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Dettaglio seduta n.133 del 14/04/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Riprendiamo l'esame dell'o.d.g. della seduta precedente.
Il punto 2) dell'o.d.g. reca: "Interrogazioni e interpellanze".
Esaminiamo l'interrogazione n. 951 e l'interpellanza n. 1005 presentate dal Consigliere Valeri.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia residenziale

L'interrogazione n. 951 e l'interpellanza n. 1005 del Consigliere Valeri sono state presentate da tempo ma la risposta interviene solo ora sia per la difficoltà degli accertamenti, sia perché per la verità sono iscritte da più di un mese all'o.d.g. del Consiglio e per vari motivi non sono mai state svolte.
La complessità della materia e dei problemi sollevati, che riguardano l'assegnazione degli alloggi di risulta dello IACP di Vercelli nel Comune di Vercelli, richiede un'indicazione di minima di elementi normativi per potere spiegare che cosa è successo.
Il DPR n. 1035/72, all'articolo 3, primo comma, prevede che all'assegnazione di alloggi, salvo se i beneficiari sono individuati dal programma di localizzazione, si provvede mediante pubblico concorso indetto dallo IACP competente per territorio.
A seguito dell'entrata in vigore del DPR n. 616/77, che all'art. 95 ha demandato ai Comuni la competenza di assegnare gli alloggi, il compito della emissione dei bandi è stato assunto dai Comuni. Le competenze comunali in materia di assegnazione risultano riprese e specificate maggiormente nella L.R. n. 64/84 di recepimento della deliberazione del CIPE del 1981.
Per quanto riguarda gli alloggi di risulta, l'art. 19 della L.R. n.
64/84 prevede che ai fini dell'eliminazione delle condizioni di sottoutilizzazione o sovraffollamento degli alloggi pubblici, nonché dei disagi abitativi di carattere sociale, l'ente gestore (in questo caso l'Istituto Autonomo Case Popolari di Vercelli) predisponga programmi di mobilità dell'utenza attraverso il cambio di alloggi di risulta, previa verifica dello stato d'uso e di affollamento del patrimonio ed attivando forme di partecipazione e d'informazione dell'utenza medesima.
Per raggiungere gli scopi di cui sopra l'ente gestore, d'intesa col Comune, può altresì utilizzare un'aliquota non superiore al 10% degli alloggi di nuova costruzione.
Per soddisfare le esigenze di cui sopra sono comunque consentiti i cambi consensuali, ovvero cambi alloggi per avvicinamento al posto di lavoro, motivi di salute o altre gravi e comprovate esigenze, previa autorizzazione dell'ente gestore.
All'assegnazione degli alloggi, salvo quelli utilizzati per il cambio deve provvedere comunque il Comune nel cui territorio gli alloggi sono stati realizzati. A tal fine risulta ovvio che lo IACP debba dare comunicazione al Comune degli alloggi che si rendono disponibili per consentirne l'assegnazione entro i tre mesi previsti dalla deliberazione del CER del 13.12.1985; tale obbligo risulta peraltro dal regolamento di attuazione degli interventi.
Gli alloggi devono quindi essere assegnati mediante graduatoria, salvo i casi di riserve alloggi previste dall'art. 15 della L.R. n. 64/84 per i casi sociali, come ad esempio gli sfrattati, anziani, eccetera individuati dai Comuni e per i già citati cambi di alloggio.
Lo IACP può soltanto provvedere alla movimentazione degli inquilini già assegnatari previa verifica dei requisiti per la permanenza.
Fatte queste premesse ed esaminata la documentazione che abbiamo richiesto in tempi diversi e che è stata trasmessa dallo IACP di Vercelli si formulano le seguenti considerazioni.
Emerge in primo luogo l'assenza pressoché totale di rapporti formali e informali fra i due enti (lo IACP e il Comune di Vercelli, almeno stando agli atti ufficiali) e il perseguimento dei compiti d'istituto non è codificato da regole comportamentali univoche e da momenti di verifica e di controllo che la dimensione demografica di una città come Vercelli assolutamente richiederebbe.
Le notizie pervenute non appaiono esaustive delle precise e puntuali richieste formulate dagli uffici con note nn. 3088/ERS/243 e 3745/ERS/L-353 rispettivamente in data 10.11.1987 e 22.12.1987 ed ancora con una nota successiva, dell'inizio del mese di febbraio 1988, ma consentono tuttavia di enucleare sebbene con fatica alcune informazioni a seguito delle quali è possibile rispondere ai quesiti posti dal Consigliere regionale Valeri e nel contempo richiamare l'Istituto di Vercelli ad una puntuale applicazione delle leggi statali e regionali vigenti in materia di edilizia residenziale pubblica; fatta salva ogni ulteriore iniziativa che si rendesse necessaria al fine di tutelare eventuali diritti lesi verso cittadini che, non informati della possibilità di accedere, nell'ambito di regolari bandi all'assegnazione degli alloggi di risulta, non abbiano potuto presentare regolare domanda per essere collocati in graduatoria.
In particolare si evidenzia quanto segue: a) risulterebbero assegnati n. 109 alloggi di risulta al di fuori di specifiche graduatorie e senza la prevista verifica dei requisiti da parte della commissione di cui all'art. 10 della L.R. n. 64/84 b) risulterebbero essere stati effettuati n. 63 cambi d'alloggio senza riferimenti ad un programma di movimentazione, così come previsto dall'art.
19 della L.R. n. 64/84; non risultano tra l'altro esservi stati specifici accordi con il Comune di Vercelli. Inoltre, l'Istituto Autonomo ha recepito soltanto in data 10.2.1988 il regolamento per la gestione della mobilità dell'utenza sulla scorta del testo predisposto dal Consorzio in virt dell'art. 19 della L.R. n. 64/84 e deliberato dal Consorzio stesso in data 5.7.1985, omettendo peraltro la parte relativa ai punteggi previsti dal Consorzio per la formulazione della graduatoria per i cambi, a cui si sta provvedendo ora a seguito di intervento regionale per l'adeguamento del regolamento di mobilità al testo approvato dal Consorzio tra gli Istituti Autonomi Case Popolari c) il Comune di Vercelli non ha ancora provveduto all'adozione della graduatoria definitiva del bando predisposto nel rispetto della L.R. n.
64/84, sebbene lo abbia pubblicato fino dal 1/10/86 d) risulterebbe che il Comune di Vercelli abbia provveduto all'assegnazione di alloggi di proprietà comunale unicamente nell'ambito di riserve richieste e concesse dalla Regione (n. 43 alloggi); il Comune non precisa e non ha precisato nonostante i solleciti, se per gli stessi sono stati verificati i requisiti degli assegnatari da parte della Commissione Alloggi e) lo IACP di Vercelli avrebbe evidenziato al Comune la necessità di costituire un ufficio misto per l'assegnazione di tali alloggi.
A maggior chiarimento (giacché non può essere letto tutto) si allega alla risposta un quadro comparativo delle richieste specifiche fatte dal collega Valeri e degli elementi risultanti agli uffici regionali, a seguito degli incontri avuti e dei dati raccolti, nonché copia degli elenchi nominativi richiesti e trasmessi dallo IACP di Vercelli per quanto riguarda l'assegnazione degli alloggi di risulta.
Devo ancora aggiungere che successivamente a quando avevo predisposto la risposta a queste interrogazioni, iscritte all'o.d.g. del Consiglio regionale da tempo, si sono avuti ulteriori incontri con il Presidente dello IACP, con i funzionari e il direttore amministrativo e tecnico dello stesso istituto.
A seguito del confronto intervenuto in Regione, nel mese di febbraio sono stati richiesti ulteriori elementi di valutazione allo IACP. E' pervenuta una risposta in questi ultimi giorni, che non aggiunge elementi significativi o di novità rispetto alla situazione che è emersa e che prima ho richiamato, soprattutto per una circostanza che volevamo chiarire, cioè se all'assegnazione degli alloggi di risulta, il Presidente pro-tempore dell'istituto, nel passato ed oggi, avesse provveduto a seguito di deliberazione del Consiglio di amministrazione che affidava questo compito alla presidenza. Nonostante la richiesta precisa di documenti che parrebbero esistere, non siamo riusciti ad ottenerli.
A conclusione dobbiamo rilevare che la situazione, così come appare ed è stata presentata sia pure in modo incompleto, dallo IACP attraverso i documenti trasmessi, è grave e della stessa è stata informata la Giunta che deve assumere le necessarie determinazioni dopo il confronto in aula e dopo le valutazioni che farà il collega interrogante.
Peraltro il persistere della difficoltà di collaborazione ai fini del chiarimento pieno della situazione che si è determinata nel corso degli anni per quanto riguarda la specifica materia dell'assegnazione alloggi presso lo IACP di Vercelli, difficoltà registrata ancora negli ultimi giorni rispetto a richieste che abbiamo fatto, pongono certamente, e questa sarà la proposta che ritengo di fare alla Giunta, la necessità immediata di nominare una Commissione ispettiva o di nominare formalmente qualche funzionario, interno o esterno alla Regione, per una verifica puntuale di tutti gli atti. Infatti, le irregolarità nell'assegnazione degli alloggi sono evidenti ed anche il comportamento del Comune non appare chiaro.
Quello che sconcerta è l'assenza, all'interno di questa vicenda, su ambedue i versanti e per anni, di iniziative sia da parte dell'Istituto che da parte del Comune per rispettare i disposti di legge e quindi procedere all'assegnazione degli alloggi secondo modalità e poteri che sono attribuiti, dopo l'entrata in vigore della deliberazione CIPE dell'81 e della L.R. n. 64/84, al Comune sia per quanto riguarda le graduatorie sia per quanto riguarda la trasmissione delle pratiche alla Commissione assegnazione alloggi Confermo al collega interrogante, che per gli aspetti specifici sollevati in ordine all'assegnazione degli alloggi, c'è violazione delle norme di legge; di conseguenza si apre una situazione non facile in ordine ai diritti dei cittadini che, a seguito di queste decisioni, risultano oggi occupanti non abusivamente ma per disposizione degli enti preposti, sia pure assunta attraverso procedure non corrette.
Dopo aver risposto all'interrogazione e aver sentito le ulteriori precisazioni che il collega interrogante vorrà eventualmente avanzare proporrò alla Giunta nella prossima seduta i provvedimenti che si rendono necessari per avere una conoscenza più puntuale di tutta la documentazione ciò può avvenire solo attraverso un provvedimento formale che attivi i poteri di indagine che finora non abbiamo svolto, limitandoci agli accertamenti tra la Regione e gli enti preposti all'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale sovvenzionata e nel caso degli alloggi di risulta. Avuta l'informazione più completa attraverso le verifiche ispettive che saranno svolte si renderà conto ulteriormente al Consiglio regionale della situazione e si assumeranno le determinazioni che gli accertamenti definitivi renderanno necessarie ed opportune.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Ringrazio l'Assessore e le strutture dell'Assessorato per lo sforzo che hanno compiuto per cercare di portare a chiarimento una situazione quanto mai oscura e complessa.
Purtroppo le notizie che l'Assessore è riuscito ad ottenere e di cui ha dato informazione testé confermano, pur nella loro incompletezza, la gravità della situazione da noi denunciata.
In sostanza, lo ricordo affinché sia chiaro ai colleghi ciò di cui si sta trattando, a Vercelli, "dall'entrata in vigore della nuova normativa regionale ad oggi nessuna assegnazione di vecchi alloggi resisi di volta in volta liberi è passata attraverso le procedure e i soggetti all'uopo deputati, i Comuni, e attraverso la verifica e l'accertamento dei requisiti". Sono stati assegnati circa duecento alloggi di risulta e una parte di questi addirittura a non aventi diritto.
Tra coloro che hanno avuto l'alloggio in assegnazione vi sono anche titolari di reddito superiore del doppio rispetto a quelli previsti dalla legge, e ciò pare sia avvenuto senza la presentazione neppure di regolari domande e relative documentazioni da parte dei richiedenti; in assenza quindi del necessario accertamento dei requisiti necessari a confermare il diritto all'assegnazione e un ordine di priorità delle domande. A ciò si aggiunga che l'Istituto Autonomo Case Popolari di Vercelli non ha provveduto all'obbligo di consegnare al Comune di Vercelli gli alloggi resisi liberi occorrenti a comporre il fondo di riserva per le emergenze senza, peraltro, come giustamente diceva l'Assessore, che il Comune si sia fatto carico di richiederli.
E' una situazione che ha rilevanza amministrativa e penale rispetto alle quali giustamente dovranno essere considerate le iniziative da assumere a tutela dei diritti lesi, cioè di quei cittadini che pur avendo titolo e diritto all'assegnazione di alloggio e che non lo hanno potuto esercitare.
Richiamo l'attenzione dell'Assessore sul fatto che la gravità di quanto è accaduto risulta accentuata dall'assenza in questi mesi, intercorsi dalla presentazione delle nostre interrogazioni e dalla loro diffusione sui giornali, di qualsiasi ripensamento da parte dei responsabili di questo stato di cose. Questo lungo tempo è trascorso senza che l'Istituto Autonomo Case Popolari di Vercelli assumesse atti che in qualche modo dimostrassero la volontà di correggere doverosamente e adeguatamente il proprio comportamento.
A tutt'oggi, ad esempio, mi risulta che non è stata consegnata al Comune di Vercelli se non una piccola parte degli alloggi resisi liberi. La restante parte è tuttora trattenuta dall'Istituto Autonomo Case Popolari.
Pare che siano più di trenta gli alloggi così, che sottratti all'assegnazione prevista dalla legge e sottratti anche alla possibilità per il Comune di esercitare la riserva del 25% sull'insieme degli alloggi disponibili.
In compenso è stata istituita, come accennato anche dall'Assessore, una Commissione mista Comune-IACP, che non si capisce bene a cosa debba servire, essendo la legge chiarissima sul fatto che esiste una graduatoria che dev'essere formata dalla apposita Commissione provinciale, che i Consigli comunali debbono deliberare le conseguenti assegnazioni e che i cambi debbono seguire la stessa logica rigorosa e trasparente, ossia debbono corrispondere a dei piani annuali di movimentazione interna. Si è in sostanza di fronte a una reiterata volontà di violare le norme.
Di fronte a questa situazione credo non vi siano alternative alla assunzione di atteggiamento rigoroso e conseguente da parte dell'amministrazione regionale, la quale deve assumere le proprie responsabilità riguardo al commissariamento dell'Ente e, quantomeno, alla segnalazione di quanto avvenuto alla Magistratura. In proposito, comunque l'ufficio legale della Regione avrà la possibilità di esprimere alla Giunta il proprio meditato parere in merito agli atti adeguati da assumere.
Personalmente ritengo che, a fronte della reiterata violazione del diritto dei cittadini all'accesso, secondo procedure certe e garantite, al patrimonio abitativo pubblico, deve risultare chiaro che da parte della Regione non solo non c'è nessuna comprensione e nessuna tolleranza, ma, al contrario, la precisa volontà di ripristinare la legalità.
Nel sollecitare la Giunta ad assumere urgentemente, se possibile già nella sua prossima riunione settimanale, gli atti di sua competenza, ci riserviamo ovviamente di valutarne il contenuto e di promuoverne eventualmente la integrazione.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Parchi e riserve

Interrogazione n. 1019 del Consigliere Ala inerente l'attività estrattiva nella Riserva Naturale Speciale della Bessa


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 1019 presentata dal Consigliere Ala.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con l'interrogazione in oggetto il Consigliere Ala richiede di avere dettagliate informazioni in merito alle attività estrattive per le quali è stata avanzata richiesta di autorizzazione ed a quelle già autorizzate, di conoscere quali indagini la Regione intenda compiere per valutare l'impatto ambientale di nuove attività estrattive e quali supporti intenda offrire al Consiglio direttivo della Riserva, di sapere se la Regione abbia provveduto (o intenda provvedere) a fornire direttive in ordine ai parametri ed ai criteri da seguire, qualora sia espresso parere favorevole all'attivazione di nuove cave, per garantire lo scrupoloso rispetto delle caratteristiche ambientali e storico - archeologiche, di conoscere se la Regione intenda presentare una proposta di legge che abolisca dalla Riserva la zona sulla quale sono consentite le attività estrattive anche in relazione all'entrate in vigore della legge n. 431/1985.
Deve essere innanzitutto precisato - con ciò rispondendo anche alla prima parte dell'interrogazione - che la situazione dell'attività estrattiva all'interno della Riserva Naturale della Bessa si presentava ancora prima della sua istituzione, in modo assai problematico e complesso: infatti tutta la zona della Bessa era interessata disordinatamente dalla presenza di cave di cui una certa parte aveva anche il carattere dell'abusività: dopo l'entrata in vigore della legge regionale in materia di attività estrattiva peraltro tutte le piccole cave abusive hanno cessato di esistere e si è proceduto ad un primo riordino complessivo che, attorno al 1980, ha consentito di accorpare tutti gli impianti estrattivi nella sola zona del Comune di Cerrione. Tale riordino, che ha tenuto conto di una situazione preesistente, che aveva già creato una profonda modificazione dell'ambiente naturale della Bessa, ha peraltro consentito di avviare un primo processo di recupero ambientale, seppure limitato, imponendo ai soggetti autorizzati all'estrazione, opere di ripristino.
L'attuale situazione dell'area occupata dalle cave può essere così riassunta: delle 11 società in attività all'inizio degli anni '80 ne sono restate in esercizio soltanto 2 che hanno recentemente avanzato richiesta di ampliamento dell'area estrattiva; su tale richiesta il Consiglio Direttivo dell'Ente di gestione della Riserva (che, va ricordato, è Ente strumentale della Regione) ha sospeso ogni risposta in attesa di predisporre uno studio complessivo di risistemazione ambientale: deve infatti essere tenuto in conto lo stato attuale dell'area con ampi scavi abbandonati e certamente non conciliabili con un'area protetta. E' perci necessario provvedere a valutare tutti gli interventi possibili per una risistemazione complessiva dell'area, utilizzando pertanto anche i recuperi ambientali che debbono essere eseguiti da coloro che esercitano l'attività estrattiva. Si ritiene perciò che lo studio sopra citato sia la sede tecnica più opportuna per valutare il problema nel suo complesso.
Per quanto concerne nuove eventuali autorizzazioni sono pertanto rimandate ad un momento successivo alla predisposizione dello studio ambientale che sarà lo strumento in base al quale il Consiglio Direttivo della Riserva, che deve esprimere parere vincolante in merito alle attività estrattive, potrà dare risposta alle istanze presentate, tenendo conto degli aspetti ambientali, storici e archeologici dell'area, aspetti che saranno approfonditamente valutati nello studio medesimo.
Anche per quanto concerne un'eventuale modifica alla legge istitutiva della Riserva si ritiene opportuno attendere gli esiti dello studio ambientale anche perché, comunque, al momento attuale non sussiste il rischio di attivare nuovi impianti estrattivi, stante la posizione assunta dal Consiglio Direttivo della Riserva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Ringrazio l'Assessore Vetrino per la risposta che ha toccato tutti i punti richiesti. Ritengo opportuno sottolinearlo perché non sempre accade.
Devo dichiararmi inoltre moderatamente soddisfatto della risposta medesima perché ho imparato che le decisioni che la Giunta regionale di solito assume nascono in maniere contorte attraverso studi, valutazioni.
Probabilmente non sempre sono necessari, ma diventano il meccanismo burocratico attraverso il quale poi si vengono ad assumere le decisioni.
La richiesta di studi e di valutazioni era contenuta nella mia stessa interrogazione che richiedeva da parte mia di non lasciare solo il Consiglio Direttivo a prendere decisioni in base alla burocrazia e vedere che le decisioni vengono prese attraverso metodi più lunghi forse del previsto e più contorti del previsto era già di fatto contenuta nella mia stessa richiesta.
Sono contento del fatto che le decisioni siano state sospese. Ma il problema chiaramente si porrà, ma in questo momento è risolto e ha ragione l'Assessore quando dice che non sono iniziate nuove attività che in un modo o nell'altro determinano un degrado del territorio.
Ugualmente è stato utile ripercorrere l'iniziativa di risistemazione di un'area, rispetto a come era prima della istituzione a parco.
Due annotazioni marginali (credo che l'Assessore le conosca tutte due ma è importante risottolinearle). Da un lato, le operazioni di ripristino ambientale dopo l'attività di cava non recuperano la situazione precedente.
Solo l'Assocave e qualche architetto paesaggista o presunto tale sostiene che il ripristino ambientale è come era prima. Ma noi sappiamo che questo non è vero. Non è la possibilità tecnica di fare un ripristino ambientale previsto e obbligatorio per legge a poter determinare che è possibile condurre una attività estrattiva. Dall'altro lato, la mia richiesta di abrogare la zona a) dalla legge istitutiva del Parco (e questo l'Assessore lo sa) si colloca in direzione esattamente opposta rispetto a quelli che sono gli intendimenti della Giunta regionale con una legge, per fortuna sonnecchiante in questo momento, che prevede invece la possibilità di aprire cave anche negli altri Parchi.
Il tono della risposta sotto questo aspetto mi soddisfa parecchio perché presenta un segmento di Giunta interessato ad abrogare o comunque a ridurre e a limitare il più possibile, l'attività estrattiva.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Interrogazioni nn. 1044 e 1248 dei Consiglieri Adduci, Ala, Bontempi Bresso e Chiezzi inerenti l'elettrodotto Leinì-Piossasco


PRESIDENTE

Esaminiamo congiuntamente le interrogazioni n. 1044 e 1248 dei Consiglieri Adduci, Ala, Bontempi, Bresso e Chiezzi.
Risponde ad entrambe l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

A questa interrogazione avremmo dovuto rispondere congiuntamente l'Assessore Maccari ed io, in quanto gli argomenti sono complessi.
I Consiglieri interroganti conoscono perfettamente la situazione perché di questo argomento si è parlato ripetutamente in quest'aula. Alle preoccupazioni di carattere ambientale si sono andate aggiungendo nell'ultimo periodo delle preoccupazioni di carattere sanitario. Sarebbe stata utile anche la presenza dell'Assessore Maccari rispetto alle risultanze dello studio che è stato condotto dal Laboratorio di sanità pubblica dell'USSL n. 40 di Ivrea, unitamente all'Istituto di Medicina del lavoro dell'Università di Torino. L'Assessore Maccari è d'accordo che riferisca io all'assemblea quanto egli stesso avrebbe potuto riferire direttamente.
La Giunta regionale con la deliberazione del 20 ottobre 1987 (che già avevo passato in copia ai Consiglieri interroganti) aveva affidato la realizzazione di uno studio sulle conseguenze sanitarie ed ambientali causate dai campi elettromagnetici generati dalle linee elettriche incaricando l'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università di Torino e il Laboratorio di Sanità Pubblica, Sezione di fisica sanitaria, dell'USSL n. 40 di Ivrea.
L'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università di Torino e il Laboratorio dell'USSL di Ivrea, rispettando i tempi previsti dalla deliberazione di incarico alla fine del mese di febbraio, hanno consegnato lo studio per la valutazione fisica dei rischi generati dai campi elettromagnetici delle linee elettriche presenti nel territorio piemontese nonché delle conseguenze sanitarie associate agli stessi ed in particolare per l'elettrodotto Leinì-Piossasco.
Lo studio si articola in sei punti: 1) illustrazione dei campi elettromagnetici generati dagli elettrodotti 2) i possibili meccanismi di interazione dei campi ELF (Extremely Low Frequence) con il corpo umano 3) rassegna della normativa attualmente in vigore in alcuni Stati 4) proposta di regolamentazione dei livelli di esposizione per la popolazione 5) proposta di provvedimenti da adottare al fine di garantire il contenimento dell'esposizione da parte della popolazione 6) conclusioni.
I primi tre punti sullo studio forniscono tutti gli indispensabili elementi di conoscenza dal punto di vista fisico, in particolare come si generano i campi elettromagnetici dalle linee elettriche, dal punto di vista medico, rispetto agli effetti nel corpo umano immerso in un campo elettrico, dal punto di vista normativo elencando le norme e i limiti fissati da altri Stati.
Lo studio fornisce al punto 4) una proposta di regolamentazione dei livelli di esposizione per la popolazione. Tale proposta scaturita a seguito della valutazione già dagli elementi introduttivi dello studio, in particolare sugli effetti dei campi elettromagnetici del corpo umano definisce l'adozione di due livelli limite di esposizione per la popolazione e cioè: 10 kw/m come livello che non deve essere superato in zone accessibili alla popolazione 2 kw/m come livello limite per la permanenza continuativa della popolazione civile. Inoltre la proposta indica le modalità tecniche per la misura dei valori dei campi elettrici.
Tenuto conto che l'ultimo documento scientifico prodotto dall'IRPA (International Radiator Protection Association), nel dicembre 1987, indica in 10 kw/m il limite massimo di esposizione a campo elettrico per la popolazione civile e che tale limite deve essere dimezzato nel caso di esposizione continua (24 ore al giorno), si ritiene ampiamente cautelativo dal punto di vista sanitario ed ambientale accettare i limiti indicati dallo studio del Laboratorio di Sanità Pubblica di Ivrea e dall'Istituto di Medicina del Lavoro alla luce delle attuali conoscenze scientifiche.
Contestualmente alla proposta di livelli di esposizione nel successivo punto 5) dello studio i ricercatori indicano altresì alcuni provvedimenti da adottare per assicurare il rispetto dei limiti massimi di esposizione fissati.
I provvedimenti consigliati sono: nella zona dove il livello di campo elettrico può superare il livello di 2 Kw/m non devono essere ubicati case, scuole, parchi gioco le zone ove il livello supera il limite di 10 kw/m devono essere circoscritte in modo da impedire l'accesso all'area nei luoghi in cui l'altezza da terra delle tesate scende sotto i 13 metri, con conseguente superamento del valore di 2 Kw/m, devono essere messi dei cartelli che indichino la presenza di campi elettromagnetici ed invitino a limitare la presenza nella fascia di 20 metri dall'asse della linea elettrica.
In relazione a questo ultimo punto il Laboratorio di Sanità Pubblica di Ivrea, che è in possesso del progetto riguardante il quinto tronco della linea Leinì - Piossasco (comprendente i Comuni di Valdellatorre, Rosta Reano, Sangano, Casellette, Buttigliera Alta e Villarbasse), ha segnalato la presenza di un solo punto dove la tesa scende ad altezza inferiore a 13 metri da terra; tale punto è situato nel Comune di Rosta in aperta campagna tra i tralicci 92 e 93 al picchetto di rilievo S96.
Nelle conclusioni finali i ricercatori affermano che sulla base della letteratura scientifica attuale e delle norme degli altri Paesi non è ipotizzabile un rischio da campi elettromagnetici generati da una linea elettrica da 380 Kw.
Lo studio si conclude segnalando che in particolari condizioni atmosferiche può essere presente un modesto disturbo a causa del rumore prodotto per effetto corona dalla linea.
La Giunta regionale ritiene quindi, sulla base delle considerazioni dello studio, di procedere in questo modo: 1) far propri i limiti fissati dalla ricerca al fine di poter assicurare la maggiore protezione tecnicamente possibile ai cittadini e all'ambiente circostanti le linee elettriche a 380 Kw 2) adottare i provvedimenti atti ad assicurare il rispetto dei limiti massimi di esposizione fissata 3) sollecitare gli organismi scientifici nazionali, in particolare l'Istituto Superiore di Sanità, a svolgere ulteriori studi e indagini al fine di definire con rigore e puntualità scientifica i problemi legati alla presenza di rischi generati dalle linee elettriche in oggetto 4) impegnare le strutture sanitarie locali (il Laboratorio di Sanità Pubblica di Ivrea) ad esercitare un costante e periodico controllo di tutte le linee elettriche a 380 Kw presenti sul territorio regionale e in particolare sulla linea elettrica Leinì - Piossasco anche al fine di verificare la rispondenza ai limiti fissati.
La Giunta si impegna inoltre a fornire al Consiglio con periodicità tutti i dati e le informazioni che scaturiranno dai controlli fisici e sanitari, sugli esiti degli studi scientifici realizzati nonché sulle azioni e sui provvedimenti a carattere di tutela dell'ambiente e della popolazione assunti in particolare sull'esigenza di mantenere i limiti fissati o sulla necessità della loro modifica a seguito degli studi scientifici.
Vorrei cogliere l'occasione, nel comunicare le risultanze di questo studio, per dare alcune informazioni sul nostro Laboratorio di Sanità Pubblica, Sezione di fisica dell'USSL n. 40 di Ivrea che, con l'Università di Torino Dipartimento di Medicina del Lavoro, ha curato questo studio.
Sono informazioni interessanti che giustamente debbono essere portate a conoscenza dei Consiglieri regionali, cose che naturalmente l'Assessore alla sanità conosce; siccome però sono state una scoperta per me, che pure faccio parte della Giunta, ritengo giusto che i Consiglieri le conoscano.
Credo che le informazioni che sto per dare su questo Laboratorio siano anche la conferma dell'attendibilità di questo suo studio.
Il Laboratorio ha riferimento regionale nel senso che è al servizio di tutte le UU.SS.SS.LL. della Regione in materia di protezione da radiazioni non ionizzanti, cioè campi elettromagnetici, radiazione ultravioletta e laser; è un Laboratorio che negli ultimi cinque anni ha svolto una serie di ricerche e di pubblicazioni che lo hanno posto su un primo piano internazionale. A dimostrazione di ciò, uno dei più importanti e prestigiosi riconoscimenti è quello del National Bureau Standards degli Stati Uniti (Colorado), un laboratorio guida a livello internazionale, che ha proposto di inserire il Laboratorio di Ivrea nell'International Intercomparison Activity, cioè in una rete internazionale di pochi laboratori che periodicamente confrontano i propri standards di intensità e generazione di campi elettromagnetici.
Per quanto riguarda le attività svolte nel controllo della radioattività ambientale, il Laboratorio di Ivrea, a riconoscimento dell'attività svolta durante l'emergenza Chernobyl (emergenza che lo ha visto impegnato come unico Laboratorio del Servizio Sanitario Nazionale unitamente all'analogo Laboratorio di Piacenza e a partecipare alle misure fin dai primi giorni susseguenti l'incidente), è stato inserito nel luglio 1987 in una rete di sei Laboratori nazionali coordinati da ENEA-DISP per il Ministero della Protezione Civile. Questi Laboratori tengono sotto controllo continuo la contaminazione radioattiva presente in aria in modo da consentire il preallarme in caso di emergenza nucleare.
La dotazione organica del laboratorio è di 15 persone ed è composta attualmente di 6 laureati in fisica, un laureato in ingegneria, un laureato in biologia, 6 assistenti tecnici, un assistente sanitario ed una segretaria.
Questo per quanto riguarda l'aspetto sanitario che era quello che negli ultimi tempi aveva giustamente sollevato le preoccupazioni e le ansie di questo Consiglio.
Si ricorderà però che noi da sempre abbiamo trattato questo argomento preoccupandoci anche di altre conseguenze, quelle di carattere ambientale e paesaggistico. Devo dire che a seguito del dibattito che svolgemmo nell'ottobre scorso, a seguito di sollecitazioni pervenute da parte di Consiglieri regionali e delle popolazioni locali (che incontrammo anche qualche tempo fa nella sede della Giunta presenti anche alcuni Consiglieri regionali), la Giunta aveva deciso di formare un gruppo di lavoro interassessorile composto da funzionari degli Assessorati all'urbanistica alla sanità, all'energia, all'ecologia, ai trasporti, all'agricoltura e foreste, ai parchi, ai beni ambientali, alla pianificazione territoriale presieduto dall'Assessore alla pianificazione territoriale, al fine di compiere una verifica sulle problematiche connesse al costruendo elettrodotto.
Questo gruppo interassessorile ha tenuto complessivamente 5 riunioni rispettivamente nei giorni 4 e 14 dicembre 1987, il 18 gennaio 1988 ha fatto un sopralluogo nelle aree interessate, al quale ho partecipato io stessa, il 29 gennaio 1988 e infine il 14 marzo per le sue conclusioni.
Il gruppo di lavoro ha verificato i diversi problemi di carattere ambientale e paesistico. Procederò qui di seguito a illustrare gli aspetti verificati.
Per quanto riguarda gli aspetti inerenti la forestazione e la presenza di boschi nell'area, ricordo che tra il 1974 e il 1978 la Regione Piemonte aveva suggerito, e l'ENEL aveva accettato, una modifica del tracciato. Ad oggi sussiste un danno, lungo la linea, per alcuni tagli boschivi in prossimità dei piloni, danno comunque limitato rispetto al progetto originario. L'autorizzazione relativa alla forestazione è stata ampiamente rispettata come abbiamo verificato nel corso del sopralluogo. Inoltre, nel corso di ulteriori recenti sopralluoghi, è stato appurato che gli incendi boschivi verificatisi in Comune di Valdellatorre ed aree circostanti non hanno comportato rischi e danni all'elettrodotto nelle parti costruite e lungo il tracciato del progetto.
Nel quadro della politica energetica regionale e quindi della rete di linee elettriche di elevata potenza, l'Assessorato competente, dopo un attento esame del problema, ha avvalorato la tesi secondo cui l'elettrodotto in questione è parte funzionale del disegno di anello energetico di rifornimento dell'area torinese, nonché raccordo di emergenza della rete stessa.
Pur chiarendo questi aspetti, rimane aperto il problema, cui la Giunta si applicherà nei prossimi mesi, contestualmente all'attuazione programmatica dei programmi energetici regionali, di definire l'utilità rispetto all'obsolescenza presumibile per talune linee elettriche e l'attualità della rete piemontese. Peraltro la Regione Lombardia sta approfondendo questo problema nella prospettiva di una razionalizzazione della rete di elettrodotti.
Per quanto attiene alle problematiche di carattere paesistico ed ambientale, si è verificato che l'attraversamento perpendicolare della vallata è il punto più delicato del tracciato della linea come osservato anche durante il sopralluogo, ciò forma infatti un grande impatto visivo.
Inoltre la compresenza di altre opere pubbliche rilevanti sulla costruenda autostrada producono un sovraccarico sull'ambiente circostante senz'altro estremamente rilevante. E' comunque necessario considerare che un elettrodotto, diversamente da un'autostrada, rappresenta pur sempre un'opera con caratteri di reversibilità anche rispetto all'eventuale risistemazione dei luoghi. A questo proposito l'unico traliccio che pu comportare un più pesante impatto sul territorio è sito nel Comune di Rosta perché prossimo ad un torrente in area ristretta interessata da problemi di carattere idrogeologico. La realizzazione delle opere riguardanti questo traliccio saranno particolarmente seguite dalla Regione.
Rispetto al processo autorizzativo, la Regione Piemonte deve ancora fornire il nullaosta per un pilone, anche questo nel Comune di Rosta.
Questo pilone rappresenterebbe anche un'alternativa rispetto al tracciato con un'aggiunta di costi per l'ENEL abbastanza contenuta (circa 800 milioni in più sul totale). Questa soluzione consentirebbe di evitare l'attraversamento della collina morenica di Rivoli, area di grande interesse ambientale e naturale, tanto da essere già stata proposta in passato al Consiglio regionale per l'inserimento nel piano regionale dei parchi e delle riserve naturali. Questa soluzione è stata tuttavia rifiutata dai Comuni interessati dal tracciato alternativo. Inoltre, alla luce dei recenti sopralluoghi, il percorso alternativo, passando su un maggior numero di nuclei abitati rispetto al tracciato approvato, avrebbe comportato più alti rischi di carattere sanitario. Per queste ragioni il tracciato attuale rimane l'unico valido stante l'affermata utilità precedentemente richiamata dell'opera.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Ringrazio l'Assessore per la risposta data e per il fatto di averci consegnato già ieri pomeriggio la relazione della Università di Torino Dipartimento di Traumatologia, e dell'USSL n. 40 di Ivrea circa lo studio per la valutazione fisica dei rischi generati dai campi elettromagnetici.
Dalla risposta del Vicepresidente Vetrino apprendiamo che la Regione intende assumere alcune iniziative di studio finalizzate ad un maggiore approfondimento dei rischi derivanti dai campi elettromagnetici. E' un fatto indubbiamente positivo poiché ci troviamo su un terreno nuovo, che si colloca su una frontiera non ancora conosciuta. Numerosi studi di autorevoli scienziati dimostrano e testimoniano l'esistenza di pericoli seri per i cittadini esposti ai campi magnetici, mentre altri studi, credo altrettanto seri, dimostrano che il pericolo non è eccessivo: ci troviamo evidentemente, di fronte ad un rischio ignoto, ad una possibilità di rischio ed è bene che la Regione approfondisca l'argomento.
Per quanto riguarda invece alcuni elementi particolari, intendo richiamare l'attenzione dell'Assessore e della Giunta sulla necessità di compiere ulteriori verifiche lungo la linea dell'elettrodotto.
Intanto vorrei sapere se a seguito di un'altra relazione a suo tempo inviata dal Laboratorio di sanità pubblica dell'USSL n. 40 di Ivrea chiesta dal Comune di Rosta e riguardante quel territorio, sono stati assunti i necessari provvedimenti da parte dell'ENEL. Quella relazione infatti, afferma, nelle conclusioni quanto segue: "Si ritiene quindi necessaria una modifica al progetto della linea in detti punti (i punti sono quelli A e B dell'allegato 3 alla relazione stessa), onde riportare i livelli di campo previsti al di sotto del limite adottato. Ciò può essere ottenuto portando l'altezza della linea nei punti in questione ad almeno 15 metri". Questa modifica è stata effettuata oppure no?



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Verrà effettuata.



ADDUCI Donato

D'accordo, ma i piloni ci sono già.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Dopo questa comunicazione, con gli impegni che ci siamo presi procederemo di conseguenza.



ADDUCI Donato

Quindi si procederà a modificare quel tracciato sulla base della relazione richiamata. Bene, questo è un altro fatto positivo.
Nell'illustrare la relazione richiesta dalla Regione, lei ha fatto esplicito riferimento ad un'analisi condotta nei Comuni che vanno da Rosta verso Piossasco, ed infatti non ci vengono forniti dati relativi all'altra parte dell'elettrodotto, quella che va da Rosta a Leinì, passando per Givoletto, Fiano, Mathi e Balangero. Da quanto mi risulta, però, credo che qualche intervento modificativo, in attesa di arrivare ad alcune ragionevoli certezze prodotte dagli studi, occorra assumerlo. Ho sottomano un elenco, molto puntuale, che riguarda il Comune di Mathi, è l'elenco delle famiglie cosiddette a rischio a causa della vicinanza della linea elettrica; si tratta di una ventina di famiglie molte delle quali abitano ad una distanza inferiore ai 50 m, dalla linea stessa, parecchie a meno di 40 m. Lo studio prodotto in questi giorni dall'USSL di Ivrea, al punto 6.2 afferma: "non dovrebbero esserci case, scuole, aree ricreative, parchi gioco ecc, in zone dove il livello del campo elettrico misurato secondo le modalità definite, può superare i 2 Kw al metro cioè in zone contenute entro la fascia di 20 m, dall'asse della linea", quindi è estremamente importante che la fascia di 20 m, sia rigorosamente rispettata. Non so come ciò possa essere possibile: indicherò, infatti, dei punti precisi che si trovano ad una distanza inferiore ai 20 m., sui quali occorre intervenire con urgenza per apportare quanto meno le modifiche che la relazione ci impone.
Un primo caso di linea che si trova a meno di 20 m. è quello del sig.
Fornelli Bruno che abita nelle Vaude, in Comune di Nole, via Corio n. 4.
L'Assessore ha detto che assumerà tutte le iniziative atte a far sì che queste famiglie siano difese: richiamo qua l'art. 6 dello Statuto regionale che impegna la Regione Piemonte a tutelare la salute dei cittadini. Altre abitazioni sono ad una distanza compresa tra i 40 e i 50 mt, sempre nel Comune di Nole, quindi su un territorio non esaminato dalla relazione dell'USSL n. 40 di Ivrea.
Altro caso specifico su cui chiedo l'intervento immediato ed è quello del sig. Morino Ignazio che abita in via S. Firmino 12 bis a Fiano il quale ha rifiutato sui suoi terreni la richiesta di servitù di passaggio fatta dall'ENEL. perché la vicinanza tra la sua abitazione e la linea è inferiore anch'essa ai 20 m, o è al limite dei 20 m. Trattandosi di rischio ignoto bisogna intervenire anche in questo caso con provvedimenti urgenti.
Segnalo ancora un altro caso: sempre in Comune di Fiano vi è l'abitazione del sig. Savarino Walter, in via Misiti n. 53, il quale ha già, attraverso esposti a varie autorità, compresa quella regionale evidenziato che il traliccio n. 48 si trova ad una distanza di 21 m dall'abitazione. Però la distanza del cavo è a 16,5 m., essendo ovvio che il cavo poggia su un braccio il quale, a sua volta, sporge verso l'abitazione della famiglia Savarino. In questo caso siamo ad una distanza di gran lunga inferiore ai 20 m, ritenuti accettabili.
Signor Assessore, noi abbiamo potuto assumere soltanto informazioni parziali forniteci da cittadini di Nole, San Carlo, Fiano e di altri Comuni; sono persuaso, però, che ad un'analisi più puntuale fatta palo per palo, lungo la linea dell'elettrodotto, casi di questo genere ne esistono ancora. Credo che, proprio basandoci sullo studio (dopo averlo letto bene vorremmo compiere altre riflessioni) e sui dati che le ho fornito su questi tre casi, l'assunzione di un provvedimento urgente s'imponga, da parte della Giunta, affinché l'ENEL attui tutte quelle misure necessarie a garantire il rispetto, almeno, dei limiti di sicurezza ora imposti.
E' bene ricordare, infine, che a volte i cittadini si trovano in una situazione singolare quando hanno a che fare con gli enti pubblici in situazioni del genere. E' accaduto, infatti, che qualche cittadino recatosi in Comune per richiedere la mappa dell'elettrodotto si è visto consegnare una mappa sulla quale era ben individuato il traliccio ma mancava l'abitazione che è sotto quel traliccio. Non conviene, quindi, fidarsi eccessivamente dei documenti prodotti, credo, dall'ENEL. ma bisognerà compiere un'indagine puntuale lungo tutta la linea.
Introduco, ora, una nota di colore (la si prenda per quello che vale): si sta sviluppando intorno alla linea dell'elettrodotto un strano e singolare commercio. La ditta Termamed, che ha sede a Varna Bressanone visitando tutte le famiglie che sono localizzate nella fascia rischio porta per porta, richiama l'attenzione di quei cittadini su una coperta "miracolosa" che costa non poco: 2.800.000 se matrimoniale, ed 1.600.000 se singola. Si tratta di una coperta "miracolosa" che dovrebbe proteggere dagli effetti negativi indotti dai campi magnetici. Ciò sta ad indicare che sulle giustissime e legittime preoccupazioni dei cittadini si inseriscono alcuni tentativi di speculazione che ingenerano ulteriori preoccupazioni.
Allora, anche per evitare simili iniziative, credo che un provvedimento urgente di sospensione dei lavori da parte dell'ENEL s'imponga, almeno fino a quando non viene trovata una soluzione idonea dal punto di vista tecnico e tale da consentire il rispetto di quelle precauzioni che la relazione stessa prescrive.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Ala. Ne ha facoltà.



ALA Nemesio

Le interrogazioni in discussione riguardano aspetti diversi del medesimo problema, nascono anche l'una in successione all'altra come risultato dell'evoluzione purtroppo rapida di una questione che, mentre il Vicepresidente sostiene essere all'attenzione di tutto il Consiglio occorre invece segnalare che è all'attenzione di alcuni pochi Consiglieri e forse di un Assessore. Cerchiamo quindi di ridurre le dimensioni, c'è una parte di Consiglio regionale interessato a questo problema, non il Consiglio regionale. Questo lo abbiamo già capito le altre volte che si è parlato di questo e se ne trova ampiamente conferma. Il Vicepresidente aveva parlato di preoccupazione ed ansia di questo Consiglio, ma il Consiglio io lo vedo più ansioso, ad esempio, sul problema delle nomine.
L'ansia, insomma, riguarda altre cose.
Il Vicepresidente ha parlato di preoccupazione ed ansia di questo Consiglio, io dico: preoccupazione ed ansia di alcuni Consiglieri e di alcuni Assessori, precisiamo soltanto questo.
Con il documento che il Vicepresidente ci ha consegnato ieri e con lo stupore presente anche nelle parole del Vicepresidente sul fatto che c'è un laboratorio delle UU.SS.SS.LL. che funziona e funziona bene e ha riconoscimenti internazionali, quasi tocca a Consiglieri di opposizione dirlo e sottolinearlo e chiedere l'intervento di una struttura regionale! Ritengo che il documento che questo laboratorio e l'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università di Torino ci hanno consegnato, adesso impone a tutti alcune scelte, alcune decisioni, alcune iniziative.
Una verifica di tutti gli elettrodotti esistenti in Regione e anche iniziative rivolte alle altre Regioni italiane. Se siamo convinti della validità delle normative e delle misure precauzionali che ci sono richieste e vengono avanzate da questo studio (senza intervenire nel merito se siano troppo alte o troppo basse o se sono espresse con troppa precauzione e troppa attenzione a non disturbare il manovratore ENEL), dobbiamo prendere iniziative, quali la verifica, non solo degli elettrodotti in costruzione ma anche di quelli esistenti, perché le misure valgono per tutti. Occorrono iniziative di carattere legislativo in sede nazionale. La Regione Piemonte deve assumere queste iniziative, non è pensabile che i cittadini del Piemonte (perché hanno per fortuna un laboratorio di USSL che funziona) debbano avere delle norme migliori di altre. Che si situano però sempre al di sotto di quelle che valgono per coloro che risiedono nella pretura di Pietrasanta e Viareggio, perché quelli che stanno a Lucca, Pietrasanta e Viareggio hanno norme ancora più rigorose di queste. Quindi, i cittadini di serie A stanno a Viareggio, Lucca e Pietrasanta e al mare. I cittadini di serie B starebbero in Piemonte, nella zona che va da Leinì a Piossasco. Gli altri, si becchino tutte le radiazioni non ionizzanti che passa il convento. E' inaccettabile questa suddivisione; quindi una iniziativa legislativa in sede nazionale, una divulgazione alle altre Regioni e agli altri Assessorati di questo studio va comunque fatta, anche per valorizzare un lavoro di notevole importanza. E che deve essere per prima cosa verificato sul territorio, come già ha detto il collega Adduci, per la parte non verificata dalla USSL di Ivrea, cioè per la parte relativa al Canavese. Questo studio è infatti partito nella zona della bassa Val di Susa e non ha interessato la verifica puntuale del rapporto tra collocazione dei tralicci e collocazione delle abitazioni. Questo va fatto subito. Anche perché, per le caratteristiche di antropizzazione del Canavese, sul percorso dell'elettrodotto, credo che lì i pericoli siano maggiori. E' quindi necessario fare subito questo e poi verificare tutti gli altri elettrodotti esistenti. Inoltre è necessario anche prendere provvedimenti urgenti sul problema che ha sollevato il collega Adduci: quello dell'esistenza di vere e proprie truffe commerciali, tra il fattucchiere e la truffa scientifica, che diventeranno probabilmente una cosa a cui abituarsi nel futuro: la gente ha paura delle radiazioni, c'è gente che spaccia soluzioni anti radiazioni. Su questo non bisogna di nuovo lasciare sola la popolazione. Dietro questi comportamenti c'è un gap grosso in merito alla credibilità della scienza. La gente non crede alla scienza, soprattutto quando si parla di radiazioni. Ha ormai ben chiaro in testa che tutto l'apparato scientifico (e qui possiamo ripensare al modo con cui sono state gestite le emergenze post Chernobyl da parte dei grandi Enti di Stato) è di scarsa affidabilità, nel senso che più nessuno crede a uno che dice che le radiazioni non fanno male. Tutto viene ad essere stravolto e finisce con il diventare una questione quasi di magia, rispetto alla quale poi si trovano le soluzioni miracolose, gli elisir di lunga vita, le madonne pellegrine o chissà che cos'altro. Anche su questo, a livello di Magistratura, la Regione deve intervenire e non lasciare sola la popolazione.
Sugli aspetti di carattere ambientale devo invece dire che la risposta fornita è troppo poco. A me personalmente pare che nella risposta non si veda assolutamente quella che è la devastazione provocata da questo grosso progetto che al di là del definirlo necessario (cosa sul quale non entriamo nel merito, perché le divergenze sono complete) sappiamo tutti essere un'opera pubblica di grosse dimensioni che può essere costruita in maniere molto diverse. Già in una riunione tenutasi presso la Giunta regionale dalla quale era scaturita la prima delle due interrogazioni (quella sugli aspetti ambientali), avevamo detto che l'ENEL non faceva e non prestava assolutamente alcuna attenzione al modo con cui costruire le opere e le strade di servizio, cercando di limitare e minimizzare le conseguenze ambientali non necessarie. Di questo rimaniamo perfettamente convinti. Che poi a questo si aggiunga il fatto che la Regione forse non è capace di controllare l'ENEL e non lo sono neanche i Comuni, questo pu essere un altro argomento, un'altra questione che può anche essere non dico condivisa, ma compresa.
Però sulle questioni ambientali anche le aspettative delle popolazioni dei Comuni, e di alcuni Consiglieri erano enormemente più alte, si pensava che qualcosa si potesse ottenere. Mi pare che su questo non si sia ottenuto nulla.
Ritornando invece agli aspetti sanitari si è ottenuto solo uno studio.
Adesso è importante vedere se lo studio produce conseguenze, effetti e provvedimenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri farò poche considerazioni.
Sulla questione relativa all'elettrodotto sollevammo in più riprese dei timori sia per l'impatto sull'ambiente di questa linea, sia per gli eventuali danni sulla salute delle persone.
La battaglia che abbiamo condotto è stata una battaglia che urtava contro una certa incredulità e contro certe resistenze da parte, ad esempio, dei tecnici dell'ENEL circa le ragioni delle nostre preoccupazioni.
Abbiamo insistito molto nel nostro atteggiamento (qualcuno ha detto che esageravamo il problema) e dobbiamo dire con soddisfazione - lo abbiamo verificato - che la Giunta, sotto la nostra pressione, ha effettuato delle verifiche che hanno dimostrato che i nostri timori non erano infondati, sia i timori nei confronti della salute sia i timori nei confronti del danno all'ambiente, perché lo studio ha verificato che danni alla salute ce ne possono essere e l'Assessore Vetrino ci ha detto che qualche danno all'ambiente è stato anche commesso.
Il punto politico qual era e qual è? Il punto politico era questo: noi chiedevamo alla Giunta un provvedimento di sospensione dei lavori, perch avevamo dubbi fondati sulla possibilità di rischio per la salute e delle convinzioni circa il perpetuarsi di danni all'ambiente.
La Giunta, allora, pur dimostrandosi in parte sensibile a queste nostre preoccupazioni, tant'è che ha attivato i controlli che avevamo richiesti non ha però assunto il provvedimento di sospensione dei lavori, dando quindi la possibilità all'ENEL di continuarli.
Il provvedimento di sospensione dei lavori che noi chiedemmo è ancora attuale? Io ritengo di sì. Questa attualità viene dimostrata dal fatto che il non aver preso un provvedimento di sospensione allora, comporta oggi una più difficile risoluzione dei problemi inerenti la possibilità di effettuare un elettrodotto senza danni per la salute delle persone. Se voi aveste sospeso i lavori non ci sarebbe il problema di quell'alloggio, di quella casa di abitazione sita a 16 metri dall'elettrodotto. Cosa fate adesso? Spostate la casa? Spostate l'elettrodotto? Ma se voi aveste preso questo provvedimento di sospensione di due o tre mesi dei lavori probabilmente quel palo non sarebbe stato costruito.
Abbiamo sollevato dei problemi con cognizione di causa e senza faziosità. La scorsa volta voi avete agito da un lato con una certa insofferenza e, dall'altro, rendendovi conto che non erano problemi campati in aria, attivando un'indagine; ma adesso la situazione è più difficile da risolvere, perché i lavori sono andati avanti, ed i problemi si sono aggravati. La richiesta noi ve la riproponiamo nello stesso modo pressante.
Sospendete i lavori dell'elettrodotto per un mese o per due mesi; conducete tutte le verifiche di quanti sono i casi che interferiscono con i problemi della salute dei cittadini o dell'ambiente e inducete l'ENEL a rispettare queste garanzie. Altrimenti temo che i problemi vengano solo enunciati e non affrontati, che le cose facciano il loro corso e quando una linea è costruita sarà difficile spostarla perché ci saranno delle ragioni superiori e degli interessi economici consolidati. La Giunta poteva evitare questo e, io dico, la Giunta può ancora evitare il peggioramento della situazione.
Formalmente, in modo pressante e convinto richiedo che la Giunta a questo punto, a seguito dei lavori e studi da essa condotti, cambi posizione circa l'andamento dei lavori, non li lasci proseguire come se nulla fosse successo, perché qualcosa è successo, fermi i lavori, verifichi questo tracciato, verifichi i problemi che si pongono, discuta con l'ENEL come risolverli e riferisca al Consiglio regionale.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Provvidenze per la costituzione di aree industriali ed artigiane attrezzate - Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 1206 dei Consiglieri Valeri e Calligaro inerente la ricollocazione dello stabilimento Sambonet


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 1206 presentata dai Consiglieri Valeri e Calligaro.
Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Nel condividere le preoccupazioni dei Consiglieri interroganti circa la delicata questione della rilocalizzazione dello stabilimento Sambonet preoccupazione espressa anche ai rappresentanti degli enti locali e segnatamente all'amministrazione comunale di Vercelli, ritengo opportuno anche perché è un aspetto sottolineato dagli interroganti - evidenziare la situazione dell'attuazione del Regolamento CEE n. 219/84 ed in particolare il programma relativo ai "siti degradati industriali" che si innesta direttamente nella questione Sambonet.
Mi sia consentito precisare che nel Programma speciale a suo tempo licenziato dal Consiglio regionale e approvato nell'autunno scorso dagli organi comunitari più che un accantonamento per il "programma siti degradati" vi era contenuta una ipotesi di utilizzo di fondi eventualmente residuati nella parte relativa agli investimenti diretti delle aziende.
Come è noto questa parte del Regolamento CEE n. 219/84 è direttamente gestita dal Ministero dell'Industria che, in caso di residui, ripartisce le somme ancora disponibili alle varie province, interessate così come fissato dal DM 16 maggio 1986.
I 2 miliardi e 800 milioni circa, oggi disponibili più che un accantonamento, sono fondi destinati e non utilizzati a favore delle piccole e medie imprese dalla Provincia di Vercelli che, secondo quanto stabilito nel Programma speciale, si intende utilizzare in un "progetto di recupero di siti industriali degradati".
A questo proposito l'amministrazione regionale, non appena avuta la certezza della disponibilità di tali fondi, ha interessato l'amministrazione provinciale di Vercelli affinché a sua volta rappresentasse a livello locale questa opportunità che si offriva agli enti locali.
Dopo una serie di riunioni, condotte sia a Vercelli che a Torino presso la Regione, sono pervenute all'Assessorato all'industria della Regione quattro proposte di recupero di siti degradati rispettivamente avanzate dai Comuni di Vercelli, Biella, Borgosesia e Varallo Sesia.
Sulla base della documentazione prodotta, ancora di larga massima, e sottoposta all'esame della Comunità Europea, risultano finanziabili le proposte di Vercelli, Biella e Varallo. Non è ammissibile la richiesta formulata dal Comune di Borgosesia in quanto il sito proposto, pur insistendo in un'area industriale, non era adibito ad attività produttive non è pertanto - secondo valutazioni degli organi comunitari - un sito industriale.
Per quanto attiene lo specifico dell'interrogazione, se cioè non si ritenga di rivedere e modificare il Programma speciale a suo tempo approvato in modo da indirizzare alcune risorse finanziarie sul progetto "siti industriali degradati", si sottolineano tre elementi da considerare attentamente e che inducono l'amministrazione regionale a ritenere non opportuna alcuna modifica sostanziale al Programma attuale.
La prima considerazione risiede nel fatto che, sulla base della documentazione che sta pervenendo proprio in queste settimane agli uffici alcuni dei progetti che gli interroganti intenderebbero stralciare non sono partiti e forse non saranno realizzati. Ciò potrebbe comportare un significativo recupero di risorse da indirizzare sul redigendo "progetto siti degradati".
Altri progetti sono stati avviati in misura dimensionale inferiore alle previsioni a suo tempo ipotizzate o forse subiranno alcuni ridimensionamenti in quanto si sono riscontrate nella fase di concreta attuazione alcune dissonanze rispetto allo spirito e alla sostanza del Regolamento CEE n. 219/84: tali parti verranno ovviamente stralciate e non finanziate, con contestuale avanzo di risorse.
Ma oltre a queste due considerazioni ve ne è una terza e cioè il fatto che il Programma speciale, essendo stato approvato dalla CEE dopo un iter piuttosto faticoso ed estenuante, dovrebbe terminare la sua operatività entro il 31/3/1989, cioè tra meno di un anno. Promuovere una radicale e profonda riscrittura del Programma nel suo complesso comporta ripercorrere sia pure solo parzialmente, un iter burocratico che rischierebbe di portare fuori tempo massimo ogni azione prevista e con la malaugurata conseguenza di veder sfumare le risorse comunitarie. In secondo luogo, elemento non certo trascurabile, la gran parte dei progetti sono stati avviati in questi mesi e non è più evidentemente possibile bloccare iniziative che sono in fase di realizzazione sulla base di formali decisioni del Consiglio regionale oltre che della Comunità Europea.
Coglierei comunque questa occasione per anticipare ai Consiglieri che è intendimento della Giunta proporre al Consiglio in una delle prossime sedute l'approvazione di un ordine del giorno che richieda al Governo di impegnarsi nei confronti della Comunità Europea affinché venga prolungato il termine del 31/3/1989 entro il quale cessa l'operatività del Regolamento CEE n. 219/84. Questo sia per consentire un meno affannoso svilupparsi del Programma speciale attuale sia soprattutto per consentire di realizzare in tempi non iugulatori e al limite della fattibilità il Progetto siti industriali degradati.
E' un'esigenza questa avvertita anche dalle altre Regioni interessate dal Regolamento (Lombardia, Veneto, Toscana, Marche, Umbria) e ogni Consiglio regionale, come è stato concordato in un recente incontro interregionale, sarà chiamato ad esprimersi affinché vi sia uno slittamento di un biennio nei tempi previsti. E' un accordo che abbiamo assunto nelle scorse settimane durante una riunione interregionale proprio per utilizzare al massimo questa opportunità e per non rischiare, di fronte a tempi che ormai sono al di sotto di un anno, aspetti negativi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Vorrei fare una domanda: rispetto ai progetti presentati i tempi e le procedure quali sono?



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Per i tempi e le procedure siamo rimasti intesi che entro il mese di aprile tutti i Comuni debbano far pervenire all'Assessorato regionale le loro definizioni. E' questione di quindici giorni.



VALERI Gilberto

Mi dichiaro solo parzialmente soddisfatto della risposta. Per quanto concerne la prima parte dell'interrogazione infatti, la risposta pu considerarsi positiva, in quanto contiene l'impegno a recuperare taluni inconvenienti, manifestatisi nella fase di applicazione del progetto a suo tempo deliberato e presentato alla CEE, rendendo disponibile una massa finanziaria aggiuntiva da impiegare per il Progetto di recupero delle aree industriali dismesse ora da predisporre. Ciò consentirà un maggior numero di interventi significativi, i quali peraltro, riteniamo dovranno corrispondere ad un preciso ordine di priorità, dettato dalle esigenze occupazionali e produttive delle diverse zone interessate. Nel caso di Vercelli mi pare che questa priorità sia indiscutibile, in quanto si tratta di rispondere alle esigenze immutate di una azienda, la Sambonet, che deve rilocalizzarsi in una nuova area da recuperare.
La risposta dell'Assessore solleva però seri interrogativi che confermano le preoccupazioni che il Gruppo comunista aveva formulato all'atto dell'esame del Progetto predisposto in attuazione del Regolamento n. 219 della CEE. Allora sottolineammo che, purtroppo, la credibilità del complesso delle proposte era scarsa, perché venivano affastellate iniziative che difficilmente avrebbero visto la luce. Ora abbiamo la conferma di ciò e della giustezza della richiesta che allora avanzammo e che la Giunta respinse, di concentrare le risorse sulle priorità di intervento consentite dal Regolamento CEE. Oggi quella giusta posizione si ripropone in termini di esigenza non più eludibile di adeguamento del Progetto, (il quarto o il quinto) ma con l'aggiunta di quei rischi di scadenza dei termini e dei relativi benefici che hanno indotto l'Assessore a presentare la richiesta alla CEE per una proroga della data di scadenza del Regolamento n. 219. Al riguardo l'Assessore ha preannunciato una comunicazione e un dibattito in Consiglio. Potremo pronunciarci in modo più puntuale nel corso di questo dibattito e lo faranno soprattutto i compagni che hanno più direttamente lavorato attorno a questo Progetto.
Ritornando invece all'interrogazione e alla risposta dell'Assessore noi saremo attenti che i tempi stretti per la definizione del Progetto aggiuntivo per il recupero delle aree industriali (aprile o primi giorni di maggio) vengano rispettati, in quanto la proroga del Regolamento CEE resta a nostro avviso un obiettivo difficile ed aleatorio per cui occorre fare il possibile per essere pronti anche nel caso di un rifiuto della nostra richiesta.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno n. 464 sulla situazione occupazionale alle Officine di Arquata Scrivia


PRESIDENTE

Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 464, firmato da tutti i Gruppi, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte in relazione alla messa in Cassa Integrazione Guadagni delle maestranze delle Officine di Arquata Scrivia, a causa del drastico taglio delle commesse operate dall'Ente Ferrovie dello Stato visto che tale provvedimento colpisce i livelli occupazionali del territorio della Valle Scrivia, già duramente provato dalla crisi della siderurgia e dalle ristrutturazioni imposte ai settori pubblici e privati considerato che detta situazione scaturisce da scelte dell'Ente F.S. il quale ha inteso ridurre il deficit tagliando gli investimenti, anziché individuare eventuali voci di diseconomia d'esercizio esprime la propria solidarietà alle maestranze delle Officine chiede all'Ente F.S. e al Ministero dei Trasporti di rivedere queste decisioni al fine di salvaguardare nello specifico, un'unità produttiva di grande professionalità, geograficamente ubicata in posizione strategica per il sistema ferroviario del nord Italia dà mandato alla Giunta Regionale di esperire con la massima urgenza, le iniziative più opportune, nei confronti del Ministero dei Trasporti, al fine di ottenere una revisione del piano delle Ferrovie tesa a rilanciare i programmi di investimento e garantire, con l'ammodernamento del trasporto anche i livelli occupazionali." Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 754: "L.R. 14/8/1987, n. 40. Istruzioni per l'applicazione della legge" (cooperazione agricola)


PRESIDENTE

Passiamo al punto 7) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 754.
Ha la parola l'Assessore Lombardi per illustrare tale proposta di deliberazione.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Questa deliberazione fissa le normative per l'applicazione della legge di intervento straordinario per la cooperazione approvata nell'agosto 1987.
Ritengo opportuno venga approvata da parte del Consiglio regionale questa deliberazione per rendere operativo questo intervento. La legge ha già stanziato le risorse finanziarie per procedere all'intervento concreto quindi ritengo sia importante l'approvazione di questa deliberazione.
La legge, che ritengo sia già conosciuta dai colleghi del Consiglio, ha l'obiettivo di consolidare e sviluppare la cooperazione agricola in Piemonte attraverso progetti che prevedano delle concentrazioni, delle fusioni in corporazione per creare dei nuclei forti nella cooperazione piemontese che non ha, a differenza di altre Regioni italiane, questi punti forza nei settori produttivi più importanti gestiti direttamente dalla cooperazione.
Vorrei ricordare che questo intervento ha una sua specificità soprattutto per quel che riguarda la capitalizzazione delle cooperative agricole. Sappiamo che la capitalizzazione delle cooperative agricole salvo eccezioni, è molto bassa per cui vi sono grosse difficoltà per ottenere gli interventi di finanziamento bancario alle iniziative nel settore della cooperazione. Di qui discende tutta una serie di difficoltà che richiedono fidejussioni da parte degli amministratori e fidejussioni da parte dell'Ente di sviluppo. Riteniamo che sia corretto impegnare i soci aiutandoli, a rafforzare e incrementare la capitalizzazione di queste iniziative economiche in modo che ci sia maggiore responsabilizzazione da parte dei soci che devono far fronte ad una parte dell'aumento del capitale e che quindi sempre più sono coinvolti nella gestione delle iniziative cooperative.
La deliberazione non è nient'altro che lo strumento per applicare la legge n. 40, una legge attesa dal mondo della cooperazione piemontese.
Sulla legge e su questa normativa vi è stato il pieno coinvolgimento di tutte le organizzazioni cooperative che hanno trovato l'accordo su questo testo. La sottopongo quindi all'attenzione del Consiglio e ne chiedo l'approvazione.



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Ferro. Ne ha facoltà.



FERRO Primo

Non penso ci sia molto da dire su questa delibera. Tutto quello che si può dire è che cerca di chiudere un cerchio aperto con la legge n. 40 sulla quale fummo fortemente critici e l'autorevolezza delle nostre critiche derivava anche dal fatto che come Gruppo comunista avanzammo una nostra proposta di legge in materia di cooperazione in agricoltura i cui obiettivi eran ben altri rispetto al testo presentato dalla Giunta e peggiorato dagli emendamenti che vennero approvati in aula.
Non si tratta ora di ripercorrere le argomentazioni che avanzammo allora, un solo punto ci preme sottolineare che è poi il punto essenziale.
La legge n. 40 è il frutto di un compromesso, non certo fra i migliori faticosamente realizzato tra le forze della maggioranza. Non a caso in questa legge appaiono tra i beneficiari equiparati alla cooperazione i consorzi agrari delle società miste in cui ci sia il 51% controllato dalla cooperazione. In questa legge quindi si produce una concezione della cooperazione che è molto estensiva, a me pare anche molto vaga, e abbastanza indeterminata. Per questo ho detto, che si è trattato di una legge che apriva un cerchio.
Che cosa è successo nei mesi che vanno dall'approvazione della legge alla deliberazione che il Consiglio regionale è chiamato a votare? E' successo un po' di tutto, tanto che la delibera è stata scritta e riscritta più volte. Dico un po' di tutto nel senso che i cosiddetti beneficiari o i loro portatori di interessi, quelli che l'Assessore Lombardi annovera in una categoria speciale, il cosiddetto mondo agricolo, e in una sottocategoria speciale, il cosiddetto mondo della cooperazione, hanno fatto la propria parte. Questo mondo agricolo è fatto di tante articolazioni esistono articolazioni, differenziazioni e contraddizioni tra i consorzi agrari e l'Unione delle cooperative, che pure sono emanazione della Coldiretti. Siccome questo mondo agricolo è atto di tante articolazioni, una volta aperto il cerchio, ognuna di queste organizzazioni ha cercato di mettergli del suo. I Consorzi agrari, ad esempio, a dimostrazione della fondatezza delle nostre critiche e delle nostre preoccupazioni non hanno risposto al problema del conferimento dei soci. Di qui le proteste della Lega delle cooperative dell'Unione, la riscrittura del testo, gli emendamenti, le infinite discussioni.
Alla fine si è raggiunto un compromesso che finalmente chiude il cerchio. In parte ne siamo contenti. I Consorzi agrari devono garantire il conferimento al prodotto, ma possono anche non garantirlo, perché il conferimento non è dovuto quando il fatturato è costituito prevalentemente dalla fornitura di mezzi tecnici ai soci. Consiglio ai colleghi di leggere bene le istruzioni. Al punto 4.1 si dice tutto e l'opposto di tutto.
Apparentemente sembra che venga creato uno sbarramento sui Consorzi agrari salvo poi farli entrare dalla finestra.
A questo punto è doveroso chiederci su questo argomento come ha operato la III Commissione. Presumo che le trattative per raggiungere un compromesso siano state estenuanti, nel senso che gli interessi contrastati erano solidamente organizzati. Ebbene la III Commissione si è limitata a prendere atto dell'accordo raggiunto faticosamente tra i vari interessi contrastanti.
Prendere atto vuol dire che i decisori sono stati altri e non sappiamo bene sino a che punto l'Assessore all'agricoltura sia stato un decisore o un mediatore.
Quando approvammo la legge in quest'aula, e noi esprimemmo tutte le nostre riserve e critiche, ci si disse che le nostre critiche erano fuori luogo, perché il cosiddetto mondo agricolo era d'accordo. Siamo andati a vedere se il cosiddetto mondo agricolo era veramente d'accordo. E quella legge nel mondo agricolo c'è chi l'ha voluta e chi l'ha subita, come in tutti i compromessi dove ognuno gioca le carte che ha a disposizione. Ma il punto non è questo. Quello che non possiamo ammettere per questioni di principio è che in questa sede e nella III Commissione, la rappresentanza sindacale, le organizzazioni professionali e le rappresentanze politiche siano un tutt'uno. Non è chiaro l'elemento di distinzione tra la rappresentanza di organizzazioni professionali di interessi particolari e la rappresentanza politica. E non essendo chiara questa distinzione diventa difficile individuare le sedi dove si assumono le decisioni e le sedi del controllo politico.
In altre parole, per dirla molto chiaramente, cosa esprimerà qui il Consiglio con il suo voto? Esprimiamo una presa d'atto di un compromesso di un accordo tra le organizzazioni professionali, raggiunto con la mediazione dell'Assessore e che qui siamo chiamati a ratificare.
Questi processi denotano che la democrazia si sta inaridendo. Il problema è politico; negli organi politici regionali della Giunta e nel Consiglio è difficile rintracciare la sede della decisione. Tutto è proiettato a ricercare la sede del consenso.
Le organizzazioni professionali possono sostituirsi alle sedi di decisione politica fino ad un certo punto, non possono andare oltre certe limiti. Non possono sostituirsi alla Regione nell'indicazione degli indirizzi e del coordinamento in materia di programmazione in agricoltura.
Le organizzazioni professionali possono esprimere, giustamente, una domanda politica in materia di programmazione, ma non possono sostituirsi alla Giunta.
Allora mi chiedo, rispetto agli sforzi che vengono fatti da certe organizzazioni e che noi approviamo, cosa c'è dietro al progetto Aquila indipendentemente dal giudizio di merito che le forze politiche possono dare; mi chiedo cosa c'è dietro al convegno della Unione delle cooperative sull'agroalimentare che lo scorso dicembre si è tenuto a Torino. Non si avverte forse dietro a queste proposte una domanda politica e una convinzione sull'arretratezza del sistema agroalimentare piemontese? Nel momento in cui poniamo il problema della legge 40 e della sua applicazione, non siamo colti da una specie di sindrome Federconsorzi.
Siamo ben lontani dagli anni in cui dal palazzo della Federconsorzi a Roma si governavano non solo i Consorzi agrari, ma l'agricoltura italiana, siamo lontani perché il sistema agroalimentare è diventato più complesso. Si è spostato l'asse del potere politico ed economico. Sono sorti nuovi potentati che condizionano sia il sistema politico che i produttori agricoli. Si pensi che dal '79 all'83 11.000 miliardi, derivati dalle produzioni agricole, sono passati a monte all'industria dell'agroalimentare (1200 miliardi) e a valle all'industria chimica 9800 miliardi. In questa distribuzione dall'agricoltura agli altri settori, la Federconsorzi non è più il grande potentato esclusivo, il passaggio obbligato.
Ci sono grandi gruppi nel settore chimico e agroalimentare, quelli che vanno all'assalto dei 13.000 miliardi all'anno che la CEE destina alle industrie agroalimentari, che hanno capito che l'agroalimentare ha delle prospettive dal momento che queste agro-industrie in Italia rappresentano il 15% del totale dell'industria, contro il 26% della Francia e il 33 della Germania. Figuriamoci le prospettive che ha in Piemonte l'agro industria, dal momento che qui la percentuale è ancora più bassa rispetto a quel 15% italiano.
Non a caso si disegnano le strategie: la Danone passa alla Fiat la Buitoni da De Benedetti alla Nestlè, il gruppo Ferruzzi è quello che è. Non esiste più un'industria alimentare che non sia collegata alle grandi concentrazioni finanziarie.
Capisco che questa legge e le sue istruzioni applicative nel loro piccolo cercano di essere un tassello rispetto ad un tentativo di risposta delle organizzazioni professionali, parliamo pure del progetto Aquila.
Tentativo di risposta rispetto a indirizzi che puntano soprattutto sulle grandi concentrazioni. Lo capisco questo. E' un tassello però minuscolo rispetto al quale valgono le cose che abbiamo avuto modo di dire in passato. I consorzi agrari vanno democratizzati; con il sistema cooperativistico possono essere certamente gli elementi di forza di una strategia di una nuova politica agroalimentare, ma vanno democratizzati.
Non possono essere quello che sono oggi. Un tassello minuscolo, perché una nuova politica agroalimentare a livello regionale non può solo far leva sul sistema cooperativistico. Occorrono politiche, sinergismi che portino l'Assessorato all'agricoltura a essere qualcosa di più e di diverso dell'Assessorato del sistema delle imprese agricole. Questa questione da tempo la solleviamo e certamente avremo occasione di riprenderla in futuro.
La legge n. 40 poteva essere un punto di partenza per costruire dei punti fermi nel sistema cooperativistico, ma punti fermi per guardare più lontano le esigenze più complesse, per superare e realizzare in Piemonte un sistema agroalimentare più solido di quello che ci troviamo di fronte oggi Bisogna anche considerare che, certo, la legge destina qualcosa al sistema cooperativistico. Soprattutto si punta su due filoni: sul settore lattiero - caseario e su quello viticolo con dieci miliardi, diciamo, su progetti finalizzati. Abbiamo parlato del Nucleo di valutazione e via di questo passo.
Ma non può passare inosservato che, mentre qui parliamo di dieci miliardi che devono essere dati attraverso una serie di procedure che prevedono un esame da parte del Nucleo di valutazione, la Giunta il 30 dicembre assume con tre deliberazioni e assegna in conto interesse e in conto capitale alla cooperazione agricola tre miliardi e mezzo sulla vecchia legge n. 63. E' una cifra considerevole, senza nessun Nucleo di valutazione. Allora tre miliardi più dieci fanno tredici, quasi tutti suppongo nel settore viticolo e lattiero - caseario.
E' importante capire quali risorse possono attivare questi progetti di settore a livello regionale. E' importante capire come si possono avviare delle forme di riorganizzazione del mercato che tengano conto delle considerazioni che poc'anzi ho espresso. Questi tredici miliardi rappresentano la quota che va alla cooperazione, ma esistono altre quote che vanno alla promozione, all'industria, al sistema delle aziende agricole, ed è importante capire rispetto ai nodi che ponevo prima, quali sono le politiche, quali sono i programmi finalizzati sull'agro-industria.
Diventa difficile capire queste cose dal momento che purtroppo ci si trova di fronte a dei ritardi per quanto riguarda il Piano di sviluppo regionale e diventa difficile capirlo anche perché gli indirizzi che porta avanti oggi la Regione per quanto riguarda questo settore sono indirizzi che presentano dei notevoli punti di debolezza dove diventa difficile individuare le coordinate su cui fare leva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, volevo esprimere il voto favorevole del Gruppo socialista ed anche la soddisfazione personale, che ho già espresso in III Commissione, ma che desidero ribadire qui, perché si arriva in ritardo, non dovuto a responsabilità politiche specifiche, ma per difficoltà di carattere tecnico, finalmente all'approvazione della deliberazione sull'applicazione della legge n. 40.
E' una soddisfazione personale perché credo di avere dato un contributo alla realizzazione di una proposta di legge, divenuta legge, e che si pone come punto di rilancio dell'attività cooperativistica e soprattutto come sostegno a forme di cooperazione che realizzano progetti in una prospettiva di sviluppo avanzato.
C'era e c'è attesa attorno a queste norme di attuazione della legge.
C'è stato, come veniva anche ricordato dal collega Ferro, un lavoro paziente, incontri con le varie organizzazioni e associazioni per trovare un'intesa che ci ha confortati e rafforzati nella scelta nel dare la nostra approvazione. Con questa proposta di legge non vogliamo assumere atteggiamenti pregiudiziali e ideologici, anzi, vogliamo lanciare un messaggio alle altre forze che sono state al centro delle discussioni, alle grandi forme di gestione consortile, come i consorzi agrari, un messaggio che vuole dire che la Regione e le istituzioni operano per una politica agricola di rinnovamento, non hanno atteggiamenti di chiusura, ma vogliono il dialogo. Questo è un messaggio che mandiamo nel momento in cui coinvolgiamo anche grandi forme di organizzazione della vita consortile e agricola come quella dei consorzi agrari. Questo lo hanno espresso anche le varie associazioni che, a differenza del passato, hanno trovato terreni nuovi di intesa e di dialogo, sia pure mantenendo ferme le loro posizioni e le loro ispirazioni ideali. Sono i tempi della ricerca, degli incontri delle intese e come Gruppo socialista questo lavoro lo stiamo facendo dappertutto e cerchiamo di farlo anche sul versante dell'agricoltura perché si abbandonino le vecchie corazze della ideologia che contrapponeva le posizioni le une alle altre e si ricerchino terreni di intesa che possano dare buoni risultati. Questo è necessario soprattutto nel mondo dell'agricoltura perché ormai stiamo prendendo coscienza della caduta delle barriere doganali del 1992 anche per l'agricoltura; questo è un dato di grande rilevanza.
Come i grandi gruppi economici a gestione e a direzione capitalistica o monopolistica che si stanno muovendo sul terreno agroalimentare, così il mondo dell'agricoltura abbia la forza di muoversi appunto secondo quelle ispirazioni consortili, quelle forme cooperative, che caratterizzano anche i grandi filoni della ispirazione politica, che sovente sono venute a trovarsi o in posizione subalterna o nella incapacità di agire o di far valere il loro peso.
La visione pluralistica ispirata dal vigore dell'iniziativa italiana potrà trovare dei punti di intesa per realizzare anche ad un livello più alto, come quello europeo, un mercato che si pone libero nei confronti delle barriere doganali ed esercitare quella funzione competitiva che soprattutto nel versante agroalimentare si pone al mondo agricolo, al mondo produttivo e al mondo della trasformazione. Mi auguro che non siano soltanto le grandi imprese private, monopolistiche, capitalistiche a tenere banco nella grande competizione europea; mi auguro che questo regolamento che approviamo oggi possa diventare un contributo seppure modesto alle forme consortili e cooperativistiche del Piemonte per sostenere un grosso sforzo economico, che è immediato, ma che si colloca in una prospettiva di rinnovamento per portare in Europa le capacità imprenditoriali competitive, produttive dell'agricoltura piemontese.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Questa proposta di legge la ritengo importante. Già nel momento in cui si è discussa la legge, io e il collega Ala avevamo presentato una serie di emendamenti correttivi alle impostazioni iniziali, quindi oggi trovandoci di fronte alle istruzioni applicative di quella legge, non possiamo non fare alcune considerazioni di carattere generale.
Evidentemente questa legge si inserisce in un quadro estremamente importante che riguarda un settore qualificato della politica agraria del nostro Paese e della nostra regione e viene in un momento di condizionamenti per una errata e distruttiva politica agricola comunitaria che non tiene conto della realtà produttiva dell'Europa e dei Paesi che ne fanno parte; politica di rapina e di distruzione nei confronti dei paesi del Terzo Mondo con tutte le conseguenze che questo comporta, basti pensare alle operazioni stoccaggio; siamo di fronte ad una politica perlomeno aberrante nella quale la corresponsabilità del nostro Paese è del tutto evidente ed assume aspetti preoccupanti. E' in corso a livello europeo la discussione sulla modificazione che la politica deve avere per dare una risposta ai problemi dei produttori e dei consumatori; chiaramente queste istruzioni applicative non possono non tenere conto di questo dibattito e di questi problemi.
La presentazione queste istruzioni con una deliberazione cruda e asettica, non tiene conto delle modificazioni intervenute e dell'aggravamento della situazione nel settore della cooperazione. Avevamo chiesto al momento della votazione della legge un quadro di riferimento quindi chiederei formalmente all'Assessore di rispondere su alcune questioni che già allora avevamo posto.
Qui si fa riferimento al piano agricolo nazionale ed ai suoi aggiornamenti. Si può anche considerare l'esistenza del piano agricolo nazionale, consideriamolo tale, anche se sarebbe interessante discutere più nel merito del valore e della valenza operativa che esso ha e si parla anche del Piano di sviluppo regionale. Ora, una legge che si colloca dentro qualche cosa di inesistente a livello regionale rafforza l'esigenza di una deliberazione illustrativa di queste istruzioni che contenga di per se stessa alcune linee dell'eventuale Piano di sviluppo regionale che è, come si dice, in itinere, ma in verità è un piano kafkiano che da due anni e mezzo o tre ci sentiamo ripetere ma che non trova una sua evidenziazione.
Manca un quadro generale di riferimento, un piano di programmazione regionale complessivo nell'ambito del quale l'agricoltura possa trovare un proprio ruolo. E' evidente che questo non può che farci ribadire la nostra grande perplessità. Questo è un intervento spezzettato, non inserito in un quadro di riferimento programmatorio proprio per la mancanza del Piano di sviluppo regionale; non si capisce come possa essere in armonia con qualche cosa di inesistente.
Secondo aspetto. Quando si approvò la legge, noi chiedemmo all'Assessore di presentarci il quadro finanziario per poter capire quali erano gli interventi di sviluppo, di miglioramento, di razionalizzazione.
Questo quadro però non è mai stato presentato.
Quali sono le passività? Quali sono le priorità di intervento di questa legge? Quali sono le risorse finanziarie? Vorrei avere delle cifre.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

E' scritto nella legge.



REBURDO Giuseppe

Vorrei avere le cifre che riguardano il quadro preciso delle situazioni pregresse.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Leggi i documenti!



REBURDO Giuseppe

Assessore Lombardi, i documenti li leggo, ma se vogliamo risanare le situazioni pregresse, dovremmo avere un quadro chiaro. Vorrei capire se questa legge è finalizzata tutta al risanamento della situazione preesistente.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Ci sono gli articoli di bilancio che destinano le cifre al consolidamento e allo sviluppo.



REBURDO Giuseppe

Ho capito, Lombardi, è inutile discutere in questo modo. Insomma, i soldi che sono a disposizione andranno tutti per pagare le passività pregresse o rimarrà qualcosa per il futuro? Questo è il punto al quale deve rispondere l'Assessore. Il problema riguarda la mancanza di un quadro di programmazione dentro la quale si colloca positivamente questo documento.
Questo è il punto importante e determinante.
Nel dibattito sulla legge avevamo già detto che dovrebbero esserci delle stime. Questa è una legge che obbliga le cooperative e i loro consorzi a far parte delle centrali cooperative nel senso che gli enti interessati devono presentare, con l'assistenza degli enti, che sono emanazione delle sezioni regionali delle organizzazioni delle cooperative agricole nazionalmente riconosciute; sappiamo tutti però che questa assistenza molte volte non viene neanche data, perché ci sono difficoltà oggettive da parte delle centrali cooperative a darla. Se però questa è obbligatoria è del tutto evidente che è una costrizione e non è più una promozione di adesione. Le centrali cooperative non possono accettare questa regola. E' un problema promozionale, questo è il punto vero.
L'obbligatorietà, dal punto di vista generale, è inaccettabile. Se si fa riferimento alle centrali cooperative, vorrei capire se le stesse sono in grado di dire (e questo potrebbe essere detto) quali sono le situazioni reali di sofferenza nel campo della cooperazione agricola; se sono le organizzatrici e le promotrici di questa cooperazione agricola, devono essere in grado di presentare un quadro reale della sofferenza che esiste all'interno della cooperazione agricola. Questo purtroppo non c'è. L'aver favorito le centrali cooperative significa anche ottenere da loro, per esempio, la possibilità di presentare un quadro di questo genere. Questo quadro però non esiste. Manca il Piano regionale di sviluppo; se l'Assessore fa una legge che opera nell'ambito del Piano regionale di sviluppo è del tutto evidente che i problemi che ricordavo delle priorità degli interventi, debbono essere fatti in base ad un piano di programmazione, che però manca, quindi si è obbligati ad operare in un quadro di grande incertezza programmatoria. E' una carenza oggettiva che non permette ai singoli Assessorati di operare con un minimo di programmazione e di prospettiva. Non è neanche possibile una scala di priorità dei beneficiari. Se mettiamo in competitività coloro che vivono di cooperazione spontanea, sia pure organizzata e strutturata, con i consorzi agrari o con le società miste, è evidente che prevarranno le società miste i consorzi agrari e che la cooperazione spontanea o aiutata dai settori professionali ha delle difficoltà.
Questo provvedimento è del tutto inadeguato a rispondere ai problemi reali. Probabilmente la risposta non può venire solo dall'Assessore Lombardi, ma dalla Giunta nel suo complesso. E' meglio non scrivere che si opera nell'ambito degli indirizzi o del Piano di sviluppo regionale. Questo non è possibile essendo inesistente il Piano.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi per la replica.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Sono intervenuto brevemente nell'illustrazione della deliberazione perché molte cose dette nella discussione erano già state dette al momento dell'approvazione della legge.
Ritengo che sarebbe buona norma - e lo dico con molta umiltà e rispetto non ripetere in questa sede concetti che sono già agli atti del Consiglio regionale.
Mi sembra invece molto importante verificare il contenuto della deliberazione e quando dicevo con un certo calore al collega Reburdo che probabilmente non l'aveva letta con sufficiente ponderazione e approfondimento, lo dicevo perché alcune sue annotazioni chiaramente indicano che non ha approfondito a sufficienza il contenuto della stessa.
Se guardiamo le risorse stanziate nella legge, vediamo che le risorse vanno soprattutto nell'indirizzo della capitalizzazione. L'ho detto chiaramente all'inizio. Dimenticare questo fatto significa o non averlo letto o voler dimenticare l'aspetto fondamentale della legge, che va in aiuto alle aziende cooperative che fanno i progetti, non all'azienda cooperativa singola (anche se c'è possibilità anche per la cooperativa singola di aumentare la propria capitalizzazione). I progetti hanno la priorità per capitalizzare. A me sembra che sia sufficiente questo aspetto per dare le garanzie che le risorse che stanzieremo coinvolgeranno la base di qualsiasi iniziativa cooperativa.
Per quanto concerne il problema delle passività onerose e del quadro delle sofferenze, mi permetta, collega Reburdo, non è possibile all'Assessore all'agricoltura conoscere le passività di tutte le cooperative di questa Regione; è possibile conoscere le passività delle cooperative che chiedono gli interventi regionali, perché devono presentare il bilancio, e, soprattutto in questo caso, riferite ai soggetti che possono presentare un progetto.
Rassicuro pertanto il collega Reburdo dicendogli che le passività onerose sono molto scarse per quel che riguarda le cooperative di commercializzazione e di trasformazione, mentre sono molto elevate per le cooperative di produzione; ma in questa legge, se leggiamo bene le istruzioni, si evidenzia che l'intervento è rivolto al settore della commercializzazione, trasformazione e valorizzazione dei prodotti. Quindi il problema delle passività onerose non si pone; si pone in limiti normali e quindi non ci sono preoccupazioni per mancanza di risorse per affrontare questo aspetto. Il problema delle risorse si pone per la capitalizzazione e per lo sviluppo, quindi due termini che sono validi per dare prospettive alla cooperazione piemontese.
I risultati dipenderanno dall'azione della Regione. Concordo col collega Reburdo quando dice che le centrali cooperative spesso sono in difficoltà nel dare l'assistenza agli associati, ma non corrisponde a verità che la cooperativa si debba associare; deve passare attraverso l'assistenza tecnica. Noi dovevamo individuare un soggetto e ritengo che le associazioni, le realtà di rappresentanza cooperativa siano i soggetti che hanno questa capacità e questa possibilità di dare l'assistenza. La legge prevede anche un intervento specifico, che dovrà essere documentato e dimostrato e sarà controllato, alle centrali cooperative per l'assistenza che danno; quindi il problema dell'assistenza normale, tradizionale alle cooperative da parte delle centrali in questo caso non tocca la legge. La legge invece prevede che ci sia un intervento finanziario a favore delle centrali cooperative, che daranno l'assistenza per eseguire e presentare i progetti. Teniamo conto che è la prima volta che in una legge regionale si affida a un soggetto esterno, composto di tecnici specializzati nelle materie in oggetto, la valutazione dei progetti; per cui la Giunta regionale, il Consiglio regionale avranno come supporto un comitato tecnico, economico, scientifico, che permetterà di fare tutte quelle analisi sia sulle capacità attuali, sia sulle prospettive dei soggetti che presentano il progetto.
Mi sembra quindi, al di là della questione sollevata dal collega Ferro sul problema dei consorzi agrari, che sono state richiamate ad adeguarsi alla norma le altre cooperative, perché anche loro per i progetti di settori devono prevedere il conferimento, anche se c'è un'attenzione particolare ed alcune specificità che vanno tenute in conto perché derivano dalla legge istitutiva dei consorzi agrari che la Regione Piemonte non pu modificare; saremmo stolti se non considerassimo che esiste una legge nazionale che dice determinate cose; lo dobbiamo fare per correttezza e per coerenza, ma lo dobbiamo fare anche perché siamo obbligati. Quindi, quel compromesso di cui parla il collega Ferro, mi sembra un compromesso che offre la possibilità alle centrali cooperative, alle cooperative che si uniscono, che si fondono, che si incorporano, di avere uno strumento che possa permettere realmente di avere un approfondimento sulle prospettive dei progetti presentati, quindi possa offrire quelle possibilità di cui parlava il collega Rossa quando diceva che non possiamo lasciare la trasformazione agroalimentare nelle mani dei soli gruppi privati. E' necessario che il mondo agricolo associandosi, mettendosi in cooperativa abbia anche la possibilità di essere sul mercato in confronto e magari anche in collaborazione con gli altri perché la legge sugli accordi interprofessionali lo prevede. Ci auguriamo che anche in Piemonte ci sia questa crescita nella fase della trasformazione agricola del momento cooperativo e associazionista.



PRESIDENTE

Passiamo pertanto alla votazione della deliberazione testé discussa, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 22 voti favorevoli, 11 contrari e 1 astensione.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 766: "USSL n. 39 di Chivasso Deliberazione dell'Assemblea dell'Associazione dei Comuni n. 19 del 28/9/1987 - Ampliamento pianta organica provvisoria ai sensi L.R. 12/82 finalizzato all'attuazione delle Leggi n. 405/75 e n. 194/78"


PRESIDENTE

Prima di sospendere i lavori per la consueta pausa, passiamo ad esaminare taluni provvedimenti licenziati all'unanimità dalle Commissioni competenti.
Esaminiamo il punto 13) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 766.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 27 Consiglieri presenti.
La votazione è valida in quanto i Consiglieri in congedo - ai sensi dell'art. 50, quarto comma, del Regolamento consiliare - non vengono computati ai fini del numero legale.


Argomento: Parchi e riserve

Esame progetto di legge n. 344: "Norme per l'utilizzo e la fruizione della Riserva naturale speciale parco Burcina - Felice Piacenza"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 344, di cui al punto 11) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Tapparo che dà per letta la seguente relazione: "Il presente disegno di legge prevede norme per l'utilizzo e la fruizione della Riserva Naturale Speciale del Parco Burcina - Felice Piacenza, istituita con legge regionale 24 aprile 1980, n. 29, e modificata ed integrata con legge regionale 28 marzo 1985, n. 27.
La necessità di provvedere a questa ulteriore previsione normativa è dettata da due diverse esigenze: la prima determinata dall'opportunità di meglio precisare le norme comportamentali da tenersi all'interno dell'area protetta rispetto a quelle generali contenute nella legge istitutiva della Riserva Naturale; la seconda dal fatto che, pur configurandosi come un regolamento di comportamento, il presente disegno di legge prevede apposite sanzioni a fronte delle violazioni alle corrette forme di utilizzo e di fruizione e pertanto, così come previsto dalla legge 24 novembre 1981, n.
689 "Modifiche al sistema penale", si rende necessario lo strumento legislativo anziché quello del semplice atto amministrativo.
Come per precedenti analoghe leggi il disegno di legge si articola attraverso previsioni normative che regolano l'accesso e la circolazione dei mezzi motorizzati, l'abbandono dei piccoli rifiuti, l'accensione di fuochi, l'abbruciamento, la raccolta dei funghi e dei prodotti del sottobosco, la tutela della flora, la raccolta della fauna minore, l'uso di fitofarmaci, l'introduzione di animali, i danneggiamenti, il disturbo della quiete, l'esercizio della pesca, il campeggio, il commercio ambulante, il pascolo degli animali, l'attraversamento con mandrie di bestiame, divenendo un vero e proprio codice di comportamento corretto nei confronti di un ambiente quale quello della Riserva Naturale Speciale del Parco Burcina che è caratterizzato, in modo quasi esclusivo dall'interesse botanico dell'area.
Il presente disegno di legge è stato predisposto tenendo conto delle indicazioni fornite dal Comune di Biella, in particolare durante la consultazione effettuata dalla VII Commissione, Comune che, a norma della legge istitutiva della Riserva Naturale, ha il compito di fungere da Ente di gestione.
Si precisa inoltre che il presente progetto di legge è stato approvato all'unanimità dalla VII Commissione che ne raccomanda un'analoga approvazione in Aula".
Si proceda alla votazione del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 11 è approvato.
ART. 12 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 12 è approvato.
ART. 13 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 13 è approvato.
ART. 14 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 14 è approvato.
ART. 15 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 15 è approvato.
ART. 16 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 16 è approvato.
ART. 17 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 17 è approvato.
ART. 18 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 18 è approvato.
ART. 19 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 19 è approvato.
ART. 20 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 20 è approvato.
Si passi infine alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 34 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
Sospendo a questo punto la prima parte dei lavori del Consiglio.



(La seduta, sospesa alle ore 12,45 riprende alle ore 15,30)



GUASSO Nazzareno


Argomento: Zootecnia

Esame progetto di legge n. 307: "Istituzione del certificato di garanzia di produzione delle carni bovine"


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Passiamo ad esaminare il punto 10) all'o.d.g. che reca: "Esame progetto di legge n. 307".
La parola al Consigliere Paris, relatore di maggioranza.



PARIS Mario, relatore

Il disegno di legge n. 307 presentato dalla Giunta regionale il 6/10/87, ampiamente e responsabilmente discusso ed approvato all'unanimità dalla V Commissione consiliare il 29 marzo con alcuni emendamenti migliorativi, suggeriti dalle organizzazioni dei produttori agricoli nel corso delle consultazioni, istituisce il certificato di garanzia di produzione delle carni bovine.
Con l'istituzione di tale certificato di garanzia per ogni singolo capo bovino, che prevede le modalità di allevamento e di produzione s'intende (così recita l'art. 1) "tutelare la qualificazione sanitaria della carne bovina a favore della salute dei cittadini e dell'espansione dei consumi assicurando nel contempo la qualità della produzione," "Il certificato di garanzia può essere rilasciato dai consorzi di valorizzazione o dalle associazioni dei produttori del settore zootecnico-carni, nonch direttamente da parte dei singoli produttori, che si impegnano a rispettare le condizioni di produzione di cui al regolamento di attuazione della presente legge, da emanarsi entro 60 giorni dalla entrata in vigore della stessa. La dichiarazione dei consorzi, delle associazioni produttori e dei singoli produttori, ad avallo della sua veridicità, deve essere sottoscritta dal veterinario di azienda".
Gli animali in possesso del certificato di garanzia, così com'è previsto dall'art. 2, dovranno essere macellati in stabilimenti per i quali il Servizio Veterinario regionale attesti il possesso degli adatti requisiti strutturali e di valide condizioni igieniche di lavorazione.
Il veterinario ispettore, dopo visita sanitaria favorevole, apporrà sul certificato di garanzia apposito timbro di riconoscimento del macello. Alle certificazioni sprovviste di timbro non viene riconosciuto alcun valore.
In sostanza vi saranno tre garanzie: la certificazione delle associazioni produttori o del singolo produttore, la firma ad avallo del veterinario che segue l'allevamento o gli allevamenti ed il timbro del veterinario ispettore.
Nell'art. 3 vengono fissate le condizioni di vendita delle carni garantite, per evitare il cosiddetto gioco delle tre carte che potrebbe consentire ad esercenti privi di scrupolo, di far passare da un bancone all'altro carni non munite del certificato di garanzia, spacciandole per carni garantite; l'art. 3 prescrive che "Gli esercizi di vendita delle carni aderenti all'iniziativa devono vendere, per quanto si riferisce alla specie bovina, esclusivamente carni garantite ed esporre in modo ben visibile il certificato di garanzia".
Per incrementare il consumo di carni bovine garantite, cioè provenienti da allevamenti nei quali non viene fatto uso di sostanze nocive alla salute umana, nell'interesse dei consumatori e degli allevatori, la Regione pu promuovere, come viene precisato nell'art. 4, "campagne apposite per la valorizzazione di carni bovine certificate". Per tali campagne promozionali la Regione potrà anche avvalersi dei consorzi di valorizzazione, delle associazioni dei produttori e dei consumatori e delle associazioni dei dettaglianti o di altri enti e organismi idonei.
La Regione infine, secondo quanto previsto dall'art. 5, eserciterà le opportune ed indispensabili azioni di controllo e vigilanza, tramite gli operatori del Servizio Sanitario Nazionale ed altri organismi pubblici appositamente individuati, sia nella fase di produzione sia in quella di commercializzazione.
A carico dei trasgressori, cioè dei singoli allevatori o dettaglianti che non rispetteranno le regole, non verranno soltanto comminate le sanzioni previste dalle normative vigenti; essi perderanno, per un periodo variabile da sei mesi a due anni, la possibilità di certificare la produzione, e di commercializzare la stessa nell'ambito dell'iniziativa, e perderanno inoltre eventuali provvidenze derivanti da leggi agricole regionali.
Approvando all'unanimità il disegno di legge che istituisce questo certificato di garanzia e raccomandandone l'approvazione da parte del Consiglio, i componenti la V Commissione ritengono di porre le premesse necessarie per ricreare la fiducia del consumatore nei confronti della derrata carne. Un prodotto il cui consumo è ultimamente diminuito in modo sensibile, non solo a seguito di una campagna giornalistica che all'insegna di generalizzazione scandalistica ha portato ad una assurda criminalizzazione di tutte le innovazioni tecnologiche del settore zootecnico, ma obiettivamente, anche, perché, la diffusione dell'allevamento industriale, che spesso fa largo ricorso alla chimica di sintesi, e spinge gli animali al limite delle possibilità fisiologiche, pu avere determinato oggettivi ed, in taluni casi dimostrato, rischi alla salute del consumatore.
Noi vogliamo che questi rischi vengano eliminati o ridotti, dando al consumatore almeno la possibilità di scelta fra carni non estrogenate munite di certificazione di garanzia e altre carni.
E' ovvio che spetta all'organizzazione sanitaria far sì che la preoccupazione degli incrementi produttivi non prevarichi il concetto di innocuità del prodotto, ma è altrettanto ovvio che senza la partecipazione convinta, dei produttori è impensabile che un sistema di controlli pur sostenuto da una legislazione rigorosa ed avanzata, possa assolvere in modo completo ed efficace alle funzioni di tutela della salute pubblica scoraggiando coloro che all'insegna del profitto ad ogni costo, violano le norme.
Ecco perché crediamo nell'autocontrollo sistematico dei produttori e delle loro associazioni. Lo strumento della certificazione di garanzia rilasciata dai Consorzi di valorizzazione, dalle associazioni dei produttori di singoli allevatori, avallata dal veterinario, al quale è affidata la gestione sanitaria dell'allevamento o degli allevamenti, ci sembra il più adatto ed il più valido per raggiungere accanto ad obiettivi di grande rilievo sociale e sanitario di tutela del cittadino, anche importanti traguardi a livello economico e commerciale, perché il rilancio dell'immagine della carne bovina e specificatamente della carne bovina prodotta in Piemonte, porterà sicuramente ad un aumento dei consumi interni.
Le associazioni dei produttori, accollandosi il compito di rilasciare la certificazione di garanzia per i propri aderenti, sia pure con l'avallo dei veterinari, si assumono indubbiamente una grande responsabilità, perch sanno che il comportamento disonesto di uno solo dei propri aderenti potrà offuscare l'immagine di tutta l'associazione; ma se hanno accettato di correre questo rischio (e questo concetto è emerso chiaramente nel corso delle consultazioni) è perché le associazioni produttori intendono, in Piemonte, operare seriamente e sono fermamente decise a radiare senza pietà dai propri ranghi coloro che vorranno fare i furbi e non rispettare le regole del gioco.
Questa assunzione di responsabilità deve essere per noi ulteriore motivo di garanzia, perché oltre a ricevere le severe sanzioni previste dal disegno di legge regionale, i produttori che trasgrediranno le regole liberamente scelte saranno isolati nell'abito della loro stessa categoria.
Nel mondo agricolo non è cosa di poco conto.
Infine nel regolamento di attuazione della legge, dovranno, tra l'altro, essere recepite ulteriori indicazioni relative alla stipula di convenzioni fra i consorzi di valorizzazione o associazioni di produttori e medici veterinari operanti sul territorio regionale anche in riferimento ad eventuali accordi con gli ordini professionali. Nello stesso regolamento auspichiamo che venga prevista la stipula di accordi interprofessionali tra le associazioni dei produttori e le associazioni dei dettaglianti che impegnino a loro volta i propri aderenti a vendere esclusivamente carni garantite nei punti di vendita concordemente individuati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto per la relazione di minoranza.



ACOTTO Ezio, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione svolta dal collega Paris ha messo in evidenza i punti principali del disegno di legge che istituisce il certificato di garanzia di produzione delle carni bovine.
Con le proposte che abbiamo avanzato in Commissione abbiamo contribuito a rendere più efficaci alcune previsioni che nel testo originario erano implicitamente rinviate al regolamento.
Cionondimeno la legge conserva la sua essenzialità e il regolamento, a cui la legge rimanda, resta uno strumento fondamentale in mancanza del quale l'iniziativa di cui discutiamo rimarrebbe evidentemente monca.
Ciò vale, per fare un solo esempio, per quanto concerne i controlli pubblici alla produzione, cioè presso l'azienda zootecnica, previsti nella legge, ma da precisare in termini operativi e di procedure appunto nel regolamento.
La legge che ora esaminiamo è la prima del genere in Italia. Non ne abbia la Giunta se introduco questo argomento. Essa è dovuta alla competenza nazionalmente riconosciuta quanto regionalmente negletta dal governo subalpino del dott. Mario Valpreda.
Nella precedente legislatura regionale il collega Primo Ferro ed io cercammo di misurarci sostenendo l'ispirazione originaria e pionieristica del COALVI con questo campo di intervento, seguendo una linea che nel settore agricolo e nella fattispecie zootecnico ha trovato ulteriori elementi di conferma, attorno a cui sta crescendo una più estesa consapevolezza, linea che tende a privilegiare nettamente elementi di qualità rispetto alla crescita puramente quantitativa della produzione.
Riferendoci alla carne bovina, la diminuzione dei consumi, il cui livello eravamo abituati a considerare come indice di benessere (le ben note proteine nobili) è anche legata ad una reazione di autodifesa dei consumatori, giustamente allarmati dalle conseguenze per la loro salute di un uso sfrenato e parossistico e in taluni casi criminoso delle moderne tecnologie di allevamento.
D'altronde la dialettica tra la ricerca incondizionata della produttività e le esigenze del diritto collettivo alla salute costituisce uno dei motivi dominanti di discussione e di scontro in tutti i campi della società industriale.
E' chiaro che, in particolare nel comparto zootecnico, è l'organizzazione sanitaria che deve far sì che gli obiettivi della produzione non pregiudichino la innocuità del prodotto, ma è altrettanto evidente che la scelta per quanto riguarda il comparto zootecnico non pu essere quella di un carabiniere o vigile sanitario che piantoni ogni stalla.
L'inefficacia di un'azione unicamente repressiva è ampiamente suffragata dai dati della situazione attuale che registra, accanto ai dubbi e alle perplessità del consumatore, anche il fenomeno altrettanto grave di una sempre più rassegnata accettazione delle tecnologie sospette da parte di un numero, ancora limitato ma progressivamente in aumento, di allevatori seri costretti dagli imperativi di mercato, resi più categorici dalla crisi del settore zootecnico, ad accettare sistemi subiti ma non condivisi.
Il pericolo che questo inquinamento di immagine e di sostanza del prodotto carne bovina comporta è avvertito dalle componenti più sensibili ed avanzate delle organizzazioni degli allevatori che individuano nella qualità delle produzioni lo strumento per una ripresa della zootecnia.
Ebbene, lo strumento della certificazione di garanzia, avallata dal veterinario a cui è affidata la gestione sanitaria dell'allevamento, appare in grado di conseguire accanto ad obiettivi di rilievo sociale e sanitario di tutela del cittadino anche importanti traguardi a livello economico commerciale, in quanto il rilancio dell'immagine e della sostanza della carne bovina porterà sicuramente ad un aumento dei consumi interni.
Introducendo il sistema dell'autocertificazione, i controlli sanitari pubblici specifici potranno diventare più approfonditi ed incisivi ed avranno la prevalente funzione di misurare l'entità del rischio per i consumatori e di documentarlo per consentire all'autorità giudiziaria l'erogazione di sanzioni il cui potere deterrente sarà accresciuto dalla perdita del diritto alla certificazione con la conseguente esclusione dal circuito commerciale.
Anche il timbro apposto nei macelli dal veterinario ispettore pubblico appare un momento importante di controllo per l'identificazione del capo macellato e al tempo stesso un attestato di idoneità delle strutture di macellazione.
Il momento della commercializzazione nelle sole macellerie aderenti all'iniziativa costituirà l'anello finale dell'iter del prodotto.
Ovviamente la realizzazione degli obiettivi di garanzia e di salubrità dell'alimento carne che la legge si propone è conseguibile unicamente attraverso il coinvolgimento convinto e la partecipazione seria e responsabile di tutte le componenti interessate, in primo luogo degli allevatori e delle loro organizzazioni tecniche e professionali, quindi dei medici veterinari che operano negli allevamenti e nei macelli, di tutti gli operatori economici del settore con particolare riferimento ai commercianti di bestiame e macellai, e non certo ultime, delle organizzazione dei consumatori, la cui azione presso i cittadini di raccomandazione e di orientamento della domanda appare determinante entro un quadro che la presente legge prevede sia definito dalla Regione in termini di promozionalità.
In conclusione, si ritiene che la possibilità offerta dall'adesione volontaria ad un programma di autoregolamentazione per garantire la qualità delle carni bovine, che non significa - si riafferma - chiusura alle tecnologie innovative del settore agroindustriale, ma attenta e rigorosa scelta che diventi applicazione solo quando i tecnici della salute umana garantiscano l'assoluta assenza di ogni rischio, si possa configurare come una seria anche se limitata opportunità offerta alle categorie interessate per risolvere alcuni dei gravi problemi che travagliano uno dei comparti agricoli fondamentali.
Allo stesso modo l'iniziativa potrà ottenere, se ben condotta l'apprezzamento dei consumatori a cui viene offerta una concreta possibilità di scelta ragionata del prodotto.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

Sulle due relazioni è aperta la discussione generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Fracchia. Ne ha facoltà.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho seguito molto attentamente le due relazioni su questa legge, molto conosciuta, molto decantata in Italia e data già come approvata in parecchie assemblee e riunioni citate dai giornali.
Sono d'accordo su quanto è previsto nei cinque articoli, molto schematici e molto semplici. La legge però non potrà funzionare se non riapproverà un Regolamento applicativo.
Ho alcuni dubbi sulla fattibilità reale, sul funzionamento e sui risultati della legge. Alcuni esperimenti fatti nel cuneese dal precedente Consorzio di allevatori COALVI invece di dare un vantaggio hanno dato un danno ai produttori che garantivano che la carne era prodotta da animali alimentati con determinati alimenti non punturati, non mangimi, ma con il vecchio sistema di allevamento di trent'anni fa. Non voglio polemizzare su questo punto. Aspetto il Regolamento per capire come si intende procedere per normare la legge.
Vorrei mettere in chiaro due punti. Mi pare che nella relazione del Consigliere Acotto ci sia stato un accenno. Non basta garantire il tipo di alimento, bisogna anche dire come vengono allevati gli animali. Un animale allevato "in batteria" anche se alimentato con gli alimenti di una volta non è detto che dia gli stessi risultati dell'animale allevato allo stato brado. L'art. 3 mi lascia perplesso. Esso recita: "Gli esercizi di vendita delle carni aderenti all'iniziativa devono vendere, per quanto si riferisce alla specie bovina, esclusivamente carni garantite". Su questo punto dobbiamo fare una riflessione. L'idea è buona, è valida ma chi sarà il pioniere? Sarà difficile avere dei risultati. Il collega Ferro vede bene questa iniziativa. Chi farà però il kamikaze in partenza rinunciando a vendere altra carne e a mettere sul banco solo carne marchiata e garantita dal marchio piemontese? Questo è un punto molto importante da esaminare perché c'è il rischio che questa iniziativa non parta nemmeno, perché solo le cooperative che allevano e dispongono di macelli possono operare vedo che l'Assessore Lombardi è d'accordo su questo - ma non ci sono dappertutto cooperative di produttori e macellai. Questo punto lo vedo delicatissimo e di difficile attuazione già alla partenza se non ci sono strumenti tali da incentivare la categoria dei macellai a riunirsi in consorzio, per cui un macellaio incominci a "sacrificarsi" aprendo una macelleria per ogni città che abbia il supporto di altri; perché può darsi che prima che partano gli ingranaggi pubblicitari e che la gente abbia apprezzato che quella carne anche se più costosa, avrà maggiori vantaggi, ci vorrà parecchio tempo. Il commerciante non può rimetterci centinaia di biglietti da mille.
Quando la Giunta emanerà il Regolamento (e su questo sarà anche interessato l'Assessore al commercio) bisognerà trovare un modo, a parte quello della cooperazione che è il più semplice per incentivare l'apertura o meglio la riconversione del negozio da vendita tradizionale a vendita di carne qualificata con il certificato di origine controllata. Ricordiamoci che non bastano tutte le altre garanzie, sulle quali però abbiamo dei dubbi, l'autocertificazione, il controllo del veterinario di cascina e quello del veterinario provinciale, perché non dimentichiamo che gli organici di queste categorie sono molto bassi. Leggevo le denunce del Sindacato dei medici veterinari che lamentano la scarsità di organico, che lamentano un eccessivo uso di estrogeni introdotti sotto varie forme come cura di malattie, come prevenzione. Non dimentichiamo che i controlli non sono molti e che non possiamo mettere i carabinieri davanti alle stalle. Le operazione da fare sono due: la sensibilizzazione dei produttori sulla qualità. Sono d'accordo sull'autocertificato dell'allevatore senza l'avallo del veterinario, ovvero un allevatore serio in un documento ufficiale dichiara sotto la propria responsabilità che quell'animale è stato allevato con i criteri stabiliti dalla legge la commercializzazione.
Se non si trova un anello per farla partire, questa legge sarà una bella legge di immagine, ma sarà priva di risultati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri e in particolare Assessore Lombardi, non intendo intervenire nel dibattito generale nel senso proprio del termine. D'altra parte, desidero porre una questione già posta in Commissione, che per larga parte ha ripreso il collega che mi ha preceduto ma che pongo qui, perché se la ponessi in sede di esame dell'articolato, mi metterebbe nelle condizioni di presentare un emendamento. Siccome però è intenzione del mio Gruppo che questa legge vada avanti e produca il massimo dei risultati possibili, non intendiamo, anche dal punto di vista dell'immagine di come si dibatte questa legge, inserire un emendamento all'art. 3, qualunque ne sia la sorte.
L'art. 3 presenta dei problemi, uno di carattere giuridico e uno di praticabilità della legge, su un versante diverso rispetto a quello che ampiamente ha già illustrato il Consigliere Fracchia.
Dal punto di vista della legittimità, possiamo vietare forse a qualcuno di tenere nel proprio esercizio queste merci, qualora ne tenga altre, ma non possiamo vietare a qualcuno di tenere merci che può tenere nella misura in cui è titolare di una tabella.
Il titolare della tabella ha diritto di tenere della merce; non c'è lo strumento sanzionatorio; come potremmo dirgli: "Tu non puoi tenere quella carne". Mi sembra impossibile. All'articolo 3 c'è scritto: "Gli esercizi di vendita delle carni aderenti alle iniziative debbono vendere, per quanto si riferisce, esclusivamente carne garantita, ecc.", che vuol dire vietare la vendita di altre cose. Ma siccome il titolare del punto di vendita vende in forza di una licenza, ne deriva che questa legge non può mettere nel nulla le licenze, soprattutto perché questa messa nel nulla sarebbe conseguenza di un accertamento, quindi di un provvedimento amministrativo.
Come faremmo rispettare questo divieto? Siccome temo che invece finisca per essere una pura petizione di principio, chiedo all'Assessore di fare qualche riflessione per introdurre dei meccanismi, che mi rendo conto sono difficili da trovare, ma che garantiscano che questo non sia solo un articolo per memoria o di immagine, ma sia un articolo prescrittivo che possa essere sanzionato e si possa fare rispettare. In termini di ingegneria legislativa, posso forse immaginare, in forza di questa legge di vietare la vendita di questi beni in un esercizio che venda carne di altra caratteristica, non mi sembra possibile però vietare a qualcuno di vendere carne di diversa caratteristica perché vende carne di questa caratteristica, perché il diritto a vendere l'altra carne gli deriva dalla licenza, che è a monte di questo processo.
Questo da un punto di vista formale, ma, dal punto di vista sostanziale, questa norma rischia di appesantire il processo e di renderlo difficilmente praticabile e soprattutto ne impedisce l'avvio in alcune aree socio-economiche territoriali. Penso per esempio alla provincia. Non immagino che nei nostri centri di provincia ci sia qualche esercizio che sceglie la qualità di costo superiore mettendosi al margine della concorrenza. In un centro di 5 mila abitanti, e il Piemonte è composto soprattutto di piccoli centri, nessuno terrà questo tipo di carne se questo comporta il divieto di tenerne un altro. Non esiste un mercato esclusivo e qualificato solo per questo tipo di prodotto.
Queste considerazioni le lascio come riflessione all'Assessore. Il nostro Gruppo si riconosce nelle finalità e nei presupposti di questa legge e voterà incondizionatamente qualunque sia la conclusione. E' una riflessione che non possiamo fare noi nella misura in cui abbiamo difficoltà, non avendo conoscenza puntuale dei meccanismi e degli strumenti che regolano la materia, di quale possa essere il meccanismo giuridico operativo che possa garantire un risultato evitando gli inconvenienti che abbiamo sottolineato.
Qualora non ci sia altra soluzione che confermare l'articolo così come è stato impostato garantiamo all'Assessore il nostro voto convinto suggerendo che, in tempi opportuni, con una circolare adeguata, si trovi un modo operativo per evitare l'uno e l'altro gli inconvenienti che abbiamo sottolineato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Ci riconosciamo in questa proposta di legge anche perché, come diceva il collega Acotto, il contributo che il nostro Gruppo ha dato in Commissione per la definizione del testo (compreso l'art. 3) è stato un contributo importante rispetto al quale abbiamo trovato una convergenza con altri Gruppi politici.
Nel momento in cui si discute una proposta di legge di questa natura, è importante considerare chi è penalizzato. E' indubbio che sul piano della penalizzazione, quando si scopre che certi produttori trattano i propri vitelli con prodotti derivati da ormoni, le vittime di certe situazioni sono essenzialmente i produttori e i commercianti nel loro complesso tant'è che il consumo delle carni, nel momento in cui la Guardia di Finanza interviene in determinate circostanze, tende a diminuire con dei picchi addirittura del 30% in meno. Come si fa a conoscere la situazione dei casi in cui i commercianti dichiarano (non so sulla base di quali elementi) che le carni vendute nel proprio punto di vendita sono carni non estrogenate? Nel momento in cui qualcuno cerca di difendersi con queste cose di fronte al crollo del 30% delle vendite è chiaro che un Ente come la Regione non può rimanere passiva.
Questa proposta di legge ha uno spessore ed una valenza che non sono di poco conto perché è vero che la certificazione in questo caso viene data dall'allevatore ma, nel momento in cui i controlli derivano dalla Regione indirettamente la carne viene garantita da un Ente che fa parte dell'ordinamento dello Stato, cioè dalla Regione. Il certificato di garanzia ha questa valenza. Nel momento in cui ha questo tipo di valenza credo sia estremamente giusto da parte della Regione assumere tutte le cautele che su questo terreno debbono essere assunte e trovo estremamente giusto su questo piano l'art. 3.
Qui si dice che ci troveremo di fronte a punti di vendita che saranno specie di boutique e che sarà difficile nelle zone montane riuscire a vendere. Mi dicono i veterinari che, per esempio, un certo tipo di razza bovina non estrogenata ha un'incidenza della carcassa decisamente inferiore rispetto ai vitelli francesi, mi dicono che il materiale fibroso all'interno di un certo tipo di razza ha caratteristiche decisamente diverse rispetto ad altre razze non indigene, mi dicono che la resa per quanto riguarda certe produzioni, in particolare delle nostre zone, è tale da consentire a questo tipo di produzione di essere competitiva sul mercato. Il problema che si pone su questo terreno non è tanto la legge che, ripeto, noi condividiamo sino in fondo e la condividiamo così com'è perché se ci si trovasse di fronte ad emendamenti eventualmente accolti dalla Giunta, in particolare all'art. 3, saremmo costretti a rivedere il nostro atteggiamento, ma è relativo a problemi non indifferenti per quello che è avvenuto in quest'ultimo periodo.
Sono rimasto stupito delle cifre fornite dall'ex Ministro Pandolfi a Verona sul volume di importazione dei vitelli dalla Francia. Sono dati dell'Università Cattolica: si parla di 2.000 miliardi per importazione vitelli. La maggior parte di questi vitelli da ingrasso viene allevata nelle province piemontesi, quindi ci rendiamo conto di quali interessi ci sono in gioco, non solo rispetto a questa proposta di legge, ma per gli interessi che sono in causa.
Noi condividiamo le posizioni assunte dalla Comunità Economica Europea ultimamente per quanto riguarda l'uso degli estrogeni; credo che rispetto agli interessi che sono in causa, le posizioni assunte dalla Comunità Economica Europea, che debbono essere difese sino in fondo, sono profondamente minacciate da interessi particolari di un certo tipo. Non a caso, per esempio, le associazioni dei produttori a livello di CEE sono contro questo tipo di decisione. Sino a poco tempo fa la Gran Bretagna metteva non solo gli ormoni naturali, ma anche quelli chimici, i cosiddetti DES; abbiamo farmaceutica a livello europeo scatenata perché ritiene che in una situazione di questo genere bisogna a tutti i costi difendere l'uso degli anabolizzanti perché se non si difende l'uso degli anabolizzanti si finisce con l'usare un cocktail di prodotti decisamente nocivi; di fatto chi usa prodotti clandestini effettivamente usa dei prodotti dove dentro c'è un po' di tutto. Sappiamo che gli Stati Uniti d'America nelle trattative all'interno del GAT minacciano ritorsioni per le decisioni assunte dalla CEE Noi qui presentiamo una proposta di legge che, nel momento in cui va in una determinata direzione, certamente scatena altre questioni che non sono di poco conto. Se così è, credo sia giusto difendere questa proposta di legge, valorizzare quella che viene definita carne DOC, ma credo sia anche giusto intensificare i controlli sull'altra carne, facendo in modo che le produzioni del nostro Paese siano garantite sino in fondo. Su questo terreno, lo diceva già prima il compagno Acotto, già nella passata legislatura noi esprimemmo il nostro impegno attraverso una proposta di legge, su questo terreno l'impegno del nostro Gruppo sarà deciso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, esprimo il voto favorevole al progetto di legge n.
307, cosa peraltro che ho già fatto quando si è discusso di questa questione con alcuni amici.
A me sembra importante realizzare questo progetto di legge che stabilisce il certificato di garanzia e di produzione delle carni bovine.
C'è l'esigenza di dare ordine anche in questo campo, il consumo va cercando maggiori certezze, quindi anche dal punto di vista dell'acquisto delle carni. E' un'iniziativa che va incoraggiata e sostenuta e vedo positivamente che ha incontrato, seppure con qualche legittima osservazione, l'adesione di tutte le forze politiche del Consiglio. E' un'iniziativa che va incoraggiata perché consente di poter dare maggiori certezze. Il certificato di garanzia di produzione delle carni bovine è anche un collegamento più stretto con gli allevatori. E' un rapporto che unisce sempre di più l'allevatore, il produttore, al consumatore evitando i passaggi anomali attraverso i quali si determina l'introduzione di carni non garantite, di carni delle quali non si conosce la provenienza. La questione del cartellino di provenienza, del rapporto rigoroso con la produzione è analoga a quanto è avvenuto nel settore dei vini. Nulla impedirà che si possa vendere carne anche cartellinata, non garantita come.
Garante della garanzia sarà la Regione, sono gli strumenti pubblici a cui sta a cuore sia l'aspetto di una produzione sana, sia l'aspetto di un mercato garantito.
Per queste ragioni mi sembra che si possa esprimere un voto favorevole.
Ritengo che complessivamente possa far premio l'indirizzo di marcia lungo il quale si sta muovendo questo Paese, in questo caso, la Regione e mi auguro si muovano sul versante dell'agroalimentare tutte le forze produttive nel nostro Paese e fuori anche del nostro Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Mi sono avvicinato a questa legge solo oggi in aula e ne condivido i fini, quindi il voto sarà, se rimarrà tale il testo, favorevole.
Però devo dire che condivido i dubbi che sono stati messi in evidenza dal Consigliere Marchini. Effettivamente con l'art. 3, pur riferendosi a quegli esercizi di vendita delle carni che aderiranno all'iniziativa, nei confronti dei titolari di tali esercizi, si viene ad imporre l'obbligo di vendere esclusivamente le carni garantite. Penso che una norma del genere possa essere sospettata di non legittimità in quanto è una norma regionale che incide sulla norma statale che disciplina il rilascio della licenza e l'indicazione delle categorie merceologiche di quel determinato tipo di licenza. Quindi il porre l'obbligo a chi aderisce all'iniziativa di vendere solo questo tipo di carni credo sia una norma che non possa essere emanata in quanto chi aderisce all'iniziativa assume un obbligo esclusivamente deontologico di comportamento in questa maniera.
In altri termini l'obbligo sancito dalla legge regionale viene a violare un diritto che i titolari di questi esercizi di vendita di carne hanno in forza di una legge statale sul commercio che disciplina il rilascio delle licenze. In questo momento non sono in grado di proporre un emendamento, ma penso che questo obbligo debba rimanere nella sfera deontologica e che non possa essere sancito con la legge regionale. Questo ai fini di non incorrere nell'infortunio legislativo e di vedersi ritornare la legge bocciata dal Commissario di Governo.
Faccio anche un'altra osservazione, sempre ai fini della precisione del dettato legislativo. All'art. 5 si dice "che i trasgressori oltre alle sanzioni previste dalle normative vigenti...". Per la chiarezza della normativa sarebbe stato bene precisare quali sono le normative vigenti.
Seconda osservazione. Si dice che ".., i trasgressori perderanno per un periodo variabile da sei mesi a due anni la possibilità di certificare la produzione". Come normalmente è avvenuto per altre leggi regionali, che prevedono sanzioni amministrative e questa è sicuramente una sanzione amministrativa che si aggiunge a sanzioni previste dalle normative vigenti la perdita per un periodo minimo di sei mesi e massimo di due anni della possibilità di certificare la produzione è una sanzione amministrativa e va indicato il soggetto che irrogherà questa sanzione. Nelle altre leggi regionali è indicato il sindaco o il Presidente della Giunta regionale. Non credo che a questa lacuna si possa supplire con il regolamento, perché c'è la norma generale che prevede che tutta la materia delle sanzioni, sia come indicazione del soggetto che irrogherà la sanzione sia come contenuto della sanzione, deve essere contenuta in una legge non in un regolamento, quindi i miei dubbi vorrei che venissero interpretati dall'Assessore e dai colleghi, che come me condividono lo spirito della legge, come dubbi diretti ad evitare un infortunio legislativo. Questo è anche lo spirito con il quale si è espresso il collega Marchini.
In ogni caso questo testo avrà il mio voto favorevole.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Credo che, al di là di alcuni giudizi espressi, che non sono critici ma che esprimono dubbi, sui problemi di ordine procedurale e giuridico questa legge sia un provvedimento suppletivo rispetto alla mancanza di un certo spirito da parte delle categorie interessate, le quali avrebbero dovuto sentire loro stesse il dovere e il piacere di intervenire su questa materia a tutela della salute del cittadino.
Per me è soprattutto un artifizio politico, di supplenza; la legge che vada bene o vada male ha un grosso significato e dovrebbe essere un primo passo verso qualche cosa di più che dovrebbe stimolare le categorie; è l'avvio verso la difesa, non di tipo corporativo ma di tipo qualitativo della carne piemontese in generale non solo di quella di razza alpina, ma delle razze nostrane in senso lato anche perché si va verso il '92 e rischiano di cadere tutta una serie di barriere e di difesa della salute.
Questo dovrebbe essere sentito dal consorzio. Dovremmo però andare più in là, non soltanto limitarci ad una impostazione di tipo qualitativo certificato. Come nel vino c'è l'assaggiatore così dovrebbe essere per la carne. Una carne può anche essere bellissima, ben esposta e avere caratteristiche apparentemente organolettiche pregiate, poi in realtà essere una carne di bassa lega perché lo stato nutrizionale è determinato da alimentazioni non corrette.
Sarebbe auspicabile che le categorie interessate o chi fra esse sensibili a questi problemi facesse un salto di qualità verso quella che dovrebbe essere la tutela e il rispetto non solo della salute, ma anche della tasca e di quelli che sono i desideri del consumatore in generale.
Quindi la legge secondo me deve essere vista anche sotto questo significato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Signor Presidente, colleghi, ringrazio i due correlatori e i colleghi intervenuti. Concordo su larga parte delle cose dette, quindi non ripeter concetti che sono risuonati in quest'aula. Ringrazio anche a nome del collega Maccari, che oggi non è presente, ma che è stato determinante nella presentazione di questo progetto di legge in Giunta e che è arrivato oggi in Consiglio per la sua approvazione. Voglio anche ringraziare il Servizio veterinario che ha collaborato in questa azione per creare le condizioni per la tutela dei consumatori e dei produttori zootecnici onesti che ritengo siano ancora la stragrande maggioranza.
Mi limiterò quindi a fare alcune puntualizzazioni su alcuni interventi che hanno espresso dei dubbi sulla legge che stiamo per esaminare.
Come ha già detto il collega Acotto, non credo che questa legge tenda ad ostacolare il progresso nei nostri allevamenti. Certamente le tecnologie sono cambiate, l'alimentazione del bestiame è cambiata. C'è un mercato europeo mondiale, quindi il discorso che faceva il collega Fracchia sul tipo di allevamento, per quanto concerne la struttura fisica, non pu essere preso in considerazione, comunque non determina dei problemi per la salubrità della carne.
Chi accetterà di commercializzare questo tipo di carne e di sottostare alle regole? La risposta è di carattere generale. Mi sembra chiaro nella legge che chi opera in questa direzione lo fa volontariamente; chi vuole continuare a produrre e a commercializzare come ha sempre fatto, pu continuare a farlo; se aderisce invece di sua spontanea volontà ad una iniziativa che è prevista in una legge, di conseguenza deve sottostare alle regole che la legge prevede.
Sono meno pessimista del collega Fracchia. E' vero che questo disegno di legge viene approvato in un testo essenziale e che dovrà trovare la sua completa definizione nel regolamento, ha incontrato il favore non solo dei produttori agricoli e degli allevatori, ma ha trovato anche il consenso dei macellatori e dei commercianti che si sono posti il problema di superare la crisi che non solo tocca gli allevatori, ma tocca anche le reti di commercializzazione della carne.
Le cooperative avranno un'ulteriore facilitazione nel commercializzare prodotti che hanno determinate caratteristiche, ma credo sia giusto mettere i macellai e le catene di distribuzione privata nelle stesse condizioni purché sottostiano a delle regole che una legge prevede e che loro liberamente accettano.
Questa legge l'approviamo in ritardo, perché stanno venendo avanti in ogni città gruppi associati fra produttori e commercianti che tendono a crearsi le condizioni per garantire meglio il consumatore; iniziative non regolamentate e non controllate che potrebbero creare un'ulteriore disillusione e un ulteriore problema nei confronti dei consumatori.
Questa legge inoltre non garantisce la qualità della carne, ma garantisce la salubrità della carne che oggi è messa in dubbio dall'uso di sostanze che nel nostro Paese sono vietate da tempo, ma che in altri Paesi dell'Europa e del mondo sono o ancora permessi o stanno per essere soppressi ma comunque vengono ancora usati.
Quindi, il problema che abbiamo di fronte è di riuscire a dare queste garanzie con una regola che faccia fronte a tutta la situazione regionale e posso dire con una certa soddisfazione che, se questa legge verrà approvata, sarà all'attenzione addirittura di altre Regioni o dello stesso livello nazionale perché si pone con forza il problema di creare le condizioni per dare queste garanzie di salubrità. Per qualità della carne sono stati creati i consorzi, il COALVI è un consorzio che intende valorizzare la qualità, la tipicità di una certa produzione; anche il problema dei costi sarà diverso nella macelleria che esporrà e venderà questo tipo di carne, ma non dovranno essere aumenti notevoli, perché la carne che oggi viene prodotta dall'allevamento tradizionale che non usa estrogeni va già oggi in macelleria. Il problema è che va in macelleria in concorrenza con altre produzioni che hanno altre caratteristiche. Questi coltivatori, questi produttori non percepiscono di più, potranno percepire di più quando ci sarà questa garanzia che metterà il consumatore in condizione di scegliere sapendo che questa garanzia è già implicita, come diceva il collega Olivieri. Questo è un ulteriore contributo per risolvere un problema o per tentare di risolvere un problema che in realtà non dovrebbe esistere perché già le leggi attuali lo vietano. E' un'azione promozionale per individuare la carne che ha determinate caratteristiche.
Quindi, il problema dell'art. 3, a mio modesto parere, non si pone con le preoccupazioni che qui si sono evidenziate.
Qualche preoccupazione in più può effettivamente esistere in merito al problema delle sanzioni (non tanto per le leggi vigenti, perché sono tante le leggi sanitarie che vanno a toccare e si rischierebbe di dimenticarne qualcuna) e sul soggetto. Credo che questo possa essere precisato nel regolamento per completare il quadro complessivo della legge.
Come hanno sottolineato molti colleghi, questo è un primo passo. Non sarà facile costruire questa organizzazione. Avremo dei grossi problemi di carattere organizzativo per creare questa rete commerciale, ma è una strada che dobbiamo percorrere sia per quanto concerne la carne, sia per quanto concerne le altre produzioni agricole. Ci sono iniziative diversificate su tutto il territorio nazionale. In molte Regioni sono stati fatti dei "panieri" con determinate caratteristiche. Noi partiamo dalla carne, ma l'obiettivo è di proseguire su questa strada in modo da poter garantire sempre di più la qualità delle nostre produzioni, incentivando coloro che producono, intanto con i criteri previsti dalle leggi e poi tipicizzando e qualificando le nostre produzioni perché il mercato, nonostante tutto richiede sempre produzioni di maggiore qualità e la nostra agricoltura sarà vincente nel 2000, quando avrà la capacità di proporre ai consumatori dei prodotti di qualità che dovranno essere garantiti, che dovranno essere conosciuti.
Quindi è giusto quanto è previsto nell'art. 4 perché tutto questo che andiamo a costruire sia opportunamente promozionato, i consumatori abbiano la possibilità di scegliere, di conseguenza ci sia una maggiore tranquillità tra i consumatori che ha determinato la grave crisi che conosciamo e in prospettiva si possa dare un contributo perché la nostra agricoltura sia competitiva.



PRESIDENTE

E' terminata la discussione generale.
Passiamo all'esame del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 36 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
Per dichiarazione di voto ha chiesto la parola il Consigliere Olivieri.
Ne ha facoltà.



OLIVIERI Aldo

La mia dichiarazione di voto vuole soprattutto portare un elemento aggiuntivo. L'argomento che deve fare riflettere il Consiglio regionale è questo. Questa legge se vuole essere rispettata, presuppone che i controlli, contrariamente a quanto detto da qualcuno in Commissione, in realtà si intensifichino.
Credo che sia opportuno ripensare ai destini dell'Istituto Zooprofilattico che è sotto l'egida dell'Assessore all'agricoltura, mentre in tutte le altre Regioni è sotto l'egida dell'Assessore alla sanità.
Questa può essere una scelta, non un elemento del tutto negativo; in alcune nazioni, per esempio, la veterinaria è sotto l'agricoltura. Sarebbe bene che vi fosse uniformità perché i servizi zooprofilattici abbiano sotto un certo punto di vista un medesimo indirizzo. Quello che secondo me è particolarmente grave è che in tutti questi anni questo Istituto si sia attrezzato come decentramento soltanto in termini amministrativi e non si sia attrezzato come decentramento in termini tecnici. Stupisce che grandi aree agricole, come il cuneese, dove c'è una grande produzione zootecnica o l'alessandrino, non siano state dotate di strutture tecniche e laboratoristiche decentrate tali da rendere più agevole, più fattibile, più vicina alle aree la raccolta dei campioni e l'erogazione del giudizio diagnostico. Questo è estremamente importante.
Negli anni trascorsi ci sono state possibilità di finanziamento sulla base di programmi di questi istituti che in altre Regioni sono stati ampiamente sfruttati in termini di potenziamento delle strutture. Chiederei che venisse posta particolare attenzione a questa struttura e che si veda se è possibile ancora oggi, articolarla in maniera diversa per far sì che questo servizio sia più puntuale e sia soprattutto a maggior favore di quella tutela e di quella garanzia sanitaria che è un coefficiente comune sia della sanità animale sia della sanità umana.
Detto questo rinnovo la dichiarazione di voto a favore.



PRESIDENTE

Si proceda pertanto alla votazione dell'intero testo di legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 37 Consiglieri.
L'intero testo di legge è approvato.


Argomento: Norme finanziarie, tributarie e di contabilita

Esame proposta di deliberazione n. 799: "Primo prelievo dal fondo di riserva di cassa di cui al capitolo n. 12900 dello stato di previsione della spesa del bilancio 1988 della somma di L. 29.500.807.372, per consentire pagamenti relativi alla gestione dei residui"


PRESIDENTE

La I Commissione ha licenziato la deliberazione della Giunta regionale n. 799.
Pongo in votazione l'iscrizione all'ordine del giorno di tale deliberazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.
Se non vi sono osservazioni e richieste di parola, pongo in votazione tale deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 25 voti favorevoli e 8 astensioni.
Pongo infine in votazione l'immediata esecutività, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione) - Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame disegno di legge n. 366: "Norme relative alla proroga dei termini di validità del Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1985/1987" (rinvio)


PRESIDENTE

Sempre la I Commissione ha licenziato il disegno di legge n. 366 inerente: "Norme relative alla proroga dei termini di validità del Piano socio-sanitario della Regione Piemonte per il triennio 1985/'87".
Chiede la parola il Consigliere Devecchi. Ne ha facoltà.



DEVECCHI Armando

Su questo argomento, desidero informare il Consiglio che in Commissione c'è stata una discussione abbastanza prolungata. Ricordo ai colleghi del Gruppo PCI che la Commissione a maggioranza ha deciso di approvare l'unico articolo di legge che proroga il Piano socio - sanitario fino alla fine del 1988 puramente dal punto di vista tecnico. Nel contempo è stato richiesto al Presidente del Consiglio, al Presidente della Giunta e all'Assessore alla sanità di fissare in tempi brevi una seduta per discutere gli indirizzi della politica sanitaria della Giunta regionale in vista della riformulazione del Piano socio-sanitario. Ciò premesso faccio appello alla cortesia e alla comprensione del Gruppo comunista perché l'argomento venga considerato nella sua vera portata, cioè un fatto di natura tecnica più che politica.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Acotto. Ne ha facoltà.



ACOTTO Ezio

Avevamo fatto una questione pregiudiziale in sede di V Commissione, che non è stata accettata, quindi avevamo lasciato la Commissione, la quale però ha compiuto un atto secondo noi grave che è quello di avere approvato e aver dato corso a questo disegno di legge. E' grave perché la Giunta ha presentato un provvedimento di proroga del Piano precedente senza accompagnarlo con una valutazione intanto sull'esito, sul bilancio, sullo stato di avanzamento del Piano precedente; inoltre non esiste traccia alcuna degli indirizzi che la Giunta intende assumere o che ha fornito al gruppo di tecnici che doveva occuparsi già da alcuni anni dell'aggiornamento del Piano socio-sanitario. Non comprendiamo come sia possibile una proroga che scade il 31 dicembre che dovrebbe portarci al nuovo Piano o all'aggiornamento di quello precedente in assenza totale di qualsiasi tipo di orientamento della Giunta a questo riguardo. Non vogliamo fare una questione, comunque respingeremo una motivazione puerile per esempio l'Assessore è assente perché ha la varicella per cui non poteva venire a dire gli indirizzi in sede di Commissione, perché di tempo ce n'è stato e comunque, esistono le comunicazioni scritte sulla base delle quali è possibile intuire e capire gli indirizzi e gli orientamenti della Giunta a questo riguardo.
Come mai la Giunta non si è preoccupata di accompagnare un'operazione come la proroga del Piano socio-sanitario con questi orientamenti e di fornire al Consiglio questi orientamenti sulla base dei quali essa intende di qui al 31 dicembre di quest'anno, operare i necessari aggiornamenti? La Giunta deve fornire al Consiglio regionale gli elementi di conoscenza a questo riguardo. In mancanza di questi presupposti, consideriamo inconcepibile l'operazione che ci viene proposta, per cui respingiamo nettamente l'ipotesi che oggi il Presidente, non so sulla base di quali ragionamenti, fa di iscrizione di questo punto all'o.d.g. In secondo luogo anche se l'Assessore ha la varicella, la Giunta provveda nel merito delle considerazioni e delle proposte che abbiamo fatto, perché è del tutto inaccettabile ciò che ci viene proposto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Non mi chiedo se qualcuno si chiede, parafrasando il collega Acotto, ma la ragione per cui è stato portato questo dispositivo fu su espressa richiesta in Commissione dello stesso Acotto. Si poteva discutere se questa proposta di legge presenta la possibilità di interpretazione in termini di prorogatio o meno, ma sic et simpliciter, è meglio garantirci e tutelarci tutti onde gli atti che si assumono in questo periodo non siano presi in una situazione di carenza e, come tali, possano essere inficiati. Che si debba prorogare il Piano fino a dicembre, il buon senso lo dice. E' una cosa talmente semplice ed elementare che non credo che ci sia da fare dei drammi. Nell'attesa (finalmente, stante il rinnovo del Governo con lo stesso Ministro alla Sanità) della possibilità che incomincino a venire fuori, seppure a pezzi e bocconi, i vari comparti del Piano nazionale (il precedente venne bocciato da tutti gli Assessori alla sanità un anno fa proprio perché era bellissimo sul piano culturale, etico e fors'anche religioso, ma rappresentava il libro dei sogni che non aveva alle spalle nessuna ossatura dal punto di vista della copertura finanziaria) l'orientamento del Ministero è di dare un piano o frammenti di piano che abbiano la possibilità di avere una rispondenza effettiva sul piano dell'attuazione. Questo è estremamente importante. A questo punto, in prossimità della divulgazione di questa parte (che non è legificata, ma che non è altro che una appendice alla legge 595) credo che sarebbe assolutamente improduttivo il non promulgare l'attuale Piano fino alla fine dell'anno onde poterci assestare. La prima cosa da verificare, anche da parte degli organi della Regione che devono stendere il Piano, è di verificare con puntualità quanto a livello governativo verrà fatto su questo tema, onde non creare, come in passato, tante repubbliche sanitarie quali sono quelle italiane, tipo quella di San Marino, in cui molte volte l'unico dato positivo è di comprare gli accendini a 800 lire invece che a 1.500. Questa è la sostanza delle cose, quindi non bisogna né gridare allo scandalo né fare gli stupiti attorno ad un provvedimento che in questo momento è necessario ed utile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Richiamo l'attenzione del Presidente del Consiglio. Il Piano socio sanitario regionale è scaduto alla fine dello scorso anno. Sappiamo che numerosi consulenti sono al lavoro per redigere il nuovo Piano; per queste consulenze si è speso un miliardo di lire; siamo ad aprile 1988 e la Giunta ci presenta un disegno di legge di proroga del Piano, un articolo di due righe e mezza, una relazione di quattordici righe.
Vorremmo sapere che cosa hanno fatto i consulenti in questi tre anni.
Come mai non hanno presentato alcun indirizzo di massima per predisporre il nuovo Piano? In linea di massima non siamo contrari alla proroga del Piano però vogliamo che si svolga un dibattito generale sulla situazione della sanità in Piemonte e vogliamo conoscere le linee di aggiornamento che la Giunta vorrà introdurre in questo nuovo Piano.
Ma c'è anche un problema di dignità. Per la sanità si spendono 4 mila miliardi di lire (con la lira pesante saranno 4 miliardi) e si presenta questa proposta con un articolo di due righe e mezzo e una relazione di quattordici righe. E' da tempo che chiediamo un dibattito generale sulla sanità e sulla psichiatria. Invece abbiamo visto un ordine del giorno sulla psichiatria non firmato dai Consiglieri socialisti che chiede semplicemente lo spostamento di un tecnico dell'ufficio di psichiatria dell'Assessorato.
E' questa la politica che vogliamo perseguire? In Commissione, con un colpo di mano, s'è voluto far passare questo disegno di legge. Noi su questo disegno di legge vogliamo svolgere un dibattito generale, vogliamo conoscere gli indirizzi, gli orientamenti, l'aggiornamento della Giunta non una semplice proroga quindi. E' una questione di decisiva importanza.
L'azienda sanitaria, che impiega un volume di risorse pari a 4.000 miliardi, e che ha 45.000 dipendenti, si liquida con due righe e mezza e con 14 righe di relazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Non si tratta di entrare nel merito. Noi siamo dell'opinione che, se la Commissione ha licenziato questo provvedimento, è un'urgenza anche perch si tratta comunque di un piano scaduto. Questa urgenza è stata illustrata chiaramente dal collega Olivieri del Gruppo socialista, però è anche vero che per aggiungere un punto all'o.d.g. occorre il consenso dei Gruppi.
Poiché questo non c'è, mi pare si debba rinviare l'iscrizione all'o.d.g. di questo progetto di legge a domani, alla Conferenza dei Capigruppo, nella quale noi chiederemo nel suo regolamento l'inserimento dei lavori della prossima seduta. Mi pare che insistere oggi sull'iscrizione all'o.d.g.
quando non ce ne sono le condizioni non sia utile.
Non entro nel merito perché qui stiamo discutendo se iscrivere o meno un provvedimento all'o.d.g. e desidero stare all'argomento.



PRESIDENTE

Pertanto l'iscrizione all'o.d.g. del disegno di legge n. 366 è rinviata alla Conferenza dei Presidenti dei Gruppi che si terrà domani.


Argomento: Attrezzature sanitarie (presidi di diagnosi e cura delle USSL)

Esame progetto di legge n. 213: "Sistema di controllo di qualità regionale sui laboratori di analisi cliniche"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 213, di cui al punto 5) all'o.d.g.
Relatore è il Consigliere Olivieri che ha la parola.



OLIVIERI Aldo, relatore

Non ritengo di dover spendere molte parole su questo progetto di legge in quanto risponde da un lato all'esigenza di completamento della precedente legge sui laboratori privati e dall'altro porta a compimento un'aspirazione da lungo tempo nel cuore di tutti i laboratoristi pubblici che vedono fondamentalmente obbligatorio anche per i laboratori privati quel controllo di qualità che in realtà nel pubblico veniva fatto da tempo.
E' assai importante che vi sia uniformità dal punto di vista metodologico rispetto a questa materia in tutti quei comparti che si interessano di sanità e quindi di utenza. E' molto importante inoltre l'articolazione che prevede il controllo interno e il controllo inter laboratori e soprattutto la presenza di questa Commissione che è la stessa che già compare nel precedente disegno di legge sui laboratori privati, che si atteggia da un lato a garanzia tecnica dell'effettuazione della validità di queste metodologie estremamente raffinate e sofisticate e dall'altro rappresenta anche il braccio secolare per il politico onde poter vigilare a che la legge sia rispettata appieno.
Quindi ritengo che questa legge vada accolta favorevolmente sia sul piano degli adempimenti tecnici sia sul piano dell'importanza politica, che credo non sia l'ultimo aspetto per chi ha a cuore la salute dei cittadini.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Olivieri è aperta la discussione generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Acotto. Ne ha facoltà.



ACOTTO Ezio

Il provvedimento legislativo in esame ha un senso che è emerso in maniera ancora più evidente in seguito all'esplodere delle note vicende torinesi, che hanno riguardato i laboratori di analisi chimico-cliniche sia in ordine di episodi di trama scandalistica sia in ordine di episodi antecedenti. Tutti nel mese di agosto dello scorso anno abbiamo letto i giornali e colto gli elementi di dilatazione di un episodio collegato con l'analisi di un campione presentato come campione di liquido biologico che invece era di tutt'altra natura. La cosa sollevò notevole scalpore nell'opinione pubblica, ma quell'episodio era soltanto un sintomo di una situazione rispetto alla quale la risposta sui controlli di qualità è una risposta opportuna. La stessa Commissione d'indagine che il Consiglio regionale ha attivato sulla vicenda dei laboratori, pone in evidenza l'opportunità di un provvedimento di questo genere.
Ciò premesso, entriamo nel merito del provvedimento per dire di alcune nostre perplessità riguardo al provvedimento.
Il sistema di controlli di qualità che questa legge definisce è il tipico sistema di controlli di qualità che vige presso l'industria privata.
Il modello è del tutto analogo se non addirittura identico. In altri termini, viene meno un rapporto con la funzione, che riteniamo essenziale di controllo che l'ente pubblico dovrebbe svolgere per definizione. In questo tipo di modello di controllo di qualità non esiste alcun rapporto con questa funzione di controllo. Abbiamo visto nella legge approvata poco fa, quella sul certificato di garanzia sulle carni bovine, come si sia riusciti, in quella legge, a coniugare un meccanismo di autocertificazione con un meccanismo di controllo da parte del pubblico. Per questa legge non è stato possibile per noi metterci sulla strada emendativa, perché il modello è di tutt'altro tipo, quello cioè mutuato dai sistemi di controllo di carattere industriale.
A questo riguardo dico che tutto ciò in noi si traduce in termini di perplessità, non in termini di giudizio negativo. Personalmente ho discusso molto con il compianto prof. Levis che è l'autore del meccanismo che in questa legge è contenuto. Il prof. Levis mi faceva presente come questo modello di controlli di qualità sia quello più sperimentato in Europa e nel mondo e, secondo lui, il più efficace; "se dovessimo andar oltre questo tipo di modello" - diceva il professore Levis - "cadremmo nel controllo di tipo burocratico o fiscale che non è consigliabile per la materia". Noi restiamo comunque con questa perplessità quindi solleviamo l'esigenza che la materia sia riaffrontata dopo una fase di applicazione di questa legge; preferiremmo una soluzione che cerchi di mettere insieme questi elementi di autocontrollo da parte dei laboratori con elementi di controllo da parte dell'ente pubblico. Però non vogliamo d'altra parte assumere un'impostazione che potrebbe sembrare, a fronte della casistica internazionale che c'è a questo riguardo, un'impostazione velleitaria quindi traduciamo il nostro comportamento in termini di perplessità.
Il secondo ordine di perplessità è relativo all'applicazione delle leggi regionali. Noi abbiamo contribuito a definire la legge sui requisiti minimi dei laboratori di analisi; questo Consiglio l'approvò, però quella legge è in gran parte inapplicata. Quindi la seconda ragione di perplessità che manteniamo al riguardo di questo provvedimento è proprio relativa all'azione o alla inazione del governo regionale attorno alle leggi che la Regione ha provveduto a promulgare.
Per questi due ordini di problemi, il primo nel merito del sistema dei controlli, il secondo per quanto riguarda la volontà di governo rispetto alla legislazione che il Consiglio regionale si dà, il nostro atteggiamento è di astensione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando

Il Gruppo della DC è favorevole all'approvazione di questa legge. Come è già stato detto dal relatore, essa riveste un carattere tecnico, ma anche un profondo significato politico. E' una legge che vuole offrire uno strumento valido in difesa soprattutto del cittadino utente del servizio sanitario regionale. Ha lo scopo, come è detto anche espressamente nell'articolato, di offrire garanzie e attendibilità ai risultati delle analisi di laboratorio, di dare al cittadino una garanzia particolare vuole poi essere uno strumento educativo per il miglioramento globale della qualità delle prestazioni offerte dai laboratori di analisi.
In ultima analisi responsabilizza ulteriormente il direttore del laboratorio affidandogli specifiche competenze di controllo. Offre, poi alla Regione direttamente e indirettamente attraverso la Commissione tecnico - consultiva la possibilità di ispezionare quelle strutture e quei laboratori il cui funzionamento desse luogo, o abbia dato luogo, ad interrogativi e ad incertezze.
Per questi motivi il Gruppo della DC è favorevole in toto alla proposta di legge che ci viene sottoposta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Intervengo per dichiarazione di voto, che evidentemente sarà a favore.
Intanto faccio una brevissima replica al Consigliere Acotto. Questa metodologia è quella che viene usata in tutte le nazioni occidentali e permette, oltretutto, un confronto anche internazionale.
Ho svolto per 16 anni questo controllo di qualità fin dagli albori e ne sono pienamente soddisfatto.
Ho notato che lei, collega, ha fatto un appunto rispetto alla vicenda "dell'aranciata velenosa". Purtroppo dobbiamo renderci conto che vi sono alcune materie in cui il controllo di qualità è impossibile. Questo sta anche a significare, quello che giustamente ha detto il collega Devecchi che il controllo non può essere burocratico anche perché discriminerebbe fortemente tutti gli operatori laboratoristici medici, biologi, chimici tecnici, di fronte ad altre categorie sanitarie ove in realtà non esiste perché qualche volta non lo si fa, ma perché il più delle volte non lo si può fare materialmente, alcun tipo di controllo. Quindi bisogna fare molta attenzione, perché anche in queste materie non emergano sottili, ma indelicate e puntuali discriminazioni che poi a valle sono fonte di altri incidenti e fenomeni scarsamente controllabili. Soprattutto rischiano poi un controllo politico non tecnico, con le conseguenze che nessun democratico può auspicare.



PRESIDENTE

Non essendovi altri interventi passiamo alla votazione del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 33 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 8 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
Si proceda ora alla votazione dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 32 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 7 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Esame progetto di legge n. 322: "Piano regionale sangue e plasma"


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame del progetto di legge n. 322, di cui al punto 6) all'o.d.g.
La parola al relatore, Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, se i colleghi sono d'accordo darei per letta la seguente relazione: "La cronica carenza in Italia di sangue e soprattutto di plasma necessario alla produzione di emoderivati è da tempo ampiamente nota e recentemente è stata segnalata e discussa con grande rilevanza anche dai mezzi di informazione, in rapporto al rischio di trasmissione di AIDS ed altre malattie infettive.
Causa principale di questa situazione è la necessità di importare dall'estero plasma o frazioni plasmatiche (gammaglobuline, albumina fattori della coagulazione) per l'85-90% del fabbisogno nazionale, con una spesa annua aggirantesi intorno ai 150-200 miliardi.
Questa dipendenza dall'estero, per motivazioni legate alla politica commerciale delle ditte produttrici, ha causato talvolta insufficiente disponibilità di uno o più emoderivati per i pazienti del nostro paese.
Tale situazione potrebbe aggravarsi notevolmente in situazioni di emergenze varie (es. guerre, ecc.) anche non coinvolgenti direttamente l'Italia o l'Europa.
Seconda conseguenza, sicuramente più preoccupante, è il permanere di un certo rischio di trasmissione di malattie infettive legato all'uso di emoderivati prodotti con plasma proveniente da popolazioni non sempre attentamente selezionate e con possibile alta incidenza di agenti virali di vario genere.
Esempio emblematico è il pesante tributo pagato dagli emofilici in Italia: quasi il 50% dei pazienti trattati con preparati commerciali sono stati infettati dal virus dell'AIDS, mentre gli emofilici di altre Nazioni trattati in grande prevalenza con crioprecipitati di produzione locale hanno presentato una percentuale di sieropositivi minima.
Presa coscienza della gravità del problema, alcune Regioni italiane (es. Veneto, Lombardia, Emilia Romagna), in attesa dell'emanazione del "Piano Plasma e Sangue Nazionale", hanno deliberato Piani Regionali tendenti al raggiungimento dell'autosufficienza, secondo le raccomandazioni del Consiglio d'Europa e della Società Internazionale della Trasfusione del Sangue.
E' quindi urgente che anche la Regione Piemonte assuma concrete iniziative in materia, legiferando un Piano Sangue e Plasma Regionale tenuto conto dei fattori favorevoli già esistenti sul territorio, quali una rete efficiente di Servizi di Immunoematologia e Trasfusionali (SIT) e la disponibilità e validità delle Associazioni di Donatori Volontari periodici.
Ciò ha permesso al Piemonte di raggiungere la completa autosufficienza per quanto riguarda il sangue intero e le sue principali componenti (emazie, piastrine, ecc.) e di offrire un valido supporto alla Sardegna per la cura dei bambini talassemici.
Situazioni del tutto differente si ha invece, come detto in precedenza nella produzione del plasma e dei suoi derivati.
Secondo le indicazioni dell'OMS, il fabbisogno corretto di plasma in rapporto alla popolazione è pari a 2 litri ogni 1.000 abitanti per uso clinico come FFP (fresh frozen plasma) e a 10 litri ogni 1.000 abitanti per la produzione di plasmaderivati (albumina, gammaglobuline, fattori della coagulazione, ecc.).
Per la nostra regione il fabbisogno totale ammonta quindi a circa 54.000 litri/anno così suddivisi: 9.000 litri di FFP e 45.000 litri di plasma per la produzione di derivati.
L'attuale realtà regionale vede una raccolta di sangue intero pari a circa 210.000 unità all'anno che, frazionate, producono 141.000 unità di plasma, corrispondenti a 28.000 litri; la carenza è quindi pari a 26.000 litri/anno circa.
La percentuale di separazione delle unità raccolte è pari a circa il 68% del totale, cifra migliorabile se rapportata al livello ottimale di separazione (90%), ma già soddisfacente se rapportata alla media nazionale (50%).
Delle citate 141.000 unità di plasma prodotte in Piemonte il 45% circa viene utilizzato direttamente per uso clinico (FFP), mentre il restante 55 (corrispondente a 15.000 litri) viene inviato, a cura delle varie UU.SS.SS.LL. sede di Sit, alle industrie di frazionamento e produzione di plasmaderivati.
Una delle modalità per coprire questo deficit di 26.000 litri/anno di plasma e raggiungere l'autosufficienza regionale è l'applicazione globale secondo indicazioni OMS, della terapia trasfusionale con emocomponenti anziché con sangue intero. La relativa separazione fra parte corpuscolare e plasma delle unità raccolte deve comunque essere non inferiore al 90%.
Ciò renderebbe disponibile 190.000 unità di plasma pari a 37.000 litri.
Qualora poi la raccolta del sangue dai donatori fosse effettuata da parte dei SIT regionali mediante l'utilizzo delle più moderne sacche con soluzioni additive che permettono una resa di plasma per sacca superiore del 25-30% rispetto al sistema tradizionale, i 37.000 litri di cui sopra potrebbero arrivare a 45-48.000 litri di plasma all'anno.
Parallelamente all'aumento di produzione del plasma da sacche mediante la separazione del sangue intero, va inoltre attuata una politica di contenimento dell'uso clinico di plasma ai casi con indicazione corretta anche al fine di avviare al frazionamento l'eccedenza oltre il suddetto fabbisogno di FFP (pari a circa 9.000 litri/anno per il Piemonte secondo le indicazioni OMS).
Risulta comunque un deficit prevedibile pari a circa 6-10.000 litri/anno di plasma, da coprire con l'attivazione di programmi di plasmaferesi produttiva, di portata contenuta e limitati ai SIT che offrono le maggiori disponibilità di donatori e garanzie di efficienza.
Tale obiettivo, realizzabile mediante 20.000 plasmaferesi/anno in Piemonte, richiede la disponibilità del 10-20% dei donatori periodici attuali ad eseguire uno o due prelievi in aferesi all'anno, in alternativa al normale dono del sangue intero, impegno fattibile con una corretta ed estesa campagna di informazione del donatore, in accordo con le Associazioni.
Per la realizzazione degli obiettivi sopra indicati è necessario emanare disposizioni in merito alla raccolta e alla separazione del sangue e/o plasma da parte dei SIT, anche al fine della migliore tutela della salute dei donatori nei prelievi in aferesi.
Capitolo a parte merita il problema dell'utilizzo di questo plasma (raccolto direttamente od ottenuto mediante separazione dal sangue intero) per la produzione dei suoi derivati (albumina, gammaglobuline, fattori della coagulazione, ecc.).
Pur non escludendo a priori l'eventuale opportunità di realizzare in futuro una struttura regionale, o interregionale, no profit, che dovrà essere valutata sulla base delle esperienze italiane e straniere in atto si indica come soluzione possibile da attuare nell'immediato una convenzione con una Industria (preferibilmente italiana) già esistente e operante nella produzione di frazioni plasmatiche, per la lavorazione del plasma prodotto dai SIT dalla Regione.
In base a tale convenzione, sul tipo di quella già in atto nel Veneto la Ditta prescelta dovrà garantire la migliore qualità dei plasmaderivati stante la congruità economica del prodotto rispetto a quello commerciale disponibile sul mercato.
Inoltre, secondo quanto previsto dall'art. 28 della legge 833/78 occorre disciplinare i rapporti fra le UU.SS.SS.LL. sede di SIT, che avranno di ritorno dalla Ditta di cui sopra i plasmaderivati, e quelle afferenti per la distribuzione dei medesimi ai pazienti, ricoverati e/o in regime ambulatoriale, che necessitano di terapia con tali prodotti.
Una corretta attuazione del Piano Sangue e Plasma Regionale non pu infine prescindere dal completo coinvolgimento dei due Centri Trasfusionali convenzionati con il SSN e gestiti dall'AVIS e dalla Banca del sangue e del Plasma della città di Torino, che sommano al 60% circa dell'intera attività regionale.
Nelle more dell'emanazione del Piano Nazionale Sangue e Plasma, è pertanto indispensabile che detti Centri partecipino, alla pari dei SIT gestiti direttamente dal SSN, al Piano Regionale, non solo attenendosi alle disposizioni riguardanti la raccolta e separazione del sangue, ma anche per la parte concernente i rapporti con la Ditta di produzione scelta a livello regionale e conseguente distribuzione dei plasmaderivati alle UU.SS.SS.LL.
afferenti.
L'art. 1 definisce finalità e obiettivi della legge; in particolare riconosce il ruolo insostituibile delle Associazioni e l'importanza di far conoscere in modo corretto ai donatori le varie modalità di prelievo ed utilizzo del sangue.
L'art. 2 elenca, definendone le funzioni, le strutture sanitarie deputate alla raccolta, tipizzazione, distribuzione del sangue. In particolare, autorizza le Associazioni di Donatori Volontari ad istituire centri di raccolta, purché gestiti con le medesime modalità dei centri pubblici.
L'art. 3 introduce in Piemonte la possibilità, da parte dei Servizi di Immunoematologia e Trasfusionali, di effettuare prelievi in aferesi, con le dovute cautele per la salvaguardia della salute dei donatori.
L'art. 4 fissa l'obiettivo del 90% dell'indice di separazione del sangue intero e delega alla Giunta regionale il compito di emanare direttive e protocolli terapeutici per il suo raggiungimento.
L'art. 5 fissa le modalità per la determinazione dei costi di raccolta e distribuzione del sangue e emocomponenti, nonché la quota riservata alle Associazioni, secondo quanto previsto dalla L. 592/67 dal DPR 1256/71.
L'art. 6 sancisce la necessità di schemi regionali di convenzioni-tipo fra Associazioni e UU.SS.SS.LL. e fra Associazioni e Regione e delega alla Giunta regionale la stesura di tali schemi.
L'art. 7 sancisce l'obbligo per le UU.SS.SS.LL. di aderire al piano regionale, inviando il proprio plasma alla Industria prescelta per la produzione dei suoi derivati.
L'art. 8 fissa norme per la distribuzione dei plasmaderivati, ottenuti mediante la lavorazione del plasma prodotto dai SIT della regione, ai pazienti da parte delle UU.SS.SS.LL.
L'art. 9 istituisce l'obbligo del controllo di qualità per gli emocomponenti e della rilevazione periodica dell'attività dei SIT.
L'art. 10 rimanda alla Commissione già istituita con la L.R. 28.12.87 n. 67.
L'art. 11 prevede che le UU.SS.SS.LL. adeguino i propri servizi alle finalità della legge ed assegna i fondi necessari per l'acquisto, da parte delle stesse UU.SS.SS.LL., delle attrezzature idonee.
L'art. 12 equipara, dal punto di vista funzionale e operativo, i Centri Trasfusionali convenzionati AVIS e la Banca del sangue ai SIT a gestione diretta SSN.
La V Commissione ha licenziato a maggioranza il presente disegno di legge e ne raccomanda l'approvazione al Consiglio regionale".



PRESIDENTE

E' aperta la discussione generale.
La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, per la verità abbiamo presentato due emendamenti agli artt. 11 e 12 ripresi dal precedente testo del disegno di legge che è stato inspiegabilmente modificato in Commissione all'ultimo momento.
Noi annettiamo grande importanza alle modifiche che proponiamo agli artt. 11 e 12. Anzi, l'emendamento che presentiamo all'art. 12 per noi è elemento decisivo e dall'accoglimento o meno dipenderà il nostro voto favorevole o contrario.
L'emendamento che proponiamo all'art. 11 insiste sull'adeguamento dei servizi delle UU.SS.SS.LL. rispetto alle nuove funzioni che vengono loro assegnate dalla legge.
Questo adeguamento è precisato in modo più specifico rispetto all'art.
11 del testo licenziato in Commissione e tiene conto dei carichi di lavoro preesistenti, cioè l'adeguamento è riferito ai carichi di lavoro preesistenti e al risparmio sulla spesa occorrente per l'acquisto dei plasma derivati. Mi pare che precisi molto meglio quello che comunque sta scritto anche nell'art. 11 del testo licenziato dalla Commissione.
Decisiva importanza per noi ha invece l'emendamento all'art. 12. E' troppo generico quello licenziato in Commissione che conclude dicendo che anche la Banca del sangue e l'AVIS sono equiparati ai servizi di immunoematologia e trasfusionali pubblici. E' un po' generico, con un articolo così non si sa bene quale sia o possa essere il centro di riferimento. Noi invece insistiamo su questo punto nel senso che vogliamo individuare un centro di riferimento e un'eventualità. Non riusciamo a capire perché venga negata anche una eventualità perché appunto nel nostro emendamento che, ripeto, copiava il testo precedente a quello licenziato dalla Commissione, si sostiene che le UU.SS.SS.LL., ove tali presidi sono ubicati, possono, previa convenzione fra le parti, assumere le funzioni o parte di esse svolte dai suddetti centri AVIS e Banca del sangue mediante il distacco funzionale del personale e delle attrezzature già in servizio ad una determinata data, presso i citati centri trasfusionali AVIS e Banca del sangue.
In questo modo determinano le condizioni per poter individuare un centro di riferimento, come chiede il disegno di legge nazionale e come è accaduto in alcune parti del nostro Paese, ad esempio a Bologna.
Ci chiediamo perché si vuole negare anche solo l'eventualità di poter individuare con più precisione, attraverso una convenzione tra UU.SS.SS.LL., AVIS o Banca del sangue, il centro di riferimento.
Dalla risposta che la maggioranza darà dipenderà il nostro voto drastico, nel senso che sarà favorevole qualora fosse accolto il nostro emendamento o contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Signor Presidente, in merito al primo emendamento vorrei sapere se per "plasmaderivati" si intende quelli dell'industria o anche quelli che vengono elaborati a livello dei servizi immunotrasfusionali. E' necessario intendersi perché, se ci si rifà ai primi, sono d'accordo, se invece vengono coinvolti anche i secondi ho qualche dubbio. Oggi si lavora in termini abbastanza economici, ma se passerà il secondo emendamento che ha illustrato Calligaro, l'economia va a farsi benedire. Quindi sono strettamente collegati.
Comunque sul primo posso anche essere d'accordo.
Sul secondo invece ripeto quanto ebbi a dire in Commissione. Ci sono diversi ordini di fattori. E' stata modificata in Commissione la proposta di legge, perché esiste soltanto una proposta di normativa nazionale che non è ancora legge operante dello Stato.
Lo stesso discorso vale per il Piano socio-sanitario nazionale. Dato che è nel prossimo divenire il parto di questa legge, non credo sia opportuno mescolare il piano plasma ed emoderivati, che è un fatto puramente tecnico e organizzativo, con problemi di tipo istituzionale rispetto alla collocazione o meno di alcune strutture che lavorano in questa materia.
Ho questa perplessità perché in realtà ci troviamo di fronte a due strutture che, volenti o nolenti, ci sono invidiate in Italia e all'estero che proprio per avuto maggiore agilità e scorrevolezza procedurale, perch sono enti morali, hanno potuto attingere a dei livelli tecnologici organizzativi e di strutturazioni tali che non sono stati seguiti dal pubblico, in Piemonte e in altre sedi, e con costi di produzione nettamente inferiori. Se scendiamo nell'analisi dei costi rispetto ai costi dei servizi, in questa miriade di piccole unità socio-sanitarie e di piccoli ospedalini, i costi levitano e si depaupera molte volte anche il lato tecnico. Non dimentichiamo che il Piemonte è parcellizzato e variegato sul piano dei Comuni e sul piano degli ospedali, per cui prima di modificare questo assetto, andrei molto ma molto cauto.
Mi rendo conto che per l'AVIS ci sono dei problemi economici e finanziari, ma è stata colpa nostra, è stata colpa mia, come dei miei predecessori che non abbiamo mai adeguato i costi dei prodotti immunotrasfusionali allo standard italiano. Non ci vuole molto per correggere questa discrasia e mettere queste strutture nelle condizioni di operare bene come hanno sempre operato, tra l'altro in un ambito privato che oltretutto non è privato; si tratta di pubblico a pieno titolo. Nei consigli di amministrazione sono pienamente rappresentati tutti gli enti statuali. Si tratta di un altro tipo di pubblico con maggior agilità dal punto di vista gestionale che auspicherei tale anche per la sanità pubblica. A Milano, dopo cinque anni stanno ancora litigando per sapere se la centrifuga è dell'Assessore alla sanità o di un altro Assessore e su chi deve pagare il dipendente. Mi rendo conto che c'è un malessere soprattutto a livello dell'AVIS, per ragioni di bilancio che sono legate a quelle altre ragioni per cui non ci sono stati degli adempimenti da parte nostra collettivamente rispetto ai costi reali, che sono stati mantenuti a livelli che nulla hanno avuto a che vedere con l'adeguamento di altre partite di rapporto convenzionale rispetto a queste.
Pertanto, non dico per una presa di posizione pregiudiziale assoluta ma nell'attesa che ci sia una legge operante dello Stato, suggerisco un momento di pausa e di riprendere l'argomento quando ci sarà la legge dello Stato in materia di sangue.



PRESIDENTE

La parola alla collega Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Intervengo in merito al secondo emendamento, sul primo condivido totalmente quanto detto dal collega Olivieri. In realtà la legge che stiamo approvando ha la finalità di organizzare tutto il settore regionale del sangue e in questo quadro hanno il loro spazio anche le iniziative di enti pubblici che hanno anche la funzione della raccolta del sangue.
In questa fase sembrerebbe inopportuno attuare un modo precipitoso e improvvisato un inserimento tout-court delle due organizzazioni o parte di esse; nulla vieta che, in un secondo momento, la convenzione possa essere espletata; di fatto non è necessario che le ipotesi di convenzione siano esplicitamente contenute in una apposita legge, in quanto la Regione o nella fattispecie l'Assessorato alla sanità, possono, quando lo ritengono opportuno, attivare delle specifiche convenzioni su tutti quelli che possono essere i servizi privati e pubblici esistenti sul territorio regionale. Non sembra pertanto opportuno, anche per questa ragione, che mi pare sia ad adiuvandum circa le considerazioni già fatte dal collega Olivieri, inserire questo nell'emendamento all'art. 12. Mi pare opportuno aggiungere che di questo problema si è diffusamente e ampiamente parlato nella Commissione competente, quindi non è sfuggito all'attenzione dei commissari.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Non avevo seguito questo problema, ma mi era parso di aver visto dalla relazione e soprattutto dagli interventi a favore e contro delle due proposte che nella sostanza questa iniziativa, similmente a quanto è stato fatto presso altre Regioni, tenda a coprire taluni vuoti che sono propri della legislazione statale. Il tutto appartiene ad una sensibilità rivolta al problema, rivolta a questa grande domanda, alla crescita della stessa e degli apporti del volontariato che, in larga parte, oltre all'industria cerca di dare delle risposte.
La relazione è fatta in termini estremamente articolati e con riferimenti di altra razionalità per cui mi parrebbe che noi dovremmo poter conservare in toto questo tipo di proposta, però mi parrebbe che, in alleggerimento e come sollecitazione a cogliere il maggior consenso su tutto il progetto sottoposto all'approvazione del Consiglio, in effetti l'emendamento all'art. 11, con la puntualizzazione sentita negli interventi, possa essere accolto mentre il non accoglimento dell'emendamento all'art. 12 ha una significazione che attiene all'immediato, evidentemente può dare luogo, nel futuro, a revisioni ed ulteriori approfondimenti in quanto la materia forse è meno semplice di quello che appare perché investe istituti, strutture e presenza che hanno larghe fasce di volontariato che richiedono anche nella disamina di un rapporto la giusta cautela e l'attenzione rivolta alla delicatezza delle diverse collocazioni. Il nostro "no" non ha valore oltre i limiti di una maggiore volontà di riflettere su questa proposta, ma è certo che per il momento non riteniamo di poter accogliere, come Giunta, l'emendamento all'art. 12.



PRESIDENTE

Passiamo alla votazione del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 5 è approvato.
ART. 6 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 6 è approvato.
ART. 7 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 7 è approvato.
ART. 8 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 8 è approvato.
ART. 9 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 9 è approvato.
ART. 10 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 25 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 10 è approvato.
ART. 11 - Emendamento presentato dal Gruppo PCI: il primo comma è così sostituito: "Le UU.SS.SS.LL., in applicazione della presente legge, devono adeguare i propri servizi alle nuove esigenze, tenuto conto dei carichi di lavoro preesistenti e del risparmio sulla spesa occorrente per l'acquisto dei plasmaderivati".
Pongo in votazione tale emendamento.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 11 nel testo così modificato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 36 hanno risposto SI 24 Consiglieri si sono astenuti 12 Consiglieri.
L'art. 11 è approvato.
ART. 12 - Emendamento presentato dal Gruppo PCI: dopo il primo comma, aggiungere il seguente: "Per una maggiore funzionalità del Servizio donazione-trasfusione, le UU.SS.SS.LL. ove tali presidi sono ubicati possono, previa convenzione fra le parti, assumere le funzioni, o parte di esse, svolte dai suddetti Centri AVIS e Banca del sangue mediante distacco funzionale del personale e delle attrezzature già in servizio, alla data del 29/2/1988, presso i citati Centri trasfusionale AVIS e Banca del sangue".
La parola al Consigliere Acotto per l'illustrazione.



ACOTTO Ezio

Su questo emendamento malgrado le cose pronunciate finora dai colleghi degli altri Gruppi e dallo stesso Presidente della Giunta ci permettiamo di insistere convinti che sia possibile recuperare elementi di riflessione e di persuasione nella bontà dell'indicazione che diamo attraverso questo tipo di emendamento. In aggiunta alle considerazioni gia svolte dal collega Calligaro, vorrei chiarire, visto che normalmente credo tutti abbiano rapporti con le Associazioni di volontariato del settore del sangue (AVIS ed associazioni analoghe) che non si tratta di discutere della pubblicizzazione della fase di donazione che resta senza nessun dubbio di pertinenza delle associazioni di volontariato, quindi dell'AVIS o di altre ma si tratta di discutere del servizio immunotrasfusionale che in tutta la Regione Piemonte, tranne che a Torino, è un servizio interno agli ospedali è un normale servizio ospedaliero. Abbiamo l'anomalia torinese rispetto al quadro regionale, che si riflette naturalmente sugli ospedali della cintura torinese. Questo non è un inconveniente di poco conto. Succede che tutti gli altri centri esistenti negli ospedali regionali non vogliono nel modo più assoluto farsi coordinare dal Centro Trasfusionale dell'AVIS o dalla Banca del sangue di Torino perché fuori dalla rete pubblica.
Le ragioni di questo rifiuto sono molteplici, diverse e varie. Se consideriamo dal punto di vista della natura giuridica il Centro Trasfusionale AVIS o la Banca del sangue come centri non privati, dobbiamo tener presente che non sono dentro le regole e le norme che sovrintendono a tutti gli altri servizi regionali, un primario dell'ospedale di Ivrea non vuole farsi coordinare da un centro che comunque ha un elemento di separazione dal punto di vista dell'ordinamento come può essere il Centro AVIS o il Centro Banca del sangue. Non è un inconveniente da poco che la Regione non possa avere, per questo tipo di situazione, un centro di riferimento o un centro di coordinamento a livello regionale. E' in ragione di ciò che insistiamo nella direzione della possibilità che ci sia questo passaggio dentro la rete pubblica torinese che, ripetiamo, è un'anomalia perché non c'è presso nessun ospedale torinese quello che c'è invece in tutte le altre parti del Piemonte; non c'è a Torino un servizio immunotrasfusionale ospedaliero degno di questo nome. Vogliamo ragionare non in termini ideologici, ma in termini di buon senso; ce ne sia almeno uno o perlomeno che con questa legge sia offerta la possibilità di crearne uno. Il nostro emendamento ha nel verbo "possono" l'elemento legislativo cruciale nel senso che dice che c'è questo tipo di facoltà; lasciamo questa possibilità di andare in questo tipo di direzione.
Non riusciamo a capire la pervicacia con cui si insiste nel tenere fuori questo argomento da questa legge, perché, il tenerlo fuori da questa legge significa nient'altro che statuire e difendere lo status quo assumere una posizione conservativa rispetto ad una situazione che tra l'altro pone elementi di difficoltà nella gestione; certo, già oggi vige la convenzione tra il sistema sanitario e le UU.SS.SS.LL. di Torino e il Centro AVIS e il Centro Banca del sangue, ma si sono posti seri problemi nella gestione di questo tipo di convenzione, collega Olivieri, non soltanto in ragione della non adeguatezza delle tariffe, ma in ragione di elementi di procedura nel rapporto pubblico-privato che si sono fatti più complicati nella misura in cui la particolarissima attenzione della Magistratura in questa fase sulle questioni sanitarie torinesi ha portato a ragionare e tornare sulle procedure che prima erano presenti nel rapporto convenzionale. L'applicazione formale di questa procedura comporta una serie di inconvenienti. Come corrono i campioni dalle Molinette al Centro trasfusionale piuttosto che dall'ospedale Sant'Anna al centro AVIS? Questi inconvenienti ci sono e sono ben presenti. La strada che indichiamo tenta di affrontare questi tipi di problemi.
Noi, guardando alle altre esperienze regionali non facciamo una questione di carattere politico-ideologico; l'esperienza milanese è un'esperienza di un consorzio particolarmente complicato, una sorta di CSI del sangue, un consorzio per il sangue, come noi l'abbiamo per l'informatica e che, loro hanno fatto come centro di coordinamento legandolo a scopi che erano ultronei rispetto a quelli del centro di coordinamento, a salvataggio della Sclavo, per quanto riguarda la Regione Lombardia. Ebbene, dagli elementi che abbiamo raccolto in sede di approfondimento dopo le consultazioni con gli esperti del settore piemontese, quello che sta succedendo nel milanese a questo riguardo non è molto confortante. Quanto sta invece succedendo a Bologna, dove hanno tentato un'operazione del tipo di quella che indichiamo nel nostro emendamento, è più positivo.
Non è possibile, certo, oggi con una legge regionale attuare il trasferimento tout court dei centri trasfusionali dell'AVIS nel Servizio sanitario, ma è possibile stabilire la norma che abbiamo noi indicato, cioè che le funzioni sono in capo al pubblico e il personale è messo a disposizione del servizio pubblico che esercita questo tipo di funzioni.
Questa è una strada che a Bologna sta dando dei risultati positivi. Non comprendiamo come mai si continui a insistere e a persistere su una impostazione impeditiva a che vada davanti solo la possibilità di andare su questa strada.
Ci rivolgiamo ai colleghi del Consiglio regionale e alla Giunta che invitiamo a riconsiderare questo tipo di posizione e ad arrivare a una determinazione diversa da quella finora prospettata. Secondo noi è possibile, non capita nessun guaio, anzi, gli elementi che possono essere a favore sono elementi che possono consentirci di costruire, di immaginare un tipo di sbocco senz'altro migliore di quanto non sia la situazione che oggi persiste, in termini anche negativi, per quanto riguarda il funzionamento e i problemi, non ultimi quelli economici per il centro AVIS di Torino.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Partiamo dal presupposto che, come viene emessa la legge dello Stato ci sia un pronto adeguamento alla legge dello Stato. In questo momento, la situazione del decentramento della sanità in Torino è precaria e in situazione di sofferenza acuta già per le strutture antiche, con una serie di momenti inerziali che si sono aggravati in questo ultimo periodo, per una serie di ragioni reali che in questo momento è inutile analizzare introdurre un elemento di questo tipo oggi diventa un elemento di dirompenza e rischia, proprio per la fattispecie odierna, di frantumare strutture che, volenti o nolenti, funzionano bene. Questa è la sostanza delle cose.



CALLIGARO Germano

E' l'AVIS che lo chiede.



OLIVIERI Aldo

Non è l'AVIS che lo chiede. Lo chiedono per un fatto puramente economico; è corretto da quel punto di vista. Questa è la sostanza delle cose e lo ribadisco. Poi le cose, a questo mondo, sono molto più banali e carnali di quanto non si possa o si voglia far credere.
In questo momento, nella situazione in cui è il decentramento a Torino con una struttura che lavora una massa ingentissima di sangue, circa la metà praticamente di Torino e dintorni (non vorrei dire parole grosse) sarebbe perlomeno un'avventura e non credo che in questo campo sulla base di fatti formali legati a vicende che nulla hanno a che vedere con la sostanza della materia sanitaria, dobbiamo giocarci delle avventure.
Cerchiamo di essere obiettivi, qui non c'è nessun fatto preclusivo, l'ho già detto. Non appena la legge dello Stato viene approvata, ci adegueremo.



CALLIGARO Germano

Faccia la legge.



OLIVIERI Aldo

La faremo. Sarei ben lieto se la facessero, perché darebbe ordine e disciplina e uniformerebbe, come dice Acotto. Ma in questo momento, con la crisi del decentramento a Torino, non credo che dobbiamo avventurarci su questa strada. Ci vorranno sei, otto mesi, andranno a regime le cose; poi ci sarà la legge dello Stato e noi procederemo su un'altra via; al momento bisogna fare davvero molta attenzione ed essere molto cauti in una materia che non consente errori, perché gli errori non li pagherà il Consiglio regionale o l'AVIS, li pagherà l'utenza, il cittadino; questa è la sostanza. Così, partendo da un'ipotesi di uno pseudomiglioramento, che sappiamo non potrebbe essere a breve termine, rischiamo in realtà di dare delle soluzioni che sono dei compromessi negativi e non positivi. La ragione è soltanto questa, Acotto, non c'è nessuna preclusione ideologica in questo campo, anche se per certi versi c'è, non una difesa del passato ma un auspicio a che vengano nuovi modelli di interazione anche nella sanità pubblica fra strutture con maggiore agilità e possibilità di presa decisionale, cosa che attualmente sappiamo essere assolutamente distante dalla realtà. Qui c'è impastamento di due cose, da una parte l'obiettivo del decentramento torinese e dall'altra questi problemi che nascono da esperienze negative che credo tutti conoscono.



CALLIGARO Germano

E' la Banca del sangue.



OLIVIERI Aldo

Ma che Banca del sangue! Fosse la Banca d'Italia o la Banca Nazionale del Lavoro!



CALLIGARO Germano

Accogliamo le istanze dell'AVIS. Apriamo l'eventualità!



OLIVIERI Aldo

L'AVIS, come l'antico poeta, parla con due bocche, perché in un campo parla in un modo e nell'altro parla in un altro. E' come il dio Giano bifronte. Confrontiamoci direttamente; avremo tempo di discuterne ancora.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento testé discusso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' respinto con 11 voti favorevoli e 22 contrari.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 12 nel testo originario.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 37 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 10 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 12 è approvato.
Si procede alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 29 Consiglieri hanno risposto NO 10 Consiglieri si sono astenuti 2 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Trasporti su gomma

Esame ordine del giorno n. 465 sul taglio delle linee ferroviarie secondarie in Piemonte


PRESIDENTE

Comunico al Consiglio che, dopo la discussione sulla comunicazione resa dall'Assessore Mignone in ordine ai tagli delle linee ferroviarie a scarso traffico in Piemonte, è stato presentato l'o.d.g. n. 465, sottoscritto da tutti i Gruppi che recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte manifesta preoccupazione per i ripetuti provvedi del Ministero dei Trasporti e dell'Ente F.S.
che prevedono la sospensione del servizio di trasporto passeggeri su 14 linee ferroviarie piemontesi a scarso traffico per l'inadeguata presa in considerazione delle risultanze di uno studio di approfondimento sulla valutazione tecnico-economica su tali linee, ove emerge come sia possibile attuare una gestione più economica intervenendo sull'organizzazione, sugli impianti e sulle infrastrutture e considera inaccettabile la già attuata sospensione della manutenzione su tali linee e della ventilata sospensione del servizio nei giorni festivi e nei mesi estivi che porterebbe all'ulteriore degrado degli impianti ed all'inevitabile chiusura delle linee rilevato di dover ribadire le scelte sin qui operate, tendenti al riequilibrio territoriale e alla tutela ambientale, nonché delle scelte in materia di trasporti di passeggeri e di merci secondo le indicazioni del relativo Piano regionale constatato che il Ministero dei Trasporti ha previsto con proprio decreto che l'Ente F.S, possa attuare, ove ritenuto necessario, d'intesa con le Regioni e gli enti locali interessati sistemi economici di esercizio e provvedimenti di integrazione con gli altri modi di trasporto che l'art. 13, punto 18, della legge finanziaria 1988 prevede che l'Ente F.S. ' - entro un anno dall'entrata in vigore dalla stessa provveda alla revisione economica e gestionale delle linee a scarso traffico ed al recupero ed all'ampliamento dell'utenza, anche attraverso la cessione delle linee e degli impianti medesimi a società cui possono partecipare le Regioni interessate, di enti locali, ecc., nonché l'Ente F.S.'.
Sentite la comunicazione dell'Assessore ai trasporti e le argomentazioni emerse nel dibattito avvenuto in Consiglio il 13/4/1988.
Impegna il Presidente della Giunta e l'Assessore ai trasporti ad assumere, per le linee ferroviarie di interesse regionale, tutte le necessarie iniziative ai vari livelli: Ministero dei Trasporti, Presidente, Direzione generale e Direzione compartimentale dell'Ente F.S., per: a) nell'immediato, opporsi al peggioramento ed alla riduzione dell'attuale offerta del servizio ferroviario che insieme alla mancanza di manutenzione ordinaria (da ripristinare) porterebbe al progressivo degrado degli impianti ed alla inevitabile loro chiusura b) definire linea per linea, entro un anno dall'approvazione della finanziaria 1988, protocolli di accordo tra Regione Piemonte, enti locali Direzione compartimentale F.S., che stabiliscano i reciproci impegni atti a ridurre gli attuali deficit di esercizio e garantiscano il mantenimento dell'esercizio ferroviario c) organizzare, a tempi brevi, uno specifico incontro del Consiglio regionale coi parlamentari del Piemonte, coi Presidenti e gli Assessori ai trasporti delle Province piemontesi, nonché coi Sindaci dei Comuni coinvolti dalla proposta di soppressione delle linee ferroviarie".
Pongo quindi in votazione tale ordine del giorno.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 41 Consiglieri presenti.


Argomento: Nomine

NOMINE


PRESIDENTE

Passiamo alle nomine di cui al punto 9) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Cerchio.



CERCHIO Giuseppe

Chiederei alla Presidenza del Consiglio di stralciare la votazione del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale della S.p.A. Consusa per verificare i verbali della Commissione che ha licenziato queste nomine.



BONTEMPI Rinaldo

Procediamo con calma per capire che cosa stiamo votando. La richiesta di sospensione quando la nomina è messa all'o.d.g., deve essere motivata da forti ragioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

In merito alle comunicazioni dell'Assessore Cerchio, prima di assumere una decisione in merito, vorrei ulteriori elementi di informazione per poter decidere, dato che non ho partecipato alla Commissione Nomine.



PRESIDENTE

La Commissione Nomine ha licenziato queste nomine e ha steso un verbale a cui chiunque può accedere. Se i verbali hanno un loro contenuto e una loro legittimità - come ritengo perché mi sono stati rimessi dal Presidente Petrini e dai componenti la Commissione Nomine - non ho motivo per ritenere che vi sia del falso. Se vi sono questioni di merito non le posso accettare.



CERCHIO Giuseppe

Al Presidente del Consiglio ho cortesemente chiesto se era possibile stralciare la nomina della S.p.A. Consusa (che peraltro inseguiamo da alcune settimane). Non ho visto il verbale della Commissione perché non ho avuto l'opportunità di vederlo. Semplicemente ho appreso oggi che era in votazione la S.p.A. Consusa, dopo che era calendarizzata da tempo.
Quindi, non esiste alcuna volontà di inficiare, non c'è alcuna volontà in questo senso. Dato che erano giacenti in Commissione Nomine un certo numero di nominativi, evidentemente superiori a quelli indicati, non vedendo completo l'organo della società Consusa, mi sono chiesto come è composta quella società che non è di soli sei membri del Consiglio di amministrazione e che cosa aveva deciso la Commissione Nomine. Non essendo possibile conoscere questo, non impugno certamente nulla di falso.
Chiedo, se è possibile, di stralciare questa nomina, se invece non è possibile, mi comporterò di conseguenza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, mi sembra che tra i componenti il Consiglio di amministrazione della società Consusa, il Gruppo socialista avesse segnalato una sua presenza.



PRESIDENTE

Quando viene rimessa all'aula una nomina dalla Commissione Nomine, che è istituita attraverso un modello di legge ben preciso, e che è composta da tutti i Gruppi, non è più possibile andare a ricercare se un candidato proposto non è passato.
Non possono essere introdotte questioni di merito. Se fossero possibili questioni di merito, potete immaginare quante ne verrebbero sollevate.



BRIZIO Gian Paolo

Voglio solo dire che questa nomina è parziale, perché ci sono stati dei ritardi, e che sarà completata un'altra volta.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo se è possibile proclamare oggi gli eletti.



PRESIDENTE

Non ho preclusioni per questo.



BONTEMPI Rinaldo

Assentiamo di procedere alla proclamazione degli eletti in altra seduta.



PRESIDENTE

Si provveda alla distribuzione delle liste e delle schede.
Procediamo alla votazione a scrutinio segreto.
Consusa S.p.A. - Consiglio di amministrazione (art. 15 Statuto relativo).



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Consusa S.p.A. - Collegio sindacale (art. 22 Statuto relativo).
Nomina di 1 Sindaco effettivo.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Commissione provinciale per la determinazione del valore agricolo dei terreni edificabili (art. 14, legge 26 gennaio 1977, n. 10) - Provincia di Asti. Nomina di 2 esperti in materia urbanistica-edilizia.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Centro Piemontese di Studi Africani C.S.P.A. - Consiglio di amministrazione. Nomina di 2 rappresentanti.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Consorzio di gestione della stazione alpina Sauze d'Oulx e del Centro d'addestramento per l'economia montana "Vittorino Vezzani" - Consiglio di amministrazione. Nomina di 2 rappresentanti.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Commissione consultiva per i mercati all'ingrosso - sezione bestiame (art. 9, L.R. n. 62/79). Nomina di 5 esperti di cui 2 designati dalla minoranza.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Parco naturale delle Lame del Sesia - Consiglio di Direttivo (L.R. n.
55/78). Nomina di 1 rappresentante in sostituzione del signor Luigi Macco dimissionario.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Riserva naturale Garzaia di Valenza - Consiglio Direttivo (L.R. n.
51/79). Nomina di 1 esperto botanico in sostituzione del signor Franco Montacchini.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Commissione per la formazione professionale (L.R. n. 8/80). Nomina di 1 esperto in sostituzione del signor Giuseppe Iacquinto.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Comitato Urbanistico Regionale (CUR). Nomina di 1 esperto in sostituzione del signor Raffaele Radicioni.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Commissione Tecnico Consultiva in materia di coltivazione di cave e torbiere. Nomina di 1 esperto in pianificazione territoriale, in sostituzione del signor Gambino Roberto.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegio dei Revisori dei Conti dell'USSL n. 1 di Torino. Nomina di 1 membro in sostituzione del signor Felice Calissano dimissionario.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegio dei Revisore dei Conti dell'USSL n. 47 di Biella. Nomina di 1 membro in sostituzione del signor Pietro Omodei Zorini dimissionario.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." di Torino. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." della Valle di Susa. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." del canavese. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." del pinerolese. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." di Vercelli. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." del biellese. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." della Valsesia. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." di Novara. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." dell'Ossola. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." del Lago d'Orta. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." delle Valli di Cuneo. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." del saluzzese. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." delle Langhe e dei Roeri. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turistica "A.P.T." del monregalese. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Collegi Revisori delle Aziende di Promozione Turista "A.P.T." di Asti. Nomina di 3 membri.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

SO.CO.TRAS. S.p.A. Consiglio di amministrazione. Nomina di 1 rappresentante.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Consorzio Acquedotto Monferrato. Nomina di 1 membro in sostituzione del signor Benito Salerno dimissionario.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, a questo punto propongo di chiudere la seduta.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,45)



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