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Dettaglio seduta n.158 del 13/10/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Era stata preannunciata la presentazione di un ordine del giorno relativo alla situazione della Indesit.



BONTEMPI Rinaldo

Gradiremmo che prima di procedere alla votazione di questo documento l'Assessore Cerchio svolgesse una breve comunicazione in merito al problema.



PRESIDENTE

D'accordo, vorrei però sottolineare il fatto che i Capigruppo hanno stabilito che gli o.d.g. delle sedute del Consiglio devono comprendere argomenti che è fattibile affrontare nel corso della seduta. Ritengo pertanto che in seguito alla comunicazione dell'Assessore non possa che svolgersi un breve dibattito.
In attesa dell'arrivo dell'Assessore Cerchio, possiamo procedere all'approvazione delle deliberazioni iscritte all'o.d.g. della seduta odierna, licenziate all'unanimità dalle Commissioni competenti, relative all'ampliamento delle piante organiche delle UU.SS.SS.LL.
Ha chiesto la parola il Consigliere Valeri. Ne ha facoltà.



VALERI Gilberto

Vorrei ricordare che la scorsa seduta era stato assunto da parte della Giunta l'impegno di rendere una comunicazione al Consiglio in ordine alla sentenza con la quale l'Alta Corte della CEE ha condannato il Governo italiano e la Regione Piemonte per la non corretta l'applicazione delle norme sulla qualità delle acque potabili.



PRESIDENTE

Devo rilevare in proposito che i lavori del Consiglio sono organizzati dai Presidenti dei Gruppi. E' vero che era stato assunto questo impegno, ma la Conferenza dei Capigruppo non ha stabilito che nella giornata di oggi il Consiglio avrebbe affrontato questo argomento.



VALERI Gilberto

Il mio intento era quello di evidenziare il problema, anche perché la sentenza cui mi sono riferito è stata emanata più di un mese fa.



PRESIDENTE

Nella prossima riunione dei Capigruppo verrà esaminata la sua richiesta. Spetterà quindi ai Presidenti dei Gruppi stabilire tempi e modalità per la discussione di questo problema.


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 1) dell'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute".
I processi verbali delle adunanze consiliari del 31 luglio, 10, 22 e 23 settembre e 1, 8, 22, e 23 ottobre 1987 distribuiti in data odierna verranno posti in votazione nella prossima seduta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bosio Carazzoni, Gallarini, Lombardi, Paris, Pezzana e Turbiglio.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 20 e 27 settembre 1988 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 967: "UU.SS.SS.LL. n. 57 di Omegna e n. 70 di Alessandria. Adeguamento organico dei laboratori di sanità pubblica ai sensi dell'art. 18 del D.L. 18/6/1982 convertito nella legge 7/8/1986 n. 462" (rinvio)


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 967 di cui al punto 5) all'o.d.g., licenziata all'unanimità dalla V Commissione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Valeri. Ne ha facoltà.



VALERI Gilberto

Sullo stato dei laboratori di sanità giace da tempo un'interrogazione che attende ancora risposta. In particolare, non si ha notizia di quale sia lo stato di attuazione del piano regionale di potenziamento di tali strutture, mentre gli 8 miliardi che con il riparto dei fondi stanziati dalla legge cosiddetta "metanolo" sono stati attribuiti, sin dall'inizio del 1988, al Piemonte, non risultano tuttora incassati e impegnati. Ci mentre la Regione Toscana, per fare un caso, li ha già incamerati e spesi.
Mi pare dunque opportuno che almeno le deliberazioni riguardanti i laboratori di sanità vengano poste in discussione e votate in presenza dell'Assessore, in modo che egli possa chiarire questi interrogativi. E' preoccupante, ad esempio, che il laboratorio di sanità pubblica di Vercelli, da me interpellato direttamente per conoscere l'esito delle analisi nelle falde idriche dopo il diserbo in risaia, abbia risposto che a causa della persistente carenza di attrezzature e di personale, i dati saranno disponibili solamente dopo Natale. Un chiarimento è dunque indispensabile.



PRESIDENTE

D'accordo. L'esame di questa deliberazione è pertanto rinviato.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 968: "USSL n. 29 di Gassino Torinese. Deliberazione dell'A.A.C. n. 17 del 21/3/1988. Ampliamento posti in pianta organica"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 968, di cui al punto 6) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 969: "USSL n. 70 di Alessandria. Deliberazione dell'A.A.C. n. 22 dell'11/12/1987. Proposta di deliberazione C, di G, n. 2326 del 10/12/1987. Adeguamento dotazione organica della divisione di nefrologia e dialisi"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 969, di cui al punto 7) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 970: "USSL n. 55 di Verbania. Deliberazione dell'A.A.C. n. 22 del 30/11/1987. Istituzione servizio di rianimazione generale e di unità terapia intensiva coronarica e post intensiva"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 970, di cui al punto 8) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 972: "USSL n. 61 di Savigliano. Deliberazione dell'A.A.C. n. 35 del 23/10/1987. Istituzione del servizio di neurologia e ampliamento pianta organica"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 972, di cui al punto 9) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 973: "USSL n. 38 di Cuorgné. Deliberazione dell'A.A.C. n. 37 del 16/11/1987. Istituzione del servizio di recupero e riabilitazione funzionale con relativo organico"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 973, di cui al punto 10) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 974: "USSL n. 39 di Chivasso. Deliberazione dell'A.A.C. n. 41 del 14/12/1987. Ampliamento della pianta organica provvisoria"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 974, di cui al punto 11) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 975: "USSL n. 39 di Chivasso. Deliberazione dell'A.A.C. n. 42 del 14/12/1987. Ampliamento della pianta organica provvisoria per istituzione del servizio di cardiologia"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 975, di cui al punto 12) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 976: "USSL n. 71 di Valenza. Deliberazione dell'A.A.C. n. 10 del 14/7/1987. Ampliamento della pianta organica provvisoria. Parziale autorizzazione"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 976, di cui al punto 13) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 977: "USSL n. 70 di Alessandria. Deliberazione dell'A.A.C. n. 22 dell'11/12/1987. Deliberazione del C, di G n. 2328 del 16/3/1987 n. 115. Prevenzione e cura del diabete mellito. Adeguamento dotazione organica della II Divisione di medicina. Parziale autorizzazione"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 977, di cui al punto 14) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 978: "USSL n. 73 di Novi Ligure. Deliberazione dell'A.A.C. n. 21 del 26/11/1987. Adeguamento pianta organica provvisoria per servizio dialisi ad assistenza limitata"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 978, di cui al punto 15) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 980: "USSL n. 54 di Borgomanero. Deliberazione dell'A.A.C. n. 25 del 27/11/1987. Ampliamento pianta organica provvisoria"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 980, di cui al punto 16) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 981: "DGR n. 126-23337: USSL n. 68 di Asti. Deliberazione dell'A.A.C. n. 4 del 29/4/1988. Ampliamento organico personale medico divisione chirurgia e medicina"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 981, di cui al punto 17) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Nomine

Esame proposta di deliberazione n. 984: "Rettifica deliberazioni Consiglio regionale nn. 852-8305 e 855-8308 del 9/6/1988 per errore materiale"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 984, di cui al punto 18) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo, a mani dei Consiglieri, verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.



(La votazione è valida ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento:

Esame legge rinviata dal Governo relativa a: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 21/6/1984, n. 28"


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare la legge rinviata dal Governo, di cui al punto 4) all'o.d.g. Gli articoli emendati a seguito dell'accoglimento delle osservazioni formulate dal Commissario di Governo sono i nn. 5, 9 e 13 viene inoltre aggiunto un nuovo articolo n. 17 per dichiarare la legge urgente.
Non essendovi richieste di parola, passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 28 hanno risposto SI 28 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 28 hanno risposto SI 28 Consiglieri.
L'art. 9 è approvato.
ART. 13 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 28 hanno risposto SI 28 Consiglieri.
L'art. 13 è approvato.
ART. 17 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 28 hanno risposto SI 28 Consiglieri.
L'art. 17 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 27 hanno risposto SI 27 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.



(Le votazioni di tale legge, rinviata dal Governo, sono valide ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale)


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazione della Giunta sul problema occupazionale alla Indesit


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, è sorto un problema inerente la cassa integrazione dei lavoratori del gruppo Indesit. In merito è stato presentato un ordine del giorno.
La parola all'Assessore Cerchio che svolgerà una breve comunicazione.



CERCHIO Giuseppe, Assessore all'industria

Intervengo brevemente anche se il problema meriterebbe una più ampia occasione di confronto. Per i prossimi giorni sono stati programmati alcuni incontri che aggrediranno in termini di proposta e di immagine (sarà anche un'occasione di mobilitazione) questo problema che si trascina da anni, ma che in questi ultimi mesi ha avuto una particolare accelerazione a seguito del mancato rinnovo della cassa integrazione per i circa 1.700 lavoratori Indesit che insistono nell'ampia area del Pinerolese e ai confini del Cuneese, essendo anche i Comuni di Barge e Bagnolo coinvolti per i livelli occupazionali.
Martedì sera si è finalmente tenuto un incontro presso il Ministero dell'Industria con la cosiddetta Commissione grandi eccedenze per questi 1.700 lavoratori (Commissione che vede la presenza dei rappresentanti delle Regioni Piemonte e Campania, delle Organizzazioni sindacali, delle Associazioni imprenditoriali delle due Regioni e dei rappresentanti del Ministero dell'Industria e del Lavoro), presieduta dall'Amministratore straordinario dell'Indesit, dott. Zunino. Purtroppo, si sono apprese alcune decisioni che stanno maturando in senso non positivo, almeno per il rinnovo della cassa integrazione per le 1.700 eccedenze piemontesi e le 2.000 della Campania; a queste si uniranno altri 270 dipendenti ex Indesit attualmente in carico alla Seleco, unità produttiva che vede 170 lavoratori in servizio e 270 in cassa integrazione che scadrà definitivamente nel marzo 1989. Anche da parte di questa azienda si chiede che all'interno della cosiddetta Commissione grandi eccedenze venga considerato il problema di questi ulteriori 270 dipendenti.
A nome della Regione Piemonte esprimo la viva preoccupazione per l'andamento per nulla rassicurante della pratica di rinnovo della cassa integrazione speciale a favore degli operai Indesit. Per questo, ed anche alla luce di alcune iniziative che dovremo concordare con i sindacati e con i rappresentanti degli enti locali, ho convocato per lunedì 17 ottobre tutti i Sindaci del Pinerolese, le Organizzazioni sindacali e i parlamentari piemontesi delle province di Torino e Cuneo per decidere alcuni percorsi comuni.
Le notizie fornite dalla Commissione grandi eccedenze sono decisamente sfavorevoli e dalla riunione è emerso l'orientamento del Comitato tecnico che vaglia le pratiche prima del definitivo esame del CIPI, di non riconoscere l'applicazione della CIGS ai sensi della legge n. 675, con la motivazione che non esiste più continuità produttiva dell'azienda. Ci comporta l'impossibilità di ricorrere alla mobilità, al prepensionamento e ad altri accorgimenti che consentirebbero di avviare a soluzione il problema delle eccedenze Indesit, che assommano globalmente a circa 4.000 lavoratori, di cui metà in Piemonte e metà in Campania.
La Commissione grandi eccedenze, istituita per studiare e mettere a punto programmi di assorbimento di questa manodopera presso altre aziende nel corso dell'incontro di martedì sera ha ritenuto di non poter svolgere il compito affidatogli qualora il CIPI non riconosca la cassa integrazione speciale ai sensi della legge n. 675, e ha investito il Ministero dell'Industria e del Lavoro affinché ripresenti in seno al CIPI questi problemi. Se perdurasse questa situazione, non è escluso un autoscioglimento della Commissione grandi eccedenze Indesit, venendo sostanzialmente a mancare i presupposti per ogni iniziativa ulteriore. La Commissione grandi eccedenze ha inoltre deciso che si riunirà subito dopo la decisione del CIPI sulla cassa integrazione speciale Indesit.
La situazione è di estrema gravità; è forse il caso più eclatante a livello nazionale. Per parte nostra, oltre a coinvolgere i parlamentari piemontesi interessati e gli enti locali, riteniamo, pur nella nostra scarsa titolarità in tema di politica industriale e del lavoro, di dover mettere a punto una serie di iniziative, soprattutto di prossimi confronti con il Ministero dell'Industria e del Lavoro, e di pressioni nei confronti del Ministero del Tesoro e degli Interni affinché sblocchino la situazione e si addivenga alla cassa integrazione.
In questo quadro mi pare che i Consiglieri regionali stiano verificando l'opportunità di un pronunciamento dell'assemblea regionale con un ordine del giorno che potrebbe riprendere questi argomenti, la cui bozza è in distribuzione. Tale documento diventerebbe pronunciamento ufficiale dell'assemblea regionale sul problema che ci ha impegnati in queste settimane quotidianamente e che non mancherà di impegnarci, proprio per l'attenzione particolare che Consiglio e Giunta, in sintonia fra di loro intendono dedicare a questo grande problema emergente che - ripeto - è il più grosso problema che in questo momento una grande azienda ha sul territorio nazionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, dopo una lunga attesa, dal giugno di quest'anno purtroppo, viene respinta la cassa integrazione per oltre 4.000 lavoratori del gruppo Indesit. Impegni, promesse, impegno dello stesso Sottosegretario Carlotto, ma i risultati sono purtroppo che la cassa integrazione viene respinta in base alla considerazione che non ci sarebbe più l'esercizio di impresa e quindi verrebbe meno la legge Prodi e probabilmente anche la legge n. 675. Queste sono le obiezioni avanzate dal Ministero del Bilancio.
Senza cassa integrazione, da drammatico problema sociale il problema diventa immediatamente di ordine pubblico. Tra l'altro, martedì scorso si è riunita la Commissione grandi eccedenze che, dopo un anno, ha avuto l'enorme capacità di non fare una sola proposta, tant'è vero che l'Assessore parla di autoscioglimento in segno di protesta nei confronti di questo Comitato, che doveva lavorare e non l'ha fatto, e che di fronte ad una situazione drammatica come questa, dopo un anno, si presenta senza uno straccio di proposta. Eppure il Consiglio regionale, proprio un anno fa approvò un ordine del giorno apprezzato in tutte le sedi e dallo stesso Dott. Zunino, Commissario della legge Prodi.
E' un problema occupazionale, probabilmente il più grave del nostro Paese per le dimensioni (quasi 2.000 lavoratori nel Pinerolese e oltre 2.000 nel Casertano); tra l'altro, il problema è ancor più drammatico per il fatto che, se cessasse la cassa integrazione straordinaria, non vi sarebbe possibilità alcuna di ottenere l'indennità di disoccupazione speciale in quanto non c'è più rapporto di lavoro. Questo è cessato definitivamente tempo addietro. Chiediamo quindi misure straordinarie per l'Indesit.
Le proposte avanzate con l'ordine del giorno dello scorso anno contenevano la necessità di misure straordinarie. Bisogna che la Regione prema sul Governo in modo che queste misure straordinarie vengano prese nei confronti di uno dei principali, forse il principale problema occupazionale del nostro Paese.
Facciamo un esempio: le misure prese per la siderurgia potrebbero essere estese all'Indesit. Ricordiamo che a suo tempo vi fu un intervento straordinario per l'ex società italiana Nylon Montefibre di Pallanza (Verbania); si modificò una legge nazionale che stabiliva la possibilità di intervenire solo nelle aree meridionali e con quella misura straordinaria fu possibile intervenire anche a Verbania.
Se non verranno prese misure straordinarie anche in questo caso, non solo non riusciremo a risolvere questo problema, ma non riusciremo nemmeno ad alleggerirlo nella sua portata drammatica e di ordine pubblico.
Preliminare necessario è però il rinnovo della cassa integrazione: non vi sono dubbi. Si può parlare di mobilità, di prepensionamento, di misure di ricollocazione di vario tipo ad una sola condizione: che vi sia un sostegno al reddito dei lavoratori e l'integrazione salariale da parte dello Stato.
Inoltre, avanziamo un'altra proposta, caro Assessore, che l'accordo a suo tempo siglato a Torino con la Confapi e con l'Unione Industriale per il ricollocamento degli ultraventinovenni venga esteso anche alla situazione Indesit. Mettiamo alla prova gli imprenditori privati: esiste un problema drammatico di vaste dimensioni, diamo loro tutti i benefici necessari a condizione che avviino al lavoro gli ultraventinovenni. Misuriamoli sul campo: favoriamo concretamente la mobilità in modo tale da non continuare ad assistere a lungo i lavoratori, ai quali ora viene a cessare l'assistenza senza alcuno sbocco.
Mi pare che nella sostanza l'ordine del giorno proposto vada bene.
Tuttavia porrei attenzione nel dire che chiediamo il rinnovo della cassa integrazione straordinaria in base alla legge 675. In questo caso, il rapporto di lavoro è cessato, ha operato la legge Prodi, c'è stata l'amministrazione controllata. Non so se sarà possibile ottenere il rinnovo in base alla legge 675, probabilmente bisognerà intrecciarla con la legge Prodi (la sua proroga) in modo tale da avere un'amministrazione, se non dell'azienda, per lo meno delle eccedenze. Aggiungerei che il Consiglio regionale è solidale con questi lavoratori e partecipa alla loro manifestazione di protesta che si svolgerà domani a Roma.
Mi permetta, signor Presidente, un'ultima considerazione. Siamo di fronte a lavoratori che hanno percorso un lungo calvario e che ancora oggi hanno un comportamento esemplare, civile e democratico; non si possono per chiedere miracoli alla gente che aspetta la cassa integrazione dal giugno scorso e che se la vede negata, che sa che non potrà avere la disoccupazione sociale e che giustamente, in base a questa situazione disastrosa, domani manifesterà a Roma contro i Ministeri.
Se vi sono i diritti, vengano riconosciuti urgentemente; se non vi sono, si dica a questa gente che non ha diritto alla cassa integrazione e si prendano altre misure urgenti per fronteggiare una situazione diventata ormai di ordine pubblico.
Chiedo che il Consiglio regionale, con una propria delegazione partecipi domani alla manifestazione di protesta nei confronti dei Ministri che si palleggiano le responsabilità, che circa un anno fa hanno costituito una Commissione per ricollocare le eccedenze e si presentano oggi senza uno straccio di proposta. Questa situazione è scandalosa! Voglio anche ricordare - ed è davvero l'ultima considerazione - che esistono altre situazioni del genere. Richiamo l'attenzione di un Consiglio disattento sulla situazione dei lavoratori ex Società Italiana Nylon Montefibre di Ivrea. Per questi la disoccupazione speciale è cessata ad aprile di quest'anno. L'IRPEF si accanisce a passare le indennità di cassa integrazione percepite negli scorsi anni. I lavoratori non ricevono più la disoccupazione speciale e devono pagare milioni di lire ciascuno per la tassazione IRPEf, che colpisce anche la cassa integrazione.
Si tratta di alcune migliaia di lavoratori in Piemonte che attendono la cassa integrazione da sei mesi, un anno, diciotto, persino ventiquattro mesi. Non è più tollerabile! E poi si sostiene che c'è una crisi istituzionale! Sfido io! La gente è sempre più distante da istituzioni che non riconoscono ai cittadini i loro pieni diritti. O hanno diritto alla cassa integrazione, e urgentemente questa deve essere liquidata, oppure non ne hanno diritto. Se così è, bisogna dirlo ai lavoratori; la verità è che hanno questo diritto ed è che si paghi la cassa integrazione urgentemente.
Una situazione come questa non è tollerabile, se non a grave detrimento delle istituzioni democratiche nel nostro Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Anche a me pare molto opportuna la proposta di ordine del giorno che la Giunta fa al Consiglio in un momento delicato e difficile della vita dei lavoratori ex Indesit che stanno correndo rischi gravi per il loro futuro.
La situazione, che sul piano nazionale può per certi versi essere compresa (quella di razionalizzare le risposte del Governo a questi problemi) indubbiamente non può cadere sulla testa degli ex dipendenti Indesit, i quali hanno assolutamente l'esigenza di trovare una ricollocazione nel mondo produttivo.
A me pare che in un caso come questo, sicuramente tra i più gravi, se non il più grave nel nostro Paese, per il numero di lavoratori interessati (circa 4.000: 2.000 nella nostra Regione e 2.000 nel Casertano) e per le caratteristiche e le peculiarità di questi lavoratori, occorra un impegno del tutto particolare del Governo e della Regione per far sì che una risposta venga individuata.
Concordo con il collega Calligaro quando dice: "Per altre situazioni altrettanto gravi e altrettanto difficili in passato si sono individuate delle soluzioni". La GEPI doveva occuparsi solo del sud; poi, per qualche situazione grave, si è consentita la deroga finalizzata. Altre soluzioni sono state attuate nel passato. Ci pare che anche in questo caso il Governo debba assolutamente trovare qualche soluzione.
Dalle notizie che abbiamo, pare che il Ministero del Lavoro avesse dato parere favorevole (e da questo punto di vista il Sottosegretario Carlotto aveva mantenuto gli impegni assunti) ad una soluzione per questi lavoratori, mentre il Ministero dell'Industria avrebbe qualche perplessità.
Invitiamo quindi tutti i Ministeri interessati, in particolare il Ministero dell'Industria, a rivedere questa posizione troppo rigida che crea delle difficoltà.
Non mi sento di poter condividere l'affermazione che il problema sarebbe di ordine pubblico, nel senso che nel nostro Paese gli ammortizzatori sociali, bene o male, riusciamo ad inventarli e quindi le soluzioni, prima o poi, Indesit si trovano, e così sarà anche per il caso Indesit. Dobbiamo sapere - e il Governo deve sapere che 4.000 lavoratori sono un numero importante, soprattutto perché si collocano in due aree molto deboli del nostro territorio nazionale: l'una il Pinerolese (a ridosso del Cuneese) e l'altra il Casertano.
Credo che bene abbia fatto la Giunta a proporci questo ordine del giorno, come dicevo all'inizio del mio intervento. In questo documento ci riconosciamo pienamente; chiediamo all'Assessore di continuare in questa azione molto puntuale, precisa e forte nei confronti del Governo per portare avanti i problemi occupazionali della nostra Regione così gravi.
Lo invitiamo a continuare con lo stesso impegno e la stessa decisione anche perché sappiamo che quando è necessario l'Assessore Cerchio sa essere deciso e soprattutto - vorrei richiamare questo aspetto perché mi sembra positivo - mi pare importante che il disegno di legge sia stato presentato dalla Giunta.
Infatti esistono proposte di legge presentate da altre forze politiche la Giunta ha però presentato un disegno di legge sul fondo di occupazione regionale degli ultraventinovenni. Attualmente tale disegno, che consente di dare dei contributi alle imprese che assumono personale con queste caratteristiche, è all'esame della IV Commissione e affronteremo la discussione in merito nelle prossime settimane.
Mi sembra che anche questa, dal punto di vista regionale, possa essere una risposta e un contributo per affrontare una serie di problemi complessivi presenti nella nostra Regione.
Ma se la nostra legge può risolvere - e mi auguro che lo possa fare tanti piccoli problemi, quello della Indesit è troppo complesso e non è pensabile che possa essere affrontato solo con lo strumento regionale. La strada sin qui seguita a livello regionale mi pare positiva e utile, per su una questione così importante occorre assolutamente l'impegno del Governo.
In questo senso sottoscriviamo appieno questo ordine del giorno e diamo mandato alla Giunta e all'Assessore di porre in essere ogni azione possibile perché i Ministeri, in particolare il Ministero dell'Industria si convincano che una soluzione di questo tipo deve essere inventata. E' una soluzione difficile, ma - ripeto - nel passato altre soluzioni sono state proposte per casi di questa portata e di questa gravità e non si capisce perché per l'Indesit non si possa fare altrettanto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quando affrontiamo questi problemi sembra che discutiamo di un qualcosa limitato ad un compartimento stagno, isolato da un contesto più generale.
Da parecchi giorni sui giornali troviamo l'esaltazione di un nuovo boom economico e quindi di una nuova opportunità di crescita e di ricchezza del Paese. Però, questa società, divisa in due blocchi, da una parte coloro che colgono gli effetti positivi di questo boom, e dall'altra quelli che invece restano emarginati, è un problema ben più generale che non si pu solo circoscrivere alla cassa integrazione della Indesit.
E' evidente che c'è un nodo, un problema politico nella nostra società che va affrontato. I soli meccanismi di mercato non potranno mai dare risposte a questi lavoratori, e nemmeno qualche egregio e attento intervento che possiamo sviluppare a livello regionale e locale. Il nodo è più grosso. Non mi stupisco che proprio dall'interno del Ministero dell'Industria, dove c'è una certa impostazione, emerga solo la tendenza a tagliare in modo drastico, a togliere la spina del collegamento con quelli che potevano essere degli ammortizzatori sociali, senza offrire altre risposte.
Abbiamo assistito al caso della Seleco, direi vergognoso, nel quale sono stati fatti interventi di rianimazione industriale prevalentemente nel Friuli o in altre Regioni, dando inadeguate risposte ai problemi di questa realtà, che è stata sostanzialmente smantellata.
Non molti anni fa, la Indesit era ancora composta da 11.000 dipendenti.
Nessuno nega che i processi di ristrutturazione siano necessari, ma non si può nemmeno pensare che questi vadano avanti in modo selvaggio. Occorre, a mio parere, il problema di chiamare in causa le associazioni industriali e le organizzazioni degli imprenditori, anche perché non si tratta più di un problema unicamente a carico della Regione o di qualche altro meccanismo.
E' vero, siamo in ritardo con l'Agenzia per l'impiego. Suggerisco di inserire un richiamo a questo proposito nell'ordine del giorno, per cercare di attivare a fondo gli strumenti previsti dalle normative vigenti - non ancora operativi - che potrebbero dare un aiuto sul versante della mobilità.
La mobilità per questi settori è difficile, quindi occorre trovare altri strumenti. Non esistono, a livello nazionale, strumenti legislativi per interventi in questo tipo di disoccupazione o comunque di cassa integrazione a zero ore. In primo luogo è necessario far sentire un peso forte, insistente, organizzato e determinato sul CIPI e sui Ministeri che interagiscono in questo Comitato a livello nazionale per cercare di far capire la portata dell'emergenza in un'area fortemente debole sul piano occupazionale. Recentemente alcuni indicatori hanno dato segnali di ripresa dell'occupazione, ma non sarà certo la sola assunzione di questi lavoratori a favorire la ripresa.
Dobbiamo avere il coraggio di denunciare la vergognosa esaltazione di un boom economico che sappiamo lascerà ancora più in difficoltà questi lavoratori, i quali si trovano privi di strumenti legislativi di intervento. Esiste all'interno del CIPI una visione tecnocratica della situazione che ostacola la prosecuzione della cassa integrazione. Facciamo questa pressione, cerchiamo di portare in campo l'esigenza che questa Regione sia dotata di un'Agenzia per il lavoro operativa e coinvolgiamo anche gli imprenditori.
Non posso pensare che in questa società il boom sia da delegare agli imprenditori, mentre alla Regione e agli organismi pubblici rimangano le situazioni non più recuperabili: alla lunga non ce la faremo più.
E' giusto che questi lavoratori manifestino il loro dissenso non vedendosi rappresentati dal momento pubblico; il momento pubblico in questa circostanza non fa il necessario discorso generale, che invece dobbiamo far valere.
L'Agenzia per il lavoro significa coinvolgere anche le associazioni imprenditoriali in merito a questi problemi con delle iniziative di area.
Se necessario, diano qualche risposta. Certamente sono positivi tutti i nostri momenti e, Assessore, è indispensabile una forte ed insistente (mattina, pomeriggio, sera) azione sugli organismi nazionali, affinch considerino questi casi nella giusta dimensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, intervengo per chiedere all'Assessore alcune precisazioni sull'ordine del giorno. Sono profondamente convinto che questo sia un problema di ordine pubblico, perché non solo ci troviamo di fronte al punto di crisi sicuramente più grave per la regione Piemonte, ma probabilmente al più grave a livello nazionale per le dimensioni del problema da risolvere (4.000 lavoratori eccedenti) e per la qualità di questi eccedenti; infatti la stragrande maggioranza è manodopera femminile.
Alla Indesit di Torino tra gli eccedenti ci sono interi nuclei familiari. E quando una famiglia non ha più alcun reddito né un paracadute sociale e non ha di che sfamarsi, credo che i problemi di ordine pubblico sorgano. Quindi anche un intervento sul Prefetto, Assessore, non sarebbe fuori luogo.



CERCHIO Giuseppe, Assessore all'industria

Già fatto.



MONTEFALCHESI Corrado

Già fatto? Benissimo.
Va precisato che il possibile non rinnovo della cassa integrazione si inquadra entro una logica precisa. Dal momento che al Governo si discute di tagli allo scopo di ridurre il debito pubblico, il Ministro del Bilancio (che fa parte del CIPI) ha detto: "Benissimo; visto che dobbiamo tagliare perché non cominciamo da questa azienda dove non c'è più esercizio di impresa?". Quindi si taglia alla Indesit; è una cosa assolutamente assurda perché nei confronti di questi lavoratori lo Stato ha assunto un impegno preciso, e poi ci si lamenta della crescente sfiducia da parte dei cittadini nei confronti delle Istituzioni.
Quando c'è stata l'operazione Indesit-Merloni, lo Stato si è assunto l'impegno di individuare strumenti per la ricollocazione di questi lavoratori e lavoratrici ed ha istituito una Commissione ad hoc per individuare tali strumenti. Adesso non è possibile far mancare il presupposto fondamentale per l'individuazione di quegli strumenti.
Il presupposto fondamentale è la proroga della legge Prodi, quindi rinnovo della cassa integrazione. In caso contrario, si fa il "gioco delle tre carte": prima si assumono degli impegni ai quali il giorno dopo si viene meno. Potrebbe anche essere vero che non c'è più l'esercizio di impresa, ma come Regione Piemonte dobbiamo sostenere con forza l'impegno assunto dallo Stato nei confronti di questi lavoratori e lavoratrici.
Questo impegno va mantenuto e se non c'è più l'esercizio di impresa bisogna comunque trovare le soluzioni per il rinnovo della cassa integrazione.
Ad esempio, per quanto riguarda i lavoratori di Montalto di Castro si è voluto cercare una soluzione e la si è trovata: è solo questione di volontà politica.
Vorrei anche fare alcune osservazioni sull'ordine del giorno proposto dall'Assessore. Credo occorra dire esplicitamente che il presupposto per il rinnovo della cassa integrazione è la proroga della legge Prodi.
Inoltre, laddove si fa riferimento agli strumenti normativi per alleggerire le difficoltà dei lavoratori Indesit in eccedenza, bisogna precisare che vanno utilizzati tutti gli strumenti, ordinari e straordinari. Dobbiamo averne coscienza tutti e dobbiamo trasmettere questa coscienza al Governo: senza strumenti straordinari la vicenda della Indesit non si risolve.
Come ultima questione, chiedo al Consiglio regionale l'impegno a partecipare con una delegazione, in segno di solidarietà, alla manifestazione che i lavoratori svolgeranno domani a Roma.
Mi rivolgo infine all'Assessore: come Gruppi, riteniamo di essere automaticamente invitati all'incontro di lunedì, o almeno lo spero.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore all'industria

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò telegrafico. Tutte le osservazioni opportunamente richiamate dai colleghi sono ricomprese nella mia comunicazione iniziale. La bozza di documento che ho consegnato ai colleghi Consiglieri era una traccia di lavoro; va da sé che tutte le osservazioni qui portate ad integrazione sono ovviamente accoglibili. In realtà, la traccia di lavoro racchiude le proposte avanzate dal Consiglio e trova il pieno accordo dell'Assessore e della Giunta.
Le osservazioni fatte da alcuni colleghi già da più di due settimane sono state segnalate con particolare cura, e non solo verbalmente, in un confronto avuto con il Prefetto di Torino. Questo problema ha e rischia di avere gravi dimensioni di ordine sociale e non è pensabile che si verifichino situazioni come quella segnalataci in quel di Caserta, dove circolavano volantini a stelle, inneggianti ad una rivoluzione sul piano sociale. Abbiamo quindi segnalato con particolare cura questa preoccupazione, proprio perché non si verifichino iniziative localizzate come quella del Casertano.
Siamo disponibili ad accogliere quei suggerimenti che, con tutta la difficoltà di un percorso certamente non facile, alcuni colleghi hanno giustamente indicato, nel tentativo di coinvolgere tutte quelle realtà che finora non sono state soggetti attivi nell'ambito di questo problema. Mi riferisco alle realtà imprenditoriali e industriali a cui il collega Tapparo faceva riferimento e che non potranno non essere in qualche modo sollecitate ad un confronto.
Il problema ha assunto dimensioni particolarmente rilevanti; peraltro non si tratta di un caso singolo nella nostra realtà regionale ma della sommatoria di code drammatiche della ristrutturazione che in questi ultimi mesi ha interessato numerose aziende. Dico questo non per spaventare, ma per un senso di realismo verso questa assemblea. Infatti, da alcune indicazioni in negativo, immaginabilmente nelle prossime settimane questo problema interesserà anche altri grandi stabilimenti; ad esempio, la Pirelli di Settimo, tanto per fare un riferimento contingente, ha ancora code significative che non potranno non essere in questi giorni affrontate con attenzione. Ugualmente preoccupante è la situazione della CEAT, per alcune analogie anche in termini strutturali con la situazione dell'Indesit.
Un'espressione unanime del Consiglio regionale su questo ordine del giorno, così ricorretto e impostato, può essere il giusto pronunciamento istituzionale in linea con quanto stiamo tentando di fare con forza come Amministrazione regionale piemontese, pur con la pochezza di titolarità politica che abbiamo.
La comunicazione formale fatta stamani in sede di assemblea è naturalmente un implicito invito ai rappresentanti dei Gruppi consiliari a partecipare all'incontro di lunedì in sede regionale, essendo oltretutto un problema per il quale abbiamo condotto una battaglia in maniera unitaria.
Sono perfettamente d'accordo anche sul fatto che, istituzionalmente e formalmente, una delegazione del Consiglio regionale sia presente domani a Roma. Informo però i colleghi che l'Assessore non potrà esserci, per impegni assunti precedentemente. Pregherei i colleghi di essere fortemente rappresentativi della volontà espressa attraverso questo ordine del giorno che mi auguro sia unitario.
Il discorso su questo tema continuerà con la verifica di lunedì, nella quale cercheremo di coinvolgere i rappresentanti parlamentari e in particolare quelli delle due province di Torino e di Cuneo su cui insiste l'occupazione, ovvero la disoccupazione del presidio della ex Indesit.
Cercheremo di raggiungere insieme alcuni traguardi graduali per rimettere in pista una soluzione che, dalle informazioni assunte, sta diventando sempre più urgente Farei solo un correttivo alle prime parole del collega Calligaro: questa è la situazione che ci troveremo di fronte nei prossimi giorni.
Ufficialmente non abbiamo consolidato la non cassa integrazione, anche se ormai il percorso porta a questa preoccupazione purtroppo per nulla rassicurante.
In questo senso inviterei, se i colleghi hanno definito la riscrittura di questi suggerimenti, ad andare ad un pronunciamento forte ed unitario dell'assemblea regionale.


Argomento: Stato giuridico ed economico del personale dipendente - Norme finanziarie, tributarie e di contabilita

Esame proposta di deliberazione n. 983: "D.G.R. n. 76-23454 - Parziale modificazione della D.C.R. n. 880-C.R. 11128 del 28/7/1988" ed esame progetto di legge n. 419: "Disposizioni per i concorsi speciali di cui all'art. 46 della L.R. 16/8/1984 n. 40 ed all'accesso alla I qualifica dirigenziale"


PRESIDENTE

E' pervenuta la richiesta di iscrivere all'o.d.g. due provvedimenti relativi al personale regionale: la proposta di deliberazione n. 983 e il progetto di legge n. 419.
Chi è favorevole all'iscrizione all'o.d.g. della deliberazione n. 983 è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
Chi è favorevole all'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n. 419 che è conseguente alla deliberazione soprarichiamata, è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
Per quanto riguarda la deliberazione n. 983, informo i Consiglieri che è stata ampiamente discussa nella Commissione competente. Se non vi sono osservazioni, la pongo in votazione.



MONTEFALCHESI Corrado

Vorrei che qualcuno la illustrasse.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

Vi sono due provvedimenti, una deliberazione di carattere tecnico finanziario e un disegno di legge. Questo disegno di legge è stato approvato ieri in Commissione, dove si è concordato di portarlo in aula urgentemente perché si tratta del recepimento dell'accordo sindacale. E' una questione da risolvere rapidamente perché va sciolto il nodo dell'applicazione di queste norme che, ripeto, fanno parte dell'accordo sindacale e sono propedeutiche ai concorsi pubblici per la I dirigenziale.
Su richiesta esplicita delle Organizzazioni sindacali e della Giunta la I Commissione, nella seduta di ieri, ha quindi esaminato i due provvedimenti e unanimemente ha convenuto sull'opportunità di votarli. Tali provvedimenti si inseriscono appunto nel recepimento dell'accordo sindacale.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione n. 983, il cui testo verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 20 voti favorevoli e 10 astensioni.
Esaminiamo ora il progetto di legge n. 419.
La parola al relatore, Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la presente legge, approvata dalla I Commissione in sede referente nella seduta di ieri, ha motivi di urgenza facilmente comprensibili dato l'oggetto della legge stessa che riguarda i concorsi speciali del personale regionale.
Questo disegno di legge introduce un'ulteriore modifica all'art. 46 della L.R. n. 40/84 ed è stato presentato dalla Giunta a seguito di accordi intercorsi con le Organizzazioni sindacali.
Gli artt. 1 e 2 presentano in particolare norme relative ai concorsi speciali. Queste prevedono da un lato la necessità che l'attuazione di concorsi venga programmata con provvedimento della Giunta regionale, e dall'altro che l'inquadramento dei vincitori degli stessi nelle qualifiche superiori avvenga con una decorrenza unica per tutti, indipendentemente dalla data di conclusione delle procedure medesime, al fine di garantire omogeneità di trattamento ed evitare la disparità conseguente ai tempi tecnici necessari per l'espletamento di detti concorsi.
Viene previsto inoltre che l'adozione del provvedimento programmatorio non modifichi tutto quanto già definito in merito ai profili professionali e ai rispettivi requisiti d'accesso. Si vuole così affermare espressamente il principio, già desumibile in via interpretativa, secondo il quale attraverso i concorsi speciali, non è possibile accedere a qualifiche ulteriori rispetto a quella immediatamente superiore alla qualifica posseduta dal candidato.
L'art. 3 modifica i requisiti di accesso alla I qualifica dirigenziale rispetto a quelli previsti dall'art. 46 della vigente L.R. n. 40/84.
I successivi artt. 5 e 6 sono articoli di funzionamento. Il primo riguarda la norma finanziaria che individua la copertura nei capitoli di spesa del bilancio regionale già individuati per questo tipo di spesa; il secondo riguarda la procedura d'urgenza a cui viene autorizzato il Presidente della Regione.
Questi sono in sintesi i dati complessivi del disegno di legge.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Santoni è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, non entro nel merito di questo disegno di legge, ma intendo chiedere all'Assessore un'informazione sui tempi per il recepimento integrale del contratto di lavoro dei lavoratori regionali. Il mancato recepimento integrale del contratto e degli accordi sta provocando, per alcune fasce di lavoratori e per alcune prestazioni (in particolare quelle straordinarie di alcuni lavoratori), delle perdite di salario; e su queste cose non si può giocare! Gli accordi e i contratti si stipulano per avere dei miglioramenti salariali e normativi, e non si può vanificare questi miglioramenti con delle carenze da parte della Regione nel recepimento del contratto.
Peraltro sono convinto che questa carenza nel recepimento del contratto possa anche configurarsi come omissione di atti d'ufficio; se qualche lavoratore farà un esposto (cosa che prima o poi qualcuno potrebbe fare) potrebbero profilarsi delle grane, visto che ci sono in ballo questioni di salario. La Giunta deve quindi dare una spiegazione al Consiglio e ai lavoratori sui tempi del recepimento del contratto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente, intervengo per motivare il voto non favorevole del Gruppo comunista a questo disegno di legge.
Comprendiamo il fatto che questo disegno di legge è il risultato e il frutto di un accordo con le Organizzazioni sindacali che tende ad avviare finalmente il procedimento dei concorsi interni e speciali. Dal punto di vista politico e generale però, pur non riprendendole, desideriamo richiamare le considerazioni fatte qualche mese fa in occasione di un disegno di legge analogo che riguardava altre qualifiche.
Il dato che permane è preoccupante: assistiamo ad uno stillicidio di disegni di legge che modificano sostanzialmente la legge regionale n. 42 legge che questa maggioranza e questa Giunta hanno voluto impostare in un certo modo. Questo la dice lunga sulle difficoltà nelle quali la Regione si trova ad operare rispetto alle risposte da dare al suo personale.
Potrei richiamare le considerazioni già sviluppate in precedenti occasioni: infatti, questo è il quarto disegno di legge modificativo della legge regionale n. 42. Non è soltanto un elemento di discrasia, di messa in discussione di una volontà espressa dal Consiglio a suo tempo.
Con questi disegni di legge si danno colpi forti anche ad un'altra legge (la n. 40) che la Regione ha varato con grande difficoltà e grande sforzo. Questa legge aveva recepito il contratto 1982/1984 e tutte le forze politiche si erano sforzate per produrre qualche elemento di innovazione rispetto alle procedure concorsuali, di progressioni di carriera e quant'altro. Procedere in modo così frammentato produce effetti dirompenti anche rispetto al confronto politico e culturale che le forze di questo Consiglio hanno prodotto.
Per tutte queste ragioni, e non tanto per il merito del disegno di legge, il nostro voto sarà di astensione. Non siamo alla fine della corsa nel senso che con questo disegno di legge si potranno avviare finalmente i concorsi; rimangono però alcuni problemi più complessivi posti da alcune fasce di personale regionale ai quali non viene data soluzione. Di questo aspetto del problema abbiamo avuto modo di discutere ieri in sede di Commissione, per cui non riprendo la discussione di carattere generale.
Ci auguriamo che a questo punto i concorsi siano davvero avviati svolti e conclusi nel più breve tempo possibile.
Come abbiamo già rivendicato ieri, dobbiamo darci dei tempi certi per il recepimento del contratto nazionale di lavoro ormai scaduto: rischiamo di lavorare sostanzialmente con due contratti non ancora attuati, nel senso che non solo i concorsi non sono partiti e non sono stati esperiti, ma non si è nemmeno data attuazione al contratto scaduto in precedenza. La mancanza della legge di recepimento di un contratto già scaduto nel 1987 produce effetti immaginabili di notevole difficoltà all'interno della struttura e sul personale. Abbiamo quindi di fronte un lavoro impegnativo.
Concludo il mio intervento richiamando il fatto che ieri abbiamo chiesto all'Assessore - e vogliamo ribadirlo in questa sede - che sia definita tutta la partita riguardante i concorsi speciali. Chiediamo sia fatto uno sforzo quanto meno dal punto di vista degli intendimenti: sostanzialmente, la Giunta dia ai dipendenti della Regione e del Consiglio regionale il senso delle linee di riorganizzazione e di utilizzo che si intendono perseguire.
Attraverso i concorsi interni, il personale assumerà funzioni e ruoli più alti rispetto a quelli attualmente ricoperti. La Giunta in sostanza deve offrire a tutti delle certezze rispetto al futuro, in funzione dell'impegno che i dipendenti regionali portano all'interno dell'amministrazione.
Da questo punto di vista non abbiamo molta fiducia e non crediamo di essere fuori dalla realtà nel ritenere che in questa legislatura non sia possibile mettere mano a quanto auspicato dalla legge n. 42, ovvero che entro un anno il Consiglio regionale vari la legge di riorganizzazione e ristrutturazione della macchina regionale. Dal momento che non abbiamo questa fiducia, chiediamo che ci sia almeno un documento che dica esplicitamente quali sono le intenzioni della Giunta, quali sono i termini gli obiettivi e i tempi attraverso i quali intende portare avanti la ristrutturazione e la riorganizzazione dell'amministrazione regionale.
Senza questo, abbiamo la sensazione che le cose che stiamo facendo rischino di lasciare l'amaro in bocca a tanta gente, e crediamo che ci sia bisogno di tutto fuorché di contribuire, anche attraverso i nostri atti, a creare disaffezione all'impegno e alla funzione dei dipendenti regionali verso l'ente che servono.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, ha facoltà di replicare l'Assessore Brizio.



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

Rispondo alla domanda specifica posta dal Consigliere Montefalchesi e anche ad alcune argomentazioni del collega Avondo che ripropongono temi già discussi, sia pure rapidamente, nella riunione di ieri della Commissione competente.
La legge che andiamo ad approvare è conforme agli accordi sindacali ed è un adempimento necessario per consentire di portare avanti il recepimento del contratto e i concorsi della I Dir, è quindi un adempimento necessario ed urgente.
Per quello che riguarda i concorsi speciali, v'è la volontà assoluta di portarli avanti; ne abbiamo anche parlato ieri in Commissione. La Giunta provvederà alla nomina della Commissione tempestivamente ed appena terminato il primo concorso (quello per l'VIII qualifica) si potrà procedere rapidamente. Predisporremo inoltre un piano di svolgimento dei concorsi speciali tale da consentire una loro rapida ultimazione, tenuto conto del necessario concatenamento tra l'uno e l'altro livello.
Il recepimento del contratto è sul tappeto e, ritengo, si risolverà rapidamente. Devo però ricordare che la Giunta aveva già consegnato una bozza alle Organizzazioni sindacali fin dal gennaio 1988, sennonché la trattativa è stata rinviata proprio perché è apparso utile far sì che il recepimento del contratto avvenisse dopo l'indizione del concorso della I Dir. V'è dunque un concatenamento dei fatti per cui si rende necessario che il recepimento avvenga in un determinato momento. Ne abbiamo parlato nel primo incontro che ho tenuto...



MONTEFALCHESI Corrado

Non a babbo morto!



BRIZIO Gian Paolo, Assessore al personale

Non a babbo morto; darò delle date prima della fine del mio intervento caro Montefalchesi.
Lunedì - dicevo - ne abbiamo parlato con le Organizzazioni sindacali ci troveremo nuovamente lunedì prossimo perché abbiamo predisposto un piano di lavoro per arrivare rapidamente al recepimento del contratto.
Ritengo che si possa addivenire a questo recepimento entro l'anno o al più tardi nei primi due mesi del 1989, proprio perché c'è una serie di adempimenti da assolvere. Ci porremo anche il problema connesso agli aspetti finanziari; soprattutto stiamo esaminando il tema degli straordinari e, durante gli incontri con le Organizzazioni sindacali vedremo quali soluzioni potranno essere trovate. Confermo che v'è un impegno della Giunta a che il recepimento del contratto pervenga all'esame del Consiglio nei prossimi mesi, al più tardi entro febbraio 1989.
V'è inoltre l'aspetto della riorganizzazione accennato dal collega Avondo. Anche la soluzione a questo problema è già avviata; sotto il profilo tecnico gli uffici stanno facendo una ricognizione, che non ha altro significato. Attuata la ricognizione in corso, sottoporremo al Consiglio gli indirizzi, dopo aver sentito attentamente gli Assessori. Non possiamo assumere impegni entro date precise, però il nostro auspicio è che questa legislatura si concluda con l'approvazione del documento sulla riorganizzazione. Se così sarà, credo che potremo dichiararci tutti soddisfatti. La Giunta è assolutamente determinata a farlo.
Ritornando all'argomento specifico, questo disegno di legge è stato approvato in Commissione senza sostanziali modifiche. E' stato stralciato il riferimento al 418 ed anche un emendamento che riguardava alcune categorie di lavoratori, giacché il problema sarà ripreso nella trattativa sindacale che andremo ad aprire per le situazioni speciali cui faceva riferimento il collega Avondo, situazioni che finora non hanno trovato una soluzione adeguata nel quadro dei provvedimenti attuati ed attuabili.
Speriamo di poterla trovare ora attraverso questa apertura di rapporto con le Organizzazioni sindacali, le quali in un primo tempo hanno seguito i problemi della grande massa, ma ora dimostrano disponibilità, anche in sede di consultazione di I Commissione, ad entrare più nel merito di queste situazioni particolari, la cui eventuale soluzione è nell'interesse dell'Amministrazione come dei lavoratori.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, possiamo passare alla votazione del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
Pongo in votazione l'intero testo della legge per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 11 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Esame progetto di legge n. 233: "Norme in materia di tutela di beni culturali, ambientali e paesistici" (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo ora l'esame del progetto di legge n. 233, di cui al punto 3) all'o.d.g.
L'art. 1 è già stato votato; si tratta di proseguire nell'esame dell'articolato.
ART. 2 - Sono stati presentati quattro emendamenti.
Il secondo emendamento si riferisce alla legge n. 56, ma la modificazione del titolo di una legge diversa da quella presentata non è possibile. Si era convenuto che nelle prossime sedute lo si sarebbe potuto portare alla votazione autonomamente come progetto di legge.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, non capisco perché non possa essere votata la modifica al titolo di un'altra legge. La motivazione mi pare un po' scarna.



PRESIDENTE

Stiamo trattando una legge autonoma che ha per titolo: "Norme in materia di tutela di beni culturali, ambientali e paesistici". Introdurre un emendamento a normative non in discussione, già approvate in questo contesto, è assai dubbio. Non nego la possibilità di farlo come proposta autonoma di legge, ma introdurre un emendamento in un disegno di legge con il quale si modifica un articolo di un'altra legge non è possibile. Pu essere invece tradotto, subito dopo l'approvazione di questa legge, in un articolo ed essere approvato. E' solo una questione di forma: non pu essere introdotta in un disegno di legge la modifica, con emendamento, di un'altra legge; può essere invece sottoscritto il testo.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, il problema è che nel disegno di legge n. 233 ci sono degli articoli che modificano articoli di un'altra legge.



PRESIDENTE

Non è possibile come emendamento.



CHIEZZI Giuseppe

Se è un fatto solo nominalistico, invece di chiamarlo emendamento lo si può chiamare articolo.



PRESIDENTE

Durante la scorsa seduta ho spiegato che al termine della legge gli articoli che riguardavano non questo disegno di legge, ma altre leggi potevano essere sottoscritti come proposta di legge ed essere approvati. Un comune emendamento non può modificare una legge già approvata. Se accoglie questa proposta, al termine della votazione di questa legge si porrà in votazione un'altra proposta di legge.



CHIEZZI Giuseppe

Non sono del tutto convinto. In realtà il problema è politico, non nominalistico, e concerne la manovra che abbiamo presentato con il primo blocco di emendamenti, sulla quale è giusto che il Consiglio si pronunci.
Mi permetterò anche qualche considerazione iniziale di carattere generale che fa seguito al dibattito svolto e nel corso del quale sono state fatte osservazioni che meritano qualche puntualizzazione per permettere di spiegare la manovra alternativa proposta dal Gruppo comunista.
L'Assessore Vetrino sa - o penso che sappia o spero che sappia - che le critiche rivoltele la scorsa volta, con la loro severità e durezza, sono proporzionali, se si vuole, alla convinzione che soggettivamente l'Assessore Vetrino cerchi di lavorare per costruire un quadro di programmazione e di pianificazione. Le critiche erano tanto più dure quanto maggiore è il riconoscimento di impegno di carattere soggettivo. I risultati però sono in certi casi nulli e in altri molto scarsi.
Perché questa situazione? Secondo la nostra opinione il documento presentato dall'Assessore Vetrino la scorsa volta rende conto dei motivi di queste difficoltà e di queste inefficienze. In quel documento l'Assessore Vetrino dice con molta chiarezza che vi è necessità, quindi riconosce certi limiti, di un'azione di pianificazione territoriale più efficace e incisiva; richiama la necessità di una volontà politica ed enumera anche molteplici punti oscuri nell'ambito della pianificazione territoriale.
Tali punti, a suo giudizio, dovrebbero essere definiti individuando una migliore definizione dei piani, la loro portata e la necessità di disporre di finanziamenti; termina dicendo che è necessaria una spinta per attivare una reale politica territoriale. Quindi non si può addebitare all'Assessore Vetrino soggettivamente di non essersi applicata nel suo lavoro o di non aver capito in quali condizioni lavorava.
Sono parole chiare, esplicite, sono anche richieste politiche per chi le vuol sentire. Il fatto è che siamo convinti che in realtà l'Assessore Bianca Vetrino non ha, all'interno della sua maggioranza, un reale sostegno a questa politica. Riteniamo che molti nella sua maggioranza non credano a una politica di pianificazione così come si tenta di impostarla; altri forse non la vogliono del tutto, tant'è che la difesa fatta la scorsa volta dal collega, ora Assessore, Nerviani è una difesa del tipo: "L'Assessore Vetrino ha ricevuto delle critiche ingiuste che non meritava".
Ma il vero problema non è quello di difendere l'Assessore Vetrino dagli attacchi dell'opposizione, ma di sostenere l'Assessore Vetrino nei suoi impegni difficili di pianificazione territoriale a tutela dell'ambiente.
Quindi la critica non è rivolta tanto all'azione soggettiva dell'Assessore ma è una critica severissima al fatto che la maggioranza, che dovrebbe sostenere l'azione di un Assessore, non fa nulla in realtà per sostenerla.
Ora, Assessore Vetrino, sono i risultati quelli che contano. Di leggi documenti, ordini del giorno, impegni politici in difesa dell'ambiente è piena l'Italia, è pieno il Piemonte, ne parlano persino i giornali di tutti i giorni. Quegli stessi giornali sprecano parole, inneggiano all'ambiente e poi, nella pagina accanto, inneggiano all'approvazione della variante 31/ter che produrrà veramente un degrado dell'ambiente urbano e dell'ambiente naturale in collina; questa variante è adesso in discussione al Comitato urbanistico regionale.
Di questi pronunciamenti generici, per carità, ne abbiamo già sentiti fin troppi! E quindi se da un lato le intenzioni non sono messe in dubbio dall'altro però i risultati sono nulli. In certi casi sono addirittura negativi, ed è dovere nostro, dell'opposizione, fare chiarezza e mettere a nudo questa realtà che non piace a nessuno, che tanto meno piace all'Assessore competente, e dare su questa realtà il giudizio che merita.
Questo, a ben vedere, può essere più un aiuto all'azione dell'Assessore che non tanti complimenti assolutamente formali.
Il rischio che corre il Vicepresidente Vetrino è di rimanere l'anima bella della Giunta, quella che si occupa di pianificazione e di programmazione, che dovrebbe tutelare l'ambiente; rimane però un'anima bella senza corpo, senza azioni positive, con il rischio di subire un'implosione politica sotto il peso delle cose che vuol fare e che non riesce a fare.
C'è modo di uscirne? Al di là di queste critiche, l'opposizione comunista dice che una via di uscita ci sarebbe: quella di fare qualcosa di concreto per l'ambiente. C'è una strada, sia pure parziale e stretta da percorrere? Noi diciamo di sì, se si vuole non far parole ma atti concreti.
La prima cosa da fare qual è? Sono stati predisposti, attraverso degli incarichi professionali, dei piani territoriali con valenza paesistica, in attuazione della legge Galasso; in parte li avete adottati, poi la Giunta "li ha fatti propri", adesso sono ritornati con il parere delle Province.
Benissimo, in prima istanza proponiamo di adottare questi piani; in seconda istanza, proponiamo di adottare immediatamente i piani che sono tornati con il parere favorevole delle Province. Perché non adotti, Bianca Vetrino, questi piani? Possono essere immediatamente adottati perché sono diretti alla salvaguardia; così facendo, avremo almeno due zone del Piemonte tutelate. Potresti adottarli anche tutti, perché sappiamo che dopo l'adozione, le critiche e i suggerimenti possono ancora essere espressi nei termini di sessanta giorni e si possono anche correggere le zone di frangia e di confine. Questo è un atto concreto che puoi fare.
Quindi, Assessore Vetrino, perché non li approvi? Questa è una domanda alla quale spero darai risposta, perché, se non si adottano i piani, a cosa può servire, per chi in buona fede crede a una politica di pianificazione fare una nuova legge che si affianca e si sovrappone alle leggi esistenti che ripete, creando inevitabilmente qualche confusione, le stesse prescrizioni e previsioni di leggi esistenti, prescrizioni e previsioni non rispettate, che inventa un nuovo piano che prevede gli stessi elaborati di un piano già esistente sulla carta e che non ha mai visto la luce nella realtà? Tutto questo non serve niente per chi ci crede, mentre per chi non crede è un modo per parlar bene dell'ambiente, magari per diventarne paladino a parole e a suon di articoli di legge, di commi, di riferimenti ad altre leggi e lasciando nei fatti che le trasformazioni dell'ambiente avvengano secondo le vecchie regole. E da questi ultimi, Assessore Vetrino, non avrai che lodi su questo provvedimento di legge, qui dentro e fuori di qui.
Noi ci rivolgiamo a chi non vuol essere ingenuo né cinico. La nostra critica in estrema sintesi qual è? L'Assessore oggi propone di spendere una moneta a favore dell'ambiente? Questa moneta, a ben vedere, cosa mostra sulle due facce? Su una faccia presenta una legge in più da rispettare e un piano urbanistico in più da fare e, sull'altra, presenta una legge non rispettata e un piano non fatto! Questa è la realtà dei fatti che si legge nella proposta della Giunta.
Inventate il quarantunesimo strumento urbanistico; ce ne sono già 40 e sentivamo proprio la mancanza del quarantunesimo per mettere in piedi una situazione più corretta! In questo modo cosa si ottiene? Si ottiene che sulla giostra dei piani urbanistici, formata da 40 elementi, ci sarà un giocattolo in più, tutto lucido, tutto nuovo, che presenterete in pubblico farete l'inaugurazione di questo nuovo strumento urbanistico e su di esso tutti, buone e cattive coscienze, diranno tutto il possibile, ne studieranno le potenzialità, ci saranno discussioni disciplinari, ci saranno commenti tra loro contrastanti.., ma cosa succederà? Succederà quel che è successo alla povera legge Galasso che, dopo questo provvedimento, se passa così com'è, avrà subìto un altro restringimento della propria azione e un differimento sine die delle proprie previsioni attuative.
Questa giostra di leggi, di regolamenti e di strumenti a tutela dell'ambiente incomincia così un altro giro vorticoso e la giostra gira da decenni, gira da 50 anni, gira in un ambiente che, nonostante la pletora di leggi e di piani, ne viene appena sfiorato operativamente. E' un ambiente che, come sappiamo, viene continuamente manomesso dal punto di vista naturale, un ambiente che sappiamo essere tra i peggiori d'Europa sia per la tutela dell'antico, sia per la qualità del recente, con le forme urbane le più casuali, le più disordinate, le più sregolate, frutto del maggior numero di leggi, forse anche delle migliori sulla carta esistenti in Europa, frutto del maggior numero di piani che si possono fare a tutela dell'ambiente e frutto, accanto a questo, dei comportamenti amministrativi certo tra i più censurabili, forse anche a causa di così tante pletoriche leggi e di così tanti pletorici strumenti.
Questa è una riflessione che abbiamo fatto e che proponiamo in questo Consiglio, riflessione alla quale vorremmo dare un riscontro operativo e decisionale.
Non sono le leggi, i regolamenti e gli strumenti che mancano in Italia forse ce ne sono troppi. Evitiamo di aggiungerne altri e facciamo invece qualcosa di concreto. Quindi, con che spirito ci si presenta alla comunità con questa nuova operazione che, a ben vedere, è un'operazione di facciata? Cosa dovrebbero fare questa nuova legge e questo nuovo strumento? Il miracolo? Quello che non hanno fatto le leggi precedenti? Il miracolo che non ha fatto la legge Galasso? Io penso che non si possa non criticare una proposta di questo genere e non cercare una soluzione alternativa.
Noi a questo gioco in prima istanza non ci stiamo. Questo è il senso del primo blocco di emendamenti, che abbiamo presentato anche in modo un po' provocatorio, se volete: le leggi e i piani in Italia bastano e avanzano. Non si tratta di inventare una nuova legge e un nuovo piano: mettiamo "in produzione" le leggi e i piani esistenti, facciamoli operare sul territorio.
Ai giochi di ingegneria legislativa e strumentale in prima istanza non vogliamo starci e proponiamo che si scelga un'altra strada. Perché è così difficile seguire quest'altra strada? Dov'è il nocciolo, il cuore del problema, senza toccare il quale si continua al massimo a produrre qualche nuova bella legge? Il cuore del problema è che l'ambiente è stato sfruttato, malmenato e degradato in modo sconsiderato perché nel conflitto degli interessi, quelli particolari, molto determinati, forti e precisi hanno sempre vinto nei confronti degli interessi collettivi.
E quand'anche le forze progressiste negli anni passati hanno ottenuto qualche vittoria sul campo (pensiamo alle leggi sulla casa, la legge 10 e la legge 56) cosa è successo? E' successo che in queste vittorie ottenute in quel momento dalle forze progressiste (chiamo "forze progressiste" quelle che cercavano di costruire leggi nelle quali fosse anteposto l'interesse collettivo ai singoli interessi particolari), sono stati inseriti - ahimè! dagli avversari gli elementi della futura sconfitta. Non sono mai state vittorie nette.
Il caso della legge n. 10 è un classico. Uno dei temi decisivi per una politica del territorio efficace è il problema del valore ed uso del suolo il problema di una grande riforma sull'uso del suolo che, nella legge n. 10 le forze progressiste pensavano di aver attuato con una separazione tra il diritto di proprietà e il diritto di edificare. Abbiamo visto come, anche in quella parziale vittoria, fossero già presenti gli elementi della futura sconfitta; gli interessi reali sul territorio erano talmente forti che riuscirono ad inserire nella parziale vittoria delle forze progressiste gli elementi per far fallire la riforma.
Produrre i fatti, Assessore Vetrino, è l'unico modo per far emergere i reali interessi. E' l'unico modo con il quale la società mette in campo le proprie forze ed è l'unico modo con il quale le forze politiche si possono realmente confrontare su cosa si vuole o non si vuole fare. Allora il dibattito diventa vero e quindi anche duro. Lo scontro è reale, non è più formale su articoli, commi, documenti, planimetrie e via dicendo.
Ecco il motivo per il quale proponiamo di produrre dei fatti, perch producendo dei fatti riusciremo a capire quali sono gli interessi in gioco da chi vengono sostenuti e dove c'è una reale volontà politica di agire nell'interesse collettivo.
La manovra che proponiamo qual è? Primo: si approvino questi piani; in subordine, si approvino i piani che hanno avuto un parere positivo.
Secondo: esiste la legge Galasso e la legge urbanistica della Regione Piemonte; quest'ultima, dal punto di vista della strumentazione e dell'attenzione ai temi dell'ambiente, posso dire precedesse la legge Galasso. La legge Galasso ha aggiunto qualcosa, ma la legge urbanistica regionale prevedeva già tutto in tema di tutela dell'ambiente. Se bastassero le leggi, in Piemonte dovrebbe già essere tutto a posto, cosa che invece non è.
Proponiamo quindi di aggiornare la legge urbanistica (n. 56/77) alle novità, poche o tante che siano, introdotte dalla legge Galasso aggiungendo (e gli emendamenti sono tutti in quella direzione) quei pochi elementi tratti anche dalla proposta della Giunta. La si aggiorni anche nel titolo. La legge Galasso forse è stata enfatizzata, ma la enfatizzano coloro che per l'ambiente hanno veramente cura e speranza che un giorno o l'altro in Italia si riesca ad impostare una politica adeguata. Certo, è stata enfatizzata e si è detto che forse era la volta buona. La legge 56 ha già detto quasi tutto quello che ha detto la legge Galasso dopo.
Ritengo utile aggiornare la nostra legge urbanistica anche nel titolo: "Tutela e trasformazione del suolo, dell'ambiente e del paesaggio", e non più "Tutela e uso del suolo". Altro periodo, altra attenzione, altri tempi.
Si dia un segnale di aggiornamento che inizi sin dal titolo, e poi via via percorra tutti gli articoli con le proposte che non illustro per non far perdere tempo. L'Assessore le avrà valutate e i funzionari anche; per carità, possono essere perfettibili, però in questo modo produciamo una legge in meno. E una legge in meno vuol dire che i cittadini dovranno conoscere una legge in meno, interpretare una legge in meno, confrontare una legge in meno con un'altra legge.
Semplifichiamo il panorama della legislazione urbanistica che è troppo complicato. Se seguite la vostra strada avremo un'ulteriore complicazione.
E il cittadino, i tecnici, i professionisti che fanno i progetti dovranno correre una volta in più (non ce n'è già a sufficienza?), da una legge all'altra con l'interpretazione, le confusioni e via dicendo.
Quindi proponiamo che si aggiorni la legge 56. Per quanto riguarda gli strumenti, l'ho detto: ce ne sono già troppi. La legge Galasso ha addirittura introdotto una equiparazione tra strumenti, forse già in relazione a una necessità di semplificazione. Non è con i nomi degli strumenti che si tutelano i territori; la legge Galasso ha precisato: ci sono strumenti equipollenti, si scelga.
Il Consiglio regionale ha scelto. Avete scelto lo strumento di pianificazione territoriale; non duplichiamo gli strumenti, non inventiamo un nuovo tipo di strumento che prevede pressoché gli stessi elaborati di uno strumento esistente, si mantengano i piani territoriali con valenza paesistica come strumento fondamentale di pianificazione paesistica in questa fase.
Altri strumenti per intervenire a livelli più bassi ci sono. Ci sono i piani regolatori, ci sono i piani naturalistici, i piani dei parchi: ne avete fin che ne volete, non inventiamo un nuovo strumento. Attiviamo quelli che ci sono; poi, in una revisione generale della legge, si potranno anche rimettere a fuoco tutti i quaranta strumenti per vedere quali lasciare e con quale operatività.
Rimane l'ultimo punto, quello relativo alla delega ai Comuni, che è una parte della vostra legge e che era anche una parte della legge presentata da noi. Noi siamo favorevoli che le deleghe ai Comuni siano rilevantissime quando l'ambiente potrà essere gestito secondo dei criteri certi; nel momento in cui ci fossero i piani territoriali con valenza paesistica ed i piani regolatori aggiornati con le valenze paesistiche, siamo per una delega ampia e notevole per passare da un vincolo generico ad una gestione attiva del territorio.
Questo riconoscimento di autonomia ai Comuni non deve essere riduttivo e contingente, non deve essere ridotto alla necessità di delegare qualcosa perché in certi uffici regionali le pratiche sono arrivate a un'altezza che non consente più di smaltirle; questa ragione esiste ma è insufficiente dal punto di vista di una volontà politica che vuole delegare ai Comuni. Guai a noi se il processo e la decisione di delega ai Comuni derivasse unicamente dal fatto che non sappiamo far fronte all'esame delle pratiche: sarebbe una ben misera cosa.
Siamo per un riconoscimento ai Comuni, perché il ruolo del Comune per la tutela e la valorizzazione del territorio e dell'ambiente è fondamentale e insostituibile. La sua responsabilità è centrale. Quindi non pensiamo sia possibile una gestione del territorio che non veda nei Comuni i responsabili ultimi, e che non veda nella tutela dell'ambiente, del paesaggio, i Comuni attori principali. E' una scelta di democrazia, è una scelta obiettiva per uno Stato democratico e democraticamente decentrato che non può prescindere dalle comunità locali per la gestione del territorio. Questo per noi è un punto fondamentale, che riconfermiamo.
Detto questo, però, non si può nemmeno dire che il problema sia risolto affermando genericamente: "Facciano tutto i Comuni". I Comuni devono stare al centro, ma come? Qui mi permetto di sottoporvi un'altra osservazione.
Dobbiamo guardare la realtà con occhi disincantati ed essere pronti ad accettare e verificare le cose che non vanno.
Perché dico che non è sufficiente una generica delega di responsabilità ai Comuni? Per il fatto che tutte le trasformazioni del suolo, e quindi dell'ambiente e del paesaggio, avvenute in questi decenni in Italia sono state autorizzate dai Comuni. Vogliamo dircelo questo? Fatta la premessa precedente, dobbiamo prendere atto di questa realtà: tutto è passato dai Comuni, è passato ufficialmente con le licenze edilizie prima, le concessioni poi, e attraverso i piani fatti o non fatti; è passato in modo non ufficiale, permettendo l'abusivismo là dove è stato consentito senza controlli da parte di alcuno.
Sappiamo che in questi modi sono state autorizzate opere che hanno provocato proprio quelle situazioni di degrado sulle quali, soprattutto in questi ultimi anni, è cresciuta una coscienza nuova rispetto al passato coscienza che ci fa parlare di emergenza ambientale.
Nel corso di questo sfascio dell'ambiente (le speculazioni del dopoguerra, i disastri colposi, Agrigento, le offese ai beni culturali lungo tutte le coste d'Italia), tutto o quasi tutto hanno visto i Comuni e qualcosa ha anche fatto lo Stato per conto suo. Certo non possiamo dire che il problema si è posto perché i Comuni non sono mai stati centrali nella questione del territorio. Non basta parlare di centralità ai Comuni perché i Comuni hanno visto e autorizzato tutto o quasi tutto, e se qualcosa non va, allora anche questa affermazione è troppo riduttiva e non consente di capire.
Detto quindi che i risultati non sono soddisfacenti e che non ci si pu limitare a dire "i Comuni al centro", se ne deduce che qualcosa va cambiato, perché al centro ci sono sempre stati. Qualcosa va cambiato, ma non in direzione di un soffocamento dell'autonomia o nella soppressione di una discrezionalità responsabile nel governare le trasformazioni. Dovrà sempre esistere un grado di discrezionalità vera e autonoma da parte dell'ente locale, un potere reale: noi siamo favorevoli a questo. Sarebbe un inammissibile ritorno indietro dire che si esautora il Comune: non scherziamo! Non vogliamo un neo-centralismo regionale; allora, a seguito di questi ragionamenti, quale può essere la strada? La strada è quella che il Comune deve stare al centro delle responsabilità in modo nuovo rispetto al passato, quindi, sì all'autonomia, sì alla responsabilità, sì a momenti notevoli di discrezionalità; le comunità locali devono assumersi le loro responsabilità e risponderne, ma in un nuovo quadro di riferimento.
Quello che si vuole proporre è quindi una delega di tipo nuovo, con nuovi riferimenti che non siano i richiami all'Italia dei Comuni del 1200 oggi le attività economiche, i problemi ambientali hanno dimensioni sovracomunali e sovranazionali. La strada qual è? E' quella dell'ampia autonomia ai Comuni in un quadro di forte presenza della Regione. In che modo? Con una legislazione propria, da aggiornare.
Proponiamo di aggiornare la legge 56, con la predisposizione degli strumenti di pianificazione territoriali: adottiamoli subito. Con un sostegno finanziario, tecnico e culturale (anche per studi e ricerche) facciamo in modo che per i Comuni ricevere le deleghe di gestione significhi effettivamente assumersi delle responsabilità coscienti, non delle responsabilità al buio. I Comuni devono essere messi in condizioni di lavorare sapendo e conoscendo meglio il proprio territorio e sapendo decidere in base a criteri certi. Quindi, né rigida subordinazione a dettati regionali, né acritica accettazione di tutte le decisioni municipalistiche.
Ho partecipato - e il collega Martinetti lo sa - ad un convegno a Mondovì nel quale il Sindaco di un paese vicino, il prof. Lombardi, ha spiegato a tutti che ha adottato il piano regolatore il giorno dopo essere stato eletto Sindaco, pur avendolo nei cassetti da sette-otto mesi, perch se avesse approvato il piano regolatore precedentemente non sarebbe più stato eletto Sindaco. Con questo voglio dire che noi dobbiamo, insieme alla battaglia per l'autonomia, continuare una battaglia contro i neo municipalismi, le piccole gelosie di Comune. Il Comune diventa una cosa grande se innervata in un processo in cui è attore e coautore di scelte insieme alla Regione.
E' necessario uno stretto collegamento tra i riferimenti di carattere regionale e la possibilità del Comune di decidere in sintonia con una nuova visione e tutela dell'ambiente. Vi proporrò alcuni esempi concreti.
In un piano territoriale predisposto dalla Giunta, all'art. 13.8 si dice che sono individuate in cartografia delle aree di interesse ambientale; per queste aree prima si dice che "è necessario predisporre una progettazione esecutiva specifica" e subito dopo che "in queste aree è vietato, sino alla predisposizione di un quadro generale, intervenire con attività in contrasto con elementi storici, culturali, tradizionali delle singole zone".
Ad esempio, questo piano dice che non si possono fare degli interventi che trasformino in modo radicale le cascine eventualmente comprese in questo territorio. Quindi, le ristrutturazioni edilizie di questi complessi, sin tanto che non c'è uno strumento che li ha valutati dal punto di vista ambientale, non possono essere eseguite. La legge di delega della Giunta prevede invece che i Comuni, sic et simpliciter, possano autorizzare le ristrutturazioni: ecco un esempio di delega al buio.
Altro esempio: il piano territoriale, al punto 13.6, individua una zona umida, ma dice che nelle zone umide bisogna avere una salvaguardia per i fontanili e fissa un divieto di apertura dei pozzi nel raggio di un chilometro dalla testata del fontanile, che è considerato un bene ambientale.
La proposta di delega della Giunta, invece, dice che si possono aprire i pozzi; quindi potrebbe succedere che i Comuni, non conoscendo il piano e questi studi, aprano dei pozzi dove non dovrebbero. Così è per ville giardini e parchi. Era mia intenzione esporvi questa parte del problema, ma non lo faccio per accelerare i tempi.
Spero di essere stato chiaro nel dire che ci sono contraddizioni concrete e che le deleghe sono tanto più ampie e devono essere date tutte quanto più vengono forniti ai Comuni gli strumenti per capire il loro territorio.
Su questa prima manovra aspettiamo una risposta sui punti: 1) approvazione dei piani 2) alternativa di accettare la modifica della legge 56 3) problema della delega; in assenza di piani, chiediamo che vengano almeno introdotti dei criteri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, tornando da Roma a Torino, vorrei fare una breve considerazione su questa legge. Non l'ho seguita direttamente e per qualche verso mi è di difficile comprensione, perché tratta argomenti che non mi sono familiari, e sulla quale il Partito repubblicano farà la dichiarazione di voto a conclusione del dibattito.
Faccio due considerazioni in ordine all'intervento interessante svolto dal collega Chiezzi nell'illustrazione complessiva del quadro.
Mi pare che alcune cose dette dal Consigliere Chiezzi siano in gran parte condivisibili. Egli ha posto il problema dell'ambiente, anche solo per una sfaccettatura, e ha evidenziato alcuni problemi, tra i quali uno di metodo, dicendo: "Non facciamo un'altra legge, ma emendiamo una legge regionale che già esiste e che tratta sostanzialmente gli stessi argomenti". Questo discorso difficilmente può essere accolto in questa sede, nel momento in cui si discutono la legge e gli emendamenti, anche perché ho paura che fare in aula un discorso di questo genere possa essere oggettivamente un elemento di confusione.
Credo però che la Giunta debba porsi l'obiettivo di riesaminare la legge 56; il Partito repubblicano lo ha chiesto da molto tempo, ma non con l'animo dello stravolgimento della legge perché crediamo che molti dei principi in essa contenuti debbano essere mantenuti. Nel momento in cui si farà questa modifica, si potrà quindi cogliere questo suggerimento, che in linea generale deve essere sempre accolto.
Credo che occorra muoversi con questo metodo non soltanto sulle leggi urbanistiche, ma anche in tanti altri settori dove continuiamo a fare leggi che sostanzialmente regolamentano lo stesso settore e sono rivolte agli stessi destinatari che trattano argomenti identici, sovrapponendosi tra di loro. La Giunta ci dirà come intende collocarsi rispetto a questi emendamenti, ma credo che questo discorso programmatico possa essere interessante.
Il Consigliere Chiezzi ha elogiato l'Assessore Vetrino e lo ringrazio per il giudizio espresso; tutto questo è coerente con la cultura repubblicana dell'ambiente e mi fa piacere rilevare che, parlando delle leggi che hanno affrontato il problema dell'ambiente, si siano citate la legge n. 10, che porta il nome di un Ministro repubblicano, e la legge Galasso, che porta il nome di un Sottosegretario repubblicano. Il Partito repubblicano, che dopo la posizione assunto sul nucleare viene additato come partito contro l'ambiente, in realtà sui provvedimenti concreti continua a porsi il problema dell'ambiente.
Il collega Chiezzi ha dato un'indicazione in ordine ai piani paesistici. Credo che la strada scelta dalla Giunta, quella che coinvolge il parere delle Province, sia la più giusta; quindi quanto è stato fatto fino ad ora, le scelte di metodo seguite dalla Giunta sono giuste, però è altrettanto giusto che questi percorsi sia tali da avere un traguardo non spostato nel tempo.
La linea seguita, quella partecipazione e della consultazione che tiene conto dei pareri degli enti locali territoriali minori, non può però essere quella che di fatto procrastina "sine die" l'adozione di questi strumenti urbanistici. Quindi noi diciamo che i tempi ormai sono trascorsi e che i pareri che sono stati dati ormai ci sono, mentre per quelli che non sono stati dati essendo trascorsi i tempi, la sollecitazione all'adozione di questi strumenti urbanistici che giunge dal Partito comunista è condivisa da parte del Gruppo repubblicano.
Tuttavia ci sono alcuni problemi che devono essere affrontati nel momento in cui si parla di deleghe ai Comuni. Mi pare giusto che i Comuni partecipino, però ci sono dei problemi di capacità per non creare nuove situazioni di difficoltà della gestione. Occorre quindi, da parte della Giunta, un grosso sforzo di sensibilizzazione e di istruzione, di formazione dei tecnici dei Comuni che dovranno di fatto gestire questa azienda.
Svolgo un'ultima considerazione di carattere generale. Il discorso del collega Chiezzi mi sembrava parziale; io credo che il problema dell'ambiente sia, ma lo sarà sempre più in futuro, uno degli argomenti gravi che affronteremo in questo Consiglio. Avremo di fronte un'emergenza ambiente sempre più pressante: tutti quanti dobbiamo avere la convinzione di una cultura nuova dell'ambiente.
E' giusto parlare dell'ambiente come problema dei parchi, dei fiumi della speculazione. Sono tutte cose che ci trovano consenzienti, ma credo che il Consiglio regionale dovrà saper affrontare questo problema anche su un altro piano, certamente più complesso e difficile, ma forse più importante in prospettiva. Mi riferisco al grave problema della tutela complessiva del territorio, non soltanto per i suoi aspetti paesaggistici che pur sono importanti, ma per i suoi aspetti di tutela del sistema ecologico complessivo e che va a monte nella prevenzione o comunque nelle attività capaci di dare questa prevenzione, andando quindi a individuare nel sistema industriale e in quello agricolo dei momenti di grande riflessione alla quale noi dovremmo soggiacere.
E' una considerazione di ordine generale rispetto all'intervento, a mio giudizio interessante, svolto dal collega Chiezzi per illustrare la manovra complessiva del Partito comunista. La Giunta farà le sue valutazioni che ci troveranno consenzienti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come loro ricorderanno il nostro Gruppo non è intervenuto nel dibattito generale ritenendo di poter concludere ed esternare in termini sufficienti la propria posizione attraverso la dichiarazione di voto. Peraltro ci sembra doveroso intervenire a seguito dell'intervento - chiedo scusa della ripetizione del collega del Gruppo comunista, che indubbiamente si segnala come uno degli interventi più carichi di convinzione che si sono sentiti in quest'aula.
Si possono fare interventi molto belli, si possono leggere molte cose e poi incollarle insieme, però quando vengono espresse in aula, chi ha (per sua fortuna o per sua sventura) pratica di vita di assemblea, capisce se le cose sono cresciute o se sono state incollate: io ho l'impressione che l'intervento del nostro collega sia la conclusione di una crescita e di una convinzione di sensibilità e professionalità, e non il collage, funzionale al dibattito in aula, di alcune argomentazioni.
Ci troviamo a doverci confrontare con un approccio che ha diritto ad una risposta e ad un atteggiamento. Non si tratta di un lavoro per l'aula ma dell'espressione di un approccio in termini culturali, umani e politici ad una tematica così complessa.
Debbo dire che il nostro Gruppo su questa questione sperava di potersi collocare sulla stessa lunghezza d'onda; registra che la lunghezza d'onda alla quale il Consiglio, non la Giunta, è pervenuto non è la stessa.
Desidero fin d'ora dichiarare, a scanso di equivoci, che noi riconosciamo alla Giunta di avere contribuito in termini propositivi e di avere dato un grosso contributo in termini di elaborazione, però non gli riconosciamo la responsabilità del lavoro finale né in senso positivo né in senso negativo: il lavoro finale è formalmente della Giunta nella misura in cui la stessa ha dovuto supportare la Commissione in termini di recupero degli elementi e messa in ordine delle diverse questioni che venivano poste. Quindi il prodotto finale, il cui giudizio daremo alla fine e che comunque è sostanzialmente positivo, è il prodotto della Regione, del Consiglio, della sua capacità di confrontarsi ed anche di reggere ad alcuni degli interessi in campo.
Questo è quanto va registrato nell'intervento di Chiezzi: gli interventi in campo in questa vicenda - che non sono stati di grandissimo livello - e non il risultato.
Noi abbiamo l'impressione che l'approccio e la lunghezza d'onda che la Regione è riuscita a dare nel suo complesso a questa questione non siano gli stessi auspicati dal collega Chiezzi. I limiti non sono di ordine di sensibilità o di attenzione, hanno probabilmente un vizio d'origine, come ha già detto il collega. Questa questione è stata vista anche e soprattutto come esigenza di rispondere ad un problema, consentitemi, di ordinaria amministrazione: il fatto che non si riescono a definire le pratiche.
Quando tutto questo viene visto attraverso un reticolo così modesto stavo per dire meschino - è evidente che le grandi strategie, le grandi linee, gli approcci ambiziosi e culturalmente stimolanti devono misurarsi con questo interesse in campo. Attenzione, colleghi, l'interesse messo in campo in questa vicenda è in termini politici, non è occasionale. Su questa legge è anche entrata in campo l'esigenza di coltivare l'interesse che hanno i Comuni e i cittadini a vedere chiuse le pratiche nei tempi più stretti. Indubbiamente, sul risultato finale pesa molto questo condizionamento.
Io me ne faccio carico e quindi voterò la proposta della Giunta; vorrà dire che,per la parte che non condivido, ne sarò responsabile, mentre per la parte che condivido, ne sarò, in una qualche misura, coautore, pur non avendo contribuito a scriverla. Poiché abbiamo l'impressione che questo non sia l'ultimo aut aut della materia ambientale, dobbiamo avere la consapevolezza delle difficoltà e dei limiti del nostro lavoro e, oltre ad essere orgogliosi di quello che riusciamo a compiere, dobbiamo avere la capacità di ricordare i percorsi che abbiamo dovuto affrontare per arrivare a questo risultato, accettabile o meno, e non dimenticarlo in termini politici e culturali.
Chi vorrà cambiare queste cose in meglio deve sapere che prima deve cambiare le condizioni politiche e culturali. Cambiare le condizioni politiche significa che alcuni interessi in campo dovranno essere ridotti all'impotenza o a quello che sono nella realtà, e non a ciò che sono diventati strumentalmente. Mi riferisco alla lentezza delle procedure questo problema va ricondotto a quello che è e che non deve più essere quando avremo di nuovo modo - ci auguriamo in questa legislatura - di misurarci su queste cose.
L'altra lezione che dobbiamo cogliere è che su questa vicenda c'è un tentativo di ingessare, all'interno di modelli culturali inadeguati, questa problematica. Questa tematica vuole essere assunta dai successori di se stessi, da coloro che sono i responsabili di aver fatto piani regolatori almeno culturalmente non adeguati alla nuova sensibilità, ai redattori di studi e di progetti che dimostrano l'incapacità culturale e l'insensibilità totale rispetto a questi problemi. Si vogliono chiudere all'interno di meccanismi kafkiani in una nuova rendita di posizione alcune categorie di professionisti e alcuni livelli di cultura: questa legge è anche il risultato di questo tipo di pressioni.
Ha ragione Chiezzi: non siamo più il Paese dei Comuni, ma un Paese all'interno del quale si muovono delle logiche che non hanno più dimensione comunale, ma infranazionale. Non crediamo che la cultura che ha creato i guasti esistenti nell'ambiente sappia conciliare la continuità del 1200 con le novità del 2000. Questa cultura non esiste, esiste solo la spocchia di questa cultura e la presunzione di volerne essere la continuatrice, con la sola preoccupazione di metterla in discussione usando talvolta anche la villania.
Quello che ha detto il collega Chiezzi lo potremmo dire tutti se fossimo slegati da responsabilità (come quelle che ha l'Assessore) di portare comunque a compimento un disegno il più avanzato possibile, il più funzionale possibile, al più alto livello di accettabilità riscontrato dal punto di vista politico. Questo mi pare sia il giudizio che l'Assessore potrà dare con me di questo lavoro.
L'approccio che Chiezzi, come forza di opposizione, può esternare in tutta libertà, quanto meno non è contraddittorio come può esserlo il mio perché l'approccio che io cerco di esplicitare entra in contrasto con la mia adesione alla conclusione di un lavoro che è anche il risultato del prevalere di alcuni interessi in campo su questioni che certamente non ci fanno onore. D'altra parte, le forze del progresso in questo senso, cioè di coloro che vogliono portare a livello istituzionale non soltanto più a livello di "topolino" i problemi dell'ambiente, hanno grandi difficoltà.
Sono stati citati Ministri di area repubblicana, ma si potrebbe citarne qualcuno di area liberale, come quello che ha trasformato una soffitta nel centro di Roma nel Ministero forse più importante del Paese.
In questo senso il progresso non è patrimonio di questo o quel partito il progresso è della società. Bisogna essere molto attenti ad evitare che attraverso queste operazioni gattopardesche, soprattutto in termini culturali, si tenda a mettere nuove baronie sul territorio da parte di chi non ha titoli. Non so se chi ha costruito le nostre città fosse architetto ingegnere, iscritto o patentato, non lo so. Certo, non vedo nelle nostre città e nel nostro territorio l'espressione di quella grande cultura dell'urbanistica che dovrebbe garantire la possibilità di governare il processo che abbiamo di fronte da parte delle stesse persone fisiche.
La nostra legge immaginava di cambiare la cultura, perché una cultura che si è misurata fino ad oggi su certe tematiche non può il giorno dopo misurarsi su altre. E' necessario il richiamo ad una generazione nuova, ad una cultura nuova, con specialità accademiche diverse e nuove che sono l'espressione di una domanda nuova che viene da una generazione diversa da quella che ha prodotto coloro che demolivano in centro per mettere i clinker che arrivavano dalla Carolina del Sud.
Assessore, ho l'impressione che in questa vicenda abbia pesato molto accanto al populismo di paese (non al municipalismo), l'arroganza degli gnomi, degli uffici e dei centri culturali. In un passaggio di questo genere, bisogna che la politica, che ha la responsabilità di guidare la società attraverso questi paletti, sappia della loro esistenza.
Noi apprezziamo questa legge, soprattutto per la capacità che ha avuto l'Assessore di misurarsi con pazienza con gli interessi in campo pervenendo ad un risultato che ci trova d'accordo, sia pure all'interno di un certo processo. Quindi, soddisfatti di questa legge nella misura in cui la legge stessa è l'elemento di un processo, cercheremo di stimolare e di concorrere alla creazione di un processo che si ponga su una lunghezza d'onda diversa e più motivata. All'Assessore però, se il collega consente va l'apprezzamento sul piano della politica intesa come servizio e non della politica intesa come intuizione, per essere riuscito a passare in questi mesi, attraverso questa serie di paletti messi in campo dagli interessi (vecchi e nuovi), con grande modestia, puntualità, capacità e se mi consente, essendo donna - anche con molta forza.
Prego i colleghi dell'opposizione di voler considerare il lavoro portato in quest'aula non come risultato della Giunta, perché in Commissione consiliare non c'è stato un confronto Giunta-maggioranza, ma come frutto di un dibattito aperto tra le forze consiliari. Si dice che questa legge sia più espressione di maggioranza che del Consiglio e allora forse sarebbe meglio dare alla maggioranza la responsabilità delle cose che nella legge non piacciono. La storia di questa legge è questa e non si pu alla fine non è corretto - attribuire a qualcuno più meriti di quanti non ne abbia, così come non è giusto attribuire più responsabilità di quante non ne abbia.
Devo anche dire che, per larghissima parte, le cose che in questa legge non sono sulla lunghezza d'onda che alcuni colleghi vorrebbero sono da ascriversi a responsabilità del Consiglio nel suo complesso, in particolare di alcune componenti della maggioranza (magari anche della mia). Tali responsabilità sono dovute ad insufficiente attenzione e, in qualche occasione, ad arroganza e presunzione da parte nostra; la Giunta invece ha posto alla nostra attenzione una proposta avanzata e condivisibile e ha dovuto spesso misurarsi con le resistenze di alcuni interessi in campo oppure con l'incapacità di alcuni interessi nel concorrere al raggiungimento di un risultato che, indubbiamente, avrebbe potuto essere di profilo superiore.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Credo che gli interventi dei colleghi meritino una risposta circostanziata da parte della Giunta; chiederò pertanto alla Presidenza di essere indulgente nei miei confronti se mi soffermerò abbastanza sugli argomenti introdotti. Peraltro, considero questo momento una coda del dibattito consiliare svoltosi alcuni giorni fa.
Mi pare che gli interventi dei colleghi abbiano anche avuto il pregio di stimolare l'attenzione del Consiglio e di riportarci nell'atmosfera giusta, in una tensione giusta con la quale il Consiglio dovrebbe sempre affrontare i temi di grande portata come quello che abbiamo di fronte.
Ringrazio quindi i colleghi che hanno svolto questa azione anche provocatoria nei confronti della sensibilità e dell'attenzione del Consiglio.
Sono stati toccati temi diversi, alcuni dei quali attengono più direttamente all'azione pianificatoria della Regione. L'argomento è stato introdotto soprattutto dal Consigliere Chiezzi, il quale ha per certi versi sviluppato un tema che considero profondamente provocatorio; egli ha detto che, in fondo, oggi i piani territoriali a valenza paesistica ci sono, sono sul tavolo della Giunta e la Giunta deve avere il coraggio di portarli all'approvazione, di adottarli e di portarli conseguentemente all'approvazione del Consiglio regionale.
Nella mia comunicazione resa al Consiglio all'inizio della sessione autunnale, avevo illustrato una sorta di analisi dello stato dei piani ed avevo anche indicato una possibilità di esodo, di conclusione dei piani stessi indicando, in un rapporto raccordato politico e tecnico con le Province, la possibilità di arrivare successivamente all'adozione da parte della Giunta dei piani stessi.
Credo che questo momento interlocutorio, che - ha ragione il collega Ferrara - non deve essere necessariamente molto lungo, debba però essere onorato da parte della Giunta. Indubbiamente, le Province hanno sviluppato attorno a questi piani un'azione di studio, di approfondimento e di coinvolgimento anche delle amministrazioni locali rispetto alle quali mi sembrerebbe molto strano che la Giunta oggi, con un'azione assolutamente autonoma, decidesse di non prevedere questo loro coinvolgimento. Non v'è dubbio che tale azione dilazionerà ancora nel tempo questo momento.
Se dobbiamo essere conseguenti rispetto a certi momenti legislativi che questo Consiglio ha già avuto e si appresterà ad avere ancora nei confronti del ruolo che le Province devono avere nella nostra realtà istituzionale credo che questo sia un modo per cominciare ad onorare questi intenti politici; ciò fuori dalla legge, perché oggi le nostre leggi non riconoscono alla Provincia alcun ruolo nell'ambito della pianificazione territoriale (mi riferisco all'art. 2 della legge 56 che non prevede le Province tra i soggetti della pianificazione). Tuttavia mi è parso giusto come avevo indicato nella relazione presentata circa un mese fa individuare questa scappatoia attraverso il raccordo tecnico e politico con le Province.
Al di là del tempo nel quale andremo a collocare l'adozione dei piani non credo che questo possa rappresentare un peggioramento della situazione come ho già detto con molta onestà esiste una situazione di difficoltà della Giunta a pervenire alla definizione di momenti chiari rispetto a questa materia. E' una materia che ha sofferto in questi anni di carenze di risultati, come indicava il collega Chiezzi, ma per esempio il disegno di legge oggi in discussione è il risultato di una certa politica; poi si potrà - e lo vedremo anche in dettaglio nello sviluppo del dibattito attorno agli articoli di legge - disquisire sulla squisitezza di un risultato piuttosto che un altro.
Personalmente considero questa legge un risultato e colgo con interesse la disponibilità e l'attenzione che il Consiglio gli sta riservando.
Collega Chiezzi, non so se ci saranno tanti elogi su questa legge da parte del Consiglio e della stampa; per quanto mi riguarda, questo è assolutamente ininfluente rispetto al raggiungimento degli obiettivi di ordine politico, amministrativo e gestionale che ci poniamo attraverso la presentazione di questo disegno di legge.
Ha ragione il Consigliere Marchini quando dice che questo disegno di legge va considerato oggi, in questa riunione; è un disegno di legge che ha alle spalle un grande sforzo corale e consiliare. Ricordo che il disegno di legge della Giunta è soltanto uno dei disegni di legge che hanno accompagnato questo lavoro, perché raramente una materia ha sviluppato l'attenzione politica e la capacità legislativa di tanti Consiglieri come in questo caso. Non solo, ma raramente una tematica è riuscita a sviluppare addirittura l'attenzione delle Province e dei Comuni. Ci significa che attorno a questa materia si imponeva un'esigenza di confronto e di chiarezza; noi lo facciamo attraverso un disegno di legge che ha seguito un iter da calvario e che oggi diventa legge del Consiglio.
A questo punto, sono abbastanza pessimista e spero che oggi sia la giornata conclusiva; vorrei che si tenesse effettivamente conto del calvario subito da questa legge, non soltanto perché è all'o.d.g. del Consiglio da tre mesi e a tutt'oggi non è ancora stata approvata, ma anche per quello che ha rappresentato nel momento elaborativo di predisposizione.
Si tratta di un disegno di legge che ha portato con sé l'esigenza di alcune revisioni (dell'ordine di decine) degli articoli che ci apprestiamo a votare. Prima di entrare nel merito dei contenuti, in particolare riferendomi a quella che il collega Chiezzi ha definito la manovra alternativa proposta dal Partito comunista, vorrei soffermarmi sulle difficoltà del Consiglio. Probabilmente il problema non è strettamente di mia competenza, ma dell'intero Consiglio; in una storia di questo genere però, l'Assessore finisce sempre per essere coinvolto. A questo punto credo sia quindi doveroso da parte di tutti noi soffermarci, sia pure brevemente, su questo aspetto dell'attività legislativa e dei tempi legislativi del Consiglio regionale.
Nel 1985 questo Consiglio regionale ha preso alcuni impegni con la comunità regionale e certamente un impegno importante è stato quello di aprire una fase di revisione legislativa nell'obiettivo della modernizzazione dell'azione della pubblica amministrazione.
Sulle diverse tematiche di legge, individuati i principali capisaldi, è sicuramente indispensabile procedere con speditezza all'azione di riforma ed aggiornamento delle norme rispetto ai cambiamenti economici e sociali intervenuti in questi anni; in poche parole, alla costituzione di quei testi unici che rappresentano un esempio di razionalità della politica legislativa.
Lo stiamo dicendo tutti, ma va ribadito in un momento come questo anche a seguito degli interventi succedutisi oggi: c'è la necessità di rinvigorire l'azione legislativa del Consiglio rispetto alla politica delle emergenze gestionali. Certo non possiamo essere sordi a quello che avviene ogni giorno sulla piazza, ci mancherebbe altro! Bisogna però saper collocare nel giusto spazio questa risposta. Alla politica delle emergenze gestionali, noi possiamo rispondere solo attraverso una ripresa consona alle ambizioni dell'attività legislativa sulle tematiche strategiche.
Il calvario subìto da questa legge è un caso emblematico della situazione nella quale siamo venuti a trovarci. Non si tratta di un problema di rapporti tra maggioranza e opposizione, ma di un modo di lavorare e di sviluppare l'attività legislativa. Tra l'altro, una più rapida approvazione di questo disegno di legge sui beni ambientali avrebbe consentito alla Giunta e quindi al Consiglio una più estesa sperimentazione degli effetti normativi di questa legge che, come aveva anche illustrato il collega Nerviani nella sua relazione, si colloca in un più ampio quadro legislativo e amministrativo. Questo - l'ho sempre detto - è un tassello importante della politica di interventi sulla pianificazione della nostra Regione.
Ho detto questo anche se forse mi competeva soltanto in parte e mi scuso se sono andata ad interferire in un campo che all'Assessore dovrebbe competere poco, ma io sento molto il rapporto con il Consiglio, quindi mi è sembrato giusto dire qualcosa su quanto il dibattito di questa mattina ha sollevato.
A proposito della manovra proposta dal Partito comunista, devo dire con grande franchezza che non la considero assolutamente peregrina. Con altrettanta franchezza devo anche dire che una manovra di questo tipo proprio per l'importanza che riveste, avrebbe forse dovuto essere introdotta dal Partito comunista in un altro tempo. Probabilmente il dibattito sviluppato oggi avrebbe dovuto essere posto non all'inizio della discussione ma in fase di conclusione, quando si sarebbe configurata la dimensione definitiva della legge e avremmo potuto prevederne l'esito.
Perché dico questo? Nel primo dibattito su questo tema in Consiglio (era presente anche Rivalta, interlocutore importante di quel primo momento del dibattito) avevo detto e non ho nessuna difficoltà a ripeterlo in questo momento che tutto mi sarei augurata, tranne di fare una legge per adeguare la nostra legislazione alla legge Galasso, perché riconoscevo nella nostra legge n. 56 delle occasioni addirittura di preveggenza; mi pare che lo stesso onorevole Galasso avesse detto in questa sede che nel fare la legge n. 431 si era molte volte ispirato ai dettami della legge regionale n. 56.
Stamani queste cose, che io avevo già detto nel 1985 e nel 1986, sono state ripetute; è chiaro che da allora ho cambiato idea, però oggi abbiamo due anni di esperienza, nonché l'esigenza di dare maggiori certezze rispetto ai nostri strumenti di pianificazione. Allora, Consigliere Chiezzi, il piano paesistico non è un nuovo strumento, ma era già previsto dalla legge n. 1497/39.
Voglio però ignorare quella legge, non mi interessa, anche se ha avuto i suoi pregi e abbiamo visto che in fondo è stata l'unica a tutelare le nostre bellezze artistiche e i nostri beni ambientali. Lasciando da parte questa legge, consideriamo la legge n. 56, che all'art. 9 individua nel piano paesistico l'opportunità di tutelare le nostre bellezze ambientali questo articolo ha però un difetto: non è mai stato normato.
Tra l'altro, avendo a suo tempo accolto l'opzione che individuava nell'ipotesi di adeguamento alla legge n. 56, la possibilità di utilizzare i nostri strumenti di pianificazione territoriale in atto dando loro valenza paesistica, dissi: "Se questa è stata la scelta, perché introdurre il piano paesistico?". Perché ci siamo anche accorti che il piano territoriale a valenza paesistica non può normare puntualmente tutti quegli interventi più specifici che attengono alla definizione degli interventi: questo lo può fare soltanto il piano paesistico.
Questa è una legge di programmazione, di intervento. Non possiamo dimenticare che quando facciamo una legge, questa deve contenere i riferimenti essenziali sui quali si poggia il nostro Statuto (dal quale discende la nostra potestà legislativa), e cioè: 1) inserirsi nella linea di pianificazione e di programmazione, usando quindi quella che è la nostra prerogativa essenziale 2) garantire la partecipazione delle comunità locali, degli enti locali della comunità nel suo complesso.
Anche a questo riguardo, questa legge, secondo me, onora l'esigenza di partecipazione attraverso la delega, della quale possiamo parlare e parleremo in seguito nel dettaglio, rispetto alle proposte di emendamenti che vengono fatte, ma anche rispetto ad un allargamento della partecipazione. Questa delega, quindi, non tende soltanto a sveltire l'attività gestionale o ad annullare parte dell'attività gestionale della Regione riconoscendole i suoi maggiori ruoli di intervento e di indirizzo di pianificazione, ma tende a stimolare l'intervento diretto dei Comuni delle Comunità montane e delle Province. Ripeto, vedremo se la Giunta vorrà onorare questo intendimento politico anche attraverso l'esame degli emendamenti proposti.
Devo dire che questa legge, onesta e rigorosa, prevede anche un finanziamento, dando certezze reali alle possibilità delle previsioni che noi facciamo. A mio avviso, uno dei difetti della legge Galasso era proprio il fatto che si conchiudeva senza la possibilità di avere dei finanziamenti, e questo è sempre stato un alibi abbastanza perseguito da parte delle Giunte o da parte dei Consigli regionali, i quali dicevano: "Per pianificare occorre conoscere".
La conoscenza costa molto e le Regioni che ne avevano la possibilità hanno inserito nei loro bilanci alcuni miliardi - si veda la Regione Lombardia - per poter approfondire la fase della conoscenza; altre Regioni non l'hanno fatto per nulla. In questo modo noi diamo coerenza agli interventi che vogliamo produrre e prevediamo anche il finanziamento.
Collega Chiezzi, mi sembra che questa legge, unitamente a quello della semplificazione e della chiarezza, raggiunga alcuni obiettivi. E' vero, uno strumento legislativo in più è un'occasione in più per il cittadino di adeguarsi e quindi di dover rispettare delle norme, ma in questo caso andando a normare degli aspetti che la legge n. 56, pur completa, non aveva introdotto, raggiungiamo l'obiettivo di chiarezza e di semplificazione.
Anché io ritengo che una manovra complessiva sulla legge n. 56 avrebbe potuto essere più opportuna; ripeto, non avrei voluto fare un nuovo disegno di legge ma, nello stesso tempo, se n'è avvertita la necessità. Ma quante occasioni di modifiche richiede la legge n. 56? A questo riguardo certamente l'Assessore Genovese potrebbe essere più preciso di me.
La prima modifica che a mio parere andava introdotta nella legge n. 56 era quella di considerare che non esistevano più i Comitati comprensoriali.
Non potete immaginare quali difficoltà abbia creato ad un Assessorato come quello della pianificazione territoriale il fatto di non disporre di quel momento di collaborazione di organo intermedio che è stato il Comprensorio.
Lo dico io perché è stata soprattutto la pianificazione a soffrire di questa carenza.
La prima cosa che dovevamo fare con questa legge, proprio per essere conseguenti alle cose che citavo prima, era quella di vedere come poteva essere sostituito il Comprensorio, da chi o se non doveva essere sostituito. Quindi, il problema della modifica della legge n. 56 va ben oltre quello che sto dicendo; nel piano di sviluppo della Giunta sono indicate delle linee direttrici rispetto alle modifiche che occorre introdurre, ma il processo finale è quello di un testo unico. Come il Consigliere Marchini ha detto in molte altre occasioni, il processo finale è proprio quello di vedere tutti gli interventi di pianificazione paesistica, territoriale e urbanistica inglobati nella stessa materia, con dei riferimenti certi, eliminando la difficoltà che abbiamo ogni giorno di andare a ricercare le nostre norme tra una miriade di leggi.
In questo senso, a me spiace non poter accogliere in toto la manovra proposta dal Gruppo PCI. Quella manovra, per il tempo nel quale si colloca e per l'importanza che potrebbe rivestire, meritava tutta la nostra considerazione ma, evidentemente, non abbiamo la possibilità di accoglierla; tra l'altro, il Consiglio ha già votato l'art. 1, attraverso il quale abbiamo individuato le finalità e gli obiettivi della legge quindi l'impostazione resta evidentemente quella che la Commissione consiliare ha rassegnato al Consiglio.
Diverso è il discorso per quanto attiene agli emendamenti proposti sulla parte di delega e sulla parte successiva della Commissione; nel prosieguo del dibattito io e l'Assessore Genovese faremo conoscere gli emendamenti che, dopo la discussione, potremo accogliere o meno.
Penso di aver risposto alle interlocuzioni che mi sono state indirizzate. Esprimo, anche alla Presidenza del Consiglio, il desiderio di non prolungare ulteriormente l'iter di questa legge, che è già stato interrotto per ben quattro volte. Francamente credo che, se procrastinassimo ancora questo iter, ne andrebbe di mezzo la credibilità del Consiglio e forse verrebbe messa in discussione la volontà reale del Consiglio di procedere su questa materia nel dettare le norme che, a questo punto, mi sembra si impongano; siamo in ritardo, ma probabilmente siamo ancora in tempo per determinare gli obiettivi da raggiungere con questa legge.



PRESIDENTE

Con la replica del Vicepresidente della Giunta si conclude la prima parte dei lavori del Consiglio. Il primo blocco di emendamenti del Gruppo comunista è già stato illustrato, pertanto alla ripresa dei lavori si procederà alla votazione di tali emendamenti.
Ha chiesto la parola il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Rilevo, nella gestione di queste sedute, la precisa volontà di non voler far procedere l'esame del disegno di legge. Mi scusi, Presidente prima ho evitato di intervenire in un dibattito sul quale probabilmente v'erano alcune cose da dire; ora mi corre l'obbligo di essere anche molto polemico su questa decisione.
Sono dell'avviso che si debba proseguire senza interrompere i lavori.
Se i colleghi si devono avvicendare in altre faccende, riunioni comprese possiamo anche assoggettarci a quest'obbligo, però se la volontà è di chiudere l'esame del provvedimento bisogna dedicarvi il tempo necessario.
Non credo che riprendendo i lavori nel pomeriggio sia pensabile una dignitosa conclusione di questo dibattito. Gli emendamenti presentati richiedono approfondimenti, valutazioni e risposte.
Non siamo intervenuti sul dibattito generale per evitare di accrescere motivi di inutile polemica sui risultati e sugli obiettivi che si intendono conseguire; non possiamo però tacere i limiti di questa conduzione.



PRESIDENTE

Occorre in proposito ricordare che la precisa volontà dei Capigruppo manifestatasi nella riunione della scorsa settimana, è stata quella di porre come punto centrale dell'o.d.g. dei lavori del Consiglio l'esame di questo disegno di legge. Se permette, Consigliere Picco, sono anch'io uno dei presentatori, quindi s'immagini se non ho la volontà di procedere.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, abbiamo cominciato l'esame della legge alle ore 11,30.



PRESIDENTE

Questo è avvenuto perché sono stati introdotti da parte dei Gruppi degli altri argomenti.



PICCO Giovanni

Lei è consenziente, abbia pazienza!



BONTEMPI Rinaldo

Eh no! Non c'era il numero legale e abbiamo aspettato un'ora e mezza per averlo.



PRESIDENTE

Ci siamo adoperati, telefonando personalmente ai Consiglieri assenti affinché si raggiungesse il numero legale. Respingo pertanto l'opinione espressa dal Consigliere Picco che ci sia una precisa volontà di non far procedere l'esame di questa legge, di cui - lo ripeto - sono uno dei presentatori.
L'accordo raggiunto dai Capigruppo è di concludere nella giornata di oggi l'esame della legge e poiché - come ho avuto più volte occasione di ricordare - il governo dei lavori dell'assemblea spetta ai Capigruppo, il Consiglio deve attenersi alle decisioni assunte dalla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi. Questa mattina i Capigruppo hanno ritenuto opportuno, nella loro saggezza, di inserire nell'o.d.g. della seduta odierna due provvedimenti sicuramente urgenti in favore del personale regionale e una comunicazione da parte della Giunta su un problema drammatico quale quello della Indesit.
Ribadisco quindi ancora una volta che per quanto riguarda i lavori del Consiglio lo stesso è assoggettato, per Regolamento, alle decisioni dei Capigruppo. I regolamenti e le leggi vanno rispettate; i lavori pertanto riprenderanno nel pomeriggio.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura - Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno n. 563 sulla Indesit


PRESIDENTE

Prima di sospendere la seduta, pongo in votazione l'ordine del giorno relativo alla Indesit, sottoscritto da tutti i Gruppi, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte avuta notizia che l'organo tecnico del CIPI sarebbe orientato a riconoscere ai lavoratori ex Indesit un tipo di Cassa Integrazione che non consente il ricorso a forme di prepensionamento e di mobilità rilevato che ove questo indirizzo venisse confermato risulterebbero gravemente compromesse le già difficili prospettive di reimpiego dei lavoratori Indesit, vanificando di fatto il ruolo della stessa Commissione per le Grandi Eccedenze istituita presso il Ministero dell'Industria rilevato inoltre che tale scelta comporterebbe un pesante aggravamento della già difficile situazione economica e sociale delle estese aree interessate invita il CIPI, ed in particolare il Ministero dell'Industria, il Ministero del Lavoro e il Ministero del Bilancio a riconoscere ai lavoratori Indesit in eccedenza la proroga della legge Prodi e forme di Cassa Integrazione che consentano agli stessi il migliore accesso a tutte le forme di mobilità e di prepensionamento, accogliendo la domanda a suo tempo presentata a valere sulla legge 675; nonché ad attuare al più presto, in Piemonte, l'Agenzia per l'impiego prevista dalla normativa vigente.
Impegna la Giunta regionale a porre in essere ogni opportuna iniziativa affinché siano tutelati i legittimi interessi e l'aspettativa dei lavoratori Indesit, chiedendo altresì l'appoggio dei Parlamentari piemontesi e degli enti locali interessati ricorda inoltre la necessità di utilizzare a tutti i livelli gli strumenti normativi ordinari e straordinari per alleggerire la difficile condizione dei lavoratori Indesit in eccedenza, ivi compresa la facoltà già attualmente prevista da normative nazionali e regionali per gli enti locali di utilizzare i lavoratori in CIGS in opere e servizi di interesse pubblico e il coinvolgimento dell'imprenditorialità nella ricerca di soluzioni adeguate si impegna a partecipare alla manifestazione indetta dai lavoratori per il giorno 14 ottobre a Roma".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,10 riprende alle ore 14,50)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Esame progetto di legge n. 233 (seguito)


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Riprendiamo l'esame dell'art. 2 dove sono stati presentati i seguenti emendamenti: 1) dai Consiglieri Chiezzi e Biazzi: l'art. 2 è soppresso e sostituito dal seguente: "Articolo 2 - All'art. 1 della L.R. n. 56/77, comma i, sub 3), aggiungere dopo il punto e virgola: la promozione di studi e ricerche tendenti alla ricognizione sistematica dei beni culturali e paesistici nell'esercizio delle funzioni trasferite dallo Stato con il DPR 15/1/1972, n. 8 e di quelle delegate dall'art. 82 del DPR 24/7/1977, n. 616, così modificato dalla legge 8/8/1985, n. 431".
Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la proposta di lavoro è che si voti, con precedenza su tutti, l'emendamento all'art. 2. Se non verrà approvato - e dalle dichiarazioni fatte abbiamo ragione di pensare che non lo sarà - non ritireremo l'altro emendamento all'art. 2 (che deve essere ancora illustrato), ma gli emendamenti di modifica alla legge 56 agli artt.
3 e 4.
Dato che si discute degli altri emendamenti, escludo quelli che ritiriamo perché avevano ragione di essere solo se si fosse dato corso e si fosse accettata questa manovra. La mia proposta concreta è di votare ora su questo articolo e quindi indirettamente anche sugli altri.
Se il voto su questo primo emendamento, che è il primo del malloppo consegnatoci, sarà negativo, facendo quindi decadere anche gli altri opererò perché vengano ritirati. Chiedo quindi di poter fare una dichiarazione di voto.



PRESIDENTE

Proceda pure alla dichiarazione di voto sul primo emendamento all'art.
2.



BONTEMPI Rinaldo

Nel confermare la nostra valutazione e la ragione per cui abbiamo proposto al voto questo emendamento, come del resto gli altri, ritengo opportuno chiedere - anche se dopo le dichiarazioni fatte è solo un auspicio che dobbiamo mantenere finché non avviene il voto - un ripensamento alla Giunta.
Colgo l'occasione per fare due importanti puntualizzazioni che si riferiscono alla replica dell'Assessore. L'Assessore Vetrino ci ha fatto rilevare che, forse, sarebbe stato diversamente accolto, avrebbe cioè potuto avere altro esito, un atto preventivo e più tempestivo da parte nostra di proposta di modifiche alla legge 56, perché tutto sommato si trattava di modifiche che coincidevano con alcune sue dichiarazioni del 1985 e con un'intenzione della Giunta.
Devo però puntualizzare all'Assessore Vetrino che, fin dal momento della presentazione della proposta di legge che normava le subdeleghe, noi sostenemmo - in un documento che peraltro faceva parte integrante di quella legge essendone la relazione - l'opportunità di procedere alla revisione della legge 56 sia con il recepimento o con un ulteriore aggiornamento in materia di beni culturali e ambientali sia con la subdelega. In realtà sostenemmo e chiedemmo questo; trovammo però una situazione di decisa impermeabilità da parte della maggioranza, e l'Assessore non si discostò da quella posizione. Noi ritenevamo, così come riteniamo oggi, che la manovra legislativa proposta avesse bisogno di qualche elemento migliorativo.
Poiché è stata scelta una certa strada, riteniamo opportuno intervenire almeno ai fini di ottenere una maggiore chiarezza del dettato legislativo.
Alla prova dei fatti questa necessità si è rivelata indispensabile; il molto tempo perso in Commissione e le comprensibili incertezze politicamente non meno censurabili, hanno bloccato la definizione di una nuova legge in questo campo, una legge che noi non vogliamo demonizzare, ma che - come diceva stamani il collega Chiezzi rischia di diventare (ed è questo il punto) un grande alibi. E' stato detto che si è fatta una legge organica e nessuno ci toglierà dalla mente che così verrà definita; per se i tempi non lo permettevano, a nostro avviso l'unica legge organica possibile sarebbe stata la modifica alla legge 56: è comunque passato un anno e se si fosse voluto lavorare in questo senso, ce ne sarebbe stato tutto il tempo.
Questo avrebbe avuto senso persino per trattare delle questioni che in questa situazione noi riteniamo un ulteriore elemento di confusione, e mi rifaccio all'intervento del collega Chiezzi di questa mattina. Il piano paesistico è certamente uno strumento previsto e forse anche già utilizzato; è però vero che, mentre da un lato accatastiamo piani che tengono bordone all'intenzione e alla necessità di rispondere alle esigenze e di normare, dall'altro i comportamenti, l'azione di governo e anche il rispetto degli impegni non vanno avanti. In questo senso abbiamo riproposto questi emendamenti, che non sono stati presentati a freddo ma hanno alla base un'impostazione lontana, anche se probabilmente non sono sufficienti per una revisione complessiva della legge 56.
Il vero motivo per cui questi non sono accolti l'ho colto con qualche elemento autocritico e lo registro come atto di onestà nell'insoddisfazione che il Capogruppo liberale, pur esprimendosi a favore della legge, ha manifestato nei confronti del comportamento della maggioranza, che a mio avviso non l'ha comunicato perché c'era la prevalenza dell'interesse ad approvare comunque una normativa per le pratiche, per le subdeleghe, con il tentativo di nobilitarle, inserendole in un quadro più generale, aspetto che non è soddisfacente.
Anche nella discussione in Commissione, non abbiamo trovato varchi attendibili per poter mettere mano alla legge 56. Sarebbe molto curioso se non facessimo una rivisitazione della legge n. 56 per ciò che è possibile oggi, attraverso l'inserimento organico dei beni culturali ed ambientali quindi della disciplina non ancora coperta dalla legge 56, e vedessimo invece che tale legge viene toccata per altri aspetti molto più discutibili che possono andare in contrasto con la funzione generale di tutela che questa legge ha.
Per questo raccomandiamo l'accoglimento di questi emendamenti. Ho già annunciato che, di fronte alla loro reiezione, in particolare del primo emendamento all'art. 2, ritireremo gli altri; ciò ci lascerà per nell'insoddisfazione profonda per un approccio legislativo che non condividiamo e che cercheremo di migliorare.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo per dichiarazione di voto su questo emendamento all'art. 2. Preciso che il nostro Gruppo esprimerà voto contrario per una ragione di improponibilità della quale penso che, in definitiva, siano convinti gli stessi proponenti del Gruppo comunista. Non è possibile emendare una legge non contenuta nel corpo del disegno di legge oggi sottoposto all'approvazione del Consiglio; quindi ritengo che l'emendamento non sia proponibile.
Fatta tale premessa, desidero sottolineare che il merito di questo emendamento, non proponibile in questa sede e in questo momento, sul piano politico viene da noi condiviso, in quanto si chiede che all'art. 1 della legge n. 56 si aggiunga, fra le finalità indicate dal titolo della legge la promozione di studi e ricerche tendenti alla ricognizione sistematica dei beni presenti sul territorio, con particolare riferimento ai beni culturali e paesistici.
Questo noi lo diciamo e lo affermiamo anche in considerazione del fatto che già l'art. 9 della legge n. 56 - legge nei confronti della quale ci collocammo in maniera critica sia al momento in cui venne per la prima volta emanata sia nel momento della sua revisione prevedeva espressamente a guisa di norma-quadro, la predisposizione di piani paesistici, gli stessi piani paesistici che oggi vengono normati nel dettaglio e che, con riferimento all'art. 9, avrebbero avuto bisogno di una più puntuale legislazione. Con questo intendiamo dire che un completamento dell'art. 9 della legge n. 56, che costituiva una sorta di norma-quadro per la formazione dei piani paesistici in quanto li prevedeva come istituto sarebbe stato più opportuno in luogo di questa legge speciale, intendendo per legge speciale questa prima parte del disegno di legge che ci viene sottoposto.
Fatte queste considerazioni di adesione al merito dell'emendamento e al merito politico del suo collegamento con l'art. 9 della legge n. 56 riteniamo però che sul piano procedurale e - senza enfatizzare la cosa anche sul piano istituzionale della formazione della legge, l'emendamento sia, in questa sede e in questo momento, non proponibile, ragione per cui esprimeremo voto contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Dichiaro il mio voto di astensione in merito a questo emendamento richiamando gli aspetti di improponibilità evidenziati dal collega Majorino. Al di là di questo, desidero sottolineare il fatto che la promozione di questo tipo di studi e ricerche sarebbe significativa, in qualunque legge regionale venisse presa in considerazione. Ed a mio avviso potrebbe essere presa in considerazione, al di là dell'inserimento nell'art. 1 della legge n. 56, anche all'interno di questa stessa legge.
Il mio voto di astensione è motivato da una personale difficoltà che percorre tutta questa legge, relativa al rapporto ed alla possibilità di normare, all'interno dell'impianto concettuale e culturale della legge 56/77, questa materia. Su questa strada si è avviato tutto il Consiglio regionale e mi pare che l'esito finale sia il vero nodo di questa legge: che cosa viene subdelegato ai Comuni.
Fare questo raffronto con la legge 56/77 è, a mio avviso, abbastanza improprio, in quanto, senza fare torto a nessuno, il testo della L.R. 56 è fondato su una visione urbanistica del territorio, visione che di fatto privilegia la pianificazione a livello comunale dei piani regolatori, come se la vera strada da percorrere fosse quella del ribaltamento totale dell'impostazione, partendo dai piani paesistici e finendo con l'urbanistica a livello comunale.
Lo sforzo cui si riuscirà ad arrivare alla fine sarà una specie di "pasticcetto", che tenta sempre di partire da un'ottica di tipo urbanistico e all'interno di questa, con alcuni aggiustamenti, cerca di far entrare una pianificazione paesistica che invece, dal punto di vista culturale, è tutt'altro e dovrebbe sovradeterminare la pianificazione urbanistica a livello comunale.
Per questo, tutti i rapporti che si tenta di instaurare con la legge 56/77, quando anche nel merito del singolo punto siano ampiamente condivisibili, stanno però all'interno di una cornice concettuale che non mi trova favorevole. Ripeto quindi il mio voto di astensione su questa materia, mentre con gli emendamenti che illustrerò nel corso della discussione cercherò di modificare questa generale impostazione della materia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Riteniamo necessaria la dichiarazione di voto su questo articolo stante anche gli interventi che l'hanno preceduta, perché si tratta di argomenti di grande rilevanza dietro ai quali non possiamo nasconderci.
Ci riconosciamo pienamente nelle dichiarazioni dell'Assessore e della Giunta e riteniamo di non dover snobbare il confronto, ma di doverlo rinviare ad una fase successiva rispetto alla quale, ad approvazione avvenuta della legge, si ponga concretamente da un lato il problema della gestione e dall'altro quello del coordinamento con il più ampio tema di tutela e salvaguardia delle trasformazioni che avvengono sul territorio.
Non vogliamo sottrarci al confronto, ma non vogliamo inserirci polemicamente nel merito di come la L.R. n. 56 avrebbe potuto essere sostitutiva di altri provvedimenti. Se aprissimo questo capitolo, dovremmo andare ad aprire "armadi" sui quali il discorso che attiene alla gestione della legge n. 56 in dieci anni di vita della legge stessa ci porterebbe a conclusioni forse totalmente diverse da quelle di coloro che stamani hanno parlato molto bene della legge n. 56, quasi in articolo "mortis".
Non vorremmo riaprire questo capitolo, che riteniamo di grande interesse: non già i pronunciamenti sulla 56, sui quali ci siamo espressi fin troppo, ma i problemi della gestione della 56. Su questo argomento possiamo fare alcune considerazioni di merito a conclusione del dibattito.
La Commissione consiliare e la Giunta si sono ormai impegnate su un testo sul quale si tratta di raggiungere il più tempestivamente possibile le condizioni di gestione preposte all'Assessorato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Non entrerò nel merito dei problemi generali che, come è stato richiesto, devono trovare un'altra sede di confronto e di valutazione.
Tuttavia, rispetto ai problemi sollevati dai colleghi che hanno presentato emendamenti, credo debba essere fatta una prima valutazione delle argomentazioni addotte.
Riconosco, con la Giunta, che sarebbe opportuno e necessario definire in modo chiaro e coerente un'unica normativa in materia di difesa e di tutela ed uso del suolo e delle risorse ambientali e, quindi, anche in materia di disciplina paesistica. Se il dibattito sullo stato della pianificazione urbanistica richiesto dal Gruppo PCI all'Assessorato da molto tempo (e che attende di essere svolto da giugno) avverrà in tempi compatibili, costituirà l'occasione non solo per una riflessione, ma anche per l'assunzione da parte della Giunta di precisi impegni; inoltre potrà indicare percorsi utili per arrivare in tempo e con modalità accettabili ad un processo di aggiornamento della legge regionale 56, tenendo anche conto delle cose che oggi sono state dette.
Credo pure che in quella sede sarà possibile recuperare, all'interno di un sistema, la parte di questa legge che riguarda gli strumenti di pianificazione per fare chiarezza rispetto alla gerarchia di piani che abbiamo normato in diversi momenti per addivenire, per quanto possibile alla semplificazione e alla ridefinizione della materia.
Non possiamo restare più a lungo nella condizione in cui l'alternativa sia tra una difesa della L.R. 56, così come è stata nel tempo definita anche attraverso le modifiche intervenute, e il perseguimento di normative di settore o speciali, sovente sollecitate dalla legislazione statale perché ciò crea spesso problemi di mancato coordinamento, anche di natura procedurale, all'interno della stessa Regione.
Credo quindi che si debba andare verso l'aggiornamento e la revisione della L.R. 56 e che, proprio in quel contesto, sulla base delle decisioni che il Consiglio regionale assumerà, sarà possibile recuperare e normare all'interno del sistema complessivo di pianificazione, anche gli strumenti di pianificazione paesistica o a valenza paesistico-ambientale definiti autonomamente nella legge oggi in discussione.
Credo non si possa, pur con tutta la considerazione per i problemi emersi, arrivare a sostenere, come ho sentito fare poco fa, che la pianificazione urbanistica e l'organizzazione del territorio debbano dipendere dai piani paesistici. Credo davvero che sia giunto il momento di fare chiarezza, perché semmai è la pianificazione paesistica da ricomprendere all'interno della pianificazione territoriale complessiva recuperando il ruolo degli strumenti di pianificazione alla luce dei problemi che oggi dobbiamo affrontare.
Aggiungo in ultimo, non soffermandomi sui problemi già evidenziati dalla collega Vetrino, che uno dei motivi che inducono oggi a perseguire la strada della legge di settore, rinviando ad un momento successivo una normativa organica in materia di tutela ed uso del suolo e delle risorse ambientali, è costituito dal fatto che uno strumento di pianificazione non è toccato da questa legge, ossia il Piano regolatore generale, sia esso comunale o intercomunale, che deve essere tenuto invece presente per normare e definire la tutela dell'ambiente e la valorizzazione paesistica.
Ritengo che, all'interno di una revisione sistematica della materia, la riflessione centrale debba ritornare al piano regolatore generale e al suo ruolo all'interno del sistema generale di pianificazione; forse in questa direzione potremo trovare alcune risposte adeguate ai problemi ambientali e di pianificazione paesistica.



PRESIDENTE

Dopo l'intervento testé svolto dall'Assessore Genovese, ritengo di dover procedere alla votazione dell'emendamento discusso.



CHIEZZI Giuseppe

Chiedo di poter fare una breve dichiarazione.



PRESIDENTE

A mio parere le posizioni dei Gruppi e della Giunta regionale sono state definite, per cui ritengo di passare alla votazione.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, se si vuole discutere, iscriva pure il dibattito sull'urbanistica rispetto al quale io sono pronto dal mese di giugno.



PRESIDENTE

Non è il caso di aprire questo dibattito in questo momento. La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Non prenderò più di un minuto d'orologio per dire che gli argomenti con i quali questa manovra viene respinta sono assolutamente inconsistenti. Lo dimostra il fatto che la L.R. 56 viene variata da questa legge. Se il discorso fosse quello di non modificare la L.R. 56 - e noi non siamo d'accordo - avrebbe una sua logica, ma questa logica è contraddetta dal fatto che, agli artt. 8 e 9 della legge che approvate si cambia la legge 56 aggiungendo un articolo, abrogandolo e sostituendolo con un altro.
Gli argomenti usati sono inconsistenti perché state variando la L. R.
56. La nostra posizione, visto che variate questa legge, è di dirvi "variatela lungo tutto il percorso degli argomenti previsti e non solo sui percorsi da voi prescelti".



PRESIDENTE

Pongo quindi in votazione l'emendamento presentato dai Consiglieri Chiezzi e Biazzi all'art. 2.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 14 voti favorevoli, 23 voti contrari e 1 astensione.
Conseguentemente vengono ritirati gli analoghi emendamenti agli artt. 3 4 5, 6 e 7.
2) Emendamento presentato dai Consiglieri Biazzi, Bontempi: "lettera d), la dizione 'la formazione dei piani paesistici' all'inizio della lettera d) è cambiata in: 'la formazione dei piani territoriali paesistici' ".
3) Emendamento presentato dai Consiglieri Biazzi, Bontempi: "al primo comma, è soppressa la lettera h) che recita: 'la emanazione da parte della Commissione' ".
4) Emendamento presentato dai Consiglieri Biazzi, Bontempi: "al primo comma è aggiunta la nuova lettera h) che recita: 'la emanazione da parte della Giunta regionale di criteri ed indirizzi per l'attuazione dei provvedimenti di cui alla presente legge' ".
La parola al Consigliere Biazzi per l'illustrazione.



BIAZZI Guido

All'art. 2 si indicano i vari strumenti di tutela e valorizzazione ambientale, ricavati dalla normativa esistente. Si tratta di tre emendamenti, di cui il primo ha un valore molto relativo: si prefigge essenzialmente di richiamare l'attenzione su una coerenza nelle formulazioni, cioè nella nomenclatura.
La proposta riguarda un cambiamento di dizione alla lettera d), da piani paesistici a piani territoriali paesistici. Questo perché noi ci richiamiamo a disposizioni, quali il DPR n. 8 del 1972 e la legge 1497 del 1939, in cui si dice espressamente che si tratta di piani territoriali paesistici.
Devo purtroppo rilevare che nel 1984, quando abbiamo modificato la legge 56, è stato modificato anche l'art. 9, parlando in generale di piani paesistici. Questa sottolineatura vuole richiamare in particolare l'attenzione dell'organo di governo, ma in generale del Consiglio, su una dizione coerente all'interno di tutta la nostra legislazione, altrimenti aggiungeremmo confusione a una confusione che indubbiamente già esiste.
La dizione "piani territoriali paesistici" verrà quindi ripresa anche per quanto riguarda l'art. 4. La questione non è quella di scegliere un nome o l'altro: si tratta di individuare l'istituto, lo strumento e, in base a quello, normare, sempre in coerenza, qualsiasi intervento normativo.
In seguito dirò come intendo il piano territoriale paesistico, che a mio parere non deve essere inteso come indicato nella legge 431, dove è messo allo stesso livello dei piani urbanistici territoriali.
L'emendamento proposto indica come si tratti di una cosa diversa. Rinvio a tale emendamento un chiarimento sul senso della nostra proposta.
Questa è la ragione della presentazione degli altri due emendamenti (la soppressione della lett. h) e la sua sostituzione con un'altra formulazione). Premetto che in questo modo si entra già nel merito del filone dei nostri emendamenti.
La lett. h) dice: "Tra gli strumenti ed azioni di tutela a valenza esterna l'emanazione da parte della Commissione di cui all'art. 8 (cioè la Commissione regionale per la tutela dei beni culturali ed ambientali) di criteri e di indirizzi riguardanti l'attuazione dei provvedimenti di cui alla presente legge".
A mio avviso, è opportuno invece che questo potere sia messo in capo ad un organo responsabile verso il Consiglio e verso la comunità. Con il secondo emendamento indichiamo quindi che questo potere non può essere che attribuito alla Giunta regionale, come già formulato in precedenti normative. Ciò perché la Giunta regionale, in effetti, risponde alla Commissione, risponde al Consiglio e risponde alla comunità regionale, se non altro almeno ogni cinque anni. Riteniamo invece che un organismo consultivo qual è la Commissione regionale dei beni ambientali non possa avere questo potere.
Sappiamo che, nella vecchia formulazione della legge n. 56, la Commissione regionale, introdotta con le modifiche del 1984, aveva potere di indirizzo; all'epoca, però, avevamo di fronte una fattispecie del tutto diversa, avevamo cioè questa Commissione per la tutela dei beni culturali ed ambientali individuata a livello regionale ed una sua articolazione a livello di Comprensorio, entrambe articolazioni della Regione. Così non è dal 1985.
Devo ricordare che l'introduzione della Commissione regionale per la tutela dei beni culturali ed ambientali non è stata una scelta ben meditata da parte del Consiglio regionale di allora, ma fu un ripiego per correggere alcuni errori commessi nell'approvazione di modifiche alla legge n. 56. Il collega Picco ricorderà qualcosa e sollecito la memoria dell'Assessore Genovese in quel senso. Anche su questo ritornerò quando tratteremo delle modifiche all'articolazione della Commissione regionale per la tutela dei beni culturali ed ambientali in più Commissioni che noi indichiamo come Commissioni decentrate.
Fu un ripiego determinato dalle preoccupazioni per le modifiche introdotte con l'art. 9; in particolare, ricordo la modifica proposta dal collega Picco, con la quale si recuperavano i piani paesistici come politica attiva della Regione per tutte le azioni di tutela. Ricordo le modifiche apportate all'art. 24 quando si propose di prevedere gli interventi di ristrutturazione urbanistica in aree delicate all'interno di centri storici, rinviando semplicemente alle procedure dell'art. 40 previste nella formulazione licenziata dalla Commissione e soggette solo all'approvazione del Consiglio comunale ed ad una verifica in sede comprensoriale.
Si riteneva allora che per interventi su aree di particolare delicatezza questa verifica non fosse sufficiente e, poiché non si potevano più modificare gli articoli già approvati in precedenza dal Consiglio regionale, in quella sede si escogitò di introdurre (contrariamente a quanto aveva licenziato la Commissione) all'interno dell'art. 40 la Commissione regionale per la tutela dei beni culturali ed ambientali.
Questo provocò l'errore di accentrare in sede torinese una serie di pareri che già in precedenza la legge n. 56 aveva previsto a livello decentrato, e cioè a livello di Commissioni comprensoriali per la tutela dei beni culturali ed ambientali.



PICCO Giovanni

Sta uscendo dal tema principale.



BIAZZI Guido

Ne riparleremo dopo; è emersa una serie di questioni, non volevo abusare in questa sede di ulteriore tempo.
Rispetto alla formulazione iniziale proposta dalla Giunta e licenziata dalla Commissione, ci si era resi conto che interventi su questi tessuti dovevano essere sì snelliti, ma con delle garanzie su alcune linee di fondo e di tutela. Questo era il meccanismo che ha portato ad individuare una Commissione regionale per la tutela dei beni culturali ed ambientali.
Proprio perché ci si rese conto che questo accentrava tutto su Torino abbiamo individuato all'art. 91/bis, che in partenza non era stato modificato, questa sezione decentrata della Commissione regionale per la tutela dei beni culturali ed ambientali. Tra l'altro è subentrata la soppressione dei Comprensori, per cui queste Commissioni decentrate di fatto non sono mai decollate.
Ecco perché a nostro avviso occorre ripulire la legge n. 56 di queste incrostazioni improprie, introdotte da una serie di modifiche. Noi individuiamo in modo diverso le competenze della Commissione per la tutela dei beni culturali ed ambientali, che riconduciamo nei fatti a qualcosa in più delle competenze della vecchia sezione speciale del CUR. A questo proposito va costruito un ulteriore meccanismo per quanto riguarda le autorizzazioni previste all'art. 7 della legge 1497; inoltre, per quanto riguarda i pareri relativi agli interventi in parti delicate che noi riteniamo da salvaguardare (ad esempio gli interventi di ristrutturazione urbanistica) suggeriamo una conseguente modifica all'ultimo comma dell'art.
40.
Questo è il senso della manovra (ho solo anticipato alcune linee che verranno dopo) che noi proponiamo. Per quanto riguarda l'impostazione generale abbiamo scelta una strada diversa, non rifiutando però un confronto di merito sulle normative che alla fine incidono direttamente sull'attività dei nostri concittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Intervengo per dichiarazione di voto.
Il nostro Gruppo è contrario alla formulazione di cui al punto h) dell'art. 2, "strumenti ed azioni di tutela", del disegno di legge per le medesime ragioni per le quali è anche contrario all'emendamento soppressivo e poi sostitutivo illustrato dal collega Biazzi.
La ragione è identica per il testo e per l'emendamento, e consiste nella considerazione che l'art. 2, lett. h), conferisce alla Commissione per la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, di cui all'art. 8 il potere di emanare criteri e indirizzi riguardanti l'attuazione dei provvedimenti di cui alla presente legge. Fra i provvedimenti di cui alla legge in discussione ci sono anche i provvedimenti subdelegati ai Comuni su questo punto avrò occasione di ritornare quando si discuterà la norma relativa alla subdelega.
In questa sede devo però ricordare che l'art. 7 del DPR n. 616, con una dizione che era stata ripresa prima ancora della sua emanazione dallo Statuto della Regione Piemonte, prevede che allorquando la Regione conferisce la delega o la subdelega agli enti locali subregionali deve anche stabilire le direttive, i criteri e gli indirizzi per attuare l'oggetto della delega. Quindi, ad avviso del nostro Gruppo, la subdelega ai Comuni non deve essere in bianco; deve, sia pure in maniera concisa e sommaria, ma puntuale, additare i criteri di esercizio di questa delega.
Questo non perché lo diciamo noi, ma perché, come ho precisato, lo prevede l'art. 7 del DPR n. 616 e il nostro Statuto all'art. 67.
Quindi i criteri e gli indirizzi dell'oggetto della delega vanno contenuti nella legge regionale di delega. Non possono essere demandati n a un terzo soggetto istituzionale né alla Commissione di cui all'art. 8 come prevede la legge, e neppure alla Giunta regionale, come prevede l'emendamento del collega Biazzi.
Riteniamo che questa ragione preliminare e assorbente di non possibilità, sotto il profilo della legittimità, di conferire questi poteri di indirizzo ad altri soggetti (come ad esempio la Commissione o la stessa Giunta) ci consenta di aderire non solo al testo originario del disegno di legge ma anche all'emendamento. Come dicevo prima, criteri e indirizzi, sia pure in maniera concisa, sommaria, ma puntuale, vanno contenuti (in questo caso mi riferisco ai criteri della subdelega) nella stessa norma che conferisce la subdelega ai Comuni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Svolgerò una breve dichiarazione di voto e alcune considerazioni su questi due emendamenti.
Per quanto riguarda il primo, già il collega Biazzi ha fatto sufficiente chiarezza sul fatto che le leggi alle quali facciamo riferimento usano terminologie tra loro diverse. Alcune volte parlano di "piani territoriali paesistici", altre volte, come nella legge 56/77, di "piani paesistici".
A mio avviso, la diversa terminologia, da un lato, è solo una questione di quella certa sciatteria che ogni tanto si usa nello scrivere le leggi cosicché alla fine queste non si coordinano tra di loro; dall'altro, è anche il risultato di certi approcci e modelli culturali diversi nell'affrontare la materia, problema di cui parlavo nel mio intervento precedente.
La dizione in astratto di piano paesistico, redatto per quelle aree specifiche individuate da normative altrettanto specifiche quali la legge 1497/39, la legge 431/85 o i decreti cosiddetti "galassini", a mio parere rimane e dovrebbe rimanere uno strumento fondamentale, così come i piani delle diverse aree a parco dovrebbero rimanere uno degli strumenti fondamentali del nostro sistema di pianificazione territoriale, al di là e prima, o comunque a fianco di un modello di pianificazione che si estende a tutto il territorio e che considera una pianificazione che è territoriale e paesistica insieme.
Quindi, anche se si può trattare di questioni di sfumatura, visto come viene poi utilizzata questa terminologia e la confusione terminologica di queste leggi, ritengo che la dizione "piano paesistico" possa essere, in astratto, migliore; nel caso specifico ritengo non di enorme importanza la differenza tra le due dizioni, e quindi sull'emendamento mi astengo.
Sul punto successivo, non posso che condividere le puntualizzazioni del collega Majorino: se si va ad una subdelega, questi criteri ed indirizzi devono essere immediatamente dati. Rispetto a questa legge, così come in precedenza per la legge in tema di smaltimento di rifiuti, non potrò far altro che ripetere ancora una volta che il territorio e l'ambiente non si governano così, sia quando si tratta di rifiuti sia quando si tratta di tutela ambientale. Non li si governa attraverso una sorta di rimozione del problema, chiedendo che lo risolvano altri enti ad un livello istituzionale inferiore ai quali piaccia o non piaccia - in questo caso a loro pare piacere, nell'altro pare piacere meno - si delega comunque qualcosa da fare, senza poi minimamente preoccuparsi questo è avvenuto nel caso dello smaltimento dei rifiuti - di come stiano andando le cose. E' una rimozione di tipo culturale, ma anche un modo per cercare di salvarsi la coscienza dicendo che tocca agli altri.
Esterno al Consiglio la mia enorme perplessità su una delega data ai Comuni in questo modo e per questo ampio campo di applicazione di parti di questa materia. Negli anni a venire può, secondo me, essere previsto che vengano emanati criteri ed indirizzi; ciò non toglie che debbano essere emanati subito o debbano essere emanati contestualmente all'approvazione di questa legge.
Vorrei distinguere tra criteri ed indirizzi che intervengono subito e quelli che possono essere emanati nel corso del tempo; propongo dunque di trovare una formulazione che permetta di mantenere la possibilità alla Giunta regionale di emanare criteri ed indirizzi ulteriori a quelli che comunque non ci sono. Propongo di inserire altresì la dizione - perché mi pare che poi sia questo il modo con cui funzionano le leggi "visto il parere della Commissione di cui all'art. 8", ben precisando, comunque, che questo non può essere il modo con cui si risolve il problema dei criteri e degli indirizzi attualmente mancanti.
Chiedo quindi al collega Biazzi di valutare questa possibilità, nonch di aggiungere le parole "regionali di ulteriori criteri ed indirizzi".



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Gli emendamenti sostanzialmente sono due, in quanto il secondo ed il terzo sono riconducibili alla stessa materia.
Per quanto riguarda il primo emendamento, cioè su come chiameremo in futuro questi piani, dobbiamo tener conto delle leggi esistenti e anche degli impegni presi con altri nostri strumenti legislativi rispetto ad una certa terminologia.
La dizione "piano territoriale paesistico" compare per la prima volta all'art. 5 della legge n. 1497. Faccio osservare che questa è anteriore alla stessa legge urbanistica nazionale e che in questo articolo viene usato il piano territoriale paesistico.
Dopo di allora, bisogna ritornare al 1972 con il DPR n. 8, il quale trasferisce le competenze in materia urbanistica di pianificazione alla Regione. Ripeto, stiamo parlando di materia trasferita perché la legge tratta di due materie, in parte di materia trasferita e in parte di materia delegata. Lo stesso DPR del 1972 parla di piani paesistici.
La legge n. 56, all'art. 9, introduce la dizione di "piano paesistico" peraltro facendo riferimento a sua volta al DPR 616. L'art. 9 recita: "La Regione nell'esercizio delle funzioni amministrative delegate dal DPR 616 art. 82, provvede alla realizzazione dei piani paesistici"; quindi è ormai consuetudine chiamare piani paesistici questo tipo di strumento che andiamo a normare.
Non solo, ma la legge n. 431 - che pure fa riferimento alla legge n.
1497 e quindi avrebbe potuto benissimo recuperare la dizione "piano territoriale" - ha introdotto la dizione di "piano paesistico".
Credo che l'osservazione che faceva il Consigliere Biazzi discendesse dall'accordo che ci deve essere sulla sostanza; sulla sostanza, all'art c), abbiamo: "La formazione dei piani territoriali" e all'art, d): "La formazione dei piani paesistici". Quindi, per i motivi che ho illustrato non posso accettare questo emendamento.
L'altro emendamento lo accettiamo senz'altro, anzi, debbo dire che a questo emendamento va riconosciuto un certo rigore istituzionale e legislativo. Si è trattato di un errore dovuto al fatto che questo emendamento è conseguente ai compiti che l'art. 91/bis attribuisce alla Commissione, la quale svolge, ai sensi della nostra legge, un'azione di consulto, di consiglio nei confronti della Giunta e del Consiglio regionale; la Commissione quindi non ha l'autonomia di definire assistenza ma soltanto quella di elaborare gli input che gli devono venire da parte del Consiglio e da parte della Giunta. In questo senso recupero immediatamente l'osservazione che ci viene fatta con l'emendamento.
Mi sembra altresì corretta (mi pare che il collega Biazzi fosse già in questa direzione) la dizione "sentita la Commissione regionale dei beni ambientali", perché è proprio attraverso questo modo che la Commissione svolge i compiti precipui per cui è stata istituita.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo per dichiarazione di voto, seguendo ovviamente le procedure.
Prendiamo atto con soddisfazione del fatto che la Giunta, e credo la maggioranza, abbiano accettato l'emendamento proposto. Ritiro invece l'emendamento che cambiava la dizione.
Ci premeva sottolineare un problema; si tratta però di agire conseguentemente per normare quello che, a nostro modo di vedere, deve essere un istituto nuovo. Questo non può essere implicitamente paragonato al piano paesistico previsto dalla legge n. 431, perché, per quanto riguarda l'attuazione di quest'ultima, noi facciamo una netta distinzione.
Noi scegliamo la strada dell'integrazione dei piani territoriali, senza scartare la possibilità di fluizzare anche altri strumenti. Per comodità potremmo chiamarlo ancora piano paesistico, però sostanzialmente si tratta di cose diverse.
Colgo l'occasione della dichiarazione di voto per riallacciarmi ad alcune osservazioni, probabilmente non infondate, che meritano però un chiarimento sul perché abbiamo scelto la strada di prevedere indirizzi e criteri da emanarsi da parte della Giunta regionale. A me sembra che questo istituto permei un po' tutta la legislazione, e probabilmente non solo quella nazionale; mi riferisco, ad esempio, alla stessa legge n. 56 e alla materia della tutela dei beni culturali ed ambientali.
Ricordo la vecchia formulazione dell'art. 91/bis: "La Giunta stabilisce criteri di indirizzi, sentita la sezione speciale del CUR". Con questo non si delega nulla a nessuno; diciamo semplicemente che nell'esercizio della delega la Giunta deve svolgere funzioni di coordinamento e di indirizzo.
Questo è il primo problema che noi riteniamo la Giunta debba gestire, dando criteri ed indirizzi che valgano per la gestione della delega e anche, noi diciamo, per il coordinamento, com'era nel vecchio art. 91/bis dell'attività della Commissione regionale e dell'attività delle Commissioni decentrate.
A questo proposito, avevo preparato un emendamento alla lettera h), che avevo dei dubbi a presentare. Io non ho nulla in contrario a che anche nella lettera h) venga riaffermata l'opportunità da parte della Giunta di sentire questa Commissione regionale, una volta che volesse emettere criteri ed indirizzi. E lo avrei aggiunto alla normativa che regolamenta l'istituzione delle nuove Commissioni, nella quale avrei detto: "La Giunta regionale stabilisce criteri ed indirizzi e coordina l'attività delle Commissioni decentrate". E' la vecchia formulazione (ante 1984) della nostra legge n. 56.
A tal fine ci si può evidentemente avvalere della Commissione regionale per la tutela dei beni culturali e ambientali. Questa formulazione prevedeva anche che ai lavori della Commissione per l'elaborazione di criteri ed indirizzi fossero invitati i Presidenti delle Commissioni decentrate, proprio per evitare che questi criteri ed indirizzi provenissero da una imposizione dall'alto, costruendoli con la nostra comunità, nella salvaguardia dei poteri decisionali della Giunta regionale.
Non abbiamo però nulla in contrario ad inserire la modifica proposta all'interno della lettera h). Ovviamente voteremo i nostri emendamenti ritirando il primo.



PRESIDENTE

L'emendamento n. 2 è pertanto ritirato.
Il Vicepresidente Vetrino propone il seguente emendamento, peraltro accolto, all'emendamento n. 4 dei Consiglieri Biazzi e Chiezzi: "L'emanazione da parte della Giunta regionale, sentita la Commissione di cui all'art. 8, di criteri e di indirizzi per l'attuazione dei provvedimenti di cui alla presente legge".
Ha chiesto la parola il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Manteniamo il nostro dissenso anche rispetto al testo emendato dall'emendamento Biazzi e Chiezzi, perché dovrebbe essere questa legge regionale o eventualmente una futura legge regionale a determinare i criteri e gli indirizzi per quanto concerne non tutti i provvedimenti di cui a questo disegno di legge, ma sicuramente per il provvedimento di subdelega. Come ho già ricordato, i criteri e gli indirizzi per l'esercizio della subdelega vanno indicati non perché lo diciamo o lo vogliamo sostenere noi o perché riteniamo che sia politicamente esatto, ma perché lo prevede lo Statuto, nonché l'art. 7 del DPR n. 616.
In sostanza, si tratta di una delega alla Giunta per determinare i criteri di indirizzo della delega o meglio della subdelega ai Comuni quando questo va fatto solo con legge regionale. Quindi esprimiamo il nostro dissenso per questo motivo essenziale e assorbente a questo emendamento.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'emendamento n. 4), modificato dall'Assessore Vetrino e dai Consiglieri Biazzi e Ala, nel seguente testo: "la emanazione da parte della Giunta regionale, sentita la Commissione di cui all'art. 8, di criteri ed indirizzi per l'attuazione dei provvedimenti di cui alla presente legge".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 34 voti favorevoli e 2 contrari.
Pongo in votazione l'emendamento n. 3), accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 31 voti favorevoli e 2 contrari.
Prima di passare alla votazione dell'art. 2, ha chiesto la parola per dichiarazione di voto il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Il Gruppo comunista si asterrà su questo articolo, in quanto la valutazione negativa espressa, che verrà poi reiterata sulla legge e sugli altri articoli, tiene anche conto dell'introduzione di un elemento di pulizia istituzionale e di forza dell'impegno per l'emanazione dei criteri ed indirizzi tanto ricercati.



PRESIDENTE

Si proceda dunque alla votazione per appello nominale dell'art. 2 così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 23 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri si sono astenuti 16 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 1) Emendamento presentato dai Consiglieri Bontempi e Biazzi: "Il titolo dell'art. 3 è cambiato da 'piani territoriali' in 'Attuazione art. 1/bis legge 431/85'".
2) Emendamento presentato dai Consiglieri Bontempi e Biazzi: "Il primo comma dell'art. 3 è sostituito dal seguente nuovo comma: 'Per i beni e le aree elencati dal quinto comma dell'art. 82 del DPR 24/7/1977, n. 616 come integrato dall'art. 1 della legge 8/8/1985, n. 431 la normativa d'uso e di valorizzazione ambientale prevista dalla suddetta legge si attua attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale di cui all'art. 3 della L.R. 5/12/1977, n. 56 e successive modifiche e integrazioni.
A tal fine la Regione provvede alla formazione di tali strumenti di pianificazione o alla loro integrazione, con una specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali' " 3) Emendamento presentato dai Consiglieri Bontempi e Biazzi: "Il secondo comma dell'art. 3 è soppresso".
La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Il motivo per cui abbiamo presentato questi emendamenti è emerso chiaramente dal dibattito generale (ribadito questa mattina dal compagno Chiezzi) e dagli stessi argomenti portati dal Vicepresidente Vetrino nell'ambito di questa materia. Si è voluto essere chiari sul fatto che in Piemonte si vuole percorrere la strada dell'attuazione della legge 431.
Probabilmente non è la stessa strada che può essere applicata in altre Regioni, noi non lo sappiamo, ma riteniamo che in Piemonte sia certamente la strada maestra, quella cioè di integrare la nostra strumentazione territoriale (i piani territoriali) con gli aspetti paesistici.
Riteniamo che la formulazione proposta dalla Giunta e dalla Commissione degli artt. 3 e 4 non faccia questa distinzione. Leggendoli letteralmente infatti, questa non è solo un'impressione, ma una convinzione, perché si mette tutto sullo stesso piano.
In coerenza con la deliberazione approvata dal Consiglio regionale nel 1986 e con le dichiarazioni rese formalmente dalla Vicepresidente in aula all'inizio della discussione su questo disegno di legge, intendiamo ribadire qual è la strada maestra che noi scegliamo. Per attuare il dettato dell'art. 1 della legge n. 431/85 scegliamo la strada dell'integrazione dei piani territoriali, dicendo perciò (questa è la sostanza dell'altro emendamento, il primo modifica solo il titolo) che, per i beni e le aree indicate dal quinto comma dell'art. 82 del DPR n. 616 integrate ai sensi della legge n. 431, la normativa d'uso e di valorizzazione ambientale prevista dalla suddetta legge si attua attraverso gli strumenti di pianificazione territoriale di cui all'art. 3 della legge 56 e successive modifiche e integrazioni. A tal fine si ribadisce quello che ha già stabilito il Consiglio regionale più di due anni fa: la Regione provvede alla formazione di tali strumenti di pianificazione o alla loro integrazione con una specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali.
In questo modo si rende molto chiara la scelta da noi fatta. Si eliminano, a nostro modo di vedere, le ambiguità presenti nelle formulazioni precedenti e nel successivo art. 4. Evidentemente si darà una connotazione, una normativa specifica per quanto riguarda l'istituto che abbiamo convenuto di chiamare "piano paesistico"; ciò con uno spirito diverso rispetto a quello che originariamente era nella legge 431, che metteva sullo stesso piano i due istituti (piano paesistico e integrazioni dei piani territoriali), lasciando, secondo me saggiamente, alle Regioni la facoltà di scegliere la soluzione ritenuta più opportuna in base alla propria esperienza.
Perché siamo su questa posizione, oltre alle argomentazioni già date? Mi è capitato sott'occhio l'intervento di un nostro più che illustre collega, che purtroppo non abbiamo più tra noi in Consiglio ma che è ancora attivo all'esterno di questo consesso, il collega Astengo, che tanto ha dato su questa materia a noi tutti nelle passate legislature.
Nel 1981, intervenendo sull'approvazione da parte del Consiglio regionale degli schemi di piano territoriale comprensoriale, con una battuta tra parentesi lasciò trapelare il suo scetticismo sui processi che venivano avanti a livello nazionale; nonostante l'approvazione della legge Galasso, aveva intuito - come spesso gli accadeva - quale era il percorso su cui ormai si era instradata la nostra legislatura.
Astengo aveva però detto chiaramente di avere fiducia per il Piemonte perché in Piemonte si era riusciti a far convergere in una normativa organica i due filoni che per trent'anni si erano confrontati con vicende alterne all'interno del nostro Paese: il filone che faceva capo alla programmazione economica e il filone che faceva capo alla pianificazione urbanistica.
La legge 43 prima e soprattutto la legge 56 dopo avevano cominciato a mettere una pietra miliare sulla fusione dei due filoni in Piemonte regione e realtà uniche a modo di vedere di Astengo, il quale aveva una visione molto ampia del nostro Paese. Partendo anche da queste considerazioni, riteniamo necessario riaffermare l'ancoraggio saldo, come del resto affermato in più riprese dallo stesso Vicepresidente, alla nostra strumentazione territoriale per dare una risposta seria alle indicazioni contenute nella legge n. 431.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quello che riferisce il collega Biazzi è da me condiviso; però, mentre io vedo la soluzione delle sue idee attraverso l'art. 3 così come è proposto, egli lo vede trasferito con gli emendamenti che propone.
E' vero, questo articolo tende ad adeguare la nostra legislazione alle norme della legge 431; non mi sembra scorretto però attribuire a questo articolo anche un respiro più ampio, che poi è il respiro che intende avere la legge sulla pianificazione paesistica generalmente intesa.
Mi sembrerebbe comunque abbastanza limitativo chiamare questo articolo "attuazione della legge 431", perché non è solo l'attuazione di quella legge, ma qualcosa di più. Quando abbiamo scelto i piani territoriali e abbiamo inteso dare la valenza paesistica, avevamo l'esigenza di adeguarci alla legge 431; tuttavia intendevamo anche portare avanti una politica generale di tutela e di valorizzazione dell'ambiente, al di là e al di sopra della legge 431.
Al di là del maggior respiro che ha la nostra proposizione, questi due articoli sono così simili che, francamente, mi trovo in difficoltà a dire di no agli emendamenti proposti. Ritengo però che, allo stato dei fatti visto il dibattito svolto in giornata, probabilmente sia più corretto mantenere la definizione proposta al Consiglio dalla Commissione stessa.
Quindi con un certo rammarico, perché a questo punto è abbastanza difficile conoscere le differenziazioni reali, devo dire che la Giunta non può approvare nessuno dei tre emendamenti proposti.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione il l'emendamento n. 1).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 14 voti favorevoli, 25 contrari e 2 astensioni.
Pongo in votazione l'emendamento n. 2).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 13 voti favorevoli, 23 contrari e 4 astensioni.
Pongo in votazione l'emendamento n. 3).
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 13 voti favorevoli, 23 contrari e 4 astensioni.
Pongo quindi in votazione l'art. 3 nel testo originario.
Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 25 Consiglieri hanno risposto NO 14 Consiglieri si sono astenuti 3 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 1) Emendamento presentato dai Consiglieri Biazzi e Bontempi: "L'art. 4 è sostituito dal seguente: 'La Regione, esercitando la potestà trasferita dallo Stato con il DPR 15/1/1972, n. 8 può redigere piani territoriali paesistici: a) nelle aree individuate da Piani Territoriali di cui alla L.R.
5/12/1977, n. 56 e successive modifiche e integrazioni e al precedente art.
3, quali parti di territorio nelle quali la tutela e la valorizzazione dei beni storici, artistici ed ambientali esigano una specifica analisi e disciplina b) nelle località incluse negli elenchi di cui ai nn. 3 e 4 dell'art. 1 della legge 29/6/1939, n. 1497 integrati come previsto dall'art. 9 della legge regionale 5/12/1977, n. 56 e successive modifiche ed integrazioni' ".
2) Emendamento aggiuntivo presentato dal Consigliere Ala: "d) nelle aree individuate dai Decreti di dichiarazione di notevole interesse pubblico, pubblicati sul supplemento della Gazzetta Ufficiale del 19/12/1985".
La parola al Consigliere Biazzi per l'illustrazione.



BIAZZI Guido

Questo articolo norma l'istituto del piano paesistico, inquadrandolo nel processo che tutti hanno detto di condividere, da ultimo la stessa Vicepresidente della Giunta.
La strada di carattere generale è l'integrazione dei piani territoriali; poi possiamo avere altri strumenti, qui non citati, quali: il piano regolatore, che può avere una valenza di carattere paesistico (non l'abbiamo citato perché è già sottinteso in tutta la normativa della legge 56); i piani dei parchi, qui non citati perché hanno già una loro normativa; la normativa adottata per lo sfruttamento dei boschi e delle foreste.
Abbiamo comunque voluto sottolineare che il piano paesistico previsto nella legge 1497 ed anche nella legge 56 non può essere identificato con il piano paesistico previsto dalla legge Galasso, cioè non può essere messo sullo stesso piano dei piani territoriali urbanistici. La Regione ha fatto una scelta chiara e, francamente, non abbiamo capito perché non si sia accettato di chiarirla fino in fondo, modificando il testo originario dell'art. 3.
Con questo emendamento noi diciamo che il piano paesistico, o comunque lo si voglia chiamare, può essere redatto dalla Giunta regionale nelle aree individuate dai piani territoriali di cui all'articolo precedente, dove sono indicate le parti di territorio nelle quali la tutela e la valorizzazione dei beni storici artistici ed ambientali esigono una specifica analisi e disciplina. Noi abbiamo il piano territoriale integrato ai sensi della legge 431 e il piano territoriale può individuare aree sulle quali è necessario un approfondimento; questo approfondimento può essere fatto attraverso piani regolatori oppure tramite il piano paesistico.
Lasciare aperta questa possibilità non significa aggiungere un nuovo istituto a quanti ne esistono già per quanto riguarda la pianificazione territoriale. Potremmo però trovarci in presenza di alcune situazioni in cui è necessario, se non indispensabile, ricorrere allo strumento che la nostra normativa nazionale e regionale ci offre.
Faccio un esempio. Il piano territoriale può indicare le aree su cui è necessario portare avanti un approfondimento oppure questo approfondimento può emergere da segnalazioni o da necessità di maggiore conoscenza o di tutela di alcune aree della nostra regione (mi pare ancora in discussione il problema dell'area di Pragelato). Ci potremmo, per esempio, trovare di fronte a un rifiuto del Comune ad adottare strumenti di tutela e di valorizzazione.
Riteniamo che la Giunta regionale debba avere a disposizione una strumento proprio per poter intervenire; inoltre riteniamo utile che questo strumento sia più flessibile perché l'adeguamento dei piani territoriali così come sono configurati, oppure lo stesso adeguamento dei piani regolatori può richiedere procedure tanto complesse e lunghe da vanificare la tempestività dell'intervento. Riteniamo comunque opportuno mantenere all'interno della nostra legislazione, lo strumento offertoci dalla normativa nazionale e regionale, così come riteniamo che la strada maestra sarà quella di un coinvolgimento degli enti locali con conseguente adeguamento degli strumenti urbanistici territoriali su indicazione del piano territoriale.
Quindi noi delimitiamo la sfera di applicazione dei piani paesistici alle individuazioni fatte con i piani territoriali oppure alle località incluse negli elenchi ai sensi della legge 1497 legge e ai sensi dell'art 9 della legge regionale. In questo modo si mette in evidenza la strada maestra che abbiamo scelto, senza scartare strumenti che possono dimostrarsi utili, come mi pare si stiano dimostrando, e che la Giunta ha utilizzato per l'intervento a Pragelato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala per l'illustrazione del suo emendamento.



ALA Nemesio

Il mio emendamento si inserisce al termine delle parole: "comunque all'interno delle seguenti aree". Nell'articolo vengono individuate tre categorie di aree e località che, in base a fonti normative tra loro diverse, richiedono una pianificazione paesistica.
Questo emendamento individua una quarta categoria di aree che, a mio avviso (e questo è un punto che richiamai già nel 1986 e tutte le volte che si parlava di queste vicende), occorre inserire in questo elenco: le aree di cui ai cosiddetti "galassini".
La questione va posta in questi termini, anche alla luce delle varie sentenze in materia dei Tribunali amministrativi. Come si ricorderà, sulla Gazzetta Ufficiale queste aree erano state individuate come "aree di notevole interesse pubblico" e discendevano da un punto dell'allora "decreto Galasso", poi convertito nella legge n. 431/85.
Ai sensi di questi decreto, su tutti questi "galassini", a mio avviso si determinarono due cose: la prima, che queste aree venivano dichiarate di "notevole interesse pubblico" e quindi inserite all'interno delle aree sottoposte ai vincoli di cui alla legge 1497/39; la seconda, che con un provvedimento autonomo venne applicato un principio di inedificabilità e immodificabilità dei suoli fino alla redazione dei piani paesistici.
Le sentenze del TAR sono intervenute soltanto su questa parte dei decreti, annullando il vincolo di inedificabilità e immodificabilità del suolo in attesa della redazione dei piani paesistici. Quindi, per queste aree, deve essere redatta una pianificazione paesistica, per obbligo e non come scelta regionale. Ritengo che, pertanto, queste aree vadano inserite a fianco delle altre categorie di beni, menzionate nell'articolo in base a fonti normative diverse: legge 1497/39, L.R. n. 56/77 o legge n. 431/85. E' chiaro che, in questo momento, non rientrano in nessuna delle tre specificazioni - a), b), c) - che compaiono all'art. 4.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Condivido lo spirito con il quale è stato presentato l'emendamento da parte del Consigliere Ala; abbiamo avuto segnalazioni di aree di particolare valore ambientale e sarebbe opportuno seguire questo canovaccio per approfondire tali problemi.
La mia perplessità invece sorge su come sono sorti i "galassini" in Piemonte. E' stata una vicenda per alcuni aspetti semplicemente indecorosa: se non ricordo male (cito a memoria le date), si fa riferimento alla legge 1/8/1985, ma i decreti sono pubblicati 4, 5 o 6 mesi dopo, e questa è una questione di carattere formale non di poco conto.
La questione sostanziale che ci preoccupa, però, è che i "galassini" sono sorti senza nemmeno interpellare la Regione Piemonte. Si è andati a raccogliere elaborazioni che giacevano nei cassetti delle associazioni naturalistiche - che hanno fatto un lavoro anche meritorio, non lo mettiamo in dubbio - ma non ci si è rivolti all'ente che sul territorio regionale da decenni ormai gestiva questa tematica. Esistono infatti diverse serie di elaborazioni regionali in materia, tant'è vero che alcune di queste sono confluite in aggiornamenti del piano regionale per i parchi, mentre altre che non si sono tradotte in piani regionali per i parchi, sono comunque presenti all'interno dei servizi competenti della nostra Regione. Questo è uno dei motivi per cui ho dei dubbi a recepire integralmente le indicazioni date dai "galassini", al di là delle questioni di carattere giuridico.
Ma vado ancora più in là nella sostanza. Spesso queste delimitazioni (ce lo hanno dimostrato gli incontri avuti con tutti gli amministratori della nostra Regione) erano cervellotiche o addirittura arbitrarie.
Nella provincia di Novara (questo l'ho verificato io) c'erano 13 "galassini", nel Piemonte non ricordo più se erano 76 o 82, mentre in Calabria non ce n'era neanche uno e ce n'erano due o tre nella Regione Toscana; il Piemonte, da solo, aveva più "galassini" che tutto il Paese nel suo complesso.
Ebbene, dei 13 "galassini" individuati in Provincia di Novara 7 prevedevano la più totale inedificabilità all'interno dei centri abitati e 6 no. Di fatto questa inedificabilità non derivava da un'analisi attenta della situazione reale, ma era introdotta in modo del tutto cervellotico così che in alcune vallate si verificava che su un versante c'era la totale inedificabilità, mentre sull'altro non era prevista.
Abbiamo avuto altri elementi di grossa preoccupazione; non è presente l'Assessore Maccari, ma ricordo che con lui abbiamo avuto un incontro proprio nelle adiacenze del Consiglio sulle vicende dei "galassini". Erano venuti gli amministratori di Varallo Pombia perché non riuscivano nemmeno più a seppellire le salme, in quanto non avevano la possibilità di completare i loculi del cimitero; va anche ricordato che il Comune di Varallo Pombia era l'unico nelle adiacenze della Valle del Ticino con il vincolo di inedificabilità assoluta: né prima né dopo questi vincoli c'erano.
Non riteniamo opportuno quindi inserire in blocco i "galassini" nella nostra normativa. Riteniamo però giusto sollecitare la Giunta a proporre sue indicazioni, ma ricordo che già la legge 431 va in quella direzione.
Concludo il mio intervento ricordando una lezione che è venuta dai "galassini". Gli errori allora commesse attraverso interventi cervellotici ci hanno di fatto impedito di allargare la normativa della legge 431 per la rivolta, giustificata, verificatasi all'interno della nostra comunità.
Questo ci indica anche come troppo spesso certe attività, anziché tradursi in interventi a favore dell'ambiente, si ritorcono contro l'ambiente stesso.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

L'emendamento soppressivo e sostitutivo dell'art. 4 è conseguente agli emendamenti che i Consiglieri avevano proposto precedentemente all'art. 3.



BIAZZI Guido

E alle dichiarazioni del Presidente.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione Territoriale

Pur dovendo votare contro questo emendamento soppressivo e sostitutivo all'art. 4, che stiamo per votare, ne recuperiamo totalmente il contenuto.
Così facendo recuperiamo anche uno spazio ed un respiro più ampio nell'applicazione della pianificazione paesistica, indicando la Regione Piemonte come ente che esercita la potestà trasferita dallo Stato laddove siano presenti beni ambientali, la cui valorizzazione e tutela esigono uno specifico ed organico intervento di livello regionale. In questo senso ritengo che il collega Ala possa essere soddisfatto.
Per riprendere alcuni degli argomenti indicati dai colleghi sui cosiddetti "ex-galassini", credo sia superfluo, per ragioni di ordine giuridico, di opportunità e anche per ragioni di carattere politico istituzionale introdurre ulteriori precisazioni nell'emendamento presentato.
Mi spiego: se vale la tesi - che è per certi versi del Consigliere Ala ma che è anche la tesi di alcuni dirigenti ministeriali che contano nel Ministero dei Beni Culturali e Ambientali e di taluni Sovrintendenti - che con questi "galassini" si è fatta decadere l'inedificabilità assoluta assoggettando tout court queste aree agli effetti della legge 1497, cioè al vincolo di bellezza, se così è, dobbiamo confrontarci, perché la Giunta, a suo tempo, con la circolare a tutti nota, aveva dato una diversa interpretazione.
Tuttavia, se rimane in piedi la querelle, questi vincoli possono valere oppure no. Se valgono, caro Ala, puoi star tranquillo che con la lettera b) del punto 1) queste aree sono ricomprese; se vale il vincolo di inedificabilità che abbiamo considerato, ti assicuro che questi "ex galassini" sarebbero comunque ricompresi. Se non valgono, valgono comunque come indicazione di ordine generale di aree di tutela, con tutte le riserve che aveva il collega Biazzi e che ho io stessa.
Risiedo infatti in un Comune della cintura di Torino e, vedendo come era stato individuato il "galassino", sono rimasta esterrefatta: una parte della strada era vincolata, mentre l'altra parte non lo era. Parlo della stessa strada, dove chiaramente la valutazione di bellezza era nel complesso, al di sopra e al di sotto della strada; ho riferito un dato personale ma può darsi che ve ne siano altri.
A questo punto, abbiamo delle riserve; tuttavia nelle indicazioni date ai professionisti per la predisposizione delle valenze paesistiche ai nostri piani territoriali comprensoriali si è chiesto di verificare l'esigenza di introdurre le aree già previste dai "galassini" ed altre eventualmente ricomprese nei piani territoriali.
In sostanza vi sono due spazi nei quali abbiamo potuto recuperare la preoccupazione del Consigliere Ala. Non riteniamo però opportuno introdurre questo emendamento aggiuntivo per una ragione squisitamente istituzionale e politica. Infatti la Corte Costituzionale ha riconosciuto alla Regione il diritto di andare ad individuare le aree. Per cui, a questo punto, con tutta la querelle svolta nei confronti dello Stato per essersi sostituito alla Regione (lasciamo da parte il processo partecipativo che non c'è stato) e la battaglia sostenuta (tant'è che la Corte Costituzionale ci ha dato ragione), a me non sembra il caso, avendo la sicurezza che queste aree, ove valgono, verranno introdotte, proporre questo articolo, perché mi sembrerebbe una debolezza sotto il profilo istituzionale.
Chiedo pertanto al collega Ala, proprio per la sua condizione di Consigliere regionale che rivendica alla Regione un ruolo di governo anche paesistico del suo territorio, di ritirare l'emendamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Il Vicepresidente Vetrino ha illustrato bene una serie di argomentazioni di merito non di poco conto, per quanto non completamente condivisibili. A questo punto va fatta una constatazione: la Regione nell'estate 1986, ha dato una sua interpretazione delle decisioni del TAR.
il che è equivalso a lasciare completamente cadere tutte queste aree.
Il richiamo alla Corte Costituzionale non posso che accettarlo, per l'ovvio valore delle sue decisioni. Devo però prendere atto del fatto che dopo questa vicenda, la Regione non è più intervenuta rispetto a queste aree, non recuperandone alcuna pur avendone il potere. E' questo il motivo per cui io richiamo sempre il patrimonio di beni ambientali, per quanto fossero normati ed individuati con una certa approssimazione (che sottoscrivo), come hanno riconosciuto sia il collega Biazzi che l'Assessore Vetrino. Esiste un inventario di beni rispetto ai quali la Regione non avrebbe dovuto né dovrebbe scegliere la strada del liberarsene con la facilità con cui lo ha fatto nell'estate 1986.
L'emendamento è ritirabile perché - per quanto attiene al merito - è pacifico che se queste aree sono vincolate dalla legge 1497/39, ovviamente sono ricomprese nei commi precedenti (questione di merito sulla quale non si può obiettare nulla). Di fatto, però, la Regione - visto che è di sua competenza e avrebbe dovuto farlo sin dal 1986 - dovrebbe almeno andarne a recuperare alcune, cosa che invece non ha fatto.
L'emendamento è ritirato, ma vorrei, sia all'interno della pianificazione paesistica che ritarda all'infinito sia all'interno di specifici provvedimenti della Giunta regionale, almeno la dimostrazione che queste aree non sono scomparse.



PRESIDENTE

L'emendamento presentato dal Consigliere Ala è pertanto ritirato.
Pongo in votazione l'emendamento n. 1) presentato dai Consiglieri Biazzi e Bontempi.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è respinto con 10 voti favorevoli, 21 contrari e 3 astensioni.
La parola al Consigliere Biazzi per dichiarazione di voto sull'art. 4.



BIAZZI Guido

La dichiarazione di voto è ovviamente negativa. Vorrei sottolineare non una nostra delusione, perché di illusioni non ne abbiamo molte, ma il nostro dubbio sull'opportunità o meno di continuare il dibattito.
Questa mattina, in tutti gli interventi, ci si è stracciate le vesti dicendo che per il Consiglio regionale è giunto il momento di misurarsi nel concreto su questi problemi. Finora il confronto è andato avanti ringraziamo la gentile interlocutrice - ma il Consiglio regionale è stato del tutto assente.
Abbiamo dubbi a continuare un dibattito che si rivela sterile. Senza un apporto diverso da parte del Consiglio regionale, la stessa Giunta è in difficoltà ad accettare o meno certe indicazioni e diventa naturale ancorarsi al testo licenziato dalla Commissione. Vogliamo però mettere in evidenza che, quando si tratta di attuare nel concreto la tanto conclamata funzione legislativa del Consiglio regionale relativamente ad una materia su cui la Giunta regionale si è presentata in modo aperto, purtroppo non ce ne curiamo.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione l'art. 4 per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 9 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 1) Emendamento presentato dai Consiglieri Bontempi e Biazzi: "il primo comma dell'art. 7 è sostituito dai seguenti nuovi tre commi: 'Il Piano Paesistico è formato e adottato dalla Giunta regionale.
La formazione del Piano Paesistico può essere affidata dalla Giunta regionali ai Comuni, singoli e associati, alle Comunità montane o alle Province. In sede di adozione la Giunta regionale può, con motivato provvedimento, apportare le modifiche ritenute necessarie alla proposta di Piano Paesistico elaborata dagli enti affidatari.
La proposta di Piano Paesistico elaborata dai Comuni, dalle Comunità montane e dalle Province è approvata con delibera dei Consigli degli enti affidatari ed inoltrata alla Giunta regionale' ".
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

L'emendamento predisposto dai colleghi del Gruppo comunista si configura come un allargamento della delega di questa materia, attribuendo ai Comuni (singoli o associati), alle Comunità montane e alle Province la facoltà di redigere quei piani paesistici che, come abbiamo visto prima per legge sono stati trasferiti alla Regione Piemonte.
Il mio compito è essenzialmente quello di verificare anche il rigore legislativo rispetto agli atti e alle leggi delle quali disponiamo. Devo quindi precisare che, ai sensi dell'art. 2 della legge 56, questa possibilità verrebbe preclusa alle Province, mentre Comuni (singoli o associati) e Comunità montane possono invece partecipare al processo di formazione del piano.
Questo argomento, come tanti altri per la verità, è stato vivamente dibattuto nell'ambito della Commissione consiliare, soprattutto per la definizione del tipo di collaborazione da instaurarsi tra la Regione (la Giunta regionale in questo caso in prima istanza, il Consiglio regionale dopo) e le Comunità montane, i Comuni e le Province.
In sede di Commissione era prevalsa questa indicazione definitiva, per quanto io debba ricordare che taluni disegni di proposte di legge, in questo caso di iniziativa consiliare da parte di taluni Consiglieri avessero previsto questo tipo di possibilità. In particolare, mi sembra di ricordare correttamente che un disegno di legge prevedesse la delega alle Province su questo argomento specifico.
Nella situazione attuale, in presenza di questa perplessità che bisognerebbe anche confrontare rispetto al dato Provincia, potremmo accettare la possibilità che i Comuni (singoli o associati) e le Comunità montane concorrano con la Regione a predisporre i piani paesistici.
Per quanto riguarda la seconda parte della proposta di emendamento occorrerebbe introdurre, in coerenza con le precisazioni fatte finora e con la considerazione del ruolo affidato alla Commissione di cui all'art. 91 bis, la possibilità che la Giunta regionale, sentita la Commissione dei beni ambientali e culturali di cui all'art. 91 bis, possa, con motivato provvedimento, apportare le modifiche ritenute necessarie alla proposta di piano paesistico elaborato dagli enti affidatari. In questo modo, in parte si verificherebbe ciò che già succede per il Comitato urbanistico regionale, che è lo strumento di consultazione della Giunta prima dell'adozione dell'approvazione del piano regolatore.
Queste sono in sostanza le osservazioni che si possono fare su questo emendamento, peraltro molto chiaro, il quale recupera osservazioni già fatte in sede di Commissione consiliare, in quel momento risultate prevalenti rispetto al testo poi approvato e proposto tramite l'art. 7.
Ritengo pertanto che si possa votare questo emendamento, con l'esclusione delle Province, per i motivi di ordine legislativo che ho richiamato: non vorrei che questa diventasse un'occasione per introdurre degli handicap al proseguimento dell'iter di questa legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Chiedo all'Assessore di fare un'enunciazione precisa del testo coordinato che risulterebbe dall'emendamento.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Non è ancora stato scritto, è soltanto a livello di idea. Volevo prima sentire le indicazioni che venivano dal Consiglio.
Finora ho detto che nell'emendamento proposto mi sembra difficile accettare le Province che, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 56, non sono comprese tra i soggetti della pianificazione; l'eventuale approvazione di questo emendamento porterebbe all'adozione di uno strumento elaborato dagli enti affidatari (Comuni, singoli o associati, Comunità montane), previa consultazione o parere della Commissione regionale per i beni ambientali.
Questo è il succo di quello che ho detto prima.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Ringraziamo l'interlocutrice per la cortese risposta, e non abbiamo nulla in contrario sul fatto che, per affidare o modificare questi provvedimenti, si debba sentire la Commissione regionale. Questo, per noi e per il ruolo che pensiamo possa svolgere il consultivo sia verso la Giunta che verso il Consiglio, era evidentemente sempre sottinteso.
Per quanto riguarda le Province, inizialmente non le avevamo previste.
Le abbiamo aggiunte dopo, a seguito della comunicazione fatta dal Vicepresidente in Consiglio, e cioè a seguito dell'indicazione precisa di voler coinvolgere le Province nel processo di pianificazione. Anche perch ma possiamo anche sbagliare - non ci sembrava che l'affidare la redazione di uno strumento urbanistico territoriale alle Province potesse contrastare con l'art. 2; comprendiamo però le preoccupazioni dell'Assessore Vetrino ed accettiamo di togliere le Province per evitare problemi di carattere giuridico.
Per il resto, è opportuno avere la formulazione con l'integrazione del parere emesso dalla Commissione regionale per la tutela dei beni culturali ed ambientali; riteniamo però che l'indicazione della cancellazione delle Province debba essere chiara da parte della Regione.
Il contributo da noi dato è molto piccolo e modesto, ma cercava di cogliere le esigenze emerse in Commissione da parte di tutti i Gruppi, e cioè la necessità di una normativa che coinvolgesse in modo chiaro e netto gli enti locali in questo processo di redazione dei piani paesistici.
A noi sembra quindi opportuno mantenere la dizione: "La formazione del piano paesistico". Questa certamente può essere affidata alla Giunta e agli enti locali che possono essere i Comuni, le Comunità montane, togliamo pure le Province se ci sono delle preoccupazioni - però occorre fare una dichiarazione molto chiara e netta, soprattutto dopo le precise indicazioni venute dalla nostra comunità della volontà di essere coinvolti a pieno titolo nella formazione di questi strumenti.
Del resto, noi garantiamo alla Regione in quanto tale la possibilità di intervenire nel processo di formazione e soprattutto riserviamo, come è previsto nella legge, alla Giunta regionale la facoltà di adottare e di approvare questi strumenti di intervento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Avevo apprezzato l'emendamento del Consigliere Biazzi, parzialmente accolto dall'Assessore Vetrino, soprattutto nella parte in cui coinvolgeva in questo processo le Province. In seguito, il Consigliere Biazzi mi ha un po' spiazzato perché ha detto: "Tutto sommato, se ci sono dubbi togliamo pure le Province".
Io penso che se la preoccupazione dell'Assessore Vetrino è solo di carattere di legittimità, questa non ha fondamento. Se l'art. 2 della legge urbanistica fosse una norma dello Stato, siamo perfettamente d'accordo che si incorrerebbe in un infortunio legislativo, ma poiché si tratta di norma regionale, che prevede i soggetti della pianificazione del territorio individuandoli nella Regione, nei Comuni (singoli o associati) e non nelle Province, nulla vieta che una legge, che potremmo chiamare di settore o speciale, che riguarda solo i piani paesistici, possa derogare dalla regola generale.
In base al principio generale, la Provincia non è soggetto di pianificazione fino a quando non venga mutata la dizione dell'art. 2; nulla vieta, però, che nell'ambito di questa legge sia inserito questo soggetto attraverso una sostanziale modifica limitatamente al principio dell'art. 2 della legge sui piani paesistici.
Se ho ben capito, l'Assessore dice "no alle Province" per un motivo di legittimità. Sinceramente, per quanto mi riguarda, non avrei dubbi, per un motivo estremamente semplice: il legislatore regionale può modificare una legge regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Mi inserisco favorevolmente sull'ipotesi di modificare il testo presentato all'attenzione del Consiglio; faccio presente che, essendo ormai diffuso il testo e quindi oggetto di una certa pubblicità, ritornare sull'ipotesi di coinvolgimento delle Province, mi pare piuttosto inopportuno.
Per analogia con altre condizioni esistenti nella realtà nazionale vedasi la vicina Lombardia - il riferimento giuridico-istituzionale non denuncia impedimenti a riconoscere un ruolo delle Amministrazioni provinciali.
I soggetti preposti alla pianificazione urbanistica sono sì Comuni e Comunità montane, però debbo anche sottolineare come le Amministrazioni provinciali in questi ultimi tempi si siano attivate in sede nazionale per il riconoscimento di un ruolo sul quale, certo, l'ultima parola non è ancora detta. Potremmo riconsiderare un'effettiva competenza in materia di pianificazione territoriale nella misura in cui riordineremo a livello regionale tutta la materia ed avremo dal legislatore nazionale più riferimenti certi.
Ad oggi, il discorso è riferito al "piano paesistico", quindi alla dimensione pianificazione comprensiva del riordino normativo sotto il profilo paesistico o paesaggistico; tra l'altro, Assessore, ricordo che saremmo in coerenza rispetto a comportamenti recenti, cioè a tutto ciò che abbiamo attivato nell'approvazione dei piani territoriali in itinere.
Potranno anche essere del tutto rifatti e variati, ma le Amministrazioni provinciali sono state coinvolte e sarebbe abbastanza inopportuno dare segni di contraddizione.
Credo quindi possibile addivenire ad una formulazione che consenta una partecipazione delle Amministrazioni provinciali nella fase di proposta ed anche nella fase di redazione. Sia ben chiaro che l'ordine delle competenze è il seguente: "proposta" e "redazione", essendo inequivocabile il riferimento dell'adozione da parte della Giunta regionale, quindi impregiudicato tutto ciò che attiene ad un processo rigorosamente riferito alle competenze della Regione.
Prego l'Assessore di voler cortesemente sottoporci il testo per valutarlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questioni di questa delicatezza dovrebbero essere affrontate con la dovuta chiarezza e soprattutto seguite dai rappresentanti della maggioranza con la memoria di quello che è successo in Commissione.
Questo articolo è stato oggetto di ampio dibattito in Commissione; era sembrato che la responsabilità in capo alla Giunta dei piani paesaggistici dovesse rimanere esclusiva e totale, riconoscendo agli enti locali soltanto una capacità di sollecitazione. L'emendamento proposto dal Gruppo comunista, se lo leggo nel modo giusto, stravolge completamente l'impianto dell'articolo e, collega Picco, non lo si può leggere se non immaginando il processo che determina.
In termini letterali tutto è bello, ma le cose non stanno così. La questione in Commissione è stata affrontata, dibattuta per sedute e sedute è una questione centrale. Svolgo quindi la mia considerazione, lasciandola alla riflessione dell'Assessore.
Noi avevamo sostenuto che la Giunta regionale dovesse essere l'unico soggetto elaboratore dei piani paesistici, magari su sollecitazione, anche di contenuti e di indirizzi, da parte degli enti locali. Questa era la filosofia che come maggioranza avevamo ritenuto di fare nostra.
L'ipotesi formulata dal Gruppo comunista è completamente stravolgente: i "può" in politica durano "l'espace d'un matin", e quando si aprono dei percorsi, bisogna anche immaginare come questi verranno utilizzati.
Immaginiamo, ad esempio, quali effetti potrebbero derivare nel dare alla Giunta regionale la facoltà di affidare i piani paesaggistici ad uno due, tre o quattro soggetti sullo stesso territorio. Se non vado errato, il Comune è tale sia all'interno di una serie di Comuni associati, sia all'interno di una Comunità montana che all'interno di una Provincia.
Quindi, tanto per cominciare, verifichiamo se esiste la possibilità di affidare la formazione di questi piani ad una serie di soggetti tra loro concorrenti.
In termini legislativi, mi pare una cosa da non fare. Comunque scegliamo "il" soggetto, ma non scegliamone tanti. Su questa ipotesi nasce una domanda. Possiamo condividere o meno il processo politico che avviamo ma deve essere chiara la richiesta da parte di questi soggetti alla Regione affinché sia loro affidata la formazione dei piani. Questo è un colloquio che apriamo con la comunità degli enti locali. Lo vogliamo aprire? Benissimo, ma dobbiamo tener presente la conseguenza di questa scelta: gli enti locali ci chiederanno di formare i piani.
Dobbiamo prendere atto di questo fatto e se la Giunta regionale riterrà di incamminarsi su questa strada, qualcuno si prenda la responsabilità di dichiararlo apertamente; in seguito ci misureremo con le nostre valutazioni.
Proviamo ad immaginare, in presenza di una serie di soggetti di questa natura, quale sarà il soggetto istituzionale che sarà portato a chiedere alla Regione di formare i piani. Sarà il Comune o un'associazione di Comuni che non esiste? Sarà la Comunità montana che non copre tutto l'intero territorio regionale o saranno le Province? Saranno le Province.
Questo tipo di articolato comporta un processo rispetto al quale possiamo avere giudizi diversi ma che dobbiamo conoscere. Se i piani possono essere formati, quindi delegati ad altri perché di questo si tratta, dobbiamo immaginare che il processo di delega diventerà normale.
Non sarà più l'eccezione; la Giunta regionale non delegherà più solo occasionalmente. La Giunta regionale delegherà sempre, perché sicuramente tutti gli enti locali faranno pressione affinché, avendo sollecitato il piano paesistico, venga loro affidata la gestione del piano.
Questo mi sembra un percorso di una semplicità, di un automatismo tale collega Assessore, che deve essere tenuto presente e su questo la Giunta deve fare le sue valutazioni. Questo è il primo processo.
Il secondo processo è che l'ente strutturalmente, culturalmente e in una qualche misura territorialmente più interessato a questa norma è la Provincia. Questo vuol dire che l'accettazione dell'emendamento Biazzi comporta un'attività di stimolo per la redazione dei piani da parte delle Province sulla Regione, un ritorno alle Province stesse per l'elaborazione dei piani paesaggistici. Dopodiché il collega Biazzi ci dice che la Giunta può cambiare. Mi piacerebbe vedere che cosa cambia.
A me non piace molto il fatto che entro certe sedi si ridiscuta ciò che decidono gli enti locali. Se si dà a un ente locale un ruolo, bisogna anche prendere atto che probabilmente è il soggetto più capace ad esprimersi sul proprio territorio; non bisogna avere pretese sostitutive, come avviene in alcuni organismi regionali, cosa che metteremo in discussione a suo tempo.
Mi riferisco al CUR. Il CUR non è stato istituito per fare il piano regolatore di Torino, il CUR deve approvare, attraverso alcuni parametri, i piani regolatori dei Comuni.
Mi rimetto comunque alle valutazioni della Giunta. Non ho neanche espresso un'opinione, dico solo che questo articolo significa che la formazione dei piani paesistici, ora solo sollecitata dagli enti locali sarà poi pretesa da quegli stessi enti. Ciò comporterà un processo per cui di fatto, la Giunta approverà soltanto quei piani.
Se così deve essere, perché non facciamo subito una norma di delega? Inventiamo le procedure attraverso le quali affidare, con qualche strano meccanismo, la formazione del piano paesistico.
Come si può affidare la formazione di un piano? Si può delegare. Perch si affida a un consulente, non si affida ad un'istituzione; ad un'istituzione si delega: l'ente locale non è uno studio professionale. Di fatto c'è una procedura che sostanzialmente delega agli enti locali l'attuazione dei piani paesistici.
Non esprimo il mio giudizio; dico però che se andiamo ad un processo di delega, non si può immaginare che possano essere delegati per lo stesso territorio contemporaneamente il Comune, la Comunità montana, la Provincia e magari (perché no?) anche la Legione dei Carabinieri. Qualora si voglia andare a questo processo di delega (perché di questo si tratta) occorre individuare sul territorio il soggetto che riteniamo culturalmente istituzionalmente e tecnicamente più adatto a ricevere questa delega.
Quindi, a mio modo di vedere, se posso dare un suggerimento, questo emendamento va respinto, a meno che la Giunta ritenga di aprire una riflessione ampia in merito con la sospensione della seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è chiaro che il nostro emendamento è strettamente riferito all'accezione che abbiamo dato del piano paesistico. Questa era contenuta negli emendamenti che sono stati respinti con la motivazione che, malgrado si fosse d'accordo sulla sostanza, si riteneva opportuno mantenere gli articoli nella dizione concordata in Commissione.
L'accezione, lo ribadiamo a chiare lettere, che ha permeato tutto il nostro atteggiamento, è quella di tentare di togliere il sudario ai falsi idoli. Vale a dire: lavarsi la coscienza e ritenersi soddisfatti come legislatori se riusciamo a produrre o a riprodurre o a ripescare vari livelli di piani, con la consapevolezza che la cosa più difficile e certamente carente è la produzione di effetti dei piani.
In una prima fase abbiamo addirittura suggerito non perché fosse uno strumento sbagliato - di uscire dall'equivoco di una forbice che rischia di trascinare discussioni, energie (io dico anche soldi) e sperimentazioni che potrebbero deviare la strada rispetto a quanto invocato: i piani territoriali con valenza paesistica.
In un secondo tempo, abbiamo sostenuto l'esistenza di una gerarchia da rispettare e, comunque, di un diverso ambito di applicazione per ciascun piano territoriale. Pur essendo, in questo caso, nettamente in disaccordo con quello che mi è sembrato di cogliere dall'intervento del collega Ala rivendichiamo il merito di una posizione che sta evidenziando i grandi limiti della politica ambientale in Italia.
Caro Ala, voglio chiederti se, quando sostieni questa concezione del piano paesistico, non ti rendi conto di come la suddivisione degli interventi, delle competenze e dei livelli di governo tra territorio e ambiente sia uno degli elementi che sta affondando l'ambiente, tant'è che come è successo per il decreto dei Mondiali (poi decaduto), il Ministero ha introdotto un diritto di veto personale assolutamente implausibile sul piano dell'ordinamento.
Noi riteniamo che, una volta individuato un piano come esplicazione di una procedura, deve essere possibile operare una scelta tra le varie compatibilità, tenendo presente il valore ambientale. In questo senso, la concezione del piano paesistico non è sbagliata; non ci permettiamo di affermare questo, ma è politicamente da considerare il fatto di subordinarla al punto che non compare in questa legge, cioè a interventi specifici su porzioni di territorio. Il collega Biazzi lo ha motivato bene laddove il piano regolatore, che discende dal piano territoriale, non sia messo in moto per normare questi aspetti o perché non si ha voglia di ridarlo o perché i tempi sono lunghi, e via dicendo.
Detto questo, accolgo volentieri la proposta di cancellare le Province.
Noi le abbiamo inserite nell'emendamento, perché il documento che ci è stato illustrato poggiava sostanzialmente sulla funzione delle Province, ma conveniamo su questa modifica anche a seguito dell'intervento del collega Marchini.
Esiste però una contraddizione, che a noi pare - mi spiace, collega Marchini - un arretramento rispetto all'attuale livello del dibattito istituzionale. Rispetto alla quale dirò poi qualcosa.
Fatte tutte le premesse che noi in questa fase non contemplavamo, dico subito che per le porzioni di territorio che noi immaginiamo possano richiedere l'utilità di un piano paesistico sono sufficienti Comuni e Comunità montane; la Provincia potrebbe effettivamente rappresentare il rischio a cui accennava il Consigliere Marchini.
Siamo quindi favorevoli a modificare l'emendamento, non per le ragioni di legittimità evidenziate dal Consigliere Majorino, ma per una ragione di merito, cioè per una maggiore chiarezza di come intendiamo questo strumento.
Al collega Marchini voglio dire che, per fortuna, mi pare in via di superamento la concezione secondo la quale, in tema ordinamentale e amministrativo, l'unico principio a cui dobbiamo affidarci è il principio stretto di legalità (intendiamoci, non quella penale).
Tutti abbiamo avuto in mano un interessante documento della Confindustria che sostiene che, per alcuni settori di una qualche delicatezza (ad esempio i rifiuti) sia opportuno stabilire concorrenti responsabilità degli enti, per cui chi è in grado di produrre per primo dei risultati ha poi potere nell'ordinamento perché toglie la sclerosi.
Ecco i nemici che noi vediamo in questa battaglia: da una parte una forma assolutamente anarchica, non guidata, di polverizzazione capillare nel territorio di decisioni che riguardano un valore complesso e unitario l'ambiente, sia pure diviso in tutte le località e in tutti i beni dall'altra una forma di accentramento burocratico non democratico, povero di effetti e non passibile di verifiche.
Nel ricordare che questa azione è una subordinata e fatte le dovute riserve, a nostro parere sarebbe stata opportuna un'azione più limpida prevedendo che la formazione (non l'adozione) dei piani fosse fatta direttamente dai soggetti interessati. A Pragelato, per esempio (non certo a causa del Comune), non c'erano le condizioni perché questo piano venisse predisposto dal Comune stesso.
Chi può dire che la Comunità stessa non possa, partendo dalle sue esigenze, predisporre un piano paesistico che verrà poi adottato e controdedotto dalla Giunta, che ha la responsabilità di adottarlo e di farlo valere? Da quanto ha detto l'Assessore, mi è parso di capire che ci sia stata una sorta di limitatezza, tradottasi in una mancanza di equipollenza e parallelismo nell'applicazione del piano paesistico e del piano territoriale. Se è così, noi ci siamo messi nell'ottica di una specie di clausola di riserva, la cui utilizzazione rappresenta una sperimentazione e un approfondimento.
La questione della partecipazione diventa quindi essenziale, perché noi facciamo investimenti in risorse, in persone ed anche nella diffusione di una cultura dell'ambiente sulla base di due rapporti che non possono essere scissi: autonomia e responsabilità. Questo deve avvenire all'interno di criteri di cui la Regione è depositaria e di cui non possiamo spogliarci.
Proprio per questo la formazione dei piani da parte di Comuni e Comunità montane ci pare convincente e anche passibile di attivazione di una sana concorrenza. Mi stupisce che il Gruppo liberale, in maniera un po' vecchia, leghi questo alla chiarezza. Non c'è nulla da chiarire; l'unico neo è che in realtà non si sono prodotte le necessarie condizioni di clima e di operatività.
Sosteniamo quindi questo emendamento e siamo disponibili, se volete, a cancellare le Province. Questo per non incorrere nell'equivoco che potrebbe farci pensare che le Province - come dice l'Assessore Vetrino che concorrono alla redazione dei piani territoriali, faranno anche i piani paesistici. I piani paesistici, secondo noi, sono subordinati e relativi a porzioni di territorio limitate; possono avere invece, qualora se ne imponga l'attuazione, una fattiva applicazione anche partendo dal lavoro dei Comuni e delle Comunità montane.
Ripeto, sosteniamo l'emendamento accogliendo quanto detto prima dall'Assessore. Quindi, leviamo le Province, motivando questa scelta non sotto il profilo dell'impossibilità (ex art. 2), ma della maggiore congruenza e chiarezza politica dell'articolo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Ho perso qualche battuta della vicenda. Rientrando in aula, ho notato che l'accoglimento di questo emendamento modifica radicalmente quello che credevo fosse il senso e lo spirito di questa legge, così come era stata licenziata dalla Commissione.
Non posso che accogliere il senso delle cose dette dal collega Marchini: l'accoglimento di questo emendamento modifica in maniera decisiva l'impianto di questa legge, al punto tale che la prima cosa da fare sarebbe fermarsi. Fermarsi per riflettere e ragionare, perché dopo tutte le discussioni fatte in due anni su questo argomento, su chi debba fare la pianificazione e con quali livelli di partecipazione, l'emendamento mi appare come il definitivo cedimento da parte della Regione alle pressioni giuste o sbagliate non lo so, che si sono sviluppate in questi anni.
Questa, a mio parere, è una sorta di delega ai Comuni, alle Province e alle Comunità montane per la redazione dei piani paesistici. Quindi il mio voto su questo emendamento è "no", al di là che vengano accolte, mantenute tolte le Province o altri soggetti.
Le obiezioni e i suggerimenti che mi sono stati rivolti poco fa dal Capogruppo comunista richiederebbero una discussione approfondita, per valutare come la pianificazione, sia a livello comunale o sovracomunale sia urbanistica che territoriale e paesistica, ha funzionato e continua a funzionare nella nostra regione.
Vorrei fosse chiaro che il mio "no" ad un emendamento di questo genere non è assolutamente un riconoscimento del sistema attuale. Continuo ad essere convinto della necessità, su materie come queste, non solo di indirizzi e criteri, ma anche di una gestione che sappia sottrarsi al particolarismo locale. Pur essendoci a livello locale grosse spinte, grosse culture e grandi motivazioni per la tutela ambientale in merito a questa legge, ho rilevato un particolarismo locale - quello vincente, quello capace di fare pressioni - non rappresentante gli interessi che, secondo me, rimangono maggioritari anche a livello locale della tutela ambientale ma altri tipi di interessi.
Questa mia ipotesi può essere una visione pregiudiziale e sotto certi aspetti anche faziosa; posso accettare obiezioni di questo tipo, ma ritengo che non sia possibile rinunciare, da parte della Regione, se si vuole continuare ad avere un Assessorato alla pianificazione territoriale all'opzione forte che, pur studiando ed individuando tutti gli strumenti di elaborazione collettiva, riconosce che il soggetto che forma e redige la pianificazione paesistica non può che essere la Regione. Questo principio è irrinunciabile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Nel precedente intervento forse non sono stato sufficientemente chiaro preferisco dunque esporre l'emendamento che intenderemmo presentare per evitare equivoci.
Riprendendo alcuni degli argomenti sottolineati dal collega Ala, non v'è dubbio che l'ente preposto alla formazione e all'adozione dei piani paesistici sia la Regione. Su questo non credo vi siano dissensi, perché il testo presentato e sottoposto all'attenzione di tutti è chiaro.
Si può fare un passo di avvicinamento verso l'emendamento presentato dai comunisti, pur non accogliendolo totalmente (lo dico esplicitamente) nella direzione di dare valenza istituzionale o ufficiale alla proposta che i soggetti, con richieste o con proposte rivolte alla Regione, fanno. Una richiesta o una proposta non è un elaborato qualsiasi che un Assessore trasmette inopinatamente, non informando il Consiglio; il rivendicare ufficialità all'atto di richiesta o di proposta, così come suggerisce l'emendamento comunista, mi pare un atteggiamento corretto.
Non siamo invece d'accordo sulla delega. Se affermiamo che il soggetto forma e la Regione adotta, e dopo aggiungiamo che "la formazione del piano paesistico può essere affidata dalla Giunta regionale ai Comuni singoli o associati", la contraddizione è palese. Prima abbiamo affermato "forma ed adotta", dopodiché non possiamo dire "può".
Per togliere ogni equivoco, la nostra proposta di emendamento si colloca nella direzione di coinvolgere le Province. Precisamente l'emendamento reciterebbe, al punto 1), "il piano paesistico è formato ed adottato dalla Giunta regionale anche su richiesta e proposta delle Province, delle Comunità montane e dei Comuni"; al punto 2), "la proposta di piano paesistico elaborata dalle Province, dalle Comunità montane e dai Comuni è approvata con deliberazione dei Consigli degli enti ed inoltrata alla Giunta regionale". Credo che in questa direzione si possa contemperare ampiamente la sintesi del dibattito oggi svolto, senza contraddirci rispetto a posizioni precedentemente assunte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, Assessore e Assessori, bisogna che ci intendiamo. La dialettica è fatta in un modo abbastanza semplice: fin quando il mondo non sarà cambiato, le proposte avranno un significato (almeno lo avevano nella nostra giovinezza). Normalmente, le proposte erano quelle che faceva un uomo a una donna e comportavano un processo successivo che portava ad alcuni risultati e anche alcuni prodotti.
La proposta non è la richiesta che qualcuno faccia qualcosa, ma che qualcuno faccia le cose che noi gli proponiamo. E' tutto vero quello che vogliamo, ma non stiamo dietro alle parole! Se da parte di un ente locale arriva un elaborato approvato dal Consiglio comunale, questo rappresenta un elemento forte di scelta di quell'area attraverso le proprie istituzioni il che riduce fortemente la capacità di analisi di quel problema da parte della Regione. E' evidente che la Regione non è il soggetto che fa la proposta, ma quello che la riceve: questo è il punto! Si tratta di capire se riteniamo (come probabilmente è) che la comunità, nelle sue espressioni territoriali (scegliamo il livello giusto) sia in grado - ed è bene che lo sia - di elaborare in proprio livelli di sensibilità, di strutture tecniche scientifiche e di elaborare proposte (che di fatto sono i piani), che poi vengono approvati da sua maestà la Regione. Ma chi li fa, chi sceglie, chi analizza, chi decide sono i Consigli comunali, questa è la verità, comunque la mettiamo.
La richiesta non è una proposta, è semplicemente una richiesta affinch la Regione si attivi a fare, prima o dopo, un piano rispetto a un territorio, indicandone le dimensioni geografiche, le caratteristiche specifiche; ripeto, è una richiesta che la Regione faccia.
Si tratta, di fatto, di capovolgere soggettivamente il problema. E' una rivoluzione copernicana: siamo partiti dal presupposto del testo di legge per dire che "l'individuazione dell'oggetto del piano paesistico compete alla Regione, che si avvale degli enti locali"; ora invece diciamo il contrario. L'ente locale, attraverso un'adozione di Consiglio provinciale, comunale o di Comunità, propone uno studio con tanto di planimetrie, definizioni, elaborati grafici e approfondimenti culturali che sono cose ottime, augurabili e auspicabili. Ciò significa semplicemente che non li fa più la Regione: la Regione si limita a giudicarli. Questo è un capovolgimento totale rispetto alla logica dalla quale siamo partiti.
In queste questioni - non vorrei polemizzare con il collega Picco non si può compenetrare niente.Occorre decidere chi fa i piani ("formare" non so cosa voglia dire, mi pare che Adamo non sia stato "fatto" con la creta ma sia stato "formato"). Chi fa i piani è la Regione, dopodiché - come diceva il Consigliere Ala - riavviamo pure i processi di partecipazione più aperti, istituzionalizziamoli, ma l'intuizione, il modello del piano resta della Regione.
Se riteniamo invece che così non debba essere, io sono disponibile a confrontarmi su un ribaltamento di posizioni che non mi trova contrario sul piano del giudizio, ma mi trova contrario sul piano del metodo. Se diciamo che gli enti locali fanno proposte, cioè avviano con le loro proposte il processo dialettico con la Regione e non viceversa, è evidente che la questione va normata, individuando drasticamente un soggetto: non possiamo pensare alla concorrenza.
Possiamo immaginare, collega Assessore, che sul nostro tavolo arrivino contemporaneamente le proposte di piano paesaggistico attinenti all'area monumentale di Susa da parte del Comune di Susa, da parte della Comunità montana, da parte dell'Associazione dei Comuni viciniori e infine una proposta di tutela da parte della Pro Loco? No! Se a noi arriva una proposta che avvia un processo di approvazione e formazione definitiva dobbiamo individuare sul territorio un soggetto deputato a fare queste proposte.
A me sembra, collega Assessore, che su tali questioni non ci si possa misurare in questi termini, cioè a livello di dibattito in aula. Se la Giunta, alla luce delle cose che ha ascoltato - e io non ho espresso certezze, ma perplessità soprattutto di metodo - ritiene che tali questioni meritino un approfondimento, sospendiamo, stralciamo, ma non confrontiamoci da un banco all'altro. Questa non è una materia sulla quale ci si pu confrontare da un banco all'altro, è un problema sul quale ci possiamo misurare intorno a un tavolo. Non sono per il rinvio in Commissione, ma le cose stanno così: bisogna che i tecnici ci diano dei supporti adeguati e si faccia una seria riflessione in merito.
Si capovolge un metodo, si fa una scelta politica significativa: bisogna trovare, qualora si voglia andare in questo senso, gli strumenti istituzionali procedurali adeguati.
A me sembra che, almeno in sede di primo impianto, la responsabilità non possa che essere della Regione. Dopo la prima generazione (l'avvio di un minimo di professionalità e di tecnica su questa questione), si pu anche immaginare di auspicare la nascita di una seconda generazione più approfondita, più specifica, ma che sostanzialmente trova già a monte degli schemi di ragionamento; altrimenti rischiamo davvero che su questo ci siano le sperimentazioni più incredibili.
Chi elabora? Quanto costa fare un piano paesistico? Quali professionisti vengono chiamati dai Comuni? Con quali professionalità e con quali titoli? Dopo un po' di tempo matureranno anche su questo delle prassi, dei criteri, delle parcelle, delle tariffe, collega Assessore. Non me la sento di dire, adesso, che tutti i cugini e tutti i nipoti di tutti i Consiglieri comunali possano suggerire ai loro zii l'opportunità di proporre un piano paesistico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido

Noi non abbiamo nulla in contrario a sospendere e riprendere ancora la discussione che si è svolta per molte giornate in Commissione.
Riteniamo che non si possa parlare di diverse generazioni di piani paesistici o di diverse generazioni di piani regolatori o di piani territoriali che comunque non ci sono. Si tratta semmai di avere delle eccezioni per quanto riguarda il piano paesistico. Infatti noi abbiamo proposto, la Giunta regionale ha riaffermato e la maggioranza ha approvato che la via maestra è quella dei piani territoriali integrati eccezionalmente non buttiamo via la possibilità, una volta verificatane la necessità, di formare dei piani paesistici. Si tratta quindi di un ambito molto preciso e limitato.
Se la nostra proposta fosse stata accolta, collega Marchini, le tue preoccupazioni non avrebbero più giustificazione, perché con la nostra formulazione era ben individuata la possibilità di applicare il piano paesistico, e non potevano esserci né Consiglieri comunali né mogli n figli né sorelle a poter allargare questa applicazione.
Purtroppo il non aver voluto confrontarsi fino in fondo su una proposta semplice, ma che aveva richiesto una certa meditazione, può portare certamente a quei rischi. Riteniamo comunque che nella pratica non possano che esserci delle eccezioni nella formulazione dei piani paesistici.
Questo è il primo nodo.
L'altro nodo è quello della partecipazione, attorno alla quale la Commissione ha lavorato per parecchie sedute. Nessuno ha detto che non si vuole la partecipazione degli enti locali, del resto sarebbe assurdo e in contraddizione con quanto detto negli incontri con gli enti locali nelle sedi più diverse, con quanto il Vicepresidente ha detto in Commissione e anche con quanto il Consiglio regionale aveva indicato nella prima presa di posizione relativa alle procedure di attuazione della legge 431.
Cardine fondamentale della prima elaborazione d'intesa Giunta Commissione era il coinvolgimento delle competenze che si sono accumulate in decenni di gestione del territorio. Il nodo era, soprattutto dopo i confronti tra Regione ed enti locali e dopo quanto avvenuto per la prima analisi dei piani urbanistici e territoriali, se si voleva o meno coinvolgere a pieno titolo gli enti locali.
Secondo noi occorre seguire questa strada. Gli enti locali hanno dimostrato di poter concorrere a pieno titolo al processo di pianificazione a qualsiasi livello, non solo urbanistico ma anche territoriale. Del resto questo era ed è ancora l'impianto della legge n. 56.
I piani territoriali previsti dalla legge n. 56 con chi venivano fatti? Con i Comprensori, cioè con tutti i Comuni: questo è il dato di fatto che non possiamo ignorare, se non vogliamo venir meno all'impostazione della nostra legge urbanistica, che è ancora il quadro di riferimento della nostra azione.
Certo, nella legge n. 56 non erano previste le Province in questa fase noi non siamo innamorati del discorso sul tenere o meno le Province - ma l'impianto di pianificazione territoriale, e quindi anche ambientale poggiava e poggia sul coinvolgimento a pieno titolo dei Comuni, che erano addirittura i proponenti dei piani territoriali e delle loro integrazioni attraverso, appunto, i Comitati comprensoriali.
La Regione non prevedeva nemmeno un proprio piano territoriale regionale; l'abbiamo recuperato dopo. Quindi noi abbiamo fatto un primo piccolo sforzo per dare una risposta alla richiesta che viene dalla nostra comunità, incapace di gestire la materia ambientale. Esistono anche delle gestioni di questa materia, ma io mi rifiuto di mettere sullo stesso piano chi ha gestito male e coloro che come la maggior parte dei nostri amministratori ha dimostrato hanno invece avuto un'attenzione al territorio, spesso più di tante Regioni e forse anche più di qualche atto autorizzato dalla stessa Regione Piemonte.
Riteniamo che si debba andare con speditezza sulla strada del coinvolgimento. La proposta è chiara: si tratta di dare un primo input a questo coinvolgimento.
Non abbiamo nulla in contrario ad aprire nuovamente, a lato della discussione in Consiglio regionale, un confronto tra le forze politiche vogliamo però indicare il percorso da seguire soprattutto alla luce dell'esperienza di questi ultimi tempi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Chiedo scusa al Presidente, ma quando alcuni interventi cambiano l'oggetto dell'intervento, le forze politiche che su questo hanno detto qualcosa o che hanno qualcosa da dire devono richiamare le loro posizioni.
Nelle nostre preoccupazioni, che sono di ordine metodologico ed istituzionale, non c'è alcun giudizio in ordine alla capacità o meno degli enti locali di occuparsi di tali questioni, tant'è che la nostra proposta di legge prevedeva che i piani paesistici venissero redatti dai Comuni all'interno di un'individuazione di criteri e riconoscendo alla Giunta regionale un potere di controllo. Quindi sarebbe bene che la comunità non fosse portata a considerare queste nostre questioni come un giudizio sulle capacità o meno. Su questo ognuno ha, non tanto sulla base di proprie convinzioni ma in relazione alla propria estrazione culturale ed ambientale, valutazioni diverse.
In questo caso il problema è di capire come, all'interno di un sistema che ritiene che questa funzione debba rimanere alla Giunta regionale, si innesca in un processo concorrente con la stessa Regione e, sul territorio tra soggetti diversi. Ci sembra un pasticcio: questo non c'entra niente.
Noi abbiamo fatto la nostra proposta; a nostro modo di vedere all'interno di una programmazione seria il soggetto più titolato a creare il piano paesistico di Torino è la Città di Torino, perché non sarà mai la Provincia di Torino (con i Consiglieri che provengono da Moncalieri o dall'Alta Valle di Susa) a potersi pronunciare sul restauro di Piazza San Carlo. Quindi, o i torinesi sono in grado di restaurare Piazza San Carlo oppure non c'è nessun altro in grado di farlo. Allo stesso modo - se mi consentite - non c'è nessuno gnomo abitante a Torino in grado di valutare il senso dei muri a secco dell'Alta Valle di Susa. Su questo dobbiamo intenderci una volta per tutte, pur con la presunzione degli gnomi da una parte e dei barottini dall'altra (perché di barottini che pretendono di insegnare ai torinesi come si restaura Piazza San Carlo ce ne sono e ci sono anche degli gnomi che pretendono di insegnare a noi cosa sono i muri a secco).
Non è questo il problema, collega comunista; si tratta di capire se mettere in competizione gli enti locali con la Giunta regionale e gli enti locali tra di loro sia un metodo corretto, soprattutto in fase di primo impianto di questa materia. A noi sembra un percorso difficilmente percorribile e irto di complessità. Valuti la Giunta se seguirlo o meno se intende seguirlo, abbia almeno per se stessa (non dico per i Consiglieri) un momento di riflessione per come riformulare integralmente un elemento cardine di questa legge.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Prima di decidere se interrompere o proseguire il dibattito su questo argomento, vorrei svolgere alcune osservazioni in ordine ai numerosi contributi su uno dei punti cruciali di questa legge.
Rilevo una certa contraddittorietà nelle osservazioni poste da alcuni Consiglieri (Majorino, Picco ed altri) rispetto all'atteggiamento della Giunta laddove, in una comunicazione di indirizzi e di orientamento per il proseguimento dell'iter dei piani territoriali comprensoriali a valenza paesistica, si prevede un raccordo tecnico e politico con le Province, le quali verrebbero escluse in questa fase di formazione del piano paesistico.
Occorre considerare con molta attenzione l'ambito nel quale abbiamo collocato la collaborazione con le Province; nella comunicazione fatta qualche tempo fa l'ambito era quello della cosiddetta area vasta, si trattava cioè di interventi su delle aree territoriali omogenee.
In quella sede intendevamo sostituire il ruolo avuto dai Comprensori attraverso l'inserimento della Provincia come concorso all'azione di programmazione, fra l'altro in coerenza con delle norme legislative già votate più volte dal Consiglio; queste, per quanto non approvate dal Governo, tuttavia avevano espresso, relativamente a questa materia, una volontà maggioritaria nell'ambito di questo Consiglio. Quindi, è a quel livello che si intravede questo raccordo, che per ora è tecnico-politico ma che potrebbe tout court diventare anche istituzionale attraverso atti legislativi concreti tra la Regione e la Provincia.
Questo è l'ambito in cui la Regione esprime essenzialmente la sua titolarità e la sua facoltà di ente di indirizzo e di definizione dei grandi momenti di programmazione regionale di pianificazione territoriale.
Il piano paesistico non può essere - l'abbiamo specificato bene negli articoli che l'hanno individuato - la specificazione di altri momenti di programmazione, come sono ad esempio i piani territoriali comprensoriali, i quali avranno previsto al loro interno le aree rispetto alle quali si determinano le condizioni per richiedere le specificazioni del piano paesistico. Al riguardo si possono avere idee molto diverse.
Il collega Marchini ha fatto delle osservazioni sicuramente corrette che devono consentire alla Giunta di non abdicare mai dalla sua titolarità territoriale; però, quando gli enti "sottostanti" (parola che non mi piace), Comuni singoli od associati e Comunità montane agiscono, nel caso specifico, nell'ambito di direttive precise indicate dalla Regione attraverso norme inserite nei piani territoriali comprensoriali, mi sembra accettabile che anche questi enti possano partecipare in modo più diretto collaborando con l'Amministrazione regionale.
La proposta del collega Picco è interessante, se non altro perch assimila la procedura del piano paesistico a quella da noi prevista per il piano territoriale operativo. Quando abbiamo introdotto questo strumento nuovo nella legge n. 56, abbiamo anche indicato la facoltà delle Comunità montane e dei Comuni di proporre alla Giunta il piano territoriale operativo.
Devo dire che il piano territoriale operativo è stato uno strumento nuovo non eccessivamente sfruttato come opportunità di intervento da parte delle comunità locali; infatti finora non esiste richiesta alcuna, se non quella di una sola comunità, che ha avviato questo procedimento, quindi i nostri tavoli per ora non sono stati invasi da richieste di piani territoriali operativi. Anche la Regione, per la verità, non si è avvalsa di questo strumento, che pure a suo tempo era stato indicato come uno strumento capace di risolvere problemi importanti della nostra comunità.
La Regione si è avvalsa di questo strumento unicamente per il piano territoriale operativo per il Po e l'avrebbe utilizzato, per esempio, per la centrale nucleare, cosa poi tramontata per i motivi che tutti sappiamo.
A questo punto a me sembrerebbe che la prudenza che il collega Marchini suggerisce alla Giunta rispetto a questa soluzione vada considerata nella sua interezza. Peraltro mi sembra che la proposta del collega Picco tenga conto di questa esigenza, chiarendo anche che la dizione "può essere affidata" contenuta nell'emendamento proposto dal Gruppo comunista era effettivamente più un modo di dire che il comma di un articolo; mi venga consentita questa critica, perché sappiamo che nella sostanza le cose stanno come ho detto: era più un modo di dire che l'indicazione di una procedura.
La prima parte dell'emendamento, a mio avviso, è comunque una specie di delega. Ma qui non si delega nulla: si lascia alla Regione la facoltà di affidare o di non affidare. Probabilmente la formulazione proposta dal collega Picco riesce a soddisfare nella sostanza, se non completamente, una buona parte del suggerimento dell'emendamento e raccoglie anche, a mio avviso, le osservazioni che molto opportunamente, come sempre del resto, ha fatto il collega Marchini.
A questo punto, si può procedere in diversi modi: i Capigruppo possono valutare l'opportunità di sospendere brevemente i lavori per una consultazione rispetto a questa nuova formulazione oppure si pu proseguire, procedendo alla votazione degli emendamenti proposti dal Gruppo comunista, qualora quest'ultimo non ritenga di accedere ad una unica formulazione con la Giunta; un'altra soluzione potrebbe essere quella di mettere in discussione l'emendamento predisposto dal collega Picco.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, signor Assessore, io dico che la Giunta deve pronunciarsi sulla proposta avanzata, sia pure formulata in modi diversi, e cioè che l'iniziativa sui piani paesistici non sia più della Regione ma degli enti locali. Attenzione, con un elemento che prima non abbiamo approfondito: il collega Biazzi ci ha spiegato bene che questo attiene a situazioni marginali eccezionali.
Mentre posso capire ed immaginare che la Giunta regionale sappia cogliere l'eccezionalità e la specialità che richiede questo tipo di intervento, mi chiedo, Assessore, come facciamo a dire ai Comuni che si trovano nella situazione di eccezionalità e straordinarietà che li legittima ad avviare la proposta. Questi sono gli interventi da considerare eccezionali e marginali rispetto all'impianto della legge (se ho capito bene quello che ci ha spiegato il Consigliere Biazzi).
Allora, se un intervento straordinario, eccezionale, marginale deve essere avviato, decida la Giunta che questo è marginale ed eccezionale rispetto ad uno schema completo, magari su sollecitazione del Comune che spiega che è bene avviare un piano paesistico perché ci sono ragioni di eccezionalità e di straordinarietà. Se diciamo però che i Comuni possono proporre, questi non solo devono proporre il problema, ma anche la soluzione.
Non disponiamo neanche di un elemento all'interno del quale circoscrivere territorialmente questa fattispecie. Questo vuol dire Assessore, che tutti i Comuni considereranno la loro area come un'area oggetto di problemi, lo sappiamo tutti. Sulle discariche cosa ci sentiamo sempre dire? Che va tutto bene, ma che quell'area rappresenta un problema speciale e particolare. Sui piani paesistici sentiamo dire da tutti che va tutto bene, però quell'area è un problema speciale del quale bisogna tener conto.
Questo significa scardinare tutto l'impianto, perché l'ipotesi che è da considerarsi marginale e speciale diventa quella prevalente. Il risultato è che non si farà più la pianificazione di tipo territoriale a livello paesistico, perché ci sarà la somma delle specificità dei singoli soggetti che andranno a proporre.
Ho l'impressione che su questo occorra davvero una forte riflessione.
E fin quando non si sarà preso atto del significato di questo processo ritengo che non sia molto rischioso procedere in questa direzione (il collega Biazzi nella sua lucidità ce l'ha detto).
Se questo discorso fosse stato fatto nel primo impianto e avessimo accettato questo ragionamento in sede di Commissione, probabilmente saremmo riusciti a circoscrivere l'ambito di applicazione di questa norma. Adesso invece, diventa una norma concorrente, una procedura concorrente globalmente intesa.
La pianificazione paesistica non è più fatta per aree vaste, ma è fatta per specificità che si sommano. Le parole hanno un qualche senso, ma il processo che intendiamo avviare non è il problema di compenetrare o non compenetrare.
Ringrazio il collega Biazzi che, ricordandoci la ragione specifica di questa norma rispetto a quella generale, mi ha consentito di maturare altri elementi di perplessità.



PRESIDENTE

Do lettura della modifica proposta dal Consigliere Picco all'emendamento presentato dal Gruppo comunista: 2) sostituire il comma primo con i seguenti: " 1 - Il Piano Paesistico è formato ed adottato dalla Giunta regionale anche su richiesta e proposta delle Province, delle Comunità montane e dei Comuni.
2- La proposta di Piano Paesistico elaborata sulla base degli indirizzi regionali dalle Province, dalle Comunità montane, o dai Comuni è approvata con deliberazione dei Consigli degli enti ed inoltrata alla Giunta regionale".



MARCHINI Sergio

Quali indirizzi?



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Quelli contenuti nei piani territoriali con valenza paesistica.
Dobbiamo collocarci in questa dimensione: abbiamo stabilito un processo che è quello della legge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Io non considero affatto inopportuno - soprattutto per chi come il nostro Gruppo su questa legge un'ora fa, salvo che per l'interfaccia dataci dall'Assessore, lamentava uno scarso interesse del Consiglio - che questo emendamento abbia finalmente sollevato alcuni problemi su cui si tendeva a sorvolare come se la norma fosse inutile.
Ritengo si sia fatto particolarmente bene a porre questa questione perché non si tratta solo - e la discussione lo sta mostrando - di questioni relative all'iter di formazione di un piano, ma della sua posizione, della sua utilità o utilizzabilità, del rapporto tra questo ed altri livelli, argomenti di cui abbiamo parlato tutta la mattina e per i quali siamo stati snobbati, non dall'Assessore che ci ha risposto, ma dagli altri colleghi. Ora, chiaramente i nodi vengono al pettine.
Sarebbe stolto interpretare il nostro atteggiamento come una volontà di protrarre i tempi, perché in sede di Capigruppo noi abbiamo chiesto che si dedicasse del tempo a questa legge e ci siamo anche attrezzati per discutere tutti gli articoli o, almeno, per manifestare la nostra opinione su ciascuno di essi. Vorremmo quindi continuare in questa operazione auspicando che gli effetti di questa legge (o di quella che uscirà) abbiano un senso e abbiano, possibilmente, dei riscontri e dei risultati.
Mi sia però consentito dire che sono sbalordito nel cogliere attraverso gli stimoli che abbiamo offerto alla discussione, la cancellazione della memoria storica - che noi difendiamo accanitamente dell'iter di formazione di strumenti ben più ampi, come erano i piani territoriali. L'unica cosa che è stata prodotta sono gli schemi di piano territoriale. Come molti di voi ricordano, gli schemi di piano territoriale sono stati frutto di un lavoro di direzione della Regione: tempo perduto, risorse, discussioni, criteri e orientamenti, che però hanno portato a delle scelte ben precise da parte dei Comuni, attraverso i Comitati comprensoriali nei quali erano presenti.
Quindi gli schemi, i piani territoriali che dobbiamo integrare con valenza paesistica sono frutto della formazione dei Comuni. Questa formazione non significa dire ai Comuni: "Cavatevela da soli", e qui rispondo alle preoccupazioni del Consigliere Ala; in quella stagione, anche per concreta volontà di governo, c'erano forti spinte e propulsioni verso questi processi. Tant'è vero che (e qualche collega della DC cuneese lo può ricordare, perché lì più che altrove, forse per maggiore compattezza si produssero i risultati più alti) si giunse a fare gli schemi di piano caso mai il problema fu quello di una successiva inadempienza regionale nel tradurli in piani.
Ricordo ancora che abbiamo fatto una legge di riordino che prevede che tutti gli schemi di piano (pianificazione territoriale, programmazione socio-economica) vengano elaborati dalle Province in collaborazione con i Comuni (noi chiedevamo che le assemblee dei Sindaci avessero una funzione forte di proposta, che invece fu negata) e adottati dalla Regione.
E' chiaro che torniamo al problema eterno che sia la Regione a fare tutto. Ma questo cosa vuol dire? Abbiamo fatto questi schemi e poi sono stati fermati sulla battigia di varie località; anche con la presenza di altri soggetti, il problema è sempre quello della direzione, del governo (le stesse cose che questa mattina diceva il Consigliere Chiezzi).
Noi non abbiamo messo sotto accusa un Assessore, ma dobbiamo politicamente ricondurre questo problema ad una grande difficoltà di questa Giunta, in questo momento, nel portare avanti questi processi. Il problema è questo e non possiamo dimenticarlo. Di colpo diventiamo - e non è un caso - passibili di lesa tutela, quando in dieci anni le uniche azioni tendenti alla tutela sono partite da una concezione che, attraverso una dialettica, andava nella direzione del rispetto delle autonomie. Tant' è vero che l'unico rilievo da noi fatto era relativo al contrasto con una parte della legge n. 56 (successiva rispetto a questa), che non appariva del tutto coerente a queste ispirazioni.
Oggi le situazione sono mutate. Il pericolo è peggiore? Può darsi, ma resta il fatto essenziale - e su questo ci intendiamo, tra l'altro non limitandolo al piano paesistico - che in questa formazione vi sono due grandi nemici: l'anarchia e una concezione burocratica accentratrice non più distinguibile.
Sul piano politico, sono molto preoccupato perché, alla fine, i peggiori nemici della legge Galasso e dell'ambiente non sono gli amministratori, Assessore Vetrino, ma coloro (e sono molti) che, di fronte al no o al tempo che passa, trovano un valido alibi nella nostra incapacità per dire: "Avvenga qualsiasi cosa, purché mi diano una risposta".
Il problema di fondo, allora, è quello del non venir meno al principio della tutela. Bisogna rendersi conto del processo in atto e mettere in campo tutte le forze possibili per un ruolo di alta direzione della Regione; diversamente, le deleghe sono fole o elementi squassanti.
Ma ritorniamo al problema generale. In questa sede mi interessa relativamente accusare altri; dico solo che nelle condizioni in cui siamo la pianificazione non procede e il nuovo strumento del piano paesistico che nella sua normazione riconduciamo ad una funzione subordinata e derivata del piano territoriale, rischia di rimanere una pura affermazione verbale. Quale manovra, quale procedura può rispondere a questo problema? In effetti, l'emendamento presentato a questo proposito dal Consigliere Picco è pressoché simile al nostro (ha ragione il Consigliere Marchini).
Vogliamo soffermarci per trovare un'intesa maggiore e formalizzare questo aspetto? Noi siamo disponibili.
Lamentavamo il fatto che, ad un certo punto della legge, con una disinvoltura senza pari, si dicesse: "Si può formare, sentiti...".
Vogliamo trovare una diversa formulazione? Vogliamo prevedere un "la" da parte della Regione? Per noi era implicito, e nel nostro emendamento abbiamo detto: "Può affidare". Vogliamo prevedere quando, come, a quali livelli? Noi ci stiamo.
Quindi non rinunciamo alla scelta regionale, alla decisione finale della Regione ma, in un processo forte e reale, arricchiamola con una volontà, un "la" deciso. Mi permetto di dire che finora, in analoghe condizioni, è stato fatto un lavoro superficiale, affidando il compito a qualche breve errante (dico "breve" per la figura, perché non ce l'ho con nessuna religione); così facendo, non si è mai prodotto nulla.
Per i piani territoriali si è lavorato in questa maniera, e questo diventa quindi il punto nodale per la formazione dei piani paesistici. I piani territoriali, infatti, sono stati formati sulla base degli schemi proposti dai Comuni e dalle Province, i quali sarebbero rimasti validi anche nel caso fosse passata la legge sulle autonomie.
Inviterei i colleghi, che a questo proposito non vogliono assumere un adempimento preciso, a collocarsi in un'ottica diversa, facendo un'autentica pausa di riflessione nella direzione di formalizzare una procedura, senza dimenticare questo principio.



PRESIDENTE

I Capigruppo avevano assunto l'impegno di cercare di portare a termine il disegno di legge entro oggi. E' stata richiesta una sospensione dei lavori; di fronte a questa situazione, ritengo che la sospensione possa portare ad una discussione che non potrà essere liquidata entro questa sera.
Il principio discusso non è di poco conto. Abbiamo di fronte, da una parte, un mandato dei Capigruppo per cercare di risolvere questo problema nella serata e, dall'altra, una richiesta di sospensiva. Ricordo che la richiesta di sospensiva deve essere formulata dalla maggioranza dei Gruppi.
Poiché tutti i Gruppi concordano, sospendo la seduta per pochi minuti.



(La seduta, sospesa alle ore 18,10 riprende alle ore 18,30)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, sto formulando una proposta di emendamento, che le trasmetterò al più presto, che tende a mediare e a conciliare, per quanto possibile, tutte le osservazioni portate attorno a questo tormentato articolo. Quest'ultimo, come qualcuno ha già giustamente osservato, ha sviluppato un confronto che, al di là delle posizioni che ognuno di noi vorrà evidenziare, ritengo sia stato importante ed opportuno.
Il primo comma dell'art. 7 subirebbe questa piccolissima modifica: "Il piano paesistico è formato dalla Giunta regionale, anche su richiesta e proposta delle Province, delle Comunità montane e dei Comuni ed è adottato dalla Giunta regionale". Occorre però valutare se è coerente rispetto a quello che andiamo a scrivere subito dopo.
Il secondo comma potrebbe essere così modificato: "Nelle aree di cui al punto c) del primo comma dell'art. 4 - per capirci, si tratta delle aree individuate dai piani territoriali di cui alla legge 56, nelle quali la tutela e la valorizzazione dei beni storici, artistici e ambientali esigono un'approfondita e specifica analisi della disciplina - le Province, le Comunità montane e i Comuni possono essere titolari di proposta di piano paesistico da indirizzare alla Regione". Ne ho dato lettura in termini lessicali; va ora definito in termini di tecnica legislativa corretta. Mi pare però che il senso sia comprensibile.



PRESIDENTE

L'Assessore Vetrino presenta il seguente emendamento: dopo il comma sesto sono aggiunti i seguenti due nuovi commi: "7. I Comuni, le Comunità montane e le Province possono, all'interno delle aree individuate ai sensi del punto c) del comma primo dell'art. 4, sulla base di precisi indirizzi regionali, presentare alla Giunta regionale proposta di Piano Paesistico.
8. La proposta di Piano Paesistico, presentata da Comuni, Comunità montane e Province, è realizzata secondo i contenuti dell'art. 5 e corredata da elaborati tecnici conformi a quelli individuati dall'art. 6 ed è adottata dall'ente proponente ed inviata alla Giunta regionale per gli adempimenti conseguenti".
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, come sempre apprezzo gli sforzi fatti. L'unica novità rispetto al dibattito precedente mi sembra sia data dalla limitazione derivante dalle scelte di piano territoriale, al di là del difficile coordinamento (lo diceva già il Vicepresidente) tra un indirizzo generale ("il piano paesistico può essere formato anche su richiesta") e la specificazione di aree ben precise. Tra richiesta e proposta credo ci possa essere una certa differenza, che andrebbe quindi meglio spiegata.
Quello che era contenuto in maniera implicita, e che io gradirei fosse esplicitato chiaramente da parte di chi governa e quindi ha tutti gli elementi per poter capire le conseguenze che si innestano, era il ruolo della Regione.
Come ho detto prima, la Regione ha il compito di dare il "la", se lo ritiene, recuperando motivazioni e criteri in base ai quali darlo, qualora in una certa realtà ne esistano le condizioni. Non mi sembra il caso soprattutto su questo versante,di aprire la porta ad una indiscriminata richiesta di piano paesistico, da parte di tutti e in qualsiasi occasione.
Per noi il modello di riferimento continua a rimanere quello in cui si colgono direzione, criteri e alla fine decisioni della Giunta, unitamente ad un ruolo proprio, partecipativo, formativo ed elaborativo degli enti locali.
Ho l'impressione che questa proposta non vada ancora in questa direzione. Francamente mi chiedo se, vista l'ora, non sia più opportuno chiedere alla Giunta di lavorare ad un'impostazione dell'articolo che risponda al meglio a questi criteri. Considerato il lavoro già svolto e viste le circostanze, questo suggerimento potrebbe essere accolto, tenuto conto che sono le 18,30 e non andremo chissà quanto oltre, senza tralasciare il fatto che ormai non siamo più in molti.
La proposta della Giunta ha un limite nella mancanza di armonizzazione tra il primo e il secondo punto. Trovo importante che sia la Regione a decidere quando e come operare la partecipazione degli enti locali. Il "può" significava questo: la ricerca di motivazioni e criteri. Molte delle preoccupazioni espresse dal Consigliere Ala e da altri colleghi verrebbero quindi a cadere.
Mi rendo conto che potenzialmente potrebbe derivarne una richiesta indiscriminata di piano paesistico da parte di tutti o che addirittura potremmo trovarci di fronte al fatto compiuto con delle vere e proprie proposte di piano. Quello che mi interessa particolarmente è contemplare anche le comunità locali, facendole crescere rispetto a un dialogo che riguarda quel territorio e mettendo in evidenza quanto definito dalla Regione nel piano territoriale.
In questo senso il ruolo della Regione mi pare insostituibile. Cosa cambia? Cambia che si può dare un ruolo molto forte ai contenuti della proposta che poi viene adottata dalla Regione, valorizzando le comunità locali.
Esistono delle realtà in cui siamo stati capaci di dirigere e mettere assieme i Comuni, per cui insisto sulla mia proposta; anche perch Presidente, è vero che non manteniamo gli impegni, ma abbiamo senz'altro mantenuto quello di discutere seriamente la legge, esaminando tutti gli articoli che potevamo. Poi, se siamo disabituati, se non siamo più veloci non ci capiamo più sulle cose, dobbiamo registrare questo fatto e procedere nei tempi possibili.
Quindi, ripeto, chiederei di rimettere mano a questo articolo per renderlo più soddisfacente; se così non sarà, se si vuole andare avanti avremo perso un'occasione. Francamente, l'attuale dizione non mi soddisfa.



PRESIDENTE

E' stato chiesto di predisporre per la prossima seduta un testo esaustivo delle proposte formulate. In sostanza, gli articoli che possono ancora rappresentare un qualche ostacolo sono cinque.
La parola al Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Il Gruppo della DC ha partecipato alla Conferenza dei Capigruppo e ha concorso con i Capigruppo presenti e con il Presidente del Consiglio, tutti d'accordo, alla definizione del programma dei lavori del Consiglio di oggi che doveva essere incentrato su questa legge.
Abbiamo detto che, per operare in modo più corretto nei confronti dei colleghi, non fosse opportuno scrivere tante cose nell'o.d.g., sapendo a priori di non riuscire a realizzarle. Ci è sembrato quindi più corretto individuare un percorso dei lavori in aula che fosse più certo e che consentisse alle forze politiche, ai singoli Consiglieri, al governo regionale di capire da dove si partiva e, grosso modo, dove si andava ad atterrare alla fine del nostro lavoro legislativo.
Abbiamo concorso a questa definizione, che ci pare abbastanza interessante e per certi versi nuova, alla quale aderiamo completamente.
Adesso c'è difficoltà su questo articolo. Abbiamo collaborato, con le nostre modeste capacità (il collega Picco in particolare, ma tutto il Gruppo), a definire una proposta che ci sembrava di mediazione.
Ci rendiamo conto che questa modifica leggermente una posizione assunta dalla maggioranza in Commissione, ma ciò non ci scandalizza, perch continuamente vediamo che nel dibattito, come è giusto che sia, emergono le varie posizioni della maggioranza e dell'opposizione. Anche in questo caso, come si è verificato tantissime volte su altri argomenti - lasciatelo dire a me che ho vissuto tre anni in Giunta - l'aula approfondisce e pu anche modificare delle posizioni emerse in Commissione. Non è questo che ci scandalizza: fa parte del dibattito e del confronto che noi vogliamo e chiediamo all'aula; non ci preoccupa e ci stupisce che scandalizzi altri.
E' emerso questo problema e abbiamo formulato una proposta di mediazione che ci sembrava tenere conto dei problemi e delle esigenze ricomprendendo anche le necessità dal punto di vista di chiarezza istituzionale che devono caratterizzare questa legge. Alla fine è arrivata un'ulteriore proposta del Vicepresidente sulla quale siamo d'accordo.
E' chiaro che alla fine la responsabilità è anche della Giunta regionale e del governo, quindi lasciamo alla valutazione del governo la proposta del Capogruppo comunista di richiedere un aggiornamento e di rinviare l'esame degli ulteriori articoli. La settimana prossima non sarà convocato il Consiglio regionale, quindi dobbiamo tener presente che questa questione dovrà essere ulteriormente rinviata, come altre pendenti da tempo.
Oggi è stata sicuramente una giornata importante, e valuto particolarmente interessante il dibattito sugli ultimi articoli. Credo che il governo regionale debba dire quali sono le sue esigenze e le sue necessità; il Gruppo della DC si atteggia con rispetto alle richieste che il governo regionale farà all'assemblea.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prima di tutto ritengo che su questa questione non sia accettabile il termine mediazione, perché la mediazione la si fa quando esistono interessi che vengono in una qualche misura messi a confronto. Quando si tratta di concezioni, è difficile mediare.
A proposito dell'emendamento proposto dalla Giunta regionale suggerirei un'integrazione alla fine della lettera c) dell'art. 4: "sulla scorta di precisi criteri ed indirizzi". Ciò significa che il piano territoriale individua aree che necessitano di un piano paesistico e, nel dichiarare questo, si dice anche "da elaborarsi con quali criteri e secondo quali principi". Per il nostro Gruppo questo è un emendamento irrinunciabile. L'individuazione di un ruolo di protagonismo, di iniziativa, di proposta agli enti locali nella pianificazione di secondo livello (a livello di piano paesistico), all'interno del piano territoriale, all'interno di criteri e indirizzi individuati nello stesso piano territoriale ci sembra un risultato acquisito sul quale non si torna indietro.
Ritengo che questo emendamento debba essere comunque messo in discussione, in analisi e in votazione, perché si tratta di una proposta ben precisa, che non ha nulla a che vedere con la proposta del Gruppo comunista. Non è problema di mediazione: se il Gruppo comunista lo accetta bene; altrimenti torniamo al punto di prima.
Mi pare che questa discussione abbia comunque posto, sostanzialmente l'esigenza di non rigettare nel nulla la disponibilità degli enti locali a promuovere una loro originale partecipazione nel processo, purché questa sia all'interno di aree individuate come tali e all'interno di indirizzi che il piano territoriale, a nostro modo di vedere, deve dare. Una volta acquisito, questo valore non può più essere oggetto di contrattazione o di trattativa: secondo noi è un valore acquisito che va comunque recepito in legge.
Sull'emendamento del Gruppo PCI la discussione è aperta fin quando si ritiene di non metterlo in votazione. A questo punto, però, la questione a mio modo di vedere, merita di essere approvata, perché ci sembra un'ipotesi non di mediazione, collega e Assessore, ma un'ipotesi di lavoro accettabile.
Lo stesso piano paesistico individua indirizzi e criteri precisi utilizzando questi criteri e questi indirizzi, il Comune, la Comunità montana e la Regione possono benissimo promuovere una proposta alla Regione. Dopodiché, riproponiamo pure tutti i criteri indicati dal Gruppo comunista, che comunque la Regione approva; in questa proposta si ritrova tutta la metodologia del Gruppo comunista.
Mi pare che, quando da un dibattito si acquisisce un risultato, questo vada comunque definito in termini di modifica, a prescindere dal fatto che comporti o meno la rinuncia da parte del Gruppo comunista a una sua posizione su un'altra questione. Il Gruppo liberale, nel caso la Giunta non ritenga opportuno farlo, ritiene di doverlo assumere in proprio formalmente. Quindi anticipiamo che, qualora non si arrivi ad una conclusione, se la Giunta non ritenesse di proporre questo emendamento, noi lo riproporremo perché ci sembra un risultato utile ed opportuno per tutti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, giunti a questo punto della discussione forse è opportuna una sospensione dei lavori.
Nella sede di Conferenza dei Capigruppo, dove si è formato l'o.d.g. e alla quale ho partecipato, si era deciso che la giornata di oggi sarebbe stata dedicata interamente alla discussione della legge. Già allora avevo espresso alcune perplessità sul fatto di dedicare tutta una giornata al dibattito di questa legge, perché confrontavo da una parte l'esigenza di discutere questa legge e dall'altra le urgenze che possono intervenire nel governo regionale.
Quando ho avvertito di essere in minoranza e poiché la maggioranza ha ritenuto di fare questa scelta, come tutti coloro che registrano posizioni diverse, ho aderito da buon democratico alla volontà di portare questa legge alla discussione in Consiglio.
Tuttavia, giunti a questo punto, mi accorgo che, tutto sommato, le perplessità che avevo non erano fondate sul nulla. Giudico importante il lavoro svolto, ma ho l'impressione che, pur con gli interventi significativi che si sono svolti, non riusciremo a chiudere in questa giornata un dibattito significativo.
Le questioni in discussione sono importanti, soprattutto quella, di non poco momento, sottolineata dai vari interventi che mi hanno preceduto taluni come promotori di una mediazione, altri affermando che non è un problema di mediazione, altri ancora affermando posizioni ben precise.
Mi sembra, signor Presidente e colleghi, che giunti a questo punto sia il caso di prendere in esame il rinvio, per consentire un approfondimento su alcuni emendamenti molto importanti, rispetto ai quali il tempo porta consiglio, e chiaramente dovremo rinviare la discussione per un po' di giorni, per vedere se effettivamente è possibile realizzare quello da noi auspicato.
Non ci sono delle posizioni contrarie o diametralmente opposte tra di loro, ma nell'attesa potremo combinare, tra l'autonomia degli enti locali e tra la funzione di competenza regionale, quel momento di incontro per mettere a punto le procedure necessarie alla realizzazione dei piani territoriali senza penalizzare nessuno. Riconosciamo agli altri la titolarità di formare i piani, però non possiamo essere posti di fronte ad una scelta definitiva, senza alternative di sorta: è un discorso che si riconduce al metodo della programmazione.
In questo senso chiedo, e vorrei verificare se sono ancora in minoranza come lo sono stato nella riunione dei Capigruppo, di pensarci ancora.
D'altro canto, la proposta di legge giace da parecchio tempo e un eventuale rinvio non può che giovare alla formazione di una legge considerata molto importante. Accettando il rinvio, potremo anche prendere in esame l'eventualità di procedere per pezzi di giornata, cioè dedicando una parte dei nostri lavori a questa legge e lasciando il rimanente spazio ad altri problemi urgenti che possono essere affrontati e discussi. Questa è la richiesta che formulo; se non verrà accolta, per carità, siamo disponibili ad andare alla conclusione di questo dibattito importante che ci coinvolge tutti e auspichiamo una soluzione positiva della discussione.



PRESIDENTE

Ricordo che all'o.d.g. di oggi erano iscritti ventidue punti, ventuno dei quali sono stati esauriti. Quindi, Consigliere Rossa, la proposta da lei formulata nella riunione dei Capigruppo di fare per metà questo e per metà l'altro, è addirittura stata superata.
La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, non intervengo sull'emendamento, perché se la Giunta ritiene di continuare la discussione il Gruppo repubblicano è disponibile ad entrare nel merito; se si ritiene invece di sospendere, mi sembra inutile continuare a parlare.
L'unica osservazione che faccio riguarda gli impegni che ci eravamo assunti nella Conferenza dei Capigruppo di cercare di raggiungere un risultato che non siamo riusciti ad ottenere. L'unica raccomandazione che farei, qualora si dovesse arrivare ad una sospensione, è di non andare a discutere a pezzi questa legge. Il problema è molto difficile e complesso e si riesce ad entrare nella materia solo se la discussione è fatta in modo complessivo e unitario; se si discutono due articoli alla settimana, ho la sensazione che alla fine neppure noi riusciremo a comprendere di cosa stiamo parlando.



PRESIDENTE

Il problema posto è molto chiaro. Non si tratta di fare molte leggi, è sufficiente farne durante tutta la legislatura una sola che valga per cento anni. Questa legge è molto importante e la discussione svolta è molto utile perché permette anche di far comprendere a molti di che cosa si tratta. Alcuni Consiglieri, non avendo seguito l'esame della legge in II Commissione, possono non aver compreso bene. La discussione in aula ha permesso di allargare l'area della conoscenza. Ci sono due emendamenti, uno dei Consiglieri Carletto e Picco e uno dei Consiglieri Bontempi e Biazzi sui quali la Giunta si deve esprimere.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Credo che ci sia un momento della giornata in cui, essendo più stanchi si riesce ad essere più sinceri ed a guardarsi negli occhi, cosa che io sto cercando di fare guardando i Consiglieri che ho di fronte, il Presidente della Giunta e i miei colleghi tutti.
Dobbiamo ammettere che le difficoltà sono ancora molte rispetto alla legge che abbiamo di fronte. Siamo all'art. 7 e abbiamo ancora un paio di scogli significativi dal lato politico che potrebbero esigere una discussione più ampia di quella sviluppatasi attorno a questo, che pure è un punto cruciale della legge. Siamo però votati anche al sacrificio, e se c'è la convinzione politica che la legge debba andare avanti, io sono a disposta ad accettare la proposta di andare avanti non-stop e ad affrontare, seppure con difficoltà, anche la votazione sull'art. 7.
Non avrei mai pensato che la proposta di conclusione fosse una mediazione tout court (pare che le donne siano più portate alla mediazione degli uomini), comunque forse mi è sfuggito un termine. Era una proposta di conclusione rispetto ad un tema sul quale tutti ci siamo adoperati per trovare correttamente una soluzione. Se si concorda di votare l'intera legge questa sera, io forzo la decisione sull'art. 7; se la decisione è di interrompere, non potendo andare sine die alla conclusione di questo dibattito, se mi consente, signor Presidente del Consiglio, proprio per il rispetto che dobbiamo avere nel momento in cui decidiamo di fare una riflessione sull'argomento, ritengo che nemmeno l'art. 7 debba essere posto in discussione; si conclude con la votazione dell'art. 6 e il Consiglio decida quando proseguire il dibattito. Ciò non esclude la mia profonda delusione, anche se mi rendo conto che non abbiamo passato invano questo tempo.
Oggi abbiamo affrontato, attraverso l'art. 7, dei temi che vanno ben oltre il raggiungimento degli obiettivi politici previsti dall'art. 7.
Abbiamo affrontato il rapporto con gli enti locali, analizzato gli strumenti della nostra pianificazione urbanistica, il problema delle deleghe, quindi la legge ha in sé una ricchezza di elaborazione di contenuto politico che, giustamente, sta riservando anche all'aula un notevole momento di dibattito e di approfondimento.
In questo senso, proprio per la chiarezza di rapporti che deve esistere tra chi è da questa parte e chi è dall'altra, sono rammaricata. Debbo constatare che è la quarta volta che rinviamo questa legge; ciò nonostante non sono disillusa, credo ancora che questo disegno di legge possa avere una sua compiuta e dignitosa conclusione in una prossima riunione del Consiglio regionale che sarà decisa nella riunione dei Capigruppo.
Ringrazio i Consiglieri che hanno voluto portare, con il contributo dei loro interventi, un arricchimento ai temi proposti e mi auguro che il tono di questo dibattito, la profondità di intervento e di consapevolezza sui problemi che abbiamo di fronte continuino anche nella prossima seduta.
Chiedo al Consiglio regionale di definire anche i pezzi di giornata da dedicare a questo argomento, magari anche più di uno, necessari per arrivare ad una conclusione dignitosa.



PRESIDENTE

L'esame della legge è pertanto sospeso e verrà rinviato ad una prossima seduta che sarà decisa nella riunione dei Capigruppo.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati - Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Esame ordine del giorno n. 562 sul problema dei pensionati


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno sul problema dei pensionati che domani manifesteranno a Torino le loro volontà.
Pongo in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte si fa interprete del malessere e della ferma reazione dei pensionati e delle loro organizzazioni sindacali, dovuti alle inadempienze del Governo in riferimento ai provvedimenti attuativi della legge finanziaria 1988 e al riordino del sistema pensionistico sottolinea l'importanza delle rivendicazioni unitarie dei sindacati SPI CGIL. FNP-CISL e UILP-UIL. per l'aggancio dei trattamenti pensionistici alla dinamica salariale, la maggiorazione sociale, l'aumento delle pensioni sociali, la rivalutazione delle pensioni, la riduzione del carico fiscale la graduale eliminazione dei ticket sulle prestazioni sanitarie, la fiscalizzazione della spesa sanitaria, l'approvazione del Piano sanitario nazionale, la riqualificazione e lo sviluppo, mediante adeguati finanziamenti, dei servizi sociali sul territorio esprime la sua solidarietà alle iniziative di mobilitazione e di lotta dei pensionati che domani manifestano a Torino la loro volontà di avere garantita una vita libera e dignitosa, attraverso un moderno sistema di sicurezza sociale (riforme della previdenza e dei servizi di tutela della salute, nuove e più avanzate forme di solidarietà sociale)".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 38 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19)



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