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Dettaglio seduta n.136 del 28/04/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento:

Sull'ordine dei lavori


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Ha chiesto la parola il Consigliere Biazzi. Ne ha facoltà.



BIAZZI Guido

Come Gruppo chiediamo l'inserimento, in base agli artt. 45 e 49 del Regolamento, all'o.d.g. della discussione sulla mozione che abbiamo presentato in materia di opere pubbliche.
Ci rendiamo conto che l'Assessore Mignone, direttamente interessato, è impegnato per qualche mezz'ora in sede di manifestazione contro il taglio dei cosiddetti "rami secchi" delle FS nel nostro Piemonte. Potremmo cominciare a discutere la mozione quando rientra l'Assessore Mignone, ma riteniamo l'iscrizione necessaria prima di passare alla discussione di qualsiasi altro punto all'o.d.g.
Il Consiglio può lavorare fino all'arrivo dell'Assessore, per esempio rispondendo ad interrogazioni ed interpellanze.



PRESIDENTE

L'inserimento all'o.d.g. di nuovi argomenti non spetta alla Presidenza la quale non deve dimenticarsi di presiedere un consesso che vuole soprattutto il rispetto di ciò per il quale è stato convocato e chiamato a deliberare. Se ci sono però le condizioni perché altri argomenti possano essere iscritti, sarà la riunione dei Capigruppo d'intesa con l'Ufficio di Presidenza a determinarne l'iscrizione all'o.d.g.
Propongo pertanto di svolgere ora le interrogazioni e le interpellanze dopodiché verrà convocata la riunione dei Capigruppo che valuterà la richiesta del Gruppo Comunista che d'altro canto era già nota alla Presidenza avendo ricevuto la lettera inviata dal Capogruppo Bontempi in data 22 aprile.



BIAZZI Guido

Per ulteriore precisazione noi ci richiamiamo in particolare al primo comma dell'art. 49, che dice: "Dopo la comunicazione dell'o.d.g. proposto dal Presidente, se non viene chiesta alcuna modifica, tale o.d.g. si intende approvato". Noi ne chiediamo una modifica.



PRESIDENTE

La valuteremo insieme ai Presidenti dei Gruppi fra circa mezz'ora.


Argomento: Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 1100 del Consigliere Ala inerente i beni del Piemonte da salvare


PRESIDENTE

Passiamo quindi al punto 2) all'o.d.g. "Interrogazioni ed interpellanze". Esaminiamo l'interpellanza n. 1100 del Consigliere Ala alla quale risponde il Vicepresidente della Giunta, Bianca Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

La prima parte dell'interpellanza del Consigliere Ala riguarda in generale i beni artistici e culturali in Italia e segnatamente quelli del Piemonte. Tra l'altro, proprio per quanto riguarda i beni da salvaguardare in Italia, si sta svolgendo in questi giorni un convegno cui sarebbe stato interessante partecipare se i nostri impegni di aula non ci obbligassero giustamente, ad essere presenti.
La seconda parte dell'interpellanza riguarda piùs pecificatamente le attività estrattive all'interno della Riserva Naturale della Bessa e a questo riguardo già in altra occasione ho risposto ad un'interrogazione analoga sulla stessa materia.
L'iniziativa denominata "Memorabilia" è stata realizzata dal Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali in collaborazione con alcune aziende private o a partecipazione statale.
Essa è, in sostanza, un catalogo delle emergenze dei beni culturali ed architettonici suddiviso per Regioni.
Attualmente gli unici elementi di conoscenza dell'iniziativa in nostro possesso sono costituiti dai tre volumi, che abbiamo acquistato recentemente, editi dall'Editore Laterza, che descrivono a grandi linee i programmi di attività nel campo dei beni culturali. Devo dire che questi tre volumi sono discretamente cari nel senso che costano 150.000 lire; si poteva anche considerare la possibilità di comprarne un certo numero a documentazione del Consiglio regionale, ma questo si potrà ancora valutare non dimenticando che il prezzo è piuttosto alto per essere un documento prodotto dal Ministero.
La Regione Piemonte, e per quanto noto anche le altre Regioni italiane non è stata coinvolta in questo lavoro di preparazione e quindi di selezione dei capolavori da salvaguardare né direttamente né indirettamente dal Ministero. Peraltro appena abbiamo saputo di questa iniziativa abbiamo avanzato al Ministero una formale richiesta per essere investiti istituzionalmente della questione e per il momento non abbiamo ricevuto alcuna risposta.
Nell'occasione devo quindi evidenziare nuovamente una certa ritrosia dello Stato ad operare in piena armonia e collaborazione con le Regioni.
Questo purtroppo è solo l'ultimo episodio di una lunga vertenza: basti ricordare la legge 431/85, i progetti dell'art. 15 della legge finanziaria del 1986, la Legge Finanziaria di quest'anno sulla quale la Giunta e il Consiglio hanno avanzato proposte di emendamento, anche relativamente alla questione Po, i rapporti con il Magistrato per il Po.
E' un elenco a dir poco triste perché si traduce in un indebolimento complessivo dell'istituzione pubblica. Né, per altro verso, esistono oggi le condizioni politiche per una nuova responsabilizzazione su queste problematiche, sul fondamentale rapporto fra Stato e Regione. A questo proposito ricordo la validità e l'attualità della seduta del Consiglio dell'altra settimana sui temi istituzionali soprattutto circa i rapporti tra Stato e Regione.
Le indicazioni del Consigliere Ala sulla priorità dei Sacri Monti in un'azione programmata di recupero dei beni culturali è parte prioritaria anche dei programmi regionali per attivare investimenti su un patrimonio di eccezionale interesse e gravato da non pochi problemi.
La speranza mia e della Giunta è che con il nuovo Governo sia possibile intraprendere un dialogo anche più concreto di quello intrapreso con il precedente.
Devo dire, per quanto riguarda in particolare la segnalazione dei Sacri Monti fatta dal Consigliere Ala, che la Giunta nel suo programma ha tenuto conto di questa sollecitazione nel predisporre i progetti che dovremmo mandare al Ministero entro il 13 maggio ai sensi della legge 449 per ottenere contributi relativamente alle opere artistiche del nostro Paese che necessitano di ristrutturazione e di adattamenti.
Desidero concludere con una considerazione su questa "Memorabilia".
"Memorabilia" potrà essere utile al Piemonte se al catalogo pubblicato seguiranno fattivi programmi di intervento, di investimento e finanziamenti. Altrimenti essa rimane un'iniziativa a carattere pubblicistico anche molto parziale nella sua struttura scientifica di ricerca. Rispetto a quanto si conosce di questo studio posso infatti affermare che la Regione Piemonte, non da oggi, è dotata di uno strumento assai più completo ed efficace nell'indicazione di intervento costituito dalla ricerca sui beni culturali, aree ambientali ed emergenze architettoniche regionali, condotta dal prof. Vigliano.
Quando e se sarà possibile attivare una collaborazione con lo Stato, la Regione chiederà infatti la definizione di un programma rispetto anche alle proprie indicazioni che nascono non solo da uno studio, ma da un approfondito e non momentaneo confronto tra le forze politiche, sociali economiche e culturali della nostra Regione.
Con l'occasione devo dire che probabilmente entro l'anno riusciremo a stampare questa ricerca che rimane un dato fondamentale di conoscenza del nostro territorio e che cercherò di mettere a disposizione dei Consiglieri regionali nel più breve tempo possibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Le risposte dell'Assessore Vetrino, rispetto a quelle che erano le domande, mi trovano soddisfatto. Ed ugualmente concordo sul giudizio dato sull'iniziativa: devo riconoscere che quello che all'inizio era entusiasmo per questa iniziativa è andato rapidamente diminuendo.
Quando ho avuto le prime notizie (e ho visto le belle fotografie a colori comparse sul supplemento di "La Repubblica") questa mi era sembrata una importante iniziativa. Poi, invece, questo entusiasmo si è in buona parte smorzato: i suoi limiti, più che parziali e pubblicistici, sono pubblicitari; è una sorta di operazione promozionale, che non è supportata da una razionale visione politica del problema, che sembra più tesa ad ottenere dei meriti in termini pubblicitari, di impressione su determinati target, un'operazione di marketing, piuttosto che una razionale politica di tutela e di intervento di restauro.
In merito a uno dei punti sollevati nell'interrogazione, la Vicepresidente ha risposto in maniera che non permette repliche: la Regione in questa iniziativa non è in alcun modo coinvolta. Questa è una iniziativa che non si riesce in alcun modo ad inserire in una politica dei beni ambientali e culturali, ma finalizzata ad altri benefici.
Concordo ancora con la Vicepresidente sul fatto che per quanto riguarda la Bessa la risposta è stata data in altra sede. Concordo anche sul fatto che questo, come abbiamo detto in sede di dibattito sulle riforme istituzionali, non è che un altro esempio di scomparsa della Regione. Le aree che in questi progetti vengono indicate sono aree per le quali la Regione ha previsto leggi ha previsto finanziamenti, li ha inseriti in parchi veri e propri e vede ora interventi totalmente fuori da questo contesto e totalmente sganciati.
Dopo questa vicenda che posso definire come una parentesi, ritengo sia importante riprendere la nostra attività regionale e ritenere che questo non sia altro che un libro, perché alla fine rimarrà probabilmente soltanto un libro, per di più, carissimo, che non dimostra e non propone alcun modello di politica. Belle fotografie, patinate ed eccezionali, che forse fatte un po' meno bene e inserite in un libro un po' meno lussuoso potevano contribuire a salvare quattro muri di questi edifici.


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazione n. 1108 dei Consiglieri Valeri e Avondo inerente il Parco Lame del Sesia. Legge Galasso


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'interrogazione n. 1108 dei Consiglieri Valeri e Avondo, cui risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Con l'interrogazione in oggetto i Consiglieri Valeri e Avondo riferendosi ai lavori di regimazione della Sesia previsti a seguito di perizie disposte dal Pretore di Vercelli, lavori che porterebbero alla scomparsa dell'Isolone di Oldenico, proprietà della Regione Piemonte, sede di una delle più importanti garzaie d'Europa, tanto da essere stata istituita con legge regionale in riserva naturale speciale, chiedono di sapere quale iniziativa la Giunta regionale intende assumere per scongiurare il rischio di scomparsa di un biotopo di così grande importanza ambientale e naturalistica anche in relazione al vincolo esistente sull'area e derivante della Legge Galasso.
Va subito rilevato che, data l'importanza scientifica dell'area dell'Isololone di Oldenico, sottolineata anche dagli interroganti con una serie di considerazioni (è una interrogazione molto lunga, quasi una relazione scientifica naturalistica, tra l'altro fatta molto bene), è evidente che ogni intervento della Giunta regionale non potrà che essere orientato alla conservazione dei luoghi e al mantenimento della loro integrità in quanto, diversamente, si incorrerebbe in una palese violazione di legge.
In questo senso deve essere ricordato che oltre alla legge istitutiva del Parco delle Lame del Sesia e della Riserva Naturale dell'Isolone di Oldenico, la stessa legge di istituzione del Ministero dell'Ambiente (art.
18) "punisce chiunque compia atti dai quali possano derivare danni all'ambiente naturale" e la scomparsa di una garzaia risulterebbe certamente tra i casi definibili quali danno ambientale.
Premesso quanto sopra è altresì rilevante il fatto che l'area in questione proprio in quanto riserva naturale sia sottoposta al vincolo della legge 431 e pertanto ogni intervento di modificazione nello stato dei luoghi è soggetto ad autorizzazione preventiva.
Pertanto in risposta alla interrogazione dei Consiglieri che chiedevano quale fosse stato l'atteggiamento della Regione nei confronti della richiesta di autorizzazione, devo rispondere che nel caso in questione l'autorizzazione non è stata concessa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Ringrazio la Vicepresidente Vetrino per la risposta. Conveniamo con il rifiuto al rilascio dell'autorizzazione degli scavi in prossimità dell'Isolone.
Per quanto ci riguarda, confermiamo l'impegno a vigilare che non avvengano attentati a questa importante realtà naturalistica, auspicando che da parte dell'Assessorato venga mantenuta la stessa convergenza di intenti oggi registrata.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 1187 dei Consiglieri Bresso, Guasso, Avondo e Chiezzi inerente l'impatto ambientale dell'autostrada dei trafori


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione n. 1187 dei Consiglieri Bresso, Guasso Avondo e Chiezzi.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Poiché si tratta di una relazione a carattere tecnico molto specifica se i Consiglieri si ritengono soddisfatti la darei per letta; eventualmente si potrà discutere in un'altra sede perché è un argomento in itinere e purtroppo, non si esaurisce oggi.



PRESIDENTE

L'interrogazione è considerata pertanto svolta per quanto riguarda la seduta odierna.


Argomento: Informazione

Interrogazione n. 1123 dei Consiglieri Valeri, Sestero e Dameri inerente la pubblicazione dell'intervista dell'Assessore Cernetti su "Il Giorno" (rinvio)


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 1123 dei Consiglieri Valeri, Sestero e Dameri inerente la pubblicazione dell'intervista dell'Assessore Cernetti su "Il Giorno".
Ha chiesto la parola il Consigliere Valeri. Ne ha facoltà.



VALERI Gilberto

Signor Presidente, dato che in materia esistono altre interrogazioni mi risulta si fosse convenuto di accorparle. Se anche lei conviene su questa esigenza, propongo di rinviare alla seduta successiva la risposta a questa e alle altre interrogazioni presentate sull'argomento.



PRESIDENTE

L'interrogazione è rinviata alla prossima seduta consiliare.


Argomento: Controllo sugli atti degli enti locali

Interrogazione n. 1172 dei Consiglieri Acotto e Valeri inerente il Co.Re.Co. di Biella. Comune di Guardabosone


PRESIDENTE

Passiamo quindi all'interrogazione n. 1172 presentata dai Consiglieri Acotto e Valeri.
Risponde il Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

E' un'interrogazione che si trascina da tempo e che potrebbe forse per certi aspetti, almeno per talune sollecitazioni che la stessa contiene essere stata superata dai fatti. Ad ogni modo, fornisco la risposta così come era stata preparata a suo tempo ritenendo che una parte del contenzioso, degli aspetti conflittuali che erano stati sollevati possa essere stata superata per estinzione della materia del contendere.
In via preliminare, va precisato che alla Giunta regionale non compete (né ne avrebbe il potere) di interferire in autonome determinazioni assunte in sede di controllo di legittimità, degli organi di controllo. Ove fossero riscontrate in tali determinazioni violazioni di legge, l'azione andrebbe promossa alla Magistratura amministrativa (TAR) e solo in fase di contenzioso per impugnative di terzi la Giunta potrebbe eventualmente porsi il problema di un'approfondita valutazione sulla opportunità o meno (di ogni aspetto fatte le dovute valutazioni) di resistere alle richieste della controparte, a difesa pertanto della decisione dell'organo di controllo.
Questi sono i limiti dell'intervento possibile della Giunta regionale.
Al di fuori di una simile posizione di principio è difficile ipotizzare altro campo di intervento regionale che non sia la pacata e serena discussione - nel quadro delle periodiche riunioni dei Co.Re.Co, a livello regionale - sulla concreta effettiva adesione dei loro comportamenti allo spirito della normativa regionale in materia. Questo avviene fuori degli aspetti formali, anche perché queste riunioni tendono a esprimere comportamenti che non solo hanno costanza di riferimenti ma anche, nei limiti del consentito, pur senza stabilire pressioni di sorta, originano delle sollecitazioni perché i pronunciamenti intervengono in termini di collegamento e analogia a riferimenti.
Aggiungasi che non pare esatta l'affermazione che "la legge n. 15/85 e la circolare di cui sopra non viene applicata e quindi, di fatto, violata dal Co.Re.Co. di Biella" in quanto dai dati in possesso di questa Presidenza risulta che nell'anno 1987 il Comune di Guardabosone (ma i dati a disposizione concernono tutto il circondario) ha trasmesso l'elenco per 75 provvedimenti e la richiesta di trasmissione di deliberazioni riguarda un solo caso. Se poi l'appunto si riferisce all'intero complesso di deliberazioni assunte dal Comune di Guardabosone, i dati sono i seguenti: deliberazioni adottate e segnalate o trasmesse 251 (di cui 75 su elenco) deliberazioni annullate 6 (di cui 1 in parte) corrispondenti al 2 integrazioni richieste n. 18 corrispondenti al 7% del totale deliberato.
Non è possibile alla Regione assumere "azioni riparatorie" a favore di Comuni eventualmente danneggiati dalle determinazioni del Co.Re.Co. sia perché la legge non prevede tale ipotesi, sia soprattutto perché in ogni caso occorrerebbe una pronuncia di responsabilità per danno, sia infine perché il danno andrebbe accertato. E' ovvio che non può che essere accertato dalla competente autorità giudiziaria.
Per quanto concerne la rimozione della situazione di consulenza gratuita del segretario del Co.Re.Co. di Biella a favore dell'Unione Costruttori Edili locale, si comunica quanto segue: premesso che le ragioni esposte a suo tempo dall'Unione per giustificare la collaborazione - a titolo gratuito e fuori orario servizio a favore delle ditte associate operanti presso gli Enti locali sono parse congrue (soprattutto perché tese ad illustrare e favorire la definizione di corrette procedure amministrative nell'instaurazione e gestione di lavori pubblici); ed, in ogni caso, si tratta dell'analoga consulenza che il segretario e gli uffici del Co.Re.Co. offrono sia agli amministratori locali sia ai loro tecnici, siano essi dipendenti o professionisti (in quest'ultimo caso in posizione formalmente analoga alle aziende associate all'Unione) rimeditato il problema in ogni suo aspetto di fatto e di diritto e ritenuto che per motivi di assoluta trasparenza appaia opportuno che tale collaborazione venga interrotta l'interessato ha comunicato di propria iniziativa di sospendere immediatamente la collaborazione fin qui prestata, riservandosi esclusivamente di concludere la definizione dei pareri in corso di esame.
La documentazione agli atti illustra i dati fornitimi dal Co.Re.Co. di Biella, dai quali emerge: che il Comune di Guardabosone ha avuto richieste di chiarimenti in linea con le percentuali degli altri Comuni che la deliberazione n. 145 dell'1/12/1987 in un primo tempo annullata è stata successivamente ritenuta esecutiva per decorrenza dei termini in quanto riconosciuto l'errore interno del Co.Re.Co.
che le integrazioni di documentazione richieste dal Co.Re.Co. di Biella al Comune di Guardabosone rispettano l'art. 16/bis della L.R. 42/76 successivamente modificato dalla L.R. 26/2/1985, n. 15.
E' infine necessario precisare che sui fatti oggetto delle deliberazioni del Comune di Guardabosone nn. 144 e 145 è in corso un'indagine della Magistratura, sia a seguito dell'autodenuncia del Comune sia per segnalazione disposta dal Co.Re.Co. di Biella nella seduta del 17/12/1987. Si ritiene pertanto opportuno astenersi da ogni valutazione di merito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Avrei preferito che fosse presente il collega Acotto in quanto è stato lui a seguire più da vicino il problema oggetto dell'interrogazione.
Ringrazio tuttavia il Presidente della estesa risposta fornita alla nostra interrogazione, benché i suoi contenuti siano alquanto deludenti ed evidenzino alcune serie perplessità.
Se ho ben capito, il Presidente non esclude l'esistenza di problemi aperti in ordine al modo in cui la normativa regionale in materia di controlli viene applicata.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Difformità di pronunciamenti sulla stessa materia intervengono a tutti i livelli.



VALERI Gilberto

Certo, e io non voglio farne una disamina dettagliata, ma il fatto che dopo la denuncia sporta dal sindaco di Guardabosone ci si sia improvvisamente accorti che una deliberazione è stata bloccata illegittimamente, lascia supporre che non si è di fronte ad un errore casuale ed occasionale.
Personalmente, ad esempio, sono stato avvicinato da un segretario comunale della zona, che mi ha informato della regolarità con cui il Co.Re.Co. di Biella chiede integrazioni ai provvedimenti che secondo la normativa regionale dovrebbero essere compresi tra quelli sui quali il controllo di merito non viene più esercitato, in quanto già avvenuto a monte sugli atti programmatici relativi, com'è il caso delle delibere di pagamento delle indennità di missione e degli straordinari.
Ne consegue, signor Presidente, che l'accertamento di come le normative regionali vengono applicate non può essere puramente e semplicemente rinviato alla Magistratura amministrativa. Vi sono obblighi di controllo e spazi di natura politica programmatica che non possono essere scaricati all'esterno, ad un soggetto estraneo al quale delegare la supplenza delle insufficienze regionali.
In VIII Commissione, del resto, insieme alla Giunta abbiamo convenuto che sulla materia dei Co.Re.Co. sia opportuno pervenire ad un approfondimento.
La seconda perplessità sollevata dalla risposta del Presidente attiene alla l'applicazione delle normative regionali per quanto riguarda gli incarichi professionali esterni. Abbiamo denunciato nella nostra interrogazione che un funzionario direttivo del Co.Re.Co. di Biella ha da tempo assunto un incarico di consulenza per conto dell'Associazione Industriali di Biella, rilevando la illegittimità, a nostro giudizio, di un simile modo di comportarsi.
Non sto a fare un lungo discorso sul connubio Affari-Pubblica Amministrazione, lo do per scontato. Voglio però sottolineare con forza che tutti i segnali di tale commistione debbono essere colti e affrontati. Non è sufficiente fare generiche affermazioni di fede nella buona amministrazione e trascurare episodi quale quello da noi denunciato, la cui gravità è indubbia e la cui responsabilità inverte direttamente la sfera del governo regionale.
Prendiamo atto che detto funzionario ha ora interrotto il rapporto di consulenza. Ho dei dubbi, però, che questo gesto debba essere considerato un atto volontario; mi pare piuttosto assimilabile allo stato d'animo di quel cavaliere che dopo essere stato disarcionato dichiarò: "Tanto volevo smontare". Il comportamento in precedenza tenuto è stato del tutto illegittimo e si è protratto, purtroppo, per troppo tempo in spregio alla legge regionale sugli incarichi esterni, impediti senza alcuna distinzione tra incarichi retribuiti e incarichi gratuiti, ancorché la affermata questa gratuità del rapporto di consulenza in oggetto sia tutta da dimostrare.
Prendendo atto che questa collaborazione esterna ha avuto finalmente termine, rimarchiamo che si è trattato di una collaborazione illegittima erroneamente autorizzata dalla Giunta e dagli uffici regionali, sulla base del cui parere è stata rilasciata l'autorizzazione. Occorre verificare la oculatezza e la congruenza di tali pareri.
Sarebbe intollerabile che anche gli uffici legislativi regionali leggessero e interpretassero in modo abnorme ciò che nella lettera della legge è chiarissimo: ossia che gli incarichi esterni non sono consentiti se non autorizzati, quando possono essere autorizzati. L'incarico assunto dal funzionario del Co.Re.Co. di Biella era chiaramente illegittimo.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Non vedere sempre tutto nero, sii più ottimista!



VALERI Gilberto

Scusa, Presidente Beltrami, io sto affermando che la tesi minimizzatrice contenuta nella risposta è contraria alla legge approvata da questa assemblea e ribadisco che questa interpretazione minimizzatrice, che tende in sostanza ad assegnare alla buona volontà del funzionario che ha dismesso quella collaborazione la risoluzione del problema, rappresenta un atteggiamento preoccupante. Ripeto perciò l'invito alla Giunta di intervenire affinché l'atteggiamento degli uffici regionali in ordine all'attuazione delle normative regionali sia quanto meno rispettoso della lettera di tali normative.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Risposta scritta ad interpellanza ed interrogazione


PRESIDENTE

Comunico che è stata data risposta scritta all'interpellanza n. 1131 del Consigliere Ala inerente i rapporti con la Comunità montana Bassa Valle Cervo e Valle Oropa e all'interrogazione n. 829 dei Consiglieri Montefalchesi, Sestero, Calligaro e Reburdo inerente la richiesta da parte delle UU.SS.SS.LL. di contributi per insufficienti mentali.


Argomento: Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 1154 dei Consiglieri Chiezzi e Bontempi inerente la costruzione di un nuovo "Palatrussardi" a San Mauro Torinese


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interpellanza n. 1154 presentata dai Consiglieri Chiezzi e Bontempi.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

I Consiglieri Chiezzi e Bontempi con l'interpellanza n. 1154 chiedono notizie in merito all'indicazione, risultante dalla stampa, della volontà del Comune di San Mauro di consentire la realizzazione di un nuovo "Palatrussardi" destinato a spazi multiuso per accogliere impianti sportivi, manifestazioni e spettacoli, sull'area dell'autoporto Pescarito.
Sulla base degli accertamenti che abbiamo potuto fare in relazione a quanto richiesto dagli interpellanti, possiamo rispondere che non sono mai intercorsi rapporti fra il Comune di San Mauro e l'Amministrazione regionale in ordine alla valutazione di questo problema in quanto, prima dell'interpellanza conseguente alla notizia apparsa sugli organi di stampa il problema non era mai stato evidenziato in alcun modo all'amministrazione regionale.
Per quanto riguarda le prescrizioni e le previsioni del Piano Regolatore Generale di San Mauro dagli accertamenti fatti e dall'esame della normativa di Piano Regolatore, risulta che l'area è a destinazione industriale con una normativa specifica che poi per iscritto posso consegnare agli interroganti e che in modo dettagliato precisa la destinazione e l'uso, gli indici e i parametri di sfruttamento dell'area a destinazione industriale dell'autoporto Pescarito.
In merito invece alla richiesta specifica di conoscere quali siano "i soggetti, gli strumenti e i finanziamenti che presiedono all'intera operazione" abbiamo dovuto necessariamente, in assenza di notizie, sentire il Comune di San Mauro. Sulla base delle informazioni che abbiamo ricevuto risulta, almeno per quanto è stato affermato, che non c'è nessun progetto avviato né alcun rapporto con altri soggetti per la realizzazione di un nuovo Palatrussardi a San Mauro. Risulterebbe quindi che la notizia apparsa sulla stampa è dovuta ad un'indicazione politica la cui responsabilità spetta solo al dichiarante che, nel caso, è un Assessore di San Mauro.
Mentre non risulta avviata alcuna trattativa né alcun progetto è stato presentato.
Credo quindi che allo stato degli atti non possiamo che prendere atto delle informazioni che ci sono state date, cioè che nessun progetto concreto è all'esame o è stato proposto dal Comune di San Mauro. Aggiungo che qualora il Comune volesse procedere in questa direzione dovrebbe prima, compiere precisi atti amministrativi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per la risposta che chiarisce un fatto di costume amministrativo. La notizia che il Comune di San Mauro procedesse alla urbanizzazione di un'area destinata ad industria per altra destinazione di carattere terziario (manifestazioni, impianti sportivi, ecc.) lasciava in realtà molto perplessi. Ora dall'Assessore abbiamo avuto l'assicurazione che si tratta solo di un'indicazione politica. Io suggerisco un'altra interpretazione: si tratta di una manovra propagandistica a "buon mercato" costa niente, spunta su un giornale un articolo che suscita un po' di clamore, poi tutto finisce lì.
Noi ringraziamo l'Assessore per la risposta della quale chiederemo il testo scritto, perché ci premureremo di far conoscere, per quanto possibile, ai cittadini di San Mauro la vera situazione.
C'è ancora un elemento: sulla base della normativa vigente al Comune di San Mauro, questo intervento non può essere eseguito (mi sembra che l'Assessore l'abbia detto chiaramente). Per eseguirlo occorrerebbe procedere a varianti di piano regolatore che sarebbero poi soggette ad una autorizzazione regionale.
Quindi prego l'Assessore, nei suoi contatti con il Comune di San Mauro affinché avverta gli amministratori che esistono procedure a monte di dichiarazioni incaute che servono solo a generare molta confusione. Per non è escluso che qualcosa bolle in pentola e mi stupirebbe, da un lato che di punto in bianco un Assessore rilasci dichiarazioni di questo genere.
Invito, nell'ambito delle competenze della Regione, a vigilare su cosa sta succedendo a San Mauro nella zona dell'autoporto di Pescarito; forse qualcosa c'è. Di noto io conosco solo l'articolo apparso sul giornale e la risposta data adesso dall'Assessore; quindi vigiliamo tutti per capire se questa vicenda procederà ed in quale modo.



PRESIDENTE

Ai fini di un'ordinata prosecuzione dei lavori convoco i Capigruppo.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10,35 riprende alle ore 11,35)


Argomento: Opere pubbliche - Edilizia: argomenti non sopra specificati

Richiesta di iscrizione all'o.d.g. della mozione n. 471 presentata dal Gruppo comunista inerente le opere pubbliche


PRESIDENTE

La seduta riprende.
La riunione dei Capigruppo è stata convocata a seguito di una richiesta di inversione dell'o.d.g. da parte del Gruppo comunista che chiedeva la discussione preventiva della mozione n. 471 riguardante un fatto avvenuto in Novara, cioè l'invio di comunicazioni su assegnazioni di fondi a Comuni da parte di un parlamentare novarese. Credo che tutti conoscano il fatto.
Tale mozione recita: "Il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità nella seduta del 31/7/1987, contestualmente alle modifiche della Legge regionale 18/1984, un ordine del giorno che recita: 'Il Consiglio regionale.., impegna la Giunta a presentare al Consiglio per l'approvazione, nel quadro delle iniziative di programmazione nel settore delle opere e dei lavori pubblici, il piano ed il programma relativi alle Opere Pubbliche previsti dal IV comma dell'art. 10 del D.L. n. 256 (Provvedimenti urgenti per la finanza locale) concernenti l'utilizzo della quota del 25% che la Cassa DD.PP. riserva ad opere previste in piani e programmi regionali entro 30 giorni dalla conversione in legge del succitato decreto legge'.
Il decreto, convertito nella Legge 29/10/1987, n. 440, che prevede che 'il piano ed il programma approvato sulla base della legislazione regionale' sia presentato, per il 1988, entro il 31 marzo.
La Giunta regionale aveva quindi l'impegno di presentare al Consiglio il piano ed il programma entro il 29 novembre 1987. In ogni caso doveva ottemperare al dispositivo dell'ordine del giorno, e all'art. 16 dello Statuto regionale, e predisporre gli atti per l'approvazione da parte del Consiglio regionale.
Invece la Giunta, con delibera del 31 marzo scorso, in contrasto con le decisioni del Consiglio e con gli impegni ripetutamente assunti, decideva di assegnare centinaia di contributi 'a pioggia' per complessivi 50 miliardi di interventi.
Di fronte ad una così palese violazione della volontà unanimemente espressa dal Consiglio vista la grande dispersione di risorse compiuta dalla Giunta, senza un programma organico d'intervento formulato sulla base di priorità chiare che vanifica le finalità della Legge sulla Finanza Locale che riserva alle Regioni la possibilità di orientare il 25% delle risorse della Cassa DD.PP.
sulla base di programmi organici di intervento avuta presente la gravissima situazione finanziaria della Regione Piemonte e delle altre Regioni a Statuto ordinario il Consiglio regionale del Piemonte, sulla base dei poteri previsti dall'art. 16 dello Statuto sospende l'efficacia della delibera di Giunta regionale del 31/3/1988 pertanto impegna la Giunta regionale a non compiere alcun atto in esecuzione della delibera stessa".
La maggioranza dei Presidenti dei Gruppi ha ritenuto che la discussione di tale mozione debba essere svolta dopo aver esaminato il bilancio, mentre il Gruppo comunista mantiene la proposta di iscrizione e quindi di discussione preventiva al bilancio.
A questo punto propongo di votare l'iscrizione all'o.d.g. della mozione n. 471 presentata dal Gruppo comunista.
Ha chiesto la parola il Consigliere Biazzi; ne ha facoltà.



BIAZZI Guido

Oltre ai Capigruppo vogliamo anche chiarire al Consiglio i motivi che ci hanno indotto ai sensi del Regolamento a chiedere l'iscrizione all'o.d.g. della discussione della mozione che pensiamo sia ormai nota ai Consiglieri.
I motivi sono molto chiari, noi li richiamiamo molto succintamente.
Mi permetto di correggerla signor Presidente: il fatto probabilmente è avvenuto a Torino più che a Novara. Lei, signor Presidente, forse si riferisce a chi ha ricevuto le lettere, ma esse sono probabilmente spedite e protocollate a Torino. Questo comunque lo accerterà la Commissione d'inchiesta.
Perché insistiamo per avere una prima discussione in Consiglio regionale sulla nostra mozione? Innanzitutto per una questione di coerenza da parte del Consiglio. La settimana scorsa abbiamo discusso ampiamente sul ruolo delle Regioni e del loro rapporto con le altre istanze dello Stato. A nostro modo di vedere, la prima condizione per ottenere il rispetto dagli altri è di avere rispetto per se stessi.
Cosa è successo? Il Consiglio regionale, non molti mesi fa, alla fine di luglio 1987 ha adottato all'unanimità un ordine del giorno in cui si diceva testualmente: "Il Consiglio regionale impegna la Giunta a presentare al Consiglio per l'approvazione, nel quadro delle iniziative di programmazione nel settore delle opere e dei lavori pubblici, il piano e il programma relativi alle opere pubbliche previsti al quarto comma dei provvedimenti urgenti sulla finanza locale, comunque entro trenta giorni dalla conversione in legge del succitato decreto legge".
Questo avvenne non per caso, ma sulla base di altre esperienze infelici per alcuni, per noi addirittura scandalose, che avevano visto decisioni della Giunta in materia di contributi per OO.PP. prese al di fuori di qualsiasi programmazione, come previsto dalle leggi.
L'ordine del giorno l'avevamo presentato quando la maggioranza e la Giunta avevano deciso di approvare un'ennesima proroga dell'entrata in vigore della legge 18 sulle opere pubbliche. Esso aveva trovato non solo il consenso, ma la partecipazione attiva di alcuni colleghi della maggioranza che hanno formulato proposte migliorative della proposta iniziale di ordine del giorno.
Un impegno preciso preso dal Consiglio regionale, quindi, che impegnava la Giunta a presentare in Consiglio programma e piano in attuazione del decreto legge relativo ai provvedimenti in materia di finanza locale. Il decreto legge è stato convertito in legge il 29 ottobre. Entro il 29 novembre la Giunta doveva presentare al Consiglio il piano e il programma in base all'ordine del giorno. La legge sulla finanza locale diceva anche che, per il 1988, le Regioni entro il 31 marzo 1988 avrebbero dovuto presentare il programma alla Cassa Depositi e Prestiti per la ripartizione del famoso 25% dei fondi riservati ad opere inserite in programmi regionali.
Ebbene, c'era tutto il tempo da parte della Giunta di presentare al Consiglio i piani e i programmi che il Consiglio stesso aveva chiesto di esaminare ed approvare per tempo. Si arriva al 31 marzo e la Giunta approva all'ultimo giorno un piano e un programma, contro le indicazioni del Consiglio regionale. A nostro modo di vedere è un atto che si colloca anche contro il dettato e la sostanza della legge nazionale, che mette in capo alla Regione, quindi al Consiglio, l'approvazione dei piani e dei programmi.
Già questa ci sembrava una cosa grave; e abbiamo presentato in merito la prima mozione. Era già un fatto grave, chiedevamo che il Consiglio ne discutesse urgentemente, senza le pregiudiziali che ci sembrano siano più che motivate dai fatti nuovi.
Mi riaggancio a quanto diceva Brizio ieri. Vedi Brizio, in questo caso si dimostra come noi non siamo partiti con una pregiudiziale ad ogni costo verso la Giunta. Abbiamo presentato una prima mozione su inadempienze di carattere generale da parte della Giunta. Siamo venuti a conoscenza di fatti nuovi che noi riteniamo gravissimi, quelli che ha ricordato il nostro Presidente. Una persona estranea all'Amministrazione regionale, un deputato, con lettera datata il giorno prima dell'approvazione della deliberazione da parte della Giunta ha inviato comunicazione a Comuni della nostra Regione, probabilmente non solo del Novarese, indicando puntualmente l'entità del contributo che la Regione avrebbe concesso e sostenendo apertamente che quel contributo era stato inserito nel presunto piano e programma grazie al suo intervento decisivo su una parte della Giunta.
Questo noi riteniamo che sia gravissimo. Chi ha fornito le informazioni? Chi le ha fatte uscire dalla Regione? Non sono questioni di poco conto. Sono già state esposte nella riunione dei Capigruppo. Noi ci permettiamo anche di sottolinearli a tutti i Consiglieri, perché è il Consiglio che alla fine deve dire l'ultima parola e decidere sulla nostra richiesta.
Ognuno ha una precisa responsabilità; noi non accetteremo passivamente una decisione così palesemente in contrasto con le decisioni precedenti del Consiglio diametralmente opposte a quanto detto la settimana scorsa in Consiglio sul ruolo della Regione.
Gli strumenti ci sono certamente per reagire in modo adeguato da parte del Gruppo comunista.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Ho chiesto la parola solo per un chiarimento: vorrei sapere se si vota solo l'iscrizione all'o.d.g. e non anche l'ordine che avrà all'interno dello stesso.
Il Regolamento si esprime in due sensi diversi rispetto all'eventuale iscrizione di nuovi argomenti e rispetto all'ordine che gli argomenti hanno all'interno dell'o.d.g.



PRESIDENTE

Ho spiegato prima che la maggioranza dei Capigruppo intende dare una soluzione al problema ammettendo alla discussione la mozione presentata dal Gruppo Comunista successivamente all'esame del bilancio.
Il Gruppo comunista insiste invece nell'iscrizione e discussione della mozione prima del bilancio.
A questo punto non resta che porre ai voti questa proposta. L'aula è sempre sovrana e se ritiene di accogliere tale proposta vuol dire che la maggioranza sconfessa i suoi Capigruppo; se l'aula invece ritiene di non accoglierla, la mozione comunista è iscritta secondo lo spirito dei Capigruppo.
Si vota solo l'iscrizione della mozione come punto successivo al bilancio.



MAJORINO Gaetano

La decisione della maggioranza dei Capigruppo era chiara e lei Presidente l'ha esposta correttamente, però a me pare che in aula sarebbe corretto tenere scisse le due questioni: prima si vota se deve essere iscritta all'o.d.g. la mozione comunista, dopodiché con una seconda votazione, se ci sarà la richiesta di chi ne ha interesse, si voterà l'ordine che deve avere all'interno dell'o.d.g. perché il nostro Gruppo in ipotesi potrebbe essere d'accordo a inserirla all'o.d.g. e poi decidere se discuterla dopo o prima del bilancio. A me pare che i problemi dal punto di vista regolamentare siano diversi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, il collega Majorino ha centrato il problema: non siamo di fronte ad una questione di iscrizione o meno all'o.d.g. La materia è iscritta dalla Conferenza dei Presidenti, quindi siamo nella situazione configurata al secondo comma dell'art. 49. Questo è contro la maggioranza anche agli effetti dei voti, quindi non c'è niente di strumentale. Si tratta di una richiesta di inversione dell'o.d.g. che va formalizzata soprattutto ai fini dell'approvazione.



PRESIDENTE

Ho detto che i Capigruppo hanno deciso l'iscrizione, mentre il Gruppo comunista ha chiesto l'inversione, cioè che la mozione fosse iscritta e quindi discussa prima del bilancio.
Chi intende approvare la proposta del Gruppo comunista che chiede l'inversione dell'o.d.g. è pregato di alzare la mano.
E' respinta con 21 voti favorevoli e 28 contrari.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati - Lavoro - Movimenti migratori: argomenti non sopra specificati

Richiesta di iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno n. 478 a firma dei Consiglieri Reburdo, Montefalchesi, Ala e Staglianò relativo all'iniziativa proposta dall'USIS


PRESIDENTE

Comunico che i Consiglieri Reburdo, Montefalchesi, Ala e Staglian hanno sottoscritto un ordine del giorno relativo all'iniziativa proposta dall'USIS, di cui do lettura: "Il Consiglio regionale del Piemonte considerato che l'USIS (United States Information Service) costituisce nella sua storica presenza a livello internazionale una struttura di non totale chiarezza nei suoi compiti evidenziato che l'USIS, quale struttura ufficiale del governo USA ha operato ed opera con atti tesi a far orientamento politico nei vari Paesi rilevato che l'USIS ha proposto alla Regione Piemonte di sviluppare iniziative nel campo del lavoro e che l'Assessore al Lavoro ne ha accettato acriticamente la proposta convocando per il 30 aprile c.m. un incontro sul tema 'Rapporti e controversie di lavoro: confronto di esperienze' ribadito che non si hanno preclusioni verso l'approfondimento di esperienze in materia di lavoro nei confronti dei paesi industrializzati ed in particolare verso gli USA visto che l'iniziativa, stante il soggetto proponente, si può prestare ad interpretazioni non consone agli obiettivi che la Regione Piemonte persegue in materia di politica del lavoro, alla base della quale si pone il concetto di democrazia del lavoro impegna la Giunta ad annullare l'iniziativa stessa".
A norma di Regolamento, su tale proposta può intervenire un Consigliere a favore e uno contro. Il tempo a disposizione è di cinque minuti.
La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

L'affermazione che ho sentito fare dai banchi della maggioranza che si tratta di una forzatura è inaccettabile, perché se alcuni Consiglieri ritengono di sollevare una questione, non si possono leggere sempre come seconde intenzioni cose che non vengono dette.
Chiediamo di riflettere sull'iniziativa assunta dall'Assessore all'industria Cerchio di convocare per domani alle ore 14,45 un incontro con un esperto sui problemi del lavoro. Tale iniziativa è stata organizzata in collaborazione con l'USIS, che è una struttura a servizio dell'Ambasciata e del Consolato degli Stati Uniti d'America, e a questo incontro sono stati invitati diversi Enti statali che hanno competenza in materia di lavoro, le associazioni imprenditoriali e le Organizzazioni sindacali dei lavoratori operanti a livello piemontese. Di questa iniziativa non è stata data dovuta informazione al Consiglio, quanto meno alla Commissione Lavoro.
Si tratta di una questione che investe i rapporti Giunta - Consiglio e che noi abbiamo ritenuto opportuno sollevare con forza ritenendo l'iniziativa non corretta dal punto di vista istituzionale. In secondo luogo non si capisce perché essa sia stata assunta con tale e tanta urgenza: la lettura di convocazione è stata inviata dopo la metà di aprile per un incontro che si tiene a fine aprile! Riteniamo che questo già di per se stesso sia sufficiente a chiedere alla Giunta, quindi all'Assessore al lavoro, di sospendere l'iniziativa in attesa di avere gli adeguati rapporti di informazione e di coinvolgimento tra Giunta e Consiglio che ci paiono sostanziali.
Questo è il motivo per il quale abbiamo ritenuto di chiedere l'iscrizione urgente all'o.d.g. di questo argomento al proprio perch l'iniziativa è importante e riteniamo che non possano mancare particolari presenze (almeno quella della Commissione competente del Consiglio) al fine di avere il giusto rapporto di informazione con gli esperti. Non entro ulteriormente nel merito perché se dovessi parlare della persona che è stata invitata si potrebbe aprire un contenzioso perché dal suo curriculum risulta che non si tratta di una persona così esperta nel merito delle questioni del lavoro. Probabilmente è più esperta nell'intessere determinati rapporti sindacali o certi alternati rapporti di relazioni industriali in realtà mondiali, in particolare dell'America Latina, che presentano aspetti non di merito giuridico o di diritto del lavoro, ma più che altro di rapporti tra un grande Paese come gli Stati Uniti d'America e altri Paesi nei quali è in corso in alcuni una democrazia stentata, in altri un livello di democrazia inaccettabile e in altri ancora uno di dittatura. Nel loro insieme quindi costituiscono un problema di equivocità di rapporti tale da far ritenere che probabilmente non si trattava della persona più indicata per attivare con urgenza un incontro dal quale è stato escluso lo stesso Consiglio regionale.
Non voglio entrare nel merito di altre questioni, anche se sarebbe interessante farlo. Quello che intendiamo rilevare è la situazione atipica di un'iniziativa assunta con urgenza che non investe una persona di alta qualificazione giuridica e scientifica.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione l'iscrizione all'o.d.g. dell'ordine del giorno testé illustrato dal Consigliere Reburdo.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è respinta con 16 voti favorevoli, 26 contrari e 2 astenuti.


Argomento: Bilanci preventivi

Esame progetto di legge n. 350: "Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1988 e relativi allegati"


PRESIDENTE

Passiamo pertanto all'esame del progetto di legge n. 350, di cui al punto 4) all'o.d.g.
La parola al relatore, Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in una situazione di sempre maggiore incertezza ed insufficienza dei mezzi finanziari disponibili questo Consiglio regionale si accinge ad esaminare il bilancio di previsione dell'esercizio finanziario 1988.
La mancanza di una disciplina organica della finanza regionale lascia ogni anno alla valutazione della legge finanziaria la determinazione delle entrate regionali, le quali essendo soggette ad un incremento corrispondente al tasso programmato d'inflazione, sistematicamente inferiore al tasso effettivo, tendono ad impoverirsi sempre di più e costringono le Regioni a ridimensionare drasticamente la loro capacità di intervento.
Si è infatti determinata una situazione generalizzata per cui tutte le Regioni a Statuto ordinario si trovano in stato di profonda crisi finanziaria. I bilanci delle Regioni a Statuto ordinario, che pareggiano per definizione, in realtà sono mascherature di un disequilibrio effettivo che le varie Regioni riescono ad occultare, con il ricorso a meccanismi contabili leciti, perché previsti dalle leggi di contabilità regionale meccanismi che vanno dagli slittamenti alle reimpostazioni, alle iscrizioni di partite solo in entrata, alla copertura finanziaria delle reimpostazioni con i proventi dei mutui a pareggio e l'utilizzo di quote dell'avanzo a copertura di spese di natura corrente.
Non fa eccezione la Regione Piemonte, il cui bilancio non evidenzia con il pareggio contabile una situazione di disequilibrio sostanziale, anche se non si può fare a meno di rilevare che, con il bilancio dell'esercizio 1988, la situazione è migliorata rispetto all'esercizio 1987 in misura significativa. Le cause che hanno determinato questa situazione credo siano abbastanza note, ma sarà bene ricordarne qualcuna, specialmente quelle che possono influire sul modo di operare della Regione.
Il nostro bilancio è eccessivamente gravato di oneri per annualità passive, che una volta autorizzate impegnano il bilancio per un numero non indifferente di anni, e di oneri di ammortamento dei mutui contratti a pareggio del bilancio.
La politica dell'autorizzazione all'erogazione di annualità per contributi negli interessi è stata largamente utilizzata in anni in cui l'incremento delle risorse, destinate a finanziare l'attività delle Regioni, era di molto superiore al tasso programmato d'inflazione e variava con il variare del gettito di determinate imposizioni fiscali.
La maggiore e tempestiva disponibilità delle risorse erogate dallo Stato consentiva il deposito delle medesime in conti correnti bancari, sui quali maturavano interessi attivi non indifferenti, con i quali era possibile fare fronte ad altrettante spese di carattere discrezionale della Regione e contemporaneamente si poteva evitare la contrazione di mutui considerati non indispensabili ad ovviare alle necessità di cassa e quindi il risparmio di gravosi oneri di ammortamento.
Con il contenimento della spesa pubblica e l'istituzione della Tesoreria Unica, la situazione è notevolmente peggiorata, essendo venuti quasi totalmente a mancare i proventi degli interessi attivi sui fondi depositati in conto corrente ed essendo stato necessario contrarre i mutui a pareggio del bilancio.
Non si sono più autorizzate, se non in misura molto limitata, annualità di spesa per contributi negli interessi, ma il carico attuale del nostro bilancio raggiunge, grosso modo, i 150 miliardi da erogare ogni anno per annualità passive, mentre gli oneri di ammortamento dei mutui contratti a pareggio del bilancio, a tutto l'esercizio 1987, raggiungono ormai i 100 miliardi.
Ora è evidente che, per entrate libere che per la Regione Piemonte non superano i 600 miliardi, il dover destinare circa 250 miliardi, pari a circa il 42%, solo per queste due spese obbligatorie, quando ne restano numerose altre cui far fronte (il personale, la spesa di funzionamento, la formazione professionale, ecc.), il bilancio regionale è destinato ad andare in disavanzo, anche per un minimo di attività discrezionale che la Regione intenda intraprendere.
Non si è provveduto formalmente a definire un piano di rientro, come era stato proposto dal Governo, ma si deve constatare che, agendo su diversi fronti, un progresso sulla strada del rientro dal disavanzo effettivo è stato compiuto.
Le reimpostazioni che trovano copertura nel provento dei mutui, la cui eliminazione avrebbe dovuto costituire uno dei punti saldi, dettati dal Governo, dell'eventuale piano di rientro, nell'esercizio 1988 si sono ridotte sia in valore assoluto che in percentuale rispetto all'esercizio 1987.
L'altra richiesta del Governo riguardava lo scostamento, tra entrate proprie regionali previste a bilancio e quelle effettivamente riscosse, che deve ridursi a zero; nell'esercizio 1988 anche questa condizione si è parzialmente verificata, tant'è che la tassa regionale di circolazione, che è quella che dà il maggiore introito, è stata iscritta a bilancio per un ammontare pari a quello dell'esercizio 1987, presentando quindi un minore scostamento degli anni precedenti.
La rinegoziazione dei mutui a tassi più convenienti, che pure rientrava tra le operazioni da attuare per un rientro dal disavanzo effettivo, ha consentito una riduzione di 25 miliardi della spesa per oneri di ammortamento nell'arco di quindici anni e a seguito delle nuove condizioni di tasso e di tempi di durata l'annualità della rata di ammortamento si è ridotta di 2,5 miliardi.
Altre misure si dovrebbero adottare e, tra l'altro, alcune modifiche della legge di contabilità regionale, previste anche nella bozza del piano di sviluppo, come la definizione di un tetto massimo per la concessione delle annualità passive, come esiste un tetto massimo per la capacità di indebitamento e l'autorizzazione delle spese coperte da mutuo solo quando vi è l'effettiva volontà di contrarre il mutuo, od ancora, introdurre la misura di non consentire impegni sui fondi regionali per spese che godono anche dell'assegnazione statale a destinazione vincolata, fino a quando non è esaurita l'assegnazione statale.
Sono tutte misure e meccanismi cui devono fare ricorso tutte le Regioni a Statuto ordinario, perché ormai la situazione deficitaria della finanza si è ormai imposta ad ognuna di esse.
Per ovviare a tale situazione, le Regioni a Statuto ordinario devono trovare l'unità d'iniziativa su concrete proposte normative, dirette a disciplinare stabilmente la finanza regionale, e sulla volontà di imporle al Parlamento, al fine di ottenere una legge che non assicuri soltanto la sopravvivenza delle Regioni, ma consenta loro di diventare effettivamente Ente legislativo e di programmazione economica e territoriale.
La disparità delle condizioni economico-finanziarie delle varie Regioni non ha consentito, finora, una visuale univoca delle problematiche da porre sul tappeto, nelle trattative che vengono effettuate con il Governo, per cui si ha l'impressione che il consenso alle rivendicazioni da portare avanti si fermi agli aspetti più generali.
Di ciò si è avuto sentore al Convegno di Venezia su: "Una finanza nuova per le Regioni" che aveva lo scopo di verificare tutti gli aspetti di questo problema e, di proporre le conseguenti deduzioni, quali emendamenti al disegno di legge sulla finanza regionale proposto dal Governo. Si è dovuto rilevare anzitutto una scarsa partecipazione dell'elemento politico regionale, sia ai lavori del Convegno, che alla riunione informale della Conferenza dei Presidenti delle Regioni, tanto da fornire lo spunto al Ministro del Bilancio e della Programmazione Economica, di richiamare le Regioni, prima di rivendicare nuovi spazi, maggiori poteri, ed una più consistente disponibilità di risorse, ad una maggior osservanza dei propri doveri, ad una più oculata amministrazione e ad una partecipazione più convinta agli organismi già esistenti.
In secondo luogo, il documento finale pur ponendo giuste rivendicazioni, come quella relativa ad uno spazio di autonomia impositiva non è andato oltre all'individuazione della tassa di circolazione, che peraltro ha un gettito piuttosto limitato, come possibile tributo che pu assumere la caratteristica di tassa regionale, ed al generico auspicio dell'attribuzione di qualche altro tributo, nel presupposto però che sia evitato ogni aggravio della pressione fiscale.
Per quanto riguarda i tributi erariali, viene auspicata l'attribuzione diretta alle Regioni di quote variabili, in relazione ai rispettivi gettiti territoriali e la contestuale trasformazione del fondo comune in un fondo speciale, finalizzato al riequilibrio.
Relativamente al fondo per il finanziamento dei programmi regionali di sviluppo, si auspica la rideterminazione ed un'ampia rivalutazione del plafond, in modo tale che il fondo possa svolgere, in concreto, la funzione di canale fondamentale e generale di alimentazione delle politiche regionali.
Altre richieste sono state: l'abolizione dei trasferimenti a destinazione vincolata, se non per vincoli generali di settore e l'accesso al credito della Cassa Depositi e Prestiti, inteso non solo come possibilità per le Regioni di ottenere mutui a migliori condizioni di tasso, bensì nel senso più ampio dell'integrazione e del coordinamento delle politiche regionali e locali, del ricorso al credito nella logica della programmazione: si è ritenuto che il vero problema sia quello di realizzare forme effettive di coordinamento delle politiche di sviluppo nel territorio, secondo logiche di programmazione.
Un primo risultato positivo le Regioni l'hanno ottenuto con l'art. 10 del DL 31.8.1987, n. 358, convertito in legge 29.10.1987 n. 40, che autorizza la Cassa Depositi e Prestiti a riservare alle Regioni la quota del 25% della somma messa a disposizione degli Enti locali, per la concessione di mutui per finanziare piani o programmi approvati sulla base della legislazione regionale, che prevedano la partecipazione degli Enti medesimi o delle loro associazioni e per le quali venga assegnato un contributo regionale, in capitale od in annualità, non inferiore al 5 della spesa. La norma ha una portata non indifferente, in quanto per il Piemonte, nel corso di due esercizi, ha significato il finanziamento di 118 miliardi di opere pubbliche.
La scelta, da parte della Regione, del contributo in conto capitale o del contributo in conto interesse può avere conseguenze diverse sul bilancio e sulla situazione finanziaria complessiva della Regione.
Con il contributo in capitale la spesa della Regione è molto inferiore a scapito dell'incentivo che si intende dare ai singoli Comuni, ma la disponibilità della somma necessaria, nella situazione attuale della finanza regionale, non è ottenibile se non attraverso il provento di un mutuo e quindi intaccando la capacità d'indebitamento della Regione.
Con il contributo in conto interessi la spesa è notevolmente superiore in quanto si ripete tante volte quanti sono gli anni di durata del mutuo ma consente di trasferire la spesa della capacità d'indebitamento della Regione a quella dei singoli Enti locali.
Per quanto riguarda, infine, la capacità d'integrazione e di coordinamento delle politiche di sviluppo sul territorio secondo logiche di programmazione, è evidente che la Regione deve esercitarla, non solo nell'ottica di consentire alla maggior parte degli Enti locali di contrarre con la Cassa Depositi e Prestiti i mutui di cui all'art. 10 della citata legge 440/87, ma soprattutto nell'intento di non disperdere in innumerevoli piccoli rivoli le risorse che sono destinate a favore della comunità piemontese e di contemperare le esigenze della singola comunità locale con l'interesse generale del territorio regionale, che è espresso da programmi e progetti di cui è costituito il Piano regionale di sviluppo.
La Regione Piemonte ha scelto la via del contributo in conto interesse con l'impiego di risorse per 3.750 milioni nel 1986 e per 2.500 milioni nel 1987. Poiché la durata complessiva dei mutui della Cassa Depositi e Prestiti è di 15 anni, l'impiego finanziario complessivo della Regione risulta di 93.750 milioni, pari al 79,4% circa del valore complessivo delle opere pubbliche da realizzare, che ammonta a 118.028 milioni. Si tratta di un impegno annuale medio di 6.250 milioni circa, che non è indifferente specie se collegato alla situazione, in precedenza vista, dell'ammontare complessivo delle annualità passive, rispetto alle risorse libere regionali, ed ove si tenga conto che si è rinegoziata la maggior parte dei mutui contratti, per ottenere condizioni di tasso e di tempo più convenienti, che hanno consentito una diminuzione dell'annualità relativa alla rata d'ammortamento pari a 2 miliardi e mezzo.
Ritornando all'impostazione del bilancio per l'esercizio 1988, essa doveva rispondere a due esigenze: la prosecuzione dell'azione di risanamento della finanza regionale, che da qualche esercizio viene perseguita, al fine di raggiungere una situazione di sostanziale effettivo equilibrio; la necessità di assicurare alla Regione, attraverso il bilancio, un minimo di attività programmatoria, e non la mera sopravvivenza istituzionale.
Sulla base dei dati scaturiti dal preconsuntivo, che deve pur sempre costituire il riferimento concreto per la formazione del bilancio di previsione e della conoscenza limitata di alcuni altri dati, per la mancanza del testo definitivo della legge finanziaria dello Stato per il 1988, si è pervenuti alla formulazione del bilancio di previsione, ora all'esame di questo Consiglio, dal quale è risultata una disponibilità di risorse libere pari al 70% di quelle iscritte nel bilancio assestato dell'esercizio 1987, e quindi la possibilità di poter disporre discrezionalmente di circa 180 miliardi. Si è così imposto il taglio del 30% alla disponibilità di risorse non vincolate, per ogni Assessorato lasciando però ad ognuno di essi lo sforzo di individuare la destinazione delle poche risorse disponibili, in base a criteri di necessità e di priorità.
Il disegno perseguito, sorretto dalla fiducia di una disponibilità successiva di risorse aggiuntive, si articola in tre fasi, e cioè: la predisposizione del bilancio di previsione iniziale, che assume il carattere della presa d'atto di una situazione finanziaria particolarmente difficile, alla quale in ogni caso è necessario adeguare l'attività dell'Ente; l'auspicato verificarsi di una manovra di recupero di risorse aggiuntive, derivanti: da una più approfondita conoscenza dei risultati del rendiconto della gestione del bilancio dell'esercizio 1987; dal testo definitivo della legge finanziaria statale per l'anno 1988; dalla conclusione di alcune operazioni finanziarie già avviate, quali la rinegoziazione a tassi più convenienti di una gran parte dei mutui già contratti. Tale manovra avrebbe consentito l'introduzione in bilancio di un pacchetto di variazioni, finalizzate ad obiettivi programmatici.
La terza fase è quella dell'assestamento di bilancio, considerato il momento del riequilibrio e del ricollegamento dell'insieme dei dati del bilancio.
E' appena il caso di sottolineare che la maggior disponibilità di risorse aggiuntive non può trovare uniforme redistribuzione tra i vari capitoli di bilancio, ma deve essere indirizzata, da un lato, a dare più adeguata copertura ad alcuni settori particolarmente penalizzati, ed al tempo stesso prioritari, come: la formazione professionale, il lavoro l'artigianato, l'ambiente, ecc., e, dall'altro, convogliata a finanziare qualche progetto politicamente qualificante mirato ad agevolare la proiezione della Regione in un futuro prossimo, dove l'innovazione tecnologica si presenta come l'elemento trainante di tutta l'economia.
Nel momento in cui questo Consiglio regionale si appresta ad esaminare il bilancio di previsione, si è già attuata la seconda fase di cui sopra si è parlato, con la presentazione, da parte della Giunta regionale, oltre che di una prima nota di variazione al bilancio di previsione per l'anno '88 dell'ammontare di 42,5 miliardi, anche di una prima legge di variazione al bilancio di previsione, dell'ammontare di 50,5 miliardi.
La prima nota di variazione ha come obiettivo di consentire al settore della protezione civile di far fronte agli impegni già assunti in precedenza e di offrire maggiori possibilità di accesso al credito al settore artigiano. La prima legge di variazione al bilancio assume invece valenza politica, per le scelte prioritarie che in essa vengono a delinearsi, che trovano puntuale riferimento nelle scelte programmatorie maturate all'interno della proposta di piano regionale di sviluppo supportate dal programma pluriennale di attività e di spesa.
Già abbiamo detto a quali criteri questa modifica di bilancio deve ispirarsi, ed infatti la legge di variazione provvede a dare una più significativa copertura ad alcuni settori ritenuti prioritari, e a dar vita ad un'incisiva ed efficace iniziativa di programmazione, destinando un consistente pacchetto di risorse finanziarie (15 miliardi) ad un progetto di interventi ritenuti strategici nel campo dell'innovazione tecnologica coerentemente con quanto previsto dalla proposta di piano regionale di sviluppo, ed in attuazione del programma pluriennale di attività e di spesa.
Ma quali sono le principali caratteristiche del bilancio regionale per l'esercizio '88? In linea generale si può dire che si riducono le risorse mentre cresce la rigidità del bilancio.
Da uno studio della Federazione delle Associazione Industriali del Piemonte, esteso ad un intervallo temporale di dieci anni (1978/1988) risulta che, al netto delle partite di giro, la crescita delle risorse che la Regione ha a disposizione per l'esercizio '88, rispetto a quello del '78, è del 2,7% in moneta 1978, il che significa che la capacità di spesa effettiva della Regione è rimasta pressoché immutata nel corso degli ultimi dieci anni, nonostante le innumerevoli nuove funzioni e compiti che nel frattempo sono state a lei attribuite.
Le spese che concorrono ad irrigidire il bilancio sono andate progressivamente aumentando: esse rappresentavano nel '78 il 22,1% circa delle risorse, nell'88 la percentuale è salita al 40,1%. Per contro le risorse libere sono diminuite, in termini reali, del 58,6%, fino a rappresentare meno di 1/6 le risorse disponibili, mentre nel '78 rappresentavano circa il 40% delle stesse.
In cifre, il bilancio di previsione 1988, considerato nella sua complessità, e quindi tenute presenti sia la nota che la legge di variazione, si caratterizza per entrate complessive, che ammontano a 6.001 miliardi, inferiori del 2% circa rispetto a quelle del bilancio assestato dell'esercizio 1987.
Dette entrate si possono così distinguere: la sanità dispone di risorse per 3.754 miliardi; le rimanenti assegnazioni statali a destinazione vincolata ammontano a 669 miliardi circa; le entrate non soggette a vincolo di destinazione raggiungono i 1568 miliardi circa; le contabilità speciali ammontano a 10 miliardi circa.
Lo stato di previsione della spesa al netto della spesa sanitaria di competenza dell'esercizio, che ammonta a 3761 miliardi circa, e delle contabilità speciali, è caratterizzato da 766 miliardi circa di reimpostazioni di fondi statali a destinazione vincolata, provenienti dagli esercizi precedenti; da 466 miliardi circa di spese di investimento; da 996 miliardi circa di spese di natura corrente.
Sulla spesa sanitaria già sappiamo che la Regione non ha che un minimo potere di determinazione, oltre a non disporre di alcuna possibilità di manovra dal punto di vista finanziario, essendo la sua funzione limitata ad effettuare il riparto, tra le USSL del Piemonte, della quasi totalità delle quote del Fondo Sanitario Nazionale, per le spese correnti e per le spese di investimento.
Per quanto riguarda le spese correnti esse comprendono 345 miliardi circa, pari al 34,6% di spese obbligatorie, rappresentate dalle spese di funzionamento, dalle spese per il personale, dagli oneri di ammortamento dei mutui, e dalle annualità passive per contributi negli interessi.
Sotto l'aspetto delle risorse liberamente disponibili, il bilancio regionale per l'esercizio '88 si caratterizza perché su 1572 miliardi di entrate non soggette a vincolo di destinazione, dovendo far fronte: a 766 miliardi di reimpostazione dei fondi statali a destinazione vincolata, a 218 miliardi circa di spese di funzionamento dell'apparato regionale, a 130 miliardi circa di annualità passive da erogare per contributi negli interessi, a 173 miliardi circa di oneri non ripartibili e di oneri per l'ammortamento dei mutui, ed infine ad una settantina di miliardi circa di risorse da destinare a funzioni obbligatorie come l'assistenza sociale, il diritto allo studio, la disciplina della caccia, ecc., restano poco meno di 200 miliardi sui quali la Regione può agire discrezionalmente.
Su questo bilancio la I Commissione ha effettuato la consultazione degli enti strumentali della Regione, delle Associazioni rappresentanti le forze economiche e sociali del Piemonte, le Province, i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e le Associazioni degli enti locali a livello regionale: ANCI, URPP, UNCEM, ottenendone complessivamente una discreta partecipazione (in particolare per le Associazioni di categoria, molto meno per gli enti locali) ed anche una serie di osservazioni che sono state attentamente esaminate, e da cui sono discese alcune variazioni alle previsioni di spesa, che hanno dato luogo alla prima nota di variazione del bilancio di previsione ed alla prima legge di variazione.
A prescindere dall'unanime deplorazione per le troppo scarse risorse libere a disposizione della Regione, che hanno costretto i vari Assessorati a tagli di spesa talora anche rilevanti, per interventi che invece hanno estrema importanza per lo sviluppo economico della Regione, è stato posto particolarmente l'accento sulla situazione della formazione professionale che inizialmente vedeva ridursi la capacità di spesa da 177 miliardi circa del bilancio assestato dell'esercizio 1987 a 82 miliardi dell'esercizio 1988. Ciò avveniva ad anno scolastico già molto inoltrato e quindi con un numeri di corsi avviati, relativamente ai quali l'impegno complessivo di spesa è di molto superiore alle risorse disponibili.
Gli enti strumentali della Regione, da un lato, hanno sottolineato che lo Stato di emergenza finanziaria e l'urgenza dei problemi, che drammaticamente sono esplosi in diversi settori della vita economica e sociale della Regione, richiedono di valorizzare al massimo le capacità progettuali e di intervento operativo degli Enti e Società a partecipazione regionale. D'altra parte hanno fatto rilevare che la realizzazione dei programmi di attività che sono stati messi a punto richiede una capacità finanziaria superiore a quella attualmente disponibile, per cui diventa indispensabile un aumento delle risorse in dotazione per dare loro sufficiente ed adeguata capacità di intervento.
La Finpiemonte in particolare ha fatto rilevare che i nuovi indirizzi programmatici della Società hanno tenuto conto delle trasformazioni che si sono determinate nel contesto economico e sociale e delle nuove esigenze che il tessuto regionale esprime, per cui sono risultati ridimensionati alcuni temi originali dell'intervento della Società, quali il riequilibrio territoriale e l'infrastrutturazione delle aree, ai quali si sono sostituiti i temi emergenti del rinnovo urbano, dell'ambiente dell'innovazione e formazione, dello sviluppo di attività agro-industriali.
Un'indicazione inoltre è emersa, ed è che per far fronte ad una situazione così preoccupante della finanza regionale, è necessario che ulteriori passi vadano compiuti sulla via della programmazione degli interventi, fondata su rigorosi criteri di priorità, ed in base a valutazioni di costi e benefici economici e sociali.
La Federazione delle Associazioni industriali del Piemonte, dopo aver analizzato le ragioni della crisi della finanza regionale ed aver esposto alcune iniziative che dovrebbero consentire di recuperare spazi di manovra nel bilancio regionale, lamenta tagli vistosi di risorse destinate a finanziare interventi nei settori che più interessano direttamente l'industria. Anzitutto quello già ricordato della formazione professionale dove afferma che i capitoli di spesa sono almeno del 50% al di sotto delle necessità essenziali per sviluppare una politica formativa adeguata al sistema industriale del Piemonte; sottolinea inoltre che l'unico strumento che potrebbe attribuire maggiore elasticità alla programmazione regionale in questo settore, cioè il Fondo Sociale Europeo, ha un utilizzo limitato al 60-65% delle potenziali risorse disponibili per il Piemonte, a causa delle involute procedure necessarie per accedervi.
Un altro settore per il quale la Federazione degli industriali ritiene che le risorse finanziarie destinate siano insufficienti è quello della tutela ambientale, anche se rileva che esso è caratterizzato da un elevato rapporto tra residui passivi e nuovi stanziamenti, segno di una limitata capacità di spesa, e della impossibilità di attivare nuove iniziative.
Rileva che il problema si pone, in modo particolare, per il settore dello smaltimento rifiuti solidi, dove i fondi sono quasi unicamente stanziati per attività amministrative, quali il catasto dei rifiuti e le autorizzazioni provinciali. Lo stesso discorso vale per il settore della depurazione delle acque, relativamente al quale i fondi stanziati potranno servire solo al perseguimento dei programmi in essere, avviati da tempo.
Federpiemonte non ha poi mancato di rilevare le non lievi riduzioni apportate agli stanziamenti per le aree industriali attrezzate, tali da far ritenere la politica seguita in progressivo disimpegno della Regione, in un settore che è invece di notevole importanza per lo sviluppo economico e per un miglior assetto del territorio.
La Federazione tra le Associazioni delle piccole e medie industrie del Piemonte non può fare a meno di rilevare che i tagli delle risorse libere si siano concentrate, a livello aggregato, in due sole aree di intervento e precisamente: gestione ed assetto del territorio e formazione e cultura osservando che, se nel primo settore il taglio delle risorse può essere giustificato dall'eccezionale ammontare dei residui passivi ad esso afferenti, che denota incapacità d'impostare e condurre sollecitamente le indispensabili politiche territoriali, ritiene inaccettabile il sacrificio imposto alla formazione professionale.
Per contro l'API non può non osservare il non indifferente incremento rispetto all'esercizio 1987, che presentano le risorse destinate al finanziamento dei servizi sanitari, settore in cui la Regione è nulla più che uno sportello pagatore: il loro peso, rispetto alle complessive previsioni di spesa, è aumentato del 3% circa.
Per restare alle aree di intervento che maggiormente incidono sul sistema della piccola e media impresa piemontese, ed in particolare all'area d'intervento relativa alle attività secondarie e terziarie, dopo aver rilevato che le risorse destinate al settore dei trasporti, compresi i fondi relativi al ripiano dei disavanzi delle aziende di trasporto rappresentano l'84% del budget dell'area d'intervento relativa alle Attività secondarie e terziarie, sottolinea con preoccupazione la contrazione di alcune spese, quali: 600 milioni negli investimenti relativi allo sviluppo di strutture della rete distributiva del commercio in Piemonte; 600 milioni circa in contributi per operazioni di locazione finanziaria a favore delle imprese artigiane; 1,6 miliardi circa in conferimenti all'Artigiancassa per la concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti bancari, ed in conto canoni per operazioni di locazione finanziaria; 390 milioni in contributi straordinari al Consorzio regionale Artigianfidi, per la gestione di fondi rischi speciali.
E' evidente che, con queste osservazioni, si è manifestato l'interesse di Ferderapi Piemonte per l'intero universo della minore impresa, al di là delle suddivisioni tra comparto industriale, artigiano e commerciale. Ma dove la critica di Federapi Piemonte si è appuntata è sulla scelta di ridurre di 700 milioni la spesa all'intervento diretto regionale per lo sviluppo e la diffusione delle innovazioni tecnologiche nel sistema delle piccole e medie imprese, proprio in un anno in cui la relativa legge avrebbe potuto fornire le più cospicui ricadute: per fortuna da parte di Finpiemonte si continua a mettere a disposizione gli stessi fondi dell'anno scorso (2,4 miliardi) per il conseguimento di questi obiettivi.
Il suggerimento che viene da Federapi è quello di stornare, in tutto o in parte, le risorse destinate ad interventi nelle aree industriali attrezzate che, a suo dire, da tempo hanno perso rilevanza nell'ambito di una efficace politica industriale a livello locale.
Per quanto riguarda le decurtazioni alle previsioni di spesa relative alla Formazione Professionale, a giudizio di Federapi Piemonte, tali riduzioni impediscono di svolgere in modo efficace un'attività di fondamentale importanza per le piccole e medie imprese, che non dispongono di strutture per la formazione, al pari di taluni grandi complessi: non si manca di ricordare, in modo particolare, i progetti di collaborazione tra imprese e sistema formativo regionale, riferiti ai giovani assunti con contratti di formazione lavoro.
In materia di gestione ed assetto del territorio, Federapi, in rappresentanza di unità produttive interessate alla conservazione ed al miglioramento dell'ecosistema, lamenta la riduzione, rispetto al bilancio 1987, di 3 miliardi di contributi in conto capitale, finalizzati alla costruzione, ampliamento e potenziamento di acquedotti e fognature; la riduzione di 56,6 miliardi, pari al 32,5%, delle risorse destinate al programma per la protezione ed il risanamento delle acque; la riduzione di 2,2 miliardi, pari al 26,2% delle previsioni di spesa per lo smaltimento dei rifiuti solidi.
L'Unione dell'Edilizia del Piemonte e della Valle d'Aosta rileva anzitutto le difficoltà dell'attivazione delle spesa nel settore degli investimenti infrastrutturali, a causa di un sistema di programmazione progettazione e finanziamento troppo burocratico e vincolistico; auspica pertanto, per la parte che riguarda la Regione, che siano approvate al più presto le modifiche dirette a snellire l'attuale legge di coordinamento sui lavorii pubblici, rilevatasi di fatto inapplicabile.
In materia di edilizia residenziale, l'ANCE mette in rilievo le difficoltà che derivano dalla generale carenza dei suoli urbanisticamente agibili: in particolare, la scarsa disponibilità di aree 167 costituisce il maggior ostacolo alla piena attuazione degli interventi nel settore dell'edilizia residenziale pubblica.
A causa del mancato funzionamento della legge regionale che istituiva un fondo di rotazione per l'anticipata acquisizione di aree pubbliche nel piano di zona 167, è venuta a mancare la creazione di quel demanio di aree necessario per il completo inizio dei programmi. Ciò potrebbe avere anche riflessi negativi sulla possibilità per il Piemonte di una piena utilizzazione dei finanziamenti del nuovo piano pluriennale, se - come pare la concessione dei finanziamenti stessi sarà vincolata dall'effettiva disponibilità dei suoli.
Per quanto riguarda il territorio, dopo aver ribadito la richiesta del rifacimento della legge regionale n. 56/77, legge urbanistica, l'ANCE si dichiara disponibile a discutere una serie di modifiche significative limitate a settori ben individuati, che non stravolgano la macchina amministrativa, ormai rodata da anni di applicazione di procedure consolidate.
Sul tema dei rifiuti, l'Unione Edilizia sollecita la conclusione dell'iter dei provvedimenti che prevedono opere per il loro smaltimento, ma ritiene indispensabile un flusso costante e silenzioso di investimenti, per risolvere il problema dei rifiuti.
Le Confederazioni artigiane hanno presentato un documento unitario, nel quale, tra l'altro, si evidenzia che la proposta di finanziamento, che al momento della consultazione ammontava a 11.109 milioni, se riduce le risorse a disposizione del settore artigiano del 21,9% rispetto al bilancio assestato 1987, essa rappresenta in realtà il 59% circa delle risorse inizialmente stanziate nel bilancio 1987.
Ritengono che tale scelta da parte della Regione penalizza fortemente l'impresa artigiana, quale soggetto attivo di profondi mutamenti economico produttivi che impongono la necessità di investimenti in ristrutturazioni ed innovazioni, mettendo in forse la realizzazione di tale politica.
Esprimono un giudizio non positivo rispetto ai finanziamenti diretti al funzionamento delle Cooperative Artigiane di Garanzia e del loro Consorzio regionale Artigianfidi, che è decollato per rispondere alle esigenze dell'impresa artigiana, ed ora vede ridursi le risorse a disposizione a 1.110 milioni rispetto ad una esigenza effettiva di 4.300 milioni.
Considerano pure del tutto inadeguate le risorse destinate all'Artigiancasa: la disponibilità, al momento della consultazione, di 1.364 milioni, a fronte di una stima certa della necessità di 7 miliardi significa tagliare in modo consistente i finanziamenti destinati all'impresa artigiana e svuotare di contenuto la giusta scelta che è stata compiuta del conferimento regionale all'Artigiancasa.
Lamentano ancora l'annullamento di ogni finanziamento per i settori: mostre e fiere, artigianato artistico e promozione, mentre d'altro lato auspicano lo sviluppo di una politica della promozione commerciale attraverso un intervento integrato tra Promark - Centro estero delle Camere di Commercio ed I.C.E..
Per quanto riguarda l'attività di formazione imprenditoriale e di aggiornamento professionale per gli imprenditori artigiani, a fronte di un notevole taglio di spesa per la formazione professionale e della notizia di azzeramento della quota relativa alla formazione per gli imprenditori artigiani, chiedono che venga almeno riconfermata la quota di finanziamento di 400 milioni circa del 1987.
Le associazioni agricole riconoscono che il settore agricoltura nel bilancio 1988 non subisce tagli, anzi, rispetto all'esercizio 1987, le risorse disponibili sono aumentate di 5 miliardi circa, e danno atto alla Regione di essere riuscite ad ottenere dal Governo una diversa assegnazione, in percentuale, dei fondi di provenienza statale, essendo la quota di riparto passata dal 3,962% al 4,555%.
Se qualche critica muovono, questa riguarda l'intervento a sostegno della cooperazione e dell'associazionismo agricolo, che ritengono insufficiente a far fronte al potenziale dei progetti.
Altra critica di inadeguatezza viene mossa all'intervento per le iniziative promozionali e per la formazione professionale degli agricoltori; un'ultima critica assume un carattere più generale e riguarda l'elevata consistenza dei residui passivi alla chiusura dell'esercizio 1987, che è segno di una ancora insufficiente capacità di erogazione da parte della struttura regionale e della necessità di tempi troppo lunghi per la concessione dell'intervento pubblico.
Le consultazioni degli Enti locali e delle loro Associazioni a livello regionale hanno registrato una partecipazione numericamente molto più limitata, se si fa eccezione per le Province alle quali è stata riservata un'apposita consultazione.
Il documento dell'Unione Regionale delle Province Piemontesi prende atto, anzitutto, che le risorse regionali da erogare alle Province Piemontesi hanno subito un incremento percentuale del 10% rispetto a quelle previste del bilancio assestato dell'esercizio 1987, per affermare subito dopo che tale incremento è palesemente insufficiente rispetto alle materie ed alle funzioni che sono state attribuite con le deleghe alle Province: da un'analisi dettagliata risulta che gli stanziamenti coprono appena la metà delle spese effettuate per lo svolgimento delle attività previste dalle deleghe. Il documento lamenta poi la scarsa concessione di deleghe da parte della Regione Piemonte anche per quanto riguarda materie relativamente alle quali le altre Regioni hanno già largamente provveduto ma soprattutto lamenta l'estrema lentezza nei trasferimenti dei pur insufficienti finanziamenti, lentezza che è anche dimostrata dall'esistenza di residui passivi presunti che raggiungono il 44% dell'ammontare dei trasferimenti.
Passando a considerare i vari settori in cui sono state concesse deleghe alle Province, il documento pone in rilievo come per lo smaltimento rifiuti la previsione di spesa sia stata ridotta del 16% rispetto all'esercizio 1987, mentre gli oneri della relativa gestione sono cresciuti notevolmente.
Per quanto riguarda la viabilità di competenza delle Province, il documento mette in rilievo che sono stati azzerati gli stanziamenti relativi sia a contributi per la manutenzione delle strade comunali classificate provinciali sia agli indennizzi di usura delle strade provinciali.
Relativamente al turismo si fa osservare che il bilancio 1988 non prevede alcun trasferimento alle Province a sostegno delle deleghe sul turismo.
Per quanto riguarda i trasferimenti alle Province per l'attuazione delle deleghe in materia di assistenza, trasporti, attività estrattive artigianato, si sottolinea l'incremento di 600 milioni pari al 63,2%, ma si fa osservare che sarebbe stato opportuno provvedere all'istituzione di tanti capitoli quante sono le materie oggetto di delega, in modo da determinare preventivamente la ripartizione delle somme per ogni materia, e per ogni materia la ripartizione tra gli Enti delegatari.
L'UNCEM, come Associazione dei Comuni e delle Comunità Montane, dopo aver rilevato un opportuno incremento della spesa per l'incentivazione turistica, rileva che esistono troppe iscrizioni per memoria relative alle spese per la sistemazione idrogeologica, per il recupero delle aree degradate e per le attività culturali. Ciò desta notevole preoccupazione specie nelle aree montane, che richiedono nuove possibilità di investimento e che sono preoccupate anche per la politica montana della Regione, cioè per l'attuazione dell'ipotesi di progetto montagna, che non è stata inserita nel piano di sviluppo regionale.
Preso atto della possibilità che è stata offerta alle Comunità Montane di accedere al credito della Cassa DD.PP. assistito dal contributo statale del 7,70%, l'UNCEM avanza la proposta alla Regione di costituire un fondo per la copertura della rimanente quota di interesse, in modo da evitare che le Comunità Montane, nello spazio di cinque anni, raggiungano, per quanto riguarda gli oneri di ammortamento dei mutui, il quarto delle entrate ordinarie, oltre la quale percentuale non è possibile contrarre nuovi mutui, e ne deriverebbe il blocco dell'attuazione dei programmi dell'attività di incentivazione delle Comunità Montane.
La proposta viene avanzata data l'estrema importanza di accedere al credito della Cassa DD.PP. da parte delle Comunità Montane, specie per il finanziamento di quei progetti integrati, o dei progetti area, che andrebbero a favore dell'economia dei piccoli Comuni, i quali trovano difficoltà ad intraprendere opere di una certa dimensione, per la scarsa disponibilità di risorse in bilancio conseguente al numero limitato di abitanti.
Le ultime osservazioni relative al Bilancio Regionale per l'esercizio 1988, alla I Commissione sono venute dalla Commissione regionale per la realizzazione della pari opportunità uomo-donna. Le rappresentanti di questa Commissione lamentano anzitutto l'eccessiva riduzione delle risorse a disposizione della Commissione, che sono state portate al 50% di quelle disponibili nell'esercizio 1987, tenendo però presente che queste ultime si riferivano ad una attività di due mesi, essendo stata insediata il 10 novembre 1987.
Inoltre, nel documento consegnato si lamenta la mancanza in bilancio del Capitolo di spesa per l'attuazione di azioni positive per il superamento e la rimozione degli ostacoli, che ancora impediscono le pari opportunità tra uomo e donna, cui è chiamata la Commissione specifica che la Regione si è data.
Per quanto riguarda le osservazioni al bilancio, la principale riguarda la notevole riduzione delle risorse a disposizione della formazione professionale, proprio nel momento in cui si presenta in modo così consistente sul mercato del lavoro il fenomeno della crescita della domanda occupazionale femminile, cui necessita una più adeguata qualificazione professionale al fine di non continuare ad essere penalizzate proprio nella qualità della loro offerta di lavoro: sono richiesti, pertanto, appositi stanziamenti per ognuno dei tre momenti in cui si articola la qualificazione dell'offerta di lavoro femminile, e precisamente: la formazione, la qualificazione e la riqualificazione.
Per quanto riguarda i servizi pubblici sociali è richiesta l'adozione in via sperimentale, limitata nel territorio e nel tempo, di orari flessibili che consentano una miglior fruibilità da parte delle donne. Ci permetterebbe di conoscere il grado di fruibilità ottimale dei servizi sociali pubblici e di analizzarne le possibile riorganizzazioni al fine di un loro miglioramento in termini di efficienza.
Un'ultima proposta è quella di introdurre in bilancio uno specifico intervento a favore di quelle donne che intendono avviare iniziative imprenditoriali autonome. La possibilità di accesso al credito per la donna imprenditrice non sempre è agevole a causa del tipo di garanzie reali richieste dal sistema bancario; il favorire, tramite lo specifico intervento regionale, l'incontro tra le due diverse esigenze, è considerato una scelta politica coerente con le aspettative di una parte considerevole di forze attive presenti nella nostra Regione.
A seguito delle osservazioni emerse dalle consultazioni e della conoscenza più precisa dei risultati del conto consuntivo dell'esercizio 1987, la Giunta regionale ha predisposto una prima nota di variazione al bilancio di previsione per l'esercizio 1888 dell'ammontare di 42,5 miliardi. La copertura finanziaria è data dall'iscrizione tra i residui attivi, risultanti alla fine dell'esercizio 1987, di una quota dell'ammontare di 41 miliardi dell'assegnazione statale per il finanziamento di interventi urgenti di protezione civile. L'incremento dei residui attivi determina l'incremento per pari ammontare dell'avanza finanziario, che integrato da un maggior accertamento di 1,5 miliardi della quota di riparto del fondo comune di cui all'art. 8 della legge n. 281/70 determina la copertura finanziaria dell'ammontare di 42,5 miliardi della prima nota di variazione.
Le variazioni apportate allo stato di previsione della spesa riguardano, anzitutto, il settore artigiano, relativamente al quale la partita dei conferimenti finanziari alla Cassa per il credito alle imprese artigiane, per la concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti bancari, ed in conto canoni per operazioni di locazione finanziaria, è incrementato di 3.363 milioni, fino a raggiungere l'ammontare complessivo di 5 miliardi; i 3.136 milioni sono stati resi disponibili riducendo, dello stesso importo, lo stanziamento del Capitolo relativo alle spese per la tenuta degli albi provinciali delle imprese artigiane e per i programmi di attività delle Commissioni Provinciali e Regionali per l'Artigianato. E' notorio, su richiesta delle Associazioni stesse, che ci sarà una proroga fino all'anno prossimo; quindi fino all'anno prossimo non sarà necessario l'utilizzo di queste spese che sono state riversate come fondo su attività che possono essere utilizzate immediatamente quest'anno.
A favore del settore artigianato, è poi stato incrementato di 1 miliardo, e quindi raddoppiato, lo stanziamento relativo ai contributi attualizzati nel pagamento degli interessi per prestiti biennali, garantiti dalle cooperative artigiane di garanzia.
Altro programma di interventi che viene modificato è quello degli strumenti e strutture di base per la pianificazione comunale, con l'incremento di 200 milioni del Capitolo relativo ai contributi in capitale, a Comuni, loro Consorzi e Comunità montane per la formazione degli strumenti urbanistici che raggiunge così i 500 milioni.
Infine sono stati istituiti due nuovi capitoli di spesa, relativi alla reimpostazione dei fondi statali a destinazione vincolata agli interventi della protezione civile, per un ammontare complessivo di 41 miliardi di cui costituisce la copertura finanziaria l'incremento di pari ammontare che presenta l'avanzo finanziario.
Un'ultima variazione dell'ammontare di 200 milioni presenta il fondo di riserva delle spese obbligatorie che viene ridotto. La prima legge di variazione del bilancio, che la Giunta regionale ha predisposto successivamente alla nota di variazione, ha come riferimento la conoscenza dei risultati definitivi del consuntivo dell'esercizio 1987 e di quelli relativi all'operazione di rinegoziazione a tassi più favorevoli di gran parte dei mutui già contratti, che costituisce uno dei momenti della manovra finanziaria relativa all'operazione di rientro dal disavanzo effettivo, a suo tempo approvata da questo Consiglio regionale.
Questi risultati sono stati forse più favorevoli del previsto, tanto da consentire un aumento della capacità di indebitamento di circa 15 miliardi.
La maggiore entrata costituita dai proventi di questi nuovi mutui, uniti ad un ulteriore incremento dell'avanzo finanziario degli interessi attivi provenienti dal provento dei mutui depositati in conto corrente, nonché da una nuova assegnazione di 4 miliardi per interventi urgenti della protezione civile, rappresenta la copertura finanziaria dell'ammontare di 50.484 milioni della legge di variazione del bilancio che si qualifica per le scelte politiche collegate alla proposta di piano regionale di sviluppo e in particolare per il fondo accantonato per il finanziamento di progetti strategici per lo sviluppo dell'innovazione tecnologica.
Nella parte spesa della legge di variazione, a favore dell'area di attività sono stati destinati 4.600 milioni circa, 3 miliardi dei quali stanziati per studi e ricerche a favore della Regione Piemonte.
A favore del settore agricoltura sono stati destinati 260 milioni, ad incremento del programma di assistenza tecnica alle imprese agricole.
L'area di intervento delle attività secondarie e terziarie ha usufruito di 3.250 milioni, di cui 1.600 milioni destinati alla viabilità, per la manutenzione delle strade comunali; 400 milioni all'illuminazione pubblica 250 milioni vanno ad aggiungersi alle altre risorse già impiegate nell'acquisto dei terreni su cui deve sorgere il Centro intermodale di Orbassano; ed 1 miliardo è impegnato per la manutenzione di sedi municipali.
All'area di intervento Gestione ed Assetto del Territorio sono stati destinati complessivamente 3.745 milioni, di cui 450 milioni riguardano il programma per lo sviluppo del turismo; al programma per la sistemazione idrogeologica e forestale è stata complessivamente ridotta la disponibilità finanziaria di 1.800 milioni; sono state incrementate di 1 miliardo le risorse per finanziare le spese per la formazione del catasto dei rifiuti e degli impianti di smaltimento; il programma di pronto intervento si è incrementato dei 4 miliardi relativi all'assegnazione statale per gli interventi della protezione civile. Stiamo sempre parlando della prima legge di variazione, quindi queste sono cifre in aggiunta alle cifre del bilancio che il Consiglio ha già preso in visione quando è stato votato l'esercizio provvisorio.
L'area di intervento dei servizi sanitari e sociali si incrementa di 720 milioni circa, di cui 500 milioni sono destinati come contributi per la costruzione e manutenzione dei cimiteri; a favore della formazione professionale, su cui si erano appuntate le osservazioni di tutti i soggetti consultati per l'enorme divario tra le disponibilità finanziarie dell'esercizio 1988 e dell'esercizio 1987, sono stati destinati 20 miliardi.
Nei fondi globali in cui si accantonano i finanziamenti dei provvedimenti legislativi, che saranno adottati dopo l'approvazione del bilancio e in particolare nel fondo di cui al Capitolo 12500, sono stati iscritti 3 miliardi di spese correnti, che riguardano una maggior spesa da erogare al CSI per lavori effettuati a favore della Regione Piemonte.
Nel fondo di cui al Capitolo 12600 per le spese di investimento sono stati iscritti i 15 miliardi destinati a finanziare interventi strategici nel campo dell'innovazione tecnologica. E' evidente che in questo settore la Regione non può rivestire un ruolo esclusivo, ma deve incentivare una concertazione di ruoli, con il mondo privato della finanza, della produzione, della ricerca e dei servizi al fine di moltiplicare le risorse finanziarie disponibili e consentire l'uso ottimale delle risorse tecniche e di quelle umane da impiegare in progetti di investimenti strategici molti dei quali a redditività differita, ma a forte ricaduta economica. Di qui la necessità della realizzazione operativa di progetti, che si caratterizzano per la funzione dell'operatore pubblico regionale, come promotore di iniziative atte a garantire la moltiplicazione delle risorse investite ed una sicura incisività.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo esame volutamente generale del bilancio regionale, la irrisoria disponibilità di risorse libere che ne risulta e che non consente alla Regione di svolgere attività programmata, le richieste peraltro pressanti delle categorie economiche e sociali operanti nella Regione e degli Enti locali che sono emersi dalle consultazioni, lasciano bene intendere le difficoltà in cui si trovano le Regioni, in particolare la Regione Piemonte, difficoltà che ne investono il ruolo stesso. E' necessario che esse ne prendano coscienza e che nei loro organi rappresentativi facciano sentire con proposte concrete e unitarie tutta la loro volontà di continuare a operare e svolgere le funzioni attribuite loro dalla Costituzione.
Appare invece affermarsi da un lato la tendenza dei governi regionali all'inerzia, a non voler vedere nella realtà della situazione, a delegare a tecnici e a esperti la soluzione dei problemi di natura finanziaria con marchingegni che se legittimi in quanto previsti dalle leggi regionali di contabilità riducono però la formazione del bilancio a livello di sotterfugio, di cui anche la controparte cioè il Governo è a conoscenza.
Dall'altro va affermandosi la necessità di stabilire, specie da parte delle Regioni più intraprendenti, rapporti diretti con il Governo al fine di poter comunque influire nel riparto delle risorse. Non può che essere controproducente, ai fini della formazione di una volontà unitaria e della capacità di affermare detta volontà nelle trattative a livello governativo questo fatto che ogni Regione cerchi di stabilire con il Governo centrale un canale preferenziale di comunicazione, che consenta di influire sulla ripartizione dei fondi settoriali, che nella situazione attuale superano di gran lunga il fondo per il finanziamento dello sviluppo della Regione.
Naturalmente la Conferenza dei Presidenti delle Regioni, che è l'organo delegato a portare avanti nelle trattative con il Governo le istanze regionali, deve trovare nelle assemblee legislative di ogni Regione il supporto politico, per trattare in posizione di forza.
Su questa strada la Giunta e il Consiglio regionale del Piemonte coscienti dei pericoli che dai problemi finanziari possono derivare all'autonomia e all'esistenza stessa delle Regioni, si sono posti all'avanguardia nel chiedere la riforma delle normative, anche costituzionali che più influiscono sulla vita delle Regioni.
Con il dibattito sulle riforme istituzionali dell'altro giorno sono state infatti avanzate proposte per una libera disponibilità dei fondi trasferiti dallo Stato, la richiesta di incremento del fondo comune di cui all'art. 8 della legge 281/70 e del fondo per il finanziamento dei programmi di sviluppo di cui all'art. 9 della stessa legge, la proposta di adeguamento di fondi rispettivamente al gettito di tributi che presentano maggior mobilità e al prodotto interno lordo.
E' stata altresì ribadita la necessità della definizione di un'area impositiva autonoma delle Regioni, di una maggior capacità di indebitamento e soprattutto della possibilità di accesso al credito della Cassa Depositi e Prestiti per poter usufruire di migliori condizioni di tasso e di tempo che si riflettono in una annualità, per rata di ammortamento mutui, di ammontare inferiore a quella relativa ai mutui contratti con i normali istituti di credito. Tutto ciò consentirebbe una maggiore disponibilità di risorse da destinare agli investimenti, che potrebbero pertanto permettere l'avvio di una vera politica di programmazione con il finanziamento di programmi e progetti integrati di grande respiro.
Per quanto riguarda i trasferimenti dal bilancio dello Stato si è invece avanzata la proposta di una riforma del CIPE, nel quale dovrebbero essere presenti anche i rappresentanti delle Regioni, specialmente in relazione al riparto dei fondi FIO, che sta diventando una delle principali fonti di finanziamento delle Regioni.
Prima di chiudere questa relazione sul bilancio regionale, che sono rappresentati: dal bilancio pluriennale, valido per gli esercizi 1988 1990, dal bilancio di previsione degli enti strumentali e dal bilancio di alcuni parchi e riserve naturali. Il più importante dovrebbe essere il bilancio pluriennale della Regione, per il suo carattere di strumento di programmazione, oltre che di strumento contabile, per le proiezioni di entrate e spese negli esercizi immediatamente successivi. Il condizionale però è d'obbligo perché il bilancio pluriennale non si è finora dimostrato uno strumento valido né dal punto di vista programmatorio, né da quello finanziario. Non fa eccezione quello allegato al bilancio dell'esercizio 1988, relativamente al quale non è possibile tentare alcuna valutazione, n alcuna connessione con la proposta di piano. Manca, infatti, nello stato di previsione delle entrate, per gli anni 1989 e 1990, ogni indicazione dei trasferimenti delle risorse provenienti da numerose leggi settoriali compresa quella che finanzia l'attuazione della riforma sanitaria; per il fondo comune ex art. 8 della legge 281/70, e per il fondo per il finanziamento del programma regionale di sviluppo si è considerato un incremento in base al tasso programmato di inflazione del 3,5% annuo. Dallo stato di previsione dell'entrata è, invece, possibile conoscere la proiezione, nei due anni successivi, delle entrate senza vincolo di distinzione: così, l'entrata relativa al gettito dell'imposta locale sul reddito, nell'esercizio 1989 dovrebbe mantenersi ad un livello pressoch costante a quello dell'anno 1988, mentre per il 1990 è previsto un incremento del 3,5%.
Relativamente all'entrata della tassa regionale di circolazione è prevista per l'esercizio 1989 una diminuzione dell'8,5%, rispetto all'esercizio 1988, ed il mantenimento di quel livello per il 1990.
Per quanto riguarda le entrate derivanti da rendite patrimoniali, e da utili di enti o aziende regionali, è prevista per l'esercizio 1989 una diminuzione complessiva del 26,3%, pari a 13.820 milioni. Nell'ambito di queste entrate, si rileva nell'esercizio 1989 la notevole riduzione degli interessi attivi per 6 miliardi circa, pari al 51,4%, determinata forse dalla mancata maturazione degli interessi sui proventi dei mutui depositati in conto corrente; per il 1990 è previsto il mantenimento dello stesso livello.
Un'altra previsione di entrata che merita di essere segnalata, è il contributo della CEE nelle spese relative alla realizzazione di progetti di formazione professionale, finalizzate a specifiche occasioni di impiego: per l'esercizio 1989 è previsto un incremento del 35% rispetto all'esercizio 1988, mentre per il 1990 il livello si mantiene costante a quello del 1989.
Le entrate derivanti da alienazioni di beni patrimoniali subiscono una riduzione, nell'esercizio 1989, del 47,6%, rispetto all'esercizio 1988 mentre per il 1990 si mantengono costanti a quel livello. Ma dove le entrate regionali subiscono un vero e proprio tracollo, impedendo per i prossimi esercizi ogni attività di programmazione, e consentendo unicamente di operare con le risorse provenienti da leggi settoriali, è nel provento dei muti a pareggio del bilancio, che a partire dal prossimo esercizio subisce una notevole flessione, a causa nel venir meno della capacità di indebitamento della Regione.
Se la Regione nel corso dell'attuale esercizio contrae tutti i 185 miliardi di mutui, che la sua capacità di indebitamento le consente, l'anno prossimo questa capacità di indebitamento sarà ridotta a 25 miliardi, con una contrazione rispetto all'esercizio 1988 dell'86,5%, mentre nel 1990 dovrebbe incrementarsi dell'11,4% rispetto all'anno precedente, passando a 28 miliardi circa. Tutto ciò significa un grado di rigidità del bilancio regionale finora mai raggiunto, e l'impossibilità per la Regione di svolgere qualsiasi attività che presenti un carattere discrezionale e programmatico.
Concludendo, per quanto riguarda le entrate senza vincolo di destinazione, possiamo dire che, a prescindere dall'avanzo finanziario che dipende dai risultati della gestione del bilancio dell'esercizio precedente in termini di residui attivi, di residui passivi e di economia di spesa, le risorse libere regionali nell'esercizio 1989 subiranno una contrazione del 30,7%, pari a 237 miliardi circa, rispetto all'esercizio 1988, mentre nel 1990 dette entrate dovrebbero incrementarsi, rispetto all'esercizio 1989 del 3,7% pari a 19.880 milioni, ma presentare ancora una contrazione del 28% circa rispetto all'esercizio 1988.
Nello stato di previsione della spesa, per gli anni 1989 e 1990 sono state iscritte soltanto le annualità passive e gli oneri di ammortamento dei mutui, vale a dire soltanto le spese obbligatorie, mentre oggi altra previsione di spesa riguarda soltanto le spese di natura corrente, nello stanziamento relativo all'anno 1988, cioè del bilancio annuale. In questa ottica l'unico confronto possibile, fra i tre esercizi, riguarda la previsione di spesa dell'area di attività, la quale ci dice che le spese di funzionamento dell'apparato regionale, nell'esercizio 1989, si incrementeranno del 6,2% circa, pari a 13,264 milioni, rispetto all'esercizio 1988, ed un ulteriore incremento dell'1,8%, pari a 4 miliardi circa, presenteranno nel 1990 rispetto all'esercizio 1989.
Nell'area di intervento agricoltura è possibile confrontare nell'evoluzione dei tre esercizi 1988/1990, le annualità passive per contributi negli interessi, che nell'esercizio 1989 presentano una diminuzione di spesa del 36,6%, pari a 52.618 milioni, mentre detta spesa si mantiene costante nel nuovo livello, nell'esercizio successivo. Per le altre aree di intervento, la previsione di spesa per le annualità passive si mantiene costante nel corso dei tre esercizi, ai quali si estende la previsione. Dallo stato di previsione della spesa se ne deduce, quindi che negli esercizi 1989 e 1990, ad una rilevante diminuzione della disponibilità delle risorse non soggette a vincolo di destinazione corrisponde un incremento non indifferente delle spese di natura corrente che una lieve diminuzione delle spese obbligatorie non riesce a compensare per cui si determina un maggior grado di rigidità del bilancio, ed una minor attività discrezionale della Regione.
Da questo sommario e parziale esame dell'evoluzione delle entrate e delle spese per i prossimi esercizi, non si possono certo trarre favorevoli auspici per la situazione finanziaria della Regione, per i prossimi anni.
La I Commissione ha soffermato a lungo la propria attenzione su di essa, cercando di evidenziarne tutti gli aspetti e riproponendosi, in un futuro immediato, di risalire alle cause che l'hanno determinata, e di definire nel suo più esatto ammontare il disavanzo sommerso, che a tutt'oggi si è consolidato, al fine di poter adottare quei provvedimenti più idonei per un effettivo e reale rientro. Per intanto, la I Commissione ha avuto modo di constatare che l'avvio contestuale di alcune operazioni che dovrebbero rientrare in un più ampio piano finanziario di rientro dal disavanzo, cominciano a dare i primi risultati positivi, come la riduzione da 92 a 62 miliardi del divario annuale esistente tra risorse libere e spese discrezionali. Ciò ha indotto la Commissione a valutare positivamente l'operato della Giunta, e l'impostazione che essa ha dato al bilancio, adeguandolo alla necessità di apportare tagli alla spesa libera nella misura del 30%, rispetto al bilancio assestato dall'esercizio 1987 pur di raggiungere i primi risultati positivi, in quell'operazione di rientro da una situazione finanziaria deficitaria, che si è andata costituendo nel corso degli anni.
Per questo, e per la rinnovata volontà che anima la Giunta regionale e la maggioranza che la sostiene, a reagire, da un lato all'inerzia e alla rassegnazione delle altre Regioni, e dall'altro, all'inerzia governativa nel dotare le Regioni di un sistema di finanziamento, che presenti caratteri di linearità e di certezza, la I Commissione ha approvato a maggioranza il bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 1988, e lo indica all'approvazione di questo Consiglio regionale.
Nella seduta del 27/4/1988, cioè di ieri, la Giunta ha presentato poi alla prima legge di variazione al bilancio alcuni emendamenti per adeguare complessivamente la manovra operata, per cui i colleghi troveranno insieme alla legge di bilancio, alla prima nota di variazione e alla prima legge di variazione, anche gli emendamenti relativi all'articolato della prima legge di variazione, con l'aggiunta dell'art. 3 che deriva dalla ricontrattazione dei mutui e quindi dai 15 miliardi di maggiore possibilità di indebitamento, che richiedono che sia autorizzata la Giunta ad utilizzare quel margine ulteriore che si è ottenuto attraverso la ricontrattazione (questo è previsto dall'art. 3, autorizzazione a contrarre mutui a pareggio del disavanzo). L'art. 4 precisa il maggiore avanzo come dal consuntivo che si è avuto successivamente alla stesura originaria della legge. Gli artt. 5 e 6 riguardano la devoluzione di quote di somme assegnate dall'art. 20 della legge 26/4/1983, n. 100 e della legge 25/5/1970, n. 364, somme nell'area agricoltura che non era possibile utilizzare per le finalità previste e attraverso il meccanismo della devoluzione non si devono restituire, ma possono essere utilizzate in altri settori sempre nell'area dell'agricoltura.
Per quanto riguarda gli artt. 6 e 7, questi sono modifiche al pluriennale relative alla cartografia regionale ed interventi in materia di opere pubbliche; modifiche che, se inserite nel pluriennale così come è stato fatto, consentono già fin d'ora un impegno per gli anni futuri in quei due settori. All'art. 9 è modificato il titolo, e quindi da art. 3 che era originariamente è diventato art. 9. Ovviamente sono state modificate anche le tabelle allegate, relativamente alle cifre che sono state indicate, e che trovate insieme agli emendamenti approvati dalla I Commissione nella seduta di ieri, che vengono proposti per l'approvazione al Consiglio.



PRESIDENTE

Dopo la relazione testé svolta dal Consigliere Santoni, ha la parola l'Assessore Croso che rispetto alla variazione di bilancio intende formulare alcune osservazioni che possono essere di utilità per il dibattito ed anche al fine di spiegare taluni momenti che hanno contraddistinto i due mesi di discussione all'interno della competente Commissione consiliare.
Ha pertanto facoltà di intervenire l'Assessore Croso.



CROSO Nereo, Assessore al bilancio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi proponevo con questo intervento di fornire alcuni elementi integrativi rispetto all'esauriente relazione del collega Santoni; non tanto elementi di merito - poiché il merito è stato efficacemente illustrato dal relatore - quanto piuttosto riflessioni (anche di carattere generale) sul bilancio e sulla politica che lo ha orientato.
Credo allora che le riflessioni non possano non evidenziare innanzitutto il ritardo con cui giungiamo alla discussione del documento finanziario per l'anno 1988; ritardo non rispetto ai termini di legge poiché rispetteremo la scadenza ultima del 30 aprile, ma certamente rispetto ad una consuetudine che già lo scorso anno si interruppe e soprattutto rispetto all'esigenza di poter efficacemente governare utilizzando appieno i contenuti dello strumento di bilancio.
Giungiamo, in sostanza, all'esame del bilancio di previsione dopo tre esercizi provvisori, dei quali il primo richiesto ed autorizzato sulla base dell'assestamento relativo al precedente esercizio.
Ci sono state certamente molte ragioni, molte concause, che hanno contribuito al dilatarsi dei tempi, alcune anche di carattere oggettivo: basta al proposito ricordare il più recente andamento dei lavori del Consiglio e, per esempio, l'impegno costituito dalla discussione in materia di legge sulla caccia.
Non può essere certo questa la chiave di lettura del "ritardo", il cui primo segnale fu rappresentato dall'approvazione a metà gennaio da parte della Giunta regionale della proposta di bilancio di previsione.
Ritengo invece che la motivazione più vera sia di natura politica sentita dall'Assessore e dalla Giunta nel suo complesso: il ritardo ha dei "perché" politici che sono intimamente connessi con la difficoltà - direi quasi con l'imbarazzo - di adottare un bilancio che sin dalle prime battute pareva sin troppo penalizzante.
Ho vissuto in prima persona questa difficoltà, questo imbarazzo talvolta anche con un senso di frustrazione profonda che nasceva dall'amarezza di dovere realisticamente prendere atto di quanti e quali bisogni avrebbero meritato di trovare adeguata copertura finanziaria e di quanto invece ciò fosse oggettivamente impossibile; di doversi confrontare con l'ambizione di fare delle scelte e di dover verificare che le scelte possibili non erano quelle di privilegiare l'espansione di questo o quel settore, ma piuttosto di penalizzare più o meno i vari ambiti di attività.
Forse anche personalmente, dunque, ho contribuito al consolidarsi di un ritardo, e di ciò non posso che assumermi le eventuali responsabilità essendo peraltro convinto che si tratti delle responsabilità connesse alla scelta politica dell'Assessore al bilancio di non lasciare nulla di intentato per non rassegnarsi ad una fredda politica di tagli sul bilancio e al tempo stesso per operare con la correttezza, la trasparenza e il rispetto che sono dovuti a questo Consiglio.
Ho sentito il dovere, a questo proposito, di rivisitare i documenti finanziari e quelli illustrativi di accompagnamento, relativi all'ultimo quinquennio: più precisamente a partire dal 1982, anno in cui forse per la prima volta le risorse regionali libere da vincoli diminuirono consistentemente non solo in valore percentuale rispetto all'ammontare complessivo del bilancio, ma anche in valore assoluto rispetto all'anno precedente.
Ebbene, già nell'anno 1982 si pose il problema di una riduzione delle risorse di bilancio: non si scelse allora la via di ridurre tutti gli stanziamenti in proporzione alla riduzione delle risorse, ma piuttosto quella di considerare gli stanziamenti dell'anno precedente "a livello zero" rioperando le scelte sulla base delle priorità individuate; questa è un'impostazione che certamente mi sentirei di condividere poiché risponde appieno alla logica secondo cui una maggioranza - qualunque essa sia governa compiendo delle scelte.
Poi, con il bilancio per l'anno 1983 proposto al Consiglio nel dicembre 1982, si compì quello che fu definito un atto politico di grande rilevanza: largo anticipo nella presentazione del documento di bilancio, utilizzazione piena dello strumento finanziario per tutti i dodici mesi dell'anno, rinvio delle consultazioni ad una fase successiva in relazione al cui esito portare i necessari correttivi allo strumento adottato. Anche questa fu un'impostazione che mi sentirei di condividere e che testimoniò una scelta di governo.
Anche dagli anni successivi potrebbero essere ricavate testimonianze utili per questo ragionamento, ma ho preferito soffermarmi sui due anni e sugli esempi specifici citati proprio perché essi rappresentano in modo emblematico il contraltare a due punti che caratterizzano il bilancio 1988: il "ritardo" e il "taglio".
Del ritardo ho dunque già detto e forse l'ultima cosa che mi preme evidenziare è che però esso trova la sua origine nella stessa matrice che ispirò l'azione nel 1982, piuttosto che negli anni precedenti o successivi e soprattutto, ritengo, nel ruolo dell'Assessore al bilancio che, al di là delle formule politiche di riferimento, ha cercato di fornire uno strumento all'esecutivo - e più in generale all'istituzione - il più possibile adeguato rispetto alle esigenze.
La stessa voglia di governare, o meglio, colleghi Consiglieri, di contribuire al governo, ma in un contesto profondamente diverso.
Si è reso dunque opportuno perseguire con molta prudenza, e al tempo stesso con molta tensione nella ricerca delle possibili soluzioni, la formulazione del bilancio 1988; si è scelta la strada, forse più complessa e certamente più impopolare, di una prima formulazione che tenesse conto in modo rigoroso dei dati economico-finanziari disponibili in chiusura di anno 1987, individuando le risorse per il finanziamento di interventi discrezionali disponibili in sede di previsione con la dovuta coerenza e correttezza e rimandando ad una o più successive leggi di variazione quelle necessarie integrazioni che si sarebbero potute apportare sia alla luce della discussione nella competente Commissione e delle relative consultazioni, sia alla luce degli approfondimenti tecnici che il passare del tempo ed il chiarirsi di alcune situazioni di riferimento avrebbero consentito di portare.
Proprio in virtù di queste impostazioni, all'inizio del mese di aprile la Giunta regionale ha approvato un primo disegno di legge di variazione alla proposta di bilancio: ritengo, al proposito, che lo slittamento ad oggi della discussione sulla materia del bilancio abbia almeno un lato positivo, cioè quello di consentirci l'esame di un documento che viene affiancato da quella ulteriore parte propositiva, che sapevamo avrebbe dovuto integrare il documento principale, ma che solo in epoca successiva per tener fede allo stesso criterio di correttezza e di coerenza, si è potuto per quanto tempestivamente redigere.
Credo che in queste condizioni il Consiglio possa avere un quadro sicuramente più compiuto della logica che ha ispirato la politica di bilancio potendosi individuare con chiarezza le due fasi distinte di una manovra complessiva: da una parte la fase del rigore e del taglio dall'alta parte il tentativo di dare una risposta per quanto limitata ai bisogni ed alle aspettative della Regione, ed entrambi i momenti in coerenza con una scelta di fondo che è stata quella di poter dare un contributo positivo alla politica di perseguimento dell'equilibrio di bilancio che caratterizza l'azione della nostra, come delle altre Regioni.
Con riferimento alla proposta di bilancio di previsione per il 1988 il dato che certamente emerge con più forza è quello della drastica riduzione delle risorse libere rispetto all'anno precedente, ma ancor più della loro assai scarsa rilevanza rispetto ai 6000 miliardi iscritti. La possibilità di spesa discrezionale dunque oggi è pari a circa il 3% del bilancio complessivo così come ha ricordato il Presidente della I Commissione Consigliere Santoni.
Questa, colleghi Consiglieri, è la nota veramente preoccupante di una situazione che vede anche la nostra Regione dibattersi per sopravvivere senza alcuna possibilità di svolgere appieno quei ruoli che ad essa invece competerebbero.
Questo è uno dei motivi che deve spingerci con la maggiore unitarietà e quindi con la maggior forza possibile a sollecitare il Governo affinch venga prontamente approvato il disegno di legge di riforma della finanza regionale introducendo nel testo attualmente all'esame del Senato le modificazioni ed i correttivi già individuati per far sì che si possa dare significato alla esistenza stessa delle Regioni e che possono essere sintetizzati: nel recupero di spazi di autonomia impositiva nell'attribuzione diretta di quote di tributi erariali commisurate al gettito regionalmente riscosso nella trasformazione del fondo comune in uno speciale fondo destinato al riequilibrio nella rideterminazione del fondo per il finanziamento di programmi regionali di sviluppo nella ridefinizione dei trasferimenti con destinazione settoriale riferendo il vincolo esclusivamente al settore nell'accesso alla Cassa Depositi e Prestiti.
Su questo terreno credo vada fortemente orientato l'impegno di tutta la Giunta e di tutto il Consiglio ed anticipo la mia personale volontà di giungere all'organizzazione di un convegno di carattere nazionale che faccia emergere in modo chiaro quale sia la reale situazione dei bilanci regionali in ordine agli eventuali disavanzi sommersi e che possa giungere a formulare al Governo una proposta di contributo straordinario al ripiano coerente con le azioni di contenimento e di rientro che molte Regioni stanno già portando avanti.
Voglio dire, colleghi Consiglieri, che ritengo essenziale il contributo mirato dallo Stato nell'incentivazione di questa politica di abbattimento dei disavanzi, creatasi non certo per una disinvolta gestione delle risorse regionali, che non può continuare a gravare solo sulle Regioni, pena l'assoluta futura impossibilità di poter disporre di quel minimo di risorse necessarie a qualificare l'esistenza e l'operato dell'istituzione stessa.
Credo che la competente Commissione consiliare potrà utilmente contribuire, qualora la considerasse degna di attenzione, a questa proposta e quindi all'approfondimento dei vari aspetti connessi all'attivazione dell'iniziativa che ho citato.
Tornando dunque alla proposta di bilancio di previsione, il raffronto tra le disponibilità dell'assestamento 1987 e quelle recuperabili per il 1988 evidenziò il netto calo delle risorse costringendo di fatto ad un taglio del 30%. Si valutò infatti pari a 180 miliardi l'importo complessivo delle risorse destinabili al finanziamento delle iniziative discrezionali.
L'affermazione non è però completa e soprattutto non è completamente comprensibile se non si introduce il concetto di perseguimento dell'equilibrio del bilancio, che è stato comunque uno dei capisaldi ai quali si è ancorata la manovra finanziaria.
Si poneva a questo punto il problema della collocazione delle risorse sul quale si è molto discusso anche nelle precedenti occasioni, rispetto al quale però una relazione integrativa è stata trasmessa già alla competente Commissione.
Non nascondo che l'opzione di ripartire in modo sostanzialmente diffuso ed omogeneo il taglio del 30% sulle varie aree di attività è suscettibile di forti e motivate critiche, ma ad un esame più sereno di quella scelta si può verificare che nella sostanza le cose sarebbero ben poco cambiate utilizzando qualsiasi altro principio informatore data la scarsità delle risorse. Ma soprattutto a questo proposito giova tener presente che il principio che rese accettabile la logica del taglio generalizzato fu certamente, almeno per quanto concerneva le mie competenze e le mie responsabilità, quello di individuare con chiarezza una linea di demarcazione netta nella compressione della spesa al di sopra della quale si sarebbe eventualmente potuto intervenire in tempi successivi collocando ulteriori risorse in modo particolarmente finalizzato.
Queste in sostanza le motivazioni di una "non scelta" solo apparente che in realtà ha sotteso le due scelte precise e credo coraggiose che sin qui sono emerse proprio in ordine al disavanzo ed al principio secondo cui la collocazione delle risorse andava comunque riconsiderata.
Non mi dilungherò oltre su questa prima fase della manovra i cui contenuti specifici e tecnici di merito sono già stati peraltro approfonditi, riservandomi di rispondere ad eventuali ulteriori quesiti per la parte di mia competenza in sede di replica.
Già nella fase di presentazione del bilancio di previsione affermai peraltro che alcune aree di attività, ed è emblematico l'esempio della formazione professionale, potevano solo teoricamente essere suscettibili di tagli così massicci, esprimendo contemporaneamente l'auspicio che dalla definizione del consuntivo 1987 e dalla approvazione del testo definitivo della legge finanziaria statale per il 1988 potessero venire segnali positivi tali da consentire un efficace aggiustamento della manovra in sede di legge di variazione o di eventuale successivo assestamento. Soprattutto manifestai l'impegno a far sì che si chiudesse il consuntivo 1987 entro la scadenza del 30 aprile e si rispettasse il termine del 30 giugno per l'assestamento 1988. Ebbene, per quanto attiene l'assestamento non posso che riconfermare tale impegno, mentre riguardo al consuntivo devo informare il Consiglio che proprio in questi giorni si è riusciti a concluderne la predisposizione.
L'esercizio provvisorio previsto sino al 31 marzo e prorogato sino al 30 aprile se da una parte ha consentito al Consiglio regionale di svolgere in maniera approfondita l'esame della proposta di bilancio presentata dalla Giunta, dall'altra parte ha anche permesso dunque di disporre di una serie di dati emergenti dalle risultanze della gestione 1987.
Già alla fine di marzo si evidenziavano dunque, prendendo man mano forma, il rendiconto del 1987, alcune indicazioni ed alcuni dati che seppure ancora in forma aggregata e dunque necessitante di ulteriori analisi hanno consentito di operare valutazioni più puntuali rispetto a quelle collegate ai dati di preconsuntivo.
Tutto ciò nel rispetto dell'impostazione preliminare in relazione a cui si è cercato dunque di non derogare: valutazioni corrette sui dati finanziari e di bilancio e, soprattutto, mantenimento del livello dell'equilibrio finanziario sul quale ci si era attestati con la formulazione della proposta di bilancio.
A questo punto mi corre l'obbligo di sottolineare che l'interpretazione dei dati di consuntivo 1987 non ha portato - come talvolta ci si spinge semplicisticamente ad affermare - all'emergere di risorse aggiuntive: le risorse, colleghi Consiglieri, sono quelle che sono e nessun uovo pasquale poteva portarcene di nuove.
Viceversa, sulla scorta di quei dati è emersa la possibilità di operare una scelta meditata e coraggiosa, seppure in spazi ristretti e con margini di manovra limitati: una scelta coerente con le linee generali del disegno complessivo afferente la politica del bilancio regionale, che ha portato alla predisposizione della prima legge di variazione e che sarebbe inutile nasconderlo - non mancherà comunque di porre anche dei problemi allorquando affronteremo l'assestamento 1988, mi auguro entro giugno.
La scelta di cui ho detto si fonda dunque sulla possibilità di conciliare la prefissata scelta in ordine al livello di equilibrio di bilancio con l'incremento delle risorse destinate a dare copertura adeguata ad alcuni settori prioritari di attività e, proprio in quanto tali particolarmente penalizzati nell'operazione di "taglio" eseguita con la proposta di bilancio.
Le risorse destinate a spese discrezionali passano così da 180 a 226 miliardi, contenendo il decremento rispetto alle risorse dell'assestamento 1987 intorno a circa il 15%.
I 46 miliardi aggiuntivi derivano per 31 miliardi dalla valutazione dei dati della gestione '87, e per 15 miliardi dall'utilizzazione della maggiore capacità di indebitamento conseguente sia alla rinegoziazione di vecchi mutui stipulati negli anni passati a tassi meno vantaggiosi, sia dalla differenza tra i tassi passivi odierni e quelli presi a riferimento in sede di formulazione del bilancio di previsione, così come giustamente ha ricordato il collega Santoni nella relazione.
Per quanto attiene in particolare all'avanzo, il consuntivo '87 ne configura un incremento pari a circa 60 miliardi: tale incremento è la risultante dell'aumento dei residui attivi e della riduzione di quelli passivi rispetto alle stime formulate nel preconsuntivo Rimandando alla parte conclusiva di questo intervento una sintetica serie di osservazioni relativa ai residui, ma anche alle leggi di spesa e di contabilità, vorrei brevemente tornare sull'impostazione generale che ha governato il processo di collocazione dei 46 miliardi di risorse in incremento.
Si sono a questo riguardo individuate due linee fondamentali di intervento: la prima, a partire da quel livello zero o se preferite da quella soglia di compressione della spesa generatasi attraverso il taglio del 30 mirata a ricollocare su alcuni settori prioritari, e solo su quelli, parte dell'incremento di risorse, compiendo così l'indispensabile operazione di finalizzazione su una tranche finanziaria pari a 31 miliardi, ed evitando dunque di ripolverizzare tale somma con una operazione di redistribuzione analoga, ma di segno opposto a quella del taglio; in particolare si sono incrementati, tenendo evidentemente conto anche delle osservazioni emerse nel corso delle consultazioni e delle osservazioni formulate in sede di Commissione, alcuni capitoli tra i quali i più importanti sono: Formazione professionale: 20 miliardi Lavoro e industria: 3 miliardi Ambiente: 1 miliardo CSI: 3 miliardi Agricoltura: 261 milioni (adeguamento annualità) Trasporti: 250 milioni (partite di giro).
La seconda linea di intervento è invece mirata a convogliare su un progetto qualificato e, mi auguro, significativo la somma di 15 miliardi ottenuta con la maggiore capacità di indebitamento.
Tale incremento si è dunque riversato sul cap. 12600 delle spese per investimenti ed ha volutamente conservato una forma ancora generica: ci anche per consentire gli opportuni approfondimenti - anche rispetto alle osservazioni che emergeranno in questa sede - e soprattutto per operare alcune indispensabili verifiche di fattibilità in ordine ai vari interventi finanziabili.
E' corretto in questo senso dire che si è individuato un contenitore ed il tipo di contenuti: come questi ultimi saranno tra loro mixati e troveranno posto nel contenitore è problema connesso anche alle tempistiche ed ai coefficienti di attuabilità, seppure alcuni interventi siano già sostanzialmente definiti e pronti per l'attivazione.
Il progetto generale, come sapete, è finalizzato alla innovazione tecnologica e allo sviluppo, in coerenza con quanto previsto nelle linee tracciate nel programma pluriennale di attività e di spesa.
La scelta nasce dall'esigenza di contribuire a dare risposte ai processi che, con una progressiva accelerazione, stanno interessando anche l'area piemontese, in un contesto evolutivo che non è più solo nazionale ma quanto meno europeo.
L'innovazione tecnologica assume in questo quadro un ruolo strategico sia nel momento in cui facciamo riferimento a politiche di sviluppo che quando ci soffermiamo sul problema occupazionale.
sulla scorta di questa e delle altre considerazioni accennate nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di variazione si sono individuate le quattro aree che nel loro insieme delimitano i contorni del progetto su cui sono convogliati i 15 miliardi cui facevo riferimento: strumenti finanziari, infrastrutture, servizi, ambiente in senso lato.
Il rimando alle scelte puntuali è d'obbligo, ma in questa fase - e soprattutto per quanto attiene le scelte di fondo di un bilancio - ritengo fosse importante individuare una impostazione e dotarla di un minimo di contenuti finanziari oltre che di indirizzo, come generalmente è prassi per un progetto "di massima" e "aperto".
Tornerei, in conclusione, su alcune questioni di fondo collegate alla finanza regionale, prima tra tutte quella afferente ai residui.
A proposito dei residui attivi devo doverosamente segnalare che sta continuando l'azione tendente a mantenerli il più possibile sotto controllo, seguendo tutte le vie atte a consentire di poter usufruire di regolari flussi di cassa; per quanto attiene invece ai residui passivi devo correttamente segnalare che quelli della Regione Piemonte sono, in valore percentuale rispetto alla massa spendibile, al di sotto della media delle Regioni a Statuto ordinario.
Inoltre, proprio perché per la legge di contabilità della nostra Regione costituiscono residui solo le somme impegnate e non pagate, la voce residui passivi è certamente da non sottovalutare; va però considerata non sotto l'aspetto della capacità di assumere impegni, bensì alla luce della capacità di spesa e molto spesso della possibilità di effettuare dei pagamenti per motivazioni esterne o anche interne connesse alla mancanza effettiva di una disponibilità di cassa legata anche ai meccanismi della Tesoreria Unica.
Ciò non esclude, ovviamente, che anche per questa voce, come per quella dei residui attivi, nelle vesti di Assessore competente mi farò carico di finalizzare gli sforzi alla ricerca di tutti gli accorgimenti utili per giungere ad una accelerazione delle procedure di spesa.
Vorrei porre ancora l'accento su una possibile osservazione, e cioè sul fatto che le entrate correnti non coprono tutte le spese correnti, come ha ricordato nella discussione in Commissione il Consigliere Biazzi.
Trascurando l'aspetto non significativo che tale situazione non si è creata con la manovra di bilancio relativa al 1988, desidero invece ribadire che è sicuramente vero che le Regioni devono affrontare le maggiori difficoltà proprio sul fronte della spesa corrente; è stato peraltro spiegato che tali difficoltà trovano la loro origine nei provvedimenti di contenimento del disavanzo pubblico.
Sulla situazione piemontese incidono però sicuramente anche due altre motivazioni: l'alto livello delle annualità passive e la mancata contrazione di mutui.
Dicendo questo non si vuole operare una critica di segno negativo alle scelte operate negli anni passati, ma semplicemente prendere atto del mutamento di contesto per cui tali scelte, anche valide ed opportune nel momento storico in cui sono state fatte, rivelano nella situazione attuale i loro limiti; quelle scelte erano in particolare riferibili, ad esempio ad un periodo caratterizzato dall'assenza della Tesoreria Unica e da una dinamica di trasferimenti statali non commisurati ai tassi programmati di inflazione.
E' stato sicuramente oculato non contrarre mutui se le casse regionali consentivano in ogni caso di fronteggiare i pagamenti; così come ha certamente una logica il ricorrere a strumenti di incentivazione a più alto effetto moltiplicatore.
Quelle "giuste scelte" sono però diventate un pesante vincolo nel momento in cui sono state introdotte le drastiche misure correttive del disavanzo pubblico.
Diventa pertanto una scelta quasi obbligata, in attesa della (si spera migliorativa) legge di riforma della finanza regionale, ricorrere agli strumenti che la legge di contabilità consente per formulare il bilancio regionale.
Dalla ricerca svolta dalla Commissione tecnica per la spesa pubblica ed avente per argomento: "Struttura e rigidità della spesa nelle Gestioni finanziarie della Regioni a statuto ordinario: elementi per un'analisi comparata" risulta che mediamente il 14,2% della spesa corrente non trova copertura nelle entrate ordinarie di tutte le Regioni a statuto ordinario.
Il lavoro, seppur di recente completato, ha preso in esame i rendiconti del 1982, e dal 1982 credo che la situazione sia peggiorata anche per il cumularsi degli effetti.
Ho fatto questo riferimento solo per sottolineare ancora una volta che è necessario un deciso impegno delle Regioni per uscire dalla situazione di crisi finanziaria nella quale stiamo vivendo, per riguadagnare un ruolo e per non doversi far carico del ricorso a scappatoie contabili per far quadrare i bilanci.
Ad ogni buon conto sono stati messi in atto alcuni strumenti correttivi, ed altri verranno attivati nei prossimi mesi.
Si è infatti operata una drastica riduzione delle autorizzazioni di nuovi limiti di impegno, ed è contestualmente iniziata la revisione di quelli vecchi: ciò, evidentemente, per ridurre nel bilancio regionale quelle spese che incidono in maniera rigida e ripetitiva limitando quindi la possibilità di assumere nuove iniziative.
E' altresì mia intenzione di operare anche una revisione delle leggi regionali di spesa, per evitare passaggi superflui e poter quindi ridurre la parte di residui passivi che hanno origine da storture procedurali.
Ulteriore obiettivo è quello di giungere ad una modifica della legge di contabilità regionale, per introdurre quei correttivi che dovrebbero garantire non solo l'equilibrio contabile ma anche quello economico finanziario.
Sta infine prendendo avvio il controllo di gestione, del quale la Lombardia ha già attivato una serie di iniziative, il cui lavoro di impostazione non sarà né breve né semplice, ma mi propongo comunque di attivare meccanismo che consenta di esprimere giudizi motivati sull'efficacia e sull'efficienza degli interventi; questa esigenza è particolarmente sentita in momenti come questo caratterizzati da notevole scarsità di risorse e dalla necessità quindi di destinarle con una logica maggiormente economica.
Una prima verifica della validità dei correttivi potrà essere compiuta già in sede di assestamento, che - come ho detto - vorrei presentare nei termini previsti dalla legge.
Un accenno, infine, al bilancio pluriennale, presentato in allegato alla proposta annuale.
Da quanto ho avuto modo di evidenziare, colleghi Consiglieri, dovrebbe emergere con chiarezza come tale documento abbia progressivamente nel corso degli ultimi anni perso di peso e di significato; ciò a causa soprattutto della mancanza di una legge di finanza regionale a validità pluriennale per cui il bilancio pluriennale si limita a registrare le poste iscrivibili in base alla legislazione vigente.
Questa è forse la dimostrazione più evidente della perdita di ruolo delle Regioni; concepite quali enti di programmazione che basano il loro operato su piani di sviluppo e bilanci pluriennali, ma diventate di fatto quasi enti erogatori di risorse già destinate centralmente e per il resto costrette a rincorrere il contingente.



PRESIDENTE

Il dibattito riprenderà alle ore 15 con l'intervento del relatore di minoranza, Consigliere Biazzi.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,20 riprende alle ore 15,45)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo il dibattito sul progetto di legge n. 350 inerente il bilancio di previsione per l'anno finanziario 1988 e relativi allegati.
La parola al relatore di minoranza, Consigliere Biazzi.



BIAZZI Guido, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come relatore di minoranza mi permetto di richiamare due cose (una detta all'inizio, l'altra alla fine) dell'ampia relazione del collega di maggioranza.
La prima riprende un ammonimento molto chiaro che il Ministro del Bilancio, on. Colombo, ha rivolto alle Regioni quando ha detto che le Regioni prima di rivendicare nuovi spazi, maggiori poteri ed una più consistente disponibilità di risorse, è bene che si richiamino ad una maggiore osservanza dei propri doveri, ad una più oculata amministrazione.
Un simile ammonimento non poteva essere più appropriato da parte del Ministro Colombo al nostro Consiglio regionale, proprio alla luce di quanto è avvenuto questa mattina, e cioè prima di richiedere nuove risorse è bene osservare innanzitutto i doveri e tra i doveri di ogni assemblea elettiva c'è anche quello del rispetto verso se stessi.
Un altro ammonimento è quello di amministrare bene le risorse, anche poche, che le sono affidate.
La vicenda della mozione riguardante la deliberazione della Giunta regionale sulle opere pubbliche per 50 miliardi forse era presente al Ministro Colombo quando ha rivolto questi ammonimenti alle Regioni.
Nell'atto che ha compiuto la maggioranza non accettando di discutere subito la mozione che noi avevamo presentato, non c'è rispetto né verso se stessa né verso il Consiglio. Il Consiglio aveva deliberato come formulare il piano, il programma e gli indirizzi delle risorse: o la Giunta regionale presentava una revoca della propria deliberazione alla luce dell'ordine del giorno molto chiaro del Consiglio regionale e allora si poteva soprassedere anche alla discussione della mozione, altrimenti si cade in una delle critiche radicali che il Ministro Colombo ha fatto alle Regioni, cioè di non avere nemmeno rispetto per se stessi. Il fatto di ignorare un proprio ordine del giorno, preciso e vincolante ci sembra che meriti ampiamente quelle critiche.
L'altra obiezione è che si sono disperse risorse (50 miliardi di investimenti) in un periodo in cui c'è penuria di risorse per le Regioni.
La seconda parte della relazione ampia e anche interessante per alcuni punti del Consigliere di maggioranza che richiamo è il passo in cui si dice che "è stata impostata un'azione di rientro dal disavanzo che comincia a dare i primi risultati positivi".
Noi riteniamo che questa affermazione sia molto meno chiara della precedente, non letteralmente. E' molto più oscura perché i conti dicono che nel 1986, nel 1987 e nelle previsioni del 1988 le entrate libere sono state inferiori a quanto la Regione spende per spese correnti. E' in questi tre esercizi che si poteva attuare una manovra di rientro delle risorse, ma non si è attuato alcun risparmio, si sono invece registrati grossi deficit nella gestione ordinaria della Regione, deficit che si sono accumulati uno dopo l'altro. Non è stato possibile effettuare alcuna manovra di rientro che si ha soltanto - è una regola elementare - quando si incassa di più di quello che si spende se non è così, non è possibile ridurre alcun deficit.
Questi aspetti che mi sono permesso di riprendere dalla relazione di maggioranza sono emblematici dei problemi che stiamo discutendo.
Ciò che è successo questa mattina in aula ha in gran parte mutato la nostra collocazione nella discussione del bilancio.
Come Gruppo ci riuniremo ancora e valuteremo l'evolversi della situazione, ma nonostante le modifiche profonde che sono avvenute e che non possono essere ignorate a meno che vi siano altri atteggiamenti che ci facciano cambiare opinione, noi abbiamo voluto comunque impostare un ragionamento rispetto al bilancio che è stato presentato al Consiglio.
Vogliamo cioè spiegare come intendiamo muoverci nello specifico, anche se ci sembra già chiaro come il Gruppo intende muoversi per quanto riguarda la questione dei mille emendamenti, cioè di non subire passivamente quelle che ci sembrano oggettivamente essere delle prevaricazioni del tutto infondate.
Non rinunciamo cioè ad esporre in aula le nostre proposte di modifica del bilancio e le ragioni che ci hanno ispirato certamente con ancor più pessimismo dell'intelligenza rispetto a una settimana fa.
Sulle proposte che avanzeremo chiederemo una risposta da parte dell'Assessore al bilancio e dell'intera Giunta regionale.
L'Assessore Croso nella sua relazione ha detto cose che noi riteniamo interessanti e che richiederebbero maggior tempo a disposizione per essere riprese puntualmente. L'Assessore ha fatto dei riconoscimenti, delle constatazioni, delle ammissioni che non sono di poco conto, ma che si riagganciano molto bene al clima che si è instaurato e alla situazione politica odierna della Regione. Innanzitutto va riconosciuto come nel 1982 di fronte ad una prospettiva di cambiamento dei flussi che riguardavano le risorse regionali, il governo regionale di allora prese una posizione molto precisa e radicata, proponendo di partire da zero e di ricominciare a fare i conti con la nuova situazione.
L'Assessore aggiunge che erano scelte di vero governo da lui condivise.
Aggiunge ancora che per il 1983 (anno non fausto per la Regione Piemonte) si fece la stessa operazione del 1982. Anche nel 1984 sicuramente è stata fatta la stessa azione. In tre esercizi successivi nonostante si fosse in una situazione di gran lunga meno negativa dell'attuale i governi regionali di allora, che noi non mitizziamo assolutamente, si posero con forza il problema del futuro della Regione e dei riflussi finanziari.
Ciò non è invece stato fatto dal governo che ci regge dal 1985 ad oggi.
Allora non c'era, i conti lo dicono con chiarezza, l'emergenza attuale.
Adesso da qualche esercizio incassiamo meno di quello che dobbiamo spendere per tenere accese le luci all'interno dei palazzi regionali. Allora non era ancora così, eppure si è posto da parte di quel governo regionale il problema di come ridefinire l'impiego delle risorse e il ruolo delle Regioni. Con tutti i limiti che riconosciamo a quelle Giunte ci fa piacere che dai banchi della Giunta attuale venga riconosciuto il ruolo di governo svolto dalle Giunte che ci hanno retto in un periodo molto difficile come quello dal 1980 al 1985. L'Assessore dice ancora: "Noi abbiamo cercato di impostare una manovra" che a grandi linee può trovare un apprezzamento da parte dell'opposizione; "una manovra complessiva articolata in due momenti: taglio delle spese, cioè maggiore rigore, ma contemporaneamente iniziative verso l'esterno" perché la situazione finanziaria delle Regioni è quella che è: non ci sono più le risorse nemmeno per portare avanti la gestione ordinaria.
Qui sorge un piccolo problema. L'Assessore dice che la manovra che intenderebbe fare si deve basare da una parte sul rigore e dall'altra su iniziative esterne. Purtroppo per quanto riguarda il rigore dobbiamo constatare che dobbiamo discutere una deliberazione non di poco conto che con il rigore ha ben poco a che vedere (la solita deliberazione dei 50 miliardi). Ha ben poco a vedere se pensiamo che si presentava come un'iniziativa di grande rilievo che riqualificava il bilancio regionale il fatto che si fosse riusciti a tirare fuori dalle magre risorse un fondo di 15 miliardi per l'innovazione tecnologica. Ebbene, con una deliberazione approvata all'ultimo momento, di cui non si riesce a vedere né il capo n la coda, si sono finanziati 50 miliardi di investimenti. E' una contraddizione non di poco conto. Per il resto si tratta di vedere come portare avanti le iniziative esterne alla Giunta. Anche se quest'onere non graverà sul bilancio 1988, ma soltanto a partire dal 1989, nei prossimi quindici anni dovremo tirare fuori qualcosa come 32 miliardi e mezzo che devono aggiungersi ad un'altra deliberazione analoga che viene a costare alle casse regionali più di 50 miliardi; in totale superiamo gli 80 miliardi con due deliberazioni in presenza della scarsità di risorse a tutti nota.
L'Assessore si è impegnato ad una serie di iniziative, noi pensiamo che i suoi impegni possono essere seri, senz'altro ha fatto un sforzo serio di cui c'è testimonianza nella relazione che ha illustrato al Consiglio.
Apprezziamo gli sforzi e i tentativi fatti dalla maggioranza per un confronto serio, che però non possono esaurirsi solo in una serie di parole; bisogna che ci siano fatti concreti, a partire dalla famosa deliberazione dei 50 miliardi della quale chiediamo la revoca. Pensiamo che avrebbe dovuto essere la Giunta (speriamo che ciò avvenga) a presentarsi in quest'aula dicendo che aveva provveduto alla revoca di quella deliberazione perché ci sono stati degli errori e delle mancanze di informazione.
L'altro punto cardine è che occorre un'iniziativa adeguata per individuare i responsabili di questa fuga di notizie e di questo inquinamento di atti della Regione.
Ritorno al discorso di carattere sul bilancio. Nella seduta del 19 aprile, parlando dei temi generali della finanza regionale, noi avevamo cercato di mettere in evidenza i legami stretti tra le risorse e il ruolo e le prospettive delle Regioni. Non li riprendiamo nel dettaglio, limitandoci a richiamare alcuni elementi: sono ormai note e chiare le gravi difficoltà della Regione Piemonte e delle altre Regioni, che sono state finalmente ed apertamente ammesse sia dal relatore di maggioranza che dall'Assessore.
I bilanci non chiudono in pareggio perché è certo che tutte le entrate libere non coprono che solo una parte delle spese correnti e attraverso i marchingegni della legge di contabilità regionale si copre solo in parte la reale situazione di deficit. Ormai nemmeno i marchingegni bastano a coprire la situazione di disavanzo, per cui non si riesce più a quadrare il bilancio annuale se non escludendo alcune voci di spesa dal bilancio stesso. Per non dire poi del bilancio pluriennale che ormai è diventato uno straccio da buttare. I responsabili politici e finanziari, coscientemente o incoscientemente (non si riesce a capire il perché), cercano di nascondere la reale situazione finanziaria delle Regioni.
Questo comportamento ricorda quello dello struzzo, cioè nascondere la situazione di vera e propria emergenza in cui si trovano le Regioni certamente a noi sembra non sia un atteggiamento da perseguire. Ormai anche il Piemonte è al lumicino per le spese di investimenti, infatti i 170 o 185 miliardi a disposizione indicati nel bilancio sono puramente nominali perché circa la metà dovrà essere utilizzata per coprire o fondi statali da reimpostare oppure i deficit che si sono accumulati nella parte corrente ma soprattutto non c'è più alcuna possibilità di margine per quanto riguarda le entrate libere e le spese correnti, di modo che la Giunta regionale spenderà (la differenza oscillerà intorno al 5 o al 10%) ogni mese per spese correnti 5 o 6 miliardi in più di quelli che incassa e questa è la situazione del bilancio che il Consiglio andrà ad approvare.
Di fronte a questa situazione di difficoltà noi formuliamo una proposta che parte da elementi precisi: c'è una situazione di emergenza finanziaria quindi occorre rigore e priorità nelle scelte costruite dalla Regione insieme possibilmente alla comunità regionale. Occorre un'azione adeguata da parte dell'esecutivo e noi riteniamo da parte anche del Consiglio regionale per quanto riguarda l'emergenza finanziaria e le prospettive In questo senso quanto diceva l'Assessore ci trova in parte d'accordo.
Diciamo anche però che la Regione non può rinunciare al proprio ruolo ai propri compiti minimi d'istituto, altrimenti non si riesce nemmeno più a giustificare l'esistenza stessa delle Regioni e i costi necessari per mantenere semplicemente aperti i nostri uffici che ormai arrivano almeno ai 200 miliardi, per non parlare degli oneri di ammortamento dei mutui o delle annualità pregresse che di fatto già coprono tutte le entrate regionali.
Non si riesce a capire perché dovrebbero sopravvivere le Regioni se non possono svolgere alcun ruolo originale all'interno del nostro sistema istituzionale.
L'altro punto da cui noi partiamo è che il bilancio presentato dalla Giunta regionale è comunque in rosso e gravemente. Noi proponiamo quindi un quadro minimo dei bisogni da soddisfare in settori in cui riteniamo sia fondamentale e sostituibile almeno nella fase attuale l'intervento della Regione, altrimenti non si giustificherebbe nemmeno più l'esistenza della Regione stessa.
Le scelte da fare quindi devono essere chiare e alla luce del sole.
Pertanto noi indichiamo una riqualificazione all'interno dei capitoli di spesa, pur sapendo che si propongono aumenti di spesa che aggravano lo stesso deficit. Ma proprio perché ci poniamo il problema del futuro finanziario della nostra Regione noi diciamo che per ottenere risultati entro l'estate, cioè in tempo per poter prenderne atto all'interno dell'assestamento di bilancio di fine stagione (entro luglio), occorre un'iniziativa adeguata della Regione Piemonte verso la comunità regionale per coinvolgerla intorno ai problemi delle risorse finanziarie che non sono solo problemi della Regione, ma dell'intera comunità, tant'è vero che si va in rosso a finanziare i famosi 50 miliardi dispersi in 200 o 300 Comuni della Regione, ma contemporaneamente anche verso le altre Regioni che noi riteniamo siano di fatto nella nostra situazione, al fine di ottenere risultati in tempi brevi da Governo e Parlamento. Occorre cominciare a parlare chiaro, come si è cominciato a fare all'interno di questo Consiglio regionale, verso Governo e Parlamento perché la situazione di emergenza di tutte le Regioni richiede impegni adeguati da parte di tutti.
Pertanto nelle nostre proposte siamo partiti avendo piena coscienza della situazione finanziaria della nostra e delle altre Regioni e ci siamo orientati schematicamente e volutamente in pochi settori. Settori che già di per sé sono delle priorità all'interno della nostra Regione: lavoro ambiente (con varie articolazioni), assistenza, cultura e formazione professionale, settore quest'ultimo che - è ammesso ampiamente da tutti presenta capitoli che non sono credibili e che sottostimano le spese che si dovranno sostenere nel 1988 almeno di 20 miliardi, ma solo se si introducono dei correttivi, altrimenti bisogna ritenerli sottostimati di almeno 35 o 40 miliardi.
Ci siamo anche misurati con altri problemi che non riguardano aumenti di risorse da mettere a disposizione dei vari settori. Ad esempio abbiamo cercato di aprire un confronto per quanto riguarda il settore dell'agricoltura, impostando una manovra che a nostro modo di vedere riqualifica la stessa spesa regionale nell'agricoltura partendo anche da risorse che hanno un vincolo di destinazione all'origine.
Esiste poi un gruppo di emendamenti che riguarda settori diversi anche se molto meno consistenti dal punto di vista della manovra finanziaria.
Cito per esempio gli emendamenti che fanno capo ad un piano di intervento della Regione per quanto riguarda l'utilizzo delle risorse che la Legge Valtellina - Ossola - Formazza mette a disposizione delle zone colpite dall'alluvione.
Riteniamo che debba essere incrementato lo stanziamento relativo al turismo, ma i singoli colleghi illustreranno per comparti i gruppi di emendamenti che abbiamo presentato.
Per quanto riguarda il settore lavoro e artigianato noi proponiamo una manovra intorno ai 40 miliardi di cui 13 miliardi e mezzo circa di spesa corrente, soprattutto per il settore lavoro in senso stretto, e 28 miliardi circa per quanto riguarda gli investimenti tra i quali noi individuiamo un fondo per la innovazione tecnologica, ma già finalizzandolo a iniziative ben precise e su questo interverrà in particolare il collega Amerio.
Una cifra analoga noi la destiniamo al settore ambiente nelle varie articolazioni: si parte dai parchi, dai centri storici, dall'abbattimento dei fumi e degli scarichi dei veicoli industriali, riqualificando i fondi che la Regione riceve dallo Stato per il fondo regionale dei trasporti partendo cioè da iniziative che permettono di riqualificare l'intervento della Regione per quanto riguarda l'aria, le acque e l'ambiente.
Per quanto riguarda gli acquedotti uno stanziamento che va a coprire in parte la differenza di spesa che la legge finanziaria nazionale prevede per la costruzione degli acquedotti su programmi regionali che sarebbero coperti al 90% dalle risorse statali; evidentemente qui si richiede un'azione organica di governo da parte della Regione.
In ottemperanza a un ordine del giorno del Consiglio regionale prevediamo un allargamento dell'intervento regionale per quanto riguarda la metanizzazione, in particolare per la provincia di Alessandria e il Verbano Cusio - Ossola.
In totale noi prevediamo una manovra intorno ai 150 miliardi: alcuni emendamenti non sono altro che riqualificazioni all'interno dei settori di spesa.
Sappiamo che non è una cosa di poco conto, sappiamo anche che la situazione delle Regioni impone di avere delle scelte coraggiose. Sono proposte ancora al di sotto delle necessità regionali, ma che permettono di avviare un'inversione di tendenza anche dei rapporti tra Regione, Governo e Parlamento. Non possiamo dimenticare e lasciar passare sotto silenzio il fatto che lo Stato nel 1987 ha incassato 28 miliardi più del previsto. Il disavanzo dello Stato doveva quindi diminuire di 70.000 miliardi, invece è aumentato di 10.000 miliardi; cioè in totale lo Stato nel 1987 ha speso in più, e noi diciamo immotivatamente, 40.000 miliardi. Questa cifra permetterebbe alle Regioni di vivere per 15 anni. Ci pare che sia più che ragionevole chiedere quindi al Governo e al Parlamento che venga affrontata con urgenza l'emergenza finanziaria in cui vivono le Regioni.
Penso che le Regioni abbiano complessivamente un deficit sommerso di 1500/2000 miliardi: ebbene, con il 5% di quello che lo Stato ha speso in più nel 1987 rispetto alle sue previsioni, si potrebbe risolvere l'emergenza finanziaria delle Regioni. Personalmente per me è un mistero il fatto che i Presidenti, le Giunte regionali, le forze politiche delle Regioni non pongano con forza questo problema all'attenzione di Governo e Parlamento.
Occorre avviarci, a partire dalla Regione Piemonte, su questa strada! Ci sono poi delle proposte che possono avere una risposta anche a tempi brevi senza gravare sul bilancio dello Stato e ne cito alcune: abbiamo preso atto dalla relazione dell'Assessore che c'è un impegno a formulare una gamma di proposte; noi presenteremo in allegato alla relazione di minoranza un documento in cui avanziamo altre proposte su cui saremo ben lieti di confrontarci. Riteniamo, però, che senza gravare sul bilancio dello Stato alcune cose possono essere ottenute dalla Regione; ci riferiamo alle somme del FIO che ormai da tre anni sono stanziate dalla Finanziaria.
Ebbene si ripartiscano le somme che sono ferme nelle casse dello Stato che si riferiscono al FIO; solo con queste somme potremmo risanare da subito le finanze regionali senza gravare ulteriormente su quelle dello Stato e aumentare il deficit del bilancio! Le altre strade che riteniamo possano essere percorse sono dettagliate nel documento che presentiamo. Una di queste è quella del consolidamento dei debiti che tutte le Regioni hanno; debiti che riguardano i mutui a pareggio e annualità pregresse che tutte le Regioni hanno oramai in bilancio. Per il Piemonte si tratta di un gravame sul bilancio annuale di oltre 200 miliardi dal 1988. Si tratta di interventi che la Regione ha fatto generalmente a favore della comunità regionale. Noi non abbiamo la bacchetta magica e non pretendiamo di dire come si deve affrontare immediatamente questo problema, certamente c'è un'esperienza alle spalle per quanto riguarda il consolidamento del debito pubblico. Possiamo dire che sia i mutui a pareggio sia le annualità riguardano oneri sostenuti dalla Regione per investimenti a favore della comunità regionale. Questa è una carta per confrontarci con lo Stato (Governo e Parlamento) affinché si faccia carico del consolidamento dei mutui e degli oneri delle annualità delle Regioni senza il quale le Regioni stesse non possono più funzionare.
In aggiunta alla chiusura dei fondi FIO (che ormai tutti ammettono sia diventata semplicemente una lotteria) e al consolidamento del debito pregresso delle Regioni, chiediamo che l'1% delle risorse che lo Stato destina, all'interno di ogni Regione, alle infrastrutture possa essere devoluto alle Regioni stesse per investimenti. Faccio un esempio: su 100 chilometri di strada il costo di 1 chilometro potrebbe essere devoluto alla Regione per propri interventi.
Noi pensiamo che solo in questo modo sia possibile dare una svolta alla situazione di emergenza in cui le Regioni si trovano.
Le Regioni e gli Enti locali non devono più presentarsi, come spesso se non sempre, è avvenuto, al Governo e al Parlamento "con il cappello in mano" a chiedere l'obolo, ma dobbiamo rivendicare il ruolo che le Regioni nonostante le difficoltà hanno svolto e continuano a svolgere nel Paese e sottolineare come senza le Regioni la nostra Repubblica difficilmente potrà avere un avvenire migliore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, dirò poche cose, perché non ho avuto modo di seguire la fase preparatoria di questo dibattito in I Commissione, di conseguenza ho dovuto esaminare il materiale solo negli ultimi giorni. Tuttavia formulo qualche proposta che sottopongo all'attenzione dell'aula.
Ci troviamo ormai di fronte ad una litania stanca, anno dopo anno, di concetti reiterati da parte del relatore di maggioranza, suo malgrado, di fronte ai quali non resta che prendere atto dello strangolamento progressivo delle autonomie locali e del decentramento regionale che viene attuato da autorità centrali dello Stato, che hanno nome e cognome, che sono parti politiche ben precise e in quanto tali vanno indicate con molta nettezza. Pensiamo che questo strangolamento costituisca un regalo di cui si debba ringraziare il pentapartito che governa il nostro Paese da decenni: "mutatis mutandis" è dal 1948 che si succedono alleanze con gli stessi partiti. E' vero che negli ultimi 25 anni abbiamo avuto anche la Giunta dei socialisti, ma stiamo parlando di lustri.



SANTONI Fernando

Non c'erano più i liberali!



STAGLIANO' Gregorio Igor

E' vero che il vostro apporto a queste compagini governative è a corrente alternata, ma il vostro contributo a questo strangolamento non è meno rilevante, proporzionalmente alle forze di cui disponete.
A noi pare che mettere in evidenza questo aspetto politico non sia così inutile; pensiamo che ci siano delle responsabilità precise che se non individuate con precisione finiscono per configurare il comportamento delle Regioni come questuanti o petulanti rispetto a risorse che sono date una volta per tutte per cui non c'è più nulla da fare.
Io non mi addentro nel ragionamento sulla scarsità di entrate complessive dello Stato perché questo ci porterebbe molto lontano su quanto lo Stato fa per recuperare le ingenti somme di evasione fiscale e contributiva che consentirebbero senza alcun dubbio di spostare queste risorse verso il soddisfacimento di bisogni elementari di cui gli Enti locali, le Regioni, sono maggiormente a contatto.
Questa è una presa d'atto, così come una presa d'atto è quella relativa alla differenza che è possibile registrare rispetto ai tagli, così come vengono configurati dalla Giunta.
Nei tagli complessivi, che sono già sensibili, i tagli alle risorse libere sono ancora più accentuati, il che configura le Regioni sempre più come passacarte di disegni di intervento politico rispetto ai bisogni della collettività che vengono determinati altrove e alle Regioni non rimane che adeguarsi ai vincoli determinati centralmente.
Per certi versi verrebbe da dire per fortuna, perché se dovessimo ad esempio pensare a come spendere le risorse cospicue destinate alla sanità vista la latitanza del titolare all'Assessorato in Piemonte ahinoi, almeno lì abbiamo un canale obbligato su cui operare.
Non vado oltre anche perché vedo che queste argomentazioni non interessano molto, ma nemmeno questa è una sorpresa! Dopo tre anni di litanie che non sono solo del relatore di maggioranza della I Commissione (povero lui perché si trova a fare i conti con dati precisi e scarsamente manipolabili, mentre le scelte politiche possono essere diversificate), ma forse anche dell'opposizione, io mi sorprendo perché tutte le volte che discutiamo di bilancio sento ripetere gli stessi concetti perché il quadro di riferimento è sempre quello, ma oggi c'è qualcosa di nuovo. Queste cose nuove sono la determinazione della opposizione di dare battaglia su alcune priorità, testimoniata dalla mole notevole di emendamenti presentata dal Gruppo comunista a cui partecipiamo anche noi con il nostro piccolo granello di sabbia.
Il numero degli emendamenti presentati è rilevante e può crescere da un momento all'altro, ma non è questo il punto. Noi vogliamo verificare, tra oggi e domani, se tante nostre parole sulle priorità sociali di cui abbiamo discusso ancora ieri trovano corrispondenza o meno.
Quindi noi ci siamo permessi (chiediamo scusa per il lavoro dato ai funzionari e all'Assessore) di presentare emendamenti che spostano 30.340 milioni di spesa prelevandoli da alcuni capitoli che ci pare opportuno dentro il quadro generale definito, ridimensionare per riaffermare priorità diverse. Tanto per cominciare, abbiamo individuato nel capitolo 8880 uno di quelli da "saccagnare", se si può usare questo termine improprio; ci riferiamo agli indennizzi agli agricoltori per danni di caccia. Voi sapete che noi siamo contro la caccia, abbiamo appena finito di discutere una legge che è presa a pretesto.



PRESIDENTE

Credo che si tratti degli indennizzi per i danni prodotti dalla selvaggina.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Vedremo se si tratta di danni prodotti dalla selvaggina o dai cacciatori.
La ringrazio per tutti i suggerimenti che vorrà dare nel corso della discussione, confesso che è la prima volta che proviamo ad addentrarci nella materia in maniera più specifica, non abbiamo senz'altro la sua esperienza, quindi può darsi che ci sia qualche imprecisione nei nostri ragionamenti, ma non nelle priorità politiche che pensiamo di dover sottoporre all'attenzione dell'Assessore e dei colleghi.
Ci sono in poche parole delle voci, in particolare nel settore dell'agricoltura che chissà perché gode sempre ottima salute e io devo dare atto lo faccio volentieri, la prego di credermi Assessore - alla sua operosità concreta in questo campo, però si taglia da tutte le parti l'unico settore che resiste alle "intemperie" politiche è l'agricoltura.
Noi non siamo animati da spirito di vendetta nei confronti dell'agricoltura che riteniamo essere settore notoriamente strategico poiché garantisce il cibo a tutti quanti, magari con qualche sovrappiù che grava anche sulle casse dello Stato o della Comunità Economica Europea (qualche migliaio di miliardi), però più che altro per un principio di equità diciamo che se si deve tagliare bisogna farlo equamente da tutte le parti.
Abbiamo individuato alcuni capitoli di spesa che, a nostro avviso consentono di affrontare con maggiore nettezza e determinazione alcune piaghe sociali. I nostri emendamenti nostri sono finalizzati ad accrescere i fondi per lo sviluppo dell'occupazione, per lo sviluppo della formazione professionale pubblica, per la tutela ambientale. Abbiamo anche sottoscritto emendamenti di altri Gruppi perché vogliamo che agli impegni assunti in presenza dei cantieristi di lavoro quando si concorda sulla necessità di dare sbocco a situazioni disperate, si sia conseguenti.
Per il momento ci siamo contenuti ad un numero limitato di emendamenti ma che riteniamo qualificanti rispetto ad alcune priorità che ci sembra opportuno segnalare. Naturalmente dipende anche dallo svolgimento della discussione su queste questioni come gradueremo il nostro intervento sulla materia.
Dopo tre anni abbiamo provato a tradurre concetti in proposte di manovra finanziaria precisa sul bilancio, speriamo di fare cosa utile non soltanto per il Consiglio, ma soprattutto per l'intera collettività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho chiesto di intervenire soltanto perché non avevo potuto parlare in occasione del dibattito sulle cosiddette riforme istituzionali, che è stato un dibattito guidato dall'alto e non ha permesso un'accentuazione di posizioni differenziate all'interno del Consiglio sulla concezione dello Stato, della società e sulla applicazione o meno della Costituzione. Mi pare quindi che l'occasione del bilancio di previsione possa permettere una riflessione più puntuale anche sullo stato dei rapporti istituzionali tra l'accentramento statale e il decentramento che si è tentato di sviluppare in questi anni.
E' chiaro che - forse in quest'aula non è stato detto perché non si ha il coraggio di dirlo fino in fondo - noi siamo di fronte ad una crisi quasi irrecuperabile del ruolo e della identità dell'istituto regionale.
Istituto regionale che ha segnato un momento di grandi speranze per uno Stato decentrato non solo burocraticamente, ma anche politicamente, in grado di dare voce a quello Stato delle Autonomie sino al momento della costituzione delle Regioni che è stato abbastanza soffocato.
Le Regioni non sono state in grado di esprimere appieno il ruolo a cui erano preposte: la ricostruzione dal basso di uno Stato dei cittadini della comunità rispetto a uno Stato accentratore e burocratico. Le Regioni hanno nella sostanza, con parentesi di tentativi diversi, avallato la tesi che soltanto una forte concentrazione ai livelli esecutivi del potere, sia nello Stato che nelle Regioni, può garantire un sistema di potere che in qualche modo le forze politiche in questo Paese si sono via via assunte nell'ambito di uno stravolgimento del ruolo e delle funzioni dei partiti stessi previsti dalla Costituzione repubblicana.
Questo fallimento dà la possibilità reale di uscire da una impasse che soffoca le Regioni dal punto di vista dei finanziamenti? E' sufficiente aprire un livello di rivendicazione nei confronti dello Stato, del potere centrale, per avere credibilità di ottenere un'autonomia di finanziamenti tale che le Regioni possano sviluppare una politica? Credo che approcciare il problema da questo punto di vista avalli la tendenza consolidata delle Regioni di essere sostanzialmente una copia dello Stato portata ai livelli decentrati. Questa non può essere la strada che garantisce effettivamente alle Regioni uno spazio politico, di autonomia, quindi uno spazio anche finanziario in grado di dare voce e forza allo Stato delle Autonomie.
Da un lato il fallimento delle Regioni dal punto di vista della capacità di proporre innovazioni anche istituzionali e di rapporto tra istituzioni e cittadini e dall'altro lato un rafforzato, per fortuna, ruolo di tenuta dei Comuni che in questo momento stanno garantendo quel tenue filo di rapporto tra istituzioni e cittadini avendo essi ancora mantenuto una certa credibilità in questo rapporto, fanno sì che le Regioni non possano aprire con una certa credibilità un rapporto nuovo con lo Stato.
La mia considerazione è del tutto pessimistica proprio perché è chiaro che quando la politica dei partiti, che dovrebbe garantire e prefigurare uno Stato delle decisioni decentrato, non sviluppa al suo interno una tale politica, ma fa sì che le decisioni, anche a livello di maggioranza o politica locale, vengano predeterminate dalle segreterie nazionali dei partiti, è del tutto evidente che questi partiti, che dovrebbero essere l'asse fondante di uno Stato delle Autonomie, sono accentrati nel potere delle loro segreterie, non possono avere né la credibilità e tanto meno la forza per dare spazio politico alle istituzioni locali.
Quindi parlare soltanto di possibilità di mettere in piedi dei meccanismi assai deboli come quello della Conferenza delle Regioni per aprire quasi in modo rivendicativo con lo Stato spazi non molto ampi ad esempio sul piano dei finanziamenti o sul piano del decentramento di decisioni politiche mi pare cosa del tutto irrilevante che non possa che aggravare la situazione di fatto e quindi la crisi di identità delle Regioni.
A questo bisogna aggiungere che il relatore di maggioranza, sia pure in modo velato, oscuro ed ambiguo, ha lasciato intravedere una certa autocritica della maggioranza a livello locale, ad esempio nel fatto di non avere con chiarezza e in modo sufficiente attuato e definito un programma regionale di sviluppo in grado di indicare le linee portanti di una politica di rilancio del ruolo della Regione anche per riacquisire la credibilità perduta con i livelli più decentrati come le Amministrazioni comunali.
C'è sicuramente una crisi nella crisi: viviamo in una Regione dove il rapporto tra Comuni e Regione è di totale e completa sfiducia se è vero come è vero che il recentissimo episodio dell'ex Assessore Cerutti è la conferma del tentativo di mantenere questo rapporto attraverso la politica del clientelismo che è stata fatale alle istituzioni e alla democrazia del nostro Paese.
Risentiamo anche dell'incapacità nostra di sviluppare in questo senso una politica e il bilancio risente inevitabilmente di questo; non è problema di un Assessore o puramente di carattere ragionieristico, è una politica carente che in questo quadro nazionale rende impossibile alla Regione di attuare positivamente il proprio ruolo.
Vorrei ancora dire, proprio perché ciò rimanga agli atti, che non tutti i gatti sono bigi e quindi probabilmente esistono delle voci dissenzienti che non ci stanno a ridisegnare un quadro che in qualche modo ricostituisca quel sistema di solidarietà tra i partiti senza quella dialettica che si esprime non solo nel dibattito istituzionale, ma anche nella capacità di elaborare, di progettare, ipotesi alternative.
Vi sono alcuni aspetti da sottolineare. Preoccupa il fatto che nella relazione (su questo l'Assessore non ha corretto il tiro) venga detto che sulla sanità esistono 3.754 miliardi di cui la Regione è mero organo distributore e che quindi si abdica ad una funzione che si era tentato di sviluppare con il Piano socio-sanitario regionale che tentava, pur nell'ambito di direttive nazionali, di qualificare adattandola alle realtà locali della spesa sanitaria privilegiando determinati settori ed interventi piuttosto di altri. Non mi pare che si possa dire che il vincolo delle destinazioni sia tale da non permettere una politica da parte della Regione. E' del tutto evidente che nel campo della sanità la Regione potrebbe diventare l'interlocutore di un processo di intervento programmatorio ed operativo per intervenire su alcune macroscopiche incongruenze che non sono tanto il problema degli "ospedali sì" o degli "ospedali no", quanto dell'efficienza della sanità. Faccio un esempio concreto: qualcuno ha sottolineato in sede di consultazioni l'orientamento sugli orari flessibili; mi pare che non vi sia in questo campo un'impossibilità di intervento da parte della Regione. La Regione è corresponsabile nella politica delle farmacie: abbiamo permesso che si approvasse una legge sulle farmacie che taglia fuori dagli orari normali intere aree della nostra Regione, le aree ai margini per cui proprio attraverso la turnazione delle farmacie e in mancanza di rapporti organici all'interno delle singole UU.SS.SS.LL. nelle zone periferiche chi volesse adire ad una farmacia di turno e non avesse propri mezzi di trasporto non può farlo. Faccio esempi di questo tipo per dire come sia possibile, senza fare grandi voli pindarici, operare.
Mi riferisco anche ad altri aspetti. A proposito dell'innovazione tecnologica si è detto che con lo stanziamento di 15 miliardi è possibile intervenire in settori strategici in tale campo. Sarei molto più modesto e questo aspetto non l'avrei neanche nominato perché la legge che è stata approvata presenta molti elementi di equivocità sul piano delle priorità; è quindi un classico esempio da mettere da parte perché in questo settore è vero che in mancanza di mezzi e di potere della Regione non si può neanche tentare una politica. E' anche vero però che un rapporto di consorziamento tra Regione, Università e strutture private in settori strategici della ricerca e dello sviluppo tecnologico, potrebbe ridare fiato e rilanciare il tessuto produttivo e scientifico della nostra Regione.
Vorrei fare ancora un esempio perché mi pare gravissimo che si sia accettato il ridimensionamento dello stanziamento relativo alla formazione professionale. Un taglio di questo livello nel settore formativo che è strategico dell'operatività e della politica che può svolgere la Regione ci preoccupa e tale situazione deve essere affrontata e rivista.
Vista l'impossibilità di un intervento politico programmatorio e la mancanza di una maggioranza in grado di reggere la scommessa di rilancio di identità e di ruolo della Regione, è necessario capire in quali settori oggettivamente la Regione può operare e determinare non solo dei cambiamenti, ma delle sollecitazioni importanti abbandonando un'ambizione inaccettabile dal punto di vista della caduta di identità di ruolo e politica della Regione e puntare marginalmente su altri settori enfatizzandoli inutilmente. Per essere concreto mi pare debolissimo in questo senso il ridimensionamento di modestia che dovremmo avere e ritengo irrilevante ed assai preoccupante il discorso sulla formazione, ma tutto il tema della qualità della vita, e in esso il discorso del recupero delle aree urbane e periferiche degradate, ha nel bilancio un elemento di marginalità. Ciò dimostra la mia affermazione politica di debolezza ed incapacità.
Vorrei ancora dire, nell'ambito della modestia degli interventi, che la nostra Regione ambiziosamente continua a parlare di grande viabilità nazionale ed internazionale, ma poi abbandona una seria politica di valorizzazione dei collegamenti comunali, intercomunali e provinciali. La nostra Regione può volare molto in alto sapendo che volando in alto non ha poteri, non ha forza politica, non ha credibilità per poterlo fare abbandonando potenzialità che invece potrebbe sviluppare. Ecco perch abbiamo presentato, il sottoscritto con altri Consiglieri, alcuni emendamenti volti a dare concrete indicazioni che al di là di una modestia non possono andare. Modestia per il fallimento delle Regioni in questo Paese, che è anche dovuto ad una crisi delle forze politiche che non sono in grado, ma probabilmente non hanno neanche la credibilità, di rilanciare quello Stato delle Autonomie che sarebbe fondamentale per rappresentare effettivamente gli interessi reali dei cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho l'impressione che si stia sviluppando un dibattito molto importante e i contributi venuti, non solo la relazione del Presidente della I Commissione e l'intervento dell'Assessore Croso, che sono stati particolarmente significativi, ma anche quelli emersi finora sono meritevoli di un'attenzione particolare.
Siccome noi riteniamo che si debba andare a compimento di questo dibattito in modo positivo e producente, cercando di non fare guerre di logoramento o guerre per sbaglio, il Gruppo socialista suggerisce, proprio per evitare uno sfilacciamento del dibattito, forse anche per alcune incomprensioni che sono date da oggettive difficoltà, di effettuare una breve sospensione dei lavori tale da permettere ai Gruppi di maggioranza e alla Giunta di compiere una rapida valutazione per arrivare a una determinazione che possa essere utile a una soluzione ragionevole, positiva e importante, evitando di arrivare al tempo quasi scaduto di questa vicenda con soluzioni forzate, laceranti, che probabilmente lasciano poi il segno per la validità del lavoro futuro di questa assemblea.
Spero che questa proposta trovi l'adesione anche degli altri Gruppi.
Chiediamo una sospensione ragionevolmente breve per permettere non solo alla Giunta di fare una valutazione dei primi importanti elementi emersi dal dibattito, ma anche ai Capigruppo per dare un senso di operatività a queste sedute perché - dobbiamo dircelo francamente il dibattito che si prospetta a fronte degli emendamenti presentati non potrà comunque configurarsi, almeno nei termini temporali avendo una scadenza più ridotta come il dibattito relativo alla caccia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Noi non siamo contrari a sospensioni se richieste dalla Giunta e non dai Gruppi, ma accogliamo la richiesta solo dopo che mi sarà stato consentito di esplicare il mio intervento. Dato che si considera così importante il dibattito desidero inserirmi, poi se la Giunta accogliendo la proposta di Tapparo vuol chiedere una sospensione, ci adegueremo. "Pacta sunt servanda" anche tra i Gruppi di maggioranza, per cui i comportamenti e le linee vanno concordati.
Trovo che il dibattito è interessante, ma non è un dibattito sul bilancio, bensì sulla finanza locale: e che parte dal presupposto che la situazione delle Regioni è fallimentare. E' un discorso talmente assodato che è giusto sia approfondito in questa sede, però non è assolutamente un elemento di novità, anche se è un elemento significativo. Nel dibattito sulle riforme istituzionali noi avevamo già toccato questi elementi con particolare approfondimento. Avevamo posto in evidenza gli aspetti di gravità della situazione finanziaria di tutti gli Enti locali.
Il sen. Triglia (Presidente Nazionale ANCI), nella relazione che consegue all'indagine sulla finanza degli Enti locali, ha presentato una situazione drammatica degli stessi Comuni che pure sappiamo tutti si trovano in una situazione migliore di quella nella quale si trovano le Regioni: "il 70% dei Comuni dichiara di non avere la possibilità di chiudere il bilancio in pareggio", in pareggio reale perché quello formale si può sempre raggiungere gonfiando le entrate, salvo poi trovarsi i rilievi della Corte dei Conti che adesso comincia a chiedere conto agli amministratori del perché queste entrate previste non si sono concretate.
Il sen. Triglia mette ancora in evidenza che "il disavanzo del sistema delle autonomie locali è del 6,70% della intera spesa corrente": è una cifra enorme! V'è una situazione di disavanzo sommerso che si sta ricreando lentamente nel sistema delle Autonomie locali dopo il conseguimento del pareggio (che era sostanziale e non soltanto formale) conseguente alla riforma e ai ben noti Decreti Stammati, dopo il ripianamento di tutti i debiti del sistema delle autonomie locali e i bilanci coperti a pie' di lista con l'intervento statale. Adesso siamo in una situazione diversa molto più pesante, e lo siamo in un momento in cui c'è a monte lo "stato" del bilancio dello Stato: si costituisce oggi un governo che deve risolvere due problemi contrapposti. Si dice che "il Governo deve rientrare nel deficit di almeno 10.000 miliardi", Ciampi dice di 7.000 miliardi e De Mita nel suo discorso ha affermato che dal deficit si deve rientrare, ma come si può rientrare? Nessuno si sente di dire che si deve rientrare tagliando delle spese perché nessuno sa dove tagliarle al punto che le proposte che emergono oggi sono tutte sul fronte delle entrate, anche le più avveniristiche.
Da un lato c'è la nuova strigliata di pressione tributaria, dall'altro c'è addirittura il problema della alienazione di una parte di patrimonio per coprire in via eccezionale il deficit pubblico per ridurlo, perch sulla parte delle spese il discorso appare voluto da tutti, ma nella sostanza da tutti considerato velleitario.
Abbiamo dunque un Governo nazionale che si trova nelle condizioni di dover operare, da un lato, sulla riduzione del deficit pubblico come condizione necessaria per garantire la competitività nazionale e per contenere o ridurre l'inflazione; dall'altro lato, a stimolare la ripresa economica per vincere il grande dramma del momento che non è tanto la scarsa produzione o la validità economica del sistema, quanto l'occupazione. Di fronte ad un problema così complesso anche quello del trasferimento dei fondi alle autonomie locali assume tutta una rilevanza particolare, ma non presenta una facilità di soluzione perché un'azione di rivendicazione delle Regioni non è facile, dobbiamo averne consapevolezza al di là della esigenza, perché se non abbiamo presente il quadro complessivo è difficile che noi possiamo correttamente pensare di collocarci su una questione così complessa come quella che emerge dal dibattito di oggi.
Ripeto, più che un dibattito sul bilancio stiamo facendo un dibattito sulla finanza regionale e sulla sua insufficienza. E vengo alle argomentazioni di Biazzi, molto complesse sul passato e sul presente, in ordine alle quali siamo perennemente divisi, anche se credo che arriveremo ad un punto di incontro dopo una situazione aggiornata del deficit sommerso che evidenzi come si è mosso rispetto al 1985. L'Assessore ha fatto delle dichiarazioni sulle scelte del 1983, ma non ha detto che il deficit non si sia ridotto, anzi la relazione dell'Assessore afferma che il deficit si è ridotto. Croso lo ha detto con chiarezza e lo ha sostenuto anche il relatore Santoni basandosi su dati reali nonché sulla relazione della Giunta. Nella sostanza, dall'85 in poi ed anche con l'adozione di questo documento si opera una riduzione del deficit sommerso su due fronti, che tra l'altro sono anche elencati sia nelle parole dell'Assessore sia nella relazione di Santoni. L'entrata delle tasse di circolazione è mantenuta costante come previsione di fronte ad una realtà di ascesa e quindi si è contenuto, nella sostanza, la previsione ed il deficit reale e anche nelle reimpostazioni si è contenuto il deficit reale non coprendole con mutuo.
Quindi è comunque in corso, al di là di ogni altra considerazione, una operazione di contenimento del deficit reale della Regione. Caro Biazzi, tu sostieni le tue idee ed io le mie documentandole.
E' in atto questa operazione di contenimento, piaccia o non piaccia, e verrà avanti dall'esame delle cifre che andremo a fare insieme. Di fronte al bilancio non ci si può limitare all'esame delle entrate e delle uscite dell'anno, giacché ci sono in gioco gli elementi delle passività preesistenti (i residui passivi e le reimpostazioni) e delle attività preesistenti (i mutui); l'operazione è complessa e non la si può limitare soltanto a due addendi o a un addendo e un sottraendo, ma occorre vedere tutto il complesso per valutare se il deficit decresce. Si vedrà allora che il deficit reale sta decrescendo e che comunque è in atto un'azione di contenimento.
Qual è il senso della proposta comunista? Si dice: in deficit siamo (e lo sappiamo tutti) anche noi come tanti Comuni. Invece di seguire la linea del contenimento del deficit, che è la linea perseguita, programmata dalla Giunta e in fondo da tutti accettata, si dice facciamo un grande "slump" andiamo "keynesianamente" a creare un deficit aumentando le spese senza prevedere le entrate, perché questa è la proposta. Ma sotto il profilo della legge non si può aumentare le spese senza prevederne le entrate perché si andrebbe in disavanzo non solo sostanziale, ma anche formale. E il disavanzo formale la legge non ce lo consente; né ci consente di aumentare le spese e di inventare delle entrate come il consolidamento dei mutui. Non è che non sia stato chiesto il consolidamento; quello dei mutui riguardanti i contributi agli Enti locali è stato chiesto dal Presidente della Giunta ripetutamente al Ministro Goria in più occasioni, ma non si è mai riusciti ad arrivare a questo. Non possiamo mettere nelle entrate il consolidamento dei debiti, perché ci verrebbe depennato e la legge sul bilancio verrebbe respinta. Non credo che nessuno,nemmeno l'opposizione voglia lasciare la Regione senza un bilancio approvato, anche se certi atteggiamenti farebbero supporre l'opposto. Una delle proposte è questa.
L'altra proposta è di coprirci con i fondi del FIO, ma questa è una richiesta che va fatta al Governo. Non credo che possiamo far aumentare un bilancio che è in deficit coprendo le entrate con delle richieste al Governo: è chiaramente illegittimo. Sono fondi a destinazione vincolata bisognerebbe cambiare l'intera impostazione legislativa.
Un'altra proposta ancora sarebbe quella di prendere l'1% del bilancio dello Stato sulle infrastrutture, ma anche queste sono proposte di contenzioso con lo Stato; e questo non si può aprire approvando un bilancio che ci verrebbe bocciato se basato su entrate inventate. Il contenzioso con lo Stato non lo si può aprire attraverso delle poste di bilancio inesistenti, questo deve esserci chiaro! Perché ciò significa farci bocciare il bilancio e andare ad assumere chiaramente una posizione velleitaria, per questo ho voluto collocarmi a questo punto del dibattito.
La sospensione è interessante, ed è interessante anche affermare "vogliamo fare un'azione rivendicativa?". Chi non è disposto a fare un'azione rivendicativa! Noi certo, ma non attraverso l'approvazione del bilancio.
Vengo infine alla richiesta di revoca della delibera che è stata specificatamente avanzata; non entro nel merito della metodologia, mi limito agli aspetti finanziari del problema. Sugli aspetti finanziari riprendo il ragionamento esposto in Commissione: tutto si può dire sui miliardi di ulteriore impegno in annualità che si sono andati ad assumere con quest'anno e con l'anno precedente. Ci sono aspetti negativi, però non c'è dubbio che vi è un aspetto positivo forte ed è l'utilizzo di 6.250 milioni sugli ultimi due anni, e non si può negare che sia stata attuata una moltiplicazione della spesa, perché la proposta che fece Biazzi in Commissione che poi qui ha ritirato ne è la dimostrazione più vera. Biazzi in Commissione affermava: "potremmo fare un mutuo come Regione di ulteriore copertura e utilizzare noi questi fondi in incremento, direttamente".
Questo discorso non regge, perché per fare un mutuo come Regione dobbiamo avere una capacità di indebitamento, invece attraverso il meccanismo adatto noi utilizziamo la capacità di indebitamento dei Comuni ed è questa la cosa che sfugge, che la nostra capacità di indebitamento è teoricamente impegnata al massimo per ottenere questi risultati di bilancio: non abbiamo più possibilità.
Se il vero problema è allora rivendicativo, chiediamo un aumento della capacità di indebitamento, chiediamo di poter contrarre mutui colla Cassa Depositi e Prestiti a condizioni facilitate. In tema di richieste si possono chiedere infinite cose.
Noi siamo disposti ad aggiungerne molte alle tre che i comunisti hanno indicato, ma siamo seri: non attraverso emendamenti al bilancio perch questi devono avere una copertura e la copertura non può essere "una rivendicazione contro lo Stato", è una cosa che non sta in piedi. Noi siamo disposti a tutti i confronti richiesti, ma quando si discute il bilancio occorre discutere il bilancio, perché questa ipotesi di grande rilancio della spesa e del deficit così improvvisa ci sembra contraddittoria con tutto il discorso che abbiamo sostenuto, teso invece a risanare la situazione finanziaria della Regione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Croso.



CROSO Nereo, Assessore al bilancio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, dopo questa prima tornata di interventi a seguito delle considerazioni emerse credo sia opportuna una fase di riflessione da parte dell'esecutivo. Chiedo al Presidente una sospensione dei lavori che permetta uno scambio di opinioni all'interno della Giunta; peraltro il dibattito prosegue sulla linea di un confronto costruttivo che, anche dal punto di vista istituzionale, salva il ruolo e il prestigio della Regione al di là delle proposte di emendamento presentate che possono essere riconsiderate alla luce di un rapporto corretto come mi pare dall'inizio di questo dibattito stia emergendo.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 17,15 riprende alle ore 19,20)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La parola al Presidente della Giunta.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, svolgo una breve dichiarazione che giunge al termine di questa giornata che ci ha visti impegnati in un sofferto momento di ricerca per tentare di dare delle risposte ai non pochi problemi che sono stati sollevati. Solo una parte dei problemi, perché devo convenire che il dibattito appena aperto si è anche per altri aspetti quasi spento con immediatezza per dare luogo a quei confronti al di fuori dell'aula che parrebbe - almeno così mi è dato di dover avvertire - possano divenire produttivi di un momento più ampio, risolutorio di un'impasse che ci metterebbe tutti, maggioranza e opposizione, in difficoltà, nel senso che istituzionalmente siamo chiamati a dover gestire la comunità per darle strutture ed elementi organizzativi e la posta finanziaria non è trascurabile perché la comunità stessa possa essere gestita.
Il dibattito avrà un suo prosieguo, per cui anche la risposta mia è del tutto contenuta e la Giunta e gli Assessori si riservano, alla conclusione degli interventi, di dare delle risposte e per aree e complessivamente come impostazione politica del bilancio.
La Giunta ha in parte esaminato gli emendamenti presentati: non è ovviamente nella condizione di averli potuti analiticamente approfondire tutti perché taluni sono stati visti solo nella giornata di oggi; quelli che ci sono stati presentati nei giorni scorsi per la verità sono stati oggetto di riflessione e di non pochi approfondimenti. La Giunta intende valutare questi emendamenti che sono stati, peraltro, illustrati per grandi linee con riserva di approfondimenti da parte del collega Biazzi e all'interno delle singole aree proposte vorrebbe stabilire, a sua volta degli approfondimenti.
La dimensione, non tanto cartacea, degli emendamenti ma finanziaria come prodotto degli stessi è tale che evidentemente propone qualche interrogativo e mette la Giunta nella condizione di dover capire che si pu andare come atto di buona volontà, per segnale di attenzione a stabilire un certo percorso, ma al di là di limiti che oggettivamente sono stati rilevati da tutti, maggioranza ed opposizione, senza rilevare momenti di contraddizione tra gli interventi che da un lato dichiarano lo sconquasso della possibilità finanziaria di spesa e dall'altro stabiliscono o sollecitano determinazioni per le quali questo sconquasso anziché essere contenuto accresce le difficoltà.
La Giunta intende valutare questi emendamenti, approfondirli all'interno delle singole aree e senza turbare nei termini di sostanza il grosso processo di ricerca che l'Assessore Croso ha da tempo iniziato per tentare di fare riaffiorare, non tanto il vero, ma condizioni di vivibilità dello stesso bilancio. Intendiamo manifestare un segnale di attenzione verso i proponenti cosicché meno rigide diventino le occasioni di confronto, pensando oltretutto che oggi c'è questo atto che ha degli spazi di sostanza nel suo interno e che, evidentemente, non può essere snaturato nella sua complessità, ma che a sua volta prefigura successivi momenti di impegno, impatti e scadenze che possono essere rinvenute attraverso l'assestamento di bilancio ed eventuali note di variazione. Si tratta di un gesto di buona volontà da parte della Giunta, non nel senso di rendere dei benefici ad una parte o ad altre di questo consesso, quanto di penetrazione delle motivazioni che hanno indotto le parti a proporre gli emendamenti.
Chiedo alla cortesia del Presidente e quindi dell'aula di voler consentire alla Giunta la possibilità di stabilire un approfondimento riprendendo i lavori quando il Consiglio e la Conferenza dei Presidenti riterranno di doverlo fare. Mi parrebbe improponibile continuare i lavori questa sera anche perché vorremmo, avendo raccolto altri segnali che poi alla fine appartengono a tutti perché sono già riecheggiati nel recedente dibattito sulla riforma istituzionale del 19 aprile, proporre un nostro indirizzo, un ordine del giorno o comunque un documento sulla finanza locale, che possa costituire un elemento deciso di confronto con chi è chiamato a stabilire nei nostri confronti, a livello centrale, il canale più vivace e più aperto per una verifica e soprattutto perché, una volta per tutte, si abbiano a capire le difficoltà entro le quali noi ci troviamo a dibattere i problemi della finanza delle Regioni.
Concludo ribadendo che al termine degli interventi dei Gruppi i singoli Assessori, l'Assessore delegato al settore, il Presidente per quanto possa occorrere, daranno delle articolate risposte e cercheranno di approfondire le situazioni più delicate che sono già state sollevate in quest'aula quelle che ne possono determinare anche il surriscaldamento e creare tensioni, allo scopo di offrire un ulteriore contributo alla ricerca di quegli spazi di verità che maggioranze e opposizioni stanno rivendicando nella giustezza della aspirazione che hanno di collocarsi pulitamente e con trasparenza davanti alla comunità piemontese.
Quindi anche per questo particolare settore chiedo alla cortesia dei colleghi - non sto parlando in chiave ermetica di voler suggerire una penetrazione di tutte le fasi, le voci e gli interventi. Gli Assessori risponderanno ai problemi sollevati all'interno della discussione del bilancio per le singole aree, in particolare su quelle situazioni delicate per le quali la risposta è davvero necessaria.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, mi sembra chiaro il tono e l'intento che la Giunta manifesta attraverso il suo Presidente, cioè di un dialogo e di un confronto fra tutte le forze politiche del Consiglio, quindi sostanzialmente un riconoscimento del valore delle parti che ogni singola forza politica ha portato in quest'aula nell'ambito del dibattito sul bilancio.
I lavori proseguiranno dunque domani in ordine al bilancio di previsione per l'anno finanziario 1988.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,30)



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