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Dettaglio seduta n.106 del 29/10/87 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", comunico che sono stati distribuiti prima dell'inizio della seduta odierna i processi verbali delle adunanze consiliari del 29 gennaio, 5 e 19 febbraio 1987, che verranno posti in votazione nella prossima seduta consiliare. E' da porre in votazione invece il processo verbale dell'adunanza consiliare del 20 gennaio 1987: se non vi sono osservazioni si intende approvato.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione) - Tutela dagli inquinamenti idrici

Interpellanza n. 756 del Consigliere Reburdo inerente ai CATA, Centri di assistenza tecnico-agraria. Problemi pesticidi e diserbanti


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g. "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo l'interpellanza n. 756 presentata dal Consigliere Reburdo.
Risponde l'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

In risposta all'interpellanza presentata dal Consigliere Reburdo comunico quanto segue.
Situazione pregressa.
1) Dal 1975 la Regione Piemonte finanzia i Centri di assistenza tecnica delle organizzazioni professionali agricole prima ai sensi della L.R. n. 51/75 e attualmente in base alla L.R. n. 63/78.
Attualmente esistono sul territorio piemontese (ad esclusione delle zone montane) n. 167 Centri di assistenza tecnico-agraria e contabile denominati CATAC che complessivamente associano circa 17.000 aziende agricole.
La Regione concede per il funzionamento dei CATAC un contributo dell'80% (assunzione di un tecnico agricolo più spese di funzionamento del Centro) più le spese di coordinamento a livello regionale delle organizzazioni agricole.
La spesa per l'anno 1987 è stata di circa L. 4 miliardi e 250 milioni (il collega Reburdo nella sua interpellanza fa riferimento ad una cifra inferiore). Inoltre i CATAC elaborano in alcune aziende agricole il bilancio aziendale con la rilevazione sistematica dei dati contabili al fine di una assistenza gestionale.
La Regione riconosce un finanziamento forfetario per ogni azienda agricola contabilizzata. Tale tipo di attività prevista già dalla direttiva comunitaria n. 159/72 ha proseguito ai sensi della L.R. n. 63/78 e continuerà nei prossimi anni ai sensi del Regolamento CEE n. 797/85 e della nostra legge n. 44.
Inoltre la Regione ha finanziato fino ad oggi programmi di ricerca e sperimentazione tramite istituti scientifici (Università, CNR ed altri organismi specializzati).
Infine la Regione ha finanziato alle cooperative agricole ad ampia base associativa, ai sensi dell'art. 41 della L.R. n. 63/78, programmi di assistenza tecnica con il finanziamento di un tecnico agricolo che dia assistenza tecnica alle aziende della cooperativa.
2) Per le zone montane operano 35 Centri di assistenza tecnico agricola (denominati CATA) gestiti dalle Comunità montane. La Regione concede per il funzionamento dei CATA un contributo dell'80% (assunzione di uno o due tecnici agricoli più spese di funzionamento del Centro). La spesa per l'anno 1987 è stata di circa L. 1 miliardo. Questo miliardo va assommato ai 4 miliardi 250 milioni finanziati attraverso i CATA autogestiti dalle organizzazioni agricole.
Situazione attuale e prospettive.
1) La Regione ha avviato un progetto di ristrutturazione dell'assistenza tecnica nell'ambito di una visione moderna dei servizi di sviluppo in agricoltura procedendo ad una revisione globale e coordinata di tutte le componenti che entrano a far parte dei servizi dell'azienda agricola (consulenza ed assistenza tecnica, sperimentazione, formazione professionale).
In tale ristrutturazione si è partiti dalla riconferma dell'autogestione delle categorie agricole, del rapporto con l'azienda agricola riservando all'ente pubblico compiti di programmazione, indirizzo e coordinamento, piani di ricerca e sperimentazione, piani di formazione riqualificazione ed aggiornamento del personale addetto ai servizi di sviluppo agricolo. Ne deriva un sistema misto pubblico e privato con precisi ruoli per ogni componente.
2) In primo luogo si è proceduto ad una differenziazione di ruoli fra le tre seguenti categorie agricole al fine di evitare attività ripetitive e duplicazioni.
A - Organizzazioni professionali agricole: Assistenza tecnica e gestionale di base dell'azienda agricola. A partire dall'anno 1988 è previsto un riordino dell'attività delle organizzazioni professionali agricole.
B - Cooperative agricole.
E' stato soppresso il contributo alle cooperative agricole singole che davano assistenza tecnica alle aziende agricole socie ed istituito a partire dall'anno 1987 un contributo a consorzi di cooperative per l'assistenza gestionale alle cooperative agricole associate. Credo che il collega Reburdo comprenda l'innovazione in quanto certe professionalità nella materia che ha evidenziato nella sua interpellanza sono necessarie professionalità che una cooperativa singola non può offrire.
C - Associazione dei produttori agricoli.
E' stata riservata a tali associazioni l'assistenza di settore procedendo a partire dall'anno 1987 ad un riordino dell'attività delle associazioni nel campo dell'assistenza tecnica.
3) Circa il riordino, a partire dal 1988, dell'attività delle organizzazioni professionali agricole si è partito dalla realtà esistente procedendo ad una razionalizzazione dell'attuale struttura organizzativa prevedendo, oltre al livello di coordinamento regionale, per ogni provincia e per ogni organizzazione agricola, una struttura organizzativa di livello provinciale di coordinamento ed integrazione dell'attività dei Centri di assistenza tecnica.
Inoltre, ogni organizzazione all'interno di ogni provincia dovrà dotarsi di momenti organizzativi a livello sub-provinciale che interessino i CATAC di zone omogenee (20 zone in Piemonte) con un referente territoriale ogni 5 CATAC circa.
Inoltre, a livello provinciale sono previsti tecnici agricoli specialisti in fitopatologia, contabilità aziendale, viticoltura, ecc.
In particolare per la fitopatologia, le organizzazioni professionali agricole invieranno n. 20 tecnici a frequentare un corso di riqualificazione presso il Consorzio interregionale per la formazione dei divulgatori agricoli (CIFDA di Minoprio) in attuazione del Piano nazionale di lotta fitopatologica integrata.
In merito devo comunicare al collega Reburdo e al Consiglio che è stato approvato a livello nazionale un Piano di lotta fitopatologica integrata che sta trovando a livello regionale un proprio specifico progetto con risorse finanziarie provenienti dalla legge n. 752 (legge previsionale di spesa a favore dell'agricoltura).
Nella consapevolezza dell'importanza per l'attività di assistenza tecnica di poter disporre di supporti tecnici e scientifici sono state contattate tutte le strutture tecniche e scientifiche pubbliche esistenti sul territorio che hanno manifestato la propria disponibilità a fornire ai Centri di assistenza tecnica consulenze, analisi e ricerca. Si è operato pertanto un incontro fra il mondo tecnico e scientifico e il mondo agricolo a vantaggio della nostra agricoltura.
4) Quale interfaccia della struttura organizzativa delle organizzazioni professionali agricole è stata prevista una riorganizzazione e potenziamento della struttura pubblica della Regione che sta per essere potenziata con l'emissione nei ruoli regionali di n. 134 divulgatori agricoli formati presso il Centro di Minoprio.
Intendo sottolineare che 7 di questi divulgatori agricoli saranno specializzati sui problemi della lotta all'inquinamento derivante dalle attività agricole; saranno assegnati agli uffici decentrati e serviranno da coordinamento per impostare le azioni dei CATA provinciali e per il controllo che questi programmi vengano realizzati. Altri 15 divulgatori agricoli stanno completando il corso e verranno assunti entro il marzo 1988. Comunque al 1990 è prevista l'assunzione di un totale di 65 divulgatori.
La struttura regionale pertanto può svolgere, in modo più adeguato che nel passato, funzioni di orientamento e trasferimento dell'innovazione tecnologica, ma anche controlli della correttezza dell'attività svolta dalle organizzazioni professionali agricole.
Circa i controlli si ribadisce che più che basarsi su momenti burocratico-fiscali vengono privilegiati i contenuti dei programmi coinvolgendo le organizzazioni in attività di interesse per le aziende agricole.
Nel progetto di ristrutturazione, che come detto parte dal 1988, sono previsti, oltre ad incontri fra servizi regionali e le organizzazioni professionali agricole per la predisposizione dei programmi, anche incontri di coordinamento quadrimestrali per verificare l'avanzamento dei programmi stessi. Programmi che dovranno prevedere un impegno da parte dei CATA per quel che riguarda i problemi derivanti dall'uso dei concimi antiparassitari e pesticidi in maniera specifica. Si tratta di modificare l'impostazione esistente sino ad oggi nell'assistenza tecnica secondo cui l'unico obiettivo è quello di offrire la possibilità alle aziende agricole di aumentare la produzione. In un contesto generale di sovraproduzione, ma soprattutto anche per il fatto che molti prodotti agricoli vengono messi in discussione per la mancanza di garanzie di salubrità e genuinità, questo aspetto deve essere affrontato dai programmi dei CATA, pena il non riconoscimento dei finanziamenti ai Centri stessi.
Ne risulta quindi una struttura dei servizi di sviluppo agricolo pubblico e privato potenziato sul versante pubblico e riorganizzato ed integrato sul versante privato.
5) Un discorso a parte merita l'attività di ricerca e sperimentazione che nell'anno 1987, oltre ad essere destinataria di maggiori finanziamenti rispetto al passato, è stata svolta in stretto raccordo tra il mondo agricolo e la ricerca partendo dalle richieste provenienti dal mondo agricolo che sono "commissionate" alle strutture tecniche e scientifiche in grado di dare delle risposte (Università, CNR.
Istituti del MAF ed altri Istituti specializzati).
Per quanto detto finora, si ritiene che con la ristrutturazione già avviata i servizi di sviluppo agricolo possano, meglio che nel passato (anche se già nel passato l'assistenza tecnica laddove ha funzionato è stata di notevole supporto allo sviluppo della nostra agricoltura) rispondere alle effettive esigenze di orientare l'agricoltura piemontese verso quelle innovazioni tecnologiche che sono rispettose dell'ambiente della salute degli operatori agricoli e dei consumatori, nonché verso tutte le altre innovazioni orientate allo sviluppo generale dell'agricoltura piemontese.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Ringrazio l'Assessore Lombardi per la dettagliata esposizione della situazione per quel che riguarda il tentativo di rispondere ai problemi nuovi che si aprono in campo agricolo attraverso uno strumento importante come quello dell'assistenza tecnica, della ricerca e della sperimentazione.
Al di là di quanto è possibile dire nell'ambito della risposta ad una interrogazione, sarebbe importante fare una riflessione più approfondita coinvolgendo non solo la Commissione competente, ma lo stesso Consiglio perché ci troviamo di fronte ad alcune esigenze che vanno salvaguardate: da un lato quelle del mondo agricolo, dall'altro quelle dei consumatori e dell'ambiente.
Non si richiede tanto un intervento settoriale, quanto un intervento che coinvolga anche altri Assessorati della nostra Regione, a partire da quello alla sanità: è un problema che deve investire l'intera Giunta più che un singolo Assessorato.
Mi ritengo quasi soddisfatto della risposta della quale chiedo cortesemente di avere copia scritta per poter meglio valutare i dati forniti. Occorre rispondere alle esigenze di cui ho fatto prima cenno corresponsabilizzando il mondo agricolo che non era sufficientemente salvaguardato, nel senso che inizialmente si era dato slancio alla sua autogestione, ma successivamente sono emersi contenuti altamente specialistici di orientamento che non potevano e non possono non essere in mano all'organismo pubblico, sia pure in stretto rapporto con le organizzazioni professionali agricole. Si tratta di capire come questo sistema misto possa avanzare garantendo sia la programmazione e l'orientamento pubblico, sia contemporaneamente il protagonismo e l'esigenza dell'autogestione contadina. Questo problema dovrà quindi essere ulteriormente affrontato.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Viabilità

Interrogazione n. 842 del Consigliere Ala inerente alla deliberazione del Comune di Biella "Adozione modifiche cartografiche al PRGC relative al tracciato esecutivo della viabilità sul comparto aree ex Rivetti" interrogazione n. 856 dei Consiglieri Acotto e Chiezzi ed interpellanza n. 986 del Consigliere Ala inerenti all'abbattimento di parte dei fabbricati esistenti nell'area ex Lanificio Rivetti a Biella


PRESIDENTE

Esaminiamo ora congiuntamente le interrogazioni nn. 842 e 856 e l'interpellanza n. 986.
Risponde l'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore all'urbanistica

Signor Presidente e colleghi, con le interrogazioni nn. 842 e 856 rispettivamente del Consigliere Ala e dei Consiglieri Acotto e Chiezzi, e infine con l'interpellanza n. 986 pure del Consigliere Ala, viene proposto all'attenzione del Consiglio l'intervento richiesto alla Giunta regionale in ordine all'autorizzazione di demolizioni di fabbricati - con destinazione prevalentemente industriale - parzialmente già effettuate nel Comune di Biella.
L'interrogazione n. 856 dei colleghi Acotto e Chiezzi richiede una dettagliata illustrazione dell'intero iter amministrativo, mentre l'interrogazione n. 842 richiama la procedura comunale di adozione di modifiche cartografiche al Piano Regolatore Generale Comunale relative al comparto del Lanificio ex Rivetti e richiede di chiarire se esistano vincoli di carattere ambientale, se si intenda porne, se siano state rispettate le norme di legge e quali provvedimenti si ritenga di assumere.
La successiva interpellanza del collega Ala, oltreché richiamare i contenuti e le precisazioni di un successivo dibattito in Consiglio comunale di Biella, riguardante anche i rapporti tra il Comune e la Sovrintendenza, chiede in particolare di conoscere le ragioni del mancato intervento regionale di inibizione o di sospensione dei lavori.
Devo premettere, sulla scorta della documentazione che è stato possibile acquisire, che il primo atto su cui è stato interessato il Servizio vigilanza dell'Assessorato all'urbanistica è un ricorso gerarchico presentato dall'Associazione Italia Nostra, pervenuto in Regione il 4 agosto 1987, mentre le precedenti interrogazioni del collega Ala e dei colleghi Acotto e Chiezzi sono pervenute all'Assessorato successivamente al 4 agosto, anche se sono state trasmesse alla Giunta da parte del Consiglio regionale il 21 o il 22 luglio.
Data la complessità della vicenda e l'impossibilità di utilizzare in questa sede la cartografia di riferimento, cercherò di essere il più chiaro possibile, anche se ciò non è semplice.
Sulla base della documentazione acquisita dal Servizio di vigilanza urbanistica in sede di istruttoria del ricorso gerarchico, presentato successivamente alle demolizioni effettuate alla fine di luglio, si pu ricostruire la situazione schematicamente nei termini seguenti.
Il Comune di Biella è dotato di un PRGC approvato il 18 maggio 1979 adeguato, quindi, agli standard dei decreti ministeriali. Ha in itinere un nuovo PRGC, redatto ai sensi della legge n. 56/77, adottato il 25 marzo 1985 ed esaminato dal CUR il 1 dicembre 1986.
Questo nuovo progetto di PRGC è stato restituito al Comune per controdeduzioni e il Comune ha controdedotto con deliberazione adottata dal Consiglio comunale il 30 giugno 1987; le controdeduzioni sono pervenute in Regione il 30 settembre scorso e sono in fase di esame e il PRGC sarà sottoposto quanto prima all'esame finale del CUR.
Questo è lo stato della strumentazione urbanistica generale.
C'è da aggiungere che il Comune di Biella, con deliberazione del Consiglio comunale n. 74 del 9 febbraio 1987, ha adottato una variante ex legge n. 1/78 modificando il tracciato della strada che dovrebbe connettere Via Carso con Via Cernaia. Nella stessa seduta, con deliberazione n. 75, il Consiglio comunale di Biella ha approvato una variante cartografica al PRGC adottato e in fase di controdeduzioni che prevede il predetto nuovo tracciato stradale.
Quindi il Comune di Biella, a prescindere dai tempi e dalle modalità di attuazione delle opere di demolizione, ha oggi un Piano Regolatore vigente sul quale ha adottato, ai fini della realizzazione della nuova strada di PRG, una variante ai sensi della legge n. 1/78 che in parte interessa il quinto comma dell'art. 1, in quanto ricadente su aree private, ed è quindi di approvazione regionale e in parte riguarda il quarto comma dell'art. 1 della legge n. 1/78, in quanto riguardante aree già destinate dallo strumento urbanistico vigente a servizi pubblici, e per questo è di approvazione del Consiglio comunale, non essendo richiesta l'approvazione regionale.
Contemporaneamente è stata adottata la variante cartografica al nuovo PRGC, già adottato, esaminato dal CUR e ritornato per le controdeduzioni al Comune. Quindi si è realizzata, anche se l'iter non è ultimato perch mancano le approvazioni regionali, una coerenza tra vecchi strumenti e nuovi strumenti "in itinere" per quanto riguarda la previsione della nuova strada di PRGC.
Inoltre il Comune di Biella, in data 28 febbraio 1985, aveva adottato la deliberazione consiliare n. 127, avente per oggetto l'approvazione del progetto specifico della strada di collegamento tra la Via Carso e la via Cernaia con un tracciato periferico rispetto alla zona di cui adesso discutiamo, previsto dal vigente PRGC.
Tale deliberazione veniva poi integrata con una successiva deliberazione della Giunta municipale del 2 luglio 1985 che approvava il piano particellare di esproprio.
In seguito, è stata adottata la già richiamata deliberazione n. 74 del 9 febbraio 1987 che approvava una perizia di variante al tracciato della strada, sempre congiungente le Vie Carso e Cernaia, ma trasversalmente all'interno della zona interessata, e veniva approvata contestualmente come ho già ricordato, la variante di Piano Regolatore Generale vigente ai sensi dell'art. 1 della legge n. 1/78. Successivamente veniva approvata la variante cartografica al PRG in itinere.
Quindi con deliberazione della Giunta municipale del 10 marzo 1987 ratificata dal Consiglio, si procedeva all'esproprio dell'area occorrente per la realizzazione della strada e, con deliberazione della Giunta municipale del 7 luglio 1987, si approvava una seconda perizia di variante al progetto.
Il Comune di Biella su quest'area, che si affaccia sul torrente Cervo e ha un valore ambientale da verificare, ha previsto con lo strumento urbanistico oggi in controdeduzione una destinazione non più di tipo industriale, come era precedentemente, ma in parte per servizi pubblici e per la restante parte per servizi terziari a completamento dei servizi di natura direzionale che sono previsti in un'altra area del Comune. Per la realizzazione è richiesto un piano esecutivo convenzionato.
Gli atti urbanistici in itinere richiamati risultano tutti trasmessi alla Regione, compresa la variante ex art. 1 legge n. 1/78; in carenza di approvazione regionale, almeno per quanto compete alla Regione ai sensi del quinto comma dell'art. 1 della legge n. 1/78, il Comune ha proceduto ad autorizzare alcune demolizioni, una parte delle quali sono oggetto del ricorso gerarchico che è stato presentato dall'Associazione Italia Nostra e sono conseguenti all'autorizzazione n. 276, rilasciata nello scorso mese di luglio.
Il Comune, per quanto è risultato nel corso dell'esercizio delle funzioni di vigilanza attivate a seguito del ricorso gerarchico pervenuto ha autorizzato alcune demolizioni, da parte di privati, mentre solo una parte delle demolizioni è stata attuata dal Comune sulla base delle deliberazioni che prima ho richiamato.
Il Comune ha proceduto alla demolizione della parte sud del comparto in una zona che già il vecchio strumento urbanistico destinava a servizi pubblici e che il nuovo strumento in itinere conferma. Quindi su questa parte sud, che dovrà essere sottoposta a studio di piano esecutivo, le demolizioni (che peraltro non sono oggetto del ricorso gerarchico di Italia Nostra, ma più complessivamente sono richiamate dagli interroganti) sono avvenute per decisione del Comune nell'esercizio di proprie competenze, non sindacabili da parte della Regione, in applicazione del quarto comma dell'art. 1 della legge n. 1/78.
Invece per l'area ex Rivetti, che aveva destinazione industriale e che secondo il Piano Regolatore in itinere assume una destinazione per servizi di natura terziaria e direzionale, non risulta effettuata ad oggi alcuna demolizione. La demolizione potrebbe avvenire o a seguito dell'approvazione degli strumenti urbanistici in itinere che prevedono il nuovo tracciato stradale, o con l'approvazione regionale (che avrebbe dovuto essere precedente, ma che finisce per essere contestuale per i ritardi che l'iter amministrativo ha determinato) della variante ai sensi della legge n. 1/78 per la parte che richiama l'applicazione del quinto comma.
Sulla demolizione dell'edificio denominato "cassia da mort" si soffermano sia il ricorso gerarchico presentato da Italia Nostra sia l'interrogazione e poi l'interpellanza presentate dal collega Ala. Si tratta di un edificio periferico compreso comunque nel perimetro che deve essere sottoposto a studio di piano esecutivo convenzionato secondo le prescrizioni dello strumento urbanistico generale in itinere. Tale edificio, perimetrale rispetto all'area, è stato demolito con autorizzazione rilasciata dal Comune alla fine di luglio, in epoca successiva alla presentazione dell'interrogazione del collega Ala e di quella dei colleghi Acotto e Chiezzi, precedente però alla data del ricevimento del ricorso gerarchico di Italia Nostra presso il Servizio urbanistico regionale.
Non sono invece in grado di ricostruire la vicenda richiamata nell'ultima interpellanza del collega Ala in merito a telefonate intervenute tra Consiglieri del Comune di Biella e la Sovrintendenza. Nella stessa, si insiste sul tempo ristretto entro il quale si è realizzata la demolizione a seguito dell'autorizzazione rilasciata dal Comune di Biella.
In ogni caso questa vicenda richiede alcune precisazioni puntuali.
La Sovrintendenza sta operando a Biella il censimento e la schedatura dei beni culturali e storici della città, ma non risulta che abbia posto alcun vincolo su questo edificio o abbia svolto alcun intervento formale a seguito della sua demolizione; ciò avendo presente che sono ben più incidenti i poteri di inibizione e di natura sanzionatoria che la Sovrintendenza ha rispetto alla Regione. Quest'ultima, come poi vedremo può infatti intervenire in questi casi solo se ritiene di poter ravvisare in modo certo l'esistenza "concreta ed attuale di un interesse pubblico" che possa legittimare interventi di annullamento delle autorizzazioni o delle concessioni come richiesto dal ricorso gerarchico di Italia Nostra.
La seconda precisazione che devo fare è che l'esame del PRG in itinere (già controdedotto da parte del Comune di Biella e che quanto prima sarà sottoposto all'esame finale del CUR) ha consentito di verificare che per quanto attiene alla salvaguardia del patrimonio storico e culturale del Comune di Biella sono stati vincolati dal PRGC stesso alcuni edifici perimetrali rispetto all'area interessata dalle autorizzazioni di demolizione. Si tratta di edifici che si affacciano su Via Carso precedentemente destinati ad attività industriali, e che presentano un fronte particolarmente degno di tutela.
Il PRG in itinere, nelle norme tecniche di attuazione, laddove esamina la zona ex Rivetti che dovrà essere destinata, con la realizzazione di un PEC, alla creazione di servizi pubblici, di una nuova viabilità di livello comunale e di servizi di natura terziaria e direzionale, richiama ulteriormente l'esistenza, sia pure all'esterno dell'area interessata dal PEC, di queste opere di importante rilievo storico e culturale che devono essere salvaguardate. Particolare cautela nella successiva fase di realizzazione del PEC per l'area adiacente dovrà essere osservata per garantire che di questa preesistenza storica culturale tenga adeguatamente conto il Piano di trasformazione dell'area adiacente.
Quindi dobbiamo sottolineare che il PRG, già valutato dal CUR. ha ampliato i vincoli già posti sulla base della legislazione statale estendendoli ad altri edifici, ma non ha preso in considerazione l'edificio denominato "cassa da morto". Il CUR in sede di osservazioni, rinviando il Piano di Biella in controdeduzione, ha accolto questa estensione di vincoli di natura culturale, ma sulla base dell'esame istruttorio non ha rilevato un interesse storico e culturale rilevante nell'edificio denominato "cassa da morto".
C'è sempre in queste decisioni una parte di soggettività ed io non intendo dire né posso dire se sia stato corretto o scorretto non prevedere l'estensione del vincolo storico-culturale all'edificio "cassa da morto" non essendo in proposito intervenuta la Sovrintendenza. Registro solo guardando ai fatti, che il PRG, nell'area adiacente alla zona ex Rivetti ha proceduto a porre nuovi vincoli e che questi sono stati valutati apprezzati ed approvati da parte del CUR. mentre non ne sono stati posti per l'edificio denominato "cassa da morto".
A conclusione non intendo affermare che tutto sia stato chiaro e perfetto per quanto riguarda le procedure; il Servizio urbanistico regionale e poi il CUR in sede di voto su questa complessa vicenda si sono trovati a dover ragionare (diverso è il discorso in Consiglio regionale) sulla base di un ricorso gerarchico preciso, su cui ci si doveva pronunciare entro 90 giorni e cioè entro il 4 novembre, che riguarda l'autorizzazione alle demolizioni rilasciata dal Comune di Biella nel mese di luglio, per le parti interessanti la casa ormai demolita "cassa da morto" e l'area ex Rivetti, dove le demolizioni non sono ancora avvenute.
Il Servizio vigilanza urbanistica ha ritenuto, a conclusione del proprio esame, di ravvisare una violazione dell'art. 56, lett. h), della legge urbanistica (che consente le autorizzazioni di demolizioni quando non siano funzionali ad un processo di costruzione o ricostruzione) in quanto il Piano Regolatore Generale adottato e in salvaguardia consente di edificare l'area interessata a seguito di approvazione di un piano esecutivo convenzionato. Per questa area, comprendente anche l'edificio "cassa da morto" ormai demolito, il Servizio di vigilanza proponeva di ritenere non applicabile la lett. h) dell'art. 56 della legge n. 56, e riteneva quindi esistente un interesse concreto e attuale all'annullamento dell'autorizzazione di demolizione, evidenziando che secondo il PRG in itinere tale area è da sottoporre a studio di piano esecutivo convenzionato ed ogni trasformazione edilizia sarebbe comunque subordinata al rilascio di concessioni dopo l'approvazione del piano stesso.
Questa era l'opinione e la proposta del Servizio vigilanza urbanistica.
Il Comitato Urbanistico Regionale ha invece ritenuto, dopo un'approfondita riflessione e un lungo esame, e con decisione assunta con 15 voti favorevoli e 2 astensioni, che nel caso in esame non è ravvisabile la violazione della lett. h) dell'art. 56. La lett. h), applicabile con riferimento allo specifico atto amministrativo, è comunque di difficile interpretazione, perché la L.R. n. 56 non ha fatto altro che riprendere la formulazione della legge n. 94 e perché non esiste una giurisprudenza sufficiente in materia. In ogni caso, e di ciò sono convinto, dato che ero tra i 15 che hanno votato a favore della risoluzione finale del CUR. non si può invocare una previsione di Piano Regolatore Generale Comunale per sostenere che una demolizione è preordinata immediatamente alla ricostruzione o debba essere soggetta a concessione. Si è verificato che nelle norme tecniche di attuazione del PRGC non è esplicitamente prevista per le opere di demolizione la concessione, e che quindi si poteva procedere attraverso autorizzazione. Inoltre non è sembrato che si dovesse far riferimento alle previsioni dello strumento urbanistico generale, bensì all'atto amministrativo per stabilire l'applicabilità della letta, h) dell'art. 56; l'interpretazione è stata - ed è a mio parere quella corretta che l'autorizzazione concessa dal Comune non è preordinata alla ricostruzione, o meglio non immediatamente collegabile ad un processo di costruzione, perché questo è subordinato all'approvazione da parte della Regione del Piano Regolatore Generale Comunale in itinere, allo studio e all'attuazione di un PEC e all'inclusione delle previsioni del PEC all'interno del programma pluriennale di attuazione ed infine al rilascio di una concessione edilizia come atto finale del Comune, coerente con l'intero processo di pianificazione esecutiva ed attuativa che deve ancora essere realizzato.
Non è stata cioè riscontrata nel caso in esame la violazione della letta, h) dell'art. 56 della legge n. 56 e di conseguenza non è stato ravvisato alcun motivo certo di pubblico interesse, attuale e concreto, per procedere all'annullamento dell'autorizzazione in parola.
Per questo il Comitato Urbanistico Regionale ha deciso di non procedere all'annullamento dell'autorizzazione edilizia, che ha già prodotto i suoi effetti sull'edificio "cassa da morto" più volte richiamato nelle interrogazioni e oggetto del ricorso gerarchico che è stato preso in considerazione.
Per quanto riguarda invece la prosecuzione eventuale delle demolizioni queste a nostro avviso debbono essere subordinate al rispetto del quinto comma dell'art. 1 della legge n. 1/78 e quindi non potranno avvenire se non ad approvazione regionale della variante o comunque all'approvazione definitiva del Piano Regolatore Generale in itinere e della variante cartografica in itinere che saranno contestualmente esaminati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente, sono occorsi circa 40 minuti per riuscire a trovare un percorso attraverso il quale giungere ad una decisione sostanzialmente assolutoria di tutta la vicenda.
Questo prova lo sforzo che è stato necessario fare per giungere ad un risultato che ritengo non sia - mi dispiace per l'Assessore - quello corretto, al di là della ricchezza delle sue informazioni e della sua singola posizione personale.
Questo verdetto assolutorio è profondamente ingiusto se si valutano alcuni elementi che sono stati citati proprio dall'Assessore. Per esempio a proposito del rispetto delle procedure, le osservazioni che l'Associazione Italia Nostra, prima del ricorso gerarchico, aveva presentato ai sensi della legge n. 56 avrebbero meritato almeno una risposta.
Nella mia ultima interpellanza mettevo in luce una serie di meccanismi procedurali che definirei un po' meschini attraverso i quali si è voluto giungere comunque a compiere questo atto. Si sono utilizzate procedure molto sofisticate; si è dimostrata una notevole intraprendenza giuridica nel demolire l'ambiente da parte di questa Amministrazione comunale; si è dimostrata una grande capacità di invenzione e di fantasia giuridica per giungere ad atti che comunque erano preordinati e sono stati decisi a priori.
Quanto è avvenuto, sulla scia dell'enfasi del piccone demolitore (come veniva detto negli anni del regime), per il Comune di Biella è prassi costante e consolidata, con la certezza di trovare credito al CUR.
C'è una lunga storia nel Comune di Biella per quel che riguarda la demolizione di opere; ho presentato infatti un'interrogazione rivolta all'Assessore alla cultura in merito all'attività di un Comune, quale per l'appunto il Comune di Biella, che allestisce delle mostre ponendo una particolare enfasi sull'archeologia industriale mentre nel contempo la sua attività principale in materia consiste nella sistematica demolizione di questo patrimonio architettonico e culturale.
Non sono pertanto assolutamente soddisfatto della risposta nel merito delle conclusioni alle quali è giunta e tanto meno sono soddisfatto delle procedure adottate, dello stile e del metodo di lavoro. Non si trattava di una demolizione qualunque. Era un caso in cui non c'era alcuna fretta e si sarebbe dovuto aspettare il tempo minimo necessario per rispondere alle osservazioni, per permettere a chi era contrario di ottenere una risposta e non di essere trattato, come è avvenuto, con arroganza e a pesci in faccia.
In ordine agli articoli di legge citati ritornerò successivamente perché non sono un sofisticato conoscitore di queste procedure; dapprima valuto il merito, la sostanza e lo stile di un'Amministrazione, perché c'è sempre il comma che permette ad un Consiglio comunale molto solidale su queste posizioni di trovare una via d'uscita.
Vorrei però che non ci si fermasse agli aspetti formali, anche se cercherò di esaminarli in dettaglio. Per questo chiedo fin d'ora di ottenere sia il rapporto del Servizio vigilanza urbanistica sia i verbali del CUR; a questo proposito dico che se fossi stato presente alla seduta del CUR non avrei certo votato a favore e probabilmente non mi sarei nemmeno astenuto.
Il problema dei rapporti tra Sovrintendenza ed Amministrazione comunale è invece una storia di piccole beghe di provincia. E' però difficile diventare capoluogo di provincia seguendo simili procedure.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Acotto.



ACOTTO Ezio

Desidero in primo luogo sottolineare come sia piuttosto incomprensibile il ritardo con cui l'interrogazione è pervenuta sul tavolo dell'Assessore.
Se abbiamo fatto bene i calcoli ha impiegato più di un mese per andare da questo palazzo agli uffici di Corso Bolzano.
La seconda considerazione che vorrei fare è di carattere più generale.
Possiamo avere opinioni diverse sul caso esemplare che sta dietro questa vicenda, però lo sforzo dell'Assessore è stato impari rispetto al risultato cui doveva tendere, cioè chiarire una vicenda in tutti i suoi aspetti particolari. Probabilmente è un difetto nostro, perché in questo caso sarebbe stato sufficiente presentare un'interrogazione alla quale dare una risposta scritta. Adesso però, Assessore Genovese, siamo costretti a dirle sospendendo il nostro giudizio di soddisfazione o di insoddisfazione sulla risposta, che la questione è da considerarsi del tutto aperta, in quanto vogliamo acquisire la documentazione di cui lei ha dato ampie notizie ossia il verbale del Servizio di vigilanza e il lodo del CUR. il resoconto stenografico delle dichiarazioni che lei ha testé reso o una relazione scritta a questo riguardo. Soltanto dopo ci sarà possibile dire in proposito una parola precisa e definitiva, anche come opinione politica su questa vicenda.


Argomento: Parchi e riserve - Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Interrogazione n. 616 dei Consiglieri Adduci, Bresso e Ferro ed interrogazione n. 623 del Consigliere Staglianò inerenti allo stato di degrado dell'area "Basse di Stura". Incidente ditta SILO


PRESIDENTE

Infine esaminiamo congiuntamente le interrogazioni nn. 616 e 623 presentate rispettivamente dai Consiglieri Adduci, Bresso e Ferro e dal Consigliere Staglianò.
Risponde ad entrambe l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

L'interrogazione in oggetto si riferisce all'esplosione di un serbatoio della ditta SILO.
Nello stabilimento esercito in Torino, Via Reiss Romoli n. 44/12 dalla s.r.l. SILO, sono prodotti pigmenti inorganici e fra l'altro ossido di ferro. La produzione dell'ossido ferrico, per quanto qui ci interessa avviene all'interno del serbatoio sospeso indicato come Reattore n. 7 (costruito con AVESTA 223 FAL acciaio austenitico, ferritico all'azoto) mediante iniziale introduzione di soluzione acquosa e di solfato ferroso per circa 550 mc, di idrossido di sodio per circa 12 tonnellate e di ossigeno gassoso per insufflazione per 3000 mc/ora circa, al fine di realizzare il cosiddetto "germe" che avvia la produzione dell'ossido ferrico in cristalli anidri reagendo con la massa di trucioli di ferro introdotti successivamente con acqua fino al riempimento del tino nel quale vengono poi agitati ed esposti ad una lenta immissione di ossigeno gassoso (30 mc).
La temperatura della reazione è mantenuta fra gli 88 e i 92 gradi nelle varie fasi. Il ciclo di produzione completo dura da 48 a 72 ore e veniva ripetuto all'incirca ogni 15 giorni.
L'incidente è occorso tra la ventesima e la ventiquattresima ora dall'inizio del ciclo produttivo per distacco del fasciame della parete piana sovrastante il cono terminale in prossimità della saldatura e ha comportato la fuoriuscita dal serbatoio danneggiato di circa 2.400 kg di fosfato ferroso, di 1.000 litri di soluzione di idrossido di sodio e di circa 5-15 tonnellate di trucioli di ferro.
L'impatto della massa fuoriuscita ha danneggiato meccanicamente i condotti di adduzione dell'ossigeno in fase liquida dal deposito proprio al tino provocando la decompressione dell'ossigeno con il consueto effetto refrigerante sull'ambiente, a seguito del quale si è avuta la massima condensazione di vapore acqueo.
Il fenomeno è stato assai vistoso, ma non ha avuto, né poteva avere effetto di sorta sulla salute né degli addetti né degli abitanti, poiché il condensato era appunto solo vapore acqueo che al più poteva avere trascinato modestissime quantità di prodotti chimici.
I 600 mc circa di materiale sono defluiti sia sul battuto di cemento costituente il suolo del cortile dello stabilimento nella zona dei reattori, sia in modestissima quantità su una strada a cul di sacco che separa lo stabilimento dai campi di tennis per i dipendenti del vicino insediamento dell'Amministrazione delle Poste e Telegrafi, sia attraverso le fognature bianche interne - nelle vasche di raccolta dell'impianto di trattamento delle acque reflue - aventi capacità largamente superiore a quella del reattore danneggiato.
Di fatto quindi non si è avuto spandimento al suolo di materiale e non si sono verificati, né sarebbero potuti verificarsi, danni all'ambiente.
Il poco materiale finito sulla strada è stato recuperato insieme con lo strato superficiale del suolo mediante decorticazione della strada posta in separazione tra stabilimento ed insediamento dell'Amministrazione delle Poste e Telegrafi.
Deve inoltre essere segnalato che nel momento in cui è avvenuto l'incidente la direzione delle correnti d'aria era NE-SW il che esclude data la topografia locale, una possibile ricaduta del materiale verso gli edifici per uffici del più volte citato insediamento dell'Amministrazione postale.
Per quanto attiene più in generale all'attività dello stabilimento esercito dalla SILO (che non produce vernici, ma pigmenti inorganici per vernici) va ricordato che per lo stesso sono state presentate regolarmente le relazioni sulle emissioni previste dalle disposizioni vigenti, che queste sono state approvate dal Comitato regionale contro l'inquinamento atmosferico per il Piemonte e che in occasione "delle continue e reiterate proteste dei cittadini residenti nella zona E 14", l'apposita Commissione provinciale nominata dal CRIAP accertò strumentalmente che le emissioni effettive corrispondevano a quelle dichiarate ed approvate.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Presidente buongiorno.
La vicenda dell'esplosione che si è verificata presso la SILO Assessore, la SILO non è in Via Reiss Romolo, ma in Via Reiss Romoli - si deve collocare necessariamente nella situazione più complessiva di quell'area che è tra le più degradate che la città di Torino conosca l'area detta delle Basse di Stura: un'enorme pattumiera di ben 10 ettari di dimensioni.
Essa è situata all'interno della città di Torino e precisamente tra la strada per Borgaro, la Via Reiss Romoli appunto, la superstrada per Caselle e la Stura di Lanzo.
Su quell'area insistono discariche maleodoranti ed abusive, enormi cumuli di rifiuti, ed è bene che dica queste cose perché, Presidente abbiamo presentato a questo proposito un'interrogazione fin dal 15 ottobre 1985 alla quale non abbiamo mai avuto risposta. Quindi occorre cogliere questa occasione per parlare finalmente dell'area delle Basse di Stura in Consiglio regionale.
Dicevo che ci sono residui di fonderie e di industrie chimiche, ed una vasta area è pietosamente, o forse colpevolmente, coperta da un battuto di cemento e sabbia che ormai è esploso in molti punti e che non riesce più a nascondere i rifiuti industriali e di varia altra natura che lì sotto sono sepolti.
Io inviterei l'Assessore in particolare ed i Consiglieri regionali che ne hanno voglia ad andare a visitare quel paesaggio che a volte assume aspetti orridamente lunari, per avere una percezione esatta del problema di cui stiamo trattando.
Numerosi scarichi immettono nella Stura di Lanzo, a getto continuo liquami e liquidi variamente colorati e nauseabondi: tra le enormi buche delle ex cave di ghiaia, ormai diventati degli stagni putridi e dei pozzi perdenti riempiti di oli esausti, di acidi e liquidi che fluiscono nelle falde freatiche, si svolgono attività economiche destinate, pare, al recupero di sali di alluminio, alla fabbricazione di pigmenti colorati per vernici, appunto il caso di cui stiamo parlando, che rilasciano fumi, puzze e polveri di ogni genere e colore.
E' il caso ad esempio della Rifometal del Gruppo Teksid, dalle cui ciminiere e da quella dall'inceneritore della Fiat Stureco escono fumi che ammorbano la zona giungendo fino in Corso Grosseto, specialmente di notte quando la gente dorme, ma evidentemente respira lo stesso. Specialmente di notte, dicevo, quando i servizi di vigilanza ambientale non funzionano più essendo noto che dalle 16 alle 8 la licenza di inquinare è completa illimitata ed assolutamente priva di rischi per chi inquina in quanto nessuno è in grado di effettuare il minimo controllo. Ma il ciclo è completo: questa ditta scarica i propri rifiuti solidi in una discarica che si trova nella stessa zona e che è utilizzata anche dalla Deltasider. I rifiuti liquidi invece vengono scaricati, pare, in una bealera, ora sotterranea, che attraversa la zona e che immette nella Stura un liquido nero e denso che certamente non è possibile definire acqua.
Il livello originario del terreno in cui sorge la discarica della Deltasider una volta doveva essere più basso di una decina di metri, per più di un ettaro di estensione. Ma ora la morfologia della zona non è più quella: è stata profondamente modificata da circa 1 milione di tonnellate di rifiuti industriali, nonostante la presenza in loco di quell'inceneritore, cui accennavo, della Fiat Stureco.
Potenza dei nomi. "Stureco", Assessore, lei sa cosa vuol dire? "Ecologia della Stura", ecologia di marca Fiat. E' una cosa allucinante, ma la potenza dei nomi ha un suo fascino ambiguo un po' in tutte le questioni ambientali.
Non si capisce bene che cosa ci stia a fare quell'inceneritore, a che cosa possa servire dal momento che i rifiuti aumentano anziché diminuire né si capisce bene che cosa e come bruci e a quale temperatura funzioni. Mi pare, e lo dicono i gruppi ambientalistici che in loco seguono più da vicino questa problematica, che bruci residui industriali altamente tossici e nocivi provenienti dalle varie lavorazioni Fiat e dalle ditte ad essa consociate.
Sarebbe bene, Assessore, andare a verificare a che punto è quell'inceneritore con i requisiti di legge.
In questo contesto, non del tutto pulito, è proprio il caso di dire, è maturata l'esplosione di un serbatoio della ditta SILO.
Sono fuoriusciti acidi di varia natura ed acri odori si sono sparsi nella zona.
A me pare strano che, avendo i cittadini avvertito per molte ore odori acri un po' dappertutto, si sia trattato semplicemente della "fuoriuscita di vapore acqueo", come ha detto l'Assessore rispondendo alla nostra interrogazione. In effetti non è così. Senza contare il fatto che quando poi si risponde a distanza di sette-otto mesi ad un'interrogazione presentata, vengono meno tutti gli elementi di merito di quella interrogazione, soprattutto quando si tratta di tematiche ambientali e di emissioni in atmosfera; queste interrogazioni dovrebbero avere la precedenza su tutte ed essere discusse in tempi non dico reali, ma molto ravvicinati, molto prossimi al reale. Se avessimo discusso subito l'interrogazione SILO, forse la Giunta avrebbe valutato diversamente i fatti. Forse la Giunta sarebbe stata almeno in grado di suggerire agli abitanti di Via Reiss Romoli e dintorni quale comportamento dovrebbero poter assumere nel caso in cui analoghi incidenti si ripetessero, stante il forte degrado della zona. Ma l'Assessore dice che si è trattato soltanto di vapore acqueo, di questo informeremo gli abitanti della zona e poi ne riparleremo.
Un ultimo aspetto, signor Presidente. Parlavo prima del degrado dell'area, degrado intorno al quale si sono svolti molti incontri e dibattiti a cui hanno partecipato molti cittadini delle Basse di Stura. Ad uno di questi dibattiti, a quello che si è tenuto il 19 dicembre 1986 quasi un anno fa, erano stati invitati anche l'Assessore regionale all'ambiente e l'Assessore alla sanità, quindi sempre l'Assessore Maccari allora Assessore all'ambiente, oggi Assessore alla sanità. Ovviamente, come al solito, nessuna rappresentanza della Giunta regionale era presente c'eravamo solo noi, i soliti. Però in quella occasione mi sono assunto un impegno che oggi voglio mantenere: portare un regalo all'Assessore.
Assessore Maccari, il suo Capogruppo Rossa, tra il serio ed il faceto diceva l'altro giorno che la nostra salute è affidata alle sue mani. Molti Consiglieri si sono messi a ridere, io no.
Credo che, come stiamo imparando a convivere con i terremoti, con le alluvioni, con tutti i disastri ambientali, dovremo imparare a convivere con questa Giunta e perciò mi sto attivando in questa direzione, anche per questo motivo, dunque, ho portato qui il "dono" delle associazioni che operano su quel territorio, un pacchettino di scorie della Deltasider.
Glielo consegno, visto che lei non va alle Basse di Stura. Per favore faccia esaminare le scorie contenute in questo pacchetto e poi ci dica che cosa contengono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, la ringrazio per la cortesia che ha avuto questa mattina nell'attendere il mio arrivo in aula. Ero assente per ragioni di ufficio, quindi le sono debitore di questa attenzione anche perch aspettavamo da tempo la risposta in merito a questa vicenda che, come è stato già ricordato, risale al 27 novembre 1986.
L'Assessore Maccari, oggi Assessore alla sanità, è stato anche Assessore all'ambiente, quindi quale posizione più privilegiata della sua per poter esprimere, come si chiedeva nell'interrogazione n. 623, una valutazione di insieme sul fenomeno e cioè se le attività della SILO sono compatibili con la presenza a stretto giro di posta di insediamenti abitativi? Stretto giro di posta perché a 200 metri di distanza è sito lo stabilimento delle Poste e Telegrafi dove lavorano diverse decine di persone.
L'Assessore ha dato come al solito una risposta burocratica non esprimendo alcuna valutazione di merito.
L'Assessore ha detto che è stato recuperato tutto quello che era fuoriuscito, addirittura asportando pezzi di strada. Mi domando se è stato recuperato anche, scusate la retorica, quello che hanno respirato i dipendenti delle Poste e Telegrafi.
Vorrei leggerle alcuni passi di una lettera, che è stata inviata anche a lei, della Camera del Lavoro di Torino: "La SILO S.p.A. di Via Reiss Romoli n. 44 era già balzata agli onori della cronaca in occasione di numerose proteste e manifestazioni da parte dei cittadini della zona E 14 negli anni 1981/1983. Oggi la SILO è sotto inchiesta avviata dalla Pretura penale di Torino, in relazione all'esposto più complessivo sull'area Basse di Stura presentato nell'ottobre 1985 dai cittadini (esposto nel quale si chiedeva tra l'altro di mettere in luce l'effettivo grado di inquinamento prodotto da questa ditta).
Da allora ad oggi la situazione non è cambiata di molto, così mentre nel mondo accademico e ministeriale si discute di insediamenti industriali ad alto rischio o di studio di impatto ambientale, abbiamo la SILO che è una ditta insalubre di prima classe a circa 200 metri di distanza dagli insediamenti abitativi più vicini ed adiacente al centro meccanizzato Poste e Telegrafi di via Reiss Romoli".
Sono compatibili - continuava la Camera del Lavoro di Torino e così scriveva anche il Comitato torinese per il recupero e la salvaguardia della Stura di Lanzo - le lavorazioni a così poca distanza dall'abitato? Hanno verificato il Sindaco e gli organi tecnici preposti che fine hanno fatto i 600 mila litri di sostanze sconosciute e via dicendo? Nel caso di incidenti con rilascio in atmosfera chi verifica cosa respiriamo e se non sia il caso di allontanarsi o di dover chiudere porte e finestre? Sono domande a cui lei parzialissimamente ha dato risposta e soprattutto sotto il profilo burocratico, non di valutazione di merito.
Queste domande io gliele rilancio riservandomi di assumere ulteriori iniziative, però richiamando la sua attenzione su un fenomeno sul quale riflettere sotto il profilo quanto meno culturale, se non proprio politico ed istituzionale, ovvero quanto è avvenuto a Massa Carrara la settimana scorsa: un referendum consultivo indetto dall'Amministrazione di quella città in merito alla presenza di un'industria inquinante nel centro abitato e la reazione dei cittadini sappiamo quale sia stata. Segnalo questo fatto sotto il profilo culturale perché c'è troppa insipienza da parte di chi ha responsabilità di primo piano nella tutela della salute di tutti quanti i cittadini.
Se l'atteggiamento del governo regionale è quello di continuare a trincerarsi dietro i rapporti dei propri uffici senza valutare quello che intanto avviene in giro per il mondo, magari non proprio tanto distante da se stessi, ma ad esempio sotto casa, penso che arriveremo costantemente in ritardo rispetto agli appuntamenti che i cittadini pretendono da noi e in particolare da voi che avete le leve esecutive del potere, per affrontare un'emergenza su cui penso in questa sede non sia il caso di soffermarsi più di tanto.
Chiedo comunque all'Assessore se cortesemente può farmi avere copia scritta della risposta per poterla valutare più nel dettaglio.



PRESIDENTE

Abbiamo esaurito il tempo a disposizione per l'esame delle interrogazioni e delle interpellanze. Purtroppo non a tutte è stata data risposta, ma oggi a causa degli scioperi nel settore dei trasporti, del maltempo e della nebbia la seduta è iniziata con un forte ritardo.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Amerio, Bergoglio Cordaro, Bruciamacchie, Carazzoni, Cerchio, Devecchi Minervini Calandri, Montefalchesi, Olivieri, Ratti, Santoni, Strobbia e Turbiglio.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

c) Apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo


PRESIDENTE

L'elenco delle leggi non vistate dal Commissario del Governo sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

d) Mancata apposizione visto Commissario del Governo

Argomento:

e) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 13, 15 e 20 ottobre 1987 in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R. 6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Prima di passare all'esame dei successivi punti all'o.d.g. propongo di iscrivere i seguenti argomenti: a) progetto di legge n. 306: "Sottoscrizione dell'aumento di capitale sociale della STEF S.p.A." b) proposta di deliberazione: "L.R. n. 43/75, art. 2 'Modificazione al Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali (Comune di San Mauro)'" c) proposta di deliberazione: "L.R. n. 43/75, art. 2 'Modificazione al Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali (Comune di Chivasso)'" d) proposta di deliberazione n. 670: "Piano dell'area del Parco naturale delle Capanne di Marcarolo".
Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Il Gruppo comunista non voterà a favore dell'iscrizione delle deliberazioni relative ai Comuni di San Mauro e Chivasso, per le quali chiediamo siano seguite invece le procedure ordinarie di iscrizione all'o.d.g. del Consiglio.



PRESIDENTE

D'accordo. L'iscrizione dunque di tali proposte di deliberazione è demandata alla Conferenza dei Capigruppo.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Vorrei però fare osservare, anche per l'economia dei lavori del Consiglio, che sarebbe opportuno che queste tre deliberazioni, che attengono alla stessa materia, venissero esaminate contestualmente.



PRESIDENTE

Allora ne rinviamo complessivamente l'esame alla prossima seduta consiliare.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Anziché rinviare sarebbe opportuno anticipare l'approvazione di questi provvedimenti.



PRESIDENTE

Va bene, ma in ogni caso sulla deliberazione relativa alle Capanne di Marcarolo c'è l'assenso del Gruppo comunista.
Pongo pertanto in votazione l'iscrizione del progetto di legge n. 306 relativo alla STEF.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata con 34 voti favorevoli e 3 contrari.
Pongo ora in votazione l'iscrizione della deliberazione relativa alle Capanne di Marcarolo.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'iscrizione è approvata con 38 voti favorevoli.


Argomento: Giunta, organizzazione e funzioni - Università

Comunicazioni della Giunta regionale sul progetto per un nuovo Ateneo in Piemonte e risposta ad interrogazioni


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) all'o.d.g. che reca: "Comunicazioni della Giunta regionale sul progetto per un nuovo Ateneo in Piemonte".
La parola all'Assessore Alberton.



ALBERTON Ezio, Assessore all'istruzione

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, con questa comunicazione rispondo anche alle interrogazioni n. 885 del Consigliere Ferrara, n. 939 dei Consiglieri Bontempi, Dameri, Bruciamacchie, Sestero e Avondo e n. 956 del Consigliere Strobbia, relative all'istituzione di una seconda Università in Piemonte.
In relazione ai lavori della Commissione consultiva insediata a suo tempo dal Ministro Falcucci sul piano di sviluppo dell'Università si sono diffuse negli ultimi tempi voci di un pronunciamento di detta Commissione contrario al progetto presentato dalla Regione Piemonte.
La Giunta aveva già risollevato il problema del nuovo Ateneo piemontese subito dopo la formazione del nuovo Governo interessando il Ministro della Pubblica Istruzione on. Galloni ed evidenziando la necessità che del piano di sviluppo venissero definite procedure e tempi e che comunque fosse assicurato alla Regione un ruolo di interlocutore sostanziale.
Nella giornata dell'8 ottobre ho incontrato a Roma il Capo del Gabinetto del Ministro, essendo il Ministro impegnato nei lavori parlamentari per l'ora di religione; ho incontrato successivamente il Ministro stesso il giorno 17 ottobre.
Da queste verifiche posso dichiarare che il documento della Commissione consultiva non rappresenta assolutamente elemento pregiudiziale del progetto Piemonte.
In merito alle prospettive, è noto che è stato avviato in Commissione parlamentare l'esame della proposta di legge di passaggio delle competenze sull'Università dal Ministero della Pubblica Istruzione al Ministero della Ricerca Scientifica.
Abbiamo espresso al Ministro della Pubblica Istruzione l'interesse a che sul piano di sviluppo dell'Università il Governo possa procedere pur nelle more di definizione dei nuovi assetti. Il Ministro ha garantito d'altra parte la disponibilità generale ad un momento di confronto approfondito sul nostro progetto per un esame di merito; su questo tema abbiamo investito anche la responsabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
D'altra parte abbiamo sollecitato il Ministro a considerare i bisogni urgenti in termini di personale docente degli Atenei torinesi per sostenere le esperienze già in atto e per avviarne di nuove, quali la scuola diretta a fini speciali del Politecnico a Ivrea.
Si deve in questo senso considerare favorevolmente, anche se la risposta non risolve certamente tutti i problemi dell'Ateneo torinese l'attribuzione recente di più di 100 ricercatori a Torino sui 1.000 posti complessivi assegnati all'Università italiana.
Questo è lo stato attuale delle cose che vede impegnata la Regione a sostenere la prospettiva della formalizzazione del nuovo Ateneo.
In questo quadro e in risposta alle interrogazioni specifiche dei Consiglieri Strobbia e Ferrara, la Giunta non ritiene opportuno in questo momento la proposizione di ulteriori iniziative di modifica rispetto al quadro, già complesso e articolato, presente nel documento del febbraio 1987. Su questo quadro, la Giunta desidera ricevere formalmente dal Ministero e dal Governo le eventuali osservazioni per avere in quella sede il giusto livello di confronto che possa far sì che eventualmente il Consiglio regionale là dove dovesse riesaminare il problema, lo riesamini su basi certe, su posizioni definite, non potendo attribuire esclusivamente a voci il significato di obiezioni e di contestazioni del progetto presentato.



PRESIDENTE

Sulle comunicazioni dell'Assessore Alberton è aperta la discussione.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, desidero ringraziare l'Assessore per la sua comunicazione che seppur breve ci fornisce tuttavia gli elementi per poterci ritenere tranquillizzati rispetto alle preoccupazioni che erano emerse. Occorrerà comunque seguire da vicino la procedura della realizzazione del secondo Ateneo.
Io non ho presentato interrogazioni, ma mi sono tenuto strettamente in contatto con l'Assessore Alberton dapprima per rappresentargli le preoccupazioni emerse intorno alla vicenda del secondo Ateneo tripolare e poi per verificare insieme ai colleghi della VI Commissione quale fondamento avesse questa voce che non sembrava peregrina in quanto proveniva da autorevoli rappresentanti del Ministero della Pubblica Istruzione a riguardo di un documento che sarebbe stato redatto da una Commissione di esperti e nel quale non figurava o figurava in modo diverso il progetto della seconda Università tripolare.
L'Assessore Alberton, a seguito degli incontri avuti a livello ministeriale, anche direttamente con il Ministro Galloni, ha riferito che dal documento elaborato dalla Commissione ministeriale tecnica di consulenza del Ministro non risulterebbero elementi tali da pregiudicare la realizzazione del secondo Ateneo piemontese. Interpreto questa dichiarazione dell'Assessore sulla base del progetto che la Regione ha elaborato, perché la preoccupazione che era emersa non si riferiva tanto al fatto che fosse messo in discussione il secondo Ateneo, sul quale la stessa Commissione ministeriale di esperti aveva dato il suo parere favorevole quanto alla dislocazione, alla configurazione e all'articolazione di questo secondo Ateneo.
Per equità e per dovere verso gli impegni assunti, ritengo sia necessario mandare avanti il disegno così come è stato definito: quello dell'Università tripolare, nei capoluoghi di provincia di Novara, Vercelli ed Alessandria.
La preoccupazione è nata dopo le dichiarazioni del Viceministro della Pubblica Istruzione, Sottosegretario Covatta, in ordine all'esistenza di questo documento che metteva in discussione una parte importante del secondo Ateneo, ovvero le città di Novara e Vercelli. E' una preoccupazione abbastanza fondata se è vero che ha interessato in più di un'occasione parlamentari della parte sud del Piemonte, delle varie estrazioni politiche, Consiglieri regionali, Enti locali. Mi auguro che questa preoccupazione venga fugata definitivamente dalle dichiarazioni rese stamani dall'Assessore Alberton e che io interpreto in questo senso: nulla è pregiudicato rispetto al secondo Ateneo sulla base del disegno già definito. Da questo punto di vista la Regione Piemonte, l'Assessore Alberton in particolare, ha onorato gli impegni definiti nell'ordine del giorno che i colleghi del Gruppo comunista avevano presentato in una riunione precedente del Consiglio regionale e che aveva ricevuto il consenso di tutte le forze politiche.
Quella preoccupazione è comunque nata da fatti che hanno matrici ben precise. Non si spiega quali sono le ragioni che hanno portato una Commissione ministeriale tecnica di altissimo livello e di consulenza del Ministero a compiere una valutazione di questo tipo. Mi sarà consentito signor Presidente, quale alessandrino, di respingere nettamente qualunque siano le ragioni che possono suffragare una valutazione di questo tipo poiché non riesco a comprendere la faciloneria e la semplicità con cui dopo anni di lavoro per giungere alla realizzazione di un disegno che trovi il resto del Piemonte d'accordo su una proposta equilibrata, si possa di punto in bianco, senza interpellare nessuno (mi auguro siano state ascoltate parti che comunque non rappresentano né rilevanza istituzionale né forza politica), decidere di cancellare una parte importante dell'Università che sta nascendo.
Resta da fare molto; la nostra parte politica ha interessato i parlamentari i quali hanno mostrato tutti forte preoccupazione. I colleghi che erano con me in quelle riunioni lo possono testimoniare. Erano persone che hanno ricoperto la carica di Ministro, che hanno svolto ruoli importanti nella vita del nostro Paese e che occupano ancora posti di grande responsabilità.
Siamo inoltre nella delicata fase del passaggio della competenza dell'Università dal Ministro della Pubblica Istruzione a quello della Ricerca Scientifica.
La Regione saprà e dovrà essere l'interlocutore valido nei confronti sia del Ministero sia delle forze politiche parlamentari che si muovono in questa vicenda. Ancora una volta chiedo l'impegno che è stato profuso in questa direzione affinché si proceda senza che venga cambiata una sola virgola di quello che è un progetto da lungo atteso e che sarà sicuramente determinante per il rilancio della vita culturale e civile, della vita sociale ed economica.
Ho già avuto modo di dire che l'Università come centro avanzato di ricerca può precedere, può accompagnare, può seguire, questo non ha molta importanza, ma sicuramente è un elemento determinante per il rilancio e per favorire gli sforzi che il Piemonte sta compiendo, non solo nella sua capitale, ma anche nel resto del Piemonte.
Voglio portare qualche elemento di conforto nel quadro della proposta articolata su tre poli. Questa proposta vede la partecipazione, per quanto riguarda l'area alessandrina e quella che gravita attorno, di circa 500 studenti che frequentano regolarmente le lezioni. Non si possono quindi cancellare proposte che hanno trovato risposte estremamente positive. Di questi studenti il 40% è di provenienza strettamente alessandrina, il restante 60% proviene da altre zone; ciò quindi concorre a decongestionare il Politecnico di Torino e le Università di Torino, Genova, Pavia e Milano a seconda del polo interessato.
Più volte abbiamo avuto occasione di valutare riflessioni svolte da enti importanti del Piemonte con le quali si poneva il problema della revisione di tutta la struttura universitaria e quindi ridefinizione e individuazione di nuove forme e di nuovi centri.
La proposta approvata dalla Regione Piemonte su un secondo Ateneo fondato su tre poli va incontro ai nuovi tempi sui quali si sta riflettendo nei centri universitari d'Europa e di tutto il mondo. Gradirei ci fosse una riconsiderazione della Commissione ministeriale intorno a questo problema.
Gli elementi su cui dobbiamo operare sono tali da non giustificare le preoccupazioni più di tanto, però vorrei che si potesse conoscere meglio quel documento, da quali riflessioni sono nate quelle scelte, quali sono gli elementi che formano una scelta incomprensibile e ingiustificabile.
E' giusto che la Regione Piemonte chieda al Ministero della Pubblica Istruzione, al Presidente del Consiglio, giacché per fortuna è uomo che viene dal Piemonte e quindi penso molto sensibile ai problemi che sicuramente ha vissuto attraverso i decenni intorno al dibattito sull'Università, quali sono le ragioni che formano proposte di questo genere e se non sia il caso di rivederle affinché vengano ridimensionate e correlate ai progetti elaborati e approvati dal Consiglio regionale.
O si ha rispetto di queste cose oppure ad un certo punto si finge di prestare interesse a quanto dice la Regione come interlocutrice dello Stato, ma poi è sufficiente una Commissione senza alcuna responsabilità diretta di carattere politico ed istituzionale per stabilire che si compiono altre scelte.
Questa vicenda deve trovarci tutti impegnati per dimostrare la validità, la forza, l'autorevolezza, il rispetto istituzionale che la Regione Piemonte avrà nei confronti del Governo per quanto riguarda le scelte che si stanno compiendo. Non solo nei confronti del Governo, ma di tutte le autorità istituzionali elette alle quali abbiamo il dovere di dimostrare che l'impegno che questa Regione ha messo pretende lo stesso rispetto che noi diamo alle scelte quando queste vengono elaborate ed approvate da autorità che riconosciamo avere la legittimità di farle e non già delle semplici Commissioni tecniche di esperti che avranno pure la piena libertà di operare, ma non possono con questo compromettere influenzare, far modificare quanto deve essere realizzato.
Non solo, ma ci attendiamo in ogni caso che ci sia un confronto e si discuta. Non abbiamo al momento alcun motivo di preoccupazione; assumo per buone le cose che sono di fronte a noi e mi alleggerisco delle preoccupazioni che legittimamente ciascuno ha espresso e a buona ragione.
Dobbiamo quindi tranquillizzare la gente, assecondare gli sforzi degli Enti locali...



(Irruzione in aula di un gruppo di disoccupati urlanti slogan e recanti striscioni)



PRESIDENTE

Avverto che l'interruzione dei lavori di un'assemblea legislativa è punita gravemente: può implicare pene fino a 10 anni! Ordino l'immediato sgombro dell'aula! Vi prego di allontanarvi, altrimenti sarò costretto a farvi identificare, e non è quello che voglio.



(I dimostranti non intendono allontanarsi chiedono anzi di essere identificati)



PRESIDENTE

Ripeto che correte il rischio di incorrere in pene molto gravi! Prego gli agenti di Pubblica Sicurezza di procedere alle identificazioni.
Sospendo la seduta e convoco i Capigruppo.



(La seduta, sospesa alle ore 12,15 riprende alle ore 12,40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Il comportamento di qualche intruso, perché non vorrei definirlo diversamente, ha portato ad una sospensione dei lavori del Consiglio. Nella riunione dei Capigruppo è stato unanimemente condannato il gesto di alcuni teppisti ed è stato riaffermato il principio che i lavori di un'assemblea parlamentare, su qualunque argomento si svolgano, sono tutelati in modo preciso e nessuno può arrogarsi il diritto di interromperli.
Il Consiglio ed il governo della Regione Piemonte non si sono mai opposti a ricevere le istanze di chiunque, specialmente quelle provenienti dal mondo del lavoro. Si è sempre manifestata piena disponibilità a trovare soluzioni laddove le occasioni si manifestavano. Vi sono state circostanze in cui sia il Consiglio che la Giunta hanno dovuto affrontare problemi di estrema gravità e sono stati affrontati. Esiste un raccordo quotidiano con la società civile, e ogni gesto che possa generare minaccia o violenza, non mi riferisco al caso di oggi, ma in generale, costituisce un elemento grave per la vita democratica della nostra Regione e del nostro Paese.
Debbo pertanto condannare a nome di tutti i Gruppi politici questo atto che ha portato ad una sospensione dei lavori del Consiglio. Sarò pertanto costretto a disporre - cosa che mi ripugna - misure di filtro o di controllo atte ad impedire che possano verificarsi questi fatti.
Nelle grandi manifestazioni delle organizzazioni sindacali c'è sempre stato autocontrollo e su questo abbiamo fondato la nostra opera, ma se l'autocontrollo da parte di alcuno non c'è dovremo disporre misure che siano atte ad impedire questi fatti.
Sono stati travolti i commessi posti all'ingresso, quindi è un atto che posso definire poco democratico se non indegno.
Dovremo assumere decisioni in merito, di questo mi dispiace, ma è certamente un atto che a me compete e che in modo assoluto farò perché il mio compito è quello di tutelare i lavori del Consiglio affinché possano svolgersi nella maniera più corretta e democratica.
Proseguiamo ora la discussione inerente alla seconda Università.
La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Stavo per terminare il mio intervento quando si è verificata l'interruzione. Svolgerò ancora una sola considerazione, avendo già espresso il pensiero del Gruppo socialista e mio personale di Consigliere regionale del Piemonte.
Ho fiducia che la preoccupazione che abbiamo avuto verrà presto fugata.
L'Assessore ha ricordato che sono stati assegnati 100 ricercatori all'Università piemontese; è un segno di attenzione da parte del Ministero del Consiglio nazionale universitario, degli organi centrali dello Stato alle attività dell'Università piemontese. Spero che questi ricercatori possano essere dislocati e indirizzati anche nella nuova Università che sta nascendo.
Ho fiducia che questa preoccupazione verrà fugata definitivamente perché non vedo alternative. Quella prospettata è una soluzione fuori da ogni ragionevole comportamento e completamente punitiva non solo nei confronti di una parte del Piemonte, ma dell'intera Regione; una soluzione non rispettosa delle proposte che sono state approvate dalla Regione.
Ritengo che oltre alle prese di posizione sia anche necessario stabilire contatti sempre più stretti per seguire sul piano istituzionale la situazione nella fase di passaggio da un Ministero all'altro. Nel momento in cui avremo realizzato il disegno e fatto rispettare la volontà del Piemonte emergerà una nuova considerazione della Regione Piemonte.
Sarebbe molto grave se venisse sconvolto questo disegno; vorrebbe dire che tutti gli sforzi profusi per far assolvere alla Regione una funzione di interlocutore valido sarebbero stati inutili.
Le ragioni di questa mia fiducia stanno nel fatto che, nonostante le difficoltà che stiamo attraversando, la Regione da una parte e gli Enti locali dall'altra, le attese della gente e la volontà di realizzare cose nuove nell'interesse di tutti andranno avanti.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho ascoltato con attenzione la comunicazione resa dall'Assessore Alberton in merito ai problemi del secondo Ateneo del Piemonte e in primo luogo vorrei chiarire alcune confusioni che forse si possono fare in ordine al mutamento della posizione assunta dal PRI su questa vicenda.
In realtà il Partito repubblicano ha tenuto un comportamento coerente che non si riferisce soltanto al mese di febbraio 1987, ma che proviene da più lontano. Nel dibattito del febbraio 1987 esordii manifestando perplessità che non erano nuove, bensì già espresse in passato e che oggi vengono nuovamente riproposte. Noi votammo a favore di quell'ordine del giorno facendo espresso riferimento alla relazione tenuta dall'Assessore Alberton il quale aveva evidenziato in modo prioritario i problemi dell'Ateneo torinese dicendo che i problemi esistevano, che erano gravi e per risolverli proponeva l'ipotesi di un secondo Ateneo come momento di gemmazione rispetto al primo Ateneo torinese.
Noi dichiarammo che sulla base delle iniziative assunte dalla Giunta e delle considerazioni esposte dall'Assessore avremmo votato quell'ordine del giorno. Ciò per riportare chiarezza rispetto alla posizione assunta dal PRI circa la perplessità in ordine a questo problema; perplessità che c'era, che permane e che riteniamo possa essere superata in un'ottica complessiva di superamento dei problemi dell'Università in Piemonte e quindi prioritariamente quelli dell'Ateneo torinese. Dicendo questo io non vorrei che qualcuno mi accusasse di essere torinocentrico ancora una volta perché così non è.
Ritengo ci siano alcune considerazioni che è necessario fare e ho la sensazione che affrontando il problema della seconda Università in Piemonte ci si sia sempre posti in un'ottica in qualche modo errata, tant'è che lo studio compiuto dall'IRES in ordine alla questione della seconda Università in apertura diceva che quella relazione era mirata a cogliere le caratteristiche della popolazione studentesca in modo tale da offrire elementi di ragione in relazione al progetto di riassetto e quindi di creazione della seconda Università. In realtà era uno studio finalizzato alla ricerca di elementi che consentissero e giustificassero il secondo Ateneo in Piemonte. Questo è un approccio errato al problema perché occorre valutare serenamente le situazioni. Per valutarle serenamente occorre partire dai dati. Oggi l'Università "piemontese" ha detto bene Rossa - è frequentata per l'87% da studenti delle province di Torino e di Cuneo quest'ultima esclusa dal progetto di secondo Ateneo. Lo studio dell'IRES dice che se oggi ci sono 52.500 studenti, nel 2000 ce ne saranno solo più 44.400: c'è quindi una tendenza verso la riduzione del numero degli studenti.
Occorre muoversi in relazione alle gravissime, drammatiche esigenze dell'Università torinese di oggi che abbiamo avuto modo di verificare anche noi: una assoluta mancanza di aule, tant'è che vi sono stati professori che in modo provocatorio hanno tenuto lezioni sui marciapiedi. Rispetto a questi problemi noi abbiamo posto quello della creazione di un'unica Università rafforzata anche perifericamente, come dice Dianzani che non è repubblicano, istituendo nuove cattedre, ma così facendo si creano speranze inutili di Università nuove decentrate che non avranno la forza di esprimere quella autorevolezza che è l'unico elemento in grado di dare qualificazione e prestigio ad una Università.
Noi crediamo che progettando l'Università nel modo in cui ci stiamo avviando a fare, così dicono i diversi membri della Commissione ministeriale, si vada a creare un'Università oggettivamente dequalificata che non è un servizio agli studenti di quelle sedi periferiche, ma in realtà è un danno. Noi siamo convinti di questo; crediamo che l'Università debba svolgere due ruoli: uno didattico e uno di ricerca, se preferite come dice Rossa centro avanzato di ricerca. Perché possa verificarsi questo secondo aspetto noi crediamo che non occorrano e non possano essere ammesse dispersioni di energia.
Non voglio ripetere le argomentazioni che avevo svolto nel precedente dibattito di febbraio, le richiamo tutte quante in questa sede senza più elencarle, perché mi pare inutile ripetere e confermare le cose già dette però rispetto a questa perplessità non più soltanto mia o del PRI, ma che giunge da ambienti ministeriali, al di là di quelle che possono essere state le assicurazioni giunte da Roma e che comunque sono a tempi molto lunghi, io credo che la Regione Piemonte farebbe bene a porsi il problema di come presentare questo progetto.
A mio giudizio occorre rafforzare il concetto che aveva giustificato il voto repubblicano nel febbraio scorso, cioè l'impostazione che il secondo Ateneo sarà comunque un problema di conclusione di percorso, percorso che deve transitare attraverso il rafforzamento anche in modo decentrato dell'unico Ateneo torinese.
Se così non facciamo e ci facciamo prendere da esigenze in qualche misura campanilistiche (io credo che tutto si possa fare, ha ragione Strobbia a dire che anche Casale ha diritto ad avere una sede universitaria) ho la sensazione che continuando in questa direzione il Piemonte dequalificherà il suo sistema universitario e non raggiungerà quel rafforzamento che nell'attuale situazione piemontese è fondamentale per costituire un rilevante supporto tecnico-scientifico al sistema industriale.



PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, si conclude a questo punto la prima parte dei lavori consiliari che riprenderanno alle ore 15.
Sulla comunicazione relativa al secondo Ateneo sono ancora iscritti a parlare i Consiglieri Sestero, Villa, Marchini e Dameri.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 13 riprende alle ore 15,15)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Proseguiamo il dibattito sulla seconda Università in Piemonte.
La parola al Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Nel corso di una riunione in Commissione l'Assessore Alberton, come ha ripetuto in aula, parlò di difficoltà ad incontrare il Ministro all'Istruzione il giorno in cui si è recato a Roma. Risulta dai giornali ed è stato confermato, che il 17 ottobre ha comunque potuto parlare con il Ministro Galloni, cogliendo l'opportunità di un incontro in altra sede, ma rispetto al mandato che la Giunta aveva ricevuto dall'ordine del giorno approvato in Consiglio regionale da un lato di riproporre la scelta della Regione Piemonte, dall'altro di conoscere tempi e modi di realizzazione della seconda Università, pare che i risultati non emergano se l'Assessore chiude la sua comunicazione auspicando che la Giunta possa conoscere questi elementi. E' l'ennesima prova, che noi giudichiamo negativamente, di una vicenda assolutamente travagliata che ha un rilievo istituzionale generale.
A noi pare inammissibile che una Regione, così altamente rappresentata da un Assessore, debba incontrare difficoltà per una verifica con il Ministro su una questione di questo rilievo e di questa importanza. E' una storia lunga, dalle hall degli alberghi in cui il Ministro Falcucci si degnava di incontrare il Presidente Leone di corsa, ad altri appuntamenti mancati, ad un'infinità di sollecitazioni che dal Consiglio e dagli Enti locali sono dovute venire perché questo rapporto con il Ministero ci fosse.
Dalle cose dette noi riteniamo di non essere soddisfatti a livello di interlocuzione, cosa che era stata affermata anche nell'ordine del giorno approvato con il piano e che era nell'intenzione e nella volontà sia dell'Assessore che di tutto il Consiglio regionale. A distanza di mesi siamo ancora in una situazione incerta; non sappiamo che cosa accadrà, con quali tempi, procedure e risultati. Già al momento dell'approvazione del piano, noi abbiamo sollevato questo problema dicendo che la vantata nuova procedura proposta a voce dal Ministro alla Giunta presentava lati oscuri incerti e di nessuna garanzia. I successivi appuntamenti mancati ne sono una conferma. Il piano quadriennale non è stato predisposto; ci sono state le elezioni, prima delle quali non era possibile - si è detto - fare scelte di questo genere, come se avessero qualche intreccio con la campagna elettorale. Ora di dice che si presenta un'altra difficoltà, ossia il passaggio di competenze dal Ministro Galloni questa difficoltà è stata ricordata dall'Assessore anche nel corso di interviste rilasciate ai giornali. Noi riteniamo che questo passaggio di competenze venga usato come un altro alibi, perché la fase di preparazione del piano quadriennale può comunque procedere.
Un altro riscontro negativo è che nella legge finanziaria non è previsto alcun investimento relativo all'Università per quanto riguarda il piano quadriennale.
Questa situazione non è confortante e non testimonia una volontà di arrivare ad una programmazione di tempi e modi certi per ottenere il risultato per cui ci siamo mossi. Ci sono però elementi di novità che sembrano incrinare la certezza della scelta che derivava dal voto unanime espresso in Consiglio sul progetto.
Il Consigliere Ferrara ha sollevato dubbi, ma ha anche dichiarato ai giornali: "faremo di tutto per modificare quel progetto". Se una forza della maggioranza si sta muovendo in questa direzione, noi vorremmo capire se l'unanimità di espressione sulla seconda Università c'è ancora pur avendola riconfermata soltanto tre settimane fa approvando un ordine del giorno all'unanimità. Se non c'è più - è una domanda che rivolgiamo alla maggioranza e alla Giunta - che emerga! Non è possibile che un voto unanime del Consiglio regionale non trovi corrispondenza nei comportamenti e nelle volontà dei Partiti che l'hanno espresso, a maggior ragione quando si tratta di Partiti che sostengono la maggioranza. Queste cose ci lasciano perplessi. Noi continuiamo invece a ritenere che quel progetto sia un'ipotesi percorribile senza negare che se un problema diverso viene posto esplicitamente, siamo pronti a discuterlo. Ciò che ci preoccupa, al di là dei dati ufficiali, è quella che vorrei chiamare la storia parallela della seconda Università che, a partire dal febbraio di quest'anno quando approvammo unanimemente quel piano, con l'accordo di due Atenei che diedero un contributo essenziale per definirlo, ha visto le Amministrazioni locali costantemente coinvolte. Vi sono fatti che non fanno parte della storia ufficiale di questa vicenda, ma che vale la pena di ricordare. Ne citer alcuni. Si fanno grandi appelli in favore della seconda Università e anche oggi si sviluppa questo rito: siamo tutti d'accordo (il collega Ferrara un po' meno) nel volere la stessa cosa, ma la concretezza delle cose va in altre direzioni; si tratta quindi di un rito assolutamente inutile.
Della storia parallela di cui ho detto fa parte l'approvazione di un piano che prevedeva la tripolarità (Novara - Vercelli - Alessandria) con le Facoltà e le scuole dirette a fini speciali. L'ultimo capitolo del piano era intitolato: "Ulteriori articolazioni della presenza universitaria in Piemonte" e conteneva un richiamo a Cuneo e alle aree sud e nord del Piemonte occidentale, non di più. Prima che noi approvassimo questo testo esattamente il 23/2/1987, sulla "Sentinella del Canavese" un articolo parlava di una scuola universitaria di ingegneria ad Ivrea di cui, si dice è animatore l'Assessore regionale all'istruzione Ezio Alberton (DC). Che l'Assessore fosse animatore di questa scuola diretta a fini speciali collocata ad Ivrea emerge molto chiaramente da un altro articolo della "Sentinella del Canavese" dell'8/5/1987 in cui si parla di una fase avanzata di definizione del progetto e di un comunicato regionale che cito testualmente: "Nel corso di una riunione con molte presenze ad alto livello (Rettori, Assessori, ecc.) è stata positivamente recepita l'indicazione inserita nel progetto regionale di consolidare nel Canavese l'istituzione di scuole di livello universitario coerenti". A me non pare che nel progetto regionale fosse previsto qualcosa del genere. L'Assessore regionale si è impegnato a fondo nel costruire questa ipotesi di scuola ad Ivrea non prevista in modo così esplicito. Ma intanto a marzo, come dice "La voce del popolo", la Granda per una volta ha alzato la testa e una delegazione di parlamentari cuneesi è riuscita ad incontrare il Ministro della Pubblica Istruzione chiedendo delle precise garanzie (non so se siano state date o meno, ma questo incontro che è così difficile per la Giunta regionale si è realizzato invece per i parlamentari cuneesi). Nello stesso mese di marzo su "La Stampa" si dice che anche Casale vuole i corsi post diploma e dice che DC e PSDI sollecitano un ripensamento da parte dei responsabili regionali. Non gli Enti locali, badate, ma il Segretario cittadino democristiano che si chiama Carlo Baviera ha scritto una lettera al collega di Partito e Presidente della Giunta regionale Vittorio Beltrami chiedendo che si rivedano le decisioni prese. Per non essere da meno, anche i giovani socialdemocratici casalesi si sono mossi nella stessa direzione.
E' vero che sempre in marzo ad Alessandria il Ministro Romita garantiva che il piano regionale sarebbe entrato nel piano quadriennale anche prima delle elezioni perché il lavoro sarebbe proseguito e che non c'erano intoppi nel procedere, ma si trattava di Alessandria che era la sede in cui Romita per altri motivi era presente.
Ad aprile il Ministro Falcucci, così restio ad incontrare un Assessore o il Presidente della Regione Piemonte, si incontrava a Mondovì con politici ed amministratori locali e dichiarava che il Piemonte sarebbe stato trattato con particolare attenzione. Per quanto riguardava la provincia di Cuneo aveva detto: "Mi farò premura, al di là delle indicazioni regionali, di sottolinearne l'esigenza nel contesto del decentramento". Il principio espresso dal Ministro - dice l'articolista è di evitare che la scelta universitaria sia quella che la Regione Piemonte ha definito sempre con un voto unanime. Quindi ci sono stati movimenti incontri, iniziative, agitazioni di Partiti politici di zone che a modo loro e con totale autonomia si sono incontrati con il Ministro e hanno fatto pressione sulla Giunta regionale.
Molto più tardi si sono mossi ad Alessandria. La vicenda però precipita a maggio quando il Presidente Beltrami (ora non presente) e l'Assessore Alberton hanno incontrato il Ministro Falcucci (incontro su cui non siamo stati informati pur sollecitando spesso questa verifica). Si dice che il Ministro si è impegnato, dopo la scadenza elettorale, a presentare il documento (non sospettando i suoi risultati elettorali); se ciò comparisse su un solo giornale avrebbe meno peso, ma compare nella stessa forma su due giornali e precisamente su "Provincia Granda" e su "Corriere Alpino", il che fa pensare ad una sorta di comunicato stampa della Regione stessa.
Leggo che cosa si dice: "Come prime fasi del documento approvato dal Consiglio regionale, il Presidente Beltrami e l'Assessore Alberton hanno evidenziato gli obiettivi di presenza universitaria nella provincia di Cuneo e nel Canavese". Il documento dà un'indicazione opposta; c'è l'elenco dell'Università tripolare e ci sono le ulteriori articolazioni della presenza universitaria, che non sono così dettagliate come sono qui, e che non individuano le sedi che abbiamo visto prima che sono quelle su cui si sta lavorando. A questo punto mi chiedo, al di là dei voti che esprime il Consiglio regionale, quale sia l'operare concreto della Giunta e dei Partiti che la sostengono per ottenere questo risultato. Le preoccupazioni che noi abbiamo espresso attraverso interrogazioni, legate alle voci non vacue provenienti da Roma, sono assolutamente fondate. Tutti stanno lavorando per qualcosa che riguarda l'Università, ma ciò che mi preoccupa è che chi invece deve portare a Roma la volontà del Consiglio per ottenere risposte precise, non ottiene queste risposte e a Roma capovolge l'impianto della deliberazione, facendo diventare prioritarie Ivrea e Cuneo, mentre prioritaria è l'Università...



ALBERTON Ezio, Assessore all'istruzione

Prioritari erano nella chiave di decentramento, mentre l'altro è un nuovo Ateneo.



SESTERO Maria Grazia

Ma allora le garanzie dovevano essere ottenute sull'Ateneo!



ALBERTON Ezio, Assessore all'istruzione

Le richieste sono esplicite anche in quella direzione. Le farò avere i documenti.



SESTERO Maria Grazia

Non risultano! Però sul secondo Ateneo ancora oggi lei non ha confermato niente; ancora oggi non ci ha riferito cosa le ha detto il Ministro, quando, dove e come. Emergono invece certezze su lavori condotti direttamente dall'Assessore (gruppi di studio, riunioni con i Rettori e via dicendo). Noi non abbiamo nulla contro Ivrea e contro Cuneo; quel progetto l'abbiamo approvato così com'era con alcune perplessità, però il primo punto è l'Ateneo tripolare nelle sedi di Novara, Vercelli ed Alessandria.
La Giunta deve portare a casa il secondo Ateneo. Se poi porta Ivrea Cuneo, Casale e Asti va bene, ma l'Ateneo era il risultato primo che volevamo ottenere.
Quel famoso nuovo metodo che il Ministro Falcucci ci presentò per arrivare a questo risultato, si conferma per quello che è: un pasticciaccio su cui ognuno fa i giochi che vuole e può fare. Avremo probabilmente una miriade di cose: i corsi decentrati, le sciocchezze, le frattaglie, si fanno e si sono sempre fatte in Italia. I corsi di laurea in più si sono moltiplicati per anni in migliaia di posti, non avremo però mai il secondo Ateneo, perché quello, checché ne dicesse il Ministro Falcucci e checché ne pensi il Ministro Galloni, si istituisce con una legge dello Stato italiano e non in altri modi. Questa legge noi non l'abbiamo ancora vista! Allora i ripensamenti all'interno della maggioranza ci fanno ritenere che se questo risultato dopo anni che ne discutiamo non si raggiunge è responsabilità della maggioranza. Non si vuole più fare quella scelta? Non ci scandalizziamo. Questo però è un modo per involgarire ancora di più il ruolo dell'istituzione regionale perché in quest'aula vengono assunti atti irrilevanti ed insignificanti rispetto alle decisioni e alle scelte concrete che altrove e altri, fosse anche il Governo nazionale, stanno facendo.
Non possiamo accettarlo e gradiremmo che oggi, visto che abbiamo dedicato tempo a questa questione, arrivassimo ad un chiarimento definitivo.
Noi non siamo più disponibili a scrivere per l'ennesima volta un ordine del giorno, una filippica della bella oratoria sulla necessità della seconda Università, per pura finzione istituzionale perché i verbali lo registrino.
Vogliamo misurarci su volontà e atti concreti e precisi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Villa.



VILLA Antonino

Penso che l'Assessore farà certamente alcune sottolineature all'intervento della collega Sestero. La comunicazione che l'Assessore Alberton ha riservato al Consiglio regionale è una ulteriore conferma di quanto egli aveva già espresso sia in un succinto, ma esauriente intervento in VI Commissione, sia nelle numerose risposte date alla stampa.
Oggi questa comunicazione ha costituito lo spunto per un dibattito. Non credo che l'oggetto vero sia un rinnovato impegno del Consiglio regionale sul problema del decentramento universitario in Piemonte. Ribadire l'unanime parere della nostra assemblea è certamente utile e su questo punto ritornerò.
Occorre tuttavia attentamente riflettere sull'occasione che ha aperto la discussione. Tale occasione trae origini da notizie di stampa che hanno costituito il detonatore rimbalzato in vasti echi. Il tanto rumore per nulla, mi auguro, mi porta ad almeno due considerazioni. La prima è consolante, ma nello stesso tempo per noi fortemente sollecitatrice; rivela in maniera lampante che l'interesse per la questione universitaria non è scemato, anzi! La sollecita calata a Roma dell'Assessore, le preoccupate anche se civili reazioni degli enti istituzionali, gli interrogativi sollevati non soltanto nel mondo accademico e studentesco, ma più in generale dal complesso della popolazione (e alcuni di noi hanno sentito il richiamo sconcertato di chi si sentiva smarrito nella sua attesa); tutti questi fatti sono la prova provata che la speranza del secondo Ateneo decentrato non è accantonata, che la sua persistenza non ci assolve da nostre o di altri eventuali oziosità o da responsabili omissioni, pronti anche ad eventuale verifica che non intacchi la situazione del "già deciso".
Questa è una ulteriore consacrazione, anzi, della decisione costantemente assunta nei lavori di questo Consiglio e conforto quindi a ritenere sempre più che la strada imboccata è quella giusta e deve rimanere tale.
La seconda considerazione però, pur nella sua indeterminatezza, o forse proprio per questa, non ci lascia completamente tranquilli. Inficia in qualche modo la speranza a cui prima accennavo. Non mi permetto di pensare che dopo tanta unanime adesione nel tempo e nei settori politici, possano emergere fra noi ripensamenti. Non mi nascondo tuttavia che siano possibili al di fuori di quest'aula giochi, forse anche poco chiari, non privi di risvolti interessati. Non mi riferisco certo a tutti coloro che apertamente nelle sedi opportune hanno difeso e difendono posizioni anche antitetiche a quelle assunte nella nostra istituzione.
Quando un uomo in coscienza e con cognizione di causa esprime le proprie idee è sempre stimabile ed inoltre è un utile strumento per raffinare e rafforzare la dialettica dei dibattiti. Solo quando ci si avvale dei segnali occulti e dei dettati dalle molte interpretazioni, del mormorio del corridoio e delle supposizioni lasciate a mezz'aria, dei giudizi che sembrano pronunciati con sforzo e subito ritirati prima ancora che siano completamente espressi, solo in questi casi sorge l'immagine del baro che inquina il gioco. La chiarezza e il coraggio dei pronunciamenti anche se non conformi alle nostre attese, sono sempre dati positivi, il rimestare è sempre azione riprovevole.
Da queste considerazioni (se ne potrebbero anche aggiungere altre) è doveroso trarre le logiche conseguenze. Innanzitutto è necessario ribadire che compito istituzionale della Regione è la programmazione di cui non dobbiamo essere espropriati. L'Università diffusa è stata assunta come punto di forza per la crescita del Piemonte. I progetti presentati a norma di legge si inquadrano con precisione negli assunti che abbiamo deliberato e l'utilità dei nostri interventi oggi si arricchisce di questa ulteriore esplicitazione della nostra volontà che è evidente e generalizzata in Piemonte. Tale deve rimanere anche a Roma e siamo sensibili alle osservazioni della collega Sestero. Già al ginnasio ci insegnavano la subdola tattica del "divide et impera"; rimaniamo compatti e fermi su quanto abbiamo programmato. I nostri progetti hanno tutte le condizioni per essere acquisiti e realizzati.
Non possiamo non tener conto degli oneri assunti dagli Enti locali Province e Comuni, con un rilevante sforzo finanziario ricavato in bilanci non facili, ma insieme all'aspetto dei fondi impegnati è da considerare tutto il lavoro profuso nella preparazione dei programmi urbanistici economici, culturali e sociali che ha accompagnato, e ancora accompagna l'attesa di questa realizzazione. Basta rivedere con attenzione le relazioni tecniche dei Comuni di Alessandria, di Novara e di Vercelli sull'edilizia per il nuovo Ateneo con le predisposizioni degli strumenti urbanistici (basta guardare l'allegato al progetto dell'Università).
Facciamo tesoro anche di questa occasione per sollecitare ancora una volta le autorità ministeriali. Sappiamo tutti che il passaggio delle competenze inerenti alle Università dal Ministero della Pubblica Istruzione a quello della Ricerca Scientifica è un pesante, obiettivo ostacolo alla celerità di decisioni che si dichiaravano ormai mature. Questo però deve essere un motivo di più e per sentirci più uniti in una richiesta giudicata indilazionabile per la nostra Regione e per insistere nella persistente sollecitazione agli organismi ministeriali.
Non credo debba dilungarmi su concetti che sono stati ripetuti da parecchi Consiglieri e per i quali evidentemente l'assenso nostro è consequenziale.
Troppi anni sono passati, troppe volte ci siamo sentiti dare ragione.
Per la gente comune, ma anche per le espressioni accademiche e per le forze economiche, diventa incomprensibile una dilatazione di tempi così rilevante. Intanto i corsi che si tengono presso le varie città permangono in deleterio stato di incertezza.
Mentre ringrazio ancora l'Assessore per aver riaperto un discorso che auspichiamo si avvii alla conclusione, raccolgo ancora l'adesione del Consiglio. La vedo consentanea a quelle delle Amministrazioni provinciali e comunali che con spirito davvero fattivo lavorano in questo settore e ne ricavo incitamento per tutti noi ad adoperarci affinché il dettato della legge n. 592 trovi effettuazione in Piemonte, con le positive implicazioni che già parecchie volte abbiamo sottolineato, al di là delle preoccupazioni presentate dal Consigliere Sestero. Tuttavia le preoccupazioni servono ad una sempre maggiore attenzione al problema universitario, che ha una sua ufficialità in questo Consiglio nelle forme istituzionali, cui ancora crediamo più che alle sparse notizie giornalistiche.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, per chiarire come mi esprimer sulla odierna comunicazione dell'Assessore è necessario ripercorrere brevemente le tappe di questa complessa vicenda ricordando che la prima presa di posizione del Consiglio regionale risale al lontano 17 settembre 1974, nel corso della quale seduta venne approvato a larga maggioranza un ordine del giorno che richiedeva l'istituzione di una sede universitaria per l'area del Piemonte nord orientale, di una seconda sede per l'area sud orientale e di una terza sede per l'area sud occidentale.
Da parte del nostro Gruppo ci opponemmo ad una simile impostazione esprimendo il concetto fondamentale che l'Università deve postulare un insediamento unico tale da evitare la dispersione di interventi e tale da favorire la concentrazione degli impegni organizzativi, finanziari e didattici.
Un concetto base sostanzialmente identico abbiamo esposto quando la vicenda calò a distanza di ben 10 anni, esattamente il 5 aprile 1984, in sede di Consiglio regionale, allorquando a modifica dell'ambiziosa impostazione del settembre 1974 venne proposta l'Università policentrica o tripolare, ma anche allora evidenziai la necessità che si osasse fare una scelta magari impopolare fra i tre possibili centri e si istituisse un'unica Università.
Peraltro nel dibattito successivo del dicembre 1984 il nostro voto fu favorevole ad una parte dell'ordine del giorno, laddove si prevedeva l'istituzione della seconda Università anche se con il diversivo, o correttivo che dir si voglia, che non ci convinceva della tripartizione o criterio policentrico.
La nostra concezione della Università unica non trovava credito ed assenso; ritenemmo comunque con realismo di poter raggiungere quanto meno un risultato minimale quando ci collocammo in maniera favorevole alla soluzione adottata dal Consiglio regionale nella seduta del 26 febbraio 1987, cioè il noto criterio delle due fasi che prima vede i corsi di laurea istituiti dalle Facoltà degli Atenei torinesi e successivamente quello che è il vero risultato del secondo Ateneo sia pure con una polverizzazione all'insegna di una Università per ogni campanile, anche se i campanili avrebbero dovuto essere principalmente solo tre.
Successivamente - come ci ha riferito l'Assessore e come avevamo appreso dalle notizie giornalistiche - la Commissione consultiva ha espresso parere contrario, sia pure consultivo, non vincolante, che lascerebbe impregiudicata l'impostazione di cui alla mozione del Consiglio regionale del 26 febbraio 1987.
Se si è giunti a questa soluzione è stato anche per via di tutto quanto si è verificato dal febbraio 1987 sino alla decisione della Commissione consultiva, cioè di tutte quelle istanze che sono state formulate da varie realtà locali per avere un qualche cosa di più e di diverso rispetto a quanto aveva deciso il Consiglio regionale. Evidentemente la Commissione consultiva presso il Ministero, probabilmente influenzata anche da queste istanze che volevano un decentramento a Cuneo, a Ivrea e in altre località ha deciso in via consultiva per la soluzione di una unica Università non policentrica.
A questo punto potrei limitarmi ad esprimere soddisfazione perché è stato ripreso quello che era il nostro concetto già espresso parecchi anni fa, ma ritengo che esprimere una soddisfazione in senso politico sia una mera manifestazione di sentimento che lascia il tempo che trova anche se rimane e può essere rimarcata e sottolineata.
Rimanendo nel realismo e visto che la soluzione dell'Università unica da scegliersi in una delle tre località possibili del Piemonte facenti capo a Novara, Vercelli o ad Alessandria, non viene condivisa, ma anzi censurata rispetto al parere del Ministero, noi facciamo voti che si raggiunga almeno la conclusione minima dell'Università policentrica che non ci entusiasma ma quanto meno rappresenta il punto di arrivo di un secondo Ateneo nel Piemonte.
In questo senso noi ci collocheremo, se il dibattito si concluderà con un ordine del giorno, a favore di un documento che tenga conto della necessità inderogabile che da parte del Ministero e quindi del Governo si arrivi al varo della legge istitutiva della seconda Università, sia pure policentrica, possibilmente bruciando le tappe della prima fase che ha dato luogo agli inconvenienti, che sono stati messi in evidenza, di istanze tendenti a dilatare la collocazione di Facoltà in altre parti del Piemonte.
Ribadiamo quindi il nostro sì alla seconda Università, auspicando che anche se non sarà secondo la nostra concezione sia quanto meno policentrica limitatamente ai tre centri che sono già stati menzionati nell'ordine del giorno del Consiglio regionale del 26 febbraio 1987.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, svolgerò un intervento non in linea con quelli che mi hanno preceduto. E' curioso che qui si parli sempre della seconda Università, senza mai parlare della Università. Questo mi preoccupa anche se noi rimanessimo fermi nella difesa del documento che questo Consiglio ha votato e che noi liberali abbiamo votato pur nutrendo forti perplessità sulle motivazioni di fondo, perplessità che mi hanno fatto apprezzare in pieno l'intervento della collega Sestero. C'è stata senz'altro una lettura un po' polemica e partigiana da parte della collega del resto è dovere dell'opposizione dare la lettura meno favorevole alla Giunta di tutte le questioni, affinché la Giunta abbia modo di chiarire la sua posizione. Ciò nonostante emerge un quadro disastrante: la classe dirigente di questa Regione ha fatto del problema della Università comunque, dovunque e quantunque, un cavallo di battaglia, a mio modo di vedere molto pericoloso, che un giorno o l'altro rischierà di imbizzarrirsi. Non emerge infatti la volontà di costruire una seconda Università, ma di avere tanti istituti universitari. Io sono cresciuto con alcune linee di riferimento molto semplici, però è stata per me una delusione scoprire che l'Università era solo un luogo dove assistere a lezioni, sostenere esami e firmare libretti. Io pensavo che l'Università fosse qualcosa di diverso: un mondo di relazioni, di informazioni, di esercitazioni, di sperimentazioni, sul quale costruire la società e quindi anche una classe dirigente. Ribadisco qui a titolo personale la mia perplessità nel vedere come questa materia, che è il destino della generazione e della classe dirigente e culturale del futuro, venga vista solo e sempre esclusivamente con la comodità a pie' di casa di qualcosa che è importante che cominci con "U", che poi sia una scuola o un'Università non importa. Le Università sono delle istituzioni, lo dico al Capogruppo socialista: l'Università non è una scuola, è una istituzione. E le istituzioni nascono dove c'è la forza delle cose che la giustifica, ma quando una collega seria come la Sestero e penso che non sia in malafede può avere errato come tutti noi, non capisce più bene se si vuole fare un'Università ad Ivrea o a Novara, perché questo è il succo del suo intervento, coglie magari in termini strumentali e forzati un'impressione che è fortemente diffusa.
Al di là di un debito di coerenza rispetto ai pronunciamenti che abbiamo dato e quindi anche il nostro voto favorevole qualora venga chiesta in quest'aula una dichiarazione attraverso la quale ribadire quanto votato in passato, la Giunta, la maggioranza, il Consiglio intero, si devono porre il problema dell'Università. Per me il problema della Università è prima e al di fuori di quello della seconda Università e dell'articolazione della prima e della seconda. Ho l'impressione che non poniamo tutti insieme, noi per primi, la dovuta attenzione a quanto sta avvenendo sull'Ateneo torinese. I liberali sono molto preoccupati per la situazione di stallo in cui si trovano alcune realtà specifiche che sono la spia di una voglia di non crescere, il che vuol dire ripiegarsi su se stessi non solo in termini quantitativi, ma purtroppo anche qualitativi. Ciò è preoccupante nella misura in cui segue un processo segnato da ben altra volontà. Dopo gli anni difficili dell'Università conseguenti alle vicende che abbiamo conosciuto tutti delle occupazioni da parte di Prima Linea e quindi della fuga dei cervelli, degli studenti, dei burocrati, dei funzionari dall'Università di Torino vista come un punto caldo, nella seconda parte degli anni '70, soprattutto per quel che riguarda l'istituzione ad opera di Viglione, si era avviato un fattivo lavoro di ricerca, di sviluppo e di modernizzazione dell'Ateneo torinese. Sviluppo e modernizzazione che erano il presupposto, almeno sul piano qualitativo, del secondo Ateneo e dell'articolazione dei due Atenei.
Tutto questo slancio ci sembra caduto, la tensione si è attenuata ed è un segnale non positivo, che ci deve vedere molto preoccupati. Ci piacerebbe sapere, caro Presidente Viglione, che fine ha fatto per esempio il piano delle permute. Era un'ipotesi sulla quale lei personalmente, i Ministri, il Sindaco di Torino, si erano impegnati: avevano dato corso a una serie di iniziative che non vediamo concretizzata. In particolare, la Facoltà di Economia e Commercio non si è trasferita ai "Poveri vecchi" nonostante che in quell'edificio si siano investite risorse molto significative, quindi i disagi e le difficoltà continuano. La Facoltà di Veterinaria è rimasta in Via Nizza, a 200 metri dalla stazione di Porta Nuova: qui si curano animali piccoli e grandi nelle condizioni in cui studiano gli studenti di Economia e Commercio. Cito questa Facoltà perch come quella di Economia e Commercio aveva all'interno del piano delle permute una destinazione precisa a Grugliasco. Si è trasferita soltanto la Facoltà di Agraria nonostante avesse probabilmente una sede più idonea di quanto non avesse Veterinaria, peraltro ad Agraria abbiamo il corso di laurea in Scienze forestali.
Questo allentamento della voglia di fare, che per adesso si limita agli aspetti dei contenitori, a lungo termine potrà anche determinare conseguenze negative sulla qualità del lavoro che si svolge all'interno dei contenitori. La situazione del personale non è diversa da quella dei contenitori: il rapporto fra personale docente e non docente è per Torino e per Milano di 1 a 44 e per Napoli di 1 a 15; questo la dice lunga sulle condizioni in cui vivono i nostri studenti dal punto di vista funzionale.
L'informazione data da Alberton sulla messa a disposizione di 100 ricercatori nell'area piemontese fa ripensare ad alcune considerazioni che avevo avviato sul personale docente, ma anche qui vi è il forte sospetto che l'ingabbiamento dei grandi Atenei determini sostanzialmente la crisi dei piccoli Atenei, quindi anche di quella che sarà la seconda Università in Piemonte, perché evidentemente significa la colonizzazione da parte della ricerca del grande Ateneo sul piccolo Ateneo in cui si produce qualcosa di valore diverso.
Il Partito repubblicano ha esposto molte perplessità e ha ritenuto di assumere una posizione conseguente; non sappiamo fino a che punto la svilupperà. Abbiamo cercato di dare un minimo di contenuto alle nostre perplessità, che manteniamo come elemento di un dibattito che a nostro avviso non può ignorare questi fatti.
Agli amici che sono più vicini alle aree in cui andremo a localizzare la seconda Università, potremmo dire che la seconda Università sarà esattamente quello che noi riusciremo a fare della prima Università. Nella misura in cui l'Università di Torino verrà rilanciata e riqualificata, si potrà ottenere una seconda Università altrettanto riqualificata e rilanciata. Se invece questo processo di polarizzazione esterna, di donazione a qualunque centro più o meno titolato di un istituto universitario, vuol dire abbassare la guardia e l'impegno sull'Ateneo torinese, significherà esportare la dequalificazione dell'Ateneo torinese nel secondo Ateneo e nelle sedi decentrate.
Come Gruppo liberale non abbiamo altro da aggiungere, chiediamo per all'Assessore che sullo stato dell'arte dell'Università e del Politecnico di Torino voglia avviare qualche riflessione e quando abbia maturato materia che lo renda opportuno e giustificato, svolgere una comunicazione in Consiglio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Dameri.



DAMERI Silvana

Svolgerò un intervento brevissimo che spero non sia considerato inutile. La collega Sestero ha ampiamente documentato la situazione di non governo da parte della Giunta sulla questione Università e dopo di lei ci sono stati gli interventi dei Consiglieri Villa e Marchini che tutto sommato non rappresentano una situazione nella quale la partita Università veda iniziative sufficientemente adeguate sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo, tali da riscuotere un coro di applausi.
E' stato detto che in questi mesi è stato diffuso un allarme in certe parti fomentato da notizie; a me sembra strano che certe notizie fuggano per vie traverse dalle stanze ministeriali. A mio parere dobbiamo rimanere molto ancorati agli atti e alle decisioni che vengono compiuti.
Il collega Marchini ha parlato di allentamento della voglia di fare noi parliamo invece di inerzia della Giunta per quanto riguarda la politica complessiva di questa materia. E' del tutto evidente quindi che possano nascere sospetti, dubbi, allarmi, intorno al fatto che decisioni assunte non vengono portate avanti con sufficiente convinzione. Desidero pertanto porre una domanda molto precisa. Il Consiglio regionale aveva approvato un ordine del giorno nel febbraio di quest'anno che, a seguito dell'approvazione del progetto complessivo, dava mandato alla Giunta regionale di mantenere aperto e sviluppare l'approfondimento del tema dell'Università in rapporto con gli Atenei torinesi, gli Enti locali interessati, l'espressione culturale ed economica della comunità regionale promovendo anche la costituzione di un apposito Comitato tecnico scientifico. Pertanto chiedo all'Assessore se da febbraio ad oggi questo Comitato tecnico-scientifico è stato costituito; se è no, perché? Chi non è stato disponibile? Quali sono state le difficoltà? Questo Comitato scientifico opera? Gradiremmo sapere come evolve concretamente da parte della Giunta la costruzione su basi più solide del nuovo Ateneo in Piemonte.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Alberton per la replica.



ALBERTON Ezio, Assessore all'istruzione

Desidero prima di tutto esprimere formalmente la totale riconferma del documento che discutemmo ed approvammo alla fine del febbraio 1987 documento e progetto relativo, purché questo sia fatto in tutte le sue parti, nella comprensione complessiva del documento stesso, quindi negli obiettivi che il documento indicava, tutti, tentando di proporre un discorso organico complessivo sul problema formativo di fascia alta del sistema regionale. Riconfermo le motivazioni a sostegno degli obiettivi che venivano indicati e anche la serena, consapevole evidenziazione degli elementi di difficoltà che potevano essere contenuti in questo documento.
Rispetto a obiezioni e interrogativi sollevati in questa sede in maniera più rilevante di quanto non era avvenuto in occasioni precedenti credo di poter dire a nome della Giunta regionale, là dove la Giunta regionale questo obiettivo l'ha compreso nel proprio Piano di sviluppo, che la proposta di realizzazione nella nostra Regione di un secondo Ateneo è considerata valida; viene riconfermata come proposta valida, seria compatibile a certe condizioni, con un livello adeguato, dignitoso e serio sia della didattica che della ricerca che può e deve avvenire nel secondo Ateneo.
L'irrobustimento del sistema universitario piemontese passa ancora attraverso una sua articolazione sul territorio. Si è fatto riferimento alla procedura proposta a voce dal Ministro Falcucci, ma nel documento di progetto su di essa si è espresso un giudizio positivo anche se tale procedura non è oggi codificata e veniva avanzata più come un'ipotesi che non come una cosa certa. Ma già in occasione della discussione sul documento avemmo opportunità di discutere su di essa e al di là che fosse stata avanzata dal Ministro dell'epoca, personalmente ritengo che sia una proposta valida in termini procedurali per dare maggiore concretezza e sicurezza all'obiettivo di articolare, garantendo la dignità delle articolazioni, il sistema universitario piemontese. Vorrei che i Consiglieri regionali potessero riflettere su questo tema non sempre e non solo con posizioni di distinzione partitica, se è vero che da parecchie sedi non omogeneizzabili dal punto di vista politico-partitico è stato riconosciuto che esperienze non positive sono sorte in Italia con costruzioni dall'alto di nuove sedi universitarie. Si vuole tentare una strada nuova che faccia sì che le esperienze in sedi decentrate siano prima assistite da un'esperienza già esistente per poter, quando queste sono consolidate, muoversi con una loro autonomia. Su questa strategia non si dovrebbero esprimere giudizi negativi, ma non è certamente questa la causa del ritardo e della difficoltà che ha finora comportato il non riconoscimento formale del secondo Ateneo piemontese.
Siccome abbiamo conosciuto, non direttamente, delle esperienze negative, credo che là dove è possibile fornire delle indicazioni affinch le nostre esperienze si svolgano in maniera più positiva, sia giusto farlo.
Torno a sottolineare che non è obiettivamente addebitabile all'ipotesi di nuova procedura il fatto che finora le cose siano procedute a rilento e in maniera insoddisfacente.
Rispondo al Consigliere Ferrara dicendo che non credo che di per s l'ipotesi di una presenza articolata sul territorio regionale in più sedi debba necessariamente coincidere con un'ipotesi di Università dequalificata, anche se il documento stesso e le dichiarazioni rese in quest'aula dal Consigliere Sestero hanno evidenziato la disponibilità a verificare eventuali obiezioni che potevano essere presentate sul contenuto complessivo della proposta per ridurre al minimo i rischi. Credo che almeno ai Consiglieri regionali, le mie perplessità personali sull'articolazione dei contenuti siano note, non le ho nascoste: non so se sono fatte proprie e recepite da altri. Sono oggi impegnato a sostenere complessivamente e totalmente il documento così com'è stato elaborato dal Consiglio regionale e ho sostenuto in tutte le sedi e in tutte le occasioni la positività di questa articolazione territoriale, anche attraverso un documento che è ancora a livello di proposta, ma pur sempre significativo come la proposta del Piano di sviluppo della Regione. In tutte le sedi ho tentato di evidenziare i lati positivi di questa esperienza di articolazione territoriale, non ultima la possibilità di coinvolgere in termini di risorse specificatamente finanziarie, ma non solo, una pluralità di soggetti che altrimenti non avrebbero manifestato la loro disponibilità e che potrebbero quindi rendere più agevole lo sforzo di responsabilità governativa e nazionale per sostenere questi interventi sul territorio.
Sono disponibile a trasmettere ai Consiglieri tutto il carteggio delle comunicazioni fatte dalla Giunta (da me personalmente) al Ministro affinch si possa prendere atto se l'atteggiamento, le pressioni da parte della Giunta sono o non sono coerenti rispetto al documento presentato dal Consiglio regionale. Io dico che sono completamente coerenti, che non è stato mai trasmesso alcun documento né aggiuntivo né incoerente con quanto elaborato in questo Consiglio. Ricordo di avere diffuso sui banchi del Consiglio regionale il comunicato stampa emesso il 5 maggio a seguito dell'incontro avvenuto il giorno prima sul tema specifico dell'edilizia scolastica che aveva fornito occasione al Presidente della Giunta regionale e al sottoscritto di presentare al Ministro Falcucci ancora una volta il problema dell'Università in Piemonte. In quel comunicato si diceva testualmente: "Nell'ambito del positivo apporto dell'elaborazione regionale riconosciuta dal Ministro, il Presidente Beltrami e l'Assessore Alberton hanno sottolineato la necessità che vengano considerate anche le ulteriori esigenze di articolazioni del sistema universitario piemontese aggiuntive rispetto alle indicazioni del nuovo Ateneo del Piemonte orientale con iniziative di decentramento delle presenze dell'Università e del Politecnico di Torino".
Nel documento trasmesso queste indicazioni sono più volte evidenziate perché si parla della necessità di un irrobustimento complessivo del nostro sistema. Sottolineo questo aspetto affinché ci si possa confrontare sui contenuti e non sulle ipotesi di malafede.
In altro momento, ma è riconoscibile nel documento che ho già inoltrato ai Consiglieri, parleremo più approfonditamente di formazione professionale; in documenti di più forze politiche si riconosce la necessità di un rapporto più stretto tra la formazione professionale che riguarda il post-diploma e gli Atenei.
Deve essere visto, non in forma schizofrenica e separata, ma in un unico contesto, il problema di un irrobustimento del sistema formativo di fascia alta sapendo cosa ha la Regione di prezioso e tentando di coinvolgere il Politecnico come l'Università in quelle esperienze di scuole dirette a fini speciali (che non presuppongono un nuovo Ateneo, ma sono compatibili con le legislazioni esistenti) affinché il sistema universitario si preoccupi di più del momento professionalizzante, della fascia intermedia rispetto al livello della laurea. Ciò avviene in tutti i sistemi d'Europa, non riesco quindi a capire come possa essere interpretato un atto incoerente rispetto al documento, quando nel documento si spendono pagine e pagine su questo tema.
La nostra preoccupazione era di indicare al Ministro le esigenze del Piemonte perché il sottodimensionamento del sistema universitario piemontese è rilevante; si era pertanto chiesto al Governo di mettere il Piemonte in condizione di reggere anche altri obiettivi. Ripeto che non riesco a capire come questo possa essere immaginato in contraddizione o in alternativa all'impegno di sostenere il processo che si è avviato nel Piemonte orientale e che deve vedere in prospettiva la realizzazione del secondo Ateneo.
A livello di scuole dirette a fini speciali è stato varato un decreto del Presidente della Repubblica che impone che le scuole dirette a fini speciali per assistenti sociali siano realizzate nel sistema universitario: questo ci porterà a chiedere che l'Università di Torino si impegni in scuole dirette a fini speciali, a Cuneo, Novara e Torino, per raggiungere tale obiettivo. Non credo che con ciò si aggiungano cose che contraddicono l'obiettivo principale, ma non unico, sul quale abbiamo costruito il nostro documento. In questo periodo c'è stato tutto il sostegno da parte della Regione, compatibilmente alle competenze in gioco e alle esperienze avviate, per quello che si è potuto fare sul piano politico e delle pressioni. Quando ho riferito del contributo di risorse aggiuntive di cui hanno potuto beneficiare gli Atenei torinesi non ho nascosto che lo ritenevo insufficiente; l'ho fatto anche perché si sono sollevate difficoltà da parte dell'Università di Torino a reggere l'esperienza dei corsi di Economia e Commercio a Novara; non più tardi di ieri ho fatto presente al Rettore dell'Università che erano stati presi degli impegni in questa direzione e che non potevano essere non mantenuti, pur in presenza di difficoltà che eravamo impegnati ad evidenziare anche a livello governativo.
Non credo di poter assolutamente accettare l'accusa della mancanza della voglia di fare. Noi non abbiamo ancora attivato il Comitato tecnico scientifico per un motivo fondamentale e direi unico: avremmo gradito, la Giunta come credo tutto il Consiglio, la presentazione delle obiezioni da parte del livello nazionale in forma esplicita e nota e che su di esse si potesse attivare tutto il contributo di idee raccoglibile in Piemonte senza ritenere in questo momento e in questa fase di dover riaprire il dibattito su una nuova revisione del progetto così come abbiamo presentato.
Questo non è avvenuto, e che il livello di interlocuzione sia insoddisfacente lo dice la collega Sestero e lo dico a chiare lettere anch'io; questo problema non interessa e non è relativo solo al caso Piemonte, ma è inserito all'interno di un discorso più ampio del piano nazionale di sviluppo dell'Università. Il fatto quindi che tale piano non procede non è da addebitarsi alle responsabilità della Giunta regionale.
Per l'amore e la passione impegnati a sostenere questo tema, per orgoglio anche degli sforzi compiuti, in merito al commento, all'eventuale pronunciamento della Commissione (mi riferisco al Consigliere Majorino: è una Commissione consultiva del Ministro), io non ho chiesto al Ministro di farci conoscere quel documento, perché credo che non debba essere quello il documento con il quale noi dobbiamo confrontarci. A parte che il documento essendo espressione di una Commissione consultiva del Ministro, riguarderà complessivamente i problemi dell'Università italiana e potrebbe anche non essere di nostra competenza analizzarli: ma dico che la Regione deve interloquire e prendere in esame un pronunciamento formale dell'autorità politica, non di una Commissione consultiva che a detta del Ministro stesso non rappresenta, almeno per lui, elemento discriminante nei confronti delle scelte che dovessero essere compiute. Fare attestare, attraverso il ragionamento e la discussione, il Ministro su questa posizione non risolve i problemi, come non ho cercato di far credere a nessuno che li risolvesse.
Lascia ancora il problema aperto per tutte le verifiche di merito, ma credo che abbia voluto perlomeno significare la volontà di porre il rapporto in termini istituzionalmente chiari.
Questo è il quadro entro il quale, nella mia competenza, la Giunta si muove; riconfermo quindi gli obiettivi contenuti in quel documento. Sono impegnato a far svolgere le analisi di merito il più urgentemente possibile e non appena disporremo di questi elementi li porteremo a conoscenza del Consiglio affinché le eventuali obiezioni, formalmente trasmesse, siano valutate e discusse dal Consiglio stesso.


Argomento: Problemi energetici

Esame ordini del giorno in relazione al costruendo elettrodotto di 380 Kw da Leinì a Piossasco da parte dell'ENEL


PRESIDENTE

Il punto 5) all'o.d.g. reca: "Esame ordine del giorno del PCI in relazione al costruendo elettrodotto di 380 Kw da Leinì a Piossasco da parte dell'ENEL".
La parola al Consigliere Adduci che illustra il documento presentato dal Gruppo comunista.



ADDUCI Donato

Sui problemi relativi all'elettrodotto di Piossasco il Consiglio regionale del Piemonte molto ha detto e molto ha scritto.
Con questo ordine del giorno intendiamo, in parte, richiamarci al dibattito che ci fu giovedì scorso sulla mozione presentata dal Consigliere Majorino e da altri, mozione che poneva l'accento su un aspetto specifico e particolare, quello relativo ai danni derivanti alla salute pubblica e faceva presente al Consiglio un altro elemento importante che costituisce sotto certi aspetti una novità assoluta: la presenza in giudizio "ad adiuvandum" di alcuni Consiglieri regionali i quali hanno ritenuto di dover assolvere, anche in questo modo, una loro precisa funzione appoggiando e sostenendo le preoccupazioni che numerosi abitanti di Rosta hanno voluto esprimere al Pretore di Avigliana affinché quel giudice intervenga a tutela della loro salute.
Già altre volte abbiamo messo in evidenza i danni, sotto certi aspetti e l'inutilità, sotto certi altri, dell'elettrodotto Leinì-Piossasco e abbiamo avuto occasione di rilevare che l'Assessore Vetrino ha dimostrato sensibilità alle tematiche da noi proposte. Ora, per la prima volta nella storia delle Regioni italiane, della Regione Piemonte in particolare, si è verificato un fatto nuovo: alcuni Consiglieri sono intervenuti e sono tuttora in giudizio davanti ad un Pretore per sostenere le giuste esigenze dei cittadini. Rimarcando il fatto che quel Giudice ha ritenuto possibile il fatto che Consiglieri regionali intervengano in un giudizio di questa natura, vogliamo sottoporre, ancora una volta, all'attenzione del Consiglio regionale l'esigenza di assolvere ad un dovere quasi istituzionale.
Vorremmo che il Consiglio compisse un atto dovuto nei confronti di quei cittadini, che la Regione in quanto tale intervenisse a sostenere i loro diritti. Chiediamo, con questo, semplicemente che sia applicato l'art. 6 dello Statuto regionale. Sappiamo bene che quell'articolo si riferisce in modo specifico alla tutela della salute dei lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro, però i problemi della salute non possono essere limitati e circoscritti ai luoghi di lavoro. Quindi invitiamo la Giunta ad applicare, forse per la prima volta in modo concreto, il citato art. 6 dello Statuto, chiediamo, cioè, che intervenga avviando un'azione giudiziaria a tutela dei cittadini piemontesi al fine di prevenire le cause che arrecano o possono arrecare danno alla salute stessa.
Sappiamo anche bene che la Giunta regionale ha avviato un'indagine in merito, anche perché il Consiglio ha, all'uopo, approvato un ordine del giorno; tuttavia riteniamo che un'applicazione corretta del richiamo statutario debba porre in primo piano la prevenzione dei danni che si possono arrecare ai cittadini, e prevenire i danni vuol dire bloccare la costruzione dell'elettrodotto intervenendo prima che quei danni si manifestino.
Per queste ragioni, e voglio richiamare ancora una volta il fatto che alcuni Consiglieri regionali sono presenti in un procedimento che difende la salute dei cittadini, abbiamo presentato l'ordine del giorno che ci auguriamo venga votato da tutti. Facciamo anche un appello alla Giunta affinché la sensibilità dimostrata si esterni nell'applicare l'art. 6 dello Statuto regionale. Ciò nella convinzione che i cittadini, sentendosi veramente tutelati, si riconoscano in un Ente, come quello regionale che per compito ed istituzione, è deputato anche a proteggere la loro salute.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Mi colloco su questa proposta di ordine del giorno con le medesime argomentazioni, arricchite però di un tema che andrò ad esporre, con le quali mi sono già collocato con l'interrogazione che avevo presentato al Vicepresidente della Giunta il 17 ottobre che mi aveva cortesemente e tempestivamente risposto, sia pure in maniera per me insoddisfacente, nella seduta di giovedì scorso.
Questo ordine del giorno riprende in buona sostanza le argomentazioni già svolte nella seduta dell'1 ottobre e ritengo vada accolto per la principale argomentazione che ha già messo in luce il collega Adduci proponente. L'art. 6 dello Statuto prevede che una delle competenze della Regione sia quella di tutelare la salute dei cittadini - e qui rettifico quanto ha detto il Consigliere Adduci - non solo la salute dei cittadini negli ambienti di lavoro, ma - lo Statuto è chiaro la tutela della salute di tutti i cittadini, naturalmente in particolare nei luoghi di lavoro.
Di fronte a questo dettato statutario, di fronte alle due tesi che si contendono il campo in questo momento davanti al Pretore di Avigliana (la tesi, chiamiamola impropriamente "statale di interesse pubblico", portata avanti dall'Ente di Stato ENEL che, manifestando e prospettando un interesse pubblico a collocare l'elettrodotto, intende insistere in tal senso e la tesi degli abitanti di Rosta i quali, sulla scorta di argomentazioni scientifiche che hanno esibito, ritengono che vi sia un pericolo grave, irreparabile e imminente per la loro salute) ritengo che la Regione abbia da scegliere decisamente la tesi degli abitanti di Rosta.
Magari anche non per sposarla totalmente, ma per essere presente a sostenerla con l'aiuto del proprio esperto naturale che è il Laboratorio dell'USSL n. 40 di Ivrea e l'Istituto di Medicina Legale presso l'Università, cui la stessa Vicepresidente aveva già accennato nel rispondere alla mia interrogazione e al quale il governo regionale si è già rivolto perché si è fatto carico di questi problemi. Questo significa che responsabilmente il governo regionale si è reso conto che questi problemi esistono e proprio perché esistono chiede ai propri organi tecnici, che ho menzionato, un parere.
Tutto questo però non risolve ancora la questione e dovrebbe esserci in applicazione del citato articolo dello Statuto, l'intervento in giudizio. Intervento in giudizio reso ancor più necessario dalle argomentazioni di contorno, dal fatto che i Consiglieri regionali di minoranza sono intervenuti per sostenere le ragioni delle popolazioni interessate e allo stato degli atti questi interventi non sono stati esclusi dal Giudice, tant'è vero che abbiamo potuto interloquire nelle due udienze che si sono tenute davanti al Pretore di Avigliana a sostegno delle tesi giuridiche e scientifiche dirette a dimostrare il pericolo per la salute dei cittadini.
C'è poi un ulteriore argomento che deve suggerire e imporre, a mio avviso, l'intervento del governo regionale "ad adiuvandum", a sostenere cioè le ragioni dei cittadini di Rosta, ovvero il fatto che il Pretore ha già disposto l'audizione, che si è tenuta il 20 ottobre, dei tecnici dell'ENEL e delle parti ricorrenti e non ha potuto disporre l'audizione, n noi potevamo portarlo spontaneamente perché è un organo pubblico, del Laboratorio presso l'USSL di Ivrea proprio perché non era intervenuta al riguardo "ad adiuvandum" la Regione.
L'ultimo argomento è il seguente: proprio mentre venivano sentiti i tecnici dell'una e dell'altra parte presenti nella controversia, è stato esibito al Pretore di Avigliana un documento che a noi non era noto, datato 3 ottobre 1986, proveniente dal Laboratorio di Sanità Pubblica n. 40 presso l'USSL di Ivrea.
In questo documento, a firma del Direttore del Laboratorio, si dice testualmente che "si ritiene sufficiente al fine di salvaguardare la salute degli esposti a campi elettromagnetici l'adozione dei seguenti tre provvedimenti". Prima di leggere i provvedimenti, che ad avviso del Laboratorio sono sufficienti, va rilevato che stando a questo documento d'accordo, non è uno studio, non è motivato, è una mera comunicazione c'è un'espressione che dà a vedere come questo Laboratorio ritenga che quanto meno pericoli per la salute dei Comuni interessati al tracciato dell'elettrodotto vi siano, perché dice testualmente: "si ritiene sufficiente al fine di salvaguardare la salute degli esposti ai campi elettromagnetici". Quindi, c'è un pericolo se si parla di salvaguardia anche se poi lascia molto perplesso, ma questo per la verità è un qualcosa che non era di competenza del Laboratorio il quale formula un giudizio di timore dicendo: "bisogna salvaguardare la salute degli esposti ai campi elettromagnetici", però enuncia delle cautele che sono, per usare un eufemismo, esilaranti e per la verità esorbitano da quella che era la sua competenza di mettere in evidenza il pericolo. Perché dice che sarebbe sufficiente per salvaguardare la salute avvisare la popolazione tramite bandi che vengono affissi nei paesi ove si dice: "Si raccomanda alla popolazione di limitare all'indispensabile il tempo di permanenza sotto l'elettrodotto al fine di rendere minima l'esposizione a campi elettromagnetici." Mi pare che la cautela che viene suggerita, pur dopo aver formulato un giudizio di pericolosità, abbia un significato di poco diverso da quello di "Attenti al cane" oppure di "Pericolo: non toccare i fili", altrimenti si rimane fulminati.
Ecco quindi la necessità di intervenire, tramite il Laboratorio appartenente all'USSL di Ivrea, per avere dei chiarimenti, per stabilire se bastano i cartelli tipo "Attenti al cane" oppure se di fronte al pericolo che viene enunciato non sia necessario qualche cosa di più e di diverso.
In sostanza mi pare doveroso l'intervento della Regione nel giudizio ancora pendente, nel quale i Consiglieri regionali della minoranza sono intervenuti, ai fini di far approfondire da parte di questi enti, se non si vorrà sposare al 100% la tesi degli abitanti di Rosta, il livello scientifico di competenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente e Consiglieri, in attesa della solita latitanza della maggioranza del Consiglio sul tema, io non posso fare altro che condividere, su questa vicenda, le argomentazioni sostenute dai colleghi Adduci e Majorino. Ritengo non vi sia altro da aggiungere oltre a quanto da loro dichiarato e oltre le precedenti dichiarazioni rese sia da me che da altri Consiglieri.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il problema della tutela della salute dei cittadini è un fatto fondamentale. Anche in caso di dubbio sull'esposizione a campi elettromagnetici, tali dubbi devono portarci comunque alla prudenza. Ma forse è un altro il problema in gioco. Questa mattina "Il Sole 24 Ore" ha pubblicato un articolo, ispirato dai costruttori di elettrodotti, che lamentano sostanzialmente la nuova cultura che va diffondendosi: una cultura contro lo sviluppo che, tra l'altro impedisce la distribuzione adeguata dell'elettricità. Come in questo caso e in altri, e in particolare quello del problema energetico, c'è sempre una visione da un lato dell'interesse pubblico e dall'altro dei "costi dell'opera", dei "costi aziendali"; visione probabilmente non più adeguata ai tempi in cui viviamo. Evidentemente non possiamo pensare che l'ENEL riesca facilmente a conciliare da un lato l'interesse pubblico e dall'altro il conto economico microaziendale, attorno alla ottimizzazione dell'impianto di un elettrodotto. Io credo che ormai i tempi siano maturi e la cultura e la sensibilità siano mature, per far capire che non si è contro lo sviluppo se si chiede un'accortezza nella realizzazione di grandi impianti e infrastrutture e quindi non semplicemente verificare quella che è la fattibilità tecnica di un impianto.
Nel caso specifico che stiamo analizzando, che è sostanzialmente un grande sistema di by-pass di Torino, noi ci troviamo dinnanzi ad alcuni dubbi: un primo dubbio è vedere se è essenziale questo tipo di by-pass e qui i tecnici fanno delle considerazioni abbastanza disuguali. Dall'altro lato è da valutare se si possono trovare soluzioni tecnologiche e progettuali in parte diverse, soprattutto là dove per problemi di salute o di ambiente l'impatto può essere più forte.
Credo che lo spirito che anima l'ordine del giorno sia accettabile.
Tuttavia non so se tecnicamente questo tipo di iniziativa giudiziaria possa essere la più idonea ed efficace per gli obiettivi che tutti condividiamo.
Può essere un modo per far lievitare all'interno di questo Consiglio, e più in generale all'interno dell'Amministrazione, una cultura che tenda a non far bollare come contrari allo sviluppo comportamenti e richieste di questo tipo, che credo possano conciliarsi con un adeguato sistema economico.
Infatti non a caso oggi troviamo quello che può definirsi il sistema degli interessi che opera in questo settore e che ovviamente usa il concetto di interesse pubblico per aprirsi un varco per la costruzione di questi elettrodotti, ma nel momento in cui gli si pone una logica di interesse complessivo della collettività, di non valutazione microeconomica delle scelte, di considerazioni interconnesse come la tutela della salute, si trovano subito in forte imbarazzo.
Quindi, come Gruppo socialista siamo d'accordo sul principio e sulle preoccupazioni espresse, ma abbiamo invece qualche dubbio che lo strumento più efficace possa essere quello indicato dall'ordine del giorno. Potremmo anche essere disponibili a trovare una strada di convergenza per una comune posizione, una strada che sia efficace rispetto ai principi e agli obiettivi di questo ordine del giorno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, vengo al dunque della questione. Per parte nostra questa non è questione di giudici, ma questione di governo. Sono stato preso in contropiede dal Presidente mentre stavo stilando una proposta di ordine del giorno caratterizzata da due questioni: 1) il problema non deve essere circoscritto alla vicenda di un elettrodotto da costruire, ma semmai agli elettrodotti esistenti 2) prima bisogna conoscere e poi operare.
L'ordine del giorno che ho predisposto, e che provavo a rendere più comprensibile per me e per il Presidente, si muove su questa linea: inviteremmo la Giunta ad affidare uno studio serio su queste cose, al meglio della capacità scientifica regionale e nazionale, e su questo avviare le conseguenti iniziative di competenza della Giunta.
La partecipazione ad un giudizio nei termini qui espressi mi pare in effetti essere la voglia - lo dico brutalmente - di dare una cassa di risonanza ulteriore ad un'iniziativa legittima, accettabile, plausibile, ma rispetto alla quale bisogna tenere ben distinti i ruoli che alcuni Consiglieri hanno ritenuto di assumere rispetto ai ruoli che si ritiene che l'istituzione avrebbe dovuto assumere.
Voglio essere più preciso. Avrei apprezzato questo ordine del giorno se fosse stato precedente all'iniziativa assunta da alcuni colleghi in rappresentanza di alcune forze politiche.
Caro Adduci, non si può prima battere la grancassa per il proprio Partito e poi batterla di nuovo chiedendo che si impegnino le istituzioni!



(Vivaci proteste provenienti dal Consigliere Adduci e da altri Consiglieri comunisti)



MARCHINI Sergio

Mi pare che ridurre questa questione all'interno di quello che potrà essere il pronunciamento di un pur capacissimo Pretore come quello di Avigliana, sia ancora un modo non adeguato di affrontare il problema.
Se questi rischi esistono, qualcuno li evidenzi, li quantifichi, li descriva; su questo la Giunta assuma i provvedimenti necessari incluse tutte le iniziative destinate a togliere dalla Regione Piemonte gli elettrodotti che avessero queste caratteristiche.
Utilizzare questi argomenti in modo un po' strumentale nei confronti di un elettrodotto che è ancora da fare, non avendo il coraggio di affrontare il problema nella sua totalità, mi sembra sia fare come lo struzzo che mette la testa nella sabbia.
Io ho predisposto questo ordine del giorno e chiedo ai colleghi di avere la correttezza di esaminarlo. Noi proponiamo un'iniziativa a tutto campo, un'indagine, affidando poi alla Giunta l'assunzione delle conseguenti iniziative di carattere operativo e di governo, lasciando che la Magistratura svolga il suo ruolo, nella sede in cui è già stata investita e rispetto alla quale mi pare che gli interlocutori siano già tutti presenti, ci sono forze politiche, ci sono i cittadini ben rappresentati, c'è l'Ente Nazionale per l'Energia.
Dal momento però che il collega Tapparo ha voluto anche in questo caso negare che larga parte di alcune battaglie che si fanno in questo Paese nascono da un rifiuto della cultura industriale, questo è un dato che noi non ci sentiamo di accettare e sottoscrivere.
Le vicende della diga che hanno portato alla notorietà televisiva la collega Cernetti dovrebbero farci riflettere molto. Andiamo molto cauti su queste questioni, non abbiamo alcun timore di affrontare le questioni al fondo, ma gli elefanti sono elefanti, i topolini sono topolini! Esiste sicuramente a lato di una coscienza ecologica seria scientificamente supportata, responsabile, anche una cultura dell'ambiente d'accatto, strumentale e - consentitemelo politicamente poco qualificabile.



PRESIDENTE

Il Consigliere Marchini ha annunciato la presentazione di un ordine del giorno.
Il Consigliere Tapparo ha manifestato l'intenzione di fornire un apporto al documento che dovrebbe essere approvato.
L'ordine del giorno del Gruppo comunista è da tempo noto a tutto il Consiglio.
Ha ora la parola il Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Non ho ancora materialmente preparato il documento, ma il concetto che si vorrebbe esprimere è questo: anziché un'iniziativa giudiziaria si chiede un impegno della Giunta affinché faccia un'azione per gli opportuni interventi, accertamenti e verifiche per il problema sollevato dall'ordine del giorno. Ritengo che l'iniziativa giudiziaria sia difficilmente percorribile in questi termini. Un'iniziativa attiva della Regione Piemonte, attraverso la Giunta regionale, può costituire invece un elemento di principio, di cultura dinnanzi a questi processi non sempre perfettamente determinati e determinabili. Questo è il senso che volevo condensare in quattro righe come è di prassi, però non sono ancora riuscito materialmente a farlo.



PRESIDENTE

Se ho inteso esattamente le parole del Consigliere Tapparo, egli si preoccupa del fatto che un'azione giudiziaria potrebbe caratterizzarsi come uno scarico di coscienza nel senso che si invia un esposto alla Magistratura e se questa non provvede noi ci siamo liberati la coscienza.
Il collega Tapparo è dell'avviso invece che i due Assessorati competenti quelli all'ambiente e alla sanità, debbano insieme produrre una serie di atti da rammostrare a questo Consiglio entro un determinato periodo di tempo tali da fornire certezze o comunque dati utili.
La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Se ho inteso bene, e penso di averlo inteso bene, con l'ordine del giorno che formulerà il collega Tapparo si chiederà che la Giunta si attivi per fare quegli accertamenti in ordine agli elettrodotti in generale e a quello Leinì-Piossasco in particolare. Ma questa richiesta è già stata accolta, perché il 1 ottobre è stato votato un ordine del giorno che ha impegnato la Giunta a disporre uno studio approfondito sulla problematica e quando lei, Assessore Vetrino, ha risposto alla mia interrogazione la volta scorsa ha aggiunto qualcosa di più perché oltreché avere interessato il Laboratorio dell'USSL di Ivrea ha interessato l'Istituto di Medicina Legale. Sotto questo profilo quindi l'ordine del giorno è già superato da quanto è già stato disposto. Ciò che si chiede con l'altro ordine del giorno, e che avevo chiesto io con l'interrogazione, era un passo in avanti. Oltre allo studio di fattibilità che richiederà fatalmente tempi lunghi (non per volere risolvere le questioni sul piano giudiziario e non per fare denunce all'autorità giudiziaria, ma è già pendente un procedimento d'urgenza che si chiuderà a tempi brevi, esattamente il 20 novembre, giorno fissato per la sua conclusione e definizione), sarebbe opportuno, conveniente e utile per le ragioni che ho più volte esposto, che sia presente anche la Regione a tutela della salute dei cittadini con l'apporto degli elaborati del Laboratorio e dell'Università, con particolare riferimento all'opinione espressa dal Laboratorio che il pericolo esiste, anche se la conclusione dei cartelli non è sufficiente.
Si faccia un ragionamento su questo e si dica al Giudice che cosa pensa la Regione visto che il problema in questo momento, non per volontà nostra ma per volontà delle persone interessate, dei cittadini interessati, è rimesso nelle mani del Giudice. Non è per voler portare tutto davanti al Giudice, ma è l'opportunità di farlo in quel momento. Lo studio per vedere se tutto va bene o non va bene, se ci sono o non ci sono pericoli, è un elemento che potrà rimanere agli atti, potrà essere interessante, ma non risolverà il problema concreto, almeno come apporto e pensiero del governo regionale.



PRESIDENTE

La richiesta sarebbe quella di un intervento a mezzo di legali nella causa pendente presso il Pretore di Avigliana. Bisogna dirlo chiaramente: si chiede che la Regione attraverso i suoi avvocati sia presente con una comparsa di intervento adesiva.
Le iniziative giudiziarie possono essere le più varie. L'iniziativa giudiziaria atta a tutelare può essere quella di inviare l'esposto informale al Pretore dicendo che esiste il pericolo, ma questo lo conosce già, o quella di un intervento diretto a mezzo di comparsa di adesione alle domande che sono state proposte con la documentazione della Regione Piemonte.
Bisogna procedere con chiarezza.
La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

Volevo ricordare che una posizione in ordine alla necessità di approfondire e di studiare su queste esigenze l'avevamo già assunta con l'ordine del giorno siglato da tutti i Capigruppo di maggioranza l'1 ottobre. Ora ci troviamo di fronte ad una più specifica richiesta che è concernente un procedimento in corso e quindi ad un fatto più specifico.
Noi non abbiamo alcuna difficoltà a ribadire, secondo quanto dicono i colleghi Tapparo e Marchini, la posizione assunta l'1 ottobre se non consideriamo che il riprenderla sia pleonastico. Oggi il problema è diverso e quindi su questo fatto dobbiamo esprimerci. Debbo dire che il procedimento giudiziario era già in atto all'1 ottobre e già allora avevamo valutato il problema e avevamo aderito alla proposta della Giunta e della maggioranza di non scendere su questo terreno, ma di operare sul terreno precipuo amministrativo che è proprio della Regione.
Avevamo già sciolto la questione in quella sede mentre altri Gruppi hanno ritenuto di riproporla. Ritengo sia fondamentale conoscere la posizione della Giunta perché mi pare che allora non si fosse espressa favorevolmente ad entrare in una questione giudiziaria: cosa diversa da una questione amministrativa che è nei compiti specifici e precipui nostri.
Se si tratta di ribadire la posizione già assunta il Gruppo DC è disponibile. Entrare nel merito di un procedimento avanti l'autorità giudiziaria, cosa che non potrebbe che tradursi in una delega all'esecutivo, non può avvenire senza un consenso a nostro avviso dell'esecutivo stesso e senza una sua valutazione. Siamo in attesa di una posizione della Giunta, che abbiamo in proposito sollecitato, e nello stesso tempo siamo disponibili a valutare le proposte dei colleghi Marchini e Tapparo che peraltro sono ripetitive di una posizione già assunta con l'ordine del giorno siglato dai cinque Partiti di maggioranza ed approvato con larga votazione l'1 ottobre.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, è vero che per larga parte il contenuto dell'ordine del giorno da me presentato è già presente in quello votato dal Consiglio regionale su iniziativa dei Capigruppo. Faccio peraltro notare che sono molto diversi il contenuto e lo scopo. L'ordine del giorno al quale facciamo riferimento era di tipo conoscitivo e a noi sembrava che l'impegno che davamo alla Giunta, di tipo conoscitivo, fosse un passaggio sufficiente in termini politici allo stato della questione in quel momento. Nel momento in cui però qualcuno, con comportamento politico che non condivido e sul quale potremo ragionare a fondo, sposta il termine dell'impegno che la Regione deve assumere, evidentemente sembra giusto spostare anche, magari l'articolato che ho predisposto non è il più adeguato, la risposta che il Governo deve dare al Consiglio regionale in termini di impegno politico.
A me sembra che nella misura in cui questa questione cresce, bisogna anche che cresca il tipo di impegno che la Giunta assume. Ritengo sia opportuno lasciare alla Giunta e in particolare alla signora Vetrino questa riflessione: quell'ordine del giorno è stato votato e scritto alla luce di quella situazione. Il documento che io ho sottoposto è pensato alla luce di un'esigenza di impegno ulteriore e più significativo della Regione che è necessario anche in termini di confronto politico, posto il livello diverso e più impegnativo rispetto al quale ci chiamano i sottoscrittori dell'ordine del giorno che riterrebbero opportuna la nostra presenza nella vertenza giudiziaria ante il Pretore di Avigliana.
Ovviamente, lascio alla Giunta di valutare in che misura sia opportuno che in questo passaggio la Giunta assuma, rispetto al documento precedente un impegno ulteriore e più significativo. Questo è il senso politico del documento che io ho presentato alla Presidenza. Nella misura in cui la Giunta lo ritenga implicito in quello già votato, prego la Giunta di esplicitarsi in questo senso e io lo ritirerò, se invece la Giunta ritenesse apprezzabile il suggerimento che io ho dato, di avviare un'indagine conoscitiva, ma finalizzata ad iniziative di intervento su tutta la rete degli elettrodotti piemontesi, apprezzerò questo suo giudizio e manterrò l'ordine del giorno.
Ribadisco che sta alla Giunta valutare se il documento precedente dia una risposta adeguata al tipo di confronto politico che i firmatari dell'ordine del giorno hanno avviato. Se la risposta che noi avevamo previsto è inadeguata rispetto al livello del confronto, evidentemente è necessaria una risposta più pregnante; noi ne abbiamo suggerita una, se poi la Giunta volesse assumere in proprio la responsabilità di una proposta diversa ci vede d'accordo.
Naturalmente come Gruppo di maggioranza, non solo perché ho un'etichetta, ma perché così mi sembra giusto, lascio alla Giunta la valutazione di come alzare il livello dell'impegno che a questo punto indubbiamente la Regione, e soprattutto la Giunta, deve assumere posto che a questo diverso livello di confronto l'ha portata l'iniziativa di alcuni Consiglieri ante la Pretura di Avigliana, e questo è un elemento che non va sottaciuto e sul quale bisognerà ragionare a lungo a mio modo di vedere, è quest'ordine del giorno che chiama la Regione Piemonte ad un confronto non più sul piano politico e culturale, ma sul piano giudiziario.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, ritiro quel tentativo di elaborazione di cui ho parlato in precedenza e credo che l'ordine del giorno che il collega Marchini ha presentato possa comprendere quella che era la preoccupazione espressa nel mio intervento. Propongo un suggerimento alla Giunta e alla Vicepresidente Vetrino affinché tutto questo che noi facciamo non resti accademia, ma sia un passo in avanti per dare una sensibilità agli organismi competenti, in questo caso l'ENEL. affinché tengano, in caso di dubbio sui problemi della sicurezza e della salute, un'attenzione particolare. Questo è un problema di tracciati, è un problema di tecnologie da utilizzare, quindi si necessita uno sforzo che vada al di là del semplice "metterci la coscienza a posto", ma che possa essere un contributo che sensibilizza anche coloro che in questo campo e altri devono operare su sistemi complessi che investono in qualche misura direttamente o indirettamente la salute dei cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, intervengo per sollecitare ancora una volta la Giunta e l'Assessore sulla questione dell'elettrodotto sulla quale, secondo me, la Regione si gioca anche il proprio ruolo nei confronti dei cittadini interessati. A me sembra che la Regione Piemonte sia molto lontana dai cittadini; forse ha fatto in modo che Torino diventi più lontana di Roma. La situazione è di una certa gravità e richiederebbe una certa attenzione. Ci sono centinaia di cittadini che hanno fatto un ricorso presso il Pretore perché non capiscono, e non lo capisce nessuno in quale modo la costruzione di un elettrodotto influisca sulla loro salute.
Di fronte hanno i poteri dello Stato e hanno le istituzioni. Noi abbiamo chiesto più volte che la Regione avesse un ruolo attivo su questa questione, di vicinanza sia agli Enti locali e sia ai cittadini che si sono mobilitati e abbiamo detto che la Regione aveva degli strumenti per agire poteva sospendere i lavori. C'è un'iniziativa giudiziaria, la Regione stia al fianco dei cittadini, visto che nessuno sa e ha verificato per bene i danni alla salute dovuti agli elettrodotti, perché vi sono ricerche in corso in tutto il mondo non completate. Allora quale occasione migliore per affermare anche un ruolo regionale, di quella di star vicino ai cittadini sospendere la costruzione di un'opera che non è né urgente né assolutamente necessaria e dare modo di capire quale è la questione.
Giungiamo al punto che dopo il decentramento dello Stato attraverso le funzioni regionali torniamo ad una situazione in cui lo Stato è più vicino ai cittadini del governo regionale: vedi la vicenda della diga di Mongrando. C'è voluto un Ministro della Repubblica, Ministro Ruffolo, per intervenire laddove poteva intervenire un potere locale più vicino a sostegno di iniziative dei cittadini. Vogliamo giungere anche sulla questione dell'elettrodotto a dimostrare che invece della Regione in modo più tempestivo e vicino ai cittadini interviene il Ministro Ruffolo? Se dobbiamo fare così faremo anche questo passo, ma noi siamo veramente disarmati da questa inerzia della Regione. Questa è un'ultima prova dopodiché le nostre cartucce istituzionali le abbiamo usate tutte interpellanze, ordini del giorno; in Consiglio regionale abbiamo finito.
Adesso ci sono ancora i cittadini fuori di qui, ci sono le associazioni alle quali noi daremo come Consiglieri regionali tutto il nostro sostegno per tutte le iniziative che vorranno fare, se faranno delle proteste saremo insieme a loro, non perché abbiamo la verità in tasca, perché su questo problema non ce l'ha nessuno, ma perché vogliamo capire e vogliamo avere il tempo di capire prima di realizzare le opere. Questa opera non è urgentissima e può aspettare qualche mese, visto che ha aspettato 11 anni e più, si faccia un punto fermo. La Regione prenda in mano la situazione sospenda un attimo questi lavori, faccia uno studio, si raccolga tutto quello che si sa e soprattutto si vada dal Pretore che è lasciato solo tra le parti, senza la presenza dell'istituzione pubblica (solo dei Consiglieri regionali), si vada dal Pretore con i nostri supporti tecnici a fargli esaminare lo stato della situazione per quanto ci riguarda. A me sembrerebbe un atto doveroso di vicinanza della Regione Piemonte ai problemi reali di cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Picco.



PICCO Giovanni

Non voglio prolungare il dibattito anche perché su questo argomento mi sono già espresso in precedenti occasioni in quest'aula e in particolare in un dibattito che aveva potuto puntualizzare alcune situazioni di merito quindi non è per latitanza sul merito che intervengo.
Ritengo però di dover ricordare che il ruolo della Regione rispetto a tutti gli atti propri di pianificazione si deve collocare in atteggiamenti di coerenza che non possono essere continuamente sollecitati e stravolti a seguito di eventi giudiziari. Gli eventi giudiziari si devono collocare in un'area e in un'alea di procedure rispetto ai quali la Regione interviene solo laddove e quando ritiene di non poter avere altro strumento per potere far salvi interessi pubblici di carattere generale.
In tutti gli atti propri della pianificazione, rispetto alla speculazione o agli interventi relativi a trasformazioni, la Regione non deve assumere come ordine di comportamento lo strumento del giudizio o della vertenza. Questa posizione la assume in termini di programmazione, di previsione, di stanziamenti che non vedo come possano essere sostituiti da atti ad andamento "stop and go" oppure ad andamento suscettibile di emotività particolare dovuta ad azioni proprie che riguardano interessi di alcuni gruppi di cittadini, oppure anche di larghe comunità di cittadini come nella fattispecie dell'elettrodotto.
Richiamo questo principio, perché non vorrei che sulla scia di queste vicende giudiziarie, che si possono trascinare su questa come su altre problematiche che domani possono riguardare le discariche dei pattumi o altro, si instaurasse una continuità di vertenza giuridica permanente rispetto alla quale la Regione deve sempre essere solo presente in termini di tutela giudiziaria. Ma se noi assumiamo questo atteggiamento allora rinunciamo a programmare, a prevedere, a predisporre i piani dei siti, i piani regolatori, a pianificare, perché ci sarà qualcuno che rispetto ad una logica propria di interessi procede e allora noi ci collochiamo in termini solo di reazione e di correzione rispetto a questa logica.
Dal punto di vista dei principi è a mio avviso un modo aberrante di collocarsi rispetto ai problemi. Richiamo quindi la responsabilità dei Consiglieri su questo problema. Ripeto, non dico questo per latitanza sul merito. Chi vuole sapere come la penso sugli elettrodotti vada a leggersi il mio intervento durante lo scorso dibattito. Non è per problemi che non attengono anche alla tutela di certe esigenze; è il modo di collocarsi della Regione rispetto ai problemi che non credo sia quello di collocarsi a rimessa sul versante giuridico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

In via del tutto teorica si potrebbe anche cogliere la sollecitazione del collega Picco, però qui ci troviamo di fronte ad una situazione, come tante altre, estremamente diversa. Ha ragione Chiezzi quando sottolinea questo tipo di problematica.
La Regione Piemonte è sostanzialmente assente sulle questioni che in particolare riguardano l'ambiente e la salute. I cittadini non si sentono tutelati da questo punto di vista.
Questo è un problema che dobbiamo affrontare. I cittadini per potersi tutelare di fronte all'assenza o, peggio ancora, all'indifferenza dell'Ente Regione nel dar loro gli strumenti di informazione e di conoscenza necessari per poter valutare la nocività o meno di un intervento sul territorio, hanno come unica strada percorribile quella di usare lo strumento della Magistratura. Allora se dei cittadini si rivolgono alla Magistratura per ottenere come primo diritto quello di avere informazioni per quanto riguarda gli effetti sulla loro salute, è chiaro che a questo punto le considerazioni che faceva il Consigliere Picco hanno una validità teorica, ma di fronte a questo vuoto la Regione non può che sostenere e intervenire nel merito della questione assumendo almeno un provvedimento.
Cioè attivando un procedimento di sospensione dei lavori in attesa di avere i chiarimenti necessari che sino ad oggi mancano. Questa è la risposta che dobbiamo dare, che poi ci sia il problema di entrare o meno nel giudizio questo lo possiamo anche decidere, però quello che interessa è che di fronte a questa situazione è indispensabile un provvedimento di sospensione e di impegno da parte della Regione per approfondire gli aspetti di nocività ai cittadini e all'ambiente che questo elettrodotto determina.
Questo è il vero punto da chiarire secondo me, altrimenti ci troveremo nella stessa situazione nella quale ci siamo trovati con il problema delle antenne delle radio e delle televisioni private: mancanza di informazioni mancanza di approfondimenti sufficienti a chiarire le conseguenze di questi interventi sul territorio. Questo è un problema veramente serio.
Appoggio quanto aveva già detto il Consigliere Chiezzi, cioè la necessità che la Regione dia un atto, un segnale di presenza ai cittadini e ciò ci permetterebbe di rientrare in gioco non attraverso la Magistratura ma espletando appieno il nostro effettivo ruolo.
Se questo non avvenisse è chiaro che a questo punto la Magistratura rimane, vivaddio, l'unico strumento da difendere e da utilizzare fino in fondo. Questo è un problema che secondo me andrebbe rivalutato alla luce degli elementi nuovi che sono emersi anche dal dibattito odierno.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di intervento in sede di discussione generale, ha la parola l'Assessore Vetrino per la replica.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Avevo osservato al termine del dibattito dell'1 ottobre, vista la complessità degli argomenti che avevamo trattato, che in fondo quel dibattito poteva avere una valenza non solo per la nostra Regione, ma anche addirittura di carattere universale, perché gli argomenti che avevamo trattato ci avevano posti di fronte a problemi che ci riguardano come uomini innanzitutto e quindi proprio per questo poteva essere, quel dibattito, di esempio e di stimolo anche ad altre sedi che hanno responsabilità nel campo politico ed amministrativo.
In quel dibattito infatti si era confermata in modo molto deciso una tendenza a proposito dell'elettrodotto Leinì Piossasco, rispetto al quale ognuno di noi aveva avuto negli anni passati delle forti perplessità per l'impatto di carattere ambientale che esso determinava sul territorio (ricordo che si tratta di un impianto che avrà 155 pali, che si svolgerà su un percorso che dal lato paesaggistico è di un certo pregio). Però in quel dibattito questi aspetti per certo verso erano stati, non dico dimenticati ma accantonati, perché più pregnanti, importanti e probabilmente anche più emotive erano le altre perplessità che erano sorte e che attenevano alla salute dei cittadini, che potrebbe essere compromessa da questo elettrodotto.
Devo tra l'altro informare il Consiglio che in Regione giace un'altra domanda dell'ENEL per un altro elettrodotto, la linea Moncenisio (c'è un'interrogazione del Partito comunista), ma finora noi non ci siamo espressi rispetto a questo elettrodotto.
Devo dire che di questo tipo di linea in Piemonte esistono già 675 chilometri, che in Italia di questo tipo di linea esistono 6.000 chilometri, che nel mondo di questo tipo di linea esistono 161.000 chilometri. Non solo, esistono degli studi per aumentare la potenza degli elettrodotti, per cui se ci sono oggi delle possibilità di influenze negative sulla salute all'attuale potenza, a potenza 1.000 o 2.000 queste influenze si moltiplicheranno.
Il problema che noi affrontavamo, al di là di rassicurare i cittadini di Rosta e degli altri Comuni su cui questo elettrodotto insorgeva, aveva valenza ed importanza di carattere universale.
Il Consiglio regionale nel corso della seduta del 1 ottobre dopo ampio e approfondito dibattito aveva approvato un ordine del giorno che - ha ragione Marchini - si ricollegava a quegli aspetti specifici per cui il dibattito era nato, e cioè in particolare all'elettrodotto Leinì-Piossasco ma portava al suo interno questa ansia di assunzione di responsabilità di carattere generale rispetto a questo tema e che oggi, in fondo, l'ordine del giorno del Consigliere Marchini richiama. In questo senso penso che possiamo essere assolutamente d'accordo; procediamo con quello che la Giunta ha già fatto a proposito della linea Leinì-Piossasco, e io avevo già dato ampia informazione nel corso dell'ultimo Consiglio rispondendo all'interrogazione dei Consiglieri Majorino, Ala ed altri, che la Giunta fin dal 20 ottobre aveva deliberato di interessare a questo riguardo, per lo specifico della linea Leinì-Piossasco, non soltanto l'USSL di Ivrea, ma anche l'Istituto di Medicina Legale dell'Università per dare alla Giunta delle certezze.
Il documento votato l'1 ottobre stabiliva che sulla base dello studio che ci verrà consegnato, rispetto al quale abbiamo posto il termine del 31 gennaio (provvederò a che la deliberazione venga consegnata a tutti i Consiglieri), la Regione Piemonte potrà assumere tutte le determinazioni di merito.
Questa decisione è stata assunta in quell'occasione dal Consiglio regionale in quanto da parte di molti Consiglieri si era rilevato che a proposito della materia sanitaria esistevano delle incertezze. Io non mi sento di affermare, come fa l'ordine del giorno del Gruppo comunista, che ci sono delle dimostrazioni incontrovertibili rispetto a questo aspetto.
Gli studi condotti, al di là della lettera dell'USSL di Ivrea che francamente anch'io non mi sento di condividere perché effettivamente affronta il problema con molta faciloneria e dà delle risposte che non sono certamente quelle che noi ci aspettiamo, sottolineano al contrario l'incertezza scientifica che ancora sussiste; non si hanno degli elementi certi in altre parti del mondo, anche se ci sono degli studi di ricerca approfonditi e non sappiamo ancora nulla per quanto riguarda il bacino geofisico piemontese. Noi speriamo che questo avvenga con la relazione dell'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Torino.
E' stata invocata l'osservanza di un articolo dello Statuto che è d'obbligo non solo per i Consiglieri di minoranza, ma per tutti i Consiglieri che fanno parte di questo Consiglio. L'articolo cui si è richiamato in particolare il Consigliere Adduci non chiede alla Regione di avviare delle iniziative giudiziarie per salvaguardare la salute dei cittadini; diciamo che interpretando il concetto ispiratore di questo articolo si può anche arrivare ad avviare un'azione giudiziaria. Questo è incontrovertibile, però devo dire che l'articolo è genericamente indirizzato ad assicurare che la Regione in ogni caso e per ogni evenienza deve avere soprattutto a cuore la salute dei cittadini. Ho detto l'altra volta, e lo ripeto, che fin quando non abbiamo uno studio più certo che magari ci ponga ancora dei problemi e questo studio lo vedremo tutti insieme e decideremo tutti insieme che cosa far seguire a questo studio sarebbe forse parso non soltanto quasi velleitario, ma anche allarmistico assumere degli immediati provvedimenti per il blocco di questa linea. Lo studio verrà, ci sono semmai delle rassicurazioni, perché sarebbe veramente drammatico dover constatare che in questo senso esistono dei pericoli reali. Al di là di consentire al Ministro dell'Ambiente un intervento che precorra quello della Regione, è compito della Regione fin da ora interessare non soltanto il Ministero dell'Ambiente, ma segnatamente il Ministero della Sanità perché questo tema è di competenza, come giustamente ha detto qualcuno, certamente del Ministero dell'Ambiente, ma anche di quello della Sanità.
In questo senso la Giunta ha già responsabilmente deciso di intraprendere la strada della maggior conoscenza senza fomentare l'allarmismo nella popolazione e più complessivamente in tutta la società piemontese, perché questi sono aspetti che quando prendono mano finiscono effettivamente per procurare delle grandi preoccupazioni forse oltre a quelle che sarebbero determinate o quelle che speriamo di non dover constatare quando avremo a disposizione lo studio.
Avevo anche già chiarito perché la Regione non aveva provveduto a costituirsi presso il Pretore di Avigliana. Qualcuno riteneva che sarebbe stato interessante far pervenire al Pretore di Avigliana la deliberazione con la quale la Giunta aveva assunto la decisione di commissionare questo studio. A questo informo che si è già provveduto. Credo sia più corretto eventualmente andare di fronte ad un Pretore, quello di Avigliana o forse anche in un'altra sede più alta, a sostenere delle tesi con delle fondamenta certe come possono essere quelle di uno studio qualificato quale può essere quello che avrà condotto l'Università di Torino.
Le azioni regionali senza pregiudiziale alcuna avranno luogo sulla base di quanto gli esperti che abbiamo incaricato ci faranno sapere, io mi auguro nel più breve tempo possibile.
Soltanto in questa chiarezza si potrà procedere su un tema complesso che non può essere così semplificabile. Gli interventi numerosi da parte dei Consiglieri in un dibattito che per certo verso è quasi una coda di un altro dibattito, dimostra che le perplessità esistono. Questa Giunta non ha la verità in tasca rispetto a questo problema; è perplessa perlomeno altrettanto quanto sono perplessi gli altri Consiglieri. Credo però che non si possa accusare la Giunta di non serietà quando noi immediatamente abbiamo provveduto ad interessare chi doveva essere interessato e attendiamo con fiducia i risultati degli studi.
Il problema posto da Marchini obbliga la Giunta ad interventi magari a livello ministeriale non tanto nel contatto dell'ENEL. perché questo Ente ci ha presentato una serie di argomenti rispetto ai quali queste argomentazioni sono dall'ENEL considerate assolutamente superate. Non si considera cio' dal loro punto di vista che gli studi finora portati avanti siano tali da poter giustificare la non considerazione di questo tipo di linea. Io credo che invece dobbiamo mirare molto più alto in un rapporto con chi ha responsabilità più alte e con chi ha strumenti adeguati, anche di collegamento internazionale, per poter arrivare a decisioni che abbiano questo senso.
La Giunta purtroppo non può condividere a questo punto l'ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista, anche se in alcune premesse noi ci potremmo ritrovare.
Riteniamo non esaustivo il documento che abbiamo approvato a maggioranza del Consiglio nel corso della seduta dell'1 ottobre 1987 e siamo anzi disponibili a considerare con favore l'ordine del giorno aggiuntivo e integrativo presentato dal Consigliere Marchini.



PRESIDENTE

Dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista è stata data correttamente l'interpretazione di intervento ad adiuvandum direttamente in causa; si tratta quindi di un documento estremamente chiaro.
Pongo pertanto in votazione tale ordine del giorno, che reca il n. 368 il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte richiamati gli ordini del giorno già approvati in merito al costruendo elettrodotto Leinì-Piossasco ricordato che numerose ricerche scientifiche, effettuate soprattutto da Istituti di ricerca statunitensi, ma anche dal Politecnico di Torino testimoniano, ormai incontrovertibilmente, che le linee ad alta tensione danneggiano gravemente la salute di quei cittadini che vivono nelle vicinanze delle linee stesse fatto presente che 500 cittadini abitanti a Rosta ed in altre aree sottostanti le linee dell'elettrodotto, vivamente preoccupati circa i gravi danni che l'esposizione ai campi magnetici può causare, hanno intrapreso una procedura giudiziaria davanti al Pretore di Avigliana a difesa della loro salute dato atto che alla prima udienza, tenutasi ad Avigliana il 9 ottobre 1987 alcuni Consiglieri regionali, ottemperando ad un loro preciso dovere istituzionale, sono intervenuti in giudizio a sostegno del fondamentale diritto alla salute di quei cittadini evidenziato che il Pretore di Avigliana, superando le istanze dell'ENEL volte ad impedire l'approfondimento di merito delle problematiche poste dai cittadini e soprassedendo alle richieste - avanzate sempre dall'ENEL tendenti ad impedire la costituzione in giudizio 'ad adiuvandum' dei Consiglieri regionali, ha convocato innanzi a sé, per il 20 ottobre 1987, i periti delle parti onde meglio definire la portata dell'impatto sanitario di quell'elettrodotto impegna la Giunta regionale, applicando l'art. 6 dello Statuto, ad avviare un'iniziativa giudiziaria atta a 'tutelare la salute' dei cittadini che dovrebbero vivere all'interno del campo magnetico generato dall'elettrodotto, con particolare riferimento ai cittadini di Rosta già presenti in giudizio, e a 'prevenire le cause che le provocano danno'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 15 voti favorevoli e 24 contrari.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 378 presentato dal Consigliere Marchini, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale attesa l'esigenza di verificare i pregiudizi che le linee di alta tensione possono arrecare ai cittadini, e nella specie ai cittadini interessati agli elettrodotti già esistenti nella regione invita la Giunta regionale ad avviare una approfondita indagine al riguardo valendosi degli apporti scientifici più qualificati a livello regionale e nazionale e ad assumere le conseguenti iniziative a tutela dell'incolumità e della salute dei cittadini piemontesi".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 24 voti favorevoli e 15 contrari.


Argomento: Parchi e riserve

Esame proposta di deliberazione n. 670: "Piano dell'area del Parco naturale delle Capanne di Marcarolo"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora la proposta di deliberazione n. 670.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Consiglio si appresta a votare l'istituzione del piano del Parco delle Capanne di Marcarolo. Si accinge a farlo, a nostro avviso, nel modo peggiore, perché si conclude una vicenda iniziata otto anni fa con l'istituzione del parco naturale e si giunge in dirittura d'arrivo con il cronometro alla mano per cui se il Consiglio regionale approvasse il piano qualche giorno dopo dovrebbe ricominciare l'iter daccapo. Questo piano è stato presentato ieri in Commissione e non si è dato modo assolutamente all'opposizione di poterlo esaminare e di dare quindi un qualsiasi contributo nel merito del piano stesso. Noi siamo imbavagliati.
Dato che ci consideriamo, come Gruppo comunista, uno dei Gruppi fautori e direi padri non solo ideologici, ma anche nel concreto di una politica dei parchi costruita con il nostro attivo apporto, il nostro senso di responsabilità ci ha impedito di utilizzare forme di contestazione di questo metodo, tali che impedissero alla Giunta di portare il piano in approvazione oggi. Questo senso di responsabilità comunque non attenua per nulla l'indignazione che noi esprimiamo verso il metodo d'agire della Giunta. E' un metodo sbagliato perché svilisce il ruolo dell'opposizione per l'assenza assoluta di un confronto di merito, di cui noi ci rammarichiamo perché pensiamo sulla base della nostra esperienza che avremmo avuto qualcosa da dire, anche in positivo, su questo Parco, per cui sarebbe stato possibile fare qualche correzione.
Perché non possiamo dare il nostro contributo? E' arroganza dei numeri? Spero di no, comunque non lo penso. E' incapacità di governo? O l'una o l'altra, ma di certo siamo di fronte ad una situazione che mortifica l'opposizione e questa non è cosa da poco dato che l'opposizione è l'altra faccia del governo. La dialettica della democrazia vive anche sull'opposizione e penso che nessuna maggioranza debba ritenersi autosufficiente. Nel poco tempo da cui sono in Consiglio regionale qualche spregio dell'opposizione da parte di questa Giunta l'ho già rilevato: penso alla vicenda della legge n. 18 quando in assenza dell'opposizione con un colpo di spugna e una leggina di dieci righe, composta di due articoli avete cancellato per un anno e mezzo la politica di programmazione nel settore delle opere pubbliche in assenza dell'opposizione, anzi, ben felici che l'opposizione se ne fosse andata. Questo è un comportamento pericoloso che oltre ad offendere noi probabilmente offende anche il ruolo del Consiglio regionale. Si vuole ridurre al teatrino nel quale la Giunta questo Consiglio regionale ad un teatrino nel quale la Giunta rappresenta le proprie azioni? Vi sentite obbligati ed è una tappa obbligata mal sopportata da voi? Stiamo attenti, perché questo modo di agire svuota le istituzioni che vivono anche della forza dei loro organi e la Regione ha come organo supremo il Consiglio regionale. Se si svilisce il ruolo del Consiglio regionale si svilisce il ruolo della Regione e su queste cose penso non si debba scherzare.
In ultimo - permettetemi - svilisce anche il ruolo della maggioranza.
La maggioranza non è mai autosufficiente, la maggioranza deriva la sua forza non solo dalle proprie azioni, ma anche dal confronto con l'opposizione. Senza questo confronto siete sicuri di riuscire a governare bene? Pur nella differenza dei ruoli e forse delle idee, siete sicuri di potere rinunciare ai contributi di critica, di stimolo e di proposta che l'opposizione in un regime democratico deve offrire? Noi avremmo offerto molto volentieri il nostro contributo di critica a questo piano.
Siamo preoccupati nel merito non tanto per le cose che presumiamo avremmo potuto offrire alla maggioranza su un atto che in via di principio condividiamo, ma siamo anche preoccupati perché se il metodo che avete seguito nei confronti dell'opposizione, nel redigere questo piano e presentarlo all'approvazione della Giunta, voi l'avete anche seguito in rapporto alle comunità locali e agli interessi che in luogo si formano attraverso questi piani, ritengo che forse qualche errore potreste averlo compiuto. Siamo favorevoli, e l'abbiamo dimostrato con gli atti, alla politica dei parchi e per questo non abbiamo sollevato questioni di procedura e abbiamo ammesso alla discussione questo piano. Dobbiamo dire che sul piano non sappiamo assolutamente cosa dire nel merito. Speriamo sia un buon piano, speriamo che le procedure di consultazione e di redazione del piano siano state le migliori possibili, speriamo che non ci siano errori o correzioni che avrebbero potuto essere fatti. Vi facciamo tanti auguri per questo piano. Il nostro rammarico è che questo piano non possiamo votarlo ed è ben strano che il Gruppo comunista sia messo in condizione di non votare il piano di un parco. Siamo molto dispiaciuti oltreché offesi e indignati, perché il metodo che ci offrite non ci consente di votare per uno dei parchi della Regione Piemonte. Non possiamo fare altro, per coerenza e per serietà nostra e di tutto il Consiglio, che astenerci su questo piano.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, desidero esprimere la soddisfazione del Gruppo socialista per questo provvedimento. La mia intenzione era di farlo con un certo entusiasmo finché non ho ascoltato l'intervento del collega Chiezzi che ha raffreddato il mio entusiasmo.
Finalmente comunque il piano viene approvato. Negli otto anni che sono trascorsi si sono incontrate molte difficoltà nella realizzazione del piano del Parco delle Capanne di Marcarolo. Si tratta di una conclusione che giudico positiva. Mi auguro si possa ora procedere alla nomina degli organismi che dovranno gestire il Parco.
L'intervento del collega Chiezzi ha raffreddato il mio entusiasmo perché ha posto un problema che non è di sostanza dicendo di essere dispiaciuto che non fosse stato possibile poter valutare nel merito il piano. E' un elemento che mi lascia perplesso perché è possibile, nella molteplicità dei problemi che occorre affrontare, che si giunga talvolta all'ultimo momento su una questione o sull'altra. Era comunque doveroso garantire il tempo necessario per un approfondimento dal quale sarebbe venuta una posizione, come ha detto il collega Chiezzi, che poteva anche essere favorevole.
Chiedo all'Assessore Vetrino se non sia possibile rinviare l'approvazione di questo provvedimento, senza comprometterne i risultati per consentire un approfondimento che veda il più largo impegno e la più larga adesione delle forze politiche che d'altro canto si sono impegnate nella politica dei parchi in generale, ma in particolare per quanto riguarda quello delle Capanne di Marcarolo. Ricordo che alcuni anni fa lo stesso Presidente Viglione fece visita in più di un'occasione al Parco delle Capanne di Marcarolo, quando sembrava che il traguardo fosse a portata di mano e invece era ancora lontano. Per questo motivo dico con soddisfazione che stiamo ottenendo un risultato.
E' possibile, Assessore Vetrino, spostare i termini per poter addivenire ad una soluzione che consenta a tutti, me compreso, di avere una visione anche di contenuto oltre che di conoscenza generale della situazione? Se ciò fosse possibile realizzeremmo un buon risultato; se non fosse possibile comprenderei le difficoltà, però dobbiamo evitare di agire sotto lo stato di necessità in cui ci siamo venuti a trovare. Anche a proposito del Parco della Garzaia di Valenza non abbiamo avuto molto tempo per ragionare. Ribadisco pertanto la richiesta di rinvio per consentire una soluzione positiva di questa proposta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Signor Presidente, sono molto rammaricata dell'intervento del Consigliere Chiezzi anche se molto onestamente devo dire che trovo perfettamente plausibili le sue rimostranze e che al suo posto mi sarei comportata nello stesso identico modo. Però devo anche spiegare all'assemblea i motivi di questo arrivo in extremis e le necessità che noi abbiamo di approvare assolutamente questa sera il provvedimento in esame.
Il Gruppo comunista nella riunione di ieri ha dimostrato di comprendere questa necessità e si è rammaricato di non aver potuto considerare nei contenuti il piano. Se può essere di una certa consolazione devo dire che come tutti i piani relativi a parchi anche questo è stato confezionato con l'ausilio di esperti e di tecnici dell'IPLA. Ricordo che in genere i piani dei parchi sono stati approvati senza che fossero apportate delle correzioni sostanziali da parte dell'assemblea. Il piano comunque non è definito, perché delle correzioni possono sempre essere introdotte, ma come ho già detto ieri in sede di Commissione - e lo ribadisco al Consigliere Rossa - non approvare oggi questo piano significa annullare il lavoro di otto anni e dover ricominciare daccapo tutto l'iter che è già stato compiuto. La legge regionale istitutiva del Parco delle Capanne di Marcarolo ha una storia difficile. Questa è certamente una delle zone più belle del Piemonte ed è giusto che noi l'abbiamo salvaguardata fin dal 1979, però si sono registrate delle difficoltà operative che si è potuto risolvere soltanto allo scadere dei termini, non consentendo però al Consiglio di svolgere una giusta azione di consultazione e di approfondimento del piano, ma i Consiglieri della zona sanno che ben altri sono i problemi che gravitano attorno a questo Parco. Il Parco è istituito dal 1979 e a distanza di otto anni non ha ancora il suo Consiglio di amministrazione e ci sono delle difficoltà di varia natura che nemmeno visite numerose in loco e interventi di Consiglieri di zona hanno finora potuto superare. C'è ora la possibilità, attraverso un accordo sulla delimitazione dei confini del Parco, di arrivare molto presto alla nomina del Consiglio affinché il Parco possa essere gestito come tutti gli altri 35 Parchi regionali finora istituiti.
Siamo arrivati in ritardo perché dopo la legge istitutiva del 1979 l'Assessore Rivalta, il 6 novembre 1984, faceva approvare alla Giunta il piano dell'area che poi ai sensi della legge ha cominciato il suo iter di consultazione che, come sapete, dovrebbe esaurirsi entro 90 giorni. Ci siamo accorti però che questo termine non era sufficiente per determinare le consultazioni da parte di tutti i soggetti interessati alla consultazione, per cui le consultazioni si sono trascinate per due anni e soltanto in data 5 maggio 1987 la Giunta ha potuto approvare l'esame delle osservazioni presentate al piano che era stato adottato. Da quel momento sempre ai sensi della legge, il piano passa al Comitato Urbanistico Regionale che purtroppo ha espresso il suo parere, dietro sollecitazione anche da parte del nostro Assessorato, soltanto nella seduta del 19 ottobre. Le cause quindi sono attribuibili un po' a tutti: alla lungaggine delle consultazioni e del Comitato Urbanistico Regionale che peraltro ha rilevato che noi abbiamo trasmesso il piano nel mese di giugno e si sa che luglio e agosto sono mesi non molto gestibili sotto il profilo delle riunioni dei Comitati e delle Commissioni, per cui il tempo a loro disposizione è stato molto ridotto.
Non sono qui a fare una difesa d'ufficio alle accuse che ci sono state rivolte, devo però dire che dietro a questo ritardo non c'è un'inerzia, non c'è la non volontà di perfezionare questo atto, bensì la volontà assoluta di perfezionarlo tenendo conto del fatto che attraverso questo strumento si adempie a due obblighi: realizzare un disposto della legge n. 52 istitutiva del Parco e sottoporre alla regolamentazione necessaria, ai sensi della legge n. 431, una parte consistente del nostro territorio.
Nel momento in cui alle Regioni si fanno accuse incredibili di inerzia e di mancanza di volontà di tutelare l'ambiente, anzi, di andare a ricercare dei momenti legislativi finti per dire di essersi adeguati alla legge n. 431, penso che poter approvare oggi questo piano sia un dato d'orgoglio per la Regione. Orgoglio che non è soltanto mio e della Giunta che rappresento, ma del Consiglio e delle Giunte che in precedenza hanno creduto in questa politica portandola avanti con perseveranza, come con perseveranza io credo vorrà continuare l'attuale Giunta.
Abbiamo fatto alcuni passi avanti consistenti in questi anni, la nostra Regione è stata additata come l'unica Regione che ha nel concreto istituito i Parchi: il nostro territorio è ormai vincolato al 5%, ci stiamo anzi avvicinando alla percentuale del 10% ancora ribadita dalla Comunità Europea attraverso una direttiva.
Al di là del disagio - che è anche tutto mio, se mi consente - che ho avvertito nel Consigliere Chiezzi, anche di rabbia per certo verso, penso che la valenza politica e culturale di questo momento debba farci guardare con più generosità a questi aspetti.
Devo anche dire che tra le forze politiche esiste a volte un "fair play" che peraltro il Gruppo comunista ieri ha dimostrato in Commissione non impedendo l'ulteriore decorso della deliberazione.
Analogo fair play fu dimostrato il 29 marzo 1985 quando all'unanimità fu approvata una deliberazione dell'Assessore Rivalta che, per la verità non avevamo esaminato con l'approfondimento che sarebbe stato necessario perché in quel momento si andava a definire una serie di aree a parco che via via stiamo perfezionando attraverso le leggi istitutive.
L'oggetto di quel momento era così alto (si trattava tra l'altro dell'ultima seduta del Consiglio regionale della III legislatura) che superammo quelle incertezze e votammo la deliberazione. Deliberazione che è difficile realizzare (si vedano i casi di San Mauro e Chivasso) perché la fretta - giustificata - di quel 29 marzo 1985 non ci ha forse fatto guardare con profondità a certe perimetrazioni, che d'altra parte la nostra legge consente possano sempre essere corrette.
Spero che il documento che stiamo approvando relativo alle Capanne di Marcarolo sia perfetto, anche se ci sarà, se si vorrà, tutto il tempo per poterlo modificare nel merito e nei contenuti.



PRESIDENTE

Pongo in votazione la deliberazione il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 21 voti favorevoli e 13 astensioni.
Pongo ora in votazione l'immediata esecutorietà, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole e pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 375 inerente al caso del carcerato Giulio Pala


PRESIDENTE

Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 375, firmato da tutti Gruppi, inerente al caso del carcerato Giulio Pala, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte premesso che ogni cittadino ha diritto, a prescindere dalla propria situazione economica, sociale e politica, a ricevere l'assistenza sanitaria di cui necessita, e a vedere applicati i principi di rispetto della vita umana considerato che il carcerato Giulio Pala, di 26 anni, affetto da sclerosi multipla e dichiarato invalido al 100% dalla Commissione Provinciale Sanitaria Invalidi Civili in data 9 luglio 1984, detenuto nelle carceri 'Nuove' di Torino, necessita di cure quotidiane incompatibili con lo stato di detenzione ed indispensabili a rallentare l'evolversi della malattia considerato inoltre che, dopo due anni di reclusione, fu scarcerato nel 1983 su ordinanza della Corte d'Assise di Torino per la 'verificata impossibilita' di attuare in carcere la terapia necessaria al rallentamento dell'evolversi del male e assicurare al prevenuto accettabili condizioni di sopravvivenza', e fu nuovamente incarcerato il 7 agosto 1987 per l'emissione della sentenza definitiva che lo condanna a scontare altri cinque anni di carcere considerato infine che il suddetto detenuto ha inoltrato richiesta per la concessione del differimento della pena al Tribunale di Torino visto l'ordine del giorno approvato all'unanimità dal Consiglio comunale di Torino nella seduta del 27 ottobre in relazione alla vicenda umana di Giulio Pala esprime la convinzione che occorra applicare criteri di umanità nei confronti dei casi quale quello suesposto, concedendo al detenuto, come previsto dalla legge, la possibilità di seguire le cure sanitarie di cui necessita dà mandato al Presidente della Giunta di farsi portavoce della volontà del Consiglio regionale presso il Presidente del Tribunale di Sorveglianza, affinché sia accolta, nei limiti di legge e secondo quanto previsto dall'art. 147, punto 2, c.p.p., la richiesta avanzata dai legali di Giulio Pala di sospensione dello stato di detenzione per differimento della pena invia il presente ordine del giorno al Ministro di Grazia e Giustizia e al Direttore del carcere 'Le Nuove' di Torino'".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Esame progetto di legge n. 306: "Sottoscrizione dell'aumento di capitale sociale della STEF S.p.A." ed esame relativo ordine del giorno


PRESIDENTE

In merito al progetto di legge n. 306 il Consigliere Ala ha sollevato la seguente questione sospensiva: "La Commissione non ha avuto sufficienti elementi di valutazione in merito e nella fattispecie: le risultanze della discussione del Consiglio di amministrazione della STEF sulla ridefinizione dei ruoli e compiti societari; osservazioni del Collegio sindacale in data 13/2/1986 e 16/1/1987; mancanza di una deliberazione di indirizzi da parte della Giunta regionale; mancata audizione del Consiglio di amministrazione STEF mancata chiarificazione in merito alle più volte ripetute affermazioni del Consigliere delegato della società SITAF, socio di minoranza della STEF che ha parlato di non affidabilità della società STEF; mancata chiarificazione dei rapporti in data recente tra SITAF e STEF; totale assenza di argomenti in merito alla relazione predisposta dalla Giunta regionale al disegno di legge".
Comunico inoltre che è stato presentato un ordine del giorno che reca la firma dei Consiglieri Valeri, Martinetti, Rossa, Ferrara, Marchini e Gallarini.
Il Consigliere Ala dichiara di mantenere la questione sospensiva pertanto sulla stessa è aperta la discussione.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Prendo la parola per motivare il perché noi, pur comprendendo pienamente le giuste ragioni che stanno alla base della proposizione della sospensiva, riteniamo di non potervi accedere, anche in omaggio ad un'iniziativa costante che ha visto il nostro Gruppo praticamente da solo chiedere per almeno due anni che la Regione, azionista di maggioranza assumesse chiari e definiti indirizzi, quindi le sue responsabilità in ordine al rilancio di questa o di similare sia pur diversa struttura idonea a far intervenire il settore pubblico nel campo della progettazione.
E' stato un lavoro che ha permesso di tenere aperta la porta all'obiettivo della progettazione pubblica nell'ambiguità e nelle incertezze che purtroppo invece hanno caratterizzato l'operato degli azionisti soprattutto di quello di maggioranza, che di fatto non ha neanche corrisposto agli impegni che pure in certi dibattiti l'avevamo costretto ad assumere. Ricordo il dibattito di mesi fa in cui avevamo precisamente convenuto che dovesse essere presentata una deliberazione di indirizzi che non è mai stata predisposta.
Quindi non la sospensiva, ma un ultimo (quello che dico è impegnativo e fortunatamente i verbali vengono redatti, per cui quanto viene affermato in questa sede risulta poi scritto) e non più appellabile momento di un faticoso lavoro, svolto purtroppo nell'isolamento, con qualche riconoscimento in buona fede da parte di altre forze politiche, ma con pochi risultati, che è stato quello di rendere evidente, soprattutto in un momento in cui il mercato della progettazione è molto unito e conglomerato a quello delle effettuazioni delle opere, il fatto che il sistema delle concessioni favorisce la crescita di poteri esterni alle istituzioni che per la loro consistenza, forza finanziaria, capacità di contrattazione stanno non solo facendo il loro specifico mestiere, ma addirittura spostano il centro della decisione politica dalle sedi deputate ad altre.
Quindi è necessaria una società di progettazione proprio in ordine a queste esigenze.
E' la STEF idonea o meno? Abbiamo degli elementi, e molti, per ritenere che l'attuale struttura della STEF non sia a ciò idonea.
Perché non abbiamo liquidato la morte della STEF? Avremmo potuto farlo visto tra l'altro che la Giunta e in particolare l'Assessore che ha preceduto l'Assessore Mignone, l'ossigeno glielo hanno fatto mancare in silenzio e forse con il sorriso sulle labbra. Riteniamo però che pur essendo difficile, è ancora possibile riutilizzare e rilanciare tale struttura, piuttosto che chiuderla perché non si sarebbe mai più parlato di progettazione pubblica.
Sono parole disincantate e del tutto realistiche. Non siamo innamorati di questa società, mi permetto anzi di dire che nel 1982 quando approvammo la legge istitutiva io espressi fondate perplessità perché si ereditava una struttura che aveva avuto altra genesi ed altra storia, ma ritenevamo comunque di poter fare un'operazione in avanti per l'obiettivo che ci eravamo dati.
Ho ricordato queste motivazioni non solo al collega Ala che ha sollevato la sospensiva, ma anche ad altri che sono in questa direzione perché è del tutto legittimo assumere delle iniziative, però si devono collocare sul livello dei problemi e su quella che noi chiamiamo "l'ultima possibilità" che ci è concessa.
Da questo lato, l'avanzare dei tempi e la crescente insostenibilità della situazione all'interno della STEF (mi auguro anche da parte del nuovo Assessore, che peraltro l'ha espresso, e di forze politiche) hanno portato alla redazione di un ordine del giorno che tra l'altro è stato dovuto in particolare alla puntualità dell'impegno del Presidente dell'VIII Commissione, compagno Valeri, e anche dal fatto che gli altri colleghi sono stati d'accordo, il che è un passo nuovo.
E' un passo nuovo perché non sta dentro ai classici ordini del giorno non chiede degli impegni senza scadenze, ma subordina (questa è la novità) la deliberazione di sottoscrizione dell'aumento di capitale a tre atti molto impegnativi che sono: la formulazione della deliberazione di indirizzi, identità e prospettive; attribuzione di compiti progettuali concreti e attuativi di questo punto; presentazione da parte della STEF della relazione previsionale e di assunzione di prime misure di ristrutturazione atte a rendere tale società, che oggi non è, idonea a corrispondere agli scopi sopra individuati.
I 700 milioni che la Regione spende rappresentano un atto significativamente sottoscritto da altre forze politiche che hanno anche compiti di maggioranza - che sta a significare che noi emaniamo la legge per aprire un'ultima speranza alla progettazione pubblica e condizioniamo il concreto esborso di denaro alla presentazione reale di prospettive e di atti.
Siamo contenti che altri Gruppi e la stessa Giunta si vogliano confrontare con noi sulle esigenze di una presenza pubblica nel campo della progettazione sia essa di impatto ambientale sia essa di interlocuzione con questi soggetti forti, che non solo fanno la progettazione, ma prendono le decisioni anche di quando e come fare le opere a danno delle istituzioni a ciò deputate. Mi auguro che questi concetti rientrino in una cultura più ampia che non quella del nostro Gruppo o di altri, e che si trasformino in un atteggiamento istituzionale.
Non ci sentiremmo in altra maniera, pur avendone tutte le ragioni Consigliere Ala, di liquidare oggi, perché non sottoscrivere l'aumento di capitale vuol dire questo, la STEF senza aver tentato quest'ultimo passo.
Noi riteniamo che questo passo si debba fare.
Siamo anche a dire che se la liquidassimo e pensassimo di costruire una società nuova, forse saremmo più liberi dai vincoli che abbiamo, ma mi chiedo se ci siano le condizioni. Se mi si rispondesse da parte della Giunta e della maggioranza che ci sono le condizioni, noi non avremmo molti dubbi anche ad arrivare a questo punto, ma non ritengo sia questo il caso nella fattispecie.
Daremo voto negativo alla sospensiva per queste ragioni, che non sono quindi una controdeduzione nel merito né la manifestazione di minore preoccupazione di quella che viene esternata dal collega Ala, al quale anzi dico che il cumulo di preoccupazioni, ma anche l'esigenza di arrivare ad un obiettivo (caratteristica che non può essere assente dalla sinistra, la quale si pone compiti progressivi soprattutto in un settore come questo) ci fanno dire che dobbiamo tentare questa ultima fermata dell'autobus. Se poi l'autobus non si fermerà saremo i primi a scendervi molto velocemente.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Vorrei esprimere due considerazioni, tenendo conto che la questione della sospensiva è destinata ad infrangersi contro un ordine del giorno di diverso tenore, che è ampiamente rappresentativo delle forze politiche presenti in Consiglio.
La prima considerazione è che il carattere di urgenza richiamato dal collega Bontempi può essere superato in altra forma, ovvero prorogando i termini per la sottoscrizione dell'aumento di capitale. E' un fatto tecnicamente possibile.
La seconda considerazione è che la questione sospensiva è legata a norme e procedure regolamentari: fa riferimento esplicito al fatto che quale Consigliere regionale, non sono stato messo in grado di valutare una serie di elementi che ritengo preliminari, necessari per permettermi l'acquisizione di un'esatta conoscenza della materia. La questione che ho sollevato quindi non entra né nel merito se la Regione debba tenere in vita o meno la STEF né nel merito del fatto se, a maggior ragione, la Regione debba avere, in una qualche forma, una società di progettazione pubblica.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola sulla questione sospensiva sollevata dal Consigliere Ala la pongo in votazione.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La proposta è respinta con 3 favorevoli e 31 contrari.
Passiamo pertanto all'esame del progetto di legge n. 306.
Relatore è il Consigliere Martinetti che ha dunque la parola.



MARTINETTI Bartolomeo, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, poiché trattasi di un argomento non licenziato all'unanimità dalla Commissione competente che come già si è visto, darà luogo a un dibattito, è bene che le valutazioni della maggioranza della Commissione siano portate a conoscenza del Consiglio.
Con deliberazione dell'assemblea straordinaria della STEF del 30/1/1987 è stato approvato l'aumento a pagamento del capitale sociale di quella società da L. 500 milioni a L. 1 miliardo e 500 milioni.
Successivamente il Consiglio di amministrazione della società ha deliberato di dare esecuzione all'aumento di cui trattasi offrendo in opzione agli azionisti, in ragione dell'attuale rispettiva quota di partecipazione al capitale sociale, le nuove azioni emesse.
Al fine di conservare alla Regione Piemonte l'attuale livello di partecipazione al capitale sociale della STEF la Giunta ha proposto con il presente disegno di legge la sottoscrizione di n. 70.000 nuove azioni per un importo di spesa di L. 700 milioni.
Il disegno di legge reca la necessaria indicazione della copertura finanziaria realizzata attraverso idonea variazione di bilancio.
Il disegno di legge è stato attentamente vagliato nel corso di due sedute da parte dell'VIII Commissione, alla luce anche della documentazione richiesta dai Commissari e fornita dalla Giunta regionale.
La Commissione ha preso atto delle motivazioni illustrate dall'Assessore competente relativamente alla necessità dell'aumento di capitale deliberato dall'assemblea straordinaria della STEF in data 30/1/1987.
Di fronte alla precaria condizione del bilancio sociale della società in oggetto, quale appare dai verbali delle assemblee del 30/1/1987 e dell'1/10/1987 e dalla relazione del Collegio sindacale sulla situazione economica e patrimoniale del 31/8/1987, è stato sottolineato che il nuovo intervento finanziario della Regione diretto a mantenere l'attuale livello di partecipazione al capitale sociale si inquadra nella volontà di sostenere la società in vista di un pieno recupero della funzione che la Regione stessa le aveva assegnato e che è ritenuta ancora attuale e passibile di positivi sviluppi.
La Commissione ha anche rilevato che il presente disegno di legge è finalizzato ad autorizzare la Giunta regionale a sottoscrivere le nuove azioni per contribuire in base alla propria quota partecipativa all'aumento di capitale.
L'attuazione dell'intervento finanziario è tuttavia subordinata ad uno specifico atto deliberativo della Giunta stessa, la quale prima di tale provvedimento potrà e dovrà verificare ulteriormente la congruità degli indirizzi e dei programmi della STEF rispetto alla indispensabile azione di risanamento e di sviluppo societario, nonché definire le iniziative con cui la Regione affiancherà la STEF nel suo impegno di rilancio operativo.
Questi indirizzi sono contenuti nell'ordine del giorno concordato anche con una parte della minoranza della Commissione.
Sulla base delle precedenti considerazioni, l'VIII Commissione ha approvato a maggioranza il disegno di legge integrando parzialmente il testo dell'art. 1 e disponendo alcune modestissime modificazioni formali.
Ne raccomanda l'approvazione al Consiglio regionale con l'urgenza richiesta dai termini di tempo per i successivi adempimenti.
La I Commissione ha deliberato favorevolmente in merito alla norma finanziaria di cui all'art. 2.



PRESIDENTE

Sulla relazione del Consigliere Martinetti è aperta la discussione.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Majorino. Ne ha facoltà.



MAJORINO Gaetano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, devo fare presente, come avevo peraltro già dichiarato in Commissione, che in linea di principio non sono contrario alla società pubblica di progettazione.
Le ragioni che però inducono in questo momento ad esprimere un voto negativo all'aumento di capitale sono le seguenti. Già il 30/1/1987 in sede di assemblea che deliberò l'aumento di capitale l'allora rappresentante della Regione, Assessore Cerutti, condizionava, non nella forma, ma nella sostanza, la propria adesione all'aumento di capitale osservando che era necessario, di fronte alla situazione già pesante che era venuta prospettandosi, trovare nuove commesse e nuovi incarichi per la società e soggiungeva che "a fine anno si attende un miglioramento della situazione, in caso contrario non può che arrivarsi allo scioglimento".
Nell'assemblea ordinaria del 18/6/1987 era presente per la Regione Piemonte l'Assessore Vetrino, il quale senza mezzi termini dichiarava, in aderenza a quella che era ed è tuttora la realtà, che non si nascondono le reali difficoltà dell'esercizio in corso. Mentre il Presidente del Collegio sindacale ribadiva, richiamandola all'attenzione degli azionisti, l'odierna pesante situazione contabile.
Arriviamo poi all'assemblea straordinaria dell'ottobre 1987 che è stata convocata su richiesta del Collegio sindacale, il quale ha imposto per legge questa assemblea straordinaria mettendo in evidenza il fatto che c'era una perdita superiore agli 800 milioni e quindi in base alla legge era necessario provvedere allo scioglimento della società salvo diverso provvedimento sostitutivo che è stato preso con l'aumento di capitale.
Un provvedimento di aumento di capitale si deve basare su ragioni di opportunità e convenienza politica che a nostro parere non esistono né si può sperare ci siano nei termini peraltro necessariamente brevi posti dall'ordine del giorno dati i precedenti, infatti già nel gennaio 1987 si parlava della necessità di commesse che avrebbero dovuto venire e di previsione dello scioglimento in mancanza di queste.
A mio avviso è una pia illusione non solo quella di ritenere che entro fine anno potrà esserci la deliberazione di indirizzi, ma che vengano a realizzarsi quelle commesse indispensabili che, come calcolava ieri esattamente il collega Ala, dovrebbero avvicinarsi intorno ai 4-5 miliardi se si vuole evitare che il passivo del 1988 non porti a fine anno una situazione pre-fallimentare come quella odierna.
Quindi, la mancanza di commesse che pure erano ritenute necessarie nel gennaio 1987 e l'impossibilità seria ed oggettiva che ci siano nei restanti due mesi dell'anno, sono motivi che di per sé suggeriscono di non autorizzare la Giunta a sottoscrivere nuove azioni anche se, come viene messo in evidenza nell'ordine del giorno, questa autorizzazione è ancora subordinata al verificarsi di determinati eventi.
C'è ancora una ragione concorrente a queste considerazioni ed è una ragione sulla quale sia nel dibattito della settimana scorsa sia in Commissione ho chiesto spiegazioni all'Assessore, ma che finora non ho avuto, cioè sulla validità tecnico-progettuale della STEF. Mi pongo questa domanda perché in tutti i verbali delle assemblee e dei Consigli di amministrazione è stato posto in evidenza il fatto che non ci sono più commesse ed ormai è chiuso il capitolo dell'autostrada Torino - Rivoli Susa. E' chiuso perché la commessa del progetto esecutivo non c'è e lì si innesta il discorso della commessa data allo Studio veronese, sul quale non voglio ritornare per fare una polemica sia pure breve, da parte della SITAF.
Nel 1973 la STEF aveva avuto la commessa non solo del progetto di massima, ma anche di quello esecutivo, infatti nel verbale dell'assemblea che approvava il bilancio dell'anno 1973 si legge - sono parole dell'allora Presidente del Consiglio di amministrazione (in quell'epoca la Regione non era ancora entrata nella società) che "La SITAF ha stabilito di affidare alla nostra società l'incarico per l'aggiornamento e il completamento del progetto di massima oltreché di predisporre il progetto esecutivo dell'intera arteria autostradale" e aggiunge: "come da contratto stipulato in questi giorni, precisamente il 23/3/1974". Se le parole hanno un senso significa che ad un certo momento la STEF ha avuto anche la commessa del progetto esecutivo che invece, è fatto pacifico e notorio, nei mesi scorsi la SITAF ha ritenuto di affidare ad altri. I casi sono due: o la SITAF lo ha affidato ad altri in quanto ha ritenuto che la STEF non aveva nel suo organico le capacità progettuali per mandarlo avanti e allora anche questo è un argomento di cui si deve tenere conto per sapere se dobbiamo sottoscrivere o meno l'aumento di capitale, oppure è stato "scippato", le è stato tolto senza protesta alcuna da parte degli amministratori, senza che si chiedesse una penale per questa inadempienza. Questo elemento, di un certo peso, è da valutare insieme agli altri per poter decidere se sottoscrivere o meno l'aumento di capitale. Il Gruppo MSI-DN darà pertanto voto contrario al progetto di legge in esame.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Intervengo nel merito, anche se gran parte delle argomentazioni per le quali voterò contro sono quelle che mi hanno spinto a sollevare la "questione sospensiva". Le mie perplessità e numerosi elementi da chiarire rimangono. Poiché non si sono chiarite, illustrerò nel merito le mie perplessità, in base alle quali valuto questa spesa di 700 milioni incauta.
Tra l'altro, con la Borsa di Wall Street a Milano in declino, credo che comprare azioni in questi giorni sia un'operazione incauta in senso generale, tanto più di una società...



MIGNONE Andrea, Assessore alla viabilità

Può essere vero il contrario: gli speculatori acquistano adesso.



ALA Nemesio

Noi dovremmo essere dei pubblici amministratori e non degli speculatori. Non sappiamo neanche quanto valga un'azione della STEF; non è quotata in Borsa. Chissà cosa sarebbe successo se fosse stata quotata in Borsa una simile società.
Vorrei comunque leggere alcuni passi tratti dal settimanale di informazione "Luna nuova" di Avigliana. Franco Frojo, Amministratore delegato della SITAF, dichiara: "La STEF era assolutamente inadeguata per la progettazione esecutiva". Questo concetto è variamente sviluppato nelle pagine interne e rappresenta ormai un refrain, un ritornello con cui la società SITAF parla della STEF da alcuni mesi. Di per sé la cosa potrebbe avere una rilevanza del tutto marginale, ma non è così perché la SITAF è l'altro azionista della STEF. Noi ci imbarchiamo ulteriormente in una vicenda in cui il nostro partner di minoranza, che quindi rischia anche di meno, è poi il primo a sparare bordate contro questa società, a toglierle i lavori precedentemente affidati. Il fatto è ancor più grave se si pensa che il Presidente della SITAF e il Presidente della STEF sono casualmente - o meno - la stessa persona. Quindi da una parte si dice che è meglio non parlare della STEF, dall'altra parte si è comunque dentro il Consiglio di amministrazione della STEF, a chiedere a noi i soldi. Questo era un elemento sul quale avevo bisogno di chiarezza e continuo ad averne perch abbiamo un partner probabilmente inaffidabile e assolutamente non interessato alla salute e alla salvezza di questa società. Se dobbiamo avere una società di progettazione, fatto sul quale si può discutere, ma al di fuori di questa specifica vicenda, credo che dovremmo trovare altri soci e altri capitali provenienti da altre parti. Non rivolgersi ad un socio che toglie il lavoro alla STEF, ad un Presidente che, tra l'altro, ha convocato l'1 ottobre 1987 il Consiglio di amministrazione per prendere provvedimenti ai sensi dell'art. 2447 del Codice Civile, cioè lo scioglimento anticipato della società, presentando un bilancio negativo rispetto al quale per compare, secondo una precedente relazione dei Sindaci, al 31 dicembre 1986 la cifra di L. 1.698.000.000 di debiti della SITAF nei confronti della STEF. Sono elementi rispetto ai quali non si può andare a votare senza avere chiarezza. Non solo non è chiaro se quest'altro socio sottoscrive le azioni, ma neppure se intende pagare i propri debiti (L. 1.698.000.000) nei confronti della STEF, la quale alla fine di luglio aveva uno sbilancio di L. 831.000.000 che questo aumento di capitale di fatto non farebbe altro che ripianare. E' anche chiaro però che la STEF accumula ormai circa 120.000.000 al mese di bilancio negativo. Si possono buttare tutti i soldi che si vogliono, ma o si sceglie di buttare in media 120.000.000 al mese altrimenti non si intravede assolutamente una via d'uscita, rispetto alla quale invece si torna sempre a parlare. Già nel mese di gennaio si chiedeva una ridefinizione dei ruoli e dei compiti e la ristrutturazione della società. Nella stessa sede però questa discussione viene rinviata.
Rinviata a quando? Io non l'ho mai capito e ritengo sia stata rinviata all'infinito. Nel frattempo aumentiamo il capitale, per farne cosa? Per quali nuovi compiti della società si vedrà dopo. Ma non è più chiaro quando: dopo gennaio si è svolto un dibattito in quest'aula il 12 marzo adesso in maniera un po' troppo ingenua si propone un'altra attesa di due mesi per definire, per vedere, per fare. Forse i tempi della Regione sono più lunghi perché l'iter di approvazione delle deliberazioni è complesso però rispetto ad un Consiglio di amministrazione di una società, da gennaio ad oggi, i tempi erano sufficienti almeno per chiarire in che cosa dovesse consistere la ristrutturazione della società e i nuovi punti rispetto ai quali la società contava di impegnarsi.
Si vedono invece cose fumose: la relazione dei Sindaci dice, per esempio, che la STEF proprio per le sue caratteristiche è continuamente costretta a rivolgersi a numerose consulenze esterne che fanno sì che solo una piccola parte delle somme delle commesse per le progettazioni, quelle nel campo ospedaliero ad esempio, resti di fatto all'interno della STEF; la maggior parte viene iscritta nell'attivo, però poco dopo esce come consulenza esterna, quasi si trattasse di una partita di giro.
Ritengo che questo aumento di capitale sia niente altro che il ripianamento di un deficit, di un buco pregresso e non invece un serio apporto di denaro liquido nelle casse della società.
Queste motivazioni fanno sì che io torni a richiedere lo spostamento della data di scadenza della sottoscrizione delle azioni, anziché sostenere un salvataggio quanto mai discutibile, un salvataggio rispetto al quale non si intravede per la Regione alcun utile e possibile beneficio.
Una società di progettazione la si può anche costruire con altri soci ma non in questo modo e in questa forma, non senza le necessarie garanzie che qui e ora non si vedono. Del resto, questi anni hanno dimostrato che società per azioni come queste (e questo vale sia per la SITAF che per la STEF) tengono conto soltanto delle pure razionalità di natura aziendale e assolutamente non curano né ascoltano gli indirizzi provenienti sia dal Consiglio che dalla Giunta regionale.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la nostra parte politica in Commissione ha acconsentito all'avvio di questa legge che realizza le condizioni di un'eventuale decisione di governo da parte della Giunta su questa materia; il Consiglio con propria legge garantisce il capitolo finanziario e la copertura relativa al momento meramente fiscale in ordine a questa operazione.
Sul merito dell'operazione il nostro Gruppo si pronuncerà ai sensi dell'orientamento che è emerso nella relazione del collega Martinetti, a seguito di una comunicazione della Giunta e del dibattito sul documento che anch'io ho sottoscritto.
Quindi l'intervento del nostro Gruppo potrebbe esaurirsi in questo: sì alla prenotazione di risorse utilizzabili in questo senso, forti riserve sull'opportunità di utilizzarle poi concretamente.
Peraltro, anche per debito di correttezza verso i colleghi che hanno anticipato alcune loro valutazioni di merito, vorrei fare alcune brevi considerazioni. Ha detto bene Bontempi che questa è un'operazione non voluta nel senso che non si tratta di una struttura costruita, bensì ereditata e come tutte le cose ereditate anche se sono gioielli di famiglia comportano di norma grossi costi di manutenzione e hanno dimensioni inadeguate rispetto alle esigenze dell'attuale.
Ho l'impressione che la Giunta dovrà verificare l'atteggiamento sul quale chiederà il giudizio politico del Consiglio facendo in primo luogo una considerazione di carattere preliminare: se la Regione è un ente di programmazione ha davvero senso che la Regione sia all'interno di una società di progettazione che è il momento più pregnante dell'attività di amministrazione e di gestione diretta? Mi sembra una forte contraddizione in termini.
Questo non vuol dire che la STEF non possa svolgere un ruolo, ma deve e potrebbe svolgere un ruolo, a mio modo di vedere, non tanto di progettazione, ma di progettualità. Che differenza c'è fra i due termini almeno per il mio povero italiano? Che la progettazione è il momento successivo alla decisione, cioè l'attuazione in termini pratici di progettazione ingegneristica ed economica di un progetto decisionale compiuto. La progettualità invece è una verifica a monte delle condizioni del processo decisionale. Quindi mi sembrerebbe più giusto immaginare l'esistenza di una società che abbia professionalità di questo tipo impegnata sul fronte della progettualità, cioè della verifica a priori delle condizioni di fattibilità di talune ipotesi di politica regionale.
Faccio un esempio: qualcuno ragiona già sul traforo del Ciriegia. La STEF dovrebbe essere culturalmente nelle condizioni, su queste ipotesi di ragionamento che non sono ancora cresciute, di predisporre per il decisore politico i quadri di riferimento del ragionamento politico, non il quadro di progettazione della decisione politica, che non è di competenza nostra bensì di altri soggetti. Se non facciamo questo, anche dal punto di vista della questione morale, ci mettiamo in una situazione di delicatezza. Come liberale non capisco perché ci debba essere sul piano dell'attività professionale un privilegio nei confronti di qualcuno solo perché socio della Regione. Potrei capirlo se fossero opere della Regione, ma sostanzialmente noi andiamo a sponsorizzare un ente di cui siamo soci nei confronti di soggetti esterni (Comuni, Province, enti di diversa natura).
Questo è un passaggio delicato, che diventa poi delicatissimo, se è vero quanto sta scritto nella relazione testé letta dal collega Ala, che poi a sua volta la STEF affida all'esterno la progettazione concreta. Questa serie di passaggi in cui la Regione, essendo gravata della qualità di socio, sponsorizza presso qualcuno questa società, la quale poi di fatto trasferisce all'esterno l'incarico finale, è un tipo di filiera che crea qualche problema.
Ritengo che dobbiamo ripensare il ruolo della STEF. Questo non vuol dire che non darò giudizio positivo su una eventuale ipotesi tradizionale della STEF che ci venisse illustrata dall'Assessore, anche se rimarrebbero comunque alcune riserve perché indubbiamente da liberale non riesco a capire perché uno studio professionale debba essere privilegiato rispetto ad altri solo perché ha dei soci pubblici, con grandi pregiudizi per la professionalità e la capacità finale. Ma non è questo il problema: il problema è politico, cioè capire se noi abbiamo interesse ad investire risorse per pagare costi per un'attività che il mercato delle professioni è in grado di risolvere, quando manchiamo di qualcuno che ci aiuti non a progettare, ma a valutare i problemi, ad esempio il territorio. Dovremmo perciò costituire un gruppo di lavoro capace di anticipare i temi e sui temi accennati predisporre a favore della Regione decisore, quindi del Consiglio regionale, delle Commissioni e della Giunta, materia tecnica che abbia elaborato le ipotesi sulle quali confrontarci come decisori politici.
In questo senso mi pare pienamente centrato il suggerimento dato dal Capogruppo comunista che questo significa anche ripensare ad una ristrutturazione forte della STEF che dovrebbe essere pensata come un gruppo di operatori altamente qualificati, ma che nel loro complesso coprano più versanti della professionalità, in modo da poter svolgere un lavoro interdisciplinare.
A me sembra difficile immaginare altri spazi seri. Io non vedo perch si debba polemizzare in quest'aula, anzi, è giusto che si polemizzi, ma è anomalo che lo si faccia sul fatto che la SITAF non ha commissionato alla STEF dei lavori. Al massimo si dovrebbe polemizzare o chiedersi perché i lavori sono stati dati a Tizio anziché a Sempronio, non perché non si sono dati a Caio; Caio non ha un diritto, non ha una riserva né politica n professionale per essere comunque il primo a dover essere destinatario di un incarico professionale di questo livello. E' legittimo che qualche Consigliere si interroghi sul perché è stato scelto qualcuno, non perché è stato escluso qualcun altro. Questo fa emergere l'impressione che la STEF debba essere il destinatario privilegiato della commessa pubblica: è una strada che noi riteniamo di non dover seguire fin quando la STEF non avrà acquisito una sua specificità. La specificità che ritengo di poter suggerire al socio Regione all'interno della società è sul versante della progettualità rispetto alla quale, a mio modo di vedere, commesse significative da parte degli enti pubblici e in particolare dalla Regione possono venire.
Non capisco che cosa la Regione possa affidare alla STEF, la Regione non deve depositare niente, ma se si tratta di individuare a priori quali sono le condizioni economiche e tecniche ad esempio di un eventuale traforo del Ciriegia o del Parco fluviale del Po, ci sono alcune implicazioni di ordine tecnico non squisitamente idraulico, ma di opere civili. Per esempio, che cosa comporterà la chiusura delle cave? Sono questioni che hanno molto a che fare con la capacità di ridurre in termini progettuali grossi problemi. Potrebbe essere la specificità rispetto alla quale si giustificherebbe l'onere finanziario che comunque ricadrebbe sul soggetto regionale, così come è indicato dal collega Ala.
Queste indicazioni sono state espresse in primo luogo come rispetto ai colleghi dell'opposizione che hanno ritenuto di avviare il ragionamento sul merito, non sono ovviamente decisive da parte del nostro Gruppo e non sono preclusive di tutte le altre ipotesi di lavoro e di sviluppo che la società dovrà avere nel futuro.
Non posso che condividere quanto espresso dal collega Ala il quale chiede che su questa questione si metta un punto fermo.
La STEF nel 1988 esisterà, se dovrà esistere, diversa; non esisterà più se si riterrà opportuno che non esista più. Non è più possibile, anche per le ragioni di opinione che si sono create intorno a questo problema continuare in una situazione di incertezza.
Ribadisco comunque che mi pare più praticabile l'ipotesi di una società ridotta a gruppo di forti capacità tecniche, che abbia una funzione sul piano della progettualità e cioè dell'anticipazione dei problemi e la loro riduzione ad elementi tecnici di valutazione, che non alla progettazione (momento finale che è a valle del processo amministrativo) rispetto alla quale la Regione è completamente estranea. Capirei una società sostenuta dal Comune e dalla Provincia di Torino che hanno funzioni amministrative la capisco poco da parte di una Regione che in teoria non deve intervenire nel momento gestionale e poi pretende di intervenire nel momento gestionale finale, addirittura nella progettazione attraverso un suo ente strumentale.
Questo mi pare poco coerente rispetto al quadro che cerchiamo di costruire in ordine alle funzioni e alle competenze della nostra istituzione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Mignone per la replica.



MIGNONE Andrea, Assessore alla viabilità

La Giunta non può esimersi da alcune precisazioni oltre a quanto già riferito in Commissione, ma è evidente che non tutti i colleghi erano presenti ai due dibattiti che in Commissione abbiamo svolto sul disegno di legge.
Non ho fatica a riconoscere che noi scontiamo dieci mesi di ritardo perché in verità il processo che ha portato all'aumento di capitale e alla decisione di definire indirizzi nasce nel mese di gennaio 1987. In oggi non siamo ancora riusciti a completarlo sul piano legislativo, come autorizzazione alla Giunta a sottoscrivere l'aumento di capitale, e sul piano programmatico con la definizione degli indirizzi, perché da un lato vi è stata la vicenda della definizione dei vertici della società dall'altro il momento elettorale che per cinque mesi ha praticamente bloccato questo processo.
E' anche per questi motivi che la Giunta responsabilmente e consapevolmente accede alle indicazioni contenute nell'ordine del giorno presentato, in quanto ritiene giusto e corretto per l'Amministrazione rinviare il momento in cui di fatto si verseranno i soldi alla società ad una verifica delle condizioni di questa società in un'ipotesi seria e concreta di riorganizzazione al suo interno e di ridefinizione del ruolo.
Sul ruolo non vi sono linee molto definite. Deve essere una società che ha il controllo di qualità della progettazione oppure non deve più avere un ruolo di "patronage" rispetto a commesse che non è in grado di assolvere e che pertanto distribuisce all'esterno? Occorre riflettere su questo perch non può escludersi che una società di progettazione debba avvalersi per segmenti particolari di specifiche consulenze esterne, però si tratta di capire qual è il punto di equilibrio in termini percentuali fra un aspetto e l'altro. In presenza tra l'altro di un fatto che va riconosciuto: l'altro socio è evidente che ha perso parte del suo interesse all'interno della società.
La Giunta ritiene che vi sia lo spazio per una società di progettazione pubblica, specialmente in settori particolarmente innovativi. I colleghi Marchini e Bontempi hanno delineato una traiettoria che può essere utilmente perseguita. E' questa la ragione di fondo che ha convinto la Giunta a fare un ultimo tentativo allo scopo di mantenere una società pubblica nel settore della progettazione andando a ridefinirne le finalità.
E' evidente che nel contingente abbiamo l'impegno e l'esigenza di affidare alla STEF una serie di progettazioni, anche se talora nell'immediato possono comparire anche eterogenee tra di loro. E' chiaro però che questo è l'altro passo legato alla sottoscrizione dell'aumento di capitale: superare un punto morto per mantenere la società e nel contempo incidere nei nodi che sono stati da più parti rilevati. Ridefinire l'organizzazione interna e soprattutto gli obiettivi non significa fare un mero ragionamento di riduzione del personale, perché questo è legato al tipo di prospettiva che si dà alla società. Mentre si concretizza questo impegno da parte della Giunta, bisogna far sì che alcune progettazioni, nel campo della sanità e della viabilità, siano rapidamente assegnate alla STEF.
Nel prossimo mese faremo questa verifica e molto francamente dico che se da questa verifica dovesse ulteriormente emergere che davvero non c'è più spazio per questo tipo di società (la Giunta ritiene comunque che vi sia uno spazio per una società pubblica di progettazione) verremo in Consiglio a dire che questa deliberazione non si deve assumere. Noi lavoreremo perché questo non accada, però non siamo aprioristicamente legati al fatto che dobbiamo inventare cose financo assurde allo scopo di difendere comunque una bandiera, un paletto che abbiamo messo su un certo punto del nostro percorso.
In conclusione dichiaro che la Giunta concorda con l'ordine del giorno che è stato sottoscritto da quasi tutti i Gruppi del Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 27 Consiglieri hanno risposto NO 2 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 29 hanno risposto SI 26 Consiglieri hanno risposto NO 3 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.
La votazione è valida ai sensi dell'art. 50 del Regolamento consiliare, in quanto i Consiglieri in congedo non vengono computati per fissare il numero legale.
Pongo ancora in votazione l'ordine del giorno n. 377 relativo al provvedimento testé discusso, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la legge testé approvata, che autorizza a sottoscrivere l'aumento del capitale sociale della STEF S.p.A.
considerato il dibattito e gli approfondimenti in proposito sviluppatisi in VIII Commissione ed in aula impegna la Giunta a subordinare la deliberazione di sottoscrizione dell'aumento del capitale sociale della STEF S.p.A. alla: 1) formulazione di una deliberazione di indirizzi, da sottoporre all'approvazione del Consiglio regionale, che faccia chiarezza sulla identità e sulle prospettive della STEF S.p.A., individuando le linee di un programma di risanamento e di sviluppo della stessa 2) concreta attribuzione di primi significativi compiti progettuali coerenti ed attuativi di quanto verrà definito in base al punto 1) 3) presentazione da parte della STEF S.p.A. della relazione previsionale per l'anno 1988 e all'assunzione di prime misure di ristrutturazione atte a rendere tale società idonea a corrispondere, con adeguati livelli di efficienza, agli scopi come sopra individuati".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 27 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astensione.


Argomento:

Interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno (annunzio)


PRESIDENTE

Le interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegate al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,15)



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