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Dettaglio seduta n.164 del 24/11/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PETRINI Luigi


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 16 e 26 novembre, 3, 10, 17 e 21 dicembre 1987 si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bergoglio, Bosio, Bruciamacchie, Carazzoni, Dameri e Moretti.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazione adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta dell'8 novembre 1988 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della LR 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interrogazioni ed interpellanze inerenti la variante 31 ter al PRG del Comune di Torino


PRESIDENTE

Nell'ultima riunione dei Capigruppo, con l'intesa della Presidenza del Consiglio, si è deciso di svolgere l'interrogazione relativa alla variante 31 ter al PRG del Comune di Torino. Questa interrogazione è preceduta da una comunicazione dell'Assessore Genovese.
Chiede la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, nella seduta scorsa del Consiglio regionale l'Assessore Genovese si era dichiarato disponibile a svolgere una comunicazione su questo argomento, perché molti Gruppi non avevano presentato alcuna interpellanza. L'argomento è estremamente interessante quindi, possiamo considerarlo una comunicazione su cui tutti i Gruppi possono intervenire.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente e colleghi, intervengo in merito alla variante 31 ter e al parere espresso dal CUR.
Nel momento in cui avevo avanzato la richiesta di comunicazione erano già presenti cinque interpellanze di cui alcune urgentissime. Questa mattina ne sono pervenute altre due, una presentata dal collega Majorino e l'altra dal collega Pezzana.
Prima di entrare nel merito delle richieste specifiche, oggetto delle interpellanze e delle interrogazioni presentate dai colleghi, vorrei richiamare alcune circostanze soprattutto per i colleghi che hanno presentato le prime interpellanze. Non essendo prevista la convocazione del Consiglio regionale subito dopo la presentazione delle interpellanze urgentissime da parte dei colleghi del Gruppo PCI e cioè in data 10 novembre, stante la rilevanza del problema e delle discussioni che, attorno a questo problema erano intervenute, ho inviato al Presidente del Consiglio regionale, al Presidente della Giunta, a tutti i Consiglieri interpellanti e a tutti i Capigruppo una breve nota, in attesa di discuterne in aula attraverso cui rispondevo alle richieste avanzate nelle interpellanze al momento pervenute all'Assessorato.
Per chiarire i termini di una polemica che sovente ha contorni non precisi per quanto riguarda gli iter regionali, i tempi di esame e di valutazione da parte del CUR. devo dire che è del tutto inesatto quanto è apparso sui giornali, cioè che la variante 31 ter adottata dal Consiglio comunale di Torino sia rimasta giacente in Regione e inevasa per un anno e mezzo. E' del tutto inesatto in quanto la deliberazione di adozione definitiva da parte del Consiglio comunale della variante 31 ter è avvenuta nella seduta consiliare del 31 maggio 1988 ed è pervenuta in Regione il 30 giugno 1988, con la precisazione ulteriore che il Comune di Torino inoltrando la deliberazione di adozione definitiva della variante riadottata per vizi procedurali, non ha trasmesso le certificazioni comprovanti l'avvenuta pubblicazione ai sensi di legge. Tali certificazioni, sono necessarie per consentire lo sblocco formale delle pratiche con l'avvio dell'iter di valutazione da parte dei servizi regionali e del CUR. sono pervenute solo in data 3 agosto 1988.
In sostanza, ancorché ci fosse carenza di documentazione necessaria per avviare l'iter di esame ufficiale della pratica, prima ancora della trasmissione della deliberazione di adozione definitiva della variante, si era provveduto a nominare un relatore essendo già noti, al di là di alcuni vizi procedurali, i contenuti della variante 31 ter precedentemente trasmessa e incompleta. In attesa delle certificazioni, subito dopo la trasmissione della deliberazione definitiva di adozione da parte del Consiglio comunale avvenuta il 30 giugno, venivano nominati il 6 luglio i relatori della pratica. Conseguentemente, se si fa riferimento alle date credo che il Consiglio regionale, considerando che l'esame della variante 31 ter è iniziato al Comitato urbanistico regionale il 5 settembre e che i relatori sono stati nominati il 6 luglio, non possa e non dovrebbe dare ascolto alle accuse di incapacità a procedere nell'esame delle pratiche provenienti dall'esterno alla Regione. Queste accuse, ingiustificate possono trovare risonanza all'interno del Consiglio regionale, se non si precisano bene i fatti e i tempi, sottolineando che l'esame istruttorio e la formazione della relazione sono avvenuti nei mesi estivi, luglio ed agosto. E ciò, con il sacrificio, richiesto ai funzionari che seguivano la pratica, di alternarsi anche nel periodo feriale e di predisporre tempestivamente la relazione per consentire l'esame da parte del CUR della variante 31 ter alla ripresa dei lavori; cosa che è avvenuta a partire dal 5 settembre.
Questo non perché si volesse particolarmente agevolare, nei tempi e nelle procedure d'esame, una pratica di grande rilievo del Comune di Torino, ma per due motivi precisi che espongo con tutta chiarezza e semplicità.
Il primo è che nei rapporti con il Comune di Torino esiste più di una incomprensione, motivata spesso dall'urgenza di problemi che si pongono all'attenzione del Consiglio e dell'Amministrazione comunale di Torino, in parte anche dalla vivacità a tutti nota del confronto del dibattito politico attorno ai problemi delle trasformazioni interessanti l'area metropolitana.
Si è quindi operato in modo da non far dire che anche nei tempi la Regione non è in grado di corrispondere, dando in autonomia la propria valutazione, alle esigenze di trasformazione che sono richieste da processi di evoluzione economica e sociale che interessano, in misura del tutto peculiare e particolare, l'area metropolitana e il capoluogo della nostra Regione.
In secondo luogo si riteneva che, trattandosi di una variante al Piano regolatore generale di Torino, di grande importanza ma di carattere normativo, i tempi potevano essere accelerati in quanto la complessità di esame è certamente inferiore in sede istruttoria e di stesura della relazione per il Comitato urbanistico regionale nei casi in cui si devono esaminare varianti generali non solo di carattere normativo.
Quindi, credo che dobbiamo osservare che la Regione ha dato risposte comunque poi valutabili, attraverso le strutture dell'Assessorato e gli organi consultivi e ha proceduto, in tempi contenuti, alla variante 31 ter.
La seconda circostanza che vorrei far rilevare è la complessità della pratica che abbiamo dovuto esaminare in sede di Assessorato e all'interno del Comitato urbanistico regionale, che ha portato tempi di esame inconsueti al CUR. A partire, infatti, dal 5 settembre per pervenire al 24 ottobre, seduta del CUR nella quale è stato rassegnato il parere, si sono succedute sei riunioni formali del Comitato urbanistico regionale e due sedute informali che, nel complesso, hanno impegnato nella discussione e nella valutazione i membri del CUR per più di 50 ore.
Ciò dà la dimensione sia pure meramente quantitativa della complessità della pratica e delle difficoltà che si sono incontrate nell'esame della variante 31 ter.
Entrando nel merito delle interpellanze e delle interrogazioni presentate a partire dal 18 ottobre (quindi ancor prima della conclusione dell'esame e dell'espressione del parere del Comitato urbanistico regionale) abbiamo avuto: la presentazione di un'interpellanza a firma dei colleghi Chiezzi, Bontempi, Sestero e Calligaro; una seconda interpellanza del 27 ottobre presentata dal collega Picco; un'interpellanza presentata dai Consiglieri Marchini e Santoni; un'interpellanza urgentissima presentata dai Consiglieri Bontempi, Sestero, Chiezzi e Guasso un'interpellanza presentata dal Consigliere Ala; un'interrogazione presentata ieri dal Consigliere Majorino e, infine, un'altra interrogazione presentata stamani dal Consigliere Pezzana.
Queste interpellanze e interrogazioni, sostanzialmente, chiedono chiarimenti rispetto alle procedure di esame e di valutazione seguite dal CUR e, in alcuni casi (segnatamente la seconda interpellanza presentata dai colleghi Chiezzi, Bontempi, Sestero e Guasso e l'interpellanza presentata dal Consigliere Ala), affrontano problemi di contenuto e chiedono risposte nel merito da parte della Giunta regionale.
Per quanto attiene ai problemi di procedura, credo di averli già sostanzialmente chiariti all'interno della nota del 10 novembre 1988 inviata alla Presidenza del Consiglio, alla Presidenza della Giunta, ai Consiglieri - che all'epoca risultavano interpellanti sulla materia - e a tutti i Presidenti dei Gruppi consiliari.
Riprenderò, quindi, questa nota, rispetto alla quale non ho sostanziali modifiche da apportare mentre, se il signor Presidente me lo consente avrei alcune precisazioni ulteriori da fare attraverso una ulteriore valutazione preliminare. In questo dibattito stiamo affrontando una materia delicata che è quella dell'approvazione degli strumenti urbanistici comunali, generali o esecutivi, e stiamo quindi discutendo attorno ad una competenza che è rimessa, per legge, alla Giunta regionale.
E' chiaro, quindi, che su qualunque problema riguardante la Regione, i Consiglieri hanno il diritto di richiedere precisazioni e chiarimenti alla Giunta. Vorrei però aggiungere, con un minimo di avvertenza all'interno del confronto che dobbiamo svolgere - nel senso cioè che siamo ancora all'interno di una procedura non terminata dato che siamo in presenza del parere obbligatorio espresso dal CUR - che le osservazioni, contenute nel parere, sono state inviate mercoledì scorso all'Amministrazione comunale di Torino, pur in presenza delle richieste sospensive del collega Chiezzi e di altri colleghi del PCI, confermando la procedura normale che la Regione ha sempre seguito e che la Giunta ha condiviso a seguito di esplicita richiesta dell'Assessore. Quindi, le osservazioni sono state trasmesse al Comune di Torino; il parere del CUR non è però vincolante e di conseguenza il Comune dovrebbe controdedurre e successivamente il CUR per prassi ancorché non sia scritto in nessuna parte della legge regionale n. 56 potrà esprimersi sulle controdeduzioni del Comune. Successivamente, la Giunta regionale, tenendo conto dei pareri espressi e delle eventuali controdeduzioni del Comune di Torino, deve decidere ed approvare la variante apportando eventualmente le modifiche ritenute opportune e consentite dalle norme di legge. Non siamo pervenuti all'approvazione e rispondendo oggi, non posso impegnare né la volontà dell'Amministrazione comunale di Torino né la volontà della Giunta regionale a cui è rimessa per competenza, l'approvazione degli strumenti urbanistici generali.
Di conseguenza mi atterrò, nella comunicazione, ad una risposta per quanto riguarda le procedure adottate e i problemi di merito solo laddove questi hanno influenza rispetto alle procedure adottate. Non credo, invece signor Presidente, di dover procedere ad una illustrazione dei contenuti della variante 31 ter né del parere complessivamente espresso su questi contenuti dal Comitato urbanistico regionale per le motivazioni che prima ho detto e che, per correttezza, devo di nuovo sottolineare, nel senso cioè, che non posso prefigurare e vincolare quella che sarà l'espressione di volontà dell'Amministrazione comunale di Torino e della Giunta regionale a cui è rimessa la competenza di approvazione di questa pratica urbanistica come di tutte le altre pratiche di natura urbanistica.
Per quanto riguarda, invece, le procedure da adottare da parte di tutti gli interpellanti e interroganti, viene sollevato un problema generale. Per rispondere è necessario richiamare l'art. 15 della legge regionale n. 56 che contempla quattro procedure d'esame e di valutazione dei piani urbanistici.
La prima procedura prevede che la Giunta, a seguito del parere del Comitato urbanistico regionale, introduca d'ufficio le modifiche dovute per errori materiali o per adeguamento a disposizioni di legge e proceda all'approvazione del piano.
La seconda procedura prevede la richiesta di rielaborazione parziale degli strumenti urbanistici delle amministrazioni interessate che comporta di conseguenza, la rielaborazione e la ripubblicazione degli atti con la possibilità di ulteriori osservazioni nel pubblico interesse da parte dei cittadini e il successivo riesame del Comitato urbanistico regionale, per ulteriori pareri su strumenti urbanistici parzialmente variati.
La terza procedura, invece, contempla la restituzione per improcedibilità del piano e la sua totale rielaborazione con il riavvio delle procedure dalla fase iniziale di formazione del Piano regolatore ai sensi dell'art. 15 della legge regionale n. 56.
Inoltre è prevista una quarta procedura, attorno alla quale si discute prevista dai commi 12 e 13 dell'art. 15 della legge regionale n. 56. Tale procedura prevede che il CUR possa formulare osservazioni e proposte nei casi previsti dal comma 11 dell'art. 15, a cui le amministrazioni interessate possono o adeguarsi o controdedurre nel termine di 30 giorni dal ricevimento.
In questo caso, non è prevista la pubblicazione delle controdeduzioni salvo che il Comune, di propria iniziativa, non decida, in sede di controdeduzioni, di attestarsi su posizioni distanti dal parere formulato dal CUR e di procedere alla pubblicazione delle controdeduzioni prima di trasmetterle alla Regione.



MAJORINO Gaetano

Il Comune interpreta come sostanziali le modifiche.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

L'amministrazione comunale interpreta di propria volontà, ma per quanto attiene alla Regione, la procedura si ferma alla prima parte, cioè l'indicazione di proposte di modifica a cui il Comune o si adegua o controdeduce nel termine di 30 giorni. Se il Comune si adegua, la pratica va direttamente in Giunta, perché non c'è più bisogno di un esame, se non quello che, per prassi, effettua il Comitato urbanistico regionale per prendere atto della decisione del Comune; se non si adegua e controdeduce si ha un ulteriore esame da parte del Comitato urbanistico regionale seguito dalle decisioni della Giunta regionale.
Per quanto riguarda l'applicazione del combinato disposto dai commi 12 e 13 con la procedura che ho appena illustrato, la legge dice che questa procedura può essere usata quando si è in presenza di correzione di errori di modiche non sostanziali o di modifiche che sono richieste con riferimento ad alcuni problemi particolari, ad esempio per la tutela dei beni storici ed ambientali.
Tale procedura è del tutto nuova, inusitata, non prevista dalla legge.
Ciò mi sembra davvero singolare perché invece è questa la procedura da adottare, fra le quattro possibili previste dall'art. 15 della legge regionale n. 56, quando, a parere del CUR. non sussistono motivi per richiedere al Comune la rielaborazione totale, con restituzione dello strumento urbanistico deliberato dalla Giunta regionale; la rielaborazione parziale, con conseguente ripubblicazione e possibilità di osservazioni da parte dei privati ed infine, quando non si tratti di un piano per cui si debba solo procedere a modifiche d'ufficio per correzione di errori materiali o per adeguamento a precise disposizioni di legge.
Devo però aggiungere che, anche se un po' in imbarazzo, il CUR. laddove non è possibile, per motivi che attengono a necessità di modifiche cartografiche o di elaborati al piano, non ritiene che le modifiche da richiedere siano così rilevanti da comportare l'applicazione della procedura di rielaborazione parziale con ripubblicazione dello strumento da parte delle amministrazioni. Il CUR esprime il parere ai sensi del comma 12 e l'Assessorato rinvia con osservazioni generali, non puntuali, i piani alle Amministrazioni comunali perché controdeducano, ma senza indicare i tempi per le controdeduzioni e per l'avvio del potere surrogatorio.
Questa è la procedura normalmente più usata, ancorché discenda da una interpretazione estensiva e accettabile della norma.
Certamente si pongono problemi di adeguamento di legge e di procedure in un contesto più generale, ma non voglio ora riprendere questo discorso se non per dire che, a seguito del dibattito avvenuto sulla comunicazione al Consiglio relativa allo stato della pianificazione nell'ultima seduta di Giunta, si è dato avvio al processo di individuazione di elementi per l'aggiornamento e la revisione della legge regionale n. 56.
Ha avuto inizio una fase in cui l'Assessorato, con le modalità indicate dalla deliberazione stessa, dovrebbe fornire alla Giunta elementi utili per le decisioni ulteriori. Nel contesto di questo esame generale, queste questioni saranno poste e valutate adeguatamente e con la dovuta attenzione, soprattutto laddove anni di esperienza e di valutazione richiedono precisazioni di procedure che oggi possono creare, se si vuole forzare l'interpretazione della norma, dei problemi.
Ritornando alla variante 31 ter, il CUR ha ritenuto, come ho precisato nella nota del 10 novembre, corretto e possibile adottare la procedura dei commi 12 e 13. Questo lo ha fatto in due momenti: nella seconda seduta del CUR convocato per l'esame della variante 31 ter, invitando a larghissima maggioranza, su proposta dei relatori e del Presidente, i relatori stessi come era già avvenuto in casi precedenti a cercare di stendere il parere e le osservazioni ai sensi dei commi 12 e 13, cioè in forma puntuale e definita; nella seduta finale, in cui il parere è stato votato perch votando il parere in quel modo (in forma puntuale e definita) il CUR a maggioranza, non larghissima come nella prima circostanza, ma a maggioranza significativa, alla fine ha preso atto e ha approvato le modalità di esame e le proposte derivanti dalla relazione presentata e dalle modifiche apportate dal CUR. ritenendo possibile e corretta l'approvazione ai sensi dei commi 12 e 13 e quindi ha rassegnato il parere applicando la procedura prevista dai due commi precedenti.
Aggiungo, infine, che la procedura è legata ai contenuti, perch chiaramente si sceglie la forma di procedura in relazione alle osservazioni e alle valutazioni che vengono fatte dal CUR. Devo dire che il CUR ha ritenuto coerente tale procedura con la sostanza dei contenuti della variante e delle modifiche proposte perché altrimenti non l'avrebbe adottata, ancorché su questo esistano dei margini di interpretazione e di valutazione che, al momento finale, dovrebbero essere valutati compiutamente dalla Giunta regionale prima di procedere all'approvazione o meno e con modifiche eventuali degli strumenti urbanistici esaminati, in precedenza, dal CUR ai fini dell'espressione del parere obbligatorio, non vincolante.
Nella sostanza l'attenzione si è accentrata più su alcune parti della variante 31 ter che riguardavano la trasformabilità d'uso con conseguenti interventi all'interno di aree agricole, per intenderci, l'area della collina per le quote superiori ai 400 metri e la possibilità di realizzazione di autorimesse private e pubbliche o private assoggettate ad uso pubblico e di box privati, la trasformabilità delle aree miste previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti nel Comune di Torino e in modo del tutto specifico e peculiare, gli interventi di riuso, di recupero edilizio e di sostituzione edilizia mentre, non riguardava affatto, salvo quanto previsto per la trasformabilità delle aree miste, gli interventi di nuova edificazione.
Nel merito, credo si possa dire che per quanto attiene alla corrispondenza o meno dei contenuti alle procedure adottate, dove si sono posti più problemi è nella valutazione degli interventi di riuso e di recupero edilizio.
Anche sul problema delle autorimesse private e pubbliche, delle modalità di realizzazione degli interventi assoggettati ad uso pubblico in questo ambito, ci sono state discussioni e votazioni difficili. Si sono però poste questioni procedurali più delicate per gli interventi di riuso e recupero edilizio.
Nella sostanza, al di là delle scelte di merito che, in fase di parere il CUR ha assunto, questi problemi stanno proprio dentro una specifica indicazione dei commi della procedura adottata, cioè quella combinata dei commi 11, 12 e 13, dato che esplicitamente si indica che questa procedura può essere utilizzata quando si tratti di valutazione e definizione di problemi in materia di beni storici, culturali ed ambientali. Quindi, il parere è discutibile nel merito - cosa che qui non voglio e non posso fare per i motivi che ho detto prima - e su di esso oggi si deve pronunciare l'Amministrazione comunale e poi la Giunta regionale in sede di approvazione, ma la procedura mi pare rientri perfettamente (non è un mio parere personale, ma del CUR) tra i casi indicati al comma 11 dell'art. 15.
Nelle interpellanze si adombra, ed a ciò ho già risposto con la nota pervenuta a tutti i Capigruppo, che il Presidente ha svolto un ruolo del tutto straordinario ed inusuale nel presiedere il CUR. Credo di dover fermamente smentire tali affermazioni. Il Presidente, come tutti i membri del CUR (può darsi che le opinioni non coincidano tra i colleghi che hanno partecipato parzialmente ai lavori), ha proposto questioni al Comitato, ha messo in votazione tutte le eccezioni di non procedibilità dell'esame e tutte le eccezioni sulle procedure che sono state presentate da membri del CUR. Tutte sono state respinte a larghissima maggioranza. Innanzitutto ha sottoposto alla valutazione (per più di 50 ore), senza strozzare affatto la discussione, le questioni preliminari e pregiudiziali sollevate, votate e respinte a larghissima maggioranza. Il Presidente, come gli altri membri del CUR. in alcuni casi, sui punti più controversi, assumendosi le responsabilità di membro del CUR ma anche di Presidente, ha poi formulato delle proposte. Credo quindi sia rimasto nell'ambito delle proprie competenze come quelle degli altri membri del CUR che hanno anch'essi presentato proposte di modifica.
Le votazioni sono state difficili in tre casi, e in ciascun caso il Presidente ha dovuto proporre delle soluzioni alle questioni che bloccavano la valutazione e la decisione del CUR. In un caso la proposta del Presidente è stata ritirata, su questione non secondaria, dopo che i relatori avevano insistito nella loro formulazione ancorché la proposta del Presidente fosse riassuntiva del parere di molti membri del comitato; ma essendo questione non centrale, la proposta è stata ritirata. Nel secondo caso la proposta del Presidente, nel momento più difficile dell'esame, è passata con una votazione (che ha sollevato viva preoccupazione) di 11 a 10. Nel terzo caso la proposta del Presidente è passata a larga maggioranza, ancorché sulla stessa si siano poi astenuti i relatori che peraltro, non si erano opposti alla votazione della proposta.
Ritengo, pur potendo aver sbagliato, di avere diretto con rigore i diversi momenti di esame di una pratica complessa, sulla quale si erano addensati, non dico pressioni, ma interessi di carattere politico che sono entrati anche all'interno del CUR. causando divisioni non facilmente componibili e valutazioni non semplici in ordine alle modifiche che potevano essere apportate. Ripeto, posso aver sbagliato, come i membri del CUR. Si doveva scegliere e decidere e oltre un certo limite non si doveva andare poiché avremmo creato una situazione di paralisi generale dell'Assessorato e del CUR. L'esame del CUR è durato due mesi e ciò non è mai successo nella vita della Regione. Dal 5 settembre al 24 ottobre le sedute sono state otto; il dibattito è durato più di 50 ore, le proposte erano di vario segno e in alcuni momenti erano proposte duramente contrapposte all'interno del CUR.
Credo di aver fatto il mio dovere nei momenti di difficoltà; non mi sono sostituito né al Comune né all'Assessore del Comune di Torino. Ho avanzato le proposte di competenza del CUR e, quando il CUR le ha accolte sono diventate espressione del parere del CUR stesso.
In alcuni casi ho ritirato le mie valutazioni, in altri, ho votato le proposte di modifica che altri membri del CUR hanno avanzato rispetto alla relazione.
Credo di essermi assunto le responsabilità che mi competevano e politicamente me ne assumo in questo momento tutta la responsabilità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, dalla comunicazione dell'Assessore è apparso chiaro ciò che peraltro era evidente, che il problema è procedurale, ma con ovvi ed evidenti riflessi sostanziali e politici.
L'Assessore ci ha ricordato che, dopo che la deliberazione di Piano regolatore o di sua variante perviene alla Giunta, si possono innestare quattro procedure che sono appunto quelle della rielaborazione totale e rielaborazione parziale, che hanno alla loro base proposte di modifica sostanziale, che quindi tornano al Comune che ha l'obbligo istituzionale di procedere alla ripubblicazione, alle osservazioni e al ritorno alla Giunta.
L'altra ipotesi, che accenniamo solo in via cronachistica, è quella delle modifiche formali che la Giunta provvede a inserire d'ufficio e ci sono le modifiche non sostanziali (il nodo è proprio questo) che prevedono il ritorno al Comune per una procedura abbreviata, abbreviata non solo nel tempo di assunzione della deliberazione, nei 30 giorni successivi e da far pervenire alla Giunta regionale entro i successivi 15, dopodich scatterebbero le modifiche d'ufficio senza la ripubblicazione e la possibilità di osservazione da parte degli interessati.
Nell'appunto che l'Assessore aveva lasciato ai Capigruppo e agli interpellanti e nell'odierna comunicazione ho colto una espressione ben precisa. Si è detto che il CUR con solerzia ha esaminato a fondo l'intera problematica, successivamente ha fatto una scelta e ha detto che delle quindici norme di cui si compone la variante ci sono quindici osservazioni da fare, quindi quelle norme vengono sensibilmente modificate. E' una scelta del CUR. quindi quasi obbligatoriamente rappresenta la trasmissione al Comune sul presupposto della scelta, non solo di apportare delle modifiche alle quindici norme della deliberazione comunale, ma anche di ritenerle pensiero del CUR; nell'autonomia del parere che deve dare è pienamente legittimo di ritenere le modifiche a ogni norma delle quindici norme contenute nella variante, non sostanziali, quindi con procedura abbreviata.
A me pare, quindi, che un primo errore sia stato commesso dalla Giunta ed è stato quello di non formulare un esame critico del parere del CUR. Nel parere del CUR si proponevano modifiche ritenute non sostanziali dallo stesso CUR e quindi automaticamente si torna al Comune con la procedura abbreviata. A mio avviso è mancato questo esame critico da parte della Giunta che poteva anche concludersi con il recepimento integrale di tutte le osservazioni del CUR. che poteva concludersi con un recepimento parziale, che poteva essere un esame approfondito in ordine alla natura rilevante e sostanziale (o non sostanziale) delle modifiche che si andavano a fare. E' noto che le conseguenze sono ben differenti nell'un caso e nell'altro.
E' questo il punto dell'intera vicenda. La Giunta, anziché essere essa a dominare la questione doveva fare un ragionamento: "approvo puramente e semplicemente, faccio mio il parere del CUR in blocco, lo faccio mio per ritengo le modifiche sostanziali, quindi si innesta nella procedura più garantista, lo faccio mio e ritengo le norme non sostanziali". Invece si dice che il CUR ha scelto e non c'era altro da fare. Il CUR ha ritenuto dopo di considerare le modifiche non sostanziali, quindi procedura abbreviata da parte del Comune. Mi pare che sia mancato il potere di dominare la situazione da parte della Giunta regionale e che il "Deus ex machina" dell'intera situazione sia stato il CUR.
La valutazione che faccio, senza entrare nel dettaglio anche perché non sono in grado, sotto il profilo tecnico, di effettuare un esame così approfondito, è che di fronte alla censura di tutte le quindici norme della variante e di fronte al dubbio che alcune fossero da ritenersi sostanziali la Giunta, impadronendosi della situazione, avrebbe dovuto suggerire al Comune la procedura più garantista e ritenere quindi le modifiche sostanziali. Mi pare di avere colto anche questa mattina qualche dubbio da parte dell'Assessore su particolari proposte di modifica per evitare l'innesto nei mesi o negli anni successivi di un contenzioso. E' chiaro che, se la procedura non è stata corretta, chi ne avrà interesse al momento opportuno potrà innestare un contenzioso. In altri termini, nel dubbio che alcune proposte di modifica fossero sostanziali bisognava ritenere tale l'intero pacchetto e su questo restituire al Comune con l'innesto conseguente della procedura più garantista.
A mio avviso questo è il nocciolo della questione, però penso che in questo momento è possibile recuperare la valutazione del parere del CUR che non è stata fatta in maniera critica da parte della Giunta. Ritengo che all'interno della procedura, sia corretto emanare una deliberazione di Giunta con la quale si precisa al Comune di Torino che le modifiche sono da ritenersi sostanziali, o almeno parte di esse, e che quindi si deve innestare la procedura più garantista della ripubblicazione e delle osservazioni degli interessati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, mi rendo perfettamente conto che non è il caso di proseguire un discorso di questo tipo oltre i limiti dovuti. Mi pare infatti che, nell'esposizione dell'Assessore Genovese, vi sia stato un passaggio sul quale, come già nella risposta scritta, si debba richiamare l'attenzione del Consiglio: risottolineare cioè non la discrezionalità, non il ruolo che la Giunta ha in tema di gestione dell'approvazione degli strumenti urbanistici, ma di verificare se il membro designato e delegato dalla Giunta a presiedere il CUR ha svolto un ruolo nell'ambito della discrezionalità che il contenuto della legge regionale n. 56 da in questa materia. E' vero, come l'Assessore Genovese ha ricordato, che l'evoluzione del comportamento dell'organo, da lui presieduto, lo pone di fronte a posizioni e richieste che non sono sempre univocamente interpretabili secondo le procedure che la legge prevede. Dobbiamo quindi dare atto all'Assessore dell'esigenza di collocarsi rispetto a queste involuzioni, se vogliamo, ma con quel tanto di capacità e di discrezionalità che deriva appunto, dal ruolo che la Giunta gli ha affidato nell'ambito delle competenze dell'esecutivo rispetto alla gestione dei contenuti legislativi.
Voglio fare una considerazione di carattere più generale. Mi attengo alla risposta che è contenuta nella dichiarazione scritta e prendo atto con piacere dell'applicazione rigorosa (con votazioni a volte sofferte dei commi 12 e 13) dell'art. 15 della legge regionale n. 56 e sono pago di questa risposta. Mi chiedo, però, se la pur non criticabile gestione di questa procedura non possa essere invocata come un precedente che, rispetto ad altre approvazioni, possa far testo. Ho questa preoccupazione e me ne faccio carico. Chiedo, quindi, che anche il CUR - e lei, Presidente se ne faccia carico come preoccupazione del Consiglio - abbia nei confronti della variegata realtà che deve gestire, in ordine ai rapporti con gli enti locali, un comportamento che, nei tempi e nei contenuti, sia tale da non sperequare la dimensione demografica e politica dell'ente locale rispetto ad una situazione che, nei confronti della legge regionale n. 56, è dialetticamente compressa nelle piccole realtà comunali.
Sottolineo, signor Assessore, che proprio queste piccole realtà comunali avrebbero bisogno - anche nei confronti dei grandi processi di trasformazione che esigono una gestione all'interno della legge - di un contributo costruttivo che, probabilmente, potrebbe già derivare dalla fase istruttoria. Sono convinto della possibilità di operare, nei raccordi con l'ente locale, un contributo costruttivo nella stessa fase istruttoria, ma questo contributo costruttivo si rivela tanto maggiormente necessario quando si tratta di sopperire non dico a carenze di ordine tecnico, ma ad incapacità di produrre con celerità, tempestività e coerenza rispetto agli istituti legislativi, i contenuti propri delle norme urbanistiche, vedasi in particolare quelle dei piani regolatori. Con la raccomandazione di volere attivare questo contributo costruttivo che in fondo è implicito nei contenuti dei commi 12 e 13, mi dichiaro soddisfatto della risposta datami dall'Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi, non altrettanto posso dire a nome del Gruppo comunista. Non siamo assolutamente soddisfatti della risposta dell'Assessore, anzi, siamo molto preoccupati. Le considerazioni che svolgerò spero convincano quest'aula che siamo in presenza di gravi ed esplicite illegittimità che, a nostro avviso, faranno sì che un provvedimento, sul quale abbiamo delle riserve critiche ed ampie, rischi di non diventare operante e che non venga attuato neppure da parte di coloro che ci credono. Il pentapartito di Torino l'ha approvato in prima stesura vedremo la Giunta regionale.
I problemi della variante 31 ter e della sua approvazione sono strettamente collegati a problemi di contenuto e di procedura. Non possiamo separare i contenuti di questa variante dalle procedure seguite, non possiamo farlo sin dall'inizio, e l'inizio è l'adozione da parte del Consiglio comunale di Torino di questa variante. Occorre un breve esame dei contenuti di quella variante, perché essa è stata adottata dal Comune di Torino, senza revocare la deliberazione programmatica adottata dal Consiglio comunale durante le Giunte delle amministrazioni di sinistra che quindi, rimane la guida generale, mai contraddetta della politica della città di Torino. Il Comune di Torino ha giustificato un'adozione, senza preliminare adozione di una nuova deliberazione programmatica, dicendo che le modifiche introdotte al Piano regolatore dalla variante 31 ter, erano delle modifiche non significative. Questa variante da noi molto criticata introduce variazioni e comportamenti nel regime urbanistico della città di Torino che non sono tipiche di una variante, che si riferisce ad una porzione del territorio comunale, mutandone le destinazioni e le previsioni. Questa variante, in modo indeterminato l'ha detto anche il CUR varia le regole del gioco, e le varia a tutto campo, su tutto il territorio comunale e per l'insieme degli interventi ammissibili. Quindi è una variante che già all'origine era di carattere sostanziale e richiedeva una deliberazione programmatica.
La variante corrisponde a bisogni? Risolve dei problemi? La scorsa volta si erano sentite affermazioni in base alle quali la variante 31 ter affronterebbe il problema dei parcheggi. Non si può affermare che il problema del parcheggio sarà risolto dalla variante 31 ter, perché tutti sanno che l'ubicazione dello stazionamento delle autovetture non è un problema che può essere affrontato unicamente in base alle convenienze che un certo proprietario, ha di investire il proprio denaro per costruire dei parcheggi. Il piano di stazionamento delle autovetture deve essere strettamente collegato a cosa si vuole fare in questa città, non può essere casuale. Bisogna attivare un sistema di trasporto pubblico che, attraverso un piano dei parcheggi, abbia una logica, mentre la variante 31 ter recita che si facciano i parcheggi ovunque. Questo non è il problema che i torinesi si aspettano di vedere risolto. Non sarà risolto. Bene che vada si faranno degli investimenti immobiliari che, anzi, aggraveranno la congestione del traffico. Perché se facciamo i parcheggi nei posti sbagliati, attorno a questi parcheggi ci sarà un incremento di traffico e questo incremento può avvenire là dove non è opportuno che avvenga. Questo è un elemento di assoluta evidenza.
La qualità urbana è influenzata in larga misura, ad esempio, dai servizi disponibili. Sappiamo che nella città di Torino una grossa leva per migliorare la qualità urbana e recuperare i servizi è data dalla miriade di localizzazioni industriali che potrebbero essere soggette ad una trasformazione. Per questo occorre un Piano regolatore che individui in quali zone queste trasformazioni devono avvenire con rilevante recupero dei servizi e in quali zone possono avvenire senza rilevante recupero dei servizi. Ci vuole un progetto politico che distingua le varie situazioni.
Invece la variante 31 ter dice che in tutte le aree in cui ci sono industrie, site in zone con presenza di residenza, possono essere trasformate. Senza distinguere tra area e area. La quantità di trasformazione è di 700 mila mq nella città di Torino e questo rappresenta un altro elemento sostanziale.
Sulla collina cosa dice la variante 31 ter? Dice che oltre i 400 mt dove l'agricoltura non esiste più e ci sono invece problemi di recupero del bosco e di carattere ambientale, si potranno costruire 260 mila mq per eventuali attività agricole, peraltro inesistenti. Attività agricole che nessuna deliberazione programmatica indica come momento di sviluppo per il futuro di Torino.
Questa variante è nata male, è nata con una illegittimità all'inizio ma il pentapartito ci crede; ci credono anche gli amici della betoniera cioè coloro che sono contenti quando le betoniere girano, quelli che pensano che il futuro di Torino stia in una nuova cementificazione di questa città! Questa città è già troppo cementificata. Siamo in presenza di centinaia di migliaia di metri quadrati già cementati che nessuno sa come usare. Mi chiedo veramente se in futuro Torino debba fare leva sul cemento e non sulla qualità ambientale.
La tesi che voglio sostenere è che, anche per chi crede a questo tipo di avvenire per la città di Torino, le procedure che state seguendo porteranno a nulla. Forse c'è l'"ombra" disordinata e pasticciona del pentapartito al Comune di Torino che ha "infilato" una serie di errori, di superficialità di atti sottoposti al ridicolo di tutta la città. Mi sembra che l'ombra sia l'unico elemento di connessione che sinora ho visto tra l'attività della Giunta comunale e l'attività della Giunta regionale notoriamente ed esplicitamente poco permeabili. Le due Giunte non colloquiano su nulla; l'unico elemento su cui hanno iniziato a colloquiare è l'approvazione della variante 31 ter. Mi sembra che la Giunta regionale stia seguendo molto bene l'esempio dei colleghi comunali di Torino e si sia introdotta su una strada che farà sì che fra qualche tempo neppure la variante 31 ter, da taluni tanto amata, potrà vedere la luce. Vi è una prima gravissima, esplicita illegittimità. L'Assessore Genovese ha detto che il CUR (il CUR non dice, ma esprime pareri) si assume la propria responsabilità. Il CUR può dire ciò che vuole, ma è la Giunta che decide sulla base del parere espresso dal CUR. Il CUR ha quindi espresso pareri che possono essere giusti, fondati e competenti. Anche scelta la procedura di affermare che le modifiche introdotte alla variante 31 ter sono modifiche marginali, ammesso che questo sia e non è, il compito di proporre le modifiche al Comune di Torino deve essere assegnato al soggetto competente per colloquiare con l'esterno da parte dell'Ente Regione. I soggetti competenti che possono esternare atti amministrativi sono: la Giunta, il Consiglio regionale e il Presidente della Giunta. L'Assessore non può esternare nulla. Tant'è che la legge regionale n. 56, in tutti gli articoli in cui si parla di approvazione di strumenti urbanistici, afferma che è la Giunta che colloquia con i Comuni, Comune di Torino compreso. Ci vuole quindi una deliberazione di Giunta per esternare proposte di modifica, sentito il CUR. Questa è la procedura che bisogna seguire, invece non è stato così perché la procedura seguita è quella in base alla quale solo la Giunta può esternare questa decisione. Mi risulta, invece, che questa decisione non è stata esternata e, attraverso una lettera l'Assessore Genovese ha proposto al Sindaco di Torino le modifiche proposte dal CUR.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Non ho proposto, ho trasmesso.



CHIEZZI Giuseppe

Ha trasmesso, seguendo le procedure descritte ai commi 12 e 13, le modifiche, sentito il CUR. sulle quali il Comune di Torino dovrebbe controdedurre entro 30 giorni. In caso contrario la Giunta delibererà quelle modifiche. Questa lettera la definisco di "cortesia" perché non ha alcun valore giuridico! Questo deve essere chiaro a tutti! E' una lettera di cortesia scritta dall'Assessore Genovese al Sindaco di Torino.
Mi chiedo se le intenzioni dell'Assessore...



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Ho fatto una trasmissione degli atti ufficiali al Sindaco di Torino.



CHIEZZI Giuseppe

La trasmissione ufficiale spetta alla Giunta mediante una deliberazione.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Ciò non è mai avvenuto.



CHIEZZI Giuseppe

Non sono certo che questo non sia mai avvenuto, caro Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Ho fatto una trasmissione ufficiale, seguita da una lettera personale al Sindaco di Torino. La lettera l'ho inviata per motivi politici, in qualità di Assessore. Ho fatto una lettera di cui certamente sono responsabile. Ma la trasmissione ufficiale è un'altra cosa.



CHIEZZI Giuseppe

La trasmissione ufficiale non è compito di un Assessore, ma della Giunta mediante lo strumento con il quale la Giunta stessa esterna le proprie decisioni cioè le deliberazioni. Se non c'è la deliberazione non si trasmette nulla. Si trasmette per conoscenza, per opportuna conoscenza, ma non si trasmette un atto amministrativo. Siete quindi nella più completa e chiara illegittimità. La Regione non ha attivato il procedimento di trasmissione delle modifiche proposte al Comune. Non è stato attivato. I 30 giorni non sono ancora iniziati per colpa vostra! Noi potremmo anche essere felici, ma se non iniziate la trasmissione, noi, sulla variante daremo un giudizio negativo. Noi non ci stiamo al "tanto peggio, tanto meglio!", perché non condividiamo quella variante, ma ci sentiamo in dovere di dire a tutti: "state attenti perché neppure la variante in cui credete in realtà procede perché avete attivato una procedura di approvazione in modo esplicitamente illegittimo. State attenti che prenderete una nuova nasata e neppure questa variante potrete approvarla come atto amministrativo".
Su questo penso che non ci siano dubbi. Quindi nessuna salvaguardia è in atto a Torino e se l'Amministrazione comunale mettesse in salvaguardia sulla base di una trasmissione fatta in questo modo, un progetto edilizio voglio proprio vedere le conseguenze di un ricorso con la richiesta dei danni. La procedura scelta non è un atto amministrativo, il Comune di Torino non può effettuare nessuna salvaguardia e i 30 giorni non sono scattati. Vi invito - pur non condividendo la variante 31 ter - a seguire la procedura corretta: la Giunta deve deliberare.
Questa è la prima illegittimità, evidente ed incontestabile. Ve n'è però una seconda. In realtà le modifiche proposte al Comune di Torino sono modifiche assolutamente sostanziali e quindi la procedura, trasmessa in modo illegittimo, non può essere trasmessa nemmeno dalla Giunta regionale.
Perché? Perché la Giunta regionale non può sostituirsi al Comune di Torino.
La Giunta regionale non può riscrivere uno strumento urbanistico, sentito il CUR. non lo può fare il CUR. non lo può fare nemmeno la Giunta; ci sono sentenze - gli avvocati ne sanno più di me - che sono costanti nelle quali si legge che non è ammissibile introdurre sensibili variazioni negli strumenti urbanistici e che va garantita l'autonomia decisionale dei Comuni e tutelati e garantiti gli interessi urbanistici di ciascun Comune. Questo è una decisione che non può prendere nemmeno la Giunta della Regione Piemonte nei confronti del Comune di Torino.
Ora, la riscrittura della variante 31 ter è un altro elemento esplicito ed evidente. Si può benissimo riscrivere la variante 31 ter, infatti il CUR ha espresso parere favorevole a un suo rifacimento completo. La Giunta prenda quindi atto di questo parere e dica al Comune di Torino che il CUR ha esaminato la variante e l'ha riscritta. La Giunta ritiene di condividere, in una prima fase, questo tipo di riscrittura? Inviti il Comune di Torino a riscriverla, ad adottarla nuovamente in Consiglio comunale e a pubblicarla, quest'ultimo è un altro elemento di sostanza.
Sono state riscritte le regole del gioco, i cittadini devono essere garantiti nei loro diritti, perché ci sono cittadini che, dalle varianti introdotte dal CUR. avranno dei vincoli nuovi di cui non erano a conoscenza. Bisogna che questi cittadini siano tutelati e garantiti. La procedura prescelta invece costituisce un esproprio delle funzioni del Comune di Torino e non consente ai cittadini di esprimersi.
Perché succede tutto questo? Perché il pentapartito di Torino preme; si è agitato moltissimo; ha impedito, a mio parere, un lavoro serio su una materia difficile; ha imposto la fretta nell'esame, perché il Comune di Torino è in ritardo su tutto, non fa nemmeno le cose che dice di voler fare, l'ultima vicenda del metrò è classica. Ora è in piena crisi, tra l'altro non si capisce bene come verranno gestiti da questa Giunta i 30 giorni, anche dal punto di vista della crisi del Comune di Torino.
Ora, la procedura è illegittima; la Giunta, comunque, non può seguire tale procedura perché ha variato e riscritto la variante 31 ter. Il metodo di gestione del CUR - non ho mai osservato il lavoro del CUR prima, quindi non ho la memoria storica di cosa succeda in questa materia è assolutamente improprio.
Cinquanta ore di discussione per dare un parere di consulenza? Ma dove siamo! I numeri che vi ha dato l'Assessore Genovese indicano con chiarezza che la variante è stata proprio riscritta, che si è entrato nel merito, che ci si è sostituiti a una decisione politica. Penso che chi ha assistito alle discussioni del CUR condivida questa mia opinione: abbiamo sentito molte discussioni con contenuti ad alta densità politica più che con contenuti ad alta valenza tecnica.
Nel CUR - questa è una mia valutazione - si sono effettuate e sancite delle mediazioni di carattere politico. Ora, questo può anche succedere purché non sia cogente nei confronti del Comune. Può anche succedere che al CUR si parli di politica. Bene, parlino pure di politica, ma le conseguenze di quelle discussioni e le conseguenze di proposte di modifiche devono avere la responsabilità delle amministrazioni pubbliche. Abbiamo parlato di autonomia dei Comuni in una legge discussa poche settimane fa: quelli che alzavano la bandiera dell'autonomia, insieme a noi, dove sono? Dov'è l'autonomia del Comune di Torino? Adesso il Presidente del CUR con la metà del CUR devono stare attenti su certe questioni importanti perché le votazioni hanno spaccato il CUR a metà, sono state cioè riscritte le norme del futuro di Torino. Questo è illegittimo e inammissibile.
Pensate alla prima illegittimità relativa alla sostanzialità della variante 31 ter. I due relatori, nominati dall'Assessore Genovese, si sono presentati al CUR con dichiarazioni di questo genere: "la variante 31 ter ha peso rilevante, ma non sostanziale" (ci sono i nastri registrati, spero che questi rimangano a conferma di quello che affermo, che non vengano cancellati, che vengano archiviati sempre).



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Questo non lo dovevi dire, perché è chiaro che si conservano i nastri! Ma che ragionamento è questo?



CHIEZZI Giuseppe

Intendevo dire che si conservino storicamente, perché in tanti enti dopo un certo periodo di tempo, i nastri vengono cancellati, perché ci sono i verbali. Lo dico solo nel sistema di archiviazione, non con secondi fini.
Comunque, i due relatori si sono presentati al CUR dicendo che questa variante aveva "peso rilevante ma non sostanziale" e che può diventare tale se non si tolgono gli elementi di indeterminatezza. In pratica, i relatori hanno detto che la variante è rilevante, ma non sostanziale e che potrebbe essere sostanziale se non si togliessero delle parti. Queste però saranno tolte e quindi la variante 31 ter non sarà più sostanziale. Peccato che la variante sia stata adottata dal Comune di Torino, così come è arrivata al CUR e non così come uscirà dal CUR.
Devo dire che la relazione di ingresso della variante 31 ter da parte dei relatori era una buona relazione. Questo l'ho detto appena sentita la relazione senza averla nemmeno esaminata. Mi sono complimentato in sede del CUR per l'ottimo lavoro di carattere tecnico e professionale svolto dai due funzionari che hanno anche risposto adeguatamente al Comune di Torino che era presente.
I due funzionari della Regione hanno fatto un ottimo lavoro iniziale.
Quando però la strada si è fatta in salita - e saliva perché c'erano passaggi difficili - il loro lavoro è stato sforbiciato da qualche cosa.
Forse da interessi politici rilevanti, dice l'Assessore Genovese, o da pressioni, posso dire io. E' la stessa cosa, non cambia niente. I due funzionari hanno conservato, durante tutta la vicenda, un comportamento apprezzabile che voglio rimarcare in quest'aula. E' di moda parlare male dell'ente pubblico, delle poche competenze, della scarsa professionalità.
Questo è un esempio in cui ho verificato alta competenza e - cosa che non guasta - grande dignità da parte dei funzionari pubblici; dignità che ha fatto sì che la variante 31 ter, così com'è stata modificata, non è stata votata dai due funzionari relatori. I due relatori, che conoscono meglio lo strumento esaminato, non hanno votato questa variante, ma si sono astenuti a motivo dello stravolgimento, avvenuto dalla loro proposta.
Le modifiche introdotte dal CUR sono sostanziali? Lascio a voi il giudizio facendo qualche esempio. Problema delle autorimesse. Sappiamo tutti che il problema delle autorimesse è un problema di investimento e di remunerazione dell'investimento. Allora, fissare la griglia di riferimento e la possibilità o meno di acquisire, ad esempio, le rendite, è una decisione politica che farà in modo che le autorimesse possano o non possano essere costruite, soprattutto le autorimesse private i quali capitali devono essere remunerati. Il Comune di Torino sostiene che le autorimesse possono essere costruite dai privati, punto e basta! Il CUR nel parere espresso e trasmesso al Comune dice: "No. Questi interventi devono essere assoggettati ad una convenzione che preveda l'uso pubblico delle autorimesse". Questo è legittimo. Posso anche condividerlo di più della dizione precedente, ma questa è una modifica sostanziale.
Spetta al Comune di Torino decidere, non può agire nemmeno la Giunta regionale, perché la politica urbanistica di un Comune è di responsabilità propria.
Altro esempio, in collina il CUR ha deciso che i cambi di destinazione d'uso in funzione di interventi di risanamento e di ristrutturazione devono essere solo di un certo tipo. Questo il CUR può suggerirlo, può proporlo.
La Giunta regionale lo può proporre, ma è una modifica sostanziale perch anche qui gli interventi possono o non possono essere attivati in funzione di una destinazione finale che la Giunta regionale non può imporre ad un Comune, per non parlare delle zone miste, zone in cui ci sono industrie mal collocate, che vogliono spostarsi o trasformarsi.
Eco che cosa ha previsto il CUR e cosa è obbligato a fare, magari senza discutere, il Consiglio comunale di Torino, leggo testualmente: "l'attivazione delle iniziative di trasformazione delle aree miste operate dai soggetti privati è verificata dal Consiglio comunale in sede di esame del relativo strumento urbanistico anche sulla base dei documenti esistenti". A mio parere, l'introduzione di un obbligo del Consiglio comunale a fare una certa cosa, è una questione di carattere sostanziale che non può essere imposta con una procedura che può prevedere la tacita modifica e quindi l'imposizione di questa modificazione.
Altro elemento sostanziale è quello relativo alle operazioni di ristrutturazione nel centro. Anche in questo caso si dice: "l'amministrazione comunale procederà...". Ma come procederà? L'amministratore comunale decide o non decide di procedere. Non si pu redigere un Piano regolatore con un atto burocratico d'ufficio quasi ci fosse ancora il Prefetto. Si è scritto: "l'Amministrazione comunale procederà con specifico atto deliberativo, sulla base di studi specialistici predisposti al riconoscimento anche per porzione del territorio comunale degli edifici di interesse storico ed artistico". A me va benissimo che l'Amministrazione comunale di Torino decida di fare questo, ma deve deciderlo l'Amministrazione comunale di Torino. Non pu essere imposto d'ufficio.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

E' una norma. Non è una lettera!



CHIEZZI Giuseppe

Non può essere imposto d'ufficio, il problema è che la procedura che avete prescelto, pressati dal pentapartito inconcludente del Comune di Torino, è una procedura in base alla quale se il pentapartito entro 30 giorni non risponde, queste modifiche sono introdotte d'ufficio. Questo, a mio parere, è illegittimo e politicamente sbagliato. Allora, non si pu celare il fatto che la procedura prescelta può consentire l'introduzione automatica di queste varianti da parte della Giunta regionale. Il fatto che questo sia consentito impone innanzitutto l'approvazione dei nuovi contenuti da parte dell'Assessore Genovese e della Giunta. Non si può dire: "non mi pronuncio perché il Comune mi deve rispondere" se ho scelto una procedura in base alla quale, se il Comune non risponde, inserisco d'ufficio i nuovi contenuti. Le scelte sono state fatte e quindi il giudizio deve essere dato adesso, perché è adesso che si è scelta questa procedura. Quindi è assolutamente inaccettabile applicare i commi 12 e 13.
E' illegittimo e politicamente inaccettabile. Il parere lo manda chi non può; i termini non sono scattati; la Giunta non ha deliberato; la Giunta comunque, non può imporre tali modifiche al Comune di Torino, ma deve scegliere una procedura democratica. Infine, tutto ciò avviene in una situazione in cui difficilmente il Comune di Torino riuscirà a lavorare a questo tema e a deliberare in questo periodo. Penso proprio che tutto questo sia troppo.
Ecco cosa chiede il Gruppo PCI: 1) se la Giunta lo desidera, se ne è convinta, deliberi ed attivi la procedura della variante 31 ter, anche se a noi quella variante così com'è non va bene, ma ci facciamo carico di un ruolo serio delle istituzioni perché non vogliamo che le istituzioni facciano brutta figura anche su provvedimenti che non condividiamo. Se volete la variante 31 ter, siate almeno in grado di seguire una procedura che la faccia approvare. Noi l'abbiamo criticata, ma agite almeno decorosamente e fate svolgere all'istituzione un ruolo corretto 2) il CUR va riformato. Il CUR non è il luogo delle mediazioni politiche, non è il simulacro di un Consiglio comunale. I membri del CUR non sono simulacri di Assessori. Non è il teatrino della politica. Il CUR è il luogo in cui si può ottenere un'alta consulenza. Andate ad assistere alle riunioni del CUR. fatevi dare i nastri della 31 ter, in cui si assiste a discussioni tra "finti Assessori" che scrivono le norme. Molti di noi hanno provato a fare questo in maggioranza, si sa cosa succede quando si scrivono le norme di un PRG: sono mediazioni politiche continue. Questo è quello che ha fatto il CUR e che io considero improprio. Ritengo quindi che il CUR vada modificato.
Ci sono due leggi: una del Gruppo socialista, una nostra e non so se ne sono arrivate altre. Il CUR non può più rimanere un centro di decisioni politiche assolutamente improprio.



(L'Assessore Genovese abbandona l'aula)



PRESIDENTE

L'Assessore Genovese è uscito dall'aula perché si è ritenuto particolarmente colpito da alcune frasi dette dal Consigliere Chiezzi che probabilmente, non avevano lo scopo di offendere alcuno.
Ha la parola il Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi, è un po' imbarazzante intervenire senza la presenza dell'Assessore Genovese e forse un invito a rientrare sarebbe opportuno.



PRESIDENTE

In aula si deve adoperare un linguaggio non mediato o con sfumature che possono essere di carattere offensivo. Questo è il primo dato di un Parlamento.
Nel merito, però, l'Assessore risponde sulle questioni che sono state poste. Quando si parla di legittimità di una normativa oppure di un comportamento, lo si deve anche provare e l'Assessore potrà eccepire nella sua risposta che le questioni che sono state poste sono vere o meno. Il Presidente del Consiglio può discettare se una lettera dell'Assessore ha validità o meno. Ognuno risponde politicamente delle proprie affermazioni.



CHIEZZI Giuseppe

Posso fare una precisazione?



PRESIDENTE

Certamente.



CHIEZZI Giuseppe

I colleghi mi dicono che è stata interpretata una frase in modo sbagliato. Ho detto che il CUR non è un simulacro di Consiglio comunale e non riferendomi all'Assessore Genovese, mi sembrava che i membri esterni del CUR facessero il mestiere degli Assessori, anzi, "finti Assessori" mentre i membri del CUR devono fornire un'alta consulenza tecnica. Dato allora che la mediazione era politica, mi pareva che i membri del CUR fossero dei finti Assessori, ma non sono Assessori bensì ingegneri e architetti. Non ho detto che l'Assessore Genovese è un "finto" Assessore.
Con tutte le lodi che ho sempre fatto dell'Assessore, quasi ogni volta che chiedo la parola, non me lo sognavo neppure!



(Proteste da parte del Consigliere Carletto)



CHIEZZI Giuseppe

I membri del CUR non devono fare i finti Assessori.
Signor Presidente, richiami all'ordine il Consigliere Carletto che mi sta disturbando e adesso mi ha anche minacciato. Anche se è il Capogruppo della DC deve stare al suo posto.



CARLETTO Mario

Non è la prima volta. Devi piantarla.



CHIEZZI Giuseppe

Più me lo dici, meno succederà. Stai tranquillo.



CARLETTO Mario

Eri in Comune e sei venuto qui...



CHIEZZI Giuseppe

Se ti do fastidio, fai delle battaglie politiche.
Signor Presidente, tornando all'Assessore Genovese, ribadisco che non ho dato alcun giudizio sulla sua persona e questo lo si può ricavare facilmente dai verbali.



PRESIDENTE

Pregherei l'Assessore Genovese di rientrare in aula dal momento che è stato chiarito l'episodio.
Vorrei ancora osservare che le espressioni dovrebbero essere sempre chiare in modo da non generare equivoche interpretazioni. Invito pertanto nuovamente l'Assessore a rientrare e a prendere posto in aula.



PEZZANA Angelo

Anche perché potrei ritenermi offeso io dalla mancata presenza dell'Assessore.



PRESIDENTE

Questo no, perché l'episodio riguarda motivi di interpretazione di norme di legge che ognuno porta in sé.



(L'Assessore Genovese rientra in aula)



PRESIDENTE

Ringrazio l'Assessore Genovese per essere rientrato e faccio presente che il Consigliere Chiezzi ha chiarito l'equivoco precisando che le sue osservazioni non si riferivano all'Assessore regionale, bensì ad altre persone, anzi, nei confronti dell'Assessore ha sempre espresso lodi.
Pertanto il Consigliere Pezzana può proseguire il suo intervento.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, Assessore e colleghi, ascoltando l'intervento del Consigliere Chiezzi mi è venuto in mente uno slogan che il Partito comunista usava anni fa: "Siamo un Partito che viene da lontano". Ho capito che, almeno una parte di questo slogan, era vera perché l'intervento di Chiezzi mi ha ricordato, in maniera lampante, il trasformismo di una sinistra storica che ha puntuale verifica in questo Consiglio regionale.
Il collega Chiezzi in una lettera inviata al Presidente Viglione in data 24/10/1988 - certo non privata perché mi è arrivata in fotocopia fa alcune considerazioni sul lavoro del CUR e, al secondo capoverso, dice: "A mio avviso la procedura seguita ha portato il CUR ad assumere un ruolo improprio. Da organismo che 'esprime pareri' sulle politiche urbanistiche dei Comuni ad organismo che 'sceglie' le politiche urbanistiche dei Comuni". Concordo con quanto sostiene il collega Chiezzi, però mi chiedo se sono ancora valide le filosofie sostenute dalla legge regionale n. 56. Se quelle filosofie sono ancora valide - mi pare di ritenere che lo siano almeno per il Gruppo comunista - il trasformismo lo vediamo nell'interpellanza urgentissima presentata dal Partito comunista, primo firmatario il Consigliere Chiezzi, dove, dopo i vari "preso atto" "rilevato" e così via, interpella il Presidente della Giunta regionale e l'Assessore "per conoscere quali valutazioni si esprimano sulla variante 31 ter adottata dal Comune di Torino, alla luce delle prescrizioni della legge regionale n. 56 e delle linee di programmazione e pianificazione della Regione Piemonte".
Ciò che viene espresso in quella lettera trova in realtà spiegazione nell'interpellanza presentata dal Gruppo comunista. Mi chiedo se - l'ha espresso molte volte il collega Chiezzi in quest'aula - si tratta di una politica punitiva che il Partito comunista ha attuato già varando la legge regionale n. 56, che faceva dire al non rimpianto Consigliere Astengo che i parcheggi sotto piazza Solferino erano una rendita parassitaria, che non andavano fatti perché valorizzavano gli edifici circostanti. Un amministratore serio, che avesse a cuore gli interessi dei cittadini dovrebbe ragionare in modo completamente opposto. Cerchiamo più occasioni possibili per valorizzare con proposte di modifica il valore di edifici di piazze, della città intera. Invece l'ottica che ha sempre guidato le Giunte di sinistra (e il Partito comunista l'ha sempre dominata quasi integralmente) era di carattere punitivo e lo si verifica appunto nell'interpellanza che il Partito comunista ha presentato.
Mi sembra trasformistico il fatto che il collega Chiezzi oggi attacchi l'Assessore Genovese su un improprio uso, una posizione sbagliata, una preponderanza del CUR quando questo comitato non è altro che l'eredità della politica regionale nei confronti dell'urbanistica che oggi ci troviamo a valutare.
La variante 31 ter ha rappresentato l'unico segnale di una cultura laico-liberale e liberal-socialista, in senso liberal-americana, in attesa di un Piano regolatore, che non sappiamo ancora quando arriverà, forse nel 2000 o nel 2020, ed è l'unica possibilità che permetterà alla città di Torino di uscire dall'immobilismo che la legge regionale n. 56 aveva creato in questa Regione.
Farò alcune considerazioni di tipo teorico, vorrei però soffermarmi brevemente, in base al documento che il CUR ci ha inviato, su alcuni aspetti.
Art. 1 - Al punto 2 della variante si dice che "la struttura degli edifici del centro antico all'interno della zona centrale aulica, gli interventi di cui al precedente comma sono consentiti unicamente nel sottosuolo e all'interno del corpo dell'edificio". Sappiamo che la struttura degli edifici nel centro storico è tale per cui l'unico intervento è relativo ai garage che potranno essere costruiti soltanto nei cortili. Tale norma impedirà che questo avvenga, quindi bastava si dicesse "non vogliamo i garage nei cortili". Per quei cortili che, da un punto di vista architettonico presentino valori estetici ed artistici da salvaguardare, è chiaro che il permesso dovrà essere dato solo dopo una valutazione chiara e precisa.
Art. 3 - Impianti sportivi. Nella variante 31 ter era previsto un parziale uso pubblico; il parere del CUR dice invece che devono essere assoggettati all'uso pubblico. Ciò significa che l'iniziativa privata che dovrebbe costruire gli impianti sportivi deve investire i propri capitali per darne poi l'assoggettazione all'ente pubblico. Questa è una norma che un marxista legato ad un'economia di tipo vetero non potrebbe mai sostenere perch nessun capitale privato andrà mai ad essere investito quando gli interessi dovranno essere devoluti all'ente pubblico. Peggio ancora qui perché si arriva ad arricchire il demanio comunale proprio in un momento in cui le menti più aperte, quelle che vogliono non più l'immobilizzo, ma il cambiamento, sostengono che il pubblico deve liberarsi dai pesi che non sa gestire. Se avessimo di fronte una realtà pubblica dove i patrimoni del demanio sono gestiti in maniera proficua, redditizia, utile (anche non redditizia, ma alla pari o con dei debiti e servissero realmente) nessuno farebbe questo discorso. Si fanno queste affermazioni quando vediamo che il patrimonio pubblico è in rovina. Con questo parere il CUR impedisce che vengano creati degli impianti privati perché tutto deve essere demandato al demanio.
Art. 7 - Pensavamo che la variante 31 ter stabilisse che la sostituzione edilizia fosse l'unico strumento per risanare il centro storico, invece secondo il parere del CUR questo rispetto rigido e totale della volumetria preesistente, per quanto riguarda i possibili interventi di ristrutturazione, di riedificazione del centro storico, è totale. Il volume deve essere rispettato in maniera integrale. Da un punto di vista ambientale l'idea di un palazzo più alto e più stretto potrebbe aprire spazi, ad esempio, al verde pubblico e darebbe così la possibilità di ricreare dei cortili ad uso pubblico, come si è fatto in tutte le capitali europee. Mentre invece si fissa in termini drastici la non possibilità di modifica della volumetria.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Sono fissati da tutti gli strumenti in vigore del Comune di Torino.
Questa è una variante normativa.



PEZZANA Angelo

Sono sempre dell'opinione che il CUR esprime pareri. Il parere del CUR è del rispetto rigido della volumetria preesistente. Credo invece che, per ridare fiato ai Comuni, questo rispetto rigido dovrebbe essere non solo meno rigido, ma dovrebbe scomparire totalmente e si dovrebbero valutare, in accordo con gli enti preposti, tutte le modifiche per cambiare quello che non funziona. Quindi, anche da un punto di vista ambientale credo che questa posizione sia sbagliata.
Ritengo che i pareri espressi dal CUR di fatto moltiplicano i blocchi burocratici e quindi impediranno ogni intervento nel centro storico anche perché qualunque intervento urbanistico è assoggettato alla legge regionale n. 56 che ha dimostrato in tutti questi anni di essere non solo inapplicabile, ma di volere in realtà la paralisi di qualsiasi forma di cambiamento. Per esempio, il subordinare gli interventi di ristrutturazione edilizia del centro storico di edifici non di interesse artistico culturale, ambientale e storico, quindi al parere della Sovrintendenza tout court significa paralizzare qualunque possibilità di cambiamento e significa impedire di demolire edifici fatiscenti, di nessun interesse storico, in nome di una filosofia che secondo me oggi dovrebbe essere espressa da questa Giunta in maniera completamente diversa. L'aver introdotto con il parere del CUR questi lacci e lacciuoli, queste procedure burocratiche assurde, che sono state alla base della filosofia dell'immobilismo, mi fa pensare che l'Assessore sia ancora prigioniero di una filosofia che il CUR. nella sua maggioranza, ha espresso e che dovrebbe invece essere diversa secondo l'orientamento della Giunta attuale, non orientata e influenzata dalla legge regionale n. 56, che è la base di tutti gli immobilismi urbanistici.
Il Consigliere Chiezzi ha un bel da dire tutto quello che non funziona in realtà, questa è semplicemente l'eredità di una perversa impostazione filosofica della città, dei cittadini e del modo di vivere. Queste cose le abbiamo dette tante volte, ma credo sia utile ripeterle. La gente che vive in una città male organizzata, individua soltanto a posteriori i responsabili e la dimostrazione l'abbiamo avuta nelle consultazioni elettorali.
Con la seconda domanda dell'interrogazione presentata questa mattina chiedevo all'Assessore se non dovesse ritenere di procedere con la massima urgenza ad una nuova composizione del CUR. Mi chiedo come nel CUR non debbano essere presenti professionisti, persone slegate da tessere di partito e da interessi partitocratrici. La lottizzazione dei partiti non è una cosa strana che si è inventato qualcuno e gli organismi regionali comunque gli organismi pubblici sono il riflesso di quella che è stata una lunga dominazione totalizzante di questa filosofia imposta. Mi chiedo come non debbano essere presenti gli artefici reali di quello che sarà il cambiamento urbanistico di questa città, posto che un Piano regolatore si riesca ad ottenerlo prima che arrivino i nostri nipoti o bisnipoti. Lo scopo della variante 31 ter è proprio questo, senza nessuna speculazione selvaggia, frase che bisognerebbe avere vergogna a pronunciare dopo un decennio di immobilismo totale.
Chiedo al Presidente di valutare se questi pareri debbano rappresentare un peso o possano e debbano essere oggetto di una lunga requisitoria, come ha detto il collega Chiezzi, in ritardo almeno di cinque o sei anni. Doveva dire le stesse parole che ha detto oggi qui o al Comune di Torino, quando era in amministrazione comunista. Perché quanto ha detto si riferisce a quanto voleva creare il suo partito a Torino.
Mi chiedo se l'Assessore terrà conto di queste critiche ed osservazioni e procederà al più presto a trasformare un organismo burocratico di funzionariato, con tessera di partito, che obbedisce a filosofie e a leggi che, secondo me, non dovrebbero fare più parte di questa amministrazione in un vero e proprio organismo (il CUR è uno, però ce ne sono molti altri) formato da professionisti che abbiano a cuore gli interessi della città e non soltanto gli interessi di bottega del proprio partito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Presidente del Consiglio, Giunta, Assessori e Consiglieri, come ha detto nella sua comunicazione l'Assessore Genovese, la mia interrogazione poneva anche problemi di contenuto e non soltanto relativi alle procedure.
Del resto gli interventi precedenti riguardavano i contenuti e non le procedure. A me dispiace che l'Assessore abbia rinviato il discorso sui contenuti che costituisce, a mio avviso, l'aspetto principale sul quale dovremmo soffermarci. Ciò implica da un lato la filosofia e l'approccio culturale ai problemi urbanistici che caratterizzano la variante 31 ter così come è stata varata e adottata dal Comune di Torino, e dall'altro quale filosofia e visione rappresenti la gestione specifica di questo problema da parte del CUR. organismo tecnico che dà pareri, quale interpretazione e cultura, rispetto a un intervento urbanistico di questa portata a Torino, il CUR e il suo Presidente abbiano voluto rappresentare quale visione hanno questi soggetti di Torino e del suo futuro per quanto riguarda il Piano regolatore, uno degli strumenti che tutti sappiamo essere decisivo.
Come prima cosa mi chiedo quando potremo seriamente, qualcuno potrà anche dire che non ci compete perché non siamo il Consiglio comunale di Torino, discutere i contenuti della variante 31 ter, le sue diverse redazioni e correzioni.
L'Assessore ha rinviato questa discussione con una frase significativa cioè che il CUR ha ritenuto la procedura adottata coerente con i contenuti e ha aggiunto che la procedura è legata ai contenuti. Su questo punto ci sono già diversificazioni secondo il mio modo di vedere, anche se non ritengo necessario dilungarmi nell'esame. Questa variante rappresenta un intervento sostanziale e quindi avrebbe dovuto avere altre procedure già da parte del Consiglio comunale di Torino. Non potevano essere applicati, così come invece è avvenuto all'interno del CUR. i commi 12 e 13 della legge regionale n. 56. Infatti questa variante necessita di altre procedure e questo aspetto avrebbe dovuto essere rimarcato dal CUR o meglio dalla Regione, per non sottrarre al controllo sociale dei cittadini e delle forze organizzate a vario titolo il loro diritto di esprimersi in una democrazia come l'attuale, in merito alla definizione attuale della variante 31 ter, una volta che venissero accettate le indicazioni del CUR.
Ritengo quindi che, non tanto nelle procedure quanto nella sostanza sia stato eluso uno degli aspetti principali della nostra legislazione urbanistica (non dico solo della legge regionale n. 56, almeno a partire dalle norme statali dal '42 in avanti), cioè quello di non sottrarre ai cittadini la possibilità di intervenire e decidere, all'interno di determinate procedure, in merito a quello che è il futuro dell'assetto urbanistico della propria città.
Rimane quindi chiaro il mio dissenso. Mi auguro, anche se è difficile prevederlo e sperarlo, che il Comune proceda, nella propria autonomia, ad una ripubblicazione degli atti e riapra tutta questa procedura.
Sottolineo però che avrebbe dovuto essere la Regione ad attuare procedure conformi a questa scelta e non altre procedure, e quindi su questo il mio dissenso rimane.
Veniamo ad alcuni altri problemi sollevati nelle interrogazioni: il problema del trattamento riservato da parte del CUR. ovvero i trattamenti di favore e i trattamenti di sfavore. Personalmente, ritengo si sia trattato di un trattamento di favore perché la legge regionale n. 56 prevede auspicavo addirittura che questa cosa venisse applicata il più possibile - una limitazione dell'autonomia comunale da parte della Regione.
L'impianto della legge regionale n. 56 è un impianto che dà spazio e possibilità alla Regione di porre delle limitazioni alle scelte autonome dei Comuni per quanto riguarda gli impianti urbanistici. Intervenendo in merito all'attuazione da parte della Regione di norme connesse con la legge n. 431, ho richiamato più volte la necessità, da parte della Regione, di un controllo che fosse rigoroso, equanime ed uguale per tutti e che fosse capace di sottrarsi alle pressioni e agli interessi localistici. Facevo riferimento soprattutto ai piccoli Comuni, ma questo vale anche per i grandi, perché in questi ultimi, tra l'altro, le pressioni e gli interessi si moltiplicano in maniera esponenziale. Del resto, soltanto pochi mesi fa ho richiesto un intervento della Regione (ai sensi della legge regionale n.
56) finalizzato ad una modificazione delle scelte dell'autonomia comunale proprio in questa stessa aula, a proposito delle scelte del Piano regolatore del Comune di Collegno. Quindi non esprimo nulla di nuovo.
Ribadisco, per cosi dire, una linea di tendenza e di interpretazione.
A mio parere, il CUR. e qui dissento da quanto sostiene il collega Chiezzi, è intervenuto troppo poco e altrettanto poco il CUR è stato capace di fermare, limitare e sottoporre a controllo le scelte del Comune di Torino, permettendo una certa serie di procedure di favore. L'una è stata ad esempio, la rapidità. L'Assessore Genovese ha detto che vi sono state polemiche sulla lentezza. Ma chi fa polemiche sulla lentezza, secondo me sta in un'altra dimensione, sta sulle nuvole, perché la realtà è la rapidità con cui la variante 31 ter è stata approvata. Potremmo addirittura sottolineare l'affetto e la partecipazione con cui è stata seguita e non il contrario. Vi sono poi stati altri elementi di favore, sui quali l'Assessore Genovese ha dimenticato di richiamare l'attenzione, in particolare su uno dei problemi principali, quello relativo al centro storico. Sul centro storico di Torino il CUR ha seguito un trattamento di favore e una procedura che, personalmente, non capisco proceduralmente fino in fondo.
Quando, da un lato, si accolgono per i beni ambientali le richieste della Sovrintendenza ma si respingono, a quanto pare, quelle della Sovrintendenza ai beni archeologici, si lascia, per così dire, libero il sottosuolo. E quando si demanda, a successive scelte caso per caso del Consiglio comunale, quell'impianto previsto dall'art. 24, mi pare che anche lì vi sia un trattamento di favore perché la chiarezza nel rapporto tra Amministrazione e cittadino, tra Amministrazione e popolazione, consiste (e questo vale per tutti gli altri Comuni) nel definire tutte le questioni legate all'art. 24. Non si lasciano tutte nell'indeterminatezza, inventando questo nuovo meccanismo con cui il Consiglio comunale deciderà caso per caso e demanderà praticamente alla Sovrintendenza di esprimere pareri su monumenti che non stanno in nessun elenco e tanto meno negli elenchi della legge n. 1089. Viene così a perdersi e praticamente a spappolarsi tutta una serie di decisioni che verranno poi prese una per una. Quello che invece secondo me, è un valore da tutelare è il "continuum" del centro storico, il suo valore documentario preso nell'insieme sul quale possono essere previsti numerosi interventi, alcuni dei quali già effettuati nel corso dei secoli da architetti dei quali si è persa la memoria: il Castellamonte Juvarra, ecc. Forse avendo a che fare con una cultura architettonica di basso livello, l'unico meccanismo che possiamo escogitare è quello di trovare degli interventi normativi certamente vincolistici, certamente cautelari e burocratici che, però, potrebbero arrestare questa "frenesia del piccone" che pare diffondersi nella nostra metropoli. Occorre una riconsiderazione di tutti quegli aspetti, almeno relativamente al centro storico, che riguardano l'art. 24, anche perché questa procedura non è mai stata adottata, per quanto mi risulta, per nessuno degli altri Comuni della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito che si è avviato in ordine alle interrogazioni e alla proposta di iniziativa tocca una vicenda che ho seguito personalmente - ringrazio il mio Capogruppo di consentirmi che sia io ad intrattenere i colleghi su questa questione - e ad ogni passo rivela l'assoluta inadeguatezza della legge regionale n. 56 lo scontro tra cultura e politiche di cui quella legge è testimone. Questa è una conclusione che, anche se sono all'inizio, credo si possa senz'altro porre.
L'Assessore Genovese parla di incomprensioni tra il Comune di Torino e la Regione Piemonte. Non si tratta di incomprensioni né tra persone né tra istituzioni ed organi di governo, ma si tratta di incomprensioni e incompatibilità tra una realtà come quella torinese e una normazione come quella della legge regionale n. 56 che non è in grado di governare.
Collega Genovese, quando si facevano i consuntivi sulla legge regionale n. 56, si diceva che aveva consentito la redazione dei piani regolatori per l'80% dei Comuni della provincia di Torino e della regione Piemonte dimenticando, però, che i piani regolatori non si fanno nei grandi Comuni in particolare nel Comune di Torino. La legge regionale n. 56 si è rivelata una legge molto forte con i deboli, ma assolutamente debole con i forti.
Un Piano regolatore si fa dove si disegnano sulla carta alcuni scenari che non hanno alcun radicamento ma, di fronte ad una società che ha al proprio interno alcune resistenze e alcuni interessi forti, la legge regionale n.
56 non è in grado di governarla con il risultato che i piani regolatori non si fanno. Questa è la dimostrazione del fallimento della legge regionale n.
56. Da questo dato di fondo nascono e si giustificano alcune vicende che non possono che far sorgere perplessità e che portano, a volte, a comportamenti sul piano umano e personale quanto meno curiosi in un'assemblea come questa che è caratterizzata sempre da un grande rispetto reciproco.
Ho seguito i lavori del CUR e devo dire che il collega Chiezzi ha, per larga parte, ragione nel sottolineare come quei lavori siano stati caratterizzati da una forte prevalenza delle tensioni politiche su quelle tecniche. Se risentiamo le registrazioni e cerchiamo di leggere la durata e la natura degli interventi dei diversi membri del CUR. sicuramente scopriremo che il rappresentante liberale è quello che ha parlato di meno quando ha parlato. Quindi, la tensione politica sorta nel dibattito sul CUR è stata provocata e voluta da alcune componenti politiche del CUR stesso e di questo la Giunta deve tenerne conto. Ritengo che la questione, sollevata dal collega Chiezzi, debba essere riconsiderata, nel senso che una prassi va rispettata nella misura in cui non è contestata ma, quando viene contestata, la Giunta ha il dovere di riflettere sugli elementi di legittimità del processo seguito. E questo non ci deve disturbare dal punto di vista politico, Assessore Genovese, perché questa prassi è stata instaurata e rispettata in dieci anni di governo della sinistra che hanno riconosciuto l'assoluta subordinazione della Giunta regionale al CUR. che è stato creato, voluto e disegnato ad immagine e somiglianza di braccio secolare rispetto ad una certa cultura politica e urbanistica da parte dell'Assessore Astengo. Questo dato politico istituzionale dell'assoluta subordinazione della Giunta regionale rispetto al CUR. è un dato consolidato e costruito dalla prassi delle Giunte di sinistra e, se per caso dovessimo dissociarci da questa prassi riconsiderando alcuni atti sarebbe un atto di provocazione politica che non mi metterebbe assolutamente in imbarazzo, anzi, ringrazio il collega Chiezzi di averci riportati all'esigenza di rispettare la norma. Prendo però atto che ci viene da una forza politica che questa norma non ha mai rispettato. Per carità, il processo politico è fatto con il gioco delle parti, ci si scambia la sedia, il vestito, secondo il Presidente Viglione, invece, non dovrebbe essere così.



PRESIDENTE

Non chiedo la parola per fatto personale. Sono uno dei coautori della legge regionale n. 56. La sostengo, dico che è stata una grande legge.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, il problema non è la legge regionale n. 56. Il collega Chiezzi dice una cosa, che ritengo giusta, e cioè che gli elementi sui quali deve rideterminarsi il Comune di Torino sono la pronuncia della Giunta regionale e non un parere. Questo però non è mai avvenuto, il che significa che da sempre le Giunte di sinistra hanno ritenuto che il parere fosse l'atto finale delle valutazioni del livello regionale. Registriamo questa novità, ringraziamo il collega Chiezzi che ci porta a riflettere su queste questioni sulle quali riteniamo che la Giunta non possa che riflettere. Se per caso la Giunta ritenesse di dover riconsiderare il proprio percorso, non le proprie valutazioni, non mi scandalizzerebbe perché la lezione ci è venuta da un "maestro" in questo, cioè da un esponente del Partito comunista che ha instaurato, realizzato e utilizzato la prassi e che poi ci dice che questa prassi è contro legge. Ne prendiamo atto, revochiamo quindi la lettera che abbiamo mandato e assumiamo la deliberazione formale.
E' kafkiana tutta questa questione (mi rendo conto che Kafka è citato più di quanto non sia letto, però è uno di quei termini che danno subito il senso della questione). In effetti devo testimoniare qui, per quello che vale da parte di un collega, l'assoluta correttezza dell'Assessore Presidente in quella sede, per cercare di tenere all'interno di alcuni binari (che non lui, ma il CUR ha individuato) il procedere del CUR.
Il CUR ha avviato una procedura a tenaglia che mi ha molto scandalizzato. Ha detto: "attenzione, questa è una variante sostanziale a meno che, attraverso modifiche di carattere sostanziale, la possiamo considerare di carattere formale". Questo è stato il meccanismo diabolico che ha stupito me come il collega Chiezzi. Se una pregiudiziale viene sciolta, viene sciolta perché allo stato degli atti si ritiene che quella sia una variante non sostanziale, non nella misura in cui ci sia la riserva mentale di dire che attraverso questo strumento (cioè della presa d'atto che è una variante sostanziale) si faccia accettare all'interlocutore delle modifiche di carattere sostanziale che la possono far considerare non sostanziale.
Da questo sono derivati dei gravi guasti. Come Gruppo politico, anche se non è questa la sede per esprimerle, abbiamo delle insoddisfazioni.
Riteniamo che l'utilizzazione dell'art. 21 della legge regionale n. 56 di fatto renda impraticabili due settori d'intervento strategico che il Comune di Torino intende avviare. L'altra questione che non ci soddisfa è la previsione che gli interventi di sostituzione edilizia nel centro storico debbano essere conformi al regolamento edilizio e di igiene. Non siamo soddisfatti per il risultato a cui si è pervenuti. Prendiamo atto che l'Assessore ha svolto benissimo la sua funzione in qualità di Presidente ha governato seriamente la discussione, in un alveo però diabolico in cui era stata messa dal CUR.
Non sono di quelli che riportano sempre tutto alle tessere di partito Consigliere Pezzana, credo piuttosto che tutto debba essere riportato alla pigrizia mentale delle persone. Ho sentito dei ragionamenti da personaggi che, politicamente, ritengo non siano impegnati per la pigrizia mentale e il senso conservatore che è in tutti di tenersi attaccati a poche idee storte e ben piantate, che sono rimaste da una professionalità non sufficientemente agile. Questo è il vizio grosso che pavento. Sono convinto che la tessera di partito non deve essere un paraocchi, ma invece uno strumento in più per leggere la realtà perché fare politica è un elemento che aiuta a capire la realtà. Temo piuttosto che la tessera di partito venga molte volte presa od utilizzata per coprire la propria idiozia, non la propria intelligenza. Allora noi dobbiamo avere la capacità di capire se dietro la tessera di partito c'è un coraggioso che non ha difficoltà ad utilizzare la propria posizione politica come elemento di arricchimento delle istituzioni e della società oppure se dietro la tessera di partito c'è chi intende crearsi una rendita di posizione e di inattaccabilità.
Questo è il problema che ci dobbiamo porre e non soltanto scandalizzarci delle tessere di partito.



PEZZANA Angelo

Ho parlato di partitocrazia.



MARCHINI Sergio

La partitocrazia qui non c'era, bisognava essere fisicamente presenti.
In effetti, l'impressione che hanno avuto alcuni ospiti del tutto transeunti era che qualcuno ritenesse di dover fare il Piano regolatore di Torino; questa è la verità, che non è di competenza dell'Assessore Presidente del CUR. non è competenza di quei personaggi che si sentivano investiti della funzione redigente del Piano regolatore, mentre avevano una funzione completamente diversa. D'altra parte questi meccanismi con cui bisogna garantire che la società, la cultura e le categorie si pronuncino è un meccanismo che, a mio modo di vedere, va mantenuto come palestra di esternazione delle posizioni. Meccanismo però che è difficile mantenere in queste condizioni in cui non è soltanto occasione di esternazione delle manifestazioni ma avvio di percorsi decisionali che passano anche attraverso rendite di posizioni culturali e arrivano addirittura a mettere in discussione la legittimità delle norme, instaurando prassi che hanno valore di legge come sembrerebbe essere avvenuto in questo caso.
Quindi, in termini di risposta all'interrogazione, riteniamo che la relazione condotta dall'Assessore sia ampiamente soddisfacente. Esprimiamo le nostre perplessità sulla capacità che avrà la variante 31 ter, così come è stata ripensata, di rispondere agli obiettivi che il Comune di Torino si poneva.
Se la questione sollevata dal collega Chiezzi dovesse essere considerata dall'Assessore una questione non superabile o non ignorabile se rientrassimo non solo nella legittimità formale, ma anche nella legittimità politica, facendo riassumere al governo della Regione la responsabilità dell'atto che va al Comune (non limitandoci ad una azione recettiva), ho l'impressione che, dopo questo dibattito, qualche elemento di autonomia della Giunta regionale, quindi della Regione, rispetto al parere del CUR. sia maturato, quindi sarebbe auspicabile che emergesse.



PRESIDENTE

Questo è il momento in cui lei, Assessore, può rispondere adeguatamente, con il tono alto che la contraddistingue, a quanto è stato detto. Non ritengo che nell'insieme si sia ecceduto se non in un linguaggio forte che avvertiamo sempre in queste assemblee. Evidentemente sono stati sollevati alcuni punti rispetto alla specifica competenza assessorile, al vincolo esterno, alla rappresentanza esterna, che rappresentano i nodi centrali dei discorsi fatti. Non è comunque mia intenzione aggiungere altri elementi a quanto è già emerso. Devo rilevare l'apprezzamento per la sua opera che è sempre stato riconosciuto da tutti; questo ha valore di soddisfazione.
La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, chiedo scusa perché ritengo che avrei dovuto tenere un comportamento diverso, anche se credo che oggi, come in altre circostanze, vi siano due modi di concepire e mantenere i rapporti all'interno dell'assemblea.
C'è un modo per cercare di costruire una collaborazione di carattere istituzionale che consenta di migliorare la capacità operativa e di governo e c'è un altro modo che, prescindendo dal contesto normativo, dalle procedure e dall'indirizzo politico che questa Regione ha seguito per anni punta a criminalizzare singoli momenti di espressione della vita della Regione.
Rispetto profondamente e stimo il Consigliere Chiezzi, però a volte non riesco a capire i toni che assume che mi ricordano quelli di chi ritiene di possedere la verità. Ciò mi infastidisce perché rende difficile il rapporto di collaborazione per valutare ciò che, all'interno della Regione, può o deve essere modificato e migliorato.
Ora mi limiterò a dire poche cose. Ci sono alcuni aspetti procedurali di carattere generale che sono stati ricordati ed in proposito ricordo, se il Consiglio regionale ha memoria, che proprio per quanto riguarda il funzionamento del CUR e l'esigenza di innescare un processo di modifica delle procedure, ne ho parlato proponendo quella prima modifica, che poi è stata votata dal Consiglio regionale, del funzionamento del CUR. Allora avevo affermato che occorre modificare il regolamento per meglio definire nel rispetto delle norme di legge che abbiamo, alcuni aspetti di procedura che, caro Chiezzi, non sono chiari e che nascono da un indirizzo che la Regione ha dato per dieci anni al CUR e di cui il CUR non è responsabile e che ho trovato.
Ora, scoprire le incertezze sulla vicenda della variante 31 ter di Torino e chiedere che solo con riferimento ad una battaglia politica svoltasi fuori dal Comitato urbanistico regionale, ma che si è di riflesso introdotta all'interno del Comitato stesso, e chiedere che, per questa pratica, debbano essere adottate delle prassi e delle procedure diverse non lo ritengo corretto.
Questa riflessione certamente deve essere fatta ed io l'ho sottoposta all'attenzione della Giunta e, ancor prima, all'attenzione del Consiglio regionale in occasione della discussione della legge di modificazione del funzionamento del CUR. Però non può essere piegata o strumentalizzata al rapporto che deve essere tenuto con il Comune di Torino. Perciò vorrei fare una domanda: per tutti gli altri piani che si sono visti in questo periodo (e mi limito a considerare l'anno in cui ho conoscenza diretta come Assessore) e che riguardano altrettanti Comuni, con la stessa autonomia e la stessa dignità del Comune di Torino, anche con problemi diversi, perch nulla nel CUR è mai stato eccepito? Perché ci sono queste differenze di valutazione? Tra quello che hanno detto i Consiglieri Ala e Chiezzi ci sono conseguenze profondamente diverse da trarre rispetto alle funzioni e al ruolo della Regione nell'ambito del processo di pianificazione urbanistica vi sono, quindi, problemi aperti che devono essere oggetto di confronto e di decisione.
Però, quando mai un problema di natura procedurale o di funzionamento del CUR è stato sollevato, se non in occasione di pratiche che riguardano il Comune di Torino? Credo che questo interrogativo vada posto, perché non si possono piegare il funzionamento degli organismi, le procedure, le interpretazioni della legge solo alla battaglia politica, pur importante, che si svolge attorno ai problemi della città di Torino.
Avevo premesso che il ragionamento sull'inadeguatezza, e forse sull'erroneità delle procedure seguite e dell'interpretazione della legge regionale n. 56 in ordine al funzionamento del CUR. le ho sollevate personalmente in Consiglio regionale, in altra occasione, parlando della modifica del funzionamento del CUR.
Per una serie di vicende non ho ancora proposto, ma lo farò, le modifiche regolamentari; queste vicende richiedono una valutazione della Giunta e della maggioranza oltre che del Consiglio. Ricordo innanzitutto che non si era ancora votata la prima modifica del funzionamento del CUR che, contestualmente sono state avanzate ulteriori proposte di modifica sostanziale alla composizione, al funzionamento, al ruolo del CUR da parte dei Gruppi consiliari.
La Giunta ha poi deciso - ed è stato qui comunicato - di avviare una riflessione per l'individuazione di elementi per la modifica complessiva della legge regionale n. 56.
Penso di poter dire ai colleghi che occorre comprendere la difficoltà di operare in una situazione di incertezza come questa. Provveder ugualmente a presentare proposte di modifica al regolamento sulla base della normativa in vigore. E' chiaro che se non si capiscono i percorsi e dove si vuole arrivare, e vi è indeterminatezza sulla volontà del Consiglio e della Giunta, risulta frustrante operare e difficile assicurare il funzionamento dell'Assessorato e del CUR e portare avanti il processo di pianificazione e lo svolgimento delle funzioni che la Regione ha all'interno del processo di pianificazione urbanistica.
E' vero che la procedura sino ad oggi seguita è discutibile rispetto alla formulazione dell'art. 15 della legge regionale n. 56. Raccolgo quindi la sollecitazione; anche per altri aspetti questa è presente e scaturisce da valutazioni fatte in seno al CUR e non solamente da quelle che avvengono in Consiglio. Rendiamoci conto però che ciò ha delle conseguenze abbastanza precise: se affrontiamo in termini di consapevolezza e di collaborazione questi problemi per dare ad essi una risposta più corrispondente al dettato e allo spirito delle norme, è un discorso; se invece vogliamo contestare nei termini che ho sentito, l'applicazione della legge, ciò metterebbe in discussione l'operato della Regione nell'applicazione decennale della legge regionale n. 56, con tutte le conseguenze che può avere.
Credo che, in questo caso come in altri, la questione di equilibrio e di ricerca, attraverso un rapporto di collaborazione del superamento delle difficoltà, non sono dell'Assessore o del CUR. bensì della Regione.
Il CUR non è l'organismo che qui si è sentito dire. Il CUR. per chiunque faccia l'Assessore con i limiti e i difetti che può avere un organo collegiale, che abbiamo noi, che ha il Consiglio regionale, che ha qualunque assemblea fatta di uomini, è stato lo strumento essenziale di supporto alla Giunta e all'Assessore. Senza il CUR sarebbe bloccato da tempo ogni processo di pianificazione urbanistica nella nostra Regione perché all'interno sono presenti competenze e professionalità, espressioni culturali - che sono diversamente valutabili da parte chiunque di noi limitatamente però ad una correttezza e dignità complessiva che non consentono di dire che il CUR è un organismo piegato agli interessi.
D'altra parte il CUR è nominato dal Consiglio regionale.
Capisco gli inviti fatti dal Consigliere Pezzana, ma la responsabilità non è né dell'Assessore né dell'organismo: il CUR è nominato da questa assemblea.



PEZZANA Angelo

Come avvengono le nomine?



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Il CUR è nominato da questa assemblea con le norme che ha ritenuto di dovervi dare. Questo non è il problema del CUR. bensì delle nomine, dei sistemi di garanzia e di scelta che questa assemblea si è data e che pu modificare, qualora lo ritenga; non è proprio un problema dell'Assessore che, di solito, non è in grado di influire sulle nomine. In qualche caso dove le nomine sono meno importanti, è stato rimesso all'Assessore il compito di dare delle indicazioni. Ho un esempio che, fra l'altro, è dovuto alla posizione assunta dal collega Chiezzi in seno alla II Commissione consiliare: la Commissione verifica programmi per l'edilizia residenziale sovvenzionata. In quella sede, per proposta del collega Chiezzi, si è assegnata alla Giunta la responsabilità della scelta dei membri della Commissione. Credo che le scelte fatte - ne vedremo poi il funzionamento garantiscano un buon funzionamento della Commissione di verifica dei programmi. Devo dire che in quella circostanza l'Assessore non ha accettato supinamente indicazioni da parte della Giunta; era stata inserita in legge questa previsione, assumendomene la responsabilità politica e di funzionamento, le indicazioni delle persone, tra quelle che sono state proposte. Non dico che questo sia il metodo da seguire, ma questo è un problema di ordine generale e ribadisco che nel complesso il CUR. al di là di regole di funzionamento da rivedere, è un organismo dove sono presenti professionalità, capacità e competenze tecnico-disciplinari, che assicurano, pur attraverso momenti di ritualità consolidata, un esame qualitativamente apprezzabile e certo delle pratiche urbanistiche. Proprio per questo devo dire che non posso accettare, fino a prova contraria, un atteggiamento che, partendo dalle difficoltà riscontrate nel processo di esame dei piani, porta ad una liquidazione sommaria di un organismo e dei membri che di questo organismo fanno parte e che operano a supporto della Regione. La Regione ha tante difficoltà nel funzionamento dei suoi organi a partire dalla Giunta; però il CUR rappresenta un supporto tecnico disciplinare indispensabile per assicurare lo sviluppo del processo di pianificazione urbanistica sul territorio regionale.
Proporrò - dato che l'invito è stato esplicito una riflessione alla Giunta e al Consiglio, per giungere ad una ridefinizione delle norme regolamentari, che avranno vita breve, se si concreteranno gli indirizzi di modifica legislativa presenti, che chiarisca meglio le procedure e il rapporto fra Comitato urbanistico regionale e Giunta regionale.
Sulle procedure seguite devo dire che fino ad oggi, e da sempre, i pareri del CUR sono trasmessi ai Comuni con lettera dell'Assessore all'urbanistica per delega della Giunta. Questo è quanto avvenuto dal 1977 al 1988. Ora, lo ripeto, proporrò una riflessione diversa; sottolineando ancora, però, che mi sono attenuto alle procedure seguite dalla Regione Piemonte dal giorno di approvazione della legge regionale di tutela ed uso del suolo.



PEZZANA Angelo

Assessore, è ora di incominciare ad uscirne.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Caro collega Pezzana, all'Assessorato all'urbanistica ci sono da poco più di un anno, ma garantisco che ho fatto e faccio ancora fatica a capire quanto avviene nel processo complessivo di valutazione di esame e di approvazione dei piani urbanistici.
Non è così semplice, come lei ritiene, capire con esattezza cosa avviene all'interno della struttura, come si è mossa per anni...



MAJORINO Gaetano

Era la legge abrogata che dava questo potere all'Assessore. La legge approvata nel dicembre 1984 dava quel potere all'Assessore di rilevanza esterna.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Ho detto all'inizio di questa seduta che si stanno seguendo prassi che erano coerenti con il testo precedente.



MAJORINO Gaetano

E' una norma di legge precedente abrogata dal dicembre 1984.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Collega Majorino, l'ho riconosciuto anch'io all'inizio dell'intervento.



MAJORINO Gaetano

Almeno dal dicembre 1984 questa prassi è sbagliata.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Ho già detto che ci sono prassi che, secondo me, sono più riconducibili alle procedure precedentemente in vigore. Sinora ho continuato a trasmettere i pareri ai Comuni mentre la Giunta regionale si esprime solo al momento finale e non dà valutazioni intermedie sui contenuti e sulle motivazioni delle osservazioni.
Capisco che oggi possa manifestarsi questa accentuazione del problema delle procedure, ma sono un po' sorpreso che venga radicalizzato con conseguenze che non riguardano l'Assessore bensì la Regione Piemonte nei suoi rapporti con le Amministrazioni comunali.



MAJORINO Gaetano

Questa è l'occasione per fare tale rilievo.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Ripeto che cercherò di tenerne conto e di proporre alla Giunta e al Consiglio le modifiche da introdurre nelle modalità di funzionamento che non ho inventato e che posso cambiare.



PEZZANA Angelo

Ma che cosa puoi cambiare?



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Possiamo cambiare e il tutto si riconduce ad una normativa con aspetti che devono essere interpretati con modifiche opportune, rispetto alle quali collega Pezzana - ho ricordato questa mattina come la Giunta regionale abbia deliberato un impegno preciso. Non chiedetemi perché l'ha fatto l'altro giorno e non sei mesi fa. L'altro giorno è stato deliberato l'avvio di una considerazione puntuale e precisa per proposte di aggiornamento e di revisione della legge regionale n. 56/77 in termini di tempo indicato anche a seguito del dibattito che è intervenuto in Consiglio, come mi suggerisce il Presidente Beltrami.
Non entro nei contenuti della variante 31 ter, salvo che per una considerazione. Condivido largamente l'intervento del collega Ala, salvo che per una considerazione che mi riservo di approfondire nel momento in cui l'iter sarà concluso. Non avrei alcuna difficoltà a discutere i contenuti, ma mi sento vincolato a un parere espresso dal CUR. ai cui lavori ho partecipato, e siamo tuttora all'interno di un iter che non è ultimato. Per questo non mi soffermo sui contenuti delle norme riguardanti la zona centrale aulica; sulle altre considerazioni svolte dal collega Ala sono abbastanza d'accordo e sono convinto che, nel rispetto dell'autonomia dei Comuni, la Regione ha un ruolo preciso all'interno del processo di pianificazione e che qualunque siano le modifiche della normativa urbanistica che vogliamo introdurre debba essere sottolineato che c'è un ruolo preciso di indirizzo, di verifica, di controllo e di approvazione che supera un momento di mera considerazione della autonomia comunale.
L'autonomia comunale si esprime nella formazione e nell'adozione degli strumenti, ma se non decidiamo di delegare l'approvazione degli strumenti urbanistici a un altro livello, rimane responsabilità e compito primario della Regione esprimersi, con le modifiche che ritiene opportuno introdurre, sugli strumenti di pianificazione urbanistica.
Su questi aspetti condivido l'opinione generale espressa dal collega Ala. Chiunque abbia esperienze del CUR sa benissimo che le norme attuative dei piani il più delle volte sono largamente riscritte e la reiscrizione riguarda sovente non aspetti marginali bensì sostanziali.
Per questo non mi sembra che si possa trarre la conclusione meccanica che, avendo il CUR avanzato proposte di modifica a quasi tutte le norme proposte dal Comune di Torino, ciò comporti una rielaborazione parziale ai sensi del comma 15 della variante; infatti, si sono toccate in modo significativo solo alcune delle norme proposte dal Comune di Torino, mentre altre sono state modificate per adeguamento di legge o per chiarezza e coordinamento con l'insieme della normativa urbanistica vigente nel Comune di Torino. Non si può esaminare la variante 31 ter come complesso di norme a se stanti. La variante 31 ter indica un numero; ciò significa che è la variante 31 ter rispetto allo strumento urbanistico vigente nel Comune di Torino; di conseguenza un insieme di problemi qui sollevati non trovano considerazione e risposta o motivazione in quella variante perché bisogna tenere conto del complesso della normativa e degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti nel Comune di Torino e non solo di questo ultimo atto di variante.
Sono convinto che, nell'interpretazione della legge e quindi dell'art.
15, la procedura scelta nell'esame e nella formulazione delle proposte di modifica dal CUR sia corretta e legittima, altrimenti mi sarei opposto qualora fossi stato convinto del contrario. Certamente si può avere un'opinione diversa e sostenere che il CUR avrebbe anche potuto formulare osservazioni e proposte non puntuali, tenendo conto delle difficoltà incontrate nell'esame e rimettendo in maggior misura alla valutazione successiva del Comune l'adeguamento agli indirizzi e alle osservazioni nel parere del CUR. Il CUR ha scelto questa strada. Cosa devo dire, signor Presidente e colleghi Consiglieri?



MAJORINO Gaetano

La Giunta potrà valutare diversamente.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Il CUR ha espresso un parere e, sino ad oggi, i pareri del CUR vengono trasmessi dall'Assessore alle Amministrazioni comunali; prima di questa data epocale, quella dell'espressione del parere sulla variante 31 ter, è avvenuto così, sino alla fine di agosto. Ho proposto la riflessione alla Giunta regionale e ho chiesto se dovevo procedere come normalmente si è fatto fino ad oggi, a trasmettere al Comune il parere del CUR. La Giunta mi ha invitato a farlo. Per quello che lei ha detto, riproporrò la riflessione in termini più adeguati all'interno della Giunta, ma confermo che mi sono comportato esattamente come in tutti gli altri casi, prima e dopo questa "pietra d'angolo" che è ormai rappresentata dalla variante 31 ter.
Il collega Chiezzi ha fatto un'affermazione che ritengo contraddittoria nella sua esposizione; sul resto non intervengo perché è l'espressione di una linea e di opinioni che già ampiamente conoscevo e che erano già state esternate nelle sedute del CUR. Non credo, cioè, che si possa affermare, o meglio che non sia molto coerente affermare che i relatori hanno svolto un lavoro intelligente, serio e da condividere e poi procedere alla lettura e alla contestazione di una serie di punti del parere finale del CUR. che sono esattamente quelli proposti con la seconda relazione dei relatori.
Molti punti letti dal collega Chiezzi non sono stati modificati dal CUR e anche l'aspetto del convenzionamento era presente nel testo originario della variante 31 ter, convenzionamento per i parcheggi sottoterra...



CHIEZZI Giuseppe

Come mai non l'hanno votato i relatori del CUR?



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Era presente già all'interno della variante 31 ter, ripeto. Quindi, le proposte di modifica si discostano significativamente dalle proposte fatte dal Comune solo sull'art. 7 riguardante il riuso e il recupero del patrimonio edilizio esistente. Ma se ne discostano e potevano farlo perch discende da una specifica previsione del comma 11 dell'art. 15 della legge regionale n. 56 laddove si dice che, con la procedura dei commi 12 e 13, si possono introdurre o proporre modifiche che non mutino le caratteristiche essenziali quantitative e strutturali del piano e i suoi criteri di impostazione: in questo caso non è un piano, ma è una variante normativa.
Caro collega Majorino, il comma recita: "oltre quelle necessarie per la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici". La significativa reiscrizione, ancorché diversamente valutabile come ha fatto il collega Ala dell'art. 7, è proprio in relazione alla tutela dei complessi storici, monumentali e ambientali. Per questi motivi ritengo corretta e legittima la procedura d'esame. Se non l'avessi ritenuta tale non avrei consentito la votazione della proposta finale del CUR. Ovviamente posso sbagliare.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

Comunico che verrà data risposta scritta alle seguenti interrogazioni: n. 1376 dei Consiglieri Ferro e Amerio inerente l'inquinamento degli acquedotti di Magliano Alfieri e Castellinaldo n. 1458 del Consigliere Ala inerente l'acquisto di mangime per animali da laboratorio adottato dal Comitato di gestione dell'USSL di Alessandria.


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

Propongo di proseguire nei lavori secondo quanto stabilito dai Presidenti dei Gruppi.
Chiede la parola il Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Visto che ormai siamo alle ore 13, proporrei di sospendere la seduta e di convocare i Presidenti dei Gruppi per definire i lavori delle prossime settimane.



PRESIDENTE

Se non vi sono obiezioni propongo però di svolgere ancora la relazione sul punto 5) all'o.d.g., dopodiché si potrebbero sospendere i lavori del mattino.


Argomento: Sistema informativo regionale

Esame proposta di deliberazione n. 934: "Nuovo Statuto del Consorzio per il Sistema Informativo Regionale (CSI Piemonte) Proposta al Consiglio regionale, ai sensi dell'art. 1, comma secondo, della L.R. n. 48/75"


PRESIDENTE

Passiamo pertanto al punto 5) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 934.
La parola al relatore, Consigliere Fassio.



FASSIO Luigia, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, viene presentata alla discussione in aula la proposta della Giunta, condivisa ed accettata dalla maggioranza dell'VIII Commissione, per l'approvazione del nuovo Statuto del



PRESIDENTE

Con la relazione sulla proposta di deliberazione n. 934 hanno termine i lavori del Consiglio di questa mattina. Il dibattito su tale proposta avrà luogo alla ripresa pomeridiana dei lavori che è fissata per le ore 15.
E' ora convocata la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi i quali stabiliranno le modalità di proseguimento dei lavori e fisseranno la data della prossima seduta di Consiglio.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,15 riprende alle ore 15,10)



PETRINI Luigi



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Al termine della riunione dei Capigruppo si è convenuto di procedere nei lavori secondo l'o.d.g. a mano dei Consiglieri.
Si prosegue quindi con l'esame della proposta di deliberazione n. 934 di cui al punto 5) all'o.d.g.
E' stata svolta la relazione introduttiva da parte del Consigliere Fassio, possiamo quindi passare al dibattito.
Chiede di intervenire il Vicepresidente della Giunta regionale, Bianca Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in primo luogo ringrazio i Capigruppo che hanno riconosciuto l'urgenza di anteporre la discussione e l'approvazione di questa deliberazione ad altri argomenti, che pure avrebbero titolo per avere priorità nel dibattito di questo Consiglio.
L'elaborazione di questo nuovo Statuto è stato un fatto molto importante e significativo nell'ambito della Commissione consiliare competente e inizialmente, nell'ambito del gruppo costituito tra il CSI e i due Atenei per la definizione di un testo da sottoporre all'attenzione della Giunta regionale. Questo è l'ultimo giorno utile per l'approvazione di questa deliberazione nel senso che, ove non intervenisse l'atto formale del Consiglio regionale, il Consorzio si scioglierebbe. Potremmo avviare una proroga ulteriore, ma gli Atenei hanno dichiarato, nel corso della consultazione, che non avrebbero più accettato altre proroghe ritenendo il dibattito attorno alla riedizione di questo Statuto ormai concluso; dopo due o tre proroghe è necessario addivenire alla decisione definitiva da parte del Consiglio regionale stesso. Credo di non dover aggiungere nulla a quanto detto dal relatore il quale ha sintetizzato l'iter molto complesso che si è venuto a determinare, iter che, innanzitutto in una decisione finale, rappresenta la sintesi di un dibattito impegnato che questo Consiglio ha svolto circa due anni fa, nel momento in cui ravvisava l'esigenza di rinnovare il Consorzio del CSI. Si erano anche intraviste esigenze di aggiornamento dello Statuto per rendere questo importante ente della nostra realtà piemontese in grado di funzionare con le esigenze e i tempi nuovi di un mondo che, anche dal lato commerciale e industriale esige da un ente pubblico condizioni di concorrenza e competitività con il mercato. E' stata riconosciuta, quindi, la fisionomia dell'ente pubblico.
Si apre la possibilità di formare dei consorziamenti, di associarsi con altre opportunità di lavoro e di gestione. Nell'art. 3 si specifica che la personalità giuridica di diritto pubblico sarà determinata con Decreto del Presidente della Repubblica; quindi si pongono le condizioni per poter accedere ai finanziamenti che il Ministero della Ricerca mette a disposizione per enti di questo tipo.
Su questa impostazione c'è stata sempre, a parte qualche momento dialettico nell'ambito della Commissione competente, l'unanimità del Consiglio. E' un nuovo Statuto per l'ente che rimane quello che è, semmai aggiorna il suo comportamento e le sue possibilità di gestione su esigenze di tipo nuovo. E' stato concordato questo Statuto nella sua interezza tutt'al più può essere recepito dal Consiglio, con una modifica alla deliberazione che lo accompagna e la preoccupazione di fare in modo di non creare un momento di interregno, di difficile gestione da parte del Consorzio stesso. Si rinnova la convenzione con queste indicazioni che sono appunto quelle di contemperare gli elementi innovativi dello Statuto e di dare continuità al Consorzio stesso.
Probabilmente con questa aggiunta che facciamo alla parte deliberativa si fugano eventuali preoccupazioni del Consorzio di determinare condizioni di incertezza nel momento del perfezionamento degli atti. La proposta della Giunta, maturata attraverso confronti con la struttura assessorile, con la segreteria della Giunta, con il Consorzio e con i Gruppi consiliari, che sono intervenuti nello specifico, nel corso della mattinata, mi sembra possa raccogliere tutte le preoccupazioni e completa la parte deliberativa.
Per maggior chiarezza dei Consiglieri, a pagina n. 1 della proposta di deliberazione si vorrebbe aggiungere alle diverse premesse che precedono la parte deliberativa una ulteriore premessa che è così esplicitata: "considerato che occorre contemperare gli elementi innovativi del nuovo Statuto con la necessità di dare una continuità al Consorzio".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi per dichiarazione di voto.



BONTEMPI Rinaldo

Svolgerò una breve dichiarazione di voto su un atto che riteniamo importante e su cui intendiamo segnare con chiarezza le ragioni della nostra collocazione. Anticipo che il nostro voto sarà positivo per tre ragioni. La prima è una ragione di carattere generale. Abbiamo cooperato anche nei tempi di lavoro della Commissione, senza rinunciare a farci un'opinione, a verificare le innovazioni, a contrastare quelle specie che nel primo testo, ci sembravano innovazioni pericolose, sempre tenendo presente l'esigenza, ricordata testé dal Vicepresidente Vetrino, di adottare in tempi utili il nuovo Statuto, per impedire uno stato di incertezza che avrebbe potuto provocare la fine dei rapporti con i partner del Consorzio e per i processi che questo avrebbe potuto provocare.
Prima ragione di ordine generale. Attraverso un nuovo Statuto rinnoviamo nella continuità un'esperienza che consideriamo importante e preziosa, che può avere un metro di valutazione piemontese, ma anche nazionale ed extranazionale, in un settore in cui il pubblico è riuscito a sperimentare forme innovative di intervento attivo nella società e nell'economia.
La seconda ragione è relativa al contributo che abbiamo dato. Capisco che l'Assessore, con la sua diplomazia, connessa alla propria persona e al proprio ruolo, ha dovuto tener conto del lavoro svolto dai Gruppi, ma voglio ricordare che il dialogo avviato con l'Assessore e con qualche esponente della maggioranza è stato attivato da noi. Ne rivendichiamo la paternità. Ritroviamo in questo testo un'evoluzione a partire dalla continuità, un'innovazione saldamente impiantata su un'identità un'esperienza di anni di lavoro che hanno fatto acquisire a questo ente strumentale un termine valutativo non solo interno alla nostra Regione, ma anche esterno.
Il nostro Gruppo ha cooperato fino in fondo e do atto dell'impegno del compagno Valeri che ha lavorato insieme all'Assessore e ai tecnici alla stesura dell'ultimo testo che è stato letto, impegno che si è tradotto anche in una lettera inviata al Presidente e al Vicepresidente della Giunta contenente la nostra preoccupazione per una mutazione che era stata proposta da altri e recepita inizialmente dalla Giunta ma che nelle conseguenze rischiava di fare tabula rasa, quindi la riedificazione "ex nihil" dell'ente, soluzione che ci è parsa particolarmente pericolosa.
Il terzo motivo del nostro consenso concerne la disponibilità che abbiamo riscontrato nel Vicepresidente e nella Giunta nel tener conto delle nostre fondate e buone ragioni. Tre motivi, quindi, di ordine generale: il nostro contributo alla stesura di questo testo e al lavoro in Commissione il voluto protagonismo per definire quello che pensavamo e che ci pareva corrispondente ai fatti; la disponibilità di chi governa. Questo esempio piccolo, perché si tratta di uno Statuto e non di una legge, dimostra che qualora si attivino tempi, modi e atteggiamenti di confronto, si possono avere delle risposte positive da parte dell'opposizione. Questo accade sempre più di rado e sono contento di rilevarlo quando accade e di poter dire che votiamo con convinzione.
Voglio ricordare per memoria di questa Regione che l'idea del Consorzio fu molto coraggiosa per i tempi in cui venne pensata e attuata (undici anni fa); è stato uno dei momenti alti di una programmazione non astratta, come talvolta ci viene rimproverata, ma di una programmazione che tendeva a darsi degli strumenti perfino anomali, com'è appunto un Consorzio con l'Università e il Politecnico, che coglieva un nesso forte, che voleva essere campo di esplicazione prevalente da riservare al pubblico e intervento strategico per l'informazione. Già allora, quando il processo era avviato ma non ancora sviluppato come ora, si intravedeva, nella diffusione dei servizi dell'informatica, uno dei tessuti connettivi del futuro. Quindi era un progetto antiveggente con una forte strutturazione relativa alla programmazione. In seguito, molte battaglie politiche sono state fatte contro il CSI.
Abbiamo sempre sostenuto che l'utilità di questo ente era tale da dover indurre a tener duro nel confermare un percorso, un'idea e un progetto. E' un'idea che è riuscita a restare in piedi. Confermo di aver trovato nell'atteggiamento di qualche componente della maggioranza una altrettanta fedeltà a quell'idea e ne abbiamo tenuto conto.
Ovviamente il finanziamento statale, il riconoscimento del Presidente della Repubblica, li abbiamo sempre visti con favore perché potevano far fare quel salto al CSI, negato in precedenza da un atteggiamento del Ministero che ho sempre ritenuto chiuso e corporativo. Abbiamo quindi accolto positivamente queste novità, il dinamismo e la capacità di evolvere nella continuità che possono confermare il lato positivo e svilupparlo di più. Ci siamo anche proposti, nel momento in cui si palesavano queste esigenze, di contrastare un'idea leggermente "barbara" per cui le cose in realtà non hanno storia, soprattutto quando la storia è impositiva non è il caso di tenerne conto, ma vale la ragione data e le compatibilità della forza. In questo senso sono un po' critico sull'atteggiamento degli Atenei, e sarebbe bene discuterne, secondo i quali non sono tanto le idee e i percorsi sulla valorizzazione del pubblico, quando lo merita (perch tante volte non lo merita) quanto l'ottenimento "hic et nunc" dei soldi come condizione per poter essere anche sufficientemente "barbari" da ignorare il passato. Ci siamo battuti contro questa concezione che ha la stessa radice della concezione che sta seppellendo la Regione. Ne discuteremo ancora sul bilancio.
La Regione nel complesso ha meno fondi da destinare liberamente, ma non è vero che gli Assessori ne abbiano di meno. Tutti i fondi a destinazione vincolata, per l'ambiente, per l'agricoltura, per i trasporti e per la sanità vengono dati con una concezione brutale, volgare, romanesca (non sono aduso a fare battute, ma in questo caso ci vuole: "o Francia o Spagna purché se magna!"), è un atteggiamento perdente rispetto ad una concezione diversa dei poteri dello Stato e della democrazia.
La Regione non è priva di soldi in assoluto, se però la Giunta deve assegnarli e dare delle priorità, si trova in enorme difficoltà. Si trova in difficoltà anche questo Consiglio e ne discuteremo con l'assestamento e con il bilancio. Questa concezione riduttiva e un po' perdente va contrastata quando ci sono le condizioni. E' chiaro che per altri enti strumentali il problema è maggiore ma, anche qui, andiamo piano prima di trovarci di fronte a facili liquidazioni di esperienze che sono state il tentativo, in alcuni casi più riuscito, in altri meno, di dare strumenti e modi di approccio per intervenire nei processi reali di programmazione.
Mi sembra di aver colto nell'atteggiamento dei rappresentanti della maggioranza questa consapevolezza e questa sensibilità.
Ad un certo punto, mi pareva una debacle trattata da qualcuno con grande disinvoltura: non c'è più la personalità di diritto pubblico, è un ente di fatto; quando e se il Ministero lo riconoscerà, diventerà un ente a personalità giuridica di diritto pubblico. Oltre agli inconvenienti, ovvi ed intuibili, che vanno dalle responsabilità degli amministratori in tema patrimoniale alla deregolazione di fatto del sistema, oltre alla scarsa cultura dell'atteggiamento, non v'è chi non veda che qualsiasi ente di personalità di diritto pubblico, che è acquisita e incardinata nelle cose può avere specificazioni o qualificazioni da un decreto del Ministero che ne qualifica la portata partendo dal fatto che questo ente è già quello che è; quindi, non si finge di farlo diventare quello che non è. Questo è il punto.
Proprio per questo, ripeto, abbiamo insistito e trovato questa disponibilità. Registriamo gli elementi positivi, valorizzando esplicitamente il contributo e il nostro lavoro, continuiamo a manifestare grandissima attenzione per l'idea generale dell'autonomia della programmazione, della capacità di intervento che è concreta e del tutto comparabile con il privato, ma direi anche migliore di quella privata perché non è sempre la misurazione dei costi che può determinare il sistema di convenienze economiche per un ente pubblico. Se l'ente pubblico fosse alla mercé della concorrenza dei privati per quanto riguarda l'informazione, pensate quanto i costi cambierebbero e soprattutto quanto potrebbero essere impediti i progetti socialmente e politicamente utili per la comunità piemontese.
Non dobbiamo però stendere un velo sui molti limiti che esistono non solo nel testo. Ne cito uno. Avremmo preferito una soluzione per il Comitato scientifico più coerente con l'impostazione prevista in altre leggi; avremmo preferito un Comitato scientifico come emanazione dell'assemblea e non come nomina del Consiglio regionale. E questo non tanto per dare ragione al predicatore della controlottizzazione, il nostro amico Pezzana, appartenente, come si è visto oggi, nella Lista Verde Civica alla variante 31 ter carati a tutto titolo, quanto perché c'è una logica istituzionale che deve prevalere rispetto alla logica esterna che spesso i partiti riescono a proporre. Avremmo preferito un'altra soluzione e lo vogliamo rilevare.
I veri rilievi che riteniamo di dover fare sono attinenti alle politiche che la Regione mette in campo per usare bene questo strumento.
Le politiche sono riconducibili ad una parola frustra e mal usata che è la programmazione, comunque, le politiche sono riconducibili ad un atteggiamento che, al di là delle parole, vuol dire impostare programmi a lunga gittata, intervenire, avvalersi degli strumenti anche mutando, a seconda delle circostanze, gli obiettivi perché si diffonda il sistema innovativo, si diffonda la comunicazione tra i soggetti, quindi sia possibile il lavoro di coordinamento e di governo.
Qualcuno dirà che sono stati dati più soldi al CSI, io non so quanto questo corrisponda a verità. Vorrei ricordare che a volte i soldi sono solo sulla carta, perché mi risulta che qualche ostinazione pervicace ed inspiegabile di qualche Assessore a valersi dello strumento regionale persista, pervicace, mal motivato o facilmente spiegabile e, d'altra parte non è solo una richiesta di prestazioni e di servizi, ma condizioni di indirizzo, di clima, di progettualità alimentativa di uno strumento che ne rendono massime le potenzialità.
Fatte queste riserve, richiamato il fatto che comunque sul merito dovremo continuare a confrontarci, auspicando che dopo l'approvazione dello Statuto le possibilità che offre l'art. 4 (i nuovi partner) siano utilizzate per continuare in un filone che si deve evolvere e mantenere le grandi caratteristiche, altrimenti il discorso tra pubblico e privato diventa una mera affabulazione con scarso significato. In questo caso il sistema pubblico ha saputo essere all'altezza delle esigenze, ha saputo produrre, ha saputo comporre un quadro che, anziché essere presi da una logica "da cortile" molto piccina, occorre ricordare perché molti dipendenti potrebbero avere lavori analoghi ben diversamente retribuiti altrove. C'è però ancora gente che lavora credendo al proprio lavoro.
Forse tenere su questo lavoro, svilupparlo è una risposta che dà speranze che val la pena di non far morire.
Non si dia una patente di qualche colore perché su 250 persone ci sono le esperienze, c'è un senso e forse c'è anche il merito di chi ha diretto questa struttura e ha saputo condurla bene.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'adempimento che stiamo per fare è un passaggio importante, è uno strumento tra i più rilevanti che l'ente Regione ha saputo attivare nella sua storia recente. Nel dare voto favorevole alla deliberazione da parte del mio Gruppo, farò una considerazione più ampia attorno a ciò che può rappresentare in prospettiva per l'ente Regione il Consorzio per il sistema informativo. Apprezzo la posizione del Gruppo PCI e i contributi che ha dato nei lavori in sede di Commissione. Nella nostra discussione dobbiamo considerare quello che pu essere il ruolo del pubblico in campi come quello dell'informatica che parrebbe il meno facile e il meno congeniale all'operatore pubblico e sottolineare quelle che possono essere le potenzialità, le forze che si possono esprimere.
Pur con tante difficoltà e con tante critiche che nella storia recente si sono determinate, la tecnologia informatica via via si è trasformata per le nuove esigenze e il mutamento che ha avuto sia dal versante dell'hardware che del software, ha determinato molte novità che opportunamente lo Statuto del CSI, alla scadenza dei 10 anni dalla sua nascita, doveva raccogliere. Non ha voluto essere una struttura centralistica di potere, anche se sappiamo che esistono corteggiamenti attorno ad un ente che spende in acquisti (questo Istituto ha una storia segnata da alcuni episodi più o meno oscuri).
Credo che con il CSI abbiamo in mano uno strumento che permetta a noi di qualificare l'intervento del momento pubblico. E' ovvio che la ricerca della economicità di gestione dovrebbe essere in ogni iniziativa pubblica ovviamente lo dobbiamo rivendicare in questa. Qui si parla di imprenditorialità e imprenditorialità sembra una frase rituale pensando che con questo tocco si salvi la coscienza e che il funzionamento della struttura sia efficiente ed efficace. Magari il ritorno dell'investimento è più lento di quello che potrebbe essere per un altro operatore, è chiaro però che il funzionamento della struttura deve avere quei caratteri di efficienza e di efficacia nel raggiungere l'obiettivo normale, non solo in questo caso, ma in tutti i casi. Se parliamo della sanità, credo che valga lo stesso modello.
Quindi infiorare spesso le nostre considerazioni e relazioni di imprenditorialità e di managerialità, fa parte di quello stimolo che viene alla cultura umanistica di considerare informatica, managerialità e imprenditorialità tutto buono, a prescindere poi da come questi elementi si atteggiano realmente attorno ad uno strumento. I neofiti con un po' di informatica si salvano abbastanza, anzi, parliamo di informatica per tutti tutti avremo un personal computer e la coscienza del neofito dell'informatica è a posto. Ora, probabilmente si fa un danno enorme sia alla cultura informatica sia alle finanze pubbliche.
Ribadisco a nome del Gruppo PSI alcuni punti salienti. Aprendo un nuovo decennio a questo ente, riteniamo sia essenziale, affinché le cose possano andare nel modo migliore senza incidenti di percorso, concepire il CSI come strumento importante nella funzione di supporto alle scelte di governo che andremo a determinare. Non si tratta del grande calcolatore che stampa i cedolini (è una funzione marginale), ma si tratta di vedere, dopo una fase di sperimentazione durata dieci anni, come il CSI può rendere più alta, più forte, più potente la funzione di scelta e di governo nelle cose che ci competono.
Inoltre, il CSI deve contribuire a darci un livello di conoscenza dei fenomeni socio-economici elevato. In questo ovviamente sta l'intelligenza degli operatori tecnici che devono saper dare un prodotto che sia interpretabile, leggibile e immediatamente operativo. E in questo senso non sono i chili di tabulato, ma la capacità di dare, in modo continuativo e sistematico, un livello di informazione che permetterà a noi, seduti in questi banchi e a chi governa, di poter giorno per giorno di molti fenomeni capire le tendenze, i caratteri e la strutturazione, in modo da fare delle scelte il meno possibile approssimate ed intuitive.
Il terzo aspetto importante che viene spesso tenuto in ombra, è che il CSI deve restare comunque uno strumento importante per favorire lo sviluppo della cultura informatica negli enti locali, in modo che questa cultura non sia la cultura dello spreco, appunto quella della medaglietta, oppure quella di salvare la coscienza, magari con un uso improprio dell'informatica in termini di quantità e di qualità; dovrebbe invece essere lo strumento che favorisce la crescita della cultura informatica per usare in modo appropriato questi strumenti.
Il quarto punto è che il CSI, soprattutto come si andrà a strutturare con il prossimo Statuto, non dovrà rinunciare, almeno per la Regione, ad essere una leva del settore in molti campi. Penso all'esperienza sull'intelligenza artificiale, scelta che ha favorito la ricaduta sul tessuto economico e sociale di una cultura della parte più avanzata della tecnologia informatica, sia dando a noi delle potenzialità perché, appunto l'intelligenza artificiale, i sistemi esperti possono essere strumenti importanti come ausilio a rendere più potente la funzione di governo e la funzione di elaborazione legislativa.
Il CSI non può trasformarsi in una specie di "Finpiemonte informatica" di cui non sappiamo se la leva di politica finanziaria che elaboriamo pu essere tradotta in pratica al cento per cento; il CSI deve comunque restare una leva di politica, che può essere di formazione e di innovazione, in mano alla Regione. La Regione con questo strumento gioca una partita importante (non dobbiamo limitarci a nominare alcuni amministratori, dare una dote finanziaria, degli indirizzi, approvare lo Statuto). La grande opportunità è che in questo decennio il CSI possa rappresentare per chi opera nella funzione di governo e nella funzione di elaborazione una leva che funziona, che opera, che apre degli spazi. Vorrei citare anche il meno fortunato settore della formazione professionale sull'utilizzo del computer per gestire la produzione e la progettazione (il Cad-Cam). Sono esempi guida anche per altre esperienze in questo settore.
Tutto questo si cuce in un recupero della funzione di programmazione che abbia un ausilio forte e valido per poterla svolgere nel modo più appropriato.
Sono d'accordo sull'emendamento che ha proposto l'Assessore. La fase di transizione è una fase politica. Non stiamo per approvare delle cartacce.
Si tratta di un pezzo importante che tende a salvaguardare ciò che c'è di buono del patrimonio precedente e lo innesta su questo progetto e attraverso lo Statuto si delineano alcuni percorsi.
Il senso della proposta dell'Assessore, che il mio Gruppo condivide pienamente, è di creare la saldatura con le convenzioni. Ci saranno adesioni nuove e rinunce, però in una situazione di operatività chiara e non in una situazione di emergenza nel trapasso tra due momenti.
Si tratta oggi di approvare per il prossimo decennio un percorso di alta valenza politica. Non si tratta di un fatto marginale. Starà poi a noi riempirlo di richieste, di proposte e di orientamenti. Starà al CSI essere all'altezza del compito che gli viene affidato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, l'approvazione della deliberazione relativa al CSI ci dà l'opportunità di esprimere un apprezzamento per quella che è stata l'attività del Consorzio del CSI dalle sue origini ai giorni nostri.
Quindi ci conforta il fatto di avere dato, allorquando venne approvata la legge istitutiva e lo Statuto, un giudizio positivo e un voto favorevole.
Nella sostanza apprezziamo le modifiche odierne e i miglioramenti che vengono apportati anche se non siamo stati parte attiva di queste modifiche e di questi perfezionamenti.
Tuttavia devo dichiarare che il nostro voto sarà di astensione. Questo per un motivo procedurale. Abbiamo visto questa mattina come le questioni procedurali non siano solo accademiche. Riteniamo, soprattutto in un periodo in cui si parla di riforme e di autoriforme interne, che un corretto modo di procedere sia necessario. Pur apprezzando nel merito quanto è stato fatto e quanto verrà deliberato, la ragione della nostra astensione sta in questa considerazione che era già stata adombrata, sia pure quasi di sfuggita, in sede di Commissione e neppure da parte nostra.
L'art. 1 della legge istitutiva prevede l'impianto dello Statuto su proposta del Presidente della Giunta e del Rettore dell'Università degli Studi di Torino e del Rettore del Politecnico da approvarsi dal Consiglio regionale. Lo Statuto venne approvato nel marzo 1977 anche con il nostro voto favorevole.
Purtroppo lo Statuto in allora conteneva una norma limitativa della libertà di apportare modifiche allo Statuto, norma che oggi può apparire inopportuna. Come è noto l'art. 6 dello Statuto prevedeva, tra le competenze dell'assemblea, che le modifiche dello Statuto potevano (ancora in questo momento, visto che lo Statuto è tale in quel testo) essere deliberate dall'assemblea. Per aggirare l'ostacolo - è una riflessione che ho fatto da poco tempo vedendo il testo definitivo - si sarebbe dovuto far precedere all'attuale deliberazione della Giunta regionale, soggetto a mio avviso in questo momento non legittimato a proporre modifiche, che appartengono all'esclusiva competenza dell'assemblea, una leggina con un articolo unico nel quale si dicesse che le modifiche dello Statuto, così come era avvenuto per l'impianto, possono essere apportate su proposta e su deliberazione della Giunta. In questo caso si sarebbe proceduralmente introdotta la possibilità di una deliberazione della Giunta per proporre le modifiche.
Sarà un motivo procedurale arido e freddo fin che si vuole, ma anche la procedura ha la sua necessaria importanza e i suoi necessari riflessi di sostanza. Questa è l'unica ragione, al di là del merito che sostanzialmente approviamo, che ci induce a un voto di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Svolgerò insieme l'intervento e la dichiarazione di voto.
Ci rallegriamo, come Gruppo liberale, della stesura del nuovo testo dello Statuto che la Giunta ha presentato quest'oggi al Consiglio regionale, non solo e non tanto perché ci sembra che si siano trovate soluzioni tecnicamente più appropriate che consentiranno al CSI un'operatività più snella ed efficiente, ma perché si è fatta una scelta di campo su quello che dev'essere questo ente, come mi auguro dovrebbero essere, ovviamente, fatte le debite differenze, tutti quegli enti strumentali che svolgono una funzione di braccio secolare della Regione che svolgono una funzione di servizio per alcune necessità che la Regione ritiene di non dovere e di non potere esplicare in prima persona. Non si dimentichi però che devono avere una valenza operativa ed economica che non può rimanere fuori del mondo. Non voglio dire che questo sia avvenuto fino ad oggi per i nostri enti strumentali o che non sia avvenuto sempre, spesso però questo pericolo si è corso e si è andati anche al di là di un pericolo, si è versato in situazioni che tutti conosciamo.
Il CSI è quello che forse di meno ha subìto questo rischio, certamente non ha operato in condizioni di parità sulla piazza per il servizio che svolgeva. Il dire, come dice il nuovo Statuto, che il Consorzio è un ente pubblico economico, credo non debba significare una pura enunciazione di moda. Spero di tranquillizzare le preoccupazioni del collega Tapparo.
Sarebbe assolutamente inutile fare un esercizio verbale di questo tipo laddove poi la situazione operativa non verrebbe ad essere modificata.
Ritengo che questa affermazione, con tutto quel che segue nel corpo del nuovo testo dello Statuto, significhi che, dopo un periodo di assestamento quello del primo impianto, di operatività, l'Istituto è diventato maggiorenne e può andare per il mondo senza avere bisogno più di grossi paracadute, può operare nella società e nel mercato con le regole che governano questo tipo di attività nella nostra organizzazione sociale.
Non si tratta soltanto di una mera affermazione di principio parlare di managerialità e di imprenditorialità di cui tutti si riempiono la bocca ma soprattutto coloro che lo dicono più forte, sono quelli che pretendono una forma di organizzazione che li assista dal mattino alla sera, che vada a tappare i buchi di bilancio che regolarmente si aprono quando le gestioni non sono economiche. Nel modo di operare e nel modo di essere di questo Istituto si devono tenere presenti le regole del mercato; l'Istituto dovrà operare in termini di costi competitivi e di qualità del prodotto. Questo vuol dire essere un ente economico, un ente che opera sul mercato con caratteristiche d'impresa. Gli altri enti sono enti economici che vivono sotto l'ombrello della Regione, del Comune, dello Stato, delle Partecipazioni statali. Sono un'altra cosa. Si può scegliere che per le particolari caratteristiche di un ente sia giusto che sia così.
La Regione in questo caso ha fatto giustamente una scelta diversa, una scelta stimolante per coloro che operano all'interno dell'ente come amministratori o come tecnici. Con questo nuovo Statuto potranno cimentarsi in condizioni di parità di doveri e di diritti, quindi con una struttura organizzativa e con delle condizioni di operatività che non sono quelle dell'apparato pubblico che vengono sempre bistrattate, ma quelle dell'apparato del mercato.
Ciò non vuol dire - è bene sottolinearlo con la matita rossa e blu che gli enti pubblici si disinteressano di questo ente. E' un Consorzio costituito dalla Regione, dagli enti locali, dall'Università e potranno parteciparvi quegli altri enti pubblici e privati che lo vorranno. La struttura rimane invariata, quindi c'è un rapporto preferenziale da parte degli enti pubblici che hanno partecipato e che partecipano a questo ente quindi un minimo di garanzia c'è ed è nostro interesse che questo rapporto rimanga. Sicuramente a questo ente si trasferiranno da parte della Regione i rapporti che erano in capo al vecchio ente. Quindi, una situazione di questo tipo permarrà ma, per quanto riguarda il modo di operare e di essere di questo ente, bisognerà fare riferimento più a quella attività che è di un'impresa vera e propria che si occupa di un prodotto. Certo l'informatica non vuol dire produrre saponette o lacci da scarpe. Darei per scontato un discorso di aggiornamento, di ricerca, di impulso dall'ente alla Regione e agli enti locali e viceversa da questi all'ente. Non vorrei che questo servisse ad aggirare il discorso fondamentale e che si dicesse: "siccome l'ente svolge attività che non sono proprie di un'azienda o di un'impresa, potrà avere vantaggi e operare in condizioni diverse". Questo significherebbe tornare alla situazione pregressa. Sono convinto che non sarà così. Sarà un appuntamento e una sfida importante, per gli enti locali e soprattutto per il Consorzio, cimentarsi attraverso le nuove strutture societarie che dovranno ricordare di essere sì una struttura di servizio per gli enti pubblici, ma di essere anche una struttura economica per la qualità alta del suo prodotto e per un costo concorrenziale rispetto ai propri omologhi di mercato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Signor Presidente, farò una breve dichiarazione di voto a nome del Gruppo DC ricalcando la relazione della collega Fassio, che mette in evidenza le novità introdotte da questo nuovo Statuto che lo rendono più attuale rispetto ai tempi che viviamo e più aderente alla realtà socio economica ed istituzionale.
Esiste un'esigenza di maggiore attenzione ai problemi della ricerca scientifica che sono connaturati con questo ente. Non si capirebbe infatti, la presenza nel Consorzio degli Atenei piemontesi se appunto non finalizzata alla continua e costante ricerca scientifica, alla capacità di continuare a proporre soluzioni di avanguardia. Siamo stati nel passato tra le forze politiche più attente a vedere come il CSI si è collocato e abbiamo tentato di cogliere alcuni errori della sua politica, comunque, mai siamo venuti meno alla puntuale definizione di quegli aspetti positivi che l'ente ci ha proposto. Uno di questi è sicuramente l'attenzione alla ricerca scientifica, a quel lavoro per il futuro per cui questo ente ha avuto dei riconoscimenti dalla nostra Regione, ma anche da altre Regioni italiane.
Da questo punto di vista, il consolidamento del rapporto con gli Atenei piemontesi è una svolta significativa per individuare il CSI come ente pubblico che potrà ottenere il riconoscimento da parte del Presidente della Repubblica. Questo può voler dire la possibilità di accedere a risorse nazionali in modo più completo e senza trascurare questo aspetto che ha la sua importanza.
Questa scelta va nel senso di quanto abbiamo sempre richiesto. In passato siamo stati critici sul tipo di gestione dell'ente nonché sulla scarsa capacità che, in qualche momento, ha dimostrato nel collocarsi sul mercato del settore dell'informatica poiché immaginava di avere alle spalle la Regione che, come socio di maggioranza, copriva comunque i problemi di gestione e comunque garantiva il pareggio del bilancio.
Non solo nelle passate legislature, ma anche in quest'ultima, da quando in Regione il governo è pentapartitico, come Assessore responsabile dell'organizzazione del settore informatico, in qualche passaggio ho avuto la sensazione di un'esigenza di forzare su un impegno regionale per colmare vuoti che comunque andavano colmati.
Le correzioni statutarie proposte possono marcare una imprenditorialità e una gestione da un punto di vista economico più forti e più attente affinché, nel confronto e nelle verifiche, il CSI possa uscire vincente.
In passato ci ha preoccupati il numero relativamente basso degli enti pubblici consorziati nel CSI. Ci auguriamo che futuro sia sempre più positivo e che il CSI possa offrirsi come punto di riferimento per gli enti pubblici del Piemonte.
Voglio ringraziare i Gruppi di opposizione e segnatamente il Gruppo comunista che su questo Statuto ha lavorato con impegno, la Giunta l'Assessore, i Gruppi di maggioranza e i colleghi che fanno parte dell'VIII Commissione. Si può dire che il governo e il parlamento regionale, nel confronto che è stato fatto - anche su quest'ultimo emendamento, sul quale nella tarda mattinata ci siamo soffermati, e che ha avuto nella intuizione dell'Assessore la soluzione rappresenta il segno che, quando ci si colloca senza strumentalità sui problemi, questi si possono risolvere con il consenso più ampio dell'aula, cosa che non dispiace. Voglio per ringraziare la Giunta e le forze di maggioranza perché hanno dimostrato una grande disponibilità e un grande impegno per consentire, attraverso questo nuovo Statuto - consentitemi di sottolineare questo aspetto, che questa mattina sembrava non chiaro - che il CSI possa guardare al futuro con maggior serenità senza la tensione che abbiamo dovuto registrare non solo rispetto all'elemento finanziario del bilancio, ma anche rispetto al suo ruolo e perché possa continuare ad essere, nel settore dell'informatica all'avanguardia nella nostra Regione.



PRESIDENTE

Ha così termine la discussione generale.
Sono stati presentati alcuni emendamenti.
Emendamento presentato dall'Assessore Vetrino: al penultimo punto delle premesse della deliberazione si aggiunge: "considerato che occorre contemperare gli elementi innovativi del nuovo Statuto con la necessità di dare una continuità al Consorzio".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 32 voti favorevoli e 1 astensione.
Emendamento presentato dall'Assessore Vetrino: al dispositivo della deliberazione è aggiunto un secondo punto: "- di autorizzare il Presidente della Giunta regionale, o, in caso di sua assenza o impedimento, il Vicepresidente, ad intervenire nella stipulazione del rinnovo - per dieci anni - della convenzione n. 22993, dell'1/3/1977 e successive proroghe, a norma dell'art. 1 della L.R. 48/75".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 34 voti favorevoli e 1 astensione.
Emendamento presentato dai Consiglieri Reburdo, Ala, Staglianò e Montefalchesi: Allegato Statuto - Art. 4 far precedere al testo riportato il seguente comma: "Il Consorzio tra le sue finalità esclude l'intervento in settori che abbiano diretta o indiretta attinenza alla ricerca e produzione bellica e interventi sul campo energetico che prevedono il ricorso alla produzione di energia nucleare".
La parola al Consigliere Reburdo per l'illustrazione.



REBURDO Giuseppe

Personalmente, e con me anche i colleghi Ala, Staglianò e Montefalchesi, che hanno firmato con me alcuni emendamenti, non avendo potuto partecipare ai lavori dell'VIII Commissione, non siamo in grado di sapere se, nell'ambito della stesura dello Statuto, si sia tenuto conto del dibattito avvenuto in Consiglio in occasione della deliberazione che provvisoriamente, posticipava la data per l'avvio del nuovo Consorzio. Nel dibattito in Consiglio c'era stato un confronto abbastanza serrato tra alcuni di noi proprio sulla base della valutazione positiva del ruolo che il CSI ha svolto sul piano della ricerca e della prospettiva che, un ente come questo, deve svolgere in un settore così importante e strategico, dal punto di vista produttivo e scientifico della nostra Regione. Avevamo sollevato una questione circa l'avvio di una collaborazione tra il CSI e un'importante industria qualificata nel campo militare, l'Aeritalia. Come diceva il Consigliere Tapparo nell'ambito del laboratorio di intelligenza artificiale, un supporto importante di sperimentazione era dato dall'accordo tra il CSI e l'Aeritalia.
E' risaputo - ed è stato ribadito - ho qui la fotocopia di un articolo pubblicato sulla rivista "Terzo mondo informazioni" del Movimento Sviluppo e Pace, organismo collegato anche alla politica della Diocesi torinese in campo missionario - che è stato fatto un elenco definito "produttori di morte all'appello". Tra questi produttori di morte compaiono la Fiat Iveco la Fiat Aviazione, la Gilardini, la Sepa, la F.lli Borletti e compare, come elemento inevitabile, l'Aeritalia che, come sappiamo, è all'avanguardia nella produzione spaziale ed aerea di sistemi d'arma altamente qualificati e sofisticati. Recentemente si è letto che all'Aeritalia era stata richiesta la produzione del più avanzato aereo cacciabombardiere, il cosiddetto "Esac", la cui qualità e precisione deriva dall'applicazione dei sistemi di intelligenza artificiale. Sapendo che il 90% della produzione a Torino dell'Aeritalia è nel settore militare, è evidente il sorgere di un problema. Dal punto di vista etico, ma l'etica è anche politica, ci si domanda se la struttura pubblica debba farsi coinvolgere in un impegno di questo genere, di una valenza così esposta, quando, attorno alla questione dell'industria della produzione bellica, è in corso una forte campagna a partire dal mondo cattolico, proprio per ottenere una legge che, in qualche modo, renda trasparente questa situazione. Sulla base di questo c'è una polemica condotta da una serie di organizzazioni cattoliche nei confronti del Parlamento che ha bloccato la legge all'interno del Comitato ristretto appunto, della Camera, che avrebbe dovuto, con una certa rapidità, dare una risposta alle varie richieste su questa questione; ovvero, sulla produzione e sul commercio delle armi. La Regione Piemonte con questa operazione senza tenere sufficientemente conto delle implicanze di ordine politico ed etico che questo comportava, si è esposta formalmente ad un'iniziativa di carattere strettamente militare. Chiediamo, con la forza necessaria coerenza nel limite del possibile, al fatto che venga posta una rete di protezione per il nostro sistema di presenza della Regione, in un campo così esposto come quello tecnologico e scientifico. Una rete di protezione nell'ambito della ricerca di carattere militare, uno degli elementi sui quali si punta in modo più organico per avviare tali iniziative politiche.
Ci troviamo all'interno di un processo di rilancio tecnologico degli armamenti partendo dal fatto che, proprio recentemente, è stato presentato un aereo chiamato bombardiere come arma totale. Questi accordi vengono fatti da Reagan e Gorbaciov su tipi di armamenti superati mentre si apre un processo nuovo di rinnovamento tecnologico, scientifico e sofisticato degli armamenti. Sotto questo aspetto, c'era stato un impegno del Vicepresidente della Giunta nell'ambito del dibattito svoltosi, di raccogliere un nostro emendamento come raccomandazione. Abbiamo presentato un emendamento all'art. 4 della deliberazione con il quale diamo "corpo e gambe" ad una proposta che potrebbe essere accolta dal Consiglio regionale come elemento di attenzione ad un dibattito più generale che sta avvenendo. In quest'aula abbiamo approvato un documento per chiedere al Parlamento di regolamentare il problema dell'industria della produzione bellica; è comodo approvare un documento che impegna gli altri, ma quando si tratta di impegnarci personalmente, si tende a sfuggire. Faccio un appello, per quello che può contare, su un problema di un certo rilievo e contenuto.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dai Consiglieri Reburdo, Ala Staglianò e Montefalchesi.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 3 voti favorevoli, 21 contrari e 8 astensioni.
Emendamento presentato dal Consigliere Valeri: Allegato Statuto - al termine dell'art. 4 aggiungere il seguente comma: "Il Consorzio esclude dalle sue finalità ogni intervento in settori che abbiano diretta attinenza alla ricerca e produzione bellica".
La parola al Consigliere Valeri per l'illustrazione.



VALERI Gilberto

Abbiamo presentato un emendamento relativo alla materia affrontata dal collega Reburdo. Il nostro si differenzia perché, nel negare qualsiasi coinvolgimento del CSI in programmi bellici, consente che esso possa essere interessato a partecipare a programmi attinenti il campo energetico e il superamento delle attuali tecnologie nucleari in questo settore.
Abbiamo cioè sentito l'esigenza di proporre al Consiglio l'introduzione di una norma statutaria che esplicitamente escluda ciò che non era previsto negli scopi originari che mossero la Regione Piemonte a deliberare l'istituzione del CSI. L'emendamento che presentiamo recita: "Il Consorzio esclude dalle sua finalità ogni intervento in settori che abbiano diretta attinenza alla ricerca e produzione bellica". Stiamo vivendo il processo di superamento della contrapposizione frontale tra i due blocchi militari Est Ovest. Non mi dilungo sugli auspici di ognuno, ma sullo sviluppo ulteriore di questo processo. Richiamo l'attenzione dei colleghi sul fatto che, con questo emendamento, non viene tolto o aggiunto nulla a quanto previsto nella carta originaria del CSI. Non ci si propone quindi di intervenire più o meno surrettiziamente nel destino dei programmi militari del nostro Paese, i quali hanno un loro percorso certamente indipendente e separato nell'ambito decisionale regionale. Ciò che intendiamo escludere, se il Consiglio sarà d'accordo, è che surrettiziamente non si accorpi a quei programmi uno strumento nato con tutt'altri scopi. Sancire con chiarezza che il CSI non ha nulla a che fare con quei programmi, non sottrae nulla alla determinazione totale di quei programmi; esclude unicamente che vi sia, da parte della Regione Piemonte, sia in termini politici che in termini operativi, un coinvolgimento improprio, non voluto e non deliberato. Ribadisco, inoltre, che nel nostro emendamento non facciamo riferimento ad azioni indirette e, quindi, difficilmente classificabili bensì ad azioni che abbiano una diretta attinenza con i programmi militari.
Ci auguriamo che vi sia sensibilità da parte degli altri Gruppi nell'accogliere un'esigenza che va incontro ad un valore fondamentale del fare politica nel nostro tempo, coincidente con le aspirazioni che muovono i movimenti pacifisti e giovanili che sono in atto anche nel nostro Paese.
L'elevare ampiamente la capacità tecnica e scientifica dello strumento operativo della Regione, degli Atenei e degli enti locali piemontesi come il CSI e l'escludere che essa possa essere usata per scopi diversi da quelli per i quali tale struttura è stata pensata e creata, ci sembra un atto necessario e di previdente intelligenza.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dal Consigliere Valeri.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 10 voti favorevoli e 22 contrari.
Emendamento presentato dai Consiglieri Reburdo, Ala, Staglianò e Montefalchesi: art. 4 bis - dopo le parole "n. 48" aggiungere: "salvo quanto previsto dall'accordo CSI-Aeritalia".
La parola al Consigliere Reburdo per l'illustrazione.



REBURDO Giuseppe

Credo sia il primo caso in Italia che il Piemonte, prima Regione in Italia, decide con questo voto di essere esplicitamente coinvolta in operazioni di ricerca e di produzione bellica.
Mi permetto di leggervi un piccolo elenco della rivista "Terzo Mondo Informazione" espressa dal Movimento Sviluppo e Pace che ha fatto un elenco denominandolo "Produttori di morte all'appello". Proporrò a questa rivista di inserire anche la Regione Piemonte che ha formalizzato qui, sapendo che esisteva questa situazione, il fatto dell'entrata a piene mani all'interno del processo di ricerca e di produzione bellica. Questo appello lo faccio per una pura testimonianza, nient'altro, quindi non mi rivolgo sostanzialmente a nessuno. Questo l'elenco dei "produttori di morte": Fiat Iveco, Fiat Aviazione, Gilardini, Sepa, Fratelli Borletti, Misar, Varsella Iveco Aico, Snia, BP, Beretta, Intermarine, Elettronica, Rodriguez Otomelara, Aeritalia, Avio e avanti di questo passo.
Siccome è risaputo, ed è stato esplicitamente qui non smentito, perch non smentibile, che l'accordo tra il CSI e l'Aeritalia è un accordo rivolto al militare; presentiamo un emendamento che chiede la non continuità di questo tipo di accordo.
L'atto che la maggioranza di questo Consiglio ha compiuto va esattamente nel senso opposto dello spirito dello Statuto della nostra Regione e del sentire comune. In questo Consiglio regionale, diversamente che nella stragrande maggioranza dei Consigli regionali delle altre Regioni, queste sensibilità e queste antenne non ci sono. Ne prendo atto non con sorpresa, ma soltanto per constatarlo perché rimanga agli atti.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Credo che l'intervento del Consigliere Reburdo meriti considerazione da parte della Giunta. Non vorrei che si tendesse a far risalire all'assemblea responsabilità che, in questo settore, non le competono.
Attraverso l'art. 6 abbiamo individuato le finalità di questo Consorzio. Il Comitato tecnico-scentifico, il quale a suo tempo aveva deciso l'accordo con l'Aeritalia, è espressione di tutti gli enti consorziati includendo anche le Università e il Politecnico. E' dunque compito del Comitato tecnico-scientifico formulare delle proposte e dei pareri in modo tale da assicurare che le attività del Consorzio siano adeguate alle esigenze applicative degli enti consorziati.
In questo senso a me non sembra di poter porre limiti di questo tipo al Comitato scientifico e all'assemblea consiliare del Consorzio. Starà alla loro responsabilità individuare, appunto, quali debbano essere le estensioni eventuali di un campo applicativo che oggi, così come è formulato nella nostra richiesta, non si potrebbe quasi intravedere. I compiti sono ben precisi.
A me sembra che non siamo in grado di assumere, attraverso questo Statuto, una decisione di questo tipo. Tra l'altro, nel momento in cui riconosciamo all'ente l'esigenza di spaziare nei campi strettamente indicati e perseguiti finora, emerge la responsabilità del Comitato scientifico. Ho trasmesso, a suo tempo, gli atti del nostro dibattito, i quali sono stati stampati in migliaia di copie dalla rivista del CSI.
Quindi, attorno a questo tema, e al tema che ha evidenziato il collega Reburdo, c'è stata la massima informazione e la massima attenzione da parte del Comitato che ha proposto alla Giunta il testo che abbiamo oggi emendato. Ripeto, non mi sento di porre il Consiglio regionale di fronte a questa precisa indicazione di limitazione o estensione di un campo applicativo che, nell'ambito degli scopi e delle finalità del Consorzio verrà poi gestito dal Comitato scientifico. I membri sono nominati da noi con quella giusta considerazione dei valori, compresi questi, certamente importantissimi, che ha evidenziato il Consigliere Reburdo, il cui spirito pacifista è noto, ma credo che tutti qui abbiamo uno spirito pacifista.
Nessuno di noi è pronto a dichiararsi per la guerra, siamo qui, come amministratori regionale, come Consiglieri regionali, per difendere alcuni valori, certamente quello della pace e il valore universale della pace.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Ritengo di dover intervenire in successione con l'illustrazione fatta dal collega Valeri perché mi sento stimolato dall'intervento che il collega Reburdo ha svolto relativo a due punti: quello di merito e una grande preoccupazione. Questa era l'occasione in cui il compito politico poteva essere esercitato, invece si trascura l'occasione. Questa è la giusta preoccupazione per uno strabismo che vede le affermazioni da un lato e dall'altro le pratiche che, per forza delle cose e al di là delle volontà dei soggetti, si producono e non interrompono mai la catena. Credo, a nome del Gruppo comunista, di dover dare a queste questioni una risposta e lo farò rapidamente cercando di distinguere, perché una distinzione serve se non è un'operazione che evita il punto politico a cui si riferiva il collega Reburdo, ma può ricollocare una questione che non può essere lasciata cadere, anche nel caso in cui non passasse questo emendamento allo Statuto. Se guardiamo la questione con coscienza e con consapevolezza del divenire dei grandi problemi del mondo, ci troviamo un po' dissociati perché da un lato le compatibilità, i mercati, i lavori, le attività persino nel caso del CSI, si trovano agganciati alla ricerca bellica.
Dall'altro lato siamo integrati su una strada data, contro cui non c'è altra leva che quella della volontà politica per segnare nuove agende smentire vecchie compatibilità, individuare nuove strade. La stessa dicotomia tra ambiente e lavoro, non si pone come termine di questo genere? Ringrazio il Consigliere Reburdo e gli altri che hanno firmato l'emendamento e di aver sollevato la questione. Ammetto che il dialogo e la dialettica sono fecondi. Abbiamo francamente molta riluttanza, reticenza e timore ad intervenire su accordi e lavori in corso sapendo con quanta fatica il CSI ha saputo nel passato trovarsi spazi applicativi che ne qualificassero la presenza non solo di mera committenza regionale. Capisco la logica degli stessi amministratori.
Avevamo pensato di proporre un emendamento che incominciasse con il dire no alla partecipazione diretta alla ricerca bellica. Se quell'emendamento non passa per le ragioni che ha motivato la Giunta e che non mi hanno convinto, credo che si possa avanzare la proposta di una verifica in sede di Commissione per capire che cos'è questo accordo CSI Aeritalia. Intanto voglio capire perché è avvenuto, perché ha quella valenza, quel senso di esplicazione, di lavoro importante per il CSI.
Questa è la leva per fare intervenire il Consiglio, per dare degli indirizzi che non possiamo rimandare al Comitato scientifico o al Consiglio di amministrazione perché le loro logiche devono essere, giustamente all'interno di un quadro dato per decidere, a costo di battersi molto di più di quanto si sia fatto per cercare altri sbocchi ed altri collegamenti perché non ci sia l'apparentamento tra un ente strumentale che è il migliore dei nostri enti strumentali regionali, sotto tanti punti di vista e le ricerche e gli interventi di natura bellica.
Se c'è questa disponibilità, si doveva cogliere adesso, e aveva un senso, ma ciò non toglie che su questa questione si ritorni a ragion veduta, discutendone, definendo un atteggiamento. Credo che questo sia giusto farlo, anche offrendo, a chi opera all'interno del CSI amministratori o tecnici, non solo il giudizio politico e quel respiro di programmi, quel respiro di campi, quel modo di vedere come le applicazioni che vengono talvolta usate bellicamente possono essere indirettamente, per fortuna, contenute e limitate all'ambito della ricerca civile.
In questo senso, facendo nostre le preoccupazioni del Consigliere Reburdo a nome del Gruppo, ringraziamo lui e chi con lui ha sollevato la questione. Al di là dello Statuto, intendiamo assumere, presso le competenti Commissioni, un'iniziativa per verificare una proposta che speriamo di poter discutere con i colleghi delle altre forze politiche per definire un orientamento politico, non amministrativo, non tecnico.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dai Consiglieri Reburdo, Ala Staglianò e Montefalchesi.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 3 voti favorevoli, 21 contrari e 6 astensioni.
Emendamento presentato dall'Assessore Vetrino: all'art. 18, primo comma, sopprimere alla nona riga le seguenti parole: "secondo le proporzioni di cui al primo punto".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 34 voti favorevoli e 2 astensioni.
Emendamento presentato dall'Assessore Vetrino: alla prima riga dell'art. 23 dello Statuto, l'espressione "al momento della costituzione" è sostituita dalla seguente: "al momento del rinnovo".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 31 voti favorevoli, 1 contrario e 4 astensioni.
La parola al Consigliere Reburdo per dichiarazione di voto.



REBURDO Giuseppe

Sono dissenziente all'interno del Gruppo comunista e questa dichiarazione di voto la faccio anche a nome del collega Montefalchesi.
Voteremo contro questa deliberazione perché in essa sono contenuti elementi che stravolgono, nella sostanza, il comportamento, l'atteggiamento e la tradizione della Regione Piemonte in materie di grande delicatezza. Su tali materie si misura, più che su tanti altri problemi, il livello di sensibilità e disponibilità ad istanze che al di là delle logiche di partito e di potere, caratterizzano la vita della nostra società e, al di là dei partiti, delle ideologie e delle culture.
Ho già detto che altri Consigli regionali hanno discusso con grande attenzione e sensibilità queste questioni comprendendo che il problema ha risvolti politici, economici ed etici; quindi, non contano o non dovrebbero contare gli schieramenti di partito, gli organi di gruppo politico, le imposizioni delle segreterie, ma dovrebbero contare le coscienze degli eletti. In Parlamento, per fortuna, esistono culture, sensibilità, valenze etiche, che dimostrano come non sempre il Parlamento sia arretrato mentre molte volte, nelle espressioni più vicine alla partecipazione dei cittadini, ossia nelle istituzioni locali, si verificano insensibilità e indisponibilità che sono di grande pericolosità. Non voglio con questo fare prediche a nessuno, parlo per me stesso e per il collega Montefalchesi.
Ricordo che, a proposito di questa questione, sollevai un'interrogazione per sapere se era vero che esisteva questo accordo. Avemmo difficoltà allora ad avere i termini reali della questione. Era un accordo che veniva mantenuto con la prudenza necessaria a coprire delle valenze di ordine politico, di compromissione politica che l'accordo CSI-Aeritalia comportava. Ringrazio la sensibilità del Vicepresidente, signora Vetrino che ha voluto con correttezza interloquire su una questione rispetto alla quale altri non hanno voluto, per comodo, interloquire; ringrazio anche perché prima di tutto esistono delle sensibilità umane che vanno colte, ma che molte volte non vengono colte dalla maggioranza di questa legislatura all'interno della quale, purtroppo, questi problemi non hanno alcuna o hanno scarsa valenza.
Come dice il Capogruppo Bontempi, su queste questioni non possiamo demandare a tecnici, anche se illuminati, la soluzione di problemi che vertono decisioni di ordine strettamente politico. Sono certo che, nella nomina del Comitato scientifico, non ci saranno le garanzie dovute perch questo problema venga affrontato con la sensibilità necessaria. Nel campo della scienza e della ricerca presso le Università esistono fortunatamente, culture e sensibilità diverse, quindi la rete di protezione che il Vicepresidente Vetrino auspica penso che, purtroppo, non possa che espropriare questo Consiglio regionale della decisione politica che gli compete come ente maggioritario.
Quindi, con il Consigliere Montefalchesi darò voto contrario a questa deliberazione, al di là dei problemi che questo comporta. Ringrazio ancora oltre che il Capogruppo comunista, anche il Vicepresidente Vetrino.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, possiamo passare alla votazione della deliberazione nel testo modificato.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 33 voti favorevoli, 4 contrari e 3 astensioni.


Argomento: Assestamento di bilancio

Esame progetti di legge n. 442: "Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1988"; n. 438: "Assestamento al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1988: Parco naturale dell'Argentera Parco naturale del Sacro Monte di Crea - Parco naturale delle Lame del Sesia - Azienda Regionale dei Parchi Suburbani (Venaria Reale) - Parco naturale dei Laghi di Avigliana" e n. 443: "Modificazioni della L.R. 9/6/1988, n. 28"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 442 di cui al punto 6) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Santoni che ha pertanto la parola.



SANTONI Fernando, relatore

Illustre Presidente, colleghi Consiglieri, l'assestamento del bilancio di previsione per l'anno 1988, che questo Consiglio si accinge a esaminare non consente certamente esercizi di fantasia per individuare iniziative di investimento di maggiori risorse disponibili né consente valutazioni di efficacia e di efficienza delle iniziative già intraprese, o previste in bilancio, in quanto alcune di esse sono finanziariamente ridimensionate o soppresse.
Si tratta infatti di un'operazione in riduzione, che ridimensiona non solo le speranze nutrite sulla futura maggiore disponibilità di risorse, ma riduce alcuni degli stanziamenti di spesa già iscritti a bilancio e ne peggiora la situazione finanziaria complessiva.
La mancata approvazione della nuova legge sulla finanza regionale ha determinato incertezze ed incongruenze nel comportamento dei Ministeri interessati, le quali si sono riflesse ad esempio nella determinazione dell'ammontare del fondo comune, che non venne inizialmente integrato nell'attesa di conoscerne la nuova composizione, che avrebbe dovuto essere stabilita dalla legge di riforma della finanza regionale per rifinanziarlo.
Questa circostanza determinò nel mese di giugno di quest'anno una presa di posizione della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, cioè dell'organo rappresentativo delle Regioni a Statuto ordinario, delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Nell'ordine del giorno approvato le Regioni prendevano atto che la quantificazione del fondo comune in base ai parametri originari indicati dall'art. 8 della legge n. 281/70 ne determinava l'ammontare in un importo inferiore di alcune centinaia di miliardi rispetto a quello assegnato alle Regioni nel 1987; consideravano che ciò è in contrasto con gli impegni assunti dal Governo, in sede di presentazione del bilancio 1988, di incrementare detto fondo in misura pari al tasso programmato di inflazione ed inoltre constatavano: che non è stata prevista l'assegnazione alle Regioni per il 1988 dell'entrata sostitutiva dell'ILOR; che il Fondo Nazionale Trasporti è stato aumentato solo del 4%; che si sono riscontrati notevoli ritardi nel disporre i movimenti di cassa richiesti dalle Regioni sui propri conti correnti, trattenuti presso la Tesoreria centrale; infine chiedevano al Governo la tempestiva emanazione di provvedimenti di carattere urgente rivolti a risolvere con immediatezza i suddetti problemi ma soprattutto minacciavano di non presentare la legge di assestamento dei loro bilanci di previsione, misura che, se attuata dal punto di vista istituzionale, sarebbe stata di notevole gravità.
Il risultato pratico che si è ottenuto è stato quello del congelamento del fondo comune a livello dell'ammontare assegnato nell'esercizio 1987.
Ma vediamo qual era la situazione finanziaria della nostra Regione con l'approvazione del bilancio di previsione per l'esercizio 1988; quali sono state le conseguenze sulla medesima dei risultati del rendiconto esercizio 1987 e in che cosa consiste l'operazione di assestamento.
L'impostazione del bilancio 1988 doveva rispondere anzitutto a due esigenze: 1) proseguire nell'azione di risanamento della finanza regionale intrapresa da alcuni anni con lo scopo di raggiungere una situazione di sostanziale effettivo equilibrio non solo contabile 2) consentire, nonostante una situazione finanziaria difficile, di poter svolgere un minimo di attività programmatoria e non adagiarsi in una mera sopravvivenza istituzionale.
In funzione della prima esigenza si sono ridotti nella misura del 30% gli stanziamenti complessivi finanziati da risorse non vincolate di tutti gli Assessorati, prendendo come riferimento le disponibilità del bilancio assestato dell'esercizio 1987; la disponibilità in risorse libere del bilancio di previsione per l'anno 1988 è dunque pari al 70% dell'ammontare corrispondente del bilancio assestato 1987.
Per rispondere alla seconda esigenza, si è stabilito che le risorse liberamente disponibili dovessero ammontare almeno a 180 miliardi, per consentire un minimo di attività programmatoria, e poiché i dati a disposizione al momento della predisposizione del bilancio di previsione per il 1988 avevano consentito di stimare in soli 110 miliardi l'ammontare delle risorse regionali da destinare alla copertura delle spese discrezionali, si è stabilito di incrementare tale somma di 70 miliardi procedendo alla sovrastima di alcune entrate e alla sottostima di alcune uscite; in particolare si sono sottostimate le uscite relative alle spese di funzionamento dell'ente, le reimpostazioni e i residui perenti.
Naturalmente, il disegno perseguito era sorretto dalla fiducia nella disponibilità successiva di risorse aggiuntive ed era articolato in tre fasi: la predisposizione del bilancio di previsione iniziale, che assumeva il carattere della presa d'atto di una situazione finanziaria particolarmente difficile; successivamente l'auspicato verificarsi di una manovra di recupero, derivante da alcuni elementi essenziali, quali: una più approfondita conoscenza dei risultati del rendiconto dell'esercizio 1987; il testo definitivo della legge finanziaria per l'anno 1988; la conclusione di alcune operazioni finanziarie già avviate, come la rinegoziazione a tassi più convenienti di una parte dei mutui già contratti. La fase conclusiva sarebbe stata quella dell'assestamento del bilancio, considerato il momento del riequilibrio e del ricollegamento dell'insieme dei dati nel bilancio.
Purtroppo alcuni di questi presupposti non si sono verificati, per cui l'intera manovra ha subito effetti negativi ed è degenerata in lungaggini non previste; d'altra parte l'attività regionale, a costi sempre crescenti non ha retto all'impietosa decurtazione di risorse, per cui è stato necessario incrementare, con apposite variazioni di bilancio, taluni stanziamenti di spesa come, per esempio, la dotazione complessiva dell'area di attività, che è finanziata quasi esclusivamente con risorse non vincolate, è stata incrementata di 7 miliardi circa.
Con la chiusura del conto consuntivo dell'esercizio 1987 si sono dovuti aggiornare i dati dell'avanzo finanziario, dei residui sia attivi che passivi, e delle reimpostazioni dei fondi statali a destinazione vincolata per iscriverli in misura definitiva conforme ai risultati del conto consuntivo. Così l'avanzo finanziario si è dovuto ridurre di 800 milioni circa, i residui attivi si sono ridotti di 7.243 milioni e i residui passivi sono inferiori di quelli risultanti al momento dell'assestamento di 60,3 miliardi, che vanno a costituire, per la maggior parte, altrettante economie di spesa da reimpostare nel bilancio dell'esercizio 1988, in quanto derivati da stanziamenti finanziati con fondi statali a destinazione vincolata.
Le reimpostazioni infatti alla chiusura dell'operazione di rendicontazione dell'esercizio 1987 risultano ammontare a 828 miliardi circa, cui si deve aggiungere un certo numero di reimpostazioni relative all'esercizio 1986, che erano state fatte slittare al bilancio 1988 anziché essere reimpostate nel bilancio 1987.
Con l'operazione di assestamento si è stabilito che le somme da reimpostare devono ammontare complessivamente a 804 miliardi circa, mentre una ulteriore cinquantina di miliardi viene fatta slittare all'esercizio 1989.
L'operazione di assestamento, oltre all'adeguamento dei vari elementi ai risultati del rendiconto generale dell'esercizio 1987, ha avuto come scopo di recuperare risorse non vincolate, al fine di mantenere entro limiti accettabili lo squilibrio, che in prospettiva si delinea per il 1988. Così, nell'iscrivere nuove spese corrispondenti a nuove o maggiori assegnazioni statali a destinazione vincolata, si è proceduto ad una iscrizione soltanto parziale dell'assegnazione statale di 62.500 milioni destinata al risanamento e alla tutela del bacino idrografico del fiume Po la cui obbligazione sicuramente non si risolverà interamente entro la fine dell'esercizio, per cui sono stati iscritti nello stato di previsione della spesa soltanto 36 miliardi, recuperando così 26,5 miliardi.
Questa operazione che determina la creazione di una cosiddetta partita zoppa, in quanto in questo esercizio una parte delle entrate non viene utilizzata per la destinazione cui è vincolata, mentre nel prossimo esercizio sarà iscritta la rimanente parte della spesa che non avrà più la relativa copertura finanziaria, è consentita dalla legge di contabilità regionale n. 55/81.
Un altro recupero di risorse libere si è ottenuto attraverso una riduzione delle previsioni di spesa su alcuni capitoli alimentati da risorse non vincolate, per un ammontare complessivo di 11.230 milioni, cui diversi Assessorati hanno contribuito nella seguente misura: il Turismo con 1.500 milioni; l'Agricoltura con 500 milioni; le Finanze con 2 miliardi l'Urbanistica con 2.500 milioni; il Personale con 600 milioni; il Commercio con 1 miliardo.
I fondi globali per il finanziamento dei provvedimenti legislativi adottati dopo l'approvazione del bilancio sono stati ridotti di 3.130 milioni complessivamente, tra il fondo globale per le spese di natura corrente (capitolo 12500) e il fondo globale per le spese d'investimento (capitolo 12600); successivamente saranno esaminati i programmi e i progetti che sono stati ridimensionati.
Per intanto sono ulteriori 11.230 milioni recuperati, che insieme ai 26.500 milioni della quota di assegnazione statale non iscritti e ad una maggiore previsione di entrate regionali libere per 11.500 milioni costituiscono un recupero di risorse che ammonta a 50 miliardi circa.
Per quanto riguarda i programmi e progetti dei vari Assessorati, che sono stati ridimensionati per recuperare gli 11 miliardi circa, si pu rilevare che dal progetto relativo agli interventi promozionali per il turismo sono stati dedotti 1.500 milioni, destinati ai contributi costanti di durata non superiore a 15 anni, in relazione a mutui per lo sviluppo dell'offerta turistica; i 500 milioni dell'agricoltura sono stati recuperati da capitoli vari; l'Assessorato alle finanze ha consentito di ridurre di 2 miliardi il capitolo 1000 del bilancio, che riguarda l'acquisizione e la manutenzione del patrimonio immobiliare regionale l'Assessorato all'urbanistica ha invece rinunciato, per il 1988, a 2,5 miliardi delle risorse da destinare alla realizzazione del sistema cartografico regionale, di interesse interassessorile.
Dalle spese del personale sono state decurtate quelle relative alla corresponsione, agli aventi diritto, degli acconti sull'indennità di fine servizio, dovuta dagli Istituti di previdenza, per 500 milioni, e quelle relative agli interventi per l'assistenza al personale, per 100 milioni tutto ciò non ha impedito che alcune voci delle spese per il personale siano aumentate in sede di assestamento come, per esempio, le spese per i compensi per lavoro straordinario prestato dal personale regionale e per i compensi incentivanti la produttività che, a norma del contratto nazionale di lavoro, devono comprendere tutte quelle risorse che si sono risparmiate per lavoro straordinario non effettuato, su quello programmato.
L'Assessorato al commercio ha rinunciato al miliardo di minor disponibilità di risorse con la riduzione di pari ammontare dei contributi in capitale agli enti locali, per investimenti relativi allo sviluppo di strutture della rete distributiva del commercio in Piemonte.
Infine dai fondi globali sono stati recuperati complessivamente 3.130 milioni, con la riduzione della disponibilità finanziaria relativa ad alcuni progetti non meglio identificati.
Quelle finora descritte sono, a grandi linee, le operazioni che hanno caratterizzato l'assestamento del bilancio 1988 che nonostante l'incremento delle entrate per 128.650 milioni circa, di cui 117.879 milioni rappresentate da assegnazioni statali a destinazione vincolata, ha dovuto caratterizzarsi come un'operazione contabile in riduzione, per quanto riguarda le risorse senza vincolo di destinazione.
Ancora una volta il Governo non ha risposto positivamente a quei segnali che venivano dalle Regioni di voler comunque operare secondo programmi di sviluppo ed alle attese delle Amministrazioni regionali che da anni richiedono maggior autonomia e responsabilizzazione finanziaria.
Quella dell'assestamento del bilancio 1988 è un'operazione che lascia l'amaro in bocca a tutti coloro che vedono nel tentativo di una più incisiva operatività delle Regioni un modo di reagire ad una situazione di indifferenza del Governo e del Parlamento ai problemi finanziari delle Regioni, ed in particolare a coloro che hanno visto rinviare le proprie proposte di intervento ad una situazione finanziaria più chiara e caratterizzata da una maggior disponibilità di risorse, quale poteva essere quella dell'assestamento di bilancio. L'Amministrazione si è resa conto delle difficoltà di dover dire di no a tante proposte di intervento, alcune delle quali avrebbero potuto essere prese in positiva considerazione, anzi di dover chiedere la riduzione della disponibilità di risorse per altri interventi, e proprio nell'intento di mandare un segnale di buona volontà a chi, pur non potendo gestire le risorse, collabora con l'Amministrazione con proposte di intervento dirette ad un maggior sviluppo economico e sociale della Regione, ha adottato il principio che gli stanziamenti di quei capitoli di spesa relativi a proposte di intervento che, da parte della medesima, avrebbero potuto essere oggetto di attenzione operativa fossero lasciati inalterati, affinché, se non potevano essere incrementati almeno non venissero ridotti.
Da parte sua la Giunta regionale si è limitata al massimo la sua possibilità operativa discrezionale se non ai casi in cui l'obbligazione relativa all'intervento posto in essere è in condizione di andare a scadenza entro la fine di questo esercizio. Questa limitazione non è rimasta allo stato di pura intenzione, ma si è concretizzata in un ordine del giorno che recita: "Con decorrenza dalla data odierna, è autorizzata l'assunzione degli impegni sempre che le relative proposte siano in stretta coerenza con quanto stabilito dall'art. 56 ed in particolare dal secondo comma della legge regionale n. 55/81", cioè: "Formano impegni sugli stanziamenti di bilancio per l'esercizio finanziario le somme dovute alla Regione in base alla legge, a contratto o ad altro titolo, a creditori determinati o determinabili, sempre che la relativa obbligazione venga a scadere entro il termine dell'esercizio medesimo". E' una limitazione estremamente rigida che se applicata determina quasi uno stato di inattività dell'Amministrazione; costituiscono naturalmente una deroga gli interventi finanziati con fondi statali a destinazione vincolata.
Credo che questo sia un richiamo estremamente opportuno in una situazione finanziaria di questo tipo laddove si sa che è prassi che soprattutto verso la fine dell'anno pur sapendo di non potere impegnare nel corso dell'esercizio una certa somma, pur di non perderla si mette in garage attraverso un impegno di spesa che nell'anno non potrà certamente essere assunto, ma che appesantisce evidentemente quella che è una situazione finanziaria estremamente delicata e che poi inevitabilmente va ad integrare quel famoso fondo dei residui passivi dell'anno successivo su cui tanto ci intratteniamo. Mi auguro che questo ordine del giorno che è stato approvato dalla Giunta possa avere una concreta e reale applicazione proprio perché non risolverebbe, ma certamente alleggerirebbe, allenterebbe la pressione per quest'anno e ridurrebbe certamente l'entità dei residui passivi per l'anno prossimo.
E' evidente tuttavia che, pur in una situazione di scelte così difficili da compiere, questa operazione di assestamento di bilancio presenta per alcuni settori di attività una maggior disponibilità di risorse, sia per nuove o maggiori assegnazioni statali, sia perché non era possibile non provvedere ad un incremento della disponibilità complessiva delle risorse, avendo la spesa impegnata superato lo stanziamento iniziale.
L'area di attività che, come abbiamo visto, durante il periodo d'esercizio trascorso è stata incrementata di 7 miliardi circa, con l'operazione di assestamento viene ridotta di 1.319 milioni circa. In questa successione di variazioni le spese per il personale complessivamente si incrementano di 806,6 milioni circa, mentre le spese per l'acquisto di beni e servizi si riducono complessivamente di 3.482 milioni; ciò significa che, oltre ai 2 miliardi di riduzione del capitolo 1000, sono state tagliate ulteriori spese per 1.482 milioni.
Relativamente agli enti strumentali, l'erogazione di risorse si incrementa di 600 milioni. Tuttavia, è da ritenere auspicabile che si riveda la politica nei confronti degli enti strumentali, assicurandosi anzitutto che la funzione da loro svolta sia effettivamente quella di braccio operativo della Regione nell'economia esterna, e delineando specificatamente i limiti della loro attività nei piani di attività, che devono essere compatibili con le risorse che il bilancio può loro mettere a disposizione, in un determinato esercizio. Infine, sempre nell'area di attività, sono state incrementate di 425 milioni le spese per le consulenze esterne a favore della Regione, portando le risorse a disposizione per questa attività a 4.785 milioni.
Ho voluto leggere questa parte perché vi era citata l'operazione relativa agli enti strumentali e in particolare quella relativa all'IRES che non aveva trovato piena copertura sul bilancio di previsione in corrispondenza del bilancio IRES e nell'operazione di assestamento invece le cifre sono state riequilibrate in modo da avere perfetta corrispondenza tra le cifre di entrata del bilancio IRES e le cifre di uscita nel bilancio assestato della Regione. Questo è un richiamo che ho fatto perché è un problema che ha occupato la I Commissione anche attraverso un incontro con gli organi direttivi e amministrativi dell'IRES.
Entrando invece nel dettaglio delle variazioni nelle specifiche aree di intervento.
L'area di intervento agricoltura si accresce complessivamente di 19.793 milioni, grazie soprattutto alle assegnazioni statali con vincolo di destinazione, anzi, tenendo conto dei 500 milioni di risorse non vincolate che sono state recuperate, l'incremento di risorse disponibili raggiunge i 20.293 milioni, i queste maggiori risorse ne usufruiscono soprattutto il programma zootecnia, per 1.746 milioni circa; il programma per il potenziamento delle colture pregiate, per 6.934 milioni circa; il programma per la forestazione, per 6.659 milioni circa; il programma per la bonifica e l'irrigazione, per 564 milioni circa; il programma per l'assistenza tecnica di sostegno e di sviluppo delle aziende e delle cooperative agricole, per 7.115 milioni; perde invece una parte della disponibilità delle risorse, per 3.387 milioni, il programma per il riordino fondiario e per la valorizzazione delle zone collinari e montane.
L'area di intervento n. 2 "Attività secondarie e terziarie" perde complessivamente la disponibilità di 35.471 milioni circa, pari al 6,6 circa dello stanziamento non assestato. Il programma per la distribuzione commerciale diminuisce complessivamente all'incirca di quel miliardo di risorse libere, che sono state recuperate, e di cui già abbiamo fatto cenno. Rilevante è la riduzione di risorse disponibili per il progetto "Autobus", che perde 7.881 milioni, mentre complessivamente il programma per i trasporti pubblici e le comunicazioni si riduce di 34.773 milioni circa, influendo su tale ammontare lo slittamento all'esercizio 1989 di una reimpostazione di 26.459 milioni circa, del fondo per il ripiano dei disavanzi d'esercizio delle aziende di trasporto pubblico di persone. Se ne avvantaggia, invece, la spesa per la viabilità ed in particolare quella comunale, che si accresce di 533 milioni circa.
Un notevole incremento di risorse dell'ammontare di 104.902 milioni pari al 12% circa dello stanziamento non assestato, presenta l'area di intervento n. 3 "Gestione ed Assetto del Territorio", anche se di queste maggiori risorse non può usufruirne il programma per la promozione della pianificazione territoriale, che viene ridotto di 420 milioni. Di ben 11.841 milioni è invece l'incremento delle risorse per la realizzazione del programma di intervento sulle infrastrutture di acquedotti, fognature, ed urbanizzazione primaria delle aree destinate ad edilizia pubblica e residenziale, e sono proprio gli acquedotti ad ottenere la quasi totalità dell'incremento, grazie alla reimpostazione di fondi statali non impegnati nella gestione dell'esercizio 1987, ed in particolare dei fondi FIO.
Il programma per l'edilizia residenziale pubblica si incrementa, con l'assestamento di bilancio, di 8.022 milioni circa, di cui 571 milioni circa sono destinati a favore del progetto per l'edilizia sovvenzionata, e 7.343 milioni circa a favore del progetto per l'edilizia residenziale agevolata, ed infine 109 milioni destinati ad accrescere la disponibilità di risorse a favore del progetto per l'edilizia scolastica. Il programma di interventi per i parchi e le riserve naturali si incrementa di 400 milioni di cui 205 milioni sono destinati alla tabellazione, conservazione e valorizzazione, mentre 100 milioni sono destinati a favore della gestione dei parchi e delle riserve naturali suburbane, e 100 milioni vanno a favore del Parco naturale del Sacro Monte di Crea. Relativamente al programma per lo sviluppo del turismo, già abbiamo fatto rilevare che sono state ridotte le risorse non vincolate per 1.500 milioni, che, in definitiva costituiscono la perdita di disponibilità complessiva del programma. Un notevole incremento di risorse è stato invece ottenuto dal programma per la protezione ed il risanamento delle acque, che vede accrescersi la propria disponibilità di 43.662 milioni circa, pari al 10,1% della disponibilità non assestata, soprattutto grazie alla nuova assegnazione statale per il risanamento e la tutela del bacino idrografico del fiume Po, di cui è stata iscritta, a favore di questo programma, una quota pari a 26.124 milioni, e ad una ulteriore reimpostazione di fondi statali a destinazione vincolata per 17.368 milioni circa, relativi ai fondi FIO 1985, per la realizzazione di opere di disinquinamento delle acque. Il programma per lo smaltimento dei rifiuti solidi perde invece 1.023 milioni circa delle proprie disponibilità, di cui 781 milioni circa destinati all'allestimento di discariche controllate, e 234 milioni da impiegare nell'acquisto di attrezzature per il trasporto di rifiuti solidi. Il problema della tutela dell'ambiente naturale ha richiesto un incremento delle proprie disponibilità finanziarie, per 39.557 milioni, di cui 12.621 per contributi in capitale a sostengo dell'utilizzo delle fonti rinnovabili nell'edilizia 25.759 milioni circa per contributi in capitale a favore del contenimento dei consumi energetici nell'agricoltura e nell'industria; 3 miliardi derivanti da una reimpostazione di fondi statali, destinati a far fronte alle spese dirette ad eliminare situazioni di rischio, connesse con le condizioni del suolo. Sul pronto intervento la necessità di maggiori risorse disponibili è limitato a 1.203 milioni circa, di cui 1 miliardo per interventi urgenti, per contributi od indennità per fabbricati danneggiati o distrutti da calamità naturali.
L'area di intervento n. 4 "Servizi sanitari e sociali" si incrementa di 42.565 milioni circa, di cui 29.461 milioni, a favore della sanità derivanti dalle reimpostazioni di fondi statali con vincolo di destinazione, non utilizzati negli esercizi precedenti. Il programma di interventi per la riorganizzazione dei servizi socio-sanitari di base si incrementa complessivamente di 5.668 milioni, di cui 1.386 milioni costituiscono l'incremento della disponibilità finanziaria a favore del progetto per la tutela materna infantile, ed in particolare per la gestione, il funzionamento e la manutenzione degli asili nido. I rimanenti 4.263 milioni circa di maggiori risorse sono assorbiti dalle "altre spese" riconducibili al programma citato, ed in particolare 3.728 milioni dalla gestione dei servizi socio-assistenziali. Gli altri interventi di quest'area hanno richiesto una maggior disponibilità di risorse per 7.436 milioni circa, di cui 7.200 milioni rappresentano il concorso dello Stato nelle spese per l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale per il Piemonte e la Liguria.
L'area di intervento n. 5 "Formazione e Cultura" presenta un incremento molto limitato delle proprie disponibilità finanziarie pari a 183 milioni circa, ma attraverso spostamenti compensativi, al proprio interno, ha ridotto di 1.434 milioni circa le necessità finanziarie per la formazione professionale ed ha incrementato la propria disponibilità di 1.835 milioni per le "altre spese" nel settore delle attività culturali, diminuendo anche di 217,5 milioni la disponibilità per altri interventi, ed in particolare per le attività e le pubblicazioni riguardanti l'educazione permanente e degli adulti.
Con questi brevi accenni si sono delineati i nuovi indirizzi del bilancio assestato, si è indicato come sono state distribuite le maggiori entrate, e quali sono stati i settori sacrificati dai pur necessari tagli degli stanziamenti di spesa. In ogni caso, si tratta di un bilancio che lascia margini limitatissimi ad attività discrezionali della Regione, che non rientrano tra quelle delegate o finanziate dallo Stato, per raggiungere localmente gli obiettivi che si è posto. A questa situazione di inattività per la parte discrezionale, si trovano ormai ricondotte quasi tutte le Regioni a Statuto ordinario, ed è per questo che ognuna di esse deve affrontare il problema delle risorse nei suoi vari aspetti: della certezza della sufficienza e dell'autonomia, che alla fine si traduce in autonomia politica. Devono presentarsi a trattare con il Governo con dati concreti nelle mani, come quelli che possono emergere da un progetto di bilancio che rappresenti i minimi vitali indispensabili per l'attività di un ente come la Regione. E' un progetto che le forze politiche, presenti in questo Consiglio regionale, hanno unanimemente individuato in un ordine del giorno approvato contestualmente al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1988, e che è in corso di attuazione da parte della I Commissione al fine di dotare il Consiglio di un utile strumento di lavoro in occasione dell'esame del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1989.
E' sulla base di dati come questi che, se pur ipotizzati, rispecchiano la realtà della vita dell'ente, che le Regioni dovranno altresì trovare una soluzione comune ai loro problemi finanziari da presentare al Governo soluzione che garantisca quell'autonomia finanziaria affermata dalla nostra Costituzione, che consenta reale autonomia politica ed efficienza istituzionale.
Sulla base degli elementi finora esaminati, nel prendere atto della situazione di estrema difficoltà finanziaria in cui versiamo e nella valutazione positiva degli sforzi dell'Amministrazione per mantenere, in ogni caso, viva e vitale l'iniziativa operativa dell'ente, la maggioranza della I Commissione ha ritenuto l'operazione di assestamento, di cui ci stiamo occupando, conforme sul piano tecnico alla normativa contabile che ne regola l'impostazione e, sul piano politico, ai principi dell'autonomia e della continuità nel perseguimento degli obiettivi di sviluppo sociale ed economico della nostra Regione e, sulla base di questo giudizio positivo la I Commissione invita questa assemblea ad esprimere il suo voto favorevole.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, collegato al provvedimento di assestamento del bilancio, vi sono due disegni di legge e - se mi è consentito - siccome sono trattati contestualmente anche se sono disegni di legge formalmente distinti, faccio una breve relazione anche su questi due. Collegato al provvedimento del bilancio vi è un altro disegno di legge che prevede il trasferimento dell'esercizio '89 di parte dell'accantonamento, sul fondo globale per le spese di investimento dell'ammontare di 10 miliardi, che sono destinati a costituire "il fondo per il finanziamento di interventi per l'innovazione e lo sviluppo". E' pure previsto il trasferimento all'anno 1989 dell'accantonamento di 1 miliardo e 200 milioni sullo stesso fondo globale per le spese di investimento, destinato alla costituzione del fondo straordinario per l'occupazione e lo sviluppo. L'accantonamento complessivo di 16 miliardi e 200 milioni è previsto dalla prima legge di variazione al bilancio di previsione dell'esercizio 1988, e costituisce uno degli elementi qualificanti di questo bilancio, relativamente ai quali era stata impostata tutta la manovra contabile precedentemente vista, che il mancato verificarsi di talune circostanze ha reso più difficoltosa, e ha ritardato nella sua concreta attuazione.
Anche se questo provvedimento può apparire come utilizzo anticipato dei fondi non vincolati dell'esercizio 1989, l'importanza della destinazione di questi accantonamenti, ai fini dello sviluppo economico della Regione, è tale che non può essere abbandonata né che venga meno la continuità della disponibilità di dette risorse. Il provvedimento in questione prevede inoltre, l'incremento di 2 miliardi e 500 milioni dall'autorizzazione di spesa per l'anno 1989, per la realizzazione del sistema cartografico regionale di interesse interassessorile, per cui la disponibilità per l'investimento nell'anno 1989 è di 5 miliardi. Il provvedimento è necessario perché la quota di 2 miliardi e 500 milioni relativa all'anno 1988 è stata annullata con l'operazione di assestamento del bilancio, e le relative risorse, libere dai vincoli di destinazione, sono state utilizzate come quota di 11 miliardi e 230 milioni impiegati a parziale copertura del disequilibrio esistente tra stanziamenti di spesa e risorse disponibili.
Anche in questo provvedimento la I Commissione ha ravvisato il perseguimento delle finalità di carattere politico, economico, contabile dell'Amministrazione e pertanto, avendo in merito espresso un giudizio positivo, invita questo Consiglio regionale ad approvarlo.
Infine, collegato con l'assestamento del bilancio regionale è il disegno di legge n. 438 che approva l'assestamento del bilancio di previsione dei seguenti Parchi: Parco naturale dell'Argentera, Parco naturale del Sacro Monte di Crea, Parco naturale delle Lame del Sesia Azienda Regionale dei Parchi suburbani (Venaria Reale), Parco naturale dei Laghi di Avigliana, che devono essere allegati all'assestamento del bilancio regionale. La I Commissione, pur riconfermando la necessità di una revisione della politica regionale nei confronti degli Enti Parco e soprattutto nell'impostazione dei relativi bilanci, ha espresso un giudizio favorevole su detti documenti contabili e ne consiglia l'approvazione a questa assemblea.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il 30 aprile scorso antivigilia della festa dei lavoratori, il Consiglio venne impegnato duramente, nell'arco di due lunghe sedute, per l'iniziativa che il Gruppo comunista, sul bilancio definitivo del 1988 presentato in ritardo, avvi con forza, unico elemento che riesce, quasi sempre, a produrre reazioni verso il tempo che è poco e gli emendamenti molti. Riuscimmo a provocare la reazione del Consiglio che portò ad una discussione che, nonostante le contumelie che ricevemmo qui e fuori per essere filibustieri ostruzionisti, costrinse il giornale di Torino a riconoscere che si era finalmente discusso del bilancio.
Parto di lì perché esiste un rapporto istituzionale e tecnico tra bilancio di previsione e assestamento. Parto di lì perché non si può capire fino in fondo il senso della nostra posizione se non si parte da quel dibattito e dai tre punti essenziali di quell'impostazione veicolata con quella forza, che avveniva in zona Cesarini e che costrinse il Consiglio a discutere sui temi che avevo proposto.
In primo luogo provocammo una sensibilità nuova, almeno a parole, su una svolta nell'atteggiamento regionale rispetto alla mancanza di autonomia nella destinazione delle risorse. Questo dette origine a impegni non solo cartacei che dovevano rappresentare una svolta nell'atteggiamento della Regione, in altre parole si trattava di utilizzare lo strumento del bilancio con l'indicazione dei fabbisogni essenziali per intavolare, in modo molto forte con il Governo, con il Parlamento e con tutti i soggetti come il fondo FIO, il taglio degli stanziamenti infrastrutturali da destinare alla Regione. Questo voleva dire cambiare i rapporti o tentare di cambiarli. Questo primo punto era al centro di una battaglia che produsse per la maggioranza, qualche risultato almeno sul piano degli impegni.
In secondo luogo tentammo, all'interno delle risorse che erano scarse di definire proposte alternative che fossero più attinenti alle emergenze evidenti allora e sempre più evidenti oggi nel campo ambientale e nel campo sociale. Ricordo le varie misure, prodotte anche con fantasia, con cui i miei compagni riuscirono a proporre concreti investimenti per avviare segnali di cambiamento nei limiti degli stanziamenti. Lo stato di costrizione e di necessità permise di raggiungere alcuni risultati e vennero assunti impegni da parte della Giunta molti dei quali erano riferiti all'assestamento.
Fu molto discusso il fondo di 15 miliardi per l'innovazione, infatti contrastammo il modo in cui vennero posti a bilancio perché non vedevano n progetti né enunciazioni di progetti per renderli operativi.
In un importante convegno venne illustrata la via socialista al bilancio della Regione sul tema dell'innovazione; il bilancio venne illustrato come una vera svolta; il Capogruppo repubblicano giustificò la sua adesione al bilancio su quei 15 miliardi per l'innovazione.
Oggi siamo all'assestamento. La svolta nell'atteggiamento verso il Governo non è avvenuta, talché 10 giorni fa in Commissione, ricordando quell'impegno, l'Assessore Croso presentò un documento, che però non era quello che volevamo. Apprezzo la mitezza e la personale diplomatica disponibilità dell'Assessore, ma non apprezzo il fatto che, in questo periodo non sia avvenuto niente. Quello che si sarebbe dovuto fare era di segnare che questa Regione si metteva alla testa, anche se le altre Regioni non lo facevano, di una reazione ad una situazione insostenibile di un bilancio che non permette autonomia.
Mi pare che non sia stato né accolto né considerato alcuno degli emendamenti che ci si impegnò a presentare in sede di assestamento.
Pertanto, non avendo avuto il coraggio di dichiarare la situazione reale di deficit, attraverso un aperto conflitto nei confronti dello Stato, quindi recuperando quelli ed altri bisogni, è chiaro che ci troviamo nella situazione in cui non si può galleggiare, per cui il piccolo cabotaggio è obbligatorio.
Sul terzo punto relativo all'innovazione abbiamo avuto ragione. Oggi quasi tutti i fondi sono destinati a diventare residui passivi. Quindi, è fallito politicamente anche quel punto che era stato usato come il "drapeau" da sventolare come la novità.
Con questa tecnica, con questo atteggiamento, con questa acquiescenza al galleggiamento, 10 giorni fa, quindi con grande ritardo, è arrivato l'assestamento e, ancora una volta, viene a ricadere sul nostro Gruppo che ci aveva lavorato in passato con scarsa facilità ad intervenire con cognizione di causa e con proprie proposte nelle manovre finanziarie di bilancio.
Per questo abbiamo chiesto ancora oggi che ci fosse dato qualche giorno in più anche per segnare che eravate arrivati fuori tempo massimo e per offrirci almeno le condizioni di riproporre, in vista del bilancio 1989 l'ultimo bilancio di questa disgraziatissima legislatura, ripresa del discorso che avevamo tentato di fare nel mese aprile. Eravamo convinti che la manovra finanziaria e le condizioni di forza (plausibili) del Consiglio potessero comunque provocare qualche risultato. Ci è stato detto no adducendo il motivo del fuori tempo massimo. Fuori tempo massimo il 29 fuori tempo massimo anche oggi. Il fuori tempo massimo è collegato a un dato preoccupante: non è avvenuto niente, come se quel dibattito non fosse stato fatto.
Perché non avete riproposto lo stesso atteggiamento sull'assestamento di bilancio? Perché non avete usato l'arma della costrizione e dello stato di necessità per misurarci? Rispondo subito. Non siamo stati messi in condizione di lavorare e di preparare gli emendamenti. D'altra parte non vogliamo fare riti ripetitivi riteniamo che il bilancio sia la sede propria.
Per esempio, di fronte alla grande emergenza delle tossicodipendenze avremmo visto volentieri una sintonia tra bilancio e necessità di impegnare dei fondi contro la campagna dell'indifferenza. Già in questo assestamento occorreva essere tempisti, avere l'idea di quello che si deve fare. Questo avrebbe dato corpo e anima ad un bilancio, ad un assestamento.
Siamo fortemente preoccupati della dicotomia tra lo stato reale delle cose e quello che lo stato reale provoca: una reazione verbale passionale attacchi violenti. Siamo preoccupati perché non ci stanno le due cose tutto deve essere commisurato agli effetti. Allora, non sapendo più come esprimerci su questa complessa manovra, non parteciperemo al voto pur rimanendo in aula. Riteniamo che la responsabilità delle manovre e dei percorsi ricada tutta sulla maggioranza.
Non abbiamo altri modi per esprimere il nostro dissenso essendosi interrotto il processo dialogico e di comprensione. Vorrei ricordare che l'arma estrema della non partecipazione al voto o dell'assenza viene usata proprio per tutelare diritti fondamentali. Ieri abbiamo registrato in Commissione che questa arma è stata usata dalla maggioranza per impedire che il gioco democratico di chi partecipava desse torto alla maggioranza.
Ieri, qualcuno della maggioranza, per evitare che passasse il voto dell'opposizione che era in maggioranza, si è allontanato. Queste cose quando sono messe a servizio della non accettazione del chi vince e chi perde sono tanto più giuste e indispensabili, comunque scelte con convinzione, nel caso in cui e per il contesto e per la fine delle cose non si è messi nelle condizioni di esercitare accettabilmente il proprio mandato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Abbiamo già votato contro il bilancio di previsione della Regione per l'anno 1988.
Il voto di oggi rimane contrario non soltanto per coerenza, ma perch in questo assestamento non abbiamo trovato nulla che potesse giustificare una modifica del nostro voto. Ribadiamo pertanto il nostro voto contrario.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, comincerò questo intervento esprimendo un rammarico dopo aver ascoltato l'intervento del collega Bontempi. L'ho sentito parola per parola e desidero, intanto, dargli atto della sua profonda convinzione nell'avvertire le difficoltà di agibilità che il Gruppo comunista sente rispetto ai problemi del bilancio ma, nello stesso tempo, quando egli conclude dicendo: "ascolteremo gli interventi ma non parteciperemo al voto", non posso non esprimere il mio rammarico.
Comprendo che il suo discorso, addirittura in qualche momento, andava più in là del ruolo e della funzione rituale di chi fa l'opposizione.
Tutti vogliamo più tempo per approfondire le questioni, anche la stessa maggioranza avverte questa necessità, quindi ricavare da questo intervento un atteggiamento che va più in là, anche se per ragioni di collocazione politica il Gruppo comunista continua, partendo dalla discussione sul bilancio di previsione, a mantenere una linea dura. Ho l'impressione invece, che debba invertire la critica alla maggioranza di mancanza di dialogo.
La mancanza di dialogo non può essere soltanto addebitata alla maggioranza che, invece, è sensibile ai problemi e capisce quali sono le difficoltà dentro cui dobbiamo agire.
Ricordo di aver detto allora - e intendo ribadirlo ora che non era il caso che ciascuno vedesse i limiti entro i quali era costretto ad agire.
Non so fin dove agisce la ricerca di un dibattito in corso, che per i comunisti come per altri, quando precede dei congressi importanti, ha bisogno di trovare dei risvolti che sovente sono atteggiamenti rigidi che rendono più difficile capire e trovare, se pure nella distinzione tra maggioranza e opposizione, quella intesa di fondo che è la volontà politica di questa maggioranza alla quale, come Gruppo socialista, partecipiamo con convinzione e con impegno per tenere aperto il dialogo. Ci possono essere momenti di difficoltà.
Cari compagni, il vostro limite per arrivare alle sponde del laicismo è proprio quello di non ammettere che ci sono momenti di difficoltà che attraversano tutti e quindi anche voi, e sono momenti importanti come lo sono anche quelli di un congresso. Sono momenti di difficoltà dei quali ciascuno ha delle proprie motivazioni, delle proprie ragioni che deve portare e che io in qualche misura, come ho detto allora, cerco di avere presente e di sottolineare anche in questa occasione. Qui è il mio rammarico perché, guardando alle cose moderne, dovremmo tutti fare uno sforzo, anche noi socialisti.



PRESIDENTE

Mi scusi Consigliere Rossa, se dopo l'incontro Craxi-Occhetto questo è il risultato, andiamo male!



ROSSA Angelo

E' dialoghistico questo intervento, è diretto a tenere aperto un discorso che peraltro potrebbe anche chiudersi, anche se a me dispiace profondamente.
Desidero esprimere la nostra convinzione sulle proposte e sulla relazione illustrata dal collega Santoni e desidero manifestare alla Giunta e all'Assessore Croso tutta la nostra riconoscenza. Non siamo insensibili ai problemi come si cerca, invece, di farci apparire.
Finora abbiamo mantenuto il passo e ci auguriamo, come sono convinto di avere quel fiato necessario per coprire la distanza che ci separa di qui al traguardo, un anno e mezzo. Tutto è ancora possibile.
E' in corso il dibattito sulle riforme istituzionali e la Regione ha dato un suo contributo in merito; il discorso non è chiuso. Se è chiaro il ruolo delle Regioni, prima che scada il nostro mandato, possiamo inviare un segnale per modificare la funzione delle Regioni e per chiedere maggiore autonomia. Chi non è d'accordo su questa proposta visto che lo Stato cerca di riappropriarsi di molte funzioni? Credo che si debba insistere incalzando anche le autorità centrali e il Governo, del quale siamo parte e non perdiamo occasione per farlo; un sostegno può venire anche da parte dell'opposizione. Il bilancio è quello che ci è stato presentato sia nella previsione allora dell'Assessore Croso sia nell'assestamento. Queste cose le avrebbe potute fare sia un Assessore di una Giunta di pentapartito sia un Assessore di una Giunta di sinistra; non credo che ci siano differenze.
Avreste potuto farle anche voi al posto di Croso, vi sareste trovati anche voi a dover fare i conti con la necessità di far quadrare la lira quando mancano 19 soldi. Certo, occorre cambiare la situazione.
Do atto all'Assessore Croso degli sforzi compiuti, del cammino impervio che ha seguito in queste settimane. Ha dovuto ridimensionare molti fondi gli Assessorati più colpiti sono quelli al turismo e all'edilizia che avevano una loro ragione e un loro significato. Abbiamo dovuto farlo a denti stretti.
Perché non vedere in questo sforzo, che tende a realizzare un bilancio reale, il tentativo di uscire dalle nebbie che ci mettono sovente gli occhiali e ci fanno vedere le cose diversamente da quelle che sono, per poter reimpostare nel prossimo bilancio tutti quegli interventi mirati che possono farci risalire dalle difficoltà nelle quali ci troviamo? Credo che si debba dare atto alla maggioranza del suo impegno. D'altro canto quando l'opposizione ha sottolineato i problemi dell'ambiente, ci ha trovati disponibili a studiare le possibili modifiche e oggi siamo ancora di più. Domani parleremo dell'ACNA, discuteremo e approveremo il Piano di sviluppo, vedremo come impostare, in rapporto alle previsioni, i mezzi necessari, le poche risorse disponibili e tra gli sforzi che si sono fatti ci sono anche i 15 miliardi impostati per l'innovazione e la diffusione della tecnologia. Si sta lavorando in questa direzione ed è chiaro che manterremo questi impegni. E' stato sollevato qualche dubbio circa i tempi e le possibilità di realizzare gli impegni. Anche in questo caso potranno esserci dei ritardi e degli slittamenti, ma non si può non riconoscere l'impegno di questa Regione che fa parte di una società industriale avanzata. Lo sforzo che viene fatto è uno sforzo che abbiamo caldeggiato cercando di non dimenticare gli altri problemi. Accanto al recupero dell'ambiente, accanto al problema dei disoccupati, della scuola e di altri settori, abbiamo ritenuto necessario compiere uno sforzo, mandare un segnale e far sapere che la Regione Piemonte è attenta anche ai problemi della ricerca e dell'innovazione tecnologica. Credo che non si possa considerare tutto questo come una forma, così come è stata definita, di propaganda, disinvolta quando si tratta, invece, di un impegno che ha dei significati e dei caratteri ben precisi. Di qui, la ragione per cui riteniamo che sia doveroso sostenere lo sforzo che è stato compiuto. E' vero, potevamo avere qualche giorno in più. Da questo punto di vista condivido quanto ha detto il collega Bontempi. Non sono i cinque o gli otto giorni in più che avrebbero potuto portare qualcosa di nuovo per il domani. Sono tra quelli che, nella riunione dei Capigruppo, ha sostenuto la proposta di inserire il dibattito sull'assestamento di bilancio nella giornata di oggi per poter avere domani la possibilità di affrontare un altro tema importante che può, direttamente o indirettamente, rientrare negli sforzi che questa Regione deve fare nei suoi piani e nelle sue iniziative, per potere scendere realmente nella vita della società e della comunità piemontese.
Concludo dicendo che, in mezzo alle varie sfaccettature e agli aspetti talora apparentemente contraddittori, c'è un grosso sforzo, c'è un indirizzo che viene portato avanti dall'Assessore Croso. Lo ringrazio per il suo impegno, per le risultanze che egli ci porta qui che sono, per quanto ci riguarda, sostenibili per poter aprire nuove prospettive nell'attività della Regione per il 1989.



ROSSA Angelo

STAGLIANO'



ROSSA Angelo

Di che cosa si parla, signor Presidente?



PRESIDENTE

Il pensiero non è un contenitore nel quale il Presidente del Consiglio possa mettere del materiale e possa aprirlo lentamente per l'audizione. Il pensiero è in ciascuno di noi. Occorre avere rispetto per il pensiero altrui; il pensiero è stato suddiviso equamente già all'origine del mondo.
Non essendoci altri iscritti a parlare do la parola per la replica all'Assessore Croso.



CROSO Nereo, Assessore al bilancio

Mentre interveniva il Capogruppo comunista pensavo al prof. Falcone Direttore della Cassa Depositi e Prestiti, che in un incontro un giorno disse: "Il compito dell'Assessore al bilancio è quello di tenere il cerino acceso". Questo cerino è capitato a me e quindi il mio compito è quello di tenerlo acceso, probabilmente con il rischio di bruciarmi.
Vorrei svolgere comunque una mia brevissima relazione su quello che è stato il pensiero dell'Assessorato nel predisporre questo assestamento.
La legge di assestamento al bilancio di previsione per l'anno in corso non può che essere valutata sulla base degli obiettivi che si erano assunti all'epoca dell'approvazione del bilancio di previsione. I due documenti, se sono tra di loro legati da specifiche norme di legge, lo sono anche in un senso più generale, consentendo quindi al Consiglio regionale di riprendere l'esame del bilancio avrebbe così dovuto essere - sulla base delle novità o meglio dell'assenza di novità, che si sono nel frattempo presentate nell'azione politica ed amministrativa.
Occorre pertanto riprendere sia pur brevemente la situazione iniziale del bilancio della Regione e le linee principali sulla base delle quali ci si è mossi per presentare il bilancio di previsione per il 1988.
L'importo complessivo delle risorse regionali destinate al finanziamento di interventi non vincolati ammontava a inizio anno a circa 180 miliardi di lire, cioè al 70% delle risorse libere impiegate nell'anno precedente. In realtà tale somma era stata valutata in un primo momento in 110 miliardi di lire, ma era stata valutata insufficiente dall'Amministrazione regionale che quindi l'aveva portato a 180 miliardi di cui sopra con quegli accorgimenti che ormai tutti conoscono e che tutti giustificano in considerazione della incertezza e della precarietà delle finanze regionali già ricordate nella relazione del collega Santoni.
Nella situazione così determinatasi le linee di intervento sono state di diverso tipo.
Dapprima c'è la necessità di proseguire nell'azione di risanamento del bilancio regionale, al fine di raggiungere una posizione di equilibrio non soltanto in termini contabili. In secondo luogo, la necessità di assicurare alla Regione una capacità di intervento programmatorio sulla base delle esigenze espresse dalla comunità e quindi di non doversi adagiare nella mera sopravvivenza istituzionale, così come era già stato richiamato nella relazione introduttiva del collega Santoni al bilancio 1988.
La manovra finanziaria era stata immaginata suddivisa in tre fasi.
Nella prima, con l'approvazione del bilancio di previsione, si prendeva atto di una situazione della finanza della Regione oggettivamente difficile, oserei dire drammatica.
Nella seconda si sarebbero dovute recuperare risorse aggiuntive attraverso sia una valutazione dei risultati finanziari del 1987 ottenuta dal conto consuntivo, sia un nuovo metodo nella formazione delle risorse della Regione fornito dalla nuova legge di riforma della finanza regionale e sia una rinegoziazione, a tassi più convenienti, dei mutui già contratti.
Vorrei ricordare che questa rinegoziazione ha comportato una riduzione effettiva nei 10 anni di circa 25 miliardi (2,5 miliardi circa all'anno).
La terza fase infine, quella dell'assestamento, avrebbe dovuto garantire la definizione della nuova situazione di equilibrio per la finanza della Regione. In effetti, la maggior entrata assicurata con i proventi dei mutui, unitamente ad un incremento dell'avanzo finanziario e agli interessi attivi dei mutui depositati sul conto corrente ed una nuova assegnazione dalla Protezione Civile di circa 4 miliardi, hanno assicurato la copertura finanziaria per la presentazione al Consiglio regionale della prima legge di variazione al bilancio regionale per un ammontare di circa 50 miliardi di lire.
A questo punto occorre ricordare che con tale legge si era deciso di soddisfare due esigenze prioritarie.
Primo, dare più significativa copertura ad alcuni settori che comunque ne necessitano, in base ad una riclassificazione delle priorità (la formazione professionale, il lavoro, l'artigianato, il CSI, l'ambiente).
Secondo, concentrare nell'ambito di un'incisiva ed efficace iniziativa di programmazione un consistente pacchetto di risorse finanziarie (i 15 miliardi per il progetto di interventi strategici nel campo dell'innovazione tecnologica).
In altri termini, la Giunta regionale, all'indomani del voto sul bilancio di previsione, con il disegno di legge citato si proponeva di ottemperare almeno in parte agli obiettivi che si era data con la legge di bilancio.
Per quanto riguarda i risultati della gestione 1987, il conto consuntivo ha evidenziato un disavanzo di circa 40 miliardi.
Un discorso a parte merita la situazione sulla nuova legge di finanza regionale. Il finanziamento del fondo comune era stato, all'inizio del 1988, legato a questa nuova legge; di fatto il finanziamento delle risorse libere alle Regioni è stato invece congelato in attesa di una nuova legge.
Dapprima le incertezze sul nuovo disegno di legge portarono le Regioni alla minaccia di non presentare le rispettive leggi di assestamento al bilancio di previsione, e questo è stato uno dei motivi per i quali siamo arrivati in ritardo alla presentazione di questo assestamento.
In seguito è stato reso noto il disegno di legge sulla finanza regionale, sul quale occorre soffermarsi. In particolare, il disegno di legge n. 3202 sulla finanza regionale, collegato alla finanziaria del 1989 non è quello che le Regioni attendevano. In relazione all'avvenuta definizione di questo disegno di legge di riforma organica della finanza regionale, a seguito della disponibilità del Governo ad emendare e a ridefinire secondo le indicazioni portate avanti dalle Regioni, questo progetto di legge invece è fermo al Senato (progetto di legge n. 568). La finanza regionale continuerà ad essere disciplinata anche per il 1989 in modo contingente, in una logica di riduzione al più basso livello possibile di quei trasferimenti sui quali si basa il bilancio regionale, senza un'effettiva responsabilizzazione degli enti sul versante delle entrate. La situazione è fortemente aggravata dal fatto che la finanza delle Regioni a Statuto ordinario viene ormai disciplinata annualmente in via straordinaria, e quindi dal 1982 si ripropone ogni anno questa situazione cosicché vengono imposti alle Regioni i maggiori sacrifici, così come è stato ricordato nei dibattiti che sono seguiti al bilancio di previsione 1988.
Rispetto agli altri livelli di governo siamo costretti a subire in termini reali dei tagli che, assommati dal 1982 ad ora, arrivano al 7 circa, cioè alla differenza fra il tasso programmato d'inflazione e il tasso reale.
Va fatto rilevare che il disegno di legge di riferimento per le Regioni, che contiene emendamenti elaborati dal gruppo misto Regioni Ministeri, non è il disegno di legge n. 3202, ma è l'atto del Senato n.
568. In altri termini, esiste già in Parlamento un atto che ha avuto l'approvazione delle Regioni e dei Ministeri interessati. Si deve anche riferire che il disegno di legge ove venisse approvato dal Parlamento provocherebbe il ricorso della maggioranza delle Regioni italiane alla Corte Costituzionale. In questo senso si sono pronunciati diversi Presidenti durante i lavori della Conferenza dei Presidenti delle Regioni italiane svoltasi il 26 ottobre 1988 a Roma.
Le motivazioni di tale ricorso vanno ricercate nel fatto che, essendo la Regione un ente previsto dalla Costituzione, occorre garantirgli il necessario finanziamento per l'esercizio delle sue funzioni, attualmente fortemente pregiudicate dal sistematico impoverimento dei trasferimenti verificatosi in questi ultimi anni.
A parte queste considerazioni, per capire la manovra effettuata con l'assestamento del bilancio occorre ancora esaminare cosa è avvenuto nel sistema delle entrate della Regione.
Complessivamente le entrate hanno avuto un incremento dell'1,802 per mille. Tale incremento è sostanzialmente dovuto all'incremento verificatosi nei fondi a destinazione vincolata. Va evidenziato che tra quelli in entrata risulta l'iscrizione di circa 62,5 miliardi per il risanamento del Po. Tale stanziamento ci consente di chiudere l'assestamento con un pareggio contabile in quanto quegli interventi sono stati iscritti nella parte Spesa per un ammontare di 26 miliardi. Questa operazione, peraltro consentita dalle norme di contabilità, significa semplicemente che il bilancio del 1989 avrà un capitolo in uscita nel quale verrà iscritta la somma a differenza senza ovviamente avere nessun corrispettivo in entrata cioè sulla differenza tra 26 e 62,5 miliardi.
Per quanto riguarda la manovra sulle uscite, in un primo tempo avevo proposto al Presidente e ai miei colleghi di giungere ad un taglio più consistente su tutti quei capitoli alimentati da risorse libere, però ci non è stato possibile. In realtà, è stato possibile soltanto operare con una metodologia che ci ha permesso di fronteggiare dei tagli minimi a quei meccanismi di spesa che devono tenere conto della programmazione degli interventi, del confronto con gli altri soggetti e di altri adempimenti.
Da quanto detto sinora è evidente che almeno per quanto attiene alla sfera finanziaria è mancata la possibilità di destinare risorse aggiuntive alla copertura degli oneri relativi.
E' emblematico il nuovo sofferto ricorso ad alcuni tagli su capitoli non privi di significato, così come lo slittamento al 1989 di alcune obbligazioni passive.
D'altra parte, alcuni emendamenti comportavano dei bisogni considerevoli e ciò mi consente, con questo ragionamento, di evidenziare altri due argomenti che mi stanno a cuore.
Il primo è quello della formulazione di un bilancio di bisogni - come è già stato richiamato dall'intervento del collega Bontempi - secondo gli impegni assunti a suo tempo in questa sede. Il lavoro è portato avanti in sede di Commissione competente ed è particolarmente importante proprio perché mette a nudo una realtà numerica impressionante. Quando avremo ultimato questo lavoro in sede di Commissione scopriremo di avere necessità di una somma più vicino ai 1.000 miliardi che ai 500 per poter ottemperare ai bisogni essenziali che avevamo già tratteggiato nella formulazione del bilancio 1988, nel dibattito e con la serie di emendamenti che erano stati successivamente ritirati o respinti in sede di Consiglio regionale.
Per tenere conto, in modo solo parzialmente significativo, di una serie di reali esigenze avremmo dovuto creare disavanzi aggiuntivi per decine di miliardi.
Si inserisce qui il secondo argomento: quello della correttezza e della coerenza rispetto alle scelte iniziali del bilancio.
Abbiamo infatti impostato un bilancio di previsione, opportunamente corretto con le leggi di variazione, che si poneva come obiettivi prioritari quello del contenimento della situazione di disavanzo e di qualificazione della spesa.
Credo di poter dire che con questo assestamento si conclude coerentemente quanto impostato senza dover prendere atto, come purtroppo capita spesso, che con l'assestamento si devono coprire degli altri buchi dei buchi aggiuntivi e sempre più profondi.
La situazione finanziaria non ne esce aggravata, pur rimanendo molto grave e drammatica, così come ha ricordato il collega Bontempi, avendoci permesso di dimostrare che è possibile anche lavorare su una politica di tagli e di riqualificazione della spesa.
Il problema vero è che i tagli possono essere praticati, con qualche efficacia, soprattutto sulla parte libera della spesa, e con grande franchezza devo dire che non si vede più dove mettere le mani per compiere delle operazioni di taglio che siano al tempo stesso intelligenti e significative. Contemporaneamente cresce in termini costanti la parte rigida della spesa e decrescono in termini reali le risorse per farvi fronte. Si consolida perciò un disavanzo effettivo nonostante tutti i nostri sforzi che non possono portare a variazioni strutturali della situazione.
Molta strada può invece essere ancora percorsa sul terreno della qualificazione, e coerentemente con gli impegni assunti in questa sede sta procedendo il discorso del controllo di gestione che sarà comunque attivato previo confronto con la I Commissione e avrà rapido avvio anche l'esame della revisione della legge di spesa; mi auguro quindi che in sede di Commissione, congiuntamente con i rappresentanti del Consiglio, si possa procedere su queste due strade: quella di mandare avanti questi due interventi significativi e quella di predisporre il bilancio dei bisogni che possa essere confrontato con il bilancio di previsione del 1989 che da domani ci appresteremo ad affrontare e a predisporre.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi sforzo di non sottrarre tempo prezioso ai lavori di questa assemblea, dal momento che l'illuminante, pacato e corposo intervento del collega Croso ha offerto ulteriori spazi di corretta interpretazione dei documenti che sono sottoposti all'approvazione dell'assemblea.
Devo dare atto che operiamo in tempi bruciati; direi che quando ci sarà restituito questo assestamento avremo ben poco tempo davanti per tentare di dare corso di esecutività alle poste che sono state riaccese nello stesso.
Ha concorso a questo ritardo - che io riconosco dovutamente - anche una situazione di incertezza dei provvedimenti dello Stato. Li ha richiamati l'Assessore Croso e sono stati anche ampiamente illustrati e richiamati dal Consigliere Santoni. C'è stata una contrapposizione rabbiosa delle Regioni attraverso la Conferenza dei Presidenti e attraverso la presa di posizione dei singoli Assessori al bilancio e del gruppo degli Assessori regionali.
In quest'aula è stata manifestata quella ipotesi che, se non ha avuto possibilità di attuazione pratica, è comunque stata registrata all'interno dell'Assessorato che ha fatto propria l'esigenza di una registrazione dei bisogni globali della Regione. Il Governo centrale aveva manifestato una buona volontà con proposte legislative che sono state richiamate, non erano state ritenute appaganti dalle Regioni, sono state malamente raccordate con la legge delle autonomie locali, comunque non sono state maturate all'interno del processo legislativo. Nel contempo lo Stato aveva trattenuto dei fondi per incrementare e finanziare la nuova legislazione e solo la reazione delle Regioni ha assicurato la possibilità di recuperarli entro tempi congrui. Doveva essere è scritto nella relazione - un anno di transizione, di attesa, oserei dire un anno sabbatico, per usare un termine ricorrente allorquando si vuole avere una visione storica o profetica delle cose, ma questo è stato largamente interrotto. Non ripropongo gli stessi temi che abbiamo usato per il preventivo del 1988: la super-tenuità delle risorse libere, le paure che incombono (l'INPS in questi giorni torna a bussare alla porta per avere talune restituzioni); ci sono altri problemi che decisamente ci preoccupano.
Dobbiamo dare atto, e questo appartiene a tutte le Regioni che hanno una visione comune e concorde su questo argomento, che manca un raccordo tra la pianificazione regionale e le risorse disponibili. Ho avuto occasione di dire altre volte come in Francia la previsione della programmazione regionale diviene decisamente, se accolta e approvata, un contratto con lo Stato.
Come hanno ricordato altri colleghi, continuano comunque a rifiorire determinati tipi di intervento per certi fondi. Devo prendere atto, per esempio, che nel 1987 gli interventi in ambito di protezione civile accordati dallo Stato, hanno di gran lunga superato le risorse libere disponibili nel bilancio regionale. Gli interventi che abbiamo acquisito anche recentemente dopo la Conferenza sulle Regioni, anche se bene accolti anche se benvenuti, nascono da procedimenti straordinari e noi tentiamo di renderli però applicativi di previsione del Piano regionale di sviluppo.
Non possiamo neppure tacere che lo Stato crea, con riferimento ad aziende speciali o di settore, momenti di intervento corredati da corposi afflussi finanziari che si muovono al di fuori non solo della pianificazione regionale, ma addirittura di un raccordo con le Regioni così che diversa è la ricaduta sulle Regioni stesse.
Mi auguro che in tempi brevi si possa arrivare all'invocato processo di chiarificazione e che la invocata legge di riforma della finanza regionale possa intervenire in tempi sopportabili e congrui.
Non posso neppure tacere in questa sede quanto siano arrivati oggi a maturazione i grandi riscontri sui cosiddetti enti strumentali, non tutti in fase rigogliosa, taluni appesantiti da pesanti e forti domande di finanziamento che talvolta se non accolti a livello di costrette ricapitalizzazioni provocherebbero inarrestabili dissesti.
Anche per non restare totalmente assente da questo discorso così importante vorrei fare un riferimento al problema dell'innovazione tecnologica che ha avuto una sua allocazione nella posta della variazione di bilancio del giugno 1988 e che ha tentato, nella complessità delle proposte, di restituire immagine, consensi, che sono andati al di fuori della sfera ordinaria anche degli enti locali. Non sto a recuperare gli atteggiamenti che sono stati assunti nel più recente passato su questo specifico argomento, né voglio stabilire sottolineature in questa direzione. L'essenziale è che il Consiglio sia complessivamente convinto che abbiamo fatto una scelta di qualità, che abbiamo tentato di irrobustire un certo tipo di presenza della Regione nella sua complessità e non semplicemente all'interno della maggioranza, allocando al capitolo 12600 15 miliardi; la legge che li ha proposti è stata approvata nel giugno del 1988 e, evidentemente, non si spendono con improvvisazione, anche se talune linee di indirizzo erano emerse, erano state sollecitate e proposte. Dei 15 miliardi, 3 sono stati oggetto di investimento di ricarico della legge regionale n. 56 sull'innovazione tecnologica per le piccole e medie imprese, 2 miliardi sono destinati a finanziare la costituenda società per la realizzazione della rete telematica piemontese, importante processo che ci è stato largamente apprezzato anche dallo stesso mondo imprenditoriale del Piemonte. Dal momento che non si fanno improvvisazioni, abbiamo notiziato, attraverso il Vicepresidente, la competente Commissione degli indirizzi che stavamo assumendo in materia. Abbiamo chiesto alla Finpiemonte con regolare deliberazione di incarico di proporci talune valutazioni circa la fattibilità dei progetti, che avevamo individuato come progetti utili all'economia di questa iniziativa; andiamo dal centro per l'editoria elettronica, al centro di ricerca delle tecnologie ambientali ai laboratori di ricerca sui nuovi materiali, al Cad-Cam e ad altre cose ancora. Abbiamo avuto, a metà novembre, dalla Finpiemonte una risposta relativa alla spendibilità di queste somme e quindi alla prefattibilità di questi progetti, con sollecitazione a stabilire anche alcuni approfondimenti, quindi abbiamo richiesto coerentemente di trasferire all'esercizio 1989 una decina di miliardi. In un approccio intervenuto con il mondo universitario, con il Politecnico, con la Federazione degli industriali, con gli istituti di credito, con il CNR e con altre realtà operanti entro quest'area, abbiamo impostato una istanza di affidamento da parte del Ministero della Ricerca Scientifica per tentare di collocare in Piemonte un supercalcolatore che oggi rappresenta un'espressione da avanguardia nel campo della progettualità in specie nel mondo dell'imprenditoria. Quindi i 10 miliardi, che non sono immediatamente spendibili, hanno un riferimento di almeno un paio di miliardi a questo supercalcolatore, sempre che lo Stato ci affidi quella parte che abbiamo richiesto. Dopodiché, rimane l'imbarazzo della scelta su una serie di progetti ambiziosi e che costituiscono elemento qualificante per la presenza della Regione.



BONTEMPI Rinaldo

Non sono progetti, scusi, lo sa anche lei che siamo ancora a livello di studi di prefattibilità. Li definisca per quelli che sono.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Mi correggo. Siamo alla ricerca della prefattibilità, dopodiché si stabiliranno gli approfondimenti, ma questo, collega, nulla toglie e nulla aggiunge a questa intuizione che, se è passata e filtrata attraverso questa maggioranza, appartiene come immagine e come capacità propositiva all'intera Regione Piemonte, quindi anche a lei. Ci sarebbe modo di esserne decisamente contenti.
Non sono qui per polemizzare. Mi è stato richiesto di intervenire.
Penso che il taglio che ho dato al discorso sia di tutto rispetto.
Dopodiché se questo assestamento viene approvato con immediatezza, come noi sollecitiamo, daremo luogo alla realizzazione, che è per strada, del preconsuntivo. Ci auguriamo che in tempi brevi si possa presentare, secondo le tracce di calendarizzazione che sono state concordate con i Capigruppo il progetto di bilancio preventivo per il 1989. Ritengo che in quella sede con maturità di tempi, con il giusto respiro affidato a tutte le forze politiche, si dia luogo al giusto dibattito, anche al giusto giudizio da rivolgere a chi governa il Piemonte.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'articolato.
Abbiamo tre progetti di legge inerenti la materia del bilancio, quindi collegati fra loro. Sono dell'avviso che si debba procedere ad una dichiarazione di voto complessiva.
Chiede la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Devo però rilevare che i progetti di legge nn. 438 e 443 non sono iscritti all'o.d.g. della seduta odierna. Pertanto, se si vuole esaminarli occorre necessariamente procedere alla loro iscrizione.



SANTONI Fernando

E' stata svolta un'unica relazione sull'assestamento e su questi due disegni di legge. Si tratta di leggi autonome nella forma, ma assolutamente complementari nella sostanza.



PRESIDENTE

Rilevo, anzi, che i due progetti di legge successivi avrebbero potuto essere configurati come allegati all'assestamento di bilancio.
Dal punto di vista sostanziale i tre provvedimenti di legge possono essere esaminati contestualmente; dal punto di vista formale, poiché i due progetti di legge, l'uno relativo ai parchi, l'altro alla modifica della legge 28/88, non sono iscritti all'o.d.g., occorre procedere all'iscrizione degli stessi.
Chi è favorevole all'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n. 438 è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 32 voti favorevoli (non hanno partecipato alla votazione 10 Consiglieri).
Chi è favorevole all'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n. 443 è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 32 voti favorevoli (non hanno partecipato alla votazione 10 Consiglieri).
Passiamo pertanto alla votazione dell'articolato del progetto di legge n.
438.
ARTICOLO UNICO - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 42 votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 8 Consiglieri.
L'articolo unico è approvato.
Passiamo alla votazione dell'articolato del progetto di legge n. 442.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 42 votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 8 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 42 votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 8 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 42 votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 8 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 42 votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 8 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
Prima di procedere alla votazione dell'articolo unico del progetto di legge n. 443 passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ferrara. Ne ha facoltà.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi, sull'assestamento del bilancio ed evidentemente sugli altri provvedimenti il Partito repubblicano voterà a favore.
Il Capogruppo comunista ha rilevato come lo strumento dell'assestamento sia conseguenza dell'approvazione del bilancio di previsione fatta all'inizio dell'anno, oggetto di un confronto serio, costruttivo e importante tra maggioranza ed opposizione nel corso del quale siamo entrati nel merito degli argomenti e sulle risorse regionali, sulla necessità di incidere rispetto agli attuali parametri di ripartizione di fondi. Credo che l'esigenza di allora sia quella di oggi, anzi, più ancora di oggi. Il Gruppo repubblicano ha presentato un ordine del giorno in merito ai problemi della finanza regionale, dell'ambiente e del collegamento tra le Regioni e lo Stato. Mi auguro che si possa, prima o poi, dibattere questo nostro ordine del giorno. La convinzione nostra è maturata nell'iter di questo bilancio, sin da quando è nata la necessità di ridurre percentualmente le poste dell'anno precedente, e di orientare le scelte su risorse nuove mirate rispetto alle esigenze ed infine al fondo per l'innovazione.
Il fondo per l'innovazione era e resta per il nostro Gruppo una scelta fondamentale e qualificata di questa Regione, una scelta che, mi auguro possa non essere la scelta programmatica di un anno, ma una riserva che la Regione Piemonte, nelle sue pur scarse risorse, stanzia a questi fini perché la Regione Piemonte affronti il problema dell'innovazione non in modo sporadico, ma dandosi una prospettiva coordinata rispetto ai diversi interventi che vengono fatti.
Quindi quell'approvazione di allora rimane ancora oggi. I 15 miliardi non si sono spesi tutti, questo è vero, ma forse questo era un dubbio che coglieva tutti nel momento in cui abbiamo impostato quel bilancio di previsione. L'importante è che ci sia la volontà di trasferire questi fondi all'anno prossimo per individuare forme di investimento capaci di essere strumento di rilancio dell'innovazione della nostra Regione.
Il Partito comunista ha presentato un suo progetto che abbiamo studiato, apprezzato e approfondito e se ne terrà conto quando si discuterà il Piano di sviluppo della Giunta regionale. Evidentemente, un partito autonomo all'opposizione è facilitato nel proporre i piani e forse anche altri partiti, se avessero potuto farlo in modo autonomo senza confrontarsi con le esigenze altrui, avrebbero potuto dare delle indicazioni. Purtroppo quando si è in una coalizione di governo, la necessità di mediazione ritarda le decisioni. La scelta della Giunta di affidare ad un istituto qualificato il compito di una valutazione preventiva dei vari progetti ci pare corretto. Mi pare di aver colto nelle parole del Presidente l'impegno a continuare su questa strada. Per questo motivo, il voto del Gruppo repubblicano sarà favorevole.
Nel dibattito svolto in quest'aula alcuni fatti strani meritano un minimo di attenzione. La posizione assunta dal Partito comunista di non partecipare al voto a noi pare una scelta grave; ne abbiamo ascoltato le ragioni, ma ci sembra che questa scelta riduca il ruolo e il significato del nostro dibattito. Mi ha invece impressionato favorevolmente l'intervento del Consigliere Rossa che ha colto, nell'atteggiamento del Gruppo comunista, qualche difficoltà o crisi interna al partito chiamata esigenza congressaule.
Spero che così non sia perché sarebbe molto grave se un partito, in previsione di un congresso, scaricasse le tensioni, gli odi, le guerre interne sulle istituzioni e che, per esigenze congressuali di partito, non badasse alle esigenze delle istituzioni, della città e massacrasse persone alleanze in un'ottica di potere interno.
Se questo fosse il comportamento del Partito comunista, non esiterei a definirlo ignobile. Spero che in una prospettiva interna di partito si giunga a massacrare, a distruggere un'alleanza, a distruggere prospettive di crescita della Regione.



BONTEMPI Rinaldo

Caro Ferrara, non abbiamo alleati in questo momento. Come possiamo massacrare le alleanze?



BONTEMPI Rinaldo

MONTEFALCHESI



BONTEMPI Rinaldo

Sono stati i socialisti ad aver massacrato Ravaioli!



FERRARA Franco

No, io parlavo di voi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Santoni.
Ne ha facoltà.



SANTONI Fernando

I casi della vita costringono qualche volta a cambiare; ormai, facendo un po' tutte le parti in commedia per il mio Gruppo, ho fatto quella del relatore con una giacca, adesso faccio quella del Capogruppo cambiando giacca e quindi accingendomi rapidamente a questa dichiarazione di voto.
Come il bilancio di quest'anno, questo assestamento lo definirei tragico. Dichiarando che il nostro voto sarà favorevole per non far star male l'Assessore, direi che è talmente tragico che verrebbe voglia di votare contro, non per un negativo apprezzamento all'operato della Giunta ma per dare un segno che siamo arrivati ad una situazione assolutamente intollerabile. Ricordavo nella relazione, come nella loro Conferenza, i Presidenti delle Regioni abbiano minacciato di non passare all'approvazione gli assestamenti, dando un segno forte di una situazione di intollerabilità. Credo che, prima o poi, questo segno bisognerà darlo perché la nostra situazione di bilancio è veramente drammatica e, dai contatti con le altre Regioni, non mi sembra che siano venuti dei segni univoci e chiari per la direzione comune da prendere.
Non ho ricordato nella relazione, e forse merita di farlo in questa sede, come prima di questo assestamento l'Assessore, d'accordo con la I Commissione, abbia tentato di incontrare i nostri omologhi Assessori al bilancio e membri della Commissione finanza e bilancio delle Regioni Lombardia e Veneto. Questo non è stato possibile non per colpe nostre n per colpe della Commissione e dell'Assessore, ma perché per vari e validissimi motivi non si è riusciti a trovare da parte dei nostri colleghi una giornata da dedicare a questo incontro, che forse sarebbe stato utile e avrebbe arricchito il dibattito sull'assestamento, avrebbe consentito di acquisire elementi di valutazione sulle situazioni della Lombardia e del Veneto che non sono conoscibili attraverso la semplice lettura dei documenti di bilancio.
Speriamo che le Regioni non si comportino come i polli di Renzo e che il loro potere contrattuale nei confronti dello Stato centrale (il Governo) risulti sempre diminuito. C'è una situazione drammatica che va al di là di una semplice situazione finanziaria, ma che, a nostro avviso, coinvolge l'essenza stessa, la sopravvivenza e la funzione della Regione. Per esempio, la funzione legislativa, che ha necessità di soldi in capo a tutte le leggi, si riduce sempre di più a una funzione regolamentare, non solo perché le deleghe sono quelle che sono. Voglio fare un esempio che spero porterà la Regione Piemonte ad entrare in conflitto anche in sede costituzionale con il Parlamento, anche laddove le deleghe ci sono. Le leggi dello Stato non sono leggi quadro, ma leggi propriamente regolamentari. La legislazione sulla professione turistica è materia squisitamente di competenza regionale, ma sta venendo tranquillamente alla luce al Senato della Repubblica con un dettaglio che, credo, superi addirittura quello che contestualmente la VI Commissione è riuscita a dare attraverso la legge regionale. Abbiamo sempre detto che la gestione non dobbiamo farla e che dobbiamo delegarla agli enti locali. Va benissimo, non facciamo nemmeno questa! La programmazione del governo del territorio si fa con le risorse finanziarie e con la possibilità di investire su progetti che indirizzino e stimolino l'attività della società regionale in certe direzioni. Quando approviamo - perché non possiamo fare diversamente - i bilanci con 150/180 miliardi all'anno di capacità autonoma di investimento, laddove il Comune capoluogo ne ha qualcosa come tre volte tanto, mi chiedo e vi chiedo quale sia la capacità e la possibilità programmatoria di intervenire e di riuscire a, non dico guidare, ma ad indirizzare le scelte e le direzioni che la società economica piemontese, la società del lavoro e la società imprenditoriale può fare.
Concludiamo con questo bilancio e questo assestamento di bilancio che rappresentano un segno grave che deve farci riflettere e deve imporre alla Regione Piemonte l'esigenza di assumere una iniziativa che va al di là di un problema squisitamente finanziario, ma che credo coinvolga l'esistenza e la funzione stessa delle Regioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto per dichiarazione di voto.



CARLETTO Mario

Il Gruppo DC non è intervenuto nella fase generale del dibattito perch la relazione che il Presidente della I Commissione Santoni ha proposto al Consiglio ci trova completamente e perfettamente d'accordo. Quindi, ci limitiamo a fare alcune annotazioni politiche sulla questione della finanza regionale che ci preoccupa, ma che per certi versi ci costringe a un rito che celebriamo in quest'aula.
Sono Consigliere regionale dal 1980, però ho avuto la fortuna o la ventura di occuparmi di problemi di bilancio anche nella passata legislatura quando, con il collega Paganelli prima, e con il collega Brizio poi, cercavamo di capire nelle maglie del bilancio quali erano gli errori se di errori si trattava - che la Giunta di sinistra commetteva. Cercavamo di capire quali potevano essere le destinazioni più opportune delle risorse non certo significative di quegli anni, e cercavamo, soprattutto nella fase del bilancio preventivo, di dare delle indicazioni e di formulare delle proposte. Poi ci siamo resi conto che, passando gli anni, le risorse erano diminuite, gli spazi di manovra della Regione si riducevano. Oggi, dobbiamo registrare che il bilancio della Regione consente delle manovre di autonomia attorno ad un centinaio di miliardi a fronte di una massa di risorse che sta per raggiungere i 7 mila miliardi.
Passando gli anni e riducendosi sempre più questa capacità di discrezionalità la tensione sui problemi non cala, anzi, aumenta nel voler discutere e nel fare proposte, ma quando si va nel merito e si è costretti a confrontarci con le cifre, cade la nostra capacità di decidere e, alla fine, siamo tutti sconfortati. Contestiamo il Governo alleati con le altre Regioni, ed è giusto farlo per richiedere autonomia nella nostra finanza cerchiamo di scegliere tra queste maglie così strette qualche strada per dare un segnale di intervento in qualche settore. La strada percorsa quest'anno sull'innovazione tecnologica è una strada nuova, intelligente che abbiamo percorso insieme e che in futuro potrà aprire degli spazi interessanti e nuovi. Comunque, si ragiona su spazi di manovra davvero limitati, assolutamente insufficienti rispetto alle esigenze della nostra Regione.
Aveva ragione il Presidente Viglione quando qualche anno fa discutendo di questi problemi diceva: "Rendiamoci conto che gli spazi di manovra che ci rimangono sono quasi esclusivamente sui fondi FIO". I fondi FIO sono l'unica manovra in grado di incidere nella realtà regionale. Abbiamo detto più volte che il Governo e il Parlamento sui fondi FIO tendono a riappropriarsi competenze che sono della Regione e tendono a selezionare la nostra programmazione individuando, non sempre in modo coerente e in modo corretto, le indicazioni che la Regione formula. Questo per dire che purtroppo il piagnisteo nel settore della finanza regionale è un dato di fatto, quindi mi sembra opportuno aiutare l'azione che i Presidenti delle Regioni stanno facendo nei confronti del Governo e del Parlamento. Mi pare giusta la minaccia di ricorrere alla Corte Costituzionale per richiamare i nostri diritti. Mi pare anche opportuno il quadro dei bisogni che l'Assessore ha proposto nei giorni scorsi in Commissione. Lo valuteremo e lo arricchiremo con qualche nostra indicazione che potrà essere utile per la stesura del bilancio di previsione 1989. Invitiamo la Giunta a presentarlo il più presto possibile considerando che siamo a fine novembre e che sarà inevitabile l'esercizio provvisorio; non vorremmo però che fosse troppo lungo questo esercizio provvisorio perché, in un momento di risorse scarse, occorre quanto meno una tempestiva capacità d'intervento.
Il quadro dei bisogni è utile e ringraziamo l'Assessore per averlo proposto. Le risorse sono quelle che sono, non dobbiamo farci delle illusioni; fin quando il Parlamento non metterà le Regioni in condizioni di realizzare le condizioni che hanno illustrato nel loro documento, fin quando non sarà possibile recuperare uno spazio di autonomia impositiva alle Regioni, fin quando il fondo comune non verrà trasformato in un fondo speciale finalizzato al rilancio delle Regioni, fin quando non muteranno le condizioni di accesso alle risorse, il nostro spazio di autonomia si ridurrà sempre più nei prossimi anni.
Se la Regione non dispone di ulteriori risorse, non potrà dare una risposta coerente a questi bisogni che non sono effimeri, ma primari quindi, da questo punto di vista, credo si possa preparare un documento con numeri, elenchi e proposte concreti da confrontare con il Governo.
Il Gruppo DC, in questo quadro purtroppo non allegro, riafferma il voto positivo che già ha espresso in Commissione. In questo quadro non allegro si è aggiunta la non partecipazione al voto del Gruppo comunista e questo ci dispiace. Il fatto che il Gruppo comunista, forte non solo numericamente, ma anche in modo propositivo sugli argomenti, non partecipi al voto ci rammarica. Probabilmente è un segno di protesta nei confronti della Giunta e della maggioranza. Per questo siamo rammaricati. Riteniamo che, al di là dei tempi sui quali possiamo tutti polemizzare (abbiamo polemizzato noi quando eravamo in opposizione, giustamente polemizza oggi il Gruppo comunista che è passato dal ruolo di governo a quello di opposizione), i tempi, a volte, sono legati anche a fatti tecnici non sempre dipendenti dalla volontà regionale. Al di là di questo, il Gruppo comunista non partecipando al voto, che è il momento più alto nel quale si esprime una forza politica in un parlamento, si estrania da un'espressione di volontà, da un'espressione di non consenso (debbo immaginare che, se avesse votato, il Gruppo comunista avrebbe votato in modo negativo). Mi auguro sia un episodio passeggero e che in futuro questo fatto non si ripeta. Non penso, collega Rossa, che questo dipenda dal congresso del Partito comunista: non è l'assestamento della Regione Piemonte che pu determinare un congresso di partito. Saremmo troppo presuntuosi a pensare questo. Questo bilancio non credo preoccupi Ingrao ed Occhetto.



ROSSA Angelo

E' comunque una cosa importante.



CARLETTO Mario

Dovremmo, invece, tutti insieme, cercare di coltivare quel rapporto dialettico e franco che è sempre esistito in quest'aula tra maggioranza e opposizione.
Con questo rammarico riconfermo il voto favorevole del Gruppo DC all'assestamento proposto dalla Giunta.



PRESIDENTE

Passiamo pertanto alla votazione dell'articolato del progetto di legge n.
443.
ARTICOLO UNICO - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 39 votanti 33 hanno risposto SI 31 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione 6 Consiglieri.
L'articolo unico è approvato.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g. (rinvio)


PRESIDENTE

L'Assessore Cerchio chiede l'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n. 446: "Integrazioni alla L.R. 21/6/1984, n. 28 'Interventi per l'inserimento qualificato di giovani disoccupati e di lavoratori in CIG o ex dipendenti da aziende in crisi, in cooperative già formate o di nuova costituzione' modificata ed integrata dalla L.R. 16/11/1988, n. 84".
Poiché manca il numero legale tale iscrizione non può essere fatta nella seduta odierna.
Il Consiglio è convocato per domani alle ore 9,30.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,30)



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