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Dettaglio seduta n.149 del 14/07/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 1322 presentata dai Consiglieri Chiezzi Bontempi, Guasso, Biazzi, Adduci e Bresso.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

L'interpellanza si riferisce alla Conferenza di Strasburgo. Vorrei fare un'osservazione di fondo iniziale per scendere poi nel dettaglio delle richieste avanzate.
Il tono dell'interpellanza sarebbe stato diverso se i Consiglieri avessero avuto maggiore conoscenza del problema. Credo però di avere ampie giustificazioni per l'impossibilità reale che c'è stata nel dare questa comunicazione perché si è trattato di un'iniziativa abbastanza improvvisata, rispetto alla quale la Regione Piemonte si è collocata con ritardo (l'iniziativa non è nostra ma della Regione Emilia Romagna) e abbiamo avuto anche delle difficoltà di ordine pratico nel senso che ci è pervenuta l'autorizzazione ministeriale a partecipare al viaggio a Strasburgo solo due ore prima di partire. Ricordo di essere andata alle 10 dal Presidente della Giunta per dirgli che non sarei partita se non avessi avuto la certezza che le autorizzazioni all'Assessore Cernetti e mia fossero pervenute. E' stata autorizzata poi telefonicamente e dopo una settimana è arrivata anche l'autorizzazione scritta per telex. Tutto ci per far capire le condizioni nelle quali l'iniziativa è stata organizzata.
I Consiglieri sanno che nel febbraio 1988 si è costituita, con un incontro a Ferrara, presenti il Presidente della Giunta e l'Assessore Cernetti, la Commissione prevista dalla legge Merli, composta dai rappresentanti dei Ministeri competenti, dai Presidenti delle quattro Regioni rivierasche del Po, dagli Assessori alla tutela ambientale, da funzionari ministeriali e regionali. Tutta la legge Merli ha segnato un certo ritardo nella sua applicazione, quindi anche questa Commissione ha finito per risultare in ritardo di quasi dieci anni rispetto alla sua costituzione. La Commissione ha costituito dei gruppi di lavoro e sta predisponendo dei piani. Questo non ha escluso che le Regioni singolarmente, bilateralmente, trilateralmente, o tutte quattro insieme abbiano pensato ad altri momenti di interesse sui problemi del risanamento dei fiumi, in particolare del fiume Po. Questa iniziativa va fatta risalire alla Regione Emilia Romagna che ha avuto l'idea di predisporre questo incontro con il Parlamento Europeo a Strasburgo e ha chiamato anche le altre Regioni, che vi hanno aderito.
In un primo tempo questo incontro doveva assumere un'importanza maggiore di quella avuta in quanto sembrava che la manifestazione delle quattro Regioni avrebbe potuto avere in accompagnamento lo stesso Ministro Ruffolo, quindi con un intervento congiunto del Governo italiano e delle Regioni italiane competenti presso il Parlamento Europeo. Non so per quali motivi politici o ragioni particolari (ritengo soprattutto per una indisponibilità reale del Ministro Ruffolo ad essere presente) questa rappresentanza è stata esclusivamente regionale senza la presenza del Ministro Ruffolo. Quindi sono state le quattro Regioni italiane che hanno incontrato il Parlamento Europeo.
La riunione è stata organizzata in toto dalla Regione Emilia Romagna che si è presentata all'appuntamento con un opuscolo illustrativo della situazione; anche la Regione Veneto ha ritenuto di essere presente con un documentario sul Po e sui suoi problemi (trasmesso in lingua francese) e l'intera manifestazione è iniziata con una conferenza stampa delle quattro Regioni a Strasburgo nella sede del Parlamento stesso, con un incontro con la Commissione Ambiente del Parlamento Europeo e con un incontro diplomatico-formale con il Presidente del Parlamento Europeo, Lord Plumb.
Lo scopo di quella riunione era di trasferire in sede europea i problemi che esistono lungo l'asta fluviale del Po e di chiamare la sensibilità del Parlamento Europeo rispetto a questo tema visto che in altre occasioni ha dimostrato - segnatamente la Commissione Ambiente - sensibilità ed attenzione attraverso una deliberazione che ha consentito degli interventi di carattere finanziario sul fiume Reno nella sede opportuna della Commissione della CEE. Abbiamo tenuto conto che anche attorno al fiume Po c'era questo risveglio di interesse da parte delle Regioni e da parte del Ministero e abbiamo tenuto conto che la stessa legge finanziaria conteneva alcuni interventi di carattere finanziario importanti rispetto al disinquinamento e che anche il Parlamento Europeo dovesse essere sensibilizzato.
Desidero raccontare nel complesso la situazione anche perché queste cose sono apparse sulla stampa. C'è stata da parte dei parlamentari italiani nell'ambito della Commissione Ambiente una presa di posizione iniziale non dico di disagio (l'hanno fatto risaltare non più di tanto perché poi la riunione ha avuto inizio con tranquillità e serenità), ma una presa di posizione da parte dei nostri parlamentari che avrebbero ritenuto più opportuno che le Regioni italiane avessero stimolato un primo incontro con i parlamentari italiani e successivamente con il Parlamento Europeo.
Questo momento iniziale di disagio è stato immediatamente coperto e dopo la conferenza stampa si è andati al vivo dei problemi; soprattutto la riunione del pomeriggio ha visto la presenza di alcuni parlamentari italiani con l'attenzione a questo nostro problema.
L'interpellanza presentata dal Partito comunista chiede quale sia il piano presentato in quella occasione. Non è stato presentato nessun piano perché un piano non esiste. E' stata rappresentata l'esigenza delle Regioni perché il problema del disinquinamento del Po e comunque i problemi del Po come ecosistema in senso generale, vengano considerati anche dal Parlamento Europeo.
Il Presidente della Giunta non poté intervenire, quindi mi delegò per questa materia. Era presente anche l'Assessore Cernetti. Abbiamo sostenuto la posizione delle Regioni per questo impegno del Parlamento Europeo e abbiamo colto l'occasione per informare lo stesso Parlamento e le altre Regioni della predisposizione da parte della Regione Piemonte di un Progetto Territoriale Operativo che va oltre gli ambiti di intervento del piano di risanamento del quale si sta occupando la Commissione ministeriale e regionale, prevista ai sensi della legge Merli.
I Consiglieri conoscono tale piano perché è già stato inviato alla Commissione competente. E' un piano che esamina i problemi ambientali dell'asta del fiume in tutto il suo corso, non soltanto per quello che attiene al disinquinamento ma per tutti gli altri problemi che attorno al Po e per il Po sorgono e richiedono una risoluzione.
L'impostazione del Progetto Territoriale Operativo è stata colta con un certo interesse da parte dei presenti e da parte delle Regioni italiane. Si sono a questo riguardo stimolati degli incontri, è previsto un incontro con la Regione Emilia Romagna nei prossimi giorni per valutare insieme le nostre previsioni di intervento rispetto al Piano Territoriale Operativo e per vedere come questo Piano Territoriale Operativo, che per ora riguarda i 200 km che interessano il tratto di Po che scorre in Piemonte, non possa diventare occasione per un intervento di carattere generale per le quattro Regioni rivierasche. In questo senso la riunione è stata molto utile perch ha aperto un orizzonte nuovo e un raccordo nuovo con le quattro Regioni italiane. Ci auguriamo che da questo incontro possano sortire delle occasioni di intervento da parte del Parlamento Europeo.
Dopo la riunione della Commissione Ambiente c'è stata una presa di posizione da parte degli on. Squarcialupi, Didò, Cassamagnago e Novelli, i quali hanno predisposto le condizioni per una deliberazione che dovrebbe essere prossimamente presentata al Parlamento Europeo. Sappiamo che il Parlamento Europeo non può decidere nulla, può esprimere soltanto degli intenti e, attraverso le sue risoluzioni, si può giungere ai momenti esecutivi e deliberativi veri e propri della Comunità stessa. A me sembra un'iniziativa molto importante. I Presidenti delle Regioni Emilia Romagna e Piemonte hanno commentato molto favorevolmente la disponibilità dei nostri parlamentari europei, quindi noi ci auguriamo che dall'impegno generale congiunto del Governo, delle Regioni d'Italia e del Parlamento Europeo qualche risultato e qualche intervento possa derivare per la risoluzione dei problemi del nostro fiume.
Con questo credo di aver risposto alle domande che l'interpellanza del Partito comunista poneva.
Colgo l'occasione per informare che il Progetto Territoriale Operativo che in via informale l'Assessorato alla pianificazione territoriale aveva inviato alle Commissioni competenti fin dal momento della sua consegna da parte dell'IRES all'Assessorato stesso, è in questo momento all'attenzione dei Comuni che devono entro 45 giorni deliberare l'accettazione o meno del progetto stesso e questo termine sta per scadere. Questo progetto, come i Consiglieri sanno, ha già sostato in quest'aula nel 1986, il Consiglio regionale ha autorizzato la Giunta a procedere sul preprogetto; il preprogetto è stato realizzato e, non appena arriveranno le 80 deliberazioni che i Comuni devono produrre nei 45 giorni, sarà cura dell'Assessorato inviarle immediatamente alla Commissione competente per l'iter contemplato dalla L.R. n. 56 rispetto a questo strumento nuovo di pianificazione che è il Progetto Territoriale Operativo.
Questo è il primo progetto che il Consiglio sta esaminando, quindi stiamo anche per certi versi facendo un'esperienza rispetto a uno strumento nuovissimo che è stato introdotto con le ultime modifiche alla L.R. n. 56.
Io credo che nel mese di settembre la Commissione potrà lavorare attorno al progetto stesso e fornire in quella sede quei contributi che l'interpellanza del Gruppo comunista auspicava essere fondamentali per una corretta gestione di una materia così delicata ed importante quale la salvaguardia del fiume Po.
L'iter è iniziato; le consultazioni che la Giunta ha effettuato, delle quali è stata data informazione alla Commissione circa gli orari di svolgimento nelle sedi decentrate, hanno rivelato una buona disponibilità dei Comuni attorno a questo progetto, quindi essendo partiti fin dal primo momento, dalla fase di preprogetto, con il coinvolgimento, e mi sembrava una certa convinzione, delle amministrazioni locali a dover intervenire energicamente attraverso le iniziative che il progetto stesso prevede.
Credo che questo piano possa, sia pure con i tempi richiesti dalla L.R. n.
56 che prevede una procedura piuttosto macchinosa, arrivare presto in porto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'Assessore Vetrino rispondendo alla nostra interpellanza ha spiegato i motivi per i quali non è riuscita ad informare preventivamente il Consiglio dell'iniziativa delle quattro Regioni interessate dal percorso del fiume Po nei confronti del Parlamento Europeo.
Prendiamo atto che la fretta con la quale è maturata questa decisione non ha consentito un esame preventivo. Dobbiamo però ugualmente dolerci del fatto che all'interrogazione del 24 maggio si risponde circa due mesi dopo.
Richiedo all'Assessore che in occasioni analoghe se non si ha la possibilità di interessare preventivamente il Consiglio regionale, si abbia almeno la volontà e la sensibilità di informarlo subito dopo o comunque in tempi più rapidi di quelli nei quali è venuta questa risposta all'interrogazione. Devo comunque rilevare che il problema dei ritardi con cui si risponde alle interrogazioni e alle interpellanze non è infrequente in questo Consiglio regionale, mi rivolgo anche al signor Presidente. Ho fatto un esame delle interrogazioni che recano la mia firma, a circa un centinaio non è stata ancora data risposta: c'è quindi molto arretrato.
Un'interrogazione, alla quale spero oggi sia data risposta, è stata presentata sette mesi fa e io devo dire che sono sempre presente e attendo queste risposte, quindi forse una messa a fuoco e più tempestività nelle risposte sarebbe molto opportuna.
Dalla relazione svolta dall'Assessore Vetrino emerge che sulla questione del risanamento e riqualificazione del Po e delle sue sponde, in realtà siamo appena agli inizi, cioè non c'è nessun piano. Adesso sul Po si è fatto un gran parlare, forse si è fatto anche del "battage" pubblicitario, si sono vendute delle parole e delle buone intenzioni.
Leggendo i giornali ho nutrito l'illusione (la chiamo così a questo punto) che un piano fosse stato messo in moto, che degli studi avessero già prodotto dei risultati e in base a questi risultati si fossero programmati degli interventi precisi, degli investimenti, delle iniziative da prendere.
Vedo che invece così non è.
Quattro Regioni, dirette, mi pare di capire da cosa ha detto l'Assessore Vetrino, da una di esse, l'Emilia Romagna, di fronte a questo problema che è di carattere nazionale (finalmente il Po è assurto a grande problema nazionale) si muovono in modo un po' approssimativo e spericolato decidono di investire il Parlamento Europeo della questione e lo fanno in tutta fretta. Forse qualche Regione, come la nostra, addirittura riesce a entrare all'ultima ora in questa iniziativa.
A me pare che questo non sia il modo di operare e spero che la Regione Piemonte nella Conferenza Stato-Regioni voglia affermare che questo metodo di lavoro non è quello con il quale, soprattutto in una sede internazionale come il Parlamento Europeo, può essere posto un problema nazionale di grande importanza come quello del risanamento del fiume Po. Non si fa così non si corre alla spicciolata a Strasburgo per presentare al Parlamento Europeo, se ho ben capito, dei filmati sul problema del Po e per dire che purtroppo, dopo anni di sviluppo industriale incontrollato, ci siamo accorti che bisogna intervenire con grossi investimenti! Questo non è un modo che rende credibile la richiesta di aiuti e sono d'accordo con i parlamentari europei che si sono lamentati: un'iniziativa di questo genere non può avere dei risultati se si basa unicamente sul volontarismo e su una sorta di propaganda - se permettete. Quando usciamo dall'Italia, sappiamo che ci avviamo in una competizione di livello europeo con la quale dobbiamo fare i conti e sappiamo che su tanti settori, anche nel sistema di governo, abbiamo degli interlocutori dai quali abbiamo a volte molto da imparare.
Ora, porre nella sede del Parlamento Europeo la questione del fiume Po in questo modo (quattro Regioni che corrono a parlare con il suo Presidente) temo che sia più controproducente che altro. Un giornale riportava, ad esempio, le dichiarazioni di un rappresentante laburista Collins, che pur con la gentilezza, ma anche l'ironia, tipiche del personaggio, ha chiesto che cosa è che accomuna il fiume Po agli altri fiumi d'Europa. Ci dicono cioè: cari italiani, state attenti che non c'è solo il fiume Po in Europa e ci chiedono se lo Stato italiano ha assunto iniziative come hanno fatto altri Stati europei. Dico questo perché il riferimento che è stato fatto è stato questo: il fiume Po come il fiume Reno. La Commissione della CEE è intervenuta sul fiume Reno e poich l'Italia ha il fiume Po, si intervenga anche su questo.
E' un po' semplicistico questo modo: innanzitutto un Parlamento Europeo incomincia a valutare, prima di decidere degli stanziamenti, se il Paese che li richiede è in regola con le normative e le circolari della CEE in tema di ambiente: l'Italia ha ottemperato, è a posto da questo punto di vista? Sappiamo che non è così, che l'Italia è in ritardo su molti settori ne cito solo uno. Recentemente con un decreto interministeriale il Governo ha deciso di spostare al 1992 l'abbattimento all'1% del tenore di fosforo nei detersivi, contravvenendo a una direttiva CEE, e questo vuol dire che il Po fino al 1992 per quanto riguarda il contenuto di fosforo che sarà scaricato nell'Adriatico non è in regola con le direttive CEE. Di questo bisogna tenere conto, non ci si può affacciare all'Europa, chiedere che l'Europa spenda, destini risorse per l'Italia se non siamo a posto come politica nazionale.
Al risanamento del fiume Reno hanno concorso per un terzo delle spese le imprese che hanno contribuito all'inquinamento e a creare una situazione di disastro in un Paese, la Germania, nel quale le direttive CEE sono maggiormente seguite che nel nostro. Allora, siamo europei sul serio! E cominciamo a essere europei in Italia recependo le direttive e cominciamo Assessore Vetrino (non so se sia la sua competenza, ma senz'altro è della Giunta), a muoverci affinché le imprese che hanno inquinato e continuano a inquinare partecipino con dei finanziamenti a un piano di interventi per il Po. Questo è un nodo decisivo per accedere ai finanziamenti della CEE, per presentarsi con l'abito giusto in Europa: avere un programma nel quale si è effettuato un censimento delle imprese, si sono individuati degli interventi, si sono fatte delle stime necessarie di investimento e si addebitano percentuali di queste stime alle imprese. Solo in questo modo penso che si possa affrontare in Europa con le carte in regola una domanda di finanziamento a sostegno di un'operazione di risanamento di carattere nazionale.
Seconda questione, torniamo in Italia: la Conferenza Stato-Regioni. Del Po si è fatto un gran parlare, ma non ho capito, da quanto ha riferito l'Assessore, a che punto siano i lavori. Sulla forma organizzativa in grado di affrontare il problema del Po ci sono state varie proposte, c'è anche una proposta di legge del PCI, abbiamo fatto un Convegno qualche mese fa a Mantova nel quale abbiamo avanzato delle proposte. Io non so se questa Conferenza sia in generale la scelta migliore. Quello che però mi piacerebbe sapere è che cosa sta facendo questa Conferenza Stato-Regioni e mi interesserebbe che la Regione Piemonte stesse dietro a questi lavori in modo continuativo, settimana per settimana, e fornisse ai Consiglieri regionali, anche sotto forma di relazioni informali, notizie su cosa sta facendo perché temo che sul problema del Po ogni tanto si scrivano degli articoli sui giornali, si organizzino delle conferenze, si fondino delle associazioni (il Partito socialista ha fondato l'associazione Po 2000) cioè si faccia un gran clamore e anche il giro d'Europa, però le cose rimangono come sono adesso: non si interviene nemmeno a ridurre il fosforo nei detersivi. Allora c'è un disequilibrio enorme e si creano anche delle illusioni nei cittadini. Quindi bisognerebbe informare sempre il Consiglio su cosa sta succedendo.
Per stare alla nostra Regione Piemonte, ci sono due questioni concrete.
La prima: l'iniziativa del Piano Territoriale Operativo sull'asta del Po è lodevole e giusta, e spero anche che sia gestita correttamente nei riguardi delle comunità locali, vista l'esperienza negativa dei piani paesistici quindi quell'esperienza va condotta bene perché è interessante. Mi risulta che, qualche giorno fa, ci sia stato un Convegno da parte dei cavatori di ghiaia (anch'essi in modo incontrollato hanno cavato ghiaia dalle sponde del Po, da Carignano fino a Chivasso, in modo massiccio a sostegno dello sviluppo urbano che ha avuto Torino) con l'Assessore Cernetti. Il problema delle cave (quante cave, dove, cosa fare delle cave ancora in uso, cosa fare delle cave dismesse) è un tema da affrontare all'interno del progetto di piano territoriale del Po e la Giunta deve affrontare la questione in una seduta specifica del Consiglio regionale.
Cosa ha detto l'Assessore Cernetti a questo Convegno in cui erano presenti i cavatori? Non vorrei fare l'ennesima interpellanza impegnando gli uffici del Gruppo. Assessore Vetrino, la invito a sollecitare un dibattito su questo problema insieme all'Assessore Cernetti.
Seconda questione. La Commissione incaricata di controllare verificare, dialogare con l'attività del Magistrato del Po, deve essere insediata velocemente. Non faccio un addebito alla Giunta, forse sono i Gruppi, non lo so se ci sono dei problemi di equilibri, di responsabilità di cariche e via dicendo, prego solo l'Assessore, che è sensibile a questo problema, ad invitare chi di dovere affinché questa Commissione inizi a lavorare, perché sono già passati alcuni mesi.


Argomento: Beni demaniali e patrimoniali

Interpellanza n. 1197 dei Consiglieri Sestero e Chiezzi inerente l'acquisto degli arredi per l'ufficio dell'Assessore Cernetti


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interpellanza n. 1197 presentata dai Consiglieri Sestero e Chiezzi.
Risponde l'Assessore Croso.



CROSO Nereo, Assessore al bilancio

Prima di rispondere alle due interrogazioni, devo rilevare che colgo nelle osservazioni del Consiglieri Chiezzi, per quanto mi riguarda sul piano personale, una verità. Sono in ritardo con le risposte, i motivi sono di carattere organizzativo all'interno dell'Assessorato e mi riprometto di essere più sollecito in avvenire.
Per quanto riguarda la risposta all'interpellanza n. 1197 presentata dai Consiglieri Sestero e Chiezzi circa l'esigenza di conoscere per quali motivi funzionali e di produttività del lavoro l'Assessore Cernetti ha deciso di dotare di un tappeto il suo studio, nonché quali motivi di omogeneità estetica con il restante arredamento hanno determinato la scelta di un tipo di tappeto orientale che ha dovuto essere ricercato presso una ditta di Novara, ed infine a quale uso sia stato destinato il frigo-bar e con quali metodi sia stata identificata la marca del televisore; sulla base degli elementi che ho potuto accertare presso gli uffici, faccio presente che nessun tappeto all'attualità è stato acquistato per lo studio dell'Assessore, anche se era stata ventilata una richiesta in tal senso.
L'ufficio è stato dotato invece di un televisore, di un carrello portatile e di un frigo-bar, acquistati per un importo complessivo di circa L.
1.843.000 (IVA compresa) imputati al cap. 1060 per l'acquisto dei beni mobili.
Peraltro ho potuto accertare che è stata una prassi costante anche nelle precedenti legislature la fornitura di questi beni mobili per l'uso e per la rappresentanza degli uffici regionali sia per quanto riguarda il Presidente che per il Vicepresidente e i vari Assessori che ne hanno fatto richiesta nel tempo.
La scelta dei beni è stata effettuata sulla base della concorrenzialità tra le aziende interessate all'acquisto. Su questo argomento non avrei ulteriori spiegazioni se non quella di aver già trasmesso per iscritto questa risposta ai Consiglieri interpellanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi e Assessore, potete capire come mai abbiamo fatto questa interpellanza. Dalla risposta che ci è pervenuta relativamente all'attrezzatura "usuale" (carrello, frigo-bar), veniamo a conoscenza che in questo Assessorato prima non c'erano, evidentemente si viveva in una situazione di carattere francescano. Pare che il predecessore non sapesse di queste esigenze moderne e invece l'Assessore nuovo, più adeguato ai tempi, si è immediatamente dotato di questi oggetti. A meno che ogni Assessore che arriva non cambi il tipo di frigorifero, ma spero che questo non sia accaduto. Ma questo rientra nel modo di vivere, nei comfort medi, che la vita dura di un Assessore deve comunque avere giornalmente.
Quello che ci ha stupito in questa delibera, non è tanto la freschezza delle bevande quanto il tipo del tappeto che avete deliberato di comperare.
Capite che, quando da parte dell'opposizione si legge una delibera nella quale l'Assessore Cernetti si compera in quel di Novara un tappeto orientale, è giusto porre un'interrogazione. Capisco che veramente ci siano dei momenti nella vita nei quali ciascuno di noi vuole togliersi una soddisfazione, questo è umano e comprensibile e bisogna, ogni tanto...



(Interruzioni da parte dell'Assessore Cernetti)



CHIEZZI Giuseppe

Scusi, Assessore Cernetti, io non la interrompo mai. Evidentemente le cose che dico dolgono e sono interrotto molto spesso. Se il clima, anche nei miei confronti, è tale per cui mi si interrompe, le assicuro che sono in grado di fare altrettanto e anche con molta determinazione. Cosa che però non vorrei fare.
Nella vita, dicevo, bisogna togliersi delle soddisfazioni: non si vive di solo pane e quindi si possono fare delle scelte e impiegare tempo e denaro per togliersele. Quello che mi sembra poco accettabile però è che un certo tipo di soddisfazioni uno se le tolga in un certo modo. Ad esempio: mi piacciono i tappeti orientali. A me piacciono molto i tappeti orientali più sono belli e più mi piacciono.
Su questo problema: il tappeto orientale sì, il tappeto orientale no io dico: anche in Assessorato il tappeto orientale sì, ma è una soddisfazione che deve togliersi l'Assessore personalmente; mi spiego, se lavora meglio poggiando i piedi sopra un tappeto orientale, se lo compri lei, non lo faccia comperare a noi, perché non mi sembri che rientri in una di quelle esigenze medie riconosciute nella vita di tutti i giorni. Quindi Assessore Cernetti, si tolga tutte le soddisfazioni che vuole, ma lo faccia con il rispetto del denaro che è di tutti.



PRESIDENTE

Le interpellanze ed interrogazioni non discusse verranno esaminate nel corso della prossima seduta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g. "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Bonino, Carazzoni, Maccari, Moretti e Turbiglio.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 5 luglio 1988 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R. 6/11/1978, n. 65 in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Viabilità

Comunicazioni della Giunta regionale sul passante ferroviario di Torino e presentazione relativi ordini del giorno


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 4) all'o.d.g. che reca: "Comunicazioni della Giunta regionale sul passante ferroviario di Torino".
La parola all'Assessore Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la presente comunicazione che data la complessità della materia, cercherò di sviluppare in modo sintetico per rimanere nei termini istituzionali della comunicazione, è anche frutto di confronti e di incontri che molto opportunamente la II Commissione consiliare ha sviluppato in un rapporto con l'Assessorato; è stata consegnata la documentazione sull'incontro che la stessa II Commissione ha realizzato con il Presidente del Comitato di coordinamento di Torino, ing.
Caprio, per acquisire elementi di conoscenza.
Da questa serie di iniziative è discesa la richiesta di una comunicazione al Consiglio regionale attorno all'attuale situazione progettuale e alla realizzazione dei lavori che attengono a quello che viene chiamato "nodo di Torino". Con questo nodo si intende definire l'insieme di stazioni, di linee e di impianti ferroviari compresi nell'area metropolitana torinese, delimitata a sud dalla stazione di Trofarello e dal bivio Sangone, a ovest dalla stazione di Collegno, a nord dalla stazione di Chivasso; a Settimo confluisce negli impianti ferroviari, la ferrovia Canavesana in concessione alla SATTI. A Torino Dora è prevista l'immissione della ferrovia Torino-Ceres, anch'essa in concessione alla SATTI.
I previsti interventi di sistemazione e di potenziamento del nodo ferroviario di Torino vengono ad incidere sugli studi in corso da parte del Comune di Torino finalizzati alla revisione del Piano regolatore comunale.
Essi infatti contribuiscono a definire il modello dell'accessibilità urbana e metropolitana e costituiscono uno dei riferimenti su cui organizzare un più spinto interscambio tra i sistemi di trasporto; contemporaneamente sono l'occasione per migliorare l'impatto ambientale delle strutture ferroviarie nella città.
Lo studio concomitante dei due Piani regolatori, quello ferroviario e quello urbanistico, consente infine di individuare le aree a destinazione ferroviaria, e che tali dovranno rimanere, quelle che ad esse andranno aggiunte per soddisfare le nuove esigenze degli impianti ferroviari ed infine quelle che, non più necessarie per tale destinazione, potranno essere diversamente utilizzate.
Le Ferrovie, dovendo procedere nella progressiva attuazione dei provvedimenti per la sistemazione e per il potenziamento del nodo ferroviario di Torino, con particolare riguardo alle esigenze dei traffici viaggiatori e merci nazionali ed internazionali, e dovendo raggiungere una maggiore regolarità nella circolazione dei treni ed un incremento della produttività, hanno manifestato la necessità di concordare lo studio dell'intero piano generale ferroviario, al fine di garantire il rispetto del quadro generale sia nel programmare le singole fasi funzionali sia nel soddisfare le esigenze anche temporanee di tutti gli enti interessati.
La Regione Piemonte, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, sia nello specifico settore dei trasporti che nel più ampio contesto dell'uso del territorio ai fini del riequilibrio e dell'assetto socio-economico regionale, ha dedicato, come è noto, particolare attenzione alla rete ferroviaria anche allo scopo di realizzare l'integrazione delle ferrovie concesse. Già nella predisposizione del primo Piano regionale dei trasporti aveva dedicato questa particolare attenzione.
Nel 1980, ancor prima dell'approvazione del programma integrativo delle ferrovie aveva avviato la predisposizione di un progetto di massima del quadruplicamento in asse tra le stazioni ferroviarie di Lingotto e Stura che ha trovato precisa definizione nell'ambito di un'apposita Commissione mista tra la Regione Piemonte, il Comune di Torino e l'Azienda F.S.
Gli interventi previsti riguardavano: la costruzione di un nuovo collegamento diretto, prevalentemente in galleria, tra le stazioni Torino Lingotto e Torino Porta Susa; il quadruplicamento, prevalentemente in asse del tratto di linea ferroviaria da Torino Porta Susa a Torino Stura l'abbassamento dell'attuale piano del ferro in corrispondenza della stazione di Torino Porta Susa; la copertura della trincea ferroviaria in tale tratta e la ricollocazione della stazione; la realizzazione di opportune opere per gli interscambi dei viaggiatori e dei vari sistemi di trasporto; la realizzazione di una strada di penetrazione urbana soprastante la sede ferroviaria per la tratta compresa fra le stazioni di Torino Stura e Torino Dora; la riprogettazione degli impianti della tratta urbana della ferrovia Torino-Ceres, gli interscambi tra le ferrovie e gli altri modi di trasporto.
In seguito, nel novembre 1982, è stato firmato un protocollo di intesa tra gli enti succitati per concordare gli interventi relativi al potenziamento degli impianti ferroviari di Torino, prevedendo un costo, nel mese di gennaio 1982, di 274 miliardi e 61 milioni, di cui 180 a carico delle F.S., 94 a carico del Comune. Dieci miliardi avrebbero dovuto essere assegnati dalle F.S, al Comune stesso.
La Regione Piemonte ha assunto il ruolo di ente promotore e coordinatore per l'importanza che riveste questo intervento nell'ambito dell'area metropolitana e regionale e della integrazione tra i vari modi di trasporto (ferrovie - bus urbani ed extraurbani - metropolitana ferrovie concesse - aeroporto).
Infatti, nel documento di obiettivi ed indirizzi per la predisposizione del secondo Piano regionale dei trasporti, la sistemazione del nodo ferroviario di Torino, e cioè la possibilità per tutto il sistema dei trasporti di fruire delle maggiori potenzialità derivanti dal quadruplicamento dei binari tra Lingotto e Stura, e al più presto anche fino a Chivasso, è considerata di rilevanza regionale e fondamentale per il secondo Piano regionale dei trasporti.
E ciò nel progetto più ampio dell'area metropolitana di Torino per cui come previsto dal documento sopra citato, la Regione sta avviando gli studi per la sua definizione anche attraverso un'eventuale modificazione della legge regionale generale dei trasporti e viabilità n. 1/86.
La Regione intende cioè continuare a svolgere quel ruolo di "governo" del progetto garantendo le finalità dell'opera e, per quanto possibile, il rispetto dei tempi previsti, consapevole che i ritardi sul completamento dell'opera si rifletteranno pesantemente su tutto il sistema dei trasporti dell'area metropolitana. Peraltro questa preoccupazione è stata ripresa in un incontro che le Regioni hanno avuto con il Ministro Santuz il quale, nel riconoscere il ruolo importante e cruciale che hanno per la mobilità nelle grandi aree metropolitane i progetti integrati, ha precisato che obiettivo primario dei progetti è la individuazione degli interventi necessari per assicurare la realizzabilità nelle migliori condizioni possibili delle funzioni di accesso e di attraversamento delle aree centrali urbane. Il Ministero annette ai tempi di realizzazione delle opere previste grande importanza.
Sulla base dell'intesa generale raggiunta e per dare concretezza al conseguimento degli obiettivi perseguiti, fu stipulata un'apposita convenzione (n. 113 del 10/12/1984) atta a regolare tutti i rapporti derivanti dall'attuazione dei lavori nel nodo ferroviario, coinvolgendo altresì la SATTI.
I termini della convenzione sono i seguenti: l'Ente F.S, provvede alla costruzione della sede ferroviaria e dei relativi impianti tecnologici del nuovo collegamento in galleria fra Torino Lingotto e Torino Porta Susa, nonché al quadruplicamento della tratta Torino Porta Susa Torino Stura; alla costruzione degli impianti della stazione di Torino Stura e di alcuni impianti nelle stazioni di Torino Lingotto e Torino Dora l'abbassamento dell'attuale piano del ferro nel tratto compreso fra il cavalcavia di corso Vittorio Emanuele II e il sottovia di corso Regina Margherita in corrispondenza della stazione di Torino Porta Susa, in modo da consentire il completamento della copertura della trincea ferroviaria nel tratto stesso, da eseguirsi da parte delle F.S, a carico del Comune di Torino ovvero, in tutto o in parte, da parte del Comune in base ad intese da assumere successivamente a carico del Comune di Torino, la realizzazione degli interscambi F.S. metropolitana - servizi urbani in corrispondenza di tutte le stazioni e della prevista nuova fermata di Rebaudengo, nonché l'eventuale realizzazione della copertura dell'attuale trincea ferroviaria nel tratto fra corso Vittorio Emanuele II e il quadrivio Zappata a carico della SATTI, la realizzazione dell'allacciamento con la rete F.S. della linea concessa Torino-Ceres la cessione al Comune delle aree ferroviarie che risultano disponibili con la ristrutturazione della stazione di Torino Porta Susa infine è previsto lo studio di un programma di esercizio ferroviario impostato sul modello degli attestamenti incrociati e di un sistema tariffario comune.
Per garantire il coordinamento tecnico e temporale dell'esecuzione delle diverse opere previste nella convenzione del dicembre 1984 a carico di ciascun ente, è stato costituito un Comitato di coordinamento del quale fanno parte i rappresentanti dei quattro enti firmatari la cui segreteria generale è affidata alla Regione Piemonte.
Il Comitato, a sua volta, ha istituito due gruppi di lavoro cui ha affidato di seguire settori omogenei di attività.
Il 4 febbraio 1986 è stata stipulata un'appendice alla convenzione, ove si è convenuto: di riprogettare i punti di interscambio di Torino Stura, Torino Dora e Torino Porta Susa di procedere alla progettazione integrata di una possibile struttura stradale sovrastante la rete ferroviaria nel tratto tra il cavalcavia di via Breglio e Torino Dora di non più realizzare la prevista nuova fermata di Zappata riconosciuta non più necessaria in relazione allo spostamento verso corso Vittorio Emanuele II dell'asse della stazione di Porta Susa.
Le suddette riprogettazioni, fra le quali soltanto quella relativa all'asse di penetrazione ha raggiunto il livello di progetto esecutivo hanno avuto lo scopo di definire puntualmente le opere interferenti con gli impianti ferroviari previsti per il nodo, onde consentire il proseguimento della stesura del progetto esecutivo del passante ferroviario da parte dell'Ente F.S.
Per evitare ritardi nel piano di lavoro concordato, la Regione Piemonte si è fatta carico dell'affidamento delle relative progettazioni.
I progetti relativi alle opere interferenti con gli impianti ferroviari sono già stati approvati in linea tecnica dal Comitato di coordinamento ad eccezione del nodo di Stura per il quale si prevede la consegna da parte dei progettisti in tempi brevi.
Prima dell'eventuale realizzazione di queste opere i relativi progetti dovranno sottostare all'esame degli enti di competenza per le necessarie approvazioni.
Stato dei lavori.
Con riferimento alla costruzione della sede ferroviaria e dei relativi impianti tecnologici per il collegamento in galleria fra Torino Lingotto e Torino Porta Susa, nonché del quadruplicamento della tratta Torino Porta Susa - Torino Stura, si è proceduto alla suddivisione dei lavori in tre lotti: primo lotto: relativo al tratto di linea fra Torino Lingotto e Torino Porta Susa, stazioni escluse. Il progetto esecutivo è stato approvato dalla Regione Piemonte il 3 marzo 1987. Al momento sono stati aperti due cantieri alle due estremità del tratto interessato ed è iniziata la costruzione delle paratie per le gallerie artificiali: l'avanzamento è dell'ordine del 25%. Peraltro entro questa tratta si sono verificati dei problemi di ordine tecnico che hanno imposto la scelta di tecnologie diverse da quelle che erano previste ed è anche in corso una serie di incontri tra Ferrovie e la ditta esecutrice dei lavori per ridefinire i costi derivanti dall'applicazione delle nuove tecnologie secondo lotto: relativo al tratto di linea tra Torino Porta Susa e Torino Dora, stazioni escluse. Il progetto esecutivo è stato approvato dalla Regione Piemonte in data 23/9/1987, tuttavia, a seguito dell'impostazione del nuovo Piano regolatore della Città di Torino l'Assessore ai trasporti del Comune ha prospettato la possibilità di richiedere sostanziali modifiche al tracciato altimetrico dell'intera tratta con l'abbassamento del piano del ferro e la copertura artificiale.
Conseguentemente è stata sospesa la progettazione relativa, causando ritardi la cui incidenza sui tempi di realizzazione dell'intera opera e sull'aumento dei costi finali non è al momento quantificabile. Alla luce delle nuove proposte che sono state prospettate nella stesura delle indicazioni del Piano regolatore da parte della Città di Torino si è prospettato l'abbassamento del piano del ferro su questa tratta, posto che le pendenze del dodici per mille, che in un primo tempo le F.S, ritenevano non compatibili con l'esercizio, oggi si ritiene che possano essere consentite. Questa eventuale riprogettazione da parte del Comune darà luogo a ritardi ed anche ad un aumento di costi che oggi non può essere quantificabile in modo certo, ma che presumibilmente dovrebbe aggirarsi dai 250 ai 300 miliardi con tutte le conseguenze che da questo potrebbero derivare. Credo che si debbano valutare gli elementi positivi di questa ipotesi che consentirebbe una ricucitura fra le due parti della città. I lavori sugli altri lotti possono proseguire perché sono lotti funzionali e non sono legati in modo diretto l'uno all'altro terzo lotto: tratto di linea compreso tra Torino Dora e Torino Stura stazioni escluse. Il progetto esecutivo è stato approvato dalla Regione in data 19/12/1985. I lavori sono quasi completati; è in atto la posa definitiva dei binari e la completa elettrificazione delle nuove linee. Lo stato di avanzamento è dell'ordine dell'85%.
In merito alla costruzione degli impianti delle stazioni, dopo l'approvazione da parte del Comitato di coordinamento dei progetti definitivi delle opere interferenti che è avvenuta in data 19/12/1986 e 25/2/1987, le F.S. hanno affidato al concessionario la progettazione esecutiva delle stazioni di Torino Porta Susa e Torino Dora.
Sono in corso di affidamento le progettazioni esecutive dei lavori di completamento delle stazioni di Torino Lingotto e Torino Stura.
L'intervento relativo all'abbassamento del piano del ferro e della copertura della trincea ferroviaria in corrispondenza della stazione di Torino Porta Susa dovrà realizzarsi contemporaneamente alla costruzione della nuova stazione in fase di progettazione esecutiva.
L'intervento relativo all'allacciamento con la rete F.S, della linea concessa Ceres - Torino Dora, da realizzarsi da parte della SATTI, dovrà essere eseguito in concomitanza dei lavori ferroviari nella stazione di Torino Dora.
Il progetto approvato consente, dal punto di vista infrastrutturale, la possibilità per la ferrovia Torino - Ceres sia di inserirsi funzionalmente nel passante Stura Lingotto, come peraltro previsto dall'impostazione originaria del progetto, sia di proseguire oltre Dora per "interscambiare" con la linea 4 della metropolitana leggera.
Per quanto riguarda l'esercizio dei treni sulla linea Torino - Ceres una sua più puntuale definizione è rimandata allo studio sul programma di esercizio di cui all'apposita Commissione già costituita.
In concomitanza con i lavori delle ferrovie, dovranno essere realizzate da parte del Comune le infrastrutture degli interscambi F.S.
metropolitana - servizi urbani in corrispondenza delle stazioni di Torino Stura con la M.L. 4 e di Torino Porta Susa con la M.L. 1.
Infine, per quanto riguarda lo studio di un programma di esercizio ferroviario e del sistema tariffario comune, la Commissione istituita allo scopo ha proceduto alla costituzione di due gruppi di lavoro "Esercizio" e "Gestione tariffe"; ha definito i contenuti dello studio di modello tariffario da affidare, a cura delle F.S., ad enti di consulenza esterna.
Lo studio in corso sarà completato entro il mese di marzo 1989. Questo è il quadro complessivo della situazione discendente dalle convenzioni dello stato dei lavori già avviati e delle progettazioni definite. Rimangono ancora aperti i problemi legati alla riprogettazione della tratta Torino Porta Susa - Torino Dora.
Per quanto riguarda gli aspetti finanziari (i 274 miliardi ricordati) al di là di quanto ipotizzato nel 1982, debbo precisare che le F.S, hanno a tutt'oggi le seguenti somme a disposizione: 50 miliardi sulla legge n. 17 del 1981 (piano poliennale delle F.S.), 12 miliardi e 147 milioni sulla legge n. 130 del 1983 (legge finanziaria 1981), 300 miliardi sulla legge n.
887 del 1984 (legge Finanziaria 1985). In totale le F.S. hanno a disposizione circa 362 miliardi.
Il Comune ha dichiarato la disponibilità per i 100 miliardi già ricordati.
Per quanto riguarda le ferrovie concesse vi è stato il primo finanziamento FIO; dovrebbe ora procedersi anche al riparto per quanto riguarda l'utilizzo dei 5.000 miliardi già previsti per le ferrovie concesse, sulle quali peraltro oggi pomeriggio c'è un incontro tra Regione e Ministro Santuz. Esiste un decreto che in una prima ipotesi escludeva totalmente le Regioni da qualsiasi ruolo; il Ministro Santuz ha invece dichiarato di voler recuperare il ruolo delle Regioni in questa fase.
Per quanto riguarda i finanziamenti, vanno ricordati i 700 miliardi messi a disposizione dalla legge Finanziaria, di cui è stato già pubblicato il decreto attuativo del Ministero del Tesoro. Le relative domande da parte degli enti locali debbono essere presentate entro il 14 settembre. Stiamo lavorando in stretto contatto con il Comune, al quale abbiamo sollecitato una rapida definizione dei progetti da presentare per poter usufruire di queste risorse finanziarie. Il Comune ritiene che entro fine mese sarà pronta tutta la documentazione necessaria per poter accedere ai finanziamenti.
Questo problema ha un ruolo strategico per tutta la Regione e l'Ente Regione vi dedica una attenzione particolare ed un impegno costante.
Ancorché vi siano ritardi rispetto alle fasi originarie, il lavoro va comunque avanti, le iniziative proseguono, quindi vi sono ragionevoli previsioni che si possa procedere con maggior speditezza rispetto al passato nel momento in cui definiremo in modo ultimativo tutti gli aspetti ancora aperti, mentre il disegno generale ha ormai trovato una definizione ed acquisizione da parte di tutti gli enti interessati.
Vi chiedo scusa per la lunghezza del mio intervento, ma la complessità della materia giustifica una relazione così lunga.



PRESIDENTE

Sulla comunicazione dell'Assessore Mignone è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Guasso. Ne ha facoltà.



GUASSO Nazzareno

Ringrazio l'Assessore che come sempre ha rispettato l'impegno che si era assunto dopo le discussioni in sede di II Commissione. Questa comunicazione esaurisce in parte una interpellanza che il Gruppo comunista aveva presentato il 19 aprile 1988.
Sono d'accordo con quanto ha detto in apertura l'Assessore Mignone e cioè che il nodo di Torino è il punto chiave della odierna e della futura struttura ferroviaria, sia per quanto riguarda l'area metropolitana, sia per quanto riguarda il sistema ferroviario complessivo del Piemonte. Non è stata una facile conquista - lo ha ricordato il Presidente Viglione; è una scelta che ha avuto una lunga gestione a livello nazionale e a livello locale e che è partita con la convenzione del 1984, ma che risale - se non vado errato - al piano integrativo delle F.S, del 1981, nel quale attraverso l'azione della Regione Piemonte su un fronte e della Regione Lombardia sull'altro, venne inserita la soluzione di due grandi nodi ferroviari: quello di Torino e quello di Milano.
Una scelta che già era presente nel Piano dei trasporti regionale del 1979 (ecco perché nel 1981 si avviò un confronto nazionale che coinvolse il Ministero, l'Amministrazione delle F.S, di allora, le Commissioni parlamentari che elaborarono con il Governo il Piano integrativo delle ferrovie).
Vorrei sottolineare che è un elemento portante per una vera politica di riqualificazione dell'assetto del territorio e di ammodernamento della struttura urbana torinese, oltre che un elemento portante della struttura complessiva del nostro sistema ferroviario. Si può dire che in termini quantitativi è il più importante investimento ferroviario del Piemonte. La tanto decantata e invocata modernità di Torino e del Piemonte, che nessuno sa cogliere nei fatti, trova fondamento in un sistema di trasporti integrato e intermodale e ne è il punto di forza. Il nodo di Torino si risolve in parte con il passante ferroviario.
L'Assessore Mignone ha ricordato che il passante è importante per realizzare l'integrazione con le ferrovie in concessione, la Torino - Ceres e la Canavesana e mi ha fatto piacere sentire che oggi, finalmente, ci sarà un incontro con il Ministro dei Trasporti per capire come le Regioni sono coinvolte nell'utilizzo dei 5 mila miliardi che sono previsti nella legge Finanziaria 1987. Su queste cose non si capisce chi deve decidere. Tempo addietro abbiamo richiesto il finanziamento FIO per la Torino - Ceres, ma l'operazione ammodernamento e ristrutturazione delle ferrovie concesse avviene all'interno dei 5 mila miliardi.
Aggiungo un terzo elemento che l'Assessore Mignone ha dimenticato. Il passante è elemento portante per un discorso del tutto nuovo che coinvolga ad esempio, l'alta velocità ferroviaria e altre strutture ferroviarie, come la Chieri - Trofarello da un lato e dall'altro la Torino - Pinerolo - Torre Pellice. Il passante non è soltanto il quadruplicamento, ma è una scelta un fattore decisivo per l'oggi e per il sistema dei trasporti che vogliamo per domani.
Rispetto all'Europa nei trasporti siamo indietro di cinquant'anni.
Quando riempiremo queste carenze, l'Europa chissà dove sarà, e noi in materia di trasporti saremo un Paese da Terzo Mondo.
Non sono più ammessi né ritardi né intralci né oscure manovre o giochi di proposte che cambiano ogni giorno. Ogni volta che discutiamo e ogni anno che passa ne aggiungiamo un pezzo. Tutti avevano riconosciuto che nel tratto tra via Breglio e la stazione Dora era necessario un raccordo anche per sbloccare il tratto finale della direttissima per Caselle; si era pensato ad un'integrazione organica tra la struttura ferroviaria nuova e una fetta di strada che doveva essere integrata con questa struttura. Da quella fetta è venuta fuori un'autostrada urbana. Non ci comprendiamo più.
Si è tirata una linea sulla carta topografica che parte dall'autostrada Torino - Milano e arriva nei pressi di corso Orbassano, passa sopra la ferrovia e di qui avanti altri progetti. Tra l'altro, si sono spesi 500 milioni di contributo per la progettazione di questa follia. La direzione delle F.S, ha detto: "Un conto è parlare del progettino definito nel tratto tra via Breglio e la stazione Dora, un conto è pensare di far passare su tutta la linea ferroviaria una grande autostrada urbana". Non sono nemmeno consentiti gli strani balletti sulla collocazione delle stazioni. Il cittadino normale continua a vedere Porta Susa ballare avanti e indietro e non riesce a capire dove sarà collocata: una volta doveva rimanere interrata dov'è perché veniva collegata con la linea metropolitana n. 1 poi è stata spostata più avanti, poi più indietro, poi è stata spostata a ridosso del corso Vittorio Emanuele perché lì nasce la Cittadella giudiziaria. Devono finire questi balletti. Bisogna decidere dove e in che modo sarà collocata la stazione e proseguire i lavori.
Ripeto, La Regione è garante della convenzione perché è organo di governo e di programmazione. La Regione ha anticipato 4 miliardi e mezzo per accelerare la progettazione, ma quei soldi doveva spenderli l'Ente F.S.
La Regione deve far valere le sue prerogative verso le F.S. Personalmente ho detto al Direttore delle F.S, che prendiamo atto dello sforzo che fa l'Ente ma non vorremmo che si giocasse sugli intralci che gli vengono per coprire i suoi ritardi.
Il titolo di organo di governo garante va giocato nei confronti del Comune di Torino dove i balletti e i cambi di idee sono continui. Mi risulta che non è stato ancora portato nessun progetto esecutivo all'approvazione del Consiglio comunale. O riusciamo a rimuovere subito i ritardi e gli intoppi oppure perdiamo un'occasione di modernità. E' inutile scrivere su "La Stampa": "La Torino del 2000", "La Torino avveniristica" ecc. Questi ostacoli e questi ritardi vanno rimossi prima che sia troppo tardi. I fondi ci sono e largamente, perché se mettiamo insieme i finanziamenti di ogni ordine e di ogni grado risulta che per i lavori di competenza dell'Ente F.S., per il potenziamento degli impianti ferroviari c'è una disponibilità dell'ordine di 500 miliardi a cui si aggiungono 150 miliardi per i provvedimenti da attuare nell'ambito del progetto mirato ovvero la sistemazione dei nodi di interscambio. Ci sono inoltre i fondi delle ferrovie concesse che permettono di accendere mutui fino a 5 mila miliardi con garanzia dello Stato. Infine c'è la quota parte (art. 13 terzo comma, della legge finanziaria di quest'anno) che compete ai Comuni che hanno in atto opere di passanti ferroviari per le opere di competenza comunale. In Italia sono soltanto due i Comuni che hanno avviato i lavori dei passanti (Torino e Milano), quindi con un calcolo approssimativo sono altri 600-700 miliardi.
Vogliamo metterli tutti insieme, signor Presidente, visto che non abbiamo mai i fondi per le nostre iniziative? In totale sono circa 1.400 miliardi. La legge finanziaria stabilisce però che, nel caso in cui il Comune non rispettasse i termini, quei 600-700 miliardi verrebbero dirottati in altre direzioni. Abbiamo, quindi, la necessità drammatica di non ritardare i nostri passi.
Assessore Mignone, sono tre gli obiettivi immediati: 1) far andare avanti con urgenza l'opera e qui la Regione è responsabile come organo di programmazione e di governo 2) è l'occasione - su questo l'Assessore mi ha convinto a poco a poco per cominciare a dire che la Regione pensi ad un piano del ferro per l'area metropolitana. Il passante ci consente di aprire questo discorso. Se per il passante si farà fra dieci anni, avremo chiuso la Chieri - Trofarello la Torino - Pinerolo e tutte le altre e saremo, come si dice in buon piemontese, "al pian dij babi", avremo perso i fondi e una grande occasione 3) questa parte va inserita in modo organico nel nuovo Piano dei trasporti. E' il cuore del piano perché se manca questa parte quel piano non serve a niente. Rischieremmo di nuovo di fare uno sforzo come si è fatto nel 1979 senza avere le possibilità di realizzare.
Il piano ha però dei ritardi che non sono imputabili soltanto alla Regione e all'Assessorato, ma sono in parte imputabili alle Province.
Le deleghe alle Province come li realizzano? In questo caso abbiamo la controprova. Mettiamole alla prova fino in fondo su questa parte. Quando il piano verrà varato - mi auguro presto - la parte del passante dovrà essere realizzata. L'Assessore Mignone passerà alla storia non come il becchino dei 500 km di ferrovia che vogliono fargli chiudere, ma per aver fatto un piano non solo di carta, non solo di parole scritte sulla carta, ma di realizzazioni fondamentali e di grande importanza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Cercherò anch'io di limitare i tempi del mio intervento perché mi rendo conto che, indipendentemente dal fatto che conosciamo queste comunicazioni da pochi minuti e che l'argomento è molto vasto, una trattazione esaustiva forse sarebbe opportuna collocarla rispetto a diverse componenti contenute nella comunicazione.
Il giudizio che esprimo a titolo personale è di relativa insoddisfazione della comunicazione e anche di un certo stupore dell'eccessivo ottimismo che traspare forse per difesa di giusti meriti peraltro acquisiti e che nessuno vuole togliere, sull'operato delle Giunte di sinistra su questo argomento, ma credo che se noi parliamo di un argomento importante come questo dobbiamo collocarci nell'attualizzazione di tutta la tematica e non lasciarci indurre nelle polemiche sul trapassato remoto e il passato prossimo, ma soprattutto guardando al futuro. Il futuro, Assessore Mignone, mi induce a serie preoccupazioni: non certo per volere sottolineare delle carenze di gestione immediata ed attuale su questa vicenda, però con la preoccupazione di tutta una serie di aspetti che traspaiono dalla relazione stessa e che sono fortemente carenti di sostanze e di certezze. Innanzitutto qui bisogna che, caro Assessore badiamo a come si stanno collocando i problemi nuovi rispetto alla realtà che si deve gestire. L'Assessore ha ricordato - e giustamente lo ha affermato più volte nei passaggi della sua comunicazione il ruolo promotore e coordinatore della Regione. Questo ruolo coordinatore della Regione secondo noi non può ignorare almeno quattro componenti che sono tutte da approfondire e da analizzare perché le cose che stanno succedendo rischiano di travolgere totalmente anche il significato degli accordi e delle convenzioni che si sono stabilite.
Il primo problema, che è da riattualizzare totalmente, riguarda le interconnessioni sulle quali noi abbiamo sentito affermazioni, mi si permetta, gravi ma scontate, del responsabile delle Ferrovie che dice: "Non ci si illuda sulla possibilità di utilizzare comunque questo quadruplicamento ad alcun aspetto che può riguardare il trasporto pubblico metropolitano". E' un'affermazione grave, però scontata, dalla quale Assessore - io l'ho già detto negli sviluppi dei lavori della II Commissione - bisognerebbe che la Regione prendesse le dovute posizioni. Le dovute posizioni riguardano però un passo che è contenuto in questa relazione e cioè siamo a un punto di definizione di aspetti sui quali i lavori sono in corso, come l'uso del primo finanziamento FIO per la Torino Ceres, linea ferroviaria della quale non sappiamo ancora se sarà attestata ed integrata sul quadruplicamento, come sembrerebbe possibile con una delle stazioni del passante oppure se sarà attestata esclusivamente e quindi non si vede perché porre problematicamente il problema dell'interconnessione con il quadruplicamento - in corrispondenza della connessione con la linea 4 della metropolitana, quindi corso Giulio Cesare tanto per essere chiari.
Non credo che su queste cose si possa nel ruolo di coordinamento e di promozione che la Regione ha, essere ancora in condizioni di non avere quelle certezze che consentono di svolgere il nostro ruolo e comunque su questo aspetto non mi dilungo perché credo ci sia ampio spazio per intervenire successivamente.
Il secondo aspetto, componente tutta da aggiornare, l'ha già ricordato Guasso, riguarda il problema delle stazioni. Nonostante la Regione si sia fatta carico dell'onere di affidamento dei progetti, di fatto la gestione di questo rapporto con le progettazioni è tenuta dal Comune di Torino in condizioni sia pure di legittima capacità di gestire il rapporto tra le infrastrutture e il proprio territorio, però in una condizione nella quale anche la programmazione settoriale che attiene ai compiti precipui della Regione non può essere tagliata fuori, quindi noi non siamo gli ufficiali pagatori di un progetto, che poi comunque rischia di essere del tutto non corrispondente tra l'altro ad esigenze che mi rendo conto in continua evoluzione, ma sulle quali il problema non riguarda solo più i problemi urbanistici della stessa città di Torino, ma anche una visione di come queste strutture vengono utilizzate rispetto al piano generale dei trasporti ferroviari, del quale l'Assessore Mignone ha ricordato esservi l'esigenza di una rivisitazione. Mi si permetta la sintesi ma non voglio essere molto lungo.
Assessore, le richiamo tra l'altro il problema della stazione di Torino Dora, mi chiedo se a questo punto, stante la situazione attuale abbia ancora un senso parlare di una stazione Dora in un quadro di incerta definizione del rapporto che paiono categoricamente stabilire le F.S.
rispetto ai sistemi di interconnesione.
L'altra componente, ed è la terza che le ricordo, riguarda gli scali urbani ed extraurbani. Anche qui non voglio fare delle rivisitazioni storiche per attribuirci dei meriti. Le ricordo che comunque nel giro di qualche mese si decise negli anni '70 il famoso trasferimento ad Orbassano dello scalo, ma dopo quella decisione, peraltro attuata con pregevole tempestività dalle Ferrovie dello Stato e tuttora funzionante, non è successo più nulla sull'area urbana. Questo è perlomeno sconcertante e paradossale, non aggiungo altre definizioni. Le ricordo che a questo argomento, tra l'altro, sono ancorate decisioni piuttosto serie che non riguardano solo l'assetto urbanistico, ma anche i problemi di attivazione di strutture di enti strumentali della Regione.
In questi giorni si sono tenuti dei convegni sugli enti fieristici, tra l'altro sono in atto degli investimenti consistenti sul problema del Centro intermodale di Orbassano, sono pendenti sulla Regione decisioni che attengono ad un rapporto con il problema degli scali e quindi con il patrimonio delle Ferrovie dello Stato che sono tali da non potersi ulteriormente differire. Ed è quindi, sul problema del patrimonio, che le ricordo che se la Regione presume di avere un ruolo di coordinamento oppure di indirizzo, non può rimanere del tutto inerte, non stabilendo con le Ferrovie dello Stato alcun dialogo su questo tema, tenendo conto che la partita non è solo della città di Torino, ma è una partita del tutto regionale. E' però una partita che ha dei precisi crediti da parte degli enti territoriali rispetto alle Ferrovie dello Stato. Qui risaliamo ad un patrimonio che ci è stato sottratto, per infrastrutture sia pur necessarie e che per quanto attiene agli usi reali rispetto alle esigenze della città oggi richiederebbe una rivisitazione. Ricordo anche che questo problema che un tempo era tabù nel senso che si riteneva essere esclusivo regno di decisione da parte di strutture che di fatto erano assimilate dalle strutture dello Stato, con tutta la rigidità che esse comportavano, da qualche mese con la costituzione del nuovo Ente F.S, questo problema non è che sia passato ad un regime privatistico, ma è passato ad un regime sul quale anche il problema della utilizzazione patrimoniale o valorizzazione delle aree non può essere più pensato come lo si concepiva nel passato prossimo e cioè un rapporto di utilizzazione di questo patrimonio esclusivamente ad uso di infrastrutture di trasporto. Questo perché proprio la costituzione del nuovo Ente ferroviario ha posto come base della propria innovazione istituzionale questo nuovo ruolo di riferimento ai sistemi urbani, ai sistemi di attestamento, tutta una serie di componenti sulle quali pare vi siano grandi novità che si muovono in tutto l'arco delle città italiane. Ma sulla città di Torino non vedo succedere alcunché.
Se su questo discorso, sul quale ormai aleggia pesante l'ipoteca dei progetti sulla città di Torino e il ruolo di Porta Nuova, la sua soppressione o meno, non sia attiva la Regione con un ruolo proprio, non credo che qui possiamo, di rimessa, collocarci in un atteggiamento del tutto proponibile, solo se questo discorso verrà ad un certo punto da un illuminato Assessore all'urbanistica posto all'ordine del giorno magari con un concorso di idee. Credo che sia una cosa sulla quale si debba ragionare tuttora. E' serio ed è doveroso da parte della Regione farlo, anche perch problemi come quelli del Lingotto o dell'utilizzo di risorse che andiamo chiedendo con i vari progetti sul Fondo Investimenti Occupazione o si collocano in un quadro di coerenze e quindi di precisi indirizzi oppure credo che la Regione Piemonte non potrà avere titolarità a difenderli con l'accanimento e con l'evidenza e l'importanza che questi meriterebbero.
Chiudo questo commento in una direzione di stimolo all'Assessorato e di volontà per quanto riguarda la collocazione del nostro Gruppo a volere attivamente collaborare, chiedendo che l'Assessore su queste componenti o su altre nella misura in cui si ritenga che le quattro che ho indicato, le interconnessioni, le stazioni, gli scali e il patrimonio, siano gli oggetti sui quali ci si debba soffermare, si attivi con un pronunciamento preciso dal momento che su questi pendono aspetti anche relativi al problema del finanziamento che non possiamo continuare a pensare di differire a tempi e a decisioni che non ci riguardano.
Ricordo all'Assessore peraltro che la spesa sul passante ferroviario di Torino è una spesa del tutto insufficiente oggi rispetto agli stanziamenti ricordo che per il passante di Milano siamo in ordine di grandezza di 10/15 volte. Solo in questi giorni si stanno appaltando due lotti, uno di 528 miliardi e l'altro di 440; quindi siamo su ordini di grandezza del tutto non proponibili.
Non per voler fare i confronti con la metropoli lombarda, ma su questo problema oggettivamente la collocazione e l'approccio della città rispetto a tutti i temi che si tira dietro questo grosso tema sono stati tali da consentire a ricaduta sulla città e sulle infrastrutture investimenti consistenti di quell'ordine. Qui, Assessore, siamo in una situazione nella quale ci lamentiamo che i fondi FIO sono insufficienti, però in realtà non li spendiamo. Il livello di spesa sulla Torino-Ceres è significativo di questa capacità di attivazione. Su questo tema avevo predisposto un'interrogazione, che poi non ho consegnato perché ho visto che su Caselle vi sono delle novità che richiedono di collocarsi con un minimo di aggiornamento sulla tematica; però la situazione di Caselle è tipica ed esemplare di una oggettiva difficoltà a stabilire un autorevole rapporto della Regione Piemonte, nelle sue esigenze complessive, con livelli che si dimostrano, per ragioni strategiche di chissà quali contropartite o vendette nei confronti di chissà quali livelli istituzionali, che ci permettono sulla vicenda di Caselle di farci pagare pesantemente quel poco di impostazione, di programmazione, di progettazione che si è portato avanti.
Le ricordo, Assessore, che il progetto della stazione in corrispondenza dell'aeroporto di Caselle non mi è stata data la possibilità di reperirlo tra l'altro mi chiedo, nella misura in cui i lavori vanno avanti ed arriveranno in prossimità dell'aeroporto, se non sarebbe il caso che, di fronte all'opinione pubblica, la Regione si facesse garante di una precisa programmazione su un tema che potrà non essere la soluzione dei problemi del pendolarismo e del trasporto pubblico, ma sarebbe emblematico di come ci si colloca rispetto agli investimenti e alla loro utilizzazione.
Quindi la pregherei, Assessore, di voler cortesemente, non appena possibile, riferire circostanziatamente al Consiglio su come si stanno svolgendo le cose su Caselle in generale. In particolare ci preoccupa come le nostre aziende regionali stanno dando capacità di utilizzo degli stanziamenti al punto di chiederci se è opportuno che continuiamo a richiedere o a lamentarci di insufficienti attenzioni alle nostre esigenze se poi non siamo in grado di utilizzarle a pieno come l'importanza dei problemi richiederebbe.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, Assessore e colleghi, non so se devo ringraziare l'Assessore Mignone per la sua comunicazione sul passante ferroviario perché al 22 luglio 1987 avevo presentato un'interrogazione nella quale sollecitavo risposta scritta e alla quale non fu mai data risposta. Se esiste un Regolamento che dev'essere rispettato dai Consiglieri, dovrebbe esserlo a maggior ragione anche da chi fa parte della Giunta, quindi sottolineo questa mancanza di attenzione e di rispetto del Regolamento nei confronti di un'interrogazione che recitava come segue: "Il sottoscritto Consigliere, in relazione alle opere in corso e progettate per il nodo ferroviario di Torino, e allo stato attuale dei lavori, dei progetti, dei rapporti tra i vari enti interessati e ditte interroga la Giunta regionale e l'Assessore per conoscere l'elenco completo delle opere in corso di esecuzione con relativo elenco delle spese, delle risorse finanziarie per la copertura dell'intera spesa preventiva, i tempi di realizzazione previsti e i finanziamenti delle opere stesse. A quali tipi di accordi si è giunti per la realizzazione delle opere con le ditte interessate, ovvero quante e di quale tipo sono state le gare di appalto o le concessioni. E nel caso di queste ultime di che tipo di concessione si è trattato. Se, inoltre, sono state rispettate le normative CEE in materia".
Si concludeva chiedendo il testo integrale delle concessioni firmate sia direttamente dalla Regione che dagli altri enti firmatari della convenzione per opere che, comunque, interessano il nodo ferroviario di Torino.
Come si nota in questa interrogazione c'è gran parte della comunicazione che oggi l'Assessore ha voluto dare al Consiglio. Torno a far presente all'Assessore, alla Giunta e al Consiglio che questa interrogazione è datata 22/7/1987.
Qual è oggi lo stato delle cose? Abbiamo il documento dell'ing. Caprio e abbiamo la bozza di deliberazione programmatica; da questi sembra di capire che c'è un buio totale su quello che si sta facendo, soprattutto su quello che si vuole fare. L'unico tratto, quasi realmente concluso, è quello fra la Dora e il ponte sulla Stura, mancano però le stazioni, per il resto si è nella fase di definizione delle variazioni chieste dal Comune di Torino (e di questo ha dato lettura anche l'Assessore); il Comune di Torino ne ha chieste molte proprio sulla base di tutti i rilievi critici che l'arch. Golegotti ha fatto, d'altra parte una relazione e un progetto di piano programmatico che è in antitesi con quanto si rileva dalla lettura del documento Caprio. Comunque è tutto ancora in fase di progettazione e lo stesso discorso vale anche per le stazioni previste.
I ritardi dipendono quindi dai ripensamenti e anche dalle variazioni richieste al Comune di Torino.
Nel febbraio '86 si decise la famosa autostrada di penetrazione urbana.
Ho un ricordo tremendo di quella autostrada, intervenni anche su questo in Consiglio. Il Comune, proprio in base a questo, chiese molte variazioni soprattutto per tutti quei tratti che sono in prossimità o incrociano linee di metropolitana.
Qual è la critica che voglio fare a questo progetto? E' che manca nel modo più assoluto un quadro generale di cosa si vuole costruire, un preventivo di spesa attendibile. Lo stesso Assessore ha parlato di variazioni di spesa che possono variare di centinaia di miliardi. Però non basta allargare le mani per dire che questa è una conduzione seria dell'intera opera. Non sappiamo nemmeno quali sono i tempi reali di realizzazione e meno che mai la sua entrata in funzione.
Nella relazione Caprio questa incertezza totale è evidente. Un esempio l'abbiamo leggendo l'ultima frase del documento dove dice "importanti interventi che debbono ancora essere scaglionati per fasi". Mi chiedo come si possa discutere di un piano quando la stessa relazione Caprio dice che importanti interventi debbono ancora essere scaglionati per fasi; e di questo non si sa nulla, né sappiamo nulla oggi qui in Consiglio.
Ci sono poi vaghezze di indicazioni per i lavori che stanno per essere affidati al concessionario (se non sbaglio le F.S.) per le stazioni di Lingotto e Stura; o addirittura la questione di quel modello gestionale e tariffario (di cui oggi l'Assessore ci ha parlato, ma non ho capito qual è l'impostazione) del sistema del trasporto integrato nell'area torinese.
Un documento su questa materia era stato siglato da tutti coloro che hanno firmato la convenzione nel settembre scorso. Si prevedeva pure uno studio di fattibilità fatto da specialisti esterni scelti dalle F.S.; e questo studio, faccio notare, è previsto per il marzo '89.
Come sono possibili queste lungaggini se il piano di studio è previsto per il marzo '89. In questo caso che senso ha una comunicazione? Forse ha ragione l'Assessore Mignone, se ripenso al fatto che la mia interrogazione di un anno fa non ha avuto risposta e forse è pure inutile questo intervento oggi in Consiglio. E' vero che per muoversi, anche per piccoli tratti, occorrono progetti, previsioni, ma questo non giustifica tempi così lunghi.
Si parlava delle critiche esplicite, anche se dette in modo un po' sfumato, contenute nella bozza di deliberazione programmatica. A pag. 66 di questo documento c'è un riassunto che ritengo molto efficace per capire in che modo ci si è mossi su questa materia: non si è voluto mettere ancora una volta in discussione le scelte effettuate nel passato. Ancora una volta questa Giunta per tutto quanto riguarda problemi, incapacità, mancanza di progettualità, non ha il coraggio e la capacità di dire basta a quanto si è fatto di sbagliato o comunque che non ha portato a nulla di concreto, ma continua questa litania eterna, perché non bisogna mai dire che una cosa era sbagliata e pensarne un'altra. Bisogna proseguire. Anche se poi in questa relazione si riconosce apertamente che il sistema del quadruplicamento è insufficiente sia quantitativamente, e questo lo si sapeva già nel '74 cioè quando il CST aveva fatto il primo studio sul nodo ferroviario, non è una novità, ma sono passati quattordici anni (nel documento è a pag. 65). Quindi sappiamo oggi che non basta il quadruplicamento per servire un sistema così complesso che prevede treni di lunga percorrenza e piccola percorrenza, passeggeri e merci insieme. E a questo punto faccio notare il cambiamento repentino che il Partito comunista proprio su questo tema ha fatto nella sua interrogazione di aprile, dove, in sostanza, viene a riconoscere che è necessario lo svincolo delle linee merci da quelle passeggeri e che è importante la costruzione di un passante esterno che colleghi direttamente l'aeroporto di Orbassano. Il quadruplicamento in asse è stato voluto dal Partito comunista e che oggi questa scelta la si ritenga sbagliata o comunque criticabile dallo stesso partito, dovrebbe essere un segnale all'Amministrazione per dire di muoversi in modi diversi e in tempi diversi.
C'è poi la linea Torino - Ceres e la sua non integrazione sul nodo ferroviario, quindi ci sono ulteriori problemi creati da questa linea che è in via di rifacimento.
Si ha l'impressione, ancora una volta, che i tecnici abbiano rilevato la totale inadeguatezza del sistema predisposto, basato anche qui sul quadruplicamento. E' una inadeguatezza, perlomeno per quanto attiene all'aspetto quantitativo, che era già conosciuta. Citavo prima lo studio del CST del 1974.
Il vincolo assegnato dalla Giunta di non mettere in discussione scelte già effettuate ha bloccato la medesima Giunta, l'Assessorato, per chiedere soluzioni di compromesso, che non risolvono nulla. Peggiorano, anzi, la situazione perché comportano di continuo un verificare nei particolari il sistema progettato, con stillicidio di piccole alternative richieste, di preventivi, di salti di qualità enormi a livello di preventivi; quindi saltano tempi e denaro con lo snaturamento in finale del progetto stesso.
Per concludere, la Giunta di Torino insieme alla Giunta regionale manca del coraggio necessario per dire basta con le scelte precedenti. Purtroppo da tre anni questa nuova Amministrazione ha perso molto tempo utile per avviare nuove soluzioni - sottolineo nuove soluzioni - moderne, confacenti con la realtà torinese, quando abbiamo visto addirittura il Partito comunista rimangiarsi in parte i suoi vecchi progetti, come si evince dalla interrogazione n. 1270 del mese di aprile. Oggi il Partito comunista cavalca la tesi ambientalista e critica scelte, ormai per ammissione universale, che sono, in questo tipo di filosofia, interamente ascrivibili alla gestione Novelli - Vindigni.
Ricordo che quelli erano tempi in cui queste convenzioni erano studiate con lo staff Trane - Signorile. E' una coincidenza che non getta una bella luce su questi nomi. Questo va notato e mi permetto di riproporlo ancora una volta a questa Giunta che invece sembra tutta interessata a riportare e a prolungare tutto questo compromesso con tempi indefiniti.
Una proposta concreta come Lista Verde Civica l'abbiamo prospettata in un ordine del giorno che abbiamo distribuito questa mattina, anche perch riteniamo che sul nodo ferroviario regni una confusione generale. Questa tesi l'ha avanzata anche oggi il collega Guasso e mi sembra di poterla condividere. C'è una confusione, non nata da oggi, ma nata da almeno quattordici anni. C'è stato un interregno di dieci anni di Giunta di sinistra che, se avesse voluto affrontare questo problema, poteva affrontarlo, invece di preparare un piano per il quadruplicamento che ormai, per fortuna, ha rigettato. Il buio totale regna ancora e noi non sappiamo in realtà cosa avverrà.
Noi chiediamo che si riconsideri l'intera vicenda, lo chiediamo anche senza eccessive speranze, perché sappiamo benissimo che questa Giunta è la continuità di quella precedente, non c'è nulla di innovativo, non c'è nulla di nuovo.
Tra l'altro, che senso hanno le comunicazioni in aula quando si svolgono, più o meno, nel disinteresse totale? Forse l'unico attento è l'Assessore, ma credo che lo sia per obbligo, perché forse il collega Mignone sarebbe più interessato ad andare al bar a bere un caffè o un tè.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Magari anche tu.



PEZZANA Angelo

No. Se un Consigliere interviene su un argomento è perché lo interessa.
Forse non per merito mio, ma forse perché in questo momento sono io a parlare, quindi se parlo qui non sono al bar, vedo però qual è l'interesse della Giunta e la totale assenza e il disinteresse di chi dovrebbe ascoltare e capire anche per fare osservazioni di tipo politico, non magari di tipo tecnico. Capisco che chi non ha seguito questo problema possa non essere interessato dal punto di vista tecnico, ma dal punto di vista politico forse questa Giunta potrebbe capire qualche cosa se avesse la volontà di porgere orecchio, cosa che invece ancora una volta non vedo.
D'altra parte è giusto, il gioco è questo: si prolungano le storie precedenti in attesa che chi gestirà quelle successive possa fare lo stesso.
Chiedo però all'Assessore di essere attento ad un argomento del quale purtroppo ancora nessuno ha parlato, ma mi augurerei che la Giunta, proprio perché è responsabile (e questo discorso lo farei a qualunque tipo di Giunta), fosse molto attenta e molto corretta nel valutare l'impatto ambientale dell'intero progetto, non soltanto di alcune parti, anche perch abbiamo di fronte questa sciagurata ipotesi dell'autostrada di penetrazione urbana che distruggerà quel poco che è rimasto di viabilità del centro torinese. Autostrada di penetrazione voluta dall'Assessore Ravaioli.
Non ho rapporti con il diavolo e non mi piace parlarne né bene né male ma devo dire che la presenza dell'Assessore Ravaioli è una presenza diabolica perché finora ha distrutto tutto quello che ha toccato e che ha fatto; pensiamo a corso Regina Margherita e alla realizzazione di quella linea di metropolitana cosiddetta leggera. Purtroppo quella non è un'area chiusa ai soli abitanti di Torino, perché ci passano anche persone che vengono da fuori Torino e Torino rischia di diventare oggetto di barzellette così come quando si addossano ai cuneesi torti che non hanno.
D'ora in poi chiunque passi in corso Regina Margherita, con quella mostruosità di maxitram che non può nemmeno arrivare al capolinea, perch si ferma prima del ponte in quanto non può superarlo, dirà: "è di Torino".
A realizzare quell'opera è stato un Assessore repubblicano al Comune di Torino, che ha fatto tutto con la benedizione di questa Giunta, di quella precedente, il tutto in un'atmosfera consortile di disastro. Mi chiedo se nelle istituzioni della nostra Regione abbia ancora una funzione e un senso che qualcuno si alzi e ricordi i disastri a cui andiamo incontro e che vediamo regolarmente realizzati.
Mi riservo di illustrare l'ordine del giorno e invito l'Assessore anche se con molta perplessità, a valutare le osservazioni che ho fatto, e la Giunta nel suo complesso a dire se ritiene che i disastri debbano essere interrotti o invece debbano essere portati avanti e realizzati.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DAMERI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non ho, e non per mia volontà partecipato alla informativa e all'incontro con i rappresentanti delle F.S e quindi mancherò di qualche dato tecnico, anche se la comunicazione dell'Assessore questa mattina ci ha relazionato sulla situazione. Credo non sia tanto il caso di discutere in questa sede gli aspetti peculiari e marginali in termini tecnici, quanto di dare o cercare di dare e di contribuire all'orientamento complessivo politico dell'operazione che la Giunta segue insieme al Comune di Torino e alle F.S.
L'opera di cui stiamo discutendo, i colleghi che hanno seguito con me lo stesso iter dal Comune alla Regione lo ricordano, è certamente fatto non nuovo e c'è, da parte mia e credo poter dire da parte nostra, una certa nostalgia nel sentir parlare di questo argomento che in altra sede e con altre funzioni ci ha occupato alcuni anni fa: potremmo dire che siamo un po' cresciuti e invecchiati discutendo del problema del passante ferroviario di Torino, abbiamo cambiato anche amministrazioni, compiti abbiamo svolto funzioni di opposizione e di maggioranza tanto è stato il tempo trascorso nel dibattito su questo argomento.
Argomento che credo non sia più discutibile oggi sotto il profilo della scelta di fondo anche se in passato il nostro Gruppo, in altre sedi e in questa sede, aveva ventilato la necessità di approfondire anche ipotesi alternative a quella del passante in asse, quindi del quadruplicamento in asse del passante ferroviario: certamente la storia e le esigenze complessive non solo della città, ma complessivamente del sistema ferroviario hanno portato alla determinazione che questa fosse la soluzione più coerente e più opportuna per rispettare le varie esigenze sia quelle dello sviluppo urbano e dei trasporti interni ed esterni alla città, sia quelli del collegamento ferroviario di lungo percorso che certamente in epoca di grande velocità, in epoca di concorrenzialità dichiarata anche se non attuata del trasporto ferroviario con altri tipi di trasporto, in particolare con il trasporto aereo per le brevi e per le medie distanze, ha imposto una scelta di questo tipo.
Non credo sia di questo che discutiamo oggi, ma della attuazione di questo tipo di intervento e delle esigenze e delle necessità che, a distanza di quattro anni dalla convenzione del 1984, si pongono a chi partecipa alle decisioni in materia.
Credo di dover dire all'Assessore, non tanto scendendo nei particolari quanto rimanendo sulle affermazioni di ordine generale e politico, che ci sono almeno tre esigenze che noi riteniamo debbano essere rispettate.
La prima è che la realizzazione di quest'opera, secondo l'attuale progetto o secondo un progetto modificato, rispetti quelli che erano gli obiettivi di quest'opera, quindi garantisca gli obiettivi che ci si poneva.
Il primo obiettivo era di favorire lo scorrimento delle linee di grande percorso e quindi era un'esigenza che certamente interessa tutti, ma in particolare interessava l'amministrazione delle Ferrovie. Il secondo ed il terzo obiettivo interessano maggiormente, o almeno più direttamente, le Amministrazioni locali e quindi l'Amministrazione regionale e l'Amministrazione del Comune di Torino: da un lato raggiungere attraverso questo intervento quella interconnessione dei vari sistemi di trasporto su rotaia che è la base ed il fondamento di un moderno sistema di trasporti.
Quando si parla di attestamenti incrociati si dice proprio questo, cioè si dice: sappiamo che ci sono per il trasporto, attraverso la città e nella città, tre livelli di trasporto: quello di lunga percorrenza, quello delle linee comprensoriali cosiddette, le linee concesse, e quello di linee metropolitane.
Se vogliamo parlare di un sistema moderno e razionale di trasporti non possiamo prescindere, anzi, la premessa di tutto il discorso è che questi tre livelli di trasporto siano tre livelli connessi e che possano funzionare in maniera complementare gli uni con gli altri. La conseguenza diretta di questo discorso è che si realizzi in concreto e non soltanto nelle dichiarazioni verbali quella interconnessione, quindi quel sistema di attestamenti incrociati che è indispensabile.
Quanto richiamato dal collega Picco nel suo intervento (non ho partecipato all'incontro) mi preoccupa. Mi preoccupa il fatto che se incomincia a dire che per certi settori, che per certi aspetti, addirittura nel cuore del punto cruciale, cioè il passaggio in asse nella città e in particolare nel tratto di Porta Susa che dovrebbe diventare il centro di questo sistema interconnesso. Ci sono dei problemi a garantire che questo possa avvenire. Questo dato ci preoccupa e non possiamo non sollecitare l'attenzione dell'Assessore perché l'Amministrazione regionale intervenga nei confronti dell'Amministrazione delle Ferrovie dello Stato perché questo rischio che ho sentito ventilato (lo apprendo oggi per la prima volta) nell'intervento del rappresentante delle Ferrovie venga scongiurato. Se facciamo cadere questo che è uno degli elementi portanti del progetto rimettiamo in discussione tutto il disegno. Le esigenze delle ferrovie sono importanti, ma le esigenze delle amministrazioni per un trasporto funzionale e razionale nell'area urbana, nell'area metropolitana e nell'area comprensoriale credo debbano essere, per quanto riguarda le nostre competenze, l'aspetto più rilevante; quindi su questo è necessario attestarsi a costo di dover rivedere completamente le prospettive che ci sono state indicate all'inizio di questo lungo percorso, non ferroviario ma politico.
L'altra e ultima esigenza, per quanto ci riguarda più direttamente, era che attraverso questo tipo di operazione, che non è soltanto una operazione di quadruplicamento attraverso l'asse interno della città, ma è una operazione di abbassamento dell'asse passante, si cogliesse questa occasione per una grande operazione di riqualificazione urbana. La necessità di avere il passaggio interno alla città delle linee ferroviarie per i motivi che ricordavo in sintesi all'inizio - è una esigenza reale ma, insieme a questa, c'è l'esigenza che questo passaggio separi non solo fisicamente parti diverse della città, come è stato fino ad oggi; infatti le ferrovie tagliavano almeno in tre spicchi la città di Torino. Attraverso questa operazione si dovrebbe poter arrivare ad un'opera di ricongiungimento, ma soprattutto di riqualificazione di tutte le zone parallele allo scorrimento ferroviario che, come sappiamo, non solo per la presenza delle stazioni, ma proprio per il tipo di conformazione urbana che questo realizza, hanno subito per questa causa, e forse non solo per questa, una situazione di degrado. Quindi l'operazione deve tendere anche attraverso questo intervento a riqualificare una serie di zone di aree urbane.
Noi sottolineiamo questa esigenza, garantiamo tutti gli obiettivi, non solo quelli delle ferrovie, ma quelli delle amministrazioni locali interessate agli obiettivi delle ferrovie, ma anche quegli obiettivi che attraverso questa operazione, possono essere raggiunti.
Non conosco esattamente i termini della proposta dell'Assessore comunale Ravaioli per quanto riguarda la modifica relativa alla copertura dell'ultimo tratto del passante. Se questo è fattibile, è un elemento in più per raggiungere uno di questi obiettivi che dovrà essere valutato in termini tecnici, in termini economici e in termini di tempi. Facendo una valutazione complessiva di questi aspetti, ritengo che si potrà giungere ad una determinazione positiva. Il secondo aspetto che dobbiamo garantirci oltre al raggiungimento degli obiettivi, è che l'intervento sia ottimizzato.
Approssimativamente sappiamo quello che potrà essere il costo per l'anno 1988, se poi andiamo a cercare di fare il conto di quello che sarà il costo in lire, da oggi al 2000/2010 quando l'intera opera sarà arrivata certamente perderemo la strada. Un intervento in costo attuale è di gran lunga superiore ai 1.000 miliardi. Sarà un'opera di quelle che restano nella storia di una città e di una regione perché non si fanno tutti i giorni, un'opera che non è pensabile che sia modificabile nell'arco di pochi anni. Sarà un'opera che resterà per 50/100 anni, forse poi l'evoluzione rapida degli anni 2000 ci porterà a modificare anche con più facilità di quello che stiamo facendo adesso con questo tipo di intervento.
E' certamente un'opera importante, allora dobbiamo cercare di arrivarci nei termini più positivi possibili rispetto agli obiettivi della città, per cui non è pensabile realizzare un'opera di questo tipo in modo che non sia assolutamente coerente con gli obiettivi che attraverso i propri strumenti come il Piano regolatore, la città interessata si va a dare. E' necessario stabilire, laddove non ci fosse, una coerenza assoluta tra gli obiettivi del Piano regolatore, quindi gli obiettivi di sviluppo del Comune interessato e la realizzazione dell'opera, della riqualificazione del terzo aspetto della funzionalità del collegamento, perché sappiamo che questo tipo di opera coinvolge non solo gli aspetti strettamente "ferroviari", ma coinvolge un altro tipo di problemi di trasporti e di collegamenti, quello metropolitano su rotaia, ma per molti aspetti - e non solo per l'autostrada urbana di cui parlava il Consigliere Pezzana - anche il trasporto su gomma e il trasporto privato o pubblico su strada. Non si può a cuor leggero pensare a questo tipo di intervento senza avere chiare quelle che sono le esigenze connesse all'opera principale. Il Consigliere Picco, per esempio faceva riferimento al discorso delle fiere, che è un discorso di estrema attualità, non solo perché il nostro Gruppo ha organizzato lunedì scorso un Convegno su questo argomento. Il Convegno è la conseguenza dell'attualità dell'argomento. Un ragionamento sulla necessità di collegamento, di viabilità e di trasporto per quanto riguarda la collocazione del nuovo centro fieristico (se ci sarà e se sarà laddove ormai immaginano tutti che sarà) sarà necessario, anche in relazione al tipo di intervento e di opera senza arrivare - anche se non sarebbe male fare un pensierino - al problema della collocazione delle stazioni secondarie di interconnessione, Susa Dora, Rebaudengo, ma anche un ragionamento in sede di revisione complessiva dell'opera sulla collocazione definitiva della stazione principale di Porta Nuova. Laddove si entrasse nell'ordine di idee di rivedere l'opera nel suo complesso dovrà essere valutato, non dico che dovrà essere risolto, in un certo modo attraverso, per esempio, l'arretramento della stazione. Credo sia questo un elemento che deve essere messo sul tavolo per una valutazione complessiva perché non è variabile ed indipendente se, per esempio, si arrivasse ad immaginare che la stazione di Porta Nuova possa essere utilmente arretrata al confine del Lingotto. L'opera complessiva dovrebbe essere modificata anche con un risparmio di costi e non sarebbe più necessario passare in galleria profonda sul quadrivio Zappata, cosa che oggi invece è indispensabile per evitare l'intersezione delle linee nord e nord-ovest.
Questi sono argomenti che la Giunta dovrà valutare al momento e dovrà necessariamente entrare nell'ordine di idee di riconsiderare questo tipo di intervento.
Un'ultima raccomandazione, tenendo però ben ferme le prime due, cioè quella di garantire gli obiettivi e quella della ottimizzazione dell'intervento e della realizzazione dell'opera. Sono d'accordo che non è opportuno continuare per altri 10/15 anni a discutere di un'opera che tutti dicono necessaria, anche se con diverse collocazioni e sfumature o comunque con diverse modalità di esecuzione. Credo che sia necessario arrivare alla realizzazione dell'opera in tempi che siano umani perché ormai incominciamo a ragionare in anni che non hanno la dimensione umana o la misura umana tanto sono diventati lunghi. Quindi, realizzazione dell'opera nei termini di ottimizzazione con qualche sottolineatura che ho cercato di dare all'Assessore, con la garanzia soprattutto del raggiungimento degli obiettivi.
Credo che questo la Giunta lo potrà fare tenendo presente le esigenze dell'Ente Ferrovie che è prioritariamente interessato, almeno per la gran parte degli aspetti, a questo intervento e soprattutto del Comune che ospiterà quest'opera.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore Mignone che nella sua pur prudente relazione non ha potuto evitare di evidenziare problemi e questioni che ritengo gravi e preoccupanti.
La prima questione emersa è che la Regione ha una crescente difficoltà (ma questa non è una novità, ormai lo è in tutti i settori) ad essere un Ente in grado di avere quella autorità politica ed istituzionale di guidare i processi di sviluppo della nostra realtà regionale. Deve fare i conti invece con altri centri di potere più forti e in grado di condizionare la Regione; i centri di potere sono, per esempio, la FIAT che ha imposto alla città e al Paese uno sviluppo dei trasporti su gomma in alternativa ad un adeguato sviluppo dei trasporti su rotaia con le indispensabili integrazioni tra i due livelli di trasporto, per cui siamo un Paese dove le ferrovie sono allo sfascio.
La circolazione è paralizzata se è vero, come è vero, che anche il trasporto su gomma rende inagibili le strutture autostradali e stradali presenti sul territorio italiano. Esso è tra i principali protagonisti e se vogliamo spostarci, in particolari momenti, sulle autostrade percorriamo non più di venti chilometri all'ora. Siamo di fronte ad una situazione veramente preoccupante. Se questo è un elemento che condiziona la stessa presenza delle istituzioni, ci sono uomini e forze che operano nelle istituzioni, non tanto nell'interesse della collettività, ma per rispondere a gruppi di potere che dall'esterno tentano di condizionare, quasi sempre in modo determinante, le scelte che compiamo.
Un altro aspetto che vorrei rilevare, e che la relazione dell'Assessore Mignone già poneva sia pure tra le righe, è che ancora una volta sulla questione del ruolo del nodo ferroviario di Torino si opera quasi che esso fosse sostanzialmente avulso da una serie di interconnessioni che sono inevitabili, alcune grandi interconnessioni sono del tutto evidenti.
Quello che emerge è che le interconnessioni non vengono colte, ci sono tempi sfalsati, non c'è attività programmatoria sul territorio.
L'intervento del Consigliere Picco, su questo aspetto, era molto chiaro ed esplicito, una serie di esigenze non possono non trovare un coordinamento una progettualità globale che, diversamente, renderebbe i singoli aspetti e settori non soltanto non corrispondenti ai bisogni a cui dovrebbero rispondere, ma anche diseconomici, sviluppando diseconomie e sperperi di danaro pubblico molto consistenti.
Per esempio, è difficile discutere del nodo ferroviario di Torino se non c'è una posizione chiara sul rapporto tra Torino e la rimanente area extrametropolitana; la tanto discussa Torino - Pinerolo o Torino - Torre Pellice ed altre situazioni di questo genere non possono non essere viste.
Tutto il fenomeno della pendolarità su Torino, della pendolarità ferroviaria non può non essere messo dentro questa connessione. Il caso che citava il Consigliere Picco, il problema evidente dell'aeroporto di Caselle e dei problemi aperti sia per la struttura aeroportuale sia per i collegamenti di questa struttura, per esempio la Torino - Ceres, ma anche le questioni del Centro intermodale di Orbassano, del Centro Fiere evidentemente la mancanza di un quadro programmatorio tale da garantire interconnessioni e un minor sperpero possibile di danaro pubblico, sono problemi che rendono quasi impossibile dare un giudizio di merito sulla proposta e sugli interventi del nodo ferroviario di Torino. L'altra vera questione che emerge è che sul progetto del nodo ferroviario di Torino stanno capitando delle cose folli (e non le metto tra virgolette), che evidenziano come, ad esempio, l'Assessore, ing. Ravaioli, che è stato presentato come l'emblema dell'efficienza del privato che si mette nel pubblico e finalmente dà lezione al pubblico di come si dovrebbe intervenire per affrontare seriamente e in modo adeguato le questioni dei trasporti, abbia dato, dopo qualche anno di operatività, dimostrazione di un ruolo non solo negativo ma deleterio per la città. Di fronte ai ritardi agli slittamenti dei tempi di intervento sul nodo ferroviario di Torino, in particolare per quanto riguarda il percorso Torino Porta Susa - Torino Dora, improvvisamente si impone un ritardo nel progetto e quindi nell'attuazione chiedendo di soprassedere, di fare slittare ancora i tempi per poter interconnettere il Piano regolatore di Torino con il Piano dei trasporti ferroviari, senza che sul Piano regolatore di Torino esista una delibera programmatica, senza che la Giunta comunale di Torino abbia espresso delle linee, sia pure generiche; nonostante questa situazione si impone uno slittamento dei tempi, che benevolmente l'Assessore Mignone ha quantificato in 250/300 miliardi. Tutto questo vuol dire che l'ing.
Ravaioli è responsabile del fatto che questa città intanto non avrà una risposta a situazioni che sono drammatiche come quella della stazione di Porta Susa. Come si possono sostenere ancora per altri 10/15 anni condizioni di inagibilità per migliaia di persone le quali hanno la prospettiva di andare molto oltre al 2000 per vedere attuata una struttura che sia minimamente agibile e funzionale? Questa situazione di disagio è drammatica.
I tempi di percorribilità e il non intervento su questa tratta appesantiscono paurosamente i ritardi per il pendolarismo anche sulle linee veloci del trasporto merci. Di conseguenza verrà riutilizzato ancora più intensamente il percorso su gomma già intasato e pieno di problemi dal punto di vista della salute e della sicurezza. E' una situazione incredibile. C'è un aggravamento in prospettiva delle condizioni per diecine di migliaia, forse per milioni di cittadini, ma c'è anche un danno alla città.
Assessore Mignone, tu parlavi con benevolenza di 250/300 miliardi.
L'ing. Caprio, dietro insistente e specifica richiesta in Commissione, ha fatto capire che la cifra era inestimabile, ma se si fosse dovuta stimare probabilmente si andava ben oltre i 250/300 miliardi. Siamo quindi di fronte ad una situazione che ha dell'incredibile. A questo punto, come abbiamo già detto in Commissione, ritengo che la Giunta, non l'Assessore Mignone, senza aspettare il secondo Piano regionale dei trasporti o il secondo Piano regionale di sviluppo o la venuta del Messia, che è già venuto 2000 anni fa, debba operare ed agire. Il problema è che la Regione si attivi, che la Giunta si muova, si tiri su le maniche, dia un colpo dica che è inaccettabile che, non la Giunta comunale, non il Consiglio comunale Torino, ma un Assessore, senza aver un quadro di certezze istituzionali definite possa imporre alla Città e alla Regione il diktat di uno slittamento di fronte a problemi drammatici, urgenti, indilazionabili sui quali si è già perso troppo tempo anche per gravi incertezze del passato. Questo è il punto determinante al quale occorre rispondere.
Quindi, Assessore Mignone, non solo a te è rivolta questa sollecitazione. Mi piacerebbe sentire qualche volta, sui problemi generali il mio amico Presidente di Giunta Vittorio Beltrami, prendere la parola e rispetto ad una questione come questa, assumere una responsabilità politica e dire: attiveremo tutte le energie politiche e istituzionali, le competenze che abbiamo, per far sì che un Assessore non autorizzato dalla Giunta di cui fa parte con atto pubblico ufficiale, amministrativo, non imponga alla Regione e ai cittadini una situazione del tutto inaccettabile.
Questa è la vera questione sulla quale chiedo che si faccia chiarezza in modo che questo dibattito serva a qualcosa, serva a denunciare alla città questa situazione, il fallimento di una prospettiva di privatizzazione pensando che le competenze private possano essere migliori di quelle pubbliche, quando poi i risultati sono del tutto evidenti. Se in questo recente passato le situazioni non andavano bene, purtroppo nelle prospettive future si drammatizzeranno ulteriormente. Questa è la realtà quindi chiamo a corresponsabilità la Giunta e l'Amministrazione comunale di Torino in modo che si dica una volta per tutte se l'ing. Ravaioli, pur autorevole Assessore della Giunta comunale di Torino, operi per nome e per conto dell'Amministrazione comunale o per altri interessi. Domanda legittima alla quale mi auguro venga data in tutte le sedi la risposta necessaria.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi, l'ampia relazione svolta dall'Assessore Mignone ha già illustrato esaurientemente e dato le risposte che ci si poteva attendere.
E' una grossa operazione in corso quella alla quale stiamo assistendo che si sta avviando, che in parte è già avviata, che non può e non deve essere esaminata in un'ottica puramente polemica e strumentale, ma deve essere valutata per quella che è o che dovrebbe essere: una grande opera di trasformazione della città, una grande opera di ammodernamento del sistema ferroviario non soltanto della città di Torino, ma dell'intero Piemonte.
Sotto questo aspetto deve essere esaminata tutta l'operazione: il quadruplicamento in asse, l'abbassamento del piano del ferro, l'asse di penetrazione urbana; si tratta di scelte di non poco conto, peraltro non soltanto fatte da questa Amministrazione, ma in gran parte derivanti da scelte strategiche della precedente, comunque scelte fatte dalle Ferrovie dello Stato da molto tempo. Tutti i ritardi che oggi vengono indicati in questa operazione rappresentano in buona parte visioni parziali del problema, rilievi strumentali che non hanno poi una concretizzazione reale.
Sono doverose alcune considerazioni da parte mia rispetto alle affermazioni fatte oggi in quest'aula.
Il ritardo di cui tanto si parla in ordine alla realizzazione del nodo ferroviario di Torino è da ricercare nella scelta - non credo che le scelte le faccia un Assessore in un momento di follia, sono scelte proposte da un Assessore ma decise dalla Giunta intera - in ordine al completamento di un tratto soltanto dell'intero sistema da Porta Susa a Stazione Dora. Questo è stato l'elemento che ha determinato un ripensamento da parte dell'Amministrazione comunale di Torino. Mi stupisce che un ripensamento di questo genere sia così fortemente criticato da alcune parti politiche perché in realtà con il quadruplicamento in asse nella zona di corso Principe Oddone, così come era previsto senza l'abbassamento proposto avremmo avuto una barriera molto più larga di quella che non è adesso perché la massicciata oggi è fatta a piramide tronca mentre avrebbe dovuto essere stata costruita con enormi muraglioni per creare delle barriere acustiche per le case situate lungo il corso.
Quindi rispetto a questa ipotesi c'è stata una riflessione ragionevole e non riesco ad intendere come certa parte politica non apprezzi il fatto di interrare anche questa parte che viene a rappresentare una frattura dal punto di vista ambientale pessima, ma anche dal punto di vista urbanistico della città di Torino. Se questo può determinare il ritardo di qualche mese, proprio perché stiamo parlando di opere che servono non per domani ma di opere che devono servire la città di Torino nei decenni futuri, non è così criticabile anche perché questo non determinerà l'arresto di tutte le operazioni sul percorso, determinerà qualche rallentamento ma certamente non determina la sospensione dei lavori rispetto all'intero sistema ferroviario che si sta adottando. Quindi, la scelta che si è fatta, lungi dall'essere una scelta folle, è una scelta urbanisticamente ed ambientalmente apprezzabile.
Il problema però è più complessivo: stiamo assistendo oggi, al di là delle polemiche, ad una progettazione di ritrasformazione della città di Torino. C'è tutta una serie di iniziative: il sistema ferroviario, il sistema metropolitano, la scelta stessa del Lingotto, il piano urbanistico.
Ha ragione il collega Reburdo quando dice che non c'è ancora la deliberazione programmatica, però c'è una proposta di deliberazione programmatica e credo che la Giunta quanto prima presenterà e darà attuazione a questa deliberazione programmatica come credo che la Giunta molto presto, presenterà le deliberazioni per tutte le grandi opere: la scelta del Lingotto, i problemi ferroviari, i problemi dei parcheggi. Ha già dato avvio ai progetti di metropolitana. Di metropolitana si parla molto. A proposito di balletti - il collega Chiezzi lo potrà confermare sul sistema dei trasporti della città di Torino, andando a cercare soltanto momenti polemici, se andiamo a vedere i programmi delle Amministrazioni dal 1975 al 1985, possiamo dire che è stato davvero un grande balletto. Vivendo poi dalla parte della maggioranza mi rendo conto che grandi scelte di trasformazione della città possono anche determinare dei ripensamenti possono anche essere delle scelte difficili e drammatiche e quindi si giustificano certi ritardi e certi mutamenti di opinione. Chiamare balletto il trasferimento della stazione di Porta Susa in corso Vittorio Emanuele è un fatto eccessivo, perché si tratta di una scelta coerente e conseguente rispetto a quella del Palazzo di Giustizia in corso Vittorio Emanuele: non si tratta quindi di un balletto, ma di un adeguamento ad altre scelte compiute. Non c'è stato un avanti e indietro, bensì questo unico spostamento in avanti della stazione che va a servire un polo urbanistico di rilevanza notevole, scelta che non ha trovato così entusiasta il Partito repubblicano, scelta che è stata però condivisa dalla generalità delle forze politiche (peraltro la scelta del Palazzo di Giustizia in corso Vittorio Emanuele è stata fatta dalla precedente Giunta di sinistra).
Ad alcune affermazioni che si sono fatte, devo dare alcune risposte.
Non mi sento coinvolto, ma mi sembra giusto darle quando si indica una persona come responsabile di ritardi, quando si critica il modo di essere pubblico amministratore. Si è fatto il riferimento allo sfascio che si è determinato in corso Regina Margherita con il passaggio dei maxitram definita una scelta scellerata. Può darsi. L'Assessore Ravaioli non è stato ideatore di queste iniziative, non è il pensatore di questa linea metropolitana e dei sistemi dei trasporti utilizzati. E' stata una scelta della Giunta; l'amico Santoni lo ricorderà, visto che, per nostra fortuna o sfortuna, facevamo parte di quella Giunta, che la Giunta si è trovata di fronte ad un problema molto grave: un contratto importante che doveva essere o accettato così com'era (ed era una scelta che nessuno voleva fare) o rifiutato totalmente (ed era una scelta costosa per la città di Torino) o modificato, dando esecuzione alla parte già decisa e quella ancora possibile riconvertendo il contratto. Credo che le persone in genere, e gli amministratori in particolare, debbano da una parte non rubare le idee altrui appropriandosene la paternità. Per contro, quando ci sono scelte già fatte da precedenti Amministrazioni si ha il dovere di dare attuazione a quelle scelte cercando di limitare al massimo i danni quando questi ci sono.
La scelta di corso Regina Margherita è stata determinata dalla necessità di dare comunque una conclusione ad un contratto precedente e di modificarla in parte rispetto ad altre scelte urbanistiche della città.
Questo è un modo corretto di stare in politica. Nessuno ha mitizzato certe scelte e certi modi di essere e di fare il pubblico amministratore. Ritengo che questa sia stata una scelta opportuna e necessaria, in qualche modo costosa per la città di Torino, ma costosa perché era un dato ormai acquisito.
Alcune considerazioni ancora. Stiamo vivendo un momento di grande trasformazione della città di Torino che ha certamente delle conseguenze sull'intero sistema viario urbanistico del Piemonte. Mi sembra giusto che la Regione si appropri o comunque diventi protagonista rispetto ai problemi esistenti. Non conosco appieno le varie situazioni di cui parlava prima l'arch. Picco, dal momento che non ho seguito la comunicazione resa alla Commissione da parte del Direttore delle Ferrovie, quindi non posso valutarla. Certamente se ci sono questi problemi la Regione deve farsene carico in un confronto non strumentale (e certamente non sarà strumentale) ma costruttivo con la pubblica amministrazione torinese, con la Giunta di Torino e anche con l'Ente Ferrovie, ciò al fine di trovare il modo affinch la città di Torino sappia e possa cogliere quelle opportunità che oggi ci sono.
Se questo comportamento sarà tenuto, al di là delle polemiche, forse è anche giusto farle entro certa misura (comunque non devono frenare la capacità di progettazione e di realizzazione), credo che sarà possibile partecipare tutti attivamente e cogliere quelle opportunità che fino ad oggi in parte non sono state colte, non certamente per responsabilità gravissime di chi ha amministrato negli ultimi 2-3 anni, ma per una situazione molto più ampia e complessiva che probabilmente proviene da più lontano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi, penso che occorra mettere a fuoco questa questione perché dopo questo dibattito nel quale quasi tutti gli interventi hanno fatto emergere preoccupazioni e insoddisfazioni, vorrei che si evitasse di giungere o semplicemente all'espressione di qualche preoccupazione senza tanto mordente, dovuta a problemi di schieramento politico, o a fare critiche assolutamente generali, quanto forse generiche tendendo a reinventare il mondo. Vorrei evitare questi due estremi perch secondo me c'è la possibilità di focalizzare il problema e distinguere i punti di attacco di esso. Problema che la relazione dell'Assessore non ha affrontato nei suoi termini pieni.
Innanzitutto dobbiamo fare una riflessione profonda sui tempi delle decisioni politiche, sui tempi della gestione del potere, perché una delle ragioni di fondo del rimettere tutto in discussione deriva proprio dal fatto che si stenta in Italia, abbiamo stentato anche noi specialmente sul tema dei trasporti, a prendere delle decisioni politiche in tempi utili a renderle valide: questo è il punto, specialmente in settori in cui le tecnologie sono in rapida evoluzione. E' come se la fabbrica di automobili Lancia si fosse messa negli anni '40 a progettare l'Aprilia e sia riuscita nell'anno '88 a metterla sul mercato, ma nell'anno '88 sul mercato c'è la Thema, non c'è più l'Aprilia. Allora il problema è che la decisione concernente un sistema di trasporti dev'essere presa in tempi reali, in tempi rapidi, altrimenti non prendendo decisioni c'è sempre qualcuno tecnico o politico, che dice "a questo punto bisogna rimettere in discussione tutto". Questo è il primo aspetto. Dobbiamo riflettere tutti come forze politiche nel momento in cui governiamo; adesso la nostra forza politica non governa, ma ha fatto questa esperienza sul settore dei trasporti, della metropolitana soprattutto, che ci porta a una riflessione che se avete voglia di ascoltare sarei anche in grado di farla subito.
Abbiamo pagato un prezzo su questo, perché in dieci anni il sistema europeo di metropolitana leggera poteva già aver visto non solo una sua rapida estensione a livello degli investimenti leggeri, ma avrebbe già potuto vedere realizzati gli investimenti pesanti all'interno della città. Siamo andati per le lunghe, per responsabilità nostre e non solo nostre.
Dobbiamo fare tesoro di questo e facciamo questa osservazione a chi oggi ha la responsabilità del problema del quadruplicamento della ferrovia. Per noi questo tema, che penso abbiamo affrontato con non troppe insufficienze rimane strategico e rimane un tema sul quale occorre procedere concretamente con i lavori. Quindi mi sembra che parlare di rimettere tutto in discussione o rinnegare la validità del quadruplicamento oggi sia improponibile e sbagliato. Il problema del quadruplicamento in asse è stato dibattuto soprattutto in via tecnica come esame costi-benefici tra questa soluzione e un'altra. E' stata una scelta politica appoggiata su basi tecniche nello stesso modo nel quale oggi per chi governa si porrebbe il problema se continuare su questa strada o cambiare, quindi non c'è dietro nessuna ideologia politica o nessuna difesa d'ufficio di una decisione.
Il problema del quadruplicamento è ancora valido in asse? Io ritengo di sì. Siamo ancora in tempo, e non solo perché sono già state investite risorse (cantieri sono stati aperti e progetti sono stati fatti), ma perch le stesse osservazioni critiche di larghissima massima sulla potenzialità di questo quadruplicamento negli anni a venire molto lontani non pongono in discussione quest'opera, questo è il punto focale. Non perdiamo la bussola: quest'opera non è neppure messa in discussione da chi - vedremo a che titolo - ha fatto emergere qualche perplessità. Intanto sono carenze legate all'alta velocità, ma se qualcuno di noi si è un po' addentrato nel problema della realizzazione in Italia e in Europa dell'alta velocità ha capito che per quanto riguarda l'alta velocità siamo davvero agli inizi di investimenti che vanno molto in là nel tempo, traguardano senz'altro la nostra generazione per un sistema completo di alta velocità. Quando ci fosse un sistema di alta velocità consolidato questo quadruplicamento, ci si interroga, reggerà o non reggerà? Probabilmente no. Occorrerà trovare altre soluzioni, però gli stessi estensori di questo tipo di critica individuano una soluzione: ad esempio, si propone che la realizzazione del tratto di metropolitana, il giorno che si riuscirà a farlo in sotterranea vedremo quando, della linea 4, avvenga già adesso in sede di progettazione con sagoma ferroviaria. Le soluzioni ci sono: il traffico merci nel momento in cui questo quadruplicamento non fosse più in grado di reggere può essere realizzato attraverso nuova struttura. Ribadiamo la necessità e l'impegno della Regione Piemonte di procedere rapidamente con questo quadruplicamento. Questo vuol dire non ripensare mai a quello che pu essere ripensato? Direi di no. I ripensamenti sono prova di star con i piedi per terra, di seguire la realtà, di non attaccarsi per partito preso ad esperienze o proposte superate. Il problema non è che non si possa toccare niente, per carità. Il problema è sapere chi lo decide e le conseguenze che ha. Allora il fatto gravissimo che è successo, collega Ferrara, e mi dispiace che debba fare questa critica a te e al Partito repubblicano, è una gravissima iniziativa assolutamente inaccettabile compiuta dall'Assessore ai trasporti del Comune di Torino che si è permesso l'ha ripetuto l'Assessore Mignone e ne sono rimasto esterrefatto - di dare l'indicazione al Comitato di coordinamento, che deve realizzare la convenzione, di sospendere la progettazione del tratto da Porta Susa a stazione Dora, senza avere la responsabilità e il titolo di fare questa proposta. Questo è un atto gravissimo. Né la Giunta di Torino né la Giunta regionale l'hanno mai autorizzato. State bene attenti: non dico che mi rifiuto di considerare il problema, sarebbe stupido farlo, dico che non posso accettare che il problema venga considerato in questi termini quindi non posso accettare che in questo momento il Comitato di coordinamento si sia fermato, perché se si è fermato, e questo provoca dei danni, chiedo l'addebito di responsabilità politiche, non parliamo di quelle materiali di cui ha parlato qualcun altro. Questo ritardo nella progettazione non è accettabile, dev'essere, Assessore Mignone, immediatamente rimosso. La Giunta comunale di Torino, che poche volte viene sollecitata dal Presidente Beltrami su questioni di alto rilievo, deve decidere le linee del nuovo Piano regolatore generale, altrimenti diventa difficile discutere del nodo ferroviario di Torino; diventa difficile pure senza il Piano di inquadramento territoriale della Regione. Quando si parla in termini astratti di pianificazione è facile fare delle battute, però poi quando affrontiamo i problemi concreti, tipo quello del sistema ferroviario vediamo che senza un piano (flessibile o non flessibile), senza un programma, è difficile intervenire su questi problemi.



FERRARA Franco

La bozza di delibera programmatica sta arrivando adesso.



CHIEZZI Giuseppe

Su questo tema la città di Torino non ha prodotto niente, lo sappiamo benissimo. Stanno circolando da alcuni mesi dei documenti di cui nessuno è padre, se non i progettisti che li hanno scritti. Nessuno si è fatto carico di dire: "Questa è la nostra bozza"; anzi, quando sono usciti questi documenti la prima cosa che è successa, tra le forze del pentapartito, è quella di cominciare a prendere le distanze. La DC addirittura ha fatto un Convegno nel quale ha detto "oh vedremo per carità". Allora le scelte non ci sono, non sono state prese. L'Assessore ai trasporti di Torino non so se crede ancora di gestire una società arcaica, di natura patriarcale, è il patriarca che decide? E' un manager? Ma questo non è nemmeno un modo d'agire manageriale. Quando si governa un ente pubblico, o anche quando si governa un'azienda: difficilmente un membro del comitato esecutivo ordina che un certo progetto vada sospeso senza parlarne nel comitato esecutivo e chiedere l'assenso del Presidente del Consiglio di amministrazione o dell'Amministratore delegato. Forse un manager non si comporta così nemmeno nel privato, ma senz'altro per l'amministrazione pubblica è un modo inaccettabile. Se si gestisce un ente pubblico un Assessore deriva il suo potere da un atto collegiale della Giunta e non si può permettere di andare in una sede tecnica di attuazione di decisioni politiche prese formalmente nelle sedi e forme giuste e dire adesso basta, sospendete. No, questo ordine l'Assessore Ravaioli se lo deve rimangiare. Perché non si governa così, non è serio. Ferrara, mi dispiace dover fare queste osservazioni ad un partito che sulla carta o in certe questioni afferma la necessità del buon governo, aspira ad essere un esempio ed insegnare qualcosa, invece vedo che ciò non accade.
Su questa questione ci sono solo due strade: o si procede a realizzare "com'era e dov'era" il quadruplicamento, oppure si prendono delle decisioni politiche diverse approvando le delibere programmatiche dei piani territoriali. Tenendo conto che l'ipotizzata modifica, a giudizio dell'ing. Caprio provoca incrementi di tempi e di costi elevatissimi e delle penalizzazioni dell'esercizio ferroviario, inimmaginabili, gravissime e per un lungo periodo di tempo. La situazione di sospensione non è accettabile, le sue conseguenze, Assessore Mignone, sono gravissime: non si può sostenere una sospensione di questi lavori senza prendere delle decisioni. In assenza di decisioni, i lavori procedano secondo i progetti approvati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo socialista apprezza lo sforzo dell'Assessore fatto nella sua relazione anche se cercheremo di dare alcune indicazioni.
L'aspetto problematico che emerge dal dibattito di stamani e che è emerso su un altro tema nei giorni scorsi quando si è dibattuto, non in Consiglio, sul Centro fiere, è che c'è uno scollamento tra il ruolo del Comune di Torino nella gestione dei processi importanti e il ruolo generale della Regione. Spesso sfugge che alcuni interventi, ad esempio, quello dell'ente fiere torinese oppure quello del quadruplicamento in asse, non sono fatti che si possono pensare di esaurire nella cinta daziaria di Torino, ma elementi che hanno una valenza notevole di carattere sovracomunale e anche di natura regionale.
Il tema che trattiamo oggi è da specialisti, e il dibattito lo sta facendo emergere. Certamente nella città si è prestata più attenzione allo Stadio o ad altri aspetti che non invece ad un tema dirompente che lascerà tracce profonde. Si pensi a quando si metterà mano ai lavori attorno a piazza Statuto, per alcuni anni verrà tagliato il collegamento tra l'occidente e l'oriente della nostra città, la città sarà tagliata a metà già è schiacciata verso il Po nella sua struttura urbanistica, ma vivrà dei momenti rilevantissimi. Forse allora si discuterà il significato che assumerà il quadruplicamento in asse. Questa è certo l'occasione per ridefinire e riequilibrare l'assetto urbanistico, soprattutto, Assessore, è un'occasione per vedere se la Regione è in grado di giocare un ruolo significativo in un processo di integrazione dei sistemi dei trasporti di intermodalità. E qui dobbiamo riconoscere non un'apertura, ma una non completa disponibilità da parte dell'Ente F.S.
Il problema della metropolitana, il rapporto con essa e le affermazioni abbastanza gravi che le ferrovie hanno fatto, nel senso di rifiutare un rapporto e un raccordo con il sistema veloce urbano, sono preoccupanti come pure lo è la non volontà di vedere il collegamento con i rami a minor traffico che sono per noi importanti e strategici. Ne abbiamo discusso sul tema della Torino - Pinerolo. E' importante anche la Trofarello - Chieri comunque tutto il sistema delle ferrovie concesse. Questo è un passaggio nel quale si misurerà la legittimazione della Regione a poter entrare in processi di carattere sistemico in modo adeguato.
Il problema dell'alta velocità non credo sia delle generazioni future.
E' un tema molto vicino, con il livello critico che ormai ha raggiunto il trasporto su gomma, con il livello critico che ha raggiunto il trasporto aereo, credo che l'alta velocità ferroviaria richiederà nei prossimi anni una accelerata notevole. L'esperienza francese sarà un modello di riferimento e noi vediamo che da quell'esperienza i tempi non sono più storici affinché un notevole sistema integrato di alta velocità si diffonda nel territorio francese.
Anche il problema delle merci è rilevante. Pensare che il bacino orientale dell'Italia, che è la parte più notevole, debba passare ogni notte, ogni giorno nel centro della città per andare al Centro intermodale di Orbassano pone alcuni problemi logistici non marginali sul ruolo che il sistema dei trasporti su rotaia si vuole dare.
Quando a suo tempo abbiamo fatto le scelte, forse un'analisi costi benefici sofisticata, una valutazione di impatto più generale, non solo ambientale, non sono state di ausilio alla decisione dell'operatore pubblico che non ha permesso a fondo una trasparenza del significato delle velocità commerciali nel passaggio in quadruplicamento in asse; un problema legato al forte rallentamento delle attività economiche di traffico della città nel procedere in questo senso. La scelta è stata fatta con delle motivazioni valide, anche se ritengo che abbia pesato in quella scelta l'impostazione delle Ferrovie dello Stato, prevalentemente in una logica spesso conservatrice, anche di prestigio, per mantenere un attestamento nel centro della città (nonostante siano state ormai superate via via nelle grandi città le stazioni di testa), quindi è un'affermazione di principio comunque favorisce la penetrazione nelle maglie delle grandi aree urbane e in questo senso può avere un vantaggio.
Credo che questo processo sia ormai inarrestabile. Però è difficile oggi pensare quale risposta dare all'alta velocità, al trasporto merci con un Centro intermodale della rilevanza di quello di Orbassano e con prospettive molto più brevi di quelle pensate all'inizio degli anni '80 sul ruolo del trasporto ferroviario rispetto a quello su gomma e aereo. E' un problema che forse poteva essere risolto con una soluzione intermedia, non tutta fuori asse, ma che pensasse a questo tipo di raccordo. Qualcuno potrebbe osservare che la soluzione intermedia può sempre essere recuperata. Certo, probabilmente accentuiamo gli oneri dell'impatto ambientale e gli oneri economici della scelta.
Forse abbiamo avuto, e si possono riconoscere gli errori, una visione troppo ristretta delle necessità di sviluppo di Torino, ritenendo che questa città non fosse più in una fase di espansione, quindi la scelta in asse poteva sembrare quella più economica. Oggi ci rendiamo conto che il cuore di Torino può essere un elemento propulsivo per la stessa Regione Piemonte e ha condizioni di crescita nel terziario avanzato. Non credo che attorno alla polemica sull'abbassamento del piano del ferro in corso Principe Oddone possa ruotare tutta la strategia; può esserci un ritardo.
Sono d'accordo con il collega Chiezzi che sollevava dubbi sul metodo ma non penso che questo problema possa disarticolare, modificare alla radice tutto, e non credo che ci siano delle riserve di giochi particolari.
E' certo che il ritardo non giova, non giova all'accumulo di problemi economici della nostra regione, non giovano il ritardo dell'intervento sull'aeroporto di Torino, l'atteggiamento scorretto attorno ai rami a minor traffico, che per noi in certi tratti sono essenziali per pensare ad uno sviluppo che non sia polarizzato essenzialmente su Torino. Quindi occorre accelerare quando è possibile, ma non sono nemmeno dell'idea di fare una guerra attorno al problema dell'attraversamento del tratto tra Porta Susa e la Stazione Dora.
Certo, c'è una limitazione. La risposta che lei deve dare, Assessore deve essere più alta e più forte mettendo in campo tutte le energie e le forze del nostro Consiglio, è l'integrazione del sistema dei trasporti che questa occasione deve dare, ma non mi pare che si stia andando nella direzione adeguata. Da un lato Torino ragiona come se l'attraversamento in asse fosse un suo esclusivo problema e le Ferrovie pongono alcuni problemi diretti legati agli interessi dell'ente, mentre quella che è l'opportunità di una grande integrazione del sistema di trasporti dell'area metropolitana torinese, con riflessi regionali, non viene data.
L'incertezza su Porta Susa e su altri aspetti non aiuta quelle che sono le scelte da farsi.
Rispetto al collega Ferrara ritengo che probabilmente l'avvicinamento a corso Vittorio Emanuele rende troppo vicini i due poli di stazioni torinesi, probabilmente si creano una sovrapposizione e dei doppioni specie con il traffico che arriva da oriente.
Il ruolo della Regione è dunque decisivo. Occorre recuperare un rapporto con Torino e con le Ferrovie per far sì che questi due organismi abbiano una visione complessiva del sistema di trasporto al fine di evitare che anche in questa occasione, dopo la penalizzazione di uno Stato ulteriormente centralistico e certamente non generoso con Torino (lo vediamo con l'aeroporto di Torino, lo vediamo con i cosiddetti rami secchi), si venga a determinare con il quadruplicamento in asse un'altra occasione perduta, altri rallentamenti, altre situazioni nelle quali Torino diventa periferia di Milano e non assume quei caratteri che potrebbe assumere in un'Europa che va verso le Regioni, che va verso un potenziamento delle realtà regionali.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, ha facoltà di replicare l'Assessore Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo doveroso fare alcune brevi considerazioni al termine del dibattito. Brevi anche perché devo recarmi a Roma per un incontro con il Ministro dei Trasporti su questi temi.
Mi pare di poter comunque cogliere dal dibattito, da un lato, il richiamo alla grande importanza che riveste, per il Consiglio regionale e quindi per la Regione Piemonte, il problema della definizione e della realizzazione di tutte le opere connesse con il nodo ferroviario di Torino.
Mi pare che giustamente si sia sottolineata l'importanza di questa realizzazione non soltanto per l'assetto urbanistico della città di Torino ma più in generale per la risoluzione dei problemi dell'accesso alla città di Torino e della mobilità delle persone e delle merci all'interno dell'area metropolitana.
Da questa considerazione emerge anche un richiamo ad una delle scelte che noi in tutte le sedi abbiamo sempre ribadito: una più spinta integrazione tra le varie modalità di trasporto.
Questa è la scelta che noi abbiamo fatto in tutti i nostri documenti di programmazione ed è la scelta che sta anche alla base della progettazione complessiva del nodo di Torino, cioè quella di realizzare, attraverso i punti di interscambio, la integrazione tra le varie modalità di trasporto facendo rientrare all'interno del nodo di Torino anche il trasporto delle ferrovie concesse, e noi oggi diciamo anche di quelle linee considerate a scarso traffico, che riguardano però la mobilità delle persone nell'area metropolitana, che con un diverso modello di esercizio, con un diverso armamento, con diverse vetture, con un diverso tipo di orario potrebbero davvero realizzare un modello di esercizio del trasporto su ferro dell'intera area metropolitana.
Da questo punto di vista non si può abbandonare il principio delle interconnessioni. A dire il vero, io non ho colto questa radicalità di posizione delle F.S.; comunque, essa non può essere accolta, certamente perché diventa un rifiuto della convenzione, perché sta all'interno della convenzione, sta all'interno del protocollo di intesa come uno dei punti qualificanti, quello di realizzare i nodi di interscambio, le interconnessioni. Quindi, noi non possiamo accettare un tipo di soluzione che non preveda l'ingresso delle linee concesse all'interno del nodo di Torino.
Questo, se sarà il caso, lo ribadiremo nelle sedi opportune, troveremo le sedi nelle quali questo argomento debba essere recuperato.
Mi è quindi parso di cogliere da tutti gli interventi la sottolineatura della importanza strategica che assume la soluzione di questo problema per l'intera Regione, quindi colgo il richiamo affinché nel secondo Piano regionale dei trasporti, più e meglio di quanto abbiamo detto nel documento di obiettivi ed indirizzi, questo problema dell'area metropolitana diventi il problema del nuovo piano dei trasporti, il problema e le sue soluzioni.
L'altro elemento che ho colto dal dibattito è la preoccupazione di noi tutti per i tempi. Ripercorriamo in rapido flash le date: nel 1980 avviamo gli studi; nel 1982 stendiamo il protocollo di intesa; dobbiamo arrivare a fine 1984 per fare la convenzione; nel 1986 facciamo un'appendice a questa convenzione. Questa scansione dei tempi rende conto di come, quando si passa dal grande disegno, che magari è una riga sulla carta come ricorda il collega Guasso, allo studio della progettazione esecutiva, ci siano degli elementi di complessità. Credo che non si debbano banalizzare i problemi: pensiamo a tutte le interferenze che comporta la realizzazione di una sede ferroviaria nel sottosuolo di una grande città; vi sono oggettive difficoltà che vanno valutate e che debbono essere tenute presenti.
Credo però che vada anche detto che passiamo da un estremo all'altro.
C'è chi dice: non si tocca niente del progettato perché questo ormai è definito; e chi dice: dobbiamo addirittura rimettere in discussione il discorso del quadruplicamento. Allora, chi vuole rimettere in discussione il quadruplicamento, non può dire che lo vuole subito, perché chi va a sostenere la tesi che dobbiamo riprogettare tutto, addirittura ripensare all'opportunità di un disegno di quadruplicamento in asse, vuol dire che pensa al 2050 e non al 2000.
A me pare che oggi, tenendo presenti i dati e le proiezioni attuali, vi sia la possibilità di reggere il traffico degli anni 2000 con l'attuale soluzione. Probabilmente qualche accorgimento dovrà essere fatto per quanto riguarda il trasporto merci e il discorso dell'alta velocità. Però, a me pare che oggi questo disegno mantenga appieno la sua validità.
In questo ci sta anche il discorso dell'idea che è venuta al Comune di Torino, sulla base delle indicazioni contenute nell'ipotesi del nuovo Piano regolatore, di studiare una diversa soluzione per quanto riguarda il tratto fra le stazioni Porta Susa e Dora.
Mi pare che si debba riconoscere che è un tipo di soluzione che cerca di tenere conto dei molti dubbi che erano stati avanzati rispetto alla precedente soluzione per quanto riguarda quel tratto. L'abbassamento del piano del ferro (posto che le Ferrovie hanno detto che tecnicamente è superabile la pendenza nuova che verrebbe ad avere la tratta ferroviaria su quel lotto) è una soluzione che, andando in galleria, cerca di tenere conto dei problemi dell'impatto ambientale e della divisione della città che, in questo modo, potrebbe essere ricucita, attraverso un disegno urbanistico dell'area nuova che probabilmente ha degli aspetti positivi non trascurabili a priori. Questo comporterà qualche allungamento nei tempi della progettazione del lotto, comporterà qualche aumento di costo, per credo che, in un quadro complessivo, si debba tenere conto degli aspetti negativi e degli aspetti positivi.
Peraltro, credo che questo non interferisca rispetto al proseguimento dei lavori su altre parti. Quindi, il lavoro sul nodo può comunque proseguire.
Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo recuperare questa eventuale decisione all'interno del Comitato di coordinamento. E' una indicazione venuta dal dibattito che mi pare di dover cogliere. Poiché è il Comitato di coordinamento che governa questa partita in tutte le sue fasi, noi dobbiamo ricondurre anche queste decisioni all'interno del Comitato di coordinamento che deve fare un salto di qualità: non deve fare solo delle valutazioni meramente tecniche su progetti già definiti, ma deve essere in grado anche di affrontare politicamente le questioni. Questa questione va ricondotta nell'ambito delle valutazioni del Comitato di coordinamento. Noi abbiamo chiesto ufficialmente al Presidente la convocazione entro questo mese di tale Comitato, perché in questa sede si valutino queste proposte, i vantaggi e gli svantaggi che attengono a questa specifica problematica.
Dal dibattito vengono per la Giunta queste indicazioni: la grande importanza strategica che assume la definizione del nodo di Torino per quanto riguarda l'intero sistema dei trasporti piemontese; la preoccupazione per i tempi, che facciamo nostra e che anche noi abbiamo espresso; l'esigenza di riportare all'interno del Comitato di coordinamento questi eventuali ulteriori approfondimenti che debbono essere fatti.
In questo sta il ruolo di governo della Regione, che ha svolto un'azione di punta, decisiva su tutta questa materia.
Ricordava il collega Guasso che il quadruplicamento non lo volevano le Ferrovie, fu una scelta della Regione Piemonte e noi su questa scelta dobbiamo marciare, all'interno di un processo che abbiamo cercato di governare, pur in un quadro di difficoltà di rapporti a tutti comprensibili.
Queste proposte andremo a porre sul tavolo del confronto con il Governo e in particolare con il Ministro. Credo che vi siano ancora le possibilità per cercare ragionevolmente di stare entro i tempi massimi che ci eravamo dati.
Dobbiamo non perdere altro tempo, dobbiamo procedere con maggiore celerità rispetto a quanto abbiamo fatto in passato. Ormai siamo giunti ad un punto di definizione delle varie problematiche che ci consente di guardare con ragionevole ottimismo a questo traguardo; i problemi su cui ci dobbiamo confrontare sono ancora quelli di dettaglio.
Penso che questo dibattito serva alla Giunta per porre con forza, nelle sedi adeguate, come il Comitato di coordinamento, l'esigenza di non perdere ulteriore tempo e di andare rapidamente alla realizzazione di questa infrastruttura che ha un ruolo strategico non solo per la città di Torino ma per il sistema complessivo dei trasporti di tutta l'area piemontese.



PRESIDENTE

Il dibattito sulla comunicazione della Giunta in merito al passante ferroviario di Torino ha così termine.
Sono stati presentati due ordini del giorno, uno da parte del Consigliere Pezzana, l'altro del Gruppo comunista. Data l'importanza dell'argomento i Capigruppo domani stabiliranno tempi e modi di discussione di tali documenti.
Dichiaro pertanto sospesi i lavori del Consiglio che riprenderanno alle ore 15,30.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,30 riprende alle ore 15,30)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Bilanci consuntivi (generale e del Consiglio Regionale)

Esame disegno di legge n. 382: "Rendiconto generale per l'esercizio finanziario 1987"


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Prima di passare al punto 5) dell'o.d.g. che prevede l'esame del disegno di legge n. 382, ha chiesto di parlare il Consigliere Ala. Ne ha facoltà.



ALA Nemesio

Questa mattina, unitamente ai colleghi Adduci e Majorino, ho presentato una richiesta urgente di iscrizione all'o.d.g. di un punto.



PRESIDENTE

Il Presidente del Consiglio sospendendo la seduta antimeridiana ha comunicato che i lavori sarebbero ripresi con l'esame del disegno di legge n. 382 relativo al rendiconto generale per l'esercizio finanziario 1987 e che successivamente i Presidenti dei Gruppi avrebbero preso in considerazione le ulteriori richieste fatte dal Consiglio.
Relatore del disegno di legge in esame è il Consigliere Santoni, che ha pertanto la parola.



SANTONI Fernando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è all'esame di quest'aula il rendiconto generale della Regione Piemonte per l'esercizio finanziario 1987, cioè di quell'esercizio in relazione al quale la situazione finanziaria, in sede di bilancio di previsione, era apparsa talmente preoccupante da indurre la Giunta regionale ad assumere alcune iniziative nei confronti del Governo, per reclamare da un lato maggiore equità di ripartizione delle risorse rispetto ad altre Regioni di uguale importanza economica e sociale, e dall'altro per dimostrare la buona volontà dell'Amministrazione di rientrare da un certo disequilibrio che da qualche anno è presente e tende ad accrescersi.
Peccato che queste iniziative non abbiano consentito fino ad oggi un riconoscimento da parte del Governo della situazione di penalizzazione del Piemonte nella ripartizione del fondo comune di cui all'art. 8 della legge n. 281/70, del fondo per lo sviluppo di cui all'art. 9 della stessa legge e delle risorse provenienti da leggi settoriali, e conseguentemente la possibilità per la Regione di un rientro programmato e graduale dalla situazione di sostanziale disequilibrio. Tuttavia alcune misure attuate dalla Regione hanno consentito di ottenere risultati positivi, sia nel contenere e magari ridurre il disavanzo, sia nel portare maggiori risorse al bilancio regionale sotto forma di interessi attivi, conseguenti alla rinegoziazione dei mutui già contratti. Tuttavia, alla fine dell'esercizio le risorse disponibili sono ammontate a 5.334.819 milioni, superiori del 12% circa rispetto a quelle dell'esercizio 1986.
Ciò ha consentito di contenere il disequilibrio derivante dall'insufficienza dell'avanzo finanziario a fare da copertura alle reimpostazioni dei fondi statali a destinazione vincolata, nei limiti di 47.757 milioni circa, con una diminuzione da valutare intorno ai 25 miliardi rispetto all'esercizio 1986. Questi risultati lascerebbero intravedere prospettive, per l'esercizio in corso, che confermerebbero l'ottimismo con il quale si è proceduto all'impostazione del bilancio di previsione per l'esercizio 1988, nella consapevolezza dell'estrema limitatezza delle risorse a disposizione, ma con la volontà di dotarsi di un bilancio dignitoso, che non escludesse la possibilità di qualsiasi attività discrezionale da parte della Regione. Se queste speranze potranno realizzarsi, dipenderà, però, dall'esito del prossimo confronto tra gli Assessori al bilancio delle Regioni e il Ministero del Tesoro, il quale vorrebbe proporre, per l'esercizio 1988, non più l'incremento in base al tasso programmato di inflazione del fondo comune di cui all'art. 8 della legge n. 281/70, ma una riduzione del medesimo rispetto all'ammontare dell'esercizio 1987, dato l'avvio dall'attuazione della nuova legge finanziaria regionale. Questa proposta è già stata contestata dai Presidenti delle Giunte regionali, in un documento approvato nell'ultima loro Conferenza nella quale, su proposta del nostro Presidente, è stata decisa anche la citata riunione degli Assessori al bilancio, per un confronto in sede tecnica con il Ministero del Tesoro. Dalle informazioni che pervengono, sembra che ora il Governo sia orientato a riconfermare, per quanto riguarda l'ammontare dei fondi ex art. 8 della legge n. 281/70, la cifra erogata nell'esercizio 1987: se così è, sarà possibile procedere all'assestamento del bilancio di previsione per l'esercizio 1988 riconfermandone quel carattere dignitoso che ne ha improntato tutta l'impostazione. Altrimenti l'operazione di assestamento non sarà possibile (o almeno sarà possibile ovviamente solo in termini tecnici) in quanto con i tagli proposti dal Governo verrebbero a mancare al bilancio 60 o 70 miliardi, per cui sarebbe necessario abbandonare ogni velleitaria speranza di un minimo d'attività istituzionale, e ritornare alle previsioni pessimistiche iniziali.
Per quanto riguarda il rendiconto della gestione del bilancio per l'esercizio finanziario 1987, la relazione tecnica fornita dalla Giunta regionale è così particolareggiata da non poter che rinviare ad essa informazioni sui risultati relativi ai principali aspetti della gestione stessa. Mi limiterò ad esaminare soltanto alcuni aspetti particolari, come la politica della contrazione dei mutui a pareggio del bilancio, e la situazione della gestione dei residui sia attivi che passivi.
Per quanto riguarda i mutui contratti a ripianamento del bilancio, essi ammontano a 200 miliardi quelli contratti nell'esercizio 1986 e a 100 miliardi quelli contratti nell'esercizio 1987. Non avendo utilizzato che il 30% dei mutui contratti nell'esercizio 1986, ed essendo la rimanente quota insieme a tutto l'ammontare dei mutui contratti nell'esercizio 1987 depositata in conto corrente, si è venuta a costituire una significativa partita di entrata del bilancio regionale, relativa agli interessi attivi maturati sulle somme depositate in conto corrente, che ha portato ad incrementare la voce interessi attivi, rispetto alle previsioni definitive di ben 8,5 miliardi circa. L'eventuale utile a favore della Regione, o quantomeno la limitazione della perdita, cioè la differenza tra il tasso medio passivo al quale i mutui sono stati contratti ed il tasso medio attivo di deposito del provento dei mutui, dipende essenzialmente dalle condizioni di tasso alle quali i vari mutui sono stati contratti. Si deve anzitutto rilevare che di mutui ne sono stati contratti sia a tasso fisso che a tasso variabile, anche se questi ultimi in misura molto limitata, in quanto la Regione non può comportarsi come il privato che specula e rischia sulle differenze di tasso nel tempo. Per ottenere migliori condizioni di tasso e di tempo da parte delle banche di importanza regionale, si è dovuto operare sul mercato nazionale, trattando i prestiti anche con banche di altre Regioni che praticano condizioni più vantaggiose; in ogni caso, si sono contratti mutui per 100 miliardi con il CREDIOP a condizioni da ritenersi tra le più convenienti che in quel momento il mercato offriva: al tasso del 10,75%, con possibilità per quattro anni di non riscuoterlo ricevendo pari tasso attivo, depurato dell'imposta erariale, che grava sugli interessi maturati sui depositi in conto corrente.
Altri mutui sono stati contratti a condizioni un po' meno vantaggiose anche se prevedono la corresponsione, per dieci mesi, di un pari tasso attivo, nel caso in cui il mutuo non sia riscosso, e la corresponsione per ulteriori dieci mesi di un tasso attivo inferiore di un punto a quello interbancario, se la mancata riscossione si prolunga nel tempo. Ancora sono stati rinegoziati mutui, già contratti a tassi superiori, per 80 miliardi circa, ottenendo condizioni di tasso molto più vantaggiose, tali da determinare un risparmio nel tempo di oltre 20 miliardi. E' evidente che a seconda della natura delle operazioni che si finanziano con mutuo, ed in particolare se si finanzia la realizzazione di opere pubbliche, è più conveniente non riscuotere subito il mutuo, anziché sfruttare la possibilità di maturazione di interessi attivi con il deposito del provento in conto corrente fruttifero; non v'è chi non veda che in questi casi si cerca di sfruttare al massimo la possibilità prevista dal contratto di mutuo, di ritardare la riscossione del medesimo, e questo ritardo talora può anche raggiungere i 2, 3, 4 anni. Esistono tuttavia condizioni contrattuali che impongono la riscossione del mutuo, e che è necessario rispettare, ricorrendo, ove sia respinta l'eventuale richiesta di proroga al deposito in conto corrente fruttifero. I mutui con la Cassa DD.PP., a cui purtroppo le Regioni non possono accedere, ma che sarebbero i più convenienti per le condizioni di tasso praticate, prevedono un altro comportamento da parte dell'Ente mutuatario, e cioè le quote del provento del mutuo vengono corrisposte man mano che l'Ente può dimostrare di aver sostenuto la corrispondente spesa, ma l'ammortamento del mutuo inizia l'anno successivo a quello di contrazione indipendentemente dal mancato parziale, o totale utilizzo della somma mutuata.
L'altro aspetto che ci siamo proposti di esaminare è quello della gestione dei residui sia attivi che passivi. Il problema dei residui desta sempre qualche preoccupazione, specie quando essi raggiungono le dimensioni attuali, ma la loro formazione è talmente soggetta ad influenze esterne che non possono più essere considerati esclusivamente nell'ottica del disfunzionamento dell'Amministrazione.
Da grafici presentati dalla Giunta regionale, risulta che nell'arco dei cinque anni arretrati, cioè dal 1983 al 1987, i residui attivi, salvo un decremento temporaneo nel 1984 dove hanno raggiunto il livello del 15,83 delle entrate accertate, negli altri anni si sono mantenuti su una fascia pressoché costante, che varia da un minimo del 20,66% nel 1986 al 20,97 nel 1983, mentre presentano un incremento significativo nel 1987, toccando il 21,35% delle entrate accertate. Anche i residui passivi che nel 1983 rappresentavano il 9,07% delle somme impegnate, dopo un netto calo nel 1984, anno in cui hanno raggiunto il livello del 6,82% delle somme impegnate, negli anni successivi si sono incrementati e stabilizzati sul 10,7% delle somme impegnate. Abbiamo parlato di influenze esterne, ora, chi più dei residui attivi ne è soggetto? Non possiamo trascurare infatti che le due più importanti partite dei residui attivi, alla fine dell'esercizio 1987, sono rappresentate dalle assegnazioni statali legate all'attuazione delle leggi settoriali, per 1.009.728 milioni circa, ed i proventi dei mutui, contratti dalla Regione a pareggio dei bilanci, legati alla realizzazione degli investimenti regionali, per 306.437 milioni circa rispettivamente pari al 72,3% ed al 21,9% dell'ammontare complessivo dei residui attivi al 31 dicembre 1987.
Il formarsi dei residui attivi ha diverse cause; quando si tratta di entrate provenienti dallo Stato, queste cause sono: l'accertamento dell'entrata ad esercizio molto avanzato, per cui la riscossione effettiva non può che avvenire nell'esercizio successivo; il notevole lasso di tempo che intercorre tra il momento dell'accertamento e quello dell'incasso tanto da far ritenere necessario, da parte della Giunta regionale, un intervento legislativo al fine di modificare gli attuali meccanismi, che ritardano l'introito dei fondi assegnati alla Regione, o ne condizionano l'erogazione, da parte dello Stato, alla dimostrazione dell'avvenuta spesa la quale, quando è relativa all'esecuzione di opere pubbliche, si verifica con un ritardo tale da determinare una pesante situazione creditoria.
Infine, un'altra causa di formazione dei residui attivi è stata l'istituzione della Tesoreria unica, che consente allo Stato di erogare tranche di risorse solo quando è esaurita la tranche precedente. Proprio per queste cause, le due aree di intervento che più risentono dei ritardi nella riscossione delle risorse, e che quindi danno luogo alla maggior quantità di residui passivi per ritardi nei pagamenti, sono il settore delle opere pubbliche ed il settore dell'agricoltura. Il primo, perch l'iter per arrivare alla realizzazione dell'opera pubblica è molto lungo per non parlare del tempo necessario per arrivare all'effettuazione del collaudo dell'opera eseguita, quando il meccanismo dell'erogazione dell'entrata è tale, per cui si può procedere alla riscossione solo a dimostrazione della realizzazione dell'opera. Per quanto riguarda il settore agricoltura, una delle cause della limitata capacità di erogazione delle risorse è ancora dovuta, per una parte, alle opere pubbliche che nel settore vengono realizzate con tutte le conseguenze che ne derivano, e per un'altra parte di interventi, per i quali la capacità di erogazione è alquanto superiore e quindi minore è la possibilità della formazione di residui passivi, essi sono legati a fenomeni naturali, che non si esauriscono in tempi rapidi e comunque per la fine dell'esercizio, per poter dare la dimostrazione che la spesa è stata sostenuta. Si deve peraltro rilevare, che questa massa di residui attivi non ha mai determinato situazioni preoccupanti per l'Ente: i flussi di entrata sono sempre stati abbastanza regolari, per cui l'Ente non ha mai dovuto fare ricorso ad anticipazioni bancarie, o ad altre forme creditizie a breve termine, né hanno influito sulla politica della contrazione dei mutui, i cui proventi sono lasciati, per tempi relativamente lunghi, depositati in conto corrente a maturare, come abbiamo visto, interessi attivi. I residui passivi la cui formazione, oltre che subire l'influenza del formarsi dei residui attivi, dipende da meccanismi di spesa che trovano difficoltà ad esaurirsi, sono relativi a quegli impegni di spesa che non pervengono alla fase del pagamento entro la fine dell'esercizio di competenza; essi permangono nella gestione dei residui soltanto per due esercizi, per poi passare tra i residui perenti, di cui in ogni bilancio viene iscritta una quota corrispondente alla somma complessiva che si prevede di pagare. Non è quindi facile stabilire l'ammontare reale dei residui passivi, sia perch relativamente ai fondi statali settoriali le somme non impegnate alla fine dell'esercizio sono reimpostate nella competenza dell'esercizio successivo e riciclate con la copertura finanziaria delle risorse che costituiscono l'avanzo finanziario, sia per l'esistenza dei residui perenti relativi agli esercizi precedenti.
Nell'esercizio 1987 i residui passivi si sono formati nella misura del 9,14% del complesso delle somme impegnate, compresi i residui passivi relativi al fondo sanitario nazionale. Come già è stato detto, le cause che li hanno determinati non devono essere essenzialmente ricercate nell'inefficienza (o almeno non solo nell'inefficienza) della struttura esecutiva, giacché troppi sono i condizionamenti esterni che sulla loro formazione influiscono. Tra i principali, la Giunta regionale indica, nella sua relazione al rendiconto generale, il ritardo con il quale sono stati approvati i documenti contabili, che ha inciso sui tempi di gestione, per cui ad un incremento delle somme impegnate non ha potuto corrispondere un analogo andamento dei pagamenti, che, pure essendo aumentati in cifra assoluta, non hanno potuto raggiungere la percentuale dell'anno precedente.
Alla fine dell'esercizio i residui passivi risultano ammontare complessivamente a 617.634 milioni circa, che, se depurati da quelli relativi al Fondo Sanitario Nazionale, puramente finanziari, si riducono a 576.908 milioni, con un incremento effettivo rispetto ai residui passivi esistenti all'inizio dell'esercizio del 3,5%. All'incremento che essi infatti presentano sugli stanziamenti di competenza, fa riscontro un rilevante smaltimento dei residui passivi relativi agli esercizi precedenti. Esaminati sommariamente questi aspetti del rendiconto della gestione del bilancio, e rinviando per ogni maggiore e più dettagliata informazione alla relazione della Giunta regionale molto particolareggiata si ritiene interessante verificare gli effetti di questa gestione sulla situazione delle attività e passività finanziarie, sulla situazione delle attività e passività patrimoniali, e sulla situazione dei conti generali della Regione. Le attività finanziarie della Regione, a seguito di un incremento dei residui attivi di 188.493 milioni, pari al 15,6%, e della diminuzione del fondo cassa per 2.054 milioni, per maggiori pagamenti rispetto alle riscossioni effettuate nel corso dell'esercizio, si incrementano di 186.439 milioni, pari al 15,4% circa. Le passività finanziarie, a seguito dell'incremento di 60.323 milioni dei residui passivi, pari al 10,8% di quelli esistenti all'inizio dell'esercizio subiscono un incremento di pari ammontare. La situazione finanziaria complessiva alla fine dell'esercizio 1987 risulta così migliorata, con una maggior eccedenza delle attività sulle passività di 126.116 milioni, pari al 19,3%. Passando ad esaminare le attività e passività patrimoniali, si rileva che, alla fine dell'esercizio, il valore dei beni immobili si è incrementato di 5.218 milioni, pari al 6,65%; il valore dei beni mobili è aumentato di 4.881 milioni circa, pari al 12,5% circa, comprensivi di 1.027 milioni circa provenienti da donazioni; i crediti, i titoli di credito e le attività diverse si sono incrementate di 3.059 milioni, pari al 17,6 circa. Complessivamente, a seguito della gestione del bilancio dell'esercizio 1987, le attività patrimoniali si sono incrementate di 13.158 milioni, pari al 2,2% circa. Le passività patrimoniali, registrando un incremento di debiti, mutui, prestiti, per 88.479 milioni, pari al 15 ed un aumento dei debiti latenti a fronte di residui passivi perenti per 29.562 milioni, pari al 37,3%, si sono complessivamente incrementate di 118.041 milioni, pari al 17,6%. Ne consegue, per quanto riguarda i conti generali della Regione, che la consistenza, alla fine dell'esercizio, delle attività risulta incrementata di 199.597 milioni, pari all'11% circa mentre le passività si presentano incrementate nella misura di 178.363,5 milioni, pari al 14,5% circa. L'eccedenza delle attività sulle passività risulta quindi incrementata di 21.234 milioni circa, pari al 3,6% circa.
Oltre al conto del patrimonio su cui ci siamo brevemente intrattenuti un altro documento importante, ai fini del rendiconto generale della gestione del bilancio, è il conto del Tesoriere, nel quale sono riportate in termini di cassa tutte le entrate e tutte le spese, suddivise per capitoli.
Dal documento allegato si rileva che gli stanziamenti assestati di entrata e di spesa pareggiano sulla somma di 6.410.229 milioni, e che riscossioni e pagamenti si sono verificati in pari misura di 5.149.485 milioni, pari all'80,3% degli stanziamenti assestati. Per quanto riguarda le entrate, le percentuali di riscossione variano però a seconda della loro natura. Così le entrate derivanti da tributi propri della Regione, dal gettito dei tributi erariali, o di quote di esso devolute alla Regione a titolo di ripartizione del fondo comune di cui all'articolo 8 della legge 281/70, sono state riscosse nella misura del 99,5% dello stanziamento assestato.
Le entrate derivanti da contributi ed assegnazioni dello Stato, ed in genere da trasferimenti di fondi del bilancio statale, anche in rapporto all'esercizio di funzioni delegate dallo Stato alle Regioni, sono state riscosse nella misura dell'83,9% rispetto allo stanziamento assestato.
Le entrate derivanti da rendite patrimoniali e da utili di Enti o Aziende regionali sono state riscosse in percentuale del 42,7% dello stanziamento assestato. Le entrate derivanti da alienazione di beni patrimoniali, da trasferimenti di capitali e rimborso di crediti sono state riscosse nella misura del 35,1%, rispetto allo stanziamento assestato. Le entrate derivanti da mutui, prestiti, ed altre operazioni creditizie sono state riscosse nella misura del 22%, risultando ancora 340.758 milioni di mutui perfezionati e non riscossi.
Per quanto riguarda le spese dal Conto del Tesoriere risulta che relativamente all'area di attività, i pagamenti hanno riguardato il 77,5 circa dello stanziamento assestato. Le spese previste per l'area d'intervento agricoltura sono state pagate nella misura del 37,1% circa dello stanziamento assestato. Per quanto riguarda l'area d'intervento Attività secondarie e terziarie, la quota dei pagamenti ha rappresentato il 79,4% dello stanziamento assestato. Le spese inerenti alla Gestione ed assetto del territorio hanno dato luogo a pagamenti nella misura del 39,7 dello stanziamento assestato. Le spese per i Servizi sanitari e sociali hanno dato luogo a pagamenti per 3.765.525 milioni, pari al 93,3% dello stanziamento assestato. La formazione professionale e la cultura hanno richiesto pagamenti pari al 79,2% circa dello stanziamento assestato.
Allegati al rendiconto generale della Regione per l'esercizio finanziario 1987 vi sono i consuntivi degli Enti strumentali e delle Società a partecipazione regionale, nonché i rendiconti dei parchi e riserve naturali del Piemonte.
Credo che i colleghi saranno d'accordo se questa parte la si dà per letta. La relazione scritta, molto dettagliata, di questi documenti rimane agli atti cosicché i colleghi potranno consultarla.
Illustre Presidente, colleghi Consiglieri, con questo accenno a tutti i documenti allegati al rendiconto generale della Regione, si è voluto fare una panoramica, per dimostrare quanto complesso stia diventando valutare l'attività della Regione, essendo tanti i settori nei quali essa interviene direttamente, od attraverso i suoi strumenti, che sono gli Enti da essa creati, o la sua partecipazione, di maggioranza o di minoranza, a Società a capitale pubblico ovvero a capitale misto. E' impressione generale che questi strumenti, specie le società a capitale misto, debbano moltiplicarsi, data la non florida situazione della finanza pubblica, e per contro la necessità di affrontare problemi di rilevante e complessa portata, come la salvaguardia dell'ambiente, il disinquinamento delle acque e dell'atmosfera, l'eliminazione dei rifiuti solidi, e così via, che soltanto l'intervento di Società a capitale misto, pubblico e privato, è in grado oggi di realizzare.
Ne consegue che, per il futuro, la Regione dovrà individuare il suo ruolo principale non già nella politica di gestione delle sue limitate possibilità finanziarie, e delle risorsa che lo Stato ritiene di doverle trasferire, imponendogli il settore d'intervento, le modalità d'impiego, e le finalità da conseguire, ma deve attrezzarsi, anche istituzionalmente per costituire punto di riferimento e di indirizzo politico dell'attività di tutti questi strumenti decentrati, nonché svolgere un'attività di controllo sull'operato dei medesimi, e sulla loro capacità di raggiungere gli obiettivi sociali ed economici che essa intende conseguire.
La I Commissione ha preso in considerazione tutto questo materiale rilevandone la complessità di un attento controllo, ma insieme valutando positivamente la strada imboccata dalla Giunta regionale, che deve portare all'uniformità con quello regionale, e il comportamento amministrativo e contabile di tutti questi strumenti regionali decentrati. Sotto l'aspetto finanziario, la I Commissione ha valutato positivamente il coraggio della Giunta che, pur in una situazione finanziaria di particolare gravità, che lasciava presupporre l'impossibilità di attuare una sia pur minima politica di intervento regionale, con appropriate misure è riuscita anche a ridurre il disavanzo effettivo esistente.
La I Commissione ha pertanto ritenuto opportuno approvare il rendiconto generale della Regione per l'esercizio 1987, con tutti gli allegati sopra richiamati, e ne auspica l'approvazione da parte di questa assemblea.
C'è ancora il documento relativo al rendiconto del Consiglio che possiamo lasciare all'attenzione dei colleghi dandolo per letto, se non richiamando all'attenzione soltanto la parte riassuntiva, cioè che le risorse finanziarie che consentono la gestione di competenza dell'esercizio del Consiglio provengono dal bilancio regionale e per l'esercizio 1987 sono ammontate a 12 miliardi 995 milioni, di cui 12 miliardi 445 milioni già riscossi mentre 550 milioni saranno versati dal bilancio regionale 1988 in conto residui attivi. Altre partite che compongono l'attivo del rendiconto sono gli interessi attivi maturati sul conto corrente della Tesoreria il cui ammontare è pari a 293 milioni circa e sono destinati insieme alle economie di spese a essere restituiti al bilancio regionale.
Altra partita di attività, che trova compensazione tra le passività per uguale ammontare, è quella delle partite di giro che nel 1987 sono ammontate a 2 miliardi 85 milioni circa e un'ultima partita di attività di residui risultanti alla fine dell'esercizio 1987 complessivamente ammontano a 756 milioni. Le passività di conto sono costituite dai pagamenti in conto competenza per 11 miliardi 848 milioni, in conto gestione residui passivi per 1 miliardo 893 milioni circa, altri pagamenti, partite di giro che si compensano con le entrate 2 miliardi 85 milioni e ancora tra le passività e le economie di spesa, cioè la differenza tra le previsioni definitive e gli impegni che nell'esercizio 1987 ammonta a 1 miliardo 88 milioni circa.
Un'ultima partita delle passività riguarda i residui passivi che al 31 dicembre 1987 ammontano a 1 miliardo 709 milioni.
Per il resto si può richiamare la relazione scritta che è depositata per i colleghi.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Santoni è aperta la discussione. E' iscritta a parlare il Consigliere signora Bresso. Ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

Ringrazio il collega Santoni per averci ammannito una doppia versione ma ridotta, della relazione peraltro interessante e che ho ascoltato dopo averla letta attentamente.
Vorrei fare alcune brevi considerazioni sul rendiconto anche a partire da una serie di osservazioni che nel corso degli ultimi anni abbiamo fatto in varie occasioni, sia in sede di discussione in aula che in Commissione.
Intanto una prima considerazione un po' controcorrente - mia personale relativa alla differenza fra stato dichiarato del bilancio in profonda crisi ed esiguità del disavanzo effettivo che peraltro è un effettivo abbastanza discutibile nel senso che i mutui non vengono neanche utilizzati, cioè nessuna quota dei mutui accesi viene utilizzata.
In sostanza, ho sempre di più l'impressione che i nostri problemi nascano non tanto dall'entità complessiva delle risorse disponibili quanto dalla grande quantità di queste risorse che, essendo a destinazione vincolata, impediscono un'utilizzazione dei fondi complessivi rispetto agli obiettivi, agli impegni di spesa che si vogliono assumere. In realtà, la Regione nel suo complesso non riesce a spendere tutti i soldi che riceve però si trova ad avere una serie di vincoli per cui su certe risorse non può spendere e su altre invece ha eccedenze che non riesce a spendere.
Naturalmente è possibile che la ragione per cui poi su certi obiettivi alla fin fine non si spende di più sia l'impossibilità ad attivare delle risorse, spostare delle risorse od ottenerne di più, quindi non vuol dire che questi soldi ci bastano e ci basterebbero comunque, vuole dire che la serie di vincoli imposti dalla serie di destinazioni da tutti i fondi vincolati in qualche modo rende difficile ed ardua la spesa effettiva. Alla fine quello che potrebbe dire un osservatore esterno, è che però questi soldi bastano, perché se ne spendono meno di quelli che vengono destinati.
Lo so che non è proprio così, però in termini di lavoro sul Governo mi pare che la priorità assoluta sia proprio la lotta contro la pratica dei fondi a destinazione vincolata. Se riuscissimo a risolvere la questione, forse potremmo ridare alla Regione anche una capacità di spesa maggiore e quindi una volontà di spesa maggiore. In questa situazione mi pare che non riusciamo neanche a spendere bene quello che abbiamo.
Seconda questione (peraltro sollevata nella relazione del collega Santoni, ma alla quale non viene data una risposta se non in termini di difficoltà. "E' abbastanza lapalissiano", dice il collega Santoni. "Non si è speso, quindi ci sono delle difficoltà") è quella dei due settori che in termini di rapporto fra stanziamenti ed impegni stanno appena al di sopra del 50% delle risorse disponibili mentre in termini di rapporto fra stanziamenti e spesa stanno ancora più bassi, cioè al 37% l'agricoltura e 39-40% il territorio. E' una questione grave. Il collega Santoni dice che non sono solo questioni di efficienza, c'è certamente un problema di inefficienza, ma c'è anche tutta una serie di condizionamenti. Di nuovo c'è il problema di parlare di questi condizionamenti perché non è possibile che noi abbiamo due settori in cui non si spende; tra l'altro uno è l'agricoltura, che ormai dipende praticamente dal denaro pubblico, che non sopravvive senza interventi pubblici, che protesta continuamente perché non ha abbastanza finanziamenti, ma dobbiamo capire se protesta e chiede tanto per ottenere e poi non sa cosa farsene (e la prova è che non riesce neanche a spendere quello che ha ottenuto come impegno), oppure se c'è un problema effettivo interno alla Regione, cioè la non capacità a dare corso alle politiche che vengono proposte.
Lo stesso dicasi per l'area territorio dentro la quale c'è tutta la partita ambientale, su cui ci sono voragini di non speso rispetto alle esigenze. Chiediamo continuamente centinaia di miliardi per l'ambiente.
Quando è venuto il Ministro Ruffolo, l'Assessore ha detto che la bonifica il risanamento dell'ambiente in Piemonte comporterà migliaia di miliardi di fabbisogni, di interventi di spesa, dopodiché siamo in una situazione in cui su acquedotti, fognature ed interventi in genere di tipo ambientale spendiamo cifre ben inferiori alla metà di quelle che potremmo spendere a livello di stanziamenti. O è impossibile spendere perché il vincolo, il groviglio delle leggi, delle norme, delle disposizioni e dei rapporti con gli enti locali è tale che impedisce strutturalmente di spendere, oppure questa non spesa in alcuni settori permette di coprire i problemi strutturali della Regione in altri settori attraverso i famosi giri di fondi reimpostati che ci vengono continuamente rimproverati, oppure ancora bisogna trovare il modo di sbloccare la situazione.
Trovo che va benissimo che ci sia alla fine - ci deve essere per legge il rendiconto che ci dice che i conti quadrano, che non ci sono errori contabili, siccome però problemi dentro questo rendiconto ce ne sono quello che vorremmo è che ci si dica perché, almeno nei settori dove i problemi appaiono chiaramente gravi, va così, cioè perché non riusciamo a superare il 37% di rapporto fra stanziamento e spesa in agricoltura o il 39% nel campo del territorio. Cosa si può fare e, se non si può fare niente, potremmo eventualmente fissare un dibattito per discuterne.
Mi collego a questa questione per affrontare un altro problema già segnalato nella relazione del collega Santoni - quello dei parchi, sul quale abbiamo sempre versioni contraddittorie. Quando si discute degli stanziamenti di bilancio, ma anche quando si sentono gli amministratori dei parchi nelle rare occasioni che abbiamo di incontrarli, sono alte le lamentele perché i fondi non sono sufficienti. La politica dei parchi è presa alla gola, di fatto non si può fare niente e quindi tutto va in disgregazione. Ed effettivamente, date le cifre minime stanziate per ogni parco e la loro continua riduzione rispetto invece all'aumento, sia pure più modesto, del tasso di inflazione, è comprensibile che i soldi non bastino. Ma se andiamo a vedere i rendiconti dei parchi scopriamo che la capacità di spesa dei parchi è, se non proprio nulla, almeno per le politiche specifiche di istituto (quelle per cui i parchi sono nati, al di là di pagare il personale e di comprare la carta e di qualche gettone di presenza agli amministratori) è prossima a zero, molto modesta, non per tutti i parchi, ma certo molto molto bassa in media.
Quando questo tema è stato discusso in occasione dell'esame del rendiconto dell'esercizio finanziario 1986, in sede di Commissione era stato richiesto per l'anno successivo una relazione ai Consigli d'amministrazione o alle strutture che gestiscono i parchi insieme al bilancio, che evidenziasse le difficoltà che impediscono di spendere, per valutare se si tratta di difficoltà a cui si può porre rimedio attraverso modifiche di legge o altro che la Regione può fare, o se si deve ripensare la politica dei parchi. O è colpa nostra, e bisogna che ce lo dicano e noi cambiamo le norme o le procedure che regolano i nostri rapporti con i parchi, o è colpa loro e bisogna affrontare questo problema. Siccome tra l'altro sono pendenti diverse proposte di revisione della legge istitutiva dei parchi, alcune in senso di contenimento, altre in senso di rilancio e anche di aumento di dotazione di fondi e di politiche, questo aspetto delle strutture che funzionano o non funzionano è rilevante e varrebbe la pena discuterne quando andranno in discussione le leggi sui parchi (e andranno comunque in discussione perché noi chiederemo che le leggi che hanno raggiunto i 90 giorni giungano in aula).
E' stato detto che esistono apparentemente anche problemi relativi al funzionamento delle strutture. Varrebbe quindi la pena di affrontare in quella sede la questione relativa alle strutture di amministrazione e gestione dei parchi. Ricordo che c'era stata una decisione della I Commissione relativa a questo in cui si era chiesto, e l'Assessore presente aveva assicurato che avrebbe dato seguito; a questo punto lo comunico all'Assessore al bilancio (vorrei che qualcuno desse corso alle decisioni che si prendono altrimenti non ha senso prenderle) che si richieda ormai una relazione ad ogni parco specifica sulle ragioni della difficoltà di spesa e anche proposte - perché certamente dall'esperienza degli amministratori qualcosa deve ben venir fuori - su come si può rimediare a questo problema.
Un ultimo aspetto che solleverei riguarda un altro punto trattato dalla relazione di Santoni, è relativo a tutti gli enti strumentali e in genere alle partecipazioni della Regione. Anch'io sono convinta che nei casi - e noi siamo in uno di quelli in cui sia difficile l'intervento diretto da parte della Regione, dove apparentemente la difficoltà di spesa è maggiore (come quelli che arrivano a spendere non più del 37-38% dello stanziato) sia utile e opportuno utilizzare strumenti di intervento esterno che non hanno probabilmente i vincoli e le pastoie burocratiche che ha invece l'amministrazione pubblica diretta; sia usando lo strumento degli enti strumentali, sia attraverso lo strumento delle società miste. Noto anche che per affrontare i problemi relativi agli interventi ambientali noi abbiamo proposto in almeno due settori, quello del trattamento dei rifiuti (ma estendibile ai problemi della depurazione) e quello relativo alle politiche di risparmio energetico, proprio degli strumenti - come le agenzie - che sono sostanzialmente strumenti di società miste. Proprio sapendo quanto sia difficile in settori così complessi intervenire direttamente; la riprova sta in questo rendiconto che dice che la Regione su questi settori non sia in grado di intervenire.
La situazione, lo sappiamo tutti, è gravissima, tracolla da tutte le parti; i fabbisogni sono enormi. Mi pare quindi che da questo rendiconto emerga anche la necessità di fare una riflessione sulla fuoriuscita di alcune delle funzioni che la Regione non riesce a gestire da sola in proprio verso strumenti più agili di intervento come gli enti strumentali e le società miste. Molto spesso c'è resistenza anche nella struttura. Ci siamo accorti che c'è da parte dei funzionari della Regione molto spesso una resistenza nei confronti di questa assunzione di alcuni compiti al di fuori degli uffici della Regione, però il problema è reale: se non riesce a fare in un modo, bisogna trovare il modo di fare in un altro. D'altronde il problema della efficienza oltre che della efficacia della pubblica amministrazione è ormai centrale; noi, essendo convinti che in molti settori i privati da soli non possono intervenire né vogliono intervenire e, se intervengono, lo fanno male, riteniamo però anche che lo strumento "pubblica amministrazione" debba essere messo in grado di funzionare.
Quando in termini diretti la struttura burocratica della Regione non è in grado di funzionare, deve dotarsi degli strumenti adeguati, come peraltro hanno fatto molti altri Paesi.
Forse su questa questione vale la pena di proporci un momento di riflessione, non so se la sede sia prima la Commissione e poi il Consiglio o direttamente il Consiglio, su cosa fare nei campi in cui c'è evidentemente un problema di spesa. Ci sono campi in cui questo problema esiste e va affrontato, non in termini generali rimasticando le solite affermazioni, ma prendendo come punto di partenza questi due settori agricoltura e territorio - che sono quelli in cui le questioni sono apparentemente più gravi e in particolare nell'ambito del territorio la questione politica dei parchi. Mi pare varrebbe la pena di affrontare la questione magari svolgendo una discussione in sede di Commissione e comunque con una discussione in Consiglio, avendo a supporto le relazioni degli Assessori che ci dicano come mai può avvenire una cosa assurda di questo genere, a fronte peraltro di loro continue affermazioni di avere bisogno di soldi, sia in sede di discussione del bilancio, sia di singole occasioni specifiche.
Quindi, al di là degli aspetti formali, relativi al modo in cui si spende nelle varie aree di competenza, discussione che si fa in sede di bilancio preventivo e su cui qui non c'è niente da dire, ci sono invece questioni che ci pare il caso di sollevare a consuntivo, che sono anche le ragioni per cui siamo profondamente insoddisfatti di questi documenti, che formalmente danno delle risposte, ma che non rispondono ad alcuna delle questioni sostanziali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Presidente e colleghi, desidero fare alcune considerazioni sulla scorta della relazione che è stata presentata dal Presidente della I Commissione il collega Santoni, sul rendiconto generale per l'esercizio 1987.
Prima di tutto desidero esprimere una nota positiva di soddisfazione del Gruppo socialista e mia personale per le conclusioni a cui è arrivato il Presidente Santoni che ha presentato il rendiconto, risultato di un grosso sforzo compiuto a nome della Giunta da parte del collega Assessore Croso. Uno sforzo che è stato definito coraggioso e mi è grato riprendere proprio questo aspetto perché in definitiva egli, nuovo si può dire di fronte ad un impegno in un settore delicato quale quello del bilancio, non ha esitato di fronte ai problemi a ridefinire in modo più realistico la situazione finanziaria del nostro Ente. Sono grato al collega e compagno Croso che lo sforzo che egli ha fatto sia stato coronato da successo, uno sforzo che ha anche prodotto in qualche settore delle perplessità: qua e là è stata messa in discussione la possibilità di realizzare questo obiettivo senza contare che la riduzione del 30%, riportando le disponibilità ad una visione più realistica, ha prodotto nello stesso ambiente della maggioranza perplessità, anche legittime, tuttavia oggi possiamo esprimere la soddisfazione di questo risultato. Un risultato che ci avvicina sempre di più alle capacità di realizzare da una parte le previsioni e gli stanziamenti e dall'altra i successivi interventi.
Le osservazioni della collega Bresso sono pertinenti anche se permane sempre uno stacco, anche se si sta andando verso la riduzione, che si legge dai residui che ancora restano inevasi. Senz'altro questo è uno dei punti di cui dovremo farci carico per avvicinare in tempi più reali le previsioni agli stanziamenti per evitare ritardi, che non solo si ripercuotono sui residui da reimpostare a bilancio, ma non vengono messi a frutto economicamente dal punto di vista dell'impiego. E' un problema che tocca anche la Regione da vicino, ma soprattutto investe gli enti pubblici. E qui sta uno dei punti del rinnovamento della pubblica amministrazione, delle sue capacità di proiettarsi all'esterno, di cogliere tempestivamente le necessità e dare delle risposte.
So molto bene, come lo sanno i colleghi titolari di iniziative economiche e finanziarie esterni alla pubblica amministrazione, che occorre contemperare una serie di esigenze come progetti, capacità di previsione stanziamenti, interventi, evitando strozzature; nella pubblica amministrazione occorre rispettare una serie di passaggi democratici che sovente l'azienda privata non ha di fronte alle scelte che compie. Quindi è necessario fare queste distinzioni, però è necessario che i titolari della pubblica amministrazione (in questo caso noi) sappiano vedere quali sono i tempi e i punti morti, quali sono le strozzature per superarle, per far sì senza la pretesa di concorrere sullo stesso terreno in cui si svolge la concorrenza tra aziende private, che la risposta pubblica sia sempre più vicina ai tempi e alle esigenze che la gente si attende, sia una risposta certa.
In particolare, ragionando di bilancio, occorre che si faccia discendere questa esigenza, e ce ne facciamo carico, sia che riguardi la politica economica e finanziaria dell'ente nel suo insieme, sia che riguardi gli enti strumentali o la stessa vita del Consiglio regionale. Mi pare che questo sia un elemento che oggi non deve più sfuggire a nessuno cioè la capacità di avvicinare le punte di questa forbice che sono rimaste abbastanza lontane tra di loro. Uno sforzo in questa direzione l'Assessore Croso l'ha fatto, bisogna dargliene atto.
Sono pure d'accordo che alla luce delle considerazioni fatte dal Presidente della I Commissione, Santoni, sia il caso di compiere una riflessione per vedere quali sono i lacci e i lacciuoli delle nostre leggi.
Sovente, nell'eccesso di realizzare il massimo di certezze, lamentiamo il fatto di aver apprestato una serie di condizionamenti che, se dal punto di vista giuridico ci fanno rispettare una serie di scadenze, di certezze e di trasparenze, dall'altro ci rendono la politica finanziaria abbastanza pesante. Credo che questa Giunta lo possa fare. In questi tempi si sta ragionando sul piano generale, di riforme da realizzarsi a livello nazionale e di riforme da realizzarsi a livello regionale. E' stato presentato nei giorni scorsi un disegno di legge sulla riforma delle autonomie locali che indica alcune modifiche importanti e significative anche se mi pare lasci in ombra il ruolo delle Regioni. In questi tempi abbiamo il dovere, partendo dagli stanziamenti, dalle disponibilità e dagli impieghi, dalla politica finanziaria di compiere un esame delle capacità di spesa nei tempi previsti della spesa.
Quindi non c'è solo il problema di ridurre gradualmente il disavanzo impegno molto importante, ma c'è anche il problema di sveltire il processo di investimento. Mi pare che la direzione verso la quale ci stiamo muovendo sia buona, abbiamo anche più forza per proporre di cambiare la concezione del rapporto Stato-Regione, con il quale si è affidata una massa di mezzi finanziari a destinazione vincolata immaginando la Regione non già come momento che esercita la sua piena sovranità nelle scelte da compiere rispetto ai problemi. Voglio dire che avremmo maggior forza se all'appuntamento con lo Stato saremo in grado di presentarci avendo rinnovato il processo di gestione, le nostre capacità di far fronte alle questioni immediate e chiedendo alcune modifiche. E' tempo che le Regioni si inseriscano in questo grosso dibattito che comincia a dare i suoi frutti attraverso alcune modifiche già in atto per assegnare alle Regioni una nuova dimensione.
Mi pare di intuire dei segnali che danno le Regioni in ripresa. Ho detto che resta in ombra nelle proposte di riforma degli enti locali il ruolo delle Regioni, tuttavia - e offro questa considerazione all'attenzione dei colleghi - ho l'impressione che ci potrà essere qualcosa che ridarà alle Regioni una prospettiva migliore rispetto a quella di un anno fa. Non si può farne a meno delle Regioni, il ruolo delle Regioni non si può rinchiuderlo nella riserva indiana; per una serie di processi che investono gli aspetti di programmazione nei vari campi la Regione è l'Ente al quale riferirsi. Recentemente ne abbiamo avuto la prova nel dibattito sulla Valle Bormida con la partecipazione della popolazione che qui, più che da un'altra parte, è venuta ad esprimere le sue istanze; c'è qualcosa che, in qualche misura, la Regione deve poter cogliere.
Allora partiamo da questa considerazione che investe gli aspetti di merito, le capacità di gestione, gli interventi, i rapporti tra la Regione ed gli enti strumentali. Certo, occorre operare un rinnovamento che richiede coraggio e capacità di vedere se le leggi fino ad oggi operanti corrispondono ancora alle esigenze o se si devono modificare. Tutto ciò per avvicinare le due punte della forbice, per superare le carenze di cui soffre la pubblica amministrazione in questo Paese.
Per concludere mi ricollego al discorso sul rilancio della programmazione. E' sempre necessario promuovere iniziative che rappresentino il punto di riferimento dell'incontro fra Stato ed enti locali, che coinvolgano iniziative private attraverso varie forme, che possano consentire di realizzare progetti, indirizzi, proposte che si inseriscano in una politica di programmazione. Una politica capace di apprestare progetti capaci di essere presenti nel processo vivo del cambiamento.
Assessore e signor Presidente, partendo dalle considerazioni che sono state fatte attorno al rendiconto per l'esercizio finanziario 1987 dovremmo riuscire a vedere tutti questi aspetti e modificare laddove ci sono dei passaggi chiusi o che comunque fanno ritardare i processi; se così sarà potremmo ragionevolmente pensare di inserire questo discorso in quella che è una tendenza politico-culturale che si sta aprendo di fronte a noi che è appunto quella di rivalutare il ruolo delle Regioni come momento più alto del sistema delle autonomie di questo Paese, fondando questo sforzo su degli obiettivi di programmazione che sono alla base dell'impegno di rinnovamento delle Regioni.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi limiterò ad un breve intervento che ritengo tuttavia necessario, anche a seguito del dibattito che, seppur limitato, è intervenuto.
L'approvazione del rendiconto è atto importante anche come elemento propedeutico alla presentazione dell'assestamento di bilancio. Però è cosa diversa dal bilancio preventivo 1988; riguarda piuttosto nella sostanza il 1987 e quindi mi pare che alcune affermazioni svolte durante il dibattito siano andate fuori dal tema specifico, anche se quando si parla di cifre è legittimo fare qualunque tipo di discorso.
Mi pare che questo rendiconto abbia comunque l'aspetto positivo di riconfermare la tendenza al contenimento del deficit reale della Regione.
Questa tendenza è stata perseguita come un obiettivo politico ed amministrativo da questa Giunta e da questa maggioranza fin dal suo insediamento.
C'è formalmente un grosso avanzo che si basa peraltro tutto sulle reimpostazioni; invece nella sostanza c'è un deficit reale che viene in qualche modo contenuto rispetto all'anno precedente e anche rispetto a quelle che erano le previsioni poste alla base del bilancio 1988 che, come si ricorda, fu approvato in due tempi con una legge di bilancio e con una prima legge di variazione la quale teneva invece esplicitamente conto o meglio scontava in parte già il rendiconto.
Noi ponemmo come Gruppo la questione evidenziando l'impossibilità di presentare per il 1988 un bilancio di eccessivo sfondamento, proprio perch le risorse sono quelle che sono e ipotizzare risorse impossibili non serve a fare chiarezza.
Alla collega Bresso debbo dire che il tema dei residui è ormai un tema ricorrente, legato alla velocità di spesa. Certo, la velocità di spesa regionale non è mai stata forte, non è però peggiorata. Se si tiene conto di tutta la parte delle reimpostazioni, dopo le modifiche alla legge di contabilità (la nota legge Testa che approvammo nella passata legislatura) si ha il senso di una certa lentezza di spesa, che però non si aggrava, è sostanzialmente una costante. E' difficile migliorare la velocità di spesa anche perché c'è tutta la parte di spesa vincolata che poi è quella, che più delle altre, riguarda le reimpostazioni.
Il meccanismo delle reimpostazioni ha avuto quantomeno il merito, o il demerito, di consentire questi deficit reali, di appannarne l'evidenza perché togliendo le cifre reimpostate evidentemente dal passivo si ottengono pareggi di bilancio che sono nella sostanza irreali. Quello che conta è peraltro vedere la realtà delle cifre, in questa realtà noi abbiamo un deficit anche in questo consuntivo che tuttavia si cerca progressivamente di contenere.
Il deficit non è legato solo all'esercizio, ma è legato anche al complesso degli esercizi precedenti, ai residui attivi e passivi ed al loro movimento, all'accertamento definitivo dell'attivo e del passivo. E' quindi una situazione complessa. Non direi che non si spende, direi che si cerca di spendere al massimo possibile consentito dalle effettive difficoltà della pubblica amministrazione, perché la pubblica amministrazione ha i suoi tempi, e sono purtroppo dei tempi più lunghi del normale.
V'è la necessità di decidere e mi pare che su questo terreno ci si stia concretamente muovendo.
D'altro canto il problema del fabbisogno lo dobbiamo ancora verificare e ne abbiamo parlato in I Commissione proprio nella seduta di ieri ricordando che il Consiglio si è comunque impegnato ad approfondire il problema del fabbisogno della Regione come elemento di contrattazione con il Governo. La I Commissione deve svolgere un lavoro che ha tuttavia il presupposto della messa a disposizione di dati che in questo momento ancora non ci sono.
Credo che questo lavoro deve essere portato avanti, noi ne siamo pienamente convinti, perché la dialettica con il Governo deve continuare.
Non è solo sul problema delle risorse che si gioca il futuro delle Regioni.
Noi non siamo entusiasti di quanto si prevede per l'istituto regionale nella nuova proposta di legge sulle autonomie. Riteniamo che essa sia sostanzialmente carente. Non ci sono poi le risorse sufficienti, si pu giustamente considerare la Regione non come un ente locale, ma come un ente legislativo e sotto questo profilo è anche logico prevederne un assetto a parte, però questo assetto deve essere previsto e deve essere accompagnato da adeguate risorse finanziarie. Non credo che queste risorse possano essere soltanto un problema di area impositiva autonoma, ma debbono essere più correttamente una ridistribuzione complessiva delle risorse stesse. Ne abbiamo ampiamente discusso quando abbiamo parlato delle riforme interne e del futuro della Regione. In quella sede il nostro Gruppo ha fatto anche in merito proposte che sono alla base della posizione assunta nelle sedi più svariate. Occorrono risorse per la Regione, occorrono risorse in più e noi certamente non siamo allineati su una posizione rinunciataria per le Regioni, ma siamo impegnati come Gruppo DC a sostegno di una politica che dia alle Regioni risorse maggiori.
Per quanto riguarda lo specifico il nostro voto sarà favorevole al rendiconto del Consiglio e sarà favorevole al rendiconto complessivo della Regione. Rileviamo che la politica di risanamento e di riduzione progressiva del disavanzo effettivo va avanti pur tra mille difficoltà e certamente non potrà proseguire realisticamente senza l'avvio di una politica di ricerca di maggiori risorse che non può d'altra parte essere gesto autonomo della Regione, ma è collegata alla modifica del quadro legislativo nazionale.
Sotto questo profilo quindi diamo un giudizio positivo sul lavoro compiuto e sullo sforzo progressivo condotto dalla Giunta e dalla maggioranza nella legislatura, in una fase di notevole difficoltà che non sfugge ad alcuno.



PRESIDENTE

L'Assessore Croso chiede di intervenire per puntualizzare alcuni aspetti del rendiconto.



CROSO Nereo, Assessore al bilancio

Singor Presidente, colleghi Consiglieri, chiedo la parola per puntualizzare le intenzioni dell'Assessorato al bilancio in merito ai problemi che sono stati sollevati.
Già in occasione della discussione del bilancio di previsione 1988 ho tentato di illustrare il difficile momento che sta attraversando la finanza regionale.
Il bilancio di previsione però, in quanto documento che precede le azioni, lascia un seppur minimo margine alla speranza che successivamente le situazioni possano cambiare ed anche migliorare; non egualmente si pu dire per il bilancio consuntivo che è una elencazione in maniera fredda e non più modificabile delle cose fatte nell'esercizio precedente.
Se quindi il bilancio di previsione stimola la fantasia, il bilancio consuntivo, invece, invita alla riflessione.
Ritengo quindi superflue, perché ampiamente discusse anche nella predisposizione del bilancio di previsione e ampiamente dibattute, le considerazioni sui residui sia attivi che passivi.
Sono dati da tenere sotto controllo, come sto facendo e come mi sono impegnato a fare, ma non sono necessariamente un indice esclusivo di buono o cattivo funzionamento della struttura o dell'efficacia e dell'efficienza dell'intervento pubblico in quanto possono trovare origine in disposizioni legislative, come, ad esempio, la Tesoreria Unica, o soprattutto nei ritardi dei destinatari dell'intervento.
Ritengo sia invece un'altra la considerazione che si deve fare: la scarsità e la incertezza delle risorse dà luogo ad effetti negativi indotti che peggiorano l'attività delle Regioni.
La scarsità di risorse e la loro indeterminatezza porta, come conseguenza, a dilatare i tempi di predisposizione del bilancio di previsione ed anche dell'assestamento; si deve dare corso all'esercizio provvisorio, con le limitazioni che ne conseguono; di conseguenza si riducono i tempi di gestione piena del bilancio stesso.
La dilatazione dei tempi richiesti per la predisposizione del bilancio di previsione deriva dal fatto che è sicuramente più semplice ed agevole operare le scelte in presenza di una cospicuità di risorse, quanto meno congrue rispetto al fabbisogno, che non di fronte invece a risorse limitate e sottodimensionate rispetto ai bisogni.
Si crea pertanto un circolo vizioso per cui le poche risorse vengono spese più lentamente perché sono più lunghi i tempi necessari per operare le scelte.
Queste difficoltà, per così dire, gestionali, sono sicuramente una delle tante cause del formarsi dei residui.
Non bisogna dimenticare, inoltre, che mentre vengono operate le scelte possono intervenire modificazioni nei bisogni da soddisfare, con conseguente necessità di rivedere le scelte già operate e dando luogo alla sensazione che si viva "alla giornata" rincorrendo il contingente.
L'incertezza sul volume delle risorse, inoltre, vanifica i vantaggi che potrebbero derivare dalla possibilità di utilizzare il bilancio pluriennale come strumento di effettiva programmazione e programmazione.
La situazione che si è verificata quest'anno è, per alcuni versi emblematica: siamo alla fine di luglio e se non interverrà, come richiesto dalle Regioni, un provvedimento che ponga rimedio, le Regioni avranno come fondo comune, e quindi come trasferimento necessario per coprire le funzioni normali, meno di quanto hanno avuto l'anno scorso.
Preciso: non lo stesso importo senza incrementi più o meno collegati al tasso programmato di inflazione, ma, in cifra assoluta, meno dell'anno scorso.
Per il Piemonte vorrebbe dire, come già indicato dal relatore Santoni circa 70 miliardi di minori risorse.
La situazione ha del paradossale e troverebbe la sua giustificazione nel fatto che l'incremento da attribuire alle Regioni è collegato con l'approvazione del disegno di legge di riforma della finanza regionale sollecitato sin dal 1982 dalle Regioni stesse ed ancora in fase di definizione della competente Commissione parlamentare.
Poiché la quantificazione del Fondo comune indicato nei bilanci di previsione è stato oggetto di un generalizzato rilievo da parte del Governo, gli Assessori al bilancio, così come ha già ricordato il Presidente Santoni, su sollecitazione anche del nostro Presidente Beltrami nella Conferenza dei Presidenti, si sono riuniti a Roma alla metà dello scorso mese ed hanno minacciato, in assenza di un provvedimento correttivo peraltro ad oggi non ancora predisposto, di non presentare provocatoriamente, gli assestamenti di bilancio.
Pertanto, la battaglia che le Regioni congiuntamente devono affrontare e portare a termine rapidamente è quella che le vede impegnate sul fronte della riforma della legge di finanza regionale per avere un testo di legge che tenga conto dei fabbisogni e che consenta di operare in un arco temporale meno angusto di quello annuale.
Se questa battaglia non verrà vinta, ci ritroveremo a discutere documenti contabili dei quali si potrà dire esclusivamente che i residui sono troppo alti, che la spesa procede lentamente e che certe operazioni danno luogo a disavanzi più o meno sommersi, ma nient'altro.
Sino ad ora le Regioni sono state costrette a ricorrere anche a strumenti artificiosi, seppure formalmente corretti, per rendere disponibili risorse che non sono state, in ogni caso, sufficienti per metterle in grado di svolgere i propri compiti ad un livello quanto meno soddisfacente.
Devo riconoscere che attualmente è difficile resistere alla tentazione di sovrastimare una entrata di competenza regionale quando questa sovrastima concorre alla prestazione di un intervento che è stato demandato alla Regione o che alla Regione viene reclamato.
Ovviamente, così facendo si può dare il via al formarsi di disequilibri di bilancio, ma nella situazione attuale i bilanci ragioneristici non li può fare nessuna Regione, perché ciò vorrebbe dire chiudere le Regioni stesse e non credo che ciò sia quanto vogliamo. Si deve invece operare cercando in ogni caso di agire in coerenza con una politica di perseguimento dell'equilibrio effettivo e battersi per ottenere maggiori risorse, come hanno sollecitato alcuni interventi in quest'aula.
A questo proposito voglio dire che c'è un preciso impegno, che verrà sicuramente onorato, di fare chiarezza sulla questione dello squilibrio finanziario accumulato, un impegno che è stato ribadito in sede di Commissione.
I dati del consuntivo, che ci accingiamo a votare, consentiranno, in tempi brevi, di rifare il punto preciso su questo argomento.
Tutto ciò non esclude, anzi, reclama un deciso impegno della Regione così come ci ha richiamato il Consigliere Bresso nel suo intervento.
Come già precisato in occasione della discussione del bilancio di previsione, sono stati messi in atto degli strumenti correttivi.
E' stata operata una drastica riduzione delle autorizzazioni di nuovi limiti di impegno ed è in atto la revisione di quelli vecchi.
E' in fase di avvio la revisione delle leggi di spesa, per ovviare ai passaggi superflui e rendere quindi più incisiva, perché più rapida, la spesa regionale.
E' in elaborazione la modificazione della legge di contabilità regionale, così come ha richiamato e ricordato il Consigliere Brizio, per introdurre quei correttivi che dovrebbero garantire non solo l'equilibrio contabile ma anche quello economico-finanziario.
Prenderà avvio, tra breve, un altro impegno che avevo già assunto, il controllo di gestione, che consentirà di esprimere giudizi motivati sull'efficacia e sull'efficienza degli interventi; esigenza questa che è particolarmente sentita in momenti come questo, cioè caratterizzati da notevole scarsità di risorse e dalla necessità di destinarle con una più evidente logica economica.
Condivido i consigli e i richiami del Consigliere Bresso sull'impegno di richiamare i vari Assessori, soprattutto quello alla pianificazione territoriale, a richiedere alle amministrazioni dei parchi una relazione più di dettaglio e a chiedere loro perché non sono riuscite a spendere le somme già stanziate e soprattutto le proposte per rimediare a questo tipo di gestione. Così come il discorso sugli enti strumentali che devono essere utilizzati con più frequenza in modo da snellire quelle che sono le attività della Regione in alcuni campi, così come sono stati richiamati dall'intervento del Consigliere Bresso.
In conclusione, ritengo opportuno ribadire che sia comunque necessario un contributo mirato dello Stato nell'incentivazione di quella politica di abbattimento dei disavanzi, creatisi non certo per una disinvolta gestione delle risorse regionali, e che non può continuare a gravare solo sulle Regioni, pena l'assoluta futura impossibilità di poter disporre di quel minimo di risorse necessarie a giustificare l'esistenza e a qualificare l'operato dell'istituzione Regione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

La collega Bresso nell'analizzare i risultati della spesa regionale ha evidenziato, giustamente, una scarsa capacità di spesa riferita al settore agricolo. E' un problema vecchio. Se la collega Bresso avesse, come me fatto parte di questo Consiglio nelle legislature passate, conoscerebbe quanti confronti sono avvenuti su questo problema quando, seduto qui nei banchi della Giunta vi era un suo compagno di partito. Ritengo che questo sia un problema legato strutturalmente al settore agricolo, anche se è un problema la cui soluzione deve essere trovata attraverso un miglioramento graduale dell'impostazione delle procedure di spesa nel settore agricolo.
La Regione Piemonte in questo settore è nella media delle altre Regioni, penso però che questa media ci penalizzi, perché la Regione Piemonte dovrebbe essere superiore per una sua storia di capacità amministrativa.
Questo problema è molto semplice e riguarda le spese d'investimento.
Quando si finanzia un'azienda agricola, per una procedura che abbiamo scelto politicamente, i tempi concessi per la realizzazione sono lunghi e normalmente passa almeno un anno dal momento dell'impegno della spesa. Ecco la motivazione chiara del residuo...



BRESSO Mercedes

Però tu non impegni più del 54%. Ho anche detto che c'è differenza tra...



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Qui non parliamo di impegnato, facciamo riferimento al pagato. Occorre ragionare su questa base. Se vogliamo invece fare ragionamenti sull'impegnato si devono fare altri discorsi.
La situazione sono che la situazione strutturale dell'agricoltura è tale che dal momento del pagamento c'è tempo un anno per la realizzazione degli investimenti quando si tratti di opere di aziende singole, e due anni quando si tratti di opere infrastrutturali collettive.
Ci sono 50 miliardi di ratei di mutuo che non maturano e che fanno parte del bilancio come quota impegnata. Vi è inoltre il problema connesso all'assegnazione dei fondi da parte nazionale; assegnazione dei fondi che è avvenuta in questi ultimi anni dalla metà dell'anno in poi, di conseguenza anche laddove la spesa poteva essere velocizzata, nel senso che non era d'investimento ma corrente, non si poteva arrivare alla spesa stessa, in quanto le possibilità di spesa nascevano nel momento dell'assegnazione che avveniva in tempi tali da non permettere l'atto deliberativo e il relativo pagamento.
Vi è ancora da considerare che nel 1987 è stata iniziata l'attività di assegnazione agli uffici decentrati di oltre 70 miliardi per l'applicazione del regolamento n. 797 attraverso la legge n. 44. Quindi vi è stato un impegno particolarmente massiccio sulle aziende singole per l'applicazione di questo regolamento, investimento che andrà a maturazione quest'anno come collaudi e come pagamenti; molti saranno fatti solamente nell'anno venturo.
Credo che le motivazioni sinteticamente portate all'attenzione del Consiglio spieghino perché la spesa storica del settore agricolo si sia trovata in difficoltà rispetto alla spesa di altri settori. Oggi esistono e questo è un banco di prova, le condizioni per un reale miglioramento.
Negli anni passati le assegnazioni erano annuali per cui bisognava conoscere le assegnazioni destinate con vincolo all'agricoltura. Queste avvenivano oltre la metà dell'anno, quindi non permettevano di fare gli atti necessari per arrivare all'impegno e soprattutto al pagamento. Invece attraverso l'assegnazione sulla legge n. 752, ormai conosciuta e consolidata, e attraverso il bilancio pluriennale, per il settore agricolo che ha delle entrate certe e consolidate, sarà possibile velocizzare la spesa e procedere a pagamenti che alzino la percentuale di risorse assegnate al settore e di risorse effettivamente pagate. Questo è l'impegno che la Giunta e l'Assessore devono assumersi. Oggi esistono le condizioni per migliorare la gestione, perché ci sono certezze finanziarie maggiori anche se rimarrà il problema strutturale che è legato al tipo di investimento nel settore agricolo.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, la discussione generale è così terminata.
Passiamo alla votazione del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto no 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto no 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 45 hanno risposto si 29 Consiglieri hanno risposto no 15 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 11 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 46 hanno risposto si 29 Consiglieri hanno risposto no 16 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Bilanci consuntivi (generale e del Consiglio Regionale)

Esame proposta di deliberazione n. 936: "Rendiconto del Consiglio regionale per l'anno 1987 e relativi allegati"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame della proposta di deliberazione n. 936, di cui al punto 6) all'o.d.g.
Pongo in votazione tale deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 45 voti favorevoli e 4 astensioni.


Argomento: Problemi energetici

Richiesta di iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno relativo all'elettrodotto Leinì-Piossasco


PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Ala. Ne ha facoltà.



ALA Nemesio

Signor Presidente, insieme ai colleghi Adduci e Majorino, avevo richiesto di iscrivere all'o.d.g. l'ordine del giorno relativo all'elettrodotto Leinì-Piossasco e mi pare che si fosse convenuto, come ha ancora ricordato il Vicepresidente Petrini in apertura della seduta pomeridiana, che venisse discusso dopo l'esame del rendiconto. Ritengo quindi che il momento sia questo.



PRESIDENTE

E' giunta la richiesta dell'iscrizione. L'ordine del giorno è stato formulato dai Capigruppo. Il Regolamento stabilisce che l'iscrizione di punti nuovi può avvenire con la maggioranza assoluta del Consiglio regionale. Se sono presenti 31 Consiglieri e se tutti sono disponibili a discuterlo dopo l'esame del rendiconto non ho nulla in contrario. Il Vicepresidente Vetrino sta esaminando questo documento, quindi la soluzione migliore sarebbe quella di consentirle di esaminarlo.



BRIZIO Gian Paolo

La proposta del Presidente è molto ragionevole. Il Vicepresidente sta esaminando il documento. Non è che con una discussione ora su questo argomento si risolva immediatamente la situazione. Procediamo con i punti all'o.d.g. Se più tardi il Vicepresidente sarà pronto, si potrà dare avvio alla discussione; se così non è vedremo domani, in sede di Conferenza di Capigruppo, di prevederne l'esame in tempo utile per la data prevista. E' una questione delicata sulla quale la Giunta intende giustamente riflettere.



PRESIDENTE

Le strade possibili sono due: o si consente al Vicepresidente di esaminare il documento e fra poco vedere se è possibile raggiungere un risultato, o si procede alla verifica dei presenti per vedere se l'argomento può essere iscritto o meno.
A me pare ragionevole che l'Assessore Vetrino abbia l'opportunità di esaminare il documento.


Argomento: Istruzione e Formazione Professionale: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 939: "D.G.R. n. 22-21603 - Revoca D.G.R. n. 17-21072 del 31/5/1988 - Legge n. 467 - Norme sul calendario scolastico. Parere della Regione Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 7) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 939.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Adduci. Ne ha facoltà.



ADDUCI Donato

Signor Presidente, intervengo solo per motivare brevemente il nostro atteggiamento nei confronti del calendario scolastico.
A tutt'oggi non sono venute meno le ragioni che hanno persuaso il nostro Gruppo a non esprimere parere favorevole in merito alle norme sul calendario scolastico, non tanto per quanto riguarda l'articolazione e la scansione dei giorni di festività, ma per quanto riguarda il provvedimento in quanto tale.
Emanato a seguito della legge n. 467 del 1986, è rimasto un atto isolato, collocato - a nostro avviso - al di fuori di una visione complessiva sulla politica scolastica in Italia, per cui, in definitiva, si è tradotto semplicemente in un atto che ha ridotto i giorni di lezione della scuola pubblica senza apportare alcun beneficio, dal punto di vista della riorganizzazione e della qualità, alla scuola stessa.
Quindi, non essendo variate le condizioni iniziali, anche questa volta ci asteniamo dal votare il provvedimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi asterrò, a titolo personale, su questa deliberazione perché considero poco rispettoso nei confronti di un Consigliere che la Giunta non risponda a una nota inviata a suo tempo (forse si riferisce a Giunta di altra legislatura) in ordine alla sottolineatura che avevo ritenuto di dover esporre alla Giunta di allora sulla opportunità di calibrare con molta attenzione queste date.
Queste date sono importantissime, anche come volano di processi di natura economica.
Avevo suggerito nella mia nota alla Giunta che allungare le vacanze invernali in un'area a vocazione turistica invernale, come quella che è la Valle di Susa, significa incrementare l'attività turistica invernale di una quota rilevantissima, perché quattro giorni in più o in meno di vacanza invernale sono l'equivalente quasi di mezza stagione sciistica. In allora questo tipo di considerazione non era stata...



(Interruzione)



MARCHINI Sergio

Visto che esistono degli investimenti, visto che esiste dell'occupazione non utilizzata, visto che esistono dei servizi sovradimensionati rispetto all'utilizzazione reale, se si ritiene di avviare un processo di maggiore equilibrio in termini di utilizzazione delle strutture, delle stesse professionalità e delle stesse risorse, mi sembrerebbe un segnale forte da parte della più importante Regione a Statuto ordinario in materia di sport invernali. Ritengo che la Giunta a suo tempo avrebbe dovuto quanto meno scrivere: "Egregio avvocato Marchini prenda meno sole, vada di meno a sciare". A quella nota non è stato dato alcun cenno di riscontro.
Ripropongo la questione alla Giunta e mi astengo non sul contenuto, che probabilmente ha una motivazione, ma in termini di protesta per non aver posto attenzione alla mia lettera.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 24 voti favorevoli e 17 astensioni.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Occupazione giovanile - Apprendistato - Cooperazione

Esame progetti di legge nn. 284 e 255: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 21 giugno 1984 n. 28"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora il punto 8) all'o.d.g. che reca: "Esame progetti di legge nn. 284 e 255". Relatori sono i Consiglieri Tapparo e Amerio.
La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, viene presentata all'approvazione del Consiglio regionale, dopo un approfondito lavoro svolto dai commissari della IV Commissione durato dodici sedute, il testo unificato dei progetti di legge nn. 284 e 255, in ordine alla costituzione di cooperative per disoccupati e cassaintegrati.
I lavori della Commissione hanno permesso di portare ad equilibrata sintesi le due proposte legislative, una del Gruppo comunista, l'altra della Giunta, che avevano come obiettivo l'adeguamento della L.R. 28/84.
Vorrei sottolineare che tale legge è stata, a livello delle Regioni italiane, il primo strumento varato per una politica attiva per il lavoro.
Tale adeguamento si è reso necessario per cogliere i profondi mutamenti avvenuti nel mercato del lavoro e in particolare nei diversi segmenti della disoccupazione in questi ultimi anni.
Inoltre, l'esperienza di applicazione di quattro anni di questa legge dall'inizio dell'85 ai giorni nostri, ha permesso di cogliere limiti e possibilità di espansione delle potenzialità di questo strumento di politica attiva del lavoro, che è stato il primo a livello di Regioni.
L'applicazione della legge ha anche permesso di rilevare come alcune opportunità offerte dalla legge stessa non siano state adeguatamente utilizzate o abbiano avuto forti difficoltà a poter dispiegare i propri effetti.
Va sottolineato comunque che l'impianto originario della L.R. 28/84 è rimasto immutato, e va risottolineato che si tratta di un intervento che utilizza lo strumento della cooperazione ma è rivolto in particolare a intervenire su quelle aree del mercato del lavoro con maggiore difficoltà sia dal versante della loro debolezza sia dal versante della loro impossibilità per mancanza di risorse finanziarie a poter dispiegare dei programmi di piccola imprenditorialità.
E' nella diversa articolazione dei destinatari degli interventi della legge che le modifiche apportate possono far cogliere questa accentuazione di volontà di intervenire nelle fasce in difficoltà (i cassaintegrati a zero ore, i disoccupati che abbiano una permanenza nella disoccupazione significativa, la disoccupazione femminile), che rappresentano oggi le reali emergenze del nostro mercato del lavoro. Anche l'elevazione delle risorse a disposizione per gli investimenti dimostra che questa legge, con le modifiche apportate, vuole rapportarsi alle iniziative in confronto con il mercato non tanto residuali, non tanto a bassissima densità di capitale ma sostanzialmente questo segnale di crescita di risorse a disposizione sta a significare l'attenzione a un supporto in termini anche di investimenti in capitale significativo, tenendo conto che in questo spirito nuovo si è anche considerato quelli che sono gli investimenti immateriali, in brevetti, in licenze, in prodotti applicativi ad esempio nel settore informatico che costituiscono forme di investimenti che la prima elaborazione della legge non aveva preso in considerazione.
Di particolare significato risulta la possibilità di riconoscere al contributo di questa legge anche quegli investimenti realizzati dalle cooperative sei mesi prima dal momento di presentazione della domanda.
Credo che questo sia anche una iniziativa importante per tener conto della necessità del decollo dell'iniziativa imprenditoriale che non poteva avvenire attendendo l'arrivo dei finanziamenti.
La nuova formulazione della legge prevede anche una velocizzazione delle procedure, sia dell'esame della domanda, sia dell'erogazione dei contributi, con ciò mettendosi al passo con la dinamica delle imprese nel mercato, della individuazione dei possibili interventi, della rapidità con cui le opportunità mutano e quindi la necessità di dare certezza al programma imprenditoriale che i disoccupati, i cassaintegrati, eccetera intendono attivare.
L'elaborazione di questo adeguamento della legge ha fatto emergere un fatto che credo ormai sia stato acquisito anche nel dibattito a livello nazionale sulle iniziative di "job-creation". Non è tanto l'importo finanziario, l'aiuto iniziale che è decisivo per il consolidamento e il buon successo di queste iniziative, ma è praticamente l'ambiente, i servizi reali, la possibilità di supporti di finanziamenti anche per le esigenze di cassa, della gestione, che rappresentano degli aspetti importanti per mantenere in vita e dare propulsione reale a queste iniziative. Così come la stessa Legge De Vito e come altre iniziative nazionali hanno colto, qui con un passo estremamente coraggioso, molto innovativo, sui servizi reali dando la possibilità alle cooperative che si costituiscono di poter rapportarsi con il mercato per poter avere questi tipi di servizi reali ovviamente le centrali cooperativistiche svolgeranno e devono svolgere un ruolo importante in questo tipo di interfacciamento.
Ciò rappresenta l'aspetto più interessante che può costituire un elemento di guida, come ha già fatto questa legge nel 1984, rispetto alle altre Regioni e allo stesso legislatore nazionale, può costituire un'idea forza molto importante per far sì che le iniziative di cooperazione costituite da giovani disoccupati e cassaintegrati possano avere degli ambienti adeguati in modo da non far morire in tempi brevi queste iniziative, ma dare quelle certezze nella convinzione che la possibilità di "job-creation" può dare, se non in misura decisiva certamente significativa, risposte alle esigenze del mercato del lavoro.
Il testo unificato del progetto di legge e del disegno di legge presentati a suo tempo è stato licenziato all'unanimità dalla IV Commissione. Sono stati presentati alcuni emendamenti che nel corso della riflessione, dal momento del licenziamento in Commissione ad oggi, ci hanno permesso di ritenere che probabilmente l'articolato fosse ulteriormente affinabile. Ritengo che il Consiglio abbia oggi l'opportunità di misurarsi attorno a questo strumento che è invidiato da altre Regioni e che ha costituito, seppure in misura limitata, un elemento di successo nelle politiche attive per il lavoro.



PRESIDENTE

La parola al correlatore, Consigliere Amerio.



AMERIO Mario, relatore

Questo disegno di legge, che unifica la proposta di legge del Gruppo comunista n. 255 del maggio scorso e il successivo disegno di legge della Giunta n. 284, si propone di migliorare e adeguare alla situazione odierna del mercato del lavoro quella che fu, fin dal 1984, una delle più significative esperienze in campo nazionale in materia di politiche attive per l'impiego: la L.R. 28 per il sostegno della cooperazione dei soggetti deboli, appunto del 1984.
Da allora molte altre Regioni, si può dire quasi tutte, hanno adottato proprie leggi in materia simili a questa e a livello nazionale, nel 1985, è stata approvata la legge Marcora con scopi analoghi nel campo industriale.
Il presupposto della L.R. 28, come è noto, consiste nell'aiutare soggetti deboli sul mercato del lavoro ed avviare attività imprenditoriali di tipo cooperativo, le quali vengono sostenute in una prima fase dall'intervento regionale quando ve ne siano i presupposti per essere quindi selezionate nella loro validità dal mercato.
Si tratta quindi di un intervento a cavallo fra le politiche di sostegno alla domanda e quelle di sostegno all'offerta di lavoro o come oggi si dice, come ricordava il collega Tapparo, di "job-creation"; anche se comporta in un primo momento forme consistenti di sostegno, questa proposta ben si iscrive fra quelle politiche che tendono ad affrancarsi da ogni forma di assistenzialismo, mirando piuttosto a rafforzare i segmenti più svantaggiati del mercato del lavoro.
La revisione di questa legge si era da qualche tempo resa necessaria sia a causa delle mutate condizioni dell'offerta di lavoro nella Regione sia per le mutate condizioni di mercato.
Negli ultimi tempi il ricorso alla L.R. 28 da parte delle cooperative risentiva del fatto che essa risultava ormai un po' datata. In particolare si evidenziavano alcuni problemi ai quali si è cercato di dare risposte con il testo che è oggi in discussione.
1) Le mutate condizioni dell'offerta di lavoro. Rispetto al 1984, anno di prima edizione della legge, i giovani inferiori ai 29 anni non costituiscono più un soggetto debole "tout-court" com'era allora; questo resta valido per la fascia a più bassa scolarità dei giovani, ma in generale i giovani risultano oggi assai più "dinamizzati" sul mercato; per converso, vengono alla luce nuove emergenze in allora scarsamente presenti o non considerate prioritarie, in particolare la disoccupazione adulta degli ultraventinovenni.
Al contempo, cresce strutturalmente l'offerta di lavoro femminile e cresce la propensione, soprattutto fra i giovani, al lavoro autonomo e con essa la domanda di poter esercitare liberamente un'opzione anche quando si sia già avviata un'esperienza di lavoro dipendente. Perciò noi ponemmo nella nostra proposta di legge, ed oggi ritroviamo nel testo che viene qui presentato il problema di una revisione dei soggetti che possono accedere alla legge includendovi cooperative composte non solo da giovani, ma anche da disoccupati ultraventinovenni, purché iscritti da almeno un anno al collocamento (le fasce oggi più deboli sul mercato del lavoro); cooperative composte all'80% di giovani anche non disoccupati o per la stessa percentuale da donne purché siano in maggioranza anche negli organi dirigenti della cooperativa. Vorrei fare osservare ai colleghi la novità costituita da quest'ultima norma che recepisce un'indicazione della Comunità Europea ed introduce nella nostra legislazione regionale un atto concreto e anche inedito a favore dell'occupazione femminile, cui si aggiunge la novità della presenza, prevista dalla presente legge, di una rappresentante della Commissione regionale per le pari opportunità nella Commissione regionale per la cooperazione di cui alla L.R. 24/78).
2 - Le mutate condizioni di mercato.
Si era resa evidente negli anni scorsi la necessità di diversificare ed adeguare gli incentivi della Regioni alle mutate condizioni di mercato; in particolare al nuovo rilievo assunto dagli investimenti immateriali, dal software, dalle forme di leasing, ed al peso crescente nell'economia di un'impresa dei servizi reali.
Va ricordato che proprio sul fronte dei servizi reali, come su quello altrettanto importante delle garanzie per il credito, la precedente legge fu sempre inoperante, ovvero disattesa, per quanto riguarda gli artt. 9 e 10.
Nel testo che oggi viene presentato questi limiti vengono superati introducendo fra le spese ammissibili delle cooperative anche le voci che prima ho ricordato, e ricorrendo per i servizi alla soluzione che era stata indicata dalla proposta di legge del nostro Gruppo, cioè la possibilità per le cooperative di ricorrere al mercato, in tempo reale, a fronte di un contributo regionale pari ad un massimo del 40% della spesa effettivamente sostenuta. Per quanto riguarda il fondo di garanzia per il credito, la questione è risolta nell'immediato attraverso la Finpiemonte, ed in prospettiva con l'ipotesi di costituire un fondo apposito cui partecipino le centrali cooperative, allo scopo appositamente incentivate dalla Regione, con il dispositivo che era stato da noi proposto, e che si ritrova all'art. 9.
3 - Snellimento e velocizzazione della legge e delle sue procedure.
E' questo un altro campo di innovazione della legge di qualche rilievo e sul quale avevamo molto insistito, poiché la lunghezza delle procedure aveva creato non poche difficoltà negli anni precedenti.
Nel nuovo testo si prevede l'eliminazione di un passaggio burocratico quello relativo alla discussione nella Commissione consiliare dell'esito delle singole istruttorie, si portano da una a due le scadenze di legge per presentare le domande, ed infine si pongono termini precisi sia per la durata dell'istruttoria sia per la liquidazione dei contributi alle cooperative ammesse.
Oltre a ciò, viene ridefinita all'art. 7 la composizione del Comitato tecnico di cui la Giunta regionale si avvale nel fare le istruttorie, per garantirne il massimo di autonomia e di qualificazione.
4 - Maggiorazione del contributo regionale.
Con questa legge, il contributo regionale per le spese di investimento viene portato dal 40 al 50% della spesa ammissibile.
5 - Attività di informazione e di promozione.
Si tratta di una nuova norma che avevamo richiesto nell'intento di ottimizzare l'utilizzo della legge.
All'art. 11 della presente legge si prevede che la Regione promuova iniziative per divulgare e far conoscere la legge, promuova corsi di formazione imprenditoriale, svolga attività di prima informazione agli interessati a costituire una cooperativa e ne relazioni annualmente al Consiglio regionale.
Con questa legge si tende infine a ridefinire e a qualificare, il ruolo delle centrali cooperative presenti nella Commissione regionale per la cooperazione.
Mi auguro che possano ritenersi superati taluni dissapori o incomprensioni registrati a questo proposito con le centrali cooperative nella fase di consultazione.
In precedenza, infatti, la mancata attuazione degli artt. 9 e 10, sul fondo di garanzia per il credito e sui servizi reali, ed uno squilibrio nella presenza delle Centrali cooperative a favore della gestione della legge rispetto alla promozione avevano suscitato non poche perplessità e posto l'esigenza, appunto, di una qualificazione del ruolo, peraltro fondamentale ed insostituibile, del movimento cooperativo piemontese nella piena attuazione di una legge come questa.
Nel presente testo questo problema viene affrontato e, riteniamo correttamente avviato a soluzione, sia confermando, anzi, ampliando la responsabilità della Commissione regionale per la cooperazione, nella quale le centrali sono naturalmente presenti nella gestione della legge (a fronte invece di un comitato tecnico che si qualifica, come è necessario, per la sua autonomia), sia prevedendo un'incentivazione al movimento cooperativo per la costituzione del fondo di garanzia che esso concorrerà a gestire sia ancora prevedendo quel finanziamento aggiuntivo di cui ho già parlato per l'erogazione di servizi reali alle cooperative, che le centrali stesse possono disporre ed attivare potendo ben contare, se concorrenziali, di essere priorizzate dalle cooperative ammesse a contributo rispetto ad altre imprese operanti sul mercato.
E' interesse comune la crescita e l'ulteriore qualificazione della cooperazione piemontese consolidata ed organizzata dalle grandi centrali ed è decisiva la sua capacità di svolgere un ruolo fortemente propulsivo nell'attuazione della presente legge.
Riteniamo che le norme in essa contenute possano concorrere alla realizzazione di questo importante obiettivo.
In conclusione, riteniamo che venga proposto un testo che fa fare un passo avanti all'esperienza positivamente avviata dal Piemonte nel 1984.
Rivendichiamo senza alcuna iattanza, di avervi concorso non poco, sia con la presentazione della prima proposta di legge che con l'impegno offerto nel lavoro di Commissione. Nel contesto di un impegno di riscrittura della legge regionale in materia di lavoro nel quale siamo impegnati, pur dall'opposizione con altre quattro proposte di leggi regionali presentate.
Non tutto in questa legge ci soddisfa; avremmo voluto qualcosa di più e di meglio.
Ci pare tuttavia che il risultato raggiunto sia nel complesso positivo e meritevole di un voto favorevole.
Manteniamo soprattutto una riserva, che vogliamo in questa sede evidenziare, relativamente ad una carenza grave cui non si è voluto rimediare in sede di variazione di bilancio: il finanziamento della legge è inadeguato, addirittura al di sotto del 1987, nonostante che si sia ampliata l'area di intervento della legge stessa.
E sì che parliamo di una legge che non ha residui passivi, che è interamente utilizzata e che già negli ultimi anni è stata penalizzata da carenze e difficoltà di funzionamento connesse alle scarse risorse umane e professionali che vi hanno operato nell'Assessorato competente.
Questo, delle risorse finanziarie ed umane da mettere a disposizione di una legge importante, resta un problema da risolvere e sul quale non mancheremo di ritornare.
Volevo sottolineare, in relazione a questo aspetto, che è decisivo per la buona applicazione e riuscita di una legge come questa. Una legge alla quale abbiamo inteso portare pienamente il nostro contributo, come su altre leggi in materia di lavoro, per far fare un passo avanti, migliorare e adeguare il quadro legislativo del Piemonte in materia.



PRESIDENTE

Sulle relazioni dei colleghi Tapparo e Amerio è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ferrara. Ne ha facoltà.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi, giunge in aula un disegno di legge che è stato oggetto di una molto attenta valutazione in sede di IV Commissione.
Una valutazione conseguente a tutta una serie di consultazioni che hanno portato all'approvazione unanime di questa legge che oggi è sottoposta all'esame ed al voto del Consiglio regionale.
Devo con molta franchezza dire che rispetto a questo progetto di legge ho sempre avuto alcune riserve o comunque un dubbio, al quale non mi sono mai dato una risposta; mi sono sempre posto il quesito se si tratta di una legge con vera e reale valenza imprenditoriale di sviluppo, ovvero se si presenta come un provvedimento con un valore meramente assistenziale. Nel dibattito in Commissione tutti i commissari hanno dato in concreto un contributo perché questa legge avesse valenza imprenditoriale vera e non avesse quei connotati di assistenzialità dei quali ogni tanto mi sorge il dubbio.
Ci sono alcune situazioni di carattere generale che mi lasciano queste perplessità, per esempio il problema stesso delle "job-creation" di cui tanto si parla. Ho da sempre un sospetto, confortato da valutazioni dell'allora Ministro del Lavoro De Michelis, che in una riunione tenutasi qui in Piemonte aveva apertamente dichiarato di credere molto poco alla possibilità di dare avvio a forme di creazione d'impresa con dei contenuti concreti positivi.
C'è un altro elemento che mi lascia perplesso ed è che non sono a conoscenza degli esiti delle iniziative assunte negli anni dal 1984 ad oggi; non conosco i risultati che hanno avuto le cooperative che sono state finanziate e se quei finanziamenti hanno veramente determinato nuove capacità imprenditoriali ovvero se hanno determinato appunto quell'aspetto assistenziale di cui prima parlavo.
E' necessario, a mio giudizio, fare questo studio per capire esattamente quale spazio e quale futuro può avere questa legge, anche per riempirla di contenuti finanziari più consistenti nel caso che effettivamente la scelta sia positiva come da alcune parti si vuole affermare.
Al di là di queste considerazioni e di questi dubbi che rimangono credo che il giudizio su questa legge debba essere comunque un giudizio positivo per il miglioramento oggettivo che questo provvedimento porta rispetto alla precedente legge in argomento. Ci sono alcune originalità che sono state totalmente illustrate dai relatori e che sono meritevoli di grande attenzione. Il comitato tecnico viene ad essere meno politicizzato e più professionalizzato e spero che non ci sia nessun tentativo tendente a ridurre la valenza meramente tecnica del comitato tecnico. E' un comitato capace di valutare in concreto le possibilità imprenditoriali di sviluppo delle iniziative e non è un comitato tecnico solo espressione di interessi.
Un altro elemento positivo rispetto alla precedente normativa si riferisce alla procedura che è più snella e meglio definita nei tempi.
Ci sono alcuni elementi nuovi: il fondo di garanzia che coinvolge questa volta le associazioni cooperativistiche, incentivandone la partecipazione, incentivando con oneri a carico della Regione, proprio per dare maggiore efficienza e maggiore qualificazione alla presenza stessa delle organizzazioni cooperativistiche.
Un altro elemento innovativo importante è quello dei servizi reali.
Credo che questo sia uno degli aspetti più significativi. Non credo molto alla possibilità di finanziare, con onere integralmente a carico della collettività, iniziative di questo genere; credo invece sia assolutamente importante che la Regione sia in grado di offrire dei servizi reali alle imprese, che sono quelli che veramente servono a iniziative non assistenziali, ma imprenditoriali o iniziative con prospettive imprenditoriali reali.
Il fatto che si sia voluto togliere in modo unanime da parte dei commissari e delle forze politiche le riserve rispetto alla possibilità di offrire questi servizi e di avere posto tutti i prestatori di questi servizi sul mercato è un elemento qualificante che stimola il miglioramento dei servizi, è un elemento che è lungi dal determinare momenti di malessere rispetto a questa scelta e che dovrebbe stimolare grosse capacità di miglioramento dei servizi.
Un altro elemento si riferisce ai finanziamenti materiali e al software, quegli investimenti nuovi che una volta non erano previsti e che nella nuova legge sono previsti.
Ritengo che, nel momento in cui approviamo questa legge che per qualche aspetto ha dei punti in contatto con la legge 56 sull'innovazione tecnologica, se non altro per il modo con cui ci si è mossi per le tecniche stesse usate per raggiungere i fini che ci si voleva proporre si debba dare una prospettiva di ottimismo rispetto alle capacità di questa legge come uno strumento imprenditoriale. Il Partito repubblicano voterà a favore fermo restando che ritiene necessario avere comunque una verifica rispetto a quelle che sono state le prospettive delle iniziative passate e una verifica tra qualche tempo anche delle iniziative che verranno assunte con questa nuova normativa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, desidero esprimere la posizione favorevole del nostro Gruppo. La legge 28 del 1984 è stata una legge positiva che ha dato dei buoni risultati, necessitava però di un aggiornamento legislativo e di alcuni aggiustamenti puntuali che oggi esaminiamo a seguito di un serio lavoro di Commissione, sottolineato giustamente dai relatori, e dovuto anche al confronto tra due proposte, una dell'opposizione ed una della Giunta. Si è giunti ad un testo conclusivo che nella sostanza apprezziamo, quindi non mancherà il nostro voto favorevole.
Sono stati posti in evidenza alcuni aspetti, che sono stati sufficientemente approfonditi: indubbiamente la legge nel nuovo testo è migliorata, sia nella formulazione del comitato tecnico, sia nella auspicabile semplificazione dei passaggi possibili essendo confermato il pre-passaggio nella commissione specifica della cooperazione.
Anche il tema dei servizi alle imprese, su cui è intervenuto anche il collega Ferrara, è certamente importante. Molto in proposito dipenderà dalla gestione della legge. Sui servizi alle imprese già ci eravamo impegnati con la legge sull'artigianato, purtroppo però nella sostanza il ricorso a questo specifico tipo di finanziamento è stato relativo. Ora l'impostazione è diversa, con precisi progetti per cui dovrebbe essere più facile l'utilizzazione di questi servizi. Occorrerà vedere nel concreto la fase attuativa.
Si allargano alcune maglie e non si allargano troppo; teniamo conto che le risorse della legge non sono mai state pienamente impegnate e questo dovrebbe sensibilizzare a fare nel concreto tutto il possibile perché le importanti risorse che vengono assegnate siano effettivamente utilizzate.
L'ambito rimane quello di un intervento specifico per il sostegno occupazionale che consegue a specifici fatti di disoccupazione o comunque riguarda settori deboli del mercato incentivandoli, spingendoli verso l'imprenditorialità con una iniziativa indubbiamente significativa che è peraltro tutta legata ad un'effettiva capacità imprenditoriale ed all'azione dei singoli.
La legge è positiva: costituisce un miglioramento notevole rispetto al passato per cui riteniamo che su questa base sarà anche più facile l'utilizzazione completa delle risorse che saranno messe a disposizione.



PRESIDENTE

La parola per la replica all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come i relatori hanno evidenziato nei loro interventi, il Piemonte è stato la prima Regione in Italia a dotarsi di uno strumento legislativo atto a favorire l'imprenditoria cooperativistica.
Sulla base dell'esperienza realizzata in questi primi anni di applicazione della legge 28, maturata soprattutto nel corso della gestione si è reso necessario, opportuno ed utile intervenire con queste due iniziali proposte di legge, della opposizione e della Giunta, sul testo di legge in vigore, ribaltando anche una certa impostazione e creando condizioni di maggiore elasticità e snellezza nella legge stessa per rendere i risultati più aderenti agli obiettivi che la legge intende perseguire, anche alla luce delle nuove necessità o di nuovi suggerimenti che nel frattempo ci venivano proposti.
La nuova legge, come qui è stato indicato (ricordo che la IV Commissione ha lavorato su due testi con la volontà di trovare un minimo comune denominatore sui testi proposti), opera una migliore individuazione dei soggetti beneficiari, opera una maggiore articolazione degli incentivi finanziari e il loro affiancamento con altre forme di assistenza, opererà semplificazioni delle procedure gestionali.
Ai soggetti beneficiari già previsti dalla precedente legge 28 si aggiungono altre categorie qui richiamate che quindi assumono un'ulteriore possibilità concreta di intervento.
Vorrei richiamarmi alla indicazione che i relatori hanno espresso attraverso la loro comunicazione iniziale e agli interventi dei colleghi Consiglieri dove ci si ritrova con estrema convergenza dopo un lavoro piuttosto defatigante e intenso che abbiamo realizzato nei mesi precedenti in sede di IV Commissione legislativa.
Vorrei anche dire che soprattutto alcuni aspetti, che abbiamo introdotto come novità, oltre alle caratteristiche indicate poc'anzi permettono un maggiore utilizzo funzionale dello strumento normativo, a partire dalla considerazione che lo sportello informativo presso l'Assessorato potrà fornire alle cooperative richiedenti una adeguata assistenza che forse nella prima applicazione della legge non sempre c'è stata, soprattutto per rendere evidenti tutte le effettive potenzialità che questo strumento di legge, offriva.
La legge è frutto di una volontà politica convergente, espressa dai Gruppi consiliari di maggioranza e di opposizione, i quali hanno ben presente come la imprenditorialità cooperativistica possa rispondere in sostanza a politiche attive del lavoro.
Con questa legge, che mi auguro verrà approvata dal Consiglio regionale, si realizza un ulteriore tassello alle altre iniziative che la Giunta regionale del Piemonte ha messo con difficoltà, ma con costanza e con progressività in opera, per fronteggiare le mutate condizioni del mercato del lavoro.
Cogliamo con questo strumento di legge una opportunità aggiornata e nuova per il mondo della cooperazione e soprattutto per l'attivazione di una imprenditoria sotto forma di cooperative; ma siamo in un percorso che pure in mezzo a difficoltà non indifferenti le abbiamo affrontate in ripetute occasioni di confronto e di approfondimento in questa e in altra sede istituzionale. La Giunta regionale ed il Consiglio regionale stanno attivando, su altri percorsi e su altre iniziative di legge, alcune delle quali sono in discussione in questi giorni e in queste settimane nella sede della IV Commissione, alcune altre sono in fase di presentazione tutte volte verso le fasci e più deboli del mercato del lavoro a cui facevo riferimento e a cui anche i colleghi facevano riferimento.
Nella fattispecie della modifica della legge 28 è stato fatto uno sforzo, intensamente partecipato in sede di Commissione. Mi riferisco all'osservazione che il collega Amerio faceva in ordine alle risorse finanziarie, che in fase di prima variazione al bilancio abbiamo con attenzione verificato, e mi riferisco alla domanda che poneva il collega Ferrara nel suo intervento. I contributi ammessi dal 1984 ad oggi sono: 17 nell'84, 6 nell'85, 10 nell'86, 8 nell'87. Naturalmente i numeri sono più elevati delle domande presentate, fermo restando che sono da aggiornare per l'anno 1987, essendo ancora in istruttoria una ventina di pratiche.
Comunque, si registrano alcuni aspetti positivi soprattutto sulle previsioni occupazionali che in questo periodo vedono una previsione occupazionale di 650 persone.
Quindi un discorso che, pur in una situazione difficile di mercato del lavoro, è soprattutto rivolto alle fasce più deboli. Ci auguriamo soprattutto con la modifica della legge 28 e quindi con uno strumento più snello, con opportunità maggiormente partecipate anche a livello informativo e di supporto nel percorso di applicazione dello strumento di legge, si possa avere una ricaduta positiva sul territorio regionale a differenza di altri esempi, non similari ma analoghi di altre realtà d'Italia, dove magari attraverso leggi che hanno il doppio nome (De Vito) sono rimaste purtroppo sulla carta. Leggo su un giornale di oggi che in due anni e mezzo sono stati presentati 2200 piani e solo 25 sono stati finanziati. Mi pare che la risposta del pregresso, ma ci auguriamo soprattutto la risposta del futuribile con la modifica della legge n. 28 possa dare risultati positivi.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi possiamo passare all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Emendamento presentato dai Consiglieri Amerio, Tapparo, Brizio ed altri: all'art. 1, punto A/3, aggiungere: "e/o da stabilimenti dismessi".
La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Vorrei dire che, nonostante il lavoro intenso, ulteriori perfezionamenti sono stati realizzati con alcuni emendamenti che hanno avuto l'adesione della Giunta regionale, anzi hanno persino la firma dell'Assessore. La risposta è globale.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 33 voti favorevoli e 1 astensione.
Emendamento presentato dai Consiglieri Amerio, Tapparo, Brizio ed altri: all'art. 1, punto b), cancellare le parole: "e l'allargamento della propria base sociale" e le parole: "come soci lavoratori".
La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

Il senso di questo emendamento rischia di non essere chiaro; abbiamo inteso confermare la formulazione del precedente della legge 28, in vigore fino ad oggi, per i casi di ampliamento dell'occupazione di cooperative (quindi non di nuova costituzione) che chiedono di accedere al contributo regionale. Ciò che importa è l'incremento dell'occupazione che si realizza e non prioritariamente il fatto che si realizzi attraverso soci lavoratori anziché dipendenti. Quindi abbiamo inteso non restringere le maglie e confermare il testo della vecchia legge su questo punto.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 34 voti favorevoli e 1 astensione.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 1 nel testo emendato.
L'esito della votazione e il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 38 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 38 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 38 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 38 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 38 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Emendamento presentato dai Consiglieri Amerio, Tapparo ed altri: all'art. 6, sesto capoverso, sostituire le parole "entro 120 giorni" con le parole "entro 90 giorni" ed aggiungere al termine del capoverso: "i termini di cui sopra sono interrotti in caso di presentazione, da parte delle cooperative, di documentazione errata o incompleta".
La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

Noi firmatari dell'emendamento abbiamo inteso definire i tempi più stretti possibili per l'attuazione delle procedure: 90 giorni dall'atto della presentazione della domanda per esaurire l'istruttoria e 90 per liquidare il contributo. Quindi in 180 giorni dalla presentazione della domanda la procedura deve essere interamente esaurita.
Siccome si obbiettava che in taluni casi le cooperative non presentano tutta la documentazione dovuta, quindi si hanno more e perdite di tempo, si prevede nell'emendamento che in questo caso i termini vengano sospesi senza penalizzare le cooperative.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

La Giunta accoglie questo emendamento che è stato oggetto per alcuni mesi di trattative. Lo accoglie con lo spirito e con quella introduzione che è stata illustrata dal Consigliere Amerio. Abbiamo fatto già una mediazione in sede di IV Commissione sui 120 giorni, ma c'era la riserva di ridurre ulteriormente. La nostra intenzione non era di allargare o dilatare il termine, ma di creare condizioni reali per una risposta adeguata. Con questa integrazione delle interruzioni di termini e cogliendo lo spirito dell'emendamento, la Giunta lo accoglie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Devo chiarire perché manca la nostra firma a questo emendamento. Noi lo avevamo valutato positivamente, però non c'era al momento il consenso di tutti i Gruppi che hanno seguito in IV Commissione questa legge: avevamo condizionato il nostro consenso al consenso generale. Notiamo che questo non c'è stato, ma anche che l'Assessore generosamente guarda alla sostanza e va oltre, votiamo quindi a favore.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 31 voti favorevoli e 1 astensione.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 6 così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 38 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Emendamento presentato dai Consiglieri Amerio, Tapparo, Brizio ed altri: all'art. 7, punto c), aggiungere: "possibilmente con esperienze in materia cooperativa".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 30 voti favorevoli e 2 astensioni.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 7 così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 Consiglieri hanno risposto SI 37 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 37 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 37 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Emendamento presentato dai Consiglieri Amerio, Tapparo, Brizio ed altri: al punto 2, quinto capoverso, dopo "apposite convenzioni con enti" aggiungere "associazioni riconosciute", poi continuare la frase normalmente, fino al termine.
La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Sono d'accordo. La filosofia all'interno della IV Commissione prevedeva l'ipotesi di queste associazioni di cooperative giuridicamente riconosciute come titolate, insieme ad enti, società anche private, studi professionali nella fornitura di servizi. Mi chiedo però se non sia il caso di specificare meglio per dare più certezza (perché teoricamente anche il termine società, anche privata, si può intendere società al plurale).
Anziché scrivere "associazione riconosciuta" suggerirei di specificare "associazioni cooperative giuridicamente riconosciute".



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

A noi preme affermare il principio che per la fornitura di servizi reali le cooperative, in tempo reale, possano rivolgersi al mercato.
E' auspicabile che le centrali cooperative si pongano sempre più in condizioni di offrire in modo concorrenziale questi servizi. Esse non debbono essere artificiosamente priorizzate, tanto meno debbono essere discriminate. Questo è il senso dell'articolo che introduce un'innovazione rilevante. Se la proposta dell'Assessore va nella direzione di specificare meglio entrando in questa filosofia, sono assolutamente d'accordo.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento così come modificato dall'Assessore Cerchio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 34 voti favorevoli e 1 astensione.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 10 così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 39 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Emendamento presentato dai Consiglieri Amerio, Tapparo, Brizio ed altri: all'art. 11 sostituire le parole "la Regione promuove" con "gli Assessori competenti della Regione promuovono" e sopprimere le parole "d'intesa con l'Assessorato al lavoro".
La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

L'emendamento è meramente tecnico, motivato dal fatto che nella dizione proposta all'art. 11 non si capisce come possa la Regione fare attività di promozione coordinandosi con l'Assessorato al lavoro.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

E' d'accordo anche l'Assessore.



PRESIDENTE

Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 11 così emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri.
L'art. 11 è approvato.
ART. 12 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri.
L'art. 12 è approvato.
ART. 13 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri.
L'art. 13 è approvato.
ART. 14 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri.
L'art. 14 è approvato.
ART. 15 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri.
L'art. 15 è approvato.
ART. 16 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri.
L'art. 16 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 38 hanno risposto SI 38 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Parchi e riserve

Esame disegno di legge n. 290: "Autorizzazione all'acquisto di immobili da destinare a sede del Parco naturale delle Lame del Sesia e delle Riserve naturali dell'Isolone di Oldenico, della Garzaia di Villarboit e della Palude di Casalbeltrame"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del disegno di legge n. 290 di cui al punto 9) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Bara che dà per letta la relazione.
Non essendovi richieste di parola passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 37 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 37 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 37 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 37 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Esame proposta di deliberazione n. 902: "Deliberazione Giunta regionale n. 16-20645 del 5 maggio 1988 relativa a 'Art. 29 legge 513/77 Autorizzazione allo IACP della Provincia di Torino per il trasferimento in proprietà di n. 11 alloggi di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata agli assegnatari richiedenti'"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 902 di cui al punto 15) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

Si tratta di una deliberazione che prende atto della proposta pervenuta dall'Istituto Autonomo Case Popolari di Torino, per la cessione complessiva di undici alloggi. Questi sono distribuiti in vari quartieri, su cinque cantieri del patrimonio dello IACP di Torino e sono tutti relativi a situazioni in cui più del 70% degli alloggi sono già stati ceduti agli assegnatari. Rientrano quindi all'interno della previsione della legge 513 che ne consente l'alienazione ordinariamente, in quanto che più del 70 degli alloggi degli stabili interessati sono già stati ceduti in proprietà agli ex assegnatari. Sono sorte in Commissione delle perplessità in ordine al fatto che sia con riferimento all'ordine del giorno votato a suo tempo dal Consiglio, sia rispetto a valutazioni che sono state sollevate da alcuni commissari, in particolare del Gruppo consiliare del Partito comunista, veniva richiesta una valutazione complessiva delle proposte di alienazione da parte dell'Istituto Autonomo Case Popolari di Torino.
A nome della Giunta ho fatto presente in Commissione - e lo ripeto in aula - che in questo caso siamo in presenza di situazioni - già verificatesi tra l'altro per altri Istituti del Piemonte - di alienazioni di scarsa rilevanza sociale che rientrano nelle previsioni di legge (il 70 è già stato alienato) e che quindi non comportano una valutazione particolare da parte della Regione, anche perché per quanto riguarda il ricavato delle vendite (in questo caso molto limitato) è necessario un ulteriore parere da parte della Regione e l'autorizzazione da parte del Ministero in ordine all'utilizzazione dei fondi da introitare.
Rispetto agli indirizzi votati dal Consiglio regionale in passato (ultimamente nel 1987) si tratta di un atto dovuto e di ordinaria amministrazione, in quanto è sufficiente verificare nella tabella allegata alla deliberazione che su 30 alloggi già 23 sono stati ceduti e su 140 ben 113. Si tratta quindi di ultimazione di alienazione di edifici che sono già stati per oltre il 70% assegnati in proprietà sulla base delle disposizioni legislative vigenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, signori Consiglieri, signor Assessore, guardiamoci negli occhi! E' un piccolo provvedimento di vendita di undici alloggi a dei privati. Tutto ciò rispettando le norme di legge; se non le avesse rispettate non era possibile vendere: è lapalissiano! Il Consiglio regionale però ha richiesto - tutti d'accordo - che per la vendita delle case pubbliche si facesse un piano. La nostra preoccupazione è che questo piano si faccia e in fretta. Abbiamo colto l'occasione di una piccola vendita che dovrebbe essere inserita a rigore in un piano, se questo ci fosse, per sollevare questo problema.
Stralciamo pure questi undici alloggi dal piano, anzi "stralciate" pure, noi vi sollecitiamo a presentare questo piano e chiediamo che non presentiate più deliberazioni di questo genere: tutte perfette dal punto di vista della legge, ma che sottraggono una quota di alloggi dal piano che il Consiglio regionale deve esaminare.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione testé discussa, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 21 voti favorevoli e 11 astensioni.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno n. 528 sui problemi della siderurgia con particolare riferimento alla Deltasider e alle industrie piemontesi del settore


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, è stato presentato un ordine del giorno sottoscritto dai Consiglieri Calligaro, Tapparo, Staglianò, Gallarini Brizio, Marchini, Amerio e Ferrara relativo ai problemi della siderurgia.
Ha chiesto la parola il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

A me va benissimo questo ordine del giorno, però sarebbe opportuno che il Presidente della Giunta, vista la rilevanza del problema, assumesse qualche impegno rispetto ai tempi entro i quali si intende richiedere e perseguire questo incontro. Di ordini del giorno di centinaia e migliaia di licenziamenti ne è lastricata la strada. Vorrei che la Giunta assumesse un impegno concreto rispetto ai tempi.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta

Avverto quanto ha detto e anche quanto ha taciuto, con tanta tranquillità, il collega Montefalchesi.
Questo incontro l'abbiamo chiesto ancor prima dell'ordine del giorno l'abbiamo risollecitato da tempo, siamo intervenuti su tutti i parlamentari piemontesi. Ci è stato detto dalla Presidenza del Consiglio che al rientro dall'America del Presidente del Consiglio De Mita questo si sarebbe potuto realizzare, poi ci è stato detto dal Vicepresidente che sarebbe venuto nei giorni successivi. Pertanto non ho alcuna difficoltà, riconfermando tutta l'attenzione che la Giunta pone a questo problema, avendo dichiarato a tutte lettere, in ogni sito e in ogni modo e nelle forme che erano consentite e possibili, la nostra contrarietà a questo piano di ristrutturazione, a reiterare l'istanza nella stessa giornata di domani augurandomi che la stessa sia confortata da successo.



MONTEFALCHESI Corrado

Chiedo che nel corso della prossima seduta di Consiglio la Giunta comunichi se il Governo ha corrisposto a questa richiesta o meno.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno n. 528, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte informato che nel recente incontro dei rappresentanti del Comune di Torino e dei parlamentari piemontesi con il Ministro Fracanzani, il titolare del Ministero alle Partecipazioni Statali ha confermato la chiusura della Nuova Deltasider e, sia pure tra un anno, della Italsider, e quindi la definitiva liquidazione del polo torinese considerato che restano incerte le prospettive della ex Sisma di Villadossola verificato che gli impianti torinesi, all'interno del sistema produttivo delle partecipazioni statali, non hanno un ruolo concorrenziale nei confronti di altri impianti (Novi Ligure, Cogea, Bagnoli, Taranto, Piombino e Terni), ma svolgono una funzione produttiva complementare e risultano insostituibili per flessibilità, qualità del prodotto e collocazione centrale rispetto al mercato di consumo accertato che la cessazione della loro attività indurrà il nostro Paese ad importare prodotti laminati ed acciai speciali da costruzione considerato, quindi, che non esistono ragionevoli motivi, né industriali n sociali, per procedere alla chiusura del polo torinese i m p e g n a il Presidente della Giunta e l'Assessore al lavoro con una delegazione del Consiglio regionale ad incontrare urgentemente il Presidente del Consiglio dei Ministri, on. De Mita, per esprimere la netta avversione della Regione Piemonte agli indirizzi del piano di ristrutturazione e chiedere la sua radicale modifica per quanto concerne le produzioni siderurgiche torinesi ed ossolane".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi energetici

Esame ordine del giorno n. 526 sull'elettrodotto Leinì-Piossasco


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'ordine del giorno n. 526, relativo all'elettrodotto Leinì-Piossasco, presentato dai Consiglieri Majorino, Ala, Adduci Minervini, Bresso, Pezzana, Chiezzi, Vetrino, Rossa, Brizio, Bontempi e Marchini.
La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Prima di esprimermi a nome della Giunta sull'ordine del giorno, vorrei brevemente attirare l'attenzione del Consiglio regionale sull'ordine del giorno del 16 giugno 1988 che è stato votato purtroppo soltanto a maggioranza e questo evidentemente per comprensibili ragioni di schieramento, ma anche come talvolta succede per la frettolosità nella quale si concludono i nostri lavori per esigenze diverse.
Dispiace che quell'ordine del giorno che rappresentava un forte impegno della Giunta rispetto a questo problema non abbia in quella occasione ottenuto il consenso della maggioranza del Consiglio. Oggi abbiamo probabilmente la possibilità di recuperare questo momento, tant'è vero che l'ordine del giorno presentato dai Consiglieri che ho appena elencato prende le mosse nella sua premessa proprio dall'ordine del giorno della Giunta e si conclude sollecitando l'impegno della Giunta a intervenire volontariamente nel giudizio proprio per fare in modo che gli obiettivi previsti da quell'ordine del giorno possano essere conseguiti nella loro interezza.
A questo punto devo dire che consideravo questo ordine del giorno del 16 giugno così importante e impegnativo da fare addirittura superare al momento l'esigenza di un intervento in giudizio per l'espressione della Giunta rispetto ai pronunciamenti del Pretore di Avigliana, che arrivavano a determinare, attraverso un'ordinanza, lo spostamento di pali da un sito all'altro. Questa ordinanza prendeva spunto da esigenze di carattere sanitario che la Giunta condivideva avendo fatti propri i riferimenti dello studio di Avigliana. Tuttavia venivano a porsi delle preoccupazioni di ordine ambientalistico, perché si determinava la collocazione di un palo in una zona molto sensibile dal profilo paesaggistico e dunque sono venute a scontrarsi due esigenze: una di carattere sanitario e l'altra di carattere ambientalistico. Tant'è vero che noi pensavamo di superare questo contrasto chiedendo all'ENEL di interrare i pali che sorgono in prossimità dell'Abbazia di S. Antonio di Ranverso.
Ripeto che a me pareva che quell'ordine del giorno fosse già estremamente impegnativo e devo dire che la Giunta ha lavorato su quel documento, tant'è vero che stiamo continuando l'indagine sulle conseguenze sanitarie su tutto il territorio regionale; abbiamo immediatamente inviato l'ordine del giorno all'ENEL chiedendole di adeguarsi alle determinazioni del Consiglio regionale e domani pomeriggio è previsto un incontro al quale parteciperò con la Direzione dell'ENEL per parlare di questo problema.
L'ordine del giorno oggi proposto rafforza questo lavoro che è già in corso, quindi penso che la Giunta possa accettarlo così come è stato indicato nelle sue linee generali da parte dei Consiglieri che lo hanno sottoscritto.
Mi permetto di proporre all'attenzione del Consiglio alcune modifiche che mi sembrano necessarie per un'armonica composizione del documento stesso e anche per raccogliere quelle preoccupazioni che in un contesto di maggioranza e di confronto con l'opposizione sono apparse necessarie.
Propongo di rilevare nella prima parte che gli adempimenti sopra ricordati sono stati forse disattesi dall'ENEL. ma non certamente dalla Giunta che fino a questo momento ha lavorato attorno a questo problema secondariamente riterrei importante far precedere alla parte deliberativa dell'ordine del giorno il fine che ci proponiamo, quindi propongo di scrivere prima di "impegna" le parole "ai fini di sostenere le risultanze della relazione dell'USSL 40 e di perseguire il raggiungimento di tutto quanto indicato nell'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale il 16 giugno e di cui alle premesse del presente ordine del giorno, chiede alla Giunta di assumere deliberazione per intervenire nel giudizio in corso davanti al Tribunale di Torino la cui prima udienza è prevista per il giorno 20 luglio alle ore 9".
La preoccupazione della Giunta, che intendo esplicitare in questo momento, che aveva già avanzato nella riunione tenutasi nel primo pomeriggio, è la certezza rispetto alla proponibilità tecnico-giuridica e formale di questo intervento in sede di giudizio. Abbiamo titolo per intervenire in questo giudizio o no? Credo che abbiamo tutti i titoli ed esprimiamo anche la volontà. Permane tuttavia da parte della Giunta una riserva di fondo che chiariremo domani nel colloquio che avremo con l'avvocato che decideremo di incaricare, dopodiché potremo procedere all'assunzione della deliberazione.
Questo paragrafo potrebbe ancora essere meglio integrato aggiungendo alla fine: "ai fini di formulare domande giudiziali dirette a conseguire gli obiettivi indicati nell'ordine del giorno".
Con questa precisazione la Giunta ritiene di accogliere l'ordine del giorno presentato e in questi termini lo proporrei all'attenzione ed al voto del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

La Giunta ha formulato delle proposte aggiuntive, quindi pongo in votazione l'iscrizione all.o.d.g. di questo ordine del giorno.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, ringrazio la Giunta ed il Consiglio per aver accettato l'iscrizione all'o.d.g. di questo ordine del giorno che, sia pure nei tempi molto ristretti che riconosciamo esserci stati, richiede impegni di una certa rilevanza politica, dei quali non si può ben prevedere quale sia l'esito e la durata.
Ritengo personalmente di poter accogliere le modificazioni introdotte dall'Assessore; invito i Capigruppo della maggioranza a sottoscrivere questo testo così come modificato. Colgo l'occasione per ricordare come questo ordine del giorno prende le mosse dal precedente ordine del giorno approvato dal Consiglio e ricordo che avevamo convenuto di togliere tre righe da quel documento, perché questo punto è superato dalle notizie comunicate dallo stesso Assessore, in merito ad un'iniziativa reciproca in corso tra ENEL e Regione ai fini di quell'ordine del giorno.
Da parte mia non ho altro da aggiungere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel momento in cui la Giunta regionale per conto della Regione ritenesse, verificate le condizioni di natura tecnico-giuridica che rendono praticabile l'espressione di volontà politica qui manifestata, di costituirsi in causa per sostenere le posizioni dei ricorrenti, ci troveremmo in una situazione di macroscopica ingiustizia nei confronti dei cittadini nella misura in cui interveniamo a sostenere le posizioni di un gruppo di cittadini in ordine ad una causa che non avrebbe alcuna influenza nei confronti delle altre questioni aperte da quest'opera.
Sono quindi a suggerire alla Giunta e ai proponenti dell'ordine del giorno di consentire l'integrazione dell'ordine del giorno con la previsione di un parere pro-veritate sulla praticabilità di una procedura di accertamento tecnico preventivo in ordine a tutta l'opera. Mi spiego: i ricorsi avviati tendono a far cessare un'attività specifica e definita, io suggerisco che mentre ci mettiamo dalla parte dei cittadini sostenendo le loro posizioni, si completi l'esame di quell'opera davanti al Magistrato anche per quelle parti che non sono coinvolte nella presente causa.
Altrimenti rischiamo che l'ENEL corrisponda al provvedimento del giudice ad Avigliana immettendo l'energia e ci sono situazioni, magari identiche o a più grave rischio, che non sono tutelate. Quindi se riteniamo di avviare un'azione giudiziaria a sostegno dell'iniziativa avviata dai cittadini, che in questo momento sono ancora essi stessi gli agenti, non sono i convenuti anche se formalmente si è capovolta la posizione, suggerisco che la Giunta chieda un parere pro-veritate sulla praticabilità di una procedura di accertamento tecnico preventivo in conseguenza del quale, qualora fosse riconosciuto dal Presidente del Tribunale, un perito nominato dal Tribunale e assistito da due periti, uno della Regione e uno dell'ENEL. andrebbe a verificare le condizioni di natura sanitaria su tutta la tratta evidentemente per quei segmenti che individuassero questo tipo di rischio.
In questo modo, colleghi della Giunta, mi sembrerebbe che la Regione terrebbe una posizione più giusta nei confronti di tutte le parti sostanzialmente oggetto di questa vicenda: quindi, la costituzione in causa a fianco dei cittadini chiamata in fase di riassunzione presso il Tribunale di Torino e l'avvio di una procedura di accertamento tecnico preventivo non di una causa, tendente ad accertare se esistono condizioni consimili che giustifichino l'avvio di una causa, a questo punto, evidentemente da parte della Regione nei confronti dell'ENEL ed altri al Tribunale di Torino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Giudichiamo molto positivamente la conclusione prospettata con l'ordine del giorno che è stato predisposto. Mi pare giusta la cautela in ordine all'adozione del provvedimento e la verifica della "praticabilità" della cosa con parere pro-veritate che dev'essere chiesto con la massima sollecitudine, perché il termine del 20 è veramente breve.
Per quel che concerne l'aspetto della causa specifica siamo d'accordo.
D'altra parte l'Assessore Vetrino ha già richiamato come ci sia una coerenza con l'ordine del giorno del 16 giugno che purtroppo non ha avuto allora, per ragioni di collocazione di Gruppi, quell'unanimità che avremmo desiderato. L'ordine del giorno del 16 giugno dimostra ora tutta la sua utilità e tutta la sua importanza, perché è su quella base che possiamo oggi richiedere questo intervento della Giunta.
Quindi adesione completa, anche se non ci sfugge che questo costituisca un precedente. L'ordine del giorno del 16 giugno, per quel che attiene alle osservazioni del collega Marchini, riguarda il problema generale e non specifico. Vi sono già nell'ordine del giorno del 16 giugno le basi per una eventuale azione che potrebbe seguire le trattative in corso tra l'Assessore, a nome della Giunta, e l'ENEL; tuttavia credo che la proposta che fa Marchini, nel concreto, di sentire anche sotto il profilo giuridico la percorribilità di una causa successiva ove mancasse l'accordo e il consenso dell'ENEL ad una revisione più vasta del problema quale quella richiesta il 16 giugno, mi pare fondata. Non so se debba essere inserita nell'ordine del giorno, il che mi pare difficoltoso, o se non sia più opportuno considerarla come una raccomandazione alla Giunta a sentire il parere legale anche su questo aspetto, a tenerne conto e a valutarlo anche nel momento della trattativa che condurrà in proposito con l'ENEL tenendo presente che l'ordine del giorno del 16 giugno già pone il problema nella sua complessità. Se si va sul terreno della causa legale, non ci si pu limitare ad operare solo nel caso di Rosta, dove sono coinvolte delle persone e dei Consiglieri, ma sul piano più generale della tutela degli interessi di tutti i cittadini, anche delle altre zone che si trovano in condizioni talvolta peggiori di quelle del caso specifico di Rosta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, rilevo che va bene anche per me e per la collega Minervini, che siamo firmatari dell'ordine del giorno, la formulazione che aveva letto la Vicepresidente Vetrino per quanto riguarda la parte di impegnativa della Giunta.
Però vorrei che fosse chiara una cosa: visto che la Giunta è entrata nell'ordine di idee del nostro ordine del giorno, cioè a dire di attivarsi (visto che l'intera questione è stata trasferita dall'ENEL sul piano giudiziario) per intervenire, la Giunta stessa deve intervenire a tutela della salute e dell'ambiente.
La formulazione che ho colto, cioè di tradurre in termini di domande giudiziali a tutela della salute e dell'ambiente quanto era scritto nell'ordine del giorno del 16 giugno 1988 e, anzi, in un quadro anche più ampio, come diceva giustamente il collega Marchini ed era un po' lo spirito del nostro ordine del giorno, di tutti gli abitanti interessati alla vicenda Leinì-Piossasco, va anche bene. L'essenziale è che questa volontà dell'ordine del giorno, che la Giunta fa propria con parole diverse e magari anche più appropriate, non sia condizionata a un parere tecnico giuridico da esprimere.
A me pare fin troppo chiaro che se c'è, come ho colto, la volontà di intervenire in giudizio per sostenere le tesi a tutela della salute delle popolazioni e dell'ambiente, questo è un dato di fatto e non ha che da seguire la deliberazione di Giunta, ma condizionare la proponibilità o la praticabilità a un parere tecnico-giuridico mi pare che sia un non senso.
Se si vuole intervenire in giudizio a tutela della salute delle popolazioni e dell'ambiente, allora le formule giuridiche le conoscerà meglio di ogni altro il legale al quale si affiderà l'incarico. Ripeto che condizionare a un parere tecnico-giuridico l'opportunità, la praticabilità o la proponibilità dell'intervento mi pare proprio che non sia il caso altrimenti noi rischiamo domani di sentirci dire: "Il governo della Regione era perfettamente d'accordo a intervenire in questa vicenda a tutela della salute delle popolazioni e a tutela dell'ambiente, però ci è stato detto che sul piano strettamente giuridico non ci stava", invece mi pare proprio di tutta evidenza che la questione ci stia, così come è stata esposta.
D'altro canto non va dimenticato che il Pretore di Avigliana ha apprezzato l'intervento dei singoli Consiglieri che in allora, a fronte dell'inerzia della Giunta, avevano ritenuto di intervenire. Infatti ha detto a chiare note che il materiale da essi portato è stato utile e rilevante. Perciò non vorrei solo che ci sia questa riserva anche non scritta, perché nella formulazione che ha fatto l'Assessore non si dice questo.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Rimane fra parentesi.



MAJORINO Gaetano

Rimane fra parentesi, ma io avrei qualche perplessità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, chiedo scusa a lei e anche al collega Adduci, ma probabilmente quello che dirò servirà a capire il senso dell'inciso che è stato suggerito dalla Giunta.
Sono stato tra i Consiglieri che hanno suggerito questo inciso, per una ragione strettamente metodologica: si è ritenuto di esaminare un ordine del giorno immediatamente senza la possibilità per la Giunta di valersi, come suo preciso dovere, di un minimo di verifica tecnico-giuridica su quello che decide di fare. Non esistono strutture di Consiglio in grado di supportare in termini tecnici-giuridici una decisione.
Ho semplicemente suggerito con altri colleghi alla Giunta di mantenere questa riserva in modo tale che un'eventuale non prosecuzione giustificata da ragioni che non ritengo che esistano, ma che non sono in grado di escludere, vengono lette dopo come un modo per non rispettare gli impegni.
Mi sembra giusto che la Giunta debba fare qualche valutazione minimale qualcuno si preoccupava di sapere se ci sono dei danni che corrono o dei danni che non corrono, sono valutazioni che la Giunta dal punto di vista tecnico e di governo ha il dovere di fare.
Quindi, sono tra i responsabili di questo inciso che non ha assolutamente il significato di eludere il problema, ma è il modo con cui possiamo decidere subito di intervenire in giudizio e che lascia alla Giunta lo spazio doveroso e necessario per la verifica di ordine tecnico giuridico che sono le legittimazioni attive e i tempi di causa, questioni che, sappiamo tutti, sono all'interno dell'attività che il nostro professionista svolgerà. Mi sembrava anche in termini di eleganza comportamentale che una Giunta non decidesse la costituzione in una causa senza che i responsabili della Giunta avessero avuto la possibilità di fare un minimo di verifica di natura tecnico-giuridica sulla questione che è stata loro posta: si tratta, per esempio, di leggere l'atto di riassunzione della causa, questo vuol dire il parere.
Ricordo ancora che quello che ho suggerito è una iniziativa regionale.
L'accertamento tecnico preventivo non è un'attività tecnica, è un'attività giudiziaria: significa chiedere alla Giunta di valutare in termini non di opportunità, sulla quale chiederei che si pronunciasse in aula, ma di verifica tecnico-giuridica della opportunità di avviare subito un'azione giudiziaria, che si chiama accertamento tecnico solo in termini formali, ma è un'azione giudiziaria tendente ad accertare le condizioni tecniche di un certo problema, proprio perché bisogna che, nello stesso momento o comunque in tempi non troppo distanti, la tutela dei cittadini sul piano giudiziario venga estesa a tutte le situazioni di rischio non limitate a quelle rispetto alle quali la causa si è aperta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo che questo ordine del giorno possa costituire motivo di soddisfazione nostra e di tutto il Consiglio regionale, perché con esso si intraprende una strada, per molti versi nuova: per la prima volta la Regione Piemonte, in quanto tale intende costituirsi in giudizio a tutela della salute dei cittadini.
Proprio la novità del fatto deve - a mio avviso - assumere preponderanza rispetto a tutte le altre osservazioni, che pur sono giuste e sono degne di essere prese in considerazione, in particolare quelle del collega Marchini.
Ritengo che la Giunta abbia pieno diritto di chiedere tutti i pareri possibili per intervenire meglio e più efficacemente in un giudizio di questa natura. Quello che a me interessa rimarcare è che il chiedere pareri venga in un secondo momento rispetto all'ordine logico e all'importanza delle priorità dell'atto politico quale espressione di volontà finalizzata alla costituzione in giudizio.
C'è, poi, l'aspetto che richiamava il collega Majorino sul parere del Pretore di Avigliana che riteneva rilevante l'essersi costituiti in giudizio da parte di alcuni Consiglieri regionali. Questa volta ovviamente, la questione è diversa: è bene, intanto, che la Giunta si costituisca in giudizio, poi assumerà tutte le determinazioni e le informazioni necessarie per rendere più efficace l'atto.
Per quanto riguarda il problema relativo alla tutela della salute di tutti i cittadini che si trovano in condizioni analoghe o peggiori (ed io aggiungo che si trovano sicuramente in condizioni peggiori di quelle rilevate ad Avigliana i cittadini che abitano a Fiano, a Mathi, a Nole, e che, pertanto, ci sono casi molto più preoccupanti rispetto a quelli individuati dal Pretore), già noi avevamo posto nel nostro ordine del giorno questo inciso: "e ferme restando in ogni caso tutte quelle altre doverose iniziative di carattere politico e legislativo".
Ad ogni modo, se si ritiene opportuno, si recepisca pure l'aggiunta che il collega Marchini proponeva, per noi va bene.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte visto l'ordine del giorno concernente l'elettrodotto Leinì-Piossasco approvato a maggioranza nella seduta del 16 giugno 1988 con il quale si è fra l'altro: a) richiesto 'all'ENEL di fare propri i limiti fissati dalla relazione dell'USSL n. 40 di Ivrea e dall'Istituto di Medicina del Lavoro, al fine di poter assicurare la maggior protezione tecnicamente possibile ai cittadini e all'ambiente circostanti la linea elettrica Leinì-Piossasco 380 kw' b) richiesto 'all'ENEL che, laddove saranno registrate discordanze rispetto alla puntuale verifica da svolgere vengano immediatamente spostati i pali alla distanza di sicurezza attraverso l'accorgimento tecnico più opportuno (trasferimento o alzata di palo)' c) invitata 'la Giunta a verificare con l'ENEL la possibilità di interrare il tratto di linea che interessa il contesto ambientale dell'Abbazia di S. Antonio di Ranverso' c) invitato infine 'l'ENEL a non attivare l'elettrodotto sino a quando questi provvedimenti non saranno stati eseguiti' considerato che con citazione notificata il 27 giugno 1988 l'ENEL ha evocato davanti al Tribunale Civile di Torino i 450 abitanti di Rosta che si erano rivolti al Pretore di Avigliana ai fini di conseguire provvedimenti urgenti e cautelari diretti ad inibire l'attivazione dell'elettrodotto Leinì-Piossasco a causa del probabile pericolo di pregiudizi gravi ed irreparabili per la salute delle persone e per l'ambiente: e che in tale giudizio così instaurato davanti al Tribunale di Torino (nel quale l'ENEL ha evocato anche i Consiglieri regionali del Piemonte che, davanti al Pretore di Avigliana, erano intervenuti ad adiuvandum le ragioni degli abitanti di Rosta) l'ENEL stesso - investendo e sottoponendo alla Magistratura l'intera questione dell'elettrodotto Leinì Piossasco - chiede l'annullamento di ogni provvedimento cautelare e l'accertamento della legittimità formale, sostanziale e tecnica del proprio operato concernente l'elettrodotto stesso e la sua collocazione ritenuto che - a questo punto - la tutela dell'ambiente e della salute degli abitanti di Rosta e degli abitanti delle zone interessate dall'elettrodotto va necessariamente effettuata anche nella sede giudiziale (Tribunale di Torino) nella quale l'ENEL ha fatto confluire l'intera vertenza e ferme restando, in ogni caso, tutte quelle altre doverose iniziative di carattere politico e giudiziale ai fini di sostenere le risultanze della relazione dell'USSL n. 40 e di perseguire il raggiungimento di tutto quanto indicato nell'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale il 16 giugno 1988 e di cui alle premesse del presente ordine del giorno c h i e d e alla Giunta di assumere deliberazione per intervenire nel giudizio in corso davanti al Tribunale di Torino la cui prima udienza è prevista per il 20 luglio p.v., dopo aver ottenuto un favorevole parere pro-veritate sulla proponibilità tecnico-giuridica e formale di detto intervento in giudizio ai fini di formulare domande giudiziali dirette a conseguire gli obiettivi indicati nell'ordine del giorno".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,30)



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