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Dettaglio seduta n.157 del 30/09/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Adduci, Biazzi, Bosio, Carazzoni, Mignone, Ratti e Turbiglio.


Argomento: Psichiatria

Tutela della salute mentale nella Regione Piemonte (dibattito) Votazione relativi ordini del giorno


PRESIDENTE

Il punto 15) all'o.d.g. reca: "Tutela della salute mentale nella Regione Piemonte".
L'esame di questo argomento inizia con la relazione dell'Assessore Maccari, dopodiché si svilupperà il dibattito.
Ricordo che sull'argomento sono state presentate numerose interrogazioni ed interpellanze da parte di tutti i Gruppi consiliari.
Ha ora facoltà di intervenire l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la necessità di un dibattito sulla psichiatria in Piemonte non è motivata solamente dalla nostra situazione particolare e non fa che rispecchiare l'esigenza di verifica della legge 180 a tutti i livelli.
La stessa senatrice Ongaro Basaglia della Sinistra indipendente riferendosi alla situazione nazionale, nel presentare il 25 settembre dello scorso anno un disegno di legge integrativo dell'attuale legislazione psichiatrica, affermava testualmente: "Siamo tutti consapevoli del fatto che a più di nove anni dall'emanazione della legge 180 si è arrivati ad un punto limite oltre il quale non è consentito lasciare senza risposte le esigenze ed i bisogni di malati e familiari".
A conferma della fondatezza di questa affermazione, nei mesi scorsi praticamente tutti i Partiti hanno presentato o preannunciato proprie proposte di legge di modifica della vigente legislazione psichiatrica nazionale, evidentemente ritenuta inadeguata a tutelare i reali bisogni del malato di mente, della sua famiglia e della società tutta.
"Ma - come hanno affermato recentemente i Consiglieri Ferrara e Fracchia presentando la proposta di legge n. 406, e leggo testualmente - se sulle denunce della crisi si converge in modo pressoché unanime, profonda è la divergenza tra coloro i quali imputano il cattivo funzionamento alle modalità con cui viene applicata e quelli che invece ritengono che siano alcuni dei difetti che la legge contiene ad essere la causa principale delle disfunzioni rilevate, cioè fra coloro che propongono norme attuative della legge 180 e coloro che ritengono necessarie vere e proprie modifiche della legge".
"La verità - affermano ancora Ferrara e Fracchia - è che questo è stato il campo di battaglia di dispute ideologiche spesso intorbidite da atteggiamenti settari, e chi ne ha sofferto è stata la possibilità, e in parte lo è ancora, di compiere serenamente il necessario esame della realtà senza preconcette e immotivate scelte di campo".
E' un'affermazione da condividere pienamente.
Se si tolgono i paraocchi ideologici, si vedrà probabilmente che il lamentato fallimento della riforma psichiatrica è dovuto all'effetto combinato sia di mancate od errate applicazioni locali della legge, sia di carenze intrinseche della legge nazionale stessa.
E' quindi anche conseguenza, per dirla nei termini più sereni e blandi possibili, "di una certa indeterminatezza della legge 180", secondo le testuali parole dell'allora Assessore Bajardi durante il dibattito sullo "Stato di attuazione della riforma psichiatrica in Piemonte", tenuto nel febbraio 1985.
I punti carenti, insufficientemente definiti, dell'attuale legge, su cui si sta sviluppando il dibattito e lo scontro a livello nazionale riguardano non solo e non tanto il problema delle strutture per trattamenti terapeutici e riabilitativi prolungati o lungodegenze, sulla necessità delle quali esiste ormai una larga convergenza di opinioni, ma sul modo in cui esse dovranno essere organizzate, collocate, utilizzate e soprattutto dimensionate.
Altri punti chiave sono: una migliore definizione del trattamento sanitario obbligatorio, con possibilità di effettuazione anche in luoghi diversi dai Servizi psichiatrici ospedalieri di diagnosi e cura (i repartini); una concreta tutela giuridica dei malati, delle loro famiglie e dei loro beni; infine una possibile nuova e più civile soluzione del drammatico, e tuttora irrisolto, problema rappresentato dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, problema molto opportunamente evidenziato dal Consigliere Pezzana nella sua recente proposta di legge n. 405, sebbene si ritenga che questo debba trovare una soluzione globale a livello nazionale.
Per quanto riguarda le dimensioni delle strutture intermedie residenziali, questo punto era già stato individuato ed esposto con grande chiarezza dal Consigliere Bergoglio nel dibattito del 28 febbraio 1985. La signora Bergoglio si chiedeva testualmente: "La struttura ottimale quali dimensioni deve avere per essere gestibile sia sotto l'aspetto sanitario ed assistenziale per il malato che sotto quello economico funzionale?". E realisticamente obiettava che "piccole dimensioni, teoricamente ottimali dal punto di vista terapeutico, purtroppo spesso non si conciliano con le esigenze della spesa e dell'utilizzo ottimale delle risorse e delle turnazioni del personale, che richiedono dimensioni maggiori del servizio".
Quanto al problema del Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.) esso viene affrontato in modo esplicito e netto nella proposta di legge del Partito liberale presentata dall'on. De Lorenzo, che prevede che il Trattamento sanitario obbligatorio possa essere prestato in ogni luogo idoneo, compreso il domicilio del paziente.
Tale proposta "provocatoria" sta ad indicare che il T.S.O, può essere effettuato anche presso altre strutture purché rispondano a idonei requisiti quali-quantitativi e di professionalità.
La tutela giuridica del malato trova infine alcune prime possibili risposte sia nella proposta di legge dell'on. Foschi, Presidente della Commissione Sanità del Consiglio d'Europa (che prevede, in caso di Trattamento Sanitario Obbligatorio che superi i 30 giorni, l'applicazione al malato da parte del giudice delle norme di tutela previste per i minori), sia nella proposta di legge presentata dall'on. Camber del PSI sia nella "raccomandazione n. 83/2" sulla protezione giuridica delle persone colpite da turbe mentali come pazienti non volontari, adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 22 febbraio 1983.
Come si vede, l'ampio e approfondito dibattito che si sta sviluppando a livello nazionale sull'assistenza psichiatrica non mette in discussione l'operato di singole Regioni, Unità sanitarie o individui, ma una linea ideologica, culturale e tecnica che in questi anni ha tentato di imporre una supremazia su tutta la psichiatria, ricorrendo spesso a risposte preconfezionate che pretendevano di essere definitive.
Ma la scienza imposta come dogma ha poche possibilità di affermazione e la conoscenza scientifica che inesorabilmente avanza le rinnova.
Questa premessa, necessaria per avere una rapida visione panoramica del problema nei suoi termini globali e nazionali, non vuole di certo essere un espediente per evitare il confronto sulla situazione piemontese.
Poiché se è vero che la "180" è una legge cornice afflitta da una certa indeterminatezza, è pur vero che era compito delle Regioni riempire questa cornice di contenuti concreti. Ed anche se alcuni difetti della legge impedivano, come abbiamo visto, di affrontare adeguatamente tutti i problemi, molte erano comunque le cose che potevano e dovevano essere fatte dalle Regioni.
E' noto a tutti che la risposta delle varie Regioni è stata estremamente differenziata tanto che alcune delle attuali proposte di modifica a livello nazionale invocano un controllo e un intervento centrale nel caso di inadempienze regionali, ossia una legge regionale.
Sarebbe perciò fin troppo facile rispondere alle critiche dimostrando statisticamente che il Piemonte ha fatto molto di più di certe Regioni del centro-sud che non hanno realizzato praticamente nulla ed anche un po' di più della media nazionale italiana. Ma il Piemonte non è una regione media è una regione nettamente superiore alle media per capacità economiche culturali ed amministrative. Se un confronto va fatto, si deve guardare avanti e non indietro misurandosi con Regioni con sviluppo a noi più affini come la Lombardia, il Veneto e la Liguria.
Qual è la situazione piemontese? Si può iniziare esaminando la situazione delle strutture intermedie, cioè di quel tipo di strutture comunità alloggio, comunità protette, centri residenziali, day-hospital centri diurni la cui realizzazione è maggiormente necessaria, a parere dei più, per il successo della riforma.
Nel già più volte ricordato dibattito del febbraio '85 l'Assessore Bajardi dichiarava con sincera franchezza: "Certo, sono poche le 36 strutture (23 comunità alloggio, 6 comunità terapeutiche, 4 centri crisi, 2 centri diurni, 1 day-hospital) che sono sorte nel corso di questi anni".
A gennaio 1988 i centri diurni e i day-hospital sono diventati 5 e le comunità alloggio rimangono complessivamente 29. Potrebbe sembrare un buon dato confrontato con le 44 strutture intermedie residenziali - i dati sono del dicembre '86 - presenti in Lombardia, regione che ha quasi il doppio degli abitanti del Piemonte. Ma se confrontiamo il numero dei letti troviamo: 255 posti in Piemonte contro 830 in Lombardia. Fatte le debite proporzioni, rispetto al numero degli abitanti, questo significa che mancano al Piemonte 160 posti letto per raggiungere una posizione di effettiva parità. Si noti che la situazione della Lombardia in questo campo è comunque ritenuta da molti ben lontana dall'essere ottimale. Sicuramente degno di nota è il fatto che mentre ogni struttura intermedia residenziale ha in Lombardia mediamente 19 posti letto, in Piemonte non raggiunge i 9 posti letto. Questo piccolo numero se forse rappresenta un vantaggio terapeutico, sicuramente però dilata molti i costi gestionali.
I 255 posti letto in strutture residenziali appaiono ancor più insufficienti se confrontati con i ben 1440 pazienti psichiatrici ospitati presso case di riposo, pubbliche o private, con retta a carico del S.S.N.
La relazione finale della "Commissione speciale di indagine conoscitiva sullo stato in attuazione della riforma psichiatrica in Piemonte" affermava, nel 1985, a questo proposito: "La soluzione della casa di riposo non è ottimale, specie quando la concentrazione dei soggetti psichiatrici o il rapporto con il numero degli altri ospiti sono elevati", ed in tre istituti di Torino, 154 posti letto in tutto, tale concentrazione è del 100%. La stessa relazione lamentava, a proposito della raccolta di dati: "l'assenza di rilevazioni organiche e con metodologia predeterminata presso le singole UU.SS.SS.LL.".
Questo problema permane tutt'ora e si incontrano difficoltà per ottenere dati statistici completi, esatti ed aggiornati.
Oltre al problema degli istituti esiste, almeno a Torino, quello delle pensioni. I pazienti psichiatrici collocati nelle pensioni torinesi nel luglio '87 erano 196. Alcune pensioni hanno ormai come ospiti esclusivamente pazienti psichiatrici diventando di fatto, ma non di diritto, vere e proprie strutture psichiatriche, senza però che sia possibile alcun reale controllo sanitario da parte delle UU.SS.SS.LL.
Questa abnorme situazione era già stata stigmatizzata molto duramente nel dibattito del febbraio '85 dal Consigliere signora Bergoglio. Da allora, purtroppo, non vi sono stati sostanziali miglioramenti essendo mancata la realizzazione di nuove strutture intermedie residenziali.
Nettamente più positiva e nel complesso abbastanza soddisfacente pu essere giudicata invece la rete degli ambulatori psichiatrici, presenti in tutte le UU.SS.SS.LL. della Regione. Unico problema: una certa carenza di personale soprattutto medico in alcune realtà locali. Situazioni analoghe si riscontrano in altre realtà regionali del nord.
Per quanto riguarda i Servizi psichiatrici ospedalieri di diagnosi e cura in Piemonte sono 20 con un totale di 250 letti, pari ad un tasso di 0,57 posti letto per 10.000 abitanti. In Lombardia sono 41 con 469 letti pari ad un tasso di 0,73 posti letto per 10.000 abitanti.
La legge regionale lombarda sull'assistenza psichiatrica prevede che debba essere raggiunto un tasso minimo di 0,85 posti letto ogni 10.000 abitanti.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia n. 1 posto letto per 10.000 abitanti. L'esperienza ormai decennale di funzionamento dei Servizi psichiatrici ospedalieri di diagnosi e cura in Piemonte tende a dimostrare che probabilmente, in presenza di strutture intermedie adeguate quantitativamente e qualitativamente, sia già sufficiente un tasso minimo di 0,8 posti letto ogni 10.000 abitanti.
Per raggiungere questo tasso minimo il Piemonte dovrebbe attivare 100 posti letto in più. Il dato statistico attuale (0,57 letti ogni 10.000 abitanti) appare più positivo di quanto sia in realtà perché frutto di una media statistica fra situazioni molto disomogenee dove ad ambiti territoriali con un numero di posti letto che potrebbe essere addirittura eccessivo (Ospedale di Pinerolo ed Ospedale di Casale, entrambi con un tasso di 1,2 posti letto ogni 10.000 abitanti), si contrappongono altre situazioni drammaticamente carenti (Ospedale di Vercelli, con un tasso di 0,3 ed Ospedale di Rivoli con un tasso addirittura di 0,2).
L'unica area del Piemonte che appare equilibrata è il quadrante sud ovest. Gli Ospedali di Cuneo, Savigliano, Alba e Mondovì, hanno un tasso che varia da 0,8 a 1 posto letto ogni 10.000 abitanti.
La situazione di Rivoli si spiega con il ben noto ritardo del completamento del nuovo ospedale; quella di Vercelli con la mancata riattivazione del Servizio ospedaliero di Biella, distrutto da un incendio nel 1982. Altre situazioni, come quella di alcuni ospedali di Torino, sono forse da attribuirsi ai problemi organizzativi che hanno sempre afflitto l'USSL 1/23 e che hanno determinato il suo superamento.
Certamente il numero di 250 posti letto di Psichiatria negli ospedali pubblici del Piemonte appare ancor più limitato se confrontato con i 1207 posti letto autorizzati (dei quali 847 convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale) delle 8 case di cura private neuropsichiatriche esistenti nella nostra Regione. Il termine storicamente superato ed un po' ambiguo "neuropsichiatriche" non deve ingannare, perché la patologia clinica curata in queste case di cura private è, nella stragrande maggioranza dei casi, di tipo psichiatrico e non neurologico; a questo proposito vi è da rilevare un altro fenomeno: l'uso dei letti di neurologia degli ospedali pubblici per il ricovero di casi psichiatrici. I posti letto di neurologia dovranno essere liberati da compiti impropri per essere interamente dedicati alla specifica patologia neurologica ed a quella patologia di confine dove il danno neurologico e quello psichiatrico si associano.
Nessuno può negare l'importanza che hanno avuto le case di cura private nel contribuire a ridurre, nel momento difficile dell'avvio della riforma i vuoti di assistenza e non è nostra intenzione mettere in discussione l'utilità per l'utenza di una equilibrata presenza sia delle strutture pubbliche che di quelle private anche in funzione di reciproco stimolo per un miglioramento della qualità degli interventi. Ci si chiede però se un rapporto di posti letto di tre privati e uno pubblico o un rapporto superiore a favore delle strutture private, possa essere considerato equilibrato. Questo problema andrebbe rivisto nel comune interesse di tutti, definendo nuovi e più utili obiettivi in risposta ai nuovi bisogni emergenti, non sempre affrontabili con tempestività dalle strutture pubbliche.
Vi è stato comunque negli ultimi anni un lieve miglioramento in questo campo con una diminuzione dell'utilizzo convenzionato delle case di cura private pari al 7,19% nel periodo 1982/86. Non è però tanto importante tendere a una diminuzione quantitativa del convenzionamento, quanto piuttosto ad un suo migliore utilizzo qualitativo.
Altro settore importante da esaminare è quello della formazione professionale e dei rapporti con l'Università.
"Solo psichiatri ben formati potranno garantire l'efficienza e la capacità di qualunque riforma" afferma il prof. Gilberti, Direttore della Clinica Psichiatrica dell'Università di Genova, rivendicando giustamente il "ruolo insostituibile formativo della Scuola universitaria". "Ma per evitare - continua Gilberti - la solita e facile critica e cioè che quello che serve veramente nell'esercizio professionale pubblico non viene (o viene assai poco) insegnato nelle sedi universitarie, è necessario che le strutture universitarie abbiano un completo strumento di tutto quello che costituisce l'esercizio della moderna psichiatria (reparti clinici laboratori, ambulatori, un territorio, strutture protette, ecc.), di modo che lo specializzando possa attraversare ed avere disponibili tutte le evenienze, esperienze e modalità diagnostiche e terapeutiche ed assistenziali che nella sua attività futura verrà ad incontrare come specialista pubblico".
Ma la corretta soluzione non può consistere nello splendido isolamento di una struttura universitaria totalmente ed un po' utopisticamente autosufficiente, ma - come afferma il prof. Invernizzi dell'Università di Milano - nella "collaborazione tra le UU.SS.SS.LL. e l'Università con la costituzione di appositi centri sovrazonali". Anche la Psichiatria universitaria piemontese, sotto la guida del prof. Ravizza, si sta muovendo in questa direzione. Vi è stata la convenzione per creare il polo di Orbassano. Nelle future convenzioni si dovrà non soltanto esaminare quanto l'Università può e deve dare al Servizio Sanitario Regionale, ma si dovrà anche tendere ad una integrazione tra le due strutture, nel comune obiettivo di una migliore formazione e di un costante aggiornamento del personale psichiatrico e non soltanto di quello medico.
A questo proposito bisogna osservare che, nonostante indubbi miglioramenti rispetto al passato, l'insegnamento della psichiatria nelle scuole per infermieri professionali dovrà essere ulteriormente riqualificata. A tale proposito è nostra intenzione proporre una Commissione mista di rappresentanti dell'Ordine degli Infermieri professionali e di funzionari regionali per verificare tale situazione.
Qual è oggi la situazione degli ospedali psichiatrici? Per ultimo, ma non certo di importanza, affrontiamo il problema degli ospedali psichiatrici, il cosiddetto (mal detto per la verità) "residuo manicomiale".
Al 31/12/1986 i pazienti presenti negli ospedali psichiatrici del Piemonte erano 2016, dei quali 1470 designati come ricoverati e 546 come ospiti, questi ultimi presenti soltanto negli ospedali psichiatrici di Torino.
I ricoverati erano invece così suddivisi: 350 a Torino, 162 a Vercelli 297 a Novara, 332 a Cuneo, 329 ad Alessandria. Il numero totale di ricoveri ed ospiti nel dicembre 1984 era 2312, nel dicembre 1985 era 2148, con una diminuzione di 165 pazienti, 54 dei quali dimessi e 111 deceduti. Fra il 1985 e il 1986 vi è stata quindi un'ulteriore diminuzione di 132 pazienti 32 dei quali dimessi e 100 deceduti. I ricoverati, in numero prevalente maschi (61%), hanno un'età media di 58 anni, il 12% ha meno di 40 anni e il 41% è fra i 40 e i 60 anni. In mancanza di un preciso programma di trasformazione degli ospedali psichiatrici, questi rischiano di sopravvivere almeno fino al 2010. Perciò, sino a quando un programma veramente efficace di riconversione degli ospedali psichiatrici non verrà effettivamente realizzato, va combattuta ogni "psicologia del disarmo" quella che talora ha fatto dire a qualche Consigliere durante il dibattito del 1985: "Questo non si aggiusta perché tanto deve sparire, quello non lo facciamo perché tanto non servirà", psicologia che è stata la causa di molte delle disfunzioni degli ospedali psichiatrici denunciate, qualche volta in modo esagerato ed eccessivo, qui e altrove.
Una possibile soluzione già adottata in altre realtà regionali prevede che gli ex ospedali psichiatrici vengano ripartiti al loro interno in tre linee differenziate: una assistenziale, una di medicina riabilitativa e una propriamente psichiatrica.
In conclusione, la nostra Regione ha accumulato un ritardo nell'organizzazione delle strutture necessarie per l'assistenza psichiatrica per quanto attiene i lungodegenti e le strutture intermedie.
Per quanto attiene la rete degli ambulatori psichiatrici, questi, pur essendo dislocati in modo omogeneo e congruo, presentano carenze in quanto in molte UU.SS.SS.LL. piemontesi si rileva uno scarso coordinamento fra ambulatori, servizi ospedalieri di diagnosi e cura, strutture intermedie con conseguenti disservizi per i malati.
Ciò è dovuto in parte alla mancata adozione in Piemonte del Dipartimento di psichiatria, deputato a svolgere questi indispensabili compiti di coordinamento. Questa problematica si centra nella carenza di una legge regionale sulla psichiatria.
La Regione Lombardia si è invece dotata di questo tipo di legge giudicato dal Presidente della Commissione Sanità del Consiglio d'Europa come uno dei piani più coerenti.
Si potrebbe obiettare che il Piemonte aveva l'allegato 18 del Piano sanitario regionale. Tale allegato doveva formare il presupposto per una legge regionale, cosa che non è avvenuta. L'impegno mio personale e della Giunta è di colmare nel più breve tempo possibile questa lacuna.
La Regione Lombardia, pur avendo già il progetto obiettivo "Tutela socio-sanitaria dei malati di mente" del luglio 1984, ha sentito successivamente la necessità di varare ben due leggi: la n. 67 del dicembre 1984 e la n. 72 del giugno 1985. L'analisi del tipo di organizzazione delle Regioni Lombardia, Veneto e Liguria, nonché dell'esperienza piemontese di questi ultimi dieci anni, fa emergere alcuni punti sui quali si è formata una quasi generale concordanza.
L'ambulatorio territoriale e il servizio ospedaliero, pur rimanendo i pilastri fondamentali sui quali poggia la riforma psichiatrica, sono ritenuti insufficienti da soli a tenerla in piedi. Le cosiddette strutture intermedie, appena vagamente citate nella legge n. 180 ed inizialmente osteggiate da alcuni sostenitori della riforma come possibili embrioni di risorgenti, nuovi piccoli manicomi, sono oggi ritenute indispensabili alla sopravvivenza della riforma stessa. Le loro caratteristiche si stanno progressivamente definendo nelle varie legislazioni regionali in due distinti tipi di strutture: una ad alta specializzazione terapeutica, tipo day-hospital, ma anche con possibilità di residenzialità diurna, notturna o continua, indirizzata soprattutto per le necessità di giovani psicotici gravi, ma con buone possibilità di recupero in tempi medi; l'altra, a meno alta specializzazione con indirizzi più assistenziali, pensata per dare una risposta ai bisogni di riabilitazione e protezione di pazienti non gravi ma più cronicizzati, anche per tempi lunghi e non predeterminabili.
Una risposta completa ed efficace alle molteplici e diversificate necessità di terapia dei pazienti psichiatrici richiede quindi una vera e propria rete di servizi comprendente ambulatori, Servizio ospedaliero e i vari tipi di strutture intermedie che lavorino in modo coordinato fra loro impedendo il formarsi di vuoti di assistenza che troppo spesso sono stati in passato l'unica alternativa all'istituzionalizzazione manicomiale.
Partendo da questi punti fermi, che si stanno universalmente affermando, ed apportandovi le modifiche e i miglioramenti che le specifiche esperienze e le peculiari condizioni del Piemonte ci suggeriscono, la futura organizzazione dell'assistenza psichiatrica nella nostra Regione dovrà strutturarsi secondo le seguenti linee generali di indirizzo: dovranno essere formulati ambiti territoriali omogenei con un minimo di 100 mila ed un massimo di 250 mila abitanti circa, comprendenti una o più Unità Socio-Sanitarie Locali ed avranno ognuno a disposizione una completa rete di servizi psichiatrici organizzata in forma dipartimentale e coordinata da un medico primario psichiatra.
Ciascuna rete dovrà comprendere tutti i seguenti presidi: a) almeno un ambulatorio per ognuna delle UU.SS.SS.LL. servite b) un servizio psichiatrico ospedaliero con non meno di 0,8 posti letto ogni 10 mila abitanti e con strutture che rispondano a standards predeterminati, adeguati alle necessità di ricovero di pazienti psichiatrici c) un centro di terapie psichiatriche, struttura che partendo dall'esperienza lombarda dei Centri terapeutici residenziali tende a sviluppare e a migliorare alcuni aspetti organizzativi configurandosi come una sintesi funzionale di una struttura residenziale (due o tre comunità terapeutiche, ognuna di circa dieci letti, per giovani psicotici gravi che necessitino di terapie prolungate in ambiente diverso da quello familiare) con una struttura tipo day-hospital, ad alta specializzazione psicoterapeutica, alla cui attività partecipano sia i pazienti della struttura residenziale che quelli inviati dagli ambulatori. Questa sintesi, oltre a permettere evidenti risparmi in termini economici ed organizzativi, si oppone attivamente ai rischi di isolamento e di chiusura al mondo esterno ed involuzione nell'accettazione passiva della regressione psicotica, rischi che sono sempre presenti in strutture protette che operino isolatamente d) una o più comunità psichiatriche che potranno essere di due tipi: uno più tradizionale, concepito come struttura protetta per pazienti psichiatrici che a causa delle loro condizioni psichiche non sono in grado di provvedere in modo autonomo ai propri bisogni e non possono ottenere quella necessaria tutela in ambiente familiare e pertanto necessitano di un supporto assistenziale a tempo non predeterminato, integrato da interventi terapeutici.
Il secondo tipo, indirizzato a quei pazienti dotati di una maggiore autosufficienza, strutturato come un "recidence", con ampi spazi di privacy, ma con possibilità di usufruire di servizi di mensa, di lavanderia e di pulizia comuni e con parziale appoggio terapeutico. Quest'ultimo tipo permetterà di eliminare totalmente l'attuale improprio ricorso alle pensioni.
L'altro, la comunità protetta, creerà un'alternativa all'utilizzo talora altrettanto improprio, fatto fino a oggi dei pensionati per anziani strutture dove sono stati inseriti persino pazienti psichiatrici di media età.
Quinto punto, almeno limitatamente all'area metropolitana e ai centri urbani più consistenti della prima cintura torinese, dove l'isolamento e la minore solidarietà sociale proprie delle grandi città rendono più gravi e urgenti i problemi, o su richiesta presso i capoluoghi di provincia proponiamo l'istituzione sperimentale di un servizio unificato per le emergenze psichiatriche sul territorio, in collaborazione con il servizio di guardia medica notturna e festiva, dotato di medici psichiatri infermieri e ambulanze proprie. Esso interverrà su tutto il territorio di competenza, esclusivamente su motivata richiesta del medico di base o del servizio di guardia medica, per fornire la propria consulenza e valutare le proposte di trattamento sanitario obbligatorio, attivando, se necessario le procedure di trasferimento al Pronto Soccorso dell'ospedale di competenza.
Tale servizio servirà, come già detto, in via sperimentale a sopperire alle carenze di riferimento nelle ore di chiusura degli ambulatori. Il servizio avrà inizio infatti alle ore 17,00 e terminerà alle ore 9,00 del giorno successivo, mentre nei giorni festivi e di sabato sarà per tutte le 24 ore.
Dopo sei mesi dell'esperimento saremo in grado di valutare in base al numero delle chiamate: la quantità di lavoro espletato, la rispondenza alla necessità dell'utenza, le indicazioni per eventuali modifiche, se necessario, degli orari di apertura degli ambulatori.
Qualora si ravvisasse la necessità di ricovero da parte dell'equipe dell'emergenza psichiatrica, la stessa provvederà al trasporto.
Ciò permetterà da un lato di ridurre disguidi su eventuali competenze per l'accompagnamento del soggetto presso l'ospedale e dall'altro in taluni casi allevierà le Forze dell'Ordine già oberate da altri compiti.
Qual è oggi la situazione degli ex ospedali psichiatrici in Piemonte? Per ognuno degli ospedali psichiatrici del Piemonte dovrà essere elaborato un piano generale di riconversione e, nello specifico per le strutture un'indicazione di possibile utilizzo, tutto ciò in conformità di quanto previsto al sesto capoverso dell'art. 17 della legge 180, con la creazione di Comunità Protette e, dove le strutture lo permetteranno, di Centri di Terapie Psichiatriche, gestiti e utilizzati dalle unità socio-sanitarie ove gli ex ospedali psichiatri hanno sede.
Seguendo queste linee generali di indirizzo una Commissione di esperti nominata dalla Giunta regionale e presieduta dall'Assessore alla sanità elaborerà su indicazione della Giunta stessa e tenuto conto delle indicazioni del dibattito consiliare odierno, entro tre mesi, proposte tecniche per una legge organica della Regione Piemonte sull'assistenza psichiatrica.
Nell'attesa dell'iter giuridico della legge, di cui a tutti noi è nota la complessità e la durata, ci rendiamo conto che questi tempi, già da lunga data attesi da chi vive queste drammatiche situazioni di disagio, non possono andare oltre.
Per dare un'immediata e concreta risposta ai problemi di oggi, dando nel contempo alle famiglie certezze di interventi conformi alle dignità dei loro familiari provati sia dalla malattia che dai disagi di ricovero da repartino a repartino, tanto da essere coniato il termine di "sindrome della porta girevole", la Giunta si impegna a prendere provvedimenti stralcio che ritiene inderogabili.
Il primo provvedimento è la nascita immediata del citato Servizio di emergenza psichiatrica nell'area metropolitana per garantire alle famiglie un chiaro punto di riferimento a completamento nell'arco delle 24 ore. Tale Servizio avrà quale riferimento il servizio di Guardia medica in prima istanza, oppure il medico di base, che faranno intervenire in seconda battuta il Servizio psichiatrico. Si è pensato di procedere con questa modalità per filtrare le chiamate attraverso un controllo medico e per sopperire ad una richiesta da parte dei medici del 5747 per quanto attiene ai casi psichiatrici. Riteniamo, in base ad una valutazione dei dati in nostro possesso, che due ambulanze siano sufficienti per iniziare la sperimentazione.
Il secondo provvedimento, ancora più pregnante nell'ambito di questo nuovo modo di rapportarsi con la malattia mentale, ossia senza più pregiudizi ideologici e/o culturali, è quello di attivare apposite convenzioni con privati in attesa che le nuove strutture residenziali siano effettivamente funzionanti e in numero adeguato.
Questo tipo di convenzionamento, già attivato da altre Regioni come la Lombardia, ha avuto risultati positivi. La parte innovativa rispetto alle attuali convenzioni con strutture di questo tipo, consiste nel fatto che la Regione indicherà specifici parametri sia per quanto attiene il numero dei posti letto da convenzionarsi, il numero di personale medico infermieristico che dovrà essere adibito esclusivamente a questo tipo di assistenza, le attrezzature ed anche la struttura alberghiera nel suo insieme.
La Regione si impegna ad esercitare in questa fase temporanea di convenzionamento un attivo e costante controllo sia nella verifica dei requisiti che durante il periodo di convenzionamento.
Questo nuovo tipo di convenzione consentirà un utilizzo più mirato e controllato dei posti letto convenzionati con le Unità socio-sanitarie.
Pertanto ogni Unità socio-sanitaria carente di strutture intermedie residenziali avrà a disposizione un numero predeterminato di posti letto immediatamente occupabili, in caso di necessità, su semplice e non rifiutabile richiesta sottoscritta dal Primario del Servizio Psichiatrico dell'USSL convenzionata.
In questa fase transitoria si dovrà prevedere anche la possibilità di attivare nuove convenzioni con strutture private che rispondano agli standard che verranno fissati dalla Regione per i centri di terapie psichiatriche, le comunità protette e le comunità alloggio. Le strutture convenzionate dovranno altresì comunicare settimanalmente alle UU.SS.SS.LL.
il movimento dei posti letto, affinché ogni primario del Servizio Psichiatrico sia sempre al corrente dell'andamento e dell'evoluzione dello stato di salute del paziente.
I criteri di questo convenzionamento dovranno essere elaborati dalla apposita Commissione entro 20 giorni.
Prima di concludere questa relazione sullo stato della Psichiatria in Piemonte restano da chiarire ancora tre punti: quello della Neuro psichiatria Infantile, quello dei Servizi Psichiatrici Giudiziari e quello sull'alcolismo.
Per quanto riguarda la neuropsichiatria infantile riteniamo che anche questa branca dovrà rientrare nell'ambito del Dipartimento di salute mentale, questo per far sì che vi sia una continuità terapeutica per l'assistito attraverso l'integrazione tra i vari enti che si occupano di questo settore.
La diffusione della neuro-psichiatria in Piemonte, come in gran parte delle Regioni d'Italia ha avuto una diffusione disomogenea lasciata spesso alla maggiore o minore sensibilità delle varie amministrazioni locali (Comuni, Province, Comunità montane). Tale situazione è dovuta al fatto che questi servizi sono stati aggregati in supporto o consulenza alla Medicina scolastica o ai Servizi per handicappati.
Riteniamo invece che si debba fare chiarezza di competenze ed il già citato Dipartimento di salute mentale normerà queste situazioni.
Per avere un quadro più chiaro della situazione regionale è opportuno dividere la realtà metropolitana torinese dal restante contesto regionale.
La situazione torinese è la seguente: tre sono le UU.SS.SS.LL. dotate di questi Servizi: USSL n. 1 presso l'Ospedale Mauriziano USSL n. 4 presso l'Ospedale Maria Vittoria USSL n. 9 presso l'Ospedale Pediatrico.
Per quanto attiene la restante situazione regionale questo Servizio è stato attivato in dodici UU.SS.SS.LL. direttamente ed in altre quattro UU.SS.SS.LL. sono stati attivati attraverso o convenzioni o con servizi aggregati alle Pediatrie.
Nelle restanti UU.SS.SS.LL. della Regione, il servizio è erogato o con convenzioni con l'USSL dotata di servizio, oppure attraverso personale convenzionato o dipendente dalle Divisioni di pediatria.
Altro elemento da tenere presente è quello degli alcolisti, anche se non è di stretta pertinenza alla materia trattata, in conformità a quanto previsto dalla vigente legislazione e le successive interpretazioni date dal Consiglio Superiore di Sanità, in cui si esclude l'utilizzo, oggi prevalente, di strutture psichiatriche vecchie o nuove, per il ricovero di alcolisti o tossicomani, a parte i casi di concomitante e prevalente patologia psichiatrica.
Per quanto attiene specificatamente il problema degli alcolisti, a livello regionale sono stati organizzati i corsi di formazione appositi con un intervento di esperti di fama internazionale, quali il prof.
Hudolin.
I fenomeni dell'assunzione di alcolici sono polimorfi, in quanto legati a numerose variabili quali: personalità del bevitore e incidenza di molteplici patologie ad esso correlate.
L'aspetto più rilevante è costituito dal fenomeno alcolismo come disturbo cronico del comportamento di un singolo individuo, comunque determinatosi. La risposta è quella dell'uso delle strutture socio sanitarie già operanti nelle UU.SS.SS.LL.
I soggetti che soffrono di tale patologia accedono all'area sanitaria attraverso tre vie: 1) medico di base 2) servizi territoriali 3) servizi ospedalieri.
Sovente l'alcolismo come disturbo cronico del comportamento è correlato a disturbi e privazioni sofferte nell'infanzia, disturbi psichici, ecc., è necessario quindi, di fronte al disturbo del comportamento del singolo per poter avere risultati positivi, formulare preliminarmente una diagnosi della complessa situazione clinico-sociale.
Al momento attuale questa possibilità è stata identificata esclusivamente a livello di consulenza nei servizi di tutela e salute mentale che hanno la competenza tecnica per assumersi un siffatto carico e che li mette in grado di affrontare il problema di fine discriminazione in tema di diagnostica psico-patologica; come tali sono quindi in grado di poter formulare una valutazione polidimensionale e quindi non solo strettamente clinica del caso.
Attualmente le UU.SS.SS.LL., attraverso le quali sono attivati i club alcolisti, secondo il metodo Hudolin, nella nostra Regione sono: l'USSL n.
30 di Chieri, l'USSL n. 44 di Pinerolo, l'USSL n. 58 di Cuneo e l'USSL n.
59 di Dronero.
A tempi brevi è programmata l'apertura di altri club presso le UU.SS.SS.LL. n. 31 di Carmagnola, n. 35 di Giaveno, n. 40 di Ivrea, n. 62 di Fossano, n. 63 di Saluzzo, n. 67 di Ceva, n. 68 di Asti e n. 71 di Valenza.
Un ultimo tema è relativo ai servizi psichiatrici giudiziari che, pure esulando dalle strette competenze regionali, ritengo debba essere evidenziato.
Anche in tale comparto si deve procedere ad una revisione critica dell'attuale situazione e la Giunta dichiara la più ampia disponibilità ad una collaborazione con i Ministeri competenti per arrivare ad una possibilità di integrazione con i Servizi Psichiatrici del Servizio sanitario nazionale.
Egregi Consiglieri, queste sono le linee sulle quali la Giunta è impegnata a lavorare nei prossimi mesi, con un profondo senso di realismo e senza paraocchi ideologici per migliorare la tutela della salute mentale in Piemonte.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, pongo una questione preliminare. Nella relazione dell'Assessore non si fa cenno alcuno alle ragioni che l'hanno portato a compiere un atto di cui ha parlato l'Italia e l'Europa.



PRESIDENTE

Ma questa non è una questione preliminare.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, in cinque minuti come è previsto dal Regolamento intendo spiegare le ragioni della questione preliminare, che consiste nella richiesta all'Assessore, prima che inizi il dibattito, di spiegare le ragioni che lo hanno portato a sollevare dall'incarico il prof. Pirella e che meritano una spiegazione. Il 21 luglio questo Consiglio regionale si è riunito per sentire dall'Assessore le ragioni di quell'atto e l'Assessore ha ritenuto in quella occasione di andare al mare anziché venire qui.
Secondo l'Assessore nessuna spiegazione è dovuta né alla persona né al Consiglio né all'opinione pubblica.
In queste settimane ci sono state molte riunioni su questa vicenda e sono state fatte molte ipotesi sulle ragioni che l'Assessore avrebbe portato. Nessuno pensava che l'Assessore si sarebbe presentato qui senza dire nulla.
Siamo profondamente colpiti dall'arroganza e dal disprezzo per le persone e per le istituzioni che l'atteggiamento dell'Assessore denota!



PRESIDENTE

Consigliere, per favore!



BONTEMPI Rinaldo

Il collega Montefalchesi ha ragione!



MONTEFALCHESI Corrado

Chiediamo che l'Assessore motivi le ragioni che lo hanno portato a sollevare il prof. Pirella dal suo incarico e lo chiediamo prima che inizi il dibattito!



PRESIDENTE

Consigliere, la questione che lei pone non è preliminare, ma è di merito e potrà essere sollevata nel corso degli interventi, quindi diventerà motivo di dibattito, ma io non posso accettarla come questione preliminare.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Pezzana. Ne ha facoltà.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la Lista Verde Civica è stata investita dei problemi dei malati di mente fin dal momento della sua costituzione in Gruppo politico e dell'ingresso in questo Consiglio regionale. I familiari si sono rivolti proprio a noi radicali, che nel 1977 raccogliemmo le firme necessarie per indire un referendum popolare per l'abrogazione delle vecchie leggi sui manicomi.
Un referendum che, se attuato, avrebbe permesso a tutta l'Italia di discutere sulla realtà manicomiale, sui progetti per preparare una buona legge. Questo referendum fu impedito perché il clima di allora era quello del compromesso storico e una legge pateracchio fu votata alla Camera con il voto contrario del Partito radicale. La legge 180 passò, e credo che chiamarla "legge Basaglia" offenda la sua memoria.
Questa legge aveva lo scopo di evitare il vuoto legislativo (si dice sempre così, quando si vuole impedire un referendum!).
In realtà in questi dieci anni quello che noi abbiamo avuto è stato proprio un vuoto legislativo e grazie proprio a quella legge che, a parte la chiusura dei manicomi, non offriva nulla per risolvere i problemi né dei malati né delle loro famiglie.
Riporto due frasi, una di Basaglia e una di Gervis, il primo scomparso perché defunto, il secondo ritiratosi in buon ordine perché disgustato da quello che ha visto dopo. Dal "Corriere della Sera" del 17 luglio 1986, in un articolo di Marcello Pera, che poi tornò su "La Stampa" in questi ultimi mesi con altri articoli sulla legge 180, diceva Basaglia: "Stiamo distruggendo una realtà repressiva, quella delle strutture psichiatriche ma nessuno può dire quale sarà il passo successivo".
Gervis scriveva su "Mondo Operaio": "Il riconoscimento della presenza storica di errori gravi e devastanti, di cui furono responsabili i politici non meno degli psichiatri più estremisti...".
Nell'autunno 1985 insieme ad alcuni psichiatri (il dott. Luciano, il dott. Crosignani e la dott.ssa Colonna, assistente sociale al Mauriziano) e insieme ad un gruppo di volontariato (la Bartolomeo &C.) e con Lia Varesio decisi di incominciare un'indagine.
Ne parlai anche con i miei amici psichiatri di allora, i dottori Bisacco e Munizza, che io conoscevo da vent'anni ed esposi anche a loro la mia intenzione di verificare, in quanto Consigliere regionale, quali erano le strutture e l'attuazione di questa legge in Piemonte ed esprimevo il mio interesse professionale quale Consigliere.
Però alle mie richieste, da parte di chi gestiva la psichiatria allora si rispose con preoccupazioni, timori, una cautela grottesca, quasi una paura di cosa sarei mai andato a fare, di cosa avrei voluto vedere.
Nel 1987, tanto per fare un esempio (i giornali li leggiamo tutti), vi furono molti drammi legati all'assistenza psichiatrica, ma questa è la punta di un iceberg. Citerò soltanto alcuni titoli di giornali: "Un giovane fuggito dal repartino psichiatrico del Mauriziano. Barricato con due ostaggi"; "Quando un malato diventa spettacolo: l'episodio di Via Nizza deve far riflettere"; "Tragica fine di un handicappato. Inutili ricovero e cura al CTO: morto nell'acqua bollente"; "Lite nell'ex manicomio: un ricoverato in fin di vita sfiora l'amico. Accoltellato"; "Quanti incidenti in quelle Cooperative?"; "Morire di pazzia all'Astanteria Martini: attratto dal vuoto si uccide in ospedale"; "Malato di mente, 25 anni, a Nichelino: 'Me l'hanno ordinato delle voci' uccide il padre a martellate"; "Storia di un uomo fuggito dal manicomio dopo 32 anni, dimenticato da tutti; quando morì non aveva nemmeno un nome"; "Denuncia di familiari contro l'ex manicomio di Collegno: un morto dimenticato e offeso"; "Sì, ho accoltellato mia madre perché non mi dava i soldi. Due versioni, poi Cesare confessa" "Handicappato trasformato in torcia umana mentre gli educatori giocano al pallone"; "Mentre si discute sui nodi non risolti della chiusura di manicomi, assale due donne al Mauriziano"; "Incendio doloso al Centro Psichiatrico"; "Veniva considerato un residuo?"; "Bimbo violentato da uno psicolabile"; "Il calvario di una vittima della 180".
Potrei andare avanti ancora a lungo. Speriamo di no, ha detto qualcuno però la realtà è questa, cari colleghi. Certo, è facile non leggere i giornali o dimenticarseli, però questi sono i titoli che devono far riflettere.
Alle nostre proteste venne messa in giro per tutta la città una tecnica che ha radici storiche molto chiare e matrici politiche ben precise da parte del Partito comunista e Democrazia Proletaria, con propaganda diffamazione, strumentalizzazione. Si diceva che volevamo la riapertura dei manicomi, che eravamo quelli che volevano restaurare, che eravamo la nuova destra reazionaria con una falsità della storia e di quanto era avvenuto.
Nell'aprile 1986 iniziano le visite mie, della dott.ssa Colonna, del dott. Crosignani e del dott. Luciano ai servizi e alle strutture piemontesi che durano fino all'autunno 1986.
Prima di queste visite, con molto anticipo, abbiamo mandato lettere ai responsabili degli enti di appartenenza degli stessi servizi. Naturalmente c'è stato chi ci ha ricevuto bene, ci ha accolto, ha aperto le porte e c'è chi invece ha tentato di boicottarci nel senso che si mandavano lettere di psichiatri che chiedevano provvedimenti disciplinari, si andava a vedere se gli psichiatri che mi accompagnavano erano in permesso oppure avevano lasciato il loro posto senza regolare permesso. Il dott. Bisacco mandava lettere ovunque per impedire che si verificasse questa ricerca, Concina gli dava bordone (controlli sulle cartoline di presenza dei dottori), insomma tutto l'apparato si muoveva per impedire queste visite. E se si muoveva qualche motivo doveva esserci.
Un caso emblematico. La dott. Vergani, ex Primario del repartino alle Molinette, ci ha rifiutato il permesso di entrare; e ricordo che la dott.
Vergani fu quella che quando un malato di Collegno fu trovato morto rosicchiato dai topi disse: "meno male era fuori dalla cinta, non è successo nel manicomio", quindi era libero, era sul territorio, nessun problema se poi moriva rosicchiato dai topi perché non era un problema manicomiale.
Molti operatori psichiatri hanno apprezzato questa iniziativa e ci hanno dato molti contributi importanti per capire, senza la loro disponibilità non avremmo potuto realizzare quello che abbiamo fatto.
Cosa abbiamo visto in sostanza? Chiedo ai colleghi la pazienza di ascoltare questo resoconto, perché se non si conosce quello che è avvenuto in questi due anni, è difficile capire perché siamo arrivati finalmente a questo dibattito.
Siamo andati a Collegno, la sede vecchia del manicomio dove ci sono ancora reparti con 300 ricoverati; abbiamo visitato le comunità alloggio quelli che vengono chiamati i repartini negli ospedali, le comunità alloggio terapeutiche dell'area torinese, le pensioni alloggio convenzionate per i malati di mente, le cliniche private e anche le sedi del volontariato laico e religioso. Devo confessare che per me radicale e anticlericale è stata una scoperta perché ho visto con sorpresa una serietà, un'onestà, una pulizia, non solo morale, ma anche fisica che non ho trovato nelle realtà pubbliche.
A Collegno i gabinetti, i "cessi" (come vengono volgarmente chiamati a Collegno) sia quelli di Collegno che quelli delle cooperative non sono paragonabili con quelli del Cottolengo. Invito tutti ad andare a vedere in quali condizioni sono. Questo è dovuto al pressappochismo e all'impreparazione non soltanto medica, ma anche psichiatrica, del personale delle cooperative che è causa della povertà e delle carenze degli interventi di recupero dei malati soprattutto di quelli gravi.
Impreparazione, pressappochismo, ideologismo, legati ad una precisa colorazione DP e PCI di quanti operano in quelle cooperative, in particolare in quelle dell'area di Collegno, Grugliasco e Rivoli.
Il 22 maggio 1987 abbiamo presentato alla stampa i risultati di questa indagine e abbiamo chiesto un esame dei dati forniti e un dibattito in Consiglio sulla situazione della nostra regione. Anzi, la Lista Verde Civica chiese i dati precisi e un'indagine regionale che sfociasse in un dibattito consiliare anche perché aspettavamo la risposta all'interpellanza presentata il 30 maggio 1986.
Il 4 giugno 1987 il Presidente Beltrami rispose con una lettera brevissima, che vi leggo anche perché mi sembra interessante per capire perché siamo arrivati solo oggi a questo dibattito e non prima: "Egregio Consigliere, ho esaminato la sua nota del 22 maggio scorso riguardante la situazione della psichiatria in Piemonte. Concordo sull'opportunità che il problema possa essere affrontato con apposito dibattito nella sede del Consiglio regionale.
Per quanto riguarda tempi e modi, ritengo debbano essere definiti subito dopo la pausa delle ferie. Di questo avviso è anche l'Assessore alla sanità che consiglia una precisa e attenta definizione preliminare dei diversi aspetti e in tale direzione si è impegnato ad operare nelle prossime settimane".
Questo è quanto intendeva il precedente Assessore e leggendo fra le righe scritte dal Presidente Beltrami citando l'Assessore Olivieri, emerge la volontà politica di chi intendeva invece tutto il contrario e cioè che il dibattito non ci fosse.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Non capisco, noi non volevamo il dibattito?



PEZZANA Angelo

Il Presidente Beltrami citava una frase dell'Assessore alla sanità il quale consigliava "una precisa e attenta definizione preliminare dei diversi aspetti" e in tale direzione l'Assessore si impegnava. Se questo fosse stato vero saremmo arrivati ad un dibattito prima di oggi.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Comunque c'era la disponibilità della Giunta.



PEZZANA Angelo

Sì, ma l'Assessore Olivieri è decaduto da Assessore e questi preliminari, molto lunghi, hanno sempre impedito di fatto che si arrivasse ad un dibattito.



ROSSA Angelo

Sono tue illazioni! Non è così!



PEZZANA Angelo

Siamo arrivati al dibattito soltanto oggi, collega Rossa. Non prima! Comunque ho citato una lettera del Presidente Beltrami non una mia.
Il 6 agosto dell'anno scorso sono andato con il dott. Crosignani a parlare al Commissario dell'USSL 1/23 Terribile, e gli abbiamo esposto tutte le nostre critiche alla gestione della psichiatria nella città da parte del gruppo di potere: Poli, Concina, Grassini, Bisacco, Munizza.
Il Commissario Terribile ci ha ascoltato e, avendo ritenuto serie le nostre obiezioni, richiese l'intervento del Servizio ispettivo regionale con una lettera datata 11 agosto proprio "sull'espletamento dell'attività di coordinamento del settore dell'assistenza psichiatrica". Il Servizio ispettivo sembrava aver concluso il suo lavoro, ma non è ancora disponibile presso l'Assessorato il risultato di quella ricerca. Ci venne risposto che l'Assessore doveva ancora firmare il documento finale. Io mi chiedo, e credo che sia curiosità non solo nostra, a quale conclusione è arrivato il Servizio ispettivo, quindi sarebbe augurabile che l'Assessore Maccari durante questo dibattito ci dicesse quali sono stati i risultati dell'inchiesta ordinata dal Commissario prefettizio.
Il 21 settembre 1987 presentavo un'interrogazione sulla Cooperativa "Progetto Torino" questo fiore all'occhiello, nato nell'82 con la collaborazione fra UU.SS.SS.LL. Comuni e Ufficio regionale per la riforma psichiatrica. Una voragine di soldi pubblici, questo può essere definito il "Progetto Torino", ancora adesso non si sa esattamente quanto sia costato al contribuente questo faraonico progetto che prevedeva nelle intenzioni di far uscire almeno 300 malati da Collegno, l'acquisto di case ed attività fra le più variegate. La Cooperativa Progetto Torino al completo si è occupata di tutto meno che della cura dei malati.
Molti primari, medici, infermieri da noi contattati si sono lamentati che, attraverso il Progetto Torino, sono stati inseriti in condomini malati gravissimi, con conseguenze gravi sul piano dell'impossibilità d'intervenire seriamente sul soggetto malato e in generale il risultato era l'apertura di nuovi conflitti anche con gli altri condomini. Credo che basti un minimo di buon senso per capire come l'inserimento di un soggetto malato di mente in un condominio normale non possa che provocare immediate reazioni di rigetto, che possiamo definire razziste, ma questa è la realtà.
E quando si parla di queste cose bisogna evitare l'ideologia e riferirsi ai dati concreti.
Il convegno che abbiamo organizzato il 19/20 ottobre dell'anno scorso si intitolava "Sofferenze e follia. Storia della 180". Vi hanno partecipato moltissimi operatori del settore, psichiatri, assistenti sociali, esponenti delle associazioni di volontariato, religioso e laico, delle associazioni di familiari, in primo luogo la Diapsigra, L'Arap. Le loro Presidenti, la signora Andretti e la signora Zardini, che da sempre si occupano con serietà e concretezza di questi argomenti e senza ideologia, hanno dato in questi anni un grosso contributo per far conoscere la realtà manicomiale.
E' proprio grazie a questo tipo di organizzazioni indipendenti e non legate ideologicamente ed economicamente ai gruppi di potere esistenti che le famiglie sono riuscite ad avere un interlocutore e un aiuto, senza dover necessariamente essere considerate motivo e unica soluzione dei problemi psichici dei propri congiunti. Il convegno è stato un primo momento di messa a fuoco del problema, il primo in questa Regione dopo che nel febbraio 1985 si era parlato in quest'aula di psichiatria.
Fra i molti interventi voglio citare quello di Piera Piatti, la quale insieme a Basaglia fondò a Torino l'associazione contro le malattie mentali, simulacro che da allora aleggia in via Vanchiglia avendo come unica preoccupazione quella di tormentare i genitori che ancora incautamente si rivolgono a quel centro. Diceva Piera Piatti, vera collaboratrice di Basaglia: "E' un convegno i cui presupposti e le cui finalità condivido pienamente con una solidarietà che nasce da una mia antica familiarità con la materia e coi problemi sempre attuali e sempre brucianti che essa ripropone; problemi che è penoso ritrovarsi davanti irrisolti, mentre dura da anni ininterrotta la discussione tra i detrattori reazionari della legge 180 e i suoi imperturbabili apologeti. Come se queste due posizioni fossero diventate un vizio inamovibile con l'eterno scambio di accuse teoriche e di contestazioni pratiche, con la critica da un lato sui difetti della legge e l'eterno lamento dall'altro sulla sua scarsa applicazione, come se questa vergogna nazionale non fosse invece un problema pratico di buon governo, di buona amministrazione, da affrontare su un terreno più empirico e meno lacunoso nell'interesse non delle diverse posizioni politiche o ideologiche in campo, e neppure dei gruppi, delle consorterie e delle corporazioni, ma dei malati, delle loro famiglie e dei cittadini in generale".
"Ho combattuto a suo tempo anch'io qui a Torino - continua Piera Piatti tra le fila di coloro che volevano riscattare il malato di mente dalla condizione di un oggetto al di sotto e al di fuori dell'umanità. Allora l'avversario da battere era l'ottusità dei benpensanti e la feroce autodifesa a oltranza di certi depositari della scienza psichiatrica o sedicente tale. Era una battaglia in cui la volontà di giovare immediatamente a malati tenuti in condizioni subumane dava un senso concreto agli ideali e ai valori di cui si faceva forte. A distanza di quasi vent'anni dall'inizio di quel movimento vedo con amarezza e senso di rivolta che, cambiati i linguaggi e i segni politici, il malato continua a essere un oggetto, la cui sorte è decisa a tavolino in base a presupposti ideologici mescolati a cristallizzazioni e interessi burocratici gestiti da una sinistra fiorita negli Assessorati. La difesa della 180, non più sostenuta dallo spirito e della pratica di Basaglia, e diciamo pure, anche se il termine è impopolare, della sua meravigliosa moralità, rischia di diventare una battaglia di retroguardia e non di progresso".
Questo ha detto Piera Piatti che con Basaglia iniziò a Torino la lotta contro i manicomi.
Nell'ottobre 1987 con alcuni Gruppi del Consiglio abbiamo preparato un ordine del giorno. Fra le altre cose chiedevamo che fosse revocato l'incarico al prof. Pirella, quale responsabile dell'Ufficio della riforma psichiatrica. E non è stato questo l'inizio di una campagna di persecuzione, ma il riconoscimento formale che il responsabile del dissesto e della gestione fallimentare della riforma in Piemonte, nonché il massimo ispiratore dell'ideologia catastrofica (e quando dico massimo penso all'Italia perché tutte le segnalazioni europee sul caso Pirella mi sembrano anche molto fuori posto) è stato proprio il prof. Pirella. Quindi doveva essere rimosso, come avviene in qualunque azienda. Quando il direttore non funziona, per cambiare marcia il responsabile del dissesto deve essere rimosso.
Dico anche però che nessuno può illudersi e noi non dobbiamo illuderci che basti rimuovere una persona per risolvere i problemi. Erano diversi gli slogan usati da Pirella: "tutti a casa", "tutti a lavorare", "il lavoro guarisce". Qui viene in mente, con un brivido nella schiena, l'"Arbeit mach frei" di Auschwitz: "il lavoro guarisce".
Il '68 ci aveva insegnato che il lavoro alienava, adesso invece ci viene riproposto che il lavoro guarisce.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Non c'è limite alla vergogna! Non c'è limite!



PEZZANA Angelo

I limiti poi li metterà il mio collega, per adesso mi lasci svolgere il mio lavoro di Consigliere.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ma vergognati!



PEZZANA Angelo

Questi sono problemi miei personali. So che ti sono di intralcio. Mi dovrai sopportare fino al 1990, a meno che non avvengano casi drammatici che mi coinvolgano a livello di vita o di morte. Sopportami!



PRESIDENTE

Consigliere Pezzana, le rammento che è scaduto il tempo a sua disposizione.



PEZZANA Angelo

Ho lavorato tre anni perché si arrivasse a discutere in Consiglio sulla psichiatria, chiedo scusa ai colleghi e li prego di avere pazienza dal momento che abbiamo tutto il giorno per parlare. Ritengo sia utile inquadrare il problema attraverso la storia di quanto è avvenuto e poi sar molto breve nella risposta all'Assessore Maccari.
Cito un episodio significativo. Il 22 giugno di quest'anno una troupe del TG2, diretta dal giornalista Annarita Mattei, tessera comunista, mi ha chiesto di accompagnarla all'ospedale psichiatrico.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedi sempre le tessere tu?



PEZZANA Angelo

No, è lei che me lo ha detto. Lo dico per voi perché non pensiate che fosse targata diversamente. Era targata da voi.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedi sempre le tessere quando vai a comprare il pane!



PEZZANA Angelo

Non le chiedo mai le tessere io! I radicali non chiedono mai le tessere: è l'unico partito che ha sempre avuto la doppia, tripla tessera per i suoi aderenti. Rinaldo, ti va male questo, cerca un altro argomento! L'accoglienza che abbiamo avuto è stata oggetto di una grossa "preoccupazione" da parte degli animatori, i quali si son dati da fare per diffondere in tutta Torino il fatto che noi avevamo arrecato violenza ai malati entrando illegalmente. Hanno anche inviato una lettera ai Capigruppo in Regione, e penso l'abbiano distribuita in tutta Torino, perché è arrivata a molti miei amici psicologi e psichiatri, dove si faceva presente la violenza che avevamo commesso. La lettera era accompagnata non dalle firme di chi la sottoscriveva, ma aveva allegato un altro foglio con le firme dei famosi familiari che protestavano per la nostra irruzione.
Avevano firmato un foglio in bianco senza sapere che cosa era attaccato dietro.
Il Difensore Civico, dottor De Martino, al quale questa lettera era pure arrivata, rispose con un'osservazione molto interessante: "Devo rilevare in via preliminare che il testo dell'esposto non risulta sottoscritto in calce, mentre le firme dei familiari degli ospiti e degli educatori della comunità sono state apposte in fogli separati, circostanza che potrebbe far sorgere dubbi circa la volontà di coloro che hanno firmato di sottoscrivere il testo dell'esposto medesimo". E aggiungeva: "Circa poi l'asserita imposizione dell'accesso e più specificatamente il suo correlativo assoggettamento, essi vanno ascritti come responsabilità ai gestori che l'hanno consentito. Infatti nell'esposto non si accenna a violenza fisica che, se ci fosse stata, avrebbe implicato l'iniziativa di una denunzia agli organi di Polizia da parte di coloro che l'avessero subìta.
Si deve quindi logicamente pervenire alla conclusione che si sia trattato di un'intervista in loco, comunque consentita dai responsabili sulla cui opportunità del consenso non sta a me formulare opinioni".
La violenza commessa da me è circolata per due mesi in tutta Torino come si era fatto prima con la volontà di reprimere i manicomi, nel tentativo di screditare e danneggiare la mia immagine pubblica, sempre con la solita tattica del raccontare falsità e menzogne per ottenere consenso.
Il 9 febbraio viene distribuita la prima relazione firmata da Maccari (questa è la seconda), prima che il caso Pirella venisse conosciuto anche dalla Giunta, e recava ancora le firme Pirella e Ruschena: Don Abbondio e la Perpetua, che, per fortuna, non hanno più firmato la nuova relazione.
In realtà la prima relazione era un poderoso elenco telefonico con tutto e il contrario di tutto: valorizzava un lavoro fatto, criticava le carenze faceva delle proposte, tutto con un linguaggio burocratico nel quale non si riconosceva alcuna responsabilità di quanto era avvenuto.
Il 25 marzo finalmente il Consiglio redige un ordine del giorno, a firma DC, PSDI, PLI, PRI e Lista Verde Civica, nel quale in sostanza si chiede l'allontanamento del prof. Pirella per cambiare aria e cambiare politica.



REBURDO Giuseppe

E la Perpetua?



PEZZANA Angelo

La Perpetua ne avrà ancora fino alla fine dell'anno, poi andrà in pensione. Comunque è un problema che riguarda l'Assessore e non me.



PRESIDENTE

Collega, le rammento ancora una volta i tempi.



PEZZANA Angelo

Chiedo ancora una volta scusa, signor Presidente, e prego il Consiglio di avere pazienza. Abitualmente non intervengo sulle cose che non conosco e quando intervengo sulle cose che conosco sono molto conciso. Non ho mai subissato nessuno, in tre anni non vi ho tormentato tanto. Questa volta consentitemelo perché l'argomento richiede molta chiarezza.
Di fronte a questo ordine del giorno che ha visto le forze di pentapartito e una forza di opposizione unite nel chiedere un cambiamento di linea politica...



STAGLIANO' Gregorio Igor

Quale opposizione? Ieri hai votato per il governo! Ma di quale opposizione parli?



PRESIDENTE

Le opinioni sono opinioni, anche quando parla lei esprime delle opinioni.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ma Pezzana ha votato gli Assessori ieri e questo non vuol dire fare opposizione. Lo trasferisca dall'altra parte dell'emiciclo!



PRESIDENTE

Quello è un giudizio politico.



PEZZANA Angelo

Dopo questo ordine del giorno, tutte quelle forze che erano rimaste silenziose, zitte, per le quali andava tutto bene (si rilegga la prima relazione Pirella: era tutto a posto, la 180 funzionava bene), visto che l'aria stava cambiando, si scatenano e chiedono, in quel momento, il dibattito sulla psichiatria che fino ad allora avevano snobbato perché era un problema che non esisteva, come se la gravità della situazione l'avessero scoperta soltanto dopo che Pirella aveva abbandonato il potere.
Quindi, difesa corporativa dei posti di potere fino allora occupati posti di potere che significano denaro. Basti pensare alle diarie che le UU.SS.SS.LL. passano alle cooperative per ogni malato in affidamento: 200 mila lire al giorno, e all'assoluta carenza, a volte completa mancanza, di assistenza effettiva e utile che non sia la compagnia o l'accompagnamento di alcuni malati, i più quieti, al mare o in gita. Difesa corporativa e anche difesa dell'ideologia che è servita a sostenere queste posizioni.
Il caso Piemonte diventa nazionale e il caso psichiatria finalmente esce su tutti i giornali in Italia. Come se la non riconferma di Pirella nell'anno del decennale della sciagurata non attuazione della 180, fosse stata la goccia per fare traboccare il vaso che invece in realtà era ampiamente colmo. Da tempo aveva traboccato perché le famiglie di quei malati che non possono permettersi una costosa clinica privata sono costretti a quel circuito della disperazione che l'Assessore Maccari chiamava sindrome della porta girevole che prevede i repartini, le comunità, le associazioni e spesso le parrocchie.
Abbiamo fatto un'inchiesta con la Bartolomeo &C, fra i 4.220 psichiatri italiani: il 5% si dichiara soddisfatto della legge 180.
Vengo alla relazione dell'Assessore Maccari. Nel giro fatto con gli psichiatri, i dottori Crosignani, Luciano, Colonna ed altri collaboratori non abbiamo mai trovato quelle strutture che secondo l'Assessore Bajardi, e poi secondo l'Assessore Maccari, dovrebbero esistere. Ci chiediamo dove sono i Centri crisi e le comunità terapeutiche. Sovente abbiamo trovato alloggi con dentro due pazienti. Le comunità di Collegno sono terapeutiche? In via Ventimiglia, lo faccio notare all'Assessore Maccari e a tutti i colleghi, passava per Centro crisi un alloggio al quarto piano che è stato poi chiuso per la disperazione di chi doveva andare ad operare.
L'Assessore Maccari a pag. 9 della sua relazione dice che c'è carenza di personale. Credo invece che questa perversa gestione decennale, firmata Ardito, Pirella e Bajardi, non abbia consentito al personale di esplicare nel modo più qualificato e proficuo la propria attività professionale.
L'Assessore non ha accennato ad uno degli aspetti più aberranti: la vorticosa rotazione del personale di assistenza in tutte le strutture del territorio. Questo perché, nell'ideologia dominante fino ad oggi, qualunque struttura con personale stabile riproduceva il manicomio.
Nel suo documento ho rilevato ancora la presenza ossessiva dei posti letto. Se i posti letto convenzionati con le case di cura private diminuiscono - come dice la relazione - non è perché c'è un lieve miglioramento in questo campo, ma semplicemente perché la volontà regionale prima era quella di decurtare ogni anno i posti letto convenzionati.
D'altra parte, qualunque persona di buon senso sa bene che quando la malattia mentale potrà essere sconfitta, i posti letto diminuiranno automaticamente, così come era successo per la tubercolosi.
La psichiatria affronta la malattia mentale con le armi che ha e purtroppo oggi molti strumenti sono ancora di carattere assistenziale.
Ci chiediamo però dove sono finiti oggi i famosi "maitres à penser" dell'antipsichiatria. Lo dico a quei colleghi fiduciosi del fatto che basti allontanare un irresponsabile dei servizi per cambiare le cose.
Non sono finiti in via Vanchiglia all'Associazione contro le malattie mentali, Associazione che oggi è stata giustamente superata da quelle che hanno fatto i familiari e i parenti, ma sono finiti nella Società Italiana di Psichiatria, a gestione Ravizza, che negli anni '70 veniva criminalizzata perché rappresentava gli interessi baronali. Oggi invece l'hanno trovata molto decente, molto utile e sono tutti lì, tant'è vero che il dott. Monizza ne è Presidente.
Non vorrei che sul cadavere del coordinatore svolazzassero degli avvoltoi di certi settori dell'Università che considerano in maniera molto anacronistica il Servizio sanitario pubblico come loro territorio di conquista. Faccio un esempio: nell'USSL n. 34 di Orbassano esiste un professore associato dell'Università, il dott. Furlan, che senza prestare alcuna attività di pratica clinica pretende di avocare a sé funzioni primariali di responsabilità di zona, un Servizio che non sa nemmeno come sia fatto uno schizofrenico.
La didattica dell'Università - per rispondere alla parte dell'intervento dell'Assessore riguardante questo argomento - richiede che venga riconosciuto con realismo, ma anche che il personale medico ospedaliero possa partecipare alla formazione dei futuri medici e specialisti con le proprie competenze specifiche. In questo quadro di riferimento occorre addivenire ad una convenzione tra Università e Servizio Sanitario Nazionale che preveda, per quanto riguarda la formazione psichiatrica, che l'Università si possa avvalere dell'opera dei medici ospedalieri, linea peraltro condivisa da tutte le confederazioni sindacali mediche.
Noi auspichiamo anche che l'Università oltre a svolgere le sue funzioni didattiche e di ricerca si apra anche sul territorio con un'esperienza clinica da confrontare con quella dei servizi pubblici.
Vorrei criticare alcuni numeri della relazione dell'Assessore che vengono presi per buoni quando in realtà sono delle mistificazioni nelle quali l'ex coordinatore era molto abile. Quando si legge alla voce d) "350 ricoverati a Torino e 329 ad Alessandria", la prima domanda che viene in mente è: "Con un bacino di utenza come Torino e uno come Alessandria, come è possibile che siano 350 i ricoverati a Torino e 329 ad Alessandria"? La spiegazione è molto semplice, basta andare a cercarla.
L'apparente riduzione dei degenti a Torino in rapporto alla non citata differenza di popolazione è il prodotto di una selvaggia trasformazione di ricoverati in ospiti. Questa è stata la grande raffinatezza escogitata dal prof. Pirella: li chiamiamo un po' "ricoverati" e un po' "ospiti". Ospiti è un nome meno inquietante, è un nome che tranquillizza. Si copre così il dramma della malattia mentale al prezzo dell'abbandono del malato alla propria sofferenza.
Per concludere vorrei dire che qualcosa del nostro progetto di legge è stato recepito e di questo va dato atto all'Assessore. Altre cose però non sono state recepite: per esempio il dipartimento. Che si faccia per perché sul dipartimento tutti sono concordi, qualunque forza politica è concorde, ma non è mai stato realizzato, tant'è vero che gli psichiatri seri si firmano "responsabili dei servizi di salute mentale" dell'USSL di appartenenza e non come fanno altri, ad esempio, il dottor Munizza che invece si firma "responsabile del dipartimento di salute mentale". I dipartimenti non ci sono, facciamoli! Mi auguro che l'Assessorato li possa realizzare.
Vorrei dire ai compagni comunisti che, due anni fa, noi eravamo quelli che facevano propaganda elettorale dicendo che volevamo i manicomi, usando parole che evocavano tristi ricordi. Ebbene, il convegno che il PCI finalmente è riuscito a fare il 6 luglio scorso ha un titolo interessante che io condivido: "Malattia mentale: cronicità, curabilità, abbandono".
Poteva essere il titolo del nostro convegno, perché noi siamo d'accordo su questi gravi problemi. Ve ne siete accorti però adesso e quando noi usavamo le stesse parole dichiaravate che noi eravamo dei reazionari perch volevamo riaprire i manicomi.
Attivazione dei servizi residenziali. Questo è un punto che noi condividiamo con l'Assessore, è stato infatti recepito dal nostro progetto.
Intendiamo però servizi veri perché queste parole possono nascondere ancora una volta una ideologia, di fatto, di ritorno. Quindi non furberie messe in piedi con ideologie, ma cose concrete.
E ancora: una miglior utilizzazione dell'ambulatorio con gli orari citati dall'Assessore, un pronto intervento psichiatrico che funzioni subito e la riqualificazione dei rapporti di convenzione con le case di cura private convenzionate.
Mi dispiace che altri punti del progetto di legge della Lista Verde Civica non siano stati recepiti: per esempio la collocazione dei pazienti dell'Ospedale psichiatrico in comunità site sul territorio di provenienza.
Quando da una parte politica si dice chiaramente che gli ammalati stanno scemando, mi chiedo come mai cinque nuovi primari sono arrivati nell'ospedale di Collegno; ci sono più primari psichiatrici a Collegno, con trecento malati, che in tutta la città di Torino! Mi dispiace notare dalla relazione dell'Assessore Maccari che i servizi psichiatrici giudiziari sono stati di fatto demandati alle strutture nazionali, mentre invece credo che la Regione sia responsabile di quanto avviene. I cittadini piemontesi internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, e uso la parola "internati" con profonda motivazione in quanto malati di mente, implicano precise responsabilità regionali. Gli ospedali psichiatrici giudiziari sono diventati di fatto il manicomio dei casi più difficili, quelli che vengono respinti anche dai servizi territoriali.
Chiedo all'Assessore, e su questo vorrei una risposta scritta, quanto si spende per l'assistenza psichiatrica nella nostra Regione. Domanda cui da parte mia e da parte dei ricercatori che hanno lavorato con me è impossibile dare una risposta. Questo è vergognoso! Si sa unicamente che le rette pagate alle cooperative per ogni degente partono da un minimo di 180.000 lire giornaliere (5.400.000 lire mensili), una cifra a carico del servizio pubblico incredibile, soprattutto se paragonata alle rette delle cliniche private che, per una cifra non superiore ai 4 milioni, danno un servizio che se non può essere chiamato ottimale è sicuramente imparagonabile a quello che il malato ottiene nel pubblico. Andate a verificare con i vostri occhi: le camere e i gabinetti sono puliti l'assistenza medica è prestata da medici e non da operatori.
La non conoscenza della spesa psichiatrica è comune a tutta la sanità piemontese, ma il motivo è anche semplice. Non è mai stata fatta una normativa regionale che obbligasse le UU.SS.SS.LL. a redigere bilanci veri non generici, come quelli tutt'ora predisposti e approvati. Il bilancio di Collegno è impossibile da decifrare anche da parte del più bravo fiscalista italiano! I bilanci devono avere specifiche articolazioni per tipo di spesa, per progetto, per servizio offerto e un'analisi dei costi che ogni azienda privata naturalmente conduce, ma che nelle aziende pubbliche della sanità non si vuole fare.
Allora, Assessore, a quando una normativa sui bilanci delle UU.SS.SS.LL.? Queste sono le cose serie e importanti da fare. Nella relazione non c'è un accenno a tutto questo.
Un'altra critica molto dura la devo fare. L'Assessore ha riproposto alla fine del suo intervento una Commissione. Mi fa piacere che abbia ridotto da sei a tre mesi, come era nella prima intenzione, il tempo di lavoro della Commissione perché produca delle proposte.
Non credo però che, così come è stata pensata e redatta, la Commissione possa concludere alcunché.
Le Commissioni servono soltanto a rinviare i problemi reali e non ad affrontarli. L'esperienza in questi tre anni in Consiglio regionale me l'ha insegnato e credo che i Consiglieri debbano riconoscerlo. D'altra parte, la Commissione di indagine alla fine del dibattito nel febbraio del 1985, che vide critiche pesanti, molte paragonabili a quelle che facciamo oggi, che fine ha fatto? Credo che un Assessore cosciente della responsabilità che gli viene attribuita, di fronte ai bisogni reali dei malati e dei familiari, debba avvalersi non di una Commissione pateracchio dove, a quanto posso immaginare perché è sempre avvenuto così, ci saranno un comunista, un socialista e un democristiano, con posizioni oggettivamente differenti perché ciascuno rifletterà e riverserà nella Commissione il proprio bagaglio culturale e politico, ma dovrebbe avvalersi di esperti con preparazione omogenea a quanto l'Assessore vuole realizzare per dare risposte immediate ai bisogni sulla salute mentale.
Con il suo progetto - sono facile profeta - come altre volte è già successo non arriveremo a nulla, arriveremo soltanto alla fine della legislatura, quando, secondo come l'Assessore avrà operato, potrà essere più o meno ben visto da una futura Giunta di pentapartito o magari da una futura Giunta di sinistra.
Vorrei invece che l'Assessore Maccari rischiasse di suo, facesse delle scelte e decidesse subito, come d'altra parte il Ministro Amato, del suo partito, quando sulla tragedia della malattia mentale ha preso posizioni credo ancora più radicali di quante ho espresso io nella mia relazione.
Credo che non si debba fare riferimento ad altre polemiche patetiche.
Ci sono molte persone che fanno politica illudendosi che la corazzata Potemkin stia per arrivare al porto. E non ho ancora alzato gli occhi per vedere che oggi alla guida della corazzata Potemkin non c'è più il capitano russo ma c'è Paolo Villaggio. Se si accorgessero che la corazzata Potemkin ha fatto il suo tempo e guardassero in realtà quelli che sono i bisogni reali della gente, forse non staremmo qui a parlare tanto a lungo. Mi scuso del tempo che posso avere tolto, ma spero di aver dato degli elementi di interesse al Consiglio.
Vorrei concludere leggendo una lettera che mi ha mandato il Presidente Viglione, firmata da un gruppo di familiari. Trovo giusto che in questo momento di discussione si sottolinei l'importanza di due elementi chiave della vicenda: i malati e i loro familiari.
"Illustrissimo Presidente del Consiglio, siamo un gruppo di genitori di giovani ammalati mentali che, lasciando passare il periodo di ferie ritiene doveroso riprendere il caso Pirella di cui i giornali parlarono.
Nessuno di noi prima di ora aveva mai sentito nominare codesto prof.
Pirella (non usano un italiano aulico, ma sono genitori provati da un'esperienza drammatica, quindi non bisogna guardare lo stile, bensì il contenuto) che invece avrebbe dovuto essere alla ribalta come organizzatore, creatore, coordinatore dei servizi psichiatrici nella Regione Piemonte. Tali servizi mancano quasi totalmente, come ben sappiamo noi genitori che ci troviamo in situazioni a volte disperate per far fronte all'assistenza dei nostri familiari. Ora, visto che il prof.
Pirella non è riuscito a portare la creazione delle strutture più indispensabili per l'assistenza psichiatrica, riteniamo che lui stesso avrebbe dovuto più onorevolmente dimettersi da tempo, lasciando la carica a persone più competenti. Distinti saluti".
Ci sono quattro firme che anche voi conoscete perché le avete lette.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivetti.



OLIVETTI Michele

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il dibattito di oggi si pone come un dibattito di grosso rilievo che ritengo debba essere affrontato con tranquillità, serenità e pazienza, evitando intemperanze che non possono certo giovare al rilievo che ha il tema che stiamo affrontando. Un tema nel quale ritengo ci sia ancora molto da scoprire, molto da studiare, molto da capire, molto da meditare e molto da programmare, soprattutto con tanta umiltà e con un approccio che non dimentichi (e qui lo richiamo solo preliminarmente perché non si possa pensare che mi vada disattesa questa attenzione) il rispetto per quella persona umana che soffre e che quando soffre di una malattia psichica ha maggior diritto al rispetto, rispetto che comunque deve sempre essere garantito a chiunque soffra e abbia bisogno di assistenza, sia essa sanitaria o sociale.
Il dibattito comunque si pone, al di sopra di polemiche contingenti che ci possono anche turbare o disturbare, in un momento storico ben preciso caratterizzato da tre aspetti ben individuabili.
Il primo è che siamo a circa 20 anni dall'inizio e dalla evoluzione di una rivoluzione culturale vera e propria nel campo dell'approccio alla malattia psichiatrica e che siamo ormai a 10 anni dalla esperienza conseguente all'attuazione della legge n. 180. Esperienza, in questi 20 anni e in questi 10 anni, che non va assolutamente dimenticata per quanto di positivo ci ha consentito di realizzare, riportando a termini accettabili, non solo sul piano sociale ma anche su quello etico e civile il rispetto del paziente che soffre di malattia mentale.
La seconda caratterizzazione di questo momento storico è l'inevitabile superamento di una cultura che negava comunque l'esistenza della malattia psichiatrica, per ricondurla riduttivamente solo alla perversa risultanza di situazioni ambientali sfavorevoli, conflittuali, emarginanti.
La terza caratterizzazione di questo momento storico, a mio avviso, è il riconoscimento e la constatazione che gli interventi proposti, sulla base di una simile impostazione ideologica, per alcuni aspetti sono risultati, alla prova dei fatti, inadeguati, insufficienti e comunque non in grado di dare sollievo in termini accettabili alla sofferenza di tanti pazienti psichiatrici e soprattutto alle loro famiglie.
Questo non vuol dire che non dobbiamo riconoscere i valori dei risultati acquisiti, a cui tutti siamo idealmente collegati quando, ad esempio, constatiamo il superamento di certe strutture manicomiali, di certe ghettizzazioni che venivano sofferte da questi pazienti; quando constatiamo il superamento di certo tipo di approccio o di certi atteggiamenti repressivi che venivano praticati nei tempi passati.
Per fortuna è una storia di civiltà che ci ha portato avanti e che non dobbiamo dimenticare, ma il riconoscimento dell'esistenza della malattia mentale oggi si pone come un riconoscimento obiettivo.
In molti casi essa riconosce una eziopatogenesi organica non più discutibile. Si pensi, per esempio, alla demenza senile o alla demenza precoce di Alzheimer, alle alienazioni sintomatiche di altre malattie organiche nell'ambito delle quali il danno anatomo-patologico del cervello è chiaramente dimostrabile o come atrofia di questo nobile tessuto o come danno dello stesso per la presenza di altre affezioni. Si pensi anche al fatto che, in alcune evenienze, malattie prima considerate psichiatriche sono poi risultate di origine endocrinologa: non a caso la sindrome di Cushing, che è un ipercorticosurrenalismo, è stata descritta per la prima volta, nel 1932, proprio in un malato psichiatrico internato in un istituto manicomiale.
Malattia, quella mentale, che in molti casi dunque si riconduce a vere e proprie patologie d'organo e che secondo le ultime scoperte della neurobiologia, in molti casi riconosce in danni ereditari o in danni enzimatici, biochimici e funzionali, che alterano la omeostasi cerebrale la ragione organica, concreta e dimostrabile della malattia stessa. Con questo non si vuol negare n' si vuole sottovalutare l'esistenza di fattori esterni, come quelli familiari, sociali o di interazione psicologica e di approccio, che continuano a costituire talora concause gravi e/o scatenanti in soggetti predisposti alla malattia psichiatrica.
Una malattia dunque che si presenta, come tutte le altre malattie d'organo, con diverse fasi: la fase acuta, la fase sub-acuta, la fase di remissione o la fase cronica.
E' una malattia che necessita pertanto di interventi differenziati che tengano conto di due elementi sostanziali: 1) il tipo di patologia psichiatrica che si ha da affrontare, tenendo conto se essa è sensibile o no alle terapie, se è suscettibile o no, e in quale misura di recupero 2) la fase della malattia stessa a seconda dello stadio in cui essa si trova: se è nella fase acuta, cronica o di remissione o di latenza.
Non esiste pertanto, ritengo, nessuna panacea universale, si chiami essa territorio, ambulatorio od ospedale, ma occorre, come mi pare sia stato giustamente evidenziato nella relazione dell'Assessore Maccari, tutta una rete di strutture che rispondano in modo adeguato ai diversi bisogni dei pazienti, a seconda della fase della malattia in cui si trovano, a seconda del tipo di malattia che presentano, e questo andrà fatto con realismo, pragmatismo e con l'aderenza alla più aggiornata preparazione scientifica.
A questo proposito andrebbe approfondito quanto è stato detto sulla collaborazione tra le Unità Socio-Sanitarie Locali e l'Università. Dovrà essere precisato, per esempio, quale percentuale di posti della scuola di specializzazione in psichiatria debba essere riservata ai dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale (l'Università di Milano mi pare ne riservi il 30%); dovrà essere promosso il riconoscimento, almeno parziale, del servizio svolto nelle UU.SS.SS.LL. ai fini del tirocinio pratico; dovrà essere precisata l'individuazione, con l'Università, degli ospedali di insegnamento da coinvolgere in questo processo.
E' in questo modo che la formazione dei nuovi specialisti sarà frutto di una effettiva collaborazione fra Università e Servizio sanitario, con vantaggio sia della preparazione teorica che dell'esperienza pratica sul campo dei futuri psichiatri.
Per quanto concerne la preparazione degli infermieri professionali ritengo molto opportuno che si rivedano i programmi di questa scuola cercando soprattutto di evitare che la preparazione di questi infermieri si trasformi solo in una sorta di dibattito politico sui contenuti di una legge, che stiamo discutendo. Questa scuola deve diventare invece una scuola di vera, concreta preparazione del personale infermieristico che è tra l'altro, quello più indispensabile per l'assistenza di questo malato, è quello che sta più vicino a tutti gli ammalati in generale, ma in modo particolare proprio a questo tipo di sofferente.
La situazione più drammatica che oggi comunque si pone alla nostra attenzione concerne, senza dubbio, quella che coinvolge pazienti e famiglie quando si è di fronte a soggetti psichiatrici necessitanti obiettivamente di istituzionalizzazione in ricovero in strutture, le quali però debbono essere idonee ed adeguate. Questo tipo di ricovero può essere necessario per periodi più o meno lunghi quando si tratta di fasi di ricaduta e per certe patologie addirittura a tempo indeterminato.
Queste ultime sono quelle forme non seguibili sul territorio o in semplici strutture protette, risultando estremamente limitati, per certi pazienti, i margini di recupero e per contro elevati i livelli di rischio degli stessi per sé e per gli altri.
Ricordo a questo proposito il sentimento di profonda soddisfazione dei parenti di un "autista", i quali avevano finalmente potuto constatare come l'impegno dell'equipe che seguiva questo paziente avesse consentito allo stesso di recuperare la capacità di allacciarsi le scarpe e di controllare la propria funzione sfinteriale. Fatto che dà la misura di quali possano essere i momenti drammatici che si vivono quando si è a contatto con pazienti che soffrono di queste malattie.
E' questo il settore in cui le attuali carenze favoriscono il proliferare, su spazi non occupati dall'intervento pubblico, di iniziative private che, logicamente e anche legittimamente, operano a scopo di lucro.
Esse peraltro offrono sollievo a situazioni familiari insostenibili, ma solo per quelle famiglie che sono in grado di sopportare un onere economico che per altri risulta assolutamente intollerabile. Non bastano certo le meritevoli iniziative del volontariato per dare sollievo in questo settore che è piuttosto ampio e diffuso: la malattia non guarda il censo personale di una famiglia quando colpisce.
Ritengo comunque che non sia più accettabile la sopravvivenza di quelle che sono state chiamate le strutture psichiatriche fantasma, strutture nelle quali i limiti tra il servizio prestato e la speculazione talora appaiono così sfumati da giustificare legittimi sospetti.
Ritengo che nell'immediato si renda di fatto necessario ed indispensabile un più adeguato e regolamentato utilizzo dei posti letti convenzionati nelle case di cura private. Queste fino ad oggi sono state lasciate senza controllo alcuno ed escluse dall'intervento di verifica da parte delle Unità Socio-Sanitarie. Esse debbono essere ricondotte al rispetto controllato di standards e requisiti prefissati in attesa che la rete delle strutture pubbliche sia adeguatamente e completamente attivata.
Oggi esistono iniziative private alternative nel nostro territorio - e anche questo è degno di essere ricordato - capaci per struttura e per impostazione di rispondere a buoni o perlomeno ad accettabili minimi standards per il riconoscimento del loro convenzionamento.
Queste strutture non si è mai voluto convenzionarle, lasciando molte famiglie nella disperazione per non poterne usufruire, o per immediata incapacità economica o solo fino al momento in cui si è esaurito il patrimonio di cui potevano disporre. In questo settore appare di fondamentale importanza non trascurare il diritto del cittadino alla libera scelta del luogo di cura.
Un breve accenno agli ex ospedali psichiatrici. Ritengo di poter sottoscrivere la prospettiva di piani adeguati di riconversione, mirati e concretamente adattati alle singole realtà locali, e il richiamo a far funzionare comunque in modo civile quello che già esiste, combattendo quella che l'Assessore Maccari ha giustamente chiamato la "psicologia del disarmo".
Per quanto riguarda il problema degli alcolisti in Piemonte, almeno numericamente assai più grave di quello dei tossicodipendenti, andrebbe valutata maggiormente l'opportunità di creare veri e propri servizi autonomi come è stato fatto in altre Regioni quali il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, pare con risultati buoni o comunque soddisfacenti.
Infine, per il drammatico problema degli ospedali psichiatrici giudiziari potrebbe essere attivato un apposito gruppo di studio sul problema, in collaborazione con l'Università di Torino, per giungere ad elaborare precise proposte da inviare ai Ministeri competenti che diano una soluzione al problema di quelle persone, residenti in Piemonte, che vengono attualmente internate in altre Regioni.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, concludendo mi pare di poter sottoscrivere l'indirizzo generale dato dalla relazione dell'Assessore Maccari, mi pare di poter sottoscrivere le iniziative e le scelte fatte nel limite e nell'ambito di quanto esse si pongono in una direttiva di operatività che tiene conto dei riferimenti ai quali mi sono richiamato in questo breve intervento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, consideriamo l'atteggiamento dell'Assessore Maccari un insulto nei confronti delle istituzioni della Regione e di tutti i Consiglieri, che hanno diritto di essere informati, e dell'intera opinione pubblica.
E' una linea di condotta inaccettabile, curiosa, "segreta". Noi vogliamo conoscere i motivi in base ai quali Pirella è stato allontanato dal posto di coordinatore. Chiediamo limpida trasparenza! L'Assessore è stato eletto da questo Consiglio e a questo Consiglio deve rendere conto.
E' inconcepibile un atteggiamento quale quello dell'Assessore. Egli non solo scaglia il sasso e nasconde anche la mano, ma si sottrae persino fisicamente al confronto e al dibattito, e alcuni mesi dopo torna in aula come se nulla fosse accaduto.
E' stato un atto pretestuoso quello di rimuovere dal posto di coordinatore il professor Agostino Pirella; un atto proditorio e anche cinico, infatti è stato compiuto mentre infuriava la polemica sul caso della ragazza malata di mente incatenata dal padre.
Tra l'altro, da oltre un anno imperversava una campagna politica e di stampa alimentata in modo unilaterale e fazioso dal Consigliere della Lista Verde Civica, a cui si sono poi associati o accodati Consiglieri dei Gruppi democristiano, socialdemocratico, liberale e repubblicano. E' stata una campagna forsennata e mistificatrice contro il prof. Pirella, la sua persona, il suo ruolo in Assessorato. Una vera e propria caccia all'uomo di inaudita gravità. Una campagna contraddittoria, che oscillava da una posizione di attacco frontale alla legge 180 a quella che accusava il coordinatore tecnico di non aver voluto e saputo attuare la riforma. E' sufficiente ricordare l'ordine del giorno del 25 marzo 1988 a firma di Consiglieri verdi civici, democristiani, liberali, socialdemocratici e repubblicani.
Per brevità un solo punto posso citare letteralmente, il primo.
L'ordine del giorno propone che "la Giunta si impegni a riesaminare l'opportunità del distacco presso l'Ufficio riforma psichiatrica dei due psichiatri provenienti rispettivamente dalle UU.SS.SS.LL. 24 ed ex 1/23".
Doveva essere il punto più importante: l'allontanamento dei due psichiatri.
Ma chi sinceramente può credere che i mali della psichiatria piemontese risiedano proprio nella presenza di quei due psichiatri all'Ufficio di coordinamento? Nessuno.
E' chiara la cattiva fede e l'obiettivo di togliere di mezzo i coordinatori che con più coerenza volevano far avanzare una politica di riforma e si scontravano con un pentapartito insensibile e persino disinteressato ai problemi della psichiatria piemontese.
E' stato quello il periodo, signor Presidente, in cui da più parti si è chiesto un dibattito approfondito sulla situazione della psichiatria in Piemonte.
Il Presidente della Giunta regionale trovò il tempo di partecipare al Convegno "Sofferenza e follia. Storia della 180" svoltosi proprio in quest'aula il 19 e 20 ottobre dello scorso anno promosso dalla Lista Verde Civica, ma non trovò il tempo, lo si è trovato oggi, per svolgere un dibattito approfondito in Consiglio. Si può dire che l'Assessore e la Giunta si sono deliberatamente sottratti al dibattito consiliare. E' trascorso oltre un anno, un anno di denunce delle sofferenze dei malati delle situazioni drammatiche delle loro famiglie, mentre continuava una campagna di strumentalizzazione e di mistificazione, comoda ed utile solo alla maggioranza che da oltre tre anni è assolutamente disimpegnata e persino disinteressata sui problemi delle carenze e delle disfunzioni dei servizi per la salute mentale.
Non parliamo poi delle inadempienze politiche dei governi che si sono succeduti a livello nazionale; non si contano queste inadempienze sia che riguardino la legge 833, sia che riguardino la legge 180. La mancanza di leggi o atti di indirizzo nazionali è stata assoluta. La riforma è stata negata e sabotata. Il Sottosegretario alla sanità, Maria Pia Garavaglia intervistata sulla legge 180 ha risposto: "Se dobbiamo giudicare la legge dalle proposte in essa contenute e dallo spirito informatore, dobbiamo render merito al legislatore, ma se diamo uno sguardo alla sua concreta attuazione, a quanto non è stato fatto per inadempienza o impossibilità pratiche, dobbiamo esprimere un parere negativo".
Le risorse sono state tagliate, falcidiate. Con le briciole non si attuano le riforme.
Idealmente - ha detto il Consigliere Olivetti - siamo con quelli che vogliono superare la segregazione. Si chiede, caro Olivetti, qualcosa in più: politiche concrete di attuazione della riforma.
Non possiamo dimenticare, signor Presidente, che la Regione Piemonte in oltre tre anni non ha speso una sola lira aggiuntiva alle risorse ministeriali per aprire servizi, anzi, l'unica spesa è stata quella per allestire una mostra presso il palazzo della Giunta, la cui logica era l'esaltazione delle case di cura private, dei manicomi privati. Non possiamo accettare il clamoroso capovolgimento delle parti che si tenta di attuare: politici che scaricano la responsabilità sui tecnici; nemici giurati della legge 180 che, dopo averla sabotata, apparentemente costernati dagli scarsi risultati ottenuti, versano lacrime di coccodrillo sui drammi dei malati e delle loro famiglie.
Non possiamo accettare che il rappresentante dei Verdi Civici non si accorga che da oltre tre anni c'è una Giunta di pentapartito e che continui imperturbabile a dare la colpa ai comunisti. Egli non dovrebbe dimenticare che c'è il pentapartito (tant'è che lui stesso ha votato a favore del Presidente della Giunta e, proprio ieri in quest'aula, di un Assessore).
Non possiamo accettare che gli stessi partiti di maggioranza si indignino di fronte ai drammi umani e dimentichino di avere il dovere e la responsabilità di governare questa Regione. L'Assessore a volte si improvvisa Capogruppo di un Partito di opposizione, dimenticando di essere l'Assessore. La sua relazione oggi non presenta minimamente lo stato della psichiatria in Piemonte. Assume impegni generici: promette fra sei mesi un disegno di legge, e così perderemo un altro anno.
A luglio avevamo detto che le responsabilità dei politici dovevano restare ai politici; che se i servizi psichiatrici territoriali non erano minimamente adeguati, le responsabilità erano dell'Assessore e della Giunta. Abbiamo fatto un manifesto il cui titolo era che si doveva licenziare l'Assessore e non il coordinatore. Eppure un'assurda commistione continua ad esserci.
Le responsabilità dei politici devono essere distinte dalle responsabilità dei tecnici. Qui invece le responsabilità dei politici vengono clamorosamente scaricate sui tecnici.
Noi comunisti vogliamo svolgere un'opera di demistificazione di una campagna mistificatrice che vuole rovesciare le parti, creare confusione per celare l'assoluta inerzia del pentapartito in questi oltre tre anni.
Vediamo alcuni aspetti significativi della vicenda. Sarebbe stato allontanato il prof. Pirella, perché uomo di potere, capo dell'Ufficio salute mentale. Ufficio composto, allora, da un funzionario a tempo parziale, un funzionario comandato, a tempo pieno, e una funzionaria in maternità, e con un tale organico doveva programmare, predisporre piani impartire direttive, stabilire criteri di ripartizione dei fondi verificare l'operato delle UU.SS.SS.LL., seguire il destino dei dimessi far funzionare il servizio epidemiologico! Da tempo si chiedeva, e si chiede, di potenziare questo ufficio, questo "gruppo di potere", che tra l'altro è stato smantellato.
E' stato detto che l'Assessore può utilizzare una Commissione tecnico scientifica di studio, composta da esperti di psichiatria. Un lodevole intento? No. Le Commissioni c'erano. Hanno operato quando era Assessore alla sanità un altro socialista, il prof. Olivieri. Hanno prodotto una documentazione seria, che purtroppo è rinchiusa nei cassetti dell'Assessorato. Resterebbe comunque il problema di un coordinamento dell'ufficio regionale. Non saranno certamente i consulenti esterni, che hanno altro da fare, ad avere rapporti quotidiani con le UU.SS.SS.LL. Ci che è scandaloso è che l'Ufficio di coordinamento abbia un organico così striminzito. Non è accettabile questo! O meglio, tutto ciò è in linea con lo stato in cui versa l'Assessorato e che è stato descritto ripetutamente dall'Assessore in quest'aula: "In base allo stato dell'Assessorato - egli ha più volte affermato - la sanità in Piemonte non è governata e non è governabile".
Perché l'Ufficio salute mentale non è stato potenziato? Di chi sono le responsabilità? Si è detto anche che l'allontanamento del coordinatore sarebbe da mettere in relazione ai nuovi indirizzi politici dell'Assessorato. A noi risultano sconosciuti, li abbiamo sentiti oggi per la prima volta. Forse ci si riferiva al programma d'intervento per la sanità della Giunta regionale nella seconda parte della legislatura? Ma quel programma è già stato dimenticato dalla Giunta e ormai non se ne parla più. Comunque, se ci si riferisce alla sintesi del lavoro svolto dalla Commissione tecnico consultiva sulla tutela della salute mentale (da pagina 79 a pagina 85) essa è stata prodotta dal prof. Pirella. Se invece ci si riferisce agli indirizzi del piano 1989-1991 è sufficiente leggere la deliberazione di Giunta: il problema della psichiatria è completamente sottovalutato.
Infatti c'è scritto: "Il secondo obiettivo è l'attivazione di centri residenziali diurni e notturni per la tutela della salute mentale". Tutto qui, non aspettatevi altro! La verità qual è? L'ha dichiarata l'Assessore Maccari su "La Stampa" del 17 luglio: "Di fronte al programma del piano triennale 1988/1991 - si tratta, come è noto, del piano 1989/1991, ma forse è stato il giornalista a sbagliare - si era presentata la necessità di creare un gruppo di coordinamento di fiducia". Ecco la verità: siamo ormai alla lottizzazione partitica dei funzionari! Ma non c'è solo questo. Noi ci interroghiamo su quali politiche stanno dietro l'operazione dell'allontanamento del professor Pirella e con quale macchina assessorile si pensa di portare avanti quei lineamenti di politica psichiatrica presentati nella seduta odierna.
Sono trascorsi oltre tre anni, che cosa è stato fatto? C'è un bilancio delle realizzazioni attuate da questa Giunta? Chi è responsabile del disimpegno? I due Assessori che si sono succeduti alla direzione della sanità, la Giunta, la maggioranza o il prof. Pirella? Chi ha governato in questi tre anni? Il coordinatore o il pentapartito? Il coordinatore o l'Assessore? Noi vogliamo partire dalle proposte che sono state presentate in Consiglio oltre tre anni fa dalla Commissione d'indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della riforma psichiatrica in Piemonte. Perché non ci basiamo sui risultati dell'indagine conoscitiva, sulle raccomandazioni emerse, per stabilire gli indirizzi di politica psichiatrica di cui abbiamo bisogno? Era emersa una realtà regionale complessa, disomogenea contraddittoria. Una realtà complessa, come sono complesse ed estremamente diversificate da individuo a individuo le cause del disagio mentale, come è complesso determinare una nuova ed efficace solidarietà lungo l'asse famiglia - comunità - società, imperniata su servizi sanitari moderni che superino l'istituzionalizzazione e la segregazione del malato di mente.
Una realtà disomogenea nella sensibilità culturale e politica, nelle esperienze di attuazione della riforma. Una realtà contraddittoria, come è contraddittoria la presenza di un forte elemento di delega delle famiglie e della società alle strutture sanitarie, alle strutture psichiatriche; come è contraddittoria l'insufficienza quantitativa dei servizi territoriali come è contraddittoria la presenza di servizi carenti anche dal punto di vista qualitativo, con organici sottodimensionati rispetto alle indicazioni del piano, soprattutto per il personale infermieristico, i cui veri problemi sono di qualificazione e di aggiornamento professionale.
Gli sforzi compiuti evidentemente non sono stati sufficienti. Ma diciamo la verità, questi sforzi sono stati limitatissimi da parte del pentapartito. Ora, a oltre tre anni di distanza, si presentano delle proposte. Noi ci attendevamo, visto che c'è voluto un anno per svolgere questo dibattito, che venissero presentati una relazione aggiornata sulla situazione della psichiatria in Piemonte e un bilancio di attuazione di questi tre anni di governo (si fa per dire) di pentapartito. L'Assessore ci dice che le strutture non sono state realizzate e, come al solito, "ci impegneremo, fra sei mesi presenteremo un disegno di legge".
Noi intravediamo nelle proposte dell'Assessore una linea controriformatrice, tutta incentrata sui posti-letto ospedalieri, sulla carenza di medici, problemi questi che noi non intendiamo sottovalutare.
Tra l'altro, perché non avete posto rimedio in tempo a queste carenze? Noi partiamo da un concetto: c'è una correlazione stretta fra presenza al Centro diurno e basso numero di ricoveri. Le proposte presentate ignorano la prevenzione, la riabilitazione, le strutture territoriali. Lo stesso giornale della DC "Il popolo" titola: "L'anello mancante sono i servizi territoriali". E l'anello mancante nella relazione dell'Assessore sono i servizi territoriali, sottovalutati e posti ai margini. E' importante dare risposte positive al problema dei posti-letto ospedalieri ma contestualmente occorre sviluppare le strutture e i servizi territoriali, le attività di formazione, qualificazione e aggiornamento degli operatori. E poi perché sostenere che ci sarebbe solo una carenza di medici e dimenticare tutte le altre figure di operatori psichiatrici? Tra l'altro la proposta di "pronto soccorso psichiatrico" l'abbiamo già sentita fare ai privati; ci risulta che centri privati stanno già predisponendo queste strutture. Noi sappiamo che dietro la drammatica vicenda della psichiatria si nascondono possibilità di affari di vasta portata. Di qui l'apertura al privato, alle case di riposo, alle cliniche variamente denominate. Tra l'altro, i centri e gli istituti privati fanno i soldi organizzando quella formazione che l'Università e le strutture pubbliche non fanno: corsi di aggiornamento, di formazione e di specializzazione.
Noi non abbiamo nulla da dire contro il privato quando ha i requisiti quando è affidabile, quando è competitivo. Si tratta spesso però di un privato legato alle varie cordate politiche dei partiti di maggioranza.
Si giustifica l'inerzia e il disimpegno della Giunta dicendo: manca uno strumento legislativo, ci doteremo di questo strumento legislativo presentando un disegno di legge fra sei mesi. Perché?



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Di sei mesi si parla nella bozza riservata del mio Assessorato.



CALLIGARO Germano

Naturalmente sarà un anno e mezzo.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

No, fra tre mesi! Ti è arrivata la bozza riservata. E' un lapsus questo.



CALLIGARO Germano

No, l'hai letta in aula. Fra l'altro, per correttezza, avresti dovuto presentarla prima!



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

La bozza riservata è un documento di lavoro che ha l'Assessore.



MONTEFALCHESI Corrado

Abbiamo capito che la relazione l'hai scritta insieme a Pezzana!



CALLIGARO Germano

E insieme ad altri.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ha bisogno di un servizio segreto per i suoi dipendenti.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Magari l'avessi! Sarebbe utile.



PRESIDENTE

Vi prego di lasciar proseguire il Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

L'appendice 11, approvata dalla Giunta nel 1984, è un eccellente strumento per fare subito le cose che sono necessarie: non occorre attendere sei mesi e nemmeno un anno o anno e mezzo, perché in effetti i tempi medi sono di un anno e mezzo. Diciamoci la verità! Se così stanno le cose, lanciamo una sfida aperta a questa Giunta.
Perché perdersi dietro disegni di legge quando gli strumenti già esistono e sono sufficienti le deliberazioni di Consiglio? Tra l'altro, alcune delle proposte presentate hanno l'assurda pretesa di modificare la legge 180. Non è concesso - il Presidente lo confermerà - ad una legge regionale di modificare leggi nazionali. Perché non unire tutte le forze di questo Consiglio e prendere in considerazione, anche con eventuali modifiche, la proposta di deliberazione di Consiglio avanzata dal Gruppo comunista, da DP e dalla Lista Verde? Perché perdere tanto tempo? Perché non destinare risorse aggiuntive a quelle ministeriali che noi indichiamo nell'ordine di 15 miliardi di lire? Perché non correre immediatamente ai ripari se la situazione è di vera e propria emergenza anziché attendere ancora presentare chissà quando proposte di strumenti legislativi che lasceranno il tempo che troveranno, perché tra un anno e mezzo la situazione sarà certamente ulteriormente aggravata.
La nostra proposta si collega strettamente ad un provvedimento nazionale che noi chiediamo urgentemente per la ristrutturazione e il funzionamento dei servizi di salute mentale su tutto il territorio nazionale in applicazione degli artt. 34, 35 e 64 della legge n. 833.
Il prof. Pirella, all'indomani del provvedimento, ha scritto una nobile lettera nella quale dice: "Ho la penosa impressione di assistere ad un tentativo, richiesto a gran voce dagli avversari della riforma, di offrire all'opinione pubblica un capro espiatorio per inadempienze di cui sono certo di non portare la responsabilità".
Non abbiamo la "penosa impressione", noi abbiamo la penosa certezza che si è cercato un capro espiatorio per non parlare delle politiche psichiatriche che la Regione Piemonte in questi anni non ha fatto. Questo accentuerà il peso negativo sui pazienti, sulle loro famiglie, sugli operatori e sull'intera comunità piemontese.
Fermo resta l'impegno nostro a combattere con la massima determinazione contro i rischi di un pericoloso ritorno all'indietro e per andare avanti.
La vastissima e profonda reazione di sdegno di questi mesi, di queste settimane, ci induce a dire che in questa battaglia di civiltà non saremo soli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, iniziando il mio intervento sul delicato problema della psichiatria non posso non concordare con l'ampia introduzione dell'Assessore Maccari quando ha sostenuto che il dibattito su questo argomento trascende in un certo qual modo la peculiarità della situazione piemontese e si va ad inquadrare in un progetto di più largo respiro concernente le esigenze di verifica della legge 180/78 ai vari livelli.
Il gran numero di UU.SS.SS.LL. sguarnite di qualunque presidio psichiatrico, l'esistenza di presidi creati prima dell'entrata in vigore della riforma, sono problemi che esistono non solo sulla carta, ma che pesano fortemente ed in modo diretto sulle esigenze dei malati e dei loro familiari, i quali molto spesso - come ha testimoniato la stampa - sono costretti a gesti disperati come risposta ad una mancanza di attenzione troppo generalizzata verso il problema.
Molti apprezzarono - a posteriori possiamo dire qualche volta in modo acritico e in parte dobbiamo fare un'autocritica - le novità introdotte con la legge 180 e lo slogan ad essa collegato "la fine del manicomio", slogan vuoto se si pensa che in Italia risultano ancora ricoverati negli ospedali psichiatrici pubblici circa 30 mila pazienti in condizioni che fanno arrossire un Paese sviluppato.
E' una riforma, dunque, che mostra evidenti carenze ad incominciare dall'insufficienza del dato normativo. In questo senso i repubblicani avevano presentato un progetto di legge contenente proposte di modifica di alcune disposizioni della legge 180, pur apprezzando la nuova visione della malattia mentale in essa contenuta come una normale malattia che escludeva tutele peculiari inserendosi nel quadro generale del problema della tutela della salute dei cittadini con particolare riferimento al rispetto della libertà e della dignità della persona umana.
Se da un lato viene una convergenza quasi unanime sulla denuncia della crisi, dall'altro viene invece una profonda discordanza di vedute tra coloro che imputano il parziale fallimento della riforma alle sue modalità di attuazione e coloro che lo imputano invece a difetti intrinseci della legge.
Come se ciò non bastasse, a volte si è incrementata la querelle con personalismi e radicalizzazioni ideologiche che hanno rischiato di spostare il nucleo della discussione dai problemi concreti e presenti sotto gli occhi di tutti a dissertazioni sui massimi sistemi sottovalutando gli sforzi di coloro che si adoperavano per apportare miglioramenti in base alle esperienze maturate al fine di rilevare il contenuto sostanzialmente valido della legge.
Ma i parametri di riferimento sono comunque sempre i fatti. E così se il dettato della legge condannava crudamente l'obsolescenza della vecchia struttura manicomiale occupata non nel recupero del paziente, ma nella salvaguardia della società moderna, che dire di quanto succede oggi? Abbiamo letto le interviste agli internati dei repartini che l'Assessorato ci ha inviato, fatte dall'Associazione Prevenzione ed Assistenza Malati Mentali; abbiamo letto di come vengono trattati i malati di mente; abbiamo letto degli infermieri che giocano a carte o lavorano a maglia con pazienti abbandonati a se stessi, pericolosi per la propria e l'altrui incolumità, legati e picchiati, con persone che abusano di loro a fini sessuali sfruttando l'inferiorità mentale causata dalla malattia.
Abbiamo letto di operatori che non parevano aver colto il loro lavoro gravoso indubbiamente, ma che comporta dosi di umanità, disponibilità e capacità di entrare in empatia con il paziente, che vanno al di là di una presunta o reale sterile professionalità.
Ci auguriamo che si trattasse di casi isolati anche se l'impressione che si è ricavata mi pare non fosse proprio questa.
Dalla verifica obiettiva e puntuale di questi casi e da questa testimonianza è sorta in noi la volontà di reagire a questo stato di cose andando al di là, ad esempio, della mera denuncia dell'insufficienza di strutture, della scarsezza degli spazi, della mancanza di collegamenti con altri servizi che costringono a ricorrere a forti dosi di sedativi o della limitatezza dei posti che induce talora a precoci dimissioni. Per non parlare poi dei malati che vivono presso le famiglie cui in genere viene fornita dai servizi extraospedalieri un'insufficiente assistenza, la quale porta, come abbiamo detto, ad azioni sconsiderate anche se umanamente comprensibili.
Il peso scaricato alle famiglie si rivela infatti molto spesso troppo gravoso rispetto ai mezzi delle medesime, così come appare chiaro che non fosse nello spirito della legge il chiudere i manicomi per addossare i problemi ai singoli cittadini. Anche questo è un evidente segnale del fatto che qualcosa non ha funzionato. Non basta però un dettato normativo per allontanare lo spettro di un passivo ritorno alla struttura manicomiale.
Ma a questo punto il problema è duplice: da un lato vi sono da apportare alcuni aggiustamenti alla legge cornice, ed in questo senso ci siamo mossi come Partito repubblicano presentando un progetto di legge che si rifà direttamente a quanto sostenuto dal Partito repubblicano a livello nazionale e dall'altro lato al compito che la Regione ha di riempire questa cornice di contenuti concreti, come è stato sottolineato giustamente dall'Assessore nella sua relazione.
Ma ciò che ci preme sottolineare è che, data la gravità e la delicatezza del problema, bisognerà cercare di evitare in qualsiasi modo il piccolo cabotaggio della polemica spicciola fatta intorno ad un nome.
Ridurre tutto a "Pirella sì, Pirella no", oltre che essere indubbiamente riduttivo significherebbe ricondurre la questione ad una polemica sterile poco rispettosa, tra l'altro, della sofferenza di tante persone.
In questo senso abbiamo apprezzato che la relazione dell'Assessore non sia entrata in questo ambito mentre si svolge un dibattito sulla psichiatria, anche se evidentemente rimane il diritto dei Consiglieri interroganti ad avere risposte sui quesiti che hanno posto.
Riconosco che chi ha presentato una interrogazione ha diritto ad avere una risposta. Nel discorso complessivo che stiamo facendo della riforma psichiatrica il caso Pirella non è un problema centrale, è un provvedimento amministrativo che merita una giusta risposta.
Quando abbiamo firmato l'ordine del giorno che è stato citato, non lo abbiamo fatto non con un intento di persecuzione personalistica, come qualcuno forse ha voluto dire, ma con l'intento di prendere atto di una situazione grave della psichiatria in Piemonte e ritenevamo che questa situazione grave dovesse essere rimossa. Nel momento in cui c'era qualcuno che impersonava la politica della psichiatria, non richiedevamo di rimuovere qualcuno, ma chiedevamo all'Assessore e alla Giunta se ritenevano opportuno mantenere le strutture così com'erano.
Sarebbe riduttivo risolvere tutto quanto con "Pirella sì, Pirella no" e sarebbe dannoso pure affrontare il problema in termini esclusivamente scandalistici o ideologici proprio nel momento in cui si sta sviluppando nella società civile un profondo processo di deideologizzazione anche nei confronti della stessa politica.
Ciò su cui riflettere è altro: ad esempio, il fatto che la nuova gestione della psichiatria non ha mediamente garantito nemmeno uno standard equivalente a quello del regime precedente e di ciò noi ci dobbiamo occupare in sede politica. Oggi che abbiamo sotto gli occhi i dati dell'esperienza abbiamo capito che non è possibile affrontare forme psicotiche gravi senza strutture di ricovero costituite appositamente per questo scopo e senza che sia consentita, attraverso procedure praticabili e razionali, la custodia coatta. Chi sostiene posizioni diverse pare abbandonarsi alla più pura demagogia, magari supportata da qualche slogan e non pensare di affrontare e risolvere un problema che tocca direttamente un numero piccolo di persone ma che riguarda tutta la società civile.
Questo, proprio considerando le crude e gravi sofferenze di tanti inermi, non sarebbe sicuramente serio. E' per questo motivo che il Gruppo repubblicano sollecita la Giunta a muoversi in questa direzione per contribuire ad affrontare e risolvere questi problemi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente e colleghi, sono certamente tempi difficili per chi voglia praticare gli indirizzi di civiltà della riforma psichiatrica e combattere la segregazione dei disadattati mentali. Se si ha a che fare poi con "ignavi telecomandati" e in malafede, il compito diventa praticamente impossibile.
Prendiamo Maccari che, con quale ardire!, si spinge a citare la sen.
Ongaro Basaglia.
Imbroglione, Maccari! Motivo questa mia affermazione...



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Presidente, la prego di richiamare il Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Motivo questa affermazione, perché dopo le quattro righe che ha citato ce ne sono altre due che chiariscono il senso di quell'affermazione! Impari a leggere e non a imbrogliare!



PRESIDENTE

In quest'aula non tollero che siano pronunciate parole ingiuriose.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Signor Presidente, la prego di far ritirare le parole "ignavi telecomandati".



PRESIDENTE

Rimprovero le parole che siano ingiuriose. Sospenderò la seduta se ulteriormente saranno pronunciate parole ingiuriose. Si possono dire le stesse cose senza ricorrere ad ingiurie.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Stamani sono state udite decine e decine di insulti nei confronti di persone che non sono nemmeno presenti e non hanno la possibilità di intervenire, per cui se lei vorrà condurre questi nostri lavori con la serenità e l'equilibrio che le compete, e che volentieri le riconosciamo allora dovrà tener conto di tutti questi elementi.



PRESIDENTE

Le parole pronunciate in quest'aula sono esenti da responsabilità penale, però c'è un'autodisciplina per quanto si pronuncia e c'è la tutela da parte del Presidente che non può permettere che siano pronunciate parole ingiuriose dai Consiglieri. Parlo di parole ingiuriose non di apprezzamenti od opinioni.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, è un giudizio politico.



PRESIDENTE

Ma un giudizio politico può essere espresso senza usare parole ingiuriose.



STAGLIANO' Gregorio Igor

E' un giudizio politico riferito ad un comportamento che noi riteniamo scorretto perché si imbrogliano le carte quando si citano parzialmente alcune righe, estrapolate dal contesto, senza nemmeno terminare la citazione. La sen. Ongaro Basaglia, dopo le parole citate dall'Assessore Maccari sulle difficoltà che riguardano i familiari e i degenti, cioè sulla non risposta data ai malati che si trovano nella condizione di avere bisogno dell'intervento pubblico, si riferisce a "luoghi tuttora privi di presidi psichiatrici" e a "servizi insufficienti e qualitativamente scadenti".
Se si vogliono fare le citazioni, signor Presidente, e non si vuole fare un insulto all'intelligenza di ciascuno, bisogna dirla tutta la frase e dire allora che questa insoddisfazione è determinata dal fatto che non ci sono presidi, che non viene attuata quindi la riforma.
Signor Presidente, cerco di recuperare il filo del ragionamento. La realtà della assistenza psichiatrica in Italia è stata documentata anche dall'indagine del CENSIS commissionata dal Ministero della Sanità nella quale risulta che il "14,8% della popolazione italiana, pari a 8 milioni e mezzo di abitanti, risiede in località territorialmente dipendenti da Unità sanitarie locali sguarnite di qualunque tipo di presidio psichiatrico.
L'istituzione di una larga fetta di questi presidi, pari al 36,6%, risale agli anni precedenti l'entrata in vigore della riforma, la quale dette solo un iniziale impulso alla creazione di presidi territoriali tra il '78 e l'80, seguito da un rallentamento dal 1981 al 1984".
Potrei proseguire con la citazione. Questi sono fatti! E' questa la realtà, signor Presidente, che ci fa denunciare da anni l'inattività dei governi e la volontà mai sopita di "revanche".
Noi, per rispetto nei confronti del dramma delle madri di Plaza de Majo, non diremo, come altri volgarmente hanno evocato, riforma "desaparecida", ma parliamo di riforma dimezzata perché al sabotaggio dall'interno di una conquista di civiltà parziale, ma essenziale, noi possiamo mettere i nomi ed i cognomi, quelli di chi ha governato la sanità pubblica e che a dieci anni dalla legge del 1978, signor Presidente, non ha ancora dato un titolare, un recapito, un ufficio a chi dovrebbe costituire qualche riferimento operativo, fisico presso il Ministero della Sanità; un riferimento concreto alla fatica quotidiana di centinaia di operatori a fianco del disagio più doloroso di migliaia di donne e di uomini, ed anche per amministratori che cercano di applicare le leggi. Una consapevolezza ed una inquietudine che vanno ben oltre i tradizionali confini politici.
Diceva non molto tempo fa Monsignor Pasini, segretario generale della Charitas, cito testualmente: "A leggere certi progetti di riforma della legge n. 180 - e si riferiva a quella dell'ex Ministro Degan mi pare che la preoccupazione principale che li ispira (riguarda anche progetti citati assunti a modello si direbbe, dall'Assessore Maccari) sia proprio quella di sbarazzare la collettività dalla "scocciatura" di venire a contatto con una realtà scomoda. Questo è secondo me - dice il Presidente della Charitas il significato reale della riproposizione di strutture di ricovero per lungodegenti assai simili ai vecchi ospedali psichiatrici; ma così si ricade nell'idea del tutto superata - aggiunge Pasini - sul piano scientifico che la malattia mentale sia inevitabilmente cronica ed inguaribile. Le strutture alternative previste dalla legge di riforma del 1978 non sono state sperimentate che in piccolissima misura, ed è assurdo riproporre le vecchie formule quando non si son volute percorrere le strade nuove".
Aggiunge ancora Monsignor Pasini: "Nel mondo del volontariato cattolico solamente il 3,3% si dedica ai problemi del disagio psichico".
E a noi, signor Presidente e colleghi Consiglieri, che concepiamo il volontariato come un ausilio ad un servizio pubblico organizzato e controllato dalle istituzioni democratiche, vicini come siamo all'esperienza di solidarietà che va sotto il nome di "privato sociale" non deve sfuggire come i tentativi di superare la reclusione manicomiale dei malati di mente abbiano dovuto andare controcorrente, proprio per l'inerzia e la passività e anche l'ignavia delle istituzioni democratiche maturate nel clima di indifferenza o insofferenza culturale su cui ci siamo soffermati poc'anzi.
I nodi che vengono riproposti prepotentemente sono quelli di mettere limiti alla socialità dei malati di mente, da intendersi questa proposizione di limite come individuazione di livelli di separazione necessari, dunque individuazione di strutture che consentano questa separazione. In secondo luogo, il concetto di pericolosità a sé e agli altri viene riproposto sia in senso proprio che tradizionale (problemi di intervento medico rapido, di sicurezza pubblica, agevolazioni del trattamento sanitario obbligatorio), sia come pericolosità nuova, dovuta alla realtà nuova del malato di mente che convive con gli altri individui provocando ansie e stati patogeni ai singoli, ma anche ai gruppi sociali.
Signor Presidente, le linee dell'operazione reazionaria e restaurativa dei principi della legge 180 sono il rimettere in primo piano il problema della difesa della società dei normali dalla invadenza dei malati, come dei diversi peraltro di ogni tipo e il rimettere in primo piano la scienza psichiatrica cui va affidata una esplicita delega culturale e sociale che per realizzarsi deve avere anche le condizioni strutturali e di protezione dalle influenze esterne in contrapposizione alla ripresa di farsi carico socialmente di questo problema, del disagio mentale.
Per quanto ci riguarda indichiamo alcuni nodi su cui l'iniziativa va concentrata per applicare realmente ed andare anche oltre, laddove necessario, la riforma della legge 180/78.
I problemi del disagio della salute non possono essere affrontati solo con semplici interventi riparatori di tipo medico-specialistico. E' necessario dare l'avvio ad una vera e propria politica della prevenzione del disagio sociale. Guardiamo alle nuove utenze in particolare, in quanto non sono pensabili due ambiti separati: una società che disgrega, perché è questa la realtà in cui viviamo, che emargina ed una psichiatria che ritira i malati, li riaggiusta e li restituisce alla società, oppure, non li restituisce affatto.
Per quanto riguarda il rilancio dei servizi psichiatrici è necessario secondo noi, tener presente che non è possibile delegare in toto ai servizi la gestione dei malati di mente, così come è necessario costruire una molteplicità di occasioni di appoggio al sofferente mentale, alle loro famiglie, per consentirgli di convivere e di reinserirsi meglio nella società. Queste sono le linee di fondo su cui pensiamo che si attestino le battaglie di civiltà.
La realtà del Piemonte. E' sconcertante, signor Presidente, il ragionamento dell'Assessore.
Dov'era il suo predecessore Olivieri al quale, Maccari, se non abbiamo capito male, gli ha dedicato una requisitoria mica male? La si potrebbe fare molto lunga al riguardo.
Alcune cose sono state dette dal collega Calligaro, altre cose saranno aggiunte successivamente nel dibattito. Noi ci limitiamo a dire che alle cinque UU.SS.SS.LL. sede di ospedali psichiatrici del Piemonte, sono stati erogati solo 2 miliardi e 600 milioni di fondi vincolati con la finalità di incentivare il miglioramento delle condizioni abitative e di facilitare l'istituzione delle aree di ospitalità.
"Risorse modeste - è una citazione testuale - derivanti dalla modestia delle risorse disponibili per il progetto Salute Mentale". Risorse utilizzate solo parzialmente dalle UU.SS.SS.LL. La citazione è ripresa dalla relazione sullo stato di attuazione del progetto "Tutela della salute mentale nella regione Piemonte" presentata il 9 febbraio di quest'anno alla V Commissione permanente del Consiglio. Relazione che l'Assessore mostra di non conoscere.
Sempre da questa relazione emerge come solo il 25% dei servizi di salute mentale nella Regione ha un orario di apertura settimanale superiore alle 50 ore e solo 1/3 delle UU.SS.SS.LL. dispone di strutture residenziali o di centri diurni. Altro che scontro ideologico, collega Ferrara! Questa è realtà materiale, concreta, politica amministrativa non fatta, non fatta grazie anche ai tagli alla spesa pubblica che i vostri Governi vanno apportando, che apportano e apporteranno ancora di più nel prossimo futuro.
Una ricerca condotta da assistenti sociali dell'USSL 1/23 nel luglio 1987 sull'utenza delle pensioni ha evidenziato che solo il 18% dei 196 collocati in pensione proviene dagli ospedali psichiatrici, mentre il 40 proviene dalla famiglia. Ciò significa fa osservare sempre questa relazione che la domanda di residenzialità viene dalla nuova utenza, da quel disagio, da quell'emarginazione che si vuole rimuovere, incarcerare di nuovo in strutture separate.
La relazione si concludeva indicando come strumento operativo per orientare le UU.SS.SS.LL. al lavoro concreto su questi problemi una deliberazione di Consiglio che l'Assessorato non ha mai proposto.
E qui ci viene annunciata una ventilata riforma legislativa.
Questa proposta di deliberazione la facciamo noi. Abbiamo lavorato mesi e mesi, andando a verificare nei servizi di salute mentale, incontrando operatori; abbiamo lavorato un anno per mettere a punto queste proposte che abbiamo consegnato all'Ufficio di Presidenza, che abbiamo sottoposto alla discussione di altri Gruppi e che è stata firmata, oltre che dal sottoscritto, dal collega Capogruppo Bontempi e altri Consiglieri del Gruppo comunista e dal Consigliere Ala.
In questa proposta di deliberazione ci siamo permessi l'opportunità di ricordare che, all'atto dell'approvazione del Piano socio-sanitario 1985/1987 (lei, signor Presidente, era a capo del governo regionale) venivano delegificate le appendici relative alle politiche settoriali compresa l'appendice n. 11: "Azioni per la tutela della salute mentale" con l'impegno da parte della Giunta regionale in quell'occasione a ripresentarle sotto forma di specifici atti deliberativi entro sei mesi dall'approvazione del piano.
E guardate che lo stesso titolo: "Azioni per la tutela della salute mentale" l'abbiamo messo sulla deliberazione che ci auguriamo venga affrontata e discussa rapidamente nella competente Commissione consiliare.
A noi pare necessario ribadire da un lato l'urgenza di una iniziativa regionale nei confronti del Governo nazionale (se lei ne è capace Assessore Maccari) per colmare il grave vuoto di indicazioni operative alle Regioni e alle UU.SS.SS.LL. Dall'altro lato impegniamo il governo regionale a dare piena attuazione, a tre anni e mezzo dalle risultanze della Commissione di indagine, a quelle realizzazioni operative già individuate nella proposta di Piano socio-sanitario regionale 1985/1987, con gli opportuni aggiornamenti indicati proprio dal dispositivo della deliberazione proposta. Dispositivo che riguarda la risposta all'urgenza e alla crisi e quindi la costituzione di comunità terapeutiche per l'accoglimento in spazi di residenzialità dei sofferenti mentali; la presenza mirata degli operatori 24 ore su 24; l'assistenza a domicilio dove ne ricorrano le condizioni e le circostanze, s'intende con il consenso, la collaborazione e il supporto dei familiari. Il Servizio psichiatrico ospedaliero di diagnosi e cura noi confermiamo che deve avere un numero di posti letto non superiore a quindici e che i servizi stessi devono essere collocati negli ospedali sede di Dipartimento di emergenza e di accettazione.
Potrei riprendere punto per punto l'articolazione di queste proposte ma procedo con rapidità.
In terzo luogo, l'USSL può individuare le strutture residenziali e riabilitative nella rete di residenzialità, tutelare comunità alloggio con posti destinati ad utenti dei servizi di salute mentale, con protezione differenziata in rapporto alle esigenze dell'utenza, realizzando anche un'organizzazione di comunità terapeutica.
E poi la qualificazione degli operatori per la salute mentale; la proposta di ampliamento di pianta organica sulla base della riconsiderazione delle figure professionali derivanti dall'esperienza di questi anni, per realizzare l'apertura dei vari servizi integrati 24 ore su 24.
Inoltre il superamento degli ospedali psichiatrici, perché è tutt'altro che superata questa realtà. Dovrebbe richiamarci l'attenzione quanto è avvenuto ad Alessandria non tanto tempo fa.
E ancora l'attuazione di programmi di educazione sanitaria con gli opportuni collegamenti con le istituzioni locali e le forze sociali e culturali, al fine di illustrare - altro che barriere ideologiche, altro che recinti di potere! - i problemi inerenti la salute mentale; dare e ricevere informazioni sulla sua difesa; permettere e favorire la partecipazione di singoli soggetti o di associazioni come volontari, tutti quelli che sono disponibili, all'interno dell'area socio-sanitaria.
L'attuazione di programmi di ricerca conoscitiva sul territorio, sia come sede di sviluppo delle cause di disagio psichico - ritornerò su questo punto - sia come conoscenza delle possibili risorse per la reintegrazione sociale.
Agli oneri finanziari derivanti dalla applicazione di queste proposte si faccia fronte mediante il Fondo di riserva per gli interventi da adottare in corso d'anno previsto dal riparto tra le UU.SS.SS.LL. del Fondo sanitario nazionale per il 1988, che è di 5 miliardi, e del Fondo per gli investimenti 1988, di 10 miliardi. Altro che aspettare riforme legislative, se davvero la situazione richiede quell'intervento tempestivo che tutti quanti noi riconosciamo e che ci assilla.
La situazione di fatto è che il Servizio psichiatrico regionale non esiste. Esisteva, prima della bravata dell'Assessore Maccari, un Ufficio di salute mentale nell'ambito dell'Ufficio della programmazione regionale privo di strumenti operativi per la gestione del personale. Altro che gerarchia di potere e così via! Contrariamente a quanto avviene in altre Regioni, i responsabili dei servizi psichiatrici delle UU.SS.SS.LL.
piemontesi non fanno parte dell'Ufficio di direzione della Unità sanitaria con gravi danni nell'integrazione operativa dei servizi stessi. Non si tratta di aggiustare una ruota bucata. Si tratta di persone, con bisogni con una materialità di esistenza.
Come si fa a concepire un servizio socio-sanitario integrato, centrato sull'interesse per la persona; come si fa a combattere la separazione dal trattamento psichiatrico; come si fa, se i responsabili dei servizi psichiatrici delle UU.SS.SS.LL. restano fuori dai luoghi dove viene decisa la politica concreta delle Unità socio-sanitarie stesse? La situazione è che i budget di bilancio destinati alla psichiatria sia a livello nazionale che a livello regionale, non sono vincolati invece lo devono essere per evitare che si perpetui la pratica attuale secondo la quale neanche il 10% delle risorse destinate dalle varie leggi finanziarie ai servizi psichiatrici finiscono effettivamente ad essi. La Regione deve quindi vincolare finalmente l'uso dei fondi per il superamento degli ospedali psichiatrici e l'applicazione anche oltre la riforma.
Invece abbiamo sentito l'Assessore cavare dal cappello due conigli. Gli indirizzi di fondo, pur non condivisibili dal nostro punto di vista conteranno poco. Quelli che avranno rilievo sono i provvedimenti stralcio ossia due ambulanze per il servizio di emergenza psichiatrica. Non sono l'apertura 24 ore su 24 (o almeno 12 ore come prevede il contratto nazionale della sanità e l'Assessore dovrebbe conoscerlo a menadito), non questi interventi che possono affrontare di petto l'emergenza, i disagi, i conflitti personali e dei familiari, ma due ambulanze per il servizio di emergenza psichiatrica! Poi c'è - guardate un po' se poteva mancare - il potenziamento delle convenzioni con i privati, come espressamente dice l'Assessore hanno fatto in Lombardia. Già, proprio come hanno fatto in Lombardia suscitando scandali e caduta annessa e connessa in questi giorni di Tabacci, luogotenente di De Mita.
L'esperienza delle convenzioni d'oro dell'industria della malattia a Torino non ha insegnato nulla. Senza contare poi che l'Assessore si guarda bene dal dire chi controlla le convenzioni visto che ha smantellato di fatto quel piccolo tassello dell'Ufficio di salute mentale.
Naturalmente, le briciole lasciate dalla scure dell'on. Amato ingrasseranno gli intraprendenti. Infatti, l'Assessore si guarda bene dal citare le iniziative che pure costituiscono fatti precisi che hanno costruito quel poco di civiltà, per noi drammaticamente insoddisfacente con le iniziative del privato sociale per promuovere e gestire esperienze di riabilitazione e risocializzazione del disturbato psichico. Scompare dall'orizzonte questo problema che naturalmente non è meritevole delle ampie citazioni fatte ad arte dall'Assessore o da chi per lui ha confezionato la relazione al progetto di legge firmato da quasi tutti i Gruppi consiliari e che giace in discussione in Commissione.
Signor Presidente, noi aspettiamo al varco politico l'Assessore in Commissione per analizzare proposte di deliberazione o progetti di legge laddove temerariamente non si riprometta di fare cose impossibili, di modificare la legge 180.
Per fare proposte amministrative concrete e per proporre una politica non abbiamo bisogno di organizzazioni "loggistiche" (mi riferisco alla loggia). Per parlare e farci ascoltare non abbiamo bisogno di indossare il cappuccio in qualche vecchio palazzo del centro, noi non facciamo libri bianchi con gli anabolizzanti, perché se solo ci fosse uno straccio di anti dopping in questa "monocultura" della informativa, questi libri bianchi con gli estrogeni non avrebbero passato nemmeno le eliminatorie. Altro che arrivare in finale! Il segno culturale e politico dell'offensiva è chiaro: ne abbiamo avuto testimonianza volgare stamani in quest'aula. Ricostruire valori e gerarchie sociali è il pedaggio da pagare da parte di qualcuno per entrare nella galleria degli "agnellidi" (da Agnelli, avv. Gianni) a suggello della ricostituita gerarchia dei valori individualistici della società e di protezione della famiglia dai diversi. Ognuno stia al suo posto! Riflettiamo su questo. Ho provato ad interrogarmi sul perché della virulenza con cui il collega Pezzana si è accanito su questi problemi e contro persone che non hanno avuto mai la possibilità di difendersi pubblicamente in un contraddittorio.
Quale miglior veicolo di chi può accampare un qualche passato di diversità. Vedete, Pezzana notoriamente funziona con le targhe. Dovremmo però guardare il pulpito da cui viene. Ha fatto un elenco di nomi e naturalmente per il futuro propone che non ci siano targhe, ad esempio quella del dott. Luciano, quella del dott. Crosignani oppure quella del dott. Meluzzi, naturalmente tutti questi non sono targati. Alcuni di loro si sono candidati con lui nella Lista Verde Civica nel 1985. Vi ricordate la campagna elettorale del 1985? Si voleva fare lo sfondamento a Torino del 7-10% delle forze. Per quella campagna elettorale verosimilmente furono spese decine di milioni di lire perché campeggiavano, quelle proposte, su intere pagine, per intenderci sull'ultima, quella più cara, de "La Stampa" giornale quotidiano del mattino, perché ha le tariffe più alte di "Stampa Sera". Questo sfondamento si ridusse...



BONTEMPI Rinaldo

Noi infatti dall'ultima pagina ci siamo ritirati perché costava troppo.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Per far sapere che il compianto Primo Levi votava per Democrazia Proletaria e per Bianca Guidetti Serra, ho dovuto andare alla Publikompass con 3 milioni e mezzo di lire per un quadrato di 8 centimetri per 8, che naturalmente non poteva essere pubblicato sulla pagina più letta de "La Stampa": la cronaca di Torino. Conosco l'ambiente, perché ancora scrivo su qualche giornale, cosicché in quella circostanza un collega di buon cuore si adoperò. Siccome il pezzo poteva uscire soltanto di domenica, ultimo giorno utile di campagna elettorale per consentire una riflessione, il mio collega si adoperò per far mettere quel quadratino nella pagina dell'agricoltura che la domenica è la pagina più letta in Piemonte dopo quella della cronaca cittadina. Questo per dire che quell'operazione di sfondamento, che costò centinaia di milioni, si dovette accontentare dell'1,8%, che io non dico misero perché noi prendemmo l'1,7%.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Non è detto che se c'è DP la seduta è agitata e se non c'è DP non lo è.
Era agitata anche allora. Altrimenti DP passa per una forza di agitazione.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Qualche piccolo problema, a giudicare anche dalle reazioni dell'Assessore, ogni tanto lo poniamo. Comunque, siccome siamo stati citati tra i gestori della politica sanitaria, gli ispiratori di qua e di là, devo soltanto ricordare quello che è alla storia e cioè che noi non c'eravamo nella precedente legislatura né nell'Assessorato e nemmeno in Consiglio.
Se si ragiona con le targhe e con gli stralci dei giornali, non posso appellarmi a dossier voluminosi perché queste cose non fanno notizia.
Bisogna andare sulla seconda edizione di "Stampa Sera", quella letta ancora di meno, per trovare il 18/8/1988 la notizia, che non si ritroverà il giorno dopo sul giornale primogenito, di una ricoverata alla clinica privata Villa Patrizia, situata in regione Giorda n. 6 a Piossasco, una povera ammalata di mente che si era impiccata con il filo della televisione. Succedono anche nelle cliniche private queste cose, solo che non si fanno le campagne stampa e non perché si vuole affrontare con equilibrio il problema.
D'altra parte Pezzana ha grandi possibilità di essere citato a destra e a manca, non è da tutti, e così l'Assessore Maccari si profonde in lodi per la proposta di abolizione dell'Ospedale psichiatrico giudiziario. Peccato però che non mi risulta - smentitemi se sbaglio - che ce ne siano in Piemonte! Tanto per accampare qualche patente di democraticità che in questa vicenda è difficile attribuirgli.
A proposito di ricerche e di associazioni di familiari vorrei dire al "nostro" che l'attività del Centro crisi di Ventimiglia è ampiamente documentata su un numero dei "Fogli di informazione", giornale promosso dall'Associazione per la lotta contro le malattie mentali. Nella sua attività da certosino, come abbiamo avuto testimonianza stamani, nel leggere le cose peggiori apparse sulla stampa, Pezzana si dimentica di leggere le riviste serie.
Siamo dunque qui, dopo aver incamerato, come dice il segretario socialista Garesio, la testa di Agostino Pirella. Un appuntamento a cui vi siete sottratti per mesi e mesi con artifizi vari, fino a giungere al tentativo di distogliere e disorientare la partecipazione degli operatori al dibattito odierno. L'ultimo tentativo è dell'altro ieri con la falsa notizia data agli operatori dell'anticipo a giovedì del dibattito programmato per oggi. Non era difficile, e a chi ci interpellò lo dicemmo intuendo la fonte di cotanta precisione, capire che si trattava di una "fregatura", da Frego di nome e di fatto.
Sulla rimozione del prof. Pirella, con vacanza sulla costa adriatica annessa, assunto come capro espiatorio dell'incapacità dell'Assessore Maccari non ha avuto una parola da dire. So che adesso si arrabbierà, ma lo dico lo stesso. Cito testualmente a scanso di equivoci. Si tratta di persona "insensibile e sprezzante di ogni forma di rispetto e di correttezza". Il dizionario della lingua italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, edito da "Le Monnier" - Firenze, una persona con siffatte caratteristiche la definisce "mascalzone". Lascio a tutti i colleghi le conclusioni su questo ritratto, abbracciato poi con chi ha stampato sul suo vessillo elettorale gli organi sessuali di Cicciolina, certo ne viene fuori un bel quadretto! Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Sono molto perplessa dall'andamento del dibattito odierno, svolger comunque il mio intervento ed ascolterò, come ho fatto finora, tutto quello che diranno gli altri dal quale traggo spesso tesoro.
Mi spiace vedere il banco del governo quasi completamento vuoto, i fogli e le cartelle non tengono il posto di chi governa la Regione Piemonte.
Confesso che parlare di un argomento come quello che oggi vede impegnata quest'aula è sempre molto triste e penoso e penso sarebbe stato meglio se noi avessimo ampiamente, in sede di Commissione o in qualche altra sede competente, sviscerato il problema della psichiatria vagliando quanto è stato fatto, quanto non si è fatto, valutando a che punto è la situazione a livello nazionale, ma in particolare a livello piemontese portando in aula delle concrete proposte e magari quella legge piemontese che l'Assessore questa mattina ha riconosciuto non esserci.
Oggi in quest'aula cercheremo tutti di dimostrare quanto ci stia a cuore il problema dei malati di mente. Diremo tutti molte cose, alcune o tante anche esattissime, ma dubito che alla fine saremo in grado di prendere delle decisioni concrete e valide.
Quello del malato di mente, cari colleghi, costituisce un argomento di costante attualità che trova risalto quasi quotidiano sulla stampa d'informazione sia per i fatti di sangue ad opera di malati mentali sia per le polemiche che periodicamente si riaccendono sulla legge 180 e sulla normativa di competenza della legge di riforma sanitaria n. 833.
Degli ospedali psichiatrici prima della riforma tutti conoscono gli orrori e tutti siamo d'accordo sul fatto che di una riforma c'era bisogno ma altrettanto note dovrebbero essere la letteratura psichiatrica e psicoanalitica, il disagio psichico, le malattie mentali, per sapere che una vera riforma non avrebbe dovuto limitarsi a chiudere i manicomi e a disinvestire - come spesso è stato fatto - distogliendo personale e risorse dal compito di fronteggiare adeguatamente il drammatico problema della follia che oggi è ben più drammatico di dieci anni fa.
Sono stati commessi errori macroscopici: alla logica manicomiale incentrata sul contenimento e sulla reclusione si sarebbe dovuta sostituire una logica volta alla cura ed al recupero. Può anche darsi che questo in qualche posto sia stato fatto, mentre nella maggioranza dei casi - cioè a livello di massa - si è semplicemente sostituito l'abbandono, spacciato per libertà, al contenimento, perché con la chiusura dei vecchi ospedali psichiatrici decine di migliaia di pazienti si sono trovati improvvisamente abbandonati e senza le cure necessarie ad affrontare situazioni ben più drammatiche e dannose di quelle vissute nei manicomi.
Si sono voluti risolvere i problemi della psichiatria con mezzi inadeguati e alcune volte inesistenti e non si è tenuto conto della necessità di istituire centri extraospedalieri per la cura e la riabilitazione del malato mentale (laboratori protetti, case famiglia servizi per la degenza notturna e diurna). Se ciò è stato fatto è stato messo in atto in carenza di mezzi, di personale e di ambienti adatti e soprattutto di idee chiare, il che equivale a fare poco oppure niente. Ad esempio, alcune perplessità crea l'interpretazione che si può dare alla legge laddove usa la locuzione "alterazione psichica" per poter effettuare il trattamento sanitario obbligatorio del malato mentale. Non è certamente facile, per chi non conosca cose occulte, seguire la legge ed interpretarla. Le modalità del ricovero, a differenza di quanto avveniva nella vecchia legge, non sono per nulla chiare. Per esempio: tutti i giorni sorgono conflitti di competenza tra servizi territoriali, ospedali, vigili urbani, forze di polizia, per quanto riguarda l'espletamento del ricovero obbligatorio (di questo abbiamo parlato poche settimane fa nel Comitato di gestione dell'Ospedale Martini del quale faccio parte).
A nostro avviso, l'istituzione di un Pronto Soccorso psichiatrico operante a tempo pieno nell'ambito del servizio ospedaliero potrebbe garantire interventi efficaci per il trattamento urgente e così i meccanismi di convalida per la proposta di ricovero dovrebbero essere semplificati, assegnando tale compito agli stessi sanitari del Pronto Soccorso psichiatrico che, in attesa dell'emanazione dell'ordinanza di ricovero, dovrebbero essere messi in condizione di adottare tutti i provvedimenti del caso nell'interesse del malato mentale.
L'ottica del ricovero a breve termine, scaturita dalla norma che prevede un trattamento sanitario obbligatorio della durata di sette giorni ha fatto troppo spesso erroneamente ritenere che tutte le situazioni riscontrabili nella patologia psichiatrica possano risolversi tra i sette e i quindici giorni, mentre invece il trattamento sanitario obbligatorio dovrebbe essere diversificato e cioè effettuarsi nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura degli ospedali o cliniche psichiatriche per periodi dai quindici ai trenta giorni e nelle strutture per lungo degenti per periodi di sessanta giorni o più quando il malato necessita di trattamenti di media o lunga degenza.
Vediamo necessario definire e delineare i servizi attraverso l'istituzione di dipartimenti di igiene mentale ed assistenza psichiatrica operanti a livello ambulatoriale, ospedaliero e di strutture per lungo degenti e cronici.
I servizi ospedalieri di diagnosi e cura dovrebbero essere forniti in rapporto regionale di un posto letto ogni 10 mila abitanti (l'Assessore questa mattina ci ha detto che soltanto in qualche cittadina del Piemonte ciò avviene), mentre per l'istituzione per lungo degenti e cronici il rapporto dovrebbe essere di due posti letto ogni 10 mila abitanti.
Queste sono alcune delle proposte che noi riteniamo valide in una revisione della legge o degli articoli di legge che riguardano la tutela delle malattie mentali. Revisione che parallelamente a quella della legge 833 è necessaria e non più prorogabile.
Mi rendo conto che devo almeno fare un accenno a quanto è stato fatto in Piemonte. La nostra forza politica lo riconosce, in Piemonte si è cercato di dare attuazione alla legge 180. Ma come? Dare attuazione ad una legge solo perché è dovere farlo, e farlo magari affrettatamente e senza le idee chiare non ci sta affatto bene. Le strutture in Piemonte nel campo della tutela della salute mentale non riescono a decollare. Troppa improvvisazione e poca chiarezza sono alla base della messa in atto di strutture che diventano poi non adatte ai problemi che devono risolvere.
Sbagliarono allora e sbagliano oggi coloro che si intestardiscono nella difesa tragica e vana della legge 180. E' necessario prendere atto che la follia è una durissima realtà e va protetta con umana compassione, ma soprattutto con interventi adeguati e talvolta anche dolorosamente drastici. Non dico che debbano risorgere i vecchi manicomi con le precedenti connotazioni squallide ed oppressive, ma per contro non possono non risorgere come moderni istituti attrezzati per curare, laddove è possibile, per proteggere ognuno da ognuno e finanche da se stesso.
L'illusione basagliana, fondata su una teoria sociologica ardita quanto errata che non aveva alcun contatto realistico con ciò che la medicina moderna ci consente di conoscere, ha prodotto troppe tragedie ed infelicità perché non si affronti finalmente la questione in termini di sfida culturale.
La vera ghettizzazione dei malati di mente la vollero gli inventori della legge 180 che li hanno relegati in un mondo troppo ampio per loro nel quale non vi sono né strutture né spazi per la loro sopravvivenza. E non ci accaniamo contro gli operatori a qualunque livello essi siano perché non fanno il loro dovere, anche perché io penso che chi si dedica a quei malati è già di per sé una persona che ha molto dentro. Lo dico senza togliere niente a nessuno e facendo valutazioni personali.
Da questo mi lego al caso Pirella.
Ci ha lasciato molto perplessi, glielo confesso Assessore, il trattamento usato nei confronti del professor Pirella. La nostra interrogazione urgentissima del 21 luglio, alla quale attendiamo ancora una risposta, dice che noi non abbiamo ritenuto idonei né i metodi né i tempi usati dall'Assessore alla sanità per allontanare dalle sue funzioni il professor Pirella. E diciamo anche che non daremo valutazioni politiche finché l'Assessore non ci spiegherà le motivazioni amministrative e politiche del provvedimento. A quel momento noi daremo la nostra valutazione politica sull'operato dell'Assessore che però, lo diciamo con forza, non ci è sembrato assolutamente idoneo sia nel metodo usato sia nel tempo.
Il Consigliere Calligaro ha detto che si è voluto cercare un capro espiatorio da parte di coloro che non vogliono la legge 180. Noi non vogliamo la legge 180, e come vedete non diamo addosso al professor Pirella, anzi lo difendiamo perché vogliamo prima sapere perché e come è stato allontanato.
Fino a questo momento non ho sentito rispondere a nessuna interrogazione al riguardo, può anche darsi che l'Assessore ci dia una risposta e che i nostri pareri possano cambiare.
I medici e tutti gli operatori in campo psichiatrico non possono fare miracoli, siamo realisti, perché le strutture e le iniziative rivolte alla cura dei malati di mente se non inesistenti sono largamente carenti.
Concludo il mio intervento ricordando a me stessa e ponendo a voi un concetto caro a Mario Tombino che dice: "non togliete ai malati di mente l'unica casa che hanno, dove in qualche modo vengono anche accuditi con amore, senza dargliene un'altra che al momento non esiste".
Si è fatto proprio così. Sarà bene che tutti insieme, superando qualsiasi ideologia, cerchiamo di pensarci perché se la legge 180 e la legge 833 hanno rappresentato un debito da pagare, prima di tutto verso i malati e poi verso le loro famiglie, noi crediamo che quel debito non sia stato saldato, anzi, al contrario sia stato accresciuto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pier Luigi

Volentieri interveniamo anche noi in questo dibattito. Il Gruppo socialdemocratico aveva firmato circa un anno fa l'ordine del giorno al quale si è fatto riferimento nel corso del dibattito di questa mattina quindi questo dibattito arriva con un certo ritardo, ma c'è la possibilità di esprimersi su questa materia complessa.
Il Partito socialdemocratico è dell'avviso che la legge 180 sia stata applicata in misura molto limitata, nell'ordine del 15-20%, rispetto a quanto veniva enunciato. E' una legge che ha comunque delle grosse carenze di stesura e di concezione e queste carenze le individuiamo in affermazioni molto spesso astratte, in affermazioni ideologiche e filosofiche che, come diceva l'Assessore nella relazione, esprimono il tentativo di dare alla scienza il valore di dogma.
Riteniamo che la psichiatria, come ogni altra branca della scienza medica, sia una materia scientifica che non possa essere né codificata n catalogata attraverso affermazioni di un certo tipo.
Esistono diverse scuole per la diagnosi e la cura di questa malattia la pluralità di queste scuole va rispettata, dopodiché ci si può allineare sull'una o sull'altra frangia di questo ventaglio. Sicuramente alcune norme contenute nella legge 180 non hanno avuto applicazione perché è impossibile renderle applicative quindi, al di là di questa carenza, è necessario andare ad un adeguamento della legge stessa. Questo non significa fare dei passi indietro, ma significa superare gli ostacoli in positivo, rendendo la legge applicabile laddove applicabile non è, dandole dei contenuti di natura amministrativa, organizzativa e gestionale laddove contiene delle affermazioni di natura prettamente filosofica che possono essere enunciazioni condivisibili o meno in linea di principio, ma che nulla hanno a che fare con la legge che per essere tale deve consentire una percorribilità di applicazione.
La grossa lacuna di questa legge consiste nel fatto che trascura i soggetti umani che sono inseriti nelle famiglie. Una legge di questo tipo che ha a che fare con malati di questa natura non può considerare il malato isolato, ma lo deve considerare con le necessarie implicanze che il soggetto ha con la famiglia dalla quale non può e non deve essere sradicato. Le modalità di intervento e di trattamento vanno valutate in un contesto unico e complessivo.
Questa è una considerazione di carattere generale sulla legge 180. Dal punto di vista dei contenuti, effettivamente il Piemonte negli anni scorsi ha avuto delle carenze perché la realizzazione dei cosiddetti repartini nelle UU.SS.SS.LL. è molto inferiore alle reali necessità del territorio.
Nella grande maggioranza delle UU.SS.SS.LL., a fronte di quei pochi posti letto (mediamente 15-20 posti letto ogni 400-500 mila abitanti), mancano strutture adeguate per quei malati che si trovano nel periodo di transizione tra il momento della fase acuta e il momento della fase normale quando passano alle rispettive famiglie. Questa carenza spesso obbliga il ricovero nei reparti di medicina delle UU.SS.SS.LL. con delle commistioni che sono non solo improduttive, ma anche dannose per gli uni e per gli altri ammalati. In molti reparti di medicina malati di questo tipo vengono collocati in letti adiacenti a quelli degli infartuati o di ammalati che soffrono di mali completamente estranei.
Quindi penso che si debba arrivare ad una rilocalizzazione, ma soprattutto ad una programmazione precisa degli interventi con il sostegno delle risorse economiche necessarie.
Per quanto riguarda il momento della fase acuta, che è quello più scoperto, i repartini dovrebbero in qualche misura sopperire alle necessità, mentre la fase normale della malattia viene trascorsa presso le famiglie. Per il periodo di transizione da una fase all'altra occorre creare dei mini-alloggi e case protette, non ghettizzanti, che abbiano una ubicazione tale da consentire il rapporto con la società.
Le proposte dell'Assessore sono frutto di uno sforzo notevole e non possono realizzarsi in tempi brevi, ma devono essere attuate gradualmente.
Occorrono risorse economiche che oggi la Regione non dispone. Questo è un settore in grave crisi, che finora non ha saputo farsi ascoltare come altri settori. Per esempio, quando si parla di AIDS, la cassa di risonanza è sicuramente molto superiore. In questo campo la Regione deve concentrare attenzioni e risorse con la creazione in tempi brevi, come è ipotizzato nella relazione dell'Assessore, di reparti che consentano il ricovero attraverso il medico di base o attraverso il Pronto Soccorso delle strutture sanitarie. Sicuramente questo intervento dovrà essere dimensionato in funzione delle esigenze e, dopo l'esperimento iniziale che può avvenire a Torino, dovrà necessariamente espandersi in modo capillare su tutto il territorio della Regione. Questo può essere un modo per sopperire a quei casi ai quali oggi è pressoché impossibile dare una risposta.
Le convenzioni, salvo naturalmente valutare quali siano gli strumenti più efficaci e più incisivi per non cadere in eccessi opposti, penso che siano una strada da verificare e che possano dare delle risposte complete sul piano operativo e amministrativo.
L'ultima questione riguarda i bilanci. Penso che l'Assessorato potrebbe dare alle UU.SS.SS.LL. l'indicazione di presentare bilanci di settore scorporati dal bilancio complessivo in modo che, conoscendo l'entità delle risorse, conoscendo il numero degli utenti e la dimensione dei servizi, si possa estrapolare un parametro di produttività della psichiatria. Penso che questi parametri di riferimento consentirebbero di fare la fotografia dell'esistente e di predisporre degli strumenti di razionalizzazione dei provvedimenti al fine di omogeneizzare le situazioni poiché riteniamo che si debba fare il massimo sforzo per rendere il meno eterogenee possibile le situazioni.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,45 riprende alle ore 14,45)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Riprendiamo il dibattito sulla tutela della salute mentale nella Regione Piemonte.
E' iscritto a parlare il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Risottolineo la gravità dell'atteggiamento dell'Assessore che nella sua relazione non ha avuto la correttezza ed il buon gusto di spiegare le ragioni del provvedimento, di cui ne ha parlato tutta Italia e l'Europa, di rimozione dal suo incarico del prof. Pirella. L'Assessore Maccari non ha nemmeno risposto alle interrogazioni che su questo argomento sono state presentate e che sono iscritte all'o.d.g., avendole il Presidente del Consiglio elencate questa mattina tra i documenti che sono oggetto di questo dibattito. Chiedo pertanto che le interrogazioni sulla questione Pirella vengano iscritte al primo punto dell'o.d.g. della prossima seduta.
Sottolineo l'atteggiamento arrogante e il disprezzo dell'Assessore per le persone e per le istituzioni, ma si pone anche il problema del rapporto con i dirigenti e con il personale regionale. Quando un amministratore si permette di prendere dirigenti e funzionari come dei burattini rimovendoli dai loro incarichi, senza sentire il dovere, se non altro per una questione di rapporti umani e di correttezza, di spiegare le ragioni per le quali li rimuove, si pone un problema grave di rapporto con il personale e si apre una frattura profonda nel rapporto di fiducia che deve essere fondamentale tra il personale e chi governa la cosa pubblica.
Al di là delle questioni di maggioranza o di opposizione, gradirei che il giudizio che concorda con il nostro di molti esponenti della maggioranza si sentisse in aula e non nei corridoi.



PEZZANA Angelo

Fai i nomi di questi esponenti!



MONTEFALCHESI Corrado

Pezzana, non ti ho interrotto neanche una volta e gradirei non essere interrotto.



PRESIDENTE

Per favore, Consiglieri, non interrompete il collega. C'è spazio per tutti gli interventi.



PEZZANA Angelo

I nomi io li facevo tutti, tu no!



MONTEFALCHESI Corrado

Collega Pezzana, questa mattina hai fatto molti nomi per insultare gratuitamente delle persone che, come rilevava Staglianò, non sono presenti in quest'aula e non possono difendersi. E' questione di buon gusto, di serietà e di correttezza.
Abbiamo appena ricevuto questi documenti con le conclusioni della Commissione tecnico-scientifica, sintetizzate con proposte. Questi documenti datati gennaio 1988 erano stati presentati in V Commissione dopo che da parte dell'opposizione, in particolare da parte dei colleghi Calligaro e Staglianò, era stato fatto rilevare che l'Assessore li teneva nel cassetto e che non erano oggetto di discussione, di dibattito e di scelte. L'Assessore oggi ce li fa avere, badate che perla! Sono documenti predisposti dal prof. Agostino Pirella, che l'Assessore ha rimosso. In questo modo l'Assessore Maccari governa la sanità e i rapporti tra esecutivo e Consiglio regionale e i rapporti tra Amministrazione e personale.
Tutti concordano sui ritardi gravi nell'applicazione della legge 180 e sulle responsabilità.
Consiglio al collega Pezzana di andare a ripassare la matematica...



PEZZANA Angelo

E' sempre una cosa utile.



MONTEFALCHESI Corrado

...perché non possono essere attribuite responsabilità agli Assessori Bajardi e Ardito per il fatto che la legge 180 è del 1978 e negli ultimi tre anni avete governato voi esapartito, compreso Pezzana, quindi non possono essere responsabilità decennali. C'è una responsabilità triennale di questa maggioranza.



PEZZANA Angelo

Se mi dicessi quale carica ho, mi faresti piacere.



MONTEFALCHESI Corrado

Hai la responsabilità del consulente del pentapartito.



PEZZANA Angelo

Non mi ero mai accorto di questo, però se lo dici tu!



MONTEFALCHESI Corrado

Dal 1985 ha governato il pentapartito e poi l'esapartito.
A proposito di responsabilità, ricordo che nel gennaio 1985 la Commissione di indagine regionale sulla riforma psichiatrica in Piemonte concludeva i suoi lavori evidenziando le carenze delle strutture e del personale.
E' legittimo domandarsi che cosa ha fatto la Giunta in questi tre anni per far fronte alle carenze che erano state individuate con precisione. La risposta è semplice: non ha fatto nulla.
Il 27 marzo 1985 il Consiglio regionale approvava il Piano socio sanitario regionale '85/'87 che tra gli altri conteneva l'allegato 11 dedicato alla tutela della salute mentale. Quell'allegato raccoglieva le indicazioni della Commissione d'indagine e gli indirizzi e obiettivi da raggiungere nell'arco della validità del piano.
Chi era Consigliere regionale nella scorsa legislatura ricorda che quegli allegati, su richiesta dell'opposizione di allora, furono delegificati e trasformati in appendici con l'impegno, assunto in quest'aula da tutti i Gruppi, di ripresentarli sotto forma di specifiche deliberazioni, qualunque fosse il colore della maggioranza che avrebbe poi governato. Ebbene, sono passati tre anni e l'appendice contenente gli obiettivi da realizzare sulla tutela della salute mentale non l'abbiamo ancora vista. I Gruppi comunista, Democrazia Proletaria e Lista Verde hanno presentato una deliberazione che raccoglie in gran parte quelle indicazioni. Non l'ha fatto la Giunta. Queste sono le vostre responsabilità politiche! Per questo ritengo politicamente e moralmente gravissimo attribuire ai tecnici, e in questo caso al prof. Pirella, le responsabilità delle cose non fatte, delle cose che non funzionano e dei ritardi. Ritengo che il comando del prof. Pirella debba essere ripristinato se non altro per un atto di risarcimento morale. Siccome le responsabilità sono politiche, cioè di noi tutti e primariamente del governo, abbiamo il dovere di far seguire alle parole i fatti. Ci sono carenze; ebbene, c'è la necessità di attivare nuove strutture, più servizi sul territorio, più personale. Alla conclusione di questo dibattito facciamo un atto concreto che dia il segnale che qui dentro non facciamo soltanto delle parole, ma anche dei fatti che affrontino le carenze e i ritardi. Stanziamo 15 miliardi per affrontare questi problemi.
La maggioranza è disponibile? Per questo proponiamo uno stanziamento di 15 miliardi e su questo attendiamo una risposta.
Dalla relazione dell'Assessore abbiamo capito che invece di attivare più strutture, più servizi, invece di aprire servizi 24 ore su 24, si apre alle cliniche private. Chi difende la legge 180 è accusato di posizioni ideologiche. Se c'è qualcuno qui che ha una posizione ideologica è la Giunta, è la maggioranza! E' l'ideologia della deregulation, è l'ideologia del ritorno al privato, è l'obiettivo di far prosperare le case di cura private a scapito del pubblico e dei malati! Sempre rispetto al rapporto tra pubblico e privato circolano voci che un certo signore, una volta comunista, oggi molto amico di Saverio Vertone e Giuliano Ferrara, notoriamente molto amici a loro volta dei socialisti stia organizzando un servizio di emergenza psichiatrica, come quello ipotizzato nella relazione dell'Assessore.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Dimmelo, non mi risulta.



MONTEFALCHESI Corrado

Circolano voci che un certo signor Meluzzi stia organizzando questo servizio di emergenza psichiatrica. Non è un reato questo, sia chiaro.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

A me non risulta. Quello che prevedo nella relazione non è un appalto.



MONTEFALCHESI Corrado

Ho il dubbio che qualcuno, prima o poi, speri di stipulare qualche convenzione con questa struttura privata e, se questo avverrà, sarà un'ulteriore conferma che le decisioni vengono prese non in quest'aula, ma in sedi extra istituzionali, magari avendo ben altri obiettivi che quello dell'interesse pubblico.
Dalla relazione dell'Assessore si è anche capito che si farà una legge quello che non si è capito invece è in che modo si andrà avanti nei prossimi mesi a livello regionale. Per approvare una legge ci vogliono almeno sei mesi, e in questo periodo in che modo si andrà avanti? Si continuerà ad andare avanti con un ufficio che, dopo la rimozione del prof. Pirella, è retto dalla dott.ssa Ruschena alla quale è stata assegnata come personale di supporto una ragazza geometra assunta un mese fa? Così intendete risolvere i gravi problemi della psichiatria? Come pensate di poter essere credibili?



PRESIDENTE

La prego, Consigliere Montefalchesi, di andare alle conclusioni altrimenti dobbiamo applicare l'art. 59 del Regolamento.



MONTEFALCHESI Corrado

Presidente, l'art. 59 non si può applicare sempre alla fine.
Come pensate di essere credibili quando dite che farete le scelte con legge e oggi lasciate quasi abbandonato il settore? Chi sostiene la legge 180 è accusato di un ideologismo che non tiene conto di cosa avviene nella società. Ritengo allora sia giusto sentire la società, tentare di farla parlare, ritengo sia giusto tentare di capire come la società ha reagito dopo la lettera che l'Assessore Maccari ha inviato al prof. Pirella.
Voglio leggere la lettera del prof. De Martis, Direttore dell'Istituto di clinica psichiatrica dell'Università di Pavia, inviata al "Corriere della Sera" in risposta ad un articolo di Saverio Vertone sull'argomento della psichiatria. Chi scrive non è un "basagliano", ma un anziano professore di clinica psichiatrica, uno di quelli che in altri tempi venivano chiamati spregiativamente "baroni". Dice: "Avendo partecipato in questi ultimi decenni alle vicissitudini dell'assistenza psichiatrica, ero deciso a tacere di fronte ai persistenti sensazionalisti della stampa, ma il caso Pirella e il recente velenoso articolo di Saverio Vertone mi inducono a rompere il silenzio e a domandare a queste vestali che cosa propongono per un problema drammatico della sofferenza psichica. Si vogliono riaprire i manicomi, strutture ormai fatiscenti o adibite ad altri usi? Si vuole rinnegare la riforma che con tutti i suoi limiti rappresenta un atto di civiltà di cui l'Italia può essere fiera? Perché, a costo di ripetere luoghi comuni, la legge 180 rimane una buona legge in quanto legge quadro, purtroppo il più delle volte è applicata in modo incompleto o restrittivo. Non si tratta di un progetto illusorio, anche se maturato nel clima emotivo del '68. Una sua più efficace realizzazione richiederebbe però un impegno politico ed amministrativo che, con lodevoli eccezioni, è finora mancato. In effetti i nostri politici, piccoli politici che amministrano la salute dei cittadini, hanno da tempo capito che la materia psichiatrica non è pagante a scopi elettorali e clientelari, ma dalla base emergono malumori e giustificate proteste. A questo punto una comoda soluzione è quella di accusare gli addetti ai lavori. Il clamoroso allontanamento di Pirella è emblematico di questa modalità, volta a colpire chi da lungo tempo si batte con altruismo feroce per la difesa delle persone psichicamente sofferenti e dei loro familiari. Per la mia attività professionale ho sovente occasione di incontrare colleghi di ogni parte d'Italia e devo dire che, cessata la ventata ideologica, provocatoria ma anche salutare per la maggior parte di noi, indipendentemente dalle differenze culturali, si riconoscono in un progetto integrato di assistenza territoriale in parte in atto, ma che richiede un potenziamento soprattutto la creazione di centri residenziali per quei pazienti cronicizzati che oggi sono a carico prevalentemente delle famiglie. Gli operatori psichiatrici nelle loro varie componenti sono consapevoli di aver scelto un lavoro che non dà né gratificazione né gloria: si applicano in silenzio senza clamori o proclami all'interno o all'esterno degli ospedali.
Chiedono solo che i responsabili amministrativi forniscano loro i mezzi per realizzare quelle strutture che la legge prevede".
Sono stati molti i telegrammi di protesta contro il provvedimento della Giunta. I Gruppi comunista, Lista Verde e Democrazia Proletaria ne hanno una copia che verrà peraltro distribuita agli altri Capigruppo. Sono giunte anche dall'estero prese di posizione. L'Associazione italo-tedesca per la salute mentale e spirituale ha preso posizione con una lettera sottoscritta da 118 persone. Dice: "Siamo molto colpiti e increduli dalla decisione di sospendere il prof. Pirella dalla carica di responsabile dei servizi psichiatrici della Regione Piemonte. Questa non è solamente una decisione che riguarda la sua persona, che riteniamo una delle personalità più rilevanti del movimento di riforma psichiatrica a livello internazionale ma è una decisione soprattutto contro la riforma psichiatrica italiana, la più avanzata del mondo".
C'è la presa di posizione dell'Associazione Evangelica che gestisce in convenzione servizi sociali e psichiatrici a Stoccarda. Dall'inizio degli anni '80, insieme con la Charitas, è alle prese con la concezione e la realizzazione di servizi di assistenza psichiatrica strettamente integrati nel territorio. Obiettivo di questa concezione è la messa in discussione della prassi finora attuata di ospedalizzazione ed emarginazione a favore di aiuti e sostegni agli ammalati psichici per la loro vita quotidiana nel quartiere in cui vivono. L'Associazione Evangelica scrive che "sorprende e colpisce profondamente la notizia del sollevamento del prof. Pirella".
C'è la lettera dei responsabili di servizio e dei primari di psichiatria della Regione Emilia Romagna, firmata da trenta responsabili e dirigenti: "L'episodio della rimozione del prof. Pirella dal suo incarico testimonia ancora una volta la situazione di incredibile e colpevole confusione attorno al caso della psichiatria italiana. Viene rimosso un tecnico per responsabilità che non ha e non può avere. La nuova applicazione della riforma psichiatrica, legge di Stato, è da addebitare innanzitutto alle inadempienze del Governo e del Ministro della Sanità che in questi anni non hanno preparato il Piano Sanitario Nazionale, non hanno erogato finanziamenti, non hanno predisposto regolamenti né esercitato un controllo sulla realizzazione di quanto previsto dalla legge 833. Dove sono sorti i nuovi servizi psichiatrici territoriali, questo è avvenuto grazie all'impegno di qualche Amministrazione regionale o di alcune UU.SS.SS.LL. oltre alla dedizione di molti operatori psichiatrici, tra i primi il prof. Agostino Pirella".
La Società democratica di dottori e dottoresse di Psichiatria di Francoforte che afferma che "la psichiatria è un punto di riferimento per molti operatori e strutture in Germania e che la rimozione del prof.
Pirella colpisce anche loro" e chiede alla Regione di ritornare sulla sua decisione.
La presa di posizione della CGIL regionale Piemonte che chiede la revoca immediata del provvedimento dell'Assessore". La presa di posizione delle ACLI: "Sono tante e vistose le carenze, i ritardi, le disfunzioni dei servizi psichiatrici a Torino e in Piemonte, ma certo sono anche molti i progressi realizzati nella direzione indicata dalla legge 180, nonostante le difficoltà e le resistenze frapposte a una sua più compiuta applicazione da parte di forze che certo non ne hanno condiviso né le aperture innovative né la portata riformatrice".
L'Associazione delle famiglie di Torino, Novara, Novi ligure, Pinerolo Verbania e il Comitato attuazione legge 180 ritengono la rimozione del prof. Pirella "l'ultimo atto di un attacco violento perseguito da forze e stampa conservatrici nei confronti del processo di assistenza psichiatrica legato all'applicazione della legge".
Il prof. Piero De Giacomo dell'Istituto di clinica psichiatrica dell'Università di Bari: "In merito alle notizie di stampa concernenti il sollevamento dell'incarico di coordinatore regionale per la psichiatria nella Regione Piemonte, nel mentre non si vuole entrare nel merito specifico del problema, gli operatori di questa clinica, firmatari della presente, esprimono la preoccupazione che siffatto provvedimento possa avere il significato di una presa di posizione contro la tendenza della psichiatria attuale a svilupparsi in senso territoriale, anzich manicomiale".
Le espressioni di solidarietà del prof. Borgna, di cui tutto si pu dire tranne che abbia una concezione ideologica della legge 180, il quale in occasione della conferenza stampa tenuta dal prof. Pirella ha avuto per lui espressioni di solidarietà e di condanna per il provvedimento della Giunta; la lettera della Federazione provinciale del Partito comunista di Arezzo dice: "Ad Arezzo negli anni '70 il prof. Pirella ha reso possibile l'applicazione in anticipo della legge 180 che è stata e continua ad essere una legge di grossa portata scientifica, culturale e sociale. Arezzo ha continuato in questi anni nella strada che lui aveva tracciato, grazie a lui e dopo di lui, la legge 180 nella nostra città è applicata. Lo diciamo senza enfasi, ma con la convinzione che Arezzo ha compiuto un reale salto di civiltà. Ad Arezzo l'impegno per il superamento dell'istituzione manicomiale è proseguito a volte anche con difficoltà sia per inadempienze legislative nazionali che per contrasti con le forze politiche locali e tendenze anticonformiste. Arezzo può rispondere con i fatti a chi ritiene che la legge 180 sia un grosso errore e solo una battaglia ideale".
Ancora la presa di posizione di 153 operatori di 23 UU.SS.SS.LL. del Piemonte che difendono il prof. Pirella; se dovessi leggere tutte le prese di posizione arriveremmo a notte inoltrata.
Su questa vicenda ci sono state centinaia di prese di posizione in Italia e all'estero e quello che farà la Regione Piemonte è guardato con particolare attenzione da coloro che ritengono di superare una concezione della psichiatria fatta di emarginazione e di custodialismo. Queste prese di posizione sono uno spaccato della società che parla, a livello sociale con pazienti e organizzazioni di volontariato, a livello tecnico con operatori e medici, a livello universitario e scientifico con professori impegnati. In queste prese di posizione non c'è la negazione dei problemi e dei ritardi, anzi, vengono messi in luce con forza. C'è la coscienza e la riaffermazione delle difficoltà ad applicare una riforma così complessa, ma c'è anche la dimostrazione con esempi concreti, come quello di Arezzo e di Trieste, che applicare la legge 180 è possibile dove c'è volontà politica e dove ci sono risorse economiche ed umane impegnate.
C'è la conferma dall'estero che la riforma in Italia costituisce un punto di riferimento più generale e che indietro su questo terreno non si può e non si deve tornare.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, voi sapete che nei miei rarissimi interventi sono solito dare un titolo al dibattito e intitolerei questo dibattito delle "catilinarie", quasi novello Catilina l'Assessore Eugenio Maccari si ergesse a pregiudicare i destini della Repubblica romana e io un ex Catilina accusato dal Catilina attuale. Ma la cosa non mi sconvolge minimamente.
Mi spiace non sia presente il collega Olivetti che ha detto cose molto sagge questa mattina. Su questa difficile materia c'è tale e tanta ignoranza da parte di tutti, anche di quelli che siedono o che sedevano nella tribuna del pubblico, che mi ricorda i miasmi di Paracelso.
Sapete cosa sono i miasmi? Prima di Pasteur si riteneva che i miasmi che si elevavano dalle paludi, e non solo da quelle pontine contaminassero, come direbbero oggi i Verdi, l'ambiente e inducessero in cotal guisa malattie esantematiche, malattie infettive di varia natura tumori o qualsivoglia altra patologia. Venne prima Leeuwenhoek che invent il microscopio, poi Pasteur che scoprì i primi germi e ci si rese conto che i miasmi non contavano assolutamente niente. Ma questo non bastò. Dopo Pasteur arrivò Koch che un bel giorno scoprì il vibrione del colera. In una storica dimostrazione sulle rive del Nilo un suo rivale, l'opposizione di Koch (l'opposizione attuale di questo Consiglio) prese una provetta piena d'acqua, di scolaticcio dei canalucci che venivano dai paesini infestati dal colera, e lo bevve in grande spregio e, dato che probabilmente aveva dei succhi gastrici fortissimi o l'ulcera gastrica, distrusse i vibrioni e Koch, poveretto, malgrado avesse scoperto il vibrione del colera rimase come un cretino.
Scusate questa mia elucubrazione ma che cosa voglio dire con questo? Purtroppo nella psichiatria, checché ne dicano gli psichiatri, siamo ancora all'epoca di Leeuwenhoek, non siamo ancora arrivati né all'epoca di Pasteur né tanto meno a quella di Koch, ma abbiamo già i detrattori di Koch. Perché? Quando un paziente schizofrenico (era un neuropatico cronico) fu sottoposto un bel giorno ad una dialisi, si ebbe una remissione del fatto acuto schizofrenico. Alcuni saggi misero giustamente in relazione questo fatto con qualche patrimonio enzimatico e biologico che nulla aveva a che vedere con la prevenzione sociale, caro Staglianò! Noi siamo a questo stadio. Oggigiorno la biologia man mano ti fa scoprire che l'alcolista che diventa cirrotico, lo diventa purtroppo soltanto se ha un determinato patrimonio enzimatico, per cui c'è chi beve dodici litri di barbera al giorno e non gli fa neanche una piega, mentre magari chi beve un litro e mezzo diventa cirrotico! E questo vale per il fumatore per il cancro al polmone e vale per tutta un'altra serie di patologie. E non possiamo chiamare questa un'innovazione di questa sporca società moderna! Questa è la realtà, il progresso della scienza, che commette anche tanti errori, ma che ci permette di campare.
Ebbene la psichiatria è tra Paracelso e Leeuwenhoek. Poi ci sono di mezzo i Freud, i Jung, tutta questa brava gente, intelligentissimi per carità. Sono state scritte montagne di tomi. E faccio il "mea culpa" perché qui si intrecciano in modo paradigmatico, scienza, cultura in senso generale e cosiddetta politica.
Io ho sulla coscienza circa 200 autopsie fatte negli ospedali psichiatrici tra il 1950 e 1960. Non divago, fate attenzione! C'erano le indossatrici volanti, c'erano i settori volanti: io ero un settore volante perché meno bello! E allora giravo tutti gli ospedali psichiatrici della Provincia e sezionavo i cadaveri. Però ho imparato a vivere la vita dei manicomi, ma non l'ho acquisita come mio patrimonio culturale. Ho imparato a odiare la vita dei manicomi e mi sono reso conto già allora che era un'istruzione torbida, tremenda, la vera "fossa dei serpenti". Anche io pur essendo un biologo in matrice professionale, che però non conoscevo come non conoscevano gli altri, quali sarebbero stati gli avventi futuri di questa disciplina come di molte altre, divenni praticamente un alfiere piccolo, come quelli delle scacchiere fatte di latta, dell'esistenza dei manicomi. Giustissimo! Sono cose in cui credo ancora oggi.
E qui bisogna distinguere! Ma su questa giustissima, sacrosanta battaglia che deve esser portata fino in fondo, cosa s'innescò? S'innesc l'ideologizzazione che da una matrice culturale e parzialmente scientifica perché in realtà nasceva su fatti emotivi che erano stati quelli che avevano colpito il sottoscritto, derivò l'ideologia politica e noi partiti della sinistra, dico ancora noi perché c'era un certo blocco, ci impadronimmo di questa ideologia e la trasformammo, forse senza accorgercene e in buona fede, in strumento. Questa è la storia.
Amici, compagni, colleghi, non v'è nulla di più drammatico in campo sanitario di quella che oggigiorno la scienza ti dimostra essere una malattia come la cardiopatia congenita o come qualsiasi altra malattia; si fa dell'ideologia e quest'ideologia diventa talmente sottile, raffinata e contorta da far dimenticare l'origine su cui è basata.
Queste cose le sento molto, perché per certi versi sono molto colpevole. Io stesso non ho saputo disancorarmi e giustamente mi si pu accusare di non aver fatto niente in questa materia, di aver avuto una certa rimozione psicologica. Sì, ho cercato di temperare, di modificare il mio atteggiamento perché le Commissioni erano convinte e io non ero convinto perché ero come tramortito dal mio ricordo della realtà; realtà più bruciante, compromessa però da altri fatti che non dobbiamo dimenticare.
In realtà i rimedi, signori, sono molto semplici. Tutto quello che si è detto nel congresso sulla psicoterapia l'altro giorno è oceanico. Mi facevano tenerezza, poveretti! Quelli erano ancora allo stato di Paracelso però erano convinti. Fa persino piacere vedere gente convinta. Staglian probabilmente è convinto di quello che dice, lo spero perlomeno.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Sicuramente!



OLIVIERI Aldo

Io lo spero soltanto.
Allora bisogna essere molto umili, i rimedi non sono complessi, ma purtroppo esiste una complessità di fondo nell'arrivare a sciogliere questi nodi apparentemente semplici. E qual è questa complessità? Io me la sono trovata, ho visto le rivolte operaie perché non volevano i centri psichiatrici nei quartieri. Lo ricordo come fosse oggi, ricordo di aver avuto delle rivolte da parte dei condomini che non hanno potuto acquistare l'alloggio in Torino! Queste sono le realtà. Qui emerge l'egoismo, non l'egoismo nostro politico o la mancanza di coraggio, ma l'egoismo della città come l'ho chiamato io in Consiglio comunale dieci anni fa. Tutti sono pronti a parlare, l'opposizione, la maggioranza, ma c'è l'egoismo della città che è duro da vincere. Possiamo fare programmi, possiamo dire tutto quello che vogliamo, possiamo elaborare linee, ma la realtà, signori miei per portarla avanti non vale la volontà cosiddetta politica, molte volte perché purtroppo lo Stato è quello che è.
C'è questa rimozione psicologica. Esiste. Perché in tutti noi un pizzico di pazzia c'è. Mi piacerebbe sottoporre a perizia psichiatrica Staglianò. Forse mi direbbero che è l'equivalente di Einstein, ma chissà quali altre cose potrebbero dire! Quindi è meglio che Staglianò non si sottoponga a perizia. Resta nell'ignoranza, Staglianò, perché "culturale" lo si dice anche del grano (e non colturale). Vai a vedere un altro vocabolario, non quello che hai citato questa mattina! E allora non facciamo tanti drammi. I programmi vanno tutti bene, va benissimo quello che è stato portato avanti, è scheletrico, è lineare incide su elementi che sono di patrimonio comune: quello di portare sul territorio certe ministrutture, non disancorate dall'ospedale. Sono stanco, sono vent'anni che discutiamo su questa materia. Non facciamo dei casi personali, non mi si dica che io non avrei mai fatto una certa cosa.
Certo, io ero amico di Pirella, lo stimo come uomo e anche come uomo di cultura. Però, vedete, portava con sé - lo dico in assoluta buona fede - il bagaglio che mi portavo dietro io, il bagaglio di un'ideologia emotiva perché probabilmente era meno corrotto politicamente di quanto lo siamo noi, corrotto nel senso aulico del termine, intendiamoci. Quindi, è verosimile, come in tutte le cose, che ognuno si porti dietro un ideale.
Non c'è nulla di più pericoloso degli idealisti. Oggi sono forse anche le vittime del sistema, ma qui non è reazione, Staglianò, è semplicemente pragmatismo. Bisogna cogliere la possibilità di immettere la linfa nuova di chi non ha come me antiche tradizioni storiche che diventano un bagaglio da cui fatalmente non si esce. Qui bisogna invece adeguarsi ai tempi, non in termini di reazione ma in termini di ricerche nuove per la soluzione del problema.
Smettiamola con il bagaglio della prevenzione in questo campo! Non confondiamo, come facevano l'altro giorno al Lingotto, la nevrosi con la psicosi che hanno origini completamente diverse. Nessuno è diventato schizofrenico di quelli. La massa ha fatto il secondo lavoro! Scusate questo mio intervento personale che è un po' passionale. In questa materia ci vuole molto equilibrio, molta sapienza. Sappiamo comunque che non risolveremo il problema n' nei prossimi mesi n' nei prossimi anni.
Non imputiamo le cause alla legge 180 tanto le leggi a Roma sono tutte contrattate, non a La Loggia vicino a Moncalieri, ma "nella loggia" che esiste in Parlamento o nel Transatlantico o nelle trattorie di Trastevere.
Le grandi leggi sono sempre nate come compromesso fra tutti, così è nata la riforma sanitaria, così è nata la legge 180 e tutte le altre. Non facciamo delle fantasie che ad un certo punto diventano un po' ignobili perché la gente non capisce, confonde il sacro con il profano.
Noi che viviamo alla periferia, fra la gente, più di quelli che vivono nel palazzo romano, abbiamo anche il dovere di dire alla gente come stanno le cose, come sarà difficile privare di infermieri (che già non ci sono) Servizi dove magari si può salvare un cardiopatico o un broncopatico per immetterli in Servizi dove non si "salva" il malato. Si salva la famiglia e questo è giusto, ma non ci sono solo quelle famiglie.
Pensiamo a chi ha un cancro al collo dell'utero che puzza da farti scappare, o a chi ha in casa un aterosclerotico o un malato con altre forme di cardiopatia congestizia. Anche qui c'è un divario fra l'egoismo della città e quello che dovrebbe fare un familiare.
Nel dibattito si dice: rimandiamo tutti gli ammalati a casa. Mi rivolgo anche al Consigliere Pezzana. Non creda che costi di meno curare in casa che in ospedale. Questa è una facilissima illusione. Non crediamo neanche di cambiare radicalmente la vita di questa gente o che questi ne traggano gran beneficio.
Quello che conta è umanizzare il sistema, avere un rapporto umano creare (ma non lo possiamo fare noi) un'altra categoria di operatori.
L'infermiere professionale non serve per questi ammalati, se non in pochissimi casi. E questo fu un errore dei sindacati, delle sinistre che volevano l'infermiere unico. Abbiamo distrutto l'infermiere generico che serviva benissimo per certe cose, abbiamo voluto gli infermieri professionali. Sono bravissimi, sono eccellenti, sono praticamente dei medici, ma noi dobbiamo fare dei "mea culpa". Questo secondo me è fondamentale. Sono cose che non possiamo risolverle oggi, purtroppo le dovremo risolvere domani o dopodomani e allora occorre recuperare il buon senso che non vuol dire reazione, ma mettere in moto dei meccanismi saggi per il futuro. Occorrono figure di operatori che siano veramente atte a sostenere l'impatto con l'ammalato psichiatrico. Per sollevare il clima in questa assemblea vi dirò di 25 anni fa, quando in una commissione d'esame un illustre cattedratico mi disse: "Cos'è questa storia del medico unico? Come farò da solo in clinica?".
Vedete, i problemi vanno visti da destra e da sinistra, secondo gli angoli visuali.
Allora, signori, ci vuole umiltà, mettiamoci attorno ad un tavolo facciamo quello che è possibile, facciamolo nel modo migliore possibile e non pensiamo però di risolvere il problema domani. Non c'è stata nessuna caccia alle streghe. Ricordiamo che la memoria storica o emotiva di certe cose la posso avere io qui, forse potrà averla qualcun altro, ma pochissimi, gli altri non ce l'hanno, quindi non possono inventarsi soluzioni che tengono conto di queste memorie in realtà emotive e non memorie razionali.
Con questo ho finito, scusatemi se vi ho tediato troppo a lungo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, ho sentito attentamente la relazione dell'Assessore Maccari e gli altri interventi, compreso quello dell'ex Assessore Olivieri.
Mi domando che cosa c'entra l'intervento dell'ex Assessore Olivieri dal punto di vista della spinta morale, delle sollecitazioni intellettuali rispetto ad una relazione così arida, così amorale e così agnostica; è una relazione dove l'etica, la problematica umanitaria, le tensioni e le questioni dell'uomo in difficoltà non c'entrano.
Qualcuno che siede alla mia sinistra, ma che in questo momento non c'è dà sempre uno spettacolo modesto e molto triste; probabilmente i mezzi di informazione vogliono la modestia e la tristezza dello spettacolo perché fa aggio alla non obiettività del sistema informativo della nostra realtà torinese, pubblica e privata.
Un tema come questo più che una politica di servizio, richiede una politica etica e umana.
Mi ha spaventato l'intervento del rappresentante della Lista Verde Civica proprio per la sua mancanza di umanità, per la sovrastrutturalità delle questioni e per il modo con il quale le ha affrontate.
Mi viene in mente il dibattito in Consiglio regionale del 1985 sulla relazione della Commissione di indagine sullo stato di applicazione della legge 180 in Piemonte, dove il livello, la sensibilità, la cultura l'attenzione che caratterizzavano le parti politiche erano nettamente diversi da quelli che hanno caratterizzato il dibattito di oggi.
Come si era già detto in quel dibattito, contrariamente a quanto affermava il pur stimolante intervento del Consigliere Olivieri, non penso che la legge 180 sia frutto di una ideologia staticamente intesa o che sia frutto di una ideologia di parte. E' stata il coronamento istituzionale una delle poche volte che questo è avvenuto, di una grande crescita culturale, politica, etica della società di quegli anni, nato da un movimento culturale, sindacale unitario, nel quale molti di noi si riconoscevano non come presenze con orientamento marxista ma come presenze con orientamento cattolico-democratico che ha dato un contributo sostanziale alla ideologia, ai valori che supportano una legge come questa.
Quindi, non posso accettare quando Olivieri dice che la legge 180 è una conquista della sinistra tradizionalmente intesa. Essa è invece frutto di una cultura, di un confronto con più culture, più realtà, più esperienze.
Mi augurerei che una parte della DC rivendicasse con forza questo. Non si può dimenticare che alcune leggi di quegli anni sono frutto dell'apporto del cattolicesimo democratico e del fermento di un magma culturale politico e sociale nel quale portavamo valori e tensioni nuove. Da questo punto di vista la legge 180 ha dei punti di riferimento, dei valori così alti da considerarla ideologicamente di grande valenza.
E' una legge che fa della solidarietà l'elemento centrale, considera l'uguaglianza fra tutti i cittadini che vivono in situazioni fisiche, psico fisiche, culturali, razziali, economiche diverse; è una legge che per essere attuata richiede la responsabilizzazione collettiva, la partecipazione attiva della comunità istituzionale partitica e sociale nel suo insieme. Considero il pessimismo del Consigliere Olivieri inaccettabile. Dobbiamo dire però che accanto al rifiuto abbiamo verificato all'interno del volontariato disponibilità ad accettare le esperienze nuove e a rifiutare il sistema manicomiale che era basato sulla logica della violenza sugli individui.
Chi sta dietro al Consigliere Pezzana - non faccio nomi, è presente tra il pubblico - conosce più di me che cosa rappresentava il manicomio, anche perché con alcune persone qui presenti facemmo una battaglia contro l'orrore dei manicomi.
Quindi credo sia importante rivendicare il patrimonio ideologico e culturale che ha rappresentato la legge 180. C'era l'illusione che, una volta approvata, la legge potesse già essere momento di concreta applicazione e attuazione (non faccio nomi di persone che qui non si possono difendere anche se sono stati fatti altri nomi oltre a quello di Pirella). Posso dire però che la legge 180 ha avuto difficoltà di applicazione per un sistematico boicottaggio da parte di settori istituzionali, sociali e di operatori che non hanno accettato di mettere in discussione il potere che avevano prima del suo varo. Il boicottaggio c'è stato anche sugli investimenti per le strutture, per gli interventi territoriali alternativi, per la formazione degli operatori. In sostanza si è fatta la legge e si è trovato l'inganno per non applicarla.
Già nel 1985 si erano messe in evidenza le insufficienze. In Piemonte la legge era stata applicata in modo più organico rispetto a moltissime altre realtà italiane, ma questo non costituiva un alibi per non fare una autocritica sul modo in cui venne applicata.
Nella difficoltà di applicazione della legge le conseguenze sono state gravi. Non mi interessa di sfruttarle politicamente, come qui e fuori di qui è stato fatto magari con i libri bianchi che hanno solo l'obiettivo della strumentalizzazione politica. Ci sono gravi problemi per gli ammalati e per le loro famiglie e questi problemi non sono stati sufficientemente valutati. Questo è un discorso che deve essere affrontato. Accanto alle grandi realizzazioni ci sono situazioni di abbandono degli ammalati e delle loro famiglie che in parte sono state sopperite dal volontariato. Ma è un volontariato che nell'ambito psichiatrico è estremamente debole. Se il volontariato in certi casi ha tamponato la situazione, sotto il punto di vista della psichiatria questo tamponamento non c'è stato. Quindi è necessario intervenire in queste situazioni.
Proviamo a metterci nei panni degli operatori, proviamo a renderci conto di che cosa significa vivere per ore a contatto con questi ammalati proviamo ad immaginare che cosa significa la vita lavorativa dell'assistente sociale in ospedale o in una comunità di handicappati, o in cooperative di degenti di OP.
E' un problema che non possiamo giudicare dall'esterno, nessuno di noi o pochi di noi vivono quotidianamente queste condizioni. Nella formazione degli operatori si dovrebbe tener presente questa problematica. Si dovrebbe valutare la possibilità della rotazione perché non credo che un operatore possa continuare a lavorare in una comunità psichiatrica per trent'anni senza una pausa, senza possibilità di riciclo e di ricaricarsi eticamente.
Sono problemi tecnici che devono però essere affrontati con sensibilità umana, spirito comunitario e di servizio.
Quello che mi colpisce nella relazione dell'Assessore è il ruolo del privato. Emerge dalla relazione, ma è una scelta politica del pentapartito.
C'è una enfatizzazione acritica del ruolo del privato. Un privato che si immetta in un settore come questo non può non avere un adeguato tornaconto sugli investimenti che fa. Quando si parla di assistenza, di sanità, di psichiatria, ritorna sempre il mito del privato che parrebbe l'elemento risolutore delle carenze delle strutture pubbliche. Se si vuol parlare di privato non può che essere un privato sociale, non può che essere un privato che opera non con lo scopo del profitto, ma per scopo religioso sociale, politico.
Concludo riprendendo un punto di cui non avrei voluto parlare. Non credo sia giusto affrontare questo dibattito personalizzandolo. Io sono grande amico di Pirella e sono amico di molti di coloro che sono seduti tra il pubblico, ma in questo momento non ci troviamo tutti dalla stessa parte.
Detto questo, credo che enfatizzare il problema Pirella sia sbagliato ed è preoccupante che l'Assessore che ha introdotto questo dibattito non abbia sentito il dovere politico di dire con chiarezza le motivazioni per le quali ha assunto quel provvedimento nei confronti del prof. Pirella o di chiunque altro fosse stato al suo posto.
Mi auguro che nella replica, viste le sollecitazioni che su questo problema sono venute, l'Assessore voglia esplicitare in termini chiari e motivati le ragioni che lo hanno indotto a fare quella scelta sulla testa del Consiglio e, ci pare di aver capito, poi successivamente recuperato sulla testa probabilmente anche della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Mi ha colpito l'intervento di Olivieri. E' un intervento che trae il suo alimento e la sua forza anche dall'esperienza e mette assieme un'indubbia abilità che è forse necessaria per un partito che ha governato e ha condiviso le scelte e il lavoro per l'attuazione della riforma abilità anche necessaria nel momento in cui il suo partito, con poca motivazione culturale, ma - ahimè - con tanta motivazione attinente agli schemi e ai rapporti di forza e di potere, sembra cambiare decisamente strada.
Ma l'abilità non ha nascosto a nessuno la passione e la verità delle riflessioni a cui ci richiamava il compagno Olivieri. Peccato davvero l'ha detto già Reburdo - che questo approccio sia mancato dall'inizio.
L'inizio è stato un tentativo fazioso e cieco di demonizzare qualcuno partendo dai problemi esistenti. A chi viene attaccato con faziosità e con livore da chi fa del maccartismo in "bagna cauda" (visto che siamo in Piemonte ed è autunno), a chi viene colpito da questo si chiede di essere capace di ragionare. Noi abbiamo tentato di farlo, ma abbiamo anche difeso le idee, altro che paraocchi ideologici! Oggi c'è un grande gap di idee che sono quelle questioni complesse che attengono alle visioni del mondo, agli sforzi che gli uomini fanno nel maneggiare materie, questioni e problemi molto complessi.
Noi abbiamo fatto questa battaglia credo giustamente. E' stata la battaglia per Pirella, ma - sono d'accordo con Reburdo sulla non personalizzazione - è stata anche la battaglia contro un modo che ha impedito di fatto di arrivare a questo dibattito in condizioni di confronto partendo dai problemi della gente. Sono stati branditi ed usati i problemi della gente. Purtroppo questa è una spirale che trascina tutti, ma la responsabilità è di chi brandisce in questo modo questi problemi. Ben altro deve essere l'atteggiamento che sa guardare da vicino la gente e le sue sofferenze e che sa vedere e definire traguardi nuovi di progresso e di civiltà. Mi ha colpito Olivieri per quello che avrebbe potuto essere e per quello che ci saremmo aspettati fosse stato da parte di chi governa, da parte del Partito socialista. Non si può, a pena di una incredibilità che sta pesando su questo Partito e salvo le censure di Olivieri umanamente anche belle, passare da una fase ad un'altra del tutto contrapposta, non perché non sia necessario aggiornare le soluzioni, gli strumenti, gli interventi, ma perché si usa e si brandisce il cosiddetto "nuovo" contro chi ha lavorato per quello che purtroppo, non essendo ancora realizzato resta il nuovo, traguardi di civiltà e di progresso.
Il dibattito ha avuto degli interventi di grande passione, ma anche di grande tristezza perché parlando di questi problemi e avendo riguardo e cura della gente che vi sta dietro, sentiamo per ragioni politiche che sta passando una fredda e cinica operazione di potere e di normalizzazione. Le passioni sono una nobile cosa, così come lo sono le idee e perfino le ideologie (così vituperate), che comunque rappresentano un modo visibile di pensare. Certo, se l'ideologia diventa una formazione, un sistema chiuso e impermeabile agli altri, è un limite. Oggi proprio questa mancanza di idee e la mancanza dello sforzo che attorno alle idee si deve fare genera una crisi. Quello di oggi è un dibattito su una crisi, in cui volenti gli uni nolenti gli altri, siamo stati costretti a non parlare dei problemi e siamo arrivati all'assurdo (ma c'è una logica) di essere indifferenti a cose che si intuisce che stanno capitando e che determinano dei grandi salti all'indietro.
Non mi lamento, ho sufficiente realismo politico per non lamentarmi di quello che fanno gli altri. Ognuno fa politica come ritiene, quindi l'anticomunismo cieco e fazioso, il maccartismo...



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Maccarismo!



BONTEMPI Rinaldo

Non ce l'ho con te anche se tu forse ti sei aggiunto negli ultimi tempi. E' un maccartismo che è nato dalle origini di questa battaglia che si qualifica come elemento deviante in un dibattito utile. C'è la storia delle tessere comuniste che ronza nella testa a Pezzana con tormento. Le va a cercare come se questo fosse la spiegazione di tutto. Non è mai la spiegazione di tutto, comunque, dentro gli errori che tutti possono commettere ci sono storie che noi difendiamo...



PEZZANA Angelo

Meno male che non è un processo, ma solo un dibattito. Bisogna essere comunisti per essere nel giusto?



BONTEMPI Rinaldo

Non farmi dire altre cose! Stammi a sentire. Questa tua agitazione...



PEZZANA Angelo

Sono antifascista come sono anticomunista, non mi vergogno di dirlo.
Non sarà di moda, ma non mi vergogno di dirlo.



BONTEMPI Rinaldo

Tu puoi fare quello che vuoi, io ti dico quello che penso. Queste forzature ti faranno popolare come la tua abilità merita. Le sanzioni te le dico perché ho la libertà di dirle e non me lo puoi impedire neanche tu anche se mi sembra che stai facendo tutti i tentativi per avere una concezione di questo genere. Questo è solamente un tratto risaputo che hai caricato ultroneamente; Olivieri ha detto che c'erano delle Giunte, delle responsabilità, una cultura.
Le hai caricate al punto di riuscire in questo momento a distruggere la ragione, il pensiero debole e di questo probabilmente dovremmo parlare di più per spiegare molte cose. Ad esempio, il privato va anche bene certe volte, ma quando viene sponsorizzato ovunque, comincio a sospettare. Se metto insieme i tasselli di anticomunismo a priori (anzi, cerchiamo la tessera e poi gli diamo sulla testa), il privato comunque e dovunque e insieme un pochino di scasso mimetico delle teste come questa collocazione opposizione-governo, tutto ciò è veramente curioso e non accettato da noi anzi riprovato con calma, quanta calma, la calma di chi non ha bisogno di urlare per fare capire che c'è una solidità dietro le cose che diciamo, una solidità che appartiene ad un mondo che ideologicamente spereremmo più chiaro. Non è ammissibile che attraverso i giochi tra opposizione e governo si vengano a perdere i bandoli reali della questione. Sarà cambiata la società, il pensiero sarà debole, ma ci sarà pure qualcuno che avrà la responsabilità e qualcuno dell'opposizione che continuerà a fare l'opposizione. L'Assessore Maccari si è trovato nella spiacevole situazione di essere stato quello che ha operato, ma è sembrato operare per una battaglia decisa altrove che mette l'Assessore e la Giunta nelle condizioni di non dare conto di quello che ha fatto, di quello che vuol fare delle necessarie azioni di governo che riguardano tutta la società piemontese e che non possono essere azioni faziose.
La questione di Pirella non è stata motivata né allora n' oggi. Non è stato solo un fatto di arroganza nei confronti del Consiglio verso il quale comunque c'è un dovere di democrazia, ma è stato un atto aggravato dalla non spiegazione, che ha fatto precipitare una situazione per mettere in fila richieste impellenti, che peraltro avrebbero dovuto essere discusse.
Tutto questo attorno a problemi epocali, come sono quelli delle malattie mentali, che risalgono a battaglie non di questi anni, ma lunghe di secoli perché la situazione dei diversi trovasse, attraverso la società e la sua organizzazione, dei riferimenti che non sono ideologicamente risolvibili come dice giustamente Olivieri.
Ha ragione Olivieri nel dire che ci sono anche due tendenze. Una tendenza però va verso quella che noi chiamiamo la libertà e la dignità di ogni individuo che ha avuto una accentuazione nella legge, la quale poteva essere attuata meglio anche perché è nata in un periodo in cui molti avevano le speranze di farcela.
In realtà il modo peggiore di muoversi è quello di combattere una battaglia cieca, faziosa e provocatoria sulla gente, contro la gente e contro un Partito, ma è un modo buono per riuscire a sostituire, se mai ci fosse, un sistema di potere con la differenza che lì avevamo le istituzioni, il lavoro, gli operatori, gli sforzi e le idee, mentre qui ho l'impressione che abbiamo un piccolo gruppo, che attorno a questo modo chiuso e povero di vivere questa vicenda e approfittando della abilità dello sponsor (esapartitico o altro della Giunta che è affetto anche da mania di persecuzione attiva), riesce a portare un'istituzione, una Giunta e una maggioranza su posizioni che rendono l'opposizione nella necessità di fare una battaglia frontale. Noi però per gli aspetti politici, di questa necessità siamo consci e contenti.
Infatti, il mio intervento si dovrebbe concludere con un grazie perch siete stati chiari, grazie per questi comportamenti, grazie perché quello che non verrà mai detto, ma che è sotteso agli atteggiamenti, ha reso chiaro che su questo tema c'è comunque una divisione, una linea di demarcazione netta. Devo invocare parole come "destra" o "sinistra"? Le voglio invocare per quello che le battaglie di progresso e di libertà possono rappresentare di fronte al costituirsi interpartitico della destra.
A chi ha fatto questa battaglia, a chi è convinto di questa battaglia per la difesa delle idee e degli obiettivi, non potete dire che questi obiettivi sono morti.
Si parlava di cliniche private. Ebbene chi nel Torinese non ricorda Villa Cristina, posto incredibile dove la gente, specialmente i vecchi fuori di senno andavano a morire in condizioni drammatiche? Chi non ricorda questo? Chi non ha un po' di storia? Certo, la non storia, il cinismo beato ma vincente, lo fate vincere voi, tra l'altro, in questo insediamento di nuova destra. Il problema per si porrà anche come concorrenzialità di voti. A noi va bene che così si sia collocata una forza politica, che tra l'altro mi sembra non condivida certi modi di porre i problemi. Questo nuovo schieramento, la nuova destra, così si pone su questi problemi, ma non solo su questi. Su tutto ormai c'è un ritrarsi dicendo "il pubblico è finito", "il privato ci risolve tutti i problemi".
Ma dove siamo? Non c'è Paese al mondo che non abbia la necessità impellente, non fosse altro che per tenere insieme la società senza sconquassi, di avere una funzione di regolazione e di comando del pubblico.
Questo però non viene più proposto e lo scasso produce queste cose.
Il grave però è che la parte del Partito socialista che conta ha ritenuto, con la disinvoltura che gli è propria (le dichiarazioni del segretario regionale e il comportamento dell'Assessore), di darci il segnale di questa novità, di essere dentro a questa nuova destra che è stata percepita e capita. Io dico grazie perché ci dà il modo di ricostruire la storia partendo dai problemi e sapendo quali sono tutte le necessità intermedie. Mai abbiamo presentato una deliberazione che è una manovra amministrativa concreta per sovvenire a certi problemi.
Questo ci dà forza e convinzione per continuare una battaglia, per convincere molti di voi a che non si arretri dalle soglie decisive ed importanti conquistate da una cultura dopo anni e decenni di elaborazioni e di lotte. Generazioni come la mia si sono formate a una cultura della dignità della libertà delle masse e dei più poveri. Ricordate Goffman, con Asylums edito da Einaudi, ricordate i libri di Leng? Sono tanti valori che noi rivendichiamo e che prendiamo non in maniera acritica come modelli, ma come elemento stimolante, necessità, strategie diverse.
La sinistra, il progresso, i raggruppamenti progressisti democratici sono questo. Su questo punto una cartina di tornasole c'è: ci spiace dirlo in maniera non compiaciuta, ma confermata da molte cose. Questa collocazione del PSI, del gruppo dirigente del PSI, attraverso una prova dei muscoli che vuol giustificare non l'emarginazione contro di noi e verso di noi, ma verso molti problemi, non risolverà i problemi perché con il gioco delle tre carte la società priva di una sinistra trasformatrice forte, priva politicamente del nostro apporto, priva di quella cultura che ha partorito la legge 180 e che la difende ancora nei suoi pezzi originari è una società più povera, più indifesa rispetto ai padroni del vapore (scusate se cito Ernesto Rossi, un maestro della vostra cultura, compagni socialisti). I padroni del vapore si sono riaffermati con tanta forza e, in omaggio a questa cultura o sottocultura del privato, hanno ormai anche stravolto le istituzioni. Certo, dei matti se ne sono sempre curati altrove, ma la povera gente ha bisogno di avere condizioni di solidarietà.
Anche questo modo di discutere e di porre le cose, la prova dei muscoli di gente debole e imbelle, in realtà è anche il modo peggiore per dare risposta a questi problemi. E' la politica fine a se stessa che anche su questo caso è rientrata per effetto di comportamenti e decisioni che abbiamo combattuto e che continueremo a combattere aspettando i prossimi appuntamenti, intanto quelli degli ordini del giorno che proporremo al voto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, l'intervento del collega Olivieri così vibrante riassumeva in sé la profonda conoscenza, l'esperienza, una grande sensibilità.
Se questo intervento l'avesse fatto questa mattina, probabilmente il nostro dibattito, già di per sé molto ricco e molto importante, avrebbe ricevuto un ulteriore significativo arricchimento.
Diceva l'Assessore Maccari che il problema della psichiatria in Piemonte non è soltanto un problema di organizzazione, di struttura e di comportamenti della Regione e dei suoi rapporti con la comunità piemontese ma è un problema di carattere generale nel Paese.
E' prima di tutto necessario rivisitare alcune cose, a dieci anni di collaudo della legge 180, è necessario tirare le somme e fare il bilancio delle cose che hanno funzionato e delle insufficienze. Occorre capire se le insufficienze e le carenze sono derivate da una cattiva applicazione o dalle resistenze o se sono legate al fatto che determinate leggi si formano con utopia sull'onda di grandi movimenti culturali come è stato quello che l'ha preceduta. Io credo, colleghi, che la causa sia un po' delle une e un po' dell'altro. Ha ragione Olivieri nel dire che le leggi sono il risultato di momenti di forza, di posizioni, di sensibilità culturali e politiche.
Allora, credo che sia il caso di compiere uno sforzo per spogliarci il più possibile delle posizioni ideologiche, per vedere in modo concreto le cose senza perdere di vista le ragioni ideali che hanno sorretto la formazione di una legge che considero molto avanzata.
Ritengo di aver dato insieme ad altri Consiglieri un contributo alla realizzazione di questa legge. Hanno ragione coloro che richiamano l'impegno generale che c'è stato nella lotta contro le strutture manicomiali attraverso le etichette di tutti i Partiti. Era cresciuta una cultura. Ricordo, quando il collega Devecchi era Presidente della Provincia di Alessandria nei primi anni '70, i tanti incontri che abbiamo avuto anche con l'equipe basagliana. Alcuni nomi di quella equipe li ho riletti nei telegrammi in difesa del prof. Pirella. Voglio anch'io spendere qualche parola in proposito. C'è stato un grande sforzo; abbiamo realizzato una grande conquista. E' caduta una struttura che aveva rinchiuso e oppresso la gente, che aveva nascosto le miserie che sono parte della nostra vita. Mi viene in mente il film famoso: "Chi è volato sul nido del cuculo?" che mi sembra possa riassumere la concezione dei manicomi.



MARCHINI Sergio

Si vede che non sei mai stato in un manicomio!



ROSSA Angelo

Ci sono momenti contraddittori. Anche io ho visitato i manicomi, ho avuto modo di scrivere qualche riflessione sui pazienti e sui loro assistenti che, vivendo in quelle strutture per lungo tempo, erano fortemente coinvolti.
Abbiamo raggiunto un grande risultato all'interno del grande movimento per la conquista dei diritti civili. Il Paese è uscito dall'angoscia della ricostruzione, ha realizzato un po' di benessere, ha allargato le sue basi di partecipazione alla vita sociale ed economica, si è posto nuovi problemi e li ha affrontati anche con l'abbattimento delle strutture manicomiali.
Forse, avendo voluto fare fin troppo bene - come diceva Dostoevskij arrivando ai confini, siamo andati oltre. Succede sempre così. C'è stata una specie di contraccolpo ad una lunga situazione di isolamento e di custodia e si è data una risposta che è andata più in là di quello che realisticamente era nella cultura, nella sensibilità umana, nelle capacità delle strutture. Oggi abbiamo allora il dovere di fare un confronto.
Le proposte dell'Assessore Maccari possono parere aride rispetto ad un discorso più ampio e ad un discorso che può investire aspetti di poesia ma sono proposte concrete che un governo regionale ha il dovere di fare sfrondando le ragioni che riguardano gli aspetti umani che considero estremamente positive.
Queste sono le ragioni che ci inducono a tirare le conclusioni al di fuori delle posizioni ideologiche.
Ho ascoltato poc'anzi il Consigliere Bontempi. So che è un uomo che si sforza di cogliere gli aspetti nuovi, i processi che sono in atto, ma ancora una volta resta prigioniero di una visione ideologica quasi statica.
Ho grande rispetto delle sue idee, ma nel momento in cui non cerca di capire i processi che sono andati avanti, le correzioni e le modifiche che sono necessarie per dare una risposta positiva all'avanzata, mi sembra voglia rimanere in una posizione statica, che non condivido nel momento in cui confonde la necessità di adeguare le strutture al processo di avanzata con posizioni di destra, non cogliendo il significato profondo del concetto della legge 180.
Non è il ritorno al privato. Certo, bisogna stare attenti che in questa spinta non ci sia l'inserimento di forze che guardino solo agli interessi particolari e specifici. Noi socialisti siamo qui per ribadire che deve esistere, specialmente in questo campo, una base ferma di intervento, di posizioni pubbliche, una politica di programmazione della psichiatria che garantisca l'equità, il diritto di tutti i cittadini di avere l'assistenza, le strutture, lo stesso trattamento. Nello stesso tempo affermiamo il principio che ci sono anche le cliniche private che hanno la loro funzione. Saranno controllate affinché realizzino quanto noi vogliamo che si realizzi, ovvero l'inserimento della gente emarginata. Sono passati dieci anni, ma l'emarginazione esiste ancora non solo di questa categoria ma anche di altre. Questa è una categoria ancora emarginata per responsabilità di carattere più generale e di carattere culturale, per le resistenze che abbiamo incontrato e che non abbiamo ancora superato.
E' in atto un processo diretto ad innalzare il tono, il livello dell'intervento e della partecipazione. E' mai possibile che il PSI, che ha una grande storia alle spalle come l'hanno altre forze politiche, che viene da lontano, venga etichettato come un Partito con una posizione che rovescia, che ribalta diametralmente le posizioni con le quali ha concorso nella storia in tante battaglie che hanno fatto dell'Italia un Paese avanzato? Collega Bontempi, io capisco il vostro travaglio, i vostri problemi però non potete scambiarci...



BONTEMPI Rinaldo

Non capisco il vostro problema!



ROSSA Angelo

Siamo disponibili ad approfondire ulteriormente questo dibattito. Sono convinto che la frontiera è molto sottile. Non credo né che ci sia qualcuno tra di noi che voglia rovesciare le situazioni, né che ci sia qualcuno che abbia fatto pressione per ribaltare una situazione. Mi sembra che chi ha agito in un certo modo - mi riferisco alla questione sollevata questa mattina dal collega Pezzana - sia partito da premesse completamente opposte a quelle che hanno mosso la lotta che i radicali hanno fatto per i diritti civili.
Dirò qualcosa del prof. Pirella. Non lo conosco, ma ho nei suoi confronti la stima che si porta verso chi ha delle responsabilità. Non conosco né De Mita né Craxi, ho avuto solo occasione di incontrarli, per ho per loro la massima stima. Converrete con me però che ci sono dei momenti in cui si verificano aspetti di carattere politico-programmatico che attengono alle proprie idee, alle proprie ragioni, quindi non mi sono assolutamente sorpreso né scandalizzato se il titolare del governo regionale di questo settore ha deciso di non avere più un consulente che assumeva atteggiamenti...



BONTEMPI Rinaldo

Bisognava dire perché!



ROSSA Angelo

Parlo qui come titolare del Gruppo socialista. Ciascuno ha le sue responsabilità. Mi sembra che non sia il caso di farne una grande questione. Se non ci sono, come mi pare che ci siano stati, aspetti di carattere personale, guai se ci fossero stati!, vuol dire che ci sono stati contrasti di carattere politico, vuol dire che ci sono delle posizioni che per quanto dignitose, per quanto rispettabili, contrastano.
Oggi si sta per dimettere il Presidente del Soviet Gromiko. E' un'azione molto veloce, spettacolare, che sorprende. Probabilmente, per ci sono ragioni di carattere politico che hanno portato a questo. Mi sembra sproporzionata questa battaglia, nessuno ha perso il lavoro, mi pare sproporzionata la battaglia contro chi ha sostenuto questo aspetto (che tra l'altro non lo ha sostenuto oltre certi limiti), mi sembra allora che restino degli aspetti di carattere politico-programmatico.
Si tratterà di vedere quale sarà il pool che dovrà guidare, chi sarà il responsabile, se ce ne sarà bisogno, se non ce ne sarà bisogno. Sarà l'Assessore e la Giunta regionale nella sua completa autonomia a valutare le proposte che saranno fatte. Quindi non si tratta n' di cinismo n' di insulto alle istituzioni. Il problema è di carattere politico-programmatico e dovrà essere ridefinito, come dovranno essere ridefiniti anche altri problemi. Qualcuno ha parlato di leggi in altri campi sulle quali si tratterà di tornare e alla base delle quali ci sono gli impegni dei socialisti. Questo non ci impedisce di dire che dieci anni fa queste cose le abbiamo assunte dando una spallata a una situazione che si era "ossificata", e che oggi dopo dieci anni di collaudo si devono rivedere certe questioni e realizzare una politica che faccia progredire il Paese e faccia andare avanti la psichiatria.
Mancano molte cose: nella nostra provincia ci sono strutture che richiedono interventi, investimenti, certi rapporti debbono essere sostenuti. C'è la necessità di realizzare le comunità protette, nonostante che qualcuno intenda la comunità protetta come il ritorno al sistema del manicomio e del custodialismo. Il collega Olivieri ci ha detto che siamo ancora molto lontani dal capire che cos'è la malattia mentale. C'è gente che ha bisogno di assistenza in strutture adeguate, occorre realizzare queste strutture. Anche Basaglia diceva che non era possibile immaginare che si aprissero le porte dei manicomi e tutto sarebbe finito lì, e che il problema non poteva essere affrontato con disinvoltura perché poteva provocare grossi contraccolpi. Che cosa vuol dire questo? Significa che occorre realizzare un rapporto nuovo sul piano territoriale e sul piano delle strutture, un rapporto che sia capace di dare una risposta che possa trarre la gente dalle angosce in cui si trova. Sono le cose che con voce vibrante hanno descritto Olivieri e Olivetti. Quindi, collega Bontempi nessun anticomunismo nel modo più assoluto. Mi pare che si possano scorgere degli elementi positivi che fanno crescere la speranza di allora, e ci fanno capire che si possono fare molte cose. Oggi siamo ad una verifica dobbiamo riprendere il cammino per farne delle altre.
La nostra posizione non è pregiudiziale ma vuole aprire un discorso. Da parte nostra c'è un nuovo impegno affinché nella comunità piemontese la psichiatria possa trovare gli strumenti per poter risolvere quei problemi che, malgrado tutta la buona volontà, finora non sono stati risolti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questi dibattiti sono di difficilissimo approccio, non tanto per il loro contenuto, ma perché stanno ad un trivio nel senso che veniamo chiamati subdolamente a pronunciarci politicamente su questioni che avrebbero migliore collocazione in un convegno, e ci si chiede di fare i Consiglieri regionali in ordine ai comportamenti politici della Giunta.
Buona parte del mio intervento sarà fatto per la presenza storica del nostro Gruppo (queste cose verranno scritte e non verranno mai lette) poi seguirà un intervento per la memoria storica.
La premessa è questa! Quando ci diamo questi appuntamenti cerchiamo di capire se siamo i Rotary o se siamo un'assemblea o se siamo un contenzioso tra maggioranza e opposizione, tra Giunta e Consiglio e su questo i diversi soggetti si devono collocare rispetto allo scenario che ritengano di aver scelto. Ho l'impressione che non abbiamo ben chiaro questo.
Si è fatto riferimento ai corridoi. Io i corridoi li frequento, anche perché, non avendo casa a Torino, i corridoi sono la mia seconda casa.
Intendo fare delle valutazioni sulla vicenda Pirella.
Siccome sono firmatario di un documento con cui si chiedeva la turnazione al vertice di una funzione, dò una mia interpretazione. Mi sembra scorretto, offensivo e inaccettabile, ridurre la questione Pirella a una questione di posto di lavoro messo in discussione. Caro Rossa, a volte le parole devono essere controllate pur nella foga che ti caratterizza. Non si esprime stima a qualcuno lasciando poi trasparire che si discute sul fatto che qualcuno rischia di avere i bambini affamati. Desidero chiarire questo aspetto. La vicenda Pirella non è una vicenda che attiene a un problema occupazionale. Non accetto questa posizione. Desidero riportare la vicenda Pirella all'interrogativo che ho posto alla Giunta, quando, con l'ordine del giorno che ho sottoscritto, ho chiesto che, essendo maturata una situazione che noi ritenevamo non più accettabile e che andava attribuita a determinate questioni, chi consideravamo responsabile, non colpevole, di un certo effetto cessasse di essere la causa di quell'effetto per la parte che gli competeva. E qui finisce il fatto personale nei confronti del prof. Pirella.
Si pone però la vicenda politica. Desidero leggere la relazione che ha posto l'Assessore come l'accettazione del nostro suggerimento; ovvero era stata rimossa una delle cause, o la causa principale, rispetto ad un certo effetto e la relazione dell'Assessore la leggo finalizzata ad intervenire per modificare gli effetti. Quindi, fino a quando non mi diranno il contrario, considero la cessazione del rapporto con il prof. Pirella, anche se coincidente con un fatto contrattuale o convenzionale, come un momento di svolta significativa nella politica della Giunta, che il mio Gruppo sostiene. E' un fatto politico che ho sollecitato e ritengo che la Giunta abbia fatto bene ad accettare, sia pure in coincidenza con un fatto che sembra di routine. E proprio perché è un fatto politico, bisogna trarne le conseguenze.
Ci rendiamo tutti conto che questi problemi rischiano la ideologizzazione e dubito che ci siano gli spazi per una conclusione con un ordine del giorno. Qui ognuno ha sentito quello che ha detto e difficilmente ha sentito quello che hanno detto gli altri. Prendiamo atto che la Giunta ha avviato un processo sul quale il Consiglio si confronta senza assumersi la responsabilità di dare un mandato alla Giunta. Questo è un passaggio delicato. Desidero che il valore (che è stato trascurato e che con difficoltà stiamo recuperando, quello del dubbio del pluralismo), sia un bene che lasciamo alla gestione della Giunta e che non riduciamo con un ordine del giorno.
Io non voglio sapere che cos'è la Commissione, ma voglio sapere che cosa farà. La Commissione è uno strumento che la Giunta ritiene di utilizzare e non voglio sapere che cos'è, né chi ne fa parte, perché non voglio essere chiamato a concorrere alla formazione di quella Commissione.
La Giunta ha una pluralità di strumenti. Vuole avvalersi di una Commissione? Lo faccia, sono affari della Giunta. I Gruppi consiliari non concorrono alla formazione di quello strumento perché è una scelta autonoma che deve essere lasciata alla Giunta.
Non capisco perché una riflessione come questa debba concludersi con un ordine del giorno di tipo operativo (se fosse di tipo politico il discorso sarebbe diverso).
Sappiamo bene che questo è il recepimento di un indirizzo della Giunta che noi facciamo proprio.
Nel dibattito politico dobbiamo dire che cosa pensiamo di quanto ha fatto la Giunta su questa vicenda, sulla quale - va riconosciuto - qualche latitanza c'è stata. Il Consiglio deve immaginare come comportarsi rispetto alla Giunta e la maggioranza rispetto all'opposizione: questo è il gioco delle assemblee. Poi esiste il retroterra sul quale ragioniamo e sul quale leggerò alcuni appunti che mi sono preparato.
Purtroppo non abbiamo ancora acquisito tutti insieme la capacità di ridurre i nostri dibattiti ai fatti che sono oggetto di contenzioso anzich ai fatti che sono motivazione del contenzioso. Potremmo cercare di ridurre i nostri confronti al contenzioso e sul contenzioso pervenire a dei momenti decisionali e di confronto, riducendo al massimo lo spazio delle motivazioni. Non è così. Avendo la responsabilità di rappresentare una forza che su questo ha alle spalle qualche esperienza, il mio Gruppo ha dovere di pronunciarsi sulla sostanza, quindi di atteggiarsi rispetto ai problemi generali, cercando però di dare un contributo.
A noi sembra che la relazione punti troppo ai fatti di ordine ingegneristico, mentre noi liberali che siamo l'ultimo anello dell'umanesimo, ricordiamo che al centro c'è l'uomo come destinatario, ma anche come soggetto di questa difficile branchia della nostra vita. Quindi poca attenzione o insufficiente attenzione c'è agli aspetti che attengono alla responsabilizzazione e all'adeguata professionalizzazione del personale di tutti i livelli. Questo elemento ha trovato una giustificazione, se per caso non ce l'avesse, nell'intervento del Consigliere Olivieri che ha parlato dell'egoismo e dell'aridità della città. Ebbene, l'egoismo della città nasce anche da un approccio a questo problema troppo tecnico-scientifico, muratoriale, geometristico. Si parla di numero di letti, si parla di risorse, ma non si parla di atteggiamento dell'uomo nei confronti dell'uomo. A noi questo sembra fondamentale. E' uno degli aspetti sui quali bisognerà lavorare.
L'intervento di Olivieri dovrebbe aiutarci a fare chiarezza sulla questione manicomi. Il manicomio si pone come una specie di bivio improprio: il manicomio è l'effetto della malattia mentale; dopodiché si è scambiato la causa per l'effetto e si è detto "togliamo i manicomi e non c'è più la malattia". Vedi, Rossa, la distanza tra le scuole su questo punto è enorme. Noi riteniamo che tutte e due abbiano forti titoli di legittimità, ma le distanze sono forti e quindi la responsabilità della Giunta e i problemi del decisore politico sono enormi, perché le distanze sono enormi. Chi ha i capelli grigi come me si ricorda di aver sentito dire all'interno delle famiglie: "ti faccio interdire e mettere in manicomio".
Non parliamo della società e dei gruppi di pressione. Questo faceva parte della cultura della oppressione. Anche il collegio che, quando ero ragazzo, era un posto dove si veniva puniti. Vivevamo in una cultura della violenza e della sopraffazione per cui i momenti promozionali dell'uomo, la scuola, il collegio, venivano visti come momenti di segregazione e il momento di recupero, la struttura manicomiale, come la punizione e l'alienazione. Questo attiene indubbiamente ad una cultura rispetto alla quale la legge Basaglia ha fatto giustizia. Non possiamo ignorare queste cose.
Si tratta però di capire che non si può disconoscere che a monte di questa struttura, che noi consideriamo cancellata per sempre, esistono dei fenomeni che ci devono quanto meno intimidire rispetto ai quali qualunque tipo di professione, in un senso o nell'altro, è arbitraria. Lo diceva Olivieri poco fa.
La delicatezza delle questioni rispetto alle quali ci poniamo esige da parte della Giunta una assoluta responsabilità e un'assoluta libertà di atteggiamento.
Alla fine di questo discorso non so che cosa dire alla Giunta. Dico semplicemente di non ripetere l'errore che è stato commesso in passato.
Chiediamo a Maccari, che è un laico, di affidarsi al dubbio come metodo e al pluralismo come strumento. L'importante è che l'Assessore non sposi nessuna tesi, né quella che combattiamo né quella che difendiamo e che utilizzi lo strumento del pluralismo, cioè i diversi apporti che possono venire dalla cultura e dalla professionalità presenti in questa Regione cercando di governare all'interno di questi parametri.
E' un valore politico quello che è messo in discussione in questo momento, non è il manicomio. Probabilmente la legge 180 non è andata avanti perché la si è voluta difendere nella sua componente idelogica; e probabilmente, se la si è dovuta difendere così a lungo, è perch dall'altra parte, magari dalla mia, si è voluto negare le cose che da parte mia vengono oggi riconosciute. La paura della segregazione è patologica, è in tutti noi. Qualunque struttura della società che possa essere considerata uno strumento per svegliare questi nostri timori inconsci viene utilizzata dal sistema, anche da quello familiare.
Stiamo attenti a dare mandati alla Giunta. La Giunta su questo ha una responsabilità; è sotto gli occhi di tutti. Si è parlato anche dell'Europa perché è così. La chiusura della vicenda Pirella e della politica da lui seguita significa che nel giro di qualche anno la svolta del Piemonte verrà messa al microscopio. Per questo non mi sento di dire all'Assessore Maccari che cosa deve fare. Posso suggerire dei metodi, degli strumenti ma non so questi metodi e questi strumenti a che cosa porteranno. Lo lascio alla responsabilità sua, dei suoi collaboratori e degli esperti. Non riapriamo però il gioco delle presenze filtrate attraverso commissioni che ovviamente a monte hanno le canalizzazioni delle pluralità partitiche e culturali, questo obiettivo lo deve perseguire in proprio la Giunta.
Se si vuole votare un ordine del giorno, votiamolo pure, però dobbiamo essere molto attenti a quello che scriviamo in questo documento. Si sono fatti dei nomi. Io non li conosco ma mi domando: in questa polemica non ci saranno tanti basaglisti pentiti e di comodo? Quando si bruciavano gli strumenti di contenzione erano presenti molti degli attuali pentiti. Essere pentiti è un merito e cercare di far dimenticare è ipocrita. Vi leggerò quel tanto che può dare il sottoscritto al suo Gruppo nel confronto politico.
C'è l'esigenza della testimonianza di un contributo che attiene alla materia, non al dibattito. Chiedo scusa se annoierò perché, come sapete non sono un buon oratore e sono un pessimo lettore.
Oggi ci si interroga sui motivi per cui la legge di riforma psichiatrica ha deluso le aspettative di molti, forse dei più. Le cause sono molteplici e non tutte legate alla legge in se stessa. La legge infatti ha avuto il grande merito di non consentire più che ci si dimenticasse del malato di mente relegandolo in ghetti che, in virtù dello stesso "spiritus loci" che in essi aleggiava e che aleggia ancora in quello che rimane, contribuivano non poco a rendere sempre meno recuperabili i pazienti. Spesso erano luoghi di violenza, comunque erano luoghi di disperazione assolutamente inumani. La sola idea di un eventuale ritorno indietro in questo senso non può che farci inorridire come uomini e come politici.
Il superamento della dimensione manicomiale è comunque un merito storico anche se forse è l'unico autentico merito che potesse essere riconosciuto alla legge 180. Peraltro, la legge al momento della sua nascita porta con sé un vizio originario che la porta alla sua consunzione: una visione della malattia mentale, della sofferenza psichica, fortemente ideologizzata e vista unilateralmente come esclusivo frutto di problematiche sociali. L'esperienza ci ha dimostrato che così non è. Mi sembra diabolico voler insistere che così è.
La legge 180 è la negazione della psicopatologia, è l'utopistica negazione della malattia mentale, un atto di negazione illusorio in quanto la sofferenza è una parte importante dell'esistenza umana, anzi, più che una parte essa contrassegna e caratterizza l'uomo, e in essa l'uomo riconosce il proprio aspetto umano. L'uomo è forse l'unico essere che avendo memoria ed intelligenza ha il valore della sofferenza, non soltanto la sensazione. La paura del domani e la paura di morire è la memoria della sofferenza nostra e degli altri. Con la malattia comunque in un modo o nell'altro dobbiamo confrontarci, dobbiamo confrontarci con la sua azione devastante e con le crisi improvvise; talora procede lentamente e subdolamente, talora si impone improvvisamente. In alcuni casi è consentita una lunga quasi pacifica convivenza con la malattia, in altri tutto viene messo pericolosamente in crisi senza segni premonitori.
Colleghi, la malattia se ne ride delle pretese della legge 180, non ha fatto i conti con noi; non decide di guarire in sette o dieci giorni, non decide di manifestarsi durante il week-end o dopo che è stato chiuso il centro ambulatoriale. Insomma dobbiamo prendere atto che la malattia rimossa dalla legge 180 riprende la rivincita e impone a tutti noi, anche ai più riluttanti, la propria presenza. La malattia mentale esiste, agisce è presente.
Indubbiamente non tutte le forme di sofferenza e disagio psichico possono essere considerate malattie in senso medico, forse in questo caso sarebbe più corretto parlare di malattie dell'anima o di crisi esistenziale a seconda delle scuole di pensiero. L'innamorato che si taglia le vene o il disoccupato che si butta dalla finestra non è un malato, ma è una persona a cui si è rotto il minimo dell'equilibrio esistenziale sul quale pu sopravvivere.
Vi sono forme di sofferenza che, pur manifestandosi nei modi più conclamati, se contenute in spazi psicoterapeutici adeguati svaniscono, si dileguano e vengono recuperati. Comunque, prima o poi, l'incontro con la malattia che ci mette in scacco sarà inevitabile e lo scacco sarà ancora più inevitabile se non saranno pronti ed approntati molteplici poliformici modi con cui la malattia si manifesta.
E' evidente che è pura illusione piegare la manifestazione della malattia alle esigenze spesso dettate da pregiudizi ideologici, e la legge 180 ne è un esempio, soprattutto i pregiudizi di coloro che erano deputati all'attuazione della legge stessa.
Se la legge è sbagliata, la sua attuazione non può che pervenire ad un risultato insoddisfacente. Questa è la differenza fondamentale. La legge 180 partendo da un presupposto sbagliato, non poteva pervenire a risultati soddisfacenti; poteva arrivare a risultati diversi, per qualche verso anche migliori, ma la distanza è lontana tra chi ritiene che la legge 180 fosse concettualmente errata e chi continua a credere che la legge 180 è concettualmente fondata.
Oggi la parola chiave della psichiatria non è più il territorio come negli anni passati, ma l'approccio integrato alla malattia mentale. Con questo termine si intende un intervento a più registri che preveda diversi momenti, quello psicofarmacologico, quello psicoterapeutico, quello socio ambientale, che certamente non riduciamo nella sua capacità di intervento nelle diverse fasi della malattia (fase pre-morbosa, fase acuta, evoluzione a lunga scadenza). E' chiaro che a seconda delle fasi si deve essere in grado di poter utilizzare diversi tipi di strumenti e di potersi valere di diversi tipi di strutture che magari possono essere, l'uno e l'altro, il risultato di quelle diverse voci e di quelle diverse culture che sono presenti nel mondo della psichiatria.
Per questo, Assessore, abbiamo difficoltà a dare degli indirizzi. Non vogliamo che tutte le componenti presenti abbiano quel tanto di legittimità culturale e politica che giustificano la loro utilizzazione a livello gestionale di governo. Questo è il passaggio delicato che ha la Giunta. Qui non esce nessuno sconfitto...



AVONDO Giampiero

Allora perché liquidare Pirella?



MARCHINI Sergio

Non si tratta di liquidare. Io non sono per espellere, chiedo che sia presente e che non sia l'unica voce. Noi chiediamo che la cultura e l'esperienza di Pirella (se così la vogliamo chiamare, come fenomeno e non come persona), continui all'interno di questa Regione a produrre quel tanto di risultato utile che può produrre in confronto e in collaborazione con le altre componenti della cultura su questa materia. Non c'è nessun vincitore non c'è nessun vinto, si tratta di ricondurre ad equilibrio un complesso di ipotesi che in passato aveva visto un'ipotesi unica ed esclusiva.
Per questo ho difficoltà a scrivere un ordine del giorno. L'approccio socio-ambientale a questa problematica è di primaria importanza e, proprio perché è l'unica che dipende dai fatti politici, certamente non può non avere grande attenzione da parte dei politici. I fatti ereditari non possono essere rimossi dalla politica, ma i fatti ambientali sì. Quindi è certo che gli aspetti ambientali, che concorrono ad aggravare o a causare devono avere dalla parte politica un'attenzione primaria perché sono quelli sui quali può incidere. Ma sugli animaletti, che non so come si chiamano che ha inventato il biologo non so come possa intervenire l'Assessore! In realtà l'approccio integrato rimane una parola magica, in quanto è difficile che un intervento di questo tipo venga attuato. Nel migliore dei casi ci si ferma alla prima fase. Il passaggio dalla pratica all'assistenza sociale segna la fase socio-ambientale e qualche colloquio conclude la fase psicoterapeutica. Qui l'equilibrio è saltato.
Sulla carta, le tre fasi, i tre momenti sono stati rispettati, ma realmente non è stato fatto nulla se non il controllo psicofarmacologico che spesso viene demonizzato dall'opinione pubblica ma che se inserito in un corretto contesto di interventi è certo in molti casi indispensabile.
Il risultato finale è spesso l'abbandono del paziente alla famiglia.
Questo deve essere considerato uno degli aspetti più perversi e incivili della legge 180.
L'incapacità e spesso l'impossibilità di gestire la problematica del paziente in maniera corretta vengono falsamente superate colpevolizzando la famiglia. Questo scaricare il peso del paziente sulla famiglia, questo delegare alla famiglia non costituisce certo una conquista sociale, come qualcuno con molta ipocrisia intende dire, al contrario è un vuoto inammissibile lasciato dallo Stato.
D'altra parte vi sono notevoli impedimenti perché siano correttamente sviluppati i tre momenti, tenendo conto inoltre che, al contrario di quanto è stato fatto finora, cioè abbandonare il paziente ai familiari, un corretto intervento dovrebbe farsi anche a carico dei familiari e non caricare i familiari stessi di un ulteriore onere.
Certamente la famiglia che ha espresso una patologia di questo genere è una realtà a rischio della quale una società dovrebbe preoccuparsi in termini di alleggerimento e non di appesantimento delle problematiche di natura economica, culturale, sociologica o sanitaria.
Alcuni sono impedimenti di ordine strutturale: ridotto il numero dei posti letto nei reparti di diagnosi e cura, assenza di strutture intermedie (day-hospital, ecc.). Non si tratta solo di aspetti quantitativi, ma anche qualitativi. I reparti ospedalieri sono spesso angusti e squallidi. Le comunità alloggio spesso sono ricavate all'interno degli ex ospedali psichiatrici e sono anche fatiscenti. Non solo è stato fatto poco, ma quel poco che è stato fatto è stato fatto male.
Altro elemento di grande preoccupazione è costituito dai tempi. Inoltre non si fa sufficientemente attenzione all'esigenza di poter contare sulle strutture 24 ore al giorno per 365 giorni all'anno, e 366 negli anni bisestili.
Su questo aspetto ci sembra nel complesso che ci sia una larga convergenza. I mali sono ormai sotto gli occhi di tutti e tutti pensano ai rimedi.
Qui, Assessore, incomincia la parte meno di maniera del mio intervento.
Qualcuno mi chiederà perché faccio un intervento di maniera e di memoria.
E' perché c'è la prassi che ho sempre combattuto (ma come molte battaglie che faccio sono perdenti), di pubblicare gli atti dei dibattiti con il risultato che, chi ha fatto veramente il suo dovere e aveva qualcosa da dire, compare come chi non aveva niente da dire.
Se è vero che le strutture sono i luoghi e gli spazi necessari che rendono possibile l'intervento terapeutico, queste non sono terapeutiche di per sé. Il vero fattore terapeutico è l'operatore, sia esso il medico, lo psichiatra, lo psicologo, l'assistente sociale, l'infermiere. E' soprattutto a questi livelli che si deve lavorare.
Riteniamo di dare un contributo facendo alcune considerazioni, non oserei dire critiche, ma di distinguo rispetto alla relazione dell'Assessore che ci sembra un po' ottimista.
Innanzitutto deve essere segnalata una generale carenza di personale a tutti i livelli. Facciamo riferimento non soltanto allo stato attuale degli organici che sono tuttora in parte scoperti, ma al quadro del personale previsto che deve essere completamente disegnato.
L'attività in campo psichiatrico, sia per i medici sia per i paramedici, è assolutamente estenuante. Perché un caso possa essere adeguatamente seguito necessita di molto tempo, di costante presenza, di vicinanza fisica. Allo stato attuale pochi psichiatri possono permettersi di seguire così profondamente i propri pazienti come ne avrebbero diritto.
Ma è anche vero che i veri psichiatri tra il personale dei servizi psichiatrici sono pochi. Non si tratta solo di mancanza di adeguata preparazione universitaria. Pochi sono gli specialisti in psichiatria ancora si fa confusione tra neurologia e psichiatria, e spesso sono i neurologi che ricoprono posti psichiatrici. Sono stati assunti dei giovani medici che si erano laureati magari discutendo una tesi di odontoiatria o di ginecologia, che pare sia l'ultimo livello, che mai avevano visto un paziente psichiatrico e che accettavano il posto in psichiatria, non perch interessati alla materia, ma perché non c'era niente di meglio.
In passato il manicomio non era soltanto il luogo di emarginazione del paziente, molte volte era anche luogo di ghettizzazione del medico.
Ma non si tratta solo di questo. Nei casi in cui la preparazione informatico-tecnica può essere valida è carente il momento della formazione. E questo è l'elemento sul quale ci ha portati Olivieri dal punto di vista dell'approccio del rapporto uomo a uomo, che non nasce dalla preparazione tecnica, ma nasce dalla formazione come fatto di approccio costante e quotidiano al paziente.
La formazione è quel momento che consente di cogliere consapevolmente il senso dell'agire tecnico, che consente una piena assunzione di responsabilità in cui ci si sente protagonisti attivi e non semplici burocrati costretti in una routine insensata. Comunque di questa realtà si deve tener conto.
Ogni ipotesi di una riforma della legge 180 del suo superamento o della sua modifica deve passare attraverso la riqualificazione radicale del personale.
Abbiamo parlato dei medici ma il discorso vale per gli psicologi. La laurea sola non può fornire alcuna solida professionalità. Parliamo degli infermieri, lo diceva già Olivieri, il cui livello non solo dal punto di vista tecnico ma soprattutto dal punto di vista motivazionale ed umano è spesso molto basso.
L'operatore nel campo psichiatrico necessita costantemente, soprattutto quando lavora con pazienti cronici, di un continuo appoggio motivazionale altrimenti la dequalificazione dell'intervento è molto rapida. La sfiducia la frustrazione, la stanchezza sono aspetti che spesso rendono molto difficile il lavoro in campo psichiatrico. Per rendere davvero possibile l'attività dello psichiatra e del personale paramedico si dovrebbe tenere pertanto conto dell'accumularsi di una vera e propria fatica psicologica che dovrebbe essere prevenuta anche attraverso modifiche dei tempi dei reali metodi di lavoro.
E' sull'aspetto formativo che vogliamo, Assessore, ancora soffermarci.
Un adeguato intervento psico-terapeutico non solo necessita di tempo adeguato ma di capacità adeguate. E' un dato ormai assolutamente acquisito la distinzione dei due momenti del processo di formazione di tecnici e di operatori in genere: il momento di trasmissione di contenuti strettamente tecnici, e questo è il momento considerato informativo in cui l'acquisizione di informazione è più di tipo passivo, e il momento formativo vero e proprio, che si caratterizza come processo attivo di acquisizione di conoscenza. Nel momento che si caratterizza per il passaggio dal dato tecnico astratto all'integrazione di tale dato nel proprio mondo esistenziale, da accadimento esterno ad accadimento interno ebbene, nel campo psichiatrico, proprio perché l'attività dello psichiatra dello psicologo, dell'assistente sociale e dell'operatore in genere si dispiega nell'ambito delle relazioni intersoggettive, l'operatore entra nel gioco terapeutico non solo come tecnico, ma anche e soprattutto come uomo con i suoi elementi emotivi e con le sue componenti affettive.
Il momento informativo è pertanto importante in quanto è il solo in grado di trasformare il fattore umano, l'aspetto marginale del porsi come tecnico di fronte al paziente, ad aspetto peculiare e centrale dell'azione terapeutica.
Riguardo a questo aspetto riteniamo che la relazione dell'Assessore sia quanto meno ottimistica.
Se è vero che le cliniche psichiatriche universitarie devono trovare forme di collaborazione con le UU.SS.SS.LL., in modo da superare lo splendido isolamento di cui si parla nella relazione Maccari, se è vero che è necessario tendere ad una integrazione fra le strutture del servizio sanitario regionale e le strutture universitarie, questo non risolve assolutamente i problemi di formazione di cui abbiamo parlato fino ad ora.
Questi interventi potranno rendere più completo l'iter di studi del futuro specialista, quindi la sua preparazione tecnica, ma è stato detto che pochi in realtà sono gli specialisti nei servizi psichiatrici.
L'Assessorato deve forse essere più attento al momento informativo.
L'acquisizione di dati tecnici è il momento formativo. Ci sembra che il passaggio in relazione ai rapporti con l'Università debba essere dall'Assessore Maccari considerato con attenzione senza timori irreverenziali nei confronti delle strutture accademiche. L'Università potrà migliorare il proprio aspetto, ma allo stato attuale ci sembra del tutto incapace di poter affrontare il secondo momento cioè l'aspetto formativo, che richiede metodologie didattiche che al momento sono del tutto estranee all'Università e alla sua cultura e che, forse, nemmeno istituzionalmente le competono. Pensare all'Università come soggetto dell'attività formativa permanente e non dell'attività informativa tecnica ci sembra un passaggio un po' azzardato.
D'altra parte le stesse leggi che regolano queste professionalità a livello nazionale e che riguardano la psicologia e la psicoterapia, da anni in discussione, per quanto si può immaginare, avranno una gestazione ancora alquanto lunga, recepiscono comunque il fatto che riguardo alla formazione in campo psicoterapeutico dovranno essere riconosciute scuole ed istituti privati che hanno maturato competenze in questi campi perché tuttora la struttura universitaria è carente rispetto a questo tipo di funzione.
Proprio per come sono stati strutturati i corsi di specializzazione universitaria, in particolare per quanto attiene i tempi e le modalità della didattica, questi sono lontani dal poter rispondere agli standards richiesti per una autentica formazione. Trasmettono certi dati, anche di grande livello, ma non possono formare l'operatore.
Vogliamo ribadire fortemente il nostro punto di vista. La riforma della legge 180 passa attraverso una necessaria riqualificazione del personale in senso umanistico, se ci è consentito usare questo termine. Potremmo introdurre tutte le strutture intermedie possibili ed immaginare tutto quanto potrà essere opportuno dal punto di vista strutturale ma, se non ci occuperemo di promuovere una adeguata formazione del personale, i risultati saranno comunque deludenti.
Riteniamo che sia pertanto quanto mai urgente definire un programma formativo permanente che consenta una costante qualificazione e riqualificazione degli operatori.
Questo è il contributo di tipo collaborativo e di riflessione che lasciamo all'attenzione dell'Assessore. Richiamiamo in conclusione quanto abbiamo espresso in apertura. Noi riteniamo che questa Giunta abbia affrontato un passaggio stretto ma irrinunciabile, quello del superamento della gestione Pirella. Bisogna avere il coraggio di prendere atto che di quella gestione si doveva rifiutare non il contenuto, ma il presupposto, e il contenuto magari come conseguenza del presupposto, e che si deve sperimentare in Piemonte, all'interno dei valori storici acquisiti dalla cultura che si è tradotta per parte nella legge 180, il metodo fondato sul dubbio che è all'origine della scienza. Quindi ci auguriamo che la Giunta a tempi brevi, sia in grado di relazionare al Consiglio su come un processo di rilegittimazione di tutte le scuole di pensiero rispetto a questa materia abbia in primo luogo recuperato la solidarietà all'interno del mondo che si occupa di questo. Personalmente mi preoccupa molto, posto che siamo tutti a forte rischio soprattutto sotto queste luci per qualche anno l'esasperazione che c'è nel mondo che ci sta dietro (forse anche fisicamente) che rischia di portare l'ideoligizzazione anche dei pluralismi. Quindi la Regione ha il dovere di creare un clima culturale ed operativo, all'interno del quale i singoli operatori possono contare sul rispetto delle loro idee e sugli spazi per la loro attuazione, senza la necessità di negare e di provare il non valore della proposta avversaria se così la possiamo chiamare. Altrimenti arriviamo alla radicalizzazione alla esasperazione e alla semplificazione portata all'estrema potenza di qualunque di queste ipotesi. Quindi avremo quello che punta sull'approccio farmacologico che ci imbottirà di farmaci, ci sarà quello che rimane fermo nell'esigenza dell'uso della struttura che dilaterà i tempi di permanenza nella struttura, ci sarà quello che invece ritiene che l'approccio socio ambientale sia più adeguato quindi insisterà su questo, al di là magari delle sue convinzioni per provare la sua tesi.
La politica non fa niente. Deve unicamente creare le condizioni. E' la società che fa tutto, la società e la cultura, la professionalità, la tecnica, le risorse economiche.
Quello che chiede un liberale all'Assessore Maccari e alla Giunta è che vengano ricostituite le condizioni culturali di rispetto per tutti. Non c'è nessun sconfitto, non c'è nessun allontanamento. Si chiede che rispetto a questa indagine e a questa battaglia che va avanti da millenni che non è dell'uomo contro qualcosa o contro qualcuno, ma che è una ricerca di conoscenza di se stesso (molto più difficile di quella che si è avverata ieri con il Discovery) ci sia solidarietà e disponibilità da parte degli uomini di scienza, che sono il frutto del valore del dubbio di conservare tale valore che li ha creati scienziati e ricercatori come elemento del loro muoversi quotidiano nella pratica delle cose.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a questo punto del dibattito è difficile riuscire a recuperare il filo conduttore delle varie posizioni e dei vari interventi. E' comunque estremamente positivo che si sia giunti finalmente a discutere in questa sede di una questione che coinvolge il Consiglio regionale e la Giunta, sulla quale, al di là delle dichiarazioni di intenti e dei principi, abbiamo la possibilità di intervenire concretamente, cosa che non sempre possiamo fare in altri dibattiti pur importanti che di fatto si limitano ad auspicare, a sperare e a rinviare ad altre decisioni che poi si scavalcano non sempre nel senso da noi indicato.
Mi auguro che finalmente si sia arrivati ad una svolta e che si possa uscire dalla fase sterile delle enunciazioni di principi e delle indicazioni per porre mano concretamente al riordino, alla ristrutturazione, alla modifica dei servizi psichiatrici sui quali in altre occasioni ci siamo soffermati in tempi recenti e in tempi più lontani.
Il Consiglio regionale nella passata legislatura ha istituito una Commissione regionale di indagine e ha discusso in questa sede di una serie di problemi che vengono riportati all'attenzione dei Consiglieri sia attraverso la relazione presentata a suo tempo dal Gruppo Lista Verde Civica sia dal dibattito di oggi.
I problemi, al di la della differenza delle posizioni di chi oggi siede all'opposizione e ieri era in maggioranza e viceversa, sono sempre gli stessi. Questo è bene ricordarlo.
Forse a qualcuno farebbe piacere che la sottoscritta o qualche Consigliere del Gruppo DC si collocasse in una posizione di difesa dell'antico; così si potrebbero finalmente individuare i conservatori quelli che vogliono strutture vecchie e superate. Ma questo non lo abbiamo mai detto, non lo abbiamo mai pensato e non abbiamo neanche intenzione di lasciarlo pensare ad altri. Infatti esperienze positive ci sono state nella nostra Regione, fin dagli anni '64/'65 quando alla Provincia di Torino era Assessore la signora Girola Gallesio, quando cioè si è iniziata una fase di deistituzionalizzazione, istituendo allora i primi servizi psichiatrici ambulatoriali sul territorio. In quella fase si ebbe una serie di dimissioni e di spostamenti, anche di persone che erano ricoverate in modo improprio nelle strutture manicomiali. Mi riferisco alla categoria degli alcoolisti, alla categoria dei neurolabili che avevano qualche stranezza e che venivano collocati in manicomio.
Questo perché la struttura, così come nel tempo si era venuta a consolidare, era una struttura invivibile, incivile, disumana. La nostra forza politica che, almeno nei principi se non nella coerenza e nelle capacità personali, si ispira ai valori di solidarietà e di rispetto mettendo l'uomo al centro della propria azione, la nostra forza politica che ha radici cristiane (che a volte vengono collocate per memoria storica e non per una adesione reale) e che ha questa visione della persona umana si rende ancora più responsabile e non considera tollerabili strutture che sono disumane e disumanizzanti.
La realtà degli ultimi tempi però ci ha fatto alzare la voce contro semplici scatole chiuse nelle quali si trovavamo programmi, progetti e indicazioni di principi che dietro avevano l'assenza di servizi, l'assenza di intervento, l'abbandono dell'ammalato e della sua famiglia a quello che con un'espressione che ritengo felice usata da alcuni medici psichiatrici è stato chiamato il "terricomio", cioè la realtà manicomiale spostata sul territorio senza servizi, senza strutture, senza possibilità di intervento concreto.
Non entro tanto nel merito della malattia mentale e della patologia. Il mio collega prof. Olivetti, molto più autorevolmente di me, ne ha lungamente e approfonditamente parlato questa mattina. Condivido totalmente la sua impostazione.
Oggi non si tratta tanto di fare delle disquisizioni teoriche sulla malattia, è ormai assodato che esiste ed è concreta. Il problema è di affrontarla e con quali tempi. Qualcuno ha ripetutamente ironizzato sulle due ambulanze. Ma se l'Assessore in questo momento non può dire che da domani saranno operanti negli ambulatori mille infermieri e 300 medici in più è segno di serietà da parte sua perché sappiamo benissimo che non possiamo mettere in funzione sul territorio altre strutture sanitarie adeguate e in tempi rapidi.
Ha ragione il collega Reburdo. E' difficile avere personale qualificato e motivato quando il suo lavoro oltre ad essere difficile e impegnativo è anche pesante.
Allora, il problema va considerato principalmente dal punto di vista della famiglia. La famiglia si carica di un ammalato per molto tempo, per tutta la vita, senza che sia preparata dal punto di vista medico, senza avere risorse umane e possibilità di intervenire correttamente.
Mi permetto di richiamare l'intervento da me fatto nel mese di febbraio 1985, perché mi sembra ancora attuale.
Allora si sottolineavano i problemi della produttività e della qualificazione professionale. Leggo: "Non esiste nessuna verifica tecnico funzionale sul tipo di attività che il personale sanitario e non sanitario svolge in queste strutture. Si ritiene di non dover andare verso un'eccessiva medicalizzazione, ma non vorrei che si individuassero figure nuove sotto il profilo terapeutico facendole rientrare in realtà con indefinite valenze generiche del personale privo di una adeguata qualificazione".
Nel passato una delle caratteristiche richieste era la sana e robusta costituzione fisica, naturalmente in una visione custodialistica e non qualificata. Oggi questa accezione è superata, ma non è ancora del tutto superata la difficoltà di qualificare realmente il personale. Non solo, ma si parlava anche del personale che rischia di andare in crisi rispetto ai servizi. Occorre prevedere delle dimensioni diverse di servizi e delle possibilità di turnazione di attività all'interno dei dipartimenti o delle strutture tali da consentire periodi diversificati di attività e diverse prestazioni anche da parte del personale non medico. Il problema centrale è quello degli ammalati e tutto questo discorso non avrebbe senso se non avessimo come obiettivo un intervento corretto nei confronti della malattia mentale e nei confronti delle sofferenze dei malati mentali. Siamo in presenza di un fenomeno molto grave: i malati giovani che hanno davanti a sé un lungo periodo di cura ricorrente. L'esperienza dimostra che c'è una ricorrenza delle crisi e una certa tendenza alla cronicità laddove gli interventi non sono stati tempestivi e adeguati alla persona e alla malattia specifica. Questo crea l'esigenza di strutture diverse da quelle previste dalla legge 180, la quale parla soltanto di ambulatori, di repartini ospedalieri e di interventi legati al trattamento sanitario obbligatorio con prestazioni che spesso rendono ancora più difficile il rapporto con il paziente.
In quanto alla famiglia poi dobbiamo fare attenzione ad una generica frase che spesso si sente dire: "il rifiuto della famiglia di farsi carico dell'ammalato". Ma io mi chiedo quali risposte si danno a questi problemi della famiglia? E' sufficiente dire che il ricovero nelle strutture sanitarie adeguate risolve i problemi della famiglia e non quelli del malato? Sappiamo che un malato del genere in una famiglia rischia di coinvolgere in fatti patologici l'intero nucleo familiare. Ci chiediamo a quale tipo di vita obblighiamo un minore che convive con un genitore malato di mente? Rischiamo di creare una personalità disadattata e disturbata anche in chi ammalato non è. Quando si parla del rifiuto della famiglia si fa una mistificazione. Spesso le famiglie sono abbandonate a se stesse senza la possibilità di avere un supporto valido e un aiuto adeguato.
C'è poi il problema di chi non ha famiglia, sono gli anziani o le persone che per una serie di circostanze sono sole. Si fa sempre appello alla famiglia per colpevolizzarla per disgregarla, per renderla sempre meno soggetto stabile e primo nucleo della società civile. Questo bisogna dirlo altrimenti si rischia di fare un bel castello di carta che crolla al primo soffio di vento.
L'Assessore nella relazione dice che occorre provvedere alla revisione dei piani e dei programmi andando per gradi, cominciando a creare il servizio di emergenza che è indispensabile per far fronte alla crisi, alla difficoltà che sorge nel momento in cui non sono aperti gli ambulatori o non sono ancora previsti i servizi territoriali o ospedalieri. Se poi la soluzione proposta dall'Assessore sarà tecnicamente efficiente o se sarà una proposta che non avrà avuto un riscontro reale, lo verificheremo.
Cominciamo però ad avviare qualche cosa perché a voler far partire il mondo si rischia di tenerlo sempre fermo.
L'accusa che abbiamo sempre fatto alla conduzione dei servizi psichiatrici, da quando la competenza in materia è della Regione, è quella di avere sempre teorizzato, di aver sempre fatto dei progetti faraonici globali, complessivi che si sono poi scontrati contro le realtà che sono quelle contenute nella relazione dell'Assessore, nei documenti, nei fatti di cronaca.
Se è vero che ci sono dei medici che hanno partecipato all'incendio degli strumenti di contenzione, è altrettanto vero che sono poi mancati dei progetti concreti e delle fasi di realizzazione. La medicina e gli psicofarmaci hanno fatto dei passi avanti che rendono inutile l'uso di strumenti che nel passato erano l'unica triste forma di controllo delle crisi. La medicina, come ha detto il Consigliere Olivieri, da la possibilità di intervenire e di controllare con interventi terapeutici e farmacologici le crisi.
Quando in Commissione abbiamo preso in visione i documenti presentati dall'Assessorato e abbiamo discusso sia pure brevemente sui dati tecnici che ci venivano forniti, alla presenza della dott. Ruschena che aveva elaborato quei dati, non ci vennero illustrati i programmi e le iniziative che si aveva intenzione di portare avanti su questa vicenda. In realtà non si presentò in Commissione il prof. Pirella. Perciò l'Assessore, nella sua autonomia, ha fatto bene a pensare di dotarsi di strumenti diversi, di consulenze, di collaborazioni tecniche che siano in grado di elaborare delle linee, dei progetti e delle possibilità concrete di operare per rimuovere la situazione di stallo esistente da dieci anni. Qui non si tratta di scagliarsi contro questa o quella persona, ma si tratta di dire che le competenze tecniche che sono state affidate a consulenti e a collaboratori non hanno dato quel risultato e quel riscontro di progettualità tecnica che consenta alla Giunta di fare delle scelte e di andare avanti rispetto ad un progetto.
Non vorrei sembrare dissacrante, ma al prof. Pirella vorrei lanciare una sfida tecnica da questi banchi. Esca anche lui dalla fase ideologica e teorica dei convegni, dei seminari, dei dibattiti, da un coordinamento regionale teorico e non operativo e si misuri con la realtà concreta. E' stato per tutto questo tempo, oltre che comandato in Regione, anche responsabile dei servizi dell'USSL di Collegno, dove ha sede la struttura psichiatrica ed ex manicomiale della Provincia di Torino. Quindi, operi concretamente per trasformare e modificare, creando un modello di servizio che, se ci sarà, potrà essere di riferimento per altri servizi.
Credo che la Giunta abbia autonomia nella scelta dei consulenti e dei collaboratori esterni di cui intende servirsi.
Che ci siano delle sponsorizzazioni politiche di alcuni personaggi non sta a me scoprirlo. E' apparso evidente e palese in questo periodo e forse non è stata una buona presentazione della competenza tecnica e delle doti dei personaggi che in questo momento si vogliono difendere.
Noi intendiamo operare con un gruppo di esperti che definisca un piano di lavoro su cui discutere e verificare, nella opportuna sede legislativa istituzionale che è il Consiglio regionale, superando una organizzazione anomala.
La figura del coordinatore non è prevista da nessuna norma né statale né regionale, così come non è prevista per nessun'altra specialità o struttura esistente nel settore sanitario.
Se la Giunta intende dotarsi di una struttura diversa perché ritiene che la struttura di consulenza debba essere diversa, credo che non ci sia da stracciarsi le vesti né da gridare allo scandalo. Credo però sia indispensabile mettere in piedi, a tempi brevissimi, una struttura organica che individui competenze e servizi e che lasci a chi opera nell'ambito dell'USSL e dei servizi psichiatrici di zona l'autonomia di lavorare, di sperimentare e di verificare. Lo abbiamo già verificato da più parti: la verità rivelata in questa materia non l'ha nessuno.
Quando si dice che le vecchie strutture terapeutiche non funzionano, si dice una cosa sacrosanta, ma non è questa una ragione per lasciarle degradare alle condizioni di oggi.
"La realtà dei manicomi - lo diceva il collega Nerviani nel suo intervento del 1985 - è una realtà ancora presente nella nostra Regione".
L'aspetto grave di questa situazione è che quella realtà si è lasciata degradare senza che si sia portato alcun miglioramento, alcun mutamento alcun tentativo di rendere quella struttura più vivibile e decente. Non sono necessari cameroni di 60 o 30 posti letti, si possono individuare nell'ambito di queste strutture delle comunità più piccole, con del personale assegnato a singoli gruppi, aprire delle attività terapeutiche riabilitative.
Anche noi abbiamo visitato le varie strutture, alcune sono strutture vecchie e brutte, ma anche quelle nuove hanno rivelato dei limiti molti gravi. Basti pensare che in un repartino ospedaliero che è stato posto al settimo piano di un ospedale, il primo giorno di apertura si sono registrate due cadute dalla finestra. La soluzione poi è stata quella di togliere le maniglie dalle finestre. Mi auguro che quel problema si sia nel frattempo risolto e che qualcuno abbia pensato di trasferire quel reparto psichiatrico al pian terreno o al primo piano. E' una questione di buon senso che tocca risolvere a chi concretamente opera nei servizi, a chi li struttura e li fa funzionare.
Al di là degli scambi di accuse, al di là delle difficoltà operative e al di là ancora dei toni accesi, c'è oggi una nota positiva. La Giunta ha espresso la volontà di andare avanti, non per rimangiare i contenuti innovatori della legge 180, ma per completarla e per adeguarla nei limiti delle competenze della normativa regionale. Noi siamo in grado di creare strutture intermedie, ancorché non previste dalla legge 180, e siamo in grado di avviare una sperimentazione.
Mi auguro che il prossimo dibattito su questo tema sia per verificare come operano quelle realtà che paradossalmente in alcuni settori del privato sono andate avanti e non c'è da scandalizzarsi se nel frattempo si prendono come modello di riferimento e si utilizzano per evitare che il malato rimanga abbandonato a se stesso, senza cure, perché questa è una alternativa che nessuno vuole. Nel breve tempo, dunque, bisogna avere il coraggio di risolvere concretamente i problemi e non limitarsi a fare degli schemi.
Auguro all'Assessore di poter realizzare un buon lavoro.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari per la replica.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Partirei proprio dalle ultime parole della collega Bergoglio per dire che effettivamente è necessario fare non solo degli schemi, ma è anche necessario concretizzare sul piano operativo. La relazione che ho letto stamani forse è considerata, come giustamente ha osservato il collega Rossa, un po' arida, perché non si è abbandonata ai soliti fronzoli o ai soliti richiami di discussioni precedenti che spesso riempiono gli atti dei convegni di stampe inutili e ha indotto il collega Reburdo ad usare il termine "amorale" perché non mi appello a quella terminologia che spesso serve più ad allontanare l'uomo normale dall'attività politica e dalla comprensione del modo di fare politica che avvicinarlo. Ho voluto essere il più concreto possibile, ma forse non sono stato condiviso.
Mi pare che da parte dei due Assessori che si sono avvicendati alla sanità, Olivieri e il sottoscritto, ci sia una buona dose di onestà intellettuale nel riconoscere di non aver fatto a sufficienza in questi ultimi anni. Credo però che nel 1988 sia bene fare un bilancio globale dei dieci anni di riforma, dei quali sette anni governati dai governi precedenti e trentasei mesi dal governo attuale. Il bilancio si pone nelle cifre che ho ricordato.
Ho riportato dei dati che vanno valutati da tutti perché non possono essere ignorati. Se in dieci anni si sono creati 255 posti in comunità alloggio in una regione di 4 milioni e mezzo di abitanti, con una media di 9 persone per comunità alloggio (in Lombardia la situazione è diversa); se abbiamo collocato 1440 persone in case di riposo di cui paghiamo la retta se in dieci anni siamo riusciti a collocare 196 persone in pensioni, alcune delle quali sono diventate dei piccoli manicomi dove forse c'è anche qualche caso di sfruttamento; se al 31 dicembre 1986 su 2016 persone 1470 erano ancora ricoverate e 546 ospiti, la colpa non è soltanto di chi ha retto il settore in questi mesi, ma è la prova di quanto è difficile operare, al di là di chi regge il settore in Giunta o in Assessorato. Poi si può strumentalizzare, si possono rinfacciare le cose sul piano partitico e sul piano elettorale, però ho l'impressione che tutto vada valutato più attentamente. E' stata rinfacciata da più parti la scoperta del privato.
Cari amici, le convenzioni risalgono ad epoche passate, le 280 mila presenze in giornate-degenza degli anni 1982, 1983, 1984, 1985, 1986 e probabilmente 1987 risalgono ad una situazione incrostata. Mi sono posto il problema di riqualificare le convenzioni con i privati, di dare spazio alle emergenze. Questo ha anche un senso di realismo: non potendo attuare delle iniziative a breve termine, nella mia relazione si fa riferimento alle convenzioni, alle riqualificazioni delle convenzioni con i privati perché alcuni posti siano sempre disponibili e sotto il controllo dei primari del dipartimento. Il rapporto dei posti letto indicato (255 pubblici e 847 convenzionati con il privato) deve essere rivisto, deve esserci una modifica, indica una linea che è completamente diversa da quella che l'opposizione ha voluto dare della mia relazione.
Nella relazione ho indicato le iniziative da assumere nel medio e nel lungo termine e le iniziative più urgenti, come le due ambulanze, su cui si è ironizzato in modo un po' facilone. Credo siano tutti al corrente delle gravi difficoltà e dei disagi che hanno le famiglie a causa della chiusura degli ambulatori dalle 17 pomeridiane alle 9 del mattino successivo e per la chiusura del sabato e della domenica.
Spesso i riferimenti all'umanità e all'uomo riempiono la bocca e servono a lavarsi la coscienza con grandi discorsi. Non è che prima tutti erano bravi e che oggi tutti sono incapaci o viceversa, è l'argomento che è di difficile soluzione e qualsiasi psichiatra con cui si parli di questi ammalati dirà che, per quanto si faccia, ci saranno sempre quelli che muoiono, che si ammazzano e che si buttano sotto il treno a Collegno o che scelgono altre forme di suicidio.
Nella relazione ho cercato di tenere i piedi per terra perché non si può credere di fare tutto, non si possono fare progetti faraonici con i quali - come giustamente ricordava la collega Bergoglio - si riesce a fare poco. Dei 1470 ricoverati e dei 546 ospiti che ho citato nella relazione secondo una statistica annuale, 150 vengono dimessi (40 nel territorio o nelle case che possono ospitarli e 100/110 in media muoiono), pertanto proseguendo su questa linea il problema potrebbe essere risolto nel 2010 o nel 2020. Credo però che la ristrutturazione, lo svuotamento degli ospedali psichiatrici debbano essere condotti in termini diversi.
La mancanza di strutture intermedie fa sì che gli psichiatri, compresi quelli che si reputano i più avanzati, siano costretti a rivolgersi alla casa di cura privata perché non esistono alternative. Indubbiamente se si ricorre alla casa di cura privata è perché mancano le strutture, allora è inutile ragionare con i paraocchi, ma è necessario creare le strutture intermedie di tipo curativo e di tipo assistenziale alle quali si richiama la relazione e che faranno parte del disegno di legge che la Giunta presenterà.
Devono però cambiare alcune situazioni nella conduzione regionale e nell'organizzazione dell'Assessorato, ma le responsabilità politiche e le responsabilità tecniche vengono sempre assunte a seconda della convenienza.
La tessera può essere considerata solo quando fa comodo a una forza politica o all'altra, indubbiamente è necessario un rapporto di fiducia fra l'Assessore e i tecnici, e la nomina del prof. Pirella fatta all'inizio degli anni '80 ne è una prova.
Esistono due piani di lavoro all'interno della Regione, uno di controllo del Consiglio regionale e uno operativo di esclusiva competenza della Giunta. Nel quadro dell'esclusiva competenza della Giunta rientra il problema dei comandi e della scelta delle persone di cui chiedere il comando in Regione. Il comando di Pirella rientrava nella piena competenza dell'allora Assessore Bajardi e rientra nella piena competenza dell'Assessore Maccari oggi.
Il caso Pirella è stato una decisione autonoma dell'Assessore competente condivisa pienamente da tutta la Giunta.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Il Presidente Beltrami, alla fine di luglio, ha detto che non ne sapeva nulla!



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Staglianò, dopo questo dibattito avrò un cliente in più nei servizi psichiatrici perché il tuo comportamento di oggi è pari a quello di un malato in stato di fase acuta. Hai avuto un comportamento che fa vergogna all'istituzione. Il rapporto fra Staglianò e l'Assessore oggi è incominciato con l'accusa all'Assessore di essere un assassino e queste cose il Consigliere Staglianò le dice citando le etimologie delle parole che ha ricavato con il dizionario De Voto, per ignoranza, nel senso etimologico di non conoscenza del problema. Avrò modo di rispondergli non in questa sede ma naturalmente sul giornale visto che della presentazione delle interrogazioni vengo a conoscenza dal giornale.
Forme di intemperanza nei miei confronti sono venute soltanto dal Consigliere Staglianò che vive in termini difficili la vita dell'assemblea e che spesso usa un linguaggio di terrorismo politico con un vocabolario da volantino delle brigate rosse! Non si usa la parola "mascalzone" in un'assemblea democratica e nei rapporti fra colleghi. Ho sopportato di essere chiamato mascalzone, ho sopportato di essere qualificato sul giornale come un assassino, ebbene, permettete almeno uno sfogo personale perché se l'opposizione usa parole un po' più alte, credo sia giusto dare questa possibilità anche alla maggioranza.
Indubbiamente devono essere fatte molte cose. Esistono molti problemi che non sono mai stati toccati, esiste il problema della spesa psichiatrica. Oggi non è possibile avere un quadro di riferimento unitario e una conoscenza della spesa della psichiatra. E' un argomento che approfondiremo, l'ha rilevato anche il documento presentato in questi ultimi giorni dal Partito comunista, là dove dice per esempio che la spesa dei beni e dei servizi è superiore nell'USSL di Collegno di quella dell'USSL 1/23.
Occorre chiarezza. In questi ultimi dieci anni non sono mai stati raccolti elementi disaggregati di spesa per una visione più completa dei costi dei servizi, si avevano soltanto delle cifre globali che non dicevano nulla.
Credo che il non aver mai posto in essere una capacità di rilevazione di dati possa sottintendere la non volontà di avere delle modalità e un indirizzo di spesa chiari.
La Giunta lavorerà sulle linee che ho illustrato, in tempi brevi e in tempi medi. Sugli atti chiederà di essere giudicata non avendo la presunzione di poter fare cose rivoluzionarie nei diciotto, venti mesi che ci dividono da qui al 1990. Mi auguro che la maggioranza stia dimostrando perlomeno la volontà di dare una svolta alla psichiatria piemontese in modo che possa riavere quella valutazione che ha sempre avuto nel quadro nazionale.



PRESIDENTE

Sono stati presentati due ordini del giorno che ho fatto distribuire il primo è sottoscritto dai Consiglieri Bontempi, Staglianò ed Ala, l'altro dai Gruppi di maggioranza.
Occorre ora stabilire come procedere. Possiamo passare al voto oppure stante l'ora tarda, rimettere i due documenti alla Commissione competente dopo di che potremmo avere un documento di consenso fra le parti.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il dibattito ha chiarito che le posizioni sono diverse e noi che abbiamo a cuore i problemi della psichiatria, dei malati e delle loro famiglie vogliamo capire che cosa succederà. Lei, signor Presidente propone due metodi. Vorrei sapere se la maggioranza intende andare ad un confronto su quello che si dovrà fare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Sono sempre favorevole alle proposte che tendono a realizzare dei punti di convergenza.
La nostra disponibilità l'abbiamo già espressa e anche le ultime parole dell'Assessore Maccari erano di disponibilità e di apertura. Naturalmente la relazione è un punto insuperabile, è un punto fermo. Dopo di che possiamo discutere sulla gradualità delle cose da fare.



PRESIDENTE

La parola Consigliere Carletto.



CARLETTO Mario

Il dibattito di oggi è stato molto ampio e ha approfondito le questioni che abbiamo alle spalle, la storia della psichiatria negli ultimi dieci anni e le divergenze di valutazione. La DC è una forza politica che non dà mai dei giudizi definitivi nel senso che - e lo hanno detto i colleghi Olivetti e Bergoglio nei loro interventi - noi poniamo i problemi dell'uomo e della famiglia al centro della nostra azione politica e della nostra attività amministrativa. Noi siamo sempre fortemente preoccupati quando questi problemi vengono ideologizzati e schematizzati. Gli schematismi a noi non piacciono molto.
Gli ordini del giorno che sono stati presentati da parte dell'opposizione e da parte delle forze di maggioranza tengono conto delle diverse valutazioni emerse dal dibattito.
Sottolineo che l'ordine del giorno della maggioranza invita la Giunta a tener conto del dibattito che c'è stato in Consiglio, non da delle soluzioni decisive e definitive, ma lascia alla responsabilità della Giunta di attuare quei provvedimenti che tengano conto del dibattito e delle posizioni emerse in Consiglio. Ci pare che l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza, pur approvando la relazione dell'Assessore e della Giunta, lascia aperto lo spazio per le valutazioni, i confronti, i dibattiti sui provvedimenti che saranno presentati al Consiglio nelle prossime settimane, nei prossimi mesi come conseguenza coerente del dibattito avvenuto in aula.
E' una posizione aperta che riafferma alcune valutazioni in ordine alla situazione della psichiatria piemontese, che non ci soddisfa, per cui chiediamo delle correzioni di rotta precise in modo che la famiglia e le persone che sono in difficoltà siano al centro della nostra attenzione e in modo che i provvedimenti che la Giunta attuerà nei prossimi mesi siano tali da favorire il superamento delle difficoltà che abbiamo avuto in dieci anni di esperienza.
Se dovessimo esprimerci sull'ordine del giorno che ha presentato il Gruppo del PCI insieme con altri Gruppi di opposizione, non potremmo che esprimerci negativamente per le valutazioni che in esso sono date rispetto alla relazione dell'Assessore.
Il problema non è Pirella sì o Pirella no, ma quello di trovare il modo per affrontare la psichiatria nella nostra regione. I miei colleghi di Gruppo hanno dato un giudizio negativo sulla situazione della psichiatria.
E' chiaro che l'ordine del giorno presentato dalle minoranze non può avere l'attenzione del Gruppo della DC. Accetto in linea generale il richiamo del Capogruppo del PCI che chiede come si atteggerà la maggioranza e il governo in futuro. E' un richiamo che ha le connotazioni e i limiti che ho cercato di richiamare. C'è disponibilità da parte del Gruppo della DC a verificare la situazione, chiediamo di arrivare ad una definizione e ad una conclusione, riteniamo che la Giunta debba mettere in atto quei provvedimenti che affrontino i problemi della psichiatria perché, così come sono stati affrontati nel passato, assolutamente non ci soddisfano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è comprensibile che il Gruppo comunista ed altri Gruppi abbiano predisposto il loro ordine del giorno. Io avrei fatto lo stesso. L'ordine del giorno del Gruppo comunista deve difendere quello che è avvenuto. Naturalmente non ne condivido il contenuto.
Sono invece contrario al fatto che la maggioranza abbia ritenuto opportuno di presentare un ordine del giorno, ma credo sia in parte il contenuto dell'intervento del collega Marchini.
Ho condiviso la sostanza e l'impostazione data dall'Assessore Maccari sia nella sua introduzione di questa mattina e sia soprattutto nella risposta che ha dato alla fine del dibattito.
Avrei voluto votare un ordine del giorno proprio per il lavoro che il Gruppo Lista Verde Civica ha condotto in questi tre anni con richieste specifiche di intervento, di cambiamento e di riforme.
Però da parte di un gruppo dirigente innovatore, che vuole fare riforme e vuole cambiare strada, mi sarei aspettato un ordine del giorno specifico e chiaro. Su un documento così vago che in sostanza ribadisce quanto noi da tre anni chiediamo, pur dichiarando la totale disponibilità a collaborare per realizzare quanto l'Assessore Maccari ha detto oggi in quest'aula credo sia onesto da parte mia astenermi, soprattutto perché un Assessore e una Giunta che su questo problema si sono espressi così chiaramente, non avrebbero avuto bisogno di un ordine del giorno. Erano sufficienti le discussioni e le analisi fatte in quest'aula.
Non vorrei dispiacere al Presidente Viglione, ma ritengo che rimandare due ordini del giorno di questo genere in Commissione sia una soluzione ipocrita e assurda. Quindi secondo me dovrebbero essere votati oggi.
Personalmente mi asterrò sull'ordine del giorno della maggioranza, mentre se si voterà l'ordine del giorno del PCI e di altri Gruppi, il mio voto sarà contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, avevo chiesto quali erano la collocazione e le intenzioni della maggioranza; sono arrivate delle risposte diverse: Rossa dice che la relazione è un punto fermo ma che è disponibile; Carletto sembra disponibile però dice poi che è così; Pezzana invece non è d'accordo.
Noi ritenevamo che si dovesse votare. L'idea del Presidente Viglione di andare al confronto doveva essere appesa a qualche intenzione politica della maggioranza, ad esempio, di non difendere l'indifendibile, ma di misurarsi sul da farsi, su questioni che mi sembrano largamente opinabili a detta dello stesso Assessore.
Comunque registriamo che la maggioranza su quell'ordine del giorno si è espressa con voci diverse. Naturalmente può esprimersi in maniera univoca perché nell'ordine del giorno si limita ad approvare l'operato della Giunta. E' una difesa d'ufficio di un comportamento che nel dibattito non è stato chiarito neanche dallo stesso Assessore che ci ha spiegato quello che già sapevamo e su cui conveniamo abbondantemente, e cioè che, così come era di competenza del precedente Assessore nominare il responsabile, è di competenza dell'attuale non nominarlo più. Avremmo voluto capire che connessione c'è tra la decisione di non nominarlo più e le politiche, i fatti, le responsabilità.
Questo ordine del giorno rappresenta una scarsa disponibilità da parte della maggioranza a far avanzare misure concrete. Noi abbiamo proposto una deliberazione proprio per segnare che, anziché incominciare un torneo su leggi e su principi, occorre scegliere la strada dell'operatività.
Chiaramente il nostro giudizio su questo ordine del giorno è molto negativo. Da questo dibattito non emergono per la comunità piemontese delle speranze attendibili, dei rimedi alla situazione; l'inattività proseguirà. Ci auguriamo che il futuro sia diverso e noi opereremo con la nostra funzione di opposizione perché le cose cambino.
In realtà noi siamo contenti che si vada al voto. Su questo argomento nonostante i tentativi di impasticciamento, ci sono visioni, stili e comportamenti molto diversi. Chi ritiene di approvare i comportamenti e le decisioni dell'Assessore se ne assuma le responsabilità. Noi siamo aderenti allo spirito riformatore, allo spirito nuovo. Le idee buone sono sempre nuove. Le idee che sono venute fuori oggi sono vecchie, qui ne abbiamo avuto un'impressione anche sentendo i difensori di queste cose. La storia di ognuno la conosciamo, dove prende i voti, su quali idee si basa.
Abbiamo avuto oggi degli autorevoli difensori di un apparente nuovo, sono invece idee vecchie, le più vecchie del mondo. Noi siamo contrari e voteremo tranquilli il nostro ordine del giorno.



PRESIDENTE

Ci sono due ordini del giorno che assorbono gli altri, sono più specifici e sono allargati anche ad altre forze politiche. Uno è dell'opposizione e l'altro della maggioranza.
Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 556 presentato dai Consiglieri Bontempi, Staglianò, Ala, Montefalchesi ed altri, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte udita la relazione dell'Assessore Maccari, giudica la relazione sostanzialmente controriformatrice in quanto sottovaluta le fondamentali esigenze di sviluppo dei servizi psichiatrici territoriali, di superamento delle carenze croniche degli organici, di formazione e aggiornamento professionale degli operatori, rinvia i provvedimenti di Giunta ad un futuro disegno di legge senza prevedere adeguate misure urgenti conferma il giudizio di inaccettabilità dell'atteggiamento dell'Assessore che, a distanza di oltre due mesi e mezzo, non ha ritenuto doveroso informare il Consiglio sulle motivazioni che lo hanno indotto ad allontanare dal posto di Coordinatore dell'Ufficio di Salute Mentale il prof. Agostino Pirella ribadisce l'esigenza di riparare la immotivata rimozione del coordinatore reintegrandolo nella specifica funzione impegna la V Commissione ad esaminare urgentemente la deliberazione di Consiglio n. 985, senza ulteriore perdita di tempo che deriverebbe dall'iter di un disegno di legge; la proposta, tra l'altro, prevede l'immediato stanziamento di 15 miliardi di lire (risorse finanziarie aggiuntive) per: a) risposta all'urgenza ed alla crisi: comunità terapeutica: accoglimento in spazi di residenzialità individuati all'interno di strutture residenziali previste dal Piano con possibilità di protezione differenziata, dovrà comunque essere garantita la pronta disponibilità, la presenza mirata degli operatori 24 ore su 24 assistenza a domicilio, ove ne ricorrano le condizioni e le circostanze, con il consenso, la collaborazione, il supporto dei familiari intervento ambulatoriale, anche mediante il supporto di spazi diurni e notturni di ospitalità, di appoggio e di attività sociali; per ovviare agli squilibri che possono determinarsi in relazione alla disponibilità di personale b) servizio psichiatrico ospedaliero di diagnosi e cura: si conferma che il numero dei posti letto sei servizi di diagnosi e cura non deve essere superiore ai 15 e che i servizi stessi debbono essere collocati negli ospedali sede di dipartimento di emergenza ed accettazione la gestione dei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) deve essere effettuata utilizzando il personale di tutti i servizi di salute mentali facenti riferimento al servizio ospedaliero, ferme restando le competenze a norma del DPR 27/3/1969, n. 128 del primario responsabile e del suo sostituto, da individuarsi nell'ambito dei sanitari operanti nelle UU.SS.SS.LL. afferenti c) strutture residenziali e riabilitative: l'USSL può individuare, nella rete di residenzialità tutelare comunità alloggio con posti destinati ad utenti dei SSM, con protezione differenziata in rapporto alle esigenze dell'utenza, realizzando anche una organizzazione di comunità terapeutica d) operatori per la Salute mentale la Giunta regionale è delegata a presentare all'approvazione del Consiglio entro l'1/1/1989, un piano operativo regionale comprensivo di: proposta di ampliamento di pianta organica, sulla base della riconsiderazione delle figure professionali derivanti dall'esperienza di questi anni, e per realizzare l'apertura dei vari servizi integrati 24 ore su 24 e) superamento degli ospedali psichiatrici: attuazione di quanto previsto dal Piano Socio-Sanitario 1985/1987 che fissava il termine del progetto pilota 'superamento degli ospedali psichiatrici' verifica conoscitiva della omogeneità tra le diverse realtà provinciali in vista dell'estensione dell'esperienza di superamento degli ospedali psichiatrici attuato in Provincia di Torino." Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 42 hanno risposto SI 15 Consiglieri hanno risposto NO 25 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'ordine del giorno è respinto.
Pongo in votazione l'ordine del giorno n. 557 presentato dalla maggioranza il cui testo recita: "Sentita la relazione sulla situazione dei servizi psichiatrici nella Regione Piemonte, nella quale si fa un'analisi chiara senza pregiudizi ideologici, riportando la psichiatrica nell'ambito delle patologie mediche e riconfermando nel contempo la validità del superamento delle strutture manicomiali come previsto dalla legge 180.
Considerato che ciò ha permesso da un lato di evidenziare limiti e carenze dell'assistenza psichiatrica e dall'altro di formulare proposte operative a breve e medio termine valutato quanto emerso dall'ampio dibattito ritenuto l'operato dell'Assessore alla Sanità in piena conformità alle indicazioni della Giunta, finalizzato a garantire un servizio qualificato e rapido, salvaguardando sia la dignità degli assistiti che delle loro famiglie tenuto conto delle necessità inderogabili di tali richieste approva la relazione e ne condivide le proposte".
Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 hanno risposto SI 25 Consiglieri hanno risposto NO 17 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'ordine del giorno è approvato.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 558 sulla riforma delle autonomie regionali


PRESIDENTE

Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 558, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte visto l'ordine del giorno approvato all'unanimità nella seduta dell'8 giugno 1988 con cui si invitavano la Giunta e i Gruppi consiliari, titolari dell'iniziativa legislative, a presentare nella loro libera autonomia entro il 30 settembre 1988, proposte concernenti possibili riforme interne all'ordinamento regionale piemontese considerato che sono all'esame delle Camere, o in fase di predisposizione da parte del Governo, alcuni provvedimenti di riforma dell'ordinamento regionale e delle autonomie che attengono ai temi cui faceva riferimento il citato ordine del giorno decide di fissare al 15 novembre il termine per la presentazione da parte della Giunta e dei Gruppi consiliari delle proposte di cui sopra".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 43 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,05)



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