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Dettaglio seduta n.103 del 08/10/87 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", sono da porre in votazione i processi verbali delle adunanze consiliari dell'11, 18 e 19 dicembre 1986. Se non vi sono osservazioni tali processi verbali si intendono approvati.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 678 dei Consiglieri Valeri, Dameri, Ferro e Bresso inerente all'esposto del WWF di Casale Monferrato


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni e interpellanze" esaminiamo l'interrogazione n. 678 presentata dai Consiglieri Valeri Dameri, Ferro e Bresso.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Con l'interrogazione annunciata dal Presidente, i Consiglieri Valeri Dameri, Ferro e Bresso chiedono di conoscere le iniziative assunte o in corso di assunzione per ottenere il rispetto delle normative di tutela ambientale, in particolare della legge n. 431/85 e della L.R. n. 43/75, di fronte agli interventi di prismatura che sono stati effettuati in Comune di Frassineto Po su progetto del Magistrato per il Po.
Per chiarire quali siano state e quali saranno le procedure attuate ed attuabili, è necessario premettere che il Magistrato per il Po era stato autorizzato, ai sensi della legge n. 431/85, con deliberazione della Giunta regionale n. 19 dell'8/7/1986, ad eseguire lavori di prismatura nell'area oggetto dell'interrogazione ad alcune condizioni e precisamente: che le opere di difesa fossero eseguite in prosecuzione di quelle già esistenti per un tratto non eccedente i 400 metri di lunghezza e comunque in modo da non interessare le vie d'acqua naturali esistenti di comunicazione tra il Po e il Sesia che i terreni retrostanti la difesa fossero comunque lasciati liberi da nuove piantumazioni, al fine di ricostruire un ambiente vegetale naturale, e che la difesa spondale fosse costruita in modo da non impedire il naturale movimento delle acque oltre l'argine edificando.
A seguito di alcune segnalazioni pervenute anche dall'ente di gestione della Riserva naturale della Garzaia di Valenza, è stato effettuato un sopralluogo in data 9/1/1987 da parte dei funzionari del Servizio Beni ambientali e del Servizio Parchi naturali, a seguito del quale si è potuto accertare che i lavori eseguiti dall'impresa incaricata dei lavori erano in contrasto con l'autorizzazione rilasciata dalla Regione.
In data 13/1/1987 il Presidente della Giunta regionale pertanto provvedeva a disporre l'immediata sospensione dei lavori.
In data 13/3/1987 il Corpo Forestale dello Stato provvedeva a redigere rapporto giudiziario a carico dell'impresa appaltatrice e del direttore dei lavori, funzionario del Magistrato per il Po, inviandolo alla competente Pretura di Casale Monferrato. Pertanto per quanto concerne le procedure relative alla legge n. 431/85, la prosecuzione dell'istruttoria è demandata al giudice in quanto la violazione assume carattere penale.
Per quanto attiene invece alle procedure amministrative connesse all'applicazione della L.R. n. 43/75, si è provveduto ad attivare quanto previsto dall'art. 7 della legge medesima e cioè si è provveduto, dopo avere accertato se fosse o meno applicabile anche la sanzione pecuniaria ad attivare la procedura di ripristino attraverso apposito decreto del Presidente della Giunta regionale che ha stabilito la rimozione delle opere effettuate in difformità dall'autorizzazione della Giunta regionale e la sistemazione dei luoghi in modo da consentire la comunicazione tra Po e Sesia così come precedentemente agli interventi effettuati.
In caso di mancata effettuazione dei lavori si potrà applicare una sanzione pecuniaria pari al minimo del doppio ed al massimo del quadruplo del valore delle opere eseguite.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Ringrazio l'Assessore e mi dichiaro soddisfatto della risposta.


Argomento: Parchi e riserve - Protezione della natura (fauna, flora, minerali, vigilanza, ecc.)

Interrogazione n. 627 del Consigliere Reburdo inerente al Giardino botanico Rea di S. Bernardino di Trana


PRESIDENTE

Passiamo all'interrogazione n. 627 presentata dal Consigliere Reburdo.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore ai parchi

Con l'interrogazione in oggetto il Consigliere Reburdo richiede di conoscere come abbia operato la Regione negli ultimi anni per conseguire il risultato di mantenere il Giardino botanico Rea di S. Bernardino di Trana se esiste un progetto di regionalizzazione del Giardino ed in quali termini, se si sia a conoscenza del progetto della Comunità montana Val Sangone e se si intende favorire tale progetto.
Partendo dalla convinzione che il Giardino botanico Rea costituisca una struttura di interesse scientifico, tecnico e didattico di notevole interesse, come più volte confermato sia dal Museo regionale di Scienze naturali, sia dall'Università di Torino, sia dal Comitato tecnico scientifico dei parchi e delle riserve naturali regionali, la Regione si è adoperata in questi ultimi anni al fine di mantenere in efficienza il Giardino fino al momento di un suo passaggio gestionale alla Regione stessa: per consentire il raggiungimento di questo scopo sono state stipulate alcune convenzioni con il Giardino botanico Rea che hanno permesso da un lato la continuazione dell'attività di studio e di ricerca e dall'altro di poter usufruire di una serie di servizi soprattutto di carattere scientifico a vantaggio del Museo regionale di Scienze naturali e dell'attività didattica in generale.
Si è ritenuta opportuna la stipulazione di una convenzione e non la soluzione prospettata di una regionalizzazione "tout court" del Giardino in quanto questa seconda ipotesi si sarebbe scontrata con l'impossibilità di utilizzare il personale dipendente poiché lo stesso non avrebbe potuto essere direttamente assunto dalla Regione.
In prospettiva - che definirei di un futuro immediato è intendimento della Giunta regionale, in accordo tra gli Assessorati interessati a questo progetto (pianificazione territoriale, cultura e patrimonio), provvedere a dare una soluzione definitiva al problema acquisendo al patrimonio regionale tutti i beni costituenti il complesso del Giardino, ivi comprese le interessanti collezioni di piante vive e l'erbario, dando continuità alla gestione della struttura. A tal fine si prevede, dopo l'acquisizione di avviare un meccanismo gestionale che coinvolga in primo luogo la Comunità montana Val Sangone, che si è già dichiarata disponibile, ed il Museo Regionale di Scienze naturali.
Le procedure sia per l'acquisizione, sia per la formazione della struttura gestionale che consentirà anche di recuperare almeno parzialmente gli attuali dipendenti del Giardino, sono in corso da parte dei competenti Servizi regionali.
Ad ulteriore informazione aggiungo che dell'argomento si è interessato in un primo tempo soltanto l'Assessorato alla pianificazione territoriale e secondariamente, per implicazioni di carattere patrimoniale e culturale sia l'Assessore Turbiglio, quando ancora si occupava del patrimonio, sia l'Assessore alla cultura.
Questa questione è stata seguita giorno per giorno con grande interesse da parte di tutti, anche se la sua soluzione non è così facile come potrebbe apparire.
Ad un certo punto abbiamo anche pensato ad una soluzione di carattere completamente diverso, viste le difficoltà a procedere nel senso che ci eravamo prefissi; poi è intervenuta la Comunità montana che ha collaborato molto per addivenire alla soluzione attuale.
Avevamo pensato di allegare questa struttura all'IPLA, la quale ha presentato un progetto, che era però così radicale da lasciare perplessi noi Assessori e soprattutto la Comunità montana. Quel progetto prevedeva il trasferimento dell'intera collezione del Giardino Rea nella struttura dell'IPLA, alla Cascina delle Rose. Sotto il profilo culturale era un progetto interessante perché avrebbe potuto rappresentare un momento ambientale particolare e probabilmente anche di incremento sotto l'aspetto naturalistico proprio per le maggiori possibilità di cui dispone l'IPLA rispetto ad un Giardino privato. Il costo era però altissimo perché, a parte l'acquisizione che deve ancora essere risolta, la sua manutenzione ci avrebbe obbligati ad un impegno di circa mezzo miliardo l'anno e secondariamente saremmo stati costretti a trasferire e quindi a privare quella realtà di una peculiarità ambientale della quale la comunità locale è orgogliosa. Io stessa ero abbastanza affascinata dall'ipotesi dell'IPLA ma alla fine mi sono convinta che era giusto che la collezione restasse al suo posto.
Il nostro Ufficio del patrimonio ha fatto una valutazione della collezione e siamo in trattative per acquistarla.
Il problema vero sarà quello legato al personale dipendente del Giardino Rea, tra l'altro di tipo speciale perché si tratta di una famiglia. L'intento è comunque quello di non lasciar perdere un momento ambientale così particolare.
La Comunità montana, con la quale abbiamo avuto diverse riunioni presenti i Sindaci di tutti i Comuni interessati, ha dimostrato sensibilità e la volontà di gestire essa stessa in futuro questa iniziativa. Credo pertanto ci siano le premesse, con il coinvolgimento delle realtà locali di poter assicurare al Giardino la sopravvivenza e, se possibile incrementare le sue specializzazioni visto che in questi anni ha avuto un rapporto con tutti i Paesi del mondo (ci sono 6.000 specialità).
L'iniziativa è nata dall'idea di un privato, ma oggi ha assunto una caratteristica tale che merita l'attenzione pubblica anche se costerà qualche centinaio di milioni all'anno.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reburdo.



REBURDO Giuseppe

Desidero innanzitutto ringraziare l'Assessore Vetrino per la risposta data della quale vorrei riprendere alcuni concetti.
Questa struttura è di elevata qualificazione quindi occorre valorizzarla. E' inoltre molto importante la grande disponibilità dimostrata dalle realtà locali nel conservare, sviluppare e garantire la crescita del Giardino.
E' necessario che, accanto alle dichiarazioni di disponibilità e alle iniziative intraprese, venga formulato un piano con scadenze precise per garantire la continuità della struttura nella realtà in cui è inserita e per garantire il pieno coinvolgimento delle realtà locali al fine di ampliare l'interesse ad un livello più ampio.
Chiedo cortesemente all'Assessore Vetrino di tenermi aggiornato sugli sviluppi e sui tempi che l'operazione richiederà.


Argomento: Organizzazione degli uffici - Regolamento del personale - Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Interrogazione n. 836 del Consigliere Pezzana inerente al Servizio del Telefono Verde


PRESIDENTE

L'Assessore Carletto risponde ora all'interrogazione n. 836 presentata dal Consigliere Pezzana.



CARLETTO Mario, Assessore al personale

Il Consigliere Pezzana ha posto un'interrogazione in ordine al Servizio del Telefono Verde che è stato istituito con L.R. n. 73/79.
Tale legge stabilisce per il medesimo le seguenti attribuzioni: svolge attività di impulso per la ricostituzione ambientale curando in particolar modo l'aspetto della forestazione urbana, nei suoi riferimenti anche culturali e partecipativi, operando in stretto raccordo con i Servizi dell'agricoltura e dell'ecologia promuove in collaborazione con gli Enti locali la conoscenza e l'informazione sui problemi del verde non solo dal punto di vista ecologico, ma anche storico, economico e di costume cura e segue l'ideazione, la progettazione e la realizzazione di documentazione, manifesti, audiovisivi, filmati cura l'organizzazione e la partecipazione a incontri, convegni e conferenze sulla forestazione promuove le attività didattiche volte a favorire la conoscenza dei problemi del verde provvede alla distribuzione diretta di piante.
Al Servizio di che trattasi è stata data formale attuazione a decorrere dal 28 luglio 1981 con deliberazione della Giunta regionale n. 235/9286 con la quale è stata determinata la seguente dotazione organica: n. 1 posto di I qualifica dirigenziale n. 3 posti di VI qualifica funzionale n. 1 posto di IV qualifica funzionale.
Dopo il 1982 sono state avviate, su tutta la struttura regionale analisi organizzative finalizzate a superare la settorializzazione dei Servizi e ad individuare strutture aventi sfere di competenza più ampie tali da accorpare in un unico ambito tutte le attività inerenti alle singole funzioni dell'Ente (tali strutture sono state definite nei settori regionali di cui alla L.R. n. 42/86).
Dalle analisi organizzative di cui sopra si è avuta la conferma della frammentazione di alcune funzioni in più Servizi. Tra queste funzioni è appunto annoverata quella della "Forestazione" di competenza del Servizio forestazione dell'Assessorato agricoltura e foreste, dei Servizi decentrati della forestazione ed economia montana, del Servizio Telefono Verde.
Si è pertanto ritenuto, per il caso in esame nonché per altri analoghi in attesa di ridefinire il completo riassetto organizzativo dell'Ente che è ora possibile attuare in applicazione della L.R. n. 42/86 (salvo i problemi relativi ai concorsi che affrontiamo con altro provvedimento), al fine di consentire maggiore omogeneità degli interventi, di ricondurre al Servizio cui la funzione era ascrivibile in modo prevalente, cioè al Servizio forestazione decentrato di Torino, le attività di competenza degli altri Servizi. Quindi le attività di competenza anche del Servizio Telefono Verde sono state accentrate nel Servizio forestazione decentrato di Torino.
Attualmente nessun dipendente risulta assegnato a tale Servizio. In alcuni periodi nella passata legislatura vi è stato personale che peraltro ha operato prevalentemente per il Servizio forestazione decentrato di Torino.
Pertanto le iniziative e le attività in materia sono quelle svolte dal Servizio forestazione come sopra indicato.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Ringrazio l'Assessore Carletto per la risposta data alla mia interrogazione nella quale chiedevo alcune informazioni, articolate in tre domande: 1) di quale organico e di quali strutture il Servizio Telefono Verde è in possesso e quali sono i compiti ad esso affidati 2) quali sono state le iniziative e l'attività di detto Servizio, con particolare riferimento agli ultimi cinque anni 3) quale è la spesa a carico della Regione Piemonte per il mantenimento del Servizio.
L'Assessore Carletto ha risposto alla prima parte della mia interrogazione, cioè di quale organico e di quali strutture il Servizio Telefono Verde è in possesso e soprattutto quali sono i compiti ad esso affidati. Osservo però che bisognerebbe parlare al passato perché il Telefono Verde, da quanto ha detto l'Assessore Carletto, è deceduto come Servizio. Capisco quindi perché non ha risposto alla seconda e alla terza domanda.
La mancanza di un Servizio come il Telefono Verde, in un momento in cui tutte le forze politiche, ma non soltanto quelle, parlano di dramma ambientale, è una grave carenza di questa Giunta.
Faccio un passo indietro per riferirmi all'inizio del periodo nero del Telefono Verde, cioè quando il funzionario che lo dirigeva - a detta delle associazioni ambientaliste, molto bene - il dott. De Giovanni, è stato nominato segretario del Comprensorio di Asti e quindi dovette lasciare la carica ricoperta al Telefono Verde.
Nell'aprile 1984, quindi nella precedente Amministrazione, in qualità di Caposervizio del Telefono Verde venne assegnato il sig. Della Penna che non aveva assolutamente alcuna preparazione in campo ambientale. Infatti nei primi sei mesi non si è mai presentato al Servizio. Nel 1985 il sig.
Della Penna è passato all'Assessorato all'agricoltura, senza mai prestare servizio al Telefono Verde, ma restando semplicemente alla segreteria. E' stato nominato segretario del Co.Re.Co. di Asti, dopodiché è andato in pensione, quindi non si è mai occupato del Telefono Verde. Pertanto, per ben due anni, un Servizio importante come quello del Telefono Verde ha avuto un Caposervizio che non si è mai occupato di quello che invece doveva fare. Viene da pensare che questo iter sia stato seguito semplicemente per andare in pensione con il riconoscimento di un livello più alto. Prendo atto quindi che oggi il Telefono Verde non solo è senza responsabile, ma non esiste nemmeno più come Servizio.
Partendo da questa riflessione, mi chiedo quanti sono i Servizi ancora privi di responsabilità in Regione. Questa è una domanda alla quale gradirei che l'Assessore Carletto rispondesse.
Vorrei anche capire come mai certi Capiservizio non vengono riconosciuti come tali nel momento in cui si stanno avviando i concorsi forse perché verrebbero ad avere maggiori titoli dipendenti che in questo momento non sono graditi alla Giunta. Invece vengono nominati Capiservizio come ho già denunciato in una mia precedente interrogazione, personaggi come Garabello che non ha nessun titolo né merito, ma che in quel modo pu avere la strada spianata per avere ottenimenti di qualifiche dirigenziali di seconda o di prima.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Sei molto inclemente, ingeneroso ed impietoso. Aggiungerei qualche altro aggettivo, ma non lo dico per carità di patria.



PEZZANA Angelo

Presidente Beltrami, questo o è vero o non è vero. Se è vero non c'entra nulla la generosità, se non è vero è una bugia; ma parlare di generosità o di ingenerosità non mi sembra il caso. Mi chiedo allora in base a quale criterio il sig. Della Penna è rimasto Caposervizio senza occuparsi del Telefono Verde per due anni.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Non lo conosco. Conosco Garabello.



PEZZANA Angelo

Che cos'è la generosità? Trovo che sia sempre giusto fare nomi e cognomi quando si parla di determinati argomenti.



PRESIDENTE

Consigliere Pezzana, se lei continua a fare nomi e cognomi sono obbligato a passare in seduta segreta.



PEZZANA Angelo

Credo che questi siano problemi a conoscenza di tutti. Io non sto rivelando segreti, sto semplicemente facendo delle critiche e, riferendomi a questioni specifiche, mi sembra doveroso, per correttezza di comportamento, dire a chi queste critiche sono rivolte. Io rispondo all'Assessore Carletto in base a quanto lui ha dichiarato in risposta alla mia interrogazione, per cui devo dire quello che penso: potrà anche essere sbagliato - sarà una questione di stile, sarà ingenerosità - ma io trovo che dire nomi e cognomi sia sempre una prassi molto lineare e netta.
Si stanno espletando i concorsi. Questo è un problema che sarebbe veramente ipocrita nascondere. Ci sono dipendenti che vanno avanti ed altri invece no. Ci sono scelte discusse e criticate. A livello sindacale questo argomento è di estrema attualità in Regione Piemonte, quindi non vedo perché non si debbano affrontare questi argomenti dato che alla mia interrogazione non ha risposto l'Assessore all'agricoltura, bensì l'Assessore al personale, Carletto, dal momento ché è di sua competenza l'argomento che ho trattato.
Non a caso alla mia interrogazione che si riferiva al caso Garabello non ho mai avuto risposta in quest'aula, quindi non ho mai potuto esprimere la mia soddisfazione o insoddisfazione rispetto alle domande che avevo posto.



PRESIDENTE

Prima di passare alla successiva interrogazione, desidero ricordare che il Regolamento interno del Consiglio fissa in dieci minuti la durata di ogni intervento e la riduce a cinque minuti per la replica degli interpellanti e degli interroganti.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti idrici - Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione n. 816 del Consigliere Valeri inerente alla presenza di perforazioni nel terreno in località ex Fornace Sila di Arborio


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione n. 816 presentata dal Consigliere Valeri.
Risponde l'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, in data 30 ottobre 1986 la Società Ecotrol di Torino terminava un'analisi quali-quantitativa del materiale giacente nella discarica abusiva esistente presso l'ex Fornace Sila di Arborio.
Questa analisi le era stata commissionata dalla Società Italrifiuti nel contesto di una sua proposta di bonificare a sue spese la discarica.
In connessione a ciò l'Italrifiuti incaricava la Società Abrate di Carmagnola di approntare n. 3 piezometri del diametro di 2 pollici per il controllo del livello di falda.
I lavori venivano effettuati dal 5 al 14 novembre 1986.
In data 29 gennaio 1987 la Società Italrifiuti sporgeva denuncia contro ignoti, per avere riscontrato il giorno precedente in uno dei tre piezometri la presenza di 10-20 litri di gasolio per autotrazione introdotti dolosamente da ignoti. Provvedeva successivamente all'installazione di un nuovo piezometro in sostituzione di quello danneggiato e all'asportazione del gasolio inquinante.
L'USSL n. 45 effettuava a sua volta le analisi prescritte nella discarica abusiva il 28 aprile ed il 9 maggio 1987, analisi che confermavano i risultati di quelle precedenti eseguite dall'Ecotrol e, in conseguenza di una espressa richiesta regionale, un nuovo sopralluogo in data 20 luglio u.s., riscontrando quanto precedentemente riferito.
Non risultano autorizzazioni rilasciate dal Servizio OO.PP., di Vercelli, autorizzazioni peraltro non necessarie in quanto non si tratta n di trivellazione pozzi, né di sondaggi per ricerca di acque sotterranee come da T.U. n. 1775 del 1933.
Attualmente i piezometri risultano sottoposti a vigilanza da parte della Società Italrifiuti, per evitare nuovi proditori inquinamenti, in attesa che la discarica abusiva venga bonificata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Ringrazio l'Assessore delle notizie contenute nella sua replica.
Sarebbe però interessante che queste notizie venissero maggiormente specificate: il sapere che le analisi dell'USSL confermano ciò che ha riscontrato l'Ecotrol non costituisce motivo di particolare soddisfazione e informazione dato che a questo punto ne so tanto quanto prima. Non conoscendo né l'analisi dell'Ecotrol né l'analisi dell'USSL il sapere che una equivale l'altra non modifica il quadro, per cui pregherei l'Assessore di specificare che cosa si intende per conferma delle analisi, anche perch si tratta di pozzi che hanno raggiunto la prima falda e sappiamo che i piezometri sono finalizzati ad individuare la profondità e i caratteri della falda.
Occorre quindi conoscere le analisi dell'acqua contenuta nella falda e degli eventuali effetti sulla falda prodotti dalla discarica abusiva che è nei pressi.
La risposta dell'Assessore dice: "La Società Italrifiuti ha segnalato la immissione dolosa di una ventina di litri di gasolio per autotrazione".
Questo aspetto è preoccupante perché in assenza di controlli pubblici sui piezometri stessi, questi possono essere usati per scaricare abusivamente sostanze tossiche.
Ho accertato che anche in tubi da tre pollici, quindi di piccole dimensioni, è possibile scaricare sotto pressione il contenuto di intere cisterne di rifiuti nocivi liquidi.
Di fatto oggi i piezometri installati possono essere utilizzati dolosamente anche a questo fine, senza che esista alcuna forma di controllo pubblico e di autorizzazione comunale o regionale che in qualche modo normi la materia.
Assieme all'esigenza che sia precisata la natura delle analisi compiute dall'USSL. alla luce degli scarichi abusivi denunciati dalla Italrifiuti chiedo che l'Assessorato approfondisca l'opportunità di individuare una normativa autorizzativa di controllo, oggi inesistente. Tale materia è tuttora regolamentata dalla legge del 1904, ma non è pensabile che - alla luce delle tecnologie attuali e del fatto, verificato, che si possono sotto pressione utilizzare anche tubi di minime dimensioni per scaricare nelle falde sotterranee i contenuti tossici - la disseminazione sul territorio di questi pozzetti non sia sottoposta ad un minimo di procedura autorizzativa controllabile e completa degli obblighi di ripristino e di chiusura, in tempi certi e definiti delle trivellazioni effettuate. Attualmente rischiamo di trovarci, cammin facendo, sempre più il territorio disseminato da buchi la cui utilizzazione, conoscendo la situazione che viviamo, pu essere anche la peggiore.


Argomento: Protezione civile - Tutela dagli inquinamenti idrici

Interrogazione n. 869 dei Consiglieri Valeri, Bontempi, Amerio, Avondo Bruciamacchie e Ferro inerente all'inquinamento delle falde idriche e conseguente crisi idrica in Piemonte


PRESIDENTE

L'Assessore Cernetti risponde ancora all'interrogazione n. 869 presentata dai Consiglieri Valeri, Bontempi, Amerio, Avondo, Bruciamacchie e Ferro.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

In data 11 marzo 1987 l'Assessore all'ambiente, energia ed urbanistica diramava a tutti i Comuni piemontesi la circolare n. 2841 con la quale veniva segnalata la possibilità di beneficiare delle provvidenze di cui al D.L. 8/87, art. 6, settimo comma, per risolvere i problemi connessi all'inquinamento delle falde acquifere manifestatosi in alcuni Comuni e per realizzare interventi diretti a superare situazioni di crisi idrica.
Ritenendo dette provvidenze di sicuro interesse per le Amministrazioni locali, si invitavano gli Enti interessati ad inoltrare domanda alla Cassa Depositi e Prestiti per l'ottenimento del mutuo a costo zero, essendo l'ammortamento posto a totale carico dello Stato.
Per consentire alla Regione l'opportuna e necessaria informazione veniva prescritto agli Enti richiedenti di inviare copia della domanda all'Assessorato competente e al Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile poiché, come recita il D.L. 8/87, la Cassa concede i mutui "secondo le indicazioni del Ministero per il Coordinamento della Protezione Civile".
Con ordinanze n. 940 del 30/3/1987, n. 953 del 7/4/1987 e n. 971 del 29/4/1987 il Ministero per la Protezione Civile istituiva presso la Regione Piemonte un fondo di L. 15 miliardi e 300 milioni per fronteggiare l'emergenza e la crisi idrica nelle province di Vercelli, Alessandria Cuneo, Novara e Torino (a quel momento non erano state accertate situazioni di inquinamento nella provincia di Asti).
Sulla base delle segnalazioni pervenute da parte dei Comuni a tutto il 9/6/1987 la Giunta regionale adottava la propria deliberazione n. 244-13905 in data 11/6/1987 per il riparto dei fondi disponibili.
Poiché la somma di L. 15 miliardi e 300 milioni non consentiva di coprire l'intero fabbisogno, quantificato in L. 41.688.000.000, si è ritenuto opportuno, anziché escludere una parte delle richieste, ridurre l'ammontare delle somme da assegnare, ad eccezione dei casi di conclamata emergenza, nei quali si è provveduto a coprire l'intera spesa necessaria.
Con la medesima deliberazione la Giunta regionale si impegnava a chiedere al Ministero per il Coordinamento per la Protezione Civile l'ulteriore assegnazione di L. 26.388.000.000, con l'intento di destinare le somme che eventualmente venissero assegnate sia per il completamento delle opere già in parte ammesse a contributo, sia per il finanziamento di altri interventi che dovessero successivamente rendersi necessari.
La Giunta chiedeva altresì che fossero estese le provvidenze anche alla provincia di Asti in quanto, successivamente all'emanazione delle ordinanze ministeriali citate, anche in detta provincia erano emerse situazioni di crisi idrica.
Per quanto concerne gli aspetti dell'emergenza idrica in Piemonte va segnalato che, eccettuata la situazione di inquinamento delle falde acquifere che ha colpito alcuni Comuni delle province di Vercelli ed Alessandria nei quali si rende necessario provvedere alla realizzazione di speciali impianti di depurazione e alla ricerca di nuove fonti di approvvigionamento mediante la terebrazione di pozzi, nella maggior parte dei casi la crisi idrica non è da ascrivere a circostanze contingenti bensì ad una situazione di carenza pregressa. Pertanto gli interventi che andranno a realizzarsi prevedono il potenziamento di opere di captazione la creazione di nuovi pozzi accanto a quelli esistenti, la costruzione di serbatoi, il rifacimento delle reti vetuste per una migliore e razionale adduzione idrica.
Per quanto attiene il primo punto dell'interrogazione consiliare si fa presente che con deliberazione n. 111-14168 in data 26/3/1987 modificata con deliberazione n. 172-15001 in data 28/7/1987 la Giunta regionale ha provveduto ad istituire il capitolo di spesa n. 9298 con la dotazione in termini di competenza e di cassa di L. 15.300.000.000 e con successivo decreto n. 11 in data 4/8/1987 il Presidente della Giunta regionale ha apportato le necessarie variazioni al bilancio regionale.
A sua volta la Regione erogherà i finanziamenti agli Enti assegnatari sulla base di stati di avanzamento dei lavori, non prima che siano stati redatti i progetti delle opere da realizzare e che i medesimi abbiano ottenuto il parere degli organi tecnici e l'approvazione da parte del Presidente della Giunta regionale secondo la legislazione in vigore.
Va comunque precisato che le somme assegnate ai singoli Enti verranno erogate agli Enti medesimi sulla base di stati di avanzamento dei lavori secondo le vigenti normative sui lavori pubblici (come avviene ad esempio per le opere ammesse ai finanziamenti FIO).
Relativamente ai criteri adottati per il riparto dei fondi disponibili si precisa che, come risulta dalla relazione allegata al provvedimento sono state finanziate tutte le richieste pervenute al momento dell'adozione della deliberazione n. 244 da parte della Giunta regionale. Sulla base dell'istruttoria esperita dai competenti Servizi regionali (Servizio di protezione civile e Servizio opere infrastrutturali) sono state interamente finanziate le opere nei casi di conclamata emergenza e parzialmente finanziati gli interventi non strettamente legati a situazioni di rischio o comunque necessari per fronteggiare la cosiddetta "prima emergenza".
La Provincia di Asti non ha potuto essere inclusa nel riparto dei fondi in quanto non compresa nelle zone "a rischio" previste nelle ordinanze ministeriali.
E' pertanto intendimento della Giunta regionale utilizzare la seconda tranche del fondo assegnato (L. 26.000.000.000) anche per il finanziamento necessariamente parziale, delle richieste pervenute successivamente all'adozione della deliberazione n. 244 e pertanto anche di quelle pervenute dai Comuni dell'Astigiano.
In tal senso il Presidente della Giunta regionale ha avviato contatti con il Ministero della Protezione Civile per ottenere la più ampia autonomia nel riparto dei fondi assegnati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Non ci possiamo dichiarare soddisfatti della risposta dell'Assessore.
Avevamo chiesto come si giustificano quattro mesi di ritardo tra l'ordinanza del Ministero e la deliberazione della Giunta regionale per l'apertura del capitolo di bilancio relativo.
Le ragioni di questo ritardo non le abbiamo sentite spiegare. Peraltro sarebbe stato anche interessante conoscere se ad oggi il trasferimento da parte dello Stato è avvenuto (mi si fa segno di no), e di conseguenza chiedevamo alla Giunta se c'era la disponibilità, in carenza del trasferimento tempestivo da parte dello Stato, ad anticipare le operazioni e le erogazioni sulla base del proprio bilancio.
Non abbiamo afferrato con precisione come intende comportarsi la Giunta. Ci auguriamo però che valgano anche in questo caso criteri già eseguiti in altre circostanze, al fine di accelerare la realizzazione degli interventi.
Avevamo altresì sottolineato, ma anche qui non abbiamo ricevuto una risposta soddisfacente, la inopportunità di un riparto di risorse unicamente regolato sulla base della data di arrivo delle domande. Se l'Assessore avrà la bontà di andare a verificarlo constaterà che questo modo di procedere è l'esatto contrario di un corretto criterio di utilizzazione di risorse già di per sé insufficienti a soddisfare l'insieme delle richieste e che non possono essere destinate sulla base della data di arrivo delle domande. Questo non è mai stato - né in quest'aula né da parte delle Giunte precedenti assunto come criterio di determinazione delle scelte di assegnazione dei fondi disponibili. Perciò riconfermiamo le nostre preoccupazioni al riguardo. Ci auguriamo, anzi raccomandiamo, che almeno il riparto dei 26 miliardi ottenuti successivamente avvenga con criteri più congrui. Peraltro, le deliberazioni assunte dalla Giunta non si sono limitate ad impegnare i 15 miliardi già assegnati con decreto ministeriale, ma hanno indicato anche gli impegni di destinazione dei 26 miliardi per i quali vi è stato soltanto un impegno di massima. Per cui non riusciamo a capire come possano essere soddisfatte le esigenze aggiuntive cui l'Assessore ha fatto riferimento. A certi Comuni si dirà che non ne hanno più diritto e verrà trasferita ad altri la somma a loro prima destinata? Si è detto che verranno soddisfatte le esigenze dell'Astigiano superando la primitiva esclusione dal Decreto ministeriale, come pure quelle degli altri 80 Comuni che pur avendo presentato domanda non avevano ottenuto risposta. Ma come si farà a rispondere positivamente quando la somma impegnata a favore dei 103 Comuni considerati dalle deliberazioni totalizza l'intera somma a disposizione? Per questa somma di ragioni ci dichiariamo profondamente insoddisfatti e, nel chiudere questo intervento, faccio presente che la nostra preoccupazione non si limita ai criteri adottati, ma si allarga anche al metodo che è stato seguito dal Servizio regionale competente. Infatti l'impegno dei 41 miliardi è avvenuto attraverso un rapporto di tipo personale diretto tra la struttura regionale e i Comuni richiedenti, senza un minimo di verifica locale e regionale in qualche sede istituzionale di programmazione e di partecipazione dei Comuni e delle Province. Questo è un modo di agire distorcerente, pertanto rispetto alle esperienze precedenti l'istituzione dei Comprensori cancella interamente le esperienze di questi anni e ripristina un metodo che pensavamo interamente superato.
Non ho dubbi sulle intenzioni personali dell'Assessore, ma ho fatto presente le contraddizioni che si ritrovano nella sua risposta.
Raccomanderei quindi che, almeno per la destinazione della tranche di 26 miliardi, vi sia una verifica in sede di Commissione consiliare competente affinché possano definirsi scelte correttive che recuperino e reintroducano criteri di reale programmazione e di priorità effettiva nell'assegnazione dei contributi.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE


Argomento: Organizzazione regionale: argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 950 dei Consiglieri Avondo, Bontempi e Guasso inerente al funzionamento del centralino della Giunta regionale


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interrogazione n. 950 presentata dai Consiglieri Avondo, Bontempi e Guasso.
Risponde il Presidente della Giunta regionale, Vittorio Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Già dal mese di gennaio u.s., la Giunta regionale, a seguito del manifestarsi di alcuni fenomeni di disservizio nel sistema telefonico della Giunta, ritenne di costituire un gruppo di lavoro costituito dai funzionari responsabili di tutti i Servizi regionali interessati al funzionamento del sistema telefonico, incaricato di analizzare, con i tecnici della SIP, la natura dei problemi esistenti e di proporre alla Giunta le soluzioni più opportune, sia di ordine tecnico che organizzativo, al fine di giungere al più presto ad un sostanziale miglioramento del servizio telefonico.
Il gruppo di lavoro costituito ha intensamente lavorato nei mesi scorsi in stretta collaborazione con i tecnici della SIP e ha consegnato alla Giunta regionale un documento di analisi riguardante sia la situazione attuale degli impianti telefonici esistenti nelle sedi di Torino della Regione, sia un'analisi dei flussi telefonici transitanti attraverso l'attuale sistema di centralini satellizzati, sia un'analisi della distribuzione del personale nelle diverse sedi torinesi dell'Ente.
In estrema sintesi il gruppo di lavoro ha individuato nella obsolescenza tecnologica degli impianti esistenti, installati tra il 1972 e gli inizi degli anni '80 e tutti di tipo elettromeccanico, la causa principale di molti dei fenomeni di disservizio recentemente registrati e accresciuti in questi giorni.
La scarsa flessibilità degli esistenti impianti elettromeccanici unitamente a problemi di vetustà e di difficile reperimento sul mercato di parti di ricambio per i centralini ormai in gran parte fuori produzione da tempo, mal si conciliano infatti con le crescenti necessità di comunicazione dell'Ente, sia di ordine quantitativa che di flessibilità ed adattabilità di fronte ai cambiamenti delle strutture regionali resi necessari dall'evolversi dei rapporti sia interni che esterni all'Ente regionale.
In questo contesto infatti i benefici attesi sul complessivo servizio telefonico, da un pur avvenuto potenziamento degli operatori del centralino, non potevano e non possono essere pienamente efficaci senza un contemporaneo intervento di riadeguamento tecnologico degli impianti che permetta uno sgravio del carico di lavoro oggi esistente su di loro nonostante ci siano 110 linee che escono all'esterno, consentendo ad esempio una piena utilizzazione della teleselezione passante e l'utilizzo diretto da parte degli utenti, in un ambiente controllato, della teleselezione per le chiamate in uscita.
Il gruppo di lavoro a conclusione della propria indagine ha proposto quindi alla Giunta regionale l'esame di un documento attinente agli obiettivi ed i benefici da conseguire attraverso l'installazione di un nuovo sistema telefonico integrato (fonia e dati) per le sedi torinesi della Regione Piemonte.
Obiettivo generale di questo studio è stato quello di definire i requisiti tecnici e le caratteristiche dei servizi da implementare in un nuovo sistema telefonico per le sedi torinesi della Regione, fornendo quindi alla SIP, proprietaria sia della rete telefonica interna che degli esistenti impianti noleggiati dall'Ente, i necessari elementi di conoscenza per formulare una proposta tecnico-economica per la ristrutturazione e l'adeguamento tecnologico dell'attuale sistema.
La Giunta regionale nell'approvare il 15 settembre u.s. i requisiti tecnici e le caratteristiche generali da implementare in un nuovo sistema telefonico, così come proposti dal gruppo di lavoro, ha affidato alla SIP a titolo di consulenza gratuita, l'incarico di verifica delle possibili soluzioni impiantistiche per la soluzione dei problemi della Regione, alla luce delle attuali disponibilità di prodotti PABX presenti sul mercato nazionale.
La SIP è impegnata entro il termine di un mese a presentare alla Giunta regionale un'offerta ufficiale sia tecnica che economica, articolata su più soluzioni impiantistiche ugualmente idonee sul piano tecnico e garantite in termini di servizio, atte a soddisfare i bisogni telecomunicativi della Regione per i prossimi anni.
La Giunta regionale, sulla base degli elementi conoscitivi di cui sopra e dei relativi costi economici, potrà quindi assumere una scelta definitiva sul nuovo sistema telefonico da implementare.
In pari tempo, visti anche i tempi tecnici non certo brevi per la ristrutturazione e il riadeguamento tecnologico dell'intero sistema telefonico, la SIP è impegnata a verificare sul piano tecnico le esistenti possibilità di trovare una soluzione "transitoria" che permetta di ottenere al più presto un significativo miglioramento, non ulteriormente procrastinabile, dell'attuale servizio telefonico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Avondo.



AVONDO Giampiero

Forse, e non è una battuta, l'interrogazione avrebbe dovuto avere il seguente titolo: "Come non funzionano i telefoni regionali" anziché se è possibile che funzionino.
Prendiamo atto delle dichiarazioni del Presidente. Riteniamo però di dover sottolineare che questa difficoltà mentre per coloro che telefonano da Torino può essere sgradevole, per coloro invece che chiamano da fuori Torino la questione diventa per molti aspetti drammatica, nel senso che gli inconvenienti sono di vario tipo: linee occupate e quando queste non lo sono si è costretti ad attese lunghissime; cadute della linea se si telefona in teleselezione, quindi ripetizione di chiamata; nel momento in cui la chiamata finalmente viene accolta si riesce a parlare con il centralinista, ma per richiedere il numero interno ci sono ulteriori lunghissime attese, molte volte addirittura senza l'opportunità da parte dell'operatore di intervenire per segnalare la non presenza dell'ufficio a cui si intendeva far riferimento e via di questo passo. La situazione è quindi drammatica.
Prendiamo atto del fatto che dal mese di gennaio la Giunta ha costituito un gruppo di lavoro che ha prodotto un orientamento che consiste nell'affidare dal 15 settembre alla SIP la predisposizione, nell'arco di un mese, di una proposta di attuazione tecnica.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Rispondente alle esigenze rilevate dal gruppo di lavoro.



AVONDO Giampiero

Tra pochi giorni quindi la Giunta disporrà della proposta SIP e noi saremo attenti a richiedere alla Giunta l'attuazione della scelta compiuta.
Vorremmo ancora sapere, ma a questo punto potrebbe essere un'informazione che la Giunta darà nel momento in cui avrà svolto questo lavoro, anche senza la sollecitazione di una ulteriore interpellanza o interrogazione, quali sono i tempi prevedibili affinché la situazione migliori, perché questo tutti noi, e i cittadini piemontesi in particolare chiediamo. I tempi indefiniti e le risposte tipo "stiamo studiando vedremo" non sono soddisfacenti per coloro che hanno necessità di comunicare con la Regione Piemonte.



STROBBIA Stefano

Vorrà dire allora che fra un mese telefoneremo!



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

La questione non è in questi termini.
Il problema è di una semplicità abissale: i telefoni non funzionano questa è la verità.
Abbiamo raccolto del materiale che è oggetto di approfondimento e merita la massima attenzione. La SIP nel giro di un mese ci dirà quali sono le soluzioni, indicherà cinque o sei tipi di soluzioni riferiti alle relative aziende.
Il progetto è fornito a titolo gratuito: non acquisteremo né il materiale né tutti gli elementi costituenti la nuova centrale e dovremo poter affidare la fornitura alla ditta che darà maggior rispondenza alle esigenze maturate.
Nel contempo ho parlato con l'avv. Dicastri, ho convocato quasi quotidianamente gli addetti ai lavori perché le lagnanze ci arrivano ed è una immagine non bella della Regione verso l'esterno; accomuna un po' tutti, per cui avvertiamo questo problema con senso di responsabilità e laddove c'e più responsabilità anche con senso di colpa, ma io non do la risposta che fra un mese i telefoni funzioneranno, dovrebbero in questi giorni crearsi le condizioni per le quali si possa respirare.
Questa è la risposta che ci è stata data ed è stata sollecitata alla SIP.



STROBBIA Stefano

Attendiamo fiduciosi.


Argomento: Bilancio - Finanze - Credito - Patrimonio: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 912 dei Consiglieri Chiezzi, Bontempi, Biazzi e Sestero inerente all'alienazione di alcuni beni della Fondazione Pietro Accorsi


PRESIDENTE

Passiamo ora all'interpellanza n. 912 presentata dai Consiglieri Chiezzi, Bontempi, Biazzi e Sestero. Il Consigliere Chiezzi, trattandosi di interpellanza, potrebbe illustrarla, ma sullo stesso argomento era già stata illustrata un'interpellanza precedente presentata dagli stessi Consiglieri, pertanto quella odierna può essere considerata una sorta di continuazione. Ha quindi la parola il Presidente della Giunta regionale Beltrami cui replicherà il Consigliere Chiezzi.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Salto quindi a pie' pari le premesse, dandole per note e cognite all'assemblea, e tratto subito dell'autorizzazione intervenuta con deliberazione della Giunta Regionale datata 4/8/1987. Tale provvedimento autorizzava la Fondazione ad alienare beni immobili ad un prezzo complessivo non inferiore a L. 1 miliardo e 925 milioni. Questo intervento della Giunta, che pur ha bisogno di qualche approfondimento, è intervenuto per il fatto che la Regione si sostituisce ormai al Governo e quindi al Prefetto in un rapporto autorizzativo con le associazioni o enti che hanno personalità giuridica di diritto privato, così come è regolamentato dal Codice Civile.
Il provvedimento è stato assunto su richiesta della Fondazione, il cui Consiglio di amministrazione in data 16/6/1987 aveva in piena autonomia deciso l'alienazione di immobili per più motivi, i più determinanti dei quali sono: a) il loro impossibile impiego diretto per gli scopi primari che la Fondazione si propone b) gli altissimi costi, non compensati da alcun reddito, necessari per la loro manutenzione e sorveglianza (i beni sono in zona isolata). Dal verbale risulta che le somme trattate dalla vendita saranno vincolate alla ristrutturazione degli immobili di Via Po nn. 55 e 57 in Torino, il cosiddetto Palazzo Accorsi, nei quali dovrà trovare sede l'esposizione museale che costituisce lo scopo primario della Fondazione.
Motivazioni e destinazioni sono apparse corrette, a maggior ragione considerata la qualificazione culturale e sociale dei componenti il Consiglio di amministrazione (Firpo, Ferreri, il Sindaco, Filippi e Andreina Griseri).
La Giunta ha esaminato la congruità della perizia, svolta a cura della Fondazione, sottoscritta da tecnico iscritto all'Albo dei Dottori Agronomi e a quello dei Giudici del Tribunale Civile di Torino, debitamente asseverata con giuramento presso la Cancelleria della Pretura torinese in data 9/7/1987.
Do subito, come atto liberatorio dal problema, una risposta circa l'opportunità di affidare questo tipo di perizia a un dottore agronomo piuttosto che a un tecnico più introdotto nel settore immobiliare. La scelta non è stata fatta dalla Regione, ma in totale autonomia da parte della Fondazione; inoltre lo stesso perito era già stato incaricato, a suo tempo, dal Pretore per la redazione dell'inventario dei beni morendo dismessi da Accorsi e quindi senza creare soluzione di continuità e per una maggiore penetrazione conoscitiva nell'argomento direi che la scelta, anche se pare avere in linea assolutamente teorica delle sbavature, è stata fatta calare su persona decisamente competente e preparata.
Vorrei distinguere i due elementi dell'interpellanza che i colleghi hanno presentato: il primo è relativo all'autorizzazione, che è stata definita dovuta; il secondo al fatto che i beni oggetto di questa relazione potrebbero destare interesse per la Regione.
Per quanto riguarda l'autorizzazione "dovuta", sottolineo che questa parola è impropria in quanto per la verità ha rappresentato, la richiesta della Fondazione Accorsi, un atto di alto scrupolo perché non era tenuta a presentare tale richiesta di autorizzazione. In effetti l'art. 17 del Codice Civile dice che "la persona giuridica non può acquistare beni immobili né accettare donazioni o eredità né conseguire legati senza l'autorizzazione governativa", oggi della Regione. Si parla solo di acquistare o di accettare e non di vendere o collocare dei beni sul mercato, quindi è stato un atto di alto scrupolo reso dalla Fondazione portare avanti questo discorso.
Per quanto riguarda il riferimento a possibili ipotesi di acquisizione al patrimonio pubblico, si sottolinea che l'attuale situazione dei parchi ed immobili regionali è oggetto di attenta valutazione da parte della Giunta specie rispetto alla necessità di una prioritaria qualificazione del patrimonio esistente, ubicato in misura forse inimmaginabile e comunque rilevante in tutte le zone del Piemonte.
In tale ottica, anche la porzione di immobile "finitima" al Parco delle Vallere (che è finitima impropriamente perché non è confinante, bensì separata da altre proprietà) è apparsa poco influente sulla qualificazione della zona, anche per la limitata estensione. Del resto si tratta di terreno estremamente sabbioso e povero di sostanze organiche: sono dati che ho potuto avere dagli uffici competenti i quali mi hanno anche sottolineato a livello di Assessorato il nuovo interesse della Regione su questo argomento specifico. Avevo anche pregato di stabilire un approfondimento perché da contatti avuti con la Fondazione Accorsi era apparso un grande desiderio della Fondazione di esitare a collocare i beni sul mercato.
L'impressione che ne abbiamo ricavato è che la stima abbia toccato i livelli più alti e non medi della valutazione per cui potrebbe anche accadere che un'offerta sul mercato non abbia con immediatezza delle risposte, ma possa anche trascinarsi nel tempo.
Ritorno al terreno vicino al Parco della Vallere: l'accesso attualmente in uso non riporta - in mappa catastale - alcuna strada vicinale; il terreno non ha dotazione di acqua irrigua; in Piano Regolatore del Comune di Moncalieri ha destinazione di "parco pubblico comprensoriale attrezzato" il che consente, in caso di utilizzo diverso da quello agricolo, unicamente la realizzazione di impianti sportivi privati ad uso pubblico. Pertanto la vocazione fabbricativa è da considerarsi assai limitata se non inesistente e ciò costituisce una garanzia per la qualificazione pubblica della zona.
Per quanto attiene alla "villa con parco" trattasi in realtà di fabbricato costituito da due piani oltre al piano terreno e cantina.
Il piano terreno comprende oltre all'ingresso una cucina, tre sale, un solo servizio, due vani di disimpegno e scala. Al primo piano quattro camere da letto, il vano scala, un ingresso, un vano disimpegno, un solo servizio, un terrazzo e una sala. Al secondo piano oltre al vano scala si trovano quattro camere per personale e un servizio.
Il giardino è di poco superiore ai 9.000 metri quadrati, con alberi di alto fusto e un vialetto di carpini.
A giudizio del perito, essendo difficile una valutazione per superfici coperte, è più rispondente a realtà una valutazione basata sui prezzi di transazione per immobili in non dissimili condizioni e anche questo è del tutto approssimativo. Nel caso specifico è dato capire che la stima si orienta in alto (1 miliardo e 45 milioni) perché il complesso è libero da presenze di persone fisiche.
In ultimo, per la cascina collinare la stima dell'agronomo appare non inadeguata trattandosi di rustico con terreni investiti a coltura floricola e decisamente validi per tale coltura.
I terreni sono stati valutati L. 10.000 il metro quadrato; i fabbricati nel complesso L. 400 milioni, tenuto conto del pessimo stato di manutenzione dei rustici e della presenza di affittuario in proroga di legge e con qualifica di coltivatore diretto. Lo stesso soggetto risulta affittuario anche di larga parte dei terreni oggetto della vendita.
Una vendita per la quale, ripeto, l'autorizzazione è stata consentita entro i limiti che ho testé riproposto ai colleghi interpellanti e non senza risottolineare come la Fondazione non fosse tenuta a rivolgere alla Regione domanda autorizzativa per la vendita.
Ho raccolto anche qualche elemento di cartografia, così come era stato richiesto dal Consigliere Chiezzi la volta scorsa. Inoltre questa mattina per cortesia della Fondazione ho avuto le fotografie, che però non possiamo trattenere essendo in unica copia, della palazzina e della sua dipendenza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Chiezzi.



CHIEZZI Giuseppe

Ringrazio il Presidente Beltrami della risposta data che rappresenta l'approfondimento di una vicenda che una semplice deliberazione descriveva in modo troppo approssimato. Approfondimento che giudico, alla luce delle parole del Presidente, doveroso in quanto è ben vero che la Fondazione Accorsi non era tenuta a sottoporre ad approvazione superiore la decisione di vendita di questa parte del suo patrimonio immobiliare.
Il Presidente Beltrami ha detto che è stato un alto scrupolo della Fondazione Accorsi; condivido questa opinione aggiungendo un'altra considerazione: all'alto scrupolo della Fondazione Accorsi sarebbe bene conseguisse altro alto scrupolo della Giunta regionale che nell'accettare di autorizzare una vendita verifichi che cosa autorizza.
Avevo già detto la scorsa volta che la forza della Regione in questo campo deriva in larga misura anche da una politica di estensione e di rafforzamento del demanio. Per questo nell'esaminare l'atto di vendita di un ente che chiede l'autorizzazione della Regione bisognerebbe esaminare con molta attenzione se questi beni per la loro natura possono interessare la Regione Piemonte, che è l'Ente che autorizza la Fondazione Accorsi, ma direi più in generale che la Giunta e il suo Presidente dovrebbero fare un ragionamento più a largo raggio per verificare se l'ubicazione e la consistenza di questi beni nell'area torinese sono di natura tale da interessare un ente pubblico (la Regione, la Provincia, può darsi anche i Comuni). Quanti sono i problemi che gli Enti locali hanno di fronte e a volte non possono risolvere proprio in relazione al fatto che non dispongono delle aree necessarie? Sappiamo che la legislazione sulla possibilità di acquisizione delle aree da parte degli Enti pubblici è inesistente. Sappiamo anche - ho presentato in proposito un'interrogazione alla quale non ho ancora ricevuto risposta - che la Regione Piemonte addirittura in questi mesi sta producendo dei decreti con i quali raddoppia triplica, quadruplica quintuplica, decuplica addirittura, i valori che i Comuni sono costretti a pagare ai privati per l'esproprio dei terreni. Di qui la necessità - questa è la ragione dell'interrogazione di dare queste autorizzazioni con alto scrupolo, verificando l'ubicazione di questi beni.
Le parole del Presidente mi hanno confortato nella giustezza di aver presentato questa interrogazione che mi sembra abbia già prodotto un approfondimento - devo darne atto - da parte del Presidente.
Approfondimento che, anche se successivo a questa autorizzazione, mi ha fatto capire come almeno in un caso - non ho ancora visto la cartografia spero di poterla vedere successivamente insieme alle fotografie - si tratta dell'alienazione di un pezzo di terreno vicino se non contiguo al Parco delle Vallere. Parco che la Regione Piemonte giustamente ha acquisito in una zona non fertile, ma di grande interesse dal punto di vista naturale morfologico e dell'ubicazione.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Scusi l'interruzione, Consigliere Chiezzi, ma ancora questa mattina mi sono fatto scrupolo di richiedere all'Assessorato ai parchi se tale acquisizione potesse costituire motivo di interesse per la Regione. Se così fosse, l'avv. Ferreri, con il quale ho parlato questa mattina per telefono non avrebbe alcuna difficoltà a trattare.



CHIEZZI Giuseppe

Per questo motivo dico che è bene approfondire ancora tale questione perché il terreno delle Vallere è uno, ma gli altri terreni sono siti nei Comuni di Nichelino e di Moncalieri (io non so dove siano ubicati, so esattamente però che i Comuni di Moncalieri e di Nichelino hanno grossi problemi di verde pubblico, di abitazioni e di servizi).
Occorre invitare ufficialmente questi Comuni ad interessarsi della questione e quindi indurli a verificare l'opportunità di un'acquisizione pubblica di questo patrimonio per poter risolvere i gravi problemi che ho prima indicato.
Beni molto interessanti in area urbana possono servire all'ente pubblico: non abbandoniamoli! Questa è l'indicazione che io chiedo alla Giunta e al suo Presidente di assumere. Non abbandoniamo questa vendita "sic et simpliciter". Cerchiamo di coagulare l'interesse di enti pubblici su questi beni in modo motivato.
Ricordo l'esempio di Villa Abegg. Tra i beni della Fondazione Accorsi c'è una villa alla quale è annesso un parco di 9.000 metri quadrati.
Ricordo che la Villa Abegg è stata acquisita dal Comune di Torino attraverso una convenzione con un privato che ne usa l'edificio a tre piani fuori terra con qualche camera da letto, qualche camino e qualche ingresso.
Questa villa può essere oggetto per qualche ente pubblico di una convenzione di questo genere, si tratta di lavorare.
Ultima questione: l'incarico è stato dato ad un agronomo.
Nell'interrogazione ho scritto di non ritenere congruo l'affidamento di tale incarico ad un agronomo, ma non ho detto di non ritenere congruo l'esame e la stima che l'agronomo ha fatto. Non mi permetto di dire questo non ne ho gli elementi, non è la mia competenza. A mio avviso però non era congruo tale affidamento per il fatto che la zona nella quale i beni sono collocati è prettamente urbana, periurbana (siamo nel nucleo centrale urbano dell'area metropolitana); in queste aree i valori dei terreni e degli immobili non sono determinati dalle rendite dei terreni (dalla rendita agricola di un bosco o di un terreno) bensì dalle rendite urbane che possono già esistere oppure dalle rendite di attesa, di aspettativa ed è ben strano pensare che nell'area della collina di Moncalieri e di Torino ci siano delle aree che non hanno una rendita di attesa. Questa rendita di attesa non può essere verificata da un agronomo, a norma di competenze.
L'agronomo può verificare il valore di un terreno agrario, di un rustico prettamente agrario, ma in una zona agricola a tutti gli effetti. La zona dell'area torinese non è zona agricola. Quindi ho dei dubbi che la Fondazione Accorsi abbia usato un sistema congruo per affidare la stima di questi beni.
E' stato detto che alla stessa persona addirittura la Pretura civile aveva già affidato l'incarico per la redazione dell'inventario dei beni.
Questo fatto però interessa la Pretura civile, la quale si assume la responsabilità. Io non so nemmeno sulla base di quali criteri sia stato dato l'incarico, ma ammettendo pure che tale incarico fosse esattamente conforme alle sue competenze, io sostengo che non è conforme alle competenze di un agronomo la stima di una villa con parco in una zona urbana. Tant'è che io ritengo che un'autorizzazione alla vendita possa essere concessa anche senza il conforto della perizia di un agronomo, in quanto mi risulta - questa è l'informazione ultima che desidero dare al Presidente - che verrà presentato ricorso contro questo incarico e questa procedura da parte dell'Ordine degli Ingegneri che non può accettare in alcun modo che anche in un ente pubblico, con l'approvazione che avete dato, si sancisca il fatto che una competenza che non spetta ad un agronomo venga data in perizia ad un agronomo.
Vi informo pertanto che questo atto amministrativo sarà soggetto con ogni probabilità a un ricorso alla Magistratura da parte dell'Ordine degli Ingegneri.
Riassumo i termini della questione.
Abbiamo fatto bene a leggere e valutare attentamente questa deliberazione.
In seguito ad alcune verifiche abbiamo potuto notare che ci sono dei beni cito le Vallere, ma non trascuro gli altri che non conosco - che possono interessare all'ente pubblico.
La Fondazione Accorsi vuole vendere: non entro nel merito di questa decisione, evidentemente lo fa perché tali beni non rendono nulla e ha bisogno di soldi per risanare Via Po. Nel momento in cui però la Regione accetta di autorizzare la vendita bisognerebbe verificare questa questione sospendere almeno il giudizio sulla stima; si autorizzi pure, ma non venga dato un timbro regionale al fatto che la Fondazione Accorsi ha deciso di far stimare un bene da un agronomo.
Se si vuole autorizzare la vendita comunque lo si faccia, ma sarebbe opportuno inviare la deliberazione di Giunta, gli allegati e la documentazione fotografica agli enti pubblici che possono essere interessati. Intanto suggerirei di socializzarli nelle Commissioni competenti regionali; voglio vedere dove sono questi terreni (si tratta di 200.000 metri quadrati) perché non vorrei che fra un anno il Comune andasse ad espropriare il terreno che oggi aliena la Fondazione Accorsi a favore di un privato. Suggerisco quindi di tenere sotto controllo questa vendita anche perché, a mio giudizio, è stata effettuata una perizia con un incarico di dubbia validità.
La deliberazione è stata assunta, quindi non so cosa proporre di fare è certo però che abbiamo dato suggello ad un atto sul quale verrà presentato un ricorso. Non vorrei poi che quel ricorso ributtasse all'aria tutto perché qualora dovesse essere accettato, dovrà essere rifatta la perizia, per cui la Fondazione Accorsi dovrà ricominciare da capo.
Chiedo all'attenzione del Presidente di approfondire la questione socializzando gli enti pubblici dell'area torinese su questa vendita in atto.


Argomento: Problemi energetici - Tutela dell'ambiente - Inquinamenti: argomenti non sopra specificati

Interpellanza n. 576 dei Consiglieri Bruciamacchie, Dameri e Ferro inerente alla Società Salem di Spigno Monferrato (scorie radioattive)


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interpellanza n. 576 presentata dai Consiglieri Bruciamacchie, Dameri e Ferro.
Risponde l'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Nell'aprile 1986 la Liguria Vetro s.r.l. acquistava lo stabilimento della Salem S.p.A. in Spigno Monferrato. La Società Salem si era dedicata alla produzione di leghe di ferro-nibio per le quali veniva usato il pirocloro, che contiene uranio e torio naturali. L'uso del pirocloro era comunque cessato in data 30/10/1975.
I timori della popolazione e dei lavoratori per la radioattività delle scorie inducevano l'ENEA-DISP ad effettuare, in data 25/11/1986, un sopralluogo.
Perché l'ENEA? Come è noto il DPR n. 915, all'art. 2, comma 7 a) dispone la non competenza regionale per i rifiuti radioattivi, che sono disciplinati dal DPR n. 185/64. Competente pertanto, a norma dell'art. 88 e seguenti, è il Ministero della Sanità, che si avvale dell'ENEA e del CNEN rispettivamente per i controlli e per le disposizioni tecniche.
L'ispezione accertava quanto segue: a) presso lo stabilimento sono detenuti uranio e torio naturali derivati dalla lavorazione del pirocloro, in cui sono presenti impurezze, per la produzione di leghe ferro-nibio (lavorazione cessata in data 30/10/1975) b) le quantità detenute sono: 981 chilogrammi di uranio naturale, 1.401 chilogrammi di torio naturale; per queste vengono regolarmente trasmesse al Ministero dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato e all'ENEA-DISP le denunce di detenzione e i relativi aggiornamenti annuali, secondo quanto disposto dall'art. 3 della legge n. 1860 del 31/12/1962, dagli artt. 30 e 31 del DPR n. 185 del 13/2/1964 e del relativo decreto applicativo D.M.
4/11/1982 c) il materiale detenuto è sottoposto a controllo annuale da parte dell'ENEA-DISP; non risulta che siano stati effettuati smaltimenti di materiale radioattivo nell'ambiente esterno; la Società inoltre invia regolarmente i rapporti periodici alla CEE, secondo quanto previsto dal Regolamento Euratom n. 3227/76. La Società ha richiesto alla CEE in data 26/9/1984 l'esenzione delle dichiarazioni secondo l'art. 22 del succitato Regolamento.
A tale proposito, in data 13/11/1986 era già stata effettuata un'ispezione da parte degli ispettori della CEE e dell'AIEA, alla presenza dei rappresentanti dello Stato italiano al fine di verificare le caratteristiche tecniche dell'impianto d) il materiale radioattivo è insolubile in acqua nelle normali condizioni ed è detenuto in due depositi: in uno, in cemento con pozzo di drenaggio, sono detenute le scorie della produzione delle leghe suddette nell'altro sono detenute parti della catena di lavorazione, recanti leggera contaminazione e) le modalità di detenzione del materiale suddetto garantiscono contro l'inquinamento sia dell'ambiente interno allo stabilimento sia dell'ambiente esterno e in particolare delle acque del fiume Bormida f) i depositi succitati sono sottoposti a controlli semestrali per l'irraggiamento, per la contaminazione radioattiva del terreno e dell'acqua piovana raccolta nel pozzo di drenaggio; i controlli vengono effettuati a cura di un esperto qualificato g) non si ritiene che, nell'attuale situazione, si possano configurare rischi di ordine radioprotezionistico per il personale eventualmente presente all'interno dell'area dello stabilimento, né per l'ambiente esterno ad esso.
Poiché, malgrado queste affermazioni, continuavano a sussistere dubbi sulla regolarità degli smaltimenti e varie segnalazioni indicavano possibili giacimenti esterni allo stabilimento, il Servizio Igiene Pubblica dell'USSL n. 75, competente territorialmente, nel mese di febbraio 1987 ha effettuato un sopralluogo lungo la sponda sinistra del fiume Bormida nelle vicinanze dello stabilimento, all'altezza del ponte al km 60 della SS n.
30. Tale sopralluogo è stato eseguito congiuntamente ad un funzionario del Genio Civile ed al Comando dei Carabinieri di Spigno Monferrato.
All'atto dell'intervento si constatava che in alcuni tratti della sponda del fiume vi era la presenza di materiale che si presupponeva essere scorie di lavorazioni effettuate in passato dalla ditta e temendo la loro possibile radioattività veniva richiesto l'intervento urgente dei Vigili del Fuoco di Alessandria per l'accertamento di una eventuale contaminazione ambientale. I Vigili del Fuoco, intervenuti con strumenti di rilevazione riscontravano che la radioattività ambientale era quella del "fondo naturale".
Il controllo veniva anche esteso ad alcuni bidoni, rinvenuti sulla sponda del fiume e di proprietà della ditta, che presentavano aperture da corrosione con fuoriuscita di materiale classificato a prima vista come cenere, anch'essa non radioattiva.
il Servizio di Igiene Pubblica, pur considerando che non esisteva emergenza radioattiva, ha ritenuto di effettuare ulteriori accertamenti con prelievo di campioni delle scorie al fine di accertare la presenza di inquinamento e le sue cause.
L'analisi dei campioni è stata eseguita dall'USSL n. 70 di Alessandria che ha classificato la maggior parte del materiale depositato come "rifiuto speciale" ad eccezione del cumulo giacente presso la sponda del fiume Bormida che è stato inviato alla sezione fisica dell'Ospedale per la determinazione dell'eventuale entità della radioattività presente.
Tale analisi ha accertato la presenza di uranio e torio naturali oltre i limiti della norma circa dieci volte il fondo naturale.
A tutt'oggi si sta procedendo allo scavo della zona al fine di rinvenire tutti i fusti interrati; tale operazione la sta conducendo la Provincia di Alessandria la quale ha provveduto al sequestro dell'intera area oltre a darne comunicazione a tutti gli Enti interessati.
Questi dati venivano trasmessi all'ENEA che in data 3/7/1987 asseriva quanto segue: 1) il valore misurato dell'intensità di esposizione rientra nell'intervallo normale di variazione dell'intensità di esposizione dovuta al fondo naturale rilevato in particolare dopo l'evento di Chernobyl 2) per quanto riguarda le concentrazioni di radioattività di alcuni radionuclidi riportate per uno dei campioni prelevati, rilevato che non sono stati precisati né il rilevatore né la sensibilità con cui sono state effettuate le misure, né è stato indicato l'errore da cui dette misure sono affette, i valori riportati non indicano comunque alcun livello di allarme essendo confrontabili con quelli ottenuti per campione di terreno con analoghe caratteristiche prelevati da altre zone d'Italia e misurati presso il Laboratorio di questa direzione 3) la recinzione dello stabilimento riveste solamente aspetti di sicurezza convenzionale e non si rende necessaria da un punto di vista radioprotezionistico 4) la non copertura del deposito "A" è dovuta alla necessità di ispezionare il materiale depositato durante i periodici controlli previsti dal Regolamento Euratom n. 3227/1976. Al riguardo la Liguria Vetro s.r.l.
ha presentato istanza di esonero dai controlli in questione; qualora venga concesso tale esonero detta copertura potrà anche essere realizzata non dovendosi più procedere ai detti controlli.
A sua volta l'Istituto Superiore di Sanità di Roma in data 14/8/1987 informava che dalla documentazione presentata si evince che i materiali di rifiuto stoccati o utilizzati dalla ex Ditta Salem e di cui si richiede un parere sulla loro pericolosità nei riguardi della popolazione sono: a) materiale solido granuloso contenuto in tre fusti b) materiale solido compatto o vetroso posto su scarpata in prossimità del fiume Bormida c) materiale solido compatto di tipo metallico in cumulo posto su piazzale d) materiale solido stoccato in tre cumuli giacenti sulla sponda del fiume.
Per i materiali elencati alle lettere a), b) e c), i risultati delle analisi compiute dall'USSL n. 70 di Alessandria rilevano che i contenuti di metalli pesanti sono inferiori alle concentrazioni limite previste dalle Norme di attuazione del DPR n. 915, per cui i materiali rientrano nella categoria dei rifiuti speciali.
Per i materiali di tipo d) non sono state eseguite analisi da parte dell'USSL n. 70 di Alessandria, in quanto nella documentazione presentata si asserisce la presenza di attività radioattiva peraltro non ancora confermata.
I campioni sono stati infatti inviati per ulteriori accertamenti alla sezione fisica dell'Ospedale civile. Poiché non si conoscono gli esiti degli accertamenti non si può esprimere parere sulla pericolosità di detti materiali (tipo d) né per l'attività radioattiva né per l'eventuale presenza di metalli pesanti o di altri contaminanti.
Appare quindi del tutto opportuno comunque stoccare in condizioni di sicurezza tutto il materiale ritrovato.
Nel frattempo la Liguria Vetro s.r.l. ha affidato i capannoni di Spigno alla Metallurgici, la quale intende sperimentare la produzione di ferro vanadio. La sua attività non è però mai iniziata in attesa di verificare la sua pericolosità, in base all'art. 216 del RD 27/7/1934, n. 1265.
E' di questi giorni l'ulteriore scoperta di un deposito clandestino di centinaia di fusti e di questo i Consiglieri hanno avuto ampia notizia dai giornali.
L'Amministrazione provinciale di Alessandria, dopo i sondaggi e la scoperta, ha inviato un rapporto alla Procura di Acqui, sequestrato l'area ed inviato campioni per l'analisi della radioattività contenuta al reparto di fisica delle radiazioni ionizzanti dell'Ospedale di Alessandria.
Siamo in attesa di queste analisi perché qualora la radioattività del rifiuto risultasse inferiore alla soglia di nocività si tratterebbe comunque probabilmente di rifiuti speciali i quali, in questo caso ricadrebbero sotto la normativa del DPR n. 915 e quindi di competenza regionale.
Mi impegno pertanto a tenere tempestivamente informato il Consiglio sull'evolversi della situazione per le iniziative che questa Amministrazione dovesse prendere in merito.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bruciamacchie.



BRUCIAMACCHIE Mario

Ringrazio l'Assessore soprattutto per aver ricostruito in modo preciso la storia di queste attività produttive e per averci fornito dati e informazioni sicuramente utili per capire il da farsi nei giorni a venire.
Vorrei sottolineare però - questo non è responsabilità dell'Assessore attualmente in carica, anzi prendo atto della tempestività con la quale ha voluto rispondere dopo il sollecito da me presentato - che ci troviamo comunque di fronte ad un'interpellanza presentata il 20/11/1986. Si trattava di un'interpellanza urgentissima che non riguardava il solito contenitore o bidone di sospette sostanze inquinanti che interessava questo o quell'altro corso di un torrente, ma riguardava il sospetto che vi fossero interrate sostanze fortemente inquinanti, quali quelle radioattive.
L'ipotesi che vi fosse un luogo nella nostra Regione che potesse essere interessato da interramento abusivo di sostanze, prodotti o residui di lavorazione radioattivi, avrebbe dovuto sollecitare, dopo le esperienze note non solo di Chernobyl, ma anche di altri eventi, le autorità competenti regionali ad un intervento molto più rapido rispetto a quello che si è potuto constatare.
E' pur vero che la materia è normata in modo tale che fuoriesce dalle competenze attribuite alla Regione, infatti non è contemplata nel DPR n.
915, ma è competenza ministeriale in base al DPR n. 185. Ci troviamo per di fronte ad un inquinamento estremamente grave e pericoloso, non avvertibile e non accertabile con i tradizionali mezzi e strumenti. Tant'è vero che ad oggi non abbiamo una conoscenza precisa della situazione che vige ancora in quell'area. Siamo sì in presenza di una discarica autorizzata e controllata da parte della Regione; è sì presente l'ENEA che controlla la parte che l'Assessore ha indicato, però il quesito che noi ponevamo non era solo in riferimento a quanto già era stato autorizzato o ai controlli che si effettuavano in una discarica che comunque è autorizzata e controllata da autorità che sono chiamate a risponderne. Ci riferivamo, come l'Assessore ha giustamente detto nella parte terminale della risposta, anche al fatto che questa Società sembra avere interrato (non si sa per quanto tempo, non si conosce ancora la quantità, non si conosce la qualità del materiale interrato) una consistente quantità di questi prodotti in un'area che non è soggetta ad alcun controllo, di cui non ha avuto alcuna autorizzazione: un'area che invece necessitava di controlli e autorizzazioni. Quindi non si conosce esattamente quali effetti negativi abbia prodotto questo fatto sull'ambiente e sulle persone che a contatto di quell'area hanno lavorato o vissuto.
Io continuo ad essere fortemente preoccupato non tanto per la discarica controllata, quindi non mi riferisco tanto a ciò che l'ENEA sta gestendo da qualche tempo (anche se occorre sempre vederci chiaro perché talvolta dietro frasi che sembrano molto tranquillizzanti si nascondono realtà assai diverse) quanto invece per la parte esterna che ha interessato il fiume Bormida. Infatti si sostiene che la recente alluvione del 23 e 24 agosto abbia interessato l'area dove l'interramento si è puntualmente verificato asportando parte di quei materiali. Se i residui di questa lavorazione, che comporta l'uso dell'uranio e del torio, sono già nel corso delle acque, il rischio è che si sia prodotto un danno consistente per tutto il corso d'acqua del fiume Bormida, il quale scendendo a valle interesserebbe l'area dell'Alessandrino fino alla confluenza del Tanaro e del Po. Siamo quindi in presenza di un fatto estremamente grave: usciamo dalla tradizionale discarica abusiva ed entriamo in un campo particolarmente delicato. E' quindi necessario che la Regione, pur in presenza di competenze che non le sono delegate direttamente, dedichi particolare attenzione a questo fatto che comunque insiste sul suo territorio e di cui è chiamata a rispondere se non in termini autorizzativi, attraverso una serie di controlli, ad esempio da parte delle UU.SS.SS.LL., per dare garanzie alla popolazione e ai lavoratori al fine di tranquillizzare la collettività.
E' preoccupante il fatto che a distanza ormai di 15-20 giorni, cioè da quando l'Amministrazione provinciale di Alessandria ha fatto le prime rilevazioni e ha fornito i campioni al laboratorio dell'Ospedale di Alessandria che è in grado di effettuare queste analisi, non si conoscano ancora i risultati delle stesse. Ad oggi non si conosce - non so se l'Amministrazione provinciale sia in possesso di questi dati esattamente quale sia il livello di radioattività delle sostanze interrate e nonostante ciò in quell'area tutto procede come se nulla fosse accaduto. E' quindi opportuno un intervento dell'autorità regionale nei confronti dell'Ospedale di Alessandria affinché fornisca in tempi rapidissimi i risultati finali perché dobbiamo tranquillizzare un'intera comunità.
Abbiamo bisogno di avere questi dati perché se venisse confermato ci che voci non ancora ufficiali affermano significa che saremmo in presenza di un tasso di radioattività consistente per quell'area e c'è quindi bisogno di provvedimenti particolari e speciali.
La risposta che oggi è stata data non può che essere la prima: nei prossimi giorni dovranno essere fornite altre informazioni.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Interrogazione n. 752 del Consigliere Pezzana inerente al randagismo. Istituzione anagrafe canina


PRESIDENTE

L'Assessore Maccari risponde all'interrogazione n. 752 presentata dal Consigliere Pezzana.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

L'interrogazione del Consigliere Pezzana è relativa alla lotta al randagismo e all'istituzione dell'anagrafe canina regionale.
Le operazioni di anagrafe canina sono in fase di completamento in tre delle quattro UU.SS.SS.LL. confinanti con la Valle d'Aosta in cui sono stati censiti 24.492 cani di cui 15.038 finora contrassegnati con tatuaggio. Un particolare ritardo organizzativo si verifica invece nell'USSL n. 47 nella quale sono stati tatuati 915 soggetti su 9.076.
In tutta la Regione le operazioni d'iscrizione all'anagrafe canina regionale si concluderanno con l'anno in corso. Otto UU.SS.SS.LL. hanno programmato il termine dei tatuaggi a dicembre 1987, mentre nelle restanti i piani di lavoro prevedono il completamento tra giugno e dicembre 1988.
All'attuazione del DPGR n. 9315 del 1985 si sono finora frapposti anche problemi di carenza di personale veterinario nelle UU.SS.SS.LL. aggravati dall'incremento di attività necessarie a fronteggiare la presenza dell'afta epizootica.
La recente deliberazione di Consiglio per l'adeguamento delle piante organiche dei servizi veterinari consentirà di aumentare l'efficienza del Servizio e di avviare tutte le attività di vigilanza e di controllo sanitario della popolazione canina che il provvedimento regionale si prefigge.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Ringrazio l'Assessore Maccari della risposta che mi sembra però, anche dalle sue stesse affermazioni, ben lontana dal potersi dire soddisfacente non tanto da parte dell'interrogante quanto da parte dell'Assessore stesso.
Entro la scadenza del 31/12/1987 tutte le operazioni dovrebbero essere espletate da parte delle UU.SS.SS.LL., si evince però che questa scadenza non sarà rispettata.
Mi rendo conto delle difficoltà che secondo me sono anche più gravi perché c'è un aspetto che non è ancora stato affrontato dall'Assessorato alla sanità: quello della pubblicizzazione dell'iniziativa.
Sono convinto che siano moltissimi i proprietari di cani non ancora a conoscenza di questo decreto del Presidente della Giunta regionale per cui non sanno che è loro preciso obbligo far censire e tatuare i propri cani.
Invito quindi l'Assessore ad essere molto attento sulla scadenza di dicembre affinché le UU.SS.SS.LL. che non hanno ancora fatto il loro dovere attivino un'adeguata iniziativa di informazione per i cittadini che possiedono animali e che, non conoscendo questo decreto, non sanno qual è il loro compito.
Mi permetto di suggerire all'Assessore che anziché far stampare manifestini che vengono affissi su staccionate dove nessuno si ferma a leggere, vengano utilizzati i mezzi di informazione, ad esempio i giornali per informare la popolazione circa il censimento e conseguente tatuaggio dei cani. L'informazione è necessaria per evitare che si possa incorrere in reati dovuti alla mancata informazione.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta") - Presidi socio-assistenziali pubblici e privati

Interrogazione n. 750 del Consigliere Pezzana inerente al caso di Gerardo Di Paola


PRESIDENTE

Sempre del Consigliere Pezzana è l'interrogazione n. 750 cui risponde l'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Gerardo di Paola che oggi ha trent'anni è affetto da deficit intellettivo lieve e da cognizialità incomplete (epilessia). Anche un bambino di dieci anni residente nel Comune di Collegno è affetto da lesione cerebrale epilettologena in soggetto con ritardo dell'apprendimento e turbe emotive comportamentali.
A parità di diagnosi vi è una differenza tra i due casi: il bambino di 10 anni frequenta la scuola elementare con l'intervento di un insegnante di appoggio per due ore giornaliere (indicazione dell'equipe psicomedica pedagogica), mentre il Di Paola è stato ricoverato fin dall'infanzia. Da prima semiconvittore nella scuola Valsalice, poi a Villa Azzurra, quindi all'Istituto di Ficarolo, in un Istituto di Rubiana, poi a Mogliano Veneto due volte a Villa Verde, quindi all'Istituto di Thiene, infine nell'O.P. di Collegno.
Il ragazzo non solo non ha frequentato le scuole, ma ha trascorso la sua vita in ambienti istituzionali. Il regime di deprivazione di stimoli e di repressione è stato particolarmente duro in O.P.: cella di isolamento e contenzione al letto, divieto di mangiare nella sala comune perch picchiava.
Il trattamento riabilitativo iniziato due anni fa e condotto dagli operatori del Centro sociale dell'O.P. si è configurato come progetto speciale, ciò come iniziativa complessa di più operatori, non solo figure sanitarie, ma anche figure educative, mirata a recuperare le capacità di apprendimento, di relazione e di socializzazione che non avevano potuto esprimersi in relazione alla lunga gestione istituzionale.
I medici curanti (primario di reparto, referente per il progetto handicappati e referente per il centro sociale) attestano concordemente l'esito positivo del programma riabilitativo e ribadiscono la validità del piano complessivo di trattamento.
I progetti speciali rientrano tra le iniziative finanziate attraverso l'erogazione di fondi a destinazione vincolata alle UU.SS.SS.LL.
Con deliberazione del C.R. del 14/11/1985 "Approvazione ex novo programma di utilizzo del Fondo sanitario regionale di parte corrente per l'anno 1985 - quota a destinazione vincolata", al punto 3.7.5, si prevede infatti che debbano essere svolte attività di riabilitazione per lungodegenti di O.P. e per utenti dei servizi di salute mentale nelle fasce di età 18-40 anni che presentino stati morbosi di particolare gravità o ad elevato rischio invalidante, stati morbosi plurimi, componenti psicoorganiche, handicap psicosensoriali.
Più in generale il Piano socio-sanitario regionale per il triennio 1985/87 prevede che le UU.SS.SS.LL. sedi di O.P. attivino progetti speciali per gli handicappati psicofisici.
Viene precisato inoltre che tali progetti sono collegati con il territorio sia attraverso i servizi di salute mentale e i servizi socio assistenziali per handicappati, sia con cooperative di servizi culturali e associazioni di volontariato, sia secondo quanto disposto dalla L.R. n. 20 in rapporto con gli Enti locali.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Non posso considerarmi soddisfatto della risposta perché la domanda che io ponevo nella mia interrogazione, peraltro del 3 aprile 1987, non ha avuto risposta. Io chiedevo se il paziente Gerardo Di Paola doveva essere o meno ceduto ad una cooperativa privata per un compenso quotidiano a carico dell'USSL di 450.000 lire.
Allontaniamoci per un momento dall'episodio singolo dell'infelice, di cui anche l'Assessore ha parlato e quindi dimentichiamo per un momento che una persona può essere ceduta dall'USSL ad una cooperativa privata per la somma di 450.000 lire al giorno, per parlare di quelle assistenze sanitarie che secondo l'Assessore dovrebbero essere fornite non solo ad handicappati ma a persone che vengono poi affidate a cooperative come sono stati in gran parte i dimessi dagli ex Ospedali Psichiatrici.
La qualità che viene definita tale nel documento che l'Assessore ha letto è perlomeno dubbia. Chiedo all'Assessore se l'assistenza sanitaria che queste cooperative offrono e i criteri che regolano queste scelte siano mai stati analizzati a fondo: troppe volte leggiamo sui giornali delle condizioni in cui vivono i degenti in queste cooperative, condizioni che sono totalmente prive di qualsiasi tipo di assistenza sanitaria. Ci sono è vero operatori culturali, così come vengono chiamati, che sono però del tutto privi di capacità medica e paramedica, e i risultati sono poi quelli che vediamo sui giornali quando leggiamo di degenti morti per incapacità di portare assistenza sanitaria.
Non voglio entrare nel merito della polemica sul progetto di finanziamento alle cooperative che hanno come soci portatori di handicap.
Ci sono due progetti: uno è firmato da tutti i Partiti presenti in quest'aula, tranne la DC e la Lista Verde Civica; l'altro è firmato dalla sola DC. Credo che l'esigenza primaria dell'ente pubblico sia quella di garantire un servizio sanitario adeguato e con le verifiche necessarie.
Tutto questo non avviene e lo documenteremo nel corso del convegno che si svolgerà proprio in quest'aula il 19 e 20 p.v., con la discussione sulla condizione in cui vivono gli ex degenti degli O.P., per capire come alle parole non siano mai seguiti i fatti.
La non risposta avuta oggi sul caso Di Paola apre anche altri interrogativi: per esempio, quello sulla cooperativa progetto e sul relativo finanziamento. Io credo che la CEE abbia tagliato i fondi a questo progetto non soltanto per motivi finanziari formali, ma anche sostanziali chiedo all'Assessore Maccari se il suo Assessorato e la Giunta nel suo insieme abbia proceduto ai controlli sull'attività e sui bilanci che il Commissario di Governo aveva chiesto e quali sono state le risultanze delle verifiche.
Il problema delle cooperative che operano a livello sanitario non pu più essere taciuto e nascosto sotto dichiarazioni del tipo "tutto va bene vengono anche dal Giappone per vedere i risultati", perché basta fare un giro per vedere in quali condizioni vivono gli ammalati e soprattutto il costo di queste degenze, parlavo prima di 450.000 lire al giorno per accudire un malato.
Questi sono interrogativi che non possono essere soddisfatti da una risposta come quella che oggi l'Assessore ha dato, che non tiene conto n' della mia interrogazione n' di una situazione che viene affrontata secondo me in modo troppo unanime, come in maniera troppo unanime quasi tutti i Partiti presenti in quest'aula hanno sottoscritto questo progetto di finanziamento. E' il caso di andare a vedere come questi soldi vengono spesi, chi li gestisce e soprattutto come vivono le persone che da questi denari dovrebbero trarre benefici. La Regione deve verificare quali controlli vengono effettuati, ma questo è un argomento di cui discuteremo penso molto presto sicché non voglio approfondirlo ora.
Ribadisco, in conclusione, che la risposta dell'Assessore mi trova del tutto insoddisfatto. Prego quindi l'Assessore Maccari, anche se ovviamente non può seguire personalmente tutte le interrogazioni che riceve, almeno prima di affrontare la risposta in aula di dare un'occhiata all'interrogazione del Consigliere per vedere se poi quanto legge corrisponde in realtà a quanto chiesto.


Argomento: Nomine

Interpellanza n. 955 del Consigliere Bergoglio inerente ai decreti di nomina dei componenti dei Comitati di gestione delle UU.SS.SS.LL.


PRESIDENTE

Esaminiamo infine l'interpellanza n. 955 presentata dal Consigliere Bergoglio.
Risponde il Presidente della Giunta, Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Rispetto alla comunicazione che avevo reso al Consiglio nella seduta dell'1/10/1987, quella di oggi può solo aggiungere la segnalazione circa la prevedibile seduta del Comitato regionale di controllo nella quale dovrebbe essere decisa l'approvazione delle deliberazioni relative alla distribuzione del personale alle singole UU.SS.SS.LL., quella del Commissario di Governo di prima proposta al Comune e quella dello stesso Comune di Torino.
La situazione difficile nella gestione dell'USSL 1/3 aveva dato luogo al commissariamento e quindi al successivo decentramento a dieci UU.SS.SS.LL. E' opportuno comunque ricordare che la Giunta aveva provveduto, con deliberazione del 13/1/1987, n.17-10577, ad individuare questa assegnazione. Il subentro del Commissario di Governo ha fatto sì che noi revocassimo il provvedimento che ho testé richiamato.
La Giunta riconferma l'intenzione di procedere alle nomine e quindi all'emissione dei relativi decreti non appena sarà stata restituita dal Comitato regionale di controllo la deliberazione del Comune di Torino.
L'unico aspetto nuovo che sono in grado di comunicare al Consiglio regionale è che l'esame di detto provvedimento è all'o.d.g. della seduta del Comitato regionale di controllo del 12/10/1987.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Le intenzioni che il Presidente ha espresso circa la volontà di addivenire ad un atto dovuto da parte della Regione, cioè i decreti di nomina dei membri dei Comitati di gestione, rappresentano un passo significativo per la soluzione di questa vicenda che sta diventando ormai troppo lunga.
Gli adempimenti formali che spettano ad altri, al Comune in particolare, relativamente all'assegnazione del personale, non possono essere anteposti ai provvedimenti di messa in funzione dei Comitati di gestione anche perché tra la fase di nomina e quella di effettiva presa in carico delle proprie funzioni dovrà ovviamente passare un certo periodo di tempo perché non è pensabile che un Comitato di gestione si possa insediare e immediatamente diventare operativo, senza un momento di informativa, di collegamento e di capacità di prendere atto dei problemi. Finché queste persone non vengono investite della funzione non sono autorizzate ad entrare nei meccanismi, per cui rischiamo che tra la nomina e la presa in carico delle funzioni non ci sia quel necessario momento di passaggio per consentire l'avvio funzionale delle dieci UU.SS.SS.LL.
Pertanto raccomando alla Giunta, in questo caso al Presidente, di porre in atto immediatamente i provvedimenti che le competono, questo per smentire il facile alibi di scaricare su presunte o vere inadempienze dell'Ente Regione quelle che in realtà sono difficoltà di funzionamento che non possono essere attribuite a questo Ente. Vorrei che fossero chiari i livelli di responsabilità e che fossero anche definiti i compiti di ciascuno perché leggiamo sui giornali e sentiamo dai vari Enti competenti che in effetti tutto sarebbe pronto, ma non ci sono ancora le nomine; ma si dice anche che le nomine si faranno quando tutto sarà pronto. E' il caso di capire dove esattamente sta il "non pronto". Il Presidente della Giunta ha assicurato che la disponibilità è immediata, io gli chiedo quindi formalmente di procedere, proprio per evitare che la Regione possa essere ancora una volta, e magari in una questione nella quale non è in realtà responsabile, caricata di ritardi che invece non sono dovuti alla Regione.
Non dobbiamo dare la possibilità di continuare a dire che le UU.SS.SS.LL.
non funzionano e non si avviano perché la Regione non assume i decreti di nomina. Assumiamo quindi questi decreti e se le UU.SS.SS.LL. non potranno avviarsi si vedrà di chi è la responsabilità.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Amerio, Bontempi, Carazzoni, Cerchio, Gallarini, Nerviani, Paris e Staglianò.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 29/9/1987 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma, della L.R.
6/11/1978, n. 65 - in materia di consulenze e incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

d) Seminario riguardante il progetto di legge inerente alla riforma delle UU.SS.SS.LL.


PRESIDENTE

Comunico infine che l'Assessore Maccari ha inviato la seguente lettera: "La prego cortesemente di voler comunicare ai signori Consiglieri che il giorno 28 ottobre 1987 dalle ore 9 alle ore 13,30 si svolgerà un seminario riguardante il progetto di legge inerente alla riforma delle UU.SS.SS.LL. presentato dal Ministro Carlo Donat Cattin.
Ogni Consigliere riceverà invito con relativo programma. Detto seminario verrà svolto nella Sala Pelizza da Volpedo".


Argomento: Interventi per calamita' naturali - Calamità naturali

Esame progetto di legge n. 297: "Concessione di contributo per l'immediato ripristino a seguito di gravi calamità atmosferiche di infrastrutture agricole"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del progetto di legge n. 297, di cui al punto 8) all'o.d.g.
La relazione del Consigliere Rossa viene data per letta.
Se non vi sono richieste di parola, possiamo passare alla votazione del relativo articolato.



PRESIDENTE

ART. 1 - E' stato presentato il seguente emendamento dai Consiglieri Ferro Dameri e Bruciamacchie: l'art. 1 nell'ultimo trattino dell'ultimo comma va così modificato: "-determina, sentita la Commissione consiliare competente, i criteri e la percentuale del contributo e lo concede autorizzando l'erogazione delle relative somme anche in modo graduale".
La parola al Consigliere Dameri.



DAMERI Silvana

Signor Presidente, se ci sarà un accoglimento da parte della Giunta dell'emendamento proposto dal nostro Gruppo voteremo a favore del progetto di legge perché, anche se parzialmente e in modo frammentario, riteniamo che questo provvedimento venga incontro ad alcune delle richieste dei Comuni, avanzate in modo particolare nell'Ovadese e nell'Acquese, di pronto intervento sulle infrastrutture agricole in seguito agli eventi alluvionali di agosto.
Per dare snellezza alle procedure abbiamo consentito in Commissione di portare in aula la proposta senza prima avviare quelle consultazioni che in qualche modo avevamo compiuto attraverso dei sopralluoghi nelle zone colpite da parte di tutto il Consiglio e che comunque rappresentano un passo tradizionale per ogni nostro atto legislativo.
Condividiamo alcuni aspetti dell'impianto della legge, quelli che assegnano alle Comunità montane e alle Province i fondi a parziale copertura delle opere di pronto intervento.
Il nostro voto favorevole non ci esenta però dal sottolineare alcuni aspetti della legge che non ci soddisfano e che sono essenzialmente due.
Il primo è relativo alle risorse stanziate (L. 300 milioni) che riteniamo essere troppo limitate. La proposta della Giunta è del 9 settembre e a quella data non era forse possibile conoscere l'entità di intervento delle Province e delle Comunità montane per le infrastrutture di campagna. Oggi, a un mese e più da quell'evento alluvionale, il bilancio potrebbe essere fatto, ma non lo conosciamo completamente; andrà costruito anche con una verifica rispetto alle stesse misure che nazionalmente sono state indicate. Non sappiamo quindi se questi 300 milioni copriranno il 5 il 10, il 20 o il 50% delle spese sostenute dalle Province e dalle Comunità montane. Crediamo che il lasciare nel vago questo aspetto possa produrre degli elementi discrezionali da parte della Giunta nell'erogazione dei contributi. Qui si inserisce la nostra proposta di emendamento in merito all'art. 1 affinché si debba sentire la Commissione consiliare competente per determinare non solo la percentuale del contributo, ma anche i criteri in base ai quali il contributo verrà erogato. Si tratta di un elemento parziale, ma significativo per introdurre un elemento di controllo rispetto ad una possibile discrezionalità.
Il secondo aspetto che vogliamo sottolineare è che non si capisce bene ma questo dipende davvero dalla necessità di un lavoro fatto in armonia con le disposizioni nazionali - come questo progetto di legge si incontri con la legge n. 590 all'art. 1.
Con questa proposta siamo cioè di fronte ad un'anticipazione di fondi di cui i titolari di strade interpoderali consortili hanno diritto? E' questo un primo intervento al quale poi si assommeranno le provvidenze previste dalla Legge n. 590 che a seguito del Decreto Legge n. 834 sono state elevate al 90% rispetto ai danni subiti? Sono quesiti ai quali bisognerà dare non solo a noi, ma soprattutto ai diretti interessati, una risposta.
Il Decreto Legge n. 834 integra il fondo di solidarietà con 10 miliardi nel 1987 e 130 nel 1988. Non conosco i rapporti intercorsi tra la Giunta e il Ministero dell'Agricoltura: l'impressione è che l'esiguità dello stanziamento per il 1987 allontani nel tempo l'erogazione delle provvidenze ai danneggiati. Questo elemento ha caratterizzato fortemente le richieste che sono venute dai coltivatori e dai rappresentanti dei Comuni nel corso degli incontri che abbiamo avuto come Consiglio.
Dobbiamo quindi valutare quali iniziative assumere. Noi crediamo che l'unica strada corretta in questo senso sia quella di intervenire con le anticipazioni.
Questa richiesta è già stata illustrata al Presidente della Giunta attraverso una lettera firmata dagli stessi presentatori dell'emendamento all'art. 1 del progetto di legge in esame. Su questo punto riteniamo che sia necessario avere una risposta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Lombardi.



LOMBARDI Emilio, Assessore all'agricoltura

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la prima riflessione che si impone è che lo stanziamento di 300 milioni per far fronte ai danni arrecati alle infrastrutture dalle piogge del 23 e 24 agosto u.s. è una somma estremamente limitata, visto che gli accertamenti effettuati successivamente alle segnalazioni dei Comuni indicano in circa 50 miliardi il danno complessivo alle infrastrutture in zona rurale.
L'esiguità dello stanziamento è dovuta a due motivazioni fondamentali: 1) alla possibilità di reperire risorse a fine anno dopo che sono stati assunti gli impegni sul bilancio 1987 2) ai sensi della legge n. 590 riceveremo le assegnazioni per il ripristino definitivo delle infrastrutture danneggiate.
Se la Regione Piemonte, posto che avesse le risorse, andasse a sanare i danni derivanti dalla calamità del 23 e 24 agosto u.s. successivamente noi non potremmo più ottenere i fondi previsti dalla legge n. 590 perché tali fondi si ottengono a seguito di una procedura complessa che va dalla richiesta all'analisi del danno e al progetto per la sistemazione delle infrastrutture. Se tutto venisse risolto con fondi regionali evidentemente non ci sarebbe più motivo per le assegnazioni statali. L'intervento regionale finanziato con il progetto di legge in esame consente il ripristino del danno più immediato. Vi erano strade interpoderali completamente rovinate che non permettevano il transito per raccogliere i prodotti agricoli; c'erano strade interpoderali o vicinali che addirittura non permettevano più il transito in direzione delle stesse abitazioni dei coltivatori. Noi abbiamo dimensionato l'intervento su questa cifra che certamente non è sufficiente, ma rimane comunque il fatto che dal livello nazionale a conclusione delle procedure che sono in atto noi otterremo - mi auguro - i 50 miliardi richiesti che sono necessari per il ripristino totale dei danni causati dall'evento calamitoso.
Concordo con la valutazione della collega Dameri quando dice che le risorse stanziate a livello nazionale non sembrano sufficienti per far fronte a tutto il danno non solo sull'area piemontese, ma su tutto il territorio italiano (basta ricordare la Valtellina). La collega Dameri era presente all'incontro avuto con il Ministro della Protezione Civile ad Alessandria. Mi auguro che le affermazioni fatte dal Ministro in quella sede fossero fondate allorquando disse che il problema non era tanto delle risorse, quanto individuare i soggetti aventi titolo dopodiché era compito del Governo reperire le risorse. Se questa affermazione è vera, e penso non ci siano dubbi in questo momento per non accoglierla come tale, ritengo che le risorse necessarie per far fronte a questo notevole intervento dovranno venire.
Per quanto concerne il problema delle anticipazioni da parte della Regione è chiaro che se la Regione avesse le risorse comunque la decisione potrebbe essere presa sul bilancio 1988, perché il bilancio di oggi non lo permette in quanto le somme sono indirizzate e sono anche impegnate.
Sebbene noi stiamo operando, mi auguro che il livello nazionale riesca ad erogare le assegnazioni in tempi tali per cui l'anticipazione regionale non debba più essere necessaria. Se espleteremo tutte le relazioni e gli adempimenti tecnici e burocratici, già nel mese di dicembre potremo avere la prima assegnazione di fondi e quindi nel primo semestre, dopo che i Consorzi avranno presentato i progetti che dovranno essere approvati impegnare le somme per la realizzazione dei lavori.
E' vero comunque che un intervento così ridotto potrebbe creare problemi di assegnazione, pertanto la Giunta ritiene opportuno sentire la Commissione. L'emendamento proposto viene accolto anche perché riteniamo sia un modo di coinvolgere tutto il Consiglio per far fronte ad un grande bisogno con risorse scarse.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferro per dichiarazione di voto.



FERRO Primo

Sono uno di quelli che ritiene che le leggi devono essere rispettate e chi non le rispetta deve subirne le conseguenze. In certi casi le conseguenze non dovrebbero essere solo di carattere politico.
Sarò un ingenuo, ma nella legge n. 590 sta scritto che il Ministero il 30 settembre di ogni anno ripartisce i fondi alle Regioni sulla base dei danni avvenuti nel corso dell'annata.
Voglio far rilevare - non so se sia colpa del Ministero oppure dell'Assessorato, ma penso sia del Ministero e in questo caso dico che le leggi vanno rispettate e chi non le rispetta deve anche pagarne il prezzo che ci sono stati danni nel mese di maggio 1986 e coloro che sono stati danneggiati non hanno ancora ricevuto i soldi.
A questo proposito noi abbiamo presentato un'interrogazione, perché è un fatto quanto meno scandaloso. Si era detto che con la legge n. 590 si sarebbero snellite le procedure riguardanti le leggi precedenti, invece le cose procedono come negli anni precedenti.
Alla luce di questa esperienza condivido una sorta di scetticismo dell'Assessore. Noi abbiamo inviato una lettera al Presidente della Giunta nella quale ponevamo il problema delle anticipazioni che dicevamo non ci sarebbe stato qualora si fossero rispettati i tempi stabiliti dalla legge n. 590. Da quello che ho capito i Servizi dell'Assessorato non hanno concluso le istruttorie entro il 30 settembre e quindi non hanno inviato tutte le pratiche al Ministero. Ma quand'anche questo fosse avvenuto molto probabilmente ci saremmo trovati di fronte, sulla base dell'esperienza del passato, ad una situazione in cui comunque i danneggiati non avrebbero avuto i soldi.
Auspico che nel corso del bilancio di previsione del 1988 questo possa essere uno degli elementi distintivi su cui avremo modo di confrontarci anche perché, per quanto riguarda i problemi dell'agricoltura, questo è uno degli aspetti più importanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Penasso per dichiarazione di voto.



PENASSO Alfredo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, il Gruppo della DC è favorevole a questo disegno di legge e si complimenta per l'impegno e per la presenza della Giunta, in particolar modo dell'Assessore, sui problemi drammatici causati dalle calamità di fine agosto.
Chi ha avuto l'occasione di partecipare agli incontri e ai sopralluoghi in quelle ore ha potuto rendersi conto della drammaticità della situazione.
Le comunità locali hanno chiesto uno sforzo della Regione Piemonte, seppure ciò esuli dagli interventi tradizionali ai sensi della legislazione regionale.
La Giunta regionale ha dimostrato disponibilità e si è impegnata a compiere un atto dovuto nei confronti delle popolazioni colpite soprattutto allo scopo di rendere percorribili le strade disastrate, consentendo in tal modo la stessa sopravvivenza delle famiglie e il recupero dei prodotti che si erano salvati dal nubifragio.
Noi abbiamo la percezione - l'Assessore lo ha spiegato in termini corretti - dell'ammontare complessivo dei danni. Questo tipo di intervento non risolverà purtroppo i problemi, che ci auguriamo vengano risolti con l'intervento della legge n. 590 e con l'impegno che il Ministro si è assunto nelle visite puntuali alle aree disastrate.
Preghiamo l'Assessore, ma credo non abbia bisogno della nostra sollecitazione, di attivare gli uffici perché la procedura di rilevamento dei danni venga fatta il più celermente possibile affinché l'assegnazione delle risorse di cui alla legge n. 590 avvenga in tempi ragionevoli e si possa così ricostruire quello che l'alluvione ha distrutto sul nostro territorio.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione l'emendamento.
presentato dal Gruppo PCI che è stato accolto dalla Giunta.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'emendamento è approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'art. 1 nel testo emendato.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri.
L'art. 3 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 39 hanno risposto SI 39 Consiglieri.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Norme generali sull'agricoltura

Esame proposta di deliberazione n. 615: "L.R. n. 63 del 12/10/1978, art. 49. Istituzione del Comitato Tecnico Scientifico Regionale per la sperimentazione agraria e per l'orientamento dell'assistenza tecnica contabile"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 9) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 615.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.


Argomento: Agricoltura: argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 649: "Accordo collettivo nazionale 1 luglio 1987 relativo al rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale ed idraulico-agraria. Recepimento"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 11) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 649.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Pongo inoltre in votazione l'immediata esecutività della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'immediata esecutività è approvata all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
L'Assessore Lombardi può pertanto recarsi a Roma con l'augurio di poter convincere il Ministro Pandolfi a dare al Piemonte quanto gli spetta per l'agricoltura.


Argomento:

Iscrizione argomenti all'o.d.g.


PRESIDENTE

Signori Consiglieri, propongo di iscrivere all'o.d.g. i seguenti punti: 1) esame progetto di legge n. 305: "Modifiche ed integrazioni alla L.R.
23/1/1984, n. 9" 2) esame progetto di legge n. 628: "L.R. n. 43/75, art. 2 Modificazione al Piano regionale dei parchi e delle riserve Naturali".
Chi è favorevole all'iscrizione all'o.d.g. del progetto di legge di cui al punto 1) è pregato di alzare la mano.
La proposta è accolta all'unanimità dei 31 Consiglieri presenti.
Chi è favorevole all'iscrizione del punto 2) è pregato di alzare la mano.
La proposta è respinta con 2 astensioni e 30 voti favorevoli.


Argomento: Fondo di previdenza dei Consiglieri

Esame progetto di legge n. 305: "Modifiche ed integrazioni alla L.R. 23/1/1984, n. 9"


PRESIDENTE

Passiamo pertanto all'esame del progetto di legge n. 305.
Relatore è il Consigliere Strobbia che dà per letta la relazione.
Non essendovi richieste di parola, possiamo passare alla votazione del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 40 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 40 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 41 hanno risposto SI 40 Consiglieri si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame proposta di deliberazione n. 658: "Convalida del Consigliere regionale Pier Luigi Gallarini"


PRESIDENTE

Passiamo ora al punto 4) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 658 relativa alla convalida del Consigliere regionale Pier Luigi Gallarini.
Si proceda alla votazione.



(Si procede alla votazione a scrutinio segreto)



PRESIDENTE

L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 40 hanno risposto SI 40 Consiglieri.
Il Consiglio approva.
Comunico che copia della deliberazione di convalida sarà depositata nella Segreteria del Consiglio per l'immediata pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione, ai sensi dell'art. 16 del Regolamento interno del Consiglio regionale, e sarà trascritta nel processo verbale della seduta in corso.


Argomento: Consiglio, organizzazione e funzioni

Esame legge rinviata dal Governo relativa a: "Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 12/8/1976, n. 42 e 27/5/1980, n. 62 (Disciplina dei gettoni ed indennità per i componenti gli organi di controllo)"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame della legge rinviata dal Governo relativa a: "Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 12/8/1976, n. 42 e 27/5/1980, n. 62 (Disciplina dei gettoni ed indennità per i componenti gli organi di controllo)", di cui al punto 7) all'o.d.g.
Non essendovi richieste di parola, possiamo passare alla votazione del relativo articolato.
ART. 1 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 1 è approvato.
ART. 2 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 2 è approvato.
ART. 3 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 3 è approvato.
ART. 4 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 4 è approvato.
ART. 5 - Si proceda alla votazione per appello nominale.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 34 hanno risposto SI 32 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'art. 5 è approvato.
Si proceda alla votazione per appello nominale dell'intero testo della legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 35 hanno risposto SI 33 Consiglieri ha risposto NO 1 Consigliere si è astenuto 1 Consigliere.
L'intero testo della legge è approvato.


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati

Esame proposta di deliberazione n. 637: "Criteri relativi all'istituzione di presidi multizonali di profilassi e polizia veterinaria"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 13) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 637.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata all'unanimità dei 35 Consiglieri presenti.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione) - Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera - Fondi sanitari

Esame proposta di deliberazione n. 636: "Programma per lo svolgimento delle attività di allergologia nella Regione Piemonte"


PRESIDENTE

Passiamo al punto 12) all'o.d.g. che prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 636.
Ha chiesto la parola il Consigliere Acotto. Ne ha facoltà.



ACOTTO Ezio

Su questa proposta di deliberazione la posizione del Gruppo PCI è quella dell'astensione. Nel merito la deliberazione è da condividere, a parte gli approfondimenti tecnici che ulteriormente si potrebbero fare nella fase applicativa della deliberazione stessa, la riserva invece è su un altro aspetto ovvero il fatto che questa deliberazione rappresenta un adempimento previsto dalla L.R. n. 59/85 che dava mandato alla Giunta di provvedere alla predisposizione di un lungo elenco di allegati al Piano socio-sanitario. In questo elenco era compresa anche l'azione contro le allergopatie che viene riassunta dalla deliberazione in esame.
Siamo in presenza quindi di una inadempienza generalizzata su tutte le altre azioni previste dal Piano. Ci pare quindi un modo di procedere a spizzichi e a bocconi su una materia che invece avrebbe avuto bisogno di una presenza puntuale e rigorosa su tutte le materie indicate dal Piano socio-sanitario.
In ragione quindi di questo criterio estemporaneo e del fatto che quello di oggi sia l'unico provvedimento che la Giunta regionale ha assunto su questa materia, al di là del merito della deliberazione, la nostra posizione è di astensione per quanto la Giunta non ha fatto nei riguardi di questa componente essenziale del Piano socio-sanitario.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 22 voti favorevoli e 15 astensioni.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame proposta di deliberazione n. 648: "Fondo per la gestione dei servizi socio-assistenziali di cui alla L.R. 23/8/1982, n. 20. Erogazione del saldo per l'anno 1987"


PRESIDENTE

Il punto 10) all'o.d.g. prevede l'esame della proposta di deliberazione n. 648.
Ha chiesto la parola il Consigliere Acotto. Ne ha facoltà.



ACOTTO Ezio

Si tratta di una deliberazione che assegna alle UU.SS.SS.LL. l'ultima porzione del Fondo socio-assistenziale e quindi salda, rispetto alle disponibilità della Regione, quanto era dovuto alle UU.SS.SS.LL. sulla base di determinati criteri.
Noi abbiamo condotto una battaglia nell'ambito del bilancio della Regione, vuoi della prima stesura del bilancio, vuoi del successivo adeguamento intervenuto nel corso dell'anno, perché malgrado ci sia stato un adeguamento rispetto alla cifra spaventosamente bassa di previsione iniziale, l'ammontare del fondo non raggiunge ancora la quota che era stata stanziata nel 1985 per i servizi socio-assistenziali.
Siamo in presenza, in altri termini, di un impegno della Giunta regionale inferiore a quello, in cifra assoluta, che era stato assunto nel 1975. Ci saremmo dovuti invece attendere, questa è la linea su cui noi ci siamo battuti, uno sviluppo delle risorse relative a questo settore, che avesse tenuto conto se non altro dell'incremento dell'inflazione realizzatosi nel frattempo. Questo ha determinato le difficoltà che qua e là avvertiamo in maniera anche piuttosto acuta nella gestione di questo comparto nelle UU.SS.SS.LL. periferiche in termini di servizi che si vedono addirittura in alcuni casi messi in discussione.
Il nostro atteggiamento è quindi fortemente negativo, perché negativo è il non sufficiente impegno della Giunta in questo comparto. Al di là anche in questo caso della deliberazione in senso stretto noi voteremo contro questo provvedimento perché rappresenta la suddivisione di un fondo nettamente sottostimato rispetto al fabbisogno reale della nostra Regione.



PRESIDENTE

Non essendovi altre richieste di parola, pongo in votazione la deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale dell'adunanza in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 25 voti favorevoli, 15 contrari e 3 astensioni.
Prima di sospendere i lavori comunico che la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari è convocata al termine della seduta pomeridiana.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12,55 riprende alle ore 15)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Opere pubbliche - Edilizia: argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 314 presentato dai Consiglieri Adduci, Bontempi Chiezzi e Montefalchesi relativo all'esecuzione degli sfratti in Torino e in 14 Comuni della cintura


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Esaminiamo l'ordine del giorno n. 314, di cui al punto 5) all'o.d.g.
presentato dai Consiglieri Adduci, Bontempi, Chiezzi e Montefalchesi.
La parola al Consigliere Adduci per l'illustrazione di tale documento.



ADDUCI Donato

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, sarò breve perché credo che la situazione sia nota, almeno per sommi capi.
La condizione di emergenza abitativa si sta sempre più aggravando soprattutto dopo la scadenza della sospensione delle esecuzioni di sfratto dall'aprile scorso. Ciò avviene, bisogna notarlo, in assenza di una corretta e programmata possibilità di graduazione degli sfratti che consenta il passaggio da casa a casa anziché, come purtroppo avviene ora da casa a strada.
Oggi registriamo l'impossibilità di dare una risposta in termini di assegnazione di alloggi agli sfrattati, impossibilità che coinvolge la stessa città di Torino, la cui situazione sul fronte degli sfratti non accenna a migliorare e che, anzi, vede crescere la media delle monitorie che pervengono all'Ufficio Casa (fino a 90 monitorie per ognuno dei mesi lavorativi, per un totale di 912 a fine del 1987).
Ora il discorso rischia di diventare esplosivo in assenza di nuove leggi, anche perché è previsto il quadruplicamento dei ritmi di estromissione forzata da parte degli Ufficiali giudiziari. Se questa situazione, che può essere sintetizzata nella necessità di recepire più di 1.200 alloggi nella sola città di Torino, è difficile per Torino, è addirittura drammatica nei Comuni della cintura esclusi con deliberazione CIPE dalla fascia definita ad alta tensione abitativa.
I Comuni esclusi sono 14, su un totale complessivo di 18: rimangono inclusi nella zona ad alta tensione abitativa i Comuni di Carmagnola Moncalieri, Nichelino e Vinovo, mentre sono esclusi Comuni abbastanza grandi, dove il problema acquista una notevole rilevanza, come Grugliasco Caselle, Collegno, Leinì, Alpignano, Orbassano e gli altri che prima erano inclusi nella deliberazione CIPE. E' nostra convinzione che debba essere interrotta la spirale della tensione nel settore casa, tensione che genera provvedimenti di emergenza rendendo impossibile ogni gestione programmata della politica abitativa, come riteniamo che tale politica, in un'area metropolitana quale quella torinese, debba trovare la sua giusta collocazione in una coordinata e corretta pianificazione territoriale.
Il Gruppo comunista chiede un impegno per il superamento dell'immobilismo dei passati governi in materia di politica della casa, e chiede che sia avviata una seria modifica legislativa contenente provvedimenti per la ricostruzione di un mercato delle abitazioni in affitto e l'emanazione di un moderno ed avanzato regime dei suoli.
Nel nostro ordine del giorno chiediamo che la deliberazione CIPE sia modificata. Tale deliberazione fu assunta sulla base di criteri burocratici che nulla hanno a che fare con la valutazione della reale situazione abitativa. Sono stati esclusi, lo ripeto, ben 14 Comuni dalla zona ad alta tensione abitativa, Comuni che peraltro erano già stati inclusi nella deliberazione CIPE del 30/5/1985, quando fu riconosciuta un'obiettiva emergenza abitativa in quei Comuni. Tale esclusione inibisce ogni possibilità di graduare gli sfratti, con conseguente esecutività degli stessi entro l'anno.
Chiediamo ancora un più incisivo funzionamento della Commissione prefettizia, istituita ai sensi della legge n. 899/86, e la sua integrazione con i rappresentanti dei 14 Comuni esclusi.
Occorre ancora, e questo lo ritengo particolarmente importante, che siano soppresse le norme che consentono gli sfratti per finita locazione.
Deve essere inoltre consentita l'utilizzazione dei fondi GESCAL in un moderno ed avanzato regime dei suoli per la costruzione di nuovi alloggi come è necessario che la Commissione prefettizia per la graduazione degli sfratti possa operare in tutti i Comuni della cintura torinese.
Dico all'Assessore che è urgente intervenire nei confronti del Governo affinché il CIPE riesamini tutta la questione, anche perché proprio due giorni fa, nel corso di un incontro svoltosi in Prefettura, il CIT (Consorzio Intercomunale Torinese) ha dichiarato che il 12 ottobre darà il via alle operazioni di pre-assegnazione degli alloggi cosicché un migliaio di famiglie dovrebbe ricevere l'alloggio entro il 21 novembre. Si tratta di 1.000 alloggi su un totale di 1.546 a disposizione del CIT.
Se noi approveremo l'ordine del giorno e lo stesso nel suo iter sarà seguito con attenzione dall'Assessore Genovese (abbiamo già avuto modo di discutere questo problema e di incontrarci con le famiglie sfrattate l'Assessore in quell'occasione ebbe modo di interessarsi e di dire che avrebbe seguito la questione) credo che si potrà avviare la soluzione di questo drammatico problema che coinvolge migliaia di famiglie.



PRESIDENTE

Sull'illustrazione dell'ordine del giorno svolta dal Consigliere Adduci è aperta la discussione.
Ha chiesto la parola il Consigliere Strobbia. Ne ha facoltà.



STROBBIA Stefano

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, ho letto il testo dell'ordine del giorno presentato dai colleghi del Partito comunista. Mi sembra largamente condivisibile, salvo alcune considerazioni intorno alle quali farò due brevi valutazioni, chiedendo se è possibile una correzione e trovare in questa direzione una unità di adesione e di sottoscrizione.
Ritengo eccessiva la frase iniziale e ciò che siamo in assenza pressoché assoluta di una seria politica governativa nel settore delle abitazioni. Ricordo che, per quanto concerne la responsabilità della spesa pubblica nel settore dell'edilizia residenziale, negli ultimi anni, anche grazie a un piano decennale che tutti conosciamo, la quota di edilizia pubblica residenziale costruita rispetto alla somma complessiva dell'edilizia prodotta è salita notevolmente e ha raggiunto standards poco lontani della media europea, anzi, rispetto a talune realtà europee è addirittura superiore. Media che era stata raggiunta nell'immediato dopoguerra quando Ministro dei Lavori Pubblici era il compianto ing.
Romita, padre del contemporaneo più noto.
E' certo che i problemi legati all'applicazione dell'attuale normativa che regolamenta il settore continuano ad essere di drammatica attualità nella realtà nazionale, in particolare nelle aree urbane. Ritengo quindi quanto mai opportuno che il provvedimento di gradualizzazione degli interventi, che è stato riconosciuto necessario nell'ambito del territorio urbano della città, venga esteso anche all'area metropolitana.
Devo dire che pare esistere del nuovo in questa direzione. Ho letto come forse hanno fatto anche altri colleghi, una notizia riguardante un recente provvedimento di legge (non ho capito se già approvato dal Consiglio dei Ministri o soltanto annunciato) in materia di riforma dell'equo canone: mentre da un lato recupera maggior spazio alla presenza del mercato nella determinazione delle vicende all'interno del comparto dall'altro afferma in modo definito che i contratti di locazione esauriti non debbono più dare luogo automatico alla procedura esecutiva per il rilascio delle abitazioni utilizzate. Si deve apprezzare questo orientamento.
Sappiamo altresì che le vicende legate alla questione in generale della politica della casa travagliano da anni il nostro Paese. Ogni Partito ha le sue proposte e la compagine governativa che si è insediata ha raccolto buona parte delle indicazioni emerse da alcune sue componenti.
Per quanto riguarda la nostra parte avevamo ricordato che il programma per l'edilizia deve raggiungere due traguardi: da una parte l'uscita dall'emergenza e dall'altra l'avvio di una nuova politica per la casa.
Uscita dall'emergenza che a nostro avviso avrebbe già potuto essere raggiunta da tempo se non ci fosse stato un ingiustificabile ostruzionismo su quello che avevamo denominato "pacchetto casa". Si tratta quindi di approvare con i necessari adeguamenti le leggi fondamentali che riguardano la presenza pubblica nel settore; la riforma dell'equo canone nella direzione in questi giorni annunciata; la riforma degli Istituti Autonomi Case Popolari, con possibilità di riscatto degli alloggi da parte degli assegnatari al valore determinato in quel momento, quindi storico; una legge ponte urgente per il problema dell'acquisizione e dell'espropriazione delle aree, su cui erano già state raggiunte delle intese nel Governo precedente e che sono state riconfermate dalla nuova compagine.
L'avvio di una politica della casa che affronti i problemi della nuova società deve avvenire attraverso l'approvazione di un piano triennale a forte taglio sperimentale che superi le carenze del passato piano decennale e prepari i futuri provvedimenti a regime. Il piano triennale, che pu utilizzare i fondi già previsti nella finanziaria in modo nuovo e quelli che proverranno dalla proroga della GESCAL. dovrà avere i seguenti obiettivi di base: favorire la mobilità sul territorio attraverso intensi programmi di costruzione e di affitto e contenitori per residenze temporanee o emergenze a tipologia fortemente innovativa recuperare l'esistente tanto nei centri storici che nelle periferie degradate mediante interventi di riqualificazione edilizia ed urbanistica realizzare nuovi insediamenti essenzialmente attraverso programmi organici di tipo pubblico, privato o misto attuare una profonda riforma del settore immobiliare.
Sono questi gli obiettivi di fondo legati ad una seria e concreta politica di programma nel settore delle abitazioni.
Ritengo altresì che in questa direzione muovano due dei progetti importanti inseriti nel nostro Piano regionale di sviluppo attorno al quale è ora che la Giunta cominci a fare dei ragionamenti, augurandoci che nel frattempo il Piano raggiunga la sua più celere approvazione.
Mi riferisco alle società miste per il recupero dei centri storici laddove è indicato che, al di là della sperimentazione avvenuta per ora nella realtà torinese, questo tipo di intervento può essere ulteriormente allargato ad altre realtà.
L'altro progetto si riferisce alla proposta di piano che concerne quella che qui viene definita "società di diagnostica strutturale per l'edilizia". C'è necessità di ammodernare la tecnologia per migliorare la qualità del prodotto da offrire sul mercato in una realtà che, a mio parere, è rimasta arretrata rispetto ad esperienze effettuate in altri Paesi. Gli ingenti fondi messi a disposizione tre anni fa, circa 600 miliardi, da parte del CER per l'edilizia sperimentale sono stati in larga parte inutilizzati perché sono mancate proposte decisamente innovative riguardanti la tipologia costruttiva, le tecniche di realizzazione e gli altri accorgimenti opportuni. Le uniche sperimentazioni compiute riguardavano in parte il risparmio energetico e in parte caratteristiche di tipo architettonico piuttosto che non di tipo costruttivo.
Recuperando quindi tali indicazioni programmatiche e una presenza che compete istituzionalmente alla Regione, gli interventi e le sperimentazioni in questo campo possono continuare ed accrescersi.
Dichiaro, in conclusione, che se verranno accolte due correzioni al documento in oggetto (una alla frase iniziale per riscriverla nel modo seguente: "Il Consiglio regionale, considerato il fatto che la politica governativa nel settore delle abitazioni non ha risolto situazioni di emergenza che vanno sempre più aggravandosi, ecc."; la seconda: "constatata la difficoltà - anziché la impossibilità da parte degli Enti locali di avviare una politica di programmazione atta ad impedire che intere famiglie, ecc."), il Gruppo PSDI aderirà pienamente alla proposta di ordine del giorno formulata e mi auguro che anche altri colleghi della maggioranza si esprimano in questa direzione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, non ripeterò le cose dette dal compagno Adduci, vorrei però riprendere la questione centrale alla quale siamo di fronte oggi, ciò un ordine del giorno che non affronta l'intera casa, bensì solo un pezzo, quello relativo alla situazione di emergenza degli sfratti ricercando, all'interno del Consiglio regionale, la possibilità di un pronunciamento unitario delle forze che lo compongono. Si tratta di un problema specifico e limitato, la richiesta ciò di modifica della deliberazione CIPE relativamente alla cessazione degli sfratti per finita locazione.
Il Consigliere Strobbia ha proposto delle considerazioni di carattere generale, sia pure in forma molto sintetica, leggendo forse documenti del suo Partito. Sappiamo che sulla politica della casa non c'è un accordo unitario tra le forze politiche; il PCI in merito alla politica della casa a livello nazionale dà un giudizio molto duro sul comportamento dei Governi di questi ultimi anni.
Introdurre quindi in un dibattito, che dovrebbe essere molto mirato ad una situazione di emergenza specifica, altri elementi porterebbe, se accettati, ad ampliare molto la discussione in ordine al problema della casa, a quale politica affrontare e molto probabilmente ci porterebbe a delle divisioni, ma penso che questo non sia l'obiettivo di questa assemblea.
Mi sembrerebbe molto più pertinente parlare delle eventuali responsabilità del governo regionale in ordine al problema degli sfratti.
Senza volermi arrampicare sui vetri, a me pare che ci sia una questione molto specifica legata agli sfratti, ossia la gestione dei Buoni-casa. Io non conosco la vicenda dall'inizio, però l'Assessore Genovese qualche settimana fa in sede di Commissione ha fatto un breve accenno al lavoro che la Regione sta svolgendo sui Buoni-casa.
Per esperienza diretta devo dire che la gestione, che è moltissimo rallentata da parte dell'Assessorato, dell'erogazione dei Buoni-casa ha prodotto (potrei citare dei casi concreti) degli sfratti, cioè ha prodotto un aggravamento di quella situazione abitativa che proprio oggi noi esaminiamo attraverso questo ordine del giorno. Ci sono persone, che erano in attesa del Buono-casa, che sono state sfrattate e non hanno avuto la possibilità di accedere all'alloggio nuovo.
Mentre è facile da parte del Consiglio regionale trovare l'unità su un ordine del giorno che investe responsabilità che non sono all'interno dello stesso Consiglio regionale, io sollevo, nel contempo sollecitando l'approvazione unitaria dell'ordine del giorno, la questione relativa alla gestione dei Buoni-casa che ha aggravato la situazione in ordine al problema degli sfratti.
Se l'Assessore Genovese avesse già a disposizione i dati potrebbe utilmente illustrare oggi in sede di replica la situazione attuale e quanto tempo dovranno ancora aspettare i Buoni-casa i cittadini che ne hanno diritto.
Se questo non fosse possibile oggi, prego comunque l'Assessore di rendere nel prossimo futuro una comunicazione al Consiglio, magari previo un promemoria scritto.
Altro elemento di sofferenza del problema della casa è quello relativo alla modifica della legge n. 33 dell'equo canone. E' altro argomento rispetto alla discussione attuale, ma colgo l'occasione per invitare l'Assessore Genovese a muoversi perché è più di un anno che lo stesso Assessore ha promesso che avrebbe portato all'esame dell'aula la revisione di detta legge.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Picco.
Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

In attesa delle dichiarazioni dell'Assessore Genovese rispetto alle ultime richieste avanzate, mi limito semplicemente a portare una posizione di assenso, di allineamento alla proposta di modificazione dell'ordine del giorno già illustrata dal Consigliere Strobbia.
La posizione del Gruppo DC non vuole essere esaustiva in questa sede di una presa di posizione precisa sull'argomento sfratti e definizione di ambiti particolarmente assoggettabili a determinati regimi rispetto alla disciplina degli sfratti e delle locazioni secondo la legge.
Mi preme però ricordare in questa sede che auspicando un superamento di questo regime noi non vogliamo assolutamente collocarci in una posizione che eluda la problematica della programmazione degli investimenti che devono essere fatti in questo settore. Noi auspichiamo anzi che - lo dico all'Assessore Genovese come posizione politica che deve emergere in questa circostanza - nella misura in cui si prende in considerazione l'ipotesi di modificare la legge sull'equo canone, cercando di correggere i meccanismi distorti che sostanzialmente avevano eluso l'appuntamento tra domanda ed offerta sul mercato, riemerga con forza la politica della programmazione e degli investimenti regionali nel settore delle abitazioni che investe aspetti che riguardano sì l'utilizzazione dei Fondi GESCAL. come viene rivendicato nell'ordine del giorno, nonché un rinnovo della strategia già esperimentata con i piani ex legge n. 457. Esige però da parte della Regione anche una reinvenzione rispetto ai problemi che emergono nelle singole realtà del come collocarsi in termini non solo di risorse, ma anche di incentivazioni normative rispetto ai problemi del recupero, della riutilizzazione e più in generale di una attenzione alla conservazione in uso attuale del consistente patrimonio edilizio esistente nella nostra Regione.
Questo è un problema che emerge con forza sul quale esiste l'esigenza di un impegno comune, che non può essere ovviamente approfondito in questa sede, ma che rivendichiamo nella misura in cui facendo un appunto a carenze normative legislative e anche di programmazione nazionale, dobbiamo per onestamente ribaltare sulle responsabilità che ci competono la risposta che dobbiamo dare alle esigenze che ci vengono sollecitate, perch l'istituzione Regione sia all'altezza di questo problema.
Dico questo perché la DC ritiene di poter rivendicare, non dico delle primogeniture, ma certamente delle posizioni molto limpide su questo settore. Noi siamo sempre stati contrari ad usare tutta la politica della casa come una consumazione di provvedimenti di pianificazione nel rapporto tra il cittadino e questo bene strumentale, ma anche fondamentale per la crescita della società civile.
Ci siamo sempre collocati in una posizione di adeguamento alle modificazioni che la società andava richiedendo. La società oggi, rispetto anche al problema del regime dell'equo canone, richiede e sollecita delle modificazioni. Noi ci collochiamo in una posizione costruttiva che non vuole essere elusiva e mistificatoria rispetto ad istanze precise che esistono e per le quali presto o tardi la comunità ci richiederà delle risposte molto precise.



PRESIDENTE

La discussione generale è terminata, do pertanto la parola all'Assessore Genovese.



GENOVESE Piero, Assessore all'edilizia residenziale

Signor Presidente e colleghi, al di là della provocazione in senso benevolo sulla capacità operativa della Regione, cercherò di attenermi per quanto possibile agli argomenti sollevati dall'ordine del giorno presentato dal collega Adduci ed altri, attorno ai quali già nel mese di luglio avevamo avuto occasione di confrontarci; ciò, in incontri che abbiamo avuto, unitamente agli interroganti, con rappresentanti dell'inquilinato e delle associazioni degli inquilini, con il Presidente e i rappresentanti del CIT e per quanto riguarda l'Assessorato anche con i rappresentanti dei Comuni dell'area metropolitana maggiormente interessati dal fenomeno dell'esecutività degli sfratti.
Per quanto riguarda le indicazioni e gli impegni che sono richiesti nell'ordine del giorno, c'è da parte della Giunta larga concordanza, anche rispetto alla richiesta di modificazione della deliberazione CIPE dell'aprile 1987, con la sottolineatura dell'esigenza di sentire realmente, come la legge prevedeva, le Regioni per la definizione delle aree ad alta tensione abitativa, cosa che non è avvenuta in occasione della formulazione della deliberazione del CIPE perché la previsione legislativa di sentire le Regioni è stata, per così dire, assolta con una preriunione nel corso della quale venne presentata la deliberazione proposta senza alcuna possibilità di modifica, per mera conoscenza. E' necessario sottolineare, quindi, che deve essere modificata la deliberazione riaffermando il ruolo delle Regioni nella definizione delle aree ad alta tensione abitativa, perché per questo come per altri provvedimenti di settore la legislazione statale prevede un momento di collaborazione delle Regioni alla formazione delle decisioni, che poi, nella sostanza, anche per difficoltà di funzionamento della Conferenza delle Regioni, si risolve nel dover accogliere, quando si raggiunge il numero legale nelle sedute convocate a Roma, una proposta chiusa e non modificabile perché - si afferma da parte degli organi centrali - costruita sulla base di parametri "oggettivi".
Sono d'accordo quindi, a nome della Giunta, sull'esigenza di modifica della deliberazione CIPE, aggiungendo però che la Regione rivendica il diritto di essere sentita realmente dal Governo e dagli organi tecnici prima della formazione delle decisioni.
Concordiamo anche sulla necessità dell'impegno per la soppressione delle norme che oggi consentono gli sfratti per finita locazione; mi pare che in questo senso ci sia una larga concordanza da parte degli altri Gruppi consiliari, per le valutazioni che ha fatto soprattutto il collega Strobbia.
A mio parere poi il concetto espresso al punto c) dovrebbe forse essere ampliato, recuperando quanto espresso dal collega Picco, nel senso che non c'è solo un problema di utilizzazione dei fondi GESCAL. ma anche di rilancio di una politica della casa che riconfermi in modo chiaro il ruolo centrale di programmazione delle Regioni; ruolo che si è andato affievolendo negli ultimi anni, per cui è vero quanto sottolineava il collega Picco, affermando che occorre reinventare le modalità di presenza e di governo delle Regioni, almeno a livello di impostazione e programmazione generale, nel settore abitativo.
Bisogna però anche aggiungere che una serie di provvedimenti susseguitisi nel tempo, di fatto hanno ridotto e vanificato il ruolo di programmazione delle Regioni, che non chiedono compiti di gestione, ma compiti reali pieni di programmazione: ciò per evitare, ricordando quanto è avvenuto in merito ai fondi stanziati per l'edilizia sperimentale e in altri casi, che l'intervento pubblico si configuri come un intervento segmentato per competenze diverse, difficilmente riconducibili ad un momento generale di programmazione che invece con la legge n. 457 sembrava essersi affermato in capo alle Regioni.
Concordo anche sull'esigenza richiamata all'ultimo punto dell'ordine del giorno circa il funzionamento della Commissione prefettizia; ma mi sembra che, almeno per quanto riguarda il Prefetto di Torino, come dimostrano gli incontri e lo scambio ufficiale di informazioni tra la Presidenza della Giunta e la Prefettura, esista ben precisa la volontà di affrontare i problemi. Ci sono invece strozzature da rimuovere collegabili proprio alla definizione delle aree ad alta tensione abitativa a tale proposito c'erano state assicurazioni precise a livello governativo rilasciate ai responsabili del CIT, ai rappresentanti della Regione e al Prefetto stesso per una revisione della deliberazione CIPE e c'era stato un interessamento particolare del Ministro ai LL.PP. del Governo precedente.
Anche in questo caso, come a fronte di altri problemi, dobbiamo riannodare il filo di una collaborazione con il nuovo Governo; occorre anche dire che per l'incertezza che grava sull'assegnazione a livello centrale delle competenze riguardanti l'edilizia residenziale pubblica e i problemi della casa in generale, vi sono difficoltà per lo stesso funzionamento degli organi tecnici a livello nazionale come il CER e gli altri momenti di raccordo tra Governo centrale e Regioni. Non si sa infatti ancora bene se le competenze saranno assegnate al Ministro per le aree urbane o se resteranno all'interno dei LL.PP. e ciò determina una situazione di incertezza, creando difficoltà nel rapporto tra Regioni e Governo centrale per quanto riguarda i problemi specifici della casa.
Incertezza che, per esempio, sta influendo negativamente sulla formulazione del provvedimento-stralcio ad anticipazione del futuro piano della casa provvedimento importante, a livello tecnico sufficientemente maturato, che ha visto accogliere nelle discussioni a livello nazionale, che hanno preceduto e accompagnato la predisposizione di bozze e di progetti di legge, moltissime delle richieste che le Regioni hanno avanzato e che tenderebbe a configurarsi come un momento reale di rilancio del ruolo di programmazione delle Regioni. Infatti, tutte le indicazioni sembravano confluire verso un'attribuzione di fondi non rigidamente vincolata e settorializzata, bensì collegata a criteri guida che dovrebbero consentire alle Regioni di destinare i fondi e prevedere gli interventi con un grado di libertà maggiore, più coerenti con la specificità dei fabbisogni abitativi che si rintracciano nelle diverse realtà regionali e subregionali. Siamo quindi oggi in una condizione di difficoltà, ma che dovrebbe preludere ad un momento di rilancio di una politica della casa che ci auguriamo possa avere quelle connotazioni di maggior elasticità e di maggiore responsabilizzazione delle Regioni, per corrispondere appieno alle esigenze della nostra realtà ed esercitare il ruolo di programmazione che reclamiamo e che era stato definito in modo significativo con l'approvazione della legge n. 457 nel 1978.
Vorrei rinviare la considerazione puntuale di altre questioni che mi sono state sottoposte e cioè la gestione del Buono-casa e le modifiche alla L.R. n. 33 sui canoni sociali. Non credo, infatti, che si possa in questa sede ampliare il discorso, comprendendovi problemi non sollevati dall'ordine del giorno in discussione. Mi sia consentito però dire a questo punto, dato che non è la prima volta che soprattutto il problema del "Buono casa" viene sollevato, con tutta schiettezza e tranquillità quello che penso: dopo un'esperienza relativa alla gestione di questo intervento da parte della Regione devo dire che i problemi non sono facilmente risolvibili in sede di chiusura di un programma e di un bando pubblico di concorso e che esistono strozzature non eliminabili se non si cambia radicalmente il sistema di programmazione dell'intervento regionale. Il collega Chiezzi sa che non sono molto polemico, però lo inviterei a riflettere in ordine a queste difficoltà sui tempi che ci sono sempre state: facciamo fatica oggi, ma era già così nel 1985 e nel 1986 per chiudere il bando del 1983 e siamo stati in difficoltà a chiudere il bando per i mutui individuali del 1985, per il quale sono in corso le ultime operazioni, che abbiamo accelerato con l'impiego di personale ex comprensoriale assegnato, sia pure transitoriamente, all'Assessorato. Mi auguro che andremo ad una conclusione più rapida di quanto si potesse temere, ma sempre in tempi che anch'io giudico non accettabili rispetto alle esigenze della gente. Ciò è però dovuto al tipo di normativa che in questa Regione ci siamo dati al momento dell'emanazione dei bandi di concorso. Non avendo un'esperienza diretta ho ritenuto, al momento dell'ultimo bando di concorso, che dovessero essere introdotte piccole modifiche di adeguamento rispetto ai bandi precedenti. Oggi, invece ritengo che si debba andare verso sostanziali modifiche delle modalità di intervento e di controllo della Regione, poiché per operazioni che non sono di grandissimo rilievo, ma di difficile gestione, dobbiamo seguire procedure defatiganti e a cascata, con controlli incrociati e duplicati che impediscono, con l'esigua struttura regionale esistente, di assolvere alle incombenze in termini di tempo accettabili per la gente e per noi stessi. Quindi, mentre si cerca di accelerare la conclusione di questo programma, si deve andare verso sostanziali modifiche, tenendo conto anche di quello che hanno fatto altre Regioni (non di tutto, perché ad esempio in alcune Regioni di fatto siamo di fronte a situazioni che equivalgono al sorteggio) per realizzare un'accelerazione delle procedure e maggiore certezza nell'esame delle domande. Infatti, abbiamo verificato, soprattutto per quest'ultimo bando, che il contenzioso è molto forte e che l'esame dei ricorsi presentati crea dei seri problemi, con disparità di valutazione a livello tecnico-giuridico da parte dei consulenti esterni a cui ci rivolgiamo e all'interno della struttura della Regione.
Credo comunque di dover accogliere, perché è giusto, l'invito del collega Chiezzi a predisporre un documento che faccia il punto esatto della situazione e definisca ipotesi ragionevoli, e per quanto possibile certe sulla chiusura delle operazioni in corso. Sarà mia premura proporre quindi al Consiglio una comunicazione su questa materia nel più breve tempo possibile, probabilmente nell'arco di un mese.
Per quanto riguarda la L.R. n. 33 assicuro ugualmente che i tempi annunciati ultimamente in Commissione saranno rispettati da parte della Giunta. Mi auguro che all'interno della Commissione si riesca ad addivenire, attraverso il confronto di diversi testi, ad una soluzione che per quanto riguarda il calcolo del canone sociale e delle fasce dei redditi ci consenta di superare l'articolazione e la diversità di proposta esistenti all'interno e al di fuori della Regione per pervenire alla revisione normativa in termini di tempo accettabili. Si dice che non abbiamo rispettato i tempi, ed è vero; credo, però, che appena arriveremo in Commissione si vedrà come i tempi si allungheranno ancora ulteriormente perché a calcoli fatti, come verrà dimostrato, nel momento in cui si vuole procedere, insieme ad una valutazione più complessiva della legge e della sua operatività, alla revisione delle norme che riguardano il canone sociale e le fasce di reddito, la nostra Regione è quella che, tra le Regioni che hanno legiferato, ricava il minor gettito complessivo ed è in maggior difficoltà per quanto riguarda i rimborsi che devono essere effettuati. Queste difficoltà reali, insieme alla permanente incertezza per l'incompleta stesura dell'anagrafe dell'utenza, hanno determinato ritardi di cui ovviamente ci assumiamo la responsabilità, ma che hanno anche motivazioni oggettive.
A conclusione, dichiaro che rispetto all'ordine del giorno presentato con le poche osservazioni che ho fatto e con il contributo che i Gruppi daranno, c'è un accordo di larga massima della Giunta e credo si possa addivenire ad un testo comune. Riteniamo che dopo l'approvazione dell'ordine del giorno sia appena ovvio quanto richiesto dagli interroganti e ciò che è necessario sviluppare immediate iniziative nei confronti del Governo, unitamente al CIT e ai Comuni della cintura, per dare le risposte possibili ad un problema la cui gravità non sfugge certamente alla Giunta e al Consiglio.



PRESIDENTE

L'art. 89 del Regolamento stabilisce che "uno dei proponenti la mozione od ordine del giorno - ha il diritto di replica dopo la chiusura della discussione". Pertanto, avendone fatto richiesta, do la parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

Altri e più generali elementi riguardanti la politica della casa sono stati introdotti, come notava anche il compagno Chiezzi, all'interno di questo dibattito. Ovviamente essi potranno costituire oggetto di un nuovo e più approfondito dibattito, per ora è bene far sì che il nostro ordine del giorno, pur con le modifiche richieste, venga approvato, non solo formalmente però; saremmo molto contenti se le proposte in esso contenute avessero qualche effetto pratico sul comportamento del Governo. Se poi il nostro ordine del giorno potesse servire a far sì che questa Giunta regionale, non limitandosi a rivendicare una maggiore incisività di azione politica del Governo, incominci ad esercitare, essa per prima, una concreta politica della casa, saremmo ancor più soddisfatti. Avremmo così raggiunto due obiettivi: quello di contribuire alla risoluzione del problema degli sfratti e quello di far sì che la Regione, finalmente, diventi parte attiva nella politica delle abitazioni, a livello regionale.
Per quanto riguarda le modifiche proposte, in particolare dal collega Strobbia, non abbiamo alcuna pregiudiziale ad accoglierle. Occorre per rilevare che, per chiarezza, è importante addebitare l'assenza di una politica della casa al Governo. Se però questo dovesse costituire motivo di non approvazione dell'ordine del giorno, possiamo concordare nel sostenere che la politica governativa nel settore delle abitazioni non ha, anzich "prodotto", "risolto" tale situazione. Dev'essere comunque chiaro che la condizione degli sfrattati non è come quella di Paperino, vale a dire senza padre né madre; l'esecuzione degli sfratti ha origine nella politica governativa. Dalle modifiche proposte al nostro ordine del giorno, del resto, emerge che non essendo il Governo né padre né madre della politica degli sfratti, esso è pur sempre una zia degli sfrattati e tanto, per ora può bastare.



PRESIDENTE

Sono state proposte verbalmente delle modifiche da apportare all'ordine del giorno testé discusso da parte del Consigliere Strobbia e da parte dell'Assessore Genovese a nome della Giunta, per cui in attesa di addivenire ad un ordine del giorno unitario auspicato dalla Presidenza possiamo procedere all'esame di un altro argomento all'o.d.g. e successivamente porre in votazione l'ordine del giorno unitario.
Se non vi sono osservazioni da parte della Giunta e dei Gruppi considero concluso l'esame di questo documento.


Argomento: Nomine

NOMINE


PRESIDENTE

Poiché in questo momento vi è fortunatamente il numero legale e temendo che con il passare delle ore possa venire meno, possiamo senz'altro procedere alle nomine di cui al punto 14) all'o.d.g.
Si distribuiscano le schede.
Consulta regionale dell'emigrazione e dell'immigrazione (art. 4 L.R.
n. 1/78). Nomina di 3 Consiglieri regionali di cui 1 in rappresentanza della minoranza.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletti i Consiglieri regionali Giancarlo Tapparo, Enrico Nerviani e Nazzareno Guasso.
SAGAT - Collegio dei Sindaci - Nomina di 1 Sindaco.
E' stato svolto lo scrutinio delle schede. Proclamo eletto il signor Michele Camera.
Pongo in votazione l'immediata esecutività della suddetta deliberazione, si sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
Il Consiglio approva con 35 voti favorevoli e 2 astensioni (2 Consiglieri non hanno partecipato alla votazione).


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno relativo all'Indesit


PRESIDENTE

Prima di passare all'esame dell'ordine del giorno sul commercio delle armi, pongo in votazione l'ordine del giorno relativo all'Indesit firmato da tutti i Gruppi consiliari, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte constatato il drammatico problema rappresentato dalla crisi dell'Indesit (1.800 posti di lavoro persi al Nord, di cui 1.300 donne, il 90% delle quali in età compresa tra 30-50 anni) e la grave situazione economico sociale venutasi a creare nel Pinerolese impegna il Presidente della Giunta e l'Assessore al lavoro, il governo regionale nella sua collegialità, ad intervenire - con tutta l'energia e l'autorevolezza che il problema richiede - nei confronti del Governo e degli Enti locali dell'area allo scopo di: verificare se il nuovo assetto societario, che viene scelto dal Ministro dell'Industria tra le varie offerte pervenute al Commissario dispone ed attua un piano di ristrutturazione tecnologica adeguato, per assicurare continuità produttiva all'importante complesso industriale individuare le iniziative più idonee per favorire il reimpiego dei lavoratori eccedenti.
In particolare, è urgente sollecitare: la proroga di un anno del regime commissariale (Legge Prodi) il mantenimento di un formale rapporto di lavoro per tutti i lavoratori eccedenti, per poter garantire loro un reddito ed esperire tutte le possibilità di ricollocamento la sperimentazione da parte della Commissione regionale per l'impiego di nuove forme di collocamento e di ricollocamento in deroga alle leggi nazionali (attraverso forme di armonizzazione che prevedano quote di avviamento al lavoro riservate ai cassaintegrati in mobilità) l'impiego adeguato dello strumento formativo per facilitare il reinserimento al lavoro il prepensionamento a 50 anni la possibilità di avviare al lavoro, in via straordinaria, i cassaintegrati in età da usufruire dei contratti di formazione e lavoro (con tale strumento, nel periodo ottobre 1986 / giugno 1987, nei Comuni di residenza dei lavoratori Indesit sono stati effettuati 2.057 avviamenti al lavoro) lo snellimento delle procedure della legge n. 444 per l'inserimento di lavoratori nel pubblico impiego la definizione di una deliberazione quadro di coordinamento (Stato Regione - Enti Locali), impegno assunto dall'Assessore regionale al lavoro nella scorsa primavera, per l'impiego di cassaintegrati in lavori e servizi socialmente utili la costituzione delle Sezioni circoscrizionali di collocamento e la formazione delle liste di mobilità per l'assunzione di cassaintegrati negli Enti pubblici, locali e nelle UU.SS.SS.LL. (decreto 392), superando il limite di età dei 35 anni attraverso la modifica della legislazione vigente l'inserimento nel bilancio della Regione di un Fondo straordinario per l'occupazione".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato all'unanimità dei 34 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordini del giorno presentati rispettivamente dai Gruppi PCI, DP e Lista Verde, dal Gruppo DC e dal Gruppo socialista sul commercio delle armi


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame dell'ordine del giorno n. 345 relativo al commercio delle armi, di cui al punto 6) all'o.d.g.
Comunico inoltre che in data odierna sono stati presentati sullo stesso argomento due ordini del giorno, uno da parte del Gruppo DC, l'altro del Gruppo PSI. Pertanto la discussione dovrà riferirsi anche a tali documenti che verranno posti in votazione al termine della discussione in ordine di presentazione, a meno che non si avanzi una richiesta di sospensione per tentare di stilare un testo unitario.
Ha ora la parola il Consigliere Reburdo che illustra l'ordine del giorno presentato dai Gruppi comunista, DP e Lista Verde.



REBURDO Giuseppe

Confesso di avere scarsissima volontà di illustrare questo documento perché non mi pare, stante il clima del Consiglio, si possa discutere con sufficiente approfondimento di una materia delicata e complessa dal punto di vista politico, economico ed etico. Lo farò quindi con un po' di sufficienza.
Dalla rapida lettura degli ordini del giorno presentati dal Gruppo democristiano e dal Gruppo socialista si coglie un dato di differenziazione profonda rispetto a quello presentato dai tre Gruppi a cui nome parlo. Il problema della produzione e del commercio delle armi non riguarda realtà esterne al Piemonte, bensì realtà nelle quali il Piemonte è coinvolto in termini di avanguardia e di qualificazione, per cui occorre sì riflettere complessivamente, ma si tratta anche di farlo a partire dalla realtà dentro la quale viviamo. Cercherò di radicarmi immediatamente in questa realtà per non sfuggire ai problemi demandandoli ad altri.
Parlo anche in termini pacifisti; non si adombrerà il Gruppo socialista se mi qualifico pacifista stanti le critiche superficiali ed inaccettabili che il loro Vicesegretario nazionale Martelli ha fatto quasi in modo sprezzante dividendo gli uomini in buoni e cattivi: ci sono gli uomini buoni che affrontano le tematiche pacifiste ed ambientaliste non in termini ideologici e poi ci sono i cattivi che pensano che la concezione di un modello di vita e di società deve riflettersi anche dal punto di vista etico, morale e politico, prima ancora che da quello economicistico e pragmatistico.
Non possiamo sfuggire dalla realtà nella quale viviamo. Se vogliamo conoscere approfonditamente questa realtà, non abbiamo bisogno di leggere riviste specializzate, sarebbe stato sufficiente che i firmatari dei due ordini del giorno che prima citavo avessero letto "Repubblica - Affari e Finanza" n. 31 del 18/9/1987 nel quale si parlava della Corporation Fiat e della presenza del Gruppo Agnelli all'interno della produzione e della ricerca bellica, descrivendo dettagliatamente il livello di coinvolgimento della più grande industria italiana all'interno di questo settore. Si dice ad esempio, che il settore Difesa della Fiat vende il doppio della fabbrica di abbigliamento Benetton.
E' un livello di coinvolgimento estremamente preoccupante. Pensiamo anche all'Aeritalia la cui produzione in Piemonte è quasi totalmente di carattere militare. La parte spaziale dell'Aeritalia infatti si sviluppa sulla base della garanzia che questa abbia un'immediata ricaduta militare.
La differenziazione tra gli ordini del giorno è del tutto evidente perché noi essendo direttamente coinvolti dobbiamo riflettere a partire dalla realtà dentro la quale operiamo e rispetto alla quale chiediamo, nel nostro ordine del giorno, che ci sia un'iniziativa della Regione a partire da un'indagine conoscitiva del Consiglio regionale attorno al grado di coinvolgimento dell'industria e della ricerca piemontese all'interno della produzione di carattere bellico.
E' una richiesta importante e significativa per il livello di responsabilità che il Consiglio regionale dovrebbe assumere.
Ho voluto sottolineare con enfasi questa differenziazione perché come sempre avviene in questi ordini del giorno si chiede ad altri di assumere delle iniziative. In questo caso abbiamo la possibilità di chiedere al Parlamento un intervento legislativo serio di regolamentazione sul commercio delle armi; abbiamo l'esigenza di chiedere al Parlamento un'indagine conoscitiva seria ed approfondita sulla situazione della produzione e della ricerca in campo bellico a livello nazionale, ma possiamo dare un apporto diretto in questo tipo di iniziativa anche cercando di comprendere dal punto di vista industriale e della ricerca la realtà dentro cui siamo coinvolti, altrimenti è comodo sfuggire a questo nodo del problema.
Ritengo inoltre importante sottolineare il fatto che le richieste avanzate nel nostro ordine del giorno riguardano anche l'esigenza di affrontare questo problema attraverso iniziative concrete. Esiste in Piemonte, su decisione della FLM piemontese, un'esperienza, ancora minima di osservatorio permanente sull'industria bellica in Piemonte. Questa iniziativa è già stata portata nella passata legislatura e anche recentemente all'attenzione del Consiglio e della Giunta chiedendo un sostegno concreto da parte della Regione stessa perché questo osservatorio permanente sull'industria bellica abbia possibilità di consolidarsi e di svilupparsi.
Detto questo, sempre in esplicita polemica con il documento del Gruppo socialista, noto che, sebbene siano state sostanzialmente ricalcate le posizioni socialiste da parte del Gruppo democristiano, esiste una differenziazione estremamente significativa. Il Gruppo socialista tende a consolidare, ad esempio, il fatto che il commercio delle armi comunque deve essere affrontato cercando da un lato di controllarne gli effetti sull'occupazione e dall'altro di garantirne i benefici sulla bilancia commerciale del Paese. Significa in altri termini avallare attraverso un ordine del giorno l'esigenza che l'Italia continui ad essere qualificata dal punto di vista della produzione e del commercio delle armi sia pure sotto un controllo più approfondito.
Pertanto a mio parere l'ordine del giorno del Gruppo DC è molto più corretto di quello socialista.
Al fine proprio di marcare esplicitamente le differenziazioni, vorrei dare alcuni elementi di informazione.
Vedo tra l'altro che ai Consiglieri regionali si sta distribuendo il giornale "L'incontro", che è un giornale qualificato della realtà torinese anche di area socialista, per cui i socialisti in qualche modo dovrebbero leggerlo e coglierlo; ebbene, nel numero di agosto tale giornale anticipa alcuni capitoli di un libro edito da Angeli dal titolo: "L'Italia e la corsa al riarmo", nel quale si evidenzia lo scorrere delle esportazioni di armi italiane nel Terzo Mondo. Ecco un dato: l'Italia produce armi per 4.650 miliardi all'anno, dei quali 4.515 collocati nei Paesi in via di sviluppo, ovvero oltre il 90% dell'intera produzione. Occorre qui riflettere sul modo con il quale l'Italia affronta sistematicamente questo problema coinvolgendo gli aiuti al commercio e all'esportazione di armi all'interno della gestione della cosiddetta legge di cooperazione allo sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo.
Non voglio andare oltre questo elemento di conoscenza, ma sarebbe opportuno che questi dati venissero approfonditi e portati all'attenzione.
Qualche anno fa il Consiglio regionale aveva sponsorizzato la pubblicazione dell'annuale "Rapporto Sipri" sugli armamenti e poi si abbandonò questa iniziativa. Sarebbe bene riprenderla proprio perché questo rapporto annuale fornisce un'informazione abbastanza oggettiva provenendo da un istituto di ricerca finanziato dal Parlamento svedese che è garante dell'oggettività dell'informazione. Da queste informazioni si traggono elementi di valutazione di carattere politico.
Se il Presidente del Consiglio me lo permette e i Consiglieri avranno la pazienza di ascoltarmi, leggerò - perché non è di uso e di costume leggere e diffondere queste informazioni, è chiaro infatti che il giornalista de "La Stampa" non è interessato a questo, probabilmente dovrà rispondere ad esigenze diverse da quella di stare attento anche a quello che si dice non soltanto in termini tattici e strumentali in Consiglio regionale, però sarebbe opportuno che venisse ripreso questo argomento - un brano che...



(Proteste del Consigliere Marchini)



REBURDO Giuseppe

Collega Marchini, probabilmente il giornale "La Stampa" non è interessato a questo tipo di problema, in quanto è sostenuto e finanziato dall'azienda FIAT, per cui diventa evidentemente difficile avere questo tipo di informazione da "La Stampa". I condizionamenti sono del tutto evidenti e non è la prima volta che faccio questa polemica in Consiglio regionale.
Il giornale "Missione Oggi" dei Padri Saveriani nell'ultimo numero di settembre-ottobre riprendendo quanto da tempo denunciato dalla rivista "Nigrizia" e da molte organizzazioni cattoliche, ma non solo, mette il dito sulla piaga della incoerenza tra la gestione politica della difesa e dello sviluppo del nostro Paese e lo scandalo, morale ed economico, del commercio delle armi.
L'articolo è intitolato: "Chi sono i terroristi?" "'Verminaio'. Con questo sostantivo, Formica, allora Ministro del Commercio con l'Estero, definiva il commercio italiano di armi all'indomani dello scoppio dell'Irangate. Armi italiane si imbarcavano da Porto Talamone verso i luoghi più impensati. Naturalmente in Italia nessuno 'ufficialmente' sapeva ciò che in Danimarca era perfino oggetto di processi e di condanne in tribunale.
Tutto allora fu messo a tacere. Ci pensò Amato, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, oggi Vicepresidente, con una relazione al Parlamento che - come commentò un autorevole settimanale - disonorava la sua e l'altrui intelligenza. Spadolini, allora Ministro della Difesa, oggi Presidente del Senato, si limitò a dire che se responsabilità c'erano erano comuni per cui 'aut simul stabunt, aut simul cadent'. Naturalmente i nostri decisero di 'stare'.
Cadde invece la legislatura e con essa anche la legge di regolamentazione del commercio delle armi tenacemente perseguita da diversi gruppi e associazioni e tenacemente contrastata da ben più potenti gruppi di pressione.
Oggi Spadolini dice di aver sempre voluto una legge di regolamentazione, facendo finta di non sapere che proprio il suo Partito attraverso l'emendamento Gunnella, tendente a rendere irrilevante la relazione del Presidente del Consiglio in Parlamento, è stato fra i primi responsabili del rallentamento dell'iter parlamentare della legge in questione. Senza dimenticare che è proprio lo stesso Spadolini colui che, o personalmente o attraverso 'La Voce Repubblicana', ha più volte accusato di complicità con il terrorismo coloro (Padre Zanotelli e Padre Melandri direttori rispettivamente di 'Nigrizia' e di 'Missione Oggi') che gli ricordavano che compito di un Ministro della Difesa non è quello di fare 'il piazzista' di strumenti bellici.
Andreotti, intanto, fa lo gnorri: 'non so, non c'ero e, se c'ero dormivo'. Continua ad insistere che l'Italia da tempo - anche con notevoli sacrifici economici - non vende più armi ai Paesi del Golfo. Il nostro Ministro è abituato a queste prese di posizione. Lo ricordo a Firenze quando davanti a oltre 1.000 persone affermò che i dati del Sipri altro non sono che un modo attraverso cui 'il Paese che dà i premi Nobel' cerca di coprire i propri traffici, accusando gli altri. E continuò dicendo che era pronto a portare una documentazione precisa, atta a dimostrare che l'Italia vende pochissime armi ai Paesi del Terzo Mondo. Peccato che tale documentazione, più volte richiesta, non sia mai arrivata.
Pare che il nostro Ministro non sappia che esistono le cosiddette 'triangolazioni'. Pare non sappia che, ad esempio, se a Singapore fossero davvero sbarcate tutte le armi che ufficialmente sono state spedite in quel Paese, il suo piccolo territorio non sarebbe oggi in grado di ospitare neanche i suoi abitanti. Eppure ci vorrebbe poco. Basterebbero alcune telefonate: una al Capo dell'ufficio SAS (Servizi segreti del Sismi) che si occupa del rilascio delle licenze di vendita, oppure per i dettagli circa gli imbarchi marittimi o aerei al Capo dell'ufficio doganale del Ministero delle Finanze. Ma forse per Andreotti è meglio non sapere.
Formica, dopo aver detto che siamo dentro ad un verminaio, si dà da fare. Emana un decreto. Zanone, allora Ministro dell'Industria e oggi alla Difesa, lo critica. Ci pensa Sarcinelli, per fortuna, a renderlo 'pi snello'.
Intanto arrivano notizie di mine non ben identificate che vagano per il Golfo. L'Italia, che di mine se ne intende, è subito interpellata affinch mandi i suoi dragamine ad individuarle. Poi si scopre che le mine sono italiane, vengono dalla Valsella di Brescia (di proprietà della Fiat). Come siano arrivate là nessuno lo sa. Neanche i dirigenti della Valsella. I misteri della politica economica! Questa è la verità ufficiale. Ma c'è anche una verità sotto-ufficiale che tutti conoscono. Tutti sanno che Talamone e Ortona sono porti 'franchi', dove si lavora molto, di notte specialmente, complici anche i sindacati e i partiti di sinistra.
Da Venezia, nel frattempo, espatriano casse di 'materiali di plastica' o di 'giocattoli' che, per vie traverse, arrivano su imbarcazioni jugoslave. Sono dirette a Singapore. Durante il viaggio c'è qualche intoppo e il carico si incaglia nel Golfo. Ma c'è di più: miracolosamente i giocattoli si trasformano in mine e si mettono in moto per il mare. Da quelle parti, in Medio Oriente, si racconta che circa duemila anni fa un uomo abbia trasformato l'acqua in vino. Adesso il miracolo si ripete: i giocattoli si trasformano in mine.
Per rendersi conto di tutto, due funzionari dell'Oto Melara decidono di fare un giro turistico in Iran e in Iraq. Il Ministero degli Interni decide di favorire l'esplorazione e concede loro due passaporti differenti: uno per l'Iran e uno per l'Iraq. E non ci venga a dire che la nostra burocrazia non è attenta ai bisogni e alle curiosità dei cittadini! Intanto l'on. Anselmi nota che diversi ufficiali dell'esercito iscritti nell'elenco di Gelli sono finiti a lavorare in aziende che producono armi.
La solita 'patita'. Vede la P2 dappertutto. Poi, con tutta la disoccupazione che c'è in Italia...
Dal canto suo la Tirrenia compra 5.300 tonnellate di esplosivo da un consorzio di produttori europei. La Banca Nazionale del Lavoro garantisce i pagamenti. L'esplosivo viene custodito in un deposito dell'esercito a Verseggio, vicino a Grosseto (con tutti i terroristi che ci sono in giro certo materiale è bene custodirlo in caserma) e di lì, via Talamone, si imbarca su navi iraniane. Scrive Padre Balducci: 'La guerra che compromette le rotte del petrolio cesserebbe entro 48 ore se le nazioni che oggi alzano le grida contro le intercettazioni di quelle rotte smettessero di vendere armi ai due contendenti'.
Gli risponde, dalle colonne de 'L'Unità', Maurizio Ferrara: 'Il pacifismo di oggi non ha bisogno di arcaiche invettive da isolati contro i militari e i cercanti di cannoni. Ci siamo attardati anche troppo su queste ottocentesche vie della pace, sincere forse, ma sicuramente arretrate improduttive e perdenti'.
E' solo un piccolo spaccato di un immenso e squallido affare ufficiale o 'sotto-ufficiale'. Si fa davvero fatica a stare dietro a tutto e, forse è troppo anche per un Ministro degli Esteri, della Difesa o del Commercio con gli Esteri. Come si fa a conoscere tutto? Ma nessuno mi toglie dalla testa che in mezzo a tanto squallore il più onesto di tutti resti l'on. Piduini (scusate, Pedini). Già 12 anni fa aveva detto che era ora di abbandonare i falsi pudori e di mettersi a vendere più armi, soprattutto al Terzo Mondo. Oggi insiste: 'L'Italia svolge un'azione benefica vendendo armi soprattutto al Terzo Mondo, in favore dell'indipendenza degli Stati acquirenti'.
Almeno lui ha il coraggio di dire ciò che altri a parole esorcizzano ma di fatto tollerano o favoriscono. A me resta solo un piccolo interrogativo: 'ma chi sono i terroristi?'".
Ho voluto leggere questo breve articolo di fondo di Padre Melandri perché sia la rivista "Missione Oggi" che la rivista "Nigrizia" hanno da almeno tre anni avviato precise denunce, facendo nomi e cognomi sottolineando il fatto, per esempio, che larga parte dei fondi per la cooperazione e lo sviluppo internazionale sono usati per finanziare e sostenere pratiche di commercio e di vendita di armi; che l'Italia considera elemento di sostegno alla cooperazione internazionale l'addestramento in Italia, con l'invio di propri esperti nei Paesi del Terzo Mondo, di ufficiali degli eserciti di quei Paesi attingendo dai fondi per la cooperazione e lo sviluppo.
Su queste denunce fatte sistematicamente a partire da Spadolini Andreotti ed altri, si sono prese le distanze, si è arrivati all'insulto si è arrivati anche a far sì che Padre Zanotelli fosse obbligato attraverso un intervento della Segreteria di Stato, ad emigrare e a fare il missionario in Africa, senza che nessuna denuncia, nessuna querela rispetto a queste accuse venisse mai fatta. E noi lo facciamo anche da questa tribuna. Riteniamo che sia ora di invertire questa tendenza.
Occorre cominciare a pensare a questo problema prima di tutto etico, ma anche politico ed economico, affinché l'Italia possa scendere fortemente dal quarto o quinto Paese produttore ed esportatore di armi.
Noi riteniamo che la politica di incentivazione della produzione bellica non interessi né i livelli produttivi, né i livelli tecnologici, n pure i livelli commerciali del nostro Paese dove è possibile operare attraverso un lavoro serio e responsabile, non portato avanti soltanto dal punto di vista ideale, ma ricercando strumenti precisi e puntuali, affinch questi problemi possano essere affrontati con la gradualità e l'approfondimento necessari. Abbiamo indicato alcuni di questi strumenti nel nostro ordine del giorno.
E' innanzitutto indispensabile una legge nazionale che finalmente regolamenti e renda trasparente il commercio delle armi: l'Italia è l'unico Paese occidentale che sottopone al vincolo del segreto militare le commesse di armi. E' necessario rompere questa omertà. E' necessario che si faccia chiarezza sull'ormai dimostrato profondo intreccio tra traffico della droga, commercio delle armi, mafia e camorra. Il giudice Montaldo ha pagato con la vita il fatto di aver evidenziato questo intreccio. Il giudice Carlo Palermo a causa di un intervento del potere esecutivo era stato trasferito da Trento a Trapani per andare a morire in un attentato che purtroppo ha causato anche la morte di una donna e di due bambini. Il giudice Palermo fu sottoposto ad angherie di ogni sorta soltanto perché aveva iniziato ad alzare il velo sull'intreccio tra commercio delle armi, mafia, camorra e droga.
Questo è un elemento di riflessione e non di carattere moralistico.
Ho già detto, torno a ripeterlo, che oggi è possibile, insieme ad una legge nazionale seria sul commercio delle armi, impostare alcune altre iniziative: intanto conoscere la realtà dove noi viviamo. E' una realtà seriamente pregiudicata da altissime commesse nel campo militare. Sappiamo che per quanto riguarda le commesse militari dal punto di vista economico non esistono problemi. Si tratta di commesse che non fanno i conti con la concorrenza, in quanto questa non esiste. Non c'è necessità di abbassare i costi di produzione: le commesse in campo bellico garantiscono che a qualunque livello vengano prodotti sistemi d'arma questi hanno la sicurezza di essere collocati. E' chiaro quindi che industrie come la Fiat cerchino di succhiare il più possibile da uno Stato che lo permette, proprio perch in questo settore si ha la possibilità di un facile e garantito guadagno.
E' un elemento attorno al quale occorre riflettere.
Se è vero questo, noi riteniamo che sia necessario che il Parlamento ma anche le Regioni, facendo agio sulle collaborazioni del mondo dell'industria e della ricerca e del mondo sindacale, arrivino con continuità ad approfondire il sistema di coinvolgimento della produzione e soprattutto della ricerca in campo bellico.
E' necessario che il Parlamento e le Regioni attivino delle iniziative.
Nella gestione della politica industriale ed economica della nostra Regione non possiamo non aver preciso un quadro di come a livello di ricerca (Politecnico, Università, Centro di Calcolo della Regione Piemonte ed alcuni altri centri che potranno essere individuati) vi siano già elementi profondi di compromissione nel campo della ricerca bellica.
Non possiamo ignorare che la Fiat ed altre industrie sono fortemente coinvolte nella produzione di sistemi di arma. Non possiamo dimenticare che queste realtà operano e attivano intelligenze e braccia nella nostra Regione. E' necessario che questo problema venga affrontato con una ricerca di carattere conoscitivo, attorno alla quale la Regione si misuri con la serietà dovuta, senza velleitarismi, senza massimalismi, per avere un quadro preciso della situazione.
Noi abbiamo indicato anche lo strumento dell'osservatorio sull'industria bellica che riteniamo interessante ed importante.
Chiedo scusa se mi sono dilungato leggendo brani di denunce che settori di società di non poco conto da anni nel silenzio generale stanno portando avanti.
Non possiamo dimenticare che nella campagna elettorale una serie di organizzazioni cattoliche e non, hanno chiesto ai candidati di sottoscrivere un documento nel quale si impegnavano a far sì che nel Parlamento si arrivasse rapidamente a definire la legge sul commercio delle armi.
Riprendo la mia polemica iniziale con i mezzi di informazione, perch anche questo è un problema: non possiamo dimenticare che nella realtà piemontese il sistema informativo è tale da precludere sostanzialmente qualunque possibilità di dare informazioni sufficientemente realistiche e serie sullo stato di questi problemi.
La stessa realtà regionale della Terza Rete della RAI non compie quasi alcuno sforzo di approfondimento e la realtà informativa cosiddetta privatistica è indifferente rispetto a problematiche come queste; ma non è questa un'eccezione nei confronti della situazione generale.
La rivista "Nigrizia" ha svolto una ricerca, ordinata dall'Archivio per il disarmo di Roma, effettuata su 23 quotidiani, in ordine al modo in cui vengono affrontate le notizie in tema di difesa nel nostro Paese. A chi fosse interessato potrei fornire fotocopia di questo studio; è un elemento di ulteriore riflessione.
Il problema della trasparenza diventa essenziale in una democrazia laddove i sistemi di potere sono più evidenti. Il sistema economico militare in qualche modo obbliga alla segretezza e alla riservatezza; nel campo dell'industria e della ricerca esiste un controllo, nelle aziende e negli istituti di ricerca coinvolti, anche sul grado di affidabilità delle persone che vi lavorano. Questo è sicuramente un ulteriore elemento di chiusura e di preoccupazione dal punto di vista dello sviluppo democratico del nostro Paese. Ecco perché questo è un tema complesso che richiede un'attenzione più particolare.
Il punto 3) dell'ordine del giorno socialista è di grande preoccupazione, poiché viene usata con forza la parola "graduale" e viene enfatizzata la questione della bilancia commerciale del nostro Paese. Tali elementi rendono difficile affrontare questa problematica, ma ritengo che con una riflessione più attenta, svolta insieme, sia possibile addivenire ad un ordine del giorno di carattere generale che chieda al Parlamento indicazioni precise e che ponga anche impegni coerenti per quanto è possibile fare oggi da parte della nostra Regione.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DAMERI


Argomento: Opere pubbliche - Edilizia: argomenti non sopra specificati

Esame ordine del giorno n. 367 relativo all'esecuzione degli sfratti in Torino e in 14 Comuni della cintura (seguito)


PRESIDENTE

Prima di dare la parola agli altri Consiglieri per l'illustrazione dei vari ordini del giorno sul commercio delle armi, pongo in votazione l'ordine del giorno concordato n. 367 relativo all'esecuzione degli sfratti in Torino e in 14 Comuni della cintura, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale considerato il fatto che la politica governativa nel settore delle abitazioni non ha risolto situazioni di emergenza che vanno sempre più aggravandosi a seguito della scadenza relativa alla sospensione delle esecuzioni degli sfratti constatata la difficoltà, da parte degli Enti locali, di avviare una politica di programmazione atta ad impedire che intere famiglie possano trovarsi senza casa preso atto del fatto che tale situazione, oltre ad investire la Città di Torino, coinvolge in modo ancor più drammatico i 14 Comuni della cintura che, con la deliberazione del CIPE dell'8/4/1987, vengono esclusi dalle aree considerate ad 'alta tensione abitativa', contrariamente a quanto pur previsto dal CIPE stesso con deliberazione del 30/5/1985 consapevole del fatto che una gestione programmata della politica della casa, nell'ambito di una corretta pianificazione consortile, è condizione fondamentale per ridurre le tensioni oggi presenti in centinaia di famiglie impegna la Giunta regionale ad operare affinché: a) sia modificata la deliberazione del CIPE dell'8/4/1987 onde reinserire, tra le aree 'ad alta tensione abitativa' i Comuni della cintura torinese già considerati tali a seguito della deliberazione CIPE del maggio 1985, ristabilendo un ruolo propositivo delle Regioni in materia b) siano soppresse le norme che consentono gli sfratti per 'finita locazione' c) sia consentita l'utilizzazione dei fondi GESCAL. in un moderno ed avanzato regime dei suoli, per la costruzione di nuovi alloggi d) sia resa funzionante la Commissione prefettizia di cui alla legge n.
899/86, per la graduazione degli sfratti, completa dei rappresentanti dei Comuni della cintura torinese".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è approvato con 32 voti favorevoli e 4 astensioni.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordini del giorno sul commercio delle armi (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno relativi al commercio delle armi.
La parola al Consigliere Tapparo che illustra il documento presentato dal Gruppo socialista.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri l'ordine del giorno che il Gruppo socialista ha presentato verrà da me illustrato in tempo sufficientemente breve, senza però perdere di approfondimento come la complessità di questa materia richiede.
Nell'ordine del giorno presentato dal Gruppo PCI, dalla Lista Verde e da DP si è parlato della gravità del fenomeno del traffico illegale di armi. Questo aspetto ha assunto una rilevanza tale nel nostro Paese da non poter più essere considerato un fenomeno marginale e sottostimato. I riflessi negativi del traffico illegale di armi sono molteplici: alimenta l'intreccio tra criminalità organizzata, terrorismo internazionale e un certo modo di operare di taluni servizi segreti e pare anche possa inquinare il mondo politico. Non credo però che si possano equiparare queste preoccupazioni con l'uso dei fondi per lo sviluppo che fa il Ministero degli Esteri sebbene ci sia un'aspra polemica sul tipo di priorità che questi fondi vengono a trovare nei rapporti con i Paesi del Terzo Mondo.
E' indubbio che il traffico illegale di armi serve ad alimentare le guerre particolari, locali, che organismi internazionali quali l'ONU condannano fortemente. Se il fatto che noi esportiamo molte armi al Terzo Mondo, esportazioni frutto di accordi ufficiali come nel caso della Somalia e di alcuni Paesi dell'America latina, può suonare a nostro demerito dobbiamo anche dire che non siamo capaci ad esportarle nel Regno Unito o negli Stati Uniti, perché i livelli di sofisticazione e di contenuto tecnologico non sono ritenuti sufficienti.
Occorre ancora dire che quello dell'industria bellica e del suo commercio è un sistema a forti vasi comunicanti: non è detto che chiudere da una parte possa di per sé dare un beneficio diretto e immediato in termini di riduzione dei conflitti. Senza una volontà, un impegno a livello internazionale, il fatto specifico regionale o nazionale diventa, se pur apprezzabile, un atto simbolico, ma senza alcuna efficacia rispetto alle preoccupazioni di alimentare le guerre locali.
La legislazione nazionale è carente, per cui riteniamo che una precisa e severa regolamentazione legislativa debba essere approvata dal Parlamento e il nostro ordine del giorno va in questa direzione.
Dall'altro lato poniamo un problema di trasparenza e di pubblicità, di superamento del segreto militare, di tutto l'impianto del sistema produttivo rivolto alla produzione di armi da guerra. In questo senso credo sia utile l'istituzione di una fonte nazionale che non solo effettui una verifica, ma garantisca una permanenza di aggiornamento dei dati stessi.
Abbiamo detto nel nostro ordine del giorno che vorremmo conoscere gli addentellati di questa industria con i finanziamenti pubblici, diretti e indiretti, con quanto viene dato alla ricerca, però non credo che questa possa essere di per sé selezionata in modo rigido tra la ricerca finalizzata all'industria di armi e quella non finalizzata. Nel campo dell'informatica, nel settore dell'intelligenza artificiale vi sono esperienze che hanno sì sviluppi civili, ma che certamente vengono utilizzate con sistemi esperti per uso militare. Questo è un fenomeno che è difficile, se non colpendo nel mucchio, poter localizzare.
Occorre essere realistici per quanto riguarda la riconversione dell'industria per armi da guerra nel nostro Paese. Su questo problema vi sono posizioni articolate anche da parte del movimento sindacale (sarebbe curioso ed interessante parlare di questo tema con la FLM di Brescia o che il collega Reburdo avesse svolto il suo intervento in un'assemblea di metalmeccanici a Brescia). Nel nostro ordine del giorno si dice realisticamente che dobbiamo favorire iniziative volte ad un graduale passaggio: io non credo alla chiusura di queste fabbriche e dire che domani faremo qualcosa di diverso. Il processo di diversificazione produttiva per giungere alla riconversione definitiva deve essere graduale. Queste industrie non possono dalla sera alla mattina passare dalla avionica militare a quella civile oppure dalla produzione di armi a strumenti per il controllo delle dimensioni macchine utensili per l'asportazione di metallo.
Io sostengo questa gradualità e mi ha stupito il fatto che il collega Reburdo la rimarcasse negativamente. Vorrei essere con i piedi per terra rispettoso della politica di sensibilità per la pace nella sicurezza che ogni Paese deve cercare di sviluppare.
Noi parliamo di gradualità con attenzione all'occupazione e, perché no anche alla bilancia dei pagamenti perché direttamente connessa ai processi economici del nostro Paese. Chiediamo quindi l'avvio di misure e di iniziative di politica industriale tese ad un processo di riconversione che tenga conto dei problemi dell'occupazione e del saldo della bilancia commerciale. Mi pare un fatto di logica e non di realismo economico.
Il collega Reburdo ha enfatizzato in modo estremamente interessante le sue argomentazioni, che io ho ascoltato con grande rispetto, ma non ho sentito dire, ad esempio, che l'agricoltura assistita nella CEE è uno dei danni maggiori per i Paesi del Terzo Mondo. Sono grossi nodi che in questa assemblea, come pure a livello nazionale e comunitario, passano quasi fossero noccioline, però le eccedenze le vogliamo sempre mantenere in modo adeguato.
Noi siamo realistici perché sappiamo che si tratta di un sistema a vasi comunicanti: se noi chiudessimo domani mattina le nostre industrie di armi da guerra ciò non avrebbe alcun effetto sugli scacchieri internazionali in ordine a quelle guerre locali che non vogliamo e che l'ONU condanna.
La politica per la pace deve trovare il contributo dell'Italia soprattutto negli organismi a livello internazionale. Noi potremmo dare il nostro apporto intanto colpendo il traffico illegale che è quello che alimenta il marciume dell'intreccio tra criminalità e terrorismo, un certo modo di muoversi dei servizi segreti e probabilmente talune insinuazioni all'interno del mondo politico. Ma è soprattutto a livello internazionale che noi dobbiamo svolgere un'azione capace di dare un contributo significativo per far sì che tutti quei focolai di guerra locale, che sono quelli che divorano in questo momento più armi, e soprattutto il traffico illegale di armi, possano concludersi.
Il nostro ordine del giorno sarà breve, schematico, non enfatizzante ma è sicuramente rivolto ad una politica di pace con realismo, tenendo conto che ci sono alcuni processi di questo complesso quadro che non possono essere cancellati solo con delle affermazioni di principio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio che illustra l'ordine del giorno presentato dal Gruppo DC.



BRIZIO Gian Paolo

Anche noi collochiamo il nostro documento in un'ottica non pacifista ma di pace, che è poi la politica che il nostro Partito ha sempre seguito nella vita della repubblica democratica. Possiamo ben dire di aver avuto in questi anni tutto quel senso dello Stato che qualche editorialista estemporaneo ha cercato di negarci in occasione delle ultime vicende con decisioni assunte da posizioni di governo con molto senso di responsabilità.
Prima di illustrare l'ordine del giorno voglio fare due accenni. Noi abbiamo a suo tempo scelto la NATO come elemento di pace, dobbiamo ricordare le polemiche di allora, caro Reburdo, quando tutti dicevano che era uno strumento di guerra, si è dimostrato invece un grande strumento di pace.
Abbiamo accettato anche una fase di armamento come quella dei missili a Comiso senza la quale non avremmo probabilmente avuto oggi l'accordo Gorbaciov-Reagan...



REBURDO Giuseppe

Non è vero.



BRIZIO Gian Paolo

Ognuno ha le sue opinioni. Ritengo che senza una fase di attenzione, di equilibrio, non saremmo giunti a queste decisioni. E' una largamente fondata opinione, anzi, direi che è più di un'opinione, è qualche cosa che è nei fatti.



ADDUCI Donato

E' un falso!



BRIZIO Gian Paolo

Questi termini, caro Adduci, dimostrano la tua intolleranza! Noi abbiamo assunto delle decisioni sempre ispirate al senso della pace, i risultati si vedono, perché lentamente questa politica in qualche modo procede.



(Interruzioni dai banchi comunisti)



BRIZIO Gian Paolo

Ma perché vi agitate tanto? Io ho ascoltato i vostri interventi con molta calma. Capisco che vi innervosiscono questi errori storici, ma li avete compiuti! Sono nella storia! Se avete sbagliato completamente la diagnosi sulla NATO, la colpa non è nostra!



GUASSO Nazzareno

Siamo sempre sotto esame!



SANTONI Fernando

Non è colpa nostra se non ne indovinate una da 40 anni!



BRIZIO Gian Paolo

E' proprio così!



(Interruzione del Consigliere Reburdo)



PRESIDENTE

Vi prego di terminare questo dialogo e di lasciar proseguire l'oratore.



BRIZIO Gian Paolo

Riprendo questo tema per dire che noi abbiamo sempre portato avanti con senso dello Stato, con gli oneri che competono ad una forza di governo, una reale politica di pace, anche quando si sono assunte delle decisioni che hanno incontrato nel momento e nella fattispecie storica qualche valutazione contraddittoria oggi smentita dall'andamento dei fatti. Questa è la premessa di fondo del nostro comportamento.
Per quello che riguarda il problema della produzione di armi, noi abbiamo presentato un ordine del giorno sintetico, breve, ma che nel complesso riteniamo completo, il quale prende atto della gravità del problema, è inutile ripetersi, conosciamo tutti la gravità del traffico illegale di armi nel nostro Paese e quale emerge anche dall'inchiesta della Magistratura, noi non enfatizziamo mai il ruolo di nessuno, ma riteniamo che anche sotto questo profilo è bene che sia venuto alla luce questo traffico illegale, è bene che si possa incidere pesantemente.
Condividiamo le preoccupazioni espresse dalle associazioni, dai movimenti, dalla popolazione tutta.
Richiamiamo il principio costituzionale che limita a fini difensivi la funzione delle Forze Armate e conseguentemente ogni attività connessa alla produzione di armi.
Prendiamo atto con soddisfazione nel nostro documento di una cosa da tutti qui dimenticata, ciò che il Governo italiano ha in questi giorni portato avanti in sede CEE una proposta per l'emanazione di un codice di comportamento sul traffico delle armi, proposta che sta avendo largo consenso. E' una proposta concreta del Governo italiano, del Ministro degli Esteri che in questo momento storico è un democratico-cristiano, come spesso avviene. E' una proposta forte, importante, significativa, della quale bisogna prendere atto e alla quale bisogna dare sostegno.
Nel prosieguo del documento noi avanziamo delle richieste che non possono non essere indirizzate a chi è competente. Qui la competenza è del Parlamento e del Governo; la politica industriale e il problema della difesa sono problemi connessi al ruolo del Governo nazionale e non possiamo arrogarceli più di tanto.
Chiediamo anche noi fermamente l'approvazione di una normativa rigorosa ed efficace che garantisca un reale controllo e la trasparenza di ogni attività operativa connessa alla produzione, nonché l'esclusione dal commercio di armi dei Paesi coinvolti in situazioni belliche. Questa è la posizione limpida e chiara che noi assumiamo.
Tocchiamo poi il problema della riconversione dicendo che se si riduce l'arco della politica commerciale in questo settore possono esserci gradualmente (mi avvicino sotto questo aspetto al discorso di Tapparo) delle conseguenze produttive. E' giusto che ci sia una politica industriale che incentivi là dove è necessario un processo di riconversione. I problemi dell'industria sono complessi, non ci sono solo la Fiat e l'Aeritalia, che sono certamente importanti, c'è ad esempio la Bertoldo, ma non si può dire ai sindacati di questa azienda: "Blocchiamo tutto e chiudiamo la fabbrica".
Non è una linea perseguibile, occorre procedere con gradualità e portare avanti politiche di riconversione che tengano conto del realismo cui Tapparo faceva giustamente cenno.
Il documento fa infine riferimento al pieno appoggio da parte nostra ad ogni iniziativa internazionale diretta alla riduzione del commercio internazionale di armi e in particolare nei confronti del Terzo Mondo.
Siamo disponibili, se si vorrà convergere, a concordare un testo comune che sia chiaro nell'indirizzo della politica nazionale, che si rivolga a chi ha il potere decisionale, ma non vediamo realisticamente a cosa possano servire altre indagini sulla situazione piemontese, se non caricare la Regione di compiti e di competenze che non sono proprie in un campo estremamente difficile e controverso. Dobbiamo assumere una presa di posizione nei confronti della situazione internazionale e nazionale. Non siamo disponibili ad iniziative fumose; la nostra disponibilità al confronto è su un terreno di proposte serie a chi ha la capacità decisionale, ovvero il Parlamento e il Governo.



PRESIDENTE

Sull'illustrazione dei tre ordini del giorno presentati è aperta la discussione.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Pezzana. Ne ha facoltà.



PEZZANA Angelo

Prima di esporre alcune considerazioni in merito agli argomenti trattati dai tre ordini del giorno che sono stati illustrati e dare poi delle statistiche, perché a volte analizzando le cifre è molto più facile capire problemi che apparentemente possono sembrare complessi, vorrei analizzare le motivazioni di coloro i quali sostengono di essere a favore della produzione di armi. Viene addotta quale motivazione, ad esempio quella dell'autosufficienza, produrre ciò armi a livello nazionale è indispensabile per la difesa. Invece nessuno dei Paesi europei ha mai raggiunto l'autosufficienza per quanto riguarda la produzione di armi neanche la Francia. L'Italia dipende dall'estero per il 50% della sua produzione bellica, sia in termini di licenze sia di componenti delle armi sia ancora di tecnologia. Quindi l'argomentazione che la produzione di armi è indispensabile all'Italia per motivi difensivi è assolutamente errata.
Un'altra argomentazione è quella di natura economica. In Italia l'industria bellica occupa 80 mila addetti e ha un fatturato che è circa il 2,1% del fatturato industriale globale. Se l'Italia acquistasse le armi destinate a scopi bellici dall'estero risparmierebbe il 40% di quanto spende in realtà per produrle (questi sono dati controllabili da chiunque).
Il fatturato dell'industria italiana bellica produce un danno del 60% di quanto dovrebbe produrre in realtà di guadagno. La ricaduta economica dell'industria bellica nel civile quindi è pressoché nulla, anzi, è dannosa.
Per quanto riguarda invece il mercato civile, che io definirei incivile, il nostro Paese è al settimo posto fra le nazioni produttrici di armi, coprendo l'1% dell'intero mercato mondiale per quanto riguarda i grandi sistemi di armi. Questa produzione è indirizzata verso quei Paesi (lo ricordava il collega Tapparo) non più serviti da nazioni quali la Francia, l'Inghilterra, la Germania e gli Stati Uniti, in quanto queste producono armi talmente sofisticate che non sono alla portata di questi Paesi che, in gran parte, fan parte del Terzo Mondo oppure si tratta di Paesi a rischio politico (Libia, Iran, Iraq). Molti Paesi non si sono lasciati coinvolgere in questo mercato per timore di danni politici maggiori di quanto potessero essere i vantaggi economici. L'Italia invece rispecchiando la sua vocazione terzomondista, si è buttata in questo commercio, nel quale peraltro sta per essere superata da altri Paesi del Terzo Mondo. Il problema non riguarda quindi soltanto la difesa, ma anche la sicurezza e di questo non si è parlato in nessuno degli ordini del giorno.
Quando si parla di difesa, di pacifismo, di pace, quando sappiamo di lotte condotte in alcune regioni contro le servitù militari, regioni in cui sono presenti fabbriche di armi, dimentichiamo che abbiamo un esercito e poiché questo deve esercitare i propri militari nei poligoni di tiro le armi devono essere prodotte. Un discorso serio di chi parla di pace o di pacifismo dovrebbe innanzitutto affrontare il problema se l'esercito così come è costituito da noi abbia ancora un significato. Occorre affrontare il problema direttamente alla radice, perché se non si tocca l'esercito, anzi lo si difende molto sovente in maniera corporativa, è inutile ed ipocrita parlare contro la produzione delle armi.
Non credo che un ordine del giorno possa tentare di risolvere un problema di questa portata, però una strada che io mi permetto di indicare è quella di arrivare ad una vera autosufficienza europea, tentativo che deve essere ben lontano da quello che cercano di attuare Francia e Germania con il recente accordo che mira a mio parere esclusivamente ad un allargamento del mercato di queste due nazioni e non ad una vera autosufficienza europea. L'autosufficienza deve passare attraverso una politica estera differente e se un richiamo può essere fatto dalla Regione Piemonte al Governo dovrebbe essere quello di modificare la propria politica estera, cosa che ritengo peraltro non realistica perché in tutti questi anni a conduzione democristiana abbiamo visto come ci si è comportati.
E' un problema oltre tutto anche politico perché un sistema di difesa deve esprimere quale politica di tipo estero vuole. Negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto ho sentito fare molti richiami alla pace e al pacifismo, io vorrei parlare invece di democrazia, perché chi si dichiara contro la pace? Nessuno. Anzi, nei sistemi più totalitari e dittatoriali i richiami e le feste per la pace sono all'ordine del giorno e sono proprio quei Paesi dove l'aggettivo democratico compare accanto alla denominazione dello Stato. Non sto a fare l'elenco dei Paesi che hanno l'aggettivo democratico perché non vorrei essere accusato di "anti qualche cosa". Però a pensarci bene più un Paese è totalitario e dittatoriale, più si riempie la bocca dell'aggettivo democratico.
Invece noi sappiamo, leggendo la storia, che più un Paese nel suo interno è capace di produrre democrazia, più tentativi di guerra e di esportazione di guerra possono venire fermati. L'esempio degli Stai Uniti d'America con il Vietnam mi sembra molto indicativo perché quella guerra è stata proprio fermata da una protesta popolare che ne ha impedito il protrarsi. Purtroppo questo non si può dire per quanto riguarda l'Afghanistan perché di proteste popolari in Unione Sovietica potrebbero essercene, ma ahimè sappiamo quanto in quel grande Paese democratico esse siano considerate e quindi la guerra nell'Afghanistan non può avere uno stop da parte delle popolazioni che non possono esprimersi. Quindi, per impedire la guerra secondo me bisogna esportare democrazia. Esportare democrazia significa capire quando è il momento di smetterla di parlare di pacifismo e di fare citazioni che possono derivare da un eccesso di letture di settimanali o di mensili e capire invece quanto utile sia esportare democrazia al posto delle armi. La produzione italiana di armi può essere facilmente riconvertita. Quando dieci anni fa alla Camera noi Radicali parlavamo di questo argomento, l'obiezione che ci veniva posta sia da destra che da sinistra era quella dei posti di lavoro. Se però si vuole cambiare politica culturale nei confronti di una produzione industriale bisogna avere il coraggio di affrontare il problema alla base, così come dovrebbe essere affrontato da chi poi stila ordini del giorno onnicomprensivi senza toccare la radice di questo problema, ciò che tipo di esercito vogliamo per il nostro Paese.
Ritengo pertanto che l'ordine del giorno predisposto dal Gruppo comunista e firmato da altri Gruppi tocchi in maniera del tutto superficiale il problema reale, si limiti a fare declamazioni di tipo generico, mentre gli ordini del giorno presentati dal Gruppo socialista e dal Gruppo della Democrazia Cristiana, pur essendo realistici nel senso che pongono il problema così come esso è, non vanno però alla radice del vero problema che è la sussistenza o meno di questo tipo di esercito. Mi sembra quindi che siano manchevoli di un discorso che mi rendo conto è molto più complicato e difficile da fare perché coinvolgerebbe delle strutture nazionali che oggi non sono ancora state messe in discussione da alcun Partito, forse ad eccezione di uno solo.
Sono molto perplesso nel dichiarare il mio voto: credo che non voterò o voterò contro l'ordine del giorno presentato dal Gruppo comunista e da altri Gruppi e mi asterrò sugli altri due perché nessuno di questi ha affrontato il problema alla radice per i motivi che ho illustrato.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Strobbia. Ne ha facoltà.



STROBBIA Stefano

Signor Presidente, il primo ordine del giorno presentato, al quale sono seguiti quelli dei Gruppi PSI e DC, fa esplicitamente riferimento al cosiddetto traffico illegale delle armi più che non ad altri temi che sono stati introdotti dai colleghi intervenuti e certamente di grande interesse.
La parola "traffico" nella lingua italiana ha già di per s' un significato dispregiativo. Nel Middledorf di Zurigo, nella Groyestrasse di Francoforte o in qualche angolo del Quartiere Latino di Parigi, che sono i tre centri importanti del commercio internazionale clandestino e del traffico illegale delle armi, si parla sempre meno turco e arabo e si parla sempre più italiano e magari un italiano con cadenze e accenti non tanto comuni in questo piccolo Parlamento subalpino. In questi ultimi anni la presenza di trafficanti italiani legati a vicende che appartengono al sottobosco dell'economia e della legalità, che sono strettamente legati al mondo della criminalità, il passaggio è breve, si è davvero resa molto attiva.
Mi è sembrato particolarmente interessante un fatto recentissimo, che credo occuperà in qualche modo anche la nostra sede, successo a Genova: la Marina militare ha proposto di organizzare in quella città una mostra della produzione marinaro-bellica. Per fortuna a Torino le mostre si propongono per il commercio e la lettura dei libri. Il Comune di Genova e alcuni Gruppi consiliari della Regione si sono opposti a che questa mostra abbia luogo. Non so come finirà questa vicenda a proposito della quale è stato votato da alcuni Gruppi consiliari liguri o solo presentato (non sono aggiornatissimo) un ordine del giorno che induce ad una seria preoccupazione partendo dal presupposto che, seppur legato ad una esibizione di natura mercantile e tecnologica delle nuove produzioni in questo settore, non può venir meno quel sottobosco così intenso, vivo e preoccupante che è all'attenzione degli ordini del giorno presentati da alcuni Gruppi del Consiglio regionale del Piemonte.
Credo che, raccogliendo queste preoccupazioni, sia opportuno che il Consiglio regionale si pronunci con una ferma e dura condanna nei confronti del cosiddetto traffico illegale di armi, anche sulla base dei fatti che sono emersi. Ritengo che tutti e tre gli ordini del giorno presentati questo concetto lo comprendano.
Ho apprezzato le osservazioni del collega Pezzana in merito alla questione della difesa. Gli ricordo che il nostro Partito, nel programma è detto esplicitamente, ritiene oggi non più dilazionabile, a proposito della sovranità nazionale in materia di difesa e possibilmente anche di politica estera legata ai problemi della difesa, la delega alla Comunità Europea come strumento di mediazione delle varie autonomie nazionali. Noi riteniamo che sia giunto il momento di rinunciare alla nostra sovranità nazionale per passare ad un ordine sovranazionale perché crediamo possa dare migliori garanzie, difesa, sicurezza e perseguire una reale politica di pace e di progresso.
E' opportuno ribadire questi concetti che a mio parere sono raccolti in tutti gli ordini del giorno presentati, sebbene noi ci sentiamo più vicini nella interpretazione a quello socialista.
Mi auguro si trovi una possibilità di intesa almeno sul principio fondamentale di questa discussione, ciò la ferma e dura condanna di questo fenomeno preoccupante che è stato registrato in varie occasioni ultimamente anche da esplicite inchieste della Magistratura della Repubblica.
Se non dovesse trovarsi un accordo, voteremo a favore dell'ordine del giorno presentato dal Gruppo socialista e firmato per suo conto dal compagno Tapparo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, intendo ribadire la posizione del Gruppo socialista già espressa dal compagno Tapparo nel corso della illustrazione del documento da noi presentato.
Riteniamo che lo spirito e la lettera del nostro ordine del giorno possano costituire una base di confronto senza peraltro andare oltre l'impostazione che noi abbiamo dato.
Riteniamo vi siano tra i documenti all'esame del Consiglio dei punti comuni, soprattutto in relazione al traffico illegale delle armi che rappresenta il problema principale che abbiamo di fronte. Questo aspetto trova una piena sottolineatura da parte di tutti i documenti e da qui occorre partire per realizzare, attraverso una politica graduale, il contenimento e possibilmente la riduzione della produzione di armi, anche se l'interessante intervento del collega Pezzana ci fa capire che occorre ancora fare una profonda riflessione intorno a questo problema.
Tuttavia mi chiedo chi non auspica una riduzione delle armi. A livello mondiale si stanno facendo notevoli passi avanti sul piano della riduzione delle armi nucleari, per cui è giusto auspicarlo anche per quanto riguarda gli armamenti convenzionali.
Questa è la linea sulla quale noi siamo disponibili a muoverci, quindi non andremo più in là; non condividiamo la proposta di istituire una Commissione regionale il cui lavoro sarebbe teso alla individuazione di non so che cosa. Penso che invece possa essere molto importante fare un esame complessivo dell'attività industriale per poter valutare il peso del settore produttivo di armi nell'economia piemontese. Si tratta di informazioni che potremmo ricercare attraverso canali normali senza dover istituire una Commissione speciale.
D'altro canto il problema principale è rappresentato dalla parte che sfugge al controllo legale ed entra quindi nel circuito del traffico illecito delle armi.
Chiedo la disponibilità del Gruppo comunista, nel cui ordine del giorno vi è il richiamo all'istituzione di questa Commissione, verso un impegno più generale della Regione in direzione della conoscenza di tutte le tipologie industriali, compresa la produzione di armi. Se vi è la disponibilità a rinunciare a chiedere l'istituzione della Commissione credo si possa trovare un punto di incontro fra i tre ordini del giorno. Se non c'è, vuol dire che ciascuno voterà il proprio documento che esprime le posizioni nelle quali crede.
E' un discorso rilevante, che investe non solo il nostro livello, ma anche e soprattutto quello parlamentare, e che richiede un grosso sforzo in sede internazionale.
E' giusto che ciascuno in casa propria faccia la sua parte, ma che non si vada più in là.
Noi crediamo nella pace, ma anche nella sicurezza. La storia socialista è costellata di atti e di impegni in direzione della pace.
Io non condivido le posizioni pacifistiche, quando si producono armi da tutte le parti. Non sono d'accordo che si ignorino le industrie che producono armi altamente sofisticate nelle grandi potenze che sono la fonte di un commercio mondiale. Noi produciamo armi, ma ci siamo ridotti a produrre mine, che sono ordigni tra i più rudimentali, paragonabili alle bombe molotov. Di questo mi rammarico perché il nostro Paese che è uno dei più avanzati si è ridotto a ben poca cosa.



(Proteste dai banchi comunisti)



ROSSA Angelo

E' una considerazione che è anche spiritosa, ma che purtroppo rappresenta la realtà.
Sul tipo di organizzazione dell'esercito italiano c'è stata da parte del PSI una prima valutazione. Ciò però non ha suscitato un grosso interesse e in ogni caso fino a che non verrà avanzata una proposta valida intorno alla quale lavorare, credo sia opportuno proseguire nella direzione attuale, dal momento che sono state apportate delle modifiche consentitemi di dirlo - proprio nel momento in cui, per la prima volta nel nostro Paese, questo dicastero è stato presieduto da un Ministro socialista. L'amico Brizio ha parlato di un impegno del Ministro democristiano, quindi ritengo giusto sottolineare l'operazione "Caserme aperte" portata avanti dal Ministro Lagorio che appartiene al PSI.
Un contributo in questa direzione lo abbiamo dato, per cui cercheremo di darlo anche in questa sede. Dovremmo trovare un'intesa affinché la volontà politica di questa grande Regione sia quella di far crescere un movimento che esorti il Parlamento, attraverso le leggi, un impegno concreto e la solidarietà alle forze dell'ordine e alla Magistratura, a realizzare uno sforzo diretto a stroncare questo traffico illegale di armi che è pericoloso soprattutto per la democrazia che vogliamo essere invece sempre più forte.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, si impone una riflessione di ordine preliminare: talvolta ci interroghiamo sul senso che hanno i dibattiti fuori delle competenze e qualche volta ci siamo detti che questi dibattiti, fuori delle questioni specifiche, si giustificano quando investono grandi valori e grandi interrogativi; mi chiedo se questo è veramente uno di quei casi.
Il mondo è sconvolto da grandi delusioni, da grandi speranze, da grandi tragedie: cento persone vengono mangiate dai pescecani mentre fuggono dai Paesi della libertà e della democrazia; non so che fine hanno fatto le navi che si allontanavano dal Vietnam. C'è tutta la speranza di una generazione che sta tramontando, quella del Terzo Mondo avviato a forme di vita più vicine a quelle che il libero Occidente ha insegnato loro o fatto sperare per loro.
Forse questi sono temi che meritano una riflessione di uomini: in questo momento non siamo più Consiglieri regionali perché stiamo parlando di questioni che non sono di nostra competenza, sono considerazioni di uomini, di persone attente ai processi della storia, della cultura e della civiltà.
Sennonché per ipocrisia chi non è sufficientemente attrezzato non affronta i problemi veri, per esempio, il fallimento di una delle tante ubriacature dell'Occidente, quella della rivoluzione khomeinista, salutata dall'intellighentia europea come l'avvio di una nuova libertà nella Persia allora si chiamava più Persia che Iran, perché lo scià era più scià di Persia che dell'Iran. Su questo non si ragiona, dopodiché si passano alcune ore a discutere - se mi consentite - su un argomento che non esiste, perch qui si discute sul fatto che bisognerebbe vietare il commercio illegale delle armi.
Il fatto che il commercio sia illegale vuol dire che da parte del Governo, attraverso gli atti di governo e del Parlamento e attraverso le leggi, si è deciso che alcune cose non si debbono fare. Qualcuno tenta di farle, qualche volta ci riesce, qualche volta viene scoperto. Questo attiene al quotidiano della vita di qualunque società, non si debbono inventare dei valori e delle volontà, posto che questo è un commercio illegale di armi, quindi non si tratta di far crescere un movimento di opinione, è già maturato: è vietato il commercio delle armi a Paesi che si ritengono a forte rischio politico e militare.
Allora ditemi, cari amici, che cosa deve fare di più il Parlamento e il Governo se non dire che è fuorilegge il traffico delle armi in certe aree non può fare di più. E la Magistratura cosa può fare di più se non scoprire queste cose e arrestare qualche volta con mandati di cattura abbastanza deboli i protagonisti di queste vicende? Non fermandosi davanti a nessuno neanche a qualcuno che è nel Consiglio di amministrazione di una grande società torinese.
Allora io mi chiedo che senso abbia, se non voler riempire il nostro tempo, dibattere un problema che rispetto a quelle che sono le nostre capacità di pressione culturali, non istituzionali, debba ancora fare questo processo.
Nessun livello del nostro Paese ritiene di dovere ridiscutere il principio che le armi non si devono vendere a quei Paesi che all'interno di una valutazione politica che fa il nostro Paese risultano essere a forte rischio rispetto alla libertà, alla democrazia e alla stabilità di alcuni equilibri nel mondo.
Io ho grandi perplessità ad atteggiarmi in sede di voto, suggerisco quindi che il Presidente inviti gli estensori dei documenti a cercare la composizione in un unico documento, facendo però - consentitemi un atto di umiltà e di saggezza. So bene che l'oggetto di questo dibattito non è quanto sta scritto sulla carta. So che ci sarebbe da parte di tanti la voglia di parlare di cose sulle quali non si vuole parlare, perché non si sa bene che tipo di atteggiamento tenere, perché non si sa come andrà a finire la partita che si è aperta.
Mi sembra strano che si discuta di questo e che nessuno abbia affrontato i problemi che effettivamente ci vedono divisi rispetto alle decisioni del Governo e del Parlamento. Su questo siamo tutti dalla stessa parte, ma perché ne ridiscutiamo se non per protagonismo consentitemi - di periferia e di seconda battuta? Quando si vuol fare protagonismo di seconda battuta e di periferia si dicono anche tante fesserie.
Ho già parlato una volta in quest'aula dello scià di Persia, che a me piaceva molto perché riempiva le pagine dei nostri rotocalchi, ci faceva sorridere qualche bella storia d'amore per interposta persona, veniva a svernare, in esilio, a Roma. A quei tempi lo scià di Persia in Italia finché è stato sul trono, veniva venduto al lettore medio come un sovrano illuminato che cercava, con i metodi di quelle società, di portare quei Paesi ad un livello di modernizzazione, di civiltà e di organizzazione del sistema che li facesse stare lontano dal Medioevo dal quale lui era riuscito a farli uscire.
Questo era lo scià che ci descrivevano. Improvvisamente un uomo vestito di nero, che abitava a Parigi, ci ha dimostrato che era tutto il contrario che quello era il Medioevo. Per carità, la società moderna è anche corrotta, quella del Medioevo no, ma non di questo voglio discutere. Vorrei parlare delle fesserie per vedere se ne ho sentita qualcun'altra oggi molto grossa: quella però l'avevo letta e ve la ricordo ancora. Lo scià di Persia (poi qualcuno dibatterà sul fatto se era o no simpatico, mentre tutti abbiamo detto per alcuni anni che era simpatico Khomeini che ha rimesso il velo sul viso delle donne) come il reggente di qualunque Paese pensava alla sua pelle e aveva nel proprio giardino un elicottero per fuggire. Il responsabile del servizio del giornale oggi accusato di essere dalla parte dei costruttori di armi scriveva che l'elicottero dello scià pronto a portarlo in salvo era purtroppo un "Augusta". Quindi si riteneva che fosse una macchia sulla bandiera italiana, o della propria coscienza, il fatto che lo scià di Persia avesse ritenuto di comprare fra i tanti elicotteri che produceva allora il mercato un Augusta prodotto in Italia e non invece un elicottero prodotto in Francia.
Il problema è molto complesso: avvicinarvisi con molta superficialità può anche essere consentito, conché si accetti di concludere con altrettanta superficialità. Chiudere con superficialità, che vuole anche essere modestia e realismo, vuol dire per esempio far comprendere quanto sia risibile l'avvio di una Commissione di indagine regionale sul problema delle armi in Piemonte. Questo mi sembra dare davvero il senso del ridicolo: avviare rispetto ad un problema di natura megagalattica un intervento di natura casereccia. Pertanto noi voteremo contro a qualunque conclusione di questa natura, ma anche soltanto per un problema di rispetto della nostra non chiamiamola neanche intelligenza, ma di quel poco che nostro Signore o la natura ci ha dato per ragionare e per giudicare innanzitutto noi stessi.
Un documento che peraltro possa e debba chiudere in modo accettabile il nostro lavoro, anche per giustificare ai posteri il tempo che vi abbiamo dedicato, probabilmente lo si dovrà fare. Cerchiamo di elaborarlo nel rispetto di questo sentire comune che secondo me non è mai stato in discussione, quindi su questo non intervengo neanche. Dal primo liberale all'ultimo dei comunisti, siamo tutti d'accordo che non bisogna dare armi a Paesi coinvolti in determinate vicende, dopodiché il mercato diventa illegale. Questo è un dato acquisito e non capisco perché si debba discutere quattro ore. Ho sentito però dire che ' "un peccato che vendiamo soltanto mine da quattro soldi". A questo punto mi viene da pensare che forse l'accoppiata Zanone-Craxi in verità sia andata nel Golfo, visto che sono levantini tutti e due, per recuperare le mine e per rivenderle dopo...



(Commenti da sinistra)



MARCHINI Sergio

Voi siete molto preoccupati delle mamme, lo sappiamo bene. Il Partito comunista di questi tempi è molto attento alle mamme! E si augura, lo dico brutalmente, che questa vicenda non finisca bene.



(Vive proteste dai banchi comunisti)



MARCHINI Sergio

Lo avete detto nei corridoi! Lo abbiamo sentito! Allora dovete avere il coraggio di portare qui non il dibattito sulle armi, bensì il dibattito sul Golfo!



(Reiterate proteste dai banchi comunisti)



MARCHINI Sergio

Dovevate portare qui il dibattito sul Golfo, non quello sulle armi! Questo non l'avete fatto, perché evidentemente veniva fuori l'anima di una cultura che probabilmente avrebbe trovato questo Consiglio diviso in un certo modo.
Noi non abbiamo aperto l'offensiva su questo, non abbiamo scritto documenti, siamo stati a sentire e siamo stati tirati per i capelli da tante amenità su problemi così delicati! Nessuno, per esempio, si è ricordato di dire che l'accordo sulle armi nucleari che dev'essere considerato un fatto positivo significa, spiace dirlo o fa piacere dirlo, un aumento della produzione di armi nei Paesi europei, posto che non ci sia una riduzione di produzione dall'altra parte! Allora, questi problemi megagalattici, cari amici, non si affrontano chiedendo una Commissione speciale, presieduta da non so chi di noi, che deve andare a sindacare e a specificare quale tipo di attività faccia Tizio rispetto a Caio. Su questo il nostro Gruppo non consente. Lascia ai proponenti la responsabilità di arrivare ad un documento accettabile, non perché noi lo dobbiamo considerare tale, ma che sia semplicemente la manifestazione della preoccupazione che questi fatti sollevano nell'opinione pubblica rispetto alla quale forse è giusto farsi interpreti.
Ma di qui ad andare a valutazioni di tipo propositivo come la Commissione d'inchiesta sulle armi in Piemonte, ho l'impressione che di indagini conoscitive sulle questioni di nostra competenza ne avremmo da fare parecchie.
Il nostro Gruppo era orientato su questo argomento a non intervenire.
Alcune questioni anche amene che abbiamo sentito ci hanno costretto, anche per completezza di resocontazione, ad essere presenti su questo.
Mi pare però che, al di là della polemica e di qualche sbavatura di linguaggio, dobbiamo essere tutti il più attenti possibile a queste cose.
Si discute su questioni che sono scontate in partenza, perché si parla di un traffico illegale e si chiede al Parlamento di fare leggi per dichiarare illegale, con due asterischi, il commercio illegale delle armi: nei vostri documenti c'è scritto questo. Circa gli strumenti devo dire che questi a mio parere hanno funzionato e mi pare che funzionino, nonostante tutti i paracadute che sono stati messi a queste operazioni: qualcuno in galera è finito, probabilmente ci rimane, altri sono usciti, altri entreranno.
Concludo nel chiedere ai colleghi che si sono fatti carico di documenti di valutare l'opportunità di ricercare, perché non ci sono distinguo se non su aspetti propositivi, un documento che, nonostante quanto è stato detto da parte nostra, avrà il nostro voto nella misura in cui voglia essere l'espressione di una preoccupazione dell'opinione pubblica piemontese e di una volontà che lo scopo che si pone questa assemblea è, magari attraverso percorsi non condivisi da tutti, di perseguire al massimo un sistema di relazioni internazionali fondate sulla comunicazione e non sull'uso delle armi.
C'è la disponibilità a sottoscrivere un documento anche se - ripeto faremo qualche riflessione sull'opportunità di avviare dibattiti che non hanno materia di contendere, perché quello sul commercio clandestino o illegale delle armi è un problema sul quale non esiste alcuna divergenza alcuno scontro, alcuna differenza di valutazione, come ci sono ad esempio sulla riforma sanitaria.
Se si discute su cose su cui si è d'accordo, vuol dire che non si vuole discutere sulle cose su cui non si è d'accordo. Allora sarebbe bene che gli estensori di documenti portassero in quest'aula le questioni sulle quali non sono d'accordo e non quelle sulle quali sono d'accordo, e su questo avremmo davvero molto da dire (lo diceva bene Pezzana): sui valori, sul senso della democrazia, sul senso della libertà, sul dramma, che davvero dovrebbe preoccuparci tutti, che l'atlante della libertà anziché allargarsi e coprire sempre più le aree del grigio e delle dittature si sta restringendo! La nostra generazione, che è stata una generazione di speranze, ora che si avvia verso la sua maturità registra giorno per giorno lo sfumare di queste speranze e la realistica e amara constatazione che molte illusioni si sono sfumate e probabilmente noi conosceremo alla fine della nostra generazione politica un atlante delle libertà e delle democrazie di dimensioni molto più ridotte rispetto a quelle che abbiamo conosciuto e che abbiamo sperato. Questo è il vero dramma: della crisi di valori del nostro tempo, non tanto se questa crisi di valori e di speranze inneschi poi l'acquisto di un mitra fabbricato a Moncalieri su licenza cecoslovacca, oppure di una mina residuato bellico. Questi sono i momenti terminali di un grande processo di crisi delle tensioni ideali che hanno caratterizzato la prima parte della nostra generazione politica e che con amarezza e tristezza vediamo sfasciarsi ogni giorno sotto i nostri occhi fino a temere che prima che la nostra generazione si concluda ciò investirà non soltanto le società rispetto alle quali abbiamo nutrito queste speranze, ma la stessa società nella quale viviamo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Sestero per fatto personale. Ne ha facoltà.



SESTERO Maria Grazia

Chiedo alla Presidenza di pregare il Consigliere Marchini di ritirare un'affermazione da lui fatta in un momento polemico, cioè il richiamo alle mamme. Lo chiedo per fatto personale perché io sono una mamma. Sono offesa e scandalizzata, come donna e come mamma, che quando si vuole usare un'argomentazione offensiva si debba usare in modo spregiativo un ruolo della donna, che poi in altri casi si esalta. In particolare, un ruolo che nel tema specifico della guerra ha avuto un significato centrale non solo nella sensibilità e nel dramma vissuto da tante donne, ma anche in tutta la storia della letteratura. Quindi che si usi una specificità e una sensibilità particolare che la donna ha su una questione di questo genere in modo offensivo, svilente e usato volutamente come offesa, io come donna lo ritengo inaccettabile. Chiedo serenamente che il Consigliere Marchini ritiri questo passaggio del suo ragionamento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Marchini.



MARCHINI Sergio

Io non ho difficoltà a rettificare e a dare il senso al mio intervento per il garbo e soprattutto per i margini all'interno dei quali la collega ha voluto mantenere la sua richiesta, cioè non investendo il senso politico del mio intervento nei confronti di una forza politica. Perché è indubbio che sulla vicenda del Golfo, non solo da parte di una forza politica, non è maturata quella che in un Paese civile matura, ossia la solidarietà con chi ha le responsabilità di governo in ordine alle decisioni che si assumono.
Questo tipo di comportamento è eclatante nei confronti di alcune forze politiche, lo è meno rispetto ad altre; quindi la mia polemica era su questo aspetto.
Il riferimento alle mamme si capiva bene cosa volesse significare: il fatto che ci sono sì gli obiettivi e le esigenze di difesa dei grandi diritti di libertà di navigazione, di rispetto dei patti tra le potenze di primo, di terzo e di quarto livello, ma esistono anche altre cose - è stato detto all'interno di questo palazzo - delle quali qualche forza politica ritiene di farsi carico, ma di cui si fanno carico anche gli altri, cioè la vita, la sofferenza delle persone che lì sono imbarcate, comprese le loro mamme e questo non è patrimonio di nessuno. Così come non è patrimonio di nessuno questo tipo di bene, di valore, che certamente è messo a rischio non ho alcuna difficoltà a chiedere scusa alla collega nella misura in cui nella sua qualità di donna e di madre ritenga che tale possa essere configurata.



PRESIDENTE

Ritengo, collega Sestero, che si debba interrompere qui questo discorso, anche perché l'art. 58 del Regolamento recita che "spetta al Presidente decidere sulla sussistenza del fatto personale" e precisa inoltre in cosa consista tale fatto personale che non mi pare proprio in linea con quanto è stato sostenuto.
Riprendiamo pertanto la discussione generale.
E' iscritta a parlare la collega Dameri. Ne ha facoltà.



DAMERI Silvana

Signor Presidente, io mi atterrò alle ragioni che hanno spinto il nostro Gruppo a presentare per primo un ordine del giorno sulla questione del traffico d'armi, ribadendo che la nostra volontà non era quella di fare un'inutile esercitazione retorica, come qualcuno ha detto e magari anche praticato per conto suo, bensì di portare una discussione che facesse esprimere a questo consesso regionale una volontà che ha un valore politico ed istituzionale su una materia così importante. Nel nostro ordine del giorno si propone inoltre la messa in atto di iniziative concrete da parte della Regione.
Lo spirito della nostra proposta quindi non è quello di segnare semplicemente un fatto su cui siamo tutti d'accordo. Riteniamo che esprimere una volontà comune, se questa ci fosse (viene proclamata, ma poi viene contestualmente negata negli interventi), sarebbe già un fatto di per sé rilevante. Chi spesso si sofferma sul ruolo istituzionale e politico delle Regioni non deve poi continuamente - non è la prima volta dire che invece le Regioni non hanno nulla da dire, non hanno alcun potere, devono limitarsi semplicemente ad amministrare.
Mi si consenta un passaggio polemico politico sul quale non intendevo soffermarmi, ma al quale sono portata dagli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto: comincia a porsi in rilievo, anche su terreni che hanno una valenza politica più rilevante, il significato che questo governo di pentapartito sta producendo sull'insieme dell'istituto regionale, un ruolo soporifero, una situazione nella quale davvero non si intravede più il senso della nostra Regione.
Torno al merito della questione. Rilevo intanto che proprio in questi giorni si è giunti da parte della Magistratura alla formalizzazione dell'inchiesta sul traffico clandestino delle armi, che vede coinvolta la Valsella di Brescia; nel frattempo sono emerse ulteriori piste e si intravedono connessioni tra le diverse inchieste. Io spero che i Consiglieri che hanno detto che si tratta di un fatto ovvio, ma ovvio non è stato nell'esperienza concreta del nostro Paese, siano d'accordo con noi nel ribadire la necessità, affermata nel nostro ordine del giorno, che si esprima un sostegno forte al perseguimento di queste azioni criminose da parte della Magistratura, per accertare la verità affinché chi dovrà pagherà. E' ovvio, ma non è mai avvenuto su questo terreno, non è scontato anzi, più volte, lo ha ricordato Reburdo, si sono prodotte concrete iniziative di intimidazione o di veti di diversa origine che nel passato sono stati di ostacolo all'iniziativa di altri Magistrati. I nomi di Ciccio Montaldo e di Carlo Palermo non sono semplicemente dei feticci, ma dati reali e concreti che stanno dentro la vicenda politica di questo Paese e rispetto ai quali oggi dobbiamo richiedere che la Magistratura possa svolgere fino in fondo il suo compito.
Peraltro non possiamo ignorare quello che succede a livello parlamentare, proprio perché siamo uno dei tasselli costitutivi del sistema democratico del nostro Paese. Non possiamo ignorare il dibattito parlamentare svoltosi nella scorsa settimana su questo tema che è stato complessivamente deludente e sotto tono dal punto di vista della nostra forza politica, ma non solo. Sono mancate risposte e scelte di fondo su questa questione; è stato lasciato il solo Ministro del Commercio con l'Estero ad affrontare un problema che chiama in causa la responsabilità dell'intero Consiglio dei Ministri e certamente dello stesso Presidente del Consiglio. Questo Ministro ha tentato di rassicurare le forze politiche parlamentari, ma non ha convinto, anzi, ha preoccupato perché a proposito di questo problema si è detto - anche in quest'aula - che si deve operare nella "normale" amministrazione, che si tratta di una vicenda da affrontare attraverso le strade "normali". Ebbene, dopo 40 anni non siamo ancora in grado, come è dimostrato, di controllare una materia come questa! Non è la stessa cosa esportare armi che non sono, io dico ahimè, le bombe molotov come veniva detto, ma ordigni assai sofisticati; non si può paragonare l'esportazione di armi a quella di altri manufatti che pure vedono l'attività del nostro Paese.
Pensare che tutto questo possa essere gestito dalla normale amministrazione mi pare decisamente una pia illusione. Che non sia una normale amministrazione concorre a determinarlo una cifra che è stata prodotta nel dibattito parlamentare e cioè che su un fatturato annuo di 11 mila miliardi dell'industria delle armi in Italia, 3 mila miliardi circa sfuggono al controllo e hanno una destinazione ignota. Questo dato non è stato smentito dal Governo. Tutto ciò è tanto più grave se si pensa che il settore della produzione di armi nel nostro Paese è rappresentato per quanto riguarda la sfera privata dalla FIAT e per quanto riguarda il pubblico dalle grandi imprese delle Partecipazioni Statali, quali la Breda la Selenia ed altre, aziende sottoposte all'indirizzo e al controllo pubblici.
Di fronte a questo elemento io credo sia necessario sollevare la questione in sede politica ed istituzionale, perché la questione dei controlli sui commerci del materiale bellico non è altro da una politica di progressivo disarmo, da una nuova idea della sicurezza internazionale e della cooperazione.
Si dice "su questi titoli siamo tutti d'accordo", ma bisogna segnare con atti concreti, con tasselli che si tengono insieme l'uno con l'altro la realizzazione di queste politiche di pace, di cooperazione e di disarmo.
Dire queste cose non significa affrontare tematiche di scarso rilievo dal punto di vista ideale in un dibattito in Consiglio regionale e affermare che questo è un tema svilente mi sembra decisamente fazioso.
Il traffico delle armi rappresenta oggi un settore di grandissimo peso a livello internazionale, che influenza in vari modi gli equilibri politici ed economici del mondo. Non in pochi casi è difficile valutare, ad esempio in che misura la corsa agli armamenti nei Paesi in via di sviluppo sia un'esigenza propria, seppure distorta, di quei Paesi oppure quanto sia indotta dalle esigenze commerciali dei mercanti d'armi dei Paesi industrializzati.
L'Italia risulta essere al sesto posto nell'esportazione del materiale bellico. Davvero grande quindi deve essere la responsabilità del nostro Paese per una nuova normativa nel settore per accordi internazionali efficaci.
Va combattuta la cultura che mi spiace di aver sentito risuonare nelle parole del Capogruppo socialista, secondo cui le armi sono un buon affare questo era ciò che ho sentito dietro quell'intervento; va cambiata con una nuova politica e ciò che pur non ignorando i problemi della sicurezza e della difesa degli Stati è possibile operare concretamente al fine di ridurre gli armamenti, attraverso una conversione in produzione civile senza ignorare i problemi che questa conversione comporta, ma senza essere inerti. Occorre sì operare con gradualità, ma la gradualità non è l'inerzia, non è il far nulla, vuol dire atti ed iniziative concrete.
A chi considera tutto questo irragionevole e impossibile si pu indicare più di un esempio di utopie possibili che cominciano ad essere realtà. Noi non pensiamo che sia tutto risolto, ma riteniamo che non si possa non cogliere la novità su un fronte considerato impossibile e schermito. Le parole che abbiamo sentito oggi rivolgere a chi si pone la questione di riconvertire le armi, le abbiamo sentite rivolgere anche al movimento pacifista che svolgeva iniziative; su questo bisogna essere molto onesti, non solo contro i missili Pershing e Cruise, ma anche contro gli SS 20. Il recente accordo sullo smantellamento degli euromissili è un risultato storico per queste forze della pace e non per chi ha operato per aumentare gli armamenti e riempire gli arsenali militari nel globo.
Questo esempio è pertinente perché simile deve essere lo sforzo per costruire una volontà politica di eccezionale e non normale qualità, volta a rendere (non si dica che è ovvio perché questo non avviene, quindi ovvio non è) trasparente questo commercio e permettere al Parlamento, non ai servizi segreti o a situazioni oscure nello stesso ordinamento parlamentare, di operare un controllo maggiore sullo stesso commercio. E' necessario avviare iniziative concrete quanto riguarda gli accordi internazionali e avere un po' di coraggio nell'osare il discorso della riconversione.
Vorrei anch'io citare il rapporto Sipri del 1986 nel quale sta scritto che il controllo sul commercio degli armamenti è rimasto su un binario morto; che le decisioni di embargo vengono spesso tranquillamente aggirate anche nei confronti di quei Paesi verso i quali si è dichiarata da parte degli Stati la volontà di realizzare tale embargo; che la tecnica delle triangolazioni consente ai mercanti d'armi di eludere facilmente le decisioni assunte dai Parlamenti degli Stati. Mi preoccupa quanto ho sentito echeggiare nell'intervento del Consigliere Marchini, ciò che l'accordo tra Unione Sovietica e Stati Uniti rispetto allo smantellamento dei missili nucleari a media e breve gittata produrrebbe un riarmo dell'Europa. E' la cosa più facile, quella su cui si sta lavorando e tutto questo rende sconcertante il ruolo che l'Europa, che il nostro Paese deve svolgere rispetto a questi obiettivi.
Vorrei citare un dato che è confortato anche da una conoscenza personale: in Europa sta crescendo la cooperazione fra le industrie belliche. Il rapporto Sipri 1986 in merito a questa crescente cooperazione dice: "Significativo a questo proposito è l'accordo tra i Governi britannico, italiano, tedesco e spagnolo per lo sviluppo e la produzione negli anni '90 di un aereo da caccia (EFA) del costo di 20 miliardi di dollari per circa 800 veicoli. La crescente cooperazione europea non solo potrebbe aumentare la competitività del vecchio continente, ma potrebbe anche accrescere le pressioni interne per l'export. Lo scopo di alcuni Governi è quello di uniformare le differenti tecniche di esportazione fra Stati dell'Europa occidentale a livello del Paese con la legislazione più permissiva. Ciò per facilitare ampie coalizioni tese al finanziamento di moderni sistemi d'arma. Nel caso del Tornado, ad esempio, il Governo tedesco ha abolito nel 1983 il diritto di veto per qualsiasi vendita all'estero. Nel caso dell'EFA, il nuovo aereo che nascerà dalla cooperazione dei sopraccitati Paesi europei, nessuno dei Paesi partecipanti al progetto ha proposto regolamenti restrittivi relativamente all'export".
Questi aerei, cari signori, si producono a Torino. Di questi aerei ci hanno parlato i dirigenti dell'Aeritalia nel corso di una visita compiuta dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio: ci è stato dettagliatamente spiegato come concretamente si stanno applicando questi accordi.
Credo quindi che sia davvero un po' bizzarro dire che tutto ciò non ci interessa, che riguarda qualcun altro, che da parte nostra non ci sono volontà da esprimere o atti concreti da compiere. Credo invece ci sia un atto concreto da compiere da parte di questo Consiglio regionale: esprimere una volontà di pace e lavorare per costruire una cultura della pace.
La riconversione non è un processo semplice, ma bisogna cominciare a lavorarci. Occorre realizzare inoltre la cooperazione tra i Paesi europei sul controllo e sulla progressiva riduzione delle produzioni militari così come sulla ricerca. Un'altra delle cose che abbiamo sentito dire è che la ricerca in campo militare è trainante per il civile. La teoria delle ricadute in campo civile come conseguenze di grandi investimenti nella ricerca militare è del tutto assurda, non ha alcun fondamento se non quello di una scelta prioritaria che viene compiuta a livello delle volontà politiche dei Governi di investire sul terreno del militare, perché non c'è alcuna ragione scientifica fondata perché si realizzi una ricaduta e sulla base di questo si giustifichino gli investimenti nella ricerca.
Concludo ribadendo i punti più importanti del nostro ordine del giorno: la richiesta al Parlamento di una rapida approvazione della legislazione in materia (è significativo che un Consiglio regionale si esprima su questo punto); la Commissione parlamentare; infine le iniziative concrete da parte della Regione. Non si tratta di scegliere un terreno diverso, magari eversivo; ho colto una qualche paura nell'intervento del Consigliere Rossa secondo il quale non è proprio il caso di esaminare a fondo la specifica situazione della produzione e del commercio delle armi nella nostra Regione, che semmai si potrebbe analizzare la produzione industriale generale. Ma siamo espliciti: vediamo su quale terreno è possibile avviare un'iniziativa da parte del Consiglio regionale da esprimere con la dovuta efficacia.
I contenuti proposti nel nostro ordine del giorno tendono davvero ad affermare come il controllo del commercio, la progressiva riduzione e la conversione dell'industria bellica, siano un tassello necessario per una concreta politica di pace.
Con questo documento proponiamo al Consiglio di fare una scelta politica e di compiere degli atti concreti.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ala. Ne ha facoltà.



ALA Nemesio

Signor Presidente, colleghe e colleghi Consiglieri, visto che tocca a me chiudere il dibattito, vorrei brevemente riassumerlo, anche se mi è sembrato totalmente al di sotto dell'attenzione che avrebbe meritato un tema di questo genere.
L'ordine del giorno che ho sottoscritto insieme ai Gruppi PCI e DP è stato illustrato ed ampiamente ripreso da altri colleghi, per cui non ritengo di ripetere nuovamente quanto da loro sostenuto.
Già a proposito dello scandalo delle UU.SS.SS.LL. ho detto che le parole certe volte stancano e sono monotone ripetizioni di esercitazioni.
Non voglio con ciò affermare che non sono importanti le tesi sostenute con queste parole, ma le parole sembrano cadere sempre nel vuoto, nel disinteresse, nella inutilità dei rituali.
Vorrei comunque puntualizzare alcuni aspetti. E' incongruo riferire questo ordine del giorno alla spedizione nel Golfo Persico, in quanto questo documento è precedente alle ipotesi e alla decisione in ordine alla partecipazione italiana nel Golfo. E' legato alla scoperta di mine nel Golfo e all'affermazione che queste mine dovevano ritenersi di fabbricazione italiana. Questo documento quindi voleva e vuole riferirsi al ruolo dell'Italia nel mercato internazionale del traffico d'armi e non a scelte di politica internazionale e di schieramento, quali saranno le scelte successive. Questo non vuol dire che discutere della presenza italiana nel Golfo non sia magari importante o non debba essere fatto.
Bisogna però tenere distinti i due temi perché sono, per quanto contigui tra di loro diversi.
E' un tema che riguarda la politica industriale italiana e quindi anche la nostra Regione. Specificatamente, il nostro ordine del giorno cerca di collegare un tema di carattere generale a possibili interventi regionali: la Regione Piemonte, infatti, può per Statuto intervenire con strumenti di conoscenza ed approntare progetti di riconversione e di studio sulla presenza dell'industria bellica sul suo territorio.
Senza con questo avanzare delle primogeniture o farsi dire quanto siamo stati bravi, ricordo che il 20 marzo di quest'anno il mio Gruppo ha presentato una proposta di deliberazione al Consiglio regionale, mai esaminata in Commissione e mai iscritta all'o.d.g., dal titolo: "Costituzione di una Commissione di studio sullo stato della struttura produttiva bellica e per la riconversione a fini civili delle imprese che producono beni e servizi per uso militare".
Almeno da parte mia, quindi, c'era la consapevolezza della limitatezza della nostra possibilità di intervento. Ma non per questo il Consiglio regionale non può occuparsi di armamenti bellici e di produzione bellica.
Può forse non occuparsi del traffico in quanto tale e degli accordi internazionali occulti o palesi che lo regolano; però può, secondo me occuparsi della riconversione di una serie di industrie e del destino di una alta quantità di mano d'opera. Del resto, questi temi erano già stati affrontati, sia pur su una questione particolare, ma non troppo, quando vennero esaminati i rapporti tra il CSI e l'Aeritalia in merito alla formazione di personale su alcuni sistemi esperti e sui sistemi di puntamento di aerei militari.
Non possiamo sfuggire agli obblighi e agli impegni che ci derivano come Consiglieri regionali e come Consiglio regionale. Non possiamo fare il gioco di scaricare tutto quanto su Gorbaciov, su Reagan, sulle scelte della NATO e neanche sulla illegalità.
I giornali dei mesi di settembre e di ottobre, italiani e stranieri hanno rivelato come l'illegalità del traffico italiano di armi fosse un buon eufemismo per nascondere quelle che erano scelte politiche di precisi settori del nostro apparato sia industriale che politico, dei servizi segreti e dell'esercito.
Le leggi normano cosa è legale e cosa è illegale, ma - e qui riprenderei, con tono critico, l'intervento del collega Marchini - al contempo possono dotare un Paese di strumenti per colpire, controllare e rendere più difficile l'illegalità.
Dalle dichiarazioni rese nel mese di settembre dal Ministro Formica emerge che nella parentesi del Governo Fanfani qualcosa si è fatto in direzione del traffico delle armi, ma per rendere più facili ed agevoli determinate operazioni. Chiedere ora che il Parlamento torni sulla vicenda significa, sotto certi aspetti, sostenere un'ovvia affermazione: quand'anche le leggi fossero rigorose, se l'illegalità riesce a raggiungere una simile dimensione sia per numero di persone ed aziende coinvolte, che per entità economica, che per il giro internazionale di questi prodotti chiaramente ne deriva che la legge non funziona, è una legge inefficace, al di là della buona volontà di chi l'ha votata e di chi anche si è preoccupato di farla rispettare. Noi non dobbiamo solo preoccuparci che esistano le leggi, quanto piuttosto che le leggi siano efficaci, permettano a chi correttamente - dal punto di vista istituzionale o dal punto di vista della propria coscienza personale - vuole che vengano rispettate di essere dotato degli strumenti adeguati. Ad esempio, la segretezza che circonda tantissime di queste operazioni e decisioni non ha più ragion d'essere. La differenza in questo tra l'Italia e gli altri Paesi europei è enorme. Il mercato è troppo segreto, è troppo segreto per legge. E questo è grave. Sul problema della trasparenza e della conoscenza, la Regione può fare qualcosa per quel che riguarda il suo territorio, sul quale insistono moltissime produzioni. Sono state citate la Fiat e l'Aeritalia; il collega Brizio ha citato gli impianti legati all'industria bellica che sorgono a Ciriè e nel Canavese.
Non è del resto chiaro che cosa si intende per "industria bellica". Ad esempio, a proposito di certi studi nel campo della riconoscibilità del parlato tramite i computer o nel settore dei laser o di sistemi esperti nel campo delle tecnologie informatiche, è difficile capire fin dove arriva il bellico e dove invece il civile. Le esigenze belliche determinano e guidano gran parte della ricerca anche cosiddetta "civile", nel senso che poi il civile è una ricaduta. Del resto, tutta la storia dei viaggi spaziali e delle ricerche in campo spaziale dimostra che comunque è sempre il settore bellico a determinare i flussi di investimento e i campi della ricerca. I giornali enfatizzano le finalità civili o le ricadute in campo civile del bellico, dallo Shuttle ai satelliti per telecomunicazione per vedere in diretta la partita di calcio che viene giocata a Rio de Janeiro. Ma questo fa parte della necessaria ricerca del consenso, in una società dell'immagine e dei media come la nostra: è necessario che certi investimenti godano del consenso della popolazione per poter essere politicamente sostenuti. Dietro sta la grande "zona grigia e nera" delle ricerche in campo bellico e di tutto il traffico internazionale di armi.
A margine, vi sono poi alcune banali vicende di Consiglieri regionali e questo è agli atti e scendiamo nei pettegolezzi del Consiglio - in merito alle quali, assieme ai colleghi Reburdo e Montefalchesi, ho chiesto attenzione da parte del Presidente della Giunta regionale e mi auguro di avere presto risposta in senso positivo, augurandomi ciò - sia io come i miei colleghi - di avere capito male. Sempre di ricerca del consenso si tratta.
La Regione Piemonte deve essere capace di dare all'esterno una immagine seria di preoccupazione e di sforzo per la pace. Esistono problemi di occupazione, di investimenti e di produzione, però né possiamo piegarli ad esigenze elettoralistiche né possiamo dire che bisogna pur vivere, pur mangiare e far pareggiare la bilancia dei pagamenti.
Ci sono altri possibili settori di investimento ...



FERRO Primo

Scusa Ala, non ho capito bene una tua affermazione. Un conto sono le opinioni espresse, ma tu hai parlato di vicende di Consiglieri regionali.
Vorrei capire di cosa si tratta.
Le opinioni che si esprimono in quest'aula sono legittime, ma tu hai parlato di vicende. C'è qualche volontario nel Golfo Persico qui dentro?



ALA Nemesio

E' stato malizioso il collega Ferro a richiamare e a pretendere di più di quanto avessi detto, ma posso farlo.
Nel campo delle interrogazioni avevo cercato di segnare dei punti di innovazione terminologica e lessicale.
In questo caso, non si parla di volontari per il Golfo Persico; la classe politica italiana è strutturata sull'"armiamoci e partite", come si diceva tempo fa. Esiste sempre un distacco tra chi parte e quelli che prendono le decisioni. Questo fa parte della struttura dei governi, non soltanto del nostro governo o del nostro potere. Fa parte della struttura del potere generale.
Con i colleghi Montefalchesi e Reburdo abbiamo captato una affermazione in aula sulla quale chiedevamo chiarimenti in ordine ad una delle navi che ora veleggiano nel Golfo Persico, dove tra l'altro si cambia ammiraglio ogni tre giorni. Essendo figlio di militare di carriera so cosa vuol dire aver fatto le campagne di guerra. Andreotti aveva raddoppiato sette anni di pensione in questo modo.
Comunque, abbiamo captato che sulla fregata d'appoggio Vesuvio accanto alla bandiera italiana vi è la bandiera o bandierina del Piemonte. Poich ciò mi disturba, ho chiesto, in qualità di Consigliere regionale piemontese, innanzitutto se questo è vero, perché potremmo anche avere capito male - cosa che mi auguro - e in secondo luogo abbiamo chiesto a quale titolo e con quale decisione della Giunta o dell'Ufficio di Presidenza. Giustamente il Consigliere Marchini ha detto che queste sono cose che riguardano il Governo nazionale; il Consiglio regionale non decide né di andare nel Golfo Persico e neppure di andare nel Golfo di Genova o in quello di Venezia. E' giusto che la Regione abbia una vicinanza con i soldati, con i marinai, il servizio militare è un argomento sul quale discutere e rispetto al quale le istituzioni dovrebbero essere più vicine.
Su questo tema, già due anni fa avevo richiamato l'attenzione inutilmente del Consiglio con un'interrogazione che non ha mai ricevuto risposta anche se in parte è stata fatta propria dalla Giunta regionale con la convenzione con la Regione Militare Nord-Ovest in merito a taluni interventi nel campo del servizio militare.
Si tratta certamente di un pettegolezzo, però attendiamo risposta.



PRESIDENTE

Si chiude qui la discussione generale.
Credo che molti di noi non abbiano mai perso l'abitudine di contribuire all'affermazione della pace. Devo però constatare che qualcuno di noi intervenendo sul commercio delle armi, trae spunti per dare vita a un po' di guerra interna.
Vorrei ricordare un breve aneddoto russo: "Un giorno chiedono ad un saggio se ci sarà la guerra. Il saggio risponde: 'Assolutamente no, ma ci sarà una tale lotta per la pace in tutto il mondo che non resterà pietra su pietra'". Non seguiamo questa strada; ho la sensazione che qualche collega abbia fatto un primo passo in questa direzione. Ho ricevuto l'interpellanza urgente di cui ha parlato il collega Ala che consegnerò ai Presidenti interessati, e cioè al Presidente Beltrami e al Presidente Viglione. Essi raccoglieranno gli elementi necessari e riferiranno nel corso della prossima seduta consiliare. Per quanto mi riguarda e per quanto io so l'Ufficio di Presidenza non è a conoscenza di questo fatto.
Per ciò che riguarda invece i tre ordini del giorno presentati, ritengo sia possibile tentare un'unificazione, auspicata anche dalla Presidenza per tenere conto di ciò che è emerso dal dibattito. Sono affiorati, a mio parere, nel corso del dibattito ulteriori elementi non previsti negli ordini del giorno. Data l'ora però noi potremmo impegnarci di iscrivere all'o.d.g. del prossimo Consiglio regionale un punto specifico che reciti: "Votazione ordini del giorno sul commercio delle armi" e chiudere qui la discussione, lasciando un margine di tempo evidentemente più lungo per tentare l'unificazione degli ordini del giorno e raggiungere quindi l'intesa su un documento che la Presidenza ritiene molto significativo ed importante.
Se i Gruppi concordano su questa impostazione, io credo che si possa compiere un buon lavoro. Lascio la parola ai Gruppi.



AVONDO Giampiero

Prendiamo atto dello sforzo della Presidenza di favorire l'unificazione degli ordini del giorno, ma il dibattito svoltosi si è incaricato di dimostrare che ciò non è possibile.
Il rinvio della votazione alla prossima seduta consiliare è quindi inutile. Il Gruppo comunista chiede pertanto di passare alla votazione degli ordini del giorno presentati.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio.



BRIZIO Gian Paolo

In via primaria il Gruppo DC è per il rinvio, anche perché ci sono tre ordini del giorno; se i comunisti non intendono partecipare al lavoro di unificazione, è possibile però tentarla tra gli altri due documenti. Mi lascia molto perplesso il discorso pregiudiziale circa una indisponibilità a verificare qualunque possibilità di convergenza.
Ribadisco quindi che in via primaria noi chiediamo che non si voti ora in via secondaria, vogliamo cercare un minimo di confluenza tra il nostro documento e quello socialista. Il rinvio quindi è praticamente forzato perché ci sono Gruppi che hanno presentato degli ordini del giorno che lo chiedono.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Rossa.



ROSSA Angelo

Il Gruppo socialista ritiene saggia la proposta del Presidente di rinviare la votazione alla prossima riunione del Consiglio. Nel frattempo potremmo avere il margine necessario per poter predisporre, sebbene le posizioni emerse dal dibattito diano poca convinzione, un ordine del giorno unitario.
L'intervento della collega Dameri è stato estremamente preciso e l'ho interpretato come una posizione diretta a non rendersi disponibile a questa unificazione.



AVONDO Giampiero

Non è l'intervento della Dameri, caso mai è il tuo!



ROSSA Angelo

Io ho preso atto della vostra posizione. Per tre quarti il vostro ordine del giorno è condivisibile, perché parla dello stesso problema nello stesso linguaggio. C'è però la questione della Commissione d'indagine su cui noi non siamo d'accordo. Se ci fosse la possibilità di trovare una soluzione in proposito, credo che non ci sarebbero grandi difficoltà a raggiungere l'intesa su un unico ordine del giorno. Mi sembra però di aver capito che non esiste questa disponibilità.
Rilevo invece che rispetto all'ordine del giorno elaborato dalla Democrazia Cristiana, che non fa cenno alla Commissione d'indagine, esiste una possibilità di unificazione.
Sono d'accordo sul rinvio perché ciò permetterà di realizzare un'unità con le forze disponibili. Ritengo comunque che il rinvio possa permetterci di addivenire ad un'unificazione di tutti i documenti che ho ancora fiducia si possa raggiungere.



PRESIDENTE

In merito agli ordini del giorno il Regolamento prevede semplicemente che questi vengano posti in votazione secondo l'ordine di presentazione.



BRIZIO Gian Paolo

Ribadisco che in via primaria noi siamo per il rinvio. Se si passa ai voti però, è ovvio che si voterà solamente quello comunista. Noi ci riserviamo insieme ai socialisti di fondere i nostri ordini del giorno in un unico documento.



(Commenti dai banchi comunisti)



PRESIDENTE

Se i proponenti non intendono porre in votazione i loro ordini del giorno chiedendone il rinvio, io non posso imporre loro di votarli.
Il Gruppo comunista chiede la votazione del proprio ordine del giorno e non esistendo una norma ostativa nel Regolamento lo pongo senz'altro in votazione.
Il testo di tale ordine del giorno, che reca il n. 345, è il seguente: "Il Consiglio regionale del Piemonte vivamente preoccupato per quanto sta emergendo dall'inchiesta aperta dalla Magistratura nel traffico illegale di armi e droga, che viene a confermare una situazione inquietante già ripetutamente evidenziata e denunciata da Associazioni, movimenti, esperti del nostro Paese di diversa ispirazione ideale, culturale e politica (Riviste missionarie, Associazioni cattoliche USPID, movimenti per la pace, settori sindacali, ecc.) considera essenziale che si determinino condizioni e clima politico per un deciso sostegno, ad ogni livello istituzionale e civile, dell'azione intrapresa dall'azione della Magistratura, la quale, per precedenti coraggiose iniziative in questo campo, si è vista bersaglio di criminali ritorsioni ed attentati (assassinio del giudice Ciaccio Montaldo, attentati al giudice Palermo, ecc.) premesso che va considerato primario l'obiettivo di una politica di disarmo e di cooperazione internazionale ritiene necessario perseguire con determinazione l'obiettivo del blocco e del superamento della produzione bellica nel nostro Paese e di ogni coinvolgimento della ricerca a fini militari richiede al Parlamento e al Governo l'immediata approvazione di una Legge che disciplini tutta la materia del commercio delle armi, riprendendo l'iter non concluso della passata legislatura l'istituzione di una Commissione di indagine parlamentare che accerti le dimensioni e le caratteristiche del coinvolgimento italiano nel campo della ricerca, della produzione e del commercio delle armi e individui le aziende e le istituzioni coinvolte la costituzione di un fondo nazionale, che veda interessate le Regioni e le organizzazioni sindacali, finalizzato all'avvio dei processi di riconversione dal militare al civile, al fine anche di garantire i livelli occupazionali.
Il Consiglio regionale del Piemonte si impegna a: istituire una Commissione di indagine sulla situazione piemontese nel campo della ricerca, della produzione e del commercio di armi, tenuto conto che proprio in Piemonte esistono due grandi centri di produzione di armi quali la Fiat e l'Aeritalia promuovere, attraverso il Comitato della Regione Piemonte per l'affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione repubblicana, iniziative di approfondimento altamente qualificato sugli aspetti della ricerca e della produzione militare presenti nella nostra regione.
Il Consiglio regionale infine impegna la Giunta a sostenere anche finanziariamente l'esperienza dell'Osservatorio permanente sull'industria bellica piemontese avviato dalla FLM piemontese".
Chi è favorevole è pregato si alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 13 voti favorevoli, 13 contrari e 6 astensioni.
Per quanto riguarda invece gli ordini del giorno presentati dal Gruppo PSI e dal Gruppo DC, è stato richiesto da parte del Capogruppo democristiano Brizio di rinviare la votazione di tali documenti per addivenire all'unificazione degli stessi.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18,45)



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