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Dettaglio seduta n.150 del 21/07/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 1028 dei Consiglieri Chiezzi e Bontempi.
Risponde l'Assessore Croso.



CROSO Nereo, Assessore al patrimonio

Rispondo all'interpellanza n. 1028 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Bontempi circa l'appalto delle manutenzioni agli immobili della Regione.
Questa interpellanza chiede di conoscere i contenuti del verbale di aggiudicazione; i ribassi offerti dalle imprese concorrenti; in base a quale considerazione si è ritenuto di assegnare l'appalto, in presenza del ribasso del 48%; quali siano stati i riferimenti del capitolato in ordine alla formazione dei prezzi unitari e a quali condizioni sia stato assoggettato l'ulteriore finanziamento di 590 milioni per provvedere a queste manutenzioni; quali iniziative sono state assunte o si intendono assumere per verificare le procedure di affidamento dei lavori, visti anche i risultati eccezionali delle offerte per gli sconti e, in ultimo, se si intende ancora perseguire, nell'estensione dello stesso contratto, con ulteriori finanziamenti.
In ordine ai due primi quesiti, quelli inerenti i contenuti del verbale di aggiudicazione e i ribassi offerti dalle imprese concorrenti, metto a disposizione dei Consiglieri ed allego agli atti il verbale di aggiudicazione della licitazione privata, del quale non do lettura per esteso. In sostanza in esso vengono richiamate le lettere di invito l'importo a base d'asta di un miliardo e mezzo, le caratteristiche della prestazione oggetto della gara ed elenca numero e nome delle imprese che hanno concorso (18 imprese). Inoltre viene dichiarata fuori termine una richiesta di partecipazione di una impresa di Roma (ICORI). La gara è presieduta dall'Assessore Turbiglio che mi ha preceduto in questo incarico.
Il verbale contiene i ribassi offerti da ciascuna Ditta, ribassi che vanno dal 48,19% della Guerrini all'8,37% della ICEG. Considerato che l'offerta più vantaggiosa era quella della ditta Gastone Guerrini, corrente in Torino, il Presidente della gara l'ha dichiarata aggiudicataria dell'appalto, determinando l'importo dell'appalto in L. 777.150.000, al netto del ribasso del 48,19% sui prezzi base. Il verbale è stato sottoscritto dall'Assessore Turbiglio e controfirmato dai due funzionari verbalizzanti della Regione Piemonte.
In merito al quesito del punto 3): "in base a quali considerazioni si è ritenuto di assegnare in presenza di un ribasso del 48%...", non posso che riportare quanto risulta dalla deliberazione di approvazione del verbale di aggiudicazione (DGR n. 197/10117 del 16/12/1986). In quella deliberazione si dice testualmente: "Atteso che tale ribasso non è parso anomalo rispetto alla prestazione contrattuale in quanto dal certificato rilasciato dal Comitato Centrale per l'Albo Nazionale dei Costruttori risulta che l'impresa è iscritta a tale Albo per la categoria specifica dei lavori da eseguire, cioè la categoria 2, per un importo illimitato e che la valutazione della capacità economica, finanziaria e tecnica della ditta è stata effettuata sulla base delle referenze accertate ai sensi degli articoli 17 e 18 della legge 8/8/1977, n. 584, per cui è da ritenere che l'appaltatore possa effettuare la prestazione contrattuale con il rispetto dei termini e delle modalità previste dal capitolato".
Pur avendo assunto la responsabilità del settore del patrimonio successivamente a tali provvedimenti, ritengo di non potermi esimere dal fornire alcune valutazioni di carattere personale sull'argomento in questione, peraltro collegato ad una più recente interpellanza fatta dagli stessi colleghi.
Il problema dei ribassi, soprattutto quelli spinti nelle gare pubbliche, è molto sentito in questi ultimi anni, in particolare nel nostro settore dei lavori pubblici. Esso ha assunto notevole rilevanza anche in considerazione dei problemi che spesso accompagnano l'esecuzione degli appalti acquisiti dalle imprese con sconti che non di rado sfiorano il 50%.
La forma di licitazione privata con l'aggiudicazione al maggior ribasso era e rimane considerata la tipologia dei lavori da appaltare e l'importo superiore al milione di ECU - l'unica ammessa dalle leggi vigenti in materia, con particolare riferimento alla legge n. 584.
E' pur vero che, con l'entrata in vigore della legge n. 584 all'amministrazione appaltante è impregiudicata la facoltà di sottoporre a verifica le offerte che presentino carattere di anomalia, richiedendo le opportune analisi di prezzo e le giustificazioni circa la composizione dell'offerta stessa; è però altrettanto vero che, in assenza di precisi criteri predeterminati ed indicati in sede di gara, qualsiasi successiva valutazione potrebbe risentire in modo pesante di una "discrezionalità" che poco si addice all'attività della Pubblica Amministrazione.
A tale situazione il Governo ha tentato di porre un rimedio: 1) con la Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 618 del 1978 in cui si suggeriva, qualora l'amministrazione appaltante intendesse avvalersi della facoltà di verificare la composizione delle offerte anomale, di individuare preventivamente il "criterio di anomalia", cioè lo scarto percentuale rispetto alla media delle offerte, al di là del quale le offerte si dovevano classificare come anomale e quindi si assoggettavano a verifica 2) con tre Decreti successivi - nn. 206/87, 302/87 e 393/87 in cui si prevedeva l'automatica esclusione dalla gara delle offerte anomale individuate come ho detto prima. I primi due Decreti non furono convertiti in legge nei tempi previsti, pertanto decaddero. Il terzo fu convertito nella legge n. 478/87 che, tuttavia, soppresse la norma relativa all'automatica esclusione della gara 3) con una disposizione di legge, contenuta nella legge finanziaria per l'anno 1988, che ripristina i contenuti del Decreto decaduto circa l'automatica esclusione delle offerte anomale e che (art. 17, comma secondo, legge 11/3/1988, n. 67), testualmente recita: "Al fine dell'accelerazione delle procedure relative all'affidamento degli appalti di opere pubbliche sono considerate anomale ai sensi dell'art. 24, terzo comma, della legge n. 584/77 e sono escluse dalla gara le offerte che presentano una percentuale di ribasso superiore alla media delle percentuali delle offerte ammesse, incrementata di un valore percentuale non inferiore al 5% che deve essere indicato nel bando o nell'avviso di gara".
Tali interventi legislativi sono però successivi alla predisposizione del bando di appalto per le manutenzioni oggetto della discussione di oggi.
In quest'ottica ritengo di poter interpretare l'operato della Giunta nel senso della più stretta aderenza alla legislazione all'epoca vigente e dell'esigenza di non introdurre valutazioni di congruità che, non essendo state dichiarate in sede di gara, si sarebbero necessariamente poste in quell'ambito di "discrezionalità" cui in precedenza ho fatto riferimento.
Infine ritengo non fossero estranee al complesso delle valutazioni anche quelle relative alla "capacità" dell'impresa che si aggiudicò la gara. Tale impresa si aggiudicò anche altri precedenti appalti aventi il medesimo oggetto, proponendo ribassi sostanzialmente simili a questo ed eseguendo, secondo quanto confermato dagli uffici competenti, le prestazioni contrattuali nel rispetto dei termini e delle modalità previste dal capitolato e con soddisfazione dell'Amministrazione.
Riguardo al punto n. 4 (relativo ai riferimenti assunti dal capitolato in ordine alla formazione dei prezzi unitari), il capitolato speciale d'appalto fa riferimento ai prezzi riportati nell'ultimo volume, precedente l'esecuzione dei lavori, dei "Prezzi informativi delle opere edili in Milano", edito dalla Camera di Commercio di Milano; le quotazioni si intendono riferite ai prezzi elementari per ogni categoria di lavoro (manodopera, materiali, noli, trasporti, ecc.), esclusa ogni maggiorazione di qualsiasi genere e natura.
A questo proposito può essere opportuno ricordare che, data la specificità dell'appalto di manutenzione degli immobili per cui la gamma delle prestazioni e forniture richieste è vastissima, risulta estremamente difficoltoso ricorrere ad un elenco prezzi appositamente predisposto. E' quindi prassi, non solo presso questa Amministrazione, far ricorso a prezzari che presentano il vantaggio di contemplare una serie molto estesa di voci e di categorie di lavoro, oltre ad una notevole presenza di valori e costi unitari attraverso cui è possibile costruire analisi di prezzo per voci di lavoro eventualmente non contemplate.
Quello edito dalla Camera di Commercio di Milano è solo uno dei possibili prezzari a cui fare ricorso, certamente uno dei più completi e curati, anche se, come tutti i prezzari, presenta alcuni svantaggi che si possono definire ineliminabili: i valori che compaiono come riferimento di prezzi sono necessariamente valori medi, risultanti dalle rilevazioni effettuate, con tutti i limiti che il concetto di media comporta; i valori riportati si riferiscono a rilevazioni effettuate su un ambito geografico e territoriale ben definito.
Alla luce di queste considerazioni, e dell'opinione molto diffusa che il prezzario di Milano sia più indicato per le nuove realizzazioni che non per interventi di ristrutturazione e/o manutenzione anche molto minuti e frazionati, per l'appalto relativo all'anno in corso si è pensato di utilizzare in via sperimentale un nuovo riferimento, e cioè l'elenco prezzi adottati dal Comune di Torino per gli appalti di opere pubbliche.
Quest'ultimo, oltre a dar luogo generalmente a ribassi meno vistosi, si fa apprezzare per la sua completezza e si riferisce ad una territorialità più aderente al contesto operativo dell'appalto.
In merito al quesito di cui al punto n. 5, e cioè a quali condizioni sia assoggettato l'ulteriore finanziamento di 590 milioni, si ritiene di dover chiarire che la somma di 917 milioni, impegnata con deliberazione del 1987, è stata soltanto in via presuntiva ritenuta congrua per gli interventi che si sarebbero dovuti realizzare durante il periodo di vigenza del contratto stipulato con la ditta Guerrini dal 24/2/1987 al 23/2/1988.
In seguito tale importo è risultato insufficiente; sulla base dei lavori eseguiti e del corrispondente ammontare di spesa sostenuto, si è dunque impegnata l'ulteriore somma di L. 590 milioni, certamente congrua, per far fronte alle necessità dei lavori di manutenzione fino alla scadenza del contratto.
A questo proposito si fa presente la peculiarità del contratto d'appalto annuale per le manutenzioni, che va considerato alla stregua di un contratto "aperto" in cui i limiti sono rappresentati dalla durata nel tempo (un anno) e dalle richieste di intervento formulate dall'Amministrazione, in relazione alle necessità emergenti; dall'insieme delle richieste formulate all'impresa deriva l'ammontare definitivo dell'appalto, che non può che essere valutato in via puramente orientativa in sede di predisposizione di gara.
L'importo di 590 milioni non deve pertanto essere considerato quale finanziamento per una "estensione d'appalto" quanto piuttosto come indispensabile integrazione di una somma indicativa iniziale, poi risultata insufficiente durante la gestione rispetto alle necessità manutentive e al periodo contrattuale previsto dall'appalto stesso.
Per l'esecuzione dei lavori di manutenzione relativi all'anno 1988/89 è stato stipulato, il 9 giugno scorso e per la durata di un anno, un nuovo contratto con l'impresa costruzioni edili San Nicolò di Santena, per un importo presunto di L. 1.249.500.000, oltre Iva, al netto del ribasso del 16,70%. Quest'anno si è introdotto un meccanismo diverso: l'aggiudicazione dell'appalto è avvenuta secondo il metodo previsto dall'art. 24 della legge n. 584/77, con l'applicazione del criterio di automatica esclusione delle offerte anomale stabilito dall'art. 17 della legge n. 67/88.
Si è conseguentemente predeterminato nella misura di sette punti l'incremento della media delle offerte ammesse cui l'ultima disposizione fa riferimento. Alla gara hanno presentato offerta 14 imprese; la media delle offerte, incrementate dei sette punti di cui sopra, è risultata del 20,61%.
Ciò ha comportato l'esclusione di quattro imprese che avevano offerto ribassi maggiori e quindi l'aggiudicazione è stata fatta all'impresa costruzioni edili San Nicolò, in quanto la stessa ha praticato il ribasso che più si avvicina per difetto alla predetta percentuale del 20,61.
Si fa presente infine che i lavori vengono effettuati sotto il controllo del Servizio tecnico regionale, il quale ne accerta la validità e la regolare esecuzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho presentato questa interrogazione, insieme al collega Bontempi, nove mesi fa, esattamente il 21 ottobre 1987; sullo stesso argomento abbiamo successivamente altre interpellanze e interrogazioni.
L'argomento in discussione è la gestione degli appalti delle opere pubbliche. Abbiamo fatto ciò perché ci pare che in Italia - e il Piemonte non fa eccezione - esista un problema di gestione degli appalti delle opere pubbliche. Non vogliamo limitarci a leggere sui giornali episodi di malcostume, di malgoverno, di penetrazioni mafiose e di controlli mafiosi degli appalti; ci pare che il compito di un Consigliere regionale di opposizione debba essere quello di verificare, atto per atto, come si evolve e si sviluppa la gestione degli appalti delle opere pubbliche nella Regione che si amministra.
Da questo punto di vista l'attività regionale ha suscitato in noi qualche preoccupazione. Ad esempio, nel caso specifico oggi trattato, la risposta dell'Assessore, a mio giudizio, non risolve i nostri dubbi.
Il punto è questo: si fa una gara sulla base di un elenco prezzi, sia pure quello di Milano, e questa viene vinta da un'impresa che fa un ribasso del 48% circa, quasi la metà dell'importo. I casi non sono molti, Assessore Croso: il prezzario potrebbe essere sbagliato, ma questo non è possibile dal momento che si tratta del prezzario usato in tutta l'Italia settentrionale. Il prezzario di Milano sarà leggermente abbondante per il mercato di Torino, ma non del 50%, quindi il prezzario non è sbagliato.
Ora la composizione dei lavori è costituita da materiale e da ore di lavoro impiegate; in un'ipotesi di larga massima possiamo pensare che il prezzo sia composto per metà di ore di lavoro e per metà di materiale. Se si offre uno sconto del 50% vuol dire che o si regala il materiale (l'impresa dispone di materiale gratis e paga solo i lavoratori) oppure, se paga il materiale a prezzo di mercato, non paga i lavoratori.
Il problema non è risolto: c'è una terza ipotesi, e cioè che si faccia metà del lavoro per averlo pagato interamente. Altre ipotesi non ne vedo.
Di qui la nostra grossissima preoccupazione, che rimane, in presenza di una deliberazione che dichiara che va tutto bene, che non c'è nulla di anomalo.
Ma direi di peggio. In presenza di una gestione di queste opere di manutenzione sulle quali la Regione Piemonte ha detto che va tutto bene con il 50% di sconto, i lavori sono stati eseguiti perfettamente: nessuna lite con l'impresa, tutte le opere ordinate sono state eseguite a regola d'arte e immagino che l'impresa non sia fallita! Può darsi quindi che questa impresa, oltre a costruire opere, faccia qualche tipo di miracolo.
Oltre a questa, signor Presidente, ci sono altre interrogazioni che attendono risposta, e a mio giudizio varrebbe la pena discutere un po' di più in merito agli appalti in questa Regione. Mi sembra del tutto insufficiente leggere i titoli dei giornali, dire che c'è un problema e poi quando il problema viene sollevato nelle sedi competenti trattarlo con disattenzione.
Ad esempio, da mesi aspetto una risposta dall'Assessore Mignone sugli appalti delle opere di pronto intervento. Sappiamo che l'Italia è il Paese dell'emergenza, e una delle emergenze è rappresentata dalle opere di pronto intervento per frane, scoscendimenti e via dicendo. Della gestione di questo tipo di appalti ho chiesto all'Assessore Mignone un rendiconto mesi fa, una verifica di cosa è successo: quanti appalti, quanti ribassi, quali le imprese assegnatarie nelle varie zone della Regione. Non ho ancora avuto risposta.
Ci sono altri elementi da verificare, tutti oggetto di interrogazione: oltre a questi anomali ribassi, vi è un'attività notevolissima di subappalto da parte delle imprese che hanno vinto le gare e questo peggiora ulteriormente la situazione. Posso capire che un'impresa che esegue tutti i lavori in proprio faccia un ribasso molto forte in ragione di sistemi organizzativi eccezionali, ma quando vedo che questa impresa continua a subappaltare i lavori ad altre imprese mi chiedo come queste riescano a lavorare se devono eseguire dei lavori con sconti altissimi.
Altra questione: l'estensione di contratto. Quasi sempre quando un'impresa si aggiudica i lavori, ad esempio per un miliardo, applicando lo sconto del 30% (quindi con una spesa di 700 milioni), poi guarda caso sistematicamente i rimanenti 300 milioni le vengono riassegnati con perizie di varianti, perizie suppletive o estensioni di contratto. Questo non è ammissibile! Può capitare una volta, per un caso specifico, ma quando dalle deliberazioni della Giunta verifico che questo succede sempre, mi chiedo se ormai non sia invalsa la prassi secondo la quale un'impresa che partecipa ad una gara sa già in partenza che lo sconto da lei effettuato verrà in seguito ripristinato attraverso l'assegnazione di lavori per un importo esattamente corrispondente allo sconto stesso. Queste estensioni di contratto non funzionano: vogliamo vederci chiaro, vogliamo controllare.
Quarto aspetto: le cessioni di contratti. Ogni tanto si vedono deliberazioni della Giunta nelle quali un'impresa cede un contratto ad un'altra. Se si fa una gara per mettere alla pari le imprese, mi sembra sia da guardare con una certa diffidenza il fatto che poi una di queste imprese ceda il suo contratto, e quindi anche questo è un elemento da verificare.
Ci sono inoltre le trattative private, gestite in modo difforme.
Recentemente, il 7 giugno, avete approvato contemporaneamente due affidamenti a trattativa privata per lo stesso tipo di lavoro (consolidamento di terreni e di muri di sostegno): per uno c'è stata effettivamente una gara, ove hanno partecipato 7 imprese con un ribasso del 20%, per l'altro ha concorso una sola impresa che ha applicato un ribasso del 4%. Non si possono fare trattative private di due tipi, accettando che in un caso concorra una sola impresa, per di più con un ribasso nettamente inferiore a quello risultante da una vera gara.
La conclusione è che il problema esiste e non lo si può gestire come si fa adesso: con gli uffici che dicono che va tutto bene, ma con risultati economici davvero incomprensibili.
Si parla di riforma a livello nazionale: bisogna riformare l'Albo dei costruttori, avere procedure di gara più trasparenti e fare in modo che finalmente tutto l'apparato politico esca dalle gare di appalto. Il politico non dà nessun tipo di contributo all'interno di quelle gare, che invece devono essere affidate ai tecnici.
Esistono forme di appalto che dovrebbero essere controllate meglio, e spero che l'Assessore su questo sia d'accordo. Come ho già detto altre volte, ritengo che il sistema delle concessioni quali quelle finite sui giornali relative agli appalti delle cosiddette "carceri d'oro" - sia un sistema di gara d'appalto estremamente pericoloso perché limita la concorrenza, rende difficili i controlli e così via.
E' necessario attuare delle riforme, però sono convinto che, poiché il malgoverno e la corruzione non sono un problema italiano ma almeno europeo ci sia la necessità di uno strumento di controllo su quanto accade; questo controllo non può essere solo preventivo perché "fatta la legge, trovato l'inganno". Non esistono leggi o forme di appalto perfette che impediscano mafia, trust o combine tra imprese.
Il problema è quello di dare attuazione ad una decisione del Consiglio regionale che è ferma da più di un anno, forse anche due, quella relativa al controllo della gestione attraverso una banca dati degli appalti. Basta realizzarla: perché non si prende questa iniziativa? Si è votato un ordine del giorno, un impegno del Consiglio regionale; sono passati gli anni e la banca dati degli appalti, che è l'unico elemento in grado di controllare a posteriori cosa è successo ed eventualmente prendere delle misure concrete non è stata realizzata: perché? Perché la Giunta non l'ha ancora attivata? Secondo me, su questo strumento decisivo e importante dovete dirci qualcosa. Non so quanto dovrò ancora aspettare e quante interrogazioni bisognerà presentare per avere risposta (magari altri 9 mesi) e vedere realizzata la banca dati. A qualcuno della Giunta interessa questa banca dati degli appalti? A questo punto, sinceramente, non lo so! Mesi fa ho chiesto all'Assessore Mignone di dire qualcosa almeno su un settore, senza ottenere risposta. Ho l'impressione che su questo argomento a parole, si sia tutti d'accordo: bisogna fare pulizia, bisogna rendere trasparente e via dicendo; quando però si entra nel merito di un problema preciso e si fanno delle richieste, tutti si "squagliano" e non se ne sa più niente.
Rinnovo quindi in modo pressante la mia richiesta: la Giunta avvii un dibattito sugli appalti e presenti un progetto sulla relativa banca dati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Carazzoni, Cernetti, Maccari, Moretti, Turbiglio e Vetrino.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 12 luglio 1988 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenza ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Psichiatria

Comunicazione del Presidente della Giunta regionale inerente il caso del prof. Pirella, coordinatore dei Servizi psichiatrici regionali


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, nella Conferenza dei Presidente dei Gruppi si è convenuto che in base alle interrogazioni e alle interpellanze presentate da quasi tutti i Gruppi in ordine alla vicenda del coordinatore del Servizio psichiatrico regionale, prof. Pirella, in assenza dell'Assessore Maccari, il Presidente della Giunta regionale procedesse ad una comunicazione in merito, senza peraltro aprire alcun dibattito. Ribadisco che i Capigruppo hanno stabilito che non si svolga alcun dibattito, non ritenendo opportuna una discussione generalizzata sulla materia come in altre occasioni è avvenuto. Questo patto sarà mantenuto.
Ha ora la parola il Presidente della Giunta regionale, Vittorio Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in un'approfondita riunione dei Capigruppo abbiamo convenuto questo percorso ritenendo di rimandare ogni più utile approfondimento, non tanto sull'aspetto specifico dell'area psichiatrica quanto complessivamente sulla materia, alla riapertura dei lavori a settembre.
La Giunta, in assenza dell'Assessore alla sanità, aveva dichiarato una sua disponibilità a dare le risposte con tempestività alle molte interpellanze presentate (le ultime sono di poche ore fa) sul non rinnovo del comando al prof. Agostino Pirella presso la Regione Piemonte per 30 ore settimanali. La strada imboccata parrebbe conveniente, nulla toglie e nulla aggiunge al problema; evidentemente da lontano introduce e dischiude un più ampio discorso che potrà essere coronato alla riapertura dei lavori a settembre.
Forse avremmo potuto svolgere questa comunicazione o la risposta alle interpellanze la prossima settimana al rientro dell'Assessore a Torino, ma da un cauto assaggio degli umori, fatto ancor prima della riunione dei Capigruppo, sono emerse, nella società piemontese e in quella nazionale delle attese a questo riguardo. Ciò ha suggerito, come atto dovuto oltre che di cortesia nei confronti dei diversi Gruppi consiliari proponenti le interpellanze, di dare una risposta che nell'immediato vuole essere un primo modo di collocarsi rispetto alla complessità del problema psichiatrico, questa volta investendo un passaggio di carattere organizzativo; c'è l'impegno ad avviare un dibattito generale sulla sanità e psichiatria che, dopo una serie di rinvii, la Conferenze dei Presidenti dei Gruppi ha ipotizzato per la riapertura della sessione autunnale della nostra assemblea.
Questo mio intervento potrebbe anche essere giudicato tecnico asettico, ovvero più benevolmente cauto, ma anche se la cautela mi appartiene, fosse solo per costruzione umana, vorrei poter dire che lo svolgo con qualche preoccupazione: 1) di non dare corpo alle ombre 2) di affermare che non ci devono essere "capri espiatori" 3) di non accrescere momenti di polemica, accreditando ad un fatto organizzativo dell'Assessorato significati e finalità non giustamente rispettosi del vero rapporto causa-effetto 4) di riflettere ulteriormente ed approfondire la delicatezza della materia che non può essere campo di battaglia o di conquista di gruppi, di schieramenti, fazioni, correnti di pensiero e neppure campo di sperimentazione, di stati d'animo esaltati o frustrati.
Questo perché un modo di collocarsi dogmatico, senza possibilità di appello sulle sorti di un certo tipo di popolazione, ha come controindicazione il pagamento di un duro prezzo a carico di creature più fragili che, proprio in quanto tali, non riescono ad organizzarsi - ed è stato dimostrato ampiamente - e sono spoglie di potere contrattuale nei confronti della società, diversamente dai portatori di altre menomazioni od infermità.
Per questo auspico che il clamore rientri, perché qui nessuno viene colpevolizzato o mandato al rogo, n' è pensabile - e questo diverrebbe negativo per lo stesso prof. Pirella e ne sminuirebbe la stessa immagine professionale - di ricondurre o ridurre l'ampiezza di una risposta ad un problema dalle dimensioni così ampie, talvolta inafferrabili, ad un ruolo personale, al magico influsso pur autorevole di una sola persona, verso la quale - badate bene - per obiettività di valutazioni, circostanze, momento storico, accrescimento o presa di coscienza collettiva, va rivolto comunque ogni dovuto rispetto.
Camminare lungo questo percorso diviene alla fine riduttivo degli stessi effetti positivi della legge n. 180. Ed ancora, non mi sospinge la preoccupazione di ricercare, come da qualche parte è stato suggerito, se si è omesso di assistere di più in questi tre anni con questa gestione di governo regionale, oppure nei sette anni precedenti completanti l'arco temporale di vita della 180. Semmai questi aspetti emergeranno nel programmato dibattito.
Chi ha responsabilità al vertice di governo è solo animato dalla preoccupazione di ricondurre - e per quanto possibile certamente c'è la volontà di farlo - ogni tipo di discorso entro spazi di serenità necessariamente non costringendosi a misurare se è più forte la caduta in sé ovvero il clamore che attorno ad esso si è acceso.
Il prof. Pirella, Soprintendente sanitario dell'USSL n. 24 di Collegno è stato comandato, con DGR n. 150-4801 del 10/3/1981, a prestare servizio presso la Regione Piemonte dal 1981 e assegnato al Servizio attività attuative della programmazione regionale di controllo nell'ambito dei Servizi sanitari.
I provvedimenti amministrativi di comando sono stati adottati con cadenza annuale, ai sensi dell'art. 44 del DPR 761/79, il quale prevede che la Regione possa utilizzare personale del Servizio Sanitario Nazionale presso le proprie strutture per particolari esigenze dei Servizi sanitari regionali.
L'attuazione di quanto disposto dalla L.R. 8/9/1986 n. 42, recante "Norme sull'organizzazione degli uffici della Regione Piemonte", ha diversamente distribuito rispetto all'assetto precedente alcune competenze fra i settori della sanità, per cui l'Assessorato ha registrato la necessità di prevedere una diversa organizzazione dell'attività di supporto dato ai servizi regionali da personale sanitario qualificato.
Da qui la lettera inviata dall'Assessore Maccari al prof. Pirella nella quale, dopo aver fatto riferimento al comando annuale, si afferma: "Avendo in programma di strutturare diversamente la gestione della competenza Salute mentale, tenuto anche conto delle diverse attribuzioni previste dalla L.R. 8/9/1986 n. 42 a carico dei settori assessorili, si è ritenuto di non attivare per il corrente anno per la S.V. la consueta procedura per il comando.
In relazione a ciò, la posizione della S.V. presso gli uffici regionali risulta priva di copertura formale per cui si rende necessario provvedere in merito con decorrenza 1/8 p.v.
L'USSL. cui la presente è inviata per conoscenza, è invitata pertanto ad adottare il provvedimento di assenso al comando per il periodo 1/1 31/7/1988 al fine di permettere a questa Amministrazione di provvedere in sanatoria.
La S.V. è invitata conseguentemente a riprendere servizio a tempo pieno presso l'USSL di dipendenza dalla data sopraindicata.
Ringraziando per la collaborazione prestata, si porgono distinti saluti".
I diversi passaggi di queste attribuzioni sono ampiamente raccolti e intervengono dal 1981, anno nel quale più che un comando, che comunque rimane tale, si era stabilito questo tipo di presenza attraverso un rapporto convenzionale. Nell'anno 1986 i competenti uffici, proprio per dare ordine a questo rapporto che doveva essere diversamente disciplinato hanno stabilito un comando per 12 mesi a partire dall'1 gennaio - per diverse persone e non semplicemente per quella di cui è caso - trasmettendo gli atti agli interessati e alle USSL competenti perché dichiarassero la disponibilità al comando.
Non avendo le rispettive USSL. ed anche quella riguardante il prof.
Pirella, dato l'adesione a queste deliberazioni, con altre deliberazioni del marzo 1987 veniva revocata la precedente dandone comunicazione agli interessati e alle USSL di provenienza; ciò contrariamente ad altri che invece avevano dato la personale adesione. Successivamente l'USSL interessata diede l'adesione, così come avvenne per altre otto persone che si trovavano in analoghe condizioni, e con deliberazione del novembre del 1987 veniva di fatto assunto un provvedimento (con carattere di sanatoria) per l'anno 1986.
Con altra deliberazione veniva in seguito accordato il rinnovo di questa presenza per tutto l'anno 1987, mentre ancora non era intervenuta alcuna deliberazione per l'anno 1988.
Se alla lettera dell'Assessore Maccari rivolta al prof. Pirella si aggiungono le dichiarazioni dello stesso Assessore che mi è stato dato di leggere su "La Stampa" del 17/7/1988, ritengo sia possibile scaricare di tensione questo argomento; l'Assessore infatti ha dichiarato: "Da tempo ci sono documenti che chiedono di modificare il comando regionale, ma mi sono sempre astenuto da gesti emotivi. Ora, di fronte al programma per il Piano triennale 1988/1991, si era presentata la necessità di creare un gruppo di coordinamento di fiducia. Non voglio distruggere la 180, né voglio che la psichiatria sia politicizzata o partitizzata. Ritengo che sia necessario rivedere la gestione, tanto più che quella di Pirella era scaduta l'anno scorso e non rinnovata".
E già l'intreccio del confronto aperto nella comunità su questo argomento, anche da voci autorevoli, offre tesi e valutazioni sull'utilità (non entro in argomento, apparterrà al dibattito di settembre) di concentrare il tutto su un "coordinatore" piuttosto che su gruppi o commissioni tecnico-scientifiche, sul raffronto con le organizzazioni di altri settori della sanità e sullo stesso ruolo dell'Università, che parrebbe totalmente trascurata in quest'area mentre viene costantemente invocata dalla nostra assemblea ogni qual volta affrontiamo altri argomenti.
Se composto, se razionale e non emotivo, alla fine anche questo discorso, apertosi nel Paese in modo apparentemente provocatorio, forse potrà costruttivamente divenire utile al sofferto cammino di una parte della nostra comunità e quindi dovrà essere tenuto nella debita considerazione.
Mi pare quindi di poter concludere che il fatto debba essere ridimensionato, collocato e visto nella giusta luce.
Se ci si fermasse qui, sarebbe però un vero guaio, perché il problema ovvero i problemi comunque restano. Restano gli ammalati, restano i destinatari delle attenzioni che la comunità organizzata deve rivolgere a questo tipo di malattia.
In questi giorni ho parlato più volte con l'Assessore, ed ancora stamani, il quale richiamerà in Giunta, cui compete di deliberare sull'argomento, non tanto le proposte alternative quanto le complessive misure organizzative, che dovranno essere (e mi auguro che lo siano) equilibrate, di certo non settarie, razionali e mirate a dare le risposte più giuste e più umane al problema. Le approfondiremo con scrupolo vero proprio per le motivazioni prima evidenziate. Aggiungo che lo faremo certamente con sensibilità, avendo taluni di noi svolto ruoli o vissuto esperienze anche sconvolgenti, negli anni ante 180 e 833, entro le strutture ed il sistema di allora.
Formalmente, e di fatto, in questa fase l'Assessore Maccari, al quale spetta di proporre alla Giunta regionale - in chiave organizzativa, ripeto così come avevano fatto i suoi predecessori - le determinazioni da assumere sul personale operante entro l'Assessorato alla sanità, ha ritenuto - ed in tal senso ne ha dato comunicazione al prof. Pirella - a comando scaduto di non riproporne il rinnovo. Non è intervenuto quindi nessun atto deliberativo perché non sollecitato dall'Assessore, che è competente a promuovere questo tipo di intervento.
Abbiamo fondato motivo di intuire che il prossimo dibattito sarà illuminante e costruttivo. E' certo che ogni decisione - vorrei sottolineare questa affermazione - sull' organizzazione complessiva dell'area psichiatrica non potrà che essere conseguente al dibattito consiliare nel quale ogni forza politica, così come peraltro già anticipato dalle molte interpellanze sull'argomento, offrirà contributi di certo ampiamente motivati.
Sulla sanità in genere (quindi anche sulla psichiatria), avevo dichiarato la disponibilità della Giunta a parlarne complessivamente fin dagli ultimi mesi dell'anno scorso; l'Assessore, pur in termini informali da almeno tre mesi aveva rassegnato una corposa memoria con una non trascurabile parte rivolta all'assistenza psichiatrica.



CALLIGARO Germano

Fatta dal coordinatore dei Servizi psichiatrici regionali!



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Questo non lo posso sapere.



CALLIGARO Germano

Dovrebbe saperlo invece!



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Questo dovrebbe fugare anche qualche preoccupazione che avete; abbi pazienza, mi pare che la tua interrogazione sia controproducente: non mi provoca di certo, anzi mi entusiasma. Noto che c'è molta insofferenza su questo argomento.
Inoltre l'IRES, di certo fonte non sospetta, nella sua "Relazione sulla situazione economica, sociale e territoriale del Piemonte 1988", fresca di stampa e in corso di distribuzione, fotografa al capitolo XIV la realtà del disagio psichico nel nostro Piemonte.
Riterrei che anche questa parte della Relazione IRES possa essere associata tra le memorie utili al successivo dibattito, che non viene di certo introdotto qui oggi da chi vi parla. Non è questa la sede delle anticipazioni, ma a quanti nutrono preoccupazioni circa il fatto che sia in corso il cosiddetto processo della "restaurazione", vorrei proprio rinviare una risposta alla lettura dei fascicoli che ho testé richiamato. Sono certo che la stessa assemblea ne potrà trarre motivo di giovamento, di tranquillità e soprattutto di rasserenamento.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi per un chiarimento. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, chiedo una spiegazione, anche se il modo in cui è stata resa questa comunicazione suggerirebbe altre considerazioni.
Mi limito a proporre un chiarimento: quando il Presidente della Giunta dice che le decisioni sulla struttura organizzativa dei servizi verranno definite ed assunte dopo il dibattito, dice anche - e prego di esplicitarlo che esiste la disponibilità della Giunta a rivedere e riesaminare il provvedimento (o il non provvedimento, come preferite) nei confronti del prof. Pirella? Dalla risposta è chiaro che deriverà la possibilità di considerare in un certo modo la comunicazione, come si è convenuto, oppure di fare qualcosa su cui non ci siamo impegnati. Abbiamo detto che una comunicazione andava resa in quel senso; poiché siamo in condizioni molto strane l'Assessore non c'è e non è possibile svolgere un dibattito, almeno questo punto deve essere chiaro! Ripeto: chiarimento, ai sensi dell'art. 47. Quando il Presidente dice che le decisioni sulla struttura organizzativa verranno prese dopo il dibattito, significa che oggi sul provvedimento dell'Assessore Maccari nei confronti dell'attuale coordinatore c'è la disponibilità della Giunta a rivederlo e riesaminarlo in quell'ambito?



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

E' più giusto affermare che non esiste un provvedimento.



(Commenti dai banchi comunisti)



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

I provvedimenti li prende la Giunta, l'Assessore competente sollecita...



(Commenti dei Consiglieri Montefalchesi e Reburdo)



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Io non voglio polemizzare!



(Il Presidente richiama il Consigliere Montefalchesi)



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Tento di dare una risposta senza arrivare a momenti che possono essere di provocazione; certo le mie risposte non possono piacere a tutti.
Vorrei unicamente richiamare il fatto che non esiste un atto deliberativo della Giunta su questo argomento: esiste una lettera dell'Assessore il quale, come soggetto propositore alla Giunta di talune iniziative, ha ritenuto di non doverlo riproporre per l'anno successivo.
Evidentemente non poteva fare altro che consentire la chiusura dell'arco temporale mensile di una certa presenza, per arrivare successivamente, in sanatoria - e questo è stato richiesto anche all'USSL competente - a definire la presenza del prof. Pirella dal mese di gennaio alla fine di luglio di quest'anno.
Questa non è una novità; ho richiamato, non dico appositamente, le deliberazioni precedenti per dimostrare che quasi tutti gli atti intervenuti hanno avuto queste note caratteristiche di risanamento immediato ad un problema. Ho detto questo, collega Bontempi.
E' certo che ogni decisione sull'organizzazione complessiva dell'area psichiatrica non potrà che essere conseguente al dibattito consiliare nel quale, ripeto, ogni forza politica, come peraltro già anticipato dalle molte interpellanze sull'argomento, potrà offrire dei contributi motivandoli ampiamente.
Se l'assemblea dirà che il problema è risolto nella direzione da molti invocata, la Giunta vi si atterrà; se l'assemblea dirà che questa non è la strada da percorrere, non la percorreremo. Mi pare che la risposta sia chiara.



BONTEMPI Rinaldo

C'è disponibilità a rivedere anche la posizione...



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Scusa, Bontempi, l'assemblea è sovrana. Ci avete fatto votare un ordine del giorno sul Bormida; ieri sono stato investito dal Presidente della Liguria il quale, quasi insultandomi, ha detto che gli voglio far chiudere la fabbrica. Queste sono cose che accadono, noi abbiamo solo reso esecutiva un'iniziativa del Consiglio.



(Proteste dai banchi comunisti)



PRESIDENTE

Se permettete, il Presidente del Consiglio è l'interprete principale delle dichiarazioni rese in quest'aula. Il Presidente ha detto che il provvedimento è di competenza della Giunta e ha anche dichiarato che, a seguito del dibattito che si svolgerà in quest'aula, nella data già fissata dai Presidenti dei Gruppi, operatori, strutture e metodi saranno definiti nel provvedimento giuridicamente legittimo della Giunta.



BONTEMPI Rinaldo

Vi è un altro diritto primario non invocato dal Presidente Beltrami, ed è quello di non prenderci in giro. Tanto per capirci: ciò vuol dire che il provvedimento non avrà corso?



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Voi ve ne prendete un pezzo in più ogni momento e volete farmi dire cose che io non intendo dire.



BONTEMPI Rinaldo

Perché siete ambigui!



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

No, io sono qui per rispettare la sovranità dell'assemblea.



BONTEMPI Rinaldo

Siete ambigui! Siete ambigui!



(Applausi provenienti dalle tribune ove hanno preso posto operatori dei servizi psichiatrici)



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Io sono qui a rispettare la sovranità dell'assemblea e le decisioni che la stessa assumerà, non altro! Io non ho detto altro!



BONTEMPI Rinaldo

Va bene! Se l'assemblea si deve esprimere, si esprima!



PRESIDENTE

Ho l'obbligo di ricordare alle persone presenti nelle tribune che al pubblico non è permesso né assentire né dissentire.



(Vibrate proteste dai banchi della sinistra e dalla tribuna del pubblico)



PRESIDENTE

Sospendo la seduta e convoco la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi.



(Applausi rivolti all'indirizzo del Presidente del Consiglio regionale Scambio di battute tra i Consiglieri comunisti e quelli dei Gruppi di maggioranza)



(La seduta, sospesa alle ore 12,10 riprende alle ore 12,40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Signori Consiglieri, comunico che i lavori riprenderanno alle ore 15.
Avverto fin d'ora che il Regolamento deve essere rispettato ed è fatto divieto al pubblico di assentire o dissentire. Sono note le responsabilità che conseguono a questo, e vorrei che l'autodisciplina di ciascuno di noi si realizzasse senza bisogno di ricorrere a ulteriori mezzi quale lo sgombro delle tribune o un diverso intervento, non voluto da noi.
Spero quindi che alla ripresa dei lavori questi si possano svolgere ordinatamente secondo le norme vigenti nelle istituzioni che presiedono al nostro Paese, per cui è data libertà ai Consiglieri eletti di pronunciarsi e di esprimersi in questa aula senza che vi sia alcun atto di disturbo, di consenso o di non assenso da parte del pubblico.
Se ciò non si realizzasse, devo dire con la fermezza che mi ha sempre animato che dovremo provvedere in modo diverso.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12,45 riprende alle ore 15,50)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Signori Consiglieri, stamani è stata svolta una comunicazione da parte del Presidente della Giunta, rispetto alla quale sono state chieste delle precisazioni.
Ha chiesto la parola per un ulteriore chiarimento il Consigliere Staglianò. Ne ha facoltà.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente e colleghi, tutti sapete quanto noi siamo amanti della chiarezza, quindi perdonerete la nostra insistenza su questo punto.
Prendiamo atto del disagio del Presidente Beltrami - così l'abbiamo colto - per un fatto compiuto di cui, par di capire, non era nemmeno al corrente. Ci riferiamo all'ormai celebre provvedimento assunto dall'Assessore alla sanità, Maccari, il quale ha annullato il dibattito sulla psichiatria previsto per il 14 luglio (calendarizzato in tal modo dalla Conferenza dei Capigruppo) perché in partenza per la riviera adriatica; è tornato per firmare il ben servito nei confronti del prof.
Pirella e riparte per i bei lidi...



PEZZANA Angelo

Scusi, signor Presidente, ma questi sono interventi o richieste di chiarimento? Altrimenti parliamo tutti!



STAGLIANO' Gregorio Igor

Sto facendo la premessa ad una domanda, Presidente; checché qualcuno ne dica, tutti abbiamo diritto a fare le premesse alle domande.
Dicevo che l'Assessore riparte per i bei lidi, sottraendosi addirittura (se le nostre informazioni sono esatte, e chiediamo di essere smentiti) al confronto in Giunta.
Noi, signor Presidente, siamo riusciti a far rientrare da una annunciata partenza qualche testa di turco, ma non ci basta! Dovete dirci questa è la domanda - se l'atto, la lettera, il provvedimento, insomma quella cosa che porta la data del 15 luglio 1988 e il numero di protocollo 850/Segreteria, sulla base delle cose dette dal Presidente Beltrami, avrà corso o meno. Questo in attesa di discutere degli indirizzi in materia psichiatrica come questione ritenuta urgente da tutti i Gruppi, di modo che si possa restituire serenità alle centinaia di operatori socio-sanitari impegnati a lenire profondissime sofferenze umane, i quali si sono visti mettere proditoriamente davanti il carro prima dei buoi.
Chiediamo che sia ristabilita, sulla base di questo chiarimento che ci pare indispensabile, la regola minima per cui si definiscono gli indirizzi secondo questi ultimi vedremo se le squadre proposte sono adeguate. Dalle parole del Presidente Beltrami, questa sequenza non ci pare chiara. Di conseguenza riproponiamo la domanda: vorremmo capire se la sospensione del pranzo ha consentito maggiore chiarezza negli orientamenti di un governo regionale che ci è parso un tantino in difficoltà rispetto ad atti compiuti da un suo autorevole membro che, appunto, ha scelto altri luoghi in cui trascorrere la giornata del giovedì.



PRESIDENTE

Se non ci sono altri Consiglieri che intendono chiedere chiarimenti, il Presidente Beltrami può rispondere. Mi pare, però, che questa mattina avesse già dato risposta alle richieste formulate anche da Bontempi, che si conciliano con quelle avanzate da Staglianò.



BONTEMPI Rinaldo

Questa mattina il Presidente ha sostenuto che l'organizzazione dei servizi sarebbe stata definita e decisa dopo il dibattito. Per due volte ho chiesto un chiarimento; l'ultimo è quello riproposto dal Consigliere Staglianò e che mi pare rilevante alla luce di un'affermazione del Presidente. Il Presidente infatti ha detto: "Io mi atterrò a ciò che voterà quest'aula".
E' evidente che la questione del dar corso o meno al procedimento è rilevantissima, perché poi potremo votare in aula tutta l'organizzazione che vogliamo. Non faccio nessuna premessa, ma è evidente che per quanto già deciso, non potremo più intervenire. Quindi o è esplicito che non si dà corso al provvedimento e quindi si voterà in aula la riorganizzazione l'eventuale coordinamento e la posizione attuale del tecnico prof. Pirella oppure ad ambiguità si aggiunge altra ambiguità. Per questo motivo abbiamo presentato (ma se ci fosse fornita qualche comunicazione dalla Giunta potremmo anche ritirarla) la richiesta di votare comunque oggi su questo punto.
Da un lato ci viene detto che c'è disponibilità a votare tutto e a decidere in seguito, dall'altro però non si risponde con chiarezza sulla questione; l'unica chiarezza è quella che si è detto che quel provvedimento è bloccato. Ed allora noi intenderemmo votare sull'organizzazione, compreso il punto in discussione, secondo le regole vigenti in democrazia, ovvero con l'accordo di maggioranza e minoranza.
Ci pare una posizione limpida. Se questo non è dato, voi capite che ci verrebbe unicamente offerta la carota prospettica di votare tutto meno quello su cui abbiamo sollevato obiezioni, perché seguirebbe già il suo corso burocratico naturale.
Per questo il Gruppo comunista, insieme al Gruppo DP e alla Lista Verde, ha presentato una richiesta di iscrizione all'o.d.g. di un primo ordine del giorno che chiede la sospensione, il blocco del provvedimento, e di un secondo documento che attiene alla valutazione politica del comportamento non responsabile dell'Assessore oggi assente, in un momento in cui avrebbe dovuto essere qui ad affrontare le responsabilità che gli sono riconosciute dai voti, anche di questo Consiglio, e dal suo mandato.
Questo è il motivo della nostra richiesta, non per insistere, ma perch ci pare davvero fondamentale. E' evidente che un'ambiguità che ci dica in altri termini che si voterà a settembre meno che su questo (perché questa comunque è già una partita incassata ed andata) non può che trovare una nostra vibrata protesta; chiediamo inoltre degli atti sul quale il Consiglio possa pronunciarsi: è un nostro diritto e intendiamo esercitarlo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Stamani il Presidente Viglione, dando la parola al Presidente Beltrami ha detto che alla comunicazione non sarebbe seguito alcun dibattito. Non vorrei però che attraverso i chiarimenti dei chiarimenti finissimo per realizzare comunque una discussione che ci porta al termine di questa giornata.
Desidero esprimere innanzitutto la mia posizione favorevole all'interpretazione della risposta fornita questa mattina dal Presidente Beltrami, quando ha detto che l'atto compiuto autonomamente e responsabilmente dall'Assessore Maccari avrà esecuzione dal primo di agosto. Questo discorso potrà essere recuperato nel dibattito sulla psichiatria rinviato a settembre, nel quale si discuterà di tutto e dove ciascuno potrà portare in discussione anche elementi riguardanti la struttura e le persone che in questo caso hanno avuto un ruolo importante.
Ad ulteriore chiarimento di quanto affermato dal Presidente Beltrami mi sia consentito dichiarare, a nome del Gruppo socialista, che non ci sarà alcun ripensamento sulle scelte compiute autonomamente e responsabilmente dall'Assessore Maccari. Lo dico per chiarezza nei confronti dell'assemblea.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Ma questo provvedimento non è stato discusso nemmeno in Giunta! Si discuta da qualche parte! Ma dove siamo arrivati? Non siamo mica in Sud America!



ROSSA Angelo

Signor Presidente, mi lasci parlare: ritengo di poter dare un contributo alla chiarezza delle posizioni.



PRESIDENTE

Non si tratta di contributo alla chiarezza: è regolamento. Formuli pure la sua richiesta.



ROSSA Angelo

Non ci sarà ripensamento, ci sarà questo rinvio. Nel frattempo l'atto va in esecuzione; il tutto (e per tutto si intendono gli organigrammi, le scelte, gli indirizzi e gli uomini) verrà discusso a settembre. Al termine di questo discorso la Giunta, attraverso il Presidente Beltrami raccoglierà le risultanze emerse.
Noi dichiariamo di essere contrari all'iscrizione all'o.d.g. richiesta dal Capogruppo Bontempi. A questo punto si tratta di concludere tale questione, rinviando tutto il resto al prossimo incontro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Cercherò di essere un pochino più chiara. Dalle parole del Presidente della Giunta, questa mattina mi è parso di capire che l'Assessore ha preso l'iniziativa di revocare il comando autonomamente, senza chiedere il parere politico della Giunta.
Vorremmo sapere se la Giunta è solidale con l'Assessore e con il suo provvedimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Una delle mie richieste è già stata avanzata dalla collega Minervini.
La faccio mia.
Almeno per me, non è molto rilevante discutere del comportamento tenuto oggi dall'Assessore Maccari. Vorrei però avere un chiarimento rispetto a due notizie contraddittorie relative all'odierna assenza dell'Assessore Maccari: può il Presidente confermare se l'Assessore Maccari è oggi assente per conseguenze di malattia o se è in ferie?



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Per evitare che si possa pensare che voglio avviare un dibattito sull'argomento (cosa che non voglio assolutamente fare), mi permetto di dubitare della bontà delle domande surrettizie poste in questo momento al Presidente della Giunta.
Mi sembra che i colleghi Capigruppo si siano dimenticati della riunione svoltasi venerdì scorso, nella quale è stato detto chiaramente che oggi giovedì, l'Assessore Maccari non ci sarebbe stato; quindi le domande del collega Ala o di altri non mi sembrano assolutamente puntuali. I colleghi dimenticano infatti che venerdì, alle ore 12, in riunione di Capigruppo, il Presidente della Giunta ci ha informati ufficialmente che oggi non si sarebbe svolto il dibattito sulla psichiatria a causa dell'assenza da Torino dell'Assessore competente.
Io avevo posto questa domanda molto insistentemente perché da due anni chiedevo un dibattito sulla psichiatria e ovviamente ero molto interessato alla discussione.



(Commenti dai banchi di sinistra)



PEZZANA Angelo

Non pretendo che i colleghi della sinistra ascoltino quello che dico ma almeno non disturbino.
Da due anni almeno chiedevo questo dibattito, quindi ero altamente interessato a che ciò avvenisse. Mi fu risposto e tutti presero nota che il dibattito non ci sarebbe stato per l'assenza dell'Assessore Maccari.
Alle altre domande risponderà il Presidente della Giunta. Volevo per ricordare che la Conferenza dei Capigruppo si svolge con cadenza settimanale e che in quella sede si fanno affermazioni delle quali tutti i Capigruppo prendono atto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Noi non entriamo assolutamente nel merito, ma poiché sono state fatte esplicite domande abbiamo interpretato la comunicazione del Presidente in questo senso e poiché prenderà la parola - se lo riterrà avremo il piacere di sentire se l'abbiamo intesa correttamente, che il provvedimento autonomamente assunto dall'Assessore farà il suo corso e che il dibattito che si farà sulla materia in settembre comporterà una discussione complessiva. Tale discussione potrà portare a decisioni o comunque ad orientamenti su un organigramma che non sono affatto pregiudicati da un provvedimento come questo, che ha però la sua autonomia e il suo svolgimento.
Non riesco quindi a comprendere la posizione e particolarmente la domanda di chiarimento del Consigliere Bontempi. Mi pare che le due cose non si escludano assolutamente, ma siano perfettamente conciliabili. Un provvedimento va avanti, la discussione sull'organigramma la faremo, salve le competenze, ed essa sarà conseguente al dibattito.
Confermo quanto ha detto il Consigliere Pezzana: venerdì, in Conferenza dei Capigruppo, abbiamo convenuto di svolgere il dibattito a settembre perché l'Assessore Maccari era assente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Pongo due richieste di chiarimento al Presidente della Giunta.
La prima riguarda la situazione dell'ufficio della struttura retta dal prof. Pirella fino al momento in cui l'Assessore Maccari ha inviato allo stesso la lettera di non rinnovo del comando. Se le informazioni che ho sono giuste, questo ufficio, che ha delle grosse responsabilità nel coordinamento e nella gestione del settore psichiatria, era retto dal prof.
Pirella (che è stato rimosso), dalla dottoressa Ruschena (che è in ferie) e da una terza componente, che è assente per maternità. Visto che anche l'Assessore è in ferie, chi si occupa attualmente di questa struttura, dei compiti e delle mansioni che erano affidate a questo ufficio? La seconda questione è questa. L'Assessore Maccari ha creato un caso nazionale sollevando il prof. Pirella dall'incarico. Avete ingenerato nell'opinione pubblica preoccupazioni ed incertezze, come anche negli operatori e nei pazienti. In questa situazione e nella situazione prima descritta, il responsabile del coordinamento del settore psichiatria a livello regionale, l'Assessore Maccari, ha la buona abitudine di andare in ferie.
Chiedo al Presidente della Giunta se non ritiene arrogante antidemocratico e soprattutto irresponsabile l'atteggiamento dell'Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Quando ho preso la parola stamani, penso di aver tentato di farlo in termini che assolutamente non accrescessero disagi per chi è a disagio, non creassero tensioni e soprattutto, considerata la serietà di quest'area di malattia, ero anche preoccupato che non venissero coinvolte e/o aggiunte preoccupazioni a preoccupazioni. Nelle ultime ore sono pervenute alcune interrogazioni o comunque delle domande su questo argomento; per non fuggire davanti ai problemi, la Giunta regionale, nella persona del Presidente (che in questo caso era il destinatario delle istanze) ha tentato di collocarsi sul piano della disponibilità nei confronti del Consiglio. Mi pare che questo sia stato fatto in termini di totale apertura.
Avrei potuto anche dire: "Non sono preparato, non ho elementi a disposizione. L'Assessore rientrerà la settimana prossima". Ero stato sollecitato da più parti ad assumere questo atteggiamento, ma per rispetto verso l'assemblea ho dichiarato totale disponibilità.
Ho dato delle risposte, magari tecniche e asettiche, che possono aver lasciato più scontenti che non contenti, ma ho tentato di darle.
Se da un lato ho ritenuto che non si creassero situazioni di disagio nei confronti della professionalità del prof. Pirella, dall'altro non riterrei oggi pomeriggio di accogliere tutti quegli atteggiamenti che suonano al contrario, motivi per i quali dovrei stabilire censure, condanne e definire in termini grami un collaboratore di questa Giunta, il quale svolge un suo ruolo e che oggi è assente perché in congedo. Non ho a disposizione il medico fiscale della Giunta per accertare le sue posizioni né mi voglio avventurare su questa strada. Chi conosce le realtà di questo rapporto personale, anche degli ultimi tempi, tragga le conclusioni che ritiene più opportune.
Su questo piano scivoloso non intendo mettermi, non per paura ma per la dignità che attiene alla Giunta e allo stesso Assessore e a molti che lungo un certo percorso assumono determinati atteggiamenti.
Questa mattina mi sono preoccupato anche di dire (ma non vorrei ripetere tutte le cose dette) che non c'è alcun provvedimento da revocare in quanto non esiste un problema di revoca. Esiste un'iniziativa specifica dell'Assessorato alla sanità, nella sua autonomia propositiva; spetta infatti all'Assessore proporre alla Giunta la necessità di avvalersi ancora di determinate persone.
Le definizioni del Consigliere Montefalchesi sono improprie. Di fatto il prof. Pirella è comandato e svolge il ruolo di consulente nei confronti della Regione; la definizione di coordinatore gli deriva dal fatto che è stato posto su questo percorso. L'Assessore, nella sua totale autonomia propositiva (per ciascuna seduta di Giunta riceviamo dalle 100 alle 200 proposte di deliberazioni), ritiene che esistono condizioni di carattere organizzativo per cui si prevede una diversa utilizzazione delle energie della Regione e delle strutture sanitarie per risolvere determinati problemi. Lo stesso subentro operativo della L.R. n. 42/86 pone al vertice della programmazione sanitaria, e quindi non ci sono vuoti in questo momento, il funzionario dr. Vescui e il dr. Vivinetto quale vicario in caso di assenza; per l'assistenza sanitaria il dr. Fornaro, e in caso di sua assenza il dr. Lodi.
Devo dare però solo delle risposte e non svolgere un intervento perch potrebbe apparire un fatto provocatorio. Ieri leggevo su un importante organo di informazione alcune riflessioni, espresse da autorevole fonte attorno al ruolo del coordinamento e delle strutture di università; poich l'articolo mi pareva non trascurabile, questa mattina l'ho sottoposto alla cortese attenzione e meditazione della Giunta.
Ripeto: non c'è nulla da revocare; esiste semplicemente un comando scaduto alla fine dell'anno. Dovremo ancora recuperare in sanatoria, con l'adesione dell'USSL di provenienza, il periodo dall'1/1 al 31/7 e ci potrebbe avvenire anche per altri collaboratori che avevano fruito ugualmente di precedenti comandi. Le scadenze purtroppo non sempre sono perfettamente maturanti con date di certezza, o comunque con le stesse date di scadenza, e quindi vedremo di sistemarle.
Ho sentito qualcuno dire: "Sono d'accordo, non sono d'accordo, noi non ci staremo". Ricordo che soggetti di proposta o iniziativa legislativa e di iniziativa operativa possono essere tutte le componenti partitiche politiche e di persone. Uno dei soggetti che può fare delle proposte è la stessa Giunta. Da tempo giacciono proposte di legge di qualche Gruppo e altre iniziative ancora.
Tutto può essere rimediato, senza sottrarre alla Giunta il suo ruolo e i compiti che, nella buona e nella cattiva sorte sono sempre stati esercitati sin dal 1970, data di nascita della Regione; ciascuna delle componenti del sistema (Gruppi, parti, componenti singoli e di Governo) pu svolgere il proprio ruolo.
E' stato chiesto di fare chiarezza; i chiarimenti servono a fare più luce. Poiché esiste una sola chiarezza e non esistono due modi di far chiaro o due verità (solo Pirandello tentò di farne nascere due a suo tempo), mi pare di poter convenire con loro - in termini di totale chiarezza - sull'impegno della Giunta ad essere fedele esecutrice degli indirizzi, delle direttive, degli orientamenti e di quanto sorgerà all'interno dell'aula consiliare a conclusione del dibattito che verrà promosso a settembre. Aggiungere o sottrarre qualche cosa a questa dichiarazione significherebbe togliere chiarezza.
Questa mattina ho detto che l'Assessore interverrà in Giunta, organo competente a deliberare, non tanto per offrire proposte alternative, quanto per presentare le complessive misure organizzative che costituiranno la piattaforma offerta dalla Giunta all'assemblea per questo dibattito. In quella sede può nascere tutto e il contrario di tutto. E' certo che oggi le cose sono state impostate con estrema chiarezza; se qualcuno vuol farmi dire che revochiamo un atto che non è mai stato revocato, questo non lo dirò mai.



(Interruzioni dei Consiglieri Bontempi e Staglianò)



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Se far chiarezza significa assumere un atteggiamento chiaro da parte della Giunta, affermo nuovamente, con tutta la solennità necessaria, che la Giunta è disponibile a porre in atto - credendoci - gli indirizzi, gli atteggiamenti e gli orientamenti dell'assemblea. Ciò tentando non di forzare la mano all'assemblea, ma di presentarsi con proposte originali quelle stesse maturate dal momento in cui l'Assessore non ha ritenuto di far andare avanti questo mandato o questo comando.
In questo arco di tempo, e comunque dal primo agosto, la Giunta cercherà, anche su un piano organizzativo (e non per semplice tamponamento), di creare le condizioni affinché un suo indirizzo maturato che mi auguro possa essere confortato dall'assemblea - possa trovare utile e pratico dispiegamento.
Non ritengo di aggiungere altro, perché non porterei note di luce, non farei più chiarezza ma aggiungerei confusione. Non potete chiedermi di dire cose che non posso dire!



PRESIDENTE

Ha così termine la comunicazione del Presidente della Giunta. E' pervenuta alla Presidenza la richiesta di iscrizione all'o.d.g. di due documenti sottoscritti dal Gruppo comunista, dal Gruppo DP e dalla Lista Verde. Devo pertanto porre in votazione tale richiesta.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo la parola per illustrare tale richiesta.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, in questa situazione rivendichiamo almeno la possibilità di essere chiari su quello che riteniamo giusto. I passaggi essenziali sono state le comunicazioni e noi saremmo stati d'accordo se queste avessero chiarito il comportamento della Giunta (e ciò non è avvenuto) in merito a questo caso e a quanto collegato.
L'iniziativa che proponiamo è un atto di chiarezza. Non abbiamo certo ignorato le difficoltà di collocazione, oggi, del Presidente, pur dandogli atto di aver comunque tentato di svolgere la funzione di responsabile di questa Giunta e di questa coalizione. Mi permetta però di dire, signor Presidente, che poiché il caso era molto concreto, specifico e circoscritto, al di là dell'uso delle fattispecie giuridiche (revoca sospensione) e considerato il grave errore di metodo e di comportamento sotteso a quella lettera, questa avrebbe dovuto essere ritirata e collocata...



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, non è possibile illustrare l'ordine del giorno!



BONTEMPI Rinaldo

Sto proprio illustrando il mio ordine del giorno. Sei venuto qui, hai insegnato a tutti noi come parlare: ebbene, io parlo di nuovo!



PEZZANA Angelo

Chiedo di parlare sul medesimo argomento su cui interviene Bontempi perché questo sostanzialmente è un dibattito.



BONTEMPI Rinaldo

Va bene, e sia! Io ho interesse a sentire le tue opinioni.
Oltre ai due ordini del giorno, abbiamo presentato una richiesta di iscrizione e di voto immediato; nelle motivazioni devo portare gli argomenti di contesto, e nel contesto porto le ragioni di merito ricollegandomi a quanto detto prima dal Presidente.
Mi rendo conto di questa difficoltà e mi viene in mente un autore inglese della materia, John Laing, e il suo "io diviso". Caro Presidente ho colto questo tuo "io diviso" tra una crescente rabbia nei confronti di un Assessore che, dopo aver suscitato un putiferio, ha ritenuto bene di starsene dov'era (certo per malattia, ma non troppo distante, in un pandemonio forse suscitato dalla stessa non cognizione del Presidente della Giunta) e il comprensibile dovere di un Presidente di tenere assieme una posizione di coalizione.
Tale posizione gli è stata peraltro ricordata se mai ce ne fossimo dimenticati - con la consueta forma decisionista ed autoritaria dal Gruppo Socialista, il quale addirittura, da quello che ho capito, ha affermato che "non ci sarà alcun ripensamento"; nella formulazione del Presidente invece c'era un poco più di possibilismo. Quindi, capisco questo "io diviso" e lo rispetto, però mi permetta, signor Presidente: i temi politici sono temi politici.
Questa mattina lo stesso Presidente ha detto: "Non riduciamo tutta la psichiatria alla questione Pirella". Sono d'accordo su questo e, proprio perché non vogliamo ridurre tutto alla questione Pirella, va tolto di mezzo un atto che, non motivato e non inserito nel dibattito, pare essere l'incasso di cui siete contenti: aver mandato via Pirella e non aver affrontato i problemi.
Chiarezza va fatta e noi la richiediamo attraverso l'iscrizione all'o.d.g. di due mozioni: una chiede di non dar corso al provvedimento per le ragioni che ho detto prima; l'altra esprime una sanzione, matura nell'animo di chissà quanti oltre noi ma che forse solo noi esprimeremo, di sfiducia per un Assessore non nuovo alle fughe.
Ricordate la fuga dietro la tenda sul nucleare? Questa volta è a Ravenna, non a Tahiti, ma è comunque una fuga dalle sue responsabilità mettendo persino in grande difficoltà la Giunta e la sua stessa coalizione.
Personalmente ho sempre ritenuto che i decisionisti fossero quelli che decidono e si assumono le responsabilità.
Venerdì pomeriggio però è emersa una novità, e rispondo anche a Pezzana. E' sorprendente: questa volta non ho ritrovato il solito Pezzana.
A mezzogiorno ci ha ricordato che i Capigruppo avevano deciso di fare il dibattito a settembre, sennonché nel pomeriggio tutto e stato spostato da una decisione personale autoritaria dell'Assessore che riguarda la psichiatria, o meglio ancora la questione non nuova della funzione di coordinamento...



PEZZANA Angelo

Voi confondete i problemi della psichiatria con una persona!



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, la persona che finora ha sollevato tutte le questioni attorno alla psichiatria è proprio Pezzana.



PEZZANA Angelo

Appunto!



BONTEMPI Rinaldo

Ma appunto cosa? Non capisco, tu dici "appunto" e poi "contrappunto"? Il fatto vero è che Pezzana l'ha messa così e poi è passato all'incasso. C'è stato l'esecutore della sentenza di processo sommario celebrata dal suo tribunale, l'esecutore è stato Maccari, Pezzana l'ha incassata e adesso dice: "Parliamo della psichiatria". Niente da dire sull'abilità di Pezzana, ma neanche sul fatto che ti capiamo!



PEZZANA Angelo

Io ho chiesto due anni fa di parlare di psichiatria, quando voi dicevate che erano speculazioni elettorali!



REBURDO Giuseppe

Vai in Israele se non vuoi lasciar parlare!



(Commenti all'indirizzo del Consigliere Pezzana)



BONTEMPI Rinaldo

Io sto facendo un elogio alla forza politica del suo Gruppo, la Lista Verde Civica, notoriamente molto forte. E' un elogio a questa forza politica, alla capacità straordinaria di stare formalmente fuori dalla maggioranza e riuscire a imporre quello che vuole. Mi pare strano che tu ti arrabbi! Ti sto facendo un complimento, Pezzana!



PEZZANA Angelo

Vi siete scaldati quando hanno tolto Pirella, non prima!



BONTEMPI Rinaldo

Finora sono stato spesso interrotto dal Consigliere Pezzana; vorrei poter concludere il ragionamento! Ripeto: è stata emanata una sentenza un anno fa e si è riusciti a farla eseguire da qualcuno che poi è andato a Ravenna; la migliore delle situazioni si accartocciava...



(Commento del Consigliere Pezzana)



BONTEMPI Rinaldo

Caro Pezzana, prendimi per quello che sono. Ho diritto di parola e lo esercito.



PEZZANA Angelo

Chiedo solo un po' di glasnost, un po' di trasparenza!



BONTEMPI Rinaldo

E' proprio su questa trasparenza (o non trasparenza) che non siamo d'accordo, perché, caro Pezzana...



PEZZANA Angelo

Un po' di fantasia anche in Piemonte! Fatevi recuperare da Gorbaciov!



BONTEMPI Rinaldo

Caro Pezzana, oggi non ce la siamo presa con te: non capisco perché sei balzato così; mi spieghi perché? Io ce l'avevo con Maccari, non me la sono presa con te! Tu sei contento di questo atto.



PEZZANA Angelo

Io ho parlato di salute mentale, e non di persone!



(Proteste dai banchi comunisti)



PRESIDENTE

Consigliere Pezzana, la prego di non interrompere più o sarò costretto a far intervenire i commessi!



BONTEMPI Rinaldo

Chiediamo che venga posta ai voti l'iscrizione dei due ordini del giorno da noi presentati: dapprima quello sulla sospensione, poi quello sulla sfiducia nei confronti dell'Assessore Maccari.
La non chiarezza porta davvero a fare i gattini ciechi: in realtà, il dibattito vero e proprio non si è svolto; è stata data una risposta che ha reso necessari dei chiarimenti. In questa iniziativa, l'unica cosa certa è che assistiamo, in questo Consiglio, ad un fatto che farei rilevare a tutti colleghi con modestia, ma anche con qualche energia. Per la complessità dei problemi e la drammaticità della questione, con questo atto si sono conquistate le pagine dei giornali di tutta Italia per una settimana; la politica - si sa - la si fa qui dentro, ma noi speriamo soprattutto che possa avere qualche ripercussione all'esterno attraverso le notizie.
Noi abbiamo detto e sostenuto, e per questo motivo abbiamo chiesto almeno la comunicazione, che il Consiglio regionale non poteva iniziare n proseguire i lavori senza avere compiutamente trattato questo argomento. E' chiaro che il "compiutamente" è relativo agli atti prioritari e fondamentali. La sospensione e la sfiducia, che noi proponiamo di votare sono atti prioritari e fondamentali che possono anche rinviare a tempi successivi il dibattito.
Se la nostra richiesta non verrà accolta, e quindi in pratica (conosco il Regolamento) non saremo neanche nella condizione di discutere, è chiaro che per noi resta intatta la priorità di non far sfuggire alle proprie responsabilità il governo regionale, e in particolare l'Assessore.
Tale questione è per noi prioritaria e utilizzeremo tutti gli strumenti necessari per avviarne la discussione.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, in base al Regolamento, sulla proposta di iscrizione all'o.d.g. possono parlare due oratori, uno a favore e uno contro.
La parola al Consigliere Minervini che interverrà a favore.



MINERVINI Marta

Siamo a favore dell'iscrizione di ambedue gli ordini del giorno, con una precisazione però molto chiara: che daremo al momento la valutazione su uno e sull'altro documento.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, mi scusi, si sono illustrati gli ordini del giorno prima di chiederne l'iscrizione.



PRESIDENTE

Sono stati illustrati e deve essere posta in votazione la richiesta di iscrizione.



PEZZANA Angelo

Bisognava però chiederne l'iscrizione all'o.d.g.



PRESIDENTE

Ed infatti stiamo parlando di questo!



PEZZANA Angelo

Ma sono stati illustrati prima!



PRESIDENTE

L'illustrazione è data a uno dei proponenti!



PEZZANA Angelo

Chiedo allora di poter parlare a favore del secondo ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini che parlerà contro la proposta d'iscrizione.



MARCHINI Sergio

Cercherò di attenermi al titolo che mi consente di parlare, anche se rivendico il diritto di parlare della questione che qui è stata posta. Si parla avendo la parola ed anche non avendola, mantenendo comportamenti istrionici, rincorrendo i giornalisti nei corridoi, avendo rapporti privati con la stampa all'esterno di quest'aula. Io ho l'impressione che il Consiglio abbia il diritto di esprimere che cosa pensa di questa vicenda.
Quindi mi vedo costretto, per il modo scorretto con cui è stato avviato e condotto questo dibattito, a dover dare la mia valutazione sulla comunicazione della Giunta. Se volete, potete togliermi la parola: chiederò a qualche giornalista di darmela in altra sede.
Il rapporto con il Presidente della Giunta è stato impostato in termini di interrogatorio, mentre lo Statuto prevede che rispetto alla comunicazione i Gruppi esprimano la loro posizione. Questo il nostro Gruppo non ha potuto fare perché non aveva domande da rivolgere al Presidente.
Noi siamo contrari all'iscrizione all'o.d.g. di questi documenti.
Siamo contro perché mancano anche le condizioni di legittimità della Giunta e mancano i presupposti oggettivi rispetto ai quali pronunciarsi, però io mi chiedo se non ci rendiamo conto del significato politico, culturale drammatico che ha questa giornata; questa giornata va al di là della polemica tra Pezzana e Pirella, tra la difesa del Partito comunista di un sistema, il pentitismo improvviso di qualche personaggio e l'adesione globale della Democrazia Cristiana in quest'aula a un atteggiamento rispetto al quale in passato ha visto soltanto presenti alcune componenti.
La verità è che un problema che fino a ieri, intendo dire fino al mancato rinnovo dell'incarico al prof. Pirella, sembrava dovesse essere oggetto di dibattito, di riflessione e di analisi, sta diventando un fatto compiuto. E allora, in termini intellettuali, riteniamo che questo processo non possa essere consentito.
Il dibattito non si fa in quest'aula, ma nella società. In questo momento ci sono centinaia, migliaia di famiglie, di persone convinte che se non è stata fatta chiarezza, c'è stata una svolta, non nella politica con la "P" maiuscola, ma nelle loro realtà di infelicità quotidiana! E sono nate delle iniziative o delle disperazioni rispetto al versante nel quale si collocano rispetto a questi problemi.
Tale questione ci disturba come Gruppo e, consentitemi, anche come uomini. Non si possono lasciare migliaia di persone, di famiglie nell'incertezza rispetto a un problema che sarà sempre incerto, quello della salute mentale, che non ha certezze perché cerca di andare ad esaminare ed esplorare quanto di più misterioso drammatico e prezioso esiste, cioè il cervello umano.
Non si possono lasciare migliaia di famiglie nell'incertezza per alcuni mesi su quale sarà il corso della loro vita, del loro destino, dei loro drammi: questo è il dramma, consentitemi. Questo comporta una svolta politica, perché in due mesi, rispetto a questo orientamento che abbiamo dato l'impressione di far crescere, la realtà si muoverà e probabilmente andrà ben al di là e al di fuori degli argomenti che questo Consiglio e la Giunta dovevano porre in termini propri su questi tavoli.
Se stavano maturando le concezioni per il provvedimento che è stato preso, perché non si sono trovati i tempi per venire in Consiglio a confrontarsi con i documenti di quattro Gruppi di maggioranza e di uno di opposizione? Se stavano maturando le condizioni culturali e politiche i tempi si dovevano trovare! Al di là degli impedimenti di un Assessore, ma anche al di là degli impedimenti di un Consigliere (Pezzana) che ha molto tempo fuori - e lo utilizza molto bene - e ne ha poco in Consiglio, pur utilizzandolo altrettanto bene.
Noi siamo contrari all'iscrizione di questo argomento all'o.d.g.
perché riteniamo che non ci siano le condizioni strutturali di legittimazione della Giunta: manca la presenza dell'Assessore, mancano atti rispetto ai quali si possa richiedere un dibattito di tipo politico. Sono state dette molte cose, ci sono stati strani stravolgimenti di posizione sono state assunte decisioni di tipo sudamericano, come qualcuno ha detto non conosciamo nemmeno la strada senza ritorno indicata dal Partito socialista, visto che non è ancora stata intrapresa, quindi chiediamo che prima delle ferie la Giunta si esprima sul senso politico del mancato rinnovo al prof. Pirella.
Se questa decisione è avvenuta all'interno di un ragionamento complessivo, riteniamo che la Giunta abbia fatto bene ad assumerla; come forza di maggioranza non dubitiamo che la Giunta l'abbia svolto e l'Assessore l'abbia preparato, quindi siamo convinti che il provvedimento assunto vada mantenuto perché sicuramente fa parte di una scelta ben precisa. Questa scelta, sia pure in termini minimali ma di chiarezza deve essere portata alla pubblica opinione.
Fermo restando il dibattito a settembre, su cui siamo tutti d'accordo a nostro giudizio tale dibattito (l'ha detto giustamente qualcuno) è stato pensato nel confronto di due posizioni che in quel momento erano ancora in qualche misura impregiudicate; tre ore dopo queste posizioni sono state stravolte da atteggiamenti che noi continuiamo a considerare di governo.
Quindi sicuramente ci sarà il dibattito a settembre, però se la Giunta non interviene nel merito dando senso politico al provvedimento Pirella l'interpretazione la darà la società! Allora andranno avanti soluzioni che verranno considerate giuste e legittime, e magari non lo sono.
Fino a ieri ero tra quelli che pensavano fosse giusto il ragionamento secondo il quale si dovesse superare il coordinatore in vista di un gruppo di coordinamento. Nelle ultime 24 ore, sulla base di alcuni ragionamenti fatti con un illustre esponente di questa categoria, mi sono invece convinto che fare il comitato di coordinamento significherebbe semplicemente, in un'opposizione, svilire l'una o l'altra delle tesi facendo come al solito compromessi di basso profilo.
Quindi la materia, Presidente della Giunta e Presidente del Consiglio considerati i termini drammatici in cui è stato posto questo problema e la realtà drammatica rispetto alla quale si colloca tale decisione, per la responsabilità che abbiamo come Consiglio, richiede a questo punto un momento di informazione del senso politico dell'intervento sul prof.
Pirella.
In difetto di questo, il nostro Gruppo continuerebbe a vivere la vicenda con estremo disagio. Riteniamo peraltro che l'argomento non possa essere iscritto oggi all'o.d.g. perché mancano le condizioni di informazione politica che competono all'Assessore e anche gli atti di pronunciamento politico che sono il presupposto rispetto al quale ci si pu confrontare in positivo e in negativo.



PRESIDENTE

Chi è favorevole all'iscrizione del primo ordine del giorno è pregato di alzare la mano.



BONTEMPI Rinaldo

Eh no, signor Presidente, qui bisogna andare al dibattito! Il collega Marchini lo ha introdotto; questa è una sede in cui si discute, non dove si sta con le orecchie chiuse! Se voi ritenete di stare muti, fatelo pure: noi no!



PRESIDENTE

Cerchiamo di rispettare la norma del Regolamento. All'illustrazione svolta dal Consigliere Bontempi seguono gli interventi di due oratori, uno a favore ed uno contro; successivamente si deve procedere alla votazione per alzata di mano.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, chiedo la parola per porre una questione procedurale.
Se si conviene di affrontare il dibattito il 28, dato che c'è stata una forza di maggioranza che ha anche detto questo, è opportuno portare al voto i due ordini del giorno?



PRESIDENTE

Gli ordini del giorno dovrebbero essere ritirati, altrimenti sono costretto a chiederne l'iscrizione.



BONTEMPI Rinaldo

Posso anche ritirarli se mi si dice che il 28 si affronta il dibattito: li riproporrò in quella sede.



PRESIDENTE

In questa fase procedurale sono ammessi soltanto due interventi, uno a favore ed uno contro. Il Regolamento non prevede altre possibilità.



BONTEMPI Rinaldo

Se però una forza politica esprime un approdo che non era presente prima tra la maggioranza, ho il diritto di sapere come va a finire.



PRESIDENTE

Il Presidente del Consiglio ha l'obbligo di procedere alla votazione le valutazioni spettano ad altri.
Chi è favorevole all'iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno n. 534 che chiede di sospendere il procedimento nei confronti del prof. Pirella, è pregato di alzare la mano.
E' respinta con 17 voti favorevoli, 27 contrari e 1 astensione.
L'ordine del giorno dunque non è iscritto, ma resta agli atti e potrà essere ripresentato successivamente.
Nella Conferenza dei Presidenti dei Gruppi di domani potrà essere ripreso in considerazione.


Argomento: Psichiatria

Iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno n. 535 inerente a "Sfiducia nei confronti dell'Assesore Macari per la revoca dell'incarico al prof. Pirella, responsabile dei Servizi psichiatrici della Regione"


PRESIDENTE

Passiamo all'iscrizione dell'ordine del giorno n. 535, che pone la manifesta sfiducia nei confronti dell'Assessore Maccari. Ripeto: possono intervenire soltanto due oratori, uno a favore e uno contro; naturalmente i proponenti non hanno tale facoltà perché è implicito che sono a favore.
Ha chiesto la parola il Consigliere Pezzana che interverrà a favore.



PEZZANA Angelo

Sarebbe opportuno mettere in votazione il secondo ordine del giorno perché risponderebbe a molte delle domande che da questa parte dell'emiciclo sono state poste al Presidente Beltrami. Dare sfiducia all'Assessore, secondo me, sarebbe una risposta politica, e lo sarebbe altrettanto non darla.
L'aula dovrebbe esprimersi su questo caso, perché la chiarezza richiesta con questa votazione verrebbe data inequivocabilmente. Quindi secondo me, anche il Gruppo socialista avrebbe interesse a votare questo ordine del giorno, così come i Gruppi di maggioranza e quelli di opposizione che l'hanno proposto.



(Commenti dai banchi di sinistra)



PEZZANA Angelo

Scusate, mi rendo conto che a volte quando parlo ci sono delle reazioni inconsulte, ma credo di parlare chiaro: nessuno mi ha mai chiesto di chiarire quanto ho detto. Potrà piacere o meno, comunque credo di parlar chiaro e qualcuno mi capisce.
Forse c'è ancora un giornalista che non mi capisce, perché scrive il contrario di quello che dico. Per la prima volta nella mia vita ho querelato una persona, un giornalista, Paolo Griseri, che scrive su "il Manifesto"; infatti il suo giornale non pubblica le smentite nemmeno con la richiesta dell'art. 8 della legge sulla stampa pubblica. A questo punto vedremo in tribunale se la Izvestia romana risponderà di quello che pubblica.



REBURDO Giuseppe

Gli hai chiesto due miliardi!



PEZZANA Angelo

Sì, da devolversi alle cooperative di sostegno cattoliche, a quelle che suppliscono alla mancanza del pubblico, ad esempio la "Bartolomeo &C." nello specifico sono 200 milioni che dovrà sborsare "il Manifesto", essendo Griseri il direttore responsabile.
Chiedo che questo ordine del giorno venga votato: sarebbe un atto di cortesia verso i signori firmatari e rappresenterebbe una presa di posizione molto chiara da parte del Consiglio. Evitare questa votazione credo scontenterebbe gli uni e gli altri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Malgrado la proposta certamente stimolante di Pezzana, la nostra è di respingere l'iscrizione. In primo luogo perché questo ordine del giorno era stato impostato come elemento conseguente al primo, per stessa ammissione dei presentatori, e non discutendo del primo non ha senso discutere del secondo.
C'è poi un altro aspetto: la discussione di un ordine del giorno come questo sarebbe il modo surrettizio di entrare nell'argomento dopo che ripetutamente i Capigruppo e il Consiglio si sono espressi sull'opportunità di non entrare nell'argomento medesimo.
Mi pare quindi non si ponga assolutamente la necessità di andare ad esprimersi su questo ordine del giorno, anche se è chiaro che la nostra espressione nel merito sarebbe scontata. Riteniamo quindi di dover respingere l'iscrizione all'o.d.g.
Poiché siamo stati chiamati in causa, debbo anche dire che il Gruppo della DC, come il nostro partito, discute molto al proprio interno, ma quando assume delle posizioni esse sono sempre chiare ed unitarie e chi le assume ha il sostegno dell'intero Gruppo. Abbiamo tenuto ripetutamente questo atteggiamento in quest'aula, quindi non deve stupire alcuno se noi come in altre occasioni, ci comportiamo compattamente. Chi ci ha rappresentato e ha preso determinate posizioni lo ha quindi fatto con il sostegno ed il supporto di tutto il partito.
Nel respingere questa richiesta, credo di farmi carico della posizione della maggioranza, quindi non voglio portare oltre posizioni individuali.
Ritengo che la maggioranza sia nelle condizioni e nel dovere di respingere quest'ordine del giorno, il quale nella sostanza, a nostro avviso, è provocatorio e indirizzato soltanto ad aprire su questo tema una discussione che invece, come si è ripetutamente detto, non è proponibile perché sull'argomento complessivo il dibattito è rinviato al mese di settembre, e per noi rimane valida quella data.



PRESIDENTE

Procediamo alla votazione.
Chi è favorevole all'iscrizione è pregato di alzare la mano.
E' respinta con 18 voti favorevoli e 30 contrari.


Argomento: Industria (anche piccola e media)

(Sull'ordine dei lavori: Richiesta di una comunicazione sulla siderurgia)


PRESIDENTE

Potremmo passare all'esame del progetto di legge n. 315 di cui al punto 4) all'o.d.g.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, chiedo la parola.



PRESIDENTE

Per quale motivo?



MONTEFALCHESI Corrado

Chiedo una comunicazione al Presidente della Giunta.



PRESIDENTE

Non è possibile: abbiamo appena esaurito una comunicazione della Giunta ed ora dobbiamo passare all'esame degli altri punti all'o.d.g.



MONTEFALCHESI Corrado

Chiedo che il Presidente della Giunta rispetti gli impegni che si è assunto.



PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta ha svolto una comunicazione, che ora si è conclusa. Questo è un parlamento e in questo momento non è introducibile nessun altro atto.



MONTEFALCHESI Corrado

Il Presidente si era impegnato a svolgere una comunicazione sulla siderurgia.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Chiedo di farlo alla fine dei lavori.



PRESIDENTE

Non posso estrapolare dalle comunicazioni: valuteremo il da farsi nel corso della seduta.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, ci sono anche dei diritti e dei doveri.



PRESIDENTE

Io dico semplicemente che si è esaurita la comunicazione della Giunta se il Presidente della Giunta avesse ritenuto di farne un'altra, l'avrebbe fatta. Il Presidente non ritiene in questo momento di fare una comunicazione; ha già detto che la farà alla fine dei lavori, quindi per adesso questo punto è esaurito.



BONTEMPI Rinaldo

Questa mattina si sono perse tre ore e io le chiedo di tutelare i diritti dei Consiglieri, e in questo caso del Consigliere Montefalchesi.



(Proteste dai banchi della maggioranza per l'ulteriore perdita di tempo nello svolgimento dei lavori)



PRESIDENTE

Si è esaurita la comunicazione della Giunta.
Ripeto, il Presidente della Giunta ritiene, proprio aderendo alla richiesta del collega Montefalchesi, di svolgere questa comunicazione alla fine dei lavori.
Signori Consiglieri, sospendo brevemente la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 16,50 riprende alle ore 17)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Il Consigliere Montefalchesi chiede la parola. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, la settimana scorsa, sulla base dell'esito della votazione dell'ordine del giorno sulla siderurgia, con il quale si dava mandato alla Giunta di richiedere un incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri, il sottoscritto aveva chiesto alla Giunta di svolgere, nella giornata di oggi, una comunicazione in ordine a questo incontro.
Chiedo al Presidente della Giunta, ai sensi dell'art. 47 del Regolamento, che prevede che le comunicazioni vengano svolte all'inizio della seduta, se ha intenzione o meno di fare questa comunicazione.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Senza voler sollevare incidenti, ho già detto prima che sono disponibile a fare questa dichiarazione alla fine della seduta, avendo impegnato nell'area delle comunicazioni buona parte della giornata.
Chi governa ha anche il titolo, come ha l'opposizione, di avere delle aspirazioni. La nostra aspirazione è che qualche provvedimento possa essere licenziato oggi.



BONTEMPI Rinaldo

Mi scusi, signor Presidente, anche noi siamo in aula e vi siamo rimasti, nonostante la profonda delusione sul fatto che il confronto da noi chiesto si sia svolto solo per metà o anche meno; volevo solo essere informato sui tempi previsti per il lavoro.
Non riteniamo di dover fare favori a nessuno lasciandovi fare le leggi da soli; a questo punto vorremmo partecipare appieno alla discussione sulla legge, senza andare oltre i limiti del possibile. Questa mattina, con una comunicazione rapida e chiara, forse si sarebbe potuto chiudere tutto.



PRESIDENTE

Non spetta a me decidere l'orario di chiusura della seduta, ma ai Capigruppo.
La giornata di oggi ha assorbito argomenti di grande importanza; non so quanto possa durare la discussione su una legge. C'è però un impegno dei Capigruppo ad esaminare due o tre leggi; se i Capigruppo mantengono questo indirizzo, la seduta avrà termine alle 19,30, se non lo mantengono, me lo dicano.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame progetto di legge n. 315: "Utilizzo del fondo per le opere di urbanizzazione finalizzato ad interventi regionali concernenti le chiese e gli altri edifici religiosi"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 315, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Nerviani, che ha pertanto facoltà di intervenire.



NERVIANI Enrico, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ci accingiamo a discutere una proposta di legge rimasta a lungo in Commissione; avremmo già dovuto affrontare il dibattito la volta scorsa, tuttavia la richiesta di alcuni Gruppi ha consigliato il rinvio (invito accolto dai proponenti) e finalmente oggi arriva in Consiglio.
Credo vi sia la volontà di tutti a completare l'iter di questa legge annettendo al provvedimento significato e rilevanza tali da rispondere agli impegni formalmente assunti da questo Consiglio negli anni scorsi esattamente nel 1984, data di modifica della legge n. 56.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la sempre più precisa definizione delle norme urbanistiche impone, nelle previsioni di modifica e di sviluppo delle città, la preventiva dettagliata considerazione di tutti gli elementi ritenuti fondamentali per rispondere in modo organico e completo ad ogni esigenza urbanistica delle nostre comunità.
Alcune di queste esigenze hanno avuto inevitabile e prioritaria attenzione, riferendosi obbligatoriamente ad interessi generalizzati ed omogenei (scuole, per esempio). Altre hanno avuto risposte diverse in termini di attenzione e di iniziativa in conseguenza della loro forte specificità e perché espresse da un numero di cittadini presuntamente più ridotto.
La presente legge vuole porre le premesse per evitare questa disparità di attenzione che più di una volta è stata rilevata in fase di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici generali e vuole parimenti dare applicazione, almeno in termini di indirizzi obbliganti per i Comuni, allo spirito e alla lettera della legge regionale n. 56/77, art. 51, lettera m) che ha incluso gli edifici per il culto fra le opere di urbanizzazione secondaria cui i Comuni debbono destinare contributi derivanti dagli oneri di urbanizzazione.
Un impegno in questo senso ha fondamento profondo e motivazioni radicate. Già con la legge n. 2522 del 18/12/1952 e con la successiva legge n. 168 del 18/4/1962 lo Stato aveva deciso di concorrere con norme e finanziamenti adeguati alla ricostruzione di nuove chiese. Entrambi i menzionati provvedimenti legislativi erano finalizzati al riconoscimento di un diritto fondamentale del cittadino che, nella fase di decollo della prima ricostruzione e della successiva rapida espansione delle città voleva garantita, insieme alle altre urbanizzazioni, la presenza di adeguate strutture religiose.
E' d'altronde ancora vigente nell'ordinamento positivo italiano il testo unico della legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383, che all'art. 91, lettera i), enumera fra le spese obbligatorie per i Comuni anche quelle dirette alla "conservazione degli edifici serventi il culto pubblico", nel caso di insufficienza di altri mezzi per provvedervi.
E' di qualche rilievo pure osservare, per quanto sia più rilevante l'efficacia e il significato legislativo di questo provvedimento, che con circolare del Ministero dei Lavori Pubblici, Direzione Generale dell'Urbanistica, protocollo n. 3210 in data 28 ottobre 1967, contenente istruzioni per l'applicazione della legge 6/8/1967, n. 765, recante modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17/8/1942 n. 1150 alla parte terza, punto sesto, lettera b), comma sesto: "Le chiese vengono incluse tra le opere di urbanizzazione secondaria, indispensabile alla vita dei quartieri e poste al loro diretto servizio". La parte quarta della stessa circolare poi al punto 12), comma quinto, nel regolamentare la nuova normativa in materia di autorizzazioni comunali rilasciate in deroga alle norme di regolamento edilizio e di attuazione di piani regolatori, include le chiese fra gli edifici e impianti pubblici in quanto appartenenti ad enti pubblici e destinati a finalità di carattere pubblico e che possono perciò beneficiare della deroga di cui all'art. 16 della legge n. 765/1967.
Tali interpretazioni ed indirizzi sono stati quindi riconfermati con la dizione di "chiese e ed altri edifici per servizi religiosi" con la legge 22/10/1971, n. 865 (art. 44) che recepisce e precisa l'art. 4 della legge 29/9/1964, n. 847.
Pur volendo fermamente evitare con questa legge alcun riferimento pregiudizialmente privilegiato per gli edifici destinati al culto della religione cattolica, e volendo quindi comprendere naturalmente quelli di qualunque confessione religiosa di cui i rapporti con lo Stato siano disciplinati ai sensi dell'art. 8, terzo comma, della Costituzione e che abbiano una presenza organizzata nell'ambito dei Comuni, va in ogni caso ricordato, per la completezza delle argomentazioni fondate sulla legislazione esistente, che con l'art. 53 del nuovo Concordato fra lo Stato Italiano e la Chiesa cattolica per la disciplina della materia degli enti e dei beni ecclesiastici (legge 20/5/1985, n. 206 e legge n. 222/85 - art.
53) è stato stabilito che "gli impegni finanziari per la costruzione di edifici di culto cattolico e delle pertinenti opere parrocchiali sono determinati dalle competenti autorità civili secondo le disposizioni delle leggi 22/10/1971, n. 865 e 28/1/1977 n. 10 e successive modificazioni".
Di questo complessivo ed univoco indirizzo legislativo si è fatta carico la Regione Piemonte che con l'art. 51 della legge n. 56/77 dispose che "i Comuni in via provvisoria potessero determinare l'uso delle somme relative a opere di urbanizzazione secondaria che facessero carico a soggetti diversi dal Comune con deliberazione del Consiglio comunale assunta sulla base delle proposte formulate dai soggetti interessati".
Delle menzionate facevano e fanno parte gli edifici di culto, cui questa proposta di legge specificamente si riferisce.
Si rende ora necessario colmare tale vuoto legislativo o almeno tale indefinitezza e precarietà legislative, andando nel senso auspicato del sostegno di una oculata realizzazione e adeguamento dell'edilizia di culto e di iniziative dei Comuni per la disciplina urbanistica dei servizi religiosi a norma delle leggi vigenti sopra già richiamate.
L'esigenza di una risposta così indirizzata è ampiamente diffusa e altre Regioni (per certo il Veneto e la Liguria e, credo di non sbagliare anche se non forse con provvedimento legislativo Emilia Romagna e Toscana) peraltro questo è anche detto nei verbali del Consiglio di quattro anni fa - hanno già, seppur diversamente, legiferato nella materia. La più recente e forse la più articolata legge relativa alla destinazione di oneri di urbanizzazione secondaria per la disciplina urbanistica dei servizi religiosi, è probabilmente quella della Regione Veneto. Essa prevede che i Comuni destinino annualmente ai servizi religiosi l'8% degli oneri di urbanizzazione secondaria e prevede anche un intervento diretto della Regione per la realizzazione di interventi di restauro e manutenzione di edifici di particolare valore artistico. All'accantonamento della quota dell'8% era pure orientata la presente proposta di legge nella sua stesura originaria. Il dibattito avvenuto in II Commissione ha tuttavia suggerito una soluzione diversa che evitasse ogni impressione di interferenza nelle scelte di bilancio di ciascun Comune e che costituisse espressione di impegno a trovare il consenso più ampio e convinto fra le forze politiche.
I Comuni avranno dunque solo l'obbligo di indicare al momento dell'approvazione del bilancio la quota degli oneri che autonomamente decideranno di destinare ai servizi religiosi sulla base delle richieste che verranno avanzate dai responsabili delle diverse confessioni religiose.
La presente proposta di legge recupera anche l'impegno di altre leggi già citate a difendere direttamente da parte della Regione edifici destinati a servizi religiosi che siano di interesse storico, artistico monumentale, mediante contributi alle confessioni religiose che ne facciano domanda; prevede pure la possibilità di un intervento della Regione fino ad un massimo del 30% della spesa prevista, per gli interventi che non abbiano caratteristiche obbligatorie degli edifici appena sopra richiamati, prevedendosi, soprattutto nei piccoli Comuni, l'obiettiva impossibilità di disporre di somme derivanti dagli oneri di urbanizzazione di qualche significativa rilevanza.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con la presente proposta di legge si ritiene di dare una più globale, definitiva e doverosa risposta ad una reale, diffusa e primaria esigenza dei cittadini, presente da tempo in tutto il territorio regionale e soprattutto di rispondere adeguatamente ai problemi legati alla costruzione di chiese in zone di nuova espansione e all'opportuna manutenzione di chiese già esistenti.
Al tempo stesso si intende anche dare una idonea, sia pur parziale soluzione anche al problema del ripristino e del restauro di un vasto patrimonio di edilizia di culto, non sufficientemente rinnovato e ristrutturato a causa delle scarse risorse fino ad ora destinate. La maggioranza di questi edifici costituisce un enorme patrimonio di notevole interesse artistico e storico diffuso su tutto il territorio piemontese: salvare o contribuire a salvare questo patrimonio è un fatto culturale rilevante ed un compito che spetta non solo alla comunità religiosa, ma all'intera comunità civile.
Si tratta insomma, fra l'altro, di salvaguardare un patrimonio che appartiene non solo ai convincimenti prettamente religiosi di singole comunità, ma alla loro storia.
In conclusione, signor Presidente, desidero manifestare il più vivo ringraziamento ai colleghi che hanno lavorato su questa legge in Commissione. Se i colleghi del Consiglio regionale consentono, devo rivolgere a lei in particolare, signor Presidente, il ringraziamento per avere contribuito alla prima stesura della legge; tale versione si è in seguito fusa con quella di iniziativa del Gruppo cui appartengo, a cui si sono aggiunte le modificazioni imposte dalle condizioni politiche e dai contributi che ciascuno ha ritenuto di fornire.
Credo - e questo lo dico con assoluta tranquillità di spirito che sia stato fatto un notevole sforzo per rispettare le convinzioni, e anche le impostazioni culturali in parte, per il vero superate, ma che tuttavia esistono nella storia personale dei nostri Gruppi e dei singoli Consiglieri.
Mi auguro che lo sforzo veramente rilevante che è stato compiuto trovi risposta in un dibattito non segnato da atteggiamenti pregiudiziali e che porti all'approvazione di questa legge con un ampio consenso.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Nerviani è aperto il dibattito.
Ha chiesto la parola il Consigliere Biazzi. Ne ha facoltà.



BIAZZI Guido

Signor Presidente, l'argomento oggetto di questa legge è indubbiamente molto delicato e ci porta o potrebbe portarci a confrontarci quasi inevitabilmente su problemi di grande rilevanza come il rapporto tra autorità civile e confessioni religiose (tra cui la più importante è quella cattolica), che probabilmente travalicano le stesse competenze regionali.
La legge dunque è solo apparentemente una "leggina" limitata, perché come cercavo di dire prima può coinvolgere questioni di principio di grande rilievo, ed è facile quindi scivolare sul terreno dello scontro sui principi.
Il confronto in Commissione si è svolto invece in modo del tutto sereno. Nessuno si è irrigidito su posizioni ideologiche e di principio come dimostrano tra l'altro (lo vogliamo sottolineare) le modifiche proposte dagli stessi presentatori della legge. Va però ricordato un dato oggettivo del confronto in Commissione: la discussione è stata molto parziale e non si è sviluppata sui nodi di fondo.
Uno dei motivi per cui la Commissione ha licenziato la legge (approfondirò dopo questo argomento) è perché sperava di avere un confronto molto più ampio nella sede consiliare; non mi pare finora che questo si possa delineare.
In Commissione qualche volta si è avuta l'impressione che, al di là delle intenzioni, permanessero diffidenze di fondo, quasi delle riserve mentali da parte di alcuni commissari, anche se è difficile stabilire su che cosa e per che cosa. Di fatto, la proposta fu licenziata anche per uscire da una sorta di empasse in cui ci eravamo trovati e perché tutti avvertivano l'esigenza di avviare il confronto in una sede più ampia, più ricca di competenze, di esperienze e di sensibilità qual è appunto il Consiglio regionale.
Va anche ricordato che, purtroppo, le consultazioni molto limitate indette dalla Commissione non portarono a nessun risultato concreto. Noi convocammo le organizzazioni rappresentative degli enti locali, ma nessuno (ed è un costume che va avanti da qualche tempo) si presentò ad interloquire su una proposta di legge che tocca direttamente le competenze degli enti locali. Il dibattito in Commissione ha quindi risentito della difficoltà di avere un confronto ampio e adeguato e spinto il Consiglio regionale a svolgere un ruolo attivo e notevole su questo progetto di legge in particolare.
Si può dire che mai una proposta fu così aperta. Il Consigliere Nerviani ricordava il ruolo iniziale svolto dal Presidente Viglione con la sua proposta di legge, e ricordo che fu proprio il Presidente Viglione a suggerire di aprire un confronto in una sede più ampia e più adeguata. In Commissione non si delinearono nemmeno maggioranze o minoranze precostituite su questo progetto e la Giunta si dichiarò agnostica rimettendosi alle decisioni dei Gruppi.
Noi abbiamo elaborato una nostra posizione. Mi limito a ricordare che la legislazione urbanistica italiana - è da queste considerazioni che partiamo - fino all'entrata in vigore della legge n. 10 mancava di strumenti che consentissero di razionalizzare lo sviluppo urbano attraverso le previsioni di fasi attuative degli strumenti urbanistici. La legge n.
1150/42 aveva tanti pregi, ma era concepita sulla base di uno sviluppo urbano graduale e contenuto, ponendo indubbiamente grossi problemi ai Comuni per l'attuazione della strumentazione urbanistica.
Le grandi trasformazioni del dopoguerra e la crescita squilibrata e caotica delle nostre città, che si sviluppavano in ogni deviazione possibile, costrinsero gli enti locali ad inseguire iniziative private su tutto il territorio comunale, sostenendo spese enormi per la formazione di strutture civili e per garantire almeno livelli minimi di servizi. Tra l'altro, allo scopo di eliminare queste distorsioni e coordinare la pianificazione e l'urbanizzazione del territorio con una politica di pianificazione degli interventi pubblici e privati, la legge n. 10/77 introdusse la concessione onerosa e, in parallelo, il programma pluriennale di attuazione. Si stabilì che ogni attività comportante trasformazioni urbanistico-edilizie del territorio dovesse partecipare agli oneri ad essa relativi.
Queste è una delle grandi innovazioni rispetto alla legge n. 1150 modificata poi dalla legge n. 765, mentre in precedenza gli oneri di urbanizzazione erano istituzionalmente a carico del Comune, per cui il privato poteva essere chiamato solo in via suppletoria.
L'altra innovazione, cioè il PPA, ha colmato una grossa lacuna e si è inserita nella serie di provvedimenti che già tendevano ad adeguare la legge n. 1150 alle nuove esigenze (la legge n. 765 prima, dopo il crollo di Agrigento; un anno più tardi la legge n. 865/71 sulla casa).
Con l'onerosità della concessione (risorse per le casse comunali) e con il programma di attuazione, uno strumento che deve essere concreto, si pu attuare, attraverso queste due strade - così era l'impostazione originale il coordinamento fra iniziativa privata e capacità di spesa e finanziamento del Comune. Si vuole cioè, a nostro modo di vedere, riportare le scelte e le previsioni urbanistiche all'interno di un unico processo di programmazione, non astratto, ma guidato dal Comune. In parallelo, poi andranno avanti altri provvedimenti che riguardano persino la contabilità dello Stato, delle Regioni e dei Comuni con i programmi pluriennali di intervento. E questo rimane comunque ancora il quadro normativo in materia, pur con innovazioni che possono essere chiamate "scardinamenti" profondi e dirompenti di questo sistema, come quelli prodotti dalle sentenze della Corte Costituzionale che tutti noi conosciamo.
Si pensi, ad esempio, al fatto che gli introiti per gli oneri di urbanizzazione sono destinati ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché all'acquisizione di aree per l'attuazione del PPA.
L'onere per l'acquisizione delle aree si è moltiplicato in modo tale da assorbire tutti i proventi degli oneri di urbanizzazione (e spesso, credo non bastano nemmeno: abbiamo i casi della cintura torinese, ma non solo di questa). In parallelo - volevo accertarlo - mi pare che l'entità degli oneri di urbanizzazione non sia stata adeguata agli aumenti naturali dei costi. Questo a noi sembra il quadro in cui va collocato qualsiasi intervento in materia di utilizzo degli oneri di urbanizzazione.
Ho riassunto in modo molto succinto quelli che sono gli elementi di fondo. E' in questo quadro che deve essere collocata anche la modifica o le due modifiche apportate nel 1984 alla legge urbanistica regionale.
Non concordo con quanto diceva il relatore Nerviani sul fatto che l'espressione del Consiglio regionale sia stata univoca e chiara nel riconoscere, per alcuni soggetti, il diritto di attingere ai fondi per le opere di urbanizzazione secondaria.
La mia impressione - e trova conferma anche negli atti del Consiglio regionale - è che in effetti la questione non fu per niente chiarita e non ci fu una presa di posizione da parte del Consiglio regionale.
Si partì da un emendamento presentato allora dai colleghi Sartoris Picco, Genovese e Brizio che proponeva un vincolo preciso sulla destinazione di questi fondi. Si chiese una sospensione e, alla ripresa dei lavori, intervenne per la maggioranza il collega Cerutti, il quale dichiarò che era stato concordato un emendamento al primo comma, per cui alle parole "i Comuni in via provvisoria determinano", si sostituirono le parole "possono determinare".
Il Consigliere aggiunse - leggo testualmente - "Non deve essere una riserva obbligatoria per una serie di problemi. Sicuramente i Comuni che hanno già chiese e strutture di questa natura non andranno ad aggiungere oneri di urbanizzazione per la costruzione di altre chiese, pertanto non ci sarà un successivo riparto". Questo per ricordare come la volontà del Consiglio regionale non sia stata univoca e, forse, nemmeno del tutto chiara.
Il Consigliere Sartoris rispose: "Esprimiamo il nostro compiacimento per il fatto che viene accettato questo emendamento. Nel momento in cui si opererà sulle tabelle parametriche, cioè le tabelle che sono parte integrante della deliberazione della Giunta regionale che credo risalga al 1977, si dovranno ricordare anche questi aspetti che l'emendamento sollecita".
Poi chiese di intervenire il Consigliere Rivalta, che concluse dicendo: "La nostra accettazione richiederà un'ampia discussione e coinvolgerà anche i cattolici credenti. Rimandiamo la discussione ad una fissazione dei criteri e vi chiediamo un apporto di merito che sia, sotto questo profilo rispettoso delle esigenze generali della società".
L'emendamento approvato era articolato in due parti. Il primo comma era stato integrato con la dicitura "destinazione degli oneri di urbanizzazione", mentre l'elemento sostanziale, oggetto della proposta di legge, mi pare fosse questo: "Con apposito atto, il Consiglio regionale definisce i criteri di utilizzazione delle somme relative ad opere di urbanizzazione secondaria che facciano carico a soggetti diversi dal Comune. Fino all'entrata in vigore di tale atto i Comuni, in via provvisoria, possono determinare l'uso delle somme medesime". Si fu dunque rispettosi, anche in una fase iniziale, delle decisioni dei Comuni respingendo l'allora proposta della DC di vincolare in ogni caso i Comuni nelle decisioni sugli oneri di urbanizzazione.
Si lasciava loro piena facoltà - credo che nessuno possa metterlo in discussione - e si rinviava il tutto alla definizione di criteri di utilizzazione delle somme che dovevano riguardare tutti i soggetti interessati alle opere di urbanizzazione secondaria. Non ci si limitava nemmeno ad una parte di quei soggetti, ma i criteri erano rivolti a tutti i soggetti interessati alle opere di urbanizzazione secondaria: edifici per il culto, scuole pubbliche e non pubbliche, uffici pubblici (ad esempio le Poste e le Telecomunicazioni), impianti sportivi pubblici e privati; in sostanza, un'ampia pluralità di soggetti.
Questo per ricordare che il problema è stato posto. Alcune Regioni hanno dato una risposta di carattere positivo a queste esigenze, ma altre credo non abbiano nemmeno legiferato in materia.
Il problema è sicuramente sul tappeto; non esiste una decisione univoca da parte del Consiglio regionale che rinvii ad un atto successivo l'indicazione dei soggetti che possono realizzare opere di urbanizzazione secondaria, rispettando (questo sì, ci fu una manifestazione precisa di volontà da parte del Consiglio regionale) e salvaguardando, con una votazione precisa sul "possono" e non sul "devono", la volontà del Consiglio comunale di decidere in questa materia.
C'erano molte perplessità anche allora che hanno portato a questa serie di interventi. Io ne ho una in particolare: in nessuna norma di legge statale trovo la convalida dell'esistenza di un diritto soggettivo da parte di qualsiasi ente o persona nel nostro territorio che possa consentire l'utilizzo anche parziale dei fondi di urbanizzazione secondaria.
L'indicazione della legge n. 865, o di altre leggi in materia, è sempre stata utilizzata come uno degli elementi di formazione dei parametri per poter determinare gli oneri di urbanizzazione secondaria. Era ben presente a tutti che, trattando di questa materia, si devono affrontare questioni di principio di non poco rilievo, quali l'autonomia di decisione dei Comuni e la facoltà dei soggetti esterni al Comune di chiedere la destinazione di alcune entrate o di incidere sulle scelte del Comune stesso. Sarebbe stata la prima volta che la Regione avrebbe dettato ai Comuni criteri in materia.
Partendo da queste considerazioni, altri colleghi di Gruppo interverranno.
Abbiamo presentato alcuni emendamenti con il proposito di indicare un percorso. In sostanza, proponiamo lo stralcio della parte riguardante gli obblighi imposti ai Comuni sulla destinazione degli oneri di urbanizzazione, perché pensiamo che l'autonomia dei Comuni in questo caso debba essere salvaguardata in toto.
Personalmente penso che un'imposizione potrebbe non essere del tutto legittima, anche se altre Regioni hanno legiferato in questo senso.
Un'imposizione potrebbe dar luogo ad un contenzioso non di poco conto; non ho fatto in tempo ad accertare fino in fondo che cosa è successo, ma si tratterà di verificarlo successivamente. Mi sembra che penda perfino un ricorso presso la Corte Costituzionale avverso la legge della Liguria indetto o promosso, mi pare, dalla Comunità israelitica della Liguria. E' un'informazione che ho avuto e non è manifestamente infondata.
Non ho potuto esaminare attentamente la questione, per cui ritengo più opportuno stralciare tutta la parte riguardante imposizioni ai Comuni in modo autoritativo, per questioni di metodo, di merito e anche di carattere giuridico. Basti pensare alle carenze di risorse che i Comuni hanno in questo momento o alla modifica sostanziale verificatasi nel quadro normativo, per esempio a seguito della mancata definizione della legge sul regime dei suoli.
Pensiamo, però, sia opportuno precisare meglio la regolamentazione già presente nella legge n. 56, in merito alla riserva di aree per nuovi edifici per il culto, con l'indicazione di impegni semplici e precisi che i Comuni devono adempiere. Perché riteniamo questo, non in contrasto con quanto abbiamo appena affermato? Perché senza la disponibilità delle aree evidentemente, non si possono costruire gli edifici per il culto e per la destinazione delle aree, il cui monopolio è in mano all'autorità comunale.
Di fronte a richieste precise da parte delle confessioni religiose riteniamo che occorra garantire la disponibilità di aree all'interno dei piani regolatori. Se ci sono ragioni oggettive che impediscono questo soddisfacimento, il Comune ha l'obbligo di dare una risposta motivata attraverso una deliberazione.
Proponiamo inoltre una distinzione all'interno della proposta del Gruppo della DC, peraltro già contenuta nel disegno di legge del Presidente Viglione, nonché l'avvio di un programma concreto e pluriennale di recupero, di restauro e di manutenzione straordinaria del grande patrimonio storico, artistico e culturale degli edifici per il culto nel nostro Paese.
Ovviamente, il programma riguarda questo grande patrimonio, riguarda le chiese e le sinagoghe, ma può riguardare anche altri edifici per il culto che spesso sono musei viventi e soprattutto uniche grandi testimonianze per vaste zone delle nostre vallate. Questo è il senso del percorso che abbiamo cercato di individuare, presentando degli emendamenti organici in materia.
Abbiamo voluto dare il nostro contributo, soprattutto in considerazione del fatto che in questo momento la materia in Piemonte è ancora tutta da affrontare. Il Consiglio regionale non ha ancora sviluppato un confronto adeguato sui nodi di fondo, però pensiamo che sia già possibile dare delle risposte tangibili e concrete a problemi veri, partendo anche dalla constatazione che le risorse regionali sono comunque molto limitate, così come lo sono quelle dei Comuni.
Pensiamo che non sia né opportuno né serio far sorgere nella nostra comunità aspettative che poi non troveranno una rispondenza adeguata all'interno della programmazione regionale. Ci sembra che il mantenere in questa fase una posizione che definisco rigida (perché non trovo un altro termine) su un diritto soggettivo che potrebbe essere maturato da parte di alcuni soggetti a proposito dell'utilizzo degli oneri di urbanizzazione rischi di farci scivolare su un confronto che riguarda principi che in questo momento non riteniamo né maturo né produttivo affrontare. Termino qui, altri colleghi di Gruppo interverranno; interverremo nuovamente nel dibattito generale, riprendendo alcune annotazioni soprattutto nell'articolato e nell'illustrazione degli emendamenti che abbiamo presentato alla Presidenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Non sono contrario, in linea di principio, ad una proposta che tenda a valorizzare un dato culturale, etico, storico e religioso che è parte integrante della nostra storia e della nostra cultura e che, quindi, non solo va salvaguardato in termini di principio, ma va aiutato a svilupparsi e a crescere. Fatta questa affermazione, credo che sorgano immediatamente alcuni problemi di ordine pratico che forse meritano di essere attentamente valutati ed approfonditi.
Qualche sforzo, non molto grande, sulle questioni di merito generale è stato fatto in Commissione. Dalla Commissione è uscito sicuramente un provvedimento più aperto, ma che probabilmente crea delle aspettative alle quali sarà alquanto complesso e difficile rispondere se non si troveranno in linee concrete delle priorità da salvaguardare e da valorizzare.
Su questa valutazione e nello spirito di queste considerazioni, con i colleghi Montefalchesi e Ala abbiamo presentato alcuni emendamenti tendenti a richiedere una riflessione e un tentativo di puntualizzazione che va in due sensi. Il primo in parte l'ha già detto il collega Biazzi: siamo di fronte all'esistenza di strutture di culto intese in senso lato, non soltanto edifici di per se stessi o edifici collaterali, ma ad una disseminazione sul territorio piemontese di una serie di strutture tradizionali; ad esempio, nelle campagne assistiamo alla dispersione di strutture riferite o a percorsi di via crucis o a piloni votivi, ecc. Esse sono in stato di abbandono e rappresentano nella loro qualità artistica, ma anche nella loro cultura e nella storia, elementi che andrebbero sicuramente salvaguardati e valorizzati.
Il fatto di scegliere in termini prioritari il recupero e la valorizzazione delle strutture di culto esistenti, mi parrebbe sicuramente una puntualizzazione da fare e da determinare in modi più precisi; ci senza aprire possibilità di inserimento di nuovi uffici, di nuove strutture religiose delle religioni esistenti, ma partendo dal fatto che non c'è quel grande sviluppo di urbanizzazione da rendere questa esigenza così prioritaria. Inoltre c'è il problema di razionalizzare e consolidare le strutture anche nuove che si sono inserite nello sviluppo urbanistico della nostra realtà, molte volte troppo disordinato.
Voglio porre qui un problema, che probabilmente rompe un poco con la cultura e con la tradizione del nostro Paese. Lo rompe in modo tale perch c'è una realtà emergente nei Paesi occidentali, e quindi anche nel nostro di fenomeni di inserimento di nuove popolazioni. Pensiamo, ad esempio all'immigrazione che ormai segna in Italia oltre un milione di persone con prospettive di crescita e di sviluppo che abbisognano non soltanto di già troppo carenti interventi di assistenza e di accoglimento, ma richiedono anche risposte sul piano del culto, della possibilità di garantire loro il consolidarsi di tradizioni, di culture, di religioni che sono effettivamente un fatto indispensabile e arricchente. Mi riferisco a tutto il problema dell'islam, del buddismo, degli animisti e di altri, che richiedono accanto a momenti di accoglienza anche garanzia di inserimento di ordine religioso.
Ritengo estremamente vincolistico fare riferimento all'art. 8, terzo comma, della Costituzione, o ancor peggio all'art. 53 del Nuovo Concordato proprio perché quest'ultimo non tiene assolutamente conto di fenomeni nuovi che emergono nella nostra realtà e rispetto ai quali delle risposte vanno date. In questo senso, i Comuni non danno garanzie sufficienti e non sono supportati da interventi di sostegno. Per esempio, da alcuni anni giace a Torino la richiesta di una struttura tipo moschea da mettere a disposizione della religione islamica in genere, alla quale non si è data alcuna risposta, pur essendo presenti a Torino decine di migliaia di persone di religione islamica che potrebbero, sia pure nella differenziazione interna a questa cultura, a questa religione, usufruire di un importante luogo di aggregazione, di preghiera e di riflessione.
Io non so come si possa conciliare la salvaguardia del patrimonio artistico, culturale e religioso esistente nella nostra Regione, che è in via di crescente distruzione (è sufficiente viaggiare per i nostri paesi e per le nostre campagne per vedere questo deprimente fenomeno abbastanza preoccupante), e nello stesso tempo rispondere all'esigenza di culti emergenti oppure di culti importati da altre realtà che sono seguiti alla presenza nel nostro Paese di un ampio fenomeno di immigrazione.
E' chiaro che salvaguardare queste due esigenze richiederebbe un adeguamento dello stanziamento qui previsto. Per la prima volta probabilmente, con una legge che parrebbe settoriale, potremo essere in grado di dare delle risposte al fenomeno di superamento della crescente emarginazione nella quale purtroppo vengono a trovarsi gli immigrati, i quali trovano difficoltà ad inserirsi ed anche a mantenere quel collegamento di culto che è importante.
Questo è lo spirito con il quale, condividendo la filosofia di questo provvedimento, abbiamo cercato di introdurre una riflessione in modo da tentare di dare a questo problema una risposta non settoriale.
Chiedo scusa fin d'ora al Consiglio se non seguirò compiutamente i lavori odierni, ma sarò costretto ad assentarmi a causa di una riunione con alcune associazioni di stranieri presenti a Torino per altre questioni chiedo però al relatore e all'Assessore Genovese, ma anche all'Assessore Cerchio perché si tratta di un problema di movimenti migratori, di rispondere alla domanda di religione, di cultura, di credo che gli immigrati pongono e a cui, fino ad oggi, non si è ancora data risposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi, il Gruppo repubblicano considera questa proposta di legge non marginale, non di scarso rilievo, non una "leggina" che può passare tra le pieghe di una giornata un po' caotica ma riconoscendole delle valenze e dei contenuti politici significativi esprime alcune perplessità che sono, per punti, le seguenti.
Con questa legge ci pare che la Regione non vada a svolgere un ruolo programmatorio secondo le proprie competenze, ma vada in qualche misura ad imporre ai Comuni scelte che a nostro giudizio devono rientrare nella libera autonomia dei Comuni stessi. Una legge di questo genere prefigura scelte che dovrebbero essere riservate ai Comuni, i quali devono tenerne giusto conto secondo le esigenze, le aspettative e le attese della popolazione, e che dovrebbero rientrare nella loro personale autonomia.
Molte volte ci siamo lamentati di imposizioni e ingerenze del potere statuale rispetto a competenze che dovrebbero essere regionali; io credo che anche in questo caso, ad un livello inferiore, la Regione con questa legge vada di fatto a porre dei limiti, dei vincoli a quelle che devono essere le libere autonomie dei Comuni.
Esiste poi un altro problema. Ci pare che questa legge abbia alcune valenze di carattere finanziario importanti e significative. Noi abbiamo apprezzato il fatto che nella discussione in Commissione si sia eliminata l'individuazione precisa della percentuale da destinare alle opere di urbanizzazione di questo genere; tuttavia si va comunque ad imporre qualche onere ai Comuni, che hanno bilanci e risorse molto limitate e devono essere liberi e autonomi di valutare. Non si tratta soltanto di una questione di carattere finanziario, crediamo ci sia una valenza di ordine politico significativa e importante.
Noi non comprendiamo per quale motivo, rispetto a norme di urbanizzazione secondaria generale che investono diversi settori, la Regione Piemonte con una sua legge debba andare ad imporre delle priorità o comunque delle scelte. Mi pare che si vada a riconoscere un diritto soggettivo ad alcuni soggetti, e la cosa non ci pare possibile ed ammissibile. Quindi riteniamo che il significato politico di questa legge vada in una direzione che ci lascia alcune perplessità.
C'è un aspetto che troviamo significativo e positivo in questa legge, e speriamo che non sia soltanto un fatto saltuario, ma che sia seguito in tante altre leggi. Questa legge pone un termine di 30 giorni dall'approvazione del programma per l'erogazione di un acconto dell'80% dei contributi previsti.
Ricordo che soltanto la settimana scorsa, rispetto ad una legge di altro genere (le modifiche alla legge n. 28), si è fatta difficoltà ad abbreviare i tempi di erogazione a 90 giorni dalla presentazione della documentazione necessaria, che noi ritenevamo e riteniamo ancora fossero tempi eccessivamente lunghi. Il fatto che in questo caso la Regione vada ad individuare un termine così breve, preciso e puntuale rispetto all'erogazione dei contributi è positivo e non dev'essere soltanto caratteristica di questa legge, ma mi auguro possa diventare una norma di rapidità e di snellezza delle leggi regionali anche in altri settori.
Ma c'è un altro elemento. La Regione pone a carico del proprio bilancio alcuni oneri derivanti da questi problemi, oneri non soltanto riferiti al recupero di chiese con valenza artistica, storica e culturale, ma anche a opere di urbanizzazione normale in questo settore; ci pare che questa sia una scelta oggi non compatibile con le limitatissime risorse regionali. E' vero, i fondi stanziati per queste scelte non sono così consistenti, devo però anche dire che, quando abbiamo affrontato altri argomenti su materie specificatamente delegate alla Regione Piemonte (mi riferisco alla formazione professionale, ai problemi del lavoro e dell'artigianato) abbiamo avuto grosse difficoltà ad andare a recuperare tra le pieghe del bilancio anche solo poche decine o centinaia di milioni. Quindi ci pare che su una materia non strettamente di competenza della Regione, questa scelta possa essere in qualche misura non totalmente condivisa.
Alla luce di queste considerazioni e per queste perplessità, ritenuto che si tratta di una proposta di legge che non deriva dalla Giunta, ma da alcuni Gruppi presenti in questo Consiglio regionale e quindi in qualche misura non vincolante per la maggioranza, e sulla base anche della considerazione che questa legge ha una valenza oggettivamente morale, il Gruppo repubblicano non assume una posizione rigida e vincolante per i propri appartenenti e lascia ciascuno libero di valutare come meglio ritiene questa norma.
Per quanto riguarda la mia personale valutazione, su questa norma mi asterrò.



FRACCHIA Mario



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Il collega Ferrara richiamava una serie di motivazioni connesse alla formulazione della legge per giustificare la sua astensione. In effetti mi pare che questa legge ponga dei problemi.
Il compagno Biazzi, prima di entrare nel merito delle questioni poste dalla legge, ricordava le questioni di principio legate ad una proposta di questo genere. Io vorrei soffermarmi proprio su queste. Sostanzialmente il principio è uno ed è legato allo spirito della Costituzione della Repubblica.
La Costituzione riconosce le libertà individuali di culto, e quindi la libertà dell'organizzazione sociale delle pratiche di culto. Noi riteniamo che la concezione del rapporto con lo Stato, con i cittadini e con le loro pratiche religiose vada salvaguardata. L'art. 7 della Costituzione (che ha fatto tanto discutere) riconosce dei rapporti particolari, regolati tra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica. Questa è una questione non di poco conto su cui, a più riprese, in Italia si è stati costretti a discutere e che ha impegnato il Parlamento in questioni attinenti al rapporto fra lo Stato e la Chiesa cattolica.
Credo che nel clima della fase costituente fu giusto, proprio in nome di uno spirito laico, riconoscere questa particolare realtà italiana e la presenza della Chiesa cattolica in Italia. Fu un elemento di pacificazione il Partito comunista non ritenne opportuno aprire una questione che non avrebbe avuto in quel momento possibilità di sviluppo e che avrebbe, in qualche modo, intaccato lo spirito della ricostruzione.
Il problema, però, si è riproposto più volte, perché la storia successiva ha dimostrato che non sempre questo stesso spirito di volontà di riconoscere una realtà senza privilegiarla anima le parti in causa. E più volte, nella storia degli anni della Repubblica, si è reso evidente che gli interessi di alcune parti politiche non stavano dalla parte dello Stato, ma stavano dalla parte dell'organizzazione della Chiesa cattolica.
Su come alcune forze politiche abbiano più volte usato e inteso la presenza della Chiesa cattolica come strumento per l'irrobustimento della propria forza politica, si possono ricordare pezzi interi di storia della democrazia italiana e si può ricordare l'uso spregiudicato che delle strutture ecclesiali è stato fatto anche negli anni immediatamente successivi alla liberazione e alla Costituzione.
Non molti mesi fa, i giornali hanno ricordato il 18 aprile del '48 e coloro che hanno vissuto questo periodo; anch'io ricordo qualcosa. Ricordo bene le processioni, le Madonne in campagna elettorale portate su e giù per la Valle di Susa (luogo in cui abitavo) e altrove. "La Stampa" ha ricordato la vittoria del Partito democratico cristiano, che ha usato abbondantemente l'appoggio e il sostegno delle strutture ecclesiastiche per i suoi fini politici.
Ci sono poi state fasi in cui questo rapporto è cambiato. Noi abbiamo riconosciuto positivamente come dall'interno della stessa Chiesa cattolica siano venute spinte che tendevano ad operare una distinzione tra il sacro e il profano e, nello stesso tempo, a non tener separato il sacro.
Ci sono state stagioni, in particolare quella del Concilio Vaticano II dove sicuramente un'operazione di rinnovamento culturale nel mondo cattolico ha arrestato logiche e concezioni di questo genere. Bisogna per anche dire che nell'Italia dell'88 si è tornati ad un pronunciamento delle strutture ecclesiali dei Vescovi, in particolare per un voto ad un partito.
Su un altro versante, vanno considerate alcune parti politiche che non sono state sempre dalla parte dello Stato in questo rapporto difficile, ma che sono state spesso dalla parte della Chiesa cattolica. Mi riferisco ai permanenti finanziamenti alle scuole private, prevalentemente religiose; la cifra del Ministero della Pubblica Istruzione destinata al finanziamento delle scuole private è pari alla spesa che lo Stato fa per tutte le attrezzature tecniche degli istituti superiori, compresi quelli tecnici.
Ci sono state forzature sul terreno dei finanziamenti alle scuole religiose in tutta la partita del diritto allo studio; nessuna legge in Italia è potuta passare se non riconoscendo questo finanziamento indiretto.
E non a caso gli esempi che prendo sono prevalentemente legati all'istituzione scolastica, perché, essendo un'istituzione formativa, è il campo dove più facile e più utile può essere l'intreccio di concezioni ideologiche, religiose con interessi politici.
Nel definire la legge che istituisce gli organi di governo della scuola, pur essendo riconosciuta una presenza paritaria alle scuole private, in Italia questo si traduce con la presenza di scuole private prevalentemente religiose.
L'ultima vicenda non è molto vecchia ed è attinente al nuovo Concordato. Il comportamento del rappresentante dello Stato, in particolare del Ministro dell'Istruzione, sulla questione dell'intesa per l'insegnamento religioso cattolico, ha reso palese il fatto di essere, nel suo operare, non al di qua, ma al di là delle mura di San Pietro. E si è reso evidente come, anche nell'ultima vicenda della ridefinizione del Concordato, i partiti laici, che pur nelle assemblee e nelle piazze sostenevano altro, per esigenze politiche e per tener salda la maggioranza di Governo abbiano, nelle aule parlamentari, rinnegato se stessi. Gli esempi potrebbero continuare; è una concezione dei rapporti fra Stato e Chiesa che periodicamente rispunta fino a concepire una sorta di separazioni di ambiti religiosi all'interno delle ideologie nelle stesse strutture pubbliche.
E' una storia che ci porta quasi a ripensare a quella nostra posizione.
I colleghi Consiglieri sanno che sul problema ci sono delle intese e delle concezioni diverse; c'è una posizione laica che non ritiene ci debbano essere intese fra lo Stato e le confessioni religiose. Come viene inteso il rapporto che in Italia c'è con la Chiesa cattolica, come viene gestito come viene utilizzato, ci fa riflettere.
Siamo in una fase in cui bisogna valutare l'opportunità di rivedere una cosa che noi riconoscevamo come una normale necessità di convivenza. Nella mia posizione non c'è alcun atteggiamento "anti" o contro qualcosa. Voglio però difendere la concezione laica dello Stato, chiedendo che nessuno qui confonda la laicità con il laicismo, anche se il laicismo è poi una posizione, una collocazione di pensiero.
Di fronte a questa proposta di legge, chiedo che questa distinzione e questa salvaguardia della laicità dello Stato vengano rispettate. A me pare che lo Stato debba garantire il rispetto di culture e di fedi differenti, e debba nelle sue pratiche svolgere anche una funzione educativa, perché il rispetto reciproco è un elemento che caratterizza la convivenza civile.
Il collega Reburdo richiamava un nuovo elemento. Noi viviamo in questi anni un passaggio d'epoca non insignificante, un passaggio d'epoca che rompe intanto i confini dell'Italia. E' ormai vicino l'anno 1992, che tutti richiamiamo come data significativa sul terreno dell'unità europea viviamo anche un periodo in cui quasi tutti i campi della vita organizzata subiscono un processo di internazionalizzazione: dall'economia, alla finanza, alla cultura, all'informazione (pensiamo agli straordinari progressi tecnologici anche nel campo dei media); viviamo un'epoca in cui il rapporto Nord-Sud, comunque si sviluppi, introduce elementi nuovi, così come viviamo un'epoca in cui i rapporti tra l'Est e l'Ovest stanno profondamente cambiando.
Si va quindi verso dimensioni che non possono più essere solamente a livello nazionale, e quindi anche il problema della Chiesa cattolica italiana va visto all'interno di questa nuova dimensione.
Contemporaneamente, segnali diretti, ormai visibili, di spostamento di popolazioni, di presenza sul nostro territorio di cittadini di altri continenti, pongono concretamente fin da oggi il problema di una pluralità di presenze culturali, razziali e quindi anche religiose.
Di fronte a questo, si tratta di avere un'ottica che si apra a questi fenomeni che imporranno modifiche culturali, che imporranno l'accettazione il rispetto e la convivenza di differenze. Lo stesso termine di tolleranza va assumendo significati nuovi, che vanno e devono andare al di là dell'accettazione degli altri per arrivare a riconoscere il valore della differenza di cultura, di storia, di estrazione e di religione. Siamo in un'epoca in cui credo che il mondo possa progredire se nuove regole di convivenza e di civiltà verranno costruite, e questo anche sul terreno dei culti.
Si ricordava prima che popolazioni con religioni radicalmente diverse dalla matrice cristiana sono così numerose nelle nostre città da proporre l'esigenza di strutture di culto diverse, se vogliamo rispettare queste altre formazioni. Credo che l'impianto della Costituzione riconosca questa realtà e sia tale da poter permettere uno sviluppo in questo senso.
Ci sono fenomeni nell'immediato che non vanno in questa direzione, ci sono fenomeni di razzismo (a partire dall'antimeridionalismo che pare riproporsi), ci sono fenomeni di difesa dei tratti regionali, fenomeni di difesa delle culture regionali con un'accentuazione negativa, non di valorizzazione che è positiva, ma di eccessiva difesa. Credo che non si possano isolare e separare le comunità, ma che si debba invece andare ad una salvaguardia e contemporaneamente ad un'integrazione: vanno cioè salvaguardate le identità e vanno garantite le integrazioni.
Se questa è la prospettiva che abbiamo davanti, credo che alla luce di questi processi la legge sia fondamentalmente sbagliata. Dico questo richiamandomi alla relazione del collega Nerviani, il quale ha cercato di allontanare il sospetto che sia una legge pensata esclusivamente per la Chiesa cattolica. Nel momento in cui lo pone, però, si avverte che invece così è, e lo dico serenamente; nella stesura della legge, infatti, si avverte una logica legata esclusivamente alla cultura di tipo cattolico.
Una logica che vede la presenza di questo problema esclusivamente e prevalentemente in Italia.
In realtà, nel testo della legge si usa una serie di termini, su cui vorrei soffermarmi, che danno anche la dimensione di un eurocentrismo religioso, di una dimensione dei fenomeni religiosi tutta fondata sulla dimensione europea e quindi sostanzialmente sulla dimensione cristiana del fenomeno religioso.
Tra le varie leggi e circolari citate dal relatore Nerviani compare sicuramente la parola "chiesa". Vorrei ricordare che già nel Testo Unico del 1934 (persino in un Testo di quell'era, posteriore al Concordato!) ed anche nella nostra legge n. 56 si parla di "luogo di culto".
Secondo me questa è la dicitura giusta. Quando si usa il termine "chiesa", si fa una restrizione nei fatti dei destinatari di questa legge una restrizione che sta nello stesso termine usato. Il termine chiesa ecclesia, nasce con la tradizione cristiana: per questo dico eurocentrica mediterranea, del Nord. Sta tutto in questa tradizione: non è presente precedentemente né in altre realtà.
Non sono espertissima, ma un po' di documentazione mi permette di dire che il termine chiesa ha sostanzialmente, con modifiche in epoche diverse due accezioni: una è la comunità sociale e spirituale, e l'altra è la struttura materiale in cui si ritrova e celebra i suoi riti la comunità sociale e spirituale.
La struttura materiale, l'edificio, inizialmente non aveva neanche bisogno di un luogo apposito (nella prima storia del cristianesimo); solo con lo sviluppo, l'espansione e il rafforzamento di questa religione ha assunto il valore di spazio sacro.
Nella legge compare invece un'estensione di questo termine: chiesa diventa molte cose, fino a comprendere tra gli edifici sacri anche l'abitazione dei ministri del culto e del personale di servizio; inoltre nell'indottrinazione del bilancio si arriva a dire che gli interventi regionali concernono le chiese. Non basta dire "concernono le chiese" ritenendo di salvaguardare il pluralismo religioso; chiesa è termine inevitabilmente confinato a rappresentare le religioni cristiane.
Il collega parlava di "universalità della religione cristiana"; certo parliamo però di un terzo della popolazione mondiale che si rifà al cristianesimo e parliamo - e anche questo non è irrilevante - di circa 500 chiese diverse all'interno del filone cristiano. Questo discorso vorrei riprenderlo in seguito, quando esamineremo le condizioni in base alle quali si riconosce il finanziamento nella legge stessa.
L'uso di questo termine esplicita senza possibilità di equivoco che la legge è pensata per la chiesa cattolica o tutt'al più per le chiese cristiane, le chiese di matrice europea, e non per altre realtà. Se invece si usa la definizione "luogo di culto" evidentemente si comprendono più realtà; parlando di chiesa all'interno della tradizione cristiana non si può forzare il discorso sul terreno degli edifici connessi, perché c'è un lungo filone di pensiero e di pratica che ha teso a restringere il carattere sacro della chiesa. Ciò è successo per alcuni spazi addirittura nelle fasi iniziali e quindi l'accesso alla sacralità dello spazio deve essere limitato e non esteso all'intera comunità; potremmo comunque fare questa discussione esaminando il punto b) dell'art. 2 che contempla come edificio sacro anche la casa del ministro e del personale di servizio.
Anche il termine "religione", se mi muovo nell'ottica di riconoscere culti diversi e non solo di matrice europea, è assolutamente riduttivo e credo non sia sbagliato il modo in cui viene affrontato nella Costituzione.
All'art. 3 si parla di religione come libertà soggettiva degli individui in un altro capitolo, si parla di confessioni religiose dando nuovamente al termine "confessione" un'accentuazione soggettiva, riconoscendo la possibilità di organizzazione dei credenti.
Il termine "religione" nasce con il cristianesimo, non c'è termine equivalente nella cultura occidentale (non parlo di altre aree culturali l'Oriente, l'Asia, ecc.). Nella lingua e nella cultura latina questo termine non c'è; esiste il termine "colere" (coltivare), e non a caso faccio questo richiamo. Esiste anche un termine greco, sulla radice di "agios" (sacro), che è "disteia" che vuol dire appunto culto: in sostanza la parola religione, per come la concepiamo noi all'interno delle culture precristiane che sono le nostre matrici, non ha fondamento.
Sulla non facile questione della religione è aperta un'ampia discussione da parte di etnologi e antropologi. Le frontiere che diamo alla religione sono di rilevanza non indifferente, perché quando parliamo di "riconoscimento di un finanziamento", bisogna pur sapere quali sono i limiti delle religioni che lo Stato, in questo caso, e quindi la Regione e gli enti pubblici definiscono.
Questo dibattito fa molta fatica a distinguere la religione (come noi cristiani la concepiamo) da altre forme irrazionali: la magia, la filosofia, l'ideologia. Riusciamo a mettere dei paletti al termine religione, a delimitarlo soltanto movendoci da una prospettiva tutta cristiana, cioè cercando di estendere caratteristiche della religione cristiana ad altri fenomeni di credenza o di culto, facendo quindi un'opera riduttiva, esclusiva, eurocentrica e mortificante per altre culture, per altri culti, per altre pratiche religiose.
Vi leggo un brano tratto dall'enciclopedia Einaudi: "In effetti, il termine 'religione', sia quando rappresenti una realtà autonoma a s stante, sia quando indichi l'una o l'altra formazione storico-religiosa l'induismo, l'ebraismo, eccetera - nasce dall'artificiosa estensione di una nozione culturalmente determinata ed appartenente ad un preciso ambito storico. Quando si usa il termine, si evoca un concetto che appartiene essenzialmente al mondo culturale occidentale cristiano...". Non vi tedio con la lettura complessiva.
Allora se parliamo di esigenze, potrebbe essere un segno di apertura il riconoscere la pluralità delle presenze di fede e garantirne la presenza dobbiamo però spezzare i vincoli che ci legano a una nostra un po' provinciale concezione eurocentrica (non parlo di religione, parlo di cultura) ed aprirci a realtà diverse. Un'operazione di sostegno economico rivolta ad una sola realtà - sia che venga dallo Stato italiano che, come in questo caso, dalla Regione intacca, ancora una volta, un principio per noi fondamentale: la laicità dello Stato. E' un'operazione culturale che per noi non è all'altezza dei tempi.
Vorrei concludere richiamando l'art. 1 della legge, il quale dice che "sono destinatari le confessioni religiose i cui rapporti siano disciplinati ai sensi dell'art. 8, terzo comma". Ricordo che, dagli anni della Costituzione, le confessioni religiose riconosciute in Italia sono due; esse sono state riconosciute dalla chiesa cattolica con il Concordato del 1929 (ripreso anche negli anni scorsi) e recentemente dal Parlamento con la legge n. 449 che ratifica l'intesa con la tavola valdese: la religione valdese e quella metodista.
In questi decenni di Repubblica nessun'altra intesa è stata siglata.
Di per sé questa è una piccola truffa, perché in realtà una restrizione dovuta ad una concezione storica dei rapporti tra Stato e Chiesa non permette a tutti di accedere ai finanziamenti.
In uno dei due rami del Parlamento giacciono ancora un'intesa siglata nell'87 con l'Unione Italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del Settimo Giorno e un'intesa con l'Assemblea di Dio, che in Italia sono i Pentecostali. Esse non sono ancora diventate legge dello Stato, pur essendo sempre nell'ambito delle confessioni cristiane; non è neanche legge dello Stato un'intesa con l'Unione delle Comunità Israelitiche. In sostanza, di questi interventi - bisogna saperlo beneficerebbero solo i valdesi che, a quanto ci risulta, non hanno intenzione di avere nessuna erogazione dallo Stato perché hanno una diversa concezione dei rapporti fra Stato e Chiesa.
Se questo è il valore della legge, si può fare. A me pare che con questo provvedimento si assuma una decisione arretrata, per le cose che dicevo prima. In realtà è una chiusura rispetto ai processi e alle trasformazioni che abbiamo davanti ed è un atto discriminatorio rispetto alla consistenza ormai attuale di fedi e di culti presenti nel nostro Paese. E' un altro pezzetto di contributo con cui sosteniamo una e non tutte le formazioni di culto presenti nel nostro Paese.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

Desidero ringraziare la collega Sestero per il bellissimo intervento svolto.
Ha ora la parola il Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, nell'esaminare l'intelaiatura e la normativa di questo disegno di legge, io e la collega Minervini ci siamo sforzati di cercare di non ideologizzare eccessivamente le problematiche, anche se questo aspetto non è certo irrilevante. Quanto detto adesso dalla collega Sestero, la sua collocazione nell'esaminare questa legge sotto un profilo ideologico è stato indubbiamente, dal suo punto di vista politico e culturale, di grande rilievo.
Noi abbiamo cercato di esaminare questo disegno di legge per fare la nostra scelta e per vedere come queste norme si possono collocare nella realtà urbanistica piemontese, cioè come si possono calare nella vigente legislazione urbanistica.
Come già ricordato dal collega Biazzi, questo disegno di legge si cala nella realtà dell'art. 51 della vigente legge urbanistica, là dove si prevede una deliberazione quadro del Consiglio regionale che definisca i criteri di utilizzazione delle somme relative a opere di urbanizzazione secondaria, ai fini della loro utilizzazione per i soggetti potenzialmente fruitori di tali somme (asili nido, scuole materne, scuole dell'obbligo scuole secondarie superiori e attrezzature relative, edifici di culto centri sociali, civili, attrezzature pubbliche, culturali e sanitarie e altre minori).
Una deliberazione quadro del Consiglio regionale che definisca dei criteri, fino a questo momento non è ancora stata emanata; esiste, perch era previsto sempre da questo comma dell'art. 51, un regime transitorio e provvisorio in forza del quale, come è stato ricordato, i Comuni possono determinare l'uso di tali somme con deliberazioni assunte sulla base di proposte formulate dai soggetti interessati, che sono quelli che ho ricordato.
In questo quadro normativo si colloca il disegno di legge n. 315, allo scopo espresso - si dice nella relazione - di colmare tale vuoto legislativo o almeno tale indefinitezza e precarietà legislativa. Con riferimento a questo art. 51, nel quale si cala il disegno di legge n. 315 a me pare che non si possa parlare di vuoto legislativo o di non definitezza e precarietà legislativa. Infatti, la deliberazione quadro anche se non ha trovato attuazione, esiste come concetto legislativo e, in mancanza della deliberazione quadro che definisce i criteri di utilizzazione, esiste il regime transitorio che attribuisce ai Comuni, in via provvisoria, questa utilizzazione di somme.
Ecco che allora una prima domanda, a mio avviso, si impone. Più che una domanda è una preoccupazione legislativa: il giorno in cui verrà emanata ed entrerà in vigore la deliberazione quadro del Consiglio regionale, come potrà verificarsi una coesistenza con la legge di cui oggi si chiede l'approvazione, visto che la legge che verrà presumibilmente approvata sottrae all'oggetto della deliberazione quadro una parte delle somme da utilizzare? Quando in qualità di legislatori regionali emaniamo una determinata legge, dobbiamo cercare di antevedere quella che sarà nel concreto la sua attuazione. Il giorno in cui questa deliberazione quadro, che non viene certo abrogata dal disegno di legge n. 315, indicherà i criteri di utilizzazione delle somme in questione, mi chiedo come potrà convivere con l'eventuale legge, che sottrae una parte di queste somme. Ma forse questo conflitto, in qualche maniera, potrà in quel momento essere superato con qualche accorgimento tecnico.
Quello che ci lascia perplessi sul piano strettamente legislativo è che, in definitiva, con l'entrata in vigore di questo disegno di legge verrà a porsi una disparità di trattamento - e questo mi pare incontestabile - fra gli edifici per il culto e gli altri soggetti potenziali fruitori di queste somme (asili nido, scuole materne, scuole d'obbligo, ecc.).
Il Consigliere Ferrara, quando parlava di diritti soggettivi più forti di altri, ha indicato quelli degli edifici per il culto. In realtà, con la normativa proposta viene a crearsi un vero e proprio privilegio, mettendo gli edifici di culto da una parte e dall'altra tutti gli altri soggetti potenzialmente fruitori, che non vengono più a trovarsi in una posizione paritaria. Mi pare che gli edifici per il culto, in base alla legge, alle richieste che faranno e alla valutazione dei Comuni, godranno di una quota parte di questi proventi, mentre gli altri soggetti fruitori saranno ridotti al ruolo di fruitori di serie B.
Questo privilegio ci lascia perplessi, anche se il collega Nerviani richiamava altre leggi regionali, segnatamente quella del Veneto, che prospettano una situazione simile o analoga. Per la verità non ho avuto modo di approfondire queste leggi e di esaminarle, però analizzando la normativa del nostro disegno di legge mi pare di poter affermare spassionatamente, con tranquillante certezza e senza pregiudizi, che gli edifici del culto si trovino sotto la cappa protettiva di questo privilegio.
Altre considerazioni minori, ma pur sempre di un certo rilievo, che ci lasciano perplessi sempre nell'ottica dell'attuazione pratica della legge riguardano il criterio della consistenza. In uno degli articoli, laddove si stabilisce come i Comuni, a fronte delle domande ricevute, dovranno elaborare il piano di riparto della quota dei proventi, si enuncia il criterio della consistenza delle confessioni religiose. Capisco che pu essere difficile dare un'interpretazione autentica della parola "consistenza" dei vari edifici di culto sparsi nella regione che facciano le domande ai sensi del disegno di legge, però bisognerebbe sforzarsi per tentare di indicare un criterio, altrimenti sulla parola "consistenza" potrà verificarsi un contenzioso e potranno esserci disparità di trattamento da Comune a Comune. Interpretare la parola "consistenza" non è facile, soprattutto se questa interpretazione deve essere fatta dagli amministratori comunali; con tutto il rispetto per loro, ritengo che avranno grosse difficoltà nel ricercare l'interpretazione appropriata.
Queste sono le principali ragioni della nostra astensione; in particolare, il privilegio che viene a crearsi ci suggerisce di porci in una posizione di astensione nei confronti di questo disegno di legge.
Esprimo infine alcune considerazioni sugli artt. 6 e 1. L'art. 6 riguarda i finanziamenti agevolati che possono ricevere non gli edifici di culto in quanto tali (che invece partecipano, come abbiamo visto, alla ripartizione dei proventi di urbanizzazione), ma le opere di straordinaria manutenzione di restauro riferite a edifici di interesse storico, artistico o monumentale.
La norma in sé non che ci lascia perplessi, perché riguardando un secondo aspetto della legge, questo tipo di intervento ci pare abbia un suo senso, una sua validità e meriti apprezzamento; però, se analizziamo la parte finanziaria, sappiamo benissimo che questa è strettamente condizionata dalle magre risorse disponibili. Ai fini di questi interventi regionali, invece, all'art. 6 vengono stanziati 600 milioni all'anno. E' sufficiente avere nozioni di comune, normale e quotidiana esperienza sui costi correnti delle ristrutturazioni anche di modeste abitazioni per capire come questa sia una cifra veramente irrisoria che, come è stato detto autorevolmente da qualcuno, potrà scatenare una guerra non fra poveri, ma fra preti o fra titolari delle diverse confessioni religiose.
L'ultima perplessità riguarda l'art. 1 e, per la verità, mi è stata suggerita dalla collega Sestero. Anche se non ho avuto modo di approfondire la questione, che meriterebbe di essere approfondita, effettivamente il richiamo all'art. 8 può essere molto riduttivo se si considera il numero limitato delle confessioni religiose che potranno in concreto fruire di questa legge.
Per queste ragioni, il nostro voto finale sul disegno di legge sarà di astensione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, insieme al voto favorevole del Gruppo socialista vorrei esprimere anche un apprezzamento particolare per la proposta di legge in discussione e che stiamo per approvare.
Il mio è un apprezzamento particolare, perché credo che la cultura moderna e i tempi che stiamo attraversando ci consentano oggi di parlare e di affrontare problemi che probabilmente nel passato rappresentavano, per responsabilità diverse, qualcosa di difficoltoso, creando talvolta incomprensioni e momenti di incomunicabilità o dialoghi a distanza.
Il processo di ammodernamento e di comprensione, che si è determinato ed evoluto sul piano dei rapporti civili sotto una latitudine di pace, ha consentito non solo al nostro Paese ma forse a livello mondiale di poter guardare alle varie entità politiche, storiche e religiose in un modo diverso. Questo ci consente oggi di poter vedere lo spessore e la rilevanza delle varie entità che forse nel passato venivano sbrigativamente liquidate, ignorandole oppure esprimendo giudizi troppo superficiali.
Non vorrei andare più in là, ma quando si verifica (parto da lontano ma ritengo che sia un paragone calzante) un ribaltamento di 180 gradi nei rapporti che si sono determinati tra il Governo sovietico e la Chiesa sovietica - cosa che saluto positivamente - diametralmente opposto a quello di 70 anni prima, ritengo sia il segno di una svolta profonda che fa sì che i problemi si collochino sotto una luce diversa da quella del passato.
Addirittura si riconosce qualche cosa che nel 1917 si pensava dovesse invece essere distrutta, liquidata.
Da un'analisi più attenta della situazione, si scopre che ci sono delle cose più profonde; è difficile stabilire a che cosa attengano - e io non intendo entrare in questi meandri perché non ne ho la preparazione - per si scopre che c'è qualcosa che gli anni, i decenni e le propagande non sono riusciti a modificare e a cancellare. Questo sicuramente non vale solo per una parte, cioè per lo Stato laico nei confronti delle entità religiose, ma per entrambe.
Ho voluto fare questo esempio, che ha rilevanza a livello mondiale, per dire che esistono dei valori che si stanno riscoprendo anche laddove per decenni si è cercato di farne tabula rasa. Ciò vale anche per noi; basta pensare alla vivacità clericale e anticlericale degli anni precedenti la prima guerra mondiale ed anche dell'ultimo dopoguerra. La gente si collocava negli scenari di allora con queste posizioni. E in questo scenario credo che una parte importante l'abbia svolta il PSI, che rappresentò agli albori degli ultimi anni del secolo scorso un momento di scontro con posizioni consolidate nel tempo.
Il tempo non è passato invano; molta acqua è passata sotto i ponti del Po e del Tevere, c'è stato un cambiamento e il riconoscimento di una cultura diversa. Qualcuno potrebbe anche domandarsi legittimamente se i laici sono divenuti cattolici o se i cattolici sono diventati laici.
Probabilmente anche in questo caso si è verificato un processo di reciproco riconoscimento, senza che venissero meno sensibilità, coscienze e convinzioni. Tuttavia ciascuno, nella libertà di esprimersi, ha saputo e sa sempre di più distinguere le sfere in cui si discute delle cose terrene dalle questioni celesti.
Intervengo a favore di questo provvedimento con grande serenità e senza preoccupazioni o riserve. Ribadisco: con la serenità di chi ha una coscienza laica. Lo dico ai tanti amici dell'ambiente della chiesa: dovunque mi trovo, queste sono le mie idee. Ho il rispetto che ritengo di dover portare alle varie confessioni; ho il rispetto di chi, per prendere a prestito un'affermazione di Ignazio Silone, lo fa con la coscienza laica e con la sensibilità cristiana, "la sensibilità di un cristiano senza chiesa" (ma questo è un discorso molto ampio).
Questa proposta di legge parla della chiesa cattolica, ma anche delle altre confessioni religiose; il disquisire se sia privilegiata la chiesa cattolica rispetto alle altre fedi religiose, mi sembra un esercizio quasi inutile.



MARCHINI Sergio

Non si può dire che è privilegiata dal momento che le altre non ci sono neanche.



ROSSA Angelo

Si parla di altre confessioni religiose; possiamo anche specificarle ma questo è difficile perché è sempre possibile dimenticarne qualcuna. Alle varie entità confessionali diamo lo spazio che richiedono e che hanno nella nostra realtà. Questo è un Paese a prevalente fede religiosa cattolica.
A me sembra che, proprio per la sensibilità e per la coscienza che ormai si riscontra nelle varie parti, si possa dire che nessuno si opporrà se domani si verificherà la necessità di un intervento in una sinagoga o in una moschea o in una chiesa protestante (un tetto che cade o un'opera che si sta rovinando). Siamo realisti in queste cose! C'è questo spazio e mi sembra doveroso intervenire, non tanto perché ci sono i monumenti artistici, ma perché c'è un segnale di attenzione che lo Stato democratico e laico deve dare a tutte le articolazioni e quindi anche a quella religiosa. Non è un qualche cosa da fare surrettiziamente; si tratta di un contributo da concedere - come è capitato, di volta in volta a tutti quanti noi che abbiamo avuto delle responsabilità ad altri livelli riconoscendo il ruolo e la funzione, e non già perché ci sono delle opere d'arte. Vi sono le opere d'arte, ma ad esempio bisognerebbe rimettere a posto anche gli organi.
Andando in giro mi capita di incontrare gente di ogni credo religioso e di ogni convinzione politica; incontro anche il parroco che chiede: "Ma la Regione può fare qualcosa? Abbiamo il tetto che sta cadendo, l'organo che non funziona". Allora, cosa rispondiamo? Purtroppo a volte rispondiamo solo con delle buone parole.
Mi auguro che con questa legge, anche se lo stanziamento non è rilevante, si possano dare risposte più concrete.
Penso che votando questa legge si faccia onore al Consiglio regionale d'altro canto il relatore ha ricordato che già altre Regioni sono intervenute in questo campo, quindi non saremmo i primi. Con questa legge il Consiglio regionale, che esprime la comunità piemontese, dà una risposta positiva, senza venir meno ai principi di laicità che naturalmente invochiamo e difendiamo.
Non ho le riserve e le perplessità che esprimeva la collega Sestero, ne parlo tranquillamente. Siamo un partito che si rifà a un modello che è sempre stato aperto nei rapporti con le altre forze politiche e con le confessioni religiose, esprimendo, se del caso, anche posizioni critiche.
Nelle ultime elezioni politiche, il Partito socialista non ha esitato ad esprimere posizioni di netto dissenso verso l'atteggiamento assunto dai Vescovi italiani; successivamente abbiamo stilato un documento politico in cui si riconosceva loro il giusto ruolo.
Il nostro modello è libero dal concetto delle chiese; come ho già avuto occasione di dire in quest'aula, sappiamo distinguere le due funzioni sappiamo stare nella realtà con i piedi per terra e riconoscere a chi ha compiti di altro tipo le sue funzioni.
E' il partito che ha fatto il Concordato e che lo ha modernizzato questo non ha impedito all'onorevole Craxi, ad un certo punto, di esprimere delle osservazioni. Abbiamo messo mano al Concordato con la serenità e il respiro di chi non temeva di esporsi troppo, come forse avrebbe rischiato la DC, essendo più vicina degli altri alla chiesa cattolica.
Penso di aver interpretato il pensiero della stragrande maggioranza di questo Paese laico e cattolico, in cui la concezione laica è andata ad allargarsi sempre di più. Lo facciamo senza strumentalismo alcuno ritenendo che, nel rispetto del credo, ciascuna forza politica abbia titolo (lo diciamo alla Chiesa, ma anche agli altri) di avere con sé credenti laici e non credenti.
Non abbiamo mai sottoposto ad esame le persone che hanno aderito o che votano per il nostro partito. Vogliamo collocarci in un rapporto diretto con le forze politiche da una parte e con la chiesa cattolica e le altre chiese dall'altra, per discutere, nel rispetto delle funzioni, anche della libertà degli elettori di esprimersi e di votare liberamente.
In un certo periodo della sua storia, la DC si è sforzata di affrancare il proprio potere e di fare a meno di un certo appoggio; poi questo sforzo è rientrato, la DC ha avuto dei momenti di difficoltà e pare addirittura che, ad un certo punto, l'onorevole De Mita abbia fatto il giro di tutte le sedi vescovili.
Questo sforzo però c'è stato e noi non siamo disattenti. Ci auguriamo che ciascuno si presenti davanti al corpo elettorale per quello che è.
Poi, se ha una prevalenza di gente che va in chiesa o di gente che ha rispetto delle chiese o che è poco praticante, è un problema che riguarda la parte religiosa, la quale dovrà fare in modo di conquistare il più possibile anime e coscienze alla propria convinzione. Ciascuno è libero di starci, di provarci, di verificare. Se poi, dopo aver verificato e constatato, la persona rimane laica, è comunque meritevole di rispetto.
Questo è lo sforzo che va fatto.
Per il resto mi sembra che, se vi è reciproca comprensione, si sappiano superare anche le tempeste che, come mi è capitato di dire sulla questione dell'ora di religione, alla fine si riducono ad essere delle tempeste in un bicchiere d'acqua.



PRESIDENTE

Consigliere Rossa, la prego di concludere.



ROSSA Angelo

Ho terminato, signor Presidente. Voglio fare onore a una proposta di legge che tra le prime firme porta anche la sua. Dico che votiamo questa proposta di legge, la votiamo! Dicevo che si tratta di una tempesta in un bicchier d'acqua perché se facciamo l'equazione "mondo cattolico = voti democristiani" possiamo trarre la conclusione che c'è un'incongruenza, un qualcosa che ci rassicura sulla libertà di scelta della gente.
Ho giudicato una tempesta in un bicchier d'acqua il problema dell'ora di religione partendo dalla considerazione che in un Paese come l'Italia dove il 95% della popolazione è di credo cattolico, la Democrazia Cristiana dovrebbe superare il 50%. Lo superò in un momento difficile, nel 1948, non per motivi religiosi, bensì per motivi politici, a seguito di errori compiuti da altri, ma poi si attestò su una posizione. Ciò significa che c'è una coscienza di piena libertà da parte dei cittadini che sanno discernere gli aspetti politici da quelli religiosi.
A questa coscienza corrisponde anche un atteggiamento della chiesa cattolica che ha dimostrato, da questo punto di vista, una visione molto ampia, riconoscendo che i rapporti non sono da realizzarsi solo con chi è più vicino, ma con tutti.
Vorrei portare una nota alessandrina nel dibattito di questo Consiglio regionale. In quest'area del Piemonte, la nostra forza politica ha consolidato questi rapporti nel rispetto delle reciproche autonomie, ma anche della comune volontà di andare a realizzare delle cose insieme.
Queste sono le ragioni che mi confortano sempre di più e che mi pare possano confortare questa assemblea nell'andare ad esprimere il voto. In questo modo si può dare una risposta e lanciare un messaggio di attenzione anche ad un settore ricco di grandi strutture ma con tante necessità rispetto alle quali questa società, se vuole veramente essere in grado di rispondere e risolvere i problemi del proprio momento, deve sapersi esprimere in modo concreto con un segnale positivo. E questa legge mi pare vada in questa direzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo liberale non riteneva che questa legge giustificasse l'apertura di un dibattito, per molti versi apprezzato e significativo. Riteniamo inoltre che non si debbano portare su questi tavoli titoli in ordine al nostro modo di porci rispetto al trascendente; comunque i liberali il problema l'hanno risolto almeno da Croce in poi, con la prova ontologica, quindi non è di questo che si tratta.
Non proseguiamo nell'analisi dei vantaggi che potrebbero derivare dalle cure agli organi o alle spinette ben temperate, ma il problema che ci dobbiamo porre è di altra natura e su questa legge il nostro Gruppo ha qualche perplessità. Proprio per l'implicazione che comporta sul giudizio conseguente al voto che esprimiamo, tale perplessità si esprimerà probabilmente, in termini di argomentazioni e non di voto.
La nostra preoccupazione non è tanto rivolta a quella parte della legge che ha attirato di più l'attenzione dei colleghi sia in Commissione che qui e che su questo si sono misurati, cioè l'ascrizione a questi capitoli degli oneri di urbanizzazione; questo è soltanto il momento di partenza.
Esiste un articolo della legge (il numero non lo ricordo) che sostanzialmente impegna la Regione a seguire le indicazioni dei Comuni nel reperire e nell'elargire risorse per questo tipo di intervento. Da questo punto di vista questa legge, apprezzabile per l'obiettivo che si pone sicuramente è insufficiente perché trascura altri settori che, di conseguenza, vengono penalizzati.
Questo problema, colleghi e Assessori, ce lo dobbiamo porre. Non è pensabile che non si riesca a leggere come funzionerà questa legge. Questa legge funzionerà con un forte concorso di consenso tra i destinatari della legge stessa (cioè i titolari di strutture) e i Comuni (quindi una saldatura forte di consenso), i quali, di conseguenza, porranno alle Regioni le richieste di finanziamenti a fondo perduto, come è indicato nella legge. Rispetto a tali richieste, ci sarà una supina accettazione da parte della Regione e ci sarà sicuramente l'avvio di un processo che non consentirà di prevedere neanche degli interventi rispetto ad immobili che dal punto di vista ambientale e funzionale, nonché dal punto di vista dei valori culturali, sono di non minore significato.
E' molto apprezzabile il fatto che, dopo anni, questa legge consenta alla Regione di fare quello che il Presidente del Consiglio Viglione quando era Presidente della Giunta, non riuscì a fare su sollecitazioni del sottoscritto, cioè concorrere alla copertura del millenario Duomo di Susa.
Sono quindi molto lieto che questa legge ci consenta di intervenire; mi rammarico però del fatto che questo ci impedirà di intervenire sulla Porta Romana, che non è luogo di culto bensì di memorie, di storia, di insediamento e di fruizione da parte dei cittadini di significato diverso ma non certamente minore.
Abbiamo quindi la preoccupazione che un obiettivo, che condividiamo sostanzialmente renda scoperti dei settori, sul piano delle componenti culturali della nostra città, in un processo che tenderà ad essere sempre più irreversibile. Questa legge potrà subire, eventualmente anche su nostra iniziativa, un'integrazione che allarghi queste previsioni ad alcune confessioni religiose, non solo a quelle indicate nell'articolato, ma è evidente che così facendo ci allontaniamo sempre di più dall'obiettivo che dovremmo porci di trovare risorse, attrezzature e strumenti legislativi di intervento tali da consentirci di essere presenti su tutto il complesso dei valori ambientali, culturali e architettonici che abbiano una loro valenza in termini di fruizione.
Sono quindi perplessità in termini meramente di governo finanziario e di programmazione, che non risalgono sicuramente ad obiezioni e a pregiudizi. Però il timore che queste nostre perplessità, che derivano da valutazioni di natura obiettiva urbanistica, possano essere scambiate come conseguenza di pregiudiziali di natura ideologica, fanno sì che il nostro Gruppo, in termini di voto, si atteggi in modo diverso rispetto a quella che invece è la sua opinione sostanziale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, la compagna Sestero ha illustrato molto acutamente uno dei limiti contenuti in questa legge. Dal punto di vista dell'impostazione generale e culturale, questa si rivolge in modo esclusivo al filone delle religioni cristiane, in particolare a quella di culto cattolico. Si tratta quindi di una legge carente, perché non tiene conto della pluralità delle religioni; lo stesso termine "religione" è già di per sé restrittivo.
A questa critica ne affianco un'altra. A me pare che, anche rimanendo all'interno del filone delle religioni cristiane e della stessa religione cattolica, questa legge sia carente. Per evidenziare questo fatto, ricordo due saggi che il De Sanctis ha tenuto alla fine dell'800 all'Università di Napoli; uno sul movimento educativo cattolico nel pensiero di Rosmini l'altro relativo alla Chiesa, Stato e Nazione, secondo la riforma di Rosmini. Mi sembra che possano essere punti di riferimento per problemi di principio ai quali, come giustamente alcuni interventi del dibattito hanno rilevato, non possiamo sfuggire.
Rosmini, nel 1832, scrisse "Le cinque piaghe della Chiesa"; questo libro lo mise in serbo e non se ne parlò più per diversi anni. Quale successo ebbe quel libro? Dice il De Sanctis: "Immediatamente nessuno. I liberali alzarono le spalle, erano troppo innanzi colle idee, credevano vedervi un ritorno al Medio Evo.
Per darvi un saggio del modo come lo ricevettero i clericali, ricorder che un prelato romano disse: 'Rosmini ha sbagliato, le piaghe della chiesa non sono cinque ma sei, e la sesta è Rosmini'.
Erano tempi di azione, le idee andavano innanzi o retrocedevano con violenza, come suole avvenire. Pure quel libro esercitò grande influenza specialmente in quel partito liberale detto neoguelfo o neocattolico, che ripone nel cattolicismo riformato la pietra angolare del nuovo edificio nazionale. Quelle idee, trasformate a poco a poco, ed elaborate in altra forma, vivono ancora; alcuna si è anche affacciata in Parlamento, è oggi bandiera d'un partito politico. Non è dunque un libro di cui si possa fare un cenno e passare innanzi, come di qualche cosa sparita appena comparsa fissa il punto di partenza d'un indirizzo politico".
Successivamente il Rosmini parla della quarta piaga, individuandola nel feudalesimo e insieme nella servitù, nel vassallaggio, misto di signoria profana e barbara.
A proposito di questo passo il De Sanctis commenta: "Quali sono i rimedi? La risposta è facile: se il male è il potere temporale con i beni annessivi, il rimedio è nel rinunciare a quel potere, a quei beni".
E successivamente dice: "Perché l'ingerenza de' laici nelle cose spirituali, de' chierici nelle temporali produce tanti danni: ebbene separazione e quindi conciliazione. A Cesare quel ché è di Cesare, a Dio quel ché è di Dio. La guerra è appunto in questa doppia ingerenza togliamola, separiamo con giusti confini i due campi e si avrà la conciliazione, espressa in una formula diventata ora luogo comune: separazione della Chiesa dallo Stato. Risultato sarà ciò ché è espresso in altra formula, la quale ha fatto il giro del mondo cattolico: libertà della Chiesa. Il giorno in cui voi separerete i due poteri, da una parte la Chiesa riacquisterà la sua libertà d'azione, dall'altra lo Stato riacquisterà la sua; avrete libera Chiesa e libero Stato".
Ciò poi divenne il motto di Montalembert e fu formulato da Cavour in Parlamento: "libera Chiesa in libero Stato" (discorso alla Camera del 25 marzo 1861 sulla questione di Roma).
Mi pongo nel filone indicato dalla legge, quello della religione che a stragrande maggioranza viene praticata in Italia: il sentimento dell'uomo verso Dio quale insieme di riti e comandamenti che gli uomini osservano per onorare la divinità. Io penso che del fatto religione in sé, essendo una delle costanti della storia dell'uomo, occorra tenerne conto anche nell'esercizio dei pubblici poteri dello Stato, a prescindere quindi dai convincimenti religiosi di chi governa.
Questa scelta di comportamento, ovvero la necessità che i pubblici poteri si occupino del problema religione, mi pare si caratterizzi forse più sul piano morale che sul piano politico; ciò, peraltro, è anche fissato nel nuovo Concordato che, ad esempio, per quanto riguarda il tema specifico che affrontiamo, prevede all'art. 5, comma terzo, che "l'autorità civile terrà conto delle esigenze religiose delle popolazioni per quanto concerne la costruzione di nuovi edifici per il culto cattolico".
La dizione "l'autorità civile terrà conto" è importante perch significa che i pubblici poteri devono affrontare il problema, devono dare delle risposte e inserirle in programmi di governo, in azioni e comportamenti concreti.
L'espressione "terrà conto" ha più la formula dell'invito che non dell'ordine, cioè più di una necessaria assunzione di responsabilità che non l'imposizione di una decisione burocratica.
Questa finalità, questo modo di porgere il problema al potere pubblico perché lo affronti trova un esempio consolidato nella prassi che i Comuni piccoli e grandi hanno sempre avuto. E' consolidato il fatto che gli edifici per il culto siano delle opere di urbanizzazione secondaria, per le quali vengono versate ai Comuni delle somme da parte di chi realizza gli interventi edilizi. Sono opere necessarie per la vita dei cittadini, come sono necessarie le scuole, gli asili nido, le attrezzature sportive, e penso sia assolutamente incontestabile che gli edifici religiosi (in Italia la maggioranza di essi sono quelli che fanno riferimento alla religione cattolica) rappresentino un patrimonio storico, artistico, architettonico di eccezionale valore.
Per questo tema, quale programma di governo? Penso che ogni Comune (e qui siamo in molti ad avere avuto esperienze amministrative) abbia sempre dimostrato nei fatti che il tema degli edifici religiosi è stato affrontato nella reciproca autonomia tra il potere del Comune, dello Stato e la Chiesa cattolica; la stragrande maggioranza dei piani regolatori ha sempre dato indicazioni in questo senso, anche prima di questa legge.
Inoltre direi che i rapporti tra l'autorità civile, costituita dal Comune e il clero, la comunità religiosa, la comunità dei fedeli, siano sempre esistiti e si sviluppino Comune per Comune a seconda della vivacità e della ricchezza della presenza religiosa, ma anche della sensibilità rispetto a questa componente della società da parte del potere civile.
Credo ci sia sempre stato un riferimento e un rapporto tra l'autorità civile e i problemi degli edifici per il culto. Questo rapporto è avvenuto sempre all'insegna di un'autonomia reciproca, autonomia della Chiesa e autonomia del Comune, autonomia di iniziativa, di decisione, di programma da parte del Comune.
Questo legame stretto, che deve esistere ed è bene che esista, tra l'autorità civile (i Comuni) e la presenza religiosa (all'interno dei Comuni) deve essere tenuto in conto, ma suscita molti dubbi interferire con ordini e obblighi anche di carattere burocratico all'interno di rapporti che sono sempre stati ricchissimi di reciproca autonomia e libertà.
Ricordo la mia prima esperienza nel Comune di Gassino: una delle prime deliberazioni assunte era un contributo per il restauro della cupola della parrocchia di Gassino.
Ricordo, durante le amministrazioni di sinistra, che cosa ha fatto il Comune di Torino nel rapporto con Torino-Chiese; ricordo il rapporto con l'"imprenditore" - chiamiamolo così - Don Enriore, simpaticissima persona.
Il Comune di Torino ha preso numerosissimi provvedimenti, per quel che riguarda la mia personale esperienza all'interno di una giunta di sinistra sul problema degli edifici per il culto.
Da questo punto di vista ho avuto una ricchissima esperienza. Proprio per questo non mi sento di condividere il modo con il quale alcuni Consiglieri regionali propongono di affrontare il problema. Perché? Intanto perché questa è una legge che confonde i livelli del problema.
Questo è uno degli elementi di debolezza: in un primo momento si vuole utilizzare la possibilità di reperire delle risorse consentita dal fatto che l'edificio per il culto è considerato opera di urbanizzazione secondaria.
L'utilizzo degli oneri di urbanizzazione, la quantità, le priorità rientrano nella sfera di competenza dei Comuni, ma nel momento in cui si vuole considerare l'edificio per il culto un'opera di urbanizzazione secondaria, occorrerebbe trattare l'edificio per il culto al pari delle altre opere. Se si vuole portare il discorso sull'edificio per il culto a livello di urbanizzazione, bisogna farlo in modo veramente laico: è un servizio come gli altri; se normo questo tipo di servizio, dovrei normare anche gli altri.
In questo modo invece si privilegia un'opera di urbanizzazione secondaria rispetto ad un'altra. Mi sembra una contraddizione.
Si fa un'altra grave confusione: si confonde il problema delle aree da destinare ad edifici per il culto ed attrezzature di interesse comune e religioso nel piano regolatore con gli oneri di urbanizzazione dovuti agli edifici per il culto. Una cosa sono le aree per le attrezzature di interesse comune religioso, altra cosa sono gli edifici per il culto, per i quali si devono pagare gli oneri di urbanizzazione. Sono due cose diverse.
La situazione peggiora quando all'art. 2 della legge si specifica che cosa si intende per attrezzatura religiosa. Per attrezzatura religiosa questa legge intende "l'edificio per il culto" e qui non ho nessun problema, nessun dubbio, ma poi aggiunge "l'alloggio dei ministri del culto e del personale di servizio e gli edifici per attività educative culturali, sociali e ricreative".
Non mischiamo il sacro con il profano. Io stento veramente a riconoscere il carattere di sacro ad un salone nel quale si svolge un'attività sportiva. Il sacro è dedicato a Dio, riguarda il culto, il profano non appartiene alla religione. Questa è una confusione che veramente genera moltissimo imbarazzo.
La legge quale errore compie? Dice che tutte queste opere costituiscono opere di urbanizzazione secondaria. Ma questo non è vero, a mio parere non può essere affermato: le opere di urbanizzazione secondaria sono gli edifici per il culto e all'interno degli edifici per il culto non rientrano le opere accessorie, gli alloggi della servitù o i saloni per giocare a tennis da tavolo.
Ci sono confusioni non condivisibili. Quindi, si lavora su oneri ed opere di urbanizzazione da un lato, e questo lo proponete, sulla base di un codice burocratico, mentre il tema degli edifici per il culto, in termini di oneri di urbanizzazione, vuol dire "piegare" questa struttura al pari delle altre ad una corretta prassi amministrativa.
Certo questo può sembrare difficile da accettare, ad esempio, per i credenti, ma nel momento in cui si accetta di lavorare su quel terreno bisogna accettarne tutte le regole.
L'edificio per il culto, diventato un'opera di urbanizzazione, è da trattare al pari delle altre opere di urbanizzazione secondaria che sono elencate nella legge n. 56 all'art. 51 e che possono fare riferimento a privati. Ad esempio, se si decide di normare l'erogazione di contributi per questo tipo di opera di urbanizzazione secondaria, ammesso e non concesso che sia giusto farlo, chi vuole farlo, per coerenza, dovrebbe farlo per tutti i soggetti e tipi di opere di urbanizzazione che sono nelle stesse identiche situazioni.
Inoltre si fa un'altra confusione. Un conto è l'esigenza riconosciuta dalla legge che i cittadini, accanto al campo sportivo, all'ufficio delle poste, alla scuola, all'asilo nido, abbiano anche gli edifici per il culto altro discorso è il problema della tutela del patrimonio artistico che in Italia, in modo specifico e così cospicuo, è costituito da strutture religiose della Chiesa cattolica. Sono due problemi che non coincidono perché i cittadini di un nuovo quartiere hanno diritto ad avere un edificio per il culto. I cittadini di un quartiere consolidato hanno diritto che la loro chiesa continui a funzionare, quindi se il tetto è pericolante, venga rimesso a posto, se piove dentro venga ripassato, in modo che quel muro venga consolidato. E' un tipo di esigenza che va risolta all'interno dei programmi "opere di urbanizzazione", quindi gli oneri di urbanizzazione devono contribuire a fornire questo tipo di servizio ai cittadini.
Il problema della tutela del patrimonio artistico invece non coincide con questi, perché vi sono delle priorità che probabilmente non hanno nulla a che vedere con la necessità di consentire l'esercizio del culto da parte delle popolazioni, perché "quella chiesa" (patrimonio artistico) inutilizzata è addirittura sovrabbondante dal punto di vista del culto.
In questa legge c'è confusione perché si propongono finanziamenti regionali finalizzati alla tutela del patrimonio artistico, assegnandoli agli interventi che i Comuni deliberano sulla base delle necessità di opere di urbanizzazione. Questo non ha senso: i Comuni deliberano sulla base dei programmi di oneri di urbanizzazione che la Regione assegna privilegiando i restauri! Ecco dov'è la contraddizione: le due cose vanno separate. Quindi noi continuiamo a dire: confusione e inadeguatezza; oltretutto, badate bene con questa legge non si andrà al di là di interventi disseminati e probabilmente minuscoli.
Si possono creare delle speranze alle quali non si darà risposta saranno contributi non mirati alla tutela del patrimonio storico e artistico; si imporranno obblighi ai Comuni che a ben vedere possono rimanere formali.
Ci preoccupa anche suscitare delle illusorie attese, perché la quota da destinare alle chiese può essere talmente piccola da diventare illusoria.
Quindi è un obbligo, è un dovere, è un burocratismo, è un'imposizione; poi a ben vedere, come spesso capita, ognuno potrà disattendere la sostanza della proposta.
E' una legge che non ci convince. Questa strada degli oneri di urbanizzazione, per tutte le cose dette dal compagno Biazzi ed anche dal collega Ferrara, non porta lontano, ammesso che sia legittimo farlo. Se si volesse farlo, noi chiederemmo comunque la pari dignità con le altre opere di urbanizzazione secondaria, cosa che non c'è. E' una norma che renderà difficilissima la vita dei Comuni, già molto precaria dal punto di vista finanziario.
Il problema delle chiese, che esiste, dovrebbe essere affrontato con minor burocratismo, senza tante confusioni e separando nettamente il tema del patrimonio artistico che può essere un tema sul quale si pu raggiungere un accordo studiando le priorità, il collegamento con gli edifici civili. Da questo punto di vista, perché non cominciare ad affrontare il problema della tutela del patrimonio artistico architettonico religioso dal punto nel quale ce lo consegnano le stesse autorità religiose? Il 12 gennaio di quest'anno Don Aldo Marengo, responsabile dell'Ufficio liturgico della Curia, al convegno "Tutela e valorizzazione dei beni culturali e religiosi" ha detto: "Rispetto al bisogno della comunità cattolica, l'eccedenza delle chiese e degli edifici per il culto è tale da costituire un problema". Secondo me un tipo di approccio logico pu iniziare proprio da questo fatto.
Prendiamo atto che la Chiesa cattolica non solo non ha bisogno di contributi per oneri di urbanizzazione secondaria, anzi afferma che ce ne sono troppe al punto da non averne più bisogno per l'esercizio del culto.
Da un lato, abbiamo la Chiesa che dice di avere troppi edifici rispetto al bisogno e all'urbanizzazione, dall'altro, emaniamo una legge che destina risorse per le urbanizzazioni. E' una contraddizione; sarebbe molto più logico partire da questa sovrabbondanza di edifici per il culto dichiarata dalla Chiesa cattolica per affrontare un programma.
Come rispondiamo a questa sovrabbondanza? Acquisiamo delle chiese secondo delle priorità, studiamo con la Sovrintendenza ai Beni ambientali e architettonici un programma di acquisizione individuando usi e finanziamenti. Questo potrebbe essere un discorso da affrontare all'interno del Consiglio regionale, dal quale far scaturire delle proposte, eventualmente anche di tipo legislativo.
Attraverso tre interventi il Gruppo comunista ha dimostrato di non voler prendere sotto gamba questa questione, attribuendogli il necessario spessore, sia dal punto di vista legislativo che culturale: non vogliamo far finta che sia una questione da nulla, perché è una questione importante. I termini nei quali vogliamo affrontarla saranno ancora illustrati nel corso della discussione sugli emendamenti presentati dal compagno Biazzi; in parte potrebbero anche emergere dai contributi che sia il collega Ferrara sia il collega Marchini hanno annunciato.
Penso che sia il momento di correggere un'impostazione che vedo non soddisfare tutti e passare alla definizione di un'altra politica da concordare insieme.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Egregi Consiglieri, cari colleghi, la relazione egregia del collega Nerviani ha riassunto il travaglio di questo testo legislativo (dico travaglio perché è stato oggetto di una lunga e responsabile elaborazione) tenendo conto di posizioni forse di provenienza diversa rispetto ai testi presentati. Il dibattito ha visto il Gruppo DC come uno dei soggetti (non privilegiati come forse qualcuno vuole reiteratamente invocare) interpreti di un impegno già assunto in occasione dell'approvazione della legge n. 56 rimasto sospeso per 11 anni, in attesa di iniziative che potevano anche essere assunte dall'esecutivo.
Non essendo state assunte iniziative in termini di definizione delle deliberazioni applicative dei contributi di urbanizzazione, il Gruppo DC ed altri proponenti hanno ritenuto opportuno addivenire alla definizione di una partita che era aperta e sulla quale altre Regioni, come ha ricordato il collega Nerviani nella sua relazione, hanno assunto impegni precisi.
Questo a garanzia di un rapporto corretto che è tutto all'interno delle finalità espresse nell'art. 1, nel quale si parla chiaramente di "rapporti intercorrenti tra insediamenti abitativi e servizi religiosi".
Come farò io nel mio intervento, potremmo arricchire le nostre convinzioni in ordine alle profonde, radicate posizioni sul problema del culto e su come la Costituzione debba essere garante di questa libertà.
Tuttavia, in questa legge sarebbe opportuno attenersi a considerazioni che sono, da un lato, di processo istituzionale e, dall'altro, di processo normativo, derivanti peraltro da posizioni assunte non solo dalla Costituzione, ma addirittura da leggi dello Stato. Ad esempio, mi pare che il concetto qui reiteratamente invocato sul fatto che queste chiese, queste strutture debbano essere opere di urbanizzazione secondaria sia leggibile a chiare lettere nella legge n. 847 del 1964 e abbia trovato applicazioni costanti in questi anni: sono passati ben 24 anni senza che il principio di per sé fosse stato messo in discussione.
Quello che oggi può essere rimesso giustamente in discussione - come cittadini preposti, anche se eletti Consiglieri regionali, ad assicurare un perequato uso delle risorse economiche al servizio della comunità - è se dobbiamo, nell'occuparci di questo problema, rifugiarci dietro agli eufemismi oppure dire chiaramente in quale posizione ci collochiamo rispetto al concetto di opera al servizio dell'esercizio del culto.
Dico chiaramente che, come cattolico, mi sento un po' a disagio nel rifugiarmi nell'eufemismo del servizio e dell'urbanizzazione secondaria.
Non ho dubbi a dirlo, anche se altri possono pensarla diversamente. Poich la pratica del culto è espressione di libertà e di valori che non sono solo religiosi e non hanno cittadinanza caratterizzata da colori politici e di governo, ritengo che questa condizione di libertà debba trovare non solo cittadinanza, ma possibilità di essere esercitata appieno anche attraverso le strutture fisiche assicurate dalle organizzazioni sociali della società.
A differenza di altre garanzie, la Costituzione italiana, all'art. 8 si è preoccupata di invocare il criterio di continuità espresso dalla società italiana rispetto a questo diritto di libertà; se n'è preoccupata per una semplice ragione: perché evidentemente questo diritto non era da relegare tra i diritti opzionali, cioè tra quelli che si potevano accondiscendere o meno, e perché riconoscere il prevalente peso dei rapporti sociali che sottende al diritto di libertà religiosa comportava nella società italiana un preciso rapporto rispetto alle istituzioni esistenti.
In questo momento non possiamo ignorare il processo storico che pu essere rivisitato alla luce di tutte le polemiche che caratterizzano la dialettica nelle forze politiche italiane e tra rapporti culturali ed ideologici diversi; non possiamo però dimenticare che la Costituzione ha richiamato questo diritto fondamentale rifacendosi ad un preciso impegno della società italiana a volere fare salvi questi diritti in un quadro che come ho detto, non fosse relegabile tra le cose che potevano subire deformazioni o compressioni a seconda del colore dei governi.
Oggi ci troviamo a dare ancora un contributo su questo versante e a preoccuparci, nella regione piemontese, di assicurare che questo processo decisionale relativo alla costruzione di nuovi edifici religiosi o alla valorizzazione del patrimonio all'interno di strutture religiosi già esistenti sia garantito alla società dalle istituzioni in modo non corale nessuno pretende la coralità su queste cose, ma è necessario trovare consenso in un chiaro e preciso ambito di norme e di principi stabiliti.
Credo che il processo per assicurare alla società (nella sua variegata espressione di presenze) il diritto ad avere nel rapporto con il culto una libertà che superi il rapporto interpersonale e sociale (che le società o altre organizzazioni di partiti a volte vogliono coinvolgere) debba essere conflittuale quando si tratta di determinare e di scegliere servizi concorrenziali ai fabbisogni, anche di localizzazione territoriale. Quando si tratta di fabbisogni che riguardano l'uomo nella sua totalità, nella sua ampia accezione di soggetto che ha aspirazioni (come per l'esercizio del culto), indipendentemente dal fatto che il provvedimento sia volto specificatamente agli edifici per il culto, tutto questo deve gratificarci direi quasi riscattarci da una soggezione che ci potrebbe derivare dal fatto di ritenere di mettere a servizio queste strutture a condizioni di subordinazione dell'uomo agli schematismi, all'organizzazione, alle strutture.
Non penso sia così. Dobbiamo rivendicare al ruolo di queste strutture la capacità di collocarsi in un'area diversa da quella in cui siamo normalmente abituati a concepire il rapporto tra le strutture sociali e l'uomo.
Nessuno vuole dare, come è stato detto, priorità alle chiese in quanto tali. Rispetto a questo provvedimento noi ci collochiamo - trattandosi di una priorità che possiamo ritenere eccezionale, come mi pare abbiano espresso anche alcuni Consiglieri dell'area laica - nell'ambito di una consequenzialità dei diritti che vogliamo riconoscere per quanto riguarda la capacità di espressione della libertà dell'uomo.
Siamo di fronte ad una grossa opzione rispetto alla possibilità di attivare strutture sociali, anche di tipo qualitativo, che diano possibilità di attivare strutture di supporto, laddove i Comuni o le istituzioni politiche non sono in grado di sopperire a questa esigenza.
Credo che il discorso di tali strutture (ad esempio le sale di riunione che stanno intorno ad un campo di gioco) debba essere rivisto in termini nettamente concorrenziali o, addirittura, antitetici rispetto al rapporto che esiste con altre istituzioni.
Ricordo che storicamente le chiese hanno rappresentato un momento di riferimento aggregativo interessante nella formazione della città e degli insediamenti, e non credo che questo processo aggregativo, che a volte ha costituito l'associazione mercato-chiesa, debba essere sempre interpretato come una demonizzazione del concetto di rapporto della struttura di culto rispetto alla società, oppure di servizio della struttura mercatale di subordinazione rispetto alla chiesa. Non è così; sono invece fatti di aggregazione che si costituiscono in funzione delle aspirazioni e delle esigenze della popolazione. Quindi, ripeto, il trasferimento di un processo storico di formazione urbanistica verso un processo di aggregazione del sociale oggi vede le strutture dell'oratorio o della casa parrocchiale sostitutive di un ruolo aggregativi che a volte sopperisce a carenze o deficienze esistenti nelle strutture civili; tutto ciò senza la presunzione di voler sempre rivendicare un'antitecità che potrebbe anche essere del tutto distorcente rispetto alla destinazione delle risorse collettive.
L'omologazione di urbanizzazione secondaria va vista in questa accezione di vasta e ampia concezione del rapporto tra i gruppi sociali e delle strutture di cui la società si dota; non va sempre vista in un rapporto di conflittualità territoriale e in una dialettica sulla quale potrebbe esistere il sospetto che ogni struttura e ogni attivazione di struttura siano al servizio di determinati interessi o determinate finalità politiche.
Detto questo, non vogliamo che si confondano queste strutture con strutture qualitative delle quali gli insediamenti hanno necessità e per le quali le istituzioni a tutti i livelli (Comuni, Regioni e Province) si devono attivare in forma totale per assicurare alla domanda la massima rispondenza e alle aspirazioni la massima capacità di traduzione in effetti; ciò garantendo soprattutto, in termini di pluralismo, qualsiasi tipo di sollecitazione finalizzata a dare alla società le massime espressioni di libertà, di forme di aggregazione, di forme di riferimento ai valori fondamentali.
Quindi, nessuna confusione con altri ruoli o con altre destinazioni di risorse sia per quanto attiene a nuove strutture sia per quanto attiene al patrimonio artistico, che si trova non dico occasionalmente ma realisticamente coincidente con strutture che nella società assolvono ad un determinato ruolo. La loro valorizzazione e il loro recupero con destinazioni regionali rientrano in una finalità che, al di là della salvaguardia dei beni culturali, esorda anche sul piano del servizio religioso, senza per questo contraddire ai principi di espressione dei massimi valori di civiltà e quindi anche di capacità di interpretare questo rapporto con il passato che è insito in certi documenti, in certi patrimoni, anche religiosi ma non solo.
In quest'ambito si colloca il processo istituzionale che cresce nella nostra realtà e nella nostra democrazia, un processo del quale il Consigliere Reburdo dice: "Si affacceranno nella nostra società dei rapporti nuovi". E' vero, si affacceranno nella nostra società delle nuove concezioni rispetto all'esigenza di soddisfare il diritto al culto e all'edificio religioso celebrativo, già emblematicamente capace di aggregare chissà quali forme di strumentalizzazione; il sentimento religioso si sta trasformando cioè in una struttura capace di creare condizioni di aggregazione anche politica. Mi spiace dirlo: un domani, di fronte a forme di religione diverse da quella che la collega Sestero ha definito "eurocentrica", si potranno dare all'edificio religioso significato e forme di riferimento che non sono quelle che la nostra maturazione storica ha ormai consolidato nella società.
Tutto questo ci deve porre con una certa serenità rispetto al provvedimento che stiamo per assumere, non avendo posto termini di chiusura rispetto alla capacità di aggregare forme di organizzazione diverse dalla religione cattolica. Naturalmente, il richiamo alla prevalente condizione di consenso che si determina rispetto alla religione cattolica è un richiamo alla selezione della spesa rispetto ad una pluralità di esigenze che, se non immediatamente oggi, si potrebbero manifestare domani.
Con tutto ciò riteniamo che, quando le intenzioni sono rette e gli obiettivi mirati a salvaguardare al massimo livello possibile i diritti di libertà del cittadino, i provvedimenti sono sempre positivi e certamente sortiranno effetti positivi nella convivenza civile e nel riscatto che l'uomo cerca nella società di oggi.



PRESIDENTE

La discussione generale è così terminata.
L'esame di questo argomento verrà proseguito nelle prossime sedute del 28 e 29 luglio.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Ordine del giorno n. 533 sulla situazione occupazionale alla Ditta Wamar


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'ordine ordine del giorno n. 533, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte visto il rinnovarsi della crisi che colpisce il biscottificio Nuova Wamar di Torino, connessa al perpetuarsi di scioperi per il temuto trasferimento dell'attività produttiva in altra regione, con il contributo finanziario in conto capitale ed in conto interessi dello Stato constatato altresì che il contratto di affitto dello stabilimento, di proprietà della Fondazione Gaslini di Genova, è di già scaduto alla fine di maggio 1988 e ne dovrebbe quindi seguire un'azione di sfratto e prima di questa una gravosa penalizzazione, liberando successivamente l'area da qualsiasi vincolo di carattere industriale, che giustificò la concessione alla Gaslini della variante d'uso per una frazione consistente dell'immobile, da parte del Comune di Torino nel giustificato dubbio che detta attività produttiva, trasferita ed agevolata da contributi statali, possa offrire un numero alquanto limitato di posti di lavoro e contemporaneamente provocare l'adozione in Torino della Cassa Integrazione Guadagni Speciale per 143 dipendenti Wamar rilevata inoltre la strisciante progressione di trasferimenti dal Piemonte in altre regioni di servizi, di industrie a PP.SS. o a carattere privato mentre in Torino il coefficiente di disoccupazione non è inferiore ad altri territori italiani chiede alla Direzione Nuova Wamar di confermare con un piano adeguato il permanere in Torino dell'attività del biscottificio e alla Fondazione Gaslini di rispettare l'impegno assunto, che vincola parte della proprietà immobiliare a scopi industriali chiede al Comune di Torino il rispetto della destinazione ad uso industriale per la parte di area non soggetta a variante confermando contemporaneamente la massima attenzione contro le azioni di trasferimento di servizi e di industrie del Piemonte e per il rispetto civile e doveroso di tutti gli accordi firmati dalla Nuova Wamar e dalla Fondazione Gaslini di Genova".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 28 Consiglieri presenti.


Argomento: Industria - Commercio - Artigianato: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 717: "L.R. n. 9/80 Intervento per il riequilibrio regionale del sistema industriale - Aggiornamento annuale del programma pluriennale e approvazione del relativo programma di attuazione"


PRESIDENTE

Esaminiamo infine la proposta di deliberazione n. 717, di cui al punto 13) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 29 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20)



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