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Dettaglio seduta n.135 del 27/04/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 1163 dei Consiglieri Sestero, Adduci, Dameri e Calligaro.
Risponde l'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con l'interpellanza in oggetto i Consiglieri Sestero, Adduci, Dameri e Calligaro, in riferimento ai contributi per la gestione, il funzionamento e la manutenzione degli asili nido comunali previsti dalle leggi regionali n. 3/73 e n. 32/84 e con l'accenno specifico a quanto accade nel Comune di Vinovo, chiedono di sapere: se non si ritenga che la Regione debba svolgere controlli per garantire l'utilizzo finalizzato del contributo se lo scopo dell'intervento regionale previsto dalla legge non vada riaffermato con modalità diverse di procedura che pongano i Comuni in condizione di sostenere il servizio e di contenere i costi per l'utenza.
In proposito si considera opportuno precisare preliminarmente che la normativa vigente, in particolare la L.R. n. 32/84, prevede all'art. 2 che i contributi regionali siano finalizzati principalmente: 1) a porre gli asili nido comunali esistenti in condizione di utilizzare al massimo i posti di cui dispongono, anche favorendo intese fra i Comuni e attuando ogni possibile accorpamento di utenza 2) a rendere il funzionamento e la gestione degli asili nido comunali pur nel rispetto delle differenti esigenze locali, per quanto possibile uniformi e omogenei, per quantità e qualità delle prestazioni, su tutto il territorio regionale 3) a promuovere le condizioni strutturali, ambientali e funzionali maggiormente idonee a favorire il contenimento e la riduzione dei costi di gestione, il miglioramento del servizio e l'inserimento dei bambini handicappati 4) ad adeguare le strutture degli asili nido ex OMNI, secondo quanto previsto al successivo art. 4 5) a realizzare nuovi asili nido, ove se ne verifichi la concreta esigenza in rapporto al fabbisogno del servizio.
I contributi regionali sono sempre stati erogati nel rispetto di tali indicazioni.
Va altresì ricordato che in base a disposizioni di legge (art. 12 del D.L. 31/8/1987 n. 359 convertito con modificazioni dalla legge 29/10/1987 n. 440) coloro che usufruiscono di un servizio pubblico a domanda individuale sono tenuti a concorrere ai relativi costi nella misura del 32 per l'anno 1987.
L'Amministrazione regionale, sulla base della soprarichiamata normativa e ben conscia degli alti costi del servizio di asili nido che richiede strutture e personale specializzati, concorre annualmente alla spesa sostenuta dai Comuni con un notevole contributo finanziario, che nel 1987 è stato di L. 717.000 per posto-bambino, a cui si aggiunge la somma di L.
866.000 per la media di bambini accolti, un ulteriore importo di L.
2.400.000 è previsto in caso di inserimento di bambini handicappati secondo i nuovi criteri che da due anni abbiamo applicato.
Per quanto attiene in particolare il Comune di Vinovo il contributo è stato assegnato nella misura di L. 35.366.000. L'asilo nido di tale Comune che ha una capienza di trenta posti e che è stato utilizzato mediamente nell'anno scolastico 1986/87 per sedici bambini, ha alti costi di gestione rispetto alla media dei bambini accolti essendo dimensionato per l'utilizzo ottimale.
L'Amministrazione regionale, fra i cui obiettivi è quello di favorire al massimo l'accessibilità ad un servizio così importante per le famiglie e per gli stessi bambini, sta attualmente studiando insieme agli amministratori comunali alcune soluzioni che consentano una migliore erogazione del servizio stesso a costi più contenuti.
Rispondendo specificatamente ai quesiti posti, si ricorda inoltre come l'erogazione del contributo avvenga dopo una puntuale fase di controllo nella quale si verificano il costo sostenuto dai Comuni, le entrate derivanti da rette ed altri eventuali proventi.
Lo scopo dell'intervento regionale, definito dalla legge e sopraillustrato, viene ogni anno riaffermato con il provvedimento di assegnazione dei fondi, i quali, proprio perché contributi integrativi sono finalizzati a sostenere il servizio e nei limiti della legge a contenere i costi per l'utenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, attraverso questa interpellanza volevamo da un lato porre una questione generale per quanto riguarda il servizio degli asili nido e dall'altro alcune questioni specifiche, dalle quali partirei nello svolgere il mio intervento.
L'Assessore ricordava legge, finalità e modalità di intervento della Regione sul piano amministrativo. C'è però un problema che non possiamo non porci: attraverso questa procedura la finalità del contributo regionale è quella di garantire il funzionamento del servizio, ma anche - come diceva l'Assessore - di riuscire ad abbassare i costi per l'utenza.
C'è un problema che noi abbiamo evidenziato nel caso specifico, ma che si presenta in molte altre realtà: il contributo regionale, nella fattispecie di 35 milioni, quindi di una certa consistenza, in realtà passa al di fuori della finalità di abbattere il costo per l'utenza. In questa realtà infatti il costo per l'utenza si aggira su cifre molto alte: circa 400.000 lire per alcune fasce, perché la procedura fa sì che la percentuale del 32% venga misurata sul costo globale sostenuto dall'Amministrazione. Di fatto quindi il contributo regionale non entra ad abbassare la spesa del Comune per far sì che di conseguenza anche la percentuale che la legge impone al Comune di pagamento dell'utenza per il servizio a domanda individuale venga abbassata.
Se nella procedura di erogazione dei finanziamenti si modifica lo schema di costo e il contributo regionale entra ad abbassare i costi che il Comune realmente sostiene si può ottenere il risultato di far pagare all'utenza cifre che permettano un uso non troppo selezionato di un servizio di questo genere.
Questo è il primo problema che ponevamo. L'Assessore nel merito non ha risposto se non dicendo che il contributo è stato dato, come del resto in altre realtà. C'è però il problema di verificare se non si possa, nella modalità di richiesta della domanda e della definizione del 32%, far sì che il contributo regionale rientri in questi costi e computato a scarico delle spese che il Comune sostiene, se vogliamo raggiungere l'obiettivo che per i Comuni e per l'utenza diventi sostenibile, da un lato l'erogazione dall'altro l'utilizzo di questo servizio, perché altrimenti sono risorse che entrano nel bilancio di un Comune, ma in termini assolutamente generali, per cui la necessità di finalizzazione non è più riscontrabile nei rapporti del servizio. Questo è un aspetto che deve essere affrontato e risolto perché si inserisce su una questione più ampia.
L'Assessore saprà bene che questo tipo di servizio è fortemente in crisi. I suoi costi, e per l'utenza e per l'ente locale, fanno sì che sia uno di quei servizi che più facilmente nella stretta finanziaria a cui sono sottoposte le Amministrazioni locali rischiano di saltare, di non essere più erogati.
La legge che l'Assessore richiamava ha la finalità di favorire lo sviluppo di questo servizio per la cui istituzione ci fu una forte pressione sociale legata a molte questioni che riguardavano la condizione femminile, il ruolo della donna nella famiglia e la sua possibilità di entrare nel mercato del lavoro, ma anche questioni più delicate di tipo educativo, pedagogico, igienico-sanitario.
Sulla base della convinzione che questo sia un tipo di servizio irrinunciabile per tutti questi motivi e se devono restare, come penso, le finalità definite dalla legge che motivano la spesa sostenuta dall'Ente Regione, per favorire lo sviluppo di questo tipo di servizio, credo sia necessario verificare se nella pratica si ottengono ancora risultati, se le risorse impiegate dalla Regione sono sufficienti, se il rapporto tra Regione ed enti locali fa sì che quelle finalità siano ancora rispettate e se non si debba, partendo dalla verifica puntuale dello stato generale di questo tipo di servizio, aprire una fase di approfondimento e di elaborazione allo scopo di aggiornare le caratteristiche e le modalità del servizio. Questo è un compito che la Regione si deve assumere. Non credo si possa continuare ad assistere, pur in un persistente impegno di spesa che la Regione sostiene, ad una progressiva riduzione, ad una crisi diffusa e permanente del servizio, senza che ci si ponga il problema di come ricreare le condizioni perché questo possa rispondere ad esigenze dell'utenza che forse sono anche mutate.
Per questo motivo dico che si può anche pensare ad un modello di servizio rinnovato rispetto a quello un po' rigido che si era definito negli anni scorsi. Se non si fa questo ripensamento, le risorse finanziarie che la Regione e i Comuni impegnano in questo settore non riescono a garantire un servizio reale per l'utenza che non può utilizzarlo per i suoi alti costi e che quindi produce un altro effetto di sottoutilizzo e di ulteriore aumento dei costi.
Chiediamo pertanto all'Assessore Carletto di aprire in sede di Commissione questa discussione per arrivare ad una definizione, se il tema lo permette, che si può anche riprendere in un confronto in aula su come intervenire in questo settore importante dei servizi per l'infanzia e per le donne.


Argomento: Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Interrogazione n. 1173 del Consigliere Pezzana inerente la richiesta avanzata da un gruppo di uscieri del Consiglio regionale di riconoscimento delle mansioni effettivamente svolte di "commessi d'aula"


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 1173 del Consigliere Pezzana, cui risponde l'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore al personale

Il Consigliere Pezzana con l'interrogazione in oggetto chiede "se e quando l'Assessore intende rispondere" a quel gruppo di uscieri del Consiglio regionale che chiedono il riconoscimento della professionalità acquisita svolgendo mansioni di commessi d'aula, sulla base di una asserita maggior delicatezza e complessità delle funzioni rispetto agli addetti all'informazione genericamente intesi (personale quest'ultimo inquadrato sulla base del contratto alla terza qualifica).
La richiesta di tali dipendenti è stata, inoltre, confortata recentemente da un parere dell'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, che ha ritenuto, "avvicinandosi alla scadenza del vigente contratto di lavoro per il personale regionale, di segnalare tale situazione agli organi regionali e alle Organizzazioni sindacali perché di tale problema si tenga l'opportuno conto in sede di rinnovo contrattuale".
In merito quindi alla interrogazione del collega Pezzana e alle istanze dell'Ufficio di Presidenza, si precisa come l'accordo nazionale di lavoro 1985/1987 di cui al DPR n. 268/1987 prevede all'art. 22 che venga istituita una Commissione paritetica "a livello nazionale per l'individuazione e descrizione dei profili professionali in relazione all'organizzazione del lavoro nelle specifiche realtà dei diversi Enti ed Amministrazioni, al fine della omogeneizzazione e della trasparenza delle posizioni giuridico funzionali e per quelle emergenti anche a seguito delle innovazioni tecnologiche".
In tale situazione sono già state fornite al Presidente del Consiglio regionale ampie assicurazioni che le istanze del personale saranno tenute nella massima considerazione e saranno sottoposte, a cura dei rappresentanti della Regione Piemonte, all'esame della predetta Commissione paritetica costituita con Decreto Ministeriale n. 9291/8.93.22 del 27 novembre 1987.
Si segnala, infine, come i lavori della Commissione, peraltro appena iniziati, si concluderanno con apposite e articolate proposizioni che saranno approvate con apposito Decreto del Presidente della Repubblica ovvero con legge regionale ed avranno valore per il prossimo triennio contrattuale 1988/1990.
Assicuro pertanto al collega Pezzana il totale impegno della Giunta regionale e mio personale su questo argomento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Ringrazio l'Assessore Carletto per la risposta e per la cortesia avuta nel farmi avere non molti minuti fa il testo scritto di tale risposta, il che aiuta il Consigliere a rispondere in maniera più appropriata. Questo potrebbe essere un suggerimento anche agli altri Assessori e un invito al medesimo comportamento che trovo molto civile.
La mia interrogazione nasceva da una lettera del 12 febbraio 1987 inviata all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale che iniziava con le parole: "Gli uscieri in servizio presso il Consiglio regionale attualmente inquadrati nella terza qualifica funzionale svolgono durante le sedute del Consiglio regionale del Piemonte mansioni di commessi d'aula e altresì assolvono, in occasione di convegni, mostre, manifestazioni di varia natura presso la sede del Consiglio regionale, mansioni di assistenza e supporto alle suddette manifestazioni con la loro acquisita professionalità". A questa lettera, inviata più di un anno fa all'Ufficio di Presidenza, risposta effettiva non c'era ancora stata. Da qui la mia interrogazione dove chiedevo all'Assessore se intendeva rispondere alle richieste degli uscieri e dare una risposta definitiva ai problemi posti all'Ufficio di Presidenza.
Dalla risposta dell'Assessore Carletto noto che sono state fornite al Presidente del Consiglio ampie assicurazioni che le istanze del personale saranno tenute nella massima considerazione e saranno sottoposte, a cura dei rappresentanti della Regione, all'esame della Commissione paritetica costituita con D.M. del 27 novembre 1987 e che i lavori di tale Commissione, peraltro appena iniziati, si concluderanno con apposite e articolate proposizioni.
Mi dichiaro parzialmente soddisfatto della risposta dell'Assessore perché rimanda a future decisioni; occorre sapere che ordine di lavori e quali tempi si è data la Commissione perché se concluderà i lavori fra tre o quattro anni forse gli effetti saranno vanificati dal tempo; se invece intende lavorare seriamente e produrre in fretta decisioni credo che potr dichiararmi soddisfatto della risposta dell'Assessore.
Chiedo infine alla cortesia dell'Assessore di essere tenuto al corrente dei lavori di questa Commissione.


Argomento: Lavoro - Movimenti migratori: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 1215 dei Consiglieri Marchini e Santoni inerente la riduzione degli Uffici di Collocamento


PRESIDENTE

L'Assessore Cerchio risponde all'interrogazione n. 1215 presentata dai Consiglieri Marchini e Santoni.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Sono costretto a ripetere quanto ho già detto nelle scorse settimane ad altri colleghi interroganti relativamente ad altre aree geografiche in ordine al problema dell'attuazione di uno dei percorsi della legge n. 56 sul mercato del lavoro relativa nello specifico alla soppressione delle tradizionali strutture degli Uffici di Collocamento con la sostituzione di organismi nuovi e che nel passaggio propedeutico da una situazione all'altra stanno creando situazioni di difficoltà e di disagio per l'utenza.
Ai fini di una compiuta risposta all'interrogazione dei colleghi Marchini e Santoni vale forse la pena richiamare per sommi capi l'art. 1 della legge n. 56/87 relativa alla riforma del mercato del lavoro.
L'art. 1 definisce infatti i nuovi ambiti territoriali del collocamento (le Circoscrizioni), le nuove strutture amministrative (le Sezioni) e i nuovi organi (le Commissioni circoscrizionali) con funzioni sia di programmazione che di gestione del collocamento a livello locale.
Per l'individuazione degli ambiti territoriali delle Circoscrizioni l'articolo stabilisce i seguenti tre criteri: 1) caratteristiche locali del mercato del lavoro 2) articolazione delle altre strutture amministrative 3) stato dei collegamenti sul territorio.
Le Sezioni possono essere articolate a livello di recapiti che hanno compiti amministrativi di natura esecutiva.
Le liste e conseguentemente le graduatorie, le richieste e gli avviamenti sono definiti a livello di circoscrizione.
Le Commissioni circoscrizionali assumono le funzioni già svolte dalle Commissioni operanti presso gli Uffici di Collocamento ai sensi delle leggi nn. 264/49 e 300/70 fra cui in particolare: i pareri sulla "classificazione professionale dei lavoratori, sul loro passaggio da un settore produttivo all'altro e da una categoria all'altra dello stesso settore produttivo" i pareri "sulle contestazioni relative alle richieste nominative di assunzione" i pareri su ogni altra questione relativa al collocamento sottoposta al loro esame.
La Commissione ha inoltre il compito di "stabilire e di aggiornare periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al lavoro" e "di rilasciare il nulla osta per l'avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro".
A dette funzioni si aggiungono quelle di direzione dell'attività della Sezione nei limiti e secondo le direttive del Ministero del Lavoro e della Commissione regionale per l'impiego. Questo in sintesi è il dettato legislativo.
Nel settembre 1987 il Ministero del Lavoro ha inviato a tutte le Commissioni regionali per l'impiego d'Italia una propria proposta di definizione di ambiti territoriali omogenei di mercato del lavoro.
In tutta Italia nello studio previsto dal Ministero si individuavano circa 500 ambiti di cui 44 in Piemonte.
La Commissione regionale per l'impiego del Piemonte, dopo aver esaminato il progetto ministeriale in seno ad un'apposita Sottocommissione creata ad hoc, individuava 49 ambiti territoriali omogenei di mercato del lavoro. Non abbiamo potuto aumentarli più di tanto perché vi erano dei parametri individuati dal Ministero ai quali dovevamo attenerci, ma ritenevamo giusto proporre alcuni correttivi legati a bacini omogenei già definiti, come le Unità Socio-Sanitarie Locali, portando quindi da 44 a 49 questi ambiti territoriali.
Uno di questi veniva a coincidere sia nella proposta del Ministero sia nella proposta della Commissione regionale per l'impiego (con leggerissime variazioni) con l'area programma di Susa.
La proposta della Commissione regionale per l'impiego piemontese approvata per quanto concerne la definizione di tali ambiti all'unanimità dei componenti (rappresentanze sindacali, rappresentanze degli enti locali e degli imprenditori), era accompagnata da due valutazioni integrative che vorrei riprendere.
Si ritiene indispensabile far coincidere il processo di informatizzazione e di riforma organizzativa del Ministero con la strutturazione delle stesse Sezioni circoscrizionali (in altre parole tanti punti calcolo devono corrispondere ad altrettante circoscrizioni).
Si ritiene poi che le funzioni delle Commissioni circoscrizionali non vengano sufficientemente definite se non per quelle che si richiamano ai compiti delle preesistenti Commissioni comunali per il collocamento.
Si ritengono ancora non sufficientemente definiti i rapporti fra Commissioni e strutture amministrative ministeriali periferiche per le quali si verifica una sorta di codipendenza dal Ministero e dalle Commissioni in quanto le stesse non hanno solo funzioni consuntive, ma sono organi di attuazione a livello locale di politica attiva del lavoro.
In altri termini, fanno capo alle Commissioni un insieme di funzioni varie: amministrative e gestionali, consuntive e talora di direzione programmatiche.
A questo proposito si ritiene quindi indispensabile da parte del Ministero del Lavoro l'emanazione di una direttiva che compiutamente definisca i compiti delle Commissioni e i loro rapporti con gli uffici periferici del Ministero nonché i compiti che ai sensi del punto 3), art.
1, della legge n. 56/87 dovrebbero svolgere i recapiti periodici delle Sezioni circoscrizionali che dovranno avere un'adeguata dislocazione sul territorio.
Relativamente a tali considerazioni e sollecitazioni che ponevamo al Ministero in ordine a questi quesiti a tutt'oggi il Ministero non ha ancora ufficialmente risposto.
Con Decreto ministeriale ha invece assunto in toto la proposta di ambiti territoriali portandoli da 44 a 49 per il territorio piemontese.
Sulla base di tale proposta i Comuni della Valle di Susa vengono quindi inseriti nella Sezione circoscrizionale di Susa n. 10.
Questo però, per quanto più sopra argomentato, nella volontà della Commissione regionale per l'impiego e, per il ruolo in essa svolta, nella volontà della Giunta regionale, rispondeva ad una logica di razionalizzazione e di miglioramento del servizio e meno che mai ad una soppressione o ad un peggioramento dello stesso.
Ferma restando quindi la possibilità per legge di istituire recapiti periodici che potrebbero essere indicativamente localizzati nelle stesse sedi in cui esistevano gli Uffici di Collocamento (caso di Oulx) ancora nella recente riunione della Commissione regionale per l'impiego del 7 gennaio 1988 si è ribadito, da parte della Commissione regionale, quanto già contenuto nella deliberazione trasmessa al Ministero del Lavoro e cioè che tale articolazione (gli attuali 49 ambiti territoriali) potrebbero richiedere una riconsiderazione e l'eventuale adeguamento in relazione alle emanande direttive ministeriali circa i compiti riguardanti le strutture decentrate e la gestione del collocamento oltreché alla verifica del funzionamento dell'assetto individuato.
Queste considerazioni valgono non solo in relazione ai comuni cui fa riferimento l'interrogazione in oggetto, ma anche per numerosi altri enti locali che attraverso lettere al Presidente della Giunta regionale all'Assessore regionale al lavoro, al Presidente e al Vicepresidente della Commissione regionale per l'impiego, al Ministro del Lavoro, hanno espresso in questi mesi proteste e dubbi nel vedere cancellata una vecchia organizzazione e nel frattempo nel non cogliere appieno la volontà della nascita di una nuova organizzazione che però deve nascere se è in funzione di un servizio migliorato e non, come sta avvenendo in alcune grandi aree territoriali del Piemonte (cito opportunamente la qui richiamata Valle di Susa, ma potrebbe essere il Pinerolese) nel momento in cui nemmeno i presidi vengono individuati con tempestività e contestualità al decollo delle circoscrizioni, in funzione di una penalizzazione della situazione di fatto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, esprimo anche a nome del collega Santoni tutto l'apprezzamento che merita l'attenzione con la quale l'Assessore ha seguito questa questione e sottoscriviamo la speranza e l'impegno assunto dall'Assessore a far sì che quanto meno l'articolazione territoriale della sezione di Susa in alta valle si possa attuare.
La risposta così lunga dell'Assessore evidentemente ha colto l'essenza del problema che noi abbiamo posto e che non è tanto nella cosa in sé, ma nel processo del quale è espressione. In altri termini, ogni volta che il nostro sistema affronta dei processi per larga parte obbligati di razionalizzazione, le aree deboli, le aree marginali, in particolare quelle montane e vallive si trovano a dover pagare prezzi che comportano per le popolazioni una caduta ulteriore della qualità della vita già oggi appesantita da disagi di diversa natura. La razionalizzazione del sistema ferroviario la pagano le aree marginali; la razionalizzazione del sistema dei servizi ministeriali la pagano le aree marginali; la razionalizzazione del sistema scolastico la pagano le aree marginali. Ebbene, ho l'impressione che la Regione istituzionalmente, al di là delle responsabilità politiche, abbia proprio il ruolo di garantire che la ricaduta dei processi di trasformazione e della razionalizzazione, che spettano al nostro Paese e che gli spetteranno ad appuntamenti sempre più rigorosi e sempre più puntuali, trovi la Regione attenta nel contrattare con lo Stato una ricaduta che consideri non soltanto questa situazione di realistica disuguaglianza fra i cittadini delle aree forti e delle aree deboli, ma anche il rischio forte che al di sotto di un determinato livello di qualità di servizi e della vita le aree marginali cessano di essere aree civili nel senso pieno del termine per diventare soltanto più aree per il tempo libero e dormitori più o meno camuffati da seconda casa.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Alberton, Carazzoni, Dameri, Gallarini, Maccari e Turbiglio.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 29, 31 marzo e 7 aprile 1988 - in attuazione dell'art. 7 secondo comma, della L.R. 6/11/78, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Dibattito sulla siderurgia piemontese e votazione relativo ordine del giorno


PRESIDENTE

In base alle decisioni assunte dai Capigruppo nell'ultima conferenza dei Presidenti, i lavori del Consiglio proseguono ora con il dibattito in ordine alla situazione della siderurgia piemontese. Le interrogazioni e le interpellanze presentate su questo argomento, ovvero la n. 704 dei Consiglieri Calligaro, Bontempi, Bosio, Guasso e Bruciamacchie, la n. 720 del Consigliere Staglianò, la interpellanza n. 722 del Consigliere Tapparo e l'interrogazione n. 1148 dei Consiglieri Amerio, Bontempi, Calligaro Bruciamacchie e Guasso, vengono assorbite dalla comunicazione che svolgerà ora l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, signori Consiglieri, quando oltre un mese fa la Giunta regionale aveva proposto un confronto ed un pronunciamento del Consiglio regionale sui temi della siderurgia piemontese, ipotizzava che un pronunciamento forte, che mi auguro unitario, potesse rappresentare l'ulteriore tassello di un percorso che certo con difficoltà la Regione Piemonte, ma vorrei dire tutte le Regioni italiane dove insistono presidi siderurgici, ha intrapreso nell'approfondimento della filosofia del piano Finsider per addivenire ad una modifica della stessa.
Come Assessore all'industria e al lavoro sono fermamente e maggiormente convinto oggi, alla vigilia della manifestazione nazionale fissata per dopodomani a Roma e soprattutto all'indomani del decollo del nuovo Governo che dovrà essere recuperato un tavolo di confronto con Finsider, IRI e Parlamento.
Giungiamo a questo dibattito non impreparati con un percorso che quasi quotidianamente in questi mesi la Giunta regionale ha intensamente attivato con le OO.SS., con i vertici Finsider, con un primo incontro con l'allora Ministro Granelli, con partecipazioni non solo di solidarietà, ma di testimonianza diretta della Regione alle più significative iniziative pubbliche che le OO.SS. hanno indirizzato e in ultimo il 18 di questo mese un incontro con i parlamentari piemontesi. Siamo convinti di non dover abbassare il tiro e soprattutto della necessità di operare ogni sforzo per produrre insieme il massimo di sinergie; convinti che non siamo controparte né dei lavoratori né delle OO.SS., anzi con i lavoratori dobbiamo continuare a svolgere impegni istituzionali per essere ragionevoli e precisi, vorrei dire anche tolleranti di fronte ad alcune situazioni drammatiche che sul piano della siderurgia si realizzano nel nostro Paese ma puntigliosi nel difendere ciò che riteniamo sia difendibile per collocarci con osservazioni ragionate sul piano Finsider, per quanto ci è dato come titolarità perché la Regione non ha certo competenze in tema di politica industriale, in sintonia con le OO.SS., con gli enti locali e con i vari interlocutori incontrati (ricordo l'incontro del 18 aprile con i parlamentari piemontesi, tenendo conto che il Parlamento deve valutare le proposte del Governo con occhi particolarmente rivolti ai problemi occupazionali ed alle risorse di cui lo Stato deve farsi carico).
In questo quadro pare giusto alla Giunta regionale del Piemonte indicare i riferimenti entro i quali si colloca il confronto, esprimere alcuni giudizi e trarre indicazioni di percorsi alternativi alla filosofia del piano Finsider; lo farò ripercorrendo non letteralmente il documento che peraltro ho già consegnato ai Capigruppo, perché in quel documento sono ricomprese una serie di riferimenti analitici di cifre e dati che saranno di supporto nel rapporto con il livello governativo e parlamentare.
L'andamento negativo della siderurgia mondiale nell'86 ha fortunatamente visto una lieve ripresa nell'87, che però già nell'ultimo trimestre ricominciava ad affievolirsi. Il mercato sempre più ristretto non rendeva disponibili i volumi produttivi sufficienti a far raggiungere alle aziende punti di equilibrio gestionale. D'altra parte tutti gli indicatori internazionali confermano per il prossimo arco di piano, fino al 1990, un sostanziale stato di crisi.
La situazione europea è resa ancora più critica dal fatto, che pur in presenza di una notevole contrazione della domanda di acciaio, in diversi Paesi in via di sviluppo continuano ad entrare in funzione nuove unità produttive. La contrazione della domanda nell'ambito CEE è accentuata oltreché dalla pressione dei Paesi terzi da una forte riduzione dell'export.
Sulla formazione dei costi nell'ambito comunitario influisce pesantemente un utilizzo ridotto delle capacità produttive nei vari comparti in tutti i Paesi CEE. Questo difficile contesto tende a peggiorare i risultati già negativi: è ciò che puntualmente è avvenuto per la Finsider sia sotto il punto di vista della gestione finanziaria che sotto il punto di vista della gestione patrimoniale.
Nel tentativo di razionalizzare la produzione e contrarre i costi unitari, la Finsider ha ricercato l'incremento dei volumi produttivi realizzando investimenti che oggi incidono negativamente sui costi: l'incidenza degli investimenti sul fatturato è infatti la più alta d'Europa.
Basteranno alcune cifre significative per inquadrare i cali occupazionali e quindi pesanti costi che si sono determinati a livello non solo nazionale, ma anche europeo.
L'occupazione europea, in siderurgia, è passata dalle 795.000 unità del '74 alle 597.000 dell'80 e alle 380.000 dell'87. Nello stesso periodo in Finsider la forza attiva è scesa meno della media europea: da 95.000 unità del '74 si saliva a 110 nell'80 per scendere verticalmente alle 66.000 nell'87 e a gennaio dell'88 a 63.100 unità.
Sul piano della gestione finanziaria gli andamenti sono stati altrettanto disastrosi. Il piano presentato dalla Finsider tenta allora di affrontare questa situazione basandosi su precisi principi: gestione rigorosa, controllata sul budget/consuntivo; orientata al mercato; flessibile nell'utilizzo delle risorse; ingegneristica nell'esercizio degli impianti per integrare la qualità e la quantità del prodotto massimizzando i ricavi concentrazione della produzione e della presenza industriale nei settori di attività caratterizzati da una gestione economico-finanziaria potenzialmente attiva e conseguente definizione di un nuovo assetto complessivo investimenti commisurati alle capacità di autofinanziamento che migliorano il risultato economico, privilegiando la flessibilità produttiva, il servizio, la qualità dei prodotti, il mercato riqualificazione delle vendite puntando su prodotti a maggiore valore aggiunto; miglioramento della qualità del servizio e ricerca di più stretti rapporti tra tipologie e caratteristiche di prodotto e settore di utilizzo (incremento delle specializzazioni) analisi di tutte le possibili sinergie organizzative ed operative all'interno del gruppo adeguando conseguentemente strutture organizzazione, professionalità, ecc.
accordi commerciali e joint-venture industriali con privati nazionali e con produttori internazionali (comunitari e/o mediterranei) adeguamento dei valori patrimoniali e conseguente revisione della situazione finanziaria e societaria; tutto ciò al fine di contrarre gli oneri indiretti sui prodotti.
La stessa Finsider sottolinea come le azioni di risanamento comportino effetti pesanti sull'occupazione soprattutto in quei territori ove l'incidenza siderurgica è più forte. Finsider ed IRI riconoscono la necessità di interventi di sostegno in queste aree limitandosi però ad avanzare delle proposte di tipo generale, lasciando così alle istituzioni l'individuazione delle necessarie misure sociali e di reindustrializzazione.
Entrando maggiormente nel merito del piano si constata come la parte di ristrutturazione industriale si fondi su alcuni elementi strategici: a) concentrazione sui settori più positivi valutati secondo una stretta correlazione tra spazio di mercato, linea di prodotto e potenzialità d'impianto in modo da raggiungere un miglior equilibrio b) superamento della vecchia logica secondo la quale i settori più profittevoli dovevano compensare quelli in perdita.
Da questi presupposti derivano precise conseguenze: consolidare il mercato interno rinunciando a servire aree di export non positive eliminare i siti produttivi privi dei requisiti essenziali alla competitività mantenere quelle aree di prodotto di ampiezza tale da permettere una efficace gestione selezionare gli investimenti mirando al miglioramento della qualità del servizio al cliente ed all'aumento della flessibilità produttiva.
Su questa base il piano indica tre situazioni: prima fascia di individuazione di situazioni attive o potenzialmente tali, competitive a livello europeo ed in grado di interagire con le altre realtà del gruppo. Si tratta della futura parte "forte" della siderurgia pubblica che dovrebbe decollare a maggio se vera è la notizia che tra oggi o domani l'IRI indicherà cinque nuovi liquidatori della Finsider per costituire una realtà societaria nuova che ricomprenderebbe questa fascia di situazioni attive a livello siderurgico seconda fascia dove sono individuate situazioni da verificare, ma forse recuperabili con le necessarie razionalizzazioni ed integrazioni con produttori privati terza fascia dove esistono le cosiddette situazioni marginali sul mercato o non gestibili nella logica del grande gruppo. Per queste situazioni il piano Finsider prevede la completa cessione o la chiusura.
Per quanto riguarda la futura struttura siderurgica essa è diretta conseguenza della selezione indicata e verrà perseguita mediante: il taglio di volumi produttivi che non offrono margini accettabili di profitto la qualificazione dei Mix di prodotto la riduzione dei centri produttivi e le concentrazioni delle produzioni attive nei centri più efficienti. Su questo punto il piano è molto generico e non indica i concreti criteri operativi.
Se la griglia di selezione non sarà sufficientemente articolata secondo criteri "scientifici" di tipo tecnico ed industriale, l'adeguamento della struttura si realizzerà attraverso scontri e mediazioni politiche tra spinte localistiche che certo non aiutano un processo organico di revisione del piano siderurgico a livello nazionale. Il piano quindi oltre a produrre i noti effetti sociali negativi, perderà - se passa questa logica - anche la sua razionalità industriale.
In tal caso ne deriverebbe una metamorfosi del piano che perdendo ogni caratteristica strategica diverrebbe il filo conduttore dello smantellamento della siderurgia italiana e nella nostra logica geografica lo smantellamento del polo siderurgico piemontese.
Una pura mediazione politica non garantirebbe infatti - assieme all'adeguamento dei volumi produttivi - la selezione delle realtà produttivamente più valide, in grado di operare con i Margini Operativi Lordi (MOL) più positivi.
Passando all'esame dei comparti produttivi si rileva quanto segue.
Nel settore dei laminati piani di acciaio comune (Italsider) vengono considerati di interesse primario e pertanto continuerebbero senz'altro la loro attività: Taranto, Cornigliano, Novi Ligure, Torino (solo per quanto attiene la linea di elettrozincatura).
Verrebbero posti in discussione gli stabilimenti di Bagnoli, Campi per le lamiere di spessore e la rettifica dei cilindri di laminazione, Savona e Torino per la parte di laminazione a freddo.
Non si parla nel piano dell'ITA di Racconigi, che però verrebbe messa in discussione in quanto ritenuta marginale nella struttura del gruppo.
Da queste considerazioni e dall'analisi del piano vediamo come la situazione dei dati di gestione degli stabilimenti piemontesi sia sostanzialmente positiva, ad esempio nel caso dell'ITA di Racconigi i risultati sono addirittura ottimi.
Ci chiediamo quindi come sia possibile ipotizzare il taglio proprio di realtà che, liberate da oneri passivi pregressi che le schiacciano potrebbero produrre risorse per una ristrutturazione qualitativa della Finsider - Italsider.
Adeguare le potenzialità ed i volumi al mercato è certamente necessario, ma non è affatto detto che questo adeguamento, necessario debba avvenire senza tenere conto dei parametri di gestione.
L'ipotesi di un unico centro di laminazione in Piemonte deve fare i conti con questo problema: si tratta di scegliere tra realtà e centri produttivi di buona efficienza, riconosciuti come tali dalla stessa Finsider.
Certo la siderurgia del 2000 avrà bisogno di grossi centri con produzioni che legittimano elevati livelli di automazione. Ma siamo poi certi che la convenienza non sia poi molto attenuata da rischi di rigidità impiantistica molto elevati? Siamo poi altrettanto sicuri che a fianco del grande impianto non occorrano unità produttive più ridotte, ma capaci di funzionare come elementi di flessibilizzazione? La risposta a queste domande deve, ad avviso della Giunta regionale far sì che si evitino, nell'analisi che il piano prevede per lo stabilimento di Torino e quello di Racconigi, atteggiamenti frettolosamente liquidatori.
I dati produttivi positivi legittimano un pacato ragionamento che potrà svilupparsi nell'arco di piano, garantendo tempi e percorsi per giungere a decisioni più serene.
Noi riteniamo comunque che: vadano portati avanti tutti gli investimenti su Novi Ligure sia quelli già stanziati, sia quelli necessari ad adeguare i livelli impiantistici ai parametri europei.
L'Italsider di Torino debba proseguire tutta l'attività fino al '90.
Successivamente potrà essere presa in considerazione, nell'ipotesi di accentuare la specializzazione dei poli produttivi, la possibilità di: a) trasformare Torino in un centro misto di produzione e servizi che preveda un ulteriore arricchimento delle lavorazioni di verticalizzazione dei laminati piani per auto b) avviare una seconda linea di elettrozincatura. Se prosegue infatti l'attuale tendenza espansiva della domanda di elettrozincato, nel '90 vi sarà richiesta sufficiente, riteniamo, per rendere operative, oltre alle due linee di Torino, una linea al Sud finalizzata a Cassino c) mantenere una continuità operativa minima della laminazione da utilizzare come "tampone" in funzione di specifiche esigenze di punta FIAT che potrebbero sfuggire alla programmazione dei grandi centri di laminazione.
Un problema andrebbe comunque ancora risolto con estrema chiarezza: quello della qualità e della tempestività delle consegne. Oggi moltissimi ordinativi inizialmente assegnati a Taranto vengono deviati su Torino (che anche per l'88 sta superando largamente il budget produttivo). Nel caso di chiusura di Torino, non aver risolto questi problemi significherebbe perdere una produzione di almeno 200 mila tonnellate a vantaggio dell'estero. Vogliamo ricordare come il centro di laminazione francese più vicino, in grado di servirci compiutamente, sia a meno di 100 km dal nostro confine sulla linea Parigi-Modane-Torino.
Per quanto riguarda l'ITA di Racconigi i dati di gestione sono eccezionalmente positivi e configurare quindi un'ipotesi di chiusura di questo centro segna quasi la definizione di un delitto; l'ITA può e deve rimanere come centro di flessibilizzazione di Novi Ligure.
Nel settore dei laminati lunghi in acciaio speciale e comune, il piano prevede, a differenza di altri comparti, più sostanziali novità anche sul piano delle strategie complessive comprese quelle commerciali, partendo dal fatto che l'assenza di un regime di quote possa divenire stabile con maggior certezza che in altri comparti.
La disponibilità ad accordi commerciali con privati si è resa possibile dopo la ripartizione "de facto" delle produzioni tra pubblici e privati avvenuta contestualmente all'accordo che ha polarizzato il comparto dei laminati piani sull'operatore pubblico ed i prodotti lunghi sul "pool" di privati entrati con quote societarie e di approvvigionamento in Cogea (Leali, Riva, Regis, Lucchini).
Questa nuova situazione creerebbe, secondo Finsider, le condizioni per: la concentrazione delle produzioni sullo stabilimento di Piombino migliorando la resa dell'impianto - e conseguente chiusura dei centri di produzione di Torino e Sesto S. Giovanni concentrazione sui prodotti e segmenti di mercato più remunerativi migliorando così il mix produttivo di Piombino concentrazione su Condove (Vertek) delle lavorazioni di verticalizzazione a freddo e conseguente cessione dello stabilimento di Scafati e chiusura dello stabilimento di Sesto S. Giovanni cessione ai privati, probabilmente appartenenti al pool dianzi citato, dello stabilimento Sisma di Villadossola e degli stabilimenti di Marghera e S. Giovanni Valdarno. In alternativa esisterebbe, nel caso che non passasse questa ipotesi di privatizzazione, solo la loro chiusura concentrazione degli acciai speciali su Aosta per operare, in un secondo tempo, una cessione al fine di perseguire una migliore integrazione produttiva, pubblico-privato.
Nel frattempo il Cogea di Cornegliano verrebbe gestito dalla Direzione di Piombino in attesa di cessione (o integrazione) con i privati che già ne utilizzano i semiprodotti. Anche in questo caso, in alternativa esisterebbe solo la chiusura.
Questo disegno articolato, magari difficilmente coglibile da chi in questi passaggi non ha competenza di cogliere tutti gli aspetti, ha almeno sulla carta una indubbia razionalità anche se comporta per noi conseguenze pesanti che richiamerò più avanti.
Alcune contraddizioni però sono palesi: 1) Finsider cederebbe le linee di prodotto a maggior valore aggiunto ai privati. Un simile risanamento lascia perplessi anche se il restringimento dei mercati impone più accentuate integrazioni tra pubblico e privato. Non è però obbligatorio che esse avvengano lasciando ai privati le parti migliori: gli acciai speciali, parte delle verticalizzazioni.
2) Si concentra la produzione di Torino su Piombino dimenticando come le due produzioni non siano in luogo e per tutti i prodotti interscambiabili senza penalizzare la qualità; in secondo luogo la produzione a Torino ha prodotto margini positivi sino a giugno dello scorso anno, data in cui sono iniziati a mutare i rapporti di convenienza tra produzione tramite altoforno e fusione da forno elettrico. Mutamenti già avvenuti altre volte e che potrebbero ripetersi, in futuro, in senso inverso. Queste dinamiche dipendono infatti dai costi del minerale (produzione da altoforno) e dai costi del rottame (produzione da forno elettrico).
3) Altra contraddizione: chiude Torino che produce ad un buon livello di qualità e si rafforza Piombino che, perlomeno quando tenta di entrare nella nostra fascia di produzioni, registra una elevata quantità di ristorni dai clienti; questo va certamente segnato negli oneri. E' un fatto questo verificato con la FIAT ed altri importanti clienti, anche esteri.
Articolando il ragionamento sui singoli impianti piemontesi possiamo ancora aggiungere alcune considerazioni: Sulla Deltasider - Torino E' indubbio che la perdita in meno di un anno di 26 miliardi, su un fatturato di 170, sebbene per l'effetto principalmente di mutati rapporti di costi tra le materie prime, imponga provvedimenti efficaci.
Occorre però considerare come lo stabilimento sia costituito da aree produttive e centri di costo molto differenziati nei risultati economici.
Nella nota vengono richiamate alcune considerazioni analitiche per le singole aree: l'Area colata continua/LCB.R., l'Area Acciaieria, l'Area Laminazione da Blooming, l'Area treni di laminazione e l'Area dei finimenti.
Negli incontri avvenuti con la dirigenza Finsider e specificatamente con l'amministratore delegato della Deltasider (ing. Leccis) è stata compiuta una ricostruzione analitica, puntuale, vorrei dire anche puntigliosa dei costi attraverso le varie fasi della filiera produttiva risulterebbe che lo scartamento fra Torino e Piombino cresce moderatamente in ogni fase, ma diviene massimo nella fase di finimento.
La ragione sarebbe tecnica: le quantità produttive di Torino non permetterebbero un'automazione pesante del reparto come è avvenuto a Piombino.
Si può però obiettare che è possibile una razionalizzazione del lay-out del reparto con alcuni interventi, seppur limitati, di automazione sufficienti a ridurre il divario. Ciò richiede naturalmente un'ottica non liquidatoria e questa è la posizione che noi siamo andati sostenere con i vertici Finsider.
Richiediamo, in ogni caso, che prima di prendere definitive decisioni venga completata l'istruttoria tecnica, verificando tutte le possibilità di riduzione dei costi e dei centri di perdita. Riteniamo si debba contestualmente procedere ad un'attenta verifica dei costi, anche degli altri centri di produzione interagenti con Torino, onde permettere più realistici confronti costruttivi nella medesima trasparenza.
Siamo, in ogni caso, fermamente convinti che non vada smantellata una unità produttiva che potrebbe rilevarsi utile in futuro unicamente per perseguire la saturazione di Piombino, centro di produzione da sempre e da tutti considerato iperdimensionato.
Riteniamo infine che Finsider e Ministero delle Partecipazioni Statali debbano prendere in attenta considerazione anche l'ipotesi sindacale molto realistica, seria ed onesta, che prevede una ristrutturazione radicale utile a salvare la unità produttiva. Occorre riconoscere che con questa proposta, che comporterebbe il sacrificio di circa 400 posti di lavoro (sui 1.300 attuali), le OO.SS. hanno dato prova di grande maturità.
Circa la Sisma di Villadossola Lo stabilimento proveniente dalla ex Egam (fascia B) - molto cara all'attenzione del Consiglio regionale, in quanto insiste, unico presidio in un'area particolarmente disastrata, che se dovesse essere dismesso creerebbe problemi ulteriormente drammatici a causa del tasso di disoccupazione già particolarmente elevato successivamente assunto dalla SPI ed attualmente in gestione (ma non in proprietà) alla Deltasider produce profilati lunghi in acciaio sia di base che di qualità ed anche in acciai speciali e legati.
L'area fusoria è composta da un forno principale da 57.000 tonnellate e da un forno di riserva di 50.000 tonnellate che alimentano, tramite un forno siviera, due colate continue e quindi i laminatoi.
Si tratta, per la parte più propriamente siderurgica, di una struttura complessa che fonde 152.000 tonnellate di acciaio e ne lamina 120.000. Una struttura quindi, come si evince, non pienamente utilizzata perlomeno nella parte fusoria: nei momenti di punta l'Acciaieria ha marciato a 15 turni settimanali sui 20/21 possibili.
Un discorso a parte va fatto per la bulloneria, che oggi produce circa 9.000 tonnellate, che costituisce forse un'area produttiva eccessivamente diversificata, comunque da ristrutturare.
L'organico complessivo attuale di circa 800 unità (di cui 570 operativi) rappresenta una parte rilevante della forza lavoro del Verbano Cusio Ossola che riteniamo vada difesa risolutamente vista la grave situazione occupazionale ivi esistente.
Il Piano Finsider attualmente colloca la Sisma tra le Aziende da eliminare considerandola sostanzialmente marginale ed eccessivamente decentrata rispetto alla geografia del gruppo. L'ipotesi di alienazione a privati interessati sembra prefigurare trattative con la cordata Regis Accornero nell'intento di creare una forte sinergia con la Eurocolfer. Tale ipotesi, obiettivamente e fortemente avversata dalle Amministrazioni locali che hanno espresso riserve sull'esperienza Eurocolfer (ex Ceretti) avendo una visione diretta di situazioni negative nel pregresso, lascerebbe nel vago i destini della bulloneria e delle centraline di autoproduzione elettrica.
La Regione Piemonte ritiene che occorra porsi prioritariamente l'obiettivo di mantenere in loco almeno un polo fusorio, senza il quale la presenza della siderurgia nell'area sarebbe senza futuro.
Circa la Vertek di Condove Essa è l'unica Azienda di verticalizzazione dei prodotti lunghi.
Sorta dalle ceneri della Moncenisio è una unità produttiva sostanzialmente sana, di concezione relativamente moderna, collocata in un'area produttiva di buon valore aggiunto in un'area che peraltro proprio sul versante della siderurgia privata registra preoccupazioni legate ad altre situazioni.
Il piano ne prevede la riconferma e l'attuale processo di ristrutturazione, anche se comporterà ritocchi di organici, pare destinato a stabilizzare questa importante presenza industriale, in certo modo storica per la Valle Susa.
Settore dei laminati piani inossidabile e magnetico L'obiettivo principale di questo settore è certamente lo sviluppo dell'area produttiva dell'inox di alta qualità che permette la realizzazione di buoni livelli di redditività.
Ciò ha come condizione la saturazione dell'Acciaieria di Terni che, pur avendo riassorbito la produzione dell'Acciaieria di Torino chiusa lo scorso anno, non ha ancora raggiunto il suo punto di equilibrio.
A fianco di questo problema il piano considera ulteriori interventi per la riduzione dei costi.
Circa lo stabilimento TASS di Torino Si rileva come esso operi ad alti livelli qualitativi e a discreti livelli di remuneratività nel settore della laminazione inox. Il valore produttivo e tecnologico ha trovato riconferma nel piano che ne prevede la continuità e lo sviluppo.
La Giunta regionale, dopo attente valutazioni congiunte, anche con la Direzione di Stabilimento, ha illustrato ai vertici Finsider (incontrati un mese e mezzo fa) le ragioni tecniche e produttive di investimento mirate a: rinnovare una linea di decapaggio integrare maggiormente tra di loro le diverse aree produttive dello Stabilimento sostituire un laminatoio Sendzimir completare l'informatizzazione di processo impostare l'automazione dei reparti finimento, imballaggio e magazzino per un ammontare complessivo di circa 40 miliardi.
La Finsider ha ritenuto queste proposte coerenti con il piano valutandole idonee a creare un primario centro di europeo di produzione.
Occorrerà ora seguire l'iter deliberativo dell'intervento e successivamente verificarne il finanziamento. La trasformazione ipotizzata permetterebbe di realizzare gradualmente qualche riassorbimento di eccedenze provenienti dagli altri impianti torinesi.
Sul comparto tubi.
Il piano prevede di concentrare la produzione sui tubi senza saldatura e sui tubi saldati "provati". E' quindi prevista la dismissione dei tubi forma, tubi resina, tubi per prefabbricati. E' questa una misura che è stata assunta per aumentare la redditività portando più in alto il valore aggiunto medio della gamma produttiva. Rispetto al mercato si tende ad aumentare le vendite su mercati italiano ed europeo. L'esportazione verso i Paesi terzi appare infatti non conveniente sia per i costi di imballo e spedizione, sia per il rischio finanziario insito nella esportazione verso Paesi decapitalizzati. Sul piano della distribuzione del prodotto il piano prevede un aumento delle vendite dirette a scapito dei distributori indipendenti.
Lascio i riferimenti alla lettura più articolata dei dati che sono indicati nella comunicazione e che ci autorizzano a riproporre la stessa attenzione e la stessa sollecitazione avuta nei confronti dei presidi che poc'anzi, in forma dettagliata, ho illustrato.
Ancora alcune osservazioni inerenti alla Alessio Tubi di La Loggia.
Non figura nel piano in quanto formalmente è una compartecipazione pubblico-privato (49% Finsider). L'azienda ha subito la negativa influenza della perdita di gran parte delle produzioni di condotte petrolifere destinate ai mercati americano e sovietico. La produzione in questo settore è quindi limitata a 90 mila tonnellate.
Il deficit attuale è di 12 miliardi anche perché il mix di prodotto si è squilibrato su tipi a minor valore aggiunto.
Le prime notizie giunteci sono comunque che la Finsider non ha nessun interesse a mantenere la sua presenza. D'altra parte il partner privato attraversando notevoli difficoltà, ha smentito ogni intenzione negativa.
Le previsioni sono quindi incerte per i 380 attuali dipendenti.
Dopo questa analisi articolata e forse lunga, ma se mi consentirete io la definirei breve data la dimensione del problema e per ciò che non è contenuto in questa memoria, desidero fare alcune considerazioni che possono essere, a mio avviso, di stimolo nel dibattito che si aprirà soprattutto per le determinazioni che vorremmo assumere come assemblea legislativa regionale per il confronto successivo con il Parlamento ed il Governo.
Complessivamente il piano Finsider trasformerebbe, se venisse applicato integralmente secondo le indicazioni qui elencate, la siderurgia pubblica piemontese in una realtà marginale sotto tutti i profili, compreso quello occupazionale. Tali sarebbero i 3 mila residui occupati distribuiti su varie parti del territorio regionale e su vari impianti. Si pensi che nel 1980/1982 13 mila erano ancora i dipendenti della siderurgia pubblica in Piemonte, ridotti nel 1987 a 5800, se passasse questa filosofia verrebbero smembrati il polo torinese e quello ossolano, quindi l'intero polo siderurgico piemontese.
Noi riteniamo che, ancor prima di condurre un ragionamento sociale occorra valutare se un apparato industriale come quello piemontese possa strategicamente, fare a meno di una dotazione siderurgica.
Come istituzione regionale, in sintonia con le Organizzazioni sindacali, diciamo che non difendiamo tutto, non difendiamo una siderurgia da terzo mondo in una realtà tecnologicamente avanzata. Il problema è se una siderurgia anche quantitativamente ridotta, ma caratterizzata da prodotti di qualità finalizzati al nostro sistema produttivo, non costituisca una necessità da soddisfare partendo da quei presidi siderurgici che già sono omogenei con questa impostazione e che, nella nostra Regione rappresentano la maggioranza degli impianti. Muoversi in una linea che rifiuti tagli generalizzati esige una ricalibratura degli interventi speciali di politica industriale e sociale attinenti alla siderurgia primaria.
Mi limito a citarli brevemente: 1) vanno accelerati e rivisti alcuni strumenti in qualche modo connessi alle politiche del lavoro riguardanti bacini ed insediamenti siderurgici 2) l'attuazione di qualsiasi ulteriore taglio occupazionale in siderurgia rende essenziale l'estensione dei prepensionamenti abbassandone la soglia 3) una più precisa normativa nazionale circa le possibilità di mobilità anche verso nuove attività, del personale già siderurgico, così come da anni prevedono le provvidenze CECA. Occorre in tal senso favorire e fornire strumenti per iniziative di riconversione di attività dalle Regioni seguendo magari alcuni esempi che nella vicina Lombardia pur sono decollati anche se alcuni aspetti negativi si sono frammisti nel frattempo 4) vincolare saldamente la concessione dei premi di smantellamento ad iniziative di reinvestimento in grado di riassorbire personale siderurgico 5) prevedere iniziative contestuali di reindustrializzazione con concorso IRI, là dove verrebbero fortemente ridotti interi poli siderurgici. In Piemonte ciò vale in particolare, a partire dal riferimento dell'Alto novarese con l'ipotesi della caduta della Sisma di Villadossola che noi riteniamo debba essere mantenuta nelle Partecipazioni statali come elemento prioritario. Parrebbe necessario, tra l'altro, che il Ministero del Lavoro predisponesse strumenti e meccanismi anche nuovi per garantire la necessaria mobilità.
Il quadro normativo in cui tutto ciò può avvenire deve comprendere precisi strumenti: una ripresa dell'articolazione della normativa sui bacini di crisi una revisione attenta della legge 193, rivedendo i meccanismi di incentivazione e la soglia di prepensionamento creare normative innovative di sostegno alla reindustrializzazione che facciano uscire le attuali sperimentazioni dalla precarietà. D'altra parte ipotesi di reindustrializzazione nella nostra realtà regionale, a partire dall'Alto novarese, abbiamo visto come sono finite miseramente con l'intervento GEPI.
In questo senso è apprezzabile che il piano prefiguri misure di reindustrializzazione, là dove sono previste chiusure, come condizioni di agibilità del piano stesso, su cui anche l'IRI dovrebbe concretamente spendersi nel concerto di interventi dei soggetti economici e sociali pubblici e privati aventi comunque causa nel problema sociale.
La Giunta regionale del Piemonte richiede, premesse le obiezioni che ho fatto sui tagli piemontesi, che tali misure non siano limitate alle aree di monoproduzione siderurgica, ma si estendano ovunque le cessazioni comportino conseguenze sociali rilevanti (mi riferisco in particolare alla realtà di Torino e dell'Alto novarese).
Ciò che apparirebbe obiettivamente intollerabile è un atteggiamento in base al quale tutto è unicamente funzionale e subalterno alle aree sociali dei quattro grandi centri siderurgici nazionali (Taranto, Bagnoli, Terni Genova).
In ogni caso non è nostro intendimento porre il carro davanti ai buoi il confronto sulle cosiddette "medicine sociali" deve essere successivo, ma ormai imminente, all'ultimazione del confronto sulle scelte industriali tuttora aperto con l'IRI e la Finsider e da riaprire con il nuovo Governo De Mita.
Proprio in questi giorni, dopo il voto di fiducia al nuovo Governo abbiamo risegnalato ai Ministri competenti delle Partecipazioni Statali del Lavoro e dell'Industria le nostre richieste.
Ieri il Presidente della Giunta regionale Beltrami, non solo sul problema siderurgico, ma anche sulla complessa questione delle Partecipazioni statali in Piemonte ha in particolare individuato, con un messaggio al nuovo Ministro, il problema generale delle Partecipazioni statali in Piemonte. Mi auguro che le nostre esigenze e necessità vengano rafforzate dal dibattito odierno e da un pronunciamento unitario del Consiglio regionale del Piemonte.
Tenendo conto che vi sono ormai tempi stretti per il nuovo Governo che deve trattare con la CEE il piano di rilancio dell'acciaio IRI; tenuto inoltre conto che esistono minacce della CEE circa le quali una missione a Bruxelles è prevista per la prossima settimana, mentre la stessa Commissione Attività Produttive della Camera avrà il 5 maggio prossimo un'audizione del nuovo Ministro (Commissione che si recherà in Francia e in Irlanda per verificare le iniziative di reindustrializzazione colà adottate); tenuto conto infine che tra oggi e domani il Consiglio dell'IRI dovrà scegliere i cinque liquidatori della Finsider; si evince come il nodo Finsider è certamente alla fase finale. La Regione, in sintonia con i sindacati e soprattutto con i parlamentari che ci hanno chiesto di dare loro ogni documentazione, attiverà le iniziative che ancora sono necessarie per completare questo percorso e questo tassello di attenzione alla siderurgia pubblica piemontese.



PRESIDENTE

Sulla relazione dell'Assessore Cerchio è aperto il dibattito.
Ha chiesto la parola il Consigliere Minervini. Ne ha facoltà.



MINERVINI Marta

Ringrazio il Presidente e i colleghi che mi hanno dato la precedenza e soprattutto l'Assessore per la relazione che ci ha offerto.
Il dibattito odierno per essere chiaro non può prescindere da una valutazione globale del pianeta siderurgia.
Dopo quasi quindici anni di dibattiti, di ristrutturazioni, di ammodernamenti, soprattutto con tanti miliardi profusi a piene mani dallo Stato, oggi vengono al pettine i nodi della questione siderurgica in un modo e in un momento che non possono che preoccupare chiunque (politico sindacalista o anche solo il cittadino competente) analizzi il caso.
Sappiamo ormai che l'IRI ha deciso di liquidare la Finsider e di creare una nuova società che andrebbe a riesumare il vecchio nome di ILVA e quel che conta di più ha deciso tagli ai posti di lavoro nell'ordine di 25.000 unità di cui solo 7.000 sarebbero assorbiti dai privati. I restanti 18.000 sarebbero distribuiti tra i vari centri siderurgici; a Torino tocca una considerevole fetta di tagli nell'ordine di quasi 3.000 addetti.
I provvedimenti vengono giustificati dall'IRI nel quadro di una logica produttivistica e di mercato dato che nel 1987 il gruppo Finsider ha registrato una perdita di esercizio per 1.680 miliardi; negli anni precedenti si sono sempre superati i 1.000 miliardi con una punta massima nel 1981, anno in cui le perdite hanno raggiunto la considerevole cifra di 2.131 miliardi.
Ora noi sosteniamo che se è indubbia la crisi mondiale dei mercati capaci di assorbire la produzione siderurgica, anche per la concorrenza giapponese e brasiliana, tale crisi dura da oltre un decennio e quindi ci pare che troppo in ritardo ci si ricorda che l'IRI e le Partecipazioni statali debbono agire in un'economia di mercato.
Non dobbiamo dimenticare che agli inizi degli anni '70, quando la crisi mondiale era già in atto, i Governi di allora (mi pare di ricordare per iniziativa dell'on. Mancini che credeva, con un provvedimento clientelare di placare l'ira degli abitanti di Reggio Calabria) decisero addirittura l'installazione del centro siderurgico di Gioia Tauro rivelatosi poi (qualcuno se può lo smentisca) un grosso affare solo per la 'ndrangheta calabrese. Inoltre a Gioia Tauro furono rasi al suolo in quell'occasione vigneti, uliveti e aranceti secolari.
Altra considerazione che va fatta è che la crisi mondiale dell'acciaio si è ripercorsa in questi anni soprattutto sull'industria pubblica perch pare che i siderurgici privati come la Falk abbiano retto abbastanza bene il che può farci pensare a motivi di cattiva gestione se si è giunti all'attuale situazione. Questo ce lo dimostra il fatto che ai provvedimenti di oggi, che sono il tema del nostro dibattito, si giunge pur nel quadro della perdurante crisi mondiale in un momento di relativa ripresa e di incremento della produzione globale di acciaio in Italia, salita da 1.727.000 tonnellate del 1987 a 2.083.000 tonnellate nel 1988 grazie alle maggiori richieste del settore dovute al buon andamento dell'industria automobilistica e degli elettrodomestici, tradizionali fruitori di acciaio.
Per venire a Torino e al piano Finsider diciamo "no" a queste scelte perché non è accettabile che Torino e Genova chiudano e Bagnoli, Terni e Taranto, vengano solo ridimensionate.
Non è accettabile il piano Finsider e i sindacati debbono fare la loro parte perché ci pare (può darsi che io mi sbagli, ma non credo) che debbano mettersi d'accordo perché non è possibile a livello nazionale sostenere la logica della tripolarizzazione lasciando perdere Torino e Genova e poi a livello locale dire che Torino non si tocca.
Lo Stato deve chiarire una volta per tutte il rapporto pubblico privato perché lo Stato, considerando il settore siderurgico strategico quale esso è, ha l'obbligo di intervenire a favore e a sostegno non solo dell'occupazione, ma anche in difesa del settore siderurgico.
Di qui nasce la nostra netta posizione che dice che il polo siderurgico di Torino non si deve toccare. Dobbiamo ricordare che a Torino esiste non solo la più grande industria automobilistica italiana, ma anche altri grossi settori che fruiscono dell'acciaio prodotto dalle nostre acciaierie e quindi non capiamo e non accettiamo la logica che vuole chiudere i poli siderurgici di Torino e Piemonte anche perché non vediamo quale vantaggio può esserci nel produrre l'acciaio a Piombino per poi trasportarlo a Torino. E' una pazzia in termini economici, è altrettanto, secondo noi una pazzia in termini politici, è una pazzia che rigettiamo in modo netto e quindi diciamo "no" al piano Finsider.
Dichiariamo fin d'ora che appoggeremo e prenderemo parte a tutte le iniziative che saranno intraprese dalla Regione per tutelare e salvaguardare il polo torinese e piemontese della siderurgia; iniziative che peraltro il nostro Gruppo alla Camera ha già cominciato a mettere in atto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, signori Consiglieri, il Gruppo comunista present un'interpellanza urgentissima il 12 marzo 1987 sollecitando la risposta per giovedì 19 marzo 1987. Nei giorni successivi al 12 marzo 1987 seguirono le interpellanze dei Consiglieri Staglianò e Tapparo. La IV Commissione organizzò un incontro il 20 luglio 1987 con l'Assessore, i sindacati e i Consigli di fabbrica che si svolse proprio in questa sala. Si decise di formare una Commissione e di fissare la data di una conferenza regionale sui problemi e sulle prospettive della siderurgia piemontese con la partecipazione dei Ministri competenti, a cominciare dal Ministro delle Partecipazioni Statali. Si convenne di svolgere la conferenza dopo le vacanze estive (nel mese di settembre). Trascorse settembre, trascorsero ottobre e novembre. Il 3 dicembre 1987 fu votato un ordine del giorno di solidarietà con i lavoratori siderurgici in lotta per difendere il posto di lavoro che impegnava la Giunta, cito testualmente, "a promuovere urgentemente, di concerto con il Governo, la conferenza di verifica sulle prospettive della siderurgia piemontese ponendo fine al continuo rinvio della data". Naturalmente l'ordine del giorno fu votato all'unanimità. Il 12 dicembre 1987 una folta delegazione di lavoratori e di dirigenti sindacali incontrò il Presidente Beltrami, sollecitò il mantenimento degli impegni assunti dal Consiglio e dalla Giunta e sottolineò l'aggravarsi della situazione e l'urgenza della iniziativa politico-istituzionale. Si parlò del gennaio 1988. E' un'amara vicenda di impegni assunti e non mantenuti, di difficoltà a contattare il Ministro delle Partecipazioni statali, di indisponibilità sua a partecipare a una conferenza pubblica, di disponibilità sua invece a partecipare ad un incontro in una sede ristretta, fatto sta che nulla di concreto si è verificato: né la conferenza né l'incontro in sede ristretta e sono trascorsi oltre 13 mesi.
Cosa è cambiato nella siderurgia a partecipazione statale nel frattempo? La denominazione degli impianti: la società LAF di Torino diventata prima ILVA poi Italsider ed è passata da 830 dipendenti a 524. La società IAS di Torino è diventata prima Deltasider e poi Nuova Deltasider e ha perso 300 posti di lavoro. La società IAI di Torino è diventata Terni Acciai speciali ed ha chiuso la colata continua e perso centinaia di posti di lavoro.
La società Sisma di Villadossola è diventata Nuova Deltasider e da 890 dipendenti è scesa a 570.
L'Italsider di Novi è diventata Nuova Italsider: con l'introduzione di nuovi processi tecnologici di ricottura continua è destinata a perdere 300 posti di lavoro.
Abbiamo perso 1.500 posti di lavoro, dopo averne persi 6.000 nei precedenti 7 anni.
E' continuata in sostanza inesorabile la destrutturazione della maggior parte degli impianti siderurgici piemontesi. Nel frattempo è stata ritirata l'ennesima bozza di piano di risanamento; è stato cambiato il gruppo dirigente Finsider, al precedente gruppo di boiardi di Stato si è sostituito un nuovo gruppo di boiardi di Stato. E' stato presentato un nuovo piano di ristrutturazione e di risanamento che prevede fra l'altro la liquidazione della stessa società finanziaria Finsider.
Quello che non è cambiato è la filosofia, la politica della Finsider: la politica dei tagli drastici indiscriminati di capacità produttive e occupazionali, di tagli alla cieca, non selettivi, in mancanza di una politica industriale di qualificazione e di avanzamento della siderurgia a partecipazione statale e di quella privata.
E' la classica terapia troppo forte: letale o invalidante in modo irreversibile per l'ammalato; quello che non è cambiato è la latitanza del Governo, dei Governi, in compenso alle Partecipazioni statali si sono avvicendati ben tre Ministri, tutti dello stesso Partito: Darida, Granelli Fracanzani.
Signor Presidente, signori Consiglieri, siamo giunti ormai all'epilogo.
Il nuovo piano penalizza in modo irrimediabile la siderurgia a partecipazione statale piemontese: prevede la chiusura immediata della Nuova Deltasider di Torino e di Villadossola, dell'Italsider di Torino se pur, così si dice, rinviandola di qualche anno.
Non siamo più di fronte a tagli di capacità produttive e occupazionali più o meno gravi che comunque consentono una continuità produttiva; siamo giunti al taglio che decapita interi impianti siderurgici; siamo giunti alla loro chiusura definitiva; siamo di fronte alla eliminazione dei poli siderurgici torinese e ossolano.
L'ITA è caratterizzata dal divampare del conflitto tra pubblico e privato, si ipotizza la chiusura con la perdita di centinaia di posti di lavoro.
Alla Alessio Tubi si rischia lo smantellamento e la perdita di 380 posti di lavoro, altro che sinergia tra pubblico e privato! Ciò che rimane quale prospettiva avrà? All'Italsider di Novi è urgente l'investimento per l'impianto di ricottura continua: vi sono ritardi preoccupanti che potrebbero compromettere la prospettiva produttiva di questo impianto.
La Vertek di Condove: se le produzioni della Nuova Deltasider di Torino verranno trasferite a Piombino, fino a quando, signor Assessore, avrà senso dal punto di vista industriale continuare il processo di verticalizzazione del prodotto a Condove? Alla IAS, dopo aver perso la parte della produzione a caldo trasferita a Terni, è rimasta solo la laminazione; un adeguato investimento rafforzerebbe e qualificherebbe questa fase di produzione, ma l'investimento viene ritardato: enormi sono le responsabilità politiche dei Governi e della Giunta regionale.
Voglio qui ricordare ciò che dichiarò alla conferenza sulla siderurgia il 27 ottobre 1984 indetta dalla Regione Piemonte l'allora Ministro delle Partecipazioni statali, Darida: "Per la società LAF, ora Italsider, non sembra sussistano problemi circa il mantenimento degli attuali volumi produttivi e degli occupati". Si trattava di 1.100 dipendenti, ma ora siamo scesi a 524.
Continuava il Ministro: "Per la società IAS, ora Nuova Deltasider nello stabilimento torinese è previsto per gli anni a venire un volume di attività non sostanzialmente dissimile da quello attuale e i livelli occupazionali dovrebbero assestarsi sui 2.300 addetti", peccato che siano nel frattempo scesi a 1.400 gli addetti! Per quanto riguarda la Sisma del Gruppo Nuova Deltasider dichiarò che "la società sta accelerando il completamento del programma di ristrutturazione impiantistica e si vede costretta a perseguire al più presto l'obiettivo di adeguamento dei livelli occupazionali" e ancora "di assicurare la riattivazione degli impianti idroelettrici che riforniscono lo stabilimento e che possono anch'essi favorire quel recupero di economicità indispensabile alla vita dell'azienda"; nel frattempo sono scesi a 570 posti di lavoro.
Perché la politica della Finsider è inaccettabile sia dal punto di vista industriale che da quello finanziario, sia ancora da quello sociale e democratico? E' già stata ampiamente sperimentata questa politica.
Consideriamo per un momento gli aspetti di questa politica: tagli, costi e risultati.
I tagli: 7,3 milioni di tonnellate di produzione sono stati tagliati.
La CEE aveva chiesto un taglio di 5,8 milioni di tonnellate: i boiardi di Stato, di manica larga, non hanno esitato a tagliare all'impazzata.
I costi: 20.000 miliardi di investimenti.
I risultati: disavanzo annuale che oscilla tra i 1.000 e i 2.000 miliardi; l'indebitamento complessivo è pari a 8.300 miliardi di lire; la bilancia commerciale siderurgica è passiva per 2.000 miliardi di lire: risultati come vedete disastrosi.
Dal punto di vista finanziario non si è risanato un bel niente: l'indebitamento è cresciuto, il deficit di bilancio è di 1.500-1.700 miliardi di lire.
Dal punto di vista industriale non c'è stata qualificazione della nostra siderurgia, ma semplice ridimensionamento.
Dal punto di vista sociale abbiamo perso 70.000 posti di lavoro.
Sono stati commessi - bisogna che lo si ammetta esplicitamente - errori di politica industriale finanziaria clamorosi e i governi succedutisi hanno lasciato fare. Non solo, ma perché possa essere continuata questa politica come propone il Piano Finsider - bisogna pagare altri pesanti costi.
Questa politica è destinata a provocare ulteriori guasti in molti casi insanabili.
La Finsider per attuare il suo piano chiede risorse per 6.500 miliardi di lire e prevede la perdita di ulteriori 25.000 posti di lavoro.
Bisogna allora ammettere esplicitamente che ci troviamo di fronte ad una logica miope, avventata, disastrosa, che deve essere bloccata ed impedita. Per questo lottano e manifestano i lavoratori siderurgici.
E' tra l'altro una logica perversa che ci indebolisce in sede comunitaria, scatena localismi e una vera e propria guerra tra poveri.
Cito alcuni esempi: se chiudono la nuova Deltasider di Torino e di Villadossola, Piombino raggiungerà un mix più elevato - ha detto l'Assessore - e così per tutti gli altri casi: Bagnoli è costretto a rivendicare quote produttive più elevate che devono essere sottratte a Taranto e così via.
E' una logica perversa perché sottrae al Parlamento il compito di definire politiche di indirizzo per il risanamento finanziario della siderurgia, per la sua qualificazione negli impianti e nei prodotti, per un avanzamento della siderurgia nazionale. Questo compito spetta al Parlamento e non ai boiardi di Stato che hanno dimostrato ampiamente di portare alla bancarotta Finsider! Questa logica perversa aggrava la crisi strutturale di cui ha parlato l'Assessore. Crisi strutturale che è aggravata dalla mancanza di politica da parte del Governo e dalla logica perversa portata avanti da Finsider.
Non vi sono segnali consistenti che ci dicono che la crisi strutturale permane, ma è meno traumatica rispetto ad alcuni anni fa.
Se permane però la politica della Finsider e del Governo, per noi sarà sempre un effetto terribilmente traumatico quello che ne deriverà, che per a quel punto non si potrà imputare alla crisi strutturale, bensì alla mancanza di politiche o alla presenza di politiche perverse che vengono portate avanti.
Perché è finita così? Proviamo a chiedercelo. Senza una politica industriale di rilancio produttivo non c'è risanamento finanziario. E' persino banale, ma i dirigenti della Finsider non lo hanno capito. Senza una politica industriale di qualificazione, di avanzamento, di maggiore competitività della nostra siderurgia non c'è risanamento finanziario.
I piani sono stati ragionieristici e non di politica industriale globale. La politica dei tagli destruttura, decapita gli impianti ridimensiona la siderurgia italiana.
Il piano presentato ultimamente è chiaramente subalterno agli interessi privati! Si cede la polpa della siderurgia italiana per tenere quelle produzioni che comportano perdite rilevanti per lo Stato. Siccome i prodotti lunghi si sono fatti in questi anni appetibili, sono particolarmente remunerativi, il piano prevede che passino ai privati.
C'è l'esigenza di un piano nazionale per la siderurgia, sia per la siderurgia a partecipazione statale sia per quella privata.
Questo piano deve coordinare gli sforzi, deve stabilire un giusto e corretto rapporto tra pubblico e privato, deve fare investimenti nel campo della ricerca e dell'innovazione degli impianti e dei prodotti. In sostanza c'è bisogno di una qualificazione della siderurgia nazionale: questo piano deve affrontare i problemi infrastrutturali e ambientali, un siffatto piano ci darebbe più forza in sede comunitaria.
Certo sono necessarie anche politiche sociali: non tutto è difendibile mai abbiamo sostenuto che tutto è difendibile. Ma queste politiche sociali devono essere adottate: una consistente riduzione dell'orario di lavoro sostenuta da un fondo straordinario pubblico; la politica dei prepensionamenti; un fondo per creare nuovi posti di lavoro.
Non difendiamo tutto, ma in questa sede dobbiamo metterci d'accordo amici della maggioranza, se accettiamo la liquidazione come vuole Finsider o se vogliamo, sia pure attraverso un processo di ristrutturazione e di qualificazione della nostra siderurgia che comporterà prezzi rilevanti avere una garanzia di prospettiva.
Questo è il quesito: se accettiamo supinamente la chiusura o se diciamo che bisogna ristrutturare e qualificare, che perderemo ulteriormente posti di lavoro, ma avremo impianti che avranno un futuro e continuità produttiva.
Proviamo a fare degli esempi.
Nuova Deltasider: è curiosa la vicenda. Il precedente piano o bozza di piano (i piani non si contano in Finsider, nessuno conosce il numero esatto di bozze di piano o di piani che sono stati redatti) prevedeva la privatizzazione della Nuova Deltasider di Torino: fatto molto negativo a mio parere, forse però si apriva qualche spiraglio; ma continuità produttiva no. I privati acquistano, si impossessano delle quote produttive che vanno a realizzare dove gli pare; però l'ultimo piano parla di chiusura, perché se la Deltasider di Torino restasse in funzione disturberebbe i privati nelle produzioni di prodotti lunghi. E' allucinante! Si riconosce in questo modo la bontà dell'impianto: produce acciai di qualità, acciai da costruzione; è al centro del mercato che utilizza questo prodotto (la FIAT) e la verticalizzazione del prodotto avviene a Condove. Che senso ha concentrare queste produzioni a Piombino? A sostegno di questa tesi si fanno dei discorsi di politica industriale allucinanti! Ieri quando bisognava chiudere gli altiforni si diceva che avrebbero avuto un grande avvenire i forni elettrici; oggi si dice che è bene chiudere i forni elettrici perché avrà un grande avvenire l'altoforno.
Anche i profani sanno che l'altoforno serve per realizzare produzioni di massa comuni e che ulteriori lavorazioni vengono fatte ai forni elettrici.
Deve esserci una giusta, corretta integrazione tra altoforno e forno elettrico.
Come vedete, le teorie servono secondo le circostanze a coloro che dirigono la siderurgia pubblica.
Non ha senso trasferire queste produzioni a Piombino. Sono produzioni di qualità che mal si adattano ad un grosso impianto come quello di Piombino, dove ha senso invece che continui a funzionare e che venga qualificata la produzione d'altoforno.
Ex Sisma: bisogna attivare la centrale idroelettrica e fare gli investimenti necessari. Nessuno viene qui a sostenere che è un fior di impianto industriale. Ma di chi è la colpa? Noi non possiamo dimenticare che la logica della Finsider è sempre stata quella di frenare gli investimenti, di non realizzare gli investimenti indispensabili, di prendere atto che l'impianto era vecchio e che perdeva un mucchio di soldi e poi naturalmente lo sforzo per indurre tutti a dire: "non sta in piedi, è un relitto industriale, non ha prospettiva." Italsider di Torino: fornisce lamiere all'industria automobilistica con grande flessibilità, pronta consegna, ha un margine operativo lordo positivo, è un impianto che ha la virtù di essere fortemente flessibile.
Perché non irrobustire questa produzione attraverso lo sviluppo dell'elettrozincato? Una linea di elettrozincatura impiega cento dipendenti e non bastano due linee di elettrozincatura per coprire un organico che è ancora attorno alle 600 unità, con i cassaintegrati 700.
Qui il paradosso è massimo perché è largamente probabile che, se questa produzione non verrà più realizzata, l'Italsider di Torino dovrà importare il laminato.
La FIAT ha ripetutamente dichiarato che intende approvvigionarsi sul mercato internazionale qualora non abbia più un impianto dalle virtù che ho ricordato: l'estrema flessibilità, la pronta consegna, la qualità del prodotto.
Italsider di Novi: tardano gli investimenti per un impianto di ricottura continua che ha un costo di 300 posti di lavoro. Se viene realizzato in tempo però l'impianto ha prospettive; se viene realizzato in ritardo sono in rischio persino le prospettive di continuità produttiva.
Queste tecnologie sono state largamente adottate in altri impianti siderurgici europei, non si può arrivare sempre dopo e pretendere di riuscire a stare sul mercato.
Per quanto concerne l'inossidabile, abbiamo perso la parte a caldo che è stata trasferita a Terni. Abbiamo solo la laminazione a freddo: o si fanno investimenti o perderemo anche la laminazione a freddo perché ad un certo punto si dirà che non ha senso far viaggiare il prodotto su e giù per il nostro Paese e che conviene laminarlo a Terni.
L'Assessore ha parlato di impegni dell'IRI e di Finsider per una politica di reindustrializzazione nelle aree colpite, attraverso lo sviluppo di attività sostitutive. Mi paiono parole magiche. Sfido i Consiglieri di maggioranza a portare un solo esempio di reindustrializzazione positivamente realizzata nella nostra Regione; in dieci anni, le grandi ristrutturazioni FIAT, Olivetti, Montedison Montefibre, fino alle ultime ristrutturazioni, si sono trasformate in autentiche prese in giro. Io non dico di non compiere uno sforzo, ho detto che pregiudizialmente dobbiamo stabilire se vogliamo garantire una continuità produttiva ai nostri impianti o se accediamo all'idea della Finsider di chiuderli. Io propendo per la prima soluzione: riqualificazione, ristrutturazione che avrà dei prezzi che dovremo pagare ma perlomeno questi impianti avranno un futuro, conserveremo i poli siderurgici, sia quello torinese che quello ossolano.
Come si è mossa la Regione? Devo dire molto francamente, caro Assessore, che non ho per nulla apprezzato l'incontro che la Giunta ha avuto con la Finsider.
Leggo dal notiziario regionale del 9 marzo di quest'anno: "La Regione Piemonte contesta i tagli Finsider".
Disaccordo sul piano dei tagli occupazionali previsti dalla Finsider è stato espresso ai rappresentanti degli stabilimenti piemontesi dal Presidente della Giunta regionale, Vittorio Beltrami, e dall'Assessore regionale al lavoro, Giuseppe Cerchio, nel corso di un incontro che si è svolto oggi. "L'etichetta di Regione industrializzata finisce per danneggiarci - ha sostenuto il Presidente Beltrami - in quanto si ritiene che sia sempre possibile ridurre l'occupazione nel settore pubblico".
All'incontro erano presenti il Presidente della Deltasider Sergio Noce e l'Amministratore delegato della Terni Acciai Speciali, Attilio Angelini.
Il piano predisposto dall'IRI per il settore siderurgico prevede i tagli noti. L'Assessore regionale Cerchio e il Presidente Beltrami che venerdì incontreranno le Organizzazioni sindacali hanno presentato alcune controproposte che riguardano fra l'altro un utilizzo maggiore di altri stabilimenti piemontesi in buona salute, come quello degli acciai speciali di Novi Ligure. Negli ultimi cinque anni il settore ha perso 5.700 posti di lavoro pari ai due terzi degli occupati".
Vi sono perlomeno quattro errori che io umilmente voglio indicare.
Primo. Perché riconoscere alla Finsider un ruolo che non ha e che non può avere? Il Governo è il vero interlocutore e non i boiardi di Stato che hanno portato la Finsider sull'orlo della bancarotta fino al punto di liquidarla. Che senso ha parlare di stabilimenti in buona salute? Se dipendesse dal bilancio non c'è un impianto Finsider che sia in buona salute. Per quanto riguarda la buona salute dell'impianto di Novi, occorre rilevare che questo non produce acciai speciali e poi peccato che a Novi con l'introduzione di nuove tecnologie si vadano a perdere 300 posti di lavoro. C'è una filosofia liquidatoria subalterna che non è accettabile! Secondo. La Giunta ha promosso ripetute Conferenze straordinarie nel Verbano - Cusio - Ossola per la reindustrializzazione dell'area. La reindustrializzazione dell'area è la chiusura della ex Sisma? Avevamo parlato di misure straordinarie da rivendicare al Governo nazionale. Che ne è di queste misure straordinarie che il Governo centrale avrebbe dovuto assumere per una delle aree più deindustrializzate del nostro Paese? La Giunta sottovaluta questo problema, tant'è vero che nel piano socio economico non c'è cenno, per la verità, non c'è cenno nemmeno alle grandi questioni della FIAT, della Olivetti e delle grandi imprese multinazionali le cui sedi sono allocate in Piemonte: è come se il piano dicesse che "questo è un loro affare. Noi ci arrabattiamo nella politica di piccolo cabotaggio".
La stessa risposta dell'Assessore Cerchio è stata notarile. Molte motivazioni sono quelle della Finsider. Cerchiamo di contrapporre a quelle motivazioni le nostre che, tra l'altro, sono molto forti.
Ripetutamente ho detto che corriamo più rischi rispetto a tutti gli altri poli siderurgici, perché Terni, Piombino, Taranto e Bagnoli, hanno dimensioni maggiori rispetto al polo siderurgico torinese. In queste aree siderurgiche tutti scendono in campo a difesa dei loro impianti. C'è il rischio che paghi ancora una volta la nostra regione, la nostra industria siderurgica.
E' ancora più grave, alla luce di questo, l'inerzia della Regione. Ci si doveva muovere tempestivamente. Si sono avute difficoltà a contattare il Ministro, ma quando si è riusciti questi ha detto che non voleva partecipare ad una conferenza pubblica, che preferiva una sede ristretta.
Una questione da cui dipendono 3.000 posti di lavoro deve essere una questione pubblica oppure deve essere discussa in sede riservata? Comunque contano i fatti e i fatti sono tremendamente negativi in questa vicenda.
Non siete riusciti a portare il Ministro delle Partecipazioni Statali neppure per un incontro ristretto a Torino! Noi siamo contrari a votare altri ordini del giorno che vengono votati all'unanimità; l'ultimo è quello del mese di dicembre che era persino accusatorio nei confronti della maggioranza perché sostanzialmente diceva basta con questa data che scivola continuamente, questa data ballerina che si sposta sempre in avanti, tant'è vero che sono trascorsi 13 mesi.
Noi vogliamo che si faccia la conferenza pubblica sulle prospettive dell'industria siderurgica a partecipazione statale e privata in Piemonte.
I Ministri vengano qui a spiegarci perché alcuni impianti, la cui validità industriale non è messa in dubbio da nessuno, debbano chiudere. Questo chiediamo noi, al di là degli ordini del giorno che lasciano il tempo che trovano e al di là degli impegni che non sono mai stati mantenuti da questa Giunta. Vogliamo che lo stesso impegno si esprima sulle aree dismesse. C'è dietro chi pensa che le aree dismesse diventino un business di portata eccezionale, allora il Comune di Torino freni eventuali mire speculative.
Signor Presidente, signori Consiglieri, a che cosa è servito il nostro incondizionato impegno unitario? Ad aspettare 13 mesi che si discutesse di una questione bruciante come questa, ad arrivare in notevole ritardo! Le argomentazioni che il Piemonte può portare sono forti a difesa dei suoi impianti, che non sono da Terzo Mondo e nemmeno hanno dimensioni enormi. Hanno il pregio della flessibilità al centro del mercato di consumo, che è Torino: questi impianti lavorano per la produzione automobilistica.
Dobbiamo impedire - lo diceva l'Assessore - questo delitto, ma ce n'è più di uno: veri e propri delitti innanzitutto di carattere industriale. La difesa, la qualificazione, l'avanzamento di questo rilevante patrimonio culturale, industriale, professionale che è la siderurgia torinese, è un dovere di tutti noi.
Noi dobbiamo difendere innanzitutto dal punto di vista industriale questa realtà produttiva che è tanta parte della storia industriale e sindacale della città di Torino e della nostra Regione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Ritengo che attorno alla vicenda della siderurgia in Piemonte si sia determinato nel corso degli anni un insufficiente grado di sensibilità e di solidarietà.
In questo processo importante per la nostra economia l'attenzione è stata scarsa, soprattutto a parte di quegli strumenti che mostrano ed esaltano le meraviglie del capitalismo rampante e della grande stagione della Borsa.
L'economia in una società che non voglia slittare lentamente verso una logica puramente finanziaria, è fatta di robustezza dell'insediamento produttivo, di radici profonde, di capacità professionali, manageriali e imprenditoriali; è la volontà, che viene ribadita in quest'aula, di esaltare, privilegiare il processo produttivo rispetto a logiche che tendono a far premio sugli aspetti finanziari.
Dobbiamo anche dire che si è scorto in questi ultimi anni un giudizio a volte di sufficienza verso quella che poteva essere la capacità e la sensibilità economica delle assemblee elettive, del sindacato, dei lavoratori. E' come se questi problemi fossero da trattare solo in ambiente specialistico, con una spolverata di assistenzialismo per far stare buoni e zittire qualcuno.
A questo proposito occorre recuperare un rapporto pieno con il Governo.
Quando parliamo con la struttura dirigenziale dell'IRI, delle articolazioni delle Partecipazioni statali nella siderurgia, ci troviamo dinnanzi ad una logica che è pari a quella che riscontriamo quando parliamo con il Compartimento delle Ferrovie dello Stato di Torino del problema dei cosiddetti "rami secchi".
E' un errore madornale pensare che quello sia un tavolo producente: è un tavolo complementare, ma non è un tavolo producente.
Abbiamo assistito in questa vicenda a spinte politico-sociali variegate e a volte imbarazzanti. Ricordo le riunioni delle regioni siderurgiche che si facevano a Roma anni addietro. Alla posizione della nostra Regione e delle nostre assemblee elettive volta a trovare un giusto equilibrio tra validità economica e aspetti sociali, non sempre si è avuta rispondenza e non sempre il nostro silenzio, la nostra ragionevolezza hanno dato un premio: 6.000 posti di lavoro persi che non vengono mai messi nel conto quando ci troviamo al tavolo di queste articolazioni delle Partecipazioni statali.
Ci sono state spinte private: il gioco è lungo, contraddittorio, non sempre chiaro, ognuno fa la sua parte ed è rispettabile in questo senso, ma tocca all'operatore pubblico stare attento che le spinte private non superino il livello della giusta convenienza per l'operatore pubblico nella determinazione di scelte.
Ci siamo trovati molto spesso di fronte alla maledetta logica che andando a misurare con il bilancino del farmacista in un singolo stabilimento si potesse fare buona economia. In questo senso sono state rispolverate vecchie logiche che prima erano state abbattute da tutta la pubblicistica e poi recuperate: economia di scala sì, economia di scala no l'altoforno, l'utilizzo del rottame, la necessità di avere un mix per cogliere l'opportunità dei prezzi e seguire l'andamento dei prezzi internazionali. Ne abbiamo sentite di tutti i colori e ciò dimostra che non esiste una teoria economica in materia che sia salda, solida, confermata rispettata da tutti, ma emergono diverse posizioni. Non possiamo pensare che la logica di far finire la siderurgia italiana in due poli, Taranto e Piombino, possa essere suffragata da un supporto di concezioni economiche valide, incontrovertibili, sacrosante. Non è così, perché nella storia economica di questo aspetto dell'apparato produttivo italiano nella pubblicistica internazionale, ci sono stati profondi mutamenti; nessuno ha in tasca la verità di questa materia.
Credo che l'ultimo piano elaborato da Gambardella sia estremamente pericoloso proprio perché porta in sé una filosofia che non ha una legittimazione: è un punto di vista, un modo di vedere il problema che non coglie le complesse interrelazioni e le prospettive di lungo periodo, che certamente un dirigente delle Partecipazioni statali non è titolato ad avere, ma che un Governo deve avere, una strategia in cui collocare la presenza della siderurgia nel nostro Paese, che non sono sostanzialmente attività marginali, ma rappresentano l'asse di sviluppo di una società industriale avanzata.
Vorremmo che il Governo fosse meno impegnato a raschiare in fondo al barile del nucleare e si dedicasse maggiormente a questo problema, perch c'è il rischio che si trovino dei falsi scopi e si lasci perdere quello che è un interesse che deve assumere il Governo e il Parlamento su questa materia.
Credo che per l'acciaio, per la produzione siderurgica, occorra avere una grande siderurgia che ha delle interrelazioni complesse. Concorrere alla competitività vuol dire creare economie esterne all'apparato produttivo siderurgico che è molto particolare nel problema dei trasporti e degli approvvigionamenti, e che deve trovare anche da quel versante un impegno a lavorare affinché si possano determinare delle convenienze.
Occorre avere una visione di lungo periodo. Le Partecipazioni statali considerano la funzione di vendita e di marketing come marginali lasciandola ad altri operatori per i quali è indifferente comprare da Hong Kong, dalla Francia o dall'Italia, l'importante è che ci guadagnino. Mi pare facciano bene il loro mestiere ed è giusto che lo facciano così; ma una funzione marketing forte, determinata, capace di dialogare con altri Paesi, supportata con una forte volontà, non c'è stata nelle Partecipazioni statali e nelle articolazioni che operano nella siderurgia delle Partecipazioni statali. E' una carenza estremamente grave al punto tale che la FIAT non a lunghissimo termine, si approvvigionerà dal vicino stabilimento francese ed è giusto che un'azienda che deve valutare il suo conto economico faccia un discorso di convenienza. Noi disarticoliamo il nostro sistema, gli togliamo una componente fondamentale come quella della capacità di aggredire sul piano commerciale i mercati e poi piangeremo sul latte versato.
Occorre un coraggioso rapporto sistemico con i privati. Non possiamo aver paura del privato in quanto tale, dobbiamo avere paura di un privato giustamente aggressivo quando trova un potere pubblico rinunciatario, ma se il momento pubblico è all'altezza del compito, ha un chiaro disegno, ha una precisa volontà, si possono determinare delle sinergie nel rapporto con il privato, altrimenti si svendono le cose migliori, si raccattano quelle peggiori e il pubblico viene ad essere veramente un cimitero degli elefanti della siderurgia.
Nessuno ha mai detto a qualche dirigente delle Partecipazioni statali che un sistema imperniato su due poli può avere un livello di flessibilità rischioso per le esigenze dell'apparato industriale, può essere anche poco affidabile alle esigenze di continuità di rifornimento, può anche essere critico nel rapporto dei costi di trasporto rispetto ad una merce che ha un altissimo costo di trasporto.
Questi sono gli elementi che devono entrare nel discorso e non possiamo accettare tranquillamente alcun taglio senza che venga prospettata un'alternativa. Non possiamo pensare di mettere il timbro sopra un'ipotesi che preveda un ulteriore smantellamento senza dire nulla di credibile (lo sottolineo) per il futuro.
Sulle iniziative sostitutive dobbiamo fare una riflessione. La SPI, la società di intervento per le iniziative sostitutive dell'IRI, non ha dato grandi risultati e ha utilizzato spesso grandi risorse; non abbiamo avuto esperienze buone dei finanziamenti della Comunità Economica Europea (ricordo i fondi CECA) in questa materia. E' successo addirittura il paradosso che con i premi per le quote di smantellamento di attività produttive vediamo uno stabilimento smantellato in un Paese comunitario risorgere in Svizzera con gli stessi macchinari e con gli stessi impianti.
Gli svizzeri non faranno produzione da buttare nel lago di Ginevra, ma per venderla perché ci sarà il mercato che assorbirà questa produzione. Qui c'è qualcosa che non funziona, forse c'è un problema di trasparenza, di conoscenza, che non è portata a livelli adeguati.
Non dobbiamo pensare sarebbe una trappola bestiale - che un po' di prepensionamento e di mobilità possa accontentare le iniziative sostitutive rispetto agli smantellamenti, perché dobbiamo evitare che si determini il meno uno, perché se dalla siderurgia spostiamo delle persone in un'attività che avrebbe bisogno di occupazione andiamo al saldo occupazionale netto all'interno della nostra Regione, per cui c'è un calo occupazionale. Dobbiamo invece trovare delle iniziative sostitutive che se non sono in grado di fare un più uno perlomeno riescano a mantenere degli equilibri all'interno dell'apparato industriale. Posso capire che il singolo lavoratore possa anche accettare una soluzione che risolva il suo problema personale, ma noi dobbiamo vedere il problema di suo figlio, del vicino di quello che cerca un lavoro e quindi non possiamo far passare la logica del meno uno con iniziative assistenziali che sono pericolosissime perché in fondo sono uno spreco di risorse che potrebbero essere più convenientemente impegnate alla ricerca di alternative produttive pur se difficili e complesse.
Ci sono altre strade: la riduzione dell'orario di lavoro e la necessità di un intervento sostitutivo determinato da precise volontà, classico è l'esempio del Verbano - Cusio - Ossola.
E' necessario un fondo pubblico che sappia dare un respiro strategico però il fondo pubblico senza una volontà politica precisa serve a poco.
Forse bisognerebbe pensare ad una legislazione specifica per questa sinergia tra pubblico e privato in modo che l'operazione sia corretta. Ad esempio, sappiamo che i bresciani hanno degli stabilimenti molto vecchi situati in vallate che guardano ad alcuni nostri pezzi di apparato industriale siderurgico con grande interesse. Non dobbiamo avere timore di questo interesse, ma se non abbiamo un disegno chiaro e degli obiettivi precisi come presenza pubblica dobbiamo avere timore dell'aggressività che può manifestare quel tipo di imprenditorialità, altrimenti dobbiamo considerare benvenuta quell'attenzione perché è capace di portare iniziativa imprenditoriale, magari capitale fresco e volontà di tenere i lavoratori. Anche per lo stabilimento di Avigliana c'è il rischio che per la bulloneria l'ipotizzato ingresso di Fontana avvenga con un'incoronazione che lascia sul terreno centinaia di lavoratori messi da qualche altra parte (prepensionati o mobilizzati), ma facendo l'operazione del meno uno nel saldo occupazionale netto della nostra Regione.
In questo senso, colleghi, credo che possa coesistere (voglio spezzare una lancia per Bagnoli) in Italia un sistema in cui Taranto e Bagnoli possano costituire un asse del sistema produttivo siderurgico e Piombino e Torino possano continuare a coesistere come asse del sistema siderurgico piemontese.
E' chiaro che occorre contrastare ogni ipotesi di cessazione della laminazione dell'Italsider a Torino che non preveda un'alternativa produttiva che non può consistere soltanto, almeno nello stato attuale nella elettrozincatura, ma in una verticalizzazione siderurgica molto spinta e particolare.
La decisione della chiusura dello stabilimento Deltalsider di Torino credo sia sbagliata perché può coesistere per le caratteristiche di flessibilità, di duttilità e di rapporto con il mercato di sbocco che pu avere.
Per la Sisma l'indicazione dell'Assessore mi trova d'accordo; farei una sottolineatura maggiore sull'importanza in termini di economia esterna del sistema di centrali idroelettriche che storicamente avevano favorito gli insediamenti siderurgici e della chimica di base nell'Ossola proprio perch venivano a trovare dall'autoproduzione di energia elettrica quelle convenienze che oggi sono venute meno per la mancanza di queste produzioni.
Occorre approfondire con grande attenzione la situazione Vertek perch non la ritengo tranquilla: quello siderurgico è un sistema a vasi comunicanti e c'è il rischio che alla lunga possa risentire dello smantellamento del polo della città di Torino così come negli acciai inossidabili.
Credo che alla lunga la scelta di portare l'area a caldo a Terni possa determinare delle tentazioni difficilmente recuperabili in futuro.
La Regione deve recuperare in modo forte la presenza del discorso siderurgico all'interno della proposta di Piano regionale di sviluppo perché rappresenta non solo una componente importante, ma un'esperienza di che tipo di rapporto la nostra assemblea elettiva e il governo regionale possono e devono avere rispetto allo Stato, al Governo alle articolazioni importanti economiche dello Stato come le Partecipazioni Statali.
Occorre anche una visione complessiva. E in questa visione complessiva non sono marginali le aree dismesse, non sono un fatto residuale, sono una risorsa che deve servire per rafforzare l'apparato produttivo e non favorire speculazioni o disegni vari.
In questo senso credo che tutti dovremmo essere disponibili a trovare delle soluzioni per le aree dismesse (o che potrebbero essere dismesse) le più valide possibili, ma a patto che queste risorse siano recuperate al fine di rafforzare la presenza produttiva. Possono essere iniziative differenziate oppure interventi di investimento; forse c'è un po' di oscurità se nello stato patrimoniale delle Partecipazioni statali ci sono dentro queste aree dismesse. Bisognerebbe accertare se negli accordi passati c'è stata confusione, comunque sia il Comune di Torino ha in questo senso l'obbligo di fissare un vincolo di destinazione d'uso se non sono chiare le finalità di queste aree.
Concludo dicendo che occorre grande trasparenza in questa vicenda. La trasparenza la si può ritrovare in molti tavoli, ma quella principale è nel rapporto con il Governo. E' in questo senso che noi dobbiamo recuperare la forza che possiamo mettere in campo convinti che non stiamo facendo una lotta di retroguardia municipalistica o assistenzialistica, ma che stiamo dando un contributo affinché il nostro apparato economico possa vivere in modo equilibrato, valido e non assistito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, colleghi, voglio far precedere lo svolgimento di alcune nostre considerazioni in merito all'argomento introdotto dall'Assessore Cerchio con un'osservazione: in più interventi è comparso il solito innominato convitato di pietra che per quanto riguarda anche la questione siderurgica si chiama, è meglio dirlo a chiare lettere ancora una volta, FIAT. La FIAT deve essere parte in causa in tutto il processo che le istituzioni dovrebbero provare a svolgere per tentare di risolvere questa piaga produttiva con costi sociali intollerabili. La Regione e le istituzioni in generale dovrebbero provare a non dimenticarsi che ad esempio per quanto riguarda la vicenda strettamente torinese gran parte delle difficoltà di esercizio degli stabilimenti che abbiamo nel capoluogo regionale sono determinate dagli oneri passivi finanziari che gravano in seguito alla vendita a prezzi salati degli impianti ex-Texid al settore pubblico, ciò che determina un appesantimento delle capacità operative concrete del settore, almeno per quanto riguarda alcuni reparti specifici.
La FIAT è parte in causa e non dobbiamo dimenticarcelo per quanto riguarda l'utilizzo del prodotto siderurgico stesso. Non vorremmo in poche parole che si consumi nella disattenzione generale, che sarebbe ovviamente colpevole, questo procedimento, per cui la FIAT si è liberata ad un certo punto di alcune produzioni che in quel momento ha ritenuto poco remunerative; le ha fatte ripulire in termini finanziari e sociali per così dire dal settore pubblico, pronta la FIAT a riprendersele e a farle rendere anche da questo punto di vista in termini speculativi. Un processo di vendita e riacquisto per qualche piccolo segmento che costa molto alla collettività.
Signor Presidente, ho voluto far precedere da alcune considerazioni nostre in merito all'argomento, che ci pare obiettivamente complesso questa notazione perché pensiamo che le responsabilità devono essere messe a fuoco e quindi la mobilitazione che deve essere portata avanti deve avere interlocutori e controparti ben definite.
Da questo punto di vista noi non vogliamo che si celebri un'altra guerra tra poveri perché è già in agguato: Bagnoli contro Taranto, Piombino contro Torino. A rimetterci sarebbero soltanto i lavoratori, la parte più debole; allora è opportuno riprendere alcune questioni di fondo che forse ci aiutano a mettere a fuoco le proposte per il futuro.
La crisi che investe la siderurgia europea è determinata da un calo del consumo di acciaio che deriva sia da un calo generale di attività produttive che richiedono l'uso di questo materiale sempre in quantità minori, sia dalla diminuzione complessiva della quantità di acciaio necessaria alla produzione di alcuni beni: nella produzione automobilistica il consumo di acciaio è calato del 10% in soli 5 anni, nella seconda metà del decennio trascorso. Questa diminuzione della produzione complessiva è il frutto sia del miglioramento della qualità dell'acciaio che della sostituzione dell'acciaio con altri prodotti.
All'interno di questa generale contrazione della domanda, va segnalato questo è opportuno sia tenuto presente proprio per mettere a fuoco il contesto e quindi le proposte praticabili - l'aumento della produzione dei Paesi di nuova industrializzazione (sud-est asiatico, Cina, Brasile).
Questi Paesi rappresentavano complessivamente l'8% della produzione mondiale nel 1970, il loro peso è raddoppiato all'avvio di questo decennio nel 1983. Sono Paesi che tendono a coprire il proprio fabbisogno e ad affacciarsi anche nel settore delle esportazioni perché sono favoriti dalla ricchezza di materie prime e dal basso costo della forza lavoro, cioè dal selvaggio sfruttamento degli operai che viene attuato.
Inoltre va segnalato, per non farla troppo lunga rispetto a questi dati che pure qui e là sono presenti nella relazione dell'Assessore Cerchio, che sulla base dei dati CEE l'importazione in Europa da Paesi terzi è in netto calo, con una diminuzione del 22% tra aprile 1987 e l'anno precedente. In poche parole, vi è una reale crisi di sovrapproduzione e di calo dei consumi che sono due facce della stessa medaglia nel settore dell'acciaio in generale. Questo è un dato di partenza dal quale non possiamo prescindere perché viceversa si rischia di occultare responsabilità politiche e industriali ben definite che vanno aggredite con proposte concrete.
In questo contesto il processo di ristrutturazione avviato nella siderurgia europea ha portato in Italia alla perdita di oltre 55.000 posti di lavoro. Il dato generale è che il processo di rinnovamento tecnologico è andato al galoppo; la produttività per addetto nel nostro Paese è salita del 66%, in alcune realtà addirittura è raddoppiata; la condizione dei lavoratori ha subito un netto peggioramento con l'aumento dei ritmi, cumuli di mansioni, cosa che ha determinato un aumento vertiginoso degli infortuni. Cito soltanto un dato: a Piombino nel 1985 si sono verificati circa 1000 infortuni su 4700 dipendenti, cioè è risultato infortunato nell'arco di un anno un lavoratore ogni 4. La produttività, si diceva, è aumentata notevolmente: nel 1980 erano necessarie 8,5 ore per uomo per produrre una tonnellata di acciaio nel ciclo a caldo, nel 1986 ne bastavano quasi la metà (5,2).
La Finsider, e qui comincia a venire fuori il punto che va aggredito ha risparmiato in questi anni ben 1700 miliardi sul costo del lavoro.
Nonostante questa ristrutturazione, che è stata pagata esclusivamente dai lavoratori, la Finsider ha accumulato un deficit di 11000 miliardi di lire e ha bruciato quasi 20000 miliardi di finanziamenti della CEE.
Questa è la situazione, allora il piano che Finsider presenta non abbiamo dubbi che debba essere respinto totalmente per come è stato impostato, perché scarica ancora una volta sui lavoratori responsabilità imprenditoriali che gli sono proprie e che la comunità, le istituzioni democratiche, non possono accettare.
Assessore Cerchio, penso che ci sia un vincolo che vada posto in testa a tutti i nostri ragionamenti: è il vincolo della difesa complessiva della quota occupazionale e delle condizioni di lavoro in questo settore.
Noi di DP non staremo a questo gioco; si aprirà la strada a battaglie di difesa localistica delle singole aziende, che si trasforma altrettanto facilmente in guerra tra poveri. Da questo punto di vista ritorna l'osservazione da cui siamo partiti: la FIAT non può defilarsi da questo contesto. La FIAT che è utilizzatore privilegiato di produzioni siderurgiche, in particolare della nostra regione, è causa delle difficoltà finanziarie complessive di alcuni degli stabilimenti che risiedono in Piemonte.
Noi pensiamo che vada aperta (su questo non ci facciamo illusioni, non pensiamo che ci siano delle scorciatoie istituzionali per risolvere il problema) una vertenzialità sindacale ed istituzionale con la FIAT, con la Finsider, perché ci sia una redistribuzione del carico occupazionale per assorbire le eccedenze che sono di natura strutturale perché non si avviino e si consumino operazioni speculative ulteriori.
Pensiamo che al primo punto dell'iniziativa sindacale-istituzionale debba essere posta la difesa dell'occupazione che ci pare la condizione per costruire una mobilitazione che possa offrire qualche possibilità concreta ai lavoratori che ovviamente non demordono e che hanno bisogno non soltanto della nostra generica solidarietà, ma di una indicazione di politica economica industriale concreta.
Come si vede l'attenzione degli organi di governo regionale è particolarmente "vivace".



MONTEFALCHESI Corrado

Se il governo della Regione è questo, io mi domando quale attenzione viene data dalla Giunta al problema!



STAGLIANO' Gregorio Igor

Mi domando che senso abbia provare a svolgere in questa sede qualche ragionamento o offrire, per quel che si è capaci, spunti di riflessione per intraprendere qualche iniziativa quando chi è delegato a recepire questa discussione ostenta disinteresse! Da questo punto di vista noi non possiamo che denunciare un comportamento che, evidentemente, o non si rende conto della gravità della materia che stiamo discutendo oppure "se ne frega".
I costi umani, sociali ed ambientali della politica siderurgica condotta in questi anni sono stati altissimi. Bisogna invertire la direzione di marcia che ha prodotto soltanto speculazione e disastri sociali. Da questo punto di vista, lo facciamo a mo' di esempio anche se si è demotivati dal procedere in questa direzione, pensiamo che sia possibile avanzare qualche linea di politica economica e industriale che la Regione Piemonte dovrebbe sforzarsi di proporre all'attenzione degli organi di governo nazionale e di tutte le forze sociali per cercare di procedere in avanti. In poche parole non pensiamo che sia possibile rilanciare con un colpo di bacchetta magica il settore complessivo dell'acciaio nel nostro Paese o in Europa, perché ci sono delle condizioni strutturali ben definite da cui non è possibile astrarsi. Ma pensiamo che sia possibile rilanciare un consumo di acciaio finalizzato in particolare da alcune priorità sociali: al risanamento ambientale ad esempio, che può essere un obiettivo che consente di saldare l'iniziativa dei lavoratori siderurgici con il supporto delle istituzioni democratiche con altri settori sociali; in definitiva realizzare una politica unitaria, un'alleanza di soggetti diversi intorno a questa questione.
Provo a spiegare il punto di vista di DP su questa materia.
Per quanto riguarda la riconversione energetica condivido quanto diceva il collega Tapparo al riguardo abbiamo un Ministro dell'Industria che continua a condurre una guerriglia nei confronti di un pronunciamento popolare inequivocabile, e anziché impegnarsi sul versante della riconversione del Piano energetico nazionale previsto per l'atomo in settori ambientalmente e socialmente accettabili (ad esempio il metano), il Ministro fa queste sporche forzature nei confronti di un orientamento popolare democratico qual è stato espresso.
Per quanto riguarda la materia energetica dopo il risultato del referendum sul nucleare, le centrali nucleari programmate devono essere riconvertite. Questo può produrre sbocchi occupazionali anche nel settore siderurgico: la riconversione a metano è molto significativa in termini di strutture preliminari che devono essere realizzate. In questo senso lo stesso decentramento della produzione di energia (piccoli impianti idroelettrici, pompe di calore) può consentire di avere una ricaduta occupazionale e produttiva anche nel settore siderurgico (produzione di tubi, lamierini, ecc.).
Sempre per restare nel campo delle priorità sociali, nel settore dei trasporti possiamo forse accontentarci della tendenza dominante che è quella di privilegiare il trasporto su gomma che è energivoro ed inquinante? Il piano di ristrutturazione delle Ferrovie dello Stato privilegia il trasporto di prestigio a quello sociale diffuso sul territorio. Ingenti risorse vengono destinate all'alta velocità, mentre si tende a bloccare o limitare i finanziamenti per il rinnovo dell'intera rete, risalente come concezione e tracciati ai primi anni di questo secolo.
Solo il 32% della rete italiana è a doppio binario; scarsissima è l'interconnessione ferroviaria nei porti; l'età media del parco veicoli è alta e i carri sono inadeguati alle nuove esigenze del trasporto; nel 1985 su quasi 100.000 carri merci meno di 20.000 erano porta-container.
Sono esempi concreti che indicano come la produzione siderurgica possa essere finalizzata a questo tipo di politica economica, industriale e sociale in senso lato.
Lo stesso trasporto merci per via marittima in direzione nord-sud potrebbe utilizzare opportunamente le due vie d'acqua naturali (il mare Adriatico e il mar Tirreno) consentendo in questo senso un abbattimento dei costi energetici e dell'inquinamento atmosferico rispetto a quello stradale. Nel settore della cantieristica, Assessore, signor Presidente e colleghi, è possibile quindi avere una ricaduta positiva per il settore siderurgico, per il potenziamento della flotta italiana.
Su queste cose concrete non si tratta, non era questo l'intento delle nostre notazioni, di proporre alcun modellismo. Sono indicazioni che si propongono di segnalare una rotta diversa da quella che finora è stata praticata non soltanto da Finsider, ma anche dalle istituzioni.
La Regione Piemonte - è stato detto e io lo voglio sottolineare non pu comportarsi da notaio su scelte che vengono fatte da gruppi che poi utilizzano in gran parte denaro pubblico.
La Regione Piemonte finora - questo, Assessore, ci pare incontrovertibile non ha svolto il ruolo politico che la gravità della questione richiede.
Per questo la Regione Piemonte, a nostro avviso, deve avere un ruolo diverso, deve buttare tutto il proprio peso su questa materia.
Sono state citate alcune interrogazioni: il sottoscritto ne aveva presentata una il 16 marzo 1987. Assessore Cerchio, è una interrogazione che riguardava il suo predecessore, ma non è che cambi la sostanza! La sostanza del discorso indica come la Regione Piemonte su questa faccenda non c'è, e quando c'è rischia di fare danni se non ha le idee chiare, come ci pare finora non siano emerse con precisione.
In quella interrogazione ponevo il problema di che fine avessero fatto i fondi per la formazione professionale attuata in Piemonte nel settore siderurgico con contributi della Comunità Economica Europea; quali risultati per quanto riguarda la riqualificazione dei lavoratori di alcuni stabilimenti (in particolare si faceva riferimento alla Laf oggi Ilva) avessero prodotto queste iniziative e in questo senso quale ruolo, in questo che è uno dei pochi campi nei quali la Regione può svolgere un ruolo, può praticare nel campo del lavoro con funzione attiva, perché noi pensiamo che non soltanto sia sbagliata la rotta su cui le istituzioni hanno lavorato in questi anni, ma ci sia da rivedere anche la stessa strategia sindacale.
E' stato detto prima dal collega Tapparo - e non posso che ribadirlo che non funziona più, se mai ha funzionato, questo meccanismo di caricare sulla collettività, attraverso prepensionamenti e tutti quei provvedimenti tampone, una dinamica produttiva industriale che abbisogna di altre misure: innanzitutto una politica degli orari che faccia i conti con questo abbattimento complessivo dei volumi produttivi e una strategia finalizzata alla redistribuzione del lavoro a cui non possono dichiararsi estranee le stesse istituzioni democratiche se vogliono davvero fronteggiare queste domande sociali che ci vengono pressantemente poste.
Da questo punto di vista c'è il problema di non assistere passivamente a una ginnastica industriale o imprenditoriale che viene attuata da anni da decenni, sulle spalle della società e dei lavoratori. Va buttato tutto il peso delle istituzioni per chiamare intorno al tavolo non soltanto i soggetti direttamente investiti oggi (Finsider, il Governo nazionale che tiene bordone ai progetti dei manager cosiddetti Finsider), ma deve riuscire qui in Piemonte a coinvolgere quei soggetti economici e industriali che con e nel settore operano direttamente o indirettamente che hanno una presenza ingombrante e non per questo meno incidente rispetto alle conseguenze economico-produttive quale quella della FIAT che deve essere tirata in ballo in questa faccenda per l'assorbimento di produzioni e di occupazione in quegli impianti la cui produzione siderurgica è finalizzata al settore dell'auto e non solo.
Signor Presidente, queste sono le considerazioni che abbiamo voluto fornire all'attenzione, anzi alla disattenzione dei colleghi e della Giunta. Non accettiamo neanche noi che questo Consiglio si concluda ancora oggi con prese di posizione genericamente unanimi. Ci sono cose precise che vanno fatte, che dovevano essere fatte e non sono state fatte! Da questo punto di visto non possiamo che biasimare il comportamento politico del governo regionale, in particolare nella realizzazione di quella Conferenza regionale sulla siderurgia che potrebbe consentire di verificare che i brevi e forse confusi ragionamenti svolti finora sono campati in aria, che altri ragionamenti, altre proposte devono essere fatte, ma vedendo le istituzioni e i governi al lavoro e non invece spettatori passivi di giochi fatti sulle spalle e sulla testa della collettività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Non scenderò in una serie di dettagli che ho visto invece essere stata toccata da altri interventi perché ritengo che la relazione dell'Assessore abbia affrontato puntualmente tutti i temi. Anche l'ordine del giorno che informalmente, come bozza abbiamo predisposto a nome della maggioranza scende nei particolari, per cui tratterò alcune questioni di carattere generale che mi pare importante non ignorare.
Il gioco della politica richiede atteggiamenti differenziati, ma attaccare la Giunta e biasimarla per un presunto disinteresse su un problema come questo, criticare in particolare l'Assessore quando la Giunta stessa ha chiesto di dibattere il tema prima ancora del bilancio, che pure è adempimento urgente, è cosa singolare. Tacciarla di insensibilità al problema e di indisponibilità è cosa talmente smentita dai fatti, la cui strumentalità emerge così talmente chiara che non merita ulteriori precisazioni.
C'è in verità la volontà di affrontare il grosso problema, che non è di oggi, della ristrutturazione del sistema produttivo in Italia e in Piemonte regione industriale - e quello particolare del settore siderurgico.
Il Consigliere Montefalchesi, che ha presieduto per cinque anni la IV Commissione, ricorderà quante volte abbiamo dibattuto questo problema ricorderà come il problema del piano siderurgico sia venuto in quest'aula ben prima di oggi. Le perplessità sulla riduzione del polo torinese le avevamo tutti, e la riduzione si è attuata nel quinquennio precedente con una operazione che, bene o male, è stata da noi come Regione ostacolata e ci ha visti in una posizione dialettica, ma che d'altra parte si è consumata nel quinquennio precedente e che allora presentava tutti quegli aspetti di discutibilità che oggi sono portate avanti. Esemplare è il passaggio dei settori peggiori dall'industria privata all'industria pubblica che è una delle cose che sono dietro a questo discorso e dietro le vostre spalle. Queste cose le abbiamo denunciate in quest'aula quando voi eravate al governo della Regione Piemonte e non siete stati in grado di fare più di noi, caro Calligaro, perché qui si può parlare finché si vuole ma il problema è nato allora, quando già c'erano tutte le condizioni e le premesse.



CALLIGARO Germano

Ma allora non hanno chiuso!



BRIZIO Gian Paolo

E noi non daremo una mano a chiudere, questo sia ben chiaro, per bisogna essere seri nell'affrontare il problema, non settorialmente e in un momento particolare per interessi o posizioni politiche. Noi non l'abbiamo fatto allora e non lo facciamo adesso. So benissimo che si licenziano i dipendenti: sono molto informato e arriverò a darti le mie opinioni sulla situazione. La questione parte da lontano: in realtà il piano di allora con la costituzione della Deltasider, ha presentato grosse difficoltà attuative. Tutti i limiti che erano presenti allora oggi vengono alla luce perché il tentativo di andare sugli acciai speciali vi era con tutta evidenza, ma ha incontrato e incontra i limiti operativi a tutti noti.
Abbiamo anche noi la sensazione che ci sia a livello nazionale - non lo nascondiamo - l'opinione che il Piemonte sia una regione industriale dove l'industria privata è molto forte, che il Piemonte può farcela da solo e che quindi non ha bisogno di quell'impegno da parte del Governo e delle Partecipazioni Statali necessario ed utile a portare avanti interventi atti a salvare i settori che potrebbero essere forse salvati o quanto meno per predisporre interventi sostitutivi. Su questo terreno noi siamo pienamente d'accordo e questo lo sosteniamo non da oggi. C'è una sensazione facilona sul fatto che il Piemonte possa farcela da solo, portata avanti, anche per l'esaltazione dell'industria privata uscita dalla crisi, anche a livello governativo e l'abbiamo constatato negli incontri che abbiamo avuto con i vari Ministri.
Nella sostanza c'è a livello nazionale la sensazione che il Piemonte in fondo, possa reggere da solo e c'è uno scarso intervento delle Partecipazioni Statali.
A nostro avviso è molto positivo l'aver inserito nell'ordine del giorno che proponiamo l'incontro e il confronto fra IRI, Governo e Regione, perch è questo il nocciolo del problema, che è sostanzialmente politico: occorre vedere quali iniziative sono salvabili economicamente e quali altre iniziative possono essere avviate. Per anni abbiamo ripetuto che non abbiamo bisogno di un'industria statale assistenzialista, non sono utili le inefficienze e i deficit megalattici come quelli che la Finsider ha accumulato. I deficit finanziari alla fine nascono dalle perdite economiche e non da altro. Non ho mai visto delle difficoltà meramente finanziarie nella mia lunga esperienza di operatore economico. Non c'è nulla che sia solo finanziario: le deficienze finanziarie nascono dalle perdite economiche, perché l'azienda che produce e ha reddito trova sempre le risorse finanziarie per operare. Non possiamo neanche pensare a dei manager di Stato, che poi vengono ricercati anche dalle aziende private per la capacità, incapaci o pervasi dal sadismo della distruzione. Tutti quelli che operano nelle aziende agiscono per raggiungere dei risultati economici per stendere piani credibili in una realtà mutevolissima sotto il profilo economico (quella della siderurgia è stata la più mutevole di tutte).
Pensiamo a quello che ha fatto l'IRI con l'altoforno di Taranto pensiamo all'ing. Sinigaglia con il progetto di Cornigliano e con tutta una politica che aveva allora un suo significato, con gli altiforni al mare e andati poi in crisi di economicità; v'è stato poi il rilancio con la tecnica dell'elettricità e qui abbiamo sentito piangere perché si va a comprare in Francia, ma è un fatto che in Francia l'energia costa poco! C'è anche questo da considerare se si vogliono leggere i fatti non soltanto da una parte sola.
Ho apprezzato molto l'intervento del collega Tapparo, ma non ne ho colto con particolare soddisfazione il passaggio che addebita al Governo la ricerca ad ogni costo della centrale nucleare. Il Governo si pone il problema di evitare di distruggere delle risorse che sono state comunque investite perché la distruzione delle risorse alla fine viene pagata da tutti i cittadini attraverso il deficit dello Stato e l'erosione della loro ricchezza, dei loro salari, dei loro redditi. Quindi bisogna porre grande attenzione al complesso degli investimenti anche nel settore siderurgico.
Certo, bisogna evitare di scaricare sul pubblico tutto quello che non va salvo poi attaccare l'industria pubblica.
A noi ha fatto molto piacere che in un recente convegno l'avv. Agnelli non si sia unito al generale discorso di critica alla classe politica e di demonizzazione che pure molto spesso appare anche sul suo quotidiano torinese (basti pensare all'articolo di Lietta Tornabuoni sull'assassinio di Ruffilli che è una delle pagine di giornalismo più deleterio che si possano leggere). A noi fa molto piacere che non si sia assolutamente affiancata questa critica e che l'avv. Agnelli abbia riconosciuto che la classe politica nel Paese ha operato scelte valide ed importanti ed abbia fatto anche riferimento alla necessità dell'efficienza del sistema pubblico. Osservazione molto giusta: anche noi dobbiamo operare in modo che il sistema pubblico sia più efficiente così come l'industria privata deve sfuggire alla suggestione di scaricare tutto quello che non va sull'industria pubblica. Si esce fuori dal problema solo affrontandolo frontalmente.
Di fronte a noi c'è la strada del confronto con l'IRI e con il Governo la Regione deve veramente farne una questione di principio tenendo conto degli effetti occupazionali. Dobbiamo anche ricordare che la Regione non è competente sulla politica industriale, e che nel dibattito della settimana scorsa sulle riforme istituzionali abbiamo chiesto tutti di modificare l'art. 117 della Costituzione, abbiamo accennato a nuove competenze. In linea di politica industriale, abbiamo soltanto un peso politico come assemblea regionale e questo peso politico è giusto che lo giochiamo.
Noi chiediamo che sia giocato tutto, vogliamo che sia giocato tutto però avendo ben presente i limiti (che anche l'intervento del collega Staglianò ha posto in evidenza) che sono oggettivi e che devono essere tenuti presenti perché sono i veri limiti entro i quali siamo costretti ad operare.
Quindi, l'apertura forte del discorso con il Governo e con l'IRI, la ricerca di soluzioni sostitutive è necessaria perché le posizioni assistenzialistiche sono già state usate e portate avanti, compreso il prepensionamento. Ora fa piacere vedere tutti schierati sulla riduzione dell'orario, ma quando in questa sede quattro o cinque anni fa toccai questo tema, non ero condiviso dalla CGIL che vedeva solo i prepensionamenti; non v'era il consenso di oggi. Adesso siccome finalmente si è aperta la luce anche per gli altri si fa generale la considerazione della riduzione dell'orario.
La nostra bozza di ordine del giorno fa un riferimento ai problemi che riguardano il sindacato, caro Amerio, riprende il tema della legge n. 193 e quello degli interventi nazionali; però sappiamo tutti che le riduzioni di orario costano, che significano maggiori costi e che vanno ad incidere sui conti economici. Siccome alla fine vogliamo dei conti economici attivi anche per le imprese di Stato questo è quanto sosteniamo tutti. Occorre che si cerchino delle soluzioni che tengano conto soprattutto che il Piemonte non può continuare a pagare dei sacrifici eccessivi sotto il profilo occupazionale e che non è nelle condizioni di essere sacrificato dall'industria pubblica che tra l'altro è molto scarsa in Piemonte. Questo è il tema sul quale si deve intervenire fortemente. E' veramente scarsa la presenza dell'industria pubblica in Piemonte; cerchiamo di salvaguardarla e di agire affinché questa presenza possa essere garantita.
Questa è la sostanza della nostra posizione politica; non abbiamo alcun problema a sostenere la Giunta in un forte confronto con il Governo su questo problema, non abbiamo nessuna difficoltà a farlo, siamo ben consapevoli che i vari Ministri di tutti i Partiti di maggioranza non hanno sempre dato la sensazione di comprendere la gravità e la problematicità della situazione piemontese che noi invece abbiamo sempre evidenziato.
Su questa linea siamo disponibili a sostenere la Giunta che si è impegnata in proposito con una bozza di ordine del giorno e siamo pronti per quello che riguarda il nostro Gruppo, ma anche con gli altri, a portare quelle correzioni che fossero necessarie per raggiungere un documento unitario come abbiamo sempre cercato di fare nel passato quando dai banchi dell'opposizione, nei momenti difficili del confronto con il Governo e con le forze imprenditoriali private e pubbliche, abbiamo sempre privilegiato l'unità dell'assemblea come elemento di forza contrattuale. Ci aspettiamo che questo atteggiamento sia condiviso dagli altri analogamente anche in questa fase.



PRESIDENTE

I lavori riprenderanno oggi pomeriggio.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,05 riprende alle ore 15,30)



PETRINI Luigi



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo il dibattito sulla situazione della siderurgia piemontese.
E' iscritto a parlare il Consigliere Montefalchesi che ha facoltà di intervenire.



MONTEFALCHESI Corrado

Rilevo che questo Consiglio non mi sembra impegnato sufficientemente per rispondere al livello e alla gravità del problema che stiamo dibattendo, non solo per le presenze che evidentemente contano. Non ritorno su un aspetto che è stato ampiamente dibattuto questa mattina e sul quale mi sembra siamo tutti d'accordo e cioè che gli impianti siderurgici situati nella nostra Regione hanno una loro validità in termini di qualità impiantistica e di redditività, anche perché questi stabilimenti hanno subito una profonda ristrutturazione che li ha ammodernati, che ha fatto pagare pesanti prezzi sul terreno dell'occupazione e sui quali sono state investite risorse cospicue. L'Assessore Cerchio nella sua relazione ha motivato la validità e la redditività degli impatti siderurgici situati nella nostra Regione. Io aggiungo che a me sembra del tutto assurdo ipotizzare di smantellare degli impianti che hanno una loro redditività e modernità tenendo conto che la nostra Regione è tra i maggiori utilizzatori di prodotti siderurgici, in particolare di laminati piani legati all'industria dell'auto; laminati piani rispetto ai quali peraltro risulta che in questi ultimi anni siamo addirittura diventati degli importatori quindi non dobbiamo convincerci a vicenda sulla validità di questi impianti. Siamo tutti d'accordo su questo, proprio perché la ristrutturazione, sia sul terreno dell'efficienza tecnica sia su quello dell'utilizzazione della manodopera, negli anni scorsi è avvenuta con profondi tagli, sia produttivi che occupazionali.
Del resto ammortizzatori sociali quali il prepensionamento sono stati ampiamente utilizzati e pensare di riproporli oggi credo sia un'illusione in quanto non darebbero dei frutti efficaci. A me sembra che sia più utile interrogarci sul fatto se chi è chiamato a esercitare in questo Paese le funzioni di governo della politica industriale abbia fatto fino in fondo la sua parte.
E' vero, collega Brizio, che i tagli occupazionali e produttivi sono in gran parte avvenuti nella scorsa legislatura quando al governo c'erano le sinistre, ma è anche vero che non si può continuare a vestire giacche diverse a seconda del posto in cui si siede, nel senso che nella scorsa legislatura erano al governo regionale le sinistre, ma a livello nazionale a governare la politica industriale in questo Paese c'era la stessa compagine di oggi, cioè il pentapartito all'interno del quale il tuo Partito ha una responsabilità almeno numerica preponderante. Non so se di peso politico, comunque dal punto di vista numerico indubbiamente preponderante.
A me sembra che il ruolo che in questi anni (è un aspetto da esaminare per capire cosa bisogna fare in futuro) hanno svolto le aziende pubbliche in questo settore sia stato di netta subalternità nei confronti dei privati, non solo in questo settore, ma particolarmente in questo. Io aggiungo che le aziende pubbliche nel settore della siderurgia hanno svolto un ruolo, e lo voglio sottolineare, scandalosamente servile nei confronti dei privati. Non dimentichiamo che circa 5 anni fa in quest'aula, che era molto più affollata di oggi, l'allora Ministro De Michelis ci spiegava la bontà di un'operazione di acquisizione da parte delle Partecipazioni statali del settore siderurgico della FIAT, costo 500 miliardi, lo spiegava come un'importante operazione di politica industriale: collaborazione pubblico-privato, interazioni e così via. Ebbene, se il management che allora sostenne l'acquisizione del settore siderurgico della FIAT e quella direzione politica (che a livello di schieramento politico è la stessa di oggi), che sollecitò e fece quell'operazione, oggi ci viene a proporre, a distanza di appena 5 anni (già allora eravamo in piena crisi siderurgica) che gli stabilimenti che abbiamo acquistato (il settore pubblico li ha pagati 500 miliardi) bisogna sostanzialmente chiuderli, ritengo che quella classe politica o era miope, e allora credo che sia delegittimata a governare oggi, oppure costituì un atto scandaloso di servilismo del settore pubblico nei confronti dei privati. Io credo che sia giusto ricordare che i criteri sulla base dei quali l'IRI in questi anni ha assunto le sue decisioni nel settore della siderurgia li ha assunti avendo come unico elemento di giudizio e parametro di riferimento la redditività del singolo stabilimento e la redditività immediata di operazioni finanziarie attraverso la smobilitazione di impianti. Questa è tutt'altro che politica industriale; sono tutt'altro che scelte di politica industriale! E questo è stato permesso da chi ha governato e ha deciso in questo Paese di non svolgere una funzione di governo della politica industriale, di lasciar fare alle imprese private e pubbliche assumendosi la scelta di gestire a valle gli squilibri che scelte di politica industriale che i privati o il management pubblico subalterno ai privati hanno svolto in questi anni.
In queste settimane si parla molto del Mercato Unico Europeo del 1992 che è stato al centro, o dovrebbe essere, del contenuto programmatico della costituzione del governo De Mita. Credo sia giusto ricordare, nel campo della siderurgia, che non mi pare che in tutta la discussione sulla costituzione del governo De Mita e sulle sue linee programmatiche questa questione abbia avuto un grande spazio. Credo sia arduo andare a cercare all'interno del programma un riferimento al problema siderurgico.
Tanto più grave è la disattenzione del Governo su questo aspetto nel momento in cui è pendente un piano Finsider che presenta un ulteriore conto: 25.000 lavoratori da espellere e altre capacità produttive da tagliare.
Voglio ricordare, e lo abbiamo vissuto insieme nella scorsa legislatura, che fin dall'inizio dell'esplodere della crisi siderurgica, da parte delle Organizzazioni sindacali, delle istituzioni e del Consiglio regionale, si è chiesto ripetutamente un piano siderurgico nazionale: un piano che avesse come punto di riferimento sia le aziende pubbliche che quelle private. La questione del piano siderurgico nazionale mantiene oggi tutta la sua validità a maggior ragione in previsione del 1992.
Per questo non credo che si tratti di fare qui una guerra tra città o su chi è più bravo a bloccare le stazioni ferroviarie o le autostrade tra Taranto, Bagnoli, Torino, Genova o Piombino; si tratta di capire invece se il 1992, anno del Mercato Unico Europeo, debba costituire l'affermazione dell'Europa dei vari De Benedetti, quindi l'affermazione dell'Europa delle multinazionali con i Governi, in particolare quello italiano, in funzione subalterna di gestione a valle degli squilibri che le scelte delle multinazionali determinano, le quali hanno come unico riferimento il massimo profitto, oppure se il 1992 può costituire l'affermazione dell'Europa del governo democratico dell'economia e delle scelte industriali.
A me pare che l'alternativa, in sostanza, sia tra l'andare avanti così come si è fatto fino ad oggi e come, se ho capito bene dall'intenzione del Governo e della Finsider, andare avanti ancora in questo modo oppure elaborare - e questo spetta a chi governa la politica industriale in questo Paese - un disegno di politica industriale che definisca compiti e confini del settore pubblico e di quello privato. Un disegno di politica industriale entro il quale collocare il piano siderurgico nazionale per privati e pubblici che tenga conto di una serie di fattori anche collaterali al settore siderurgico che incidono su questo settore profondamente come le scelte di politica dei trasporti, della ricerca della commercializzazione, del marketing e altro. Un piano siderurgico nazionale che si collochi all'interno di un progetto di rilancio dell'industria pubblica nelle produzioni più specializzate e più avanzate un piano che si collochi all'interno di un più generale progetto di risanamento e riassetto della siderurgia a livello europeo.
A me sembra che questo sia il nodo. Ciò può avvenire a condizione che si superi da parte del Governo un atteggiamento di subalternità e di servilismo nei confronti dei privati e dall'altra ci si presenti in sede CEE alla trattativa con una posizione credibile sul terreno dei contenuti e della proposta, con una iniziativa forte e con la volontà di far pesare il punto di vista di questa sede.
Mi pare che questo disegno finora sia mancato; e non vedo nella posizione del Governo la volontà di muoversi in questa direzione. Non possiamo non prendere atto che dopo anni e anni di crisi del settore siderurgico il Governo non è stato in grado o non ha voluto presentarsi alle parti sociali per un confronto sul piano siderurgico e sui criteri e modalità di specializzazione della siderurgia per evitare una cosa deleteria: presentarsi in sede CEE in ordine sparso tra Governo e parti sociali.
Assessore Cerchio, questo a me sembra che sia il nocciolo della questione sul quale la Regione deve fare una battaglia politica, ma questo nella sua relazione non l'ho letto. La sua relazione è ottima dal punto di vista tecnico, ma con tutta l'insufficienza del caso.
Collega Brizio, è vero che nella scorsa legislatura non si è riusciti ad ottenere risultati di grande rilievo su questo settore. E' vero che per esempio nella scorsa legislatura sulla questione di un ruolo forte di governo in questo settore da parte di chi è preposto, quindi da parte del Governo nazionale, non si è riusciti a far fare dei passi avanti; ma questo è avvenuto a causa della impermeabilità di un Governo che è formato da voi e dagli altri quattro partiti del pentapartito.
E' vero che la Regione non ha competenze in politica industriale, per è anche vero che non bisogna dimenticare che quando un Ministro della Repubblica a nome del Governo si assume degli impegni pubblici è bene che lo stesso Ministro e i Governi che si succedono li mantengano, altrimenti abbiamo un bel ragionare sulla divaricazione e sul distacco tra cittadini ed istituzioni, sulla crisi della rappresentanza.
Voglio ricordare che si possono fare tanti appunti su quello che si è fatto o non si è fatto la scorsa legislatura, però l'Amministrazione di allora è riuscita a mettere in piedi una conferenza regionale sulla siderurgia con la partecipazione dell'allora Ministro delle Partecipazioni Statali, on. Darida. E' anche vero che voi, nonostante le ripetute sollecitazioni, non siete stati neanche in grado di parlare in quest'ultimo periodo con il Ministro, non solo non siete riusciti a mettere in piedi una conferenza! Voglio ricordare che in quella conferenza l'allora Ministro Darida si impegnò pubblicamente, di fronte alle istituzioni locali (Regione, Comune Provincia, Organizzazioni sindacali) "affinché in futuro nessuna decisione venga assunta senza prima consultare gli enti locali".
Chiedo all'Assessore e al Presidente della Giunta: vi hanno chiesto un qualche parere prima di fare questa proposta di piano? Quali passi avete fatto per far rispettare quell'impegno? Altrimenti per salvarsi l'anima di fronte ad un'assemblea un po' infuocata ognuno può fare delle promesse da marinaio che il giorno dopo si dimentica. Non mi sembra che questo contribuisca a rafforzare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni se poi queste promesse vengono sistematicamente non rispettate; e non parlo di questioni di contenuti, parlo di metodo: sentire gli enti locali prima di assumere delle decisioni e fare delle proposte.
Nel merito voglio rilevare una contraddizione nella relazione dell'Assessore. La contraddizione sta nel fatto che da una parte l'Assessore a pag. 8 dice: "Vediamo intanto come la situazione dei dati di gestione degli stabilimenti piemontesi sia completamente positiva, in particolare per alcuni casi (l'ITA di Racconigi) i risultati sono addirittura eccezionali". Giudizio condiviso credo unanimemente. Gli stabilimenti piemontesi hanno una situazione di gestione positiva. Però la proposta che si fa alla pagina seguente è "Noi riteniamo che l'Italsider di Torino debba proseguire tutta l'attività almeno fino al 1990.
Successivamente potrà essere presa in considerazione, nell'ipotesi di accentuare la specializzazione dei poli produttivi, la possibilità di trasformare Torino in un centro misto di produzione e servizi; avviare una seconda linea di elettrozincatura; mantenere una continuità operativa minima della laminazione da utilizzare come tampone in funzione di specifiche esigenze di punta FIAT che potrebbero sfuggire alla programmazione dei grandi centri di laminazione".
Credo che sia una contraddizione fare prima un discorso, che condivido sulla validità degli stabilimenti torinesi e piemontesi e poi sostanzialmente prefigurare che il mantenimento dell'attività produttiva di questi stabilimenti validi debba attestarsi da qui a un anno e mezzo.
Credo sia necessario rivendicare la continuità produttiva di stabilimenti validi; chi ha un po' di mestiere sa che attestarci con forza sul mantenimento dell'attività produttiva può essere la condizione per mediare anche su una parte di attività sostitutive che siano poi reali e non scritte sulla carta. Se si parte oggi accettando la logica delle attività sostitutive e quindi la logica dei due tempi (oggi chiudiamo in cambio del fatto che si scriva su un pezzo di carta che si avranno delle attività sostitutive) dobbiamo ricordare le esperienze già vissute nella nostra Regione. Ricordo le esperienze nel settore chimico, in particolare Montedison e Montefibre, quando sono stati stipulati accordi tra Azienda Organizzazioni sindacali, con la mediazione della Regione e con la mediazione del Ministero, che prevedevano chiusure in cambio di attività sostitutive Credo che il bilancio ad oggi in quelle aziende e in quei settori è che le chiusure che erano state preventivate ci sono state tutte, ma di attività sostitutive non ne abbiamo viste alcuna.
Voglio chiudere dicendo che rispetto ad eventuali ammortizzatori sociali a me sembra che i prepensionamenti hanno ormai perso di efficacia proprio perché sono stati utilizzati ampiamente e oggi avrebbero ben poca efficacia. Se di ammortizzatori sociali si deve parlare, credo che bisogna pensare a finanziare riduzioni di orario cospicue in questo settore.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Amerio. Ne ha facoltà.



AMERIO Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò breve perché a questo punto della discussione molte cose sono state dette. Debbo innanzitutto esprimere l'insoddisfazione nostra per il modo come si è affrontata la discussione; una discussione estremamente tardiva, da noi lungamente sollecitata con un anno di inadempimenti alle spalle, ma insoddisfazione anche per la vaghezza, il sapore tecnico, come già ricordava il collega Montefalchesi, dell'introduzione tecnicamente puntuale, inanimata dell'Assessore, per la scarsa collocazione delle forze di maggioranza che avremmo preferito vedere più attive e partecipi al dibattito di oggi e come argomenterò, anche per l'ordine del giorno finale che viene proposto dalla maggioranza.
Parlando di siderurgia siamo di fronte alla cronaca di una morte annunciata, annunciata da tempo. Sappiamo tutti della scadenza del 1992 alla quale si arriva con la più totale assenza di strategia da parte del Governo e di una politica industriale degna di questo nome e capace di esercitare un peso sulle scelte della Comunità Europea nel settore della siderurgia. Ci arriviamo con l'assenza di un piano nazionale capace di configurare un'industria pubblica non subalterna ai privati, di creare sinergie reali tra pubblico e privato (che non sono capitolazioni del pubblico di fronte al privato); ci arriviamo con una gestione fallimentare della Finsider anche per l'assenza di una politica di piano che primariamente era responsabilità del Governo e non della Finsider configurare, ma poi anche con una gestione manageriale fallimentare della Finsider di chiara subalternità, di una Finsider che ha scelto in questi anni di acquisire i pezzi che il privato le elargiva, scarsamente remunerativi e con scarse prospettive, e che ora intende, nella proposta di piano che viene avanzata, regalare la polpa al privato. Ci arriviamo in assenza di un qualsiasi progetto di reindustrializzazione e di politiche sociali degno di questo nome da parte del Governo e della Finsider.
Cronaca di una morte annunciata quindi. Nel corso dell'ultimo anno Assessore, tante volte abbiamo insistito per avere una iniziativa di questa Regione che desse il segno di una comprensione che è mancata purtroppo, lo diciamo con grande rammarico e amarezza, della estrema gravità della situazione e dell'impatto cui prima o poi saremmo arrivati; ora a quell'impatto ci siamo, e ci siamo non solo a livello nazionale, ma anche regionale, nelle peggiori condizioni possibili.
Si è già detto dei risultati ottenuti in questa condizione (che è primaria responsabilità del Governo avere creato) di assenza di piano e di prospettive, dalla gestione Finsider: 70.000 posti di lavoro in meno. I 20.000 miliardi investiti non hanno portato ad alcun risanamento, anzi, ad un deficit crescente (oltre 8.000 miliardi, 1.700 solo lo scorso anno) e adesso il piano, se così si può definire, di fronte al quale siamo prevede nuove cessioni di impianti ai privati e 25.000 posti di lavoro in meno. Per ottenere questo bel risultato, che presumibilmente comporterà un aumento delle importazioni dall'estero, si richiedono altri 6.500 miliardi di finanziamento.
In questo quadro, sul quale non insisto perché ne hanno già parlato i miei colleghi, non posso tacere che le responsabilità della Regione Piemonte sono assai gravi. In Piemonte rischiamo di perdere altri 3.000 posti di lavoro che porterebbero ad oltre 10.000 i posti di lavoro persi nel settore dall'inizio di questa vicenda, e di chiudere impianti non obsoleti, come la Deltasider di Torino e Villadossola. All'interno del piano regionale di sviluppo, che non sappiamo che fine abbia fatto, è noto che la questione della siderurgia non occupava una spazio di rilievo, anzi per quanto ho visto io alcuno spazio, e attendiamo da oltre un anno la conferenza per la quale la Giunta regionale, come è stato ampiamente documentato, si era impegnata con noi, con il Consiglio regionale, con le Organizzazioni sindacali, presenti i Ministri interessati.
Sul che fare abbiamo già detto. Voglio solo richiamare a questo punto le questioni che riteniamo assolutamente ineludibili per quanto riguarda la nostra Regione. In primo luogo ci pare essenziale che vi sia un pronunciamento chiaro contro la chiusura degli impianti di Torino e Villadossola e a favore di una prospettiva vera di riqualificazione. Certo una prospettiva vera di riqualificazione comporta - ne siamo coscienti qualche ulteriore sacrificio sul piano dell'occupazione in quel comparto e allora, alla luce di questo chiaro pronunciamento che chiediamo ci sia contro la chiusura di questi impianti, si possono affrontare, ma a valle ripeto - dell'acquisizione fondamentale della continuità degli impianti, la questione delle politiche sociali e della reindustrializzazione, a partire dalla riduzione di orario, le politiche sociali, il prepensionamento, le proposte che il nostro Partito, per esempio, ha avanzato solo pochi giorni or sono della creazione di un fondo nazionale a sostegno di queste politiche, e via dicendo. Ma l'elemento discriminante che noi poniamo è questo: la Regione Piemonte deve dire il proprio "no" alla chiusura degli impianti di Torino e Villadossola attraverso un pronunciamento che abbia credibilità reale e dimostri la volontà e la determinazione di questa Regione di giocare fino in fondo il proprio ruolo, di fare oggi ciò che non è stato fatto in tutto l'anno precedente, altrimenti sarebbe davvero solo un pronunciamento formale dietro il quale in realtà ci si prepara a contrattare qualche briciola di risorse e di politiche sociali e qualche consapevole inganno di promesse di reindustrializzazione, e dico "consapevole inganno" non a caso. La vicenda del Verbano - Cusio - Ossola è indicativa da questo punto di vista: impegni, promesse, visite di Ministri intervento della GEPI. Abbiamo visto bene che cosa sono gli investimenti sostitutivi e le ipotesi di reindustrializzazione. Vogliamo fare finta di credere che adesso noi possiamo, a fronte della chiusura di questi impianti, immaginare progetti reali, risorse, autorità in grado di governare e dirigere questi processi in Piemonte, nel Torinese e nel Verbano? Non è così, lo sappiamo tutti! La questione chiara che noi poniamo è: 1) il "no" alla chiusura degli impianti. La battaglia per un progetto vero di riqualificazione è una scelta di questa Regione o è soltanto un francobollo appiccicato, una cosa alla quale in realtà non crediamo e ci disponiamo a passare oltre, a contrattare in realtà la chiusura e gli effetti sociali conseguenti? Questo è il punto forte sul quale noi chiediamo ci sia un pronunciamento chiaro.
2) Un punto decisivo per aprire un confronto vero con il Governo nazionale, ora ricostituito, è riuscire a fare oggi quello che non si è riusciti a fare in tutto il corso del 1987 nonostante i reiterati impegni: la Conferenza nazionale a Torino con i Ministri interessati per affrontare il problema del destino delle imprese piemontesi non come una richiesta campanilistica o assistenziale (lo diceva Tapparo e aveva ragione), ma nel quadro di una richiesta forte che il Governo vari il piano nazionale di settore, un piano capace di creare vere sinergie e non capitolazioni fra pubblico e privato; che si disponga a rinegoziare sulla base di questo piano credibile il destino della siderurgia europea e le quote attribuite ai diversi Paesi e che a questo punto e con queste premesse metta in campo adeguate e in parte nuove politiche straordinarie e politiche sociali.
Quindi, non una richiesta assistenziale, qualcosa di più e di diverso: il richiamo al Governo a giocare il suo ruolo, quello che finora è mancato! Servirebbe, Assessore, un'iniziativa forte di questa Regione, qui e adesso tale da iscriversi nel dibattito parlamentare, tale da occupare uno spazio come Piemonte, come Regione direttamente interessata alla soluzione di questa vicenda anche nel quadro delle iniziative sindacali che sono in atto in questi giorni, a partire dalla mobilitazione nazionale prossima del 29 aprile.
E' per queste ragioni che riteniamo debole la comunicazione e la collocazione complessiva della maggioranza in questo dibattito; è per queste ragioni che ci preoccupa lo sbocco al quale si vorrebbe approdare.
Abbiamo letto con attenzione la proposta di ordine del giorno; non la condividiamo, essa si nasconde dietro alle richieste sindacali che ovviamente condividiamo, ma in realtà da questa bozza di ordine del giorno sparisce la dizione "conferenza regionale, presenti i Ministri, sui problemi della siderurgia piemontese" sostituita da un vago confronto IRI Governo - Regione che non si capisce né quando né dove si terrà; è una dizione ancora più generica di quelle che per tutto lo scorso anno hanno impegnato la Giunta ad assumere un'iniziativa che non è mai stata assunta.
Da questa proposta di ordine del giorno scompare la richiesta della riduzione di orario che è stata avanzata da noi e dalle Organizzazioni sindacali, non come il toccasana, ma come una delle leve da tirare nel quadro di una politica di vera riqualificazione e risanamento della siderurgia nazionale! Non vi è un rigo dedicato a questo che pure è un tema non marginale! Aggiungo, Assessore, che proprio alla luce di queste assenze, di queste lacune dell'ordine del giorno proposto, la lunga parte dedicata alle politiche sociali (prepensionamento, reindustrializzazione, politiche sociali) a fianco del "no" formale alla chiusura degli impianti di Torino e Villadossola acquista un sapore strano. Non si parla di conferenza, non si parla di orario, si spende qualche riga per dire formalmente "no" alla chiusura e poi si parla di reindustrializzazione, prepensionamenti e politiche sociali. C'è una chiave di lettura di questo documento che è, me lo si consenta, in sintonia con la latitanza e l'assenza della Regione in tutta questa vicenda.
La chiave di lettura è un atteggiamento in realtà, al fondo rinunciatario. E' con questo atteggiamento che noi non possiamo concordare è questo atteggiamento che combattiamo. E' per questa ragione che non potremo assolutamente trovarci d'accordo con questa ipotesi di conclusione del dibattito se non venisse, almeno nei punti che ho ricordato chiaramente modificata. Anche in questo caso voglio anticipare che noi rifletteremo sulla nostra collocazione.
Per tutto il corso del 1987 abbiamo concorso (la maggioranza e la Giunta lo sanno bene) ad approvare ripetuti ordini del giorno unitari contenenti impegni e reiterazioni di quegli impegni alla Giunta ad assumere concrete iniziative, a partire dalla convocazione della conferenza. Non abbiamo visto, come ho ricordato, alcun risultato.
Siamo molto perplessi di fronte all'ipotesi di continuare a sottoscrivere impegni che in partenza temiamo o sappiamo che non verranno adempiuti. La nostra posizione sarebbe chiaramente negativa di fronte a una bozza di ordine del giorno che mantenesse questo spirito, che non contenesse, almeno sui temi di una chiara indicazione e impegno per la conferenza e per la riduzione d'orario, correzioni sostanziali al testo predisposto.
Crediamo che (al momento della dichiarazione di voto lo chiariremo e specificheremo meglio anche alla luce del testo definitivo) sia giunto il momento di scindere le diverse responsabilità: responsabilità primarie della Giunta che è ora che assuma impegni, li mantenga oppure ne risponda senza compromissioni con l'opposizione consiliare; compiti e responsabilità dell'opposizione.
Il metodo unitario, assembleare, unanimistico che abbiamo adottato in più occasioni nel passato - si badi - per la consapevolezza della gravità reale dei problemi che nella nostra valutazione ha sempre fatto premio su tutto, abbiamo visto che non ha portato ad alcun risultato e quindi riteniamo che occorra inaugurare un nuovo metodo.
Un diverso apprezzamento dell'orientamento e del lavoro della Giunta e dell'Assessorato potrà venire nel momento in cui non vi sia un impegno generico, ma vi siano concreti fatti nuovi. Il primo e più importante concreto fatto nuovo che vogliamo vedere è la convocazione della conferenza con la garanzia della presenza dei Ministri interessati. Questa sarà la prima concreta indicazione di un nuovo e diverso impegno di questa amministrazione regionale; quel nuovo e diverso impegno che fino ad oggi abbiamo così tante volte inutilmente rivendicato e chiesto.
Per queste ragioni chiediamo di valutare se non debba essere corretto almeno in quei punti che ho indicato, il testo proposto; se così non fosse il nostro atteggiamento sarà chiaramente negativo nei confronti di questa ipotizzata conclusione del dibattito. Valuteremo il testo definitivo e ci collocheremo in quel momento per il voto.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo liberale si riconosce totalmente nella relazione dell'Assessore e ritiene che il documento che è in fase di lavorazione possa sostanzialmente rappresentare lo sviluppo in termini propositivi conseguente alla relazione stessa.
Noi abbiamo apprezzato la relazione dell'Assessore perché pone realisticamente e compiutamente la questione della siderurgia nel nostro Paese, però mettendo anche chi su queste questioni ha posizioni specifiche come il Gruppo liberale nelle condizioni di capire il senso di un'operazione politica di livello piemontese in ordine alla problematica più generale. Ci sembra cioè che la relazione dell'Assessore segni attraverso elementi non facilmente contestabili le argomentazioni che il soggetto piemontese politico, economico e sociale, può sviluppare in ordine alla trattativa di governo.
Detto questo sembrerebbe che l'intervento liberale potrebbe concludersi, rassegnando all'Assessore la raccomandazione di insistere sulla gestione della conclusione alla quale è arrivato dopo una valutazione del problema che il Gruppo liberale condivide totalmente.
Il dibattito in una qualche misura ha ignorato la relazione dell'Assessore per spostarsi su tematiche generali e per riprendere non luoghi comuni, ma questioni abbastanza trite, sulle quali a questo punto come forza politica più che come componente del Consiglio, perché in questa qualità ci siamo pronunciati, qualcosa bisognerà pur dire.
Si è partiti da Gioia Tauro per arrivare agli ultimi acquisti della FIAT, la storia è lunga. Non si è però avuto da parte di qualcuno il coraggio di riconoscere che il rapporto pubblico-privato in ordine a una anomalia, la presenza del pubblico nell'economia come soggetto proprio, non può che comportare le conseguenze rispetto alle quali ci stiamo misurando.
Devo dire che da parte dei difensori, che oggi sono stati molti, del ruolo pubblico in economia sono stati portati elementi di scuola un po' superata perché ruolo strategico della siderurgia non significa ruolo autarchico della siderurgia e quindi occorre considerare la dimensione europea rispetto alla quale ci si deve misurare. In proposito il collega Staglianò, che è un avversario temibile, ma molto corretto, ci ha dato atto che la domanda europea è in discesa e che quindi in presenza di uno scenario con una domanda in discesa, con una tecnologia in grado di rispondere alla stessa domanda in termini sempre economicamente più qualificati soprattutto in termini occupazionali più ridotti, è un problema che in ordine alle condizioni di arretratezza del nostro sistema in termini di sistema, chiedo scusa della ripetizione, si pone in termini di politica generale e non soltanto di politica industriale. Non possiamo per immaginare che questa questione possa essere affrontata negando le ragioni della storia e la forza delle cose.
Devo anche dire che qualcuno non ha voluto dare la giusta valenza e sviluppare conseguentemente una dichiarazione che tutti abbiamo fatto: non si può credere alla reindustrializzazione, non si può credere che ci possano essere degli interventi compensativi rispetto ad eventuali chiusure. Non è problema di credibilità, ma di fattibilità. Se esistessero spazi all'iniziativa politico-industriale economica nella nostra Regione rispetto ad alcuni settori, questi sarebbero stati occupati. Non è possibile inventare niente in Piemonte perché non c'è più niente da inventare, perché se ci fosse qualcosa da inventare il privato, magari di statura europea o addirittura multinazionale, avrebbe avviato quelle iniziative di carattere economico che noi immaginiamo che ci dovrebbero arrivare in termini sostitutivi da parte dell'iniziativa pubblica. Ma se questo intervento sostitutivo è fuori da un quadro di compatibilità economica diventa un intervento di tipo assistenziale, quindi noi non ci crediamo non perché non sia affidabile chi ce lo promette, ma perché è irrealistico immaginarlo e non politico pensare che questa possa essere la prospettiva.
Molte altre piacevolezze sono state dette in questo dibattito. Noi riteniamo che sia stata una sciagura, anche se c'è la firma di un Ministro liberale, l'on. Cortese, il rilancio della economia di Stato nel nostro Paese. La legge istitutiva dell'IRI è stata sottoscritta dal Ministro liberale, on. Cortese; anche se c'è una firma liberale ci doliamo del fatto di non essere riusciti a dare a questi strumenti la funzione che dovevano avere cioè quella di emergenza rispetto alla ricostruzione del Paese. Mi rendo conto che se si lasciamo tentare dalla voglia di esprimere le posizioni di partito, di cultura e di collocazione politica, usciamo dal dibattito che abbiamo di fronte.
Devo però dire che non possiamo, anche in termini di correttezza culturale reciproca, dirci delle cose che non crediamo e dire delle cose rispetto alle quali ci contraddiciamo. Una per tutte l'ingiuria e l'accusa al Ministro Battaglia: riconvertire la centrale di Montalto e non partire con quella di Caorso, è un'ingiuria al buon senso e alla tavola pitagorica non facciamo riferimento ad altri grandi valori. Il nostro Paese rinuncia all'ipotesi nucleare, ipotesi energetica della nostra generazione e di quella futura, facendo una scelta pesantissima che le generazioni future pagheranno. Lo stesso potere ha deciso per questioni di mero consenso - di questo si tratta - di disconoscere il parere di Baffi sul piano energetico (conferenza predisposta da Zanone) perché Baffi non è abbastanza di sinistra, si affidano le valutazioni su Montalto a Spaventa, dopodich siccome questo non è il servo sciocco del potere e non dice quello che il potere vuole (e per potere intendo dire il Partito socialista) ecco che diventa non credibile neanche Spaventa! Le cose stanno così: le conclusioni non sono piaciute al potere e quindi sono state messe in discussione! Cade un Governo, perché lo stesso ha attuato una mozione parlamentare sulla quale aveva posto la questione di fiducia, dopodiché in un documento che comincia a girare sui nostri banchi leggiamo che il costo dell'energia nel nostro Paese è mediamente superiore del 40% rispetto agli altri Paesi avanzati. Ho l'impressione che la siderurgia sia un grosso utilizzatore di energia, quindi questo la dice lunga sulla nostra capacità di mantenere i dibattiti alle questioni che sono sui nostri tavoli; Staglianò addirittura dice che è possibile risolvere il problema della siderurgia in termini di domanda legandola alla questione ambientale, veramente lo scenario è affascinante. Ho qualche difficoltà ad immaginare come le tecnologie da adottare per la tutela dell'ambiente possano rilanciare la domanda di acciaio a livello di comunità europea.



STAGLIANO' Gregorio Igor

I binari dei treni sono fatti di acciaio.



MARCHINI Sergio

I binari dei treni fatti dai liberali nell'800 e dai Borboni, anche se i Borboni lo avranno fatto per fare un giocattolo.
Sono questioni che possiamo dirci in termini di conversazione piacevole; la verità vera è quella di capire, in termini di lavoro operativo politico, se sulla piattaforma che ci ha presentato l'Assessore ci riconosciamo o meno. Noi come Gruppo ci riconosciamo totalmente: c'è un'analisi realistica della situazione nazionale, c'è una puntuale rivendicazione delle ragioni per cui non si capirebbe in termini economici e razionali una penalizzazione ulteriore della nostra Regione.
Su questi argomenti noi chiediamo al Consiglio di lavorare al fine di predisporre un documento che possa confortare la Giunta per gli atti successivi di governo in ordine a questa questione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Debbo esprimere consenso alla relazione dell'Assessore Cerchio che ha introdotto questo dibattito e, in termini politici di parte, al preciso intervento che sulla materia ha fatto il collega Brizio.
Intervengo per completare con una nota a margine di carattere territoriale le osservazioni svolte da Brizio e le introduco con considerazioni peraltro già fatte.
Il Piemonte, almeno per alcune sue aree, deve far sentire forte la voce facendo intendere, come già stato detto pubblicamente in quest'aula, che non deve essere considerata una Regione che può risolvere da sola tutti i suoi problemi, soprattutto quando questi sono di dimensione nazionale.
Quindi le iniziative che il Presidente Beltrami sta svolgendo assieme all'Assessore Cerchio sono iniziative non solo dovute, ma provvidenziali che sollecitiamo con forza perché deve entrare nella mente del Governo la necessità di considerare almeno alcune aree del Piemonte alla stessa stregua di aree economicamente molto in difficoltà del nostro Paese.
E' altresì vero che le Partecipazioni statali non hanno mai premuto l'acceleratore per una presenza più consistente e qualificata nell'area piemontese, quindi anche in questo senso occorrerà muoverci perché non ci siano discriminazioni pregiudiziali, ma si tenga conto delle realtà drammatiche, dal punto di vista occupazionale, presenti in Piemonte.
La sorpresa è per dei tagli così decisi quali quelli dichiarati e previsti in un settore tanto importante per la vita economica e produttiva della nostra Regione; quello che sorprende (questa l'annotazione politica vera) è che queste dichiarazioni di tagli avvengono senza una indicazione di uscita, di soluzioni alternative, quasi che si lavorasse in un sistema indifferente nel quale gli uomini sono pedine non considerabili. Questo soprattutto per un governo intelligente e attento alle cose del nostro Paese e alle aziende di Stato, mi sembra non sia meritevole di alcun apprezzamento positivo; al contrario mi pare sia da denunciarsi con forza.
Non ho strumenti adeguati, quindi non mi addentro nel discorso dei grandi sistemi che risolverebbero tutti i problemi; discorsi nei quali invece si sono addentrati altri colleghi che stimo, ma che fanno scommesse qualche volta verbali o politiche che poco hanno attinenza con i fatti immediati con i quali dobbiamo misurarci. Apprezzo le considerazioni di Brizio che ricordava la raccomandazione da lui fatta anni fa circa la riduzione dell'orario di lavoro come una delle soluzioni possibili per il superamento di alcuni problemi economici e sociali, ma questo rientra in un dibattito molto ampio e complesso di grande sistema.
E' opportuno che voci di questo tipo si manifestino ma non so in che misura possano servire al dibattito che si sta svolgendo su questo tema specifico; apprezzo pure una conoscenza tecnica dettagliata, ma non mi sento di introdurmi in queste aree di ragionamento. I discorsi di natura tecnica che sono stati fatti da alcuni colleghi e dall'Assessore Cerchio ad esempio, del recupero per la Sisma di Domodossola del reparto bulloneria, delle centraline elettriche che devono essere difese fino al limite delle nostre possibilità di tenuta mi trovano concorde. Per letture fatte, per contatti con gli ambienti sindacali posso aggiungere che bisogna spingere per un utilizzo più consistente di profilati nel settore dell'edilizia e sottolineare come sia indispensabile la difesa del polo fusorio della nostra regione, ma sono osservazioni di natura tecnica che ripeto, fatte da me hanno delle caratteristiche fortemente superficiali e che in quanto tali hanno il valore che hanno.
Posso anche dire, cercando di evitare parole che possano offendere i colleghi più competenti di me, che in ogni caso riflessioni tecnicamente qualificate in questa sede hanno valore obiettivamente limitato e annetto alle stesse assai meno consistenza di quella che annetto invece alle riflessioni sociali e politiche che debbono essere svolte qui.
Quando la Sisma di Domodossola rischia di chiudere, sono veri tutti i discorsi economici di premessa (la Sisma è fortemente passiva, deve essere riconvertita ed è fuori probabilmente in grande misura dal discorso produttivo del nostro Paese), ma per una Regione che fonda i suoi ragionamenti sullo Statuto, che riconosce il lavoro come elemento centrale della nostra società civile e la dignità che deriva dal lavoro come una delle più alte dignità che un cittadino deve avere, non si può pensare di entrare con una mannaia di questo peso in un discorso distruttivo e senza alternative qual è quello che viene svolto attualmente a Villadossola e in tutta l'Ossola.
La caduta dei posti di lavoro per le riconversioni produttive del nostro Paese è impressionante, ha portato l'Ossola ai livelli più bassi in termini produttivi del nostro Paese, i posti di lavoro sono stati persi a migliaia, la caduta sociale in conseguenza di questi fenomeni è preoccupantissima.
Allora le Partecipazioni statali, il Governo, la Regione, prescindendo dai discorsi tecnici ed economici che hanno fondamento, devono avviare la loro riflessione tenendo conto di questo elemento politico fondamentale: non è possibile ridurre un'area già in difficoltà della nostra Regione a Terzo Mondo. Le attività si sopprimono, ma si deve pensare contemporaneamente almeno ad un tentativo di riconversione, di sostituzione delle attività che si svolgono in questo momento.
Quindi la mia voce, che può essere assolutamente pleonastica per i ragionamenti già ascoltati e fatti ripetutamente, serve unicamente in termini politici, psicologici, di sollecitazione umana ad interpretare una realtà vera, drammaticamente vera nella sua crisi più profonda perch questa sollecitazione arrivi ai nostri governanti regionali, ma anche al Governo del nostro Paese perché tenga in considerazione questa zona in termini diversi da quelli in cui è stata considerata. E parlo soltanto dell'Ossola, senza parlare del Verbano che credo soffra di uguale crisi.
Non mi sento comunque - sono d'accordo con Brizio - di considerare i nostri manager di Stato, i nostri dirigenti delle Partecipazioni statali dei boiardi come è stato detto questa mattina. Io guardo sempre le cose anche quando sono all'opposizione, da tutti e due i versanti e debbo ricordare quanto noi stessi stiamo facendo e abbiamo fatto per spingere anche verso l'assistenza queste nostre realtà produttive, permettendo che sopravvivessero ai momenti di difficoltà pur essendo fortemente passive.
Caricare tutte queste responsabilità su dirigenti fortemente condizionati anche dalla situazione sociale di alcune aree del nostro Paese, è sì occasione di polemica dai banchi dell'opposizione, ma non risponde fino in fondo a quella che dovrebbe essere una posizione rispettosa della verità più completa.
Caro Presidente Beltrami, caro Assessore Cerchio, ritengo veramente indispensabile questo confronto ancora più serrato con il Governo e in particolare con l'IRI. Nessuno è perfetto e credo che lacune ce ne siano ancora anche nell'azione che abbiamo condotto; mi è sembrato tuttavia di vedere nell'attività della Giunta e in particolare dell'Assessore Cerchio un impegno deciso, il dovere che ho è di sollecitarlo ancora più intensamente, ma anche quello per il rispetto della verità di apprezzarlo e di ringraziarlo per questo lavoro che non è di poco conto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei svolgere brevi considerazioni in ordine a questo importante dibattito, che sta avviandosi alla conclusione, relativo alla grossa questione della siderurgia. Sia dalla relazione dell'Assessore che dagli interventi è emersa una forte preoccupazione che vorrei esprimere anche io, che vengo da una zona dove la presenza della siderurgia ha un'antica storia, è passata attraverso momenti alterni, tuttavia a un certo punto ha registrato anche la prospettiva di uno sviluppo di ammodernamento che ha portato con sé una riduzione del livello di occupazione.
Prima che risponda l'Assessore Cerchio, ho ritenuto di prendere la parola per esprimere personalmente la partecipazione e la disponibilità all'impegno che come Regione dovremo assumere per quanto riguarda la difesa ed il rilancio delle unità produttive nella Regione Piemonte.
Abbiamo visto che la siderurgia nella Regione ha un carattere strategico (non ho bisogno di soffermarmi più di tanto), siamo di fronte ad un ridimensionamento del piano della siderurgia in Italia in relazione alle previsioni CEE, tuttavia però crediamo di avere qualche ragione per sostenere che occorre vedere fino in fondo quali sono le scelte che debbono essere compiute, quali sono le possibilità di realizzare alternative sostitutive a queste scelte perché dietro a questo ridimensionamento dietro a questi piani, ci sono decine di migliaia di lavoratori che verrebbero a perdere il lavoro in ogni caso senza avere altre prospettive di nuova occupazione.
Questa mattina il Consigliere Tapparo ha parlato di un forte richiamo al piano di sviluppo affinché la siderurgia abbia una parte importante.
C'è un problema di politica a livello nazionale, in questo campo si è cercato di lavorare, però resta sempre una perplessità che io vorrei esprimere qui rifacendomi alla recente storia di questo Paese allorquando si decise di realizzare il quinto centro siderurgico che provocò molte modifiche all'ambiente e successivamente si scoprì che forse si trattava di una scelta che era già di troppo perché sul piano europeo le cose si stavano modificando in un certo modo.
Devo però dire che non si ha mai la sicurezza di quelle che sono le tendenze, le certezze di quello che occorre fare perché nella misura in cui si è a conoscenza di determinate superproduzioni, si ha anche la comprensione delle difficoltà e della complessità dei problemi da affrontare dal Governo da una parte e dall'altra da noi che siamo rappresentanti di area vasta di autonomia e di un ente legislativo e di programmazione, insieme agli enti locali e ai lavoratori. Quello che manca in questa situazione è la chiarezza e la certezza.
Da questo dibattito viene fuori un elemento di forza, un elemento che deve consentirci di giocare al tavolo del Governo e dell'IRI il ruolo che devono avere le Regioni. In questo quadro avremo più forza nel far presente i problemi che riguardano la siderurgia nell'ambito piemontese, ma la questione può estendersi anche ad un livello più ampio.
E' venuto il momento, al di là delle figure ministeriali e dei colori a cui appartengono i Ministri, di far capire che le Regioni sono enti vivi che hanno potere, che vogliono svolgere la loro funzione, dando un contributo che non può essere ignorato. La settimana scorsa abbiamo parlato delle riforme istituzionali e di un ruolo più incisivo delle Regioni. E' venuto il momento di far presente ai Ministri che siedono a Roma, chiunque essi siano, che c'è un rapporto al quale bisogna prestare sempre attenzione e in questo caso c'è un rapporto che deve vederci coinvolti perch altrimenti rischiamo di essere soltanto coloro che vanno a fare i postulanti e che vengono ascoltati solo perché lo stabilisce la pragmatica ma non si va più in là. Noi invece abbiamo intenzione di andare più in là anche perché si sono fatti troppi errori.
L'ordine del giorno presentato comprende questo dato complessivo.
Ritengo che si possa inserire un elemento che riguardi meccanismi di riduzione dell'orario di lavoro per poter consentire che non ci sia, come qualcuno ha detto, la mannaia che cada su decine di migliaia di lavoratori e che venga gestita l'occupazione a cominciare dalla verifica fino in fondo delle possibilità alternative.
Se riteniamo che un documento, che mi auguro sia approvato dall'intero Consiglio regionale, consenta al governo regionale più forza di contrattazione a livello nazionale, credo si possa collocare al suo interno la promozione di una conferenza regionale sui problemi della siderurgia. E' una delle responsabilità che il governo regionale può assumersi.
Questa Conferenza ha un grande aspetto strategico non solo per il Piemonte, ma anche per la Liguria e la Lombardia; ritengo pertanto che possa essere il punto qualificante di un impegno che la Regione pu assumersi entro tempi ragionevolmente brevi. Sarà un punto di maggior forza nel rappresentare al Governo questo documento nel quale è contenuto anche il coinvolgimento di tutti i vertici, sia del Governo sia dell'IRI, a partecipare ad un dibattito che riteniamo possa essere assunto pienamente dalla Regione Piemonte all'avanguardia (come è già stata in altri campi) nel settore della siderurgia. Non si tratta soltanto di un problema umano ma anche di sviluppo economico del Piemonte e del Paese.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cerchio per la replica.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, penso di non avere vocazioni di becchino della siderurgia piemontese né sono però un taumaturgico santone che, senza avere titolarità in tema di politica industriale ritiene di essere il punto di riferimento, non essendo contattabili alcuni riferimenti nazionali, al centro di ogni considerazione negativa in ordine alla politica e al percorso che la Giunta regionale e, nella fattispecie l'Assessore all'industria e al lavoro, ha seguito da quando io ricopro questa carica, cioè dal settembre dell'anno scorso.
Parrà strano, colleghi Consiglieri, ma mi consentirete di constatare che non ho registrato, dai chiaroscuri di voce di alcuni colleghi di parte dell'opposizione, sostanziali contrasti nell'analisi delle valutazioni sulla situazione siderurgica pubblica piemontese, posso perciò esprimere come rappresentante di questa Giunta un giudizio sostanzialmente positivo per non aver registrato contrasti. Bontà anche di chi ha rilevato poc'anzi il collega Montefalchesi, come fosse ottima la mia relazione dal punto di vista tecnico anche se senza anima.
Pareva peraltro corretto all'Assessore regionale all'industria - che anima ritiene invece di averne, se non altro per vocazione personale, per caratteristica umana o per carica di vivacità, quanto meno nelle espressioni essere presente a questo dibattito svolto all'interno dell'assemblea legislativa regionale piemontese dopo un percorso piuttosto articolato ed intenso, quasi quotidiano, di confronti con le categorie interessate, con gli enti locali interessati, con i vertici Finsider e là dove era possibile con i vertici governativi. Ci è parso quindi giusto essere presenti con una puntuale analisi, senza eccessiva demagogia, senza eccessive forzature, che può essere sembrata recitata senza anima, ma con un'analisi di dati e di confronti che potessero essere messi come condizione base non discutibile in un confronto che da tempo cerchiamo con il Parlamento e con il Governo e che non sempre abbiamo ottenuto: cioè presentarci, e possibilmente tradurre in termini pratici operativi e concreti al termine di questo dibattito, con un pronunciamento mi auguro unitario perché diventi questa la voce ufficiale del Consiglio regionale del Parlamento piemontese, nel rapporto che dobbiamo riallacciare con il nuovo Governo testé varato.
Dico questo anche perché se io non avessi svolto un'analisi che ritengo puntuale, ma ciò è stato confermato anche dall'opposizione, attenta e ragionata sulle motivazioni delle varie realtà dei presidi siderurgici in Piemonte e se avessi viceversa registrato un atteggiamento diverso immagino che quella stessa opposizione che oggi dice che la relazione è precisa e tecnicamente perfetta, ma senza anima, avrebbe detto che si trattava di un discorso fumoso, demagogico, che trascinava il consenso di questo o quel personaggio che occasionalmente o interessatamente è nell'aula, eludendo la necessità di fare in una sede qual è l'assemblea del Consiglio regionale, quindi una sede autorevole, un'analisi puntuale e precisa quale base ragionata per un confronto con dati certi con gli interlocutori che debbono essere ancora agganciati per un confronto soprattutto per una modifica della filosofia del piano Finsider.
Colleghi Consiglieri, certe vivacità di tono e la ricerca forzata di trovare in quattro pagine fitte di ordini del giorno che alcuni Partiti hanno indicato su un titolo che non prevede un'ipotesi fra le tantissime sulla riduzione dell'orario di lavoro o sulla non riproposizione di una conferenza sulla siderurgia (sulla quale ritornerò perché vale la pena dare una risposta) mi sembrano tante piccole, giuste e legittime ricerche di eventuali dissensi che sono sintomatici della ricerca di differenziarsi volutamente, forzando la differenziazione anche quando esiste un minimo comun denominatore che è quello di salvare presidi siderurgici e di spiegare che i tagli indiscriminati indicati dal piano Finsider sono da noi non accettati.
La stessa vivacità di tono che è suonata stamani in alcuni interventi la vedo come una lettura della medaglia dall'altra parte, certo ciascuno facendo la parte che ritiene di fare, maggioranza e opposizione (questo è un gioco fisiologico nelle democrazie) e non poteva farlo certo all'inizio del dibattito il collega Calligaro che ha in buona parte concordato con l'analisi che avevo introdotto attraverso la mia comunicazione.
Non riprendo peraltro, perché mi pare giusto al termine di un lungo dibattito cogliere soltanto alcuni significati e non ripercorrere tutto ci che è indicato nell'articolata comunicazione, quanto ampiamente rilevato stamani.
Questa analisi approfondita ed articolata (che è stata consegnata preventivamente) permette di verificare l'ampia convergenza delle tesi esposte dai vari Gruppi di maggioranza e di opposizione; permette persino al collega Montefalchesi di essere attento lettore (pag. 8) di una dichiarazione dell'Assessore e di cogliere quasi una contraddizione (pag.
10) che è ampiamente spiegabile, cioè esistono dei punti fermi che noi indichiamo come elemento fondamentale, ma anche in subordine. E' chiaro che esistono, come fa lo stesso sindacato in ordine alle ipotesi Deltasider delle proposte volte a difendere fino in fondo il presidio e i 1.300 lavoratori della Deltasider, ma bisogna anche intelligentemente proporre ipotesi subordinate pur di mantenere la presenza di un presidio occupazionale in una realtà difficile (cito il caso di Torino). Io ritengo non si tratti di contraddizioni, ma di ipotesi discutibili e confrontabili.
Dobbiamo sforzarci tutti insieme di contribuire a modificare questo piano che rifiutiamo, a partire dalla Giunta regionale, con animosità e vivacità, un piano che può essere modificabile di fronte alle definitive scelte governative e parlamentari che dovranno essere fatte.
Occorre, colleghi Consiglieri, al di là dei legittimi ruoli di maggioranza e di opposizione, sforzarci di ricercare fino in fondo tutto ciò che ci può unire piuttosto che ciò ci possono dividere su questo versante. Le cose che ci uniscono debbono essere prevalenti perché voglio credere che l'assemblea legislativa della Regione Piemonte abbia tutto titolo di esprimersi contro una filosofia errata del piano Finsider senza prudenza, senza tatticismi, ma anche senza la ricerca comunque del consenso o dell'applauso.
Consentirete allora all'Assessore, che da pochi mesi ha questa responsabilità e che quindi paga anche lo scotto di una non eccessiva conoscenza del problema, ma che ha cercato se non altro di fare educazione permanente in questo periodo su questa materia, di osservare che non c'è alcuna intenzione di svolgere un ruolo di spettatore passivo, non c'è alcuna valutazione remissiva, non c'è alcun atteggiamento notarile. Le azioni svolte in questi mesi dalla Giunta regionale sono, ritengo testimonianza palese della volontà non solo dichiarata, bensì partecipata di un ruolo attivo, collega Staglianò (che sta parlando con la Digos: gli opposti si toccano!) e collega Calligaro, con le titolarità che la Regione Piemonte e gli enti locali hanno. Molto opportunamente il collega Brizio stamani richiamava i limiti delle competenze regionali in materia di politica industriale, per non dire nullità. La scorsa settimana in questa stessa aula il Consiglio regionale ha invocato una nuova attribuzione di competenze e di deleghe giacché l'art. 117 della Costituzione non trasferisce competenze in materia di politica industriale dallo Stato alle Regioni. Le istituzioni regionali chiedono questa modifica per avere una maggiore possibilità e capacità di intervento.
Sono assai limitate le nostre competenze, non devono però, ne convengo essere usate come comodo alibi per non impegnarsi. E' in questo senso che la Regione Piemonte cerca di impegnarsi con tutti i limiti e le difficoltà che sono note a noi che oggi governiamo, come a voi che governavate ieri, e risultati negativi ne avete avuti anche voi, come noi abbiamo in questi momenti alcune difficoltà ad affermare certe posizioni. La Regione si impegna con gli strumenti che ha a disposizione, che vanno dalla programmazione alla pianificazione territoriale, dalla formazione professionale alle aree industriali, dalla formazione di servizi alle imprese al sostegno delle attività produttive, in modo, seppur in salita da creare le condizioni idonee per la crescita dei settori industriali e produttivi.
La Giunta regionale del Piemonte è convinta che non deve limitarsi a svolgere un semplice ruolo di riferimento delle parti sociali o di portavoce o di veicolo di pressione politica nei confronti del Parlamento e del Governo. La Giunta regionale del Piemonte è convinta di dover sempre più impegnarsi per dotarsi di strutture capaci di svolgere un ruolo positivo di proposta e di ricerca di risorse finanziarie ed imprenditoriali tali da favorire l'avvio di nuove attività.
Quando la scorsa settimana chi vi parla, insieme agli operatori interessati, a Vercelli proponeva il progetto del BIC-Piemonte andava proprio nella direzione di creare queste condizioni.
In questo quadro l'inserimento di un progetto per il Verbano Cusio Ossola, nell'aggiornamento e nella riscrittura che in questi giorni la Giunta regionale sta facendo del Piano regionale di sviluppo, dopo le consultazioni, è certo un elemento fondamentale che qui la Giunta regionale dichiara come volontà fondamentale, altrettanto quanto l'inserimento nella giusta dimensione del peso industriale ed occupazionale della realtà siderurgica. In questo senso ci muoviamo ed è una dichiarazione di volontà che avrà le verifiche politiche conseguenti.
Non c'è quindi, a mio modo di vedere, inerzia; non siamo come ha detto qualcuno privi di strategia; siamo coscienti che il problema è di dimensioni non solo nazionali, ma anche europee ed internazionali.
Dicevo all'inizio che non ho la vocazione del becchino, ma nemmeno del santone indiano; abbiamo incontrato, con difficoltà, due mesi fa il Ministro delle Partecipazioni statali, on. Granelli, incontro al quale qualcuno non ha potuto partecipare per problemi di trasporto, ma altri volutamente non vi ha partecipato (io l'ho sentito dietro gli angoli) e si tratta di una forza politica importante, popolare, di massa, con una motivazione non espressa all'Assessore o alla Giunta regionale, bensì ad altri e io penso che a torto non abbia partecipato anche se posso capire gli interessi legittimi di parte politica che con quell'assenza si è voluto evidenziare.
Abbiamo avuto difficoltà dopo quell'incontro a realizzare la Conferenza regionale sulla siderurgia a cui, con una certa litania, che ritengo non giustificata, qualcuno si richiama. Abbiamo spiegato come Giunta regionale dando l'interpretazione dell'allora Ministro delle Partecipazioni statali quale doveva essere il confronto serrato per attivare alcune iniziative di modifica della filosofia del piano Finsider. Abbiamo cioè pensato che non era necessario far venire a Torino un Ministro, che si chiamasse occasionalmente Darida, ad indicarci posizioni futuribili senza poi avere una reale ricaduta sul territorio. Abbiamo ritenuto che la motivazione del Ministro Granelli di essere disponibile a confrontarsi in una o due giornate di lavoro, non per passerelle pubbliche in cui tutti si possono esprimere, ma dove difficilmente si possono creare condizioni di modificazione, fosse la strada più seria, la ritenevamo, forse sbagliando più seria e più corretta per incontrarci una mattina con le OO.SS., il pomeriggio con i parlamentari e la Giunta regionale e insieme creare le condizioni di una modifica.
La situazione a tutti nota della caduta del Governo ha impedito questa disponibilità ormai concordata con il Ministro Granelli. Ritengo che questo non debba essere l'alibi della Giunta per richiedere, come è stato fatto due giorni fa non appena il Governo ha avuto la fiducia e ancora ieri estendendo il problema della siderurgia all'intero sistema delle partecipazioni statali, quindi invitando non soltanto il Ministro competente, ma anche quelli dell'Industria e del Lavoro, questo confronto a cui noi vogliamo giungere.
Non basta, colleghi Consiglieri, votare magari all'unanimità ordini del giorno in questa assemblea e poi dire che la Giunta regionale del Piemonte non mantiene gli impegni assunti. La Giunta regionale, certo con difficoltà, ha fatto, continua a fare e farà tutto ciò che legittimamente e fisicamente è possibile per assolvere agli impegni ai quali essa è titolata a rispondere, ma non risponde certo per altri e il Consiglio regionale del Piemonte lo sa benissimo. Possiamo indire domani una conferenza della siderurgia, perché io rispondo come interlocutore, anche se non sono controparte, e ci confronteremo come è avvenuto in questa seduta pubblica istituzionale del Consiglio regionale; la può fare il mio partito o quello comunista una conferenza regionale sulla siderurgia, ma se tale conferenza ha da essere fatta e se gli ordini del giorno vengono votati io rispondo della mia volontà e non di quella che non è mia, bensì del livello governativo.
D'altra parte, va da sé che questo è un problema che riguarda tutte le altre Regioni. Nel 1982 (non vado a vedere chi comandava allora il Piemonte, non mi interessa, sarei trascinato a dirlo, ma la storia contemporanea lo dimostra) esistevano 13.000 occupati nella siderurgia in Piemonte; nel 1987 5.800 occupati. Il piano Finsider prevede ulteriori tagli di 3.000 unità, quindi è chiaro che si creano le condizioni, qualora passasse questo piano, di smembramento del polo siderurgico piemontese.
Ritengo che il Piemonte e le altre Regioni debbano, non per patriottismo di geografia, insieme creare le condizioni il più possibile ragionate per mettere gli interlocutori attorno ad un tavolo (in questo caso l'IRI è fondamentale). Qualcuno questa mattina ha detto che abbiamo fatto male a confrontarci con la Finsider, che invece è il soggetto che ha elaborato il piano e quindi poteva essere titolato a correggerlo.
Per quello che dipende dalla nostra titolarità, dalla nostra capacità e responsabilità, abbiamo attivato, come coordinamento degli Assessori regionali all'industria di tutte le Regioni in cui esistono presidi siderurgici, un confronto fissato a Roma per il 5 maggio al fine di presentare al Parlamento e al Governo una voce coordinata di "dissenso ragionato", come io lo chiamo, sul piano Finsider, ed il Piemonte sarà presente con la massima struttura e con i supporti tecnici a questo ulteriore impegno per significare il senso di responsabilità che riteniamo di dover svolgere su questa partita. Così come l'odierno dibattito si colloca come uno dei tanti tasselli di un percorso che abbiamo realizzato in questi mesi (ultimo dei quali l'incontro con i parlamentari piemontesi il 18 aprile u.s.), per coinvolgere il livello parlamentare per le competenze che ha sul piano occupazionale e su quello della legislazione sociale a cui facevo riferimento nella comunicazione, come del resto molto opportunamente è avvenuto nel corso del dibattito e che accolgo pienamente perché non è in dissenso con quanto dicevo stamani.
Concludo dicendo che tutti questi sono, purtroppo, percorsi in salita.
Le soluzioni quindi sono difficili e in questi mesi non abbiamo tentato di figurare come Regione Piemonte migliori di altri, ma sommessamente attenti a produrre il massimo di sinergia nel rapporto defatigante con i vertici Finsider, le OO.SS., gli enti locali e i parlamentari piemontesi per segnare il nostro dissenso al piano.
C'è chi ha persino contestato gli incontri che abbiamo attivato con i vertici Finsider, con i cosiddetti "boiardi di Stato". Forse riteneva di poter essere in grado di modificare anche solo parzialmente il piano senza incontrare i vertici Finsider, cioè con chi ha redatto quel piano secondo noi in malo modo. C'è chi si è soffermato a proporre sperimentazioni di strategie complesse, magari condivisibili nel lungo periodo, ma che produrrebbero interventi troppo differiti nel tempo mentre le scadenze del prossimo mese di giugno in sede CEE sono incombenti e non danno spazi alle citate sperimentazioni che valgono certo nella prospettiva di un recupero a livello nazionale ed europeo della siderurgia. Mi permetto di dire queste cose a chi stamani ancora sembrava dimenticare che il venir meno degli aiuti CEE farebbe crollare definitivamente la Finsider e lo Stato non avrebbe più risorse sufficienti per rifinanziarla.
Per quanto è dato ancora sperimentare non accettiamo supinamente la chiusura di presidi, ma sappiamo che gli spazi sono purtroppo ristretti e le decisioni non più rinviabili, perché altri farebbero calare, se così fosse, la spada di Damocle. Ad esempio fra sei mesi ogni riqualificazione diverrebbe insensata.
Non ho colto sostanziali differenziazioni di ragionamento sulle ipotesi di lavoro contenute nella comunicazione che ho presentato a nome della Giunta regionale; ho registrato, nel libero gioco dialettico, toni forti più nella dizione e nella ricerca di una o due correzioni, anche accoglibili, ad un documento, che nella sostanza. Le ipotesi di lavoro presentate stamani a nome della Giunta non sono in dissonanza con quanto il dibattito ha proposto oggi, anzi, su questo versante non posso non essere lieto delle ampie convergenze.
Le ipotesi che ho avanzato forse non sono le migliori auspicabili, ma mi sforzo di credere che sono quelle possibili realisticamente senza alcuna ricerca di compiaciuto consenso nella situazione critica di emergenza che la siderurgia pubblica piemontese pone. Dalla generica lettura dell'articolato ordine del giorno mi pare di cogliere tutto il significato delle cose dette nella comunicazione e sostanzialmente parte viva delle articolazioni del dibattito per cui anche con i correttivi che si vorranno apportare, che non sono in dissenso, bensì in perfetta linea, ritengo che la Giunta possa esprimere attenzione ad una precisa attivazione di impegno per ciò che è di nostra competenza nel percorso successivo nei confronti del Parlamento e del Governo.



PRESIDENTE

Passiamo pertanto all'esame dell'ordine del giorno n. 477 relativo al dibattito testé svolto, a firma dei Consiglieri Rossa, Brizio, Tapparo Nerviani e Mignone.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Desidero illustrare un aspetto che attiene direttamente alla questione dei rapporti tra Giunta, Consiglio e Gruppi di opposizione in ordine a quello che mi è sembrato essere da parte dell'Assessore Cerchio un atteggiamento tendente ad evidenziare il carattere prevenuto e voluto della distinzione da parte del nostro Gruppo.
Voglio dire che noi siamo prevenuti contro questa Giunta, ma prevenuti con le verifiche sperimentali che stiamo facendo giorno per giorno e che ci confermano che non ci stiamo sbagliando nell'essere prevenuti.
Sulla questione della siderurgia riconosco la complessità del problema le competenze, le ragioni che non abbiamo mai ignorato; forse sarebbe bene pur nella sua foga verbale, che l'Assessore non usasse due pesi e due misure: oggi governa e dice "abbiamo i poteri limitati, voi quando governavate ...". Questo gioco dovrebbe essere evitato da tutti e in particolare dall'Assessore, per cui la collocazione di governo pone dei livelli di responsabilità generale rispetto a tutta la comunità in cui la funzione di parte assume un carattere ancora presente, ma certo diverso dalla funzione di governo. Si ritiene che l'Assessore, il Presidente della Giunta, tutti gli Assessori, rappresentino 4 milioni e mezzo di piemontesi e non invece soltanto la parte che vi ha eletti.
Su questo tipo di dimensione del problema le valutazioni e i punti di vista sono molteplici, c'è anche modo di confondersi.
Siamo prevenuti per come sono andate le cose, prevenuti politicamente e poi confermati peraltro in questa prevenzione negli atteggiamenti che mi pare di leggere in maniera crescente da parte di alcuni Assessori ed esponenti in particolare di un Partito. Proprio di fronte a questa enorme difficoltà di dominare i problemi con poteri limitati in una funzione che non è mai totale, credo sia molto giusto prestare grande attenzione a chi pone le questioni, come abbiamo cercato di porre noi con forza, magari anche con toni accalorati, ma certamente rispondenti alla valutazione dell'importanza che diamo del problema. Non bisogna seguire ed accompagnare quello che viene deciso dai potentati di vario tipo, economico e politico ma partire da un altro punto di vista, che ho perfino sentito riecheggiare nell'intervento di Nerviani sia pure per quanto riguarda quello spezzone territoriale, e cioè non dare per scontato, non considerare come elementi cogenti, politicamente o istituzionalmente, le compatibilità date ed offerte, ma giocare anche, tenendo conto del principio di lealtà, su una netta attestazione antagonistica, alternativa, su questi problemi rispetto a ciò cui i processi di ristrutturazione mondiale stanno conducendo la nostra economia.
Proprio per la dignità di questa posizione, non pretendo che la condividiate dico solo per la dignità di questa posizione, appare tanto più clamoroso e incomprensibile l'atteggiamento tenuto, vorrei dire sbagliato.
Come si può definire, irridendo, "litanie" le richieste di cui siamo convinti della conferenza? Non è una litania, è una richiesta che iteriamo riteniamo che la richiesta se non accolta vada ripetuta in quanto ne siamo convinti.
Come si può, rispetto ad una collocazione, giocare non tanto nel dire sono d'accordo o non sono d'accordo (questo è legittimo ed ogni maggioranza si distingue anche per le sue posizioni), quanto andando a cogliere degli atteggiamenti strumentali sulle cose che invece sono quelli politici di cui ripeto sperimentiamo l'ampia motivazione tutti i giorni? Sono in Consiglio, quindi tutelato nel parlare, ma comincio ad avere qualche timore di non esserlo più pienamente per tante ragioni. Sta emergendo un certo atteggiamento, oggi devo dire che l'ho colto di meno nell'intervento di Cerchio, l'ho avvertito molto di più l'altro giorno in una pausa interessante che andrà recuperata in una storia che ci è davanti.
Abbiamo sentito dire che due Assessori della DC "minacciano" per impedire al Gruppo di opposizione di fare il suo mestiere.
Questo è un punto molto delicato dei rapporti tra le forze politiche.
L'opposizione, come viene garantito costituzionalmente, ha il dovere e non solo il diritto di fare la sua parte assumendosi le responsabilità delle cose che dice nel merito, del come le dice, del come le sostiene. E' da rimarcare un atteggiamento di questo tipo, un atteggiamento che alla fine porta, anche se i contenuti fossero più vicini, a motivare, avendolo provato sul campo, che la prevenzione non è strumentale, bensì una difesa una garanzia, una condizione di chiarezza. Anziché cogliere quello che viene dal dibattito e cercare di rispondere nel merito nei modi possibili (anche con la foga, non mi scandalizzo certo, ce la mettiamo anche noi), in questa fase, non so per quali ragioni e per quali motivi, probabilmente ci sono ragioni di particolari nervosismi nei confronti delle questioni poste dal nostro Gruppo da tempo, con caratteristiche fortemente corrette e istituzionali, viene data una risposta che non pare essere quella di chi cerca, facendo la sua parte, di stare sul terreno del confronto, ma quella di chi vuole ributtare indietro ogni condizione reale di confronto rispetto ai problemi. Voi li chiamate limiti, noi li chiamiamo sbagli, errori mancanze agli appuntamenti, ritardi. Noi giudichiamo negativamente l'operato della Giunta. Adesso mi va bene che ci si appenda tutti alla maniglia delle riforme istituzionali, però devo ricordare che tale iniziativa è nata da questa parte.
Rispetto al confronto e allo scontro politico, che in democrazia è il sale della sua essenza, la Giunta manifesta fastidio e reagisce in maniera irrisoria oppure minacciosa o chissà come (vedremo le modalità), credo sia ampiamente giustificato motivare perché noi siamo prevenuti. D'altra parte nella nostra posizione di opposizione c'è un rapporto numerico, c'è un determinato rapporto politico e noi sappiamo come stanno le cose, ma non verremmo mai meno a due principi. Da una parte a quello di non stare a nessuna finta e la finta vuol dire molto spesso ritenere che, avendo convenuto a parole delle cose, essendoci parlati, essendoci intesi, magari con uno sforzo enorme, poi nel concreto non ci siano le condizioni perch quell'impegno comune sia attuato con spirito unitario. Dall'altra parte rispetto a questi atteggiamenti, forse per un misto di debolezze (non voglio indagarlo psicanaliticamente), si rivela un atteggiamento di chiusura e di arroganza crescente. Non ci è offerto un terreno; quando viene offerto è stato richiesto e in genere si tende a fare un esercizio muscolare per quelli che hanno più predisposizione al body-building in quest'aula, ma alla fine il risultato è esattamente questo: una forma di spaccatura, non distinzione di chiarezza a cui teniamo, che comportamenti atteggiamenti ci fanno legittimamente avere. In definitiva è la sfiducia politica in questa Giunta: alle molte parole che abbiamo sentito nessun fatto è seguito, né sul piano dei rapporti né sul piano dei concreti contenuti.
Senza molte reticenze, ribadisco che questa prevenzione esiste, è una prevenzione politica di cui siamo convinti, è una prevenzione che tocca a voi valutare quanto vi pesi o meno, ma che nei due anni che restano fino al termine della legislatura, nel nostro ruolo, nei limiti ma anche nella convinzione di quello che dobbiamo fare, nel nostro dovere, cercheremo di esercitare in tutte le forme possibili.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio per dichiarazione di voto.



BRIZIO Gian Paolo

Il Gruppo DC voterà a favore dell'ordine del giorno che, tra l'altro, è stato aggiornato con tre punti che tengono conto dell'andamento del dibattito con significativa attenzione; non entrerò quindi nel merito, ma voglio fare alcune puntualizzazioni in ordine all'intervento del Consigliere Bontempi.
Mi pare che il suo accenno a non poter svolgere un ruolo di opposizione od al ricevere da Assessori democratico-cristiani, che fanno parte del mio Gruppo ancor prima che dall'esecutivo, minacce circa lo svolgimento dei compiti istituzionali sia talmente enorme che non ne percepisco assolutamente i contorni. In quest'aula siamo sempre disponibili al confronto; sentiamo tutti gli interventi dell'opposizione con la massima attenzione. Accettiamo - l'ho detto anche nel dibattito istituzionale - e lo avete chiesto voi in questa legislatura, ma noi lo avevamo chiesto nell'altra senza però ottenerlo (tanto per parlare di confronto) che si vada molto spesso al di fuori dei tempi che ci diamo nei lavori. Per la siderurgia avevamo previsto mezza giornata di dibattito, mentre invece si è dedicato al tema una intera giornata, forse sarà perché non ci si vuole controllare, confrontare, perché non c'è attenzione e disponibilità! La disponibilità c'è, ma ci pare che l'opposizione assuma spesso un atteggiamento prevenuto ed una cosa è l'opposizione, un'altra è la prevenzione. Se si parte con prevenzione verso una maggioranza, non mi pare si svolga un ruolo di opposizione, ma si assume un atteggiamento pregiudiziale che rende da parte dell'opposizione difficile il confronto non da parte nostra, consentitemi di dirlo! Noi nel passato non eravamo meno severi nel giudizio sulla Giunta, non eravamo meno critici: avevamo come oggi un Governo nazionale con la presenza del nostro partito (per rispondere a Montefalchesi), eppure non avevamo difficoltà a siglare dei documenti anche critici nei confronti del Governo, anche di dura richiesta in accordo con l'opposizione di allora.
Sulla siderurgia abbiamo predisposto documenti comuni, abbiamo privilegiato la collaborazione, l'unità di posizioni nei confronti del Governo nazionale. Questo è stato il nostro atteggiamento di ieri; a cambiare atteggiamento oggi non siamo noi.



(Interruzione del Consigliere Bontempi)



BRIZIO Gian Paolo

Credo di avere il diritto di esprimere la mia opinione, cosa che faccio d'altronde in modo del tutto urbano. Gli Assessori democratico cristiani, come tutti i Consiglieri democristiani, non sono certo ispirati dall'intento di evitare il confronto che cercano sempre, oggi stesso con l'aver richiesto questo dibattito, prima del bilancio, e di averlo proposto ricevendo anche, come ha ricevuto l'Assessore Cerchio, delle critiche nell'ambito della maggioranza per averlo proposto. Come si fa a dire che non c'è disponibilità al confronto e che sono i democristiani che non vogliono che gli altri esercitino il ruolo dell'opposizione? A noi va benissimo che sia esercitato il ruolo dell'opposizione, però l'opposizione deve anche essere consapevole che il confronto con la maggioranza lo si cerca su un terreno dove questo confronto e dove l'eventuale convergenza è possibile. Se si pretende che la maggioranza abbia sempre le stesse posizioni dell'opposizione per giungere ad un testo comune, certamente si richiede un capovolgimento di ruoli al quale noi non siamo certamente disponibili.
Siamo per il confronto, siamo disponibili alla votazione di ordini del giorno ed ancora invitiamo il Gruppo comunista, tenuto conto che è stata riproposta nel documento finale la richiesta della conferenza, accettata dalla Giunta e dall'Assessore, tenuto conto che si sono fatti dei cenni al tema degli orari di lavoro e ad altri aspetti emersi dal dibattito che hanno avuto la nostra approvazione, e infine che c'è la disponibilità a valutare delle modifiche, a far cadere un atteggiamento pregiudiziale di prevenzione contro l'esecutivo. Se rimane invece la prevenzione, è chiaro che il confronto non sta in piedi, ma non per colpa nostra; per noi questa prevenzione pregiudiziale non ha assolutamente senso.
Abbiamo piena disponibilità al confronto ed abbiamo la serena coscienza, come Gruppo, sia da questi banchi che dai nostri rappresentanti che siedono sui banchi del Governo, di svolgere il proprio compito con grande impegno e grande disponibilità. Naturalmente il confronto deve nascere sulle cose, se c'è una pregiudiziale è difficile giungere a degli accordi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Prima di entrare nel merito dell'ordine del giorno che ho potuto leggere or ora, debbo dire all'Assessore Cerchio, che ad un certo punto si è rivolto a me con una battuta di dubbio gusto, che è mia abitudine rispondere a chi mi rivolge la parola sia esso la Digos, l'Assessore Cerchio, il Presidente del Consiglio o il Presidente della Repubblica.
Pertanto, essendo stato interpellato ho risposto in merito alle informazioni richiestemi, ma nonostante questa interruzione nell'ascolto della sua replica ho sentito le cose che lei ha detto e non penso (non me l'ha detto la Digos) che lei abbia capacità taumaturgiche - nessuno le ha nell'affrontare la complessità dell'argomento, anche se la tentazione di crederlo può venire stando a quanto ha detto il suo Vicecapogruppo Nerviani a proposito delle iniziative provvidenziali del Presidente della Giunta (finalmente la Provvidenza ha un nome e un cognome) Vittorio Beltrami, per affrontare questi problemi.
La verità è che la materia è ostica, è difficile, c'è un contesto obiettivamente complesso, ci siamo sforzati di rendere giustizia di fatti che ci appaiono oggettivi e incontrovertibili, dentro i quali tuttavia non vediamo emergere con la necessaria fermezza politica, con la determinazione opportuna, quella volontà di invertire marcia su un processo di progressivo degrado dell'apparato industriale piemontese in un settore strategico come è stato detto.
Devo dare atto, per lealtà (che spero mi venga riconosciuta) dell'attivismo dell'Assessore Cerchio che ha fatto riferimento ad una sfortunata visita, per ragioni di trasporto, al Ministro competente, però i risultati sono quelli che sono. Al di là del fatto che lei sia titolare di questo Assessorato soltanto da qualche mese, la Regione è assolutamente ferma sul piano della proposta politica, non soltanto di analisi della realtà, di scandaglio tecnico sui margini di mercato o meno, la Regione è ferma in termini di iniziativa per definire un quadro di politiche economiche ed industriali entro il quale poter avere un ruolo e rivendicare uno spazio produttivo per la siderurgia piemontese che non configuri questo tipo di richieste come difesa d'ufficio della propria fetta, come fanno i campani e i toscani.
Il collega Marchini, che ringrazio per gli apprezzamenti perché mi pare si sforzi quanto meno di dialettizzare, ha banalizzato un passaggio di una certa complessità nel ragionamento che si intendeva proporre all'attenzione dei colleghi laddove ritenevamo e riteniamo che ci sono dei settori socialmente utili e prioritari su cui è possibile avviare politiche economiche ed industriali tali da determinare ricadute positive sul piano produttivo ed occupazionale anche per quanto riguarda il settore siderurgico. In questo senso si facevano le esemplificazioni del settore dei trasporti per corrispondere alla giusta esigenza di avere un minore impatto ambientale delle attività antropiche, come vengono definite con linguaggio à la page le iniziative umane sul territorio, e corrispondere ad un bisogno primario quale quello di poter spostare merci e persone da un capo all'altro della nostra penisola. Era un'esemplificazione volta ad indicare come occorre ridefinire un quadro di politica economica e industriale diverso, non assumere come dato ineluttabile quello che passa il convento perché questo è lo scorporo a carico del pubblico di tutte le attività poco redditizie e la FIAT è maestra (lo ribadisco se questa mattina non sono stato sufficientemente chiaro) nello scaricare sulle spalle del pubblico attività ormai obsolete sul piano produttivo e tecnologico per riguadagnare terreno su quei settori che rendono particolarmente.
In questo senso ritorno all'oggetto del documento proposto che ha affastellato - da questo punto di vista la discussione non è stata, collega Brizio, del tutto inutile - e ha di nuovo messo in fila tutte le nostre richieste reiterate e le aggiunte fatte mi paiono deboli e generiche laddove ad esempio si fa riferimento a quanto affermano o dibattono le OO.SS. in ordine alla riduzione dell'orario di lavoro. A proposito di ci ovvero redistribuzione di quello che viene lasciato dalle ristrutturazioni tecnologiche produttive fra tutti gli addetti, tutti o quasi riconoscono l'inadeguatezza degli strumenti tradizionali, quelli praticati con il nostro dissenso. Visto che tutti vogliono fare la storia delle proprie posizioni, dobbiamo dire che sarà un decennio che DP, più o meno isolatamente, va ripetendo lo slogan, che è qualcosa di più di uno slogan "lavorare meno per lavorare tutti". Da questo punto di vista occorrerebbe prendere atto della situazione così come va degenerando sotto il profilo sociale e occupazionale per essere più aggressivi.
Lo stesso discorso vale per quanto riguarda la benedetta questione della conferenza regionale sulla siderurgia. Non pensiamo che da qui ad allora l'Assessore Cerchio assumerà quelle capacità taumaturgiche che oggi non gli riconosciamo, ma pensiamo che in quella sede, preparandola in tutti i modi che si ritengono più proficui, produttivi e opportuni, si possa discutere di questo contesto, di questo scenario: se ci ritroviamo d'accordo o meno a praticare altri terreni di politica economica ed industriale, indipendentemente dalle competenze regionali stabilite dal celebre art. 117 della Costituzione, per far assumere a questa assemblea legislativa quel ruolo politico che dovrebbe avere.
Signor Presidente, annuncio di conseguenza a queste argomentazioni il voto di astensione di DP al documento proposto dai Gruppi di maggioranza.
Astensione perché siamo stanchi delle lettere morte, cioè di parole senza conseguenze; siccome non è la prima volta che sono state scritte le stesse cose che ci vengono riproposte oggi, vogliamo marcare la nostra distanza da un comportamento che non fa, secondo il nostro modestissimo punto di vista, tutto quello che è necessario fare per aggredire con determinazione questo nodo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, in questa breve dichiarazione di voto parto dall'impegno per la conferenza sulla siderurgia: non è una litania, la riteniamo una cosa giusta e da realizzarsi in modo tale che il Governo assuma pubblicamente i suoi impegni.
Non è una litania perché è un impegno della Giunta preso il 20 luglio 1987: sono trascorsi nove mesi! E' legittimo quindi chiedere conto; lo chiedevamo nella nostra interpellanza 13 mesi fa, lo chiedevano DP ed il Partito socialista nelle proprie interpellanze, lo ha chiesto il Consigliere Rossa oggi in aula. Ho visto che la litania è stata accolta non era comparsa nella prima stesura dell'ordine del giorno, compare nella seconda, speriamo che davvero non sia una litania, ma un impegno concreto che la Giunta onori a breve scadenza.
Era curioso che fosse scomparso l'impegno principale che avevamo assunto tutti insieme, che ripetutamente avevamo confermato: nella prima stesura si parlava di promuovere un confronto fra IRI, Regione e Governo.
Non deve essere una passerella, il Governo deve spiegarci come verrà rivisto il piano Finsider e quale sarà il futuro, il destino degli impianti siderurgici piemontesi. E' bene che la cosa non si faccia alla chetichella ma pubblicamente: il Governo deve spiegare i destini degli impianti siderurgici piemontesi.
Nella prima stesura dell'ordine del giorno non c'era la richiesta di riduzione dell'orario, il collega Brizio ha ricordato che lui ne è un antico sostenitore; anche noi non siamo mai stati contrari, abbiamo sempre badato alla concretezza delle cose: un conto è l'orario contrattuale, un conto è quello effettivo; noi vorremmo che si riducesse l'orario effettivo di lavoro. Oggi è di 40 ore, ma se ne fanno effettivamente 44/45; noi badiamo molto alla sostanza delle cose.
Voglio far notare alcuni punti che non ci soddisfanno dell'ordine del giorno, lo faccio solo per ricordare che vi sono comunque delle contraddizioni.
All'ultimo punto di pagina 2 si insiste su un intervento IRI di reindustrializzazione nel Verbano - Cusio - Ossola e di utilizzo dei fondi della Comunità Europea per la riconversione professionale: questo implica un drastico taglio all'ex Sisma o persino la chiusura. La reindustrializzazione può essere fatta dall'IRI, ma se si fa con le risorse della Comunità Europea per la riconversione professionale dei lavoratori siderurgici, ciò implica la chiusura di questo impianto o comunque un ridimensionamento drastico. Mi pare che sia in contraddizione questo punto può essere rivisto.
Ho letto attentamente il promemoria del sindacato e a proposito dell'Italsider noto una certa differenza: da una parte si fa leva sulla validità dell'impianto Deltasider di Torino e sulla sua necessaria continuità produttiva e nell'ordine del giorno si è più possibilisti, si dice che "si respinge la chiusura in mancanza di uno sviluppo dell'elettrozincatura e di altre produzioni di verticalizzazione": è una dizione troppo generica. Non si copre un organico come quello che resterebbe all'Italsider con una seconda linea di elettrozincatura e con una generica produzione di verticalizzazione. Mi pare che invece il nostro argomento possa essere molto forte: questo impianto ha un margine operativo lordo positivo e a bocca della produzione automobilistica, è al centro del mercato di consumo delle lamiere, ha il grande pregio della flessibilità, è un impianto che deve avere continuità produttiva.
Insistiamo sul punto della conferenza, presenti i Ministri competenti a cominciare da quello delle Partecipazioni statali. Siamo dell'idea che l'incontro in sede ristretta non sia assolutamente opportuno data la gravità della situazione. Il confronto deve essere pubblico! Ho notato che l'Assessorato mi ha riservato un attacco personale; quell'attacco non mi sfiora. Eravamo in attesa di fissare la data della conferenza e dissi che non avrei partecipato all'incontro a Roma, perché si era chiesto un incontro preliminare e avevo sentito odore di insabbiamento tant'è vero che non si è fissata la data e il Ministro Granelli, in quella sede, ha chiesto un incontro in sede ristretta: "sarebbe servita la mia presenza, è stata decisiva la mia assenza?". Ma se non è decisiva nemmeno la presenza dell'Assessore e della Giunta! Nell'introduzione l'Assessore ha detto di avere risegnalato l'esigenza della Regione Piemonte ai nuovi Ministri competenti e presumo in particolare al Ministro delle Partecipazioni statali. Basterà risegnalare l'esigenza della Regione Piemonte? Nerviani ha detto che bisogna far sentire più forte la nostra esigenza.
Noi non chiedevamo e non chiediamo la luna visto che sono in ballo migliaia di posti di lavoro, chiediamo una cosa ovvia: che il Ministro competente venga a spiegarci qual è il futuro dei nostri impianti, qual è il destino degli impianti torinesi e ossolani in particolare.
So che in passato sono stati interessati ben due Ministri, ora un terzo Ministro è stato interessato: Darida e Granelli prima e Fracanzani ora. O si è sottovalutata la questione siderurgia e lo sbocco drammatico che avrebbe potuto avere, che già s'intravedeva anni addietro, ma soprattutto con l'ultimo piano, che è stato il più pesante per la siderurgia piemontese; o a Roma siete inascoltati: delle due l'una.
Il nostro impegno, unitario, è stato incondizionato; nonostante l'incalzare abbiamo perso tredici mesi, o nove dall'impegno assunto dalla Giunta nel luglio dello scorso anno e non è accaduto nulla. Possiamo convenire, tutti insieme, che era doveroso intervenire prima concretamente per ottenere dei risultati.
Ci muoviamo sempre dopo quando gli impianti chiudono. Sono ritardi gravi; penso che non vi sembri poca cosa. Se è così dovremmo essere degli inguaribili ottimisti, però non lo siamo. Fate le cose per le quali vi siete impegnati, fatele sul serio queste cose! Il nostro ruolo di stimolo e il nostro impegno ed apporto sulle cose concrete non mancheranno, ma la sfida che vi lanciamo è di fare le cose per le quali avete assunto solenni impegni.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione l'ordine del giorno testé discusso, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte esaminata la situazione e le prospettive della Siderurgia Nazionale e Piemontese alla luce delle scadenze comunitarie e delle previsioni dell'ipotesi di Piano Finsider esprime la più viva preoccupazione per le ipotesi tendenti a sopprimere o ridurre fortemente i poli siderurgici esistenti in Piemonte respinge a) ogni ipotesi di cessazione della laminazione nello stabilimento Italsider di Torino che non preveda alternative produttive nell'ambito delle lavorazioni di verticalizzazione siderurgica, a partire dalla seconda linea di elettrozincatura, idonee oltre a mantenere i livelli occupazionali a salvaguardare una sufficiente flessibilità complessiva anche nella fase della laminazione di prodotti piani.
Nell'attesa della eventuale realizzazione di queste ipotesi lo stabilimento, che attualmente opera con margini operativi positivi, dovrà proseguire la sua attuale attività. In una analoga ottica va considerato anche l'Ita di Racconigi che finora ha operato con buoni risultati b) la decisione Finsider di chiusura dello stabilimento Deltasider di Torino, ritenendo necessario il mantenimento di una alternativa produttiva allo stabilimento di Piombino. Il Consiglio regionale, considerando che vada comunque perseguito il risanamento dello stabilimento, ritiene che le proposte di ristrutturazione presentate a tal fine dalle OO.SS. vadano prese in attenta considerazione da Governo e Finsider c) le proposte di fatto liquidatorie della presenza Sisma di Villadossola, ritenendo che questa presenza industriale vada considerata nell'ambito della possibile concorrenza alla formazione di un unico polo siderurgico Ossolano completo di ogni articolazione produttiva a partire ovviamente dall'area fusoria.
In tal senso il Consiglio ritiene che ogni ipotesi di sinergia tra pubblico e privato vada attentamente vagliata sul piano degli effetti occupazionali e della correttezza delle scelte industriali. Qualora queste verifiche non sortissero effetti positivi, va fin d'ora ribadita la necessità della continuità produttiva nell'ambito delle PP.SS.
Ritiene che vadano approfondite: a) la situazione Vertek, rispetto alla ristrutturazione avviata. Pur prendendo infatti positivamente atto delle affermazioni positive del piano appare evidente la necessità di meglio chiarire natura e finalità della ristrutturazione predetta b) le presenze industriali piemontesi nel comparto dei tubi, ove il piano sembra abbandonare alcune produzioni piemontesi a maggior valore aggiunto, in omaggio ad astratti indirizzi strategici generali. Appare inoltre inaccettabile che ciò avvenga in assenza totale di una programmazione complessiva del comparto che dia il necessario quadro di riferimento alle sinergie pubblico/privato pur necessarie ed urgenti.
Sollecita 1) per quanto riguarda l'Italsider di Novi Ligure, il completamento degli investimenti già decisi e la definizione degli impegni di investimento necessari a permettere, entro il 1990, la trasformazione dello stabilimento nel polo di riferimento per la laminazione dei prodotti piani del Nord-Italia con la necessaria proiezione verso il mercato mitteleuropeo 2) per quanto concerne la TASS di Torino, IRI, Finsider e Governo a trarre le dovute conseguenze dall'avvenuto riconoscimento della validità dello stabilimento e della sua potenzialità consentendo che quindi, con investimenti relativamente modesti, questo stabilimento si trasformi in uno dei due/tre principali poli europei di laminazione a freddo di prodotti piani INOX di altissima qualità.
Il Consiglio regionale del Piemonte, concorda inoltre con le OO.SS.: sulla necessità di un ruolo incisivo del Governo, rinnovato recentemente, in ambito CEE circa la ricerca di una corretta distribuzione delle quote produttive e degli incentivi sulla necessità che si adegui e rinnovi il quadro normativo di strumentazione sociale, ed in particolare: a) si proceda alla complessiva ristrutturazione della legge 193 ponendo particolare attenzione alla questione degli incentivi di chiusura, per garantire il reinvestimento produttivo del denaro pubblico, e dei prepensionamenti b) si adeguino le politiche del lavoro in difesa delle fasce deboli, tra cui si annoverano oggi anche i lavoratori siderurgici c) possibili meccanismi di riduzione dell'orario di lavoro sulla necessità di un idoneo concorso, sotto la guida della programmazione pubblica, di energie pubbliche e private per quegli interventi sulle infrastrutture idonei ad abbattere i costi indiretti gravanti sulla siderurgia.
In tal senso si concordano i problemi del costo dell'energia elettrica (superiore del 40% ai costi esteri) dei trasporti, dei noli portuali, ecc.
In quest'ambito va collocato e risolto l'importante problema delle centraline di autoproduzione di energia elettrica nel V.C.O., assumendo i necessari rapporti con Enel e Governo.
Richiama l'urgente necessità di: prestare, nella stesura definitiva del piano di sviluppo regionale la massima attenzione al peso industriale ed occupazionale della realtà siderurgica promuovere un confronto IRI-Governo-Regione su problemi e prospettive della presenza delle imprese pubbliche in Piemonte indire una conferenza regionale sulla siderurgia, comparto strategico per un nuovo e più avanzato sviluppo dell'economia piemontese affrontare con misure eccezionali e sollecite la complessiva situazione del Verbano - Cusio - Ossola con particolare riguardo alle iniziative IRI di reindustrializzazione, l'utilizzo dei fondi CEE per la riconversione professionale.
Sottolinea infine l'inderogabile necessità che il confronto sui destini della Siderurgia venga portato ai massimi livelli politici e governativi, ricordando come la Regione Piemonte non abbia assunto e non intenda assumere posizioni particolaristiche, ma intenda difendere in modo attivo i propri insediamenti siderurgici, facendo leva su corretti ragionamenti di carattere industriale che assumono come parametri l'efficienza, la validità strategica degli impianti, il loro valore sociale e la loro capacità di promuovere redditività".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 27 voti favorevoli, 1 contrario e 15 astensioni.


Argomento: Nomine

NOMINE


PRESIDENTE

Procediamo con il punto 15) all'o.d.g.
Si distribuiscano le schede per le seguenti nomine.
Istituto Federale di Credito Agrario per il Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta - Consiglio di Amministrazione. Nomina di 1 rappresentante.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Francesco Leva.
Pongo ora in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 39 voti favorevoli e 2 astensioni.
Comitato di Controllo sugli atti degli enti locali - Sezione decentrata di Asti (art. 56 L. 10/2/1953, n. 62). Sostituzione di 1 membro effettivo e di 1 supplente).
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i signori Paolo Bagnadentro e Mauro Bolla.
Pongo infine in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
E' approvata con 39 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento: Edilizia e norme tecnico-costruttive

Esame proposta di deliberazione n. 800: "Deliberazione C.R. del 27/7/1982 n. 320-6862 'Art. 9 della Legge 25/3/1982, n. 94. Adeguamento dell'aliquota relativa al costo di costruzione'. Rettifica di errore materiale"


PRESIDENTE

Passiamo ora ad esaminare la proposta di deliberazione n. 800, di cui al punto 18) all'o.d.g.
Tale deliberazione è stata licenziata all'unanimità dalla II Commissione.
Non essendovi richieste di parola pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.
Pongo infine l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.


Argomento: Consulte, commissioni, comitati ed altri organi collegiali

Esame proposta di deliberazione n. 798: "Istituzione di una Commissione d'indagine conoscitiva ai sensi dell'art. 19 lettera a) dello Statuto regionale, in adempimento dell'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale il 3/12/1987 circa i rapporti tra Regione Piemonte e Magistratura per il Po"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 798, di cui al punto 20) all'o.d.g.
Tale deliberazione è stata licenziata all'unanimità dalla VIII Commissione.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetto di legge n. 343: "Norme per l'utilizzo e la fruizione della Riserva naturale speciale della Valle Andona e della Val Botto"


PRESIDENTE

Passiamo infine all'esame del progetto di legge n. 343, di cui al punto 15) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 11 è approvato.
ART. 12 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 12 è approvato.
ART. 13 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 13 è approvato.
ART. 14 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 41 Consiglieri.
L'art. 14 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,20)



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