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Dettaglio seduta n.117 del 20/01/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


VIGLIONE Aldo



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Proseguiamo l'esame degli argomenti iscritti all'o.d.g. della seduta precedente. Il punto 5) dell'o.d.g.: Esame progetto di legge n. 186 "Integrazioni e modifiche della L.R. 23/8/1982, n. 20 'Indirizzi e normative per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte".
La parola al relatore di maggioranza, Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il presente disegno di legge regionale costituisce sviluppo, integrazione e, ove del caso, modifica della L.R. 23/8/1982, n. 20 ed apre la seconda fase di un processo teso a garantire sia a livello regionale che a livello periferico maggiori e più coerenti possibilità di puntuale risposta ai bisogni espressi dai cittadini.
In particolare intende porre maggiore attenzione alla dinamica delle necessità nelle singole realtà locali non rigidamente vincolata a schemi legislativi, accentuando gli aspetti innovativi più qualificanti della L.R.
20/1982 e favorendo al contempo un processo al quale è garantita ogni forma di partecipazione pluralistica.
In tale ottica, allo scopo di favorire il reale esercizio delle funzioni socio-assistenziali, il disegno di legge regionale: prevede l'istituzione delle piante organiche del servizio socio assistenziale calibrate sulla obiettiva esigenza delle singole zone riconosce l'apporto alla realizzazione del sistema socio assistenziale degli altri soggetti, in particolare la funzione del volontariato nel quadro della L.R. 44/1984 e del movimento cooperativo soprattutto di solidarietà, nelle attività che necessitano di un alto grado di umanizzazione considerando importante, a tale proposito, non tanto gestire le singole strutture, quanto operare in esse.
Gli intendimenti che presiedono al disegno di legge regionale, si pongono anche come ulteriore verifica di una possibile soluzione dei gravi problemi posti dalla vigenti normativa in ordine ai meccanismi di programmazione, ai modelli di rapporto fra Comuni e/o altri soggetti operanti nel campo socio-assistenziale in carenza di una legge quadro di riforma dell'assistenza e della legge sulle autonomie locali.
Si ritiene di poter sviluppare un'unica gestione dei due settori sanità ed assistenza, che per le naturali interconnessioni esistenti non possono essere disgiunti, soprattutto in relazione a quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'8/8/1985 e dalle successive deliberazioni del Consiglio regionale. Questo non significa che alcuni interventi non possono assumere una gestione diversificata, la cui omogeneità territoriale è comunque garantita dalla determinazione dei criteri contenuti nel Piano socio-sanitario regionale e definiti dall'Assemblea dell'Associazione dei Comuni o della Comunità Montana.
Infatti alcuni interventi, più specificamente assistenziali circoscrivibili e contingibili, rappresentano una profonda valenza zonale in quanto sono strettamente collegati alle caratteristiche strutturali delle Comunità locali in cui nascono.
Tale soluzione con carattere diversificato assume un preciso significato nel settore socio-assistenziale e favorisce un più stretto collegamento tra il momento programmatorio e l'operatività reale.
In analogia a quanto previsto da altre Regioni ricordiamo fra tutte in particolare l'Emilia Romagna e la Lombardia si è così consentito, almeno per un certo periodo, alle Unità Socio Sanitarie Locali di individuare, su proposta motivata dei Consigli comunali interessati, quali particolari prestazioni socio-assistenziali, aventi le caratteristiche di cui sopra possano essere ancora erogate dai Comuni singoli.
Il disegno di legge regionale ora in esame ha avuto un'ampia consultazione alla quale hanno partecipato più volte i soggetti pubblici e privati interessati con un apporto di osservazioni delle quali si è tenuto conto nella definizione del testo ora proposto all'assemblea regionale.
Si è così arrivati alla formulazione di 15 articoli che si inseriscono nei titoli così come formulati nella L.R. 20/1982 e di altri tre articoli in cui si disciplina tale inserimento, si convalidano le prestazioni rese dai Comuni singoli successivamente al 31/10/1987, data di scadenza dell'ultima proroga e si sancisce infine l'urgenza delle norme stesse in relazione alle aspettative createsi nel territorio piemontese.
I singoli articoli tendono a sviluppare i concetti sopra enunciati attraverso modifiche e sostituzioni, che di seguito si enunciano.
Art. 1 - in tale articolo si dà risalto a quanto espresso nella relazione introduttiva sul problema riguardante la gestione diversificata degli interventi socio-assistenziali. Inoltre si evidenzia il ruolo programmatorio, di indirizzo e di coordinamento della Regione.
Art. 2 - con la nuova norma si intende dare maggiore rilievo alla partecipazione di altri soggetti, fra i quali assumono un ruolo particolare la cooperazione e il volontariato, alla realizzazione del sistema socio assistenziale. Nello stesso articolo si ribadisce la libertà per tutti i soggetti di svolgere attività assistenziale in conformità all'art. 38 della Costituzione, nel rispetto delle norme e dei principi delle leggi regionali in materia.
Art. 3 - con la sostituzione del primo comma dell'art. 16 della L.R. 20/1982 si intende dare più pregnanza alle garanzie proprie di tutti i cittadini. L'abrogazione dell'ultimo comma dell'articolo stesso è la conseguenza dell'introduzione di un articolo specifico (il successivo 6) che disciplina gli oneri dei servizi socio-assistenziali.
Art. 4 - l'integrazione dell'art. 17 della L.R. 20/1982 risponde alla necessità di dare maggiore duttilità alla norma, consentendo di definire con atto deliberativo del Consiglio regionale gli indirizzi per l'organizzazione e le attività del sistema dei servizi di assistenza sociale.
Art. 5 - alla luce dei problemi evidenziati da diverse UU.SS.SS.LL.
in merito alla ripartizione degli oneri per le prestazioni socio assistenziali si è ritenuto opportuno introdurre un articolo specifico, nel quale, pur facendo necessariamente rinvio alla normativa nazionale in materia di domicilio di soccorso, si sono dettati alcuni chiari principi in proposito.
Artt. 6,7 - le modifiche agli artt. 29 e 30 della L.R. 20/1982 sono la conseguenza dell'introduzione di normativa specifica riguardante la pianta organica. Si è così eliminato dai suddetti articoli ogni riferimento al personale del servizio socio-assistenziale. Si è nel contempo precisato che i beni trasferiti ai Comuni a seguito di estinzione di IPAB mantengono la destinazione a servizi socio-assistenziali e sono messi a disposizione della U.S.S.L. Si precisa altresì che le eventuali previste deroghe tengano comunque conto delle finalità a cui sottendevano le istituzioni estinte.
Artt. 8,9,10 - l'avvio dei servizi socio-assistenziali da parte delle UU.SS.SS.LL. ha trovato un ostacolo non indifferente nella grave carenza di personale da destinarsi ai servizi stessi, carenza dovuta principalmente al fatto che, nella realtà piemontese costituita per lo più da piccoli Comuni, le piante organiche dei Comuni sono molto ridotte e raramente prevedevano personale destinato ai servizi socio-assistenziali e quindi soggetto alla disciplina di cui al precedente testo dell'art. 29 della L.R. 20/1982. Per ovviare a tale situazione che costituiva un grave pregiudizio alla piena attuazione della L.R. 20/1982, si è così introdotta la pianta organica del servizio socio-assistenziale dipendente funzionalmente dalla U.S.S.L. L'adozione della stessa è di competenza dell'Assemblea dell'Associazione dei Comuni o della Comunità montana o del Consiglio comunale di Torino, sulla base di alcuni criteri generali indicati nella legge.
Per il Comune di Torino è prevista un'unica pianta organica con destinazione successiva del personale alle diverse UU.SS.SS.LL. subcomunali al fine di assicurare l'attività socio-assistenziale, il necessario coordinamento a livello cittadino, peraltro previsto dall'art. 4 della L.R.
9/1985.
Alla copertura dei posti si provvede mediante l'inquadramento del personale messo a disposizione dei comuni, dalle province o dalle comunità montane, o di quello destinato prevalentemente o esclusivamente ai servizi socio assistenziali da parte dei comuni stessi oppure attraverso concorsi od infine avvalendosi di personale comandato dagli enti locali, dalle IPAB e dalle Regioni. Al fine di consentire da un lato la definizione della posizione giuridica di personale operante da anni in regime di precariato e di evitare di perdere preziose figure professionali che hanno maturato nel settore un notevole bagaglio di esperienza, è stato altresì predisposto che nei primi concorsi pubblici per la copertura dei posti vacanti venga riservato al predetto personale un numero di posti corrispondente al numero degli operatori che si trovano in possesso di requisiti richiesti dalla legge. Nel nuovo testo normativo vi è inoltre meglio definita la figura del responsabile del servizio socio assistenziale, già prevista dall'art. 10 della legge regionale n. 20/82. Ne vengono individuati i compiti principali ed i requisiti per la copertura del posto, sia a regime che in fase transitoria per garantire la continuità del servizio.
Art. 11. Il comma aggiunto all'art. 30 ter della legge regionale n. 20 ha lo scopo di rendere più pregnante l'obbligatorietà prevista dalla legge stessa anche in attuazione del DPR 616.
Art. 12. Coerentemente con quanto affermato dall'art. 3 del presente disegno di legge regionale, viene introdotto in legge il principio del concorso degli utenti al costo dei servizi.
Art. 13. Modifica il precedente testo dell'art. 36 stabilendo che le UU.SS.SS.LL. su proposta dei consigli comunali possano individuare quali prestazioni definite espressamente nell'assistenza economica, assistenza domiciliare e gestione delle strutture socio assistenziali a carattere residenziale siano erogate dai comuni singoli sino al 30.9.1989. Tale soluzione, conforme a quella adottata nella legislazione più recente dalle altre Regioni, rappresenta una mediazione tra le posizioni assunte nei confronti dell'esercizio delle funzioni socio assistenziali da un lato quella dei fautori dell'autonomia dei comuni dall'altro, quella dei cosiddetti associazionismi. Si è ritenuto che una scelta concertata tra i comuni che sono pur sempre titolari delle funzioni e le unità socio sanitarie locali, strumenti operativi degli stessi, in merito alla gestione di tale attività sia maggiormente idonea alla realizzazione di un sistema dei servizi efficiente ed efficace. Per quanto riguarda il comune di Torino, considerato che siamo attualmente nella fase di avvio delle dieci UU.SS.SS.LL. sub comunali, si è ritenuto più opportuno lasciare al consiglio comunale la valutazione in merito alla gestione delle attività socio assistenziali, prevedendo la possibilità di un esercizio diretto da parte del comune fino al 30.9.1989. In coerenza con una normativa nazionale e con le successive deliberazioni del Consiglio regionale si è tuttavia stabilito che le attività socio assistenziali a rilevanza sanitaria debbono essere esercitate in forma associata attraverso le UU.SS.SS.LL. Si è infine previsto che il passaggio del personale, dei beni e dei finanziamenti occorrenti per l'esercizio delle funzioni in forma associata o a livello sub comunale, avvenga nei 90 giorni successivi ai suddetti termini, onde consentire che il sistema dei servizi non subisca alcun intralcio che si ripercuoterebbe sui cittadini.
Art. 14. La norma tende ad eliminare le perplessità sorte sull'applicabilità dell'art; 7 della L.R. 20/80 a seguito della nota sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 17/7/1981. Al fine di meglio chiarire l'attività di vigilanza svolta in proposito dalla Regione è stato elaborato un nuovo testo delle norme di salvaguardia, che tiene anche conto, rispetto al precedente, della esperienza acquisita in sede di applicazione della predetta L.R. 20/80. E' stato così in parte mitigato l'obbligo di richiedere l'autorizzazione regionale e si è introdotto il principio del silenzio - assenso, sia da parte del Comune e della U.S.S.L.
interpellati per il parere, sia da parte della Regione, con lo scopo di soddisfare da un lato la necessità di esplicare l'attività di vigilanza finalizzata ad evitare un disperdersi di risorse così importanti nel settore senza impedire, d'altro canto, un corretto funzionamento delle istituzioni.
Art. 15. La norma tiene conto degli inconvenienti evidenziati da enti ed istituzioni piemontesi conseguenti al carattere di definitività di una norma transitoria quale quella contenuta nell'art. 12 della L.R. 6.1.78 n.
2. La figura del Commissario unico la cui carica è senza limiti di scadenza, se può avere validità per brevi periodi temporali, contrasta con il principio di partecipazione democratica alla gestione dei servizi pubblici e con la rappresentanza non soltanto degli enti istituzionali ma dell'intera popolazione. Si è così sostituito al Commissario unico un collegio commissariale, nel quale sia rappresentata la minoranza consiliare, nonché, qualora siano evidenziati nello Statuto, degli interessi dell'ente. Tale collegio dura in carica quanto il Consiglio comunale che lo ha eletto e dovrà essere rinominato entro 90 giorni dal rinnovo del Consiglio stesso.
Art. 16. Viene precisato che i termini previsti negli articoli inseriti nel testo della L.R. 20/82 con il presente disegno di legge si riferiscono all'entrata in vigore della legge ora in esame.
Art. 17. Sono convalidate le prestazioni socio assistenziali erogate dai comuni singoli e dal comune di Torino successivamente al 31.10.87, data di scadenza dell'ultima proroga.
Art. 18. E' stata formalizzata la dichiarazione d'urgenza in considerazione dell'avvenuta scadenza (31.12.86), della deroga prevista dall'art. 36 della L.R. 20/82.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino che svolge la relazione di minoranza.



MAJORINO Gaetano, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi limiterò ad una breve illustrazione della relazione di minoranza che abbiamo depositato a nome del Gruppo qualche giorno fa. Al riguardo va preliminarmente ricordato, a guisa di preambolo, alle osservazioni che verranno fatte sull'articolato che viene proposto che, in forza di quanto aveva disposto il decreto 616 entro il 31.12.78 avrebbe dovuto essere approvata dal Parlamento la legge quadro per la riforma dell'assistenza e dei servizi sociali. La mancanza di questa legge quadro - e non è il caso di commentare questo ritardo cronico da parte dello Stato, del Parlamento e della volontà politica del governo di emanare leggi quadro - ha fatto sì che sia la legge 20 e sia le modifiche alle integrazioni che vengono oggi proposte si caratterizzino per l'insegna della provvisorietà. Provvisorietà perché fatalmente questa normativa andrà modificata, a seconda di quelli che saranno i principi della futura legge quadro. Tant'è che in sede di approvazione della legge 20, su richiesta nostra, venne inserito un emendamento all'art. 1 precisandosi che le disposizioni della medesima legge che si andava varando sarebbero state modificate qualora in contrasto con la legge quadro.
Prima di venire al merito delle considerazioni della nostra relazione di minoranza, non si può non ricordare come la mancanza di leggi quadro in generale, e in particolare di quella sull'assistenza, faccia parte delle cause di quel dissesto politico-funzionale e istituzionale nel quale sono venute a trovarsi le Regioni, in ordine al quale ieri è stata spesa per così dire "in anteprima" una parola da parte di tutte le forze politiche presenti in questo Consiglio, a proposito della necessità, nell'ambito della riforma istituzionale, di proporre anche incisive riforme che riguardino l'Ente Regione.
Fatta questa premessa, mi pare necessario ricordare un dato di fatto obiettivo e incontestabile. Non è certo stata la nostra forza politica a dare assensi all'impianto della legge n. 833 del '78. Sono state mosse delle critiche prima, dopo e durante la sua emanazione, e non siamo stati solo noi ad aver mosso delle critiche e a cominciare a parlare di necessità di controriforma della riforma. E' stata proprio questa legge che all'art.
15 ha imposto al legislatore regionale non una facoltà, ma una direttiva di stabilire norme per la gestione coordinata ed integrata dei servizi dell'Unità Sanitaria Locale con i Servizi socio - assistenziali esistenti nel territorio.
Alla legge n. 20, alla quale noi, per questioni in allora pregiudiziali che oggi non si ripropongono, ma anche per questioni di merito, abbiamo dato voto negativo nel 1982. Dobbiamo spassionatamente riconoscere che il principio della gestione coordinata è un principio che è stato necessariamente recepito dalla legge 20 perché non si poteva fare diversamente.
Oggi con le modifiche e le integrazioni si teorizza accanto al concetto di gestione integrata e coordinata, il concetto di gestione diversificata.
Questo ci lascia molto perplessi perché non si vede come possano convivere se non transitoriamente come già prevedeva la legge 20, le due gestioni integrata e coordinata da una parte e diversificata dall'altra, anche se ci possono essere delle ragioni magari anche obiettive che potrebbero suggerirla.
Peraltro la gestione diversificata che viene teorizzata, che mi pare sia una delle principali innovazioni di queste modifiche e integrazioni, ha pur sempre un carattere transitorio e a termine. Di questo evidentemente si sono resi conto la Giunta proponente e la maggioranza perché non poteva evidentemente essere messa a regime una gestione diversificata accanto a una gestione integrata e coordinata se non violando un principio che fino a questo momento esiste, salvo che venga travolto dalla futura legge quadro cioè quello dell'obbligo della gestione coordinata ed integrata. Quindi in definitiva con la gestione diversificata si rimane nel regime transitorio si sposta al 30 settembre 1989 la coesistenza delle due gestioni, a ridosso della fine legislatura, quindi è consentito il sospetto che nella eminenza della scadenza del 30 settembre 1989, avremo una ulteriore leggina di proroga, a tempo indeterminato o a tempo determinato ma lontano, di questa coesistenza delle due gestioni; mentre opportunità, convenienza, coerenza con il principio del coordinamento delle due gestioni avrebbero dovuto suggerire una possibile maggiore attenzione nella attuazione della legge n.
20. Pertanto questa prima modifica ci lascia molto perplessi in senso politico, per non dire altro.
La seconda innovazione nella quale ci pare di cogliere una certa sostanza è quella dell'introduzione dell'art. 8 bis, laddove si esplicita chiaramente che, accanto ai soggetti istituzionali, concorrono a realizzare il sistema socio - assistenziale altri enti, istituzioni pubbliche cooperative, soggetti privati dotati o meno di personalità giuridica. Anche questa novella legislativa ci lascia perplessi. D'altro canto, è lo stesso relatore di maggioranza che ci dice che l'art. 8 bis vuole solo dare maggiore rilievo alla partecipazione di altre istituzioni pubbliche, di altri Enti pubblici e dei soggetti privati. Mi pare che sul piano strettamente normativo tutto questo non aggiunga nulla a quello che era già contenuto necessariamente nella legge n. 20, tant'è che c'era già l'art.
14; siamo ben lungi dal voler assumere il ruolo di difensore d'ufficio della legge n. 20, però i soggetti privati, tanto più che con l'art. 8 bis si vuole evidenziare questo, erano già necessariamente presenti e già potevano operare con la legge n. 20. Per esempio, l'art. 14 parlava del volontariato e appunto precisava che le UU.SS.SS.LL. possono stipulare convenzioni con organizzazioni e associazioni di volontariato. D'altro canto l'art. 38 della Costituzione non poteva venire cancellato e quindi l'iniziativa privata era libera, nei limiti delle leggi statali e regionali che la disciplinano, ad inserirsi nel sistema socio - assistenziale. Quindi può anche andare bene la messa in evidenza della partecipazione di altri soggetti e in particolare di quelli a carattere privatistico, dotati o no di personalità giuridica, ma quello che manca, a nostro avviso, nel proposto art. 8 bis è un secondo comma nel quale si dica espressamente che i soggetti, enti pubblici o privati o associazioni privatistiche, si possono inserire nella realizzazione del sistema socio assistenziale previo approfondito e serio accertamento di requisiti soggettivi dei richiedenti, oltreché dei requisiti funzionali e strutturali dei servizi che vengono offerti.
Queste principali innovazioni non possono quindi ricevere il nostro assenso. Come dicevo lo stato attuale della situazione, lo stato attuale dell'itinerario legislativo ci suggeriscono cautela e un comportamento tendenzialmente di astensione sull'intero disegno di legge, salvo a vedere se questo atteggiamento non possa avere una commutazione, una sorta di "reformation in peius" attraverso il voto negativo, a seconda di quello che sarà l'esito del dibattito, a seconda anche di qualche emendamento che ci riserviamo di proporre e a seconda dell'accoglimento della presa in considerazione di questo nostro emendamento.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Presidente, chiedo la parola per preannunciare l'atteggiamento del nostro Gruppo in relazione al fatto che, con le due relazioni scritte si è avviata una discussione su una legge importante che non crediamo di poter portare avanti in assenza di alcuni Gruppi della maggioranza abbastanza strategici: il Gruppo socialista, che non è rappresentato nemmeno dall'Assessore Maccari, e il Gruppo repubblicano, pertanto riteniamo di poter partecipare al dibattito a condizione che siano presenti gli interlocutori politici per poterlo svolgere seriamente. Se il dibattito non viene messo in condizione di essere serio e reale non procederemo e abbandoneremo l'aula.



PRESIDENTE

Il problema va posto in termini generali. E' giusto osservare che dovrebbero esserci tutti gli interlocutori politici. Non mi è giunta per notizia che vi siano delle fratture tali da far allontanare un Gruppo politico. La richiesta della presenza è certamente un elemento importante che attiene alla conduzione dei lavori e al suo Presidente. Mi adoprer affinché ciò avvenga.
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Il Consigliere Rossa mi ha incaricato di riferire che sarebbe arrivato alle ore 11 per un impegno ad Alessandria. Comunque il Gruppo socialista è presente, c'è l'Assessore Maccari che è capo delegazione in Giunta e c'è anche il Gruppo repubblicano.



PRESIDENTE

Sospendo per alcuni minuti la seduta in attesa che i colleghi siano più numerosi.



(La seduta, sospesa alle ore 10,45 riprende alle ore 11)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La pausa ha consentito l'integrazione del contraddittorio.
Dopo le due relazioni di maggioranza e di minoranza è aperta la discussione.
La parola al Consigliere Dameri.



DAMERI Silvana

La nostra opposizione di fondo a questa proposta deriva da quella che è per noi un'esigenza di fondo che deve essere garantita dal potere pubblico e per quanto ci riguarda dalla Regione, e cioè un ordinamento legislativo sul modo di governare questa materia che garantisca la qualità e la concreta possibilità delle prestazioni assistenziali e di dare una risposta reale, concreta e puntuale ai bisogni che si esprimono. Non possiamo assistere al ritrarsi dell'iniziativa del momento pubblico dai suoi compiti essenziali, dal riaffermare obiettivi quali quello della costruzione di una qualità della vita e di un'organizzazione sociale dei servizi che garantiscano non solo i soggetti che direttamente hanno bisogno di prestazioni socio-assistenziali ma che tenda via via a far sparire e a superare questi bisogni, la realtà dell'emarginazione e a dare delle risposte civili e avanzate su questi terreni.
Mi rendo conto che in questa fase del dibattito culturale nel nostro Paese c'è una grande disattenzione a questi temi rispetto a qualche anno fa, c'è una inattualità di questa tematica rispetto ad altre emergenti: questa tematica non è di moda, non fa cassetta, non paga forse neanche i politici, tant'è vero che sono sempre meno coloro che se ne occupano.
Riteniamo invece che questa questione, insieme ad altre che sono all'attenzione delle forze politiche e del dibattito culturale, sia fondamentale rispetto al tipo di società che vogliamo definire e per la quale combattiamo.
Detto questo, intendo, signor Presidente, mettere in evidenza alcuni aspetti dell'iter del d.d.l, che stiamo discutendo che ci paiono politicamente e istituzionalmente assai rilevanti. Siamo partiti da un testo di legge molto diverso da quello oggi in discussione, testo che era stato approvato dalla Giunta nell'ottobre 1986 e che è stato modificato in punti sostanziali dei 5 articoli centrali, e che sono stati questi riscritti. E' stato detto che sono stati riscritti sulla base delle consultazioni, ma credo che la stessa opposizione che a dicembre e in questi giorni si è manifestata in modo evidente nei confronti di questo nuovo testo, dimostri chiaramente come questa riscrittura non è andata in direzione di un recepimento di quanto emergeva dalle consultazioni, bensì è andata in direzione di una forte messa in mora e di uno stravolgimento della legge 20.
Se un Consigliere che non siede in V Commissione volesse utilizzare il materiale delle consultazioni per una propria valutazione rispetto a questa proposta, oggi non sarebbe più in grado di orientarsi perché sono cambiati gli articoli, non solo numericamente, ma sono stati spostati significativamente dei punti essenziali e credo che ci sia un problema - ed è stato evidenziato dalla stessa opposizione che si è manifestata su questa questione - che non permette ai Consiglieri, che siedono in quest'aula e che non sono stati coinvolti nel dibattito della V Commissione, di capire quanto e come è cambiato il testo di legge; ma non lo consente neanche alla Giunta perché questo testo non è mai stato approvato dalla Giunta; la Giunta approvò l'altro testo, profondamente cambiato con le modificazioni in corso d'opera, e presentate dall'Assessore con una discussione molto faticosa, perché lavoravamo sul testo precedente, discusso e approvato dalla Giunta, e sugli emendamenti che via via venivano presentati dall'Assessore.
Lei ha detto, signor Presidente, che nessun Gruppo ha manifestato apertamente una posizione politica diversificata rispetto all'impostazione che arriva oggi in aula. Credo però che ciascuno di noi abbia orecchie per sentire e contatti nella società per capire che posizioni diversificate, e cercherò di dire perché, su questa questione ci siano anche all'interno della maggioranza. Intanto sulla questione centrale, cioè quella che per 4 o 5 anni ancora vede l'Assessore Carletto proporre la proroga del passaggio completo delle funzioni e le prestazioni socio-assistenziali alle UU.SS.SS.LL. con un stravolgimento di quella che era la logica della legge 20, che puntava appunto sull'integrazione, sull'intervento da parte di tutti gli strumenti assistenziali e di tutti gli interventi, sulla necessità di pensare all'unicità del soggetto a cui si tenta di dare una risposta, invece si ripropone una logica di frantumazione e di settorializzazione anche rispetto al complesso del settore assistenziale.
Questa confusione rispetto al procedere dell'iter legislativo ha nociuto al lavoro della Commissione e rischia anche oggi di nuocere al lavoro del Consiglio. Avverto il rischio che il Consiglio si esprima su questa materia senza avere ben chiari i termini e i suoi contenuti. Noi cercheremo comunque di fare la nostra parte nel merito per produrre attraverso le osservazioni che avanziamo e gli emendamenti che presentiamo delle osservazioni di merito.
C'è da dire che il secondo testo è stato sottratto alla consultazione che, se è essenziale su tutte le leggi, lo è particolarmente sulla legge 20 che ha valore di impianto, è fondata ed emblematica di una politica su un settore estremamente rilevante rispetto ai compiti istituzionali e di governo della Regione.
Ho apprezzato l'uso degli eufemismi da parte del Presidente della V Commissione, Devecchi, ma credo che il dire: "questa proposta costituisce sviluppo, integrazione e, ove del caso, modifica della legge 20" sia dire una cosa molto lontana dalla verità. E' un testo che surrettiziamente attraverso gli interventi che vengono proposti dai vari articoli (ma qualcuno ci ha insegnato che il diavolo sta nei dettagli) snatura con pochi articoli quell'impostazione complessiva della legge 20, su cui questo Consiglio si è impegnato nel 1982.
Voglio a quel dibattito rifarmi, perché ritengo che intervenendo su alcune piccole questioni con taluni emendamenti che solo apparentemente modificano, in realtà si fa saltare l'impianto di quella proposta. Allora poiché il dibattito in Consiglio regionale oltre che in Commissione si sviluppò nell'arco di diversi mesi, credo che non sia fuori luogo dedicare a questa questione il tempo necessario.
Noi abbiamo svolto un'azione in Commissione, e ci proponiamo di svolgerla in aula, perché appunto non si sfugga al merito, perché il Consiglio dibatta davvero e perché siano chiare le diverse volontà.
Partiamo da quelli che sono i principi ispiratori della legge 20. Il confronto che si realizzò nel 1982 in Consiglio regionale consentì, proprio perché fu di merito e molto preciso, che la legge non fosse solo dell'allora maggioranza di sinistra; invece ora ci troviamo di fronte a una proposta che non è neanche di tutta la Giunta, ma solo dell'Assessore Carletto, questo è già significativo rispetto al modo di affrontare le questioni. Voglio richiamarne i punti cardine.
Gli obiettivi della politica socio-assistenziale erano quelli di superare gradualmente i separatismi istituzionali, i separatismi professionali, per raggiungere un'integrazione funzionale nell'attività socio-assistenziale che permettesse di realizzare interventi globali e unitari per prevenire, nella concreta complessità della condizione di emarginazione e di bisogno, queste situazioni per un loro superamento al livello più alto possibile. Non voglio difendere tutta la legge, ma il principio certamente sì. Al centro della attenzione dal quale si costruì l'ipotesi della legge 20, c'era l'esigenza di vedere il bisogno dell'individuo sul quale realizzare l'intervento pubblico avendo presenti tutti gli aspetti e tutte le possibilità di realizzazione. Noi stiamo parlando dei soggetti più deboli, delle situazioni più difficili degli anziani, dei portatori di handicap, dei tossicodipendenti, dei minori.
Il dibattito sulla legge 20 fu allora impegnato e la legge vide, come disse Mignone "il consenso delle forze di democrazia laica e socialista" fu un tentativo coraggioso di cui va dato atto all'Assessore di allora Elettra Cernetti - mi dispiace che non sia presente perché lo farei direttamente a lei - di legiferare senza reti, cioè di legiferare su una materia su cui come ricordava il Consigliere Majorino non esiste e forse non è casuale una legislazione quadro nazionale. L'assetto istituzionale e organizzativo è qui particolarmente importante perché solo in una logica di integrazione e di territorio sono attivabili quei servizi alternativi rispetto al ricovero e all'istituzionalizzazione verso i quali tutti diciamo sia necessario tendere Pensiamo che si debba concretamente operare per realizzare questa alternativa alle strutture coatte e per questo la dimensione istituzionale dell'intervento è importante. Un tentativo coraggioso articolato in coerenza - come sottolineò il Presidente Viglione che fu il relatore della legge 20 in Consiglio - con gli obiettivi della legge 39/77, del DPR 616, della legge 833, del piano sanitario regionale.
Un'esperienza certamente difficile, parziale da sviluppare però sull'asse dell'integrazione risolvendo le due questioni che erano rimaste, e che rimangono, irrisolte, quella della definizione delle piante organiche e quella dei finanziamenti. Noi proporremo, tra gli altri, un articolo aggiuntivo perché si realizzi l'applicazione di una parte dell'art. 34 cioè quella dell'attivazione dei fondi regionali per realizzare la legge 20.
Oggi vediamo che rispetto a quel testo e a quel confronto abbiamo una proposta che, sul piano istituzionale, propone una generale confusione e disomogeneità e ha un'unica valenza: è una legge ideologica che interpreta una rivalsa delle parti più arretrate che si occupano di queste questioni di cui l'Assessore Carletto ha voluto farsi interprete contro i contenuti innovativi di una legge d'impianto del settore socio-assistenziale approvata allora - e lo ricordo a tutto il Consiglio da un largo schieramento di forze: partito comunista, partito socialista, partito socialdemocratico, partito repubblicano, con l'astensione del partito liberale, che ha assegnato sul piano dei principi e delle esperienze concrete che ha messo in moto un salto di qualità; quella tappa ulteriore come la chiamò Viglione - quell'anticipo di legislazione rispetto al quadro nazionale che, come riconobbe anche il partito repubblicano attraverso gli interventi di Gastaldi, fu un momento ricco del lavoro del Consiglio.
Il dibattito si prolungò in aula per un mese e mezzo e su esso si pot determinare una collocazione delle forze politiche oltre la logica di puro schieramento, un confronto di merito che consentì all'attuale Vicepresidente della Giunta Vetrino di esprimere, con consapevolezza delle difficoltà applicative (che nessuno nega ovviamente), contenute peraltro in ogni norma innovativa, il voto favorevole anche del partito repubblicano per i caratteri di laicità e gli obiettivi di giustizia sociali che proponeva.
Le difficoltà applicative della legge 20 ci sono state. Ma quali sono state le ragioni e qual è l'origine di queste difficoltà? Non è forse necessario vederle nel merito per operare e per superarle piuttosto che scegliere di rinunciare a governare questa importantissima materia, oppure per scegliere una politica diversa - ma allora lo si dica - rispetto a quella che sosteneva quella impostazione. Diciamo che occorrono delle leggi efficaci, operative, moderne, che il Consiglio regionale deve avere questa capacità di dare risposte adeguate e convincenti. Su una legge di impianto troviamo una proposta che è arretrata nei suoi contenuti ispiratori, che ha il segno di un ritorno indietro. A chi serve una legge come quella qui avanzata, fortemente ideologica, che ripropone la frantumazione dell'intervento assistenziale che per mera ideologia chiama in causa i soggetti privati e non ne definisce né modalità di coordinamento con il pubblico né alcun quadro di garanzie per gli utenti, che determina un Babele istituzionale permanente e che, questo è già un argomento sufficiente, per otto anni mette in mora la piena applicazione di una legge regionale. Che produrrà ennesimi appesantimenti burocratici per i troppi soggetti istituzionali che individua e che soprattutto non si pone - e ritorno alla ragione fondamentale della nostra opposizione - la domanda più semplice che spetta al legislatore, che è suo dovere porsi in questa materia: come determinare l'attualità migliore dell'intervento socio assistenziale, come rispondere al meglio al bisogno dell'utenza di benessere fisico, psicologico e sociale. Chiediamo, ora che ci si propone di discutere della legge, di avere un riscontro della sua attuazione vogliamo sapere che cosa ha prodotto la legge 20 nella sua concreta attuazione in Piemonte, visto che si vuole modificarla, visto che interveniamo su una legge di impianto approvata ormai da cinque anni chiediamo di verificare dove c'è stata l'integrazione, dove la gestione è passata all'USSL. quale utenza è stata servita, con quali percentuali di fasce, se e quali nuovi servizi si sono aperti o potenziati, quali difficoltà vere ci sono che non nascano - mi consenta, signor Presidente perché questa è una cosa che viene detta nei corridoi da una logica puramente settoriale oppure da repentine conversioni alle politiche di campanile, indegne di un Paese che ogni due passi si proclama moderno. Se la ragione per non passare la gestione dei servizi all'UU.SS.SS.LL per realizzare appunto quell'obiettivo è semplicemente perché ogni Comune possa gestire i suoi servizi, credo che questo sia una motivazione dal punto di vista culturale ancora prima che politico, al di sotto delle questioni con cui ci dobbiamo misurare.
Quale rapporto esiste tra l'applicazione della legge 20 e gli obiettivi del piano socio sanitario regionale? Questa forse è una ingenuità, perché è anche vero che del piano socio sanitario regionale non se ne parla più dell'intervento realizzato attraverso la programmazione e l'integrazione dei servizi e della verifica della loro efficacia non si parla più. A queste richieste di verifica degli elementi di conoscenza rispetto a quello che è avvenuto, che abbiamo avanzato in Commissione, non è venuta nessuna valutazione di merito sugli esiti per i cittadini. "Non abbiamo gli elementi" diceva l'Assessore. No, la Giunta deve avere elementi.
Si pretende di avanzare delle modifiche sostanziali senza neppure poter valutare gli esiti dell'applicazione della legge. Questa legge segnerà la politica dell'assistenza in questa legislatura visto che l'Assessorato ha dichiarato più volte che avrebbe riformato tutto e continua a dichiararlo negli incontri decentrati. Ebbene, si vuole che questo passi per un accordo di maggioranza senza determinare questo confronto di merito. Comunque registriamo che questo confronto di merito finora non è avvenuto.
Voglio richiamare la questione della messa in mora per otto anni dell'applicazione della legge 20. Non è questione di far partire intanto delle cose e poi di aggiungerne delle altre, come ci è stato detto. A questo punto, si deve mettere in condizione l'insieme del sistema di avere gli elementi per funzionare perché non si può pretendere di far partire un'auto con tre ruote e poi metterle la quarta; o gli mettiamo tutte le ruote e consentiamo che questa cosa parta oppure è un voler ritornare indietro, una finzione o semplicemente una forma surrettizia per far saltare gli elementi ispiratori di quella legge.
Pur prorogando ulteriormente la facoltà di deroga per l'assistenza domiciliare economica e per le strutture residenziali, non sottrae ai Comuni la facoltà di associarci. Certo che è evidente, ma è anche certo che la Regione che, in virtù del DPR 616 (art. 25), può determinare l'esigenza e l'obbligatorietà del governo associato di questa materia, sparisce, si limita a registrare le volontà locali e consente sperequazioni gravi per i cittadini, sperequazioni che andranno a colpire essenzialmente la realtà dei piccoli Comuni. Chiedo al Consiglio di riflettere perché, rimanendo la gestione ai Comuni, i servizi più avanzati non partiranno.
La Regione con questa legge rinuncia ad esistere come governo della politica assistenziale, oppure sceglie un'altra politica assistenziale contemporaneamente sugli articoli 14 e 15 segnatamente si inventa un artificioso sistema autorizzativo inutile, ripropone la messa in campo dei consigli di amministrazione delle IPAB, tutta materia che surrettiziamente ci si propone di affrontare in termini di gestione clientelare.
L'elogio della discrezionalità delle situazioni che è stato fatto nella relazione del Consigliere Devecchi non produce altro che confusione organizzativa, disomogeneità, una Babele istituzionale che si ripercuoterà sui cittadini piemontesi. Voglio ricordare che le realtà più esposte sono proprio quelle dei piccoli Comuni, quelle che, come il Consigliere Martinetti ricordò pure votando contro la legge nel 1982, hanno attivato per prime le esperienze oggi più significative in Val Pellice come a Mondovì, come a Saluzzo, come a Venaria, quei Comuni che nelle consultazioni su quel vecchio disegno di legge sono i più preoccupati di questo tentativo di messa in discussione.
Solo la gestione associata consente ai Comuni di attivare servizi e risposte ai bisogni delle loro popolazioni. Che senso ha - se lo chiedeva in una versione sul primo testo il Presidente dell'U.S.S.L. di Mondovì tornare alla gestione dei singoli Comuni, incentivare la gestione dei singoli Comuni? In questi anni si è lavorato per disincentivare l'applicazione della L.R. 20/1982. Abbiamo avuto un sistematico ritardo nel riparto dei fondi un'incertezza sostanziale che ha reso estremamente difficile la possibilità di programmazione su questo intervento. Peraltro se andiamo a vedere i capitoli di spesa che finanziano la legge 20 (capp. 10.340, 10.350 del bilancio), vediamo come questi sono costituiti tutti integralmente da trasferimento di fondi dallo Stato (40 miliardi), nelle realtà dove la gestione è passata ai Comuni abbiamo verificato una crescita di impegno finanziata dai Comuni e l'assenza di qualunque intervento di sostegno da parte della Regione.
Peraltro la logica che ha mosso la politica assistenziale di questi anni, è quella che, per esempio, vede destinare (legge 14/1986) ai presidi socio - assistenziali un miliardo e mezzo di intervento ai Comuni e due miliardi e mezzo alle IPAB, ai privati e agli istituti.
Peraltro la stessa legge n. 44/1984 del volontariato non è stata ancora minimamente applicata nonostante si evochi continuamente il volontariato.
Sempre in sede di valutazione di bilancio, sull'applicazione della legge 20, ho verificato come i più inascoltati da parte della Giunta sono stati gli operatori che hanno lavorato all'applicazione della legge; sono sopportati con una sorta di fastidio per la loro ostinazione a voler fare del loro mestiere un servizio, a voler credere nella lotta al disagio nella prevenzione e nell'affermazione della diversa qualità del vivere di chi più ne ha bisogno. Ho trovato questo atteggiamento, perlomeno singolare, di scarsa credibilità nei confronti degli operatori, che sono arrivati ieri a scioperare nei confronti della Regione. Non c'è questione di cui si discute qui che non porti il Consiglio a riferirsi con i soggetti chiamati in causa, se parliamo dell'industria, ci si riferisce agli imprenditori, se parliamo dell'artigianato, cerchiamo l'opinione degli artigiani. Se parliamo però delle questioni dell'assistenza, stranamente non ci interessa che cosa dicono gli operatori del settore, chi appunto in questi anni ha operato per realizzare una legge regionale, chi pone la questione del riconoscimento della propria professionalità (la questione della pianta organica si poteva risolvere ben prima perché la nostra disponibilità c'è stata da sempre), non solo ma crede in una professionalità che non sia segmentata, in un servizio organizzato funzionalmente ai bisogni che deve soddisfare, quindi difende la legge 20.
Rispetto a questa proposta il nostro Gruppo assume una posizione molto critica e ritiene che, se passasse così com'è il disegno proposto, le sue conclusioni dal punto di vista del voto sono chiare. Riteniamo però che si debba produrre ancora un momento di ripensamento se affrontare, in una situazione come questa, l'esame dell'articolato o se non sia opportuno dare una soluzione alle questioni reali che non sono risolte e definire la pianta organica e attivare un finanziamento regionale su questo fronte. Il nostro atteggiamento è quello di determinare un intervento legislativo della Regione riaprendo il confronto tra le forze politiche che non c'è stato, andando a raccogliere tutti quegli elementi che ci consentano, alla luce dei dati e dell'esperienza, e non solo per sentito dire, e non solo per le suggestioni di chi, motivato da interessi particolari, grida più forte di altri, una verifica concreta dell'applicazione della legge 20. La riapertura del dibattito consentirebbe al Consiglio di intervenire su questa legislazione sapendo quello che si fa, non permettendo che accordi di maggioranza facciano che questo sia terreno di intervento di una parte politica, in quanto ha l'appalto a gestire questa materia, determinando gli indirizzi di una sola parte della Giunta, che invece devono avere un riscontro nella maggioranza e nel Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, il relatore di maggioranza, Devecchi ha usato tre parole all'avvio della sua introduzione non appropriate: stiamo discutendo del disegno di legge n. 186 come sviluppo, integrazione e modifica della legge 20. La parola più giusta sarebbe stata quella di dire che stiamo discutendo dello stravolgimento della legge 20, lo stravolgimento nella parte di impatto sociale e politico oltre che culturale.
Voglio dire subito, per tranquillizzare i colleghi della Democrazia Cristiana, che non sono animato da nessuno spirito fazioso; una parte del disegno di legge va valutata con attenzione ed è quella relativa all'inquadramento del personale e la definizione delle piante organiche che finalmente recepisce alcune delle osservazioni, delle proposte, delle domande pressanti che sono state portate in tutti questi anni dagli operatori dei servizi e dai lavoratori di questo settore decisivo e di grande valore morale oltre che sociale, di cui parlava già opportunamente la collega Dameri prima. Però noi dobbiamo valutare quali sono le novità di indirizzo che ci vengono prospettate e per quanto riguarda le novità di indirizzo a noi pare fuor di dubbio che ci troviamo di fronte ad un rovesciamento, uno stravolgimento dei principi stessi della legge 20.
Condivido, come DP, il disappunto, l'indignazione anche dei compagni comunisti per la disattenzione con cui viene affrontato l'argomento da parte di settori significativi della maggioranza. Quasi che la modifica della legge 20 sia una partita privata, un tete a tete fra l'opposizione e l'Assessore Carletto. Non trattandosi di questo ma di una legge di forte impatto sociale pensiamo che occorrerebbe ben altra tensione politica e anche morale. Lo ribadisco, da parte di tutti i settori dell'assemblea che finora non si è manifestata.
Fatta questa premessa di inquadramento che forse indica qual è la griglia di lettura di DP della proposta di modifica della legge 20, noi non possiamo non sottolineare come ci troviamo di fronte ad un ritardo inaccettabile di legislazione nazionale in materia. E' stato già detto da Majorino e dalla collega Dameri. Non è casuale che su questo argomento non si definisca, a dieci anni di distanza da quando se ne parlò, la benedetta legge quadro. Nelle considerazioni che ci devono guidare per la messa a punto dell'articolato, non possiamo non aggiungere anche una considerazione per noi altrettanto importante relativa al ritardo dell'entrata in vigore della legge 20; doveva entrare in vigore già alla fine dell'84, cosa che inopinatamente non fu e cosa di cui oggi si pagano le conseguenze. Se già nell'82 si conveniva sulla provvisorietà di alcune norme e quindi sulla entrata a pieno regime dei principi della legge, è evidente che è assolutamente inaccettabile, e ci batteremo contro questa proposta, che la provvisorietà venga perpetuata fino alla vigilia delle elezioni del 1990.
Le date non sono mai casuali.
In che cosa, collega Devecchi, c'è lo stravolgimento della legge? Anziché parlare di integrazione dei servizi socio-assistenziali, qui abbiamo la teorizzazione della diversificazione nella gestione degli interventi socio-assistenziali. C'è una dispersione degli interventi e, a riprova che non sono fazioso, almeno mi sforzo di non esserlo, voglio riprendere testualmente da una lettera firmata da associazioni di ispirazione cattolica, dal titolo "Gli anziani non possono aspettare" firmato dal Sermig, da gruppi di volontariato vicenziano e altri, le quali affermano: "Si ha l'impressione che i diversi servizi ospedaliero domiciliare, socio assistenziale, sanitario residenziale, ecc, funzionino a compartimento stagno, mentre occorrerebbe una notevolissima integrazione dei servizi sanitari socio-assistenziali secondo criteri di flessibilità e tempestività in particolare per gli anziani non autosufficienti". Gli anziani non autosufficienti sono l'oggetto prioritario delle osservazioni delle organizzazioni che firmano.



REBURDO Giuseppe

Forse è un po' più di un'impressione.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Siamo convinti che sia di più di un'impressione, ma non è senza significato che queste contraddizioni vengano rilevate in un contesto di osservazioni, per onestà intellettuale va aggiunto, che non ci vedono completamente concordi.
Mentre si ha questa dispersione, questa contraddittorietà di interventi, si ha viceversa una centralizzazione delle modalità operative da parte della Regione. Anche qui una citazione, ripresa questa volta dalle osservazioni e proposte inviate alla V Commissione del Consiglio dagli operatori delle UU.SS.SS.LL. di Collegno, Chieri, Settimo, osservazioni e proposte che sono molto simili a numerose altre di operatori delle UU.SS.SS.LL. di comuni limitrofi di area metropolitana (nel corso dei mesi passati, c'è stata una grande attenzione al lavoro che andiamo svolgendo sull'argomento, testimoniata fra l'altro opportunamente dalla mobilitazione dei lavoratori del settore socio-assistenziale a dicembre ed ancora ieri per richiamarci tutti quanti al dovere di raccordarci a quelli che sono i punti di vista effettivi che nella società si manifestano).
Nelle osservazioni proposte dalle UU.SS.SS.LL. di Collegno, Chieri e Settimo, dicevo, si afferma: "Ci troviamo di fronte alla genericità nella formulazione di indicazioni sulla modalità di coordinamento fra soggetti pubblici e privati: eccessiva centralizzazione regionale nella determinazione delle modalità operative e caratteristiche erogatile e, per contro, mancanza di indicazioni vincolanti nei confronti degli enti che devono garantire i flussi di finanziamento che a loro volta permettono di garantire le prestazioni, servizi e interventi di cui all'art. 3 interventi economici di esclusiva competenza dei Comuni; indeterminatezza dei compiti e della composizione della Commissione di cui all'art. 3 interventi sulle IPAB di esclusiva competenza dei Comuni; mancata definizione dei compiti in materia socio-assistenziale degli organi delle UU.SS.SS.LL. preposti per assicurare e promuovere il raccordo del complesso delle attività sociali di cui al titolo terzo del DPR 616; impropria attribuzione al solo responsabile del servizio socio-assistenziale dei compiti di cui sopra; scarso riconoscimento della professionalità sociale".
Questo per dire che cosa? L'Assessore Carletto - perché ci è difficile dire l'intera Giunta avendo potuto registrare in più di una circostanza dissonanze, strane assenze, malumori, nemmeno tanto velati da parte di altre componenti del governo regionale - seguito a ruota dalla maggioranza della V Commissione hanno voluto fare orecchi da mercante a tutte le sollecitazioni che sono state portate nel corso della definizione dell'articolato.
Se qui è l'origine, da qui bisogna ripartire per cercare di rimettere le cose con i piedi per terra. Tanto per incominciare, siamo convinti signor Presidente e colleghi, che sia opportuno rinviare (cosa di cui discuteremo subito dopo il dibattito generale) l'esame dell'articolato (soprattutto l'articolato stralciato nelle parti relative alle piante organiche) a un riesame della Commissione competente, per riavviare un processo di confronto con le organizzazioni sociali, che - come ha detto ieri inopinatamente, riteniamo, la stessa informazione regionale pubblica il Gazzettino e il TG3 del Piemonte, non si erano mobilitate per motivi economici e contrattuali, ma si erano mobilitate per qualche cosa di più.
In questo senso è opportuno e doveroso, per la delicatezza dell'argomento richiamare in quest'aula in modo che rimanga agli atti, oltre che impresso nella memoria di ciascuno di noi, quali sono i punti che CGIL. CISL e UIL del Piemonte ieri hanno portato all'attenzione dell'opinione pubblica.
Nella parte di critica i lavoratori affermano come questo disegno di legge: 1) mantiene la dispersione delle competenze nella programmazione dei servizi, tra Servizio sanitario, UU.SS.SS.LL. e Comuni, con disagio per i cittadini, dispersione, quando non spreco, delle scarse risorse assegnate all'assistenza 2) in secondo luogo pone a carico degli utenti nuovi oneri economici in un quadro che non è finalizzato al miglioramento dei servizi 3) il concorso con il servizio pubblico di altri soggetti, cooperative di solidarietà e volontariato, senza un centro di programmazione e coordinamento rischia di determinare sovrapposizioni di intervento ed un utilizzo non ottimale delle risorse oltretutto largamente insufficiente.
Di fronte a questo giudizio motivatamente negativo le proposte delle organizzazioni sindacali sono: affidare in tempi certi le competenze per la programmazione e la gestione di tutti i servizi socio-assistenziali all'Unità Socio Sanitaria Locale per coordinarli effettivamente tra di loro e integrarli con i servizi sanitari creare il servizio socio-assistenziale delle UU.SS.SS.LL. dotandolo di una propria pianta organica e di finanziamenti adeguati come sede dell'organizzazione e dell'effettuazione di tutte le attività socio assistenziali decentrare nel territorio le attività distretto di base per avvicinare il complesso dei servizi socio-assistenziali ai cittadini eliminazione del precariato definizione e rifacimento dei profili professionali, degli operatori e della loro formazione e aggiornamento professionale.
Ho richiamato questi punti non per fare passivamente il megafono di alcuno, perché come si sa non è nostro costume, ma per sottolineare come dal servizio pubblico - e io mi auguro che oggi questo elemento possa essere recuperato - ci si debba aspettare maggiore equilibrio soprattutto quando, in contraltare, nella giornata di ieri si dà la parola legittimamente (e ci mancherebbe altro!) ad esponenti del volontariato cattolico che, nella composizione del messaggio complessivo, che ieri si è dato ai cittadini piemontesi, sembrerebbero gli unici preoccupati della umanità e della continuità del servizio, cosa che ovviamente non è. Questo è il quadro. Se queste cose gravi avvengono, è perché è passato il messaggio dell'Assessore Carletto che non ha manifestato in questa circostanza, come peraltro gli succede anche spesso, una grande disponibilità alla dialettica con il punto di vista sociale altrui soprattutto quando si parla di personale.
In questo contesto, in questo quadro, contro questa filosofia abbiamo presentato, signor Presidente, pochi ma significativi emendamenti, oltrech sentiti, emendamenti mirati a ristabilire i principi della legge n. 833 e del DPR 616, oltreché a dare piena attuazione a quel incipiente funzione programmatoria, che è rimasta incipiente, in gran parte disattesa.
Condivido la richiesta della collega Dameri. Se davvero si volesse fare una discussione seria, come l'argomento merita, sarebbe necessario e preliminare fornirci un bilancio di quello che è stato fatto in cinque anni su questo piano. Si scoprirebbero probabilmente delle cose molto interessanti, in ogni caso si metterebbe in condizione il legislatore, cioè noi, a fare meglio il nostro lavoro.
Quindi i nostri emendamenti sono non soltanto restaurativi perch anche questo è noto - la proposta non ci piace granché, ma sono di richiamo di un filo riformatore che è contenuto nei testi di legge che richiamavo, per sviluppare e andare avanti nel potenziamento dei distretti socio-sanitari di base, per definire vincoli precisi, stringenti agli altri soggetti che sicuramente possono, come la Costituzione prevede, concorrere alla erogazione del servizio socio-assistenziale, ma, questo è il punto debbono essere collaterali, non debbono essere messi sullo stesso piano dal punto di vista dell'indirizzo, dal punto di vista della definizione delle priorità, quindi della messa a punto della programmazione del servizio, con il servizio pubblico; viceversa, non si capisce bene il nostro Stato come vada a configurarsi. Abbiamo presentato emendamenti che non consentono di fare la cresta o di lucrare sul servizio socio assistenziale. Organizzazioni più o meno formali o informali sono già pronte ad avventarsi sul settore per supplire ad una vacanza (non intesa come ferie) del servizio pubblico che si ritrae dai propri compiti principali.
Abbiamo presentato degli emendamenti che mettano a fuoco le prestazioni erogabili dai singoli Comuni con un termine preciso; pensiamo che sia stato un errore aver portato fino ad oggi la provvisorietà nell'entrata in vigore dell'integrazione del servizio socio-sanitario assistenziale nelle UU.SS.SS.LL.
A maggior ragione pensiamo che la deroga alla piena entrata in funzione delle competenze delle UU.SS.SS.LL. non possa che essere data per il tempo tecnico necessario al trasferimento di queste competenze, quindi negli emendamenti abbiamo indicato la data del 30 giugno di quest'anno per consentire appunto che ci sia un travaso effettivo.
Su questi punti altri elementi emergeranno nel corso della discussione se si riterrà di passare all'esame dell'articolato. Abbiamo voluto richiamare l'attenzione dei colleghi sperando che non ci siano i muri divisori dell'incomunicabilità dei rispettivi punti di vista.
Il confronto, a nostro avviso, può avvenire meglio e più proficuamente in Commissione per un riesame attento di tutta la materia. E' evidente che se questi indirizzi dovessero essere confermati, non possiamo che anticipare un'opposizione ferma, dura, conseguente, nella definizione degli articoli della legge, soprattutto nella puntuale verifica di quello che dovesse avvenire una volta che la legge dovesse entrare in funzione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Martinetti.



MARTINETTI Bartolomeo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è stata evocata in quest'aula la grande discussione avvenuta nella passata legislatura nel momento in cui ci siamo accinti ad approvare la legge di riordino delle attività socio assistenziali nella nostra Regione. Effettivamente la partecipazione del mio Gruppo a quel dibattito è stata molto calorosa e molto impegnata dimostrando l'interesse ad un dibattito nel quale i nostri interventi erano stati accolti dalle altre forze politiche per la loro serietà di impostazione (anche se ovviamente non condivisi) ed erano stati interpretati nel giusto interesse per una problematica tanto importante.
Questo fatto che è stato richiamato e che ormai ha una valenza storica dovrebbe servire ad espellere dal dibattito odierno quelle sottolineature insistenti che tendono a farci apparire come non sensibili a questa problematica, come una forza che tende ad arretramenti, che tende semplicemente a non voler cambiare le cose quando non ancora è guidata da motivazioni meno nobili come di interessi di vario genere.
Richiamando il dibattito dell'altra legislatura non bisogna tuttavia dimenticare che il nostro forte "no" alla legge 20, la nostra obiezione principale riguardava un aspetto di cui oggi non parliamo più ed è quello dell'estrema rigidità e dello schematismo che tale legge tendeva ad imporre nell'attuazione del servizio socio-assistenziale con la creazione di parametri, di norme, di vincoli, di indicazioni rigide che (come allora abbiamo ampiamente sostenuto) avrebbero dato non un avvio, uno slancio ad una riforma dell'attività socio-assistenziale in Piemonte ma avrebbero portato ad un blocco e a difficoltà maggiori in quel settore.
Ricordo questo per evocare un altro dibattito avvenuto in questa sede nei mesi finali della passata legislatura quando questo Consiglio regionale, sulla spinta di una constatazione divenuta pressoché unanime di tutte le forze politiche rispetto all'effettiva realtà di quelle obiezioni che avevamo fatto ad una certa impostazione della legge 20, ha ritenuto in sede di secondo piano socio-sanitario regionale di accogliere almeno in parte le nostre istanze e di smantellare quell'impianto schematico e rigido che costituiva a nostro avviso la caratteristica peggiore della legge 20.
Ricordo che in questa azione, in cui eravamo spinti da una specie di sollevazione regionale, al di là delle distinzioni politiche ideologiche di amministratori, di operatori, di enti, di volontari, di associazioni che si dedicavano all'assistenza, non siamo più stati soli, abbiamo fatto la nostra battaglia, ma abbiamo visto al nostro fianco l'allora Presidente della Giunta Viglione, abbiamo avuto molta facilità di intesa e di comprensione con l'Assessore Bajardi e abbiamo, ripeto, allora fatto la vera riforma della legge 20 su cui più eravamo interessati.
Sgombrato il terreno da questi problemi - poiché non accettiamo di essere considerati quelli che non vogliono modernizzare, non vogliono adattare i servizi sociali ed assistenziali alle necessità dei tempi, non si rendono conto che tante cose sono da migliorare, non capiscono che c'è un problema di integrazione tra sanità ed assistenza e non sono disponibili ad accettare un discorso di migliore organizzazione, quindi anche di integrazione della gestione - parliamo brevemente di questa proposta di modifica. Se la analizziamo bene, la vera modifica della legge 20 che si propone è semplicemente una proroga dei termini di integrazione totale dei servizi dal Comune alle UU.SS.SS.LL. perché gli altri due aspetti fondamentali che già sono stati ricordati, sia il problema del personale e sia quello della salvaguardia IPAB, sono elementi di per sé estranei all'impianto della legge 20, erano già stati dalla Giunta precedente impostati in distinti progetti di legge del tutto avulsi dalla legge 20 e solo per ragioni di tecnica o di comodità legislativa sono ora inseriti in questo progetto. Quindi il punto sostanziale è il problema della proroga dei termini di integrazione, su cui poi in realtà si è (almeno così mi risulta, perché io non ho avuto la ventura di partecipare in Commissione al dibattito lungo) si è innestato il lungo, faticoso e laborioso iter di questa proposta di legge.
Si fa meraviglia che una Amministrazione regionale, un governo regionale, una maggioranza regionale composita come è quella che attualmente regge la Regione Piemonte, abbia all'interno, su un problema come questo che ha anche alcune valenze di non direi ideologiche, ma di principi fondamentali su cui si basano le vedute e i programmi delle singole forze politiche, comporti delle difficoltà di intesa. Non credo che ci si debba meravigliare di questo se noi democristiani, fortemente oppositori della legge 20 nella passata legislatura, ci troviamo oggi a dovere serenamente e seriamente discutere con un Partito socialista che della legge 20 - è stato giustamente ricordato può rivendicare la paternità, o meglio la maternità. Quindi non c'è da stupirsi che tra i partiti della coalizione ci sia stato questo forte dibattito, ci sia anche questa difficoltà di giungere ad un punto di intesa, ma questo punto di intesa - a quanto mi risulta - è stato raggiunto ragionevolmente. E non si tratta di una intesa che nasce soltanto da un compromesso di carattere politico, ma che è suggerita dalla stessa realtà. L'integrazione assoluta non è avvenuta; in moltissimi luoghi ha difficoltà ad avvenire e quindi una proroga si impone. E' assolutamente indispensabile che si consenta che ci sia un più logico e graduale approccio a quella che è per ora, anche se a noi non piace, l'obiettivo finale di questa legge. Dico "a noi non piace", già nella discussione della legge 20 a questo proposito noi non avevamo negato la ragionevolezza di una impostazione che mirasse ad una gestione unitaria finale di questi servizi. Abbiamo tuttavia molto insistito in allora sulla necessità che per decisioni di tale genere, che in sostanza spogliano i Comuni, cioè l'ente locale più vicino, più immediatamente addetto a rispondere alle esigenze della popolazione, di un loro compito specifico istituzionale, con un provvedimento impositivo dall'alto, senza consentire quella maturazione e quindi quella espressione di volontà che è alla base perché questa integrazione sia una cosa seria sentita e dia i frutti giusti che deve dare. Noi riteniamo, siamo tuttora convinti, che l'opzionalità di questa scelta sarebbe la soluzione migliore quella che consentirebbe di adattare le decisioni alle condizioni locali perché ci sono condizioni locali estremamente differenti, ci sono mentalità che vanno rispettate, opinioni che vanno rispettate. E questo nulla ha a che vedere con delle posizioni preconcette di partito, perché voi, colleghi del Gruppo comunista, sapete bene che anche i vostri amministratori, come gli amministratori di tutti i partiti, nel momento in cui sono impiegati nell'espletamento concreto e pratico della loro attività amministrativa manifestano su questo punto le stesse preoccupazioni che manifestiamo noi.
Non intendono rinunciare a queste prerogative, al loro diritto-dovere di garantire i servizi sociali alla loro comunità e devono comunque, anche i vostri come i nostri, fare un cammino di maturazione, di avvicinamento che porti, se l'integrazione è la soluzione tecnica auspicabile ad una accettazione matura, convinta e non alla presa d'atto di una imposizione che viene dall'alto.
Quindi non è una questione ideologica, tant'è vero, ripeto, che da tutte le posizioni politiche viene, e tutte le forze politiche lo sanno questa richiesta di prudenza, di equilibrio, di gradualità, di favorire una maturazione in questo settore. Tanto è vero che, come è già stato ricordato, anche nella pratica attuazione dei disposti della legge 20, non si ha nel Piemonte una situazione a macchia di leopardo a seconda del colore politico delle UU.SS.SS.LL. o dei Comuni. Ad esempio nella Provincia di Cuneo, le condizioni ambientali, il tipo di amministrazioni, hanno consentito molto agevolmente un'integrazione decisa, voluta, portata avanti con convinzione dai singoli Comuni, la quale ha portato obiettivamente dei vantaggi nella erogazione, nella estensione dei servizi sociali alla comunità, ma ciò non deve impedirci di tener presente che ci sono altre situazioni; non ci dobbiamo scandalizzare se ci sono amministratori di piccoli Comuni che avendo faticosamente, insieme con le loro popolazioni attrezzato una casa di riposo per anziani autosufficienti, una comunità alloggio, o qualche struttura di questo tipo che non ha valenza sanitaria neanche indiretta, desiderano continuare la gestione di queste strutture in quel clima di partecipazione diretta delle popolazioni, che indubbiamente quando questo sia riferito a strutture di livello superiore più ampio, non avrebbe più questa possibilità, non riscuoterebbe più questa partecipazione piena di sensibilità e di interesse, come invece avviene.
Quindi non c'è da stupirsi di questo, non è un arretrare o uno sconvolgere perché non dobbiamo dimenticare che la legge 20 ha molti articoli, quelli d'impostazione, di direttiva, quelli che precisano il tipo di assistenza che deve essere data, le modalità, il rispetto della persona come centro di questi impegni di tutte le forze, il dovere dell'integrazione non solo con la sanità, ma con tutte le altre attività svolte a livello locale dall'istruzione alle forme educative, alla ricreazione, allo sport. Sulla legge 20 ci sono tutte queste cose; ci sono dei titoli interi che noi abbiamo approvato con entusiasmo e con piena convinzione e che poi abbiamo cercato di portare nello spirito dell'assistenza sociale nel Piemonte per la parte che ci riguardava, per le competenze che avevamo, nei luoghi dove potevamo influire. Quindi non accettiamo assolutamente il discorso della nostra arretratezza, della nostra volontà di rompere e di sconvolgere.
L'Assessore Carletto si è trovato a gestire una legge da lui non votata, ma l'ha gestita e la porta avanti con estrema lealtà rispetto ad un corpo legislativo che nei principi di modernizzazione e di riforma di un approccio all'assistenza ci aveva visti anche allora già d'accordo e soprattutto in cui erano stati superati i maggiori elementi di contrasto e di differenza, con le riforme introdotte in sede di secondo piano socio sanitario regionale. Noi siamo convinti che l'opzione dei Comuni in linea permanente sarebbe la soluzione giusta, che non esclude un cammino di formazione e di avvicinamento a certe condizioni sempre migliori nell'espletamento del servizio socio assistenziale. Naturalmente, anche in assenza della legge nazionale delle autonomie, che purtroppo non si sa come e quando verrà, noi abbiamo accettato che questa nostra idea non sia accolta in assoluto. Per ora ci siamo accontentati che sia consentita una proroga per dar modo a tutti di verificare meglio e di capire cosa succede e quali sono le possibilità di risoluzione definitiva nel quadro di una legge che speriamo non si faccia attendere molto. D'altra parte non va neanche dimenticato che sono escluse da questa deroga e quindi da questa possibilità di permanenza in capo al Comune della gestione, tutte quelle attività socio assistenziali che abbiano valenza sanitaria, che abbiano connessione con l'attività sanitaria, sulla base di una individuazione di queste attività, da farsi da parte del Consiglio regionale. Inoltre, la programmazione dei servizi sarà fatta nella sua integrità dall'Unità socio sanitaria, per cui pensiamo che questa soluzione proposta di una proroga temporale dell'obbligo assoluto di integrazione della gestione sia una cosa accettabile, nella quale ragionevolmente vorranno confluire le forze di questo Consiglio.
Per ragioni di tempo tralascio il problema del personale, perché non lo ritengo particolarmente motivo di contestazioni. Si inserisce qui la giusta sistemazione del personale delle attività sociali, attraverso piante organiche in una forma che appare giustificata.
Resta l'ultimo punto, a mio avviso, di rilevanza politica importante ed è l'art. 14, che introduce l'argomento relativo alla salvaguardia nella gestione delle IPAB, argomento che ha dato luogo a violentissimi dibattiti nella passata legislatura, nella quale personalmente mi sono distinto nel porre ripetutamente questo problema all'ordine del giorno con mozioni, con interventi vari, con proposte varie. Noi siamo convinti che l'attività socio assistenziale può essere opportunamente svolta anche in forma articolata, attraverso la gestione di istituzioni pubbliche o private sorte con finalità specifiche e che perciò possono rispondere adeguatamente a particolari esigenze del problema socio assistenziale, che difficilmente troverebbero rispondenza nello schema, sia pure avanzato, dato dalla legislazione statale e nazionale. Noi siamo dell'opinione che l'attività di queste IPAB debba essere in ogni modo aiutata e non sottoposta a vincoli che non nascono direttamente dal dovere e dal diritto di controllo che la Regione ha acquisito in base ai trasferimenti di questa materia da parte dello Stato. In questa legge ci sono delle norme che vanno oltre, e qui diamo atto al nostro Gruppo di aver accettato impostazione di altri Gruppi di non esserci attestati su una posizione assolutamente negativa, con la quale avevamo eccepito il carattere di illegittimità costituzionale a determinate imposizione di nuovi vincoli e di nuove forme di controllo che non fossero quelle stabilite dalla Costituzione e dalla legge sulle IPAB.
Ricordo che l'ultima volta che abbiamo portato in Consiglio questa problematica, la Presidenza del Consiglio regionale aveva addirittura richiesto pareri di illustri studiosi nella materia del diritto costituzionale. Da questi pareri emerge che se le nostre eccezioni di incostituzionalità e legittimità possono essere eccessive, tuttavia la materia è discutibile e quanto meno opinabile. Comunque noi abbiamo riconosciuto la fondatezza di determinate proposte, aderendo all'articolo che impone nuovi vincoli autorizzativi. Abbiamo però accolto con favore il fatto che la Regione impone dei termini istituisce il silenzio - assenso per i pareri dei Comuni e delle USL. Vogliamo soltanto raccomandare all'Assessorato che questi termini siano rigorosamente rispettati, che le richieste di autorizzazione non si trasformino in rallentamenti della attività delle IPAB che quindi si tenda ad agevolare, e non a frenare l'attività di istituzione che noi riteniamo ancora valide.
In conclusione, nessuno è autorizzato a ritenere che la nostra azione sia nella linea di un blocco di ciò che può marciare verso il miglioramento e l'ammodernamento del servizio.
Le nostre opinioni vanno valutate per quello che sono, caso mai giudicate come modalità che noi riteniamo più adeguate per raggiungere le stesse finalità presenti nell'impegno che pongono altri Gruppi a questa materia.
Quindi ci auguriamo che l'attività socio - assistenziale in Piemonte, a cui la legge 20 da certamente nuovo slancio, porti veramente a quelle conclusioni di un'assistenza più efficace, più adeguate, più giusta, più diffusa, meglio organizzata, a cui tutti noi aspiriamo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Olivieri.



OLIVIERI Aldo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, se fortunosamente arrivassi all'età di 92 anni e dovessi in quel lontano giorno scrivere le mie memorie e dovessi ripensare a questo dibattito, dovrei probabilmente dare un titolo e lo titolerei in siffatta maniera: "o delle illusioni o dei tabù".
Oggi ho sentito riaffiorare una serie di tabù che, purtroppo in questi ultimi anni hanno visto che le illusioni di alcuni anni fa, illusioni estremamente valide sul piano culturale (perché si parla sempre dei ritardi culturali o di cultura), validissime sul piano ideologico a seconda della parte che denunciavano, in realtà hanno avuto dai tempi delle grosse delusioni. Questo perché - e ce lo insegna la vita politica di tutti questi anni - si è fatto un grosso abuso confondendo maturazione culturale con editti e leggi, quasi che dalle leggi dovesse promanare un avanzamento culturale.
Credo che questo sia stato e sia tuttora, seppure oggigiorno in modo assai più sfumato, un grosso errore. Prima facciamo maturare gli uomini poi facciamo le leggi o perlomeno andiamo di pari passo, in modo non contrastante sicché non di traumi si debba parlare, ma di acclimatazione di maturazione reale, di modulazione dei tempi.
Allora affiorano questi tabù l'integrazione dei servizi, di cui tutti si ammantano a destra, a sinistra, maggioranza, opposizione. La legge n.
833 è un altro grande tabù. Attualmente è in crisi. Tutti i partiti di qualsiasi colore oggigiorno dicono che la legge 833 non è un tabù, che va modificata perché alla luce dei fatti ha mostrato la corda.
Stranamente oggi non ho sentito parlare di un altro tabù: la desanitarizzazione. Come mai non ne ho sentito parlare? In fondo la legge 20 era già contrastante con questo tabù, che pure allora andava per la maggiore. Era un processo di progressiva e acuta sanitarizzazione dei problemi, confondendo il lusco e il brusco, dando soprattutto all'anziano autosufficiente l'illusione e la speranza di vivere ancora una vita propria, autonoma, completa: l'impronta, l'imprimatur della sanitarizzazione che cade nell'alveo enorme della legge 833. Questa commistione che è quella che ha mostrato la corda, questa famosa integrazione dei servizi, quasi che noi fossimo una civiltà già completamente automatizzata, computerizzata, che riesca a mettere in ordine migliaia e migliaia di parametri in armonia, va al di là delle possibilità degli uomini. Uomini siamo e lo ha dimostrato l'attuazione della legge 20 che di uomini sempre si tratta. La legge 20 è in uno stato di tensione estremamente valido, nella realtà, già all'inizio nacque con una dilazione successivamente protratta anche dalla pregressa maggioranza, che dimostrava che in realtà la maturazione degli uomini non era ancora aderente a quella legge. Perché ci si accusa adesso di non aver attuato la legge 20? Perch non era nella logica delle cose, seppure era una logica idealistica neanche ideologica. Allora, dobbiamo essere molto umili, riconoscere in realtà che dobbiamo in un processo far maturare gli uomini e fare maturare la gente e non imporre ex abrupto soluzioni che potrebbero diventare controproducenti e elementi di rottura.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Lasciando le piante organiche scoperte.



OLIVIERI Aldo

Lascia perdere le piante organiche. Non fare del sindacalismo deteriore. Il ragionamento sulla legge 20, non è quello delle piante organiche, non è la legge dei lavoratori, è la legge di chi soffre, di chi ha bisogno di assistenza. Non facciamo le solite confusioni! Questa analisi ha un po' di "retro" evidentemente, ma il retro è di moda: c'è un revival anche del liberty, che ha una sua poesia.
Parliamo della sanitarizzazione, quella che in realtà mi è sempre piaciuta molto, ove fosse necessaria, e che seguito ancora a portare avanti. Vi sono differenze fondamentali: la differenza fondamentale fra l'anziano che vuole avere la sua autonomia, quando può ancora averla, e il bambino. Ci siamo battuti, abbiamo concretato una soluzione che vede il bambino che deve crescere in un complessivo; in realtà è la categoria più debole che ha bisogno di non avere dissoluzioni, contrazioni, scollamenti che ha bisogno di un tutt'unico che si interessa dell'infante, che gli permetta di crescere come se fosse, nei limiti del possibile, nel suo alveo familiare. Questo è importante, è essenziale e su questo ci siamo battuti e abbiamo trovato una soluzione secondo noi assolutamente valida.
I problemi della legge 20 invece si intersecano con quelli della legge 833. Abbiamo il coraggio di dire, e giustamente, che tutti i non autosufficienti passano alle UU.SS.SS.LL. Abbiamo il coraggio di dire che dovremo fare un salto di qualità, però non nella legge 20, ma a livello di piano. Là si potrà sanitarizzare e ospedalizzare una serie di istituzioni per non autosufficienti, che in realtà non sono altro che degli ospedali con un'altra etichetta e con patologie spesso molto più gravi di quanto non siano negli ospedali. Questi sono i veri problemi, tutto il resto è fumo il resto è meteorismo verbale. Allora sui tempi. E' risibile una competizione sui tempi; tre mesi prima, quattro mesi dopo fa ridere. Certo le UU.SS.SS.LL. dovranno riuscire a fare un salto di qualità, ma state tranquilli che la gente ha buon senso, gli amministratori locali, che poi non sono altro che gli amministratori delle UU.SS.SS.LL. o sono i confratelli si rendono conto, man mano c'è questa maturazione verso soluzioni migliorative.
Ho l'impressione che in questo dibattito si faccia del gran rumore per nulla, si creino dei tabù. L'altro grande tabù è la legge 180: quello sì che è stato un salto senza rete, come dice Dameri. Allora facciamo attenzione noi, quando facciamo le leggi, di non fare dei salti senza rete cerchiamo di avere una rete molto elastica, la più elastica possibile, che non sia altro che la cassa di risonanza del buon senso e dell'aderenza alla realtà delle cose.



PRESIDENTE

Si conclude a questo punto la prima parte dei lavori del Consiglio. E' convocata immediatamente la Conferenza dei Capigruppo.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13 riprende alle ore 14,45)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo la discussione sul p.d.l, n. 186.
La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo liberale esprime un giudizio in fase di dibattito generale positivo sulla proposta che viene presentata a questi banchi e anticipa che darà un voto positivo. Si tratta di collocare l'atteggiamento del nostro Gruppo e di giustificarlo rispetto alle questioni che ci vengono poste rispetto all'atteggiamento che il Gruppo liberale ha mantenuto su questa materia così complessa e delicata anche nelle passate occasioni di confronto.
Noi consideriamo questa legge molto importante, non tanto per le cose che cambiano, perché non cambia molto, ma perché ci mette per la prima volta in questa legislatura nella occasione di riflettere, riconsiderare ed approfondire alcune convinzioni e alcune valutazioni rispetto alle quali ci siamo mossi come Gruppi e si è mossa l'istituzione. Noi avevamo dato in Commissione un contributo significativo alla legge n. 20 (l'astensione in aula rispetto al voto favorevole non ricordo da cosa fosse motivata); nella legge 20 avevamo colto come positivo un momento di rottura rispetto a una situazione; evidentemente ci rendevamo conto che, i momenti di rottura, in qualche misura provocatori rispetto alle situazioni, devono poi diventare fatti di governo attraverso la consapevolezza degli uomini di governo di trasformare gli elementi di rottura in elementi capaci di atteggiarsi rispetto alle realtà della società e non alle intuizioni di principio.
Siamo consapevoli che da alcune indicazioni, che ci sembra giusto che allora fossero così radicali, si passi a livelli e a criteri di governo e di gestione concreta che si distinguono e sono diversi da quelli precedenti. Il problema che si pone è di capire se il processo continua ad essere di un certo segno oppure se il segno è cambiato.
Perché pensavamo che la legge 20 dovesse avere la nostra approvazione o comunque il nostro contributo critico? Lo pensavamo perché, attraverso l'approvazione della legge 20, si sarebbe provocato nella società e sul territorio un profondo dibattito su una materia che normalmente si tiene un po' a lato, come si tengono a lato anche i destinatari di questa materia gli anziani, gli handicappati, quelli che hanno bisogno, che rientrano non nella categoria della ragione e dei diritti, ma nella categoria dei sentimenti e della pietà. Avevamo colto il dibattito sulla legge 20 come una occasione per portare a questione politica e giuridica una questione che troppe volte viene chiusa (lo dico provocatoriamente) nella filosofia della cultura, della solidarietà e di altri valori, cristiani e laici, che non sono valori politici ma sono valori di coscienza che non hanno tutta la legittimazione in fase politica.
Il senso della legge 20 era la deistituzionalizzazione che noi avevamo appoggiato e continuiamo a considerare elemento portante, perché la istituzionalizzazione di questi problemi comportava elementi di riduzione degli spazi e della qualità della vita dei destinatari, ma soprattutto situazioni di grande differenza fra i consociati della nostra Regione. La istituzione per sua natura è presente in alcune sedi e non è presente in altre sedi, quindi chi si trova collocato in sedi economiche o geografiche fuori dall'istituzione è tenuto fuori dall'istituzione con quanto comporta.
Occorre legare fortemente questi problemi a una politica sul territorio e nella società capace di affrontare le esigenze a monte attraverso un ventaglio e una tastiera di interventi diversi, che non siano il rimedio finale dell'istituto che, per quanto lo demonizziamo e cerchiamo di rimuoverlo, rimane ancora, purtroppo, strumento finale di intervento nelle questioni cruciali.
Il nostro Gruppo voterà questa proposta di legge, e non dubita nel modo più assoluto che la Ginta intenda interpretare le cose qui scritte in modo diverso dal modo in cui sono scritte. Se il processo di trasferimento alle UU.SS.SS.LL. ha bisogno di una proroga perché non sono mature alcune questioni di natura funzionale, così è, così pensiamo che sia e non dubitiamo che l'Assessore Carletto così interpreti questa proroga. Se per come abbiamo sentito in aula dal Consigliere Martinetti e come abbiamo sentito nei corridoi, si ritiene che la proroga deve anche servire per delle riflessioni e delle verifiche, questo tipo di approccio non mi trova concorde. La proroga è per l'attuazione, non è per la legislazione. Non si prendono degli anni per ripensare la legge n. 20, perché allora tanto vale ripensarla subito; per cui se è soltanto una licenza verbale, la registro e non faccio altre questioni con il collega democristiano. Peraltro qualche amico di maggioranza mi ha detto nei corridoi che quando si dovesse arrivare a decidere su una struttura di un grosso Comune capoluogo di Provincia del sud del Piemonte e se dovesse essere messo alle strette lui si schiera da parte del Comune, perché quell'amministrazione ha una struttura e servizi molto efficienti. Gli ho risposto - e non è difficile immaginarne il nome - che a quel punto avrà il dovere di fare il Consigliere regionale; se ritiene giusta la logica che i cittadini debbono subire o essere privilegiati dalle capacità dei Comuni, benissimo, allora vuol dire che la Regione esce da questa partita, trova gli strumenti di trasmissione finanziaria delle risorse e lascia i cittadini esposti al rischio, o magari a vantaggio, che siano i Comuni a gestire questa materia.
Il riferimento alle UU.SS.SS.LL. non lo considero un riferimento di natura istituzionale, perché non credo molto alle UU.SS.SS.LL., ma lo considero come lo scenario minimale di superamento della dimensione comunale e quindi del ritorno in corso alle istituzioni al livello minimo.
Quando (mi auguro) verranno superate le UU.SS.SS.LL., bisognerà inventare un altro scenario di natura sovracomunale che sia in grado di garantire i servizi sul territorio. Se un esponente di maggioranza, non di seconda battuta, sostiene che quando si arriverà al dunque, lui riterrà che debbono essere i Comuni a mantenere la gestione diretta dei servizi in materia assistenziale, questa è una presa di posizione politica, del tutto legittima, che giustifica oggi stesso l'affossamento della legge n. 20.
Al fondo, cari amici, non c'è il problema istituzionale nel senso che consideriamo la U.S.S.L. un soggetto più capace, più titolato, più efficiente del Comune; lo consideriamo uno scenario di dimensioni diverse soprattutto di caratteristiche più diversificate, tali che sia più permeabile rispetto a certi processi di innovazione e di trasformazione che su questa materia vanno avviati; mentre riteniamo che il Comune per la sua dimensione, per gli interessi che sono consolidati, sia meno permeabile dei processi di trasformazione che vanno avviati. Ebbene, tra i processi di trasformazione che secondo i liberali devono essere avviati, questa è proprio una di quelle realtà rispetto alle quali i liberali, che sono tra coloro che hanno costruito lo Stato, dicono che ci deve essere più Stato.
Lo Stato deve garantire affinché si apra anche in questo campo il confronto tra coloro che più sanno e più possono, deve garantire una qualità della vita a quelli che hanno meno che sia il massimo che la società è in grado di pensare dal punto di vista culturale e il massimo che è in grado di dare dal punto di vista economico. Su questa soglia minimale, che noi ci auguriamo sia sempre la più alta possibile, possiamo anche ritenere utili e opportuni interventi miracolistici su valori che non sono civili ma che sono di altra natura, quelli per esempio che vengono introdotti, a mio modo di vedere un po' imprudentemente, dal relatore. Non credo molto al volontariato gratuito, credo al volontariato che insieme a un corrispettivo di natura finanziaria ed economica percepisce anche un corrispettivo di natura politica e una enumerazione di natura ideologica morale il cui costo per la società qualche volta non è inferiore al costo che la società stessa deve affrontare per un servizio di ordine naturale.
Devo dire con grande franchezza, anche se noti sottosegretari democristiani vanno in pellegrinaggio dal signor Muccioli, che quel signore ha fatto cose egregie, non metto in discussione niente, per carità! Ho per assistito al dibattito di Muccioli con l'on. Pannella e ne sono uscito impressionato in modo non favorevole. Un profeta della solidarietà che non colga la provocazione di Pannella affrontando il problema della droga in uno dei suoi nodi centrali, mi ha stupito. In altri termini non si risolve il problema della droga liberalizzando la droga, ma non si risolve certamente il problema della droga moltiplicando le esperienze di quel personaggio.
Astio, animosità, grossolanità, con questo atteggiamento il personaggio contraddiceva le affermazioni di Pannela che dovevano invece essere lette con la logica di prendere atto che era una provocazione che utilizzava un argomento di facile comprensione per far capire che gli altri strumenti in essere non risolvono il problema della droga. Su un libricino che noi stampiamo a cura dei contribuenti ho ripreso questi argomenti e mi chiedo per esempio, perché non si sia ancora fatto un piano Marshall sulla droga.
Si è fatto un piano Marshall contro il comunismo, si è salvata l'Europa occidentale dal comunismo, ma non mi sembra che si faccia niente del genere per trasformare il triangolo d'oro in una area economica normale. Quando si dice che bisogna affrontare i punti strategici di questo problema, sarà sbagliato quello della somministrazione gratuita della droga libera, ma indubbiamente si deve prendere atto che il problema è lì. Se invece il titolare di questa nuova assisi, che ogni tanto usa delle metodologie non proprio francescane, reagisce a questa problematica in questi termini vuol dire che è portatore di valori di grande solidarietà, ma probabilmente anche di altri valori di segno positivo o negativo.
Il ruolo che le istituzioni e il pubblico nel suo complesso credono di poter svolgere in materia socio-assistenziale è importante e irrinunciabile. Il complesso dei servizi sul territorio, gli interventi a monte rispetto alle situazioni a rischio, che sono poi le destinatarie di questo intervento, devono continuare a vedere la Regione capace di innovare continuamente e di superare anche le situazioni che si vanno a sedimentare in termini positivi. Quando da parte di molti, anche degli amici democristiani, si è riconosciuto il limite della istituzione, magari di tradizione cattolica, nessuno ha mai messo in dubbio la bontà e la grande validità dei valori che avevano messo in movimento questo tipo di processo.
Ma questo processo tende a chiudersi nei limiti della propria concezione e percezione temporale, politico-culturale e rischia di diventare superato se il sistema dei decisori e delle istituzioni non mette continuamente in confronto il sistema che ha avviato un certo tipo di esperienze.
Confermiamo un giudizio positivo sulla proposta che ci viene sottoposta. La leggiamo, rispetto ai nostri orientamenti precedenti, come un momento di governo, non come un momento di legislazione. Sulla linea di alcuni orientamenti che si sono dati in passato si tratta di riconoscere la esigenza di sospendere e quindi di immaginare questo periodo di proroga dicendo niente di diverso né di più né di meno rispetto a quello che di questa legge non viene cambiato. Questa legge rimane quella che è, viene cambiata solo per quello che viene cambiato.
So che l'Assessore, al quale va la mia stima e quella del mio Gruppo non ha riserve di questo genere. Se avessi questo dubbio evidentemente lo approfondirei. Mi rendo anche conto che le licenze oratorie di alcuni colleghi democristiani non devono essere valutate più di tanto nel senso che qualche volta la parola tradisce il pensiero e la considerazione.
Mi riferisco alla collega Dameri, che ha svolto un intervento molto appassionato, molto interessante e molto apprezzabile. Riteniamo quindi che la posizione dei laici, nella specie la posizione dei liberali, rimane quella della passata legislatura. Rispetto a questa questione si deve tendere ad un massimo di deistituzionalizzazione, si deve puntare ad un'armatura forte del territorio in grado di affrontare per quanto possibile a monte le situazioni a rischio e soprattutto si deve intervenire quando queste si siano realizzate garantendo quegli spazi di esistenza e di qualità dell'esistente ai destinatari dei nostri servizi.
Il voto favorevole, che illustreremo ancora in conclusione, vuole essere esplicitato come interpretazione di questa legge non come innovazione in termini di valori e di obiettivi, ma semplicemente come presa d'atto che una legge di lettura come la 20 per andare a regime ha bisogno di una serie di ripensamenti nel metodo e nei tempi, che sono piuttosto atti di governo e di gestione concreta della materia, che non di legislazione, cioè di indirizzo rispetto alla materia stessa.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Stiamo discutendo attorno a questa legge con una difficoltà oggettiva per la mancanza di elementi conoscitivi essenziali, non possiamo quindi entrare nel merito della proposta che è giunta in aula continuamente modificata e stravolta.
Il collega Marchini poc'anzi denunciava l'elemento di ambiguità all'interno della gestione della legge riferendosi all'intervento molto responsabile del collega Martinetti e riprendendo una serie di temi polemici che sono sorti nel momento della discussione attorno alla prima formulazione della legge 20 nella passata amministrazione delineando uno scontro non di carattere ideologico ma uno scontro sul modo di concepire i rapporti tra pubblica istituzione e privato, sul modo di concepire strategicamente l'intervento attorno ad un tema così importante che riguarda i problemi e le tematiche dei servizi socio-assistenziali.
Credo che questo sia l'elemento oggettivo che attraversa le forze politiche e che divide una parte della maggioranza. La Democrazia Cristiana ha affrontato questo tema con un'ottica diversa e quindi da un versante profondamente diverso; nella passata legislatura si erano potuto verificare convergenze che andavano al di là della maggioranza di sinistra che aveva determinato l'approvazione di quella legge.
Potrei definire questa legge come la legge delle proroghe e la legge della sostanziale non applicazione. E' una legge che si caratterizza forte nei principi, forte nelle proposizioni, ma incapace sul piano politico e culturale a dispiegarsi nella fase applicativa. Questa difficoltà ha avuto via via delle sanzioni con successive proroghe che si è dato nella sua applicazione. La difficoltà istituzionale e culturale di applicazione di questa legge ha delle sue motivazioni nel fatto che ci si trova ad operare in assenza di un quadro nazionale. Questo dava la possibilità ai diversi interlocutori istituzionali di non considerare sufficientemente pregnante dal punto di vista politico e normativo una legge che invece cercava di intervenire per riordinare una materia che non può essere disgiunta nella gestione dal sistema dei servizi sanitari.
La legge quadro non esiste per precise responsabilità politiche sappiamo che una parte del Parlamento e una parte non indifferente della Democrazia Cristiana resistono nell'andare ad una legge quadro che apra dal punto di vista politico possibilità nuove alle autonomie locali e prima di tutto alle Regioni.
Ci sono poi le difficoltà di finanziamento. La legge finanziaria da alcuni anni opera con tagli indiscriminati alle spese sociali; si opera sistematicamente all'interno di tutto il settore socio-assistenziale per creare difficoltà non solo dal punto di vista istituzionale e legislativo ma anche dal punto di vista economico privilegiando altri settori. La grave carenza finanziaria viene ancora una volta a ricadere su coloro che hanno la responsabilità della programmazione e di gestione di questa materia.
Quest'anno la Finanziaria prevede un ulteriore taglio ai servizi socio assistenziali, un taglio profondo nel settore della scuola, mentre aumentano del 10% le spese del Ministero della Difesa (21 mila miliardi).
E' un elemento che deve far meditare; non si può da un lato dire di essere per interventi organici rispetto a quel terzo del Paese che risente di questo dualismo tra parte forte e parte debole e dall'altro accettare la logica finanziaria nazionale che tende al contenimento del debito pubblico puntando il dito su quei settori che cercano di affrontare questi problemi.
Ci sono responsabilità politiche sia per quanto riguarda la mancanza di una legge quadro nazionale sia per quanto riguarda la mancanza di adeguati finanziamenti che non possono essere dimenticate o discusse in modo dissociato all'interno dei singoli partiti tra i comportamenti nazionali e i comportamenti delle realtà locali. C'è un problema di responsabilità che va richiamato e su questo penso si debba aprire una riflessione.
Vorrei entrare nel merito della questione della legge 20 e interloquire su alcune osservazioni che faceva Martinetti a nome della DC. E' vero che attorno alla legge 20 c'è stato un serio dibattito tra posizioni diverse ma è pur anche vero che la legge 20 non è stata partorita dal cervello dell'Assessore di allora, Elettra Cernetti; era una legge che tentava di cogliere gli elementi emergenti da una società composita e pluralista, che aveva acquisito culturalmente, che aveva determinato una spinta sociale e politica precisa per avviare quegli interventi che garantissero a tutti i cittadini il diritto alla parità di trattamento, in particolare ai cittadini più deboli. C'è stata all'interno del movimento operaio, della società, delle ispirazioni culturali, anche cattoliche, una grande spinta alla solidarietà che portava ad adeguare le leggi a queste esigenze; tutto questo era accompagnato da forti lotte sociali, da atti di mobilitazione che spingevano al riordino della materia che tendeva a buttare fuori dalla società i diversi anziché acquisirne gli elementi di piena cittadinanza.
Nel 1978 si è attivata la proposta di legge di iniziativa popolare per l'istituzione delle unità locali dei servizi. Mi onoro di essere stato insieme al compianto amico Delpiano e all'onorevole Guidetti Serra, tra i primi firmatari di quella proposta di legge di iniziativa popolare che aveva raccolto decine di migliaia di firme. Quindi non siamo qui a discutere di una materia improvvisamente calata sui nostri banchi per volontà non si sa di chi, ma siamo a discutere di una questione che aveva fatto dell'integrazione e della gestione unitaria dei servizi, a partire da quelli sanitari e socio-assistenziali, un elemento cardine dell'intervento nella società attraverso le istituzioni. Personalmente mi ero battuto per una certa articolazione nella fase attuativa della legge 20. Gli elementi portanti della legge 20, il fatto di dare precise responsabilità di gestione unitaria alle UU.SS.SS.LL. sono ancora oggi elementi fondamentali se si vuole parlare di integrazione dei servizi, anche se vi sono delle oggettive difficoltà dal punto di vista materiale nel dividere quelle che sono le spese di carattere strettamente sanitario da quelle di carattere socio-assistenziale. La gestione unitaria diventava indispensabile; ed era sentita anche nelle realtà più attente e più sensibili; qui si faceva l'esempio di una parte del cuneese e di altre realtà, guarda caso proprio quelle realtà a diversa valenza politica, ma con sensibilità culturale e sociale estremamente elevata per radicamenti vari, che hanno dato il via ad una applicazione avanzata sia pure per certi aspetti problematica. Quindi la scelta di fondo della gestione unitaria a livello istituzionale era non solo condivisibile, ma inevitabile dal punto di vista concettuale e pratico.
La realtà delle autonomie locali piemontesi viveva di un preoccupante dualismo. Negli anni passati soltanto i grandi Comuni hanno avuto la possibilità, prima della legge 20, di intervenire con forti stanziamenti nel campo, per esempio, dell'assistenza domiciliare, mentre i piccoli Comuni per ristrettezze di bilancio, per impossibilità di organizzare questi servizi erano considerati di serie B, non erano in grado di reggere alla nuova spinta.
Il passaggio di queste competenze alle UU.SS.SS.LL. ha dato la possibilità a molti Comuni di avere finalmente dei servizi che da soli non sarebbero riusciti a mettere in piedi. Questo era anche un modo di rispondere a certe situazioni di squilibrio tra le realtà urbane e le realtà rurali, quindi si è aperta anche per i piccoli Comuni una potenzialità che per quanto riguarda i servizi adeguati ha permesso di fare un altro salto di qualità con la legge 20.
E' chiaro che la rigidità dei presidi socio-assistenziali previsti nella approvazione iniziale della legge andava cambiata. Su questo ci siamo battuti; andava ampliato l'arco della sperimentazione, non era necessaria la omologazione perché c'erano storie, culture, valori, esperienze profondamente diverse nella realtà piemontese che in qualche modo andavano guidati negli elementi generali di programmazione. Non per nulla al punto d) dell'art. 3 della legge si stimolava il formarsi di iniziative sperimentali anche autogestite; in questo senso, salvo in qualche settore dell'handicap o della tossicodipendenza, molto di più non si è fatto, per stimolare queste esperienze e iniziative sperimentali autogestite in campi che la struttura pubblica o il tradizionale privato non erano in grado per motivi diversi di recepire di fronte ai cambiamenti, ai nuovi bisogni e alle nuove situazioni che si erano determinate e che si determinano nella società.
Con le modifiche alla legge 20, con il II piano socio-sanitario e attraverso le previsioni normative di questa legge c'era la possibilità di intervenire in modo articolato per valorizzare l'esistente e per portarlo attraverso la collaborazione di tutti, all'adeguamento ai nuovi bisogni e alle nuove situazioni. Allora ecco l'elemento di critica nella gestione della legge 20 anche nella fase iniziale. Non si è fatto un sufficiente sforzo di adeguamento prima di tutto culturale molte volte da parte della classe politica amministrativa a tutti i livelli per adeguatamente corrispondere alle nuove potenzialità che la legge determinava. Abbiamo assistito alla classe politica dirigere le UU.SS.SS.LL., ad una incapacità culturale di cogliere questi elementi. C'è da dire che al salto qualitativo che la società nel suo insieme ha fatto non è corrisposta una gestione politica da parte di chi aveva le responsabilità istituzionali. Nel campo socio assistenziale abbiamo ricchezza di personale, di operatori, abbiamo capacità e dedizione come non esistono in altri settori. Esistono nel settore pubblico come nel settore privato, Assessore Carletto! E' stato un errore politico non avere colto l'enorme potenzialità degli operatori nei servizi sanitari e socio-assistenziali, sia nel pubblico che nel privato per far fare un salto qualitativo. Credo che la classe politica abbia dimostrato una forte inadeguatezza per non aver saputo cogliere questo elemento di potenzialità. Questo deve essere detto con forza.
Le UU.SS.SS.LL non hanno dato reale vita ai distretti socio-sanitari di base, che sono costruiti in larga parte solo sulla carta; questo intervento di base avrebbe contribuito a mantenere radicati nel territorio le persone in stato di bisogno dei servizi socio-assistenziali. La non funzionalità del distretto socio-sanitario di base ha determinato difficoltà di applicazione della legge 20 nella sua sostanza. Se vogliamo l'integrazione dei servizi socio-assistenziali con i servizi sanitari, essa non può che partire dalla cellula più vicina alla realtà sociale, ovvero dai distretti socio-sanitari che debbono essere attivati se non sono ancora attivati.
Possiamo dire che la legge 20 è inapplicabile, perché sul territorio non si realizzano le condizioni necessarie perché essa possa essere applicata.
L'altro aspetto gravemente carente riguarda la legge sul volontariato.
Abbiamo approvato questa legge, che è stata un grande momento di convergenza ideale e culturale del Consiglio, c'è stato un grande momento di consultazione, di partecipazione attorno a questa legge. Fatta la legge però essa è stata dimenticata, prima di tutto dalla Regione che non ha attivato strumenti sufficienti per stimolarne l'applicazione corretta. Le USSL ne hanno colto la parte utilitaristica, hanno attivato la legge del volontariato solo per la parte che era di loro interesse diretto. Tra l'altro questa legge prevede una relazione annuale sullo stato di applicazione, relazione che però non ho mai visto.
E' del tutto inadeguato parlare di modificazioni. Due modificazioni sono preoccupanti, una è quella che riguarda la proroga, l'altra è quella contenuta nell'art. 2 della proposta di legge. Credo che, mancando gli elementi conoscitivi sullo stato di attuazione del piano socio-sanitario mancando gli elementi conoscitivi sullo stato di applicazione della legge 20, mancando gli elementi conoscitivi sullo stato di applicazione della legge sul volontariato, in carenza poi della legge quadro nazionale mancando i finanziamenti, diventa tutto strano e ambiguo. So che l'Assessore Carletto se ne rende conto perfettamente, che qui ci sono due modi di intendere queste modificazioni. C'è un modo di intendere che sta dentro la legge 20 per darle più forza, anche se questo è discutibile, e c'è un modo di intendere, secondo la lettura di Marchini che in parte faccio anch'io, e che si può intravedere nell'intervento serio ed onesto del Consigliere Martinetti, quando si dice che in fondo la legge 20 non l'abbiamo mai accettata, quindi via via si creano dei grimaldelli per scardinarla, perché in fondo non corrisponde alla nostra cultura, al nostro modo di intendere questi problemi, cosa del tutto legittima, che per comporta un problema di carattere politico. Chiedo come altri Gruppi o settori della DC possano accettare una interpretazione del genere; perch la legge 20 viene presentata nella società e in certi ambienti come una legge che ha fatto il suo tempo e che le cose cambieranno. Non essendo stata applicata e venendo via via scardinata è chiaro che in fondo otteniamo, senza dirlo, il risultato che abbiamo perseguito nel momento in cui ci siamo battuti contro la sua formulazione e approvazione. Questi elementi sono gravemente preoccupanti, perché si vuole usare questa legge come grimaldello per scardinare la legge 20. La decisione più ovvia sarebbe quella di riportare la materia ad una attenta riflessione avendo di fronte un quadro concreto sullo stato di applicazione.
Signor Presidente, vorrei chiedere il suo autorevole intervento per garantire che l'informazione pubblica sia corretta. Non è la prima volta che i servizi giornalistici della RAI falsano la reale informazione. Le OO.SS. avevano diramato un volantino in cui è scritto: "Obiettivo dell'iniziativa" si parla dello sciopero "è di ottenere sostanziali modifiche alla legge in discussione il giorno 19 gennaio nel Consiglio regionale sui servizi socio-assistenziali".
Chiedo che il Presidente si faccia dare il testo integrale della notizia, così come ieri è stata data dai servizi giornalistici televisivi e radiofonici, per capire come l'informazione pubblica viene fatta.
Mi pare che ci sia una preoccupante lottizzazione dei servizi giornalistici regionali al punto che le notizie vengono filtrate a seconda degli interessi di partito e una grossa parte di questa società, questa situazione non la può più accettare. Da quando è cambiata una certa direzione questi casi sono frequenti. E' un attentato alla correttezza democratica e all'informazione che dovrebbe essere garantita prima di tutto dalla professionalità dei giornalisti, e su questo sarebbe interessante discuterne, e in modo particolare dalla oggettività delle informazioni.
Chiudo la parentesi.
Il sindacato ritiene che questo disegno di legge "mantenga la dispersione delle competenze nella programmazione dei servizi, tra Servizio sanitario, UU.SS.SS.LL. e Comuni, con conseguenti e gravissimi disagi ai cittadini". Sfido l'Assessore a dimostrare che questo non sia vero. C'è un articolo nella legge che prevede un contributo finanziario da parte degli utenti: si passa dalla gratuità dell'assistenza, alla messa in discussione di questo principio fondamentale. Mi ha fatto piacere che il sindacato l'abbia rilevato, perché da anni non leggevo più queste cose sui volantini sindacali.
Credo che un altro punto importante, sul quale mi soffermer brevemente, riguarda i soggetti che concorrono alla realizzazione del sistema socio-assistenziale. L'intervento del collega Martinetti mi ha in parte preoccupato, forse non ho capito le sue affermazioni, vorrei allora capirle meglio.
Credo che l'unico soggetto abilitato a concorrere al sistema socio assistenziale sia il soggetto pubblico. Che poi il soggetto pubblico si avvalga di altre referenti sociali nell'ambito della programmazione e delle operazioni di convenzionamento, mi pare importante e significativo. Nella proposta di legge si afferma che possono essere anche altri soggetti privati che svolgono attività socio-assistenziale dotati o meno di personalità giuridica. Soggetto privato può essere chiunque, può anche essere chi mette in piedi una sua struttura come imprenditore privato che dalla sua ottica, deve avere un tornaconto in questo investimento. A me pare che sia molto rischioso lasciare ad un settore così delicato questa possibilità, senza mettere uno stop, senza considerare che esiste privato e privato, senza considerare le esperienze private che hanno fini di lucro, e le esperienze che non hanno fini di lucro, ma hanno finalità etico-sociali o religiose. Sono differenziazioni di notevole portata. E' una provocazione inaccettabile, è da considerare un vero stravolgimento della legge, una vera sovversione della legge; chi non ha mai creduto nella legge 20 e intende scardinarla senza dirlo, proprio in questo punto trova un passaggio amplissimo per mettere in discussione l'essenza di questa legge.
Abbiamo presentato un emendamento in cui si parla del privato senza fini di lucro ma con finalità etico-sociali o religiose. Non stiamo operando nel campo dell'industria o del commercio, ma stiamo operando in un campo che riguarda la globalità dei problemi delle persone e dei diritti previsti dalla Costituzione, campo che non può essere demandato a nessuno se non alla responsabilità della gestione pubblica che fa agio sulla ricchezza della società civile, che tende a scommettere su questo grande bisogno, sulla esigenza di solidarietà che diventa un elemento fondamentale in una società che tende ad emarginare un terzo dei suoi componenti ritenendo che i due terzi siano più forti, possano contare dal punto di vista numerico, di poter decidere dal punto di vista democratico.
Democrazia vuol dire volontà della maggioranza, ma se solo i due terzi della società hanno gli strumenti economici, culturali e sociali per poter decidere, è evidente che questa è una democrazia zoppa, e il modo per renderla più zoppa è quello di aprire delle zeppe in una legge come questa lasciando ampio campo al privato che può intervenire senza essere controllato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Gallarini.



GALLARINI Pierluigi

Signor Presidente, signori Consiglieri, a nome del Gruppo socialdemocratico riteniamo di intervenire nella discussione, al di là di quello che sarà il voto. Personalmente, pur essendo membro della Commissione sanità, non ho avuto modo di partecipare alle riunioni della Commissione, quindi non ho avuto modo di sviscerare l'iter politico amministrativo attraverso il quale si è arrivati alla formulazione di questo disegno di legge che peraltro condivido nella sostanza.
Come amministratore di Unità Sanitaria Locale ho avuto modo di vivere in prima persona per molti anni, la legge n. 20, così come era stata formulata nel 1982. Penso che il Gruppo socialdemocratico non possa essere tacciato di incoerenza se, pur avendo approvato nel 1982 la legge 20, oggi condividiamo la sostanza della proroga, non solo sotto qualche angolatura messa in luce dal Consigliere Marchini, perché siamo convinti della inapplicabilità pratica di questa legge. Quindi il nostro atteggiamento non può essere considerato incoerente, ma semplicemente un modo elastico e dinamico di cogliere la realtà nei vari aspetti sotto i quali si manifesta non è sicuramente coerenza difendere una legge solo perché la si è votata nel 1982, quando nel corso di questi anni, si è sperimentata sul campo la inapplicabilità pratica, e sottolineo inapplicabilità perché se vogliamo svolgere qualche considerazione in sintesi, dobbiamo dire che le UU.SS.SS.LL. che già sul versante della sanità hanno gravi difficoltà, si sono viste in questi anni paracadutare competenze che con la sanità non hanno nulla a che vedere. Certo, anche nel campo socio-assistenziale esiste la parte sanitaria, ma è la sanità del socio-assistenziale. La Regione in questi ultimi anni ha erogato alle UU.SS.SS.LL. per quanto riguarda i servizi socio-assistenziali 5 mila lire procapite all'anno; una cifra maggiore di quella erogata negli anni precedenti.
Le UU.SS.SS.LL. non hanno le piante organiche in grado di recepire figure di questo tipo, i Comuni si sono rifiutati di inserire nelle proprie piante organiche (al di là del fatto che non è sufficiente la volontà politica, perché un conto sono le affermazioni di principio e un conto è l'agibilità pratica dell'amministrazione degli Enti locali) figure di questo tipo. Penso che oggi si possano condividere alcune enunciazioni alcuni principi affermati nella legge n. 20, ma un conto sono i principi e un conto è la agibilità e l'applicabilità di una legge. Una legge per essere applicabile ovviamente deve essere la più semplice possibile e deve essere soprattutto gestibile. Siamo convinti che al di là della proroga occorrerà metter mano in modo radicale, sotto molti aspetti di operatività pratica, a quanto enunciato con la legge n. 20. Rigettiamo l'affermazione secondo la quale dare l'assenso oggi ad una proroga sia incoerenza o sia sinonimo di arretramento culturale. Possiamo parlare finché vogliamo di adeguamenti culturali, ma dobbiamo saper cogliere la dinamica e le esperienze che hanno vissuto gli Enti locali e le UU.SS.SS.LL. in questi anni. Auguriamoci che entro qualche tempo vada in porto il disegno di legge presentato dal Min. Donat Cattin sulla riforma sanitaria, e che le UU.SS.SS.LL. finalmente abbiano personalità giuridica, prima condizione perché in capo ad esse possano nascere nuovi servizi con capacità pratica di gestione (abbiamo assistito ultimamente a deleghe da parte della Regione alle Province, ma dal punto di vista pratico queste deleghe non erano supportate da fondi sufficienti e da personale ad hoc per poterle gestire). Non è sufficiente fare le affermazioni, occorre dal punto di vista pratico verificare la percorribilità e la agibilità di una legge.
Per quanto riguarda il personale, corollario di quello che è concettualmente il nocciolo della legge in discussione, da anni molto personale sparso nella nostra regione è addetto ai cosiddetti ex piani CEE inserimento al lavoro degli handicappati. Dal 1980 alcune centinaia di operatori addetti ai piani CEE operano, di 90 giorni in 90 giorni (il CO.RE.CO, pur sapendo che è illegittima la proroga, continuano a prorogare perché ovviamente non si possono interrompere i servizi), quindi ben venga il corollario inserito in questa legge che finalmente permette di risolvere questa annosa questione e dà una certa garanzia di stabilità sia in merito al posto di lavoro sia per quanto riguarda le condizioni nelle quali tali operatori operano. Per queste considerazioni questa legge è quanto mai opportuna.
Noi diamo il nostro assenso auspicando che nell'ambito del progetto di ingegneria costituzionale la riforma dia certezza di personalità giuridica ed eventualmente autonomia impositiva alle UU.SS.SS.LL. Se muteranno le condizioni di fondo, le capacità pratiche da parte delle UU.SS.SS.LL., il discorso socio-assistenziale potrà inserirsi nella nuova cornice con connotazioni che maggiormente avvicinino il pratico e l'operativo a quanto era stato enunciato dalla legge n. 20 nel 1982. Oggi penso che non esistano altre strade per garantire i servizi in discussione.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Nerviani.



NERVIANI Enrico

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, forse non dirò nulla di nuovo rispetto all'intervento che ha fatto questa mattina in modo positivo il collega Martinetti, intervento che non ha mi dato motivo di preoccupazione al contrario, di seria ed oggettiva soddisfazione; diversamente il collega Reburdo ha osservato l'arretramento delle posizioni culturali del collega Martinetti rispetto al passato.
Mi sembra che il Consigliere Martinetti abbia dato ragione della nostra posizione, una ragione meditata, serena, lontana dalle accuse facili e dai giudizi superficiali.
Non crediamo che questa legge possa contribuire a rendere zoppa la nostra democrazia come è stato detto con una immagine un po' forte. La vediamo come una necessità di adeguamento tecnico ad esigenze che nel corso di applicazione della legge n. 20 si sono manifestate e come un modestissimo tentativo di mantenere uno spazio di riflessione sull'opportunità del trasferimento di tutte le competenze in materia assistenziale dai Comuni alle UU.SS.SS.LL.. Per questo siamo grati agli amici del Consiglio e agli amici di maggioranza che questo spazio ci consentono di avere presumendo che - e noi presumiamo - anch'essi possano avere nelle mente qualche dubbio sull'opportunità di trasferimento così definitivi e completi.
Non credo che avere una idea diversa della organizzazione, della strutturazione dei servizi, degli enti che debbono avere in testa determinate competenze sia indicativo di arretratezza culturale, sia indicativo di propensione a favorire quella che è stata definita la politica di campanile (penso si volesse intendere anche di municipio) indegna di questo Paese. Si possono avere, almeno sotto i profili strutturali, sotto i profili funzionali, sotto quelli dell'efficienza anche idee diverse. Non abbiamo mai dimostrato di essere retrogradi, di essere insensibili ai problemi della gente in difficoltà, di quel terzo della popolazione del nostro Paese che vive in condizioni di bisogno. Forse questo lo dobbiamo dimostrare più efficacemente in altri momenti, quando si fanno i bilanci, quando si fanno le leggi finanziarie, quando si ripartiscono le risorse; ma dare implicazioni di questa valenza ad una leggina di questo tipo mi sembra veramente e obiettivamente una forzatura.
Se è vero che questo è un provvedimento parziale è altrettanto vero che noi annettiamo a tutte le cose che facciamo un significato, non siamo dei casuali; dietro agli atteggiamenti c'è una posizione razionale, una filosofia. Dico con franchezza che per noi questa filosofia per l'esercizio delle competenze assistenziali è la valorizzazione delle comunità primarie quelle più vicine alla comunità primaria che è la famiglia, che individuiamo, in primo luogo nei Comuni, anche se con posizioni un po' divise all'interno dello stesso Gruppo. Riteniamo che l'umanizzazione dei servizi diventi più facile, sia possibile nella gestione più vicina al cittadino che dei servizi deve fruire.
Personalmente attribuisco - e mi si perdoni questa espressione forse imprecisa - all'assistenza la caratteristica della carità che si fa espressione del nostro impegno civile. Credo che sia espressione della solidarietà del nostro tentativo di riequilibrio e di giustizia. Penso che questi valori in primo luogo siano più facilmente interpretabili dalle comunità più ridotte, quando ovviamente siano in grado funzionalmente di sopportare e di gestire il servizio.
Dietro alla nostra posizione non ci sono interessi di parte, non ci sono arretratezze culturali, non c'è incapacità di rispondere in termini avanzati ad esigenze civili: ci sono, forse, interpretazioni diverse dell'organizzazione della nostra società. Ma io penso che una posizione di questo tipo abbia dignità di presenza culturale nel dibattito che si sta svolgendo e dobbiamo ringraziare a quelle parti del Consiglio che non si esprimono all'interno dell'opposizione che riconoscono la fondatezza, la discutibilità di orientamenti di questo tipo. Quindi una valenza esagerata a mio avviso e una forzatura della tematica che qui è in discussione.
Non credo neppure - mi consenta il Consigliere Reburdo - che una operazione di questo tipo risolva i problemi dei Comuni che hanno pochi soldi. Perché se fosse vero questo e se dovessimo fare la riforma, come dice il Consigliere Reburdo, più avanzata per questa ragione, direi che è veramente un frainteso permanente; perché se i Comuni piccoli non possono fare l'assistenza perché sono privi del sostentamento economico per farla e se fosse vera la tesi per cui i Comuni piccoli dovrebbero e potrebbero farla, ci si dovrebbe soltanto impegnare perché anch'essi avessero gli adeguati sostentamenti finanziari per poterla fare. Non è una ragione, una ratio, una filosofia, un motivo serio per trasferire queste competenze il fatto che i Comuni piccoli non hanno gli strumenti finanziari sufficienti.
Altra è la ragione. Si potrà dire che potrà funzionare meglio il servizio non ritengo che questa ragione che molto spesso circola tra di noi abbia un fondamento profondo.
Quand'anche a livello nazionale si arrivasse ad immaginare la centralizzazione del servizio assistenziale come un elemento ineliminabile e fondamentale, non è detto che personalmente e molti amici del mio Gruppo ci allineeremo a questa posizione, perché spesso lo Stato deve imporre una generalizzazione, una diffusione indistinta per insufficienza di livelli ma non perché la scelta che si fa della centralizzazione sia la migliore.
Una società matura, una società di livello civile molto alto pu tranquillamente optare per scelte di diffusione massima anche del servizio assistenziale nel più piccolo Comune perché sono cambiate le nostre storie i piccoli Comuni non hanno più la cultura, la base che un tempo li caratterizzava. I livelli di possibilità gestionale sono molto più alti e almeno su questo credo valga la spesa di fare un'onestissima riflessione.
Io la faccio anche con i colleghi comunisti molto spesso nei Comuni in cui mi è data la fortuna di operare, e credo di trovarmi frequentemente d'accordo con coloro che in questo momento siedono sui banchi dell'opposizione formale.
Dico con molta serenità all'amica collega Dameri che ha fatto un'invocazione ai laici perché si ricordino della battaglia di laicità che fu fatta al tempo dell'approvazione della legge del 1982, che proprio il discorso dei privati, delle istituzioni religiose, il dibattito che questa mattina ha bene ricordato il collega Martinetti, entra proprio per nulla qui si parla invece di istituzioni dello Stato, istituzioni comunali dove non interviene assolutamente l'interesse che può essere delle realtà religiose e delle realtà private. Se entrassimo in quel campo dovrei ringraziare due persone che sono state ricordate questa mattina dal collega Martinetti: l'uno è il vostro compagno di partito, stimatissimo da parte mia, amico Bajardi e l'altro è il Presidente del Consiglio Viglione che con saggezza nel 1984 hanno colto le nostre opposizioni su atteggiamenti preconcetti nei confronti di alcune iniziative che erano dei privati e si sono disposti ad una modifica, che allora fu sostanziale (non quella di oggi) e che ebbe la caratteristica della virata della legge 20 verso spazi di maggiore giustizia e di maggiore praticabilità.
Caro amico Gallarini, tu che parli di inapplicabilità della legge avresti avuto ragione di lamentarti ben di più se soltanto ti fossi trovato ad operare nel 1983-1984 subito dopo l'approvazione della legge, prima delle modifiche che furono chiamate adeguamento all'interno del Piano socio sanitario 1985-1987. Quindi un richiamo alla laicità che mi pare non pertinente e che forse valeva la spesa di riservare per altre situazioni.
In fondo il nodo del dibattito di oggi sta in quel rinvio di due anni in quel tempo di maggiore riflessione che è stato richiesto e che è stato concordato, che non impone niente a nessuno, che consente ai Comuni che vogliono scegliere la via del trasferimento delle competenze di farlo tranquillamente, che consente a tutti di vedere se la strada per la quale ci si è intesi muovere fin qui è la strada giusta.
L'altro punto è quello che invece fa onore all'Assessore Carletto che ha portato l'argomento in dibattito ed è il problema delle piante organiche. Non credo che i dipendenti delle UU.SS.SS.LL., e dei Comuni che hanno trasferito le competenze non debbano avere una loro sistemazione e una definizione della loro posizione. Credo invece che la tranquillità degli operatori è premessa per una seria e più efficace loro azione. Rimane però l'impegno da parte di tutti di non confondere i campi, di non costruire condizioni per cui il timore che interessi di categoria finiscano per entrare negli interessi della politica, delle scelte più ampie.
Mantenere distinti questi momenti è estremamente importante e devo dire con molta franchezza che non ho mai avuto timore di dire i miei pensieri con estrema chiarezza; anche le iniziative di contestazione che si sono manifestate hanno passato il segno di quello che mi sembrava giusto ed opportuno in un dibattito di questo tipo.
Non abbiamo modificato lo spirito della legge 20, almeno laddove la legge 20 vuol dire rispetto dell'uomo in ogni momento della sua vita, in ogni momento di sua difficoltà. Non abbiamo modificato niente di sostanziale a difesa della gente debole che la legge 20 prevedesse, abbiamo soltanto tentato di fare le modifiche che il tempo di sperimentazione di questi ultimi anni ha imposto.
Pertanto abbiamo la coscienza tranquilla, sappiamo di pagare qualche prezzo in più, siamo dissenzienti su alcune soluzioni che sono state raggiunte, in materia di IPAB per esempio, ma sono cose che si pagano nel momento in cui si deve vivere insieme, punti di equilibrio che si debbono raggiungere; li abbiamo raggiunti con molta fatica, ma anche con molta civiltà e ci auguriamo che questi punti di intesa si trasformino in provvedimento di legge e in garanzia per la gente assistita ed anche per gli operatori che per la gente assistita svolgono la loro attività.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Ritengo, attraverso la nostra azione precedente a questa discussione e gli interventi dei colleghi Dameri e Reburdo, di aver portato un contributo per chiarire i termini politici della questione. Voglio soffermarmi soprattutto su questo aspetto, perché mi sembra che avendo insistito, a costo di apparire in alcune fasi difensori astratti della legge e dei principi ivi contenuti, siamo andati gradualmente al sodo e alla sostanza dei problemi. Non si tratta di una bolla di sapone, collega Nerviani, non si tratta di una piccola cosa che non meriti attenzione o comunque una così impegnata opposizione e critica. Non è una bolla di sapone, ma è un fatto preoccupante e grave e i termini che giustificano questa lettura sono dati da quanto esce da questo dibattito preliminare all'esame degli articoli.
Siamo di fronte a una sostanziale e preoccupante ambiguità politica e istituzionale. A Marchini do il merito di aver colto in parte questa ambiguità, ma credo che il dibattito e il modo in cui le varie forze politiche e la stessa DC hanno motivato la loro adesione a questa legge ci fanno stare dentro questa ambiguità, che è proroga di una fase per maturare degli obiettivi oppure affossamento e sepoltura di obiettivi e di indirizzi. Noi siamo convinti, soprattutto dopo questo dibattito, di dovere confermare nei valori evolutivi e progressivi la legge.
Una riforma è difficile, di graduale realizzabilità e di costruzione complessa, quando però ad una riforma si mettono dentro zeppe, temporali ma io dico di clima, di cultura, di atteggiamento, come qui è apparso e l'abbiamo sentito non solo negli interventi della DC, ma anche in quelli del PSI, sia quelli resi qui che quelli che abbiamo capito sono stati resi nelle chiacchiere al di fuori dell'aula, ebbene, quando ciò avviene, è chiaro che questo apparente buon senso, questo molto e troppo realismo diventa in realtà un'altra cosa, dietro esigenze realistiche cela la volontà chiara di fermare il processo di riforma. E il fatto che questo processo di riforma abbia iniziato a costruirsi, sia ancora da completarsi e che sia comunque un obiettivo politico su cui dividersi, su cui chiarire le posizioni, mi sembra che sia dimostrato da una considerazione di ordine generale. Soprattutto in Piemonte c'è l'esigenza di mettere assieme soggetti istituzionali, i piccoli Comuni che sono tanti, e di mettere assieme le loro risorse per una gestione comune dei servizi. Questa esigenza c'è in tutti i servizi, nei consorzi, nelle UU.SS.SS.LL. E' necessario accorpare. In questa situazione abbiamo varato una legge con coraggio che per noi era anche ammantato della preoccupazione del governo del reale. Scegliemmo quella strada e oggi abbiamo scelto di difenderla non solo perché siamo collocati all'opposizione e ci è indubbiamente più facile operare, ma perché siamo convinti che smantellare la riforma, smantellare il cammino della gestione comune dei servizi, soprattutto questo tipo di servizi, per le implicazioni di resa, di qualità, di realtà dei servizi stessi, è un elemento che vogliamo evidenziare e che non può essere messo sullo stesso piatto della bilancia rispetto a evidenti e ad esigenze, non sempre in mala fede, che si esprimono nel governo dei Comuni. Da un lato l'ambiguità di una manovra, che si dice essere proroga, ma che rivela l'intenzione di ripensare addirittura la cultura a cui si richiamava Reburdo. Olivieri ci invitava questa mattina a un rapporto di equilibrio tra leggi-editto e leggi che producono effetti, però dietro al suo ragionamento si capiva che voleva dire come tutte le riforme sono fallite perché erano sbagliate. Io credo che personaggi con esperienza nel campo possono dire che le riforme coraggiose degli anni passati sono fallite ma io dico che sono fallite per qualche difetto certo, ma soprattutto per il modo inadeguato con cui il sistema dei partiti e il sistema istituzionale le ha gestite. Allora io mi attaccherei lì, e non metterei in discussione i presupposti progressivi delle riforme, la legge 833, la 180 e la legge regionale n. 20.
Quello che ci preoccupa è che si stanno mettendo in discussione con queste manovre legislative i presupposti, i principi e gli indirizzi che hanno rappresentato una acquisizione culturale di un'Italia che in certe risposte di forte socialità e resa di servizi nell'ambito sociale ritrovava una sua ragione, in una fase storica alta rispetto al meccanismo del mercato e al meccanismo dell'accumulazione capitalistica. Quelle esigenze che allora erano forti, oggi sono ancora più forti. E' evidente che si stanno diversificando le velocità della società e proprio in questa fase politica ci vorrebbero più risorse, strutture e risposte alte ed adeguate ai bisogni delle persone. L'Italia, quinto Paese industriale, come tutti i grandi Paesi industriali è crescentemente divisa tra anziano, minore e handicappato e ha bisogno di interventi dello Stato a garanzia dei loro diritti. Questo sarebbe stato il momento di guardare avanti con lungimiranza anziché affossare la legge.
Questa operazione non può essere sbandierata come una "fase ulteriore di passaggio verso una ipotetica maturazione". Temo che più che alla maturazione si punti alla marcescenza. Il discorso degli operatori, caro Nerviani, non può essere liquidato parlando di interessi corporativi. Ce ne saranno anche, però mi pare che questo Paese abiliti e legittimi qualsiasi spinta corporativa. Ricordo che negli anni 1973/74, quando esercitavo le funzioni di amministratore comunale in un piccolo Comune (uno di quelli che attualmente godono di effetti positivi in capo a una Comunità montana che coincide con l'USSL), se non ci fosse stata l'azione di alcuni operatori non avremmo intrapreso quello che poi si è cercato di intraprendere cioè un servizio domiciliare per anziani. Quindi attenzione a liquidare in questa maniera gli operatori che sono portatori di interessi corporativi (gli unici che non siano portatori di interessi corporativi pare siano questi immacolati e neutri politici!). Comunque, dietro alla realtà degli operatori ci sta uno sforzo, un lavoro spesso reso con inventiva e fantasia che ha prodotto effetti benefici sugli stessi indirizzi dell'amministrazione. A volte il tirare la giacca all'amministratore, il distoglierlo da quelle che apparivano essere le medie esigenze della comunità ha permesso di percorrere strade nuove che andavano coraggiosamente e politicamente in direzione di alta qualità. E non a caso la sinistra si è fatta interprete di queste esigenze e ha portato avanti questa azione trovando la sensibilità nel mondo che di sinistra non era.
Gli esempi che faceva Martinetti depongono a favore di una possibilità larga e pluralistica di applicazione di questa legge. Se questo è vero credo che dobbiamo riconfermare che questa scelta che abbiamo compiuto, che hanno compiuto gli amministratori che appartengono al nostro partito, e cioè che sia necessario che certe funzioni siano gestite da parte dei Comuni. Ora al di la della distinzione tra le funzioni che svolge una Regione rispetto ai Comuni e le funzioni che svolge un Gruppo rispetto alle sue presenze nei Comuni, talvolta negli amministratori, proprio perch presi dalla necessità di amministrare piccoli Comuni, credo che prevalga quel realismo che deve essere accoppiato al senso politico di realizzare condizioni nuove, balzi in avanti sul terreno delle riforme che vadano in direzioni giuste. Noi siamo convinti che il parcellizzare certe funzioni sia produttivo di effetti e di conseguenze preoccupanti sul piano della resa dei servizi. Il servizio domiciliare in Comuni di poche centinaia di abitanti è un servizio non attuabile. E guardate che questo vuol dire tornare indietro, proprio dove il rapporto fecondo tra Comune, USSL e struttura esiste. Questo rapporto è sempre da conquistare attraverso una attivazione di partecipazione, il fatto è che avremmo dovuto recuperare un aspetto che attiene davvero alla responsabilità delle forze politiche, che è quello di fare in modo che anziché vivere isolati dai Comuni, i Comuni e le esigenze di partecipazione fossero molto vicini al lavoro, alle soluzioni, agli interventi dei servizi integrati. Dove questo si è verificato c'è stata molta partecipazione. Ho presente la Val Pellice, ad esempio, dove c'è stato un terreno continuamente animato dalla vivacità e dalla volontà degli operatori per favorire la partecipazione.
Preannuncio che, dopo la discussione generale, il nostro Gruppo presenterà un ordine del giorno con la richiesta di non passaggio ai voti su questo progetto di legge. Certo mi rendo conto che dalle dichiarazioni sia pure sfumate e varie che sono state fatte, non abbiamo molte probabilità di riuscire, anche perché questa mattina avevo chiesto di iniziare il dibattito nel presupposto che ci fossero i compagni socialisti devo dire che ai compagni socialisti è mio dovere rivolgermi per una preoccupazione forte che ho, e che è tutta politica. In passato avemmo da parte del Gruppo socialista su questa legge, per il ruolo che aveva giocato, una interpretazione che talvolta noi stessi giudicammo un po' giacobina. Adesso siamo passati ai girondini. La teoria che sembra uscire da questo Partito è quella dell'abbandono della cultura forte e reale delle riforme, non della declamazione delle riforme. Questo è un metro, è un banco di prova. E' un banco di prova che, per le considerazioni che abbiamo cercato di svolgere soprattutto con l'intervento della collega Dameri, il mio è meno incisivo e preciso, comunque richiama dei punti politici, non può che essere rivolto con preoccupazione, che va al di là della legge, al Gruppo e al Partito socialista.
In realtà su questi versanti si giocano delle possibilità. Su questi temi abbiamo anche anime sensibili della Democrazia Cristiana, come si è evidenziato anche nell'applicazione della legge, abbiamo l'interesse e la preoccupazione, che il collega Marchini ha evidenziato, dei Gruppi laici che vedono i rischi di un ritorno all'indietro non fosse altro che sul piano di alcuni principi cari alla loro cultura, parla dell'efficienza degli elementi di uguaglianza e di opportunità, più che l'uguaglianza e l'egualitarismo. Allora, per quali ragioni proprio il Gruppo socialista (certo conosco le ragioni di maggioranza) non sente più i terminali reali di un mondo che c'è e che non sarà invitto e trionfante come era in certi anni. Compito di una sinistra di progresso e di riforma è di rianimare e non di penalizzare. Perché questi terminali lo rendono così poco sensibile da ignorarli? Se i sindacati sono arrivati a proclamare uno sciopero e a condurre una battaglia, una ragione ci deve essere pur stata. La ragione perlomeno di intervenire con il loro peso in un momento che avvertivano di svolta negativa. Lo considero molto positivo come atto di partecipazione sia pure conflittuale nei confronti della Giunta. Questa mattina il compagno Olivieri ha parlato di leggi-editto. Ma badate, spesso ci viene detto questo da parte di un Partito che proprio nelle dichiarazioni di immagine e nei colpi di teatro affida la sua essenza alla capacità di intervenire e di governare i processi in senso avanzato.
Noi presentiamo questo ordine del giorno e invitiamo a riflettere. Le vecchie ragioni che forse tempo fa davano quella specie di afrore strano quella eccitazione da bollicine da champagne, quando si sente dire: "si è rotta la maggioranza", "è un po' divisa", ebbene queste eccitazioni non ce le date più perché a me pare che la situazione sia a pezzi; non è che la maggioranza si divide su questo o quello, e che le cose ci eccitino particolarmente, perché le vediamo tutti i momenti e in ogni occasione. Non è un appello ai socialisti, non è che ci farebbe dispiacere veder divisa la maggioranza su un voto; l'appello è politico, il richiamo è politico. Su questa base dobbiamo chiedere ad una forza che comunque su questa legge non solo l'ha varata perché allora era in maggioranza, ma ha dato un contributo che allora giudicammo persino giacobino, non è un mistero, ma che poi nel momento non solo della nostra collocazione all'opposizione, nel momento in cui vediamo che la maggioranza e la Giunta non si stanno qualificando per atti importanti, assolutamente, ma tentano qualche operazione di controriforma; magari le annunciano solo per fortuna, ma non so quanto questo sia fortuna. Per esempio, gli editti della controriforma sulla legge 56 sono in corso da tempo e non vediamo i fatti. Chi deve applicare quella legge la giudica già superata o dice di volerla superare.
Torno a questo provvedimento su cui il richiamo sul fronte dell'evoluzione, del progresso, non era affatto immotivato; che poi ci siano altre concezioni, che noi vogliamo combattere aspramente, attiene al gioco democratico. Non abbiamo debordato né sui toni, né sui modi, vogliamo chiarire le cose. Sul piano politico credo che il piatto di lenticchie sia la peggiore delle mercedi rispetto a un'identità, a una presenza e a un'individualità che su questo tema si sarebbe dovuta esprimere da parte di quelli che, anche solo per i pericoli di questa ambiguità, di questa possibile equazione, proroga uguale affossamento, vedono un ritorno all'indietro. Credo, in altri termini, che questa maggioranza, anche se respingerà il nostro ordine del giorno e anche se approverà questa legge non abbia tanti motivi per andarne fiera e contenta.



PRESIDENTE

La discussione generale ha così termine.
La parola all'Assessore Carletto per la replica.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi scuso intanto con il Presidente del Consiglio se abuserò del tempo che mi è consentito dai lavori del Consiglio per rispondere ai numerosi e interessanti interventi che sono stati proposti su questo argomento. Credo che questo mio intervento un po' più lungo probabilmente sgombri il campo da una preoccupazione che mi pare sia emersa nella Conferenza dei Capigruppo quando a nome della Giunta chiesi di poter arrivare alla conclusione dei nostri lavori il più rapidamente possibile, quasi che io volessi comprimere il dibattito. Quindi, io contribuirò ad allungare il dibattito con questo intervento, perché credo che la materia sia di grande interesse. Credo che gli interventi che sono stati svolti dai colleghi, che voglio ringraziare dal relatore e presidente Devecchi a tutti gli amici e colleghi di maggioranza e di opposizione, a nome della Giunta e a titolo personale abbiano portato all'attenzione del nostro Consiglio, al di là del fatto che questo disegno di legge è, e condivido la valutazione del collega Nerviani una leggina, ha portato tutto il cuore del problema del settore socio assistenziale, che è assai delicato, e sta a cuore del Consiglio regionale del Piemonte, ma soprattutto sta a cuore ai cittadini. Sta a cuore del Consiglio regionale e delle forze politiche, spero e mi auguro di tutti i Consiglieri regionali, perché si occupa di persone in difficoltà. Quando trattiamo questi argomenti che riguardano persone in difficoltà dobbiamo farlo con impegno e con convinzione, perché ognuno di noi ha le proprie idee, e ogni Partito ha alle spalle una sua storia e sue posizioni nate negli anni e nei decenni, però dobbiamo farlo anche con un minimo di disponibilità all'autocritica e al confronto con gli altri. Il confronto con gli altri serve ad ognuno di noi, sicuramente a me serve per confrontare le mie idee e per verificare se le mie idee sono giuste o quanto meno se sono le più giuste, dovendo lavorare ed intervenire su fasce di cittadini in difficoltà e che raramente hanno la forza e l'autonomia di potersi difendere e di potersi tutelare. E' chiaro che in questo settore in particolare nel settore pubblico, occorre fare riferimento ai principi e ai valori, ma occorre anche confrontare questi principi e questi valori con la quotidianità. Amici, queste fasce di cittadini che, certo, vivono anche di strategia a medio e lungo termine e sicuramente sperano, si augurano, e tutti noi ci auguriamo che l'Ente pubblico, e non solo l'Ente pubblico abbia la capacità di fare scelte strategiche a medio e a lungo termine in grado di risolvere i loro problemi, ma sono cittadini che, proprio perch vivono in uno stato di difficoltà, hanno bisogno anche di una risposta quotidiana che sia coerente ai loro bisogni e alle loro necessità. E' chiaro che intorno a questi problemi e quindi intorno alla legge n. 20 si discute da sempre: da quando la legge è stata proposta, discussa e approvata a tutti gli atti successivi e conseguenti che hanno determinato comunque dei risvolti che attengono al comparto socio assistenziale; ne discutiamo oggi e ne discuteremo domani, ne discuteremo nei prossimi anni basta pensare che il Parlamento dovrebbe discuterne da decenni e da decenni tutti siamo in attesa che il Parlamento su questo legiferi. E badate amici non è che il Parlamento finora non ha legiferato perché non ha voglia di occuparsi di socio-assistenziale, il Parlamento da tanto tempo vuole legiferare in questo campo, ma la realtà vera è che intorno a questi problemi ci sono degli interessi legittimi, ci sono delle preoccupazioni ci sono delle mediazioni da proporre non solo tra le forze politiche, ma all'interno delle singole forze politiche, e dirò poi il perché di questo elemento che ho rilevato io stesso in questi due anni e mezzo sul territorio regionale.
Quindi i problemi che ci sono a livello nazionale sono gli stessi che ci sono in Piemonte. Debbo dire che la Regione Piemonte quando nel 1982 ha legiferato in questa materia approvando la legge n. 20 era al momento della sua approvazione fra le prime Regioni che approvavano una legge quadro regionale di programmazione e di riordino delle funzioni socio assistenziali.
Quando il Consiglio regionale approvò la legge n. 20, che aveva l'obiettivo di affidare alle UU.SS.SS.LL. la gestione di tutti i servizi già allora aveva previsto una deroga per particolari attività, deroga che si è realizzata sino al 1984, così come la legge prevedeva. Quindi anche nel 1982 il legislatore regionale si era giustamente preoccupato della capacità delle UU.SS.SS.LL. a gestire tutto il comparto socio-assistenziale e, preoccupato di questo, si è dato una deroga.
Dobbiamo dire inoltre che la fase immediatamente successiva fu una ulteriore deroga proposta con il Piano socio-sanitario regionale (legge n.
59) proposta dall'allora Assessore Bajardi, il quale giustamente, a mio modo di vedere, avendo verificato sul campo la situazione di questo comparto, ha ritenuto di proporre altri due anni di deroga fino alla fine del 1986 perché, immagino, avrà ritenuto con preoccupazione che il mandare a regime la legge n. 20 così come era prevista in quel momento, avrebbe sicuramente determinato degli scassi rispetto alla qualità dei servizi.
Quindi quando incominciamo a parlare di proroghe dobbiamo sapere che dal 1982 al 31 dicembre 1986 sono stati quattro anni di proroga non determinati da questo governo regionale e da questa maggioranza regionale. Quindi delle ragioni ce ne devono pure essere state.
Faccio una considerazione politica al Capogruppo del PCI che con stupore ho rilevato che ha continuato a sostenere una linea dura e rigida e l'intervento di Dameri, al di là poi del merito, ha proposto al Consiglio regionale oggi "noi da sempre siamo per la gestione associata di tutti i servizi socio-assistenziali e quindi ci stupiamo di questi ritardi e oggi a gran forza chiediamo che il socio-assistenziale sia gestito dalle UU.SS.SS.LL.". Mi stupisce perché la storia di questa Regione mi fa dire che anche il PCI, non solo il PCI, negli anni passati per gli atti che ci sono e che sono facilmente visibili, quindi sono atti documentati quelli a cui mi riferisco, lo stesso PCI, come altre forze politiche, aveva delle grosse perplessità e delle grosse preoccupazioni rispetto a una definitiva attuazione per questa parte della legge n. 20 e quindi per la gestione tutta in capo alle UU.SS.SS.LL.
Però il problema, cari amici, non è solo quello della gestione dei servizi, ma ci sono alcuni problemi di carattere politico generale ai quali credo di dover dare risposta a nome della Giunta, e dando queste risposte credo di poter tentare una posizione unitaria che la Giunta intende esprimere su una materia così complessa e sulla quale può sembrare dagli interventi fatti dai colleghi di maggioranza ci siano delle diversificazioni o delle divisioni.
A me pare che siamo arrivati oggi ad una conclusione tale per cui divisioni e diversificazioni non ce ne sono più perché ci si è confrontati si è discusso, si è ragionato e ormai siamo arrivati ad una soluzione, ad una proposta che mi pare condivisa dalla maggioranza.
Intendo dire e fare alcune affermazioni che mi sembra doveroso fare al Consiglio regionale. Nessuno, e io ho avuto occasione di dirlo in più occasioni, ha mai messo in discussione le linee fondamentali della legge n.
20. Sono stato sollecitato da più parti, anche in modo strumentale all'indomani della mia nomina di Assessore regionale all'assistenza - ed è giusto che sia stato fatto - mi è stato chiesto cosa ne pensavo della legge n. 20 come Assessore appartenente ad una forza politica che non votò la legge n. 20. Ho risposto allora - e rispondo oggi - che le linee generali e fondamentali della legge n. 20 questa Giunta le condivide e cercherà di realizzarle. Quindi l'obiettivo della integrazione è un obiettivo che questa Giunta condivide. Integrazione vuol dire che tutta la partita della non autosufficienza, che in passato era riferita al socio - assistenziale oggi non può che essere gestita in forma associata e quindi con una risposta integrata socio sanitaria. Da questo punto di vista noi condividiamo totalmente questa linea.
Cosa diversa è la partita che attiene all'autosufficienza. Riteniamo che lì l'integrazione debba essere meno forte perché non siamo d'accordo sulla sanitarizzazione dell'assistenza. A me pare che, da questo punto di vista, si realizzi quanto prevede la legge n. 20 con questa variante che è una variante che nel merito, a mio modo di vedere, non determina nessuna modificazione e nessun cambiamento rispetto alle linee generali.
Siamo d'accordo sulla deistituzionalizzazione. La politica dell'assistenza ed è scritto nel programma della Giunta regionale - è di fare ogni sforzo per conservare le persone in difficoltà, finché è possibile, nel loro contesto familiare, nel loro contesto abitativo. Da questo punto di vista se è ancora necessario che io ribadisca questi concetti, li ho scritti nel programma, li ho detti anche in più occasioni: noi siamo per potenziare i servizi sul territorio in modo che le persone in difficoltà siano aiutate laddove abitano. Ma non facciamo di questa affermazione una espressione fideistica, cioè non diciamo che questo vuol dire che dobbiamo chiudere le strutture perché esse non devono più esistere. Ci sono certe situazioni per cui la persona in difficoltà non pu rimanere nel suo contesto abitativo per una serie di ragioni che non sto qui ad elencare. Ci sono una serie di situazioni per cui la persona in difficoltà non può rimanere in famiglia. Ed è in quest'ottica che noi reclamiamo interventi sulle strutture per riqualificarle, per migliorarne l'efficienza per dargli dignità, per evitare che siano lazzaretti, per fare una politica sulle strutture che sia una politica che dia dignità a queste strutture e che quindi consenta al suo interno un grado e una qualità di vita che sia adeguata alle persone che in queste strutture sono ospitate.
Nel passato la Regione non ha mai tirato fuori una lira per fare questa politica, che non è la politica uno, ma è la politica due, perché la politica uno è quella della deistituzionalizzazione; ma dobbiamo sapere che occorre avere strutture adeguate per gli handicappati, per gli anziani autosufficienti e non autosufficienti, per i minori. Cosa vuol dire questo? Non vuol dire aumentare il numero di posti, perché il numero dei posti che noi stiamo realizzando va diminuendo, ma vuol dire qualificare le strutture in modo che all'interno di esse ci sia una qualità della vita che sia adeguata agli anni che stiamo vivendo.
Il terzo elemento è la gestione sovracomunale. Siamo convinti che per le caratteristiche che ha la nostra Regione, cioè quella di avere un grandissimo numero di Comuni al di sotto dei mille abitanti, e quindi una capillarità molto forte di queste presenze comunali, una serie di servizi da molti Comuni non possano essere garantiti in forma singola. Su questa questione non abbiamo difficoltà a dire che (oggi si chiamano UU.SS.SS.LL.
domani si possono chiamare in un altro modo) un approccio al problema attraverso una visione sovracomunale, è l'approccio giusto e noi non lo mettiamo in discussione. Se da questi punti di vista qualcuno pensa che questo governo regionale e l'Assessore Carletto vogliano stravolgere la legge n. 20 - e con ciò credo di rispondere in particolare al collega Marchini che mi ha posto questa questione in modo preciso - né io né questa Giunta intendono stravolgere le linee della legge n. 20. Non possiamo fasciarci gli occhi, e non possiamo non sapere che abbiamo la responsabilità del quotidiano non abbiamo solo la responsabilità della strategia a medio e a lungo termine: abbiamo la responsabilità del quotidiano. Rispetto a questi problemi abbiamo proposto questo disegno di legge per dare delle risposte al quotidiano.
Quali sono sostanzialmente i problemi che abbiamo tentato di affrontare con questo disegno di legge? Innanzitutto quello, che ho già in parte richiamato, delle funzioni. Per quanto riguarda le funzioni noi diciamo che e questa è la nostra proposta - tutta la parte che riguarda la non autosufficienza e che quindi attiene a quella parte dove ci sono delle risposte anche a rilievo sanitario, tutto ciò va obbligatoriamente in gestione associata alle UU.SS.SS.LL., facendo un passo avanti nella applicazione e nella attuazione della legge n. 20, perché noi tutti sappiamo che fino a ieri questa partita poteva essere gestita dal singolo Comune; quindi questa parte la mandiamo in gestione associata in modo obbligatorio.
Per quanto riguarda la parte invece dell'autosufficienza proponiamo che vada in opzione e che i singoli Comuni decidano se tenersela o se gestirla in forma associata, cioè è esattamente la situazione che avevamo fino a ieri.
Non capisco come si possa, parlando delle funzioni, dire che si fa un passo indietro? Si sta fermi sulla autosufficienza, si fa un passo avanti sulla non autosufficienza. Mi pare che da questo punto di vista siano capziose le obiezioni che vengono da più parti fatte rispetto a passi indietro; perché abbiamo proposto questo quando la Giunta regionale nell'ottobre 1986 approvò invece un disegno di legge attraverso il quale proponeva tutto alle UU.SS.SS.LL. tranne l'assistenza economica che rimaneva ai Comuni? Perché abbiamo verificato sul territorio grandissima preoccupazione da parte di parecchie UU.SS.SS.LL. del Piemonte e l'amico Gallarini, che è stato Presidente delle UU.SS.SS.LL., nel suo intervento è stato molto chiaro, ha spiegato meglio di quanto potessi fare io questa preoccupazione - le quali hanno dichiarato: "Se la Regione ci passa tutte le funzioni socio assistenziali, non siamo nella condizione di garantire la qualità dei servizi che oggi sono garantiti dai Comuni". Quando affermazioni di questo tipo le senti fare da una, due, dieci o dodici UU.SS.SS.LL. allora tu come Assessore regionale all'assistenza hai il dovere di preoccuparti, hai il dovere di confrontarti, hai il dovere di riferire in Giunta queste preoccupazioni e hai il dovere di riferirlo alle forze politiche. Io in Commissione ho riferito questa preoccupazione che è una preoccupazione reale. Non è vero che non ho fornito elementi conoscitivi sulla situazione socio-assistenziale, ho fornito gli elementi di cui disponiamo; purtroppo in passato non si è mai pensato di impiantare un sistema informativo del socio-assistenziale, il perché non lo so.
Probabilmente in quel periodo un unico Assessore si occupava di sanità e di assistenza e, purtroppo, mi rendo conto che i problemi della sanità, e quindi il sistema informativo sanitario, viene prima del sistema informativo socio-assistenziale, però da questa legislatura stiamo cercando di impiantare un sistema informativo socio-assistenziale in modo da avere elementi di conoscenza. Questo lavoro è abbastanza avanti, mi auguro che si concluda al più presto; ci lavorano i miei funzionari e dei tecnici informatici; appena avrò questi elementi sarò in grado di dare tutto ciò che il Consiglio regionale mi sta chiedendo, ma non avevamo gli strumenti, li stiamo mettendo in piedi. Certo, una serie di informazioni le ho fornite alle forze politiche in Commissione. Per esempio ho comunicato che le UU.SS.SS.LL. che hanno assunto tutta la gestione socio-assistenziale sono 18 su 53 e quelle che hanno assunto parzialmente le funzioni socio assistenziali sono 22. Vi sono poi UU.SS.SS.LL. che non si sono mai occupate di socio-assistenziale. Credete, colleghi, è difficile e amaro, ho girato tutte le UU.SS.SS.LL. del Piemonte in questi due anni e mezzo, mi sono incontrato con i Comitati di gestione, ho chiesto di incontrare i Sindaci, mi sono incontrato con gli operatori, con i coordinatori amministrativi, sanitari e socio-assistenziali dove ci sono; in queste UU.SS.SS.LL. parlare di socio-assistenziale è come parlare della luna sulla terra. Dovete conoscere lo sforzo che stiamo facendo anche attraverso circolari che abbiamo dovuto mandare a certi coordinatori amministrativi che si rifiutano di occuparsi di socio-assistenziale nelle UU.SS.SS.LL.
Prima di Natale ho mandato una circolare dura ai Presidenti e ai coordinatori amministrativi per conoscenza richiamandoli ai loro doveri.
Quando ci troviamo di fronte a questa realtà dobbiamo sì avere dei programmi e dei progetti di media e lunga strategia ma dobbiamo gestire il quotidiano. Di fronte ad un quadro di questo tipo che ho fornito alle forze politiche ci dobbiamo preoccupare e lasciamo le condizioni attuali cominciando a forzare soprattutto su queste UU.SS.SS.LL. per quanto attiene alla non autosufficienza e diciamo a queste UU.SS.SS.LL. che quando questo disegno di legge sarà legge dovranno obbligatoriamente occuparsi non di piccole questioni, dovranno occuparsi di anziani non autosufficienti e quindi di case protette, di handicappati, di tossicodipendenza anche nei risvolti socio-assistenziali e con il nuovo emendamento della Giunta che modifica l'art. 13 (che richiama l'aspetto della programmazione regionale che non avevo richiamato perché è scontato ma c'era la preoccupazione non fosse sufficientemente chiaro, quindi l'abbiamo riscritto, cioè abbiamo riscritto che comunque la programmazione spetta alle UU.SS.SS.LL. anche nelle aree dove la gestione dei servizi dovesse rimanere comunale) anche tutta la questione che attiene ai minori va in gestione UU.SS.SS.LL.
Dobbiamo sapere che abbiamo almeno 13 UU.SS.SS.LL. del Piemonte che tra qualche settimana dovranno occuparsi di case protette, di handicappati, di tossicodipendenti, di minori senza che mai si siano occupati di socio assistenziale. Questo a noi pare un rischio alto che corriamo perché non possiamo consentire che in queste 13 UU.SS.SS.LL. ci sia uno scadimento della qualità dei servizi e che quindi si determini una condizione di erogazione di servizi che sia inferiore a quella che abbiamo erogato finora attraverso i Comuni.
Questa è la ragione vera per la quale sulla questione delle funzioni abbiamo deciso questa gradualità avendo la Giunta preparato, presentato ed approvato quel disegno di legge nell'ottobre 1986.
Queste sono le ragioni per le quali il buon senso, collega Bontempi quello che abbiamo avuto e che tentiamo di avere tutti quando amministravamo i Comuni, tu l'hai richiamato, anch'io ho fatto il Sindaco tanti di noi sono stati Sindaci, in quella sede forse sei più a diretto contatto con la gente quindi i problemi forse li senti e li vivi in modo più intenso perché sei in trincea, qui siamo più ovattati, ma questi sono i problemi veri. Non è vero che non abbiamo rispetto degli operatori del settore, anzi, voglio pubblicamente dare atto che anche nell'ultimo periodo, nonostante l'incertezza legislativa che si è determinata nella nostra Regione, nonostante una serie di difficoltà che questo settore ha incontrato, incontra ed incontrerà finché non ci sarà una legge quadro nazionale e finché non ci saranno risorse finanziarie adeguate, debbo dire che grazie alla buona volontà e all'impegno degli operatori, non solo di loro ma certamente anche di altri, si è riusciti a garantire una qualità dei servizi che definisco sufficiente, che ci auguriamo di migliorare ma che definisco mediamente sul territorio regionale una qualità sufficiente e questo grazie anche agli operatori. Quindi non penso che la frase del collega Nerviani rispetto agli operatori, che il collega Bontempi ha ripreso, fosse riferita agli operatori, era invece forse giustamente riferita alle organizzazioni sindacali, che è cosa diversa. Le organizzazioni sindacali fanno giustamente il loro mestiere; ho una certa esperienza in questi due anni e mezzo di organizzazioni sindacali essendo Assessore al personale, e per i confronti che abbiamo avuto sulle modifiche alla legge 20. Credo di aver avuto cinque o sei incontri con le organizzazioni sindacali CGIL - CISL - UIL su questo argomento, un paio di incontri li ha avuti la Commissione, quindi non so se sono tanti o se sono pochi sette-otto interventi complessivamente. E' certo che con le organizzazioni sindacali si è a lungo discusso, è certo che l'ultimo testo del disegno di legge, soprattutto per quanto attiene le piante organiche ha recepito una serie di indicazioni delle organizzazioni sindacali; se non avessimo discusso non capisco come avremmo potuto raccogliere indicazioni che le organizzazioni sindacali ci hanno dato.
Non credo sia giusta la critica che il collega Staglianò ha fatto rispetto alla mia incapacità di dialogo con le organizzazioni sindacali credo di essere un Assessore che ogni qualvolta è necessario incontrare le organizzazioni sindacali anche in termini di qualche ora l'ho fatto recentemente per ragioni di personale, le organizzazioni sindacali mi hanno chiesto un incontro, in termini di ore si è fatto tale incontro e si è data soluzione ai problemi. Può darsi che non riesca a fare a sufficienza, ma dalle critiche che le organizzazioni sindacali hanno fatto nelle loro conferenze stampa si vede che non faccio a sufficienza, credo di farlo ma probabilmente debbo fare autocritica. Certo, con le organizzazioni sindacali abbiamo trattato tutta la partita della pianta organica, abbiamo trattato tutta una serie di questioni, ma le organizzazioni sindacali hanno degli interessi da difendere che però non possono essere portati al livello di eccezionalità al punto che il legislatore regionale debba essere oltre il limite condizionato dalle richieste delle organizzazioni sindacali.
Credo che le organizzazioni sindacali siano una delle componenti che il legislatore regionale deve sentire, con le quali si confronta nel merito dei problemi, ma alla fine la responsabilità di legiferare spetta del Consiglio regionale, e la responsabilità di fare le proposte al governo regionale. In questo senso ritengo che la Giunta abbia fatto il suo dovere e che il Consiglio regionale il Presidente della V Commissione Devecchi credo me ne possa dare atto - ha fatto nell'aver consultato in più occasioni le OO.SS., le quali hanno legittimamente portato le loro rivendicazioni, che però sono in un quadro complessivo: ci sono le OO.SS.
(non tutti gli operatori sono rappresentati dalle OO.SS, però e dobbiamo saperlo), ci sono gli utenti dei servizi, ci sono le famiglie perché siamo di fronte a persone in difficoltà quindi noi dobbiamo sentire tutto il contesto che ruota intorno all'assistenza. Noi faticosamente cerchiamo di farlo questo lavoro e debbo dire che altri documenti che sono usciti oltre a quello delle OO.SS., Reburdo ne ha richiamato uno di questi documenti che parla della non autosufficienza e che invita la Regione ad andare avanti sulla strada che ha intrapreso, così io l'ho interpretato, a superare i momenti di difficoltà che ci sono stati nel passato per arrivare alle soluzioni che la Regione sta proponendo. Quindi c'è un contesto articolato nella società di figure, di persone, di contesti che si occupano di socio assistenziale e quindi io credo che sia dovere nostro quello di sentire tutto ciò che si muove, che pulsa nella società e poi abbiamo noi la responsabilità di trarre delle conclusioni e di fare delle proposte.
Secondo argomento che viene trattato nel disegno di legge e che ha sollevato delle preoccupazioni è quello dei soggetti. Io credo che quello dei soggetti, ossia quanto noi proponiamo all'art. 2, sia una affermazione di principio che risponde alla realtà. Noi non diciamo che dobbiamo fare le convenzioni col privato a scopo di lucro, Reburdo, non sta scritto. Noi facciamo un'affermazione di principio dicendo, e io sfido qualcuno a dimostrare che oggi non è così, non solo in Piemonte, ma nell'intero Paese che concorrono alla realizzazione del sistema socio-assistenziale gli enti le istituzioni pubbliche, le cooperative, gli altri soggetti privati dotati o meno di personalità giuridica che svolgono attività in forma individuale familiare o associata e anche volontariamente servizi e prestazioni.
E' una affermazione di principio che ci è parso di dover inserire nel disegno di legge senza che questa affermazione di principio debba essere letta come una volontà della Giunta regionale di privilegiare il privato o di penalizzare il pubblico perché il privato possa fare i suoi affari. Il privato fa il suo mestiere, il nostro dovere è quello di rendere efficienti i servizi pubblici e stiamo cercando di farlo, anche rispetto alle strutture. Perché poi, Reburdo, la speculazione grossa del privato non è sui servizi sul territorio, perché quello rende poco, la speculazione grossa del privato è sulle strutture e quindi nel momento in cui noi operiamo per rendere le nostre strutture pubbliche meno fatiscenti e più competitive rispetto alla qualità dei servizi che in esse vengono erogati rispetto alla dignità di queste strutture, noi indirettamente mettiamo in una sorta di difficoltà il privato, perché giustamente facciamo il nostro mestiere, perché il pubblico nella totalità dei casi è un pubblico che ha un costo inferiore a quello che ha il privato. Quindi questa affermazione non ha alcun sottinteso: è un'affermazione di principio, cioè è la fotografia di quello che oggi registriamo sul nostro territorio regionale e ci è parso giusto doverlo inserire nel nostro disegno di legge che rende anche per certi versi più moderna e legata alla realtà la dizione che la legge 20 fa di questo argomento.
Le piante organiche. Le piante organiche sono un altro elemento importante. Non ne ho sentito parlare molto in questo dibattito sulla legge 20, anche se poi tutti chiediamo che queste piante organiche vengano realizzate. Le diamo per scontate, ma io devo dire che dal momento in cui la legge 20 è stata approvata nel 1982, dalla proroga attuata nel 1984 fino a tutto il 1986, le piante organiche del socio-assistenziale delle UU.SS.SS.LL. non erano state istituite; mi chiedo quindi se veramente il legislatore regionale dal 1982 al 1986 voleva trasferire le funzioni alle UU.SS.SS.LL. o se lo ha solo scritto. Mi chiedo perché non si è creata già in quegli anni la condizione giuridica perché il personale socio-sanitario potesse essere inquadrato nella pianta organica delle UU.SS.SS.LL. se la volontà era quella di passare tutti i servizi in gestione associata. E' un interrogativo, colleghi, che non possiamo superare con troppa facilità.



BONTEMPI Rinaldo

La legge c'era.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza

Io non lo so se c'era.



BONTEMPI Rinaldo

Se io ti dico che c'era, tu non puoi dirmi "non lo so se c'era", perch c'era.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza

Ma è stata approvata.



BONTEMPI Rinaldo

No, ma c'era.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza

Perché non è stata approvata.



BONTEMPI Rinaldo

Non lo so.



CARLETTO Mario, Assessore all'assistenza

Io ero all'opposizione e poi non mi occupavo di socio-assistenziale.
Io per non sapere né leggere né scrivere in questo Assessorato dopo alcuni mesi ho cercato di capire e mi sono stupito che noi avessimo fatto una legge che dicesse: "va tutto in capo all'U.S.S.L." senza poi predisporre uno strumento che consenta alle figure professionali di entrare nelle UU.SS.SS.LL.. Anche questo noi abbiamo doverosamente fatto, non è assolutamente un merito, è un recupero in ritardo di un problema e in questo disegno di legge c'è la istituzione delle piante organiche del comparto socio-assistenziale nelle UU.SS.SS.LL. Abbiamo in questo trattato col sindacato; abbiamo tenuto conto delle situazioni che ci sono oggi sul territorio.
Collega Gallarini, abbiamo tenuto conto della situazione che tu opportunamente hai richiamato degli operatori che si sono occupati del progetto CEE e che attualmente sono assunti di 3 mesi in 3 mesi, tutti questi dipendenti entreranno nei ruoli socio-assistenziali delle UU.SS.SS.LL. dando finalmente soluzione a un problema che poteva essere risolto in passato e che invece dobbiamo risolvere in ritardo.
I problemi sono questi, colleghi. Non sempre riusciamo ovviamente a fare tutto e non sempre riusciamo a fare bene, ma qualche altra cosa l'abbiamo fatta e mi riferisco per esempio alla legge sul volontariato che è stata ripresa in qualche intervento. Non attiene alla legge questo argomento, ma una risposta credo sia dovuta. Anche qui devo dire Reburdo che purtroppo quando sono entrato in questo Assessorato ho rilevato che questa legge, la n. 44, non era mai stata attivata nella passata legislatura e allora ci siamo posti il problema di attivare una legge importante che attiene ad un settore, quello del volontariato, che come quello della cooperazione ha a mio modo di vedere un ruolo strategico nel settore socio-sanitario. Noi l'abbiamo attivata facendo intanto il censimento di tutte le realtà di volontariato presenti nel territorio regionale; abbiamo inserito i dati relativi in un elaboratore elettronico ed oggi abbiamo la fotografia dei gruppi di volontariato che hanno chiesto la registrazione e che quindi operano nel comparto socio-assistenziale.
Seconda operazione che abbiamo fatto è stata l'aver attivato una convenzione UU.SS.SS.LL. - volontariato, convenzione che è stata esaminata dalla V Commissione e dal Co.Re.S.A.; è stata distribuita alle UU.SS.SS.LL.
ed ora è in fase di applicazione. Quindi in tutte le UU.SS.SS.LL. del Piemonte ci sono da mesi gli strumenti per poter attivare convenzioni con i gruppi di volontariato che operano sul territorio al punto che recentemente ho fatto una lettera richiamando i Presidenti delle UU.SS.SS.LL. alle loro responsabilità perché non attivano l'assicurazione prevista dalla legge 44 a carico delle UU.SS.SS.LL. in favore degli operatori di volontariato molte UU.SS.SS.LL. non vogliono fare questa assicurazione. Allora io ho inviato due lettere (una prima di Natale) per richiamare che la legge 44 prevede una assicurazione in favore dei gruppi di volontariato che vanno ad operare.
Terza operazione, ed è il primo anno che si fa (1987), è stata l'aver finanziato (l'Assessorato alla sanità un progetto o due, il mio Assessorato 5 progetti) progetti di rilevanza regionale, se il Consiglio ritiene potr ovviamente fornire gli elementi, che attengono uno alla tossicodipendenza due ai minori, eccetera, ed è la prima volta che si sono finanziati progetti che attengono alla legge 44 quella che i colleghi giustamente richiamavano. Quindi alcune cose anche da questo punto di vista si stanno realizzando.
Il disegno di legge che stiamo esaminando si colloca in un settore molto delicato, quindi noi abbiamo preferito muoverci con cautela per evitare dei guasti. Ma la preoccupazione colleghi non è solo della Regione Piemonte; la preoccupazione è di tutte le Regioni e del Ministro Iervolino su questa difficoltà che questo comparto ha! La preoccupazione è di altre Regioni, quindi non è solo, Bontempi, il problema che io abbia trovato sul territorio tanti democristiani che la pensano alcuni in un modo e altri in un altro sulla questione di chi deve gestire l'assistenza! Il problema non è che io ho trovato tanti presidenti socialisti o comunisti di USSL che sono totalmente d'accordo con il mio disegno di legge, non è questo il problema! Il problema è che ci sono Regioni, Bontempi - e lo dico in Consiglio perché credo sia una riflessione che non attenga solo al PCI, ma che attiene alle forze politiche - ci sono molte Regioni che hanno legiferato con noi inizialmente su questo argomento dimostrando sensibilità e attenzione che stanno facendo marcia indietro, ma non con l'opzione come noi mettiamo, ma mettendo, e cito l'Emilia Romagna, addirittura nel loro disegno di legge la obbligatorietà per certe funzioni della gestione comunale! Quindi facendo veramente dei passi indietro, ma che io non mi sento di condannare, perché l'esperienza che si fa in Italia, in questo settore, l'esperienza che fanno tante Regioni come la nostra è un'esperienza che ci deve abituare alla riflessione e alla meditazione, ci deve abituare a non dare tutto per scontato e soprattutto ci deve far dire che così come altre leggi la 833 e la 180, anche il problema del socio assistenziale, non tanto la legge 20, ma il problema del socio assistenziale è un problema che nei prossimi anni determinerà intanto un dibattito in Parlamento, mi auguro, in modo che si arrivi all'approvazione di questa legge, mi auguro nel Governo perché si determinino le condizioni per un fondo di solidarietà nazionale simile al Fondo Sanitario in modo che le Regioni finalmente possano contare su risorse certe, e non si debba sempre andare alla ricerca. Non è vero Dameri quando tu affermi che tutte le risorse che diamo alle UU.SS.SS.LL. sono statali, perché ci sono risorse regionali. Così come, consentimi, non è vero che io ho dato 1 miliardo e mezzo alle strutture pubbliche sulla legge 14 e 2 miliardi e mezzo alle IPAB: io ho dato 2 miliardi ad entrambi, queste precisazioni le faccio solo per informazione corretta ai colleghi del Consiglio.
C'è necessità in questo settore di riflessione, di ragionamento e di decisioni, ma di presa di coscienza che il dare per scontato dei risultati e dire che qualche passaggio un po' rallentato come quello che stiamo proponendo al Consiglio regionale è un ripensamento, è un provvedimento culturalmente vecchio, io credo che non sia giusto, perché, Reburdo, ci sono le vecchie povertà, ma ci sono anche le nuove povertà quindi noi dobbiamo essere attenti, poi tu sei sempre stato rispetto a questi problemi, assai attento, noi non dobbiamo mai quando parliamo di persone in difficoltà dare per scontate delle soluzioni che scontate non sono.



PRESIDENTE

Comunico che è stato presentato dal Gruppo PCI un ordine del giorno di non passaggio agli articoli, ai sensi dell'art. 77 del Regolamento.
L'ordine del giorno può essere illustrato e discusso secondo i criteri dell'art. 61 dello stesso Regolamento.
Il testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte visto il disegno di legge n. 186 avente per titolo 'Integrazioni e modifiche della legge regionale 23/8/82 n. 20 - Indirizzi e normative per il riordine dei servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte" considerato che qualora il testo venisse approvato nella stesura presentata: a) prorogherebbe di ben 8 anni la piena applicazione della L.R. n. 20/82 b) determinerebbe di fatto la convalida di trattamenti diseguali in materia di politica assistenziale tra i cittadini piemontesi con la penalizzazione dei Comuni minori c) non prevede parametri di riferimento rispetto all'organizzazione e alle attività del sistema dei servizi, nonché per la definizione della pianta organica del servizio socio-assistenziale delibera 1) il non passaggio agli articoli del D.D.L. n. 186 2) di dare mandato alla Giunta: a) di presentare rapidamente al Consiglio una informazione dettagliata sulla applicazione della legge 20 in Piemonte sia nelle UU.SS.SS.LL. dove si è realizzata la gestione integrata dei servizi socio-assistenziali, sia dove i Comuni conservano l'erogazione diretta delle prestazioni previste dalla legge b) di fornire al Consiglio una valutazione di merito sugli ostacoli alla applicazione piena della legge, il quadro preciso delle disponibilità finanziarie, nonché delle modalità di ripartizione dei fondi finora attuati e quelle proposte per supportare validamente i programmi per l'integrazione dei servisi 3) di stralciare gli articoli relativi alla Pianta organica ai fini della loro approvazione immediata".
La parola al Consigliere Dameri.



DAMERI Silvana

Abbiamo qualche dubbio circa la possibilità di poter esprimere un pronunciamento a favore e uno contro; sarebbe utile un pronunciamento da parte di tutti i Gruppi.
Il dibattito finora svolto relativamente al disegno di legge n. 186 ci ha indotto a presentare questo ordine del giorno perché nessuna delle questioni che noi individuiamo nell'ordine del giorno stesso, sono state smentite né messe in discussione da parte degli stessi interventi dei Gruppi politici di maggioranza. Qualora il testo venisse approvato nella stesura presentata, saremmo di fronte ad una proroga di ben otto anni dalla prima applicazione della legge regionale n. 20/82. Su questo punto a me pare che nessuno qui ha detto che le cose non stanno così; non sono venute all'interno dei Gruppi di maggioranza e del Gruppo DC interpretazioni di tipo diverso; c'è chi dice: "la proroga è funzionale comunque realizzabile agli obiettivi della legge n. 20" e chi dice e chi ha detto - e non solo del Gruppo della DC -: "La proroga è funzionale a considerare quale deve essere l'organizzazione, la diversificazione dell'organizzazione dei servizi". Quindi, ci troviamo di fronte ad una proroga di otto anni di una applicazione di una legge. Noi riteniamo questo un punto, anche dal punto di vista istituzionale, inaccettabile e molto preoccupante.
Peraltro l'Assessore non ci ha fornito nessuna indicazione o argomentazione relativamente alle fasi che dovrebbero portare, seppure in otto anni, alla applicazione della legge. Non si è fatto riferimento a passaggi, a iniziative se non quelle delle circolari alle UU.SS.SS.LL. o ai Comuni, ma non mi pare che questa si possa definire una iniziativa politica. Questo è elemento pregiudiziale che è confermato dal dibattito generale che abbiamo svolto.
Seconda questione. Abbiamo sostenuto e abbiamo cercato di dimostrare con la nostra argomentazione che si determinerebbe di fatto la convalida di trattamenti diseguali in materia di politica assistenziale tra cittadini piemontesi con la penalizzazione dei piccoli Comuni. Anche su questa constatazione di fatto il dibattito non ha portato nessuno elemento di smentita. Prendiamo atto - e questa è la filosofia, se così la posso definire, dell'intervento dell'Assessore - di una realtà di fatto, la registriamo e lì termina l'iniziativa e l'azione del legislatore regionale. Credo che anche questa disparità di parametri, di prestazioni diverse a seconda delle diverse realtà della nostra Regione, senza capire in che modo e in che senso si possa determinare il raggiungimento di parametri e di livelli che possano essere considerati dignitosi e accettabili, comunque indicati dall'iniziativa di governo della Regione ebbene anche questo ci pare francamente un punto discutibile.
L'Assessore ha iniziato la sua replica cercando di prendere il tono alto della discussione, dicendoci appunto che la differenza è tra chi si misura con i problemi concreti della quotidianità del bisogno e tra chi invece sogna una ipotesi astratta, magari solo per la sua velleità di avere delle fantasie anche istituzionali e organizzative, che nulla hanno a che fare con i problemi della gente. Noi rifiutiamo questa impostazione intanto perché proprio coloro che sono i sostenitori, i fautori, i costruttori di questa ipotesi di intervento integrato relativamente al socio-assistenziale sono quelli che concretamente si sono misurati più da vicino con le situazioni di bisogno, ma vedi Carletto, la questione è di capire se il bisogno lo registriamo per mantenerlo o se il bisogno lo registriamo per superarlo. Se noi abbiamo un approccio alla politica socio-assistenziale che tende a realizzare dei punti di superamento e persino, qualcuno dice di non più necessità dell'assistenza oppure se pensiamo che l'assistenza sia un fatto importante, essenziale, strutturale e che il bisogno, e la carità, debbano essere mantenuti, debbano essere continuati. L'Assessore ci ha detto che il Parlamento del nostro Paese non è stato in grado di legiferare perché ci sono degli interessi. Certo che ci sono, ci sono a livello nazionale come sono in Piemonte, e noi diciamo che sono quegli stessi interessi che nazionalmente impediscono di fare una legge quadro sull'assistenza, e sono gli stessi interessi che agiscono su una leggina ma che ha il cuneo di far saltare un disegno istituzionale e una ipotesi di intervento assistenziale che aveva come obiettivo il superamento del bisogno, l'intervento umanizzato; ebbene, sono gli stessi interessi che si fanno sentire a Roma, e si fanno evidentemente sentire anche qui.
Noi abbiamo registrato - e su questo produrremo una iniziativa politica più incisiva e più continuativa - come e quanto questi interessi già in questi due anni abbiano avuto molto ascolto da parte della Giunta di pentapartito.
Questa legge non prevede parametri di riferimento rispetto all'organizzazione e alle attività del sistema dei servizi. Per questo l'elemento di disparità che si viene a determinare, appunto a seconda delle diverse realtà regionali, è ulteriormente aggravata e accentuata.
Questi tre elementi, la proroga di otto anni dalla applicazione della legge, il trattamento di disparità che viene registrato, mantenuto convalidato rispetto al trattamento socio assistenziale dei cittadini, la non definizione dei parametri di riferimento rispetto alla organizzazione e quindi all'erogazione dei servizi, mettono gravemente in discussione e in mora questa proposta legislativa. Per questo noi proponiamo, oltre al non passaggio all'esame degli articoli del disegno di legge, di avere elementi per poter affrontare le altre questioni, anche quelle relative a una verifica sulla sua applicazione, ma sulla base di elementi certi.
L'Assessore stesso giudica insufficiente il materiale fornito per dare una valutazione concreta, si limita appunto a dire: "registro quello che mi dicono le UU.SS.SS.LL.". Il legislatore regionale si deve preoccupare di far partire un sistema il cui obiettivo è realizzare un servizio di qualità, naturalmente con il consenso dei soggetti che concorrono con lui a questo obiettivo, ma non si ferma semplicemente al fatto che una U.S.S.L. o un Comune, sulla base semplicemente di dati, di organizzazione e non di verifica del bisogno sociale e assistenziale, produca elementi di non realizzazione degli obiettivi. Non ci sono elementi significativi della volontà, non tanto di premiare un pochino di più chi fa, ma di non premiare affatto chi non realizza, chi non passa al discorso dell'integrazione.
Riteniamo necessario che venga presentata al Consiglio un'informazione dettagliata sull'applicazione della legge 20, sia nelle UU.SS.SS.LL. dove si è realizzata la gestione integrata, sia dove i Comuni conservano l'erogazione diretta delle prestazioni consentite dalla legge, con una valutazione sulla qualità del servizio che riceve il cittadino a seconda del diverso tipo di organizzazione. Scegliete voi le UU.SS.SS.LL., avanzate delle proposte di verifica, magari anche a copione, lo faccia la Giunta, ma qualche elemento rispetto all'applicazione della legge 20 deve essere dato per poter proporre al Consilio di modificarla.
Nello stesso tempo chiediamo, (punto b.) di fornire al Consiglio una valutazione di merito sulle ragioni fondamentali della non applicazione, il quadro preciso delle disponibilità finanziarie le modalità di ripartizione dei fondi e anche una valutazione delle proposte per supportare validamente programmi di integrazione dei servizi. Quanto occorrerebbe in termini di risorse finanziarie per realizzare gli obiettivi che si ritengono validi della legge 20? Anche su questo bisogna avere degli elementi, diversamente le nozze con i fichi secchi non si fanno.
Ultimo punto. Riteniamo che debbano e possano essere stralciati gli articoli relativi alla pianta organica ai fini di una loro rapida approvazione. Non abbiamo parlato nei nostri interventi generali della questione delle piante organiche. Riteniamo, e lo abbiamo sempre ritenuto e lo può testimoniare il nostro modo di muoversi e di proporci in Commissione - che l'obiettivo di dare una normativa certa alle piante organiche ci ha sempre visti disponibili. Si faccia una legge stralcio per quanto riguarda le piante organiche, si faccia la valutazione sull'applicazione della legge 20, e si decida successivamente sulla base degli elementi che emergono, sulle eventuali modifiche ed integrazioni.
Sulla questione delle piante organiche noi siamo assolutamente convinti che sia necessario dare elementi di certezza; su questo punto siamo assolutamente disponibili. Crediamo che i modi e i tempi per procedere debbano vedere rapidamente una soluzione, e siamo disponibili a stralciarne gli elementi già nella proposta avanzata. Su tutto il resto rimangono valide le considerazioni che abbiamo fatto.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Collocandoci come gruppo sull'ordine del giorno di non passaggio agli articoli e nel motivare la posizione che andremo ad assumere, dobbiamo rilevare di aver colto una contraddizione evidente fra l'affermazione del relatore di maggioranza, ma soprattutto dell'Assessore, secondo la quale da un canto va bene l'impianto generale della legge 20, cioè va bene la gestione coordinata ed integrata, e d'altro canto si afferma la necessità di una gestione diversificata e di una possibile opzione da parte dei comuni circa questa gestione diversificata, rilevandosi che per alcune UU.SS.SS.LL. la legge 20 ha avuto una sua attuazione, per altre l'ha avuta a metà, e per 13 UU.SS.SS.LL. non c'è stato nessun assorbimento dell'assistenza, così come è formulata dalla legge 20.
Infine, dopo questa prima contraddizione se ne coglie una seconda con la quale, nella parte propositiva, si dice "andiamo avanti fino al 30.9.1989". Se quanto sta scritto nella legge corrisponde alle intenzioni del governo regionale, al 30.9.1989 dovrebbe andare a regime la legge 20 nel suo impianto complessivo.
Di fronte a queste tre contraddizioni, concatenate fra di loro, a noi pare opportuno aderire al non passaggio all'esame dell'articolato. Sul nodo principale del disegno di legge non si dice nulla di concludente. Per questa ragione riteniamo di dover aderire alla richiesta di non passaggio agli articoli.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Annuncio di condividere il documento presentato dal Gruppo comunista in particolare per una ragione che è relativa allo stralcio degli articoli riferiti all'adeguamento delle piante organiche. Una preoccupazione che abbiamo, che abbiamo verificato con operatori sindacalisti nei giorni scorsi e che, come già dicevo stamani, ci pare essere l'unica parte condivisibile dell'intero disegno di legge. L'unica parte condivisibile non a caso, forse perché è su questo punto si è riusciti ad esercitare realmente quella capacità, potere e disponibilità di sintesi dei punti di vista sociali che, in fase di consultazione, vengono proposti al legislatore regionale.
Apprezzo che questa stessa preoccupazione nostra sia stata accolta anche nella lettera del documento presentato dal Gruppo comunista, perch se è vero che la legge regionale n. 20 è inapplicata da sei anni, se ci troviamo di fronte a quelle difficoltà che lo stesso Assessore Carletto non ha potuto non riconoscere, ciò è se ci troviamo di fronte ad un ritardo applicativo, di fronte ad un processo di progressivo svuotamento dei principi della legge regionale n. 20, ciò non avviene a caso. Avviene proprio per il mancato trasferimento di risorse e di strutture, oltre a tutte le difficoltà culturali di cui dissertava questa mattina il collega Olivieri, cioè sui ritardi in alcuni segmenti della stessa società civile a recepire una filosofia deistituzionalizzante non tanto desanitarizzante come egli semplificava con scarso equilibrio. Se tutto questo processo involutivo è avvenuto, è perché c'è stata difficoltà, pigrizia e contraddizioni nel trasferire risorse e strutture alle UU.SS.LL.LL. e, in primo luogo, ad adeguarne il personale non soltanto in termini quantitativi, ma in termini qualitativi per la formazione del personale stesso.
I colleghi della DC sono ingenerosi quando lasciano pensare che la preoccupazione della umanizzazione del servizio sia quasi monopolio dell'aggettivo che compone la sigla del loro partito. L'umanizzazione del servizio è stata una delle preoccupazioni principali di una parte importante degli operatori impegnati su questo versante e questo non pu non essere riconosciuto. E' un problema di formazione del personale, di trasferimento di risorse, di competenze, di qualificazione permanente. Ecco perché noi attribuiamo un grande significato alla piena attuazione dei distretti socio - sanitari di base, luogo dove possono comporsi queste competenze, dove può qualificarsi una presenza diversa degli operatori stessi; parliamo di uno dei compiti più alti sul piano civile che le istituzioni democratiche debbono svolgere, quello appunto di stare vicino a chi più ha bisogno della solidarietà, a chi ha bisogno delle attenzioni da parte di quelli che stanno meglio. Allora, il quotidiano, caro Assessore Carletto, ci preoccupa grandemente; non si tratta di buttare la palla così in avanti da non vederne più la traiettoria; non è così. La nostra preoccupazione è quella di legare la prospettiva alla pratica quotidiana e se la prospettiva deve essere quella di una supremazia in termini di progrogrammazione del servizio, in termini di indirizzo generale che non possono che essere affidati al momento pubblico, alle istituzioni democratiche rappresentative dell'intera collettività - e penso che sia difficile mettere in discussione apertamente questo principio - se la prospettiva è questa, la preoccupazione nostra è che si lavori in coerenza con tutto ciò; non si pratichi quindi quello che veniva paventato nei corridoi stamani nella pausa dei nostri lavori e cioè che sostanzialmente l'Assessore Carletto apra la porta per far passare un agnello predisponendo, un po' più indietro dell'agnello, un elefante, mettendo quindi radicalmente in discussione i principi della legge n. 20, cosa che naturalmente l'Assessore Carletto può fare in qualsiasi momento. Lo dichiari però, e lo dichiari anche ai colleghi socialisti. Di questo si tratta.
Il collega Olivieri ha sfoderato una sorprendente aggressività producendosi in una diagnosi alquanto superficiale sulla inapplicazione o inapplicabilità della legge regionale n. 20, diagnosi superficiale che è un peccato nemmeno tanto veniale per un clinico autorevole come è lui. Ci pare importante stralciare l'esame delle norme relative alle piante organiche perché il servizio venga praticato e vengano colmate tutte quelle deficienze di cui parliamo. Su tutto il resto ci pare che sia più proficuo il rinvio dell'esame dell'articolato in Commissione anche perché, in sede di replica, ci è parso di cogliere un tono più ragionevole, più dialetticamente disponibile da parte dell'Assessore e della maggioranza tono che potrebbe essere una premessa favorevole per un più proficuo approfondimento in sede di Commissione del nostro lavoro per portare realmente a sintesi una discussione, sintesi che forse è ancora perseguibile, a meno che non si vogliano fare muri contro muri, cosa a cui ovviamente non ci sottraiamo, ma che forse non è molto producente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Il Gruppo socialista è contrario alla richiesta del Gruppo comunista.
La mia dichiarazione potrebbe concludersi qui anche perché avremo occasione di fare le dichiarazioni di voto martedì prossimo. Vorrei per motivare la nostra posizione. Questo disegno di legge è stato presentato nel 1986, è poi stato oggetto di dibattito, di consultazione, di approfondimento, di discussione e poi di rinvio, quindi mi sembra che ci siano tutte le ragioni per andare all'approvazione e alla verifica finale.
Potrei osservare che le ragioni illustrate dall'opposizione con la richiesta del Gruppo comunista non ci convincono, non ci convincevano prima in ordine ai problemi di sostanza e non ci convincono nemmeno se vengono legate alla questione di procedura.
Qui si cerca di far passare che l'atteggiamento del Gruppo socialista è un atteggiamento che ha subito alcuni aggiustamenti, alcune inversioni di tendenza. Vorrei però respingere questa interpretazione e ribadire che invece la verifica e la modifica in alcuni punti che non stravolgono l'impianto complessivo della legge 20 è una verifica e una modifica che abbiamo sostenuto, e sosteniamo, con profonda convinzione. Forse nel Gruppo socialista ci sarà qualcuno che queste modifiche le vede con qualche preoccupazione. Bisogna tenere conto della storia e dei fatti come si sono svolti in questi anni. La collega Cernetti è stata la madre della legge n. 20, che ha visto la luce nel lontano 1982. Alla luce del tempo passato e della verifica che si è fatta della legge 20 è comprensibile andare a vedere quali sono stati i punti che hanno impedito la realizzazione e l'applicazione della legge 20. Non sono punti attinenti solo a volontà politiche, perché ci sono stati anche dei governi di segno politico diverso. Ci sono questioni che occorrerà vedere fino in fondo. Ho visto positivamente la richiesta di proporre il settembre 1989 come momento nel quale dovrebbero avvenire i passaggi (dico "dovrebbero" perché non sono convinto che questi passaggi avverranno)



(Interruzioni dai banchi comunisti)



ROSSA Angelo

Non sono convinto! Voglio augurarmi di constatare, tra un anno e mezzo, che mi ero sbagliato e di verificare un grande slancio, un grande impegno, un grande sostegno da parte di tutti gli Enti locali.
Probabilmente su questo problema dovremo ancora ritornare.
Mentre resta fermo l'impianto che considero molto importante non vedo nelle attuali proposte di modifica alla legge 20 tali proposte da stravolgere l'impianto complessivo e quindi rendo merito alla collega Cernetti e alla passata maggioranza che l'ha sostenuta, magari come diceva il collega Bontempi, obtorto collo di fronte ad una scelta che giudicava giacobina; probabilmente c'erano anche queste cose dentro la legge 20, ma il tempo, i momenti, il quadro politico ci devono portare a valutare le eventuali modifiche. Mi sembra che sia il segno di un grande realismo, di una grande puntualità da parte delle forze politiche nel cogliere le difficoltà, nell'individuarle, nel fare in modo che vengano superate. Noi tendiamo a realizzare una società migliore e capace di offrire risposte che vadano incontro all'ansia della gente che si sente abbandonata affinch trovi assistenza e strutture necessarie. E' un discorso che può provocare delle reazioni, ma guai se qualcuno di noi si comportasse con non chiarezza di fronte ai problemi e alle scelte anche perché è giusto che ciascuno risponda qui e fuori di qui delle proprie responsabilità.
Il Gruppo socialista ha discusso la questione dei minori, e ha valutato che poteva essere un atto da compiersi subito; abbiamo visto che la programmazione può essere fatta dalle UU.SS.SS.LL. alle quali si attengono i piccoli e i grandi Comuni. Nulla osta a che i piccoli Comuni realizzino subito questo processo, riteniamo altrettanto ragionevole che i grandi Comuni, che hanno le strutture, che hanno i mezzi, che hanno una identità i Comuni con i quali la Regione fa i conti continuamente, abbiano questo spazio, abbiano questo tempo altrimenti questa Regione, che ha la pretesa di governare su tutto, alla fine è costretta a governare su una parte perché contano i pesi, le consistenze, le dimensioni. La nostra posizione si ricollega ad una visione riformistica delle cose, è una visione concreta che non ci fa perdere il senso della prospettiva, alla quale i socialisti hanno sempre dato il loro contributo e lo daranno ancora nel procedere della discussione sulla legge 20 che andrà a realizzare un passo concreto nella direzione dell'impegno assunto allora dalla collega Cernetti e dai sostenitori della legge che venne varata nel 1982.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Abbiamo esaminato la proposta di non passaggio agli articoli, ne abbiamo ascoltato l'illustrazione molto ampia e dichiariamo di essere contrari. Siamo contrari perché riteniamo che proprio il dibattito abbia confermato la necessità di approvare questa legge. D'altro canto la proposta di non passaggio agli articoli, quale conseguenza avrebbe, se approvata con l'ordine del giorno proposto? La conseguenza di passare soltanto a trattare gli articoli del personale e delle piante organiche e lasciare andare avanti l'immediata attuazione generale di tutta la parte della legge 20 con il passaggio immediato alle UU.SS.SS.LL. in presenza di una impreparazione delle stesse a gestire questi servizi immediatamente da tutti rilevato. Molto si parla anche come riforma dell'istituto e abbiamo di fronte anche il problema molto grave di Torino che peraltro sarebbe stralciato da altro provvedimento. Quindi l'accettazione di questo ordine del giorno sarebbe veramente contraddittoria anche rispetto all'andamento del dibattito che semmai potrebbe richiedere un esame di merito che d'altro canto ci sarà nel prosieguo attento sui singoli aspetti, ma non un passaggio agli articoli. Voglio aggiungere un'altra considerazione in ordine alle dichiarazioni fatte.
Circa la umanizzazione del servizio: noi non abbiamo mai sostenuto di essere i soli a sentirne l'esigenza né che essa sia un nostro esclusivo patrimonio. Riteniamo, al contrario, che tutti possano concorrervi e principalmente le istituzioni. Sotto questo profilo quello che noi ci rifiutiamo di credere è che l'umanizzazione del servizio passi attraverso un trasferimento ipso facto, di tutto alle UU.SS.SS.LL. Riteniamo che questa umanizzazione invece possa avvenire nell'ambito di una integrazione di programmazione anche attraverso una gestione pluralistica specialmente in questa fase di avvio della legge che può durare parecchi anni. Questo è il punto centrale in tema di fondo: se si debba avere assolutamente ed immediatamente una gestione unificata o se sia più utile e pratico, più utile soprattutto nei confronti dell'utente che è quello che ci interessa a fondo, un servizio invece in questa fase articolato per quello che riguarda la gestione sia pure sotto una direttiva di indirizzi unitaria e chiara quale può venire attraverso l'integrazione della U.S.S.L. Questo è il nocciolo del problema che mi pare abbiamo discusso con molta attenzione.
Noi riteniamo che questa via di progressione sia una via accettabile; certo ci è stato chiesto da tutti e dobbiamo essere molto chiari, noi andiamo verso una via di attuazione progressiva, crediamo sia possibile, riteniamo peraltro e sarebbe assurdo che non ritenessimo che il tempo possa far sempre riflettere (l'ha affermato anche Rossa!) e noi useremo l'esperienza del tempo per riflettere se ulteriori correzioni siano necessarie.



PRESIDENTE

Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno di non passaggio agli articoli testé discusso.



BONTEMPI Rinaldo

Chiedo che si proceda alla votazione per appello nominale. Se è necessario formalizzerò tale richiesta per iscritto secondo Regolamento con il conforto di due altri Consiglieri.



PRESIDENTE

D'accordo.



(Si procede alla votazione per appello nominale)



PRESIDENTE

Comunico l'esito della votazione: presenti e votanti 48 Consiglieri hanno risposto SI 18 hanno risposto NO 29 si è astenuto 1 Consigliere.
L'ordine del giorno è pertanto respinto.
La discussione generale relativa al progetto di legge di modifica della legge 20 è così conclusa. I Capigruppo hanno ritenuto di rinviare l'esame dell'articolato al giorno 26 p.v, e di proseguire indi i lavori nei successivi giorni 27 e 28 che saranno caratterizzati dalla discussione del bilancio di previsione per il 1988.


Argomento: Lavoro - Movimenti migratori: argomenti non sopra specificati

Ordine del giorno n. 419 sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro


PRESIDENTE

Chiedo ora al Consiglio di votare l'ordine del giorno relativo alle pari opportunità che è stato sottoscritto da tutti i Gruppi. Il documento recita: "Il Consiglio regionale in riferimento a quanto disposto dall'art. 1 della legge 9/12/77 n. 903 'Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro' che fa divieto di 'qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività, a tutti i livelli della gerarchia professionale', e considerato inoltre che il decreto legge 30/10/84 n. 726 'Misure urgenti a sostegno e ad incremento dei livelli occupazionali' convertito nella legge 863/84 recepisce esplicitamente all'art. 5 le disposizioni legislative che disciplinano i rapporti di lavoro subordinato vista la persistente crescita della domanda di lavoro delle donne a Torino ed in Piemonte, che rappresentano oltre il 60% delle persone in cerca di occupazione, arrivando nell'area metropolitana torinese a circa 70.000 iscritte al collocamento, per un tasso di disoccupazione femminile del 18 nonché visto che la riduzione di occupati nell'industria di cinquemila unità è rappresentata interamente da manodopera femminile a seguito dei dati forniti dalla Commissione Comunale di Collocamento di Torino circa gli avviamenti con contratti di formazione-lavoro alla Fiat Auto dal gennaio '86 alla fine dell'87 che evidenziano come su 2.284 lavoratori avviati le donne siano 145 (112 operaie su 1806 e 33 impiegate su 478) vista la petizione rivolta al Consigliere di Parità e firmata da oltre mille lavoratori e lavoratrici Fiat che richiedono che si attivino tutti gli strumenti istituzionali e normativi per rimuovere l'atteggiamento discriminatorio di fatto della Fiat Auto in considerazione del ruolo che svolge la Commissione regionale dell'impiego definito oltre che dal citato decreto legge 863/84, in forza della legge 56/87 'Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro' in merito alla programmazione, direzione e controllo della politica attiva del lavoro ed in particolare per ottemperare a quanto previsto dall'art. 5 che stabilisce che le Commissioni regionali dell'impiego 'qualora vi siano fondati motivi per ritenere che sussista violazione della legge 5/12/77, n.
903, avvalendosi dell'ispettorato del lavoro e della consulenza del Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra i lavoratori e le lavoratrici, possono effettuare indagini presso le imprese sull'osservanza del principio di parità' e inoltre prevede che 'i datori di lavoro sono tenuti a fornire informazioni sui criteri e sui motivi delle selezioni' ricordato infine l'impegno del Consiglio regionale del Piemonte per la piena affermazione del diritto al lavoro delle donne ribadito nei dibattiti svolti sui problemi occupazionali, nonché attraverso l'approvazione della legge istitutiva della 'Commissione regionale per la realizzazione delle pari opportunità fra uomo e donna' che ha come suo compito la rimozione degli 'ostacoli che di fatto costituiscono discriminazione diretta o indiretta nei confronti delle donne e per l'effettiva attuazione dei principi di uguaglianza e di parità sociale sanciti dalla Costituzione e dallo Statuto' impegna la Giunta, in specifico l'Assessore competente avvalendosi dell'apporto della Commissione regionale per le Pari Opportunità, a promuovere anche nella sua veste di Presidente della Commissione regionale per l'impiego iniziative che consentano di: 1) acquisire le informazioni sui criteri e sui motivi delle individuazioni 2) individuare quali meccanismi possano essere attivati in rapporto con le parti interessate per superare ogni discriminazione diretta ed indiretta.
Impegna altresì la Giunta, attraverso l'Assessore competente, ad informare, entro 30 giorni, sulle iniziative intraprese, la Commissione consiliare".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 48 Consiglieri presenti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,20)



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