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Dettaglio seduta n.127 del 16/03/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Alberton, Carazzoni, Ferro, Paris, Picco e Ratti.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

c) Adesione a Gruppi consiliari


PRESIDENTE

Il Consigliere Giuseppe Bara dichiara di aderire al Gruppo consiliare PSI e di far parte delle Commissioni I e V a norma dell'art. 22 del Regolamento interno.
Il Consigliere Guido Bonino dichiara di aderire al Gruppo consiliare DC e di far parte delle Commissioni I e II a norma dell'art. 22 del Regolamento interno.


Argomento: Caccia

Esame disegno di legge n. 352: "Modificazioni alla L.R. 17 ottobre 1979, n. 60: 'Norme per la tutela della fauna e la disciplina della caccia' modificata dalla L.R. 18 aprile 1985, n. 38" e votazione pregiudiziale di non passaggio all'esame degli articoli"


PRESIDENTE

Il punto 3) all'o.d.g. prevede l'esame del disegno di legge n. 352.
La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Signor Presidente, mi rifaccio alla relazione del disegno di legge n.
352 presentato dalla Giunta regionale.
La disciplina relativa alla tutela della fauna e al prelievo venatorio non solo nella nostra regione e non solo nel nostro Paese, è da tempo coinvolta in una dinamica vivace e tormentata che esige continui assestamenti: assestamenti che si adeguano alle frontiere sempre nuove su cui si collocano le successive mediazioni tra interessi tanto radicati quanto contrastanti.
Dopo aver approvato la L.R. n. 60 nel 1979, contenente una compiuta e sistematica regolamentazione, dopo aver approvato la L.R. n. 38 del 1985 portatrice di un ampio rimaneggiamento in varie direttrici (tra cui spiccano il principio di autogestione e quello della delega), siamo ora ad una nuova ed importante tappa di aggiornamento.
Inutile negare che l'esigenza di un nuovo provvedimento legislativo si è fatta sentire anche a seguito della richiesta di referendum regionale depositata nel 1987. Va peraltro dichiarato e ribadito che tale richiesta è stata solo uno degli stimoli, seppure importanti ed autorevoli, per la sua legittimazione popolare che ha indirizzato il governo regionale a tornare su tutta una serie di norme delicate, facendo tesoro delle esperienze dei dati di questi ultimi anni il cui insegnamento può vedersi segnatamente nella necessità di una politica meno legislativa e più amministrativa duttile e tempestiva in rapporto al mutare delle situazioni.
Da tale ripensamento, nasce dunque il complesso delle attuali proposte che mutano radicalmente non solo le singole disposizioni, ma anche la lettera e lo spirito delle norme coinvolte, oggetto nel contempo di richiesta referendaria.
Proprio in rapporto a tali mutamenti sostanziali, la conseguenza verosimilmente inevitabile andrà nel senso della caducazione del referendum (a cui non si può dar corso, in virtù della L.R. n. 4/73), in caso di abrogazione delle norme o delle disposizioni su cui verte la consultazione popolare.
In proposito occorre comunque sottolineare che la caducazione del referendum, se vi sarà, sarà un effetto e non un fine: la qual distinzione è importante, almeno in politica, se è vero, come in questo caso, che l'effetto si realizza quale conseguenza automatica, mentre il fine avrebbe richiesto la volontà determinante di evitare la consultazione.
Tale calcolo è stato invece rigorosamente assente. La Giunta regionale è invero unanime, in sintonia del resto con lo spirito dello Statuto regionale, nel riconoscere il valore democratico dell'istituto referendario sia come strumento di partecipazione nella fase propositiva sia come strumento di decisione collettiva e diretta nella fase del voto.
Sennonché il referendum è utile ed essenziale qualora vi sia un contrasto (effettivo o anche solo presumibile) tra volontà popolare e volontà del legislatore; contrasto, però, che nel caso non ricorre dal momento che sul fronte del legislatore, già con queste proposte, si manifesta disponibilità a recepire anche istanze e preoccupazioni che stanno alla base della richiesta referendaria, o quantomeno di manifesta disponibilità a rimuovere le disposizioni contestate (peraltro, non si dimentichi, già tra le più avanzate su scala nazionale) sostituendole con altre ancora più avanzate (sempre nel rispetto dei principi costituzionali).
Quest'ultimo richiamo ai principi costituzionali non è di poco conto soprattutto se si considera che taluni punti della richiesta referendaria sono di tale natura da suscitare seri dubbi: l'art. 38 della L.R. n. 60/79 infatti, ridotto al tenore risultante dalla richiesta referendaria circoscriverebbe il prelievo venatorio a proporzioni tali (quattro specie di contro alla settantina previste dalla legge quadro) da far dubitare della sopravvivenza del fenomeno "caccia" come oggetto di riconoscimento e di regolamentazione (con evidenti prospettive di incostituzionalità nei confronti dell'art. 17 della Carta fondamentale).
Sia quindi nella prospettiva di dover necessariamente intervenire con legge regionale in caso di vittoria della richiesta referendaria, sia nella medesima prospettiva di dover parimenti intervenire con legge regionale in caso di non accoglimento della richiesta, ecco che la Giunta regionale ha comunque ritenuto di proporre tempestivamente quelle medesime norme a cui avrebbe dovuto pervenire, dal momento che esse si impongono per il loro merito intrinseco al di là delle radicalizzazioni emergenti nelle pur comprensibili contrapposizioni frontali.
Ciò premesso a inquadramento dell'analisi e degli intendimenti della Giunta nel proporre il presente disegno di legge, non resta che passare alla presentazione analitica delle singole modifiche.
L'art. 1 modifica l'art. 22 per quanto concerne i periodi in cui operare gli interventi per il controllo delle specie faunistiche nel caso in cui il loro livello numerico abbia raggiunto e superato la densità agro forestale ottimale, con conseguente pregiudizio per l'equilibrio naturale e per le colture agricole. I periodi previsti nelle suddette modificazioni sono quelli che, avuto riguardo alle singole specie faunistiche e alle diverse situazioni ambientali, risultano più idonei al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Le modificazioni concernono inoltre i soggetti che la Giunta provinciale può autorizzare ad effettuare gli interventi di controllo faunistico: soggetti che, per le zone in cui è vietato l'esercizio venatorio, possono essere soltanto gli agenti venatori provinciali con l'eventuale collaborazione delle guardie giurate volontarie; mentre per il restante territorio, in relazione all'estensione delle aree su cui eventualmente è necessario intervenire e al numero limitato degli agenti venatori e dipendenti dalle Amministrazioni provinciali, possono collaborare anche i cacciatori.
Sia gli agenti venatori che i cacciatori debbono essere stati individuati nominativamente nel provvedimento provinciale che ha disposto l'intervento di controllo faunistico; nel medesimo provvedimento dovranno essere altresì indicate le zone, i periodi e i mezzi che debbono essere sempre selettivi e il numero massimo degli esemplari delle specie da abbattere.
Con le modificazioni di cui sopra si è inteso anche chiarire che l'attività prevista dall'art. 22 attiene esclusivamente ad attività di controllo da effettuarsi in via eccezionale soltanto nei confronti di quelle specie che possono, in caso di aumento numerico eccessivo, arrecare reali danni.
L'art. 2 modifica il primo comma dell'art. 23 secondo il quale la Giunta regionale può disporre catture a scopo di ripopolamento anche per le specie cacciabili: cervi, camosci, daini, mufloni e caprioli.
La modificazione proposta è motivata dall'opportunità di limitare le catture a scopo di ripopolamento alle sole specie autoctone la cui diffusione nei territori regionali, che presentano condizioni a loro idonee, costituisce un fenomeno positivo.
E' da sottolineare l'importanza delle catture di dette specie al fine di alleggerire situazioni di sovrappopolazione in ambiti protetti.
L'art. 3 modifica la lettera d) dell'art. 30 estendendo il divieto di commerciare uccelli morti di dimensioni inferiori al tordo anche agli storni e ai passeri. Tale modifica è da ricondurre alla direttiva CEE 2 aprile 1979, n. 79/409, intesa a vietare in modo generale la commercializzazione di tutta l'avifauna di minori dimensioni, a causa delle pressioni che gli interessi commerciali possono esercitare sulla caccia e di conseguenza sul livello della popolazione delle specie interessate.
Gli artt. 4, 5, 6 e 7 modificano rispettivamente gli artt. 38, 40, 41 42 e 67 della L.R. 17 ottobre 1979, n. 60.
La rigidità, con la quale le disposizioni degli artt. 38, 40 e 41 della L.R. n. 60/79 stabiliscono per la zona di caccia controllata di pianura i periodi e le giornate di caccia e il numero di esemplari abbattibili per ogni specie, appare non più corrispondente alle esigenze e alle opportunità più emergenti di programmare annualmente il prelievo venatorio sulla base di criteri che tengano conto del ritmo di rinnovamento della popolazione faunistica e del ciclo vitale delle singole specie, delle condizioni stagionali, climatiche ed ambientali.
Attraverso tale attività programmatoria, infatti, sarebbe possibile prevedere ad esempio l'eliminazione dall'elenco delle specie cacciabili di alcune specie come la passera oltremontana e la marzaiola ormai rari sul territorio piemontese; posticipare l'esercizio della caccia alla selvaggina stanziale rispetto alle stesse date fissate dall'art. 38 (terza domenica di settembre) in quanto, come è noto, spesso a tale data questa selvaggina non ha ancora raggiunto una completa maturità e quindi ha una minore capacità di difesa; far coincidere l'apertura e la chiusura della stagione venatoria per i migratori con quelle previste per la selvaggina stanziale. Ancora a titolo esemplificativo per alcune specie quale la quaglia, l'apertura a fine agosto sarebbe tecnicamente più valida: la caccia alla quaglia peraltro non più numerosa come in passato e localizzata in poche aree, non pare sia proponibile in quanto comporta l'impiego dei cani, una forte concentrazione di cacciatori sui pochi territori popolati e di conseguenza possibili danni a coltivazioni agricole che in tale epoca non sono ancora state raccolte e che tale animale frequenta abitualmente.
Del pari non sarebbe proponibile la caccia alla tortora a fine agosto in quanto, essendo l'unica specie cacciabile, potrebbe essere oggetto di una eccessiva pressione venatoria.
Periodi differenziati di caccia in relazione al limitato numero di migratori presenti sul territorio piemontese, comporterebbero una forte concentrazione di cacciatori su pochi territori popolati con conseguenti possibili gravi danni a coltivazioni agricole che in tale epoca non sono state ancora raccolte.
Sulla base delle considerazioni espresse si è ritenuto di modificare le disposizioni degli artt. 38, 40, 41 e 42 rinviando al calendario venatorio che dovrà quindi costituire un atto di vera e propria programmazione l'elenco delle specie cacciabili con l'indicazione del numero massimo dei capi da abbattere per ciascuna giornata di caccia e per l'intera stagione venatoria, le giornate di caccia e i periodi dell'esercizio venatorio, nei limiti ovviamente di cui all'art. 11 della legge n. 968/77.
Il calendario venatorio, secondo le modificazioni di cui al presente disegno di legge, dovrà essere predisposto sentita la Consulta regionale per la tutela della fauna e la disciplina della caccia, organo tecnico e consultivo della Regione in cui sono presenti tutte le categorie interessate.
La prevista programmazione venatoria risulta poi di particolare interesse per la tipica fauna alpina.
In questo senso, per quanto riguarda in particolare la tutela della popolazione degli ungulati al fine di consentire l'equilibrio della popolazione di tale specie e mantenere una giusta densità di capi rispetto alle capacità dell'ambiente, le modificazioni all'art. 38 prevedono piani di prelievo selettivo basati su censimenti qualitativi e quantitativi. Tali piani saranno predisposti dalle Province, sentito l'Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina e sottoposti all'approvazione della Giunta regionale.
Alla nuova disciplina dei piani di prelievo selettivo sarà sottoposto anche il camoscio.
Infine si è ritenuto opportuno modificare l'art. 67 della L.R. n.
60/1979, limitando a due giornate fisse l'esercizio venatorio nella zona Alpi, intendendo in tal modo ridurre il disturbo alla selvaggina e facilitare l'attività di vigilanza.
L'art. 8 modifica la disposizione contenuta nella lett. f) dell'art.
45, escludendo l'esercizio venatorio nei confronti dei tetraonidi e introduce un nuovo divieto di caccia alla fauna acquatica nelle paludi e nei corsi d'acqua perennemente ghiacciati.
L'art. 10 modifica l'art. 72 della L.R. n. 60/79 introducendo il principio secondo il quale il prelievo venatorio nelle aziende faunistico venatorie dovrà essere effettuato sulla base di piani annuali di abbattimento approvati dalla Giunta regionale, che tengano conto della consistenza faunistica di fine stagione venatoria e delle immissioni stagionali di selvaggina a scopo di ripopolamento per le finalità naturalistiche e faunistiche.
Il limite di carniere previsto dall'art. 41 della L.R. n. 60/79 rimane fermo nei confronti delle specie di cui non è previsto il ripopolamento nell'atto di concessione di azienda faunistico-venatoria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel prendere la parola all'inizio di un dibattito che si annuncia certamente animato e vivace e che tuttavia oso sperare rimanga nelle linee di una democratica esposizione di idee più che di una emotiva e preconcetta contrapposizione, scevra di polemica fine a se stessa, mirante a una prospettiva di vero interesse per il Piemonte in generale e per i settori più direttamente interessati possibilmente non strumentalizzato a fini che esulano dal merito della discussione e che attengono a giochi di schieramenti e di contrapposizioni politiche, nel prendere la parola, dicevo, non posso esimermi da un dovere che mi proviene dall'essere Presidente della Commissione del Consiglio regionale che si interessa della caccia.
E' un dovere pro veritate e a futura memoria. E' un dovere dovuto prima di tutto all'esigenza di corretta informazione, alla quale hanno diritto i Consiglieri e, loro tramite, i cittadini piemontesi, ma altresì come riconoscimento e riconoscenza al lavoro compiuto da tutti i Commissari che pur con impostazioni nettamente differenziate (e forse proprio per questo) si sono impegnati con dinamica costanza e con ininterrotto interesse.
So che ci sono altri problemi nel nostro Consiglio che assurgono a più pregnante rilevanza (e cito solo, ad esempio, nell'ambito della VI Commissione: la formazione professionale per aprire spazi di occupazione specie ai giovani; la cultura e il diritto allo studio per una educazione che plasmi il cittadino; il turismo che mette in circolo a livello nazionale e internazionale i valori della nostra terra, e così via) problemi tali che potrebbero fare apparire eccessivamente enfatizzato l'argomento che andiamo a trattare; ma qui è Rodi e qui si salta.
Voglio dire che il nostro Consiglio è chiamato a discutere sul tema caccia a pieno titolo perché la Costituzione ce ne investe; ma che noi abbiamo tuttavia ben presente una scala valutativa che pone l'uomo in quanto tale al gradino più alto e, conseguentemente, il lavoro come manifestazione di sé e inserimento nella società, la sua collocazione nell'ambiente che ci circonda, il suo indispensabile equilibrio usufruendo del relax e del divertimento.
Mi esprimo per schemi: venerdì 15/1/1988: viene presentata la proposta di legge n. 347 dai Consiglieri Viglione e Petrini, assegnata il 18/1/1988 e pervenuta il 18/1/1988 mercoledì 20/1/1988: viene presentato dalla Giunta regionale il disegno di legge n. 352, assegnato il 20/1/1988 e pervenuto il 22/1/1988 giovedì 28/1/1988: viene presentato dai Consiglieri Montefalchesi Staglianò, Reburdo, Ala, Bresso e Adduci il progetto di legge n. 353 assegnato il 28/1/1988 e pervenuto il 29/1/1988.
Lavori della VI Commissione: mercoledì 27/1/1988: la Commissione indice le consultazioni sul progetto di legge n. 347 e sul disegno di legge n. 352 per venerdì 12/2/1988 lunedì 1/2/1988 e martedì 2/2/1988: spedizione dei progetti legislativi alle varie organizzazioni sia a coloro che hanno proposto il referendum, sia alle associazioni protezionistiche, sia agli enti locali amministrazioni provinciali ed enti regionali, ai comuni, alle organizzazioni agricole, alle associazioni venatorie mercoledì 3/2/1988: la Commissione accomuna il progetto di legge n.
356 per le consultazioni mercoledì 17/2/1988: il lavoro di comparazione (in questo periodo ci sono state le consultazioni al giorno 12 febbraio) mercoledì 17/2/1988: l'Assessore non può essere presente in quanto c'è la Giunta riunita dal venerdì 12/2/1988, dopo il lavoro di correzione dei testi e delle proposte emerse dalle consultazioni, la Commissione si riunisce: venerdì 19/2/1988: la Commissione decide di procedere, alla luce della L.R. n. 20 e partendo dal disegno di legge della Giunta, nell'esame congiunto dei tre progetti di legge e di nominare il relatore a conclusione dell'esame dell'articolato mercoledì 24/1/1988: la Commissione esamina gli artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del progetto di legge n. 347; gli artt. 1, 2, 3 e 4 del disegno di legge n. 352 e gli artt. 1, 2, 3 e 4 del progetto di legge n. 356; l'art, ex 11 L.R. n. 60/79. Nell'esame si approfondiscono in particolare le modifiche agli artt. 1 (finalità), 22 (abbattimenti) e 38 (specie cacciabili e periodi di caccia) martedì 1/3/1988: la Commissione riesamina l'art. 4 del disegno di legge n. 352 ed esamina dello stesso disegno di legge gli artt. 5, 7 e 10 congiuntamente agli artt. 6, 7 e 11 del progetto di legge n. 347 e gli artt. 4, 5 e 9 del progetto di legge n. 356. L'Assessore Moretti presenta una proposta di emendamento all'art. 4 del disegno di legge n. 352.
Nell'esame si approfondiscono in particolare le modifiche agli artt. 38 (specie cacciabili) e 40 (giornate di caccia) di cui alla L.R. n. 60/79 e successive modificazioni mercoledì 2/3/1988: la Commissione riesamina gli artt. 4 e 5 del disegno di legge n. 352 e gli emendamenti presentati dal Gruppo PCI agli artt. 1, 4 e 5 del disegno di legge n. 352, esaminando altresì tutti gli articoli restanti. La Commissione, sulla base dell'esame svolto e degli emendamenti accolti, decide di procedere all'approvazione formale del testo di legge revisionato, portato in "pulito", il giorno 7/3/1988, da consegnare su richiesta del Consigliere Montefalchesi, entro il giorno 4/3/1988, cosa che peraltro è stata fatta già in data 3 marzo, alla sera di giovedì; tutti hanno potuto avere il testo "pulito" che era stato concordato e che si era mandato alla riunione della prossima seduta esclusivamente per l'approvazione dell'articolato, senza evidentemente la profluvie di emendamenti che ci è capitata tra lunedì 7 e martedì 8 febbraio per cui la Commissione, di fronte alla mole degli emendamenti decide di comunicare al Presidente del Consiglio regionale di non essere in grado di concludere l'esame dei tre progetti di legge (numeri 347, 356 e 352) iscritti al punto 3) dell'o.d.g. del Consiglio regionale del 9 marzo.
L'Assessore Moretti informa che richiederà la dichiarazione d'urgenza del disegno di legge n. 352 (ai sensi dell'art. 74 del Regolamento del Consiglio regionale).
Questi i tempi e i temi dei lavori della Commissione, che si è trovata investita dalla necessità di una attenta opera di comparazione di tre progetti, di collazione di numerosi suggerimenti che ci provenivano dalle consultazioni, ma che soprattutto aveva il fatto nuovo e fortemente incidente del primo referendum regionale dichiarato accettabile ed ammissibile.
Permettetemi a questo punto un ringraziamento doveroso agli uffici della Commissione e dell'Assessorato, non certo formale, ma veramente convinto perché so (e con me lo sanno i Commissari della VI Commissione) la fatica costata in termini di attenzione, di tempestività e di precisione: non esagero affermando che anche di questo supporto deve tenere conto il nostro dibattito.
Mi sia concesso tuttavia di non concludere unicamente negli spazi temporali entro i quali ho limitato la discussione avvenuta nelle sedute di Commissione. E' necessario che riferisca in breve anche dei modi e delle finalità con cui le varie forze politiche hanno svolto la loro presenza.
Penso proprio che non sia possibile mettere in dubbio l'andamento democratico (nel più serio significato del termine) dei nostri lavori che ho voluto permanesse costante nonostante il Regolamento segni alcuni limiti alle presenze, anche se ho ritenuto logico esplicitare questo aspetto. Ho sempre creduto (fin dall'inizio dell'aprile del 1945 quando mi iscrissi alla Democrazia Cristiana) che lo spirito è più forte della lettera. Il tratto cordiale e l'apertura alla discussione (di questo do volentieri atto all'Assessore) costituirono un terreno sul quale era possibile seminare.
Oso sperare che quella disponibilità che permane tuttora non abbia ad essere travisata o peggio sfruttata.
Voglio essere estremamente chiaro: non posso affermare che talvolta non si sia cercato il cavillo, che non si sia ricorsi ai ricordi di una partita a poker con l'immanente tentazione di tirare fuori dalla manica il quinto asso, che non si sia usufruito di una fiducia per maggiormente valorizzare le proprie argomentazioni, che soprattutto non si sia posto mano al regolamento e al formalismo per rovesciare in Commissione una valanga di emendamenti (che per ora non giudico) i quali non ci hanno messi in grado di licenziare un articolato per la discussione in Consiglio. Non voglio discutere simile metodo; affermo che sono lieto di non averlo mai usato e che spero ancora (la speranza ha fior di verde) non venga usato in quest'aula.
L'impegno in Commissione aveva finalità ben precise che costituiscono il presupposto caratterizzante le varie posizioni politiche.
Riservandomi di ulteriormente intervenire, io o altri colleghi del mio Gruppo, nella discussione degli articoli del disegno di legge sul quale dobbiamo esprimerci, vorrei indicare alcuni punti base sui quali fondare un giudizio di approvazione sul provvedimento in oggetto e che costituiscono il pensiero del Gruppo DC in materia.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, Assessore Moretti e colleghi, vorrei cominciare il mio intervento rivolgendomi direttamente al Presidente del Consiglio perch credo che in questi ultimi giorni sia stato oggetto di pressioni provenienti da più parti sulla questione del dibattito in aula sul disegno di legge regionale che di fatto impedirà il voto referendario; non ultime le lettere e i telegrammi che i radicali hanno inviato per chiedere proprio a lei, Presidente Viglione, di essere garante in questo Consiglio.
In questi quasi tre anni io l'ho vista garante dei lavori e spero che questa garanzia prosegua anche adesso.
Quello che sta per iniziare e che a bassa voce viene nominato, ma non detto mai apertamente, è ostruzionismo. Io non credo questo; penso invece che sia un'applicazione letterale del Regolamento e di tutti gli strumenti disponibili per evitare che passi una cattiva legge. Lei quindi è garante della rigorosa applicazione del Regolamento e confido che anche questa volta saprà trovare il modo giusto per rispettare i diritti di una minoranza. E' però una minoranza qui in Consiglio, ma è maggioranza nel Paese.
Vorrei cominciare con una considerazione che non è retorica ma essenziale alla luce della nuova politica e dei nuovi valori che i radicali e le forze ambientaliste hanno portato nelle istituzioni negli ultimi anni con le loro battaglie.
In nome di chi parliamo come rappresentanti del popolo? Non mi riferisco soltanto alla maggioranza dei cittadini che non vogliono la caccia, che pure, lo ripeto, sono la maggioranza sulla base di tutte le indagini statistiche svolte in questo Paese. Ricordo l'indagine di "La repubblica" all'indomani dello scippo della Corte Costituzionale del referendum nazionale del 1987 che dava un 62,5% di italiani completamente contrari alla caccia. Ricordo un sondaggio condotto da "Famiglia Cristiana" soprattutto al collega Brizio, che nell'ultima riunione dei Capigruppo aveva dichiarato con un'espressione molto bella (è un complimento, non una critica), riferendosi ad una non specificata categoria di elettori: "I nostri elettori che hanno contatto con il territorio". Se diceva "i cacciatori" forse era più semplice; gli elettori che hanno contatto con il territorio è forse perché camminano invece di volare? E' una bella affermazione. D'ora in poi chiameremo i cacciatori "i nostri elettori che hanno contatto con il territorio". Comunque, il sondaggio di "Famiglia Cristiana" dava come risultato che quattro italiani su cinque sono contro la caccia, non sono per una sua limitazione, ma contro in modo completo.
Viene da pensare quindi che i partiti politici o non conoscono i propri elettori, e soprattutto la DC non conosce il proprio elettorato cristiano se non si rende conto di questo dato che mi sa dell'incredibile, oppure fanno finta di non conoscerli così come si chiamano i cacciatori "elettori che hanno contatto con il territorio".
Quindi non è soltanto in nome di una maggioranza nel Paese che intervengo oggi, ma volevo richiamarmi a quando negli anni '60 i nostri deputati che sostenevano quasi tutti il sistema proporzionale andavano in Inghilterra e poi rimproveravano i democratici inglesi di essere per il sistema uninominale dicendo: "Noi siamo un Paese democratico, voi invece no perché con il sistema uninominale non difendete la democrazia". Ricordo che un deputato inglese rispondendo a queste critiche difendeva il sistema uninominale affermando: "Quando dico territoriale" - parlava della sua nomina a deputato - "mi riferisco non solo alle persone che sul territorio vivono, ma alle piante, ai prati, ai boschi, agli animali che insieme agli uomini e alle donne sono chiamato a rappresentare e quindi a governare". In questo momento io rappresento e parlo a nome di quegli esseri viventi che non possono parlare: i gatti, i cani, i cavalli, i canarini, le tartarughe le marmotte, i pettirossi, le beccaccine, le lepri comuni, le lepri bianche, i camosci, le pernici, i fagiani, le coturnici, le pernici rosse e non rosse, le quaglie, le starne, i conigli selvatici, i fagiani, i colini della Virginia, le beccacce, le allodole, le tortore, le cesene, i tordi bottaccio, i tordi sassello, i corvi, le cornacchie nere, quelle grigie, le gazze, le pavoncelle, i germani reali, le folaghe, le gallinelle d'acqua, i passeri, i passeri mattugia, i passeri oltremontani, gli storni, le alzavole, le marzaiole, i colombacci, le donnole, le volpi, i caprioli, i cervi, i daini, i mufloni, i camosci, i fagiani di monte.
Ci sono anche le 41 specie ritenute cacciabili dalla legge regionale e potrei anche elencare tutte le specie che la CEE vuole proteggere e tutte le altre specie che non sono a norma di legge protette, ma che non per questo hanno meno diritto delle altre.
Non è da ieri che i Radicali sostengono queste posizioni e vorrei a questo proposito fare un po' di storia perché ricordare alcune date non fa mai male.
Il primo referendum contro la caccia è stato presentato nel 1980 dal Partito radicale, con il sostegno di poche altre associazioni ambientaliste. Nel 1981 la Corte Costituzionale letteralmente scippò quel referendum, come tutti ricordate, con una sentenza che ebbe dell'incredibile. Il Partito radicale e le forze ambientaliste ci hanno riprovato nel 1986 con il nucleare, ma anche questa volta la Corte Costituzionale con 47 righe che motivavano nuovamente lo scippo aveva eliminato per un'altra volta il referendum nazionale.
Un comportamento che noi abbiamo ritenuto, detto, scritto e dichiarato palesemente anticostituzionale; ma per fortuna l'Ufficio di Presidenza della nostra Regione nell'esame delle proposte referendarie non le ha utilizzate.
Dopo questo ennesimo scippo della Corte Costituzionale avevamo promesso di ricorrere al referendum regionale, ed è quello che abbiamo fatto in tutte le Regioni in cui è stato possibile. Ricordo, anche per informare i colleghi e i presenti, che la Toscana (un Consiglio regionale che non vorrei definire) ha considerato inammissibile la proposta referendaria. In Lombardia sono arrivati addirittura a rubare le schede dei referendum per impedire che questo referendum venisse effettuato.
La posizione più interessante però, se la paragoniamo con il Piemonte è venuta dall'Emilia Romagna, dove tra un tira e molla della Regione (ricordo gestita da una maggioranza socialista-comunista) si è approvata una legge in extremis per evitare il ricorso alle urne; atteggiamento che mi sembra sia quello del pentapartito in Regione Piemonte. Io mi auguro che questo possa non avvenire, anche perché il Partito comunista nelle sue ultime dichiarazioni, e le ha fatte il Capogruppo Bontempi in quest'aula si è dichiarato apertamente contrario a una brutta legge come quella che stiamo discutendo e addirittura ha accennato a una possibilità di ricorso alle urne. Ma allora se questa è la posizione del PCI e non solo degli indipendenti di sinistra, mi chiedo perché il PCI, e mi auguro che lo farà non appoggi la nostra iniziativa che qualcuno chiama ancora ostruzionistica, ma che invece io voglio chiamare e continuare a chiamare legalitaria e garantista.
Io credo che basterebbe soltanto l'annuncio che il PCI appoggia e interviene su tutti gli emendamenti presentati, perché questa fermezza che la Giunta ha dimostrato nel discutere questa legge si sgretoli in un nulla di fatto, e ricordo che la Giunta ha dimostrato molta "disponibilità" nei confronti del Gruppo comunista. Allora, io chiedo al PCI di cogliere l'importanza politica, ma anche storica, che il ricorso alle urne in Piemonte sulla materia della caccia avrebbe contro il blocco attuato dai cacciatori e dai fabbricanti di armi.
Sarebbe facile ricordare i legami che avvinghiano il PCI alle corporazioni dei cacciatori, prima fra tutte l'Arcicaccia, ma vorrei anche ricordare alcune affermazioni fatte da esponenti di associazioni venatorie che sono intervenute di recente sull'argomento. Nella memoria congiunta presentata da Liberacaccia, Enalcaccia e altre durante le consultazioni in Commissione, si afferma che l'unico obiettivo del progetto di legge in discussione...



BONINO Guido

Signor Presidente, vorrei farle rilevare che il tempo passa per tutti come è passato per noi, passa anche per gli altri.



PEZZANA Angelo

Mi pare che il collega della DC abbia smesso di sua volontà di parlare e non sia stato interrotto dal Presidente del Consiglio.



BRIZIO Gian Paolo

E' stato interrotto da noi.



PEZZANA Angelo

Brizio, tu stai sedendo sui banchi della Giunta, ma il tuo posto è da questa parte, quindi non credo tu sia autorizzato.
Io ricordo che il Presidente Viglione per quanto riguarda i tempi ogni tanto scampanella, ma non ha mai tolto la parola a nessuno finora. Se si vuole instaurare una nuova regola deve valere poi fino alla fine della legislatura, collega Brizio!



BRIZIO Gian Paolo

Certo, per noi può valere fino alla fine della legislatura. Non abbiamo mai abusato della parola!



PEZZANA Angelo

Stavo dicendo che l'unico obiettivo, come hanno dichiarato questi cacciatori, del progetto di legge in discussione sembra essere quello di evitare una spesa al bilancio regionale e quindi si sono dichiarati contrari al progetto di legge. Al posto di quel "sembra essere" adesso c'è un "è", ma è una mano più prudente che l'ha corretto in extremis. Quindi anche i cacciatori sono contrari al progetto di legge e dichiarano chiaramente e con molta franchezza e onestà che sono contrari soltanto per evitare il referendum.
L'Arcicaccia alessandrino in un articolo apparso sul "Piccolo" di Alessandria il 20 gennaio ha scritto: "Riteniamo che il referendum sia il modo peggiore per affrontare il problema della difesa della fauna e dell'ambiente". La trovo un'argomentazione incredibile, anche alla luce delle recenti prese di posizione di tutto il movimento ambientalista compresa la Lega Ambiente, che si è più volte espressa a favore di una raffica di referendum consultivi e abrogativi su tutte le questioni ambientali, prime fra tutte quelle per le aziende ad alto rischio. E oggi sappiamo in questo Consiglio quanto le aziende ad alto rischio siano letali e micidiali per la salute dei cittadini, ma lo sappiamo dopo anni che altre forze sociali hanno sempre proclamato e detto.
Leggiamo però ancora un'altra frase in questo giornale: "I modi per evitare il ricorso alle urne sono tanti, l'importante è che vi sia la volontà politica e che manchino atteggiamenti preclusivi". Questo è l'obiettivo dell'Arcicaccia per evitare il referendum. Fa paura. Fa paura soprattutto perché se si facesse un referendum ci sarebbe una sconfitta a stragrande maggioranza di quelle forze che invece vogliono la caccia questo è l'argomento vero. Comunque il peso dell'Arcicaccia con le sue argomentazioni è notevole, sia in termini economici, sia in termini elettorali, come diceva il collega Brizio, dei suoi elettori che camminano sul territorio. Noi speriamo però che il PCI riesca ad affrancarsi da questo vincolo malefico e proceda quindi alla vera difesa dei referendum.
Il Presidente della Federcaccia CONI (non ho mai capito poi cosa c'entri la caccia con lo sport), Francisetti ha dichiarato: "Le proposte abrogative" - e questo a detta dello stesso Comitato dei promotori - "altro scopo non avrebbero che di dare un maggior peso politico al Partito radicale e anche a far girare le scatole ai cacciatori, non trovando in effetti tali proposte abrogative alcun riscontro positivo, men che meno nella tutela di nessun tipo di fauna cacciabile e non". A me spiace pensare che il Presidente di una corporazione così potente non sappia leggere perché tanto si evince dalle sue affermazioni. Intanto è chiaro a tutti che se vengono approvate le nostre proposte si tutelano le specie escluse dalla caccia, anche perché non c'è altro significato possibile da dare all'esclusione dalla caccia di determinate specie; ma soprattutto il signor Francisetti regala al Partito radicale un potere e un'audience presso i media che purtroppo non ha. Basta leggere la rassegna stampa, striminzita peraltro, sulle vicende legate al referendum regionale per rendersi conto che il Partito radicale è citato sempre e solo marginalmente, anzi, spesso non lo è affatto, anche perché la moda è quella di parlare oggi di forze ambientaliste.
Francisetti poi parla, raggiungendo in questo caso il ridicolo, di "pi di mille famiglie in notevole difficoltà con mille figli", anche se non di foca, "che dovranno essere sfamati se passa il referendum". Ma le dichiarazioni ufficiali se servono a capire meglio le posizioni e i pregiudizi, oltre che gli interessi da difendere in gioco - e qui, collega Brizio, sono interessi politici ed economici, ma lo direi anche al collega Bontempi non danno tutta la dimensione della situazione: ci sono altri lati della situazione ben più inquietanti. Ad esempio, le recenti sentenze del Consiglio di Stato, che hanno ritenuto validi i ricorsi presentati dall'ENPA contro la Regione e la delibera dei parchi sui cosiddetti abbattimenti selettivi. Contro questi abbattimenti, che non sono altro che caccia permessa e regolamentata nei parchi per come sono gestiti, ci siamo anche noi espressi molte volte, ma la Regione ha sempre sostenuto la posizione, anzi, le richieste dei parchi. Ora vorrei proprio sentire gli Assessori competenti con che faccia vengono a riproporre la loro difesa d'ufficio di quelle delibere dopo il parere del Consiglio di Stato: altro che eliminare i cervi malati della Mandria! I cervi malati fan tanto comodo finché rimangono, perché così ogni tanto si possono organizzare quelle famose battute di caccia costosissime (si parla di decine di milioni a capo abbattuto) per chi le esercita e lucrosissime per i parchi che invece di tutelare la fauna lucrano su di essa. Sempre inquietante e oscura è poi quella vicenda legata al rinvio a giudizio, proprio in questi giorni dell'ex Assessore comunista alla Provincia Fenoglio accusato di favoreggiamento per le bustarelle che, sembra, fossero necessarie per ottenere le licenze di caccia. Dicevo oscura situazione per la quale tutti si dichiarano estranei, dai cacciatori ai diretti interessati, ma che vedono coinvolti i principali funzionari sia delle associazioni venatorie che della Provincia per i quali i quotidiani si sono premurati di ricordarci la loro appartenenza al Partito comunista (riferimento ad Antognazzi) e che la dice lunga su come le istituzioni pubbliche rispettino le leggi e tutelino i cittadini.
Finisco questo intervento, breve e concitato, senza ripetere l'invito che ho già rivolto al Partito comunista: di aderire ufficialmente a quello che gli altri chiamano ostruzionismo. Sarebbe un segno importante fondamentale, di un concreto appoggio al referendum e sarebbe certamente la vittoria del fronte garantista e referendario. Compagni o amici comunisti come preferite, basta solo un vostro annuncio perché tutto si risolva subito e si possa andare alle urne in primavera, insieme, con tutte quelle forze che sono veramente per difendere l'ambiente così come è avvenuto sulla giustizia e sul nucleare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò. Consigliere Staglianò, vedo sul suo banco tutti quei libri e sono un po' preoccupato, non ce li leggerà per caso tutti?



STAGLIANO' Gregorio Igor

Per adesso no! Non è detto, tuttavia, che sia necessario, signor Presidente e colleghi, ricorrere alla lettura di questi atti consiliari che sono una testimonianza fisica dell'attenzione che il Consiglio regionale ha dedicato all'argomento caccia, nella II e III legislatura, in specifico che ci fanno capire come questa fretta di concludere al più presto la discussione che si è avviata agli inizi di febbraio in Commissione, abbia soltanto ed unicamente una finalità: quella di mettere per l'ennesima volta un cerotto sulla bocca ai cittadini che chiedono legittimamente di pronunciarsi sull'argomento. Se così non fosse, signor Presidente, la discussione che si era avviata in Commissione con un certo profitto avrebbe potuto concludersi anche proficuamente. Una discussione che ha potuto confrontare argomenti diversi, approcci e punti di vista differenti; fino a quando non sono prevalsi nello schieramento della maggioranza i "falchi" impedendo che si concludesse quella discussione riportando in aula i termini precisi del problema così come andavano focalizzandosi.
Penso sia importante richiamare qui, oggi, al momento in cui tutti quanti ci poniamo ai blocchi di partenza di una discussione che sarà lunga e faticosa, qual è stato l'oggetto di questa discussione. Dalla ricostruzione che ha fatto il Consigliere Villa non risulta sufficientemente chiaro. Noi, presentatori di un progetto di legge che recepisce integralmente il punto di vista dei presentatori della richiesta referendaria, abbiamo detto sin dal primo momento che c'è un punto imprescindibile (accanto ad altri) su cui non avremmo accettato alcun cedimento accogliendo pasticci. Questo punto fondamentale riguardava e riguarda, Presidente e colleghi, un principio generale: quello del diritto ad usufruire del territorio e delle sue ricchezze da parte di tutti i cittadini. Ecco perché, nel discutere del calendario venatorio, abbiamo battuto, costantemente, il chiodo sulla questione della domenica da riservare a tutti i cittadini e non soltanto ad una minoranza di essi.
C'erano altri punti (che il Presidente Villa conosce bene, perché ha seguito e diretto con attenzione i lavori): i piani di abbattimento che non possono essere occasione per dare via libera, nei territori protetti, ai cacciatori. In questo senso prevedendo che i piani di abbattimento venissero fatti con altri presupposti, là dove sono biologicamente necessari, e con riguardo per le specie che devono essere protette perch sono a rischio di estinzione.
Su questi punti abbiamo avanzato proposte in coerenza con il mandato dei promotori del referendum a cui intendiamo attenerci scrupolosissimamente. Abbiamo riscontrato una disponibilità, fino ad un certo punto, nell'Assessore Moretti; abbiamo visto prevalere la volontà di scontro frontale da parte di una parte della maggioranza per scippare questa richiesta legittimamente avanzata dai cittadini piemontesi per poter dire la propria opinione su un argomento, certamente controverso, ma che riguarda tutti. Questi sono i fatti! Di fronte alla non disponibilità degli interlocutori di rapportarsi ai nostri argomenti, abbiamo annunciato lealmente, che avremmo fatto ricorso a tutti gli strumenti regolamentari per difendere questo diritto dei cittadini se non si vuole legiferare nella direzione che i promotori del referendum hanno proposto.
Dal lungo elenco di tappe forzate che il Presidente Villa ha rifatto stamani, devo dire che è saltata un'annotazione che forse ha qualche rilievo: riguarda le consultazioni, anzi, il tono di alcune consultazioni e il Presidente Villa conferma queste cose. Abbiamo avuto addirittura l'aggressione, verbale, ma non meno significativa, da parte delle associazioni venatorie nei confronti della stessa legittimità di questa assemblea parlamentare di mettere mano sull'argomento. Nelle memorie presentate dalle associazioni venatorie in Piemonte si afferma, ad un certo punto, il loro sconcerto per l'incapacità amministrativa e politica dimostrata anche in questa occasione da tutte le forze politiche rappresentate in Regione per affrontare il problema caccia.
Continuano tali proposte, le proposte che andiamo qui discutendo mancano di ogni sia pur minimo requisito per essere considerate come il frutto di un serio ed onesto impegno a legiferare.
E poi affermano, in particolare la Federazione Italiana per la Caccia che non è nemmeno discutibile la proposta di legge n. 356, quella firmata dal sottoscritto insieme ad altri colleghi.
Signor Presidente, è lungi da noi la volontà di censurare alcunché, ma noi non possiamo non prendere atto di questa volontà pervicace delle associazioni venatorie di impedire che i cittadini si pronuncino, di impedire addirittura che le assemblee legislative legiferino liberamente e nel modo che ritengono più opportuno.
Allora, questi toni non possono non essere considerati accanto alla valanga di lettere sotto forma di pressioni più o meno velate inviate a tutti i partiti, a tutte le forze politiche in questi giorni, in cui si minaccia di togliere il proprio consenso elettorale.
Noi, signor Presidente, non abbiamo alcun timore di confrontarci con questi punti di vista e io voglio qui richiamare un passaggio essenziale della nostra discussione: qui noi non discutiamo né legiferiamo se la caccia deve esserci o non deve esserci. Legiferiamo nell'ambito dei limiti costituzionalmente concessici che è quello della regolamentazione della caccia; una regolamentazione che deve essere a nostro avviso restrittiva per tutte le ragioni che finora sono state dette e che diremo ancora nei prossimi giorni.
Voglio concludere, signor Presidente, ritornando alla questione del referendum.
La democrazia, signor Presidente, e lei lo sa bene, non è una gentile concessione di nessuno, per cui è davvero triste sentire nella Conferenza dei Capigruppo il rammarico di alcuni colleghi ad aver concesso che il referendum venisse dichiarato ammissibile. Cioè di non avere fatto il Piemonte, e questo è un punto che può onorare il Consiglio regionale del Piemonte, quello che hanno fatto quasi tutti gli altri Consigli regionali di Italia, cioè soggiacere alle pressioni della lobby della caccia.
Allora, se la democrazia non è una gentile concessione ma è una conquista costante, quello che ci approntiamo a fare, usando tutti gli strumenti regolamentari, è la difesa di un principio democratico essenziale.
Signor Presidente, si sprecano le parole di questi tempi, anche noi ne sprechiamo molte, sulla distanza tra il Palazzo e i cittadini. Dopodich tutte le volte che i cittadini chiedono la parola (è avvenuto sul nucleare rischia di avvenire sulla caccia, anche se io non voglio dare per conclusa la partita) questa parola viene loro negata. C'è sempre qualche ragione facendo carte false o bilanci falsi, per impedire che i cittadini parlino e dicano quello che pensano. In questo le associazioni venatorie hanno tutta la libertà di portare i propri argomenti e misurare il grado di consenso che i loro argomenti hanno fra la gente.
Signor Presidente, in conclusione voglio dire che i 120.000 fogli che abbiamo fatto stampare presso il Centro Stampa del Consiglio regionale per riprodurre gli emendamenti che abbiamo presentato come Consiglieri ambientalisti, che fanno riferimento al Comitato promotore del referendum anticaccia, non sono un dispetto: sono il ricorso necessario, obbligato a difendere un diritto e le prerogative di ciascun Consigliere in un'assemblea parlamentare.
Debbo aggiungere un ringraziamento da parte mia personale e della mia forza politica alle associazioni protezionistiche, in particolare la LIPU Pronatura, Lega Ambiente, che hanno lavorato con noi di giorno, di sera, di notte, per predisporre i materiali di questa battaglia che noi intendiamo portare fino in fondo. Sapremo valutare con attenzione ogni spiraglio che si apra per fare una legge che corrisponda alla volontà dei promotori del referendum e quindi che si legiferi all'altezza in cui un'assemblea come quella piemontese deve sapersi rapportare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ritengo che cresca la consapevolezza nella nostra comunità sull'importanza della condizione centrale della tutela dell'ambiente. Una coscienza sostanzialmente e, non sempre come avviene nella strutturazione di un ordinamento giuridico l'adeguamento a questa crescita di coscienza trova una sua materializzazione.
Ritengo che ormai l'ambiente costituisca un elemento centrale e la coerenza di ogni attività dell'uomo deve essere via via affinata.
Credo che si debba parlare di una specie di diritto all'ambiente della collettività al quale il sistema degli interessi deve orientarsi con gradualità tenendo presente il rapporto con i processi economici e sociali.
La funzione di questa assemblea elettiva è quella di cercare con uno sforzo di equilibrio e di attenzione di portare a sintesi questi vari interessi legittimi non collimanti.
Credo che non si possa porre sullo stesso piano quello che è un diritto alla tutela dell'ambiente con un diritto alla caccia. Non sono due interessi contrastanti, sono due aspetti posti su piani diversi.
Credo che questa assemblea nella sua funzione legislativa, nel 1979 in occasione della legge n. 60, abbia già fatto, in parte consapevolmente e in parte lasciandola a livello latente, questo tipo di distensione e questo tipo di conciliazione tra due aspetti che operano e sono su piani diversi.
Una sensibilità particolare quindi che va riconosciuta al legislatore piemontese se lo si confronta rispetto alle altre produzioni legislative delle altre Regioni. In materia ambientale poi lo vediamo, lo vediamo sui problemi della tutela dell'ambiente nelle sue diverse articolazioni (aria acqua e problemi del territorio), assistiamo a una forte evoluzione dei bisogni, delle esigenze e non solo delle sensibilità e dei rapporti con l'attività umana. Credo che il disegno di legge presentato dalla Giunta e illustrato dall'Assessore Moretti abbia e colga a fondo la necessità di procedere in modo dinamico dinnanzi ad alcuni aspetti che toccano i problemi ambientali. E' un aggiornamento quasi, oserei dire, "fisiologico" della legge prodotta dal Consiglio regionale nel 1979. C'è una spinta referendaria che può essere stato l'innesco del processo, l'accelerazione del processo, ma non si può negare che ci sia stata da parte della proposta di legge presentata dall'Assessore Moretti questo tipo di sensibilità e di capacità di cogliere la necessaria evoluzione del rapporto tra ambiente e caccia che si veniva determinando.
Non è dunque strumentale questo disegno di legge. Credo che cerchi di raggiungere degli effetti, non ha come fini quello di "uccidere" il referendum. E' speciosa e pericolosa la polemica che il referendum costa.
Per questa strada si va anche a dire che costano le elezioni, costa mantenere questo Consiglio regionale. Per questa strada si va verso una concezione della politica elitaria che lotte e lotte, sangue e sacrifici di molti combattenti per la democrazia hanno plasmato nel nostro Paese.
Non credo neppure che ci sia la volontà da parte di nessuno di annacquare l'esito eventuale del referendum. Noi constatiamo con preoccupazione alcuni tentativi di armeggiare attorno all'esito del referendum sul nucleare. Ed è per questo che saremo comunque attenti qualora si dovesse svolgere la consultazione referendaria, ad un rispetto di quella che è l'indicazione che da essa emerge.
Credo che anche coloro che hanno proposto il referendum non siano per l'abolizione della caccia, ma per una forte limitazione di essa. Mi pare che nell'opinione pubblica non sia stato molto colto questo aspetto che mi sembra non irrilevante.
L'articolato rappresentato dal disegno di legge può costituire una base per una equilibrata soluzione del problema. Ritengo che ci possano essere quegli spazi, quelle aperture per poter dare una soddisfazione agli interessi che sono in campo. Credo che siano due i nodi con i quali dobbiamo confrontarci: uno è il problema delle specie. Ritengo che proprio per quell'opera di aggiornamento dinamico la L.R. n. 60 possa trovare un'ampia limitazione e riduzione rispetto alle specie che allora erano state indicate, vuoi per ragioni particolari (penso al problema della starna), vuoi per altri aspetti che pongono in rilievo alcune specie che sono soggette a rischio di estinzione.
La ricerca di una soluzione equilibrata sulle specie, così come potrebbe emergere dal disegno di legge, credo possa non pregiudicare l'esercizio della caccia pur ponendo delle limitazioni.
Il secondo aspetto è quello delle giornate e qui è nodale il problema della domenica. Una comunità sempre più bisognosa di un rapporto con la natura per ritemprarsi soprattutto nel giorno della domenica, deve poter vivere gli aspetti naturali della nostra regione; in questo caso può anche trovare qualche rischio con l'esercizio della caccia (anche se questo avviene nella parte terminale dell'anno, quindi nel momento in cui la fruibilità normale della natura presenta delle limitazioni per ragioni climatiche). Qui si pone un problema. Credo che sulla domenica si possa forzare per una soluzione equilibrata che salvaguardi un diritto alla caccia, ma che tuteli anche quella parte dei cittadini che vogliono usufruire dell'ambiente. Questa ricerca credo sia necessaria e utile. Non voglio usare demagogicamente il fatto che ci sono 190 mila disoccupati nella nostra regione che auspicano che questo Consiglio regionale magari discuta più approfonditamente dei loro problemi; i siderurgici che rischiano 2.500/3.000 posti di lavoro vorrebbero trovare una maggiore spinta, magari veder dedicare uno o due giorni ai loro problemi anche da questa assemblea. Ma non credo che si possa usare strumentalmente questo tema. Non parlo di ostruzionismo. Sono rispettoso di un necessario approfondimento che i lavori richiederanno per questo tipo di ricerca; se non è strumentale, se effettivamente c'è questa volontà di portare a sintesi alcune posizioni di partenza. Il Presidente del Consiglio - l'ha sempre fatto e lo farà anche in queste giornate - non potrà che essere garante affinché il gioco democratico si possa svolgere nel modo più aperto e nel modo più nitido. Però dico a noi stessi, nel rapporto con la comunità che ha dei problemi drammatici e gravi: cerchiamo di minimizzare quelli che possono essere i tempi per la ricerca di una soluzione. Credo possa essere possibile se le volontà che noi esprimiamo fanno premio su una polemica e su una lotta di piccoli interessi che deve essere lasciata fuori da quest'aula, proprio per renderla degna e capace di produrre un corpo legislativo che sia credibile per la nostra collettività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Vorrei introdurre qualche nota polemica in questo dibattito a partire dall'intervento del Presidente della VI Commissione che ha voluto ricostruire le tappe attraverso le quali si è arrivati alla non conclusione che oggi stiamo verificando; credo di poterlo fare perché, come sempre succede nelle istituzioni, ci sono dei momenti in cui i regolamenti vengono applicati in termini dinamici e altri momenti in cui i regolamenti vengono richiamati. Debbo dire che esente da questo è il Capogruppo democristiano Brizio che invece è un fedele applicatore dei regolamenti.
Il problema che volevo sollevare, signor Presidente del Consiglio regionale, è che l'esordio della VI Commissione per discutere e affrontare il problema della legge sulla caccia non è avvenuto in termini auspicabili di un clima che permettesse di svelenire polemiche. Infatti in Commissione al primo incontro è stato richiamato il Regolamento, il cui richiamo sostanzialmente metteva il sottoscritto in una posizione alquanto strana nel senso che, non essendo io lì rappresentante di nessun Gruppo politico e non essendo quella la mia Commissione, ma essendo presente soltanto come modesto firmatario della proposta di legge insieme al compagno e amico Montefalchesi, solo la buona volontà del Presidente della VI Commissione mi ha permesso di rimanere in quel consesso.
E' del tutto evidente che quelle condizioni non mi hanno permesso di contribuire, con altri amici e compagni firmatari di questa proposta di legge, a svolgere appieno i compiti che avrei potuto e dovuto svolgere.
Questo è il primo elemento di un clima che conferma il tentativo di voler incancrenire una situazione che non è stata certamente portata a questi livelli di polemica dal Comitato promotore del referendum e da quanti come noi hanno sostenuto questa iniziativa.
Il clima si è deteriorato al punto che lo scontro e la contrapposizione frontale sono stati creati da quell'area istituzionale e politica molto composita che ha sostenuto un'aggregazione atipica dei cacciatori ritenendoli massa da utilizzare contro quattro ragazzotti che in fondo volevano creare condizioni difficili nel sistema democratico del nostro Paese; guarda caso intendevano dare voce e spazio a quanto previsto dalla Costituzione, l'esigenza e la possibilità da parte dei cittadini di arrivare ad un referendum per portare la loro voce dentro le istituzioni.
Questo è il clima politico dal quale mi sono tirato fuori, anche con affermazioni polemiche. Credo che la più seria posizione che questo Consiglio regionale possa tenere nei confronti di questo snodo politico (è inutile parlare di riforme istituzionali quando si vogliono creare le condizioni per non dare più voce ai cittadini) sia quella di ritenere il referendum una cosa di ordinaria amministrazione. Se una legge prevede il referendum, sarebbe naturale, se democrazia ha un senso, se le istituzioni hanno un senso, un valore democratico, che a questo referendum si accedesse dando la voce ai cittadini. Siano i cittadini a dare un contributo su una questione importante e delicata come questa! Molte volte in questo Paese si sono calpestati i valori fondamentali della Costituzione: a questo tentativo si sono prestate troppe forze politiche e la sudditanza dei membri di queste forze politiche, anche presenti nelle istituzioni, che in privato affermano che si va verso un degrado delle istituzioni e poi alzano unitariamente il dito, su imposizione delle Segreterie dei partiti o dei Capigruppo, per favorire questo degrado. Questo avrebbe potuto essere evitato.
Oggi vogliamo che si tenga questo referendum e credo che le forze sane di questa Regione siano d'accordo con noi che la parola debba essere passata ai cittadini; oppure siamo di fronte al fatto che se proprio non si vuole andare al referendum l'altra strada è quella di recepire integralmente le richieste e le formulazioni di chi ha chiesto il referendum.
Penso che non ci siano alternative a questa situazione. I nostri emendamenti, badate bene, hanno la semplicissima funzione, molto chiara e molto esplicita, di garantire che 60 mila cittadini piemontesi che hanno voluto misurarsi su una questione come questa, chiedendo ai 4 milioni e mezzo di cittadini piemontesi di fare altrettanto, abbiano la garanzia prevista dalla legge e dal nostro Statuto che questo possa essere fatto. E' di una semplicità cristallina.
In questo senso diventa inaccettabile un manifesto che ho visto questa mattina e chiederei che su questo ci fosse una posizione chiara da parte delle associazioni dei cacciatori. Qui non è in gioco lo strumentalismo qui è in gioco la volgarità fascista, una bassa volgarità fascista, di un manifesto che strumentalizza posizioni degne - che sono quelle che difendono la caccia - sulle quali viene data una interpretazione dei fatti non veritiera. Se di fronte ad un manifesto come quello vogliamo ancora mantenere un minimo di rapporto democratico noi aspettiamo una presa di distanza dei cacciatori da questa volgarità; una volgarità nel merito perché insinuare bassamente che delle persone si possono prestare a giochi politici - io intanto mi dissocio da questo perché le mie posizioni politiche le ho prese a testa alta e vorrei che lo facessero anche altri è l'atto più sconveniente che si potesse fare per avvelenare la situazione.
Questa strumentalizzazione volgare fascista richiederebbe l'intervento del Presidente del Consiglio regionale per chiedere un chiarimento alla Federcaccia; non penso che gli associati alla Federcaccia siano tutti della valenza fascista rappresentata da quel manifesto. Quindi, interpretare falsamente il fatto che delle persone si possono prestare a rappresentare un partito come il Partito comunista, che è in grado di rappresentarsi da solo alla luce del sole, mi pare una cosa volgare ed inaccettabile sotto tutti gli aspetti.
L'altro aspetto: usare l'arma del ricatto. Ma allora l'arma del ricatto è una sfida politica aperta. Se volete andare ad un confronto c'è un'unica possibilità, quella di fare il referendum dove ogni posizione può essere espressa, non ci sono alternative.
Attendiamo da questo punto di vista dei chiarimenti. Non siamo stati noi ad avvelenare una situazione che sta diventando interessante per certi aspetti ma anche molto delicata dal punto di vista istituzionale e politico, Presidente. Per cui citando gli episodi che ho citato (quello che è capitato in VI Commissione durante il primo incontro e quello che sta capitando in modo così volgare con quel manifesto nella società per mettere l'uno contro gli altri, gli armati da una parte e i disarmati dall'altra) non posso accettare una posizione come questa, perché mi pare che anche all'interno delle forze che sono a sostegno della caccia, di un certo tipo di caccia, ci siano posizioni molto articolate. Non si può fare di ogni erba un fascio e quindi pur in una differenza di posizioni è possibile arrivare ad un confronto serio e responsabile a condizione che queste non vengano inacerbite dalla volgarità di quel manifesto, che peraltro mi auguro non venga appiccicato in giro perché significherebbe collocare i cacciatori su un versante al quale non credo che la stragrande maggioranza di essi appartenga.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, quando si affronta con un disegno di legge un argomento come quello della caccia, credo sia obbligo e dovere del legislatore non farsi trascinare da propensioni di carattere personale emotivo, ma tenere presenti, soprattutto per un legislatore regionale, da un lato la previsione normativa nazionale che è vincolante per il legislatore regionale e dall'altro il sapere che attraverso il disegno normativo devono essere contemperate tre diverse e spesso opposte esigenze.
La prima esigenza è stata ampiamente ricordata questa mattina da molti colleghi che sono intervenuti ed è quella che attraverso la regolamentazione di questa attività si tuteli la fauna, si tuteli l'equilibrio ambientale, si tuteli la fruibilità dell'ambiente equilibrato per tutti i cittadini. Questa certamente è un'esigenza che il legislatore nazionale ci richiama e che dobbiamo tenere ben presente nell'affrontare un disegno di legge di questa fatta.
Vi è una seconda esigenza cui il legislatore nazionale richiama, cioè la tutela degli interessi della volontà, qualcuno potrebbe dire dei gusti dei cacciatori e cioè di coloro che praticano un esercizio che molti definiscono sportivo, altri definiscono ecologico. Non credo sia questa la sede per entrare nel merito delle disquisizioni lessicali o filosofiche sulla caccia, ma certamente c'è un'esigenza e un interesse che il legislatore nazionale riconosce.
Vi è una terza esigenza che sta un po' a metà tra le due, ma poi finisce per essere compressa da tutte e due le precedenti esigenze, che è quella degli agricoltori, cioè di coloro che fruiscono del territorio in maniera costante, permanente, durante tutto l'anno, perché rappresenta la loro attività lavorativa che è necessaria e utile per tutti. Essi finiscono poi per essere i soggetti passivi sia degli uni che degli altri, cioè sia dei sostenitori della prima che dei sostenitori della seconda esigenza.
Quindi, vedete, è un terreno non facile perché bisogna necessariamente contemperare questi tre aspetti. Ritengo che il Piemonte sotto questo profilo, non voglio fare dello sciovinismo regionalistico, sia davvero all'avanguardia. Dispone già da alcuni anni di una legge, la n. 60, che io giudico una buona legge e che è riuscita in questi anni a regolare e a contemperare queste diverse esigenze; ma come tutte le leggi, anche le buone leggi, anche la n. 60 può essere modificata e migliorata.
Credo che il disegno di legge che la Giunta ha presentato vada esattamente in questa direzione, cioè di modificare e di migliorare le previsioni della legge n. 60 alla luce dell'esperienza di questi anni e alla luce anche di esigenze che si sono manifestate attraverso la proposizione dei quesiti referendari sul cui argomento torneremo brevemente più tardi.
Non l'hanno fatto in molti, se non l'Assessore intervenendo in apertura, ma mi sembra che sia doveroso richiamare i punti qualificanti di merito del disegno di legge che è stato presentato dalla Giunta e che per iniziativa della Giunta stessa, recependo i suggerimenti emersi dai lavori della Commissione, potrà essere modificato in aula. Il primo mi sembra sia quello della individuazione delle specie cacciabili in un ambito ristretto che tenga presente le esigenze di tutela della fauna e di evitare che certe specie vadano estinte, che tenga presente le esigenze di un equilibrio complessivo della fauna sul territorio regionale. Il secondo aspetto che ci sembra importante e rilevante è la ridefinizione del calendario di massima che è uno degli elementi centrali della vicenda che abbiamo vissuto in sede di Commissione. Anche qui ci sembra che ci siano delle soluzioni, quelle nel disegno originario e quelle che sono emerse attraverso i lavori che siano ampiamente soddisfacenti sia per coloro che sentono più forte l'esigenza di una tutela assoluta e generalizzata della fauna e sia per coloro che invece ritengono che questa esigenza debba essere contemperata con le altre che ho già ricordato.
Vi è un altro elemento estremamente importante in questo disegno di legge e cioè la previsione e le modalità attraverso cui andrà ad estrinsecarsi quell'attività di abbattimento che non deriva dall'esercizio della caccia, ma da necessità oggettive di riequilibrio della situazione faunistica sul territorio regionale per motivi sanitari o per motivi di altro genere, come per esempio gli abbattimenti previsti in caso di espansione ed estensione di rapaci o di razze nocive per l'agricoltura o comunque nocive per altre specie laddove dovesse esserci un'estensione eccessiva di questo tipo di specie. E da ultimo la regolamentazione della caccia all'interno delle aziende venatorie che ci sembra rappresenti un punto di equilibrio assolutamente importante. Nel merito scenderemo con più attenzione quando prenderemo in esame i singoli articoli e gli emendamenti che a questi sono stati presentati, ma mi sembrava doveroso richiamare questi elementi, seppur per indice, nell'intervento di ordine generale perché ci sembra che di questo si debba parlare, cioè del merito della legge che stiamo discutendo.
Non possiamo certamente dimenticare in questo primo intervento altri due aspetti (che sono stati considerati in prevalenza negli interventi che ho ascoltato finora), ovvero l'atteggiamento del Consiglio e quindi della legge regionale nei confronti del referendum, il problema della caccia come elemento assoluto e come questo è considerato nella comunità piemontese.
Sul primo credo di dover richiamare solo per memoria ai colleghi più distratti, e Reburdo mi sembra che sia stato fra questi, quanto ho già detto nello scorso Consiglio. Mi sembra che quanto ho argomentato potesse essere contestato nel merito, ma non dimenticato; non mi sembra che contestazioni di merito siano venute e si sia voluto o si sia stati distratti nel dimenticare questo tipo di argomentazione, ripeto discutibile, ma che forse avrebbe meritato da parte di qualche collega un'attenzione maggiore. Allora per memoria devo ricordarlo e devo ricordare che il nostro sistema istituzionale è un sistema fondato sulla delega alle assemblee elettive e che quindi la priorità legislativa spetta alle assemblee elettive e non spetta all'esercizio diretto dei cittadini. Forse esistono ancora quei piccoli cantoni svizzeri dove la gente si ritrova sotto il fico alla sera dopo aver finito di lavorare e decide delle norme e delle regole che deve dare alla propria comunità. Certamente esistono, la nostra scelta costituzionale e istituzionale però è diversa: esistono le assemblee legislative e in prima battuta sono le assemblee legislative che non solo hanno il diritto, ma il dovere di esprimere la legislazione che ci regola. E solo in mancanza di questo può intervenire uno strumento suppletivo quale quello referendario; quindi mi sembra che sia mal posta la questione della dicotomia tra la legge, tra l'intervento del legislatore regionale e l'intervento referendario e, mi sia consentito dire, è posta in maniera un po' strumentale, perché non si fonda sulla realtà istituzionale in cui viviamo, che ci piaccia o no è quella che è.
Un altro aspetto è stato introdotto dal collega Pezzana, e mi stupisco che sia stato proprio lui, molto attento a questi problemi, ad introdurre un argomento di questo tipo. Parlando in generale della caccia ha sostenuto che in Piemonte la maggioranza dei cittadini è contraria alla caccia e quindi bisogna, di fatto, abolirla o porre delle regole che non solo limitino l'esercizio, ma lo escludano. Ho già detto in Commissione e non ho difficoltà a ripeterlo qui, non sono cacciatore, non lo sarò mai, non distinguo un fagiano da un pollo in batteria, malgrado ciò ritengo che finché il legislatore nazionale riterrà che la caccia sia un'attività non negativa per la collettività dei cittadini e quindi possa essere esercitata, questa debba trovare un suo spazio all'interno delle regole che ci guidano nel nostro operare quotidiano, sia lavorativo che non lavorativo, come nel caso di specie. Io non so se quei sondaggi di opinione siano giusti o sbagliati, ma anche se la maggioranza dei cittadini fosse contraria ad un'attività che invece il legislatore ritiene che non rientri tra quelle che devono essere assolutamente vietate perché nocive e negative al consorzio civile, bene anche i diritti delle minoranze devono essere tutelati. Pezzana, che è molto attento a questo tipo di problemi, dovrebbe saperlo meglio di me! Il giorno in cui la maggioranza dei cittadini sarà contraria ai capelli lunghi o a certi tipi di attività certamente io non sarò con coloro che vorranno abolirle.., se questo fatto non sarà negativo al complessivo della vita sociale! Quindi mi sembra necessario, anche da parte di chi "non fa parte" di quella minoranza, come il sottoscritto, che siano poste delle regole che tutelino l'interesse generale e i diritti delle minoranze. Quindi non ci facciamo spaventare da questo tipo di approccio al problema, cerchiamo di rimanere ancorati alla realtà istituzionale, alla realtà sociale della nostra regione, alle necessità che, attraverso la nostra legge, dobbiamo soddisfare. Io spero che saremo capaci di soddisfare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Indubbiamente la situazione venutasi a creare sull'argomento della caccia non è certamente delle più facili e non ha precedenti nella nostra Regione.
Sono copresentatore con altri colleghi di molti emendamenti, sia in Commissione sia in aula; sono primo firmatario di una proposta di legge che recepisce integralmente i quesiti del referendum, quindi credo sia doveroso spiegare le ragioni di questo atteggiamento, cioè della mole di emendamenti presentati. La ragione non è quella apparsa su un manifesto secondo il quale "tutto questo sarebbe finalizzato al mantenimento di posti di potere"; francamente, se il potere è tutto quello che ho io, di quelli che fanno la corsa al potere non ce ne sarebbe neanche uno, perché io di potere ne ho ben poco, quasi niente. Però ho il potere di un sessantesimo per votare in aula! Un manifesto ignobile, ridicolo, lo si può definire in molti modi, un po' "mafiosetto" ed estremamente scorretto! Non si può pensare che una grossa organizzazione che raggruppa dei cittadini, in questo caso cacciatori, compia delle falsità! Avondo, ad esempio, non è presentatore della proposta di legge sottoscritta con Adduci, Reburdo, Bresso, Staglian ed Ala. Ma se vuole firmarla fa ancora in tempo!



REBURDO Giuseppe

Gli diamo il benvenuto nella grande famiglia!



MONTEFALCHESI Corrado

Una grossa organizzazione come questa non può pensare di utilizzare i nomi di tre indipendenti eletti nelle liste del PCI, che hanno la loro autonomia e indipendenza nell'ambito di un confronto con il Gruppo comunista. E il nome di un compagno iscritto al PCI da sempre (il Consigliere Adduci) con una storia alle spalle; non si può dire "questa è la posizione del PCI". Se è la posizione del Partito comunista la si va a chiedere al Partito comunista! Francamente è un'operazione vergognosa quella che è stata fatta! Vengo alle ragioni del mio atteggiamento. Ci si propone di modificare una legge, quella sulla caccia, che è sottoposta a referendum, dichiarato ammissibile dall'Ufficio di Presidenza e che dovrebbe tenersi entro il 15 giugno prossimo. Voglio dire subito che la ragione per la quale tutta la maggioranza, chi con più vigore chi con meno vigore, vuole portare a termine questa iniziativa legislativa è quella di evitare ad ogni costo il referendum! Su questo non ci sono dubbi, lo testimonia il fatto che le due proposte di legge toccano unicamente i quesiti posti dal referendum; lo testimonia ancora più il fatto che in Commissione, caro Villa, prima ancora di iniziare l'esame delle proposte, tu in qualità di Presidente della Commissione hai proposto di interpellare dei giuristi che ci dicessero quale legge avrebbe permesso di evitare il referendum! Io non ritengo legittima questa posizione! Ed è questa l'intenzione con la quale avete iniziato l'esame, in Commissione, delle proposte di legge. E questa posizione è stata più volte ribadita dal Consigliere Martinetti! Una legge che eviti comunque il referendum! E certamente approcciando in questo modo la discussione, da parte del Gruppo di maggioranza, credo che eventuali disponibilità, da parte dell'Assessore, difficilmente si potevano manifestare.
Il sottoscritto ed altri non sono stati concordi a questo gioco secondo il quale si modificano e si rigirano leggi per lasciare nei fatti tutto come prima, con l'unico scopo di impedire il referendum. Ecco perché sono stati presentati i "molti" emendamenti. Lo scopo è quello di tutelare il diritto sostanziale dei cittadini ad avvalersi di uno strumento di partecipazione democratica e di democrazia diretta qual è il referendum previsto dallo Statuto.
Consigliere Santoni, ti voglio rispondere. Non posso che ribadire e concordare con te sul diritto prioritario del Consiglio regionale a legiferare.
Ritengo però molto meno legittimo e utile politicamente che una istituzione inserisca nel proprio Statuto strumenti di partecipazione popolare quale il referendum e poi quando i cittadini decidono di avvalersene si faccia di tutto per impedirlo.
Difendere il referendum: questa è la prima ragione dell'atteggiamento che ho assunto insieme ad altri colleghi.
Vorrei dire che non è una difesa tout court del referendum come massima espressione di democrazia, non è una difesa del referendum il quale deve prevalere per forza sul potere legislativo. E' la difesa di un referendum su un argomento sul quale a livello nazionale sono stati proposti due referendum e sono stati bocciati; a livello regionale sono stati proposti molti referendum e anche questi, alcuni con metodi non molto legittimi in certe Regioni, sono stati di fatto impediti.
E' questa la questione.
La Regione Piemonte è l'ultima Regione che si deve misurare eventualmente con questo quesito.
Ha ragione il collega Tapparo sulla questione dei costi, che nessuno finora ha portato in quest'aula e spero che nessuno la porti, perché questo discorso ci porta lontano e pericolosamente.
Se si fa il discorso dei costi allora anche le elezioni sono un costo ma questo discorso porta a far sì che sempre di più, e ancora più di quanto avviene oggi, a governare siano magari degli interessi forti organizzati in lobby di pressione e chi non è forte, non è organizzato in lobby di pressione non conta niente. E' qui che ci porta il discorso dei costi.
La seconda ragione dell'atteggiamento che ho assunto è connessa al fatto che la maggioranza del Consiglio regionale legittimamente e democraticamente può decidere, comunque, che si intenda per forza arrivare ad una legge prima del referendum; decisione che non auspico.
In questo caso si pone un problema estremamente delicato di rapporto con i 60.000 cittadini che hanno firmato per indire il referendum. In tal caso ritengo che i contenuti della legge non possano essere diametralmente opposti ai contenuti del quesito referendario. Contenuti che appunto venivano delineandosi in Commissione, molto distanti dai contenuti del quesito referendario.
Farò la battaglia fino in fondo per difendere il referendum, sto al gioco democratico e ne rispetto le regole; se poi la maggioranza del Consiglio regionale decide di voler legiferare ad ogni costo è chiaro che da qui al 12 giugno, data ultima possibile in cui si deve svolgere il referendum, se una maggioranza vuole andare per forza a una legge poi ci riesce: non c'è ostruzionismo che tenga ammesso che si voglia fare l'ostruzionismo. Comunque io non ho problemi a farne, quando è necessario.
Se si vuole legiferare ad ogni costo ritengo che si debba partire dai contenuti del quesito referendario. E' per questo che il sottoscritto insieme ad altri colleghi si è fatto promotore della presentazione di una proposta di legge che recepisce integralmente i quesiti referendari, perch ritengo che quello sia il modo più corretto per evitare, se si vuole, il referendum, cosa che, ripeto, non auspico.
Voglio dire con chiarezza che se qualcuno intende perseguire la strada di imporre il testo della Giunta o riproporre pari pari i contenuti emersi in Commissione è bene che sappia che si andrà probabilmente ad uno scontro molto duro in Consiglio regionale. In gioco ci saranno certamente il merito e i contenuti della legge sul problema della caccia, ma in gioco ci sono e ci saranno altre questioni. Quali il rapporto democratico tra istituzione e società, la salvaguardia della possibilità di esercitare da parte dei cittadini un diritto sancito dallo Statuto.
Voglio dare atto all'Ufficio di Presidenza di avere valutato la proposta referendaria con correttezza e alto senso di rispetto dei diritti democratici dei proponenti.
Ritengo che lo svolgimento del referendum debba essere garantito e solo dopo la consultazione si debba avviare un'iniziativa legislativa che tenga conto della consistenza delle due posizioni tra i cittadini. Questa credo sia la soluzione migliore e più rispettosa dei diritti dei cittadini.
Voglio aggiungere ancora un inciso. Invito i colleghi a riflettere sui rischi di un ulteriore deterioramento dei rapporti tra istituzioni e società derivante appunto dalla scelta di voler impedire ad ogni costo il referendum. Siamo in una fase in cui molto si parla di crisi della rappresentanza, in cui è sempre più evidente il distacco tra istituzione e cittadini. Credo sia deleterio per le istituzioni mandare un ulteriore segnale secondo il quale negli Statuti vengono previsti degli strumenti di partecipazione dei cittadini e quando i cittadini cercano di esercitare tale diritto il Palazzo fa di tutto per impedirglielo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, vorrei cominciare questo intervento esprimendo una preoccupazione personale per lo sforzo cui ci prepariamo e a cui stiamo sottoponendo il Consiglio regionale ed i singoli Consiglieri attorno ad un problema che è importante (quello della caccia) ma è pur sempre un problema secondario e preso di mira dalla richiesta del referendum. Problema per quanto sentito, tuttavia non al centro come pu essere il problema del lavoro.
Sono d'accordo con quanto diceva prima il collega e compagno Tapparo che sarebbe stato molto meglio se ci fossimo impegnati attorno ai problemi che urgono fuori dall'aula che sono i grossi problemi che coinvolgono la Regione Piemonte nella sua struttura fisica, l'occupazione e le difficoltà economiche nelle quali ci troviamo.
Tuttavia è stato già detto che c'è un problema di diritto e i diritti sono sacri e inviolabili. Un problema che ci pone oggi di fronte al dibattito sul tipo di esercizio che dovrà essere stabilito per l'attività venatoria che però è stato interpretato dal Gruppo che oggi rappresenta più decisamente le posizioni dei promotori del referendum in una misura molto superiore a quella che è alla portata e all'entità della stessa questione in discussione.
Mi dicono che ci sono circa 2 mila emendamenti. Mi sembra una esagerazione. Forse non c'erano nemmeno attorno al problema della Finanziaria che è un documento sul quale lavora, si muove e si esprime una grande nazione che è tra le più avanzate e le più industrializzate del mondo. Mi pare che sia una proporzione che fa esorbitare l'atteggiamento la posizione, seppure importante di un dibattito che ha sempre sollevato posizioni anche contrastanti come quello della caccia.
La mia preoccupazione, dicevo, è relativa al fatto che avremmo dovuto affrontare questo problema senza però dargli tutta quella rilevanza e quella importanza che invece viene ad assumere; avremmo dovuto invece dirigere i nostri sforzi in altra direzione.
D'altro canto noi siamo per rispettare il principio della libertà dei cittadini. Ci sono 57 mila cittadini che hanno firmato per promuovere il referendum. Abbiamo riconosciuto il loro diritto e credo abbia fatto bene l'Ufficio di Presidenza a riconoscere questo diritto rifuggendo dagli stratagemmi che sono sempre delle cose che hanno il respiro corto. Si sarebbe potuto fare, come qualcuno ha ricordato in questa sede, come in Toscana, in Lombardia e in altre Regioni, però una grande Regione come la nostra, che fa onore ai piemontesi, credo abbia fatto bene a rifuggire da questi artifizi e da questi stratagemmi.
A questo punto si tratta di vedere come dare una risposta alla domanda che viene posta da coloro che hanno affrontato e promosso il referendum. Se è possibile evitare il referendum senza venir meno a quello che è il riconoscimento dei diritti che hanno i cittadini - sono d'accordo con quanto diceva poc'anzi il collega Santoni - un'assemblea come la nostra ha il diritto-dovere di legiferare, quindi trae la sua legittimazione dalla volontà popolare, dalla sua sovranità. Il nostro Paese è organizzato attraverso la rappresentanza istituzionale delle varie forze politiche quindi è giusto che si dia questa risposta.
Questo non fa venir meno il diritto dei cittadini di poter promuovere: questo diritto è già stato esercitato, tant'è che oggi siamo qui a discutere anche con dei tempi brevi. Avremmo potuto avere più tempo se non ci fosse stato il problema di questa scadenza. E' inutile far finta che non esiste questo problema. Questo problema esiste. I cittadini con la richiesta di referendum hanno incentivato, sollecitato l'assemblea regionale ad affrontare il problema. L'intervento dell'Assessore Moretti al quale peraltro devo dare atto dello sforzo compiuto a nome della Giunta attraverso il suo impegno con i suoi collaboratori e in Commissione a cui abbiamo dedicato parecchie riunioni ha cercato di illustrare una proposta che è stata giudicata, che viene giudicata dalle varie parti. Assessore Moretti, io gliene voglio dare atto: la sua proposta come base di partenza è stata giudicata ed è giudicata positivamente dalle varie parti. Ho ascoltato le varie parti, quelle che si sono espresse anche qui, come altre che non si sono ancora espresse chiaramente perché pare non fosse nemmeno il caso per esprimere delle posizioni contrapposte a quelle che sono state espresse dai promotori del referendum, tuttavia le parti delle associazioni che abbiamo sentito nelle varie consultazioni delle associazioni venatorie e anche delle altre associazioni, hanno detto che le cose sono state impostate positivamente; si tratta di vedere cosa possiamo fare, per bisogna che lo facciamo cercando di avere presente la realizzazione di una legge che sia una legge giusta, che sia una legge dignitosa per tutti e soddisfacente per equilibrio perché in questo modo avremo fatto un buon lavoro, altrimenti è chiaro che avremo anche potuto o forse potremo evitare il referendum: basta accogliere le richieste che vengono fatte dai promotori del referendum, ma mi sembra che questo non sia equilibrato. Se invece non fossimo in grado, venga pure affidata la scelta agli elettori e di questo non mi spavento. Sono d'accordo con quanto diceva il Consigliere Tapparo che non debbono essere sottovalutati i 20/23 miliardi. E' una legge giusta, ma faccia però anche giustizia delle cose che si vanno poi definendo per un certo periodo anche sul piano culturale. E' inutile nascondercelo: la caccia è entrata nel mirino dei verdi. Qualunque cosa si faccia i verdi in queste posizioni hanno preso di mira l'attività venatoria.



TAPPARO Giancarlo

Collega Rossa, noi vogliamo fare il governo con i Verdi.



ROSSA Angelo

Lo so, ma questo non mi impedisce di parlare chiaramente perché nella misura in cui le cose sono chiare probabilmente riusciremo anche a fare più strada su un piano più ampio. Attribuire alla caccia la responsabilità del degrado dell'ambiente sotto il profilo faunistico mi sembra un grosso errore. Non si può attribuire alla caccia tutta la responsabilità di una situazione che è andata cambiando nel tempo. Lo stesso mondo della caccia si sta ponendo la domanda: come adeguare l'attività venatoria ad una agricoltura che è cambiata in questo periodo di tempo facendo anche compiere un passo avanti alla legge n. 60, giudicata una delle leggi più avanzate e che tuttavia non ha impedito né ha consentito finora di rilanciare un tipo di attività come quella venatoria che può convivere con l'agricoltura, può convivere con gli enti locali, può convivere con la gente, può convivere con quelli che vogliono fare le passeggiate e con quelli che hanno il diritto di usufruire dell'ambiente. Mi pare che da questo punto di vista non ci sia nessuno che abbia impedito né possa impedire l'attività della caccia.
Certo, in vent'anni la caccia è cambiata: il boom e le nuove condizioni hanno allargato lo spazio e forse c'è qualche sparatore in più, ma siamo già nella curva discendente, siamo già ad un ritorno ad un tipo di attività che viene esercitata da coloro che credono in questa attività. E' cambiata l'agricoltura, oggi viene lavorata con potenti mezzi meccanici, viene irrorata con anticrittogamici e pesticidi che hanno distrutto completamente l'ambiente. Vorrei che si tenesse conto di questo. Non si possono scambiare le difficoltà generali che si incontrano nell'agricoltura, nella campagna e nell'ambiente riducendole a responsabilità che deriverebbero da un'attività che viene esercitata due mesi all'anno.
Non per fare la difesa d'ufficio, signor Presidente, nessuno ha bisogno della difesa d'ufficio né tanto meno voglio pormi da questa parte per difendere delle posizioni, voglio essere obiettivo, ma mi sembra che ci siano tutte le condizioni perché si possa rilanciare un discorso ecologico mi sembra persino di poter dire che il vero ecologo, colui che veramente conosce tutto dell'ambiente, conosce anche le cose nascoste, è colui che rappresenta questa tradizione che viene da lontano. Fare delle distinzioni tra l'ecologo moderno e colui che invece l'ecologia senza saperlo l'ha sempre praticata mi sembra addirittura fare una forzatura e un artifizio.
Se riusciamo ad evitare il referendum evitiamo di muovere qualche milione di persone in una domenica di giugno; facciamo però le cose in modo che non penalizzino questa attività perché mi sembra già abbastanza penalizzata.
La proposta dell'Assessore Moretti può essere ulteriormente arricchita dalle specie importanti, che non ci sono e che sono persino nocive per l'agricoltura, che dovremmo vedere, Assessore Moretti, di recuperare semmai demandando alle Province di valutare anno per anno se chiudere a questa o a quell'altra specie, semmai demandando alle Province con le deleghe necessarie di realizzare un equilibrio più corretto e corrispondente a quella situazione. Se togliamo la domenica ai cacciatori che cosa rimane? Troviamo qualche soluzione, però facciamo in modo che la domenica sia possibile utilizzarla per andare a caccia; non sono i due mesi nel corso dell'anno che possono compromettere la riscoperta dell'ambiente da parte di coloro che lo vogliono riscoprire in santa pace. Vorrei mettere in guardia perché con lo spopolamento delle montagne e togliendo gente anche alla domenica si corre il rischio che la domenica non ci sia nessuno in giro nell'ambiente. C'è il rischio che gli sforzi che vengono fatti dal mondo venatorio per tenere presente la selvaggina così autoctona, per favorirla per tenere presente e vive le specie, vengano frustrati, quindi al posto delle specie buone nascano e si sviluppino le nocive. Andate a vedere se non ci sono tanti nocivi in giro al punto che la gente comincia a mettersi le mani in testa. Andiamo a vedere in montagna dove non c'è più l'attività dell'uomo; se la riduciamo ulteriormente avanzano tutta una serie di animali, dalle vipere in avanti, che finiscono di assediare la stessa tranquillità dell'uomo.
Annuncio che comunque le cose vadano ho già visto con alcune rappresentanze sia ecologiste sia venatorie degli enti locali che è necessario lavorare per un'iniziativa popolare che rilanci il discorso della caccia. Il cacciatore deve essere sempre più associato all'ambiente bisogna realizzare le condizioni che c'erano molto tempo prima della motorizzazione in cui il cacciatore cacciava nel suo ambiente; bisogna realizzarle anche ai tempi della motorizzazione.
Il discorso delle aziende di autogestione, delle aziende di gestione sociale, dei comparti alpini, delle oasi, dei rifugi, di una nuova regolamentazione è più che mai necessario.
Queste sono le posizioni che porto avanti e che rappresento in questo Consiglio regionale il quale sono convinto può dare una risposta positiva purché non parta da una posizione pregiudiziale che abbia come obiettivo di colpire una parte come quella dell'attività venatoria che mi sembra possa convivere degnamente e dignitosamente con le esigenze che vengono rappresentate dal recupero ambientale per le quali io sono tra coloro che gli riconoscono grande rilevanza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Sapevo che intervenendo nel dibattito dopo il Capogruppo socialista avrei trovato nuovi elementi di riflessione e di discussione dopo che le precedenti nostre posizioni, in questo caso comuni con i colleghi Pezzana Staglianò e Montefalchesi, erano state compiutamente espresse. Avevo giusto bisogno che venisse riversata nell'aula una serie di luoghi comuni sul cacciatore-ecologo che possono ridare il modo di riaprire, in termini un po' fatui e sorpassati, quella che invece è questione di tutt'altra rilevanza, di tutt'altro spessore e di tutt'altra serietà.
Se infatti cominciamo a ragionare su quanto l'uomo (inteso come una delle specie animali che popola, anzi, sovrappopola questo pianeta) sia ecologo, non ce la caviamo più.
Il vero problema è che le attività dell'uomo sono "nocive" nei confronti del mondo naturale. Ormai, lo sono quasi tutte. Io posso solo accedere ad un punto di vista: a quello che ritiene (mi pare siano stati i colleghi Santoni e Villa a dirlo) che la caccia non possa essere considerata la principale emergenza ambientale della nostra Regione e del nostro Paese. Ci troviamo in presenza, in ogni caso, di una legge regionale che nonostante i peggioramenti recentemente intervenuti sotto la gestione dell'Assessore Simonelli non è certo una delle leggi peggiori esistenti a livello regionale in Italia. Di questo ne diamo atto.
Diamo anche atto all'Assessore Moretti di avere in questa legislatura gestito con lungimiranza e senso dell'equilibrio questa delicata materia.
Fin qui possiamo accedere al ragionamento. Però qui anche ci fermiamo.
Detto questo, infatti, bisogna considerare che il problema della caccia investe un punto delicato: il rapporto tra gli uomini e il mondo naturale e il rapporto tra gli uomini e gli animali; rapporto che non investe soltanto l'attività venatoria, ma investe in maniera decisiva questioni più generali. Per esempio, ho letto con estrema attenzione un articolo del dott. Valpreda, responsabile del Servizio Veterinario della Regione, in merito agli animali da allevamento e alle metodologie e ai modi con cui ormai si allevano gli animali. Quando si leggono queste cose e ci si occupa di questi problemi occorre essere capaci di inquadrare lo specifico dell'attività venatoria, della protezione delle altre specie animali (dico altre perché una siamo noi) dentro un rapporto più vasto, all'interno dello scenario attuale del rapporto dell'uomo con la natura e dell'uomo con gli animali sia negli allevamenti che fuori dagli allevamenti. Accanto a queste considerazioni, occorre recuperare l'elemento della necessità di una tutela di uno strumento di democrazia quale il referendum. A questo proposito sempre la classe politica ha immediatamente una reazione di rigetto, nel senso che il mondo politico patisce dell'esproprio legislativo, e questo è sempre accaduto nei confronti della caccia. Anche qui qualche ringraziamento all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Piemonte va dato: il Piemonte è l'unica regione in cui comunque è stato dichiarato ammissibile un referendum sulla caccia. Però ricordiamoci che alle spalle di questo ritroviamo una tradizione incredibile di violenza alle istanze referendarie, sia a livello nazionale che a livello di altre Regioni, al di là delle loro maggioranze e minoranze (parlo di Lombardia da una parte e di Toscana ed Emilia Romagna dall'altra). Per questo diventa emblematico quello che noi stiamo facendo qui dentro e chiedo che venga quindi visto alla luce di questa considerazione anche l'atteggiamento assunto dal sottoscritto e da altri Consiglieri. Per la prima volta ci troviamo in presenza di un referendum dichiarato ammissibile e ci troviamo per la prima volta davanti ad uno show-down tra una richiesta sempre più grande presente nel Paese (Pezzana ha fornito dati a tutti noti sul sostegno che hanno ormai nel nostro Paese le istanze contrarie all'attività venatoria) e l'arretratezza e il ritardo nel riconoscere questo da parte delle istituzioni. Ora, all'interno di un quadro costituzionale e normativo nazionale, filosoficamente non accettabile, si cerca comunque di inserire alcuni elementi che la maggioranza della popolazione piemontese e nazionale ormai richiede da tempo (per quanto questo sia nient'altro che un piccolo passo rispetto alla necessità per le assemblee elettive, per i cittadini per tutta la società civile di superare un modo di concepire il rapporto tra gli uomini e la natura). Altrimenti, ognuno per un pezzetto, per una pietruzza, ci avviamo verso una situazione di sostanziale non ritorno.
Allora, occorre cambiare i nostri parametri culturali. Dico questo semplicemente, come se fosse la cosa più semplice del mondo, mentre è esattamente il contrario. Però è questo l'elemento decisivo con il quale ci confrontiamo in questi due giorni. Dobbiamo imparare ad uscire da quest'aula con una concezione che considera ormai l'attività venatoria come una pratica residuale, che la Regione ritiene di dover tutelare, per garantire i diritti di una minoranza. La minoranza è quella dei cacciatori.
Dall'altra parte, occorre collocare i diritti della maggioranza dei cittadini non soltanto a fruire dei boschi, non soltanto a fruire del territorio, non soltanto a poter sentire gli uccellini che cantano. Perch se si trattasse soltanto di questo sarebbe ancora trattabile la materia e sarebbe ancora troppo poco. Si tratta di comprendere che ormai è in gioco sia sulla caccia sia su 40.000 altri aspetti, una problematica di dimensione epocale che ci richiede un radicale mutamento delle nostre priorità e dei nostri parametri. Le altre cose possono anche essere tutte vere: gli animali nocivi si diffondono, gli equilibri naturali sono profondamente alterati. Dell'alterazione di alcuni di questi equilibri faunistici la responsabilità va in primo luogo agli stessi cacciatori, come per la enorme presenza dei cinghiali, come per la scomparsa di alcune specie di rapaci, specie che garantivano l'equilibrio nel nostro mondo naturale. Dall'altra parte le responsabilità sono più generali, come nel caso della diffusione della chimica e della diffusione dell'inquinamento.
Chi è che potrebbe essere così folle da negare che alcune specie animali soprattutto uccelli, fauna migratoria e altre specie ancora, sono state distrutte e messe in crisi non già dall'attività venatoria, ma dall'inquinamento, dal prosciugamento delle aree umide o da altre amenità di questo genere? Noi questo non vogliamo assolutamente negarlo, noi non vogliamo, rispondendo a Rossa, considerare l'attività venatoria come l'elemento decisivo della devastazione del nostro territorio. Però si tratta di un elemento che è diventato enormemente simbolico ed è un elemento che ritorna continuamente con una grossa enfasi e dimostra la sopravvivenza di una concezione nel rapporto tra l'uomo e la natura che, se giustificata in altri momenti e altre occasioni storiche (quando il rapporto tra la specie uomo e le altre specie, tra le specie animali tra di loro, era di altro genere), oggi non è più giustificabile. Ora, a questo punto, solo una cosciente e consapevole autolimitazione di tutti noi, non solo dei cacciatori considerato che le responsabilità degli uomini nei confronti della natura sono responsabilità collettive è all'altezza dell'attuale momento storico. Siamo, in questo momento, a discutere soltanto di uno di questi brevi e limitati punti, ma rispetto al quale pu essere dato un segno importante di un mutamento della rotta. Che potrà, dal Piemonte, giungere a contare anche a livello delle altre Regioni, anche al fine di contribuire a riabilitare un Paese quale il nostro che, rispetto alla coscienza media della comunità europea, si trova continuamente messo sul banco d'accusa per la sua insensibilità. Da una parte i bambini dall'altra parte i cacciatori: io ho già scelto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Il Gruppo comunista intende svolgere tre questioni in questa fase di intervento generale, per collocare una sua posizione in questo momento di discussione in aula a proposito del che fare dopo il referendum e di quale e se quale legge fare.
La prima questione è una chiara indicazione di come ci siamo mossi e del nostro ruolo che ribadiamo nel momento in cui la Giunta, sia pure per ragioni tecniche, ma credo non solo per ragioni tecniche, ci ha riproposto qui un vecchio testo su cui siamo in netto disaccordo.
Noi abbiamo svolto un ruolo importante e convinto per quanto riguardava l'ammissibilità del referendum; in ogni caso noi siamo ed eravamo dell'avviso che è giunto il momento di finire con gli sbarramenti soprattutto quando le decisioni vengono assunte da organismi politici rispetto a domande di democrazia e di partecipazione da parte dei cittadini.
Sulla base di questo abbiamo ritenuto, nella nostra collocazione di opposizione, quindi con molta attenzione ai ruoli e a quello che succedeva da parte della maggioranza innanzitutto, di dover perseguire una strada coerente di un ulteriore, significativo miglioramento nella legislazione sulla caccia. Miglioramento nel senso (e va detto con molta consapevolezza senza intervenire sui pro e i contro di una vecchia e interessante questione) dei rapporti tra le attività sul territorio, storicamente date e le nuove consapevolezze e coscienze nella piena tranquillità in un momento in cui tutte le attività dell'uomo (ed è quello che va ricordato) a qualsiasi titolo rese debbono fare sempre di più e con sempre maggiore statura i conti con la risorsa ambiente, il suo uso più lungo possibile (non possiamo neanche dire permanente) e comunque le compatibilità tra le varie pressioni antropiche che sul territorio si esercitano.
Questa consapevolezza l'abbiamo da tempo introiettata, su cui abbiamo tentato e tentiamo tuttora di caratterizzare la nostra battaglia politica e a questo non poteva essere estraneo anche l'esame del provvedimento della caccia. E questo lo voglio dire perché a noi interessano molto i "cittadini" in quanto tali. Devo dire che, pur avendone tutto il riguardo e l'attenzione (e dal nostro schema emerge con molta chiarezza), in questo sforzo di far coincidere un nostro ruolo di proposte di governo sugli interessi generali, abbiamo attenzione, ma non definiamo preclusiva n decisiva l'adesione ai concetti di cittadini in quanto caratterizzati per lo sport che praticano o per i gusti che essi perseguono. Credo che l'unitarietà dell'uomo attorno al ruolo del cittadino sia il punto più interessante e sia, quindi, una considerazione globale.
Come ci siamo mossi allora su questa base? Nel rispetto rigoroso di un ruolo di opposizione, quindi di dover chiedere alla Giunta di fare il proprio mestiere; abbiamo criticato profondamente la legge della Giunta anch'io devo dire, per le ragioni che ricordava Montefalchesi, non tanto per le intenzioni di un Assessore che qui tutti riconoscono essere certamente molto attento ad una gestione in senso evolutivo della caccia.
Ma certo si trattava di una legge che lasciava troppi spazi ad una discrezionalità futura e a una gestione vanificatoria della domanda referendaria. Per questo siamo stati contro. E abbiamo collocato, invece in questo iter (a cominciare dalla Commissione) due questioni. In Commissione i compagni Bruciamacchie e Avondo hanno lavorato bene. Hanno lavorato secondo un indirizzo unitario del Gruppo che al suo interno ha anche altre forze, che peraltro si esprimono in questo dibattito anche negli elementi di differenziazione. Ed erano due le questioni: una riduzione drastica delle specie cacciabili.
Il secondo punto è quello di affrontare il problema dei giorni, per l'implicazione che ha, attraverso una nostra proposta, che vedo recepita dagli emendamenti, perché sulla questione della domenica si avesse non tanto un atteggiamento salomonico, come è stato detto, ma un atteggiamento equo. Equo in un momento in cui andiamo a fare dei passi molto veloci, qui in Piemonte, verso un mutamento radicale di atteggiamento. Di questo dovranno rendersene conto tutti. Non si tratta di portare avanti il dibattito pro o contro qualcosa, ma per la salvaguardia, nei limiti legislativi che ci sono dati, di pratiche e di diritti che sono esercitati una salvaguardia all'interno di questo percorso, quindi con il gradualismo di chi ha il coraggio di affrontare i problemi. Riteniamo di aver seguito una strada coerente e giusta. Su questi emendamenti noi identifichiamo la nostra posizione.
Chiediamo, qui, con un po' di inquietudine, maggiore rispetto alle dichiarazioni dell'Assessore e alla presentazione degli emendamenti, dopo l'intervento di Rossa. Chiediamo a questa maggioranza se su questo terreno intende confrontarsi, perché riteniamo che approvare la legge fatta dalla Giunta è un legiferare ad ogni costo. Rispetto al referendum dirò qualcosa ma noi intendiamo che non si tratti di "evitare". Il problema è se la domanda referendaria, questo rapporto che tutti hanno richiamato, tra cittadini ed istituzioni, non abbia già registrato una straordinaria novità: allora non bastano i complimenti di rito, cari amici e compagni anche ambientalisti. L'ammissibilità è un fatto nuovo, politico. Pesa conta, è un fatto. Secondo, conta il fatto che almeno noi, io spero anche questo Consiglio, intendiamo attivare, rendere reale, forte, questo rapporto tra quei cittadini che hanno firmato e l'istituzione attraverso un recepimento sostanziale dei quesiti referendari in quanto condivisibili. Ma in quanto, dentro i nostri limiti, non mistificanti. Non so se si creeranno le condizioni perché si possa fare questa buona legge che noi intendiamo.
Se non è così, ripeto, il referendum è anche una strada, in qualche modo liberatoria. Ma attenzione, prima di esprimersi a priori su questa cosa vorremmo ragionare sui termini del referendum che serve e del referendum che serve di meno. Allora certi referendum pro o contro caccia nazionale avrebbero questo senso; non ha senso questo referendum! Comunque occorrerebbe legiferare. In ogni caso credo ci siano due modi per intendere il rapporto cittadini e istituzioni attraverso lo strumento referendario: uno è quello che cogliendo la domanda presente nella società se ne riprende la sostanza o addirittura la lettera, perché si aderisce a quella che è stata una questione posta. Questo non può essere assolutamente smerciato come svilimento dell'istituto, anzi, è uno dei maggiori riconoscimenti che realizzano un fecondo rapporto tra partiti responsabili che fanno la loro parte e cittadini che pongono le questioni. Non vedo, nell'istanza liberatoria, la salvezza sempre di tutti i mali. Soprattutto in questo caso in cui una legislazione regionale s'ha da fare e i limiti della legislazione nazionale sono noti.
Ultima questione: qui abbiamo avuto i richiami, sono contento che ogni tanto ci richiamino all'essere "blocco". Noi tendiamo a trovare, anche con difficoltà, delle strade nostre comprensibili, strade che ci abilitano ad una funzione che ormai rivendichiamo crescentemente. Dopo certe prove riteniamo che la risorsa governo comunista non sia da trascurare.
Intendiamo fare un'operazione che sta dentro ad un percorso netto di scelte di campo, ma anche dentro ad una tutela di questa funzione. In questo senso non abbiamo alcun timore di essere i leali sostenitori che nei momenti di passaggio riescono anche a farsi carico del contemperamento delle apparenti contraddizioni: è un atto di forza e di responsabilità. Non è scioglibile il nodo, non tanto per le lobby che premono - come ci è stato richiamato con la solita abilità da qualcuno - ma noi abbiamo avuto un manifesto che ci ha messi alla gogna prima e contro di tutti.
Abbiamo avuto fortissime pressioni, è vero che tra i nostri aderenti abbiamo dei cacciatori. Ma non ne facciamo una questione così. Ne facciamo una questione dei cittadini e crediamo che anche quei cittadini, a legislazione vigente, nell'ambito di una progressiva acquisizione dei nuovi livelli e delle nuove frontiere di attestazione dell'esercizio venatorio vadano tutelati. Noi non abbiamo disprezzo, proprio per nessuno. E' stato detto: "comunisti venite fuori è il momento della verità". Il momento della verità nostra è questo e si scoprirà che una forza che guarda al futuro guarda anche attraverso le realizzazioni concrete che si fanno: se una buona legge è ottenibile oggi me lo deve dire la maggioranza. Se non sarà così noi a legiferare ad ogni costo non ci stiamo. Non mi si dica che cambia tutto per mezza domenica. Mezza domenica è certamente un problema ma cosa volete. Avondo ha nominato un mio vecchio intervento. Lo dicevo già allora: io ci credo. Sarò un po' retrò rispetto alle nouvelle questione che vengono poste; non è uno sport di elite, e noi vorremmo che fosse sempre meno sport di elite, perché già così c'è una concezione elitaria anche dell'ambiente. Certo che il fatto che molta gente possa cacciare fuori dalla possibilità del diritto di fruire dell'ambiente, a condizioni nuove più restrittive, tante masse di lavoratori e cittadini! A noi pare che la domenica in Italia sia ancora così; ognuno può fare tante circonvoluzioni ma è ancora così. Non è salomonica, è una compatibilità tra due diritti in una tendenza che è evolutiva e su cui noi ci schieriamo senza timore di sostenerla anche con gli amici, compagni o qualsiasi catalogazione abbiano i cacciatori.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DAMERI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, farò un breve intervento perché gran parte degli argomenti che avevo intenzione di svolgere sono già stati ampiamente discussi. Mi riservo di approfondire l'argomento man mano che esamineremo gli articoli.
Vorrei solo chiarire due punti.
La legge presentata dalla Giunta regionale mi pare possa essere ampiamente accettata, se si tiene conto che nella discussione avvenuta in Commissione si sono già fatti notevoli passi avanti e, anche se in questo momento non compaiono, certamente l'Assessore li presenterà come emendamenti. Si possono scoprire in questa proposta, che potrà essere ulteriormente modificata forse anche accettando alcuni punti di vista che l'opposizione presenterà; quindi si può benissimo accettare questa legge senza andare al grosso scontro come diceva l'amico Montefalchesi. Non è questione di lotta. Anche noi siamo capaci di fare muro contro muro. Se vogliamo discutere su termini dialettici corretti e coerenti si può fare tutto.
L'intervento del collega Bontempi è stato il primo, questa mattina, a chiarire bene che l'eventuale referendum non ci libera dal legiferare.
Quindi, se riusciamo a legiferare bene è la cosa migliore che possiamo fare.
Per senso di responsabilità in Ufficio di Presidenza avevo aderito ad acconsentire il referendum; l'altro giorno mi è scappato di dire che forse ero pentito perché avevo sentito troppe discussioni dove si travisava un pochino l'obiettivo.
Non sono un referendario pentito, dico solo che il fatto che l'Ufficio di Presidenza abbia accettato all'unanimità questa proposta, come prevede la legge altrimenti non avrebbe avuto valore questo giudizio, era proprio per portare in Consiglio una legge che andasse bene perché lo stesso referendum come era posto portava, eventualmente dopo la sua attuazione, a modificare in tutti i modi la legge se fosse stato accettato.
Questo fatto è molto importante; dobbiamo confrontarci, però secondo me dobbiamo arrivare ad una legge che vada bene. Non si deve fare il referendum per risparmiare 22 o 24 miliardi, abbiamo la possibilità di fare una buona legge e di risparmiare i 24 miliardi senza scontentare nessuno.
Premetto che non sono un cacciatore e non mi piace sparare e non ho lobby che mi appoggiano o che mi abbiano fatto pressioni: voglio chiarire questi aspetti. Parlo come cittadino amante della natura. Ho sentito per alcune voci, proprio da quelle forze di minoranza, che in questo caso sono quelle più discriminanti verso un'altra minoranza che è quella dei cacciatori. I cacciatori hanno il loro diritto all'ambiente, come ne hanno diritto gli altri cittadini.
A proposito dell'ambiente voglio dire una cosa cattiva: ho visto una proposta di emendamento fatta dall'amico Adduci che mi piace, perché il cittadino (che noi proteggiamo e ha tutti i diritti di andare per i boschi) non deve lasciare i boschi come li lascia adesso, che sembrano la piazza di Ivrea dopo la battaglia delle arance. Provate a venire un lunedì mattina nelle nostre vallate in provincia di Cuneo, vicino ai fiumi o vicino alle colline, e vedrete come è trattato l'ambiente da quelli che noi giustamente proteggiamo. Ma educhiamoli anche, perché il cacciatore queste cose non le fa. Di questo bisogna tenere conto.
L'ambiente va tutelato, va vissuto da tutti. Di questa educazione civica, che purtroppo manca ancora, bisogna tenere conto.
Termino velocemente per recuperare il tempo dei colleghi che sono andati oltre; mi pare che la legge presentata sia ampiamente accettabile correggibile, ma anche di attuazione in modo da evitarci una legge che poi andrà fatta in futuro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, riprendo l'intervento che avevo iniziato perché giustamente mi è stato fatto presente che c'era la parte espositiva come Presidente di Commissione e la parte di riferimento alla posizione del mio Gruppo.
Ci troviamo, colleghi Consiglieri, con una piattaforma che non esito mutuare dall'intervento del relatore della legge n. 60, Rosci, là dove nella seduta del 31 luglio 1979 affermava: "Il presente disegno di legge si propone prioritariamente la tutela della fauna autoctona come aspetto specifico della tutela dell'ambiente, del suo equilibrio ecologico e la disciplina dell'esercizio venatorio". E dall'altro lato, dalla dichiarazione di voto del Consigliere Bontempi che, tra l'altro ha anche rispecchiato questa mattina, nel pomeriggio dello stesso giorno che mi permetto di citare: "La Giunta, la maggioranza, il nostro Gruppo (in allora) hanno anche inteso sfuggire da un pericolo: di avere un atteggiamento punitivo nei confronti dei cacciatori. Non assumere atteggiamenti punitivi allo stato dei fatti vuol dire avere coscienza, che non si può chiudere degli spazi in maniera surrettizia. Credo che come legislatori nel momento in cui si deve disciplinare l'attività venatoria si debba avere la massima chiarezza: dire quali sono le circostanze di tempo e di luogo in cui viene disciplinata e non tentare di porre lacci e lacciuoli o difficoltà continue". Questa era la dichiarazione di voto in allora, che potrebbe essere ripresa. I cacciatori piemontesi da quel giorno accettarono la nuova disciplina forse, tuttavia, guardando con parecchia invidia i loro colleghi lombardi, emiliani, liguri e toscani, ma si assoggettarono ad una legge che chiedeva alla loro passione venatoria delle restrizioni finalizzate ad un bene generale, dimostrando senso di civismo.
Oggi noi superiamo tali finalità della legge n. 60 in modo puntuale e sostanziale, con un dettato che in Commissione venne valutato positivamente e che l'Assessore riproporrà perché segna traguardi più avanzati, sulla scorta di una presa di coscienza ecologica che va man mano precisandosi e raffinandosi senza proiezioni utopistiche, ma con valutazioni più consapevoli di una realtà che spesso viene stravolta da agenti molto più incidenti che il settore venatorio.
Per tutto ciò ritengo che l'articolo sulle finalità della legge, con l'aggiunta del terzo e del quarto comma, segni veramente un panorama, con innovazioni che superano la stessa schematicità abrogativa del referendum.
Sono punti base, punti forza che per un verso sono, a mio avviso sufficienti ad evitare applicazioni lesive delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute ai firmatari delle richieste di referendum e per l'altro verso, conservano al Consiglio regionale la propria permanente potestà legislativa, senza eccezione al principio di continuità della sua specifica funzione legiferante.
Sono punti base, punti forza che impediscono che le prospettate abrogazioni possano pervenire a tal punto di stretta rigidità da annullare al limite l'esercizio stesso del diritto di caccia che la Costituzione ancora prevede.
Il mio Partito quindi accoglie nella sostanza la spinta che viene proposta, ma la medita alla luce di concetti che sono indicati nella relazione con cui viene presentato il disegno di legge della Giunta.
Il quadro di riflessione portato alla nostra attenzione, soprattutto là dove sottilmente, ma inconfutabilmente, si accenna alla caducazione del referendum come effetto e non come fine del nuovo articolato, ci sollecita a confrontarci all'interno del Consiglio regionale ma, più ancora all'esterno, sia sul versante ambientalistico che su quello venatorio. Ma proprio perché noi non consideriamo questi aspetti antitetici in assoluto siamo pronti a ricevere quegli anelli di congiunzione che abbiano a salvaguardare i diritti che possono anche essere non contrapposti. Fin dall'inizio abbiamo lavorato in questa prospettiva. Lasciatemi sperare che ci siano ancora oggi spazi se non altro per un recupero di credibilità delle istituzioni di fronte alla profluvie degli emendamenti.
Siamo, forse, la Regione in Italia e in Europa che ricerca con maggiore determinazione un equilibrio ambientale faunistico costringendo in strettoie sempre più rigide l'attività venatoria; basterebbe un'occhiata all'elenco delle specie cacciabili comparando il dettato della legge n.
968, della L.R. n. 60 e quella che viene proposta oggi.
Altri riferimenti costrittivi troveremo nell'esame degli articoli. Sia chiaro che con questa visione portiamo particolare attenzione all'art. 22 che deve essere considerato specialmente nei confronti dei prodotti agricoli che devono essere salvaguardati prioritariamente con l'abbattimento delle popolazioni faunistiche sovrabbondanti e solo in subordine si deve procedere al risarcimento dei danni.
Siamo forse ai confini della legittimità costituzionale (nell'azione che veniva fatta nella proposta della legge Montefalchesi) perché le abrogazioni e le modificazioni proposte alla precedente legge regionale non sono certo marginali e di dettaglio e comunque non tali da alterarne la sostanza. Con perspicua dottrina e con esaurienti ragionamenti ce le sottopone la già richiamata relazione della Giunta. E da ultimo non dimentichiamo che il più che ragguardevole sforzo economico cui il nostro Ente, non certamente dovizioso, verrebbe sottoposto nel caso non si definisse la nuova legge, pur senza farne un argomento tabù, potrebbe in tempi brevi essere forse vanificato dalla nuova normativa sulla caccia che è attualmente all'attenzione del Parlamento.
Amici Consiglieri, ho cercato molto in breve di tratteggiare il pensiero del mio Gruppo: con ulteriori apporti nell'esame degli articoli potremo illustrarlo meglio. Una cosa credo sia mio compito ribadire: nella più convinta protezione dell'ambiente naturale, che è una risultante anche dell'armonica disciplina delle risorse faunistiche, non solo non è possibile conculcare un diritto che la nostra Costituzione ancora contempla, ma è doveroso, attraverso la norma, essere propulsori di educazione, mirando ad ottenere che le associazioni ambientaliste e venatorie trovino il punto di convergenza anziché di scontro nell'ampio e splendido teatro del territorio piemontese. E di ciò, forse più di noi, la nostra gente è certamente capace.



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,30 riprende alle ore 14,45)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo la discussione generale sul disegno di legge n. 352.
La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, riprendiamo un dibattito che questa mattina si è già sviluppato in una pluralità di voci e di espressioni che pur nella loro differenza di valutazioni mi paiono complessivamente preoccupate a cercare di conseguire un risultato equilibrato e contemperante le varie esigenze e comunque all'altezza del ruolo legislativo che questa Regione intende svolgere.
Mi auguro che nel prosieguo di questo dibattito, quando si entrerà nel dettaglio delle proposte legislative (articolo per articolo), questo senso di misura e di equilibrio prevalga nei nostri lavori in modo tale da consentire a questo Consiglio nei tempi legislativi che ci siamo assegnati di conseguire un risultato che da un lato cerchi di cogliere alcuni aspetti che stanno dietro l'iniziativa referendaria, che comunque c'è ed è un fatto che non si può disconoscere, ma che dall'altro tenga conto degli altrettanto legittimi interessi che sono rappresentati da altre categorie che hanno un loro ruolo, un loro peso, una loro dignità e un loro diritto di esistenza nella nostra realtà regionale.
Se questo è lo spirito con il quale dobbiamo lavorare in quest'aula evitando per quanto possibile distinzioni manichee, dobbiamo intanto cercare di evitare il ricorso a discussioni che vadano per semplificazioni e per dicotomie. Noi dovremmo sgomberare il nostro terreno di discussione da alcune di queste dicotomie.
Una dicotomia che secondo me non esiste e non deve essere posta come base dei nostri lavori è la dicotomia proposta referendaria e iniziativa legislativa. Credo sia mal posto opporre i termini in questo modo e che non sia neanche corretto dire che un'assemblea legislativa democraticamente eletta dai cittadini di questa Regione, per il fatto che compie il proprio dovere legislativo, nel momento in cui fa questa azione diventa prevaricatrice delle volontà dei cittadini, diventa prevaricatrice di altri istituti previsti dalle norme costituzionali e dallo Statuto regionale.
Sono vie fra di loro diverse, quella della proposta referendaria e quella dell'iniziativa legislativa, che hanno entrambe uguale dignità e se come riteniamo, l'articolazione che si è data lo Stato e si è data la Regione è quella che vede il punto di massima espressione e di massima sintesi della volontà dei cittadini e della compresenza degli interessi regionali in questa assemblea elettiva e se questa assemblea elettiva riesce a dare una risposta all'altezza dei bisogni, a questa dobbiamo fare riferimento.
Un'altra dicotomia che è artificioso introdurre e che va evitata è quella dei buoni e dei cattivi, per cui i buoni sarebbero tutti da una parte e i cattivi sarebbero tutti dall'altra parte. Questo è un altro modo artificioso di porre la questione, un modo normativamente e politicamente poco serio e poco corretto. Dobbiamo sapere che siamo in presenza di interessi fra di loro diversi, ma che comunque esistono, vanno tenuti presenti sia gli uni quanto gli altri e che bisogna dare una risposta legislativa equilibrata a queste diverse esigenze.
Un'altra dicotomia che ho rilevato, che va nettamente rifiutata, è che coloro che in quest'aula si dichiarano o propendono verso una legislazione più favorevole rispetto alle richieste del mondo venatorio sono i rappresentanti di una lobby e quelli che difendono altri interessi sono i rappresentanti del bene comune, degli unti dal Signore, ecc. Perché se davvero si vuole parlare di lobby diciamo che in quanto rappresentanti di interessi ci sono degli uni come degli altri, quindi azzeriamo...



(Interruzioni)



MIGNONE Andrea

Ce ne possono essere, quelli che vendono i palloncini, non lo so quelli che vendono le biciclette, quelli che possono vendere i panini.
Ricordo che una famosa lobby che era per il proibizionismo (che non voleva il consumo dell'alcol) era sponsorizzata da chi vendeva il cioccolato; un interesse altrettanto legittimo, però classificare buoni quelli che non vogliono bere alcolici e cattivi quelli che vogliono mangiare cioccolato mi sembrano dicotomie artificiose in linea del tutto teorica e generale.
Ognuno può avere le proprie opinioni, ma almeno sgomberiamo il terreno della discussione da questi tipi di dicotomia. Come pure sul ragionamento del manifesto, è una questione di stile, di buon gusto, ma magari quando facevano i manifesti mettendo al pubblico ludibrio i nuclearisti gli altri erano contenti, allora se si accettano le regole del gioco bisogna accettarle fino in fondo. Ma sgomberiamo il terreno da questi elementi, che credo poco producano rispetto al risultato che dobbiamo comunque conseguire. Io credo che in ogni caso vada tenuto presente un riferimento che è stato ripreso, ma che è bene ricordare. Da un lato noi abbiamo una legge quadro in materia di caccia, una delle poche materie la cui competenza è stata trasferita appieno alle Regioni che ha una legge quadro e noi dobbiamo muoverci all'interno di questa legge quadro e quindi intanto questo è un primo paletto che dobbiamo porre alla nostra discussione e alle nostre decisioni. Intanto non assumere provvedimenti legislativi che siano in contrasto con la legge quadro nazionale. Questo è già un elemento da considerare rispetto a chi vuole assumere delle posizioni che sono del tutto contrarie all'esistenza dell'attività venatoria nella nostra Regione.
Dobbiamo sapere peraltro che è in corso una modifica di questa legislazione quadro, anche per iniziativa delle Regioni in un senso che va proprio a cercare di raggiungere gradi maggiori di equilibrio fra le esigenze del mondo venatorio, del mondo agricolo, degli ambientalisti, che ha alla sua base un protocollo di intesa che è stato sottoscritto dalle Regioni, dalle associazioni venatorie, dalle associazioni agricole, che mi sembra un punto di ragionamento molto equilibrato e che dovrebbe essere tenuto presente anche in queste discussioni che oggi e domani vedranno coinvolto il Consiglio regionale del Piemonte. All'interno di questo non ci stancheremo mai di ricordare che la legislazione piemontese in materia di attività venatoria è tra le più restrittive da sempre, da quando nel 1973 si varò fra le prime Regioni in Italia una legge in materia di caccia, la legge dell'allora Assessore De Benedetti, della legge n. 60, alle successive modifiche. E' stato un filo conduttore che non si è mai interrotto, una legislazione venatoria a volte anche combattuta nei confronti delle associazioni venatorie che hanno dimostrato in questi anni anche grande senso di responsabilità, ed è una legislazione che ci sembra già un punto avanzato di equilibrio fra le diverse esigenze, considerando che il Piemonte oltretutto (e in modo neanche pacifico nel mondo venatorio) è stata una delle prime Regioni, se non la prima Regione, ad introdurre il tetto massimo dei cacciatori ammissibili, che ha ridotto la mobilità dei cacciatori sul territorio e questo è un altro grande fatto di conquista civile di questa Regione, che ha cercato di legare il mondo venatorio al territorio e di coinvolgerlo in modo più diretto. Questi sono elementi che comunque anche in questa discussione debbono essere tenuti presenti. Allora qual è l'obiettivo a cui dobbiamo traguardare ma avendo presenti queste considerazioni, avendo presenti queste valutazioni? Noi non partiamo da una tabula rasa, noi non partiamo da una non storia alle nostre spalle di questa vicenda, noi dobbiamo responsabilmente come Consiglio cercare di dare una risposta legislativa equilibrata che certamente raccolga il suggerimento di fondo contenuto nella proposta di iniziativa referendaria ma che nel contempo abbia anche la coscienza questo Consiglio di avere già in Piemonte una legislazione in materia venatoria molto rigida, molto severa: non si caccia in estate, non si caccia in primavera, vi è una limitazione di giornate e di mobilità ed è già una legislazione avanzata su questo terreno. Certo, qualche ulteriore passo si può fare. A noi pare che allora complessivamente l'indicazione emersa dalle proposte della Giunta sia la proposta che è stata rassegnata alla Commissione che è il documento introduttivo di questo dibattito ed eventuali modifiche ulteriori siano da questo punto di vista una buona base di partenza, una risposta adeguata e sufficiente ai quesiti posti dall'iniziativa referendaria. Credo che dalla proposta avanzata dalla Giunta regionale in allora, che qui è rassegnata all'esame del Consiglio, non ci si possa di molto discostare, perch rappresenta già una buona risposta a queste esigenze. Noi sappiamo che vi sono ulteriori questioni che vengono avanti e in particolare ve ne sono due a cui faccio solo un breve riferimento di ordine generale, salvo poi tornare nell'esame puntuale.
Un ragionamento ruota attorno alla quantità, all'entità (io direi che anche la qualità ha il suo peso in questa vicenda), alla quantità delle specie che dovrebbero essere ancora cacciabili. Credo che su questo qualche ulteriore passo si possa ancora fare pur all'interno di una legislazione che è già al di sotto della metà delle specie ammesse come cacciabili dalla legislazione nazionale; forse qualche passo ulteriore si può ancora fare alla luce delle dinamiche intervenute rispetto alle popolazioni di certi tipi di fauna, però io credo che occorra stare attenti perché il ridurre eccessivamente il numero delle specie cacciabili provoca inevitabilmente come conseguenza una pressione venatoria molto forte sulle specie che rimangono cacciabili, ricreando nuovamente i problemi di equilibrio.
Bisogna anche su questo terreno muoversi con molta cautela perché è chiaro che nella misura in cui si riducono in modo drastico le specie cacciabili è evidente che aumenta su queste la pressione venatoria, per cui anche dal punto di vista tecnico questo può essere un elemento su cui ragionare che può essere compensato attraverso il discorso dei punti o con altri meccanismi, ma comunque è un elemento che deve essere tenuto presente.
L'altro argomento è quello che attiene alle giornate di caccia. Credo che tutto sommato si possa - specialmente nella zona faunistica delle Alpi accedere alle giornate fisse e ad un numero molto limitato all'interno di quello che già dice la legge n. 60 con le modifiche, però in questo quadro a priori escludere una giornata come la domenica dall'esercizio venatorio mi pare una forzatura che vuole rappresentare una bandiera, ma che in realtà non risponde anche questa a nessun criterio di ordine oggettivo dal punto di vista tecnico. Allora qui bisogna che ci chiariamo le idee: se vogliamo fare un ragionamento che abbia alla sua base anche un elemento tecnico è una cosa, se invece vogliamo soltanto spuntare degli effetti di bandiera allora è un un'altra. Io dico che a priori escludere la giornata della domenica, calcolando poi quante sono nell'arco della breve stagione venatoria che ha il Piemonte, a priori mi sembra una scelta su cui forse questo Consiglio, qualora dovesse avventurarsi lungo questo terreno dovrebbe fare qualche riflessione puntuale ed approfondita, perché non mi sembra questo il modo, dal punto di vista tecnico, di risolvere la questione. Ma, ed ho concluso perché ho superato il tempo che mi è concesso, su questi aspetti particolari avremo modo di ritornare, volevo solo anticipare un ragionamento che avremo modo di articolare meglio quando entreremo nel dettaglio. L'augurio che, come Gruppo, auspichiamo è di raggiungere in queste due giornate un risultato legislativo equilibrato che tenga conto delle varie esigenze e dei vari interessi presenti all'interno della nostra regione e che non scelga, in modo prioritario, questa o quella strada, posto che ci muoviamo già all'interno di una legislazione che su questo terreno ha compiuto ormai in questi anni in Piemonte molti passi avanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente e colleghi, la nostra collocazione in questa fase del dibattito avviene attraverso l'illustrazione della relazione di minoranza che abbiamo depositato ieri mattina e che oggi è stata distribuita ai Consiglieri.
Al riguardo voglio fare una premessa prima di esprimere la nostra collocazione su questo disegno di legge, approdato con il rito dell'urgenza in quest'aula. La premessa è questa: ai fini di evitare ogni e qualsiasi interpretazione non esatta o erronea di quella che è la nostra presa di posizione su questo provvedimento legislativo noi desideriamo precisare che: nella ipotesi in cui il referendum abrogativo delle nove disposizioni di legge contenute nella legge regionale sulla disciplina della fauna e della caccia vada in consultazione, la posizione dei Consiglieri del Gruppo MSI-DN sarà di suggerire agli elettori che parteciperanno alla consultazione di esprimersi in senso contrario alla abrogazione delle nove normative in questione. Perché noi riteniamo che le vigenti disposizioni della legge regionale siano suscettibili di contemperare in maniera adeguata le giuste esigenze dei cittadini piemontesi, siano essi ambientalisti oppure cacciatori. Queste disposizioni della vigente normativa riteniamo siano coerenti con la legge quadro nazionale sulla caccia oltreché coerenti con quell'aspetto del diritto di libertà insito nella legge quadro della caccia che è collegato con l'esplicazione di un'attività sportiva e con l'utilizzazione del tempo libero. A proposito di questa ultima affermazione, riteniamo che una più adeguata tutela delle popolazioni possa attuarsi attraverso un aumento del massimale dell'assicurazione obbligatoria cui devono provvedere i cacciatori; al riguardo ricordo che nel novembre del 1980, in quest'aula, venne votato all'unanimità un ordine del giorno con il quale si metteva in evidenza (l'occasione era stata data da alcuni gravi incidenti mortali che si erano verificati) l'opportunità e la necessità di aumentare congruamente il massimale.
Fatta questa anticipazione su quella che sarà la nostra presa di posizione, nell'ipotesi in cui si vada al referendum, dobbiamo dire subito, che ci lascia molto perplessi l'atteggiamento assunto dalla Giunta regionale, la quale, dopo che all'unanimità il referendum è stato dichiarato ammissibile, si è affrettata a predisporre il disegno di legge n. 352 che oggi approda in aula. Lo scopo principale di questo disegno di legge (e questo è un dato incontestabile che traspare dalla stessa relazione al disegno di legge) è di ghigliottinare il referendum, che è stato richiesto da 50.000 elettori piemontesi, attraverso la proposta di abrogazione e contestuale modifica delle nuove disposizioni che sono state oggetto del referendum. Questo modo di procedere, a nostro avviso, cioè tentare attraverso un disegno di legge di togliere di mezzo il referendum che mi pare un dato di fatto non contestabile, è un atteggiamento non istituzionalmente condivisibile ed è violatore dell'esercizio di quel diritto politico previsto dall'art. 54 dello Statuto. Sempre lo stesso Statuto, nel contesto di un'altra disposizione, cita che nell'esercitare tale diritto politico del referendum la Regione deve favorirne l'esperimento. Già nella scorsa seduta, attraverso l'accenno in particolare fatto dal collega Mignone, ci si è chiesti se fosse un pieno diritto istituzionale, politico della Giunta modificare la legge volta che è stato proposto il referendum; su questo siamo perfettamente d'accordo. Però il discorso è un altro. A questo diritto politico di modificare la legislazione potevasi provvedere prima, cioè in quel lungo lasso di tempo durante il quale sono state raccolte le firme referendarie; farlo dopo mi pare che abbia solo l'esclusivo scopo di ghigliottinare il referendum.
C'è di più! C'è che questo tentativo di togliere di mezzo il referendum è, a nostro avviso, maldestro e soprattutto inadeguato. Infatti le modifiche non sono sufficienti, sono prevalentemente formali, non sono incisive, tali da poter evitare il referendum; questo in base a quella nota sentenza della Corte Costituzionale, cui ho già accennato nel corso della seduta scorsa, la quale prevede che allorquando il tentativo e il contenuto della proposta di legge modificatrice sia solo quello di impedire il referendum o comunque il cui contenuto sia non sufficiente, inadeguato (come questo) ad evitarlo, lo scopo non potrà mai essere raggiunto.
Quindi a questo punto, fatte queste considerazioni di sintesi sull'intelaiatura dell'intero disegno di legge, il nostro atteggiamento, in questo momento di presentazione del disegno di legge nella sua interezza, è tendenzialmente contrario ad una sua approvazione. Tuttavia, noi esamineremo attentamente gli emendamenti sia della Giunta sia delle altre forze di opposizione che si battono ai fini di un comportamento contrario all'approvazione del disegno di legge e, a seconda dell'esito di questi emendamenti, del loro accoglimento o della loro reiezione, ci collocheremo definitivamente.
Desidero sottolineare ancora un punto: il nostro atteggiamento che poco fa ho illustrato, che ruota intorno al concetto che non è politicamente legittimo impedire un referendum attraverso una volontà di modificare le relative normative, è un atteggiamento a difesa delle opposizioni che in un determinato momento storico della vita del Consiglio giocano tale ruolo.
Oggi tocca a quelle opposizioni di questo Consiglio che si schierano accanto agli ambientalisti; domani potrà accadere a noi se nella nostra area raccoglieremo 50.000 firme per abrogare certe disposizioni. Potrà accadere al Gruppo comunista, che in questo momento storico della vita istituzionale è all'opposizione, che, ove su un'altra legge, su una qualsiasi disposizione di legge favorisse un referendum potrebbe trovarsi anch'esso ghigliottinato attraverso questo subdolo mezzo di un'affrettata proposta di modifiche.
Quindi, anche sotto questo profilo il nostro comportamento è coerente con l'osservanza di certi principi istituzionali che nulla hanno a che vedere con quella dicotomia abilmente messa in evidenza dal Consigliere Mignone.
In definitiva, in questo momento di esame generale del disegno di legge il nostro atteggiamento è tendenzialmente contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Credo valga la pena dire in questo dibattito, per introdurre qualche considerazione realistica, che in realtà noi oggi stiamo dibattendo su posizioni (sia le posizioni filocaccia che quelle anticaccia) secondo me entrambe minoritarie, almeno nei termini in cui le abbiamo presentate nel Paese.
Perché dico questo? Perché oggi tutti i sondaggi fatti a proposito dei referendum nazionali, delle proposte di referendum nazionale sulla caccia dicono che la minoranza dei cacciatori è isolata sul piano numerico e che la stragrande maggioranza della popolazione è contraria alla caccia.
Secondo me però se questo è vero in termini di sondaggi (i sondaggi pongono la questione: sì o no) è diverso invece il ragionamento se parliamo di una consapevole cultura delle ragioni per cui ha senso la tutela della fauna selvatica e la tutela in genere della diversità biologica.
Su questo non sono convinta che oggi ci sia ancora nel nostro Paese una cultura diffusa e convinta. Cercherò di spiegarmi perché secondo me è venuto fuori anche dal dibattito fra di noi.
Ci sono stati interventi anche un po' a cuore in mano come quello del collega Villa, ma anche di altri colleghi, che ci hanno detto: "l'ambiente è importante, ma è l'ambiente per l'uomo, è l'uomo al centro dei nostri interessi" (il che appare evidente a tutti). In realtà il discorso di cui ci dobbiamo occupare, perché ci è stato proposto il referendum, è però un problema marginale rispetto a più ampi problemi sia relativi all'ambiente sia relativi ad altri valori come, per esempio, il lavoro, l'occupazione ecc.
Credo che la proposta, magari difficile, di referendum sulla caccia non sia un problema minore nel grande dibattito sulla questione ambientale.
Perché non è un problema minore? Perché in realtà, in particolare noi italiani, stiamo acquisendo una concezione dell'ambiente, della necessità di tutela dell'ambiente molto centrato, molto antropocentrico che finisce per identificare ambiente con territorio e risorse primarie aviotiche (acqua, aria e suolo), dimenticando che il problema dell'ambiente è quello del rapporto triangolare che deve tendere a simmetria fra uomo, ambiente naturale ed aviotico e resto del mondo vivente.
Questo aspetto fa proprio poco parte della cultura italiana, mentre per esempio è profondamente radicato in certe culture come quella anglosassone dove in realtà i movimenti conservazionisti sono nati, cresciuti e diventati forti nella cultura popolare prima di tutto sulla tutela del mondo vivente, sia del mondo vivente vegetale sia del mondo vivente animale.
Sono note le battaglie feroci che avvengono, ad esempio, in Inghilterra per la tutela degli animali migratori, delle colonie di uccelli marini selvatici, ecc.
E' proprio su questi temi che avvengono le battaglie più dure e violente, però portatrici di cultura.
Torniamo un momento indietro. Perché è così importante che questo rapporto triangolare fra uomo e mondo vivente, non solo mondo inanimato, si radichi nella nostra cultura? Perché in realtà una delle cose più aggredite, più in pericolo nel generale problema degli inquinamenti e del degrado dell'ambiente è proprio quello della diversità biologica. Ed è alla tutela della diversità biologica che noi dobbiamo porre molta attenzione.
Perché se è facile acquisire culturalmente la necessità di avere l'aria e l'acqua pulita perché la beviamo e la respiriamo anche noi, è ancora difficile far capire alla gente - per questo dico che si tratta ancora di movimenti minoritari - che la tutela della diversità biologica è un valore che se noi non impariamo a rispettare ci trascinerà davvero nel restare unica specie vivente in un mondo completamente deserto di ogni altra forma di vita e alla fine questa cosa ricadrà su di noi. Certo, sono cosciente, e lo hanno detto molti e non sto a ripeterlo se non per richiamarlo, che le principali forme di aggressione all'esistenza delle specie non umane animali o vegetali, non sono certo i fucili dei cacciatori.
Però è evidente che le cause principali vanno ricercate nei due grandi processi che degradano l'ambiente naturale: l'agricoltura e l'industria.
L'industria e l'agricoltura se preferite; ma nel caso delle specie animali il ruolo pesante che l'agricoltura chimica ha nella distruzione di molte specie è forte.
Però mentre ci sono specie animali, soprattutto quelle molto piccole (gli insetti), che sono in grado di adattarsi rapidamente a queste mutazioni dell'ambiente, ci sono invece le specie maggiori che hanno molta difficoltà. E' per questo che ha senso uno specifico ragionamento, una specifica cultura della tutela di queste specie.
Per tornare al problema che abbiamo di fronte, questa è la ragione per cui io, se potessi scegliere da sola, tutto sommato preferirei il referendum. Lo so che il referendum di per sé non risolve la questione che abbiamo di fronte, lo so che è necessaria una legge e quindi il Consiglio dovrà comunque affrontare questo problema. Però secondo me - e sarebbe stato meglio che il referendum fosse stato da questo punto di vista un referendum nazionale - questa era la prima e più importante occasione per aprire il dibattito su questo aspetto della nostra non cultura per l'ambiente che è importante e che è quello più trascurato in tutto il dibattito sull'ambiente.
Questa è la ragione proprio culturale, per cui io penso che da un referendum si esca sempre arricchiti nella conoscenza del merito preciso delle cose in gioco, in discussione.
Certo, ci sono poi delle radicalizzazioni, però chi vuole sapere finisce per essere per certi versi un po' obbligato a farsi un'opinione e quindi a interessarsi al problema. Secondo me, quella sarebbe stata sarebbe, sarà, se ci sarà, un'occasione importante. Non così importante come se il dibattito fosse nazionale. Sappiamo che i media hanno poco interesse per quello che capita nelle Regioni; però siccome questo è forse l'ultimo referendum che ancora è in discussione ci sarebbe anche uno specifico interesse dei media nazionali e questo potrebbe allargare il dibattito a questo livello.
Detto questo mi rendo conto che il problema esiste. Siccome non sono sola in questo Consiglio, né rappresento una maggioranza che può decidere anche il problema di come una legge viene approvata è naturalmente rilevantissimo.
Credo che da questo punto di vista l'insieme delle proposte che sono emerse in Commissione da parte del Gruppo comunista e mi pare nella discussione, almeno come presentazione di emendamenti recepiti questa mattina dall'Assessore, rappresentino certamente una buona base di intesa.
Tecnicamente non sono un'esperta di caccia, può darsi che ci siano delle cose che non vanno ancora; mi risulta che forse un approfondimento di altri articoli, che i promotori del referendum non hanno potuto inserire perch si trattava non di abrogazioni ma di necessità di aggiunte, potrebbe migliorare gli aspetti soprattutto relativi al controllo, che qui non sono venuti fuori, ma che certamente come in tutte le leggi di tutela dell'ambiente rappresentano il punto debole delle legislazioni avanzate che vengono approvate. Tutte le leggi avanzate hanno poi l'aspetto negativo del fatto che non sono rispettate. Sarebbe interessante capire se gli strumenti di controllo dell'effettivo rispetto di una legge (che restringesse, per esempio, le specie cacciabili, che modificasse gli orari e certi comportamenti abituali) sono sufficienti. Mi pare che questo fosse uno dei problemi posti dalle associazioni.
C'è poi la questione della domenica. Non credo che si possa fare della questione della domenica un gigantesco problema culturale. Credo che ormai la quantità di tempo libero a disposizione di tutti, e anche delle classi lavoratrici, sia molto ampia; se anche in ipotesi si togliesse la domenica totalmente dalle giornate in cui si può esercitare la caccia, questo non impedirebbe a nessuno nella nostra regione che voglia farlo di andare a cacciare. E' meglio mezza giornata che tutta la giornata intera e in questo senso in parte mi va bene; ma mi sembra che una proposta che già avevo fatto in Commissione (poi la Commissione si è chiusa rapidamente quindi non se n'è più potuto parlare), e ripresa questa mattina dal Consigliere Tapparo, fosse quella di usare la spartizione salomonica invece che in orizzontale in verticale, invece che fra mattina e pomeriggio, fra primo mese di caccia e periodo successivo. Sarebbe per certi versi più semplice da controllare, quindi risponderebbe meglio ai problemi di controllo ridurrebbe la pressione nelle prime domeniche di caccia nelle quali, mi si dice, avviene la maggior parte dello sterminio, se sterminio possiamo chiamarlo, degli animali selvatici e quindi forse potrebbe rappresentare una soluzione migliore e più accettabile nell'ottica di raccogliere lo spirito dei promotori.
C'è ancora un aspetto che volevo richiamare nell'ipotesi che questo Consiglio decida di andare all'approvazione di una legge. La situazione in cui siamo oggi è meno semplice di quella che si sarebbe potuta configurare uscendo con un progetto chiaro dalla Commissione. Qui le responsabilità si può ritenere che siano degli uni o degli altri, ma non c'è dubbio che dalla Commissione non è uscita una proposta. Noi oggi discutiamo della proposta primitiva della Giunta che è quella, non so se dire "scippatoria" o "ghigliottinatoria", ma certamente è una proposta antireferendum. Fatta per evitare il referendum con grande cura e grande abilità. E' scritta molto bene per cercare di evitare il referendum non recependo in realtà nulla delle cose dei promotori. Invece gli emendamenti proposti dall'Assessore recepiscono almeno tutto quello che era emerso dalla Commissione e potrebbero anche subire ulteriori miglioramenti. Quello che però mi preoccupa è che anche dal dibattito che c'è stato oggi discutiamo comunque a partire dalla proposta della Giunta e quindi il lavoro di emendamento va articolo per articolo. E l'esperienza di come vanno poi le discussioni sugli emendamenti in Consiglio regionale non mi fa ben sperare che alla fine venga fuori la legge buona, migliorativa di quella che avrebbe potuto uscire dalla Commissione se si fosse andati fino alla fine. La mia preoccupazione è che poi alla fine venga fuori un pasticcio, che non necessariamente tutte le proposte dell'Assessore vengano recepite dalla maggioranza, dove mi sembra che ci siano oltre a colombe anche falchetti, e che alla fine il risultato della discussione possa essere lo scippo del referendum senza la legge buona o con briciole sparse della famosa legge buona.
L'Assessore ha diritto di replica alla fine del dibattito generale ed in questo senso sarebbe interessante capire qualcosa di più, perché lui questa mattina ci ha illustrato solo la legge della Giunta e su quella effettivamente noi saremmo disponibili a dare battaglia sino a probabile nostra morte per esaurimento nella discussione dei 2 mila emendamenti.
Prima di rinunciare a questa battaglia vorremmo noi firmatari capire che prospettive abbiamo che questa legge buona venga fuori. Inviterei l'Assessore a riflettere su questo aspetto. Se chiudiamo oggi avremmo alla fine fatto solo un dibattito che avrà coinvolto due minoranze che sono: i promotori firmatari del referendum e non la maggioranza, che invece lo avrebbe votato perché non avrà avuto la possibilità di discutere e, i cacciatori. In questo senso avremmo scelto di chiuderci in questo ambito invece di aprirci ad un confronto che credo non debba e non possa fare paura a nessuno, come quello di andare a capire che cosa pensa la popolazione piemontese su questo argomento illustrato correttamente.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, do la parola all'Assessore Moretti per la replica.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Dopo un percorso non lungo ma delicato, siamo giunti ormai alla fine di un dibattito oggettivamente difficile, talvolta anche un po' teso.
Fortunatamente però gli elementi di tensione hanno caratterizzato in maniera più netta tale posizione esterna alle istituzioni regionali, mentre in Commissione e in Consiglio regionale elementi di responsabilità e di concretezza hanno prevalso sulle facili suggestioni che il tema poneva e suscitava.
L'Assessore naturalmente non può concludere, poiché le conclusioni spettano al Consiglio, tramite la sovranità del proprio voto, ma ha il dovere di richiamare l'attenzione su una serie di punti per così dire di fondo e ha il dovere di farlo con chiarezza evidenziando la propria posizione come responsabile della politica regionale entro il settore.
Incominciamo dal primo punto. Da una parte l'opinione pubblica tende a radicalizzare in atteggiamento un po' brutale come se si dovesse scegliere tra caccia sì e caccia no. Si tratta di un atteggiamento senza dubbio semplificato, poiché si dovrebbe comunque considerare quale caccia da un lato e, dall'altro lato, quale alternativa al prelievo venatorio.
Si tratta inoltre di un atteggiamento astratto poiché non tiene conto dei vincoli costituzionali in cui si deve muovere ogni progetto regionale.
Tuttavia, da un punto di vista politico, non è possibile evitare di pronunciarsi rispetto ai termini così radicali che taluni hanno il torto ma anche il merito, di prospettare.
Entrando nel merito vorrei dire che l'attività venatoria, intesa nei limiti di combattibilità con la tutela ambientale, non deve essere demonizzata, ma deve essere riconosciuta come una funzione coincidente con l'interesse pubblico nella misura entro cui è fattore ineliminabile di controllo faunistico. Non invoco quindi il tradizionale argomento storico secondo cui la caccia esiste da millenni, o forse da milioni di anni visto che così lungo è il cammino della specie, perché in fondo è a doppio taglio dal momento che un impulso quanto più è risalente tanto più potrebbe essere legato alla matrice animale precivile e tanto più potrebbe essere legato ad altri fattori destinati a negarsi e superarsi gradualmente man mano che l'uomo nel suo lungo cammino prenda le distanze e si differenzia dagli altri abitanti del pianeta.
Ricorrerò quindi ad un'altra argomentazione più contingente ma nel contempo più solida a cui ho già fatto ricorso in altre occasioni e cioè che ancora oggi il controllo delle specie faunistiche è inevitabile, quindi deve essere effettuato da qualcuno. Se ciò è vero (e credo che sia incontestabile) le strade sono due: o il prelievo viene effettuato dalla pubblica amministrazione creando un organico di propri dipendenti specificamente incaricati del servizio oppure si consente in una sorta di esercizio privato-pubblico che il prelievo venga effettuato da coloro che ancora oggi, e credo per molto tempo, si prestano a compierlo spontaneamente entro i limiti della legge. Non vi sono altre vie e tra le due prospettate se si ragiona concretamente ognuno deve riconoscere come sia preferibile la seconda perché da un lato non comprime libertà relative ad interessi pur presenti nel corpo sociale e dall'altro lato non sovraccarica l'Amministrazione con norme improprie ed evitabili. Questa è in fondo la situazione di oggi e spetterà ad altri decidere diversamente un domani quando in diverso modo si saranno sviluppate situazioni non solo culturali ma anche oggettive.
Premesso ciò in termini politici e quasi ideologici, altra cosa è invece il problema circa l'ampiezza tipologica e quantitativa del controllo e quindi del prelievo venatorio. Riconosco che si localizza il fronte opinabile del problema e nel contempo il punto attualmente decisivo. Anche qui pertanto occorre la massima chiarezza e in proposito devo ribadire che non è possibile ridurre il prelievo a livelli così irrisori da vanificare sostanzialmente l'attività venatoria abolendo di fatto la caccia naturalmente sono le norme costituzionali che lo richiamano e se a qualcuno o a qualche Gruppo ciò non piace in fondo è una norma costituzionale che non piace. Certamente è legittimo criticare e voler mutare la Costituzione ma è in altra sede e con altri strumenti che andrebbe condotta una battaglia in tal senso, non in maniera trasversale-strumentale a livello improprio di legge regionale.
Veniamo ora ad una serie di punti più specifici che risultano oggetto di conferma o modifica nell'ambito della presente legge che ci accingiamo a votare. I punti sono molti, ovviamente mi limito ad intervenire soltanto su alcuni. C'è molta attenzione in particolare sull'attività venatoria nel giorno della domenica. E' inutile dire che anche in questo caso siamo in presenza di una questione esemplare in cui l'attacco apparentemente minimo di qualcuno tendeva in realtà a conseguire risultati di ben altra natura.
Gli argomenti per sopprimere la domenica sono stati parecchi e in verità suggestivi. Si è sostenuto tra l'altro che la caccia domenicale non solo disturberebbe ma metterebbe in pericolo il passeggio o la gita nonché la fruizione turistica proprio in un giorno di massimo esercizio di quest'ultima attività. Si tratta però di un argomento pretestuoso a cui è possibile contrapporre una triplice obiezione.
In primo luogo, con l'apertura venatoria a fine settembre la caccia si svilupperebbe in un periodo di autunno avanzato che assai difficilmente interferisce con fruizioni ambientali concorrenti.
In secondo luogo, quanto ai profili di sicurezza non si è mai sentito di incidenti venatori che coinvolgano gitanti e turisti ma semmai gli incidenti lamentati si limitano ad avvenimenti tra cacciatori.
Infine, dovrebbe essere evidente il carattere discriminatorio che verrebbe introdotto da un punto di vista sociale con specifico riguardo ai lavoratori dipendenti ove si eliminasse il giorno festivo e quindi libero per eccellenza.
Passando ad altri punti (voglio riprendere alcuni interventi ai quali tenterò di dare una risposta che terrà conto di quanto è emerso in sede di Commissione) la Commissione ha già affrontato alcuni problemi e la Giunta ha predisposto degli emendamenti che vanno verso alcune proposte che sono state avanzate.
Vorrei dare alcune risposte agli interventi. Apprezzo le posizioni del collega Pezzana che non pone il problema "caccia sì - caccia no", è molto più deciso, pone il problema di "caccia no". Questa posizione è anche rispettabile. Nessuno mai si è posto, e anch'io come membro della Giunta non mi pongo, il problema del referendum, mi pongo il problema se una legge va incontro alle proposte referendarie. E' chiaro che ognuno dà l'interpretazione delle leggi. Sono molto rispettoso delle proposte altrui e qualche volta chi ha l'impegno politico di voler fare bene qualche volta sbaglia. Questo non vuol dire che la legge si muoveva verso certe posizioni.
Al collega Staglianò (calendario venatorio, domeniche, silenzio caccia regolamentazione della caccia, quattro specie) devo dire l'ho già detto in Commissione) che ci sono (lo ripeteva il collega Martinetti) le due ideologie, le due filosofie. Se noi vogliamo parlare di una caccia che deve creare un rapporto fra l'ambiente e la fauna non dobbiamo limitarci a parlare delle quattro specie, dobbiamo invece verificare se la caccia vuole essere equilibrata rispetto al territorio, le specie da cacciare possono essere più di quattro, possono essere come la Giunta ha predisposto.
C'è un emendamento del Partito comunista (suggerito anche in Commissione), è una via per cercare di avere un rapporto fra l'ambiente territoriale e la fauna. Aggiungo che c'è la legge n. 60 che poneva alcuni obiettivi (il piano di programmazione e il piano faunistico) per i quali occorrono dei riferimenti e la collega Bresso li ha giustamente posti avere cioè dei riferimenti rispetto non solo al piano degli ungulati o alla carta faunistica (il piano degli ungulati è stato predisposto ormai da un paio di anni), non disponevamo però della carta faunistica che è un riferimento molto più utile rispetto al discorso del rapporto biologico dell'ambiente animale rispetto all'ambiente vegetale, rispetto al territorio. Sono mancati questi riferimenti; la carta faunistica che era il punto fondamentale per predisporre un piano faunistico è stata consegnata qualche giorno fa con una corrispondenza continua fra la Regione, l'Ufficio legale fino al punto che c'è stata una moratoria da parte dell'Ufficio legale ed è stata consegnata la prima parte del piano. Il piano faunistico non dev'essere tracciato con la matita individuando le specie con una capacità induttiva; secondo me è un errore perché si va a non creare un equilibrio di carattere ambientale, si va a fare un discorso approssimativo. Questi sono stati gli elementi che non hanno consentito in questi due anni all'Assessorato di predisporre un piano faunistico. In seguito all'approvazione di questa legge occorrerà affrontare una politica di impostazione per quanto riguarda programmazione da una parte, ma in particolare per quanto riguarda tutto il piano faunistico. E quindi la regolamentazione della caccia sulle quattro specie credo che prevalga rispetto alla interpretazione della Giunta regionale che la caccia pu essere fatta su altre specie; tant'è che noi abbiamo predisposto un emendamento che riduce le specie cacciabili a ventuno specie comprese cinque specie di ungulati. Fra queste ventuno specie cacciabili c'è la starna, nei confronti della quale la Giunta regionale ha predisposto un piano di chiusura della caccia; si tratta di un piano triennale, ciò al fine di verificare fra tre anni la sua condizione. Per tre anni la caccia non può essere praticata.
Il calendario venatorio. Con la proposta di ridurre le specie cacciabili, il calendario venatorio va fatto sul piano delle specie cacciabili, non può essere diverso dalla individuazione fatta tramite la proposta di emendamento.
Sulla caccia di domenica abbiamo discusso fino in fondo. Dobbiamo tener conto di coloro che possono fruire della domenica. La Giunta regionale propone un emendamento in base al quale chi sceglie la domenica come giornata di caccia ha a disposizione due giorni e mezzo, in caso contrario tre; questo per quanto riguarda la caccia in pianura che è caccia controllata. Per quanto riguarda la zona alpina, già la legge n. 60 prevedeva due giorni, per cui chi sceglie la domenica ha a disposizione un giorno e mezzo, diversamente due giorni. La Giunta ha recepito le proposte avanzate dagli ambientalisti. Il collega Tapparo è intervenuto questa mattina a nome del Gruppo e ha messo in risalto...



MONTEFALCHESI Corrado

E' intervenuto anche Rossa.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Verrò anche a quello. Di fronte ai problemi ci sono quelli che qualche volta evitano di parlare e di chiarire le posizioni. Questo però non rientra nel mio costume politico, io so assumere decisioni e posizioni, non ho difficoltà a farlo.
Devo dire che il compagno Tapparo ha giustamente posto in risalto tutto l'aspetto della legge per quel che concerne l'equilibrio ambientale; ha fatto riferimento alla legge n. 60. Ricordo che qualche anno fa già veniva anticipato il discorso del ruolo del cacciatore che doveva essere più quello di equilibratore ambientale e non di sparatore, e molti cacciatori hanno recepito questo modo di attivarsi per svolgere l'attività venatoria.
Collega Reburdo, io non devo dare risposte; rispondo a tutto quello che succede in Consiglio regionale, quello che succede esternamente non rientra nella mia responsabilità.
Collega Santoni, è giusto, il disegno di legge n. 352 si era posto come riferimento anche quello di cogliere i momenti della proposta referendaria.
E' chiaro che la Giunta, anzi, la maggioranza, accogliendo alcune proposte in sede di Commissione, ha tentato di venire incontro a quelle che sono le proposte referendarie senza mai pensare di mettere in dubbio il referendum che sarà un discorso che faremo a conclusione.
Montefalchesi ha detto "legiferare ad ogni costo". Legiferare non vuol dire far decadere il referendum, ma andare incontro a delle proposte. Le valutazioni saranno fatte a conclusione di questo dibattito.
La posizione di Rossa. Rossa ha portato avanti una posizione di interpretazione che ha colto per alcuni aspetti il problema di come arrivare ad una modifica della legge. Io apprezzo in termini di democrazia che ognuno si possa scostare rispetto a quelle che sono le posizioni di maggioranza, però la posizione di maggioranza sta in quanto è stato proposto dalla Giunta regionale. Devo dire che ha fatto presente alcuni aspetti relativamente all'art. 22. Il problema dei nocivi. Se sono nocivi non devono essere specie cacciabili. Questi devono rientrare nelle specie non cacciabili; se creano dei problemi vengono predisposti dei piani di abbattimento. Questo è stato recepito, non si può assolutamente pensare di definirli nocivi e poi specie cacciabili, è tutta un'altra cosa. Bisogna avere anche una capacità conoscitiva dal punto di vista faunistico e anche rispetto ai problemi che oggi stiamo discutendo.
Al compagno e collega Bontempi devo dire che c'è stata una responsabilità politica che io ho colto e che non si riferisce solo al problema caccia, ma va ancora oltre. Il ruolo della Regione va oltre rispetto ad un'opposizione e rispetto ad un partito che pone i problemi in termini politici generali, che vanno colti nella loro espressione politica la politica non si limita solo ad una proposta occasionale, la politica è un momento di confronto continuo e di verifica. Quindi per le due proposte "riduzione specie cacciabile" la Giunta ha predisposto un emendamento. Per quanto riguarda la domenica c'è pure un emendamento della Giunta che propone in alternativa a chi sceglie le tre giornate settimanali di non scegliere la domenica; chi sceglie la domenica fa le due giornate e mezzo.
Questo naturalmente va incontro anche ad una ragione sociale, che io sostengo. Sono molto permissivo per alcune cose. Con fervore sostengo anche alcune tesi che vanno verso la difesa della politica ambientale.
Il Consigliere Fracchia è favorevole al disegno di legge n. 352 nella sua totalità, ma va apprezzata anche la disponibilità del PRI ad entrare nel merito delle varie proposte che sono emerse in sede di Consiglio e delle quali la Giunta deve tener conto.
Da parte del Presidente Villa c'è stato un modo corretto di portare avanti la legge, sia nella fase della consultazione sia durante la discussione della legge e degli articolati. Anch'io ho recepito, più volte le proposte, e trovandomi davanti ad una valanga di emendamenti che precludevano la discussione non mi sono mai posto il problema del referendum, e lo dico con insistenza: non me lo pongo questo problema! Rivolgendomi alla collega Bresso voglio dire che, purtroppo, come lei sa, la cultura della caccia è una cultura molto difficile da interpretare dal punto di vista dell'equilibrio biologico. Per molte ragioni: credo che non sia mai stato affrontato in termini di concretezza, in tutte le sedi quello che occorreva per migliorare l'equilibrio biologico. Consentimi di riferirmi alla legge n. 60: la discussione si è protratta per diversi giorni. La legge n. 60 recepisce, in uno degli articoli, il fatto che gli agricoltori non devono far uso dei diserbanti e li premia! Quindi questo è uno dei tanti problemi che si era posta già allora la Giunta, ma è chiaro che l'evoluzione nel campo della difesa all'ambiente è tale che bisogna non solo esaudirla con questo dibattito, sarebbe molto limitativo. Sono del parere che il problema dell'ambiente debba vedere la parte faunistica e l'attività venatoria inserite in modo corretto.
A conclusione ritorno su un tema di carattere generale. Rispetto a qualche lamentazione generica che si avverte talvolta affiorare, intendo ribadire che in Piemonte non si parte né da zero né da una situazione inadeguata, bensì da una situazione avanzata che prende il nome della legge n. 60. Si tratta sostanzialmente di una buona legge, non perché lo afferma l'Assessore, il cui giudizio potrebbe essere troppo facile e scoperto, ma perché molte componenti politiche lo hanno riconosciuto! Ed è stato riconosciuto anche nella letteratura specializzata dove scrittori di diritto pubblico, meno legati alla polemica contingente, hanno illustrato che il contenuto della legge n. 60 è il frutto di una laboriosa ma accorta mediazione entro l'inevitabile divergenza di interessi che il settore catalizza. Analoghi riconoscimenti sono giunti e continuano a giungere anche dai settori più responsabili, sia entro il fronte delle associazioni venatorie, sia entro il fronte delle associazioni ambientaliste. Ciò non toglie che critiche vi siano, anzi, va curiosamente osservato che taluni pur non essendo del tutto convinti della legge n. 60 al tempo della sua emanazione, ne lamentano oggi i punti inattuati. In effetti, si incontra qui il punto dolente della programmazione faunistica (come ne ho già parlato) e si pone anche il problema delle aziende faunistiche.
Nel predisporre il piano faunistico ho parlato di rapporto territorio individuazione di aree cacciabili e aree non cacciabili; l'area di caccia libera, l'area individuata per le aziende faunistiche. Bisogna rivedere tutte le attuali aziende, occorre fare una revisione totale rispetto a quello che deve essere l'equilibrio in rapporto al territorio, alla fauna e alle aree cacciabili.
Sarebbe facile a me, sul piano personale, sottolineare che il ritardo della carta faunistica non è imputabile a me; mi prendo anche delle responsabilità.
Dopo queste considerazioni sul carattere soddisfacente della nostra situazione normativa, nonché sul carattere soddisfacente della sua effettività che sta per essere ultimata, vi è infine il problema politico circa il rapporto tra modifica odierna e referendum. Il problema è certamente delicato e potrà costituire un terreno di scontro nel momento in cui si voterà la legge, però non voglio entrare nel merito del problema referendario. La legge è da valutarsi in rapporto ai suoi contenuti e non in rapporto ad altro parametro, che è cosa diversa e sarebbe ora tema improprio circa la sua capacità di continuare a garantire e di far caducare la richiesta referendaria. E' appunto sul terreno del contenuto, e non per altra ragione, che esprimo oggi il saldo convincimento che si tratti di una buona legge, che fa compiere, sotto molti profili, un passo avanti rispetto alla situazione attuale che riguarda sia la parte ambientalista sia la parte venatoria.



PRESIDENTE

E' stata presentata una questione pregiudiziale di non passaggio all'esame degli articoli: "Il sottoscritto Consigliere Nemesio Ala, vista l'iscrizione all'o.d.g.
del disegno di legge n. 352, propone ai sensi dell'art. 61 del Regolamento la seguente questione pregiudiziale in quanto in contrasto con l'art. 32 della legge n. 73 relativa all'iniziativa popolare degli enti locali al referendum abrogativo o consultivo".
La parola al Consigliere Ala che illustra tale questione pregiudiziale.



ALA Nemesio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho presentato una questione pregiudiziale in tempi molto brevi. Per la prima volta questa assemblea regionale si accinge a legiferare su una proposta di legge mentre è pendente un referendum dichiarato ammissibile sulla stessa materia.
La questione pregiudiziale è posta proprio in base ad una legge regionale, la n. 4 del 16/1/1973 "Iniziativa popolare degli enti locali e referendum abrogativo e consultivo", quindi, al rapporto tra l'attività e il modo con cui noi stiamo procedendo e i contenuti di un'altra legge regionale, che interviene sulla materia e che quindi è obbligo a noi stessi quale assemblea regionale rispettare.
Occorre sottoporre all'attenzione dell'aula se il modo e l'oggetto sul quale stiamo ragionando siano compatibili (così come emergono dagli interventi dell'Assessore e delle altre forze politiche) con quanto prevedeva questa legge ed in particolare l'art. 32, il punto spinoso e dolente della vicenda, relativo al rapporto tra eventuali leggi che modifichino la materia oggetto del referendum e la possibilità che si realizzi ancora la consultazione referendaria.
Leggo all'art. 32: "Se prima della data dello svolgimento del referendum la norma o il provvedimento amministrativo o le singole disposizioni di essi cui il referendum si riferisce siano stati abrogati..
il Presidente della Giunta con proprio decreto stabilisce che le operazioni relative non hanno più corso".
Una lettura attenta, che raccomando all'assemblea, di questo art. 32 mi pare individui con chiarezza un riferimento molto stretto tra l'abrogazione delle norme richiesta dai promotori del referendum e da tutti i cittadini che questo referendum hanno sottoscritto e la possibilità che mi pare aleggiare dentro quest'aula: rendere superfluo il referendum. Ovvero: l'art. 32 precisa chiaramente: per superare il referendum occorre l'abrogazione delle norme. Credo che su questo ci sia poco da aggiungere rispetto a quanto ha detto prima il Consigliere Majorino.
Ci sono delle norme e vanno abrogate queste norme, non altre e non solo in parte.
Ritengo invece che ora, con il testo proposto dalla Giunta regionale nonostante le modifiche e i significativi apprezzamenti al nostro lavoro da parte dell'Assessore competente e le aperture verso alcune delle nostre richieste, ci si trovi e ci si collochi comunque ancora assai lontani dal contesto previsto dall'art. 32 della legge, l'unico contesto che, a nostro avviso, può permettere il superamento del momento referendario. Poich questo non avviene, non è previsto né dalla legge presentata dalla Giunta né dagli emendamenti, noi riteniamo che non ci sia lo spazio, il tempo e il modo per procedere all'esame dell'articolato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Noi stiamo facendo una legge sulla caccia, quella migliore possibile o che riteniamo essere la migliore possibile. Lavoriamo con molta serietà e con molto rigore, ma il fatto referendario certo aleggia sui nostri lavori anche se è successivo al problema della legge e non è un preciso condizionamento. Tutto l'intervento del collega Ala ci sembra basarsi sull'interpretazione successiva: se il nuovo testo della legge sia tale o meno da evitare il referendum.
Faccio presente che se è vera la normativa dell'art. 32, noi ci troviamo peraltro in una situazione sostanzialmente diversa da quella che è la legislazione nazionale al cui livello opera la Corte Costituzionale. Se noi facciamo una nuova legge sulla caccia, se la legge sulla caccia è approvata dal Governo è nuova legge sulla caccia. Direi quindi che l'impostazione referendaria a nostro avviso decade. E' comunque questione successiva che riguarda le decisioni che andrà ad assumere la Presidenza della Giunta, l'organo deputato a dare l'interpretazione sull'abrogazione delle norme stesse.
Quindi la pregiudiziale non è a nostro avviso proponibile. Invitiamo il collega Ala a ritirarla perché non proponibile, anche perché non conosciamo il testo finale che uscirà dall'aula, quindi non siamo in grado di dire a priori se questo testo sarà in grado o meno di bloccare il referendum.
Questo lo si vedrà quando uscirà dall'aula, cioè dal nostro lavoro legislativo che ci compete, il testo finale.
Invitiamo quindi il collega Ala a ritirare la pregiudiziale e nel caso la mantenga annunciamo il nostro voto contrario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sostengo un'opinione ovviamente molto diversa da quella che ha espresso il collega Brizio.
Avevo già detto precedentemente, nel mio intervento a nome del Gruppo in discussione generale, che è vera la questione del chiarimento preventivo da parte della Giunta e della maggioranza, perché questo avrebbe determinato un comportamento oppure un altro, da parte del nostro Gruppo sui due punti che noi riteniamo, per il ragionamento svolto prima, i punti chiave per potere definire la legge. Non la legge ad ogni costo, ma una legge che va incontro e recepisce nella sostanza le domande referendarie.
Questa è la nostra posizione.
Per la verità ho sentito nelle dichiarazioni dell'Assessore Moretti, in un intervento che non ho difficoltà a dire che ho apprezzato, il senso di questo impegno. Avrei piacere che in qualche modo la nostra discussione, a proposito di questo punto pregiudiziale, tenesse conto di questa intesa forte che è anche l'identità del percorso che facciamo.
E' chiaro che questo è il punto.
C'è stata un'affermazione dell'Assessore, anche tradotta in emendamenti che sui due punti che ho esplicitato nel mio intervento in precedenza (la drastica riduzione delle specie e la metà domenica) mi pare manifesti un impegno concorde. A questo punto la nostra posizione è ampiamente concorde (soprattutto se questo viene ribadito) se da parte della maggioranza c'è il sostegno dei voti; spero di sì, non credo che l'Assessore Moretti abbia parlato così inconsapevole dell'appoggio della maggioranza perché in queste cose è bene essere molto garantiti. Noi imbocchiamo una strada in un momento abbastanza chiave con chiarezza e decisione.
In questo senso quindi mi va bene che, cogliendo l'occasione della pregiudiziale - su cui mi esprimerò successivamente - anche questo punto venga ribadito da parte delle altre forze politiche della maggioranza. Se le cose stanno in questi termini noi riteniamo che si possa dare atto di un serio, significativo, valorizzabile e giocabile risultato legislativo che ci metta in condizione, con molta tranquillità, di discutere su una posizione di cui sono personalmente e politicamente convinto ed argomentare quelle che a me paiono le buoni ragioni della ragione.
Per quanto riguarda la pregiudiziale, devo dire che sono un po' stupito, perché va dato atto di coerenza piena al Consigliere Pezzana che dall'inizio ha sostenuto una posizione. All'interno degli interventi, forse mi sono sbagliato, che ho sentito da parte del Consigliere Ala ed altri, mi è parso di cogliere, dentro un percorso che per larghissima parte è condivisibile, un aspetto che ho molto apprezzato: quello di mirare alla regolazione migliore possibile dell'esercizio venatorio stante i nostri limiti e gli ambiti in cui potevamo operare.
In questo senso la questione si sposta nel merito, quindi può essere utile anche a chi interverrà successivamente l'attestazione sui due punti essenziali e qualificanti che sono la nostra posizione, la risposta della Giunta e la possibile attestazione decisionale anche di un'ampia maggioranza del Consiglio. Questo a me pare uno dei punti essenziali perch pone la manovra legislativa regionale in una posizione forte.
Se queste sono state le premesse, anche dagli interventi che ho sentito di chi ha portato avanti una battaglia energica perché questi diritti non venissero conculcati, io dico però che c'è qualche contraddizione nel porre la pregiudiziale ora, nel momento in cui su questi due punti dopo che magari la maggioranza l'avrà ribadito si può chiudere una buona legge persino coraggiosa, che non lascia senza penne nessuno rispetto al gioco chiuso degli interessi, ma che rispetto ai cittadini è una scommessa forte e coraggiosa. Noi per questo non intendiamo votare la pregiudiziale e ci permettiamo, in un dialogo educato, fraterno che con molti amici e compagni ci lega, di porre loro la questione. Ma abbiamo sentito qui, al di là di opzioni personali e di valutazioni, venir fuori forte: "Rispondiamo con una legge alle domande referendarie". Io sono convinto che con la posizione che abbiamo tenuto, ma anche con le risposte che mi sono venute, quindi con l'assunzione di responsabilità di un Assessore e io spero di una maggioranza - questa risposta sia in fieri e sia addirittura reale. Si pone ancora la questione della pregiudiziale? Noi, ripeto, non siamo d'accordo dopo le dichiarazioni, dopo una riconferma che vorrei dalla maggioranza con questa pregiudiziale, perché abbiamo descritto il nostro percorso limpido, netto e coerente e lo terremo fino in fondo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Sulla pregiudiziale del Consigliere Ala mi esprimerò molto brevemente.
Credo che nell'illustrazione che ha fatto questa mattina l'Assessore Moretti sul disegno di legge, e ancor di più nell'importante intervento di oggi pomeriggio, si caratterizzi una volontà di una modifica sostanziale.
Certamente non è un artificio. Mi pare che questo sia chiaro e non lo si può negare da nessuna posizione e punta a un significativo risultato legislativo.
E' per questa ragione che chiedo al collega Ala un gesto politico con il ritiro della pregiudiziale; per verificare sui due punti centrali in cui si articolerà il problema che abbiamo in discussione una fattibilità che soddisfi le varie posizioni sapendo che delle rinunce dovranno essere fatte. Chiedo questo: siamo a un passaggio che la pregiudiziale contraddice, è un passaggio molto importante - e l'Assessore l'ha ribadito e in caso di mantenimento della posizione del Consigliere Ala con rincrescimento il Gruppo socialista si vede costretto a votare contro.
Sottolineo che sarebbe un errore politico: cogliamo l'opportunità di fare una rapida e preventiva verifica sui due punti centrali che articolano questa legge per considerare se è possibile fare un percorso in avanti positivo, altrimenti mi pare che, così posta la pregiudiziale, crei già uno steccato, crei già una contrapposizione che può delineare un futuro di queste ore che ci stanno davanti e nei due giorni di seduta consiliare non molto positivo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Capogruppo democristiano Brizio ha detto che non è proponibile la questione pregiudiziale. Io vorrei ricordare al collega Brizio, che è attento lettore di Regolamenti, di leggersi l'art. 32 della legge regionale sui referendum che recita: "Se prima della data del referendum la norma o il provvedimento amministrativo o le singole disposizioni di essi, cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, il Presidente della Giunta con proprio decreto stabilisce che le operazioni relative non hanno più corso". Qui si parla esplicitamente di tutte le norme soggette al referendum e il disegno di legge ne accoglie solo una parte. Su questo credo che non ci siano equivoci e credo che anche l'Assessore Moretti dovrà darmi atto che le norme oggetto di referendum sono state accolte in parte e non in toto. Non esiste un pericolo di vuoto legislativo nel caso che il referendum venisse vinto perché c'è una legge nazionale in merito che è applicabile. In più il Presidente della Regione, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 30 della legge sul referendum, può rinviare di due mesi l'abrogazione delle norme e quindi ha un tempo più che sufficiente per le modifiche. In più la nuova legge, che risulterebbe dal voto referendario (vinto, diciamo noi), non è affatto inapplicabile, anzi, mantiene la struttura della legge regionale sulla caccia rettificandola in modo da non comprometterla.
Non sto a ripetere dei sondaggi dei quali ho parlato questa mattina che ci convincono che noi questo referendum lo vinceremmo con larga maggioranza.
Chiudo il mio intervento sostenendo che il collega Ala ha tutte le ragioni per proporre la questione pregiudiziale.
Mi dispiace che i lavori di questo Consiglio non siano collegati attraverso nessun tipo di informazione esterna, perché non sarebbe male che ciò che diciamo in quest'aula si sentisse e si sapesse all'esterno, al di là dei resoconti dei giornali. Perché certi Consiglieri che passano per ambientalisti poi quando vengono qui l'ambiente gli si restringe. Mi riferisco anche al collega Adduci, che non ha firmato la richiesta firmata da otto Consiglieri; mancava il nono per chiedere l'applicazione del Regolamento dove all'art. 64, secondo comma, si prevede che nove Consiglieri possono chiedere la votazione a scrutinio segreto. Non è una cosa che stravolga la verità e le convinzioni di ciascuno, semplicemente si dà la possibilità a ciascuno di seguire, forse, in maniera libera non le indicazioni del proprio partito. Mi dispiace che il collega Adduci indipendente di sinistra nelle liste del PCI, abbia avuto un comportamento molto dipendente...



(Interruzione del Consigliere Adduci)



PEZZANA Angelo

Io pensavo che fossi indipendente.



(Interruzione del Consigliere Adduci)



PEZZANA Angelo

Era un complimento. Mi dispiace che un indipendente abbia perso l'occasione per darne prova, invece essendo dipendente del partito



(Interruzioni)



PEZZANA Angelo

Dipendente non è un insulto, offenderemmo tutti i dipendenti.



(Interruzioni)



PEZZANA Angelo

Questa richiesta è stata firmata, oltre che dal sottoscritto, da altri sette colleghi: Staglianò, Montefalchesi, Bresso, Ala, Minervini, Majorino e Reburdo. Ne manca uno.



(Interruzioni)



PEZZANA Angelo

Volevo lanciare l'invito a qualche Consigliere che non teme il voto segreto. Sono convinto che perderemo comunque sulla votazione a scrutinio segreto; però volevo far notare come la paura che qualcuno sfugga agli ordini del partito, che bene o male l'ha fatto eleggere e l'ha portato in questo Consiglio, sia una dimostrazione non molto limpida e pulita di come si comportano i partiti in questo Consiglio regionale.
Ripeto, mi dispiace che non ci sia possibilità di amplificare queste mie affermazioni che non sono rivolte verso qualcuno in particolare, ma verso un clima politico che esiste in questo Consiglio dove ci si sciacqua la bocca di questione morale, ma poi si ha paura che qualche Consigliere nel segreto dell'urna possa scrivere "sì" invece di "no". Questa non è una bella dimostrazione per questo Consiglio regionale. Lo faccio presente al nostro Presidente così attento alla qualità dei lavori di questo Consiglio e mi dispiace che con tante radio e televisioni private quelli che vengono sentiti o visti siano solo pezzi di dibattito che sono amplificazioni delle cose noiose, trite e ritrite. Invece capire come avvengono situazioni come questa, sarebbe un merito e un compito delle radio e delle televisioni private.
Questi otto Consiglieri, a cui ne manca uno, è una brutta dimostrazione di questo Consiglio che ha paura di un voto libero dei sessanta Consiglieri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Intervengo brevemente perché non vorrei fare l'amico del giaguaro parlando più del tempo necessario.
Credo sia dovuta una risposta innanzitutto di merito alla replica dell'Assessore e all'intervento del collega Bontempi. Quanto ha detto l'Assessore Moretti è pienamente condivisibile dal nostro Gruppo e dagli altri colleghi della maggioranza.
Questa discussione interviene dopo lunghe sedute di Commissione in cui le posizioni sono venute formandosi dal dibattito e quindi anche le cose che Moretti ha detto in sede di replica non sono cose nuove; ma credo sia giusto riconfermare formalmente in sede di Consiglio un'adesione a posizioni che avevamo già condiviso in sede di Commissione.
Da parte nostra non c'è nessuna difficoltà a riconoscerci in quanto suggerito dall'Assessore Moretti a modifica del testo originario della legge per migliorarla e per giungere al risultato a cui tutti aspiriamo.
La seconda risposta concerne la pregiudiziale. A noi pare che più che una pregiudiziale sia una consequenziale; cioè che la legge che uscirà da questo Consiglio sia sufficiente ad evitare il voto referendario o a non evitarlo questo è un problema che nessuno di noi ha posto; siamo qui per fare una legge, se poi lo eviterà o non lo eviterà lo vedremo. Lo vedranno gli organi responsabili, così come lo vedrà il Presidente della Giunta che è quello stesso Presidente della Giunta, unico in Italia, che ha ammesso il referendum sulla caccia.



(Interruzione del Consigliere Staglianò)



SANTONI Fernando

Sì, caro Staglianò. Forse il Presidente nell'Ufficio di Presidenza qualcosa conta, oppure è lì per fare figura? Su questo punto credo che il Presidente e l'Ufficio di Presidenza siano inattaccabili.



(Interruzione del Consigliere Pezzana)



SANTONI Fernando

Pezzana, capisco la tua abilità a stuzzicarmi a ricominciare la discussione che abbiamo fatto questa mattina; ti rimando al verbale della seduta.
Questo non è un problema da pregiudiziale, è un problema consequenziale che vedrà in prima battuta il Presidente della Giunta e in seconda battuta se qualcuno non sarà contento della decisione che avranno assunto, gli organi che ci sono; ci sono ancora giudici a Berlino, ce ne sono ancora a Torino, a Roma, in Italia e ci sono tutti gli strumenti per verificare se le scelte che eventualmente saranno fatte saranno corrette. Mi pare ancora più originale la richiesta di Ala sul fatto che stiamo discutendo di un testo di legge come se fosse già approvato, mentre non sappiamo ancora quale sarà, perché credo che l'aula consiliare sia assolutamente sovrana in questo. Quindi potrebbe uscire un qualunque testo di legge partendo dalla base proposta dalla Giunta, quindi ci sembra assolutamente originale chiedere che non si passi a votare una legge perché si ritiene che quella legge che non si sa quale sia ancora non sarà necessaria e sufficiente a non far effettuare il referendum che è un fatto estraneo a quest'aula.
Quest'aula deve decidere soltanto qual è la legge sulla caccia che vuole darsi e quindi io credo che la pregiudiziale di Ala non possa essere da noi accolta.



PRESIDENTE

Passiamo pertanto alla votazione.



REBURDO Giuseppe

Chiedo la parola.



PRESIDENTE

In base al Regolamento non è possibile, in quanto la questione pregiudiziale non prevede delle dichiarazioni di voto che invece possono essere effettuate a proposito di provvedimenti legislativi. La questione pregiudiziale ha una sua specificità, il Regolamento recita in proposito: "Tutte le questioni hanno carattere incidentale e la discussione non pu proseguire prima che il Consiglio si sia pronunciato su di esse. Su tali questioni può parlare soltanto un oratore per ciascun Gruppo consiliare".
Non fa quindi riferimento a chi dissente. L'art. 62 del Regolamento che disciplina le dichiarazioni di voto recita: "La dichiarazione di voto di ogni Gruppo è espressa dal suo Presidente o da un componente del Gruppo a ciò designato. Sono altresì ammesse dichiarazioni di singoli Consiglieri che si discostino dalle decisioni del Gruppo", ma ciò è previsto solo a proposito dei provvedimenti legislativi. Poiché in questo caso si sta esaminando una questione pregiudiziale, la dichiarazione di voto non è ammessa.



REBURDO Giuseppe

Non è ammessa quindi la dichiarazione di voto sulla pregiudiziale?



PRESIDENTE

E' una norma specifica. Io non avrei alcuna difficoltà a darle la parola, ma non posso violare il Regolamento.
Passiamo quindi alla votazione.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, chiedo la parola a nome del Gruppo di Democrazia Proletaria.



PRESIDENTE

Ne ha facoltà.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Mi consenta di notare incidentalmente, rispetto alla interpretazione del Regolamento che lei ha dato or ora, che mi pare un tantino forzata in quanto noi qui stiamo facendo tutti, ed è quello che mi appresto a fare anch'io, delle dichiarazioni di voto in merito a un problema specifico. In quanto tale, la parte del Regolamento che richiama il diritto di dissentire dal proprio Gruppo, rientra perfettamente nella fattispecie, quindi io penso sia opportuno che queste cose si evidenzino, dopodiché mi auguro signor Presidente, che non si debba andare avanti da qui in poi con il tira e molla sulle virgole del Regolamento, altrimenti non so quando finiremo l'argomento che abbiamo sul tappeto.
Quindi io la inviterei, signor Presidente, a riconsiderare questa sua interpretazione alla luce di una esigenza avvertita dai colleghi che hanno chiesto la parola a tutela della volontà di ciascuno qui dentro. Semmai è necessario consultare la Commissione Regolamento su questo e ciò sarebbe davvero auspicabile.
Nel merito della pregiudiziale presentata dal collega Ala, che ha anche la mia firma, non posso che essere d'accordo in quanto è già emerso con sufficiente chiarezza - chi ha seguito in Commissione l'argomento lo sa meglio degli altri - che tutto questo meccanismo (richiamo in aula riproposizione del disegno di legge della Giunta, ecc.) è ispirato dalla convinzione di sottrarre il ricorso al referendum così come è previsto statutariamente. La verità vera è che la maggioranza ha una fifa boia di non arrivare in tempo, però se questi sono i presupposti io penso che ci si metta con le spalle al muro nel dover ricorrere, tutti quanti noi, ad ogni strumento che il Regolamento ci consente. Penso che questa pregiudiziale abbia argomenti non risibili; per quanto possa contare c'è anche il mio voto favorevole. Dopodiché debbo davvero rammaricarmi, riprendendo un passaggio dell'intervento di Pezzana, che da parte di tutti gli altri Gruppi non ci sia stata questa disponibilità ad affermare un principio che non avrebbe mutato l'esito concreto del nostro lavoro, ma che avrebbe avviato questa nostra discussione sul binario della libertà di coscienza che dovrebbe essere al primo posto nel momento in cui ciascuno di noi mette mano alle leggi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Noi ci collochiamo a favore della pregiudiziale in coerenza di quanto abbiamo scritto nella nostra relazione di minoranza relativamente alla considerazione che oggi abbiamo di fronte puramente e semplicemente il testo del disegno di legge n. 352 e non altro, quindi il momento dell'itinerario legislativo, in contrasto con quanto diceva Brizio, è questo. Il presupposto e la motivazione della pregiudiziale consistono nella valutazione del progetto di legge presentato dalla Giunta, in ordine al quale noi ci eravamo espressi nel corso della seduta della settimana scorsa, lo abbiamo ribadito nella relazione di minoranza. Non si colgono quelle modifiche sostanziali al sistema o al contenuto di alcune norme tali da poter impedire l'esercizio della volontà referendaria. Esercizio in riferimento al quale espressamente si dice nella relazione di presentazione che si tende ad evitare.
C'è poi un altro argomento che può apparire formale, ma ritengo possa e debba avere il suo peso, cioè a dire, come esattamente ci ricordava il Consigliere Pezzana, nel leggerci la norma regionale che prende in considerazione la possibilità di evitare il referendum, ebbene in quella norma si dice che "la norma colpita dal referendum deve poter venire abrogata", ma nel testo del disegno di legge della Giunta non si parla assolutamente di abrogazione in senso formale. Si parla di modifiche e questo aspetto, apparentemente formale, mi pare che debba e possa avere il suo peso, cioè a dire: nel disegno di legge della Giunta così come ci è stato presentato e così come nel testo in cui ci è stato sottoposto, nel testo che esiste in questo momento, non si fa alcun cenno al concetto legislativo di abrogazione. Questo dovrebbe fare meditare e dovrebbe consentire di ritenere valida e fondata la pregiudiziale che è stata proposta.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione la questione pregiudiziale posta dal collega Ala.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Insieme ai Consiglieri Reburdo, Montefalchesi e Ala chiediamo che si proceda alla votazione per appello nominale.



PRESIDENTE

Si proceda pertanto alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 51 hanno risposto SI 8 Consiglieri hanno risposto NO 43 Consiglieri.
La questione pregiudiziale non è accolta.
Passiamo pertanto all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Emendamento presentato dalla Giunta regionale: prima dell'art. 1 è aggiunto il seguente art. 01: "Art. 01 - L'art. 1 della L.R. n. 60/79 è abrogato e sostituito dal seguente: 'Art. 1 - Finalità della legge.
1. La Regione, in attuazione dell'art. 5 dello Statuto, ritiene l'ambiente naturale bene primario di tutta la comunità, riconosce la fauna selvatica come componente essenziale di tale bene e la tutela.
2. A tal fine la Regione, nell'osservanza dei principi stabiliti dalla legge 27/12/1977, n. 968 ed in applicazione dei decreti del Presidente della Repubblica 15/1/1972, n. 11 e 24/7/1977, n. 616, disciplina l'attività venatoria e persegue in particolare i seguenti scopi: a) attuare un piano programmato di salvaguardia e di recupero dell'equilibrio ambientale faunistico del Piemonte b) dotare il territorio regionale di strutture atte alla protezione e al potenziamento quantitativo e qualitativo delle specie faunistiche autoctone c) eliminare o ridurre i fattori di disequilibrio o di degrado ambientale d) coinvolgere e corresponsabilizzare a tali fini il maggior numero di cittadini e) disciplinare, compatibilmente alle risorse faunistiche, l'attività venatoria finalizzando l'impegno dei cacciatori e le risorse economiche agli scopi della presente legge.
3. A tal fine si tiene conto: a) delle specie minacciate di sparizione b) delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat c) delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata d) di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat.
4. Per effettuare le valutazioni si tiene conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione'".
La parola all'Assessore Moretti che illustra l'emendamento.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Questa proposta è venuta fuori dopo una discussione fatta in Commissione. Va a completare le finalità della legge, quindi si inserisce nell'art. 1 della legge n. 60. Questa proposta ha recepito non solo il ruolo della Regione rispetto alle funzioni in materia di disciplina venatoria, ma ha tenuto conto delle proposte successive, cioè dotare il territorio di strutture di protezione nei confronti della fauna, eliminare gli squilibri e il degrado ambientale, coinvolgere e responsabilizzare in maggior numero coloro che si occupano dell'attività venatoria e ambientalista. Quindi è un completamento delle finalità. In aggiunta, devo dire, che tiene conto delle normative CEE. Attraverso questa proposta anticipiamo, rispetto ad altre leggi regionali, quelli che sono gli indirizzi della CEE.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Pongo una questione. Voglio chiarire subito che da questi banchi non parte una volontà di ostruzionismo, però la questione che faccio valere, e mi rivolgo in particolare a lei, Presidente, che è garante dell'andamento dei lavori, riguarda l'impostazione legislativa di questo testo. Quello illustrato dall'Assessore è un emendamento della Giunta. E' un emendamento della Giunta a parole, ma non nella sostanza, perché? Perché gli emendamenti, siano essi migliorativi, sostitutivi, modificativi o aggiuntivi, devono avere per oggetto un determinato articolo del disegno di legge che, in questo caso, ci è stato presentato con la procedura d'urgenza. Ora io leggo il titolo dell'art. 1 del disegno di legge n. 352 che dice: "L'art. 22 della L.R. n. 60/79, modificato dall'art. 15 della L.R. n. 38/85, è così sostituito:", e c'è un nuovo testo. Questo emendamento presentato dalla Giunta non è all'art. 1 del disegno di legge n. 352 dove si dice che si sostituisce l'art. 22; è un emendamento all'art.
1 della legge n. 60/79. Quindi è un nuovo testo di legge! Lo si collochi da un'altra parte. Lo si collochi agli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 10, 11 di questo disegno di legge e allora sarà un emendamento sul quale daremo assenso o dissenso, ma pretendere che sotto le mentite spoglie di emendamento si presenti un ulteriore testo di modifica alla legge n. 60/79 non mi pare un modo legislativamente corretto di procedere. Quindi chiedo che ci si pronunci su questa preliminare di ammissibilità dell'emendamento illustrato dall'Assessore che sostituisce l'art. 1 della legge n. 60/79 e non sostituisce, modifica, migliora o aggiunge alcunché all'art. 1 del disegno di legge n. 352.



PRESIDENTE

L'emendamento aggiuntivo, presentato dall'Assessore, può fare riferimento ad altre norme. Ciò avviene anche in Parlamento. Quindi è ammissibile.
La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Signor Presidente, intervengo solo per ricordare al collega Majorino che se in sede di Commissione, siccome i riferimenti sono stati tre testi di legge, e in particolare la legge n. 60, avesse seguito sia la Commissione e sia la consultazione si sarebbe reso conto di quale era la base di proposta.



MAJORINO Gaetano

Tutto il lavoro della Commissione è saltato con la procedura d'urgenza!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Vorrei solo richiamare il Presidente all'esistenza di alcuni sub emendamenti che ritengo vadano illustrati e votati prima.



PRESIDENTE

Prima devo porre in votazione l'emendamento. Il sub-emendamento viene dopo, perché se non è approvato l'emendamento non può essere approvato il sub-emendamento. L'emendamento potrà essere a sua volta emendato, ma prima deve essere approvato.
La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, leggo l'ultimo comma dell'art. 78 del Regolamento che parla di emendamenti: "Gli emendamenti ad un emendamento sono votati prima dello stesso".



PRESIDENTE

E' stato presentato un emendamento al quale sono stati fatti dei sub emendamenti. Mi pareva più logico seguire la linea dell'emendamento principale dal momento che sono stati presentati più sub-emendamenti.
Comunque passiamo pure ai sub-emendamenti.
La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

L'emendamento presentato dalla Giunta all'art. 1 in sostanza riguarda due questioni.
La prima questione riguarda le prime tre righe: "La Regione, in attuazione all'art. 5 dello Statuto, ritiene l'ambiente naturale bene primario di tutta la comunità, riconosce la fauna selvatica come componente essenziale di tale bene e la tutela". Questa è una modifica vera sostanziale rispetto al testo dell'art. 1 della legge n. 60.
Alla fine di questo articolo è stato accolto totalmente l'emendamento che il Gruppo comunista aveva formulato e che riguarda sostanzialmente l'adeguamento della legge n. 60 in primis del suo art. 1 alle direttive che la CEE ha emanato su questa materia.
Nello specifico riguarda il punto 3), nel senso che il punto 3) è sostanzialmente l'acquisizione, e in questo senso andava l'emendamento da noi proposto, delle norme contenute all'art. 4 della direttiva CEE. Quindi da questo punto di vista si tratta di due modifiche sostanziali al testo dell'art. 1 della legge n. 60.
Per questa ragione e per avere visto contenuto totalmente nell'emendamento presentato dalla Giunta l'emendamento da noi proposto ritireremo il nostro emendamento e voteremo a favore dell'emendamento complessivo predisposto dalla Giunta.



PRESIDENTE

Come ho detto prima era molto più facile risolvere il quesito che era sorto affrontando l'emendamento principale, perché vi è una parte di sub emendamenti che riguardano l'emendamento presentato e una parte di sub emendamenti che riguardano la legge n. 60.
Devo dire che come inizia la votazione è facoltà della Presidenza di non accogliere più emendamenti. Quindi non accetterò più emendamenti dall'inizio della discussione sull'articolato.
Abbiamo il sub-emendamento all'emendamento della Giunta a firma Montefalchesi e Reburdo: al termine del primo comma aggiungere: "La Regione, riconoscendo la pratica venatoria un elemento di disequilibrio, impoverimento e danneggiamento degli ecosistemi naturali del suo patrimonio collettivo dispone la sua rigorosa limitazione".
Per chiarezza devo dire che gli emendamenti alla legge n. 60 sono stati tradotti al sub-emendamento all'emendamento della Giunta.
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Sono due punti, che non sono nel merito dei sub-emendamenti. Volevo solo precisare che con i miei colleghi, una volta che abbiamo scorto e letto gli emendamenti presentati dall'Assessore al testo di legge per il quale il Consiglio la settimana scorsa aveva votato l'urgenza, abbiamo ritenuto necessario emendare questo testo alla luce delle determinazioni alle quali insieme ad altri Consiglieri eravamo giunti nel corso dei lavori in Commissione.
Per cui, i nostri emendamenti riguardano due diversi testi di legge, se così si può dire: il testo di legge sul quale il Consiglio regionale aveva votato l'urgenza ed emendamenti che invece intervengono sugli emendamenti a questo stesso testo presentati dalla stessa Giunta regionale. Ritenevo che questa precisazione potesse servire come elemento di chiarezza. Noi ci predisponiamo a richiedere sostanziali miglioramenti di merito che vadano incontro alle richieste referendarie su entrambi i testi.
A questo punto è necessario richiamare il Presidente del Consiglio regionale, non dico a fornire i termini a difesa, ma a permettere rispettando alla lettera il Regolamento, ai Consiglieri che qui stanno avviandosi ad un lavoro difficile, il tempo di presentare emendamenti ad emendamenti dei quali veniamo a conoscenza adesso, per quanto siano simili a un testo al quale si è giunti in Commissione. Vorrei quindi richiamare il Presidente all'articolo del Regolamento che prevede che un Capogruppo o tre Consiglieri regionali possono, nel corso della discussione di un articolato di legge, presentare emendamenti, a maggior ragione se si scopre che il testo non è quello sul quale il Consiglio ha votato l'urgenza, ma è un altro.
I sub-emendamenti all'emendamento dell'art. 1, e su questo voglio porre l'attenzione dei colleghi, sono emendamenti rigorosi, a mio avviso costruttivi e non hanno nessuna caratteristica di ostruzionismo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Anch'io ritengo che l'interpretazione del Regolamento, secondo la quale lei afferma di non accettare più gli emendamenti, non sia corretta. Infatti l'art. 78 prevede quanto diceva il Consigliere Ala, che tre Consiglieri o un Capogruppo possono presentare emendamenti anche durante la seduta.
Vorrei fare una proposta che attiene all'emendamento, ma non solo a questo. E' una proposta metodologica che prende atto del fatto che la pregiudiziale del non passaggio agli articoli e quindi la proposta di fatto che il Consiglio regionale decidesse di andare al referendum è stata respinta.
Faccio una proposta di buon senso. Il buon senso vuole che probabilmente si trovi il modo in questa sede, se possibile, o in altre sedi se l'iter non lo permette, di verificare le concordanze o meno sui due articoli che sono le due questioni più spinose: le specie e le giornate di caccia.
Credo che, fatta questa verifica, anche le posizioni saranno più chiare, il lavoro potrebbe essere semplificato o non semplificato, per credo valga la pena esplorare questa strada.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Colgo in questo intervento un elemento di novità interessante e lo sottopongo ai colleghi, ovviamente perché è rivolto a tutto il Consiglio da parte del Consigliere Montefalchesi. Per quanto ci riguarda penso che vada esplorata la possibilità di una verifica di questo tipo. In ogni caso sperando che aderiscano gli altri Gruppi, noi intendiamo che una valutazione del genere abbia più senso se viene fatta dai Gruppi e dalla Giunta insieme. Per nostro conto una riflessione simile vorremmo farla perché cogliamo questo elemento di novità e di interesse all'iter della legge e ai punti chiave. Ringrazio il Consigliere Montefalchesi perch anziché andare avanti per fila longobarda, pone subito di arrivare sulle questioni e sulla verifica delle questioni.
Noi siamo pertanto d'accordo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Non parlo a nome del mio Gruppo, ma devo parlare a nome della Giunta.
Siamo d'accordo di tener conto della proposta fatta dal Consigliere Montefalchesi rispetto ai due punti; però voglio anche essere chiaro perch il discorso di far discutere il Consiglio regionale era quello di non lasciarlo al di fuori dei problemi politici che sorgessero nell'ambito della Commissione.
Se vi è la volontà da parte dei proponenti, in particolare del Consigliere Montefalchesi, su questi due problemi la Giunta è disponibile ad andare ad un incontro per verificare il tutto. Però altrettanto ci deve essere la volontà di non riproporre una valanga di emendamenti, altrimenti non esisterebbe la ragione di andare ad un incontro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

La proposta del Consigliere Montefalchesi la ritengo estremamente importante. Va valutata come può essere la procedura, se con una sospensiva, un approfondimento, oppure attraverso altre modalità che io non vedo, ma che forse con maggiore esperienza il Presidente può cogliere.
Del resto già l'Assessore nel suo intervento conclusivo ha portato degli elementi importanti su questi due aspetti centrali che meriterebbero una verifica prima di entrare nella bagarre che si potrebbe creare.
Il Gruppo socialista è favorevole a valutare rapidamente l'agibilità di una eventuale verifica su questi due punti centrali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Il Gruppo DC e anche altri Gruppi con cui ci siamo rapidamente consultati accolgono volentieri questa apertura che, d'altra parte, è stata motivo di discussione in Commissione. Se il Presidente non ha nulla in contrario chiederei la sospensione dei lavori, che non abbia però tempi lunghissimi, per verificare questa possibilità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Per lealtà occorre avere chiaro di che cosa stiamo parlando.
Il collega Montefalchesi, anche a nome degli altri firmatari della gran mole di emendamenti, ha proposto semplicemente di aggredire subito in aula oppure in una sede istituzionalmente definita per la messa a punto del processo legislativo (il che vorrebbe dire, nella lettura dello Statuto, la Commissione) gli articoli che riguardano i punti di maggiore conflitto per cercare di capire se esistono o meno possibilità di incontro. Non si stanno proponendo incontri politici non meglio definiti in qualche stanzetta o in qualche corridoio nei dintorni; si sta proponendo di cominciare, anzich dall'art. 1, dall'art. 4.



(Interruzioni)



STAGLIANO' Gregorio Igor

Se non si può, il problema è risolto, se invece è possibile questa è la proposta di cui si sta discutendo.



(Interruzioni del Consigliere Bontempi)



STAGLIANO' Gregorio Igor

In questi termini acconsento. Se si tratta di razionalizzare il lavoro dell'aula in relazione a questa proposta è un'altra cosa. Il collega Villa interprete anche di altri Gruppi della maggioranza, lo stesso Assessore avevano capito che noi fossimo disponibili ad incontrarci da qualche parte per discutere nel merito, ma non si tratta di questo.



PRESIDENTE

Convoco i Capigruppo.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 17,20 riprende alle ore 18,40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La Conferenza dei Capigruppo ha stabilito di affrontare alcuni nodi relativi agli artt. 4 e 5 del disegno di legge della Giunta regionale.
Nulla vieta di verificare tali articoli, perché la normativa estrapola alcune norme soggette a referendum e non consequenziali, quindi non hanno attinenza l'una con le altre, ma possono essere trattate separatamente e poi riviste per ordine dello stesso Ufficio di Presidenza che secondo il Regolamento ha tale facoltà. D'altronde è un principio che la Camera ha già adottato e lascerei per adesso la parola sulla verifica dell'art. 4.
ART. 4 - Emendamento presentato dalla Giunta regionale: l'art. 4 è soppresso e sostituito dal seguente: "L'art. 38 della L.R. n. 60/79, modificato dall'art. 25 della L.R. n.
38/85, è abrogato e sostituito dal seguente: 'Art. 38 - Specie cacciabili e periodi di caccia.
E' vietato abbattere o catturare esemplari di qualsiasi specie di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica italiana.
E' fatta eccezione per le specie che, nell'ambito di quelle elencate all'art. 11 della legge 27/12/1977, n. 968, saranno indicate nel calendario venatorio di cui all'art. 4, sentita la Consulta regionale per la tutela e la disciplina della caccia e comunque entro i limiti delle seguenti e per i periodi sottoindicati: a) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre alla seconda domenica di dicembre: beccaccino, lepre comune, starna b) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre fino al 31 dicembre: fagiano, coniglio selvatico, colino della Virginia, beccaccia c) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre fino al 31 gennaio: cesena, tordo bottaccio, germano reale, gallinella d'acqua d) specie cacciabili dalla terza domenica di settembre alla seconda domenica di dicembre in base a piani di prelievo predisposti dalle Province, sentiti i soggetti gestori delle zone speciali: fagiano di monte pernice bianca, lepre bianca, coturnice e) specie cacciabili dall'1 novembre al 31 gennaio: cinghiale.
E' sempre vietato abbattere o catturare: a) giovani camosci dell'anno e le madri che li accompagnano nonché i camosci di età inferiore ai 18 mesi riconoscibili dalla lunghezza delle corna, normalmente inferiore alla lunghezza delle orecchie; salvo questi ultimi dei comparti alpini ove esiste piano di abbattimento annuale anche selettivo da effettuarsi su tutte le classi ed ambo i sessi b) la femmina del fagiano di monte c) i giovani cinghiali dell'anno con manto striato.
E' inoltre vietata la caccia alla starna per un periodo di tre anni. Tale divieto può essere prorogato con provvedimento della Giunta regionale sentita la Consulta regionale per la tutela della fauna e la disciplina della caccia, previa verifica della consistenza della popolazione della medesima specie.
L'esercizio venatorio dall'1 al 31 gennaio è consentito esclusivamente da appostamento temporaneo.
Nelle zone delle Alpi la caccia alle specie di cui al secondo comma è consentita dalla terza domenica di settembre fino alla seconda domenica di dicembre.
Per una razionale tutela della popolazione degli ungulati, e al fine di consentire l'equilibrio della popolazione di tali specie e mantenere una giusta densità di capi rispetto alle capacità naturali dell'ambiente, i piani di prelievo selettivo sono effettuati sulla base di censimenti qualitativi e quantitativi.
Le Province, sentiti i soggetti gestori delle zone speciali, effettuano i censimenti delle popolazioni di cervi, caprioli, daini, mufloni, camosci e sentito l'Istituto Nazionale di Biologia della Selvaggina, predispongono i relativi piani di prelievo da sottoporre all'approvazione della Giunta regionale, salvo quanto disposto nel successivo art. 10'".
La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

Nel mio intervento conclusivo avevo già anticipato la posizione della Giunta rispetto alle specie cacciabili. C'era una proposta del disegno di legge n. 352 che viene rivista e attraverso un emendamento riduce le specie cacciabili. E' opportuno, quando si parla di questo, fare un minimo riferimento altrimenti corriamo il rischio di non tenere conto dei precedenti.
La legge quadro n. 968 prevede settanta specie cacciabili, la legge n.
60 prevede quarantuno specie cacciabili, la proposta della Giunta è di ridurre le specie cacciabili a ventuno.
Per quanto riguarda le zone di pianura le specie cacciabili (ovviamente caccia controllata), a partire dalla terza domenica di settembre alla seconda domenica di dicembre, sono quindici e cinque quelle delle zone alpine. E' inserita anche la starna, ma la chiusura attuale è di tre anni perché bisogna verificare la situazione della specie rispetto alla popolazione e all'ambiente stesso. La Giunta ha tenuto conto di quanto emerso in sede di dibattito e fa questa proposta. C'è un emendamento che ho illustrato ampiamente ed entrando nel merito dello stesso aggiungo che ci sono alcune specie cacciabili dalla terza settimana di settembre alla seconda settimana di dicembre ed alcune specie cacciabili dalla terza settimana di settembre a fine dicembre: fagiano, coniglio selvatico, colino della Virginia e beccaccia. Le specie cacciabili dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio sono: cesena, tordo bottaccio, germano reale gallinella d'acqua. Specie cacciabili dalla terza domenica di settembre alla seconda domenica di dicembre. Il perché di questi periodi che anticipano la chiusura al 31 è anche per tenere conto della situazione delle specie sul territorio. Poi ci sono le specie cacciabili dall'1 novembre al 31 dicembre (compreso il cinghiale) e le specie cacciabili che partono dalla terza settimana di settembre al 31 gennaio consentite esclusivamente da appostamento temporaneo. Qui rientrano alcune specie acquatiche previste già dalla legge quadro, ma anche qui c'è una riduzione di queste specie.
La caccia nella zona delle Alpi delle specie di cui al secondo comma è consentita dalla terza domenica di settembre fino alla seconda domenica di dicembre, però voi sapete che la caccia nella zona Alpi viene sospesa nel momento in cui c'è un innevamento, quindi credo che alla fine si possa cacciare per pochi giorni e va tenuto conto che questo tipo di caccia è selettivo.
La Giunta ha tenuto conto di quello che è emerso e devo dire al collega Bontempi che la proposta del Gruppo comunista è recepita da questo emendamento, ma devo ancora aggiungere che proprio in sede di Commissione c'era stata una proposta del collega Bruciamacchie che la Giunta ha accolto.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

OLIVIERI



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

E la quaglia e la tortora che fine hanno fatto? E' una follia averle eliminate. La quaglia è la regina della caccia, ha un significato ancestrale. E' incredibile, esco dall'aula!



PRESIDENTE

L'Assessore ha illustrato la proposta formulata di riduzione delle specie cacciabili e quindi il primo oggetto del contendere era questo. Le specie di pianura sono praticamente quindici e sono cinque quelle riferentesi specificamente alla zona montana, sempre attraverso dei piani di abbattimento. Da settantuno specie si è scesi a ventuno, ma nella zona Alpi la caccia è regolamentata da piani di abbattimento.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bruciamacchie. Ne ha facoltà.



BRUCIAMACCHIE Mario

Rendo atto all'Assessore del fatto di aver presentato un emendamento che nelle sue linee essenziali recepisce in larghissima parte la proposta che noi avevamo già avanzato in sede di Commissione quando siamo giunti all'esame dell'art. 4. Consideriamo questo un fatto importante perché muta notevolmente l'impostazione originaria dell'articolato che la Giunta ci aveva sottoposto ed è quell'articolato, in modo particolare l'art. 4, che già veniva richiamato da Bontempi questa mattina e che di fatto introducendo il concetto che non era deputato questo Consiglio a decidere sulle specie cacciabili nella Regione Piemonte, demandava alla Giunta sentita la Consulta, la decisione su quelle che erano le specie che potevano essere oggetto di caccia nella nostra Regione.
Noi abbiamo ritenuto come Gruppo comunista che un approccio di questo tipo fosse profondamente errato, almeno per un paio di motivi. Primo perché di fatto con una scelta di questa natura si sottraeva all'assemblea legislativa, che ha il compito in modo palese di decidere queste cose, e non in modo temporaneo, la capacità dirigente e decisionale di questa istanza. Secondo, non vi erano in un'ipotesi di questa natura elementi di garanzia né per coloro che intendono nella Regione Piemonte esercitare l'attività venatoria - e l'elemento di garanzia non può che derivargli da una precisa elencazione delle specie all'interno di un articolato di legge così com'era nella legge n. 60 e così com'è nella legge nazionale - né era una risposta al quesito che i promotori del referendum, nel momento in cui contestavano l'art. 38 proponendo solamente quattro specie come specie possibili di caccia, ponevano alla Regione, al Consiglio regionale, cioè quello di una riduzione drastica delle specie cacciabili nella Regione stessa.
Lasciava quindi un margine di discrezionalità che era eccessivo e scontentava in modo giustificato entrambe "le parti in causa".
Noi abbiamo cercato, nel momento in cui ci siamo apprestati ad esaminare l'articolato proposto dalla Giunta, di lavorare nel merito delle specie, provando a riflettere nel modo più serio e pacato possibile su quelle che sono oggi le specie davvero in pericolo, su quelle che hanno un interesse venatorio, su quelle che non necessariamente devono essere normate da una legge regionale sulla caccia, ma possono rientrare a pieno titolo in quei provvedimenti che possono prendere certi livelli istituzionali che sono deputati a un governo più complessivo del territorio e dell'ambiente nel suo insieme.
Voglio precisare a scanso di equivoci che riconosciamo nella proposta originaria, nell'articolo che la Giunta ci ha presentato, non sull'emendamento, la capacità di evitare il referendum. Su questo non c'è dubbio, quindi non era un articolo fatto in modo improvvisato, era sicuramente una proposta che poteva evitare l'azione referendaria nella nostra regione. Ma dal momento in cui lo stesso Assessore dice che questo non è il suo problema principale e che non ha operato in modo strumentale per far sì che questo appuntamento venisse evitato, è evidente che non ci rimaneva altra strada che quella di intervenire al livello delle specie oggetto di caccia.
Mi sorprende che alcuni emendamenti reintroducano questi concetti.
Abbiamo cominciato a considerare le specie che si definiscono "nocivi" come le cornacchie, corvi, ecc., come non necessariamente inseribili (come prevedeva la legge regionale) all'interno dell'articolato delle specie cacciabili! Queste specie non hanno per il cacciatore nessun interesse venatorio. Sono importanti ai fini di un equilibrio faunistico e ambientale e, visto l'aumento vertiginoso che si è prodotto nel corso di questi anni per mutamenti che si sono introdotti nell'ambiente e nel territorio, sono specie che non possono assolutamente essere considerate come qualche cosa che riguarda i cacciatori in quanto tali. E' il soggetto pubblico, in questo caso la Regione, la Provincia, quindi quelle istanze deputate a preoccuparsi del mantenimento di questo equilibrio faunistico e ambientale che stabilirà attraverso i necessari accertamenti se queste specie sono eccessive o no e se la loro eccessiva proliferazione produce quegli squilibri che vengono richiamati in un articolo precedente, sulla base dei quali squilibri è possibile fare un'azione di abbattimento per riprodurre una situazione equilibrata.
Quindi noi abbiamo tolto queste specie. Quando noto che queste specie vengono riproposte nell'emendamento presentato dal Consigliere Rossa, dico che secondo me è un errore veramente grande che si compie e mi domando perché si è dimenticato il corvo, anch'esso specie che ha bisogno di un particolare controllo, o perché si reintroduce la donnola o la volpe.
Queste sono specie il cui mantenimento non può che spettare all'ente che ha la responsabilità più generale attorno a questa materia: la Provincia, la Regione con relativi piani di accertamento.
Credo che questa sia stata un'operazione importante che abbiamo compiuto e ci fa piacere che l'Assessore abbia accettato nel merito un'impostazione di questa natura.
Lavorando all'interno delle quarantuno specie che prevedeva la L.R. n.
60, abbiamo ridotto e riportato il numero delle specie cacciabili a ventuno, mantenendo la quaglia. Su questo faccio una considerazione. Le specie quaglia (in modo particolare), tortora e altre, sappiamo che sono specie migratorie e nel momento in cui la Regione Piemonte permette l'attività venatoria nella propria regione alla terza domenica di settembre e non permette l'attività venatoria al 18 settembre, come avviene in altre regioni, alla data di apertura della nostra annata venatoria queste specie sono quasi totalmente scomparse dal nostro territorio, siamo una regione di passaggio. Quindi è un problema che si pone, nel senso che queste sono specie che indubbiamente hanno un interesse venatorio, ma proprio per il periodo in cui si inizia l'attività venatoria da noi queste hanno uno scarso significato. Comunque noi con il nostro emendamento le abbiamo mantenute all'interno delle specie cacciabili.
Non credo che un cacciatore con una certa qualità abbia interesse per l'allodola, ma manteniamo pure questo tipo di selvatico; mentre per le altre io pongo un problema all'Assessore. Quando l'Assessore propone di non inserire tra le specie cacciabili l'alzavola, la marzaiola, la folaga qualche problema c'è. Non solo, ma anche il tordo e il sassello vengono tolti. Allora bisogna stare attenti, altrimenti rischiamo di fare brutte figure. Per gli acquatici sappiamo che è un tipo di caccia che si esercita alla mattina un'ora prima del sorgere del sole, dopodiché è un'attività venatoria di fatto nulla. Un'ora prima del sorgere del sole generalmente è impossibile cacciare perché è troppo presto. Voi immaginate uno storno dove ci sono un germano reale, un'alzavola o una marzaiola? Cosa si fa? Si dice "spostati alzavola, spostati marzaiola che io devo sparare al germano reale"? Non è possibile distinguere le specie a quell'ora! Se con questo tipo di esclusioni fare un'operazione seria, credo che non ci siate riusciti, perché diventerà impossibile, se volete mantenere questo tipo di attività venatoria, distinguere queste specie in particolari ore del giorno. Si crea un problema non piccolo. Questo vale anche per il tordo sassello. E' antipatico parlare di queste cose, ma sta di fatto che distinguere in volo il tordo bottaccio dal tordo sassello non è facile e qualora uno spari accidentalmente al tordo sassello diventa un reato nei confronti dello Stato. Quindi voi mettete il cacciatore in una condizione estremamente difficile. Si tratta quindi di lavorare all'interno delle specie con quel minimo di scientificità che permetta un'attività venatoria senza creare dei grossi problemi di gestione o creare dei grossi problemi per quei cittadini che riterranno di svolgere questo tipo di attività definitela come meglio ritenete opportuno.
Noi siamo intervenuti nel merito mantenendo una grande opera di riduzione, facendo delle scelte che avessero queste basi abbastanza serie e abbastanza scientifiche.
Mi sembra che vada bene anche l'accoglimento che si riferisce alla starna e al non inserimento della pernice rossa, proprio perché la starna è una di quelle specie fortemente in crisi, in grossa difficoltà di radicamento nuovo e quindi occorre ritornare ad una specie con qualche caratteristica di selvatico; mentre non sono assolutamente dell'avviso di reintrodurre la pernice rossa, specie quasi in estinzione, salvo pochi ceppi ancora esistenti nell'Alessandrino e un piccolo ceppo esistente nell'Astigiano. Per il resto è completamente assente.
Abbiamo operato considerando innanzitutto la parte dei mammiferi, degli uccelli appartenenti alla tipica fauna alpina come qualche cosa di particolarmente pregiato. Abbiamo considerato che un'attività di prelievo di questa specie dovesse essere preceduta da piani molto seri, da censimenti molto puntuali e da piani di abbattimento selettivi molto mirati e solo sulla base di questo fosse possibile svolgere eventualmente questo tipo di attività.
Direi che nonostante questi rilievi, che mi sembrano piuttosto precisi e che noi rivolgiamo anche alla nuova articolazione di specie che la Giunta ha fatto, noi possiamo come Gruppo comunista rilevare che è cambiato totalmente il testo dell'art. 4. Vengono accolti in modo molto corposo metodologia e contenuti degli emendamenti che noi avevamo presentato in Commissione; se alla luce di queste considerazioni, c'è ancora spazio per accogliere già in questa sede ulteriori modificazioni che prima ho indicato ne saremo molto lieti. Ma già qui riconosciamo un passo in avanti compiuto dall'Assessore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho chiesto la parola subito anche perché per me non è un problema di tattica sul confronto attorno alle varie proposte di metodo, quanto un problema di convinzione per la quale ho ritenuto di presentare un emendamento alla proposta dell'Assessore Moretti.
Ritengo che sia stato compiuto un grosso sforzo.
Si prendono in esame - e qui dissento da quanto diceva poc'anzi il collega Bruciamacchie alcune specie che vengono cancellate e che sotto un certo aspetto sono ininfluenti a quella che può essere la valutazione conclusiva, perché sono specie che possono essere dannose o dannosissime per l'agricoltura. Ce ne sono molte di queste: dalla cornacchia nera a quella grigia, alla gazza, agli storni, alla donnola, alla volpe. Sono tutte specie che anche se vengono inserite non aumenteranno il peso specifico o non ridurranno il tasso di passaggio per il giudizio definitivo sulla bontà della legge in grado di risolvere o no il problema del referendum.
Sto facendo uno sforzo, l'ho detto nella riunione dei Capigruppo e lo ripeto qui, non parlo come rappresentante del Gruppo socialista, è uno sforzo che sto facendo, perché in definitiva è anche un sacrificio per me è un atteggiamento che ho assunto e intendo assumere come Consigliere regionale. Per questo motivo ringrazio Tapparo di avere assolto questa funzione.
Voglio dire quindi che è uno sforzo che sto facendo, però ritengo che siano questi i momenti dei grandi sforzi, i momenti dei grandi sacrifici.
Se noi abbiamo la bontà, rivolgendomi alla maggioranza, ma vorrei rivolgermi all'assemblea, di riflettere su queste proposte, di vedere se possiamo recuperare queste proposte, credo che arricchiremmo la proposta complessiva e non andremmo ad appesantire la situazione. Non cambierà il giudizio complessivo finale, anzi, ho l'impressione che se escludiamo queste proposte diamo veramente l'impressione che abbiamo trasferito il problema da una questione qualitativa ad una questione quantitativa. E' importante certamente anche la quantità, però voglio dire che anche la stessa qualità, e la qualità per la quale si fa riferimento in questo mio emendamento mi sembra una qualità che possa avere la dignità di essere proposta. Secondo me non cambierà, non sarà la scelta definitiva sul fare o non fare il referendum; non dipenderà dalla proposta di inserire nove o dieci specie in più, sei delle quali hanno delle motivazioni perlomeno incontrovertibili dal punto di vista della difesa dell'agricoltura, proprio perché hanno la loro prova contraria nel fatto che i cacciatori non sono interessati a cacciare questo tipo di specie.
Questa è la ragione che mi muove. Io sono sempre un uomo molto calmo e molto sereno, lo sono anche adesso, il mio temperamento e il mio carattere è anche di esprimermi con una certa vivacità con i colleghi e con il mio amico e compagno Assessore Moretti, al quale chiederei di voler comprendere le ragioni di questa mia insistenza.
Nella proposta di emendamento, quando mi riferisco alla pernice rossa quando mi riferisco alla quaglia (per la quale c'è stata una reazione spontanea dell'amico e collega Olivieri che si meravigliava), demando sia per le starne sia per le pernici rosse alle Province la valutazione, dopo avere accertato la consistenza, la presenza. Queste cose le abbiamo già fatte. Ricordava Bruciamacchie che la pernice rossa c'è ancora e sta rinascendo nelle zone della Val Curone, in quelle zone dove ad un certo momento si è preso il provvedimento di vietarne la caccia; questo è il senso della mia proposta. E' un tentativo di coinvolgere gli enti locali e mi sembra una proposta che può essere recuperata, che non compromette niente. L'abbiamo fatta pur non ignorando l'incombenza del referendum, per non abbiamo fatto derivare questa proposta dal referendum incombente.
Riteniamo che questa proposta possa avere la dignità di essere valutata positivamente dalle varie parti, e mi rivolgo a coloro che rappresentano i referenti dei promotori del referendum, dico loro che quando si tratta di considerare la cornacchia nera, la cornacchia grigia, la gazza, il passero lo storno, la donnola, la volpe si finisce da una parte di non interessare molto i cacciatori (o per nulla) e, dall'altra, di provocare parecchio danno all'agricoltura che in qualche modo potrebbe essere contenuto. Non so se potrà essere contenuto naturalmente o se sarà poi necessario fare qualche piano di abbattimento. Ma perché riteniamo di dover togliere queste specie da un elenco che riteniamo non comprometta la ragione fondamentale dell'attività venatoria? Probabilmente da questo elenco non si riuscirà a soddisfare certe richieste a gioco stretto che sono state presentate dai promotori del referendum, ma a questo punto non è più importante che ce ne siano cinque-sei-nove in più o in meno, perché non è più un problema di numero, ma semmai è un problema di qualità.
Credo che questa sia la strada che potrebbe portarci tutti assieme ambientalisti, cacciatori, enti locali e Regione, a considerare questo dibattito come l'avvio di qualche cosa che deve portare ad una nuova caccia, che leghi e che unisca sempre di più l'interesse del cacciatore che faccia sì che possa rinascere l'attività della caccia, altrimenti esprimiamo molte parole sulla caccia, ma la verità è che se non ci fosse l'impegno dei cacciatori a tenerla in piedi la caccia forse sarebbe già chiusa da sé. Sembra quasi che si vogliano demonizzare i cacciatori. Se non ci fossero stati i cacciatori non avremmo nemmeno più avuto il problema della caccia. Se non ci fossero stati i cacciatori che si preoccupano di queste cose (e la proposta dell'Assessore Moretti recupera il tipo di impegno: struttura pubblica o pubblico-privata come sono le associazioni venatorie) non avremmo avuto il problema.
Mi permetto di insistere sulla validità di questa proposta e pregherei l'Assessore (ma non è solo un problema dell'Assessore) e l'assemblea di valutare la bontà di questa proposta e considerarla a pieno titolo come una proposta da acquisire in quella che è una proposta complessiva che il Consiglio regionale si accinge a fare e che deve essere la base di partenza per un discorso che vogliamo rilanciare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Siamo un po' preoccupati perché l'avvio della discussione nel merito degli articoli è partita con l'ostruzionismo del Consigliere Rossa. In relazione, signor Presidente, a quanto è stato detto nel corso della riunione dei Capigruppo vorrei fare un brevissimo intervento, su cui chiedo la sua attenzione, signor Presidente, e anche quella dei Consiglieri Brizio, Mignone e Tapparo in relazione alle cose che ci siamo detti. Non sto facendo una gerarchia di valori, ma sto citando i colleghi che nella Conferenza dei Capigruppo hanno posto dei problemi a cui ci siamo sforzati in maniera forse non soddisfacente per tutti, di relazionare. Rispetto all'articolo che abbiamo incominciato a discutere dico subito che entreranno nel merito gli altri colleghi firmatari di emendamenti, insieme al sottoscritto, quindi parlo anche a nome loro. Prendiamo atto con soddisfazione che l'emendamento presentato dall'Assessore Moretti al testo del disegno di legge è un passo avanti rispetto al disegno di legge originario. Dico al collega Mignone e ad altri, che hanno avanzato dubbi sulla nostra capacità di comprensione politica, che noi ci atteggiamo di conseguenza. Ci interessa discutere subito nel merito andando al sodo delle questioni.
Noi ritiriamo tutti gli emendamenti all'art. 4, che vanno dal n. 1 al n. 235. Questo per consentire di arrivare subito al cuore delle proposte che ci interessano maggiormente. Io mi auguro che tutti quanti i colleghi presenti nella Conferenza dei Capigruppo e anche quelli che non erano presenti lo considerino. Non ritiriamo, signor Presidente, tutti gli emendamenti; manteniamo in particolare gli otto sub-emendamenti che sono di merito specifico rispetto alle specie, perché ci interessa verificare (e su questo ciascuno dovrà assumersi le proprie responsabilità) se qui c'è qualcuno che sta giocando al rialzo. Da questo punto di vista i segnali che provengono dal collega Rossa e da altri non sono di buon auspicio.
Concludendo, devo aggiungere una considerazione di ordine politico a cui teniamo particolarmente (il sottoscritto in modo specifico) e cioè che a noi piace affrontare apertis verbis le questioni di merito così come la gente può intenderle e ciascuno di noi possa atteggiarsi di conseguenza.
Quindi, abbiamo rigettato, pur cogliendo il senso costruttivo di alcuni punti piuttosto che di altri nella proposta formulataci nella conferenza dei Capigruppo, e rigetteremo tutte le proposte che ripropongono un metodo consociativo di affrontare le differenze. Pensiamo di essere Consiglieri con la testa sul collo e quindi ci comportiamo nei modi che abbiamo cominciato a dire e a fare; dopodiché se qualcuno sta giocando a tirare i rimpalli sempre più alti anche noi, con la testa sul collo, trarremo le conseguenze per quanto riguarda l'art. 5 e per tutti gli altri articoli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Sono munita di un libricino e devo dire che si riconosce il un cacciatore esperto in Bruciamacchie, perché le sue osservazioni mi sembrano consistenti.
Mi sembra che nella logica del contribuire fattivamente, anche se non siamo favorevoli alla procedura nel suo insieme, perché la cosa sia seria vada escluso almeno il tordo bottaccio che è chiaramente indistinguibile da tutti gli altri tordi, ivi compresa la tordela che è vietata sia dalle norme CEE che dalle norme nazionali. Ha ragione il collega Bruciamacchie nel dire che è una presa in giro. L'unico problema è che bisogna togliere anche questo, non si possono rimettere tutti gli altri. Secondo: il germano reale. Dicono gli esperti che nessuno riesce a distinguere la femmina del germano reale dagli altri anatidi la cui caccia è vietata; addirittura nessuno sa come la si distingue, salvo Bruciamacchie che però ammette che non saprebbe distinguerla in volo, ma solo a terra. O scherziamo, quindi mettiamo il germano reale in modo che si possano cacciare tutti gli altri oppure dobbiamo togliere la femmina che è assolutamente indistinguibile.
Sono convinta dalle parole dell'Assessore che non ha senso mettere gli animali nocivi fra quelli cacciabili perché il problema è diverso e va affrontato in altro modo, ma certamente da quello che dice Rossa se proprio vuole gli mettiamo la cornacchia nera e la cornacchia grigia, ma togliamo il tordo e il germano reale! Scherzi a parte, in un mio intervento precedente avevo sollevato la questione del controllo. Se noi facciamo una norma che poi è incontrollabile, quindi reintroduce artatamente molte specie importanti e in pericolo, allora davvero scherziamo e non possiamo aspettarci che i promotori del referendum e i cittadini che capiscono qualcosa considerino questa una buona legge, ma una parziale presa in giro.
Abbiamo emendamenti su tutte le specie indicate nell'elenco e da quelle ci pare di dover togliere almeno il tordo bottaccio e il germano reale femmina. Ci pare che, proprio per evitare questa situazione nella quale non essendo possibile controllare, di fatto sono cacciabili tutte le specie che si assomigliano, siano da togliere almeno il tordo bottaccio e la femmina del germano reale, anche se non ci piace il fatto che la caccia sia aperta per quelle specie come la pernice bianca e la lepre bianca che sono in realtà rarissime. Però questo caso è meno grave perché queste specie sono cacciabili solo in base ai piani di prelievo predisposti dalle Province.
Anche questo non ci piace, ma invitiamo almeno a considerare, come ipotesi minima, queste due cose altrimenti è proprio una presa in giro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, il Gruppo socialista apprezza il ritiro di emendamenti da parte di coloro che ne avevano proposto una quantità notevole sull'art. 4.
E' un segno di distensione e di volontà di discutere. Tuttavia va chiarito che l'Assessore Moretti non credo abbia scelto queste specie con il sistema dei bussolotti, ma che sia stato supportato e che abbia compiuto dei lavori preliminari e preparatori tali da poter determinare con queste specie l'equilibrio tra reale interesse venatorio, tutela delle specie e rapporto con l'agricoltura.
In questo senso, le quindici specie più i cinque ungulati (la starna viene vista in una fase di congelamento triennale) rappresentano rispetto alla legge n. 60 un passaggio estremamente qualificato ed importante che non può non essere riconosciuto.
Riconosco un gesto distensivo ed importante che può servire all'economia dei nostri lavori e che può dare una svolta ad un modo di procedere diverso rispetto alle previsioni.
C'è poi il problema delle specie nocive che non sono collegate ad un problema di controllo, di piani di abbattimento per intervenire sugli squilibri, che rappresenta una componente importante rispetto alle ventuno specie individuate. Rappresenta quindi un passaggio estremamente importante. Ora, ci troviamo dinnanzi (il collega buon cacciatore, buon miratore Olivieri lo faceva notare) il problema delle quaglie. Non ho ragione di dubitare, non sono uno specialista in materia, che un Assessore preposto a questa materia abbia fatto queste scelte con il sistema dei bussolotti, ma a ragion veduta e in base a dei criteri e delle valutazioni.
Può darsi che la quaglia non sia più così numerosa come in passato, che sia localizzata in poche aree; la caccia viene fatta con l'impiego di cani con forte concentrazione di cacciatori e quindi comporta una valutazione che non sono le tavole della legge eterna, ma che allo stato attuale dell'arte della fauna porta ad una scelta di questo tipo.
Nell'approcciare questo problema ho sentito citare un sacco di specie non possiamo trasferire quello che si diceva in gergo il mercato delle vacche nel mercato delle cornacchie. Va dato atto di questa scelta coraggiosa, determinata dell'Assessore di indicare una serie di specie probabilmente ci saranno delle zone di confine molto incerte, però noi sappiamo che c'è poi questo rapporto con le specie nocive che può essere recuperato attraverso gli abbattimenti selettivi e mirati per intervenire sugli squilibri. Mi pare una formulazione che possa soddisfare ovviamente non in assoluto quelle che sono le esigenze di questo mix che bisogna ritrovare, perché non si potrà dare soddisfazione per intero a una delle esigenze che noi poniamo al centro; sono tre o quattro le esigenze che vanno mediate, vanno raccordate, bisogna trovare un giusto equilibrio tra l'interesse venatorio, la tutela delle specie, il rapporto con l'agricoltura. In questo senso, ovviamente io rispetto la posizione del mio collega Rossa, coraggiosa, ne prendo atto; la rispetto, però voglio proprio rivolgermi a Staglianò, a Montefalchesi, a Bresso, a Reburdo, pregandoli di cogliere il significato politico, lo sforzo che con questa proposta che emerge si pone. Qui non c'è da aprire un mercato delle cornacchie, qui si tratta di una proposta che ha dei caratteri molto ben rifilati, io non voglio definitivamente rifilati, ma attorno ai quali credo non si possa pensare di fare degli sfondamenti. Siamo adulti, abbiamo esperienza politica, sappiamo come vanno queste cose; a questo punto il passaggio pu essere rapido oppure faticoso, un passaggio nel quale si apre uno sfilacciamento di trattative sulle varie specie. Ritengo, e il Gruppo socialista si muoverà in questa direzione, che il sostegno alla proposta dell'Assessore sia una proposta estremamente qualificata, seria, che ha rappresentato una lunga marcia rispetto alla legge n. 60 che trova oggi non dico domani, oggi, un assestamento molto significativo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Il nostro Gruppo, che è un Gruppo molto composito e articolato privilegia peraltro sempre le sintesi a cui la maggioranza perviene. Si rende conto che queste sintesi sono motivate da un complesso di valutazioni e quindi apprezza lo sforzo dell'Assessore, e se l'Assessore prenderà la strada, a nome della Giunta, di respingere tutti gli emendamenti certamente noi voteremo l'articolo che l'Assessore ha proposto. Però a questo punto proprio perché noi siamo un Gruppo molto serio ed abbiamo rinunciato a presentare degli emendamenti, i problemi che sono stati qui elencati interessano tutti. Il problema della cornacchia e dei corvi interessa quelli che ci votano e sono inseriti sul territorio, che non sono solo i cacciatori, caro Pezzana, ma sono quelli che sul territorio vivono sul territorio lavorano, dal territorio traggono le risorse per loro e per le proprie famiglie e anche per te dal momento che mangi anche tu. E allora a questi noi siamo profondamente legati. Il problema della cornacchia, del corvo, della gazza, ci è stato posto con molta puntualità dai coltivatori diretti, non dai cacciatori, perché i cacciatori non hanno mai mangiato i corvi, né le gazze perché sono dei buongustai e non sono persone che mangiano uccelli di quel genere, né si divertono a sparargli contro.



PEZZANA Angelo

Speriamo che non ti senta S. Francesco.



BRIZIO Gian Paolo

Mi sente anche S. Francesco, stai tranquillo. Credo che S. Francesco mi senta e mi giudichi positivamente.
Allora, questo tema interessa i coltivatori diretti. Richiamiamo il problema dei piani di abbattimento dei nocivi. Siamo favorevoli, Assessore purché sia ben chiaro che questi capi rientrano nell'articolo dei piani di abbattimento e che i piani di abbattimento vengano effettuati con le garanzie che siano degli effettivi piani di abbattimento e quindi vadano a sparare quelli che generalmente colpiscono gli animali e non quelli che sparano all'aria, altrimenti non si abbatte nulla.
C'è un'altra serie di specie su cui si è intrattenuto Bruciamacchie e noi possiamo condividere molti di questi aspetti. Io ho la licenza di caccia dal 1946 eppure non ho partecipato ai lavori della Commissione, non ho fatto il corporativo, ma conosco a fondo questo settore e quindi ritengo che effettivamente se questa è una proposta che deve essere colta come ho detto nel suo complesso come proposta di mediazione e di soluzione e se la Giunta la mantiene vale anche per tutto il Gruppo democristiano, però se si va al gioco dell'allargamento non sono ammesse furbizie. Non sono ammesse furbizie da nessuno! Il Gruppo DC ha le idee chiare; se si va all'allargamento allora la quaglia va messa, perché le quaglie anche alla terza domenica di settembre, all'ultima settimana di settembre ci sono.
Sono le quaglie di ripasso che toccano anche le nostre zone e se ne uccidono. D'altro canto, la quaglia è l'animale sul quale si addestra il cane da ferma ed è molto importante che il cane da ferma possa nelle prime domeniche vedere anche coronata qualche azione di caccia sulla quaglia. Se veramente non si formalizza, io mi rivolgo anche a Staglianò, dicendo che apprezzo il ritiro di 250 emendamenti e che abbiamo fatto bene a cominciare dall'art. 4 perché almeno andiamo al centro del problema. Io dico che la questione della quaglia va ripensata. Va ripensata la quaglia, va ripensata la tortora ed anche il tordo. Indico solo tre specie perché conosco bene questo problema. Se invece la strada è quella della chiusura a tutto, noi come forza di maggioranza ci adeguiamo alle decisioni dell'Assessore e della Giunta. Però se sono ammessi allargamenti vi sono allora allargamenti che interessano a ragion veduta il Gruppo democristiano il quale non accetta che in quest'aula si giochi alle furbizie di chi è più amico dei cacciatori e di chi è meno amico dei cacciatori. Noi siamo per una legge pulita, che serva allo scopo e all'obiettivo e su questo terreno ci muoviamo come sempre con grande senso di responsabilità.
Se l'Assessore riflette e pensa di accettare qualcosa prima di andare al voto tenga conto di quello che noi diciamo. Se l'Assessore è di opinione diversa, allora il discorso deve essere chiaro fin dall'inizio.
Ritorno alla quaglia. Olivieri si è alzato ed è andato via in un momento di rabbia, lo so che è tornato, sto parlando proprio perché è tornato, ma devo dire che Olivieri ha perfettamente ragione: il divieto alla quaglia dalla terza domenica di settembre, conoscendo la funzione che esplica nell'addestramento del cane, è un divieto effettivamente restrittivo oltre ogni limite. Lo accettiamo, Assessore, se è per raggiungere l'obiettivo di avere una legge, ma certamente non possiamo non evidenziare fatti che sono oggettivi e reali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Mignone.



MIGNONE Andrea

Poche considerazioni rispetto all'esame che sta svolgendo il Consiglio sull'art. 4 relativo alle specie cacciabili. Aver iniziato l'esame dall'art. 4 è stata una decisione politica positiva che tutti insieme abbiamo convenuto nella riunione dei Capigruppo e, caro Staglianò, ti possiamo accusare di tutto fuorché di essere uno che non comprende politicamente le questioni; credo che anche tu debba apprezzare che si è cercato di sgomberare uno dei terreni più difficoltosi nel cammino di questa legge. Voglio anche dare atto dello sforzo che avete compiuto nel ritirare 250 emendamenti che credo rappresentino un passo positivo per cercare di raggiungere in queste due giornate l'obiettivo di una legge.
Altrettanto sforzo credo debba essere fatto da altri Consiglieri che non devono lasciarsi fuorviare da spinte corporative, perché sappiamo che cercare di forzare oltre un certo limite alcune posizioni potrebbe sì far conseguire qualche simpatia personale, ma potrebbe portarci direttamente nel baratro del referendum. Poiché qui l'obiettivo principale è quello di avere una legge equilibrata e nel contempo di evitare il referendum sarà bene, da parte di tutti, cercare di usare quella moderazione che forse non è compresa nell'immediato, ma che in prospettiva può dare risultati positivi. Questo si ottiene soprattutto rivolgendosi ai colleghi Consiglieri e non pensando a chi è alle nostre spalle.
Rispetto al testo in esame, voglio dire che forse la proposta originaria della Giunta regionale aveva una sua validità che non è stata colta appieno, perché garantiva ed assicurava una duttilità di misure amministrative che, forse, potevano meglio seguire la dinamica e l'evoluzione della riproduzione delle popolazioni della fauna esistenti sul territorio. Perché è chiaro che introducendo all'interno di una legge un elenco puntuale di specie diventa difficile modificarle nella misura in cui si modifica la situazione reale esistente sul territorio regionale. Ma questa strada non si è potuta percorrere. Bene ha fatto l'Assessore ad individuare una proposta di elencazione di specie che ha quegli elementi di rigidità che indicavo, perché modificare una legge è più complicato che non modificare un provvedimento amministrativo ancorché adottato con il concorso, più largo possibile, di enti locali e di rappresentanze del mondo venatorio ed agricolo. Però se questa è una soluzione che ci consente di trovare una risposta legislativa adeguata e tale da evitare il ricorso al referendum, noi siamo anche d'accordo a proseguire su questa strada.
Rispetto alla proposta specifica che viene fatta, credo che attorno a questa materia, se andiamo a fare un esame puntuale delle specie, le discussioni potrebbero essere lunghissime per ragioni pro e contro. In questo sforzo al quale siamo tesi, che deve essere un riferimento a cui tutti con responsabilità devono prestare attenzione quando si fanno dei ragionamenti senza cercare di sbandierare delle bandiere da primi della classe, credo che questa proposta sia complessivamente equilibrata. Certo si pone all'interno di una proposta della Regione, già restrittiva negli anni passati e che penalizza una caccia alle specie migratorie e agli acquatici, ma che, tutto sommato, rispetto alla caccia tradizionale piemontese mi pare tenga conto delle esigenze del mondo venatorio. Voglio dire che, rispetto alle proposte di inserimento, il non includere fra le specie cacciabili quelli che vengono chiamati "nocivi" non sia un fatto traumatico, non ho mai visto cacciatori che partono apposta per andare a cacciare corvi, cornacchie, gazze o donnole. Il problema di queste specie è di presenza eccessiva in alcune parti del territorio rispetto ai danni che recano all'agricoltura. Quindi noi dobbiamo prevedere misure per quanto riguarda la tutela delle colture agricole e vi siano possibilità di provvedimenti che vadano a ridurre il peso di queste specie e il danno che provocano.
Anche il provvedimento relativo alla starna può essere un provvedimento giusto: una misura che transitoriamente vale in attesa di chiarire meglio l'evoluzione di questa specie. Lo stesso ragionamento si potrebbe fare anche per la pernice rossa. Però credo che i cacciatori più avveduti, nelle zone in cui esistono ancora quei pochi nuclei di pernice rossa, non siano contrari a questo tipo di provvedimento. Poi, per carità, se mutano le condizioni, negli anni successivi si può rivedere questo aspetto, anche se ci vuole un po' più di tempo a cambiare le leggi.
Rimane ancora la questione della quaglia per la quale si possono argomentare ragioni diverse da una parte e dall'altra. Quella selvatica a fine settembre non è più presente nel nostro territorio perché emigra, e dal punto di vista cacciabile non è molto appetibile, considerando che la quaglia, come diceva il Presidente Viglione, ormai è un animale che si alleva, svolge una funzione importante nell'educazione allo svolgimento dell'attività venatoria; quindi su questo qualche elemento di riflessione potrebbe essere ancora fatto.
Condivido il ragionamento del Consigliere Brizio nel senso che se questa è una proposta che cerca di conciliare fra chi propone di ridurre ulteriormente le specie ed altri, io condivido la posizione dell'Assessore però invitando tutti a non fare delle furberie che scatenerebbero dei fatti antipatici all'interno del Consiglio regionale. Se questa allora è la proposta dell'Assessore e della Giunta, dovrebbe venirne che per intanto la Giunta e la maggioranza si attestino su questa proposta; peraltro mi è parso di capire che anche il rappresentate del Gruppo comunista Bruciamacchie, nel suo intervento, abbia giocato un po' al rialzo. Anche su questo cerchiamo di chiarirci le idee. Per noi questa è una risposta che tenendo conto del quadro complessivo e di tutti i problemi che abbiamo di fronte, compresa la non scongiurata ipotesi referendaria, può essere una proposta di mediazione e di equilibrio condivisibile.
E' chiaro che questo richiede da parte di tutti un alto senso di responsabilità come quello che credo abbiamo tutti all'interno di questa assemblea elettiva.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò brevissimo per esprimere con estrema franchezza una preoccupazione.
Così come ad un certo punto del dibattito mi sono assunto la responsabilità di avanzare una proposta, ora mi assumo anche la responsabilità di esprimere una preoccupazione grossa.
Nella discussione su questo articolo si sta avviando una rincorsa, da parte di alcuni Gruppi e da parte di alcuni Consiglieri, a voti di una minoranza organizzata che è in grado di far sentire il suo peso.
Questa è la mia sensazione: nella misura in cui comincia ad avviarsi questa rincorsa giocando all'allargamento, è evidente che scatta una serie di meccanismi. Ha ragione il collega Brizio da questo punto di vista. Non pensi qualcuno di tentare di apparire più bello di altri rispetto a una minoranza organizzata perché questo scatena una serie di altri meccanismi.
Mi sembra che questa cosa sia in atto e voglio qui ribadire che ci siamo assunti il compito di fare una proposta, ci siamo assunti l'onere di dare un segnale di buona volontà ritirando 250 emendamenti, però voglio dire con altrettanta estrema chiarezza che di emendamenti ce ne sono ancora più di duemila e durante l'arco della discussione se ne possono ancora presentare.
Quindi, se qualcuno pensa di assumere la proposta che il sottoscritto ha avanzato anche a nome di altri colleghi, e che in qualche modo ha innescato questo dibattito, come una posizione di debolezza si sbaglia di gran lunga.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, già questa mattina ci siamo atteggiati nei confronti di questo disegno di legge con assoluta disponibilità cercando di praticare la coerenza, non solo di predicarla con l'intento di arrivare ad un buon testo legislativo.
Sarebbe stato anche per noi più facile schierarsi sulle barricate emotive dell'uno o dell'altro fronte.
Credo invece che il nostro interesse sia coincidente con l'interesse di chi ha a cuore questo tipo di problemi, sia esso sul fronte ambientalista sia esso sul fronte dei cacciatori, mi si passi questa contrapposizione che poi nella sostanza non mi sembra praticabile, perché non mi sentirei di schierare i due su posizioni differenziate.
Anche su questo articolo, voglio dire subito che la posizione che l'Assessore ha portato in aula attraverso l'emendamento è una posizione che noi in questa linea condividiamo. Non crediamo che l'Assessore Moretti si sia inventato questa notte, giocando con i bigliettini, le specie.
Certamente potrebbe su un argomento come questo aprirsi una discussione amplissima, specie per specie, e credo che ognuno di noi potrebbe avere un miglioramento da proporre attraverso l'inserimento di uno o la espunzione dell'altro.
E' un gioco pericoloso, perché riapre il ragionamento complessivo che è stato fatto e che trova un suo punto di chiusura nella proposta avanzata.
Certamente se l'Assessore riterrà, visto che non arriveremo a concludere questo articolo nella presente seduta, di poter ritoccare la proposta alla luce del dibattito che è intervenuto, per carità, nessuno più di noi sarà lieto che questo possa avvenire nel senso di un miglioramento del testo legislativo; mi sembra per esempio (e li cito solo per mia memoria) che i due problemi maggiori e più seri che sono emersi dalla discussione di questa sera riguardino il problema del tordo e il problema della quaglia: il problema del tordo nel senso della riconoscibilità e distinguibilità da altre specie non ammesse; il problema della quaglia per tutta una serie di conseguenze che sono state egregiamente rappresentate dal collega Brizio che ha fatto un intervento che io sottoscrivo pienamente e che mi sembra estremamente equilibrato, estremamente serio e sereno.
Al di là di questo non credo si possa andare.
Il discorso dei nocivi. Dicevo all'inizio: pratichiamo la coerenza. Noi abbiamo detto che intendiamo, nell'affrontare questa legge, tutelare anche i diritti di una minoranza di cacciatori. Quando noi parliamo dei cacciatori facciamo riferimento a persone che hanno un contatto con il tipo di attività che svolgono e con l'ambiente in cui si collocano di un certo tipo; gli sparatori della domenica non ci interessano e non li ricomprendiamo tra i cacciatori; coloro che non distinguono un fagiano da un geometra del Comune e mancano il fagiano e prendono il geometra del Comune, queste persone non interessano a noi e non interessano certamente ai cacciatori con la C maiuscola. Questo discorso - in fine serata si pu fare anche qualche battuta - mi serve per introdurre l'argomento dei nocivi. Noi stiamo parlando di caccia, non stiamo parlando di eliminazione di certe specie. Allora, quando si parla di caccia, si parla delle specie che hanno un rapporto con questo tipo di attività e quindi che hanno un interesse di tipo venatorio, non interessano a chi decide la domenica di andare a sfogare le sue aggressività sparando alla cieca e quindi gli si consente di sparare anche a specie che non servono assolutamente sotto il profilo venatorio. Mi sembra che se vogliamo praticare con coerenza la strada che abbiamo scelto, queste specie non possano essere ricomprese nelle specie cacciabili perché non hanno nessuno appeal venatorio. Qualcuno si sfoghi in un altro modo, non con le cornacchie, i corvi, ecc. E qui chiudiamo il discorso caccia.
Poi c'è un altro problema: il problema dei nocivi in relazione all'agricoltura, il problema dei nocivi laddove ci sia una diffusione e uno sviluppo eccessivo di questi in rapporto all'agricoltura. Ma questo è un intervento di tipo sanitario, non di tipo venatorio. Voglio ricordare a me stesso e ai colleghi che l'art. 22 della legge n. 60 dovrebbe essere modificato dall'art. 1 che prevede i casi di questo tipo.



ROSSA Angelo

Abbiamo opinioni diverse.



SANTONI Fernando

Abbiamo opinioni diverse, questo mi sembrava di averlo capito prima però consentimi di esprimere la mia.
L'art. 1 modifica l'art. 22 e va esattamente in questa direzione. Ci sono i piani di abbattimento, ci sono degli interventi che sono mirati solo laddove c'è reale necessità, attraverso un vaglio della Regione, delle Province e dell'istituto a ciò preposto. Mi sembra che sia una garanzia sufficiente per limitare l'espandersi dei nocivi che hanno valenze diverse ma che mi sembra non abbiano niente a che vedere invece con un'attività venatoria che ha indirizzi e finalità di tutt'altra natura.
Mi sembra che su questo aspetto non dovrebbero esserci questioni. Veda l'Assessore se nella organicità della proposta che ha fatto possano trovare ingresso quei piccoli aggiustamenti che mi sembra siano emersi con più sostanza in questo dibattito. Il nostro Gruppo non gli farà mancare in questo senso il suo appoggio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sull'art. 4 vorrei svolgere una considerazione che forse tutti gli intervenuti hanno dato per pacifica e per acquisita mentre credo valga la pena apprezzare nella sua valenza lo sforzo e lo spirito con cui noi abbiamo presentato in Commissione e abbiamo ripresentato in aula la riscrittura dell'emendamento all'art. 4.
Si tratta di una impostazione profondamente diversa rispetto a quella che era contenuta nel disegno di legge n. 352 della Giunta regionale, nel senso che a noi pare che con l'emendamento da noi presentato e con l'emendamento presentato dalla Giunta sostanzialmente si riconfermi una volontà da parte del Consiglio regionale del Piemonte di muovere in direzione di una continuità. La legge n. 60 prevedeva quarantuno specie cacciabili in Piemonte rispetto alle settanta elencate nella legge quadro nazionale. Da questo punto di vista credo che ci muoviamo in una direzione e in uno spirito che riconferma una volontà dal punto di vista legislativo del Consiglio regionale.
Nel momento in cui abbiamo presentato l'emendamento in Commissione (che conteneva ventuno specie cacciabili), per ragionarci sopra nel senso che eravamo consapevoli del fatto che bisognava all'interno di quelle ventuno specie cacciabili andare ad una individuazione di un ulteriore abbattimento, ci muovevamo in una direzione che sostanzialmente tendeva a dare una risposta, ancora una volta in positivo, ad un dibattito che è aperto su scala nazionale e che deve vedere la Regione, così come l'ha vista nel 1979, essere da questo punto di vista una Regione che va avanti su una strada e su una linea che considera l'attività venatoria, non un'attività da negare tout court, ma un'attività che va compensata e contemperata con le esigenze più generali che il territorio e la popolazione piemontese propongono.
Vorrei fare apprezzare ai colleghi che ventuno-sedici specie, quelle che propone la Giunta, sono una riduzione drastica non solo in riferimento alla legge quadro nazionale in vigore, ma sono una riduzione drastica anche rispetto alle direttive che la CEE indica per l'Italia nel senso che noi se ci assestiamo alle sedici specie, siamo ad un terzo circa di quante sono le specie che la direttiva CEE prevede per l'Italia. Se poi facciamo una considerazione ulteriore di riferimento a quelli che sono gli orientamenti che pare emergere a livello nazionale, nella definizione della nuova legge quadro nazionale, le specie elencate in una prima bozza che abbiamo avuto modo di vedere sono trentatre. Quindi da questo punto di vista credo vada apprezzato in particolare da parte dei Consiglieri regionali il fatto che in Piemonte ancora una volta, nel momento in cui andiamo a modificare la legge regionale, noi diamo un contributo che si muove in una direzione anche di un segnale su scala più generale.
Il collega Mignone nel suo intervento ha detto: "Il Consigliere Bruciamacchie ha giocato forse anche lui al rialzo". Forse non ci siamo capiti: il Consigliere Bruciamacchie ha illustrato quello che è l'emendamento e la proposta comunista di ventuno specie sottolineando il fatto, rispetto alle sedici specie presentate dalla Giunta che chiedono argomentazioni e motivazioni che ci muovevano e che ci muovono nel dire "alcune specie piuttosto che altre", ma con lo spirito che abbiamo anche dichiarato pubblicamente in un nostro comunicato della scorsa settimana e non di queste ore, che noi vorremmo assestarci attorno ad una definizione di quindici-sedici specie cacciabili. Da questo punto di vista credo che il discorso rimanga all'interno di questo ambito e quindi rimane una individuazione di una specie piuttosto di altre.
Rispetto al discorso delle specie forse un elemento di tranquillità superiore per ciascuno di noi e, in particolare per chi parla che, come diceva questa mattina il Consigliere Santoni, fatica se non fosse per il colore diverso delle piume a riconoscere la differenza tra un fagiano e un pollo, sarebbe forse stata questa nostra discussione anche più partecipata con cognizione di causa da parte di ciascuno di noi, se una serie di elementi fondamentali che la L.R. n. 60 prevede fossero stati attivati e l'Assessore Moretti ha correttamente richiamato l'aspetto della programmazione, del piano faunistico. In sostanza, un Consigliere regionale, che deve normare questa materia e che vuole cimentarsi con cognizione di causa, potrebbe essere di supporto se, invece di ragionare su specie generiche, potesse ragionare su una presenza di queste specie sul territorio piemontese basata su conoscenze reali di chi esercita la caccia oppure di chi è sul fronte naturalistico, comunque in grado di darci qualche elemento di riferimento rispetto a questo tipo di discorso. Il che consentirebbe a ciascuno di noi di ragionare su dati più certi.
A noi pare che la proposta dell'emendamento comunista abbia consentito di reintrodurre l'elemento positivo della elencazione delle specie cacciabili in Piemonte rispetto alle impostazioni del disegno di legge della Giunta che rispetto a questo discorso faceva un passo indietro e all'interno del discorso delle ventuno specie da noi individuate, faceva un ragionamento che tende all'abbattimento di sedici specie. Quindi per parte nostra non c'è un gioco al rialzo, caso mai c'è una conferma del fatto che vogliamo assestarci attorno a questa cifra.
Detto questo, siamo disponibili al confronto e vorremmo poi sentire la Giunta in ordine alla proposta nostra e, in ordine alla sua proposta, qual è l'atteggiamento conclusivo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Moretti.



MORETTI Michele, Assessore alla caccia

La scelta fatta dalla Giunta per quanto riguarda le specie non è una scelta induttiva dell'Assessore o della Giunta. Sono stati fatti degli studi. Circa il fatto viene riproposta la quaglia bisogna e che tutti vogliono cacciare la quaglia, la pressione venatoria sarebbe tale che potrebbe distruggere la produzione agricola. Uno dei problemi è questo.
A partire dalla legge n. 60, abbiamo tentato sempre di evitare la pressione venatoria. Noi facciamo un ragionamento di questo tipo. Non è che l'Assessore si diverta a togliere le specie, questo problema è stato considerato.
Capisco che ci sono specie difficili da individuare. Tutti abbiamo detto che bisogna concepire un'attività venatoria capace di conoscere le specie, il cacciatore deve conoscere le specie. Bisogna porre il problema in questi termini. Non sono del parere che bisogna fare il distinguo nella legge, bisogna dire nella legge che questa è una specie cacciabile e il cacciatore (questo è emerso da parte di tutti) deve essere colui che deve concorrere ad un equilibrio faunistico nel territorio. Questo è il modo in cui bisogna svolgere questa attività.
La Giunta ha studiato in termini scientifici il problema delle specie in molti giorni di discussione, di riflessione, di discorsi con la parte scientifica; non c'è niente altro da fare.
L'emendamento della Giunta lo mantengo anche per rispetto a quello che è stato fatto in questi giorni da parte della Giunta e di coloro che hanno fatto delle proposte, che hanno messo in condizioni la Giunta di riflettere rispetto alle specie cacciabili. In termini politici do atto al Gruppo comunista di aver fatto la sua parte molto bene e di aver dato un contributo.
Devo dare atto anche che tutte le proposte puntano all'equilibrio della caccia, pur sostenendo la tesi rigidissima delle specie e hanno messo la Giunta in condizioni di ragionare e di riflettere in modo da trovare delle soluzioni che vadano incontro agli aspetti scientifici ed ambientalistici.
Pertanto la Giunta non accetta gli emendamenti proposti dal Gruppo comunista, dal collega Rossa e da tutti gli altri. Respinge tutti gli emendamenti, riconferma il proprio emendamento e lo propone alla votazione del Consiglio.



PRESIDENTE

Come stabilito in precedenza, l'esame della legge sulla caccia proseguirà domani mattina.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno n. 458 relativo alla chiusura dello stabilimento Candy di Ciriè


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno relativo alla chiusura dello stabilimento Candy di Ciriè, firmato da tutti i Gruppi, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale a conoscenza che la direzione del gruppo Candy, proprietario dell'azienda Nilox s.r.l, di Ciriè ex Zerowatt ha annunciato la chiusura del suddetto stabilimento per il giorno 31 maggio prossimo, mettendo in tal modo a repentaglio il posto di lavoro dei 178 lavoratori attualmente occupati considerato che ciò avviene ad appena tre anni dall'acquisizione della Zerowatt da parte del gruppo Candy e che durante tale periodo non è stato effettuato alcun investimento né sul prodotto né sulla tecnologia tenuto conto che la decisione di chiudere lo stabilimento di Ciriè viene da un gruppo industriale che attraversa una fase di espansione e che in questi anni ha consolidato ed accresciuto le quote di mercato in Italia e all'estero tenuto altresì conto che la Candy nel luglio 1987 ha privato lo stabilimento di Ciriè del marchio attraverso la costituzione della società Nilox s.r.l. in sostituzione della società Nilox Zerowatt S.p.A.
rilevato che sulla base di quanto sopra esposto risulta evidente la scelta premeditata del gruppo Candy di acquisire la Zerowatt unicamente allo scopo di impossessarsi del marchio e arrivare successivamente alla chiusura dello stabilimento, come puntualmente sta avvenendo, senza curarsi dei gravi riflessi sociali che tale scelta comporta esprime un giudizio fortemente negativo sull'atteggiamento del gruppo Candy che rischia di determinare il licenziamento dei 178 lavoratori manifesta la propria solidarietà ai lavoratori della Nilox s.r.l.
impegna la Giunta 1) a proseguire nell'attività intrapresa, anche su sollecitazione del Comune interessato, richiedendo con la massima urgenza un incontro al massimo livello con la proprietà del gruppo Candy e con il Ministro dell'Industria al fine di verificare: a) le possibilità di continuazione dell'attività produttiva b) le eventuali disponibilità al subentro da parte di industriali del settore c) la possibilità di perseguire altre soluzioni industriali e produttive che garantiscano l'occupazione.
2) A sollecitare presso il Ministero del Lavoro ed il CIPI l'approvazione dei decreti di CIGS per il periodo giugno 1987 maggio 1988 tenendo conto che la mancata approvazione di tali decreti impedisce a 13 lavoratori di usufruire del diritto già maturato al prepensionamento".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 33 Consiglieri presenti.


Argomento: Questioni internazionali

Esame ordine del giorno n. 456 sul caso Leopoli e le notizie di un eccidio compiuto presso il campo polacco di Deblin


PRESIDENTE

Pongo infine in votazione l'ordine del giorno n. 456 sul caso Leopoli e notizie di un eccidio compiuto presso il campo polacco di Deblin, firmato da tutti i Gruppi, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte in riferimento al Convegno 'Una storia di tutti: prigionieri, internati deportati italiani nella seconda guerra mondiale' svoltosi a Torino nel novembre 1987, che ha visto concordare storici, rappresentanti di istituzioni come gli Archivi di Stato, ricercatori militari e civili studiosi italiani e stranieri sul grave ritardo circa lo studio e la raccolta di documentazione sulla prigionia di guerra, sull'internamento e sulla deportazione ritenendo che le recenti contrastate conclusioni della Commissione ministeriale sul caso Leopoli e le notizie attorno al ritrovamento di resti attestanti un eccidio compiuto presso il campo polacco di Deblin confermino come la mancanza di dati certi, di informazioni precise, di computi statistici comprovati rischino di determinare sconcerto nell'opinione pubblica e rappresentino una colpevole rimozione della memoria di oltre 600 mila soldati italiani dispersi secondo le stime ufficiali chiede alle autorità civili e militari che sia fatta piena luce attraverso una rigorosa ed esauriente ricerca storica sulla tragica vicenda della prigionia di guerra, dell'internamento e della deportazione, creando tutte le condizioni idonee per una ricerca archivistica sistematica attraverso un pieno accesso agli studiosi ai fondi documentari pubblici, con un'interpretazione non restrittiva delle norme vigenti, avviando progetti di ricerca finalizzati e promuovendo gli accordi necessari con gli archivi di istituzioni estere o sovranazionali e con i detentori di fondi privati significativi invia a tal fine il presente ordine del giorno al Presidente della Repubblica, al Ministro della Difesa, ai componenti delle Commissioni Difesa della Camera e del Senato".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 31 voti favorevoli e 2 astensioni.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 20,20)



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