Sei qui: Home > Leggi e banche dati > Resoconti consiliari > Archivio



Dettaglio seduta n.116 del 19/01/88 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

Scarica PDF completo

Argomento:


PETRINI Luigi


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g. "Approvazione verbali precedenti sedute", non essendovi osservazioni, i processi verbali delle adunanze consiliari del 26 marzo, 9 e 16 aprile 1987 si intendono approvati.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione - Occupazione giovanile - Apprendistato

Interrogazione n. 1125 dei Consiglieri Bontempi e Calligaro inerente la riduzione degli Uffici di collocamento


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g. "Interrogazioni e interpellanze" esaminiamo l'interrogazione n. 1125 presentata dai Consiglieri Bontempi e Calligaro.
Risponde l'Assessore Cerchio.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ai fini di una compiuta risposta all'interrogazione dei Consiglieri Bontempi e Calligaro, vale forse la pena richiamare per sommi capi l'art. 1 della legge n. 56/87 di riforma del mercato del lavoro.
L'art. 1 definisce infatti i nuovi ambiti territoriali del collocamento (le Circoscrizioni, le nuove strutture amministrative: le Sezioni) e i nuovi organi (le Commissioni circoscrizionali) con funzioni sia di programmazione che di gestione del collocamento a livello locale.
Per l'individuazione degli ambiti territoriali delle Circoscrizioni l'articolo stabilisce tre criteri che sono: 1) caratteristiche locali del mercato del lavoro 2) articolazione delle altre strutture amministrative 3) stato dei collegamenti sul territorio.
Le Sezioni possono essere articolate a livello di recapiti che hanno però esclusivamente compiti amministrativi di natura esecutiva.
Le liste e conseguentemente le graduatorie, le richieste e gli avviamenti sono definiti a livello di circoscrizione.
Le Commissioni circoscrizionali assumono le funzioni già svolte dalle Commissioni operanti presso gli Uffici di collocamento ai sensi delle leggi n. 264/49 e n. 300/70 fra cui in particolare: i pareri sulla classificazione professionale dei lavoratori, sul loro passaggio da un settore produttivo all'altro e da una categoria all'altra dello stesso settore produttivo i pareri sulle contestazioni relative alle richieste nominative di assunzione i pareri su ogni altra questione relativa al collocamento, sottoposta al loro esame.
La Commissione ha inoltre il compito di stabilire e di aggiornare periodicamente la graduatoria delle precedenze per l'avviamento al lavoro la Commissione ha anche il compito di rilasciare il nulla osta per l'avviamento al lavoro ad accoglimento di richieste nominative o di quelle di ogni altro tipo che siano disposte dalle leggi o dai contratti di lavoro.
A dette funzioni si aggiungono quelle di direzione dell'attività della Sezione nei limiti e secondo le direttive del Ministero del Lavoro e della Commissione regionale per l'impiego.
Questo in sintesi il dettato legislativo, che pareva opportuno richiamare nella introduzione alla risposta.
Nel mese di settembre il Ministero del Lavoro ha inviato a tutte le Commissioni regionali per l'impiego di Italia (quindi anche a quella del Piemonte) una propria proposta di definizione di ambiti territoriali omogenei di mercato del lavoro.
In tutta Italia nello studio previsto dal Ministero si individuavano oltre 500 ambiti di cui 44 in Piemonte.
La Commissione regionale per l'impiego del Piemonte, dopo aver esaminato il progetto ministeriale in seno ad una apposita sottocommissione ad hoc, individuava, con un articolato esame ed approfondimento che si esprimeva in termini di sostanziale unanimità, 49 aspetti territoriali omogenei di mercato del lavoro.
Uno di questi veniva a coincidere sia nella proposta del Ministero sia nella proposta della Commissione regionale per l'impiego (con leggerissime variazioni) con l'area programma di Pinerolo.
La proposta della Commissione regionale per l'impiego piemontese approvata per quanto concerne la definizione di tali ambiti all'unanimità dai componenti, era accompagnata da due valutazioni integrative che qui riprendiamo.
1) Si ritiene indispensabile far coincidere il processo di informatizzazione e di riforma organizzativa del Ministero con la strutturazione e con le SCI.
Si ritiene che le funzioni delle Commissioni circoscrizionali non vengano sufficientemente definite, se non per quelle che si richiamano ai compiti delle preesistenti Commissioni comunali per il collocamento.
Si ritengono ancora non sufficientemente definiti i rapporti tra Commissioni e strutture amministrative ministeriali periferiche per le quali si verifica una sorta di codipendenza dal Ministero e dalle Commissioni, in quanto le Commissioni stesse non hanno solo funzioni consultive, ma sono organi di attuazione a livello locale di politica attiva del lavoro.
In altri termini fanno capo alle Commissioni un insieme di funzioni varie: amministrative e gestionali, consultive e talora di direzione programmatiche.
A questo proposito si ritiene quindi indispensabile da parte del Ministero del Lavoro l'emanazione di una direttiva che compiutamente definisca i compiti delle Commissioni ed i loro rapporti con gli Uffici periferici del Ministero, nonché i compiti che ai sensi del punto 3), art.
1, legge n. 56/87, dovrebbero svolgere i recapiti periodici delle SCI, che dovranno avere una adeguata dislocazione sul territorio.
Relativamente a tali considerazioni e sollecitazioni a tutt'oggi il Ministero del Lavoro non ha ancora ufficialmente risposto.
Con successivo Decreto Ministeriale ha invece assunto in toto la proposta di ambiti territoriali, ai sensi dell'art. 1, legge n. 56/87 della Commissione regionale per l'impiego del Piemonte.
Sulla base di tale proposta i Comuni della Valle Chisone, Pellice e Germanasca vengono inseriti nella Sezione circoscrizionale per l'impiego di Pinerolo.
Questo però, nella volontà della Commissione regionale per l'impiego e per il ruolo in essa svolto nella volontà della Giunta regionale rispondeva ad una logica di razionalizzazione e miglioramento del servizio e meno che mai ad una soppressione o ad un peggioramento dello stesso.
Ferma restando quindi la possibilità per legge di istituire recapiti periodici (artt. 1 e 3, legge n. 56/87) nella recente riunione della Commissione regionale per l'impiego (7/1/1988) si è ribadito quanto già contenuto nella deliberazione trasmessa al Ministero del Lavoro e cioè che tale articolazione (gli attuali 49 ambiti territoriali) potrebbero richiedere "una riconsiderazione e l'eventuale adeguamento in relazione alle emanate direttive ministeriali circa i compiti riguardanti le strutture decentrate e la gestione del collocamento, oltreché la verifica del funzionamento dell'assetto individuato".
Queste considerazioni valgono non solo in relazione ai Comuni, a cui fa riferimento l'interrogazione in oggetto, ma anche per numerosi altri Enti locali che con lettere al Presidente della Giunta regionale, all'Assessore al lavoro, al Presidente e Vicepresidente della Commissione regionale per l'impiego, al Ministro del Lavoro, hanno espresso proteste e dubbi nel vedere cancellata una vecchia organizzazione e nel non vedere accolta appieno la volontà della nascita di una nuova organizzazione.
E' un tema che stiamo affrontando ancora in sede di Commissione regionale per l'impiego e nella prossima riunione del 25 gennaio definiremmo anche un atteggiamento comune della Commissione regionale per l'impiego in ordine a questi problemi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Ringrazio l'Assessore della risposta. Ero a conoscenza che i fatti sollevati nell'interrogazione stessero in questi termini e che ci fosse la conseguenza applicativa delle ragioni contenute nella legge nazionale quindi un accorpamento delle zone.
Le popolazioni di tipo montano di quella zona e non solo, hanno visto che crescenti problemi, che su scala generale appaiono giustificati da razionalizzazione, vengono a sommarsi con il segno meno rispetto a servizi opportunità istituzionali, amministrative, produttive, che in queste zone sono venute a mancare in questi anni.
La nostra interrogazione partiva per sollevare una questione che è certo riferita al caso, ma vale più in generale per tutto il resto dei problemi.
Teniamo presente che l'indirizzo per la razionalizzazione delle strutture giudiziarie porta in discussione, ad esempio, le strutture giudiziarie nel capoluogo di Pinerolo. Abbiamo una somma di problemi a cui dobbiamo porre grande attenzione, soprattutto in momenti in cui stanno crescendo fenomeni di autonomismo più o meno motivati, ma radicati nel fatto che certe zone hanno sempre meno peso e voce per la loro caratteristica sociale ed economica e per le loro ragioni di collocazione rispetto al processo economico.
Sarebbe sensato garantire il non peggioramento del servizio nelle zone dove esistevano dei presidi di Ufficio di collocamento per l'utenza.
Presidi che, anche se non vengono più identificati nell'ambito dell'Ufficio di collocamento, dovrebbero rimanere servizi decentrati dall'Ufficio pinerolese, altrimenti la valle che si estende da Pragelato fino alla pianura troverebbe, per quanto riguarda le zone montane, il primo luogo a cui rivolgersi per queste questioni a Pinerolo.
Quindi è molto importante, come accennava l'Assessore, che si assuma la decisione di garantire il servizio. Credo che in questo, come in altri casi che presentano tali caratteristiche, sia opportuno muoversi anche politicamente e nelle sedi opportune. Trovare dei recapiti per lo svolgimento del servizio in posizione utile per tutte queste vallate dovrebbe essere una priorità. Raccomando all'Assessore di agire in questa direzione.


Argomento: Edilizia pubblica (convenzionata, sovvenzionata, agevolata)

Interpellanza n. 1008 dei Consiglieri Chiezzi e Bontempi inerente le Cooperative edilizie nel Comune di Torino


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interpellanza n. 1008 presentata dai Consiglieri Bontempi e Chiezzi.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'edilizia

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, credo sia doveroso, prima di rispondere all'interpellanza, richiamare il fatto che ci troviamo di fronte a difficoltà realizzative del piano decennale della casa e di altri interventi previsti da leggi speciali. Non c'è una competenza programmatoria della Regione per una situazione di ordine generale che riguarda soprattutto la capacità operativa dei Comuni, il cui problema principale è l'assenza di una legislazione sulle aree edificabili ed in alcuni casi addirittura l'assenza di una strumentazione urbanistica adeguata che consenta di portare ad operatività e realizzazione i programmi approvati dalla Regione.
Noi siamo inseriti in questa difficoltà generale, anche se per quanto riguarda i compiti della Regione questi sono stati assolti in tempi non solo accettabili, ma che rappresentano una capacità della nostra Regione rispetto alle altre di corrispondere alle esigenze di programmazione del settore nei tempi dovuti.
Nel merito dei problemi sollevati dall'interpellanza, richiamo una serie di rapporti che si sono avuti, in particolare con il Comune di Torino, per quanto riguarda la realizzazione del completamento del terzo quarto, quinto biennio della legge n. 457, oltreché una valutazione più complessiva, anche se non di stretta competenza regionale, per quanto riguarda la realizzazione degli altri finanziamenti statali direttamente assegnati su leggi speciali al Comune di Torino.
Il Comune di Torino con nota pervenuta alla Regione in data 17/2/1986 circa l'assegnazione di aree occorrenti ai programmi costruttivi per il completamento del terzo e per la realizzazione del quarto biennio della legge n. 457, comunicava che non esisteva alcuna disponibilità di aree destinate a residenza, nell'ambito dei piani previsti dalla legge 18/4/1962 n. 167.
Inoltre chiariva che era intendimento del Comune destinare ad edilizia residenziale pubblica e privata una parte delle aree libere di proprietà comunale già individuate, ma non disponibili immediatamente in quanto aventi destinazioni urbanistiche diverse da quelle residenziali.
Lo studio, la predisposizione e i necessari strumenti presupponevano tempi tali da richiedere formalmente alla Regione da parte del Comune com'è avvenuto, una proroga dei termini per l'attivazione dei programmi (proroga che peraltro era sollecitata e richiesta anche per la situazione generale presente nei Comuni piemontesi per carenza di aree all'interno di piani di edilizia economica e popolare principalmente in conseguenza della nota sentenza alla Corte Costituzionale delle difficoltà che successivamente si sono incontrate nella formazione di piani ex lege 167).
Questa Amministrazione regionale con provvedimento n. 70-7725 del 16/9/1986, adottato dalla Giunta regionale, recepiva le richieste formulate dalla Città di Torino e da altri Comuni e da altri operatori, e prorogava i termini fino al 31/5/1987 rifinanziando i programmi ormai scaduti attraverso un atto di assestamento dei programmi.
In data 15/1/1987 il Comune di Torino comunicava che secondo quanto disposto dall'Assessorato regionale all'edilizia era stato adottato, in data 23/12/1986, un provvedimento deliberativo inteso ad individuare le aree da mettere a disposizione degli operatori ammessi al finanziamento regionale dei fondi della legge n. 457 per il completamento del terzo biennio e per la realizzazione del quarto biennio della legge n. 457.
Il provvedimento assunto indicava di massima le aree di proprietà comunale, destinate a residenza o ricomprese in piani per l'edilizia economico popolare ai sensi della legge n. 167/1962, per la futura assegnazione in diritto di superficie a quegli enti e soggetti attuatori che sarebbero stati indicati con successivo provvedimento deliberativo.
Provvedimento destinato anche ad approvare le relative convenzioni ai sensi di legge (eravamo in presenza di un provvedimento di massima del Comune di Torino che indicava le aree disponibili per l'edilizia economico popolare ma si riservava l'assegnazione ai sensi della legge n. 167 ai singoli operatori con successivi provvedimenti comunali).
In data 12/3/1987 gli operatori finanziati presentavano al Comune di Torino, e per conoscenza alla Regione, una proposta localizzativa la cui premessa era stata la deliberazione della Giunta municipale del 23/12/1986 il cui riparto, concordato fra tutti gli operatori, consentiva la realizzazione del massimo del programma autofinanziato assegnato dalla Regione come parte integrante del finanziamento ex lege 5/8/1978 n. 457. E' stato preso in considerazione in questa ipotesi di suddivisione e di assegnazione delle aree sia il finanziamento ex lege 457, sia il massimo del programma autofinanziato assegnato dalla Regione contestualmente all'approvazione della localizzazione dei soggetti attuatori.
Dall'ipotesi di riparto scaturisce una eccedenza di alloggi, rispetto al programma massimo previsto da questa Amministrazione regionale per il completamento del terzo e per la realizzazione del quarto biennio.
Tale eccedenza poteva, secondo i firmatari proponenti, consentire l'avvio del programma del quinto biennio, con priorità di assegnazione delle aree a favore degli operatori non finanziati con il completamento del terzo biennio e con la realizzazione del quarto biennio. Non essendo sufficienti le aree individuate di massima dal Comune per coprire tutti i programmi finanziati dalla Regione sulla legge n. 457 (poi ci sono gli altri problemi di realizzazione degli edifici finanziati direttamente dallo Stato sulle leggi speciali), la proposta era quella di riservare l'eccedenza di aree individuate dal Comune, rispetto alle esigenze di completamento del terzo e quarto biennio, ad avviare il quinto biennio per gli operatori e i soggetti che non erano già attuatori del completamento del terzo e della realizzazione del quarto biennio, per consentire a tutti un avvio realizzativo dei finanziamenti concessi dalla Regione.
Infine, con nota datata 23/7/1987 i medesimi operatori, soggetti attuatori, hanno sottoposto all'Amministrazione comunale uno studio di rielaborazione in variante dell'area denominata E 27 in ossequio a quanto disposto dall'art. 34 della legge n. 865/1971.
Il riparto proposto prevede la localizzazione di tutti gli operatori finanziati ai sensi del completamento terzo e quarto biennio della legge n.
457, ad eccezione di due Cooperative che sono state localizzate nell'area PEEP E 26 di Borgata Rosa e sull'area di proprietà comunale di via Pietro Cossa angolo via Servais.
E' stata inoltre prevista la localizzazione sui lotti residui dell'area già richiamata, E 27, degli operatori non finanziati sul completamento terzo e quarto biennio, ma solo sul quinto biennio, ai quali concordemente i soggetti attuatori intendono assicurare una priorità nell'avvio del quinto biennio.
Vorrei ricordare inoltre che in data 29/9/1987 la Giunta regionale ha approvato un provvedimento deliberativo con il quale si proroga al 30/6/1988 il termine ultimo per poter attivare i finanziamenti del programma decennale. Questo per tutto il Piemonte dovrà essere il termine ultimo, in considerazione del fatto che a suo tempo le disposizioni ministeriali richiamavano addirittura la necessità di ultimare i lavori del quinto biennio entro il 31/12/1987, mentre siamo ancora in presenza della necessità di prorogare i termini per l'inizio dei lavori.
Questa situazione interessa tutte le Regioni, non solo la nostra, per quanto riguarda gli interventi di nuove costruzioni di edilizia residenziale pubblica, per le note vicende che sono legate essenzialmente all'assenza di un'adeguata legislazione per quanto riguarda il regime dei suoli e il sistema espropriativo nel nostro Paese e ha come conseguenza immediata la ridiscussione dell'assegnazione dei fondi per le ex GESCAL.
per l'edilizia residenziale pubblica, proprio invocando i lunghi ritardi delle Regioni. A questo proposito va detto che la nostra Regione fino al quarto biennio, non solo ha chiuso la propria attività di programmazione per prima in Italia (per quanto riguarda la localizzazione degli interventi), ma sul quarto biennio è anche la Regione dove si è percentualmente realizzato di più, anche se le cifre sono basse. Siamo quindi all'interno di una situazione generale di difficoltà che ci ha indotti, come ha indotto le altre Regioni, a prorogare ulteriormente al 30/6/1988 l'inizio dei lavori per gli interventi finanziati sul quinto biennio della legge n. 457.
Posso infine precisare che in data 4/11/1987 abbiamo provveduto ad inviare ai Comuni, interessati dai finanziamenti e tuttora inadempienti, un ulteriore sollecito con il quale si richiamano le incombenze comunali circa i termini per l'individuazione e per l'assegnazione delle aree da mettere a disposizione degli operatori individuati da questa Regione.
Per quanto riguarda in specifico il Comune di Torino, anche a seguito della interpellanza che è stata presentata dai colleghi Chiezzi e Bontempi negli ultimi due mesi abbiamo nuovamente scritto per due volte, chiedendo non solo dati e informazioni sugli interventi programmati dalla Regione Piemonte, ma anche in ordine alla realizzazione e all'attivazione di tutte le procedure per la realizzazione degli interventi finanziati direttamente dallo Stato e siamo tuttora in attesa di una risposta.
Devo dire al collega Chiezzi che non avendo avuto ad oggi questa risposta, l'Assessorato ha convocato direttamente i responsabili del Comune di Torino per fare, in un incontro diretto, il punto della situazione generale del Comune di Torino.
In questo momento non sono in grado di dare delle risposte più o meno soddisfacenti per quanto riguarda gli interventi che non sono stati finanziati dalla Regione Piemonte. I finanziamenti sulle leggi speciali sono gestiti direttamente dal Comune; le informazioni che abbiamo richiesto non ci sono ancora state trasmesse.
Devo dire che in questo incontro cercheremo di fare meglio il punto anche sull'attuazione della legge n. 457, perché le informazioni che ho dato sui provvedimenti comunali che non sono di nostra competenza, sono state ovviamente raccolte e lasciano qualche margine di incertezza nella misura in cui siamo ancora in presenza di una deliberazione di massima comunale a cui ha corrisposto una proposta complessiva degli operatori che è stata recepita dal Comune, ma non sappiamo con esattezza in che misura si è tradotta in atti concreti di assegnazione puntuale delle aree ai soggetti operatori.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Ringrazio l'Assessore per la risposta molto dettagliata anche se nel merito non posso esprimere soddisfazione.
Vorrei innanzitutto fare un rilievo critico. Riceviamo questa risposta dopo tre mesi da quando abbiamo presentato l'interpellanza: è una stagione sono passati due terzi dell'autunno e un terzo dell'inverno. Al di là del caso specifico pregherei sia gli Assessori sia chi decide l'andamento dei lavori di questo Consiglio di fare in modo che le interrogazioni e le interpellanze abbiano risposta in tempo utile a discutere i problemi. In questo caso, purtroppo, il tempo è ancora utile, perché a tre mesi dall'interpellanza i problemi citati non hanno ancora avuto una risposta.
Chiudo questa premessa ed entro nel merito di quanto affermato dall'Assessore.
La prima considerazione che l'Assessore ha fatto, un po' a margine: sul problema della casa, incide fortemente lo Stato o anzi l'assenza della legislazione di carattere nazionale sull'uso del suolo. Questo è vero.
Evitiamo pure di trattarlo in questa interpellanza, ma chiedo all'Assessore se non ritenga utile che la Regione Piemonte (non solo la Giunta, ma anche il Consiglio regionale) assuma autonomamente un'iniziativa decisa e forte.
Penso che su questo possiamo essere uniti come forze politiche (lo spero perlomeno) verso il Parlamento e il Governo nazionale perché sciolgano questo nodo. Non si può andare avanti senza una legislazione sui suoli perché al di là delle politiche che fanno i Comuni, più o meno attente alla predisposizione degli strumenti urbanistici, alle acquisizioni delle aree ogni Comune è impossibilitato a svolgere una politica di acquisizione delle aree. Chiedo che l'Assessore si faccia promotore in quest'aula di un'iniziativa in questo senso.
A margine farei un'altra osservazione. Ci sono altre interpellanze presentate dal sottoscritto a nome del Gruppo PCI che riguardano, proprio su questo tema, gli indennizzi ai quali la Regione Piemonte sta obbligando i Comuni che hanno espropriato delle aree: questo è un altro aspetto che mette i Comuni in una difficoltà gravissima di ordine finanziario. Quindi i Comuni oggi non possono espropriare ed acquisire le aree. Non solo, ma quelli che hanno espropriato ed acquisito aree vengono "puniti" perch devono rifondere i proprietari sulla base di leggi vecchie di cent'anni sulla base di valori dei suoli di mercato. Quindi quella della casa e dei suoli è una situazione che esige la massima attenzione da parte della Giunta.
In merito ai ritardi, questi ci sono stati non solo da parte del Comune di Torino ma anche da parte di altri Comuni. Chiedo all'Assessore di avere una risposta scritta sintetica di quanto ha detto e di avere l'elenco dei Comuni ai quali la Regione Piemonte ha effettuato un sollecito, perch penso che, anche nella distinzione tra maggioranza e minoranza, un partito politico rappresentato in quest'aula possa avere un ruolo in tal senso: se ci sono dei Comuni in ritardo possiamo farci carico di sollecitare questi Comuni.
Ultimo fatto è il rapporto tra la Regione Piemonte e il Comune di Torino. Anche in questa occasione vediamo che il rapporto non c'è, è difficile intrattenerlo. Do fiducia agli sforzi dell'Assessore, però la realtà è questa: su questo tema c'è censura, un'assenza di colloquio e di rapporti fattivi tra l'Amministrazione regionale e l'Amministrazione comunale di Torino, e come abbiamo visto recentemente anche su altri temi importanti. L'Assessore ritiene che il Consiglio regionale svolga un'azione di sollecito verso il Comune di Torino? A nome del mio Gruppo dico che siamo d'accordo. Se la Giunta e l'Assessore ritengono che sia utile e necessario un pronunciamento della Regione Piemonte, in generale sui rapporti che devono intercorrere tra la Regione, i suoi programmi e il suo ruolo e il Comune capoluogo di Regione, noi siamo d'accordo a prendere in considerazione la proposta dell'Assessore. Prima di essere noi dall'opposizione a fare proposte ed inviti alla Giunta su questo argomento vista anche la buona volontà dell'Assessore attendiamo; però sollecitiamo l'Assessore a farsene carico, perché ha dato una risposta insoddisfacente (come lui sa). L'Assessore sta ancora aspettando da due mesi una risposta dal Comune di Torino, adesso andrà di persona dal Sindaco. Non è possibile governare in questo modo, se il Comune capoluogo non sente che la Regione è un organismo di programmazione al quale deve fare riferimento, occorre un'iniziativa del Consiglio regionale verso il Comune di Torino per indurlo ad avere dei rapporti corretti con l'Amministrazione della Regione Piemonte.


Argomento: Pianificazione territoriale - Urbanistica: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 918 del Consigliere Acotto inerente la costruzione ed apertura di un ipermercato in località Rondò nel Comune di Borgosesia


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 918 presentata dal Consigliere Acotto.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

In riferimento all'interrogazione presentata dal Consigliere Acotto relativa all'attivazione di un ipermercato in località Rondò di Borgosesia risulta opportuno formulare alcune premesse ad illustrazione degli interventi già realizzati sull'area interessata del Comune di Borgosesia e delle iniziative in corso, relative alla proposta di attivazione di un nuovo esercizio commerciale da parte della ditta MAUS S.p.A.
L'intervento proposto all'Amministrazione comunale di Borgosesia e all'Assessorato regionale competente (quello al commercio) dalla ditta citata, al fine di ottenere la prescritta autorizzazione regionale ai sensi della Legge n. 426/71, riguarda l'attivazione di un supermercato con superficie di vendita di 2.500 mq attraverso l'utilizzo di un fabbricato in corso di realizzazione di 4.578 mq di superficie coperta. Il fabbricato risulta localizzato in area Dr3 del Piano Regolatore Generale vigente ("area prevalentemente produttiva, parzialmente edificata, da riordinare") con destinazione d'uso prevalente industriale e artigianale.
I dati significativi relativi all'iter autorizzativo del fabbricato in questione risultano i seguenti: concessione n. 15430 in data 16/4/1986 rilasciata alla ditta AM.CRO per la realizzazione di un edificio industriale ad uso deposito di materiali edili. Alla concessione risulta allegata una relazione geologica volta a definire limiti di arretramento del fabbricato dalle sponde dell'adiacente fiume Sessera. L'intervento era stato incluso nel primo Programma Pluriennale di Attuazione del Comune di Borgosesia attivato nel 1979 e riconfermato nel secondo Programma Pluriennale di Attuazione approvato con deliberazione consiliare n. 171 del 15/3/1985, strumento a tutt'oggi vigente voltura della sopra citata concessione alla ditta Centro Carni S.r.l.
autorizzata con provvedimento del Sindaco di Borgosesia n. 13394 del 4/9/1986 domanda avanzata dal Centro Carni S.r.l, il 26/9/1986 per variante in corso d'opera ed utilizzo dell'immobile per stoccaggio e smistamento di prodotti vari non deperibili trasformazione della ragione sociale della citata ditta in Società per Azioni con denominazione "MAUS" S.p.A. (atto notarile in data 8.10.86) e notifica al Comune della variazione dell'intestatario della concessione parere della Commissione Edilizia Comunale del 24/11/1986 con il quale si ritenevano le modificazioni perimetrali e di posizionamento del fabbricato non ascrivibili a semplici varianti in corso d'opera, ma necessitanti di una nuova concessione edilizia concessione rilasciata alla ditta "MAUS" S.p.A, il 24/9/1987 prot.
15564 per costruzione di un "fabbricato industriale ad uso stoccaggio e smistamento di prodotti vari non deperibili.
La prevalente destinazione produttiva del fabbricato concessionato risulta confermata dall'individuazione progettuale di aree a parcheggio ed a pubblici servizi conformi alla normativa prevista dal P.R.G. per gli interventi di tipo industriale - artigianale.
Non risulta allegata alla concessione alcuna indagine geologica puntuale in quanto, a giudizio degli organi tecnici del Comune di Borgosesia l'ottemperanza dei disposti dell'art. 20 delle norme tecniche di attuazione, per l'area Dr3 (quella in questione) risulterebbe garantita dalle risultanze di una indagine geologica generale e conseguente studio di fattibilità delle aree produttive, elaborati entrambi nel 1986 su commissione dell'Amministrazione comunale a sostegno dei programmi e progetti di utilizzo ed infrastrutturazione delle zone artigianali industriali.
Per quanto concerne l'iter autorizzativo previsto dalla Legge 426/71 la situazione risulta essere la seguente: domanda presentata dalla ditta MAUS S.p.A, in data 20/2/1987 indirizzata al Sindaco del Comune di Borgosesia per attivazione di un esercizio commerciale di vendita di prodotti di tabella VIII parere contrario all'iniziativa espresso dalla Commissione comunale per la disciplina del commercio fisso nella seduta dell'11/5/1987 parere favorevole all'intervento espresso dalla Giunta municipale con deliberazione n. 468 in data 21/5/1987 e dal Consiglio comunale con atto deliberativo n. 293 in data 8/6/1987 presentazione degli elaborati tecnici e degli atti amministrativi all'Assessorato regionale al commercio, per la prescritta autorizzazione.
A tutt'oggi, non essendo stato completato da parte dell'Assessorato al commercio l'iter procedurale di esame della pratica, non risultano essere state assunte determinazioni in ordine all'ammissibilità dell'intervento.
Per quanto concerne le specifiche richieste di informazione avanzate dall'interrogante, un esame della strumentazione urbanistica vigente del territorio comunale ed un controllo sulla disciplina dell'attività edilizia relativa all'immobile interessato consentono di fornire le seguenti precisazioni: 1) le norme di attuazione del P.R.G.C, del Comune di Borgosesia variante generale - approvata con deliberazione G.R. n. 8 in data 13/1/1987, contemplano di fatto, nell'area Dr3, insediamenti di tipo terziario commerciale, come si evince dall'esame del testo del terzo comma dell'art. 20 ove, fra le destinazioni ammissibili negli insediamenti produttivi a prevalente destinazione artigianale e industriale, risultano comprese anche le attività definite "di grande distribuzione commerciale".
Questo secondo la dizione delle norme tecniche d'attuazione del Piano Regolatore vigente.
Tale dizione, peraltro non ulteriormente definita in altri articoli delle norme tecniche di attuazione, non pare escludere l'accezione di "attività commerciale al dettaglio esercitata su ampia scala e con grande superficie di vendita" ascrivibile all'intervento in questione, in quanto una rigorosa definizione di attività di grande distribuzione commerciale non sembra escludere a quelle di dettaglio su ampia scala. L'eventuale interpretazione limitativa delle attività terziarie ammissibili in zona Dr3 alla sola "commercializzazione all'ingrosso" non sembra sostenibile in quanto le stesse risultano ammesse in tutte le aree a destinazione residenziale e terziaria (art. 10 delle norme tecniche di attuazione) e pertanto non intenzionalmente da relegare in ambiti decentrati rispetto al nucleo urbano.
L'ipotesi di un eventuale collegamento fra attività di produzione e di commercializzazione dei prodotti non trova peraltro alcun esplicito riscontro nella normativa specifica dell'area interessata.
In merito al contenuto della tabella allegata al testo delle norme tecniche di attuazione (pag. 83 delle norme) occorre rilevare come le tabelle stesse, aventi carattere di elaborati di sintesi, riportino per ogni area di intervento le sole destinazioni d'uso prevalenti, demandando alla normativa specifica la determinazione delle destinazioni, comunque compatibili con la destinazione prevalente, indicate nelle tabelle allegate alle norme di attuazione.
2) In riferimento alle indicazioni contenute nella premessa, i lavori già avviati sull'area trovano legittimazione in concessioni edilizie rilasciate per destinazioni d'uso prevalentemente "produttive" e pertanto escluse da ogni procedura autorizzativa prevista all'art. 26 della legge regionale n. 56/77.
L'attivazione del previsto centro commerciale, invece, comportando modifiche all'impianto progettuale originario del fabbricato anche in ordine alle opere di infrastrutturazione primaria e secondaria, nonch ovviamente modifiche della destinazione d'uso dell'intervento, dovrà necessariamente comportare la presentazione da parte della ditta di una richiesta di nuova concessione per impianti terziari. Procedura attivabile successivamente all'eventuale rilascio, che al momento non c'è, del nulla osta regionale ai sensi della Legge n. 426, e nel rispetto - questo intendo sottolinearlo - delle normative di attuazione degli insediamenti aventi carattere terziario, che sono normative diverse da quelle specificamente e più generalmente rivolte alla realizzazione degli interventi di prevalente interesse produttivo artigianale.
In coerenza con il contenuto dell'art. 33 della legge regionale n. 56/77 e degli articoli 10, quarto comma, e 17, primo comma delle norme di attuazione del Piano Regolatore l'intervento con destinazione variata rispetto l'attuale dovrà essere inserito comunque nella variante al P.P.A attualmente allo studio dell'Amministrazione comunale, ma a tutt'oggi non ancora adottata.
3) Pur tenendo conto dei problemi di ordine idrogeologico che presenta l'area Dr3 nel suo complesso, l'edificabilità risulta per la concessione oggi data, quella in essere, comunque ammissibile in base alle previsioni planimetriche e normative del P.R.G, vigente. L'art. 20 delle norme tecniche in attuazione del Piano stabilisce peraltro che "la realizzazione dei nuovi interventi o loro completamenti nelle aree Dr1, Dr3, Dr5, Dr6 dovrà essere subordinata alla preventiva presentazione di uno studio geologico dell'area nel quale sia evidenziata la sistemazione delle rive spondali" In considerazione dell'esigenza da parte del Comune di ottemperare ai suddetti disposti normativi, si ritiene pertanto che sussista l'obbligo da parte del Comune di Borgosesia di provvedere a verifiche specifiche sulle opere strutturali ed infrastrutturali realizzabili nell'area Dr3 volte a garantire il controllo del regime idraulico del Sessera e la tutela dell'assetto idrogeologico dei suoli.
In tal senso nei giorni scorsi si è scritto al Sindaco del Comune di Borgosesia la seguente lettera: "In riferimento agli interventi in corso di realizzazione ed alle richieste di attivazione di nuove attività imprenditoriali a carattere terziario nell'area a destinazione produttiva denominata Dr3 del PRGC vigente, si richiamano le disposizioni contenute all'art. 20 delle norme di attuazione di Piano relative alla richiesta di studi specifici di carattere geologico condizionanti il rilascio di concessioni all'edificazione.
In considerazione dell'esigenza di ottemperare ai suddetti disposti normativi, si ritiene che sussista l'obbligo, per l'Amministrazione comunale, di provvedere a verifiche specifiche sulle opere strutturali ed infrastrutturali, realizzabili nell'area suddetta, volte a garantire il controllo del regime idraulico del Sessera e la tutela dell'assetto idrogeologico dei suoli".



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Ringrazio l'Assessore per la risposta e mi limito, chiedendo copia della relazione che ha letto, a qualche veloce commento.
Una prima considerazione rileva che malgrado l'attenzione che l'Assessore dimostra di aver dedicato alla vicenda, probabilmente non si è potuto da parte della sede regionale giungere ad un'analisi più approfondita.



GENOVESE Piero Arturo, Assessore all'urbanistica

Ci sono interrogazioni che richiederebbero un trattato!



ACOTTO Ezio

C'è anche l'esigenza di una risposta riassuntiva: ad esempio un sopralluogo sull'area, o una visione d'insieme delle varie concessioni interessanti l'area in oggetto, potrebbero far sorgere altre problematiche.
E non è escluso che saranno in qualche maniera sollevate.
Dai giornali di ieri ho appreso che della questione si sta occupando la Magistratura; non so però se ciò corrisponda al vero e in che termini si stia operando. Questo per quanto riguarda gli aspetti di carattere urbanistico, sui quali non mi azzardo a fare delle ipotesi circa incongruenze che invece parrebbero emergere da questa vicenda.
Se non la consideriamo come a se stante, ma collegata alle altre iniziative in atto sull'area (ed anche al fatto che l'Amministrazione comunale ha già manifestato la volontà nella direzione del centro commerciale, per cui siamo in presenza solo in apparenza di un edificio che cresce con altra destinazione) la variante che è stata ottenuta è una variante che già disegna di fatto il nuovo edificio commerciale sul quale l'Amministrazione, rispetto ad una domanda presentata dalla ditta interessata, ha espresso un parere di conformità urbanistica. Quindi esistono alcuni presupposti che ci portano ad affrontare questa operazione con un significato finto rispetto al risultato terminale cui si vuole tendere, che è quello di costruire l'edificio di carattere commerciale.
E' emerso in maniera abbastanza chiara dalla risposta dell'Assessore l'aspetto di carattere idrogeologico. L'Assessore ha ricordato che il primo intervento previsto su quest'area era accompagnato da una relazione di parte (coloro che intendevano costruire) di carattere geologico, nella quale si sosteneva che era possibile costruire in quell'area a patto di stare a 25-30 metri dall'argine del fiume. Adesso, invece, siamo in presenza di una concessione in variante del primo intervento che porta l'edificio a 15 metri dall'argine. Se a questo aggiungiamo che l'Amministrazione comunale di Borgosesia aveva in corso presso il Co.Re.Co di Vercelli una deliberazione che stabiliva l'interpretazione autentica delle norme di attuazione tese a portare la distanza dei fiumi dentro i perimetri urbani addirittura a 5 metri, ci rendiamo conto della gravità della questione idrogeologica in un'area colpita in maniera significativa da due eventi alluvionali nell'arco degli ultimi 20 anni. C'è l'esigenza pregiudiziale di procedere ad una perizia di carattere geologico per sciogliere la questione della possibilità o meno di rendere edificabile quest'area. Debbo dire che per esempio alcuni geologi da noi interpellati escludono addirittura la possibilità di intervento in quell'area, se non con grossissime cautele dal punto di vista delle difese spondali e della regimazione delle acque.
Se agli elementi di carattere urbanistico e geologico aggiungiamo quello relativo al posizionamento dell'area, ovvero se teniamo conto delle infrastrutture viarie e del tipo di situazione che si verrebbe a determinare con un insediamento commerciale di grande distribuzione (quindi di grosso impatto per la pressione su una singola strada di accesso) possiamo rilevare come gli aspetti problematici di questa vicenda non siano di poco conto.
Non mi dilungo oltre in questo ordine di osservazioni alla risposta fornita dall'Assessore. Chiedo di poterne acquisire copia, nonché della lettera che l'Assessore ha detto di aver già inviato all'Amministrazione comunale di Borgosesia. Invito l'Assessore ad intervenire in modo molto tempestivo rispetto all'aspetto idrogeologico, dal momento che l'edificio è già a tetto e in futuro sarà oggetto di una specifica concessione in variante, ma come destinazione d'uso, non certo dal punto di vista della tipologia. Se l'Assessore, come mi pare sostenga nella sua tesi, ritiene che per arrivare a quel tipo di concessione, edificio di carattere commerciale, quindi concessione definitiva, occorra approfondire in termini idrogeologici la vicenda, credo si debba preoccupare del fatto che in termini idrogeologici è indifferente che un edificio sia destinato ad insediamenti artigianali e industriali o ad insediamenti commerciali. Per cui, essendo già in atto una operazione che si presenta con le caratteristiche testé accennate, la mia è una richiesta precisa di intervento diretto e tempestivo su questa situazione per significare all'Amministrazione la volontà in maniera pregnante e per capire se ci sono dei provvedimenti immediati che possono o che debbono addirittura essere assunti, in un quadro in cui la stampa locale ha fatto presente che sulla questione è in corso un'iniziativa da parte della Magistratura.
Con queste osservazioni, e con gli elementi che potranno essere ulteriormente forniti mano a mano che questa vicenda avrà il suo corso ribadisco che in buona sostanza consideriamo ancora del tutto aperta questa vicenda le cui implicanze dovranno essere chiarite e meglio verificate.


Argomento: Incarichi e consulenze esterne

Interrogazione n. 793 dei Consiglieri Avondo, Acotto, Dameri e Valeri inerente il consulente editoriale, signor Marco Barberis


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 793 dei Consiglieri Avondo, Acotto Dameri e Valeri.
Risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'affidamento di una consulenza esterna di carattere editoriale giornalistico per la rivista bimestrale "Cibus", edita dall'Assessorato regionale alla sanità, ha avuto motivazione nell'opportunità di avvalersi di un qualificato contributo professionale alla nascita della nuova pubblicazione di educazione alimentare.
Tale esigenza è stata a suo tempo sollecitata dallo stesso Servizio Stampa della Giunta - cui è affidata la direzione e il coordinamento redazionale di "Cibus" - per la fase iniziale di impostazione del periodico, anche in relazione ai molteplici impegni editoriali che già gravano sull'Ufficio.
E' opportuno sottolineare, comunque, che la redazione della rivista è seguita direttamente, oltre che dal Servizio Stampa della Giunta, dagli uffici competenti dell'Assessorato alla sanità, in collaborazione con gli Assessorati all'agricoltura e al commercio, che sono egualmente interessati ai contenuti della pubblicazione. I compiti del consulente - che partecipa alle riunioni della redazione di "Cibus" - hanno riguardo prevalentemente alla impaginazione giornalistica di ciascun numero e al "passaggio" dei testi, per favorire modalità di trattazione degli articoli di maggiore e più ampia comprensione da parte dei destinatari.
Circa la scelta del giornalista incaricato, si ribadisce che il signor Marco Barberis - giornalista professionista dal 1971 - ha vinto alcuni prestigiosi Premi giornalistici nazionali (tra cui il Premio St. Vincent) ed è direttore di una rivista mensile del settore sanitario ("Nuovi argomenti di medicina"), nel cui Comitato Scientifico figurano il prof.
Umberto Veronese, il prof. Fausto Rovelli, il prof. Silvio Garattini, il prof. Giovanni Berlinguer e il prof. Achille Ardigò.
Per quanto attiene poi i termini economici del rapporto professionale che si è instaurato, si sottolinea che la consulenza del signor Barberis è onnicomprensiva di ogni forma di collaborazione a "Cibus" (compresi eventuali articoli) e che il corrispettivo statuito per convenzione è inferiore alle cifre previste dal tariffario in vigore del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti.



PRESIDENTE

La parola all'interrogante Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Prendiamo atto della risposta dataci dall'Assessore, dobbiamo per ricordare che avevamo formulato questa interrogazione in una fase che ci pare rimanga comunque aperta e che riguarda sostanzialmente l'utilizzo delle strutture regionali.
Gli elementi di professionalità del giornalista in questione, di cui l'Assessore ci ha fornito un curriculum molto stringato, corrispondono davvero ad una professionalità così spiccata e aperta che forse all'interno della struttura regionale non si riscontra. Da questo punto di vista forse si poteva prevedere la collaborazione di questo giornalista alla rivista stessa anziché l'affidamento di responsabilità più generale.
Abbiamo formulato l'interrogazione partendo da una discussione svolta durante l'ultima seduta del Consiglio che riguardava gli elementi delle collaborazioni che la Giunta e il Consiglio regionale attingono all'esterno su molte questioni. Non ho avuto modo, per motivi di salute, di partecipare alla discussione del disegno di legge che la Giunta ha presentato e che il Consiglio ha approvato. Avrei detto, nel corso di quella discussione, che esistono una serie di collaborazioni esterne cui la Giunta accede, che dimostrano che



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

In termini più consistenti.



AVONDO Giampiero

Caro Maccari, bisognerebbe avere i dati in mano per poterlo dire, anche perché la Giunta precedente ha governato dieci anni, la vostra non ancora.
I paragoni bisognerebbe sempre farli sulla base di atti concreti. Comunque a prescindere da questo, ci pare di cogliere un atteggiamento da parte della Giunta di facilità di ricorso a professionalità esterne, che secondo noi invece esistono all'interno dell'Amministrazione regionale e che andrebbero ricercate e utilizzate al meglio.
Nello specifico crediamo che la struttura dell'Ufficio Stampa della Giunta e del Consiglio regionale siano tali da garantire questo tipo di professionalità. Da questo punto di vista il primo obiettivo che tutti dovremmo avere è quello di utilizzare al meglio il personale che esiste all'interno dell'Amministrazione regionale, sulla base di una valutazione di carattere generale. Nello specifico, la risposta dell'Assessore non ci convince dal punto di vista della grande professionalità, della necessità estrema di ricorrere all'esterno della struttura regionale per disporre di professionalità che all'interno mancano. Se questo signore ha una professionalità specifica nel campo della sanità, forse era possibile pensare ad una collaborazione. Punto e a capo.
Per quanto riguarda la spesa, certo è cosa modesta quella prevista. Il riferimento ai tariffari è questione che dice tutto e nulla, nel senso che è noto che i tariffari stabiliscono il limite massimo, quindi all'interno di questo si può collocare una qualsiasi collaborazione.
Ripeto, la questione che abbiamo posto con la nostra interrogazione, al di là del caso specifico, è di carattere generale e rispetto a questa diciamo subito alla Giunta che saremo tempestivi e attenti ogni qualvolta problemi di questa natura si porranno, nel senso che crediamo sia corretto e giusto che il Consiglio regionale abbia coscienza di come si utilizza o non si utilizza la struttura regionale rispetto a servizi che devono essere svolti.



VIGLIONE Aldo


Argomento: Tossicodipendenza

Interpellanza n. 1128 dei Consiglieri Montefalchesi, Reburdo, Bontempi Sestero, Staglianò, inerente il diritto dell'anonimato dei tossicodipendenti (vicenda dr. Bignamini)


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare l'interpellanza n. 1128.
Risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Tutte le disposizioni regionali nel settore delle tossicodipendenze, a partire dalla legge regionale 62/77, privilegiano, in sintonia con le indicazione e le finalità della legge nazionale 685/75 e dei successivi decreti e circolari ministeriali, la tutela del soggetto tossicodipendente e, conseguentemente, mirano a creare le condizioni per un rapporto di fiducia tra gli utenti (tossicodipendenti e famigliari) e gli operatori dei servizi, elemento indispensabile per concordare e gradualmente realizzare un programma terapeutico - riabilitativo.
Anche il volontariato ed il privato sociale che in Piemonte operano da anni nel settore, spesso in collaborazione con i servizi pubblici, hanno sempre improntato il loro intervento al rispetto ed alla tutela del tossicodipendente, garantendo il più rigoroso segreto su tutte le notizie di cui siano venuti a conoscenza per ragioni della propria attività.
I corsi di aggiornamento per gli operatori pubblici e privati, attivati nel corso degli anni, sono sempre stati finalizzati a fornire, da un lato conoscenze e competenze in campo sanitario, psicologico e sociale per il progressivo miglioramento delle prestazioni e, dall'altro, chiarimenti e delucidazioni sui complessi problemi giuridici inerenti il settore delle tossicodipendenze.
I seminari di studio su questi ultimi temi sono stati tutti preparati con la collaborazione di magistrati (l'ultimo è stato anche presieduto dal Presidente della Corte d'Appello di Torino) e sono sempre stati aperti anche alle forze di polizia ed alla Magistratura, proprio per tentare di omogeneizzare gli atteggiamenti e l'approccio al problema, ma soprattutto per cercare di individuare modalità di collaborazione tra operatori impegnati a diverso titolo nel settore, pur nel rispetto delle differenti competenze.
In questo contesto culturale ed operativo deve essere quindi inquadrato il caso del medico dell'equipe per le tossicodipendenze della USSL 31 arrestato per favoreggiamento per essersi rifiutato di fornire, in base ad una richiesta verbale dei carabinieri, il domicilio di un tossicodipendente.
Si deve comunque rassicurare che questo Assessorato è intervenuto tempestivamente, dalla sera stessa dell'evento, garantendo sia la necessaria disponibilità per eventuali chiarimenti circa la normativa vigente e gli indirizzi emanati, sia un adeguato sostegno ai familiari ed al medico stesso.
Acquisito il parere del gruppo giuridico della Commissione tecnico consultiva regionale per le tossicodipendenze, questo Assessorato ha diffuso un comunicato in cui si esprime solidarietà al medico arrestato ed agli operatori pubblici, privati e del volontariato che si impegnano con disponibilità e competenza in un settore complesso e difficile, e si ribadisce l'importanza dell'osservanza del segreto professionale e dell'anonimato, chiaramente sanciti dalla legislazione vigente, al fine di favorire l'accesso dei tossicodipendenti ai servizi e tutelare il rapporto di fiducia fra gli stessi e gli operatori.
Con la consulenza dello stesso gruppo giuridico, di cui fanno parte sei Magistrati, si sta inoltre preparando una direttiva sull'argomento, da diramare a tutti i servizi pubblici e privati interessati, in cui vengono richiamate le norme di riferimento e riconfermate le indicazioni applicative.
Questo Assessorato ha in programma ulteriori incontri con la magistratura (Presidente della Corte d'Appello, nuovo Presidente della Sezione Specializzata per le tossicodipendenze del tribunale di Torino) per riconfermare la disponibilità degli operatori dei servizi pubblici a fornire tutto il necessario appoggio per la realizzazione delle misure alternative alla custodia cautelare ed alla detenzione dei tossicodipendenti, nonché per concordare ogni utile iniziativa per migliorare le modalità di collaborazione per gli altri interventi nel settore.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

L'interrogazione che ho presentato insieme con i colleghi Sestero e Montefalchesi riguarda una questione molto delicata e complessa, e suscita la riflessione per un possibile ripristinamento di un sistema di garanzie e tranquillità rispetto agli operatori e alle strutture pubbliche. Come giustamente diceva l'Assessore, le strutture di volontariato e del privato sociale che offrono in questo settore, sono fortemente scosse dalla decisione che in qualche modo mina uno dei principi fondamentali sui quali si basa l'intervento nei settori della diversità. Si tratta di un problema che avrebbe meritato una pacata ma molto attenta valutazione e meditazione.
Noi siamo tutti convinti che in particolare nel campo della tossicodipendenza, che ormai non riguarda solo più la questione droga di per se stessa, ma un insieme di dipendenze assai complesso, probabilmente sarebbe importante, come alcuni Gruppi stanno facendo, un aggiornamento sulla complessità di questo fenomeno e sulla sua continua modificabilità e continuo adeguamento a processi, esigenze e situazioni nuove. Ciò riapre una riflessione culturale, sociale, politica e ideale molto vasta che meriterebbe di essere avviata sulla base delle esperienze sin qui condotte.
D'altra parte discutendo della legge n. 20 in qualche modo verificheremo questo problema.
Emerge un problema culturale che purtroppo si riapre nel rapporto tra quella che viene considerata normalità e quella che viene considerata diversità. E' in atto nel Paese un dibattito che evidenzia aspetti molto interessanti e importanti di una comune cultura di solidarietà. In questo senso emergono anche punte preoccupanti di un certo modo di reinterpretare il rapporto tra normalità e diversità, considerandolo un problema sul quale si può intervenire ricollocando la diversità in situazioni profondamente disinnescate dal contesto comune.
Questo richiede la ripresa di un processo culturale e ideale molto importante, ma richiede anche l'esigenza di adeguare le normative sia giuridiche che organizzative. C'è quindi la necessità di individuare definizioni e disposizioni sempre più chiare per dare certezza non solo agli operatori, ma anche agli utenti dei servizi e all'intero sistema che gravita attorno.
Emerge un'altra esigenza rispetto al problema della preparazione dell'aggiornamento, della capacità di acquisizione di questi elementi. Non solo da parte dei normali operatori dei servizi, oppure del volontariato o del privato sociale, ma anche da parte delle forze dell'ordine oltrech della Magistratura si richiede un modo diverso di atteggiarsi di fronte a questi problemi. Troppe volte si verifica un dualismo tra settori selezionati delle forze dell'ordine che colgono gli elementi di questo problema, quindi sono in grado di capirne la complessità e di avere anche la sensibilità e la preparazione adeguata per rispondervi, ma poi esiste un largo settore delle forze dell'ordine che per incombenze o situazioni particolari a livello periferico operano senza la necessaria preparazione culturale e la sufficiente conoscenza di leggi e di indicazioni senza le quali si possono compiere atti come quello che è accaduto a Carmagnola.
C'è quindi il problema di cogliere questa situazione e da parte della Regione, c'è l'esigenza di compiere uno sforzo da un lato di carattere culturale, dall'altro di carattere normativo e di preparazione degli operatori. Uguale sforzo spetterebbe anche alle forze dell'ordine ed alla Magistratura. Nell'insieme corrispondono ai livelli di esigenza che i problemi e le situazioni della diversità e della tossicodipendenza in questo caso pongono come risposta. Risposta che non può essere diversificata tra l"lite che coglie questi elementi e la massa che invece crea problemi e situazioni. Recuperare la situazione di Carmagnola (che ha sicuramente riflessi più ampi in altre situazioni) non sarà facile, perch si può creare la barriera rispetto alla quale, oltre agli impegni che si è assunto l'Assessore Maccari, occorre che ci sia anche un'iniziativa più forte dal punto di vista politico e culturale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Intendo aggiungere a quanto già detto dal collega Reburdo una proposta ed una richiesta. Chiedo se di fronte a questo problema, e a quanto si legge sui giornali (in una fase di aggravamento del fenomeno), non si ritenga opportuno affrontarlo come questione urgente, sapendo che c'è stato qualche elemento di minor attenzione da parte delle istituzioni rispetto a questa questione che ha determinato denunce e scelte di parte degli operatori che con costanza e assiduità sono impegnati su questo versante. E' opportuno che si riprendano le fila di un impegno tramite il Consiglio regionale, attraverso un'istruttoria sullo stato dei servizi, sul funzionamento e sulle prospettive che può essere effettuata dalla Commissione competente. Sulla base di questa documentazione si potrebbe avviare un dibattito all'interno del Consiglio regionale. E' un'esigenza di fronte all'aggravarsi della situazione o comunque al non retrocedere di un fenomeno e di un dramma come la tossicodipendenza.
Questa è la richiesta che avanzo al Presidente del Consiglio.


Argomento: Opere pubbliche - Opere idrauliche ed acquedotti

Interrogazione n. 931 dei Consiglieri Amerio, Chiezzi e Ferro inerente l'acquedotto del Monferrato


PRESIDENTE

L'Assessore Cernetti risponde ora all'interrogazione n. 931.



CERNETTI Elettra, Assessore alla tutela ambientale

L'Amministrazione comunale di Moransengo fin dal 1984 si dotò di progetto tecnico-esecutivo per la costruzione di un serbatoio di compenso a monte del concentrico e per la realizzazione della rete di distribuzione idrica alle frazioni.
Tale progetto, dell'importo complessivo di Lit. 279.920.000 redatto in data 20/6/1984, si rendeva indispensabile in quanto gran parte del concentrico da sempre soffriva una pesante carenza d'acqua.
Contemporaneamente numerose frazioni e borgate erano del tutto sprovviste di acquedotto, perciò l'Amministrazione comunale d'intesa con la Società Acquedotto Monferrato, gerente dell'impianto, decise di realizzare l'opera utilizzando i finanziamenti della Legge n. 131.
I lavori progettati comprendono la costruzione di un serbatoio da 80 mc a monte del concentrico a quota 430 m sul livello del mare e la posa di una condotta di approvvigionamento e una di distribuzione. La condotta di distribuzione, superando il concentrico, prosegue e serve la Cascina Palù a quota 378 m, le Cascine Madio a quota 349 m, le Cascine Longalera a quota 293 m e prosegue per Valle Nervi a quota 257 m.
I lavori appaltati nel 1986 sono tuttora in corso di esecuzione e al momento attuale sono temporaneamente sospesi a circa 300 m dall'abitato di Valle Nervi, si presume per difficoltà finanziarie del Comune.
Nella scorsa primavera il Consorzio dei Comuni per l'Acquedotto del Monferrato, impegnato fin dal giugno 1985 nell'esecuzione di opere di ristrutturazione dell'Acquedotto del Monferrato "Nono lotto, primo stralcio, finanziamento FIO 1984", eseguiti tutti i lavori in progetto riscontrava una notevole economia di spesa che prontamente impegnava con perizia suppletiva e di variante in data 3/4/1987 in nuovi lavori complementari ed integrativi di quelli già eseguiti, in base alle necessità più urgenti decise dal Consiglio di amministrazione in accordo con la Società Acquedotto Monferrato.
Con questa perizia il Consorzio decise tra l'altro di fornire di acqua un'ampia zona nei territori dei Comuni di Brusasco, Cavagnolo e Moransengo attualmente del tutto sprovvista.
I due progetti sono integrativi e complementari l'uno all'altro: quello comunale potenzia il rifornimento idrico del concentrico di Moransengo servito dal serbatoio di Cocconato ed inoltre realizza un nuovo ramo di distribuzione di acqua potabile alla parte più elevata del territorio comunale; invece il progetto del Consorzio, tenuto conto dell'impossibilità a tempi brevi per il Comune di Moransengo di completare le opere progettate oltre la borgata Valle Nervi, prevede la costruzione di una condotta di adduzione dal serbatoio Tetti Coppa ad un nuovo serbatoio da costruirsi in località Gerbole. Da questo si dipartirà una rete di distribuzione che completerà quella del Comune di Moransengo per il rifornimento idrico alla parte più bassa del Comune comprendente la frazione Gerbole ed altri cascinali e proseguirà quindi nel territorio del Comune di Cavagnolo per dotare d'acqua le zone tuttora sprovviste di S. Lorenzo, Masseria Scallaro, ecc.
Nel tratto precedente Valle Nervi il progetto consortile realizza il rifornimento idrico ad un nuovo serbatoio in località Case Cappa da cui si diparte una rete di distribuzione a diverse borgate del Comune di Cavagnolo tuttora sprovviste d'acqua, secondo il progetto redatto e finanziato dal Comune stesso.
I due impianti, consortile e del Comune di Moransengo, saranno collegati tra di loro in località Valle Nervi allo scopo di assicurare flessibilità e sicurezza di funzionamento alla rete e la necessaria garanzia di rifornimento idrico sia dal serbatoio di Tetti Coppa che da quello di Cocconato.
Entrambi i lavori sono eseguiti in appalto dalla S.p.A. Acquedotto Monferrato che da sempre è gerente dell'impianto stesso e che quindi garantisce omogeneità costruttiva, concentrazione di interventi esperienza, conoscenza del territorio e delle alternative tecniche possibili per la migliore realizzazione del servizio acquedottistico.
In merito all'osservazione circa la possibilità di servire con la condotta consortile le case e le borgate servite dall'acquedotto comunale è possibile solo con più costose opere di sollevamento, perché il serbatoio di Tetti Coppa che alimenta la condotta consortile è posto ad altitudine inferiore a tali zone del Comune di Moransengo. Inoltre non si sarebbe potuta realizzare l'interconnessione tra i due impianti, che è da ritenersi tecnicamente indispensabile per il loro buon funzionamento e continuità di servizio.
La frazione Valle Nervi dovrebbe essere servita con rete di distribuzione realizzata dal Comune di Moransengo secondo il progetto comunale, ma qualora il Comune stesso non superasse le difficoltà finanziarie in cui sembra versare, per il completamento dell'opera potrebbe subentrare il Consorzio, nell'esecuzione dei lavori che consistono nella posa di circa 70 m di condotta, diametro 50 cm, e relative opere accessorie di funzionamento. Non si può rilevare alcuna irregolarità riguardo ai lavori suddetti sia dal lato tecnico che amministrativo, in quanto come già sottolineato, trattasi di progetti per opere integrative, complementari l'uno dell'altro e regolarmente approvati dagli organi competenti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro.



FERRO Primo

Ringrazio l'Assessore per la risposta dataci. La prima richiesta che avanzo è che ci venga trasmessa la copia scritta della risposta perch diventa difficile cogliere i singoli passaggi. Mi pare assai strana comunque, un'osservazione finale abbastanza indeterminata nel momento in cui si dice che se il Comune non sarà in grado di ultimare le opere per ragioni di carattere finanziario (opere che consistono in ben 70 metri di condotta con diametro di 50 cm, figuriamoci l'onere) interverrebbe in questo caso il consorzio.
La nostra interrogazione è datata, nel senso che è stata presentata diverso tempo fa. Da questo punto di vista l'oggetto del contendere disponibilità finanziarie del Comune o eventuale intervento del consorzio sono cose che quanto meno nel corso di questo ultimo periodo avrebbero dovuto essere appianate e in questo caso, per quanto riguarda la risposta dell'Assessore, sarebbe forse stato opportuno un intervento più rassicurante. Per quanto riguarda le questioni relative agli acquedotti quello del Monferrato ha certamente realizzato delle economie di spesa, ha realizzato delle varianti rispetto a quelli che erano i progetti originali per quanto riguarda il Comune di Moransengo, soprattutto su sollecitazioni dello stesso Comune. Vi è oggi la necessità di nuovi investimenti per l'ultimazione delle opere progettate; la disponibilità finanziaria della Regione (ahimè molto scarsa per quanto riguarda altri settori) in questa ultima fase, per quanto riguarda il Piano degli acquedotti, presentava alcuni elementi di liquidità rispetto ai quali molto probabilmente il Consorzio avrebbe dovuto essere tenuto nella debita considerazione considerata l'area di cui stiamo discutendo. E' un'area che presenta, per una serie di ragioni profonde, carenze d'acqua.


Argomento: Distributori carburante

Interpellanza n. 961 dei Consiglieri Bruciamacchie e Guasso inerente la razionalizzazione rete distributiva carburanti


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interpellanza n. 961 dei Consiglieri Bruciamacchie e Guasso.
La parola all'Assessore Turbiglio.



TURBIGLIO Antonio, Assessore al commercio

I Consiglieri Bruciamacchie e Guasso in data 5 ottobre 1987 hanno presentato una interpellanza nella quale chiedono che venga trasmessa da parte della Giunta regionale al Consiglio regionale la relazione sui risultati raggiunti in funzione degli obiettivi fissati dalla legge e dal Piano regionale carburanti ed eventuali variazioni di contenuto o metodologiche introdotte.
Comunico che la relazione è stata approvata dalla Giunta nella seduta del del 9.12.1987 e che pertanto è in fase di trasmissione al Consiglio regionale.
Gli interpellanti fanno osservare che la suddetta relazione, prevista dall'art. 6 della legge regionale n. 48/84, con periodicità annuale, non è mai stata fatta pervenire al Consiglio regionale.
Si fa presente che per la realizzazione del progetto di automazione dell'ufficio carburanti sono occorsi tempi molto più lunghi del previsto.
Infatti la strumentazione necessaria per assicurare il collegamento on line con i sistemi centrali del C.S.I. Piemonte, è stata "consegnata" solo nel febbraio 1986; successivamente è stato necessario organizzare canali permanenti di aggiornamento dati ed effettuare la raccolta e registrazione delle informazioni di carattere strutturale, amministrativo e gestionale (circa 100.000 registrazioni) relative agli anni 1983, 1984, 1985, 1986 1987 e riferite ad oltre 3.200 impianti di distribuzione carburanti operanti nel territorio regionale. Pertanto solo nell'anno in corso è stato possibile procedere alle prime elaborazioni ed analisi dei dati acquisiti per verificare lo stato della situazione della rete distributiva carburanti e la sua evoluzione temporale, nel periodo 1980-1987, in funzione degli obiettivi del Piano regionale.
Inoltre, essendo stato ritenuto necessario adeguare il Piano a sopraggiunte modificazioni dello specifico contesto normativo e alla situazione della rete distributiva, si è provveduto a definire le proposte di modifica, contenute nella relazione sopra menzionata, previo consultazioni con la Commissione Consultiva Carburanti ed i rappresentanti dei Comuni (n. 4 riunioni).
Al secondo punto dell'interpellanza si chiede di conoscere quanti Comuni hanno adottato gli atti deliberativi concernenti la localizzazione degli impianti stradali di distribuzione carburanti. Attualmente hanno adottato gli atti i seguenti Comuni: Asti (con popolazione superiore ai 30.000 abitanti) Trecate, Dormelletto, La Loggia, Cannobio, Montaldo Mondovì, Valmacca Balme (al di sotto dei 30.000 abitanti) per cui n. 1 sopra i 30 mila abitanti e n. 7 sotto i 30 mila abitanti su un totale di 1.209 Comuni.
Si ha notizia però che in numerosi Comuni i suddetti provvedimenti sono in fase di avanzata elaborazione. Non sono certamente mancate iniziative per sollecitare l'adozione dei provvedimenti, così come non sono stati risparmiati i consigli ad assistenza tecnica, da parte dell'ufficio preposto, nei riguardi di amministratori e funzionari comunali.
Non si può fare a meno di notare il grave ritardo sull'osservanza delle disposizioni regionali. Però si ritiene anche che debbano essere considerate le difficoltà incontrate dalle amministrazioni comunali per la definizione dei provvedimenti medesimi in relazione alle direttive del Piano regionale che comportano significative riduzioni della rete distributiva; esistono grosse difficoltà per reperire aree idonee ove rilocalizzare gli impianti soggetti a trasferimento coatto, esiste poi il problema degli indennizzi che non è ancora stato precisato. Infine esiste il fatto della difesa del posto di lavoro che, nell'attuale momento caratterizzato da un elevato livello di disoccupazione, non è da sottovalutare.
I provvedimenti adottati nel periodo dal 1.1.1985 al 26.11.1987 nell'esercizio delle funzioni amministrative delegate in materia di distribuzione carburanti per autotrazione, ammontano in totale a 1.618 e riguardano in particolare: nuove installazioni: impianti stradali n. 14 rinnovo di concessioni e volture: impianti stradali n. 612 revoca e decadenza delle concessioni: impianti stradali n. 173 nulla osta per provvedimenti comunali: impianti stradali n. 119 sospensioni di concessioni: impianti stradali n. 91 autorizzazioni provvisorie per l'erogazione di benzina senza piombo: impianti stradali n. 44 esercizi definitivi a seguito del collaudo impianti: impianti stradali n. 400 autorizzazioni varie e decadenze relative ad impianti ad uso privato: impianti stradali n. 152 circolari e deliberazioni varie: impianti stradali n. 13.
In relazione al terzo punto dell'interpellanza si precisa quanto segue: come ho già detto in precedenza, solo nel 1986 l'ufficio è stato in grado avvalendosi della necessaria collaborazione con il CSI Piemonte, di mettere a punto un "sistema informativo carburanti" organizzato nel senso di realizzare canali permanenti di aggiornamento dati, onde consentire da un lato la verifica sistematica dello stato di attuazione del Piano e dall'altro lato per permettere un più efficiente ed efficace lavoro amministrativo e gestionale che la Regione conduce.
Attualmente la funzionalità del sistema ha raggiunto un livello accettabile in quanto è in grado di fornire, in tempi reali, informazioni inerenti gli impianti (localizzazione, caratteristiche fisiche e strutturali, quantità e tipo di prodotto erogato, andamento delle concessioni per anno di scadenza, ecc.), nonché di consentire la richiesta di tabelle di analisi statistica all'elaboratore del CSI Piemonte in base alle informazioni presenti sugli archivi a gestione automatica. Il sistema interviene anche nella produzione della corrispondenza formato standard.
In risposta al punto 4) dell'interpellanza si precisa che la Giunta regionale intende presentare prossimamente una proposta di subdelega ai Comuni della funzione amministrativa concernente il trasferimento della titolarità delle concessioni, la cosiddetta voltura.
Pertanto rimarrebbero ancora di competenza regionale le funzioni amministrative relative al rilascio delle nuove concessioni, il rinnovo, la decadenza o la revoca delle stesse, funzioni che la Giunta potrà trasferire ai Comuni una volta che siano stati conseguiti tutti gli obiettivi fissati dal Piano regionale che per il momento non sono stati ancora realizzati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

La motivazione in base alla quale presentammo questa interpellanza era che leggi, provvedimenti o piani nel settore della distribuzione di carburanti, approvati dal Consiglio regionale (quello in questione nel luglio 1984) non trovavano e non si tramutavano in strumenti operativi capaci di modificare in profondità la situazione precedente. Dalla risposta fornita oggi ne abbiamo purtroppo una conferma molto precisa.
Prima considerazione. Al di là del procedere in tempi rapidi o meno dell'attuazione di un Piano o del verificarsi di situazioni nuove che una normativa produce a livello regionale, se nel provvedimento noi abbiamo una precisa disposizione che obbliga la Giunta a presentare al Consiglio regionali relazioni annuali in riferimento allo stato di attuazione di una legge o di un Piano, credo che sia preciso compito dell'esecutivo provvedere a fornire al Consiglio queste informazioni per fare il punto della situazione. La relazione al Consiglio, che avrebbe dovuto essere già consegnata nell'anno 1985, giunge adesso in sede di Commissione, ma con una relazione riferita al 1987. Non si è rispettata quindi la scadenza: si sarebbe potuto dare l'informazione al Consiglio, evidenziando le difficoltà esistenti che si erano riscontrate nell'applicazione iniziale di questo strumento.
Seconda considerazione. Siamo in presenza di uno strumento programmatorio che tende a realizzare un sistema, a livello regionale della distribuzione dei carburanti, che sia il più razionale possibile rispetto alla domanda dell'utenza, che obbedisca all'evoluzione del mercato in questa direzione, che sia quindi un servizio efficiente che viene dato alla collettività piemontese, ovunque essa si trovi ad abitare o ad operare, che sia coerente con le indicazioni generali del Piano Energetico Nazionale (che indicava alcuni parametri per la Regione).
Tutto questo passa prima attraverso l'adozione - il Piemonte è una delle poche regioni che lo ha fatto - di un piano a livello regionale di razionalizzazione e poi attraverso l'adozione dei piani comunali per l'insediamento di distributori di carburanti, che siano collocati in luoghi ottimali per servire in modo adeguato l'utenza e tali da non rappresentare pericolo per i cittadini. A causa dello sviluppo che si è determinato negli anni del miracolo economico, dal 1956/1957 al 1964/1965, si è avuta una dislocazione incontrollata e quindi la collocazione di distributori di carburanti anche in luoghi che con lo sviluppo della motorizzazione hanno rappresentato e rappresentano delle posizioni estremamente infelici, se non addirittura pericolose.
Nella legge e nel Piano approvati dal Consiglio regionale si diceva che i Comuni dovevano adottare delibere programmatiche, quindi i Piani, sia nei Comuni inferiori ai 30 mila abitanti sia in quelli superiori.
Nel momento in cui l'Assessore dice che solo un Comune superiore ai 30 mila abitanti del Piemonte ha adottato questo atto deliberativo e solo 7 Comuni inferiori ai 30 mila abitanti hanno adottato analogo provvedimento a distanza di tre anni e mezzo dall'atto che questo Consiglio ha compiuto dobbiamo constatare come su questo fronte vi sia un ritardo incredibile.
Sicuramente esiste insensibilità o non sufficiente coscienza da parte delle Amministrazioni comunali che dovevano adempiere a questo preciso compito, e da parte della Regione e dell'esecutivo, che ha la responsabilità, prima di gestire, di governare questi piani e di attuarli in accordo con gli altri livelli statuali, vi è una carenza, un ritardo ed una colpevole incapacità di rendere operativi strumenti programmatici importanti, votati da questa Regione nel 1984. Sono passati 3 anni e mezzo, Assessore! In questo lasso di tempo la stragrande maggioranza dei Comuni piemontesi avrebbe potuto disporre di impianti di distribuzione dei carburanti collocati in luoghi adeguati e razionalizzati rispetto al fabbisogno di quelle comunità.
Siccome questo non è avvenuto, bisogna riscontrare una precisa responsabilità politica in questo senso da parte di chi ha governato detti processi dal 1985 ad oggi.
E' nell'interesse dei Comuni avere una rete di distributori di carburante estremamente efficiente; è altresì nell'interesse del Comune andare a rimuovere quegli impianti che sono collocati in luoghi non idonei (ad esempio i viali), che non hanno il fuori strada oppure si trovano in vicinanze molto prossime ad incroci o addirittura ancora in alcuni Comuni sono collocati all'interno dei centri storici. Di queste situazioni, in Piemonte, ve ne sono tantissime! Questi processi devono essere governati e quindi i Comuni devono essere sollecitati; io non le chiedo di attuare la norma, pur prevista dalla legge, che qualora i Comuni non avessero provveduto sarebbe intervenuto un commissario ad acta, quindi in grado di formulare il piano. Non le chiedo tanto, le chiedo un'azione per valutare insieme ai Comuni la situazione. Non si può rispondere "noi abbiamo garantito comunque un'assistenza" quando a distanza di 3 anni e mezzo c'è solo un Comune sopra i 30.000 abitanti che ha predisposto un piano. Non pu essere così! Queste cose dobbiamo dirle con estrema chiarezza.
Noi constatiamo un ritardo grave, sul piano politico e di governo generale, nell'attuazione del piano e della normativa regionale. Constato che la Regione, l'esecutivo, non ha compiuto atti in termini di iniziativa politica e di governo che gli competevano, perché ciò avrebbe significato gestire la questione in un rapporto stretto con le Compagnie, gli operatori ed i Comuni; infatti oggi ci troviamo nella situazione in cui gran parte della indicazione programmatica non viene assolutamente attuata.
Voglio concludere con l'invito all'Assessore di riunire rapidamente i Comuni e verificare a che punto sono, perché i tempi non possono più essere infiniti: ne va della credibilità non solo dell'Assessore e della Giunta ma della istituzione in quanto tale.
Meno male che le ispirazioni di fondo del piano erano valide poggiavano su una base robusta, perché nonostante questa non attività proprio per i meccanismi che abbiamo previsto e messo in movimento, il processo di trasformazione della rete senza creare problemi occupazionali in Piemonte, è andato avanti nonostante le inattività che prima ricordavo.
Oggi abbiamo una rete che è più ridotta rispetto al disordine precedente ma è efficiente, da 3.750 distributori siamo scesi a 3.100; questo vuol dire che l'erogato medio è aumentato. Il sistema informatico permette una gestione complessiva in tempi reali, ma nonostante queste carenze gli obiettivi di piano sono stati raggiunti.
Sono fortemente preoccupato però (troveremo poi la sede per discuterne in modo più approfondito) delle affermazioni contenute nella relazione pervenuta al Consiglio, perché ho l'impressione che i risultati positivi fino ad oggi raggiunti rischino di essere completamente vanificati se talune delle ipotesi od obiettivi, non ho capito bene, che sono state avanzate da parte dell'Assessorato andranno a concretizzarsi in proposte di modifica di piano. Se da un lato avanza un processo che tende a razionalizzare la rete, dall'altro si fa ancora una volta la politica dell'indiscriminato rilascio delle autorizzazioni, non ancorate ad alcuni parametri concreti. Il tutto si lascia alle leggi del mercato, per cui si ribalta completamente la filosofia del piano stesso e si ritorna ad una situazione che era precedente all'esistenza del piano e in contrasto con le indicazioni del Piano Energetico Nazionale; si annulla quindi un processo di governo che avevamo tentato a livello di Regione Piemonte e che può aver dato dei risultati positivi.
Assessore, a lei probabilmente non spetta la responsabilità di questi ritardi, perché da poco ha assunto l'incarico, però io rilevo che in 3 anni e mezzo i dati sono questi: un Comune superiore ai 30.000 abitanti e 7 Comuni al di sotto di questa soglia hanno deliberato, il resto dei Comuni del Piemonte non ha operato in questo senso. Non è nemmeno corretto scaricare tutta la responsabilità sui Comuni; ognuno di questi livelli si assumerà la responsabilità. Indubbiamente c'è una responsabilità di governo della Regione Piemonte.
Prendo atto di questo e rinnovo l'invito a far sì che questi tempi vengano recuperati rapidamente e si possa quindi arrivare ad attuare un piano per realizzare una efficiente rete di distribuzione di carburanti nella Regione Piemonte.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interpellanza n. 1091 dei Consiglieri Bontempi e Chiezzi inerente il piano territoriale del comprensorio di Torino


BRUCIAMACCHIE Mario

interpellanza n. 1098 dei Consiglieri Rossa, Tapparo, Ala, Paris, Penasso Nerviani e Reburdo, inerente il Piano Regolatore Generale del Comune di Collegno



PRESIDENTE

Esaminiamo congiuntamente le interpellanze n. 1091 e n. 1098.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, mi sembra opportuno trattare congiuntamente queste due interpellanze, seppure predisposte in tempi diversi e da diversi interlocutori, in quanto l'interpellanza che riguarda più specificatamente il Comune di Collegno è semmai una conseguenza della prima e la si può effettivamente valutare alla luce della situazione di carattere più generale che attiene da un lato ai rapporti con il Comune di Torino e dall'altro ai rapporti con i Comuni che si collocano nel Comprensorio di Torino, evitando così di riprendere ulteriormente l'argomento.
Devo inoltre dire che nella risposta mi limiterò a riferire sugli aspetti che attengono più specificatamente alla questione della pianificazione territoriale. Fornirò anche delle informazioni di carattere urbanistico, ma nello specifico, più opportunamente di me, potrà riservarsi di rispondere l'Assessore all'urbanistica Genovese.
In particolare per quanto riguarda l'interpellanza del Gruppo comunista, che intendeva conoscere quali fossero i rapporti tra la Regione ed il Comune di Torino in riferimento alla grande tematica della pianificazione territoriale di cui si discute attraverso lo stralcio al Piano paesistico territoriale, riferisco che l'Assessorato alla pianificazione territoriale ha più volte sollecitato il Comune di Torino ad incontri di lavoro tendenti a definire, nel quadro delle specifiche competenze, una visione unitaria riguardante la pianificazione dell'area metropolitana torinese. Questo incontro non ha ancora potuto svolgersi: a settembre era stato rimandato a fine mese, poi agli inizi di ottobre. C'è l'esigenza da parte dell'Assessorato competente - nello specifico ho parlato ripetutamente con l'Assessore Re - di poter disporre, come Comune della deliberazione programmatica prima di interloquire correttamente a livello ufficiale con la Giunta regionale, anche se sul piano dei rapporti e delle informazioni di carattere personale queste sono abbastanza costanti, ma un rapporto ufficiale come peraltro viene richiesto da parte degli interpellanti non c'è ancora stato.
In ogni caso si esprime la volontà di insistere in questa direzione per poter giungere alla definizione di politiche unitarie o perlomeno concordate, riguardanti l'area metropolitana che, oltre al Piano Regolatore Generale di Torino, è interessata - e questo era soprattutto l'oggetto delle mie sollecitazioni al Comune di Torino - dallo stralcio di Piano territoriale del Comprensorio di Torino riguardante gli aspetti paesistico ambientali e dal Progetto Territoriale Operativo dell'asta fluviale del Po, soprattutto per fare in modo che, oltre che per necessità di decisioni di carattere progettuale, i momenti di informazione alla stampa, rispetto a questi progetti, non avessero il segno dello scollegamento, come peraltro è avvenuto anche in dichiarazioni recenti da parte di esponenti comunali.
In particolare, per quanto attiene al Piano territoriale, devo rammentare che i tempi di approvazione - questa è una specifica richiesta avanzata dagli interpellanti del Partito comunista - non possono che essere lunghi, assai più lunghi di quelli previsti nella deliberazione di impianto dell'aprile 1986. Questo perché il progetto è stato sottoposto, per il parere di competenza ai sensi della legge 9 del 1986, al vaglio delle Province interessate, che sono ben tre, e successivamente potrà essere adottato dalla Giunta regionale in assonanza con gli altri Piani territoriali.
Nell'attuale situazione si ritiene doveroso esternare la volontà di giungere, per quanto attiene all'area del Comprensorio di Torino, ad adottare esclusivamente uno stralcio riguardante gli aspetti paesistico ambientali e non uno strumento complessivo di piano territoriale. Detto questo però, occorre anche ribadire che in ogni caso tale Piano debba seppur sotto forma di stralcio, esercitare un'azione di riferimento nei riguardi di tutti i Comuni dell'area che anzi, dopo l'adozione da parte della Giunta e l'approvazione da parte del Consiglio, dovranno entro un anno adeguare i loro strumenti urbanistici alle indicazioni in esso contenute per quanto attiene alle politiche paesistiche ed ambientali.
L'azione di coordinamento nei riguardi dei singoli Comuni può essere già esercitata allo stato attuale, in quanto vige a tutti gli effetti di legge il primo schema di Piano territoriale del Comprensorio di Torino approvato dal Consiglio regionale nel gennaio 1985; ne consegue la possibilità, in sede di approvazione da parte del CUR dei singoli PRG, di tenere conto delle indicazioni in esso contenute al fine sia di coordinare sia di indirizzare, pur nel pieno esercizio delle singole autonomie, gli Enti locali a riguardo della formazione dei rispettivi strumenti urbanistici.
Per quanto attiene, più in particolare, l'interpellanza sulla questione determinatasi in seno al Consiglio comunale di Collegno, che ha poi approvato il suo strumento con non poche difficoltà e con un ampio dibattito all'interno del Consiglio comunale e della comunità tutta, ripeto che riferisco nella mia competenza di Assessorato alla pianificazione e come loro sanno i piani regolatori non giungono, per le procedure ordinarie previste al riguardo, all'Assessorato alla pianificazione, quindi una valutazione nel merito del piano stesso non sono in grado di fornirla.
Vorrei però dire che le indicazioni contenute nei piani regolatori generali dei Comuni del comprensorio di Torino devono essere coerenti con quelle indicate nel primo schema di piano territoriale del comprensorio di Torino che io suppongo il Comune di Collegno abbia tenuto in riferimento anche se non c'è l'obbligo da parte dei Comuni all'adeguamento. Ne consegue che esiste l'opportunità, in sede di approvazione da parte del CUR. di tenere conto di queste indicazioni al fine di coordinare gli strumenti urbanistici dei Comuni dell'area metropolitana torinese; questo potrà essere fatto nel momento in cui lo strumento di Collegno perverrà per la sua valutazione al Comitato Urbanistico Regionale.
Più in particolare per la zona ovest, lo schema di piano individuava, e qui sono costretta a sintetizzare trattandosi di strumenti molto corposi che dettagliano molto significativamente gli interventi, i seguenti elementi progettuali strutturali che a nostro avviso avrebbero dovuto essere tenuti presenti dal Comune di Collegno, salvo poi decidere autonomamente tutte le loro indicazioni o l'attinenza o meno con i loro progetti: la realizzazione della linea metropolitana lungo tutta l'asta e predisposizione di un progetto di razionalizzazione dell'asta medesima la derivazione della linea metropolitana a servizio del previsto insediamento del Campo Volo la valutazione dei problemi connessi alla soluzione degli aspetti tecnici relativi all'eliminazione dello svincolo di Rivoli il completamento del p.i., industriale di Rivoli e di Collegno l'insediamento nel Campo Volo di interventi per funzioni direzionali il riutilizzo degli Ospedali Psichiatrici di Grugliasco e Collegno per attività culturali e per funzioni pubbliche il risanamento residenziale e di ristrutturazione urbanistica in alcune aree adiacenti all'area di corso Francia e interessanti i Comuni di Torino, Collegno, Rivoli e, particolarmente, Grugliasco.
Questi erano in sintesi gli elementi progettuali strutturali più significativi contenuti nel nostro schema di piano comprensoriale, rispetto al quale mi auguro che il Comune di Collegno abbia prestato la necessaria attenzione, e questo lo potrà verificare il CUR in sede di approvazione.
Per quanto ci riguarda, come Assessorato alla pianificazione, non abbiamo altri obblighi che questi. Tra l'altro, per quanto riguarda le valutazioni paesistico ambientali, ciò le integrazioni che abbiamo proposto, sarà compito della Provincia di Torino interloquire con i Comuni interessati. Al momento questo incontro non è ancora avvenuto, per cui l'Assessorato non è in grado di riferire circa l'atteggiamento della Provincia di Torino e dei Comuni del Comprensorio di Torino rispetto alle nostre valutazioni ed integrazioni al Piano territoriale comprensoriale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Paris.



PARIS Mario

Prendo atto che è una risposta che non risponde, perché rinvia. Non posso quindi che ribadire la nostra posizione e cioè che ci pare una cosa oscena, sotto l'aspetto della tutela dei fondi agricoli, occupare un milione di metri quadrati di terreno di prima fertilità per continuare ostinatamente a costruire.
Potremo pertanto fare delle valutazioni soltanto quando verrà data una risposta adeguata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi, non ho avuto l'occasione di sentire quanto l'Assessore ha detto perché ero impegnato al piano superiore in un incontro riguardante i cantieri di lavoro.
Posso solo ricordare il senso che ha avuto la nostra interrogazione per la vicenda del Piano Regolatore di Collegno. Ci troviamo dinnanzi ad alcuni fenomeni, di scelta legittima da parte dei Comuni, di configurare il proprio sviluppo con caratteri e particolarità che possono trovare un'adesione, ma in certi casi queste scelte vengono a determinare in molti campi, dai trasporti ai rapporti di equilibrio territoriale, al problema del rapporto con il territorio agricolo, effetti tali che non possono non trovare una forma di intervento di governo del territorio. Questo per evitare quel fenomeno (che mi è parso si potesse determinare a Collegno) di un processo di configurazione del proprio sviluppo urbano e territoriale tale da creare delle forme di perturbazione o di non controllo. Si trattava, e si tratta, di una scelta rilevante, di grande portata.
Nell'interpellanza ho voluto chiedere all'Assessore competente e alla funzione del governo regionale se non intendessero in questi processi giocare un ruolo attivo di indirizzo, di orientamento, facendo salvi gli spazi di autonomia e di configurazione con caratteri specifici legati al Comune del proprio sviluppo.
Mi spiace non aver sentito quanto l'Assessore ha detto, però è sempre più urgente, soprattutto nell'area ovest di Torino dove si determinano dei processi territoriali estremamente complessi e importanti, una funzione di governo e di guida superiore che eviti la creazione di distorsioni municipalistiche quando le scelte sono di portata tale da travalicare quello che è lo specifico interesse comunale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Prendo atto che la risposta fornita dall'Assessore Vetrino ha riguardato solo uno dei complicati aspetti sollevati dall'interpellanza. A questo punto sarebbe interessante attendere la risposta nel merito delle questioni del PRG del Comune di Collegno, che l'Assessore Genovese preparerà, nel senso che non considero la risposta dell'Assessore Vetrino vertente tutti gli aspetti dell'interpellanza. Sebbene tale risposta dia la possibilità di fare alcune riflessioni, sarebbe opportuno aggiornarle a quando verrà fornita la risposta di merito da parte dell'Assessore Genovese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, innanzitutto ringrazio l'unico Assessore che ha fornito al Consiglio regionale la risposta in ordine ad entrambe le interpellanze, doverosamente limitandosi ad esporre i fatti di sua competenza.
Le due interpellanze sono molto diverse l'una dall'altra e anche le firme poste in calce ad esse sono molto variegate. In realtà il modo di leggere queste due interpellanze, a mio avviso, non può essere che uno ed è quello che brevemente cercherò di esporre In questi ultimi anni nell'area torinese sono state prese delle decisioni, in ordine a trasformazioni urbanistiche territoriali, di un certo rilievo, alcune di grande rilievo. E' di qui che secondo me occorre partire. Negli ultimi mesi, ho letto ieri sera sul giornale, il comune di Torino ha adottato una variante al suo strumento urbanistico, la variante 31 ter. Variante adottata senza reimpostare una delibera programmatica per il piano regolatore e che contiene delle scelte urbanistiche di assoluto rilievo, non solo per la città di Torino, ma per l'intero comprensorio torinese. Ricordo che la variante 31 ter consente, per la prima volta dopo la variante 17, alla città di Torino di trasformare le aree industriali e le zone miste nella misura in cui lo si crede, lotto per lotto, senza alcun vincolo per le destinazioni future. Quindi la città di Torino attiva uno strumento di destinazione urbana gigantesco, senza un piano regolatore di riferimento nuovo.
La città di Torino con la variante 31 ter riattiva l'edificazione in collina e noi sappiamo quale bene naturale, culturale e di struttura morfologica sia la collina per tutto il comprensorio di Torino, e forse anche per la comunità regionale. Bene, la variante 31 ter decide che sopra i 400 metri si ricominci a costruire; decide che su tutta la collina ogni edificio esistente, a prescindere dal motivo per il quale è stato costruito, dall'uso che se ne è fatto finora, può essere completamente rifatto e destinato a qualsiasi altro utilizzo. Quindi qualsiasi edificio in qualsiasi luogo può diventare sede di qualsiasi attività. E' una grossa decisione di carattere torinese, ma che ha delle interferenze intercomunali e regionali. Pensiamo alle ristrutturazioni che vengono assimilate nella città di Torino, alla completa demolizione di un edificio e alla sua riedificazione con incremento di superficie utile, senza controllo delle destinazioni. Vediamo che la Città di Torino ha attivato un proprio strumento nel quale cambia natura l'ipotesi di sviluppo della città.
Sappiamo che la città di Torino è tanta parte del Piemonte; le grosse trasformazioni nella città di Torino si ripercuotono inevitabilmente sull'intorno e su tutta la politica territoriale.
Pensiamo che nel centro storico della città di Torino con la variante 31 ter c'è la possibilità di svuotare completamente un edificio, ancora parzialmente utilizzato per residenza, per destinarlo tutto a uffici; c'è una norma specifica che dice che quando un edificio è al 70% circa già destinato ad uffici, anche il rimanente 30% può diventarlo. Bella scelta! Gli ultimi abitanti, quelli dei piani alti, degli edifici del centro storico, costituivano un presidio per consentire al centro storico di non vivere a fasi alterne, tutto pieno o tutto vuoto: pieno di attività e vuoto di ogni tipo di presenza. Questo è uno dei fatti di rilevanza intercomunale comprensoriale che sono accaduti nella Regione Piemonte.
Ricordo il Lingotto, gigantesca trasformazione: milioni di metri cubi su centinaia di migliaia di metri quadrati. Un condensatore di funzioni che probabilmente riassume in se ogni ipotesi di trasformazione futura, quindi decisione del comune di Torino di attivare questo tipo di trasformazione. A questo proposito informo i colleghi che il Gruppo comunista ha presentato una mozione alla vostra attenzione (speriamo si possa votare entro domani) con la quale si impegnano la Giunta e la Regione ad assumere un ruolo diretto in questo. Ho citato due casi urbanistici di grande rilevanza a livello torinese. Cito anche non mi sottraggo al dibattito - il fatto che in modo specifico è sollevato dalla seconda interpellanza: in questi mesi la città di Collegno ha adottato non il piano regolatore generale, e questa è una differenza non di poco conto, ma il progetto preliminare per il Piano Regolatore Generale. Sappiamo tutti che l'iter di questo progetto è stato molto faticoso, è stato molto contrastato; sappiamo che nella città di Collegno si è formato un comitato che ha contrastato le scelte contenute in questo piano regolatore e sappiamo anche che ci sono state profonde divisioni politiche all'interno del Consiglio comunale di Collegno, tra maggioranza e opposizione; sappiamo ancora che all'interno della stessa maggioranza si è avuto un ampio dibattito su queste scelte. Abbiamo anche preso atto che il Comune di Collegno, nel momento in cui ha adottato il progetto preliminare del piano regolatore, ha anche introdotto modifiche alle previsioni del progetto preliminare di una certa rilevanza, modifiche non marginali. Quindi l'amministrazione di Collegno non è rimasta ferma sulle sue posizioni, ma nel momento in cui si è assunta la responsabilità di approvare un progetto preliminare lo ha fatto, tenendo conto, sia pure all'ultimo momento, di istanze, richieste e dubbi, giungendo a richiedere alla Regione la formulazione di un progetto territoriale operativo per quell'area.
Ho citato tre vicende e probabilmente se ne potrebbero anche citare delle altre, o già in cantiere o che stanno per essere messe in cantiere.
Però il nocciolo della questione non può essere limitato al dire che il Comune di Collegno fa delle scelte che non condividiamo o che una o più forze politiche non condividono. Non ci si può limitare a criticare una scelta all'interno di un progetto preliminare, come faceva prima il Consigliere Paris, dicendo che si utilizzano terreni agricoli per edificare. Penso che il ruolo del Consiglio regionale non sia di riprendere le polemiche che si svolgono a livello comunale tra forze politiche e scaricarle semplicemente in modo strumentale per rinfocolare una discussione a livello regionale su quelle specifiche scelte.
Secondo me, come ha fatto l'Assessore Vetrino, dobbiamo assumere il nostro ruolo e verificare se lo stiamo esercitando, in quale modo, se ci sono delle realtà che entrano in conflitto con delle linee fissate dalla Regione. Qui, Assessore Vetrino, è il punto che sappiamo dolente, perch dobbiamo dare uno sguardo al ruolo che dovrebbe assumere la Regione nei confronti di tutti (senza dimenticare nessuno, colleghi della Democrazia Cristiana), senza dimenticare Torino per ricordarsi di Collegno, perch Torino è un quarto della realtà regionale e Collegno è un centesimo. Non si può dare il 100% dell'attenzione a Collegno e lo 0% dell'attenzione a Torino, perché sui fatti avvenuti a Torino nessuno ha sollevato problemi e la Regione è stata completamente assente. Adesso sul Lingotto, forse possiamo recuperare qualcosa, mentre su Collegno si è presenti. Noi non ci sottraiamo né su Torino e neppure su Collegno, però la Regione deve avere titoli politici per assumere un ruolo, per criticare, per indirizzare e i titoli politici sono stati fissati dalle leggi e dall'ordinamento regionale. Se però guardiamo ai programmi esistenti (non ne faccio un addebito all'Assessore Vetrino, cerco di parlare da un punto di vista il più possibile obiettivo e senza polemiche di parte) siamo veramente carenti. Il piano regionale di sviluppo non è il quadro all'interno del quale, settore per settore, si trovano le specificazioni delle scelte da fare? Sono qui da poco, ma non ne ho ancora sentito parlare. So che è stato avviato un progetto di piano regionale di sviluppo dalla Giunta, so che sono state avviate delle consultazioni, adesso non si sa più dov'è. Non parliamo poi del piano territoriale regionale. Ma non dovrebbe prendere linfa e indicazioni proprio da un piano regionale di sviluppo? E il piano territoriale del Comprensorio di Torino, a proposito del quale l'Assessore Vetrino dice "chissà quando riuscirò a farlo", non deve avere come sue coordinate di massima tutta la programmazione territoriale regionale? Ci sono poi state, oltre a queste insufficienze, anche delle decisioni che purtroppo la Giunta regionale ha preso in direzione di disattivazione di strumenti esistenti. La Regione in questi anni non ha solo mancato nel definire strumenti, addirittura ha disattivato quei pochi strumenti che aveva. Il primo atto a cui ho assistito in qualità di Consigliere regionale è stata la disattivazione della legge n. 18 di programmazione delle opere pubbliche.
La politica di abbandono di un ruolo programmatorio ha comportato una indeterminazione degli obiettivi di assetto territoriale. Questa situazione di inadempienza obiettiva, che la Regione Piemonte ha proprio in quei livelli di qualità che dovrebbero caratterizzare la sua azione potrebbe farci dire: "ma che titolo ha la Regione Piemonte per esprimere un giudizio fondato su atti che compiono i Comuni?" Sarebbe ben difficile nei confronti di una comunità locale, magari criticabile, assumere toni un po' spicci dal punto di vista di un ente che deve comunque guardare più lontano di un Comune. Cosa diciamo al Comune di Collegno? Che non ha rispettato lo schema di progetto territoriale? Ma lo schema non è cogente; lo schema contiene indirizzi politici che se non vengono tradotti in un piano territoriale il Comune di Collegno può benissimo non rispettarli e la Giunta regionale potrà esprimere dei giudizi ma non obbligare, chiedere intervenire nei confronti del Comune di Collegno. Quindi rilevo una debolezza intrinseca, in questa fase, del ruolo regionale nei confronti di chicchessia.
Per questo, e anche per non avere posizioni puramente strumentali che possono essersi infilate in alcune firme sulla seconda interpellanza questa situazione si può superare solo in un modo. Assessore Vetrino continuo a dirglielo, forse lei lavora - e personalmente lavora bene e fa di tutto in una situazione secondo me sbagliata, perché anche quando si lavora con tutte le proprie capacità in una situazione di disinteresse a livello di Giunta regionale, di mancanza di indirizzo dal punto di vista della Presidenza, penso che tutti gli impegni vengano a trovare delle disillusioni. Però il primo impegno che lei non ha preso, perché non è in condizioni di prenderlo non avendo i sostegni necessari, è quello di stabilire quando saranno condotti a termine questi adempimenti regionali.
Parlare solo dello stralcio paesistico del piano territoriale è troppo poco, lo sa anche lei. E' poco da tutti i punti di vista: dal punto di vista pratico cogente e fin dal punto di vista culturale. Teniamo presente il dibattito, che non è concluso, perché è una legge nata da poco; si discute sul modo in cui gli aspetti paesistici interferiscono e colloquiano con gli aspetti territoriale, se bisogna separarli o meno, ci si domanda dove si pone l'urbanistica. Questo quindi è veramente poco; può consentire di andare avanti con il solito "tran tran" del giorno per giorno, ma non è in questo modo che si fa fare un salto alla Regione Piemonte nei confronti di Comuni che prendono provvedimenti sui quali si possono avere certi dubbi.
Il secondo aspetto è quello di non prestarsi a strumentalizzazioni.
Perché non abbiamo parlato, nel nostro ordine del giorno, del Comune di Collegno? Non perché volessimo mantenerci ad una certa distanza ed evitare di scendere su questioni sulle quali potevamo avere qualche perplessità, o trovare delle difficoltà nel prendere posizione, ma semplicemente perché o la Regione Piemonte decide di assumere tutte le questioni con un livello di priorità - quindi forse viene prima il Lingotto del progetto preliminare del piano regolatore di Collegno - oppure le mettiamo tutte sul tappeto dal Lingotto alla variante 31 ter, a Collegno, oppure l'azione è troppo strumentale per cui diventa polemica a basso livello e non ci interessa.
Infatti, perché chiedere nell'interpellanza degli altri firmatari che la Regione assuma un ruolo di coordinamento per la zona ovest? Perché non per la zona sud, dove c'è il Lingotto? E perché non per la zona nord? Il vero problema è di porre, come Consiglio regionale, alla Giunta il compito di assumere un assetto territoriale definitivo all'interno degli strumenti dati dalla legge e non quello di limitarsi a guardare dove ci fa comodo guardare. Guardiamo pure in tutte le direzioni anche a zona ovest, ma chiediamo che la Giunta faccia uno sforzo, e l'Assessore Vetrino veda quali spazi ha a disposizione, per fornire al Consiglio regionale delle risposte precise.
Per fare il piano territoriale ha detto ci vorrà tanto tempo. Assessore Vetrino, in Giunta si faccia valere! Se lei ha bisogno di strumenti, di mezzi e di scelte, vengano compiute, ma non può più presentarsi in Consiglio regionale con questo panorama così sfilacciato e indeterminato.
Questo non è più ammissibile, lo ripetiamo tutte le volte e dispiace anche ma non si può lavorare in questo modo. Dal punto di vista delle risposte dell'Assessore Vetrino, non mi sento di investirla di ogni tipo di responsabilità nel momento in cui è l'unica che risponde. Tutti gli altri stanno zitti, il Presidente non c'è, però questa critica serrata che noi facciamo non alla persona, ma alla politica di Giunta, viene confermata anche da questa interpellanza che, secondo me, un po' incautamente e senza solvibilità politica, molti hanno firmato in calce.


Argomento:

Risposta scritta ad interrogazioni


PRESIDENTE

Comunico che verrà data risposta scritta alle seguenti interrogazioni: n. 977 del Consigliere Pezzana, inerente lo scandalo USSL 1/23 Posizione Dr. Grassini n. 978 del Consigliere Pezzana, inerente lo scandalo USSL - Posizione del Dr. Poli n. 1058 del Consigliere Pezzana, inerente la pista forestale nel Comune di Marmora (CN) n. 1106 del Consigliere Ala, inerente l'Elettrodotto Leinì-Piossasco.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale". Comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Ala Bosio, Alberton, Pezzana, Carazzoni.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato sul processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto del Commissario di Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge vistati dal Commissario del Governo sarà riportato sul processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto del Commissario di Governo

Argomento:

d) Mancata apposizione visto del Commissario di Governo


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge che non sono stati vistati dal Commissario del Governo sarà riportato sul processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto del Commissario di Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 15, 23 e 30 dicembre 1987 e 12 gennaio 1988 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/1978, n. 65 in materia di consulenze e incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Convegno dei Consigli regionali a Palermo in data 29 e 30 gennaio p.v. e problema delle riforme istituzionali


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, il 29 e 30 gennaio p.v, si terrà a Palermo un convegno indetto dai Consigli regionali del nostro Paese. L'occasione è per discutere una serie di iniziative che i Consigli intendono assumere nei confronti del Governo per l'attuazione delle normative costituzionali e problemi attinenti a situazioni regionali.
Su questa comunicazione i Consiglieri hanno facoltà di intervenire.
Ha chiesto la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

La ringrazio, signor Presidente, di questa comunicazione che, come avranno colto alcuni miei colleghi attenti, per il luogo in cui si svolge e per il momento in cui si svolge, non è - e la sensibilità del Presidente Viglione l'ha mostrato - una comunicazione di routine.
Noi abbiamo inviato una lettera al Presidente del Consiglio, alla quale ha già risposto verbalmente, e ai Gruppi per verificare immediatamente nella sede propria, che è quella della conferenza dei Capigruppo, quali iniziative questa Regione, questo Consiglio, anche in forza di un passato coerente e alto di impegno per la lotta dei valori democratici contro il terrorismo e anche contro la stessa mafia (ricordiamo il Convegno) pu assumere, cogliendo l'occasione importante di Palermo. In altro modo come se i Capigruppo lo converranno, riuscire a trasformare l'occasione prevista, in una occasione di mobilitazione e di presenza della comunità piemontese ed anche delle altre Regioni a fianco delle forze democratiche che stanno resistendo in una difficilissima situazione a Palermo. Questa è la prima questione, d'altra parte ieri il Presidente mi ha assicurato che probabilmente nella giornata di domani si sarebbe tenuta una riunione dei Capigruppo per valutare quali iniziative assumere.
Colgo però l'occasione per sollevare un'altra questione, sempre utilizzabile in quella data a Palermo. Si tratta della questione delle riforme istituzionali, grande problema già trattato genericamente in Consiglio regionale e che è stato oggetto anche di una iniziativa da parte del nostro Gruppo. E' un problema che però subisce una accelerazione: come voi sapete è indetta, probabilmente per la fine del mese di febbraio, la sessione istituzionale al Parlamento. A me sembra che dovremmo cogliere l'occasione per non essere fuori tempo nel riuscire a dare corpo a ciò che in una seduta di Capigruppo il Presidente stesso aveva anticipato: l'intenzione di dar vita, previo ovviamente l'intesa dei Gruppi, ad uno strumento di intervento sulle questioni istituzionali in tempi reali non accademici. Se è vero che la sessione istituzionale si svolgerà al Parlamento al termine dell'esame della legge finanziaria, si può presumere a fine febbraio, a me sembra che dovremo accelerare la costituzione di questo strumento (forme e modalità ce le proporrà il Presidente e tutti noi le valuteremo) e cogliere, se riusciremo ad essere tempestivi, l'occasione del giorno 29. Con molta franchezza sto ravvisando il pericolo, nel dibattito sulle riforme istituzionali, di considerare di nuovo l'ordinamento segmentato. I problemi sono il Parlamento, la riforma elettorale per i Comuni, i regolamenti. Io sono convinto che si possa cambiare il Parlamento solo a condizione che vengano tenute assieme le questioni dell'autonomia, regionale in particolare, che attende una sua sanzione, vista la situazione critica.
E' di pochi giorni fa una denuncia del Presidente della Giunta sullo stato estremamente difficile del bilancio. Io accoppio questioni finanziarie a questioni di potere, persino le cose che abbiamo dovuto discutere questa mattina a proposito di discariche, al di là delle valutazioni politiche, fanno parte della grande questione dell'autonomia.
Questa volta credo che dobbiamo giocare d'anticipo, n' considerare che ci ammettano alla tavola della trattativa istituzionale i Partiti nazionali, n' i parlamentari. E' dimostrato che anche se è giusta questa sensibilità dei parlamentari (e se vogliamo anche complessivamente dei Partiti), in realtà non esista. Allora noi come istituzione, come Partiti ci misureremo come classe politica regionale che rivendica il proprio ruolo, e non una specie di bardatura di un ente crescentemente inutile.
Dobbiamo agire secondo i tempi. Noi abbiamo legato il nostro voto favorevole alla riconferma del Presidente Viglione - e abbiamo conferma della sensibilità che ha dimostrato già questa mattina ad introdurre questa questione - considerando anche la possibilità che desse non solo a noi, ma a tutti, gli strumenti per poter intervenire in tempi reali per tentare di modificare, anche con azioni clamorose, una situazione oggettivamente non più sostenibile: quella di una autonomia formalmente riconosciuta, ma ormai sostanzialmente (e persino formalmente) negata. Si corre il rischio che le riforme istituzionali ci taglino totalmente fuori e che questa occasione come per la Commissione Bozzi, diventi un'occasione perduta. Per non perdere l'occasione non mi fido più meccanicamente della giustezza di un ragionamento intuitivo: si cambia il Parlamento solo a condizione che siano chiari il modello di autonomia, i poteri legislativi che la Regione pu esercitare e tutte le conseguenze sui poteri minori. I cittadini chiedono chiarezza, efficienza e stabilità. Un versante essenziale poi per tutti i servizi è la spesa che viene imputata agli Enti locali e alla Regione.
Concludo chiedendo ai colleghi che se su questa questione ci viene offerta dal Presidente la possibilità di incontro tra i Capigruppo, si abbia modo di varare al più presto uno strumento, forse una Commissione speciale, che abbia chiaramente una cultura giuridica. I Partiti sono d'accordo con le osservazioni che ha fatto il Consigliere Marchini sul fatto che si debba soprattutto definire una agenda. Ci misureremo, anche in corso d'opera, sulle varie soluzioni per poter considerare la Regione Piemonte, il Consiglio regionale, parte attiva nella questione mafia e nella difesa della democrazia.
Altra questione è stimolare una sensibilità nelle Regioni che sconfigga anche la loro rassegnazione. Ho partecipato ad una riunione romana ultimamente e devo dire che ho trovato, insieme a volontà di combattimento anche molta rassegnazione in alcuni amministratori. Mi auguro che ci sia sensibilità in tutti i Gruppi e dico che da oggi si deve agire diversamente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il nostro Gruppo concorda sulla esigenza testé illustrata dal collega Bontempi che i Consigli regionali pongano la questione regionale al centro del processo di revisione costituzionale.
Se c'è un contributo originale che il nostro Gruppo ha ritenuto di dare nella sede si è avviata questa questione, è stato chiedere, a chi riflette su queste cose, di non considerare questa una fase di rivendicazione sostanzialmente di ripercorrere i tracciati della Regione tradita o della resistenza tradita. Non si tratta di andare a leggere in che misura non si è attuato un disegno costituzionale, ma ripensare come questo disegno costituzionale è stato scritto. A mio modo di vedere, signor Presidente e colleghi Consiglieri, quanto è scritto nella Costituzione in relazione alle Regioni deriva da un doppio pregiudizio storico che le ha profondamente viziate come istituti. Un pregiudizio storico è in ordine alla vicenda fascista e quindi l'introduzione della Regione come spauracchio nei confronti dello Stato, che qualora lo stesso si fosse evoluto in termini accentratori sarebbe scattato: il meccanismo della Regione come freno deterrente rispetto a un qualsiasi processo centralistico che i costituenti potessero avere in testa. Attenzione però: contestualmente la lettura delle competenze regionali, e soprattutto delle modalità di attuazione, non immaginano una novità istituzionale per lo Stato. Immaginano soltanto delle novità di passaggio di procedure regolamentari. Si è risposto alle esigenze localistiche istituendo le Regioni a statuto speciale, che ad oggi non hanno più ragione di esistere, perché o uno Stato democratico moderno in 40 anni è riuscito a recepirle al proprio interno come situazioni di legittimazione propria delle ragioni di natura storica, economica e culturale che avevano giustificato la specificità, oppure è la dimostrazione del fallimento delle Regioni a statuto speciale. Lo statuto speciale non lo si fa per conservare la specificità, ma per riportare la specificità all'interno di un sistema omogeneo.
L'altro pregiudizio storico è questo: ci sono le esigenze localistiche.
Magari a quei tempi vi era l'esigenza dei rapporti di forza tra i Partiti che erano geograficamente collocati in un certo modo, di rispondere non immediatamente, ma di promettere una risposta. La si è mantenuta nei termini di una risposta alle esigenze localistiche, e quindi la capacità delle Regioni di regolamentare sul proprio territorio, nel modo più puntuale rispetto all'esigenza, quella che era sostanzialmente la individuazione della legge regionale. L'esempio è sotto gli occhi di tutti: stiamo dibattendo in Commissione la Legge 441, mi chiedo perché è stato demandato alla Regione di fare una legge in relazione alla Legge 441 quando di fatto era sufficiente aggiungere al fondo due semplici norme che regolamentassero la presenza degli enti locali e della Regione, dopodich il nostro potere legislativo non è altro. Noi affrontiamo la questione nel momento di svolta costituzionale, perché quella che si è avviata sarà una vera riforma quando andrà al di la dei regolamenti, andrà al cuore delle questioni su cui è stato organizzato lo Stato democratico. Si porrà la questione dell'organizzazione territoriale dello Stato, della sua articolazione: uno Stato che è articolato sul territorio oppure uno Stato che rimane di tipo centripeto? Qui ha ragione Bontempi: il punto nodale è che il sistema viene giudicato nella misura e nella qualità degli effetti che produce sull'utilizzatore ultimo, cioè sul cittadino, il destinatario dei servizi di ogni natura, rispetto ai quali è organizzato lo Stato moderno. Quindi è una questione forte, non di rivendicazione delle cose che non ci sono state date o delle risorse che ci risultano essere inferiori rispetto a quelle che ci spetterebbero: sarebbe un obiettivo troppo limitato, che non modificherebbe in alcun modo la evoluzione storica dei pregiudizi che hanno sotteso la Carta Costituzionale.
Allora, proprio nel momento in cui il dibattito sul Partito fascista da De Felice in poi ripropone il problema di capire se sia superato il pregiudizio - spero che i colleghi colgano nel senso proprio del termine non di valutazione, non di giudizio di fatto, ma di mera indicazione di processo logico - evidentemente non lo si deve superare nei suoi elementi nominalistici, quindi l'articolo 12 delle Disposizioni transitorie, ma in quello che il pregiudizio fascista ha comportato all'interno delle norme costituzionali di merito. E' lì che va verificato se è superato il pregiudizio fascista o se è da superare, non nel superamento del divieto dell'organizzazione del Partito fascista.
Così come il pregiudizio antiregionalista che c'è nella Costituzione.
Mentre la Costituzione individua la Regione, esprime, a mio modo di vedere tutto il suo pregiudizio nei confronti di uno Stato articolato in modo diverso dal territorio, rispetto a quello che la classe liberale e riformatrice aveva ereditato e ha realizzato nel 1946/48. Ripeto quindi il mio suggerimento ai colleghi che su questo vorranno fare qualche riflessione e a chi più di noi su queste questioni si atteggerà, di puntare alla rilettura dei passaggi costituzionali e non tanto a una occasione di rivendicazione in senso latino, ossia rivendicare a noi stessi delle cose che riteniamo di avere diritto d'avere. Io temo che la lettura della Costituzione sia tale che il processo di rivendicazione, cioè di rivendicazione, non abbia molto spazio. Occorre che venga riletta la norma costituzionale laddove si individua la organizzazione dello Stato articolato sul territorio, quindi certamente la nostra questione si pone all'interno di quella più ampia degli enti locali, però la chiave di volta passa attraverso la Regione. Il riconoscimento che il nostro Paese ha come cellula e come elemento fondamentale il Comune è talmente radicato nella storia e nella cultura che è un dato insuperabile da qualunque tipo di costituente: nessun costituente, neanche quello fascista o quello tardo liberale o quello da socialismo reale, avrebbe potuto non riconoscere nella nostra società e nella nostra storia i Comuni come la cellula fondamentale.
Così come non poteva riconoscere il radicamento storico che la Provincia aveva sul nostro territorio. L'annessione al Piemonte del resto dell'Italia è stata celebrata dai referendum, ma di fatto è stato un processo di annessione. Nel momento in cui il costituente repubblicano doveva dare fondamento strutturale e istituzionale a questa realtà storica che aveva ereditato attraverso il passaggio fascista, l'ha vista all'interno dei due pregiudizi che ho illuminato prima. Sono passati 40 anni: questi pregiudizi non hanno più da essere pregiudizi, hanno da essere certezze. O sono certezze sul fatto che si deve ritornare o rimanere all'interno di uno Stato articolato nello schema classico dei Comuni che prestano i servizi delle Province che sono il punto di riferimento e di raccordo intercomunale e c'è lo Stato centrale, oppure si immagina e si ritiene che siano maturate le condizioni per la costruzione di uno Stato diverso. La questione costituzionale è in questi termini.
Quindi signor Presidente, mi rivolgo soprattutto al Presidente della Giunta, la pregheremmo qualora avesse titolo e occasione per esprimersi in questo senso, di voler considerare tra le esigenze che lei ha come responsabile del governo di rivendicare cose che ritiene che le siano state indebitamente non attribuite, di riproporre i temi, se mi consente, nella questione di fondo che noi ci siamo permessi di illustrare a lei e ai colleghi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Non aggiungerò molte cose. La questione di cui discutiamo può essere considerata da molti versanti. Se questi nostri interventi debbono essere di conforto alle iniziative che la Presidenza del Consiglio vorrà sottoporre ai Capigruppo in vista dell'incontro importante di Palermo, mi permetto di sottolineare come nel gran discutere di riforme istituzionali che riguardano il Parlamento nazionale e le articolazioni dello Stato democratico, la migliore difesa su questo versante sia ancora una volta l'attacco. Mi spiego: si possono riformare i regolamenti parlamentari, le opposizioni grandi e quelle piccole, ma occorre decongestionare sotto il profilo della produzione legislativa il Parlamento nazionale, trasferendo alle Regioni dei terreni effettivi su cui esercitare il potere legislativo.
In questo senso quindi, andando in netta controtendenza con le pratiche attuali, al di là delle teorizzazioni, se si guarda ad esempio quello che è avvenuto dall'avvio di questa legislatura parlamentare, laddove abbiamo assistito all'istituzione di due nuovi Ministeri, quello delle Aree metropolitane e quello dell'Ambiente, che sono conformati istituzionalmente come sottrazione di terreno operativo e in primo luogo legislativo alla Regione. Decongestionare il Parlamento trasferendo alle Regioni tutta una serie di competenze legislative significherebbe valorizzare il Parlamento nazionale e nello stesso tempo dare a noi, o a chi verrà dopo di noi, la possibilità di essere effettivamente più vicini alle domande dei cittadini.
Noi possiamo aderire meglio alle pieghe di una società complessa come la nostra, se lo Stato sa articolare le proprie istituzioni sulle specificità territoriali.
Come forza politica, signor Presidente, noi ci muoviamo nell'orizzonte di uno Stato federale, quindi di uno Stato costruito sulle Regioni soprattutto se guardiamo in avanti, al 2000, tutto questo se guardiamo ad una integrazione europea, che tra l'altro nel 1992 avrà un'ulteriore tappa di avanzamento, assolutamente in controtendenza con la riedizione di uno Stato napoleonico che molti, troppi governanti di questo Paese, hanno in mente nel momento in cui si riconcepisce la Provincia in un certo modo e nel momento in cui ci si riappropria di poteri, quale quello di governo delle aree metropolitane o del territorio (nella fattispecie tutela dell'ambiente) sottraendoli alla Regione per poi trasferirli in altre forme alla Province aprendo dei contenziosi.
Mi scuso se l'ho tirata un po' più lunga del desiderato, ma su queste questioni, come ritengo tutte le forze politiche, stiamo ragionando riflettendo, producendo materiale di analisi e vorremmo poter avere l'occasione di confrontarci, quindi in questo senso plaudo a nome del mio Gruppo all'iniziativa che il Presidente Viglione proponeva nell'ultima Conferenza dei Capigruppo, perché ci sia una assise del Consiglio su questi argomenti, possibilmente, come diceva il collega Bontempi, giocata nei tempi politicamente utili.
Ciò detto, a noi pare che ci debba essere un riequilibrio delle deleghe legislative e quindi un trasferimento di poteri effettivi, che possano consentire di snellire la macchina dello Stato centrale e nello stesso tempo rendere più coerente ai bisogni del territorio quella delle Regioni.
Nel nostro costume politico, nella nostra cultura, non abbiamo mai giocato al "tanto peggio, tanto meglio". Non ci piacciono le istituzioni come il Parlamento nazionale così come attualmente è strutturato, fra l'altro con un doppione di funzioni. Non ci piace un'istituzione in cui non sono chiari i ruoli e in cui non c'è una distinzione effettiva di chi ha le responsabilità e di chi deve controllare; non ci piace in particolare questo procedere sotterraneo di espropriazione e svuotamento di una riforma, l'unica vera riforma istituzionale che è stata praticata con vent'anni di ritardo dall'entrata in vigore della Costituzione.
La miglior difesa è l'attacco e quindi auspico che il Presidente Viglione di questo si voglia fare interprete in tutte le occasioni, oltre che ovviamente ciascuno di noi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, la ringrazio per la comunicazione che ella ha svolto in ordine all'incontro che si terrà a Palermo il 29 e 30 p.v, e per aver dato la possibilità ai Gruppi di esprimere in proposito le proprie valutazioni.
Sono d'accordo con l'intervento svolto dal collega Bontempi ed anche con i colleghi Marchini e Staglianò. Ci troviamo d'accordo sulla necessità di esprimere nel modo più significativo possibile la solidarietà alle Regioni, in questo caso alla Regione Sicilia, ma con forza esprimiamo la solidarietà della comunità piemontese alle popolazioni del Meridione, a quella gente che si trova in un momento di grande tensione e difficoltà sotto il ricatto cupo e pesante di organizzazioni criminali che hanno rialzato la testa sfruttando, secondo la loro angolazione, difficoltà insufficienze o carenze di intervento dello Stato. Carenze e insufficienze che i responsabili del Governo, in primo luogo il Ministro Fanfani, hanno avvertito immediatamente. Ma per la situazione che si è determinata in questi ultimi tempi nel Meridione è necessario che ci sia qualcosa di più un'espressione di partecipazione popolare, di presenza viva, per far sentire a coloro che tramano nell'ombra, a coloro che hanno praticato e continuano a praticare l'organizzazione criminale (non già il confronto politico e le posizioni alla luce del sole) che c'è un Paese che non intende rassegnarsi, che non intende chinare la testa.
Dobbiamo far sentire questa voce a tutti gli strati, alle forze dell'ordine, alla Magistratura, alla gente che ha già dato prova nel passato, e anche in questi ultimi tempi, di andare fino in fondo a questo processo cui si cerca di rispondere con fermezza interpretando la volontà del popolo italiano. Sono convinto che realizzando questa sinergia di interventi riusciremo a colpire a fondo l'organizzazione criminale mafiosa che sta insanguinando pesantemente una gran parte del nostro Paese.
Per quanto riguarda la seconda questione, ricordo che il Presidente Viglione aveva già portato all'attenzione della Conferenza dei Capigruppo questo problema. E' necessario che si vada, in occasione della celebrazione dei 40 anni della Costituzione, a realizzare qualcosa di significativo.
Avvertiamo tutti che nel grande dibattito sulle riforme istituzionali mancano le Regioni, manca la voce delle Regioni e sappiamo bene che le Regioni dopo i momenti di "alta" sono entrati in una fase sempre più "calante". Mi auguro che le Regioni a Palermo concordino una linea di comportamento e di condotta per entrare in questo dibattito, per riaffermare i valori di uno Stato fondato sulle autonomie, sulle Regioni che a nostro avviso rappresentano la parte più alta del sistema delle autonomie.
E' un problema che ci tocca da vicino; nella conferenza di fine o inizio anno sia il Presidente Beltrami che il Presidente Viglione hanno messo in luce le grandi difficoltà della nostra Regione, ma abbiamo avuto modo di avvertire anche le difficoltà di altre Regioni. In una dichiarazione che leggevo l'altro giorno sull'Avanti, resa dal Vicepresidente della Regione Lombardia, emergeva la valutazione che viene data anche da una Regione, come quella lombarda, che consideriamo di primo livello. Mi spiace dirlo così, perché vorrei che fossimo tutti alla pari ma in fondo riconosciamo il ruolo che ha avuto la Lombardia, l'area milanese, e questo ci deve incoraggiare e sospingere a vedere quali sono i nostri limiti per poterli superare.
Sono altresì d'accordo che si giunga, se necessario, ad individuare una Commissione capace di approfondire questi problemi e che si avvalga di esperienze già realizzate. Lo spazio che potremmo avere sarà il risultato di ciò che saremo stati capaci di conquistare.
Occorre rilanciare il ruolo delle Regioni, il che significa rilancio dello Stato democratico e definizione dei nostri rapporti nei confronti dello Stato da una parte e degli Enti locali dall'altra. Non possiamo continuare nel pressappochismo nel quale ci stiamo muovendo, senza avere una strategia chiara, altrimenti rischiamo di rendere insoddisfatti coloro che devono ricevere le deleghe e incerti coloro che le debbono dare.
Occorre quindi che si agisca su uno spettro completo, ampio, avendo di fronte il quadro complessivo.
In questo quadro il ruolo delle Regioni è importante, non ci sono alternative. L'alternativa vuol dire scadere sempre di più, vuol dire rifugiarsi nella burocrazia, nel tran tran e nel traccheggio quotidiano non vorrei esagerare, ma vuol dire ridurre le Regioni ad una entità che non ha grande rilevanza.
Non pretendo di immaginare lo Stato, sottolineando l'aspetto storico ricordato da Marchini, dal quale nel 1840 è partito il messaggio che port poi all'unità d'Italia; non accomuno il Presidente del governo regionale a Vittorio Emanuele I, lo riconosco come Vittorio Beltrami; non pretendo che questa Regione possa avere anche il Ministero degli Esteri, penso però che si possa dare un contributo significativo e qualificante ad un dibattito diretto a rinnovare lo slancio di questo Paese verso la soglia del 2000.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

L'iniziativa assunta dal Presidente nei giorni scorsi in sede di conferenza dei Capigruppo e ripresa oggi ci trova perfettamente consenzienti, in quanto riteniamo che nel momento in cui è giunta a maturazione la stagione delle riforme istituzionali debbano essere presenti in questo quadro, in questa azione di riforma istituzionale, anche le Regioni in generale ed in particolare la Regione Piemonte. Ci trova perfettamente consenzienti la proposta di una nostra attiva presenza a Palermo e soprattutto la proposta di una nostra attiva presenza allorquando sul piano concreto verrà esaminato questo pacchetto di riforme.
Noi riteniamo che quanto viene proposto da alcune forze politiche, cioè la mera riforma dei regolamenti interni delle Camere e la mera riforma della legge elettorale, siano in sostanza dei palliativi; riteniamo che la riforma istituzionale debba essere integrale e quindi debba concernere non solo una riforma del Parlamento, delle Camere, ma anche delle Regioni e delle autonomie locali in generale. Solo in questa maniera noi riteniamo che si possa parlare di vera e sostanziale riforma.
D'altro canto, senza con ciò vantare, perché sarebbe sciocco e sterile delle primogeniture al riguardo, vogliamo ricordare ancora una volta che la nostra forza politica è stata presentatrice di un unico e organico progetto di riforma integrale della Costituzione che venne infatti discusso presentato e illustrato, in sede di Commissione Bozzi. Quel progetto, oltre che contenere le note linee portanti di fondo di una riforma istituzionale tocca anche le autonomie locali e in particolare le Regioni. E' stato toccato incisivamente dalla nostra forza politica che fu, come è noto antiregionalista allorquando si passò nei due rami del Parlamento all'effettiva attuazione delle Regioni. Oggi e non solo da oggi, con molto senso di responsabilità, rendendoci conto dopo maturazione e travaglio al riguardo non solo che le Regioni sono ormai una realtà operante nel tessuto dello Stato e della nazione, ma che sono cosa opportuna nell'ambito di un armonizzato decentramento, abbiamo messo in questo nostro progetto di nuova Costituzione anche la attenzione sul problema Regione, evidenziando che la Regione deve diventare un ente che legifera e programma e non gestisce e quindi è in grado, con le necessarie risorse finanziarie, di decentrare a sua volta ciò che legifera e programma attraverso il sistema delle deleghe.
Che sia quindi necessaria una rifondazione integrale della Regione nell'ambito della riforma istituzionale lo si è colto anche nel corso del convegno che si è tenuto a Venezia dove tutti i presentatori di relazioni a cominciare dal Giannini che come è noto fu il padre della riforma istituzionale regionale, misero in evidenza lo stato di degrado in cui è caduta la regione che è costretta a vivere nell'ambito e con una costante conflittualità nei confronti dello Stato, con le proprie competenze invase dalle leggi dello Stato, di cui fu un esempio calzante l'invasione delle competenze in materia di edilizia urbanistica data dalla legge sul condono edilizio, tant'è che il Giannini ebbe ad esprimersi nel senso senza mezze parole con un'espressione non giuridica, non istituzionale, ma che rende l'idea che ormai lo Stato è orientato a "rubare le competenze delle Regioni".
La mancanza di risorse, l'inesistenza di leggi quadro di cui anche domani sentiremo la grave carenza allorquando discuteremo la legge sull'assistenza, la quale mancando di legge quadro nell'ambito delle modifiche che sono state proposte si caratterizza per essere una legge dotata di provvisorietà.
Sulla scorta di quello che sarà il nostro discorso in materia di riforma in generale e di riforma regionale e delle autonomie locali in particolare, ribadisco il nostro perfetto e pieno consenso alla partecipazione ad un tale tipo di discorso politico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Esprimiamo apprezzamento per la comunicazione tempestiva del Presidente del Consiglio in ordine al convegno previsto a Palermo sul grande tema della mafia e siamo disponibili a concordare le modalità di partecipazione in modo che ci sia un sostegno reale ad una battaglia per la moralità dello Stato che deve essere portata avanti con particolare impegno e non soltanto una sfilata di posizioni di comodo.
Siamo anche d'accordo sul tema che proponeva Bontempi, di abbinare nella sostanza e con forza al dibattito sulle revisioni istituzionali il problema dell'istituto regionale. Ci pare molto giusto ed è bene che esaminiamo come Regione Piemonte, ma con le altre Regioni, quale linea portare avanti per porre con energia questo tema.
Noi siamo stati da sempre, da molto tempo quanto meno, favorevoli a porre il tema di una revisione istituzionale anche se con molta cautela ed attenzione. Da un lato c'è una forte esigenza di governo nei cittadini, una esigenza di decisioni, una ricerca di prestigio nelle istituzioni, comunque la risposta a questa esigenza di governo non può essere una risposta neocentralista, non può essere una risposta di mero accentramento. La risposta deve andare nel senso più giusto, che è quello di far funzionare le istituzioni, ma attraverso un funzionamento del sistema delle autonomie e soprattutto dell'istituto regionale.
Il problema del decentramento regionale è stato previsto dalla nostra Costituzione, e già da allora noi eravamo decisamente favorevoli, è stato affrontato poi correttamente nel 1970 con una riforma che doveva essere la grande riforma dello Stato ma che non ha poi ottenuto i risultati che si prefiggeva proprio perché nella sostanza le Regioni non hanno decollato e dall'altro lato le tendenze centralistiche hanno ripreso quota ed hanno ostacolato questo processo che deve andare avanti, noi crediamo con molto impegno.
La questione regionalistica è vecchia, si è parlato qui di Stato unitario. Dobbiamo ricordare che già Minghetti fin dal 1861 poneva il problema del decentramento regionale, proprio immediatamente dopo la formazione dello Stato unitario dopo l'annessione al Piemonte come taluno l'ha definita. Questo problema esiste e oggi noi dobbiamo far emergere una posizione regionale che non deve essere né revanscista, né corporativa, ma nel merito una posizione tesa a far funzionare meglio lo Stato soprattutto attraverso un contatto più diretto con il territorio e con i cittadini.
Occorre dar forza alle Regioni ed anche, nel concreto consentire non soltanto alla attribuzione di maggiori poteri, di esercitarli e allora qui si pongono anche altri problemi che possono apparire minori, ma che pur esistono, caro Staglianò, e sono quelli dei regolamenti, del funzionamento delle aule, perché non serve solo decentrare poteri se poi questi poteri non si esercitano, non possono essere attuati, n' gestiti, n' concretati.
Si fondono queste due esigenze. E' un problema di funzionamento, non è solo regolamentare.
Siamo quindi perfettamente d'accordo come forza politica nel portare avanti il tema della revisione istituzionale, e nel porre la Regione al centro. Ci siamo già espressi a Venezia nel corso dibattito sul DPR 616 non mancheremo di esprimerci in modo approfondito anche in questa sede quando il problema sarà posto, e siamo pienamente concordi a porlo perch un'azione delle Regioni è necessaria come contributo importante ad una revisione istituzionale che è stata indicata come utile anche dal Capo dello Stato e che va vista peraltro in un richiamo alle radici della nostra Costituzione repubblicana. Deve essere infatti chiaro, e lo voglio affermare con puntualità, che saremmo molto scettici su una superficiale adesione ad una seconda Repubblica che non vediamo assolutamente necessaria. Si tratta di tornare alle radici della prima repubblica, di far funzionare le istituzioni e in questo senso portare avanti una revisione istituzionale decentrata sul territorio.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Esame proposta di deliberazione n. 726: "U.S.S.L. n. 56 di Domodossola Ampliamento della pianta organica provvisoria del servizio territoriale di psichiatria"


PRESIDENTE

Propongo di iscrivere all'o.d.g. la proposta di deliberazione n. 726.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Formazione professionale

Esame proposta di deliberazione n. 731: "Educatori professionali attivazione corsi di riqualificazione - Integrazione della deliberazione del Consiglio regionale n. 392 - 2437 del 20/2/1987"


PRESIDENTE

Propongo ancora di iscrivere all'o.d.g. la proposta di deliberazione n. 731 Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.
Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.
Comunico infine che i lavori del Consiglio proseguiranno domani alle ore 9,30 con l'esame del pdl 186: "Modifiche alla legge 20/82" e convoco la Conferenza dei Capigruppo sempre per domani alle ore 12,30.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,40)



< torna indietro