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Dettaglio seduta n.171 del 22/12/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Biazzi, Bosio, Carazzoni, Croso, Fassio, Paris, Pezzana e Ripa.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali - Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Risultati finali della Commissione d'inchiesta sulle convenzioni UU.SS.SS.LL. - strutture private operanti in Piemonte (dibattito)


PRESIDENTE

In base all'intesa raggiunta in sede di Conferenza dei Capigruppo iniziamo i lavori della seduta con il dibattito di cui al punto 23) all'o.d.g. sui risultati finali della Commissione d'inchiesta sulle convenzioni UU.SS.SS.LL. - strutture private operanti in Piemonte.
La parola al relatore, Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione che la Commissione d'inchiesta ha confezionato è a mani di tutti i Consiglieri ragion per cui ritengo di non doverla leggere da capo a fondo perché penso che coloro i quali erano e sono interessati particolarmente al problema hanno avuto modo di poterne prendere visione e di fare anche le loro considerazioni e osservazioni.
Ho intenzione a riassumere brevemente l'attività della Commissione e fare alcune superficiali osservazioni di carattere personale, riservandomi eventualmente di intervenire successivamente qualora il seguito del dibattito lo richieda.
Il Consiglio regionale, con deliberazione del 19 febbraio 1987, ha istituito la Commissione d'inchiesta sulle convenzioni UU.SS.SS.LL.
strutture private operanti in Piemonte.
La Commissione, come è noto a tutti, ha presentato al Consiglio, in data 7 luglio 1987, la relazione sull'attività svolta e le prime risultanze delle indagini, relazione che è stata discussa in quest'aula nella seduta del 23 settembre 1987. Ora è all'attenzione dell'assemblea la relazione definitiva della Commissione, relazione che è stata rassegnata alla Presidenza del Consiglio regionale il giorno 8 giugno 1988 e perviene in quest'aula dopo una giacenza in sofferenza di oltre sei mesi.
La relazione è una sintesi che vuole essere obiettiva delle conoscenze acquisite nel corso delle indagini protrattesi più del previsto. Tale relazione è integrata da quindici allegati, alcuni dei quali piuttosto consistenti.
I dati e le notizie contenute nei documenti non hanno la pretesa di essere completi e inconfutabili ma, qua e là, potranno anche apparire generici e talvolta lacunosi.
Le difficoltà incontrate nella raccolta dei dati anche a causa della scarsità di personale a disposizione della Commissione e di mezzi e data la limitatezza dei tempi a disposizione, a mio avviso, sono una sufficiente spiegazione.
La massa delle conoscenze e delle informazioni raccolte ci ha consentito tuttavia di individuare le cause principali, se non tutte, dei disservizi e delle deviazioni della sanità piemontese nei settori interessati dall'indagine. Ci ha consentito altresì di indicare alcuni rimedi e di fornire quei suggerimenti che sono ritenuti idonei a superare e ad eliminare gran parte degli inconvenienti e delle distorsioni lamentate.
Aggiungo che se oggi è possibile per me, ma penso anche per tutti i Commissari che hanno partecipato ai lavori della Commissione, a partire dal Vicepresidente Calligaro, manifestare una certa soddisfazione per il lavoro svolto, lo possiamo fare anche grazie all'intelligente e concreta collaborazione fornitaci dai componenti dell'unità flessibile che sono - e lo ricordo - l'ing. Teppa, la dott.sa Rovero, il dott. Leone, il dott.
Notari e la dott.sa Farello, i quali, oltre a continuare a svolgere le loro mansioni e compiti di normale istituto, hanno fornito alla Commissione un ottimo e molto valido supporto.
Sul Servizio sanitario della nostra Regione in generale e non solo sulle disfunzioni dei laboratori di analisi e delle strutture private convenzionate e non convenzionate, si è detto e si è scritto molto. E' innegabile però che talvolta lo scandalismo, pur in presenza di molte ombre, ha avuto il sopravvento su una serena ed obiettiva valutazione dei fatti.
Dall'inchiesta è emerso che, accanto a situazioni gravi e censurabili la grande maggioranza degli operatori che agiscono nel Servizio sanitario regionale, è sano, onesto, preparato e soprattutto animato dalla volontà di ben fare. Quindi non mi sembra giusto e soprattutto producente generalizzare o insinuare l'ombra del sospetto sull'impreparazione degli addetti ai lavori e sul loro presunto pressapochismo.
E' vero che il Servizio sanitario regionale è andato e va incontro a difficoltà e ad ostacoli.
I disservizi, le diseconomie, le lunghe attese delle prestazioni, sono fenomeni di cui tutti più o meno abbiamo fatto e facciamo le spese, sia nelle piccole che nelle grandi UU.SS.SS.LL. Anche di questi aspetti si è cercato di trovare le radici. In parte esse sono state evidenziate e già ricordate in occasione del precedente dibattito.
Aggiungo che alcuni disservizi sono, a mio avviso, da addebitare a cause remote e profonde, altri a cause più recenti e contingenti. Tutti comunque, a situazioni molto complesse, non solo e non sempre dovuti a cattiva gestione o a cattiva volontà degli operatori sanitari o a carenze di natura politica.
A me pare, ad esempio, che determinate connivenze e certi interessi che pure ci sono stati, siano stati soprattutto circoscritti sulla USSL 1/23 gestita in allora e per molto tempo da una mega struttura di difficile conduzione e scarsamente controllabile al di là di tutte le altre mancanze.
Non voglio con questo giustificare nulla e nessuno, ma come ho già avuto occasione di dire altre volte probabilmente non si è ancora trovato per le grandi città, per le metropoli, e non so come funzionino adesso le dieci Unità Sanitarie, suddivisa la USSL 1/23, la formula ideale per la gestione della sanità.
La Commissione di inchiesta ha articolato i suoi lavori in due fasi distinte.
Nella prima fase è stata principalmente rivolta l'attenzione alle cause organizzative, legislative e strutturali che hanno dato luogo alle distorsioni nelle strutture pubbliche e convenzionate di diagnostica strumentale, di riabilitazione funzionale e di radiodiagnostica.
Le risultanze di questa prima fase dei lavori sono già state oggetto di discussione e non contrastano con quanto poi ha appurato alla fine la Commissione stessa.
Nella seconda fase sono state completate le indagini, le informazioni e le considerazioni sulle strutture sopraccitate e sono stati quindi compiuti gli accertamenti sulle case di cura private. Per queste strutture l'impegno della Commissione è stato abbastanza agevolato per i motivi che poi vedremo.
Le notizie e i dati, sia nella prima che nella seconda fase, sono stati attinti dall'Assessorato alla sanità, dagli incontri e dalle audizioni con i responsabili dei servizi e con il Commissario prefettizio dell'USSL 1/23 dott. Terribile, dai sopralluoghi effettuati e dalle risposte ottenute attraverso l'invio di una vasta e variegata serie di questionari predisposti e messi a punto dai collaboratori della Commissione d'inchiesta con l'assistenza del CSI e del Co.Re.Sa.
Tutte le notizie e i dati raccolti ed elaborati rappresentano una prima importante radiografia dei settori oggetto di indagine. Pur essendo il frutto di un lavoro quasi artigianale effettuato con scarsità di mezzi come si è detto prima, questi dati sono stati raccolti in tempi relativamente brevi, non sempre favoriti - anche questo va sottolineato dalla comprensione e dallo spirito di collaborazione degli addetti ai lavori, soprattutto delle UU.SS.SS.LL. periferiche, ma in generale costituiscono una massa notevole di utili informazioni. A mio avviso possono fornire la base di un più completo, organico ed approfondito lavoro di conoscenza di tutta la materia.
L'esame degli allegati e dei grafici offre fin d'ora la possibilità di conoscere più a fondo i problemi, l'origine delle deviazioni e le relative cause. Questo esame ci permette di trarre delle conclusioni operative che riteniamo non possano e non debbano essere trascurate.
L'evoluzione della spesa, l'incremento o il decremento dell'attività delle varie strutture, il costo medio delle prestazioni, i tempi di attesa delle prestazioni mediche specialistiche o meno, la modalità delle prestazioni, le carenze, i problemi del personale, i modi con cui il personale è stato impiegato o non è stato impiegato tempestivamente, le mobilità di pagamento, le procedure dei controlli e la vigilanza sulle prestazioni, sono altrettanti elementi che forniscono argomenti di esame e di valutazione e possono e debbono suggerire modalità di intervento.
L'allegato n. 5 che raccoglie le notizie dell'attività del servizio di vigilanza delle UU.SS.SS.LL. competenti per territorio nell'arco di un solo anno, cioè dal 9 febbraio 1987 al 9 febbraio 1988, secondo i membri della Commissione è illuminante sulle carenze e le principali anomalie dei laboratori privati e delle attività di massofisioterapia convenzionate. Se noi, e qui consentitemi di riandare brevemente a quanto scritto alle pagine 42 e seguenti della relazione finale...



STAGLIANO' Gregorio Igor

E' immorale che non ci sia l'Assessore alla sanità!



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta Regionale

Ci siamo noi che rappresentiamo la Giunta!



BONTEMPI Rinaldo

Scusi, Presidente, da tempo abbiamo programmato i lavori in funzione di questo dibattito, è chiaro che l'Assessore deve esserci.



PRESIDENTE

Lasciate proseguire il Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando, relatore

Se mi è consentita una breve parentesi vorrei richiamare quanto dicevo all'inizio: questa relazione è depositata da più di sei mesi, quindi tutti i membri del Consiglio hanno avuto il tempo di leggerla, rileggerla e studiarla anche a memoria, volendo, perciò a me pare che se anche qualcuno in questo momento è assente, probabilmente non è disinformato. Non voglio comunque giustificare nessuno.
Dall'attività di vigilanza svolta dal servizio delle UU.SS.SS.LL.
risultano i seguenti fatti: presenza di locali inadeguati, di attrezzature inidonee e non rispondenti ai requisiti minimi prescritti dal DPCM del 10/2/1984 carenza di personale sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, ovvero prelievi effettuati da sanitari privi della necessaria specializzazione medica o non titolari di formale rapporto con i centri convenzionati mancanza di autorizzazione all'apertura e all'effettuazione di quel tipo di analisi assenza di direttore tecnico regolarmente autorizzato, ovvero mancanza di effettiva accettazione da parte della persona indicata mancanza di regolare autorizzazione comunale all'apertura e all'esercizio di strutture di analisi e ambulatori invio di campioni prelevati ad altri laboratori di analisi per l'esecuzione analitica trasferimenti di sede non autorizzati irregolarità nella titolarità della convenzione.
Vengono anche segnalati fatti che dimostrano il tentativo di occultare in previsione di possibili ispezioni, la situazione esistente (improvvisa chiusura di sedi, rimozione di targhe e cartelli esterni agli edifici indicanti la presenza di laboratori) nonché in un caso - uno solo fortunatamente - possibilità di dichiarazioni false.
In alcuni casi i laboratori in questione attribuiscono la presenza di situazione irregolare anche a ritardi della Regione a provvedere a rispondere alle istanze avanzate.
A fronte di queste carenze sono stati assunti provvedimenti che la relazione indica puntualmente.
Della relazione sul Servizio ispettivo assessorile faccio grazia perché è già stata oggetto di discussione in occasione della precedente seduta del Consiglio del settembre 1987.
La seconda parte dell'indagine, quella relativa al settore delle case di cura private, effettuata seguendo la falsariga instaurata per l'indagine sui laboratori, è stata, come ho detto prima, meno laboriosa e difficile.
Le conclusioni sono più ottimistiche o se si vuole meno pessimistiche.
Infatti, la Commissione non ha riscontrato elementi che possono far sorgere dubbi circa la correttezza della gestione della materia sia a livello regionale che a livello di USSL.
Infatti, sia perché esiste sin dal 1974 una normativa di carattere nazionale precisa che disciplina il rapporto Regioni - case di cura private, la quale ne prevede le relative classificazioni, convenzioni e modalità di vigilanza (legge n. 386), sia perché le leggi regionali nn. 7 e 59 (cioè i due Piani socio-sanitari approvati nella scorsa legislatura) disciplinano l'attività e i Piani di convenzionamento (qui ricordo che i due PSSR indicano per le case di cura private un massimo di posti letto accettabile o per lo meno convenzionabile pari e non superiore al 10% di tutti i posti letto pubblici esistenti in Regione), sia per le informazioni ampie e dettagliate messe a disposizione dal relativo servizio dell'Assessorato regionale, la Commissione ha potuto ritenere che sostanzialmente in Piemonte siamo di fronte a una rete di case di cura private convenzionate e non, il cui funzionamento, la cui gestione, il cui esercizio dell'assistenza agli ospiti degenti, non hanno dato luogo a rilievi gravi.
Dall'esame dei dati non sono stati evidenziati elementi di preoccupazione, perlomeno ad avviso della Commissione. Ricordo che in materia di case di cura private le attività regionali sono principalmente rivolte, come si è detto prima, al rilascio delle autorizzazioni, alla classificazione e al convenzionamento. Se vogliamo trovare delle carenze probabilmente ci sono state non voglio andare a vedere le cause precise nella scarsa attenzione prestata alle case di cura non convenzionate e la vigilanza è stata forse più formale che sostanziale. In altri termini, non si è rivolta tutta l'attenzione alla vigilanza sull'assistenza effettivamente erogata.
Occorre ora procedere alla nuova classificazione di tutte le case di cura, anche non convenzionate. Va inoltre rilevato che la spesa che affronta la Regione Piemonte (questo è un dato che generalmente non viene mai fuori) è mediamente inferiore a quella delle altre Regioni italiane: prendendo in esame la spesa che va dall'anno 1982 al 1985, vediamo che la spesa è passata da 81 miliardi a 111 miliardi. Nel 1986 la spesa per le case di cura private sostenuta dalla Regione è scesa a 102 miliardi. Va anche sottolineato che in quell'anno l'Istituto Gradenigo ha cessato di essere una struttura privata per assumere altra funzione.
Ben 9 delle 38 case di cura convenzionate hanno avuto una diminuzione di attività. Interessante poi mi sembra l'esame degli assetti proprietari: su 38 case di cura convenzionate 36 hanno risposto al quesito (del resto alcune ci hanno fatto sapere che non erano obbligati - è anche vero - a rispondere) ed è risultato che 12 appartengono ad enti religiosi, 11 sono società per azioni, 7 sono società a responsabilità limitata, cinque sono società in accomandita semplice, 1 in nome collettivo. In genere si tratta di società formate da un numero limitato di persone, spesso membri della stessa famiglia.
Possiamo anche aggiungere che la nostra Regione con la L.R. n. 5/87 si è posta in materia decisamente all'avanguardia: ha fissato standard criteri, indirizzi e incompatibilità in modo molto preciso e direi anche fatto il raffronto con altre Regioni d'Italia, molto rigido. Infatti si teme da parte dello stesso servizio assessorile che potrebbero sorgere disguidi e inconvenienti se la normativa nazionale non si adeguerà in tempi relativamente brevi ai nuovi indirizzi.
Certamente questa nostra normativa abbastanza rigida e della quale siamo tutti coscienti e convinti porterà ad un aumento delle rette da un minimo del 70 ad un massimo del 100% rispetto a quelle che erano in vigore all'inizio di quest'anno.
E' un problema che riveste implicazioni di vario genere: dall'adeguamento della normativa alla vigilanza e via dicendo.
Per completare la sintesi della relazione mi rifaccio all'allegato n.
15, quello che riguarda gli investimenti perché anche questo settore va richiamato (pagg. 54 e 55 della relazione della Commissione).
Dal quadro riepilogativo degli investimenti effettuati nel periodo 1981/1987 si evince anzitutto l'aumento in assoluto delle disponibilità dovuto inizialmente alla crescita del Fondo Sanitario Nazionale in conto capitale e a partire dal 1984 all'introduzione dei ticket utilizzabili in ragione del 50% per l'acquisto di attrezzature.
In secondo luogo, si rileva come gli interventi, in un primo tempo (1981-1982) destinati in modo massiccio all'edilizia (in conseguenza della necessità di sanare alcune situazioni cosiddette "debitorie" risalenti agli anni 1980 e precedenti, intendendosi per "debitorie" tutte le situazioni di cantieri aperti e con coperture finanziarie non ancora realizzatesi, nonch i lavori interessati da perizie suppletive, aggiornamenti di prezzi interessi per ritardati pagamenti e così via) sono andati via via riequilibrandosi con interventi anche consistenti nei vari comparti delle attrezzature sanitarie.
In particolare, nei comparti laboratorio di analisi e radiodiagnostica l'evoluzione degli investimenti è stata tale da consentire di affermare che nel periodo considerato 1981-1987 la Regione ha certamente effettuato lo sforzo massimo in relazione alle risorse disponibili.
Molto schematicamente questa è la sintesi dell'attività svolta dalla Commissione, la quale non ha sottoposto ad alcuna approvazione formale il testo della relazione rassegnata al Consiglio nella quale ritengo si possano riconoscere i Commissari che hanno partecipato e contribuito allo svolgimento dell'indagine.
Il collega Staglianò ha presentato una sua relazione, le cui conclusioni in parte non collimano con quelle da noi espresse. Mi riservo di intervenire sulle sue conclusioni.
Penso che non fosse compito nostro ricercare a tutti i costi e indicare i colpevoli delle deviazioni e delle scorrettezze: ad altri questo compito.
Ricordo che sia all'inizio del lavoro della Commissione che a lavori ultimati la Magistratura è stata regolarmente informata e ha avuto copia della relazione e degli allegati.
Secondo me, era sufficiente cercare di indicare le cause e i possibili rimedi, se vi sono dei colpevoli ci penseranno altri a trarre le conclusioni.
Vorrei fare ancora alcune constatazioni di fondo che si aggiungono a quelle già fatte nel settembre scorso.
In primo luogo, sottolineo che è innegabile che il sistema sanitario regionale (al tempo in cui abbiamo concluso i lavori come pure oggi) non conosce ancora se stesso, perché tra l'altro il sistema sanitario regionale è carente di un sistema informativo valido ed efficiente.
Se i fenomeni degenerativi, quando si verificano, non vengono tempestivamente segnalati e conosciuti hanno tutto il tempo per ampliarsi radicarsi ed incancrenirsi.
In secondo luogo, le strutture pubbliche extraospedaliere, soprattutto i laboratori dell'USSL n. 1/23 e di qualche altra USSL periferica, sono state sottoutilizzate per anni anche in presenza di attrezzature valide e di personale sufficiente e qualificato.
Queste sono le due affermazioni che ritengo causa principale di tanti altri guai.
In terzo luogo, mi pare che il problema della vigilanza e dei controlli, sia regionali che locali, sia stato particolarmente carente e non è stato sufficientemente attivato e realizzato. Non è facile, comunque il suo funzionamento si è dimostrato inadeguato, lacunoso e discontinuo e quando è stato messo in atto si è dovuto fermare per interventi di forze esterne ben note a tutti. Ad esempio, non si è accertato tempestivamente il possesso dei requisiti minimi richiesti dalle leggi vigenti per le strutture convenzionate, così come non si è sempre effettuato un adeguato controllo della rispondenza tra prestazioni effettivamente erogate in convenzione e relativo fatturato. Questo è un fenomeno verificatosi (come è stato sottolineato, evidenziato e rimarcato in Commissione) soprattutto nell'USSL ex 1/23.
Si sono poi tollerate interferenze interessate di vario genere con conseguente dirottamento di utenti verso strutture private anche allorquando il pubblico era in grado di rispondere alle richieste degli utenti.
I medici di base dovevano e debbono essere maggiormente responsabilizzati. Non lo sono stati adeguatamente, probabilmente c'è stata scarsa collaborazione o scarsa comprensione per il ruolo della categoria.
Un problema molto particolare ed importantissimo è quello del personale. Si sono rilevate difficoltà di assunzione, anche in presenza di adeguati stanziamenti non sempre utilizzati; in media, per sostituire una persona occorrono da un minimo di otto ad un massimo di dieci mesi anche per l'assunzione di persone non di ruolo, i tempi dei concorsi sono illimitati, soprattutto alcune strutture non hanno funzionato perché in presenza di tecnici qualificati (medici, biologi, chimici) mancavano, per esempio, di personale d'ordine o semplicemente di dattilografi. In altri termini, per il personale come per le attrezzature in genere non si riesce a spendere tempestivamente quanto stanziato. Non so se in questi ultimi tempi le cose sono cambiate.
Un'altra questione è la mancata integrazione unitaria su base territoriale tra laboratori intra ed extraospedalieri.
Un'altra carenza riscontrata in allora, che è stata però superata, era quella di una legge regionale sui laboratori. Carenze organizzative dell'Assessorato alla sanità che richiedono strutture più agili, snelle e capaci di intervenire tempestivamente.
Un capitolo a parte è quello dei rapporti tra il pubblico e il privato.
Parlando delle case di cura private ho ricordato che i due Piani socio sanitari prevedono un tetto massimo del 10% di posti letto attribuibili alle case di cura private. Lo stesso standard non è previsto per le prestazioni dei laboratori. So che altre Regioni hanno stabilito una percentuale massima entro cui il privato può muoversi: questo potrebbe essere un modo per non criminalizzare il privato e nello stesso tempo per metterlo in condizione di poter sviluppare dei piani a medio e a lungo termine. Per esempio, non ero e non sono d'accordo, anche se la norma è passata, sul fatto che i laboratori privati devono fare delle convenzioni della durata di un anno. Questo non consente di poter programmare adeguatamente gli investimenti e c'è il rischio quindi che debbano aumentare i costi, ma è acqua passata, la legge è stata approvata in quei termini, però - ripeto personalmente non ero e non sono d'accordo.
Suggerimenti: potenziare i laboratori e le strutture pubbliche in genere. Abbiamo tutti conosciuto e vissuto gli episodi che riguardano il laboratorio privato di Susa che ha anche dato origine ad inconvenienti abbastanza gravi nelle persone di qualche nostro collega.
Quando la struttura pubblica è stata sufficientemente potenziata, il laboratorio privato, che era sorto per sopperire a carenze ed esigenze in quella località, è andato in tilt e non è stato più necessario attivarlo. A dimostrazione che gli investimenti oculati producono effetti positivi anche sul piano economico.
Altro problema è quello della politica del personale. Non basta soltanto responsabilizzare il personale, occorre naturalmente che ci siano delle normative certe, precise e puntuali.
A proposito di personale mi si consenta di richiamare un fatto che probabilmente gli addetti ai lavori conoscono e che non può certamente giovare alla funzionalità né del pubblico né del privato, ma soprattutto del pubblico. Da poco tempo a questa parte l'Ordine Nazionale dei Biologi ha denunciato i medici che lavorano nei laboratori. Mi consta che alcuni pretori hanno inviato comunicazioni giudiziarie a tutti i medici di determinate UU.SS.SS.LL., perlomeno a quelle ricadenti nella circoscrizione di quella Pretura, di conseguenza li hanno messi in una situazione particolarmente delicata. C'è il rischio che la categoria medica in quel settore abbia a scendere in sciopero o prenda dei provvedimenti che potrebbero mettere veramente in difficoltà il funzionamento dei laboratori.
Non so quali sono i provvedimenti che in sede nazionale possono e debbono essere presi. Certo è che le decisioni sono urgenti in quanto questa guerra latente, e adesso anche aperta, tra medici, biologi e chimici che lavorano all'interno delle stesse strutture (sto parlando dei medici delle strutture pubbliche) è una situazione che va chiarita e sanata, soprattutto in sede nazionale. Non so cosa si possa fare in sede regionale. E' certo che molti dei laboratori potrebbero essere messi in crisi in maniera abbastanza grave. E' inutile che ci lamentiamo che il fatturato del privato aumenta in presenza di fatti anomali nel settore pubblico.
Altri suggerimenti, e vado rapidamente alla fine, sono quelli contenuti nei vari punti della relazione (mi limiterò ad indicarli) dalla pagina 64 in avanti.
E' opportuno che vengano predisposti al più presto possibile strumenti legislativi che regolamentino l'attività per i laboratori di radiodiagnostica e di recupero e riabilitazione funzionale. Dirò per inciso che nella nostra Regione gran parte dell'attività di riabilitazione funzionale si è svolta sino a ieri nelle strutture private.
E' necessario che venga realizzato, al più presto, un sistema informativo efficiente.
E' necessario definire una normativa che regoli l'attività ispettiva e di vigilanza permanente e periodica di competenza della Regione e delle singole UU.SS.SS.LL.; si potrebbe addirittura pensare - suggerisce la Commissione - ad una Regione che assegna alle UU.SS.SS.LL. i fondi relativi all'attività convenzionata a condizione che le medesime verifichino e controllino i loro rapporti con i soggetti privati.
Occorre una normativa chiara che responsabilizzi gli operatori addetti al rilascio delle autorizzazioni al ricorso alle prestazioni erogate dalle strutture private e convenzionate e con la quale si precisi che le medesime possano essere concesse solo dopo essersi accertati che la rete dei servizi regionali competenti per territorio e branca specialistica non sia in grado di soddisfare le richieste in tempi utili.
E' indispensabile che si giunga all'integrazione unitaria dei laboratori intra ed extra-ospedalieri, ai fini di un utilizzo ottimale della potenzialità dei servizi; a tale scopo, allora si diceva, è essenziale l'attivazione del CUP (Centro Unificato di Prenotazione) di Torino che aveva iniziato con tanta fatica la propria attività e mi auguro che prosegua proficuamente.
Occorre realizzare il principio della mobilità della spesa. Anche questo è uno dei motivi più gravi dei disservizi che si sono verificati perché gran parte delle spese ordinate da UU.SS.SS.LL. periferiche venivano poi effettuate sull'USSL di Torino. E' giusto che d'ora in avanti, a nostro avviso, chi ordina la spesa se ne assuma anche l'onere e le conseguenze.
Occorre affrontare con decisione e con misure straordinarie il problema del rafforzamento delle strutture dell'Assessorato, penso di sfondare una porta aperta in proposito.
Occorre ridefinire ruoli e funzioni della Regione e delle UU.SS.SS.LL.
e distinguere chiaramente le responsabilità degli amministratori e quelle della struttura tecnico-amministrativa; responsabilità intesa come titolarità delle funzioni e come rispondenza degli atti compiuti. E' anche questo un problema molto grave, si parla di managerialità in questi tempi.
E' certo uno dei nodi più difficili da sciogliere di tutto il problema.
Si ritiene opportuno e necessario rivedere compiti, funzioni e struttura organizzativa del Co.Re.Sa.
E' necessario risolvere il problema legato alla carenza numerica di collocazione del personale operante nei servizi pubblici.
Relativamente al recupero e alla riabilitazione funzionale si nota che proprio in questo settore si registrano le maggiori carenze.
E' necessario che vengano snelliti i procedimenti burocratici per l'esame delle richieste di autorizzazione e al funzionamento delle strutture private.
Si dovrebbe verificare se sia opportuno frenare gli investimenti diretti a quei laboratori territoriali che, causa le denunciate carenze di personale, non riescono ad aumentare adeguatamente le prestazioni; questi stanziamenti potrebbero essere dirottati opportunamente su altri.
E' opportuno che vengano definiti gli indicatori di efficienza e di efficacia che permettano di valutare l'attività dei servizi pubblici.
Sarebbe opportuno che si arrivasse eventualmente ad una sanatoria per cercare di assicurare stabilità a quei lavoratori che dipendevano da strutture private che hanno subìto determinate conseguenze in seguito all'inchiesta anche di carattere giudiziario e che hanno perso il posto penso che sia un problema superato in questi ultimi tempi, ma se non lo fosse ancora si raccomanda al Consiglio e all'Assessorato di provvedere in materia.
Quali altre conclusioni? Le conclusioni, a mio avviso, sono semplicissime e molto brevi. E' innegabile che la situazione della sanità è in movimento. Alcuni dei suggerimenti che ho ricordato e che sono stati dati dalla Commissione sono stati messi in atto, sia a livello nazionale che a livello regionale, per esempio la divisione della mega struttura dell'USSL 1/23. Altri suggerimenti sono stati accolti nelle linee di indirizzo che sono state approvate a maggioranza dal Consiglio per quanto riguarda il nuovo Piano socio-sanitario.
Certo è che i problemi che riguardano le disfunzioni della sanità, a mio avviso, si inquadrano in una situazione di carattere generale che ci deve preoccupare non soltanto per quanto riguarda il settore specifico, ma per tutti gli altri aspetti morali ed economici che interessano il nostro Paese.
Consentitemi infine di ringraziare il Vicepresidente Calligaro e tutti i membri della Commissione che hanno lavorato con serenità, cordialità e anche fraternamente in frangenti non sempre facili perché oberati da altro lavoro e che hanno reso possibile la conclusione dei lavori in tempi relativamente brevi e con reciproca soddisfazione.



PRESIDENTE

Ha ora la parola il Consigliere Staglianò per l'illustrazione della relazione di minoranza dallo stesso presentata in data 15/11/1988 all'Ufficio di Presidenza.



STAGLIANO' Gregorio Igor, relatore

La ringrazio signor Presidente, sono particolarmente felice di avere finalmente la presenza dell'Assessore Maccari in aula, perché se è vero che tutti i 60 Consiglieri hanno a loro mani il testo della relazione consegnata alla Presidenza del Consiglio, come è stato ricordato poc'anzi è anche vero che il sottoscritto ritiene necessario dover integrare quella relazione con ulteriori elementi analitici e considerazioni politiche che ci possono aiutare a mettere a fuoco questo fenomeno degenerativo su cui due anni fa il Consiglio regionale decise coraggiosamente e finalmente di indagare.
A quanto pare però questa non sembra essere una delle grandi occasioni per questo Consiglio: io ho contato 22 Consiglieri e 5 Assessori, uno dei quali ritardatario (quello che doveva essere il più puntuale). Questo manifesta una difficoltà: la presa di coscienza da parte di questa assemblea che le cose non vanno e continuano a non andare.
Da cinque mesi e mezzo, come ha ricordato il Presidente della Commissione Devecchi, la Commissione d'inchiesta aspetta di relazionare al Consiglio. I lavori sono stati molto lunghi (18 mesi) e anche faticosi per le ragioni che ritengo risulteranno ancora più chiare al termine del dibattito.
In questi mesi sono emersi ulteriori elementi di conoscenza del fenomeno degenerativo a carico degli organi di governo della sanità piemontese e marcatamente dell'Assessorato retto da Maccari.
Per questo dicevo che sono costretto ad integrare la relazione già a vostre mani.
Una relazione resa necessaria dalla convinzione del sottoscritto per dire che non basta fermare il fotogramma per capire il film, bisogna vedere il film nella sequenza per capire cosa avanza.
Domani mattina, 23 dicembre 1988, davanti al Tribunale di Torino ci sarà la prima udienza (ecco le novità su cui voglio richiamare l'attenzione dei colleghi) per decidere in merito alla esecutività del decreto ingiuntivo richiesto dallo studio medico Mirafiori il quale vuole farsi pagare dall'USSL 1/23 L. 245.543.000, maggiorata, questa cifra, del 15-20 di interessi legali e rivalutazione. Questa cifra è relativa agli esami effettuati tra novembre/dicembre 1986 e aprile/maggio 1988 dal laboratorio privato citato.
Colleghi, è bene sapere che lo studio medico Mirafiori è l'avanguardia di un drappello di sette laboratori privati convenzionati con l'USSL di Torino. Questo drappello pretende l'incasso di 1.850 milioni di lire.
Questa cifra è stata trattenuta dall'USSL di Torino in seguito all'apertura dell'inchiesta giudiziaria sullo scandalo delle "convenzioni d'oro" oggetto della Commissione d'inchiesta.
Proviamo a soffermarci, con tutta l'attenzione che merita, su questo passaggio. Poiché il Magistrato inquirente, che ha provveduto due giorni fa a rinviare a giudizio gli imputati ormai noti, andava accertando sovrapagamenti ai laboratori convenzionati, fu disposta la trattenuta cautelativa del 20% sui compensi derivanti da convenzione. Io ho citato lo Studio Medico Mirafiori, dicendo che è l'avanguardia di un drappello di sette laboratori privati che avanza la richiesta di essere pagato con gli interessi.
Nel dettaglio questi laboratori sono: IFT che chiede l'incasso di 103.085.000 lire per prestazioni effettuate tra dicembre 1986 e agosto 1987 TEDAR che chiede 40.413.000 lire per prestazioni effettuate tra dicembre 1986 e luglio 1987 REDI: 192.491.000 lire per prestazioni effettuate tra gennaio 1987 e agosto 1987 LAMBDA: 488.863.000 lire per prestazioni effettuate tra dicembre 1986 e dicembre 1987 Istituto Medico Torinese: 150.370.000 lire per prestazioni effettuate tra dicembre 1986 e dicembre 1987 LARC: 313.185.000 lire per prestazioni effettuate tra dicembre 1986 e novembre 1987 Studio Medico Mirafiori: come gia detto, 245.543.000 lire.
Il totale è di 1.500.000.000 che gravato di interessi raggiunge la cifra di 1.850 milioni.
Se lo Studio Medico Mirafiori è all'avanguardia di questo drappello subito dappresso, signor Presidente, abbiamo l'IFT, il LARC e l'Istituto Medico Torinese che hanno richiesto anch'essi il decreto ingiuntivo al Giudice istruttore. Per l'IMT e il LARC la richiesta è anche di provvisoria esecutività del decreto. Il difensore dell'USSL in una memoria inviata ai responsabili della Sanità pubblica a proposito di queste due richieste di provvisoria esecutività del decreto testualmente scrive: "fortunatamente e fortunosamente negata dal Giudice".
Veniamo alla causa che ci riporta all'oggetto della Commissione d'inchiesta: la trattenuta del 20%, come già detto, fu disposta cautelarmente nei primi mesi del 1987. Fu il Commissario prefettizio dell'USSL 1/23, il dott. Terribile, a disporlo dopo gli arresti eccellenti e su indicazione della Regione, la quale, attraverso l'Assessorato alla sanità aveva richiesto la soppressione integrale dei pagamenti. Questo non avvenne e si optò per una misura più ridotta, appunto il 20%. Misura che fu stabilita in base alla stima approssimativa degli esami di cui era incerta la ricomprensione nel tariffario, oppure che il costo era maggiorato rispetto al tariffario stesso, come le cronache giudiziarie ci hanno abituato a leggere. Questo avvenne in seguito alle testimonianze circostanziate che mettevano in luce il meccanismo della ruberia. L'USSL 1/23, dopo aver preso questo provvido (scusate il bisticcio) provvedimento chiese alla Regione di avere lumi sulla portata del tariffario in relazione agli esami contestati, ma questi lumi, signor Assessore, non sono mai arrivati da parte della Regione e tanto per essere chiari e completi nemmeno il Ministero della Sanità del sempre presente Donat Cattin che scaglia fulmini nei confronti della sanità torinese - come se lui non c'entrasse nulla con il tutto - interpellato dal dott. Terribile non ha dato mai segni di vita al riguardo. E così la trattenuta del 20%, cari colleghi, è rimasta in vigore fino all'entrata del nuovo tariffario cosa che è avvenuta nella prima metà di quest'anno come sappiamo. In seguito la trattenuta è stata abbassata al 5% in attesa di più approfonditi controlli sugli esami, sempre quelli contestati, e sul presupposto, in realtà infondato come vedremo, che il contratto, cioè il nuovo tariffario nazionale, abbia risolto i dubbi. Sta di fatto che a tutt'oggi non è stato risolto alcun dubbio né sul pregresso 20%, né sulla nuova trattenuta del 5%, di conseguenza noi pensiamo di essere facili profeti a prevedere che altri laboratori si faranno avanti e che i "magnifici sette" di cui abbiamo parlato prima chiederanno il conto con gli interessi non soltanto per il periodo citato (1986/1987), ma chiederanno il conto e gli interessi fino ad ora cioè anche per il 1988 - naturalmente per gli esami che hanno continuato a fare in regime di convenzionata - determinando così una lievitazione delle spese ben più alta per le UU.SS.SS.LL., quindi per la Regione che porterà la cifra ad essere ben superiore ai quasi 2 miliardi di cui dicevo.
Visti i ritardi nella risposta dell'Assessorato che non arriva né è verosimile che arriverà, vista l'attenzione che dedica ai problemi, il difensore legale già citato dell'USSL di Torino incaricato di tutelare gli interessi intaccati in regime di convenzionata dai laboratori, osserva in una memoria inviata il 6 dicembre u.s. (15 giorni fa) testualmente: "è sempre più difficile sostenere che la trattenuta è cautelare quando sono trascorsi due anni senza adottare alcun provvedimento conclusivo". Questo è lo scrupolo di un professionista che pensa di dover fare gli interessi della parte che deve difendere davanti al Giudice; uno scrupolo forse eccessivo, caro Presidente, visto l'andazzo. Il professionista nel luglio 1988 si è incontrato con il dott. Manassero del Servizio assistenza sanitaria integrativa di base e con il dott. Braia allora a capo del servizio, per avere indicazioni sulle tesi dell'USSL e per individuare finalmente quali fossero esattamente gli esami contestati.
Il colloquio è risultato infruttuoso ai fini pratici della esigenza manifestata dal difensore. E' emerso che le difficoltà nell'accertare esattamente gli esami contestati derivano dalla materiale impossibilità del servizio a fare i controlli su tutti i deconti (come si dice in gergo la fatturina) relativi al periodo della trattenuta perché la trattenuta è stata fatta su tutti i laboratori convenzionati. Inoltre hanno aggiunto i servizi dell'Assessorato che i dubbi sul nuovo tariffario sono esattamente identici a quelli sul vecchio.
Allora, testualmente, ancora cito da questo documento in mano dei responsabili della sanità torinese e piemontese: "Anche l'attuale trattenuta del 5% (fatta sulla media degli errori di fatturazione a vantaggio dei laboratori) - perché i laboratori si sbagliano, però sempre in più e mai in meno, questo sia chiaro - è dovuta al fatto che il servizio non ha personale sufficiente per effettuare il necessario e imprescindibile controllo deconto per deconto". Forse l'Assessore Maccari farebbe bene a chiedere all'Assessore al personale anziché le serrature per i suoi uffici qualche dipendente in più, per fare questi controlli, quanto meno si adoperasse, perché sappiamo che non è facilissimo.
Ho letto una interrogazione del Consigliere Montefalchesi molto dettagliata in cui è riportata una lettera inviata dall'Assessore Maccari all'Assessore al personale, Brizio, nella quale l'Assessore Maccari lamenta che i suoi uffici sono senza serrature. Forse, più che qualche serratura magari opportuna, ma non voglio entrare nel merito di questo, al Servizio sanitario servirebbe più personale per fare esattamente questo lavoro.
Le vertenze legali di cui parliamo, non potranno concludersi senza perizie tecniche (vertenze legali perché la Regione non ha fatto il suo dovere, non ha controllato quello che doveva controllare) fatte da commercialisti e poi da medici. La perizia dovrà riguardare tutti gli esami che compongono il fatturato dei sette laboratori. Al riguardo si annota sempre nel documento citato: "Il costo che la USSL 1/23 dovrebbe sostenere supererebbe di molto quello sostenuto facendolo fare al proprio personale così da chiarire già in partenza quali sono esattamente gli esami contestati; naturalmente a parlare è sempre il professionista incaricato di tutelare gli interessi della USSL 1/23 - a condizione che gli uffici siano materialmente in grado di eseguire i controlli", ma così non è, come abbiamo sentito dire dai funzionari interpellati.
A questo punto, colleghi Consiglieri, posso riprendere il filo della relazione che ho consegnato alla Presidenza del Consiglio e a tutti i colleghi. Penso che questo episodio ci aiuti a capire che il film continua e quindi che vedremo ulteriori sviluppi raccapriccianti nelle prossime settimane in questa Regione.
Torno al perché della Commissione d'inchiesta.
La necessità di istituire una Commissione d'inchiesta del Consiglio regionale in merito alle convenzioni UU.SS.SS.LL. - strutture private operanti in Piemonte, ha fatto seguito allo scandalo che dal dicembre 1986 ha investito le più alte cariche politiche della sanità e i massimi dirigenti tecnici, nonché le strutture private più note.
La dimensione dello scandalo, via via che la Magistratura indaga, si allarga a macchia d'olio investendo gli aspetti più variegati del rapporto tra il Servizio sanitario nazionale e i privati (appalti delle pulizie, e acquisti di beni, gli ultimi capitoli di questa storia infinita). I diversi canali di investigazione, peraltro ancora in atto, producono nel tempo nuovi filoni di indagini, che sembrano non avere mai termine.
I lavori della Commissione d'inchiesta, come ha già detto il Presidente della Commissione, Devecchi, hanno preso in esame alcuni degli aspetti che caratterizzano il rapporto tra struttura pubblica e struttura privata particolarmente nell'ambito dei laboratori di analisi, di radiologia e delle strutture di recupero e riabilitazione funzionale. Va detto innanzitutto, che il problema nella sua dimensione degenerativa riguarda soprattutto la città di Torino sulla quale, pertanto, la nostra osservazione si è soffermata.
Una indagine di tal genere non poteva essere effettuata esclusivamente fotografando per un istante la realtà, ma indagando sui motivi e le scelte che hanno permesso il verificarsi delle attuali condizioni che si appesantiscono ulteriormente, come ho provato testé a dire.
Abbiamo cercato di evitare conclusioni che indicassero esclusivamente nella situazione esistente di disorganizzazione, mancanza di personale e finanziamenti la colpa di tutto, ed abbiamo cercato di risalire alle scelte politiche. La Commissione di inchiesta è un organo politico - istituzionale del Consiglio per cui deve entrare anche nel merito delle scelte politiche e offrire una valutazione che il Consiglio naturalmente può rigettare in qualsiasi momento, per individuare le radici della strada che si è inteso percorrere e che ha portato allo scandalo.
Pur senza anticipare ciò che verrà meglio svolto nelle pagine seguenti nei primi anni '80 uno scontro politico tra il livello gestionale della sanità piemontese e quello torinese si è verificato nelle stanze dei partiti ed ha avuto come conclusione la spartizione della sanità pubblica in campi di interessi. E' a questo scontro che bisogna far risalire secondo noi, la chiave di lettura per capire le motivazioni di quanto è successo e di quanto accade tuttora.
Nella relazione ci siamo soffermati in particolare su alcuni atti, il PSSR 1982/1984 e la deliberazione della USSL 1/23, n. 1564/36/82 del 3/6/1982 "Riordino e ristrutturazione delle attività di diagnostica strumentale di laboratorio di analisi", che consentono di mettere in luce proprio alcuni degli aspetti principali dello scontro anzidetto.
Non ci siamo limitati a guardare e ad analizzare i dati, le audizioni e i documenti, acquisiti dalla Commissione nel corso dei suoi lavori protrattisi per quasi un anno e mezzo, ma abbiamo cercato di "integrarli" con l'occhio rivolto al recente passato; di integrarli basandoci sui documenti a nostra disposizione non su estrapolazioni fantasiose come qualche collega in un'altra circostanza ha voluto far credere con un'interruzione ad un intervento del sottoscritto verso la fine del mese di settembre. Non ci siamo limitati alla registrazione: abbiamo cercato di offrire un'interpretazione obiettiva dei documenti raccolti e abbiamo avanzato alcune proposte che non hanno certamente la presunzione della completezza, ma che cercano di puntare l'attenzione su alcuni aspetti gestionali critici che necessitano, per essere risolti, di scelte politiche chiare.
Ultima annotazione preliminare. Lo scandalo e il degrado delle strutture pubbliche non sono fatti accaduti senza preavviso; episodi "limitati" di scandali, denunce del sindacato, valutazioni di alcuni settori politici, e non ultimo, lo voglio richiamare, il lavoro svolto dalla Commissione regionale salute di Democrazia Proletaria e da Medicina Democratica con la pubblicazione del libro bianco nel febbraio del 1985: "L'industria della malattia a Torino", e consegnato ai responsabili regionali della sanità, dovevano mettere in allarme chi gestiva la sanità.
Uno scandalo preannunciato, dunque, dalle scelte politiche effettuate e che non si è voluto contrastare: questa, noi diciamo a chiare lettere, è la responsabilità della classe politica regionale e torinese che ci pare inequivocabile.
Comincio ad entrare nel merito, chiedo scusa ai colleghi se mi dilungherò, però ritengo che sia assolutamente necessario. So che siamo alla vigilia di Natale, che siamo tutti stanchi, che questo è il terzo giorno di seduta, però ritengo opportuno integrare la relazione che vi ho consegnato con alcuni passaggi significativi. Ritengo che sia doveroso per tutti i colleghi che, oberati di altre letture, tutte altrettanto necessarie, almeno quelli che ascoltano, abbiano la possibilità di sapere.
Il materiale sul quale la Commissione d'inchiesta ha lavorato pu schematicamente ridursi a: 1) acquisizione dati 2) audizioni 3) sopralluoghi.
Acquisizione dati.
La relazione che il Presidente Devecchi ha riassunto per sommi capi rischia di perdersi nei cassetti dove giacerà a futura memoria.
Si è reso necessario formulare un questionario ad hoc, con l'ausilio del CSI e del Co.Re.Sa. inviato a tutte le UU.SS.SS.LL. del Piemonte per avere elementi validi che consentissero alla Commissione di poter esprimere un livello accettabile di analisi. Ciò impone una prima riflessione. Il Servizio sanitario regionale, che "macina" più di 4.500 miliardi all'anno ed ha alle sue dipendenze più di 45.000 operatori, non è in grado di fornire alcuni dati informativi semplici, chiari, confrontabili. Si tenga conto che gli elementi informativi di cui la Commissione d'inchiesta aveva necessità per il proprio lavoro, erano estremamente semplici; dati che in qualsiasi organizzazione del lavoro debbono essere sempre presenti per poterla governare. Non è nemmeno immaginabile un'organizzazione del lavoro che non disponga di alcuni parametri fondamentali: personale, materiale spesa; tali parametri rappresentano - come è ovvio - la base per poter analizzare e valutare l'efficacia di un sistema. E se risulta preoccupante l'assenza attuale di dati informativi fondamentali, ancor più pericoloso sarebbe continuare su questa strada.
Le risposte al questionario predisposto dal CSI e dal Co.Re.Sa. su indicazione della Commissione d'inchiesta, non sono state tuttavia pienamente soddisfacenti: il mancato ritorno dei questionari da parte di alcune UU.SS.SS.LL., la restituzione di questionari incompleti e la probabile stesura dei questionari con dati informativi non omogenei, quindi difficilmente confrontabili, impongono di assumere i punti di analisi con particolare attenzione.
Vedo che il pubblico dei Consiglieri si va sfoltendo...



PRESIDENTE

Collega Staglianò, forse dovrebbe concentrare la sua relazione, perch sta già parlando da 45 minuti.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Per la verità sono solo 25 minuti che parlo, comunque sono alla pagina n. 3 di una relazione che ne contiene 41 con alcune integrazioni che ritengo di leggere tutte. Chi vuole ascoltare può farlo chi non vuole farlo non è obbligato ad ascoltare. Io parlo alle gentilissime stenotipiste e alla Presidenza che ascolta, ognuno faccia quello che crede! Ringrazio coloro che stanno ascoltando, ma chiedo il sacrificio di fare un po' di attenzione.
Audizioni. Le testimonianze dei responsabili politici e tecnici regionali, nonché dei responsabili delle strutture di laboratorio ospedaliero ed extraospedaliero e di alcuni dei responsabili delle strutture private, hanno espresso, sia pure con forme ed indicazioni differenti sulle quali ci si soffermerà più avanti, una situazione generale molto confusa di disordine amministrativo ed organizzativo.
Al riguardo si ritiene che questo stato di cose non possa essere semplicemente il frutto delle generali difficoltà nelle quali opera il Servizio sanitario, ma sottintenda una "volontà" di lasciare incancrenire la situazione. In tale condizione operativa, i livelli di responsabilità non sono più identificati, spariscono, e la soluzione dei problemi o le colpe vengono sempre individuate a livello gerarchico superiore. In tal modo, l'impiegato dello sportello si comporta in modo così deresponsabilizzato poiché il suo responsabile fa presente la mancanza di direttive precise dall'USSL. i responsabili dell'USSL indicano nella Regione le responsabilità di non aver fornito, con la necessaria tempestività, possibili interpretazioni legislative e la Regione indica nella mancanza di leggi chiare, nell'assenza di risorse finanziarie e nel blocco dell'assunzione del personale, una manifesta impossibilità ad operare. Su ciò si ritornerà più avanti.
Occorre dire subito, tuttavia, che le organizzazioni sindacali del settore sanitario concovocate dalla Commissione d'inchiesta, non si sono presentate alle audizioni e ciò è molto grave: eppure le stesse organizzazioni sindacali durante i primi mesi dell'87, e cioè mentre esplodeva lo scandalo, avevano fatto sentire più volte la loro voce in merito al funzionamento di alcuni laboratori ospedalieri, denunciando le precarie condizioni di lavoro dei laboratori pubblici. La mancata loro audizione fa si che non sia stato possibile registrare il punto di vista di chi lavora direttamente nelle strutture oggetto dell'inchiesta, ma solo quello, seppure molto interessante, di chi ne ha la responsabilità organizzativa.
L'audizione dei responsabili delle strutture private, a sua volta, è risultata estremamente penosa: nemmeno un minimo accenno alle motivazioni che hanno portato all'apertura delle inchieste giudiziarie in corso; eppur essi devono conoscere, se non fatti specifici sui quali rispondono all'autorità giudiziaria, almeno da un punto di vista analitico le condizioni che hanno permesso lo svolgersi e il dispiegarsi in modo diffuso i rapporti di interesse tra la struttura pubblica e quella privata.
La litania dell'aver eguale opportunità con la struttura pubblica l'abolizione del limite dei tre giorni, fa risultare queste audizioni praticamente inutili ai fini del lavoro della Commissione d'inchiesta risultando, questi personaggi, più fastidiosi questuanti che operatori economici privati. Questuanti fastidiosi che traggono il loro guadagno non tanto da una iniziativa privata che ha i suoi margini di profitto all'interno di un sistema, nel quale si corre anche qualche rischio, ma in cui il loro profitto viene tratto dalla mancanza di funzionalità del sistema pubblico e pertanto tutto ciò che concorre a disarticolare il sistema pubblico, per loro non è che un ovvio vantaggio e l'inchiesta della Magistratura questo ci va documentando.
Sopralluoghi e materiali acquisiti.
Per quanto concerne l'acquisizione di materiali conoscitivi, la relazione del Servizio ispettivo sanitario e finanziario sulla gestione delle UU.SS.SS.LL. del 26/3/1987, è indubbiamente il documento più interessante per i meccanismi decisionali che emergono sia in merito alle procedure per il rilascio delle autorizzazioni, per il ricorso alle strutture private convenzionate, sia per i rapporti esistenti tra gli operatori di una singola struttura pubblica, sia, infine, in merito ai rapporti tra ospedali e strutture territoriali tra i responsabili delle varie strutture sanitarie a diverso livello.
Che cosa ci dicono i dati? Pur con i limiti, già detti, dei dati acquisiti, si ritiene che, almeno per alcuni aspetti della complessa materia, essi forniscano comunque indicazioni degne di una qualche considerazione; per altri, invece, possono stimolare alcuni spunti di analisi sul fenomeno sul quale siamo stati chiamati ad indagare.
Dall'analisi che può farsi dalla tabella n. 1 emerge una notevole differenza dell'area privata nei diversi settori del convenzionamento (laboratorio radiodiagnostica - riabilitazione) e tra l'USSL 1/23 e tutte le altre UU.SS.SS.LL. del Piemonte.
Mi auguro che voi abbiate ricevuto e letto una correzione che il sottoscritto ha ritenuto doveroso trasmettere perché l'impossibilità ad avere disponibili, nei materiali della Commissione, dei quadri riassuntivi utili ad operare un corretto confronto fra le strutture pubbliche nel settore laboratoristico e radiodiagnostico ambulatoriale e le strutture private, ci ha indotti in una inesattezza nella trascrizione dei valori assoluti e percentuali di riferimento. Non ci pare corretto, infatti inserire nel confronto tra strutture pubbliche e private il totale delle prestazioni effettuate in ambito ospedaliero (come si fa a pag. 6 dell'allegato 2), poiché in questo totale sono comprese anche le prestazioni effettuate dagli ospedali in regime di ricovero, ovvero "per interni". Abbiamo dovuto ricalcolare, perciò, sia per l'USSL 1/23 che per tutte le altre UU.SS.SS.LL. del Piemonte, le prestazioni effettuate dagli ospedali solo in regime ambulatoriale, ovvero "per esterni". Da notarsi inoltre che il quadro riassuntivo, seppure spurio come sopra rilevato riguarda esclusivamente l'USSL 1/23; non ne esiste, invece, nei materiali della Commissione, nessuno per quanto riguarda le rimanenti UU.SS.SS.LL.
del Piemonte. Pur non mutando la sostanza del ragionamento svolto nella relazione, è doveroso correggere valori assoluti e percentuali delle prestazioni laboratoristiche e radiodiagnostiche nell'area torinese riportati nella precedente tabella 1.
Nell'ambito della laboratoristica, i privati incidono per il 40,9% del numero delle prestazioni che si effettuano nell'area torinese, a confronto con un 8,7% del rimanente territorio piemontese.
Nell'ambito delle prestazioni radiodiagnostiche, i privati svolgono il 37,7% delle prestazioni nell'area torinese a confronto del 15,3% della restante area piemontese.
La riabilitazione - qui c'è qualche riferimento alle cose che sono state dette ieri a proposito dell'aggiornamento del PSSR per il prossimo anno a sua volta rappresenta un'area con una bassa presenza del pubblico in tutta l'area piemontese, sebbene nell'area torinese la presenza privata sia praticamente egemone: svolge infatti l'86,9% delle prestazioni di riabilitazione a fronte di una presenza forte, ma non maggioritaria nel resto del Piemonte (44,5%).
E' evidente pertanto quanto sia doveroso rivolgere l'attenzione in modo prioritario all'area torinese, senza trascurare la possibilità che in limitate altre zone, in particolare in quelle in cui vi è una maggiore densità di abitanti (i capoluoghi di provincia), si verifichi una presenza del settore privato in forme consistenti.
La notevole differenza di presenza del settore pubblico nell'ambito della riabilitazione tra l'USSL di Torino e le rimanenti UU.SS.SS.LL., non è dovuta ad una maggiore offerta di prestazioni da parte del settore pubblico. Anzi, osservando la tabella n. 2 si può vedere che i torinesi possono usufruire di 2,55 prestazioni riabilitative all'anno, mentre i rimanenti cittadini piemontesi di 0,60 prestazioni all'anno. Tale differenza è dovuta alla mancanza del settore privato fuori Torino e non come approssimativamente si poteva immaginare, per una maggiore penetranza del settore pubblico. Infatti, con perfetta uguaglianza, le strutture pubbliche offrono 0,33 prestazioni all'anno ad ogni cittadino piemontese.
Nella tabella n. 3, la spesa per i settori presi in esame ha avuto poche oscillazioni negli anni 1982/1986. E' da ribadire in proposito che pur non essendo in grado di fare dei precisi confronti, il valore della spesa per esame di laboratorio (4.514 lire) che lo Stato paga al privato è uguale al valore indicato dal geometra Fares (vedi seduta n. 7/1 del 4/6/1987 della Commissione d'inchiesta), il quale indica peraltro in 2.300 lire il costo medio per esame nell'ambito pubblico. Una differenza di 1.800 lire non è poco come business.
Tali osservazioni non sono solo il frutto di impressioni individuali.
Infatti, una pubblicazione dell'Assessorato alla sanità della Regione Piemonte ("La rete regionale dei servizi diagnostici di laboratorio analisi", Mondovì 3/7/1982) riporta la seguente tabella, risultante dall'analisi dei costi in quattro presidi di laboratorio: Ivrea: costo ospedale lire 3.135, onere tariffario lire 4.514 (differenza -1.379) Venaria: costo ospedale lire 3.596, onere tariffario lire 4.574 (differenza -1.078) Pediatrico: costo ospedale lire 4.433, onere tariffario lire 4.955 (differenza -552) Oftalmico: costo ospedale lire 3.724, onere tariffario lire 5.520 (differenza -1.396).
E' evidente pertanto quanto risulti antieconomico procedere nella strada sinora percorsa nell'utilizzo dei privati quali "sostituti" dell'intervento pubblico. I margini di profitto per chi ha la convenzione sono pertanto notevoli.
Considerando con più accuratezza la situazione torinese (vedasi la tabella n. 4) e basandosi sui dati raccolti dalla Commissione d'inchiesta, pur con i limiti già evidenziati, possiamo rilevare quanto segue: nel settore laboratoristico il 40,9% delle prestazioni viene svolto dal settore privato; l'altra metà è suddivisa equamente tra gli ospedali (si sono considerati solo gli esami ambulatoriali) e i poliambulatorii territoriali nel settore radiodiagnostica gli ospedali effettuano quasi la metà delle prestazioni, i poliambulatorii il 17% e i privati il 37,7 nel settore riabilitativo i privati hanno praticamente il monopolio degli interventi con l'87% delle prestazioni.
Emerge quindi una situazione di pesante pressione del privato, mentre nell'ambito pubblico vi è la netta prevalenza del settore ospedaliero rispetto a quello territoriale (anche questo è un elemento da considerare per quanto riguarda in particolare la formulazione del futuro Piano socio sanitario). Sebbene non "ammalati" di territorialismo, si deve far presente quanto l'ospedale attragga a sé la domanda di prestazioni specialmente nell'area della radiodiagnostica. Non si può, e non si vuole rinunciare alla capacità professionale ed organizzativa dell'ospedale, la quale però deve essere orientata a svolgere "prioritariamente" le sue funzioni più specifiche quale struttura di ricovero, mentre non si ritiene sia giusto "caricare" la struttura ospedaliera anche di prestazioni che devono invece trovare più utilmente la loro collocazione nell'ambito delle strutture poliambulatoriali territoriali.
Attualmente gli ospedali e gli ambulatori territoriali, per le funzioni di laboratorio, svolgono il 59,1% delle prestazioni rivolte all'esterno per la funzione radiodiagnostica quasi il 62,3% delle prestazioni sono svolte in regime ambulatoriale; per la riabilitazione i dati non ci forniscono questa suddivisione. Non è pensabile continuare a concepire l'ospedale quale contenitore privilegiato per l'attività laboratoristica e radiodiagnostica; in tal modo si aggraverà, verosimilmente, quanto sta già accadendo: concentrare queste prestazioni sulle strutture ospedaliere metterà in crisi la stessa risposta alla domanda interna dei ricoverati.
Il settore riabilitativo impone, a nostro avviso, drastiche ed urgenti scelte, non solo nel territorio torinese, onde sviluppare una rete di servizi territoriali in grado di rispondere alla domanda non solo per il presente, ma per il futuro, tenendo conto dell'aumento dell'età media dell'utenza e dello sviluppo di patologie che porteranno a una domanda di riabilitazione più intensa.
Per quanto concerne i laboratori, la tabella n. 5 mette in rilievo quanto l'incidenza del settore privato, massima nel 1983 con il 61,6%, è andata decrescendo sino al 40,9% nel 1986: Su quest'ultimo valore incide una maggiore accuratezza dei dati del settore pubblico.
La tabella n. 6 evidenzia inoltre il peso maggiore che ha avuto negli anni 1981-1986 il lavoro per "esterni" svolto dai laboratori ospedalieri passando dal 21,3% al 27,6%.
Sulla riadiodiagnostica, la tabella n. 7 mette in rilievo quanto l'incidenza del settore privato (che nel 1983 era del 56,1%) sia sceso al livello del 37,7% nel 1986, ma evidenzia altresì la perdita di punti percentuali dei poliambulatorii nel corso degli anni: il tutto a favore degli ospedali, i quali si attestano ad oltre il 45% di tutte le prestazioni di radiodiagnostica.
La tabella n. 8 evidenzia il maggior peso che ha assunto l'attività radiodiagnostica per "esterni" nell'ambito dei servizi ospedalieri passando dal valore percentuale di 47,8% nel 1981 al 56,1% nel 1986.
Sulla riabilitazione, pur nella ristrettezza dei dati, si può indicare che il sistema privato in questi anni ha assunto un ruolo egemone nel settore: quasi 2 milioni e mezzo di prestazioni nel 1986 da parte dei privati, contro le 367.893 svolte dagli ospedali. Inoltre, più del 70 delle prestazioni svolte dai servizi ospedalieri sono rivolte all'esterno.



PRESIDENTE

Consigliere Staglianò, le ricordo che ha già usato il doppio del tempo previsto dall'art. 59 del Regolamento.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Mi dispiace, però come è possibile capire da parte di tutti, il lavoro che oggi finalmente presentiamo? Non è stata una passeggiata per il mio Gruppo! Che cosa dicono le audizioni? I problemi emersi nel corso delle audizioni possono essere ricondotti a due grossi capitoli: attrezzature e personale.
Per quanto riguarda le attrezzature, vi è stato un certo impegno di investimento nelle strutture territoriali che ha dato come risultato un netto aumento della produttività (si vedano in proposito le schede nn. 1 e 2 riportate al termine del capitolo). Tali investimenti erano particolarmente necessari per le strutture extramutualistiche, le quali avevano subito una interruzione degli investimenti negli anni precedenti la promulgazione della legge n. 833/78 (Prof. Concina, audizione del 12/5/1987: "Le strutture non ospedaliere (omissis) erano in condizioni fatiscenti").
Collegato al problema attrezzature, non può essere sottaciuto l'aspetto alquanto discutibile del "comodato d'uso" presente in modo massiccio e diffuso. In proposito è rilevata, in modo generalizzato, la condizione di non autonomia in cui ci si viene a trovare acquisendo attraverso questo sistema una determinata apparecchiatura, la quale per il suo funzionamento richiede materiali e reagenti di quella specifica ditta. Ma ciò non sarebbe poi, di per sé, un gran male; quello che emerge con maggiore evidenza è la difficoltà a seguire le innovazioni tecnologiche che in questo campo si sviluppano in modo talmente rapido da fare uscire celermente dal mercato attrezzature per le quali non viene più garantita l'assistenza e la produzione di materiali per il suo funzionamento.
Diversa sembra essere la condizione delle attrezzature dei laboratori degli ospedali: in alcuni di essi - a detta dei responsabili - sono necessari investimenti per sostituire attrezzature obsolete o superate (si veda in proposito la scheda n. 3 riportata al termine del capitolo).
Ciò di cui è sofferente in maniera marcata la struttura pubblica, con una grave ricaduta sulla sua funzionalità, è l'insufficienza delle piante organiche e la presenza reale del personale. Su questo punto potevano fornire elementi utili di conoscenza del fenomeno le organizzazioni sindacali dei lavoratori, le quali però, benché invitate, non si sono presentate all'audizione.
Va preso atto ad ogni modo della diversità del rapporto di impiego tra operatori che lavorano nell'ambito ospedaliero (dipendenti) e operatori delle strutture territoriali (dipendenti e convenzionati) che a volte determina l'impossibilità ad organizzare il lavoro in modo efficiente. Qui c'è una differenza di annotazione rispetto a quanto ha scritto nella sua relazione il Presidente Devecchi.
Alla scarsità generale del personale corrisponde una difficoltà ed una limitatezza ad offrire un buon servizio anche quando la struttura e la tecnologia in possesso potrebbe dare e fornire di più. Si fa presente al riguardo che in molti casi il personale mancante non è connotato da professionalità difficile da reperire sul mercato del lavoro; mancano figure amministrative da inserire allo "sportello" accettazione da utilizzare per l'inserimento di dati nel computer (quando c'è), da utilizzare per la battitura dei referti; tutte mansioni alle quali suppliscono figure professionali (generalmente infermiere) che potrebbero essere utilizzate meglio per la loro specifica formazione.
L'aspetto sopra sottolineato non deve essere sottovalutato, poiché esso ha rilevanza sia nel buon funzionamento dell'organizzazione del lavoro, sia nei riguardi dell'utenza, riducendo in taluni casi in modo rilevante i tempi di attesa che sono inaccettabili per i cittadini.
Risultando l'organico dei laboratori ridotto quantitativamente l'assenza di una unità (malattia, permesso, maternità, ferie) non permette la redistribuzione del carico di lavoro sui presenti. Si verifica pertanto la caduta di una parte del servizio, con ripercussioni immediate sull'intero sistema. Si vuol fare presente con ciò quanto pesino, nelle piccole unità operative, i problemi legati alla sostituzione del personale al riguardo si riporta la dichiarazione emblematica del prof. Giuliani (Amedeo di Savoia, audizione del 12 maggio 1987): "Una assistente medico in aspettativa per maternità è stata sostituita in occasione di una maternità successiva".
Vale la pena sottolineare inoltre quanto le condizioni contingenti possono influire sull'efficienza di una struttura: nell'ultimo periodo l'attività dei laboratori ospedalieri è stata certamente influenzata dalla tensione sindacale derivante dall'applicazione dell'istituto contrattuale delle incentivazioni.
Con tale istituto, a fronte di un aumento dell'orario di lavoro settimanale che dovrebbe essere finalizzato al recupero di spazi di efficienza delle strutture, vengono elargiti soldi che possono diventare anche molti nei casi delle figure apicali (primari). Il modo in cui si sono divisi i soldi tra i gruppi di operatori interessati ha scatenato contrasti interni che hanno portato alcuni laboratori e strutture radiologiche a bloccarsi - questi sono elementi che vanno considerati - in particolare per l'azione dei tecnici che si sono sentiti penalizzati nella suddivisione dei soldi. Quando si fanno scelte politiche e organizzative quali quelle che andiamo richiamando, bisogna anche assumersi la responsabilità delle scelte che si determinano.
Dichiarazioni dei responsabili dei poliambulatori nella seduta n. 5/1 del 12/5/1987: pag. 34 dott.sa Bruno, coordinatore tecnico laboratorio analisi di via Montanaro 60: "...abbiamo lavorato fino all'84 in maniera del tutto manuale facendo una media di 160/170 mila esami l'anno. Nell'85 siamo stati dirottati in via Artisti per la ristrutturazione e le prestazioni sono calate a 105 mila.
Nell'86 siamo passati a 192 mila. Nei primi tre mesi dell'87 avevamo già fatto 91 mila esami" pag. 37 dott.sa Falbo, coordinatore tecnico laboratorio analisi, di via San Secondo 29: "...Il lavoro aveva visto un calo abbastanza notevole, poi si è protratto quando ci siamo trasferiti in via Artisti per la ristrutturazione. Adesso nonostante ciò, il lavoro era diminuito e allora ci siamo battuti per avere un centro prelievi...e da allora lavoriamo abbastanza" pag. 20 professoressa Passaggio, coordinatore tecnico del laboratorio analisi dell'USSL di via Pacchiotti 4: "...Noi non possiamo fare un confronto con l'80, fino all'85 praticamente lavoravamo tutti in manuale e non avevamo nessuna attrezzatura. Dall'85 i nostri laboratori sono stati ristrutturati, sia come muratura che come attrezzature. Ho fatto un conto Nel 1986 abbiamo fatto sui 180 mila esami.
Nel primo trimestre del 1987 siamo già aumentati con circa 20 mila esami al mese e quindi penso che arriveremo sui 240/240 mila esami all'anno" pag. 21 dott.sa Risucci, coordinatore tecnico del laboratorio analisi USSL 2 di via Biscarra: Io mi trovo lì da un anno e mezzo circa, sono arrivata quando le condizioni del laboratorio erano abbastanza disastrose, non come attrezzature perché era fornito come tutti gli altri ambulatori..." viceversa era il personale che era molto deficitario e così le ore lavorative dei medici.
Dichiarazioni dei responsabili dei laboratori di ospedale nella seduta n.
5/1 del 12/5/1987: pag. 2 prof. Rosso, primario laboratorio analisi Boldi - Riberi Molinette: "...Le attrezzature anche qui sono effettivamente abbastanza carenti, a parte il fatto che il nostro laboratorio rappresenta forse il numero uno in Piemonte per il numero degli esami e non è stato ancora computerizzato..
in questo momento le condizioni di laboratorio sono ancora alquanto precarie" pag. 32 prof. Capra, primario del laboratorio analisi dell'Amedeo di Savoia: "...Per le attrezzature posso dire, senza timore di smentite, che siamo un laboratorio povero perché abbiamo lavorato fino al 1985 con un analizzatore semi-automatico..." pag. 64 prof. Angela, primario del laboratorio analisi del CTO: "...Le attrezzature sono in buona parte vecchie e obsolete e soprattutto logore, tecnicamente superate: sono assolutamente insufficienti la clinica e l'ematologia..." pag. 66 prof. Papotti, primario laboratorio analisi di Maria Vittoria: "L'attrezzatura è vecchia. L'attrezzatura per gli esami di base risale al 1980/1981. L'unica attrezzatura relativamente nuova perché risale all'anno scorso è quella di chimica di routine; per tutto il resto ho dei grossi colli di bottiglia in questo campo").
Personale.
Si è già fatto presente quanto la possibile alternativa tra l'assumere personale medico a tempo pieno o definito, rappresenti secondo noi uno degli aspetti che maggiormente inficiano la funzionalità dell'intero sistema sanitario.
Il Servizio sanitario nazionale per funzionare, oltre alle risorse finanziarie ed alle attrezzature, necessita di personale che si "riconosca" in questo sistema, che riversi in questa organizzazione le sue professionalità, le sue capacità e il suo interesse. Ancora oggi registriamo che non è così, anche per colpa dello stesso Servizio sanitario, il quale ha fatto leva, in pratica, esclusivamente sugli aspetti economici (stipendi + incentivi) per trattenere i medici nel suo ambito; ma non è questo (o meglio Assessore, non è solo questo) l'elemento sul quale fondare un'azione di promozione della struttura pubblica: è necessario organizzare formazione ed aggiornamento, attività di ricerca finalizzata ai bisogni di salute della popolazione, accrescere il livello di responsabilità diretta dei dirigenti, introdurre elementi di controllo e verifica delle unità operative.
Nei laboratori il personale a tempo definito che svolge per alcune ore alla settimana il suo operato, non può assolutamente essere "coinvolto" in un'operazione di gestione efficiente della struttura; se poi tale personale è collocato in posti di rilevanza organizzativa, tale questione assume ancora più rilevanza.
Va evidenziata - a nostro avviso senza mezzi termini, anche in sede contrattuale, la necessità di giungere (e su questo chiedo delle valutazioni ai colleghi, perché alla fine bisognerà arrivare a qualche determinazione conclusiva) ad una netta separazione degli interessi propri a chi opta di lavorare nel pubblico, da quelli di coloro che operano nel privato; scelta, quest'ultima, rispettabile che lo è ancor più se viene fatta in modo completo e non - come avviene attualmente operando nel settore pubblico per averne i vantaggi (creazione del nome e del mercato) per utilizzarli poi per i propri interessi privati.
Questa scelta è prioritaria e va assunta contestualmente ad ogni altro aspetto concernente il problema del personale del Servizio sanitario inoltre a livello normativo e anche in sede operativa occorre riservare al personale che ha optato per il settore pubblico le funzioni di dirigenza e organizzazione.
In più di una occasione, le audizioni dei responsabili di servizio hanno evidenziato una generale insufficienza del personale addetto alle attività di diagnostica specialmente strumentale e di laboratorio, nonch alle attività amministrative.
La scheda citata, che riporta solo i dati extra-Torino, evidenzia una generale mancanza di personale, superiore al 10% della pianta organica, con punte (per le figure degli aiuti) del 27% per i laboratori analisi e del 32,1% per la radiologia.
Le audizioni dei responsabili di servizio non solo hanno evidenziato la mancanza di figure mediche, ma anche una assoluta insufficienza di personale amministrativo da destinare al lavoro di accettazione e di refertazione; tale situazione fa sì che i responsabili di servizio si trovino costretti ad utilizzare altro personale (infermieri-tecnici) per tali funzioni provocando da una parte un non ottimale utilizzo del personale presente e dall'altra un ritardo nei tempi di consegna dei referti.
Il personale amministrativo necessario per queste funzioni, com'è stato già detto, non ha una particolare qualificazione professionale, tale da renderlo di difficile reperibilità sul mercato del lavoro (al contrario delle infermiere professionali) e, d'altro canto, è personale che dal punto di vista economico "costa" relativamente poco, dando in contropartita (se ben impiegato) una resa sull'efficienza generale del sistema che sarebbe sicuramente ben apprezzata da tutti, non ultimi i cittadini.
Il personale medico e tecnico è stato investito in questi ultimi anni da un contrasto sindacale molto violento, derivante dall'applicazione della normativa contrattuale delle incentivazioni. Tale istituto ha spaccato letteralmente le unità operative, provocando azioni sindacali che hanno lasciato il segno sulla funzionalità ottimale di alcuni laboratori. E' del tutto evidente che, al di là della contrattazione sindacale, la ridiscussione di tale istituto, finalizzata al suo superamento, diventa indispensabile: se si decide di dare soldi ad alcune figure professionali per farle lavorare di più, deve essere anche previsto un sistema di verifica e di controllo per evitare forme spurie di ricerca di attività in alcuni settori anche se non coerenti con gli indirizzi generali che tali istituti si propongono.
Attrezzature.
Per quanto riguarda lo stato delle attrezzature, vi sono certamente situazioni differenziate. Per i poliambulatorii, come si ricordava all'inizio, la situazione post-riforma è stata caratterizzata dalla necessità di notevoli investimenti, tenuto conto della sospensione del rinnovamento delle attrezzature derivante dalla legge 384/74.
Ci sono delle cifre che trovate dettagliatamente nelle tabelle, io procedo rapidamente nel riassunto.
Gli investimenti sono stati indirizzati - e questo è un elemento cruciale, a nostro avviso, per comprendere il fenomeno - per i 2/3 agli ospedali e per 1/3 ai poliambulatorii. Le somme effettivamente utilizzate dagli ospedali rappresentano i 2/3 delle quote assegnate, mentre i poliambulatorii hanno utilizzato solo il 60% di quanto assegnato. A questo proposito, non bisogna dimenticare quanto affermato (e qui ritorniamo agli elementi di analisi politica) nella delibera del 3/6/1982 n. 1564/36/82 dell'USSL 1/23: "Si ritiene di non procedere ad investimenti in attrezzature"; nonostante questa indicazione, qualcosa, è innegabile, si è fatto, in particolare nel settore laboratoristico.
Per ciò che concerne le attrezzature di radiologia, l'impegno nei riguardi dei poliambulatorii è stato oggettivamente molto scarso (solo il 21,8% degli investimenti in questo settore è stato orientato ai poliambulatorii).
Il settore della riabilitazione è praticamente inesistente per quanto riguarda le prestazioni; inesistentissimo per quanto riguarda gli investimenti effettuati: soltanto l'1,46% degli investimenti totali, per un valore di 286 milioni per il periodo 1980/1986; qualcosa come 40 milioni l'anno è stato speso per questo settore. La conseguenza non può che essere quella per cui il settore privato ingoia quasi totalmente il mercato. Ecco il motivo per cui diciamo che se la sanità pubblica è stata "scassinata" dall'interno, questo è avvenuto perché dall'interno qualcuno ha fatto il palo allo scassinamento.
In generale, si può dire che le attrezzature per le attività laboratoristiche sono sufficienti ed in alcuni casi di ottima qualità, da quanto risulta dai documenti acquisiti dalla Commissione d'inchiesta, al punto che alcuni responsabili di servizio hanno fatto presente che le capacità di prestazioni dei loro laboratori sono decisamente superiori alle prestazioni effettivamente rese, ciò vuol dire che esiste una potenzialità non pienamente utilizzata. Tale condizione è di per sé già una scandalo.
Collegamenti Poliambulatorii - Ospedali.
Ci siamo già soffermati abbondantemente su questo aspetto dell'organizzazione sanitaria, il cui costo organizzativo e gestionale è relativamente basso (se non si pensa solo al CUP quale risposta tecnologicamente avanzata) che non viene tuttavia perseguito in quanto manca la volontà politica di vincere il confronto con i settori medici ancorati alla gestione del proprio privilegio, interessati al pubblico quale fonte del proprio mercato privato, interessati al non funzionamento della struttura pubblica. Ci sono intere "famiglie" di sanitari coinvolti nell'inchiesta giudiziaria. Con questo settore corporativo, che fa capo in particolare al sindacato medico SUMAI, deve essere avviato un deciso confronto nel corso del quale potranno emergere le reali volontà proprie di chi si diletta a parlare di difesa di strutture pubbliche e di chi agisce realmente per farle funzionare.
Il collegamento tra ospedali e strutture territoriali va visto quale possibile verifica della disponibilità ad effettuare prestazioni specialistiche, ma anche quale "integrazione" delle risorse dei laboratori di diagnostica analitica e strumentale, individuando tale attività, da un punto di vista organizzativo e funzionale quale servizio unitario articolato a livello ospedaliero e poliambulatoriale.
Non si può tuttavia dimenticare che la struttura ospedaliera nei primi anni post-riforma è rimasta uguale a se stessa: stesse gerarchie di riferimento, stesso modello operativo; l'ospedale è rimasto chiuso nelle mura della sua cittadella, refrattario ad ogni tentativo di coinvolgerlo nell'organizzazione sanitaria più complessa nella quale dovrebbe collocarsi quale parte di un tutto e non semplicemente come sommatoria di pezzi staccati, in cui ognuno viaggia comunque per conto proprio.
Direttive.
Un grande disordine in merito alle modalità operative di applicazione di leggi è rilevato concordemente. Certo la dimensione USSL 1/23 finalmente scorporata, può aver influito in termini di rapidità decisionali applicative, ma traspare una sorta di abbandono non detto, condizione nella quale si sono ritrovati spesso gli operatori periferici lasciati a se stessi, al loro eventuale spirito di iniziativa.
La mancanza di chiarezza nei riferimenti ha fatto sì che su alcune questioni (ad esempio: chi ha dato la disposizione di pagare il doppio l'ecografia bidimensionale?, su cui qualcuno si è preso le manette) non si è potuto uscire dall'intricato labirinto di funzioni per fare un po' più di chiarezza. E' certo, pertanto, che tale condizione ha favorito l'instaurarsi di fenomeni di malcostume che, si badi bene, non è necessariamente espressione di una qualche "organizzazione" particolare che ha gestito tutti i diversi aspetti nel quale si è articolato lo scandalo ciò che realmente impressiona, è l'estensione di comportamenti di più o meno grave rilevanza penale, che la Magistratura prenderà in considerazione, quali quelli propri dell'impiegato dello sportello accettazione, del presidente dell'USSL 1/23, passando attraverso i diversi gradi della gerarchia: si è pertanto determinato un coinvolgimento diffuso di figure le più diverse tra loro.
Un comportamento, che probabilmente era considerato "normale", faceva (o fa ancora?) parte della cultura diffusa che vede ovunque il marcio nel pubblico, che ne sottolinea gli scandali, che ne afferma l'immoralità diffusa. Sarebbe ingiusto e scorretto dare un giudizio totalizzante: sappiamo che vi sono, come ha opportunamente sottolineato il collega Devecchi, funzionari ed operatori che hanno lavorato e che continuano a lavorare nel settore pubblico, dando il loro massimo impegno affinché la struttura funzioni decentemente; ma è necessario che queste volontà singole siano politicamente ed operativamente sorrette, cosa che in realtà non è avvenuta in questi anni e in questi ultimi mesi.
Tempi d'attesa.
Questo dei tempi d'attesa per l'effettuazione di un esame è sicuramente uno degli elementi di valutazione da parte del cittadino più negativi sulla funzionalità della struttura pubblica. Nel campo della laboratoristica ospedaliera, i tempi di attesa a Torino variano da 0 a 40 giorni; a livello extra torinese tra 0 e 30 giorni.
Nel settore della radiologia a Torino i tempi di attesa negli ospedali variano da 0 a 30 giorni; fuori Torino tra 3 e 40 giorni.
Nel settore della riabilitazione, i tempi di attesa si orientano in genere sui 20/30 giorni, con punte a Torino attorno ai 60 giorni.
Come si vede la situazione è molto differenziata, e non è certo concepibile che vi siano attese spropositate. I tempi possono essere ridotti agendo su piani differenti: investimenti a livello di personale, di attrezzature, e interventi sull'organizzazione del lavoro. Si pu certamente stabilire un piano di intervento che prenda quale indicatore privilegiato il tempo d'attesa medio, facendo rientrare nell'ambito dei tempi medi di attesa tutte le strutture laboratoristiche: col che non si vuol dire che tutte debbano rientrare immediatamente Assessore - non siamo massimalisti su questo, contrariamente a quanto abbiamo sentito in alcune sue dichiarazioni poi naturalmente rimaste lettera morta in qualche altra circostanza - entro i 7 giorni di attesa; vuol dire far passare dalla classe superiore a quella inferiore le diverse strutture.
Cosa indicano i sopralluoghi ed i materiali acquisiti? Per le considerazioni che seguono si fa riferimento essenzialmente alla relazione predisposta dal Servizio ispettivo sanitario e finanziario sulla gestione delle UU.SS.SS.LL. inerente l'USSL 1/23.
La deliberazione del Comitato di gestione USSL 1/23 n. 1564/36/82 del 3/6/1982 (Riordino e ristrutturazione delle attività di diagnostica strumentale e di laboratorio analisi nella USSL 1/23 di Torino) è un documento fondamentale per intendere le reali intenzioni delle forze politiche che hanno governato in questi anni la sanità torinese e piemontese.
Pochi mesi prima di tale deliberazione era stata promulgata la L.R. n.
7 (Piano socio-sanitario 1982/1984) la quale, nell'allegato 7, affermava testualmente: "Il problema dell'integrazione unitaria, a livello territoriale, delle funzioni e prestazioni di laboratorio analisi, riflette ovviamente le complesse difficoltà che sono comuni all'attuale territorializzazione di tutti i servizi integrativi nelle grandi aree metropolitane, e richiede di indicare alcuni possibili e realistici elementi di avvio del processo che andranno opportunamente verificati nell'ambito del previsto 'programma ospedali e poliambulatorii di Torino'".
La deliberazione assume questa indicazione generale ed esplicita le seguenti osservazioni: nell'81 "una sostanziosa quota delle risorse finanziarie sono state utilizzate per il pagamento di prestazioni di analisi cliniche presso laboratori privati convenzionati" i laboratori degli ospedali devono essere gradualmente potenziati i laboratori ex mutualistici mostrano una bassa produttività la distribuzione territoriale dei poliambulatorii è disomogenea l'assoluta mancanza di collegamenti funzionali ed operativi tra presidi diagnostici pubblici ospedalieri ed extra ospedalieri comporta soprattutto nell'USSL 1/23, oltre che una notoria e spesso lamentata dequalificazione di diversi presidi, anche costi di esercizio non più tollerabili per bassa produttività e conseguentemente anche un ricorso surrogatorio alle strutture private.
La stessa deliberazione rimarcava le seguenti esigenze: intervenire prioritariamente sulla territorializzazione dell'accesso alle prestazioni e alla consegna delle risposte individuare i servizi ospedalieri di riferimento nonché le circoscrizioni territoriali di competenza, e definizione di programmi integrati di intervento definire di un piano di intervento sui presidi diagnostici già afferenti ai disciolti enti mutualistici, con l'opportuno coinvolgimento di rappresentanti del SUMAI nonché delle organizzazioni sindacali degli operatori dipendenti.
Per seguire tutto il processo di riordino fu nominata, nella stessa deliberazione dell'USSL 1/23 citata, una Commissione che doveva seguire tale processo, proponendo gli interventi che via via si rendevano necessari.
Poiché le analisi e le proposte espresse in sede regionale (L.R. n.
7/82) e in sede USSL 1/23 (deliberazione 1564/36/82) potevano essere condivisibili, se nel 1987 (quando è scoppiato lo scandalo) ritroviamo i medesimi problemi strutturali (per di più aggravati dal manifestarsi diffuso di interessi privati presenti a piccoli e grandi livelli) evidentemente occorre pensare che la volontà di passare dall'analisi alla progettazione ed all'operatività si sia scontrata con interessi e connivenze che hanno ostacolato il processo di riorganizzazione.
Quali possono essere gli interessi e le connivenze? Gli interessi possono essere ricercati nelle forze economiche che hanno investito in apparecchiature, strumentazioni, costituzione di società e laboratori che puntavano (e puntano tuttora) sulla mancanza di capacità del settore pubblico ad organizzarsi adeguatamente lasciando pertanto spazi aperti alla stesura di convenzioni che garantiscano guadagni certi. Per fare le convenzioni era però necessario che nelle strutture pubbliche ci fosse chi tra i politici e i tecnici garantisse con le scelte e l'operato che nulla o poco si facesse per sviluppare e riorganizzare i laboratori.
Gli interessi a bloccare il processo di riorganizzazione sono da ricercarsi anche in settori corporativi dei medici quali gli specialisti convenzionati interni (gli specialisti che lavorano ad ore all'interno delle strutture pubbliche) che vedono nel collegamento ospedale territorio per la laboratoristica un attacco alle loro posizioni di privilegio.
Infatti, nell'ambito della stessa deliberazione già citata, appare per lo meno curioso che, a fronte della condizione di rifiuto espresso in diverso modo da parte dei medici specialisti convenzionati interni ad un processo di riorganizzazione connotato dall'integrazione tra ambito ospedaliero e territorio, e a fronte nel contempo della situazione di bassa produttività ed alla fatiscenza di alcuni poliambulatorii, si giunga alla conclusione che: "non appare giustificato procedere ad investimenti in attrezzature senza avere garantite contropartite organizzative di grosso e qualificante impegno".
Sostanzialmente, né si vuole né si può investire con gli uomini che ci sono: si determina, in tal modo, un serio ostacolo alla possibilità di procedere alla fase operativa.
Il discorso potrebbe ampliarsi con considerazioni sulla politica del personale, sul significato del rapporto di dipendenza e/o di convenzionamento e sulle ricadute che questo ha nell'ambito dell'attività: ci si limita a sottolineare il rilievo che assume un gruppo di professionisti nel condizionare la funzionalità di un servizio e le decisioni che si assumono; il peso è sicuramente esorbitante rispetto all'interesse collettivo al quale deve fare riferimento l'iniziativa pubblica.
Vale riprendere al riguardo un'affermazione del dott. Oberto, sulla quale si è soffermata la relazione ispettiva (pag. 21): "secondo dati statistici, ad un aumento dell'offerta pubblica di prestazioni specialistiche tra gli anni 1984/1985, nel settore patologia clinica ( 435.612 prestazioni), ha fatto riscontro un aumento di prestazioni nel settore privato (+ 414.917), che di fatto ha vanificato gli investimenti fatti dalla struttura pubblica, pur in presenza di una tendenziale diminuzione della popolazione e di non rilevanti fenomeni patologici aggiuntivi".
Cosa vuol dire? Anche se vi sono investimenti, anche se c'è il personale, anche se le condizioni complessive dell'offerta pubblica sono buone, il ricorso al privato persiste e pertanto si può pensare che il problema del ricorso al privato trovi motivazioni più profonde (al di là degli interessi privati di cui si occupa la Magistratura) nella sua diffusione "garantita" da una assoluta mancanza di controlli.
In ultimo, va tenuto presente che, proprio a conferma di quanto precedentemente detto, nel primo semestre '87 rispetto al medesimo periodo '86, vi è stato un aumento percentuale negli esami effettuati in ambito ospedaliero per esterni di ben il 34,1% e in ambito poliambulatoriale di 9% cioè pur restando grave la situazione sul piano strutturale, dopo che la Magistratura ha aperto l'inchiesta giudiziaria le prestazioni sono aumentate. Conferme dirette sono presenti negli stessi allegati della relazione ispettiva e nelle audizioni: in diverse occasioni il numero delle prestazioni è aumentato senza ricorrere ad interventi specifici di riorganizzazione od investimento.
In conclusione il servizio pubblico seppure disorganizzato, seppure carente di personale e di attrezzature adeguate, ha spazi di operatività non utilizzata.
Considerazioni.
1 - Il passato che pesa sul presente Quando scoppia un bubbone come quello di cui parliamo, l'atteggiamento delle forze politiche è quello di analizzare il problema osservando la situazione esistente senza individuare i comportamenti e le responsabilità che hanno permesso il crearsi della condizione operativa nella quale ci si trova al presente. Guardare indietro nel tempo (nemmeno poi tanto lontano) vuol dire guardare ad alcuni atti fondamentali delle amministrazioni passate.
L'organizzazione sanitaria pre-riforma aveva negli ospedali e nei poliambulatorii territoriali le strutture portanti dell'attività diagnostica e strumentale. I poliambulatorii, in base alla legge n. 386/74 limitano drasticamente gli investimenti nelle attrezzature determinando così nel tempo una caduta della loro efficienza.
La Regione Piemonte emana con L.R. n. 10/3/1982 n. 7 il PSSR 1982/1984 il quale ha ben presente la necessità del riordino dei servizi territoriali; ed infatti, all'art. 9, tra le politiche qualificanti dispone "l'integrazione unitaria a livello territoriale delle attività di diagnostica e terapia strumentale", che viene sviluppata con indicazioni precise nell'allegato n. 7 della stessa legge.
Riportiamo solo a ricordo di coloro che hanno approvato il PSSR 1982/1984 un punto fondamentale: "La pubblica Amministrazione, e in primo luogo gli organi di autogoverno locale, non può di norma delegare, e tanto meno subappaltare, questo diritto-dovere di predisporre un'adeguata rete di strumenti positivamente organizzati, cioè queste sue primarie o specifiche funzioni, all'attività imprenditoriale privata se non in limitati ed eccezionali casi, che sono quindi da ritenere come storicamente transitori e doverosamente superabili mediante un'adeguata programmazione dell'intervento pubblico" (all. 7 punto 1).
Se questi sono i buoni propositi, l'analisi della situazione del settore è sufficientemente precisa: "L'insieme delle attività di diagnostica e terapia strumentale, denuncia vistose deficienze" (all. 7 punto 2); "Vi è incongrua distribuzione territoriale" (all. 7 punto 2) siamo in presenza di una "assai discutibile resa funzionale, soprattutto nell'area extraospedaliera" (all. 7 punto 2); viene individuato come motivo determinante di tale situazione la frammentazione e l'incomunicabilità dei centri-decisionali o di gestione (all. 7 punto 2) ed è tale situazione che può spiegare "il pullulare di attività diagnostiche di tipo privatistico" (all. 7 punto 2).
Sulla base di indirizzi e criteri, quali quelli indicati sempre nell'all. 7 punto 3 ("il superamento graduale, ma costante e sistematico del modo di operare separato delle strutture di diagnosi e terapia strumentale"), si individua l'ospedale quale struttura integrativa dell'intervento unitario sul problema salute e non quale entità a s stante; e, quale scelta operativa qualificante, l'organizzazione di ogni branca diagnostica basata "sull'unicità del servizio, articolabile su più sedi operative territoriali intra ed extraospedaliere".
Vengono poi indicate alcune scelte operative: 1. Laboratori di analisi: - occorrerà concentrare le sedi di esecuzione delle analisi in articolazione e collegamento con i "centri prelievo"; si dovrà individuare il servizio ospedaliero di riferimento, il quale deve farsi carico del processo di integrazione unificante delle sedi esistenti; per Torino si rimanda al programma specifico "ospedali e poliambulatorii" 2. Servizio di radiodiagnostica: i servizi ospedalieri ne costituiscono il riferimento organizzativo; gli operatori degli stessi servizi dovranno farsi carico delle articolazioni territoriali 3. Servizio di recupero e riabilitazione funzionale: è da promuoversi la graduale attivazione di tali servizi presso tutti gli ospedali, in articolato rapporto con le sedi territoriali.
Viene, pertanto, ribadita la necessità fondamentale del rapporto integrato ospedali e territorio quale condizione indispensabile per avere servizi più efficienti che sappiano rispondere in modo unitario alla domanda-bisogno di salute delle popolazioni.
A fronte dell'aumento della domanda da parte dell'utenza, e dallo sviluppo di strutture private convenzionate alle quali va una sostanziosa quota finanziaria, si afferma che i laboratori ospedalieri possono essere potenziati (naturalmente molto gradualmente) per rispondere alle esigenze interne (dei degenti) ed esterne, mentre per le strutture poliambulatoriali che mostrano una bassa produttività si ritiene di "non procedere ad investimenti in attrezzature" (pag. 11 dell'allegato alla deliberazione n.
1564/36/82 dell'USSL 1/23), e ciò perché in tali strutture il personale medico presente "ha sempre opposto forte resistenza a qualsiasi processo di riorganizzazione dei servizi e delle metodologie operative" (pag. 10 dell'allegato alla deliberazione n. 1564/36/82) Ecco, quindi, identificarsi il punto nodale: i poliambulatorii territoriali non sono efficienti, il personale medico non è disponibile al cambiamento e tantomeno a considerarsi facente parte di un servizio che deve lavorare in modo integrato ed unitario con la struttura ospedaliera sotto la direzione operativa di quest'ultimo come il PSSR indicava, essendo i medici ex mutualisti "particolarmente gelosi" della loro autonomia professionale. Lo scontro a Torino nel 1982 si è pertanto focalizzato nel rapporto ospedalieri - medici specialisti ex mutualisti.
Da ciò nasce una considerazione generale, non fuorviante, che è quella per cui il personale che opera a tempo pieno alle dirette dipendenze del SSN non può avere rapporti di lavoro con servizi privati, e i dipendenti che scelgono di operare a tempo pieno nel servizio pubblico vanno gratificati non solo dal punto di vista economico, ma motivati anche dal punto di vista professionale, garantendo loro piena possibilità di formazione - aggiornamento, di ricerca, di responsabilità organizzativa. Il personale che sceglie di operare solo per alcune ore alla settimana nelle strutture pubbliche sicuramente non può riversare nella stessa le sue piene capacità professionali, essendo i suoi interessi orientati verso l'attività privata, e proprio per ciò, difficilmente compatibile con il lavoro nella struttura pubblica.
A maggior ragione, le funzioni di dirigenza e organizzazione non possono essere affidate a personale a tempo parziale, ma va indicato per queste funzioni il personale a tempo pieno. Ciò non si è fatto. Si è scelta la strada del compromesso: è stata individuata una figura medica di "referente sanitario", spesso con rapporti di lavoro a tempo parziale destinata ad assolvere funzioni di natura organizzativa e di raccordo con il responsabile del servizio ospedaliero di riferimento (pag. 12 all. Del.
1564/36/82).
Con quali conseguenze? L'integrazione unitaria tra ospedali e poliambulatorii, quando c'è stata, era fatta di "accordi informali" (relazione Servizio ispettivo sanitario e finanziario sulla gestione delle UU.SS.SS.LL., già citato, pag. 11), pur se l'esigenza era presente, ed è avvertita come prioritaria dagli operatori del settore. Nessun atto formale è stato assunto per rafforzare il collegamento ospedale - poliambulatorio anche in presenza di clamorosi fatti di sottoutilizzo di strutture pubbliche. Non risulta che la deliberazione 1564/36/82 sia stata applicata ad eccezione della parte relativa alla costruzione di 8 laboratori extraospedalieri e all'attuazione dei collegamenti "informali".
Le responsabilità non sono né fumose né indistinte, ma vanno addebitate a chi ha gestito la macchina sanitaria torinese, per non avere operato decisamente a favore del settore pubblico; per non avere neppure tentato di riorganizzare un settore di cui c'era una vasta consapevolezza - come pervicacemente ho voluto citare testualmente - circa la sua inefficienza il suo disordine, le possibilità intrinseche di consentire ruberie di più o meno grande portata a seconda del gradino della gerarchia che occupava il funzionario eventualmente disonesto.
Sempre con la deliberazione 1564/36/82, è stata costituita una Commissione con il compito di "procedere ai progetti esecutivi, riferendo periodicamente al Comitato di gestione e proponendo atti deliberativi". Se tale Commissione ha lavorato, avrà fatto presente ai gestori dell'USSL torinese lo stato di degrado che via via negli anni passati è andato configurandosi; se tale Commissione non ha operato, le responsabilità vanno ricercate, comunque, nei gestori dell'USSL 1/23, i quali, o non sono intervenuti o non hanno permesso di intervenire.
Proseguendo negli anni, la verifica dello "Stato di attuazione del PSSR per il triennio 1982/1984" (supp, straordinario B.U, della Regione Piemonte n. 39/85) ha portato gli estensori del documento a fare la seguente considerazione sull'USSL 1/23 di Torino, dopo aver affermato che negli anni 1982 e 1983 vi era stata una contrazione dell'incidenza della spesa in convenzionata esterna a livello di ogni altra singola USSL del Piemonte: "Fa eccezione la USSL 1/23 di Torino ove a tutt'oggi non è stato possibile alcun processo di riordino e in cui si assiste ad una situazione che va purtroppo ulteriormente peggiorando" (pag. 40).
La Regione aveva indicato un percorso da seguire con il PSSR 1982/1984 l'USSL 1/23 di Torino ha scelto consapevolmente di non andare nella direzione dell'integrazione unitaria tra attività ospedaliera e territoriale, ed ha scelto di non investire più di tanto in termini economici; tale scelta fa sì che alla verifica del 1984 le condizioni sono quelle, se non peggiori, del passato, senza però che la Regione individui con precisione le cause e i motivi che avevano ostacolato il processo di riordino che essa stessa aveva indicato con PSSR 1982/1984.
Le responsabilità, quindi, sono evidenti: i gestori dell'USSL 1/23 di Torino dei primi anni 80, per non aver sviluppato concretamente quanto indicato con il PSSR 1982/1984; gli amministratori ed i funzionari regionali per non essere intervenuti in una situazione che andava "purtroppo peggiorando", rendendosi pertanto corresponsabili della situazione di degrado.
Si vuole con questo far presente che la situazione "esplosa" nel 1987 non era affatto un fulmine a ciel sereno per chi aveva occhi per vedere.
Si evince da ciò che la lotta politica e di potere tra settori presenti nei medesimi partiti che "governano" la Regione a Torino, e che per un certo periodo erano dello stesso segno, deve essere stata di non poco conto; ciò è ancora più grave perché gli scontri tra interessi economici e corporazioni è stata rinchiusa nelle sedi dei partiti, quando, al contrario, essa doveva essere esplicitata pubblicamente sino in fondo.
Tutto quanto si è potuto verificare non è il frutto dell'imponderabilità, o di agenti esterni che non hanno permesso lo svolgersi della necessaria azione di riorganizzazione in un settore così delicato, quale quello delle attività laboratoristiche. Le scelte e gli indirizzi iniziali hanno una valenza che è di natura politica e i politici ne portano la responsabilità primaria.
E' vero (non lo nascondiamo) che una molteplice serie di fattori hanno permesso, poi, l'addensarsi dello scandalo delle "convenzioni d'oro"; ma il politico non può (soprattutto perché sapeva) tirarsi indietro di fronte ai problemi; se ci sono ostacoli da superare per perseguire un indirizzo questi devono essere affrontati, e occorre lavorare per superarli: abbiamo assistito, invece, ad un atteggiamento di passiva accondiscendenza nei confronti di freni che si ponevano all'azione di riorganizzazione accondiscendenza che ha poi visto accomunati ai politici i tecnici (i medici in particolare, ma non solo loro), i quali (non tutti, bisogna sottolinearlo) hanno preferito lasciare lo "status quo" che garantisce ampi margini di profitti privati.
Chi gestiva la sanità torinese nel periodo post-riforma, ed in particolare negli anni 1984/1985, non poteva non essere a conoscenza di una situazione che si caratterizzava non solo per disorganizzazione ed inefficienza, ma anche per evidente compromissione tra pubblico e privato.
Tutto ciò imponeva come urgente un intervento riorganizzativo e moralizzatore già in quegli anni senza aspettare passivamente che la Magistratura desse il via al suo corso nel 1987.
Riportiamo, a mo' di esempio, non come espressione di una parte politica, ma come documentazione già assunta sia dalla Magistratura sia dalla Commissione d'inchiesta regionale, una considerazione finale svolta nel libro bianco su "L'industria della malattia a Torino" (Democrazia Proletaria - Medicina Democratica del 15/2/1985) che documentava la crescita abnorme della "convenzionata esterna" nel capoluogo regionale: "Come già fecero alcune organizzazioni sindacali, quali la CGIL-Funzione Pubblica nel settembre '84, proponiamo che la Regione conduca un'inchiesta in questa direzione (rapporto struttura pubblica e privata), peraltro già sollecitata dall'ing. Poli nella relazione all'Assemblea USSL 1/23 del 24/8/1984". Non se ne è fatto niente. Si sono aspettati gli arresti, lo scandalo.
E' con questa ottica che vanno letti i dati e le audizioni acquisiti dalla Commissione d'inchiesta.
Proposte.
Intendiamo concludere questa relazione con l'indicazione di alcune proposte politiche ed operative per risalire la china e restituire credibilità al sistema sanitario pubblico, soddisfacendo adeguatamente il bisogno di salute dei cittadini piemontesi.
1) E' necessario che la tensione al cambiamento, il controllo sulla struttura sanitaria pubblica non vadano a scemare. A nostro avviso l'Assessorato alla sanità deve essere impegnato a presentare una relazione annuale, entro il 30 aprile di ogni anno, sullo stato di salute del Servizio sanitario regionale che veda al suo interno un capitolo specifico sui rapporti con il privato, sulle risultanze delle attività di vigilanza svolte dalle UU.SS.SS.LL. , che comunque non possono essere inferiori ad almeno un sopralluogo all'anno per ciascuna struttura convenzionata.
2) All'interno del prossimo PSSR 1989/1991 deve essere indicato con chiarezza se si intenda o meno mantenere la divisione del mercato tra settore pubblico e settore privato - convenzionato.
Dal nostro punto di vista, è necessario che entro i tre anni del PSSR 1989/1991 i rapporti tra struttura pubblica e struttura privata convenzionata nell'ambito delle UU.SS.SS.LL. di Torino possano essere ricondotti in via indicativa a questi valori: Pubblico: laboratori: oggi, 47.9; 1991, 75 radiodiagnostica: oggi, 62.3; 1991, 80 riabilitazione: oggi, 13.1; 1991, 40.
Privato: laboratori: oggi, 52.1; 1991, 25 radiodiagnostica: oggi, 37.7; 1991, 20 riabilitazione: oggi, 86.9; 1991, 60.
Altro che estremismi contenuti nelle linee di indirizzo del PSSR che abbiamo discusso qualche mese fa in quest'aula con l'Assessore Maccari che vuole azzerare addirittura il ricorso ai privati, quando non è in grado nemmeno di fare i controlli sulle fatture che i privati gli presentano ancora oggi! 3) Organizzazione di "centri prelievo" a livello distrettuale fissi, o gestiti con strutture mobili nell'ambito di aree urbane a forte concentrazione demografica, o nell'ambito di aree nelle quali i trasporti sono deficitarii: tali centri dovranno far capo ad un laboratorio pubblico.
Occorre sottolineare come già nell'esperienza fatta presso alcune UU.SS.SS.LL. si sia vista aumentare la produttività del settore pubblico sviluppando proprio tali "centri di prelievo" per la cui organizzazione e gestione non è necessario avere a disposizione personale con elevati livelli professionali.
4) Per le strutture nelle quali l'insufficienza di personale amministrativo "blocca" il grado di efficienza, si propone di utilizzare pienamente le possibilità contrattuali e legislative di assunzioni di personale predisponendo un piano urgente "ad hoc" con lo specifico obiettivo di migliorare l'organizzazione della risposta ai bisogni dei cittadini. Contemporaneamente, è necessario valutare con le Organizzazioni sindacali l'articolazione di orario, al fine di garantire l'apertura dei servizi di prenotazione e di rilascio dei referti per sei giorni settimanali. I punti di prenotazione e consegna dei referti devono essere strutturati a livello di distretto, evitando pertanto di far andare i cittadini da un punto all'altro dei presidi sanitari, mentre, al contrario bisogna eventualmente trasportare i prelievi, i liquidi biologici; invece si trasportano le persone quando più agevolmente si può affittare un camioncino per trasportare gli esami effettuati più vicini al luogo dove i cittadini vivono.
5) Nel caso di strutture pubbliche presso cui si determinano tempi di attesa superiori ai 15 giorni, occorre predisporre un piano di rientro in tempi di attesa accettabili, che possono collocarsi sul valore dei 15 giorni immediatamente; per tutte le strutture occorre indicare in sette giorni di attesa il valore massimo da raggiungere nell'arco del triennio del PSSR 1989/1991.
6) Occorre riprendere le indicazioni del PSSR 1982/1984 sulla integrazione e sul coordinamento delle attività specialistiche e diagnostiche a livello territoriale ed ospedaliero, articolando tale integrazione come segue: l'ospedale deve occuparsi essenzialmente dei pazienti ricoverati o seguiti in post-ricovero o che giungono al pronto soccorso le strutture territoriali devono assumere una più forte connotazione di struttura al servizio dell'attività di base.
Quanto sopra onde evitare "intasamenti" nell'attività ospedaliera che oggi si configura in linea generale quale sostituzione di carenze territoriali.
La responsabilità organizzativa di tali attività deve essere assegnata al personale che sceglie la struttura pubblica quale unico campo di intervento professionale.
7) Predisposizione di un sistema informativo che consenta il ritorno dei dati forniti agli uffici regionali a chi partecipa alla rilevazione di attività, superando l'attuale condizione per cui i dati forniti non vengono restituiti alle UU.SS.SS.LL. in forma utilizzabile per la programmazione locale. Quello che proponiamo, in altre parole, è che sia reso permanente il sistema messo a punto dopo l'apertura dell'inchiesta.
8) Adeguamento della legislazione regionale inerente il convenzionamento con i centri di radiodiagnostica e di recupero e la rieducazione funzionale, come quello fatto con i laboratori.
Colleghi Consiglieri, risulta chiaro come siano da sottolineare responsabilità inequivocabili.
Tanto per stare a questa legislatura nella quale il sottoscritto ha potuto operare, quindi conoscere direttamente le cose fatte e da farsi, le responsabilità politiche inequivocabili sono dei socialisti che stanno lasciando allo sbando la sanità pubblica, dopo che è stata manomessa dalla logica consociativa.
Ripeto qui un concetto che abbiamo ritenuto opportuno sottolineare nei giorni scorsi in altre sedi: dopo che la sanità pubblica è stata manomessa dalla logica consociativa della prima metà degli anni '80, tempi di vacche grasse, come abbiamo visto, per la convenzionata esterna.
La Commissione d'inchiesta chiese all'allora Assessore Olivieri all'avvio dei suoi lavori, di acquisire agli atti uno schema di convenzione tipo. L'Assessore rispose che non ne era in possesso. Questo schema di convenzione-tipo, che potrebbe bloccare le ruberie è stato fatto dopo gli scandali, ma giace - a quanto a noi risulta - nei cassetti della Giunta tanto meno riesce ad arrivare in quest'aula.
Le denunce circostanziate sui meccanismi degenerativi contenute nel libro bianco "L'industria della malattia a Torino" sono rimaste inascoltate. Si sono aspettati gli arresti e lo scandalo per poi meravigliarsene.
Signor Presidente e colleghi, noi non vogliamo aspettare con le braccia conserte altri cadaveri politici passare ammanettati. E' per questo che abbiamo predisposto un ordine del giorno che impegna la Giunta a fare tutte quelle cose, che è possibile fare alla luce di questi elementi di conoscenza, perché non passino altri cadaveri politici ammanettati e che soprattutto i cittadini abbiano quel servizio per il quale pagano lautamente le tasse.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA


Argomento: Rapporti Regione - Parlamento

Esame ordine del giorno n. 599 relativo al rinvio dell'approvazione in Parlamento delle nuove Province


PRESIDENTE

Prima di riprendere il dibattito sulla relazione della Commissione d'inchiesta pongo in votazione l'ordine del giorno n. 599 relativo al fatto che ieri il Senato ha rinviato l'istituzione delle Province di Biella e del Verbano Cusio Ossola.
Il testo di tale ordine del giorno, che raccoglie il consenso di tutti i Gruppi tranne di quello repubblicano, così recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte constatato che la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati non ha approvato in sede legislativa la costituzione delle Province di Biella e di Verbania preso atto che da parte degli enti interessati erano stati correttamente espletati tutti gli adempimenti previsti dall'art. 133 della Costituzione per l'istituzione delle due nuove Province preso atto altresì che in data 28 gennaio 1988 il Consiglio regionale del Piemonte aveva approvato all'unanimità le proposte di legge al Parlamento concernenti l'istituzione della Provincia di Biella e della Provincia del Verbano Cusio Ossola e s p r i m e viva preoccupazione per l'ulteriore rinvio di provvedimenti da tempo attesi dalle popolazioni interessate, dagli enti locali e dalla Regione Piemonte e da tutti riconosciuti come necessari e urgenti fa voti affinché i competenti organi della Camera dei Deputati provvedano ad accelerare l'iter successivo dei provvedimenti stessi per una sua positiva conclusione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 29 voti favorevoli e 3 astensioni.



SANTONI Fernando


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Risultati finali della Commissione d'inchiesta sulle convenzioni UU.SS.SS.LL. - strutture private operanti in Piemonte (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo il dibattito di cui al punto 23 all'o.d.g.
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Sarei tentato di seguire le orme del collega Staglianò che ha portato una serie di elementi conoscitivi basati su una documentazione certa che evidentemente pone degli interrogativi non soltanto nei confronti dell'Assessore, ma dell'intera Giunta e della maggioranza.
Faccio però due premesse. La prima è che nella gestione della cosa pubblica, per quanto riguarda i servizi sociali, sostanzialmente si è già raggiunto l'obiettivo culturale della privatizzazione.
Così come nel settore industriale privato non sono garantiti i diritti dei lavoratori, come sta succedendo in questo momento all'Alfa Romeo di Arese dove, nell'indifferenza dello stesso sindacato, centinaia di lavoratori sono sottoposti ad angherie e a ricatti per il fatto di possedere una tessera sindacale o partitica, così anche nella sanità non sono garantiti i diritti ai cittadini.
Questo sistema ha schiacciato l'individuo portandolo ad essere solamente un numero, ma questo quando le cose vanno bene, perché il più delle volte per usufruire di servizi che debbono essere dati è obbligato a passare attraverso le regalie della struttura medica o anche della struttura burocratica delle UU.SS.SS.LL. Questo avviene non solo nella USSL di Torino, ma in molte altre UU.SS.SS.LL. Sarebbe interessante che la Magistratura aprisse delle indagini su come questi diritti non vengano assolutamente garantiti e come la gestione dei servizi socio-assistenziali il più delle volte comporti un leso diritto dei malati e dei cittadini.
La seconda premessa è che forse non c'era bisogno di un'indagine conoscitiva sullo stato della sanità e sul rapporto tra sanità pubblica e privata.
Se noi, Consiglieri regionali, facessimo normalmente la trafila che fa un comune cittadino per usufruire di servizi che debbono essere dati probabilmente ci comporteremmo diversamente, perché in fondo siamo dei privilegiati in questo rapporto.
Porto qui un esempio: un mese e mezzo fa mia madre si present personalmente al distretto socio-sanitario di Carignano dell'USSL n. 31 per richiedere una visita oculistica. L'impiegata le rispose che in novembre e dicembre non era possibile perché non c'era più posto e le disse di tornare dopo il 15 gennaio per essere inserita nelle visite oculistiche.
E' del tutto evidente che mia madre le pose la seguente domanda: "Lei è in grado, cortesemente, di orientarmi eventualmente all'interno dell'USSL su altre strutture pubbliche o eventualmente private per poter accedere con rapidità in quanto ho una cataratta incipiente?". Risposta dell'impiegata: "Io non so assolutamente nulla, provi lei, dopodiché torni qui e noi le daremo tutte le autorizzazioni di cui abbisogna".
Questo è uno dei tanti esempi che si potrebbero fare. E' del tutto risaputo che prima dell'indagine giudiziaria, Assessore Maccari, non si è fatto nulla o pochissimo rispetto al fatto che in molte strutture poliambulatoriali ed ospedaliere esistevano strumentazioni, potenzialità di servizio che non erano assolutamente utilizzate e che in molte di quelle realtà c'era invece una deviazione verso l'uso delle strutture private tant'è vero che a indagine scattata da parte della Magistratura il rapporto in molte realtà, a partire da Torino, si è immediatamente rovesciato.
Questo è un altro aspetto che evidenzia come molte volte noi ci copriamo dietro le indagini conoscitive per mascherare le carenze di indirizzo legislativo e di controllo alle quali siamo preposti. E' la solita scusa per cui di fronte ad un problema si dice "facciamo un gruppo di lavoro", in questo caso diciamo "facciamo un'indagine" e dopo aver fatto l'indagine prima che venga portata in Consiglio passano diversi mesi e poi succede com'è avvenuto nella passata legislatura per l'indagine conoscitiva sullo stato di applicazione della legge n. 180, le cui conclusioni sono state bellamente accantonate e nessuna delle indicazioni fatte è stata attivata né dal punto di vista legislativo né da quello gestionale. Si è dovuto aspettare la strumentale attenzione di un Consigliere regionale per ricordarci che esisteva tutta aperta la questione della legge n. 180.
Sostanzialmente sta capitando la stessa cosa: cioè fatta l'indagine dopo essersi messa a posto la coscienza, delle proposte che qui sono state fatte sicuramente nessuna troverà attuazione, nessuna determinerà quel cambiamento necessario e indispensabile per rispondere ai problemi e ai bisogni dei cittadini, non delle congreghe mediche, non del corporativismo sindacale, non di altri interessi che giocano attorno alla sanità, ma nel rispondere agli interessi e ai diritti dei cittadini che sono prioritari alle congreghe mediche e alle congreghe sindacali! Queste sono le premesse che andavano fatte. Non voglio riportare dati perché non c'è bisogno di tanti dati e di tante tabelle se vivessimo questa condizione. Io credo che sia giunto il momento di capire se dall'analisi alla quale siamo tutti facilmente portati, siamo o meno in grado di assumere degli impegni, se l'Assessore, la Giunta, sono in grado di assumere degli impegni concreti con scadenzari precisi per intervenire sulle carenze evidenziate dalla relazione. Questo è il punto che io, che la gente chiede con fermezza: con quali strumenti e con quali scadenze si intende ovviare a questa situazione inaccettabile? E' evidenziato da tutti che è difficile intervenire perché manca un sistema informativo efficiente, ed è vero. Come si fa a programmare senza disporre di quelle informazioni che costituiscono la base della programmazione? La domanda che noi ci poniamo è intanto come si intende rapidissimamente garantire un sistema informativo efficiente. Pongo un problema al Presidente della Giunta regionale: noi abbiamo una struttura che si chiama CSI che è stata decantata come efficiente e all'avanguardia.
Ma in che cosa è all'avanguardia una struttura che non viene utilizzata per un efficiente sistema informativo, ma viene utilizzata invece per un efficiente intervento nel campo della ricerca e della produzione bellica? Fino al punto che nell'ultimo numero della rivista "Nuovi strumenti" è stata pubblicata, per enfatizzare l'importanza e il ruolo del CSI, una fotografia che ritraeva insieme un generale, il Presidente della Giunta e il Direttore del CSI. Forse per enfatizzare il fatto che si sta facendo una forte azione di servizio nei confronti dei militari oppure una forte azione per mettere in piedi un supercalcolatore che vede coinvolte ancora una volta potenti ed efficienti industrie belliche nel nostro Paese? Mi chiedo come viene utilizzata questa struttura. Volete continuare ad utilizzarla per azioni devianti oppure per azioni che siano oggettivamente al servizio dei problemi reali del cittadino? Questo è un punto sul quale mi troverete continuamente a battere fin quando vorrete perché allora c'è da domandarsi perché di fronte a una struttura così efficiente non si sia operato per mettere in piedi organicamente un sistema informativo efficiente senza lasciare alle UU.SS.SS.LL. la possibilità deleteria di automatizzare processi autonomi di informatica che poi hanno lasciato il tempo che hanno trovato.
In secondo luogo, sarebbe opportuno sapere, caro Assessore, ad oggi qual è la potenzialità delle strutture pubbliche, come e fino a quale livello vengono utilizzate, in quale percentuale, quali salti qualitativi si possono fare nel momento in cui si affrontasse il problema del personale e delle attrezzature. Vorrei sapere dall'Assessore se è in grado di dare delle indicazioni e delle scadenze rispetto a questo obiettivo.
Un terzo aspetto il Consigliere Devecchi lo ha detto nella relazione e ciò mi ha fatto molto piacere, è relativo a un problema di educazione, di orientamento delle strutture sanitarie di base. E' del tutto evidente l'estrema facilità con cui oggi i medici di base, proprio perché non hanno orientamento né forse sufficienti garanzie, utilizzano lo strumento delle analisi. Il cambiamento di un medico o di più medici è la preoccupazione delle persone anziane. L'unica possibilità è di scegliere quel tal medico ma è risaputo che quel tal medico appena una persona anziana ha un po' di febbre, la dirotta immediatamente nella struttura ospedaliera e quindi c'è il terrore...



OLIVETTI Michele

Questo lo dici tu!



REBURDO Giuseppe

Lo sto dicendo io per un caso concreto, caro Olivetti!



OLIVETTI Michele

Hai avuto un caso contro 10.000 casi contrari!



REBURDO Giuseppe

Sto facendo degli esempi. Lo so che tocco un punto sul quale il sistema di potere medico è molto forte e molto determinato.



OLIVETTI Michele

Anche il sistema di potere calunniatorio è molto alto!



REBURDO Giuseppe

No, io non sto calunniando!



OLIVETTI Michele

Tu stai calunniando perché stai dicendo cose non vere!



REBURDO Giuseppe

Non sto calunniando, sto dicendo che c'è un problema di orientamento e di sostegno perché senza orientamento e sostegno i medici si trovano nella condizione di agire in questo modo. Se tu non chiacchierassi e stessi attento non mi interromperesti in questo modo. E' il meccanismo di potere che probabilmente ti fa scattare in questo modo e io sono molto contento che scatti.



PRESIDENTE

Consigliere Reburdo, la prego di ritornare sull'argomento anche perch le sono rimasti pochi minuti a disposizione.



REBURDO Giuseppe

D'accordo.
C'è un altro aspetto che vorrei capire. L'Assessore dovrà spiegarmi chiaramente le sue proposte affinché le possa comprendere.
Un altro problema è se sia vero o meno il fatto che il personale del Servizio sanitario, che in larga parte ha grandi disponibilità per dare un servizio chiaro ed efficiente, si trova in una condizione nella quale sono sufficienti pochi elementi marginali per creare una condizione in cui la stragrande maggioranza del personale medico e non medico del Servizio sanitario nazionale non sia più in grado di operare con l'efficienza dovuta.
Chiedo un parere dell'Assessore sul ruolo che effettivamente svolge il personale apicale medico e non medico all'interno delle UU.SS.SS.LL., se è sufficientemente qualificato e predisposto a comprendere che la riforma sanitaria non è solo un fatto di cura, anche se essa è pur un elemento determinante, ma è un fatto di prevenzione e di riabilitazione e che quindi va creata sul territorio quella cultura di base dei distretti socio sanitari che sono indispensabili per rispondere in modo efficiente a questi problemi.
Infine, vorrei capire dall'Assessore alla sanità, per quanto riguarda la situazione dei poliambulatorii di base, che tipo di servizio stiano dando, quale tipo di raccordo abbiano con le eventuali equipe dei distretti socio-sanitari e se le equipe previste dal Piano sono effettivamente operanti e, se non lo sono, quali carenze e ostacoli esistono.
Spero di essermi fatto capire dall'Assessore, non mi interessa tanto l'analisi delle situazioni passate, mi interessa capire come nel futuro, di fronte a queste evidenti ed oggettive carenze, la Regione intenda attrezzarsi per rispondere con l'efficienza e con la rapidità dovute a queste situazioni.
Questo è il punto determinante che si trae dalla vicenda dei laboratori di analisi pubblici e privati che hanno evidenziato che vi è una carenza concettuale degli amministratori e di molte strutture dirigenziali delle UU.SS.SS.LL. sulla comprensione dell'effettiva complessità dell'intervento in materia sanitaria. Non per nulla il problema dei biologi è del tutto evidente, ci sono categorie nelle UU.SS.SS.LL. in campo medico eccessivamente valorizzate e ci sono categorie specializzate (ad esempio, i chimici e i biologi,) che devono sottostare in molte situazioni al diktat non del sistema medico, ma di alcuni baroni medici che sono in grado di imporre al sistema questa situazione. Per non equivocare ripeto che non è un problema da generalizzare, però sono sufficienti alcune figure in ogni USSL per imporre l'idea di un sistema che per molte condizioni è inattaccabile a rispondere ai diritti e ai bisogni dei cittadini.
Mi rivolgo alla cortese disponibilità dell'Assessore per capire se nel futuro, con indicazioni di provvedimenti e con scadenze, intenda sopperire alle evidenziazioni fatte dalla Commissione d'indagine, che sono utili, ma non essenziali per intervenire, perché i problemi c'erano e purtroppo, dopo la Commissione d'indagine, rimangono. Ci vuole una sterzata. Assessore Maccari. Ha voglia di dare questa sterzata e verso quale indirizzo è in grado di darla? A lei la risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, abbiamo esaminato molto attentamente le due relazioni pervenute dalla Commissione d'inchiesta. In entrambe abbiamo trovato motivi di interesse che concretamente potranno aiutare a normalizzare una situazione che attualmente è molto difficile.
Difficile non solo per i risvolti giudiziari che sono l'aspetto più eclatante di questa tormentata vicenda, ma per le non poche deficienze che anche su questo tema ha dimostrato di possedere la struttura pubblica.
La "normalità" della situazione è anche qui solo apparente, in verità si vive in queste strutture di quotidiana eccezionalità in uno stato di emergenza e precarietà. I dipendenti pubblici intervistati dalla Commissione hanno direttamente testimoniato queste difficoltà.
Il Gruppo repubblicano condivide pienamente i quindici punti della relazione, però desideriamo sottolineare alcuni aspetti di essi.
Per quanto riguarda il CUP (Centro Unificato di Prenotazione) riteniamo indispensabile velocizzare l'attivazione su tutto il territorio di questo servizio. Il CUP infatti può fornire non solo la necessaria trasparenza, ma costituisce sia strumento di controllo rispetto all'andamento dei flussi di prenotazione sia un qualificato momento di programmazione dell'intervento sul territorio.
A questo proposito desidero ricordare un episodio. Negli anni scorsi la deliberazione che istituiva il CUP fu messa in discussione al Comune di Torino; i Gruppi di opposizione di allora (DC e PLI) uscirono dall'aula protestando vivacemente, il Gruppo PRI, di cui era Capogruppo il collega Ferrara, rimase in aula per consentire il numero legale pur votando contro ma questo voto non era contro il CUP, bensì contro il preventivo presentato dal CSI che al nostro Gruppo in quel momento sembrava molto esoso. Ho ricordato questo episodio per affermare che il PRI non ha scoperto oggi il valore di questo sistema informativo, senza dubbio l'Assessore e la Giunta dovranno comunque dedicarsi allo sviluppo dello stesso.
Il secondo punto che desideriamo sottolineare è il controllo di gestione. Molte delle carenze riscontrate e delle disfunzioni evidenziate si debbono all'assenza nel settore sanitario e negli altri settori di attività della Regione di un controllo di gestione.
Certamente all'Assessorato alla sanità mancheranno le strutture e forse mancherà anche il personale con l'idonea professionalità. In questo caso vorremmo fare una proposta che riguarda anche l'Assessorato all'organizzazione: si deve dare applicazione alla normativa regionale sul controllo di gestione. Da quando è stata approvata la legge, non è stato fatto nulla sia dalla precedente Giunta che da quella attuale. Il PRI da sempre insiste su questo punto. Confidiamo quindi che la Giunta possa oggi soddisfare questa richiesta, peraltro già puntualizzata nel corso dei lavori della Commissione.
La relazione evidenzia un altro punto spinoso: la commistione tra sfera amministrativa e politica. Questo è il punto nodale del problema che discutiamo oggi.
Si tratta di un vero e proprio boomerang per chi ha questa concezione della politica e delle funzioni amministrative. Su questo terreno il Consiglio regionale dovrebbe, a nostro avviso, sviluppare un successivo dibattito incentrato non su buoni propositi né sulla retorica del confronto, ma su concrete proposte che i Gruppi potrebbero separatamente elaborare e portare al confronto. Lascio questa proposta all'attenzione del Presidente del Consiglio e alla sua sensibilità.
Il punto 4) della relazione di minoranza del Consigliere Staglian ascoltata questa mattina, ma letta anche precedentemente, propone una relazione annuale sullo stato di salute del settore sanitario. Con questa proposta il Consigliere Staglianò ha voluto sottolineare in modo particolare le difficoltà incontrate dalla Commissione nel reperimento dei dati e di informazioni certe, utili per analizzare i problemi e far esprimere al meglio le funzioni proprie del legislatore. Credo che questa proposta debba essere accolta, eventualmente si può pensare ad una relazione annuale affidata all'IRES sulla parte descritta.
In occasione di un dibattito svolto in quest'aula, il Capogruppo PRI rivolgendosi all'Assessore del tempo, collega Olivieri, aveva sottolineato la necessità generale di predisporre testi unici e in particolare un testo unico delle leggi regionali in materia.
Le diverse norme esistenti rendono molto difficile avere certezza e chiarezza in tale materia, mentre con un non grande sforzo si potrebbe produrre uno strumento legislativo valido ed efficace.
Da un esame delle relazioni di maggioranza e di minoranza appare comunque evidente che i mali della sanità regionale risalgono a parecchi anni fa, quando questa materia venne delegata alle Regioni. In quegli anni si diede il via all'occupazione del settore sanità nel modo che altre istituzioni hanno chiarito.
Sulla base anche dei risultati di questa Commissione occorre procedere perché in una materia così importante e delicata ci sia un grande impegno che coinvolga tutti, maggioranza e opposizione, non solo per le pesanti responsabilità che dalla relazione appaiono, per dare finalmente efficienza e certezza al sistema.



GUASSO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, innanzitutto come componente della Commissione sento il dovere di ringraziare tutti i colleghi e in particolare il Presidente Devecchi e il Vicepresidente Calligaro per il lavoro efficace e importante che hanno svolto e che ha consentito di presentare al Consiglio regionale qualche mese fa un primo stralcio di relazione e ancora qualche mese fa la relazione definitiva sull'oggetto che era stato assegnato alla Commissione.
Una relazione - tengo a dire - che io sottoscrivo integralmente, non solo per l'apprezzamento che ho già fatto al Presidente e al Vicepresidente, ma perché è una relazione dell'intera Commissione. Una relazione che è stata esaminata dalla prima bozza all'ultima stesura in numerose riunioni di Commissione, che è stata limata, che è stata integrata con i suggerimenti dei Consiglieri e che ha visto la sua conclusione con il sostanziale accordo dell'intera Commissione. E' quindi un dato del Consiglio e non di una parte del Consiglio.
Il collega Staglianò ha voluto integrare con sue osservazioni e analisi particolari questa relazione e di questo lo ringraziamo perché credo che ogni contributo che porti dati e chiarezza in questo settore sia da apprezzare. Lo ringraziamo meno del fatto che ha ritenuto di dover leggere tutta la relazione, che avevamo già letto, integrandola di una parte preliminare di un certo spessore, per cui l'impegno del Consiglio di oggi è stato certamente dilatato.
Una relazione, dicevo, che ha visto concordi i Commissari e credo che a chi ha partecipato ai lavori di questa Commissione non resti che sottolineare alcuni aspetti. Sarebbe una ripetizione voler ripercorrere l'intera strada.
Il primo aspetto che dobbiamo sottolineare, almeno per parte nostra, è che obiettivamente i dati che abbiamo raccolto attraverso i questionari attraverso le audizioni e in parte anche attraverso i sopralluoghi, hanno indicato che negli ultimi anni vi è stata una distorsione nel rapporto tra pubblico e convenzionata privata.
Una distorsione che si evidenzia da un lato attraverso l'individuazione di una parziale sottoutilizzazione di certe strutture pubbliche, dall'altro attraverso una statistica dilatazione della convenzionata privata che è stata particolare nell'USSL 1/23 di Torino nel periodo 1981/1986.
E' evidente che le cifre di per sé non dicono tutto. E' evidente che una USSL come quella di Torino di cui fanno parte ospedali comprensoriali e ospedali regionali attira una concentrazione che consente di motivare e di giustificare in parte la dilatazione della convenzionata e dell'utilizzo dei laboratori di analisi in quel settore. Non li giustifica pienamente se si raffrontano queste cifre con quelle di altre UU.SS.SS.LL. laddove questo incremento è stato di gran lunga inferiore o, in alcune di queste addirittura nullo. Evidentemente il raffronto di questi due elementi sta a significare che una distorsione c'è stata.
Un altro dato che deve essere sottolineato è che su 32 laboratori di analisi convenzionati nell'USSL 1/23, 6 raccolgono il 60% del totale della spesa, mentre i rimanenti 26 si dividono il residuo 40%.
Anche qui voglio ricordare che le cifre non dicono mai tutto; è chiaro che in un mercato libero non tutti i produttori hanno pari livelli di produttività: ci saranno quelli più attrezzati, che fanno più promozione e che conseguentemente avranno più pubblico, mentre quelli che sono meno attrezzati e fanno meno promozione avranno meno pubblico, ma questa forte disparità, unita agli elementi che ho ricordato, dà un quadro complessivamente non tranquillizzante.
La prima spiegazione di tutto questo è da individuare in un altro elemento che emerge dalla relazione e cioè che fino ad oggi non c'è stato di fatto un collegamento permanente ed organico tra i centri di prenotazione, gli uffici amministrativi che autorizzavano la convenzione esterna e i laboratori di analisi, con conseguente, grave difficoltà nell'individuazione delle possibilità dei centri pubblici ad assorbire la domanda che si presentava. E' evidente che in una situazione di questo tipo le distorsioni sono automatiche. Sappiamo tutti, per averlo provato in prima persona, come fino a non molto tempo fa bastava andare e chiedere il timbro, e il timbro veniva conferito senza che vi fosse nessun marchingegno o tanto meno nessun Grande Vecchio alle spalle che manovrasse la situazione: era una disfunzione del sistema, è una disfunzione del sistema! Là dove non è possibile verificare in tempo reale se sia possibile far fronte nei tempi di legge (tre giorni) alla richiesta in una struttura pubblica, è automatico, quasi giusto, che il fruitore venga posto in condizione di avere la sua analisi tramite una struttura privata convenzionata. E l'analisi è giusto venga ottenuta in tempo reale e non dopo mesi, perché se quell'analisi risulterà negativa, il tempo per ottenerla risulterà irrilevante, ma se risultasse positiva, è indispensabile che sia fatta in tempi che consentano di fronteggiare la situazione patologica evidenziata dall'analisi richiesta. E' un quadro che al di là della buona o della cattiva volontà dei soggetti, senza voler immaginare immediatamente una congiura, fisiologicamente ha portato ad un'alterazione del sistema.
Bisogna ricordare anche un altro elemento di distorsione del sistema elemento che deriva dalla scelta che la legislazione regionale ha fatto quando ha chiuso la "stalla" e imposto un limite alle convenzionate e alle autorizzazioni ai laboratori. Cioè si è voluto, forzosamente, magari con ottimi motivi che però hanno dato pessimi risultati, individuare in quelli che c'erano già o che si erano sbrigati prima degli altri, gli unici presidi privati sul territorio che potessero fruire del convenzionamento creando così una fascia, un settore privilegiato attraverso cui più facilmente, a mio avviso, si è passati per arrivare a quelle particolari distorsioni che abbiamo ricordato. Un esempio, menzionato anche dal collega Devecchi nel suo intervento, tipico e sintomatico è quello del laboratorio LAS in Val di Susa, dove in un determinato periodo per effetto del rapporto tra l'Ospedale di Susa e quel laboratorio privato di Bussoleno, il fatturato della convenzione esterna ha raggiunto cifre elevate. Non appena però si è aperto in Susa un altro laboratorio privato convenzionato, nel giro di un anno la convenzionata esterna è crollata praticamente a zero. E' vero, collega Devecchi, che l'Ospedale aveva nel frattempo aggiornato le proprie strutture, ma forse non è solo l'aggiornamento delle strutture e del personale dell'Ospedale di Susa ad aver fatto cadere la convenzionata esterna in quella valle.
Questi mi sembrano i dati principali da sottolineare e che emergono dalla relazione della Commissione, dalla quale però emerge anche un altro dato che dobbiamo tenere a mente nei nostri ragionamenti. Troverei sbagliato lo schierarsi, come un tifoso di calcio, per il pubblico o per il privato e dire che nel settore sanitario deve esserci solo l'uno o solo l'altro. Al di là delle dichiarazioni di principio della legge n. 833 di riforma sanitaria, credo che il buon senso ci imponga di dire che quello sanitario è un settore in cui il pubblico deve essere prevalente, ma in cui anche il privato deve avere spazio. Deve trattarsi di uno spazio complementare, in ogni caso deve avere il suo spazio, in un rapporto corretto che lo leghi al pubblico e che gli consenta di concorrere con il pubblico al raggiungimento degli obiettivi della sanità nazionale.
Se mi consentite, alle cifre ricordate dal Consigliere Staglianò per quanto riguarda i costi dei laboratori, vorrei aggiungere altre cifre che riguardano l'altra faccia della nostra ricerca cioè le case di cura private, per confrontare la spesa ospedaliera con la spesa per le case di cura private. Nel periodo 1985/1986 la spesa ospedaliera in Piemonte è stata pari a circa 2.000 miliardi, mentre quella per le case di cura private convenzionate è stata di 100 miliardi. Portando a valore 100 la cifra del costo ospedaliero e il numero di ricoveri nel settore ospedaliero vedremo che quei 100 miliardi delle case di cura private rappresentano grosso modo il 10% rispetto al costo del settore ospedaliero. Da questi dati deriva che il costo unitario della spesa è esattamente 20 contro 10 tra ospedale e casa di cura privata, cioè al sistema sanitario nazionale il ricovero in ospedale è costato 20 per unità, il ricovero in casa di cura è costato 10. E' un giochetto aritmetico, se le cifre sono esatte. E' chiaro che nella casa di cura c'è, in alcuni casi, la partecipazione alla spesa del privato che compensa di tasca propria la differenza di costo.
Questo per dire però che in un corretto rapporto tra pubblico e privato, in certi settori, io direi in tutti i settori, vi è anche un interesse di minor spesa da parte del pubblico. Quindi il problema non è l'eliminazione di uno dei due settori, ma riportare il rapporto a una correttezza di intervento e di proporzioni. In un settore dove non si sono evidenziate distorsioni particolari, c'è anche una convenienza economica oltre al rispetto di un principio, cui noi liberali teniamo particolarmente, che è quello che anche nel settore sanitario ci sia la possibilità di una libera scelta da parte del fruitore della struttura sanitaria, del medico e della struttura laboratoristica a cui ci si vuole rivolgere per essere assistiti e curati.
Da questi dati emergono almeno tre settori di intervento da parte dalla Regione o forse più che di intervento, tre settori in cui è necessaria maggiore attenzione da parte della Regione.
Il primo è quello che ricordavo già prima, la necessità di un collegamento non occasionale e non più meccanico, ma questa volta telematico, tra i punti di prenotazione, di autorizzazione alla convenzionata e i laboratori di analisi pubblici degli ospedali e dei poliambulatorii. Se non saremo in grado di garantire la conoscenza della situazione in tempo reale per quanto riguarda il carico di lavoro dei singoli laboratori pubblici, che siano ospedalieri o che siano extraospedalieri, evidentemente non riusciremo mai ad avere il controllo complessivo della convenzionata esterna.
Il secondo aspetto su cui si deve soffermare la nostra attenzione è quello della necessità di una verifica periodica. La Commissione ha fatto un grosso lavoro e tutto sommato ha fatto anche una parte di lavoro che non le spettava, perché per esempio abbiamo scoperto che i dati utili che si potevano ottenere immediatamente erano solo quelli relativi dal secondo semestre 1984 in avanti, mentre prima del secondo semestre 1984 i dati erano assolutamente mancanti e comunque anche quelli successivi che abbiamo avuto erano insufficienti ed è stato necessario integrarli attraverso il questionario e le audizioni. Propongo quindi all'Assessore che il lavoro che con fatica la Commissione ha fatto non venga abbandonato, ma riproposto periodicamente, non attraverso una Commissione d'inchiesta o d'indagine, ma dall'Assessorato, semestralmente, aggiornando i dati che la Commissione ha già raccolto attraverso quel questionario, dati che sono certamente non esaustivi, ma immediatamente indicativi di situazioni di deviazione o di distorsione. Se questo lavoro viene fatto periodicamente, quindi abituando già le UU.SS.SS.LL. e i presidi sanitari a farlo e noi a riceverlo, non credo rappresenti cosa particolarmente complessa e difficile.
Un terzo aspetto a cui bisogna dedicare un minimo di attenzione, anzi un massimo di attenzione, è l'utilizzo della spesa sanitaria e la dislocazione del personale. Abbiamo verificato nei lavori della Commissione che, come è giusto, tutto sommato, e come è caratteristica del nostro bel Paese, quando non ci sono gli strumenti, ci si arrangia e chi ha lavorato in questi presidi sanitari ha dovuto arrangiarsi. La vicenda degli strumenti dei laboratori in comodato d'uso è la tipica soluzione dell'arrangiarsi; ma se da un lato si potrebbe pensare ad un oggettivo risparmio (gli stessi strumenti anziché essere acquistati vengono dati in comodato d'uso delle case che li producono, quindi noi risparmiamo il prezzo d'acquisto), dall'altro diventa un'indebita alterazione di quello che deve essere il rapporto tra cliente pubblico e produttore perch sappiamo che un singolo apparecchio richiede sempre e soltanto un certo tipo di materiale per essere utilizzato. E le case produttrici, che non sono dei benefattori dell'umanità, sanno benissimo che dando un apparecchio in comodato d'uso, cioè senza guadagnare una lira sulla vendita, il loro guadagno lo avranno sui materiali che sono necessari per usare quell'apparecchio. Se continuassimo su questa strada, evidentemente la scelta di quell'apparecchio o di un altro, di quel tipo di materiale o di un altro, non sarà più fatta in base a criteri di funzionalità e di economicità e cioè in base a criteri che devono sovrintendere alle scelte pubbliche, ma in base alla concreta possibilità di utilizzazione dei singoli presidi sanitari e laboratoristici. Questo non ci sembra un modo di procedere corretto anche se riconosciamo che fino ad oggi è stato un modo di procedere necessitato.
Un ultimo elemento che non è direttamente connesso all'argomento della relazione, ma su cui anche il collega Devecchi si è soffermato e voglio tornarvi anch'io perché è un problema veramente allarmante, che rischia di farci chiudere tutti i laboratori pubblici. Mi riferisco al problema dei responsabili di laboratorio. Sappiamo che è in atto, in assenza di una normativa precisa, una guerra tra gli specialisti laboratoristi e i medici che hanno responsabilità di laboratorio, con denunce in carta bollata e interventi della Procura della Repubblica. Io credo che sia doveroso da parte nostra intervenire presso il Parlamento perché risolva questo problema. Se dovesse passare, allo stato della legislazione l'interpretazione normativa secondo cui i medici non possono essere responsabili di laboratorio (e quindi tutti i medici che oggi lo sono avrebbero commesso il reato di abuso di professione), noi chiuderemmo tutti i nostri laboratori ospedalieri ed extraospedalieri, forse ad eccezione di qualcuno. Credo che questo sia un problema che non deve risolvere né la Procura della Repubblica né la carta bollata né la Magistratura amministrativa, ma che sia alla responsabilità di chi ha il potere legislativo risolvere in termini civili e di correttezza.
Concludo ringraziando tutti per l'attenzione e augurandomi che il lavoro della Commissione non sia soltanto il punto finale di un brutto periodo per la nostra sanità, ma il punto di partenza per una sanità riformata in cui possano convivere seriamente e utilmente il pubblico ed il privato.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Sull'ordine dei lavori e iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n. 441: "Quarta sottoscrizione di nuove azioni della Promark S.p.A."


PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Carletto. Ne ha facoltà.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito sulla relazione della Commissione d'inchiesta verte su una materia complessa e delicata sulla quale giustamente intendono esprimere le loro valutazioni tutti i Gruppi con interventi tanto corposi che non potevano essere previsti in questi termini. Pertanto il programma dei lavori che avevamo immaginato potesse esaurirsi intorno alle ore 14, si sta modificando perché siamo ormai giunti alle 13,30 e quindi difficilmente riusciremo a finire i lavori entro mezz'ora, ma non sospendendo la seduta per la consueta pausa per il pranzo i lavori potrebbero concludersi al massimo entro le ore 16.
Desidero inoltre sottoporre alla Presidenza del Consiglio regionale l'esigenza di iscrivere all'o.d.g. della seduta odierna il provvedimento relativo alla Promark, iscrizione che ai sensi dello Statuto e del Regolamento deve avvenire a maggioranza assoluta e le condizioni di agibilità politica determinano che la maggioranza si garantisca i 31 voti necessari. Nella riunione dei Capigruppo abbiamo assunto l'impegno che avremmo garantito i voti necessari per iscrivere all'o.d.g. il provvedimento relativo alla Promark. Non avendo però potuto rispettare i tempi c'è il rischio che l'orario di chiusura della seduta sia imprevedibile. Per avere quindi la garanzia che il provvedimento sia iscritto all'o.d.g. perché si tratta di un atto di governo e quindi comprendiamo la richiesta della Giunta, mi permetto di fare richiesta alla Presidenza del Consiglio regionale e a tutti i Capigruppo di iscriverlo in questo momento interrompendo il dibattito sulla relazione della Commissione d'indagine che riprenderà immediatamente dopo la votazione.
Chiedo al Presidente se è d'accordo e ai Capigruppo se sono altrettanto consenzienti alla mia richiesta.



(Proteste dai banchi dell'opposizione)



BRIZIO Gian Paolo, Assessore all'assistenza

L'abbiamo sempre fatto, è una prassi costante!



PRESIDENTE

Pur trovandoci di fronte a un dibattito che ha fatto saltare i tempi previsti per avere tra l'altro iniziato i lavori con un'ora di ritardo devo rilevare che nella riunione dei Capigruppo di ieri era stata effettivamente raggiunta l'intesa di iscrivere questo argomento all'o.d.g.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Nonostante le circostanze, come è ben evidente per molti fatti, il modo in cui si è sviluppato il dibattito avrebbe meritato forti osservazioni anche sul piano istituzionale. Ieri si era ipotizzata una certa ora di chiusura dei lavori del Consiglio. E' chiaro che questo si basa su un'intesa e su una benevole collocazione dell'opposizione, non può per essere accettato il fatto che se il provvedimento da iscrivere, come ha detto il Consigliere Carletto, è un atto di governo, è evidente che i numeri della maggioranza per riuscire ad iscriverlo devono esserci non in un momento magico, ma come habitus ordinario. Per questo motivo è opportuno riprendere il dibattito e che i 31 Consiglieri necessari per l'iscrizione restino in aula fino alla sua conclusione, dopodiché si procederà all'iscrizione di tale provvedimento. In questo modo non si viola né la prassi né il Regolamento; altrimenti immediatamente dopo ci troveremo di nuovo svuotati e alla fine si sarà consumato il rito di chi ha portato, con la presenza in quest'aula dalle ore 9,30 e con la pazienza che ha dimostrato, un contributo ad un lavoro che in realtà altri disprezzano.
Prego di considerare la mia proposta di concludere il dibattito e successivamente iscrivere all'o.d.g. il provvedimento segnalato dal collega Carletto.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

Consigliere Bontempi, ho ascoltato attentamente quanto ha detto e per la verità avrebbe potuto anche avere qualche motivazione legittima se non si fosse riscontrato che in questo momento la maggioranza dispone addirittura di 32 voti.



(Proteste dai banchi dell'opposizione)



PRESIDENTE

Ritengo che questo non sia soltanto un momento magico, ma può essere l'inizio di una prosecuzione coerente di una presenza che io auspico significativa.
Dato che non ritengo che si tratti soltanto di una presenza magica fortunata, ma sia il segno di una volontà politica e numerica, pur riconoscendo la validità della proposta espressa dal Consigliere Bontempi ritengo di esprimere questa fiducia mettendo in votazione l'iscrizione all'o.d.g. del provvedimento relativo alla Promark e invitando la maggioranza a garantire una presenza che non sia soltanto fatta di sforzi particolari.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore all'assistenza

L'abbiamo sempre fatto. Si poteva addirittura iscrivere ieri.



(Vibrate proteste del Consigliere Avondo)



PRESIDENTE

Consigliere Avondo, la prego! Dopo le darò la parola.
Aveva chiesto la parola il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Desidero rilevare che è vero, come ha detto il collega Brizio, che c'è la prassi costante, anzi costantissima, di iscrivere nuovi argomenti all'o.d.g. anche durante i lavori, però è altrettanto vero che questa prassi costante e costantissima, che quindi va osservata, è violatrice del Regolamento il quale prevede che dopo la comunicazione dell'o.d.g., quindi a inizio di seduta si possono chiedere modifiche, inversioni e iscrizioni di nuovi argomenti.
La prassi ha sempre superato questo principio, ma finché si tratta di superarlo nel senso che nel corso dei lavori si può chiedere l'inversione dell'o.d.g. o la sua modifica o l'inserzione di nuovi argomenti, posso anche essere d'accordo con questa prassi, violatrice - ripeto - del Regolamento, quando però richiede di iscrivere un nuovo argomento all'o.d.g. pendente lo svolgimento di un dibattito su un punto dello stesso, mi sembra proprio che significhi calpestare per la seconda volta il Regolamento.



PRESIDENTE

La parola al Consiglieri Avondo.



AVONDO Giampiero

Non avremmo voluto farlo, ma visto che è stata richiamata l'esigenza della correttezza, vorrei fare presente che questa richiesta di iscrizione ha un presupposto che è quello della regolarità con cui si è svolta la riunione della I Commissione che ha licenziato il testo del disegno di legge che si richiede venga iscritto all'o.d.g.
Leggo lo stralcio del verbale della Commissione: "Passando al successivo punto all'o.d.g. il Presidente Santoni introduce l'esame del disegno di legge n. 441: 'Quarta sottoscrizione di nuove azioni della Promark'. Il Consigliere Chiezzi chiede di avere alcuni chiarimenti sulla posizione del Gruppo socialista in quanto il Consigliere Bara, nella seduta precedente, aveva avversato il provvedimento. Avondo, non essendo intervenuto il Consigliere Bara in Commissione, rileva l'assenza non occasionale del Gruppo del PSI e registra che, stanti i numeri, con l'assenza dei due rappresentanti comunisti la Commissione non è più in grado di deliberare per cui decide di lasciare la Commissione. Chiezzi chiede di prendere atto in verbale della mancanza del numero legale della Commissione e pertanto della impossibilità di decidere".
A questo punto - il verbale continua, il punto però non è così consequenziale - entra il Consigliere Tapparo che ricostituisce il numero legale e pertanto la Commissione prosegue i lavori.
C'è la violazione di almeno tre articoli del Regolamento perché anche per le Commissioni, nel momento in cui manca il numero legale, vige lo stesso criterio usato per il Consiglio.
Quindi la Commissione, quanto meno dal punto di vista della correttezza, doveva essere convocata un'ora dopo: cosa che non è avvenuta.
Ho voluto richiamare questo aspetto per dire ai colleghi che quando si parla di forzature bisogna sempre avere presente il quadro complessivo all'interno del quale si opera.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Non commento la puntualizzazione del collega Avondo nel senso che a noi pare che in Commissione il numero legale ci fosse. Che poi il numero legale si determini perché il Consigliere A esce ed entri il Consigliere B non capisco quale infrazione o quale contrasto con il Regolamento ci sia. Già in Commissione, il Consigliere Avondo aveva sottolineato questo aspetto che a me pare invece sia del tutto corretto e del tutto legittimo. Da nessuna parte sta scritto che uscendo un Consigliere ed entrando un altro il numero legale abbia valore se è in Commissione il Consigliere A e invece non ha valore se è in Commissione il Consigliere B. Non è che ci sono dei Consiglieri di serie A e dei Consiglieri di serie B.



(Proteste del Consigliere Staglianò)



CARLETTO Mario

Per tornare alla mia richiesta iniziale, ricordo al Presidente del Consiglio e soprattutto ai colleghi Capigruppo che quando nella Conferenza dei Capigruppo si immagina un certo percorso e che gli argomenti vengano discussi attraverso certi schemi, si offre, come è giusto che sia l'opportunità ai Capigruppo di informare i propri Gruppi su queste ipotesi.
E' chiaro che i tempi previsti non sono rigidi e da rispettare al minuto ma quando palesemente, come è successo oggi, si consente a certi Consiglieri di intervenire per più di un'ora e mezza...



(Proteste del Consigliere Staglianò)



CARLETTO Mario

Non abbiamo contestato questo perché ci pare giusto poter esprimere tutte le valutazioni che si ritiene su un argomento così delicato, ma quando a fronte della disponibilità dell'aula e di chi la presiede a far sì che il dibattito avvenga in modo completo ci si ribella alla richiesta di poter iscrivere all'o.d.g. un argomento a proposito del quale si è detto "la maggioranza esprima i voti per poter iscrivere" e la maggioranza può esprimere questi voti. Ci sono quindi tutte le condizioni politiche e istituzionali per fare questo atto che avrebbe comportato l'interruzione di pochi muniti del dibattito, ma stiamo ormai discutendo da mezz'ora e tra mezz'ora saremmo ancora qui a discutere di questo che è un atto puramente formale e non ha nulla di sostanziale. Stiamo perdendo tempo, quando l'iscrizione di questo argomento all'o.d.g. noi l'abbiamo chiesta nella riunione dei Capigruppo di ieri, non è una cosa che è stata inventata oggi! I Capigruppo ieri erano tutti d'accordo che oggi alle ore 14 si sarebbero conclusi i lavori del Consiglio, ma ciò non potrà evidentemente avvenire.
Non accettiamo condizionamenti che non hanno assolutamente ragione n giuridica né politica né istituzionale perché un argomento, sul quale la maggioranza è pronta a votare, non possa essere iscritto all'o.d.g.
Quindi noi chiediamo al Presidente di mettere in votazione l'iscrizione all'o.d.g. del disegno di legge relativo alla Promark perché possa essere discusso nella seduta di oggi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Credo, signor Presidente, che questo incidente, per come si colloca potrebbe persino essere utile a molti. Intanto potrebbe essere utile a lei signor Presidente, perché io posso capire le varie esigenze di questo momento, in particolare il fatto che la sua nomina è appena avvenuta, non le contestiamo, certo però è che questo Consiglio (non mi interessa risalire a specifiche responsabilità) si trova in condizioni di enorme difficoltà per lo svolgimento dei lavori, difficoltà a capirsi, a discutere, a fare delle cose produttive. Allora io le dico, signor Presidente, che questo incidente le deve rammentare che è necessario essere molto presenti e sulla palla, perché il modo con cui si applicano le regole o comunque si tutela il principio delle forme che i Regolamenti stabiliscono, favorendo anche evidentemente delle intese, è subordinato alla conoscenza di ciò che sta succedendo.
E' vero - come ha detto il collega Carletto - che avevamo collegato l'iscrizione all'o.d.g. del disegno di legge Promark a una fine presunta del dibattito alle ore 14.



CARLETTO Mario

Della seduta e non del dibattito! Della seduta!



BONTEMPI Rinaldo

Mi corregge, forse vuol farmi arrabbiare di più! Avevamo parlato del dibattito sulla Commissione d'inchiesta.



CARLETTO Mario

No, della seduta!



BONTEMPI Rinaldo

Va bene, della seduta.
Questo però non è avvenuto e secondo me è dipeso dal fatto che questa mattina alle ore 9,30 la maggioranza non c'era: il punto è questo, caro Presidente! Lei non può violare i regolamenti con forzature a cui la maggioranza, checché ne dica il Capogruppo democristiano, dà continui contributi perché questa mattina in aula erano in pochi e se la maggioranza ci fosse stata questo problema si sarebbe potuto risolvere alle 9,30. In secondo luogo se si iniziava in tempo, se si regolavano i lavori, se comunque si fosse trovata anche un'intesa che avesse visto una presenza maggiore al dibattito, non sarebbe stato leso lo spirito della norma che impone di non interrompere un dibattito in questa maniera, perché ad un certo punto si raccoglie la maggioranza per far votare un provvedimento d'interesse della maggioranza! Questo è il fatto che deve essere registrato! Finiamo il dibattito, stiamo tutti qua, noi ci siamo, perché non potete stare anche voi 31, 32 o 33 che siete? Finito il dibattito vi votate l'iscrizione all'o.d.g. a cui avevamo aderito! Si fa così, non capisco la forzatura, la considero inaccettabile! Se vogliamo portarla sul piano formale, visto che qui così s'intende fare, bisogna dire che non si pu lo ha detto chiaramente il collega Majorino violare il Regolamento, non pu violarlo lei, Presidente, perché in quanto tutore di questa assemblea nel suo insieme è innanzitutto tutore dei principi stabiliti nel Regolamento.
Per quanto riguarda la relazione della Commissione d'inchiesta noi svolgeremo un intervento che non sarà lungo. Abbiamo del tempo davanti, ci dispiace che la situazione si sia messa in questi termini, perché avevamo previsto una fine diversa, però registrate voi perché e come mai si è arrivati in questa maniera sciatta alle 14,15, in mezzo a un dibattito, a proporre l'iscrizione di un altro punto all'o.d.g.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Per prima cosa, signor Presidente, rigetto nel modo più sdegnato le insinuazioni che sono state portate qui da parte di rappresentanti della maggioranza secondo le quali la responsabilità di quello che si sta verificando sarebbe di chi qui dalle 9,30 è qui per fare il proprio dovere! Vorrei dire al Capogruppo DC che quello svolto dal sottoscritto non era un intervento qualunque, era una relazione di minoranza di una Commissione d'inchiesta, un organo istituzionale, che ha lavorato per un anno e mezzo.



SANTONI Fernando

Il Regolamento prevede trenta minuti per le relazioni.



STAGLIANO' Gregorio Igor

D'accordo, collega Santoni, ma le forzature bisogna guardarle nel loro procedere. Il Regolamento prevede anche che ci sia per l'apertura reale della seduta il numero legale!



SANTONI Fernando

Questo lo dici solo tu! Non lo dice il Regolamento!



STAGLIANO' Gregorio Igor

Registro alcuni fatti politici, signor Presidente; questa mattina non c'era il numero legale all'avvio di questa discussione su un argomento che aspetta da sei mesi di essere affrontato su questioni che non riguardano noccioline, bensì la salute della gente e miliardi pubblici!



SANTONI Fernando

Non fare della retorica! Cosa c'entra la salute della gente?



STAGLIANO' Gregorio Igor

Scusa collega, io non voglio rifare l'intervento. Io rigetto nel modo più sdegnato le insinuazioni che qui si stanno portando e cioè che la responsabilità dei ritardi sarebbe di chi è qui puntuale a fare il suo lavoro e non invece di chi si presenta soltanto all'una e mezza a registrare che ha i 32 voti necessari, perché questo ha detto il Presidente del Consiglio nella sua candida ingenuità, mettiamola così! Questo ha detto il Presidente del Consiglio. Si presenta all'una e mezza con 32 voti per fare le operazioni...



(Commenti dai banchi della maggioranza)



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente e cari colleghi, dalle cose che si stanno dicendo e che risultano registrate si evince soltanto una cosa: che delle conclusioni della Commissione d'inchiesta a questa maggioranza non importa un fico secco! Io non voglio offendere nessuno, tanto meno quelli della maggioranza che hanno seguito e intendono seguire tutta la vicenda, per carità: un fico secco nel senso di arrivare a delle conclusioni anche formali.
L'unico argomento per il quale si garantisce il numero legale è la sottoscrizione delle azioni Promark! Questa è la realtà dei fatti, questo è quello che avete dichiarato! E' per questo che ancora oggi, l'ultima seduta della tornata di fine anno di quattro giorni, siete venuti qui, perch viceversa si capisce che la gran parte dei Consiglieri non sarebbe nemmeno venuta e ritengo che sia molto grave.



(Proteste dai banchi della maggioranza)



STAGLIANO' Gregorio Igor

Sono delle opinioni personali e in quanto tali le esprimo.
Mi attengo all'oggetto della discussione in questo momento: per le ragioni già dette dai colleghi Majorino e Avondo, ritengo che si possa iscrivere l'argomento Promark all'o.d.g. (questo l'opposizione l'ha detto ieri e per quanto mi riguarda, lo ripeto qui, c'è la massima disponibilità), ma si deve procedere solo all'iscrizione dell'argomento all'o.d.g. del Consiglio, prima bisogna concludere l'argomento che è in fase di dibattimento, dopo si affronterà la questione Promark: "dopo" signor Presidente, altrimenti lei si rende responsabile di gravissime forzature!



(Proteste dai banchi della maggioranza)



PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri vi prego di mantenere la calma, mi costringete altrimenti a sospendere la seduta e così stiamo davvero fino alle 21. Vi invito a valutare le opportunità di economizzare il più possibile il tempo a nostra disposizione per concludere la seduta in un tempo ragionevole.



FERRO Primo

Deve rispettare l'assemblea e non fare proposte che hanno determinato questa situazione!



PRESIDENTE

Mi propongo di approfondire il Regolamento, non ho avuto il tempo in questi pochi giorni di poterlo fare, ma lo farò perché insieme al tentativo di affidarsi al buon senso è necessario anche conoscere la dottrina, quindi le regole.
Rispondo al collega Bontempi, che mi invitava ad essere di più sulla palla, che cercherò di farlo, ma dico anche che occorre avere una visione di gioco di squadra, cosa che ritenevo potesse rappresentare anche se non era il Presidente a presiedere, ma un Consigliere Segretario, la garanzia perché il dibattito si potesse svolgere. Ritenevo di interpretare correttamente il pensiero dei Capigruppo espresso nella riunione dell'altro ieri quando proprio il Capogruppo del PCI aveva detto "se avete i 31 voti noi non ostacoleremo - ha usato questa espressione - la vostra decisione e ve la iscrivete". Ritenevo di poter interpretare questa dichiarazione in modo estensibile fino a trovare un momento in cui ci fossero davvero 31 o 32 voti, perché non è sempre detto che questi ci siano.



(Vive proteste dai banchi di sinistra)



PRESIDENTE

Siamo ragionevoli.



MONTEFALCHESI Corrado

Siamo pagati per star qui dentro, anche lei!



PRESIDENTE

Mi era stato detto che c'era la possibilità di iscrivere la questione Promark conoscendone l'urgenza, abbiamo verificato invece che c'era qualche difficoltà, la prima volta lo avete notato voi come l'ho notato io.
Quando sono ritornato a presiedere la seconda volta ho verificato che c'era la possibilità di iscrivere; io non ho bisogno di nascondermi e credo che non debba nascondersi nessuno dietro atteggiamenti ipocriti perch dicendo la verità si riconoscono le cose per quello che sono, quindi non era il candore ingenuo di chi invece doveva camuffare le cose, io dico le cose come sono! Invito la maggioranza a verificare se ci sono questi 31 voti, mi assumo la responsabilità...



STAGLIANO' Gregorio Igor

Lei è Presidente del Consiglio, non è più Capogruppo del PSI! Ma insomma dove siamo! Lei è Presidente del Consiglio!



PRESIDENTE

Mi assumo la responsabilità di mettere in votazione l'iscrizione del provvedimento Promark.



SANTONI Fernando

E' stata presentata una mozione d'ordine.



PRESIDENTE

Io invito i proponenti la mozione d'ordine a ritirarla.



(Dai banchi della maggioranza: "La richiesta è respinta" Proteste dai banchi dell'opposizione)



PRESIDENTE

Insisto nel chiedere ai richiedenti della mozione d'ordine di volerla ritirare. Intendo mettere in votazione la richiesta di iscrizione del disegno di legge relativo alla Promark.



FERRO Primo

Può leggere la mozione?



PRESIDENTE

Se la leggo diventa ufficiale e devo darle corso.



FERRO Primo

Signor Presidente, se l'hanno presentata è ufficiale!



PRESIDENTE

Se ritenete di dare questa interpretazione do lettura del testo: "I sottoscritti Consiglieri, chiedono la sospensione del dibattito in corso sulle risultanze della Commissione d'inchiesta sui laboratori di analisi e le case di cura e il passaggio ai successivi punti all'o.d.g.
F.to: I cinque Capigruppo della maggioranza (DC, PSI, PRI, PLI e PSDI)".
Lo pongo in votazione.



(Vive proteste dai banchi dell'opposizione)



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, chiedo la parola.



PRESIDENTE

Do lettura dell'art. 61 del Regolamento: "Le questioni preliminari pregiudiziali e sospensive debbono essere proposte da un Consigliere prima che abbia inizio la discussione. Il Presidente ha tuttavia facoltà di ammetterle anche nel corso della discussione qualora la presentazione sia giustificata da nuovi elementi emersi dopo l'inizio del dibattito". La è ammessa, quindi do corso alla discussione.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Prima di procedere, per non aggravare la situazione, vorrei che venisse definita con chiarezza la fattispecie entro cui può essere iscritta la mozione presentata. Non mi pare che sia una questione preliminare pregiudiziale e sospensiva come prevede l'art. 61 del Regolamento, cioè giustificata da nuovi elementi emersi dopo l'inizio del dibattito, perch in genere si riferiscono a questioni attinenti ed interne al dibattito.
Vorrei quindi essere rassicurato dalla Presidenza di quale fattispecie si tratti e quale procedura sia prevedibile per collocarvisi, ad esempio di dichiarazione di voto, e poi ne parliamo. Vorrei essere tranquillo.



PRESIDENTE

Collega Bontempi, uno degli elementi di novità rispetto alle previsioni che sono state fatte dai Capigruppo è che il dibattito sulla Commissione d'inchiesta si è protratto e si prevede si protrarrà molto a lungo. E' un elemento così importante e di novità che giustifica l'ammissione della richiesta presentata.
Hanno pertanto la parola un Consigliere a favore ed uno contro dopodiché verrà posta in votazione la questione sospensiva.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, visto che intende applicare l'art. 61 del Regolamento, le rammento che il secondo comma dello stesso articolo dice che "su tali questioni può parlare soltanto un oratore per ciascun Gruppo consiliare".



PRESIDENTE

Ha ragione.



BONTEMPI Rinaldo

Siamo ovviamente contrari a questa forzatura e colgo l'occasione per motivare questa contrarietà.
Ho parlato con i Capigruppo della maggioranza con alcuni dei quali normalmente c'è un tentativo di intendersi; non mi pare che comunque possano essere accusati di vizio di strumentalità in genere o essere particolarmente colpiti dalla mancanza di intesa e di mantenimento dei patti. Mi sfugge e mi stupisce che non sia colto da questi miei colleghi il fatto che il modo con cui si erano determinate le intese presupponeva un certo percorso, ma soprattutto un'attenzione al rispetto di quello che resta di questo Consiglio nella sua funzione integrale.
Il fatto di essersi presentati qui una prima volta per vedere se c'erano i 31 voti per poter iscrivere il documento e l'essere ritornati una seconda volta sta ad indicare che solo per questo e solo in questo momento si trovano i numeri per far passare questo adempimento. Quello che fisiologicamente si può capire (la difficoltà di trovare 31 Consiglieri e il fatto che era stato preso un impegno) deve essere assolutamente contemperato con il rispetto di quello che i singoli Consiglieri vedono cioè un dibattito di colpo interrotto perché si ritiene che in quel momento la maggioranza abbia la convenienza e l'utilità di farlo. Questo è il punto! Modi ce ne possono essere molti - caro Santoni, mi rivolgo a lei perché c'è una polemica personale - possono anche essere quelli (se non vogliamo metterla su un piano solo dei duri e inarrendevoli, per cui si sta qui tutto il pomeriggio) di riuscire a far svolgere ad un certo punto il dibattito, di chiedere e di verificare se ci sono determinate le condizioni. Il modo invece un po' troppo garibaldino di porre le questioni sottende in realtà una scarsissima attenzione a problemi che sono invece sempre delicati: rapporto tra maggioranza, Giunta in particolare, assemblea ed opposizione.
In questo senso, l'interruzione proposta, proprio perché è una forzatura che segue all'atteggiamento che si è esplicato, non pu assolutamente avere il nostro consenso.
Trattandosi poi di una questione delicata come quella della Promark credo che la maggioranza debba registrare che qualcosa non ha funzionato che questo non è frutto del cattivo animo dell'opposizione e che forse è meglio procedere in maniera tranquilla rispettando il Regolamento con le armi che sono in mano ad una attenta Presidenza, altrimenti purtroppo la questione che poneva il collega Majorino rischia di saltare fuori. Voi sapete che è una dinamica brutta quella delle forzature; allora la questione regolamentare della validità addirittura dell'iscrizione all'o.d.g. che poneva il Consigliere Majorino rischia di saltare fuori.
Per questo motivo noi siamo contrari; invitiamo la maggioranza a registrare che qualcosa non ha funzionato, che modi e forme per riuscire in maniera non catastrofica, per gli interessi di tutti, a rimettere all'o.d.g. questo punto, se avete i numeri, senza ledere l'altro principio quello cioè che non si interrompono i dibattiti in corso, è ancora possibile.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Ho fatto il richiamo al Regolamento convinto che la prassi richiamata da Brizio, che è stata costantemente violatrice del Regolamento, ma comunque l'abbiamo tutti quanti accettata, non può andare però fino al punto di inserire un nuovo argomento all'o.d.g. pendente la discussione su un altro argomento.
Questo potrebbe già essere di per sé un argomento sufficiente, ma desidero precisare che ci sono altri due argomenti di supporto.
Il primo - fin troppo evidente - è che si è scelto il momento di interrompere in maniera che coincidesse con il momento in cui la maggioranza disponeva di 31 voti.
Il secondo argomento è più sostanziale e robusto: su questo provvedimento siamo, come forse in nessun altro provvedimento calato in quest'aula dal 15 giugno 1985 ad oggi, decisamente e motivatamente contrari.
Quindi, era più che legittimo, sia sotto il piano formale che sostanziale e politico, lottare su quella che è la prima trincea per dire no al provvedimento: dire un no arcimotivato all'iscrizione all'o.d.g.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò. Prego i Consiglieri di rispettare il tempo di cinque minuti per intervento.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, intanto guardando l'orologio osservo come in seguito a questa forzatura si è impegnata quell'ora che forse ci avrebbe portato alle conclusioni del dibattito che è cominciato con un'ora di ritardo - lo ribadisco - e non per responsabilità dei 22 Consiglieri, non uno in più che alle 10,15 erano qui presenti. E' evidente che l'assenza su un argomento così rilevante quale è quello che è stato interrotto significa qualcosa in termini di politica e di significato che si attribuisce ai problemi.
Constato che c'è un comportamento da parte della maggioranza o dei suoi componenti (mi interessa relativamente poco andare ad indagare su queste cose) che ritengono di poter procedere per coprire deficienze, che poi non sono nemmeno così difficili da individuare nei comportamenti politici in quest'aula su come ci si rapporta agli argomenti dell'opposizione, sul disprezzo che si manifesta, a quanto viene prospettato dagli altri attraverso forzature successive, come ieri pomeriggio impegnando un'ora che poteva essere più utilmente utilizzata per portare alle necessarie determinazioni conclusive un argomento molto delicato. Questo non è stato fatto, sono fatti politici! Anche la lunghezza di taluni interventi che sono stati svolti stamani ha una causa. Tutti quanti veniamo in quest'aula non per perdere del tempo, ma per offrire i propri ragionamenti e anche per sanzionare, con gli strumenti che abbiamo, i comportamenti reciproci e da questo punto di vista il fatto di avere incominciato nella disattenzione generale, in condizioni già ampiamente sottolineate ha determinato particolari scelte soggettive.
Vengo al punto. Si è ritenuto di iscrivere un argomento nel momento in cui, fatti i conti nei corridoi, c'erano i voti necessari e di impegnare le due ore che dovevano essere dedicate alla discussione sulla relazione della Commissione d'inchiesta per rintracciare al telefono i Consiglieri di maggioranza necessari per il numero legare. Trovato il numero legale, si è tagliato in due il tutto e si è detto in sostanza: "i nostri numeri ci consentono di poter fare a meno di voi, ci consentono di mettere in un cassetto questioni rilevantissime e di merito come quelle portate stamani".
Il fatto poi che la Presidenza del Consiglio acconsenta queste forzature non fa che aggravare e peggiorare le conseguenze sul futuro di questa assemblea. La Presidenza non può accettare queste forzature e questo tipo di impostazione! Bisognerebbe avere la prontezza di riflessi e la lucidità politica di considerare tutti gli elementi in campo, elementi che potevano consentirci di dire un'ora fa che a quest'ora avremmo finito l'argomento che si sarebbe approvato forse un ordine del giorno conclusivo nei termini in cui qualcuno ha già proposto o in altri termini e che quindi si sarebbe potuto procedere in condizioni politiche migliori per affrontare un argomento, quello della Promark, su cui non c'è stata obiezione, come pure poteva esserci. E' vero, Assessore Marchini, ieri nei Capigruppo, c'è stata invece la massima disponibilità dell'opposizione a mettere in condizione il governo regionale di presentarsi ad un appuntamento delicatissimo nelle migliori condizioni possibili su questa vicenda.
Queste cose bisogna saperle mettere in conto. Tutti noi dovremmo essere anche animali politici e non soltanto animali parlanti.
Se volete procedere così, i numeri li avete, come ci è stato ribadito quindi fate pure! Sicuramente la conseguenza sarà che il governo regionale sull'argomento, che volete forzatamente inserire in questo modo, sarà più debole nel confronto che dovrà svolgere nei prossimi giorni in ambiti difficilissimi; naturalmente, dopo che vi sarete portati a casa questo magro risultato, la Commissione d'inchiesta, che ha già atteso molti mesi potrà attendere ulteriormente, perché è chiaro che dopo aver incassato ve ne andrete a casa.
Guardi, signor Presidente, ho rispettato il tempo: cinque minuti spaccati!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Devo dire che ho trovato un'aula profondamente diversa da quella che avevo lasciato prima di andare a pranzo. Non voglio ripetere le cose dette dai colleghi Bontempi, Majorino e Staglianò, i quali hanno già sottolineato tutto per quanto riguarda il merito della vicenda, desidero però aggiungere qualche ulteriore considerazione. Sono un Capogruppo di opposizione, di un Gruppo non molto numeroso, che ha il diritto di non essere fregato quando lascia l'aula per 20 minuti per andare a pranzo, quando si sta parlando di una questione importante. Dal momento che in una riunione dei Capigruppo si erano definiti determinati metodi, pur all'interno di una certa dialettica devono essere rispettati i regolamenti. C'era un dibattito in corso e ritenevo non sussistessero le condizioni perché fosse interrotto. Ho invece trovato uno scenario nel quale nemmeno le altre forze di opposizione riescono a prendere sul serio la vicenda. Ed è questo che è preoccupante: l'attuale vicenda non viene presa seriamente da nessuno. Questa melina assume contorni ridicoli. Noi stiamo distruggendo uno Statuto, un Regolamento, quel minimo di convivenza tra di noi attraverso una serie di procedure farsesche.
Vorrei che su questi aspetti si riflettesse. Da un lato, pare non interessare nessuno quanti miliardi intaschino i laboratori privati dall'altro lato, se chiude la Promark, si dirà: "non abbiamo più i biglietti omaggio per le mostre".
Teniamo conto che ad uno straccio di Regolamento e ad un minimo di convivenza tra di noi dobbiamo comunque rifarci, per cui se si chiede una cosa e si è bocciati, non la si può dopo 20 minuti riproporre. Se non si sa contare si vada a scuola! Comunque vorrei che qualcuno della maggioranza trovasse la forza di risollevare questa situazione e farsi carico del degrado istituzionale che stiamo vivendo, spiegando il motivo di questo procedere. Cercate di fare lo sforzo di non trasformare, d'ora in avanti, le vicende in ripetute forzature regolamentari da parte vostra, che non possono non accompagnarsi ad una serie di interventi farseschi da parte dell'opposizione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo anche perché a favore non ha ancora parlato nessuno: sembra quasi che non crediamo a quello che abbiamo presentato. Ruberò meno dei cinque minuti previsti dal Regolamento.
Vorrei ricordare che il disegno di legge relativo alla Promark che è il documento che si dovrebbe iscrivere all'o.d.g., non formalmente, ma sostanzialmente è già iscritto all'o.d.g. perché sulla lettera di convocazione che tutti abbiamo ricevuto sta scritto che se le Commissioni lo avevano licenziato si sarebbe esaminato anche questo argomento. La garanzia dell'o.d.g. - questo per distinguere le questioni sostanziali da quelle formali - è portare a conoscenza di tutti i Consiglieri quali sono gli argomenti che andranno in discussione. Quindi i 60 Consiglieri sanno da quando hanno ricevuto la convocazione per questo Consiglio, che quello è un argomento che si sarebbe discusso e che solo formalmente non si è potuto iscrivere nella parte alta della lettera di convocazione perché la Commissione non lo aveva ancora licenziato o meglio era stato licenziato da una e non dall'altra Commissione. Quindi cominciamo a distinguere l'aspetto sostanziale: tutti i Capigruppo e tutti i Consiglieri erano garantiti dall'iscrizione sostanziale e non formale dell'argomento all'o.d.g.
Dopodiché è intervenuto un accordo tra i Capigruppo sull'ordine dei lavori per questa giornata residua o meglio sul pomeriggio di ieri e sulla giornata di oggi, per cui si è detto che si doveva iscrivere formalmente l'opposizione aveva dichiarato che preferiva non partecipare all'iscrizione, ma che non l'avrebbe ostacolata allorquando la maggioranza avesse avuto i suoi 31 voti autonomi per iscrivere un documento all'o.d.g.
e si è quindi delineato un certo percorso di lavori e di discussione.
Voglio ricordare che questo percorso non è stato interrotto per un puro caso, perché ieri sera malgrado tutto su un fatto che non mi sembrava di legittimità, ma solo di merito, l'opposizione ha lasciato l'aula e ha cercato di far mancare il numero legale al Consiglio. Questo è un altro elemento che dobbiamo ricordare. Per carità, è un suo legittimo diritto anche se eravamo all'interno di un percorso di lavori concordato e su un fatto, ripeto, non di legittimità, ma di merito, dopodiché la maggioranza ha trovato il suo numero legale ed è andata avanti. Questa mattina si è iniziato il dibattito, anche in assenza dell'Assessore. Non è iniziato in ritardo perché l'Assessore è arrivato tardi, bensì perché due Commissioni hanno dovuto esaurire un lavoro che era stato concordato. Inoltre il collega Staglianò, che avrebbe avuto a disposizione, ai sensi del Regolamento, trenta minuti per svolgere la sua relazione, ha impiegato senza che nessuno si stracciasse le vesti, quattro volte tanto di questo tempo. Siamo arrivati alle 14 e, timidamente, la maggioranza ha chiesto che finalmente venisse iscritto formalmente quel documento che era iscritto sostanzialmente dalla convocazione. A questo punto è stata posta la questione formale e pertanto noi abbiamo presentato una mozione d'ordine come da Regolamento, per sospendere questo dibattito. Se vogliamo andare avanti ragionando con il Regolamento e con lo Statuto, che sono sempre essenziali, bisogna tenere conto della correttezza di rapporti reciproci perché può essere scorretta la maggioranza con i suoi numeri, ma può essere scorretta anche l'opposizione con numeri minori. Procedendo quindi a norma di Regolamento è stata presentata una questione sospensiva.
Ci dispiace per i problemi della sanità, il dibattito lo riprenderemo quando la maggioranza avrà voglia di riprenderlo e andiamo a iscrivere quel documento all'o.d.g.



(Proteste dai banchi dell'opposizione)



PRESIDENTE

La discussione sulla mozione è terminata.
Avevo invitato i presentatori della mozione a ritirarla, ma non è stato fatto. Io pensavo che si potesse mettere in votazione l'iscrizione della legge relativa alla Promark senza proseguire in un dibattito che ci ha fatto perdere ulteriore tempo. Sembrava che fosse possibile terminare la discussione entro un'ora ragionevole, invece siamo già oltre le ore 14,30 e il discorso è ancora a metà strada.
Pertanto per economia di tempo pongo in votazione la mozione d'ordine presentata dai Capigruppo della maggioranza il cui testo recita: "I sottoscritti Consiglieri chiedono la sospensione del dibattito in corso sulle risultanze della Commissione d'inchiesta sui laboratori di analisi e le case di cura ed il passaggio ai successivi punti all'o.d.g.".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 31 voti favorevoli e 19 contrari.



PRESIDENTE

Propongo pertanto di iscrivere all'o.d.g. il progetto di legge n. 441: "Quarta sottoscrizione di nuove azioni della Promark S.p.A."



MONTEFALCHESI Corrado

In base a quale articolo del Regolamento chiede l'iscrizione del progetto di legge relativo alla Promark?



PRESIDENTE

In base al fatto che è stato interrotto il dibattito sulla relazione della Commissione d'inchiesta sui laboratori d'analisi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, le ripeto la domanda: in base a quale articolo del Regolamento chiede questa iscrizione?



PRESIDENTE

Ai sensi dell'art. 49 che così recita: "Dopo la comunicazione dell'o.d.g. proposto dal Presidente, se non viene chiesta alcuna modifica tale o.d.g. si intende approvato. Tre Consiglieri possono tuttavia proporre l'inversione o la modifica dell'o.d.g. e la proposta può essere illustrata da uno dei proponenti. Sulla proposta possono chiedere di parlare un Consigliere contro ed uno a favore. La proposta viene posta ai voti per alzata di mano".
Pongo pertanto in votazione l'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n. 441.



BONTEMPI Rinaldo

Non partecipiamo al voto in quanto riteniamo inapplicabile l'art. 49 del Regolamento nel caso in ispecie.



PRESIDENTE

Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 35 voti favorevoli (non ha partecipato alla votazione il Gruppo PCI).



MONTEFALCHESI Corrado

Solo per il verbale intendo far presente che a norma di Regolamento non è possibile che il Consiglio prenda in considerazione questo punto.



PRESIDENTE

Propongo infine di iscrivere all'o.d.g. la proposta di deliberazione n.
1030 relativa ai corsi di formazione professionale in agricoltura.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 35 voti favorevoli (non ha partecipato alla votazione il Gruppo PCI).


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Esame progetto di legge n. 441: "Quarta sottoscrizione di nuove azioni della Promark S.p.A."


PRESIDENTE

Passiamo pertanto all'esame del progetto di legge n. 441.
Relatore è il Consigliere Devecchi che ha quindi la parola.



DEVECCHI Armando, relatore

In esecuzione delle deliberazioni assunte dall'assemblea straordinaria della Promark S.p.A., la Giunta regionale ha proposto all'approvazione del Consiglio il presente disegno di legge recante, a fronte delle perdite della società che hanno superato il valore del capitale sociale, la sottoscrizione di una quota dell'aumento del capitale stesso.
Per quanto concerne le vicende della società di cui trattasi è opportuno ricordare che con legge regionale 23 giugno 1976 n. 16 la Regione Piemonte, allo scopo di sostenere ed incrementare nell'ambito delle proprie competenze le attività economiche della Regione e di coordinare le conseguenti iniziative promozionali, assunse una partecipazione azionaria della Società Samia S.p.A. successivamente denominata Promark (L.R. n.
11/78) sottoscrivendo n. 17.000 azioni del valore nominale di L. 10.000 cadauna. Con successivi provvedimenti legislativi a seguito di abbattimenti e ricostituzioni del capitale sociale, la quota della Regione veniva portata a L. 723 milioni pari al 56,83% del capitale sociale.
Come è evidenziato dalla relazione della Giunta che accompagna il disegno di legge, l'andamento negativo della società ha nuovamente comportato l'assunzione di una serie di provvedimenti dovuti da parte dell'assemblea straordinaria degli azionisti che in data 14/9/1988 ha deliberato: la riduzione a zero del capitale sociale che ammontava a L.
1.271.994.000, preso atto delle perdite per complessive L. 1.484.636.472 così solo parzialmente ripianate: il conseguente azzeramento del valore nominale unitario di L. 6.000 di tutte le n. 211.999 azioni della società la contestuale ricostruzione del nuovo capitale sociale nell'importo di L. 810 milioni mediante emissione di n. 60.000 nuove azioni del valore nominale L. 13.500 cadauna, riservate in opzione proporzionale alla pari agli attuali azionisti, a norma dell'art. 2441 del Codice Civile l'ulteriore riduzione del capitale sociale ad avvenuta ricostituzione da L. 810 milioni a L. 600 milioni, mediante riduzione del valore nominale unitario delle 60.000 azioni da L. 13.500 a L. 10.000 cadauna, imputando la svalutazione che ne consegue, pari a L. 210 milioni, a parziale copertura delle perdite residue con rinvio a nuovo delle ulteriori perdite accertate in L. 2.642.472.000.
In dipendenza di tale deliberato assembleare, al fine di conservare l'attuale quota di partecipazione nel capitale della società di cui trattasi, il disegno di legge propone la sottoscrizione di n. 34.098 nuove azioni del valore nominale di L. 13.500, operazione cui conseguirà l'abbattimento ulteriore già autorizzato dall'assemblea straordinaria di cui sopra.
Il dibattito in Commissione, anche sulla base di quanto comunicato in materia dai rappresentanti della Giunta, ha evidenziato come la Promark attraversi un periodo di particolare difficoltà cui quel Consiglio di amministrazione è impegnato a porre rimedio con il necessario appoggio degli azionisti pubblici e segnatamente della Regione attraverso provvedimenti organizzativi che sono in fase di elaborazione.
Il provvedimento che viene proposto, pertanto, tiene conto per un verso della necessità di consentire lo sviluppo di tali iniziative di risanamento; per altro riguardo risulta presupposto indispensabile per qualsivoglia rinnovamento agli interventi del settore.
Con esplicito riferimento a tali prospettive e a fronte dell'impegno della Giunta a presentare a breve proposte in materia capaci di invertire le tendenze in atto, si è valutata positivamente la proposta di sottoscrivere una quota dell'aumento di capitale che consenta alla Regione di conservare la propria partecipazione in ragione del 56,83% sia nella prima fase (ricostituzione del capitale) sia in quella successiva in cui è previsto un ulteriore abbattimento dello stesso.
Per quanto concerne la norma finanziaria, modificata su emendamento della Giunta, si precisa che il rinvio all'esercizio 1989 si è reso necessario in quanto la presentazione del provvedimento e i tempi di discussione in Commissione hanno precluso l'approvazione del disegno di legge che comporta una variazione di bilancio entro il termine del novembre 1988.
Dopo un approfondito, attento ed articolato esame e dopo avervi apportato emendamenti sostanziali e formali, l'VIII Commissione ha approvato a maggioranza il testo del disegno di legge presentato dalla Giunta. Sulla norma finanziaria del provvedimento la I Commissione consiliare ha a sua volta espresso unanime parere favorevole.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Devecchi è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bruciamacchie. Ne ha facoltà.



BRUCIAMACCHIE Mario

Ricordo, senza per questo volerlo ripercorrere, che il Consiglio esaminò questo problema in un dibattito estremamente interessante il 25 febbraio di quest'anno. Al termine di quel dibattito, signor Presidente, il Consiglio approvò un ordine del giorno che dava delle precise indicazioni di carattere politico operativo alla Giunta e sottolineava una serie di esigenze, quali la necessità di trovare delle sedi e delle forme opportune per un diverso approfondimento e un dibattito in ordine al ruolo degli enti strumentali della Regione.
Febbraio è passato ormai da dieci mesi; il Consiglio non ha trovato n le sedi né le forme opportune per un approfondimento in merito al ruolo degli enti strumentali della nostra Regione. Credo che tutti quanti siamo convinti che questa esigenza era fortemente presente quando il Consiglio esaminò questa problematica e alla luce degli ultimi fatti emerge ancora con più pregnanza il bisogno di fare un dibattito per definirne meglio ruoli, funzioni e compiti.
Non so quando la Giunta intenderà portare questi argomenti all'attenzione del Consiglio, quali sono le sedi che intende individuare ma mi pare che non si possa disattendere una volontà molto chiara e netta del Consiglio espressa fra l'altro in un testo approvato dalla maggioranza.
Altrimenti non si è più credibili su queste questioni e quel minimo di credibilità che avevamo viene ulteriormente perduto.
Al di là però di questo bisogno di un dibattito più approfondito sul ruolo degli enti strumentali, vi è un altro punto molto preciso (il penultimo di quell'ordine del giorno). Mi spiace che dopo l'iscrizione all'o.d.g. di questo punto di fatto sia presente solo l'Assessore Marchini, tra l'altro competente solamente in parte per questo provvedimento (è l'ultimo arrivato nella Giunta), quindi non gli si può far carico di responsabilità. Dispiace che su un argomento che si ritiene di vitale importanza, e io ritengo che sia importante, ci sia un livello di attenzione decisamente basso e questo la dice molto lunga. Non voglio fare altre considerazioni politiche, sto interloquendo solo con l'Assessore competente perché quello che ha proposto il provvedimento è in congedo avrà sicuramente delle motivazioni, sono comunque fatti che dobbiamo rilevare e che sono di grande significato e portata. Non vorrei trovarmi nella condizione nella quale ci siamo trovati in altre occasioni: cioè che l'interlocutore, anche di fronte a queste questioni, non c'è e quindi il singolo Assessore finisce, non per volontà o valore personale, di non poter rappresentare la volontà collettiva della Giunta circa gli indirizzi generali.
Queste sono cose che non interessano, Brizio dice che comunque andremo avanti e faremo così. Vorrei però che almeno gli Assessori Marchini e Mignone e gli altri Capigruppo che sono ancora presenti in questo Consiglio ricordassero che in quell'ordine del giorno del 25 febbraio si diceva che il Consiglio impegnava la Giunta ad elaborare ed esporre al Consiglio sulla base degli elementi portanti della comunicazione (quella dell'Assessore Turbiglio), dei contributi, degli elementi e delle sollecitazioni conseguenti al dibattito consiliare, nel termine di 60 giorni e comunque prima dell'approvazione del bilancio consuntivo del 1987 una prima ipotesi di riconsiderazione e ridefinizione del ruolo della Promark S.p.A. e della sua struttura, all'interno di una prospettiva programmatica.
Mi domando, signori della maggioranza e della Giunta, se oggi il Consiglio che esamina questo disegno di legge che ricapitalizza sottoscrive - questa è la volontà della maggioranza - nuove azioni per la società Promark, ha gli elementi sufficienti e ha quindi cognizione di causa fino in fondo per compiere un atto di questa natura. E' un quesito al quale dovete rispondere! Non potete pensare di fronte a problemi di questa natura di fare scena muta come si è cercato di fare per altri argomenti. Il Consiglio ha il diritto di sapere cosa pensano la Giunta e la maggioranza in merito al destino che è segnato oppure il ruolo che si vuole attribuire a Promark in forza di quanto è scritto in questo ordine del giorno che impegnava l'esecutivo nei termini di cui ho detto prima! Dobbiamo sentire qualche motivazione perché sono passati dieci mesi che questi non sono passati invano, non sono trascorsi senza che nulla sia accaduto. Sono infatti accadute cose di estrema gravità e importanza: l'approvazione del bilancio consuntivo 1987 attraverso il quale abbiamo potuto constatare il progressivo processo di indebitamento della Promark. A metà del mese di settembre questa società ha riunito i propri azionisti e ha preso atto della situazione: a fronte di un capitale sociale di 1.200 milioni aveva contratto un indebitamento di 1.400 e più milioni, per cui non era più sostenibile, in base alla norma del Codice Civile, il mantenimento di questo tipo di società e quindi erano indispensabili l'azzeramento del capitale e la richiesta ai partner di sottoscrivere nuove azioni.
Dal momento che questa decisione è stata presa a metà del mese di settembre da parte del Consiglio di amministrazione di Promark, noi ci domandiamo perché questo provvedimento giunge in Consiglio solo oggi; qui c'è un Assessore che ha partecipato a nome dell'esecutivo all'assemblea degli azionisti, che si era impegnato in questa direzione, ma perché poi non ha sostenuto in modo adeguato questo provvedimento? Si doveva assumere questo provvedimento entro il mese di novembre, ma non è stato fatto.
Adesso vi sono grosse difficoltà. Voglio capire come concretamente questa nuova sottoscrizione per un valore di 400 e più milioni è possibile in presenza di un bilancio che è provvisorio, quindi una gestione per dodicesimi oltre ai quali non si può attingere. Come concretamente è possibile sottoscrivere questo impegno a fronte della scadenza precisa del 31 dicembre, giorno entro il quale noi dovremmo avere la legge approvata dal Consiglio, ma anche vistata dal Commissario di Governo pena la non efficacia entro quei termini del provvedimento stesso? Non vedo l'Assessore Croso. Qualcuno ci dica concretamente come si penserà di gestire una situazione di questo tipo.
Permettetemi ancora alcune considerazioni. Noi oggi assumiamo, o pensate di assumere, questo provvedimento di sottoscrizione di nuove quote senza quel documento di indirizzi, senza aver definito minimamente quale sarà il ruolo di Promark nel 1989 e negli anni a venire. E' stato detto in modo informale in Commissione che la situazione di Promark attuale è tale che porterà a giugno 1989 ad un ulteriore deficit di 200 milioni. Per siamo anche in presenza di altri documenti di uffici regionali, i quali dicono che stante la situazione attuale, se non intervengono modificazioni a livello di orientamento e di definizione del ruolo di Promark, a giugno noi ci troveremo con un indebitamento che sarà almeno di 700 milioni.
Qual è il significato della ricapitalizzazione di Promark oggi? Vogliamo compiere un atto, in assenza di questi indirizzi e di questi orientamenti, che è semplicemente teso a rinviare una decisione di sei mesi? Questo significa una cosa molto semplice: in assenza di ruoli definiti e di indirizzi da dare ai nostri rappresentanti, va avanti un processo di discredito e non si farà nulla in termini di ristrutturazione e riorganizzazione, ricerca di nuova efficienza e funzionalità; non ci sarà certezza nei programmi da realizzare che sono invece indispensabili per far vivere Promark. Si va ad imboccare coscientemente la strada di un processo di chiusura fra sei mesi con il risultato che noi in questo periodo avremo buttato alcune centinaia di milioni per un'operazione che non abbiamo il coraggio di affrontare e sciogliere oggi.
So che vi sono dei Consiglieri e forse anche degli Assessori che hanno in animo di affrontare il problema con molta serietà ed impegno, magari insieme ad altri problemi come quello del Centro fieristico. Abbiamo avuto un confronto molto aperto, senza alcuna pregiudiziale e con molta disponibilità, su questo terreno, però i tempi per il discorso del Centro fieristico non coincidono con questo. Oggi abbiamo una scadenza e dei tempi di intervento che sono questi e non altri, dobbiamo quindi operare per fare una scelta che sia quella di una società efficiente, capace e veramente all'altezza di rispondere alle esigenze dell'economia e dell'evoluzione del Piemonte. Questa scelta la possiamo fare oggi e non fra sei mesi, perch significherebbe portare ad estinzione la società.
Noi non siamo d'accordo. Viviamo la responsabilità politica interamente e non la vogliamo attribuire all'Assessore che per ultimo è arrivato su queste questioni, perché porta solo in parte una responsabilità che è distribuibile all'interno della maggioranza nel suo insieme. E' la Giunta in quanto tale che era responsabilizzata e incaricata di fornire questi elementi non solo al Consiglio, ma anche ai nostri rappresentanti in Promark e agli operatori che nella nostra Regione potevano trovare in questa società un interlocutore valido per sviluppare la propria attività imprenditoriale.
In questi ultimi mesi qualcosa è accaduto all'interno della Promark, un tentativo da parte di alcuni - non di tutti - di modificare qualcosa, di cambiare registro, cercare di fare un bilancio di previsione, di modificare la bozza di Statuto, di avviare il processo di ristrutturazione della società, di rivedere tutto l'assetto manageriale e quindi cambiando perfino la direzione. Questi tentativi sono vanificati dalla non capacità da parte dell'esecutivo di essere punto di riferimento preciso. Non ci sarà un nuovo direttore se non ci sarà da parte del Consiglio regionale e della maggioranza l'espressione chiara e netta di volontà che questa società vivrà e continuerà ad operare concretamente. Il ribasso è verso la chiusura, questo tipo di battaglia la sta giocando semplicemente la maggioranza in quanto tale.
Discutiamo il provvedimento in presenza di un atto compiuto dal Consiglio provinciale di Torino. Non possiamo non considerare questo atto con tutte le sue implicanze di ordine politico. Noi siamo partner per una percentuale che sfiora il 60%, siamo soci di maggioranza all'interno di Promark. Più volte ho detto che non era il caso di avere queste quote all'interno di Promark, molto minore poteva e doveva essere il ruolo e la presenza di capitale regionale all'interno di questa società. Il dato è che però noi manteniamo e vogliamo sottoscrivere questa quota di azioni, mentre in Provincia, che doveva deliberare una sottoscrizione che aggiungeva il 30% circa delle azioni, l'atto deliberativo che significava reperire risorse per sottoscrivere queste azioni non ha avuto la maggioranza dei consensi. Non si risponda che è una questione puramente tecnica momentanea, l'atto ha un preciso significato di ordine politico, di volontà politica, perché non era la variazione di bilancio generale, bensì una variazione per reperire risorse onde poter contrarre il mutuo per sottoscrivere le azioni Promark. La maggioranza questo non l'ha voluto.
Signor Presidente e Assessore, ci troveremmo nella condizione, come partner che mantiene la maggioranza delle azioni Promark, di essere almeno in questa fase gli unici, come enti pubblici particolarmente significativi che fanno l'atto di sottoscrizione. La Provincia non l'ha fatto e non lo farà in tempo utile, non sappiamo quale sia la volontà degli altri partner (istituti bancari, Torino Esposizioni, ESAP, ecc.
E' davvero una scelta assurda; una Regione che detiene una partecipazione di maggioranza in questa società profondamente rinnovata che può rispondere alle esigenze del mondo economico e produttivo piemontese, che si presenta semplicemente con una sottoscrizione al buio di nuove azioni, anzi quasi con la certezza che il tutto va fatto per preparare uno scioglimento progressivo o il meno indolore possibile di Promark nel giro di sei mesi. E' un atto di governo che ritengo quasi irresponsabile. Non si fanno scelte di questa natura se non sono supportate da precise espressioni di volontà e programmi finalizzati. Questo oggi non c'è e noi non possiamo assolutamente condividere questo tipo di operazione.
Ben diverso sarebbe stato il nostro atteggiamento a fronte invece del rispetto di quelle che erano le indicazioni dell'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale e sulla base di questo capire esattamente perché la Regione doveva ulteriormente mettere delle risorse per far vivere questa società e farla operare in modo diverso.
Per questo motivo il nostro voto sarà negativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo brevemente su questa legge che per qualche verso è semplice e per altro verso molto complessa.
Torniamo a parlare, nell'ultima seduta del Consiglio regionale di quest'anno, di un problema che forse avrebbe meritato un approfondimento maggiore. In questa sede non si sta parlando delle strategie di Promark non deve essere questo il momento in cui poter fare le considerazioni in ordine al ruolo e alle prospettive di Promark. Siamo in presenza essenzialmente di un provvedimento necessario, che ci impegna in modo obbligato, per dare attuazione ad una deliberazione dell'assemblea straordinaria degli azionisti Promark tenutasi nel mese di settembre che aveva azzerato il capitale a copertura perdite e lo aveva ricostruito a 800 milioni.
La Regione Piemonte per la sua quota di partecipazione deve oggi dichiarare che intende sottoscrivere il capitale sociale. La volontà che la Promark prosegua la sua attività è stata espressa nel momento in cui l'alternativa posta fra reintegrazione del capitale sociale o liquidazione della società era stata superata scegliendo solo questa strada, quindi siamo in presenza di una volontà già affermata della Regione Piemonte di dare continuità alla Promark e siamo nella necessaria situazione di dare il nostro parere favorevole alla sottoscrizione e il conseguente versamento delle quote di nostra competenza.
Quando esaminammo a settembre in modo informale quali erano le prospettive della Promark, anche in considerazione di note e relazioni che ci erano giunte, tutti avevamo convenuto sul fatto che comunque la Regione Piemonte avrebbe dovuto sostenere degli oneri sia che la Promark continuasse a funzionare, sia che si decidesse la sua liquidazione.
Proprio alla luce di queste considerazioni si era stimato il minimo fabbisogno necessario per la Promark per andare avanti e far fronte alle necessità imposte dal Codice con una somma che era alternativamente o in conto della liquidazione o in conto di ulteriori investimenti.
Oggi facciamo questa scelta più convinti in conseguenza del dibattito che si è svolto in IV Commissione e dell'impegno assunto dall'Assessore competente a ritornare in IV Commissione entro il mese di gennaio, quindi in tempi abbastanza ravvicinati, per darci un quadro più preciso di quelle che potranno essere le prospettive e le intenzioni della Regione rispetto a questo ente. In quella sede potremmo meglio e più compiutamente dare al nostro dibattito un carattere di strategia rispetto a questa scelta. Oggi dobbiamo soltanto limitarci a fare un discorso di natura civilistica nel senso che c'è un adempimento da assolvere.
Sulla base di queste considerazioni, e solo sulla base di queste considerazioni, il Gruppo repubblicano darà voto favorevole a questa legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi

A nome del Gruppo socialdemocratico esprimo l'approvazione al provvedimento in esame, in quanto abbiamo avuto modo di partecipare alla riunione di Commissione alla quale si riferiva il collega Ferrara e per gli impegni che l'Assessore Marchini assunse in quella sede riteniamo di dovere dare in modo convinto non solo un sì civilistico alla proposta, ma anche un sì politico, nel senso che per quanto riguarda il futuro di questa società è emerso in sede di Commissione, così come in altri incontri successivi, la volontà di dare contenuti nuovi e aggiornati di input e di stimolo politico laddove le finalità iniziali possono essere non più di attualità.
Abbiamo colto in questi ultimi mesi, non perché esprimiamo la Presidenza della Promark, dei segnali nuovi che vengono da parte di questa società, laddove invece negli anni scorsi ci fu un certo letargo per cui ci si è accorti in ritardo che le cose stavano degenerando, ma la degenerazione non è iniziata in questi ultimi tempi; esistono responsabilità collettive.
Per gli impegni che il neo-Assessore Marchini, al quale ovviamente non possono essere addebitati ritardi su una questione che si è trovato ad affrontare solo da pochi giorni, e per i segnali nuovi che giungono dal Consiglio di amministrazione della Promark (che sembra voler affrontare in termini molto crudi e realistici la questione e prospettandola in termini altrettanto realistici alla Giunta), riteniamo che debba essere la Giunta e soprattutto l'Assessore Marchini che ha dimostrato la volontà di andare in questa direzione a dare dei contenuti nuovi e aggiornati alla proposizione politica di questo ente. Così come riteniamo debba fare anche per quanto riguarda gli altri enti strumentali, dove le possibilità di intervento politico discrezionale della Regione sono compresse, perché la stragrande maggioranza delle risorse è vincolata e quindi le risorse disponibili sono molto limitate. Noi riteniamo che all'interno della proposizione politica di indirizzo di quelle risorse limitate gli enti strumentali siano il solo braccio politico operativo di cui la Regione dispone o quanto meno il braccio più importante dal punto di vista politico operativo di cui disponga la Regione Piemonte.
Per questo motivo esprimeremo parere favorevole al provvedimento in esame con l'impegno che nel corso del mese di gennaio, così come dall'Assessore Marchini è stato esplicitato in sede di Commissione, la Giunta esprima contenuti propostivi per fare uscire dalle secche questo ente strumentale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Riprenderò alcuni elementi di giudizio che ho già avuto modo di illustrare nel corso dell'esame del provvedimento in VIII Commissione, con l'aggiunta di una considerazione suggeritemi dal voto sfavorevole espresso sullo stesso argomento dal Consiglio provinciale di Torino.
Vorrei rimarcare, per portarla alle sue estreme conseguenze, la considerazione sviluppata poco fa dal collega Bruciamacchie relativa alla responsabilità della Regione di assumere nuovi impegni di spesa, in quanto ci troviamo in regime di esercizio provvisorio e non esistono capitali di bilancio sui quali caricare gli oneri della proposta di ricapitalizzazione della Promark. Ne consegue, nella migliore delle ipotesi, che solo ad aprile si potranno onorare i nuovi impegni e che essi, ancorché errati nelle motivazioni di merito, risultino inefficaci in quanto nel frattempo potrebbero essere autonomamente attivate le procedure fallimentari.
Una seconda considerazione trae spunto da quella parte dell'art. 1 della legge che recita: "Al fine di mantenere l'attuale quota di partecipazione alla società Promark di Torino, la Giunta regionale è autorizzata a sottoscrivere, ecc.". Noi ora sappiamo che l'Amministrazione provinciale di Torino ha invece rifiutato di sottoscrivere l'aumento di azioni corrispondente alla sua quota azionaria, per cui le ipotesi più probabili a cui la Promark si troverà di fronte sono: 1) che in presenza del rifiuto di un socio a sottoscrivere la propria quota di nuovo capitale questa venga messa a disposizione degli altri soci i quali potranno esercitare il loro diritto di opzione ed in tal modo verrà inevitabilmente a variare il riparto delle quote azionarie 2) che la quota di nuovo capitale rimasta scoperta venga esitata sul mercato, anche se questa è l'ipotesi che nelle conclusioni date appare la più difficilmente realizzabile, considerato lo stato prefallimentare in cui versa la società.
Una terza ipotesi è che il Consiglio di amministrazione, prendendo atto della nuova realtà, riduca proporzionalmente l'aumento di capitale. Ma anche in questo caso come negli altri due, le nostre 60 mila azioni non corrisponderebbero più all'attuale quota percentuale di partecipazione azionaria.
Da qualsiasi punto di vista la si osservi questa situazione è lungi dal configurare un quadro finanziario ed amministrativo convincente. Troppo sono i dubbi e i rischi di oggettive violazione della prassi societaria connessi all'operazione di ricapitalizzazione. Sarebbe, tra l'altro interessante conoscere quanti altri casi esistono di società ricapitalizzate in assenza palese di un programma volto a sanare la situazione deficitaria e debitoria, nonché ad evitarne l'aggravamento.
Credo che né sul versante privato né su quello pubblico possa considerarsi corretta la sottoscrizione al buio di un aumento di capitale praticamente destinato ad essere utilizzato per pagare nuovi debiti; altri debiti che come sappiamo, sono in via di maturazione, anche se la loro entità peraltro, non conosciamo, in quanto agli atti non esiste nessuna relazione sui flussi di spesa che i sindaci di Promark avrebbero dovuto redigere.
Se dal punto di vista puramente formale, dunque, ancorché l'attuale dizione dell'art. 1 possa essere giudicata corrispondente al vero, la Giunta può affermare che la forma viene rispettata, è certo che da un punto di vista sostanziale l'operazione proposettata appare del tutto incauta. E di ciò, credo, qualcuno potrebbe anche essere chiamato a rispondere, visto che viene speso denaro pubblico. Su questi rischi occorrerebbe da parte della Giunta una maggiore riflessione.
Mi auguro che partendo da questi e dagli altri elementi di analisi emersi dal dibattito, espressi con reale preoccupazione e con spirito costruttivo, con l'intento di offrire contributi per una valutazione corretta ed adeguata dei problemi posti, vi sia da parte della Giunta e della maggioranza una conclusione conseguente, quella cioè di ritirare il provvedimento ora in discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, oggi dobbiamo mettere in condizioni il governo regionale e l'assemblea di assumere una decisione.
Non credo che si tratti solo di un adempimento formale e civilistico, lo è come atto pieno di oggi, ma bisogna considerare l'ambito politico nel quale si muove un atto del genere. Non credo neppure che occorra elaborare una strategia o indicare programmi finalizzati. In quest'ultimo anno abbiamo avuto una serie di elaborazioni, di discussioni e di documenti; nello stesso Piano regionale di sviluppo che è stato esaminato dalle Commissioni e che attende di entrare in discussione in aula sono espressi alcuni principi non contestati nei termini generali. Il primo principio che nessuno ha formalmente contestato è che sia utile mantenere una presenza della Regione nella promozione. E' ancora una indicazione generale di massima, però rappresenta un caposaldo estremamente chiaro che dà uno scenario di riferimento agli atti formali.
Il secondo principio, emerso con una prevalenza quasi assoluta, è che dai documenti, e dal recente dibattito tenutosi in IV Commissione emerge come l'architrave dell'attività di promozione della Regione sia imperniata sulla realizzazione di uno strumento operativo, non tanto nel settore fieristico, quanto in quelle aree che sono proprie delle nostre scelte politiche che vengono espresse nei vari settori di nostra competenza.
E' pur vero che come conseguenza di questo tipo di impostazione ancora generale, la struttura che deve sostenere un intervento - se sarà una struttura diretta - non avrà bisogno di pesanti elementi di gestione, ma è più rivolta ad avere una struttura snella capace di coordinare e di interagire con il sistema economico.
Non è un doppione di qualche trading company o qualche società specializzata nel marketing nazionale o internazionale: è un qualcosa di diverso che punta a fare promozione raccordata alle politiche della Regione, ma questo raccordo lo determina con una certa autonomia per quanto riguarda il programma finalizzato, in questo caso la gestione della Promark. Non credo che potremo arrivare ad alti livelli di dettaglio; sono semplicemente le indicazioni degli indirizzi politici dai quali si traggono gli elementi di intervento promozionale. Sarebbe grave ed è equivoco pensare di misurare l'intervento della Regione nella promozione in termini micro-aziendali. Si tratta di un investimento promozionale che non ha un ritorno rapido e quindi ha delle ripercussioni anche nella componente finanziaria dell'attività che andremo a compiere.
Stiamo andando a ricostruire il capitale per la parte che ci compete.
Mi rendo conto che ci sono delle difficoltà oggettive perché siamo in esercizio provvisorio e quindi operiamo a dodicesimi, per cui è difficile rendere fruibile rapidamente la risorsa finanziaria che andremo oggi a determinare.
Ma pur in presenza di queste difficoltà, occorre arrivare alla determinazione proposta nella legge in esame e se non c'è la disponibilità di uno o più altri azionisti a sottoscrivere le altre quote, credo si entri in una procedura ordinaria societaria per la quale occorrerà nella prima fase far valere il diritto di opzione degli azionisti e a quel punto potremmo eventualmente assumere una parte più ampia del pacchetto azionario. L'assemblea degli azionisti deciderà come attestare il livello di capitale sociale rispetto alla strategia che si verrà a determinare.
Potrebbe anche essere decisa una quota di capitale sociale più bassa e quindi non sarebbe più necessario recuperare la parte di azioni che la Provincia non andrebbe a sottoscrivere, proprio per la natura che questo strumento verrebbe ad assumere non essendo più orientato all'attività fieristica, ma ad un'attività di promozione strutturalmente diversa che comporterà senz'altro un cambiamento radicale nelle basi organizzative e funzionali della Promark. Questo aspetto verrà gestito da parte della Regione con grande disponibilità a favorire processi di mobilità perché non vogliamo procedere a tagli o alle ristrutturazioni, a volte selvagge, che abbiamo visto negli anni scorsi nel nostro apparato industriale.
Credo che oggi possiamo esprimere la volontà di sottoscrivere la quota di nostra competenza, sapendo che ci sono delle scadenze precise e che il Consiglio di amministrazione e l'assemblea dei soci della Promark possono nella loro autonomia - in quanto S.p.A. regolamentata dal Codice Civile assumere la determinazione di velocizzare o meno i comportamenti del caso.
A conclusione esprimo l'approvazione del Gruppo socialista al disegno di legge in esame.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo disegno di legge è innanzitutto un buon progetto di ingegneria societaria ai fini di evitare lo scioglimento della società Promark, che è uno scioglimento di diritto qualora si constati - come è stato constatato nell'assemblea straordinaria del 14 settembre - che c'è un debito di 1.484 milioni, che supera quindi il valore delle azioni: non ci sarebbe altra soluzione al di fuori della messa in liquidazione per legge.
E' un ben congegnato capolavoro di ingegneria societaria, però durante il percorso si è verificato un incidente che è quello che riguarda la Provincia di Torino. Questo incidente di per sé solo, già in questo momento, produce effetti sulla decisione odierna. All'assemblea straordinaria del 14 settembre 1988 era presente l'Assessore Croso, che oggi non c'è e devo esprimere il mio disappunto per la sua assenza anche se il suo congedo è legittimo. In quella assemblea straordinaria l'Assessore fece alcune preziose e rilevanti dichiarazioni, a cui poi accennerò, per cui sarebbe stata necessaria la sua presenza oggi anche per sentire lo spirito di quella assemblea. La lettera è chiarissima, lo spirito altrettanto anche perché il verbale dell'assemblea straordinaria è stato redatto - come tutte le assemblee delle società dal notaio Astore, quindi quanto andrò a ricordare, che è stato detto dall'Assessore Croso, è sicuramente cosa esatta.
Stavo dicendo che il provvedimento della Provincia, che dichiara di non voler sottoscrivere questa ricapitalizzazione, produce già sin d'ora degli effetti sulla nostra decisione. L'Assessore Croso, a nome della Giunta, fra le altre cose dichiarate nell'assemblea straordinaria del 14 settembre, ha detto quanto segue: "Sono state fatte riunioni congiunte degli esecutivi di Regione e Provincia al fine di concordare una comune linea di condotta". La linea condotta dalla Provincia è stata quella che sappiamo e la linea condotta dalla Regione - salvo che l'Assessore Croso dovesse rimangiarsi quanto detto - dovrebbe essere coerente con quanto deliberato dalla Provincia. Ecco perché dicevo che ci sono già dei riflessi immediati sulla decisione odierna di questo incidente di percorso verificatosi in Provincia.
Fatta questa considerazione in guisa di preambolo, penso che vadano brevemente ripercorse le tappe non dell'intero itinerario della società Promark, ma partendo, come già è stato fatto da qualche collega che mi ha preceduto, dal dibattito del 25 febbraio 1988 nel corso del quale il compianto Assessore Turbiglio, senza mezzi termini e con molta franchezza ebbe in sostanza a dire quello che già sapevamo: "le cose non vanno bene c'è una concorrenza di privati e anche di enti pubblici nei confronti della Promark, quindi i casi sono due: o ci si orienta (questa era proprio la sintesi del pensiero del povero Turbiglio) alla messa in liquidazione oppure si trova un'altra soluzione". Non prevalse la decisione di messa in liquidazione immediata, ma quella di trovare una soluzione alternativa consacrata in quell'ordine del giorno di pari data nel quale si diceva che entro 60 giorni si sarebbe provveduto a una rielaborazione, a un rilancio alla predisposizione di un programma ed altro. Si diceva "entro 60 giorni o al più tardi entro il termine di approvazione del bilancio".
Sono note, purtroppo, le vicende umane accadute all'Assessore Turbiglio, quindi io sarei ingeneroso se qui dicessi che non è stato presentato il programma, che non è stato attuato l'ordine del giorno a cui la Giunta si era impegnata, ma devo anche dire che in definitiva eravamo nel febbraio 1988 e l'impegno era della Giunta.
Ma posso benissimo, per le ragioni che fra poco enuncerò, superare anche questa contestazione alla Giunta di non avere rispettato né il termine dei 60 giorni né quello più largo del termine entro il quale si sarebbe approvato - come poi è stato approvato - il bilancio, ovvero il 31 dicembre 1987, per predisporre un nuovo quadro di riferimento.
Veniamo ai giorni nostri. E' necessario soffermarsi sul verbale dell'assemblea straordinaria del 14 settembre 1988 di cui ho già parlato, e leggerne alcuni passi.
Viene introdotta la discussione dal Presidente Strobbia il quale dice che la situazione è molto compromessa, che i percorsi, presenti e futuri non sono né facili né indolori e il Consiglio di amministrazione è fortemente determinato ad assumere le necessarie iniziative per ristrutturare l'azienda.
Oltre alla ricapitalizzazione - l'operazione proposta che oggi viene recepita dal disegno di legge - Strobbia dice che, in ogni caso, pur con una prudente stima, in un nuovo quadro della Promark in sede di rilancio occorreranno 5 miliardi per la sua futura attività. Dopo aver fatto questa premessa dice che deve essere assunta una deliberazione urgente per l'abbattimento delle perdite aziendali (insomma il marchingegno legittimo sotto il profilo del Codice Civile, di cui all'odierno disegno di legge).
Soggiunge ancora - è sempre il Presidente Strobbia a parlare ed è sempre il notaio Astore che verbalizza fedelmente - che entro la fine del mese di ottobre - eravamo al 14 settembre - il Consiglio di amministrazione si impegna a richiedere un incontro ai principali azionisti per sottoporre loro il piano di ristrutturazione.
A questo punto, caldeggiando ancora una volta agli azionisti l'invito a sottoscrivere l'operazione, conclude il proprio intervento facendo presente agli azionisti che il risanamento aziendale, il cui impegno è stato qui assunto, è difficile e per nulla certo, ciò nonostante il Consiglio di amministrazione si attiverà per elaborare questo programma.
A questo punto interviene a nome e per conto della Regione Piemonte l'Assessore Croso, il quale dice testualmente che "la Regione è disposta ad accettare la proposta di ripianamento e a sottoscrivere, in considerazione della situazione di emergenza che impone l'adozione di questa deliberazione e in relazione all'impegno assunto dal Consiglio di amministrazione di realizzare in tempi brevi, entro il 31 ottobre prossimo, l'incontro fra gli azionisti pubblici e privati e l'esecutivo della società, per esaminare in un quadro complessivo e di dettaglio i programmi di ristrutturazione; per definire e verificare il nuovo ruolo e le prospettive di attività; per valutare l'opportunità di una revisione statutaria e di una revisione complessiva della situazione organica della società".
Se le parole hanno un senso, che cosa significa quanto dichiarato dalla Giunta regionale tramite il suo Assessore Croso? Che questo sì a sottoscrivere, quindi sì ad attuare quanto oggi viene chiesto con il disegno di legge, era condizionato all'impegno che il Consiglio di amministrazione si era assunto, nel corso di quella stessa seduta, a realizzare in tempi brevi un incontro fra gli azionisti ai fini di formulare un quadro di riferimento e un programma, cioè quello che secondo gli interventi dei colleghi Valeri e Bruciamacchie è mancato e non esiste.
Quindi ci troviamo nella situazione di un impegno assunto dalla Giunta regionale in sede di assemblea straordinaria dove ha detto sì all'operazione, ma condizionata ad un incontro per elaborare un programma entro il 31 ottobre.
Tutto questo non si è verificato. In quella assemblea straordinaria l'Assessore provinciale si era espresso negli stessi termini dell'Assessore regionale, ma il Presidente dell'ESAP più prudentemente aveva dichiarato che l'ESAP non esprimeva voto favorevole alla proposta di deliberazione per ricapitalizzare che avrebbe dovuto essere attuata entro il 31 ottobre (infatti si è astenuto) perché avrebbe espresso il pensiero dell'ESAP dopo l'incontro di fine ottobre nel corso del quale avrebbe valutato il quadro di riferimento e la proposta di rilancio che sarebbe stata fatta. E' stato più prudente dell'Assessore Croso.
Però, se vogliamo, anche l'Assessore Croso non è stato imprudente perché in definitiva ha sottoposto a condizione dell'esistenza del programma, magari in bozza e a grandi linee, la decisione della sottoscrizione: questo è il senso dell'impegno preso dall'Assessore Croso in quella sede.
Viceversa non c'è stato nulla. Infatti la relazione al disegno di legge dice che la deliberazione assembleare ha previsto questa operazione ai fini di ripianare e di evitare la messa in liquidazione, ma per quanto riguarda il programma da sottoscrivere si vedrà, perché il programma non c'è. Non sto dicendo che doveva esserci un programma dettagliato, magari calato in IV Commissione e discusso dal Consiglio regionale; capisco che i tempi erano stretti, non certo per colpa dell'opposizione o di altri, ma ad ogni modo almeno un quadro di riferimento, quel quadro di riferimento cui l'Assessore Croso aveva condizionato l'adesione della Regione, avrebbe dovuto esserci.
Quindi questo è un voto al buio, perché oggi noi dovremmo votare per ricapitalizzare, per stanziare quella somma la quale a sua volta è condizionata dall'esercizio provvisorio per poter essere collocata. Si arriva comunque fuori tempo massimo perché la deliberazione del 14 settembre 1988 si chiudeva con un punto ben fermo: "la deliberata reintegrazione del capitale sociale dovrà comunque risultare integralmente eseguita entro il termine del 31 dicembre 1988".
La Provincia ha detto di no; il nostro disegno di legge, se pur verrà approvato dal Commissario del Governo, non entrerà in vigore prima del 31 dicembre e poi ci sono i problemi dell'esercizio provvisorio. Quindi c'è anche un serio ostacolo di natura tecnica prevista dal Codice Civile in forza del quale entro il termine voluto dalla stessa assemblea non si potrà procedere da parte nostra anche ammesso che oggi la legge venga approvata ma sicuramente non si può procedere da parte della Provincia. Il Consigliere Ferrara ha detto che le azioni non sottoscritte verranno date in opzione, presumibilmente il percorso è quello, ma non credo proprio che gli altri azionisti della Promark, che sono precisamente l'Istituto Bancario San Paolo, la Cassa di Risparmio, l'ESAP (che aveva già formulato le riserve quindi l'ESAP non avendo visto la bozza di programma non sottoscrive) e Torino Esposizioni, per un totale di 5.820 azioni sottoscriveranno, anche perché come aveva rilevato il Presidente della Promark, Strobbia, l'assenza degli azionisti privati è molto sintomatica sta a significare che non partecipando neppure a un'assemblea straordinaria di questa importanza sono divenuti del tutto disinteressati.
In questa situazione il nostro voto non può che essere negativo, direi che non ci sono solo alcuni argomenti, ma c'è una valanga di argomenti che si concatenano fra loro. Allora non si sottoscrive e qual è la soluzione? E' quella che noi avevamo ipotizzato nel corso del dibattito del 25 febbraio: al punto in cui siamo si proceda alla messa in liquidazione, a parte che non so come si potrà non procedere con il 2 gennaio quando le azioni non saranno state sottoscritte, certamente da noi non saranno state sottoscritte. Questa è un'aula politica: non è il caso di enunciare le varie tesi che si contendono il campo per l'ipotesi in cui il passivo superi il capitale sociale, comunque la dottrina dominante parla di messa in liquidazione di diritto, anche noi concordiamo e sarebbe quindi stata meglio forse una messa in liquidazione autonoma, non forzata dalla situazione.
Queste grossissime perplessità si concludono con un parere totalmente negativo a questa scellerata operazione, anche perché - come è stato ricordato - va proprio contro una prassi costante, un costume del commercio. Quando una società per azioni viene a trovarsi in questa situazione, qualunque azionista privato (parlo di quelli privati perch stanno bene attenti al loro denaro) direbbe: "Se il passivo ha superato il valore delle quote si deve procedere con questo marchingegno a reintegrarlo, però, cari amici, prima che io tiri ancora fuori dei soldi voglio sapere, anche magari di massima, qual è il vostro programma, poi voi amministratori vi assumete la responsabilità di attuarlo". Quindi al punto in cui siamo l'unico provvedimento serio che avrebbe dovuto essere preso e che presumibilmente finirà con il dover essere preso, sarà quello della messa in liquidazione. Questo non significa che da parte nostra si sostenga che la materia promozionale, cioè quello che è stato il tessuto e il presupposto della nascita della Promark, debba essere eliminato dai programmai della Regione Piemonte e si debba chiudere il capitolo. Chiusa questa Promark si potrà fare una seria verifica; in IV Commissione si era detto "vedremo", ma non vediamolo più con riferimento alla Promark: liquidata la Promark si potrà pensare a una nuova Promark, nella quale magari con maggiore attenzione e con maggiore serietà di quanto non sia stato fatto prima, si possa rilanciare il ruolo della Regione nella materia promozionale.
In questa situazione il no è forse il no più convinto su un disegno di legge in questa legislatura, ma è anche cautelativo perché sinceramente anche se per avventura e per ipotesi dovessimo convincerci io e la collega Minervini, non so in base a quale ragionamento, a dire sì, temerei una responsabilità personale e istituzionale di avere sottoscritto delle azioni senza sapere che cosa succederà dopo che la Regione avrà erogato un'ulteriore spesa nell'ambito del suo bilancio già ampiamente dissestato.



FRACCHIA Mario



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo al quale ricordo che a termini di Regolamento ha a disposizione dieci minuti.



REBURDO Giuseppe

Ringrazio la Presidenza e la maggioranza, in particolare il collega Santoni, per avermi dato la possibilità di intervenire in questo consesso così democratico, forse perché c'è un cambio di Presidenza in questo momento e quindi si può ancora parlare. Questo è un fatto di grande rilievo politico che accolgo con molto piacere.



SANTONI Fernando

Sembra che questa mattina lo abbia ampiamente provato anche il Consigliere Staglianò.



REBURDO Giuseppe

Entro nel merito. Ho cercato di capire cosa sta dietro a quanto scritto in questo disegno di legge. Ho cercato di capirlo attraverso la relazione del collega Devecchi che, come sempre, con grande spirito di abnegazione si sacrifica alla causa per spiegare cose quasi incomprensibili. Se però non avessi sentito gli interventi dei colleghi Bruciamacchie e Majorino che hanno cercato di dare ai Consiglieri regionali gli elementi fondamentali di una discussione, oggettivamente questo provvedimento che è gia stato iscritto all'o.d.g. con un atto di illegittimità procede non tanto sulle valutazioni che si fanno in quest'aula quanto su quelle che si fanno fuori e ai margini del Consiglio.
Un Consigliere regionale di norma però legge i giornali (in verità poco "La Stampa" perché oggettivamente non può trovare grandi informazioni su quel giornale e quando le trova non sono coerenti ai fatti che avvengono) e ha appreso che uno degli enti locali più importanti che sta dentro con la Regione in questa società, la Provincia, ha deciso di non sottoscrivere di fronte ad una situazione che per molti aspetti a me era incomprensibile fin quando non ho sentito la lettura del verbale da parte del collega Majorino dove risulta il Presidente della Promark ha espresso grande preoccupazione.
Questo mi ha portato a chiedermi quali, tra i vari enti costitutivi della Promark, si fossero fatti carico del problema e quindi si fossero adeguati con deliberazioni ufficiali all'esigenza di coprire un deficit che va ben al di là delle potenzialità azionarie della Promark. Ho appreso improvvisamente che l'Ente di Sviluppo Agricolo del Piemonte, ente strumentale della Regione, dice sostanzialmente che per la sua piccola parte azionaria di questa società sta a vedere e non entra in un'operazione così delicata e complessa.
La Provincia giustamente ha espresso voto contrario e gli enti privati per quel poco che hanno in questa società, sono latitanti di fronte al problema e qualcuno dice che lo stesso Istituto Bancario San Paolo ha detto no. Chiedo all'Assessore se ne è a conoscenza. Mi chiedo, tra l'altro, in assenza dell'Assessore che ha la delega per gli enti strumentali e in presenza di un Assessore che ha assunto da poco tempo il grave onere di affrontare un problema così complesso, come si sia potuto, con un atto di arroganza irrazionale tipica di chi di fronte al vuoto di idee si impone con la forza, arrivare ad imporre al Consiglio regionale di discutere di una materia così delicata dal punto di vista finanziario e amministrativo di fronte ad un vuoto progettuale della stessa Regione, che pure è in netta maggioranza in questa società, con la mancanza di alcune linee di programma, con il fatto che altri enti (il Comune, l'Ente Fiere ed altri) operano in modo non organico rispetto alla politica regionale sottoscrivendo nuove azioni la cui operatività giungerà tra qualche mese nel frattempo non mantenendo gli impegni assunti all'interno del Consiglio di amministrazione della Promark di definire la partita entro novembre o dicembre.
Credo che un atto di responsabilità politica (parola che forse uso impropriamente) modo con il quale avete iscritto questo provvedimento sarebbe che il Presidente della Giunta o l'Assessore responsabile degli enti strumentali dovrebbero dire in quale contesto la questione Promark viene inserita a fronte del fatto che, probabilmente in termini diversi, vi è l'esigenza di una politica di coordinamento degli interventi degli enti strumentali, in rapporto con le potenzialità limitate di bilancio. Tutto questo non è avvenuto, sono dispiaciuto che non sia presente il Presidente Rossa, che avendo avuto conoscenza di problemi così complessi e delicati sotto l'aspetto giuridico ha voluto contribuire in modo determinante ledendo le garanzie di tutto il Consiglio, ad imporre una discussione che avviene in mancanza dell'Assessore al bilancio, dell'Assessore agli enti strumentali e con le difficoltà oggettive nelle quali l'Assessore Marchini si trova a dover agire in questa situazione. Il fatto grave è la mancanza di un progetto programmatico nel quale si inserisce un provvedimento di questo genere. In fondo sono soldi pubblici che vengono attinti da un capitolo di bilancio senza sapere per che cosa vengono spesi e se saranno sufficienti a bloccare un processo di degrado sul quale la Promark è purtroppo precipitata, sapendo che per farla uscire dal degrado non ci pu essere che un forte colpo d'ali, cioè una grande progettualità all'interno della quale trovi spazio e riferimento il complesso della comunità piemontese in un progetto programmatico con l'esigenza di intervenire in termini adeguati sia attraverso un impegno del pubblico, ma anche attraverso una sollecitazione della grande potenzialità del privato della nostra Regione che usa i nostri enti strumentali a seconda della bisogna.
E' chiaro che una politica della Promark in questo campo pu "complicare" il privato, nel senso che si trova a dover entrare in una progettualità di mercato che non gli è confacente. E' più facile usare la Finpiemonte, il CSI, enti che sono a più facile portata, che richiedono più investimenti anche di carattere intellettuale, ma che non comportano esborsi diretti e neanche indiretti da parte del privato che intende invece usufruire di questi strumenti pure importanti che ho citato.
Assessore Marchini, faccio appello alla sua indubbia intelligenza.



PRESIDENTE

Collega Reburdo, il tempo a sua disposizione sta per terminare.



REBURDO Giuseppe

Ho finito.
Ringrazio questo "grande" consesso democratico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con il vuoto di idee e con l'arroganza irrazionale che - come dice il collega Reburdo mi contraddistingue, cercherò di esprimere qualche opinione su questo provvedimento, sperando di non confermarlo nel suo convincimento dopo questo intervento.
Innanzitutto questo provvedimento merita un giudizio di correttezza formale come suo percorso, perché qualche collega ha detto che era preoccupato comunque a votare questo provvedimento anche se fosse stato nel merito. D'accordo, ma non capisco il perché. La Promark è una società per azioni che nella sua ultima assemblea si è trovata - come si sapeva da tempo - con un debito consistente, un debito che superava il proprio capitale sociale. E, come deve fare correttamente una società per azioni quando il capitale sociale se lo è mangiato nei debiti, traendo le debite conseguenze come da Codice Civile, ha azzerato il proprio capitale, perch il capitale è la garanzia degli interlocutori di questa società che la società è solvibile, non è uno strumento di cassa da utilizzare. Quando i debiti superano il capitale sociale viene a mancare la garanzia e quindi deve essere scritto a tutte lettere sul frontespizio della società perch chi parla con questa società non si illuda che ci siano dei soldi alle spalle, che quel capitale rappresenta l'ossatura della società stessa e questo la Promark ha fatto, cioè ha azzerato il proprio capitale.
Quando una società per azioni si trova con il capitale azzerato, quindi non ha più garanzie da dare al mercato e non ha più soldi da spendere, pu fare soltanto due cose: o chiedere ai propri azionisti se ritengono di ricostituire il capitale o portare i libri in Tribunale e mettere la società in liquidazione, perché in queste condizioni - e questo sì sarebbe illegittimo, collega Majorino - non può più operare perché non ha più il suo capitale, si è mangiata il suo capitale.
E siamo, colleghi, a questa svolta: noi siamo l'azionista di maggioranza assoluta di questa società perché dopo i vari aumenti di capitale degli anni passati la Regione ha ora il 55-58% delle azioni Promark, dobbiamo decidere se vogliamo ricapitalizzare questa società o se invece vogliamo metterla in liquidazione. L'alternativa è questa, tutti si strappano le vesti nel dire: "è necessario che la Regione non perda la sua presenza nella promozione", tutti difendono questo, dopodiché, alla fine della fiera, o ricapitalizziamo la Promark o la mettiamo in liquidazione.
Non c'è una terza strada!



VALERI Gilberto

La terza strada era quella di capitalizzare "a fronte di".



SANTONI Fernando

Ci arrivo. Qualcuno si chiede per cosa sono spesi questi soldi, ma non si spendono, si ricostituisce il capitale perché la società possa operare.
Questi soldi non vengono dati a fronte dell'acquisto di quattro risme di carta o della bicicletta per l'usciere della Promark: si ricapitalizza la società, o meglio si sottoscrive una nuova quota di capitale.
Su questo la relazione del collega Devecchi è stata molto precisa perché i debiti sono già stati azzerati, ci sono debiti residui per 200 milioni che dovrebbero essere coperti con una quota del capitale che si sottoscrive che a sua volta sarà ridotto della quota percentuale che va a coprire i debiti. Alla fine dell'operazione quindi la Promark si troverà con un capitale reintegrato, una quota di questo sarà utilizzata per pagare l'ultima quota di debiti rimanente, quindi rimarrà con una quota capitale di circa 800 milioni, che sarà capitale vero e proprio a fronte dell'azzeramento dei debiti, almeno così io l'ho capita.
L'altra obiezione che è stata fatta è che a fronte di questa situazione sarebbe stato necessario che si arrivasse con un programma di rilancio per sapere esattamente cosa si farà. Questo credo che la Giunta e l'Assessore lo faranno addirittura nelle prossime settimane o nei prossimi mesi. Già fin d'ora noi sappiamo che le strade possibili per questa società sono sostanzialmente due: o la prosecuzione attraverso una ristrutturazione, una modifica degli obiettivi, che però la mantengono viva nel solco della promozione e attraverso questa società la Regione rimane in questo settore o una sorta di assorbimento di questa società nel costituendo futuro Ente Fiere.
Se queste sono le due strade possibili, in tutti e due i casi bisogna arrivare alla scadenza dei prossimi mesi con uno strumento che sia vivo e non morto come sarebbe una società messa in liquidazione quale sarebbe il destino della Promark se non sottoscrivessimo queste azioni. E' chiaro che poi il Consiglio, la Giunta, tutti insieme dovremo fare questo tipo di scelta, ma sappiamo anche che alla fine della strada le scelte sono solo queste due, a meno di voler uscire definitivamente da questo settore, non portando la Promark nell'Ente Fiere e non utilizzandola più come strumento di promozione. In questo caso la metteremmo in liquidazione subito e saremmo tutti d'accordo, ma non mi sembra, anche dagli interventi più severi, che si sia prospettata l'ipotesi di uscire completamente dal settore e di non partecipare più ad alcun tipo di intervento nel settore della promozione.
Ritengo opportuno precisare altri aspetti. I privati sopravvivono, anzi sono sopravvissuti formalmente fino all'ultimo azzeramento del capitale perché credo che i privati avessero ormai meno del 10% del capitale sociale. Questo non è avvenuto oggi, ma avviene da anni. Noi sappiamo che negli ultimi anni il capitale sociale Promark è stato aumentato parecchie volte e i privati che avevano una posizione significativa alla nascita della Promark l'hanno persa perché non hanno mai più sottoscritto i vari aumenti di capitale della Promark, quindi non è una novità di oggi: i privati non hanno più sottoscritto aumenti di capitale, tant'è che la loro quota capitale, che era significativa all'inizio di questa società, è andata sempre riducendosi fino ad arrivare alle modestissime entità a cui erano prima di questa operazione. Quindi, collega Reburdo, non si può dire che i privati questa volta si chiamano fuori: i privati si sono chiamati fuori dieci anni fa, i privati si sono chiamati fuori da quando hanno cominciato a non sottoscrivere più, tant'è che la Regione che all'inizio aveva una quota capitale che era attorno al 30%, aumentando le sottoscrizioni non sottoscritte però dai privati, oggi si trova ad avere anzi si trovava perché adesso il capitale non c'è più, una quota societaria che sfiorava il 60%, quindi ha quasi raddoppiato la propria partecipazione in Promark proprio perché i privati non hanno mai più sottoscritto gli aumenti di capitale per scelta loro e non per la situazione contingente di oggi.
Da ultimo la questione della Provincia. Per quanto ne so io erroneamente, ma forse sbaglio io perché non ho visto direttamente il provvedimento, si dice: "La Provincia ha rifiutato la sottoscrizione". Per quanto mi è stato riferito, è inesatto, perché la Provincia non ha approvato la deliberazione di individuazione dei fondi al fine di procedere alla sottoscrizione dei fondi, che è un fatto diverso dal bocciare la deliberazione che propone la sottoscrizione. Il fatto che questa deliberazione di individuazione dei fondi non sia stata approvata non impedisce che la Giunta provinciale, modificando questa individuazione proponga al Consiglio provinciale l'approvazione di una deliberazione di sottoscrizione del nuovo capitale Promark. Tra l'altro sappiamo bene come sono andate le cose, sono incidenti di percorso di aula e non scelte della maggioranza (incidente di percorso dovuto alla mancanza di Consiglieri che intervengono qualche volta e laddove le maggioranze sono ridotte come in Provincia spesso accadono questi incidenti), quindi non è stato formalmente un atto di bocciatura della deliberazione di sottoscrizione delle azioni e sostanzialmente poi non è stata la maggioranza della Provincia che ha rifiutato questa scelta.
In conclusione se vogliamo davvero rimanere (vedremo in quali forme) nel settore della promozione, credo che si debba, attraverso la sottoscrizione del nuovo capitale sociale, mantenere in vita questo strumento.
Sono convinto che la Giunta nel giro di brevissimo termine presenterà al Consiglio quale strada è possibile seguire per procedere in questo settore: se attraverso la confluenza della Promark in un ente diverso che ha tra le sue finalità anche quella della promozione, quindi rappresentare la presenza della Regione in quel settore, oppure attraverso una ristrutturazione dell'ente precisandone finalità, mezzi e strutture, ma questo spetterà dirlo alla Giunta, nella quale abbiamo piena fiducia.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROSSA



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Ho poco da aggiungere agli interventi dei Consiglieri di opposizione che mi hanno preceduto.
Pur senza essere un particolare esperto di alchimie finanziarie e delle vicende di enti strumentali della Regione, rispetto alla vicenda Promark mi è venuto in mente il titolo dell'ultima manifestazione di questa società "Mille idee per un dono". A me pare che questo sia il nostro dono di Natale, alla Promark ovviamente. I 460 milioni previsti sul bilancio del 1989 potevano, potranno, potrebbero e mi auguro possano essere utilizzati in maniera decisamente migliore a partire dalle strutture per i laboratori di sanità pubblica, agli investimenti nei parchi e nella difesa del territorio e ad altre cose del genere, anziché finanziare i carrozzoni.
Comunque, questo è il nostro regalo di Natale. Credo che sia difficilissimo far capire a qualsiasi cittadino piemontese il meccanismo con il quale qualcuno si mangia tutto il capitale senza proporci alcun programma, e noi gli diamo altri 460 milioni, che paiono essere un ulteriore incentivo per dire: "Adesso mangiati anche questi".
In questo caso dissento amichevolmente dal collega Majorino, perch ritengo che non solo gli azionisti privati dovrebbero essere ben attenti al loro denaro, ma a maggior ragione noi, che amministriamo denaro altrui. Un azionista privato può anche mangiarsi il denaro come crede; noi purtroppo non stiamo parlando dei nostri soldi. Per tutti sembra invece che parliamo dei nostri soldi con la prospettiva, tra l'altro, che i debiti della Promark finiscano per essere della Regione Piemonte.
Ricordo che nella riunione dei Capigruppo il problema è stato posto così: chi sottoscrive le azioni della Provincia? Larvatamente si rispose: "Noi che siamo i più bravi di tutti!".
Quindi dove gli altri, con un colpo tardivo ma di senno, si sono fermati, noi diamo anche quei milioni con il rischio concreto che, quando la Promark fallirà nuovamente, vi saranno altri soldi ancora da pagare.
Ritengo che ci sia la capacità da parte nostra di imitare la Provincia di Torino, anche se normalmente non ho mai considerato le Province come enti locali particolarmente attenti.
Inoltre, si dovrebbe considerare che la questione così come posta dal collega Santoni non è esatta. Noi non abbiamo solo le due strade indicate dal collega; nulla ci impedisce di riconsiderare interamente la presenza della Regione Piemonte nel campo della promozione, ma l'unico modo per fare questo è la chiusura della Promark. Poi, si potrà ricominciare, ma secondo me non può venirne fuori nulla di buono nel persistere in tutti questi errori ed inefficienze. Se debbano esserci capitali pubblici all'interno della promozione è un problema politico. E se decidiamo che questo è importante definiamo noi con più attenzione, visto che la Promark non l'ha fatto, quali debbano essere i programmi, i partner con i quali intraprendere questa iniziativa e quale debba essere la dotazione finanziaria necessaria. Occorre però ricominciare daccapo: approfittando che il capitale è già a zero, si liquidi. Tutto questo ha un costo. Ma quanto costa, invece, questa altra soluzione, che ci costringerà, a fine anno 1989, ad un altro regalo di Natale? Questa è la strada nuova che possiamo percorrere se vogliamo seriamente impegnarci in questo settore. Ma non si dica che questi 460 milioni sono una politica dell'ente pubblico nel campo della promozione! Questa cifra è nella migliore delle ipotesi, un regalo; nell'ipotesi successiva è un fascicolo per la Corte dei Conti; nell'ipotesi ancora successiva, un fascicolo alla Procura della Repubblica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi, la vicenda Promark purtroppo si colloca sempre in tempi e in opportunità che non sono le migliori per un approfondito dibattito, però credo che alcune cose debbano essere dette anche in occasione di percorsi che possono ritenersi scontati dal punto di vista amministrativo. Dev'essere detto - qui lo ribadisco tra l'altro richiamando posizioni che il nostro Gruppo ha sostenuto nei dieci anni dell'Amministrazione di sinistra - che la nascita della Promark sul filone del Samia era un'operazione che a suo tempo era stata voluta come riscatto rispetto ad una posizione di promozione del pubblico rispetto al privato che si è dimostrato del tutto inoperante. Usare il termine fallimentare è sempre molto ingiusto perché bisogna chiarire quali erano i presupposti politici iniziali dell'operazione, che non essendo attribuita alla nostra responsabilità non è poi detto che la si debba definire fallimentare rispetto ai presupposti. I presupposti in realtà vi erano, e si sono innestati su un filone di ridotte proiezioni della promozione in campo espositivo e fieristico. Dico ridotte perché nei dieci anni ai quali mi riferisco non si è avuta assolutamente la capacità di essere minimamente concorrenziali alla struttura privata di Torino Esposizioni né si è avuta la minima capacità di colpo d'ala di investire in termini di strutture espositive: questa è la verità! Ci si è limitati ad usare e a consumare le strutture esistenti cercando di trarne tutti i vantaggi possibili in una condizione di diseconomia e di occupazione di spazi del tutto impropria rispetto a quelli che potevano essere gli spazi veri che si offrivano nell'evolversi della situazione. Ora ci troviamo in una situazione tale per cui siamo costretti ad un'ipotesi di Ente Fiera che, vedi caso, si va a collocare in una struttura di degno rispetto - qui ne abbiamo dibattuto a lungo - quale il Lingotto che però, proprio per le sue caratteristiche di proprietà e di estrazione culturale, rischia di essere addirittura controproducente rispetto alle esigenze promozionali e di esposizione perché è a tutti noto come i costruttori di auto vadano malvolentieri a casa della FIAT a svolgere il Salone dell'Automobile, tanto per fare un esempio. Effettivamente il sistema promozionale ed espositivo del futuro pur dovendo passare attraverso questa struttura che ha delle caratteristiche anche interessanti dal punto di vista dell'utilizzazione fieristica, è negativamente condizionato per un certo numero di anni perch mancano tutte quelle strutture di contorno che possono giustificare al Lingotto l'immediata attivazione di un centro espositivo moderno. Dovremo tenere presente questo aspetto se vorremo nei prossimi giorni dedicarci a questa operazione con un minimo di buon senso e di realismo per poter assumere delle decisioni concrete.
Signori dell'opposizione, visto che qui è stato criticato il passaggio di tipo amministrativo, devo rilevare che questo è il risultato della vostra operazione di strapaese su Promark, una gestione che si è limitata ad assolvere alcuni obblighi e doveri nei confronti della clientela torinese e che non è nemmeno servita a dare un minimo di proiezione regionale alla dimensione espositiva perché sul piano regionale le altre Province piemontesi non si sono mai ricordate o sapevano dell'esistenza di Promark. Da questa proiezione da strapaese viene fuori un risultato fallimentare: questa è, purtroppo, la verità della quale occorre tenere conto. Quindi non tiriamoci indietro sulle responsabilità politiche, perch se ve ne sono, devono essere ricercate perlomeno qualche anno addietro senza con questo andare ad invocare coloriture particolari in ordine ai partiti politici che reggevano la responsabilità della società Promark.
In questa proiezione, cari colleghi, il discorso di ciò che deve avvenire nei prossimi giorni ci deve preoccupare nella prospettiva della nuova struttura dell'ente fieristico torinese che deve comunque impattare nella realtà del Lingotto. Dico "impattare" perché è a tutti noto che questo non presenterà certo delle facilitazioni rispetto alla soluzione del problema. Occorre tenere conto del fatto che nel 1994 scadrà la convenzione di Torino Esposizioni con la città di Torino, quindi tutti gli impianti di Torino Esposizioni del Valentino passeranno di proprietà della città e quindi si aprirà una prospettiva del tutto nuova anche rispetto alla società di Corso Massimo D'Azeglio e di tutte le attrezzature che vi sono legate. Ricordo che già fu sofferto ai miei tempi il rinnovo di questa convenzione, ma si sperava che negli anni successivi vi fossero dei colpi d'ala, anche in termini di decisioni, per l'utilizzazione di questa struttura che sappiamo asfittica dal punto di vista espositivo, ma valida e con prospettive sulla dimensione ricettiva dei congressi, tant'è vero che qualche riconversione su quelle strutture già intelligentemente la stessa società la sta facendo con dei risultati attivi.
Mi chiedo come faccia una società come Promark, che ha a disposizione fior di strutture come il Palazzo Vela, a presentare risultati del tutto fallimentari quando sulla dimensione congressi ci sarebbe a Torino uno spazio totalmente aperto perché non vi sono strutture alternative. Ora dovremmo impattare la situazione del Lingotto con quella di Torino Esposizioni, però - e qui chiamo in causa il discorso del Piano di sviluppo se non si pensa ad una nuova dimensione fieristica che sia veramente competitiva con altre realtà non possiamo immaginare di mantenere il Salone dell'Automobile e le esposizioni che sono nate a Torino e che da Torino continuano ad andarsene. Noi abbiamo perso il Samia per una scelta, che è stata anche degli imprenditori, dovuta ad una non più sufficiente convinzione che sulla piazza di Torino si potessero svolgere certi ruoli in ordine alla moda e al settore tessile. Noi di questo prendiamo atto e non ci stracciamo le vesti, però non possiamo prendere atto con altrettanta remissione del fatto che dal settore manifatturiero ad altri settori importanti che hanno avuto a Torino Esposizioni e da Torino il loro lancio si debba assistere inesorabilmente al loro allontanamento da Torino perch Bologna nel settore delle costruzioni, Milano nel settore manifatturiero Verona in quello agricolo, ormai tutti hanno un ciclo di manifestazioni di prestigio internazionale che Torino non ha più. Quindi occorre, Assessore alla pianificazione e al piano di sviluppo, la previsione di una nuova area per le strutture fieristiche, cose che io non riesco a vedere sufficientemente come punto di riferimento concreto sul quale puntare per il futuro o di Promark o di un'altra struttura torinese perché se questo non è, adesso vengo nel merito, il percorso amministrativo di oggi si ripeterà nei prossimi mesi. Mi dispiace che non ci sia il Presidente della Giunta ma non essendoci l'Assessore al bilancio, questo è un appunto che avrei voluto fare a lui non potendolo imputare all'Assessore Marchini in quanto da troppo poco tempo responsabile di questo settore. Però ritengo che gli ultimi mesi di andamento economico della Promark avrebbero giustificato non il "tirarsi fuori" della Regione (certo, la Regione continua ad avere la responsabilità politica e quindi era appena ovvio che provvedesse al ripianamento dei deficit visto che aveva provveduto in passato a dargli questa caratterizzazione con un certo indirizzo di attività), bensì dal punto di vista amministrativo una soluzione che perlomeno mettesse in condizione di non dover arrivare alla condizione fallimentare senza quel minimo di attivazione e di intersecazione societaria che giustifica in questi casi il riscontro della possibilità non dico di andare in attivo, ma almeno di ridurre al minimo le valenze negative. Quindi, se la partecipazione della Regione fosse stata realizzata e questo lo dico anche al mio Capogruppo che aveva molte preoccupazioni sul mio intervento - attraverso un ente strumentale, una S.p.A. tanto per essere chiaro, e meglio su una finanziaria, credo che oggi ci troveremmo in una situazione diversa dal punto di vista dei percorsi e delle scadenze di questa vicenda, il che non vuol dire fallire, ma semplicemente porsi nelle condizioni di fare intervenire soci e di nominare amministratori con una logica leggermente diversa con la quale li abbiamo nominati finora. Non arriveremmo al mese di gennaio nell'ineluttabile condizione di dover purtroppo ripetere questa operazione sgradita alla quale non possiamo per opporre formalmente oggi alternative.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Esprimo la posizione del Gruppo DC in ordine al significato e al valore che ha questo provvedimento. Non ero preoccupato per l'intervento del collega Picco.
Ringrazio l'Assessore Marchini che è intervenuto per ben due volte in Commissione appena avuta la competenza di questa materia, dimostrando attenzione e disponibilità nei confronti della Commissione che ha espresso la valutazione di mettere la Promark nelle condizioni di non fallire. La prima valutazione che è stata fatta è che, come avviene in tutte le società del mondo, pubbliche o private, quando un capitale sociale è stato azzerato, lo si ricostituisce. Da questo punto di vista il collega Santoni ha puntualizzato molto bene i percorsi giuridici corretti che sono stati individuati, quindi la DC è d'accordo che si ricostituisca il capitale sociale di questa società.
Il provvedimento è legittimo. La Provincia non ha votato il provvedimento per un incidente di percorso verificatosi nel corso dei lavori dell'ultima seduta. Mi risulta che non sia stato votato neanche l'esercizio provvisorio e non solo questo provvedimento. C'è stata qualche difficoltà, qualche incidente di percorso, ma non c'è nella Provincia la volontà di non procedere alla sottoscrizione delle quote di sua competenza.
Quindi noi siamo d'accordo su questo percorso che è collegato al ragionamento che l'Assessore ha fatto in IV Commissione che consente nei prossimi mesi, partendo da gennaio, di realizzare una serie di incontri confronti con i soggetti interessati a questo discorso, pubblici e soprattutto privati (mi riferisco alle componenti sociali, al mondo del commercio, all'artigianato, alla piccola industria e a tutti gli operatori economici che possono essere interessati ad un funzionamento diverso di questa struttura), per verificare se ci sono le condizioni perché questa società possa continuare la sua attività.
Noi non siamo tanto preoccupati del settore dell'organizzazione di convegni e di congressi, perché il ruolo e le funzioni della Promark dovevano essere quelle di attivare la promozionalità dei prodotti piemontesi in Italia e nel mondo e non di organizzare manifestazioni come "Idea sposa" o quant'altro. O si ritorna a quelle che erano le funzioni per le quali è nata Promark e si dà alla stessa lo spazio che deve avere e le capacità di managerialità e di professionalità per concretizzare queste funzioni, altrimenti davvero non ha ragione che esista e Promark può essere sciolta tranquillamente, ma sapendo che non è in concorrenza con l'Ente Fiere. A mio modo di vedere, si tratta di due cose diverse: Promark non fa concorrenza a Torino Esposizioni o all'Ente Fiere, o viceversa, perché sono due funzioni diverse che debbono però essere svolte in modo collegato perché l'una è propedeutica all'altra. Dovrebbero essere svolte entrambe per avere uno scenario ed una proposta completa al sistema economico piemontese, soprattutto quello piccolo e medio, che non ha la capacità e la forza autonoma di proporsi all'attenzione dei mercati mondiali, perché il problema non è tanto della FIAT o della Olivetti, del grande sistema industriale, quanto di quella miriade di piccole e medie aziende di artigianato piemontese che non a sufficienza è proposta all'attenzione dei mercati mondiali. E questo lavoro non lo fa l'Ente Fiere o Torino Esposizioni, lo deve saper fare la Promark! Finora non l'ha saputo fare, ma noi abbiamo la speranza che lo saprà fare grazie anche all'impulso che l'Assessore vorrà dare in questo settore.
Non dobbiamo dimenticare che in tre anni, purtroppo, questo Assessorato per vicende anche drammatiche ha avuto tre Assessori diversi, quindi poich la Promark direttamente dipende da questo Assessorato e quindi dalla politica che l'Assessorato e la Giunta nel suo complesso deve dare in questo settore, ha avuto delle difficoltà oggettive che sono già state rilevate, ma che non basta rilevarle, bisogna tenerle in considerazione.
L'Assessore Marchini ha iniziato bene su questa strada con cautela e con attenzione ponendo la prima questione che risolviamo oggi attraverso la sottoscrizione per evitare che una struttura pubblica nella quale la Regione ha la maggioranza assoluta fallisca, cosa inconcepibile ed inaccettabile per la dignità istituzionale della Regione, e poi proponendoci una serie di tappe e di percorsi corretti che faremo insieme per vedere se ci sono le condizioni per una Promark diversa. Se le condizioni non ci saranno e si sceglierà la strada che individueremo insieme, che sarà quella dello scioglimento e del conferimento nell'Ente Fiere, lo vedremo, vuol dire che avremo fallito non solo una politica, ma anche la possibilità di rinvigorire uno strumento che può essere importante per attuare questa politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non entrerò nel merito della ricapitalizzazione della Promark. Non ho studiato adeguatamente il problema, non mi piace quindi improvvisare considerazioni più o meno estemporanee.
Ho ascoltato con attenzione gli argomenti portati dai Consiglieri Majorino e Valeri. Trovo inquietante la situazione che si è venuta a delineare, intanto perché ci indica come la mancanza di indirizzi ed ancor più di gestione degli organi di governo stia affossando un altro ente strumentale cioè di servizio alla promozione di una politica adeguata sul piano della commercializzazione dei prodotti piemontesi.
Non che bisogna avere ad ogni costo una presenza nel settore del commercio, ma è davvero ineluttabile che la Regione lasci il campo libero al settore privato, cioè alla FIAT, perché sono questi i giochi in atto anche nella commercializzazione dei prodotti piemontesi che non necessariamente devono essere fiere strapaesane - per riprendere l'espressione del collega Picco - anzi dovrebbero essere qualcosa di diverso. Proprio per questo è stata concepita, a suo tempo, questa società.
Al fine di recuperare qualche minuto di questa mattina, visto che ha dato tanto fastidio, termino qui il mio intervento, esprimendo l'auspicio e l'augurio sincero che il nuovo Assessore Marchini abbia voglia e forza di reimpostare un lavoro proficuo su questo argomento ed un confronto non subordinato ai potentati economici, proprio perché il gioco è quello di sgomberare il campo da qualsiasi presenza che possa dialettizzarsi con presenze sulla cui legittimità nessuno oggi qui si sofferma, non lo faccio nemmeno io, ma che non possono vedere anche su questo fronte il monopolio più completo.
Dopodiché non chiedete, però, ad una forza politica come quella che io qui indegnamente rappresento di appoggiare il provvedimento proposto per tutte le ragioni di merito che sono state dette dai colleghi che ho citato prima e per una ragione politica e di fondo in quanto finora, e siamo ormai al declinare di questa legislatura, non c'è mai stata possibilità vera di un confronto approfondito su cosa si intende fare in questo campo da parte di un governo che da tre anni e più tiene le redini della vita della nostra Regione.
Il nostro voto sul provvedimento in esame sarà quindi negativo per le ragioni di fondo che ho provato a riassumere in 5 minuti e 29 secondi recuperando quindi il tempo impiegato questa mattina.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo per proporre alla vostra attenzione il tema relativo al rapporto tra le funzioni della Promark e le funzioni analoghe che oggi si svolgono nel territorio del Comune di Torino.
Mi riferisco alle altre due strutture esistenti o in formazione che si occupano dei settori fieristici o della promozione: quello di Torino Esposizioni e quello relativo alla società mista per la gestione di un Centro Fiere di carattere internazionale al Lingotto.
Non possiamo prescindere, come hanno fatto altri interventi prima di me, in particolare quello del collega Picco, in questa discussione dal fatto che il futuro della Promark dipenderà in larga misura dal posto che la Regione intende assegnare a questa società nel quadro della situazione esistente e delle iniziative che stanno per essere assunte. Diventa quindi inevitabile, parlando della Promark, sottolineare il problema di Torino Esposizioni e del suo futuro. La convenzione scade nel 1994, termine molto vicino. Ultimamente, in occasione dei dibattiti sul Lingotto, si è assistito ad una certa dialettica critica di Torino Esposizioni sulle previsioni del Lingotto.
Torino Esposizioni oggi non sa bene che futuro avrà il dibattito che dobbiamo fare oggi, che ha avuto qualche accenno di dialettica interna alla maggioranza molto interessante, e pone a mio avviso una questione fondamentale: la predisposizione di un Ente Fiere di carattere internazionale nell'area torinese dove debba essere collocato e quale struttura di gestione debba avere.
L'intervento del collega Picco mi ha sollecitato ad intervenire.
Condivido senz'altro la critica che il collega Picco ha svolto rispetto alla decisione, che è stata assunta dal punto di vista politico dal Comune di Torino, di assumere il Lingotto come la sede dell'Ente Fiere di carattere internazionale per la Regione Piemonte.
E' una decisione - ho già avuto modo di dirlo - sbagliata per vari aspetti.
Il Lingotto è una struttura dal punto di vista edilizio, e quindi funzionale, vecchia. Vecchia soprattutto se riferita alle necessità di un moderno Ente Fiere, di un moderno apparato espositivo che richiede ampi spazi liberi molto flessibili. Il Lingotto invece ha una struttura a pilastri, anche abbastanza fitti, che penalizza gravemente le attività a seconda della collocazione. Non è moderno, difficilmente sarà competitivo in un settore nel quale la competizione è aspra, le Regioni all'interno dell'Italia competono tra loro, e l'Italia compete nello scenario europeo.
Nel momento in cui la città di Torino rivendica, in funzione del proprio apparato industriale, la predisposizione di un nuovo centro fieristico per un nuovo ruolo in Italia e in Europa in questo campo, deve sapere che è un ruolo difficile da svolgere. Potrà essere svolto se le strutture per la loro qualità anche edilizia ed architettonica, per la loro ubicazione, per la facile accessibilità e per la composizione societaria, sono competitive appetibili, se le aziende riconoscono che è vantaggioso, utile ed economico esporre nella città di Torino rispetto ad altre città.
Il Lingotto non soddisfa tutto questo. E' in una zona della città poco accessibile e che rimarrà sempre tale e povera di servizi. E' una struttura vecchia.
Purtroppo la città di Torino ha assunto questa decisione. Tralascio le polemiche di carattere politico che pure hanno segnato duramente la vita amministrativa della città di Torino, che oggi ha un'amministrazione in crisi anche su questi temi. La polemica tra le forze che hanno governato Torino si è sviluppata sulla richiesta di forze interne alla maggioranza di un'accentuata autonomia rispetto alle forze economiche. Ritengo che sul tema del Lingotto ci sia stata una soggiacenza da parte degli amministratori comunali di Torino alle proposte legate ad interessi specifici avanzate dalla società FIAT di valorizzazione del proprio immobile. Quella valorizzazione, esaltata da una collocazione dell'Ente Fiere, mi pare sbagliata. Ho ascoltato con interesse le osservazioni che svolgeva il collega Picco che non erano in perfetta sintonia con quanto affermo, ma che comunque ponevano un problema relativo alla necessità che la Regione Piemonte individui nell'area torinese (penso che questo sia il senso delle cose dette da Picco) una nuova localizzazione per un Ente Fiere degno e capace di rispondere alle aspettative degli anni '90 e al confronto con l'Italia e con l'Europa. Su questo sono d'accordo, possiamo ancora discutere sul ruolo rimanente del Lingotto, di Torino Esposizioni e così via, ma affermare questo è una novità di carattere politico importante.
Però se le parole contano, occorre che a queste affermazioni conseguano da parte del governo regionale delle decisioni, degli atti concreti.
Il primo atto che si impone, se questa è la strada che la Regione Piemonte vuole imboccare di autonomia e rivendicazione del ruolo proprio, è quello di indicare la struttura e la localizzazione di un Ente Fiere di carattere internazionale, correggendo quanto nel Piano regionale di sviluppo è stato scritto. Nel Piano regionale di sviluppo è scritto che si dà per scontato che la Città di Torino ha fatto una certa scelta. Questo non deve essere dato per scontato. Si deve riaffermare che sul problema dell'Ente Fiere c'è un lavoro svolto dalla Regione Piemonte, di cui più nessuno ha parlato, che propone uno scenario alternativo con alcune ipotesi e scenari possibili.
La Giunta regionale promuova delle iniziative; assuma, anche prima della discussione sul Piano regionale di sviluppo, una posizione precisa nei confronti del Comune di Torino. La Regione Piemonte chieda innanzitutto un confronto su questi temi ed esprima una valutazione critica rispetto alla localizzazione del nuovo Centro Fiere nella struttura del Lingotto.
Così facendo non è che non ci saranno motivi di distinzione tra maggioranza e opposizione, che non ci sarà confronto politico, ma questa novità segnata dall'intervento del Consigliere Picco viene da noi apprezzata perch corrisponde ad una critica che abbiamo svolto sia in sede di Consiglio comunale di Torino sia in Regione quando abbiamo potuto farlo, alla scelta del Lingotto come sede del futuro centro fieristico internazionale piemontese. Se su questo siamo d'accordo penso che si potrà avviare un lavoro proficuo anche per ridare alla Regione Piemonte compiti propri in materie che sono in modo specifico di competenza della Regione: la programmazione economica e la pianificazione territoriale.
Faccio un'ultima considerazione. Vorrei osservare come nell'intervento del Capogruppo della DC, Carletto, si insistesse sul ruolo della Promark come società per la promozione dei prodotti piemontesi. Osserverei - voglio vedere se siete in grado di rispondere - che da parte della Giunta regionale o alcuni settori della Giunta regionale c'è invece nel medesimo settore della promozione dei prodotti regionali una forte accentuazione del ruolo delle associazioni dei produttori. Quando si compiono delle scelte queste dovrebbero essere incisive: non si può spezzettare su tanti tavoli in tanti organismi, un problema così importante come quello della promozione. Quindi l'invito è che, ove si parlasse della Promark come azienda di promozione, ne derivino delle azioni di Giunta coerenti che accentuino il ruolo della Promark. Questa è una richiesta di coerenza all'attività dei vari Assessori della Giunta regionale.



PRESIDENTE

La discussione generale è così terminata.
Ha quindi facoltà di replicare l'Assessore Marchini.



MARCHINI Sergio, Assessore al commercio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo che il dibattito che si è avviato su una norma sostanzialmente asettica di natura finanziaria resti comunque, nella storia di come la Regione Piemonte affronta questi problemi, come un fatto emblematico che lascerà il segno. Credo infatti che più che gli appuntamenti programmati, costruiti, dia il senso della volontà delle forze politiche l'immediatezza del collocarsi delle stesse rispetto alle istituzioni e alla società.
Mi faccio carico per quanto sarà possibile anche di rappresentare le questioni del collega Croso, la cui assenza scuso per ragioni di salute senza presunzione di poterne ripercorrere le questioni di tipo tecnico specifico, ma con la conoscenza del quadro, perché, in ordine alle competenze che ricadono sull'Assessorato che reggo, ho considerato il quadro finanziario come lo scenario all'interno del quale collocare necessariamente qualunque ipotesi di avvio di un processo in materia.
Un'ultima considerazione di carattere preliminare. Ringrazio i colleghi per l'attenzione che hanno voluto avere anche in questa sede nei confronti del collega Turbiglio, attenzione che sicuramente meritava perch la sua relazione con gli allegati rimane un elemento fondamentale in questa vicenda. E non solo in termini - consentitemi - di generosità personale, ma di realismo. Non si poteva fare di più e di meno perché questa questione non viene risolta in termini di autorevolezza unilaterale, ma in termini di crescita del processo nelle sue sedi di elaborazione e di decisione che sono sì le istituzioni, ma sono soprattutto la società e le sue espressioni. Io ho l'impressione che nella società civile non siano maturate a sufficienza, da febbraio ad oggi, condizioni tali da consentire alla Regione di attestarsi con più conoscenza dei fatti di quanto non lo fosse nel mese di febbraio.
Ha ritenuto l'Assessorato che reggo di provocare l'avvio di questo confronto e quindi il percorso che ci siamo posti è quello, dopo avere riferito in Commissione e in Giunta, di avviare un immediato confronto sui due versanti sui quali siamo impegnati (promozione e manifestazioni) con la società civile: per quanto attiene alle manifestazioni con le società ricordate prima dai colleghi e per quanto attiene alla promozione ai soggetti economici interessati.
Abbiamo già inviato le convocazioni in ordine a queste due riunioni.
Spero che i colleghi vorranno apprezzare - sia i colleghi Consiglieri sia i colleghi Assessori - e non essere troppo preoccupati del precedente che ho ritenuto di istituire, cioè che questi incontri conoscitivi avviati dalla Giunta siano fatti alla presenza dei colleghi della IV Commissione, in modo tale che quanto meno dal punto di vista delle conoscenze il percorso sia comune; potremo dividerci sul piano della proposta, ma mi pare che il percorso della conoscenza debba essere comune ai diversi soggetti della dialettica politica istituzionale.
Riteniamo che a valle di questi incontri, in termini molto stretti perché ci sono le incombenze su di noi, sarà necessario pervenire entro il prossimo mese di gennaio a un'indicazione di obiettivo rispetto alla quale il Consiglio riteniamo debba confortare la Giunta con un ordine del giorno.
Veniamo più strettamente a Promark. Perché rifiuto la criminalizzazione che si vuole fare di questo ente? Una cosa è la critica, un'altra è la criminalizzazione: sono due cose diverse. Promark è targata e datata. E' datata dodici anni fa ed è targata "illusione che il pubblico potesse gestire processi che competono alla società civile". Il collega Santoni diceva che i privati si sono defilati. Colleghi, i privati non ci sono mai stati, perché le banche non sono i privati, sono partner di governo che forse in termini di cortesia e di completezza di un quadro, partecipano ad alcune operazioni senza mettere però il momento dell'imprenditorialità dell'interesse all'operazione, ma l'interesse ad essere alla presenza.
Quindi, Promark è targata come un disegno velleitario, ma forse coerente rispetto ad una filosofia che non intendo discutere in questo momento, cioè che il pubblico potesse avviare dei forti processi di promozione nella società in Italia e all'estero.
Ho l'impressione che oggi si faccia l'errore inverso, ma altrettanto grave, da parte di chi con grande leggerezza dice: "Noi consentiamo alla liquidazione di questa società perché questo è un settore che non ci riguarda". Sono convinto, da liberale e non da radicale, che se era sbagliato immaginare una partecipazione del 90% degli enti pubblici, mi pare altrettanto sbagliato pensare ad un'assenza degli enti pubblici territoriali rispetto ad una materia così delicata.
Promark è storicamente e politicamente datata e targata e le responsabilità delle attuali situazioni sono peccati originali e vizi originari dei quali le istituzioni portano la responsabilità e non le forze politiche che le hanno prodotte.
Dobbiamo cercare di comprendere se siamo di fronte a un momento istituzionale o solo a un momento politico. La politica è la scelta delle cose rispetto agli interessi, il momento dell'istituzione è invece la scelta dello scenario e delle regole e del dove sta l'istituzione rispetto alla società.
La riproposizione di questo disegno di legge da parte della Giunta significa la convinzione che le istituzioni debbono essere presenti nelle modalità e rispetto agli obiettivi che verranno ridefiniti in questo grande scenario.
Vizi di origine, ma anche vizi di gestione. Non mi faccio carico oltre misura delle questioni di ordine finanziario, ma sono andato a scorrere le carte di questa storia per cercare di capire quali erano stati i processi e i percorsi che hanno portato al risultato che abbiamo di fronte e anche per capire quali di questi percorsi avremmo dovuto evitare di ripercorrere in futuro e quali avremmo dovuto modificare. Ho l'impressione in larga sintesi chiedo scusa ai colleghi dell'approssimazione - che si possa ritenere che i canali e le cause che hanno determinato la situazione di Promark siano sostanzialmente tre.
Primo, il fatto che dopo aver costruito una cosa, immediatamente dopo abbiamo detto che non ci credevamo, perché indubbiamente Promark non è stata utilizzata, dai soggetti istituzionali che l'avevano promossa, nel modo adeguato. Se mi consentite, non riesco a capire fino a che punto perché. Se è un problema di qualità del prodotto, non riesco a capire perché la caduta di partecipazione dei diversi soggetti sia così diversa e non capisco, per esempio, se l'Assessorato che reggo sia proprio quello che non capisce, per essere rimasto quello più impegnato su questo settore.
Quindi, c'è stato l'abbandono di Promark da parte dei suoi naturali utilizzatori che sono le istituzioni e gli Assessorati.
In secondo luogo, Promark è stata sostanzialmente costretta, con una logica pubblicistica, ad una politica di tariffe che ci viene contestata e che concorre sicuramente alla creazione della situazione di difficoltà economica.
Le prime due questioni sono quindi da attribuire a responsabilità politiche ed istituzionali.
Resta il terzo elemento, la gestione, rispetto al quale mi sto chiedendo se la società, nella misura in cui la conosciamo nel suo ultimo Consiglio di amministrazione, ha fatto quanto poteva per modificare le cause che hanno determinato la situazione sulla quale ragioniamo.
Alcuni segnali ci sono: una riduzione significativa del personale senza licenziamenti, l'abbattimento forte della remunerazione degli amministratori e la messa in discussione del direttore. Inoltre, c'è una richiesta formale pervenuta alla Giunta da parte della Promark di potere recuperare un ruolo imprenditoriale, cioè che le sia consentito di far pagare le manifestazioni e le iniziative per quello che costano.
Mi paiono segnali che ci fanno ritenere che la società abbia fatto una sua parte e se forse qualcuno è in ritardo in questa materia sono le istituzioni nel loro complesso, non soltanto la Giunta regionale.
La storia della società porta un liberale a governare un momento delicato di questo processo. Cerco di farlo senza criminalizzazioni ritenendo prodotto della storia politica delle istituzioni questi fatti e non degli errori, perché gli errori dei politici sono facili da individuare, anche perché si giudica sulla scorta del risultato e non del fare. E' come se si giudicasse il lavoro di un architetto quando la casa crolla, normalmente viene giudicato quando viene progettata.
Torniamo a cercare di individuare un minimo di raccordo tra lo scenario del governo di questa materia e la norma che abbiamo di fronte. Al di là delle questioni letterarie, la norma propone di garantire l'autonomia alla società fino al 30 giugno 1989. In questo senso si giustifica il nostro richiamo al 30 gennaio 1989, perché questa società che ha accumulato perdite pregresse per oltre un miliardo, ha accumulato perdite di oltre 600 milioni nel primo semestre 1988, perdite che ha contenuto in meno di 200 milioni nel secondo semestre 1988, che si presume di contenere sempre all'interno di 200 milioni nel primo semestre 1989, il che significa che la manovra che abbiamo avviato porterà alla conclusione del suo esercizio finanziario una Promark risanata, con il seguente interrogativo ai propri azionisti: con un capitale di 200 milioni la società non può sopravvivere perché è sottocapitalizzata. Questo interrogativo deve trovare da parte dei soci una risposta.
Ricapitalizziamo nella misura in cui non abbiamo più a monte il problema di liquidare, con 200 milioni di capitale sociale la società è risanata, non delibereremo un aumento di capitale in termini di ricomposizione, ma in termini di prospettive. E se del caso, non delibereremo l'aumento di capitale in termini di prospettiva, ma chiederemo ai nostri rappresentanti nella società di avviare altre iniziative, quella ad esempio di cui all'art. 9 che prevede la nomina del Commissario liquidatore.
Sono profondamente convinto che ci sia l'esigenza di dare a noi stessi ai soggetti esterni e alla Promark un periodo non lungo, breve, ma di certezze: a noi per sapere che ragioniamo non sotto l'impulso delle necessità, ma all'interno della scelta che ci detta la ragione e la consapevolezza.
Ho segnato tutta una serie di questioni che sono state poste. L'ora tarda e la difficoltà di confrontare con i colleghi alcune questioni che sono state poste, mi inducono a non prendere posizione, certamente però non va sottostimato un problema di fondo che è stato posto e che poi è la ragione vera della nostra decisione oggi.
Possiamo uscire dal mondo della promozione o no? La risposta che ne è venuta, e che la Giunta condivide, è che non se ne possa uscire. Mi consenta il Consigliere Ala, spero di non sbagliare riferimento Non si pu registrare il proprio fallimento, prendere atto che è stato sbagliato l'atto di nascita, che è stata sbagliata la conduzione, che mancano l'intelligenza e la capacità, che non ci sono le risorse, quindi chiudere e il giorno dopo pretendere di poter porre sul tavolo della trattativa, nel senso dell'intelligenza e del confronto politico istituzionale, agli altri soggetti sociali delle questioni su questo terreno. Noi siamo convinti che questo sia un terreno di competenza regionale sul quale ragionare oppure abbandoniamo il campo. Anche se questa strada crea problemi a un liberale in termini politici dobbiamo dimostrare alla società civile che riteniamo di dover giocare questo ruolo, certamente un ruolo che sarà datato 1989 e probabilmente quando verrà letto questo nostro atteggiamento fra dodici anni apparirà altrettanto datato, ma la storia delle istituzioni è la storia dell'uomo. Noi cercheremo di assumere un atteggiamento che sia datato 1989 e non 1976, cerchiamo di prenotare alcune unità in termini di dati, immaginando che sia qualcosa che valga per gli anni '90, ma ci rendiamo conto della precarietà e soprattutto della difficoltà di immaginare, in un tempo così soggetto a profonde e rapide trasformazioni modelli comportamentali, società ed ipotesi che ci possano garantire nel tempo.
Questo vale ancora di più, colleghi Consiglieri, dopo l'incidente avvenuto in Provincia e non ritengo che democraticamente si possa considerare espressione di una volontà politica la volontà espressa non da una maggioranza, ma da un numero di Consiglieri maggiore di un altro numero di Consiglieri. Formalmente è così, ma io ritengo che la Provincia di Torino nelle sue espressioni di governo avrà modo di riflettere sulle questioni che oggi noi ci poniamo e verificherà in tempi congrui l'opportunità di riavviare le iniziative che consentano alla Provincia stessa di riflettere sull'opportunità di rimanere all'interno di questo processo. Devo dire come Giunta regionale che sarebbe estremamente delicata in una qualche misura e sarebbe poco comprensibile, proprio nel momento in cui si chiamano le Province ad un ruolo di presenza e di coordinamento sul territorio, un'uscita della Provincia di Torino da questo terreno; questo renderebbe difficile l'affermazione di un ruolo delle Province quali enti di coordinamento della programmazione che noi dovremmo andare ad individuare all'interno della realizzazione del nuovo sistema espositivo di manifestazione fieristica e di promozione della nostra Regione.
Sono state avanzate alcune ipotesi, che la Giunta ritiene interessanti ma intendo pronunciarmi perché non vorrei, quale rappresentante della Giunta, che queste proposte, nella misura in cui sono state individuate vengano o rifiutate o assunte. Sono considerate delle ipotesi interessanti che necessitano di approfondimento.
Sostanzialmente sono due le questioni poste: da una parte il Capogruppo socialista ha ipotizzato che Promark rimanga uno strumento di lettura delle esigenze e dei bisogni in termini di promozione e magari un elemento di gestione della promozionalità rispetto a questi settori. La Giunta rifletterà su questa proposta ed esprimerà il proprio giudizio, elaborerà un proprio sviluppo, una propria articolazione e, se del caso, illustrerà gli elementi per i quali riterrà di non doverla proporre come percorribile al Consiglio.
La seconda questione posta riguarda il contenitore del centro fieristico. Questo è un problema di grande interesse che forse giustificherà un atto forte di capacità e di governo da parte della Regione e della gestione del governo del territorio; però questa questione pone preliminarmente un problema che è squisitamente regionale e attiene non al contenitore, ma al centro fieristico. Posto che la nostra legge regionale ipotizza la pluralità di centri fieristici, è evidente che prima bisogna definire se di centro fieristico si tratta o di un sistema articolato di centri fieristici. Alla luce di questa indicazione, che dal punto di vista funzionale sembrerà la più utile ed opportuna da perseguire, si apre evidentemente il problema della localizzazione del contenitore o dei contenitori sul territorio piemontese.
Non dobbiamo però ripetere l'errore compiuto su un altro versante dodici anni fa. La Regione ha i suoi ruoli, le sue competenze, le sue risorse e le sue funzioni; la società ha la sua funzione, il suo ruolo, le sue risorse e il suo potere. Il pluralismo degli anni 2000 è il pluralismo della società e delle istituzioni, non è il pluralismo nella società e nelle istituzioni, è il prendere atto che a governare e decidere il futuro della società concorrono tutti, non c'è più - dobbiamo registrarlo - il primato della politica in assoluto, c'è la politica come momento di sintesi della società nel suo insieme. Immaginare quindi che sulla questione del contenitore del centro fieristico, la Regione Piemonte possa entrare in rotta di collisione con i percorsi avviati da soggetti forti (uno di questi è il Comune di Torino) all'interno della società piemontese in termini velleitari significherebbe avviarci ad un percorso senza possibilità di sbocco. Il non volersi porre in termini velleitari non significa neanche accettare di porsi in termini subalterni; bisognerà cercare quindi di individuare in questa materia gli spazi di ruolo e di autorevolezza che la Regione saprà costruire.
Vorrei che anche da parte dei conferenti esterni alla dialettica che abbiamo avviato, l'atto di oggi fosse considerato non come un atto conformistico, di mantenimento di un esistente che certamente per larga parte è da cancellare, ma una riaffermazione forte da parte della Regione di voler stare su queste questioni.
Ho l'impressione che i giornali di domani ci daranno la possibilità di capire come la società civile ha reagito rispetto a questa nostra decisione e anche da come questa questione uscirà nella pubblica opinione, ci sarà un segnale di come la società civile, le istituzioni e magari il Comune di Torino intendono rapportarsi con noi.
Ho ritenuto con gli incontri dell'8 e 9 gennaio di avviare un primo confronto che, ripeto, non è esclusivo della Giunta, ma della Giunta e del Consiglio nei confronti della società civile; riteniamo di doverlo concludere entro il mese di gennaio perché immaginiamo che nell'assemblea che avvierà la Promark a giugno 1989 ci sarà un bivio. Non so quanto passerà di qua e quanto di là, sicuramente la Promark nell'assemblea del giugno 1989 avrà un momento di trasformazione: in positivo, in negativo, in senso di ricomposizione, di trasformazione, in senso di sviluppo o di riduzione ad unicum rispetto ad altri soggetti, ma quella è la data nella quale andremo a decidere.
Si può decidere, colleghi, quando ci sono le condizioni per le decisioni e non soltanto le condizioni di conoscenza che pure sono importanti. Quindi se immaginiamo, a seguito della riflessione che abbiamo avviato, che Promark da qualche parte abbia cessato la sua funzione, noi dobbiamo essere certi che da parte dei soggetti della società civile o delle istituzioni vengano individuati sul territorio piemontese i soggetti in grado di coprire gli spazi che riteniamo che Promark non possa più coprire. I processi di promozione non consentono fratture sospensive. Non possiamo immaginare che il sistema promozionale di Promark, per quanto discutibile possa essere, possa subire sul piano internazionale e nazionale una sospensione di stagioni e di anni. Il sistema economico piemontese soprattutto quello minore, non può sopportare questo. A gennaio dobbiamo misurarci, definire gli obiettivi precisi e la Giunta nei mesi successivi dovrà realizzare le condizioni che consentano nell'assemblea di Promark di giugno 1989 le conseguenti decisioni che garantiscano però la continuità dei processi rispetto ai quali la Regione continua a ritenere di essere presente.
Tanto dovevo come espressione della strategia che la Giunta intende perseguire, in termini di chiarimento. Mi scuso dell'inadeguatezza dell'intervento che ho svolto a nome della Giunta, in particolare con i colleghi per i quali non ho potuto sulle questioni interessanti dare dei termini puntuali.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 45 votanti 43 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 45 votanti 43 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
L'Assessore Marchini ha presentato un emendamento che prevede il seguente nuovo articolo: "Art. 3 - La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'art. 45 dello Statuto ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 27 voti favorevoli e 13 astensioni (non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri).
Si proceda alla votazione per appello nominale del nuovo art. 3.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 45 votanti 43 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Prima di porre in votazione l'intero testo della legge ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Svolgo una dichiarazione di voto a sintesi degli interventi che il nostro Gruppo ha fatto, collocandomi al termine di un dibattito che non poteva essere molto diverso viste le condizioni in cui si è svolto.
Mi limito a fare tre rapide considerazioni. Il nostro voto negativo va collegato all'atteggiamento che abbiamo tenuto in relazione all'iscrizione di questo provvedimento all'o.d.g. e all'assunzione di responsabilità da parte della Giunta. Francamente noi auspichiamo, in particolare trattandosi della nuova gestione assessorile e dello sforzo che ha cercato di descrivere l'Assessore Marchini, che un'operazione di chiarezza venga compiuta. Non possiamo che registrare una netta dissociazione da qualsiasi responsabilità non essendo stati messi nelle condizioni di poter conoscere e di cooperare con le proprie idee; abbiamo voluto farlo perché i tempi persi non si recuperano più. E già si è avuta la perdita di immagine e di credibilità non solo della Promark, ma della Regione. Ciò non toglie il mio auspicio che l'impostazione dell'Assessore possa portare a qualche punto fermo. Però questo non è avvenuto ed è un fatto grave che non ci fa essere strabici; ci rendiamo conto che le considerazioni che faceva lo stesso Assessore Marchini sul rapporto tra politica e società pesano molto. Ci rendiamo pure conto che proprio queste contraddizioni hanno pesato al punto di rendere estremamente indecisa, a volte divaricata, la maggioranza. Credo che questa sia la ragione, al di là delle cause soggettive: c'è stata enorme difficoltà e indecisione. In questo senso è da rimarcare come sia mancata, negli interventi dei Gruppi di maggioranza, la consapevolezza di questa situazione che ho colto soltanto nell'intervento dell'Assessore. Mi è sembrata una ripetizione; quando i fatti avvengono dopo tempi in cui dovevano capitarne altri, producono degli effetti cui è difficile purtroppo, rimediare. Sintomo di questo sono gli atteggiamenti abbastanza asfittici e devo dire un po' "miserelli" con cui si ritorna sulle varie questioni, come se non fosse ovvio che è così, da parte di qualcuno. Ad esempio, l'intervento del collega Picco a Chiezzi è piaciuto per la parte urbanistica, ma a me non è piaciuto affatto perché si arriva, un bel giorno vicino a Natale, a parlare di responsabilità. Certo, la Promark è stata creata in un determinato periodo e già in quel periodo ebbe difficoltà.
Però io vorrei ricordare che le fasi sono state due. C'è stata la fase di impianto e di scommessa di realizzazione di questa è c'è stata la seconda fase, nel 1984, quando si tentò di rilanciarla attraverso l'assunzione cosa che non è più avvenuta, della deliberazione degli indirizzi. Fu un messaggio chiaro, lanciato cambiando anche il Consiglio di amministrazione purtroppo non in tutto e forse non del tutto bene, per rilanciare una presenza pubblica in grado di confrontarsi con problemi già allora forti.
Noi registriamo che invece questo non è avvenuto, e non mi colpisce favorevolmente, mi fa essere molto critico questa mancanza di consapevolezza e il fatto che non si colga che su una vicenda del genere bisogna avere qualche idea e cercare di perseguirla. Ciò avrebbe messo in condizioni anche un partito come il nostro di dare un contributo positivo.
Questo non è avvenuto. Oggi Picco parla di responsabilità. Devo dire che è una cosa misera e, se vera, inutile. Comunque dico anche che lo è in parte per il fatto che in quelle fasi, che risalgono ad anni fa (si fece un tentativo nel 1984 e nel 1985), uno dei primi problemi che la nuova Giunta si pose era proprio quello di cercare, partendo dalla verifica di quelle condizioni, di capire se era possibile mettere d'accordo la comunità sull'utilizzo proficuo dello strumento. Questo, ripeto, non è avvenuto e non solo non è avvenuto, ma non è accettabile, Assessore Marchini, e credo che il suo senso di onestà intellettuale non le impedisca di riconoscere che non è accettabile che l'opposizione debba essere costretta a presentare quattro interrogazioni e uno o due ordini del giorno per richiamare il fatto che gli adempimenti assunti a febbraio dovevano avere un loro corso.
Questo è il limite della vicenda. Un limite che ci mette oggi di fronte ad una situazione che non conosciamo se non per elementi labili e confusi sappiamo di tentativi fatti all'interno della Promark per migliorare condizioni gestionali, ma ci sembra che sia una goccia in un mare ben più grande che necessiterebbe ben altro livello di confronto e ben altra capacità di pensare in grande e poi di trarre delle conclusioni.
Peraltro mi limito a ricordare che queste forme di scarico che vi possono andar bene (d'altra parte nel gioco sono le carte migliori, quelle di continuare a risalire sempre più indietro anziché analizzare le responsabilità e gli oneri che derivano anche alle maggioranze), si iscrivono in una crisi degli enti strumentali che in questo momento è pesantissima. Si è parlato di ragioni strutturali, ma io dico anche ragioni di indecisione e di grande incertezza su enti importanti che sono in profonde condizioni di difficoltà. Parlate con chi opera all'interno di questi enti strumentali dove abbiamo competenze anche di grande qualità, il cosiddetto terziario è spesso allocato lì; parlate e vedrete come l'IPLA e l'ESAP, ad esempio, siano in condizioni molto difficili. Non parliamo della STEF, su cui abbiamo avuto purtroppo la riprova che non è possibile un'operazione di rilancio di un ente che potrebbe essere la leva strategica di una presenza pubblica nuova non di tipo affabulatorio, ma di tipo operativo e progettuale.
In questo senso, quindi, la nostra azione che è critica, che è anche di netta dissociazione di responsabilità, vuole utilizzare questa occasione per rivolgere alla Giunta e all'Assessore un preciso stimolo critico, per nella consapevolezza, a cui vogliamo richiamare Assessore e maggioranza che probabilmente l'ultimo treno è già stato perduto. Di questo dobbiamo essere consapevoli ed è il livello di consapevolezza che può determinare il livello della risposta. Ditemi voi se con questo clima e in queste condizioni anche lo sforzo che mi sembra voglia fare l'Assessore possa approdare. Il problema sono le divisioni, gli orientamenti diversi, sono gli interessi materiali che su questa vicenda hanno impedito perfino di assumere, al di là della relazione del povero Turbiglio, una linea da proporre al Consiglio per farla discutere. Oggi si procede ad un aumento di capitale, ma siamo ancora nel vago, nel buio: non rilasciamo a questa Giunta cambiali in bianco per ragioni generali, meno che meno sulla questione Promark.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola l'Assessore Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio, Assessore al commercio

Chiedo scusa al Presidente e ai colleghi, ma gli uffici mi fanno rilevare che la norma finanziaria prevista nella stesura che abbiamo test votato andrebbe perfezionata con l'indicazione del titolo e non soltanto della previsione, per rendere disponibili i dodicesimi della somma altrimenti la somma stessa è soltanto disponibile quando la legge di bilancio titolerà il capitolo. Questo emendamento non è stato presentato perché era all'interno di un pacchetto di emendamenti che la Giunta aveva predisposto nell'ipotesi della copertura della quota provinciale. Posto che non è stato evidenziato in nessuna sede questa questione, almeno per quanto mi riguarda, chiedo alla Presidenza del Consiglio e alla cortesia dei Capigruppo di verificare questo problema che è di carattere meramente formale, cioè l'integrazione con l'apposito capitolo avente la denominazione: "Oneri relativi".
Mi rendo conto che si tratta di un incidente, lascio alla valutazione del Presidente e dei Capigruppo la praticabilità di un'ipotesi di integrazione.



PRESIDENTE

Ritengo si possa accogliere questa richiesta e la Presidenza affronterà in una prossima riunione la questione; se però occorre procedere subito esaminiamola pure.



BONTEMPI Rinaldo

Faccio rilevare però che abbiamo già votato l'articolato.



MARCHINI Sergio, Assessore al commercio

Il primo comma dell'art. 2 che recita: "Per l'attuazione della presente legge è autorizzata per l'anno finanziario 1989 la spesa di L. 463.323.000" dovrebbe essere integrato in questo modo: "da iscriversi su apposito capitolo avente la seguente denominazione: 'Oneri relativi dalla quarta sottoscrizione di nuove azioni della Promark S.p.A. di Torino'".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

L'art. 81 del Regolamento ci dà uno spiraglio, recita infatti: "Prima della votazione finale, ogni Consigliere può richiamare l'attenzione del Consiglio sopra le correzioni di forma e le modificazioni di coordinamento che giudichi opportune nonché sopra quelle disposizioni già approvate che sembrino in contrasto tra loro o inconciliabili con lo scopo della legge.
Nel caso di semplici correzioni di forma il Consiglio delibera per alzata di mano dopo l'intervento di non più di un oratore per ciascun Gruppo.
Le proposte di modificazione dovute a ragioni di coordinamento, al contrasto tra le disposizioni adottate o alla loro inconciliabilità con lo scopo della legge sono ammissibili solo quando alla richiesta stessa non si oppongano oltre un quarto dei Consiglieri presenti o i rappresentanti di Gruppi consiliari che rappresentino oltre un quarto dei componenti del Consiglio. Nel caso in cui tali proposte siano ammesse, esse sono adottate a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio".
Questo potrebbe essere l'articolo che ci dà la possibilità di procedere alla correzione chiesta dall'Assessore.



VALERI Gilberto

Si modifica la norma finanziaria?



MARCHINI Sergio, Assessore al commercio

No, la norma finanziaria rimane esattamente la stessa. L'imputazione della spesa di cui all'art. 2 è da iscrivere su apposito capitolo avente la seguente denominazione: "Oneri derivanti dalla quarta sottoscrizione di nuove azioni della Promark S.p.A. di Torino", altrimenti questa indicazione specifica dovrà essere ritrovata all'interno dell'approvazione della legge di bilancio.



VALERI Gilberto

Nel documento dell'esercizio provvisorio il capitolo non è previsto.
Domando se noi in un'altra legge possiamo prevedere l'iscrizione di un capitolo che il testo di esercizio provvisorio non contempla.



(Commenti dai banchi della maggioranza e della Giunta)



PRESIDENTE

Sospendo brevemente la seduta affinché si possa valutare in maniera approfondita il problema.



(La seduta, sospesa alle ore 17,45 riprende alle ore 17,50)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
E' stato concordato di votare l'intero testo della legge senza modificare l'art. 2.
Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 44 votanti 42 hanno risposto SI 28 Consiglieri hanno risposto NO 14 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 2 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 600 relativo alla vicenda del giovane di Tortona, Alessandro Taddese


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno relativo alla vicenda del giovane di Tortona, Alessandro Taddese, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale avuta notizia delle decisioni assunte dall'autorità giudiziaria in merito alla vicenda di Alessandro Taddese ed all'emanazione di un provvedimento di 'foglio di via obbligatorio' considerato che detto provvedimento pare non tenere sufficientemente conto della permanenza del ragazzo, da moltissimi anni, nel nostro Paese, della storia della sua famiglia, della sua concreta vicenda che ne fanno un cittadini italiano per storia e cultura i n v i t a il Presidente della Giunta regionale e l'Ufficio di Presidenza a farsi interprete, presso il Ministero degli Interni e le altre sedi competenti dell'esigenza di una sospensione del provvedimento adottato, nonché della necessità di norme legislative che corrispondano ad una soluzione certa della problematica più complessiva emersa con il caso odierno".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 44 Consiglieri presenti.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame ordine del giorno relativo alla vicenda delle analisi chimico cliniche (rinvio)


PRESIDENTE

Comunico altresì al Consiglio che è stato presentato un ordine del giorno relativo alla vicenda delle analisi chimico-cliniche.
Poiché tale documento non è stato sottoscritto da tutti i Gruppi propongo di rinviarlo ad altra seduta.



CHIEZZI Giuseppe

Le questioni non sono tanto di dettaglio nel senso che noi abbiamo preparato un ordine del giorno alternativo a quello a mani del Presidente.
Si esige quindi una discussione piuttosto approfondita.



PRESIDENTE

Ritengo pertanto di rinviarlo ad altra seduta.
Ha chiesto la parola il Consigliere Olivetti. Ne ha facoltà.



OLIVETTI Michele

Siccome fa riferimento a situazioni che hanno svolgimento in questi giorni, chiedo alla cortesia della Presidenza e dei Gruppi, se fosse possibile anche alla fine della seduta, di lasciarlo in discussione.



PRESIDENTE

Valuteremo i tempi necessari, tenuto anche conto della pesantezza della giornata.
Invito i proponenti dei due documenti a trovare i punti di convergenza per ricavare l'essenziale e formulare un testo unitario.



OLIVIERI Aldo

Ritengo opportuno addivenire ad un documento del Consiglio nella seduta di oggi perché sono state inviate 4.000 comunicazioni giudiziarie in ordine a questo problema.



PRESIDENTE

Ribadisco l'invito a valutare i possibili punti di convergenza.


Argomento: Personale del servizio sanitario - Parchi e riserve

Esame legge rinviata dal Governo relativa a: "Adeguamento delle piante organiche del personale degli enti di gestione dei parchi e delle riserve naturali regionali"


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare la legge rinviata dal Governo relativa all'adeguamento delle piante organiche del personale dei parchi regionali.
Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ripropongo il quesito che ho posto in Commissione quando abbiamo esaminato questo disegno di legge relativamente alla previsione della predisposizione da parte della Giunta regionale, con deliberazione, dei profili professionali relativi all'organico previsto nei parchi.
Questa legge è stata già esaminata dal Consiglio nel mese di luglio. In occasione dell'esame preventivo svolto allora dalla I Commissione chiesi all'allora Assessore Carletto se questi profili professionali erano già stati predisposti, perché rilevavo come spesso le nostre leggi contengano previsioni di adempimenti successivi che poi qualche volta non vengono assunti anche per anni.
L'Assessore Carletto nel mese di luglio assicurò il sottoscritto, ma anche tutta la Commissione, che questo provvedimento relativo alla deliberazione per i profili professionali era praticamente pronto e che quindi non dovevo preoccuparmi in alcun modo di questo fatto. Dato che, pur nell'asprezza del confronto, parto sempre dal presupposto che l'interlocutore sia assolutamente sincero, non ho più sollevato alcun problema e la questione non si è più posta.
In occasione dell'esame di questo provvedimento, che è stato rinviato dal Commissario del Governo, qualche giorno fa in I Commissione ho chiesto se la deliberazione della Giunta regionale sui profili professionali fosse stata assunta o comunque a che punto fosse il provvedimento. Ho ricevuto, a quel punto, delle risposte molto evasive e preoccupanti, nel senso che nella legge si prevede che i profili professionali saranno deliberati nell'aprile 1989. Questo fatto mi induce a considerazioni che non vorrei fare. Quindi chiedo all'Assessore a che punto siamo con questa deliberazione, perché "aprile 1989" mi fa presupporre che nel luglio 1988 non ci fosse alcun provvedimento in corso.
Chiedo delle precisazioni al riguardo.



PRESIDENTE

Collega Chiezzi, forse siamo in grado con le precisazioni dell'Assessore Vetrino di risolvere il problema senza aprire una grossa discussione, altrimenti non abbiamo che l'alternativa di rinviare l'esame del provvedimento.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Nel testo originale dell'art. 3 era previsto, come ha ricordato il collega Chiezzi, che questi profili sarebbero stati stabiliti con deliberazione della Giunta entro il 30 aprile 1989, nel senso che tale deliberazione è conseguente all'approvazione di questo disegno di legge.
Noi siamo nella condizione, come già aveva detto l'Assessore Carletto a suo tempo, credo anche opportunamente, di poter assumere questa deliberazione in quanto i profili non solo sono stati individuati, ma sono già stati sottoscritti anche dalle Organizzazioni sindacali della Regione.
Non appena quindi questa legge entrerà in vigore assumeremo la relativa deliberazione. Se si vuole, possiamo anche anticipare la scadenza, ad esempio al 28 febbraio.



PRESIDENTE

Mi pare possano essere considerate sufficienti le precisazioni date dall'Assessore Vetrino.
Procediamo pertanto all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Emendamento presentato dall'Assessore Vetrino: al primo comma, le parole "30 aprile 1989" sono sostituite dalle parole "28 febbraio 1989".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 39 voti favorevoli e un'astensione.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 3 nel testo modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere.
L'art. 7 è approvato.
Si proceda infine alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 40 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Zootecnia

Sull'ordine dei lavori e rinvio dell'esame della proposta di deliberazione n. 1025: "Approvazione del regolamento di attuazione della L.R. 14/7/1988 n. 35. Istituzione del certificato di garanzia di produzione delle carni bovine"


PRESIDENTE

Del provvedimento relativo alle carni bovine proporrei il rinvio alla prossima seduta.
Ha chiesto la parola il Consigliere Penasso. Ne ha facoltà.



PENASSO Alfredo

Signor Presidente, credo che non ci siano difficoltà per passare all'esame di questo provvedimento. C'erano le condizioni per votare la deliberazione già nella seduta di ieri, ma ne era stato chiesto il rinvio in Commissione per chiarimenti. La Commissione si è riunita questa mattina ha discusso, ha accolto alcune osservazioni che accompagnano ora il provvedimento che sono controfirmate dal Presidente e dal Vicepresidente della Commissione, unanimemente accolte. Quindi a mio parere ci sono le condizioni per potere approvare rapidamente un documento importante che ritengo sia nostro dovere esaminare questa sera. Ci dobbiamo altrimenti assumere la responsabilità di rinviare di due mesi l'applicazione di una legge che unanimemente è stata considerata importante.



PRESIDENTE

Sono stati presentati degli emendamenti che la Giunta è disponibile ad accogliere, quindi mi pare sia possibile procedere alla votazione.



BONTEMPI Rinaldo

Per il Gruppo comunista questo provvedimento necessita di una discussione approfondita.



PRESIDENTE

Ritengo quindi di dover rinviare il provvedimento alla prossima seduta.
Il secondo provvedimento è relativo ai corsi di formazione professionale in agricoltura.
Ha chiesto la parola il Consigliere Carletto. Ne ha facoltà.



CARLETTO Mario

Questi due provvedimenti sono di governo e quindi prima di collocarsi rispetto al fatto se si debba o meno procedere, è opportuno capire cosa ne pensa la Giunta. Vorrei sapere dalla Giunta se c'è l'esigenza di approvarli entro la fine dell'anno per ragioni istituzionali, per ragioni di tempo o per problemi finanziari, in tal caso ci collocheremo in un certo modo. Se invece la Giunta ritiene che esame a gennaio non danneggerebbe nessuno, ci collocheremo diversamente.
Vorrei sentire il pensiero della Giunta su questi provvedimenti.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Per quanto riguarda il provvedimento relativo alle carni bovine non cambia nulla, è possibile rinviarne l'esame di 20 giorni. C'era l'opportunità, giustamente ricordata dal collega Penasso, che si tratta di una legge approvata il 14 luglio, quindi siamo già in ritardo di sei mesi per quel che concerne il regolamento, però se ciò vuol dire fare un dibattito di un'ora come quella di oggi pomeriggio, sono disponibile a rinviarla alla prossima seduta. Chiedo al Consigliere Penasso di concordare su questa indicazione.



PRESIDENTE

Questo provvedimento è dunque definitivamente rinviato.


Argomento: Lavoro - Movimenti migratori: argomenti non sopra specificati - Formazione professionale

Esame proposta di deliberazione n. 1030: "Formazione professionale in agricoltura. Programma annuale formativo 1988/1989"


PRESIDENTE

Per quanto riguarda i corsi di formazione professionale sentiamo l'Assessore Nerviani.



NERVIANI Enrico, Assessore alla formazione professionale

Sto cercando di fare il modestissimo sforzo di portare a regime le attività corsuali che si svolgono sotto l'egida della formazione professionale. Uno dei difetti del nostro sistema sta proprio nel fatto di iniziare in termini assolutamente precari e poi di lamentarsi che si va successivamente a sanatoria.
I corsi sarebbero dovuti partire il 31 ottobre; per le ragioni che sono note a tutti è stata ritardata l'approvazione della circolare che è stata diffusa per la presentazione delle domande. La deliberazione è stata portata in Commissione, è stata opportunamente discussa, ma non si è trovata l'unanimità per situazioni lontane, pregresse, consolidate, che probabilmente verranno illustrate nuovamente oggi, ma delle due l'una: o si rinvia l'inizio dei corsi ancora di due mesi oppure si fa di tutto per dare all'attività amministrativa della Regione una parvenza di serietà.
Con una certa fatica e forse anche con relativa incapacità mi sto muovendo in questa direzione; chiederei al Consiglio di darmi una mano per assolvere in questa direzione il dovere che ho.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Questo argomento da parte del nostro Gruppo necessita di una discussione reale; valuti lei, signor Presidente.



PRESIDENTE

Chiedo anche alle altre forze politiche di esprimersi; ritengo comunque che siamo abbastanza stanchi per valutare questo provvedimento, alla luce dell'attuale situazione.
La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Penso che la discussione non dovrebbe protrarsi eccessivamente, pur lasciando il tempo ritenuto necessario per puntualizzare quanto è già stato detto in Commissione.
D'altra parte credo che i tempi di approvazione dei corsi di formazione professionale sono ridotti, lo sono sempre stati e continuano ad esserlo per fatti obiettivi e soggettivi; per cui è da ritenersi indispensabile affrettarsi a guadagnare tempo, perché altrimenti si sarebbe costretti al rinvio di un mese e mezzo, se non due. Siccome i corsi agricoli sono da effettuarsi nel periodo invernale, se noi apriamo la possibilità di iniziare i corsi al mese di marzo, questi in pratica si troverebbero rinviati ad ottobre-novembre del prossimo anno, mentre invece il periodo migliore è proprio nei mesi di gennaio-febbraio per la stasi stagionale dei lavori campestri. Bisogna rilevare questi aspetti, a meno di dire "diamo il via ai corsi anche senza la deliberazione del Consiglio"; ma credo che in questo caso l'Assessore si rifiuterebbe, dovendosi affidare alla speranza che passino a posteriori.
Gli argomenti esposti dall'opposizione sono ricorrenti, sono seri anche; siamo tuttavia su una strada che sfocia in intenzioni unanimi per quel che riguarda gli obiettivi finali. Sappiamo dove vogliamo arrivare e concordiamo su questo. E' possibile che le strade si divarichino magari anche tanto; ma non credo che sia un motivo sufficiente per farci dimenticare che i tempi in questo caso sono veramente stretti. Spero di poter ancora intervenire, anche per dare maggiori delucidazioni sulla tempistica che veramente ci spinge a recuperare al massimo il tempo che purtroppo per tanti motivi non ha potuto essere usufruito finora.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Che senso ha, a quest'ora, proporre il rinvio della deliberazione sulle carni bovine, licenziata in Commissione con voto unanime, per passare invece alla discussione della deliberazione n. 1030, sulla quale non c'è l'unanimità e il nostro Gruppo prevede almeno tre interventi?



PRESIDENTE

Posto di fronte alla richiesta da una parte di un rinvio e dall'altra di una discussione per dare modo ai corsi di poter essere avviati, faccio appello alle estreme energie del Consiglio per cercare di risolvere il problema.
La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Siamo tutti stanchi dopo tre giorni e mezzo di lavoro. Abbiamo avuto dei momenti di tensione, ma anche dei momenti in cui si è lavorato bene quindi cerchiamo di concludere.
Ho chiesto alla Giunta di esprimersi perché non conosco, nel merito dei tempi, i problemi. La Giunta ha risposto in modo ragionevole dicendo che in merito alla deliberazione sulle carni bovine non c'è urgenza, quindi pu essere tranquillamente rinviata a gennaio. Come Gruppo prendo atto che si può rinviare a gennaio e in tal senso concordiamo.
Sulla questione dei corsi mi pare di capire, sia per l'intervento dell'Assessore che per quello del Presidente della Commissione, che si tratta di un argomento che, pur svolgendo il dibattito che deve essere fatto, non porterà via sei ore, ma un tempo, quello necessario, accettabile in favore di un settore che può usufruire di questi corsi subito, viceversa ne usufruirebbe fra un anno. Chiedo al buon senso di tutto il Consiglio di esaminarlo, altrimenti la Giunta è costretta ad assumere il provvedimento con i poteri del Consiglio.
E' chiaro che quando il Consiglio decide di non affrontare una questione, il governo ha il dovere di dare una risposta senza che questo sollevi delle questioni politiche ed istituzionali. Se il Consiglio delega la Giunta ad assumere il provvedimento, posso anche essere d'accordo. Credo però non sia corretto privare la società di una risposta ad un problema.
Sono le 18,20, siamo stanchi e vogliamo chiudere, siamo però chiamati a fare questo mestiere, percependo anche un lauto stipendio rispetto ad un metalmeccanico della FIAT, il che ci può consentire di fare ancora un'ora di lavoro, se necessario.
Chiedo al senso di responsabilità di tutti di esaminare la deliberazione n. 1030, provvedimento che non conosco nel merito, ma che mi pare di capire è una risposta a un problema inerente a una parte della società piemontese. Chiedo alle opposizioni di consentire - discutendo nel merito, nessuno chiede di fare velocemente le cose - di esaminare questo provvedimento perché altrimenti sarebbe una mancata risposta ad un problema. Ognuno si assuma le proprie responsabilità.



PRESIDENTE

Chiedo alla cortesia del Consiglio di poter esaminare la deliberazione n. 1030 nei tempi più contenuti possibili senza sacrificare nulla al dibattito che necessariamente dovrà essere fatto.
Ha pertanto la parola l'Assessore Nerviani per illustrare tale deliberazione.



NERVIANI Enrico, Assessore alla formazione professionale

Con la circolare dell'11/10/1988 il Presidente della Giunta aveva emanato le indicazioni per la preparazione di corsi di formazione professionale in agricoltura. Questa circolare stabiliva, coerentemente con quella già emanata nel 1987, che tutte le attività corsuali denominate "Corsi progetto" venivano soppresse e si individuava nei corsi di aggiornamento, i cosiddetti corsi brevi, il tipo di corso maggiormente rispondente alle indicazioni della legge n. 8/80 che prevede fra l'altro le attività formative rivolte all'aggiornamento dei lavoratori autonomi.
Venivano pertanto previsti i corsi di aggiornamento teorico-pratico di durata variabile dalle 15 alle 60 ore rimandando, per quanto riguardava i contenuti e gli obiettivi generali e specifici, al dettato della citata circolare del 1987.
Venivano inoltre date, oltre alle istruzioni, indicazioni sul numero dei corsi stabilendo che ciascuna unità didattica dovrà tenere presente che il programma non può prevedere più corsi di quanti approvati e svolti nell'anno formativo 1987/1988.
Dall'esame della documentazione si rileva che i vari enti avevano svolto attività regolare secondo la tabella allegata alla deliberazione.
Gli enti hanno presentato proposte formative che venivano inserite nel programma dei corsi con il rispetto delle indicazioni date sopra e cioè che non si poteva svolgere un numero di corsi superiore a quello dell'anno precedente.
Nell'elaborazione del programma, applicando la circolare, gli uffici hanno provveduto a trascrivere le proposte fatte dagli enti, accettando perché ovviamente motivate, tutte le proposte avanzate e dando unicamente una formulazione sistematica al piano.
Nei corsi venivano anche compresi quelli di aggiornamento di secondo livello che dovrebbero essere attivati dall'Assessorato regionale all'agricoltura e foreste, corsi che non sono attivabili per ragioni amministrativo-tecniche dall'Assessorato regionale all'agricoltura e foreste.
Essendo stati esclusi dal corrente anno tutti i corsi di lunga durata ed essendo stata limitata la durata anche dei corsi brevi, gli enti che privilegiavano detta attività formativa a lunga durata hanno subìto una notevole flessione nel finanziamento. Gli altri enti con una base associata ed aggregata non particolarmente consistente si sono spontaneamente ritirati.
Sporadiche e ridotte sono state le attività affidate in gestione agli enti locali (Comuni, Comunità montane e Province, che peraltro sono state soddisfatte nella misura in cui hanno chiesto di esserlo).
Gli enti con una base associata che nell'ultimo anno formativo hanno dimostrato una capacità organizzativa in difficoltà sono stati obbligatoriamente ridotti al minimo di attività non avendo dato garanzie come erano attese, e pertanto non hanno avuto un'attribuzione di corsi in termini particolarmente consistenti.
Rimangono gli enti emanazione delle organizzazioni professionali e cooperative con una grande base associata, che come si può rilevare dalle distinte di cui ho detto sono organizzati in modo tale da portare a termine in modo soddisfacente tutta l'attività con una programmazione seria da parte degli enti stessi.
Va rilevato che nel breve arco di alcuni anni il programma formativo è passato da un budget di quasi 3 miliardi degli anni scorsi ad un budget di un miliardo e 50 milioni circa. Questo ovviamente in un processo di riduzione della spesa, ma anche di premio alla organizzazione di corsi che paiono avere caratteristiche rispondenti ai criteri di serietà che vorremmo presiedessero all'organizzazione di queste attività formative.
Mi riservo di intervenire ancora dopo le dichiarazioni dei colleghi.



PRESIDENTE

Sulla relazione dell'Assessore Nerviani è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Avondo. Ne ha facoltà.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'Assessore Nerviani ha sottolineato nella sua illustrazione alcune novità - così potrebbero apparire - di un qualche segno contenute nella deliberazione di quest'anno rispetto agli anni scorsi per quanto attiene alla formazione professionale in agricoltura.
Credo sia corretto fare riferimento agli elementi di dibattito che hanno già coinvolto il Consiglio regionale nel corso di questa legislatura in ordine al riscontro reale e alla finalità concreta che questi corsi di formazione professionale in agricoltura producono sul territorio piemontese.
In verità, da una prima lettura potremmo dire che novità sono la riduzione delle risorse impegnate e la tipologia dei corsi che viene modificata, così come richiamava l'Assessore in ordine ad una scelta compiuta da parte degli enti gestori di corsi brevi (30-45 ore) come scelta fondamentale e quindi innovativa rispetto al passato quando si prevedeva invece un intervento in ordine ai corsi su progetto e ai corsi di più lunga durata. La drastica diminuzione delle risorse e la modifica della tipologia dei corsi potrebbero essere elementi di novità. In verità novità non sono nel senso che noi leggiamo questi due dati come il derivato di una situazione di pesante crisi che continua a presiedere a questi corsi. Una crisi che non è databile all'anno formativo 1988/1989, ma a periodi ben più lontani e questo dovrebbe richiamarci all'esigenza di un approfondimento serio su questi corsi e vedere concretamente come uscirne.
Nella discussione fatta lo scorso anno rispetto all'anno formativo 1987/1988 avevamo notato elementi di disparità nella presenza dei corsi sul territorio piemontese, nel senso che accanto a province che vedevano una presenza di corsi molto puntuale e alta, ve ne erano altre dove questi corsi erano sostanzialmente inesistenti. Ricordo che nel corso della discussione eravamo arrivati al punto di dire che se gli enti rifiutano qualora il Consiglio regionale e la Giunta regionale reputassero che comunque queste attività devono essere svolte, deve essere prevista la possibilità di dare una risposta a questa esigenza, che è presente sul territorio, in modo diretto da parte della Regione, nel senso che non si comprende come ci possano essere province che accedono a questo tipo di richiesta formativa e altre che vi accedono in misura molto ridotta, altre ancora che addirittura non la fanno più.
Questo discorso quest'anno è ancora più accentuato e richiamerò due dati che, al di là delle parole, dimostrano concretamente come questo fenomeno si stia radicando. Si ripropone con urgenza la necessità di un radicale ripensamento di questa attività formativa almeno su due versanti: il primo è quello del rapporto costi-benefici, nel senso che è vero che siamo in presenza di una riduzione delle risorse destinate a questa attività, ma questo di per sé non deve soddisfarci e lasciarci indifferenti rispetto ai benefici che le risorse impegnate in questo tipo di attività possono produrre sul territorio e nel caso specifico all'interno del settore agricolo.
Il secondo versante riguarda il ruolo di questa attività formativa nel quadro di altri interventi di sostegno che all'interno dell'agricoltura certo con altre finalità e altro titolo, comunque possono essere richiamati.
Faccio riferimento al sostegno che la Regione garantisce attraverso i CATA (Centri di Assistenza Tecnica in Agricoltura) agli agricoltori piemontesi e dall'altro lato al piano predisposto dalla Giunta regionale sulla base di una deliberazione del Consiglio regionale su cui il Gruppo comunista aveva peraltro votato contro che è quello che va sotto il nome della lotta fitopatologica. Come si collocano questi due elementi (i CATA e il piano della lotta fitopatologica) all'interno del discorso che stiamo facendo in ordine ai corsi formativi in agricoltura? Nella deliberazione in esame ci sono quindi grandi elementi di difficoltà che producono effetti dirompenti sul territorio. Abbiamo una concentrazione accentuatissima di interventi su un'unica provincia piemontese, quella di Cuneo, la quale assorbe il 42% circa del monte ore complessivo della Regione Piemonte e il 47% delle risorse; quindi si riproduce in modo accentuato la sperequazione che avevamo già messo in luce lo scorso anno.
All'interno di questo elemento sperequativo ci sono poi alcuni dati che ci pongono altri problemi. Non è per fare della facile polemica, quanto per evidenziare un problema. Ci sono degli enti di formazione che sono sostanzialmente spariti e quelli che sono rimasti hanno ridotto drasticamente il loro intervento. Il dato che emerge è che dei 1.048 milioni che quest'anno verranno utilizzati in questo settore, l'82% è appannaggio di un'unica associazione agricola.
Vogliamo capire quali sono le ragioni vere che hanno portato le altre associazioni sostanzialmente a disimpegnarsi in questo settore. L'Assessore ha tentato di dare una risposta nella relazione introduttiva dicendo che si tratta di associazioni che avevano compiuto la scelta di un altro tipo di attività formativa, non più corsi brevi, ma corsi progetto. Credo però che ci sia anche una questione di carattere generale: la valutazione da parte dei singoli enti e delle associazioni agricole in ordine alla ricaduta concreta che questa attività produce su coloro che utilizzano questo tipo di formazione.
A noi pare che queste questioni debbano essere riproposte. In Commissione, nel corso del dibattito, abbiamo sollecitato l'Assessore Nerviani a fare quanto già lo scorso anno avevamo richiesto, cioè di promuovere un incontro tra l'Assessore alla formazione professionale e l'Assessore all'agricoltura con gli enti formativi in agricoltura e le associazioni agricole per affrontare la questione.
Nel merito dei corsi brevi qualche elemento di giudizio e di valutazione il Gruppo comunista ha avuto modo di esprimerlo, non solo nel corso di questa legislatura, ma anche in quelle precedenti, e dovremmo accentuarlo nel momento in cui la stragrande maggioranza dei corsi di quest'anno sono corsi brevi. L'accentuazione di un giudizio negativo sui corsi brevi deriva anche dalle modifiche che questa deliberazione introduce alla convenzione che regola tali corsi. Nella relazione si dice: "tenuto altresì conto che la partecipazione al colloquio finale dei corsi - che era uno degli elementi che davano una parvenza di valutazione oggettiva della bontà dell'intervento - non è sempre possibile per tutti gli agricoltori iscritti e frequentanti, e che essendo il finanziamento legato alla presenza e al colloquio, la mancata partecipazione provoca un danno all'ente, per agricoltori che pure hanno ricevuto il servizio formativo".
Quindi confermiamo il giudizio non positivo sulla scelta totalizzante dei corsi brevi all'interno del sistema formativo in agricoltura. Richiamo gli elementi di valutazione che devono essere comunque svolti all'interno del discorso complessivo di aiuto formativo non diretto che all'azienda viene dato attraverso i CATA e altri strumenti, ma nel momento in cui leggiamo questa modifica regolamentare non solo il Gruppo comunista ma credo anche molti altri Consiglieri si pongono legittime domande in ordine all'esigenza di arrivare nel più breve tempo possibile ad una revisione e ad una discussione approfondita di tali questioni. Occorre andare verso una svolta in questo settore.
Se questo non avverrà comunque il prossimo anno non discuteremo più di questa questione nello scampolo finale dell'anno, perché noi solleciteremo un confronto approfondito all'interno del Consiglio regionale. La stranezza di certe questioni e l'aver lasciato andare le cose produce ogni anno effetti sempre più negativi e preoccupanti, non solo sul piano politico, ma anche sul piano sostanziale dei benefici che questo intervento produce nell'economia piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Siamo di fronte ad una deliberazione che ha il sapore di un vero e proprio assalto alla diligenza.
Ci sono 1.048 milioni che non si sa bene come spendere, che sono a disposizione per la formazione professionale, sono inferiori rispetto agli anni passati perché un'organizzazione professionale, salvo in una provincia, ha considerato inutili questi corsi e ha quindi deciso di non tenerli più. I soldi comunque ci sono e non si sa bene come spenderli.
Il modo "migliore" per spenderli è quello di togliere lacci e lacciuoli: ad esempio, cose molto impegnative, che davano dei risultati come i corsi progetto. I corsi progetto sono difficili da organizzare perché è faticoso anche per l'imprenditore parteciparvi. Nei corsi progetto c'è un buon rapporto costi-benefici, ma siccome sono difficili da organizzare vengono privilegiati i corsi brevi di 35-40 ore. Ma anche su questi ci sono delle difficoltà, per cui si è deciso di annullare il colloquio finale, perché questo implica il fatto che l'imprenditore deve venire a colloquio, ma se non partecipa al colloquio si vanifica l'impegno che è stato assunto dalle organizzazioni professionali per realizzare il corso! Una volta tolti lacci e lacciuoli si da l'assalto alla diligenza, al quale partecipano ovviamente le organizzazioni professionali che hanno maggiore consistenza, per non parlare d'altro, e alla fine emergono i dati che ha ricordato il collega Avondo per quanto riguarda la provincia di Cuneo. Il peso dell'agricoltura cuneese rispetto a quella regionale nel suo complesso non è quello che ritroviamo qui (42% delle attività, 47% delle risorse), è decisamente inferiore! E' indubbio quindi che siamo di fronte ad una erogazione della spesa che è decisamente squilibrata come lo è per quanto riguarda le organizzazioni professionali.
Chiedo quindi all'Assessore competente se si è posto l'interrogativo in termini veri, sul perché alcune organizzazioni professionali hanno deciso di ridurre l'attività e in molti casi anche di disimpegnarsi. Ci deve pur essere una ragione vera. Ci raccontate la storia che il corso non è completamente pagato per cui ci sono risorse proprie che devono essere profuse dalle organizzazioni professionali, questa è la ragione ufficiale ma ci sono altre ragioni che conosciamo tutti. Secondo me è estremamente grave che ad un certo punto la questione dei controlli venga posta nei termini in cui è posta all'interno della deliberazione. E' grave per le ragioni che dicevo prima.
Da anni ci troviamo in una situazione che è impropria, nel senso che per esempio, nuovi indirizzi della Comunità Economica Europea sono rivolti a privilegiare iniziative e attività che siano orientate sì a una qualificazione professionale, ma attorno ai temi di carattere ambientale (lotta fitopatologica e integrata) e tutte quelle attività che concorrono a ridurre i costi di produzione.
Noi invece abbiamo la maggioranza dei corsi che riguardano la conduzione e la contabilità aziendale. Sono corsi che si richiamano a vecchie direttive della CEE, quindi non c'è neanche un aggiornamento per quanto riguarda gli indirizzi e gli elementi di novità. I corsi di conduzione aziendale sono tra l'altro di una genericità tale per cui alla fine la minestra la si rivolta come si vuole. Rispetto ai 1.048 milioni che vengono stanziati, mi domando qual è il rapporto costi-benefici nel suo complesso e ho la sensazione che da questo punto di vista il risultato finale sarà decisamente negativo.
L'ultima considerazione che vorrei fare è sul fatto che da anni noi poniamo con forza la questione che la formazione professionale in agricoltura non può continuare ad essere una sezione a sé stante dell'attività agricola che sta in mano ad un Assessore che non è l'Assessore all'agricoltura. Questo settore deve ritornare all'Assessorato all'agricoltura, anche perché ci sono delle interconnessioni, per esempio tra assistenza tecnica e formazione professionale. Questa divisione, il fatto che ognuna delle due cose vada per proprio conto, non consente la realizzazione di progetti integrati. Questi 1.048 milioni finiscono con l'essere una cosa a se stante il cui risultato finale è pressoché uguale a zero. Rimane l'amara constatazione che una organizzazione professionale questi problemi non se li pone e che una provincia assorbe quasi metà delle risorse.
Questa situazione non può più essere tollerata!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Signor Presidente, nel merito della deliberazione i compagni intervenuti hanno detto quanto andava detto. Io vorrei però aggiungere un altro elemento perché questa vicenda della formazione professionale in agricoltura comincia ad avere alcune caratteristiche, per come ogni anno si presenta e se ne discute, che cominciano ad essere lesive di un funzionamento democratico dell'istituzione. Mi spiego: nel funzionamento di un'assemblea è norma ovvia che ci sia una maggioranza, un governo che ha una sua progettualità e che giustamente la difende, e un'opposizione che proponga la sua progettualità, che in genere è diversa, e su questo il confronto politico-istituzionale avviene nel merito. Può trovare punti di intesa, può non trovarli; se non li trova la maggioranza legittimamente difende le sue volontà e le sue intenzioni.
Questa però non è la situazione in cui ci troviamo di fronte in questa materia. Io l'ho seguita dal 1985. Sin dal primo anno si è posto un problema non secondario sulla formazione professionale in agricoltura che riguardava la produttività, l'efficacia e il funzionamento di questa spesa che la Regione sostiene. Mi fermo qui, forse i verbali della discussione in Commissione potrebbero aggiungere altre cose.
Sin da quel momento si era convenuto da entrambe le parti, maggioranza e opposizione, che si doveva interrompere un funzionamento di questo genere, si doveva porre mano a una verifica profonda della produttività di questa spesa, e grosso modo si conveniva che altre dovessero essere le strade per realizzare un intervento formativo in questo campo, altri forse i riferimenti di competenza e le interdisciplinarità che erano necessarie per farla funzionare. Al di là delle soluzioni che si sarebbero date ripeto, per la gravità della situazione della materia, c'era un'intesa per procedere in quella direzione, tanto che si era preso l'impegno che questa sarebbe stata l'ultima volta. Invece non è stato così. Anno dopo anno (questo è il quarto piano che vedo in questa legislatura) si è riprodotto lo stesso pacchetto di distribuzione di risorse su cui credo quasi tutti se vogliamo essere onesti con noi stessi - conveniamo che non produce risultati. Altra cosa può essere se ci sono associazioni che legittimamente hanno bisogno di un intervento pubblico per esistere, per rafforzarsi, ma qui le risorse hanno una finalizzazione con la denominazione del capitolo la collocazione in bilancio, la categoria sotto cui va questa voce di spesa.
Siamo ancora una volta costretti a far finta di parlare di una cosa seria per di più in presenza degli elementi di gravità che i miei colleghi hanno ricordato, perché quel poco di controllo previsto, e che già tutti sapevamo non garantiva nulla, si ritiene di doverlo fare saltare.
Il problema del funzionamento democratico dell'istituzione che io ponevo consiste in questo: diventa intollerabile - per noi sicuramente lo è questa finzione istituzionale per cui di fronte ad una materia l'opposizione si tira fuori perché vota contro. Sostanzialmente è una finzione, perché nel merito delle questioni si conviene tutti che esiste un problema e vanno trovati degli sbocchi; nei contenuti chi propone la deliberazione (la maggioranza, il governo regionale) non ha difficoltà a dichiarare che è una cosa da matti, magari non in aula, però poi recitiamo tutti insieme una sceneggiata in cui diciamo che non va bene; in qualche modo la deliberazione viene presentata in forme di rito, le convinzioni di ognuno restano. Non credo che il funzionamento delle istituzioni e il ruolo che a noi compete - in questo caso come forza di opposizione - debbano rinchiudersi in una sceneggiata d'aula.
Chiedo che un corrompimento del funzionamento delle istituzioni sia lesivo della democrazia. Questa non è però l'unica questione che presenta tali caratteristiche, perché non bisogna dimenticare che la formazione professionale in agricoltura sta all'interno del complesso della formazione professionale, settore su cui si è discusso, si sono presentate delle mozioni, si è fatto un dibattito in aula senza mai riuscire - pur essendoci accordo su alcune questioni tra maggioranza e opposizione ad addivenire ad alcune decisioni chiare su cui riaprire il funzionamento amministrativo della Regione. Pertanto il fatto che la partita della formazione in agricoltura già inserita in quella più grande dell'intera formazione professionale rende, a mio avviso, fastidioso, intollerabile ed offensivo per il funzionamento delle istituzioni trattare di questa materia a queste condizioni. Dopo quattro anni mi auguro che l'Assessore Nerviani, che è attento alle osservazioni che vengono sollevate, sappia che c'è un anno per porre mano a questo scandalo. Secondo me è tardi, ma in un anno si pu ancora tentare, altrimenti la responsabilità di aver fatto sopravvivere in queste forme questa voce di spesa e questa materia l'avete piena e tutta intera!



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Nerviani per la replica.



NERVIANI Enrico, Assessore alla formazione professionale

Potrei anche non replicare, favorendo la richiesta di una conclusione rapida, ma sinceramente mi sembrerebbe una autentica offesa ai contributi anche molto critici che le opposizioni hanno offerto in questo dibattito e quindi seppur sinteticamente intendo fare alcune considerazioni.
Prima considerazione. E' vero che quello della formazione professionale è visto da molti come un grande impero, per la verità ci sono pochi imperatori; l'unico che guida questo impero in questo momento è il sottoscritto che si sente, per la complessità dei problemi che lo assillano, un re nudo. Questo perché non appaia una gestione di potere facile ed incontrollata.
La seconda considerazione, che ho fatto già in Commissione con il collega Avondo e che ripeto qui, è che non mi sento di condividere l'espressione che qualche volta è circolata e che è stata ripetuta anche qui in ordine a questi corsi di formazione professionale e che in sostanza si traduce in "E' una cosa impossibile. E' una cosa da matti!". Malgrado l'intervento del Consigliere Ferro, quello molto acuto della collega Sestero e quello più dettagliato di Avondo, non sono emersi, a mio avviso forse perché non esplicitabili con una documentazione obiettiva considerazioni che possono indurre a sostenere affermazioni tanto gravi.
Ciò non di meno, siccome le risorse che si impegnano per questo settore sono ridotte ma non sono poca cosa, la raccomandazione dell'incontro fra i due Assessorati e della verifica con la Commissione è sicuramente accolta così come è accolta la richiesta di una riflessione sulle esperienze quelle concrete finora svolte e opportunamente confrontate con un'attenta valutazione del rapporto costi-benefici.
La terza considerazione che voglio fare è che non c'è alcun rifiuto nei confronti di un'ipotesi di trasferimento ad un settore più competente.
Ritengo che occorra valutare se non sia il caso di continuare ad utilizzare l'esperienza nel settore della valutazione dei corsi di formazione professionale obiettivamente acquisita da altri livelli, non per merito mio e neppure per i colleghi immediatamente precedenti, ma per una realtà che si è andata consolidando; ritengo che questa esperienza nel momento in cui si trasferisse questa problematica debba essere valutata con molta prudenza.
Non c'è tuttavia alcuna resistenza e anche di questo parleremo francamente tra di noi e in particolare con l'Assessore competente Emilio Lombardi.
Voglio dire, anche perché ho soltanto esperienze personali e dirette di sette-otto corsi, che la realtà così drammaticamente dipinta non mi pare tale.
Cito per ultimo il corso per frutticoltori che si è concluso recentemente organizzato a cura della Comunità montana della Val Formazza che ha ottenuto rilevanti risultati e da tutti ritenuti molto importanti.
Lo stesso si può dire nel settore del corso vitivinicolo organizzato nella zona del Ghemmese. Ho avuto notizie in diretta, quindi non interessate, di questi corsi che mi sono sembrati estremamente positivi.
Dobbiamo quindi fissare il principio. Così come noi, ed è un concetto che mi pare fondamentale, sosteniamo la necessità dell'aggiornamento e della preparazione professionale dei lavoratori dell'industria, del commercio e dell'artigianato, ritengo assolutamente indispensabile sostenere la necessità di una preparazione rinnovata o sistematicamente rinnovata dei lavoratori agricoli.
Se questo canale è sbagliato, vediamo di cambiarlo; se sono sbagliati i contenuti, dobbiamo indirizzarli agli obiettivi che l'Assessorato all'agricoltura, con l'indicazione del Consiglio, si pone. Va bene facciamo la verifica sui contenuti, ma - perdonatemi - non è per questo che si debba dire: "chiudiamo!", perché le risorse destinate ai lavoratori dell'agricoltura per il loro aggiornamento vanno difese. Si sono spesi male? Vanno spesi bene, ma non vanno accantonati per altre destinazioni.
Che poi la provincia di Cuneo (fortunatamente sono con il collega Avondo della Bassa Novarese e sono molto distante anche come interessi di ogni tipo dal cuneese) sia privilegiata, vi sono alcune spiegazioni per questo.
Primo: se non il 50%, certamente il 35-40% della produzione agricola si concentra nella provincia di Cuneo.
Secondo: è notorio che i cuneesi che si riferiscono principalmente all'attività agricola conoscono meglio i meccanismi di richiesta e anche gli strumenti legislativi con i quali si può facilmente accedere al credito che viene erogato dalle istituzioni.
Mi pare che questo sia un titolo di merito. Se poi alcune associazioni hanno abbandonato il campo, io ritengo che sia grave, perché non si abbandona un campo importante come quello dell'aggiornamento professionale.
Ci si adegua e si fanno proposte corrette e concrete di alternativa, a meno che il motivo dell'abbandono sia la limitata capacità o potenzialità operativa.
Dette queste cose, avendo mantenuto la promessa di essere estremamente conciso, siccome mi sono riproposto, e credo che abbiate avuto occasione di constatarlo, di fare quanto è possibile con estrema chiarezza e sul piano del più aperto confronto anche su questa materia, desidero che insieme facciamo le riflessioni necessarie senza pregiudiziali, senza riserve ideologiche e con coraggio, ma questo da parte di tutti.
Ringrazio per l'attenzione che malgrado il momento mi è stata riservata e, se mi consentite, rivolgo a voi tutti auguri di buon Natale.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola pongo in votazione la deliberazione testé discussa, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 25 voti favorevoli, 4 contrari e un'astensione.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame ordine del giorno n. 601 relativo alla vicenda delle analisi chimico cliniche (seguito)


PRESIDENTE

Chiedo ai Consiglieri interessati se è stata raggiunta un'intesa sull'ordine del giorno relativo alla vicenda delle analisi chimico cliniche.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Mi spiace che arrivi a quest'ora, ma c'è un punto che non può essere tranquillamente ignorato, non si può concludere che non essendosi raggiunta un'intesa e non si capisce perché non ne facciamo nulla. Il collega Olivetti, credo giustamente preoccupato di uno stato di agitazione nel settore, ha proposto da un suo punto di vista di cui non discuto la legittimità - sia chiaro - un possibile intervento del Consiglio regionale sulla vicenda delle analisi cliniche. Cosa è avvenuto? Riassumo senza illustrare: è avvenuto che per effetto di una lotta tra categorie o meglio biologi e chimici nei confronti dei medici sono state inviate comunicazioni giudiziarie ai medici.



OLIVETTI Michele

Sì, quattromila in tutta Italia.



BONTEMPI Rinaldo

Faccio il ragionamento per poi spiegare che cosa secondo noi deve fare un Consiglio e richiamo tutti alla propria responsabilità visto che siamo tutori teorici di un interesse generale che cerchiamo di far derivare dalla composizione anche degli interessi di categoria.
Il collega Olivetti propone un ordine del giorno allo scopo di evitare per quanto può servire un ordine del giorno, che questa situazione provochi il blocco del settore e fin qui siamo del tutto d'accordo. Dal momento per che non si ha alle spalle (lo possono fare solo gli addetti ai lavori, ma questa è un'altra cosa) una sufficiente discussione, io credo che non debba intervenire la Regione a favore di una categoria contro un'altra.



OLIVETTI Michele

Chi chiede questo?



BONTEMPI Rinaldo

Ma come? Basta leggere l'ordine del giorno laddove si rilevano criticamente le iniziative di una categoria nei confronti dell'altra: è evidente che è critico verso una categoria ed è favorevole all'altra! Io mi pongo un altro problema: è utile o no al settore, quindi anche ai medici, compiere un invito, attraverso quello che avevamo tentato di scrivere, a che questioni di questo genere non siano affrontate nella logica della contrapposizione corporativa di categorie? Chiunque la agiti è chiaro che non ha da parte dell'intero Consiglio regionale una valutazione positiva.
Ripeto che non conosco sufficientemente la questione per poter oggi essere messo in grado di dire che l'azione dei biologi è da stigmatizzare.
Pongo questo problema al Consiglio se qualcuno è interessato a intervenire se non lo è, chiedo comunque che i due ordini del giorno vengano posti in votazione, noi ne abbiamo presentato uno che ha strettamente la caratteristica che ho evidenziato.
Sarebbe interessante sentire l'opinione di altri Gruppi su questo punto di unità e anche di utilità, collega Olivetti, perché quando in una vicenda aperta ti schieri per l'interesse generale e contro la lotta di categoria però non fai il passo oltre, bisogna riconoscere che hai già scelto una categoria per un'altra. Ficcarsi lì dentro secondo me è poco produttivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Certamente non ci sono le condizioni per entrare con serenità nel merito di un problema di questo tipo, ma sforzandoci di farlo e di essere obiettivi a me pareva che avessimo raggiunto, nel tentativo di unificazione dei due documenti presentati, comunque un elemento di convergenza, ad avviso degli esperti in materia, non corporativo. Non essendo appartenente ad alcuna delle categorie che sono in questo momento in contestazione mi permetto di considerarlo tale. Stanno oggettivamente avvenendo fatti che sono conseguenti ad iniziative di alcune categorie e l'ordine del giorno proposto rappresenta la presa d'atto che sono stati sollevati attraverso interventi i problemi che non riteniamo debbano essere risolti in questa sede. Il Consigliere Bontempi ha detto che questo intervento è stato sollevato perché esistono degli interessi di categorie genericamente intese e non specificamente individuate che sono volte a conseguire quello che nell'ordine del giorno è chiamato "monopolio" (se la parola "monopolio" non piace chiamiamola "esclusiva" che può essere meno pesante o pericolosa) di un determinato settore di attività, ma questo è nelle cose, dopodiché su tutta la parte propositiva si era raggiunta un'intesa volta ad invitare gli interessati a trovare dei punti di collaborazione e di intervento tali da evitare il ricorso a queste forme improprie di governo che sempre noi rivendichiamo.
Sulla base della mediazione intervenuta se vogliamo usare il termine "esclusiva" anziché "monopolio" che era stato inserito dalla collega Vetrino in termini problematici più che non affermativi, ritengo che questo sia un testo sul quale obiettivamente si possa convergere. Lo dico come persona che ha conoscenza di questa materia; lo dico io e non lo faccio dire dal collega Olivetti proprio per togliergli l'aspetto corporativo, non per le cose che lui potrebbe dire, ma che la sua funzione professionale potrebbe far equivocare.
Vorrei essere molto chiara al riguardo perché la nostra preoccupazione non è di predisporre un documento a favore di una categoria e contro un'altra, ma un documento del Consiglio regionale che dica che certi problemi non si possono e non si devono risolvere così come si sta delineando. Con la correzione ulteriore che ho proposto ritengo si possa addivenire ad un documento unitario. Se così non può essere per le condizioni oggettive in cui lavoriamo, resti almeno la dichiarazione di volontà, da parte dei Gruppi politici ancora presenti, che noi vogliamo una soluzione diversa di questo problema, perché non è inviando comunicazioni giudiziarie ai medici o evitando che facciano determinate analisi esclusiva di altri o che altri siano esclusi a favore dei medici che si risolve il problema. Ho semplificato al massimo e banalizzato anche un po'.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Non essendo dotato della voce flautata della collega Bergoglio e amando dire le cose che penso con estrema brutalità, direi che il discorso potrebbe essere ripreso in termini generali su quella che è l'abdicazione alla politica della classe politica per certe metodologie che oserei definire di imbarbarimento, per cui ad un certo punto vi è un'abdicazione dai metodi corretti di lotta e di competizione, non si ricorre ad un'analisi reale, ma si avanza con spregiudicatezza, si preferiscono le armi del terrorismo psicologico (mi spiace che sia uscito un fautore di questo per poterglielo dire in faccia, ma glielo potete sempre riferire) a quelle della persuasione attraverso motivazioni logiche e razionali. Questo invito alla belligeranza inconsulta ricorda le popolazioni barbariche di cui la nostra plaga fu ricca circa 1500 anni or sono.
Esistono i mezzi e le maniere in un regime democratico per far sentire la propria voce, dallo sciopero alla sollecitazione, all'arte lobbistica esercitata in tutte le maniere: figli, sorelle, parenti, potrei fare l'enumerazione dei vari onorevoli, deputati e sottosegretari, che hanno avuto e che hanno tuttora alla base questo modello di agitazione che ritengo peraltro legittimo, ma che va affrontato su un piano di correttezza di rapporti. E' ovvio che esiste sempre in un regime democratico una questione di forze ed è importante che proprio la razionalità dei problemi faccia più forti quelli che prima erano i più deboli. Ma questi meccanismi psicologici vanno esecrati e dobbiamo combatterli in tutti i modi, non mi interessa che siano coinvolti i medici, i biologi e i chimici, perché la democrazia muore di fronte a questi metodi e dà modo ad altre forze di sostituirsi come si è sostituita, come si sta sostituendo e come seguiterà sempre di più a sostituirsi. Non dico altro, a buon intenditore poche parole!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivetti.



OLIVETTI Michele

Signor Presidente, cari amici Consiglieri che siete rimasti, intanto vi ringrazio e mi scuso perché in qualche modo mi sento responsabile di un ritardo nel ritorno a casa alla vigilia di Natale, in un momento in cui sarebbe stato più opportuno farci gli auguri di buon Natale e di buon anno che non impegnarsi in una discussione così importante.
Credo di avere ampia giustificazione alla mia iniziativa, che peraltro aveva raccolto l'adesione dei Gruppi non solo della maggioranza, ma anche del Gruppo MSI, e per la mia volontà di portare avanti un problema sul piano della più serena obiettività e per aver cercato di coinvolgere l'opposizione in tutte le maniere: voi mi siete testimoni.
Colgo con amarezza che per il fatto che sono medico talora forse posso suscitare delle resistenze istintive, comunque io sento molto questo problema perché la realtà dei fatti è la seguente: ieri sono arrivate comunicazioni giudiziarie ad un alto numero di medici che lavorano nei laboratori con indicazione a sospendere la propria attività per esercizio abusivo della professione di chimico o di biologo. A questo riguardo esistono poche sentenze di Pretori che hanno dato ragione a biologi e chimici, esistono moltissime sentenze che danno torto ai chimici e ai biologi. Questa mattina ho raccolto i messaggi che mi arrivavano dalla categoria, e questo credo sia mio dovere non solo come medico, ma anche come piccolo uomo politico che siede in Consiglio regionale; ho raccolto dei segnali di grave irritazione che potrebbero condurre questi medici a trincerarsi dietro la comunicazione del Magistrato che ha detto loro che stanno esercitando abusivamente una professione e che domani potrebbe imputarli di esercizio abusivo della professione e chiamarli a giudizio. La reazione più semplice è che questi medici non compiano più queste analisi che rappresentano un settore di altissima attività. Significherebbe bloccare i laboratori di tutti gli ospedali del Piemonte, significherebbe mandare domani mattina la sanità in una situazione di crisi gravissima.
A questo Consiglio non ho chiesto di dire parole a difesa dei medici e contro i biologi e i chimici; a questo Consiglio ho già dimostrato nella discussione sui laboratori di sanità pubblica quale concreto, reale sentito, moralmente ed eticamente, impegno io abbia a collocarmi al di sopra di qualsiasi posizione strettamente corporativa. Questo non l'ho fatto solo in Consiglio, ma lo rivendico in vent'anni di attività sindacale medica sempre svolta in questa maniera. Scusate la mia passione, ma mi ero impegnato in questa direzione anche oggi e mi pareva che le difficoltà emerse all'ultimo momento sarebbero state superate.
Nell'ordine del giorno conclusivo mediato si dice solo che si rileva con preoccupazione ogni attività, da chiunque svolta, in direzione e in senso di un recupero di un corporativo monopolio su certi settori.
Mi fermo a questo punto e aggiungo solo una considerazione: il giorno che venisse definito che biologi e chimici hanno l'esclusiva su queste analisi, non sarà più possibile fare, ad esempio, le analisi sul sedimento urinario e la lettura dell'emocromo, perché nessun biologo e nessun chimico ha la competenza e la capacità interpretativa per poterlo fare. Ho sempre sostenuto che biologi, chimici e medici devono convivere e nell'ordine del giorno è detto in conclusione.
Colgo un'eccessiva preoccupazione di non inimicarsi biologi e chimici: cerchiamo di superarla. Comunque vorrei che questo Consiglio sappia che il mio intervento di oggi non è assolutamente volto a una difesa acritica solo ed esclusiva dei medici: era volto ad affrontare un problema di sanità che prima o poi investirà tutta la Regione.
Questo mio intervento lo porterò anche fuori, perché si sappia che ho tentato di fare tutto il possibile per evitare che succedessero squassi o che categorie mediche scendessero in sciopero. Chiedo solo una declaratoria perché questo ordine del giorno non ha alcun potere di incidere né sul piano della legittimità né su quello della contrattualità né ancora su quello delle decisioni della Magistratura, significa solo che il Consiglio regionale prende atto che c'è questo disagio e richiama tutti, medici biologi e chimici, a collaborare nell'ambito delle rispettive competenze e dei rispettivi ruoli. Questo era il messaggio che volevo dare.
Concludo augurando a tutti buon Natale e buon anno sperando che il Consiglio voglia ricambiarmi gli auguri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Prendo atto dello spirito e della lettera delle dichiarazioni del Consigliere Olivetti. Mi sono permesso solo di rilevare - in questo non c'è niente di male, sia ben chiaro - che quando si è dentro a un problema e lo si valuta secondo coscienza è giusto cercare di portarlo all'attenzione.
Credo però che la funzione di questo Consiglio sia quella di interloquire di non ignorare i problemi e cercare di portarli a soluzione. Non mi sono mai sognato di gettare accuse su chi fa il proprio dovere, chiedo per coerenza e ripropongo interamente la questione dicendo che se il problema è di portarlo all'esterno, portiamolo pure, ma qui vogliamo fare una cosa utile nel ruolo possibile che dobbiamo avere oppure no? A quella frase ho collaborato anch'io con il Vicepresidente Vetrino, però mi lascia qualche perplessità e credo dovrebbe lasciarla a tutti, perché nel momento in cui la premessa è "preoccupazione" e la fine "impegno alla collaborazione" (sono i due veri capisaldi sui quali siamo totalmente d'accordo), sul giudizio di quello che è successo credo che non siamo messi nelle condizioni, non conoscendo i presupposti della vicenda, di dire più di quello che sono in grado di dire.
Se vogliamo portare a termine questo sforzo di cui dobbiamo dare atto al collega Olivetti di averlo portato qui (non è un fastidio, tant'è vero che ho chiesto che altre questioni non venissero affrontate, perché avevo capito che questo era un problema per il quale il collega si era battuto) chiedo solo che si rifletta insieme su quella formulazione che, a mio avviso, sbilancia già un'espressione di merito della Regione nei confronti dei biologi che probabilmente hanno anche torto ad aver avviato la loro iniziativa, ma questo lo posso dire attraverso l'interlocuzione, non attraverso una decisione formale del Consiglio.
La parte che è stata riscritta a mio avviso dovrebbe essere sostituita perché non vorrei che esprimendo "viva preoccupazione per tutte quelle iniziative che all'insegna dello scontro corporativo fra categorie..." si segnasse una sanzione o un giudizio negativo su una parte in causa. Se i biologi hanno avviato questa iniziativa avranno torto, però nessuno di noi qui è in grado di dirlo oggi, salvo qualcuno che, pur convinto delle sue ragioni, conosce comunque il problema. Se vogliamo trovare una cosa utile la si trova così e credo sia già un risultato perché si interviene tempestivamente, come ha chiesto il collega Olivetti, per raccomandare la collaborazione e questo è implicito per condannare iniziative unilaterali.
Mi pare ragionevole quello che proponiamo.



PRESIDENTE

Sono convinto che questa intesa la possiamo trovare.



BONTEMPI Rinaldo

Propongo che si scriva: "registra viva preoccupazione per gli atteggiamenti meramente corporativi di ogni categoria".



OLIVETTI Michele

Accolgo questa versione.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno nel testo seguente: "Il Consiglio regionale del Piemonte constatato lo stato di grave disagio esistente nel settore sanitario per quanto concerne le prestazioni per analisi chimico-cliniche, caratterizzato tra l'altro dalla difficoltà di far fronte al progressivo aumento delle richieste rilevato che continuano a permanere problemi in ordine alle competenze professionali nei laboratori di analisi chimico-cliniche registra viva preoccupazione per gli atteggiamenti meramente corporativi di ogni categoria auspica che tali questioni siano affrontate in un coordinato rapporto tra categorie, in funzione dell'interesse pubblico al buon funzionamento del settore richiama tutti gli operatori interessati alla dovuta collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze e dei reciproci ruoli, mantenendo serenamente il proprio impegno a far fronte ai compiti di grande responsabilità loro affidati".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 30 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,40)



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