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Dettaglio seduta n.144 del 16/06/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


DAMERI Silvana



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni e interpellanze" esaminiamo l'interrogazione n. 1175 presentata dal Consigliere Picco.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Con l'interrogazione inerente i confini del Parco naturale Orsiera Rocciavrè il Consigliere Picco richiede di sapere se sia all'esame della Giunta regionale la deliberazione del Consiglio comunale di Fenestrelle di proposta di modificazione dei confini del Parco naturale Orsiera-Rocciavrè in quanto il limite del parco risulterebbe di incerta leggibilità e sarebbe difforme dal Piano regolatore comunale vigente.
La modifica si renderebbe opportuna anche al fine di ricomporre inopportune sperequazioni di trattamento dei residenti.
In riferimento al primo quesito dev'essere rilevato che nel caso del Comune di Fenestrelle i confini del Parco naturale Orsiera-Rocciavrè interessano per tutto il loro corso elementi facilmente individuabili: circa l'80% corrono lungo strade esistenti ed il restante 20% si riferisce ad elementi naturali certi, come limiti di strapiombo, e pertanto in questo caso non sussiste un problema di difficile interpretazione degli stessi. I confini vengono stabiliti con legge e quindi a questi confini sono poi i Piani regolatori che ai sensi della nostra legge devono adeguarsi.
Chiarito quanto sopra in merito all'opportunità di modificare i confini per evitare eventuali sperequazioni per i residenti è necessario rilevare che non era certamente nelle intenzioni della legge istitutiva di introdurre elementi di sperequazione dei residenti; il problema quindi potrà essere più correttamente ricondotto allo strumento di gestione territoriale previsto dalla legge istitutiva, e cioè il piano dell'area che costituisce il documento normativo di tipo urbanistico che può dare soluzione ad ogni problema locale purché, evidentemente, in sintonia con le finalità di tutela del territorio.
Attualmente il piano dell'area è stato redatto ed è in corso di predisposizione il materiale per avviare la procedura di approvazione dello stesso. Nel corso della procedura la deliberazione del Comune di Fenestrelle potrà essere presa in considerazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Ringrazio l'Assessore per la risposta che mi pare sia corretta nell'impostazione metodologica, anche se sconta purtroppo attese e dialettiche che non sono infrequenti nel rapporto Comune-Regione su una materia sulla quale la tempestività della gestione potrebbe evitare il prolungarsi di divergenze su aspetti che sono tutto sommato abbastanza oggettivi, quando ad esempio alcuni insediamenti abitativi sono compresi in un perimetro ed altri ne sono esclusi: se non sussistono ragioni di altra natura si dovrebbe provvedere con tempestività a ricomporre le perimetrazioni nell'ambito di quella perequazione di trattamento che io Assessore, ho invocato.
Prendo atto comunque e ringrazio l'Assessore di questa posizione corretta, e cioè che il problema venga riesaminato in sede di approvazione che speriamo tempestiva, del piano dell'area del Parco naturale Orsiera Rocciavrè.


Argomento: Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate

Interrogazione n. 1303 del Consigliere Valeri inerente la rilocalizzazione dello stabilimento Sambonet. Recupero area ex Montefibre


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interrogazione n. 1303 presentata dal Consigliere Valeri.
Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

In merito alla questione sollevata dal Consigliere Valeri ritengo di dovermi esimere dal riassumere la situazione relativa all'applicazione del Regolamento CEE 219 del 1984, essendo la questione già stata oggetto di approfondita analisi sia in occasione di precedenti interrogazioni, sia in occasione dell'approvazione di un ordine del giorno da parte di questo Consiglio regionale in data 12 maggio 1988 su questa problematica. Pertanto ritengo di dare un aggiornamento ed una risposta all'interrogazione del collega che pone un ulteriore quesito in merito alla tempistica e alla possibilità di altri passaggi relativamente al rapporto e alle iniziative del Comune di Vercelli sul problema in questione. Il quesito è se la Giunta ritiene di dover richiamare l'Amministrazione comunale di Vercelli alle sue responsabilità e ai suoi impegni assunti.
A questo proposito devo comunicare al Consigliere interrogante che l'Amministrazione comunale di Vercelli ha già presentato la relativa documentazione di sua competenza in data 5 maggio 1988. Gli uffici dell'Assessorato stanno esaminando tale documentazione in modo da poter elaborare il successivo progetto di recupero dei siti industriali degradati. Ritengo quindi che al momento non vi siano sostanziali presupposti per una ulteriore azione da parte dell'Amministrazione regionale nei confronti del Comune di Vercelli, così come peraltro invocato dal Consigliere interrogante, ma posso immaginare che, seppure con risposta abbastanza celere, nel momento in cui il Consigliere interrogava l'Amministrazione comunale stava predisponendo l'invio degli atti.
Gli atti e la documentazione sono pervenuti all'Assessorato. Tra l'altro mi preme significare come in questa fase i rapporti fra l'Amministrazione regionale ed il Comune di Vercelli, come con gli altri enti locali interessati a questa partita, siano stati improntati al massimo della collaborazione reciproca. E' una obiettiva considerazione sulla collaborazione che mi auguro consentirà di rispettare i tempi fissati dal Regolamento CEE 219, che sono purtroppo piuttosto stretti, ma che, noi ci auguriamo, sia attraverso l'approvazione all'unanimità dell'ordine del giorno predisposto da questa assemblea all'inizio di maggio, sia attraverso una presa di posizione anche da parte delle altre assemblee di Consigli regionali sparsi in Italia, si raggiunga un uniforme atteggiamento di richiesta per una proroga di due anni (ma che in termini minimali sia di un anno e mezzo) per permettere il completamento necessario all'utilizzazione dei fondi per l'area del Vercellese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Prendo atto con piacere che la documentazione, relativa all'intervento sull'area sulla quale dovrebbe ricollocarsi la ditta Sambonet, il Comune di Vercelli l'ha presentata. Nell'interrogazione richiamavamo anche la questione dei tempi necessari ad assicurare la pratica utilizzazione dei fondi CEE. In proposito ci auguravamo che l'Assessore chiarisse quando presenterà alla Commissione consiliare competente il programma relativo al recupero delle aree industriali dismesse, per il quale la Regione è già in ritardo, come i colleghi che hanno partecipato agli incontri di Strasburgo si sono sentiti rimproverare.
E' vero che abbiamo votato all'unanimità un ordine del giorno in cui si chiede una proroga dei tempi di validità della direttiva CEE n. 219, ma è anche vero che l'esito di questa richiesta è del tutto aleatorio, in quanto subordinato a cosa ne penseranno gli altri partner comunitari. Stando alle notizie in nostro possesso altri Paesi hanno già ultimato l'attuazione della direttiva, come nel caso dell'Inghilterra, mentre altri Paesi non hanno alcun interesse a prorogare i benefici finanziari di una direttiva che li esclude, in quanto all'epoca della sua emanazione essi non facevano ancora parte della CEE, come nel caso della Spagna, del Portogallo e della Grecia. Di conseguenza, essendo la proroga ottenibile solo per decisione unanime, i dubbi su un esito positivo della nostra richiesta sono più che giustificati.
A fronte di ciò è molto più sensato accelerare al massimo i tempi per la presentazione del programma, tenendo presente che qualora la proroga non venga riconosciuta occorre che il programma e gli atti giuridici che lo dovranno sostanziare dal punto di vista della progettazione, appalto consegna dei lavori, si compiano entro il gennaio '89, diversamente i benefici a nostro favore decadranno. A fronte di tali dati di fatto non possiamo non stigmatizzare il preoccupante ritardo che si registra nella presentazione del programma, anche rispetto alle dichiarazioni che l'Assessore fece in risposta ad una nostra precedente interrogazione quando disse che i Comuni erano tenuti a presentare la documentazione entro aprile, in modo che ai primi di maggio la Giunta potesse predisporre gli atti di sua competenza. Siamo invece alla metà di giugno e il programma ancora non c'è e non ci pare neppure in vista.
Chiediamo pertanto che a questo ritardo si ponga rimedio il più rapidamente possibile e sarebbe utile che l'Assessore ci dicesse almeno la data indicativa entro la quale ritiene che il programma verrà presentato al Consiglio affinché lo possa deliberare.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Ha perfettamente ragione il Consigliere Valeri, ma ha anche ragione la Giunta perché è vero che ai primi di maggio dovevamo ricevere dai Comuni i progetti, ma se questa documentazione non è arrivata, seppur sia stata sollecitata direttamente dall'Assessore alle Amministrazioni comunali, la Giunta non poteva certo presentare alla CEE una proposta.
L'Amministrazione comunale di Vercelli ha inviato il 5 maggio la documentazione; se l'avesse mandata un mese prima noi avremmo rispettato le date. Anche l'Amministrazione comunale di Biella, lunedì, ha definitivamente deciso nel merito; appena la Commissione calendarizzerà gli impegni, mi farò premura di andare incontro alle indicazioni del collega.
Se affronteremo l'argomento nelle prossime sedute, prima in esame in Commissione e poi in Consiglio, penso che nel mese di luglio potremo mandare il tutto a Bruxelles.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interpellanza n. 1342 dei Consiglieri Calligaro, Tapparo, Gallarini Nerviani, Santoni, Staglianò e Fracchia inerente la crisi del settore siderurgico nazionale


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interpellanza n. 1342.
Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

E' un'interpellanza un po' anomala, perché chiede alla Giunta se sia disponibile a dare un aggiornamento sulla situazione siderurgica; comunque a nome della Presidenza e della Giunta dichiaro tale disponibilità.
Ad una sollecitazione verbale che qualche collega mi ha fatto nella seduta della scorsa settimana ho dichiarato disponibilità ad aggiornare per quanto era possibile alla Giunta, gli sviluppi della siderurgia piemontese.
Avendo ricevuto ieri sollecitazioni telefoniche da parti sociali e da organi di informazione per sapere come si sarebbe espressa la Giunta sul problema della siderurgia, mi sono preoccupato di ricercare una annunciata interrogazione che alla Giunta nel frattempo non era giunta. Ieri sera ho rilevato che alla Presidenza della Giunta era arrivata questa comunicazione. Non ho difficoltà ad esprimere tutta la preoccupazione e il disagio dell'istituzione regionale su questo versante, alla luce delle notizie che leggiamo, anche stamani, sui quotidiani in merito a questo tema. Il Presidente Beltrami e il sottoscritto con un'aderenza alle prese di posizione di questi mesi nei contatti con le organizzazioni sindacali con il Governo, con le realtà sociali, una decina di giorni fa hanno espresso una nota motivata sul dissenso della Regione Piemonte in ordine alla filosofia del piano Finsider.
Non possiamo pensare che una regione come il Piemonte e una realtà come Torino possano fare a meno di un polo siderurgico nel nostro territorio. Ma di fronte a certe latitanze e a certe contraddizioni a livello nazionale abbiamo espresso, recentemente in una nota inviata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ai Ministri competenti, all'IRI, un rifiuto del piano Finsider se non fosse decollato contestualmente ogni processo e ogni intervento di misure sociali di reindustrializzazione.
Ho partecipato la scorsa settimana ad un incontro fra le Regioni dove insistono presidi siderurgici, per trovare un minimo comun denominatore fra queste realtà, per poter inviare al Governo e alle Commissioni competenti una posizione unitaria delle Regioni. Posizione unitaria non facile, che con un passaggio successivo e graduale ha trovato sintesi in un documento a fronte del quale, in prima battuta, la Regione Piemonte ed alcune regioni del nord non venivano, attraverso il confronto delle Regioni, considerate secondo noi in misura adeguata per interventi di tutela di alcuni presidi ma soprattutto per la differenziazione degli interventi di reindustrializzazione e di misure sociali fra le regioni del nord e le regioni del sud.
La scorsa settimana il Presidente Beltrami e il sottoscritto hanno richiesto, in una giornata vivace, che in questo documento (che è stato inviato nei giorni scorsi al Governo) venissero considerate anche le Regioni del nord e del centro-nord alle quali toccano particolari interventi di misure legislative di supporto, tenuto conto che le Regioni del Mezzogiorno, pur in situazioni obiettivamente drammatiche, hanno comunque degli interventi legislativi già a supporto di queste situazioni.
Questa azione difficile è passata la scorsa settimana nel rapporto che abbiamo inviato al Governo e al Parlamento.
Abbiamo anche cercato, con tutta la forza che ci era permessa, di richiamare come noi ci riferiamo a criteri scientifici di tipo tecnico ed industriale per respingere il piano Finsider.
Oggi il Ministro Fracanzani è a Bruxelles a consegnare quanto in questi mesi è stato approfondito. Ma ho la convinzione, di fronte alle eccezioni drastiche che la CEE ha posto, che il Ministro presenterà la originaria impostazione del piano Finsider, nonostante in questi mesi molti di noi abbiano lavorato su quel piano, apportando anche delle modifiche. Bruxelles impone delle condizioni non lasciando margini di trattativa, per cui il Governo si trova a dover almeno difendere una posizione unitaria di fronte alle proposte ulteriormente riduttive rispetto all'iniziale piano Finsider (anch'esso contestato da noi e da altre realtà sindacali e regionali).
Il riesame del piano Finsider fatto dal Governo, e che il Ministro alle Partecipazioni Statali Fracanzani ha indicato con particolare attenzione fa registrare quanto è consolidato, pur in negativo, di fronte ad una proposta che vede il presidio della Deltasider di Torino in ipotesi di chiusura, il mantenimento della Sisma di Villadossola, come cessione ai privati, che è il minimo ottenuto nel rapporto dialettico con il livello centrale, con un interrogativo sul presidio della Italsider di Torino dove a fronte di una ipotesi di mantenimento del reparto della elettrozincatura esistono i grossi interrogativi che sono "glissati" negli anni, ma che possono rischiare di avere una determinazione di chiusura anticipata rispetto al 1990. A tale proposito abbiamo avuto un confronto intenso con i dirigenti della Finsider e con il livello centrale, e non vi sono per ora ipotesi diverse da quelle che nei mesi scorsi abbiamo indicato che tendevano a mantenere e rafforzare le aree di servizi e la elettrozincatura, orientandosi verso una sostanziale chiusura della laminazione nell'arco di piano, almeno a far corso dagli anni '90.
Occorre però sottolineare che in questi giorni sono emerse preoccupazioni anche su questo versante.
Ritengo che la nostra azione, che non pare possa avere grossi sbocchi positivi, non potrà non avere un giudizio fortemente negativo per ciò che sta maturando sul versante piemontese.
In questo senso le Regioni, e in particolare la Regione Piemonte nell'incontro della scorsa settimana hanno avviato un confronto con il Governo in particolare sulle linee della reindustrializzazione, basato su alcuni pilastri che per noi sono fondamentali, intanto sulla contestualità fra le chiusure e gli investimenti necessariamente sostitutivi; in secondo luogo sulla non esclusione di alcuna area interessata, quindi intervento su tutte le aree, comprese quelle del nord; un impegno diretto dell'IRI, anche tramite la SPI, nei vari interventi sostitutivi; un adeguamento della normativa negli indennizzi di cessazione a questi obiettivi.
In tal senso la scorsa settimana, anche a seguito delle sollecitazioni del sindacato, abbiamo richiesto un ulteriore incontro alla Presidenza del Consiglio con una delegazione dei parlamentari piemontesi, che dovrebbe tenersi dopo il 22 di questo mese al rientro del Presidente De Mita dall'America.
Il Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, Misasi, ha dato ieri al Presidente Beltrami ulteriori assicurazioni in questo senso.
Ribadiamo che una siderurgia, anche ridotta, ma caratterizzata da prodotti di qualità finalizzati al nostro sistema produttivo, costituisce una necessità inderogabile da soddisfare partendo da quei presidi che già sono omogenei con questa impostazione e che in Piemonte sono la stragrande maggioranza delle unità produttive.
A fronte delle drammatiche cifre che riguardano 3.000 posti di lavoro in meno, al di là del recupero potenziale dei 700 posti della Sisma (che se venissero a cessare porterebbero a 2.400-2.450 il numero dei cali nel Piemonte), ribadiamo la necessità di misure sociali di reindustrializzazione che non siano limitate alle sole aree di monoproduzione siderurgica, ma si estendano ovunque le cessazioni comportino conseguenze sociali rilevanti; e la fattispecie del Piemonte rientra in questa ipotesi.
Ciò che a nostro avviso apparirebbe obiettivamente intollerabile è il ritenere che tutto è funzionale e subalterno alle aree sociali dei grandi centri siderurgici nazionali, Taranto, Bagnoli, Terni e Genova; soprattutto alla luce di esperienze negative come quella che negli anni scorsi ha realizzato la GEPI nell'area piemontese, in particolare nell'Alto Novarese e nel Verbano Cusio Ossola. Abbiamo avuto una testimonianza negativa di quell'intervento. Occorre contestualità di interventi e misure che vadano verso l'impostazione che il piano Finsider individua come aree siderurgiche e nei confronti di presidi siderurgici per richiamare la necessità che sia nella realtà torinese sia nella realtà ossolana non ci sia la fuga dalle misure di carattere sociale.
Mi auguro che nell'incontro di oggi del Ministro Fracanzani in sede CEE almeno si difenda la posizione unitaria del Governo di fronte ad interventi negativi che già nella originaria impostazione di piano vedeva la CEE negativamente predisposta nei confronti della siderurgia nazionale italiana.
Voglio anche credere che da questo confronto difficile, ma ragionato che abbiamo attivato in questi mesi e dall'incontro che dopo il 22 intenderemmo attivare con la Presidenza del Consiglio, emergano condizioni e misure sociali laddove, drammaticamente, non ci sia possibilità di riprendere le attività industriali.
La Giunta regionale si assume l'impegno di un secondo aggiornamento sul piano siderurgico non solo in sede di aula consiliare ma anche in sede di IV Commissione regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è una amara constatazione quella che devo fare per rilevare quanto poco siamo riusciti ad incidere evidentemente non per nostra incapacità nel processo decisionale, per la ristrutturazione della siderurgia. Sono state presentate argomentazioni forti: il nostro polo siderurgico a ridosso di grandi aree di utilizzo; il rischio di costruire in Italia un sistema siderurgico troppo polarizzato e quindi scarsamente affidabile rispetto a un sistema economico che si muove con grande flessibilità. Tutto questo ci fa amaramente constatare che nel processo decisionale, caro Assessore Cerchio, a livello nazionale, le nostre parole, le nostre argomentazioni, il nostro agire, il ruolo della nostra Regione, incide scarsamente in quella che è la formazione delle grandi decisioni. Questo lo dico con estrema amarezza, perché non ritengo che posizioni nate a tavolino, tra il tecnocratico e il centralistico possano essere tra le migliori in questa materia.
Andiamo verso una definitiva disarticolazione della nostra struttura produttiva siderurgica. Paghiamo un prezzo altissimo (perché al prezzo di oggi sui giornali veniamo posti come contributo in termine quantitativo) rilevante, ma tanto più rilevante se consideriamo che ormai la nostra base è stata pesantemente ristretta e quindi i valori di riduzione che noi rintracciamo oggi sono dei valori che hanno un peso più alto, più dirompente, più duro rispetto ad altre realtà.
Mi sembra anche che sarebbe molto debole se mantenessimo questa posizione, il chiedere, come se fosse l'ancora di salvezza, una concatenazione tra la riduzione e le misure sostitutive. Non credo che ci siano attività economiche da inventare su due piedi che abbiano un'alta redditività. Credo che quelle che ci sono ad alta redditività sono certamente occupate o da iniziative di imprenditori privati oppure da importazioni eventualmente difficilmente sostituibili per il loro valore di competitività. Noi rischiamo di innescare delle misure sostitutive che hanno ugualmente il peso di una struttura deficitaria; quindi noi, con la giustificazione che dobbiamo colmare quello che è un limite, andiamo probabilmente ad attivare delle misure che non possono essere facilmente configurate, salvo che in attività minori.
Saremo poi in coda alle attività della SPI, cioè della società di intervento dell'IRI per le misure sostitutive, perché evidentemente nelle gerarchie di attenzione noi verremo considerati ancora una volta come un'area che ha già molto, che ha già una sua dinamicità industriale e quindi nelle urgenze che ci saranno verremo anche posti in coda. Questo è un altro aspetto estremamente rilevante.
Non teniamo sufficientemente conto degli effetti dirompenti su un indotto che c'era, e che si è strutturato nel corso di decenni, attorno alla nostra siderurgia; un'attività di indotto che non ha solo implicazioni industriali, ma anche implicazioni terziarie. Non so come questa possa essere trascinata da iniziative sostitutive dove chiediamo che ci sia il rapporto tra avvio dell'investimento e chiusura. L'avvio dell'investimento (abbiamo anche visto l'esperienza GEPI) è estremamente fragile estremamente precario. Inoltre qualsiasi ipotesi di rianimazione industriale o di iniziativa sostitutiva deve trovare un coinvolgimento costante e pieno della Regione, altrimenti stando solo a guardare, facendo soltanto qualche seminario o qualche convegno, finiremo come a Verbania con l'intervento GEPI che in sé poteva avere le potenzialità, ma occorreva incalzarlo giorno per giorno per uscire - e sarà così per la SPI dell'IRI fuori dal guscio dell'inerzia e dei ritardi.
C'è un altro aspetto che va chiarito, perché si aprirà nei prossimi giorni la bagarre sulle aree rese libere da questo tipo di ristrutturazione in una zona molto centrale a Torino. Credo che dovremo batterci affinch queste aree non siano prese da una pura logica di speculazione di rendita urbana, ma siano concatenate ai processi, da un lato di rafforzamento di quello che resta ancora dell'apparato siderurgico piemontese e torinese dall'altro lato affinché possano coerentemente porsi in questa logica di iniziative industriali sostitutive. E' una filosofia che dobbiamo imporre: non sappiamo ancora con chiarezza se queste aree sono nello stato patrimoniale delle Partecipazioni statali o nello stato patrimoniale della FIAT. Questa è una risposta alla quale le Partecipazioni statali non hanno mai dato una espressione chiara.
Sul tema dell'area si deve innescare un discorso che non molli il collegamento con i problemi del rafforzamento della siderurgia che resta e che sia concatenato con le iniziative sostitutive.
Il paradosso al quale andiamo incontro è che ci troveremo ben presto con una struttura siderurgica vulnerabile, probabilmente non equilibrata tra domanda e offerta. Noi conosciamo la forte spinta della CEE in una logica che è quella di "dagli alle strutture industriali con presenza pubblica". Questa filosofia è imperante sostanzialmente nella CEE ed è presente in qualche modo anche nella logica di attacco e di intervento sul nostro sistema siderurgico.
Non voglio sottolineare il fatto che c'è una forte ripresa strutturale dell'uso dell'acciaio nelle società industriali, non è un fatto congiunturale e momentaneo; c'è un problema non solo di quantità, ma di qualità delle produzioni, per le quali probabilmente noi ci troveremo ad aprire delle forti correnti di importazione con uno squilibrio della nostra bilancia commerciale nel settore delle produzioni siderurgiche.
Va poi anche detto che non possiamo pensare di stare a guardare tranquillamente che le Partecipazioni statali si muovano con la logica pachidermica, tutta legata al processo produttivo più che alla commercializzazione dei prodotti. Solo una forte azione marketing ci potrà far esaltare quei pezzi di apparato industriale siderurgico che restano a noi; come gli acciai inossidabili, come le nuove produzioni in elettrozincatura o i materiali ricoperti, che sono materiali di grande prospettiva per le produzioni automobilistiche e di altri settori.
Se noi assisteremo ad una logica delle Partecipazioni statali, come l'abbiamo vista negli ultimi dieci anni, dove la parte commerciale era sempre considerata marginale e non c'era il coraggio di una forte azione di sfondamento, effettivamente il fatto si aggraverà.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, Assessore, credo che questa fase non possa essere seguita con sedute occasionali, contando sul fatto che qualcuno presenti una interrogazione, oppure aspettando una comunicazione dell'Assessore; credo però che attraverso la IV Commissione o costituendo una Commissione ad hoc, occorra mettere in piedi una specie di comitato che possa seguire in tempo reale, giorno per giorno l'andamento di questa situazione, oggi per questa fase drammatica, domani per il discorso delle iniziative sostitutive. Altrimenti se si considera il problema solo per buona volontà dell'Assessore, o per stimolo di qualche Consigliere che presenta di tanto in tanto delle interrogazioni, ritengo che possa essere minimo il nostro contributo, anche se, ahimè, mi rammarico nel vedere lo scarso peso che le Regioni hanno avuto in questa vicenda nel costruire una posizione più equilibrata, che guardi più in prospettiva le esigenze del nostro apparato industriale.



PRESIDENTE

Su questa interpellanza hanno chiesto di parlare altri Consiglieri.
Data la rilevanza dell'argomento mi sembra necessario anche il loro intervento.
La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, esprimo a nome del Gruppo comunista la più profonda e assoluta insoddisfazione per l'aggiornamento della situazione siderurgica fatto dall'Assessore.
Secondo il piano abbiamo già perso 3 mila posti di lavoro. Se vi sembrano pochi, questa maledetta vicenda finisce in una colossale presa in giro nei confronti delle istituzioni e soprattutto dei lavoratori.
L'Assessore ha parlato di interpellanza anomala, ma sono anomali i piani del CIPI e del CIPE, che tagliano 25 mila posti di lavoro nel nostro Paese, e pare che non siano gli ultimi.
La storia di questi dieci anni è maestra nei confronti di tutti noi basta saperla leggerla.
Il CIPI ed il CIPE hanno approvato un piano di ristrutturazione, più o meno identico a quello predisposto dalla Finsider prima del suo scioglimento. Non è il piano nazionale che tutti i partiti hanno chiesto per la siderurgia pubblica e per quella privata. E' un'altra cosa. Oggi verrà presentato in sede comunitaria, potrà persino essere peggiorato in sede comunitaria. E così invece di perdere 25 mila posti di lavoro corriamo il rischio di perderne 30/35 mila.
Le eccedenze messe in evidenza per gli impianti siderurgici piemontesi sono di 3.147 unità.
Pare che di questi 3.147 posti se ne salveranno 704. Scenderemmo così a 2.443 eccedenze: le 1.400 della nuova Deltasider, le 200 della Italsider di Torino, le 300 della Italsider di Novi, quelle della Alessio Tubi, della Ita, della Sisma di Villadossola per la quale ci sarebbe l'interessamento dei privati. Aspettiamo a dirlo, auguriamocelo. Lavoriamo perché i risultati siano concreti, positivi, ma, attenzione, l'ex Sisma non ha prospettive.
Tutto ciò - lo diceva già il collega Tapparo - accade nel momento in cui la domanda tira in un modo impressionante. E' un fenomeno che non ha precedenti negli ultimi dieci anni e di conseguenza, visto che gli impianti siderurgici italiani sono menomati nella loro capacità produttiva (e vengono persino smantellati), cresce di mese in mese l'importazione di prodotti siderurgici: è una situazione paradossale.
Quale futuro avranno questi lavoratori? Il pre-pensionamento. Ma i pre pensionamenti si fanno continuamente; da alcuni anni a questa parte chi raggiunge cinquant'anni va in pre-pensionamento. Saranno fortunati quelli che nei prossimi due anni raggiungeranno i cinquant'anni e potranno godere se così si può dire, del pre-pensionamento. Per gli altri si prevede un futuro di cassa integrazione straordinaria e di disoccupazione.
Caro Assessore, le cose devono essere dette con crudezza, siamo esclusi dalla reindustrializzazione ammesso e non concesso che sia realizzabile la reindustrializzazione. Questa parola magica non è mai diventata atto concreto nel nostro Paese. Vi sono migliaia di esempi che dimostrano che le attività produttive non si inventano dall'oggi al domani soprattutto se questo compito se lo assumono i boiardi di Stato. La GEPI non solo non è stata capace di creare un posto di lavoro, ma non ha mai salvato neppure un posto di lavoro.
Leggo dalle notizie ANSA le dichiarazioni allucinanti del Ministro delle Partecipazioni Statali: "Non faccio del trionfalismo" ha detto Fracanzani riferendosi al futuro della siderurgia. Abbiamo davanti tre grandi sfide: la prima è quella che ci attende in sede comunitaria, la seconda è quella di riuscire a far marciare la siderurgia pubblica in termini operativi ed economici e la terza è la realizzazione del piano di reindustrializzazione. A questo riguardo, Fracanzani ha riconosciuto che c'è "tanta strada da fare per arrivare a tradurre in fatti concreti in tempi ristretti gli interventi tracciati nel piano di reindustrializzazione". Ma di quale contestualità parla l'Assessore? Se il Ministro dice queste cose, di quale contestualità parla? La chiusura è certa, la reindustrializzazione è, perlomeno, incerta. Se si sta alle cose concrete, la reindustrializzazione nel nostro Paese non è mai avvenuta siamo stati tutti quanti incapaci di realizzarla; tutti quanti a cominciare da quelli che hanno le massime responsabilità, che governano il Paese.
Si è parlato di un piano di reindustrializzazione per le aree siderurgiche del Mezzogiorno attraverso la legge sugli interventi straordinari per il sud (legge n. 64) e attraverso i finanziamenti previsti dalla legge finanziaria per un centro di sviluppo imprenditoriale per la creazione di nuove cooperative.
E' tutto da considerare attentamente. Il Piemonte è escluso, le Regioni danno un parere negativo sul piano del CIPI e del CIPE. Leggo sempre dalle notizie ANSA: "In particolare le Regioni chiedono che il Fondo nazionale per la reindustrializzazione da istituire sia affiancato da una politica che per le singole realtà territoriali (Bagnoli, Taranto, Piombino, Terni Genova) attui interventi mirati con specifici atti legislativi". Corriamo il rischio di essere letteralmente tagliati fuori dalle eventuali politiche di reindustrializzazione sociale.
Se questa è la situazione, non vi sono prospettive per l'ex Sisma. Se chiude l'ex Sisma a Villadossola avremo la più totale deindustrializzazione del Verbano Cusio Ossola. Operiamo perché si raggiunga un accordo concreto.
Ma per un impianto vecchio difficilmente il privato arriva e fa consistenti investimenti; può interessare ai privati solo per accaparrarsi quote di mercato, acquisto sottoprezzo, sottocosto. "Un impianto lo chiudo per poter raggiungere quote produttive più elevate negli impianti di cui già dispongo": questa è la logica.
La nuova Deltasider è liquidata. Non ha senso verticalizzare i prodotti lunghi alla Vertek di Condove se non si producono alla nuova Deltasider di Torino, tant'è vero che si avvertono segni di disimpegno alla Vertek.
E' stata ceduta la centrale idroelettrica; chi si interessa di problemi della siderurgia sa che per un impianto è di decisiva importanza poter essere autoproduttore di energia elettrica. Io direi che la centrale idroelettrica è stata svenduta, perché chi l'ha acquistata l'ha venduta pochi mesi dopo a qualche miliardo in più ad un altro soggetto economico.
Il colmo, signor Presidente e colleghi Consiglieri, è che alcuni imprenditori privati sono interessati alla nuova Deltasider di Torino, ma altri privati - in particolare il gruppo Lucchini - non vogliono che l'affare si faccia perché temono che il mantenimento in funzione dell'impianto "Nuova Deltasider" di Torino disturbi le loro attività nei prodotti lunghi. Questa è l'amara verità. Alcuni riconoscono la bontà di questo impianto, sono disponibili persino a rilevarlo, ma un'altra parte di privati dice: "No, i prodotti lunghi li farò io, questo stabilimento deve chiudere, l'affare non s'ha da fare".
Per l'Italsider di Torino non c'è futuro. Non parliamo dell'elettrozincatura! L'Italsider impiega 60 dipendenti, se aggiungiamo le attività commerciali arriviamo a 100, ma in totale si tratta di 570 lavoratori in organico, più i cassaintegrati. Si tratta di impianti qualificati, di impianti flessibili al centro del mercato. Sia la produzione di lamiere che di prodotti lunghi è al centro del mercato. E' il mercato automobilistico, la FIAT, che assorbe questi prodotti. Questi impianti hanno quote produttive basse, non si tratta di milioni di tonnellate, si tratta di centinaia di migliaia di tonnellate riferite ad un mercato certo "a bocca di produzione", con la grande capacità di flessibilità di passare a produzioni diverse, con la grande capacità di fornire quotidianamente questi prodotti alla FIAT.
Caro Assessore, che senso ha dire: "non difendiamo tutto"? Noi stiamo perdendo tutto. Se il piano viene realizzato, come appare ormai certo, noi avremo perso tutto, perché avremo perso la nuova Deltasider che trascinerà con sé la Vertek di Condove, avremo perso l'Italsider di Torino, avremo perso l'Ita, l'Alessio Tubi. Ci resta l'acciaio inossidabile, ma vorrei ricordare che per l'acciaio inossidabile abbiamo già perso la colata continua tra le più moderne d'Europa lo scorso anno e proseguiamo solo con la laminazione a freddo.
Di questo passo l'Ilva, perché così si chiama ora la finanziaria dell'IRI per la siderurgia, l'ex Finsider, fra qualche anno ci dirà che non è conveniente laminare il prodotto acciaio inossidabile a Torino, perché la produzione a caldo si realizza a Terni. Noi abbiamo praticamente perso tutto. E per cosa? Per un piano che dà via libera ai privati nei prodotti lunghi, che sono i più remunerativi; le Partecipazioni statali si disfano delle produzioni di prodotti lunghi che sono le più remunerative e le cedono ai privati. E' il classico cedimento al privato delle migliori produzioni, delle più remunerative. Si socializzano le perdite, ma i profitti si privatizzano.
E' un piano che non qualifica la siderurgia, e senza una maggiore qualificazione, un maggiore avanzamento tecnologico della nostra siderurgia, non c'è scampo per l'intera siderurgia nazionale Occorre un piano che incrementi l'attività di ricerca, che badi alla qualità degli impianti e soprattutto dei prodotti, che renda più competitiva la nostra siderurgia. E' un piano che prepara altri tagli di capacità produttive e di capacità occupazionali; non è un piano di politica industriale; perché non fa avanzare di un passo, anzi, fa retrocedere la siderurgia nazionale. E' un piano ragionieristico, il classico conto della serva: tagli e poi decapiti gli impianti senza qualificare le produzioni siderurgiche nazionali.
Caro Assessore, che ne è dell'ordine del giorno votato dalla maggioranza nel precedente Consiglio con solenni impegni? Per fortuna, non votato dal Gruppo comunista che vuole ormai distinguere nettamente le sue responsabilità.
L'equivoco continua ad essere clamoroso, me lo consenta, Assessore: o si difende il polo o lo si considera indifendibile e allora si parla di politiche di ripiego, tutt'altro che certe: reindustrializzazione e politiche sociali. Le due cose non si possono fare contemporaneamente altrimenti si parte battuti.
Noi avevamo detto di insistere sul punto "difesa del polo". Se poi si perde, condotta la battaglia con la massima determinazione, a quel punto saremmo stati più forti nel rivendicare reindustrializzazioni concrete e politiche sociali. La Giunta ha ridimensionato l'obiettivo fin dall'inizio.
Se si dice che vogliamo difendere il polo siderurgico torinese non si pu parlare di politiche di ripiego, bisogna difenderlo fino in fondo. Saremmo stati più forti anche nel rivendicare reindustrializzazione e politiche sociali. Non si può ripiegare in una battaglia così difficile fin dall'inizio, è impossibile, a meno che non si voglia perdere a tutti i costi.
Sentiamo di dover esprimere in quest'aula, di fronte a 3 mila posti di lavoro persi, disagio e dissenso. Non era il caso forse, Assessore e Presidente, di fronte ad un caso estremo come questo, di fronte ad un'emergenza come questa, di mettere in campo tutta la nostra forza con la massima determinazione? Senza fare tanti incontri inconcludenti, tante telefonate, tanti telegrammi? Si intende o non si intende fare un incontro con De Mita? Con tutta la Giunta se è necessario e con i parlamentari di tutti i partiti piemontesi. Vogliamo tentare l'estremo tentativo; vogliamo costituire - come diceva Tapparo - un comitato che segua permanentemente questa vicenda, che è la più grave di questi ultimi anni.
Devo dire che sempre troppo poco è stato fatto, e comunque sempre troppo tardi. E' la Regione più colpita la nostra, si guardi la tabella dei licenziamenti, dei posti di lavoro che sono andati persi secondo il piano CIPI e CIPE. E' la Regione che paga di più: è quella che ha messo in campo minore autorevolezza e minore determinazione. Azioni indeterminate deboli, non convinte. E il risultato è disastroso, l'epilogo è drammatico.
Non vi sono dubbi che se l'epilogo sarà questo, e ormai in larga parte è questo purtroppo, vi sono precise corresponsabilità.
Certo il governo e i governi che si sono succeduti hanno grandissime responsabilità, così pure i boiardi di Stato, ma a quel punto si dovrà amaramente concludere che anche la Giunta della Regione Piemonte è stata corresponsabile della liquidazione della siderurgia, di un grande patrimonio di uomini e di tecnologie del Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, assumo l'impegno di rispettare i tempi stabiliti per gli interventi.
Sullo scacchiere internazionale e nazionale indubbiamente, ha ragione Tapparo, al di là di elementi di razionalizzazione e di recupero di economie e di sistemi internazionali, esiste anche una opzione politica che è un'operazione tecnico-scientifica, nel senso che risponde ad esigenze e non a valutazioni. L'ipotesi politica si fa valutando una serie di considerazioni, dalle quali appunto conseguono alcune politiche. Sul piano della siderurgia, a livello internazionale, si sono fatte due considerazioni: definire il tetto della produzione e ridurre l'assistenza ad operazioni marginali. Questa forbice vede l'Italia più esposta di altri Paesi, perché è a filo di una delle lame, quella della riduzione delle quantità di prodotto; ma siamo profondamente colpiti dalla seconda lama quella della presenza assistenziale. La polemica che è più forte in questo momento attiene alla condanna quotidiana dell'Italia per gli interventi assistenziali sul piano Finsider. Questo è il nodo del problema.
Quindi da parte del nostro Gruppo non c'è nessuna difficoltà a riconoscere che la CEE è un organismo internazionale di cooperazione economica che ha il suo supporto fondamentale sulle leggi del mercato.
Occorre che riconosciamo queste questioni come un dato del problema: non possiamo auspicare la moneta comune, il 1992, come scenario sul quale vogliamo misurarci e come obiettivo che vogliamo costruire. Io non capisco questa strana favola che è nata e cioè che nel 1992 si farà l'Europa. No nel 1992 semplicemente si toglie un simbolo: la frontiera. In questo momento i sistemi finanziari e fiscali più avanzati non hanno più frontiere: ci sono dei meccanismi solo più di compensazione. Con la frontiera, una volta lo Stato tutelava oppure mediava le politiche fiscali e finanziarie dei Paesi. Non è più così. I pesi IVA, che sono il punto centrale della questione, sono ormai omogeneizzati a livello internazionale. Il sistema produttivo si è ormai omogeneizzato a livello internazionale e non è che nel 1992 succederà qualcosa di diverso per la CEE, cioè per la dimensione economica dell'Europa: ci sarà qualcosa di drammatico per gli Stati e in particolare per quelli che vivono sull'assistenzialismo e sul protezionismo. Il sistema, i cittadini europei le imprese europee, si troveranno nella dimensione che si stanno costruendo giorno per giorno; i guai se li troveranno gli Stati e le società.
In altri termini, per banalizzare questo ragionamento, il problema nel 1992 non l'avranno l'esportatore o l'importatore di automobili, il vero problema ce l'avrà chi dovrà collocare sul mercato i BOT in concorrenza con le emissioni della Deutsch Bank: questo sarà il vero problema. Quindi quando noi ragioniamo in termini di obiettivo del 1992 dobbiamo misurarci sugli obiettivi del risanamento del nostro sistema pubblico, non delle conseguenze che sono accettate e volute, con i Trattati di Roma, di riconoscere una larga area economica fondata sulle economie di mercato. La questione che si pone in questi giorni è la ricaduta, in tempi purtroppo accelerati, di una scelta politica che ormai è ventennale, rispetto alla quale i liberali non si nascondono le questioni gravi che ne derivano dal punto di vista occupazionale e sociale; non si nascondono neppure le difficoltà ad uscire e a rimediare ai guasti che ne deriveranno sul tessuto economico e sociale della nostra Regione. Sono anche quel tanto lucidi nel non accettare scenari di ripiegamento così facilmente ipotizzati da qualcun altro.
Una mia espressione è stata ripresa questa mattina e mi fa piacere: la reindustrializzazione non è un'operazione facile se non si fa assistenzialismo. Se si accettano le regole di mercato è chiaro che anche nelle reindustrializzazioni ci scontriamo ed operiamo in un mercato nel quale tutte le opzioni di imprenditoria reale sono in qualche misura già occupate o comunque soddisfatte.
Il collega Calligaro ha indubbiamente dimostrato un'attenzione, una passione ed una conoscenza del problema che gli fa onore e che certamente sarà un contributo significativo ai nostri lavori e alle nostre riflessioni. La questione che più mi vede convinto è l'esigenza di un ruolo diverso della Regione, e in questo senso non sono d'accordo nel considerare insufficiente e inadeguato quanto è stato fatto dalla Giunta.
Ritengo però che un ruolo istituzionale, non solo di governo della Regione, vada assunto per ottenere il massimo dei risultati, Assessore, ma soprattutto per prevenire un processo rispetto al quale è meglio che siamo parte proponente che non parte che subisce. E' evidente che se il processo è quello che abbiamo sotto gli occhi (mi pare che Calligaro l'abbia descritto con grande lucidità) ci saranno dei momenti in cui le istituzioni verranno chiamate sostanzialmente a rispondere e a confrontarsi. La fase di confronto e di rivendicazione del ruolo che la nostra Regione deve avere rispetto a questa decisione, Assessore e, soprattutto, Presidente della Giunta, a mio modo di vedere, va anticipata.
In altri termini mi sembra più opportuno che il confronto con il Ministro avvenga d'impulso dalla Regione e non sia la Regione ad essere invitata a questi incontri. Non vorrei che si ripetesse quello che è avvenuto per la Valle Bormida! Le cose che sono successe ieri a Napoli mi convincono sempre più che quello che noi abbiamo consentito, come Consiglio, in relazione alla Valle Bormida sia un precedente di una drammaticità estrema. Quindi immaginiamo, anche su questa questione, di poter correre dei rischi se non cerchiamo di governare questo processo in tempo: in primo luogo per ottenere il massimo dei risultati dal punto di vista del contenuto, e cioè ridurre i guasti che derivano dal processo, ma soprattutto per essere soggetti che propongono e che governano e non imputati che vengono chiamati a sedersi nella seconda o nella terza fila dopo il Governo, dopo la CEE, dopo la Commissione esecutiva.
Questo è il contributo che il nostro Gruppo intende dare al Consiglio in ordine alla valutazione di questi problemi ed il suggerimento che sommessamente rivolge all'Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Presidente e colleghi, noi abbiamo firmato l'ordine del giorno per avere un aggiornamento da parte dell'Assessore e ci collochiamo su questo aggiornamento senza rifare tutte le volte l'intera storia.
L'intervento di Calligaro, per quanto appassionato, è perfettamente uguale a quello che abbiamo sentito un mese fa; gli riconosco la passione ma non lo posso seguire nei ragionamenti! Innanzitutto perché la crisi siderurgica parte da molto lontano.



AMERIO Mario

Però non è uguale: è peggiorata!



BRIZIO Gian Paolo

Caro Amerio, io ho sentito in santo silenzio e gradirei poter parlare ed esprimere un ragionamento completo.



BONTEMPI Rinaldo

Staremo anche noi in santo silenzio.



BRIZIO Gian Paolo

In tollerante silenzio.
Voglio dire con molta chiarezza che la crisi parte da lontano. Abbiamo avuto una siderurgia importante pur senza materie prime: è stata una scommessa del passato, ma sono cambiate le tecnologie, è cambiato il mercato. I nostri grandi altiforni sono andati in crisi: ricordiamo che fino a pochi anni fa si ipotizzava, pur con tante polemiche, un nuovo impianto a Gioia Tauro. Siamo in presenza di una situazione di mercato europeo che ci vede impegnati in una fase di ristrutturazione: abbiamo discusso più volte in quest'aula, ripetutamente.
Il piano Finsider sta in questo problema grosso e parlare sempre di boiardi di Stato vuol dire ricorrere a slogan che fan sorridere. Fino a ieri abbiamo urlato perché le aziende di Stato mangiavano denaro e perdevano; da quando si è avviata una politica di risanamento con l'IRI che non perde più e che quindi non incide più sul deficit del bilancio dello Stato, non crea più inflazione, non costa più ai cittadini, si continua a sparare sui dirigenti, si disconoscono i risultati. Chi paga il deficit pubblico? Chi paga l'inflazione? I cittadini!



CHIEZZI Giuseppe

I cittadini che pagano le tasse!



BRIZIO Gian Paolo

Le pagano tutti perché anche attraverso l'inflazione pagano non solo quelli che versano le tasse, perché se le tasse fossero sufficienti coprirebbero il fabbisogno pubblico, ma non è così: basta ragionare minimamente. E' ridicola questa contraddizione, anche perché i giudizi generali sul fallimento di tutti gli interventi di risanamento pubblico sono superficiali. Basta vedere cosa è avvenuto in provincia di Torino: abbiamo buone aziende che sono state, anche dalla GEPI, riprivatizzate, che funzionano e che hanno ripreso a fare assunzioni. Certo l'occupazione è diminuita, ma non è vero affatto che non si sia fatto niente sotto questo aspetto. E' un'assurdità, è un non voler riconoscere tutto il lavoro che comunque l'industria di Stato ha compiuto per la sua razionalizzazione.
Pensare qui che ci sia della gente che si diverte a tagliare i posti di lavoro o che fa dei piani fantasiosi per penalizzare chissà chi, è davvero fare torto all'intelligenza, anche perché i cosiddetti boiardi di Stato molte volte sono poi pescati dall'industria privata perché hanno delle capacità manageriali. Non dimentichiamo che lo stesso Romiti viene dall'industria pubblica. E' la storia di questo Paese.
Certo c'è il problema grosso del Piemonte in questo piano, ed è questo il nostro problema sul quale pienamente concordiamo. Già quando si discusse il primo piano avevamo tutti dei dubbi Montefalchesi lo ricorda - sul fatto che questa soluzione fosse positiva, ed avevamo dubbi sulla parte che veniva alienata ai privati. Questi dubbi li abbiamo espressi con tranquillità, non è che li inventiamo solo ora; li abbiamo espressi anche quando si faceva il piano di ristrutturazione della grande industria che anche se contrastato è stato accettato. Non ho mai sentito in quest'aula quando perdevamo 40.000 posti di lavoro e c'era Sanlorenzo Assessore, delle arringhe come quella che ho sentito da Calligaro! Essere forza di governo significa centrare i problemi senza cavalcarli oltre il lecito. Quando si cavalcano i problemi oltre il lecito non si ottengono risultati. E quello che sta succedendo nelle valutazioni del Paese è anche un giudizio su certe metodologie e su certi comportamenti. Il problema esiste, ne abbiamo piena coscienza e siamo convinti che qualcosa è stato tentato. Fracanzani, il nuovo Ministro, ha cercato di rifare questo piano, ma si è trovato di fronte a difficoltà non soltanto del CIPI (cattivo?), dei boiardi di Stato (malvagi?), ma di un rapporto internazionale con la CEE che ci dà degli spazi limitati in una politica internazionale che ci coinvolge. Non possiamo stare nella CEE solo per prendere, senza voler pagare i nostri prezzi.
Nello specifico il problema nostro centrale è quello del Piemonte. Non possiamo essere penalizzati più di tanto e, pur comprendendo che il piano che va alla CEE deve tener conto dei vincoli internazionali, chiediamo all'Assessore e alla Giunta, comprendendo ogni sforzo che si sta facendo di portare con tutto il vigore possibile le richieste del Piemonte affinch non sia la nostra regione a pagare in modo eccessivo la riduzione dei posti di lavoro.
Non diciamo che difendiamo la Deltasider o difendiamo la laminazione perché sono problemi tecnici nei quali è molto difficile entrare nel merito senza essere superficiali ed approssimativi. Se c'è un'industria privata capace di produrre queste cose in modo competitivo, è interesse del Paese che questa industria vada avanti e produca.
Noi chiediamo invece che si faccia uno sforzo, o con l'industria privata o con quella pubblica, per il recupero di altri investimenti sostitutivi. Più volte abbiamo espresso la sensazione che il sistema pubblico delle Partecipazioni statali parta dal presupposto che, essendoci in Piemonte una forte industria privata, tutto si aggiusta da solo e il Piemonte può essere penalizzato. Questo non lo possiamo accettare. Bisogna trovare la forza di esprimere con vigore, in tutte le sedi, una diversa indicazione. In Piemonte v'è una presenza minima delle Partecipazioni statali e non ha senso che si attui un ritiro totale senza indicazioni di carattere sostitutivo o di reinvestimento. L'accordo deve essere concluso con dei reinvestimenti sostitutivi pubblici o privati, questo è il nocciolo del problema sul quale, prendendo atto delle comunicazioni della Giunta, la invitiamo a fare tutto il possibile. Non credo che sia utile fare comitati v'è la IV Commissione che istituzionalmente è preposta ai problemi del lavoro, quindi sia tempestivamente informata dalla Giunta e siano mantenuti i contatti; se è necessario la Commissione si potrà attivare istituzionalmente per degli incontri con le forze economiche e con le stesse partecipazioni statali, insomma ci si muova a questo livello senza creare altri organismi. In questo senso colgo la proposta di Tapparo che è positiva. Perché se usciamo dai disegni stretti ma efficaci delle istituzioni andiamo, al contrario di quello che ci siamo detti più volte, a non far funzionare le istituzioni. Per far funzionare le istituzioni bisogna stare nelle regole e nelle competenze; nell'ambito delle regole e delle competenze che ci siamo dati noi siamo disponibili a dare il massimo impegno e sostegno alla Giunta su questo argomento anche in una posizione dialettica con il Governo e con le partecipazioni statali. In quest'ottica in un'ottica di non penalizzazione del Piemonte, dobbiamo vedere il problema. Non nell'ottica di andare a discutere oltre il lecito un piano Finsider, che ha delle implicazioni di carattere nazionale riduttive che non possono essere accettate. Fracanzani si è posto immediatamente il problema con la sensibilità che gli è ben nota, e ha dovuto prendere atto (lo abbiamo letto sui giornali) che a livello CEE vi sono delle difficoltà a modificare lo spazio che può essere correttamente dato alla siderurgia italiana. Questo spazio bisogna guadagnarlo su altri terreni; dobbiamo ottenere un terreno di disponibilità dal sistema delle partecipazioni con quegli interventi sostitutivi che sono necessari e utili al Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, Assessore e colleghi, è inutile indorare la pillola.
Occorre dire chiaramente che ci troviamo di fronte ad un altro funerale. La preoccupazione, Assessore Cerchio, non basta, in quanto a far morire la siderurgia piemontese c'è tutta la responsabilità della mano pubblica.
La Regione Piemonte sta subendo il gioco, nonostante l'attivismo di cui diamo atto all'Assessore; un attivismo tuttavia inconcludente, perché non ci è stato ancora detto, Assessore, con argomenti convincenti, come si fa a difendere il polo piemontese. Allora di fronte a questo è più che motivata l'esasperazione operaia. Perché il Governo aspetta a predisporre misure alternative, dopo anni che si parla della necessità di ridurre le produzioni siderurgiche nel nostro Paese? La verità, cari colleghi del governo, è che siete prigionieri, da un punto di vista concettuale e politico, delle vostre stesse gabbie. Si sono accettati passivamente i contingentamenti europei, perché la verità è che l'Europa dei padroni esiste ed opera attivamente, mentre tarda ad avviarsi l'Europa dei lavoratori. La presenza pubblica in questo Paese, in questa Regione, è stata subordinata alla strategia dei privati. Dobbiamo ripetere ancora una volta, Brizio, l'esempio della Deltasider e tutta la vicenda dello scorporo, togliendo le castagne dal fuoco alla FIAT come è successo qualche anno fa, per assumerla al pubblico, ripulirla e rimetterla sul mercato? Perché se è vero che la Deltasider continua a produrre acciaio al piombo per la FIAT, che 1/4 della produzione viene poi rilavorato alla Vertek significa che di queste produzioni c'è ancora esigenza. E allora cosa dobbiamo aspettare? Che la FIAT o qualcun altro si riprenda le fette più redditizie? Questo è il gioco che si va consumando? Siete prigionieri delle vostre gabbie concettuali, con questa assunzione delle leggi del mercato, quasi fossero leggi sacre, quasi che il mercato non operasse con vincoli sociali. Ci sono vincoli sociali che voi non avete saputo porre in nessuna circostanza. Io mi domando qual è il settore di politica economica della Comunità Europea nel quale il nostro Paese abbia posto qualche vincolo sociale. Si escludono soltanto le pressioni, ben motivate da un punto di vista elettorale, della Coldiretti italiana dei prodotti agricoli nazionali.
Da questo punto di vista pare chiaro che i prigionieri delle gabbie siete voi, le vittime di questo gioco al massacro sono i lavoratori, che sono ben più dei 2.800 censiti, se consideriamo, come è stato ripetutamente sottolineato in quest'aula, i lavoratori dell'indotto. A livello nazionale arriviamo a tagliare almeno 60.000 posti di lavoro. Non so con che spirito il Presidente Beltrami (me lo consenta) vada tutte le sere a dormire nel Verbano Cusio Ossola con la situazione che va sprofondando nella sua terra.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Tu sei disinformato, perché sovente pernotto a Torino e se alle 22,30/23 passi in piazza Castello vedi la luce accesa negli uffici della Presidenza, perché sto lavorando per gli amici, per la gente e anche per te.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Questo fa onore alla laboriosità del Presidente Beltrami. Tuttavia il problema che pongo è anche per chi vive nella tua terra, Presidente, a cui sono convinto, sei legato. Cosa andrete a dire alla prossima campagna elettorale? Si aspetta la provvidenza? O si aspetta Fracanzani? Il Ministro oggi è a Bruxelles, è operoso anche lui, Brizio, so che tu ci tieni molto, fa parte della tua cordata; una cordata che è sicuramente attenta al mondo del lavoro, ma a Bruxelles Fracanzani è con il cappello in mano, questa è la verità, per quelle gabbie che vi siete costruiti intorno.
Vedo scuotere le teste, "le solite demagogie": non lo dite, ma si capisce.
Allora spiegatemi cosa state facendo per potenziare la ristrutturazione della rete dei trasporti in un paese come l'Italia; per avviare, nel concreto, la metanizzazione del Mezzogiorno; per ammodernare il cabotaggio della nostra flotta: tutti settori in cui è possibile assorbire produzioni siderurgiche, in cui è possibile trovare uno sbocco occupazionale.
Sono esempi concreti di politica economica, di politica sociale: non sono affermazioni generiche. Questa politica presupporrebbe una volontà chiara: andare contro corrente, non presentarsi con il cappello in mano a Bruxelles, non subire, come Regione, il gioco che ci viene imposto. Tutte le volte che c'è qualche tensione sociale sento dire dal Capogruppo della DC, che è sicuramente persona attentissima ai problemi del lavoro, anche se con un'ottica da noi non condivisa la quasi totalità delle volte, "avremo un atteggiamento dialettico nei confronti del Governo centrale". Una cosa bisognava fare per dialettizzarsi concretamente, cioè una Conferenza regionale sulla siderurgia. Ditemi dove è che la state preparando, perch io non ne ho notizia; ditemi quando è che accompagniamo i lavoratori della siderurgia ad un incontro con il Ministro, magari portando il Ministro a Torino, in piazza Castello.
Ditemelo, perché io queste cose non le vedo, quindi non riesco a valutare, come forza politica, questa volontà di dialettizzare. Questo governo è legato, nei confronti della propria comunità, ad un potere che evidentemente ha dei vincoli economici che in gran parte vengono determinati da esso stesso, e che poi peggiorano le cose.
Le uniche attività sostitutive - dobbiamo dirlo amaramente - sono la ricostruzione dei palazzi sfasciati: il "Maschio Angioino", il palazzo della Regione.
Da questo punto di vista mi meraviglio che i siderurgici piemontesi oggi tacciano. Non è detto che non si facciano vivi.
Colleghi, penso che sarebbe meglio anticipare i drammi anziché subirli.
Conviene anticipare il gioco e magari promuovere, tramite l'Assessorato al lavoro, la Commissione consiliare competente, un incontro con le forze sociali, le organizzazioni sindacali, i lavoratori, per discutere assieme come affrontare l'emergenza, come rapportasi nei confronti del potere politico centrale, che subisce, a sua volta, un gioco più grande guidato da una strategia padronale rispetto a cui le istituzioni pubbliche non riescono a porre alcun vincolo sociale.
Quindi, collega Nerviani, ti tranquillizzo: noi non godiamo quando vediamo i cocci dei vetri in televisione, perché è frutto di una esasperazione e di una rabbia tante volte impotente dei lavoratori che si vedono tutte le strade bloccate.
Noi pensiamo che le istituzioni, le forze politiche legate alla società, debbano rispondere, possibilmente in anticipo, ad esempio sulla Valle Bormida, visto che veniva richiamata dal collega Marchini, con iniziative positive. Iniziative positive che non emergono dalle comunicazioni dell'Assessore, che generosamente si attiva in più direzioni ma in maniera infruttuosa. Tra quei pochi passi che possono essere attivati qui in Regione, ribadisco la Conferenza regionale sulla siderurgia, che individui le potenzialità produttive e occupazionali di questo settore, i risvolti sociali di queste produzioni e così via. Gli esempi che provavo a richiamare possono essere articolati ulteriormente sul piano regionale. Ecco, queste cose non le vedo. Allora non mi sorprenderei se le cose prendessero una brutta piega anche da un punto di vista sociale.
Ma, siccome i problemi bisogna risolverli e siccome bisogna dare una risposta ai problemi, innanzitutto, dei lavoratori, penso che non tutto possa essere fatto in queste stanze. Lo abbiamo ripetuto in tutte le salse c'è un deficit di strategia operaia, sindacale, su questo versante. Occorre rivedere la riduzione dell'orario di lavoro e la ristrutturazione del processo, più aderente alle nuove realtà tecnologiche. Però in queste stanze passi concreti, finora, se ne vedono pochi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intervengo brevemente, visto che molte cose sono state dette sul problema della siderurgia in Piemonte.
Ho ascoltato la relazione dell'Assessore Cerchio e devo dire che l'ho trovata sufficientemente chiara. Ha chiarito gli aspetti che erano da chiarire, e non poteva, perché non poteva, dare delle soluzioni ai problemi della siderurgia.
Non si può pretendere di risolvere con delle soluzioni inventate pressappochiste, problemi così gravi come quelli della siderurgia. Però è stato anche posto un discorso di carattere generale.
Stiamo parlando di Europa e del '92. Parliamo di programmazione crediamo nella programmazione tutti, poi quando l'Europa attua un provvedimento sostanzialmente di programmazione, che comporta, ahimè, anche delle scelte difficili, ma che è coerente rispetto ad un progetto complessivo, cadiamo in una contraddizione completa.
C'è questa esigenza di sistemazione dell'industria siderurgica, che è un fatto mondiale...



CALLIGARO Germano

A fronte di quella tedesca e francese.



FERRARA Franco

Come vedi, qui c'è un punto secondo me importante: o non crediamo più nell'Europa, perché è l'Europa dei padroni, è l'Europa che discrimina i forti contro i deboli, oppure crediamo nell'Europa di oggi. Credo che l'Europa che abbiamo fatto in questi anni sia comunque una prospettiva nella quale occorre ancora procedere e andare avanti, che è la prospettiva che noi ci siamo dati. Tutta la polemica che si è fatta non trova ragioni concrete, o meglio, è una polemica che è stata fatta in modo distorto e demagogico, ma che non va a cogliere il problema nella sua essenza.
Di fronte a questa esigenza, che credo oggettiva, di risistemazione del mercato siderurgico, il Governo ha preso dei provvedimenti; provvedimenti gravi indubbiamente, che non potevano non essere di quella natura, non potevano non essere coerenti rispetto ad un disegno complessivo. Non dimentichiamo che la Comunità Europea ci chiede di più, e oggi ci sarà un confronto su questi provvedimenti assunti dal Governo. Le dichiarazioni dei Ministri Fracanzani e Prodi devono essere tenute nella giusta considerazione, quando garantiscono per ogni posto di lavoro perso un nuovo posto di lavoro. Se poi non crediamo neanche a questo, è un altro discorso.
Però devo dire che di fronte a questa affermazione di riduzione il Governo e l'IRI hanno fatto un'altra affermazione di sostituzione dei posti di lavori. Non parliamo di boiardi di Stato in senso così dispregiativo perché devo dire che gli attuali boiardi di Stato in definitiva sono quelli che hanno sistemato i grossi enti di partecipazione statale, che giustamente, come diceva Brizio, un po' di tempo fa perdevano migliaia di miliardi e oggi con operazioni di risistemazione industriale non sono più un peso tremendo nella nostra economia.
Mi pare quindi che ci siano delle soluzioni, in parte già indicate, di prepensionamento e comunque delle situazioni di garanzia dei posti di lavoro. Dobbiamo essere totalmente contenti rispetto a queste soluzioni? Io credo di no, perché comunque il Piemonte non riesce a vedere in concreto le cose che vengono promesse a Roma.
Ho chiesto, signor Presidente della Giunta, due anni e mezzo fa con un'interrogazione, un incontro con i Presidenti dei vari enti che fanno capo alle Partecipazioni statali, per conoscere qual è la strategia del Ministero delle Partecipazioni statali in Piemonte. Credo che se ne avessimo avuto un quadro preciso il dibattito avrebbe potuto essere diverso: forse avremmo colto e capito meglio la strategia che il Governo e le Partecipazioni statali attuano.
E' chiaro che se la strategia fosse quella di chiudere il Piemonte, ci sarebbe un atteggiamento forte da assumere da parte della Regione; ma siccome mi auguro che la strategia non sia questa, e siccome il Piemonte ha un peso politico, un peso economico e industriale rilevante, può farsi valere ed ottenere dal sistema delle Partecipazioni statali riscontri concreti rispetto ai posti di lavoro.
Credo che sia un modo di reindustrializzare il nostro Paese.
L'economia ormai è matura e in parte obsoleta e superata. C'è la garanzia precisa, da parte del Governo, di introdurre economie nuove nel campo dell'innovazione, della ricerca, dei servizi. Questo è quanto il Piemonte deve chiedere in un confronto con le Partecipazioni statali. Non sono d'accordo sul problema di creare una Commissione ad hoc per seguire questi aspetti. Le Commissioni servono poco. Sono piuttosto per chiedere ancora una volta, signor Presidente, un confronto ravvicinato, serio, con il Governo e con il sistema delle Partecipazioni statali, rispetto a questo e rispetto ai problemi posti nel passato.
Il problema della RAI continua ad esserci. Il mondo complessivo delle partecipazioni statali è penalizzato in Piemonte, a parte la siderurgia che è un discorso che viene inquadrato in una economia più ampia. Credo che ci sia la vera necessità di un confronto, per capire se Torino e il Piemonte sono stati veramente dimenticati. Bisogna sapere se il sistema pubblico delle Partecipazioni statali ha intenzione e si impegna a svolgere il ruolo che, complessivamente, svolge in tutta Italia e che deve essere svolto anche nella nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio per la replica.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

La Giunta non si è sottratta stamani, anche se avvisata in "zona Cesarini", ad un confronto su questo problema. Ringrazio per avere riconosciuto l'attivismo nel quale operiamo.
Fino a pochi giorni fa dicevamo di respingere decisamente ipotesi liquidatorie dello stabilimento Deltasider di Torino e della Sisma di Villadossola. Con questa forza, che ci è stata data anche da un confronto e da un conforto con le realtà sindacali, abbiamo fatto una battaglia.
Forse sarà il caso di dire che questa battaglia è stata, non dico trionfalmente vinta nel rapporto con il Governo, ma è stata una battaglia fatta e recepita dal Governo. Ma il Governo oggi - l'ha detto molto bene il Consigliere Brizio - si trova a proporre alla CEE una rimeditazione di quanto pur noi Regioni, noi istituzioni, noi sindacato, noi forze politiche avevamo fatto. Esiste, purtroppo, un rapporto ulteriormente negativo fra la CEE e l'Italia, quindi la battaglia si sposta su quel livello.
Sulla partita siderurgica italiana si prospetta, almeno ad oggi, in queste ore, un futuro meno roseo di quello previsto, proprio per la difficoltà di un rapporto fra il Governo italiano e la CEE. Non vorrei come in altre occasioni, essere tirato su battute magari di colore o di effetto. Non ho letto, in questo mese e mezzo di Ministero Fracanzani dichiarazioni allucinanti, non ho letto dichiarazioni trionfalistiche: ho visto azioni difficili, compresa la nostra, compiute nei confronti del Governo.
Il defatigante lavoro compiuto per ora non si è concluso in modo soddisfacente. Non si è concluso in modo soddisfacente per il Piemonte, che vede un'ipotesi di 3 mila posti di lavoro in meno, ma non si è neanche concluso in modo soddisfacente per Napoli, per Genova, per la Valle d'Aosta, per il Friuli, per la Lombardia, per la Toscana, per l'Umbria. E allora tutte le Regioni d'Italia non sarebbero state capaci, come si dice per la Regione Piemonte, a rapportarsi in termini dialettici e di conflittualità nei confronti del Governo? Questo discorso viene fatto in Lombardia, altrettanto viene fatto a Napoli con la drammaticità dell'azione che ieri abbiamo registrato; viene fatto a Genova con l'occupazione della sede del Consiglio regionale, con maggioranze diverse da Regione a Regione.
E' questa la dimostrazione di una situazione particolarmente drammatica che, non per carenza della Regione Piemonte, ma per difficoltà obiettiva vede sulla situazione siderurgica un problema che va al di là della dimensione della titolarità, della capacità di questa Regione. Non possiamo accreditare o addebitare a questa maggioranza, come a quella che governava cinque anni fa, la non capacità di aver saputo cogliere titolarità che non ci sono, ma che hanno visto, evidentemente attraverso la Regione Piemonte insieme al sindacato, insieme alle forze politiche di maggioranza e di opposizione, attivare tutto ciò che è stato attivabile. E non possiamo nemmeno addebitare il conto di anni di inadempienze, di anni di indecisioni, di anni di incapacità manageriale. Ne siamo convinti? Lo dico io per primo insieme a voi. Non credo che il collega comunista voglia addebitare questi anni di inadempienza, di indecisioni, di incapacità manageriale a questa Giunta che da due anni lavora, o a questo Assessore che da nove mesi lavora. In sostanza sarebbe come dire che questa Regione e questa maggioranza sono responsabili della liquidazione della siderurgia torinese e piemontese.
A nome della Giunta non posso che respingere affermazioni ben collocate, che ciascuno recita nel ruolo che gli è legittimo e congeniale di opposizione oggi, di maggioranza domani, o viceversa: è il gioco dialettico delle democrazie.
Siamo seri, non facciamo solo della demagogia, non siamo nemmeno in campagna elettorale. Cerchiamo, sia pur con difficoltà, noi maggioranza voi opposizione, di trovare il minimo comun denominatore per premiare le cose che uniscono, per trovare una soluzione positiva ad un discorso che è difficile da affrontare sia qui in Piemonte, sia a Genova, sia a Napoli con qualsiasi livello di maggioranze. Sarebbe come dire che questa Regione non ha lavorato con autorevolezza, che ha fatto degli incontri inconcludenti; sarebbero inconcludenti anche gli incontri di quelle forze politiche, di diverso colore, che governano le altre Regioni.
Ci troviamo nella posizione di dover affidare al Ministro italiano, che in queste ore si rapporta con la CEE, il massimo di credibilità di fronte ad un pregresso che ha trovato come eredità negativa. Né si può pensare di far pagare all'attuale Ministro delle Partecipazioni statali, o a questa Regione o ad altre Regioni, vecchi conti inevasi, o il vuoto enorme di credibilità lasciato in questi anni da politici, da manager, anche da rappresentanti sindacali che si sono occupati della siderurgia. Bisogna essere più razionali su questo discorso.
Convengo con alcune proposte che sono emerse dal dibattito per un maggior coinvolgimento dei livelli istituzionali; non è che non lo abbiamo tentato. Sarà cura della Giunta, soprattutto nel prosieguo di queste settimane, assumersi l'impegno per un ulteriore coinvolgimento nelle decisioni e nei rapporti con il livello parlamentare e con il livello governativo.
Il Consigliere Calligaro nel proprio intervento ha utilizzato alcune scenografie che sono dovute al suo ruolo di opposizione, ma è poi rientrato su considerazioni di merito. Mentre il collega Staglianò, forse preso dall'euforia di parlare di Ferrovie di Stato, di trasporti, di F-16 aiutato dall'amico Reburdo per quanto riguarda i coltivatori diretti, la metanizzazione nel Mezzogiorno, la flotta nel Mediterraneo, tutte cose che rientrano nel modo di dare lavoro in termini siderurgici, alla fine non è entrato nel merito del problema; ma forse ci sarà un'altra occasione. Al collega Calligaro vorrei dire che non è vero che la domanda, a differenza di altri periodi, tira di nuovo, per quanto riguarda la realtà regionale piemontese sui nostri prodotti, tolte alcune ristrette aree produttive.
Penso che i privati non vogliano la Deltasider proprio perché interferisce nelle loro produzioni. Quando si chiede con una forza particolare una contestuale reindustrializzazione, è importante impedire, a mio modo di vedere, che l'IRI si defili; se poi lo strumento migliore - ne accennava il collega Tapparo - non è la SPI, sarà un altro. Lo verificheremo, lo esamineremo, lo approfondiremo insieme con il contributo che le Regioni vorranno dare al livello centrale.
Nel difficile discorso che le Regioni hanno cercato di fare, come minimo comun denominatore su questo versante, un risultato positivo, se non altro come sintesi, è stato quello di aver trovato il fronte unito delle Regioni per la prima volta sulla situazione delle aree del nord Italia. E' la prima volta che un pronunciamento unitario delle Regioni si indirizza su questo piano in ordine alla reindustrializzazione.
Signor Presidente, ho terminato. Il Presidente Beltrami non potrà non convenire con i colleghi di Giunta che la Sisma è certamente problema fondamentale non solo per l'Ossola, ma per tutta la realtà del polo siderurgico piemontese. Se oggi c'è un'ipotesi pur discutibile, pur difficile di acquisizione da parte di privati, alla fine si tratta non di svendere, ma di cercare di salvare una situazione che prelude alla chiusura; se non si farà una contrattazione il più possibile serrata, seria e credibile, si rischia non solo di dare la possibilità di far decollare in una cessione al privato la Sisma, pur con tutte le cautele e le difficoltà ma decisamente di creare condizioni di chiusura di tutta l'unità produttiva siderurgica ossolana. Questo non vuol dire che noi siamo per l'acquisizione da parte dei privati; siamo per dedicare al problema il massimo sforzo credibile, partecipato e convenzionato prima che si giunga ad una chiusura.
Questo perché c'è comunque un futuro, se si riesce a ritrovare una nicchia di mercato in quella zona.
Mi auguro che le preoccupazioni sull'ipotesi della Vertek non siano così drammatiche, che al di là della Deltasider, per il tipo di attività che realizza, è un'unità produttiva in qualche modo insostituibile. Il discorso sulla centrale idroelettrica (centrale obsoleta), in cambio di un buon convenzionamento tariffario con l'ENEL. non mi pare debba essere una giustificazione per sostenere queste cose. La Vertek è l'unica attività che a livello qualitativo opera nel nord con dei buoni risultati. Mi auguro che l'impostazione che il piano Finsider prevede per la Vertek, con il mantenimento dell'unità produttiva, salvo alcune rifilature di occupazione ma non incidenti sul presidio di Condove, possa essere seguita.
Consideriamo la segnalazione come un'indicazione di attenzione da parte della Giunta regionale; va da sé che questo può essere un giudizio in base ad alcuni elementi. Cogliamo tutti i suggerimenti e tutte le proposte che seppure in maniera vivace o dialettica, l'opposizione ci ha portato e che non mancherà di portarci nel prosieguo; allo stesso modo questa maggioranza e questa Giunta continueranno a riferire con continuità ai colleghi.
Vi ringrazio e chiedo scusa per l'improvvisazione, non sapendo di dover fare oggi un dibattito sulla siderurgia.



PRESIDENTE

Le interrogazioni e le interpellanze sono così discusse.


Argomento: Varie

Commemorazione dell'ex Presidente della Repubblica ed ex Segretario del PSDI, sen. Giuseppe Saragat


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, è scomparso nei giorni scorsi, con Giuseppe Saragat, combattente antifascista per la liberazione del Paese, primo Presidente dell'Assemblea costituente, Presidente della Repubblica dal 1964 al 1971, fondatore del Partito Socialdemocratico, uno dei fautori di questa nostra Italia repubblicana.
Attorno alla sua figura di uomo politico e di Stato e alla sua azione politica molti contributi e riflessioni sono stati prodotti in questi giorni dagli esponenti politici delle più diverse ispirazioni.
Da tutti è venuto il riconoscimento della peculiarità e del peso che la sua opera ha avuto nella vicenda del Paese, tutti evidenziando la statura politica, la tenacia che profuse nell'affermazione delle proprie idee, sia nella lotta antifascista che negli anni del dopoguerra, la personalità forte di un indubbio protagonista degli anni difficili ma esaltanti della ricostruzione politica e civile dell'Italia.
Giuseppe Saragat, nato novant'anni fa da una famiglia torinese di origine sarda, ebbe i primi approcci con la politica negli anni turbinosi dell'occupazione delle fabbriche, dei Consigli operai di Gramsci, del liberalismo progressista di Gobetti e fu la terribile ondata repressiva antioperaia ad indurlo a schierarsi nel 1922 con l'ala riformista del socialismo, con Treves e Turati.
Da allora divenne protagonista dell'itinerario del socialismo italiano.
Costretto all'esilio dopo il delitto Matteotti e le leggi eccezionali proprio nell'esilio si affermò come esponente del socialismo antieuropeo protagonista dell'immigrazione antifascista. Si schierò per l'unificazione del PSI al Congresso di Parigi del 1930 e nel 1934, nonostante l'aperta ostilità per la rivoluzione d'ottobre di cui non riconobbe mai la legittimità storica, strinse il Patto di Unità Nazione con i comunisti in vista della lotta antifascista e per conquistare - come scrisse - una Repubblica democratica dei lavoratori. E' di quegli anni un'intensa attività di pubblicista.
Da questi avvenimenti, che scontarono successive alterne vicende, si posero le basi per la costituzione della successiva costruzione dei Comitati di liberazione nazionale che coinvolsero tutte le forze politiche e democratiche del Paese.
Dopo la Liberazione, Saragat ricoprì da subito elevate cariche pubbliche fino all'elezione a Presidente della Costituente, carica che mantenne fino alla scissione di Palazzo Barberini del gennaio 1947.
Quello della costituzione del Partito Socialdemocratico fu indubbiamente l'atto più rilevante della sua lunga carriera di leader riformista, atto che segnò di sé non solo la storia del socialismo italiano, ma l'intera vicenda politica del nostro Paese nel dopoguerra.
Negli anni iniziali del centrismo si alternò tra il Governo e la guida del suo Partito e fu, maturando tempi nuovi, tra gli artefici dell'avvio della nuova fase del centro-sinistra.
Divenne Presidente della Repubblica nel dicembre 1964 con i voti di uno schieramento molto ampio, dai liberali ai comunisti.
Il settennio presidenziale di Saragat può essere considerato il periodo di incubazione di sconvolgenti novità, esplose poi negli anni '70, quello in cui è iniziata la crisi del centro-sinistra, si è registrata la contestazione giovanile, la stagione delle lotte operaie, fu attuata e si esaurì l'unificazione socialista, prese avvio la sanguinosa strategia della tensione.
Nel 1971, scaduto il mandato presidenziale, Saragat rientra nella vita del suo Partito - di cui assume la Segreteria nel 1976 - ed è protagonista fino a che la salute e l'età lo costringono nell'ultimo decennio a ritirarsi dalla vita politica.
Vogliamo ancora ricordare la ferma presa di posizione nella vicenda Moro.
E' stato, quello di Giuseppe Saragat, un lungo itinerario politico che ha incrociato molte delle tappe cruciali, tormentate ed anche feconde della vita del Paese.
E' in questa veste di fautore dell'Italia repubblicana che vogliamo ricordarlo.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Alberton, Carazzoni, Croso, Mignone, Petrini, Turbiglio, Viglione e per una parte della seduta i Consiglieri Picco e Vetrino.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi non vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 17, 26 e 31 maggio 1989 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Sull'ordine dei lavori ed iscrizione argomenti all'o.d.g., in particolare degli ordini del giorno inerenti il trasferimento degli F-16 in Italia


PRESIDENTE

Comunico che è pervenuta alla Presidenza del Consiglio una lettera del Gruppo PCI che propone l'iscrizione all'o.d.g. di un ordine del giorno presentato il 6 giugno 1988 dal Gruppo comunista stesso, relativo al problema del trasferimento in Italia dei cacciabombardieri F-16, in concomitanza con la discussione che si sta svolgendo in Parlamento in questi giorni.
Possiamo decidere in sede di Conferenza dei Capigruppo se iscrivere l'argomento all'o.d.g. Diversamente si può far valere l'art. 49 del Regolamento e porre in votazione immediatamente tale richiesta.
Faccio presente che il Vicepresidente della Giunta, Vetrino, ha fatto sapere alla Presidenza che non potrà essere presente nel pomeriggio. Per cui si delinea la necessità di discutere in mattinata il punto relativo all'elettrodotto Leinì-Piossasco, considerando anche che sono presenti in aula alcuni cittadini che sono interessati all'argomento. Proporrei pertanto di affrontare l'argomento dell'elettrodotto Leinì-Piossasco e nel pomeriggio, in sede di Conferenza dei Capigruppo, fare una valutazione relativamente alla richiesta del Gruppo comunista.
Chiedo al Gruppo comunista, prioritariamente, se intende accedere a questa proposta.



BONTEMPI Rinaldo

Vorrei però sapere fin d'ora se l'ordine del giorno relativo agli F-16 verrà iscritto. Poi fissino la data del dibattito i Capigruppo o decida l'aula con il voto, per noi è indifferente. Quello che è certo è che vogliamo che sia iscritto, perché se c'è solo l'impegno a considerare la cosa, non ci è sufficiente e ricorreremo all'art. 49 del Regolamento del Consiglio. Convengo anch'io sulla priorità dell'argomento elettrodotto Leinì-Piossasco. C'era già stato detto l'altra volta, lo dico per onestà che l'Assessore non poteva essere presente nel pomeriggio. Abbiamo inviato questa lettera per porre la questione all'aula; desideriamo che questo impegno venga assunto subito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Con i colleghi Staglianò, Ala e Montefalchesi, ho presentato un ordine del giorno. Chiediamo che in base all'art. 49 del Regolamento venga iscritto all'o.d.g.



(Il Consigliere Staglianò innalza uno striscione che reca scritte le parole: "No agli F-16")



PRESIDENTE

Consigliere Staglianò, la prego di considerare che l'intero Consiglio desidera che si discuta di questo argomento. Se vuole anche lei ottenere questo risultato si comporti di conseguenza. Se invece vuole ottenere altri risultati se ne assuma la responsabilità!



STAGLIANO' Gregorio Igor

Vogliamo l'iscrizione all'o.d.g. subito!



PRESIDENTE

Consigliere Staglianò, le ripeto che è nell'interesse di tutto il Consiglio discutere di questo argomento. Se questo è l'obiettivo che si vuole ottenere occorre di conseguenza regolare i propri comportamenti.
Questa è l'unica considerazione che mi è consentito di fare.
Prego i Consiglieri di non entrare ora nel merito dell'argomento, ma di esprimere la loro opinione solo relativamente ai tempi ed alle modalità.
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Non entro nel merito, ma vorrei motivare perché chiedo l'urgenza e l'applicazione dell'art. 49 del Regolamento. Di fronte al fatto della presa di posizione del Consiglio regionale della Calabria, di fronte alla posizione dei vescovi pugliesi e calabresi, di fronte all'intervista di questa mattina del Presidente della Commissione Difesa della Camera, on.
Flaminio Piccoli, che denuncia l'incredibile atto antidemocratico compiuto dal Governo nell'assumere una decisione calpestando i più elementari diritti delle istituzioni di intervenire nel merito, e sapendo che nel Parlamento la questione è alla viva attenzione, noi crediamo che sulla base di tutto ciò ci siano i motivi di urgenza per iscrivere la questione all'o.d.g. di questo Consiglio, senza nessuna Conferenza dei Capigruppo.
Per cui noi chiediamo l'applicazione dell'art. 49. Mi sono attenuto al Regolamento, Presidente, ma non vorrei che il Regolamento venisse richiamato soltanto quando fa comodo.



PRESIDENTE

Il Regolamento viene richiamato quando ci sono delle obiezioni puntuali.



REBURDO Giuseppe

Non si può richiamare il Regolamento solo quando fa comodo!



PRESIDENTE

Consigliere, non può attribuire delle parzialità rispetto alla gestione dei lavori di questo Consiglio.



REBURDO Giuseppe

Io non ho parlato di parzialità.



PRESIDENTE

Questo, mi consenta, non lo accetto! La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Abbiamo un complesso di argomenti all'o.d.g. che, a nostro avviso devono essere svolti. Approvo pienamente la richiesta del Presidente che ci sia un incontro fra i Capigruppo per vedere come chiudere i lavori. Sia chiaro che noi non siamo più disponibili a rinviare sempre tutto alle sedute successive. Ora ci sono due richieste tese a rinviare tutto, come avviene sempre.



AVONDO Giampiero

"Sempre" è un po' esagerato!



BRIZIO Gian Paolo

D'accordo, tolgo il sempre e dico come "avviene spesso".
Siamo disponibili a concordare l'ordine dei lavori in sede di Conferenza dei Capigruppo, non siamo contrari all'iscrizione di quanto richiesto, oltre alla legge sul personale. Vi sono due richieste: una della maggioranza di iscrivere la legge che ieri è stata licenziata, con l'approvazione dell'articolo finanziario, dalla I Commissione, ove era emersa una convergenza di tutte le forze politiche per l'iscrizione oggi.
Non abbiamo nessuna difficoltà al riguardo; chiaramente se si vuole fare una forzatura sull'art. 49, a quel punto noi voteremo contro perch siamo disponibili a discutere e ad iscrivere l'ordine del giorno con le forme corrette indicate dal Presidente.



STAGLIANO' Gregorio Igor

E' anche corretto chiedere l'iscrizione subito! Sono corrette tutte e due le forme!



BRIZIO Gian Paolo

Tutto è corretto! Però ci sono anche altre richieste e vi sono tre esigenze, caro Staglianò, da valutare. V'è un ordine del giorno da ultimare, ci sono due richieste d'iscrizione, bisogna vedere come conciliare le tre esigenze. Noi siamo favorevoli all'iscrizione però la discussione di questo problema è per noi subordinata a una discussione complessiva, perché per parte nostra, non siamo disponibili ad un costante rinvio per l'aggiunzione di improvvisi argomenti, importanti fin che si vuole, ma in ordine ai quali ci si può esprimere in cinque minuti se ci si vuole esprimere. Abbiamo tenuto per la terza volta un maxi-dibattito sulla siderurgia, ne faremo uno per la quinta volta sull'elettrodotto Leinì Piossasco. Abbiamo da ascoltare adesso la relazione del Vicepresidente Vetrino e prendere una decisione. Propongo quindi di ascoltare la comunicazione e che successivamente, durante l'interruzione dei lavori, si svolga la Conferenza dei Capigruppo. Anticipiamo che in quella sede non ci opporremo all'iscrizione di questo come degli altri argomenti e vedremo tutti insieme come si possono svolgere i lavori; noi desideriamo che si discuta la legge sulle autonomie, che da due anni va avanti e indietro, e le altre leggi.



PRESIDENTE

Molti Consiglieri hanno chiesto la parola anche se a termini di Regolamento la parola spetterebbe solo a due oratori, uno a favore e uno contro. Rinnovo la mia proposta al Consiglio di valutare nella sede dei Capigruppo questa richiesta, onde evitare una discussione in questa sede in termini di perdita di tempo, a meno di far valere in modo rigido il dettato dell'art. 49, cosa sempre possibile, chiedendo al Consiglio di esprimersi immediatamente.
Do comunque la parola ai Consiglieri che l'hanno chiesta, a cominciare dal Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, la ringrazio dello spazio che dà anche a un soggetto non titolare del diritto specifico di intervenire, il nostro Gruppo intendo dire, ma portatore rispetto a questa questione di qualche interesse di ordine politico.
Il nostro Gruppo dichiara che considera tale questione, mi riferisco agli F-16, una decisione di grande responsabilità e di grande coerenza politica che fa onore al Governo e al Ministro che ne è stato protagonista.
Il nostro Gruppo è favorevole che avvenga una discussione in quest'aula nei tempi più stretti, nel modo più aperto e, se mi consentite, amichevole e sereno possibile; quindi noi non poniamo nessuna obiezione né di tipo formale né di tipo sostanziale. Ci rimettiamo alle valutazioni dell'assemblea, in ordine all'esigenza primaria che questo problema si collochi all'interno di un'organica regolamentazione dei nostri lavori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, anche il nostro Gruppo è favorevole all'iscrizione.
Riteniamo sia una questione di grande rilevanza, che è giusto venga discussa anche in questa assemblea e mi auguro che questioni di grande rilevanza entrino in modo più significativo in questa assemblea. Ho l'impressione che questa assemblea manifesti una carenza proprio nel momento in cui troppe volte non coglie anche aspetti che sono fuori dalla nostra portata, ma che pure sono importanti. Quindi siamo pienamente d'accordo di accogliere la proposta fatta dal Presidente; nello stesso tempo inviterei i colleghi che hanno invocato l'applicazione dell'art. 49 a ritirare questa richiesta e quindi ad appoggiare la proposta del Presidente circa la riunione dei Presidenti dei Gruppi da tenersi subito nell'intervallo, per stabilire i tempi.
Non è importante discutere oggi o fra otto giorni: l'importante è che comunque se ne discuta e che ciascuno assuma le responsabilità che deve assumere, anche perché i tempi non sono così urgenti. Se poi è possibile parlarne già oggi, contemperando le varie esigenze alle quali si riferiva il collega Brizio, noi come Gruppo socialista, proprio per l'importanza che questo tema ha, non abbiamo nessuna difficoltà; però siamo del parere di demandare alla Presidenza dei Gruppi la valutazione sulle modalità e sui tempi di discussione. In ogni caso sulla necessità di parlarne nel giro di otto giorni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Volevo ricordare a questo Consiglio che oggi, proprio perch l'argomento è iscritto al primo punto dell'o.d.g., sono presenti in aula alcuni gruppi di rappresentanti dei cittadini venuti espressamente per sentir discutere il problema dell'elettrodotto. Visto che oggi pomeriggio l'Assessore Vetrino non potrà esserci, e che la discussione va fatta in sua presenza, mi associo alle richieste di altri Capigruppo affinché si dia precedenza a questo punto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Facendo riferimento all'art. 49 del Regolamento, a nome di due Gruppi politici e alcuni Consiglieri, dico che a nostro avviso è opportuno, per le ragioni già dette dal collega Reburdo e sottolineate da altri colleghi, che si voti subito l'iscrizione all'o.d.g. dei documenti sugli F-16, demandando alla Conferenza dei Capigruppo la scansione del dibattito, in modo che si possa dare precedenza alla discussione sull'elettrodotto Leinì-Piossasco come da o.d.g. ed esigenze politico-sociali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Se la maggioranza ritiene di iscrivere all'o.d.g. l'argomento, il Partito repubblicano non si oppone; l'unica cosa che il Partito repubblicano chiede è che comunque questa iscrizione all'o.d.g. non sia a detrimento degli argomenti di competenza specifica della Regione, che aspettano decisioni della Regione per essere assunti e per poter procedere nel loro iter. Chiedo che, nel momento in cui si fa questa scelta, si tenga presente questa esigenza, al fine di sveltire il dibattito e chiarire le posizioni, visto che la maggioranza ha ritenuto importante che il dibattito venisse fatto in quest'aula. Annuncio fin d'ora che il Gruppo PRI non interverrà in questo dibattito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Se vogliamo chiudere e andare avanti proponiamo una soluzione salomonica. Votiamo immediatamente l'iscrizione a condizione che si voti anche l'iscrizione della legge n. 42, come abbiamo chiesto.
L'ordine dei lavori sarà poi discusso nella Conferenza dei Capigruppo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Voglio richiamare brevemente il senso della nostra richiesta di votare subito l'iscrizione all'o.d.g. Mi pare che fosse stato precisato, e l'ha chiarito il collega Staglianò, che da parte nostra c'era sì una richiesta di iscrizione all'o.d.g., ma non la richiesta di una sua discussione immediata. Io stesso ho partecipato al sopralluogo sulla linea dell'elettrodotto Leinì-Piossasco e so valutare l'importanza delle decisioni che la Regione dovrebbe assumere e che, mi auguro, possa assumere questa mattina.
Quindi insieme agli altri firmatari siamo disponibili ad una discussione nel pomeriggio del problema degli F-16.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Il nostro Gruppo è perfettamente d'accordo con la proposta iniziale che ci sembrava logica e regolamentare, che aveva fatto il Presidente; cioè dire, procediamo immediatamente, senza perdere altro tempo, dati gli impegni già noti fin dalla settimana scorsa del Vicepresidente Vetrino alla discussione, rilevante per l'intero Consiglio, sulla questione Leinì Piossasco. I Capigruppo, poi, avrebbero deciso il da farsi.
C'era all'interno dei Capigruppo un orientamento di massima, che è stato espresso per un sì, anche se tengo a sottolineare, come emerge da notizie odierne, che a Montecitorio è stato rinviato a luglio il dibattito sugli F-16. Comunque siamo d'accordo che si iscriva oggi, compatibilmente con l'ordine dei lavori.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'iscrizione all'o.d.g. degli ordini del giorno n. 494 e 498 inerenti il trasferimento degli F-16 in Italia.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 42 voti favorevoli e 1 astensione.
Pongo inoltre in votazione l'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge n.
372: "Modifica alla L.R. 8/9/1986, n. 42 - Disposizioni varie".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 42 voti favorevoli e 1 astensione.


Argomento: Statuto - Regolamento

Esame progetto di legge n. 385: "Proposta di modifica allo Statuto della Regione Piemonte approvato con legge 22/5/1971 n. 338 relativa all'istituzione di nuovi Comuni, alla modificazione delle circoscrizioni e delle denominazioni comunali" (rinvio)


PRESIDENTE

In merito al progetto di legge n. 385 ha chiesto di parlare il Consigliere Valeri. Ne ha facoltà.



VALERI Gilberto

Debbo far presente che il testo della legge licenziato in Commissione era accompagnato da una lettera contenente la richiesta di non procedere all'iscrizione all'o.d.g. Ciò in quanto, essendo vincolati dalla norma statutaria secondo cui entro l'arco di 12 mesi non si può procedere a più di una modifica statutaria, appare opportuno, alla luce del dibattito svoltosi in quest'aula in materia di riforme istituzionali, soprassedere momentaneamente per attendere l'esito della verifica, cui tutti i Gruppi si sono impegnati, circa la praticabilità di una proposta più complessiva di revisione dello Statuto.



PRESIDENTE

Concordiamo quindi di rinviarne l'esame alla prossima seduta.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Proseguimento esame ordine del giorno n. 467 sull'elettrodotto Leinì Piossasco e presentazione ordini del giorno del Consigliere Pezzana e dei Capigruppo della maggioranza


PRESIDENTE

Passiamo quindi alla discussione del punto 4) all'o.d.g. relativo all'esame dell'ordine del giorno n. 467.
La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, proprio l'altro giorno ci siamo recati, con altri Consiglieri regionali e con lo stesso Assessore Vetrino, per un sopralluogo, lungo il tracciato dell'elettrodotto Leinì Piossasco.
Devo dire che l'effetto che si prova nel vedere quel tracciato è spaventoso, devastante.
Ci siamo trovati di fronte a piloni enormi che deturpano un paesaggio per molti versi bellissimo e provocano in esso delle ferite ormai non più rimarginabili: quel tracciato, detto molto in breve, si svela, manifesta la sua presenza, in questo modo.
Intendo però richiamare l'attenzione del Consiglio regionale su ciò che di quel tracciato non si vede: mi chiedo, cioè, se i campi elettrici generati da quei cavi ad alta tensione siano altrettanto evidenti e come sia possibile verificare l'innocuità delle onde elettromagnetiche che quei cavi producono.
Essendo il Consiglio regionale chiamato ad esprimersi sul nostro ordine del giorno, ordine del giorno che pone in primo piano proprio la necessità di tutelare la salute dei cittadini (come peraltro l'art. 6 del nostro Statuto ci impone), intendiamo, con questo intervento nel dibattito, vedere se è possibile trarre una qualche indicazione circa le conclusioni che gli studi in merito hanno finora condotto.
Intanto è necessario evidenziare che in un campo di tipo magnetico le onde penetrano nel corpo e non restano in superficie come capita con le onde elettriche.
Il problema che noi poniamo è questo: siamo in grado di valutare l'effetto sinergico di questi due campi, di quello elettrico e di quello magnetico? Ovviamente non possiamo dare alcuna risposta non essendo dei tecnici quindi dobbiamo necessariamente avvalerci di studi compiuti da altri.
Richiamo, quindi, gli studi compiuti dall'Istituto Elettronico Nazionale "Galileo Ferraris" di Torino.
Questi studi hanno dimostrato - e cito direttamente: dal lavoro di Carrescia e di altri - "alterazioni all'elettrocardiogramma all'elettroencefalogramma e alla formula leucocitaria"; hanno dimostrato ancora, "alterazioni degne di essere approfondite e studiate ulteriormente con maggior impiego di uomini e di mezzi".
Preciso che questi studi erano stati compiuti su dei ratti.
Vi è un altro studio, quello del prof. Veicsteinas dell'Istituto di Fisiologia dell'Università di Brescia che invece afferma: "Abbiamo utilizzato cani, ratti, topi, conigli, galline. Li abbiamo esposti a campi anche molto superiori a quelli a cui di norma si può essere soggetti e per tempi lunghi, e tutti i risultati sono stati sufficientemente tranquillizzanti".
Però che cosa ha notato lo stesso prof. Arsenio Veicsteinas quando anziché sperimentare su ratti, su topi, su conigli, ha sottoposto a sperimentazione cellule singole ed isolate? Ha dovuto prendere atto anche lui, nel suo studio, di alterazioni anche gravi nella sopravvivenza delle cellule, nella loro crescita e nel loro metabolismo.
"Il campo elettrico - dice - disturba in particolare gli scambi delle cellule con l'esterno, tramite la membrana".
Sempre in vitro, ha potuto verificare effetti negativi sulla secrezione delle ghiandole endocrine, sulla risposta a stimoli ormonali e sulla funzione immunitaria dei globuli bianchi.
I dati di queste ricerche, come ognuno di noi può giudicare, sono piuttosto divergenti e, dobbiamo dirlo chiaramente, anche controversi.
Forse conviene citare un altro studio, le conclusioni del quale sono riportate sul n. 35 della pubblicazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità "Environmental health critheria".
In questa pubblicazione si mettono in evidenza mutazioni e alterazioni nervose nelle colture di cellule esposte. Si osservano cavie a cui si modifica il ritmo cardiaco e l'elettroencefalogramma (e sotto questo aspetto i risultati dei due studi coincidono) ed a cui nasce prole sotto peso o con malformazioni; si rilevano maggiore incidenza di leucemia nei bambini vicino agli elettrodotti, diffusi stati nervosi, stress, cefalee disturbi alla libido tra gli operai addetti alla manutenzione di quelle linee ed, infine, si nota addirittura un aumento dei suicidi tra gli abitanti di case vicine all'elettrodotto.
Questi sono solo alcuni dei fatti rilevati.
Queste le conclusioni dello studio: "Sebbene sia prudente allo stato attuale delle conoscenze non trarre conclusioni circa l'innocuità di una esposizione intermittente ai campi elettrici - richiamo l'attenzione del Consiglio su quest'ultima parte dello studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità - consigliamo di fare il possibile per limitare l'esposizione soprattutto per quel che riguarda la popolazione generale, circoscrivendola entro i livelli più bassi possibili".
Ora ci troviamo di fronte a due strade; il Consiglio regionale ha due possibilità. Una prima strada può essere quella di non assumere alcun provvedimento e aspettare: "aspettiamo - si potrebbe dire - vedremo come poi andrà a finire".
In questo caso faccio presente che le possibili cavie sono qui, molti cittadini che abitano nei pressi dell'elettrodotto sono presenti in aula sono venuti a farsi vedere. A meno che essi non cambino radicalmente la loro vita, non abbandonino le loro case, non abbandonino il loro lavoro e le loro memorie saranno sottoposti a quegli effetti che prima citavo ed ai quali non possono assolutamente sottrarsi in forza di un destino da altri tracciato.
Questo è forse l'aspetto più immorale di tutta la vicenda.
Certamente se la scelta del Consiglio regionale sarà quella di dire: "aspettiamo, per avere la certezza circa gli effetti delle onde elettromagnetiche sul corpo umano", tale scelta concorderà con la decisione assunta dall'ENEL. di minimizzare: "non succede niente" si sostiene "tanto le ricerche non hanno potuto dimostrare alcunché con certezza". E così, in un mondo nel quale la certezza assoluta non esiste, non è più predicata neanche dalla Chiesa cattolica, seguiremmo l'ENEL che predica certezza e richiede certezza. Questa sarebbe una scelta che, tradotta in termini molto poveri, ci porterebbe a concludere: chiuderemo le stalle quando i buoi saranno scappati! Per fortuna il Consiglio regionale può imboccare un'altra strada quella già percorsa dal dott. Fuiano, il Pretore di Avigliana, con la sentenza, ormai nota a tutti, del 10 maggio 1988.
Intendo ricordare, innanzitutto, che alcuni Consiglieri regionali (il collega Majorino, io stesso ed altri colleghi del mio Partito, il Consigliere Ala) si erano costituti "ad adiuvandum" nella causa che alcuni cittadini di Rosta avevano intentato nei confronti dell'ENEL. davanti al Pretore di Avigliana.
Più volte avevamo invitato anche la Giunta ad assumere analoga decisione per dare un peso maggiore, più rilevante al nostro atto e renderlo più rispondente alle esigenze e ai diritti di quei cittadini; la Giunta non volle - è bene ricordarlo - mai prendere questa iniziativa mentre la sentenza del Pretore di Avigliana gratifica quei Consiglieri che sono intervenuti.
Il Pretore nota, infatti, che sicuramente gli atti prodotti dai Consiglieri regionali hanno contribuito a far riflettere maggiormente quel Giudice sui problemi trattati. Demanda, poi, ad altra sede, quella del giudizio di merito, la valutazione, che egli pur giudica interessante circa la possibilità di ammettere alcuni Consiglieri regionali in quanto tali in difesa della salute dei cittadini o se viceversa non debba essere la Giunta, in quanto rappresentante dell'Ente Regione, a dover compiere tale scelta attuando, finalmente, l'art. 6 dello Statuto.
E' una interessante questione che abbiamo contribuito a porre ottenendo già un importante risultato. D'altra parte il Pretore richiama il primo studio, quello del 17/6/1986 dell'USSL n. 40 di Ivrea, e compie quelle interessanti riflessioni che lo portano ad emettere la nota sentenza.
Sostanzialmente il dott. Fuiano ragiona in questo modo: siccome non è certo che i campi magnetici arrechino danno, ma non è neanche certo che non lo arrechino, occorre allontanare il più possibile quei tralicci dalle abitazioni ed individua due punti su cui intervenire creando, per altro verso, notevoli problemi di impatto ambientale, ma questo è un altro discorso. Dal punto di vista sanitario, invece, la sentenza mi pare di una logica ferrea e di una semplicità estrema, di quella semplicità, cioè, che trova spesso albergo nella logica ferrea. E così un primo traliccio dovrà essere posto (quello n. 91) ad oltre 100 metri dalla Cascina dei Novero, un altro dovrà essere spostato di oltre 130 metri. In questo modo il Pretore ha operato per tutelare la salute dei cittadini.
Se così stanno le cose mi chiedo, chiedo a voi e alla Giunta: è comprensibile, è giusto dividere i cittadini del Piemonte in due categorie una che l'ha scampata dall'essere cavia ed un'altra destinata ad essere cavia? A questa domanda oggi dobbiamo dare una risposta, anche perché ci sono cittadini che sono cavie da anni.
Nel nostro ordine del giorno, infatti, poniamo anche questo problema chiediamo, cioè, di compiere una verifica sullo stato di tutti gli elettrodotti del Piemonte e se esiste la necessità di salvaguardare la salute, occorrerà assumere i conseguenti provvedimenti. Certamente non sarà un problema da risolvere nel giro di poco tempo, ma è importante porlo in questo momento, anche per evitare errori futuri. Nel caso dell'elettrodotto Leinì-Piossasco ci troviamo proprio in questa situazione: siamo ad un punto limite ed il nostro intervento può essere decisivo per la salute dei cittadini, quindi occorre disinnescare il meccanismo che è stato innescato.
Se la Giunta avesse dato retta a noi che da due anni continuiamo a porre insistentemente il problema (Brizio lamentava: "Abbiamo discusso quattro cinque volte di questo problema, sempre senza costrutto"), probabilmente non saremmo a questo punto, con lo stato dei lavori in fase avanzata e con tutte le conseguenze da ciò derivanti.
Tra l'altro vorrei sapere se, intanto, l'ENEL ha ottemperato a quanto ha disposto l'USSL di Ivrea nella relazione da me richiamata, quella del 17 giugno 1986. L'USSL imponeva chiaramente all'ENEL (ovviamente nelle forme di competenza della USSL. quindi come un richiamo), quanto segue: "Si ritiene necessaria una modifica al progetto della linea in detti punti onde riportare i livelli di campo previsti al di sotto del limite adottato. Ci può essere ottenuto portando l'altezza della linea nei punti in questione ad almeno 15 metri".
Assessore Maccari, ha fatto questo controllo? Dobbiamo ricordarle che tocca a lei difendere la salute dei cittadini non solo quando si tratta di abbattere platani.
Questo studio è stato compiuto esattamente due anni e due giorni fa!



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Stiamo valutando l'autorizzazione all'elettrodotto, che è stata data dalla Giunta precedente a questa.



ADDUCI Donato

Ciò è noto a tutti, Assessore Maccari, ma non significa che tu debba nasconderti dietro questo esile paravento.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Non mi nascondo.



ADDUCI Donato

Assumiti le tue responsabilità. Questo studio è del 1987, tu eri già Assessore, o lo sei diventato subito dopo, e da allora ad oggi deduco, da quanto hai detto, che non hai fatto assolutamente nulla. Vuoi abbattere i platani, come se fossero essi ad andare contro agli automobilisti, ed ignori questo problema.
Il fatto che neanche il provvedimento che ho richiamato sia stato imposto all'ENEL. mi sembra grave e non lascia ben sperare circa il futuro dell'elettrodotto, o meglio, di chi vive sotto l'elettrodotto.
Nel nostro ordine del giorno vi sono alcuni punti sui quali ancora una volta richiamo l'attenzione di alcuni Consiglieri che sembrano un po' ignorare queste problematiche, e ciò sulla base delle due argomentazioni già svolte: la prima di carattere sanitario, la seconda di carattere giuridico, la sentenza del Pretore.
Il nostro ordine del giorno, predisposto e presentato in data 14 aprile quando l'Assessore ci illustrò lo studio commissionato dal Consiglio regionale e del quale ovviamente abbiamo tenuto conto, chiede che i lavori del costruendo elettrodotto siano sospesi. Il Pretore li ha già sospesi per quel tratto, ma l'altro giorno i tecnici dell'ENEL ci hanno informati del fatto che i lavori da Piossasco, a ritroso, verso Rosta continuano; dunque è ancora necessario chiedere la sospensione dei lavori e, dobbiamo aggiungere, la non immissione in rete dell'energia elettrica. Formuliamo ugualmente questa richiesta, anche se ci rendiamo conto che è impossibile immettere energia elettrica in un elettrodotto spezzato ad un certo punto.
Si tratta, però, di una misura cautelativa e di un segno di volontà politica nei confronti dell'ENEL.
Chiediamo, inoltre, che sia compiuta una puntuale verifica lungo il percorso dell'elettrodotto nel tratto Leinì-Rosta al fine di accertare se altre abitazioni, oltre a quelle citate, si trovino in condizioni di non sicurezza anche in rapporto all'altezza della linea.
Noi abbiamo potuto vedere qual è la reale condizione di quelle abitazioni, ed abbiamo fatto bene a compiere quel sopralluogo, perché ci siamo resi conto dell'impatto che causa quella linea.
Ho un elenco di cittadini, un elenco che è un po' diverso da quello astratto fornito dall'ENEL quando diceva: "Una casa è a 25 metri...". Qui ci sono cittadini con nomi e cognomi, e sono quei cittadini che noi potremmo far diventare delle cavie. Ci sono quattro abitazioni nel Comune di San Francesco, una a 25 metri del signor Martinetto, una a 55 metri del signor Ballesio, una a 40 metri della signora De Paoli Cecilia; ce ne sono ben undici nel Comune di San Carlo Canavese, due nel Comune di Nole Canavese, una, quella del signor Fornelli Bruno, è a meno di 20 metri un'altra è circa ad 80 metri. Nel Comune di Mathi Canavese ve ne sono ben dodici, comprese tra i 40 e i 50 metri. Nel Comune di Balangero ce ne sono altre tredici, comprese tra i 40/50/60/70/80 metri. A Cafasse ve ne sono tre e sono quelle della signora Perracchione, della famiglia Tettati e dell'azienda Mega: addirittura lì, noi l'abbiamo visto, i fili passano al di sopra i capannoni. Nel Comune di Fiano ce ne sono cinque: quattro sono a circa 20 metri ed appartengono ai signori Morino, Salarino e Vottero, una è a 50 metri, quella del signor Giuliano. Ed infine, nel Comune di Varisella quella del signor Giusto Bruno si trova a circa 50 metri dall'elettrodotto.
Questo è lo stato delle cose. Il nostro ordine del giorno chiede che questa situazione venga ufficialmente accertata e valutata. Inoltre poniamo un problema di natura più complessivo: essendo a conoscenza dello studio dell'USSL di Ivrea, studio da noi stessi commissionato, che dice testualmente: "Non dovrebbero esistere case, scuole, aree ricreative parchi gioco, ecc., in zone dove il livello del campo elettrico misurato può superare i due Kw al metro, cioè in zone contenute entro la fascia di 20 metri sull'asse della linea", chiediamo che sia verificata su tutto il territorio della regione l'esistenza di questi casi e chiediamo che venga prodotto uno studio su come porre rimedio a questa situazione. Intanto vi informo dell'esistenza di una scuola materna situata nel Comune di La Cassa in zona Truc di Miola che è proprio sotto i cavi di un potente elettrodotto. Questo lo abbiamo appreso sulla base delle indicazioni che i cittadini del luogo ci hanno fornito, ma chissà quanti altri casi del genere esistono e noi non possiamo continuare ad ignorarli, dal momento che lo studio dell'USSL di Ivrea ci ha reso edotti circa la pericolosità di simili vicinanze.
Chiediamo che lo studio venga portato a conoscenza del Ministero della Sanità, delle diverse Giunte e dei Consigli regionali affinché siano adottate misure adeguate sul territorio nazionale.
Raccomandiamo alla Giunta un'attenta sorveglianza ed un'accurata verifica delle opere effettuate ai fini di una minimizzazione dell'impatto ambientale delle medesime.
Chiedevamo, sempre alla Giunta, di intervenire ad adiuvandum, ma la questione - collega Majorino - è risolta, quindi questo ultimo impegno decade a seguito della sentenza del Pretore.
Credo di aver fornito alcuni elementi utili, altri se ne possono aggiungere, per far sì che questo Consiglio decida con la necessaria serenità e con l'indispensabile senso di responsabilità che gli è proprio.
Occorre che i cittadini che abitano sotto l'elettrodotto sfuggano al destino loro imposto di fungere da cavie e diventino cittadini come tutti gli altri, con gli stessi diritti, gli stessi doveri e, soprattutto, con lo stesso diritto alla salvaguardia della loro salute.



PRESIDENTE

Ricordo che il Consigliere Pezzana ha presentato, in data odierna, un ordine del giorno sull'argomento che è già stato distribuito a tutti i Consiglieri.
La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il mio ordine del giorno è volutamente parziale ed entrerò nel merito tra non molto per illustrarne il contenuto.
Ricordo che di questo argomento se ne parla da più di due anni in questo Consiglio regionale. Anche se apprezzo la generosa ricostruzione fatta dal collega Adduci, devo dire che in realtà chi ha gestito completamente la situazione è stato ancora una volta l'ENEL. perché se l'Assessore Maccari ha fatto bene a ricordare qualche minuto fa che l'autorizzazione all'elettrodotto Leinì-Piossasco venne data dalla Giunta precedente, è altrettanto vero che di fronte ai dibattiti tenutisi in quest'aula in questi due anni nulla è cambiato: l'elettrodotto è andato avanti ed è onesto da parte nostra dirlo alle popolazioni, invece di lasciare delle speranze. Ormai l'elettrodotto c'è, nessuno potrà impedirne la costruzione, si tratterà soltanto di vedere se sarà possibile tutelare riflettere e comunicare. Però in realtà chi ha gestito da padrone, con volontà di concreta realizzazione, è stato ancora una volta l'ENEL.
Verrebbe da chiedersi se vale la pena cambiare le Giunte quando in realtà non cambia niente per tutto quello che riguarda la volontà spietata di distruggere non soltanto i beni ambientali, ma anche quelli architettonici.
Quando si va in campagna può anche far piacere voltarsi per guardare qualche bella costruzione, guardare il verde, guardare i fiori, senza inciampare nei piloni, prendere la scossa o rimanere fulminati.
Oltre al problema del fatto ambientale, che comunque aiuta a vivere in maniera meno cementata, ci sono tutti i dati sulla salute dei cittadini verso i quali ancora una volta anche questa Giunta ha dimostrato il più totale non vorrei dire "disprezzo", perché mi pare esagerato, ma comunque il più totale disinteresse, visto che l'unico interesse che viene salvaguardato è quello dell'ENEL.
Quindi, inviterei i colleghi Consiglieri che su questo argomento sono particolarmente sensibili e che hanno preparato questo ordine del giorno (nel quale volentieri, su richiesta, farò confluire anche il mio, perché il mio è volutamente parziale, si riferisce ad una proposta che illustrerò fra pochi minuti) a non consolarsi nei risultati, anche se una parte di questo Consiglio, più attenta ai problemi ambientali, ha cercato di diffondere informazioni su una linea sciagurata, come quella dell'elettrodotto, che non si sa nemmeno come potrà funzionare, vista la disattivazione del Superphoenix che mi pare sia in sospeso da più di otto mesi. Se verrà riattivato, arriverà anche l'energia elettrica all'elettrodotto in costruzione di cui stiamo parlando; ma potrebbe anche verificarsi l'ipotesi che, vista la pericolosità del Superphoenix che ha convinto il Governo francese a sospenderne l'attivazione, ci troveremo di fronte ad un elettrodotto, costruito, senza la possibilità di essere rifornito di energia elettrica.
Vorrei dire, non soltanto al collega Adduci che ha già ricordato queste cose, che la volontà precisa di questa Giunta è quella di comportarsi esattamente come quella precedente, cioè andare avanti e dare sostanzialmente il proprio disinteresse riguardo ai risultati di questo elettrodotto.
Il mio ordine del giorno chiede una cosa concreta, ancora possibile perché chiedere che l'ENEL smantelli i piloni, i cavi o le linee già costruite mi pare sia una richiesta molto ingenua. Chiedo invece, con una proposta specifica, perché dopo l'ordinanza del Pretore i piloni sono andati a ridosso dell'Abbazia di S. Antonio di Ranverso, se è possibile ancora salvare il dato ambientale, paesistico, architettonico, estetico di questo pezzo di valle. Si potrebbe, con un voto del Consiglio, chiedere che l'ENEL. invece di costruire i piloni, interri tutta la parte che deve ancora essere costruita, cioè la parte che va dalle colline moreniche della Bassa Valle di Susa, tra Rosta e Buttigliera, fino alla Dora. Non so bene quanto sarà il costo aggiuntivo, sicuramente ci sarà. Da quanto ci hanno riferito persone tecnicamente credibili (che non si occupano di politica ma che si occupano tecnicamente di questi progetti) è possibile; se è ancora auspicabile, da parte del Consiglio e della Giunta, un interessamento sull'ENEL. occorrerebbe valutare se l'ultima parte della valle può essere salvata con un'opera di interramento. Credo sia possibile e almeno questo dovrebbe essere appoggiato non solo dal Consiglio, ma dalla Giunta, se crede di distinguersi dalle decisioni nefaste di quella precedente. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei essere molto concreto nel mio intervento e non ripetere cose già dette perché le due questioni che abbiamo di fronte sono abbastanza chiare e semplici.
La prima questione l'abbiamo verificata molto bene durante il sopralluogo di martedì scorso e può essere riassunta in un concetto: ci troviamo di fronte a cittadini che in fondo chiedono una sola cosa chiedono sicurezza e certezza della condizione in cui si trovano a vivere.
A questa domanda di sicurezza e di certezza bisogna dare una risposta che oggi questi cittadini - l'abbiamo visto con i nostri occhi - non hanno.
Sulla questione c'è da fare un'osservazione che in parte è parallela e se riuscirò anche in ampliamento - a quanto diceva il collega Pezzana.
Sono rimasto veramente stupito ed amareggiato nel vedere in che modo un'azienda pubblica di Stato, che in ultima analisi per i cittadini è una presenza dello Stato a casa loro, ha realizzato questa opera. Dal sopralluogo che abbiamo effettuato, sia pure con beneficio d'inventario non è apparso in alcun modo quali motivazioni abbiano condotto l'ENEL ad ubicare dei tralicci a fianco delle case dei cittadini e nei loro cortili.
Un tracciato su una linea spezzata molto variegata e poco lineare che guarda caso, in sei situazioni ha posto i piloni di fianco alle case.
La Regione Piemonte e le istituzioni in generale non possono tollerare che un'azienda pubblica lavori in questo modo. Occorre controllarla occorre capire, Assessore Vetrino, intanto per quello che è avvenuto, per come sono stati ubicati i pali della linea, occorre verificare se ci sono altre situazioni simili e chiedere conto all'ENEL della scelta effettuata: in tante situazioni non si capisce perché i pali non potevano essere spostati 20-25-30 metri più in là. Questo modo di agire di un'azienda pubblica è quanto mai pericoloso, poi si lamenta che i cittadini italiani a volte hanno uno scarso senso dello Stato. Ma questo modo di agire dell'apparato pubblico, di un'azienda pubblica, non migliora il senso dello Stato dei cittadini che si sentono invece condizionati da decisioni lontane da loro, irragionevoli - provate a mettervi nei panni di uno degli abitanti di quelle case - indiscutibili, perché quando un organismo del genere opera è un mastodonte di fronte al quale il cittadino singolo non può far altro che allargare la braccia.
La vicenda deve farci pensare, riflettere e soprattutto agire con gli atti che noi chiediamo da un anno, che non abbiamo ancora visto e che sollecitiamo oggi.
Ci troviamo di fronte alla forza delle cose - lo ricordava anche il collega Pezzana - l'imponenza dei tralicci, il loro radicamento in terra fanno pensare, disarmano, sono lì con tutto il loro peso. Di questo per non è che si possa prendere semplicemente atto.
Sul primo problema, diritto all'integrità fisica, bisogna dare risposte prendendo decisioni subito. La prima decisione è quella che in quei fili non deve passare corrente mossa da un solo volt sino a che non siamo in grado di dire ai cittadini che pericoli ci sono per la loro salute.
Siccome adesso non siamo in grado di dirglielo, e non è in grado l'ENEL che con quelle due paginette, anzi, ci ha riempito di dubbi, perché ha fatto delle misurazioni non ad 8 metri dal suolo come bisogna farle, perché i cittadini dormono e camminano al piano superiore delle case, non solo ad 1 metro e mezzo da terra, e ciò nonostante le rilevazioni fatte ad 1 metro e mezzo da terra pongono queste abitazioni in quelle aree a rischio potenziale indicate dallo studio dell'USSL 40. La decisione che noi sollecitiamo da più di un anno oggi dev'essere presa. La sospensione dei lavori scritta nel nostro ordine del giorno, che dev'essere intesa a questo punto come sospensione dell'erogazione dell'energia elettrica, deve qui essere dichiarata: su questo, Assessore Vetrino, aspettiamo una risposta precisa.
Secondo tema: tutela dell'ambiente. Noi abbiamo aderito alla proposta di ordine del giorno del Consigliere Pezzana. E' possibile che alle soglie del 2000 e con tutti i discorsi sulle nuove tecnologie e con i problemi dell'ambiente sui quali tutti diciamo di essere ormai attenti, non si possa chiedere all'ENEL uno sviluppo delle nuove tecnologie tese a interrare questa distribuzione di energia in corrispondenza della valle? Perché in base al sopralluogo e in base, Consigliere Pezzana, ai palloncini che anche ieri l'ENEL ha cercato di innalzare per dare concretezza a una dimensione che sappiamo difficile da valutare in altezza (valutiamo meglio le direzioni in orizzontale, le altezze ci stupiscono sempre) sia pure in una prova che è stata un po' rovinata dalle condizioni metereologiche, la perplessità sulla nuova ubicazione di questo palo è assoluta: ci sarà un disturbo netto all'ambiente dell'Abbazia di S. Antonio di Ranverso. Noi chiediamo che si impedisca la costruzione di questo palo e lo si può perch la legge urbanistica lo permette; si trattino con l'ENEL le condizioni di una nuova forma di trasporto dell'energia. Con l'ENEL la Regione Piemonte non è che non abbia rapporti o abbia rapporti solo sull'elettrodotto da 380 kilovolt, ha plurimi rapporti. Ricordo uno recente, anche strombazzato da questa Giunta con articoli e interviste con cui la Giunta regionale ha affidato all'ENEL il rilevamento dei corpi idrici. Con l'ENEL i rapporti vanno cambiati.
La seconda proposta concreta prende origine dal fatto che la Giunta regionale autorizza l'ENEL a eseguire le linee elettriche, sul Bollettino della Regione Piemonte sono pubblicate queste autorizzazioni date dalla Giunta regionale attraverso i propri servizi: la Regione Piemonte deve smetterla di dare queste autorizzazioni agli espropri dei terreni per i progetti di linee in modo amministrativo-burocratico. Non è possibile che l'ENEL decida senza che ci sia un confronto con un interlocutore politico che è la Regione Piemonte, progettando questi tracciati con criteri imperscrutabili e incomprensibili.
Allora la Regione Piemonte prima di fare queste delibere verifichi il progetto, veda dove sono ubicati i pali e le linee ed il perché, e si discuta tutte le volte che passano vicino alle case! Quindi l'impegno che inseriremo anche nell'ordine del giorno aggiuntivo è quello di un controllo su queste autorizzazioni, perché ad autorizzazioni date, a pali installati rimaniamo tutti schiacciati dal peso di questi pali.
Dobbiamo anche dire ai cittadini che speriamo che emerga un fattivo interlocutore politico. Questi cittadini con grande civiltà, cortesia e con tante speranze hanno accolto le autorità pubbliche, ma sinora hanno avuto risposte concrete ancora una volta solo dalla Magistratura e non dal soggetto politico. Poi ci lamentiamo che la Magistratura invade i campi delle decisioni politiche e via dicendo, però guarda caso quando il problema è un po' dolente un'istituzione che dà delle risposte che si possono anche discutere, ma le dà, è ancora la Magistratura, in questo caso dal Pretore di Avigliana. Invece di fare tanti vittimismi cercate di assumervi le responsabilità che vi competono e di prendere delle decisioni concrete.
Ai cittadini rimarrebbe da dire una cosa di fronte ad una situazione di questo genere e cioè che c'è anche la carta del Difensore civico.
Sinceramente mi trovassi coinvolto personalmente in vicende di questo genere penserei anche al Difensore civico.
Altra cosa che chiediamo è che la Regione Piemonte faccia una scheda per ogni abitazione, nella quale, in modo preciso e in contraddittorio con l'ENEL. risulti quanti volt per metro ci sono in queste abitazioni. Fino a che non ci sono queste schede e vengono analizzate dall'USSL 40, i lavori vengano sospesi.
Ultimo punto. Non c'è l'Assessore competente, ma la Vicepresidente se ne farà senz'altro carico. Anche nella legge urbanistica si potrebbero introdurre già ora questi primi elementi di tutela e di prudenza nel costruire gli elettrodotti.
Su questi punti, Assessore Vetrino, ho svolto il mio primo intervento nel settembre scorso, ed ho chiesto la sospensione dei lavori: allora è stata negata. Secondo me oggi, Assessore, lei ha diverse ragioni in più per impedire che l'elettricità passi attraverso quei cavi perché non siamo in grado di assicurare i cittadini sulla loro sicurezza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, nel sopralluogo compiuto nei giorni scorsi da vari Consiglieri si sono rilevate alcune sorprese che cercherò di illustrare brevemente.
La prima di queste è che ci trovavamo dinnanzi a un'opera che avrebbe avuto davvero bisogno di un forte intervento di valutazione di impatto ambientale. Un'opera classica che probabilmente avrebbe aiutato a minimizzare alcuni effetti. Più che mai la mancanza di uno strumento legislativo in questo campo rende urgente fare qualcosa a livello regionale oppure sollecitando il legislatore nazionale.
Abbiamo assistito, in alcuni punti, a dei fatti per lo meno strani: abbiamo visto, ad esempio nel territorio di Cafasse e Fiano, una linea a media tensione tracciata parecchi anni addietro (decenni), linea che ha una serie di servitù rispettate dalla comunità, che poi si è sviluppata tenendo conto dell'esistenza di questo percorso. Noi sappiamo che oggi le tecnologie permettono di avere un sistema di trasporto misto, media e alta tensione. Noi abbiamo assistito per lunghi tratti, molti chilometri, a una nuova linea che corre a 50 metri in parallelo di quella esistente e ci ha stupito molto. Mi sono anche detto che forse in un grande ente come l'ENEL.
magari il settore della media tensione dialoga con difficoltà con il settore dell'alta tensione ed è più difficile trovare un accordo che riuscire a spuntarla per mettere un elettrodotto con questo tipo di impatto. Quindi, forse, soluzioni ci potevano essere e avrebbero permesso in alcuni lunghi tratti, di trovare dei percorsi che la comunità avrebbe accettato e per i quali si sarebbe organizzata di conseguenza.
Meno preoccupante sull'aspetto della salute, che io ritengo prioritario, e di più sull'aspetto paesaggistico ambientale architettonico è l'attraversamento della Valle di Susa. Sono preoccupato della soluzione che emerge dalla decisione della Magistratura, cioè la soluzione di un pilone di 90 metri, che i palloncini poi non ci hanno permesso di vedere ma che rappresenta al centro della valle, sulla collinetta a 100-150 metri dall'Abbazia di S. Antonio di Ranverso, un fatto straordinario; sarà un fatto davvero straordinario perché sarà più alto della metà della Mole.
Allora credo che la scheda ENEL che ci guidava (ricordo che il Consigliere Chiezzi come un notaio precisamente seguiva pilone per pilone spuntando e scrivendo note) non può essere l'unico ausilio per poter fare questa indagine: è necessario che la Giunta avvii un'indagine sulle conseguenze sanitarie più in generale. Siamo vissuti sotto l'alta tensione nei quartieri periferici di Torino; nella zona di Lucento c'era una linea ad alta tensione sotto la quale le vecchie case hanno vissuto per parecchio. Però cresce la sensibilità, cresce la consapevolezza delle comunità e quindi non possiamo liquidare con faciloneria questi nuovi aspetti che probabilmente una volta erano vissuti in forme diverse. Se vale per un'indagine generale io credo che in questo caso particolare la Giunta debba lavorare autonomamente - e credo che l'USSL di Ivrea abbia lavorato bene su questi rischi potenziali che possono derivare - per costruire questa tabellina: i valori segnati nella tabella ENEL si avvicinavano in alcuni casi in modo preoccupante alla soglia dei 2.000 kilovolt oppure alla grandezza magnetica che era utilizzata come valore da non superare.
La proposta che faccio all'Assessore è che intanto non si attivi l'elettrodotto sino a quando non si arrivi a delle determinazioni precise su questi due aspetti: paesaggistico ambientale e salute. L'attraversamento in interramento della Valle di Susa, o comunque del tratto destro della Dora, credo possa essere fattibile, e pur sapendo che i costi sono notevoli chiederei di non escludere questa possibilità; almeno di tenere presente che ci può essere questa soluzione. La soluzione alternativa oggi presentata è di duplice livello: o il preesistente, dove il Pretore ha già indicato i potenziali danni che ci possono essere per una serie di abitazioni e cascine della zona, o la soluzione che emerge dalla decisione del Pretore che è un pilone da 90 metri a 100 metri da S. Antonio di Ranverso posto su una collina al centro della Valle di Susa.
Credo che sia necessario verificare se almeno non possa esistere una linea alternativa, certamente più costosa. Credo, Chiezzi, che le tecnologie siano già sviluppate per trasportare l'alta tensione in modo interrato con tutte le sicurezze e le possibilità di controllo necessarie.
Dall'altro lato è necessario che venga immediatamente fatto questo tipo di studio e là dove i valori non sono accettabili che si abbia il coraggio capisco che questa è una scelta molto complessa, di spostare quei piloni.
Il percorso non è molto lineare, se quindi questa non linearità accresce oppure si modifica leggermente, non è poi la fine del mondo. Non credo che questo sia un fatto che contrasti con l'esigenza tecnologica posta dal trasporto di energia ad alta tensione.
Chiedo all'Assessore di porre questa domanda in modo preciso all'ENEL: come mai per chilometri e chilometri corre una linea a media tensione, con pilastri già determinati, che ovviamente dovrebbero essere modificati e non si è pensato, e quindi per molti Comuni la cosa sarebbe stata modificata in modo radicale, di costruire una linea mista dove già preesisteva quella precedente. Questo aspetto mi pare un elemento oscuro. Non vorrei che le procedure di rapporto dei vari compartimenti all'interno dell'ENEL siano più difficili di quelle per ottenere il permesso di costruire un elettrodotto. Sarebbe abbastanza preoccupante che la non comunicazione dei vari settori all'interno dell'ENEL abbia provocato per tratti rilevanti del percorso il fatto che si faccia correre una linea a 50 metri da una storicamente già determinata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Desidero aggiungere alcune considerazioni rispetto ad alcuni interventi che mi hanno preceduto, in particolare a quelli svolti da coloro che con me hanno firmato l'ordine del giorno che ha dato origine al dibattito della scorsa settimana, al sopralluogo di martedì scorso e alla discussione di oggi.
Con la premessa triste nel rammaricarmi di non vedere in questo momento delinearsi, a meno di non intendere le parole del Consigliere Tapparo come espressione di ciò, una posizione della Giunta e della maggioranza in materia. Qui è l'opposizione che costringe ad occuparsi di questa vicenda da almeno due anni, anche con provvedimenti di costituzione ad adiuvandum di fronte alla Pretura di Avigliana, avente carattere surrogatorio di una Giunta inesistente e, come è stato richiamato dal collega Adduci soprattutto dell'Assessorato in primis competente che, se inizialmente poteva intendersi l'Assessorato alla pianificazione territoriale in conseguenza della svolta processuale imposta dai cittadini alla Regione e all'ENEL. è diventato l'Assessorato alla sanità il quale è stato sempre assente su tutta la vicenda, anche martedì scorso al sopralluogo.
L'elettrodotto Leinì-Piossasco, insieme ad altre vicende, finisce per essere un rapporto di alcuni Consiglieri e di alcune forze politiche con una serie di cittadini che vengono accolti dalla VII Commissione consiliare e da alcuni componenti di questa anziché nelle sedi più proprie ed opportune. Questi cittadini si erano recati, tempo fa, presso la sede della Giunta regionale però con scarsi esiti. E richiamo Chiezzi per dire che alla fin fine la Magistratura ha costretto tutti a prendere atto di una situazione di cui questo Consiglio regionale e questa maggioranza non ha voluto prendere atto. Tutto ciò senza assolvere decisioni precedenti tentando di ripartire le responsabilità di chi ha autorizzato, a suo tempo e di chi non ha sospeso e non ha emanato provvedimenti di natura diversa che pure erano possibili in tempi successivi.
Quando il collega Pezzana afferma che ormai l'elettrodotto c'è e sarà difficile buttarlo giù può anche essere vero, ma nello stesso tempo l'elettrodotto è stato costruito in tempi successivi alla seconda o terza richiesta di sospensione fatta in Consiglio regionale. Queste richieste tra l'altro, venivano dopo le richieste, fatte dai cittadini e da organizzazioni e comitati spontanei, di sospensione dei lavori; dopo segnalazioni in specifico sia di alcuni inconvenienti di carattere ambientale sia di inconvenienti di carattere sanitario. Anche lo studio condotto con tempestività e chiarezza (non sempre rinvenibile in documenti del genere) da parte dell'USSL 40 di Ivrea è stato prodotto in tempi utili per permettere di compiere alcuni interventi. Questo studio è stato redatto sulla base di precise richieste di cittadini e delle opposizioni e della stessa Pretura di Avigliana. Queste puntualizzazioni sono necessarie per ripercorrere come si è sviluppata questa vicenda. Il tempo per sospendere tutto c'era. La latitanza dell'Assessorato alla sanità è stato l'elemento costitutivo della vicenda, sia nella passata legislatura che in questa.
Poi, per quanto riguarda l'ENEL. l'atteggiamento di questo ente è sempre lo stesso e rimane tale anche quello delle forze politiche rispetto all'ENEL.
L'ENEL. e lo dicevamo già quando si parlava del problema nucleare, è un'entità che ha un rapporto feudale con il territorio e con le comunità locali e le forze politiche. Quindi il suo è un dominio e un controllo sul territorio. Oltre al controllo, vi è anche un certo disprezzo, perch questo ente non ha legami con questo territorio, non ha l'affetto e la sensibilità di riconoscere i luoghi che sono propri di chi invece ci abita lavora, ecc., cioè di coloro che possiedono, in una società che va disgregandosi e perdendo certi elementi di valore e tradizioni, ancora un legame con il territorio. L'ENEL passa, va avanti. Questo è il modello del comportamento degli enti di Stato; ritrovarlo applicato per questo elettrodotto non costituisce nessuna novità.
Senza riprendere gli argomenti sostenuti da Adduci, vorrei ricordare in quanto non è stato finora richiamato - un altro scempio, quello della montagna, derelitta, il Musiné, che non è vincolata da niente e da nessuno.
Eppure è una montagna con una sua personalità che la rende diversa dalle altre montagne, questo pur condividendo tutti i problemi in merito alla sensibilità paesistico-ambientali di zone quali la collina morenica di Rivoli, di Rosta e dell'Abbazia di S. Antonio di Ranverso. Il Musiné è stato considerato un puro intralcio alla realizzazione della linea. Cose di questo genere si possono vedere condotte in Valle d'Aosta dallo stesso ente di Stato, con lo stesso disprezzo del territorio, come nel caso dell'elettrodotto che discende dalle centrali nucleari francesi verso Rondissone. Anche rispetto a questa linea, per quanto riguarda il territorio valdostano e quello piemontese, occorrerà compiere un'attenta indagine, perché in quelle zone l'intensità dell'energia che passa è identica.
Se a questo aggiungiamo i progetti che giacciono presso l'Assessorato alla pianificazione territoriale e che sono stati pubblicati da alcuni giornali locali tempo fa, rispetto alla linea Moncenisio-Piossasco abbiamo un quadro estremamente preoccupante, sia rispetto a quello che è avvenuto sia rispetto a quello che potrà avvenire. Rispetto a tutto questo, occorre sottolineare la necessità di un pronunciamento chiaro della Regione, come si chiede nell'ordine del giorno: sospensione dei lavori, da intendersi come interruzione immediata affinché non accada nulla. Perché non accada nulla, occorre che non vengano chiusi i fili, che in questo momento mancano a due o tre tralicci del percorso. Lì non devono essere più messi; questa deve essere la garanzia che la Regione deve dare ai cittadini: la non chiusura del circuito dei fili da Leinì a Piossasco. Ed inoltre una verifica ancora dei dissesti e del disprezzo del territorio, sia per quanto riguarda la parte progettuale sia per quanto riguarda l'esecuzione delle opere. Siamo ancora in attesa di vedere cosa può produrre la Regione in merito, essendo questa una richiesta di oltre un anno fa. Poi, vi è il problema di accogliere la sollecitazione di Pezzana rispetto ai problemi ambientali connessi alla nuova collocazione del traliccio a Rosta e di verificare le possibilità di interramento del tratto relativo alla zona Nole - Mathi - Cafasse e non solo del tratto relativo all'attraversamento della Valle di Susa.
L'argomento che stava all'origine di tutta la vicenda non può che riproporsi: il problema dell'utilità di questa linea. Per chi è stata fatta, a che cosa serve, quale giustificazione reale ha all'interno dell'approvvigionamento energetico della grande metropoli urbana torinese? Questo problema, al quale la Pretura non ha dato risposta, più che altro per il tipo di procedimento che aveva all'esame, deve comunque essere riproposto. Perché tutte le argomentazioni esposte dall'ENEL. in merito alla necessità di energia elettrica in quel periodo (fine anni '60 - inizio anni '70) si sono, rispetto alle previsioni, continuamente rivelate errate.
Ed è errata anche questa.
Allora direi che occorre porci una questione di estrema rilevanza anche dal punto di vista etico: non è tollerabile moralmente far correre rischi alla popolazione di fronte ad un intervento inutile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, cerco di sfuggire anche io alla tentazione di ripetere cose già dette. Non è la prima volta che parliamo di questo argomento.
Mi pare che siamo di fronte a una presa di coscienza e di governo da parte della Giunta che, pur essendo costretta a correggere errori di precedenti Amministrazioni, perché è inutile fare del veteromoralismo negli anni dal 1975 al 1985 molte linee sono state attivate anche sul percorso Superphoenix nelle zone di montagna, ci sono delle mie interrogazioni che non hanno nemmeno avuto risposta. Ora ci troviamo a dover correggere impostazioni forse non sufficientemente valutabili possiamo dare questa attenuante negli effetti concreti di impatto sul territorio, ma che di fatto si sapeva avrebbero richiesto quella puntuale sperimentazione e quel controllo che invocava il Consigliere Chiezzi e che invece non è stato fatto, almeno fino al 1985.
Oggi - l'abbiamo già detto in precedenti dibattiti - il tipo di approfondimento, soprattutto sugli effetti negativi dei campi elettromagnetici, costituisce un impegno dei due Assessorati alla sanità e alla pianificazione, un impegno complessivo della Giunta, sul quale alcune conclusioni già sono note. Noi vorremmo quindi che queste conclusioni venissero attivate in termini di verifica non solo per assolvere a dei problemi di natura estetica o ambientale, ma soprattutto per le questioni che attengono alla salute dei cittadini e quindi il problema non riguarda solo il tracciato in Valle di Susa, tanto per essere molto chiari, e l'attraversamento della Valle, ma riguarda anche la Valle di Lanzo, quei percorsi che sono a rischio rispetto ad una serie di esigenze consolidate abbastanza verificabili, per le quali quei parametri dell'USSL di Ivrea possono essere punto di riferimento per questa verifica.
Ritengo quindi, a nome del Gruppo, di dover dare alla Giunta un ulteriore incitamento a proseguire in questa verifica, richiamando quanto ho già detto nella precedente seduta del Consiglio, cioè ormai questi problemi richiedono un tipo di governo, Assessore Vetrino, che al di là delle enunciazioni e dei pronunciamenti richiede strutture apposite.
Anche da questo punto di vista noi siamo pienamente solidali con le sue difficoltà ad attivare quei gruppi di lavoro interni all'Amministrazione regionale, perché questi controlli debbono fare parte del patrimonio di attività della Regione e non divenire dei fatti di eccezionalità che vengono richiamati solo in occasione di punte di rischio o di punte di denunce che i cittadini sottopongono alla nostra attenzione.
Il controllo dell'uso del territorio e dei rischi che comportano le infrastrutture deve diventare un atteggiamento costante e quindi anche da questo punto di vista l'attivazione di risorse necessarie; perché ciò possa essere fatto, deve trovare da parte delle forze di maggioranza, e credo anche di minoranza, la maggiore comprensione.
Concludo dicendo che pensiamo di sottoscrivere una bozza di ordine del giorno che l'Assessorato ha predisposto e sul cui contenuto siamo d'accordo e diciamo anche al Consigliere Pezzana che per quanto riguarda il suo ordine del giorno, se la soluzione tecnica ha garanzia di certi valori e di certe possibilità di risolvere i problemi passando attraverso l'interramento, ben venga questa soluzione.
L'ordine del giorno dell'Assessorato è in predisposizione e noi lo abbiamo visto.
Anche sull'ordine del giorno di Pezzana noi abbiamo disponibilità ad aderire. Volevo solo fare presente al Consigliere Pezzana che il problema dell'interramento, come è a tutti noto, comporta anche problemi di correnti vaganti. Quindi il problema delle soluzioni tecniche non è così automatico come potrebbe sembrare. Quindi l'ipotesi di percorsi di alte tensioni in sotterraneo richiederebbe dal punto di vista tecnico un accertamento anche con riferimento alla natura dei terreni. Anche questo è un argomento da non sottovalutare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intendo innanzitutto ricordare che nel corso dell'intervento che il Consigliere Picco aveva fatto a chiusura dell'ultimo dibattito di alcuni mesi fa, quando discutevamo quell'ordine del giorno che non ebbe accoglimento allorquando insistevamo nel richiedere che la Giunta regionale intervenisse con la sua autorità a tutela della salute dei cittadini ad adiuvandum le popolazioni di Rosta, ci aveva ricordato che questa è una sede politica nella quale si devono prendere, nei limiti delle competenze istituzionali, decisioni politiche sia pure in base alle leggi regionali, e che non era il caso di rivolgersi all'autorità giudiziaria.
La realtà è che, come ricordava il Consigliere Chiezzi, i fatti ci hanno dato ragione, perché in questo caso di fronte all'ENEL che proseguiva nei suoi lavori, di fronte al governo regionale che aveva ritenuto di non assumere nessuna iniziativa stragiudiziale o politica nei confronti dell'ENEL. la Magistratura ha dovuto svolgere ancora una volta questa funzione supplente e sostitutiva.
Al punto in cui siamo, rimango tuttavia molto scettico sui risultati che si potranno ottenere attraverso una trattativa con l'ENEL.
Questo scetticismo d'altro canto lo aveva manifestato anche il collega Pezzana quando ha detto: "Al punto in cui siamo, si potrà anche dialogare chiedere e insistere - anzi auspichiamo che si insista con un certo vigore ma sui risultati siamo molto scettici".
Vorrei ricordare che su questo punto la Giunta, in base alla vigente legge urbanistica, ha i poteri, che le derivano dall'art. 9, di emanare provvedimenti inibitori e sospensivi allorquando si tratta - qui si verte proprio in questa materia - di tutelare dei beni ambientali e paesistici quali i beni additati puntualmente nell'ordine del giorno del Consigliere Pezzana.
Quindi indubbiamente c'è un potere autonomo nell'ambito del quale si può agire e si può provvedere; basta volerlo. Nell'ordine del giorno di cui sono anche firmatario si chiede che "la Giunta emani le necessarie disposizioni dirette a far sì che i lavori del costruendo elettrodotto siano immediatamente sospesi". A me pare, e non credo di cadere in errore che anche se il governo regionale, attraverso la legislazione vigente regionale, si assumerà questo impegno, non ha comunque poteri autonomi per provvedere alla sospensione se non limitatamente, come ricordavo poc'anzi con riferimento a quei determinati beni ambientali indicati nell'ordine del giorno del collega Pezzana.
L'unica cosa che si può fare per evitare danni alla salute delle persone, proprio perché ormai la stragrande parte dell'elettrodotto è stata costruita, è di spostare i tralicci a una distanza consentita.
Se l'ENEL non provvederà volontariamente, in seguito a queste prese di posizioni auspicabili della Giunta, a spostare anche quei tralicci che sono stati oggetto della nostra visita dell'altro ieri, che abbiamo visto essere nell'immediata vicinanza di case di abitazione, e siccome c'è un forte grado di probabilità che l'esistenza di questi tralicci e in buona sostanza della linea elettrica sostenuta da questi tralicci provochi danni gravi alla salute delle persone, è bene a questo punto rivolgersi alla Magistratura: questa volta non noi come singoli Consiglieri, ma la Giunta chieda sia al Pretore di Avigliana, che già si è orientato in questo senso sia agli altri Pretori, competenti delle zone che abbiamo visitato ieri cioè Lanzo e Torino, a provvedere ad una sospensione dei lavori per una non erogazione dell'energia elettrica, stante questo pericolo di grave danno alle persone. Ecco perché penso che l'unica strada da percorrere in difetto di un risultato da raggiungersi con l'ENEL a tempi brevissimi (anche qui varrebbe la pena di fissare un termine che potrebbe dover essere quello della metà di luglio, quello di 30 giorni da oggi) sia quella di impedire che cominci ad iniziarsi questo processo di grave danno alla salute delle persone. Bisognerebbe evitare un blocco non tanto dei lavori, che sono già pressoché ultimati, ma un blocco dell'erogazione dell'energia, il che lo può attuare soltanto l'Autorità giudiziaria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, un breve intervento soltanto per fare chiarezza, in particolare nei confronti dell'opinione pubblica, su alcuni elementi della storia di questa vicenda; per non consentire oltremodo un tentativo strumentale di dipingere un'opposizione attenta ai problemi ambientali o una maggioranza assente da questi problemi. Le cose non sono così.
Tutti i Consiglieri regionali conoscono il Musiné, almeno forse quanto il Consigliere Ala, anche se non hanno la casa disturbata dal palo della luce, come Ala. Tutti conoscono l'affetto che per il Musiné hanno anche gli ufo, le memorie diaboliche. Non ci sei solo tu, caro Ala, che hai gli occhi. Tutti frequentano la bassa Valle di Susa, ne conoscono la tristezza degli autunni con le prime nebbie. Vogliamo andare avanti di questo passo? Qualcuno si ferma a leggere le scritte in cui si richiama quanto si pagava per affittare i cavalli per la montata della Perosa. Molti di noi hanno percorso i sentieri della cintura morenica, molti di noi però hanno anche il pudore di svolgere un ruolo delicato come questo, con manifestazioni composte lasciando ad ognuno il proprio ruolo. Allora la politica ambientalistica, caro Ala, caro Adduci e colleghi, non è nata con voi, e non è vostro patrimonio esclusivo.
Quando Valerio Zanone in questa Regione 15 anni fa ha chiesto l'istituzione della Commissione all'ecologia, della quale fu il primo Presidente, venne considerato un sognatore e uno che stava perdendo il suo tempo in bubbole, occupandosi delle leggi che tutelavano i sottoboschi e cosette di questo genere.
Il Ministero dell'Ambiente è stato istituito, tra grandi difficoltà, da una tradizione liberale. La gente deve sapere che l'attenzione al paesaggio, all'ambiente, alla salute è una preoccupazione che ormai è un fatto della cultura e che permea ogni Consigliere regionale, al di là delle collocazioni politiche, partitiche di maggioranza e minoranza. L'opinione pubblica deve sapere come stanno le cose, per poter poi giudicare i nostri comportamenti, che a questo punto diventano sì politicamente suscettibili di giudizio. Allora, il Musiné era così, la Valle di Susa era così, S.
Antonio di Ranverso era così, la collina morenica era così, per l'autorizzazione al progetto è stata data in altri tempi. Ma nessuno qui polemizza con il fatto che è stata data. Nessuno qui polemizza e accusa nessuno di aver fatto qualcosa per indifferenza ai problemi ambientali o ai problemi della salute. Caro Chiezzi, nessuno della maggioranza ha sollevato questo problema, perché sa benissimo che le decisioni che l'istituzione Regione ha assunto a suo tempo erano all'interno di un processo, erano all'interno di limiti di competenza, erano all'interno di obblighi della Giunta regionale. E per senso dello stato un partito di opposizione ha il dovere, come ha il dovere il nostro, di riconoscere che decisioni che oggettivamente urtano contro i valori e contro le cose che oggi diciamo sono state assunte all'interno di un percorso per larga parte obbligata dalle competenze e dalle decisioni altrui.
Noi chiediamo soltanto che la pubblica opinione sappia che qui non esiste qualcuno che più della collega Vetrino ha attenzione a questi problemi. Se la collega Vetrino e la maggioranza danno risposte in apparenza meno affascinanti e meno suggestive, è perché l'Assessore competente, Vetrino, e la maggioranza che ha la responsabilità di supportare la Giunta, devono dare delle risposte all'interno del ruolo delle competenze che ha la Giunta regionale. Questa è l'unica differenza che ci può essere tra di noi: il gioco democratico, politico, dialettico in cui giustamente l'opposizione sollecita al massimo l'impegno della Giunta e la Giunta è tenuta, a mio modo di vedere, ad assumere il massimo delle responsabilità. E' certo che tra le due cose non ci può essere mai coincidenza, perché il massimo della sollecitazione andrà sicuramente sempre al di là del massimo della disponibilità a fare, perché se non fosse così sarebbe stato insufficiente il ruolo dell'opposizione.
La democrazia dialettica che cos'è? E' questo tentativo perenne, questa sperimentazione quotidiana di verificare il margine dell'errore, non è altro. La democrazia come metodo non ha niente a che fare con il concetto di a chi appartiene il potere. La democrazia in termine dialettico è un metodo con cui si cerca di rimediare all'errore, e l'errore come lo si rimedia? Lasciando che qualcuno puntualmente rilevi e sottolinei quelli che, a suo modo di vedere, sono le insufficienze e le carenze dell'altro interlocutore, nella specie della maggioranza, e la maggioranza ha il dovere di farsi carico di verificare quale fondamento abbia il rilievo che viene fatto rispetto all'insufficienza della propria azione. Questo è il gioco democratico. Avviene su tutte le cose. E' la democrazia in termini se mi consentite, occidentali che non è più tanto il sapere a chi appartiene il potere, perché secondo alcune mie idee il potere è sempre appartenuto al popolo. La sovranità apparteneva al popolo. Si tratta di capire come si traduceva in potere. Ragionateci un momento, evidentemente in altra sede.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri e soprattutto Assessore Vetrino, noi abbiamo la certezza che in questo Consiglio non esiste nessuno primo della classe: esiste grande attenzione a questi problemi da parte di tutti. La Regione Piemonte è all'avanguardia su queste cose, è anche per all'interno di un processo difficile di gestione del territorio ed è gestita da una classe politica responsabile che è un po' diversa da quella per esempio, che aveva affermato le linee di comunicazione elettrica del centro Italia per 15 anni, contribuendo in un modo non indifferente al ritardo della modernizzazione del sud. Queste cose magari bisognerà anche qualche volta ricordarle e fare i conti di che cosa hanno significato. Non essendoci nessun primo della classe, nessun ultimo della classe, noi non accettiamo né che l'Assessore "x" consideri di essere il primo della classe né che l'Assessore Vetrino ed i suoi colleghi figurino come gli ultimi della classe. Ci sono ruoli diversi, responsabilità diverse a cui ognuno cerca di rispondere all'interno del ruolo che svolge in questa sede.
Noi quindi voteremo l'ordine del giorno che abbiamo predisposto insieme agli altri colleghi, ordine del giorno che esprime l'opinione della Giunta e della maggioranza e che sostanzialmente recepisce al massimo le sollecitazioni che sono venute dall'opposizione e le sollecitazioni che vengono dalle popolazioni locali e dai cittadini, ma le sollecitazioni che vengono soprattutto dalla realtà delle cose.
Siamo anche convinti - intendo dire il Gruppo liberale - che la Giunta esplorerà sicuramente tutti gli spazi diversi, ulteriori, rispetto a quelli che indica l'ordine del giorno. Non abbiamo alcun dubbio su questo, perch se noi soltanto per un momento immaginassimo che la Giunta non fa esattamente qualcosa di più di quello che può rispetto a questo problema saremmo i primi a rimettere in discussione la Giunta perché, lo ripeto ancora una volta, non accettiamo ulteriormente - ed in particolare io personalmente - di sentirci dare lezioni e sentirci descrivere, da persone che magari in Valle di Susa sono andate per la prima volta, il panorama della Valle di Susa. Mi si viene a dire come devono essere fatte le discariche in Valle di Susa da persone che passano tutti i giorni su discariche esistenti nella Valle di Susa, ma che non lo sanno, perché come al solito i loro occhi sono solo e sempre interessati a guardare, sì l'ambiente, ma a vedere se dall'ambiente possono trarre l'occasione per un atto di speculazione politica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, intervengo non soltanto per manifestare apprezzamento e sostegno ai colleghi Adduci, Ala e agli altri che tenacemente ripropongono questo argomento alla nostra attenzione.
Intervengo ovviamente anche per ribadire che per Democrazia Proletaria è essenziale assumere, come orientamento, per quanto ci compete l'indicazione che venga bloccata l'immissione di energia nell'elettrodotto già costruito, fino a quando non ci sarà soddisfazione per tutti quegli aspetti relativi alla tutela della salute dei cittadini. Finora questa attenzione non si è manifestata.
Da questo punto di vista voglio dire che il copioncino di copertura recitato da taluni colleghi nei confronti delle inerzie di troppi Assessorati e di dirottamento dell'attenzione su questioni secondarie, non può annullare una realtà di fatto. Se dobbiamo dare atto - personalmente lo faccio volentieri - all'Assessore Vetrino di manifestare un sincero interesse per l'argomento, non può dirsi altrettanto dell'Assessorato alla sanità, che tanto più dovrebbe essere interessato all'argomento fondamentale che ci preoccupa, che è quello della tutela della incolumità dei cittadini che vivono intorno a questi mastodontici piloni. Mi dispiace per l'Assessore Maccari, il quale nel giro di 24 ore ha sentito il dovere forse giusto (non mi interessa in questo momento entrare nel merito), di esporre alla Magistratura l'urgenza di tutelare dei cittadini elettori del pinerolese - zona notoriamente di residenza dell'Assessore Maccari - per i platani di Airasca e, invece, nei confronti di una relazione dell'USSL.
quindi di un organismo sottoposto alla sua vigilanza e governo dal lontano ottobre 1987, che documenta inquietudini scientificamente fondate relativamente alle conseguenze degli elettrodotti sulla salute degli uomini, non ha sentito la stessa sollecitudine ad approfondirne detti aspetti.
Sono intervenuto per sottolineare le questioni relative al lavoro che finora è stato svolto - mi rammarico molto di non aver potuto partecipare martedì scorso al sopralluogo fatto in loco, ma ero impegnato al piano superiore con i cittadini della Valle Bormida che giustamente chiedevano attenzione - e per formulare la proposta (che mi auguro riceva l'attenzione dell'Assessore Maccari, al quale non risparmio le critiche, per la funzione istituzionale che ricopre) di avviare un'indagine epidemiologica sulle comunità investite dai tracciati dell'alta tensione in tutto il territorio piemontese, in modo che sugli aspetti relativi alla salute dei cittadini ci possa essere finalmente una conoscenza nell'arco del tempo. Tutti quanti dobbiamo prendere atto dei ritardi storici che su questi argomenti sono stati accumulati dalla cultura politica complessivamente intesa: c'è chi è partito prima, chi è partito dopo, ma il ritardo viene marcato da tutti.
Penso sarebbe utile documentare nell'arco del tempo come questi impianti incidono sulla salute dei cittadini.
Voterò a favore dell'ordine del giorno predisposto dal collega Chiezzi al quale proporrei un emendamento aggiuntivo al quarto punto del dispositivo inserito da lui e dagli altri colleghi comunisti.
In questo senso, mi pare si possa fare un'opera utile per il futuro e per l'immediato. Per quanto riguarda la questione specifica che discutiamo la nostra opinione è che deve essere bloccata l'erogazione di energia in quel tracciato fino a quando non ci sarà tranquillità e sicurezza per i cittadini e fino a quando non saranno attuati quei provvedimenti che modifichino gli obbrobri più evidenti. Da questo punto di vista è interessante la proposta di procedere all'interramento di alcuni tratti di linea. Ho visto di recente in Inghilterra che in prossimità degli abitati ricorrono sovente a questo tipo di soluzione, in quel Paese che pure non è il Paradiso in terra. Mi pare possano essere linee di lavoro che marchino intanto una decisione, un orientamento fermo da parte del Consiglio regionale nei confronti degli aspetti di tutela della salute dei cittadini interessati. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino per la replica.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non è facile all'Assessore alla pianificazione territoriale chiudere il dibattito in questo momento tenendo conto della delicatezza della materia che abbiamo di fronte e tenuto conto - se mi consentite - del profondo senso di responsabilità, di attenzione e di prudenza con il quale i Consiglieri intervenuti hanno voluto dare il loro contributo su questa delicatissima materia in questo particolare momento.
Non sono solita rivendicare particolari meriti a questa Giunta, n tanto meno alla mia persona, credo però che debba essere apprezzata l'iniziativa che la volta scorsa mi sentii di proporre al Consiglio e cioè che, prima di affrontare l'argomento a questo punto della situazione, si svolgesse un sopralluogo. Non era un intento dilatorio quello che portava l'Assessore alla programmazione a rinviare la discussione, ma semmai un'occasione per conoscere maggiormente per deliberare meglio. Questo è potuto avvenire con estrema libertà attraverso il sopralluogo di martedì scorso che ci ha portato a contatto de visu - come diceva questa mattina il collega Adduci - con una situazione ormai definita che tuttavia ha rivelato, nel suo presentarsi, notevoli perplessità da parte di tutti coloro che hanno avuto la possibilità di essere presenti.
Credo tocchi a me, proprio per le responsabilità che ho, stando da questa parte e quindi dovendo essere più di altri obiettiva e corretta nella mia esposizione, evidenziare un fatto che deve stare a monte di tutto quando noi vogliamo andare ad individuare delle responsabilità precise lasciando da parte maggioranze, minoranze, di questa o di quella Giunta che a questo punto della situazione hanno pochissima importanza. Stiamo scontando, con questa opera e con altre opere che si stanno realizzando in Piemonte, i risultati di un metodo e di leggi che finora poco lasciavano alla responsabilità regionale rispetto alle autorizzazioni di queste opere.
Le grandi opere sono avvenute sul territorio regionale sempre per decisione dei Ministeri competenti (nel caso specifico del Ministero dei Lavori Pubblici) e dunque la possibilità della Regione era quella di intervenire in momenti autorizzativi facendo valere le leggi regionali, nel caso specifico la legge n. 27, svincolando la quale il 10 gennaio 1985 venne data l'autorizzazione all'ENEL di procedere nella definizione e nella costruzione dell'elettrodotto.
Nei momenti successivi ci sono state delle precise prese di posizione da parte del Consiglio per una sospensione dei lavori dell'elettrodotto, di fronte ad una serie di perplessità che venivano sorgendo, soprattutto in una prima fase di carattere ambientale sia da parte delle forze politiche del Consiglio sia da parte di associazioni ambientalistiche che negli anni passati avevano svolto essenzialmente un ruolo di attenzione alla possibilità che questa linea potesse procurare danni all'ambiente.
In un secondo tempo, le perplessità si spostarono da momenti ambientali veri e propri a momenti più squisitamente di carattere sanitario e devo dire che, per quanto la mia responsabilità sia essenzialmente di carattere ambientale, raccolsi (unitamente all'Assessore alla sanità) tutte queste perplessità e tutte queste angosce che si andavano determinando a livello di popolazione pubblica. L'ho detto anche in occasione della riunione con i cittadini qualche giorno fa, che se si deve scegliere di fronte all'ambiente o di fronte alla popolazione in una priorità è evidente che c'è la necessità di scegliere prima la sicurezza delle persone.
La Giunta ha di fronte lo studio dell'USSL di Ivrea che va letto con la necessaria obiettività andando ad intravedere quelle che sono le indicazioni che esso dà ed è uno studio che non considero grave dal lato delle indicazioni che dà e dei pericoli che presuppone quando siano evidentemente introdotte quelle mitigazioni delle quali stiamo parlando. Di fronte all'eventualità che delle linee elettriche potessero avere in determinate condizioni delle possibilità di interferire sulle conseguenze della salute delle persone, la Giunta si è preoccupata intanto di quei 680 chilometri di linea ad alto voltaggio che già sorgono sul territorio perché noi stiamo parlando in questo momento di una linea che è costruita ma rispetto alla quale i pericoli non sono ancora imminenti, lo saranno ove si verifichi l'immissione di corrente. Viceversa, vi sono in Piemonte 680 chilometri di linea di questo tipo. Se è vero che si verificano queste condizioni di non sicurezza un'Amministrazione che si rispetti deve avere a cuore soprattutto quei cittadini che sono in vero pericolo, se il pericolo c'è; ma non solo, in Italia ci sono 6.750 chilometri di questa linea, in Europa occidentale ce ne sono 62 mila chilometri e nel mondo ce ne sono 160 mila chilometri, per cui mi permetto di dire che se ci fosse un reale nocumento avrebbe dovuto essere evidenziato da una così ampia e lunga convivenza tra impianti e popolazione, oppure siamo in un mondo assolutamente di pazzi, tenendo conto che l'orientamento è quello di andare a linee di maggiore potenza, proprio perché la maggiore potenza consente di fare delle linee più brevi e che quindi hanno la possibilità di impattare meno il territorio. E' un problema che esiste e mi pare che a questo riguardo l'enunciazione del Pretore di Avigliana vada considerata nella tensione stessa che essa rileva, che è poi la tensione rispetto alla quale noi ci siamo mossi anche nel corso del nostro sopralluogo. Il Pretore di Avigliana dice che le informazioni acquisite portano ad un risultato sconcertante, cioè non esiste dal punto di vista normativo alcun valore limite da rispettare con riferimento al campo elettrico dovuto alla presenza della tensione della linea e al campo magnetico; ci si rifà a valori cautelativi adottati anche da altri Stati ed avallati da alcuni organismi tecnici a carattere internazionale in assenza di accertata sussistenza di effetti dannosi per esposizione a campi elettrici o magnetici inferiori a detti limiti. Questo dice il Pretore di Avigliana e credo vada ricordato per affermare lo stato di incertezza nel quale ci troviamo.
Mi pare giusta la decisione della Giunta di predisporre un'analoga indagine su tutti gli elettrodotti piemontesi e in queste settimane la Giunta sta affrontando l'impostazione metodologica del lavoro coinvolgendo oltre all'USSL n. 40 e l'Istituto di Medicina del Lavoro, anche l'Istituto Superiore di Sanità. E' un dato che va assunto in un momento positivo perché al di là del fatto contingente sul quale adesso ci soffermeremo c'è intanto questa responsabilità che un amministratore pubblico non pu ignorare nel momento in cui viene a conoscere determinate cose.
Per quanto riguarda il problema in specifico della sicurezza sulla linea che abbiamo di fronte, credo che l'inizio dell'intervento del collega Chiezzi possa essere completamente fatto mio, nel senso che a questo punto abbiamo questo tipo di responsabilità, non possiamo lasciare le popolazioni nello stato di angoscia nel quale le abbiamo viste il giorno del nostro sopralluogo. Credo che queste persone siano anche più angosciate di quello che di fatto dovrebbero essere sulla base delle indicazioni dello studio.
Mi rendo conto che quando si vive in una situazione è più facile che la situazione medesima venga esasperata, piuttosto che essere vista con freddezza, come da chi sta ad un tavolo lontano da dove si vive la situazione.
Ritengo che quello che ha già detto la Giunta in occasione di un precedente dibattito, e cioè che noi vogliamo fare nostri i limiti indicati dall'USSL di Ivrea, sia una volontà che la Giunta esprime non soltanto in questo momento, ma che ha già comunicato e che intende comunicare ancora all'ENEL; cioè se ci sono delle situazioni di case locate in condizioni di distanza che non siano coerenti con i livelli indicati dallo studio di Ivrea; l'ENEL. piaccia o non piaccia, deve toglierci da questa situazione: su questo non c'è nessun dubbio, costi quello che costi, sposti i pali, li alzi, li interri, non ha nessuna importanza. La Giunta ha assunto i limiti dello studio di Ivrea, pure in questa incertezza, come dei limiti indicativi. Non solo, ha deciso di assumere questi limiti per tutto il territorio regionale, figuriamoci se non li assume nel momento in cui una linea non è ancora attivata e viene attivata soltanto ove questi limiti possano essere rispettati.
Qui è stato sollevato il problema dell'interramento. Io faccio alcune osservazioni su questo aspetto, però vorrei che i Consiglieri regionali prendessero queste mie dichiarazioni con un largo beneficio di inventario.
Queste sono notizie che mi vengono comunicate dagli esperti, saranno sicuramente valide; d'altra parte chiunque in questa assemblea porti a volte dei contributi di carattere tecnico, a meno che non abbia espressamente questa sua specifica professionalità, devo dire che porta più che altro il pensiero ed il risultato di acquisizione di studi che ha potuto fare approfondendo questo argomento.
Allora, sulla proposta di interramento di un tratto dell'elettrodotto in particolare quello segnalato dal Consigliere Pezzana e che per la verità andrebbe a risolvere una questione di tipo sanitario da un lato, ma anche di tipo ambientale dall'altro, perché noi ci siamo resi conti di che cosa significa un palo di 90 metri non molto lontano dall'Abbazia di S. Antonio di Ranverso, devo dire che mentre la Regione può essere d'accordo che i pali vengano spostati per evitare delle difficoltà di carattere sanitario nel merito di fronte al Tribunale che dibatterà questa vicenda dovrà far valere anche le sue ragioni. Cioè lo spostamento determina a questo punto delle perplessità di ordine ambientale, quindi noi vogliamo vedere come si può uscire da questa situazione tenendo conto di queste sue esigenze: primo, di carattere sanitario; secondo di carattere ambientale. Viene indicata, proprio per questo tratto dal Consigliere Pezzana, la possibilità di svolgere un tratto che sarà di 500-1.000 metri. Non so in particolare quanti pali possa riguardare, in interramento. In base alle informazioni in mio possesso, in Italia non ci sono ancora delle strutture di questo tipo sulle grandi linee. Nella città di Torino molti tratti si snodano sotto terra. L'Ente energetico francese ha concretamente provato ad interrare dei cavi con un voltaggio pari o superiore a 380 kilovolt. L'operazione è risultata inopportuna e pericolosa in quanto la dispersione di energia risulta elevatissima e per quanto riguarda l'isolamento dei cavi esso risulta inefficace rispetto agli effetti di campo. Su questo aspetto penso che potremmo informarci di più, perché questa è un'ipotesi interessante che può essere approfondita anche a livello tecnico con la conoscenza degli esperti.
Si è parlato di costi. I costi di interramento rispetto al tesaggio tra pali sono superiori di dieci volte; io ho sentito anche altre cifre, ma ritengo che dieci volte sia un costo che può essere accettato. Non è per il costo che dovrebbe impedire che questo lavoro possa essere fatto: le leggi ambientali e paesistiche hanno infatti anche delle conseguenze sui costi. L'ambiente ha un costo, la salute ha un costo, e devono essere verificati. Quello che c'è da dire è che vi è il problema - e qui ritorno alla mia prima osservazione - che specialmente gli enti di Stato non sono disponibili a volte a recepire queste nostre volontà.
E' un problema aperto, che la Giunta ha affrontato e continua ad affrontare. Quando noi abbiamo predisposto il libro bianco sul Magistrato per il Po, quando parliamo dell'ENEL o della SITAF vogliamo attraverso questi organi dello Stato che sono potenti, che sono stati finora più potenti di noi, stabilire un dialogo che consenta anche alla Regione di mettere avanti le sue ragioni. Quindi noi proveremo anche a discutere di questo problema con l'ENEL. ma prima di tutto approfondendo sotto l'aspetto scientifico e tecnico quanto sia realizzabile nel tratto specifico che ci sta a cuore. Vorrei soltanto dire a mo' di esempio che noi abbiamo già fatto in Piemonte circa sei anni fa nelle località attorno al Comune di Prali, lungo la Val Germanasca, un esperimento di interramento di una linea a basso voltaggio, però fu una prova sperimentale che fallì per diverse cause, per ragioni geologiche, per la pioggia, ecc.; oggi questi cavi sotterranei sono stati rimossi e sono stati rimessi i soliti pali paesaggisticamente negativi, ma indispensabili per portare la corrente alle frazioni. Quindi il problema è evidentemente di grande impegno per tutti non soltanto per la Giunta che ha più responsabilità rispetto al Consiglio per le azioni che essa stessa può determinare.
Possiamo impegnare la Giunta soprattutto con l'obiettivo di tranquillizzare le persone su tre aspetti fondamentali: il primo è quello di avviare, ma ripeto che è già avviata, un'indagine sulle conseguenze sanitarie dei campi elettromagnetici causati da elettrodotti di potenza pari o superiore a 380 kilovolt esistenti, nonché a sollecitare anche quegli altri enti ed organismi nazionali, in questo senso raccogliendo la proposta che veniva fatta da Adduci, a definire delle precise norme tecniche atte a garantire la maggiore protezione tecnica possibile.
Secondo, a far propri i limiti fissati dalla relazione dell'USSL 40 di Ivrea e dall'Istituto di Medicina del lavoro, al fine di poter assicurare la maggior protezione, tecnicamente possibile, ai cittadini e all'ambiente circostante la linea costruenda.
Infine richiedere all'ENEL che, laddove saranno registrate delle discordanze rispetto alla puntuale verifica da svolgere, vengano immediatamente spostati i pali alla distanza di sicurezza attraverso l'accorgimento tecnico che sarà ritenuto il più opportuno, ripeto attraverso trasferimento o alzata del palo.
Mi sembra poi evidente che in questa situazione non possa che essere richiesto all'ENEL di non attivare l'elettrodotto fino a quando questi provvedimenti siano eseguiti.



PRESIDENTE

Comunico che sono stati presentati un ordine del giorno del Consigliere Pezzana ed un altro dei Capigruppo della maggioranza.
Chiedo al Consiglio se vi è la possibilità di addivenire ad un documento unitario.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ala. Ne ha facoltà.



ALA Nemesio

Sono le ore 14,30 e non si sono ancora sospesi i lavori. Io ho letto l'ordine del giorno della maggioranza, sottoscritto dai Capigruppo della maggioranza, e continuo a essere perplesso sia per gli errori sulle unità di misura che vi compaiono, sia perché alcune cose non si comprende se sono dette espressamente o se vogliono dire quello che, ad una prima lettura pare di capire. C'è, ad esempio, una diversità tra quello che è l'oggetto dell'indagine dell'USSL di Ivrea e quello che invece compare essere l'oggetto dell'indagine dell'USSL di Ivrea in questo ordine del giorno.
L'indagine dell'USSL di Ivrea parla di alta tensione e non "studio per la valutazione fisica dei rischi generati dai campi elettromagnetici delle linee elettriche" e basta, parla solo di questo, per cui trovare un ordine del giorno che limita ai soli 380 kvolt le eventuali verifiche delle indagini dei rischi, mi pare incongruo e impreciso, in quanto lo studio dell'USSL di Ivrea parla di un rischio dovuto al superamento di una determinata esposizione ai campi elettromagnetici e delle conseguenze di questa esposizione. Rischi e pericoli, quindi, possono verificarsi anche su linee elettriche a tensione più bassa di 380 kilovolt.
Problemi di questo genere vanno chiariti: anche i 240 kilovolt (che per di più, hanno tralicci e fili normalmente più bassi) possono presentare comunque campi della stessa intensità o problemi analoghi.
Sarebbe preferibile vi fosse tempo per sospendere la seduta, riunire i Capigruppo e valutare questi problemi. Altrimenti, se questo non è possibile, finiremmo con il votare un ordine del giorno rispetto al quale poi, fra circa tre mesi, la maggioranza concederà qualcos'altro delle cose già ora richieste. E così all'infinito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Preferiremmo che il dibattito si concentrasse sulle questioni politicamente rilevanti. Quindi molto netto deve essere il pronunciamento su questioni politicamente rilevanti. Questo è il presupposto per qualsiasi (auspichiamo) atteggiamento unitario; se però non chiariamo questi punti non possiamo aderire ad un documento unitario, perché difficilmente riusciremmo a ricomporre l'atteggiamento della Regione.
I punti sono: le distanze di sicurezza, la sospensione dell'emissione della corrente, l'interramento. Se c'è chiarezza su questi punti si pu valutare il resto. Va comunque rimarcato che l'ordine del giorno era presentato da tempo; sarebbe bene, per poter finire in tempi tali da sviluppare il confronto, che un eventuale ordine del giorno diverso da parte della maggioranza arrivasse in tempi brevi. Altrimenti alla fine si rischia sempre di non sapere quello che si vota. Quindi dobbiamo ridurre al massimo i punti di sfrangiamento o di elusione del problema e concentrarci su queste questioni. Se non potremo contemplare gli altri punti, il carico sarà di chi non ci ha offerto prima (maggioranza e chi governa) il terreno di confronto presentando la propria posizione.
Per cui noi siamo per questa secchezza di espressione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

La nostra posizione nel merito del problema l'ha data puntualmente Picco: noi siamo attenti e sensibili al tema. Intervengo quindi solo sugli ordini del giorno. La maggioranza ha presentato un proprio ordine del giorno stamani; può essere sotto certi aspetti una decisione tardiva, ma in verità essa è conseguente alle risposte dell'Assessore. Ora non si capisce perché debba collocarsi l'Assessore quando un ordine del giorno nasce anche a seguito delle sue comunicazioni. Ci pare che presentare l'ordine del giorno in aula sia un gesto di rispetto all'aula medesima e in questo senso ci siamo collocati. Possiamo aver sbagliato, Bontempi, però mi pare che le cose si possono leggere in molti modi, leggile in questo. Abbiamo voluto sentire le dichiarazioni dell'Assessore e contestualmente atteggiarci: ci è parso un modo di rispondere al problema. Il nostro ordine del giorno tocca tutti i temi, la sicurezza, la verifica delle distanze ed assume posizioni chiare. Invita la Giunta a non consentire l'attivazione dell'elettrodotto fino a quando i provvedimenti di verifica e di modifica non siano adottati.
Non c'è un riferimento al problema dell'interramento, ma non ho difficoltà ad aggiungere un ultimo capoverso nel quale si dica: "invita inoltre la Giunta a verificare con l'ENEL la possibilità di interrare il tratto di linea che interessa il contesto ambientale dell'Abbazia di S. Antonio di Ranverso"; pensare ad un interramento generale significa pensare cose impossibili.
Noi facciamo questa proposta integrativa dell'ordine del giorno, che per noi rimane quello della maggioranza. Se si poteva arrivare ad una convergenza più ampia era meglio ed eravamo disponibili. Se questa via non sembra possibile passiamo al voto esprimendoci con le varie posizioni.
Possiamo comprendere che ci siano difficoltà a giungere oggi ad un punto d'incontro, però la maggioranza ha anche i suoi doveri e ha anche un rispetto verso l'assemblea che è quello di sentire l'opinione dell'Assessore e di esprimersi in conformità al discorso che l'esecutivo svolge.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'ordine del giorno presentato dai Consiglieri Adduci, Ala, Bontempi, Bresso, Chiezzi, Majorino e Sestero nel testo seguente: "Il Consiglio regionale del Piemonte ricordato l'ordine del giorno n. 376 approvato in data 29/10/1987, che invitava la Giunta regionale 'ad avviare una approfondita indagine' volta a verificare 'i pregiudizi che le linee di alta tensione possono arrecare ai cittadini, e nella specie ai cittadini interessati agli elettrodotti già esistenti nella Regione' e di 'assumere le conseguenti iniziative a tutela dell'incolumità e della salute dei cittadini piemontesi' esaminato lo 'Studio per la valutazione fisica dei rischi generali dai campi elettromagnetici delle linee elettriche presenti sul territorio piemontese, nonché delle conseguenze sanitarie associate agli stessi ed in particolare per l'elettrodotto Leinì-Piossasco' prodotto - a seguito della deliberazione della Giunta regionale del 20/10/1987, n. 136/16451 dall'Università di Torino - Dipartimento di Traumatologia Ortopedica e Medicina del Lavoro - Sezione di medicina del lavoro e dall'USSL n. 40 di Ivrea - Laboratorio di Sanità pubblica - Sezione Fisica udite la relazione prodotta dall'Assessore Vetrino in data 14/4/1988 e la conseguente discussione richiamato in particolare il punto 6.2, pag. 18, dello Studio citato che afferma: 'Non dovrebbero esistere case, scuole, aree ricreative, parchi giochi, ecc., in zone dove il livello del campo elettrico misurato.., pu superare i 2 Kv/m, cioè in zone contenute entro la fascia di 20 metri dall'asse della linea' accertato il fatto che, invece, almeno tre abitazioni, due situate nel Comune di Fiano ed una nel Comune di Nole, si trovano ad una distanza inferiore a quella di sicurezza preso atto che lo spostamento di alcuni piloni della costruenda linea elettrica Leinì-Piossasco in forza della sentenza del Pretore di Avigliana del 10/5/1988, ha avvicinato la linea stessa all'Abbazia di S. Antonio di Ranverso considerato che, al di là di ogni ulteriore atto verso la sospensione dei lavori stessi e il chiarimento di alcuni problemi ancora aperti sulla linea, si devono salvaguardare con ogni mezzo i beni ambientali ed architettonici esistenti sul territorio interessato richiamato l'art. 6 dello Statuto della Regione Piemonte i m p e g n a la Giunta ad emanare le necessarie disposizioni dirette a far sì che: 1) i lavori del costruendo elettrodotto Leinì-Piossasco siano immediatamente sospesi 2) sia compiuta una puntuale verifica lungo il percorso dell'elettrodotto nel tratto Leinì-Rosta al fine di accertare se altre abitazioni, oltre a quelle citate, si trovino in condizioni di non sicurezza, anche in rapporto all'altezza della linea 3) sia verificato se l'ENEL ha approvato la modifica alla linea richiesta dall'USSL n. 40 di Ivrea con relazione n. 49 NIR 25 4) sia verificata, sempre sul campo, lungo tutti gli elettrodotti che insistono sul territorio della regione Piemonte, l'esistenza delle distanze di sicurezza tra le linee elettriche e le case, le scuole ed altre aree ricreative 5) il peritato studio sia portato a conoscenza del Ministero della Sanità e delle diverse Giunte e Consigli regionali, al fine dell'adozione di adeguate misure sanitarie in materia 6) sia avviata una indagine epidemiologica sugli effetti determinati dalla presenza degli elettrodotti ad alta tensione in prossimità dei centri abitati, in tutto il territorio piemontese i m p e g n a la Giunta regionale a sostenere presso l'ENEL e il Ministero dei Lavori Pubblici la proposta di interramento del tratto di linea che interessa le colline moreniche delle bassa Valle di Susa tra Rosta e Buttigliera fino alla Dora; e quindi a sospendere i lavori in corso fino alla verifica della proposta avanzata.
Raccomanda altresì alla Giunta regionale un'attenta sorveglianza e verifica delle opere effettuate ed in programma da parte dell'ENEL ai fini di una minimizzazione dell'impatto ambientale delle medesime e dei danni per i cittadini direttamente interessati dalle opere".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 16 voti favorevoli e 24 contrari.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza nel testo seguente: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerando le crescenti preoccupazioni espresse dalle popolazioni dei Comuni interessati dall'attraversamento territoriale dell'elettrodotto Leinì-Piossasco 380 Kw, e in particolare delle famiglie le cui abitazioni sono direttamente interessate dai tralicci dell'infrastruttura collocata nei pressi delle case preso atto dell'analisi svolta, su richiesta della Regione Piemonte dall'USSL n. 40 di Ivrea - Laboratorio di Sanità Pubblica e dall'Istituto per la Medicina del Lavoro dell'Università di Torino sugli effetti sanitari dei campi elettromagnetici di elettrodotti con potenza pari o superiore ai 380 Kw rilevato che la Giunta regionale sta predisponendo un'analoga indagine su tutti gli elettrodotti piemontesi, e che in queste settimane la Giunta sta affrontando l'imposizione metodologica del lavoro coinvolgendo, oltre all'USSL n. 40 e l'Istituto di Medicina del Lavoro, anche l'Istituto Superiore di Sanità preso atto altresì dell'ordinanza del Pretore di Avigliana nei confronti dell'ENEL. che ordina all'ente di Stato la ricollocazione dei due pali in Comune di Rosta in altro sito i m p e g n a la Giunta regionale ad avviare un'indagine sulle conseguenze sanitarie dei campi elettromagnetici causati da elettrodotti di potenza pari o superiore a 380 Kw esistenti in Piemonte, nonché a sollecitare gli enti ed organismi nazionali ed internazionali a definire precise norme tecniche atte a garantire la maggior protezione tecnica possibile r i c h i e d e all'ENEL di far propri i limiti fissati dalla relazione dell'USSL n. 40 di Ivrea e dall'Istituto per la Medicina del Lavoro, al fine di poter assicurare la maggior protezione tecnicamente possibile ai cittadini e all'ambiente circostanti la linea elettrica Leinì-Piossasco 380 Kw richiede inoltre all'ENEL che, laddove saranno registrate discordanze rispetto alla puntuale verifica da svolgere, vengano immediatamente spostati i pali alla distanza di sicurezza attraverso l'accorgimento tecnico più opportuno (trasferimento o alzata del palo) i n v i t a la Giunta a verificare con l'ENEL la possibilità di interrare il tratto di linea che interessa il contesto ambientale dell'Abbazia di S. Antonio di Ranverso invita inoltre l'ENEL a non attivare l'elettrodotto fino a quando questi provvedimenti siano stati eseguiti".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 24 voti favorevoli e 17 contrari.
L'ordine del giorno presentato dal Consigliere Pezzana è ritirato.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14,45 riprende alle ore 16)


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame legge rinviata dal Governo relativa a: "Riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale e indirizzi normativi per la delega di funzioni amministrative" e votazione ordine del giorno n. 500


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Il punto 5) all'o.d.g. prevede l'esame della legge rinviata dal Governo relativa a: "Riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale e indirizzi normativi per la delega di funzioni amministrative".
La parola al relatore, Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto, relatore

In esecuzione alla legge 57/85, il Consiglio regionale approvò il 31/7/1986 la legge "Riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale e indirizzi normativi per la delega di funzioni amministrative".
Eravamo allora e siamo tuttora consapevoli del fatto che regolare i complessi rapporti intercorrenti tra le autonomie locali piemontesi, sia pure solo in materie di competenza regionale, non è cosa facile, in presenza di un tessuto istituzionale locale estremamente disperso e polverizzato in ben 1.209 Comuni, la gran parte dei quali sotto i 1.000 abitanti, ed in considerazione dell'esistenza di una legislazione nazionale fondata su leggi comunali e provinciali risalenti al 1915 e al 1934.
Sono leggi che esplicano i loro effetti da epoca remota e la cui riconosciuta caducità non si è ancora, purtroppo, tradotta nel varo di quella riforma delle autonomie locali, ritenuta fondamentale da tutte le forze politiche economiche e sociali del nostro Paese.
Questo ingiustificato ritardo rischia ormai di assumere i contorni di un vero e proprio modello negativo di assetto dei poteri centrali e decentrati dello Stato, lontano e contraddittorio rispetto ad un sistema ordinamentale incentrato sulla pari dignità dei diversi livelli di governo all'interno di un quadro operativo coordinato, quale la Costituzione delinea.
Della riforma delle autonomie locali o di una riforma adeguata dell'intero sistema di governo locale, si parla, nel nostro Paese, da almeno 30 anni. Ma a tutt'oggi si deve constatare come il Governo ed il Parlamento, anziché ricercare soluzioni coerenti, attraverso, appunto, la riforma delle autonomie, abbiano fornito risposte sconfortanti, spesso surrogate dall'ulteriore tacita compressione delle competenze regionali.
La riforma delle autonomie, come è stato affermato in sede di assemblea generale delle Province, "non è un problema di ingegneria giuridica e legislativa, ma concreto terreno di iniziativa politica, per coprire un vuoto legislativo che dura ormai da troppi decenni e aggrava ancor di più lo scarto tra le esigenze nuove insoddisfatte della società e lo stato della legislazione vigente, che porta, proprio attraverso questo vuoto, al riappropriarsi di potere da parte dei centri nazionali e degli organi centralistici".
Queste considerazioni colgono, seppur indirettamente, il nocciolo di un ritardo che non può essere considerato frutto di pura inerzia, bensì la risultanza anch'essa di una degenerazione della politica in sistema di mediazione partitica centralizzata.
In tal senso una riforma istituzionale che non parta dai cosiddetti "rami bassi" dello Stato finirebbe per lasciare sopravvivere, dietro una facciata più o meno rinnovata, alcune delle ragioni di fondo dell'attuale crisi della politica e delle istituzioni.
Il lavoro intrapreso dal Consiglio regionale sulle possibili proposte da avanzare al Parlamento, in ordine alle riforme istituzionali che esso dovrà affrontare, nonché sulle autoriforme di cui la nostra Regione necessita, muovono nella direzione di contribuire attivamente a far sì che l'attuale stagione di attenzione ai problemi istituzionali non venga meno alle premesse politiche che l'hanno determinata e corrisponda realmente alle esigenze di innalzamento della capacità di risposta complessiva dell'intero nostro sistema statuale ai problemi nuovi del Paese.
In tale senso va pure la legge che il Consiglio regionale approvò nel luglio 1986, in materia di indirizzi per le deleghe agli enti locali, di riordino delle competenze amministrative regionali, di articolazione territoriale ai fini della programmazione e pianificazione e di nuova disciplina della presenza regionale sul territorio. Legge che, lo ricordo fu redatta con il concorso fattivo e determinante dell'URPP e fu preceduta da studi e ricerche sull'argomento, nonché da consultazioni sviluppatesi nell'arco di mesi su tutto il territorio regionale, con il coinvolgimento delle forze politiche, amministrative, sociali ed economiche interessate.
Il disegno di riordino a cui si è lavorato si è prefisso, in generale, di non disperdere, ma anzi di raccogliere, gli elementi positivi dell'attività degli ex Comitati comprensoriali ed alcune linee del disegno di legge del legislatore nazionale.
I Comprensori infatti, pur con la loro debolezza (derivante dalla loro natura di organismi di secondo grado e quindi, spesso, senza responsabilità e potere), pur essendo stati nella prima fase il "grande" progetto della Regione e poi talvolta trascurati e devitalizzati dalla Regione stessa hanno però sicuramente sperimentato il metodo della programmazione.
Essi hanno prodotto pregevoli piani territoriali e di sviluppo socio economico del loro territorio e soprattutto hanno creato in una parte grande di amministratori locali i primi fondamenti di una mentalità sovracomunale, di coordinamento delle azioni di governo ai vari livelli che è poi la base per una seria e valida programmazione regionale.
Con legge del luglio 1986 il Consiglio intendeva salvaguardare tutto questo, sia pure ridistribuendo i compiti dei Comprensori ad altri soggetti. La legge, inoltre, aveva posto alcuni punti fermi in materia di ente intermedio, di programmazione e pianificazione (con i relativi riferimenti territoriali, chiamati aree programma), di deleghe.
Per quanto attiene al primo punto, la scelta del Consiglio - condivisa dalla maggioranza dei consultati - è stata quella di individuare nella Provincia l'unico ente intermedio tra la Regione e i Comuni, così come previsto anche dalla proposta nazionale di riordino dei poteri locali.
Per questo essa deve, quindi, essere fornita di un complesso organico di competenze e anche di gestione dei servizi, riferiti ad una "area vasta" quale quella provinciale.
Alla Provincia sono affidate inoltre funzioni amministrative di programmazione sovracomunale in materie delegate, con il compito di predisporre programmi e progetti di settore, sentite le assemblee dei Sindaci. Ad essa, inoltre, sono attribuite molte delle competenze già assegnate ai Comitati comprensoriali, accentuando in tal modo ulteriormente la partecipazione provinciale alla programmazione socio-economica e alla pianificazione territoriale.
La Provincia può, tra l'altro, sperimentare il suo ruolo come ente di gestione di taluni servizi di "area vasta" in attesa che si possa superare attraverso forme diverse, il problema della polverizzazione dei Comuni, e quello della difficoltà, da parte di alcuni di essi, di essere protagonisti del governo del proprio territorio od anche, semplicemente, di essere gestori dei servizi che essi debbono offrire ai propri amministrati.
Più in generale la Provincia viene indicata dalla legge come punto di raccordo della Regione con i Comuni e di coordinamento delle diverse azioni di governo che si svolgono sul suo territorio.
Nell'ambito delle rispettive autonomie, le Province e i Comuni, anche attraverso le Comunità montane, concorrono e partecipano alla programmazione, che resta comunque in capo alla Regione, come sua attività prevalente, accanto a quella legislativa.
Il meccanismo è semplice: i Comuni, anche mediante le Comunità montane concorrono alla formazione degli "schemi" di piano, che le Province definiscono e propongono alla Regione, la quale a sua volta li approva e li adotta.
La dimensione territoriale delle azioni di partecipazione dei Comuni all'attività programmatoria regionale e provinciale è individuata dalla legge come area programma e costituisce il riferimento territoriale per la formazione degli atti e per l'esercizio delle competenze in materia di programmazione e di pianificazione di Province e Regione.
I Sindaci dei Comuni che intendono partecipare, in quanto rappresentanti e tramiti delle loro comunità, alla programmazione socio economica e alla pianificazione territoriale, possono esplicare questa attività e questa presenza, vivendo attivamente le assemblee dei Sindaci dell'area programma.
Le assemblee dei Sindaci previste nelle aree programma regionali peraltro già previste dalla L.R. 57/85, sono perciò organismi consultivi non avendo esse attribuzione alcuna di governo effettivo.
Non sono quindi né possono essere intese come enti, ma costituiscono un modo di essere aggregato dei Comuni sui problemi della programmazione.
E' pertanto evidente come l'assemblea dei Sindaci e l'area programma che ne definisce i confini fisici, siano utili strumenti per consentire l'intervento diretto e la partecipazione, non puramente nominale ma effettiva, dei massimi rappresentanti delle comunità locali all'impostazione e alla definizione dei Comuni traguardi di programmazione.
Infine, nell'individuare i settori destinati prioritariamente ad essere delegati alle Province, ai Comuni ed alle Comunità montane, si è voluto dare nuovo slancio alla politica del trasferimento di funzioni amministrative al sistema delle autonomie locali. Politica sino ad oggi realizzata solo in modo saltuario e frammentato da una Regione costretta non solo per limiti propri, a ruoli di gestione più che di legislazione e programmazione.
Rispetto a tale stato di fatto si è voluto con la nuova legge porre le basi di un organico disegno di deleghe, la cui realizzazione dia finalmente adeguata attuazione al dettato statutario.
Questi gli intendimenti, gli scopi, le motivazioni della legge del luglio 1986, la quale avrebbe dovuto essere un "ponte" per il passaggio da una realtà ormai conclusasi (quella comprensoriale) e di cui comunque si salvavano gli elementi positivi, ad una nuova realtà, parzialmente anticipatrice del processo di riforma delle autonomie a livello nazionale del quale in ogni caso erano stati assunti i principi-guida.
Una certa sorpresa aveva quindi destato il rinvio del testo da parte del Governo ad un nuovo esame del Consiglio regionale in base al rilievo di esorbitare dalle competenze regionali, prevedendo l'istituzione di un organismo di livello intermedio (l'assemblea dei Sindaci) ed incidendo sugli aspetti ordinamentali ed operativi dei Comuni e delle Province, oltre a qualche "censura di dettaglio" su questioni marginali.
Pur non condividendo il principale rilievo, dal momento che pareva evidente come l'impianto generale della legge affermasse il contrario, si era reputata opportuna una revisione di alcune parti dell'articolato passibili di difficile lettura e quindi suscettibili di creare equivoci nei confronti della sua interpretazione. Il nuovo testo è stato approvato dal Consiglio regionale il 22 settembre 1987 ma, nonostante le numerose modifiche apportate nel tentativo di recepire, per quanto possibile, i rilievi formulati, è stato nuovamente rinviato dal Governo il 28 ottobre 1987 con le identiche motivazioni contenute nel primo rinvio.
Il giudizio, riconfermato in seconda battuta, non ha mancato a questo punto di suscitare forti perplessità.
Sia consentita, prima di entrare nel merito esaminando punto per punto le obiezioni espresse dal Governo, l'esposizione di brevi e generali considerazioni in merito.
Innanzitutto le funzioni stesse delle assemblee dei Sindaci, limitate dalla legge alla sfera consultiva e propositiva in materia di programmazione e di pianificazione territoriale, materie squisitamente di competenza regionale, non sembrano offrire appigli all'obiezione governativa; l'art. 9 della legge definisce le assemblee come "strumento di raccordo tra gli enti locali con compiti di concorso in materia di programmazione regionale", e nulla, nell'articolato legislativo, contrasta con la definizione data.
D'altronde, lo stesso disegno di legge statale sul riordino delle autonomie locali recita all'art. 68, comma secondo: "La Regione pu istituire con legge forme permanenti di raccordo con i Comuni e le Province con compiti di informazione, di consultazione e di concorso su tutte le materie e le attività di comune interesse". Lo stesso DPR 24/7/1977 n. 615 all'art. 11, comma secondo, afferma: "Le Regioni determinano i programmi regionali di sviluppo in armonia con gli obiettivi della programmazione economica nazionale e con il concorso degli enti locali territoriali secondo le modalità previste dagli Statuti regionali".
E ancora: le funzioni date alle assemblee sono, in realtà, solo una parte di quelle attribuite a suo tempo ai Comitati comprensoriali, tolte naturalmente quelle che la disposizione legislativa stessa attribuisce alle Province, o fa ritornare per il momento in capo alla Regione.
Nessuna obiezione di incostituzionalità fu avanzata contro i Comprensori all'atto della loro istituzione, e pure essi, a ben maggior ragione delle assemblee dei Sindaci, potevano essere paragonati ad "organismi di livello intermedio", in virtù della loro struttura e dei loro organi.
Infatti i Comprensori avevano un Consiglio eletto in secondo grado, un Presidente, una Giunta; in piccolo, il loro funzionamento era analogo a quello regionale; l'assemblea dei Sindaci (tra cui viene individuato come Presidente il Sindaco del Comune capo area) non ha strutture, né fondi, n organi: la sua attività è garantita dalla Regione, attraverso l'appoggio agli uffici regionali decentrati sul territorio e il finanziamento delle spese di funzionamento. Dunque essa, anche se la legge non lo dice espressamente, va piuttosto individuata come una formula organizzativa di realtà esistenti (Comuni), strutturata per il raggiungimento di un rapporto con la Regione, non in chiave di entificazione ma di partecipazione e quindi, rientrante appieno nei principi di cui all'art. 2, comma terzo dello Statuto della Regione Piemonte.
Un'altra considerazione ha poi aumentato la perplessità destata dal rinvio governativo: la legge regionale del 23/1/1986 n. 1, regolarmente vistata dal Governo, ha già introdotto nella legislazione regionale piemontese l'assemblea dei Sindaci, con compiti consultivi e propositivi in materia di trasporti e di viabilità. Tale legge prevede un meccanismo analogo nella specificità della materia a quello prefigurato dalla legge contestata: le Province sono i soggetti delegati, esercitano la delega a livello di "bacini di trasporto" (le ripartizioni amministrative individuate per la materia), avvalendosi delle assemblee dei Sindaci dei Comuni appartenenti ai bacini stessi, assemblee che risultano essere essenzialmente organismi consultivi e propositivi e che si avvalgono di uffici e strutture provinciali, così come le assemblee attualmente contestate si dovrebbero avvalere di uffici regionali.
Non è chi non veda il parallelismo e l'analogia dei due disegni operativi, trasporti e programmazione, tendenti entrambi ad "agganciare" l'esercizio di determinate materie al territorio e di cui uno è stato approvato e l'altro respinto.
Venendo più specificamente ai singoli rilievi formulati, va rilevato che essi giudicano illegittima la normativa regionale in quanto "...prevedendo istituzione e funzionamento assemblee Sindaci, quale organismo di livello intermedio tra Comuni et Province (artt. 9, 10, 13 15), interferisce in materia organizzatoria e funzionale enti locali che est riservata at legislazione statale at sensi art. 120 Costituzione".
Si è riportato il rilievo nella sua formulazione integrale, ma ovviamente l'art. 120 citato va considerato frutto di un errore materiale dovendosi intendere il riferimento costituzionale all'art. 128.
Il rilievo del Governo ci riporta alla prevalente interpretazione della Costituzione che sancisce la netta separazione tra Regioni ed enti locali riservando la competenza su questi ultimi esclusivamente allo Stato.
Interpretazione peraltro largamente confermata dagli attuali comportamenti di uno Stato che interviene nella disciplina e nella gestione dei settori trasferiti e che mantiene rapporti diretti con le autonomie locali, ignorando per lo più il ruolo regionale, anche in materie sottrattegli dalla Carta Costituzionale.
Da una attenta lettura del testo costituzionale, però, si può rilevare come non sia affatto scontato che "esso imponga un modello di rigida separatezza tra Regioni ed enti locali, né che esso non consenta letture ed applicazioni più consone al ruolo per così dire naturale delle Regioni in ordine all'assetto dei poteri locali", come sostiene Valerio Onida (in "Quaderni Costituzionali", aprile 1986 n. 1 "La Riforma dei Comuni e delle Province ed il difficile rapporto tra Regioni ed enti locali"), che così prosegue: "Infatti sono numerosi nella stessa Costituzione gli elementi che consentono o addirittura impongono stretti collegamenti tra Regioni ed enti locali. Dalla competenza regionale in tema di circoscrizioni comunali, alla tendenziale coincidenza già rilevata e presupposta dall'art. 118, comma primo, della Costituzione, fra materie di competenza regionale e materie in cui operano gli enti locali; al sistema delle deleghe di funzioni amministrative delle Regioni agli enti locali, al principio per cui Comuni e Province sono anche circoscrizioni di decentramento regionale; al principio del coordinamento tra finanza regionale e locale".
"Una lettura della Costituzione in chiave di separazione netta fra Regione ed enti locali non sarebbe dunque corretta; e una lettura più aperta ad ipotesi di collegamento stretto tra Regione ed enti locali non solo non è preclusa ma per certi versi è suggerita dalla stessa Costituzione", così concludeva l'articolo.
L'art. 128 della Costituzione, secondo cui la legge generale della Repubblica definisce l'ambito dell'autonomia dei Comuni e delle Province e ne determina le ragioni, potrebbe, come ha osservato per altro verso Francesco Merloni (in "Quaderni per la ricerca" dell'Istituto di Studi delle Regioni, serie n. 1, "Il ruolo dello Stato e delle Regioni nella riforma del sistema degli enti locali"), trovare una lettura secondo cui l'intervento della legge statale dovrebbe limitarsi ai principi generali dell'ordinamento locale e ai principi sulla identificazione delle funzioni degli enti locali, nell'ambito dei quali almeno nelle materie di competenza regionale dovrebbe essere la legge regionale ad allocare puntualmente le funzioni.
Infatti, si può aggiungere, solo questa impostazione è coerente con l'attribuzione di certe materie alla competenza legislativa delle Regioni.
Non è possibile attribuire puntualmente funzioni se non si muove da un assetto legislativo della materia; se questo assetto dipende da leggi regionali, la puntuale identificazione delle funzioni non può che far capo alle leggi regionali.
Altro esempio: è noto come prevalga la tesi che esclude la facoltà per le Regioni di dare vita a forme associative tra enti locali a carattere obbligatorio, anche per lo svolgimento di funzioni rientranti in materie di competenza regionale.
Ma questa impostazione trascura il fatto che la Costituzione (artt. 117 e 133) attribuisce alle Regioni una potestà sulla delimitazione territoriale dei Comuni, e quindi in ordine alla stessa esistenza o identità territoriale dei Comuni, alla loro fusione o viceversa frammentazione. In questa potestà potrebbe rientrare - come il meno rientra nel più - anche la potestà di definire gli ambiti territoriali per l'esercizio, anche in forma associata, delle funzioni comunali, sul modello di ciò che prevedono per i servizi assistenziali e sanitari gli artt. 25 e 32 del DPR n. 616 del 1977.
Anche a voler considerare questa come una interpretazione forzata e inesatta, resta tuttavia il fatto che, come l'esperienza in materia ha abbondantemente dimostrato, il modello più razionale e più costituzionalmente coerente di intervento sui Comuni è risultato essere quello che passa attraverso il coinvolgimento delle Regioni. Altri tipi di intervento centralistico si sono dimostrati vieppiù meno efficaci.
A tale constatazione oggettiva dovrebbe conseguire la consapevolezza che lo Stato, quanto meno, non ha alcun interesse ad esasperare una interpretazione eccessivamente restrittiva e anti regionalistica del modello costituzionale.
In quest'ottica non tutto ciò che non è espressamente previsto dovrebbe essere considerato automaticamente vietato ed incompatibile.
Venendo poi alle specifiche osservazioni fatte dal Governo, non si riesce a ravvisare nel termine "organismo" un concetto giuridico di sicuro riferimento, tale da poter affermare che non rientri nelle competenze regionali la possibilità di definirne o meno l'esistenza; al contrario numerosissimi esempi di "organismi" sono ravvisabili nelle legislazioni regionali (non ultimi, in definitiva, gli ex Comitati comprensoriali).
D'altronde nell'art. 128 della Costituzione troviamo, con riferimento a Province e Comuni, la dizione "enti autonomi": è al concetto di ente dunque, che va riferita la riserva di legge statale. Non risulta che la Regione Piemonte abbia con la legge contestata creato un ente: nessuna caratteristica di autonomia, di autarchia è ravvisabile nell'assemblea dei Sindaci, nessuna personalità giuridica è ad essa stata attribuita, né si è creato un vincolo strutturale tra i Comuni - quale, ad esempio, una convenzione - sì che non sono neppure configurabili finalità proprie dell'assemblea, elemento minimo intorno a cui eventualmente costruire una ipotesi di entificazione. Ciò è confermato anche dalla mancanza di mezzi e strutture per il raggiungimento dei propri fini, che, anzi, strutture mezzi e fini sono solo regionali, come sopra già riferito.
Non è chiara, inoltre, l'osservazione governativa che afferma essere l'assemblea dei Sindaci un organismo di livello intermedio "tra Comuni e Province". Da una attenta lettura della legge contestata si evince infatti come l'assemblea sia stata pensata quale forma di raccordo anche tra Regione e Comuni, come essa cioè possa venire consultata sia dalle Province che dalla Regione stessa e come la sua collaborazione sia puntualmente chiesta nella concretizzazione del rapporto Regione - Province, per quanto attiene alle attività programmatorie regionali.
Peraltro il rilievo governativo, precisando essere la normativa regionale illegittima "in quanto, incidendo su aspetti ordinamentali et operativi Comuni et Province, nonché su disciplina controlli... (art. 3, 6 8, 12) interferisce in materia organizzatoria et funzionale enti locali che est riservata at legislazione statale..." sembra affermare non essere la creazione dell'assemblea l'unica violazione costituzionale lamentata; ad essa dovrebbe aggiungersi una presunta indebita ingerenza regionale in materia di organizzazione e funzioni di Comuni e Province.
E' nuovamente necessario premettere che la legge contestata, come dice il suo stesso titolo, si limita a riordinare funzioni amministrative di competenza regionale o a prevedere alcune deleghe rientranti nelle materie attribuite alle Regioni. Negli articoli colpiti dai rilievi governativi vengono enunciati i principi-guida ed individuate, sia pure per sommi capi le procedure attraverso cui l'interazione di tutti gli enti locali interessati, Regione compresa, possa concretizzare gli atti programmatori e pianificatori regionali.
E' sembrato alla Regione Piemonte che ciò rientrasse sia nel dettato costituzionale - che prevedendo all'art. 118, terzo comma, il normale esercizio delle funzioni amministrative regionali attraverso la delega agli enti locali, precisa, nell'art. 129, primo comma, che Province e Comuni quindi, non sono solo "circoscrizioni di decentramento statale" ma anche "regionale" - sia nel dettato di disposizioni legislative statali.
Ed infatti la legge 10/2/1953 n. 62 afferma (art. 39) che "la delega delle funzioni amministrative della Regione alle Province, ai Comuni e agli altri enti locali a norma dell'art. 118 della Costituzione è data con legge della Regione, la quale stabilisce le direttive fondamentali e regola i conseguenti rapporti finanziari", aggiungendo addirittura al secondo comma: "La Giunta regionale può impartire ulteriori direttive cui gli enti suddetti devono attenersi nell'esercizio delle funzioni delegate" competenza e potere che non viene regolarmente esercitato, ma che è previsto dalla legge.
Il DPR 24/7/1977 n. 616 riconferma all'art. 7 quanto sopra esposto dalla legge n. 62/53, aggiungendo nell'art. 11 quanto già precedentemente citato in materia di programmazione. Ed il tutto viene puntualmente riaffermato dalla legge 22/5/1971 n. 338 (Statuto della Regione Piemonte).
Peraltro è impensabile l'esercizio delle funzioni amministrative regionali - attraverso deleghe o l'attuazione della programmazione regionale, avvalendosi della collaborazione degli enti locali - senza l'emissione di una serie di precetti disciplinatori della materia oggetto della delega stessa o delle procedure che portano lo specifico contributo di ciascun ente locale a confluire nell'atto di programmazione regionale compiuto; precetti che inevitabilmente vanno ad incidere in senso lato sull'autonomia dell'ente delegato, in quanto gli fanno carico di una disciplina che non si è dato da solo e non può provenire dallo Stato.
Ma, a nostro avviso, per i motivi precedentemente esposti, ciò non significa che sia stata lesa la Costituzione; anzi questa risulta essere allo stato attuale delle cose, l'unica possibilità di applicarla.
Quanto sopra trova puntuale riscontro nelle legislazioni regionali in vigore.
A titolo esemplificativo, per restare nell'ambito della legislazione piemontese, si citano: la L.R. 2/5/1986 n. 18 in materia di smaltimento di rifiuti, che all'art. 7 prevede, per quanto riguarda l'espletamento delle funzioni delegate, che le Province si uniformino alle norme regolamentari ed alle prescrizioni tecniche emanate dallo Stato e dalla Regione e si avvalgano del parere obbligatorio del Comitato tecnico regionale; la L.R.
5/3/1987 n. 12 in materia di turismo, che all'art. 5 demanda addirittura alla Giunta regionale l'emanazione di direttive ed indirizzi riguardanti le modalità di esercizio delle funzioni delegate ai Comuni e alle Province; la L.R. 25/2/1980 n. 8 in materia di formazione professionale, che all'art. 12 dispone che le funzioni amministrative vengano delegate ai Comuni perché le esercitino attraverso modalità organizzative ed istituzionali ed in ambiti territoriali previsti da leggi regionali, mentre all'art. 13 stabilisce che la Giunta regionale possa adottare provvedimenti intesi a favorire, presso gli enti delegati, l'istituzione di servizi e strutture che assicurino l'esercizio delle competenze attribuite; la già ricordata L.R. 23/1/1986 n.
1 in materia di viabilità e trasporti, istitutiva anch'essa, come già rilevato, dell'assemblea dei Sindaci, ove è prevista, da parte di quest'ultima, l'espressione di pareri obbligatori alle Province, e ove è disposto che la Regione fornisca agli enti delegati disposizioni, criteri e modalità per l'esecuzione degli adempimenti istruttori nelle materie delegate e controlli la loro attuazione.
Ma il rilievo governativo, concernente una ipotetica interferenza in materia organizzativa e funzionale degli enti locali, appare ancor più incomprensibile se si guarda a quanto il Governo ha riconosciuto alle Regioni in materia di organizzazione degli enti territoriali minori con la creazione di consorzi di gestione.
Si pensi alle numerose leggi regionali istitutive di parchi, ove è prevista, per la gestione, la costituzione di Consorzi fra gli enti interessati (Comuni, Comunità montane, Province) con l'adozione da parte degli stessi di uno Statuto che deve essere approvato dalla Regione.
Sempre a titolo esemplificativo basti ancora citare, in materia di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la legge della Regione Lazio 11/12/1986 n. 53, che prevede la costituzione coattiva dei consorzi fra i Comuni appartenenti allo stesso bacino di utenza; oppure la legge della Regione Toscana 25/1/1972 n. 2 che, in materia urbanistica, indica, tra le funzioni esercitate dal Consiglio regionale, la promozione della costituzione di consorzi obbligatori tra Comuni limitrofi per la formazione di piani di zona consortili; ed ancora, la legge della Regione Basilicata 5/4/1979 n. 15 che prevede, sia per i Comuni che per le Province l'obbligatorietà dei consorzi per la gestione dei servizi sociali.
D'altronde l'assunto esposto sembrerebbe confermato dalla sentenza del 20/10/1983 n. 319 della Corte Costituzionale, là dove afferma non essere fondata, in riferimento all'art. 128 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge regionale del Lazio n.
41 del 1974, in quanto esso non si limita a disporre la delega a favore del Comune, ma indica anche quale sia l'organo comunale competente all'esercizio del potere delegato. La Corte afferma infatti che la norma in questione non altera la tipologia dell'organizzazione comunale, non lede l'autonomia dei Comuni, né invade la sfera di competenza dello Stato.
Tutto ciò precisato, vorrei concludere riassumendo, a titolo augurale quanto contenuto nella relazione programmatica presentata alla Camera dal nuovo Governo a proposito delle autonomie locali.
In essa è precisato infatti che la Regione, in particolare, deve ritrovare la propria specificità costituzionale quale ente di legislazione e di programmazione, rifuggendo da appesantimenti gestionali diretti, anche mediante un più puntuale e generoso uso della delega di funzioni agli enti locali. Il Presidente del Consiglio ha altresì ribadito come sia necessario ricercare, nel pieno rispetto delle autonomie regionali, un maggiore e migliore coordinamento da parte del Governo nazionale nei confronti delle autonomie locali e l'apprestamento di forme di collaborazione e di coordinamento anche nuove.
Per tutta questa somma di ragioni l'VIII Commissione - che nel suo lavoro ha potuto giovarsi dell'apporto fattivo e capace dei funzionari dell'Assessorato regionale competente e dell'Ufficio legislativo del Consiglio regionale - ha ritenuto di dover proporre al Consiglio regionale la reiterazione integrale del provvedimento, salvo due adeguamenti formali inerenti le disposizioni finanziarie e i termini entro i quali è data possibilità alle Province di proporre modifiche alla delimitazione delle aree programma.
Hanno votato favorevolmente a questa impostazione tutti i Gruppi consiliari, ad esclusione del MSI. Il Gruppo comunista, che aveva votato contro il provvedimento nella sua seconda stesura, ha in questa circostanza ritenuto prevalenti le ragioni politiche e giuridiche di principio rispetto agli arretramenti di contenuto che la maggioranza aveva allora introdotto, esprimendo perciò voto favorevole.
La Commissione non ha assunto questa deliberazione a cuor leggero.
I rischi connessi al perdurare del vuoto legislativo apertosi con la soppressione dei Comprensori è infatti grande e i già deboli rapporti Regione - enti locali potrebbero ulteriormente affievolirsi, fino a produrre un pericoloso distacco strategico a danno dell'insieme del sistema autonomistico. Qualora il Governo decidesse di impugnare per vizio di legittimità la legge reiterata di fronte alla Corte Costituzionale questi rischi diverrebbero incombenti, data l'eventualità che il conflitto di competenza possa protrarsi per non breve tempo.
Al fine di scongiurare questa eventualità l'VIII Commissione, oltre a caldeggiare che il Governo rimuova la propria opposizione, ha assunto due orientamenti di lavoro.
Il primo di questi è volto a sollecitare, nel caso il nuovo Governo mantenga le posizioni negative assunte dal suo predecessore, che il conflitto (come consentito dalla seconda parte dell'ultimo comma dell'art.
127 della Costituzione) avvenga sul merito e quindi davanti alle Camere come parrebbe più giusto, avviando a questo riguardo un'iniziativa specifica per sollecitare il Governo e la Commissione bicamerale per gli affari regionali, il cui Presidente, a titolo personale, ha già espresso il proprio assenso a che l'eventuale conflitto abbia ad aprire, per la prima volta nella storia delle Regioni e dei loro rapporti con il sistema statuale, un confronto di merito non davanti alla Corte, bensì di fronte alle Camere.
Il secondo orientamento di lavoro afferisce all'assunzione di responsabilità da parte della Giunta, circa l'autonoma attivazione di iniziative atte a realizzare la partecipazione dei Comuni e delle Province agli atti di programmazione generale e settoriale, rilanciando per quanto è possibile un rapporto ormai troppo a lungo trascurato. Al riguardo è stato concordato un ordine del giorno che verrà sottoposto al voto dell'assemblea contestualmente alla legge.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, spero di aver sufficientemente illustrato le motivazioni della proposta di reiterazione della legge sul riordino dei rapporti Regione - enti locali formulata dall'VIII Commissione. Non mi resta perciò che concludere, auspicando il voto più ampio e convinto di questa assemblea. Grazie.



GUASSO Nazzareno



PRESIDENTE

La parola al relatore di minoranza, Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prima di illustrare concisamente la relazione di minoranza nella quale si esprime ancora una volta il nostro dissenso al disegno di legge per ragioni di illegittimità e di merito, devo fare una considerazione preliminare che non è contenuta nella relazione di minoranza.
L'atteggiamento che abbiamo tenuto nei confronti di questo testo di legge sia nel luglio 1986 (quando è stato votato in prima lettura), sia nel settembre 1987 (quando è stato votato a maggioranza in seconda lettura) sia oggi, non è ispirato ad una sorta di statalismo o di idolatria dello statalismo nei confronti delle Regioni.
Devo ricordare che allorquando alla Camera venne discussa la legge costituzionale istitutiva delle Regioni ed attuativa del precetto costituzionale che le prevedeva (nel 1969-1970) il nostro Gruppo parlamentare e il Gruppo parlamentare liberale furono (in persona dei loro Presidenti dell'epoca, on. Bozzi e on. Almirante) i portabandiera di una decisa, convinta e motivata opposizione all'introduzione delle Regioni.
Sono passati degli anni e noi abbiamo dimostrato con i fatti, con i comportamenti tenuti in tutte le assemblee regionali, con comportamenti tenuti in seminari, di recente nel convegno del decennale del DPR n. 616 che le posizioni politiche non sono immutabili e cristallizzate, che ci si deve rendere conto in questa materia, come ci siamo resi responsabilmente conto, che le Regioni appartengono ormai al tessuto connettivo della nazione e che quindi ci si deve, anche da parte nostra, premurare di far sì, di chiedere, di auspicare e di proporre che funzionino nel migliore dei modi. Sia in quest'aula, in occasione del dibattito sulla riforma delle istituzioni, sia in tante altre sedi politiche, in tanti convegni a livello istituzionale abbiamo censurato questa appropriazione della competenza delle Regioni da parte del legislatore statale e infatti siamo stati propositori di una proposta di massima per modificare l'art. 117 della Costituzione che prevede la competenza delle Regioni per materia anzich per funzioni, che ha dato luogo, com'è noto, a quel grosso contenzioso pressoché ineliminabile fra Regioni e Stato presso la Corte Costituzionale.
Questo non è stato un esercizio di ius penitendi, da antiregionalisti diventare regionalisti, difendere quindi la giusta competenza delle Regioni, ma è stata una valutazione di fatti politici e di realtà, come d'altro canto (chiudo il preambolo introduttivo della relazione) queste opinioni - chiamiamole pure sorte di pentimenti politici - non sono state solo nostre, ma anche di altre forze politiche. Non va dimenticato che alla Costituente proprio l'on. Togliatti e gli altri costituenti il Gruppo comunista erano in linea di principio contrari alle Regioni, perché in base ad una previsione ragionevole o un auspicio ragionevole dell'epoca si prevedeva che le forze delle sinistre dopo l'assemblea costituente avrebbero potuto avere una maggioranza di governo. Perché erano contrari? Per una ragione tattica del momento e non si voleva che le altre forze non vincitrici in sede di maggioranze parlamentari stabili nella Camera e nel Senato diventassero maggioranze nelle varie costellazioni regionali.
Per concludere, dopo questo doveroso chiarimento sul piano politico, il nostro atteggiamento non è ispirato, con riferimento a questa legge, a idolatria dello statalismo, ma ad una convinzione: qui siamo al di fuori delle colonne d'Ercole della legittimità di questo disegno di legge. La relazione di minoranza, lo confesso, è stata stesa in maniera affrettata con in mano compiti che gravano su un Gruppo consiliare nel quale operano due Consiglieri, la valorosa collega Minervini e permettetemelo - il valoroso collega Majorino. Quindi non sono in grado di controbattere punto per punto la dotta ed approfondita, giuridicamente e costituzionalmente valida, anche se non convincente, relazione di maggioranza.
Mi pare ci siano però due punti fondamentali che non possono essere smentiti. E' vero che l'assemblea dei Sindaci non ha un'autonomia finanziaria, però è pur sempre un'assemblea obbligatoria (anzi, più assemblee nell'intero Piemonte) che ha alle spalle un territorio che sono le aree programma che in definitiva operano ed incidono - come avevo già ricordato nella pregressa relazione di minoranza - obbligatoriamente (vedremo dopo come questo punto abbia un certo significato) e che svolgono e compiono una cospicua serie di atti che erano già propri della competenza dei defunti Comprensori (torneremo poi su questo punto). C'è, tanto per scegliere, senza che questo linguaggio voglia essere irriverente, fior da fiore dalla normativa: l'art. 12 che prevede addirittura, pena di nullità il parere obbligatorio dell'assemblea dei Sindaci prima che le Province possano procedere a certi adempimenti istituzionali. C'è poi il fatto non contestabile che si attribuiscono alle assemblee dei Sindaci competenze che la legge statale attribuiva alle Province.
A me pare che in definitiva l'argomentazione fondamentale svolta nella relazione di maggioranza, al di là di tutte le altre articolazioni, fosse questa: come è possibile che il Governo persista nel respingere questo disegno di legge - apprezzabile sotto tanti altri profili (segnatamente nella parte della programmazione e nella parte in cui attua la delega) prevedendo lo stesso disegno di legge l'assemblea dei Sindaci con le competenze ad esso attribuite - quando, a suo tempo, pacificamente non sorsero problemi per l'approvazione della legge istitutiva dei Comprensori? Consentimi, collega Valeri, ma se questo è, come pare lo sia, uno degli argomenti principali a sostegno della legittimità della legge, mi chiedo: come mai nel 1975 senza problemi è stata vistata la legge che istituiva i Comprensori di cui oggi le assemblee dei Sindaci rappresentano un certo recupero?



VALERI Gilberto

L'assemblea dei Sindaci è già istituita da legge regionale nel settore dei trasporti.



MAJORINO Gaetano, relatore

E' stata una svista del Governo, forse. L'ha già respinta due volte.
Questa argomentazione mi pare che sia del tutto priva di consistenza in quanto i Comprensori erano previsti dall'art. 71 dello Statuto, che è legge statale, perché lo Statuto viene approvato dal Parlamento, quindi il Comprensorio previsto dallo Statuto piemontese, e quindi dalla legge statale che approvò lo Statuto piemontese, ben poteva essere introdotto disciplinato ed attuato da una legge regionale.
C'è poi un'altra considerazione: nel disegno di legge statale sul riordino delle autonomie l'art. 68, secondo comma, recita che "la Regione può istituire con legge forme permanenti di raccordo con i Comuni e le Province, con compiti di informazione e consultazione di concorso su tutte le materie e le attività di comune interesse". Mi si consenta di rilevare che proprio perché questa normativa è contenuta in un disegno di legge necessariamente statale di riforma delle autonomie, dove si prevedono queste forme permanenti di raccordo con Comuni e Province, ciò sta a significare che oggi in materia esiste il vuoto legislativo e non si pu emanare, inserire una legge regionale che contenga queste forme permanenti di raccordo con Comuni e Province.
Mi si consenta ancora, chiedo scusa se mi ripeto, ma mi pare che in definitiva il sostenere che non si tratti di un nuovo ente territoriale intermedio, quando le assemblee sono obbligatorie, sono composte dai Sindaci e hanno alle spalle un determinato territorio, sia l'elemento che ci fa dire che abbiamo un organismo di terzo livello.
Al riguardo sono stati citati precedenti di altre leggi e allora io ricordo, come ho ricordato brevissimamente nella relazione di minoranza, il precedente della legge regionale del 27/2/1984 dal titolo: "Norme sul riordino istituzionale" che venne approvata dalla Regione Emilia Romagna.
Qui non ci sono le assemblee dei Sindaci come organo di raccordo fra Comuni e Province, come organo che partecipa alla programmazione, ma sono previste le assemblee di Comuni per la programmazione e sono previste come assemblee che possono sorgere su iniziativa dei Comuni, quindi facoltativamente.
Nella prima stesura di questo testo normativo, che poi è diventato la legge 27/2/1984 della Regione Emilia Romagna, si prevedevano queste medesime assemblee di Comuni per la programmazione in maniera obbligatoria e per le stesse osservazioni che sono state fatte dal Commissario di Governo nei confronti delle assemblee dei Sindaci si rilevò che l'obbligare in forza del comando di legge i Comuni dell'Emilia Romagna a costituirsi in assemblee per la programmazione significava costituire degli organi di terzo livello, per cui la Regione Emilia Romagna, che in questa materia è stata antesignana, maestra anche per certe leggi di rilievo, si è in seconda lettura adeguata e ha trasformato le assemblee dei Comuni per la programmazione da obbligatorie a facoltative e la legge è stata varata.
Quindi anche qui, se si fosse ritenuto dalla maggioranza di rendere facoltative le assemblee dei Sindaci, penso che né da parte del Governo e comunque da parte nostra non ci sarebbe stata, almeno sotto il profilo della legittimità, nessuna obiezione.
Mi si cita come precedente, e di questo non si può non tenere conto che la legge regionale dei trasporti prevede l'assemblea dei Sindaci, ma non mi pare proprio che sia articolata nella stessa maniera di questa assemblea dei Sindaci.



BONTEMPI Rinaldo

E' perfino più penetrante: ha più poteri.



MAJORINO Gaetano, relatore

In allora c'è stata, dunque, una svista da parte nostra a non metterne in evidenza la non legittimità e forse in allora il Governo, il Ministro pro tempore, proponente al Consiglio dei Ministri l'approvazione, sarà stato di vedute più larghe, comunque è vero che il precedente ha un valore ma non assorbente.
Queste sono le considerazioni principali e non sto a richiamare le altre peraltro simili, analoghe, svolte nelle due precedenti relazioni di minoranza, però prima di ribadire che il nostro voto non potrà essere favorevole devo dire, con un rammarico in senso politico, che noi non possiamo votare questa legge e anzi l'avremmo votata qualora il testo di legge non fosse inquinato dall'assemblea dei Sindaci, perché il testo è degno di notevole apprezzamento in tutta quella parte che riguarda la programmazione e la disciplina delle deleghe alle Province.
Neppure nel merito noi ci saremmo comunque sentiti, ammesso che si possa superare lo scoglio più volte ricordato della legittimità, di approvare l'istituzione dell'assemblea dei Sindaci. E qui ci si consenta non siamo "vox clamantis in deserto", non siamo isolati nel ritenere la non opportunità dell'introduzione di questo nuovo istituto, intanto perché sono noti i parecchi centimetri cubi nei quali sono state riassunte le consultazioni che, salvo errori, sono durate per oltre un anno. Oserei dire che mai consultazione fu così approfondita come in questa materia; ma molti dei soggetti consultati hanno mostrato perplessità e questa perplessità, a nostro sommesso avviso, è stata centrata con una formula di sintesi da un soggetto consultato che è l'Assessore socialista alla pianificazione territoriale della Provincia di Torino. Sinceramente non voglio fare valutazioni, non so se sia un soggetto consultato molto o meno valido politicamente o altro, però con una formula di sintesi, a mio avviso felice, e che riassume...



VALERI Gilberto

Formalmente era addirittura uno dei proponenti.



MAJORINO Gaetano, relatore

Allora c'è contraddizione rispetto alla veste di proponente.
L'Assessore socialista alla pianificazione territoriale della Provincia di Torino inviò una nota allegata alle consultazioni, datata 13/1/1986 all'VIII Commissione nella quale (era molto rapida e concisa questa nota) parlava della non opportunità dell'assemblea dei Sindaci e la definiva: "organismo funzionalmente inutile che crea conflittualità di competenze ruolo e procedure, che comporta nuovi tempi e burocrazia delle decisioni ulteriori costi di funzionamento, svuotando con ciò di competenze gli enti locali istituzionali".
Qui mi pare fotografato, con una formula di sintesi, quello che era il pensiero nostro e quello che è stato il pensiero di molti soggetti consultati, comunque noi aderiamo in toto a questa valutazione.
Concludo ricordando ancora una volta che per ragioni di legittimità e di merito, l'una e l'altra di pari peso, noi esprimeremo un voto contrario.



DAMERI Silvana



PRESIDENTE

Sulle relazioni dei Consiglieri Valeri e Majorino è aperta la discussione.
Non essendovi richieste di parola possiamo procedere all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 11 è approvato.
ART. 12 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 12 è approvato.
ART. 13 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 13 è approvato.
ART. 14 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 14 è approvato.
ART. 15 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 15 è approvato.
ART. 16 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 16 è approvato.
ART. 17 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 35 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'articolo 17 è approvato.
Prima di porre in votazione l'intero testo della legge, chiedo se vi sono delle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Svolgerò una breve dichiarazione di voto che per noi ha particolare significato. E' particolarmente doverosa in quanto, come i colleghi ricorderanno, il Gruppo comunista non votò la prima riapprovazione di questa legge, il cui rinvio risale, se non vado errato, a due anni or sono.
Non votò la riapprovazione della legge per due ragioni: la prima perché da parte della maggioranza si erano depotenziati il potere di iniziativa e le funzioni, rivolte alla Regione, dell'assemblea dei Sindaci; la seconda perché non era, e io dico continua a non essere, successo assolutamente nulla sul terreno non dico legislativo, ma politico, da parte della Giunta per mettere in moto un meccanismo attendibile di verifica, confronto e consultazione a livello di amministrazione locale.
E' alle nostre spalle l'esempio molto negativo, che d'altra parte non a caso ha portato ad oggi a non avere neanche la proposta di Giunta in Commissione dei piani ambientali paesistici, in un momento in cui si sarebbe potuto, anche senza la legge ma sulla base di una volontà politica organizzare il livello della partecipazione dei Comuni della difficile, ma comunque doverosamente percorribile, strada della ricerca del consenso sulla previsione di piano. Allora noi motivammo le ragioni del nostro non voto alla legge, a cui peraltro avevamo dato grandissima adesione sia in termini di volontà politica, sia in termini di predisposizione di un testo sia in termini di lavoro svolto in Commissione, con pochissime altre forze politiche, per riuscire a determinare una positiva soluzione al vuoto creato dai Comprensori. Vuoto che rimpiangeremo, in quanto ci viene a mancare la possibilità di tessuto connettivo della comunità locale con cui interloquire sui progetti, sui programmi o sulle decisioni di una certa portata.
Questi motivi non sono venuti meno; la nostra critica nei confronti della gestione, da parte di questa Giunta, del rapporto con gli enti locali è semmai aumentata e non vediamo nessuna volontà positiva in tal senso.
Siamo comunque addivenuti alla decisione del voto positivo perché la questione si è posta in termini davvero istituzionali e politici nei confronti del Governo. Non riprendo nessuna delle incisive, chiare argomentazioni contenute nella relazione del Presidente della Commissione Valeri; le ragioni di merito sono state tutte esposte e sono chiare, ma la ragione politica che ci ha fatti aderire ad un voto sulla legge, nonostante continui il giudizio negativo sul nulla che si è fatto in sostituzione della legge, pur potendolo fare, deriva dalla volontà di manifestare al Governo - anche percorrendo la strada del conflitto di merito, che noi preferiremmo rispetto al conflitto di fronte alla Corte Costituzionale dopo la seconda riapprovazione - che la Regione deve avere autonomia organizzativa e programmatoria. Avevamo addirittura avanzato delle proposte sul terreno finanziario nel dibattito sul bilancio. In proposito vorrei ricordare che c'era un impegno a simulare una legge ricettiva dei bisogni elusi dalla crisi finanziaria in cui versano le Regioni, e anche la nostra quindi l'impegno andrebbe mantenuto. In quel dibattito abbiamo sostenuto l'opportunità di prefigurare un nuovo modello di autonomia, più vicino al modello federale che non al classico modello regionalista un po' fallito.
Quindi per queste ragioni di ordine generale abbiamo convenuto sulla necessità, oggi come Regione, di non apportare nessuna modifica a quel testo, di votarlo tutti insieme nel tentativo di far leva sul conflitto di merito che cerchiamo con il Parlamento, per inserirci con un atto concreto nel dibattito istituzionale. Purtroppo apprendiamo dai giornali che la proposta della Camera delle Regioni sta cominciando a farsi strada; a noi questo pare un segno positivo, ma diciamo subito che se il livello politico nazionale e il livello politico parlamentare crede di poter risolvere il problema della autonomia solo con la Camera delle Regioni noi non siamo d'accordo. Noi siamo per questa proposta e l'abbiamo sostenuta, ma dev'essere coordinata con altre misure. Ha senso se il modello cambia e ha senso se si approva una legge come quella piemontese, che non solo ha le ragioni di legittimità come affermava Valeri, ma manifesta la potestà organizzativa propria della Regione riguardo alle sue competenze in tema di programmazione o riguardo alle competenze dell'art. 117 della Costituzione.
Queste sono le ragioni forti per cui abbiamo acceduto ad una riapprovazione; peraltro per poter promuovere il conflitto era necessario avere un voto di maggioranza assoluta dei componenti l'assemblea, però lo facciamo anche con convinzione. Per ulteriormente appoggiare sul terreno concreto (non solo quindi delle intenzioni) il nostro voto positivo abbiamo richiesto alla Giunta di esprimere, attraverso l'impegno che il Consiglio riuscirà a determinare, una propria iniziativa, a prescindere dalla legge, per legare le decisioni sugli importanti atti programmatori ad una procedura di consultazione, che non è più avvenuta, con l'insieme dei Comuni.
Ho notato questa mattina che su questo punto c'è stato un accordo tra le forze politiche. Non abbiamo eccessive illusioni, però dal momento che questo ordine del giorno viene approvato da tutte le forze politiche, e sperando che ci sia una sua attuazione, votiamo questa legge.
Mi sia permessa un'ultima richiesta, che va collocata nell'arco temporale in cui facciamo questo dibattito, cioè prima della chiusura estiva del 1988. Si è parlato l'altro giorno dell'IRES e della programmazione. Se ne parla in maniera credo sempre più finta; un po' come questa mattina per l'ambiente. Facevo una battuta un po' cruda ai miei compagni: non si capisce come mai con un'opposizione verde pungolante, che non ha storia né zavorra alle spalle, incisiva e dura, con un Gruppo comunista che si è giustamente caricato di valenze ambientaliste credendoci, con dei Gruppi che rivendicano vecchie paternità ambientali come quello liberale, con un Assessore come quello alla pianificazione territoriale, di cui non può essere messa in discussione la buona volontà e la buona fede ambientale, insomma con tutti questi buoni ingredienti, non si riesce a cavare il "ragno dal buco". Devo dire che sulla programmazione mi viene voglia di fare lo stesso discorso. Se rigiriamo qui il discorso sulla programmazione notiamo che nonostante non sia andata molto bene, ora la vogliono comunque fare tutti e tutti rivendicano una cultura della programmazione; in realtà la registrazione puntuale è che non ci sono atti di programmazione. Salvo che, e credo che questa possa essere la risposta di Beltrami o della Cernetti, s'intendano come atti di programmazione il Piano dei siti e il Piano delle bonifiche. Mi pare che sia, comunque legittimo avere un'opinione diversa. Perché ho fatto questo discorso? Stiamo ad un gioco in cui purtroppo la confusione sta diventando l'elemento dominante, forse l'unico misuratore sono gli atti. Questa è una misurazione che può essere fatta tarandola con la diversità di situazione di alcuni anni fa rispetto a quella di oggi e tarandola anche con la diversità di situazione politica. Probabilmente c'era una formula politica prima, che era in grado di produrre più atti rispetto all'attuale formula politica. Ho fatto questo discorso sulla programmazione, perché essendo in votazione questa legge ed essendo in votazione un ordine del giorno, non possiamo illuderci di poter aspettare l'applicazione dell'ordine del giorno e qualche atto conseguente rispetto alle volontà espresse dalla legge oltre la fine del 1988. Dopo sarebbe vano pensarci; l'89 è un anno che si caratterizza con delle elezioni sue e poi c'è la preparazione delle elezioni del '90. Dico questo perché il nostro ordine del giorno, comune credo debba essere verificato.
Chiedo l'impegno dell'Assessore Croso, che peraltro è stato abbastanza puntuale nelle presenze in Commissione negli ultimi tempi, ad una verifica puntuale del programma assessorile di consultazione sugli atti di programmazione entro il dicembre del 1988. Di lì capiremo se riusciremo a mettere in piedi un sistema di rapporti con i Comuni per aree programma anche attraverso assemblee dei Sindaci. Noi ci teniamo a questo raffronto non perché pensiamo di ricavarne un particolare elemento politico elettorale di distinzione, temiano che non ci sia più questo terreno di divisibilità e di misurazione, però ci serve. Stiamo cercando di attrezzarci per una valutazione non faziosa, ma ponderata degli accadimenti politici di questi anni; è in scrittura un nostro "libro bianco" sugli appuntamenti che ritenevamo essenziali per un ente come la Regione e tutti quelli che sono mancati saranno scritti, così come scriveremo quelli che saranno centrati. Su questo piano quindi sollecito Beltrami a fare in modo che la sua Giunta si attivi sull'attuazione sostanziale dell'ordine del giorno e di atti di programmazione, affinché entro il dicembre '88 ci siano fatti concreti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Signor Presidente, colleghi, molto brevemente per esprimere il voto favorevole del nostro Gruppo con alcune osservazioni che motivino questa adesione convinta. La relazione del Consigliere Valeri ci esime dal sottolineare le ragioni della legittimità che sono state, insieme con quelle del merito, ampiamente trattate nella diffusa relazione. Noi avevamo chiesto in Commissione che con la riapprovazione della legge si fornisse una documentazione di carattere giuridico tale da servire ad un'opera di convincimento presso gli organi governativi. Questa relazione raggiunge perfettamente lo scopo che noi avevamo auspicato.
Abbiamo anche appreso, in Commissione e poi in questa sede, con molta soddisfazione il fatto che il Partito comunista aderisce alla riapprovazione della legge. Il fatto che questa legge sia approvata quasi all'unanimità dell'assemblea regionale piemontese dà certamente maggiore autorità e maggiore slancio a questa iniziativa. Potrebbe essere anche un elemento considerato in sede governativa per una valutazione diversa rispetto alle precedenti.
Il Capogruppo Bontempi ha allargato la sua dichiarazione di adesione alla spiegazione delle ragioni e alle esortazioni che accompagnano questa approvazione in relazione ad un maggiore e deciso impegno della Giunta rispetto ad un'attività programmatoria e ad un rapporto vivo, chiaro e serio con le autonomie.
Salvo al fatto di non poter convenire che ci siano formule politiche che abbiano dato o che diano la possibilità di ritenere la programmazione una cosa più facile in certe situazioni, più difficile in altre, più voluta, più desiderata, più espressa in alcuni casi che in altri - poich delle difficoltà ce ne sono state sempre e risultati non ce ne sono stati molti mai siamo comunque d'accordo nel convenire con questo invito, con questa raccomandazione alla Giunta regionale.
Anzi questa esortazione la vorremmo allargare a tutto il Consiglio perché ci sembra che nel decorrere del tempo (sono passati otto mesi dall'ultimo rinvio di questa legge da parte del Governo) l'entusiasmo con cui questa iniziativa legislativa era stata assunta e seguita nei primi tempi e l'interesse stesso per il merito di questa legge siano affievoliti un po' in tutti noi, mentre invece è tempo di un rilancio, qualcosa deve essere fatto perché la programmazione sia rilanciata e ripresa con ogni serietà e la partecipazione sia perseguita in maniera efficace dopo che è finita nel 1985 la stagione dei Comprensori che abbiamo valutato in maniere diverse, che ci siamo tutti accordati forse un po' affrettatamente nel dichiarare conclusa, nella speranza che la riforma nazionale delle autonomie fosse imminente, e che però ha lasciato effettivamente un grande vuoto.
La Regione deve rinsaldare e ravvivare il suo rapporto con le autonomie. Questo è assolutamente necessario e questa legge ne vuole dare l'occasione. E' stato sottolineato dal collega Bontempi, verrà sottolineato con l'ordine del giorno; anche noi siamo convinti che questa legge debba essere lo spunto per una ripresa di slancio in questo senso.
Si è cercato un luogo per questo rapporto ed è questo che costituisce sotto l'aspetto di legittimità soprattutto, ma il collega Majorino ha anche illustrato ragioni di merito, il punto più controverso. Questo luogo perché questo maggiore rapporto con le autonomie si verifichi, è l'assemblea dei Sindaci. Noi abbiamo sempre apprezzato molto le argomentazioni giuridiche di Majorino, forse un po' meno quelle del Governo, perché il Governo effettivamente, checché si voglia dire, qualche volta approva e qualche volta non approva le stesse cose e la relazione Valeri ne ha riferito i casi. Invece abbiamo sempre apprezzato l'attenzione che sotto l'aspetto giuridico il collega Majorino dà a tutte le iniziative legislative di questa Regione e specialmente quelle di carattere istituzionale. Perciò abbiamo il timore di essere magari noi a sbagliare o a non capire a fondo la questione; ma con molta sincerità dobbiamo dire che questa volta la sua posizione così netta su questo punto ci sembra eccessiva. Non riusciamo a credere e a capire come un'assemblea dei Sindaci, che non è un ente autonomo, che non è un'organizzazione che abbia in sé una capacità di autonomia in alcun senso, ma che è semplicemente un luogo di creare e di realizzare questo rapporto e questo metodo della programmazione, debba essere un elemento preclusivo, per ragioni di legittimità costituzionale, all'approvazione di questa legge.
Si dice: è una assemblea obbligatoria. Quello che veramente è obbligatorio a nostro avviso - è l'area programma e ci sembra che la Regione possa, come ente di programmazione, stabilire e definire le modalità con cui fare la programmazione e stabilire pertanto che questa programmazione deve avvenire avendo come riferimento delle aree programma per cui l'assemblea dei Sindaci diventa il modo organizzativo attraverso cui noi realizziamo questa programmazione e possiamo sentire, consultare promuovere la partecipazione, il parere degli enti locali. Tanto è vero che l'assemblea non esprime una volontà propria come organismo a sé, non sarebbe neanche in condizione di farlo, perché non sono previsti organi rappresentativi dell'assemblea, organi che possano in sé adunare ed esprimere una volontà collettiva; è un elemento organizzativo che facilita questo rapporto e questa programmazione.
Pertanto a noi non sembra che queste ragioni di illegittimità sussistano, ci sembra proprio che il Governo abbia forzato; vogliamo pensare che non sia una delle varie prove di una mentalità di arretramento rispetto al regionalismo e rispetto alle autonomie, ma non dimentichiamo nessuno ha creduto di ricordarlo specificatamente - che questa è anche la legge delle deleghe. Sulle deleghe abbiamo fatto tante parole e tanti discorsi: questa legge afferma solennemente la volontà della Regione di ricorrere a questo mezzo operativo di gestire l'attività delle autonomie regionali e noi anche a questo vogliamo dare l'importanza dovuta e raccomandare alla Giunta di tenere presente questa espressione di volontà.
Alla Giunta noi chiediamo - e non suoni offesa questa affermazione - di credere in questa legge, negli indirizzi che questa legge propone e sottolinea, perché sono gli indirizzi del nostro Statuto regionale e sono gli indirizzi che anche questa Amministrazione nei suoi programmi ha definito e quindi bisogna crederci con i fatti, bisogna crederci nella realtà, bisogna agire secondo gli indirizzi e persino se questa legge non venisse approvata c'è modo, e anche prima che venga approvata come ha detto il collega Bontempi, di agire secondo questi principi.
In secondo luogo alla Giunta chiediamo di seguire con attenzione l'iter di questa legge. Noi non siamo per la conflittualità, per instaurare un contenzioso con il Governo nella forma che è stata specificata del ricorso previsto dalla Costituzione, alle Camere. Noi siamo perché attraverso un rapporto serio, un rapporto vivo e immediato della Giunta regionale con il Governo centrale si cerchi di far superare le obiezioni a questa legge alla luce della rinnovata volontà del Consiglio a maggioranza quasi completa, e attraverso le argomentazioni specifiche e precise che sono contenute nella relazione che l'accompagna. Si cerchi di ottenere quella approvazione che in passato purtroppo due volte ci è stata negata. Ci auguriamo, ripeto, che questa approvazione, rinnovata in questa sede, segni soprattutto il momento di un rilancio di quella volontà di programmazione e di integrazione delle autonomie di cui la nostra Giunta regionale può dare un saggio in questa immediatezza, in questi prossimi mesi che effettivamente si avvicinano ad essere gli ultimi che possono essere utilizzati per un proficuo e costruttivo lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, desidero anch'io esprimere prima della votazione il parere convinto e l'adesione del Gruppo socialista all'approvazione della riproposizione agli organi di Governo della legge di cui stiamo discutendo.
La relazione svolta dal Presidente di Commissione Valeri mi esime dal richiamare le motivazioni valide che sono alla base della proposta di riproposizione e di riapprovazione di questa legge, che non vuole avere e che non ha mai voluto avere alcun carattere di sfida con gli organi di Governo. Vuole però avere il carattere di un serio e responsabile confronto nel quale ciascuno porta le proprie ragioni. Credo che noi di ragioni da portare ne abbiamo, ne siamo convinti. Confidiamo nell'impegno della Giunta a seguire l'iter che la legge avrà presso gli organi di Governo, dal momento in cui la licenzieremo, affinché possa approdare ai risultati per i quali abbiamo lavorato finora e per i quali abbiamo ritenuto di non cambiare l'impianto esistente. Devo confessare che qualche perplessità mi è sorta, e forse è sorta a ciascuno di noi nel momento in cui, per la seconda volta, abbiamo dovuto registrare un rifiuto da parte degli organi di Governo. E' una perplessità che è durata lo spazio di un mattino e che ci ha però portati a rivedere e a rivalutare con maggiore convinzione la serietà e la responsabilità di ciò che andiamo a fare.
Il clima politico in cui operiamo oggi è diverso da quello di otto mesi fa; forse abbiamo perso un po' di tempo, però succede in tutte le cose.
Ho l'impressione che la proposta che andiamo a fare si inserisca in un clima politico di maggiore consapevolezza, in un clima politico nel quale a tutti i livelli c'è la consapevolezza che questo sistema democratico ha bisogno di un ulteriore rafforzamento e quindi ha bisogno di una serie di correttivi che non possono essere soltanto quelli apportati a livello parlamentare; devono interessare tutto l'arco del sistema democratico, in modo particolare l'arco delle autonomie e del livello regionale.
Mi sembra che con questa proposta noi diamo un contributo significativo. Non vorrei azzardare una valutazione, perché potrei esserne anche smentito, ma se l'impressione che noi abbiamo, e cioè che il clima politico sia più consapevole di quanto non lo fosse otto mesi fa (in otto mesi possono cambiare le connotazioni delle politiche a livello mondiale) è possibile pensare che questa sia una proposta seria, una proposta che pu essere vista in una valutazione positiva.
C'è bisogno di arrivare ad una svolta, anche se ci arriviamo con ritardi che abbiamo dovuto subire, nonostante la volontà.
Vorrei sottolineare l'aspetto positivo che ha il voto espresso dal Gruppo comunista. Si può interpretare come il segno di una situazione politica che va colta, che non va ignorata.
Sono grato alla scelta compiuta dal Gruppo comunista, e anche questo lo inserisco in un quadro politico che mi fa ben sperare. Le scelte che andiamo a compiere sono scelte di ristrutturazione. Non si può ignorare che questa legge significhi un momento di svolta in recupero di quel rapporto che per varie ragioni si è estinto, ma che la Regione aveva con i Comprensori. Avevano coinvolto centinaia e centinaia di amministratori locali in una visione di partecipazione convinta alla politica di programmazione; questo rapporto non ha trovato una alternativa e ne siamo ancora adesso alla ricerca. Infatti ne avvertiamo le difficoltà nel momento in cui si tratta di operare secondo quel metodo di programmazione che è necessario seguire. L'approvazione di questa legge ci porta sicuramente a quella svolta e a quel recupero di funzioni con le autonomie, con i Comuni con le Province, con le realtà locali con cui abbiamo bisogno di lavorare.
Mi sembra di poter dire che mette la Regione nella pienezza del suo ruolo di governo. Quando parliamo dell'assemblea dei Sindaci, su cui si obietta in modo scarsamente motivato da parte degli organi di governo che configurano come un quarto livello istituzionale, ma mi sembra di dover dire che non è in questi termini, quando si configura l'assemblea dei Sindaci nell'area programma, si tende a realizzare qualche cosa che è atteso dalla gente e dagli amministratori. La gente chiede alla Regione una partecipazione. Dalla Regione sovente non arriva questo tipo di messaggio.
Le critiche che sovente vengono fatte, anche pesanti e che portano addirittura al di là dello spartiacque sulla funzione della Regione, sono riconducibili alla mancanza di collegamento con questa legge.
C'è bisogno di realizzare un ruolo di governo più alto da parte della Regione, un ruolo di governo fondato sul metodo della programmazione.
Avvertiamo questa carenza. C'è bisogno di questa esigenza, anche se devo dire che non sono completamente dissipati alcuni dubbi che avevo - e che ho ancora - circa il ruolo dei Consiglieri regionali all'interno di questo processo. E' un qualche cosa su cui, forse, occorrerà ancora riflettere.
I Consiglieri regionali sono molto più vicini alle realtà delle scelte che si compiono ogni giorno, sarà perché sono a mezza strada; il loro ruolo non è ancora definito tra quello parlamentare e quello amministrativo. Il fatto è che noi siamo chiamati sovente a dare delle risposte anche quando queste risposte non siamo in grado di darle e molte volte sono risposte che addirittura non ci competono.
I miei dubbi permangono a questo livello, tuttavia la bontà della proposta è tale da farmeli superare, perché ritengo che la scelta che ci sta di fronte sia una scelta importante, una scelta che si inserisce nel discorso della riforma delle autonomie, del ruolo delle Regioni, di cui si sta discutendo a livello istituzionale. Porteremo un contributo anche a livello istituzionale. Capisco che ad un certo punto il Senato abbia fatto sapere che intende difendere alcuni privilegi, che abbia fatto sapere di voler difendere alcune prerogative, che non intenda essere declassato a camera di controllo. Essendo un dibattito aperto occorrerà capire bene.
Penso che la democrazia sarà più forte, tanto più non farà subire penalizzazioni particolari; ma sarà più forte nella misura in cui saprà cogliere tutti gli aspetti che attengono a questo mosaico. C'è questa attesa generale, nella quale ho manifestato la mia fiducia.
Visto che non abbiamo ancora potuto articolare una funzione nuova della Regione, occorre che la Giunta con maggiore incisività si faccia carico di seguire la legge e di prendere anche delle iniziative che ci portino in queste realtà. Per esempio, una comunità che ha interpretato il parere della Regione ha fatto la richiesta dei danni neve e ha ottenuto la metà dei contributi che hanno ottenuto invece alcuni Comuni che hanno ritenuto di fare la domanda singolarmente. In fondo l'interpretazione data dal Ministero era difforme dall'interpretazione data dalla Regione. Ciò mette in luce l'assenza di un rapporto di programmazione che veda la Regione governo di queste cose. Può essere considerato un momento conflittuale, ma l'espressione più alta del sistema delle autonomie deve essere qualche cosa che trova difficoltà ad esprimersi.
Anch'io ritengo che siamo di fronte a delle scadenze, ad una specie di caduta delle barriere doganali che per noi sono limitate - sono d'accordo con quanto diceva il collega Bontempi - al 1988.
Credo che senz'altro occorra assumere alcune iniziative che significhino una svolta nel contenuto, ma è chiaro che dobbiamo dare queste risposte e le possiamo dare tanto più significativamente quanto più andiamo all'approvazione di una legge che gode del favore della larga maggioranza del Consiglio regionale.
E' un impegno che la maggioranza deve assumere, è una scadenza; come socialisti intendiamo farci carico insieme ai colleghi della Giunta, perch si determini una svolta, si rilanci un messaggio di fiducia tra la gente e le articolazioni locali. Non possono essere in questo caso né la Camera n il Senato a darci queste risposte; dobbiamo essere noi, insieme agli altri livelli di governo, a dare quelle risposte che facciano più forte la democrazia nella quale la gente, pure con legittime ragioni di insoddisfazione, non ha cessato di esprimere la fiducia con le recenti elezioni amministrative.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la nostra forza politica ha avuto in questa vicenda specifiche e precise responsabilità nella misura in cui gestiva l'Assessorato competente quando questa legge è stata istruita nella sua prima stesura.
A seguito delle questioni poste nella sua prima stesura la nostra forza politica aveva ritenuto di dover prendere ancora più puntualmente parte ai lavori di Commissione e aveva concorso per addivenire ad una struttura della legge stessa che fosse di assoluto rigore, tanto da determinare il non consenso di alcune forze politiche.
Ci riconosciamo in questa legge e non resta che registrare il fatto politico nuovo e diverso, ma mi sembra più giusto considerare il fatto di natura istituzionale diverso; non c'è un consenso del Partito comunista su questa legge, c'è l'assunzione di responsabilità del Gruppo comunista di consentire a supportare il voto del Consiglio in ordine ad una questione che non è di ordine politico e di contenuto, ma è di natura istituzionale.
Al nostro Gruppo sembra che questo comportamento debba essere sottolineato con grande apprezzamento, così come ci sembra di dover esprimere apprezzamento e riconoscimento al forte senso delle istituzioni che caratterizza la relazione del collega Valeri.
Rimandiamo quindi alle considerazioni svolte nella relazione la puntuale valutazione delle singole questioni poste.
Non ci sembra sia il caso di cercare di integrare considerazioni che renderebbero forse meno puntuale e meno leggibili i motivi istituzionali della nostra resistenza a quella che ci sembra un'interpretazione fiscale capziosa da parte del Governo su questa materia.
Concludo il mio intervento confermando l'adesione del Gruppo liberale in sede di votazione.



PRESIDENTE

Ringraziamo il Consigliere Marchini per l'esemplare brevità.
La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, vedrò di conquistare anch'io il suo elogio.
Esprimo il voto favorevole del Partito repubblicano a questa legge.
Abbiamo ascoltato con molto interesse la relazione del Consigliere Valeri relazione precisa e puntuale nella quale ci riconosciamo.
Si riapprova oggi una legge che norma aspetti fondamentali della vita amministrativa e politica della nostra Regione, che ci trova consenzienti e che, al di là dei contenuti stessi, mette in evidenza un rapporto istituzionale nuovo per qualche verso pericoloso, certamente importante in questo momento.
Dobbiamo prendere atto che lo Statuto della Regione Piemonte riconosce particolare valore alla partecipazione e al decentramento. Infatti l'art. 3 dice che "La Regione opera per l'effettiva autonomia degli enti locali e per rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione informando la propria attività legislativa, regolamentare ed amministrativa a fini di ampio decentramento".
Ci pare che questa legge si muova esattamente in quest'ottica assegnando agli enti delegatari mezzi finanziari, strutture, quindi di fatto una delega concreta e non soltanto una delega a parole. Si innesta il problema della programmazione. Bontempi nel suo intervento ha fatto una provocazione sui problemi della programmazione, provocazione giusta che per molti versi ci trova consenzienti; la programmazione molte volte è uno spazio vuoto, noi crediamo che debba essere riempito con fatti e non soltanto con parole. Questa è certamente la circostanza che ci può mettere alla prova sull'effettiva volontà di fare della programmazione uno strumento e un metodo di politica.
In questa ottica ci pare molto difficile intendere i rilievi che il Governo ha fatto alla nostra legge e il Consiglio regionale, con la riapprovazione della legge, rischia di aprire un conflitto, un contenzioso con il Governo di fronte alla Corte Costituzionale. Crediamo che questo non debba essere inteso come fatto demagogico di contrapposizione, ma possa essere un elemento concreto e reale per affrontare i problemi della riforma istituzionale che non può non partire - sono d'accordo con il collega Valeri - dai rami bassi della Costituzione, quindi non può non coinvolgere il problema delle autonomie locali.
Speriamo che questo contenzioso, che di fatto si viene ad aprire con il Governo, possa essere un momento di confronto, perché la riforma istituzionale sappia affrontare concretamente i rami bassi del nostro Stato e sappia dare alle autonomie i contenuti che hanno richiesto.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 37 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
Pongo ancora in votazione l'ordine del giorno n. 500 presentato al riguardo dai Consiglieri Valeri, Rossa, Brizio, Marchini, Staglianò, Ala e Gallarini, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale all'atto dell'approvazione della legge 'Riordino dell'esercizio delle funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale ed indirizzi normativi per la delega di funzioni amministrative' consapevole della possibilità che la legge riapprovata, a suo tempo già respinta dal Governo, sia da esso impugnata davanti alla Corte costituzionale o davanti al Parlamento, e quindi richieda per la sua applicazione, anche in caso di esito favorevole alla Regione, tempi non brevi impegna la Giunta ad effettuare consultazioni informali dei Sindaci, per ciascuna area programma, sui principali problemi di programmazione e pianificazione regionale attualmente in corso, senza attendere l'entrata in vigore della legge stessa a preparare, per quanto attiene ciascun Assessorato, il programma per il 1988 delle consultazioni sulle principali problematiche di propria competenza, attinenti la programmazione e la pianificazione regionale dandone informazione entro il 20 luglio p.v., alle competenti Commissioni consiliari".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 33 voti favorevoli e 2 contrari.


Argomento: Immigrazione - Emigrazione

Esame proposta di deliberazione n. 803: "Deliberazione G.R. n. 34-20024 L.R. n. 1/87, art. 3 - Programma stralcio 1988"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 6) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 803.
La parola al Consigliere Guasso.



GUASSO Nazzareno

Vorrei fare una breve dichiarazione, perché quando la deliberazione è stata discussa in Commissione l'Assessore non era presente. Pertanto dico oggi quanto avrei voluto dire in Commissione.
Per sgombrare il campo da equivoci dico che il Gruppo comunista darà alla deliberazione voto positivo, ma critico.
Il primo motivo critico è dato dal fatto che la legge regionale sui movimenti migratori è del 9 gennaio 1987 e da più di un anno fatichiamo a metterla a regime. So bene che certi ritardi hanno anche delle cause oggettive: vedi la difficoltà di far decollare prima la Consulta e ora di farla lavorare con cose incomprensibili che non voglio ripetere, ma sta di fatto che la Consulta non funziona. Non siamo ancora in grado di farla funzionare. Io chiedo all'Assessore di accelerare i tempi per la messa a regime della Consulta perché è l'altro cardine per cui la legge non decolla, venendo quindi con una proposta sull'Ufficio di Presidenza della Consulta e poi se ne discute.
Ci sono comunque dei ritardi, anche dati - non voglio aprire qui la discussione - dallo stesso fatto che abbiamo avuto delle mutazioni nella struttura dell'Assessorato; il carico del lavoro è superiore alle questioni che conseguono alla messa a regime di questa legge e quindi abbiamo dei ritardi a cui si sono aggiunti anche dei limiti di bilancio, un taglio comunque in quella direzione c'è stato.
Il secondo motivo critico del nostro voto è più di fondo e di merito.
Se ho ben capito, oggi, e per tutto il 1988, con questa delibera mettiamo a regime solo una parte della legge: mettiamo a regime solo l'attuazione di due articoli, l'art. 10 che riguarda i rientri in Piemonte di emigrati di origine piemontese da Paesi europei ed extraeuropei, e la messa in moto dell'art. 14 che è conseguente ai rientri, ma riguarda l'avvio, da parte di emigrati che tornano, di attività produttive.
E' solo una piccola parte della legge. Quello dei rientri è sempre stato un elemento importante, non lo sottovaluto, che andava rinnovato nei confronti delle norme conseguenti al passato. Questa questione dei rientri la affrontavamo già anche con la vecchia legge regionale, la nuova dà molto più spazio e valore rispetto a questa questione; è importante, ma non è prevalente nella legge. E' una novità ma nella continuità; molti elementi di novità della legge non possiamo ancora metterli a regime.
Di qui il terzo motivo critico: io ho già detto nella prima riunione della Consulta, prima che ci infognassimo nella ricerca disperata di un equilibrio per comporre l'Ufficio di Presidenza, che noi ritenevamo necessaria la totale applicazione dell'art. 3 della legge, qui ne applichiamo solo una parte: infatti parliamo di un programma stralcio, e cioè quello del piano annuale di attività di messa a regime di tutta la legge. Non qui, anche in Commissione, visti i tempi che stringono questa nostra riunione del Consiglio; ricordo solo che il piano annuale è strumento decisivo per avviare questa legge, che ormai forse è più conosciuta all'estero, l'abbiamo verificato io e l'Assessore Cerchio partecipando in questi giorni a una serie di manifestazioni, è più conosciuta all'estero di quanto non lo sia qui in Piemonte. Ed è soprattutto uno strumento indispensabile per avviare subito iniziative in punti urgenti e delicati.
Richiamo una sola questione urgente: quella degli immigrati stranieri a Torino e in Piemonte. Sono noti fenomeni gravi di razzismo in questo campo purtroppo; sono noti su questo piano i problemi gravi sul terreno economico e sociale di queste grandi masse di immigrati che provengono dal Terzo Mondo e da Paesi poveri in particolare; era questa una grande novità della legge regionale, anche in confronto alle altre leggi (non conosco gli esiti della Conferenza di Bari che aveva come tema la questione dell'immigrazione dai Paesi extraeuropei nel nostro Paese). Le provvidenze per i rientri sono valide - ecco perché il voto positivo però ad esempio il fronte degli stranieri ed altri fronti sono altrettanto urgenti per iniziative adeguate.
Lo sforzo che chiediamo all'Assessore è di accelerare i tempi per portare il piano annuale anche a cavallo di due anni. Pur considerando che l'art. 3 parla di un piano annuale, possiamo prospettarlo a cavallo di un anno e mezzo, a cavallo della chiusura della legislatura, per dargli fiato ma che questo strumento attuativo complessivo della legge possa essere messo a regime nel più breve tempo possibile.
In una delle prossime riunioni della Commissione, non qui in aula, la pregherei Assessore, era già una richiesta che mi pare avessi fatto anche per iscritto in Commissione, di fornirci, possibilmente con una nota scritta da inviare ai Consiglieri, un'informazione sulle iniziative preparatorie e sullo svolgimento e lo stato dei lavori preparatori della Conferenza nazionale sull'emigrazione che il Governo si è impegnato a fare nel novembre di quest'anno. E' una cosa che è a bagnomaria da lungo tempo si è avviata, so che c'è una presenza fattiva della Giunta regionale, ci interesserebbe capire come andiamo alla Conferenza e come avviene la preparazione complessiva.
Questi motivi, che avrei potuto più brevemente dire in Commissione, ma purtroppo quel giorno l'Assessore era impegnato altrove, sono stato obbligato a portarli in aula. Dichiaro che voteremo positivamente facendo presente questi rilievi di natura critica.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore ai movimenti migratori

Ringrazio il Consigliere Guasso per le osservazioni così attente e puntuali che ha rilevato in ordine all'operatività della L.R. 1/87 operatività che ha avuto una gestazione piuttosto complessa, alcune volte come richiamava il collega, per motivi oggettivi, altre volte per motivi un po' meno giustificabili. Comunque non si può esimere la Presidenza della Consulta stessa, che è affidata all'Assessore, dal risolvere queste pendenze entro il mese di luglio in modo tale da poter decollare a pieno regime con la ripresa dell'attività autunnale.
Non nego le cose che ha rilevato il collega richiamando per curiosità quanto dissi nell'ultima seduta di Consulta, cioè che dopo nove mesi abbondanti il parto avrebbe già dovuto essere decollato. L'Assessore stesso andava a questuare qua e là la disponibilità di qualche associazione che era stata individuata per designare i rappresentanti per completare il quadro di nomina dei 35 membri della Consulta, tanti sono i membri della stessa che oggi hanno una certa difficoltà a ritrovare quattro rappresentanti.



GUASSO Nazzareno

Diciamo meglio, qualcuno ha qualche difficoltà a far valere la reciproca autonomia.



CERCHIO Giuseppe, Assessore ai movimenti migratori

D'altra parte mi pare giusto e legittimo che comunque entro il mese di luglio si addivenga alla convocazione della stessa e si vada alla nomina dell'Ufficio di Presidenza, essendo la Consulta, come è noto e ovvio, il braccio operativo della legge stessa.
Non vorrei che si verificasse quello che si è verificato ai tempi di un mio predecessore, non l'ultimo, ma il penultimo, che in tutta la sua presenza di Assessore ai movimenti migratori non ebbe il conforto di un Ufficio di Presidenza, perché non si trovò l'accordo.
Accolgo i suggerimenti che qui vengono portati con intelligenza dal collega, dicendo che quello degli stranieri è un problema che sta avendo sempre più dimensione sul territorio, in particolare nell'area metropolitana torinese. La terra piemontese per decenni ha vissuto esperienze di emigrazione, quindi non può non essere attenta e sensibile nei confronti del problema dei movimenti migratori in senso inverso, a partire dai casi più drammatici degli extracomunitari. Questi creano un problema di attualità nei confronti del quale il nostro Paese non può non essere attento; il nostro era Paese di emigrazione e oggi sta diventando Paese di immigrazione, tanto da considerarsi ormai imminente nella nostra realtà nazionale una realtà multirazziale, multisociale e multireligiosa con tutte le conseguenze e le problematiche che emergono.
Il recentissimo convegno, il primo delle Regioni a Bari richiamato dal collega, ha visto uno spaccato significativo; ho inviato in questi giorni ai membri della Consulta una nota che è stata rassegnata come contributo della Regione Piemonte a quel convegno per ragionare sulle prime linee su cui operare. Varrà forse la pena, ma non è qui il caso di affrontare questo tema, avendo inserito per la prima volta nella nostra realtà delle autonomie regionali dei rappresentanti degli stranieri all'interno della Consulta, di pensare ad una normativa specifica, proprio per dare maggiore operatività al settore dell'emigrazione che altrettanto comporta una normativa autonoma sul settore dell'immigrazione straniera.
Infine mi pare giusto che nel momento in cui stanno decollando le conferenze nazionali e le preconferenze continentali si abbia un'articolata informativa non solo alla Consulta, ma anche all'assemblea del Consiglio regionale sugli sviluppi e sulla preparazione di questo secondo appuntamento che si terrà a fine anno a Roma. Sarà forse il caso che al di là di un'informazione specifica si giunga anche ad una documentazione che possa essere di supporto a questo problema che vede riproporre dopo 10 anni una Conferenza della immigrazione (non è mai troppo tardi!) nei confronti della quale i quesiti, le esigenze, le necessità non possono non essere immediatamente affrontate, considerando che il tema ha ormai una dimensione interplanetaria. Quindi mi farò cura di informare, e soprattutto di realizzare un percorso di documentazione di supporto per l'assemblea del Consiglio regionale, di fronte a questo importante appuntamento della II Conferenza nazionale dell'emigrazione.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione la deliberazione testé discussa, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione l'immediata esecutività di tale deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Diritto allo studio - Assistenza scolastica

Esame proposta di deliberazione n. 905: "Deliberazione G.R. n. 26-20674 Diritto allo studio nell'ambito universitario. Definizione per A.A. 1988/1989 dell'ammontare dell'assegno di studio, della borsa di studio e di altri servizi a prezzi differenziati delle fasce di reddito, nonché dei requisiti di merito richiesti"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 905, di cui al punto 7) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Questa è una deliberazione di routine rispetto alla gestione dell'intera partita del diritto allo studio. Mi pare opportuno sottolineare in questa sede, come è già emerso nella riunione della Commissione l'esigenza che l'intera materia sia oggetto di un approfondimento e di una revisione critica che consenta di fare, a distanza di qualche anno dall'entrata in vigore della legge regionale di delega al Comune di Torino un esame della situazione della gestione di questa partita in termini di analisi dei problemi che si sono proposti e di situazioni che si stanno verificando. Tenendo conto che l'orientamento che il Consiglio regionale si è ripetutamente dato, di un decentramento e di una seconda Università in Piemonte, comporta una serie di problemi pratici di diffusione sul territorio degli interventi del diritto allo studio che difficilmente possono essere lasciati in gestione totale al Comune di Torino.
In questa dimensione e in questa prospettiva sollecito, come ho già fatto in Commissione, la richiesta di una relazione da parte del Comune stesso dell'andamento della gestione di questa materia per poterne fare, in sede di Commissione o dove si riterrà più opportuno, un approfondimento in vista di un'eventuale integrazione o modifica della legge regionale al riguardo.
Il provvedimento che viene oggi all'attenzione del Consiglio è un provvedimento che non presenta delle sostanziali modifiche rispetto a quello degli anni precedenti, tenendo conto che tutta una serie di provvedimenti hanno dato un risultato favorevole nell'applicazione pratica.
Ovviamente l'aggiornamento delle tariffe all'aumento del costo della vita è un fatto doveroso e dovuto, così come una serie di altri correttivi ai provvedimenti ci sembrano adeguati a risolvere una serie di problemi che nel frattempo si sono verificati.
Particolarmente significativo è il problema dell'inserimento di condizioni particolarmente più favorevoli per gli studenti portatori di handicap, perché obiettivamente alle difficoltà dello studio si collegano anche quelle legate al loro particolare handicap fisico. Così è pure importante la possibilità per gli studenti che appartengono alla prima fascia di reddito (quella più bassa) di poter utilizzare, in carenza di posti nelle residenze universitarie, il contributo per il pagamento dell'affitto di alloggi che sono destinati a studenti universitari.
Queste modifiche, che sono decisamente limitate ma molto utili, sono nella direzione, che abbiamo da tempo auspicato, di rendere l'intera partita del diritto allo studio strutturalmente più in grado di rispondere alle esigenze che possono mutare nel tempo, evitando di bloccare tutte le risorse disponibili in strutture che, comunque, hanno dal punto di vista dei costi di gestione dei parametri e dei costi singoli più elevati di quanto non possano avere queste forme alternative. Si tratta di un piccolo passo, sicuramente non esauriente di tutte le esigenze, ma è utile aver posto il problema in questi termini, proprio per avere una più ampia possibilità di sperimentare concretamente quali possono essere i vantaggi di questo modo di procedere in questo settore.
Per questo motivo, e per gli altri che ho accennato con la richiesta di andare a verificare quanto prima l'intera partita in modo più adeguato e approfondito, esprimo il voto favorevole del Gruppo democristiano.



PRESIDENTE

la parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Faccio una brevissima dichiarazione in ordine a questa delibera inerente i problemi del diritto allo studio. Faccio due considerazioni mentre annuncio il voto favorevole. La prima considerazione l'ha già posta la collega Bergoglio: c'è il problema della seconda Università proposta dalla Regione Piemonte in modo tripolare e distribuita sul territorio, che dovrebbe far ripensare in prospettiva ai problemi del diritto allo studio.
C'è un impegno a discutere dei problemi universitari nel corso del prossimo mese di luglio; credo che sarebbe opportuno in quel momento affrontare anche in modo più compiuto il problema del diritto allo studio.
C'è una seconda considerazione ed è di carattere generale. Qui abbiamo un adeguamento dei redditi per ottenere dei servizi da parte della Regione a prezzi politici. Ora se questo è giusto, come linea di principio, credo che sia difficile da condividere fino in fondo, cioè pensare che sono redditi da tutelare in modo particolare, i redditi che raggiungono i 65 milioni annui. Mi pare veramente che questo tentativo di tutelare sempre e comunque tutto e tutti si risolva poi in una tutela che risulta di nessuno.
Quindi occorre avere il coraggio di stabilire che ci sono delle soglie, al di sopra delle quali i servizi si pagano per quello che sono. Senza voler discriminare, certamente mi pare che sia opinabile l'idea di dover dare servizi a prezzi politici a livelli di reddito di nuclei familiari, al netto degli aumenti per carichi di famiglia di contingenza, di 65 milioni e 500.000. Quindi, nel momento in cui si fa un discorso complessivo e mentre si preparerà la delibera per l'anno prossimo, credo che sarebbe opportuno valutare con più concretezza e rigore questo problema.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Il Gruppo comunista in coerenza con le valutazioni di merito più complessive che la collega Sestero, in questi anni, ha portato ad ogni occasione dell'approvazione di questa delibera e alla luce delle novità che sono intervenute nell'esame della deliberazione di questo anno, che ha gli aspetti di un adeguamento al costo della vita dei parametri per l'accesso a questi diritti, dobbiamo sottolineare la necessità di andare in tempi più brevi ad affrontare la questione che riguarda il diritto allo studio universitario e ad una riflessione sulla delega che la Regione Piemonte ha dato al Comune di Torino per la gestione di questa partita.
Poniamo questa questione perché abbiamo avuto modo (nella deliberazione oggi in Consiglio questo aspetto non si pone più) nell'esame in Commissione di valutare il tentativo da parte del Comune di Torino di considerare la delega non come tale. Sostanzialmente di avere una competenza propria in questa materia.
Ci pare che questa sia una questione che travalica l'aspetto della delibera in questione, va anche oltre quella necessità, che correttamente la collega Bergoglio richiamava, di mettere comunque mano a tutta questa materia anche alla luce e nella predisposizione di una volontà politica che il Consiglio regionale ha già espresso cioè quello del nuovo insediamento universitario nella regione Piemonte. Quindi crediamo valga la pena e pensiamo sia corretto chiedere alla Giunta un impegno in questa direzione perché alla delibera del prossimo anno accademico si giunga con una riflessione ponderata rispetto all'esperienza compiuta, rispetto alla gestione comunale e soprattutto nella predisposizione di una volontà di governo di questa materia in termini più generali anche rispetto ai problemi nuovi che, auguriamoci il più rapidamente possibile, si possono affrontare con una nuova sede universitaria. Il voto del Gruppo comunista sarà negativo.



FRACCHIA Mario



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Manifesto la mia adesione alla delibera che stiamo approvando e alle osservazioni che sono state fatte dai colleghi Bergoglio, Ferrara e Avondo.
Non si tratta di voler segnare posizioni diverse o alternative rispetto alle scelte che sono state fatte dal Comune di Torino, ma nel momento in cui si va a definire o a consolidare in Commissione tutta questa partita si tenga conto che è giusto che ci sia un organismo che presieda a delle scelte che vanno al di là di quelle strettamente presiedute dall'ambito comunale.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sulla scia di questa secchezza di interventi devo dire sinteticamente che ieri in Commissione questi stessi argomenti che sono riecheggiati in aula sono stati oggetto di vero approfondimento.
Questa deliberazione, migliorata, di fatto ripropone gli stessi atteggiamenti e le stesse indicazioni degli anni precedenti, evidentemente con quegli aggiornamenti di coefficienti e di altri rapporti l'introduzione di un contributo in chiave di affitto che mi pare che non sia trascurabile.
Convengo con chi è intervenuto nel ritenere che la materia debba essere rivista complessivamente, anche per verificare compiti, ruoli atteggiamenti, modo di collocarsi davanti al problema dello stesso Comune di Torino.
Da parte dell'Assessorato del Comune di Torino erano state introdotte talune proposte che la Commissione ieri ha ritenuto di accettare solo parzialmente. La Giunta non si è opposta all'orientamento della Commissione e si è adeguata; si è anche impegnata a rassegnare in breve una documentazione quadro circa l'attuazione ad oggi di queste deliberazioni.
Questa verifica del rapporto che la Giunta rassegna prossimamente alla Commissione consentirà ulteriori approfondimenti di guisa che l'anno prossimo, in sede di nuova proposta degli stessi, se ne possa tenere opportunamente conto.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione testé discussa, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 22 voti favorevoli, 7 contrari e 2 astensioni.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 32 Consiglieri presenti.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame proposte di deliberazione n. 801 e n. 903:"Deliberazione G.R. n. 37 19988 del 31/3/1988 - Legge 5/8/1978, n. 457, art. 2, lett. f). Progetto di ricerca: elementi per la formazione della normativa tecnica regionale nuove metodologie e nuovi strumenti dell'intervento pubblico per la riqualificazione del tessuto urbano"; "Deliberazione G.R. n. 18-20647 Modifiche ed integrazioni alla D.G.R. n. 37-19988 del 31/3/1988"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora le proposte di deliberazione nn. 801 e 903 di cui al punto 8) all'o.d.g.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi attendevo una precisazione un commento da parte dell'Assessore in quanto li avevamo richiesti in Commissione. In assenza di questo svolgerò alcune considerazioni.
Questa deliberazione che pare densa di contenuti tecnici, in realtà accompagna, come spesso accade, con tanti elementi tecnici dei notevoli elementi di scelta politica. E' su questi elementi di scelta politica, che sono individuati da questa ricerca, che svolgerò le mie considerazioni.
Intanto, è una ricerca che si inserisce in un filone di ricerca del CER che ha per oggetto elementi per la formazione di una normativa tecnica regionale. Vi è già una interpretazione molto estensiva del quadro all'interno del quale si inserisce questa ricerca approvata dal CER. che noi assentiamo con questo provvedimento e nel merito della quale il Consiglio regionale decide oggi non solo formalmente. E' una ricerca che in realtà si rivolge a due settori: un primo settore è quello relativo al problema della riqualificazione delle periferie metropolitane (riqualificazione edilizia e della qualità urbana) e un secondo settore relativo alla individuazione di metodologie e strutture tecnico scientifiche che permettano, le une e le altre, di individuare il quadro di una valutazione delle convenienze degli interventi (convenienze economiche operative, sociali, ambientali, urbanistiche).
Una prima osservazione è questa: attiviamo una ricerca che ha per obiettivo la valutazione delle convenienze (economiche, sociali, ecc.) in una situazione nella quale sappiamo che il primo elemento che determina la convenienza di un'operazione è il valore del suolo, e che questo non pu essere definito perché manca una legge sull'uso dei suoli.
Si svolge una ricerca in assenza del principale elemento di riferimento della ricerca stessa.
Per questo continuo a sollecitare il Presidente Beltrami e tutti gli Assessori competenti affinché sulla questione dell'uso dei suoli si apra un dibattito in questo Consiglio regionale e si assumano quei provvedimenti sull'indennità di esproprio che più volte abbiamo richiesti e che ancora nell'ultima Commissione formalmente ho richiesto al Presidente della II Commissione, vista l'inerzia della Giunta. Comunque accantoniamo per un attimo questo problema, per passare alla prima osservazione politica.
La ricerca che assentiamo si svolge per studiare la possibilità di migliorare la qualità urbana dell'ambiente nell'area metropolitana torinese: questa è una scelta politica riduttiva nel senso che la Regione Piemonte nel momento in cui attiva una ricerca sulla qualità urbana e sui problemi della qualità urbana, mi sembra che dovrebbe farlo tenendo conto dei vari aspetti della realtà regionale dal punto di vista urbano e non solo della periferia metropolitana torinese. E' ben vero che la periferia metropolitana di Torino offre degli elementi specifici e interessa metà della popolazione della Regione Piemonte, però è anche vero che le qualità urbane e i valori urbani di riferimento non possono solo essere quelli del Comune di Torino e della sua cintura; Cuneo, Novara ed altre città anche di minori dimensioni possono presentare degli elementi di studio utili per dare un quadro regionale alla ricerca.
La prima critica è che questa fase di ricerca si svolge solo sull'area metropolitana torinese. E' una carenza, è un limite di questa ricerca. In particolare era su questo punto che avevamo chiesto in Commissione all'Assessore se, in sede di Consiglio, proponeva qualche correzione della ricerca o dei suoi svolgimenti futuri. Mi sembra importante non dimenticare che la Regione Piemonte non è solo il Comune di Torino e anche in questo settore di studio dei problemi urbani non ci si può limitare alla metropoli. Bisogna tenere conto, per vivificarle e qualificarle meglio, di tutte le realtà regionali di ogni livello.
Il secondo elemento che comporta una grossa scelta politica è quello relativo a un servizio che pare tutto tecnico, ma tutto tecnico non è chiamato il Servizio di diagnostica per l'edilizia. Infatti, con questa ricerca noi attiviamo uno studio sulla fattibilità tecnica, organizzativa economica, finanziaria, di un servizio di diagnostica per l'edilizia.
Questo servizio che cosa dovrebbe fare? Dovrebbe elaborare un quadro diagnostico complessivo, dovrebbe valutare anche l'entità finanziaria dell'operazione e si dice: "Il Servizio offrirà rilevamenti e diagnosi del degrado attraverso convenzionamento con centri abilitati e specializzati".
Vedete che qui emerge già con chiarezza che non si tratta di una scelta puramente tecnica, anzi ci sono elementi politici rilevanti in quanto è un servizio che dovrebbe poi funzionare attraverso il convenzionamento, con centri abilitati e specializzati.
Cosa dovrebbe fare questo servizio di diagnostica edilizia? Dovrebbe dare una consulenza preliminare sullo stato degli edifici oggetto di intervento. Dovrebbe fare il rilievo geometrico degli edifici con tempestività, rapidità, competitività sui costi, garanzia sul rilevamento e si presuppone che lo faccia dotandosi di strumentazioni di cui difficilmente sono dotati i professionisti e le imprese. Oltre a questo deve fare il rilievo statico, il rilevamento e diagnosi del quadro fessurativo, la localizzazione delle aree critiche, l'esame delle fondazioni, l'esame dei materiali, dell'umidità, l'anagrafe dell'immobile l'archiviazione dei dati, ecc. Si conclude dicendo che "questo Servizio diagnostico deriverà dalla intersezione tra le opportunità diagnostiche disponibili sul mercato dell'offerta opportunamente prequalificate e selezionate", presupponendo quindi un censimento dell'offerta e un censimento della domanda.
Mi sembra risulti chiaramente che con questa ricerca attiviamo uno studio di fattibilità per verificare la possibilità di immettere sul mercato e nel settore dell'edilizia una figura nuova. E' una figura tecnica, svolgerà un ruolo tecnico, ma la decisione se questa figura deve esserci e che tipo di figura deve essere è una decisione prettamente politica sulla quale richiamo l'attenzione del Consiglio perché è proprio materia di scelta politica che il Consiglio regionale non deve delegare a nessuno. Nulla di più sbagliato che affidare scelte politiche ad organismi tecnici, facendo finta di niente. Le scelte politiche hanno qui la loro sede di determinazione e di confronto: questa del servizio diagnostico per l'edilizia è una scelta politica. Per adesso la scelta politica che effettuiamo è quella di fare uno studio per vedere se è utile e in quale forma, però dobbiamo stare molto attenti a ricondurre alla nostra responsabilità la conoscenza di cosa stiamo deliberando in modo tale è una richiesta che rivolgo all'Assessore - che questa ricerca non sia abbandonata a se stessa. La ricerca è formalmente diretta dall'Assessorato regionale al quale chiedo di sviluppare una direzione effettiva di merito e un controllo di quanto succede, possibilmente riportando in tempo reale, a breve scadenza, nella sede competente della II Commissione, tutti i dati relativi a questo aspetto.
Ultima osservazione. Se leggete tutte le cose che dovrebbero essere svolte all'interno di questa ricerca vi accorgete che comprendono un universo di molteplici attività a fronte di un corrispettivo economico di 390 milioni del tutto insufficiente. Con 390 milioni le cose scritte su questo promemoria e su questa ricerca non possono ragionevolmente essere svolte.
Questo mi fa pensare che la ricerca sarà realizzata solo in parte o che possano essere privilegiate da parte dell'Assessorato alcune parti. Altre parti della ricerca possono essere posposte in base a scelte di carattere politico; ad esempio, il settore diagnostico sul quale l'Assessorato potrebbe produrre nell'arco di qualche mese un orientamento a questo Consiglio. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia residenziale

Ritengo di avere già illustrato sufficientemente in sede di II Commissione come questa ricerca nasca all'inizio di questa legislatura e come sia stata valutata ed approfondita (prima ancora di addivenire all'elaborazione di un progetto di fattibilità da sottoporre al CER) in seno alla stessa Commissione consiliare.
Non credo di dover entrare nel merito specifico dell'illustrazione della ricerca, ma di dover fare alcune osservazioni a quanto detto dal collega Chiezzi ed anche una precisazione conseguente a quanto mi era stato richiesto in Commissione.
Alcune precisazioni sono molto semplici. Noi (come d'altronde traspariva dall'intervento del collega Chiezzi) siamo titolari di una ricerca che viene svolta dal Comitato per l'Edilizia Residenziale (CER). A suo tempo (dopo l'esame in II Commissione e avvalendoci delle proposte che erano pervenute da un gruppo di professori del Politecnico e di proposte della Finpiemonte) la Giunta aveva assegnato a Finpiemonte l'elaborazione in raccordo con l'Assessorato, del progetto di fattibilità.
Tale progetto di fattibilità è stato discusso ripetutamente con la Segreteria del Comitato per l'Edilizia Residenziale, nell'ambito dell'utilizzo di un finanziamento attribuito alla Regione Piemonte ex lege 457 riguardante la formazione della normativa tecnica utilizzando quel finanziamento che a noi era stato attribuito, e dopo il necessario approfondimento si è pervenuti alla stesura del testo della ricerca approvata dal CER. e che dovremo svolgere per conto del CER. Cioè, la ricerca è di proprietà del CER e dei risultati della stessa potranno avvalersi sia la Regione Piemonte come le altre Regioni italiane, dato che non siamo titolari della ricerca stessa.
Questa ricerca - come ricordava il collega Chiezzi ha una copertura finanziaria di 390 milioni, chiaramente insufficiente. Non abbiamo escluso la possibilità di richiedere al CER (cosa che formalmente è già stata fatta da un anno e mezzo) una seconda tranche di finanziamento sui fondi della 457 per sviluppare la ricerca sulla base dei risultati e degli approfondimenti che potranno essere condotti; inoltre, collegandoci ad altri strumenti finanziari, abbiamo dato l'assenso perché i soggetti che svilupperanno questa ricerca possano avere un finanziamento integrativo sul progetto finalizzato "edilizia" del CNR.
Personalmente, non credo di poter neanche escludere, se gli esiti risulteranno positivi, che la Regione stessa possa intervenire per consentire lo sviluppo della linea di ricerca individuata.
Rispondo ad una delle prime richieste del collega Chiezzi precisando che il CER ha ritenuto che il problema della "riqualificazione dei luoghi della periferia urbana" sia meritevole di interesse a livello nazionale nella ricerca affidata alla nostra Regione, ci si riferisce a luoghi della periferia urbana, ma con particolare riferimento all'area metropolitana.
Quindi in via prioritaria ci riferiamo all'area metropolitana ma avremmo anche noi piacere che la ricerca (e questa potrebbe essere una scelta da riconsiderare) possa essere estesa ad altre realtà della comunità regionale.
Per quanto riguarda la previsione di costituzione di un servizio di diagnostica per il recupero, devo dire che ho qualche perplessità, ma che in ogni caso le decisioni a cui si riferiva il collega Chiezzi non possono essere date come certe, potendo scaturire solo dalle verifiche che la ricerca deve operare.
Questa parte della ricerca accolta dal CER è stata presentata non solo dalla Regione Piemonte, attraverso Finpiemonte, per motivi di interesse regionale, ma è anche richiesta dall'Istituto di Ricerche Economiche Sociali della Liguria (si prevede già una collaborazione interregionale sul problema), ed è stata accolta perché sembra importante verificare la possibilità di costituzione di un servizio di diagnostica che consenta una programmazione di finanziamenti pubblici che dia risultati migliori di quelli che faticosamente stiamo cercando di perseguire in questi anni.
Infatti, gli interventi di recupero sinora sono stati finanziati dalla Regione attraverso una valutazione generale delle proposte dei Comuni e sovente si è avuta una grandissima difficoltà di copertura dei costi dopo che le operazioni di recupero sono state avviate. Questo per delle difficoltà di valutazione, degli interventi di recupero proposti, dello stato degli edifici, dei materiali, dello stato di conservazione, e quindi anche delle caratteristiche progettuali.
Non so dare una risposta tecnica, poiché non ne ho la competenza; credo però che questa sia una strada di indagine che può risultare di grande interesse e che comunque è apparsa di interesse e finanziabile al CER.
Concordo sulla constatazione che i finanziamenti appaiono insufficienti; ci auguriamo che nell'ambito dello sviluppo della ricerca si possano individuare altre forme di finanziamento per affrontare approfondimenti più strettamente collegati alle esigenze regionali più precisamente valutate e individuate.
Per quanto riguarda invece la responsabilità della ricerca il collega Chiezzi ha ricordato opportunamente che al di là del gruppo di ricerca incaricato, indicato nell'allegato alla convenzione che dovrà essere firmata con Finpiemonte, la direzione della stessa è affidata alla Regione Piemonte e precisamente al nuovo responsabile di settore dell'edilizia residenziale sovvenzionata. Curerò che la direzione della ricerca mantenga i contatti anche con la Commissione consiliare, affinché in quella sede possano essere operati gli approfondimenti richiesti di tipo politico e non solo le valutazioni tecnico-scientifiche. Posso assicurare cioè l'interessamento necessario perché la direzione da parte della Regione della ricerca sia effettiva e perché vi sia una verifica e un controllo nelle diverse fasi di sviluppo della ricerca da parte della II Commissione consiliare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi per dichiarazione di voto.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, svolgerò una brevissima dichiarazione di voto perché le cose dette dall'Assessore Genovese sono importanti e rispondono in parte positivamente a perplessità e richieste formulate dal mio Gruppo. Il nostro è un voto favorevole condizionato al fatto che l'Assessore ha preso impegni e lo verificheremo sul campo. Stiamo però attenti a un fatto: la Regione non è un passacarte. E' vero che la ricerca è del CER. però o le ricerche le fa il CER e le gestisce il CER e la Regione non deve dire nulla, ma nel momento in cui la Regione delibera la ricerca non è più solo del CER. è una ricerca di valore nazionale sulla quale però la Regione affidataria ha diritto di avanzare proposte e correzioni: ad esempio, di non limitarsi alle aree metropolitane. Non è stato fatto adesso per carità, però è un problema che esiste.
Il secondo punto è questo: stiamo attenti, Assessore Genovese, che a volte quando si avviano queste ricerche "di fattibilità" del Servizio diagnostica edilizia, alla conclusione della ricerca il Servizio diagnostica ce lo troviamo bell'e fatto, senza averne discusso politicamente; per questo, ripeto, attenzione: stiamo facendo una scelta politica che va discussa in sede di Commissione. Quindi voto "favorevole condizionato".



PRESIDENTE

Pongo quindi in votazione le deliberazioni testé discusse, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Le deliberazioni sono approvate all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale

Esame progetto di legge n. 372: "Modifica alla L.R. 8/9/1986, n. 42 Disposizioni varie"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 372.
Il testo è stato licenziato a maggioranza dalla I Commissione che ha designato quale relatore il Consigliere Martinetti che ha pertanto facoltà di svolgere la relazione.



MARTINETTI Bartolomeo, relatore

Illustre Presidente, egregi Consiglieri, la I Commissione ha attentamente valutato il disegno di legge n. 372, contenente modifiche alla legge regionale 8/9/1986, n. 42 e disposizioni varie.
Dopo una sospensione dell'esame per consentire alle OO.SS. di verificare il consenso del personale rappresentato in merito all'accordo intervenuto sulla materia tra le OO.SS. stesse e l'Amministrazione regionale, la Commissione è stata informata, nella seduta del 7/6/1988 dell'avvenuta espressione di tale consenso a larga maggioranza.
Il merito del disegno di legge in esame è chiaramente illustrato nella relazione con cui la Giunta regionale ha accompagnato la sua proposta.
Esso consta di due articoli, il primo dei quali, che per esigenze sistematiche andrà a sostituire l'art. 11 della L.R. 42/86, prevede la nuova articolazione delle dotazioni organiche di qualifica che così pu sinteticamente riassumersi: viene ridotta la VI qualifica che presentava anomalie di composizione e di dimensioni in relazione alle funzioni dell'Ente.
Viene altresì ridotta in modo contenuto la nuova quinta qualifica in considerazione del fatto che in essa il contratto prevede esclusivamente professionalità di tipo tecnico o tecnico-amministrativo.
Conseguentemente alla corretta configurazione della quinta qualifica vengono altresì ridotte le qualifiche esecutive ed ausiliarie; vengono infine potenziate le qualifiche dirigenziali e direttive in considerazione della nuova struttura regionale operante su 60 Settori e delle necessarie valorizzazioni delle funzioni progettuali, della interdisciplinarietà e dell'integrazione.
Per la dotazione organica della prima qualifica dirigenziale il potenziamento previsto è coerente con il nuovo dettato contrattuale.
L'articolo 2 del disegno di legge si limita a fare salvi gli incrementi annuali sia pregressi che futuri di dotazione organica della settima qualifica e conseguentemente quelli di dotazione organica complessiva disposti dall'art. 3 della L.R. n. 2 del 1987 concernente l'assunzione dei "divulgatori agricoli".
Come già si è detto, sulla nuova ipotesi di dotazione organica si è registrata un'ampia convergenza con le Organizzazioni Sindacali dal momento che la soluzione di vari problemi, comportanti una situazione di malessere nel personale regionale, può essere ritrovata almeno in parte anche attraverso la modifica dell'attuale dotazione organica.
Non si deve dimenticare infatti che le strutture organizzative dell'Ente fino all'approvazione della L.R. 42/86 erano ancora quelle risalenti al 1980 e conseguenti al passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni e agli enti locali in seguito ai decreti n. 616 e seguenti del 1977.
La Commissione ha rilevato che l'approvazione del disegno di legge in esame è indispensabile perché si possa procedere concretamente nell'attuazione della L.R. 42/86, modificata dalla L.R. n. 60 del 1987.
Infatti, dopo l'avvenuta conclusione della prima fase di attuazione mediante la selezione e la nomina dei funzionari della seconda qualifica dirigenziale, si potrà rapidamente procedere, cominciando ovviamente dalle qualifiche superiori, ai concorsi interni e pubblici per la copertura dei posti che risultano o diverranno vacanti.
La Commissione ha altresì sottolineato la necessità che sollecitamente non appena espletati i concorsi, anzi possibilmente con attività parallela allo svolgimento degli stessi, la Giunta provveda a disporre gli interventi necessari per quella ampia riorganizzazione della struttura dei servizi e degli uffici regionali, con scelte moderne rispetto ad una valorizzazione e un adeguamento delle professionalità, secondo la finalità sostanziale perseguita dalla L.R. n. 42/86.
Attraverso linee che l'Assessore ha in via di massima illustrato alla Commissione e che saranno oggetto a suo tempo del dovuto dibattito, verrà data applicazione all'ultimo contratto nazionale; si procederà quindi all'individuazione dei nuovi Servizi, delle Unità operative organiche nonché delle nuove e definitive dotazioni organiche.
Per non condizionare tali scelte, in questa fase si è confermato in 3.520 unità l'organico complessivo, anche se attualmente, pur con le immissioni conseguenti ai concorsi di prossimo espletamento, non si supereranno i posti attualmente occupati che si aggirano attorno alle 3.000 unità.
Il disegno di legge in esame che la Commissione sottopone al Consiglio con invito all'approvazione si inquadra dunque in un'ampia azione di riorganizzazione e di adeguamento della struttura regionale, in modo da renderla sempre più funzionale secondo l'obiettivo comune dell'Amministrazione e del personale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente e colleghi, discutere un disegno di legge come questo quando in aula siamo ormai rimasti in pochi dà un segno non positivo ai problemi che, anche in questi ultimi mesi, il personale regionale ha posto con molta forza nei confronti dell'Amministrazione. Per quanto ci riguarda non abbiamo difficoltà a svolgere il nostro intervento di merito sul disegno di legge e, più in generale, sulla valenza che questo provvedimento assume all'interno della gestione complessiva del personale regionale.
E' un disegno di legge che riguarda la pianta organica, in particolare la dotazione delle singole qualifiche, mantenendo la dotazione organica ai livelli precedenti, quelli stabiliti e riconfermati con l'approvazione della L.R. n. 42. Alcuni colleghi, pochi purtroppo, ricorderanno che al momento della discussione della L.R. n. 42 la questione della dotazione delle singole qualifiche, e più in generale la questione della dotazione organica della Regione, aveva rappresentato nel 1986, al momento della discussione della L.R. n. 42, un elemento di confronto molto acceso tra il Gruppo comunista, la maggioranza e la Giunta.
Questa questione che attiene all'art. 11 della L.R. n. 42 aveva visto il nostro Gruppo molto determinato, considerando che il processo di modifica di attuazione concreta del dettato contrattuale e di attuazione della legge n. 40 di recepimento del contratto di lavoro nazionale rappresentava uno snodo che noi consideravamo significativo ed importante.
Per questo avevamo proposto, al momento della discussione di quella legge degli emendamenti che tendevano a modificare la dotazione organica e le singole qualifiche. In generale questa nostra riflessione sulle modifiche da apportare alla dotazione organica veniva da una valutazione che avevamo compiuto e che riguardava tutte le qualifiche, in particolare la VI qualifica. Ricordo che le argomentazioni che avevamo usato nell'illustrare l'emendamento in questione dicevano quello che è stato letto oggi nella relazione che accompagna questo disegno di legge. Cioè che in particolare nella VI qualifica vi era una dotazione organica e numerica sovradimensionata che stonava rispetto ai compiti che quella qualifica è chiamata a svolgere.
Numericamente la proposta che avanzavamo noi non si discosta molto dalla proposta che è contenuta oggi nel disegno di legge presentato dalla Giunta, mi pare differisca di una ventina di unità. Noi proponevamo in sostanza una dotazione organica alla VI qualifica di 700 unità, la Giunta oggi propone con il suo disegno di legge una dotazione organica di 676 unità.
L'Assessore Carletto ricorderà che rispondendo e motivando le ragioni per le quali non poteva accogliere questa ed altre proposte di modifica della dotazione organica ci aveva sostanzialmente detto che "non è possibile fare oggi un ragionamento sulla dotazione organica complessiva e di ogni qualifica, perché non abbiamo gli strumenti per fare una valutazione precisa circa le esigenze dell'ente, quindi è assolutamente, se mi consente il collega Avondo, demagogico scrivere i numeri".
Oggi la Giunta ci propone una modifica sostanziale della dotazione organica dell'ente. E la domanda che ci poniamo è se questa modifica è frutto di un'elaborazione, di un'analisi che attiene ai servizi, alle professionalità, ai compiti, ai ruoli che competono all'Ente Regione nella realtà data dal Piemonte, alle sue trasformazioni e alle sfide che si sono proposte in questi ultimi anni. Questo disegno di legge e questa proposta di modifica degli organici sono una risposta a tutto questo? Come si dice nell'ultima parte della relazione, il disegno di legge in esame che la Commissione sottopone al Consiglio si inquadra dunque in un'ampia azione di riorganizzazione e di adeguamento della struttura regionale in modo da renderla sempre più funzionale secondo l'obiettivo comune dell'amministrazione del personale? Questo disegno di legge risponde a tutte queste domande? E' l'attuazione concreta del dettato dell'art. 11 della L.R. n. 42? In sostanza questo disegno di legge rappresenta un passo in avanti nell'attuazione della L.R. 42? Non è niente di tutto questo! E bisogna che i colleghi ne abbiano coscienza. Perché se avessero invece la sensazione che ciò che approviamo è il derivato di quelle cose che nell'86 non c'erano e che ci sono nell'88 sbagliano! Richiamo brevemente la non applicazione del contratto scaduto nel 1984 si diceva allora, una mancata valorizzazione delle professionalità, delle competenze, una mancata evoluzione delle carriere, un mancato ingresso di nuove professionalità e competenze all'interno dell'Amministrazione regionale; in sostanza l'idea che si erano fatti l'Assessore Carletto, la DC e le altre forze politiche, Gruppi consiliari oggi in maggioranza rispetto a quella fase era di un mancato governo di questa materia da parte della Giunta precedente. Oggi siamo nel 1988, a metà anno, e ci troviamo in questa brillante condizione: primo, non c'è l'applicazione del contratto dell'84, nel senso che la L.R. n. 42 approvata nell'86, che doveva essere la legge che applicava il contratto dell'84, ad oggi si dimostra una legge impraticabile. Ma in compenso questa maggioranza e questa Giunta hanno collezionato un altro record nel senso che nel frattempo c'è un altro contratto, scaduto nell'87, che non solo non è attuato, ma non è stato nemmeno recepito.
La seconda osservazione riguarda l'aggravamento complessivo della situazione di incertezza del ruolo e della funzione da parte di tutto il personale regionale.
Abbiamo in altre occasioni parlato del fallimento di una politica per il personale; credo che alla luce di questa ulteriore discussione il fallimento sia chiaro.
Volevo dire con molta franchezza che notiamo incapacità di gestione di una legge regionale, la n. 42, che è stata in modo testardo voluta da questa Giunta regionale e da questo Assessore al personale. Questa è la terza modifica che apportiamo alla legge n. 42, e risottolineo, legge voluta in modo testardo senza sentire ragioni, nemmeno sulla VI qualifica.
Si era detto che era demagogico fare quelle richieste e oggi si propone esattamente la stessa cosa. Ma guardate che questa non è l'ultima modifica alla legge n. 42, ce n'è un'altra che si sta delineando e di cui ci occuperemo nelle prossime settimane. Si va a puntate a discutere di questa questione.
Quella meravigliosa legge che doveva risolvere tutti i problemi del Piemonte ha già subito tre modifiche e se ne prevede una prossima.
Si dice: questa modifica è indispensabile per dare corso ai concorsi speciali che finiranno quando non si sa! In quali tempi? L'Assessore, su questo, ha assunto qualche impegno, ha fatto qualche riflessione in Commissione? Ha preventivato l'ipotesi che se questo disegno di legge verrà approvato, sarà percorribile, entro l'anno prossimo di questi tempi forse i concorsi saranno chiusi? Non so se è possibile dare credito a queste cose. Dall'86 ad oggi sui tempi di applicazione del dettato contrattuale di cose ne abbiamo sentite tante. Il problema è che ci troviamo oggi a discutere del fatto che va modificata la legge, perché così com'era non ha consentito di dare corso ai concorsi.
Da qui al prossimo anno quando i concorsi speciali saranno espletati cosa si fa? Cosa fa la Giunta, cosa ha intenzione di fare l'Assessore quali sono le linee, le proposte, quali gli atti concreti che si intendono attivare per una più razionale ed efficiente funzionalità della struttura regionale? E questa non è una domanda retorica, è una domanda precisa. La situazione che si è determinata e che viviamo tutti i giorni, dopo l'attuazione di una prima parte della L.R. n. 42, la nomina della II dirigenza (nomine che sono avvenute anche qui forse non valutando e non utilizzando, da parte della Giunta, tutte le potenzialità che il Consiglio aveva fornito, cioè usare anche una certa discrezionalità nell'individuare la dirigenza) pone comunque il problema che al di là dei responsabili di settore individuati ci sono altre questioni da risolvere.
La seconda dirigenza dà il segno di una situazione che se non ha chiari gli obiettivi, se non ha chiaro un percorso, se non ha finalità precise rischia di dare una risposta a legittime aspirazioni che il personale regionale pone. Rischia di lasciare le cose come stanno? No, rischia di peggiorare le cose! Facevo appunto l'esempio della seconda dirigenza per dire che, al di là dei responsabili di settore per i quali una collocazione pare sia stata definita, tutti gli altri nominati alla seconda dirigenza, che sono in posizione di staff, ad oggi non sanno che cosa devono fare. Molti di loro continuano a svolgere le mansioni precedenti e non si capisce quali saranno i tempi e le modalità con cui sarà possibile utilizzare questo personale per il ruolo per cui è stato nominato.
I colleghi e l'Assessore mi scuseranno se ho voluto essere chiaro ed esplicito su questa questione.
Quello di cui discutiamo è un disegno di legge che non affronta e non risolve i problemi di fondo del nostro ente.
Noi stessi, qualche mese fa, abbiamo sollecitato la Giunta regionale a riprendere la trattativa sulla base della piattaforma che le OO.SS. erano venute formando. Quindi non siamo insensibili né alle esigenze che il personale pone né all'esigenza di dare risposta ad un problema che si fa drammatico, e cioè che in questa Regione da otto anni sostanzialmente non succede nulla sul fronte del personale in termini concreti ed attuativi.
Il disegno di legge così come è presentato e la discussione che abbiamo fatto in Commissione non ci lasciano intravedere una linea di tendenza certa.
Non parliamo con questo disegno di legge di attuazione della L.R. n.
42. Potrei passare in rassegna gli articoli, partendo dal n. 1 per andare avanti: non lo faccio per cortesia nei confronti dei colleghi. Ripeto: non parliamo di attuazione della L.R. n. 42. La legge prevede i settori, i servizi, le unità operative organiche e al momento dell'approvazione prevedeva, entro un anno, la vera riorganizzazione dell'ente. Mi fermo qui.
Voglio dire a questa Giunta e a questa maggioranza che per le ragioni che ho cercato di spiegare e anche per la sensibilità che abbiamo rispetto alle legittime aspirazioni del personale regionale e rispetto ai problemi che esso pone, il nostro voto sarà di astensione. E' chiaro però che senza il resto, senza un impegno, una volontà che dimostri di andare a mettere le mani nella riorganizzazione dei servizi di questo ente, questo disegno di legge da solo dà una risposta troppo parziale ai problemi veri che in questa Regione si impongono dal punto di vista della funzionalità e della organizzazione del lavoro.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore al personale

Signor Presidente, credo che la situazione posta dall'intervento del collega Avondo sia tale da richiedere al Presidente del Consiglio di accettare, per ragioni di tempo, una mia risposta che si limita a pochissimi minuti.
Credo però che il tono usato dal collega Avondo e soprattutto il merito delle questioni poste nel suo intervento non possano non richiedere da parte della Giunta e mia in particolare una risposta complessiva che tenti di fare un'analisi dei problemi del personale di oggi, di domani e di ieri per mettere a fuoco i problemi, le difficoltà, le strategie, le necessità di questo ente che purtroppo ormai si sono determinate in tutta una sommatoria di piccoli pezzi. La sommatoria di piccoli pezzi vuol dire sommatoria di tanti particolarismi, vuol dire sommatoria di legittime aspirazioni di tremila dipendenti, fatte a loro volta di tremila problemi ai quali non sempre siamo in grado di dare complessivamente le risposte.
Credo che questa mattina ne abbiamo avuto un ulteriore piccolo esempio in quella richiesta di incontro sollevata legittimamente da quaranta dipendenti, perché credo sia giusto che anche il singolo dipendente ponga il suo personale problema. Su queste cose occorre riflettere un attimo altrimenti diventa troppo semplicistico fotografare una situazione certamente difficile che noi stiamo vivendo su questi problemi, ma diventa anche semplicistico immaginare delle soluzioni che è vero, collega Avondo sono purtroppo fatte di piccoli pezzi. Purtroppo oggi la situazione a mio giudizio richiede tanti piccoli pezzi di risposta per cercare di ricostruire un assetto complessivo che restituisca alla struttura regionale quella compattezza che abbiamo perso tutti e - non me ne voglia il sindacato - ha perso anche il sindacato, abbiamo perso come governo regionale e forse anche come Consiglio regionale, nel senso che tutti insieme, ognuno per le sue responsabilità, non siamo stati finora in grado di ricomporre tutti i piccoli pezzi esistenti, tanti e tanti piccoli pezzi che debbono essere ricomposti.
E' vero, non credo di avere mai detto che questo provvedimento è il toccasana dei nostri problemi. Noi abbiamo detto e diciamo che questo provvedimento è un tassello insieme a tanti altri che in questi anni faticosamente abbiamo cercato di mettere insieme. Tu ne hai voluto citare uno: quello della seconda qualifica dirigenziale. La fatica che abbiamo fatto per concludere quella vicenda è nota a tutti, e ognuno di questi pezzi ha rappresentato delle difficoltà, impregnate di legislazioni nazionali che continuamente variano, impregnate di esigenze delle OO.SS.
che mutano, impregnate di spinte dei lavoratori e del singolo lavoratore che modificano continuamente e settimanalmente, se non giornalmente, il quadro complessivo.
La modifica che noi proponiamo è una modifica che può ricalcare in parte una proposta del Partito comunista. Non riteniamo di avere n primogeniture, né di essere i più bravi, noi pensiamo che tutti insieme si debba cercare di individuare delle soluzioni, su un problema come quello della politica del personale di cui siamo certo titolari, io come Assessore, della responsabilità della gestione, ma credo che l'interesse sia di tutta l'assemblea. Noi riteniamo che il provvedimento di oggi, che ricalca alcune proposte anche del Gruppo comunista del passato, sia un pezzo di questi tasselli che noi cerchiamo faticosamente di mettere insieme per trovare le soluzioni.
Ho già avuto occasione di chiederlo a nome della Giunta ai Capigruppo e lo ribadisco qui ufficialmente. Credo che valga la pena che sulla politica del personale il Consiglio regionale dedichi un certo periodo, una mezza giornata mi pare possa bastare, per fare la storia dei problemi, per partire un po' più da lontano, per guardare un po' più avanti e, tracciando questa storia, per cercare di capire anche le responsabilità. Credo che dal punto di vista politico sia giusto capire le responsabilità e dopo avere individuato le responsabilità capire anche quali sono gli obiettivi e i percorsi che noi immaginiamo di percorrere per trovare questa soluzione.
Concludo quindi e non entro nel merito dell'intervento del collega Avondo, perché, ripeto, dovrei rubare troppo tempo. Chiedo alla Presidenza del Consiglio se vorrà, con i Capigruppo, accedere a questa richiesta che a nome della Giunta ho più volte fatto di un dibattito sulla politica del personale, che mi pare si collochi in un momento strategicamente importante per l'organizzazione del futuro della Regione che insieme a questo provvedimento, agli altri che abbiamo preso e che prenderemo, mi pare si stia delineando.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Su richiesta dell'Assessore, possiamo proseguire l'esame del progetto di legge all'inizio della prossima seduta. Devo solo rilevare che tutti avevamo preso l'impegno di chiudere questa sera la parte deliberante. E' naturale che avendo avviato la trattazione del disegno di legge e non concludendo il suo proseguimento dovrà essere al primo punto dell'o.d.g.
della seduta di giovedì e slitterà di un'ora circa il resto. Se invece c'è il numero legale proseguiamo nell'articolato.



PRESIDENTE

C'è una richiesta di verifica del numero legale da parte del Consigliere Brizio?



BRIZIO Gian Paolo

No, votiamo pure.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 26 hanno risposto SI 19 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 6 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 26 hanno risposto SI 19 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 6 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
Prima di procedere alla votazione sull'intero testo di legge il Consigliere Rossa ha chiesto di intervenire per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

La mia è una dichiarazione di voto a favore del disegno di legge, ma nello stesso tempo diretta ad accogliere la proposta che è stata avanzata dall'Assessore Carletto per un dibattito approfondito da svolgersi al più presto possibile, perché mi sembra che sia un passo avanti verso la sistemazione di alcune questioni.
Oggi abbiamo incontrato un gruppo di lavoratori che ci ha rappresentato un problema che per la verità sembra di faticosa e di difficile soluzione anche se trova tutta la nostra comprensione. Nei confronti di questi lavoratori abbiamo espresso anche la disponibilità a trovare una soluzione ancorché questo non vada a danneggiare e a creare altri problemi ad altri lavoratori.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi, si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 26 hanno risposto SI 19 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si sono astenuti 6 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,30)



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