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Dettaglio seduta n.125 del 03/03/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PETRINI Luigi



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni e interpellanze" vengono esaminate congiuntamente le interrogazioni nn. 838, 968 e 979 presentate dal Consigliere Pezzana.
Risponde l'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore al personale

Mi pare opportuno precisare che i temi delle tre interrogazioni presentate dal Consigliere Pezzana investono esclusivamente le procedure per la selezione previste dalla legge n. 42 per la copertura dei posti di seconda qualifica dirigenziale e sono tutte anteriori alla L.R. n. 60 del dicembre 1987 che ha modificato la normativa vigente al momento della proposizione delle interrogazioni stesse. Quindi le risposte non le ho formulate nel 1987 perché era in itinere la modifica legislativa.
Pertanto si può affermare che le risposte a tutte le interrogazioni possono trovarsi negli artt. 1 e 2 della citata L.R. n. 60/87 e nel relativo esauriente dibattito che si è svolto in merito sia in sede di I Commissione consiliare sia in aula al momento dell'approvazione della legge.
Il dibattito infatti ha illustrato ampiamente quali sono state le ragioni che hanno indotto la Giunta regionale a presentare e sostenere le modifiche apportate dalla L.R. n. 42/86, circa le modalità di selezione per l'accesso alla seconda qualifica dirigenziale, nonché gli obiettivi che con tali modifiche si intendono perseguire.
E' inoltre da tenere presente che alcune delle osservazioni presentate dal Consigliere Pezzana, con le interrogazioni cui si sta dando risposta hanno trovato accoglimento in sede di elaborazione delle norme approvate dal Consiglio, tra le quali in particolar modo quelle relative ad un impianto selettivo che privilegi, rispetto all'attribuzione della restante parte del punteggio, la valutazione dei titoli e del servizio prestato per i quali la L.R. n. 60/87 prevede un massimo di 56 punti sugli 80 complessivamente a disposizione della Commissione giudicatrice. A differenza di quanto previsto dagli artt. 28 e 29 della legge n. 42/86 prima di essere sostituiti, che prevedevano una ripartizione del punteggio fra titoli e colloquio pari al 50% per ciascuno rispetto al punteggio finale.
Anche i contenuti dell'interrogazione n. 979 in merito alla trasparenza delle procedure concorsuali ha trovato in sostanza accoglimento attraverso da un lato il mantenimento in vigore della L.R. 26/87 relativa alla pubblicazione dei curricula, dall'altro a garanzia dei dirigenti esaminati è stato pure introdotto l'obbligo per l'amministrazione di portare a conoscenza dei candidati i risultati della valutazione.
In terzo luogo occorre rilevare come il provvedimento della Giunta regionale di approvazione della graduatoria, come tutti gli atti della Giunta regionale, sia pubblico e dovrà essere pubblicato ai sensi dell'art.
65 dello Statuto sul Bollettino Ufficiale della Regione.
All'ultima parte in risposta all'interrogazione del Gruppo comunista aggiungo anche un'informazione al Consiglio regionale. La Commissione di concorso per la seconda qualifica dirigenziale ha concluso i suoi lavori nella seduta di sabato 20 febbraio. Ora la Giunta, come prevede la legge dovrà approvare le 127 deliberazioni. Riteniamo di poterlo fare entro la fine del corrente mese di marzo. La data indicativa che mi auguro la Giunta possa rispettare è il 22 marzo.
Una deliberazione riguarda l'approvazione della graduatoria predisposta dalla Commissione di concorso, le rimanenti 126 sono di assegnazione del posto ad ognuno dei dirigenti di seconda qualifica che sono in posizione utile in graduatoria.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, sono tentato di non rispondere perché ritengo che questa prassi, che caratterizza in particolare l'Assessore Carletto, sia non dico irriguardosa e nemmeno insultante, ma una presa in giro nei confronti di un Consigliere che di fronte ad interrogazioni presentate più di un anno fa si sente dire oggi dall'Assessore competente che le sue interrogazioni sono superate da una legge approvata da questo Consiglio.
Invece di scusarsi e dire di essere altamente inadempiente dal punto di vista statutario del nostro Regolamento per non aver risposto alle mie interrogazioni, mi dice che le medesime sono superate dalla legge n. 60 intervenuta l'11 dicembre scorso. E questo lo sapevo anch'io.
Se questo criterio è valido e serio, invito la Giunta ad applicarlo a tutte le interrogazioni che vengono presentate in quest'aula, così risolverebbe il problema di far preparare le risposte da qualche funzionario e di venir qui a perdere del tempo fino alle 11,30 per rispondere alle interrogazioni. Mi chiedo con quale serietà personale l'Assessore Carletto mi venga a dare queste risposte dopo la legge n. 60 e addirittura dopo che la settimana scorsa sono finiti i concorsi! Che senso ha questa risposta oggi? Francamente, come Consigliere mi sento profondamente offeso da questo comportamento! Ci sono altre interrogazioni sui medesimi argomenti che ricordo solo più come una chiacchierata al bar, perché non c'è nessuna serietà in questo comportamento da parte dell'Assessore. C'è l'interrogazione n. 667 che porta la data del 13/2/1987, quindi un anno fa; la n. 682 del 23/2/1987 la n. 834 del 13 luglio; la n. 1097 di dicembre, tutte interrogazioni a cui non è mai stata data risposta! Se vuole, Assessore, posso anche riassumerle i contenuti. A questo punto credo sia molto più utile per un Consigliere venire in aula e leggere i contenuti delle interrogazioni che ha presentato, in modo che almeno si sappiano.
E allora comincio dicendole che nel mese di febbraio 1987 ho presentato un'interrogazione in merito alle mansioni degli uscieri d'aula. Mi auguro che a questa interrogazione lei possa rispondere non fra un anno, un anno e mezzo, quando magari sarà intervenuta qualche legge che avrà modificato l'attuale situazione. Questa è la prima che riguarda la sua competenza; se crede gliela leggo così almeno la sentono anche i colleghi Consiglieri anche se siamo ancora pochi: "In relazione alla richiesta avanzata da un gruppo di uscieri del Consiglio regionale in data 12/2/1987 - è già passato un anno, quindi se non altro sta ad indicare con quale attenzione l'Assessore risponde a una richiesta avanzata da alcuni dipendenti - di riconoscimento delle mansioni effettivamente svolte di commessi d'aula e del relativo adeguamento delle qualifiche e dei profili professionali; rilevato che la necessità di tale adeguamento è stata segnalata anche dall'Ufficio di Presidenza di codesto Consiglio, con lettera datata 14/1/1988, e che appare evidente la differenza tra le mansioni specifiche degli uscieri e quelle effettivamente svolte dagli uscieri in servizio in aula; rilevato che sulla questione sembra si siano dichiarate condividendo le richieste degli uscieri interroga l'Assessore competente per sapere se e quando intende rispondere alle richieste degli uscieri, specificando in quella occasione le mansioni attribuite ai differenti livelli funzionali inerenti gli uscieri veri e propri e i commessi d'aula. Si sollecita inoltre un pronunciamento dell'Assessore in merito ai problemi posti dall'Ufficio di Presidenza con la lettera protocollata n. 348 del 14 gennaio scorso. Sollecito urgente risposta".
Quest'ultima frase si potrebbe anche non mettere più nelle interrogazioni.
L'altra interrogazione che mi permetto di segnalare all'Assessore visto che non risponderà nemmeno a questa (ma forse non è tanto l'Assessore Carletto che dovrebbe rispondere, quanto la Presidenza), riguarda il comportamento per il quale si è andati a prendere in autoambulanza un Assessore molto malato per portarlo nella sede della Commissione di concorso. Forse qui un riferimento all'Assessore Carletto c'è.



PRESIDENTE

Nessuna autoambulanza. L'Assessore si è recato di sua volontà ed è anche comparso in Consiglio la scorsa seduta. Quindi, su questo non c'è da fare alcuna osservazione che tra l'altro sarebbe di cattivo gusto.



PEZZANA Angelo

Ringrazio il Presidente per questo suo richiamo, però in merito al cattivo gusto mi chiedo come possa giudicare il Presidente il fatto che l'Assessore Carletto risponda dopo un anno ad interrogazioni inerenti ad una legge approvata a dicembre, che quindi le ha vanificate nella sostanza.
Gradirei che queste osservazioni di richiamo al comportamento, così come vengono fatte a un Consigliere, venissero fatte anche ad un Assessore.
Questi non sono fatti personali, sono fatti che espongo in merito al suo comportamento in quanto Assessore. Li direi a me stesso se fossi al suo posto e mi comportassi come lei si sta comportando. Credo che il suo stile e il suo modo di fare per quanto riguarda le legittime richieste dei Consiglieri sia da registrare come altamente riprovevole e ripeto - più che offensivo è una presa in giro per quanto riguarda il lavoro di questo Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Prendiamo atto delle due informazioni di cui non disponevamo e che l'Assessore ha voluto dare a questa ultima nostra interpellanza.
La prima informazione è che la Commissione ha concluso i suoi lavori il 20 febbraio.
La seconda informazione è che entro la fine di marzo la Giunta regionale deve approvare le 127 deliberazioni.
Sul fatto che la Giunta regionale dovesse fare 127 deliberazioni avevamo coscienza, nel senso che questo è il derivato della legge approvata dal Consiglio regionale.
L'aspetto che ci eravamo sforzati di mettere all'interno di questa interpellanza è un altro: quello di essere informati come Consiglieri regionali del modo con cui la Commissione ha proceduto all'attuazione del dettato legislativo. Questa è la questione, nel senso che "dal sentito dire" - e l'Assessore Carletto mi consentirà di dire: "sentito dire non soltanto a livello di corridoi nel senso che abbiamo anche avuto modo di vedere qualche membro della Giunta congratularsi con alcuni dipendenti per la loro promozione a dirigenti di secondo livello - ritenevamo e riteniamo che questa informazione al Consiglio regionale, visto appunto questo tipo di atteggiamenti, sarebbe indispensabile e necessaria.
Fatta questa osservazione, le voci e le informazioni che ci giungono sono tali da produrre in noi qualche elemento di preoccupazione attorno a quell'elemento che ponevamo nell'interpellanza al punto 3): la necessità di capire e di conoscere gli effetti che queste scelte compiute dalla Commissione determinano o possono determinare nel funzionamento nell'efficienza, competenza e professionalità della macchina regionale.
Questa è per noi la questione.
Prendiamo atto del fatto che l'Assessore Carletto non è oggi in grado di risponderci e di entrare nel merito, nel senso che a me pare che nella sua risposta si dicesse: "aspettate che la deliberazione venga pubblicata dopo di che resa pubblica avrete modo di atteggiarvi rispetto a questa deliberazione". Volevamo soltanto segnalare questo piccolo dettaglio: i Consiglieri regionali non sono in grado di sapere; i membri della Commissione, della Giunta, integrati dal Presidente del Consiglio regionale, alcuni di questi membri di Commissione viaggiano nei corridoi a complimentarsi con coloro che sono stati promossi. Questo ci pare un atteggiamento a dir poco strano e offensivo nei confronti del Consiglio regionale e dei Consiglieri regionali.



VIGLIONE Aldo


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale - Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Interpellanza n. 933 dei Consiglieri Avondo, Bontempi, Biazzi e Bosio inerente i concorsi speciali


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 933 presentata dai Consiglieri Avondo, Bontempi, Biazzi e Bosio.
Risponde l'Assessore Carletto.



CARLETTO Mario, Assessore al personale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, nel dare questa risposta mi viene l'occasione per puntualizzare ancora un aspetto rispetto a quanto diceva il collega Avondo.
Ho dato al Consiglio le informazioni che potevo dare, né posso darne altre, perché i lavori della Commissione sono ovviamente dei lavori che sono all'interno della Commissione stessa; le decisioni della Commissione saranno rese pubbliche secondo quanto prevede la legge, la graduatoria lo sarà nel momento in cui la Giunta assumerà la deliberazione; le valutazioni, secondo quanto prevede la legge, saranno rese pubbliche e quindi credo che il Consiglio regionale da questo punto di vista potrà avere gli elementi di conoscenza rispetto alle valutazioni che la Commissione ha fatto su ogni singolo candidato e su queste, eventualmente atteggiarsi. Questo lo ritengo molto trasparente, perché la legge così ha voluto e quindi di questo come Commissione e come Giunta siamo molto contenti.
L'interpellanza n. 933 presentata dai Consiglieri Avondo, Bontempi Biazzi e Bosio inerente i concorsi speciali pone l'attenzione su quattro aspetti significativi di politica del personale: l'effettuazione dei concorsi interni per la selezione della seconda qualifica dirigenziale effettuazione dei concorsi interni cosiddetti "speciali" per le qualifiche dalla seconda all'ottava il recepimento del nuovo contratto dei dipendenti regionali il completamento della fase di riorganizzazione delle strutture dell'Ente conseguente alla L.R. n. 42 i tempi di verifica della dotazione organica del personale della Regione.
Rispetto al primo punto credo di poter dire per quanto riguarda i concorsi della seconda qualifica dirigenziale che si è concluso. L'ho detto prima e lo dico anche in risposta a questa interrogazione.
Per quanto riguarda i concorsi speciali proprio per dare concreta attuazione alle previsioni legislative è stata necessaria una serie di atti amministrativi, il cui contenuto è stato oggetto di trattativa con le organizzazioni sindacali per la definizione dei profili professionali e dei relativi requisiti di accesso, dalla terza alla ottava qualifica, e dei bandi per l'effettuazione dei concorsi speciali stessi.
Va peraltro ricordato che l'atto amministrativo che individuava i profili professionali e i requisiti di accesso per i concorsi speciali ha formato oggetto di rilievi da parte della Commissione di Controllo che ha ritenuto di dover chiedere chiarimenti che forniremo nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda i tempi di realizzazione che noi immaginiamo dei concorsi speciali sostanzialmente sono questi: la terza e la sesta qualifica sono stati banditi, le Commissioni sono state insediate, quindi noi ci auguriamo che per queste due qualifiche i concorsi speciali possono concludersi entro la fine di marzo per quanto riguarda la terza qualifica che ha molti meno candidati, ed entro la fine di aprile la sesta qualifica.
Si è conclusa la procedura per la seconda qualifica dirigenziale. Se la Giunta approverà la graduatoria e nominerà i 126 responsabili di seconda qualifica avremo la possibilità di bandire i concorsi di prima qualifica dirigenziale. Per questa qualifica dirigenziale, come voi sapete, sono corsi-concorsi pubblici, secondo quanto prevede la legge. Si tratta di definire il numero dei posti da mettere a concorso. L'orientamento dell'Amministrazione è quello di mettere un numero di posti a concorso che sia coerente con le esigenze organizzative della Regione; esigenze organizzative che abbiamo iniziato a valutare e che ci siamo impegnati a dare alle organizzazioni sindacali e quindi anche al Consiglio regionale come informazione entro la metà del mese di aprile e, immediatamente dopo partire con i concorsi di prima qualifica dirigenziale avendo definito con i Sindacati (come stiamo definendo) i profili professionali sui quali poi fare questi concorsi.
Per quanto riguarda le qualifiche ottava, settima, quinta e quarta noi riteniamo che a scalare questi concorsi possono partire nei prossimi mesi.
Il nostro obiettivo è quello che entro la fine dell'anno, al massimo all'inizio dell'anno prossimo, di avere concluso tutte le procedure concorsuali relative ai concorsi speciali in modo da avere la possibilità di rivedere l'organico complessivo della Regione con la nuova organizzazione che andremo ad individuare ed andare a definire le necessità dell'Ente su ogni singola qualifica e quindi sapere di quante persone complessivamente all'interno di ogni qualifica la Regione ha bisogno per svolgere le sue funzioni e completare così la fase riorganizzativa generale dell'Ente ed immediatamente aprire a concorsi pubblici per ricoprire i posti che saranno vacanti.
Questo aspetto dei concorsi pubblici è un aspetto che secondo la programmazione dei nostri lavori si immagina si debbano fare all'inizio dell'anno prossimo.
Ci sono per la verità delle esigenze della Regione soprattutto in alcuni specifici settori e quindi in alcuni specifici profili professionali ci sono delle esigenze della Regione probabilmente di andare a coprire, con tempi più accelerati, certi posti.
Credo che nei confronti di questo argomento ci potrebbe essere, se le forze politiche lo riterranno utile, un dibattito, che si potrebbe calendarizzare nei prossimi mesi, verso fine aprile, verso maggio, sarà poi il Presidente del Consiglio assieme ai Capigruppo a stabilire la data, sui problemi complessivi del personale che la Giunta, ed io come Assessore sollecito al Consiglio, perché in quella occasione potremo fare il punto sulle procedure e sui meccanismi che abbiamo individuato. A quel punto ritengo che avremo recepito il nuovo contratto il cui testo è stato consegnato alle organizzazioni sindacali ormai da un mese e mezzo (è stato consegnato verso il 15/20 gennaio da parte della Giunta alle organizzazioni sindacali), testo di recepimento del nuovo contratto sul quale apriremo la trattativa prossimamente. Ritengo di avere un incontro con le organizzazioni sindacali, non solo aziendali, ma di comparto e confederali alle quali ho mandato questa mattina una lettera di richiesta di incontro per fare il punto sulla situazione del personale regionale, che ci preoccupa un po' per le spinte che vediamo emergere su più fronti. Ritengo di poter avere questo incontro con le organizzazioni sindacali confederali di comparto e aziendali entro il 10 marzo e quindi fare con le organizzazioni sindacali il punto della situazione. All'interno degli argomenti che affronteremo c'è sicuramente il recepimento del nuovo contratto, sul quale noi siamo pronti già dall'inizio dell'anno alla discussione e al confronto.
Riteniamo che se non ci saranno degli intoppi si possa arrivare al recepimento del nuovo contratto entro il mese di aprile. Questo dibattito che chiederei al Consiglio regionale si potrebbe collocare subito dopo il recepimento del contratto, o subito prima, si tratterà di valutare le opportunità, e fare in quella sede il punto della situazione.
Credo però che i tempi rispetto alla riorganizzazione definitiva, i tempi rispetto ai concorsi speciali, i tempi rispetto ai concorsi pubblici la Regione li aprirà appena ci saranno le condizioni. Ricordo a me stesso e ricordo ai colleghi che purtroppo il gioco dei numeri per poter realizzare i concorsi speciali è tale per cui oggi tutto l'organico regionale di 3.500 persone (anche se in servizio ne abbiamo 2.750) è occupato per poter fare i concorsi speciali. Siamo quindi in una fase nella quale, per avere i posti liberi alla settima - faccio un esempio - bisogna che si siano concluse le procedure concorsuali per l'ottava qualifica. E' un meccanismo che è un po' tutto legato. L'obiettivo che noi abbiamo è quello che questi concorsi speciali si concludano il più rapidamente possibile. La terza e la sesta qualifica sono in corso, l'ottava qualifica spero che la si possa bandire quanto prima; la prima qualifica dirigenziale può partire appena concluse a fine mese le procedure della seconda dirigenziale, poi passeremo alla settima e alla quarta e quindi a questo punto avremo concluso tutti i concorsi speciali.
L'occasione cui rimando gli interroganti può essere questo dibattito che fin d'ora chiedo alle forze politiche e al Presidente del Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Ci pare che la risposta dell'Assessore, anche se pervenuta con ritardo rispetto ai tempi con cui avevamo presentato l'interpellanza, fornisca un quadro di valutazione e di atteggiamento del Consiglio regionale attorno ai problemi del personale per alcuni settori esplicito e per altri ancora nebulosi.
Vorrei sottolineare due aspetti che mi paiono fondamentali. Primo dalle cose che l'Assessore Carletto ci ha detto la vicenda dei concorsi speciali e dei concorsi pubblici, almeno quella della nona (se abbiamo capito bene), dovrebbe concludersi entro quest'anno, al massimo all'inizio del prossimo anno.
Qui c'è una prima osservazione che dobbiamo porre. La legge n. 42 è stata approvata da questo Consiglio nel settembre 1986; non rifaccio la storia, avremo semmai occasione di rifarla all'interno di quel dibattito al quale aderiamo e che l'Assessore ha proposto di fare in tempi brevi in questo Consiglio regionale. Non possiamo dimenticare che c'è voluto un anno dall'insediamento della nuova Giunta per proporre una legge di attuazione di un contratto scaduto nel 1985, più di un anno per avviare concretamente qualsiasi tipo di concorso che in quella legge erano contenuti e apprendiamo adesso che ci vorrà ancora quasi un anno per concludere i concorsi. Quindi qualche cosa non ha funzionato.
Avevamo creduto in una certa fase di questo nostro confronto che gli elementi portanti di questa difficoltà fossero quelli non tanto dei meccanismi di selezione quanto quella della composizione delle Commissioni tanto che, obtorto collo, abbiamo aderito alla proposta che la Giunta avanzava di snellire la composizione delle Commissioni.
Dobbiamo registrare che malgrado questo snellimento, questo dimagrimento delle Commissioni, di fatto i tempi continuano ad essere indefiniti.
Il secondo elemento di riflessione lo vogliamo fare attorno alle questioni di carattere più complessivo e generale che non sono state sciolte dalla risposta dell'Assessore e che continuiamo ad avere sullo sfondo e a guardarle con qualche preoccupazione.
Dalla risposta che l'Assessore Carletto ha dato alla nostra interrogazione ne viene fuori un quadro per cui ci pare di capire che di fronte agli eventi succedutisi in particolare in questo ultimo periodo (non ultimissimo, da qualche mese a questa parte) attorno ai concorsi, attorno ai rapporti tra Giunta - maggioranza - organizzazioni sindacali l'Assessore Carletto di queste cose non se ne fa carico nel senso che lui dice: "Noi abbiamo individuato una strada e su questa strada andremo avanti". Qualche elemento di preoccupazione lo esterno nel senso che non sono così tranquillo. L'Assessore Carletto è riposato quindi da questo punto di vista è più tranquillo di quanto possa esserlo io, ma non sarei così tranquillo nel senso che qualche problema nella gestione di questa partita continua ad esserci.
Dico all'Assessore Carletto che oltreché accogliere la proposta di un dibattito consiliare forse un'informazione (non so quale altra parola usare visto che in aula le risposte arrivano con grande ritardo, quando arrivano), la proposta di un dibattito in Consiglio viene proposta correttamente, ma con una scadenza un po' in là. So che tra l'Assessore Carletto e le organizzazioni sindacali qualche rapporto è in atto; so che l'Assessore Carletto ha avanzato qualche proposta che non rientra completamente all'interno di questo disegno che ha tracciato nella risposta data alla nostra interrogazione, quindi sarebbe il caso che l'Assessore Carletto venisse rapidamente, nel giro di qualche ora, in Commissione a spiegarci come intende gestire la questione perché le nostre preoccupazioni sono grandi.
Dal momento che abbiamo questo grande senso di responsabilità di pensare al funzionamento dell'istituzione oltre le maggioranze ed oltre alla collocazione in cui ci troviamo la questione è da dirimere in termini abbastanza urgenti. Dal momento che non sono in grado di proporre di fare un dibattito in Consiglio la prossima settimana, credo sia possibile chiedere all'Assessore Carletto se ritiene di venire ad un primo confronto in Commissione il più rapidamente possibile anche perché sulla questione dell'organico avevamo dei tempi che la legge n. 42 ci prescriveva, che sono saltati per tante ragioni, alcune buone, altre meno buone, però resta un dato che se va bene la legge n. 42 la attueremo complessivamente con due anni circa di ritardo. Forse varrebbe la pena di ragionarci sopra.



CARLETTO Mario, Assessore al personale

Vorrei dire al collega Avondo che la sua richiesta mi trova disponibile; non sarà possibile in termini di ore perché prima devo avere un confronto con le organizzazioni sindacali, confronto più ampio di quello che ho avuto finora e che ho richiesto questa mattina ufficialmente; appena ci saranno le condizioni prenderò contatto con il Presidente del Consiglio e con il Presidente della I Commissione e volentieri verrò a riferire su ciò che sta succedendo nel personale.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Interrogazione n. 960 dei Consiglieri Acotto, Montefalchesi, Calligaro e Sestero inerente la gestione dei servizi residenziali per ultraquattordicenni portatori di handicap mentale


PRESIDENTE

L'Assessore Carletto risponde ancora all'interrogazione n. 960 presentata dai Consiglieri Acotto, Montefalchesi, Calligaro e Sestero.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza

In merito all'interrogazione relativa alla decisione dell'assistenza provinciale di Torino di indire una gara d'appalto per la gestione dei servizi residenziali per ultraquattordicenni portatori di handicap mentale si riferisce quanto segue.
Questa Amministrazione è a conoscenza del fatto che l'Amministrazione provinciale di Torino ha indetto conseguentemente ad una pronuncia del Co.Re.Co. una gara di appalto per la gestione di servizi residenziali per ultraquattordicenni portatori di handicap mentale. Premesso che la Provincia nel nostro ordinamento deriva direttamente dallo Stato il potere che esplica, si ritiene che la decisione assunta dall'Amministrazione provinciale non sia sul piano del merito e della forma contrastante con le indicazioni del Piano socio-sanitario regionale e con gli interessi degli utenti in quanto oltre ad essere coerente con la normativa vigente avrà senz'altro tenuto ben presente il delicato rapporto educativo-formativo richiesto tra utente ed operatori. Questa Amministrazione regionale è infatti convinta dell'opportunità che si salvaguardino il più possibile e nell'interesse del cittadino utente i principi di continuità dell'intervento non disgiunti da un'auspicabile continuità educativa. Pur tuttavia non si può dimenticare come nel settore pubblico le forme di contrattazione per addivenire alla stipulazione dei contratti sono stabilite da leggi nazionali che fissano le condizioni essenziali degli stessi e lasciano all'ente interessato la competenza di esplicare, tra l'altro, i criteri che saranno applicati per l'aggiudicazione della gara.
E' opinione della Giunta e mia che in merito al problema esposto sia stata sopravvalutata la portata del provvedimento da parte degli interroganti in quanto rispetto alla scelta del concorrente la normativa in vigore consente le più ampie garanzie di tutela degli interessi dei cittadini di cui si tratta, perché l'aggiudicazione a favore dell'offerta ritenuta più vantaggiosa può essere fatta valutandola in base ad elementi esplicitati nel bando di gara che possono essere di volta in volta precisati e puntualizzati a seconda della natura della prestazione richiesta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Devo dire che sono un po' sbalordita dal tipo di risposta che mi ha dato l'Assessore. Se è una nota tecnico-giuridica del suo Servizio va bene ma non è possibile rispondere così su una questione che ha sollevato proteste, agitazioni, messa in discussione di questa materia per dei mesi! E' vero che la questione riguarda l'estate. Noi abbiamo presentato l'interrogazione ad ottobre, adesso siamo a marzo e mi chiedo cosa serva discutere di una questione così in ritardo; ma questa è ormai una prassi per le risposte alle interrogazioni ed alle interpellanze. Una risposta così tecnico-burocratica che dice "ci sono le leggi nazionali", "la Provincia non ci interessa", "non abbiamo istituzionalmente nessuna relazione", "la competenza deriva dallo Stato", è come se non considerasse il problema. Il problema invece, Assessore Carletto, sa bene che esiste. Lo sa così bene che in agosto e in settembre sono stati preparati due testi di legge; uno della Giunta ed uno firmato da un arco di Consiglieri facenti parte di più di un Gruppo del Consiglio regionale. Avrei voluto sapere come è finita la vicenda. Almeno su un terreno informativo avere una risposta che si liberi da ogni interesse di questo genere. Come è finita la vicenda? Riguardava solo l'Amministrazione provinciale di Torino, c'erano altre situazioni di questo genere? Non c'è stata data nessuna informazione se non che è un problema che non riguarda la Giunta regionale. Di fatto è una chiusura di discussione da parte dell'Assessore; ma avrei voluto sapere che fine faranno i due testi di legge su cui le Commissioni hanno già lavorato dato che anche per questo problema all'interno dei testi di legge era prevista una procedura diversa da quella applicata, secondo le leggi dello Stato, dalla Provincia di Torino. E' prevista una condizione che in modo formale salvaguardi una relazione tra utenti ed operatori che sappiamo tutti è particolare, specifica ed ha caratteristiche molto delicate. Questi due testi di legge sono in Commissione da mesi, c'era un'urgenza. La materia è finita in Commissione Lavoro. Capisco che non dipenda da lei Assessore, ma io come consigliere posso sapere a che punto è, che intenzioni ha la Giunta, visto che c'è un disegno di legge della Giunta? Altrimenti in Consiglio regionale non ho informazioni. Non faccio parte di quella Commissione, ma essendo Consigliere regionale credo di aver diritto all'informazione, al di là dell'appartenenza ad un Gruppo. Su questa materia non è stata stabilita alcuna relazione e questo mi preoccupa perché vuol dire che il problema qui affrontato, che fa parte della materia in discussione, non interessa e quindi non si ritiene di dover dare nessun tipo di risposta.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 1181 dei Consiglieri Calligaro, Bontempi, Amerio e Bruciamacchie ed interrogazione n. 1190 dei Consiglieri Brizio e Nerviani inerenti il piano di ristrutturazione della Pirelli


PRESIDENTE

Esaminiamo ora congiuntamente l'interrogazione n. 1181 presentata dai Consiglieri Calligaro, Bontempi, Amerio e Bruciamacchie e l'interrogazione n. 1190 presentata dai Consiglieri Nerviani e Brizio.
Risponde ad entrambe l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

E' uno dei tanti problemi a cui la Regione e l'Assessorato hanno dedicato nelle ultime settimane particolare attenzione, stante la situazione che rischia di avere ricadute ulteriormente negative sul territorio regionale piemontese. E' noto ai colleghi interroganti come il settore degli pneumatici nel panorama mondiale attraversi un'acuta fase di ristrutturazione che si identifica con questa generica cifra, cioè di una capacità produttiva a livello mondiale che supera del 25% circa la domanda.
A fronte di questa situazione che investe un rilievo non solo di carattere nazionale ma mondiale, anche la Pirelli, grosso colosso della produzione nazionale ed europea, si è trovata in una situazione non certo brillante, ma ha anche attivato presentandolo nelle scorse settimane un piano che prevede una razionalizzazione della produzione e una impostazione nuova. Piano che tra l'altro vede nella proposta una riduzione di quasi 3.000 dipendenti sugli stabilimenti insistenti sul territorio nazionale.
Si tratta di stabilimenti localizzati in Piemonte (Settimo Torinese), a Milano, nel Lazio, in Sicilia oltre ad alcune altre unità produttive localizzate in Toscana e Campania, non direttamente legate alla produzione degli pneumatici ma a produzioni collaterali.
Devo anche rilevare - e lo abbiamo constatato attraverso una serie di incontri e di sollecitazioni - che in realtà l'azienda Pirelli, pur presentando un piano che in alcune linee può avere una giustificazione, non soddisfa in termini organizzativi le proposte che abbiamo confrontato con il sindacato e con i Consigli di fabbrica.
Un'ipotesi di intervento diventa difficile nel momento in cui in queste settimane, come sapete, una proposta e un un'ipotesi di acquisizione di mercato e di presenza, soprattutto in America, da parte della Pirelli non è decollata. Per cui un'ipotesi di penetrazione nel mercato USA della Pirelli, dove attualmente esiste una presenza puramente simbolica dell'1 se fosse andato in porto l'accordo con la Firestone, avrebbe certamente permesso alla Pirelli stessa di rivedere e rivisitare la filosofia del piano, quindi intervenire per una riduzione di quei tagli che raggiungono l'ipotesi dei 3.000 dipendenti sugli stabilimenti localizzati in Italia.
Se si guarda in specifico il riferimento piemontese è noto come in particolare nello stabilimento di Settimo Torinese una serie di circostanze ulteriormente aggravano la situazione, stante il fatto dei sacrifici che sono stati sopportati in questi anni dai lavoratori della Pirelli di Settimo Torinese, stante la constatazione che attualmente circa 170/200 dipendenti sono in cassa integrazione, stante il fatto che nell'ultimo triennio circa 300 dipendenti della Pirelli di Settimo già sono stati collocati in pensionamento attraverso il prepensionamento. Se poi si fa riferimento ad alcune accelerazioni ed accentuazioni di iniziative unilaterali dell'azienda, alcuni interventi disciplinari che in queste ultime settimane hanno avuto come riferimento dipendenti dello stabilimento di Settimo, la ulteriore riduzione dei tempi di pausa nello stabilimento di Settimo, che va contro ad alcuni accordi sindacali che erano tanti sottoscritti nel 1985, si evince come in particolare sulla situazione e sul presidio di Settimo esistano delle situazioni ulteriormente aggravate.
Abbiamo realizzato, come Regione, un incontro il 22 febbraio svoltosi presso la Regione Piemonte con una delegazione delle organizzazioni nazionali e territoriali del settore chimico dove si è affrontato e dibattuto in merito alla comunicazione fatta dalla Pirelli alle organizzazioni sindacali nella presentazione del piano che prevede questi tagli particolarmente significativi.
Le OO.SS. già in quell'incontro hanno posto in evidenza che questa problematica dovrà avere un rilievo di carattere extraregionale coinvolgendo i livelli istituzionali delle Regioni e delle Amministrazioni locali su cui insistono territorialmente questi presidi della Pirelli; la Regione Piemonte ha accolto e stimolato questa necessità di un coordinamento nazionale stante la dimensione del problema che, non solo insiste geograficamente, ma insiste su un'azienda che è certamente la più significativa sul territorio nazionale della produzione di pneumatici, che assume una dimensione di particolare preoccupazione.
A noi pare sia indispensabile un'approfondita discussione sia sui volumi produttivi che sull'entità degli investimenti del gruppo, al fine di una valida definizione della qualità della sua stessa presenza in Italia.
In questo quadro, come i colleghi sanno, nella seduta di venerdì scorso abbiamo dato corso all'approvazione di un ordine del giorno sul problema Pirelli che è stato anche comunicato e consegnato, in cui si richiamava la necessità di un coordinamento dei livelli istituzionali regionali nel rapporto sia con il Governo sia nello sforzo comune. Ordine del giorno e pronunciamento della Regione Piemonte che è stato comunicato alla riunione tenutasi lunedì scorso a Milano presso lo stabilimento della Bicocco (uno dei quattro stabilimenti della Pirelli); in tale stabilimento si è realizzata una manifestazione nazionale con la presenza nazionale del sindacato, le delegazioni sia dei lavoratori sia delle istituzioni degli enti locali per segnalare questa dimensione nazionale del problema. A quella manifestazione, la Regione Piemonte era presente ed ha già attivato il coordinamento per mettere insieme le istituzioni locali in questo rapporto che viene richiesto, intanto attraverso un'audizione che verrà fatta nei prossimi giorni dalla competente Commissione parlamentare, e successivamente al Governo per un coinvolgimento del Governo stesso su questo problema di dimensione particolare.
La situazione è quindi seguita con particolare attenzione dalla Regione e sarà cura di questo Assessorato tenere aggiornati, non solo per iter normale, i colleghi interroganti, ma anche realizzare ogni informazione in sede di IV Commissione, peraltro richiesta nei giorni scorsi da alcuni colleghi, insieme ad altre situazioni preoccupanti insistenti sul territorio regionale piemontese per fare il massimo sforzo non solo di formale supporto ma di sostanziale intervento, pesante, dell'istituzione regionale a tutela di questa grossa altra fetta che rischia di depauperare i livelli occupazionali nel nostro territorio piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Ringrazio l'Assessore per la risposta che ha voluto fornirci.
Ricordo che il Consiglio della scorsa settimana ha approvato all'unanimità un ordine del giorno che impegnava la Giunta, anche perché la nostra Regione sarà la maggiormente colpita dal piano di ristrutturazione a coordinare l'impegno delle Regioni interessate (Lombardia, Lazio Sicilia) da tale piano e soprattutto a far intervenire il Governo per ottenere una modifica del piano di ristrutturazione della Pirelli.
In che senso chiediamo una modifica del piano di ristrutturazione della Pirelli? Nel senso di affrontare e risolvere problemi reali, economico produttivi e problemi sociali e occupazionali, e noi sosteniamo sia necessario farlo con l'indispensabile consenso dei lavoratori e dei sindacati.
L'interpellanza che abbiamo presentato è dello stesso tenore dell'ordine del giorno.
Quali sono i problemi dell'impresa Pirelli? Innanzitutto un quadro internazionale che vede una sovracapacità produttiva e più della metà del mercato mondiale del pneumatico dislocata negli Stati Uniti d'America. Quindi per un produttore regionale europeo come la Pirelli, si pone un problema di internazionalizzazione di maggiori dimensioni e soprattutto di una strategia globale.
Un produttore ha prospettive positive solo se riesce a darsi una strategia globale e in questo caso se riesce a penetrare il mercato degli Stati Uniti d'America. Purtroppo la trattativa con un'impresa degli Stati Uniti d'America non ha avuto esito positivo e quindi il problema della Pirelli è quello di essere un produttore regionale europeo che non riesce di fatto a penetrare il grande mercato degli Stati Uniti d'America.
Naturalmente a causa della sovracapacità e dei processi di ristrutturazione internazionali la concorrenza si è fatta sfrenata e la Pirelli incontra difficoltà.
Quello che non ci convince del piano di ristrutturazione è che non riusciamo a intravedere risvolti di politica industriale: si tagliano le produzioni a minore valore aggiunto; si pensa di commercializzare una parte dei prodotti; si punta sull'innovazione tecnologica nell'impianto di Bollate; si aumentano i carichi di lavoro; si attua un taglio di 3.000 posti di lavoro.
Non intravediamo una politica industriale degna di questo nome, capace in sostanza di proiettare a livello internazionale il gruppo Pirelli con adeguati investimenti, con le adeguate innovazioni, con rinnovata capacità competitiva.
Vediamo invece un ripiegamento del gruppo dirigente della Pirelli e il tentativo di utilizzare la ricetta Romiti, che è quella di imporre unilateralmente il piano. L'imposizione unilaterale di un piano di questa portata, che ha prezzi sociali rilevanti, implica uno scontro frontale con i lavoratori e con i sindacati: è un atto di aperta rottura.
Noi lo consideriamo inaccettabile perché ci troviamo di fronte ad una classe operaia d'avanguardia che ha fatto in passato fior di accordi con la Pirelli sul governo flessibile della moderna produzione, del moderno impianto produttivo; ha fatto fior di accordi sulla flessibilità produttiva; sull'aumento della produttività; sull'utilizzo degli impianti sui turni di lavoro. Una classe operaia d'avanguardia che ha visto le esigenze oggettive di un'impresa moderna. Fior di accordi, eccellenti relazioni industriali. Qui siamo ad un punto di svolta, siamo ad un atto di rottura. E questo è per noi inaccettabile.
Il piano si propone incrementi di produttività, ma noi diciamo: li contratti con i lavoratori; se invece non intende contrattare con i lavoratori vuol dire che intensifica lo sfruttamento, straccia i vecchi accordi sindacali, taglia 3.000 posti di lavoro: riduce in sostanza la base produttiva e occupazionale.
E' questo il migliore modo per proiettarsi a livello internazionale? Ecco, è questo punto che non ci convince. In assenza di una politica industriale, si procede con la ricetta delle imposizioni, dello scontro frontale, del tentativo di mettere sotto lavoratori e sindacati.
Noi abbiamo chiesto alla Regione di schierarsi politicamente, di compiere atti politici significativi, di far sapere alla Pirelli del disaccordo della Regione con il piano che è stato presentato: disaccordo sia sul metodo che sui contenuti. Dobbiamo far sapere con atti politici che la Regione è contro perché non intravede politiche industriali; intravede invece uno scontro sociale grave e in definitiva questa strada non aiuta lo sforzo della Pirelli di internazionalizzazione, di proiezione a livello di strategie globali.
Questo non emerge dagli atteggiamenti della Giunta, devo dirlo francamente: sì c'è un impegno, ma mi pare che si tenda a sottovalutare la vicenda. La Regione ha il diritto e il dovere di intervenire e di schierarsi politicamente. Se non altro, perché ingenti risorse pubbliche sono state trasferite in questi decenni anche al gruppo industriale Pirelli.
C'è un problema di coerenza, di autorevolezza, di determinazione della Giunta. Contano i fatti - lo abbiamo detto ripetutamente -, contano gli atti concreti. E allora si faccia sapere con atti politici concreti alla Pirelli che la Regione Piemonte è contro l'imposizione di un piano di ristrutturazione di quella portata; è contro una ricetta che porta ad uno scontro sociale molto aspro. Chiediamo quindi coerenza, autorevolezza e determinazione da parte della Giunta.
Concludo dicendo che questa determinazione è da tempo che noi non riusciamo minimamente ad intravederla.
Ricordo la vicenda della siderurgia. Adesso il piano Finsider c'è: prevede la chiusura dell'Italsider di Torino, della nuova Deltasider dell'impianto di Torino e dell'impianto di Villadossola: tagliano 3.000 posti di lavoro.
La nostra interpellanza risale all'inizio del 1987. C'è stata una riunione con i sindacati e i Consiglieri della IV Commissione. E' da luglio che aspettiamo che il Ministro delle Partecipazioni Statali, Granelli venga a dirci quale è il futuro della siderurgia, perlomeno del polo torinese ed ossolano. Non è venuto. C'è però il piano Finsider. La Regione può stare a guardare questi fenomeni senza intervenire? Verrà liquidata la siderurgia a partecipazione statale in Piemonte. E' accettabile un atteggiamento di questo genere? Non si tratta di tre posti o di trenta posti, ma di tremila posti di lavoro. Siamo ancora in attesa di sapere quando verrà a Torino il Ministro delle Partecipazioni Statali Granelli. Da luglio si è passati a settembre, poi ad ottobre, ora siamo a marzo: quando verrà il Ministro? quando saranno chiusi definitivamente gli impianti industriali? E così più in generale sull'emergenza inoccupazione disoccupazione. Siamo alla resa dei conti della prima fase, quella probabilmente più drammatica dei processi di ristrutturazione. Cessa l'ammortizzatore sociale della cassa integrazione. C'è un minore ricorso alla cassa integrazione, ma questa sacca di cassaintegrati travasa ormai in un'altra sacca che è quella della disoccupazione speciale. Tra cassaintegrati cosiddetti "strutturali" e "lavoratori a disoccupazione speciale" abbiamo circa 30 mila lavoratori che possiamo considerare, se non interverranno misure straordinarie, definitivamente emarginati dal processo produttivo.
Ma aggiungiamo pure la vicenda Pirelli, Riv, siderurgia; l'accordo Indesit ci ha fatto sapere definitivamente che le eccedenze superano le 1.500 unità. Anche su questo avevamo chiesto un maggiore impegno e una maggiore determinazione da parte della Giunta. Quando verrà il Ministro Formica a discutere di queste cose a Torino? Noi siamo in attesa di risposte a domande che abbiamo posto con largo anticipo intravedendo questo peggioramento della situazione, il fatto che sarebbe venuto a cessare lo strumento ammortizzatore sociale della cassa integrazione e che si sarebbe arrivati alla resa dei conti definitiva. I processi di ristrutturazione presentavano definitivamente un conto pesante, per cui corriamo il rischio di avere 40 mila lavoratori piemontesi destinati a non rientrare più nei processi produttivi.
Ieri è intercorso un accordo tra Sindacati e Unione industriali, tra Sindacati e API. E' una piccola risposta, per molti versi anche contraddittoria, ma è una piccola risposta. Non si può pensare che tutto si risolva con una piccola risposta riguardante, se tutto andrà bene, alcune migliaia di lavoratori. Qui si tratta perlomeno di 40 mila lavoratori che definitivamente e radicalmente vengono estromessi dai processi produttivi senza possibilità alcuna di usufruire dello strumento della mobilità che è largamente bloccata.
Noi continuiamo ad insistere su alcuni punti: più determinazione. Cosa aspettiamo di fare, la conferenza sulle partecipazioni statali e sulla siderurgia a partecipazione statale quando gli impianti saranno chiusi? So che l'Assessore incontra spesso i Sindacati, propone delle date che regolarmente non portano ad alcun risultato, se non al risultato che si inventa un'altra data. A questo punto diciamo "si inventano le date" perch sono state ripetutamente fissate, ma il Ministro non si è presentato. La Regione nuovamente sollecita la sua presenza a Torino, ma comunque ci sono scarsissimi se non addirittura nulli risultati.
C'è un problema di coerenza, non si possono solo firmare gli ordini del giorno e poi metterli in un cassetto: c'è un problema di autorevolezza, c'è un problema di determinazione. Si tratta di migliaia di posti di lavoro.
Non possiamo non considerare un atteggiamento largamente disimpegnato quello della Giunta, che comunque non produce risultati. Quello che conta sono gli atti concreti e i risultati. Noi non ne vediamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Ringrazio l'Assessore per la puntualità della risposta all'interrogazione che riguarda il caso Pirelli, la cui gravità certamente non può essere sottaciuta. Sotto il profilo generale occorre rilevare che siamo ancora di fronte al fenomeno di ristrutturazione del sistema produttivo. Questa non è finita e non possiamo dimenticare che il fenomeno è iniziato nella seconda parte degli anni '70 ha ridotto fortemente l'occupazione industriale dei grandi complessi piemontesi. Basti ricordare la ristrutturazione della Fiat ben più pesante, in condizioni di intervento del potere pubblico estremamente limitate.
Se non abbiamo questa visione complessiva di fronte a noi, il nostro giudizio può essere affrettato e non puntuale.
Questa ristrutturazione sta continuando e colpisce ancora pesantemente l'apparato produttivo piemontese: chi pensava che fosse finita si è illuso.
La dobbiamo affrontare con realismo e certamente noi siamo per una presenza della Regione nella vicenda. L'Assessore ha evidenziato come la Regione Piemonte si sia incontrata con i Sindacati nazionali e territoriali il 22 febbraio. L'Assessore è stato a Milano il giorno 29 ed è stato sollecitato anche alle altre tre Regioni interessate un coordinamento per quello che riguarda lo specifico della vicenda Pirelli. Sarebbe opportuno un incontro per un coordinamento nazionale, perché certamente il problema riguarda la Pirelli come azienda nel suo complesso e la politica della Pirelli stessa.
Noi riteniamo che l'azione della Giunta ci sia stata, che l'impegno dell'Assessore sia stato puntuale. Abbiamo siglato l'ordine del giorno approvato nella scorsa seduta e l'abbiamo votato: quindi la richiesta a portare avanti un'azione politica per un intervento del Governo (ricordo la richiesta di modifica formale all'ordine del giorno per sostituire laddove era scritto: "Fare intervenire il Governo", la frase "richiedere al Governo") e per un riesame del piano della ristrutturazione da parte della Pirelli anche alla luce del fatto che particolarmente sacrificato è il Piemonte, particolarmente sacrificata è nuovamente la nostra Regione, anche se ci saranno delle ragioni.
Un riesame del piano alla luce di una situazione più oggettiva ci pare che possa essere richiesto e che occorra comunque far presente - come la Regione ha già fatto - il dissenso su questo ulteriore sacrificio del Piemonte che non ci pare rientri in un discorso di logica complessiva pienamente accettabile.
Ringraziamo l'Assessore della risposta. Siamo preoccupati di questa coda pesante della ristrutturazione del sistema produttivo che colpisce il Piemonte - regione industriale per eccellenza - e certamente riteniamo che la Regione debba svolgere questa azione con grande impegno, ma ci pare proprio dai primi passi compiuti anche in questa vicenda che questo impegno vi sia. Non dubitiamo quindi che anche l'incontro con il Governo, la pressione ad un'azione collegiale delle Regioni, la collaborazione con il Sindacato ci saranno per un chiarimento più complessivo anche dei rapporti che così come abbiamo sentito dalla relazione dell'Assessore, si sono fatti molto tesi tra azienda e lavoratori in modo anche ingiustificato, tenuto conto che si tratta nel complesso di lavoratori estremamente qualificati e attenti al rapporto con l'azienda in posizione avanzata, come sosteneva il Consigliere Calligaro.
Speriamo anche noi che non passi un anno, che le cose si possano risolvere prima, però, caro Calligaro, credo che non si possano non aver presenti le difficoltà oggettive ed i problemi connessi alla ristrutturazione del sistema produttivo che non si possono cancellare perché presenti nella realtà del momento. Certo, ci vuole una forte iniziativa politica e su questo terreno sosterremo la Giunta perché ci pare abbia avviato l'iniziativa con il massimo impegno.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

L'Assessore all'urbanistica Genovese mi informa che i Consiglieri Acotto ed Ala, in riferimento alle loro interrogazioni nn. 1049 e 1105 hanno richiesto risposta scritta.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Interrogazione n. 642 dei Consiglieri Acotto e Valeri inerente irregolarità edilizie e di natura ambientale nel Comune di Cavaglià


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 642 presentata dai Consiglieri Acotto e Valeri.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questa interrogazione giace da molto tempo e devo dire che per la verità mi sono accorto dell'esistenza della stessa solo a dicembre anche se è datata gennaio 1987. Me ne sono accorto vedendo successivamente le interrogazioni che erano giacenti presso l'Assessorato all'urbanistica. Peraltro sarebbe stato difficile rispondere prima in quanto l'esercizio dell'attività e vigilanza da parte del Servizio regionale è terminato nel dicembre 1987 rispetto ad una vicenda abbastanza complessa su cui adesso riferirò.
In data 30/10/1986 è pervenuto al Servizio Vigilanza Urbanistica dell'Assessorato un esposto presentato dai Consiglieri di minoranza del Comune di Cavaglià avverso alcune concessioni edilizie e successivamente è pervenuta all'Assessorato l'interrogazione dei Consiglieri Acotto e Valeri.
In conseguenza di ciò con note regionali in data 5/12/1986 e 16/3/1987 è stato richiesto al Comune di Cavaglià la trasmissione di notizie e controdeduzioni corredate da apposita documentazione delle concessioni oggetto dell'esposto.
In data 2/4/1987 al Servizio Vigilanza Urbanistica giungeva la documentazione richiesta al Comune di Cavaglià dalla quale si possono esprimere le seguenti considerazioni.
Il Comune di Cavaglià risulta provvisto di regolamento edilizio più programma di fabbricazione approvato con Decreto Provveditore alle OO.PP.
Il 116 in data 24/1/1970 e di Piano Regolatore Generale Intercomunale adottato con deliberazione consiliare n. 31 del 19/3/1985.
In merito ai condomini residenziali "Edil 2000" si fa presente che con concessione edilizia n. 189/1979 veniva rilasciata l'autorizzazione per la costruzione di un fabbricato di civile abitazione (Condominio Gamma) e che con concessione edilizia n. 496 del 21/10/1981 si permetteva la realizzazione di alcune varianti rispetto alla precedente concessione edilizia prima citata. Tale concessione è scaduta e ai fini del completamento delle opere è stata rilasciata una nuova concessione edilizia il 6/2/1987. Dei restanti condomini si fa inoltre presente che per il Condominio Beta è stata rilasciata l'abitabilità in data 3/11/1982, per il Condominio Delta è stato effettuato il rimborso degli oneri di urbanizzazione ai proprietari a causa della loro rinuncia alla concessione n. 188/1980, per il Condominio Epsilon le concessioni edilizie sono decadute e per quanto riguarda il Condominio Alfa le concessioni edilizie relative non sono state ritirate. In seguito passerò la risposta scritta perché è complesso seguire tutta la vicenda.
Gli immobili ricadono in zona di completamento del vecchio Nucleo B2 del programma di fabbricazione approvato e vengono confermati come "aree edificate" nel Piano Regolatore Generale Intercomunale adottato.
Per quanto riguarda le concessioni edilizie n. 191/1978 e n. 372/1980 relative rispettivamente alla costruzione di un fabbricato di civile abitazione e alla costruzione di un capannone ad uso ricovero veicoli, sono individuate in zona di Espansione Collinare C dal programma di fabbricazione e l'art. 21 del Regolamento edilizio, lett. i), consentiva l'impianto di attività artigianali o similari purché di volume inferiore ai 2.500 mc.
In merito ai movimenti di terreno è stato comunicato che risultano rilasciate dal Comune due autorizzazioni comunali e precisamente in data 28/6/1985 a favore di Macchieraldo Silvio e in data 11/12/1985 a favore di Macchieraldo Rina e Vesan Armando per lo sbancamento di terreni posti nei mappali 156-157 foglio 7 e 178-234 foglio 7 e che i terreni non ricadono in zona di vincolo idrogeologico.
Si fa comunque presente che in data 13/4/1987 è stata inviata al Corpo forestale dello Stato di Vercelli copia dell'esposto in oggetto per le parti di competenza del suddetto Corpo riguardante presunte irregolarità di natura ambientale.
In merito alle osservazioni effettuate sulla zona V4 e V5 in zona Castagneto si richiama quanto già affermato con nota dell'Assessorato all'urbanistica n. 4937/11 in data 1/7/1986 e sulle presunte irregolarità site in via Vianale - Colombino si fa presente che una serie di concessioni interessanti la sopraccitata zona sono state dichiarate decadute dal Comune di Cavaglià e notificate tramite raccomandata o Vigili Urbani.
Per quanto riguarda il "Ristorante dei Fiori" con concessione n.
728/1982 era stato concesso il cambiamento di destinazione di un fabbricato da "attività artigianale" ad "attività commerciale (centro sociale ricreativo) con annesso alloggio del custode". Successivamente il Piano Regolatore Generale Intercomunale adottato individuava l'immobile quale edificio per usi terziari, più specificatamente attrezzature commerciali e direzionali esistenti. In data 11/2/1987 veniva richiesta la documentazione terziaria specifica per "Ristorante" che veniva concessa in sanatoria, ai sensi dell'art. 13 della legge n. 47/85, con concessione n. 1222/87, come comunicato dal Comune.
Alla luce di quanto rilevato sopra e di quanto segnalato nella nota dell'Assessorato n. 4937/11 VU dell'1/7/1986 in ordine alle costruzioni ricadenti in zona V5 si è invitata l'Amministrazione comunale, nella persona del Sindaco pro tempore, a verificare la compatibilità della normativa del piano Regolatore Generale Intercomunale con le concessioni rilasciate per le costruzioni nella sopra richiamata zona ed a comunicare le risultanze di quanto esposto e rilevato a questo Assessorato e al Pretore territorialmente competente al quale è stata inviata la segnalazione per opportuna conoscenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Non faccio commenti alla risposta dell'Assessore, sono lieto che abbia recuperato questo argomento e che sia possibile avere a disposizione la copia scritta come l'Assessore ha preannunciato. Sono interrogazioni finalizzate ad attivare l'intervento al Servizio di Vigilanza Urbanistica la relazione dell'Assessore circa le conclusioni del Servizio sarà oggetto da parte nostra di attenta valutazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Nerviani. Ne ha facoltà.



NERVIANI Enrico

Vorrei chiedere se è giusto che il corridoio che affianca la sala del Consiglio si trasformi tutti i giovedì in locale per le contrattazioni, di scambi di pareri, di punti di vista tra persone che quasi sempre con il Consiglio regionale hanno poca o poco maturata relazione. Già tempo fa lei, Presidente, aveva dato disposizioni perché lo spettacolo a cui assistiamo ancora tutti i giorni non si ripetesse. Vorrei che nel momento in cui avviamo il dibattito per una più serena vita all'interno del Consiglio sulle riforme istituzionali ci fosse anche una riflessione su questo argomento. Lo impone la serietà della vita del Consiglio. Capisco le tentazioni degli Assessori che debbono parlare con centinaia di persone e che trovano nel Consiglio il luogo idoneo a ciò. C'è l'abitudine nostra di chiamar qui persone con le quali vogliamo incontrarci, ma ciò non è opportuno. E' bene riflettere in merito.



PRESIDENTE

Dalla prossima settimana sarà proibito l'ingresso agli estranei nei corridoi adiacenti la sala del Consiglio. Ma nessun Consigliere e nessun Assessore dovrà lamentarsi, come è già successo quando avevo predisposto lo sbarramento, quando da parte vostra si erano innalzate tremende proteste perché io impedivo il dialogo fra l'eletto e l'elettore.
La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Sono d'accordo con quello che ha detto il Consigliere Nerviani. Sono state predisposte delle sale e direi di utilizzarle. Il nostro Gruppo non protesterà, basta che gli incontri avvengano nelle sale.


Argomento: Attivita' di promozione - Celebrazioni Manifestazioni Anniversari Convegni

Interrogazione n. 1081 dei Consiglieri Bontempi, Sestero e Dameri inerente l'informazione al Consiglio regionale sul "Salone Internazionale del Libro"


PRESIDENTE

Viene discussa ora l'interrogazione n. 1081 presentata dai Consiglieri Bontempi, Sestero e Dameri.
Risponde il Presidente della Giunta regionale, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Si svolgerà a Torino nel maggio del 1988 il primo Salone del Libro manifestazione che rappresenta un evento culturale e sociale di grande rilievo non solo per Torino ma a livello nazionale ed internazionale.
L'iniziativa ha ricevuto l'appoggio dei più importanti operatori italiani in campo editoriale, che hanno assicurato la loro adesione al Salone. Si tratta quindi di un momento di promozione del libro e della lettura, ma anche dell'immagine di Torino e del Piemonte. Su questo aspetto specifico i colleghi sanno quanto questo Salone sia stato oggetto di larghe attenzioni oltre i confini del Piemonte. Alla Regione è stato presentato dall'ente organizzatore il piano dei costi della manifestazione come dappresso elencato: costi di Torino Esposizioni: 1 miliardo e 20 milioni costi di allestimento stand: 530 milioni costi generali: 500 milioni pubblicità, cataloghi e filmati: 1 miliardo e 700 milioni mostre, convegni, premi e presentazione feste ed eventi collaterali: 1 miliardo e 360 milioni agevolazioni previste per i visitatori professionali: 360 milioni oneri finanziari: 40 milioni.
Il totale dei costi previsti è di 5 miliardi 510 milioni. Valutata l'importanza della manifestazione si è provveduto a contattare il Comune di Torino e la Provincia di Torino per la promozione di un'attività comune coordinata nell'ambito di tale iniziativa. La Provincia di Torino ha stanziato con propria deliberazione la somma di 150 milioni per l'allestimento di una mostra nell'ambito del Salone. Sussiste inoltre l'intenzione di appoggiare l'iniziativa mediante la corresponsione di un contributo, non ancora quantificato, sempre da parte della Provincia per altri 300 milioni. Il Sindaco di Torino ha espresso l'orientamento del Comune di aderire alla richiesta dell'ente organizzatore a predisporre l'allestimento di uno stand per una spesa presunta di circa 150 milioni e inoltre con la corresponsione di un contributo di 400 milioni. La Giunta regionale del Piemonte non ha ancora assunto decisioni per quanto concerne la quantificazione di somme, però non si asterrà certamente da questa presenza attiva all'interno della manifestazione. Gli uffici competenti stanno valutando le intenzioni di positivo assenso con le possibilità economiche che il nostro bilancio consente. Già oggi esiste la certezza di partecipare con uno stand regionale, curato dal Servizio Biblioteche dell'Assessorato alla cultura, in rappresentanza della Regione Piemonte. Si sta valutando, inoltre, l'opportunità di aderire alla società, tramite l'acquisizione di una quota di L. 2 milioni. Questo ci consentirebbe di partecipare, anche in forma di contribuzione a questa manifestazione. La normativa contenuta dalla L.R. n. 47/87 relativa alle attività fieristiche potrebbe, infatti, creare qualche perplessità circa la possibilità per la Regione, in assenza di tale momento associativo, a contribuire all'ente organizzatore per uno squisito risultato dell'iniziativa. Questo atto avrebbe significato politico, cioè di manifestare le intenzioni e di creare e mantenere a Torino una manifestazione di così alto carattere culturale sociale e promozionale turistico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Non posso esprimere di essere soddisfatto o meno, perché devo fare una premessa. Attendevamo da molto tempo che ci venisse questa informazione e alla luce di un atteggiamento molto positivo, non solo nostro, verso questa importante iniziativa. Questa era una di quelle tipiche interrogazioni per conoscere e per poter collocare nel merito, a ridosso delle possibili iniziative e modalità di partecipazione della Regione, anche le valutazioni della nostra forza politica. Il fatto che siano passati dei mesi non ha, a mio avviso, una spiegazione. Siamo ora in dirittura di arrivo, mi sembra che ci siano ancora delle questioni aperte: l'entità del contributo regionale. Quindi mi limiterei qui. Oltre a chiedere (tutte le cifre non le ho sentite) la risposta scritta, inviterei la Regione e con essa gli altri enti pubblici ad un momento di inventiva e fantasia sulle questioni di contorno attorno a questa manifestazione. Quindi non tanto "spese" quanto "coordinamento e iniziative varie", perché la centralità di questo appuntamento e la sua importanza di mantenere questo Salone a Torino è anche molto legata a come lo si farà vivere alla città. Non solo nelle ricadute immediate di tipo economico, ma anche come un fatto che coinvolga non solo i giornali ma anche in maniera attiva la comunità.
Ripeto, ci rammarichiamo solo di aver avuto la possibilità di conoscere tardi queste notizie e ci chiediamo se non si valuti opportunamente da parte della Giunta, in occasione della definizione dell'entità di contributo, di avviare una discussione in Commissione per sentire le opinioni che potremmo avere e che vorremmo mettere in comune e a disposizione dell'esecutivo.
Dalle notizie giornalistiche ho letto che c'è un Comitato promotore di cui fanno parte anche Assessori o il Vicepresidente. Chiedo se c'è un ente organizzatore. La Regione, oltre che a partecipare con il contributo, mi sembra faccia parte di un Comitato promotore (così avevo letto); chiederei di essere informati anche su questi particolari istituzionali di collocazione. In ogni caso chiederei che si trovasse modo in Commissione di definire anche questi ultimi passi, perché a questa iniziativa siamo interessati, la giudichiamo importante e crediamo di non dovervi partecipare solo passivamente, ma potendo spendere qualche idea o risorsa anche nostra.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) dell'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Alberton, Bosio, Bresso, Bruciamacchie, Carazzoni, Dameri, Maccari e Turbiglio.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione n. 784: "Dimissioni del signor Giovanni Quaglia dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108)"


PRESIDENTE

Ho ricevuto dal Consigliere Quaglia la seguente lettera di cui do lettura: "Essendo stato chiamato ieri dalla fiducia del Consiglio provinciale di Cuneo all'impegnativo incarico di Presidente di quella Amministrazione, con la presente rassegno non senza qualche rammarico le mie dimissioni da Consigliere regionale del Piemonte. Durante i cinque anni di permanenza all'interno del Parlamento Subalpino ho avuto la possibilità di acquisire una visione più ampia delle problematiche interessanti le varie comunità locali e la fortuna di conoscere e apprezzare tanti colleghi, seriamente impegnati e preparati, con molti dei quali ho avuto la soddisfazione di allacciare rapporti di sincera amicizia. Sono convinto che l'esperienza maturata a livello regionale mi sarà di aiuto nell'incarico appena assunto ed inoltre che troverò nei miei colleghi interlocutori attenti e disponibili, come in diverse occasioni si sono già dimostrati, ad affrontare insieme i problemi della Provincia di Cuneo Signor Presidente, nel rinnovare a lei la mia attenzione e stima la prego di voler rivolgere ai componenti l'Ufficio di Presidenza, ai Capigruppo e a tutti i colleghi la mia più sincera gratitudine per quanto ricevuto in questi anni, in termini umani e politici. Il mio saluto più cordiale e l'augurio di continuare ad operare al meglio a vantaggio del Piemonte in sintonia con gli enti locali territoriali della Regione".
Si tratta indubbiamente di una nobile lettera che proviene da un nobilissimo uomo qual è Giovanni Quaglia. Ci dispiace, ma dobbiamo prendere atto della situazione che si è creata e quindi procedere.
Pongo in votazione la proposta di prendere atto delle dimissioni del Consigliere Giovanni Quaglia.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 36 Consiglieri presenti.
Occorre pertanto procedere, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108, alla surrogazione del Consigliere dimissionario. Ai sensi del citato articolo, il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto. La stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dagli uffici centrali regionali.
Dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Cuneo risulta che all'ultimo eletto nella lista della Democrazia Cristiana nella circoscrizione di Cuneo segue immediatamente il signor Guido Bonino, al quale deve essere pertanto attribuito il seggio resosi vacante.
Pongo quindi in votazione la proposta che il Consiglio prenda atto che al Consigliere Giovanni Quaglia subentra, nella circoscrizione di Cuneo, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il signor Guido Bonino.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Propongo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del Consigliere Giovanni Quaglia con il signor Guido Bonino sia dichiarata immediatamente eseguibile, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n.
62 e faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con la seguente votazione: presenti e votanti 39 favorevoli 39 Consiglieri.
Per quanto attiene alla convalida dell'elezione del signor Guido Bonino, ricordo che essa viene devoluta, ai sensi dell'art. 13 dello stralcio delle norme di Regolamento, alla Giunta delle Elezioni, la quale accerterà che non sussistano, nei confronti del neo Consigliere, cause di ineleggibilità e di incompatibilità. Ad esame compiuto, la Giunta delle Elezioni riferirà al Consiglio.
Invito pertanto il neo Consigliere, se presente, ad entrare in aula.



(Il neo Consigliere Guido Bonino prende posto in aula)



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Mi unisco al Presidente nell'esprimere un cordiale saluto al collega Quaglia che se ne va "ad majora" come Presidente della Provincia di Cuneo e che ha dato in questi cinque anni un grosso contributo nel Gruppo nell'istituzione come Vicepresidenza della I Commissione e come attento Consigliere.
Lo salutiamo con gli auguri migliori, mentre diamo il benvenuto all'amico Bonino che ha una ricca esperienza come Sindaco di grande Città e Presidente di Provincia e che porterà quindi nel nostro Gruppo oltre che la presenza territoriale della Provincia "granda" anche una grande e maturata esperienza di amministratore che gli sarà certamente utile nel lavoro qui tra noi.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione n. 785: "Rinuncia del signor Fernando Vera dalla carica di Consigliere regionale e relativa surrogazione (ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n. 108)"


PRESIDENTE

Do ora lettura della lettera di rinuncia all'incarico che il signor Fernando Vera ha inviato in data 29 febbraio 1988 al Consiglio regionale: "La decisione del Consiglio regionale di surrogare il Consigliere Stefano Strobbia con il sottoscritto mi ha posto di fronte ad una difficile e travagliata scelta tra il prestigio del seggio in Consiglio regionale e la presidenza della Promark, il cui rilancio ho tentato in questi anni e della cui funzione pubblica sono fermamente convinto.
Dovendo optare fra questi due incarichi, tra loro incompatibili, ed avendo lungamente meditato, ho deciso di scegliere il secondo, rinunciando pertanto alla nomina a Consigliere regionale".
Pongo in votazione la proposta di prendere atto della rinuncia all'incarico del signor Fernando Vera.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.
Occorre pertanto procedere, ai sensi dell'art. 16 della legge 17/2/1968, n.
108, alla surrogazione del signor Fernando Vera che rinuncia alla nomina a Consigliere regionale. Ai sensi del citato articolo, il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa, anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto. La stessa norma si osserva anche nel caso di sostituzione del Consigliere proclamato a seguito dell'attribuzione fatta dagli uffici centrali regionali.
Dal verbale dell'Ufficio centrale circoscrizionale presso il Tribunale di Torino risulta che all'ultimo eletto nella lista del Partito Socialdemocratico Italiano nella circoscrizione di Torino segue immediatamente il signor Giuseppe Bara, al quale deve essere pertanto attribuito il seggio resosi vacante.
Pongo quindi in votazione la proposta che il Consiglio prenda atto che al signor Fernando Vera subentra, nella circoscrizione di Torino, ai sensi dell'art. 16 della citata legge n. 108, il signor Giuseppe Bara.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.
Propongo che la predetta deliberazione relativa alla surrogazione del signor Fernando Vera con il signor Giuseppe Bara sia dichiarata immediatamente eseguibile, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n.
62 e faccio presente che la predetta proposta deve essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio regionale.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con la seguente votazione: presenti e votanti 37 favorevoli 37 Consiglieri.
Per quanto attiene alla convalida dell'elezione del signor Giuseppe Bara ricordo che essa viene devoluta, ai sensi dell'art. 13 dello stralcio delle norme di Regolamento, alla Giunta delle Elezioni, la quale accerterà che non sussistano, nei confronti del neo Consigliere, cause di ineleggibilità e di incompatibilità. Ad esame compiuto, la Giunta delle Elezioni riferirà al Consiglio.
Invito pertanto il neo Consigliere, se presente, ad entrare in aula.



(Il neo Consigliere Giuseppe Bara prende posto in aula)


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame mozioni nn. 418 e 450 e ordine del giorno n. 451 relativi al complesso del Lingotto (seguito)


PRESIDENTE

In merito al punto 4) all'o.d.g.: "Esame mozioni nn. 418 e 450", ha facoltà di intervenire il Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, lo scorso autunno all'interno dello stabilimento Lingotto di proprietà della Fiat iniziarono dei lavori per la costruzione di un edificio senza il necessario permesso del Comune.
Il futuro del Lingotto è cominciato così.
La famosa vetrina del 2000, la sede di tutte le future mirabili innovazioni tecnologiche, informatiche, telematiche e robotiche, il futuro fiore all'occhiello di Torino ha visto la posa della prima pietra nottetempo senza la presenza delle autorità comunali, anzi, all'insaputa delle autorità comunali. E' iniziato con un bell'e buono abuso edilizio.
Bell'inizio! E' questo lo stile Fiat? La Fiat è abituata ad agire in questo modo sui terreni di sua proprietà, nei suoi territori? L'edificio in questione venne in seguito autorizzato dall'Amministrazione comunale di Torino che, il 20/10/1987, definiva tale edificio una tettoia temporanea.
L'opposizione dei Gruppi comunisti al Comune di Torino e alla Regione Piemonte, esaminati gli atti amministrativi a disposizione e rilevando violazioni alle leggi urbanistiche, richiesero alle rispettive Amministrazioni che procedessero, nell'ambito delle funzioni proprie, al ripristino della legalità violata, richiedendo quindi al Comune la revoca dell'autorizzazione e al Presidente della Giunta regionale l'annullamento di tale autorizzazione comunale.
Le Amministrazioni della Città di Torino e della Regione Piemonte insieme ai Gruppi politici di maggioranza, respinsero il 17/12/1987 le proposte dell'opposizione.
In quest'aula i Gruppi politici di maggioranza respinsero questa proposta con un atteggiamento che definisco in parte "pilatesco" in quanto dubbi e distinguo dall'azione della Giunta emersero anche negli ordini del giorno della maggioranza, che non era compatta in quanto il Consigliere Bergoglio si astenne nella votazione sugli ordini del giorno.
Rendo merito al coraggio che il Consigliere Bergoglio ha avuto nel tener fede alle proprie idee, distinguendosi in questo dall'atteggiamento di maggioranza, comportamento che non è stato altrettanto apprezzato dal suo Capogruppo che, anzi, nella scorsa riunione ha teso a svilire assumendo un atteggiamento di noncuranza verso la distinzione che la collega Bergoglio ha avuto in questa sede, riaffermando quel ruolo negativo che i Partiti possono avere sui Consiglieri regionali quando soffocano le idee o comunque quando non ne tengono conto o comunque quando dichiarano che il tale o tal'altro Consigliere su quella materia non sarebbe competente a parlare.
Ho già espresso il mio stupore verso il comportamento del Capogruppo della DC il quale peraltro si è assunto la responsabilità di quanto diceva.
Ho risegnalato questo episodio, che considero importante e che ho apprezzato già allora, perché mi sembra che su questa vicenda sia sempre più necessario rivolgersi, oltreché alla Giunta (dalla quale speriamo sempre poco, perché poco agisce e poco produce), oltreché ai Gruppi consiliari, anche ai Consiglieri regionali.
La maggioranza respinse la nostra proposta di ordine del giorno per l'annullamento della licenza. L'Assessore Genovese il 17/12/1987 dichiarava che avrebbe richiesto alla Giunta comunale una certificazione urbanistica di conformità alla normativa vigente ed una integrazione dell'autorizzazione che fissasse una scadenza certa dell'autorizzazione in modo che questa potesse acquisire la qualità della temporaneità.
L'Assessore Genovese promise inoltre in quella occasione che avrebbe riferito quanto prima al Consiglio regionale.
Cinque giorni dopo l'Assessore, al quale diamo atto di questa tempestività, scrive al Sindaco di Torino richiedendo dati più esaurienti sugli aspetti edilizi ed urbanistici legati all'intervento in questione senza menzionare esplicitamente la richiesta di integrazione dell'autorizzazione con una precisa scadenza temporale.
Il 19 gennaio di quest'anno l'Assessore Furnari comunica al Gruppo consiliare comunista del Comune di Torino di aver comminato alla Fiat-Auto una sanzione amministrativa di L. 500 mila per l'esecuzione di opere abusive all'interno del Lingotto. Di questa sanzione amministrativa l'Assessore Furnari non dà informazione alla Regione Piemonte e all'Assessore Genovese, che viene infatti informato di ciò dal sottoscritto durante una seduta nel corridoio del Consiglio regionale.
L'11 gennaio di quest'anno il Sindaco di Torino risponde con una lettera all'Assessore Genovese e il 26 febbraio, un mese e una settimana dopo questa risposta, sui giornali compare la notizia che la Magistratura penale ha aperto una indagine sulla vicenda.
Una indagine annunciata? Penso una indagine che si poteva evitare. La Magistratura ancora una volta è intervenuta in assenza di un intervento preventivo tempestivo, competente della pubblica amministrazione senza un intervento dei Partiti che l'amministrano, un intervento in sede di autotutela, di rispetto delle leggi, di ripristino della legalità.
Penso che in questa occasione non possiamo fare assumere ai pubblici amministratori il ruolo di vittime del potere giudiziario invadente punitivo, viziato da preconcetti di colpevolezza, anzi, in questa vicenda assume una nuova forza quel bene prezioso che è la separazione dei poteri e l'autonomia della Magistratura. Si tratta infatti di un doveroso intervento da parte di uno dei poteri dello Stato. All'inizio delle mie responsabilità amministrative nel 1975, il secondo giorno di questa mia responsabilità, un magistrato mi convocò per spiegarmi che il potere giudiziario e il potere politico non sono antagonisti, anzi, concorrono ad una medesima finalità sia pure per strade diverse. Questa medesima finalità era l'interesse pubblico. E mi invitava nel mio lavoro di Assessore all'edilizia a rispettare e fare rispettare le leggi.
Per tornare al merito della questione che abbiamo di fronte, che cosa dobbiamo fare a questo punto? La nostra proposta è chiara, precisa e la sosteniamo con convinzione verso tutti i soggetti che prima ho richiamato, la Giunta, le forze politiche e i Consiglieri regionali. La nostra proposta è che le forze politiche, le Amministrazioni e i Consiglieri regionali si assumano in pieno le proprie responsabilità di governo e di autotutela. Noi proponiamo che si esamini con obiettività la realtà dei fatti e quindi che si assumano quei provvedimenti che competono al potere politico e alla gestione amministrativa e quei provvedimenti che, se il potere politico attua rafforzano il potere delle istituzioni di fronte alla gente e lo rafforzano anche di fronte agli altri poteri paralleli, inducendoli a non sostituirsi nell'esercizio di certe funzioni.
Il Gruppo comunista riconferma le valutazioni che abbiamo espresso la scorsa volta. Le abbiamo espresse allora in tono pacato e le riproponiamo adesso con lo stesso tono, ma non si prenda questa pacatezza come debolezza, poca convinzione nella esposizione.
Siamo convinti e siamo ed eravamo preoccupati di una situazione nella quale il Consiglio regionale, la Giunta regionale e il suo Presidente non intervengono con nettezza.
I lavori che sono stati realizzati al Lingotto e che si stanno realizzando sono stati autorizzati, a nostro giudizio, violando le norme urbanistiche. L'edificio che si sta costruendo non è una tettoia: realizza un volume edilizio ed una superficie coperta. L'ordine di grandezza di questo volume sono 150 stanze coperte e riscaldate. L'edificio non è temporaneo perché sull'autorizzazione non è fissata la data di scadenza. Le norme non sono state interpretate. Sono state violate. Sappiamo che le norme devono sempre essere interpretate e abbiamo anche esperienza in questo.
Ci sentiamo di affermare che in questo caso non si sono stiracchiate delle norme, non si è cercato di renderle adeguate ad un certo intervento possibile, in base alle norme stesse; le norme sono state violate e questa autorizzazione va annullata senza reticenze e senza scuse.
Se non si fosse trattato della Fiat, questa vicenda avrebbe avuto lo stesso copione? E' una domanda che ci poniamo e che forse a Torino si impone.
Quante volte andando in giro in Italia o all'estero, parlando della nostra città per farla conoscere e per individuarla, ricorriamo alla dizione "Torino la città della Fiat". Anch'io ho usato questa dizione sintetica che sta a significare che Torino è la città dove c'è la Fiat, non vorrei però che qualcuno pensasse al significato letterale "Torino città della Fiat".
Questa domanda si impone a Torino e non solo a Torino. L'altro ieri il Ministro Ruffolo, ahimè! un così buon Ministro sprecato in questo Governo si è posto questa domanda ad un convegno organizzato sugli articoli della rivista "Micromega", dedicata in numero unico alla questione Fiat. Il Ministro Ruffolo - riferisce il quotidiano "La Stampa" - ha osservato come "la posizione dominante della Fiat possa provocare degli abusi". "La Repubblica" ha riportato altre affermazioni del Ministro Ruffolo: "Nel nostro Paese esiste un rischio Fiat" e successivamente: "Il grande successo della Fiat, la straordinaria potenza economica e finanziaria alimenta un'arroganza che mira a rendere soggetto e complice lo Stato. Uno Stato debole da parte sua reagisce non come dovrebbe fornendo regole precise alla controparte, ma con l'invadenza e la contrattazione sottobanco spesso obliqua e pasticciona".
Capite, colleghi, che leggendo queste frasi mi veniva da riflettere sulla vicenda che stiamo esaminando. In altre parole, su questa vicenda il rischio Fiat di cui ha parlato il Ministro Ruffolo ha trovato un esempio concreto? Stiamo toccando con mano la possibilità che esista un rischio Fiat nella città di Torino? Analizziamo brevemente il comportamento della società Fiat la quale, liberatasi di quell'edificio dal punto di vista produttivo, ha avviato innanzitutto una brillante operazione culturale di valorizzazione dell'immobile. E' andata anche a recuperare l'occhiata che all'edificio ha dato Le Corbusier, ha chiamato a raccolta grandi architetti urbanistici di tutto il mondo per studiare l'edificio, per fare le proposte più varie. Ha ricostruito il Lingotto nella coscienza dei torinesi come uno dei punti importanti di testimonianza dell'architettura industriale della prima metà del secolo, di potenzialità di riutilizzo ai fini della trasformazione della città e di soddisfacimento delle sue esigenze operazione brillante che personalmente condivido nella rivalutazione dell'oggetto, del valore architettonico degli edifici siti nel Lingotto quelli occhieggiati da Le Corbusier, quelli serviti dalla famosa rampa veicolare.
A questo punto per verificare il peso Fiat occorre fare un'altra considerazione.
A Torino abbiamo altre situazioni di edilizia industriale non così dissimili dalla situazione Lingotto, che pure hanno avuto una sorte ben diversa. Perché? La mia tesi è chiara: non erano di proprietà della Fiat.
Pensiamo al complesso della Venchi Unica, edificio industriale costruito tra gli anni '20 e '30, promosso dall'industriale Gualino, lo stesso della Snia-Viscosa. Ebbene, su quell'edificio non c'è stato nessun battage pubblicitario, nessun richiamo culturale, nessuna proprietà attenta e il Comune di Torino ha deciso con un progetto di raderlo al suolo.
Sull'edificio Venchi Unica non ci sono stati articoli di giornale, nessuno si è mosso. Sull'edificio della Snia-Viscosa è comparso ieri un articolo nel quale si dice che c'è un progetto che ne demolisce una parte.
Possiamo vedere nei fatti che il ruolo di questa azienda nella città a tutela dei propri interessi è veramente un ruolo attento e dominante tant'è vero che pari situazioni non ottengono pari trattamenti, neppure di attenzione dal punto di vista culturale. Si poteva avviare un dibattito sull'edificio della Venchi Unica, invece si è deciso di demolirlo, l'ha deciso un architetto del Canton Ticino che ha buttato giù tutto. Chissà perché! La Fiat, fatto questo, a ridosso della vicenda che stiamo esaminando ha utilizzato pubblicamente il suo giornale per sostenere i benefici che quella tettoia porterebbe al Lingotto e alla città di Torino, consentendo di mantenere il Salone dell'Auto. Ha quindi svolto un ruolo di costruzione di un'opinione pubblica attraverso il suo giornale.
Che cosa ha fatto la Fiat nei rapporti con le istituzioni? Nei rapporti con la Giunta comunale di Torino la Fiat ha esplicitamente condizionato all'esecuzione della tettoia il mantenimento del Salone dell'Auto e ha rivolto al Sindaco una sollecitazione per l'accoglimento della richiesta della Fiat-Auto per "realizzare una copertura di uno spazio oggi aperto interno all'edificio".
Bisogna dare atto alla soc. Fiat che non ha usato il termine tettoia.
La soc. Fiat è stata attenta.
Il 20/10/1987 sollecita il Sindaco di Torino ad autorizzare la copertura del cortile, con lettera, quando i lavori erano già iniziati di nascosto.
E' una bugia, si dirà. Certo che il sapore della bugia del colosso Fiat, che interviene sul Sindaco della città, è ben diverso dalle tante bugie che il "cittadino Pautasso", magari ignaro delle leggi, dice, o dalle opere abusive che il cittadino Pautasso esegue per realizzare piccole opere all'interno o a sostegno della propria abitazione.
La conseguenza dei due abusi è forse la medesima perché la Città di Torino ha pagato 500.000 lire di multa alla soc. Fiat. Però quale giudizio deve dare una forza politica di questo colosso che sollecita il Sindaco a svegliarsi a dare l'autorizzazione omettendo la realtà dei fatti, cioè che i lavori li ha già iniziati? E' una ben magra figura! La stessa lettera, che se volete ve la riproduco in copia, è istruttiva. Sembra una circolare interna agli uffici Fiat, è una lettera che richiede con frasi sbrigative il rilascio dell'autorizzazione ribadisce che l'intervento è coerente con la futura destinazione del Lingotto; e si avverte che quell'intervento dovrà essere pagato dalla società di intervento. Il tutto in ossequio alla temporaneità dell'edificio.
Consiglieri, siamo in presenza di arroganza, di prepotenza da parte della Fiat? Forse. Siamo in presenza di debolezza da parte dell'Amministrazione torinese, di un "timor di Fiat"? Può darsi.
Siamo in presenza di una pressione della Fiat sul Comune di Torino perché autorizzi questi lavori? Sì. La risposta qui è netta. Siamo in presenza di una violazione delle leggi urbanistiche? Il mio Gruppo dice sì.
I Gruppi consiliari comunisti nelle tre istituzioni in questi ultimi tempi si sono coordinati, visto che le Giunte "faticano" così tanto a farlo, ci siamo rimboccati le maniche e siamo venuti a conoscenza della risposta data dal Sindaco all'Assessore Genovese, risposta che è utile illustrare brevemente visto che in questo Consiglio regionale non è ancora stato fatto.
Comincerei questa illustrazione con una esclamazione. Ma perché il Sindaco di Torino, l'Avv. Magnani Noja, che personalmente stimo, Sindaco di una città di un milione di abitanti, la prima donna Sindaco (e questo mi ha fatto piacere), firma lettere di questo tipo? Ve la darò da leggere.
Le motivazioni contenute nella risposta del Sindaco di Torino all'Assessore Genovese sono maldestre e per certi versi puerili, comunque convincono esattamente del contrario di quanto affermano. Convincono leggendole, che l'autorizzazione non poteva essere data perché non si tratta di una tettoia, che non c'è nessuna temporaneità. Pensate l'edificio deve essere temporaneo, bisogna in qualche modo dimostrare che lo sia, e il Sindaco di Torino firma una lettera nella quale scrive: "l'utilizzo stesso dello spazio sarà di per sé temporaneo, perché limitato ai brevi periodi di apertura delle manifestazioni". Ma ci sarebbe da ridere. Un palazzo per uffici è temporaneo perché viene utilizzato solo otto ore al giorno, poi di notte si svuota, le nostre abitazioni sono temporanee perché non le usiamo sempre! Ci rendiamo conto a che punto siamo arrivati? Badate bene, che più che a una polemica politica questo mi induce ad una amarezza politica.
E ancora: "le strutture in progetto sono inoltre indipendenti da quelle dei fabbricati circostanti al cortile e potranno all'occorrenza essere rimosse senza pregiudizio per gli stessi". Questo è falso. Quelle strutture hanno potuto vedere la luce in quanto hanno recato pregiudizio alle strutture esistenti; già per costruirle si è recato pregiudizio perché si sono dovuti togliere i tamponamenti dell'edificio e il giorno che si togliesse la cosiddetta tettoia, pregiudizio ne verrebbe all'edificio perché non avrà più i muri, bisognerà ricostruirli.
"Le norme di piano regolatore" - dice il Sindaco - prevedono grandi magazzini e attività terziarie".
Nel piano regolatore, quando si parla dell'ammissibilità dei grandi magazzini si parla di "grandi magazzini-silos" quindi è chiaro il senso di cosa si intende per grande magazzino in un'attività industriale.
Sulle attività terziarie non è vero quello che si afferma. Le attività terziarie ammissibili dentro le aree industriali sono le attività terziarie a servizio di zona: l'ufficio postale, lo sportello bancario. Al Lingotto non mettiamo dei servizi di zona, ma mettiamo dei servizi di livello europeo.
E vengo all'ultima perla. Dato che c'erano difficoltà per autorizzare ad un certo punto si è trovata la difficoltà igienica. Ecco che cosa risponde il Sindaco:"Sotto l'aspetto igienico la copertura totale del cortile è stata ammessa dal Servizio di igiene tenuto conto dell'impianto di termoventilazione dell'aria che sarà installato". Il Sindaco di Torino ha inventato la tettoia termoventilata! Siamo all'incredibile e dico queste cose veramente sconcertato. Mi fa male che il Sindaco di Torino firmi lettere di questo genere; sicuramente non l'ha scritto lei, ma l'ha firmato a sostegno di una tesi infondata ed assolutamente insostenibile.



PICCO Giovanni

Vai a leggere il protocollo del novembre 1984.



CHIEZZI Giuseppe

Ti dirò qualcosa sul protocollo del 1984 perché è stata una lezione di cui dovreste tenere conto.
Sono errori madornali. Signor Presidente della Giunta, per la seconda volta (la prima volta lo feci il 17 dicembre) la invito (non la minaccio come lei mi disse la scorsa volta) ad assumere provvedimenti atti ad annullare quella autorizzazione edilizia. Non ci sono altri sentieri.
Il Gruppo liberale ha presentato una proposta di legge per modificare un articolo della legge urbanistica. L'ha fatto forse in termini generali ma l'ha fatto anche perché sollecitato da questa vicenda; l'ha fatto cercando di individuare un sentiero, magari stretto, che togliesse le castagne dal fuoco alla Città di Torino. Vedi, Marchini, questo sentiero non è che sia stretto, questo sentiero non c'è. Voi proponete che ci siano delle tettoie per esposizioni che possano essere autorizzate, previa una convenzione con il Consiglio comunale. Una tettoia autorizzabile, quindi al di fuori dell'attività di programmazione del Consiglio comunale, e che non paga gli oneri di urbanizzazione, può esistere, ma è una tettoia per l'esposizione di angurie e meloni. Certo, si fa la tettoia, si espongono sotto angurie e meloni e si autorizza senza un programma. Ma le attività espositive, per le quali il Consiglio regionale ha anche approvato una legge, vengono individuate in questo Consiglio come le attività del futuro sono uno dei punti di sviluppo dell'economia capace di ridare fiato ai settori economici, di trasformare l'Italia e Torino in modo coerente con gli sviluppi dell'economia europea. Allora, voi capite che bisogna concederle. Devono essere delle strutture programmate nel tempo e che pagano gli oneri di urbanizzazione. Si potrà poi discutere di quell'articolo, ma non leghiamolo alla risoluzione di questo problema perché non riusciamo; il sentiero non c'è; non è una tettoia; va concessa.
Quindi, signor Presidente, riconfermo la nostra richiesta di annullamento dell'autorizzazione.
Vengo al secondo aspetto del Lingotto. Quale ruolo per il Lingotto e quale ruolo per le istituzioni, Regione e Comune di Torino? L'operazione Lingotto, così com'è stata proposta dalla Giunta di Torino, per fortuna è fallita. Devo anche lamentare un ritardo che ritengo inammissibile con il quale giungiamo a discutere non tanto della vicenda della tettoia quanto dell'ordine del giorno per l'assunzione da parte della Regione di un ruolo in questa vicenda. Ho letto sui giornali di ieri che, come temevo, la Giunta comunale di Torino ha riproposto la sua interpretazione per il futuro del Lingotto e noi discutiamo solo adesso, dopo che la Giunta comunale si è già mossa. Avevo segnalato la necessità di un intervento tempestivo altrimenti la vicenda sarebbe di nuovo sfuggita al nostro controllo e alla possibilità di intervento.
Comunque l'operazione Lingotto riparte da zero perché il Co.Re.Co. ha annullato l'idea del Lingotto proposta dalla Giunta comunale. Il Sindaco di Torino ha un bel dire "l'idea è salva". No, quell'idea è morta, non è salva! Il Co.Re.Co. ha annullato le deliberazioni per due motivi: intanto perché con quelle deliberazioni, sulla base di una ipotesi di fattibilità si inducevano delle trasformazioni permanenti, quindi il Co.Re.Co, ha rilevato che se le trasformazioni sono permanenti non possono avere come supporto un documento da cui risulta che le questioni sono tutte da discutere.
Il secondo motivo di annullamento, ben più grave, è quello relativo alla società di intervento. Se il Comune di Torino entra in una società d'intervento che ha come finalità istituzionale la valorizzazione di un immobile, prima che il Comune di Torino abbia deciso dal punto di vista urbanistico la destinazione di quell'immobile, si crea un conflitto di interessi tra il Comune, quale socio di una società che ha tra le finalità la valorizzazione massima del suolo e dell'edificio, e il Comune quale ente che ha il compito istituzionale della tutela dell'interesse pubblico.
Quindi queste idee sono morte! La scorsa volta dicemmo che si è realizzata una subordinazione dell'interesse pubblico al privato, snaturando il ruolo del Comune. Dicemmo che sul Comune c'è la mano della Fiat, dicemmo che c'è una abdicazione da parte dell'Amministrazione comunale. Si dirà che trattare con la Fiat non è semplice. Lo so che trattare con la Fiat non è semplice e non lo è per un fatto.
Ieri sera in Tv nella trasmissione "Il caso" Enzo Biagi, intervistando l'avv. Agnelli, gli ha chiesto: "Esistono gli uomini Fiat?", e l'avv.
Agnelli dopo un attimo di riflessione ha risposto "Sì, esistono gli uomini Fiat. Gli uomini Fiat sono persone che come prima qualità devono avere l'intelligenza e sono persone che si caratterizzano anche per l'attaccamento agli interessi dell'azienda e l'attaccamento agli interessi dell'azienda viene prima della famiglia e di altri impegni. C'è la Fiat nel loro mondo".
La Fiat non è un'aziendina. La Fiat è diretta da persone serie che conoscono il loro mestiere, che hanno una loro professionalità, che sono dedite all'interesse dell'azienda. Per trattare con la Fiat, caro Picco bisogna mettersi a quel livello di professionalità.
Qual è il livello di professionalità di una Giunta o di un politico? E' quello di saper proporre una politica forte da parte di una Giunta compatta su precisi obiettivi. Solo in questo caso si può trattare con la Fiat da pari a pari e con pari dignità. Noi abbiamo provato a trattare con la Fiat.
E' duro, ma abbiamo le carte in regola sulle quali chiederei il confronto.
Abbiamo avviato trattative con la Fiat e le abbiamo concluse per la realizzazione del Centro direzionale di Borgo S. Paolo. Esaminiamo quello che si è realizzato di interesse pubblico in una trasformazione immobiliare su aree Fiat. Misuriamoci sui numeri, Picco, non sulle polemiche. Andiamo a contare i metri quadrati, verifichiamo che cosa siamo stati capaci di fare.
Potevamo fare di più? Certo, si può sempre fare di più, ma il giudizio tra quello che sono state capaci di fare le Giunte di sinistra nel confronto con il colosso Fiat e quello che ci propinate voi come minestra quotidiana, è storico.
E' questa la debolezza di fondo che fa accettare di far parte di una società che valorizza un edificio privo di valore. Il Lingotto non vale niente, è un edificio abbandonato dal padrone. La politica della Giunta comunale è stata quella di decidere insieme con la Fiat di valorizzarlo al massimo, senza discutere preventivamente i problemi urbanistici. Quello che abbiamo giudicato un errore politico e urbanistico adesso ha anche il certificato "DOC" di un madornale errore amministrativo. E' la dimostrazione di incapacità concreta di fare il proprio mestiere, di fare cioè deliberazioni che possano essere approvate.
Il Lingotto riparte da zero e ho detto che è un vantaggio per la collettività perché può permettere di ridiscutere la vicenda, ma vorrei sottolineare che è anche uno svantaggio per la collettività. Che il Lingotto riparta da zero, se ci può soddisfare perché rimette in gioco le scelte politiche, non ci soddisfa perché la collettività e la Città di Torino hanno perso del tempo. Sono passati mesi senza decisioni. Un edificio di quel genere non lo si lascia marcire, non lo si tiene inutilizzato. E' uno dei problemi di Torino, anche se non è il problema di Torino. L'incapacità della Giunta comunale ha fatto in modo che si sia perso del tempo e l'ha perso anche la Città questo tempo. Di questo noi ci rammarichiamo.
L'idea del Lingotto deve ripartire, non quella idea del Lingotto, ne deve partire un'altra. Deve partire innanzitutto un'idea del Lingotto che rimetta al loro posto il ruolo delle istituzioni. Questo, Presidente Beltrami, vuol dire che l'attività della Giunta regionale in questo settore deve avere uno slancio e una iniziativa.
E' possibile che il Presidente della Giunta regionale firmi i decreti per acquistare un boiler per il Centro Professionale di Ceva o per autorizzare un pollaio in Val Varaita e che per il Lingotto non abbia mai promosso delle iniziative? E' possibile che non l'abbia mai sentito come problema? Vedremo se questa occasione sarà colta dal governo regionale per rimettere al loro posto le istituzioni. Intanto la Regione faccia la propria parte, approvi le linee di assetto del territorio comprensoriale chieda al Comune di Torino di sedersi al tavolo regionale per ascoltare i suoi indirizzi di programmazione, discuta con il Comune di Torino le condizioni e le funzioni inseribili nel Lingotto che siano compatibili con il quadro di programmazione economica e di pianificazione territoriale.
Certo, si potrebbe dire che manca lo schema di Piano territoriale e manca il Piano regionale di sviluppo, ma in tre anni questa Giunta non è riuscita a farli. Eravate tanto bravi, ci avete rimandati a casa, però dopo tre anni al Comune di Torino non c'è neppure una deliberazione programmatica.



CARLETTO Mario

Vi ha mandati a casa l'elettorato.



CHIEZZI Giuseppe

Questa è una tua speranza del tutto personale. Rispetto questa speranza e spero che tu non riesca a soddisfarla. Se governate così male, non irritatevi! La Regione assuma il suo ruolo e faccia i piani che deve fare e in secondo luogo rimetta il Lingotto a posto nei confronti della Città di Torino. Il Lingotto è sterminato. Non è detto che tutto debba finire al Lingotto solo perché in questo modo si valorizza una società di intervento.
Questo è un calcolo miope. I conti della società di intervento magari tornano a quel punto, ma sono i conti della città che ci devono interessare.
Nel nostro ordine del giorno noi abbiamo individuato alcune linee.
Intanto diciamo che il Lingotto non può essere utilizzato contro le norme urbanistiche e per questo chiediamo che la Giunta regionale chieda al Comune di Torino che ogni autorizzazione e concessione edilizia venga inviata, non appena rilasciata, in copia al competente ufficio regionale.
Il Comune di Torino deve avere l'umiltà e la prudenza di informare la Regione di quello che sta facendo. Inoltre, il Lingotto non può essere utilizzato contro il nuovo Piano regolatore di Torino, contro le previsioni della deliberazione programmatica.
E' curioso che nel documento tecnico sul futuro di Torino, elaborato da trenta o quaranta specialisti nominati dall'Amministrazione comunale, il grande Lingotto, questo utero di tutto il nuovo che partorirà la Città di Torino, ha un ruolo marginalissimo, quasi non è nominato. Le proposte per la deliberazione programmatica individuano, ad esempio, tre centralità per Torino, ma nelle tre centralità il Lingotto non c'è. Si indica la spina della ferrovia, si indica Corso Marche, si indica la centralità ambientale dei fiumi, ma il Lingotto non lo si indica. Per esempio, Gregotti esprime molti dubbi sul fatto che nel Lingotto possa trovare spazio l'Ente fiere.
Se la Giunta regionale avesse la cortesia di analizzare i suoi documenti, saprebbe che nel novembre 1985 l'Assessorato al commercio, fiere e mercati produsse il documento "Centro fieristico a Torino". Andate a guardarlo. C'è il Lingotto e c'è anche altro. Il responsabile dell'Ente fiere di Torino vede il Lingotto come ultima soluzione, dopo che siano fallite tutte le altre. Parla di Corso Marche, parla della Snia-Viscosa.
Al Lingotto non ci può stare tutto e la Regione lo deve affermare.
Come si può rendere compatibile un centro fieristico con delle attività di ricerca, con l'Università? Leggete nel documento della Regione di cosa ha bisogno un vero centro fieristico.
Il nuovo centro fiere deve essere moderno, deve avere spazi adeguati alle esigenze dell'attività espositiva, deve disporre di ampi spazi su un medesimo piano e liberi da vincoli (per esempio, il Salone Nervi).
Che cosa invece sta per succedere al Lingotto? Questa è una questione molto fine. Tutti magari pensano a questo edificio prezioso visto da Le Corbusier. No. Il centro fiere che si andrebbe ad ubicare nel Lingotto si localizzerebbe su quelle strutture del complesso che sono assolutamente prive di valore. Il Lingotto non è una testimonianza di architettura industriale da salvare. Al Lingotto ci sono i vecchi capannoni delle presse con dei pilastri ogni mezza dozzina di metri, quindi inadatti ad una funzione espositiva di rango europeo. Chi viene a esporre in spazi in cui ci sono ancora i pilastri? Un centro espositivo è qualcosa di meglio.
Così la Fiat - guardate la capacità professionale degli uomini Fiat avviando una battaglia culturale per salvare il Lingotto, quello con la rampa, quello di Le Corbusier, è riuscita a valorizzare edifici che con la valorizzazione del Lingotto non hanno nulla a che fare e che potevano tranquillamente essere demoliti sia per ricavare spazi per servizi sia perché non costituivano una testimonianza culturale.
Sulla valorizzazione del Lingotto la Fiat fa man bassa. Quegli spazi sono talmente inadeguati, perché pieni di pilastri, che bisogna rabberciare alla meglio gli edifici giungendo a coprire i cortili e via dicendo.
La Città di Torino deve proprio vincolare il futuro dell'Ente fiere al fatto che questo debba essere realizzato al Lingotto all'interno di fabbricati industriali privi di valore, non moderni, non adeguati al futuro di un centro espositivo? Mi sembra proprio improponibile.
Sono questi i motivi per cui in questo ordine del giorno chiediamo l'annullamento della licenza, chiediamo una funzione di vigilanza coordinata con il Comune di Torino, chiediamo che la Giunta fissi un inquadramento territoriale del problema, convochi il Comune di Torino in sede regionale per discutere quelle che saranno le funzioni inseribili nel Lingotto. Chiediamo che la Giunta regionale, che deve vigilare sull'attività del Comune di Torino, chieda espressamente che il piano particolareggiato del Lingotto sia coerente con quanto sarà scritto nella deliberazione programmatica. Chiediamo che la Giunta regionale dica chiaramente che la società di intervento, se sarà fatta, sia fatta dopo l'approvazione del Piano particolareggiato e che a questa società di intervento partecipi, in misura non marginale, la Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo non si possa non essere d'accordo con la sostanza della mozione del Gruppo comunista che è corretta in quanto fa un richiamo alla legge, e credo che anche la maggioranza, non soltanto nella persona della collega Bergoglio, non possa che esprimersi positivamente nei confronti di questa mozione.
Detto questo e non ribadendo i motivi sui quali sono d'accordo, in quanto li ha espressi molto bene dal punto di vista legale il collega Chiezzi, devo dire che non capisco la sostanza di questo dibattito.
Questa mattina leggevo il resoconto stenografico della seduta di venerdì scorso, quando il collega Brizio durante la mia assenza nella seconda parte dell'adunanza del Consiglio ha detto: "Il Consigliere Pezzana è presente molto all'esterno, ha molto credito e molta capacità di uscire sui giornali, ma qui non lo vediamo quasi mai".
O il Capogruppo Brizio è cieco, oppure non lo è e qui dovrebbe vedermi.
E' vero che posso frequentare di più l'esterno, come lo chiama Brizio però, stando all'esterno forse si capiscono di più i problemi reali che sono altri rispetto a quelli di cui qui si parla, e non si fa tanto politichese. Se, per esempio, ascoltassimo di più l'esterno, ci renderemmo conto che il dramma di Torino e del Piemonte è semplicemente quello di non aver un centro fieristico. E' un problema grave che non è stato risolto n dalla Giunta di sinistra in dieci anni di governo né in fase di avanzata realizzazione o di avanzata "pensata" della Giunta che governa attualmente la Regione.
Apparteniamo tutti a Partiti politici e tutti sapete benissimo che i nostri Partiti politici non possono mai tenere a Torino un congresso perch non c'è una struttura, non dico sufficiente, ma atta ad accogliere qualunque congresso. Tutte le categorie professionali tagliano fuori Torino perché non ha un centro fiere o un centro congressi. Il problema vero è questo. Tutto il resto, stare qui a discutere se la tettoia è una tettoia o sé è una costruzione stabile che diventerà poi definitiva, può essere, dal punto di vista formale, esatto e preciso, ma, dal punto di vista sostanziale, rischia di far fare una ennesima discussione per poi arrivare all'abbattimento di una tettoia senza centrare il vero problema che nemmeno l'avv. Agnelli ha centrato.
Chiedo scusa al collega Staglianò se lo deluderò in quanto lui ha riferito in merito, ma, guarda caso, queste critiche vengono sempre fatte quando io non ci sono. Sarei anche grato se volessero esprimerle quando sono presente in modo da permettermi quella dialettica immediata che pu anche essere divertente e piacevole.
In tutti gli interventi di venerdì scorso, tranne forse in quello del Consigliere Marchini, c'era un attacco a me che ero assente.
Cari colleghi, se nel '90 non farò più il Consigliere regionale, cosa per cui non mi verrà né un collasso né una malattia, ma sarò riuscito a contribuire alla realizzazione di una struttura fissa valida, il Salone del Libro, sono convinto che per questo piccolo gesto, questa realizzazione sarò molto più contento che non per aver partecipato a 50 Commissioni, 50 dibattiti dove avrò fatto dei bellissimi interventi magari con un po' di demagogia perché all'esterno si deve sapere che il Consigliere è duro, puro e forte.
Non credo che fare politica in questo modo sia la mia vocazione.
A me piacerebbe essere la longa manus della Fiat, sarei ricevuto in stanze che non ho mai conosciuto da persone che non ho mai frequentato e sarebbe un'esperienza sicuramente gradevole anche perché la vivrei diversamente da come l'hanno vissuta altri colleghi che sono stati dieci anni al governo di questa Regione. Quindi non credo di essere la longa manus della Fiat quando dico che l'avv. Agnelli ha dichiarato che gli uomini Fiat sono intanto uomini intelligenti.
Ma, se la Fiat ha scelto molto sovente, come ha fatto prima e come continua a fare adesso, come interlocutori le persone che hanno lasciato la Regione e la Città nelle condizioni in cui le troviamo, non credo che la scelta dell'avv. Agnelli, o di chi per lui, sia stata molto felice. Anch'io sono convinto che esistono gli uomini Fiat. Mi fa piacere che sono in gamba e intelligenti e vorrei che persone intelligenti e in gamba ci fossero anche nel gruppo che governa e nell'opposizione.
Vorrei ricordare al collega Chiezzi che il protocollo d'intesa tra il Comune e la Fiat fu firmato nel 1984. In quell'anno non c'era il povero pentapartito di oggi che riceve stoccate persino dal quotidiano dell'avv.
Agnelli. Questa mattina (bisogna anche ridere ogni tanto, ma si dovrebbe piangere) leggevo su "La Stampa", il giornale del padrone, secondo la terminologia che sento ancora ogni tanto, l'articolo sul dibattito in Comune intitolato: "Il pentapartito sceglie la fuga". Credo che nemmeno "l'Unità" sarebbe arrivata a tanto quando ancora aveva le cronache regionali e locali. Lo scrive "La Stampa" che è il giornale del padrone.
E' un titolo che stupisce.
Caro Collega Chiezzi, devo ricordarti che tu fai parte della Commissione (non voglio dire inquisita perché molti sono inquisiti e magari sono innocenti) che ha acquistato i maxitram e che ha sperperato centinaia di miliardi, secondo la valutazione di oggi, per comprarli. Malgrado questo, fustighi e tagli i panni addosso al pentapartito che o ha la memoria corta o ha dei motivi per cui parlare gli è difficile.
Tutti gli accordi più vergognosi a livello di combutta tra la Fiat (il padronato come lo chiamano i colleghi comunisti ancora oggi) e l'amministrazione locale li avete fatti voi. Semmai il pentapartito pu essere accusato di inazione. Su questo sono perfettamente d'accordo.
Guardiamo i maxitram, guardiamo la linea 3! Si parla ancora oggi del Lingotto senza riuscire a pensare un po' più in là e dire che il problema di Torino non è solo il Lingotto, ma è lo sviluppo della Regione, è il rapporto del quadruplicamento in asse, è il coraggio di dire che magari la stazione di Porta Nuova non ha più senso che rimanga dov'è. Si tratta di vedere quali sono le aree dismesse che appartengono all'Ente Ferrovie.
E' un discorso sul cambiamento della città e noi invece ci ritroviamo qui a discutere di una tettoia.
Caro collega Chiezzi, voi nel 1984 non dovevate firmare il protocollo d'intesa con la Fiat, ma dovevate dire, come effettivamente è, che quelle sono quattro mura da demolire perché non si fa un centro fiere e congressi su una struttura del genere. Non solo, ma tra poco Torino perderà anche il Salone dell'Auto perché i famosi uomini intelligenti della Fiat continuano a pensare che le case straniere sono masochiste a partecipare ad un Salone di importanza mondiale a Torino, città della Fiat, dove già viene sopportato malamente, figuriamoci poi nella fabbrica del Lingotto. Quindi Torino e il Piemonte perderanno il Salone dell'Auto. I contatti con Bologna credo siano avanzatissimi e i famosi uomini intelligenti, scelti dall'avv.
Agnelli, insieme agli uomini intelligenti che hanno governato questa Regione piangeranno sul Salone dell'Auto, che non ci sarà più, e sul grave danno per l'economia della Regione.
Mi chiedo con quale sicumera il collega Chiezzi, con tutto quello che la Giunta di sinistra non ha fatto e con tutto quello che ha fatto di sbagliato in quei dieci anni, oggi venga a rimproverare questa Giunta, la quale va rimproverata non perché è succube della Fiat, ma perché è talmente inattiva e inabile che non è nemmeno capace a fare affari con la Fiat.
Le Giunte di sinistra hanno fatto benissimo, tant'è vero che i dirigenti Fiat rimpiangono i dieci anni di amministrazione di sinistra.



BONTEMPI Rinaldo

Perché li rimpiangono?



PEZZANA Angelo

Perché vi intendevate benissimo, eravate i due poteri che si intendevano, non c'erano intermediari.



(Interruzioni dai banchi comunisti)



PEZZANA Angelo

C'è anche il gioco, purché i giochi non siano sporchi; se poi il gioco è pulito va anche bene.
Purtroppo, sono venuti fuori i giochi sporchi. Non fatemi ridire cose che ho già detto tante volte.
Quindi, guardiamo l'esterno, quello che Brizio considera poco ma che invece io tengo molto in conto. Vediamo qual è il problema reale di questa amministrazione. Il Presidente Beltrami, novello Ursus, vuole veramente come dice il Consigliere Chiezzi, trascinare qui in catene la Giunta comunale e la Fiat e imporre il governo forte della Regione? Il governo forte però non c'è e il collega Chiezzi lo sa benissimo.
Pensiamo alle cose concrete, pensiamo alle cose che la gente chiede.
Una Regione come il Piemonte non ha un centro fiere e congressi: questo è il punto reale e nodale.
Che cosa può fare questa Giunta per volere che questo si realizzi e si verifichi? Approvare un ordine del giorno in cui si dica che si vuole demolire il Lingotto perché si ritiene sbagliato mantenerlo, che si vuole rendere libera quell'area per inserire un discorso generale che riprenda in considerazione quei programmi sciagurati, tra cui il più rilevante, quello del quadruplicamento in asse che si realizzerà perché purtroppo il Vicesindaco, l'Assessore Ravaioli, andrà avanti nella sua decisione di copiatura delle sciagure fatte precedentemente.
Anche lì ci sono dei misteri. Come mai certi atteggiamenti supini di fronte a scelte fatte sotto diversa bandiera ideologica? Queste sono domande che ci facciamo da anni senza mai aver ottenuto risposte.
In quest'aula troppo sovente si fanno esercizi di dialogo e strizzatine d'occhio tra i Partiti, si dicono frasi roboanti: "Noi siamo con la Fiat o siamo contro la Fiat". Parliamo invece di cose concrete. Questa Giunta un discorso concreto non l'ha ancora fatto e non ha nessun interesse a prenderlo in considerazione.
Come la Promark deve continuare ad essere gestita da amministratori impreparati e inadeguati che di colpo con la bacchetta magica diventano bravissimi ed acquistano grande professionalità, il Lingotto, così come viene presentato oggi, ma come l'avevano già stipulato gli amministratori della sinistra nel 1984, diventerà un altro carrozzone e i danni di questo carrozzone più o meno bucherellato li riceveranno l'economia e i cittadini piemontesi che si terranno questo pateracchio. Voi della sinistra vi accorgete oggi di questo, ma, se eravate un'opposizione intelligente al governo Fiat, avreste dovuto accorgervene allora, quando invece firmavate tranquillamente il protocollo d'intesa.
Vorrei dire a chi ha la responsabilità del governo di questa Regione di prestare un orecchio più attento a quello che capita all'esterno, di salire meno sulle auto blu e sugli autisti regionali



(Commenti da parte del Consigliere Nerviani)



PEZZANA Angelo

Può essere un lapsus dovuto anche a gusti personali, caro collega Nerviani. Trovo che i lapsus quando sono belli e riconosciuti sono il sale del linguaggio.
Fate più attenzione agli autisti dei tram e dei taxi, perché gli autisti pagati dalla Regione che vi portano in giro, critiche forse non ve ne fanno. Viaggiate di più per la strada. Date ascolto all'esterno e sentirete che forse il problema reale del Lingotto non è la tettoia, ma è ben altro. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Il Gruppo mi ha delegato all'intervento, che vorrei limitato strettamente ad esigenze di presenza.
Tutta una serie di argomenti politici che stanno dietro a questa mozione credo che non possa essere affrontata compiutamente in questa sede.
Non ho certo la verve polemica del Consigliere Pezzana per riprendere i paradossi dell'intervento del Consigliere Chiezzi, però alcune puntualizzazioni credo debbano essere fatte non potendo certo subire un totale ribaltamento della verità storica rispetto a ciò che sta oggi succedendo.
Tutte le posizioni della DC nelle varie sedi in cui si decidevano operazioni di vertice politico sono state posizioni molto critiche sugli obiettivi delle riconversioni produttive.
Il problema della riconversione passa al di sopra dei contenitori e dei loro valori intrinseci. E' un problema reale dell'area piemontese sollevato fin dagli anni '70 quando si affrontò a Torino il problema della "Variante al PRG per servizi"; è stata data allora iniziale risposta al processo in atto, che non trovò negli anni successivi concreti seguiti. Vi furono operazioni di vertice che giustamente ha concordato Pezzana, sulle quali mi sembrerebbe ingiusto ironizzare. In realtà si tratta di cose serie e molto importanti che, al di là degli errori commessi dai marescialli e dai sergenti, avevano obiettivi precisi e interessanti, nodo economico della nostra realtà regionale.
La riconversione delle attività produttive continua ad essere il nodo dei processi di trasformazione; anche se alcune grosse intese, al di là delle procedure seguite nel merito, hanno pregiudicato un ordinato quadro normativo, non possiamo non valutare anche gli aspetti positivi dei risultati. Per noi questi processi vanno assecondati con precisi atti contrattuali ed amministrativi che non possono essere giudicati come una qualsiasi concessione o autorizzazione rilasciata allo speculatore o a chi vuole usare i margini di discrezionalità o di debolezza della norma.
Una posizione che ignora totalmente ciò che v'era all'interno del protocollo degli anni '84, che aveva validità quadriennale, e che comprendeva una serie di atti conseguenti, caro Chiezzi, è totalmente anacronistica. Il Consigliere Rivalta a livello di Piano territoriale aveva "indicato" le scelte, ma conclusioni precise e cogenti tali da sortire decisioni oggi invocate con tanta sollecitudine non erano sortite. I processi si costruiscono con tappe rispetto alle quali gli obiettivi riescono a prendere forma.
Non credo di dare lezioni o di fare speculative rivisitazioni storiche sostenendo che il problema del Lingotto, come processo, è iniziato nel 1984 ed è tuttora in atto con ritardi di tempi non dovuti, come qui si invoca ad una confusione di procedure formali. Il problema del Piano di sviluppo quello del Piano territoriale comprensoriale esistono. I protocolli sono stati sottoscritti e sono stati gestiti negli anni in cui voi avevate le maggiori responsabilità ed anche noi avevamo dato assenso al decollo delle fasi previste. Oggi le trasformazioni si stanno attuando con ritardi. Le verifiche possono anche ammettere atteggiamenti critici quali avanzati da Chiezzi.
Posso ammettere che vi siano posizioni di rivisitazione critica, ma credo debbano avere un minimo di coerenza rispetto agli atti politici consolidati; sui quali, comunque, esistendo un rapporto tripolare tra istituzioni, forze politiche e privati che riguarda la società, essendovi implicazioni che non possono essere secondarie sulle domande che pone la società, occorrono consequenzialità e coerenza. La coerenza sta nell'obiettivo di dotarsi di strumenti urbanistici efficaci a tutti i livelli e tali da conseguire efficacia per le trasformazioni complesse. Ad oggi, 1988, è matura la definizione, a livello di Piano particolareggiato di destinazioni d'uso "complesse" quali sono quelle che prefigura lo studio di fattibilità di Piano, Guiducci e De Rita, per la trasformazione del Lingotto? Quest'ultima richiede approcci ai temi, verifiche e messe a punto su atti non improvvisati, ma definiti in "convenzione quadro" propedeutica al Piano particolareggiato. Non dimentichiamo che il P.P. ha una validità limitata di dieci anni e probabilmente le operazioni di trasformazione di questo tipo richiedono tempi ben maggiori di quelli che prefigurano gli strumenti attuativi.
Per quanto attiene al ruolo della Giunta rispetto a quel certo segmento minimo, invocato dal collega Chiezzi e dal Gruppo PCI nella propria mozione, attendiamo di conoscere la sua posizione anche per poterla valutare.
Detto questo, vogliamo che la Giunta nell'affrontare questo tema sappia porre le basi reali e politiche per avviare processi di questo tipo. Queste basi politiche passano attraverso la formalizzazione degli strumenti, ivi compresi gli strumenti urbanistici; non dimentichiamo però che atti comportamenti e verifiche passano attraverso il governo delle cose e non solo la definizione delle stesse.
Non credo che qui ci troviamo di fronte a un'operazione di bassa cucina dove, volendo approfittare di una debolezza normativa o di una limitata preparazione della classe funzionariale che ha affrontato questo tema al Comune di Torino, si possa pensare ad una forzatura per sfuggire alle procedure prescritte.
Gli obiettivi sanciti nel documento 1984 - peraltro tuttora valido riconfermato anche dalle ultime prese di posizione della Giunta comunale indicano un processo in atto che deve essere perseguito con gli strumenti disponibili.
Credo che gli strumenti che il Comune di Torino ha attivato siano legittimi (questa può essere una mia opinione personale e non impegno il Gruppo, per la conoscenza che ho rispetto agli atti che sono stati resi noti) e ritengo che vi debbano essere perfezionamenti fatti e perseguiti all'interno di un quadro di legittimità.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Minervini.



MINERVINI Marta

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, come sempre il mio intervento non sarà lunghissimo, anche perché molto è stato detto e tutto è stato spiegato in quest'aula.
Voglio però tornare su un tema che a me sembra di fondo: quale partecipazione deve avere la Regione, che è un ente programmatorio, nelle scelte per il Lingotto e quali sono stati e quali sono i suoi rapporti con il Comune di Torino? E la terza o la quarta volta che questo argomento approda in aula. Per i nodi, per noi perlomeno, non sono ancora stati sciolti.
Chiediamo di sapere a che punto sono i rapporti tra Regione e Comune.
Potremmo dire che sappiamo già tutto o che abbiamo capito già tutto dagli articoli de "La Stampa". E questa volta mi tocca dire: meno male che c'è "La Stampa" perché se non ci fosse stata ieri non avremmo saputo quello che abbiamo saputo e non avremmo tratto le deduzioni che possono essere giuste o sbagliate, ce lo dirà l'Assessore.
Abbiamo tratto la deduzione che anche questa volta la Regione ha perso il pullman, il tram, l'autobus - chiamatelo come volete - e non ha partecipato alle decisioni e alle scelte sul Lingotto.
Il Lingotto è importante e pensiamo che debba avere una sua collocazione quando ci sarà un vero Piano regolatore, Piano regolatore che dal 1959 né le giunte rosse, né le giunte bianche, né quelle variopinte hanno ancora messo in atto. Siamo qui ad aspettarlo e ci auguriamo che alla fine qualcuno metterà a posto l'immagine della Torino del 2000, che interessa tutti coloro che sono qui e fuori di qui e gli altri enti istituzionali.
Al Lingotto potrà momentaneamente starci bene un centro fiere, per continuo a sostenere che la Regione deve decidere e deve intervenire nelle decisioni che il Comune assume. Non dobbiamo lasciarci mettere da parte.
Farò un'altra considerazione che ritengo importante sulla società mista di intervento. Ho letto che questa società (il cui capitale è costituito da 45 miliardi Fiat, 15 enti pubblici, 30 privati) sarà formata e potrà diventare operante solo dopo l'approvazione del Piano particolareggiato della zona interessata alla trasformazione. Siamo allora ancora in tempo ad entrare a far parte della società mista e la Regione deve decidere in che misura può far parte di questa società. Deve assolutamente entrare a farne parte.
Noi siamo d'accordo sulla filosofia della mozione presentata dal Partito comunista.
Nel caso del Lingotto, come in tanti altri casi, ci sembra che la Giunta non abbia fatto assolutamente il suo dovere fino in fondo. E questo avrà una grande importanza nel momento in cui la cittadinanza del Piemonte ci chiederà ragione di quanto abbiamo fatto.
Attenzione, i cittadini piemontesi ci guardano anche se non vengono qui ad ascoltare i nostri dibattiti; forse non vengono ad ascoltarci perch sentono troppe parole e non vedono i fatti.
Ascolterò con molta attenzione quello che ci potrà spiegare l'Assessore. Probabilmente potrà smentire alcune mie osservazioni. Me lo auguro nell'interesse della cittadinanza piemontese. Vi ringrazio.



PRESIDENTE

E' ancora iscritto a parlare il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, avrei ritenuto più opportuno che l'intervento dell'Assessore venisse subito dopo l'illustrazione della mozione del PCI. Forse sarebbe servito all'economia stessa del dibattito.
Colleghi, credo occorra considerare con estrema attenzione una certa schizofrenia che spesso ci pervade nel trattare con grande, puntigliosa attenzione politiche che a volte hanno un'incidenza dello 0,01% delle attività economiche della nostra Regione, sia sul piano normativo che sul piano degli interventi operativi, e poi, un fatto così centrale per il sistema economico e per l'immagine della Regione e della Città come pu essere il Salone dell'Auto non trova un'adeguata collocazione. Che dietro ci siano delle strumentalizzazioni non bisogna scoprirlo oggi. Credo che il grado di verginità per chi frequenta le assemblee elettive debba essere di un certo tipo per evitare di scandalizzarsi di certe cose. E' chiaro che in questa vicenda c'è un alto gioco degli interessi. Bisogna vedere come l'operatore pubblico sa muoversi. Quindi, credo che ci sia un vincolo, una necessità che è quella data dal Salone dell'Auto, che non può essere perso pena la sconfitta della maggioranza e della minoranza, cioè di una intera dirigenza e di una intera rappresentanza delle assemblee elettive.
Occorre poi il rispetto pieno delle leggi. Se l'ordinamento giuridico ha un senso, deve avere una valenza generale: non possiamo infierire su un piccolo e marginale caso e/o soggetto perché privo di peso e di strumentazioni e, in altri casi, avere altri comportamenti. Possiamo trovare qualche cosa che non contrasti queste due esigenze. Devono armonizzare i parametri economici con i parametri fisici e ambientali se vogliamo uscire da una impostazione puramente normativa.
Il realismo deve essere tra una soluzione bellissima, ottimale di un centro fiere che sia la sintesi tra quello di Berlino, quello di Parigi e quello di Londra, sapendo che nel sistema degli interessi di Torino c'è il salumaio dell'angolo e c'è la Fiat, i quali pesano in forme diverse. Non dobbiamo scandalizzarci perché è così e sta al potere pubblico saper intervenire in questo tipo di sintesi.
E' accettabile quindi il gioco politico su questa vicenda sino ad un certo livello, perché qui c'è chi vuol dimostrare magari che fluidifica una soluzione e c'è chi non lo vuole. Noi dobbiamo dire che il gioco politico ha un senso se non pregiudica l'interesse economico della collettività. C'è una soglia, c'è un limite oltre al quale non si va; una autoregolazione dobbiamo averla.
Se il potere politico non porta a sintesi gli interessi particolari e legittimi, ognuno gioca la sua partita; se non regoliamo i diversi interessi legittimi che ci sono nella nostra città e nella nostra Regione cosa stiamo a fare? Che senso ha operare qui? Veniamo a prendere lo stipendio e a usare le auto e gli autisti, come diceva Pezzana, e la nostra funzione diventa residuale, oppure abbiamo la volontà e la forza di portare a sintesi gli interessi legittimi della società, sapendo che ci sono pesi e rapporti diversi? La nostra inerzia premia gli interessi che sanno meglio organizzarsi, e in qualche misura anche la rendita fondiaria. Se non facciamo noi la proposta, rischiamo di venire schiacciati dalle controproposte di alcuni interessi privati che sanno fare la loro parte. Non dobbiamo lamentarci dal nostro ruolo di centro mediano che il centro avanti voglia fare gol perch fa il suo gioco. Constatiamo troppo spesso (non vale per la nostra realtà economica, è un discorso più generale) che interstizi territoriali chiamiamoli tecnicamente sopravvenienze territoriali, si riempiono senza organicità e capacità di orientamento e così il caso, per usare un eufemismo, opera pienamente. Se non ci poniamo in testa a questi processi pur con tutti i limiti, pur con tutte le difficoltà, pur con tutte le mediazioni necessarie con il sistema degli interessi, evidentemente svolgiamo una funzione residuale.
Credo che si possa tentare di rimuovere la minaccia che il Salone si faccia da un'altra parte.
Dobbiamo pensare quindi ad una situazione transitoria di emergenza, a una soluzione per il Salone dell'Auto e probabilmente questa porterà alla determinazione della data di scadenza dell'autorizzazione, solo a condizione però che si innesti un forte intervento pubblico.
Signor Presidente, non dovremmo "sentire" la Fiat unicamente per il problema Lingotto, ma dovremmo contestualmente, al tavolo dove giocano questi pesi e questi contrappesi, sapere quali prospettive future si determinano dal mercato del lavoro nell'indotto dell'auto, nel sistema dell'informazione, nelle ex aree siderurgiche (che tra non molto ci porteranno un'altra domanda su un altro tavolo), nell'area del campo volo.
Credo che un'alta funzione di governo, capace di fare sintesi degli interessi legittimi dei privati, sia quella di porre una congiunzione quando è possibile, tra tutti. E' la tecnica normale della trattativa.
Occorre un forte intervento che sappia intrecciare i tavoli oggi separati.
Ricordo con quale passione e competenza mettevamo le virgole alla legge sulla promozione. Ma tutto ciò diventa carta straccia, diventa una cosa per fare una fiera marginale, perché quella attenzione per essere alta, per essere una vera politica promozionale del momento pubblico, deve riuscire a saldarsi con il centro fiere e congressi e deve capire qual è la dimensione strategica. Ci può essere una dimensione che vede l'Università, la "chioccia" dell'innovazione, e il centro espositivo in modo che possano servire il Salone dell'Auto; ma, siccome tutto questo non è ancora concatenato precisamente, dovremmo capire in sostanza se il Lingotto diventa una centralità territoriale.
Eviterei di far diventare il Lingotto una centralità territoriale quando non lo è; quindi se c'è un intervento pubblico che sappia ancora dipanare questo aspetto deve venire fuori.
Vorrei brevemente ricordare la politica del riuso degli immobili industriali dismessi, che è carente è marginale, mentre il territorio è una risorsa irripetibile. Milioni e milioni di metri quadrati di edifici dismessi devono portarci ad uno sforzo di razionalità e di fantasia per un loro utilizzo.
Occorre dare alla Regione una precisa volontà di entrare con il privato a titolo pieno, anche quale portatore di risorse, in questa vicenda. Lo abbiamo detto nel dibattito sulla Promark che il ruolo del privato è caratterizzato dal momento della gestione di questi processi, lasciando la parte di guida, di orientamento, di indirizzo, di interesse complessivo della collettività al momento pubblico.
La sollecitazione del collega Chiezzi, relativa all'ordine del giorno del PCI, è importante e suscita realmente un aspetto che diversamente sarebbe rimasto nascosto. Se però è apprezzabile questa sollecitazione che ripeto - mi è piaciuta, non c'è in questo tipo di intervento una sufficiente correlazione tra l'insufficienza strutturale e gli aspetti di bisogno economico che derivano dalla necessità di esposizione. Credo si possa tentare questa ricerca dando un segnale di volontà di presenza della Regione, dando un segnale che quella indicazione è un'indicazione a termine per un'emergenza, ma per innestare un momento forte della presenza pubblica. In questo senso potrebbe avere una ragione la ricerca di una soluzione equilibrata, non una soluzione "pateracchio", ma una soluzione che salvi capra e cavoli, salvi cioè un momento espositivo e salvi la presenza pubblica.
Quando l'Assessore Genovese va al tavolo della trattativa con la Fiat se c'è questa opportunità, si porti insieme l'Assessore Cerchio e il Presidente della Giunta perché in quel tavolo non si può trattare un pezzo per volta. Il sistema degli interessi privati che presenta Torino, che non è quello di Bologna, non è quello di Firenze, non è quello di Milano, è tale che non permette di operare a compartimenti stagni.



PRESIDENTE

I lavori proseguiranno oggi pomeriggio.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13,30 riprende alle ore 15,40)



PETRINI Luigi



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo il dibattito sulle mozioni relative al complesso del Lingotto.
Ha chiesto la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la mozione del Gruppo comunista e l'illustrazione svolta dal collega Chiezzi hanno indubbiamente posto una serie di questioni portanti e suggestive che, peraltro, nella foga polemica di un oppositore in qualche misura si sono confuse in un susseguirsi di notizie e di contestazioni che però non concludono e non rendono possibile una lettura in termini di competenza. Provo a fare questa ricostruzione, anche per il mio Gruppo, in ordine alle determinazioni che dovremo assumere.
La prima questione posta dal collega Chiezzi è di denunciare questa Giunta di incapacità culturale di misurarsi con una cultura più forte e più attenta che è stata quella della società civile in ordine al problema del Lingotto; ha altresì dichiarato che non è esistita nessuna capacità di fare cultura su contenitori di altrettanta valenza architettonica ed urbanistica. Questa constatazione indubbiamente deve essere accettata, ma va respinta totalmente come accusa. Non può essere promossa nei confronti di questa maggioranza, forse può essere addebitata alle maggioranze di sinistra, ma con il beneficio d'inventario, perché, con un minimo di solidarietà istituzionale, dobbiamo ricordare che la svolta dei soggetti economici interessati a questo ragionamento è stata improvvisa, insperata ed inaspettata.
La decisione del soggetto Fiat di tornare ad essere impresa su Torino è maturata in un arco di tempo molto ridotto; non è un processo che veniva da lontano, non è stata una rivoluzione in tempi lunghi, ma è stato un blitz che ha preso di contropiede molti soggetti, la società della cultura, la società politica. Cerco di ragionare, Chiezzi. Se per avere la tua attenzione bisogna arrivare alle parole forti come fai tu, lo faccio.
Provavo a dire che non sottolineo oltre misura il ritardo della classe di governo nel 1980, quando si è stupita di svegliarsi un mattino con un'azienda resuscitata. Dico che questa è stata la conseguenza dei tempi straordinariamente brevi e delle metodologie straordinariamente forti adottate da questo centro economico, che ha preso di contropiede la classe politica nel suo complesso ed evidentemente ha preso o sembra avere preso più in contropiede la classe politica responsabile che non quella di opposizione che aveva minor esigenza di cogliere queste realtà. Ha preso di contropiede anche la società culturalmente intesa che si era abituata a pensare ad una Torino cuneese, al ripristino della Torino dei "landaus" e dei caffè in centro, non pensava di doversi immaginare da un giorno all'altro di essere scagliata in una realtà che era Detroit o la Silicon Valley. Negli anni '70 e nei primi anni '80 questa consapevolezza non c'era né nelle forze politiche né nella società civile né nelle sue espressioni culturali. Dire che l'incapacità di risposta è da attribuire ai soggetti politici, che sono le espressioni di governo della società, alle forze politiche e alle istituzioni, mi sembra voler perdere del tempo.
Probabilmente, per cercare di uscire da questa questione, dovremmo considerare (non lo dico solo in termini di recupero di un rapporto di maggiore comprensione con gli amici dell'opposizione) che è difficile far muovere gli argomenti politici e culturali al passo dei soggetti forti della moderna società post industriale che ha risorse, professionalità retroterra, potere in grado di disegnare sul territorio e nella società i propri obiettivi, i propri scenari in tempi stretti e con forza contrattuale notevole.
Da questo però dobbiamo trarre istituzionalmente alcune conseguenze e modificare fortemente certi nostri modi di comportamento.
E' evidente che sul Lingotto siamo arrivati in ritardo, per dire le stesse cose qualora consentissimo sull'ipotesi che è andata avanti, per dire delle cose diverse qualora non si consentisse su questo.
Indubbiamente, nel momento in cui è stata ipotizzata una certa destinazione, un certo ruolo, un certo valore a quell'insediamento, non c'è stata una capacità di risposta altrettanto adeguata da parte della società culturale e politica che non si riconosceva in quel tipo di ipotesi. Non possiamo, anni dopo, dire che c'è stata. Non c'è stata.
Non sono un lettore di documenti quindi non so che cosa fosse scritto nel documento di intenti sottoscritto dall'Amministrazione comunale; sono uomo della strada e ha ragione Pezzana a dire che dobbiamo ragionare su quello che avviene fuori di qui.
I ritardi culturali non sono di questa maggioranza, non sono di questa Giunta né della Giunta comunale, ma sono ritardi sul piano storico, sono ritardi della società civile a rispondere con immediatezza sul piano politico e culturale ai grandi processi di trasformazione che la società post industriale è in grado di mettere sul tappeto in termini sempre più accelerati. Non si deve immaginare che questa capacità di cambiare completamente gli scenari sia venuta una volta sola nella storia del mondo e di Torino, dopodiché tutto e ritornato a stagnare. Guardate quello che sta succedendo in Belgio! Dobbiamo abituarci al fatto che la società del futuro vedrà questi radicali cambiamenti di scenari significativi ravvicinati nel tempo.
Su questo torneremo per spiegare il motivo della nostra proposta di legge.
La questione che mi crea qualche imbarazzo è di natura istituzionale.
La competenza della Giunta in materia non è una competenza politica, è una competenza istituzionale. L'onere della Giunta non deriva dal mandato del Consiglio né dalla responsabilità che ha nei confronti del Consiglio, ma le deriva dalla responsabilità che ha nei confronti della legge. Con difficoltà accetto un dibattito su una mozione che intende impegnare la Giunta a fare qualcosa in forza della deliberazione assunta da una maggioranza. Gli argomenti che dovranno supportare la decisione della Giunta, alla quale il nostro Gruppo si rimette totalmente, sono di ordine tecnico-giuridico e la Giunta deve verificarli attraverso i propri strumenti. Quindi la risposta della maggioranza non è stata evasiva nel dire "la Giunta continui la sua attività di controllo e di ispezione".
Questo dibattito è viziato dall'esigenza di richiedere una serie di pronunce da parte della Giunta che dovrebbero essere la conseguenza degli elementi qui scaturiti. Allora, chiedo alla Giunta di fare come fanno ogni tanto i presidenti delle corti inglesi e cioè di considerare non verbalizzate le cose che sono avvenute perché la Giunta non deve farsi suggestionare dalle argomentazioni di natura politica portate da una parte e dall'altra. La Giunta deve pronunciarsi esclusivamente in termini tecnici e giuridici e non in termini politici. Al rapporto tra istituzione e società qualcuno ha voluto dare nome e cognome, ma mi sembra inopportuno.
Dobbiamo prendere atto della forte forbice che si è aperta fra la capacità di conoscenza e di decisione della società rispetto alla capacità di conoscenza e di decisione dell'istituzione. E' un fatto fisiologico in qualche misura e drammatico in un'altra. Dobbiamo anche rifuggire, collega Chiezzi, dal ritenere che in una società complessa e pluralista come la nostra, ci sia un totem, che sono le istituzioni, e pensare che la società debba essere ricondotta all'interno del disegno delle istituzioni. Non è così. Non esiste un "prius", non esiste un prima deciso dalle istituzioni con la programmazione, esiste un sistema dinamico, pluralista e aperto all'interno del quale giocano i diversi soggetti decisionali contestualmente; e quanto più i diversi soggetti hanno la capacità di accelerare i propri tempi di proposte e di realizzazione dei processi loro demandati, tanto più gli altri soggetti devono accelerare i propri processi di decisione e magari di controllo, come nel nostro caso. Non rifuggire all'interno di strumenti che sono superati, perché la dinamica sociale è cambiata totalmente. Noi non crediamo che si debba frenare il processo della società. Bisogna mettersi ai tempi con la velocità che la società con le sue nuove tecnologie di conoscenza e di decisione, in primo luogo l'informatica, ha messo a nostra disposizione. E, quando la società ci sorpassa, dobbiamo prendere atto del nostro ritardo. Il progresso non va avanti misurandosi su quelli che vanno più adagio, il progresso si misura quando si è capaci tutti insieme di adeguarsi alle velocità che al processo globale tendono a dare i soggetti protagonisti di un certo momento storico e non sono sempre gli stessi, lo sappiamo bene. Non ho nessun timore reverenziale. Qui non penso ci siano uomini Fiat. Non so se ho l'intelligenza che è richiesta ad un uomo Fiat, perché giro in Volkswagen quindi per me non c'è la Fiat anzitutto; per me è un problema di affidabilità.
E' una lezione drammatica quella che abbiamo sui nostri tavoli, che coinvolge gli amministratori comunali, la Giunta regionale, il complesso della classe politica dirigente. Dobbiamo riflettere e la riflessione del rapporto tra l'istituzione e la società si deve trasferire sui rapporti tra Comune, Regione e Lingotto. L'opposizione ci chiede questo.
Non intendo paragonare il Presidente a Ursus che tira nell'arena qualcuno recalcitrante. Ho l'impressione che l'unica forza che la Regione potrebbe applicare è quella delle idee, nella misura in cui non prenda atto che le idee degli altri hanno una loro validità.
Allora, sulla questione Lingotto ritengo che non ci sia alcuna necessità né abbiamo nessun potere di chiamare qualcuno a rendere conto. E' il caso di avviare un rapporto dialogico più produttivo, che in tempi passati con le Giunte di sinistra e con un certo Presidente del Consiglio pure c'erano. Questo sì.
Ma sulla vicenda Lingotto esistono due questioni rispetto alle quali se qualcuno ritiene di doversi porre in termini divaricanti, lo deve dire con franchezza. La questione Lingotto è prima e soprattutto la questione del Salone dell'Automobile. Su questo, amici comunisti, non potete introdurre il problema del centro fiere, ignorando che, se non si verificano le condizioni di un certo tipo, si rischia che il Salone dell'Automobile se ne vada da un'altra parte. Occorre essere coerenti. Se qualcuno ritiene che il Lingotto non sia la sede adatta, o non lo sia più ad ospitare in primis il Salone dell'Auto, sicuramente, se si decide questo, si fa cadere il mattone su cui si incomincia a pensare e a ragionare in termini di centro fieristico. Se invece si ritiene, come si è ritenuto in passato anche partecipando all'inaugurazione e ai lavori preparatori, che la continuità della tradizione dell'auto a Torino vada mantenuta per quanto possibile all'interno del luogo dove è nata, anche se non funzionale, sono valori che non derivano da ragionamenti del Partito liberale, ma che nascono dal ragionamento di altre classi sociali. Se si prende atto che il Lingotto è in primo luogo la continuità del Salone dell'Automobile, almeno in termini immediati, ed è contemporaneamente l'occasione per pensare al ruolo della Regione in termini di centro fieristico, vediamo che andando avanti a discutere sulla tettoia i nodi si chiudono. Allora, è più comprensibile la nostra proposta di legge che è tutt'altra cosa rispetto a quello che ha voluto dire il collega Chiezzi cioè un sentiero.
In ordine allo sviluppo del Lingotto, e non alla sua continuità, non abbiamo bisogno di chiamare qui nessuno né di alzare alcuna Bastiglia. Noi abbiamo un ruolo primario, per non dire esclusivo, rispetto ad una delle decisioni importanti di tutto il progetto Lingotto che è il centro fieristico. Anziché porlo come polemica nei confronti della proprietà o del Comune di Torino, è bene aprire la discussione, e l'Assessore liberale farà la sua parte e il nostro Gruppo altrettanto, per decidere se il centro fiere si debba fare in Piemonte, soprattutto se debba essere incentrato nel centro fiere torinese e se questo centro fieristico sia compatibile con la struttura del Lingotto. Questo è un problema, cari amici, che non coinvolge responsabilità altrui, ma la nostra. La questione del centro fieristico compete solo alla Regione, dopodiché il dialogo andrà aperto agli altri interlocutori, Comune, Provincia, soggetti privati. Quanto prima avremo deciso su questo, tanto prima sapremo se il Lingotto ha almeno un elemento di praticabilità.
Svolgiamo i nostri ruoli, apriamo tutti i confronti, approfondiamo il problema che abbiamo posto già nella passata seduta (ma che, guarda caso l'opposizione si guarda bene dall'approfondire), cioè se il centro fieristico a Torino, polarizzato come abbiamo immaginato, debba essere attuato, in quali tempi e con quale tipo di società; dopodiché sono disposto ad aprire il confronto tecnico sull'idoneità del contenitore rispetto all'obiettivo che si vuole perseguire.
Il Lingotto andrà avanti nella ipotesi di fattibilità nella misura in cui potrà allocare al proprio interno il centro fieristico regionale. Se così non sarà, probabilmente l'ipotesi Lingotto è destinata a non essere praticabile così come pensate e forse a non essere praticabile in assoluto.
Allora vorrei sapere con che titolo chiediamo al Comune di Torino di renderci ragione dei propri orientamenti, quando gli orientamenti principali sono di nostra competenza sui quali però non abbiamo maturato ancora nulla.
E' evidente che le responsabilità sono diverse in ordine alla maggioranza, in ordine alla Giunta e in ordine al Consiglio nel suo complesso.
Mi pare che sia corretto, nell'accogliere il suggerimento che è stato posto in termini provocatori e ultimativi, aprire un rapporto più proficuo con le altre istituzioni, ma intorno ad un problema di competenza regionale, non intorno a problemi che sono di competenza altrui. Perché le questioni che sono di competenza di altri e che forse in passato sono state di nostra competenza, come l'inserimento del progetto Lingotto all'interno della programmazione, sono saltate non per volontà di qualcuno o per cattiva capacità di qualcun altro. Se il piano territoriale non è andato avanti non è per responsabilità o ignavia o volontà politiche in senso diverso da parte di questa o di quella maggioranza, di questo o di quel Presidente (il Gruppo liberale ha del Presidente del Comprensorio la massima stima), ma perché si è verificata concretamente l'incapacità della classe politica ad atteggiarsi rispetto a meccanismi nuovi e di velocità non conosciuti nel passato rispetto a questi processi. Quello del Lingotto è un processo forte che sta emergendo dalla società e intorno al quale va costruito il Piano di sviluppo territoriale. Quindi, signori della Giunta state attenti a dare una collocazione giusta a processi come questo e ad altri che emergeranno tra breve, in termini di servizi e di collocazione di grandi decisioni territoriali che dovranno essere lette non come un'esplosione di acne giovanile, ma come una manifestazione di vitalità della società, che il sistema delle istituzioni non deve subire, ma che nella misura in cui non ha saputo prevedere, non può e non ha il diritto di impedire. Anzi, ha il dovere di recuperare in un sistema armonico il complesso delle istanze della società.
Se questa è la realtà, qualche riflessione andrà fatta sugli schemi con cui si immagina di fare un Piano di sviluppo triennale. Da questo far discendere la rete delle grandi decisioni territoriali attraverso il piano territoriale e, a valle di questo, immaginare che si attuino strumenti urbanistici che consentano le azioni all'interno di un arco di tempo accettabile, è voler continuare ad usare il pallottoliere negli anni del computer.
Abbiamo un processo di programmazione politica di nove anni (tre anni per il piano di sviluppo, tre anni per il piano territoriale, tre anni per il piano regolatore), mentre la programmazione tecnologica ed economica dello stesso intervento in una società moderna dura sei mesi. Quindi il pallottoliere dobbiamo metterlo da parte, perché non possiamo imporlo alla società, ma dobbiamo mutuare il computer dalla società civile. Questa, cari amici, è una questione che nel dibattito istituzionale ha grande importanza. Mentre a livello nazionale governare è la capacità delle istituzioni di rispondere alle istanze della società, a livello regionale programmare, coordinare e raccordare con opportuni strumenti sono i mezzi per consentire alla nostra istituzione di rispondere in tempi accettabili che non siano quelli del pallottoliere.
La nostra proposta parte dalla constatazione che, rispetto a processi di emergenza transitoria, occorre rispondere con strumenti di emergenza e di transitorietà. Sul piano delle realizzazioni edilizie l'art. 56 della legge n. 56, immaginando che si possano fare soltanto condomini in cemento armato o baracche, è superato perché tra un condominio in cemento armato e le baracche ci sono delle situazioni che stanno in mezzo.
Collega Chiezzi, la nostra proposta di legge non norma in modo diverso le tettoie e le baracche, ma introduce delle strutture che, per loro natura, devono rispondere a delle esigenze che hanno un tempo determinato in attesa di poter rispondere in via definitiva alle stesse esigenze all'interno di un quadro urbanistico progettuale più compiuto. Se lo strumento che suggeriamo all'attenzione del Consiglio regionale fosse stato pensato per tempo, la vicenda sulla quale stiamo discutendo non sarebbe avvenuta, perché, anziché voler mascherare con una tettoia una struttura espositiva transitoria, determinata a chiudere il suo ciclo in un arco di tempo definito, questa sarebbe stata presentata nella sua chiarezza. Quando però la legge regionale considera come unici contenitori autorizzabili quindi realizzabili oltre a quelli soggetti a concessione, le baracche e le tettoie, è ovvio che si debba chiamare baracca e tettoia una cosa che tale non è.
Sono convinto che quanto più andremo avanti nel tempo, tanto più il tempo stesso si ridurrà e i processi diventeranno più accelerati e quindi si avrà sempre più bisogno di strutture destinate ad essere utilizzate per un tempo inferiore.
In occasione dei Mondiali del 1990 a Torino ci sarà sicuramente l'esigenza di realizzare dei contenitori destinati a vivere per il tempo della manifestazione. Allora come li chiameremo? Baracche, tettoie? No. Li chiameremo per quello che saranno: strutture espositive temporanee che dureranno il tempo che la Città di Torino riterrà di farle durare per esporre ai visitatori che verranno dal resto d'Italia e dal resto dell'Europa in occasione delle partite internazionali. Cessata quella esigenza transitoria, il contenitore verrà distrutto.
Ovviamente, nel nostro progetto di legge abbiamo suggerito che questa procedura, proprio perché ha all'interno non soltanto una valenza edilizia ma anche una valenza di governo, non può essere evidentemente ricondotta al mero fatto edilizio, cioè al rilascio di un'autorizzazione, ma deve essere ricondotta a un atto di governo e quindi alla convenzione, che è di competenza del Consiglio comunale.
Questa mattina è stato fatto un accenno in qualche misura malizioso ai problemi di natura finanziaria.
Cari amici, attenzione. La concessione si distingue dall'autorizzazione non perché è uno strumento di governo edilizio più sofisticato, ma perch ha natura completamente diversa. La natura della concessione consiste nel fatto che attribuisce al titolare della stessa il diritto di costruire insediandosi sul fondo attraverso l'immobile. Allora, se immaginiamo che le opere transitorie debbano avere la concessione, significa che le dobbiamo pensare in modo definitivo.
Qui si fanno i guasti: una funzione temporanea, che giustifica la concessione in funzione della destinazione temporanea, porta dietro di s una funzione impropria, perché il contenitore che ha determinato in capo al proprietario il diritto di costruire, pagato al Comune, evidentemente non può essere ceduto; non esiste infatti l'istituto del ritorno al Comune del diritto di costruire che rimane inglobato definitivamente nel fondo e nella proprietà dello stesso.
La nostra proposta di legge coglie lo spunto da questa situazione paradossale per cui, per consentire la continuità di una grande manifestazione, si deve procedere alla realizzazione di spazi propri che non possono essere definitivi perché vanno letti all'interno del progetto definitivo; non possono essere realizzati se non passando attraverso un meccanismo ipocrita, rischioso e magari illegittimo, com'è la definizione dello stesso in una tettoia. Questo ci fa toccare con mano il nostro ritardo come legislatori rispetto ai processi della società.
Sottoponiamo questa proposta all'attenzione del Consiglio nella sede propria della Commissione e chiediamo ai colleghi Consiglieri la disponibilità alla verifica e al confronto.
Faccio un esempio storico: la Tour Eiffel è nata a Parigi come struttura temporanea per esposizione. Se ci fosse stata l'esigenza della concessione edilizia e quindi la previsione del piano regolatore, la Tour Eiffel non sarebbe mai stata realizzata. Nessuno ha mai immaginato di fare della Tour Eiffel una struttura definitiva. E' stata pensata come momento di forte immagine, quando la si è vista sul territorio e nello scenario si è ritenuto di doverla considerare definitiva.
Avremo anche a Torino, nella nostra vita fisica, o quanto meno nella nostra vita politica che andrà con le nostre decisioni al di là della nostra vita fisica, qualche situazione in cui la capitale subalpina avrà l'esigenza di attrezzarsi rispetto a queste cose? Noi continuiamo a pensare che a Torino la Tour Eiffel non verrà mai costruita, perché per fare la Tour Eiffel o il faro delle Olimpiadi del 1996 dovremmo avere un piano regolatore che preveda le Olimpiadi e che all'interno delle Olimpiadi preveda su quel territorio una torre alta magari 50 metri con sopra una lampada a gas.
Se ragioniamo così, ho l'impressione che quel gap culturale in termini di rapportarsi ai processi della società, non lo colmeremo mai. Prendiamo atto che questi sono ritardi che derivano dalla nostra cultura, cioè dalla incapacità di parte della società civile e di buona parte della società politica di rapportarsi con i processi culturali, economici e sociali del proprio tempo, ma soprattutto con gli strumenti che li governano.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, svolgerò un breve intervento perché mi pare che la mozione presentata dal PCI ci richiami ad un problema certamente serio ed importante. La discussione sulla tettoia non è per tale da paralizzare l'attività del Consiglio comunale e del Consiglio regionale per troppo tempo. Il Comune di Torino ha fatto responsabilmente le sue scelte avvalendosi degli uffici comunali e di altri pareri. Non sono in grado di dare dei giudizi e di entrare nel merito. Il Comune ha fatto le sue scelte, qualcun altro sta verificando se si tratta di scelte corrette o non corrette. Per quanto ci riguarda dobbiamo soltanto chiedere che la Regione faccia valere il suo potere di vigilanza rispetto a questi problemi.
La Regione si sta muovendo con estrema prudenza e senso di responsabilità, come merita il fatto. Noi crediamo che occorra procedere sempre mantenendo fermo questa prudenza e attenzione.
Mi pare emergano alcune questioni. Una delle quali riguarda la legge n.
56 che necessita di alcuni emendamenti. Il Consigliere Marchini ne ha proposto uno, ma ce ne sono altri.
Le prescrizioni previste dalla legge n. 56 per l'approvazione dei Piani regolatori sono così complesse che spesso non si riesce ad integrare tutte le condizioni. Mi dicono che un tempo in cinque anni si riusciva ad avere il Piano regolatore approvato con legge dello Stato. Il Piano regolatore del 1959 è stato avviato nel 1955, quindi c'erano delle procedure più snelle che consentivano di fare qualche cosa. Credo che la legge n. 56 debba essere emendata anche se voglio riaffermare che l'emendare questa legge non significa fare venir meno alcuni principi fondamentali e centrali che devono essere a tutti i costi garantiti anche in sede di emendamento.
Consigliere Chiezzi, capisco che si cambi idea andando all'opposizione però criticare la Giunta del Comune di Torino perché non ha ancora neppure approvato la deliberazione programmatica, quando in realtà ne esiste una bozza, quella che stiamo esaminando dopo tre anni, non mi sembra corretto.
Il Consigliere Chiezzi sa, essendo stato Assessore comunale nel 1975, che in dieci anni sono stati approvati una deliberazione programmatica e forse il progetto preliminare di P.R.G., quindi è inaccettabile l'accusa di ritardo per non aver varato il Piano regolatore in tre anni, quando voi in dieci anni avete fallito questo stesso obiettivo. Mi si consenta di dire che ci sono dei meccanismi oggettivi che forse meritano di essere riesaminati. Credo che non serva fare della polemica.
Il vero problema che dobbiamo affrontare e quello relativo al centro fieristico. La scelta del Lingotto potrà essere criticata, potrà piacere e non piacere; è una scelta che è stata fatta nel 1984. Caro Chiezzi, vai a leggere i verbali del dibattito del Consiglio comunale che prefigurava una scelta di questo genere. Forse sarà stato per merito degli uomini Fiat.
Probabilmente dovremo discutere e approfondire il tema della società immobiliare del centro fieristico a cui partecipa la Regione.
Personalmente ho delle idee diverse. Non credo che la società immobiliare acquisterà i muri del futuro centro fieristico e che ad essa debba partecipare la Regione. La Regione può anche non partecipare. Non è decisivo. Il ruolo decisivo è nella partecipazione della società che gestirà il centro fieristico. Giustamente la Regione dovrà - l'avevo detto la volta scorsa quando parlavamo della società Promark - essere parte attiva, dovrà essere motore rispetto all'iniziativa della gestione del centro fieristico. La specificità, la nobiltà, il valore di testimonianza del Lingotto, dichiarate da parte di autorevoli forze politiche (e il Partito comunista l'ha confermato molte volte), di fatto avevano creato le premesse perché questa scelta fosse fatta.
Quello della tettoia è un fatto marginale, è uno dei problemi del Salone dell'Auto che è a sua volta un fatto prioritario e centrale rispetto a molti altri problemi della nostra città. Certamente è uno dei pochi aspetti che ancora fanno di Torino una città fieristicamente significativa ed importante. Ormai non c'è altro. E' l'interesse prioritario della Città e non della Fiat soltanto. Proprio questo interesse prioritario, che non può e non deve venir meno, deve essere di guida rispetto ad altre scelte.
La Giunta dovrà far valere il potere di vigilanza che le compete; per riteniamo che debba essere sempre valutato, rapportato e verificato rispetto all'interesse fondamentale della Città che è quello di non perdere il Salone dell'Automobile. Credo che l'ipotesi dell'esodo del Salone dell'Automobile da Torino sia meno lontana, meno irrealizzabile di quanto si pensi. Ci sono fortissime tentazioni e spinte perché questo avvenga, ma non dobbiamo assolutamente creare appigli o ragioni perché questo possa essere facilitato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Come il Consigliere Pezzana, sono stata chiamata in causa durante la mia assenza, quindi desidero ribadire la mia posizione a scanso di equivoci o di strumentalizzazioni della mia posizione e dei miei intendimenti su questa vicenda.
Dopo aver fatto parte del Consiglio comunale di Torino per dieci anni e dopo otto anni di Consiglio regionale del Piemonte credo di conoscere i problemi della mia città anche se non mi sono mai presentata come esperta di problemi di urbanistica. N' in tale veste mi sono posta quando mi sono rivolta all'Assessore Genovese, un rappresentante della maggioranza (nella quale mi riconosco) che ha la responsabilità dell'urbanistica, se le questioni erano da intendersi così come venivano poste dal collega Chiezzi ed evidentemente alcuni correttivi dovevano essere fatti, o se erano da ritenersi improprie e quindi da respingere, perché in questa sede non si possono usare toni ed espressioni denigratori nei confronti dell'attività personale dell'Assessore e della Giunta. In questa domanda non ci sono intenzioni polemiche o prevaricazioni rispetto al ruolo tecnico che i miei colleghi svolgono egregiamente, ma rivendico il mio diritto-dovere di Consigliere di contare per uno. In tutti questi anni non ho mai detto una cosa, pensato un'altra e fatto una terza. Appartengo ad una maggioranza, ma prima di tutto rispondo alla mia coscienza. Pertanto chiedo che l'Assessore e la Giunta diano delle risposte precise e puntuali. Mi auguro che siano positive per poter dare un voto favorevole e in piena coscienza. Se così non fosse, mi riservo di decidere con libertà di coscienza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Ho chiesto di prendere la parola su un punto che è di contorno e non di merito sulla questione del Lingotto rimarcando quello che era prevedibile venisse da parte dell'amico, Consigliere Pezzana, ancora una volta molto tempista nel sostenere la maggioranza nel momento in cui l'opposizione comunista critica la stessa.
Credo abbia ragione Pezzana quando sostiene che è scorretto prendersela con lui quando è assente. Visto che in questo momento è presente, riprendo quello che ha detto. Il Consigliere Pezzana dice spesso di volerci insegnare a fare opposizione, anzi, dice che noi non facciamo opposizione.
Questa mattina le sue battute suscitavano le risa di Lombardi e di altri Consiglieri democristiani che erano contenti perché Pezzana ci serviva di barba e capelli. Non vedo che cosa ci sia da ridere, intanto perché Pezzana non parla a caso, sa parlare e sa anche farsi capire. In sostanza ha detto alla maggioranza: "Non merita neanche prendersela con voi, me la prendo invece con i comunisti". E' chiaro che se la prende con noi perché ci ritiene interlocutori dei quali deve tenere conto. Questa mattina ci ha attaccati per il nostro passato dicendo che non vale prendersela con il presente.
C'è una strategia in questa opposizione all'opposizione rivelata nei momenti topici che abbiamo vissuto assieme per la centrale nucleare a Trino, allorché per fare opposizione all'opposizione Pezzana si eclissò.



PEZZANA Angelo

Ti confondi con Rivalta che era seduto qui vicino.



BONTEMPI Rinaldo

No, parlo di te.



(Interruzione del Consigliere Pezzana)



BONTEMPI Rinaldo

Mi vuoi confondere? Lasciami parlare, io non sono così veloce di cervello, se mi confondi perdo il filo, abbi pazienza!



(Interruzione del Consigliere Pezzana)



BONTEMPI Rinaldo

Nella discussione sulla sospensione dei lavori a Trino sei mancato più volte nei momenti cruciali. Anche in quel caso erano fatti tuoi, però è chiaro che ogni volta la maggioranza ha avuto qualche vantaggio.
Oggi si parla del Lingotto, questione specifica, e l'opposizione all'opposizione ha spostato i termini e reso comunque meno corale e meno forte un punto che anche tu hai ammesso essere giusto. Tutto questo non è fatto casualmente. C'è una strategia politica nel cercare spazio comunque a prescindere dal merito, attaccando l'opposizione nei momenti cruciali come dimostra la sproporzione dell'attenzione alle Giunte di sinistra e a quello che avrebbero fatto con la Fiat rispetto alle responsabilità di oggi di chi, si fa per dire, "governa". In realtà, questo modo di fare un puro gioco politico, a prescindere dai fatti, caro Pezzana, è figlio delle forme più bieche e peggiori della partitocrazia. La degenerazione dei partiti avviene quando per cercare spazio politico si organizza sulla testa della gente il gioco politico. Queste condizioni sono accompagnate ad una cosa sorprendente, molto contraria al metodo empirico, scientifico, al cosiddetto metodo laico che parte dai fatti, che cerca di recuperare nella complessa realtà il principio di distinzione, di comprensione dei fatti e di qui trae le deduzioni. Quello che mi stupisce da parte di un sostenitore di una cultura che del metodo laico, empirico e scientifico quasi di stampo anglosassone si è fatto un vanto. Questo è un concreto e ripetitivo vessillifero del peggiore integralismo che io abbia mai visto.



PEZZANA Angelo

Questo si chiama processo alle intenzioni.



BONTEMPI Rinaldo

Che tu sia abile, intelligente e anche brillante non lo contestiamo. Mi chiedo a che gioco stai giocando. Questa integrazione di integralismo e di gioco politico è chiarissima. Quando nel 1975 governavamo le Giunte ci ponemmo il problema dei rapporti con la Fiat partendo da due presupposti: non avevamo in testa l'a priori ideologico, pur essendo portatori di interessi di classi antagoniste alla Fiat, perché dovevamo governare per tutta la città. Dall'altra parte, sapendo che il confronto era molto difficile e avrebbe dovuto essere armato di contenuti di programmazione, di idee e di autorevolezza, tentammo di percorrere una strada da interlocutori forti, forti del voto, forti della democrazia che non era solo la nostra forza ma era anche quella di quest'aula e delle altre forze anche di opposizione. Forti di questo atteggiamento tentammo anche con la Fiat di affrontare alcuni grandi problemi con atteggiamenti tutt'altro che integralisti.
Ricordo l'operazione SAIM, 400 ville. E non era tanto distante dalla Fiat, c'era Umberto Agnelli che la sponsorizzava e che andò alla carica tante volte.
Nel 1978 avevo sul tavolo due dichiarazioni sulla lottizzazione SAIM che era autorizzata dalla Giunta Oberto. Quando istituimmo il Parco della Mandria, andando incontro ad un processo che forse non è ancora finito decidemmo giustamente di bloccare quella lottizzazione per il significato emblematico che aveva. Arrivammo ad uno show down (eravamo ancora nell'altra aula). Avevo sul tavolo due dichiarazioni, una per la crisi essendovi dei contrasti interni alla Giunta con i socialisti sul fatto di cedere o meno a quelle reiterate e continuative pressioni. Potrei ancora ricordare i 400.000 metri quadrati di ampliamento richiesti dalla Fiat pochi mesi prima dell'80 che, come dice Marchini, colsero tutti impreparati e le Giunte di sinistra in un estenuante difficilissimo rapporto contestarono puntualmente l'insensatezza di quell'ampliamento avendo di mira obiettivi come l'occupazione nel sud, che mantenemmo anche in quest'aula.
Non credo sia stato tutto giusto in questi rapporti. Credo che in questa linea, tenuta con grande rigore, ci siano stati anche degli zoppicamenti. Dovete però tenere presente il contesto.
Stava crescendo un clima, soprattutto dopo la sconfitta dei lavoratori alla Fiat nel 1980 sul terziario, sul futuro, sul superamento del comparto produttivo con una critica ai vincoli della programmazione, di fatto contro la programmazione. In tale clima, che era anche interno alla maggioranza dovemmo venir meno ad alcuni indirizzi. Ad esempio, la scelta (che io considero tuttora debole se non sbagliata) in ordine agli uffici giudiziari venne necessitata dal fatto che non ce la facemmo a sostenere la scelta di programmazione al Campo Volo, che, a nostro avviso, era più valida.
Per il Lingotto come andò? Ricordate il modo con cui una cultura dominante impose a tutte le forze politiche questo elemento come dire di grande rilancio al futuro? Oggi ci rendiamo conto di come stanno le cose.
In merito al Lingotto mi limito ad alcune brevi conclusioni. Al punto in cui stanno le cose e con tutti i dubbi che sono emersi, con un po' di coraggio varrebbe la pena di salvare solo l'essenziale e di considerare lucidamente che non si può far entrare a tutti i costi tutto il pensabile solo per valorizzare delle scelte fatte da altri, cioè dalla Fiat.
Mi avvio alla conclusione. Non vorrei essere nei panni dell'Assessore Genovese che conosciamo come persona giusta, coraggiosa, che tende a impersonare rettamente la figura del buon amministratore pubblico. Non vorrei trovarmi nei suoi panni perché le cose che diceva Chiezzi e le conclusioni a cui perveniamo con sforzi apprezzabili di fantasia non hanno trovato controdeduzioni. E' stato un pasticcio in una grande confusione politica, o meglio, un pasticcio in una arrendevolezza politica che è oggetto delle nostre denunce. Ci è stato detto che non ci rendiamo conto di quello che pensa la gente perché siamo politici che non parlano con la gente; ma io vado tra la gente, sono anch'io un politico della strada. Ho passato il pomeriggio di ieri sentendo la gente: il problema del centro espositivo è nelle preoccupazioni di pochi, ma nelle preoccupazioni di mia moglie o della signora che abita accanto o della portinaia o di quanti altri ci sono altre preoccupazioni, sono il lavoro, le condizioni di vita in questa città, sono i principi di equità, di giustizia e di fiducia nelle istituzioni, per cui fino a ieri la gente andava a votare mentre adesso quasi non ci va più. Sono questi i problemi.
Il centro fieristico è importante ed è giusto assumere una decisione.
Ma incomincio a preoccuparmi quando nei partiti, non solo nel mio, vengono convocate troppe riunioni per decidere se una strada debba andare di qua o di là. Mi pare che la politica debba investire altri problemi fondamentali.
In chiusura vorrei ricordare che c'è un'opposizione, che noi non riconosciamo democratica per ragioni storiche e che è rappresentata dal Gruppo missino che credo abbia fatto duramente l'opposizione, prima a noi e ora a questa Giunta, opposizione che, come non faceva sconti alle Giunte di sinistra, non fa gli sconti che fa Pezzana alla Giunta attuale. Per esempio, sul Lingotto si devono denunciare le grandi responsabilità del pentapartito e il Gruppo missino riconosce persino che nel periodo in cui eravamo in Giunta c'era più interlocuzione sul terreno programmatico e in certi momenti forse era anche possibile fare opposizione non nella confusione, perché c'erano proposte e soggetti che si assumevano le responsabilità.
Auspichiamo che la maggioranza tenga conto dell'ultima questione che voglio toccare. Dobbiamo parlare di più di Torino. Non abbiamo mai risolto completamente questo nodo, non l'avevamo risolto neanche noi. Quindi ben vengano queste discussioni, non per ripercuotere qui i problemi di altre maggioranze, ma perché è una questione di fondo. E mi auguro che il Sindaco di Torino sia invitato e partecipi alla dialettica istituzionale; è una garanzia di democrazia e di libertà. Questa garanzia noi intendiamo salvaguardarla attraverso questa strada e sul piano politico riportando la verità dei fatti. Noi stessi critichiamo il nostro passato, ma certo non accettiamo né l'integralismo né il gioco politico interessato e strumentale.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente e colleghi, intervengo sulla mozione presentata dal Gruppo PCI e in ordine al dibattito che si è svolto, limitatamente ad una parte delle valutazioni e dei problemi che sono stati sollevati; poi interverrà e integrerà per la parte più importante, non quella riguardante i compiti di vigilanza della Regione in ordine ad una vicenda particolare bensì sui problemi politici più complessivi, il Vicepresidente Vetrino. Non posso, però, limitarmi ad affrontare il problema specifico dell'autorizzazione rilasciata senza riferirmi alle osservazioni più generali in materia urbanistica e territoriale. Altrimenti si correrebbe il rischio di svolgere in questa sede un confronto limitato solo a valutazioni che richiamano competenze istituzionali della Regione e su cui bisogna dare risposte precise, nette e puntuali, tralasciando problemi complessivi di governo.
Accetto quanto ha detto il Consigliere Marchini nel richiamarci alle responsabilità che sono proprie della Giunta e lo ringrazio per l'invito rivolto a non farsi suggestionare nelle decisioni dal confronto politico più generale che in aula si svolge.
Però intendo aggiungere - e credo che il Consigliere Marchini mi comprenda per la sensibilità politica che lo contraddistingue che mi parrebbe riduttivo, incompleto e deviante rispetto alla situazione che dobbiamo valutare, limitarci ad una considerazione puntuale di un problema pur così importante e difficile senza richiamare come ormai le difficoltà della Regione a livello istituzionale nascano da una carenza di governo complessivo dei problemi della nostra società regionale e in particolare dell'area metropolitana. Questa è una condizione che dovremo sempre più fronteggiare in futuro.
E' vero che il Comune di Torino sta faticosamente affrontando il percorso per darsi un nuovo Piano regolatore generale, non si sa bene come coordinabile con i problemi dell'area metropolitana e con gli strumenti urbanistici generali degli altri Comuni; ed è vero, e lo approfondirà la collega Vetrino, che intendiamo riprendere immediatamente, e procedere rapidamente alla definizione del Piano territoriale definitivo dell'area di Torino.
Ma è pur certo che comunque passeranno ancora anni prima che la strumentazione urbanistica generale nell'area metropolitana e gli strumenti di pianificazione territoriale possano dare un quadro accettabile di indirizzo e di governo delle trasformazioni urbanistiche e territoriali dell'area metropolitana stessa.
Allora in questa situazione, in una società che ha conosciuto intensi processi di riconversione industriale e anche di obsolescenza rapida dei servizi, vi è un'esigenza cui bisogna dare una risposta, per consentire alle istituzioni di governare un processo di riconversione fisica territoriale dell'area metropolitana di Torino: occorre cioè definire procedure, modalità e processi intermedi che, in assenza di una strumentazione complessiva, dobbiamo contrattare tra livelli istituzionali diversi, definendo "regole del gioco" transitorie di riferimento.
Oggi parliamo del Lingotto. L'altro giorno al Comitato Urbanistico Regionale abbiamo dovuto affrontare il problema, a cui si riferiva anche il Consigliere Bontempi poco fa, del Palazzo di Giustizia; si preannuncia il problema della trasformazione in centro commerciale della Snia-Viscosa. Si inaugura a Settimo il grande supermercato; è in discussione, solo per richiamare le cose di questi giorni, la destinazione del Campo Volo con situazioni di difficoltà politiche che coinvolgono altri livelli istituzionali, non solo i nostri, e i rapporti fra diversi livelli istituzionali di governo dell'area metropolitana; si preannunciano trasformazioni e interventi importanti nell'area della Pellerina, a Venaria, a Grugliasco e un po' in tutta l'area metropolitana. C'è l'esigenza quindi di avere un orientamento e di definire delle regole, sia pure provvisorie e intermedie, di decisione e di gestione dei processi di trasformazione in atto e richiesti, perché altrimenti sempre più la Regione si limiterà ad un ruolo di terminale finale rispetto ai problemi e alle decisioni riguardanti l'area metropolitana: cioè, ad un ruolo passivo e burocratico, di controllo e di vigilanza sempre più arduo di fronte all'esigenza contrapposta del rispetto non eludibile delle regole e delle normative generali, in assenza di strumenti specifici di intervento e l'esigenza della società di procedere a trasformazioni (oggi è la Fiat domani saranno altre iniziative) che sono imposte dalle necessità di adeguamento e di evoluzione che stiamo vivendo.
Ed allora credo, e poi ci tornerà la collega Vetrino, che alcune cose vadano fatte.
Per quanto riguarda l'Assessorato all'urbanistica qualcosa ho proposto e in questa occasione ritengo di doverlo dire. Ho evidenziato, come prima urgenza, quella di procedere subito, trovando procedure nuove poiché non abbiamo più i Comitati comprensoriali e l'area metropolitana è una realtà istituzionale particolare per il peso dei governi che all'interno della stessa operano, allo studio della proposta definitiva di Piano territoriale, raccordandolo anche temporalmente con l'attività di studio e di definizione degli strumenti urbanistici generali di Torino e degli altri Comuni dell'area metropolitana. Ciò per cercare di darci degli indirizzi generali entro i quali poter inscrivere (sono d'accordo con Marchini su quanto ha espresso senza però entrare nel merito della proposta di legge presentata che è limitata ad un comma dell'art. 56 della legge n. 56) una capacità di governo transitorio dei processi di trasformazione pur non disponendo di strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale adeguati. Ciò vuol dire, pur non essendo tra i fautori, come si dice oggi della pianificazione contrattata, che si debbono immaginare strumenti di collaborazione - le convenzioni e le intese - sufficienti a garantire un controllo pubblico rigoroso ma intervenendo con strumenti eccezionali richiesti dalla straordinarietà dei problemi che dobbiamo affrontare all'interno dell'area metropolitana.
Personalmente credo (non volendo essere polemico e neanche passare per un giacobino, dico quello che penso e basta) che stiamo vivendo il secondo tempo di una decisione - mai assunta solennemente ma che c'è stata - della Regione a fronte delle difficoltà di decisione riscontrate nella realtà metropolitana e per il Comune di Torino in materia di pianificazione urbanistica e territoriale. Infatti, proprio per Torino si decise, dando una interpretazione della legge n. 56, poiché di interpretazione si tratta che era possibile procedere all'approvazione di varianti parziali anche in assenza di un Piano regolatore generale adeguato ai contenuti della legge n. 56.
Fatta questa scelta, che ripeto non è stata mai solennemente celebrata ma nei fatti è avvenuta, la pressione non più contenibile delle trasformazioni in atto e che caratterizzeranno ancor di più la vita dell'area metropolitana porta a dare risposte rischiose con strumenti inadeguati e sovente impropri.
Ritengo quindi che sia giusto il richiamo ad una capacità forte di governo e di raccordo con altri livelli istituzionali e con la società.
Questo è il problema vero. Non è solo il problema del centro fieristico di Torino poiché altri grossi problemi si presenteranno all'attenzione e alla decisione del Consiglio regionale; il problema che abbiamo di fronte è quello del recupero di una credibilità e di una capacità di governo del sistema pubblico complessivo. Non mi sorprendo per le pressioni che provengono dalla società, che hanno una loro giustificazione e sono comprensibili; incomincio invece ad essere sconcertato per la nostra difficoltà ad essere interlocutori reali, capaci di guidare o di compartecipare alla guida dei processi di mutamento che sono intervenuti e caratterizzano la nostra società.
Veniamo ora al problema dell'autorizzazione relativa alla copertura del cortile quarto del Lingotto.
La collega Bergoglio mi ha rivolto un invito. Se nel rispondere il 10 dicembre ad un interrogativo analogo posso essere sembrato sommario e scortese, di ciò mi scuso; ma di fronte a una domanda lapidaria che mi era stata rivolta e che oggi viene ripetuta in aula dalla collega Bergoglio, e cioè: "E' vero o non è vero quanto ha espresso il collega Chiezzi?", mi ero permesso di dire che, purtroppo, non era un problema di verità. Ancora oggi non so dire se tutto è vero. Se fossi capace di dire su questi problemi qual è la verità e soprattutto fossi capace di convincere quelli che mi stanno attorno, probabilmente la decisione sarebbe stata più semplice. Il nodo è proprio qui: non c'è un problema di verità, ma una dura difficoltà a capire e a decidere. Per qualcuno dovrebbe prevalere una interpretazione restrittiva della legge, delle norme e degli strumenti urbanistici del Comune di Torino, con tutta la successione di varianti che si sovrappongono creando difficoltà interpretative; da parte di altri in quest'aula e nella Giunta si propende invece per un'interpretazione più larga, al limite rischiosa, per garantire che in ogni caso non si mette in discussione la possibilità di svolgimento del Salone dell'Automobile.
Ci sono letture diverse della norma e ne discende una difficoltà che ha posto l'esigenza di evitare un'interpretazione facile delle norme, ma anche di evitare, se possibile, il trasferimento del Salone dell'Automobile da Torino. Si è cercato di verificare se sono conciliabili il rispetto delle norme e la possibilità che in termini transitori e temporanei (secondo un processo che l'Amministrazione comunale di Torino ha avviato dal 1984) siano utilizzati i locali del Lingotto per attività espositive.
Però so che siamo arrivati al momento in cui una decisione deve essere assunta. Il 10 dicembre ho cercato di esporre una prima valutazione mia e dell'Assessorato precisando (l'ho ripetuto la settimana dopo) che allo stato degli atti, a quel momento, ritenevo di non essere in grado per scrupolo di impegnare la maggioranza (attraverso la votazione di documenti che avessero carattere di definitività della valutazione) o la Giunta stessa e aggiungendo che su questi problemi ritengo che si possa sbagliare nelle interpretazioni che si danno. In quella sede avevo richiamato un'interpretazione dell'art. 56 della L.R. n. 56 del 1977 che non è solo mia. L'art. 56 indica delle tipologie, ma fa riferimento a due elementi: la temporaneità certa (a cui l'autorizzazione che consente la realizzazione di un'opera non permanente deve essere vincolata) e la non compromissione del suolo, nel senso che in ogni caso l'intervento soggetto ad autorizzazione deve consentire un ripristino dell'area alla situazione "quo ante". Queste cioè sono le due condizioni generali alle quali non se ne possono collegare altre: la temporaneità e la possibilità di riportare i suoli allo stato precedente, al termine della validità dell'autorizzazione.
Sotto questo profilo avevo già detto allora che in ogni caso (mi riferisco anche a quanto detto dal Consigliere Chiezzi questa mattina) la temporaneità non era precisata all'interno dell'autorizzazione, in quanto non si trattava di una temporaneità certa e definita bensì vincolata ad una scadenza aleatoria e non contestuale all'atto, che rinviava all'approvazione del piano particolareggiato e comunque non oltre una certa data. Avevo quindi già fatto rilevare che mancava questo elemento caratteristico dell'autorizzazione ai sensi dell'art. 56. Avevo altresì aggiunto, facendo riferimento alle tecnologie e non tanto al fatto che questa struttura fosse definita "tettoia", che la stessa appare temporanea pur in termini non ben definiti, e che presenta le caratteristiche dell'amovibilità. Non c'è nessuna difficoltà a rimuovere questa struttura cosa che del resto oggi non rappresenta più un problema per le tecnologie costruttive impiegate.
Un altro elemento che rende complessa la valutazione è che congiuntamente alla realizzazione di questa struttura temporanea si prevedono altre opere collaterali che realizzano un intervento complessivo che va al di là della struttura temporanea di copertura del cortile con la integrazione nell'ambiente esistente edificato delle nuove strutture. Ho fatto ciò che il Consigliere Chiezzi questa mattina ricordava, anche se continua a scrollare la testa, per ora sto solo richiamando cose che ho già detto e quindi non ho dato ancora nessun giudizio.



(Interruzione del Consigliere Chiezzi)



GENOVESE Piero, Assessore all'urbanistica

Il 22 dicembre (cinque giorni dopo la terza discussione in aula e la votazione del documento di maggioranza) il Servizio e l'Assessorato hanno scritto, sviluppando l'attività di vigilanza, al Sindaco di Torino chiedendo la certificazione dei parametri urbanistici e delle destinazioni d'uso consentite dall'insieme degli strumenti urbanistici e delle loro varianti vigenti in Torino, mentre è vero che non si è invece accennato nella lettera al problema dell'assenza di una temporaneità certa nell'autorizzazione. Questo volutamente perché anche se il giudizio era già stato anticipato in aula, in quella sede non andavamo ancora ad esprimere un giudizio sull'autorizzazione, ma chiedevamo solo informazioni generali all'Amministrazione comunale per proseguire l'esame sulla base di certificazioni precise e non solo delle prime verifiche fatte dall'Assessorato regionale. Il Sindaco ha risposto con una lettera (che certifica quanto richiesto anche se, essendo discorsiva, richiede qualche approfondimento) pervenuta in Regione il 16 gennaio; non la illustro perch non ho molto da aggiungere all'illustrazione fatta dal Consigliere Chiezzi al quale certamente non l'ho fornita, come non ho fornito altre lettere spedite dalla Regione ai Comuni. Non so se il collega abbia avuto anche quella personale che ho allegato alla richiesta di notizie al Sindaco, per rendere meno dura la lettera scritta dai Servizi che aveva un tono burocratico. Riteniamo si possa sostenere (e ciò il Servizio l'aveva già detto ed è certificato al Comune) che sono di massima rispettati per questo intervento i parametri edilizi ed urbanistici e che non appare incompatibile la destinazione d'uso, peraltro già ammessa da una precedente amministrazione dato che il quarto cortile, lato presse, ancorché non esisteva nel protocollo d'intesa e nella cartografia allegata allo stesso né all'interno della deliberazione comunale la previsione di copertura veniva indicato come spazio a destinazione temporanea espositiva sulla base della strumentazione urbanistica e della normativa vigente nel Comune di Torino. Questa interpretazione mi è stata data anche dai Servizi regionali come possibile e corretta, compatibile con la destinazione d'uso principale, ai sensi delle vigenti norme di attuazione; per questo aspetto mi sento, assumendo la mia parte di responsabilità, di sostenere l'interpretazione data perché confortata dal parere degli uffici regionali nonché dall'interpretazione di due diverse Amministrazioni comunali (nel 1984 e nel 1987) che si sono succedute alla guida del Comune di Torino.
Il problema è che se questo non si fosse verificato non si discuterebbe neppure, caro Chiezzi, e questo lo sai quanto me; se non esistesse infatti conformità urbanistica non si potrebbe dare un bel niente, n l'autorizzazione né la concessione, perché sia l'autorizzazione sia la concessione onerosa devono essere conformi agli strumenti urbanistici per quanto riguarda le destinazioni d'uso ammesse e per quanto riguarda il rispetto dei parametri urbanistici edilizi di trasformazione. Quindi o regge questa interpretazione o, caro Chiezzi, tu devi dire che nel 1984 e nel 1987 il Comune ha sbagliato, che le destinazioni d'uso sono diverse che non si deve dare neanche la concessione e non solo che è sbagliata l'autorizzazione. L'interpretazione che tu dai conduce alla conseguenza immediata che non era possibile dare neanche la concessione e che quindi bisognerebbe annullare o il Comune di Torino dovrebbe revocare l'autorizzazione e non potrebbe rilasciare la concessione onerosa.
Ciò premesso devo fare alcune precisazioni. L'esercizio delle funzioni di vigilanza da parte degli uffici regionali è di fatto terminato. Da alcuni giorni sto discutendo con i responsabili dell'Assessorato per definire con esattezza (e qui rispondo anche alla collega Bergoglio) quale decisione debba essere assunta in questa situazione di difficoltà. Ahimè credo che la collega Bergoglio e gli altri colleghi possano comprendere che, al di là del conforto, che in qualche misura c'è, della collegialità in ordine a compiti istituzionali e non politici qui ha ragione il Consigliere Marchini - che attengono alla Giunta, le decisioni non sono facili perché alla fine bisogna prenderle da soli.
In assenza di strumenti di disciplina e di indirizzo generale della pianificazione territoriale e delle trasformazioni urbanistiche nell'area di Torino, è difficile operare ogni scelta essendo scontato che occorre prima di tutto assicurare il rispetto delle norme.
Posso assicurare i colleghi che non ho nessuna intenzione, per quanto mi riguarda, di decidere in termini che siano contrari alla mia coscienza.
Capisco quello che tu dici, collega Bergoglio, perché anch'io in altri momenti come Consigliere regionale ho assunto posizioni simili a quella che tu hai assunto a titolo personale essendone convinto in coscienza; quindi ho grande rispetto per le posizioni che tu hai assunto e credo anch'io che ci sono dei momenti in cui ognuno risponde per se stesso, al di là dell'appartenenza ad un Gruppo o ad una maggioranza. Cercherò anch'io di decidere in coscienza. Il Servizio ha di fatto concluso l'attività di vigilanza. Martedì prossimo trasmetterò alla Giunta l'opinione del Servizio Vigilanza dell'Assessorato e la mia opinione personale dato che si è ritenuto da parte del Presidente e di altri colleghi che in ogni caso la rilevanza del problema e l'importanza della decisione che deve essere assunta richieda un momento di riflessione collegiale della Giunta. Con questo devo dire però - e lo dico con tutta tranquillità - senza anticipare i contenuti del parere del Servizio a seguito dell'attività di vigilanza svolta, che il parere sarà accompagnato dalla espressione della mia opinione personale.
In questo momento non posso entrare nei contenuti di una decisione che la Giunta mi ha chiesto di valutare collegialmente. Per onestà rispetto al Consiglio aggiungo alcune considerazioni.
Sono convinto che per configurare un'autorizzazione ai sensi dell'art.
56 in una condizione di difficoltà qual è questa, in cui come sempre siamo coinvolti solo per atti di controllo, dobbiamo considerare alcuni elementi: l'autorizzazione deve comunque essere temporanea, deve riguardare un intervento che consenta il ripristino, al termine della validità della situazione precedente. In questo caso siamo in presenza di una struttura temporanea che non è la tettoia o la baracca della legge n. 56; e per considerare legittima l'autorizzazione occorre vedere se regge l'interpretazione secondo cui i contenuti essenziali sono la temporaneità delle strutture, la scadenza certa, il ripristino alla situazione precedente. Il ripristino è una condizione in questo caso non derogabile anche perché assieme alla tettoia si sono realizzati abbattimenti di tamponature interne, che hanno realizzato un ambiente più vasto, quasi un corpo unico di superficie espositiva.
Rimangono delle perplessità e sarebbe certamente più tranquillizzante se non ci fossero conseguenze gravi, indicare la necessità di una concessione. Credo con ciò di non dire niente di strano.
L'altro aspetto che in una autorizzazione non può essere previsto è che al termine possa trasformarsi in concessione automaticamente. Non può cioè esistere nessun'altra condizione collaterale. Se su quell'area e su quegli immobili si prevedranno diverse trasformazioni, occorreranno una diversa strumentazione urbanistica generale e strumenti esecutivi, ma queste trasformazioni non possono essere già precostituite oggi attraverso condizioni collaterali agli atti autorizzativi assentiti. Queste sono comunque cose che devono essere viste nel contesto di eventuale accettabilità dell'autorizzazione per un intervento di natura temporanea.
Il Comune, in termini discutibili con riferimento alla legge, ma che sono comprensibili, si è posto il problema di non pregiudicare con atti definitivi la trasformazione di un'area e di un immobile che ha comunque un'importanza strategica per Torino e per l'area metropolitana. Resta ora alla Regione, che non è stata preventivamente confrontata, valutare definitivamente se gli atti compiuti sono legittimi.
E' dovuta un'ultima precisazione. Non siamo ancora di fronte ad una nuova deliberazione programmatica del Comune di Torino; per ora esiste un'ipotesi tecnica di deliberazione programmatica, che deve essere ancora vagliata dall'Amministrazione e sottoposta a un confronto da cui uscirà la deliberazione programmatica per il nuovo Piano regolatore generale comunale. L'ho potuta vedere solo sommariamente. Del Lingotto si parla in alcuni punti in ordine ad alcune possibili trasformazioni e ad alcuni ipotizzabili insediamenti di attività culturali o terziarie. Ma è vero che il Lingotto non è compreso tra le aree principali di riqualificazione delle aree dismesse o da dismettere per attività terziarie, fieristiche e commerciali.
In ogni caso, non sulla vicenda di oggi, su cui la Giunta rassegnerà le determinazioni definitive, ma nella prospettiva dell'esame che prima o poi dovremo fare (mi auguro non solo in termini di controllo e di verifica urbanistica) si deciderà sulle proposte definitive relative alle destinazioni d'uso e ai servizi del complesso Lingotto. Dovremo chiedere al Comune di Torino che alla nostra volontà di riprendere il cammino per dotarci del progetto definitivo di Piano territoriale dell'area metropolitana consegua una collaborazione convenzionale e politica con Torino e con i Comuni della cintura tale da consentire una valutazione complessiva da parte di più soggetti istituzionali e di altri soggetti all'interno della quale inscrivere le tappe e i processi di avvicinamento alla costruzione di un sistema di pianificazione territoriale e di pianificazione urbanistica, che non sarà operante nel giro di pochi mesi forse neppure di pochi anni.
Cercheremo di muoverci su queste linee. Comunque, le determinazioni alle quali è pervenuto il Servizio regionale e le mie personali valutazioni, che peraltro sono largamente coincidenti con le valutazioni dei Servizi dell'Assessorato, saranno portate all'attenzione della Giunta nella prossima seduta per le determinazioni che la stessa vorrà e dovrà assumere, dopo l'esame collegiale che è stato richiesto.



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente della Giunta regionale, Vetrino.



VETRINO Bianca, Vicepresidente della Giunta regionale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, cercherò di essere breve nello svolgere il mio intervento che per la verità mi è facilitato dall'intervento del collega Genovese.
Aggiungo alcune considerazioni alle tante articolate e circostanziate già portate da Genovese sia perché la mozione oggi all'o.d.g. attiene alle responsabilità della Giunta che riguardano la programmazione economica e la pianificazione territoriale, sia perché molti colleghi si sono riferiti a questi aspetti.
Il dibattito ha preso l'avvio da un intervento che si colloca nel transitorio: tettoia o copertura, come indicato ieri nella richiesta fatta dall'azienda al Comune, per dare l'opportunità di svolgere al Lingotto il prossimo Salone dell'Automobile. Sono stati sollevati dei problemi di carattere più generale e politico intravedendo in questa trasformazione urbanistica un'operazione di rilievo comprensoriale e regionale.
Mi sembra che la premessa della mozione del Partito comunista parta da questa considerazione.
Se è vero che a tutt'oggi la Regione non dispone di atti definitivi (per quanto definitivo possa essere uno strumento di pianificazione o di programmazione) adeguati all'importanza degli argomenti dei quali si discute, è però vero che con la proposta di Piano di sviluppo 1987/1990 sono state fissate le linee di strategia territoriale e progettuale di rilevanza regionale rispetto alle quali un'operazione come il Lingotto pu essere valutata.
Approfitto dell'occasione per dire che il Piano di sviluppo non è un argomento fantasma come è stato definito l'altra volta. Il Piano di sviluppo è un documento che è stato presentato dalla Giunta alla fine del 1986, è stato sul tavolo dei Sindaci del Piemonte; è stato circa un anno nella Commissione consiliare competente, quindi i Consiglieri che ne fanno parte hanno potuto prendere visione dell'iter del Piano, che si è discusso in una seduta apposita della Commissione, presente la Giunta; in quella sede sono state indicate le linee per un suo adeguamento, e questo sta avvenendo alla luce del programma approvato dalla nuova maggioranza il 29 luglio 1987 e alla luce delle considerazioni, delle valutazioni, delle polemiche, delle critiche, delle osservazioni, delle contestazioni e anche per fortuna, di qualche consenso attorno alle linee indicate dal Piano venuti nel corso delle consultazioni.
Nel capitolo del Piano regionale di sviluppo che attiene alle linee di organizzazione territoriale regionale vengono individuati non soltanto gli obiettivi di fondo con l'impianto delle grandi infrastrutture esistenti e con il sistema delle tre dorsali di comunicazione, ma viene espressa la volontà politica della Giunta "di non essere costretta a rincorrere un processo di crescita condotto autonomamente dall'insieme degli operatori" sono parole del Piano - privati o pubblici che siano, ma più realisticamente riconoscere che il moto spontaneo della società e del sistema economico deve essere assecondato entro i limiti della imprescindibile tutela dell'interesse collettivo che appunto compete all'iniziativa pubblica. Questi indirizzi sono parte integrante della proposta regionale del Piano di sviluppo, ma si ritrovano anche nell'accordo politico e programmatico, sottoscritto circa tre anni fa dalla Regione, dalla Provincia e dal Comune nel documento di intenti nel momento dell'avvio delle Giunte di pentapartito. Accordo che sul piano amministrativo - come ha detto poco fa l'Assessore Genovese - nella fattispecie della tettoia al Lingotto si è sviluppato senza il necessario coordinamento se è vero che della "vicenda urbanistica" la Regione se ne è occupata a posteriori soltanto nel suo ruolo di esercizio di vigilanza.
Credo che quello della difficoltà dei rapporti sia una problema vecchio. Il Consigliere Bontempi questa mattina con molta sincerità ha ammesso essere stato un problema di tutte le Giunte che si sono avvicendate al governo della Regione Piemonte. La omogeneità della formula politica non ha mai favorito questo raccordo e non l'ha mai risolto, lo dico visto che in questo momento stiamo facendo dell'autocritica.
Non v'è dubbio che il problema del Lingotto rappresenta un punto strategico per la ridefinizione, il ridisegno urbanistico della città e della regione.
Questo grandissimo contenitore con più funzioni, da quelle congressuali e fieristiche a quelle di ricerca per l'Università, può offrire importanti opportunità per lo sviluppo socio-economico della Regione.
Ma la risposta che la Giunta regionale deve dare, non soltanto alla mozione del PCI, non soltanto ai Consiglieri, ma anche alla società piemontese, non può essere una risposta di tipo burocratico, quella cioè che potremmo dare ai sensi della legge urbanistica o ai sensi della legge sulle procedure della programmazione, perché se così fosse, potrei dire che esiste il Piano regionale di sviluppo, che esiste lo schema di Piano comprensoriale che non è ancora definitivo che per il Lingotto grosso modo qualcosa diceva. Parliamo di un documento che il Consiglio ha approvato nel 1985, che è stato predisposto dal Comprensorio negli anni 1982/1983. Il centro fieristico non era previsto in quel momento nell'area Lingotto, era previsto addirittura a nord della città, quindi c'erano delle altre soluzioni. Sono però cambiate le condizioni e, nel giro di sette-otto anni si può anche pensare che uno schema di Piano possa essere aggiornato.
Come i Consiglieri sanno, di fronte alla legge n. 431, abbiamo scelto di procedere per tappe e, prima di dare valenza paesistica, perché il piano non c'era, abbiamo dovuto fare uno stralcio paesistico per quanto riguarda la città di Torino. La tappa successiva sarà sicuramente il Piano territoriale comprensoriale. Come diceva l'Assessore Genovese probabilmente oggi si intravede l'esigenza di disporre di uno stralcio di piano territoriale per l'area metropolitana torinese, per gli interventi che si vanno determinando, per le ipotesi di soluzione che Torino e altri Comuni della cintura torinese stanno predisponendo sul territorio.
Ci viene sollecitato essenzialmente un ruolo politico di coordinamento e di raccordo che, francamente, è di fatto ineludibile.
La Giunta comunale e la Giunta regionale stanno operando seppure con molte difficoltà. Non ho nessuna difficoltà a dire che il 9 luglio ho scritto al Comune di Torino per rappresentare l'esigenza di un incontro congiunto tra coloro che stavano studiando il Piano regolatore generale comunale e coloro che avevano avviato le operazioni di stralcio paesistico per valutare insieme gli interventi e le intenzioni e quanto è possibile raccordare.
Nel Piano regionale di sviluppo abbiamo anticipato questi indirizzi affinché rappresentassero una base di confronto con il Comune di Torino e con gli indirizzi della cintura. Nel Piano di sviluppo viene detto che la capitale del Piemonte può diventare una città di relazioni o una città di scambi anche attraverso una miglior qualificazione, per esempio, nel campo delle fiere raccordandola con tutti gli altri centri che potranno nascere quindi è indicato un centro congressi nel quale Torino e la Regione possono basarsi per attivare delle rilevanti correnti di turismo; non abbiamo detto di aver scelto il Lingotto, abbiamo però ravvisato l'esigenza che la Regione disponga di punti per esposizioni e per congressi diversi da quelli dei quali disponiamo ora. Quando dovemmo ospitare 2.500 Sindaci d'Europa fummo costretti a cacciarli nella sede fredda e inospitale del Palazzo delle Esposizioni e ci vergognammo perché noi eravamo stati ospitati in palazzi di altra dimensione e di altro prestigio. Quel centro è servito e continuerà a servire per altri momenti espositivi, ma se dobbiamo pensare a momenti più qualificati, dobbiamo pensare ad un centro regionale, che potrà essere o non potrà essere il Lingotto. Questo lo decideremo insieme.
Quando il Comune avrà finalmente approvato la deliberazione programmatica potremo avviare un confronto per la definizione delle scelte strategiche che riguardano l'area comprensoriale. Più volte abbiamo espresso questa disponibilità nei confronti del Comune, però finora questo è avvenuto sul piano tecnico, manca soprattutto un raccordo sul piano squisitamente politico.
In merito alla società di intervento per gli aspetti di progettazione e di gestione del complesso del Lingotto, credo sia ancora tutto da definire.
La Regione ritiene che la destinazione del Lingotto debba rispondere alle linee e alle strategie di interesse regionale. Gli aspetti amministrativi attengono alla responsabilità del Comune di Torino nel pieno delle sue prerogative di autonomia locale, ma è anche vero che gli atti sin qui prodotti e la deliberazione programmatica del Comune di Torino mi pare che non siano incompatibili con gli indirizzi del Piano regionale di sviluppo.
Il Sindaco di Torino ha ribadito nel corso degli incontri avvenuti tempo fa la sua volontà di raccordarsi con la Regione in particolare per la questione del Lingotto e più in generale per il necessario raccordo che tra i due enti ci deve essere.
Oggi abbiamo parlato anche delle deliberazioni rinviate che sono state riprese dal Comune di Torino. Il Sindaco nell'incontro avuto all'inizio della settimana ha comunicato l'intenzione dell'Amministrazione di riadottare quelle deliberazioni che, tutto sommato, possono apparire irrilevanti.
Rilevante è la necessità di attivare procedure di raccordo, come diceva l'Assessore Genovese, anche speciali, in attesa che pervengano gli atti approvati, visto che per la definizione di questi atti abbiamo impiegato molto tempo, e per lo schema di piano territoriale e comprensoriale impiegheremo altrettanto tempo; dunque, è tempo di definire procedure speciali che possano garantire il governo di questa materia non soltanto alla Regione. Sia anche un'occasione questa per garantire il massimo di conoscenza, di informazione e di trasparenza.
Dagli interventi di questa mattina questa esigenza è apparsa in tutta la sua evidenza. Per quanto riguarda la Giunta ci adopreremo perché questa sia la sede nella quale si perverrà a una decisione, per lo meno nella fase di elaborazione, di valutazione, di verifica e di confronto.
Il futuro del Lingotto, lasciando da parte per un momento la vicenda della tettoia, rispetto alla quale la Giunta martedì esprimerà le sue decisioni, è ancora in elaborazione e in definizione.
Molti colleghi hanno espresso la loro disponibilità a considerare il futuro del Lingotto, ma la Giunta non si è ancora espressa, non ha ancora valutato se il Lingotto sia il punto ideale per diventare un centro fieristico regionale. Mi pare che abbiamo ancora tempo per fare in modo che le intenzioni che oggi esprimiamo diventino realtà e per fare in modo che il dibattito avvenuto in quest'aula possa continuare affinché la decisione finale sull'utilizzazione di quel grande contenitore, che oggi appartiene già all'archeologia industriale europea e che racchiude in sé un valore sociale grandissimo, possa continuare ad esprimere anche nelle sue destinazioni future questi suoi antichi valori.



PRESIDENTE

Ho fatto distribuire l'ordine del giorno presentato dalla maggioranza.
La mozione del 26 febbraio assorbe quella del 19 gennaio 1988.
Pongo pertanto in votazione, in ordine di presentazione, la mozione n.
450 del Gruppo comunista, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte preso atto che il Comitato Regionale di Controllo, sezione di Torino, ha annullato le seguenti delibere del Comune di Torino concernenti la trasformazione urbanistica dell'area Lingotto per eccesso di potere, per contraddittorietà e per carenza di motivazione: deliberazione n.
8705185/09 'Società mista d'intervento per iniziative di progettazione costruzione e gestione del complesso Lingotto, Partecipazione della Città alla Società ed alla sua costituzione. Spesa L. 200.000.000.
Approvazione'; deliberazione n. 8705187/09 'Integrazione al protocollo d'intesa tra il Comune di Torino e la Fiat Auto S.p.A. per l'utilizzo temporaneo del complesso Lingotto. Approvazione' preso atto che il Co.Re.Co. ha annullato parzialmente per carenza di presupposti motivazionali la deliberazione del Comune di Torino n.
8705184/09 'Approvazione studio definitivo di fattibilità sulle aree Lingotto Dogana e mercati generali. Determinazione dell'Amministrazione' preso atto che il Sindaco di Torino ha rilasciato dichiarazioni alla stampa ed in Consiglio comunale secondo le quali: '...l'idea base per il recupero del Lingotto è salva. Per il resto rifaremo le deliberazioni' visto che la trasformazione urbanistica dell'area del Lingotto, sia per i contenuti sinora assegnati dal Comune di Torino in ordine alle funzioni da inserire nel complesso, alla loro natura e rilevanza qualitativa e quantitativa, sia per le modalità e gli strumenti che il Comune di Torino propone di costituire per realizzare e gestire l'operazione quali la società mista, è di rilievo comprensoriale e regionale ritenendo che tale trasformazione urbanistica non possa essere gestita dal solo Comune di Torino ma debba avere nel livello regionale la necessaria sede di indirizzo e coordinamento delle scelte di livello territoriale vista l'indagine avviata dalla Magistratura penale ritenendo illegittima l'autorizzazione edilizia n. 1597 prot. 1987/01 n.
4001 concessa il 20/10/1987 alla società Fiat per eseguire tettoia temporanea invita la Giunta regionale 1) ad attivare la procedura di annullamento dell'autorizzazione edilizia n. 1597 prot. 1987/01 n. 4001 del 20/10/1987 2) ad assumere immediate iniziative presso il Comune di Torino che consentano alla Regione di svolgere il proprio ruolo di indirizzo e coordinamento delle scelte e di partecipazione negli strumenti da predisporre per la trasformazione del Lingotto, riferendo periodicamente al Consiglio regionale e con i seguenti riferimenti: a) al fine di agevolare le funzioni di vigilanze previste dal titolo VII della L.R. n. 56/77 richiedere al Comune di Torino che venga tempestivamente inviata ai competenti uffici regionali copia di ogni autorizzazione e concessione edilizia rilasciata all'interno del complesso Lingotto b) discutere in Consiglio regionale il documento di inquadramento territoriale del comprensorio torinese cui riferire la questione della trasformazione urbanistica del Lingotto c) convocare, presso la Regione Piemonte, la Giunta del Comune di Torino per illustrare gli obiettivi di assetto territoriale, in coerenza dei quali saranno definite le funzioni tra loro compatibili che potranno insediarsi nel complesso Lingotto; riferire al Consiglio regionale i risultati degli incontri d) predisposizione, da parte della Giunta comunale, del Piano particolareggiato in termini coerenti con le previsioni della deliberazione programmatica del nuovo Piano regolatore e) formare la Società di intervento, con partecipazione della Regione solo successivamente all'approvazione del Piano particolareggiato prendendo tra i punti di riferimento l'art. 53 della L.R. n. 56/77 e la conseguente deliberazione del Consiglio regionale n. 438 approvata l'1/2/1979".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La mozione è respinta con 18 voti favorevoli, 31 contrari e 1 astensione.
La mozione n. 418 è pertanto da considerarsi superata.
Passiamo all'ordine del giorno n. 451 presentato dalla maggioranza.
Chiede la parola il Consigliere Rossa per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, signori Consiglieri, gli interventi attorno al problema Lingotto e le conclusioni del Vicepresidente Vetrino e dell'Assessore Genovese mi inducono ad intervenire rilevando lo sviluppo positivo che ha avuto il dibattito.
La maggioranza assume una posizione estremamente corretta, tenendo conto della necessità che, dopo tutte le ristrutturazioni occorrenti, si svolga l'attività del Salone dell'Auto che ha grande rilevanza nazionale ed internazionale. Dalla considerazione che occorre fare è nata una riflessione che a nome del Gruppo socialista vorrei esternare.
E' necessario raccogliere i propositi che sono stati espressi dall'Assessore Genovese e dal Vicepresidente Vetrino per rilanciare un più alto impegno di governo. Mi sembra che né da parte della maggioranza né da parte dei Gruppo non ci sia stata una posizione frenante, non si sia mai giocato su posizioni arretrate, ma si sia sempre giocato su posizioni avanzate.
Allora sarà necessario, dopo questo dibattito, girare pagina. Si è detto che la Regione deve essere in grado di avere una progettualità propria. Sta qui la capacità di governo, sta qui il profilo più alto che la Regione deve avere per realizzare un governo della Regione che non sia torinocentrico. Noi siamo perché il governo della Regione si estenda su tutto il territorio.
Sono stati individuati alcuni problemi. Il Vicepresidente Vetrino ha ricordato ciò che è scritto nel Piano di sviluppo che dovrà essere discusso. Sono andato a leggere che cosa lì è scritto.
Il Lingotto è un centro polifunzionale per l'innovazione comprendente tra l'altro, un centro fiere e congressi, spazi per la ricerca e per il terziario avanzato, spazi per le funzioni e per il supporto di queste attività principali. E' scritto: "L'intervento al Lingotto riveste per Torino un'importanza strategica per la riqualificazione di una vasta area a sud della città e per dotare la città stessa di strutture di primaria importanza per lo sviluppo dell'area metropolitana qual è un centro fieristico".
Si poteva evitare un dibattito così lungo. Comunque, questo dibattito non sarà privo di significato se verrà raccolta l'essenza di quello che è venuto in luce: lo stacco tra la nostra capacità di governo e le cose che avvengono. Allora dovrà essere compiuta molto velocemente una riflessione per poter recuperare ritardi e per coordinare l'intervento della Regione nelle iniziative che contano per rilanciare il Piemonte, un'azione che non sia soltanto limitata agli spazi entro i confini daziari di una città, ma che abbia una visione di carattere regionale. Credo che questo problema debba essere tenuto in considerazione, altrimenti qui non si sa bene chi vola alto e quali sono le ragioni che ci portano a volare alto e quali sono le difficoltà che si incontrano ogni giorno come quella che abbiamo incontrato adesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Il documento che viene sottoposto a votazione a noi pare reticente e pilatesco. Pilatesco nei confronti delle questioni istituzionali che sono emerse nel corso di questa discussione, alla quale ho potuto partecipare poco per contestuali impegni di Consiglio con una delegazione di disoccupati. Ma pilatesco anche nei confronti della questione di governo del territorio dell'area metropolitana torinese, data in appalto alla cosiddetta programmazione per progetti, in questo caso il Lingotto, intorno al quale ridisegnare un'intera area del capoluogo regionale. Un'intera area governata sotto l'egemonia culturale, prima ancora che urbanistica, manco a dirlo, della solita Fiat.
Avrei voluto poter discutere di questa vicenda in un contesto adeguato all'importanza dell'argomento: il Piano di sviluppo, che il collega Rossa avrà letto in non so quante versioni, ma che noi, il Consiglio, non abbiamo avuto modo nemmeno di vedere.
In secondo luogo, questo documento ci pare reticente poiché, se la concessione data per questa benedetta tettoia era davvero provvisoria avreste dovuto dire, Assessore Genovese e Vicepresidente Vetrino, la data in cui essa avrebbe dovuto essere smontata. Questo, dalla Giunta, non l'ho sentito dire; può darsi che non avendo potuto seguire con puntualità tutto il dibattito, questo passaggio che ritengo cruciale, sia stato sottolineato da altri colleghi.



BONTEMPI Rinaldo

Ti è sfuggito.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Se mi ' sfuggito, prendo atto volentieri di questo. Noi pensiamo infatti, che governare un'area decisiva quale ' quella torinese non possa avvenire mettendosi proni alle volontà dell'"avvocato". Volontà che non sono poi nemmeno tanto imperscrutabili, come tutta la vicenda del "centro fiere", con l'uso delle "scatole" annesse e connesse, ben dimostra.
Voterò contro a un documento che su questioni rilevantissime non ha detto parole chiare.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno n. 451 presentato dalla maggioranza, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale preso atto del dibattito conseguente ai documenti presentati in merito alle opere edilizie in corso di attuazione nell'area del Lingotto, ed in particolare all'autorizzazione edilizia n. 1597 rilasciate dal Comune alla Società Fiat richiamato l'ordine del giorno approvato dal Consiglio regionale il 17/12/1987 avuta presente la necessità di operare fattivamente per il mantenimento a Torino del Salone dell'Auto (in condizioni operative funzionali competitive rispetto agli altri saloni internazionali) la cui perdita costituirebbe un grave danno per l'economia piemontese u d i t e le dichiarazioni della Giunta, con particolare riferimento alle verifiche amministrative in atto ed ai ripetuti incontri avuti con l'Amministrazione comunale, anche alla luce dell'indagine giudiziaria in corso le approva invitando la Giunta stessa a riferire al Consiglio in ordine alle eventuali ulteriori determinazioni che ritenesse di dover assumere nell'esercizio delle sue precise competenze istituzionali".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 21 voti favorevoli, 16 contrari e 2 astensioni.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame proposta di deliberazione n. 757: "L.R. n. 55/84 - Impiego temporaneo e straordinario di lavoratori disoccupati in cantieri di lavoro di enti locali. Proposta al Consiglio regionale di delibera quadro ai sensi dell'art. 4"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora il punto 13) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 757.
Questa deliberazione è stata lungamente discussa ed è stata licenziata all'unanimità dalla Commissione competente.
Ha chiesto la parola il Consigliere Guasso. Ne ha facoltà.



GUASSO Nazzareno

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, prendo la parola solo per esternare una raccomandazione; il mio Gruppo poi esprimerà il giudizio sul voto alla deliberazione.
Volevo raccomandare all'Assessore e alla Giunta che nell'avviare la deliberazione per quest'anno ci fosse una segnalazione ai Comuni circa l'utilizzo delle strutture verso gli immigrati stranieri che abbiamo in Piemonte e a Torino.
I Consiglieri sanno che abbiamo messo in funzione la famosa legge.
Nella prima riunione della Consulta regionale sulle immigrazioni i rappresentanti dei lavoratori stranieri ci hanno chiesto di dare qualche segnale concreto sul piano dell'iniziativa verso i loro problemi, anche in termini di solidarietà nella ricerca del lavoro. Non risolveranno i loro problemi, però, se raccomandassimo ai Comuni che applicano la deliberazione, nel momento in cui formano i cantieri, di avere occhio a coinvolgere anche le organizzazioni degli immigrati stranieri, in particolare quelli che sono a Torino e nella cintura, daremmo un segnale che sta dentro gli obiettivi e i contenuti della legge che il Consiglio si è data un anno fa.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Montefalchesi. Ne ha facoltà.



MONTEFALCHESI Corrado

Intervengo solo per chiedere una cosa all'Assessore: rispetto ai cantieri di lavoro è sempre aperta, ormai da tempo, la questione della malattia. Ne abbiamo discusso in quest'aula e l'Assessore si era impegnato ad assumere le necessarie iniziative per verificare se su questa questione si addiveniva ad un chiarimento, cioè se era possibile erogare l'indennità nel momento in cui i cantieristi sono a casa ammalati.
Nel momento in cui l'Assessore illustra la deliberazione o risponde al quesito posto dal Consigliere Guasso, vorrei che informasse il Consiglio regionale anche rispetto a cosa si è fatto sulla materia malattia e a quali risultati si è pervenuti.



PRESIDENTE

L'Assessore Cerchio ha presentato il seguente emendamento: nella parte dispositiva della deliberazione, al numero 2, alla fine dell'ultima riga, dopo la parola "deliberazione", il punto è sostituito da una virgola ed il testo prosegue con l'aggiunta delle seguenti parole: "nonché ai partecipanti ai cantieri di lavoro di cui è stata autorizzata dopo la suddetta data, la proroga ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 6 della L.R. n. 55/84, limitatamente al periodo di proroga, e ai disoccupati avviati ai cantieri autorizzati, sempre dopo l'entrata in vigore della presente deliberazione, ai sensi dell'art. 10 della L.R. n. 55/84".
La parola all'Assessore Cerchio per l'illustrazione.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Sono lieto che in una giornata intensa di lavoro per il Consiglio regionale, come quella di oggi, si abbia il tempo e l'opportunità di approvare questo punto che è certamente significato relativamente all'impiego temporaneo e straordinario di lavoratori disoccupati in cantieri di lavoro di enti locali. E' una proposta che viene al Consiglio regionale dopo una serie di incontri, di sollecitazioni e di confronti a cui la Regione, insieme anche ai colleghi del Consiglio regionale e molti rappresentanti dei Gruppi, ha partecipato in queste settimane. Vi è stato un confronto serrato anche in un pubblico incontro che si è realizzato non più di un mese fa in una affollata assemblea tenutasi in questa stessa sede istituzionale della Regione con un'ampia delegazione dei cantieristi di Torino; riunione alla quale erano presenti molti colleghi ed erano intervenuti con una serie di sollecitazioni a supporto di legittime richieste che gli stessi cantieristi, in particolare del Comune di Torino sollecitavano.
In quella riunione affollata e giustamente un po' tesa, realizzatasi negli ultimi giorni di gennaio, l'Assessore in chiusura aveva dichiarato che avrebbe affrontato tempestivamente una serie di problemi che da molti anni venivano sollecitati, alcuni di competenza regionale, altri soprattutto i più numerosi di non diretta competenza regionale, ma di competenza di livello nazionale.
Avevo assicurato i cantieristi che nella metà di febbraio sarei stato in grado, a nome della Giunta regionale, di fare delle proposte che fossero il più possibile rispondenti alle esigenze e alle necessità sollevate.
Devo dire onestamente che quella riunione annunciata a metà febbraio è diventata sostanzialmente superata, perché nei giorni successivi alla stessa riunione, di confronto con i cantieristi, avevo accolto tutto ci che era accoglibile proponendo alla Giunta il recepimento, ad esempio dell'indennità giornaliera; l'inserimento all'interno della deliberazione che andiamo ad approvare della copertura per i tre giorni noti; una serie di ulteriori sollecitazioni per quella che era una titolarità, pur difficile da realizzare da parte dell'Amministrazione regionale. Abbiamo infatti proposto ed assunto come deliberazione l'aumento dell'indennità giornaliera da 40 a 45 mila lire. I primissimi giorni di febbraio abbiamo assunto già la deliberazione di Giunta che poi è andata in consultazione e che poi è passata alla IV Commissione. Quindi su questo versante abbiamo dato le risposte che eravamo titolati a dare, non andando certo ad invadere campi che non fossero di nostra competenza, ma riproponendo con una nota che peraltro richiamava uno stesso ordine del giorno od una mozione che abbiamo approvato in Consiglio regionale, la necessità anche di una riformulazione di impostazione di filosofia del livello normativo nazionale, perché si passasse da una concezione puramente assistenziale ad una soluzione strutturale lavorativa per i cantieristi, affrontando anche questo problema all'interno della Commissione Regionale per l'Impiego per ciò che attiene all'attenzione del riconoscimento agli stessi lavoratori ai fini della loro collocazione nelle strutture pubbliche.
Su questo versante quanto era di nostra possibilità lo abbiamo fatto.
Lo troviamo in questa deliberazione alla quale la Giunta propone un ulteriore emendamento sulla base della sollecitazione che in sede di IV Commissione si era fatta. Non so se è a mano dei colleghi, ma ho consegnato oggi pomeriggio un emendamento che nella parte dispositiva della deliberazione al n. 2, alla fine dell'ultima riga, dopo la parola "deliberazione" il punto è sostituito da una virgola. E' quanto richiedeva la IV Commissione ed il testo prosegue con l'aggiunta delle seguenti parole: "nonché ai partecipanti ai cantieri di lavoro di cui è stata autorizzata, dopo la suddetta data il problema cioè del recupero per la continuità dei cantieristi dei sei mesi successivi - la proroga ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 6 della L.R. n. 55/84, limitatamente al periodo di proroga, e ai disoccupati avviati ai cantieri autorizzati, sempre dopo l'entrata in vigore della presente deliberazione, ai sensi dell'art. 10 della L.R. n. 55/84". Era la sollecitazione che la IV Commissione poneva.
Tutto questo proponiamo al Consiglio regionale con questo emendamento che accoglie i suggerimenti che venivano dalla IV Commissione. Verso il 20 febbraio abbiamo mandato una nota ai vari livelli nazionali per tutto ci che è il richiamo ad una modificazione anche strutturale; in tale senso rientrano anche le osservazioni che faceva il Consigliere Montefalchesi.
Sono lieto che questa deliberazione possa passare con una certa celerità perché in questo modo rispondiamo con tempismo non solo alle sollecitazioni che le stesse Amministrazioni comunali stanno attivando per programmare i loro interventi, ma è anche una risposta in qualche misura in termini temporali, ma anche in termini di contenuto, ad una serie di richieste che proprio la delegazione numerosa dei cantieristi, in particolare di Torino, hanno sollevato un mese fa.
Infine devo dire che non può non essere accolto con particolare attenzione e significato non solo politico, ma sociale, il suggerimento che faceva il Consigliere Guasso relativamente al problema di una segnalazione.
Certamente nell'autonomia e nella possibile iniziativa degli enti locali.
Ritengo che questo discorso possa avere una valenza soprattutto nei confronti del Comune di Torino, stante evidentemente la dimensione dell'offerta che il Comune di Torino realizza in termini di posti di lavoro su questo versante e l'incidenza soprattutto su Torino e sull'area metropolitana del fenomeno dell'immigrazione ormai come fatto insistente numeroso e anche socialmente difficile nella realtà torinese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in IV Commissione ripetutamente si è discusso e si è convenuto su alcune esigenze: quelle di potenziare e qualificare l'attività dei cantieri. In sostanza, di svolgere attività di cantiere che in qualche modo fossero propedeutiche a sbocchi non assistiti o meno assistiti impiegando a questo fine in modo flessibile lo strumento della formazione e della riqualificazione professionale.
Tutti i Consiglieri della IV Commissione hanno convenuto su un'impostazione di questo genere, dopodiché è facile dire ed è molto più difficile fare.
Ora siamo di fronte ad una deliberazione che aumenta l'indennità giornaliera, che garantisce una copertura retributiva per i primi tre giorni, lascia irrisolti alcuni problemi che non sono di competenza della Regione, ma non si può non notare che anche qui le sollecitazioni nei confronti del Governo centrale non hanno sortito effetto alcuno.
Quello che mi preme sottolineare è che mentre da una parte abbiamo esigenze di potenziamento e di qualificazione, dall'altra parte abbiamo una deliberazione che si muove in una direzione giusta, ma che non fa proprie queste esigenze di potenziamento e di qualificazione, soprattutto se si tiene conto che si apporterà un taglio in bilancio per queste attività; un taglio che consideriamo inaccettabile. A nostro parere si potrebbe tentare di coordinare l'impegno della Regione con l'impegno delle Province e dei Comuni per garantire comunque un volume di risorse adeguate. Probabilmente si sceglierà la strada del taglio e basta e questo ci porta a non sostenere misure che, parziali, in se stesse sono anche giuste, ma sono nel quadro di una politica di indebolimento dell'impegno della Regione in questo campo.
Di conseguenza il nostro voto sarà contrario.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Tapparo. Ne ha facoltà.



TAPPARO Giancarlo

Capisco che i cantieri di lavoro siano stati visti molto spesso come un accessorio poco nobile, qualcosa da fare soprattutto in una fase particolare e che oggi potrebbero apparire come una cosa ingombrante e non utile.
In effetti il salto di qualità da fare è quello di superare la logica del cantiere di emergenza e indirizzarlo verso una dimensione mirata di lavori che possa essere in qualche misura, ma non in tutti i casi propedeutica ad un arricchimento di esperienza professionale. Quando era stata elaborata questa legge si era pensato che potesse essere uno strumento valido da un lato per dare un minimo di risorse ad aree e a segmenti del mercato del lavoro difficile e dall'altro mantenere quel rapporto con il lavoro a queste aree difficili che rischiavano di passare tre - quattro cinque - sei anni in condizioni di disoccupazione, creando una condizione irreversibile di inserimento. Ora sono state presentate alcune proposte di aggiornamento della legge. Credo che l'Assessore abbia fatto del suo meglio così come la norma prevede per configurare il programma annuale dei cantieri. Una raccomandazione da farsi, in attesa di un affinamento di questa legge, è quella di far sì che le Province controllino rigidamente e non diano il passaggio a "cantieri burla", a "cantieri finzione", ma che siano prevalentemente questi cantieri orientati per quelle attività in campo ambientale e soprattutto che non siano rivolti a sostituire lavoro che già fanno imprese artigiane cooperative altrimenti rimescoliamo solo le cose nel "secchio" del lavoro esistente.
Sulla proposta del collega Guasso manifesto preoccupazioni non tanto per l'attenzione che dobbiamo avere per i lavoratori immigrati dal Terzo Mondo che sono nel nostro Paese, ma non mi pare questo lo strumento adatto anche perché apriremmo delle aspettative sulle quali non abbiamo grandi spazi. Lo strumento può essere una risposta momentanea e di emergenza però sappiamo sempre che le risposte di emergenza si cristallizzano, si consolidano e creano problemi.
Il cantiere di lavoro è un intervento per un segmento debole del nostro mercato del lavoro; il segmento del lavoro dei lavoratori immigrati dal Terzo Mondo è globalmente debole salvo una ridotta 'lite ed è senza fondo la necessità che dovremmo dare. Possiamo farlo per casi di emergenza, dove scatta il problema della solidarietà umana, scatta un problema che non vorremmo farlo diventare assistenziale e lo volgiamo al lavoro. Però direi di stare attenti al consolidamento di questi strumenti per funzioni che non mi sembrano completamente adeguate e proprie. Direi di lavorare invece per trovare soluzioni più adeguate.
Il Gruppo socialista darà voto favorevole e ritengo che sia sempre più urgente valorizzare questo strumento, perché costituisce una leva di politica attiva del lavoro a disposizione della Regione che non bisogna sottostimare, ma bisogna renderla più adeguata con le proposte di modifica che sono in questo momento in IV Commissione e che spero andranno in discussione al più presto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Annuncio il voto favorevole del Gruppo DC. Riteniamo che questa deliberazione sia importante e soprattutto puntualmente assunta anche in vigenza dell'esercizio provvisorio per consentire la presentazione ai Comuni dei progetti e delle domande relative.
Devo manifestare la mia sorpresa per la dichiarazione di voto contrario da parte del Gruppo comunista perché in Commissione su questa deliberazione si è cercato di prestare la massima attenzione anche alle proposte del Gruppo PCI.
L'Assessore ha fatto un notevole sforzo per andare incontro alle richieste manifestate dal complesso della Commissione.
Dobbiamo ricordare il problema dello stanziamento che mi pare una motivazione scarsa perché non ha alcun riferimento con la deliberazione.
Siamo in una fase di vigenza di esercizio provvisorio: il bilancio non è ancora stato approvato ed il relativo stanziamento definitivo sarà quello dell'approvazione di bilancio e potrà quindi anche essere incrementato.
Ricordo peraltro che questa legge ci fu proposta a suo tempo con finanziamento zero della Regione perché ci fu detto che poteva essere anche con finanziamento zero un elemento di stimolo ai Comuni. Oggi il finanziamento non è zero, è un finanziamento consistente, che potrà essere aumentato in sede di approvazione del bilancio se vi saranno le possibilità. Manifesto ancora la mia sorpresa notando che ognuno si assume la responsabilità politica degli atti che assume.



(Interruzioni)



BRIZIO Gian Paolo

Qui la lesina non c'entra perché non approviamo lo stanziamento; non c'è nulla di modificato, la posizione del PCI è una posizione strumentale per cui denuncio questa strumentalità e annuncio il voto favorevole del Gruppo DC.



PRESIDENTE

Pongo in votazione l'emendamento presentato dall'Assessore Cerchio.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 46 Consiglieri presenti.
Pongo pertanto in votazione la deliberazione nel testo modificato.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 31 voti favorevoli, 12 contrari e 1 astensione.
Pongo infine in votazione l'immediata esecutività, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 46 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,40)



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