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Dettaglio seduta n.121 del 04/02/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PETRINI Luigi


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute (rinvio)


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Il punto 1) dell'o.d.g. "Approvazione verbali precedenti sedute" viene rinviato alla prossima seduta poiché non sono pervenuti all'approvazione processi verbali di sedute precedenti.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni e interpellanze


PRESIDENTE

Poiché non sono ancora presenti i Consiglieri interroganti/interpellanti, prego gli Assessori competenti di inviare risposta scritta a: interpellanza n. 1075 dei Consiglieri Biazzi, Bontempi, Calligaro Amerio e Avondo inerente la situazione produttiva ed occupazionale del Verbano - Cusio - Ossola interrogazione n. 987 dei Consiglieri Adduci, Bontempi, Bresso e Chiezzi inerente la discarica consortile di Rivarolo interrogazione n. 1047 dei Consiglieri Bontempi e Chiezzi inerente l'esposto del signor Todaro Francesco interrogazione n. 903 del Consigliere Ala inerente la "Nuova Cooperativa", incarico di pulizia presso l'USSL n. 24 interpellanza n. 849 del Consigliere Bergoglio inerente la salute mentale interpellanza n. 897 del Consigliere Staglianò inerente la fuga di sostanze tossiche nel Comune di Giaveno interrogazione n. 906 dei Consiglieri Adduci, Bontempi, Bresso e Chiezzi inerente la fuga di sostanze tossiche nel Comune di Giaveno interrogazione n. 989 dei Consiglieri Adduci, Bontempi, Bresso Calligaro e Chiezzi inerente il latte e il formaggio immagazzinati a seguito inquinamento radioattivo di Chernobyl interpellanza n. 1014 del Consigliere Ala inerente l'ingresso della SITAF S.p.A. nella Società SI.TRA.CI interrogazione n. 983 del Consigliere Ala inerente la Riserva della Garzaia di Valenza interpellanza n. 1021 del Consigliere Ala inerente l'attività di concessione mineraria nel Comune di Curino interrogazione n. 1024 del Consigliere Ala inerente le esercitazioni militari nel Parco Orsiera-Rocciavrè.
Essendo assenti i Consiglieri interroganti/interpellanti o l'Assessore competente, non siamo in grado di proseguire la discussione sulle interrogazioni e interpellanze. E' pertanto indispensabile richiamare la presenza in aula sin dall'inizio della seduta, altrimenti a norma di Regolamento siamo costretti a far decadere le interpellanze e le interrogazioni.
Faccio un appello a tutte le forze politiche perché sia garantita la presenza in aula sin dall'inizio dei lavori.
Chiede di intervenire il Consigliere Brizio. Ne ha facoltà.



BRIZIO Gian Paolo

Il richiamo del Vicepresidente Petrini alla presenza in aula per le ore 9,30 è molto giusto; per la verità noi Capigruppo (almeno io certamente per quel che mi riguarda) svolgiamo regolarmente la funzione di sollecito nei confronti dei nostri colleghi senza la necessaria corrispondenza. Sarebbe opportuno che questo richiamo fosse oggetto di una lettera della Presidenza del Consiglio inviata a tutti i 60 Consiglieri, altrimenti finiscono per sentire il richiamo solo i Consiglieri presenti, i quali sono gli unici che non ne hanno bisogno perché sono quelli che generalmente ci sono sempre alle 9,30 del mattino!



PRESIDENTE

Accolgo volentieri il suggerimento. La Presidenza invierà una lettera a tutti i 60 Consiglieri richiamandoli alla puntualità.


Argomento: Parchi e riserve

Interpellanza n. 998 dei Consiglieri Bruciamacchie e Adduci inerente il disboscamento nell'area della Garzaia di Bosco Marengo


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 998 presentata dai Consiglieri Bruciamacchie e Adduci.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, per economia dei lavori pensavo di rispondere contestualmente alla interpellanza del Consigliere Ala; poiché è assente trasmetterò risposta scritta.
Con riferimento all'interrogazione e all'interpellanza di cui all'oggetto deve essere sottolineato che le stesse hanno il medesimo contenuto e pertanto può essere formulata un'unica risposta.
Nel merito i Consiglieri proponenti affermano che lungo il torrente Orba, nella Riserva naturale speciale della Garzaia di Bosco Marengo, sono stati eseguiti tagli boschivi con il carattere di abusività e richiedono pertanto di conoscere quali iniziative siano state intraprese a difesa della Garzaia e nei confronti del trasgressore sottolineando l'opportunità di procedere all'ampliamento dell'area protetta.
Deve essere innanzitutto precisato che gli interventi, sopra descritti che si confermano essere stati effettuati senza alcuna autorizzazione regionale, sono stati eseguiti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge regionale 7 settembre 1987, n. 50, con la quale è stata istituita la Riserva naturale speciale della Garzaia di Bosco Marengo: questo fatto, che non giustifica assolutamente il trasgressore, comporta peraltro una diversa azione sanzionatoria poiché la sanzione può essere comminata a norma della L.R. 4 giugno 1975, n. 43 e successive modificazioni e non in base alle norme contenute nella legge istitutiva della Riserva.
Pertanto, dovendo seguire le procedure previste dalla citata L.R. n.
43/75, si è avviata un'istruttoria tendente, da un lato, a comminare le sanzioni previste (da un minimo di L. 1.000.000 a un massimo di L.
5.000.000 per ogni ettaro o frazione di ettaro su cui è stato effettuato il taglio boschivo) e, d'altro lato, a prescrivere il ripristino dei luoghi.
In tale direzione si è provveduto, con lettera del 18 dicembre 1987, a richiedere all'Ente di gestione delle Riserve naturali della Garzaia di Valenza e della Garzaia di Bosco Marengo di fare pervenire i verbali di violazione predisposti da competenti organi di vigilanza, verbali mai pervenuti al competente Servizio Parchi naturali, al fine di poter produrre gli atti conseguenti sopra illustrati.
Per quanto concerne un eventuale ampliamento della Garzaia, nel ritenere che tale proposta sia da valutare positivamente, si sottolinea d'altra parte l'opportunità che un ampliamento della Riserva naturale sia preceduto dall'avvio concreto della gestione della Riserva stessa, avvio che consentirà certamente di allentare le tensioni manifestate da alcuni soggetti in questa prima fase conseguente all'istituzione dell'area protetta. Infatti, attraverso una gestione attiva dell'area si potranno superare alcuni ostacoli che si sono manifestati probabilmente per una cattiva interpretazione della norma.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Ringrazio l'Assessore Vetrino per la risposta e anche per le azioni che sono state messe in atto per colpire coloro che si sono resi responsabili di un atto di estrema gravità perché mi sembra che non vi possano essere dubbi sul fatto che quanto è stato compiuto, cioè l'opera di disboscamento di una superficie non piccola (4.120 metri) in una garzaia che era stata istituita a parco pochi giorni prima, è un atto voluto ed intenzionale ed è il risultato della non accettazione del parco da parte di un proprietario non certo piccolo, si tratta infatti del proprietario di una grande azienda, che ha conoscenza puntuale e precisa delle normative a livello regionale e nazionale. Questo atto, che ha un preciso significato, prende a pretesto l'alluvione che si è verificata a fine agosto allo scopo di ripristinare una piccola falla apertasi nella sponda del torrente Scrivia.
E' un fatto di estrema gravità che deve essere perseguito con estrema decisione applicando la normativa possibile, quindi non ancora, come l'Assessore dice, quella della istituzione della Garzaia stessa, ma la legge n. 43 del 1975. Se non si agisce con estrema decisione, credo che altri - e mi sembra che la volontà sia quella di procedere - possano sentirsi autorizzati ad agire tranquillamente in altri terreni, che in questo caso fanno parte di una riserva, così come ha creduto di poter agire questo signore.
Credo che oltre a questa azione giusta intrapresa dalla Magistratura mediante atti e denunce rilevate, ci sia un problema che riguarda la vigilanza, le modalità e i tempi di costruzione di questi livelli, nel caso della Garzaia: bisogna riuscire, soprattutto nella prima fase (probabilmente c'è anche un problema di continuità di vigilanza), ad essere estremamente presenti, capaci quindi di impedire atti pirateschi come questi.
L'obiettivo era quello di distruggerla tutta, di impedire che gli ardeidi continuassero a nidificare, far saltare un'iniziativa importante avviata dalla Regione con l'accordo, che è di grande significato, unanime di tutti i Comuni interessati.
Ritengo sia stato giusto aver intrapreso le azioni che l'Assessore Vetrino prima ricordava, così come ritengo che sia altrettanto urgente esaminare con tempestività il possibile ampliamento in questo caso della Garzaia stessa poiché esistono le condizioni ambientali per farlo e le disponibilità a livello dei Comuni, delle popolazioni e degli altri soggetti che operano in questo campo (ad esempio gli ambientalisti). Non conviene assolutamente perdere altro tempo perché anche questa è una risposta puntuale del signor Mignone (che non ha niente a che fare con il nostro Assessore Mignone) che ha voluto con tanta protervia fare un atto di questa natura.
Mi auguro che l'azione intrapresa significhi per costui un ammonimento e una lezione severa per l'avvenire.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Adduci, Alberton, Carazzoni e Croso.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 19 e 26 gennaio 1988 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi - è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Trasporti su ferro

Comunicazione della Giunta regionale sulle linee FF.SS. di interesse locale e regionale


PRESIDENTE

Il punto 4) dell'ordine del giorno reca: "Comunicazione della Giunta regionale sulle linee FF.SS. di interesse locale e regionale".
La parola dunque all'Assessore Mignone.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono in attesa della stesura finale del documento, che ieri in collaborazione con gli uffici abbiamo provveduto a preparare. Credo però che su questa problematica così importante e di grande rilevanza per la comunità piemontese non vi siano indugi e pause da fare, ma che sia prioritariamente non secondario intanto informare il Consiglio sulla situazione di oggi rispetto al problema delle linee a scarso traffico ferroviario oggetto dei provvedimenti ministeriali.
In realtà attorno a tali questioni il Consiglio regionale negli ultimi due anni ha già avuto modo di esprimersi e di pronunciarsi in una serie di dibattiti consiliari con alcuni ordini del giorno che tendevano a ribadire l'importanza di queste linee ferroviarie per le comunità locali, la non opportunità dei provvedimenti di chiusura di queste linee, l'impegno solidale degli Enti locali, dell'Ente F.S. e delle organizzazioni sindacali per introdurre misure idonee a ridurre il divario che certamente è alto su queste linee (ma credo sia alto anche sulle altre linee non oggetto di questo provvedimento) fra i costi denunciati e i ricavi che derivano dal traffico viaggiatori e merci.
La Regione già negli anni scorsi aveva provveduto, su sollecitazione del Consiglio regionale nella quasi totalità, ad affrontare in modo serio questo problema evitando quindi un "no" aprioristico ed acritico o una mera contrapposizione nei confronti del Governo, ma aveva lavorato insieme all'Ente F.S. facendo valutazioni tecnico - economiche delle prime linee allora interessate ai provvedimenti di soppressione del servizio ferroviario viaggiatori e merci, lavoro che si era concluso con la predisposizione di uno studio dal quale risultava che attraverso l'introduzione di idonee misure sul piano dell'organizzazione del lavoro e sul piano dei miglioramenti infrastrutturali, si sarebbe certamente ottenuta una riduzione dei deficit denunciati da queste linee e quindi in molti casi ne derivava l'opportunità del mantenimento del servizio ferroviario di tali linee.
Per non ripercorrere tutta la storia già nota ai colleghi di questo Consiglio regionale perché è dal 1985 in avanti che questo aspetto è venuto in evidenza collegato alle direttive discendenti dalla legge nazionale di riordino dell'Ente F.S, ed attraverso alcune decisioni assunte dal Consiglio di amministrazione di questo stesso Ente, ho richiamato questi elementi onde ricordare la posizione assunta della Regione Piemonte su questo problema e le conseguenti iniziative avviate tra il 1985 e il 1986 al riguardo.
Oggi è doveroso (alcuni colleghi peraltro lo hanno richiesto) informare il Consiglio e puntualizzare la situazione presente non perché i singoli Consiglieri non ne siano a conoscenza, ma perché ciascuno di noi abbia le coordinate complete sul tema delle linee a scarso traffico riguardanti ormai oltre 500 km di ferrovia sul territorio regionale (il Piemonte è la regione maggiormente interessata da questi provvedimenti che investono tutte le province del suo territorio). Credo quindi che ciascun collega sia stato soltanto parzialmente informato e comunque abbia avuto modo di partecipare ad incontri e riunioni nei quali questi problemi sono stati sollevati e affrontati.
Al di là di questo ritengo opportuno che il Consiglio regionale sia posto nelle condizioni affinché possa elaborare ed esprimere indicazioni e suggerimenti finalizzati all'azione del governo regionale in tale materia.
Per quanto riguarda l'aspetto specifico va ricordato che noi ragioniamo attorno a provvedimenti del Ministero dei Trasporti che risalgono all'aprile 1987, provvedimenti peraltro ufficialmente mai comunicati alla Regione Piemonte (questo è uno degli elementi a contorno di questa vicenda). In realtà su questi decreti e sul piano poliennale delle F.S.
un'interrogazione del Gruppo comunista nell'autunno scorso ci diede l'opportunità di offrire alcune prime informazioni.
Il provvedimento del Ministero dei Trasporti prevede dal 30 giugno 1988 la sostituzione del servizio ferroviario con un servizio di autolinee e dal 1 gennaio 1989 la soppressione di qualunque tipo di servizio su queste linee qualora non si riportino le stesse ad economicità di esercizio attraverso una serie di misure da concordarsi tra Ente F.S., Regioni ed Enti locali. Noi ci siamo mossi fin dall'inizio attraverso un documento che già nell'ottobre scorso rassegnammo al Ministero dei Trasporti. Nel corso della visita a Torino dell'on. Mannino contestammo questo tipo di politica avviata dall'Ente F.S, perché la ritenevamo non risolutiva dei problemi complessivi e dannosa soprattutto nei confronti delle comunità locali più deboli del tessuto regionale soprattutto perché ritenevamo che attraverso idonee misure dal punto di vista organizzativo e infrastrutturale avremmo potuto introdurre azioni atte a ridurre il rapporto costi-ricavi entro una soglia ancora accettabile, data peraltro la natura di questo servizio e visto che è ancora da dimostrare come sulle grandi linee nazionali ed internazionali il rapporto costi-ricavi sia in pareggio.
Anticipo un elemento: attraverso il lavoro congiunto attivato dal punto di vista tecnico tra F.S, e Regione Piemonte sul complesso delle linee interessate da questo provvedimento risulterebbe un deficit di 45 miliardi.
Questa valutazione approssimata va approfondita mediante le modalità di calcolo dei costi e dei ricavi linea per linea. E' noto però ai colleghi più attenti alle problematiche del trasporto che in questi giorni si è tenuto a Venezia un summit sulle F.S, e i dati economici quali sono stati? Che a fronte di costi per 19.000 miliardi abbiamo ricavi per 3.000 miliardi. Questo già ci fa indicare in oltre 13.000 miliardi il deficit annualmente accumulato dalle FF.SS. arrivando ad un coefficiente di esercizio attorno al 6%. Molte delle nostre linee interessate al provvedimento di chiusura, ancorché siano combinate come sono dal punto di vista organizzativo dei vagoni che viaggiano su queste linee, presentano un coefficiente di esercizio passivo che sta al di sotto del 6%. Sappiamo che da qualche parte occorre cominciare e che certo i 45 miliardi di deficit registrati in un anno su queste linee assommati agli altri, contribuiscono a determinare quel deficit complessivo di oltre 13.000 miliardi che registra l'Ente F.S, annualmente come già ricordato. Viene però spontaneo subito affermare che questo tipo di intervento non può certamente risolvere i problemi che ha l'ente complessivamente. Già nell'ottobre scorso per le linee interessate dal Decreto Signorile che in Piemonte coinvolge una rete di 500 km, abbiamo svolto un'azione sia nei confronti del Ministero dei Trasporti che nei confronti dell'Ente F.S. Abbiamo espresso la posizione secondo cui non condividevamo il tipo di politica dei trasporti che veniva avviata, pur riconoscendo l'esigenza di un riequilibrio dei conti economici dell'Ente F.S, e contestualmente ragionare linea per linea sugli accorgimenti da introdurre in modo tale da rendere questo servizio maggiormente remunerativo, con un rapporto costi-ricavi non del tipo che abbiamo sopra indicato. Sono le esigenze delle comunità locali a cui soprattutto bisogna cercare di dare delle risposte perché il servizio sostitutivo, occorre dirlo con franchezza, su alcune tratte non è sostitutivo perché non può reggere un servizio sostitutivo su gomma per alcune delle linee che percorrono tratti di montagna dove per gran parte dell'anno vi è il maltempo e problemi di neve. Noi abbiamo anche detto che se al termine di questa verifica puntuale vi fossero delle linee che proprio non risultano salvabili in alcun modo, allora si facciano ragionamenti anche di natura diversa, avendo presente che comunque l'obiettivo è quello del cercare di dare un servizio ai cittadini al minore costo possibile, perché non sta scritto da nessuna parte che anche il costo del trasporto su gomma debba essere un costo a zero per l'ente pubblico visto che anche per questo tipo di trasporto esistono dei costi per l'ente pubblico. Noi abbiamo attivato subito con l'Ente F.S, un gruppo di lavoro tecnico per fare le valutazioni, linea per linea, dei costi e dei ricavi.
Il lavoro è stato concluso nella prima metà di gennaio e come ho già avuto modo di ricordare ne risulterebbe un deficit complessivo di circa 45 miliardi; su questo dato, attraverso un rapporto che abbiamo avviato con gli enti locali e con le OO.SS., stiamo effettuando delle verifiche perch vi sono alcuni aspetti relativi al costo e al carico di personale di queste linee, il cui rapporto costi e ricavi parrebbe divaricare eccessivamente in termini di riduzione dei ricavi per quel concerne ad esempio il trasporto merci, perché purtroppo l'Ente F.S, ancorché si stia avviando su questa strada non è ancora in grado di disporre dati disaggregati linea per linea tali da poter imputare in modo puntuale costi e ricavi alle singole linee.
Stiamo adesso procedendo a questo tipo di verifica, nel frattempo non sono mancate le iniziative anche a livello nazionale e regionale.
Abbiamo visto con preoccupazione che attraverso direttive interne dell'ente si sta attuando un progressivo disimpegno sulle linee interessate anche per quanto riguarda la manutenzione ordinaria. Non vorremmo che questo fosse un ulteriore elemento per creare disaffezione nei confronti di questo tipo di trasporto ed è questo un elemento che noi abbiamo rappresentato all'Ente F.S, oltre che allo stesso Consiglio di Amministrazione. Peraltro il Consiglio di Amministrazione dell'Ente F.S, ha affidato il progetto di studio ad una società per verificare dal punto di vista tecnico economico lo stato di queste linee e le possibili alternative. Anche da questo studio comunque emerge che buona parte delle linee interessate dal Decreto Signorile potrebbero essere salvate con opportuni accorgimenti, ed è questo un elemento importante le cui risultanze sono anche contenute nella comunicazione che ho a mie mani e che al termine della comunicazione orale provvederò a far avere ai colleghi maggiormente interessati a questa problematica con un esame che prenda in considerazione le varie linee e le varie alternative che vengono prospettate. Si tratta sostanzialmente dello studio della società cui era stato affidato l'incarico da parte della segreteria tecnica del piano regionale dei trasporti a confermare le indicazioni contenute nella valutazione fatta dalla Regione nei primi mesi del 1986. Noi abbiamo peraltro attivato anche una serie di iniziative come già ricordavo nei confronti del Governo e del Parlamento. E' notizia di questi giorni, io sono stato varie volte a Roma, l'ultima delle quale giovedì della settimana scorsa. In quella occasione ho avuto l'opportunità di parlare con il Ministro Mannino che aveva dichiarato la propria disponibilità a valutare queste problematiche soprattutto all'interno di un discorso che non fosse un rinvio sine die di questi provvedimenti perché questo neanche noi lo vogliamo in quanto significherebbe una morte lenta di queste linee ferroviarie, né si ritiene opportuna una chiusura aprioristica, un no a priori della Regione Piemonte rispetto a questi provvedimenti. E' stato anche riconosciuto e apprezzato il nostro sforzo di ragionare linea per linea e di affrontare in termini operativi tecnici le varie ipotesi di soluzioni. Peraltro noi eravamo anche giustificati in questa richiesta di una sospensione dei provvedimenti in quanto la Regione Piemonte sta definendo il proprio Secondo Piano regionale dei trasporti all'interno del quale vi è spazio per queste problematiche.
Abbiamo definito nel documento gli obiettivi e gli indirizzi di intervento in queste linee importanti per l'armatura e l'articolazione complessiva territoriale legando due momenti: le indicazioni programmatiche con quelle che sono le indicazioni puntuali, proprio perché noi riteniamo che occorra da questo punto di vista considerare il problema del trasporto nel suo complesso e non soltanto pezzo per pezzo. E' noto dalle risultanze giornalistiche che a seguito dell'azione svolta dalla Regione Piemonte vi è stata una presa di coscienza da parte del Parlamento nei confronti di questo problema. Lo studio che abbiamo avviato insieme all'Ente F.S, in ordine all'esame linea per linea, ha prodotto alcuni risultati sui quali ritornerò nel merito. Nell'ambito di questo progetto di studio è in fase di elaborazione un capitolo che considera il costo di gestione ferroviaria con provvedimenti limitati all'esercizio senza investimenti; il costo di gestione ferroviaria con investimenti (passaggi a livello, ecc.); il costo di gestione ferroviaria con investimenti sulle infrastrutture e integrazione con autolinee con servizio razionalizzato; il costo di gestione con trasporto automobilistico del tutto sostitutivo di quello ferroviario. Quindi il nostro gruppo di lavoro, acquisiti i dati economici ragiona attorno a queste quattro ipotesi, all'interno della quale c'è anche un esame delle eventuali interferenze fra il trasporto su rotaia e il trasporto su gomma per cercare di ridurre le concorrenzialità possibili per giungere ad una maggiore integrazione funzionale tra le varie modalità di trasporto. Ciò consentirà di avere il quadro di riferimento tecnico ed economico dal quale partire per poter effettuare congiuntamente le scelte sul futuro di queste linee Tali scelte dovrebbero a nostro avviso, ma anche dalla lettura del decreto questo emerge, essere concretizzate attraverso apposite convenzioni linea per linea che stabiliscano i rispettivi impegni.
Per quanto riguarda la questione normativa nell'affrontare il problema delle linee ferroviarie a scarso traffico esercitate dalle FF.SS. la Regione ha ravvisato l'opportunità di verificare la possibilità di un loro trasferimento tra le proprie competenze, riconoscendosi pienamente nell'analisi effettuata per lo studio ministeriale. Questa opportunità trova riscontro nelle seguenti considerazioni: il coordinamento e l'integrazione fra i diversi modi di trasporto sono necessari per realizzare un assetto dei trasporti effettivamente razionale; il coordinamento tra i servizi risulterà tanto più efficace quanto più le competenze saranno unificate per tutti i modi di trasporto; quando le funzioni di una linea ferroviaria sono prettamente locali le esigenze di integrazione si pongono oggettivamente più con i servizi automobilistici o metropolitani che non con i servizi ferroviari di interesse nazionale l'orientamento espresso in modo sostanzialmente unanime anche da parte delle altre Regioni, a razionalizzare l'area delle proprie competenze rispetto al dettato costituzionale, prevede una integrazione estensiva del concetto di trasporti di interesse regionale che comprenda anche le linee ferroviarie minori, in primo luogo quelle in concessione. Le questioni sopra esposte non hanno tuttavia trovato ancora una definitiva soluzione normativa.
Restano in particolare tuttora indefiniti i criteri attuativi delle diverse disposizioni che stabiliscono la trasferibilità alle Regioni di linee secondarie gestite dalle FF.SS. dichiarate non più utili all'integrazione della rete primaria nazionale. Resta altresì contraddittoria la stessa situazione normativa riguardante la sostituzione con autoservizi dei servizi ferroviari soppressi. Le Regioni possono non essere disposte a destituire i servizi sostitutivi in quanto, in particolare, non ne sono previste le relative coperture finanziarie. Non c'è dubbio che occorrano norme specifiche in proposito che prevedano quanto meno che le decisioni di soppressione dei servizi ferroviari siano accompagnate da integrazione di flussi per il finanziamento dei trasporti regionali ai sensi della Legge n. 151 riservata alle Regioni direttamente interessate. Peraltro sembra opportuno evitare che questioni di competenza compromettano la razionalità delle possibili soluzioni tecniche. In questi termini il problema dell'organizzazione del trasporto regionale dovrebbe trovare unicità di competenza indipendentemente dai modi di trasporto.
Questo pare essere il senso delle varie disposizioni già richiamate che prevedono la delega alle Regioni delle ferrovie secondarie. Ma è necessario che il meccanismo di queste eventuali deleghe sia accompagnato da norme finanziarie che rendano operativo e responsabile il ruolo delle Regioni.
Nel momento in cui una linea secondaria FF.SS. è ritenuta non più utile all'integrazione nella rete nazionale, se risulta conveniente mantenerla in esercizio dovrebbe essere attribuita alla Regione, sul cui territorio effettua il servizio, che ne eserciterà le competenze amministrative.
In questo caso la Regione potrà: affidare in concessione la linea ferroviaria ad una propria azienda, o ad una azienda terza preesistente o da costituire eventualmente con la partecipazione dell'Ente F.S.; mantenere il servizio ferroviario all'Ente F.S, regolandone i rapporti con un contratto di servizio o con apposite convenzioni; modificare la tecnologia del servizio istituendo di fatto un nuovo impianto sulla medesima relazione di traffico (ad esempio tramvia o autobus in sede riservata o altro sistema innovativo); questo potrebbe, in particolare, riguardare tutte le linee interessate al provvedimento che sono nell'hinterland dell'area torinese.
E' opportuno mantenere questa possibilità di scelta da parte della Regione anche se queste alternative non sono omogenee, ricadendo le prime due sotto l'art. 118 della Costituzione e la terza sotto l'art. 117.
L'attuazione delle deleghe alle Regioni resta comunque legata alla determinazione delle risorse con cui le Regioni stesse vi possono far fronte. A questo fine sono possibili due diverse soluzioni: o un finanziamento vincolato o un finanziamento libero. E' rispetto a questo scenario tecnico e normativo che si va in questi mesi precisando e puntualizzando che va valutato con tutte le cautele del caso nonché le ovvie implicazioni di ordine finanziario. In questi mesi sono venute avanti queste ipotesi e nel contempo non abbiamo mancato di seguire direttamente a livello nazionale, l'evolversi della questione.
Come ricordavo prima, anche a seguito delle iniziative assunte dalla Regione e grazie alla sensibilità di molti parlamentari piemontesi, il 2 febbraio alla Camera dei Deputati è stato approvato un emendamento alla legge finanziaria il cui testo recita: "nell'ambito dei programmi di riorganizzazione di cui al comma 15 (comma che dava incarico all'Ente F.S di provvedere entro un anno ad un programma di riorganizzazione da un punto di vista economico e gestionale) entro un anno dall'entrata in vigore della legge finanziaria, l'Ente F.S, provvede alla revisione economica e gestionale delle linee a scarso traffico e degli impianti di cui al comma 4 dell'art. 8 della legge n. 887, al fine del recupero e ampliamento dell'utenza al servizio ferroviario anche attraverso la cessione delle linee degli impianti medesimi a società a cui possono partecipare le Regioni, gli enti locali, gli organismi gestori delle ferrovie concesse, le imprese esercenti pubblici servizi di trasporto, operatori privati nonch l'Ente F.S. Restano quindi sospese le autorizzazioni a sopprimere i servizi merci ancora in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge".
Che cosa emerge dalla lettura di questo emendamento? Primo: abbiamo ottenuto positivamente il risultato di soprassedere alla chiusura di queste linee a far luogo dal 30/6/1988. Si è però ribadito che questa non è una chiusura senza un termine o una chiusura che fa un rinvio nel tempo senza prospettare delle soluzioni; dà mandato quindi di verificare in modo puntuale le situazioni economico-gestionali linea per linea per individuare le eventuali soluzioni riorganizzative (riduzione dei turni del personale minor numero di personale sulle varie tratte, eliminazione dei passaggi a livello e una serie di altri interventi per i quali la Regione e gli Enti locali hanno dichiarato la propria disponibilità anche in termini finanziari a intervenire per la parte di loro competenza).
Viene, a mio avviso, ribadito un principio importante: il riconoscimento del ruolo integrativo che queste linee hanno rispetto alle linee nazionali, perché quando nell'emendamento si richiama il fatto che questa revisione deve contribuire anche al recupero e all'ampliamento dell'utenza del servizio ferroviario, io credo che in questo ci stia il riconoscimento che queste linee di interesse regionale, per così dire rappresentano un primo canale lungo il quale si avvia l'utenza ferroviaria.
Nell'emendamento viene ripreso quanto già ricordavo sulle possibili soluzioni per la gestione di queste linee a scarso traffico, anche attraverso la costituzione di apposite società. Questo è tema molto delicato che va affrontato con grande cautela, con grande prudenza, ma che noi non escludiamo possa essere un elemento lungo il quale noi andiamo a ragionare.
Mi avvio alla conclusione rilevando come, alla luce di quanto sinora esposto, la posizione della Regione Piemonte non debba essere quella di una difesa aprioristica ed ideologica di tutte le linee ferroviarie, bensì quella tendente ad un'azione che preveda confronti basati su parametri tecnici ed economici per definire la convenienza del mantenimento del servizio ferroviario linea per linea.
Anche sulla base di quanto detto, il discorso della legge finanziaria così come emendata, deve intendersi non come sospensione dei decreti fine a se stessa, bensì come opportunità ed anche indicazione per la definizione di una soluzione istituzionale e finanziaria strettamente connessa al discorso fatto in merito alla questione normativa.
Si ritiene infine di dover indirizzare l'azione regionale da un lato verso il Ministero dei Trasporti e l'Ente Ferrovie dello Stato, al fine di accelerare il trasferimento delle competenze amministrative alla Regione con contestuale istituzione di un fondo che provveda ad assicurare il necessario e indispensabile flusso di risorse e dall'altro lato verso gli Enti locali ed i soggetti interessati per la eventuale costituzione di quelle società di gestione previste dal succitato emendamento alla legge finanziaria con tutte le prudenze che già ho ricordato.
Ritengo che lo strumento con cui operare debba essere quello degli accordi previsti dal Decreto Signorile, da formalizzarsi attraverso opportune convenzioni che sanciscono i rispettivi impegni dei contraenti (Ministero, Ente F.S., Enti locali e Sindacati) linea per linea per il mantenimento dell'esercizio ferroviario.
Credo quindi si possa dare atto della positiva azione svolta in questi mesi dalla Regione, oltre a ringraziare la sensibilità dei parlamentari piemontesi, in particolare coloro che sono stati in quest'aula Consiglieri e Assessori regionali e con alcuni dei quali ho potuto parlare giovedì scorso (Cerutti, Paganelli ed altri). Sono a conoscenza che su questa problematica vi è stata comunque un'azione convergente di tutte le forze politiche, ancorché vi siano state riserve su alcuni punti di questo emendamento.
E' la dimostrazione che la Regione non si è disinteressata, come qualcuno in modo un po' avventato ha voluto dire, a questo problema né come istituzione né sul piano personale dell'Assessore né è stata incerta al riguardo perché da sempre la Regione ha sostenuto la linea che queste tratte ferroviarie dovevano essere mantenute all'esercizio ferroviario e che comunque occorressero delle verifiche puntuali prima di dire che una linea non aveva più valore nel sistema complessivo dei trasporti.
Questo non vuol dire che oggi dobbiamo abbassare la guardia o che abbiamo concluso una vicenda; in realtà oggi comincia la parte più difficoltosa sul piano operativo. Dobbiamo quindi, senza indugio proseguire in questa azione di confronto con le Ferrovie e con gli Enti locali al fine di individuare quelle soluzioni che siano rispettose di quanto scritto nell'emendamento parlamentare. E' ovvio che qualche riflessione la chiediamo anche all'Ente F.S, e al Ministero: intanto perch questo scollamento, che ormai tutti registrano, venga rapidamente ricomposto, e in secondo luogo anche perché l'ipotesi di ristrutturazione dell'Ente F.S., attraverso una holding nella quale da una parte si mettono i gioielli di famiglia e dall'altra le cose che non vanno, ci pare davvero una soluzione che andrebbe meditata con maggior calma ed attenzione.



PRESIDENTE

Sulla comunicazione dell'Assessore Mignone è aperta la discussione.
E' iscritto a parlare il Consigliere Guasso. Ne ha facoltà.



GUASSO Nazzareno

Ringrazio l'Assessore per la comunicazione che ritengo utile e necessaria.
Devo dare atto che questa questione è stata seguita attentamente dal mese di dicembre 1985, sia da parte della Giunta che da parte del Consiglio.
Leggerò con attenzione la parte tecnico-amministrativa della comunicazione, che riguarda il lavoro del comitato tecnico che è stato costituito nel mese di novembre.
In due anni purtroppo abbiamo fatto più parole che fatti: tanti ordini del giorno, prese di posizioni unitarie, viaggi, discussioni, ma fatti ben pochi, questa è l'impressione che ho avuto ieri guardando il mio archivio.
Condivido l'ultima parte delle considerazioni svolte dall'Assessore: è venuto il momento di passare ai fatti per risolvere i problemi.
Farò alcune considerazioni sull'ultima questione posta dall'Assessore.
Va rilevato che dopo tanti sforzi, studi, aspettative, dopo tante attese nelle anticamere per farci ricevere non dall'usciere o dal segretario privato del Ministro, ma dal Ministro stesso, dopo tanti discorsi fra sordi anche nei confronti dell'Ente F.S., dopo che noi, bravi e di manica larga pubblichiamo, come è detto persino sulla rivista regionale, una intervista del nuovo Direttore Compartimentale F.S, che sta dall'altra parte della barricata, perché se quelle sono le sue idee è una controparte con cui bisogna fare uno scontro aperto per ricondurlo alla ragione, per capire i problemi, finalmente pare si sia aperto uno spiraglio tenue. Sono molto pessimista perché anche quelle sulla legge finanziaria sono sempre e soltanto parole.
Voglio fare anch'io riferimento all'emendamento all'art. 26 o 27 della finanziaria sempre che diventi legge perché è ancor tutto da stabilire se lo diventerà. L'emendamento è certo positivo, Assessore Mignone, ma ha due facce. E' un compromesso all'italiana perché non è l'emendamento voluto da noi, non è l'emendamento presentato al Senato dal Gruppo comunista e bocciato per soli otto voti, si tratta bensì di un emendamento al quale la Commissione Bilancio ha messo un'altra faccia. Il Gruppo comunista alla Camera si è astenuto su questo emendamento proprio perché ha due facce, una delle quali pare essere positiva e riguarda la sospensione o il blocco del famoso Decreto Signorile.
Abbiamo vissuto due anni con decreti e contro-decreti, con la spada di Damocle sulla testa da parte dei vari Ministri che si sono succeduti che spesso non ci comunicavano nemmeno i decreti. Noi li conoscevamo perché gli amici parlamentari ce li facevano pervenire. Quei decreti di volta in volta proponevano termini di chiusura delle nostre linee.
Vorrei ricordare che parliamo di 5OO chilometri di linee che interessano mezzo milione di persone o forse più, stiamo parlando di intere aree del Piemonte e del loro futuro.
Il secondo aspetto positivo riguarda quella parte dell'emendamento che dice: "entro un anno dall'entrata in vigore della legge finanziaria l'Ente ferroviario deve provvedere alla revisione economica e gestionale delle linee a scarso traffico". Io che purtroppo avevo letto solo il comunicato Ansa mi ero fermato a questo punto, Assessore Mignone, ora il mio dubbio diventa più debole laddove leggo: "al fine del recupero di utenza per queste linee". Per la prima volta il Parlamento dice una sacrosanta verità cioè che queste linee, tremila chilometri in Italia, possono avere un recupero di utenza ed hanno una funzione nella struttura del sistema ferroviario nazionale.
L'altra faccia della medaglia, che non era richiesta da noi, è quella parte che inizia con "anche" e si conclude con "la possibilità, attraverso la cessione, di gestioni diverse". Ho la preoccupazione che le quattro righe finali dell'emendamento tornino a prospettare lo spettro di altre ferrovie in concessione. La storia delle ferrovie in concessione in Italia è una storia drammatica che dura da decenni e che non ha mai avuto soluzione. Solo alcuni tratti negli ultimi anni hanno avuto soluzioni con leggi speciali, ad esempio le Ferrovie Nord-Milano, ma tutte le altre ferrovie che sono in concessione governativa dall'inizio del secolo continuano ad essere tali. In questi ultimi dieci anni per ben 3 o 4 volte la legge di riforma delle ferrovie in concessione è decaduta. E' una legge sfortunata che decade ogni volta perché si scioglie la legislatura. Manca una legge di riordino delle ferrovie in concessione. La Canavesana è in condizioni drammatiche; per la Torino-Ceres ci siamo permessi di strappare qualche cosa (e verrò ai 5 mila miliardi) impropriamente al FIO per poter avviare un primo processo di ristrutturazione; si tratta però di ferrovie che restano tali e quali, come tante altre del Mezzogiorno che sono in condizioni disastrate e disastrose.
Non vorrei che le parole: "anche attraverso cessioni" riproponesse tale e quale questo spettro: saremmo, come si dice in buon dialetto "al pian dij babi". Avremmo buttato dalla porta e poi recuperato dalla finestra la stessa cosa.
Tornando all'emendamento vediamo che cosa sta dietro. L'emendamento sarebbe positivo se bloccasse definitivamente il Decreto Signorile dobbiamo pretendere (uso questo termine dopo due anni e mezzo di pazienza) che nessun Ministro, di qualsiasi colore esso sia, si permetta di assumere nuovi decreti sulla testa delle Regioni per magari farli slittare e poi bloccarli. La finanziaria dice che l'Ente ha un anno di tempo e che il Decreto Signorile deve restare lettera morta.
Dovremmo anche pretendere quello che è stato finora rifiutato, salvo il rapporto che abbiamo avuto sul piano tecnico con la Commissione Tecnica e con il Compartimento, un confronto vero e proprio, coerente, su tutta la materia con l'Ente F.S.
Dovremmo chiarire il significato di "revisione economica e gestionale" se è rapportato al termine "al fine del recupero di utenza" è chiaro altrimenti su quelle linee in Piemonte ormai sappiamo tutto, non c'è da scoprire niente, siamo diventati dei tecnici ferroviari. Abbiamo assolto dei compiti che non sono di nostra competenza, eppure lo abbiamo fatto lo stesso.
L'ho già detto in Commissione e lo ripeto in questa sede: sapete che cosa significa in termini di risparmio di bilancio tagliare tre mila chilometri di linee in Italia? Significa risparmiare 150 miliardi all'anno su un bilancio complessivo annuo dell'Ente di 16 mila miliardi. Poi ci sono 13.000 miliardi di deficit e questi tagli rappresentano il 3-4% di risparmio. Questo è il risultato economico. Allora, si faccia pure la revisione economica, si muova la Commissione tecnica del Consiglio di amministrazione F.S, presieduta dall'ing. Misiti che da due mesi è stata nominata e non fa niente, ma non ci venga a dire che noi dobbiamo ancora imparare qualcosa su queste linee; noi ormai conosciamo la realtà, la struttura economica, la composizione, sappiamo persino punto per punto quanti passaggi a livello ci sono, dove sono e come sono disposti.
La parte meno convincente dell'emendamento è la seconda, quella che riguarda la formazione di società miste per la gestione. So che la legge istitutiva del nuovo Ente F.S, consente all'Ente stesso di fare operazioni di costituzione di società miste per la costruzione di grandi opere (che è cosa diversa). Molto meno chiaro nella legge istitutiva dell'Ente è la questione della cessione della gestione a società miste. Non escludo del tutto in via teorica che questa questione possa essere affrontata, ma è tutta da definire, Assessore Mignone. Come, quali società, con chi e soprattutto con quali soldi? E' stato facile scrivere quella frase nell'emendamento, ma quell'emendamento deve avere queste risposte precise perché quelle linee ferroviarie vanno ristrutturate, ammodernate rilanciate e gestite nel modo migliore e per fare questo bisogna ristrutturarle e ammodernarle prima ancora di gestirle.
Ci vogliono i fondi, i fondi non ci sono e la Regione non li ha.
Assessore Mignone, si vuole una nuova Legge 151? La legge quadro sui trasporti locali che ha due fonti di finanziamento, una per gli investimenti e l'altra per i ripiani di bilancio. Non ci bastano i soldi della Legge n. 151 per ripianare i bilanci delle nostre linee di trasporto locale sia pubblico che privato. La parte di investimenti quest'anno è quasi vuota. Se lo Stato deve dare dei soldi per ammodernare, ristrutturare e gestire queste linee, non capisco perché si debba dare questi soldi alla Regione e non invece alle ferrovie. Questo mi è poco chiaro. Mi sarebbe più chiaro invece se partendo dall'attuazione del piano generale dei trasporti si dicesse: in rapporto al livello di gestione dei trasporti statali regionali, locali, i flussi finanziari hanno un percorso determinato. Si aprirebbe quindi un nuovo discorso su eventuali settori del ferro gestibili da parte della Regione o in delega alle Province secondo quanto stabilisce la legge per la gestione dei trasporti locali. Non escludo questo in settori precisi e limitati, per esempio per alcune linee dell'area metropolitana torinese.
Un discorso serio sull'area metropolitana torinese non può escludere linee come la Chieri-Trofarello, la Torre Pellice-Pinerolo-Torino, la Ciriè Lanzo, la Canavesana. Questo può significare qualcosa di nuovo. A quel punto potrà cambiare forse anche la gestione, ma in rapporto ad un disegno ad un piano, ad una prospettiva, ad una programmazione molto precisa. Si tratta di usare la legge finanziaria per imporre all'Ente F.S, una reale trattativa che veda impegnati la Regione, le Province, gli Enti locali e le Comunità montane (che con noi hanno condotto questa battaglia con grande serietà e senso di responsabilità in questi due anni e mezzo), il Compartimento FF.SS. e le organizzazioni sindacali, per avere degli specifici progetti di ristrutturazione, ammodernamento, rilancio, con relativi piani finanziari linea per linea. Su questa base è opportuno il confronto. Ci siamo sentiti dire che non eravamo disponibili a stanziare fondi e che chiedevamo soltanto. Questo ce lo rinfaccia anche il nuovo Direttore compartimentale, che però non ci dice quello che abbiamo scoperto due mesi fa: che in Italia c'è una legge per l'abolizione dei passaggi a livello, che da tre anni sono stati stanziati 7.000 miliardi e che per due anni la possibilità di utilizzare quella legge era data ad un consorzio di privati che non ha chiuso nemmeno un passaggio a livello in due anni! A novembre il Consiglio di amministrazione del nuovo Ente ferroviario ha dovuto prendere atto che quel consorzio è stato un fallimento perché di quei 7.000 miliardi non si era usata nemmeno una lira per chiudere un solo passaggio a livello e ha deciso che quei soldi, che la Regione aveva già detto di essere disponibile a mettere in bilancio (pure in un bilancio piccolo e ristretto come il nostro), possono essere usati al fine dell'abolizione dei passaggi a livello dai Compartimenti ferroviari, dagli Enti locali e dalle Regioni interessati dai progetti di ristrutturazione e di ammodernamento delle linee. Quindi non ci vengano a raccontare storie.
Sono d'accordo sulla parte della comunicazione laddove si dice che questa vicenda va chiusa presto e bene, perché 500 km di linee ferroviarie sono una parte della struttura portante del sistema ferroviario piemontese abolirli non è solo miopia ma è frutto di una scelta politica che va sconfitta perché contraria agli interessi generali del Piemonte. Se si continua su una certa strada, parlando dei 3.000 km che si vogliono sopprimere o dei 27.000 miliardi da dare alle concessionarie private di autostrade (emendamento che non è stato accolto nella Finanziaria), se si continua con una visione di questa natura sia a livello governativo sia a livello della Presidenza dell'Ente o dei Direttori compartimentali, non solo rischiamo di perdere queste linee, ma rischiamo di uscire dall'Europa.
Assessore Mignone, la invito a leggere e a farla conoscere ai Consiglieri la risoluzione del Parlamento europeo votata tre mesi fa sul progetto europeo di linee ad alta velocità, discussione che dovremmo riprendere anche in questa sede perché non mi convince il fatto che qui dobbiamo parlare solo della linea Battipaglia-Milano, ma dovremmo parlare del corridoio intermodale, dell'alta velocità sulla linea Torino-Milano Venezia, del discorso europeo. In quella risoluzione si dice che quando si farà questo discorso gli Stati membri devono tra l'altro tenere conto "nell'ambito della ricerca, dell'opportunità e della fattibilità di una rete ferroviaria veloce europea, anche della necessità di trasporti regionali e locali raccordati a tale rete".
Non possiamo farci portare fuori dall'Europa. Se non sconfiggiamo questo disegno politico, non varrebbero a nulla gli schemi di piano dei trasporti che le Province si apprestano a fare, che noi ci affanniamo e ci danniamo l'anima per costruire un nuovo piano dei trasporti regionali perché ambedue queste cose senza quel blocco, senza quella soluzione dei problemi sarebbero dei libri inutili, anche dannosi, perché sollevano speranze e aspettative che andranno purtroppo deluse. E' sulla politica dei trasporti, ce lo siamo detto tante volte, che si misura la modernità e il progresso di un Paese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Petrini.



PETRINI Luigi

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la comunicazione dell'Assessore Mignone sull'anno di proroga (e quindi fino al luglio 1989) per mantenere in vita i cosiddetti "rami secchi", ci soddisfa. Per questo riteniamo di esprimere innanzitutto al Presidente Beltrami e all'Assessore Mignone il nostro compiacimento per la concreta azione da loro svolta presso il Ministero dei Trasporti e per tramite dei parlamentari piemontesi, raggiungendo un così ragguardevole risultato per tante zone della nostra Regione, subordinato alla approvazione della legge finanziaria nazionale.
Dopo questa doverosa premessa è indispensabile, ora, lavorare intensamente attorno a concrete proposte per il recupero di queste linee secondarie, altrimenti ci troveremo, tra un anno, ad affrontare identici problemi, senza poter contare su salvataggi finanziari dell'ultima ora.
Credo quindi che una puntualizzazione in altra sede, (magari nell'ambito della competente commissione consiliare) sia indispensabile per evidenziare tanto come si intende operare linea per linea quanto per realizzare un piano concreto di intervento regionale con specifici progetti. Tanto più che entro il primo anno dall'entrata in vigore della legge finanziaria l'ente F.S, dovrà provvedere alla "revisione economica e gestionale - leggo la risoluzione - delle linee a scarso traffico al fine del recupero e dell'ampliamento dell'utenza del servizio ferroviario, anche attraverso la cessione delle linee e degli impianti a società cui possono partecipare le Regioni interessate, gli enti locali, gli organi gestori delle ferrovie, le imprese esercenti i pubblici servizi di trasporto, operatori privati nonch l'Ente F.S. stesso". "I fatti devono prevalere sulle parole", diceva il collega Guasso. Condivido lo spirito e la sostanza di questa affermazione.
Per questo mi auguro che il piano concreto di interventi si trasformi in precisi impegni, cadenzati nel tempo, da parte della Giunta regionale e del Consiglio e - ovviamente - della competente Commissione consiliare.
L'inserimento all'o.d.g. di questa seduta delle comunicazioni che l'Assessore ha ritenuto di effettuare in materia di linee ferroviarie statali di interesse locale, mi offre anche la possibilità e l'opportunità di formulare alcune brevi considerazioni, pertinenti al sistema di collegamento di centri della Regione di maggiore importanza sia come interconnessione tra loro, sia con l'esterno, cioè col territorio nazionale e con i collegamenti internazionali. A titolo di esempio: le linee Biella Santhià e Biella-Novara sono state classificate tra quelle a scarso traffico e quindi come tronchi improduttivi hanno una drastica previsione che conosciamo, cioè la cessazione della loro attività. Ma le considerazioni che si possono avanzare su questo progetto sono molte e diversamente articolate. Non va dimenticata, peraltro, la domanda del perché tali tratte assorbono poco traffico. Una risposta elementare, ma di buon senso, è quella del disservizio che esse presentano, per orari di movimento, per qualità di materiale rotabile e per tempi di percorrenza.
Migliorando tale situazione i risultati di gestione evidentemente potrebbero cambiare.
Ricordo anche la recente approvazione (novembre 1987) da parte dell'Assessorato ai trasporti del documento di obiettivi ed indirizzi che servirà per definire, entro la prossima estate, il piano regionale dei trasporti, documento richiamato qui in aula dall'Assessore Mignone. Nel documento era previsto in prospettiva un sistema ferroviario regionale di connessione tra 15 poli di maggiore importanza, sia tra loro che con l'esterno. Biella è compresa tra i 15 poli. Il mantenimento e il miglioramento delle relazioni ferroviarie interessanti il Biellese l'Assessore lo sa, sono determinanti e indispensabili. Fuori di luogo e di senso l'ipotesi di eliminare le tratte già ricordate. La politica restrittiva delle F.S, deve lasciare il posto ad una fornitura di servizi flessibili ed articolati, abbandonando cioè l'incapacità che pare caratterizzi, almeno al momento, buona parte della attività dell'ente. E' stata più volte sottolineata l'indispensabilità del collegamento Biella Santhià per raggiungere l'importante linea Torino-Milano-Trieste ed oltre e di quello tra Biella e Novara tanto per il collegamento con il capoluogo lombardo quanto come punto di partenza delle grandi direttrici verso il Sud. Evito qui di ripetere motivazioni e ragioni più volte ricordate.
Ma vi è anche un'altra osservazione di non secondaria rilevanza che vorrei evidenziare nell'intento di offrire un contributo al servizio del territorio e delle popolazioni interessate. Esiste un progetto di traforo ferroviario collegante la Valle d'Aosta con la Svizzera attraverso il Gran San Bernardo per l'elaborazione del quale accordi risultano già intercorsi tra la Regione autonoma Valle d'Aosta e le autorità comunali e cantonali svizzere di Martigny. Il progetto che si ispira ad una nuova filosofia delle vie di comunicazione attraverso le Alpi viene ad interessare, come nuovo futuro asse ferroviario, il Piemonte e la Liguria da un lato e la Manica con il porto di Rotterdam dall'altro. La Giunta della Regione autonoma della Valle d'Aosta ha annunciato ufficialmente la sua decisione favorevole alla realizzazione del collegamento. Prescindendo da considerazioni riguardanti l'estrema attualità di una previsione, per collegamenti proiettati nel futuro, va sottolineata l'importanza dell'iniziativa, favorita da particolari procedure previste ed approvate dal Consiglio d'Europa. Una convenzione del 1985, ratificata da tutti gli Stati europei, per progetti destinati a migliorare le comunicazioni tra regioni frontaliere consente di operare a condizioni agevolate. Non si tratta di una novità assoluta: la "Società degli ingegneri e degli architetti" di Torino aveva già, nel lontano 1905, dibattuto il problema di un progetto di massima relativo ad una ferrovia tra Torino e Martigny dovuto ad uno studioso piemontese, l'ingegnere Domenico Regis, e destinato ad evitare l'isolamento di Torino ed a collegare i bacini del Biellese e del Novarese con una rete di comunicazioni ferroviarie europee attraverso un breve percorso di raccordo. Ecco dunque una ragione di più per mantenere in vita certi collegamenti ferroviari. Sul progetto di collegamento Valle d'Aosta-Svizzera chi parla ebbe a presentare nell'ottobre del 1986 una specifica interrogazione al competente Assessore. Questi precisò che il piano regionale dei trasporti tendeva ad evidenziare il ruolo estremamente importante del Sempione e che altri valichi oltre lo Spluga e il nuovo Brennero (peraltro ancora in fase propositiva) non erano considerati dal più ampio piano generale dei trasporti. Ma né lo Spluga, né il Brennero interessano direttamente il Piemonte. Allora "la nostra Regione dovrà affrontare il problema dei valichi alpini con molta attenzione prima di accettare un orientamento che escluda nuove opportunità di collegamento diretto tra il Piemonte e il resto dell'Europa". Così affermava l'Assessore Cerutti in risposta rivolta all'interrogante, rimandando alle risultanze dei lavori per la rielaborazione del piano regionale dei trasporti ogni più precisa e puntuale trattazione della questione sollevata.
E' quindi opportuno, a mio parere, tenere in evidenza anche questi problemi da inserire in un contesto più generale. Questa evidenza consentirebbe l'attuazione di un'importante via di comunicazione attraverso le Alpi occidentali incanalando lungo la Valle d'Aosta non solo il traffico veicolare ed i trasporti su gomma (già serviti dai due trafori del San Bernardo e del Bianco), ma anche quello ferroviario, raccordando reti già esistenti sino ad Aosta dal nostro versante, e da Martigny, nella vicina Svizzera. I potenziali benefici per tutto il Piemonte ed anche per la Regione Liguria, sono più che evidenti.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, concludo affermando che la conservazione, il potenziamento, la razionalizzazione delle relazioni ferroviarie colleganti il Biellese, il Cuneese, l'Astigiano, il Casalese la Val Sesia, la Valle di Susa, al resto d'Italia e l'Europa, sono essenziali. Occorre allora porre mano con sollecitudine alla risoluzione di problemi dai quali dipendono ulteriori sviluppi, ma soprattutto la futura espansione di tante attività economiche della nostra Regione.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Capisco benissimo che il quadro della situazione che l'Assessore ha presentato (quindi non si offenda, Assessore, non mi riferisco direttamente a lei) dimostra come la Regione sia caduta di immagine e di peso politico anche di fronte a questioni che la toccano direttamente. Sarebbe interessante vedere come si siano mosse le aree interessate alla chiusura dei rami secchi. Alcune hanno mosso gli interessi delle lobby politico partitiche parlamentari, altre, più correttamente, hanno mobilitato le loro comunità e hanno avuto un rapporto reale con la gente; noi abbiamo avuto grande difficoltà a rapportarci con le lobby partitiche politiche che hanno lavorato direttamente dalla realtà locale alla realtà nazionale saltando di peso la Regione. Abbiamo avuto difficoltà anche a rappresentare quei movimenti di lotta e di iniziative di carattere locali, perché? Perché non siamo stati in grado, proprio per la caduta di peso politico, di dare a questi movimenti di partecipazione delle comunità locali, delle risposte concrete.
Chiedo ora all'Assessore di capire un po' di più alcune questioni. Ci sono alcune linee che sono già state chiuse ad esempio la Saluzzo-Airasca queste linee chiuse, questi cosiddetti rami eliminati, che fine fanno? Cioè quale tipo di orientamento assumiamo di fronte al fatto che c'è un materiale in deperimento, c'è anche una disabitudine che avanzerà da parte dei fruitori locali di uno strumento di trasporto collettivo che di fronte alla sua non funzionalità obbliga gli utenti a trovare soluzioni alternative. Inoltre siamo di fronte, in queste linee chiuse, a dei servizi clamorosi. Ora è del tutto evidente che questo è un primo problema aperto: capire quale soluzione si darà non tra un anno, ma a partire da oggi a situazioni che sono in via di dissoluzione anche dal punto di vista tecnico e dei servizi stessi.
Seconda questione. Qualcuno ha detto che mancano delle proposte concrete. Siamo di fronte all'ennesima volta al fatto che mancano progetti precisi di riutilizzo di quelle linee in prospettiva; noi non possiamo permetterci di aspettare la Finanziaria per intervenire in questo settore.
Se fossero in discussione autostrade o superstrade state tranquilli che con rapidità si troverebbe la soluzione! Anche in questo Consiglio regionale! Anche con le posizioni politiche di questo Consiglio regionale! Siccome sono di mezzo trasporti collettivi che interessano parzialità di questa Regione, o parzialità di idee, di prospettiva di mobilità, è del tutto evidente che si stenti a trovare progetti concreti che diano delle possibilità di intervenire per risolvere i problemi. E per risolvere i problemi (dico qualcosa che spero non scandalizzi) è necessario attivare disponibilità politiche, e queste io non le verifico, perché basta vedere a livello nazionale quanto si stanzia per le autostrade e quanto invece per le ferrovie per capire che si va verso una strada difficilmente sostenibile.
E' necessario avere un rapporto più stretto con le realtà locali: Comuni, Comunità montane, organizzazioni sindacali (magari parlare anche con i Cobas); forse riusciremmo a farle funzionare queste ferrovie, ma c'è anche il problema di capire se ci sono realtà private interessate a compartecipare per affrontare nella concretezza della gestione di queste linee il fatto che esse siano immediatamente fruibili, perché dalle parole bisogna passare ai fatti.
Un'altra questione, il problema degli stanziamenti: a fronte delle indicazioni di strade, di autostrade, di trafori, per quanto riguarda gli stanziamenti per le ferrovie si fanno delle belle parole, si scrivono ordini del giorno, si propongono emendamenti, ma alla fine il corrispettivo di stanziamenti adeguati per affrontare e risolvere questi problemi non viene assolutamente attuato.
Se vogliamo evitare, ancora una volta, che la Regione venga tagliata fuori di fronte ad un problema della comunità piemontese proprio per la mancanza di credibilità politica rispetto agli stanziamenti di cui dispone (non è soltanto un problema di carattere locale) e per evitare che si rimettano in moto interessi locali che spostano direttamente il rapporto tra la comunità locale e le lobby nazionali di spartizione di potere dobbiamo con immediatezza dare delle risposte facendo delle proposte concrete per risolvere i problemi degli utenti. Diversamente rifiuto la logica di considerare e dividere le ferrovie di interesse internazionale e di interesse locale, perché è alquanto difficile settorializzare in questo modo, direi che è quasi impossibile. Si tratta di un sistema integrato che va considerato nella sua globalità e noi non possiamo accettare che qualcuno a livello nazionale gestisca senza di noi queste idee e che poi a livello locale venga lasciata a noi la parte marginale, che marginale non è perché rappresenta interessi locali nell'interesse generale della comunità.
Questo è un aspetto sul quale ad un certo punto bisognerà trovare la formula per assumere definitivamente un ruolo tale da rispondere a quelle realtà locali che seriamente si sono mosse cercando il rapporto con noi in termini molto intelligenti, ma che oggi vivono una situazione di disagio in mancanza di risposte concrete.



PRESIDENTE

Informo il pubblico che per Regolamento è vietato esporre qualsiasi insegna in aula.
La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo sia un risultato positivo il rinvio della chiusura delle linee a scarso traffico del nostro sistema ferroviario, ma positivo solo se non significa un puro esaurimento più lento di questa vicenda. In quest'anno che abbiamo a disposizione dobbiamo lavorare non solo per raggiungere alcuni obiettivi, ma anche, e da subito, per cambiare la mentalità con la quale ci si approccia a questo problema.
Credo si perseveri ancora in una ottica strettamente interna all'esercizio della linea ferroviaria proprio come fosse una pura microazienda con la valutazione, ad esempio, del coefficiente d'esercizio.
Occorre un'analisi valutativa più generale intanto vedendo i costi riflessi che un'iniziativa alternativa indurrebbe, gli effetti sul sistema economico dell'esistenza o meno di quel tipo di mezzo di comunicazione, le possibilità che l'evoluzione tecnologica in prospettiva potrebbe dare e aprire in tempi non storici a questi rami.
In questo senso sarebbe rischioso restare in un vicolo cieco se in tempi ragionevolmente brevi di sei mesi non riuscissimo radicalmente a modificare questa visione.
Non credo allora che l'interlocutore sia l'Ente F.S., il quale comunque con il proprio top management ha bisogno di presentare alcuni risultati di principio, più che di contenuto reali, e su questi risultati di principio noi rischiamo di farne le spese. Allora l'interlocutore reale, proprio perché la valutazione non può essere microaziendale, diventa e resta il Governo, il Ministro competente e un modo diverso di concepire il sistema di trasporto nella nostra Regione.
Devo anche sottolineare che per certi versi alcune forme di intervento sul sistema dei trasporti locali devono rispondere a una maggiore specificità che le singole Regioni possono avere. Quindi, rispetto al collega Guasso, non vedo come uno spettro l'ipotesi, ovviamente se supportata da una norma nazionale adeguata, di gestione più locale di certi problemi, anche su rotaia, se hanno un carattere ovviamente integrato, se hanno una funzione sistemica e se pongono ovviamente anche il problema delle risorse perché non si può ragionare in astratto.
C'è poi un punto, Assessore, che dobbiamo tenere ben presente. E' un simbolo nel quale una visione distorta, microaziendale, non capace di tenere conto anche delle prospettive di una comunità è stata in qualche modo sancita e consolidata e il rinvio non serve a nulla; sono i 25 km della linea Saluzzo-Airasca, che a pochi chilometri dal SITO, dal centro intermodale, che in una realtà economica nella quale esistono cartiere che hanno necessità di abbattere i costi di trasporto, che non possono essere abbattuti con il trasporto su gomma perché si tratta di trasportare cellulosa, merci povere ecc., in questo momento il non porre fortemente il problema del recupero anche di questa ferrovia e di non considerare sancita questa chiusura mi pare un fatto importante se si vuole dare coerenza a un approccio diverso che la Regione dà e deve dare al problema rispetto a come le Ferrovie dello Stato l'hanno visto.
In questo senso, mi appello a trovare una forma per far rientrare nel gioco questa parte di ferrovia che ormai è smantellata e che si sta smantellando (vedo che ai passaggi a livello hanno persino svitato e portato via le sbarre).
Un altro fatto grave è che comunque non si può pensare di arrivare a fine di quest'anno con un sotterraneo comportamento dell'Ente F.S, che riduce le forme di manutenzione su alcuni rami, praticamente in questo modo facendo degradare l'arrivo di utenza nuova e facendo fuggire l'utenza vecchia. Occorre allora pensare a che tipo di operatività e ritorno a dire: primo interlocutore diventi il Governo e il Ministero, perché è con diversa filosofia; se restassimo strettamente collegati ad una pura micro visione tecnica di valutazione di coefficiente d'esercizio, anche facendo i tripli salti mortali, arriveremo alla fine di quest'anno e avremo di nuovo dei guai. Occorre una nuova considerazione, una nuova filosofia del problema dei trasporti a livello locale, che veda anche le economie esterne che questo sistema di trasporti può creare nel sistema economico oltre che ai riflessi sociali.
In questo senso il Gruppo socialista impegna l'Assessore e la Giunta regionale a lavorare anche per un recupero più politico della dimensione che assume questo problema; non restare tutti incapsulati a una egregio, ma non sufficiente, lavoro in chiave esclusivamente tecnica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anch'io con grossa soddisfazione prendo atto delle comunicazioni svolte dall'Assessore Mignone a cui va il ringraziamento particolare del Gruppo repubblicano sia all'Assessore che alla Giunta.
Vorrei mettere l'accento su due punti della relazione dell'Assessore: uno sull'emendamento e l'altro sulla relazione che naturalmente non si è potuta seguire ampiamente e che ci fornirà.
Mi pare che abbia messo l'accento sul "riconoscimento del ruolo integrativo delle linee considerate in questo momento a scarso traffico".
Nell'ambito delle linee di cui viene chiesta la sospensione, una che ha un'importanza notevole nel trasporto integrativo è la Cuneo - Savigliano Alba - Castagnole - Asti - Casale - Mortara - Milano. Questa linea, che funzionava nei tempi andati, poi è stata soppressa per il crollo di un ponte nei pressi di Asti, in questo momento potrebbe riprendere il suo servizio.
Quindi, è impensabile considerare la soppressione di una linea come la Cantalupo-Cavallermaggiore quando è l'unica che integrata possiede le caratteristiche di integrazione con le grandi linee internazionali sia per le nazioni nord dell'estero e sia per la parte del Veneto, ecc. Su questo punto bisognerebbe quindi insistere molto. Non dimentichiamo che la provincia di Cuneo strade ne ha pochissime, i collegamenti ferroviari sono quelli che sono, i collegamenti stradali sono ancora più precari; un collegamento Cuneo-Milano tramite questa linea, che funzionava già, va tenuto conto nell'ambito del riconoscimento del ruolo integrativo.
Vorrei porre inoltre l'accento su quella novità che insiste nell'emendamento alla legge finanziaria: "al fine del recupero dell'utenza".
Cosa intendiamo per "recupero dell'utenza"? D'accordo che non è un problema prettamente dell'Assessorato, però è un problema reale con cui bisogna anche confrontarsi con le Ferrovie sia sui dati sia su tutto quello che non funziona. Io capisco quando il collega Tapparo dice che le ferrovie cercano dei risultati di principio e non di contenuti, forse possono ottenerli tutti e due. Dobbiamo guardare ai risultati di contenuto. Il recupero dell'utenza è forse la cosa più semplice che c'è in questo momento. Mi addentro brevemente sul trasporto merci.
In Italia il trasporto merci non raggiunge il 10%, a fronte del 50-60 di Francia e Germania quindi esistono spazi enormi da coprire. Se fosse un privato che vende quel prodotto in pochi anni avrebbe un fatturato eccezionale, con gli spazi di mercato che hanno oggi le FF.SS., ma come occupare questi spazi? Andiamo a vedere perché in Italia il trasporto su rotaia è così basso: 1) mancanza di vagoni 2) mancanza di vagoni-frigoriferi. Con i nuovi sistemi di vendita, dei nuovi prodotti, se la merce non viene trasportata con vagoni adatti e idonei di frigoriferi, permane carente il servizio 3) sospensione del trasporto merci durante le festività, le ferie in occasioni particolari, l'utente deve trovarsi garantito in determinati periodi di maggiori consegne rispetto alle disfunzioni 4) è anche compito di chi gestisce, poiché le conseguenze negative si riflettono nei rapporti tra l'utente e le ferrovie, intervenire sull'altissima percentuale di furti che si verificano sui vagoni ferroviari raggiungendo punte del 20%.
Il recupero dell'utenza, solo guardando questi tre punti, potrebbe indurre dei vantaggi enormi. In questo momento le FF.SS. stanno cercando di intervenire a livello di marketing, infatti si notano iniziative di consulenti presso aziende, il cui scopo è invogliare l'utenza ad usufruire del trasporto su rotaia, ma senza ancora risultati.
Infine un altro punto importante per cui l'utente non usa il trasporto ferroviario, è costituito dal fatto che gran parte del trasporto oggi avviene su container. Le stazioni ferroviarie in Italia dotate di scalo container sono pochissime, pertanto ciò costituisce un dato negativo.
Su tali questioni è possibile il recupero dell'utenza, perché ciò che farà aumentare l'introito dell'Ente F.S, non saranno tanto i passeggeri quanto invece il ricorso al trasporto delle merci su rotaia. Su questo punto bisogna fare alcune riflessioni. Pensiamo solo se avvenisse la soppressione della linea ferroviaria Cantalupo-Cavallermaggiore. In quella zona ci sono una enormità di aziende che si servono, anche se non in modo molto intenso delle ferrovie per i motivi evidenziati, ma da un piccolo studio effettuato nell'interland dell'Albese-Braidese e Valle Belbo; si desume che mediamente circolano in un anno 10 mila vagoni. Se spostiamo questi 10 mila vagoni ferroviari sul trasporto stradale, su camion significa 20 mila automezzi sulle strade del cuneese, e sulle strade dell'astigiano. Questi costi non sono facilmente quantificabili, ma costituiscono una realtà tragica enorme, con blocco totale della viabilità in queste zone. Quando si andrà a fare anche la famosa verifica linea per linea, questi elementi non quantificabili monetariamente forse hanno un costo superiore ad altri dati come ad esempio ricavi biglietti, ecc., essi vanno tenuti nel debito conto perché si configurano come una minaccia grave per la viabilità di queste zone.
In questi periodi in cui sembrava imminente la chiusura di queste linee, si sono formati i Comitati di paese, di borgata, di parrocchie ecc., bisognerebbe che questo fosse tutto coordinato dalla Regione perch le diverse iniziative e alla fine non hanno portato i risultati. Quindi anche sul coordinamento pregherei l'Assessore di tenere aggiornata la Commissione ogni volta che si creino delle novità. Del resto devo dare atto dell'operato dell'Assessore in questo periodo nel tenere anche i collegamenti con gli Enti che richiedono queste informazioni perché unico interlocutore deve essere la Regione con il Ministero.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paris.



PARIS Mario

Signor Presidente, signori Consiglieri. Ho ascoltato con estrema attenzione la comunicazione dell'Assessore Mignone su questo delicato importante e pressante problema. L'ho ascoltata e apprezzata vivamente per la concretezza e ringrazio pubblicamente l'Assessore e il Presidente della Giunta, come ha già fatto il collega Petrini, per l'impegno che hanno dimostrato su questo problema.
Vorrei (ho sentito altri prima di me parlare del problema più generale innanzitutto dall'Assessore che mi ha preceduto) entrare, come ha fatto l'amico Fracchia, nello specifico sul problema della tratta Bussoleno-Susa non perché altre tratte siano meno importanti di questa, ma perché intendo parlare di un argomento che conosco abbastanza a fondo. Innanzitutto desidero dire questo: esistono delle cifre che dimostrano che la tratta Bussoleno-Susa (classificata ramo secco) ramo secco non è, perché la scheda che abbiamo esaminato ancora venerdì scorso in occasione di una assemblea di Sindaci dell'alta e bassa Valle di Susa ci dice che su questi 7,5 km di linea ferroviaria ci sono (nei due sensi) mediamente 3 mila passeggeri al giorno, che ci sono 8.800 abbonamenti, pertanto ramo secco non è. Perché si era verificato questo errore di valutazione? Perché erano stati considerati soltanto i biglietti staccati alle stazioni di Bussoleno per Susa, e di Susa per Bussoleno, dimenticando che la Bussoleno-Susa non è una linea a s stante, ma non è altro che il segmento intermedio che collega tutti i Comuni della bassa Valle di Susa (sono 25 della bassa Valle di Susa) con la Val Cenischia, che collega la bassa Valle con Susa, che è sede di scuole di liceo, di ginnasio, di istituto tecnico, di Pretura, di uffici finanziari, di presidio militare, di Curia, ecc.
Questi sono i dati che dimostrano che la Bussoleno-Susa ramo secco non è. Certo, non si può assistere così, senza fare niente, a questa situazione che vede sui 7,5 km, nove passaggi a livello, cioè uno ogni 830 metri, con 36 persone impegnate a far funzionare il tratto ferroviario dei 7,5 km: per la stazione di Susa, una parte per la stazione di Bussoleno, e poi il personale viaggiante e quello per la custodia dei passaggi a livello.
E' evidente che su questa tratta è impossibile pensare al trasporto su gomma, su autopullman, perché il trasporto è soprattutto concentrato nelle ore di apertura delle scuole, ed è impensabile (dato che sono 500 gli studenti che viaggiano) ipotizzare una linea di 10 autopullman, anche perché non potrebbero arrivare contemporaneamente.
C'è l'esigenza di ridurre i costi di esercizio, di dare una maggiore funzionalità e di collegare con maggiore intensità, la bassa valle e la Val Cenischia e i due centri più grandi della media valle che sono Susa e Bussoleno.
L'assemblea di Sindaci del 29 gennaio, che si è tenuta a Susa (assemblea alla quale non ha potuto partecipare, penso con rammarico l'Assessore Mignone che è sempre sensibile a sentire la voce della base) concordemente - perché in questo caso le polemiche partitiche sarebbero dannose e ad ogni costo va cercato ciò che unisce non ciò che divide l'assemblea dei Sindaci, dicevo, ha concordemente indicato questa soluzione: la trasformazione della ferrovia in metropolitana leggera con biglietti da acquistare in edicola (come i tram) e la creazione di tre fermate intermedie tra Bussoleno e Susa a servizio di tre grosse frazioni che si trovano in quell'area.
L'Assessore Mignone ha parlato della costituzione di società, ha prospettato diverse soluzioni; comunque è certo che bisogna in tempi brevi coinvolgere l'Ente F.S., la Regione, la Provincia e, come diceva giustamente il collega Guasso, le Comunità montane che si sono fatte parte attiva. Occorre formulare una ipotesi da approfondire a tempi brevi, una soluzione da trovare a tempi brevi ed una realizzazione da attuare a tempi brevi.
La Valle di Susa per la sua posizione geografica, anche in relazione all'apertura dell'autostrada del Frejus (chiedo scusa al collega Marchini se mi collego sempre alle sue osservazioni acute) è la porta e l'immagine dell'Italia e penso che dare la soluzione indicata dai Sindaci valsusini a questo problema è anche un modo per dare una buona immagine del nostro sistema dei trasporti proprio alla "porta d'Italia".
Per concludere mi si consenta qualche osservazione. Il collega Guasso ha detto che ormai siamo diventati tutti tecnici; pare che gli unici che devono realizzare un sistema di trasporto efficiente non siano tecnici.
Intanto su questa tratta i binari non debbono essere rimessi in sesto perché questa sistemazione è stata fatta abbastanza di recente. Il collega Guasso parlava dei 7.000 miliardi stanziati a livello nazionale per la sostituzione dei passaggi a livello dicendo che per ora c'è nulla di fatto.
Probabilmente non è vero perché io (mi vergogno di dirlo) noto che in questi giorni, andando nella zona vedo operai che sostituiscono ai passaggi a livello le vecchie leve con i contrappesi con ruote e manovelle azionate a mano.



(Interruzione del Consigliere Guasso)



PARIS Mario

Si dovrebbero spendere soldi per eliminare i passaggi livello; qui invece stanno soltanto cambiando una leva con una manovella, ed allora non sarebbe illogico, assurdo, una volta finiti questi lavori, chiudere e disattivare la linea? Soprattutto perché oggi si stanno facendo sprechi insensati e penso che la nostra gente di montagna sia disponibile a comprendere tutto, a capire tutto, a perdonare tutto, ma non a perdonare gli sprechi. Quindi occorrono collegamenti con gli Enti locali per pervenire ad una soluzione ragionata e sollecita di questo problema.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi era parso che la Presidenza avesse il timore di una successione di interventi, provocata dal fatto che varie zone del Piemonte sono interessate a questo problema. Assicuro quindi che sarò telegrafico in questo mio intervento, anche se l'area da cui provengo, il Monregalese, è già stata colpita dall'eliminazione di un tronco ferroviario e ancora oggi è molto interessata al problema, per quanto riguarda il tratto Ceva-Ormea. Quest'ultimo è proprio uno dei tipici casi segnalati dall'Assessore, dove la semplice sostituzione del treno con il mezzo su gomma non risolve assolutamente il problema, per la mancanza di una viabilità sufficiente e per condizioni meteorologiche difficili.
Riferendomi all'intervento del collega Reburdo, devo dire che questo caso, che conosco particolarmente, è stato affrontato non attraverso lobby o altri interventi di carattere non chiaro, bensì attraverso l'impegno preciso dei Comuni, degli Enti locali, delle forze politiche, con la chiamata in causa precisa della Regione e quindi è un caso tipico che è anche bene che sia ricordato in questa sede. Ma il mio breve intervento ha lo scopo piuttosto di sottolineare alcune cose che sono state già dette molto bene dall'opposizione, in particolare dal Consigliere Guasso di cui conosciamo l'interesse e l'impegno per queste problematiche. Guasso ha fatto un'osservazione che è di quelle che si sentono sempre in bocca alle opposizioni: ha detto che si fanno parole e non fatti. In questo caso specifico dei rami secchi e soprattutto nell'ampio problema del sistema ferroviario, veramente siamo in presenza di parole che si ripetono, di programmi che si fanno, di intenzioni che si manifestano, ma di poche conclusioni. Per esempio, vorrei citare il problema molto rilevante, di cui si parla da quasi quarant'anni, è quello del raddoppio del binario della linea Torino-Savona, nel tratto Ceva-S. Giuseppe del Cairo, problema di cui nessuno nega l'assoluta necessità, che è compreso nel primo piano dei trasporti comprensoriali con tutte le motivazioni e le documentazioni necessarie, che è già entrato in qualche piano nazionale, ma che comunque resta sempre a livello di ipotesi e non di interventi risolutivi.
A proposito dei rami secchi avviene (come l'Assessore stesso ha osservato) che lasciare le cose come stanno, prorogare semplicemente attraverso nuovi cicli di studi, significa provocare sempre più il degrado degli impianti e la disaffezione degli utenti, oltre che una raccolta di prove di inefficienza per poter giungere alla conclusione che non c'è nulla da fare. Sono state dette cose interessanti a questo proposito anche con esempi specifici.
Vorrei richiamare l'Assessore a tenere presente che questo discorso vale non soltanto per le otto-dieci linee che sono attualmente in discussione, ma vale anche per altre linee: per esempio, la linea Cuneo Mondovì (linea importante di collegamento di un'ampia zona al capoluogo quindi con tutti i riferimenti che il terziario di un capoluogo di provincia comporta per i necessari collegamenti e rapporti) è una linea che ha tutta l'aria di essere lasciata in condizioni tali da giustificare fra non molto l'ipotesi di taglio e di abolizione: l'armamento è ancora, lo si ricordava proprio alcune sere fa nel Consiglio comunale di Mondovì, quello dei binari della ditta Krupp, di quando l'Italia non era ancora neanche in condizioni di costruire i binari, li doveva importare, cioè di prima della guerra mondiale 1915-18, quindi un armamento che non è assolutamente in grado di consentire quel minimo di servizio che oggi rende la ferrovia accettabile. Se da Mondovì a Cuneo, per fare 25 km si impiega un'ora allora sono del tutto fuori luogo e teorici i discorsi che parlano di volontà di rilancio e di sviluppo del sistema di trasporto su rotaia, anche in relazione alla impossibilità di incrementare ancora il traffico su strada. Bisogna quindi, ad evitare che fra pochi anni ci troviamo a dover difendere, magari con manifestazioni, con impegno degli Enti locali, altre linee minacciate di soppressione, cercare, attraverso il piano dei trasporti regionale e attraverso opportuni interventi, di modificare una situazione non più accettabile. Il collega Reburdo diceva che le linee già soppresse danno lo spettacolo di un abbandono, di un degrado sotto tutti i punti di vista. Sono state soppresse e sono lasciate lì, con le stazioni che si degradano, con gli spazi inutilizzati. A Mondovì, per citare un esempio che potrà essere valido anche in altri casi, l'abolizione del tronco Mondovì-Bastia avrebbe potuto e potrebbe mettere a disposizione del centro cittadino ampie aree della stazione e dei piazzali di movimento di questa ferrovia; si teme invece che per anni resteranno come una macchia vuota al centro di una città che invece ha grossi problemi di traffico e di parcheggio. In proposito sono state avviate pratiche con l'Ente F.S.
incontrando ostacoli di natura burocratica, lentezze tali da scoraggiare ogni intervento; si tratta di aree che, anche in via provvisoria potrebbero rivelarsi utilissime. Dico questo non per richiamare una questione localistica, campanilistica, ma per sottolineare, con un esempio concreto, la validità delle osservazioni che ho sentito fare già da altri colleghi intervenuti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la comunicazione dell'Assessore che ha l'apprezzamento totale del Gruppo liberale è così approfondita e così ampia da rendere del tutto fuori luogo approfondimenti ulteriori da parte di Gruppi consiliari considerando che altre questioni sono anche state introdotte tra l'altro con la specifica competenza dal collega Guasso.
Il Gruppo liberale, peraltro, rileva un elemento che viene a nostro modo di vedere non sufficientemente considerato. Dietro queste realtà chiamate rami secchi, non c'è soltanto una struttura di trasporto, dei binari, delle traversine, delle stazioni, c'è probabilmente una società e un'economia che è cambiata rispetto ai tempi in cui queste strutture sono state pensate e quindi se mi consente Assessore bisognerebbe, forse a questi problemi, introdurre un approccio di natura socio-economica e di programmazione globale che esca da questa stretta, in cui ci siamo messi di tipo ingegneristico. Perché la difesa che condivido, e che è apprezzata dal nostro Gruppo, viene fatta del complesso della situazione, fin quando non si arriverà ad una soluzione globalmente diversa e articolata rispetto alle singole situazioni, ha evidentemente come parametro quello del rapporto costi-benefici, e non è l'obiettivo che noi ci dobbiamo porre rispetto ai trasporti, non è il recupero dei costi-benefici della struttura così come abbiamo ereditato, e quando questa struttura non rispetta alcuni parametri viene tagliata, dobbiamo pensare alla modernizzazione globale del sistema dei trasporti rispetto alle realtà che si sono trasformate immaginando che il rapporto costi-benefici vada rispettato, ma dev'essere uno dei parametri e uno degli obiettivi che ci poniamo nella nostra politica dei trasporti, non può essere quello esclusivo.
Questo elemento, Assessore, lo introduco perché mi pare, che, per quello che riguarda il recupero di livelli di accettabilità delle diverse tratte, la Regione, la sua parte l'ha fatta, è stata illustrata da Guasso.
Probabilmente non abbiamo granché più da spendere su questo versante, noi siamo in grado di contestare puntualmente alle Ferrovie dello Stato i ritardi, gli inadempimenti, possiamo fare loro proposte di ammodernamento ma temo sempre e soprattutto in termini di recupero di costi, e questo mi sembra il limite della nostra posizione, non dico dell'Assessore, chiedo scusa, dico della Regione nel suo complesso. Suggerisco quindi che la Giunta, l'impulso è dell'Assessore competente, ma evidentemente coinvolgendo gli Assessori interessati alla materia più globale della programmazione, predisponga degli studi che a lato di questo recupero costi benefici, verifichi anche le diverse ipotesi dell'adeguatezza a modello di società che si è realizzato nel frattempo, e, immaginare che per le diverse soluzioni di ammodernamento, che l'ammodernamento è evidentemente di classe e di approfondimento diverso, si ipotizzino per esempio degli scenari e dei progetti pilota. A me sembra che la Regione debba stanare le Ferrovie facendo dei progetti pilota su delle questioni significative: uno di riduzione dei costi, un progetto di riduzione dei costi su una tratta significativa perché è significativo l'intervento che si può fare su un altro versante; l'altro sull'ammodernamento tecnologico, quando l'ammodernamento tecnologico recuperi di per sé, come diceva il collega della Democrazia Cristiana, l'utenza che non c'è più, perché è il ritardo tecnologico che fa cadere l'utenza e non viceversa. Esistono delle ipotesi ed è la terza che indico, che è quella in cui si deve andare veramente ad una elaborazione caratterizzata da forte fantasia politica progettuale in ordine ad alcune tratte che, al di là degli aspetti costi-benefici, non hanno più attualità socio-economica. Specificatamente questo è il caso della Susa-Bussoleno. Anche quando fosse recuperata in termini costi benefici, rimarrebbe sempre una tratta del tutto inadeguata rispetto allo sviluppo di quello che i valsusini considerano essere la scommessa grossa sulla programmazione di valle, il recupero dell'asse Susa-Bussoleno. Il recupero dell'asse Susa-Bussoleno come polo di sviluppo (c'era già nei vecchi quaderni della programmazione dei primi anni '70), e il polo di sviluppo di quella zona è tale se la comunicazione all'interno di quest'area è aperta e non una comunicazione rigida come attualmente è rappresentata dalla ferrovia. Quindi lasciando all'Assessore di identificare altri progetti pilota che a questo punto la Regione dovrà avviare per presentarli all'azienda ferroviaria come ipotesi di adeguamento in termini costi-benefici, ma nel rispetto e nella valorizzazione dei processi socio-economici in atto, sono a suggerire all'Assessore che si immagini per la Susa-Bussoleno un progetto della Regione che coinvolga gli enti locali, in primo luogo le comunità e i Comuni interessati alla Provincia, una soluzione che dal punto di vista gestionale, ma soprattutto da quello strutturale, sia fortemente innovativo rispetto ad un sistema di trasporti che abbiamo ereditato e che in ispecie è del tutto inadeguato rispetto agli obiettivi della programmazione socio-economica della nostra valle, non solo è inadeguato, ma è in una condizione che impedisce lo sviluppo di questa ipotesi. Chiudo il mio intervento, ricordando Assessore che con il collega Paris gli formuleremo una richiesta scritta chiedendo che si avvii lo studio puntuale e preciso di come si può trasformare un ramo secco, che in qualche parte secco rimarrà sempre se non altro come elemento di separatezza del territorio sia in senso longitudinale che in senso trasversale, e che deve diventare una cosa completamente diversa.
Faccio un esempio: è inutile investire, a mio avviso e credo anche del collega Paris, in passaggio a livello quando si immagina che almeno due di questi passaggi a livello devono diventare stazioncine di frazioni che hanno ormai 2.000 abitanti tipo Foresto, e San Giuliano, i relativi passaggi a livello non devono essere automatizzati, devono diventare elementi all'interno di stazioncine di questa metropolitana che, risolvendo il problema di carattere funzionale, Assessore, evidentemente rivitalizzano queste frazioni perché intorno alla piccola stazioncina metropolitana nasce il chiosco per i giornali, nasce un minimo di aggregazione, soprattutto si recupera un tessuto socio-economico e territoriale che una volta aveva un sistema di trasporto e che adesso invece è completamente superato.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone per la replica.



MIGNONE Andrea, Assessore ai trasporti

Qualche elemento di risposta all'interno di un dibattito che certamente non si conclude oggi, anzi da oggi utilizzando le indicazioni e le proposte emerse dovremo attivare in modo concreto passando a delle ipotesi progettuali di fattibilità linea per linea. Ovviamente ringrazio i colleghi che sono intervenuti dimostrando che questa è una Regione che è attenta più di altre, a questo tipo di problemi. Una Regione che considera il trasporto ferroviario, una parte integrante all'interno di un sistema complessivo dei trasporti, e che il modo più corretto per affrontare queste problematiche è quello di guardare in modo integrato, il sistema nel suo complesso, quindi anche ragionare attorno ad ipotesi che vadano ad individuare le possibili integrazioni tra le modalità di trasporto. Voglio fare alcune considerazioni: la prima, noi abbiamo affrontato questo problema con la valenza politica che esso ha, quindi non abbiamo solo svolto la nostra parte in termini burocratici, amministrativi, ma abbiamo dato ad esso una valenza politica e l'abbiamo parzialmente risolta attraverso un'azione politica svolta in modo forte e deciso in un rapporto costante con gli enti locali e con le organizzazioni sindacali, con le quali, a livello regionale, abbiamo avuto più incontri su questo tema, uno è già programmato per la prossima settimana. Se siamo giunti a questo risultato, è perché, la Regione ha svolto questa azione di governo, perché gli Enti locali hanno svolto un'azione che non è di lobby nel senso deteriore che a questo termine qualche collega ha voluto dare in questo caso specifico, ma a segnalare che a livello di comunità locali la chiusura di queste linee rappresentava un grave colpo per l'economia locale; proprio perché noi vogliamo considerare questo problema. Certo, per avere le carte in regola dal punto di vista tecnico economico, visti i vincoli posti dal Parlamento con la legge, e dal decreto Signorile, senza fermarci al mero elemento del rapporto costo-ricavi che comunque è uno dei terreni con i quali dobbiamo confrontarci se vogliamo andare a fare delle proposte concrete e non soltanto una battaglia di principio, bisogna tenere presente anche di altri elementi. Tant'è che quando si ragionava attorno alle diverse alternative diverse ipotesi di soluzioni venivano prese, in considerazione dei parametri, degli elementi che non erano soltanto quelli derivanti dalla somma dei costi e dalla somma dei ricavi. Anche da questo punto di vista non siamo all'anno zero. Ad esempio, la relazione, e le tabelle allegate evidenziano, le linee per le quali la Regione assieme agli altri enti aveva già avviato uno studio e aveva poi ipotizzato alcuni interventi soltanto per quanto riguarda la riorganizzazione del lavoro, qualche risultato lo si è ottenuto. Ad esempio le linee per le quali abbiamo fatto gli studi, andando a fare un riferimento ai dati economici, quindi al coefficiente di esercizio, che come i colleghi sanno, più alto è, più è deficitaria la linea, sulla Susa-Bussoleno nel 1983 eravamo ad un coefficiente di 13,4, quindi vedete quale sbilancio vi era, nell'87 siamo arrivati al coefficiente di 2,58. Ecco 2,58 è una soglia per la quale siamo sul trasporto su gomma, forse un po' di meno, ma accettabile. La Varallo Vignale dall'11,1 è passata al 7,43; la Asti-Chivasso dal 24 al 16; la Pinerolo-Torre Pellice dal 14 al 7; per la Ceva-Ormea purtroppo il dato rimane ancora critico siamo sempre attorno al 13/14%; Chieri dal 30 al 2,7.
Già soltanto in questi anni, intervenendo sulla organizzazione del lavoro abbiamo raggiunto un coefficiente di esercizio che è di certo ampiamente più favorevole che non quel 6 che mi pare derivi dal calcolare i 3.000 miliardi di ricavi e i 13.000 miliardi di uscite che hanno complessivamente le ferrovie.
Quindi, alcune cose le abbiamo avviate; dobbiamo essere - suggerimento che raccolgo come ulteriore sollecitazione - più stringenti anche rispetto ad ipotesi progettuali diverse: la strada della cessione a società è una ipotesi adombrata. Con molta cautela condivido molte preoccupazioni del collega Guasso, tuttavia per alcune aree si potrebbe anche cominciare a fare delle simulazioni per capire dove andiamo a finire raccogliendo il suggerimento di Marchini dell'avvio di progetti pilota al riguardo. Quando dicevo che per le linee interessate dal Decreto, che stanno all'interno dell'area metropolitana intesa in senso lato, davvero lì si potrebbe andare a studiare qualcosa di nuovo al riguardo.
Anche a noi dispiace il mancato recupero della linea Airasca-Saluzzo perché in tutti i documenti della Regione, ancora in quello di ottobre e in questo, in un certo qual senso, noi riteniamo essere stato questo un errore e sempre abbiamo chiesto che questa linea venisse riattivata. Purtroppo dobbiamo dire: questo è un limite dell'emendamento: l'emendamento parla delle linee attualmente in esercizio, quindi purtroppo, anche con questo emendamento positivamente da valutarsi, queste due linee non possono essere riprese.
Non entro in argomenti più ampi, anche se una volta di più si dimostra come queste linee non possano essere prese in modo avulso e tirate fuori dal territorio e non invece viste nel suo complesso.
Il ragionamento che faceva il collega Petrini attorno al discorso di Martigny ad esempio era un ragionamento per cui questa tratta potrebbe avere un senso in una certa ipotesi. Anche qui però, dico subito, è un elemento di grande importanza, che non può essere ovviamente affrontato in questa sede, è un elemento di grande delicatezza; all'interno del Piano generale dei trasporti vi è il riferimento dei corridoi e dei valichi, e anche sui valichi occorre molta attenzione, perché in tutti i documenti programmatici della Regione si parla del Sempione come di un elemento strategico nella politica dei trasporti regionali e soprattutto come collegamento tra porti liguri e nord Europa. Si fanno anche altre ipotesi.
Non so se Martigny è la più favorevole per il Piemonte, comunque chiusa parentesi. Si tratterebbe anche qui di fare approfondimenti.
Approfondimenti che faremo con il secondo piano regionale dei trasporti, ed è anche per questo che la sospensione ha un senso, perché ci consente di legare gli interventi su queste linee ai discorsi più generali del piano dei trasporti.
Mi fermo qui, ringraziando i colleghi che sono intervenuti. Molte loro osservazioni saranno certamente oggetto di approfondimento anche della Giunta. Non chiudiamo qui, ma è un ulteriore tassello e speriamo verso passi più concreti di quelli che sino ad oggi siamo riusciti a fare verso il mantenimento al servizio ferroviario di queste linee.



PRESIDENTE

E' terminata la comunicazione della Giunta regionale sulle linee ferroviarie in pericolo, linee che non voglio chiamare rami secchi, anzi sono dei rami da rivitalizzare, perché se così fosse probabilmente non saremmo a questo punto.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Comunicazione della Giunta regionale sul risanamento e bonifica della Valle Bormida


PRESIDENTE

Poiché dobbiamo esaminare il punto 5) dell'o.d.g.: "Comunicazione della Giunta regionale sul risanamento e bonifica della Valle Bormida", prego i Consiglieri, l'Assessore competente e il Presidente impegnati nell'incontro con i Sindaci, che avevano inviato formale richiesta scritta per essere ricevuti dal Presidente della Giunta regionale, di rientrare in aula.
Comunico che ho provveduto a far distribuire un ordine del giorno relativo all'argomento in discussione a firma dei Consiglieri Bontempi Dameri e Ferro pervenuto questa mattina.
La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore alla tutela ambientale

La Giunta ha ritenuto opportuno, avendo stilato il protocollo d'intesa Regioni e Ministero sul progetto di risanamento per la Valle Bormida, darne comunicazione al Consiglio (i Consiglieri sono già in possesso di questo documento) per un ulteriore approfondimento che peraltro ci è parso doveroso, per un problema tanto grave, per un problema che interessa ben 61 Comuni della popolazione piemontese di gravità inconsueta, tant'è vero che rientra tra una di quelle tre aree che sono state dichiarate ad elevato rischio ambientale per vedere e fare in modo che questo documento tuteli le nostre popolazioni che da troppo tempo sopportano gli effetti nocivi di questo grave inquinamento. Questo è un atto di formalizzazione, di un rapporto ufficiale che deve essere istituito per legge.
Di questo protocollo d'intesa, se n'è fatto carico della stesura l'Assessorato all'ambiente del Piemonte, proprio per dimostrare sin dall'inizio come per la Giunta piemontese sia prioritario e doveroso prendere in mano le redini di questa situazione, visto che, il tasso di inquinamento della Valle - addirittura il rapporto è quasi quadruplo rispetto ai terreni della Liguria - coinvolge sia il terreno, sia i Comuni.
Il Piemonte non si muove nell'ambito di un discorso campanilistico e se volete anche meschino, rilevando come sia ligure il massimo dell'occupazione di questa fabbrica che è la maggiormente sospettata di causa di questo inquinamento, e non ritiene neanche abbia senso il ragionamento secondo cui alla Liguria spetta l'occupazione e a noi, invece spettano i veleni.
Ci rendiamo perfettamente conto che 800 persone sulla strada sono 800 persone ed 800 famiglie, sia che riguardino la Liguria, sia che riguardino il Piemonte; il quale deve comunque farsi carico, per tutelare da questo grave stato che incide sulla salute delle popolazioni. Pertanto si è voluto dare questo segnale, subito, prendendo in mano la situazione elaborando questa bozza che è già stata concordata con la Liguria e con il Ministero ed approvata dalla Giunta piemontese, e dalla Giunta ligure.
Non starei a leggere interamente questo protocollo d'intesa, perch ritengo che essendo stato distribuito a tutti i Consiglieri, e, a tutti gli interessati, presumo ne siano già a conoscenza; sottolineerei soltanto i punti essenziali.
Prima di tutto, i tempi stretti, posso già annunciare che il giorno 12 (e questa data cade quanto mai opportuna per un approfondimento) il Ministro ha già convocato i Presidenti delle due Regioni interessate, per firmare il protocollo d'intesa. Il testo potrà essere magari questo insieme a qualche modifica che indubbiamente andremo a chiedere.
Preciso alcuni aspetti: si tratta di un protocollo d'intesa che, in base all'art. 7 della legge n. 349 concernente gli interventi per contrastare e controllare l'elevato rischio di crisi ambientale, prevede l'intervento dello Stato, d'intesa con le Regioni, e questo va tenuto ben presente: è il protocollo d'intesa tra lo Stato e le Regioni interessate.
Esistenza, a monte, della richiesta pervenuta al Ministero, da parte delle due Regioni, avvenuta il 25 giugno, di dichiarare la Valle Bormida area ad elevato rischio di crisi ambientale.
Tutta la documentazione sulla quale è stata inoltrata questa richiesta è stata distribuita ai Consiglieri circa un mese fa. Questo processo approdava in data 27 novembre 1987 nell'atto di riconoscimento, da parte del Ministero, mediante dichiarazione dell'area della Valle Bormida, come realtà ad elevato rischio di crisi ambientale.
Con queste premesse che ritengo siano ormai da tutti conosciute procediamo rapidamente ad illustrare quelli che sono i principali punti di questa bozza d'intesa. L'art. 2 recita che per la predisposizione del piano di risanamento della Valle del fiume Bormida che richiede l'intesa e l'iniziativa integrata e coordinata del Ministero e delle Regioni, le tre Amministrazioni concordano su determinati punti precisi.
Punto principale dell'art. 3 è la ricognizione dettagliata dell'inquinamento delle acque, dell'aria, e del suolo nel territorio della Valle del fiume Bormida, al fine di individuare le zone specifiche, ed i relativi componenti ambientali per i quali è necessario il risanamento.
Sempre nello stesso articolo, l'individuazione delle fonti inquinanti che hanno effetti significativi sulle zone da risanare, e la definizione della tipologia, della fattibilità e dei costi per gli interventi di risanamento.
L'art. 4 prevede in dettaglio il processo di disinquinamento il quale del resto, in dettaglio ancora più specificato, si trova riassunto nell'allegato tecnico che per il piano di risanamento è la bonifica della Valle Bormida.
Eviterei di leggere tutto ciò che ritengo sia conosciuto, e quindi sarebbe un'inutile perdita di tempo per lasciare più spazio al dibattito.
Porto invece la vostra attenzione sull'art. 5 che fissa inequivocabilmente in termini brevi, cioè entro il 31 luglio, la fattibilità di questo "progetto" per il risanamento della Valle Bormida nel quale le due Regioni concordano che il Ministero affidi con apposita convenzione i compiti tecnici specifici per la predisposizione del piano ad imprese, associazioni, consorzi, società di ingegneria che abbiano già svolto attività analoghe anche attraverso l'utilizzazione nella misura massima possibile di energie professionali locali con il coinvolgimento di operatori privati delle Regioni e che garantiscano i seguenti requisiti: 1) alta capacità tecnico - scientifico - professionale acquisita in Italia o all'estero in attività di programmazione e pianificazione per conto della pubblica amministrazione 2) dotazione di idonee strutture e tecnologie per la ricerca e la progettazione localizzate preferibilmente in Piemonte e Liguria 3) capacità di assicurare l'efficienza esecutiva dei progetti predisposti.
A tal fine le Regioni possono segnalare entro dieci giorni dalla firma del presente protocollo il nominativo di società di ingegneria, imprese loro associazioni o consorzi che rispondano ai requisiti di cui sopra.
Il protocollo ha la durata per il tempo corrente per la predisposizione del piano e per la realizzazione delle opere dallo stesso previste.
All'art. 7 si istituisce un comitato di coordinamento composto dai rappresentanti del Ministero e dai rappresentanti delle Regioni. Sarà in questo ambito che noi faremo la proposta congiuntamente alla Liguria che questo comitato di coordinamento composto dai rappresentanti del Ministero e delle Regioni possa vedere inseriti degli esperti a livello di Atenei, a livello di Politecnico che in un certo qual modo vengano a garantire le Regioni, e sarà questo comitato di coordinamento, questo comitato tecnico scientifico che farà da trait d'union (composto anche da funzionari del Ministero, da funzionari della Regione Liguria e da funzionari della Regione Piemonte) e da controllo tra il Ministero e le società ingegneristiche incaricate della progettazione.
Inoltre le funzioni e i compiti di alta vigilanza sull'esecuzione delle convenzioni per la predisposizione del piano di disinquinamento saranno espletate da una Commissione di alta vigilanza definita ad intesa tra il Ministero e i Presidenti delle Giunte regionali appositamente costituita.
Logicamente vi ho risparmiato l'intera lettura, così come vi risparmio la lettura in dettaglio dell'allegato tecnico estremamente attento e particolareggiato che faciliterà il controllo, faciliterà il piano di predisposizione e faciliterà per tutti coloro che saranno in grado di seguirli per eventuali anche comitati informatori o comitati in loco che potranno sorgere, potranno essere messi in grado di seguire passo passo tutta la predisposizione prima del piano di disinquinamento e poi l'esecuzione del piano stesso.
A questo punto termino la mia comunicazione per dare spazio al dibattito e per dare spazio all'approfondimento che riteniamo necessario visto che questo protocollo d'intesa concordato con la Liguria, concordato con il Ministero, non è però così inamovibile da non poter subire qualche modifica seppure non sostanziale e stravolgente (che del resto non mi pare il caso perché molto dettagliato) prima che venga apposta la firma al protocollo stesso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, se il dibattito deve preludere ad una sua conclusione e quindi nello spirito che mi pare accennasse l'Assessore Cernetti sulle modifiche che verranno richieste, chiedo alla Presidenza se non sia più opportuno collocare immediatamente l'intervento del nostro Gruppo come proponente dell'ordine del giorno di modifica.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, chiedo la parola per pregiudiziale. Siccome anche il nostro Gruppo intende presentare un ordine del giorno la prego di considerarci tra coloro che sono titolari di un'esposizione di un ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, riteniamo abbastanza deludente l'introduzione svolta dall'Assessore, dal momento che, ci pare sia stata avviata attorno a questa questione del Bormida insieme ad altre tre-quattro questioni che riguardano il Lambro, l'Olona, Napoli, una grossa operazione nazionale che ha quindi un significato ed una valenza notevole e rispetto alla quale ci pare di notare nella stessa introduzione uno scarto tra quello che è il significato profondo politico che a livello nazionale assume questa cosa come una delle prime esperienze che su questo terreno vengono realizzate, e il contenuto della relazione dell'Assessore Cernetti.
Io capisco l'intervento dell'Assessore Cernetti, dal momento che il protocollo d'intesa che ci è stato presentato è quello che è; capisco quindi anche le difficoltà nel recuperare rispetto a cose che peraltro il nostro Gruppo non pone oggi (oggi le poniamo con un ordine del giorno), ma il nostro Gruppo le aveva poste il 26/11/1987, due mesi fa, quando venne approvato in questa sede un ordine del giorno all'unanimità in cui la questione degli Atenei veniva posta; il nostro Gruppo queste questioni le ha poste ancora 20 giorni fa con una lettera al Presidente della Giunta Beltrami attraverso la quale chiedevamo anche un incontro alla Giunta proprio per avere uno scambio di idee su quello che doveva essere definito nel protocollo d'intesa e le questioni che noi, da questo punto di vista ritenevamo essenziali e sono le questioni che oggi riproponiamo qui sottolineando ancora, peraltro, il fatto che è grazie anche alla nostra lettera, dobbiamo dare atto al Presidente di essersi attivato. Però è grazie alla nostra lettera che oggi in questa sede si discute questa questione. Noi partiamo da un'idea molto semplice, ma è anche altrettanto ferma, che vorremmo fosse accolta e condivisa da altri Gruppi presenti in Consiglio, in particolare da Gruppi che si prefiggono di presentare anch'essi degli ordini del giorno. Su una questione come quella dell'inquinamento del Bormida, gli impegni che la Regione oggi pu assumersi anche perché l'Assessore Cernetti dice che questo protocollo d'intesa è stato scritto dalla Regione Piemonte e dalla Regione Liguria e il Ministero dell'Ambiente da questo punto di vista è stato un coattore.
Gli impegni che la Regione può assumersi non possono essere né generici, n tanto meno fuorvianti. In Valle Bormida tra le popolazioni, non occorre qui ripeterlo, c'è una rabbia, una rabbia che si coltiva da decenni, certo verso la Montedison per l'inquinamento provocato, che però è una rabbia che ha cominciato a trasformarsi in una rabbia verso le istituzioni spesso ritenute assenti e lontane. Oggi noi riteniamo sia possibile superare un antico senso di impotenza: si può aprire un percorso nuovo dove i Comuni e la Regione insieme possono ottenere dei significativi risultati. Io mi rendo conto che questo percorso non è, né facile, né agevole, ma è comunque possibile. E' però possibile a una condizione, che l'azione della Regione sia chiara, lineare e trasparente. Solo in questo modo le speranze apertesi con la delibera Ruffolo possono avere un fondamento ragionato. Vedi Assessore, quella delibera aveva un grosso merito: quello di non arzigogolare. Si tratta di una delibera che entra nel concreto e dice sostanzialmente 3 cose: 1) il Bormida è altamente inquinato, e l'inquinamento è sostanzialmente da ricondurre - dice la delibera Ruffolo - probabilmente all'ACNA, c'è quel "probabilmente" di mezzo, c'è tuttavia dentro quella delibera un nome, un cognome e un indirizzo 2) che ad aggravare la situazione concorrono altre ragioni, quali massicci prelievi d'acqua, la presenza di altre aziende produttrici di rifiuti tossici e nocivi, la presenza di 8 aziende a rischio di rilevanti incidenti 3) che la tabella A della Legge Merli non può essere presa a riferimento perché ci sono immissioni di sostanze chimiche di sintesi che non sono previste dalla tabella Merli.
Ora è su questa base, di questa scaletta che è dentro la delibera di Ruffolo e che considera come fattore principale dell'inquinamento l'ACNA, è su questa base che si deve predisporre il piano di disinquinamento e di risanamento; su questa base, dando per scontato che oggi l'ACNA è incompatibile con l'ambiente, con la Valle Bormida, la questione essenziale che si pone è, se esistono le condizioni agendo sulle tecnologie e sugli impianti, per renderla compatibile. Questo non è un dato acquisito in partenza, ma credo sia la questione vera e centrale, che si deve porre nel piano di disinquinamento e di risanamento.
Noi diciamo molto francamente, che dopo la delibera di Ruffolo ci saremmo aspettati dalla Regione Piemonte e dalla Liguria il testo di un protocollo d'intesa altrettanto chiaro e lineare, e non ci pare consentiteci, sia così. Per questo ci permettiamo alcuni rilievi di fondo che sono poi quelli che recuperiamo nella nostra proposta di ordine del giorno. La prima questione che si pone è che in tutto il protocollo di intesa il nome ACNA non appare. La questione non è marginale, può essere vero quello che si dice in Liguria, che il Bormida di Spigno non è meno inquinato, ma è più diluito, tuttavia non si può parlare genericamente di fonti di inquinamento, di impianti, di infrastrutture come fa il protocollo d'intesa. Va mantenuta la distinzione, fra l'ACNA, e le altre fonti di inquinamento, come faceva la delibera di Ruffolo, anche, e soprattutto perché, questa distinzione - vorrei che questo fosse chiaro - consente poi di definire meglio e rendere leggibili e trasparenti le azioni da compiere per il disinquinamento, cioè scrivere dentro ACNA vuol dire anche scrivere azioni, non vuol dire solo prendersi il gusto di scrivere una parola in più, vuol dire definire le azioni, quelle che vanno compiute verso l'ACNA e quelle che invece s'impongono sugli altri stabilimenti, e sul corso del Bormida.
Se tutto rimane indistinto, si parte col piede sbagliato anche perch e qui veniamo alla seconda questione - se abbiamo capito bene dalla lettura del protocollo di intesa, le società che dovranno compiere il disinquinamento, nella prima fase, dovrebbero compiere un'azione ricognitiva, che si basa sull'assemblaggio dei dati di inquinamento esistenti. Noi sappiamo, e non è un mistero, che sull'ACNA esiste una profonda discordanza tra i dati ufficiali e altri dati rilevati da Gruppi da associazioni e da parte anche degli stessi enti strumentali della Regione. C'è chi sostiene che, da quando per esempio c'è il depuratore, si è dato un nome a 300 molecole presenti nell'acqua, alcune delle quali altamente tossiche, saranno quindi importanti i dati che si prenderanno a riferimento, ma è indubbio che se ci si limiterà ai dati ufficiali, il rischio di equiparare l'ACNA, a un altro stabilimento, questo rischio esiste, esiste il rischio che si dia un po' più di acqua al Bormida di Millesimo, si realizzi come giustamente si deve realizzare il depuratore di Spigno, si intervenga su qualche infrastruttura sul Bormida di Millesimo e tutto finisca lì. In ogni caso noi riteniamo sia improponibile l'assemblaggio dei dati esistenti. Occorre una fase ricognitiva che per quanto riguarda l'ACNA deve essere completa e fondata sulla competenza dei ricercatori e su strutture che abbiano le competenze tecnico - scientifiche necessarie. Diciamo subito che gli artt. 3 e 4 del protocollo d'intesa sono per niente tranquillizzanti. Capisco che nel trattare con la Liguria, per definire il protocollo, ci siano state delle difficoltà; il problema è quello di capire dove ci attestiamo, se ci attestiamo su soluzioni pasticciate o dietro a frasi che dicono poco o niente, talvolta anche incomprensibili, credo che faremo di questa, se ci attestiamo su questo terreno, una occasione perduta. Non lo dico per spirito di bandiera, perch ci sono anche altre forze politiche che si sono mosse con linearità, ma il nostro partito mi pare sia l'unico che è uscito con un documento unitario delle sue organizzazioni ligure e piemontese, un documento che dopo la delibera Ruffolo indicava un percorso, una strada lineare. Certo non siamo i primi della classe, né il sale della terra, abbiamo cercato di indicare un percorso possibile, concreto e ragionevole, ma proprio per queste ragioni, proprio perché qui come a Genova, le proposte che abbiamo avanzato sono le stesse proposte, e avvertiamo anche con l'autorevolezza politica che può venirci, nel dire qui come a Genova (l'ha fatto il Gruppo comunista alla Regione ligure) che questo protocollo d'intesa non ci soddisfa, è molto sotto tono rispetto alla delibera Ruffolo. Ultima questione è quella dell'art. 5 del protocollo d'intesa: qui non è chiara la dovuta distinzione tra chi fa il piano e chi lo realizza. Chi fa il piano, si scrive, deve avere la capacità di assicurare l'efficienza esecutiva dei progetti predisposti, quindi avvalersi di strutture che assicurino questo. Ora noi presentiamo un ordine del giorno, ma crediamo che chiarezza e trasparenza voglia dire distinguere i soggetti: una cosa sono i soggetti che predispongono i piani, un'altra quelli che li eseguono, un'altra ancora quelli che eseguono le funzioni di vigilanza e di controllo, sono tre fasi diverse, sono tre funzioni diverse. Noi non abbiamo nulla contro le società di ingegneria, o le grandi società di realizzazione; l'importante è per che ci si capisca. Mettiamo in movimento attività tecnico scientifiche interdisciplinari che hanno una attinenza con la ingegneria chimica industriale, con l'assetto del territorio, con l'assetto idrogeologico e idraulico, con quello demografico e produttivo nella misura in cui andiamo in una direzione che è quella di avvalerci dell'Università e del Politecnico. E' un piano che implica singole fasi e diversi studi, deve per esempio per quanto riguarda l'ACNA, definire chi predispone il piano dovrà certamente confrontarsi con i tecnici dell'ACNA per quanto riguarda le tecnologie, e confrontarci con i tecnici dell'ACNA vuol dire confrontarci con qualcosa che si chiama Istituto Donegani, non so se mi spiego da questo punto di vista. Allora da questo viene fuori il senso della nostra proposta di assegnare la stesura del piano e di coinvolgere l'Università e il Politecnico, cioè quelle strutture pubbliche che per l'affidabilità sulla completezza interdisciplinare e per competenze dei ricercatori possono offrire le necessarie garanzie. Questa è una proposta nostra, ma credo non più solo nostra dal momento che il Consiglio regionale l'ha fatta propria due mesi fa con un ordine del giorno del 26 novembre 1987. Ora qui sorgono alcuni problemi che sono quelli sottolineati dall'Assessore Cernetti, in cui si dice che c'è una posizione principale che potrebbe essere quella di chiedere a Ruffolo o all'Università o al Politecnico la predisposizione dei piani, o di una subordinata, però costruita in un modo che francamente non ci convince. La subordinata non ci convince molto; c'è un comitato di alta vigilanza che è previsto nella delibera Ruffolo, dopodiché questo comitato di alta vigilanza che è emanazione del Ministero, dovrebbe avere come riferimenti dei supporti tecnico scientifici non molto interdisciplinari (perché da quello che ho visto si tratta di un supporto tecnico scientifico molto ristretto) che non so quale valenza possa avere all'interno del protocollo d'intesa. Comunque la questione dell'art. 5, va completamente riscritto, proprio, per le ragioni che dicevo prima, se vogliamo dare una valenza al comitato tecnico scientifico. Perché, voglio capire un comitato tecnico scientifico, che deve entrare all'interno dell'ACNA e discutere con i tecnici per vedere le tecnologie, se non è confortato da un protocollo d'intesa, se è qualcosa che rimane a lato, voglio poi capire che poteri ha finisce poi di essere qualcosa che è a lato rispetto alle azioni che si intendono perseguire. Crediamo invece che i soggetti che devono portare avanti le azioni, devono essere chiaramente definiti all'interno del protocollo d'intesa. Ora, dando per scontato, che il protocollo d'intesa, è chiaramente insoddisfacente, credo che per il Consiglio, si ponga il problema di uscire da una situazione come quella che si è creata. Crediamo che l'unico modo per uscire sia quello di recepire le proposte che noi presentiamo nel nostro ordine del giorno, mi rendo conto che significano la modifica degli artt. 3, 4 e 5; d'altra parte c'erano due mesi di tempo, le cose potevano essere fatte prima, oggi questa riscrittura la si impone qualche piccolo aggiustamento non credo possa soddisfare noi, in quanto Gruppo politico, e altri Gruppi politici che con noi il 26 novembre hanno votato un ordine del giorno di un certo tipo, che andava in una certa direzione, che è stata completamente disattesa. Quindi gli artt. 3 e 4 devono essere riscritti ponendo in evidenza la distinzione tra le fonti di inquinamento, tra l'ACNA e il resto del complesso delle attività produttive e civili, perché da questa distinzione deriva una distinzione netta nelle azioni di disinquinamento. Nell'art. 5 va fatta la distinzione tra chi fa il piano, e chi lo esegue; tra chi fa il piano va garantita la presenza dell'Università e del Politecnico. Va garantita nel protocollo d'intesa non da un Comitato tecnico-scientifico all'altro. Va poi recuperata, come chiedono i Comuni, la presenza dei tecnici di loro fiducia nell'azione di vigilanza di controllo e quindi anche da questo punto di vista vanno riviste alcune clausole dell'art. 7. Le questioni che siamo venuti ponendo riteniamo siano decisive e qualificanti, si tratta di questioni di merito ma sono anche questioni politiche essenziali, per recuperare quella fiducia verso le istituzioni e per, diciamolo francamente, onorare un debito che verso la Valle Bormida e i suoi Comuni e le sue popolazioni, deve essere pagato oggi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, chiedo scusa se questo ordine del giorno viene distribuito un po' affrettatamente, ma non era programmato un pronunciamento definitivo e preciso su un provvedimento che peraltro esige un'accurata analisi nel merito di aspetti che non sono solo politici.
E non ho imbarazzo a dire che la sua presentazione è in larga misura condizionata da fatti politici, e i fatti politici sono determinati dalle modalità con le quali le decisioni di merito su alcuni provvedimenti qualificanti vengono sollecitate in presenza di condizioni di lavori dell'aula che non sono quelle che erano state previste e programmate.
Quindi, se era ipotizzabile in altra circostanza il potersi collocare rispetto ai provvedimenti, in termini più responsabili anche dal punto di vista dei giudizi e dei pronunciamenti, questo non è possibile di fronte a un'assemblea che è sollecitata comunque a chiudere un rapporto con l'esterno più che non a chiarirsi un problema di contenuti decisionali interni.
Detto questo e credo che i colleghi abbiano ampiamente capito, io richiamo, come ha fatto il Consigliere Ferro, l'ordine del giorno del 26 novembre 1987. Ordine del giorno unanime, sul quale ci eravamo attestati dopo un certo travaglio anche rispetto alle decisioni e alle prese di posizione che dovevamo assumere, l'abbiamo fatto con un sofferto senso di responsabilità rendendoci conto soprattutto di ciò che stava alle spalle cioè di tutto ciò che purtroppo non si era fatto nel passato e che quindi doveva, da quel momento, tradursi in atti concreti ed in posizioni responsabili.
L'unanimità aveva, in questo caso, abbandonato la strumentalità di posizioni di parte ed in questo spirito siamo stati anche a renderci conto in Valle di quali erano non solo gli aspetti più patologici di alcune situazioni denunciate, ma anche per avvertire il riscontro di ciò che ci veniva dalle prese di posizione degli Enti locali.
Ora, io credo che non ci siamo mossi a caso, signor Presidente e colleghi Consiglieri, su questa vicenda rispetto alla congiuntura storica che stiamo attraversando in Italia su queste problematiche. Credo che la considerazione sia stata già fatta altre volte, però gli avvenimenti così come si sono susseguiti anche rispetto ai pronunciamenti popolari ci hanno reso più responsabili rispetto agli atti e ai pronunciamenti e rispetto alle prese di posizione e conseguentemente anche alla credibilità degli atti e alla credibilità degli atti amministrativi che si devono assumere.
Non ci siamo mossi a caso e riteniamo che anche le Amministrazioni locali abbiano tenuto un atteggiamento complessivamente molto responsabile senza fagocitazioni né insofferenze, però in un quadro di attese molto lunghe, sulle quali ovviamente oggi è richiesta alla Regione una posizione ed al Governo una serie di interventi che siano risolutori di certi nodi.
In questo senso abbiamo quindi impegnato la nostra posizione politica anche rispetto alla posizione del Governo. Quindi, la informazione data del Presidente del Consiglio sulla vicenda della deliberazione di dichiarazione di alto rischio associata ovviamente alla posizione del Ministro proponente è un chiaro segno di un fatto politico nuovo che è destinato, come auspichiamo, a dare dei risultati molto positivi.
Con positività noi riscontriamo i contenuti di questa deliberazione.
Però anche altre volte abbiamo evidenziato come non si debba pensare che solo attraverso una dogmaticità di norme o di parametri e attraverso sommarietà di giudizi ne possano derivare soluzioni a problemi politici complessi che tra l'altro hanno, ripeto, una storia di grandi - sottolineo grandi - sconfitte sotto il profilo dei contenuti.
Credo di dover richiamare sommariamente, rispetto alla volontà del Gruppo della DC di sottrarsi comunque alle posizioni di sommarietà dei giudizi, l'intervento che avevamo già fatto nel novembre scorso, con il quale sollecitavamo la Regione ad assumere rispetto agli impegni del Governo ma anche agli impegni propri un atteggiamento di non parzializzazione dei problemi che rimangono gravi e impellenti in tutta la loro totalità, ma alla parzializzazione dell'analisi rispetto agli effetti e sono aspetti che, per quanto ci compete come Ente primario dei livelli istituzionali locali, assumono questi problemi del territorio una rilevanza del tutto specifica e del tutto particolare.
Noi avevamo sollecitato questo monitoraggio con analisi multisettoriali per aree piccole, sollecitando contributi interdisciplinari, ecco perch avevamo invocato la presenza delle strutture accademiche universitarie perché ritenevamo che la complessità di questi giudizi, comportasse necessariamente una presenza e un impegno multidisciplinare di tipo scientifico che esigeva un coinvolgimento più vasto che non una presunzione rispetto a sommarie lottizzazioni di attribuzioni di compiti a pochissimi esperti.
Ora, noi purtroppo dobbiamo registrare che molte di quelle raccomandazioni che avevano poi un riferimento anche rispetto alla pubblicità che si doveva dare agli atti conseguenti, non siano così palesemente presenti in questo protocollo. L'Assessore ha ragione quando dice: "non si può pensare di dare ad un protocollo tripolare (Regioni Liguria, Piemonte e Governo) il senso e la portata di un rapporto che coinvolga in molte direzioni altri livelli istituzionali".
Su questo noi siamo responsabilmente d'accordo e quindi non pensiamo di inquinare i contenuti anche dei rapporti formali anche con aspetti che potrebbero non essere finalizzati ad ottenere quella intesa di operatività e di gestione dell'operazione che è prevista come derivazione della deliberazione governativa.
Noi però riteniamo che i rilievi fatti diffusamente dalle Amministrazioni locali non possano non trovare in questa sede, cioè nel momento in cui decidiamo questo rapporto con il Governo e con la Regione Liguria, una considerazione del tutto particolare tenendo conto, Assessore che i Comuni piemontesi, e lo sottolineo a larghe lettere, sono quelli effettivamente interessati dal problema del disinquinamento. Se altri sono interessati ad altri aspetti altrettanto nobili e sui quali ci siamo tutti responsabilmente attestati (a problemi socio-economici, problemi occupazionali, ecc.), sul problema dell'inquinamento la specificità è preminentemente piemontese e quindi in questo rapporto con le istituzioni se può non riguardare la Regione Liguria a noi non interessa, cioè a noi interessa specificatamente a fondo, e su questo intendiamo non transigere.
Il nostro ordine del giorno impegna una riconsiderazione del protocollo non in senso di volerne smentire i contenuti, ma nel senso di richiamare quei riferimenti sia dal punto di vista dell'articolazione analisi e quindi il conseguente controllo da parte degli Enti locali di questi risultati perché non dimentichiamoci che il contenuto politico sostanziale ma anche ecologico deriva dalla correttezza dell'interpretazione di queste analisi.
Non voglio essere scettico sulle tempistiche e sugli efficaci investimenti e sui disinquinamenti, però voglio sottolineare come solo relativamente alla individuazione delle problematiche e delle cause dell'inquinamento si possono arrestare certi processi o si possono fare degli investimenti che hanno poi come possibilità di ritorno anche l'investimento sul disinquinamento perché sarebbe assurdo che lasciassimo proseguire le fonti di inquinamento attuando dei processi di disinquinamento.
Sottolineo come su questo aspetto relativo all'analisi noi richiamammo l'esigenza di una costituzione di un Comitato di garanzia che sia tale da coinvolgere le istituzioni locali, dalla Amministrazione provinciale, agli Enti locali, alle Comunità montane, quindi questa fase dell'analisi che abbia da parte della Regione una possibilità di diagnosi e di gestione dei risultati che sia a livello delle problematiche e degli impegni che ci dobbiamo assumere. Dopo di che sui problemi relativi all'operatività e cioè l'affidamento o meno a società a partecipazione statale o meno, private o meno, dico che il discorso è relativamente secondario nella misura in cui i risultati politici e di contenuti scientifici dell'analisi iniziale è seria, ed è soprattutto partecipata, cioè messa in condizione di essere accettata dalle comunità locali come i soggetti che sono i destinatari delle provvidenze che poi dovranno venire.
Riteniamo che non è sulla problematica relativa alla operatività e agli affidamenti dei progetti e delle opere di disinquinamento che vi sarà (anche se questo aspetto può presentare certamente dei risvolti molto delicati) la possibilità di questo comitato di garanzie e di controllo perché si possa addivenire, congiuntamente le due Regioni ed il Governo, a decidere assieme agli Enti locali cosa si deve fare. Questo è il significato dell'azione politica da intraprendere e su questo credo che dobbiamo rivederci semmai in Commissione per analizzare meglio i contenuti anche con gli esperti tecnici ed addivenire, se è possibile, unanimemente ad un testo - come sollecitava il Consigliere Ferro - ricorretto di questo protocollo che sia ampiamente corrispondente a queste aspettative.



PRESIDENTE

Il documento è stato distribuito.
La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sono davvero molto preoccupato e vorrei dire, se me lo consente l'Assessore Cernetti con la quale abbiamo mantenuto in tutti questi mesi un rapporto di leale franchezza, anche indignato per la sbrigatività con cui l'argomento è stato introdotto nella nostra discussione.
Stiamo parlando di una delle questioni cruciali del nostro tempo, il rapporto cioè tra attività produttive e ecosistema circostante, cioè quanto di quello che l'uomo produce è compatibile con la vita stessa, con la vita in senso biologico, con la vita in senso sociale, dati i risvolti sul piano della salute devastanti che dobbiamo registrare in materia.
Penso sarebbe stato doveroso un approfondimento sul contesto entro cui questo protocollo d'intesa deve operare. Un contesto che ci richiama signor Presidente, ad una realtà drammatica e di grande significato civile.
Per cent'anni, cioè dal 1882, che è l'anno di fondazione dello stabilimento di Cengio che, come sappiamo sorse come dinamitificio, si è andati avanti per un secolo con la monetizzazione dell'alto rischio. Questa questione che ha appassionato in tutti i momenti significativi di lotte sociali e sindacali del nostro Paese il movimento sindacale, i movimenti sociali in senso lato, questa questione, dicevo, di monetizzazione del rischio è stata possibile per svariate ragioni. Ma, trattando dell'ACNA di Cengio e quindi della Valle Bormida, soprattutto per una. La maggioranza dei lavoratori è di origine contadina, come sappiamo. La maggioranza di questi lavoratori si sente prima contadina e poi operaia.
Il fatto di lavorare in fabbrica, in sostanza, è secondario, serve per integrare il reddito derivante dal lavoro dei campi, anche se poi questa integrazione finisce per rappresentare il 70% delle entrate familiari. Si crea cioè, Presidente e colleghi Consiglieri, quello che i sociologi chiamano "l'atteggiamento strumentale" nei confronti del lavoro. In pratica il lavoro industriale è un qualcosa di esterno alla propria personalità, è uno strumento in qualche modo che non interagisce se non secondariamente con la realizzazione di altri obiettivi della propria sfera privata che possono essere la famiglia o la comunità contadina.
Richiamo questo elemento per dire come è stato difficile in tutti questi anni affrontare anche dal versante che a noi interessa molto e dovrebbe interessare anche a lei, Assessore, e alla sua parte politica cioè quello dell'iniziativa del movimento sindacale dei lavoratori interessati a queste produzioni nocive che molto spesso manipolano veleni senza sapere nemmeno di che cosa si tratta.
C'è questo dato sociologico che ho voluto richiamare per inquadrare la difficoltà e la delicatezza del compito e anche per valutare con grande attenzione il salto di coscienza che si va determinando proprio in queste realtà, come possiamo registrare e abbiamo potuto registrare nei mesi scorsi parlando di altre questioni correlate a quella cruciale che richiamavo prima, cioè il rapporto tra attività economica e natura, e mi riferisco all'inquinamento chimico dell'agricoltura. Questo è il sub-strato sociale ma c'è, per la realizzazione della monetizzazione del rischio, una volontà precisa perseguita dall'azienda. L'azienda in sostanza ha voluto contribuire a mantenere vivo questo tipo di mentalità, cioè di un atteggiamento strumentale nei confronti del lavoro. Infatti l'ACNA di Cengio (ancora adesso mi confermano i miei compagni della zona) pratica un orario dei turni abbastanza inconsueto (in effetti quando l'ho saputo mi sono sorpreso; batte addirittura in termini di attenzione alla specificità locale il primato della Ferrero di Alba che è sempre attentissima a questi fattori circostanti) ormai abbandonati da tutti e cioè il primo turno inizia alle 5 del mattino e termina alle 13, in maniera da consentire che si possa svolgere l'attività nei campi. L'azienda non ha mai fatto controlli severi sull'elevato assenteismo nei periodi di raccolta (cosa che l'accomuna alla Ferrero di Alba). Inoltre l'ACNA e la direzione della Montedison hanno sempre cercato di scegliere gli operai (non tanto i dirigenti o gli impiegati) nella parte piemontese della valle, cioè quella che paga con l'inquinamento. Questo per dire come i riferimenti sociali per l'azione che le istituzioni democratiche debbono svolgere sono essenziali e ci indicano anche il salto di coscienza su cui voglio tornare.
Prima però, se mi consentite, sottolineo ancora un passaggio che riguarda il prodotto di questa politica di scambio mortale con la comunità circostante (se guardiamo le statistiche sui cancri alle vesciche, ecc.) che è il seguente (riassunto nella relazione La Noce De Fulvio fatta per conto dell'Istituto Superiore di Sanità): oltre alle note aminearomatiche tra cui le nitroaniline che producono il cancro alla vescica, l'ACNA scarica il naftalene che sono sostanze oltreché mutagene, estremamente volubili e di difficile captazione. L'ACNA ha usato l'accortezza negli anni '30 di acquistare i diritti di pescosità e di ciò retribuisce gli Enti locali. Sono riferimenti che ritengo essenziali per capire quale deve essere l'attenzione che dobbiamo prestare alla specificità locale. Inoltre ha un accordo sugli scarichi con il Comune di Cengio che sarebbe in deroga alla vigente legislazione che prevede scarichi in fognatura. Scarica nel Bormida oltre 2.000 mc al giorno, che se teniamo conto, tali cubature sarebbero sufficienti per l'approvvigionamento di una cittadina di 25.000 abitanti, ci rendiamo conto di quanto sia enorme; produce inoltre una tonnellata al giorno di rifiuti tossici e nocivi: i fanghi. L'USSL n. 6 della Regione Liguria ha rilevato oltre ai barili nascosti nel sottosuolo ed emersi ultimamente, ben quindici discariche abusive di tali rifiuti, di cui quattro di grandi dimensioni. Il prodotto di questo scambio mortale è questo.
Oggi registriamo un salto di coscienza nella popolazione che subisce questo scambio non per illuminazione divina ma per la forza dell'evidenza.
Se questo è il contesto, mi sarei aspettato, Assessore, che ci fosse un riferimento, un ragionamento su questi dati di partenza da parte del governo regionale, forse possiamo anche addentrarci con qualche possibilità di successo nella messa a fuoco dell'intervento che occorre per risanare la Valle Bormida. Risanare la Valle Bormida significa andare alla radice dell'inquinamento e quindi affrontare di petto il problema: la permanenza dell'ACNA sul territorio, fonte inquinante primaria. Cercherò di essere chiaro su questo punto perché riteniamo come Democrazia Proletaria che sia un aspetto decisivo del problema. Si tratta di precisare meglio qual è il campo delle attività che debbono essere regolate da questo protocollo d'intesa. Cerco di spiegarmi. Dobbiamo soltanto provvedere ad un monitoraggio ambientale, a tutte le cose specifiche che sono state dette o cose che ovviamente vanno fatte e non dobbiamo anche considerare in ultima analisi la compatibilità o meno, apportate tutte le modificazioni tecniche tecnologiche, produttive, ecc., se in ultima istanza, la permanenza dello stabilimento è compatibile o meno. Noi vogliamo che si consideri questa eventuale possibilità conclusiva in modo che si possa già sin d'ora considerare la necessità, qualora si verificassero tutti quei dati di incompatibilità che ricordavo, di trovare soluzioni alternative per chiudere il rubinetto dell'inquinamento. Già il campo stesso previsto dal protocollo d'intesa ci pare restrittivo. Dopodiché il protocollo d'intesa cerca di regolare alcuni aspetti particolari.
Pensiamo che la Regione Piemonte, come la Regione Liguria, debba cominciare subito ad interrogarsi (il dibattito non è cominciato ieri, è in corso, ci sono riflessioni che vanno avanti da mesi) intorno al problema della destinazione degli scarichi liquidi; qualche ipotesi di soluzione al riguardo è stata abbozzata, ci sono esperienze internazionali a cui guardare con attenzione. In ogni caso su questo problema specifico, per cercare di andare alla radice del problema e interrompere il flusso inquinante, qualche spiraglio si intravede. Viceversa ancora non si è detto nulla, o quasi nulla sulla destinazione degli scarichi solidi su cui c'è il buio più assoluto, quando si apre qualche squarcio di luce emerge ad esempio quello che riporta oggi il quotidiano "Il Manifesto". "In queste ore - scrive stamani il giornale - il TIR con la scritta "Ciprianì" sulla cabina bianca targato Gr (Grosseto) 240017 avrà sicuramente terminato il suo viaggio. L'automezzo è partito alle ore 11,30 di ieri mattina dal Comune di Cengio (Savona) con un carico molto particolare, l'ultimo della serie. Si tratta dei fanghi tossici e nocivi prodotti dall'ACNA industria chimica fuorilegge di proprietà Montedison che sorge nel centro della Val Bormida, meglio conosciuta come la valle della morte. La destinazione finale del TIR è la Toscana". E' una denuncia che è stata fatta dalle associazioni ambientaliste toscane e risalendo a questi percorsi si è venuto a capo che dovrebbero essere immagazzinate circa 100.000 tonnellate di rifiuti industriali in questa zona. La questione, Assessore, mi serve e mi sono soffermato per dire che l'ACNA ha praticato in tutti questi anni la politica della dispersione sul territorio di questi prodotti tanto ingombranti. Nessun progetto di risanamento può prescindere dalla soluzione di questi problemi che stanno a monte, cioè come s'interrompe, ribadisco il flusso inquinante. Venendo al problema del disinquinamento e del risanamento della Valle Bormida, noi pensiamo che nel protocollo d'intesa così come ci è stato sottoposto stamani, non ho capito bene, si direbbe dalle parole dell'Assessore che è un prendere o lasciare, non è chiaro, do atto all'Assessore Cernetti nella riunione dei Capigruppo della scorsa settimana dove si concordò la comunicazione della Giunta, di aver manifestato una disponibilità ad ascoltare gli argomenti che quindi dovrebbero essere recepiti perché viceversa non si sa che tipo di ginnastica stiamo facendo stamattina.



BONTEMPI Rinaldo

Abbiamo un ordine del giorno proposto da un Gruppo di maggioranza che cambia tutto nel merito.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Infatti, vedo con soddisfazione nel testo presentato dalla DC... Dicevo che registriamo con soddisfazione la presenza di un ordine del giorno della DC che ci pare attento ad alcune questioni decisive, quale noi riteniamo essere quella del rapporto con gli Enti locali, il che vuol dire che c'è un problema di messa a punto e noi, signor Presidente, ci stiamo soffermando su queste questioni sperando di non sprecare la nostra voce perché siamo convinti di non dover fare una ginnastica inutile. In questo protocollo d'intesa c'è bisogno di maggiore chiarezza, quella che ci è sottoposta è una formulazione carente e non condivisibile dal nostro punto di vista in particolare su due punti. C'è necessità a nostro avviso di chiarire maggiormente il testo dell'art. 7 e a riguardo noi pensiamo che si tratti se l'Assessore Cernetti mi presta attenzione e quindi il collega Rossa la smette di disturbarla.



ROSSA Angelo

Le sto parlando di cose che riguardano questi problemi.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Tu parli, ma sto parlando anch'io e siccome è il Presidente che dà la parola di solito, in questo caso sarebbe opportuno che l'Assessore potesse prestare l'attenzione dovuta a un punto di vista per poterlo, magari rigettare.
C'è la necessità di distinguere nettamente le responsabilità tecniche da quelle politiche, e, di distinguere la fase di progettazione da quella di attuazione del piano di risanamento. Di conseguenza, noi pensiamo, e naturalmente siamo qui disponibili a concordare un testo che raccolga il consenso della maggioranza del Consiglio, quindi in questo senso anche se lei Presidente, non ha sul tavolo un nostro testo, pensiamo che si tratti di arrivare ad una riunione congiunta dei vari Gruppi per concordare un testo definitivo che quindi sia una articolazione delle varie esigenze.
Distinguere le responsabilità tecniche da quelle politiche e la fase di progettazione da quella di attuazione del piano, insieme all'azione del coordinamento così come previsto dall'art. 7, pensiamo debba avere una prevalente funzione tecnico-operativa. Un comitato di coordinamento tra rappresentanti tecnico-funzionali del Ministero, degli Assessorati competenti di Piemonte e Liguria, in questo caso trattandosi di questioni tecnico-funzionali membri, a nostro avviso, possono essere indicati dalla Giunta regionale, nonché in questo coordinamento la presenza delle comunità locali, quindi i Comuni interessati con propri tecnici e degli Atenei, su questo condividiamo la posizione espressa dal Gruppo comunista anche se è noto che, noi non abbiamo cieca fiducia in nessuno, sappiamo che gli Atenei ad esempio nella vicenda dell'insediamento nucleare in Piemonte non hanno offerto un grandissimo...



(Interruzione del Consigliere Bontempi)



STAGLIANO' Gregorio Igor

Infatti, sto dicendo che nonostante questi limiti che possono determinarsi, noi non abbiamo alcun dubbio sulla necessità che, in questo comitato ci sia una presenza tecnico-scientifica adeguata e quindi la presenza degli Atenei, il Politecnico in particolare.
In secondo luogo, noi pensiamo che, l'azione di alta vigilanza non debba avere una prevalente funzione politico-conoscitiva, perché riteniamo si tratti di un passaggio chiave. La Commissione di alta vigilanza, deve prevedere a nostro avviso, la presenza di responsabili politici del Ministero, della Regione Piemonte e Liguria, questi ultimi indicati dai Consigli regionali, di modo che ci possa essere una presenza dei Consiglieri di opposizione per potere esercitare quella funzione di controllo essenziale in una materia come questa.
Per quanto riguarda inoltre l'art. 5, cioè la esecuzione delle attività, pensiamo sia opportuno inserire un esplicito riferimento alle risorse universitarie di Piemonte e Liguria, sia nella predisposizione del piano di intervento, sia nel Comitato tecnico funzionale incaricato della sua esecuzione. In secondo luogo, e questa è una questione su cui per noi va fatta chiarezza in maniera imprescindibile, vanno regolamentati gli affidamenti in convenzione, alle imprese, che non sono appalti. Come sappiamo, affidamenti in convenzione, significa che non c'è un concorso di vari soggetti, c'è invece una scelta esclusiva del soggetto pubblico nei suoi referenti operativi in materia; quindi per noi è importante regolamentare la questione degli affidamenti in convenzione ad associazioni di imprese o consorzi e mi riferisco al comma primo dell'art. 5, perché a nostro avviso è indispensabile che condizione per l'affidamento dei lavori sia la totale indipendenza, Assessore mi ascolti, la totale indipendenza...



CERNETTI Elettra, Assessore alla tutela ambientale

La ascolto, Consigliere Staglianò, non perdo una parola, siccome è il secondo richiamo che mi fa.



STAGLIANO' Gregorio Igor

La ringrazio, Assessore. Dicevo che per noi è indispensabile che ci sia la totale indipendenza delle aziende che eseguono il risanamento delle aziende individuate come soggetti e cause di inquinamento della zona da risanare. Apprezzo l'assenso che visibilmente manifesta l'Assessore Cernetti, vuol dire che siamo in sintonia su qualche cosa. Va rivolta una particolare attenzione ai risvolti sociali ed occupazionali della vicenda.
Non ci pare, sia risolutiva del problema, una ipotesi di sospensione temporanea dell'attività, (come è stata avanzata da qualcuno), senza aver chiaro un disegno d'insieme e una scelta preliminare della strada che va percorsa che, per quanto ci riguarda, deve prevedere innanzitutto, la verifica della compatibilità o meno dopo gli adeguamenti tecnici opportuni dell'attività produttiva, così come è concepita oggi la Montedison in quella zona con l'ecosistema circostante e quindi con la vita sociale e biologica delle Comunità locali. Colleghi e signor Presidente, tutti quanti sappiamo che in questa materia il business è in agguato e riteniamo allora essenziale e imprescindibile il rapporto con le comunità locali. Ho registrato, penso con gli altri colleghi, l'insoddisfazione che è stata manifestata dai Comuni che si sono sentiti scavalcati e di cui ci sono testimonianze negli ordini del giorno che sono stati presentati. Ho registrato le proteste dell'associazione per la rinascita della Valle Bormida che ha deplorato la mancata consultazione preventiva da parte della Regione Piemonte, dei Comuni e delle associazioni della Valle. Assessore e Presidente noi condividiamo queste esigenze non certo per bassa demagogia è noto che quando c'è da andare contro corrente anche con gli enti locali su particolari problemi anche di materia ambientale, come si è discusso nei mesi scorsi, noi di DP non ci tiriamo indietro; condividiamo questa domanda di partecipazione di controllo dal basso per una ragione di fondo, stiamo discutendo, o dovremo discutere di un modello di sviluppo da ridefinire per rendere compatibile l'uomo, le sue attività economiche e la natura. Quello dominante non ha bisogno di commenti. Stante il guasto che l'industrialismo capitalistico ci consegna ogni giorno.



BONTEMPI Rinaldo

Come ho già annunciato prima, mi pare che si apra una questione politica. Noi come opposizione abbiamo formulato un ordine del giorno a modifica di un protocollo presentato come la base della discussione.
Abbiamo un ordine del giorno della DC e, come ho già detto, nel merito molte cose le condividiamo, adesso sentiamo che c'è la presentazione di un ordine del giorno del Gruppo socialista....Il problema della Valle Bormida è una grossissima questione. Se non venivamo con l'argano a cercare di portarla in aula, qui abbiamo una Giunta e una maggioranza che sono pienamente attivi su questa questione. La pongo come questione politica! La Giunta che viene qui questa mattina e non ci illustra, ma legge qualche pezzettino della bozza di protocollo, pone il problema in termini di piccole modifiche.., qui assistiamo a un'altra cosa! Credo che le conseguenze politiche di ciò dobbiamo trarle! Caro Brizio non puoi sfuggire alla questione!



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, indubbiamente l'affrontare con energie e volontà nuove il nodo dell'inquinamento della Valle Bormida, in qualche modo farà fare a questo Consiglio, e alla comunità in generale, un mutamento nel modo di approcciare i temi dell'ambiente in rapporto a quelli dello sviluppo. Non possiamo nasconderci dietro un dito che questo è un rapporto complesso e difficile con molte contraddizioni e molte sedimentazioni non facili da superare. Ovviamente è noto che il valore della tutela dell'ambiente ha assunto ultimamente dei livelli e delle dimensioni tali da impregnare profondamente tutta l'assunzione di decisioni nel campo economico istituzionale. C'è una nuova forma di partecipazione la stessa volontà delle istituzioni ad ogni livello a voler misurarsi su questo tema con limiti a volte culturali, a volte di retroterra anche di sistemi di valori, ma certamente con la volontà precisa di misurarsi. C'è anche una partecipazione sociale molto importante che ha svolto una funzione, accetto, da argano, che fa parte di un processo che in una società democratica rappresenta il lievito per far crescere delle decisioni, e non ci sono primogeniture oppure dei gradi da darsi, magari alla fine della campagna sull'inquinamento della Valle Bormida.
Evidentemente qui emerge un difficile e complesso rapporto tra Stato e le realtà regionali e subregionali. Un rapporto complesso, a volte confuso ma che in qualche modo in questa vicenda potrebbe rendere agibile una buona operatività dello Stato con una essenziale presenza delle Comunità locali e una partecipazione della società. Credo, attorno a questi nodi ne vengano fuori anche altri e lo dirò: il rapporto tra interventi ambientali e terziario avanzato. Dopo che, si è sostenuta vigorosamente la crescita del terziario avanzato, nella parte essenziale costituita dalla progettazione di tecnologia, di engineering, non dobbiamo condannare gli accasamenti di pezzi di quel terziario avanzato, e non possiamo demonizzare un ruolo che può giocare in questa e in altre vicende il terziario avanzato. Si cadrebbe in una contraddizione profonda, quando da un lato auspichiamo che questa sia un'area di sviluppo, di crescita, per compensare una riduzione della base economica nell'apparato industriale e quello del settore primario mentre dall'altro lato ci troviamo dinanzi a passaggi che saranno sempre più frequenti, permanenti e strutturali. Se dobbiamo avere paura è la condanna degli accasamenti, forse fitti, che dobbiamo estirpare, ma non del farli lievitare e dargli un'occasione di misurarsi in questo senso.
Volevo, proprio per dare un contributo a togliere alcuni elementi non di non chiarezza, ma nella discussione di mancanza di affinamento di alcune decisioni, ricordare alcune cose.
Una premessa necessita fare. Noi in questa vicenda, non arriviamo come un'armata Brancaleone. Questo Consiglio ha approvato un ordine del giorno che la Giunta regionale ha recepito per la presentazione ufficiale dell'istanza per far sì che si dichiarasse area a elevato rischio ambientale la Valle Bormida; ricordo la deliberazione della Giunta regionale del giugno scorso parallelamente ci siamo mossi con la Regione Lombardia per il caso del Lambro e del Seveso, arrivando un mese o due prima anche qui il meccanismo dei santi in paradiso funziona. Comunque si è fatta una strada dove gli organismi regionali hanno saputo fare la loro parte. E credo che anche il Ministro Ruffolo con un intervento, con una tecnica non per fattori ma per aree mirata, che è una tecnica credo importante in una fase di emergenza, altrimenti rischiamo di disperdere gli interventi in modo orizzontale con poca efficacia, mi pare che vada anche riconosciuto al Ministro Ruffolo l'ostinazione e la determinazione con la quale ha perseguito e persegue questo tipo di intervento di emergenza mirato, che può costituire una base di esperienze per poi procedere su una strada a spettro più ampio di intervento in questa materia.
Vorrei anche ricordare, non tanto per cercare giustificazioni, in quanto non credo di dover giustificare nessuno ma per memoria storica, che il protocollo d'intesa che viene presentato, per il valore che può avere e le cose che sto per dire, è uguale a quello del protocollo tra Regione Lombardia e Ministero dell'Ambiente e tra la Regione Campania e il Ministero all'Ambiente per l'intervento già in corso in fase più avanzata di quella che è sul Bormida per l'area di Napoli. Sostanzialmente come schema è lo schema tratto da quei due.



FERRO Primo

L'ha fatto tutto lei.



TAPPARO Giancarlo

Scusi, non inventi nulla. Anche il Codice Napoleone in qualche modo ha tratto ispirazioni da elementi preesistenti.
Dicevo che c'è una nostra originalità che è la parte del Regolamento che è l'allegato tecnico e mi sembra un contributo che mi pare non possa essere contestato e costituisce una parte di elaborazione nostra autoctona, significativa, credo apprezzabile dalle cose che ho potuto vedere.
Alcuni nodi che sono emersi e che sono nel documento, del resto apprezzabile per organicità che i compagni del PCI hanno presentato, ed è quello quasi del mantenere fuori le strutture pubbliche di ricerca e le strutture pubbliche scientifiche.
Credo che sia una legittima preoccupazione e ricordo che nella legislatura passata ho firmato con il compagno Rivalta una indicazione all'ENEL di dare priorità per le ricerche sociali, ricordo di attivare prima le strutture di un certo tipo (IRES, ecc.) perché ci sembra opportuno tenere attenzione a questo che è il nostro patrimonio pubblico sostanzialmente di ricerca e di scientificità.
Dico che, per una ragione probabilmente di tempi, non vorrei qui giocare la vecchia storia che i tempi devono determinare tutto, parleremo poi oggi di altre cose che sono dei processi esistenti che in qualche modo devono capovolgere quelli, è vero: purtroppo l'emergenza probabilmente capovolge alcune situazioni di comportamento più programmato, più di largo respiro, gli dà probabilmente meno possibilità di avere una sistematicità però oggi noi ci troviamo, e forse questo non è sufficientemente chiarito di fronte al fatto che, nell'estate, noi dobbiamo arrivare con un progetto esecutivo, non un progetto di massima, un progetto esecutivo che dovrà trovare una struttura che da domani, da quando potremo dargli il via si mette al lavoro.
Noi abbiamo le esperienze, colleghi Consiglieri, della non facilità di poter attivare una struttura pubblica da mettere in pista immediatamente ma non la dobbiamo perdere, ma recuperare: come? Con questo gruppo di esperti che converge nel Comitato di coordinamento, che è il comitato che coordina il Ministero dell'Ambiente, la Regione Liguria, la Regione Piemonte, la quale si avvarrà per esempio del supporto del comitato di informazione di Enti locali, di cui dirò, e di qualcuno che procede materialmente all'attuazione del progetto esecutivo non di massima, perch poi bisogna predisporre gli appalti che sarà tutta la parte del Ministero per fortuna nostra, probabilmente, non ci interessa quella parte, ed evidentemente non si può arrivare nell'estate semplicemente con un documento di orientamento, questo per gli interessi dell'intervento che vogliamo fare, perché non possiamo fare o dell'aria fritta o qualcosa di buona volontà.
E' questo sostanzialmente il senso che l'Assessore voleva dare con l'inserimento del Politecnico e dell'Università, all'interno di questo schema, ma che comunque con convenzione e quindi di intervento come componente nel Comitato di coordinamento che non togliesse spazio a una società, a qualche entità privata, ecco, qui, che dico di non demonizzare perché collega Staglianò, ci possono essere dei business, noi dovremo vigilare, perché non è il terziario avanzato che in sé genera il business sono gli accasamenti. Noi sugli accasamenti, eventualmente se esistono vigiliamo e sono quelli che dobbiamo in qualche modo disarticolare, ma non dobbiamo nemmeno avere paura che ci sia un pezzo importante di terziario avanzato che auspichiamo debba crescere, magari gli diamo dei finanziamenti da un'altra parte con delle leggi, adesso in questo momento pare che se intervengono loro vengono a dequalificare e a inquinare tutto.
Sono d'accordo che il ciclo non va chiuso, come la lotta per il cancro.
C'è magari da una parte chi attraversa certi processi, poi dall'altra parte c'è un altro che chiude il cerchio.
Sono d'accordo che c'è il rischio, e sono per prevenire certi processi non per pensare che il disinquinamento sia il secchio sul quale operare in qualche modo. Volevo anche ricordare, che il piano che andiamo ad approntare con il Comitato di coordinamento, e che il Ministero dell'Ambiente farà proprio, dovrà passare attraverso l'adozione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri per farlo diventare piano di attuazione con il relativo bagaglio finanziario. Non è vero che ci sia un automatismo di finanziamenti su queste cose; lo si conquista quando il piano viene adottato dal Presidente del Consiglio e diventa un piano di attuazione con comprensiva parte finanziaria. Prima di arrivare a quella fase il Ministro Ruffolo avrà con le Regioni Piemonte e Lombardia l'ultima verifica di insieme nella quale ci sarà l'ultima chiamiamola trattativa e confronto prima di andare all'assunzione di una decisione del Presidente del Consiglio.
Credo che queste siano delle salvaguardie più che sufficienti ad evitare che ci siano rischi, che credo ci siano a livello latente Consigliere Staglianò, e non lo nascondo, ma credo che tutte queste procedure, cioè un Comitato di coordinamento che è un posto dove convergono Ministero dell'Ambiente, Regione Liguria, Regione Piemonte con il supporto di un gruppo di esperti che abbia Università, Politecnico e altre strutture pubbliche del settore; una società di ingegneria che non ha ruota libera e effettua un progetto esecutivo non di massima e con una presenza qualificata che penso come protocollo aggiuntivo con 51 Comuni potrebbe essere recuperata di una partecipazione che dovrà essere un fatto sistematico, permanente e non occasionale e vorrei dire anche di controllo e questo non mi spaventa, però la possiamo collocare con una convenzione specifica con i 51 Comuni che la Regione Piemonte fa per fare diventare questa struttura una componente dell'intervento della Regione all'interno del Comitato di coordinamento.
Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è in questo senso che volevo cercare - se mi è riuscito di portare un elemento di riduzione della drammatizzazione della vicenda anche se è un passaggio forte. Probabilmente cambieremo nella nostra natura, nella nostra tecnologia di approccio dopo queste esperienze. E' un passaggio importante, purtroppo lo dobbiamo fare non dico in modo affrettato, ma in modo rapido e dobbiamo anche non perdere occasione.
Concludo con una considerazione che nel documento del PCI viene detta: predisporre un piano socio - economico. Tra l'altro condivido di meno che questo piano socio-economico sia un Comitato tecnico scientifico che lo elabori, semmai come la valutazione di impatto ambientale è un supporto alla decisione che il Governo e il Consiglio regionale del Piemonte dovrà andare ad assumere come piano socio-economico di rinascita e di sviluppo della Valle Bormida.
In questo senso credo che la chiusura alta del Consiglio regionale, di una funzione di un governo, vera, sia quella sostanzialmente di poter alla fine di questo processo che viene attivato nell'arco di 4 o 6 mesi poter presentare quella che è la prospettiva di rinascita, di ripresa di questa comunità, dove si intrecciano molte funzioni alla base della quale sta per questa funzione di disinquinamento.
Vorremo tentare, presentando un ordine del giorno (pare adesso si ipotizzi un intervallo), chiedere ai presenti in Consiglio se non si pu trovare una soluzione che tolga in qualche modo elementi forse di incomprensione non voluta, estremamente rispettoso delle importanti posizioni che sono state presentare, ma per poter fare in modo che su questa vicenda si possa viaggiare rapidamente e in modo costruttivo e positivo sapendo che questa è una svolta nel modo di approcciare questi problemi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi sembra che, purtroppo, ci sia una cosa molto chiara, precisa, netta e senza sfumature a questo punto del dibattito: la Giunta regionale si è presentata a questo importantissimo appuntamento impreparata. Questo è il dato che emerge dal dibattito sin qui svolto. La Giunta allo stato attuale si presenta in questa sede con delle proposte impraticabili. Mi rivolgo più a lei, signor Presidente del Consiglio, che alla Giunta perché mi pare che allo stato attuale sia più il Consiglio regionale che deve trovare in sé i modi per uscire dalla situazione di stallo aperta da una relazione dell'Assessore che ho trovato abbastanza burocratica, dimessa, un po' stanca. E' un relazione che non ha messo in luce, come hanno rilevato gli interventi, compresi quelli di maggioranza, quelli che sono i nodi delicati della proposta che la Giunta regionale ha portato al Consiglio, nodi delicati che, nella stessa illustrazione della proposta, sono stati omessi, forse non volutamente, ma che il Consiglio regionale non ha omesso di notare e di valutare anche in modo critico.
Dal dibattito sono venuti e proposti dei contenuti differenti da quelli presentati dalla Giunta regionale. Una parte dei contenuti sono già stati illustrati dal compagno Ferro, una parte di contenuti nuovi li ha illustrati il Consigliere Picco peraltro interessanti. Rimane il fatto che stiamo discutendo senza avere una bussola di riferimento proprio su una questione sulla quale sia i tempi avuti a disposizione da parte della Giunta regionale e sia la gravità della situazione avrebbero richiesto un dibattito fondato su una proposta praticabile da integrare, mentre qui mi sembra che siamo nella situazione in cui la proposta va ricostruita da capo, tenuto conto di ordini del giorno di maggioranza e di minoranza.
Signor Presidente della Giunta, c'è un problema di fondo ed è appunto quello che più volte, anche in occasione di appuntamenti importanti che coinvolgono gli interessi, le condizioni di vita di decine di migliaia di persone troviamo che la Giunta si presenta un po' "spezzettata" per usare un eufemismo. Mi sembra che sempre di più (ed è per questo che non voglio parlare direttamente all'Assessore) ci troviamo degli Assessori che lavorano a pezzi nel loro settore e possono anche trovare delle difficoltà nel realizzare i loro piani, pensiamo alla difficoltà che può trovare l'Assessore Cernetti ad avere dei rapporti con i Ministeri, con altre Regioni, ecc. Questa carenza non me la sentirei di addebitarla solo all'Assessore Cernetti, che avrà pure le sue, ma la carenza la addebito direttamente a chi guida la Giunta, che non è una Giunta di pezzi, deve essere una Giunta che è tenuta insieme non solo dalla pazienza del suo Presidente, ma anche da una volontà politica che cementi un'azione, che sappia intervenire al massimo a livello di responsabilità regionale quando si tratta di effettuare, ad esempio, dei coordinamenti di livello interregionale, addirittura nazionale.
Visto che la situazione andrà verso una riproposizione completa a livello del Consiglio regionale con le sue Commissioni, vorrei riproporre uno dei punti che è importante vengano introdotti nel protocollo d'intesa.
L'Assessore l'ha ricevuto direttamente dal Ministero con le aggiunte, come ricordava il Consigliere Tapparo, riguardanti l'esame di merito degli esami da fare. La questione che abbiamo posto, quella della separazione, tra gli interessi delle imprese che realizzeranno il piano e gli interessi pubblici che devono stare alla base delle scelte di piano è una questione di carattere nazionale che è già stata sollevata dal Consiglio di Stato in occasione della convenzione (penso sia pressoché identica) fatta tra la Regione Campania e il Ministero dell'Ambiente. Il Consiglio di Stato il 3 giugno 1987, riferito ad una medesima intesa, aveva fatto due proposte che noi come Gruppo accogliamo e proporremo nella sede in cui si deciderà il vero protocollo d'intesa per la Regione Piemonte. Il Consiglio di Stato chiedeva che la convenzione fosse corredata da un elenco di nominativi degli addetti e dei collaboratori e che il Ministero concedente ne verificasse l'idoneità professionale accertando che nessuno dei detti collaboratori fosse in posizione di incompatibilità o dipendente dall'Amministrazione statale o comunque ad essa legato da rapporti di collaborazione (questa era la prima clausola). La seconda clausola contenuta nel parere diceva: "Clausola aggiuntiva che escluda che alle future attività di progettazione od esecuzione delle opere da compiersi in attuazione del piano redigendo possano essere ammesse le stesse imprese concessionarie e gli anzidetti collaboratori". Non facciamo solo della polemica politica avanziamo proposte che il Consiglio di Stato ha espresso in un parere. Non sono questioni di poco conto. Parliamo tanto di riforme istituzionali, all'interno delle riforme istituzionali va prendendo corpo la convinzione di separare le responsabilità politiche dalle responsabilità amministrative; anche nel rapporto tra politica ed economia questa distinzione va mantenuta e le scelte politiche devono corrispondere alla ricerca dell'interesse pubblico. Quello che è sbagliato è che gli interventi da effettuare vengano scelti anche da coloro che hanno interessi a realizzarne alcuni perché hanno le tecnologie e non altri perché non hanno quelle tecnologie. L'ente pubblico deve mettersi al riparo da questo pericolo che potrebbe portare l'ente pubblico a formulare proposte che corrispondono all'interesse pubblico.
Questa separazione va effettuata in modo drastico e preciso e questo deve essere il contenuto del nuovo protocollo d'intesa.
Rimaniamo d'accordo con la proposta del Consigliere Picco, ma a questo punto mi sembra veramente difficile continuare a discutere perché non sappiamo neppure più con chi discutere se non con il Presidente del Consiglio regionale che riconosco in questa circostanza come l'unica autorità alla quale una forza politica si possa rivolgere.



PRESIDENTE

Si conclude a questo punto la prima parte dei nostri lavori che riprenderanno alle ore 15,30.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14,20 riprende alle ore 15,30)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo la discussione sul punto 5) all'o.d.g.
La parola al Consigliere Fracchia.



FRACCHIA Mario

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, anch'io intendo dare un piccolo contributo a questo dibattito. Mi trovo perfino un poco a disagio ad entrare nel merito perché io sono originario di quella valle, sono nato in quella valle, per fortuna allora nella parte meno inquinata. Mio padre ha lavorato per 40 anni in quella fabbrica, quindi conosco bene la storia ed anche per dare un giudizio e per valutare quello che è da farsi e quello che si deve fare bisogna soffermarsi sul significato che ha la fabbrica. Io dico fabbrica perché in quella zona nessuno la chiama ACNA, laggiù è chiamata fabbrica, era il simbolo di quella vallata. Dove lavori? Lavoro in fabbrica, era già sottinteso che voleva dire ACNA con tutti i nomi che sono poi venuti, Montedison, ACNA Chimica organica. Questa fabbrica è nata 106 anni fa. Si tratta quindi di una vallata che ha una cultura industriale purtroppo è sempre vissuta o quasi nell'inquinamento, ci sono state varie proteste: la prima è stata nel 1909 con parte perdente, mai la fabbrica, ma sempre i contadini. Ha sempre vinto l'ACNA, gli inquinamenti c'erano già allora ma forse si era meno sensibili, anche gli operai che lavoravano in quell'azienda fino a non molto tempo fa non erano sensibili. Questa cultura è nata negli ultimi 20 anni: prima la salute e poi il lavoro. L'azienda approfittava anche di questo: infatti a quei tempi si assisteva quasi alla corsa degli operai ad andare a lavorare nei reparti cosiddetti penosi perché vi erano delle indennità orarie di maggiorazione; si era in un periodo molto più povero di quello attuale, della salute quasi se ne fregavano e preferivano guadagnare 100-150 lire in più a mese. Questo nuovo modo di pensare che giustamente si è fatto avanti ha portato alla situazione attuale. In questo momento l'organico dell'ACNA è di circa 800 operai se vogliamo considerare l'indotto potremmo raddoppiare queste unità lavorative, certamente oltre i 2/3 di queste unità lavorative sono savonesi, dei liguri, e questo implica ancora di più il nostro discorso perché, la parte che inquina, non è direttamente sotto la nostra giurisdizione territoriale, è la Provincia di Savona, le Province di Cuneo di Alessandria e in parte quella di Asti beneficiano solo dell'inquinamento e in minima parte solo della occupazione. Vorrei proprio porre l'accento sul problema dell'occupazione; finora non si è accennato a questo problema.
Si è accennato in generale al problema dell'ambiente, ma quello della occupazione anche se non sono molti, è abbastanza grave. Bisogna fare in modo, se è possibile, di salvare la fabbrica salvando l'ambiente. Non si può salvare la fabbrica, se prima non si salva l'ambiente. Quindi la richiesta di un controllo è se l'azienda ACNA è compatibile con il territorio e con l'ambiente va a farsi, ma prima bisogna percorrere tutte le strade. Ho solo il timore che in questo caso avvenga come è avvenuto a Massa Carrara: che ci sia una guerra fra poveri, da una parte il sindacato che difende l'occupazione e dall'altra gli ambientalisti. Ho preparato una raccolta di quanto si è fatto e detto negli ultimi tempi nella Valle Bormida, da tutte le fonti: da quelle istituzionali, a quelle sindacali, ai movimenti ambientalistici. Le discordanze sono molte, però mi ha colpito l'intervento che ha fatto un sindacalista a Cengio: "ACNA, ne discute il sindacato - questa frase del sindacalista Bruno Spagnoletti, responsabile regionale della CGIL ligure - un dato su tutti è da tenere presente: la chiusura dell'ACNA non significa il risanamento del territorio, solo con la fabbrica in funzione sarà possibile attuare una politica di risanamento".
Questo è quanto è stato detto a Cengio durante l'incontro tra i sindacalisti della FULC; un prossimo incontro sarà il 1 marzo a Roma sempre con i sindacalisti della FULC, convegno sindacale a Roma sul caso Bormida ACNA. Questa frase ha fatto meditare perché potrebbe anche esserci il pericolo, se non si inquadrano bene tutta la soluzione e il problema, che ottenuta la chiusura della fabbrica, poi si dimentichi tutto. Questo è un pericolo che si può anche correre. Io non sono per dire "Chiudiamo la fabbrica subito", vediamo prima se è possibile salvare la fabbrica salvando l'ambiente. Certamente oggi col nuovo modo di pensare, con le nuove esigenze, con il nuovo modo di vivere, prima si salva l'ambiente poi si salva la fabbrica. Ci saranno tanti modi per trovare l'occupazione, per non dimentichiamo che la Valle Bormida, la parte della provincia di Cuneo è posta anche in una posizione infelice per le comunicazioni; ci sono anche pochissime aree attrezzate o forse nessuna nei Comuni che vanno da Saliceto fino quasi a Cortemilia, quindi anche parlare di riconversione, di portare delle piccole fabbriche o dell'artigianato in questi paesi per sopperire ai posti di lavoro, circa 180, dimentichiamo l'indotto, dei piemontesi che lavorano a Cengio non sarà una cosa tanto semplice per questi motivi: perché anche le infrastrutture collaterali, strade, collegamenti vari, non sono abbastanza validi per rendere appetibile ad aziende di portarsi in quella zona che per sfortuna è abbastanza disagevole da raggiungere. Quindi cerchiamo di non fare solo parole, ma fatti. Non crediamo che immediatamente il decreto dichiarato salvaguardi questa vallata. Non dimentichiamo che noi parliamo solo del Bormida di Millesimo, ma c'è anche il Bormida di Pallare che si congiunge con il Bormida di Millesimo nei pressi di Alessandria; una parte di inquinamento che arriva dall'alessandrino arriva anche dalle fabbriche che sono a monte cioè 3M e altre fabbriche che sono lungo il percorso del Bormida di Mallare.
Certamente l'ACNA è la maggiore inquinatrice di questo fiume, ma ci sono anche aziende dell'altra vallata e aziende collaterali che contribuiscono a questo inquinamento. Quindi bisogna avviare rapidamente l'attuazione di quanto richiesto dal decreto del Ministro Ruffolo che dichiara la zona ad alto rischio ambientale altrimenti continueremo a trovarci, fra due o tre anni, nella stessa situazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Ho ascoltato come tutti, con attenzione l'Assessore e abbiamo sentito rivendicare a sé, che ha lavorato a questo protocollo d'intesa, ricoprendo un ruolo di protagonista primo, nella stesura di questo articolato con i suoi contenuti.



CERNETTI Elettra, Assessore alla tutela Ambientale

Non dell'Assessore, della Regione Piemonte e non è protagonismo il mio vorrei specificare!



BRUCIAMACCHIE Mario

Lo dicevo in senso positivo. Allora mi spiegherò meglio. Riconoscevo un impegno da parte dell'Assessore e Assessorato complessivamente e quindi di una componente importante della Regione Piemonte nello stendere e lavorare un documento che è quello sottoposto al Consiglio regionale oggi; quindi il ruolo di protagonista era detto non in modo ironico, ma prendevo atto semplicemente di un lavoro che è stato fatto. Dicevo questo perché mi sembrava, dalle cose che avevo ascoltato, che vi fosse proprio per questo tipo di lavoro svolto, lo spazio per andare a riflettere ancora un momentino sull'articolato del protocollo d'intesa che ci viene prospettato per vedere in concreto quali possibili cambiamenti, inserimenti di nuove tematiche che il Consiglio stesso ha proposto, e hanno proposto anche altri soggetti istituzionali della nostra Regione: Comuni, Province, che hanno prospettato movimenti organizzati della società che hanno operato e continuano a operare con un ruolo molto preciso all'interno della Valle del Bormida. Mi auguro di avere inteso bene; se ho inteso bene, vorrei aggiungere, alle considerazioni fatte da parte dei colleghi intervenuti ulteriori contributi e osservazioni. Vorrei che fosse intesa in modo giusto, e spero che l'Assessore l'abbia capita come tale, la richiesta della necessità di avere all'interno del protocollo d'intesa questi livelli che sono importanti come l'Università e il Politecnico. Se noi riflettiamo un momentino su questa proposta, ci rendiamo conto che una scelta di questa natura va a cogliere un problema vero che abbiamo avuto anche in altre occasioni, a proposito della questione del nucleare, anche allora ci rivolgemmo a chi in quell'occasione, quando fummo chiamati a misurarci su una tematica di quella portata che richiedeva un livello di conoscenze tecnico scientifiche elevatissime, ci rivolgemmo per avere capacità di controllare, di costruire dei processi, a quei livelli alti della cultura e della scienza della nostra Regione che erano appunto il Politecnico e l'Università. Fu sottolineato che questo è, un qualche cosa che esiste in termini di convenzione con la Regione, quindi riproporre oggi, in un momento come questo, in cui ci apprestiamo a dare il nostro contributo per un'opera che per il Piemonte è la prima, ma di grandissima portata che va al di là delle tre province della nostra Regione che coinvolge e quindi non guarda solamente alla Valle Bormida, riproporre con forza l'esigenza di avere questo patrimonio di cultura e di conoscenza all'interno del protocollo d'intesa, questo comitato che sia soggetto attivo, capace di apportare un proprio contributo. Credo che sia una esigenza che non pu essere semplicemente di una parte politica, ma un'esigenza che deve essere di tutta la comunità e soprattutto del governo regionale piemontese.
Assessore, credo che questo sia davvero l'unico strumento che abbiamo a disposizione. Se inseriamo queste nostre conoscenze, abbiamo lo strumento che ci permette, giorno per giorno in un rapporto molto concreto, di determinare le scelte, non solo avere la certezza, come sottolineava con molta precisione il collega Picco, che quegli studi, quelle analisi non fossero un semplice assemblaggio, come diceva Ferro, ma fossero invece qualcosa di serio, rigoroso sui quali si possa lavorare concretamente per vedere le soluzioni operative per affrontare e risolvere il problema; non c'è semplicemente questo. Ma ritorna qui il grosso problema di come la Regione intende essere soggetto che governa questi processi. Non vorrei riprendere un discorso già fatto in altre occasioni, però è sconsolante per certi aspetti, il dover constatare che attorno a tematiche di questa natura, soprattutto attorno alle tematiche dell'ambiente dell'inquinamento, del suo risanamento noi assistiamo in questa Regione ormai da un paio d'anni, ad un tipo di atteggiamento da parte della Regione Piemonte in riferimento a questi problemi che è sempre stato caratterizzato verso un ruolo teso a starne fuori, a invocare un potere più alto rispetto al nostro e si è, di volta in volta, invocato il Ministero della protezione civile per la bonifica o gli interventi in questa o quell'altra area, anche necessaria in quel momento, ma questo ha anche significato sottrarre potere alla Regione, ha significato dare più potere ai Prefetti, i quali di fatto hanno realizzato gli interventi, li hanno controllati, hanno chiamato le imprese che sono state incaricate sulla base di queste indicazioni dal Ministro competente.., cioè c'è l'idea dell'intervento straordinario che parte dall'opera di bonifica di qualche discarica abusiva scoperta in passato, l'intervento straordinario ministeriale, un rifuggire come Regione da questi problemi, la non volontà di governare questi processi (non vorrei che si estendesse anche a questi problemi, poiché in passato è stata evidente) che incidono sul territorio del Piemonte e che non possono che avere come soggetti principali protagonisti veri, come opera di governo, i livelli istituzionali di questa Regione, i Comuni, le Amministrazioni provinciali interessate. E' evidente che il ruolo primario di governo non può che spettare alla Regione in quanto livello di governo più generale e complessivo che ha il compito primario attorno a queste problematiche, con risorse non solo sue, ma anche centrali, di operare quella grande azione di coordinamento dei movimenti e dei livelli istituzionali e il compito di contribuire alla formazione del progetto più complessivo di bonifica che riguarda una parte così importante della nostra Regione.
Credo che dovremmo ripensare un momentino a queste cose. Se vogliamo recuperare un ruolo vero di questo livello istituzionale, se vogliamo che la Regione continui o recuperi un terreno nel quale conta, perch altrimenti si imbocca la strada della rinuncia, della delega, che poi ci porta, e magari poi ce ne lamentiamo, ad un ulteriore accentramento di potere a livello centrale con le Regioni che sempre di meno conteranno, non solo per le poche risorse ad esse vincolate, ma anche per la loro incapacità progettuale e di governo di problemi gravi e importanti come questo.
Questo mi fa ancora dire, Assessore, che se l'idea nostra di Regione è l'idea di una Regione estremamente attiva e presente, che vuole governare che non rinuncia ad un ruolo, che non lo delega, una Regione così non pu che rapportarsi con i livelli statuali intermedi (Provincia e Comune).
Allora, come non considerare con estrema attenzione, su un problema di estrema delicatezza, quanto hanno scritto nell'ordine del giorno i sindaci dei Comuni della Valle Bormida? Da questi Comuni proviene una richiesta molto precisa e pressante, con sfumature diverse e non sto a pronunciarmi su tutti i punti, di fronte a una situazione come questa che ha segnato questo secolo dal suo inizio, ancora il collega Fracchia ce lo ricordava poc'anzi, che ha significato per l'economia, per le popolazioni di quelle Valli, questi disastri che ben conosciamo e non è il caso di ritornarci sopra.
Quindi non è più pensabile che un processo, che finalmente si avvia con quell'atto che il Ministro fortunatamente ha avuto il coraggio di compiere si avvii e si sviluppi senza un coinvolgimento diretto e partecipe fino in fondo di quei Comuni e di quelle popolazioni.
Qui ritorna il discorso sul ruolo dei Comuni in tutta questa opera e come i Comuni non sono solamente soggetti che ogni tanto vengono informati da qualche studio tecnico sul livello di elaborazione di un certo progetto di un tronco di bonifica. Credo si debba cambiare ottica. Dobbiamo pensare che i Comuni in tutte le fasi (di indagine, di approntamento dei progetti di intervento, ecc.) devono essere protagonisti e insieme a loro ci devono essere le popolazioni amministrate. Se non ci sarà questo livello di coinvolgimento, noi non faremo una grande opera di bonifica e non faremo ulteriormente crescere, nonostante sia estremamente alto, il livello di coscienza di quelle popolazioni attorno ai problemi ambientali. E allora i rischi potrebbero essere seri perché ci sarà frustrazione, ci potrà essere riflusso, ci potrà essere questo atteggiamento ancora contro coloro che sono individuati nella Regione, nello Stato centrale, in qualche Ministero o in qualche azienda pubblica e così via che formula l'intervento, perch si sentono ancora una volta tagliati fuori, inquinati e costretti a vivere in quelle condizioni e oggi che si avvia un processo, naturalmente emarginati. Questo sarebbe veramente uno degli aspetti peggiori. Se vogliamo fare di questa occasione una grande occasione per andare a modificare quella situazione pedestremente compromessa dobbiamo avere quei soggetti protagonisti, dobbiamo quindi pensare ad una gestione che sia il massimo di democrazia, il massimo di partecipazione e il massimo di trasparenza, altrimenti i dubbi e conseguentemente anche i danni politici sarebbero estremamente grandi.
Un'ultima considerazione. Noi discutiamo di questo articolato e si fanno una serie di proposte. Credo però che se la Regione vuole fare una grossa e vera opera di governo non può limitarsi, nel momento in cui appronta o contribuisce alla formazione di un piano, a fare studi di base indispensabili e necessari sui vari aspetti, ma non può assolutamente prescindere, come già diceva il collega Ferro, da quella che è la fonte prima di inquinamento e la causa prima di questo disastro ecologico ambientale oltre che economico e sociale della Valle Bormida: l'ACNA di Cengio. Se davvero guardiamo bene l'articolato qui proposto, vediamo che all'interno, l'ACNA quasi scompare o diviene parte poco rilevante. Mi rendo conto Assessore, come lei diceva, che non si può partire avendo già un imputato. Noi però abbiamo un soggetto, e d'altra parte mi vien da dire che se non ci fosse stato un imputato, che tutti abbiamo individuato probabilmente lo stesso Ministro non avrebbe fatto quel tipo di decreto. E' vero che il Ministro sospetta che l'origine sia lì. Quindi dobbiamo veramente recuperarla. Sappiamo tutti quanti, che non può che essere quella l'origine; che poi vi siano altri elementi aggiuntivi, altre industrie eccetera, questo è indubbio, ma quella è l'origine vera. Allora la preoccupazione che ho, mentre leggo questo protocollo d'intesa, è che prima si studia tutta una serie di altre questioni (terreni, ambienti, aree ecc.) poi si risale lì. Credo invece, bisogna rovesciare la logica di questa impostazione e partire da lì, aggredire il punto vero, quindi vedere che cosa è questa azienda, come produce, se è vero che sotto a questa azienda è interrata una massa enorme di sostanze altamente inquinanti: abbiamo bisogno di questo tipo di risposte e partire da lì se vogliamo proseguire con un progetto serio anche per tutte le altre fasi di realizzazione di bonifica che interessano poi il territorio a Valle rispetto al punto di inquinamento.
Credo quindi necessario fare questo lavoro. Fare questo lavoro per vuol dire che la Regione, se vuol giocare davvero un ruolo di governo, deve pensare che, chiusura o non chiusura e quindi compatibilità o meno di questa azienda produttiva, il problema vero è quello di come dare a questa Valle nel suo insieme quegli strumenti che siano capaci non solo di fare una grande opera di bonifica, ma che siano capaci anche di fare di quest'area un'area che ha un rilancio di ordine e sociale di grosso significato.
Questo è un qualche cosa in più, certo mi può dire Assessore: non c'è all'interno del protocollo d'intesa, va al di là ma la Regione che vuole governare non può limitarsi a dire "adesso facciamo queste opere", ma credo che occorra riflettere su cosa siano le unità produttive, per esempio presenti all'interno di questa area, come queste unità produttive non siano compatibili, non inquinino più, ma diventano soggetti che vengano magari stimolati ad incrementare produzione e, forse, nuove possibilità occupazionali, grazie anche a questo tipo di intervento e di risanamento che vengono create. Allora questo vuol dire parlare di come si sviluppa l'agriturismo, il turismo in generale, come questa risorsa e questo bene (acqua), questa risorsa della Valle viene ulteriormente valorizzata e recuperata in termini di bene economico che produce ricchezza e occupazione. Se non c'è questo discorso, caro Assessore, credo che si vada a fare un'operazione che ha indubbiamente un significato, ma è un discorso di corto respiro, monco e che può modificare parzialmente la condizione perché tende, in un arco di alcuni anni, a togliere l'elemento grave di inquinamento, ma permane in tutta la valle una situazione di seria difficoltà economica. Occorre fare quest'altro salto. Non vorrei che il giocare al minimalismo, a dare alla Regione un ruolo sempre più piccolo in termini di non presenza in questo caso con i propri strumenti e risorse tecnico scientifiche a livello regionale per l'elaborazione del piano all'interno del protocollo d'intesa non esserci o il non coinvolgere in modo adeguato Comuni, Province, Regioni e popolazioni per farli diventare protagonisti, non avere assieme a questo, la grande opera che è quella di andare a costruire un progetto più complessivo di sviluppo e del rinascere di questa valle, se questa rinuncia più complessiva sia sicuramente da parte della Regione un atto, che non è un atto vero di assunzione totale delle responsabilità di governo, ma rischia ancora una volta di collocarsi in atti che tendono a far giocare alla Regione anche in questa occasione un ruolo molto marginale, questo io non lo condivido perché credo ancora che le Regioni possano, all'interno di questa istituzione prevista dalla Costituzione, possano e debbano avere un ruolo, ma ce l'hanno se riescono a fare e governare concretamente questi processi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, inizio questo intervento comunicando di aver presentato un ordine del giorno che purtroppo, per una serie di motivi, non ho potuto presentare prima di questa mattina. Nello stesso tempo, anche seguendo il dibattito di oggi, ho visto come alcuni punti contenuti nel mio ordine del giorno siano simili e rieccheggino tematiche che ho sentito trattare anche dalle altre forze politiche.
Se c'è un tratto distintivo negli interventi, prima di esaminare dove siano le divergenze, consiste nella accettazione della limitatezza del protocollo d'intesa e degli allegati presentati e oggi in discussione. Uno dei punti principali su cui si è accentrata l'attenzione di tutti è la non presenza - non direi neanche la scarsa presenza - delle Amministrazioni locali interessate. E' un elemento che anch'io voglio riprendere, dal momento che le attuali vicende della Valle Bormida nascono all'interno di un raccordo molto stretto della Regione con le Amministrazioni locali, con i Comuni, con le Province e con le associazioni agricole.
Questo elemento, che è un dato anche storico, oltre che un elemento della democrazia e della partecipazione, che ritroviamo in questo specifico processo che ha portato alla dichiarazione della Valle Bormida come area ad elevato rischio di crisi ambientale, non può essere nascosto, non pu essere dimenticato, non possiamo lasciarlo per strada.
Al di là delle dichiarazioni dell'Assessore, rese all'incontro questa mattina con i Sindaci, nel quale si faceva riferimento a determinati vincoli che condizionano questo protocollo d'intesa, è necessario - in un modo o nell'altro - poter aggirare e superare questi condizionamenti perch la Regione in una vicenda come questa non può pensare di lasciare fuori dalla porta gli Enti locali ed i Comuni interessati. E direi insieme (e questo intendo rimarcarlo ugualmente con forza) non può lasciare fuori i cittadini, le associazioni, tutti quegli abitanti che, con ruoli diversi con tempi diversi, con passione e sensibilità diversa, hanno contribuito alla creazione e alla costruzione di questo che è, da un lato, un processo istituzionale, ma dall'altro lato è e dobbiamo vederlo come un grande processo di partecipazione democratica estremamente matura, una riflessione collettiva sui temi dell'ambiente.
Questo protocollo deve inoltre riuscire a prevedere, al di là degli studi già previsti, anche uno studio di carattere diverso, uno studio di carattere storico. Dovremmo uscire da una vicenda come questa anche con una indagine storica che ricostruisca le dimensioni storiche dell'inquinamento non registri soltanto l'inquinamento che c'è, ma sia capace di ricostruire la storia dell'azienda, di come ha lavorato, quali sono stati i prodotti dove ha smaltito, per esempio, i suoi rifiuti, dalla sua costituzione.
I colleghi Ferro e Fracchia sono venuti con me ad un incontro a Cengio nel novembre scorso. Si sono sentiti tranquillamente rispondere, dai responsabili dell'azienda, che la documentazione sullo smaltimento dei rifiuti precedente all'entrata in vigore del DPR n. 915 non esiste. Direi che è un po' poco. Senza voler con questo trasformare questo lavoro in un lavoro di tipo inquirente, però deve esserci un modo per ricostruire la storia dell'inquinamento di una vallata. Non limitandosi soltanto a quello che è rimasto, che potremmo trovare con una indagine e con uno studio che vada alle falde, che vada sotto, che scenda concretamente in profondità.
Più scenderemo in profondità, più ricostruiremo storicamente quello che è successo. Anche questo deve essere fatto. Inoltre, considerato che siamo all'interno di una istituzione, dobbiamo richiedere che venga fatta anche una storia delle responsabilità degli Enti e delle pubbliche amministrazioni. Non è pensabile che una vicenda come questa si sia trascinata così a lungo e giunga a mettere in atto un processo istituzionale che può significare qualcosa per questa vallata solo adesso.
Personalmente ho il bisogno, la voglia, lo sfizio, di sapere e di conoscere perché si è dovuti arrivare fino ad oggi; di essere documentato sul modo con cui funzionano determinati settori della pubblica amministrazione, quei settori che dovrebbero controllare le vicende: quali da chi e quando sono state rilasciate le autorizzazioni; come, quando e da chi sono state insabbiate determinate documentazioni, determinate denunce determinate vicende che si ricollegano a questa azienda. Questo perch dobbiamo sfuggire ad una risoluzione del problema della Valle Bormida in termini tecnocratici, che invece mi paiono stare dietro questo protocollo.
Il problema Valle Bormida non è solo un problema di impiantistica o di chimica o di bonifica in senso puramente ingegneristico, da Politecnico e da aziende ad alto livello. E' una bonifica che deve riguardare gli incubi della gente, deve restituire desideri e speranze alle persone e deve anche servire ad una crescita collettiva di tutti. Non basta quindi dragare un corso d'acqua, vetrificare i rifiuti esistenti quasi sicuramente ed in larga misura nel perimetro dello stabilimento.
Il compito delle istituzioni, degli Enti locali e dei cittadini è di far sì che le bonifiche non siano soltanto operazioni di carattere economico, operazioni di grande e massiccio intervento sul territorio ma siano qualcosa di più e di diverso, che permetta di ricostruire nella piccola dimensione, nei Comuni, nel riavvicinarsi all'ambiente e nel ritrovarlo un po' per volta, anche se sarà problema di generazioni.
Dobbiamo pensare che in questo progetto ci sia uno spazio anche per tutto questo. Invece mi pare che qui si ritrovi soltanto un intervento di tipo massiccio.
Scendendo nel dettaglio del protocollo d'intesa e di queste vicende (come già in parte ha detto il collega Bruciamacchie), bisogna recuperare l'elemento andato perduto tra il decreto del Ministro e il protocollo. Il decreto del Ministro dice con chiarezza che il grave stato di inquinamento del tratto fluviale è dovuto probabilmente in misura importante agli scarichi idrici degli impianti per la produzione di intermedi per coloranti, per farmaceutici ed ausiliari per l'industria della società ACNA. Questo elemento nel protocollo d'intesa non si ritrova più. Il protocollo d'intesa presenta una sorta di compitino ben fatto, in cui dato un territorio X le possibili fonti di inquinamento sono A, B, C, D, E, F.
Questo presuppone un modello astratto e non più la storia, non più la conoscenza di elementi certi, compresi quegli elementi forniti dalla Regione tempo addietro al Ministero all'Ambiente. Se questi elementi sono una documentazione già esistente, una ricognizione già avvenuta, non possono ora sparire di fronte ad un protocollo che prevede tutti i possibili inquinamenti, comprese le fognature dei paesini e compresi gli inquinamenti di origine agricola, Anzi, se si va a vedere in termini quantitativi la ripartizione dello spazio in questo protocollo, si nota che gli inquinamenti di origine agricola ottengono una maggiore attenzione di dettaglio rispetto a quella che hanno gli inquinamenti di origine industriale. Ora, nessuno di noi avrebbe pensato che agli inquinamenti delle reti fognarie e gli inquinamenti di un'agricoltura quale quella esistente nella Valle Bormida (che è una presa in giro dopo che l'ACNA ha distrutto le possibilità di agricoltura nella Valle Bormida) ed ai pesticidi sparsi nella valle stessa si addebiti l'inquinamento del fiume.
Per queste cose non c'era bisogno di chiedere l'area ad elevato rischio di crisi ambientale, altrimenti è l'Italia tutta (forse non sarebbe neanche un ragionamento sbagliato) ad essere un territorio ad elevato rischio di crisi ambientale. O noi recuperiamo la specificità di determinate lavorazioni e di determinate aziende, oppure non si capisce bene quali siano le motivazioni che hanno portato a questo specifico provvedimento di Governo.
Secondo me, è questa questione a distinguere il mio ordine del giorno dagli altri che ho letto in precedenza, a permettere di recuperare un argomento sul quale il Consiglio regionale ha finora proceduto con una serie di ellissi, con una serie di "se", e con distinguo e rinvii, ecc.: che cosa facciamo adesso dell'attività dell'azienda ACNA di Cengio? A mio avviso (l'ho scritto nel mio ordine del giorno), va subito richiesta la sospensione cautelare dell'attività dei lavori dell'azienda e va preventivata come elemento che precede quanto contenuto nel protocollo e precede qualsiasi attività di bonifica. Perché, trattando di questo protocollo (che non cita nemmeno l'ACNA), se non si parte da questa premessa - che cosa facciamo dell'ACNA e delle lavorazioni in corso? - se non mettiamo al centro della nostra attenzione cosa fare dell'ACNA, ogni altra considerazione assume l'aspetto di una presa in giro o di puro e semplice intervento di maquillage (anche la cosmesi è importante). Questo mi pare è un aspetto che dobbiamo recuperare, se non lo fa la Regione Liguria dobbiamo farlo noi, anche perché solo in questo modo poi troviamo lo spazio per inserire in maniera forte, dentro le attività del protocollo e della bonifica, i problemi occupazionali. Cercando di considerarli in un modo nuovo (la vicenda della Farmoplant di Massa insegna) il problema della chiusura di un'azienda o di molte lavorazioni di un'azienda per motivi ambientali. Solo se questo problema lo avviamo fin da ora, soltanto con la consapevolezza che questo problema non può essere rimosso o nascosto. Qui invece, abbiamo il procedimento opposto: siamo partiti a scrivere l'ACNA nella terza riga del primo ordine del giorno che chiedeva la dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale, poi siamo arrivati a metterlo nelle ultime righe, quando abbiamo mandato il materiale al Ministero. Il Ministero dell'Ambiente, da parte sua, l'ha collocato ancora più giù. E adesso l'ACNA scompare. Mettendo l'ACNA sempre più nelle ultime righe dei nostri documenti, citandola sempre di meno, cercando sempre di dissimulare e cercando di passare ad una visione "globale" dell'inquinamento ci sfuggono i dati concreti del problema, il meccanismo che ha determinato l'inquinamento.
A questo proposito vorrei ricordare come l'Istituto dei Tumori di Genova in un'indagine redatta per conto della Regione Liguria ha indicato l'ACNA come responsabile in termine quantitativo dell'85% del carico inquinante di quel ramo del Bormida. Se l'ACNA da sola rappresenta l'85 tutto il resto insieme è 15%. Mi pare che non ci siano più elementi sui quali discutere. Esiste poi il problema qualitativo di questo inquinamento.
A questo proposito, occorre ricordare che i dati in nostro possesso nonostante tutto, non sono ancora sufficienti. Vi sono ancora delle molecole e dei composti sui quali troppo poco si sa, che magari neppure compaiono nella cosiddetta "Legge Merli". Anche questo elemento deve essere riportato nella discussione, insieme a quello della sospensione cautelare delle lavorazioni dell'azienda. E in merito a questo, avrei bisogno di sentire il parere degli altri colleghi, anche se ricordo le dichiarazioni dell'Assessore ad Acqui in occasione dell'incontro con il Ministro Ruffolo.
Per il resto, il mio ordine del giorno richiede cose che invece credo siano confrontabili e paragonabili con quelle richieste dagli altri Gruppi: la partecipazione dei cittadini e degli enti locali.
Per Statuto e per principio, mi pare che quando si parli di Regione come avviene nel protocollo d'intesa, si faccia riferimento al Consiglio e non alla Giunta. Questo protocollo, invece, è stato trattato ed approvato soltanto dalla Giunta, mentre il coinvolgimento della Commissione consiliare avrebbe senz'altro contribuito alla creazione di qualche elemento di garanzia, quanto mai necessario rispetto alle voci che circolano sul coinvolgimento di alcuni grandi aziende, che da una parte devono essere indennizzate per i mancati lavori per la nuova centrale di Trino vercellese o dall'altra parte hanno cointeressenze o compartecipazioni azionarie o legami di varia natura con la stessa proprietà dell'azienda. Si parla di Monteco, per esempio. Queste cose vanno tenute presenti. Si parla anche di Dagh-Watson, altro nome di azienda già giunto all'attenzione del nostro Consiglio regionale, in riferimento alle vicende di Trino vercellese. Le garanzie sono necessarie perché siamo storicamente in un momento cruciale e critico, con il rischio che l'ambiente si trasformi in un affare, in un affare in cui gli stessi soggetti fanno prima una cosa e poi l'altra. Se la popolazione deve riappropriarsi dell'ambiente che gli è stato espropriato dagli inquinatori questo lo deve fare non soltanto nel momento della denuncia, nel momento in cui impone che avvengano determinati stanziamenti e processi istituzionali ma lo deve ancora di più fare nel momento in cui dagli stanziamenti si passa ai processi veri e propri. Perché, diversamente, si è espropriati prima nel momento in cui si viene inquinati e si è nuovamente espropriati anche nei momenti in cui si dice si venga disinquinati. Dico "si dice si venga" perché questo è ancora da vedere. Quindi anch'io richiedo che vi sia la possibilità di rivedere e modificare questo protocollo di intesa, sia possibile seriamente porsi il problema della sospensione dell'attività dell'ACNA.
In ultimo c'è la questione di giocare con autorevolezza la carta della pubblicizzazione e del diritto di accesso alla informazione ambientale, che è contenuto nella legge istitutiva del Ministero dell'Ambiente. Questo è un banco di prova.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Io ho conosciuto l'ACNA nel 1964/1965 quando ci segnalarono che produceva, probabilmente unica al mondo, defolianti che poi venivano dati agli Stati Uniti per il trattamento che essi fecero al Vietnam. Ancora oggi sappiamo che dietro la parola "coloranti" in parte del tipo di produzione di questa azienda esistono chiaramente armi chimiche. Sia nel 1964, che oggi, la cosa più grave è che il quadro dei delegati sindacali del quadro operaio dei lavoratori di quella fabbrica, ha compiuto azione di omertà nel senso che tende a coprire e a non fare emergere pubblicamente il tipo di produzione che si esegue all'interno di questa fabbrica. Così come si tende in qualche modo a coprire i problemi che questa fabbrica determina e pone avviene anche in altre situazioni. Il caso di cui stiamo discutendo non è il primo e non è sicuramente purtroppo l'ultimo che avremmo da discutere.
Abbiamo davanti a noi una recente indagine purtroppo fatta soltanto a posteriori con la chiusura dell'Eternit per denunciare certe situazioni abbiamo uno studio a mano sarebbe bene che ci riflettessimo, abbiamo a pochi chilometri di qui la questione dell'amiantifera di Balangero che presenta problemi complicati e quindi siamo di fronte ad un fatto che investe problemi di carattere economico, di qualità della vita e del lavoro, ma anche riflette problemi di carattere culturale, di salvaguardia di quelli che sono gli interessi primari dell'uomo e dell'ambiente che vanno conciliati con i problemi di sviluppo economico. Ora è del tutto evidente che questo problema quindi non può essere affrontato solo con l'ottica ambientalista tradizionale, ma neanche con l'ottica soltanto economicistica; va fatta una riflessione, va colta questa occasione, per andare a fondo su un problema - come qualcuno ha già detto qui prima di me di conciliabilità, di tentativo di affrontare la grande questione che abbiamo oggi di un equilibrato sviluppo economico che faccia agio nei confronti della qualità dell'ambiente e della vita e che rifletta anche sul rapporto della qualità dello sviluppo tra i Paesi industrializzati e quelli sottosviluppati. Problemi quindi complessi nella loro concettualità che vanno tenuti presenti e attentamente meditati e valutati. Se questa è la questione e siccome sono in gioco questi elementi, è del tutto evidente che non può essere superficialmente affrontata e credo, in parte, di poter dire che il modo col quale è venuto avanti nella nostra Regione il dibattito su questa questione e il modo col quale oggi ci troviamo ad affrontare questo problema, emerga una grande insufficienza culturale e politica nel fronteggiare questo tema. E' un'insufficienza che sta dentro alla qualità della maggioranza che governa questa Regione, ma che non fa tirar fuori i soggetti politici complessivi di questa società e quindi è un problema che attraversa e coinvolge tutti in misura diversa, ma che in qualche modo interroga e sollecita tutti a ripensare questo problema.
La prima questione che va affermata su questo aspetto è l'insufficienza di questo protocollo, un'insufficienza proprio perché non tende a considerare la centralità della questione che riguarda chi è il responsabile primario di questo inquinamento e di questa situazione. Il responsabile primario inevitabilmente dev'essere definito come è stato già anche qui detto, dalla presenza dell'ACNA di Cengio e del suo modo di produrre. Se non si evidenziano tali responsabilità, si vanifica la questione di creare le condizioni perché il disinquinamento vero di questa situazione passi attraverso le eliminazioni delle cause dell'inquinamento l'eliminazione della causa, non può essere semplicemente affrontata dicendo "chiusura o riconversione" ma, per non porlo in questi termini devono esserci dei segnali, segnali che mancano, da parte del Ministero che dia disponibilità per affrontare questo problema in termini espliciti di elaborazione; un altro segnale deve essere quello della Regione e anche quello da parte del movimento dei lavoratori. In mancanza di segnali precisi da questi tre versanti appare evidente chiedere la temporanea chiusura della fabbrica come un fatto ineliminabile. Questo è ovvio. E' una richiesta che si avanza quando segnali che dovrebbero riaprire la possibilità di non porre la questione in questi termini, non si rendono disponibili a sviluppare e approfondire questo problema. Quindi a me pare che oggi la vera questione sia questa. Certo bisogna farsi carico dei 1500 lavoratori compreso l'indotto e trovare soluzioni economico-produttive alternative nella zona, però i soggetti che prima citavo se non si assumono degli impegni precisi non possono che portarci, anche se in modo non soddisfacente, a richiedere che l'elemento di inquinamento di questa zona venga eliminato attraverso la sua chiusura. Diversamente non abbiamo credibilità per affrontare seriamente questo problema. In questo senso credo ci debbano essere anche altre tre condizioni per poter garantire uno sviluppo corretto di questa situazione, la prima condizione: quello di avere un rapporto diretto e corretto, paritario con le comunità locali. Non si può agire su un problema come questo senza avere un occhio privilegiato e attento alle espressioni istituzionali e associative locali che devono essere il punto di riferimento privilegiato per operare; un'altra condizione: quella di garantire il massimo dell'informazione e il coinvolgimento all'interno dei singoli processi che coinvolgeranno il piano di risanamento. Questo è un aspetto importante. Creare delle condizioni per dare degli strumenti affinché la gente, le comunità locali, le associazioni, i gruppi possano avere, tutti gli elementi di comprensione e quindi la capacità di dare dei contributi positivi di indicazione, di suggerimenti come hanno fatto molte volte, in modo corretto, in passato.
Terza condizione: quello di garantire che le energie, le competenze e le energie professionali che saranno coinvolte, possano essere oggettivamente considerati, per quanto possibile considerare l'oggettività della scienza che ha dimostrato che c'è molto da verificare. Però, e sono d'accordo con il collega Tapparo, non puntare in modo privilegiato da un lato sulle istituzioni pubbliche e sugli enti di ricerca, e sulle capacità professionali esistenti all'interno del sistema pubblico locale e nazionale, mi pare sia un errore che deve essere sostanzialmente corretto.
Questo non esclude che in tale ambito e all'interno di questa logica non debbano essere attivate eventuali altre competenze private che diano segno di correttezza e di trasparenza e che non contengano al loro interno e nella loro ragione sociale l'elemento di inquinamento e l'elemento di disinquinamento, questo mi pare del tutto ovvio, però è necessario che si faccia un ragionamento. Rese così queste dichiarazioni credo che se non dovessero esserci quei segnali istituzionali e anche associativi del movimento dei lavoratori per affrontare il problema di questa industria che, pone anche la questione di come risanare il suo sottosuolo, nel momento in cui si passasse alla chiusura della fabbrica e si avviasse un disinquinamento globale, questa operazione consentirebbe, probabilmente, di garantire agli stessi lavoratori, e ad altri, la possibilità di un lavoro per parecchi anni. Quindi in questo modo ci potrebbero essere migliori condizioni per individuare a livello locale possibilità occupazionali in prospettiva di alternative che non necessariamente possono essere di carattere industriale, ma possono fare agio sulle potenzialità che la stessa zona offre dal punto di vista agricolo, turistico e di altri aspetti. Mi pare che questo sia il ragionamento sul quale chiedo alla Giunta, se è in grado di farlo, dia un segnale di ripensamento e mi riferisco ad un protocollo che mi pare molto limitato per i problemi che intende affrontare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Mi pare che il dibattito abbia ulteriormente chiarito due questioni: la prima è che il protocollo d'intesa va riscritto in quanto la Giunta ha presentato una proposta assolutamente inadeguata e insoddisfacente.
Insoddisfacente non solo per i Gruppi di opposizione, ma per la grande maggioranza del Consiglio regionale e gli ordini del giorno presentati lo dimostrano. Dico la Giunta regionale, perché non ritengo del tutto corretto buttare la croce addosso soltanto sull'Assessore il quale porta sicuramente le maggiori responsabilità, ma sono convinto che atti di questo genere o sono espressioni di una collegialità della Giunta, per la molteplicità delle questioni che toccano, oppure non capisco su che cosa si realizzi la collegialità della Giunta. La seconda questione, e mi pare che il dibattito l'abbia chiarito, è che dovendo riscrivere il protocollo d'intesa si sono persi due mesi dal momento in cui il Governo ha deliberato l'area della Valle Bormida ad elevato rischio di crisi ambientale. Si sono persi due mesi, in quanto il lavoro che si sarebbe dovuto fare in questo periodo di tempo, anche in un rapporto stretto con le comunità locali, con i Sindaci con i Comuni, o non è stato fatto o è stato fatto in modo insufficiente.
Intanto il Bormida aspetta, l'inquinamento continua a espandersi e perdere due mesi è stato grave. Nel momento in cui si pensa di predisporre un piano di questo genere, ritengo sia fondamentale capire come verrà predisposto il piano di risanamento e chi lo realizzerà. A me sembra che questo assuma grande rilevanza, non soltanto per la possibilità di realizzare veramente il risanamento di quella zona, ma anche in considerazione del fatto che essendo questo uno dei primissimi piani di risanamento, almeno di queste dimensioni, che si predispongano nel nostro Paese, inevitabilmente diverrà punto di riferimento e condizionerà iniziative analoghe che dovranno essere assunte e messe in atto in altre parti del Paese.
Quando si decide di affrontare il problema del rapporto tra attività produttive inquinanti e difesa dell'ambiente e della salute dei cittadini dobbiamo anche interrogarci in quale contesto generale si colloca la predisposizione di questo piano. Il contesto generale è chiaro e dobbiamo tenerne conto. Il contesto generale è di una situazione, purtroppo, di crescente contrapposizione tra i problemi della tutela dell'ambiente e la salvaguardia dell'occupazione: la vicenda della Farmoplant è lì a dimostrarlo con assoluta chiarezza. Dobbiamo avere coscienza di questa tendenziale crescente contrapposizione per mettere in atto iniziative che tendano ad evitare che nella Val Bormida si riproponga. Contrapposizione che, ancora con la vicenda della Farmoplant, si dimostra perdente per tutti: è perdente per tutti, tranne che per le aziende che inquinano, in quanto le aziende che inquinano hanno santi in paradiso e strumenti che nonostante sia chiaro che inquinano, riescono a farsi riaprire le fabbriche e ripartire le produzioni.
Questo significa per la Val Bormida individuare alcuni punti fermi. A me sembra che per la Val Bormida, la maggiore fonte di inquinamento è l'ACNA. E ritengo che se si individua questo come punto fermo, allora questa fonte di inquinamento va rimossa. E allora se questo è un punto fermo, il piano di risanamento della Valle Bormida, se vuole essere credibile deve porsi l'obiettivo di definire ipotesi di riconversione di quelle attività produttive, in questo caso in primo luogo l'ACNA riconversione di quelle attività produttive il cui esercizio risulta incompatibile con gli obiettivi del piano di risanamento e con la tutela dell'ambiente, del territorio e della salute della gente. Ipotesi di riconversione che si riproponga di tutelare l'ambiente e la salute e per quanto possibile salvaguardare l'occupazione, perché evidentemente 800 posti di lavoro sono 800 famiglie che devono mangiare. Ma questo non deve andare a condizionare la necessità primaria di mettere in atto una salvaguardia dell'ambiente e del territorio e rimuovere quella fonte di inquinamento e quindi cominciare a predisporre ipotesi di riconversione.
Credo sia questa la questione centrale che va affrontata in un progetto di risanamento della Val Bormida. Diversamente, nella Val Bormida succederà come a Massa Carrara: la contrapposizione. E quando c'è la contrapposizione ognuno di noi sarà costretto a schierarsi, in mezzo quando c'è una contrapposizione si sta proprio male, è difficile stare in mezzo, allora ognuno di noi sarà costretto a schierarsi e quando si è chiamati a schierarsi, purtroppo, a me sembra che chi perde è in particolare chi ha a cuore il risanamento dell'ambiente. E anche qui per ora Massa Carrara lo dimostra.
Per questo io dico che la bozza di protocollo di intesa è assolutamente insoddisfacente e ignora la realtà, cioè ignora, non prende atto che la maggior fonte di inquinamento è l'Acna, e che va rimossa, e non ipotizza la bozza di protocollo di intesa l'obiettivo di definire ipotesi di riconversione delle attività produttive incompatibili con l'ambiente e con il territorio e in primo luogo l'ACNA. Questa è la questione. Se questa è la questione ritengo che nel protocollo di intesa all'art. 4 è necessario che venga esplicitamente previsto che tra le attività oggetto di risanamento della Val Bormida ci sia la definizione di ipotesi di riconversione di quell'attività produttiva il cui esercizio risulta incompatibile con gli obiettivi del piano di risanamento, cioè con la tutela dell'ambiente, del territorio e della salute della gente.
La seconda questione, riguardante chi predispone il piano e chi lo realizza, è ugualmente di grande rilevanza.
Credo sia ormai nota la tendenza di settori economico-imprenditoriali a considerare l'ambiente come un nuovo business sul quale fare grandi affari.
E quando si affronta la questione ambientale in una logica di business certamente le questioni degli interessi collettivi, la questione della salvaguardia dell'ambiente, ecc., non sono mai al primo posto. Al primo posto ci sono sempre altri interessi: il profitto, fare degli affari.
Io credo che affidando la redazione del piano e poi evidentemente la realizzazione del progetto e del piano ai privati si legittimi proprio questo approccio da business rispetto ai problemi dell'ambiente. Per questo ritengo necessario definire nel protocollo di intesa il ruolo degli Atenei quali strumenti pubblici di garanzia per la Regione e per gli Enti locali che partecipino alla redazione del piano e ne controllino l'attuazione come garanzia che gli interessi collettivi in questa ipotesi di risanamento della Val Bormida stiano al primo posto.
L'ultima questione che affronto rapidamente e che anche altri affronteranno, è che il Consiglio regionale del Piemonte non può non porsi la domanda: chi paga? Credo che per risanare la Val Bormida occorreranno un bel po' di miliardi. Credo che il Consiglio regionale non possa tacere su questo. Pongo una domanda e poi do anche una risposta. La domanda è: è accettabile che ci sia chi inquina, chi per effetto dell'inquinamento fa morire della gente e la collettività si debba sobbarcare interamente l'onere di risanare il territorio e l'ambiente? E chi inquina non debba pagare nulla? Questa è una questione sulla quale non si può tacere e ritengo che non sia accettabile, cioè che ci sia chi inquina e fa profitti e chi risana, in questo caso il pubblico con le risorse della collettività.
Questo significa avere la volontà politica di individuare i nomi dei responsabili dell'inquinamento e perlomeno chiamarli a contribuire agli oneri per il risanamento delle zone che hanno inquinato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, a questo punto del dibattito non tratterò la questione ai fini di mettere in evidenza la gravità della situazione che ha condotto le Giunte regionali della Liguria e del Piemonte a richiedere al Consiglio dei Ministri la declaratoria di elevato rischio ambientale della Valle Bormida. Queste considerazioni sono già state fatte da quasi tutti i colleghi che mi hanno preceduto e su questa gravità della situazione antefatta che ha condotto al provvedimento di declaratoria dell'elevato rischio ambientale non penso sia il caso di insistere perch c'è in buona sostanza unanime accordo.
Devo però rilevare che siccome, come è stato ricordato, il provvedimento del Consiglio dei Ministri risale al 27 novembre 1987 sarebbe stato opportuno, sul piano politico, che la Giunta immediatamente dopo aver elaborato la bozza del protocollo d'intesa, avesse fatto calare la bozza stessa nella competente Commissione, ai fini di un suo esame sommario, ai fini di ricevere dalle forze politiche presenti in questo Consiglio e conseguentemente presenti in Commissione, i suggerimenti e gli opportuni emendamenti. Mi si potrà obiettare che però istituzionalmente, in base alla legislazione vigente, la stipula, la preparazione prima della bozza di un protocollo d'intesa e poi la stipula, è compito della Giunta e non deve a rigore formale di legge coinvolgere il Consiglio. Però di fronte a questo caso particolarmente grave non sarebbe stato opportuno coinvolgere quanto meno la VII Commissione ai fini anzidetti, anche perché se non è previsto espressamente dalle leggi che disciplinano la materia di protocollo d'intesa, tuttavia non è nemmeno vietato.
Fatta questa considerazione, rilevo ancora che anche qualora la Giunta non avesse voluto interpellare la VII Commissione, avrebbe dovuto quanto meno richiedere per quanto concerne gli aspetti a contenuto prevalentemente tecnico-giuridico del contenuto del protocollo d'intesa per questi contenuti, richiedere il parere del Consiglio di Stato.
Il collega Chiezzi questa mattina ha fornito al Consiglio una preziosa notizia che riguarda il parere richiesto opportunamente dal Consiglio provinciale della Campania in una identica situazione di previa avvenuta declaratoria di inquinamento, il parere del Consiglio di Stato. Questo perché? Perché il Consiglio di Stato sotto il profilo tecnico era in grado di dare suggerimenti che in allora vennero dati, sia pure non recepiti poi in quel protocollo d'intesa, ma che consistevano in quei suggerimenti che sono stati questa mattina messi in rilievo dal collega Chiezzi e che nel suo ordine del giorno mette chiaramente in evidenza il collega Pezzana cioè a dire di inserire nel protocollo d'intesa una clausola aggiuntiva in forza della quale, deve essere allegato al protocollo d'intesa stesso un elenco delle imprese destinate a collaborare sia nella fase di predisposizione del piano e sia nella fase successiva dei progetti di massima e dei progetti esecutivi e, soprattutto, una clausola che fissasse il divorzio fra coloro i quali predispongono il piano fra le imprese che collaborano a predisporre il piano e le imprese che nella seconda fase dovranno provvedere ad elaborare i progetti di massima e i progetti esecutivi. Sotto questo profilo, da parte nostra, ci collocheremo nei vari ordini del giorno che sono stati proposti ai fini di conseguire una modifica di questa bozza di protocollo d'intesa nel senso anzidetto e che con chiarezza di linguaggio, è contenuto in particolare nell'ordine del giorno del Consigliere Pezzana.
Altri punti che, ad avviso del nostro Gruppo, vanno inseriti a guisa di modifica del protocollo d'intesa e riguardano: l'approfondimento degli effetti dell'inquinamento, provocati dall'ACNA e anche, come ricordava il Consigliere Ala, approfondimento della cronistoria di questo inquinamento ai fini di accertare, non solo le responsabilità dell'ACNA, anche ai fini di un possibile risarcimento danni che Stato e Regioni le quali fatalmente dovranno predisporre i finanziamenti per le operazioni di disinquinamento possano chiedere all'ACNA. Quindi questa storia, che richiedeva il Consigliere Ala, a guisa di modifica del protocollo d'intesa, del come si è giunti alla grave situazione attuale di questo inquinamento è utile sia sotto questo profilo e sia anche per accertare se non vi siano responsabilità a livello di favoreggiamento doloso o colposo di chi abbia dato gli assensi all'ACNA ai fini della propria attività.
Secondo punto che richiediamo, e che non siamo solo noi, ma è richiesto anche nell'ordine del giorno che vede come primo firmatario il Consigliere Picco è quello di un coinvolgimento in questa opera, in questa attività che dovrà aprirsi in base al protocollo d'intesa, coinvolgimento dei Comuni delle realtà locali e anche - e questo è richiesto in particolare nell'ordine del giorno del Consigliere Picco - la istituzione di un comitato di garanzia che vegli in senso lato sull'intera operazione.
Infine anche da parte nostra riteniamo utile il coinvolgimento dell'Università e del Politecnico nella predisposizione del piano di disinquinamento, e questo perché? Perché già responsabilmente mi pare con unanimità del Consiglio regionale chiedemmo a suo tempo e ottenemmo che Università e Politecnico venissero coinvolti nella fase preparatoria di quel provvedimento che fu poi l'individuazione del sito della centrale nucleare, al di là delle polemiche di Chernobyl e dopo-Chernobyl, ma in allora ci trovammo nel richiedere il coinvolgimento di Università e Politecnico e si disse, mi pare con felice espressione del Consigliere Marchini, che questo coinvolgimento dell'Università e del Politecnico avrebbe significato che questi due enti funzionavano come consulenti di parte, come consulenti fiduciari della Regione. Anche qui l'opera di disinquinamento la presenza di questi due enti pubblici super parte sia più che mai opportuna.
Queste sono le nostre richieste a guisa di emendamento e di modifica del protocollo d'intesa, mentre non ci sentiamo di aderire alla richiesta fatta dal Consigliere Ala nel suo ordine del giorno di un provvedimento cautelare, sembrerebbe di chiusura, sia pure temporanea dell'ACNA, e questo per autonome ragioni: una che è di tutta evidenza perché inciderebbe un provvedimento cautelare, sia pure limitato nel tempo di chiusura dell'ACNA inciderebbe sicuramente sul fattore occupazione e si sa come queste cose poi vanno a finire: un eventuale provvedimento cautelare incide sul fattore occupazionale, provocherebbe quanto meno, in base alla legislazione vigente, una richiesta da parte dell'ACNA, di cassa integrazione e con tutto quel che segue. Soprattutto non ci sentiamo di aderire a questa richiesta per una ragione di carattere legislativo; non si vede quale autorità possa avere la competenza e il potere di disporre la chiusura sia pure temporanea dell'ACNA, a meno che, dalle risultanze di quella storia o cronistoria che ha richiesto il collega Ala e che chiediamo anche noi sulle modalità dell'inquinamento, sul come si è arrivati a questo grave fenomeno di inquinamento, non emergano responsabilità dell'ACNA tali da essere responsabilità penali e allora il discorso cambia e malgrado i gravi inconvenienti che deriverebbero dall'occupazione un provvedimento di chiusura o quanto meno di mutamento delle lavorazioni si imporrebbe.
Questo è il contributo che abbiamo ritenuto di dare ed insisteremo quando si voteranno gli ordini del giorno, in particolare sull'opportunità anzi, sulla necessità che i punti che ho accennato vengano inseriti a guisa di modifica del protocollo d'intesa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente, Assessore e colleghi, capisco sempre meno l'atteggiamento di questa Giunta e capisco sempre meno le posizioni che i singoli Gruppi prendono politicamente di fronte a problemi gravi come quello che stiamo discutendo oggi. Capisco meno questa Giunta perché se guardo gli ordini del giorno presentati sull'argomento di cui stiamo discutendo devo dire che il più di opposizione è quello democristiano anche se gli ordini del giorno che provengono dall'altra opposizione sono più costruttivi, che danno indicazioni, non vogliono distruggere ma collaborano per creare, ma non sono certamente così radicali come quello democristiano che dice che è tutto sbagliato e di tornare in Commissione. Il senso più o meno è quello, Brizio, basta leggere l'ordine del giorno...



(Interruzioni)



PEZZANA Angelo

Non ho sentito l'intervento di Picco ma so leggere e credo che il suo intervento dica di ritornare in Commissione. Personalmente su questo sono d'accordo e mi fa piacere vedere, anche se non capisco quale sia il dialogo che esiste tra Giunta e un Gruppo consiliare che esprime questa stessa Giunta, non sono nemmeno d'accordo nel tentativo magari anche delicato di impallinare l'Assessore quando le si rimprovera (come ho sentito fare prima da un Consigliere) di essere lenta, di essere arrivata in ritardo.
Il problema dell'ACNA di Cengio è almeno da cinquant'anni che è di dominio pubblico e credo che questa Regione che ha espresso non soltanto Giunte di pentapartito ma anche Giunte di sinistra che in questo momento impallinano il presente Assessore abbiano trascorso dieci anni senza arrivare mai ad ottenere i risultati che bene o male il presente Assessore magari facendo pressione sul compagno di partito, è riuscito ad ottenere in pochi mesi dalla gestione del suo Assessorato.
Il mio intervento non vuole essere un plauso e una lode all'Assessore Cernetti perché se mai il rimprovero che le va fatto (e credo di dover fare) è di essere andata troppo veloce perché si è accontentata di un protocollo d'intesa che non è stato (a quanto mi risulta vedendolo in fotocopia) elaborato da questa Giunta ma sia un protocollo d'intesa arrivato tale e quale dal Ministero e quindi di essere andata troppo veloce per non aver sentito il dovere di coinvolgere le istituzioni locali e i gruppi ambientalisti che sono le istituzioni riconosciute o non ancora tali ma che hanno lavorato e prodotto quel bagaglio di cultura sul quale per fortuna oggi possiamo basarci per cercare di capire quale soluzione adottare.
Martedì scorso c'è stato l'incontro con Sindaci e con forze ambientaliste quindi qualche giorno fa quando questa bozza era già stata approvata dalla Giunta. Questo secondo me è il rimprovero che va fatto all'Assessore: di essere andata in fretta in Giunta senza avere sentito malgrado tutti i dibattiti svoltisi in questo Consiglio, l'urgenza e l'indispensabilità di sentire chi ha idee concrete e giuste da proporre all'Assessore per non farla poi trovare in questa imbarazzante situazione in cui un Gruppo consiliare che fa parte della maggioranza le dice in sostanza che ha sbagliato tutto e che si torna in Commissione. Questo è uno dei rimproveri da fare all'Assessore.
Questo piano è nato male perché questa bozza non prevede ruoli, è un piano ligure, anche se noi studiando la carta geografica sappiamo che la fabbrica inquinante è in Liguria ma chi ha tratto danno dall'inquinamento è in piccola parte la Liguria rispetto invece ai paesi in Piemonte.
Sono state fatte affermazioni sul tipo di inquinamento (idrico e atmosferico) ma non è stata fatta nessuna valutazione sul danno economico sociale che tutte le popolazioni hanno avuto da almeno cinquant'anni a questa parte e che hanno visto un'economia compromessa fortemente e terribilmente inquinata e quindi il piano di risanamento non è stato studiato come occasione di rilancio globale dell'economia della zona.
Ricordo quando si era discusso in quest'aula il mio ordine del giorno sull'ACNA di Cengio del 26 novembre 1987 nel quale si invitava a prevedere la chiusura dello stabilimento. Questa richiesta fu superata da una richiesta del Partito comunista che preoccupato di salvaguardare i posti di lavoro aveva chiesto di non dare questa possibilità come concreta.
A questo punto (mi fa piacere sentirlo riconoscere dal Gruppo comunista) credo che questa possibilità vada detta chiaramente perché non si può giustificare un posto di lavoro di fronte ad un inquinamento che causa non soltanto danni sociologico-ambientali ma anche vitali.
In questo ordine del giorno proposto dalla Lista Verde Civica sono introdotti criteri che ho visto anche negli altri ordini del giorno e credo che sarebbe facilissimo a questo punto unificarli (l'unico forse non unificabile è quello democristiano). Ci sono problemi (ne parlava prima il collega Majorino), è un piano confuso perché da questo piano non si capisce, c'è questa possibilità che la ditta che preparerà un piano di bonifica dovrà essere la stessa a provvedere alla sua realizzazione. Per non ripetere cose già dette da altri credo sia abbastanza poco conosciuto (ma ne ha fatto cenno l'Assessore) che alcune voci insistenti e circolanti in maniera pesante parlano di due Gruppi: l'Ansaldo e il gruppo Donegani.
L'Ansaldo è un'azienda parastatale ma è legata da sempre alla Montedison del gruppo Donegani non conosco la composizione societaria ma si dice molto vicino alla Montedison che addirittura controlla parte degli azionisti, mi chiedo con quale...



(Interruzioni)



PEZZANA Angelo

Ci sono poi sempre sfumature perché a livello di grande capitale si riesce sempre... Un po' come i bilanci delle UU.SS.SS.LL.: uno li guarda e non riesce mai a capire come mai si spendono tanti soldi, come si spendono.
Quindi falsificare bilanci o comunque presentarli veri ma incomprensibili è la cosa più facile di questo mondo. Pensare che due di queste aziende che vengono nominate con insistenza debbano essere quelle che preparano il piano e poi provvedono alla sua realizzazione mi sembrerebbe una cosa scandalosa e intollerabile da parte di questo Consiglio che, bontà della Giunta, viene oggi investito di capacità di parole di potersi esprimere malgrado la Giunta stessa abbia già firmato il protocollo.
Chiediamo anche che la presenza dell'Università non sia soltanto formale ma sia sostanziale per avere una credibilità che non ci può venire da aziende o da ditte per esperte che siano ma che prepareranno dei piani e poi magari essere loro stesse oggetto di attuazione. Chiediamo che l'Università di Torino, il Politecnico e anche l'Istituto dei tumori di Genova, citato prima anche dal collega Ala, abbiano una presenza specifica coordinata in questa soluzione. E poi, e con questo termino perché non voglio ripetere concetti già espressi da tanti, chiedo a me e ai colleghi di questo Consiglio come si sentano di fronte a ordini del giorno che vengono approvati non a maggioranza ma all'unanimità come quello del 26 novembre scorso, in cui si chiedeva esplicitamente l'intervento della Protezione Civile, intervento che non è mai stato effettuato. Cari colleghi, e mi rivolgo soprattutto a quelli della parte comunista, è giusto protestare, chiedersi come mai oggi avvengano queste procedure per lo meno ambigue, sicuramente non chiare, ma nel momento in cui questa fabbrica esiste ed esiste da cent'anni e ha continuato ad inquinare, cosa risaputa da tutti anche nel momento in cui per dieci anni siete stati voi al governo di questa Regione, credo che sia totalmente ingeneroso impallinare più o meno gentilmente l'attuale Assessore, ma chiedergli invece se avrà il coraggio, la capacità penso che l'avrà sicuramente, di ascoltare quelle critiche in positivo, quindi progettualmente concrete che le vengono da quei gruppi di opposizione, ma anche non di opposizione per arrivare ad una soluzione finalmente, quindi senza rinviarla a prossime maggioranze, a prossime Giunte regionali che magari si troveranno gli stessi problemi come noi ci siamo ritrovati in questa legislatura, un problema quindi insoluto per cattiva volontà anche da parte di chi ci ha preceduto, ma non soltanto quella del decennio trascorso, anche dei decenni precedenti, ma se un merito le verrà attribuito cara Assessore secondo me sarà solo quello che le deriverà dall'aver saputo ascoltare gli interventi di oggi e poterne trarre quelle parti propositive che le vengono suggerite.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, signori Consiglieri, mi riallaccio subito alle conclusioni che faceva il Consigliere Pezzana, io credo che senz'altro la collega e la compagna Cernetti, alla quale va tutto l'apprezzamento e la solidarietà del Gruppo socialista per il lavoro che ha fatto, non mancherà di tenere presente l'andamento di questo dibattito sia perché ella è sempre stata sensibile a questi problemi, sia perché ha seguito con grande partecipazione e con grande attenzione un dibattito che mi sembra debba essere collocato nei momenti più alti della discussione che fa il nostro Consiglio regionale e allora dico un plauso alla collega e compagna Cernetti. Un plauso per aver accolto la richiesta dei Capigruppo di portare in Consiglio la comunicazione e di aver aperto con questa comunicazione che si è mantenuta nei termini di una informazione molto concreta, avrebbe potuto anche collocarla all'interno di un quadro più ampio, magari usando parole ridondanti, ma nella sostanza comunque non potevamo non scorgere le cose che poi sono state messe in evidenza nella comunicazione, intorno ad un problema che per la rilevanza delle proposte che si presentano finalmente per la prima volta all'attenzione del Consiglio regionale e delle nostre popolazioni coinvolte da una grossa svolta nella politica ambientale impressa dal Ministro socialista Ruffolo. Io credo di doverlo dire e rivendicare questa caratterizzazione.



STAGLIANO' Gregorio Igor

E' un'autocritica da quando eri Presidente della Provincia di Alessandria.



ROSSA Angelo

No, non è affatto, io dico che si è prodotta una situazione completamente nuova rispetto alle situazioni preesistenti. Tutto sommato mi sembrava che gli atti che si sono andati a compiere in questi mesi, che si stanno compiendo in questi giorni potessero anche fare agio in una certa misura rispetto anche ai giusti e legittimi problemi che sono quelli del coinvolgimento più ampio possibile della partecipazione. C'è stata giustamente da parte di tutti una sottolineatura di alcuni aspetti di collegamento che sembrano mancare nel rapporto tra la convenzione e la partecipazione e voglio dire che si è aperto, si è sviluppato questo dibattito al quale partecipiamo e per il quale anche noi abbiamo annunciato e presenteremo un ordine del giorno perché anche noi riteniamo che a questo punto sia opportuno andare a confrontarci con delle posizioni precise.
Ho voluto fare questa sottolineatura perché, per chi ha partecipato come abbiamo partecipato un po' tutti qui dentro, non da ora, ma da molto tempo, alle lotte delle popolazioni sempre andate deluse perché queste lotte per una serie di ragioni non riuscivano ad entrare in sintonia con quella che era addirittura una questione culturale e voi capite che quando ci si trova di fronte a degli atti concreti, a delle decisioni, a qualche cosa del quale si aspettava da molto tempo e che non è mai venuto ma anzi venivano le sentenze contrarie, è vero o no? Sentenze contrarie: "hanno torto le popolazioni" che denunciavano uno stato di degrado inarrestabile e avevano ragione altri. La fabbrica allora era per tante ragioni il centro del potere, era una specie di "uber alles" sulla società e la società per varie ragioni ha coinvolto un po' tutti anche le forze della sinistra, le quali hanno dovuto sempre tenere conto e credo forse ne dovranno tenere conto ancor oggi benché oggi la situazione sia completamente diversa.
Allora io dico, rispetto a ciò che si sta facendo, lo considero una grossa svolta di carattere culturale; il merito è di una società che si è andata evolvendo, una cultura che è cresciuta e delle conseguenze che ci sono state: da una parte abbiamo avuto il degrado nel quale continuiamo a tenere gli occhi chiusi e rischiamo di compromettere irrimediabilmente tutto l'ambiente; dall'altra abbiamo avvertito la necessità che una società che vuole svilupparsi ulteriormente non può realizzare le sue motivazioni economiche e sociali, la sua ulteriore espansione, combinata con il rispetto dell'ambiente. Voglio dire che ci sono stati questi due elementi.
Devo riconoscere e lo dico qui perché è la prima volta, mi perdonino anche i colleghi a livello nazionale delle forze politiche che compongono il Governo, è la prima volta che sul piano dell'ambiente si registra questa grossa svolta, un qualche cosa di concreto: Ruffolo è stato, a dicembre del 1987, in queste zone, ad Acqui dove abbiamo fatto un Convegno e lì abbiamo tratto le prime conclusioni di atti concreti, non atti che rimandano ad un dopo, che anticipano e pongono delle scadenze brevissime, se ragioniamo in termini di tempi lunghi come quelli che abbiamo attraversato, tant'è vero che nel prossimo mese di luglio abbiamo il piano di risanamento. Quindi si è lavorato, la Regione e il suo Assessorato stanno lavorando per poter dare il segnale dell'attenzione e della prontezza. Certo che quando ci si trova di fronte a queste cose lo spettro su cui si lavora non è sufficientemente ampio, perché nessuno ha il potere dell'ubiquità o la scienza infusa nella testa, si può lasciare in ombra qualche aspetto che potrebbe essere recuperato. Le forme per il recupero sono molte e noi socialisti non abbiamo alcuna difficoltà, siamo sempre stati tra coloro che hanno inteso ribadire il rapporto diretto tra il governo della Regione e la collaborazione con gli Enti locali. Credo che questo discorso debba essere sottolineato ulteriormente e possa trovare una sistemazione giusta. Il collega Bruciamacchie ricordando alcune cose fatte attorno ai problemi del nucleare, diceva che abbiamo sempre tenuto vivo questo rapporto, io penso di poter dire alla gente, ai sindaci che c'è questa nostra disponibilità troveremo le forme giuste attraverso i momenti del rapporto tra locale informazione e Regione oppure nella rappresentanza di una presenza a livello di decisioni sia compresa. Non credo che vi siano difficoltà da parte di chicchessia quando si rappresentano questi problemi a chiudere la porta in faccia alle popolazioni; le popolazioni sono sempre state ascoltate e hanno sempre trovato negli organismi democratici in questo paese che ha rafforzato le sue motivazioni democratiche l'attenzione dovuta, forse ci sono alcune cose che dovranno essere ulteriormente sviluppate, parlo per analogia del problema delle discariche per le quali non è soltanto possibile raccogliere le motivazioni contrarie, occorrerà da parte di tutti, che si trovi la motivazione giusta, perché nel momento in cui malleviamo, salvaguardiamo, facciamo alcune cose che possono andare bene per una popolazione continuiamo a far girare per aria come satelliti le sostanze tossiche e nocive che da qualche parte qualche criminale cerca poi di nascondere in una direzione o nell'altra.
Quindi cosa si può fare? La volontà nostra è quella di essere in rapporto continuo e diretto con i problemi della gente. A questo punto bisognerà vedere quali possono essere le forme. Per quanto riguarda gli Atenei credo si possa rappresentare l'esigenza di una presenza di alto livello che possa coinvolgere gli Atenei della Regione Piemonte e quelli della Liguria. Come credo si possa rappresentare il problema della presenza delle popolazioni locali. Per ora non sono in grado di dire le forme e individuare gli ostacoli che ci possono essere, per esperienza so che molti ostacoli che si presentano a prima vista, poi nel dibattito e nella discussione anche i più alti livelli sono superabili nella misura in cui tutti, partendo dal principio di realizzare un determinato obiettivo lo si possa realizzare in maniera celere e migliore possibile. Nel nostro ordine del giorno c'è un aspetto che nasce dall'arricchimento che il dibattito ha sviluppato sulla comunicazione dell'Assessore Cernetti e che consente o dà alla Giunta e all'Assessore competente il mandato di rappresentare questi problemi; riqualifica ulteriormente il ruolo di questa Regione a livello di una politica più generale. Una politica nella quale noi vogliamo fare tutti gli sforzi necessari per quanto riguarda il Piemonte e concorrere, come Regione Piemonte, agli sforzi che verranno fatti a livello nazionale e che Ruffolo cerca di mandare avanti. Siamo all'inizio, però se noi sviluppiamo così questa iniziativa in modo concreto, cominciamo a fare un buon 50% di opera positiva, il resto lo faremo. Ritengo finalmente possa incominciare una nuova fase: una fase nella quale il primato della società, il primato della gente cominci a riemergere dopo cento anni di lotte, di denunce e di degrado. E' qualche cosa che ci coinvolge a livello culturale e politico l'impegno del risanamento del Bormida si collega con il grosso sforzo che stiamo compiendo, come partito socialista, a livello nazionale con il progetto Po 2000; questo progetto è molto vasto e sta seguendo la stessa procedura del rapporto che abbiamo per il Bormida per cominciare un'opera di risanamento dell'area della Val Padana, grossa opera di risanamento che comprende pure recupero, navigabilità, energia, turismo, quindi risanamento di una serie di cose per le quali questa società è matura, vuol dire anche le cose che riusciremo a fare anche nella Valle Bormida. Perché non è possibile parlare di una società nuova, di un terziario avanzato o di qualche cosa di diverso se poi restano i vecchi e antichi problemi che marciscono sempre di più. Siccome riteniamo che la zona della Valle Bormida possa essere disinquinata e riutilizzata a fini di rilancio di un grande comprensorio di nuove attività (dal turismo ad altre attività), riteniamo anche che si debba cominciare e fare presto e bene.
Resta il problema dell'ACNA. Ne abbiamo parlato anche ad Acqui, che per me non è affatto marginale; in una società che sta realizzando la sua ricchezza attraverso l'introduzione di nuove tecnologie è necessario che si vada immediatamente a vedere il tipo di produzione e le conseguenze che questa produzione ha sulla società, per valutare se non sia il caso di giungere anche ad una sospensione, come diceva l'amico Ala, cautelativa.
Non ritengo che vada in crisi l'economia della nazione se a un certo punto si giunge a dire, e quello che si dice va detto ovunque e dappertutto e lo si dice anche ai lavoratori, che il tipo di produzione, come mi hanno spiegato da molto tempo, è un tipo di produzione che addirittura viene fatto da industrie che nel mondo sembra siano soltanto due o tre e in parte sono nel Terzo Mondo. Allora è chiaro che per questo Paese, che vanta il primato di essere la quinta o la sesta nazione più industrializzata del mondo, è venuto il momento di cominciare a vedere se c'è una tecnologia capace di imbrigliare un tipo di produzione come quella che sta degradando tutta l'area del fiume; se non c'è, se non abbiamo alternative, così come si è fatto per il nucleare, si può fare tranquillamente anche per l'ACNA di Cengio. Voglio essere estremamente chiaro, perché è la chiarezza che ci consente di affrontare i problemi e chiarirli fino in fondo. Quindi questa opera di risanamento deve avere a monte anche questo problema. Non mi preoccupa tanto il fatto che nella convenzione, rispetto al Decreto del Ministro non si legge l'ACNA di Cengio, rispetto alle cose dette a monte non mi preoccupa tanto quello che c'è scritto o non c'è scritto.



(Commenti dalle tribune)



PRESIDENTE

Il pubblico deve mantenere il contegno che il Regolamento richiede.



ROSSA Angelo

Voglio portare nel mio discorso quel tanto di concretezza, se ci riesco, e anche di buon senso nel fare le cose.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Hai detto l'opposto di quello che dice il tuo collega nella provincia di...



ROSSA Angelo

Non so cosa dice. Io sono investito della responsabilità di Capogruppo socialista in questa Regione e finché sono investito parlo a nome di questo Gruppo, il quale fino adesso non ha manifestato posizioni contrarie. E naturalmente parlo anche a nome del Partito. Qualche volta si è filosofeggiato sull'autonomia dei Gruppi e del Gruppo. Non ho avuto bisogno di spendere troppe parole per dimostrare che il Gruppo è autonomo. Ha la sua autonomia, ce l'ha nel concepire la stessa vita democratica del Partito. Queste sono le posizioni che noi portiamo qui. Sono posizioni responsabili, non sono le posizioni che in una sede dicono una cosa e in sede diversa dicono il contrario. Sono le posizioni che sosteniamo qui come sosterrei all'Acna di Cengio. Io credo che siccome sono posizioni ragionevoli, che sono quelle cioè per le quali se questa società spende decine di miliardi, a carico della collettività non si può spendere decine di miliardi senza tenere presente l'origine di questo bubbone che ha in qualche misura degradato la zona. Bisogna pure affrontarle e se questo è un bubbone che non trova altre vie d'uscita e non trova altra soluzione...



(Interruzione)



ROSSA Angelo

Anche per gli dei viene il momento della caduta, la società è forte, la democrazia si sta rafforzando, se noi faremo quelle riforme istituzionali opportune viene il momento della caduta degli dei, nella misura in cui mandiamo avanti le cose nel loro complesso.
Presidente, vorrei concludere dicendo un'altra cosa. Forse da questo punto di vista forse sarà opportuno anche realizzare una forma di consorzio, un qualcosa che sia uno strumento capace di gestire, diciamo un referente giuridico. Noi siamo gente che viviamo qui nella Regione ma anche nella società e rispetto a questo problema più volte si è cercato di fare, c'era l'amico Balza Presidente dell'USSL di Acqui che è buon testimone di iniziative di questo genere nella provincia e nelle altre province interessate al problema del consorzio, ma più volte abbiamo incontrato molte difficoltà. Io ad esempio credo sia il momento di cominciare a vedere come mettere insieme, non è più soltanto il momento della giusta denuncia, questo è il momento dell'azione operativa, delle cose da fare, è il momento delle cose concrete. Le cose concrete sono fare un consorzio, mettere insieme, trovare il capofila, individuare la sede giusta, cercare di stabilire dei rapporti con gli enti che insieme con il consorzio, con le popolazioni, con i Comuni, con le Province intendono lavorare in questa direzione e in primo luogo il governo della Regione è pienamente disponibile. Sono convinto che se queste cose le vediamo con concretezza non abbiamo più bisogno di andare ad ulteriori rinvii. C'è bisogno di vedere concretamente come andare a mettere insieme gli aspetti che sono emersi oggi, che penso Assessore Cernetti, non risulteranno così insormontabili e se poi lo risultassero vuol dire che siamo sempre della gente pronta a ragionare sulle cose da fare, non risulteranno insormontabili e per recuperare quelle parti che sono per me parti importanti e che non ci debbono far velo nel vedere le parti complessive che sono gli atti da compiere da qui ai prossimi giorni alle prossime settimane al livello nazionale e al livello regionale con i rapporti che vanno tenuti con le popolazioni, le loro rappresentanze e le loro articolazioni locali.
Intanto annuncio, come è già stato detto, che il Gruppo socialista presenta questo ordine del giorno e mi auguro proprio perché in fondo ci sono questi aspetti che sono emersi dalle varie posizioni che si possa realizzare, come abbiamo già realizzato nel novembre scorso, quell'intesa unitaria che consente di dare la forza necessaria a un impegno della Regione, all'Assessore, al Consiglio, in nome di ragioni fondamentali come quelle per le quali abbiamo discusso e in nome di un ruolo che noi vogliamo recuperare anche alla Regione Piemonte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, prendo la parole per una mozione d'ordine relativa al modo di procedere. Sono le ore 17,40 e credo non solo per il mio Gruppo ma anche per gli altri, ci siano degli impegni verso i propri Consiglieri nel capire dove si approda. Mi pare siano ormai giacenti più ordini del giorno. Vorrei capire, se naturalmente gli interventi verranno svolti, se dopo questi interventi e l'eventuale replica dell'Assessore, sia prevista una fase di verifica dei vari ordini del giorno alcuni dei quali sono molto puntuali, addirittura emendativi del testo, oppure no, e se è prevista una fase del genere mi chiedo se sia possibile svolgerla adesso. Questa è una questione non da poco.



VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

Infatti una prospettiva in quel senso andrà probabilmente fra i Gruppi a maturare.
Volevo solo ultimare gli interventi su una questione così importante che merita un terreno comune che non può svolgersi alla fine della seduta in base agli ordini del giorno che sono stati presentati e che debbono essere poi esaminati, semmai correlati laddove sarà possibile, molti ordini del giorno che hanno molte parti comuni e quindi vi sarà probabilmente una proposta di un ritorno in qualche fase in cui sia possibile questo confronto e poi un ritorno. La proposta fatta dal Consigliere Bontempi potrà forse raccogliere molti consensi.
Do pertanto la parola al Consigliere Bresso.



BRESSO Mercedes

Credo che con un po' di buona volontà da parte mia e del Consigliere Marchini potremo definire abbastanza presto.
Sembra che da questo dibattito, emergano una serie di cose molto strane, una specie di accusa alle opposizioni, ma in questo caso neanche sulle opposizioni perché non sono venute solo critiche dalle opposizioni alla proposta del protocollo d'intesa basate su due difese d'ufficio, fatte essenzialmente dai compagni socialisti per l'azione del Ministro Ruffolo e dall'altra della necessità di fare in fretta.
Credo innanzitutto sia giusto riconoscere un notevole attivismo al Ministro Ruffolo e anche una notevole intelligenza nel muoversi, la Regione non può esimersi (in questo caso la Regione Piemonte a cui compete affrontare la serie di problemi più specifici, più tecnici di questa gestione del protocollo d'intesa) dall'essere lei intelligente e quindi collaboratore efficace di un Ministro certamente intelligente che vuol fare le cose. Non possiamo pretendere che l'impostazione corretta di tutto il protocollo d'intesa debba necessariamente venire dal Ministero. Possiamo decidere di accettare supinamente qualunque cosa il Ministero proponga, ma in questo caso il rapporto fra l'Ente Regione Piemonte e il Ministero, sarà un rapporto non intelligente e sarà un rapporto che non farà in nessun modo del bene neanche alla politica e ai successi del Ministro Ruffolo che molti si preoccupano qui di proteggere e difendere.
Credo si debba aiutare questa prima partenza dei progetti sulle aree a rischio a non diventare un caso tragico all'italiana di pessima gestione di fondi pubblici. Sono stati stanziati a livello governativo dei fondi per intervenire sulle aree a rischio. Ciò non significa - e non è stato detto che dobbiamo andare a buttare via dei fondi nelle aree a rischio. Invece mi pare che il rischio vero di tutta questa vicenda sia proprio quello di agitarsi per andare ad intervenire in modo che poi non necessariamente produce i risultati voluti.
Nel caso della Val Bormida abbiamo un problema da affrontare che riguarda in generale tutto il problema dell'industria chimica in Italia, in particolare di industria chimica di base fortemente inquinante e lo dobbiamo affrontare in maniera esemplare. Per cui il progetto deve essere un progetto che affronti i due corni del dilemma: il dilemma del rapporto fra una industria e un'area e il dilemma della bonifica dei danni passati.
In realtà su entrambe queste cose il livello delle conoscenze, non solo italiane, ma anche internazionali è molto basso, cioè non siamo di fronte ad una situazione su cui basta stanziare dei soldi. Per questo il testo del protocollo d'intesa e poi quello che concretamente si farà è molto importante perché non si tratta di dire "stabiliamo in un protocollo di investire 40 miliardi perché sappiamo già in realtà che cosa bisogna fare".
Ci sono casi in cui, si tratta di costruire un depuratore, si tratta di fare un progetto decente ma a fronte di un problema che è conosciuto.
Credo che l'intelligenza dell'Ente, che ha nella propria area, l'ACNA e la Val Bormida, dovrebbe essere quella di condurre l'Assessore in questa sede a incominciare a dirci che cosa significa questo progetto di bonifica perché se è vero che dieci dopo la firma del protocollo le Regioni dovrebbero essere in grado di segnalare i nominativi di società di ingegneria e/o imprese che rispondano ai requisiti di cui sopra, cioè che siano in grado di fare tutto il progetto di bonifica dell'area, vuol dire che dobbiamo già oggi sapere su che linea si muoverà il risanamento dell'ACNA e la bonifica. Queste erano le cose che mi aspettavo di sentire dall'Assessore Cernetti e che mi aspetto che l'Assessore sia in grado di dire al Ministro (non è certamente il Ministro che deve dire all'Assessore Cernetti che cosa si deve andare a fare nella Val Bormida), ma se vogliamo essere organo di governo dobbiamo avere una idea di che cosa significano queste due operazioni e quindi chi potremo segnalare per andare a intervenire, quali sono le competenze nella nostra Regione, una delle più avanzate del Paese, o, se riteniamo che non esistano qui e all'estero, a chi intendiamo segnalare per compiere questa operazione. E' importantissimo separare chi fa il progetto da chi lo realizza, ma ho l'impressione che qui non abbiamo ancora la minima idea di che cosa chiediamo; non si è mai visto il committente che dice: "fammi qualcosa", ma a chi? Sappiamo benissimo che dietro ci sono degli interessi che c'è già qualcuno pronto a fare qualcosa ma non sappiamo che cosa esattamente chiediamo e che cosa vogliamo.
Faccio alcuni rapidi esempi. Ho provato ad informarmi per capire, per esempio, che cosa vuol dire bonifica. Sono preoccupata che se ci sono 40 miliardi o più da investire ci sia sempre qualcuno disposto a provare a spese del denaro pubblico a buttare via 40 miliardi, allora ho provato a chiedere ad alcuni esperti, che volendo posso anche segnalare all'Assessore, cosa significa bonifica perché tutti dicono: "bisogna portare via i fanghi dal fondo del fiume", e mi sono posta il problema dove vengono depositati i fanghi che si portano via, per esempio dal fondo del fiume e dall'insieme della valle. Il problema è che non possiamo certo portali via per metterli da un'altra parte. Non abbiamo nessuna discarica attiva per rifiuti tossici e nocivi; sappiamo cosa succede dei bidoni che vengono tolti dalle aree di discarica selvaggia e quindi che cosa ne facciamo.
Pare esistano alcune tecnologie di vera bonifica (bonifica vuol dire riuscire a restituire a quei terreni se si tolgono dal luogo in cui si trovano, riuscire a ritrasformarli in sostanze non pericolose e quindi di nuovo ricollocabili dove erano nel terreno o nel fiume, in questo caso ricollocabili nel terreno. Sono tecnologie molto complesse e che non sono necessariamente fattibili sempre. Sono state realizzate per esempio per i fanghi dell'industria cartaria che erano stati depositati sul terreno certamente non ci sono esperienze conosciute nel caso di fanghi di questo tipo di industria.
Il problema a me non pare tanto che la Regione si preoccupi di essere pronta di qui a giugno, ma si preoccupi di verificare davvero se nella Regione (o fuori) esistono le competenze per affrontare questo problema evitando il rischio, veramente gravissimo, di investire i soldi semplicemente per alcuni mesi e forse per alcuni anni per tranquillizzare le popolazioni locali.
In questo senso ritengo inesistenti la comunicazione dell'Assessore e il contributo che la Regione Piemonte si prepara a dare all'avvio concreto di questa operazione. Questo è quello che dovevamo fare. Se queste cose in qualche modo sono state fatte ritengo a maggior ragione ancora più grave che non vengano dette al Consiglio per cui noi siamo qui a chiederci queste cose e poi magari l'Assessore sa già come tutto questo si farà. Queste sono le cose che chiedo in Consiglio e non una burocratica lettura del documento.
Un altro problema molto rilevante che è stato posto anche dal collega Montefalchesi è il problema di chi in generale, non solo per il caso dell'ACNA, deve affrontare i costi del risanamento ambientale. Noi viviamo drammatici giorni di crisi del bilancio dello Stato, di impossibilità di far quadrare i conti dello Stato, e non è pensabile che la collettività possa farsi carico del degrado ambientale passato. Mi rendo conto che non sempre sarà possibile applicare a ritroso il principio "chi inquina paga" ma qui c'è un problema dell'industria chimica nel suo complesso che non possiamo affrontare, questo è un problema che la Regione può porre anche a livello governativo, non lo possiamo affrontare pezzetto a pezzetto, cioè non possiamo andare avanti dichiarando: "area a rischio: Valle Bormida zona di intervento nazionale: Massa Carrara; zona di intervento nazionale: Lambro e Olona"; evito tutti i casi che periodicamente arrivano sulla stampa, o a tutti noi che ci occupiamo di questi problemi, di proposte da inserire tra le aree a rischio altre aree dove ci sono industrie chimiche di questo genere.
Il problema va affrontato a livello complessivo delle industrie chimiche e va affrontato corresponsabilizzando l'intera industria chimica nei processi di risanamento delle aree a degrado forte e concentrato prodotto dalla stessa. Non basta quindi la possibilità di rivalersi sull'ACNA perché classicamente quello che avviene in termini di rivalsa su una sola industria responsabile dell'inquinamento locale è che si ottenga la chiusura e il fallimento della fabbrica stessa; magari nel caso dell'ACNA va anche benissimo, è un modo indiretto per ottenere la chiusura ma non è il modo con cui si può affrontare il problema di tutta la chimica in Italia per cui risanamento complessivo dell'industria chimica che è responsabile di una quota consistente del degrado ambientale concentrato in Italia e poi quello diffuso ci sono tante altre responsabilità, ma anche di quello diffuso è responsabile in maniera diversa, l'industria chimica attraverso i prodotti agricoli, vanno affrontati anche a partire dal caso specifico dell'ACNA. La Regione Piemonte che non è necessariamente un interlocutore subordinato, deve porre il problema dei fondi, ma certamente del modo per rispondere alle domande della popolazione. Non possono essere solo soldi pubblici, non lo devono essere perché non dobbiamo illuderci che siano 40 miliardi in più, sono 40 miliardi che saranno sostitutivi di altri possibili interventi che si sarebbero fatti nella Regione Piemonte. Chi ha avuto per una Regione poi nelle successive distribuzioni non avrà per altre Regioni. Quindi dobbiamo sapere che non sono risorse che vengono dal cielo come una manna e che possiamo considerare aggiuntive, ma tenere conto nell'utilizzo anche altre esigenze aperte, onde non trovare divieti motivati da stanziamenti già avuti per l'ACNA. Questo è un problema che dobbiamo porre nel momento in cui andiamo a firmare il protocollo d'intesa perché altrimenti non facciamo governo su queste cose.
Ci dobbiamo anche porre il problema dell'acquisizione delle competenze che andremo a creare con il progetto di risanamento. Per questo noi pensiamo che se poi si perdono un mese o due in più, che comunque si perderanno perché questa operazione è oggi scientificamente molto complessa e quindi alla fine il progetto se non è una cosa sballata cioè se non è un finto progetto di risanamento, non ci sarà a luglio, togliamocelo dalla testa, ma se c'è, se riusciamo a costruire questo progetto ci dobbiamo porre il problema di acquisire per gli enti strumentali e gli Atenei piemontesi una parte di queste competenze. Nessuno pensa che l'industria privata non debba essere coinvolta in queste operazioni ma credo che la necessità di acquisire le competenze legate a queste prime esperienze che si faranno di bonifica e di decontaminazione delle aree degradate debbano anche essere acquisite da almeno alcuni dei nostri enti strumentali e dei nostri istituti scientifici che hanno competenze che faticosamente abbiamo costruito in questi anni.
Ricordo all'Assessore che il suo Assessorato è titolare di parecchi miliardi di finanziamenti, di ricerca all'Università per analizzare la composizione dei rifiuti e dei fanghi industriali, dopodiché non si capisce perché questi istituti che noi contribuiamo a formare per studiare questi problemi scompaiano dal progetto che dovrebbe essere proprio un progetto su cui possono andare a sperimentare effettivamente le conoscenze di tipo scientifico e di laboratorio che a poco a poco hanno acquisito. Allora quei soldi li abbiamo buttati via, cioè erano solo soldi clientelari, se sono stati dati a gente che non ha acquisito nessuna competenza e se le competenze invece si sono formate, perché scompaiono da questo progetto. Lo stesso vale per l'IPLA che è un ente che sta lavorando (lo sappiamo tutti) sul piano del risanamento dei rifiuti, lavora da anni sul problema dei fanghi in agricoltura, quindi certamente di tale problema è esperta e di nuovo non si capisce perché nel caso degli enti strumentali non c'è il problema della complicazione burocratica per coinvolgerli. Davvero non capisco che tipo di ragionamento culturale e politico è stato fatto su queste cose e non accetto che venga coinvolta la responsabilità del Ministro; è molto grave che noi al Ministro non diamo come contributo niente altro che la copiatura del protocollo. Questo è il problema reale che dobbiamo affrontare.
Un'ultima cosa sull'ACNA. Non sto a ripetere che certamente va separato totalmente il problema del rapporto ACNA-territorio, dal problema delle altre attività produttive con il territorio. Nel caso dell'ACNA credo ci sia un nodo (ce ne sono molti di nodi legati al problema dell'ACNA) ma quello dell'acqua almeno come prima riflessione lo dobbiamo fare perché non possiamo non dare indicazioni su questo progetto. Sono convinta che la soluzione, così come è stata presentata quando siamo andati a visitare l'ACNA, della depurazione anche più spinta ai sensi della legge Merli (spingendo ulteriormente i parametri della legge Merli agli attuali livelli di prelievo e rigetto dell'acqua) non sia trovabile. Credo che un'indicazione da verificare sul piano tecnico-scientifico ma che noi in qualche modo dobbiamo dare da questa sede è quella che se si verifichi la possibilità di mantenere la fabbrica in quel territorio, dico se, perché è tutta da verificare, deve passare attraverso il problema dell'utilizzazione dell'acqua il più possibile a ciclo chiuso. I processi industriali che producono grandi quantità di acque a forte livello di inquinamento non risolvono il problema attraverso la pura depurazione. Lo possono iniziare ad affrontare solo quando lo affrontano riducendo le quantità di acqua prelevata e di acqua rigettata chiudendo sempre di più i cicli dell'acqua.
In Italia in particolare dove l'acqua è scarsa non c'è altra soluzione che consenta di andare nella direzione giusta. Resta il fatto che non sono ancora convinta che fisicamente quel tipo di processo produttivo sia davvero compatibile con il territorio. In molti casi, e per questo dico che va affrontato il problema complessivo dell'industria chimica, ci sono prodotti e processi produttivi che non sono compatibili non con quel territorio, ma con nessun territorio. Dobbiamo anche affrontare la possibilità di rinunciare a processi e prodotti che producono globalmente più danni che benefici.



PRESIDENTE

La parola al collega Mignone che interviene in qualità di Consigliere.



MIGNONE Andrea

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, solo poche considerazioni vista l'ora, e tutte le indicazioni già fornite dal dibattito di oggi pomeriggio. Farò solo poche osservazioni di merito, evitando da un lato i voli pindarici attorno ai destini futuri della Padania, e dall'altro lato introdurre in questo momento un grande dibattito teorico attorno alle metodologie. Non mi soffermerò molto sui destini della Padania, anche perché non ritengo che le soluzioni prospettate attraverso Fondazioni o altre autorità, possano rappresentare una risposta ai problemi, perché in larga parte, non sono altro che una ricopiatura di esperienze degli anni '30, epoca della politica keynesiana, negli Stati Uniti di cui oggi le biblioteche sono piene di riscontri fallimentari di quella esperienza che si tradusse soltanto in una burocratizzazione dei problemi. Dall'altro sono molto stimolanti, gli aspetti teorici, che credo debbano essere tenuti presenti in questo momento, perché, è chiaro che, dalla metodologia dall'approccio che noi diamo a questo problema possono discenderne anche positività di soluzioni o meno. Tuttavia, oggi siamo in un processo avviato e quindi occorre cercare di coniugare gli approfondimenti metodologici con quelle che sono le urgenze di dare entro tempi brevi, risposte rapide alle richieste delle popolazioni da un lato e degli adempimenti derivanti dal decreto ministeriale di riconoscimento di quest'area come area ad elevato rischio ambientale, anche perché se tardiamo ancora un po' ad assumere provvedimenti, quello che in origine poteva essere un atto positivo finisce poi per ritorcersi anche in aspetti soltanto negativi.
Io debbo riconoscere, e dare atto, alla collega Assessore Cernetti, di avere in questo periodo cercato con prontezza e rapidità di dare delle soluzioni agli adempimenti previsti dal Decreto del Ministro Ruffolo. E' evidente che sotto questo profilo, dovendo tenere un rapporto costante e continuo con i livelli ministeriali, non vi è stata forse la possibilità e l'opportunità di un approfondimento più puntuale, più processuale con le comunità locali sui singoli punti, ad esempio sul protocollo d'intesa posto che peraltro si potrebbe anche sostenere che l'approfondimento con le comunità locali debba poi avvenire sui contenuti del piano, sulle metodologie per approcciarsi al piano e che questo potrebbe essere demandato ad una fase successiva. Quindi, voglio dire che vi sono forti ragioni che militano a favore della procedura che noi abbiamo seguito.
Peraltro credo sia anche comprensibile l'atteggiamento degli enti locali in particolare dei piccoli Comuni, i quali insieme alle associazioni locali si sono molte volte sentiti, negli anni passati, un po' isolati rispetto a questa battaglia che ormai va a lustri, neanche più ad anni, ma siamo ormai a delle epoche veramente lunghe, con questi enti locali che molte volte da soli hanno sostenuto queste battaglie trovandosi anche talora oltre il danno anche le beffe. E' chiaro allora che si comprende la necessità di voler essere più partecipi in questo momento, oggi, che si è ottenuto un risultato per larga parte dovuto alle loro sollecitazioni e, torno a ripetere, in particolare dei piccoli Comuni, perché dobbiamo dire che vi è una grande rincorsa dietro questa vicenda, però negli anni passati i grandi Comuni molte volte andavano a rimorchio dei piccoli Comuni quando addirittura non frenavano certe iniziative tipo quella del costituire dei consorzi per il risanamento. Oggi la mancanza di consorzi tra enti locali rappresenta un freno rispetto ad alcune ipotesi che prevedono il graduale trasferimento dei lavoratori attualmente impiegati alla ACNA, ad altra attività attraverso un lavoro di riconversione, o la possibilità di utilizzare disponibilità in loco qualora si fosse dato l'avvio ad un discorso serio di aree attrezzate, di iniziative economiche diversificate rispetto a quella presenza monoindustiale esistente a livello locale. E' evidente che in questo processo la Regione ha dovuto, da un lato, inventare delle procedure amministrative e dall'altro avviare dei progetti per i quali occorre ancora andare a definire i contenuti, sapendo peraltro che questo protocollo d'intesa è un atto che vede tre parti contraenti, e va detto molto chiaramente, probabilmente con interessi non del tutto coincidenti o convergenti, allora è chiaro che la Giunta si è trovata a fare i conti con questo tipo di problematica.
Fatte queste premesse, per procedere sinteticamente rispetto al contenuto specifico della comunicazione, mi pare emergano sostanzialmente due ordini di problemi: la opportunità che nel protocollo di intesa si possa prefigurare che la società, o l'impresa, o il consorzio, o l'ente che elabora il progetto, che predispone il piano, sia poi anche quello che esegue le opere. Su questo vi possono anche essere delle opinioni discordanti, credo che, intanto sia necessaria una dizione che non renda automatica questa cosa. Già una specificazione in questa direzione appare dalla lettura del protocollo d'intesa relativa alla non automaticità fra i due momenti. Comunque se si ritiene opportuno meglio precisarlo, questo potrebbe essere uno degli elementi su cui ragionare. L'altro è il discorso che aleggia in questo dibattito attorno al fatto che questo protocollo d'intesa debba o meno contenere una frase, un'indicazione, un inciso relativo alla sospensione cautelare delle attività dell'ACNA a prescindere dalla predisposizione del piano di risanamento. Anche su questo abbiamo sentito in giornata delle opinioni contrastanti. Come l'Assessore Cernetti sa, perché l'ho espresso anche in Giunta a titolo personale, penso che potrebbe essere esperita questa strada. Anche alla luce della lettura del decreto del Ministro Ruffolo con il quale è stata dichiarata l'area ad elevato rischio ambientale mi limiterò a citare due commi delle premesse che fanno parte integrante del documento, ad un certo punto dice: "considerato che il grave stato di inquinamento del tratto fluviale è dovuto probabilmente in misura importante agli scarichi idrici degli impianti per la produzione degli intermedi per coloranti della società ACNA la quale nel periodo di magra estiva, coincidenti in genere con il periodo luglio, ottobre, deriva in pratica l'intera portata del fiume per uso industriale", questa dichiarazione ha una sua forza e dovrebbe indurre di conseguenza certi atti a livello ministeriale; cito ancora un altro passo: "considerato che tra le molteplici sostanze scaricate dal citato impianto dell'ACNA vi sono numerose sostanze non comprese fra i parametri specifici ed aspecifici di cui alla tabella A)...." quindi mi pare che rispetto a questa vicenda qualche elemento dovrebbero portarlo a tutti noi quando si aleggia questa ipotesi al di là della questione occupazione-ambiente, che credo non debba essere posta in questi termini, ma venire posta in termini strumentali al di là delle valutazioni specifiche. Credo importante chiarire in questo dibattito come intendiamo procedere rispetto ad un provvedimento che è stato approvato e che, come ha ricordato l'Assessore non può essere modificato essendo il frutto di un fatto tra contraenti che debbono sottoscriverlo, ovviamente una modifica dovrebbe essere convenuta fra tutte le parti. Allora se questa è la confermata interpretazione dell'iter, capisco che diventa difficile andare a modificare la delibera dobbiamo quindi trovare uno strumento consiliare o amministrativo, che recepisca talune delle indicazioni emerse da questo dibattito, sulle quali vi sia un sufficiente grado di convergenza. Al di là dell'aspetto della sospensione o non sospensione, come alcuni sono favorevoli e altri contrari, le questioni su cui vi è convergenza sono il coinvolgimento degli Atenei e degli istituti scientifici che rappresentano un supporto per la Regione dal punto di vista scientifico, nel momento in cui si andranno a predisporre le varie fasi del piano e poi il controllo nella sua attuazione, e dall'altro, trovare un meccanismo, un organismo, una sede nella quale gli enti locali abbiano la possibilità e la capacità di intervenire per seguire le varie fasi progettuali e per svolgere un'azione di stimolo e di controllo nella fase di predisposizione del piano e nella fase della sua attuazione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, questo dibattito che ci interessa da molte ore, è stato caratterizzato da alcune novità forti e da alcuni elementi ripetitivi che ci hanno disturbato, come Consiglieri qualche volta anche infastiditi. Gli elementi forti tendono ad avere la precedenza rispetto agli argomenti di fastidio, ma forse è meglio liberarci prima dagli elementi di fastidio, denunciarli, per poi ragionare sugli elementi forti che questo dibattito ha fatto emergere. Mi pare che si debba rifiutare la criminalizzazione che si è voluta fare, o se non la criminalizzazione la minimizzazione del ruolo che la Giunta regionale avrebbe avuto in questa fase. Soprattutto da parte di forze politiche che su questa specifica questione, come ha già detto un altro collega, non erano mai riusciti ad andare al di là delle lamentazioni e delle blaterazioni. Che il collega Chiezzi attacchi così duramente il collega Assessore e quindi la Giunta, sostenendo che si discute sul nulla mentre a dio piacendo qui non si discute più sul nulla, qui si prende atto che si è avviato un processo fino a non molto tempo fa probabilmente insperabile insperabile quando non esisteva il Ministero dell'Ambiente, trovato da Zanone come una stanzetta con una scrivania, due segretarie, due funzionari, senza risorse, senza leggi, senza competenze. Su questo abbiamo lavorato tutti, il risultato finale al quale siamo pervenuti, la Giunta ha fatto la sua parte, il Governo ha fatto la sua, la sensibilità e la cultura della gente, la pressione dell'opinione pubblica e degli enti locali ha determinato un processo che ha avuto uno sbocco irreversibile: quello del riconoscimento nella specificità dell'area e quindi dell'avvio di un progetto speciale. Questo è l'elemento forte di questa discussione rispetto al quale bisogna cercare, colleghi, di fare dei passi in avanti. A questo punto devo dire che il primo argomento forte di questo dibattito, e lo considero un elemento forte il fatto che si sia pervenuti a questi risultati, è quello che è stato introdotto qui dal collega Bruciamacchie.
Il collega ci ha richiamati all'esigenza che la Regione svolga un ruolo al di là della questione specifica e che non colga l'occasione di crescere come istituzione capace di governare dei processi complessi come questi che non si esauriscono nella questione strettamente ambientale, ma che devono essere molto attenti alle problematiche conseguenti e attinenti e quindi, di avere la capacità di formare attorno al progetto specifico di intervento ambientale un più ampio processo e programma di recupero socio economico. Questo è uno scenario e un suggerimento molto costruttivo da parte dell'opposizione che, in qualche misura, indubbiamente mette anche in luce l'incapacità o il ritardo della maggioranza e della Giunta nell'inquadrare la proposta che c'è stata sottoposta. Quindi questo limite della maggioranza e della Giunta mi sembra corretto riconoscerlo, e su questo, lavorare. In effetti, se riteniamo che questa questione giustifichi una scommessa, così come è stato fatto a suo tempo su un oggetto che non tutti condividemmo sulla vicenda nucleare, che se accettiamo una scommessa di andare ad acquisire spazi di legittimazione politica in una materia così complessa probabilmente bisogna anche essere disponibili e agili rispetto agli strumenti che si devono adottare. Gli strumenti che si devono adottare sono emersi con grande chiarezza da parte di tutti e non ci sono assolutamente contrasti di nessuna natura; i contrasti, se ci sono, sono di natura meramente nominalistica e se verranno mantenuti nella stesura del documento finale si rivelano come strumentali. A nostro modo di vedere ci sembra che in uno scenario in cui la Regione decida di svolgere un ruolo di governo sulla specifica questione all'interno di una questione più ampia che recuperi in termini socio-economici e non soltanto ambientali, e in questo c'è anche il destino dell'ACNA, ma in un processo di recupero socio economico non in un processo un po' alla balilla, si ritiene che si possa chiudere un'azienda per affermare un principio all'interno di un processo socio-economico complesso.
In questo scenario, tutte le sollecitazioni che sono venute da parte dell'opposizione ci stanno tutte. Si tratta di capire dove le possiamo collocare e dove è più opportuno collocarle.
Sarebbe un'offesa alla maggioranza e alla Giunta ritenere che la stessa non consideri la necessità assoluta e preminente che il ruolo regionale in questa vicenda non possa non avere il supporto tecnico dell'Università e del Politecnico.
Si tratta di capire non in quale fase, ma con quale tipo di rapporto la Regione dovrà porsi con gli Istituti universitari all'interno del protocollo d'intesa nazionale, all'interno di una convenzione di altra natura che veda soggetti soltanto la Regione Piemonte, l'Università e il Politecnico. Mi pare che non sia questa una questione che ci possa dividere, perché il risultato finale non cambia. La questione fondamentale è che il decisore politico, nella specie la Regione, abbia alle spalle quel tanto di assistenza tecnico-scientifica che lo metta nelle condizioni di proporre, decidere e governare con un supporto tecnico-scientifico adeguato. Ma quale sia poi il ruolo del consulente, se sia l'essere seduto in una stanza o l'essere seduto in un'altra stanza, mi pare questione marginale che deve fare i conti con alcuni limiti di carattere esterno e alcune opportunità di carattere nostro. Quelli di natura esterna sono evidentissimi. Il protocollo che ci è stato sottoposto in esame, ripeto, è novità forte, il fatto che ci sia stato rammostrato, perché io ricordo che non sono passati molti anni da quando protocolli di questa natura venivano comunicati ai Consiglieri attraverso la radio televisione italiana o le fotografie a colori su qualche rotocalco di qualche grande azienda di Stato, tipo la Snam, oppure in bianconero dalla stampa; di alcune convenzioni il Consiglio non è mai stato informato nella terza e nella quarta legislatura.
Andiamo avanti sugli elementi che ci vedono sostanzialmente tutti d'accordo e sui quali ci sembra opportuno lavorare. Assumiamo questo impegno forte in uno scenario ambizioso di avere un ruolo diverso e più ampio di quello che ci viene riconosciuto dal protocollo. Riconosciamo che il protocollo è forse, e questo starà all'Assessore verificarlo, in una qualche misura il meccanismo e il reticolo di ragionamento sul quale si è orientato il Ministero e forse per qualche verso sarà quel tanto rigido che non potrà inglobare alcune delle proposte che sono venute qui. L'importante è che queste proposte abbiano uno sbocco. Il dove, il quando, e il come, è una questione di opportunità di gestione, non è più un problema di ordine politico.
Quindi, indubbiamente il ruolo che l'Università e il Politecnico dovranno avere; indubbiamente è un ruolo che devono avere gli Enti locali come rappresentanti delle istanze ultime dei cittadini delle problematiche più significative; certamente un ruolo devono averlo le Associazioni ambientalistiche che hanno dato voce e, in una qualche misura, spessore a questa problematica.
Il nostro Gruppo concorda sull'esigenza che questi tipi di problematiche trovino una risposta. Non drammatizziamo e non facciamo un crinale di divisione tra di noi, né di contestazione all'Assessore sul come e sul dove questo tipo di esigenze troveranno risposta.
Noi abbiamo predisposto un documentino che non è firmato, perché vuole essere una proposta di ragionamento, che è poi il riassunto di quello che vi ho detto, che in qualche misura invita l'Assessore a verificare se in sede interregionale e nazionale sia possibile modificare opportunamente il protocollo di intesa in modo tale che il massimo di queste esigenze vengano recepite. Qualora questo non fosse possibile, noi non ci scandalizzeremmo più di tanto, ma evidentemente riterremo l'Assessore impegnato a proporci una proposta subordinata, la quale abbia la capacità di dare risposta in sede diverse alla convenzione Regione, Università e Politecnico con la creazione di una sede di consultazione con gli Enti locali e soprattutto con l'avvio di un processo di informazione in senso andata e ritorno con le Associazioni ambientalistiche che diano la possibilità di avviare un processo politicamente e operativamente compiuto.
Mi pare che se non ci sono rigidità di natura strumentale e se non c'è troppa affezione alle forme, il succo di questa vicenda finisca per essere questo. La Regione non può svolgere un ruolo marginale, deve cogliere l'occasione per svolgere un ruolo più ampio di quello che non le venga dalla stessa questione che è sui nostri tavoli, questo ruolo non può non svolgerlo che con l'assistenza significativa e presente dell'Università e del Politecnico, questo ruolo non può svolgerlo evidentemente se non in un rapporto molto stretto con gli Enti locali, questo ruolo evidentemente non è possibile, non avendo un rapporto continuo con le Associazioni ambientalistiche.
Mi pare che il dibattito abbia fatto emergere queste tre esigenze.
Il Governo ha la responsabilità di gestire al meglio queste esigenze che da parte del Consiglio regionale sono emerse. Io dico subito che non sottoscriverò dei documenti che impegnino la Giunta rispetto a questi tipi di obiettivi. Noi cerchiamo di avviare un processo, ci auguriamo che la Giunta possa ottenere il massimo di risultato, il massimo dei livelli che è il protocollo di intesa, ma qualora così non fosse la Giunta non sarà per questo chiamata a rispondere politicamente qui in termini di non rispondenza al dettato del Consiglio qualora questo risultato non sia perseguibile. A noi interessa il risultato finale, un processo di forte impegno della Regione, se mi consentite un po' ambizioso anche della Regione, un po' fuori degli schemi, che sappia coinvolgere le intelligenze piemontesi, la cultura piemontese, la sensibilità dei piemontesi e in particolare gli Enti locali. Il come e il dove fare queste cose è questione che noi rimettiamo alla capacità di governo del governo regionale e naturalmente gli chiediamo che un processo di questo genere individui anche una modalità di rapporto stretto, al di fuori degli schemi usuali con la Commissione competente così come si era fatto nella vicenda nucleare. Non è forse il caso di arrivare alla costituzione di un comitato misto che per sua natura diventa anche difficilmente gestibile, ma ho l'impressione che il Presidente della VII Commissione e l'Assessore competente potranno proporre insieme dopo una serena riflessione su questo alla Commissione e alla Giunta e quindi al Consiglio tutta una metodologia di rapporto che non sia quella all'interno della Commissione formale, magari allargata ai Gruppi che non fanno parte della Commissione stessa che renda questo processo trasparente e praticabile in termini politici e di governo.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cernetti per la replica.



CERNETTI Elettra, Assessore alla tutela ambientale

Ringrazio tutti gli intervenuti, perché da tutti oggi, o in un senso o in un altro, ho imparato qualcosa, che ritengo mi sarà utile in questo specifico caso ed in altri che potranno verificarsi.
Qualche intervento, anche se io capisco benissimo il gioco delle parti non ha mancato di stupirmi, come quando mi si è fatto notare l'importanza di questo intervento di risanamento della Valle Bormida. Da quando sono Assessore su questo ci lavoro e ringrazio il collega Pezzana ed il collega Marchini di avere ricordato che si è ottenuto in pochi mesi quello che non si era ottenuto in trent'anni. Per merito mio: no, per l'amor di Dio! Non voglio rivendicare protagonismi e meriti che sarebbero eccessivi. Ma siccome tutti quanti noi, sappiamo benissimo che in casi di estrema importanza ognuno, come diciamo in gergo, tira giù i suoi santi dal paradiso, io ho cercato di tirare giù il mio, continuando ad andare a Roma con pressioni insistenti, con pressioni continue, che delineavano la gravità di una situazione. Certo non me ne rivendico tutto il merito nemmeno la maggior parte va alla Regione di aver chiesto al Ministero di dichiarare questa zona ad alto rischio, ma in parte indubbiamente quanto meno la mia parte l'ho fatta anch'io. Dopo di che da due mesi sto lavorando per il protocollo d'intesa che non è arrivato dal Ministero, magari così fosse! Avremmo impiegato molto meno tempo, ma è stato al quanto faticosamente, e anche per le distanze, concordato con il Ministero e prima di estenderlo (tanto quanto il funzionario mio principale collaboratore al quale devo un ringraziamento) siamo andati a scuola per oltre un mese alla Regione Lombardia che avendoci preceduto su questo cammino, era in grado anche di darci la sua esperienza, di renderci noti ostacoli che aveva superato e, di conseguenza, di affrettare i tempi e di farci superare gli stessi ostacoli più in fretta.
Abbiamo impiegato due mesi, non abbiamo perso tempo perché ci sono stati anche altri confronti, e questi sì defatiganti, con la Regione Liguria perché questo documento d'intesa doveva essere concordato non solo a livello di Ministero ma anche a livello di Regione Liguria e non è stata una cosa facile, perché quando ben sembrava di aver trovato la formula definitiva qualcosa interveniva, qualche frase veniva cambiata, bisognava ricominciare tutto l'iter di coinvolgimento e di convincimento per le altre parti.
Inoltre mi sono fatta carico dei tempi brevi perché il 31 luglio è vicino. Tutti gli interessati (Comuni, Enti locali, ecc.) sanno che era già stata fissata una riunione di confronto dove doveva essere presente il direttore generale del Ministero, Dott. Silano, ma per sua impossibilità non è stato possibile farla. Ciò non toglie che pur facendomi carico di questi tempi brevi e non aver potuto attivare quegli incontri con gli Enti locali, che pur sarebbero stati necessari, mi sono letta attentamente tutti gli ordini del giorno e le deliberazioni che sono state approvate a livello dei singoli Comuni, a livello dei Comuni della Valle Bormida, i comunicati che sono stati fatti dal Comitato, dalla Associazione per la rinascita della Valle Bormida, addirittura i manifesti che in gran parte sono stati affissi ai muri, questo per avere un raffronto continuo con quelle che erano le popolazioni e ne ho tenuto conto. Oggi ho spiegato, e vorrei essere ben precisa sulla bozza d'intesa Stato Regioni, che non pu contenere molte delle cose che qui sono state richieste, ma io a latere di questa, già da 10 giorni, rendendomi interprete di quanto i Comuni (è la lega importante che costituisce e dà un supporto molto forte a questo movimento di opinione) avevamo proposto, riconosco inopportuna la scelta di non illustrare - la bozza d'intesa Stato - Regioni (di questo darò una specifica lettura e spiegazione).
E' stato inoltre detto che il mio è stato un intervento povero. Vorrei dire che gli interventi ricchi so farli anch'io. Ad Acqui quando intervenni, non come Assessore regionale, ma come iscritta al PSI dissi in maniera libera e senza peli sulla lingua qual era il mio pensiero in modo esatto, in modo meno rispettoso di un tessuto istituzionale, qui invece sono persona di governo, con responsabilità di governo e quindi tesa più ai fatti che alle parole. Ho cercato di produrre fatti, ho cercato di lavorare per questi fatti, ho cercato di portare oggi, quello che è un atto di governo. Perché ho voluto portare qui, questo che è un atto di governo che come dicono alcuni giornali, la Liguria ha fatto invece in gran segreto nell'ambito della Giunta senza darne comunicazione fuori? Ho voluto questo confronto, e questo approfondimento, in Consiglio, anche a rischio Consigliere Pezzana, e non era che non lo avessi valutato il farmi impallinare, proprio perché, il tempo ha impedito quei confronti che sarebbe stati quanto mai utili e che oggi da un dibattito potevano in parte essere recuperati e dei quali se ne terrà conto.
Dal dibattito infatti sono emersi elementi che la Giunta certamente valuterà, che in parte accetterà, anche perché sono quegli elementi che io a latere avevo previsto in uno schema che, come ho già ripetuto, è pronto già da 10 giorni e nel quale ho tenuto conto esattamente e di quanto era emerso dalle varie deliberazioni dei Comuni e da quanto era emerso anche dai colloqui avuti con Gruppi politici ed in gran parte Gruppi di opposizione del Consiglio regionale.
Vorrei ora dare alcune risposte a quanto mi è stato chiesto. Una delle cose che sono state rilevate è che parrebbe non esserci nel protocollo d'intesa distinzione fra chi fa il piano e chi lo realizza. Vorrei porre all'attenzione di tutti che nella premessa al punto 4) è specificato quanto segue: "Con deliberazione del Consiglio dei Ministri del 27 novembre 1987 la Valle Bormida è stata dichiarata area ad elevato rischio di crisi ambientale. Sono stati individuati gli obiettivi per gli interventi e sono state dettate le direttive per la formazione di un piano di risanamento" e non la sua esecuzione. Ma proseguendo ancora all'art. 4 titola: "attività oggetto del piano di risanamento...", quindi sempre del piano e mai dell'esecuzione. Che all'art. 5...



(Interruzione del Consigliere Bontempi)



CERNETTI Elettra, Assessore alla tutela ambientale

Sono assolutamente distinte e risulta da tutto e all'art. 5 si dice: "il Ministro affidi, con apposita convenzione, i compiti tecnici per la predisposizione del piano di progettazione", piano di progettazione che non ha niente a che vedere con l'esecuzione. In ultimo, sempre all'art. 5 punto c), si dice: "capacità di assicurare l'efficienza esecutiva dei progetti predisposti" che significa (la giusta interpretazione l'ha data il collega Tapparo) che questi piani che vanno a predisporre il risanamento non devono essere programmi di larga massima tali e quali che al 31 luglio ci troviamo di fronte a niente perché dobbiamo andare a specificare programmi più precisi, non devono essere progetti di larga massima. Ecco perché questi "piani" devono assicurare l'efficienza, sono i piani che devono essere così nel dettaglio di andare ad assicurare l'efficienza e non sono le società ingegneristiche che andranno a predisporre il piano che devono poi assicurarne completamente in proprio l'esecutività.



(Interruzioni)



CERNETTI Elettra, Assessore alla tutela ambientale

Ho ascoltato inchiodata dalle 10,30 tutti i colleghi solo una volta precisando a Staglianò che lo stavo ad ascoltare; pregherei i colleghi di fare altrettanto. Proseguendo su questo punto per precisare esattamente che la distinzione è contenuta in ogni articolo volevo precisare un'altra cosa al Consigliere Chiezzi, il quale diceva che per quanto riguarda la zona ad alto rischio di Napoli il Consiglio di Stato era intervenuto; vorrei precisare che sempre all'art. 5 c'è scritto che il Ministero affidi con apposita convenzione i compiti tecnici e specifici. Non è questa la convenzione, vero? Questa convenzione tra Stato e Regioni non è certo la stessa con la quale il Ministero affiderà a società.
Questa è un'altra ed apposita convenzione e su questa seconda apposita convenzione fatta a società ingegneristiche come la Fiat Engeneering ed altre, note per essere imprese di ingegnerie e contemporaneamente di costruzioni, il Ministero ha avuto le osservazioni fatte dal Consiglio di Stato a cui il collega Chiezzi accennava. Vennero fatte al committente come è stato per questa apposita convenzione che era quella che affidava assieme a società di progettazione e di costruzioni (ho indicato addirittura i due nomi) questi progetti, non certo in merito a questo tipo di convenzione.
Vorrei inoltre dire che sono perfettamente del parere di chi ha sottolineato (ed uno di questi è stato il Consigliere Staglianò) che non è ammissibile, sarebbe profondamente immorale ed assolutamente inconcepibile che, chi è stato in qualche modo coinvolto nell'inquinamento, sia oggi coinvolto nel disinquinamento.
Vorrei inoltre esprimere ancora alcune considerazioni. Una delle cose che è stata sottolineata è che in questo documento non ha rilievo il nome dell'ACNA di Cengio. In effetti era stato inserito, c'è stato detto con forza (forse noi non ne abbiamo avuto a sufficienza), forse questo dibattito servirà alla Giunta per andare a battere i pugni sul tavolo con qualcuno e ad imporre (e a questo indubbiamente è servito) determinate intuizioni che avevo avuto perché la risposta è stata che questo non è un processo ma è uno studio obiettivo, ché il processo è un'altra cosa, è stato quello innescato a suo tempo su denuncia dei Comuni e nel quale la Regione si è dichiarata parte civile. Ci è stato ripetuto che questo è l'approccio scientifico e deve andare a rimuovere le cause dell'inquinamento senza creare imputati, senza partire con l'imputato pre costituito anche se tutti noi logicamente sappiamo chi è questo imputato e anche se il Comitato tecnico-scientifico composto da Ministero e Regioni logicamente sarà dall'ACNA che partirà perché sarà poi questo Comitato che darà le direttive.
Inoltre vorrei precisare all'art. 3, punto c), dove diciamo la definizione e la tipologia, ecc., dove spieghiamo in che modo interveniamo che è a questo punto che sarà valutato se l'ACNA è compatibile con il territorio, se è compatibile con la salute delle popolazioni, a quali condizioni può eventualmente essere compatibile oppure se la sua produzione vada riconvertita oppure ancora se la sua rilocalizzazione deve necessariamente essere prevista e su questo c'è l'assicurazione che sarà tradotta in legge la direttiva Seveso e l'altra legge sulla rilocalizzazione delle aziende a rischio, ma a mio avviso pone un problema ancora maggiore. Come qualcuno ha detto questo intervento deve costituire un prototipo, un modello anche se non è certo il termine esatto per quelli che saranno gli interventi futuri di bonifica in zona ad alto rischio ambientale, addirittura porrà il problema se certe lavorazioni chimiche sono ancora compatibili con la qualità della vita e con la salute delle popolazioni.
Tutto questo sarà indubbiamente realizzato e portato avanti e mi scuso ma non dovrei nemmeno scusarmi se la forma del protocollo deve essere una forma burocratica, però bisogna anche distinguere tra quella che deve essere necessariamente una forma burocratica (ma l'impegno che sta a monte di questa forma burocratica e se permettete anche la passione che sta a monte di questa forma burocratica) e la sensibilità che certi rischi comportano per la popolazione.
Volevo inoltre dire che sono convinta che questo intervento eccezionale contribuirà senz'altro alla crescita non soltanto dell'istituzione ma ad una crescita collettiva (come sosteneva il collega Ala), ad una crescita di coscienza ambientale, così come una crescita di coscienza ed un salto di cultura ambientale è stato Chernobyl, e volevo inoltre dire (in risposta al collega Staglianò) che certo anche il mio Partito è sensibile, lo ha sempre dimostrato, alla salute dei lavoratori, che è vero lavorano il più delle volte all'interno della fabbrica senza sapere che cosa maneggiano né i rischi che corrono, intento a tutelare la salute delle popolazioni.
Ritengo che questa crescita di cultura sull'ambiente che finalmente si sta verificando ci impedirà di sottostare al ricatto al quale finora siamo stati sottoposti, ricatto molte volte impostoci da un'arroganza di potere che si poneva in questi termini: ricatto economico contro inquinamento sopravvivenza giorno per giorno contro la salute della popolazione. A questo ricatto ritengo che sempre più proprio per la crescita di una coscienza e un salto di cultura in fatto di ambiente, proprio questo ci preserverà. Volevo inoltre adesso rispondere alle proposte che qui sono state fatte e delle quali avevo già tenuto conto che ritengo la Giunta valuterà profondamente anche sulla spinta di quanto qui oggi è emerso e per questo considero questo dibattito di estrema utilità e tutto sommata sono soddisfatta di essermi confrontata con le diverse opinioni dei vari Gruppi ripeto, ognuno mi ha insegnato qualcosa che tornerà a beneficio senz'altro delle popolazioni.
Ci trova perfettamente d'accordo l'inserimento di Atenei e di Università. La remora che avevamo e qualcuno non dica di no, perché sa che nella realtà così avviene e che Regioni con esperienza partite prima di noi in materia ci avevano sottolineato, è l'attivazione in tempi molto lunghi troppo lunghi, perché questo inserimento di Atenei e di Università, ha logicamente valore se parte in contemporanea con il coordinamento tecnico scientifico oppure in altre forme che noi vedremo, ma se si attiverà come di norma avviene nel giro di 5 o 6 mesi logicamente perderà ogni e qualsiasi valore. Ne avevamo tenuto conto a due livelli: come inserimento e questo come proposta diretta al Ministro che andremo a fare perché il protocollo d'intesa non è firmato, andrà alla firma il giorno 12, è una proposta che congiuntamente potremo fare Piemonte e Liguria perché anche dalla Liguria emerge la stessa esigenza, e non è detto che ciò che è proposto dagli uomini non possa essere modificato od inserito, ma se questo per tempi o per qualsiasi altra cosa non fosse possibile, anche se noi riteniamo di sì, lo possiamo prevedere come io qui ho formalizzato nello schema, come un gruppo di esperti a supporto di quel comitato tecnico e scientifico che ha un livello ministeriale e regionale, gli Atenei cioè e il Politecnico nel nostro caso potrebbe fare da supporto a questo Comitato tecnico-scientifico che fa da trait d'union e nello stesso tempo fa da controllo tra quello che è il Ministero dell'Ambiente e le Regioni e quelle che invece sono le società di ingegneria che si incaricheranno della progettazione del piano di risanamento.
Se questo, dicevo, non sarà possibile, e qui a me era parso anche (non so se ho inteso male) da quanto era emerso due giorni fa, in un breve incontro, fra l'altro alquanto a sorpresa e che non avevo convocato io e mi scuso per quei sindaci che ne sono rimasti fuori, dovevano venirmi a parlare 3 sindaci per le cose più diverse, mi sono trovata di fronte ad una cinquantina fra sindaci, presidenti e membri della società di rinascita per la Valle Bormida, è stato comunque anche questo un altro incontro che mi ha insegnato qualcosa, pur se ho interpretato male, perché se non è possibile qui, (mi direte se avrò interpretato male) avevo posto questo gruppo di esperti a supporto del comitato tecnico e scientifico previsto come esperti del Politecnico e degli Atenei di Torino perché mi pareva che sindaci e rappresentanti di enti locali avessero l'esigenza di essere garantiti a livello piemontese nei confronti di interessi che ritenevano differenziati rispetto agli interessi liguri. Ecco perché l'avevo anche previsto questo comitato a supporto, logicamente di questo comitato avrebbero fatto parte i funzionari regionali e gli esperti nostri del Politecnico e dell'Università. Avevo inoltre previsto un comitato di informazione così come mi era pervenuta richiesta dagli Enti locali (un comitato comprendente, e qui ripetevo tale e quale la proposta che mi era venuta senza la pretesa di essere originale perché questo non è certo il caso) composto da 3 sindaci nominati dai 51 Comuni inseriti nell'area, un rappresentante delle 3 Province, uno delle UU.SS.SS.LL., uno della comunità montana, un rappresentante dei movimenti ambientali, i quali dovevano essere coinvolti e costantemente informati in modo da seguire passo a passo tutto il processo e di progettazione prima e di esecuzione poi, logicamente a contatto continuo e strettissimo mediante riunioni periodiche ravvicinate, con questo comitato chiamiamolo di esperti e di tecnici costituito da professori di Atenei e del Politecnico e da funzionari della Regione Piemonte.
Mi pareva con questo di venire incontro a ciò che era possibile accogliere, che non faceva parte del protocollo di intesa che io oggi qui avevo chiesto di venire ad illustrare e avrei voluto che quanto l'Assessorato aveva steso emergesse da questo dibattito. E' emerso in effetti il fatto che anche da questo confronto sia uscita una fondamentale identità di vedute, anche se poi ci sono le sfumature varie nelle quali si differenzia, anche questo dibattito è stato estremamente utile come confronto e come coinvolgimento.
Volevo inoltre dire, anch'io sono d'accordo che accanto a questo piano un altro dovrà essercene e sarà un piano socio-economico per la rinascita della Valle Bormida. Sarà un momento che si svilupperà successivamente a quest'atto, anche se potrà essere contemporaneo al piano di risanamento che partirà, e che in gran parte da questo dipenderà perché saranno espresse delle valutazioni, ad esempio la stessa manodopera impiegata nell'ACNA di Cengio qualora risultasse incompatibile questo tipo di lavorazione con la salute delle popolazioni potrebbe essere riconvertita, questo sì in quello che è la sua bonifica, ma questo piano socio-economico dovrà avere una importanza molto vasta con dei tempi possibili e non con i tempi giugulatori che in qualche modo noi dobbiamo rispettare, e vedrà coinvolti altri Assessorati e non solo l'Assessorato all'ambiente, ma l'Assessorato all'industria, quello al lavoro, ecc.
Io volevo qui porre termine al mio intervento e assicurare tutti per quanto mi è possibile e per quanto sarà fatto dalla Regione Piemonte che faremo in modo con tutto il nostro impegno teso e vigile che questa occasione di risanamento che le popolazioni aspettano da troppo tempo sarà un'occasione che non andrà perduta.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Faccio delle brevissime considerazioni, perché molto è stato detto dalla collega Cernetti. Sono stati coperti nella sua replica taluni vuoti iniziali. La dimensione della vicenda, la tragicità del quadro di dissesto ambientale, direi anche una accresciuta sensibilità sui grandi temi dell'ecologia e dell'inquinamento, il collocarsi delle popolazioni nelle forme diverse, da quelle rappresentative a quelle associative e volontarie davanti ai grandi problemi della sopravvivenza dell'uomo violentato dal suo stesso impatto sull'ambiente, è un collocarsi nuovo davanti ad un problema vecchio, che si trascina da molti anni, e che diversifica, addirittura, il collocarsi della stessa società organizzata e quindi anche della stessa Regione. Certo la società deve pensare agli anticorpi, riflettevo nei giorni scorsi. Lo stesso nostro fiume, per il quale ci ritroveremo fra qualche giorno a Roma per altre determinazioni rivolte al suo salvataggio: il Po, nasce dal Monviso e percorre un tratto che investe circa 15 milioni di abitanti i quali vi scaricano i reflui e arriva alla foce scaricando reflui per una popolazione teorica di 120 milioni di abitanti. Posto da questa angolazione il futuro delle comunità è un futuro che certamente non è molto entusiasmante. Questi aspetti, che ho testé richiamato, ed altri ancora, un nostro costante rifarsi ad un raccordo con questa assemblea sollecitati anche da forze politiche dell'opposizione, abbiamo tentato di rivolgere questo nostro sforzo che può avere avuto delle controindicazioni: quello dell'isolamento, quello che è stato detto e sottolineato, magari tentare di vanificare un momento di collegialità che nella buona e nella cattiva sorte ha visto all'interno della Giunta un serrato confronto su questo argomento. Non mi indulgo al trionfalismo, certo è un fatto nuovo che la comunità organizzata si ponga in termini nuovi davanti a questo problema. La dichiarazione della Valle Bormida, quale area ad alto rischio ambientale, rompe un lungo storico periodo di assenza della comunità organizzata. Non imputo, non stabilisco il tratto di questo arco temporale certamente, come qualcuno ha ricordato, che l'azienda ha molti decenni di vita, forse perché tutti stiamo acquisendo una sensibilità nuova, ma ritengo di dover sottolineare che non stiamo qui oggi a pestare aria fritta, ma stiamo constatando che il potere pubblico è intervenuto su questo argomento nelle diverse forme e nelle diverse espressioni, trovando anche per una diversa collocazione dello stato centrale, questi primi passi, che sta compiendo il Ministero dell'Ambiente. Ripeto che la delibera ha dovuto tenere conto per non poche richieste, del non necessario obbligo né la preclusione, nel rapporto tra chi progetta e chi esegue. Noi abbiamo avuto questo scrupolo che necessariamente si ponevano le condizioni per cui chi progettava era chiamato anche ad eseguire le opere. Abbiamo cercato di approfondire il discorso e ci siamo anche convinti che questo rapporto assolutamente non esiste, quindi non è che chi progetta necessariamente sia chiamato ad eseguire le opere; questo per un motivo di tranquillità di tutti e non solo per l'aria che tira e neppure ci siamo lasciati coinvolgere da altre posizioni per accendere sospetti. Quando alla bozza di protocollo d'intesa che da parte ministeriale ci era stata inviata si stabiliva che le Regioni avrebbero indicato le ditte che erano chiamate ad eseguire le opere. Abbiamo ritenuto di introdurre un altro passaggio: "che le Regioni possono indicare", qui c'è uno scostarsi nostro, davanti a taluni problemi e a talune preoccupazioni. L'altra preoccupazione è quella di non introdurre gessi nelle procedure. La delibera è diventata esecutiva nella giornata di ieri e quindi a tutti gli effetti, e per sollecitazioni continue, che riceviamo dal Ministero centrale, siamo chiamati a procedere sia su questo sia sull'altro aspetto che attiene al risanamento del Po cosicché lunedì 8 febbraio ci troviamo a Ferrara per l'insediamento della conferenza interregionale sul risanamento del Po e venerdì 12 febbraio a Roma siamo chiamati come Regioni a sottoscrivere questo protocollo. Mi ero impegnato con colleghi, espressione di Gruppi di larga rappresentanza entro il Consiglio regionale, a non sottoscrivere il protocollo prima di questo dibattito. Questo è avvenuto regolarmente e se il Ministero non buca in prosieguo ha questa ferma e determinata volontà di portare avanti questo discorso, né vogliamo porci come elemento di blocco per questo tipo di iniziativa. D'altro canto devo correttamente avvertire, e l'ho registrato anche dalla replica dell'Assessore, che non può essere vanificato n ignorato quanto è stato detto in aula nel pomeriggio e quanto è contenuto negli ordini del giorno che sono stati presentati; sono argomenti dove l'aspetto emozionale e quello che attiene a problemi di carattere esistenziale, riesce a stabilire anche posizioni diversificate all'interno di quest'aula tra forze che di per sé dovrebbero essere rese omogenee nel tentativo di dare una risposta al problema. Mi pare che l'Assessore abbia dichiarato la sua attenzione alla presenza dei presidi universitari e del Politecnico così come, e stamattina l'abbiamo ulteriormente registrato nel confronto che c'è stato con le comunità locali e le rappresentanze delle associazioni che sono sorte in luogo. Penso che un loro coinvolgimento non possa essere decisamente trascurato; per cui da parte della Giunta riconfermando la volontà politica di collocarsi e a fianco delle popolazioni e in linea con i settori più avanzati della scienza e della ricerca di questa nostra comunità regionale c'è decisamente la volontà di non trascurare quanto è emerso in questa sede, ma sollecitando ogni tipo di rapporti. Stante il numero degli ordini del giorno che sono stati presentati e comunque entro tempi che stiano al di sotto del giorno 12 entro il quale siamo impegnati a Roma a dover sottoscrivere il protocollo si può con tranquillità stabilire un approfondimento di quanto è avvenuto in aula e di quanto è stato proposto attraverso gli ordini del giorno nella sede che il Consiglio regionale riterrà più opportuna per capire come possiamo perfezionare queste intenzioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Se ho ben capito dalla dichiarazione del Presidente mi pare che la Giunta manifesti la sua disponibilità a partecipare in una sede propria del Consiglio, quindi partecipare in qualche modo ad usufruire di una possibile conclusione, quale essa sia e che non si può anticipare certamente oggi delle proposte emendative o aggiuntive o modificative che i vari ordini del giorno che sono stati proposti hanno arrecato.
Credo che sia un gesto opportuno e per quanto ci riguarda devo dire francamente che non abbiamo mai avuto nessuna intenzione di far scorrere del tempo, tanto è vero - e ce ne darà atto il Presidente Beltrami - che siamo stati ultra tempestivi nel seguire fino a far leva sulla stessa persona del Presidente quando era ammalata l'Assessore signora Cernetti per avere presto un incontro in cui si capisse che cosa era stato deciso e perché questo che era stato già deciso, attraverso i rapporti che l'Assessore Cernetti ha illustrato con il Ministero e con la Regione Liguria, potesse arrivare nella sede del Consiglio. Ci siamo mossi con molta serenità perché i tempi del 31 luglio ci stanno a cuore, sappiamo che si gioca su questa partita una questione molto grossa, quindi non abbiamo assolutamente difficoltà nella sede che verrà stabilita (la sede della Commissione) come un ordine del giorno recitava o una sede politica, a noi vanno bene tutte e due, per riuscire a definire che cosa? Questo è il punto.
Credo che la disponibilità della Giunta debba essere ovviamente la disponibilità a modificare la sua deliberazione o comunque a tener conto di quello che, come indirizzo del Consiglio, emerge per andare a firmare.
Credo che il dato cruciale di questa vicenda sia nel rapporto Giunta Consiglio. Allora noi diciamo che la Giunta ha opportunamente portato dietro sollecitazione anche nostra, in Consiglio l'argomento. Nel momento in cui questo atto viene in Consiglio (e non ricordo qui le ragioni di sistema, le convenzioni come atti di altre amministrazioni che, in alcune modifiche dello Statuto alcuni Gruppi ricordavano essere competenza del Consiglio) è chiaro che si sottopone, come è stato nel dibattito di oggi anche alle conclusioni di indirizzo del Consiglio, quello che è il rapporto di Consiglio (maggioranza e minoranza, oppure, se è possibile, addirittura unanimità). Dico questo perché mi pare essenziale questo punto. So che il tavolo è ancora un tavolo trilaterale con il Ministro e con la Regione Liguria, però mi permetta la collega Cernetti di ricordare che la questione di fondo - che poi è stata oggetto della nostra critica, al di là della presentazione monca, presentazione, ad esempio, non di alternative che ci ha detto alla fine - deriva dal fatto che abbiamo sensazione sgradevole che non sia venuto in mente a nessuno di strutturare questa azione di studio per risanamento attraverso una forte attrezzatura pubblica, di conoscenza di intelligenza attraverso gli istituti a ciò preposti, per riuscire a determinare il corso più garantito possibile dello studio e questo è il punto, non i tempi. Questa è una questione forte che voglio dire concludendo immediatamente, perché gli esempi del Ministero precedente a Ruffolo, è di Napoli, perché, Assessore Cernetti ha ragione, finalmente abbiamo sbloccato e credo che la sua parte certamente l'ha fatta e non ho motivo di non darvene atto, però attenzione, queste cose si stanno sbloccando, però si sta prendendo una strada preoccupante che è quella di Napoli, sono la replica dell'ex Ministro Pavan al Consiglio di Stato secondo me una replica che non sta in piedi e che testimonia come la spinta, questa sì, all'organizzazione del business attorno all'inquinamento può, certo, tentare di intervenire, ma magari non portare molto vicino ai risultati che le comunità e gli enti pubblici si attendono.
In questo senso credo che sia cruciale la battaglia - e lo annuncio qui che dovrà fare la Giunta, se è d'accordo come ha dichiarato, per modificare questa intesa almeno nei suoi punti cruciali.
Ultima cosa. Credo che vada prevista anche una deliberazione che contenga due parti: la prima questione è la convenzione con il Ministero e questo punto centrale di come si attrezza il rapporto trilaterale per lo studio degli Atenei è cruciale. La seconda questione è come attrezziamo i Comuni nell'azione di informazione, controllo, gestione e interlocuzione.
Se questo non è nella convenzione è solo oggetto di una specifica ed apposita deliberazione della Giunta che stanzierà i fondi, attiverà i suoi strumenti, ad esempio la convenzione, ecc. Questo per ricordare che la manovra, tanto per non avere equivoci sui nostri atteggiamenti che dovremmo definire in sede di Commissione, è una manovra che porta a una modifica dell'attuale deliberazione, comunque ad un mandato al Presidente nella firma nel potersi scostare per le modifiche che abbiamo detto; deve recare anche un impegno per quanto riguarda l'attrezzatura locale nel rapporto con gli enti locali.
Se però (e questa è l'ultima richiesta signor Presidente che mi pare corretta) in sede di Commissione le cose non vanno bene sia per noi e per altri e quindi non si apporta su questi punti che sono molto concreti e di snodo le modifiche richieste, credo che vada previsto e che comunque il Consiglio si possa esprimere secondo le sue regole e che quindi gli ordini del giorno, solo qualora superati da una intesa totale o parziale, possano chiudersi con la seduta di martedì. Se questo non avviene deve essere data la possibilità di portare al voto nel Consiglio i nostri indirizzi o quelli degli altri che li hanno espressi. Questo deve essere un impegno che giovedì si può fare perché pare la correttezza lo voglia. Lo preannuncio per dire che non stiamo studiando trabocchetti, devo solo dire che se si raggiunge una intesa nella seduta di lunedì o martedì bene, noi ci riterremo soddisfatti di un passo avanti compiuto e delle disponibilità manifestate. Se questa intesa in tutto o in parte non si manifesterà credo che il Consiglio debba rivendicare a sé e ai suoi Gruppi il diritto di sottoporre ad un voto di indirizzo le posizioni assunte con l'esito che esse poi concretamente possono avere.



PRESIDENTE

Mi pare di cogliere che la proposta sia di una verifica nella sede della VII Commissione delle posizioni che sono state assunte nei vari ordini del giorno che iniziano con quello del Gruppo del PCI che ha dato luogo alla discussione e sono proseguiti con l'ordine del giorno a firma dei Consiglieri Picco ed altri della DC, del PSI, della Lista Verde Civica e del MSI. La proposta del Consigliere Bontempi se ho capito bene dice: "verifichiamo se dalla verifica - d'altronde se devo rilevare dagli argomenti che gli ordini del giorno esprimono, trova alcuni punti in comune nascono delle possibilità di qualche intesa unitaria, allora la Commissione esaurisce il suo compito. Se non dovessero trovare intese unitarie ciascuno si farà votare il proprio ordine del giorno all'interno del Consiglio".
Se il Consiglio non ha niente in contrario il Consigliere Tapparo provvederà in quella direzione, il compito viene rimandato dal Consiglio.
Sui singoli ordini del giorno che verranno votati ognuno assume la sua parte di responsabilità e ognuno ha la sua specificazione rispetto al problema.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,20)



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