbiamo né strumenti né mezzi.
E' intenzione della Giunta accettare pienamente i punti indicati dall'indagine e, con gli strumenti operativi offerti, tradurli in realtà per avere una sanità che risponda in termini più consistenti alle esigenze degli utenti.



PRESIDENTE

Con l'intervento dell'Assessore Maccari si conclude il dibattito sui risultati finali della Commissione d'inchiesta sulle convenzioni Unità socio-sanitarie locali strutture private operanti in Piemonte.
In merito all'argomento sono stati presentati tre ordini del giorno: il primo a firma del Consigliere Staglianò, il secondo a firma dei Presidenti dei Gruppi di maggioranza, il terzo presentato dal Gruppo comunista.
Prima di mettere in discussione e quindi in votazione gli ordini del giorno, chiedo ai presentatori se esiste la possibilità di trovare dei punti di convergenza tra i documenti e quindi addivenire ad un testo unitario. Faccio questa richiesta anche se da una prima lettura dei vari documenti si rilevano posizioni piuttosto lontane tra loro.
La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Dopo aver letto il documento presentato dai rappresentanti del pentapartito, il quale, quanto a genericità, lascia disarmatissimi, ritengo praticamente impossibile addivenire ad un documento unitario del Consiglio in merito all'argomento che trattato.
In questi giorni, non ci siamo "girati i pollici" su cose generiche, e nonostante le difficoltà sono emersi nodi sufficientemente precisi e chiari su cui a nostro avviso è opportuno un pronunciamento altrettanto chiaro e preciso da parte dell'Assemblea.
Di conseguenza, almeno per quanto riguarda il documento presentato dal sottoscritto a nome del Gruppo di DP, ritengo si debba procedere all'illustrazione. Intendo avvalermi dell'opportunità data dal Regolamento per cercare di spiegare il senso di alcune proposte che ci paiono centrali per far sì - non dico che lo scandalo non si ripeta - che si lavori quantomeno per limitare i danni che continueranno ad esserci in ogni caso visto anche l'andazzo conclusivo della nostra discussione - mi riferisco al cosiddetto intervento di replica dell'Assessore Maccari.
S'intende, Presidente, che non ho ancora illustrato il mio ordine del giorno. Sono intervenuto in merito all'ordine dei lavori e alla questione da lei posta.



PRESIDENTE

E' dovere da parte della Presidenza sollecitare le forze politiche a trovare punti di convergenza sui documenti presentati; in questo caso l'invito era più teorico che pratico.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Noi voteremo il nostro ordine del giorno.



PRESIDENTE

D'accordo. La parola al Consigliere Staglianò per l'illustrazione dell'ordine del giorno dallo stesso presentato.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, col suo permesso premetterò all'illustrazione dell'ordine del giorno a firma del sottoscritto brevissime considerazioni di ordine generale che aiutino a comprendere e motivare alcuni specifici passaggi del documento.
Tanto per cominciare, ritengo che la frammentarietà ed i ritardi della discussione non hanno sminuito né i contenuti né la portata del lavoro, che si è protratto per 18 mesi impegnando numerosi - benché non numerosissimi colleghi, e che ha messo il Consiglio in condizione di non poter più dire "non sapevamo". Rispetto alla valenza universale - se mi passate il termine forse un po' troppo retorico - del risultato ottenuto, ovvero la possibilità di conoscere meglio "l'universo sanità", è davvero inqualificabile l'intervento del collega che - era scontato! - ha ritenuto inutile il lavoro altrui, ma che si è guardato bene dallo spendere un solo briciolo del suo tempo per contribuire a conoscere la realtà della sanità in Piemonte.
Chi può quindi essere sorpreso della difesa d'ufficio del Consigliere Pezzana dell'operato degli sfasciatori della sanità pubblica? L'organizzazione "loggistica" ha colpito ancora e ringrazia. Infatti: "l'inchiesta è stata inutile...": egli aveva già - non si sa bene cosa detto tutto all'autorità giudiziaria... Ma questo lavoro non è stato inutile checché ne dica il "croceverdino" testé citato.
Abbiamo denunciato le responsabilità politiche di chi ha gestito la sanità senza peli sulla lingua: basta leggere il libro bianco dell'11.2.1985, la relazione di minoranza (la cui illustrazione è stata molto ampia, e chiedo venia ai colleghi che hanno sopportato quei 105 minuti ininterrotti di mio intervento) e i ritagli, per una volta, anche de "La Stampa" di Torino. Ma le nostre denunce non ci hanno portato, né ci porteranno mai, ad essere quanto che Pezzana indubitabilmente è: un anticomunista viscerale, cui basta buttare la croce in un'unica direzione per far tornare i conti.
Abbiamo denunciato le responsabilità di comunisti, socialisti e democristiani senza fare "pacchi" complessivi di forze politiche o di ideologie in quanto tali. Personalmente, devo dare atto ai commissari della Commissione d'inchiesta della DC di aver lavorato assiduamente e con moltissimo impegno. Quasi sempre ci si è trovati d'accordo sulla verifica dei dati di fatto, peraltro in moltissimi casi incontrovertibili. La nostra fermissima denuncia, il nostro parlare senza peli sulla lingua, non ci porterà mai ad essere come il suddetto "croceverdino", il quale farebbe bene a trovare qualche altro aggettivo visto che "patetico" è ormai inflazionato. Del suddetto si può dire soltanto che è un bugiardo: chi ha assistito - negli ultimi anni allo scasso della sanità di Torino? Magari il Consigliere comunale di Torino, Abbà, eletto nella Lista Verde Civica. E mi riferisco all'USSL di Torino che si appresta a pagare interessi su fatture false presentate da laboratori inquisiti e su cui l'Assessore Maccari si è guardato bene dallo spendere una sola parola! Si tratta di 1 miliardo e 850 milioni pretesi da laboratori inquisiti, denunciati in maniera circostanziata e inoppugnabile: da parte dell'Assessore non una parola. Mi aspettavo, perlomeno, un intervento dell'ex Assessore Olivieri, che tuonava durissime reprimende nei confronti del sottoscritto nelle settimane precedenti, ma non c'è stata "manco" una parola.
Ecco perché abbiamo articolato una serie di precise indicazioni relative alla formulazione del Piano socio-sanitario 1989-1991. In particolare, sottolineiamo il possibile riequilibrio tra incidenze di prestazioni pubbliche e private convenzionate.
Non demonizziamo alcunché, non siamo afflitti dal riflesso condizionato del "cagnolino di Pavlov" di cui il collega Pezzana, tutte le volte che si nomina la parola "privato", dimostra di essere affetto acutamente. Noi non demonizziamo il privato, parliamo di riequilibrio del rapporto tra privato e pubblico.
Le strutture ospedaliere devono occuparsi prevalentemente dei pazienti ricoverati; le strutture poliambulatoriali territoriali devono essere potenziate attraverso il decentramento dei Centri prelievi. Decentramento che là dove è stato praticato, ha determinato risultati economici sensibilmente positivi sia per il servizio complessivo sia per le casse pubbliche.
In questo senso, una revisione delle piante organiche dei servizi ci pare assolutamente essenziale; lo stesso Assessore Maccari dimostra di essersene reso conto a proposito del caso "litrotritore".
Nell'ultimo punto dell'ordine del giorno rileviamo l'urgenza della definizione di una convenzione-tipo; non crediamo sia possibile controllare a valle le migliaia di fatture presentate dai laboratori in regime di convenzionata. Convenzione-tipo che consenta di affidare ai privati in regime di convenzionata capitolati ben precisi che quindi, in quanto tali possano limitare al massimo la pratica truffaldina riscontrata in questi anni.
Questi i passaggi, molto concreti - seppur riassunti sommariamente e malamente che meritano l'attenzione del Consiglio. Mi auguro che le forze politiche che si sono riconosciute in questo lavoro possano dare il loro consenso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Anche noi abbiamo prodotto un ordine del giorno, differenziato da quello del collega Staglianò, relatore di minoranza, che ne ha proposto uno proprio. Volutamente abbiamo ritenuto di non avere ragioni per dissociarci dal lavoro della Commissione; lavoro unitario svolto da alcuni più che da altri; personalmente, specie nella fase di impostazione iniziale e finale ho cercato di dare il mio contributo. Queste Commissioni, che non è detto siano la soluzione investigativa e ricognitiva migliore per tutti i problemi, hanno suggerito indicazioni, reperito dati e rilevato elementi mancanti, la cui individuazione è da rilanciare a chi di dovere, Giunta e Consiglio. A nostro avviso la Commissione ha lavorato con serietà. Non abbiamo quindi predisposto un ordine del giorno difforme da quello della maggioranza in dissociazione dalla Commissione, ma esplicitamente di critica all'Assessore. Innanzitutto, sono sempre più indispettito dalla posizione dell'Assessore che per quasi l'intera legislatura è stata tra l'ottativo e l'auspicabile: i problemi vengono individuati, ma la posizione assunta è sempre: "Si dovrebbe fare .., sarebbe bene fare..."; è difficile non essere d'accordo sull'analisi del problema. Mi avevano però insegnato che chi ha responsabilità di governo è chiamato a rispondere più di quanto fa che di quanto dice. Dalla prima clamorosa denuncia dell'Assessore Maccari (appena investito del ruolo di responsabile della sanità) ai giornali, su rinvii e sui lacci e lacciuoli della programmazione continuiamo ad aspettare qualche atto, almeno propositivo se non concluso per porre rimedi alla situazione.
Seconda questione. In realtà, pur avendo la Commissione d'inchiesta consegnato una prima relazione il 23 settembre 1987, il consuntivo sul piano dei fatti è nullo. Anzi, per quanto riguarda ad esempio il disegno di legge modificativo della legge sui controlli dei laboratori, andiamo nella direzione opposta. Se le Commissioni d'inchiesta possono pur nei loro limiti (dichiarati e da me riconosciuti) essere di qualche utilità, questa è proprio nella loro possibilità di attivare una marcia in più nell'intervenire su di un determinato problema. Attivismo che non registriamo per metodi molto distortivi.
Concludendo, ribadisco la mia preoccupazione ai fini stessi dell'essenza del processo dialettico e democratico che, evidentemente, non sta più tanto di casa in questo Consiglio né nelle teste né nei comportamenti. Cos'ha di buono la democrazia se non può essere un metro valutativo dei comportamenti e degli operati delle maggioranze e degli Assessori? Da un lato, abbiamo un atteggiamento ottativo da parte dell'Assessore, per cui le cose si dicono ma non si fanno e d'altro lato da parte di Gruppi che dichiarano (come il Gruppo Verde Civico) di essere all'opposizione, rileviamo l'abdicazione piena al ruolo di pungolo che pure dovrebbero svolgere nei confronti della maggioranza.



PEZZANA Angelo

Rinaldo, questa è una opinione tua.



BONTEMPI Rinaldo

Può darsi, infatti la dico.



PEZZANA Angelo

La dai come verità.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo di poter esprimere opinioni.



PEZZANA Angelo

Siamo in fase di illustrazione di ordini del giorno.



PRESIDENTE

Prego, collega Bontempi. La prego, collega Pezzana non interrompa il collega Bontempi!



BONTEMPI Rinaldo

Mi limito solo a dire che certi Gruppi che si dicono all'opposizione non svolgono nemmeno funzione di pungolo! In tempi passati la situazione era diversa, adesso deve essere scoppiato un qualcosa per cui la cecità su quanto sta avvenendo è totale.
L'anticomunismo, che io chiamerei prevenzione un po' strana, non fa mai i conti con quanto l'atteggiamento dei comunisti ha consegnato alla cronaca e alla storia politica di questa Regione, al di là di errori e sbagli connessi. Siamo stati messi in grossa difficoltà per anni, perché un po' troppo duri ed un po' troppo tutori del pubblico. Non mi addentro nel merito, ma sicuramente eravamo additati per questi motivi. Oggi invece abbiamo, attraverso un completo cambiamento di tono da parte di qualcuno l'attribuzione di tutti i mali possibili. Credo sia un po' difficile essere depositari di tutti i mali, e la poca attendibilità di chi vuol farlo credere salta agli occhi al punto che le argomentazioni usate finiscono per essere la dimostrazione di questo stesso gioco. Gioco sorretto dal vuoto pneumatico in cui vivono ormai le istituzioni e dal legame fra stile ottativo e stile ignorativo.
E' stato ricordato che la vecchia maggioranza ha inteso predisporre una legge discorde da un certo decreto. Non se ne sono però ricordati i motivi: quel decreto ministeriale, uscito nel 1984, era molto più permissivo sul sistema dei controlli di quanto fosse la legge.



(Interruzione del Consigliere Pezzana)



BONTEMPI Rinaldo

Sto parlando della legge, forse non capisci bene.



PEZZANA Angelo

Non capisco l'ordine del giorno.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, la prego di permettermi di parlare.
Appoggia la maggioranza, non gli fa da pungolo, ce l'ha con i comunisti e non mi lascia neanche parlare!



PRESIDENTE

Collega Pezzana, la prego di non interrompere e di lasciar concludere il collega Bontempi.



PEZZANA Angelo

Gli sto chiedendo di aiutarmi a capire l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

La prego di non interrompere il collega Bontempi che avviandosi alla conclusione dell'intervento cercherà di farle capire quanto ancora non ha compreso.



BONTEMPI Rinaldo

Non so perché il collega se la sia presa tanto. Ho solo sostenuto che proprio nella contestazione dei fatti e della vecchia maggioranza si incorre talvolta in clamorosi errori. Il motivo per cui la legge fu riapprovata era che quel decreto, come si è poi ben visto nelle sue conseguenze, era assai permissivo.
Tutto ciò per dire che l'atteggiamento critico nei confronti della Giunta non poteva non richiamarla alla necessità di operare e di distinguere le fasi di un processo di governo, anche se questo ahimè, non ha purtroppo prodotto risultati sufficienti. In ogni caso non si possono cambiare le carte in tavola con il comodo ausilio della strumentalizzazione politica: non si può non riconoscere che lo sforzo di quegli anni fu assolutamente isolato. Forse si sacrificò alla necessità di governo di una realtà complessa e sotto pressione di un'ideologia del privato di comune dominio in quest'aula, l'uso di un'arma ben più incisiva che doveva andare a spezzare e rompere i vari gruppi di potere in un processo trasparente e di controllo pubblico. Gruppi di potere.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, protesto perché questo è un secondo intervento.



CHIEZZI Giuseppe

E' una continua provocazione, è inaccettabile.



PRESIDENTE

Collega Bontempi, concluda per cortesia.



BONTEMPI Rinaldo

.gruppi di potere privato che hanno alimentato il malessere e i guai della sanità, ai quali non ci si può contrapporre che con un pubblico capace di operare e che sappia scegliere la tutela dei cittadini e non quella di interessi privati.



PRESIDENTE

Prima di concludere, desidero ringraziare il Presidente, il Vicepresidente e i componenti della Commissione d'inchiesta per il lavoro fatto, rilevato da tutti gli intervenuti.



PEZZANA Angelo

Chiedo la parola per dichiarazione di voto.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



PEZZANA Angelo

Contrariamente all'intervento che mi ha preceduto parlerò solo di questo e non di altro.
Pur condividendo l'ordine del giorno della maggioranza (e quindi non facendo da pungolo, dispiacendo al collega Bontempi: anche questa volta gli causo delle sofferenze) e le buone intenzioni che emana, non lo voter perché sono contrario all'istituzione di Commissioni d'inchiesta che in realtà non producono nulla che non potesse essere ottenuto con un intervento molto più tecnico e più celere.
Pertanto, non parteciperò alla votazione del documento della maggioranza, voterò invece contro l'ordine del giorno del Gruppo comunista per il quale avevo chiesto delle spiegazioni. In realtà l'intervento del collega Bontempi non ha illustrato l'ordine del giorno, ma ha svolto un secondo intervento di carattere generale. Senza l'illustrazione e la possibilità di poterlo leggere con dovuta coscienza non posso intervenire.
Mi asterrò su quello del collega Staglianò: essere relatori di una relazione di minoranza e doverla rifare perché ci si accorge che i conti fatti sono sbagliati mi sembra prova di poca serietà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, a nome del mio Gruppo e dei Gruppi di maggioranza voglio dire che voteremo l'ordine del giorno che abbiamo presentato; ordine del giorno che racchiude e conclude una vicenda molto complessa e molto articolata, certo non facile. Colgo l'occasione per ringraziare chi ha lavorato nella Commissione d'inchiesta, Presidente, Consiglieri e i funzionari della Regione che hanno svolto un ottimo lavoro.
Le conclusioni proposte dall'ordine del giorno sono molto chiare e precise; quanto detto in chiusura dall'Assessore alla sanità a nome della Giunta conforta: vi è contenuto quanto attuato in questa fase e quanto s'intende attuare in futuro.
L'impegno richiesto alla Giunta di perseguire gli obiettivi evidenziati dalla relazione, nell'ambito del PSS in fase di stesura, mi pare la garanzia più completa della volontà e della scelta della Giunta e della maggioranza di superare le difficoltà evidenziate dalla Commissione d'inchiesta con molta puntualità. Il nostro voto sarà quindi favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Intervento per brevissima dichiarazione di voto. A nome del Gruppo ringrazio la Commissione per il lavoro svolto pur con grosse difficoltà.
Relativamente agli ordini del giorno dichiaro a nome del mio Gruppo che voteremo a favore dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista perché riporta in qualche modo quanto sottolineato nell'intervento del collega Majorino, inoltre perché è molto preciso nelle valutazioni e negli impegni richiesti alla Giunta.



PRESIDENTE

Non essendovi altre dichiarazioni di voto, procediamo alla votazione dei tre ordini del giorno. Il primo, il n. 602, presentato dal Consigliere Staglianò, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte sentite le relazioni finali sulle risultanze della Commissione di inchiesta sulle convenzioni tra le Unità socio-sanitarie locali e le strutture sanitarie private operanti in Piemonte, istituita con DCR n. 381/2303 del 19/2/87 visto lo svolgimento e le conclusioni del dibattito tenutosi nella seduta del 22/12/88 sottolinea l'importanza dei dati acquisiti al fine di realizzare il corretto ed efficace funzionamento del servizio sanitario regionale IMPEGNA la Giunta regionale a compiere tutti gli atti necessari per garantire continuità all'attività di controllo sui rapporti tra Unità socio-sanitarie locali e strutture sanitarie private operanti in Piemonte a prendere le iniziative opportune per il superamento delle anomalie organizzative ed istituzionali individuate, dall'attività di inchiesta come ostacoli all'adeguato soddisfacimento del bisogno di salute dei cittadini piemontesi



IMPEGNA ALTRESI'

la Giunta regionale sulle seguenti priorità: formulazione del Piano socio-sanitario 1989/91: esso deve contenere indicazioni ed obiettivi nel riequilibrio tra incidenze delle prestazioni pubbliche e private convenzionate nelle Unità socio-sanitarie locali di Torino nei seguenti campi di attività:



(TABELLA)



IMPEGNA ALTRESI'

esso deve inoltre riprendere le indicazioni contenute nel PSSR 82/84 sulla integrazione e sul coordinamento delle attività specialistiche e diagnostiche con la specificazione che: a) le strutture ospedaliere devono occuparsi prevalentemente dei pazienti ricoverati, in post-ricovero e in ricevimento di pronto soccorso b) le strutture poliambulatoriali territoriali devono assumere una più netta connotazione di servizio integrativo dell'attività di base c) la responsabilità operativa di tali attività può essere assegnata a personale che sceglie la struttura quale campo di intervento professionale a tempo pieno attività di vigilanza: impegno dell'Assessorato alla sanità a presentare entro il 30 aprile di ogni anno, una relazione sullo stato di funzionamento del SSR con specifico capitolo dedicato ai rapporti con le strutture sanitarie private nonché sulle risultanze delle attività di vigilanza delle Unità socio-sanitarie locali, che comunque devono prevedere non meno di una ispezione all'anno per ognuna delle strutture sanitarie private convenzionate organizzazione centri di prelievo e prelievo a domicilio: organizzazione per tutta la Regione in centri prelievo a livello distrettuale, sia fissi sia con strutture mobili nell'ambito di aree urbane a forte concentrazione demografica, o nell'ambito di aree nelle quali i trasporti sono deficitari: tali centri dovranno far capo ad un laboratorio pubblico territoriale od ospedaliero revisione piante organiche: utilizzo pieno delle possibilità contrattuali e legislative di assunzioni di personale predisponendo un piano urgente 'ad hoc' con lo specifico obiettivo di migliorare l'organizzazione della risposta ai bisogni dei cittadini e valutazione con le organizzazioni sindacali delle possibili articolazioni di orario, al fine di garantire l'apertura dei servizi di prenotazione e di rilascio dei referti per sei giorni settimanali tempi di attesa: per le strutture pubbliche presso cui si determinino tempi di attesa superiori ai 15 giorni, occorre predisporre un piano di rientro in tempi di attesa accettabili, che possono collocarsi sul valore dei 15 giorni immediatamente; per tutte le strutture occorre indicare in 7 giorni di attesa il valore massimo da raggiungere nell'arco del triennio del PSSR 89/91 sistema informativo: predisposizione di un sistema informativo capace non solo di acquisire costantemente i dati di funzionamento delle singole Unità socio-sanitarie locali, ma anche in grado di fornire alle stesse Unità socio-sanitarie locali l'informazione elaborata necessaria per dare indicazioni per la programmazione locale revisione convenzioni: oltre all'adozione da parte della Giunta regionale degli atti opportuni e necessari nei confronti del Governo per sollecitare la definizione degli schemi-tipo di convenzione secondo quanto previsto dall'art. 44 della Legge n. 833/78, è necessario predisporre uno schema tipo di convenzioni cui le Unità socio-sanitarie locali si riferiscano infatti si individuano nei meccanismi di convenzione, più che nella quantità dell'azione di vigilanza, le garanzie di un corretto rapporto con le strutture private. Va altresì adeguata la legislazione regionale sui requisiti minimi nel senso di estendere i principi della LR n. 55/87 anche ai settori della radiodiagnostica e del recupero e della rieducazione funzionale."



IMPEGNA ALTRESI'

Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto 4 voti favorevoli, 33 contrari e 11 astensioni.
Procediamo alla votazione dell'ordine del giorno n. 603 presentato dalla maggioranza il cui testo recita:



IMPEGNA ALTRESI'

"Il Consiglio regionale preso atto dell'ampio dibattito in merito ai risultati della Commissione d'inchiesta consiliare su convenzioni Unità socio-sanitarie locali/strutture private operanti in Piemonte condividendo le conclusioni a cui è addivenuta la Commissione prendendo atto nel contempo dell'impegno dell'Assessorato alla sanità della Regione nel recepire ed attuare, per quanto di competenza, le indicazioni emerse nella relazione impegna la Giunta al perseguimento degli obiettivi, evidenziati dalla relazione nell'ambito della stesura del PSSR. e nell'attuazione, nel contesto della sua vigenza legislativa."



IMPEGNA ALTRESI'

Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 29 voti favorevoli e 17 contrari, 1 Consigliere non partecipa alla votazione.
Pongo infine in votazione l'ordine del giorno n. 606 presentato dal Gruppo comunista il cui testo recita:



IMPEGNA ALTRESI'

"Il Consiglio regionale del Piemonte fa proprie le conclusioni cui è giunta la Commissione d'inchiesta sulle convenzioni Unità socio-sanitarie locali strutture private operanti in Piemonte, secondo le quali i laboratori pubblici dell'USSL di Torino sono rimasti nel complesso sottoutilizzati a causa di potenti interferenze esercitate allo scopo di favorire il privato, che hanno depotenziato i servizi pubblici e determinato una commistione di interessi pubblici e privati registra che le difficoltà a reperire dati affidabili per confronti omogenei, hanno messo in luce un'allarmante carenza del sistema informativo sanitario prende atto che la Commissione d'inchiesta ha presentato una prima relazione al Consiglio regionale il 23/9/87, contenente prime raccomandazioni riguardanti interventi di ordine strutturale organizzativo, istituzionale, normativo e di controllo constata che l'Assessore e la Giunta, nonostante siano trascorsi oltre 15 mesi dalle prime raccomandazioni, presentano un consuntivo allarmante clamorose inadempienze e indirizzi antitetici alle raccomandazioni stesse constata inoltre che in relazione alla legge inapplicata sui requisiti minimi dei laboratori, la maggioranza ha presentato un disegno di legge volto a snaturarla; che sugli indirizzi qualificanti degli investimenti, il riparto del FSR per investimenti in edilizia sanitaria e apparecchiature e attrezzature sanitarie 1988, non è stato effettuato e che le risorse del Fondo per la spesa vincolata 1986 sono state, a causa del ritardo della Giunta, immobilizzate per oltre 2 anni impegna la Giunta regionale ad assumere l'impegno di attuare urgentemente tutte le raccomandazioni conclusive della Commissione d'inchiesta, calendarizzando gli impegni e predisponendo controlli semestrali, in particolare in ordine ai seguenti punti: potenziamento e qualificazione delle attività di radiodiagnostica e di riabilitazione funzionale (almeno un servizio in ogni USSL) integrazione unitaria a livello territoriale dei laboratori di analisi chimiche ospedalieri e territoriali, istituendo un punto di prelievo in ogni distretto interventi straordinari mirati a ridurre i tempi di attesa dei cittadini che devono rivolgersi ai servizi laboratoristici, adeguando gli organici, prolungando l'orario di servizio, sviluppando il Centro unificato di prenotazione per gestire in modo coordinato e unitario l'accesso alle prestazioni specialistiche approvazione delle leggi regionali sui requisiti minimi dei laboratori privati di radiodiagnostica e riabilitazione funzionale attuazione piena della Legge n. 55 istituzione di un adeguato sistema informativo quale condizione per un'efficace azione di controllo."



IMPEGNA ALTRESI'

Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 18 voti favorevoli, 27 contrari e 2 astensioni.


Argomento:

Sull'ordine del lavori e iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno n. 604 relativo alla salubrità dell'aula


PRESIDENTE

Signori Consiglieri data l'ora e la nebbia che avvolge le strade propongo di togliere la seduta, con l'intento di iniziare i lavori domani mattina puntualmente alle ore 9,30 e, coerentemente agli impegni presi, di concludere i punti iscritti all'o.d.g.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi, pur essendo favorevole alla proposta di sospendere i lavori, vorrei ricordarle che con altri colleghi ho presentato a norma dell'art. 49 del Regolamento la richiesta di inserimento all'o.d.g.
della mozione relativa a uno studio sulle condizioni e sull'ambiente dell'aula consiliare. Sul problema c'è accordo; chiedo al Presidente se l'argomento può essere iscritto all'o.d.g.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, voglio ricordare che questa mattina abbiamo presentato un ordine del giorno relativo alla situazione della siderurgia non ho la pretesa che venga posto in votazione ora, ma essendo stata dichiarata disponibilità al riguardo sia dalla Presidenza sia da altri Gruppi chiedo che domani mattina si proceda alla votazione del documento.
Se ci saranno altri ordini del giorno o proposte d'integrazione e modifica le valuteremo; in ogni caso, chiediamo che venga posto in votazione il nostro documento, nel testo che abbiamo proposto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, l'incontro di stamani con il Comitato di Poirino che ha presentato un copioso dossier di firme relativo al problema riguardante il Piano dei siti e dei rifiuti, ha comportato per i presenti alla riunione, compreso il Presidente della Giunta, l'impegno a far precedere l'esame delle interrogazioni e delle interpellanze in proposito ad altri lavori del Consiglio, in modo che l'Assessorato potesse derivarne i provvedimenti decisionali conseguenti nel più breve tempo possibile.
Volevo pubblicamente ricordare questo impegno affinché il Presidente, nella prossima riunione dei Capigruppo, lo annoti come prioritario rispetto alle calendarizzazioni da porre in atto.



PRESIDENTE

Abbiamo preso nota della sua richiesta.
Chiede nuovamente la parola il Consigliere Picco; ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

La conclusione di questa seduta non ci consente di far sottoscrivere ai vari Gruppi del Consiglio regionale un ordine del giorno che abbiamo predisposto, inerente la grave repressione avvenuta a Praga in occasione del ventesimo anniversario del sacrificio di Jan Palach. Chiedo che nella giornata di domani il Consiglio regionale s'impegni a votare l'ordine del giorno, a disposizione di tutti coloro che intendono sottoscriverlo.
Ritengo che come massima espressione della democrazia regionale non possiamo mancare di affrontare la questione.



PRESIDENTE

Acquisiremo senz'altro la proposta per addivenire ad una posizione unitaria del Consiglio regionale del Piemonte.
Circa la "questione Poirino" siamo d'accordo; quella sollevata dal collega Majorino è all'attenzione dei Capigruppo: nella giornata di domani verrà sciolto l'interrogativo o con una proposta di documento unitario oppure, in ogni caso, con la votazione dell'ordine del giorno presentato.
Per quanto riguarda la mozione relativa alle condizioni di lavoro in aula consiliare ne propongo l'iscrizione all'o.d.g. della seduta di domani con l'auspicio che al termine della giornata possa essere esaminata.
Tale documento è stato sottoscritto di diversi rappresentanti dei Gruppi.
Ha chiesto la parola il Consigliere Carletto; ne ha facoltà.



CARLETTO Mario

Scusi Presidente, vorrei capire quanto viene iscritto all'o.d.g.
personalmente non sono d'accordo che si facciano mozioni, dibattiti e quant'altro se non alla conclusione dell'o.d.g. che i Capigruppo hanno stabilito. Se si tratta di iscrivere all'o.d.g. documenti sui quali è richiesto unicamente il voto (che il mio Gruppo condivide) posso anche essere d'accordo, ma non che si facciano dibattiti su mozioni e cose varie se non a conclusione dell'o.d.g. del Consiglio regionale. Non possono ogni volta, intervenire elementi nuovi a sconvolgere i lavori del Consiglio. Non si capisce più nulla!



PRESIDENTE

Collega Carletto, ho accolto la richiesta di iscrivere all'o.d.g. un documento presentato da alcuni Consiglieri (Chiezzi, Bonino, Picco Calligaro e altri) in merito all'esame delle condizioni di salubrità in cui si svolgono i lavori di quest'aula. Poiché non ho nulla in contrario a che si discuta su condizioni di lavoro che comprometterebbero la salute e la sicurezza dei Consiglieri, ho proposto di iscrivere all'o.d.g. l'esame di un documento che raccoglie la maggioranza delle attese.
La parola al Consigliere Guasso.



GUASSO Nazzareno

La questione posta dal Consigliere Chiezzi ed altri circa un esame tecnico e scientifico della condizione di agibilità e della vita in quest'aula, è legata ad un atto già assunto dalla Giunta, relativo a lavori di risistemazione dell'aula. Non si tratta di una questione a sé stante bensì di un atto aggiuntivo assunto dalla Giunta a suo tempo su proposta dell'Ufficio di Presidenza, al fine di una risistemazione complessiva dei sistemi di sicurezza e di ambiente dell'aula, dopo molti anni di funzionamento.
Sono d'accordo con il Consigliere Carletto: discutiamone in chiusura di seduta, ma si sappia che si tratta di un atto che completa una deliberazione assunta dalla Giunta su proposta dell'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, non so se il mio intervento sia opportunamente puntuale, in quanto non ho ben capito a che punto siamo della discussione.
In ogni caso quanto ho da dire è di una ovvietà tale che collocato in capo in coda o al centro, sicuramente resterà nella sua memoria. Lo dissi già al compianto Presidente Viglione: le cantine funzionano molto bene per il vino e le patate; in genere non funzionano per gli uomini. Pongo solo questo problema: a lato della revisione di quanto dovrebbe consentire al vino di maturare al sole e agli uomini di vivere nelle cantine, chiedo semplicemente che la "Sala dei Cento" venga ristrutturata come sala di lavoro atta ad ospitare il Consiglio regionale. Consentitemi, la "Sala Rossa" di Torino, non è più grande della "Sala dei Cento". Ritengo che la "Sala dei Cento" possa essere ristrutturata in modo tale da ospitare i lavori del Consiglio regionale. Se lo si debba fare o no lo valuteranno i Consiglieri regionali che, in relazione al tipo di lavoro che fanno dovranno verificare se intendono trascorrere come il sottoscritto, quasi tre lustri qui dentro. Ritengo che questo sia un ambiente poco umano; penso che la "Sala dei Cento", sia che i posti siano dislocati in termini di salotto sia che siano organizzati in termini di aula-assemblea, possa essere utilizzabile almeno per una parte dei nostri lavori, per esempio quella pomeridiana, che normalmente non è frequentata né dai molti Consiglieri né da molto pubblico; probabilmente in qualche occasione ci consentirà di lavorare anche come Commissione. Faccio presente che anche le Commissioni hanno bisogno di una sede di lavoro più praticabile di quanto non sia la sola sala che abbiamo sopra. Mi pare che il ripensamento della "Sala dei Cento" in termini più funzionali ad un lavoro istituzionale di pura rappresentanza, sia comunque un problema da porre. Quale poi debba essere il rapporto fra le due strutture, lo valuti l'Ufficio di Presidenza e io mi ci rimetterò, rimanendo però nella convinzione che le cantine vadano bene per vino e patate e che il sole vada bene per gli uomini, e non viceversa.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore al turismo

Signor Presidente, siccome oggi si è parlato anche di recupero nell'ambito della Fondazione San Paolo, possiamo proporre alla Fondazione naturalmente con una convenzione Regione/Istituto San Paolo, di istituire la sede del Consiglio regionale nella Palazzina di Stupinigi, la più adatta per quanto riguarda il recupero della struttura. Secondo me, infatti bisogna anche valutare la possibilità di recupero di strutture con caratteristiche architettoniche e culturali.
Chiederei all'Ufficio di Presidenza di valutare se ci sono le condizioni per percorrere questa strada.



PRESIDENTE

Vi pregherei di non entrare nel merito della questione perché domani avremo modo di discuterne.
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Sarò brevissimo. Il problema è stato posto: l'Ufficio di Presidenza lo recepisca e disponga, per quanto di suo dovere, un'indagine sulla salubrità di quest'aula. Non ritengo siano necessari atti formali; in tal caso chiederei, ad esempio, di approvare, contestualmente all'ordine del giorno sulla salubrità di quest'aula un'indagine sulla salubrità delle fonderie di Mirafiori. Mi sembrerebbe più serio.



PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. tale documento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata con 28 voti favorevoli.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,15)



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