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Dettaglio seduta n.102 del 01/10/87 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


VIGLIONE ALDO


Argomento:

Approvazione verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

La seduta è aperta.
In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Approvazione verbali precedenti sedute", sono da porre in votazione i processi verbali delle sedute adunanze del 13 e 20 novembre e del 4 dicembre 1986. Se non vi sono osservazioni si intendono approvati.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

In merito al punto 3) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico che hanno chiesto congedo i Consiglieri Carazzoni, Maccari, Ratti, Reburdo e Valeri.


Argomento:

a) Congedi

Argomento:

b) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

b) Presentazione progetti di legge

Argomento:

c) Deliberazioni adottate dalla Giunta regionale


PRESIDENTE

L'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nella seduta del 23 settembre 1987 - in attuazione dell'art. 7, secondo comma della L.R. 6/11/78, n. 65 - in materia di consulenze ed incarichi, è depositato e a disposizione presso il Servizio Aula.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione n. 911 dei Consiglieri Amerio, Bontempi, Calligaro Bruciamacchie e Guasso inerente all'occupazione in Piemonte ed interrogazione n. 919 dei Consiglieri Amerio, Calligaro, Bruciamacchie Guasso e Montefalchesi inerente alle iniziative in merito all'ordine del giorno n. 291 riguardante la copertura previdenziale per lavoratori in disoccupazione speciale vicini all'età pensionabile


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Interrogazioni ed interpellanze" esaminiamo congiuntamente le interrogazioni nn. 911 e 919 presentate da alcuni Consiglieri del Gruppo comunista che si riferiscono ad argomenti analoghi. Interviene l'Assessore Cerchio che risponde ad entrambe.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

In data 21/5/1987 il Consiglio regionale del Piemonte aveva approvato un ordine del giorno con il quale si chiedeva alla Giunta un intervento urgente sul Presidente del Consiglio e sui Ministri competenti affinch fossero attuati gli impegni assunti nei mesi precedenti e che riguardavano in modo particolare un provvedimento del CIPI per le proroghe delle CIG in scadenza o scadute e l'adozione di una legge per l'estensione dei benefici della CIG, ex legge n. 301, anche ai lavoratori delle aziende in liquidazione.
Il Presidente della Giunta e il mio predecessore, Assessore Genovese rappresentando la gravità della situazione occupazionale del Piemonte hanno sollecitato il Presidente del Consiglio dei Ministri Fanfani e i Ministri Gorrieri, Goria e Scalfaro affinché il Governo approvasse, con estrema urgenza, i provvedimenti richiesti e più volte sollecitati. Mi riferisco in particolare ai telex trasmessi in data 5, 9 e 25 giugno 1987.
Forse il momento non era dei più favorevoli, in quanto le Camere erano sciolte ed era in pieno svolgimento la campagna elettorale per le elezioni politiche del 15 giugno e successivamente, con la formazione del nuovo Governo, cambiavano parecchi interlocutori.
Ciò nonostante, in data 1 luglio 1987, il Presidente del Consiglio dei Ministri comunicava alla Regione Piemonte che, in seguito ad intese intervenute informalmente nella riunione del CIPI, le CIG - su richiesta delle parti interessate - sarebbero state prorogate di ulteriori sei mesi.
In data 9 luglio 1987 il CIPI approvava una deliberazione (che veniva pubblicata soltanto il 4 agosto) con la quale venivano fissati i criteri orientamenti e requisiti per la concessione della CIG alle aziende cosiddette "decotte".
Certamente i provvedimenti citati non risolvevano, come non risolvono i gravi problemi occupazionali del Piemonte, in particolare per quanto concerne le proroghe delle CIG in scadenza, la disoccupazione e le drammatiche situazioni in cui si trovano - cito a titolo esemplificativo i 1.300 lavoratori della Indesit, i 400 della Sin Montefibre di Ivrea, i 500 della Ceat, i 300 della Manifattura di Giaveno, i 300 della Cartiera Possaccio di Verbania e potrei continuare.
Conscio di questo, non appena ho ricevuto dal Presidente della Giunta le deleghe riguardanti i problemi del lavoro e dell'industria ho cercato compatibilmente con il periodo feriale, di prendere conoscenza e di affrontare con gli uffici dell'Assessorato gli innumerevoli e gravi problemi di lavoro che travagliano il Piemonte.
All'inizio di settembre ho cercato di riallacciare i ponti con Roma impresa non facile perché nel frattempo tutti i Ministri ed i Sottosegretari erano cambiati ed inoltre anche loro avevano bisogno del tempo necessario per impadronirsi dei problemi.
In data 21 settembre con lettera al Ministro del Lavoro Formica chiedevo un incontro urgente per poter illustrare la drammacità della situazione occupazionale del Piemonte e proponevo, a nome della Giunta l'esame e l'adozione di provvedimenti straordinari, quali: l'abbassamento dell'età pensionabile per alcuni comparti, com'è avvenuto per i lavoratori del settore siderurgico o della fibra di amianto la modifica della legge n. 863/1984 per consentire l'assunzione di cassaintegrati di lungo periodo attraverso i contratti di formazione lavoro un intervento straordinario della GEPI per alcune situazioni di crisi irreversibili, come è avvenuto per la Montefibre di Pallanza.
Nella lettera al Ministro Formica si richiedeva inoltre l'adozione da parte del CIPI di un provvedimento che consenta l'ulteriore proroga delle CIG in scadenza o scadute e quindi una soluzione ponte nelle more dell'approvazione della legge di riforma della CIG.
Si sollecitava inoltre l'emanazione di un provvedimento legislativo come era già stato sottoposto e proposto dal Sottosegretario Borruso, che prevedeva la parificazione delle aziende in liquidazione e quelle in fallimento per la concessione della CIG, ex legge n. 301, e in tal modo risolvere il grave problema imminente dei 400 lavoratori della Sin Montefibre di Ivrea.
Tutte queste problematiche ed altre ancora, quali una normativa che prevedeva il riconoscimento del periodo di disoccupazione speciale, ai sensi della legge n. 1115, ai fini della computazione pensionistica saranno esaminate ed affrontate nell'incontro che la Giunta regionale e le organizzazioni sindacali (CGIL. CISL. UIL) avranno giovedì 8 ottobre con il Sottosegretario al Lavoro Rocelli.
In questi mesi l'Assessorato al lavoro ha operato direttamente all'interno del coordinamento degli Assessori al lavoro delle altre Regioni al fine di dare rapida attuazione alla legge n. 56/87, di formulare ipotesi di adeguamento e completamento dell'attuale legislazione del lavoro ed infine di segnalare alcune specificità del mercato del lavoro piemontese e di riflesso la necessità di alcuni interventi straordinari.
In modo particolare l'Assessorato ha predisposto le metodologie di base e lo studio che hanno consentito alla Commissione regionale per l'impiego del Piemonte, tra le prime in Italia, di esprimere il proprio parere in merito alla definizione degli ambiti territoriali delle Sezioni circoscrizionali per l'impiego e per il collocamento in agricoltura.
Come di evince da una nota del Ministero del Lavoro, la Commissione regionale per l'impiego del Piemonte (unitamente a quella della Toscana) è quella che più si è riunita nel corso dell'anno, è la seconda per numero di contratti di formazione lavoro approvati, ed è una delle poche che attraverso i tecnici regionali effettua (nei limiti posti dal numero dei contratti stessi) il controllo sulla congruità formativa dei contratti di formazione lavoro; è inoltre fra le poche che ha articolato i propri lavori per sottocommissioni all'interno delle quali ha affrontato i problemi delle circoscrizioni, dell'osservatorio e dell'agenzia ed in termini permanenti la valutazione dei contratti di formazione lavoro. Con questo si intende dare una valutazione, anche quantitativa, sull'attività delle Commissioni regionali del Paese. E' chiaro che sul versante qualitativo molto è ancora da fare, a cominciare dalla composizione della Commissione stessa che sarebbe da rivedere per dare maggiore spazio al ruolo regionale, dal rapporto istituzionale e tecnico tra strutture ministeriali e strutture regionali che potrebbe essere migliorato.
Ritornando all'applicazione della legge n. 56 per quanto concerne l'art. 8 (Osservatorio nazionale e regionale sul mercato del lavoro) nella riunione di Firenze di giovedì 24 settembre gli Assessori italiani al lavoro hanno approvato uno schema di convenzione che pone le basi alla nascita di un sistema integrato nazionale-regionale. Tale schema è stato inviato al Presidente pro tempore dalla Conferenza delle Regioni che dovrebbe siglarlo nei prossimi giorni unitamente al Ministro del Lavoro.
Nello stesso incontro gli Assessori al lavoro hanno ribadito che, per quanto attiene la realizzazione delle Agenzie del lavoro, occorrerà orientarsi sulle conclusioni del Comitato di Studio Stato-Regioni istituito ad hoc (al quale l'Assessorato ha partecipato) in particolare là dove si afferma che l'istituzione dell'Agenzia deve essere attuata sulla base di una convenzione tra Stato e Regioni, al fine di coordinare gli sforzi ed evitare le duplicazioni.
Riflettendo ancora sulle scadenze operative della L.R. n. 56/87 ed in particolare sull'art. 16 (Disposizioni concernenti lo Stato e gli Enti pubblici), entro il 18 settembre il Presidente del Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto determinare con decreto le modalità di avviamento e le modalità e i criteri di selezione dei lavoratori da adibire a mansioni di bassa qualifica e basso titolo di studio nella Pubblica amministrazione cortocircuitando in tal modo i maxi concorsi.
Tale provvedimento non è ancora stato formalizzato, sebbene si abbia notizia che il Ministero della Funzione Pubblica lo stia ultimando e sia imminente la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Rispetto all'art. 16 le aspettative sono grandi, egualmente si deve però dire che i problemi aperti sono molti anche sotto il versante giuridico-tecnico. Motivo per cui le Regioni chiedono di seguire anche su questo versante le varie fasi attuative.
Com'è noto anche la completa attuazione della legge n. 444/84 è un problema comune ad altre cinque Regioni; per tutte però la farraginosità delle procedure di reclutamento dei cassaintegrati (liste, visite mediche ecc.) è tale per cui gran parte dei posti non sono stati coperti, e si pone quindi la necessità di un intervento del Governo nei confronti delle Pubbliche amministrazioni che devono effettuare le assunzioni. Non siamo interlocutori diretti su questo versante, ma possiamo essere soggetto attivo di sollecitazione affinché il Governo, nei confronti degli enti che dovrebbero dare completamento all'attuazione della legge n. 444/84, possa giungere con tempestività all'integrazione e all'assorbimento di tutte le cifre che sono incidenti sul piano occupazione e sulla Regione Piemonte.
Così come si è ribadito che la recente legge di riforma del mercato del lavoro dovrebbe essere seguita, su indicazione espressa dallo stesso relatore, da un provvedimento di riforma della CIG e da norme di salvaguardia delle fasce deboli del mercato del lavoro.
Aperta è anche la riflessione sulla gestione della legge n. 863/84 nel suo complesso ed in modo particolare sull'art. 3 che regola i contratti di formazione lavoro.
Sebbene i contratti abbiano conosciuto un indubbio successo almeno sul piano numerico e sul piano della ricaduta sul territorio, da più parti si segnalano abusi. L'orientamento è quello di accertare una effettiva formazione, orientare i contributi all'atto dell'assunzione a tempo indeterminato, privilegiare nell'utilizzo disoccupati e cassaintegrati di lungo periodo ed in particolare alcune aree territoriali.
Per quanto concerne la convocazione del Consiglio regionale al fine di promuovere un dibattito sui problemi del lavoro in Piemonte, mi pare che per le cose riferite in precedenza lo slittamento sia stato inevitabile.
Anche perché ritengo che per tale appuntamento sia stato e sia indispensabile e necessario un incontro e un confronto con il Ministero del Lavoro, incontro che è stato fissato per giovedì 8 ottobre.
La Giunta regionale chiede al Presidente del Consiglio e ai Gruppi consigliari di fissare una seduta del Consiglio regionale per discutere su questi temi, così come è stato richiesto. Dovendo prepararci all'incontro dell'8 ottobre presso il Ministero, fisserò un incontro con i Capigruppo e con le organizzazioni sindacali nel quale convenire su una scala di quesiti da sottoporre al Ministro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Amerio.



AMERIO Mario

Non ho nulla da dire circa la puntualità della risposta, ma i contenuti mi lasciano sconcertato. Avevamo rivolto al governo regionale più interrogazioni con precisi quesiti e questa mattina mi è stato detto che si rispondeva a due interrogazioni, quella sull'occupazione in Piemonte e sull'incontro con il Ministro Formica e quella sulla copertura previdenziale dei periodi di disoccupazione speciale.
Alla seconda interrogazione però non è giunta alcuna risposta. Ricordo a questo proposito che il Consiglio regionale aveva approvato all'unanimità il 21 maggio un ordine del giorno che impegnava la Giunta a richiedere e a sostenere attivamente, presso il Governo, un intervento legislativo straordinario finalizzato a riconoscere la disoccupazione speciale pregressa. Non ci risulta però che la Giunta regionale dal 21 maggio ad oggi abbia richiesto o sostenuto alcunché. Chiedevamo perciò con l'interrogazione del 10 settembre, quali iniziative, in quali tempi, in quali forme la Giunta intendeva attivare su questo specifico problema.
Sulle questioni poste dall'altra interrogazione ho sentito una lunga carrellata sui problemi dell'occupazione in Piemonte, con venature di ottimismo che francamente non condivido, ma non ho sentito risposte puntuali ai due precisi quesiti posti, pertanto li ripropongo e cioè quando la Giunta intende convocare il Consiglio regionale e se non intende far precedere questa convocazione da un incontro tra il nuovo Ministro del Lavoro, la Giunta, le Commissioni consiliari e le parti sociali.
Alla prima domanda non ho avuto risposta perché una data non esiste alla seconda è stato risposto che l'incontro sarebbe quello di giovedì 8 ottobre per discutere, però, su altri temi con un Sottosegretario. Nessuno nega che si sono prese iniziative attraverso ordini del giorno, telefonate qualche visita a Roma, il fatto è che non ci sono risultati di alcun genere. I Consiglieri ricorderanno che quando venne De Michelis a Torino quando ancora era Ministro, subordinò le proroghe della CIG e l'estensione del disegno di legge n. 301 all'accettazione sostanziale da parte dei sindacati del disegno di legge di riforma della CIG da lui presentato; le organizzazioni sindacali accondiscesero poi, pur con qualche riserva, a far andare avanti quel disegno di legge, ma l'impegno del Governo non venne mantenuto; il disegno di legge n. 301 non venne esteso e le proroghe non vennero date. Adesso, nonostante la presentazione di ordini del giorno unitari, telefonate, incontri con i lavoratori, visite a Roma, nulla è cambiato, anzi, se qualche cosa è cambiato, è cambiato in peggio. Il 9 luglio di quest'anno è venuta una risposta del CIPI restrittiva che vincola la concessione di nuove proroghe ad una serie di provvedimenti, che sarebbero anche sensati se fossero stati attivati quegli strumenti di governo del mercato del lavoro che da anni chiediamo, la riforma appunto della CIG, la mobilità, l'agenzia del lavoro e via dicendo, che sono totalmente insensati in queste condizioni e il cui unico effetto sarà quello di restringere fortemente l'area delle aziende che potranno avere quand'anche la richiedessero, la proroga della CIG. E' venuta, quindi, una risposta negativa e restrittiva.
Di proroghe non si parla; le proroghe non si decidono per telefono, ci vuole un decreto o una deliberazione del CIPI; questa c'è, ma è ulteriormente restrittiva.
I licenziamenti continuano. L'Unione Industriale spesso continua a non richiedere nemmeno più le proroghe per le aziende interessate. Siamo nella situazione nella quale eravamo parecchi mesi fa, l'unica differenza è che più tempo passa, più si attivano i licenziamenti in Piemonte e i lavoratori licenziati, come quelli della Montefibre, non vengono recuperati nell'area della CIG, perché non è avvenuta neanche l'estensione del disegno di legge n. 301 alle aziende in liquidazione. Nulla è cambiato e corriamo il rischio di uno stillicidio di licenziamenti; sono circa 20.000 i lavoratori che possono essere licenziati in Piemonte e non ci sono avvisaglie che qualcosa possa cambiare.
Nella prima interrogazione parlavo anche dell'occupazione in Piemonte in linea generale. La situazione in Piemonte è molto cambiata in questi ultimi due, tre anni per ciò che riguarda l'occupazione e il mercato del lavoro; la disoccupazione però non è diminuita e solo a Torino ci sono 15.000 famiglie a reddito zero. Nell'interrogazione rileviamo che il Piemonte ha oggi lo stesso impianto legislativo sul lavoro che aveva nella precedente amministrazione e che negli ultimi trent'anni l'unica legge varata da questa maggioranza è quella che riguarda i lavori socialmente utili per i cassaintegrati, una legge in adempimento di un provvedimento nazionale, in sè marginale e del tutto disapplicata. La destinazione di risorse ai problemi dell'occupazione e del lavoro in Piemonte è tra le più basse d'Italia. Le Regioni Emilia, Toscana, Umbria, Lombardia e Lazio, in questi ultimi due, tre anni hanno drenato risorse in direzione del lavoro e dell'occupazione; potremo poi discutere sui risultati, comunque lo sforzo lo hanno fatto. In Piemonte vige lo stesso impianto legislativo di tre quattro anni fa e per quanto riguarda le risorse ricordo che ai cantieri di lavoro è stato destinato un miliardo in meno di quanto era previsto nel piano pluriennale di spesa e che solo lo scorso anno è stata definanziata la legge n. 28 sulle cooperative, perché scarsamente utilizzata.
Il Gruppo consiliare comunista ha presentato quattro proposte di legge regionale, compresa l'ultima sulle cooperative integrate, della quale è cofirmatorio insieme con gli altri Gruppi, tranne il Gruppo DC, di una mozione sulla formazione professionale. Non si comprende però quali orientamenti abbia la Giunta a fronte di questo corpo di proposte sui problemi dell'occupazione e del lavoro.
C'era anche l'impegno di fissare una seduta di Consiglio entro settembre per discutere dei problemi del lavoro, ma siamo a ottobre e non se ne sa nulla. Si chiedeva anche se la Giunta intende far precedere tale seduta di Consiglio da un incontro a Torino tra il Ministro Formica, le Commissioni consiliari e le parti sociali, soprattutto per sollecitare i provvedimenti che sono di competenza del Governo e se, in quell'occasione non intende affrontare la questione relativa alla copertura previdenziale per i lavoratori in disoccupazione speciale.
L'incontro con il Ministro fissato per giovedì 8 ottobre è mirato alle questioni inerenti alla Montefibre e i rinnovi delle CIG e non c'entra con il carattere, la natura e il rilievo dell'incontro sui problemi del lavoro e dell'occupazione.
Quindi ripropongo integralmente i tre quesiti e chiedo al Presidente come come debbo considerare la risposta dell'Assessore che non è puntuale su su nessuna delle tre questioni che sono state proposte.



PRESIDENTE

Il Consigliere Amerio ha posto all'Assessore delle questioni chiare alle quali l'Assessore risponderà in un altro momento perché oggi non è possibile, per mancanza di tempo, rispondere a tutte le questioni poste.



AMERIO Mario

A questo punto, preso atto che non vi è stata risposta, ripresenteremo per la prossima seduta di Consiglio o una mozione o un ordine del giorno e chiederemo il voto sugli argomenti sui quali il Consiglio si era già impegnato precedentemente.


Argomento: Tutela dagli inquinamenti atmosferici ed acustici

Interrogazione n. 825 dei Consiglieri Adduci, Bontempi, Bresso e Ferro inerente ai fumi provocati dai camini della centrale termoelettrica della TEKSID


PRESIDENTE

Passiamo all'esame dell'interrogazione n. 825 presentata dai Consiglieri Adduci, Bontempi, Bresso e Ferro.
Risponde l'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

In merito alle emissioni derivanti dalla centrale termica dello stabilimento TEKSID di Buttigliera Alta, frazione Ferriere, occorre evidenziare che il Comune di Buttigliera non è inserito "in zona controllo" ai sensi dell'art. 2 della legge n. 615 del 13/7/1966 e pertanto tale legge ed i relativi regolamenti non sono applicabili agli stabilimenti ivi insediati che risultano sottoposti al testo unico delle leggi sanitarie n.
1265. Quest'ultimo demanda al Sindaco la facoltà di effettuare precise precrizioni per prevenire o impedire il danno o il pericolo alla salute pubblica. Qualora il Sindaco lo ritenga opportuno, può avvalersi della facoltà di richiedere al CRIAP l'espressione di parere sulle emissioni di un singolo stabilimento; tale parere risulterà però solamente consultivo proprio perché si tratta di insediamento produttivo ubicato al di fuori della "zona di controllo"; è comunque all'esame della competente Commissione consiliare un disegno di legge regionale in materia di inquinamento atmosferico con il quale saranno regolamentate tutte le attività aventi emissioni in atmosfera, qualsiasi sia la loro ubicazione sul territorio regionale.
Si è pertanto ritenuto opportuno, in questa fase, informare il Sindaco di Buttigliera della facoltà di richiedere il parere consultivo del CRIAP per ovviare alle eventuali disfunzioni o carenze.
In base alla tipologia del combustibile utilizzato nella centrale termica dello stabilimento in parola si può ragionevolmente ipotizzare che i principali inquinanti emessi a camino siano: ossidi di zolfo totali espressi con anidride solforosa in quantità di 80 grammi per kg di combustibile impiegato, polveri e ossidi di azoto. Come si vede l'olio combustibile ATZ non può essere annoverato fra i combustibili "puliti", sta di fatto però, come risulta dagli esposti recentemente pervenuti agli uffici, che le lamentele dei cittadini residenti in prossimità dello stabilimento sono incentrate su particolari momenti gestionali della centrale termica e precisamente in occasione della pulizia delle canne fumarie mediante aria compressa.



PETRINI LUIGI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Adduci.



ADDUCI Donato

L'Assessore ha un po' riepilogato i termini di questa ulteriore vicenda, che si aggiunge alle tante, di inquinamento atmosferico. Da quanto l'Assessore ha detto, non possiamo non constatare che, in sostanza, il "re è nudo": di fronte a delle emissioni dannose in atmosfera - che non avvengono solo in particolari momenti, ma costantemente - non si può fare assolutamente nulla, anche perché Buttigliera non è in zona sottoposta a controllo. Questa, però non ci sembra assolutamente una ragione valida per escludere la possibilità che anche quei cittadini possano fruire dei controlli necessari, a garanzia della loro salute. Il problema vero sta nell'incapacità, da parte delle UU.SS.SS.LL., di effettuare i controlli.
Certo, il Sindaco di Buttigliera non ha nessun bisogno di essere sollecitato dalla Giunta ad assumere iniziative per porre in qualche modo rimedio agli inconvenienti, lamentati dai cittadini. Il problema reale, lo ripeto, è che le UU.SS.SS.LL., che dovrebbero svolgere i controlli, sono assolutamente prive di strumenti e di personale.
L'Assessore dovrebbe, invece, considerare la possibilità di dotare le UU.SS.SS.LL. degli strumenti e del personale adeguati a compiere i rilievi del caso, anche perché il parere della CRIAP, preventivo naturalmente, pu essere ampiamente disatteso se il momento determinante e fondamentale dei controlli vien meno, lasciando, così, via libera alle imprese di inquinare finché lo ritengono, come d'altronde sta accadendo.
Mi auguro anch'io che la proposta di legge regionale contro l'inquinamento atmosferico vada rapidamete in porto; nel frattempo, per la Giunta deve intraprendere altre azioni per evitare che la situazione ambientale si aggravi sempre di più, a danno dei cittadini. Questo è un altro dei problemi che non stiamo affrontando, limitandoci a prendere atto della situazione, perciò la risposta dell'Assessore non è soddisfacente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cernetti.



CERNETTI Elettra, Assessore all'ambiente

Non appena il Consiglio regionale approverà la legge sugli inquinamenti atmosferici, tutte le emissioni potranno essere sotto controllo. Posso suggerire al Sindaco di Buttigliera, di chiedere l'inserimento del proprio Comune nella zona di controllo. Non è vero che non si possono prendere dei provvedimenti, ma l'unica persona ad avere competenza al riguardo, tanto per la prevenzione quanto per impedire il danno, è il Sindaco di Buttigliera.



ADDUCI Donato

Parlerò con il Sindaco, vedrò le iniziative che ha assunto e gli strumenti con i quali può controllare le emissioni.



VIGLIONE ALDO


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Interpellanza n. 776 dei Consiglieri Bontempi, Adduci, Biazzi, Bresso Dameri, Rivalta e Ala inerente al Piano regolatore del Comune di San Mauro


PRESIDENTE

Esaminiamo infine l'interpellanza n. 776 presentata dai Consiglieri Bontempi, Adduci, Biazzi, Bresso, Dameri, Rivalta e Ala.
Risponde l'Assessore Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Signor Presidente, volevo informarla che l'interpellanza era stata assegnata in un primo tempo a me, però dato che la materia attiene principalmente a problemi urbanistici, risponderà l'Assessore Genovese.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Genovese.



PRESIDENTE

GENOVESE, Assessore all'urbanistica



PRESIDENTE

Signor Presidente e colleghi, l'interpellanza proposta dal collega Bontempi ed altri pone una serie di problemi non semplici e delicati, che vanno ben al di là delle circostanze e dei fatti segnalati per i quali vengono richiesti chiarimenti e decisioni alla Giunta regionale.
Cercherò, nella risposta di essere schematico per una parte e per l'altra più problematico, in quanto non credo che a tutto sia possibile dare una risposta che possa essere ritenuta definitiva ed esauriente dagli interroganti e dal Consiglio regionale e ne spiegherò i motivi.
Nell'interpellanza viene richiamato come il Comune di San Mauro abbia adottato all'inizio del 1986 il proprio Piano regolatore generale comunale destinando ad edificazione residenziale un'area che risulta compresa nel perimetro della fascia fluviale del Po, inserita nel terzo aggiornamento del Piano regionale dei parchi. Ciò, quindi, in un'epoca in cui il Consiglio regionale non aveva ancora proceduto a deliberare l'aggiornamento del Piano regionale dei parchi e l'inclusione del parco dell'asta fluviale del Po; aggiornamento del Piano dei parchi che fu comunque deliberato dal Consiglio regionale mentre era in corso l'istruttoria del PRGC di San Mauro da parte del SUR e prima dell'assegnazione al relatore della pratica, sia della discussione all'interno del CUR. In questo momento, visto che mi viene richiesto, mi sfugge il nome del relatore perché, devo anche dire che, fino a tre giorni fa, non pensavo di dover rispondere a questa interpellanza dato che era stata assegnata alla collega Vetrino e non ho quindi provveduto all'accertamento del relatore; sicuramente ovvierò per iscritto.
Come sempre è sinora successo, e questo è un fatto noto a tutto il Consiglio regionale, nel momento in cui venne definito il perimetro dell'istituendo Parco fluviale del Po, con l'inclusione all'interno del piano regionale di settore e la conseguente attivazione dei vincoli transitori previsti dalla L.R. n. 43, ciò avvenne su una cartografia, per la quale dire che non è aggiornata è ottimistico. Per la realtà che conosciamo e per la coscienza di come queste scelte siano delicate e importanti, in quanto fanno scattare vincoli e previsioni che pongono limitazioni ai Comuni, non disponendo di una cartografia di base aggiornata, si assumono decisioni che poi sono difficilmente governabili.
Nel caso specifico, dalla cartografia utilizzata dalla Regione non risultava assolutamente che una parte dell'area del Comune di San Mauro presa in considerazione dal Piano regolatore generale come area di completamento edilizio, fosse già urbanizzata con preesistenze edificatorie di una certa consistenza.
D'altro canto, il Comune di San Mauro, con il proprio Piano regolatore, ha previsto, nel febbraio 1986, in quest'area, successivamente inclusa nel Piano regionale dei parchi, interventi di completamento attraverso la formazione di un piano di zona, per l'edilizia economica e popolare, ex legge n. 167, unitamente ad una serie di altre previsioni di Piano regolatore generale.
La cosa che lascia abbastanza sconcertati - fatta la premessa di questa difficoltà di riferimento di base per gli atti regionali è che n dall'istruttoria, fatta dal Servizio urbanistico regionale, né dalla relazione svolta al Comitato urbanistico regionale, né dalla discussione seguita alla relazione stessa, si riscontra - in un'epoca in cui il Parco fluviale del Po era già stato previsto attraverso la deliberazione successiva all'adozione del Piano regolatore da parte del Comune di San Mauro, approvata dal Consiglio regionale alcun riferimento alla decisione del Consiglio regionale e quindi all'inclusione nella deliberazione di aggiornamento al Piano dei parchi di un'area così importante quale è quella dell'asta fluviale del Po.
Non posso che definire sconcertante questa vicenda, anche in considerazione del fatto che alle sedute del Comitato urbanistico regionale partecipano, insieme agli esperti, interni ed esterni, invitati di varie Amministrazioni ed anche funzionari regionali di diversi Assessorati, che avrebbero dovuto almeno esserne a conoscenza e far presente questa situazione. Si può anche immaginare e pensare che per l'accavallarsi dei tempi, lo scioglimento del Consiglio regionale, le elezioni, e così via possa essere mancato il coordinamento tra i diversi Assessorati all'interno della Regione, per quanto riguarda almeno la trasmissione e la conoscenza degli atti; tuttavia è difficile comprendere, per la larga rappresentatività che il CUR ha, come a nessuno, tra tutti i presenti, sia risultato necessario per quest'area verificare, quanto meno, i confini dell'istituendo Parco del Po, sulla base della deliberazione del Consiglio regionale approvata nel corso del 1985, poco prima della fine della legislatura.
Questa è una constatazione che faccio e rispetto alla quale non saprei dire altro, se non rilevando questo fatto come anomalo e abbastanza stupefacente. Di conseguenza il CUR. nel decidere, penso lo abbia fatto sulla base della relazione e degli elementi che sono stati, in quella circostanza, sottoposti dal relatore all'attenzione del Comitato stesso tenendo conto anche dell'istruttoria e giudicando sulla congruità urbanistica della decisione; e probabilmente ha ritenuto ammissibile questa previsione di completamento di un'area dove già esistevano delle preesistenze di carattere residenziale. Dalle decisioni è scaturita una seconda conseguenza - richiamata anch'essa dagli interpellanti poiché il CUR nell'approvare il PRGC ha invitato l'Amministrazione comunale a considerare come di attuazione differita nel tempo un'altra zona riservata dallo stesso Piano regolatore a interventi di edilizia economica e popolare; assegnando cioè precedenza di attuazione alla prima area, quella richiamata dall'interpellanza, che risultava di completamento e stabilendo che temporalmente un'altra area, sempre destinata ad edilizia economica e popolare, dovesse essere realizzata solo successivamente al predetto completamento. Nella complessiva valutazione del CUR. che non ha tenuto conto della previsione d'istituzione di un Parco regionale, questa decisione che viene definita nell'interpellanza come "inopinata", ha invece una sua giustificazione logica, nel senso che è stata data la precedenza al completamento di un'area già urbanizzata per la realizzazione di un PEEP prevedendo che temporalmente una seconda area, destinata sempre ad edilizia economica e popolare, sia edificata in un secondo tempo. Il CUR in alcuni casi chiede al Comune, in sede di controdeduzioni, di stralciare delle aree per sovradimensionamento del piano; in altri casi, invece, vengono indicati tempi differenziati di realizzazione quando si ritiene che la previsione insediativa complessiva rientri nei margini di applicazione della capacità insediativa teorica dell'art. 20 della L.R. n. 56, pur presentando problemi di valutazione nell'esatta determinazione dei fabbisogni abitativi.
Dette queste cose devo ripetere, comunque, che la decisione presa dal Comitato urbanistico regionale appare sconcertante. Quindi sulla decisione si deve, e non so bene in quale modo, ritornare precisando al Comune (anche se questo risulta chiaramente dalle norme della legge n. 43) che sull'area destinata a PEEP, ricadente nella fascia fluviale vincolata all'istituendo Parco regionale, la previsione può essere mantenuta, ma non pu assolutamente essere attuata; con la conseguenza che se non è attuabile quanto meno fino all'approvazione della legge istitutiva o del Piano dell'area del parco, si deve poter attivare la seconda area riservata ad edilizia economica e popolare per dare risposta alle esigenze di disponibilità di aree, anche in relazione ai finanziamenti disposti dalla Regione in attuazione del piano decennale per la casa.
Credo quindi che si debba riesaminare questa pratica su sollecitazione della Giunta regionale, che ha approvato il Piano regolatore, sulla base del voto espresso dal CUR.
Ora, però, sorgono problemi più generali che abbiamo affrontato nella seduta di lunedì scorso al CUR esaminando il Piano regolatore del Comune di Sanfront, che presentava situazioni analoghe.
Il primo problema che emerge è che, sulla base della legge n. 43, nelle aree individuate dal Piano dei parchi, e in attesa dell'approvazione della legge istitutiva o del piano dell'area, sono consentiti solo interventi di tipo edilizio che rientrano nelle lett, a), b), c), d) dell'art. 13 della legge n. 56; quindi, interventi di manutenzione, di consolidamento statico e di risanamento conservativo; non sono ammessi altri tipi di intervento ma la legge non dice che non possono essere (e questo è l'aspetto delicato) avanzate altre previsioni di intervento: quindi, queste diverse previsioni possono essere approvate ma non attuate nel perido in cui sussistono i vincoli transitori della legge n. 43, in attesa della legge istitutiva o del piano dell'area. In altri termini, la legge dice ciò che si pu realizzare, ma non dice ciò che in sede di studio o di aggiornamento degli strumenti urbanistici generali debba essere escluso. Quindi, la prima conseguenza è che un Comune, laddove individui in queste aree delle previsioni che urbanisticamente sono ritenute corrette e non incompatibili con la previsione di un parco regionale, mette il CUR in condizioni difficili in quanto non è possibile stralciare di imperio una previsione urbanistica di trasformazione futura che è ammessa, ma che non può essere attuata nel periodo in cui permangono e vigono i vincoli transitori.
Esemplifico per dire qual è l'orientamento che stiamo cercando di cogliere anche se il problema è meritevole di un approfondimento tra gli Assessorati interessati e forse di qualche aggiustamento normativo.
Il problema che si pone è quello di stralciare, nell'esame dei piani quelle previsioni urbanistiche che sono comunque ritenute incompatibili con la previsione di una protezione particolare. Il Comune di Sanfront, per esempio, presentava una grossa area industriale e questa è stata stralciata perché comunque ritenuta incompatibile con la previsione di realizzazione di un parco regionale; ma in altri casi siamo di fronte a delle previsioni e lo stesso Comune di Sanfront ne ha presentata una in questi giorni, di attrezzature per il tempo libero o per impianti sportivi magari già finanziati, che creano grosse difficoltà di decisione. In questo caso abbiamo assunto come CUR un atteggiamento provvisorio, e cioè quello di invitare il Comune, in sede di controdeduzioni, a tenere conto che non sono comunque ammesse opere diverse da quelle indicate alle lett, a), b), c), d) dell'art. 13 della legge n. 56 e che quindi il Comune, qualora mantenga quella previsione di trasformazione del suolo, deve sapere che la stessa è di attuazione differita e subordinata alla legge istitutiva del parco o alla formazione del piano dell'area (quando richiesto). Ciò perché è il Comune che deve assumersi la responsabilità di procedere alle modifiche ove sia possibile (in alcune realtà territoriali non lo è perché non si rintracciano aree libere da destinare a servizi, soprattutto nelle zone di montagna).
Questo è il primo orientamento che abbiamo scelto accompagnato dalla decisione di far presente al Comune e trasmettere all'Assessorato alla pianificazione territoriale, qualora il Comune permanga nelle decisioni già assunte, l'indicazione di queste scelte perché nel limite delle compatibilità con il piano dell'area, che dovrà essere attuato con la legge istitutiva; l'Assessorato ne tenga conto nella definizione delle previsioni urbanistiche che complessivamente sono accoglibili e realizzabili all'interno delle aree a parco. Vi è un'altra complicazione per il CUR. ed è rilevante perché qui non parliamo di un Comune, ma di 82 Comuni che, in qualche misura, sono interessati all'asta fluviale Po inserita come previsione di area a parco all'interno dell'aggiornamento della deliberazione regionale: non sempre i confini del parco naturale approvati dal Consiglio regionale coincidono con quelli su cui si sta studiando il progetto territoriale operativo del Po, e per le fasce intermedie tra il perimetro dell'istituendo Parco naturale e il perimetro del Piano territoriale operativo il CUR deve solamente solamente valutare la compatibilità urbanistica generale delle previsioni; infatti, con la deliberazione di approvazione della proposta di studio del progetto territoriale del Po, non è stato inserito nessun vincolo e la salvaguardia scatterà solo al momento dell'adozione del progetto territoriale operativo.
Ciò evidenzia un altro motivo di coordinamento delle norme in quanto la legge n. 56, per quanto riguarda i progetti territoriali operativi, ne prevede l'individuazione, in via principale, attraverso l'approvazione dei Piani territoriali di ex comprensorio ed è in quella sede che eventualmente lo stesso strumento territoriale, cioè il Piano territoriale di comprensorio, dovrebbe graduare i vincoli transitori o assoluti delle aree ad attuazione sottoposta a progetto territoriale operativo, mentre la salvaguardia dell'art. 58 scatta dal momento dell'adozione del progetto territoriale operativo. Negli altri casi, invece, quale quello cui facciamo riferimento, dobrebbe essere il Consiglio regionale, al momento dell'approvazione della deliberazione che definisce ulteriori aree da sottoporre al progetto territoriale operativo, a definire i vincoli temporanei; cosa che non è avvenuta con la deliberazione del Consiglio regionale che ha approvato la formazione del progetto territoriale operativo. Siamo quindi di fronte ad un'ulteriore difficoltà, che riguarda 82 Comuni della nostra regione e che richiede una decisione.
Ma innanzitutto vi è il problema - di cui con la collega Vetrino si è già ragionato - di una maggiore collaborazione e di un approfondimento dei problemi che richiedono un comune interessamento per le decisioni da adottare da parte dei Servizi della pianificazione territoriale e di quelli dell'Assessorato all'urbanistica; vi è poi la necessità di scegliere orientamenti generali su questi problemi e, se necessario, di adottare anche gli opportuni aggiustamenti normativi. Infatti, non possiamo non considerare che questi problemi si ripresenteranno quasi quotidianamente poiché il Parco fluviale del Po e il progetto territoriale operativo deliberati dal Consiglio regionale riguardano aree che interessano 82 Comuni della nostra regione e si porranno nel futuro con una certa continuità.
Sul caso specifico credo che sottoporrò alla Giunta l'esigenza - pur con difficoltà poiché non esistono precedenti - di riconsiderazione del Piano regolatore di San Mauro, approvato lo scorso anno, da parte del CUR per quanto attiene agli aspetti sollevati dell'interpellanza e che prima ho richiamato; il CUR deve comunque fare alcune precisazioni (che, in questa fase, per le necessarie cautele sono indispensabili) per le aree incluse nel perimetro del Parco fluviale in cui sono possibili solo interventi minimi di natura edilizia - noti a tutti - ovvero quelli previsti dalle lett, a), b), c), d) dell'art. 15 della legge n. 56.
Per le altre aree, ogni possibiltà di attuazione, qualora il Comune mantenga queste previsioni, è subordinata e differita alle previsioni della legge istitutiva del Parco e alla formazione dove richiesta - in questo caso certamente - del Piano dell'area dell'istituendo Parco: con la conseguenza di prevedere la possibilità di immediata attuazione della seconda area destinata del PRGC alla formazione di piani di zona per l'edilizia economica e popolare, del CUR indicata come zona ad attuazione differita, per corrispondere alle esigenze di edilizia residenziale pubblica del Comune di San Mauro.
Una seconda decisione da assumere riguarda l'orientamento del CUR nell'esame di Piani regolatori, interessanti aree soggette a studio di progetto territoriale operativo o all'istituzione di parchi regionali; un orientamento generale, che in qualche misura abbiamo definito transitoriamente, ma che è da ridefinire dopo un approfondimento comune che faremo con l'Assessorato alla pianificazione territoriale, per individuare gli eventuali aggiustamenti normativi e comunque gli indirizzi che è necessario dare ai Comuni per fare chiarezza attorno a questa delicata e complessa materia.
Vorrei dire a conclusione che vi è poi un problema piùgenerale, di conoscenza da parte del CUR e del Servizio urbanistico regionale di atti di altri Assessorati, per affrontare in modo adeguato la valutazione dei Piani regolatori generali comunali.
Infatti, per difficoltà interne all'Amministrazione regionale, i tempi di conoscenza ufficiale e formale di atti di pianificazione territoriale assunti dalla Regione sono sovente incerti e le procedure non sono chiaramente definite. Credo quindi che attraverso decisioni, di massima già valutate con la collega Vetrino, si attiveranno forme concordate di approfondimento e di conoscenza che la pianificazione territoriale deve avere di quanto avviene nel settore della pianificazione urbanistica e viceversa, al fine di un miglior funzionamento e per evitare il ripetersi di fenomeni che sono quanto meno sconcertanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bontempi.



BONTEMPI Rinaldo

Signor Assessore, colleghi Consiglieri, nel replicare alla lunga risposta datami intendo dividere in due parti la valutazione che darò alla risposta stessa. Inizio dalla seconda parte.
Mi preoccupa il tipo di risposta sulle questioni generali, sulla validità dei vincoli della salvaguardia edilizia, sui rapporti che questa ha con gli atti urbanistici e le decisioni comunali. Sono preoccupato del ragionamento deduttivo sul piano giuridico. Non è un caso che perfino nel linguaggio dell'Assessore sia insistentemente ritornata la questione del soggetto CUR. come unico soggetto. Si è assunto un ragionamento deduttivo giuridico dalle norme e si è calato tutto sul soggetto CUR che è un organismo tecnico-consultivo cui compete l'istruttoria e definire un parere. Ma, al di là della validità o meno delle argomentazioni giuridiche c'è l'autonomia del soggetto Giunta. Ci troveremmo, in altre parole, di fronte ad un'incredibile incertezza: la Regione è impossibilitata ad applicare coerentemente e correttamente atti forti di programmazione per il fatto che l'esame istruttorio e giuridico sugli strumenti attuali non offre una copertura sufficiente.
Siamo favorevoli a che si sviluppi un ragionamento sulla ricerca di un orientamento perché la certezza del diritto va garantita; auspichiamo che questo orientamento vada nella direzione della gerarchia degli atti. Me lo ricordava poco fa il Consigliere Chiezzi che ha un'esperienza comunale, ma credo che ormai sia una cultura diffusa. Lo stesso Piano territoriale operativo è nato per stabilire una gerarchia di atti partecipati che, anche rispetto alla parcellizzata realtà comunale, sono in grado di far valere alcune grandi decisioni, le cosiddette decisioni forti. Quindi auspichiamo che questo orientamento ripristini la certezza del diritto applicabile anche da parte degli organismi, legalitari in alcuni casi e poco legalitari in altri, come nel caso del CUR. Già oggi è possibile avendo il Piano dei parchi, avendo la deliberazione sulla perimetrazione del Piano dei parchi.
In sostanza esprimo riserve per il tipo di ragionamento, convengo sull'opportunità di questo orientamento e ritengo che già oggi la Giunta regionale è in grado di rispondere con forza e autorevolezza ai Comuni e ad altri enti.
La prima parte della risposta riguarda il caso di San Mauro. Devo per dichiararmi insoddisfatto, intanto perché questa interpellanza avrebbe dovuto essere controdedotta da parte dell'Assessore che allora presiedeva il CUR e io avrei voluto capire che cosa ha fatto e come si è mosso. Devo anche rilevare che la Giunta ha inteso rispondere unitariamente e che il continuare a rivolgersi a questo Assessore o a quell'altro può andar bene perché aderisce alla realtà, però in verità è uno di quegli atti, di quei momenti, di quei segnali pericolosi di non governo e di confusione che disabilitano la credibilità delle istituzioni. La Giunta avrebbe potuto ricordare a Maccari, nel caso in cui se lo fosse dimenticato, che era stato adottato il Piano dei parchi, atto forte vantato da chi allora lo realizz e giustamente vantato e sviluppato dal Presidente e dal Vicepresidente di oggi; quindi è un po' strano che non si ritenga di ricordarlo all'Assessore di allora. Ma, in realtà, credo che le cose siano diverse. E' vero che la questione è sconcertante, e l'Assessore Genovese avendola definita così si limita ad aprire una finestra di attenzione e di preoccupazione, ma sono molto più sconcertanti la vicenda in sè e i meccanismi. Ci troviamo di fronte ad una decisione assai anomala, sconcertante appunto, che, per via di un organismo tecnico senza responsabilità, sottratto a qualsiasi confronto politico e a qualsiasi assunzione di responsabilità politica interpreta, con la collaborazione passiva (mi auguro) di un Assessore che non ricorda, a suo modo e distorce profondamente il senso delle politiche compiute dagli organi deputati che sono il Consiglio e la Giunta, gli organi di governo. Il CUR. pensato nel 1977 come struttura di compartecipazione della scienza e delle presenze nella società alla definizione delle decisioni urbanistiche, ha mostrato via via i suoi limiti strutturali ed ha abilitato persone a muoversi fuori da qualsiasi canone di responsabilità addirittura sopravvanzando attraverso accordi tra le amministrazioni e certi personaggi, e se non peggio interpartitici, e abilitando una sistematica violazione della certezza del diritto e delle regole che presiedono in una comunità organizzata in cui ognuno ha i poteri e assume le proprie responsabilità.
Durante la discussione sulla verifica richiamai il caso anomalo inammissibile, e lo denuncio ora chiaramente, di amministratori comunali chiamati per risolvere i loro problemi dal relatore, cioè da colui che comandava, il quale ha convocato nel suo studio questi amministratori (la cosa è strana, ma sono questioni di stile, di proprietà, di dignità e di responsabilità delle istituzioni) per dimostrare la sua disponibilità a collaborare per risolvere problemi e in quell'occasione parlava del comportamento assurdo della Regione nell'aver creato a San Mauro il vincolo del parco e di aver impedito la realizzazione di quest'area.
Faccio una proposta.
Con questi comportamenti si alimenta la confusione e la distorsione che, alla fine, possono comportare una debolezza delle istituzioni, le quali vengono attraversate addirittura da un sovrapotere o da un potere esterno da parte di personaggi nomitati da noi stessi.
La poca chiarezza e la confusione abilitano a ritenere che la politica di governo urbanistico, che con fatica il Consiglio, la Giunta e gli Assessori portano avanti, possa essere svuotata completamente da comportamenti invisibili e irresponsabili.
Che cosa ci stanno a fare gli Assessori all'interno del CUR? L'Assessore Maccari deve dirci che cosa ci faceva. Dato che la stessa situazione si è verificata anche per Pragelato, ritengo in primo luogo di dire a questa Giunta, di cui oggi l'Assessore Maccari non fa parte, che una coerente politica urbanistica parte intanto dal rispetto rigoroso degli atti che la Regione preventivamente ha compiuto (salvo che se li rimangi!).
Potete anche rimangiarvi il Parco del Po e il vincolo ambientale, ma dovete dirlo, non potete farlo surrettiziamente attraverso il CUR. come se avesse le legioni di pretoriani che svuotano quello che il Senato ha deciso.
Secondo punto. E' assolutamente necessaria la riforma o l'abolizione del CUR. Ho parlato, nei mesi scorsi con persone di cui ho grande rispetto e della cui opinione sono solito valermi e sono convinto che non c'è altra strada che quella di abolire il CUR perché quella rappresentanza è svincolata dalle istituzioni perché è una rappresentanza che, dopo essere stata elettauna volta che sono in salvo - non riesce neppure a tenere i collegamenti, e poi: con chi? Con i Partiti, con i Gruppi? Che senso ha? Questi devono essere pezzi serventi delle istituzioni, quindi debbono essere riferiti in primo luogo alla Giunta, all'esecutivo e al Consiglio regionale in seconda istanza.
Occorre abolire il CUR perché sta diventanto fonte di enorme confusione. Gli amministratori possono essere indotti a chinarsi in ginocchio rispetto a gente che non è neanche stata eletta o, peggio ancora a mettersi d'accordo dietro le spalle di chi decide e del processo democratico di formazione della volontà politica.
Per quanto riguarda il Comune di San Mauro accolgo con favore il giudizio dell'Assessore e la sua intenzione di rimetterci mano; e invito l'Assessore ad un atto forte, che è la revoca della deliberazione. Una deliberazione assunta dalla Giunta, per motivi di merito, può anche essere revocata; su questa base, può essere introdotto, fino a quando sarà valido il parere del CUR.
Ricordo che la corrente di pensiero imperante nel CUR non corrispondeva alla volontà di realizzare i piani comprensoriali territoriali, fummo costretti a fare un piccolo bliz per significare che la Regione aveva deciso con una legge e con degli ordini del giorno di attuare i piani comprensioriali in un certo modo e che il CUR e le persone che ne facevano parte non potevano bloccarne l'applicazione. Governo significa fare chiarezza e pienezza di responsabilità e capacità di governo da parte della Giunta. Democrazia significa questo.
Non so a chi attribuire le responsabilità; do atto all'Assessore di avere, comunque, indicato delle preoccupazioni anche da parte sua.



PRESIDENTE

L'interpellanza era anche sottoscritta dal Consigliere Ala.
La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, non posso che rifarmi alle osservazioni del collega Bontempi e dell'Assessore Genovese. Immediatamente si è percepito che questa interpellanza si rifaceva ad una questione analoga, quella relativa a Pragelato. Voglio ricordare al Consigliere Bontempi che, in relazione all'interpellanza su Pragelato, la risposta data dall'allora Assessore era di tutt'altro stile, di tutt'altro tono e di tutt'altro contenuto. Ad esempio, un fatto che adesso appare ovvio, quale la gerarchia degli atti richiamata da Bontempi, non era affatto ovvio invece all'Assessore precedente che sul parere del CUR aveva avanzato la possibilità e la necessità di approfondire quale atto venisse prima o avesse più valore giuridico, sottointendendo che potesse esserlo un atto diverso da quello assunto dall Giunta; atto specifico relativo ad una precisa situazione e che quindi era difficile sostenere di non conoscere o di avere dimenticato. Mentre il PTO del Po riguarda molti Comuni, e magari si può perdere qualche dettaglio, questo non poteva essere assolutamente vero nel caso di Pragelato.
Probabilmente l'Assessore Genovese ha dimenticato di richiamare il fatto che c'era un altro Assessore, all'interno dell'amministrazione.
Ritengo quindi che sia giusto rimarcare, come ha fatto il Consigliere Bontempi, che forse un mutamento nella gestione del CUR si è verificato per quanto gli Assessori possano controllare organismi come questo.
Infatti, l'Assessore di oggi si esprime in maniera diversa. Fummo noi a definire sconcertanti i comportamenti assunti in merito a Pragelato e adesso vedo che è l'Assessore stesso a definire tali atteggiamenti a quelli paragonabili; quindi c'è una certa assonanza di linguaggio.
Ritengo che sia giunto il momento di ripensare al funzionamento complessivo del CUR. cercando di trovare un accordo tra le diverse forze politiche soprattutto in merito alle compatibilità ed alle incompatibilità delle persone nominate all'interno del CUR. Non si tratta soltanto del relatore in questione, ma anche di tutti gli altri membri, all'interno di un organismo in cui sono presenti troppi interessi tra loro contrapposti.
Questo è un argomento di carattere generale che esula dal tema specifico.
Certo che una serie di elementi, non solo quelli relativi alla vicenda Pragelato, messi insieme fanno sì che tutto debba essere riconsiderato.
Un altro fatto continua a sconcertarmi. Probabilmente dipende dai giorni pari e dai giorni dispari, cioè da chi c'è o non c'è in Giunta. Mi rifaccio alla deliberazione della Giunta del 4 agosto relativa alle misure di salvaguardia del Piano paesistico di Pinerolo (guarda caso, Pragelato è nel comprensorio di Pinerolo). Ne deduco che, nei giorni pari, c'è una gerarchia degli atti in una certa maniera, c'è un'attenzione, una sottolineatura, un interesse per certe cose, mentre nei giorni dispari succede il contrario.
Qual è la politica di questa Giunta rispetto alle considerazioni di carattere ambientale? Perché se la politica è quella del 4 agosto non è sconcertante quanto l'Assessore ha definito sconcertante. Infatti, con quella deliberazione si distruggono gli strumenti di piano generale in favore delle politiche comunali, mentre in altri periodi si richiamano gli strumenti di piano che la Regione sovrappone alle politiche e alle scelte comunali. Questo argomento è già stato oggetto di un'altra interpellanza.
Le mie sono considerazioni generali che mi pareva opportuno richiamare anche perché, rispetto all'oggetto specifico, non posso che dirmi soddisfatto della risposta dell'Assessore che ha colto l'esigenza di ritornare su questo punto. E' difficile dire con quali strumenti intervenire proprio perché esistono reali problemi giuridici.
Visto che l'Assessore ha fatto alcune digressioni, ne faccio una anch'io. Approfitto della presenza dell'Assessore Cernetti per dire che il PTO del Po e i vincoli relativi non colpiscono soltanto il settore dell'urbanistica e i piani di indirizzo economico-popolare, ma riguardano direttamente l'attività di escavazione. Su tutta questa materia, che viene gestita, come giustamente ha detto l'Assessore Genovese, a compartimenti stagni senza che gli atti passino da un Assessorato all'altro, non posso che auspicare la definizione della gerarchia degli atti: Consiglio e Giunta, quindi gli organismi tecnici che danno pareri, siano essi la Commissione tecnico-consultiva per le cave e torbiere o il CUR. Ma è importante anche l'unità d'intenti che è cosa diversa dalla correlazione degli atti: se manca la correlazione degli atti, infatti, manca l'unità d'intenti (o, forse, mancava). Questo è il punto cruciale.
Nello stesso tempo, mentre si dibatte su San Mauro, ritornare sulla vicenda di Pragelato e del piano cave tra Moncalieri e Pancalieri, e mettere tutto assieme - sperabilmente senza attuare una crisi di Giunta potrebbe scaturirne un dibattito che, insieme al ripensamento sul CUR e sul suo ruolo e insieme ad un'interpellanza e ad una discussione un po' anomala, potrebbe rivelarsi a mio avviso, estremamente utile.



PRESIDENTE

L'Assessore, pur non essendo previsto, ha due dati da portare a conoscenza del Consiglio che possono contribuire a risolvere almeno parzialmente la discussione.
La parola all'Assessore Genovese.



PRESIDENTE

GENOVESE, Assessore all'urbanistica



PRESIDENTE

Chiedo scusa al Presidente, poiché so che non potrei dare risposte in questa sede. Ci sono state però alcune richieste precise a cui telegraficamente vorrei dare riscontro. Sul piano della cronistoria, mi è stato chiesto di indicare il nominativo del relatore. Mi sono informato.
Relatore era l'architetto Marchi: non intendo trarre alcuna valutazione, ma solo procedere alla registrazione dei fatti. Relativamente al funzionamento del CUR vorrei dire al collega Bontempi che, viste le norme esistenti ritengo che il CUR possa e debba funzionare meglio e in modo oggettivo: fin quando le leggi rimarranno immutate cercherò quindi di far funzionare il CUR e a tale proposito sono già state date direttive che saranno formalizzate nelle prossime sedute. Sul piano generale ritengo poi che provvisoriamente sarà opportuno dare indirizzi ai Comuni; si dovrà ritornare su una serie di questioni delicate che riguardano la pianificazione urbanistica e le sue connessioni con la pianificazione territoriale e altre attività di settore e dare orientamenti ai Comuni.



PRESIDENTE

Credo sia opportuna una meditazione da parte di tutti i Consiglieri per valutare se convenga dare più spazio ad argomenti di vera qualità piuttosto che ad altri.
Per il momento la discussione termina qui.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Comunicazione del Presidente della Giunta regionale sull'attivazione dell'USSL 1/10 di Torino


PRESIDENTE

Il Presidente della Giunta Beltrami ha la parola per una breve comunicazione in ordine alla costituzione delle 10 Unità sanitarie locali sub commerciali di Torino.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Relativamente all'avvio dell'USSL 1/10 di Torino, il Consiglio comunale di Torino in data 21/9/1987 ha trasmesso la deliberazione relativa all'assegnazione del personale alle singole UU.SS.SS.LL., elemento e condizione indispensabile perché le stesse possano decollare.
Tale deliberazione è stata trasmessa in data 30 settembre al CO.RE.CO.
pertanto è possibile prevedere che, se non ci saranno difficoltà, possa ritornare approvata nei rituali 20 giorni. Con immediatezza verranno sottoscritti i decreti costitutivi delle singole UU.SS.SS.LL. e quindi avremo, se le cose procederanno secondo questo calendario, la certezza di farle decollare dalla data più prossima, quella dell'1 novembre di quest'anno.
L'assegnazione del personale completa la procedura preliminare prevista dalla L.R. 13.8.1986 n. 35, tenuto conto che gli organi delle UU.SS.SS.LL.
i comitati di gestione e i collegi dei revisori dei conti, sono già stati eletti dall'assemblea comunale.
E' opportuno comunque ricordare che la Regione Piemonte, in relazione agli inadempimenti della USSL 1/23 di Torino, incaricò alcuni funzionari regionali ai fini di ottemperare al disposto previsto dalla legge richiamata.
Con successiva deliberazione, prendendo atto dell'avvenuto commissariamento che superava questo stato di precarietà, venne rinnovato il suddetto incarico, tenuto conto che fra i compiti del Commissario prefettizio rientrava quello di compiere gli adempimenti connessi al decentramento.
Peraltro lo stesso Commissario aveva deliberato l'assegnazione del personale sin dal 22.7.1987 e trasmesso il provvedimento il giorno stesso al Consiglio comunale.
Abbiamo quindi motivo di poter pensare che, entro il mese di ottobre appena restituita la deliberazione del Consiglio comunale di Torino riguardante il personale, si possano sottoscrivere i decreti attraverso i quali finalmente le dieci Unità socio-sanitarie di Torino potranno avere vita attiva.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Esame ordini del giorno n. 324 presentato dal Consigliere Pezzana, n. 335 presentato dai Consiglieri Sestero, Adduci, Ala, Bontempi, Bresso e Dameri n. 337 presentato dai Consiglieri Reburdo, Ala e Montefalchesi, tutti relativi alla situazione delle carceri piemontesi


PRESIDENTE

Passiamo al punto 4) dell'o.d.g., che reca l'esame degli ordini del giorno: n. 324 presentato dal Consigliere Pezzana, n. 335 presentato dai Consiglieri Sestero, Adduci, Ala, Bontempi, Bresso e Dameri, n. 337 presentato dai Consiglieri Reburdo, Ala e Montefalchesi, relativi alla situazione delle carceri piemontesi.
Visto che gli ordini del giorno sono già a conoscenza dei Consiglieri prego i presentatori di contenere i loro interventi.
Ha la parola il Consigliere Pezzana, presentatore del primo ordine del giorno annunciato.



PEZZANA Angelo

Signor Presidente e colleghi, sarò breve su questo argomento tanto più perché questo dibattito è straziato, si parla da alcuni mesi delle carceri piemontesi, il Presidente Beltrami aveva svolto una relazione in una precedente seduta, ma come sempre capita quando un dibattito viene svolto in maniera irregolare, nel senso che non viene ben condotto, diventa sfilacciato e perde di importanza. Spiace dirlo ma su un argomento importante come quello delle carceri, che dovrebbe essere una delle preoccupazioni maggiori dal punto di vista umanitario e sociale l'attenzione di questa Regione è molto scarsa. Questa è un'opinione che si può avere visitando le carceri e parlando con i detenuti, ma anche parlando con il personale che lavora nelle carceri dal grado minimo fino ai massimi gradi.
Comincio dai massimi gradi. Il problema che assilla la direzione degli istituti è quello del personale paramedico. Non voglio fare appelli retorici o richiamare sentimenti comuni che abbiamo tutti in quest'aula, ma voglio riferirmi a casi specifici. I direttori delle carceri in generale lamentano che il personale paramedico all'interno delle carceri è insufficiente; questa è una situazione insostenibile. Nel carcere nuovo delle vallette, come ho già avuto occasione di dire in una relazione alcuni mesi fa, la situazione è totalmente inesistente, non soltanto per quanto riguarda la sanità, ma per quanto riguarda tutte quelle altre riforme che avrebbero dovuto essere attuate fin da quando il carcere è stato aperto.
Sul problema del personale paramedico ho ascoltato diverse opinioni di direttori di carceri, i quali ormai disperano di poter riuscire ad avere quell'aiuto indispensanbile per svolgere il loro compito. La Presidenza della Giunta attraverso i suoi organi istituzionali dovrebbe seguire i bisogni all'interno delle carceri.
Credo però che questo istituto sia del tutto insufficiente, anzi largamente insufficiente, viste le preoccupazioni che esistono all'interno delle carceri - lo dico per quei colleghi che possono essere interessati a questo argomento, soprattutto per il Presidente al quale competerà una risposta su questo tema - per il trasferimento dei detenuti, se mai ci sarà, dalle Nuove alle Vallette. Rischieremo di avere un carcere nuovo costruito in un periodo di emergenza, ma che non risponderà più assolutamente ai criteri umanitari in cui devono essere tenuti anche coloro che hanno delle colpe da espiare, e rischia di essere un ennesimo carcere in più che non sostituirà assolutamente il carcere di corso Vittorio.
Preoccupazione, quindi, per il trasferimento che è avvenuto finora all'incirca un terzo, della popolazione carceraria e che rende possibile una situazione tollerabile, solo perché i carcerati sono stati divisi tra due carceri e non ammucchiati nel carce nuovo. Alla fine la situazione all'interno del carcere nuovo delle Vallette sarà insostenibile.
Parlo di quella che dovrebbe essere la preoccupazione della Giunta..
in realtà in questo momento non la vedo, spero rimanga almeno il Presidente al quale peraltro, non sbagliando, ho espresso la mia fiducia, e avevo espresso la sfiducia alla Giunta.



PRESIDENTE

Consigliere Pezzana, non si deve sempre riferire al fatto che mancano i Consiglieri, perché ognuno paga un prezzo politico per quello che fa.



PEZZANA Angelo

Qui nessuno paga niente, siamo in un bunker! Va reso atto che l'Assessore liberale è presente e che il 90-95% della Giunta è assente, se poi dovesse succedere qualche incidente alle Nuove o alle Vallette, vista la situazione di prevenzione incendio di cui ho già parlato in quest'aula, avremo purtroppo degli interventi di tipo funerario per lamentare il decesso delle vittime; non ci si rende conto invece che basterebbe avere l'attenzione dovuta per cercare di risolvere dei problemi tecnici e concreti.
Dicevo preoccupazione da parte dei detenuti, ma anche del personale addetto alla cura e alla custodia, per l'imminente trasferimento in un carcere, che rispetto a quello di corso Vittorio non ha nemmeno dati di umanità "muraria" che ha il carcere di corso Vittorio. Il carcere Le Nuove tiene conto delle necessità di dialogo e di convivenza di chi sconta una pena e chi è addetto alla custodia, mentre il carcere delle Vallette non risponde a questi criteri, è solamente un luogo punitivo che non risponde alle motivazioni per cui un carcere viene costruito e reso efficiente. Alle Vallette, inoltre, non esiste alcuna possibilità di accedere alla formazione: la biblioteca non esiste ancora; i corsi di scuola media superiore, che sono seguiti alle Nuove, non hanno nel momento successivo un'adeguata continuazione da parte dei corsi universitari; manca il personale universitario.
Il Gruppo della Lista verde civica, ha fatto circolare all'interno delle carceri il documento preparato dalla Giunta anche per capire come i detenuti leggevano quel documento. La valutazione che è stata data è sostanzialmente negativa: un insieme di buone intenzioni, ma che poi non hanno mai prodotto dati concreti. Ricorderò alcune critiche: per esempio una sperequazione economica riguardo ai fondi che sono stati stanziati dalla Regione, 500 milioni, di cui il 50% a carico del Fondo sociale europeo e il restante 50% a carico della Regione Piemonte, per il reinserimento di 20 detenuti.
All'interno del carcere si ritiene che dovrebbe essere valutato maggiormente l'uso finanziario che la Regione può fare di somme considerevoli che possono, per esempio, andare ad incrementare il buon funzionamento delle cooperative di lavoro che riguardano tutti i detenuti.
L'opinione pubblica è tenuta costantemente all'oscuro di quanto avviene nel carcere perché la Regione non ha mai pensato di stabilire dei collegamenti di informazione. Il carcerato è ancora visto come una persona segregata ed esclusa dal contesto sociale perché non ha possibilità di comunicare con l'esterno se non attraverso i metodi tradizionali che sono i familiari, gli avvocati; manca un flusso di informazione sufficiente o almeno i tentativi sono stati molto timidi; esiste una iniziativa lodevole "cinema giovani", che proietterà un filmato girato in carcere, però in realtà l'informazione che arriva all'esterno sulla vita del carcere praticamente non esiste.
L'altra domanda posta dai carcerati è che fine ha fatto il progetto ISA (Istituto sicurezza attenuata). Non vorrei che episodi come quello letto sul giornale di stamattina dei due detenuti in semilibertà che non sono rientrati o della rivolta nel carcere di Porto Azzurro possano procurare dei ripensamenti sulla legge che largamente ha contribuito a modificare la cultura carceraria, la cultura dell'emarginazione.
Molti detenuti hanno espresso il bisogno di poter utilizzare la radio soprattutto a modulazione di frequenza. Il solo utilizzo della televisione produce il totale rimbambimento sul soggetto recluso. Ci sono carcerati che passano la giornata stesi sulle brande a vedere qualsiasi tipo di programma televisivo, mentre spesso i programmi radiofonici, anche quelli di livello culturale, potrebbero essere più interessanti e dare un contributo al miglioramento umano e civile del detenuto.
La radio però è proibita nel carcere. La motivazione data dalla direzione è che attraverso radio particolarmente sofisticate si possono intercettare comunicazioni della Polizia e dei Carabinieri. Tale giustificazione è facilmente superabile in quanto le semplicissime radioline, non essendo sofisticate, non possono assolutamente inserirsi su bande hertz particolari.
Nel mese di settembre dell'anno scorso avevo presentato un ordine del sulle carceri, che è ampiamente superato da quanto si è discusso in questi mesi. Sono stati presentati altri ordini del giorno, tutti più o meno condivisibili anche se debbono essere approfonditi.
Mi auguro che da questo dibattito e dagli interventi delle altre forze politiche il discorso sul carcere venga finalmente assunto come compito specifico della Regione e che produca un cambiamento delle condizioni.
Invito i colleghi Consiglieri e gli Assessori al lavoro, all'assistenza e alla cultura a recarsi nelle carceri per rendersi conto di come per quelle persone, che sono completamente isolate per scontare una pena, sia importante il reinserimento nel tessuto sociale per rifarsi una vita. Oggi per fortuna non siamo più in un clima di emergenza e le proteste sono quasi sempre attuate in modo pacifico e non violento, sono richieste del tutto adeguate al buon vivere civile; non sempre però la risposta che giunge dalle istituzioni è altrettanto civile.
Mi auguro che dopo gli interventi dei Gruppi presenti in questo Consiglio, e attraverso gli ordini del giorno già presentati o altri che dovessero venire presentati, si possa arrivare alla definizione di obiettivi concreti e non soltanto a finalità teoriche che ottengono scarso interesse da parte di chi invece fa domande specifiche e ha bisogni concreti da assolvere.



PRESIDENTE

Ha ora facoltà di intervenire il Consigliere Adduci, firmatario con altri Consiglieri, dell'ordine del giorno n. 335.



ADDUCI Donato

Dopo la relazione svolta il 28 gennaio dal Presidente della Giunta sull'attività della Giunta nel settore penitenziario e dopo l'aggiornamento di fine luglio di quest'anno, a noi non pare che siano state messe in atto iniziative urgenti e appropriate in ordine ai fenomeni della emarginazione della devianza e della criminalità, iniziative che le linee programmatiche di intervento, approvate dal Consiglio regionale il 21 dicembre 1981 imponevano. Anche la legge di riforma carceraria del 26 luglio 1975 stabilisce peraltro che gli Enti locali "sono tenuti ad individuare interventi integrativi per contribuire alla risoluzione dei problemi carcerari", senza parlare poi della legge n. 663/86 (legge Gozzini) che affida sempre agli Enti Locali, nuovi e più importanti compiti in materia di socializzazione e di applicazione di misure alternative alla pena.
Lunedì scorso, ho avuto modo di conferire a lungo con il dottor Suraci direttore della casa circondariale Le Nuove di Torino, che ringrazio per l'ampia disponibilità dimostrata nei miei confronti, e ho visitato approfonditamente quelle strutture. Ho incontrato alcuni detenuti per conoscere da vicino i loro problemi, ho visto la realtà che essi vivono, ho sentito le esigenze delle guardie carcerarie che ogni giorno cercano di sopperire alle innumerevoli carenze strutturali per affrontare, quando possibile, i numerosi problemi che si pongono all'interno del carcere. Un primo ed urgente argomento da sottoporre all'attenzione del Consiglio regionale mi sembra sia - come già rilevava il collega Pezzana - quello sanitario: la carenza di personale paramedico è notevolissima, le condizioni di permanenza, non mi sento di definirle di vita, in carcere dei tossicodipendenti sono spaventose. Il visitatore nell'accedere a quel reparto viene in qualche modo preavvertito da una scritta che richiama alla mente l'inferno dantesco: "Qui si trovano gli zombi". Vi posso garantire che l'evocazione degli zombi non è esagerata. Le problematiche relative alle malattie infettive, comprese quelle inerenti all'AIDS, in quelle condizioni non possono nemmeno venir affrontate.
Riteniamo davvero grave che il problema sanitario, definito giustamente "inquietante" nella relazione del Presidente, venga liquidato in quella stessa relazione in poche righe, alcune delle quali spese per riprodurre testualmente l'ottavo comma della legge n. 354 del 1975, mentre le rimanenti righe costituiscono una vera e propria dichiarazione di impotenza e di fallimento; impotenza tanto più grave e inaccettabile se rapportata al fatto che dal venerdì sera al lunedì mattina non vi è alcuna assistenza infermieristica.
Signor Presidente, forse più che chiedere, come citato nella sua relazione, improbabili lumi ermeneutici ai Ministeri della Sanità e di Grazia e Giustizia ed attendere metafisiche delucidazioni di ogni azione futura - per ricordare Kant - che vorrà prefigurarsi come intervento sulle carceri, credo che la Giunta farebbe meglio ad emanare precise direttive finalizzate a garantire il diritto dei detenuti all'assistenza sanitaria.
Una seconda considerazione. Nella legge di riforma è detto che gli Enti locali devono individuare interventi integrativi. Integrativi di quali altri interventi volti alla risoluzione dei problemi delle carceri? Quali sono le iniziative socio-culturali che il Governo centrale mette in atto per tendere al recupero dei detenuti? Se si eccettua il corso di formazione tenuto dall'Istituto Plana che consente ai detenuti della sezione penale di conseguire il diploma di ebanista, corso che però ha anch'esso un forte limite nella mancanza di raccordo con l'esterno, alle Nuove di Torino non vi è praticamente altro. Tutto questo è forse sufficiente? Questo interrogativo non riguarda soltanto la nostra regione, ma investe in generale una realtà in cui l'assenza di qualsiasi seria iniziativa di trasformazione reale della pena contribuisce a definire un universo in cui viene imposto di vivere una vita spesso in condizioni estreme, quando non s'impone la rinuncia alla vita stessa, come è accaduto giorni addietro ad un detenuto che si è lasciato morire per fame.
Da un lato vi è la dura condizione carceraria che, oltre a costituire una vera e propria scuola di delinquenza, vanifica anche interventi come quelli indicati nella relazione della Giunta, limitati ed insufficienti senza considerare che alcuni di quegli interventi non sono mai stati realizzati. Ho potuto constatarlo di persona parlandone con i detenuti. In ogni caso tali interventi, ricadendo in una realtà quale quella carceraria perdono quasi tutta la loro efficacia. D'altro canto, la mancanza di rapporti organici o di rapporti puri e semplici tra l'istituzione carceraria e la città, tra l'istituzione carceraria e la società esterna in generale, fa sì che anche iniziative potenzialmente interessanti come i corsi di formazione lavoro o altri corsi, anche di tipo ricreativo e non formativo, rimangono privi di effetti pratici quando non naufragano del tutto, ricadendo in una situazione chiusa e orbata del futuro, generando una condizione priva di qualsiasi prospettiva che non può che creare enormi buchi neri. Eppure, senza considerare la legge Gozzini, ma richiamando semplicemente l'art. 27 della legge di riforma carceraria, apprendiamo che "l'osservazione scientifica della personalità è diretta all'accertamento dei bisogni di ciascun soggetto connessi alle eventuali carenze fisico psicologiche, affettive, educative e sociali, che sono state di pregiudizio all'instaurazione di una normale vita di relazione".
Il sapore di queste belle parole diventa amaro e tragico se rapportato alla realtà delle carceri italiane. Occorre dunque ed in primo luogo che la Giunta operi attivamente, anche a di là di quelle che sembrano essere le strette competenze regionali previste dalle leggi. E' necessario cioè signor Presidente, rifiutare un ruolo puramente passivo nei confronti di una realtà che forse la Giunta ritiene immutabile, ma che certamente immutabile non è. La realtà interna ed esterna alle carceri oggi ostacola soffoca e rende sterili i tentativi pur timidamente posti in atto di contribuire alla risoluzione dei problemi carcerari.
Non spetta a me ricordarle, signor Presidente, la parabola del seminatore, certamente lei la conosce meglio di me. Occorre perciò che gli interventi di recupero non cadano su un angolo roccioso o su un lembo di terra invaso dalle spine poiché sarebbero immediatamente arsi o soffocati.
Il nostro ordine del giorno impegna prioritariamente la Giunta a sviluppare sì interventi formativi e culturali, ma anche a garantire l'inserimento lavorativo dei detenuti e chiede che vengano accertate le condizioni reali tanto dei detenuti quanto delle strutture in cui essi vivono. E' proprio partendo da tali condizioni e modificandole che si creano i presupposti per interventi efficaci e significativi soprattutto in riferimento alla fascia minorile e giovanile. Riteniamo, in definitiva, che i compiti che la legge di riforma carceraria ci impone saranno adeguati alle finalità sociali che vogliamo raggiungere soltanto se sapremo affrontare contestualmente i molteplici ma essenziali problemi del settore penitenziario legati alle strutture carcerarie, all'incolumità ed alle condizioni di sicurezza ambientale dei detenuti, per prevenire avvenimenti come quelli accaduti nel luglio scorso quando sono morte bruciate 4 persone a San Vittore, all'accettabilità delle condizioni di vita nel carcere, ai rapporti tra detenuti e famiglia, ai problemi di inserimento dei detenuti nel mondo del lavoro, ai rapporti formazione professionale-sbocchi lavorativi, rapporti - e rimarco questo - oggi del tutto inesistenti, ma quanto mai necessari alla gratificazione individuale, certamente, ma soprattutto alla concreta applicabilità dell'art. 21. Ancora, se sapremo affrontare i problemi legati alla devianza minorile, alla ristrutturazione del corpo delle guardie carcerarie, al loro reclutamento, alla loro formazione e alla loro smilitarizzazione.
Intanto - e concludo - richiamo l'attenzione della Giunta sull'urgenza di cominciare a lavorare su due problemi che sono particolarmente avvertiti all'interno del carcere. Il primo è dato dalla necessità di consentire ai detenuti l'accesso ai corsi di formazione professionale all'esterno del carcere, per rispondere in modo adeguato alle esigenze formative che provengono dai detenuti stessi. Esigenze che non possono, è logico, essere soddisfatte obiettivamente dalla semplice proposizione dall'esterno di alcuni corsi, anche se, in linea di massima, a volte concordati; ma anche perché spesso tali corsi risultano essere del tutto estranei agli interessi ed alle motivazioni di chi vive nel carcere. Del resto sappiamo tutti che la formazione professionale esterna, concentrando in un unico strumento quello della formazione professionale appunto, una serie di agevolazioni e di incentivi, quali il tempo determinato, gli sgravi contributivi, ecc.
non dovrebbe rendere impossibile l'assunzione da parte dei padroni di questa problematica. Vi invito, quindi, a lavorare in questa direzione.
Il secondo problema richiama la necessità di istituire un osservatorio sul carcere, osservatorio inteso non come strumento da sovrapporre ad altri già operanti, ma come organismo in grado di stabilire un rapporto di feedback tra il mondo carcerario e la società, finalizzato non solo all'esigenza di rendere concrete le indicazioni della riforma, ma anche atto a consentire alla nostra Regione l'avvio di una politica carceraria politica, che le stesse relazioni del Presidente sull'attività della Giunta in questo settore dimostrano essere purtroppo completamente mancante.



PETRINI LUIGI



PRESIDENTE

Il terzo ordine del giorno è stato presentato dai Consiglieri Reburdo Ala e Montefalchesi. Ha facoltà di intervenire per l'illustrazione del documento il Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Colleghe e colleghi Consiglieri, lo illustrerò con estrema brevità per due ordini di motivi, intanto perché l'illustrazione era stata affidata al collega Reburdo, oggi assente, quindi mi trovo a dover intervenire senza un'adeguata preparazione; in secondo luogo perché su questo tema vi è un certo disagio dovuto al fatto che non è dato cogliere una notevole differenza tra i diversi ordini del giorno presentati. Anzi, sono ampiamente sottoscrivibili le cose citate negli altri ordini del giorno presentati.
E' spiacevole che siano trascorsi molti mesi prima che questo argomento venisse trattato e che si sia lasciato trascorrere quindi molto tempo dalla visita fatta al nuovo carcere delle Vallette da parte di molti Consiglieri.
Questa materia è probabilmente considerata una specie di argomento residuale che slitta da una volta all'altra. E su questo le varie forze politiche sono giunte, in gran parte, in ordine sparso, per poi magari dire in molti casi le stesse cose, che però non sono in contraddizione tra loro semmai è negativo il fatto che non sia stato presentato un ordine del giorno da parte delle forze politiche di maggioranza e dispiace vedere che questo argomento debba essere agitato soltanto dall'opposizione.
Non voglio e non ritengo che debba essere così. Quasi sempre, questa maggioranza e questa Giunta giungono su certi temi solo perché alla fine sono tirate per i capelli, e va dato atto al collega Pezzana di essere stato il primo a riproporre e ad insistere che questo argomento venisse discusso.



PICCO Giovanni

C'è una mia relazione del mese di gennaio; c'è una relazione della Giunta del 1979 o del 1980.



ALA Nemesio

In quegli anni non ero qui. Sto dicendo che vorrei vedere le iniziative del Consiglio, se le forze consiliari esistono solo perch esiste la Giunta ne prendo atto.
Ritengo, poi, ci sia un ulteriore elemento di disagio dovuto al fatto che ben difficilmente le nostre parole potranno intaccare questa situazione. Disagio aggravato anche dalla considerazione sul destino di altri ordini del giorno su altri temi. Anche questa occasione si tradurrà in un'altra occasione di disagio da un lato e di inefficacia delle nostre parole dall'altro, per cui non è neanche il caso di dirne troppe. Sul carcere nuovo delle Vallette sia durante la visita che dopo, si è detto che sono necessari interventi per modificare la struttura e la logica di quel carcere. Temi come questo non devono essere presi in considerazione soltanto perché accadono avvenimenti di una certa gravità. Dovrebbe invece esserci un'attenzione costante unita a tutti gli altri problemi della marginalità, della devianza della difficoltà del vivere nella nostra società. Difficoltà e disagi che riguardano molti strati della popolazione soprattutto gli strati giovanili. Per il resto, l'ordine del giorno è agli atti.
Ritengo, quindi, che la Regione possa fare qualcosa, d'intesa sia con i Comuni sia con il Ministero e le strutture carcerarie. Non in opposizione a queste, ma possiblmente in accordo.



VIGLIONE ALDO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Signor Presidente, anch'io non posso che rammaricarmi per la scarsa attenzione e la frammentarietà con cui questo argomento si sta svolgendo in quest'aula, pur sottolineando l'importanza della questione.
Mi soffermerò su alcuni meccanismi concreti che possono consentire alla Regione Piemonte di fare fino in fondo il proprio dovere su questo argomento che tutti giudichiamo di primaria importanza. Farò precedere l'illustrazione pura e semplice dell'ordine del giorno con qualche considerazione che a me pare opportuna, specialmente in considerazione della scarsa attenzione che stamattina si registra sul problema del carcere.
E' di ieri la notizia delle proteste degli agenti di custodia del carcere Le Nuove contro i turni massacranti e gli organici scarnificati.
L'episodio degli agenti di custodia è l'altra faccia dell'universo carcerario, universo abitato da un profondo malessere, ma pulsante anche di nuove speranze.
Se il Consigliere Rossa non distrae il Presidente della Giunta forse riesco a comunicare il mio modestissimo pensiero anche a chi ha dei compiti precisi nel merito.
Per chi ha seguito in questi giorni la vicenda carceraria italiana ne deduce che la rivolta di Porto Azzurro è stata un incubo, c'era l'angoscia in quei giorni, in quelle ore che tutto tornasse al punto di partenza alle soluzioni violente, che la riforma del 1975 e quella del 1986 venissero cancellate con un bagno di sangue. Nicolò Amato, il direttore degli istituti di pena, l'altro ieri ha difeso su "La Repubblica" la scelta del dialogo e del recupero di umanità al di là di quelle mura sovraffollate di sofferenza, ma anche di un grande bisogno di civiltà. E' un fatto importante questa vicenda a cui richiamarci, poiché la riforma del 1986 è data, voluta e costruita innanzitutto dai detenuti e questo è il salto di qualità. "Un ente inutile" qualcuno ha scritto "la cui separatezza dalla società va colmata".
Fra pochi mesi si celebrerà il ventennale del '68, sentiremo e leggeremo frasi di circostanza, retoriche di varia umanità, ma tra i quintali di carta che su quella vicenda leggeremo è sempre vivo il principio che il rinnovamento delle istituzioni, di tutte le istituzioni può avvenire soltanto con la partecipazione di chi delle istituzioni è fruitore. Il fatto che questo si sia potuto manifestare embrionalmente in una delle istituzioni separate per eccellenza, quale quella del carcere ci indica che quelle idee, quei semi hanno cominciato a fruttare. Il carcere, signor Presidente e colleghi, è di per se stesso una ferita aperta nella società che lo crea e lo ospita, è una contraddizione vivente, troppo spesso rimossa come in quel di Cuneo dove gli amministratori locali non trovano neanche il tempo e il modo di collegare con un autobus il supercarcere del Cerialdo alla città, alla stazione ferroviaria per i familiari dei detenuti; neppure trovano i pochi soldi per impiantare una banchina per proteggere dal sole e dalla neve i familiari dei detenuti che aspettano i colloqui nel supercarcere, super protetto, voluto da un super generale passato a miglior vita.
Per raccogliere sul serio la domanda di dialogo che dal carcere sale e per non ripetere stancamente frasi fatte, è opportuno partire, e su questo si sofferma l'ordine del giorno che sottopongo all'attenzione dei colleghi da quello che la riforma del 1986 ha sedimentato in norme ed in una nuova cultura. E' molto importante quindi il dibattito che qui si svolge, che per quanto ci riguarda abbiamo sollecitato da tempo, da un anno per l'esattezza, da quando, chiudendomi volontariamente per un giorno ed una notte il portone delle Nuove alle spalle per condividere lo sciopero della fame intrapreso dai detenuti che domandavano quella riforma, che un mese dopo il Parlamento approvò, ho potuto capire la materialità di bisogni molto concreti che crescono dietro le sbarre.
Devo dare atto al Presidente Beltrami di aver raccolto tempestivamente la richiesta del Gruppo di DP dichiarandosi pronto fin dal gennaio scorso ad affrontare il confronto in quest'aula, ed è un peccato che oggi siamo qui non più di dieci persone a discutere e a ragionare.
Le nostre carceri, signor Presidente e colleghi, non assomigliano certamente alle galere viste sulla scena del Carignano una settimana fa in "Antoine m'a vendu son destin", dove si entrava e si usciva facilmente con repentini mutamenti di fronte sociale. Il nostro Paese è oggi lontano dai fermenti che pullulano la giovane Repubblica congolese che si rappresentava al Carignano. In Italia si entra facilmente in galera, ma non altrettanto se ne esce. Le nostre carceri, soprattutto quelle più monderne, sembrano essere state concepite, per citare un pensatore di qualche secolo fa, come monadi leibniziane. "Le monadi" - scriveva Leibniz - "non hanno finestre attraverso le quali qualcosa possa entrare o uscire". "Le file di celle di un moderno penitenziaro" - ha scritto Orcaimer qualche anno fa "rappresentano come sofferenza il modo di vita borghese, né sostanza n accidente possono entrare dall'esterno in una monade. Il regolamento e coordinamento della vita dei detenuti avviene ad opera della direzione del carcere spersonalizzata".
Provate a visitare, colleghi, il supercarcere femminile di Voghera o i braccetti speciali di Novara, Cuneo o Ivrea, non Le Nuove di Torino dove la struttura - lo diceva già il Consigliere Pezzana - è, se si può dire, più umana di quanto invece non siano le moderne strutture concepite per annullare la personalità umana del detenuto; provate a visitare queste supercarceri e vi accorgerete che l'alienazione dei detenuti è perseguita scientificamente. Ad accogliervi e ad accommiatarvi troverete tanti bip elettronici e gli occhi gelidi di troppe telecamere, unici compagni di cella di notte e di giorno del detenuto cui deve badare un "carceriere" i cui occhi devono posarsi e si posano soltanto su tanti video allineati in una stanza al fondo di un corridoio.
"L'uomo nel penitenziario è l'immagine virtuale del tipo borghese che egli deve sforzarsi di diventare nella realtà" - cito ancora Orcaimer "quelli che non ci riescono fuori lo subiscono dentro in un trattamento di spaventosa purezza. La solitudine assoluta, la violenta restituzione al proprio io il cui essere si esaurisce nel dominio del materiale definiscono come un incubo l'esistenza dell'uomo nel mondo moderno". Così si scriveva, ed è ancora purtroppo vero nella dialettica dell'illuminismo.
Chi ha provato a varcare i cancelli di un supercarcere negli anni di piombo ha potuto constatare l'avverarsi concreto di questi concetti in un dominio assoluto dell'istituzione carceraria sul detenuto privato di ogni diritto, non piùquindi cittadino detenuto come vuole che sia la nostra Costituzione.
La riforma del 1986 è un tentativo importante di fermare questa barbarie, di riprendere il filo interrotto della riforma del 1975 interrotto dagli anni di piombo e di sangue; di invertire il segno di inciviltà che nel nostro Paese, come nel resto d'Europa, è andato di pari passo con le leggi speciali dell'emergenza.
Il punto chiave delle norme varate dal Parlamento nazionale il 10 ottobre dello scorso anno è, sotto questo profilo, il tentativo di affermare la possibilità di espiare del tutto o parzialmente la pena fuori dal carcere, di aprire il carcere alla società. E' questo un fatto nuovo e positivo che deve coinvolgere necessariamente la comunità esterna al carcere, ed è quello su cui noi, come Regione, possiamo e dobbiamo intervenire.
L'ordine del giorno che come DP sottopongo all'attenzione dei colleghi si sofferma su quanto possiamo fare per rendere effettive le misure alternative alla pena, per perseguire sul serio la risocializzazione del cittadino detenuto. La lunghezza del testo non vuole essere un vezzo enciclopedico né una ridondante articolazione di passaggi. Non penso di svelare alcun segreto se dico che mi ha molto amareggiato sentire stamattina dal Capogruppo democristiano, Brizio, dire nel corridoio: "tutte balle". La verita è che tutte queste balle sono costate un lavoro intenso del legislatore nazionale a cui hanno contribuito anche i parlamentari del suo Partito, e di questo penso debba essere dato atto.
Quello di cui noi abbiamo bisogno, Brizio, è proprio di evitare le frasi fatte, quelle di circostanza, che ci salvano l'anima in mezz'ora o qualche minuto e poi sostanzialmente lasciano le cose come stanno. Ecco perché ho pensato opportuno - e chi ha letto fino in fondo l'ordine del giorno lo avrà senz'altro colto - specificare tutti quei passaggi concreti su cui possiamo intervenire. Vi è l'esigenza di rendere tangibile quanto le istituzioni locali possono impegnarsi per fare la propria parte accanto alle tante disponibilità del volontariato, del mondo cattolico, e non soltanto, affinché si rompa la separatezza del carcere dal territorio che lo ospita e lo genera, per far sì che i muri del penitenziario diventino di vetro, per combattere la stessa necessità del carcere.
Ecco allora i punti specifici su cui pensiamo sia opportuno un pronunciamento del Consiglio regionale. I punti specifici dell'ordine del giorno fanno riferimento, come era necessario a nostro avviso, alla legge n. 663. La nuova legge amplia le misure alternative alla pena. In particolare, con l'art. 21, concede ai detenuti la possibilità di fruire del lavoro esterno al carcere nell'ambito dell'opera di preparazione al reinserimento sociale. Il regime di semilibertà consente al condannato dopo l'espiazione di metà della pena, di trascorrere parte del giorno fuori dall'istituto penitenziario per partecipare alle attività lavorative e istruttive o comunque utili al reinserimento sociale, come recita l'art.
50.
L'art. 47 ter della riforma Gozzini prevede la detenzione domiciliare quando la pena non superi i due anni e in casi particolari, come quello delle donne incinte o madri di prole inferiore ai tre anni. L'affidamento in prova poi al servizio sociale, come recita l'art. 47, è fruibile da chi sia condannato ad una pena che non superi i tre anni.
Sulla base di queste norme, che il legislatore ha voluto e che noi dobbiamo cercare di applicare facendo la nostra parte, è stato calcolato da autorevoli studiosi, come il Giudice di sorveglianza Margara, che, se venissero applicate tutte queste norme, si determinerebbe una diminuzione in termini di giornate carcere, da un terzo fino alla metà dei detenuti definitivi negli istituti ordinari. Sarebbe risolto d'un colpo il problema del sovraffollamento che tanto angustia e che non è risolvibile in assenza di una riforma di tutte quelle procedure, di cui fra l'altro dovremo discutere nelle prossime settimane a proposito di un referendum importante su cui siamo chiamati a votare l'8 novembre. Questo è quanto la legge di riforma prevede.
Noi sottolineamo il fatto positivo che i servizi esterni al territorio siano attivizzati perché la pena venga espiata anche fuori dal carcere. Da questo punto di vista i compiti assegnati alla comunità esterna sono precisati, sono molto netti; in particolare l'art. 17 prevede la partecipazione all'azione rieducativa di tutti coloro che, avendo concreto interesse per la risocializzazione dei detenuti - e noi abbiamo interesse alla risocializzazione dei detenuti - dimostrino di poter utilmente promuovere lo sviluppo tra la comunità carceraria e il mondo libero.
L'art. 27 della riforma prevede la promozione di attività culturali ricreative e sportive, che devono essere favorite per iniziativa dell'autorità penitenziaria anche mantenendo contatti con il mondo esterno.
L'art. 46 prevede l'assistenza alla famiglia del detenuto attraverso opportuni servizi sociali, volti a migliorare i rapporti tra congiunti, che dovrebbe intensificarsi nel periodo immediatamente precedente alla dimissione dal carcere ed estendersi anche dopo.
Questi passaggi della premessa, mi sono essenziali - e mi sto soffermando su questo forse abusando della vostra pazienza - perché poi su questi proporremo degli interventi concreti messi nel dispositivo dell'ordine del giorno. L'art. 40 prevede che la formazione professionale dei detenuti ad opera della Regione sia effettuata d'intesa con gli ispettori distrettuali che la organizza sulla base delle indicazioni e delle richieste delle direzioni degli istituti. Questi corsi devono essere svolti secondo le esigenze della popolazione penitenziaria e noi non possiamo che essere insoddisfatti di quanto al riguardo si fa.
Abbiamo preso atto con piacere delle iniziative positive che ha intrapreso la Regione Piemonte e il Presidente Beltrami nel campo delle cooperative di produzione lavoro fra detenuti, finalizzate ad attività sia di tipo artigianale che di recupero ambientale e di servizi, dando un'opportuna continuità a quanto era stato avviato nella precedente legislatura dal Presidente Viglione.
Se questo è lo stato dell'arte, se così stanno le cose, se i terreni concreti di iniziativa politico-istituzionale della Regione sono ben individuati ed evidenziati, a noi pare necessario che il Consiglio regionale possa discutere, entro il 31/12/1987, di una serie di questioni che qui sono poste e che mi auguro riscontrino l'adesione del Presidente della Giunta e di tutti i colleghi.
In primo luogo una dettagliata relazione sui risultati delle attività di formazione professionale dei detenuti avviate dalla Regione Piemonte specificando - e questo è importante come sanno tutti coloro che s'interessano del carcere e che parlano con gli operatori che nel carcere vivono - i settori della popolazione carceraria cui sono state e sono attualmente rivolte, quanti detenuti le hanno frequentate e terminate, qual è stata la percentuale di avvicendamento dei soggetti nelle singole attività, l'informazione che di esse stata data a tutti i detenuti. Troppo spesso si scopre che iniziative importanti non sono conosciute.
In secondo luogo a noi pare opportuno che le attività di formazione professionale dei detenuti che sono rivolte a chi vive la dura realtà del carcere, giorno e notte, vengano estese anche a quei detenuti che, secondo lo spirito e la lettera della riforma, possono usufruire delle misure alternative alla pena; quindi, le iniziative di formazione professionale siano rivolte anche ai detenuti in semilibertà, quelli che usufruiscono della detenzione domiciliare.
Ci pare opportuno che la Presidenza della Giunta intraprenda gli opportuni contatti con il Ministero competente per trovare quei raccordi tecnici che rendano possibile questa operazione, di modo che i corsi di formazione professionale possano essere svolti anche su quelle materie che poi hanno un effettivo sbocco rispetto alla domanda che il mercato del lavoro oggi riscontra.
Entro il 31/12/1987 ci pare opportuno che qui si discuta su una relazione dettagliata di bilancio circa l'applicazione della deliberezione del 21/12/1977 (dieci anni fa) con la quale la Regione trasferiva ai Comuni, secondo il dettato del DPR n. 616, la competenza circa l'assistenza economica alle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto l'assistenza post-penitenziaria, gli interventi a favore dei minorenni soggetti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Entro il 31/12/1987 a noi pare necessario poter discutere in questa sede di un piano previsionale di possibili affidamenti in prova al servizio sociale per detenuti tossicodipendenti e alcoldipendenti, che rientrano nei casi previsti dall'art. 47 della legge n. 663/86, da sottoporre ovviamente nelle forme opportune alle autorità giudiziarie e penitenziarie preposte.
Ed infine, signor Presidente e colleghi, a noi pare opportuno, sulla base della sperimentazione che in questi anni è stata fatta, positiva o contraddittoria e con tutti i limiti che opportunamente sono stati richiamati dai colleghi che mi hanno preceduto, superare l'episodicità, la frammentarietà e lo scoordinamento dell'intervento dei vari Assessorati in questo campo.
Proponiamo che entro il 31/12/1987 venga presentato al Consiglio un progetto d'istituzione presso la Presidenza della Giunta di un servizio di coordinamento tra i servizi comunali, quelli regionali e i servizi carcerari nel campo dell'assistenza, delle cure sanitarie, delle attività socio-culturali, della formazione professionale e della promozione di cooperative di produzione lavoro.
Sulla base di queste cose possiamo davvero procedere nel concreto. I Consiglieri Angelo Pezzana e Adduci si soffermervano sulla drammaticità del problema dei paramedici che non si trovano. E' una cosa decisiva, ma noi dobbiamo sapere che questo problema può trovare effettiva soluzione se anche da questo Consiglio viene inviato al legislatore nazionale un segnale preciso che vada nella direzione di modificare le norme nazionali che oggi regolano questo settore per cui abbiamo un doppione di Servizio sanitario amministrato dal Ministero di Grazia e Giustizia per quanto riguarda le case di pena, che non interagisce adeguatamente, né può interagire allo stato delle norme, con il Servizio sanitario nazionale; per cui anche quando il dottor Surace, piuttosto che il dottor Salomone o quali altri direttori di carceri piemontesi, trovano un infermiere disposto ad andare a prestare servizio in carcere, quell'infermiere non ci va, perché risulta in tutto e per tutto un doppiolavorista, perché è assunto dal Servizio sanitario nazionale e presta la sua opera in un altro servizio che non è il proprio, con le difficoltà effettive che queste situazioni incontrano.
Mi rammarico se ho annoiato con troppi riferimenti concreti, però, a noi pare che questi ordini del giorno, che a mio avviso dovrebbero opportunamente essere integrati, risultano efficaci se hanno queste determinazioni estremamente concrete, se soprattutto usciamo da qui oggi con l'impegno ad istituire a livello regionale un organismo che sia in grado di guidare, omogeneizzare, amalgamare i vari pezzi di un intervento che, viceversa, rischia di essere come quel seme, di cui parlava Adduci che si perde su un ciglio arido.
Debbo aggiungere che sugli ordini del giorno presentati da altri Gruppi sono sostanzialmente d'accordo; in verità e in tutta franchezza però mi pare che quello presentato dal collega Pezzana sia in gran parte superato.
La comunicazione presentata dal Presidente della Giunta Beltrami ne è testimone. Anche l'adeguamento delle norme antincendio non può avvenire che attraverso un coinvolgimento del Ministero di Grazia e Giustizia, cui spetta la competenza di questi aspetti; forse, appunto per quella cultura di separatezza che oggi divide ancora in carcere dal resto della società quindi anche dall'Amministrazione della cosa pubblica, a me pare che tutti gli ordini del giorno concorrano a far sì che ci sia un salto di qualità.
Trovo positivo che ci sia stata una testimonianza, anche appassionata da parte di tutti quelli che sono intervenuti sul fatto che anche le visite che si fanno nel carcere possono aiutare tutti noi ad affrontare con cognizione di causa gli argomenti che ci tocca dover affrontare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.
La prego, Consigliere Bergoglio di essere stringata nel suo intervento lei di solito lo è.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente, cercherò di essere breve, anche perché non è la prima volta che si dibatte in Consiglio regionale su questo argomento.
Concordo nel riconoscere che è un tema di grande importanza e di grande difficoltà. Spesso si consuma qui il rito degli ordini del giorno dove tutti esprimono le loro opinioni, alla fine si trovano anche della convergenze e tutti vanno a casa convinti di aver salvato l'anima e la Patria, ma i documenti votati richiano di finire in qualche cassetto.
Preferirei che non si discutesse dei massimi sistemi ogni volte, ma che si andasse al concreto anche per realizzare piccole cose. Importante sarebbe che ogni ente rispondesse alle proprie competenze e alle proprie responsabilità. La Regione non ha in questa materia delle grandi competenze, ma ha sicuramente la responsabilità e l'obbligo morale di essere punto di coordirnamento e di riferimento, sollecitando gli altri enti affinché si assumano le loro responsabilità nell'attuazione delle norme e delle riforme che sono state volute da tutti, ma che sono rimaste sulla carta. I Consiglieri regionali hanno svolto il loro compito di stimolo e di osservazione dei problemi e la Giunta ha le sue responsabilità che sono evidenziate nella relazione che ha presentato il 27 luglio, dopo la presentazione dell'ordine del giorno del Consigliere Pezzana. Ma l'iniziativa non deve finire ancora una volta qui, questo non deve avvenire perché il problema di cui discutiamo è molto grave. Sono lodevoli i tentativi di mettere in atto dei correttivi e dei miglioramenti, forse sarà più facile intervenire nelle carceri periferiche che non nella realtà torinese dove il clima è complesso per il sovraffollamento che aumenta la gravità dei problemi e le possibilità di intervento. Condivido la sostanza dell'ordine del giorno del Consigliere Pezzana, condivido alcune osservazioni che sono contenute nell'ordine del giorno dei Consiglieri Ala Reburdo e Montefalchesi e condivido anche la posizione della maggioranza che viene posta all'attenzione dei colleghi. Attraverso la sintesi dei vari documenti forse sarà possibile raggiungere una posizione unitaria del Consiglio. Vorrei proporre al Presidente del Consiglio, perché se ne faccia interprete, di predisporre un libro bianco sugli ordini del giorno con l'indicazione dello stato di attuazione e degli atti che sono stati posti in essere sulle considerazioni, affermazioni e auspici che negli ordini del giorno sono abbondantemente e concordemente indicate. L'attività della Regione dovrebbe consistere in un'azione di stimolo, tenendo conto che il Piemonte è pilota rispetto al progetto sperimentale del Ministero di Grazia e Giustizia; la Regione dovrebbe verificare a che punto è tale progetto, e dovrebbe realizzare un'azione di coordinamento sull'attività dei vari Assessorati che hanno competenza in questa materia: lavoro, formazione professionale per i detenuti e per gli operatori del sistema carcerario c'è poi la questione relativa a una diversa collocazione del problema sanitario, tutti temi importanti perche le carceri non diventino scuola di violenza, ma luoghi dove è possibile qualche soffio di speranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, credo sia un fatto molto importante che alcuni nostri colleghi abbiano presentato degli ordini del giorno relativi alla situazione nelle carceri stimolando l'attenzione su un tema troppo spesso trascurato; anche la relazione del Presidente Beltrami è stata importante e puntuale, ha dato delle valutazioni e degli stimoli che ritengo non siano così trascurabili come alcuni colleghi hanno delineato nei loro interventi. C'è effettivamente il rischio di arrivare lentamente senza accorgercene ad un punto di rottura della situazione delle carceri a Torino. Le carenze sono note, sono di struttura, di organici, di professionalità; alle Vallette mancano garanzie sanitarie e scolastiche nella sostanza non solo le funzioni di recupero e di reinserimento nella società vengono ad essere marginalizzate, ma anche quella della convivenza interna.
In questo contesto quale ruolo reale può giocare la Regione? Non credo che possa essere un ruolo rilevante e decisivo. C'è solo un punto in cui la Regione ha una competenza piena: la formazione professionale, il resto pu essere una funzione complementare, certamente di stimolo. Ritengo che fondamentale sia la responsabilità del Governo nell'attuazione della riforma penitenziaria della legge n. 663 del 1986; questo è un nodo importante. Credo che l'impianto della legge n. 663 permetta di allineare la normativa italiana a quella dei Paesi più evoluti d'Europa; bisogna dargli attuazione.
Ma un nodo forte, un nodo che, senza la sua attuazione, lascerebbe scoperto gran parte del recupero dei problemi strutturali che le carceri vivono, è il carattere e il ruolo del personale di custodia. Credo che non si possa prospettare ad un giovane un'attività lavorativa come quella che svolgono il personale di custodia. Ci troviamo con una normativa che prevede un giorno di riposo ogni 50 e che, se applicata con rigore, impone la distanza tra il recluso e il personale di custodia; il lavoratore è vincolato a lavorare fuori della provincia di appartenenza; sostanzialmente il reclutamento del personale viene dalle aree di disagio sociale. E' un problema che va toccato alla radice, non solo per l'aspetto del numero, ma della professionalità, dell'aggiornamento e del reclutamento. Occorre aprire a nuovi soggetti il reclutamento. Per esempio, è difficile il reclutamento tra diplomati. Il nodo passa attraverso la smilitarizzazione del corpo perché solo in questo modo si può rendere dignitosa una funzione un'attività professionale, compatibile con le aspettative dei giovani.
Se i nodi del ruolo del personale di custodia risultano irrisolti credo che le tensioni tra personale di custodia e popolazione detenuta saranno sempre più critiche e si arriverà periodicamente a punti di crisi e a punti di rottura, menomando la funzione di recupero. E' già stata rilevata l'insufficienza delle strutture, degli interventi sportivi e di quelli ricreativi. Queste iniziative potrebbero essere determinanti, ma non è così perché qualsiasi riforma è resa inagibile dalla mancanza di personale di custodia che può avere, in termini quantitativi e qualitativi un rapporto permanente con la popolazione reclusa. Il programma di trattamento rieducativo non sempre si concilia rigorosamente con la finalità della sicurezza. C'è paradossalmente un'incompatibilità tra rieducazione e sicurezza, se questi due aspetti vengono espressi in termini estremizzati. Il programma di trattamento rieducativo non può essere svolto solo da presenze quali gli assistenti sociali, i volontari, i corsi di formazione professionale, le attività culturali: un'azione ancora ampia la svolge il personale di custodia. Allora, possiamo introdurre risorse interventi, campi sportivi e altre cose, ma avremo comunque un nodo irrisolto. Per esempio, il campo sportivo non viene utilizzato perché manca il personale di custodia atto a svolgere funzioni di rapporto, di accompagnamento, di vigilanza.
Però intanto, la Regione qualcosa fa. Ritengo che il Piemonte non attui interventi marginali in questo campo. Forse occorre dare un taglio e un respiro meno assistenziale ai nostri interventi, occorre lavorare per costruire in prospettiva un ruolo alla popolazione carceraria che lascia il carcere. Il recidivismo giovanile è uno dei nodi che attanaglia le carceri piemontesi, particolarmente quelle torinesi, dove appunto la carenza d'interventi di recupero e di proiezione con forza verso la società, quando il giovane termina il periodo di reclusione, viene a costituire degli aspetti importanti.
Ebbene, credo che cantieri e cooperative per i regimi di semilibertà possono essere fatti importanti. Tra l'altro, nel progetto delle 950 famiglie a reddito zero in quell'esperienza tanto vituperata, disprezzata considerata un fatto marginale, sono stati recuperati con il regime di semilibertà alcuni giovani.
Dobbiamo superare un rapporto con la collettività non sempre chiaro sulle risorse, sulle iniziative e sulle attenzioni che si devono attivare per la popolazione carceraria. Molti disoccupati dicono: "avete sottratto dieci posti a quel progetto per qualcuno che è in galera e io che ho fatto il mio dovere come cittadino non ho la possibilità di lavorare". Questo nodo va superato con una crescita di sensibilità della collettività attorno al problema del carcere, che non puo essere un ghetto dove chi entra non esce mai più, tenendo conto anche dei costi sociali ed economici che questo tipo di logica genera, costi che ricadono su quella parte di collettività che borbotta attorno alle iniziative.
Ricordo i colloqui con il dott. Fassone sulle carceri a sicurezza attenuata dove i carcerati sono impeganti in un circuito di istituti a indice di sicurezza nei quali il trattamento rieducativo si fa con sacrificio per l'aspetto della sicurezza, ma con possibilità di recupero marcate. Tutte queste iniziative devono in qualche modo fare i conti con il mercato, altrimenti restano gli altarini dove il carcerato presenta il suo lavoro, fa la mostra del suo lavoro in carcere. Nel carcere dell'Elba ci sono i dipinti di Cavallero, è un fatto importante, ma è soltanto un pezzo credo che le cooperative e iniziative in questo campo debbano avere la forza e la capacità di misurarsi con il mercato, intendendo in senso lato questo concetto.
Dobbiamo prendere atto, colleghi, che la formazione professionale è l'unica competenza vera e piena, dove possiamo fare liberamente qualcosa.
Ovviamente abbiamo i vincoli di risorse, di strutture; non tutti i corsi possono essere organizzati. Non credo, collega Staglianò, che debba essere la popolazione carceraria a esprimere il tipo di corso che desidera fare se agissimo così anche nei confronti della popolazione normale dovremmo avere almeno 400 scuole alberghiere nella nostra regione vista la pressione che abbiamo da parte dei genitori in quel settore. Occorre invece calibrare i corsi di formazione in rapporto con gli sbocchi lavorativi.
Mi stupisce la critica di Pezzana attorno al progetto di formazione con l'utilizzo di risorse nazionali (50% dal Fondo di rotazione del Ministero del Lavoro e 50% dal Fondo sociale europeo). Se non li impiegavamo, quei finanziamenti o non venivano utilizzati o venivano utilizzati da qualche altro Paese comunitario.



PEZZANA Angelo

Io ho criticato l'utilizzo.



TAPPARO Giancarlo

A parte il fatto che norme comunitarie non ci permettevano un utilizzo diverso; era un impiego di risorse per un numero di soggetti in condizione di disoccupazione, come lo erano i carcerati, verso un tipo di attività che permettesse di avere una collocazione all'esterno; nella scelta del progetto subivamo per l'utilizzo di quelle risorse un vincolo della normativa comunitaria. Per noi, comunque, poteva costituire un'esperienza pilota, volevamo capire se quel tipo d'intervento, molto mirato, ahimè! costoso perché interveniva sull'azienda e sul processo formativo, è valido o meno; volevamo capire se si deve perseguire nelle carceri la logica della formazione diffusa o la logica della formazione mirata.
Con la formazione mirata abbiamo visto che è possibile dare delle risposte più precise. E' certo che nell'aspetto mirato c'è una selezione dei soggetti che non sempre può avere carattere così trasparente come noi auspichiamo. Quindi il problema della finalizzazione della formazione professionale nelle carceri è un carattere importante. Ricordo i corsi nelle carceri di Torino, di Ivrea, di Vercelli, di Fossano, di Saluzzo, di Alessandria; si trattava di corsi per elettronici e per intagliatori del legno; in più ci sono i progetti tra i quali - almeno quando ero Assessore quello del Fondo sociale europeo. Mi pare che in quel periodo ci siamo mossi, con il confronto con le altre Regioni, con intelligenza e con una certa attenzione.
Il nodo vero, colleghi, è che il carcere è l'università reale del crimine. Possiamo fare un grande sforzo sulla formazione professionale, ma poi, in realtà, il carcere sarà scuola per tutti quelli che vi sono entrati o per oltraggio o per guida senza patente, perché esiste anche il problema della commistione dei detenuti. Che tipo di apporto possiamo dare a chi è capitato in cercere quasi per caso con la formazione professionale quando esiste ormai una delinquenza stabilizzata, concretizzata come scelta finale? Vi sono dei nodi del governo anche sul problema del collocamento.
Perché un giovane che finisce in carcere deve perdere l'anzianità di collocamento? Adesso in qualche modo questo aspetto è stato modificato, ma almeno fino a pochi anni fa vi era una decapitazione del rapporto tra il giovane incarcerato e il collocamento.
C'è inoltre una limitazione all'utilizzo della pubblica amministrazione di chi è stato in carcere. Questo è poi paradossale: il momento pubblico si pone la grande funzione del recupero, ma quando un detenuto è recuperato anche per impieghi marginali, mette una barriera a questi soggetti per l'ingresso nella pubblica amministrazione.
Occorre dunque, colleghi, riprendere il filo delle riforme con la visione nuova che il Parlamento ha espresso, è l'unica strada per il reinserimento sociale. Noi della Regione dobbiamo farci carico degli interventi che sono di nostra competenza e dare una spinta, una propulsione politica, se vogliamo che a livello nazionale si velocizzino su questo punto. Tuttavia, esiste un nodo fondamentale, la cultura, il senso comune che la collettività molto spesso ha sul carcere. La mia esperienza vissuta mi ricorda con quanta sofferenza quando occorreva fare delle scelte si riusciva a togliere risorse ai disoccupati normali per impegnarle in favore dei disoccupati incarcerati. Il compito che possiamo svolgere noi è di sensibilizzazione in ordine agli interventi di socializzazione nel carcere come un fatto importante in termini sociali ed economici.



PRESIDENTE

Ha facoltà di intervenire il Consigliere Sestero.



SESTERO Maria Grazia

Noi svolgiamo questo dibattito che trae occasione dalla presentazione di alcuni ordini del giorno, avendo a disposizione le due relazioni del Presidente della Giunta Beltrami, quella di gennaio e quella di luglio quindi il quadro delle attività della Giunta. Su queste vorrei intervenire.
I documenti fanno richiamo ad una deliberazione del 1981 sul disadattamento, la devianza e la criminalità. Il riferimento presenta una carta programmatica degli interventi in questo settore. Sento l'esigenza di richiamare alcuni elementi di quel documento che compongono il quadro entro cui gli interventi si debbano sviluppare.
Si ponevano tre obiettivi: la prevenzione, il recupero, la risocializzazione e il reinserimento. Di fatto si ponevano le carceri come momento che va visto con il suo prima e il suo dopo, quello che succede prima che un individuo entri in carcere e quello che succede dopo. Il problema delle carceri, della condizione dei detenuti, della reintegrazione nella società non può vedersi se non con un quadro complessivo con i suoi riferimenti legislativi. Lì appunto venivano richiamati la legge sulle tossicodipendenze, il D.P.R. n. 616, la riforma sanitaria, la legge sul collocamento e le leggi sulla formazione professionale. Il problema carceri non è isolabile all'interno di una realtà, ma va affrontato tenendo presente una molteplicità di terreni di intervento.
Alla luce di questo impianto, che la relazione di Beltrami richiama e che condivido, le attività svolte, quelle registrate sulle schede, e la motivazione delle attività svolte indicate nella relazione introduttiva rappresentano una semplificazione e una riduzione del problema delle carceri che non può essere ridotto a solidarietà, a buona volontà, a interventi frammentari e a disponibilità ad affrontarlo.
Intanto va richiamata qualche imprecisione riscontrata nel testo quando si parla di competenze obbligatorie, e si ricorda solo la formazione professionale, difatti alcuni colleghi hanno già ricordato il D.P.R. n.
616 e quindi il postpenitenziaro, ed oltre a questo a partire dall'autunno '86 abbiamo anche la legge Gozzini.
Inviterei il Presidente della Giunta a farci il punto della situazione nello spirito di analisi complessiva della questione, richiamando il fatto che questo tipo di intervento coinvolge più soggetti istituzionali, ognuno con competenze che devono essere coordinate, e mi rendo conto la difficoltà nel coordinarle. E' un piano programmatico che ha bisogno di periodiche verifiche; questo manca nel documento presentato. Di quell'impianto di quelle linee programmatiche, dove si sono potute realizzare delle esperienze? dove si sono incontrate difficoltà? quanto è stato minimamente attivato? Si dice in questo documento che l'intervento quantitativamente più rilevante (non so se si possa dire così) avviene sulla condizione esistenziale. Tutto il ragionamento sul lavoro e le motivazioni che spingono gli interventi del documento del Presidente hanno degli aspetti preoccupanti; si concepisce il lavoro in carcere come una forma di ergoterapia, senza ricollegare questo lavoro al problema del reinserimento al problema della risocializzazione, agli sbocchi concreti e pratici che può produrre. La parte più consistente dell'intervento effettuato è teso a rendere migliori le condizioni di vita dei detenuti (ma altri colleghi hanno richiamato gli insuccessi che si sono registrati o hanno ricordato che non è stato possibile realizzarli); è comunque un intervento che chiude la sua logica all'interno della detenzione.
Nulla si dice sulla prevenzione e mi interesserebbe avere un quadro delle esperienze che ci sono state su questo terreno; vorrei sapere come ci si continua a muovere sul terreno della prevenzione, quali sono i servizi sociali, come funzionano, come sono stati sviluppati perché si arrivi sempre meno al momento della detenzione.
Per tanti altri settori abbiamo dovuto registrare che la logica della ricchezza dei servizi sociali non è una logica che caratterizzi questa Giunta; troppe iniziative vengono delegate a soluzioni private. Questo vuol dire nell'insieme abbandonare il terreno della prevenzione che è l'interesse sociale da porre di fronte alla devianza e alla criminalità.
Per questo in particolare richiamiamo nell'ordine del giorno il problema dei minori. Nel carcere Ferrante Aporti di Torino è stata condotta un'esperienza ricca e forse unica non solo in Italia; sappiamo che quell'esperienza vive ormai senza impulsi e in condizioni di andamento burocratico anche se la Regione continua a destinare una quota di risorse.
Talvolta però non bastano le risorse finanziarie se il progetto non è sostenuto e non diventa scelta e progetto pilota attorno cui si muovono e s'impegnano forze sociali e volontà singole. Il progetto del Ferrante Aporti è un progetto pilota che, con le opportune differenze, può essere applicato in altre situazioni anche per gli adulti.
Pensiamo, ad esempio, a quel che rischia di essere il nuovo carcere delle Vallette quando sarà a regime. Forse varrebbe la pena di prevedere un progetto pilota completo che ne colga tutti gli aspetti.
Questo ampio impianto che ci viene presentato mi pare che manchi totalmente della documentazione; può darsi che dopo un confronto più diretto si possa verificare che non sia così, e comunque questo emerge anche dal dibattito.
Devo dire che sono stupita del fatto che il Presidente Beltrami sia il solo a seguire questa questione. Capisco che il tema faccia capo alla Presidenza della Giunta; ritengo però che questi problemi debbano marciare attraverso l'impegno e il coordinamento di tanti settori che sono rappresentati dagli Assessori alla sanità, all'assistenza, al lavoro. Mi chiedo se non sia il caso di riverificare il tutto alla luce delle varie competenze che si intrecciano e vedere se questo non è un punto di raccordo di strutture, di volontà politiche e amministrative dei singoli Assessori.
Sarei lieta se al termine di questo dibattito, e penso che l'Assessore sia disponibile a farlo, venisse fissato un altro appuntamento, così come altri colleghi Consiglieri negli ordini del giorno richiedono, al fine di avviare un ragionamento partendo da questa visione complessiva e cercando di capire concretamente perché tante cose non sono state fatte, perché non si sono volute fare o non si sono potute fare. Lo dico in forma eufemistica, ma vorrei capire meglio.



PRESIDENTE

Molto è stato fatto, però molto rimane ancora da fare.
Ha chiesto ora la parola il Consigliere Santoni. Ne ha facoltà.



SANTONI Fernando

Presidente e colleghi Consiglieri, quando si parla di carceri, spesso si cade nell'equivoco di dimenticare che la popolazione carceraria non è rappresentata per la gran parte da soggetti in espiazione di pena, ma da soggetti in attesa di una sentenza definitiva che li condanni ad espiare una pena detentiva. Dico questo non tanto per riaprire in questa sede una vecchia polemica che ha impegnato, non poco, le forze politiche e le forze professionali, ma per riportare il problema agli ambiti percorribili di queste questioni, ad esempio alle misure alternative alla detenzione, a cui Staglianò ha fatto ampio riferimento e che mi trovano in larga parte consenziente, e quindi a tutta una serie di possibilità che derivano dalle riforme del 1975 e del 1986, che sono limitate purtroppo solo alla seconda categoria, cioè ai soggetti in espiazione di pena, e che non sono percorribili per la maggioranza della popolazione carceraria che è formata da soggetti in attesa di giudizio. Se volessimo allargare il discorso su questo piano argomento estremamente importante anche se non di stretta competenza del Consiglio regionale - credo che un pensiero approfondito dovremmo farlo non solo sulle forme alternative di espiazione della pena che pur sempre rimane pena detentiva, ma su una larghissima gamma di reati per i quali occorre fare un salto di qualità trovando misure alternative alla pena detentiva e non forme di espiazione alternative alla pena. Su questo nodo importante dovremmo confrontarci nei prossimi anni per far fare al nostro sistema penale e alle sanzioni penali un salto di qualità che consenta, accanto alle sanzioni tradizionali, che sono la detenzione, la pena pecuniaria, che è rimasta la sola forma di sanzione alternativa ma che ovviamente ha dei limiti oggettivi e soggettivi, di affrontare finalmente il problema di quelle che possono essere le vere possibilità di sanzione alternativa alla mera sanzione detentiva. Nella Costituzione è scritto che la sanzione deve tendere alla riabilitazione e al recupero del condannato ma gli esempi che abbiamo davanti a noi in questa direzione non sono confortanti. Sappiamo che la mera detenzione spesso raggiunge obiettivi e finalità, anche se non volute, diametralmente opposte a quelle fissate.
Torniamo all'argomento carceri iniziando dal problema relativo a chi deve percorrere un tratto della propria vita all'interno dell'istituzione carceraria, sia esso in espiazione di pena sia esso in attesa di giudizio e analizziamo quali devono essere gli interventi perché all'interno di questa struttura si possano avviare, perché purtroppo siamo ancora a questo livello, processi che consentano di mantenere nei fatti, e non solo nella lettera della legge, il dettato costituzionale sulle finalità dell'espiazione della sanzione detentiva.
C'è un problema di spazi vitali. In Piemonte sono molti i nuovi istituti carcerari, quello di Novara, di Vercelli, di Cuneo e condivido le critiche che sono state qui portate. Il nodo fondamentale sotto l'aspetto degli spazi rimane ancora quello di Torino. Lo ricordava Pezzana molto bene e concordo pienamente con le sue considerazioni. A Torino viviamo con due istituti carcerari, con la prospettiva di dover, giustamente, trasferire e unificare alle Vallette l'istituzione carceraria torinese, sapendo che quella è una struttura che è stata progettata moltissimi anni fa e che, per le vicissitudini che tutti conosciamo, è arrivata a compimento solo di recente. E' una struttura che era stata progettata per 600/700 ospiti e che oggi, senza modificare la parte muraria, si tende a trasformare in una struttura esattamente doppia, con una soluzione molto semplice ma anche molto discutibile, cioè quella di raddoppiare all'interno della stessa cella i posti, ovviamente con gli atri servizi che rimangono dimensionati alla singola unità.
Il Comune di Torino qualche anno fa aveva ipotizzato la costruzione di tre ministrutture specializzate da 40/50 posti a sorveglianza e a sicurezza attenuata per particolari reati. Non so che fine abbia fatto quel progetto.
Sarebbe interessante che il Presidente della Giunta chiedesse al Comune di Torino che intenzioni ha su quelle strutture. Non sarebbero certamente risolutive, ma quanto meno servirebbero ad alleggerire sotto il profilo logistico una situazione che con il tempo diventerà intollerabile e insostenibile mentre, sotto il profilo di merito, permetterebbero di avviare un discorso diverso per quanto riguarda il mantenimento in stato di detenzione di alcuni soggetti.
Rimane l'altro aspetto, secondo me il più importante, delle condizioni reali di vita carceraria e degli strumenti che si riescono a porre in essere perché il periodo di detenzione non sia soltanto un periodo di "retribuzione punitiva" a fronte di una violazione commessa, ma un periodo che consenta una sorta di reinserimento, o quanto meno ne consenta la speranza.
Per arrivare a questo occorrono spazi non più soltanto vitali, ma spazi per lo studio e per il lavoro che costituiscono due passaggi obbligati.
Nella mia vita professionale vedo costantemente soggetti detenuti che chiedono come poter svolgere qualche attività all'interno della struttura carceraria, se non altro per trascorrere le lunghe giornate non abbruttiti davanti ai vari canali della televisione, ma impegnando il tempo in qualche modo, e, attraverso l'impegno del tempo, costruendo una speranza alternativa per il domani.
Attualmente il lavoro all'interno delle carceri è riservato a pochi privilegiati e rimane pur sempre un lavoro attinente alla gestione carceraria e non qualcosa che, unito alla gestione carceraria, possa produrre per l'esterno; per lo studio, grosso modo, siamo agli stessi livelli.
Tutti gli altri discorsi sono importantissimi, anzi, più importanti in prospettiva, meno importanti nell'attualità di oggi, nella possibilità concreta di intervento da parte nostra in questo settore; quindi lavoro e studio non più come aspirazione di coraggiosi o possibilità di privilegiati, ma come qualcosa che sia consustanziale alla vita dell'istituzione carceraria affinché il periodo trascorso nell'istituzione non sia abbruttente e avvilente, ma tale da poter costruire una speranza per il domani, speranza, non solo della società borghese, di integrazione in un modulo di vita, che da parte di qualcuno magari è rifiutato, speranza di riuscire a rendersi soggetti, senza aggettivi, nella società e di costruire una vita autonoma, anche diversa da quella che generalmente nel nostro tipo di società è accettata e che consenta di pensare che l'unica alternativa non sia la devianza, come purtroppo oggi è.



PETRINI LUIGI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Strobbia. Ne ha facoltà.



STROBBIA Stefano

Un passaggio centrale è contenuto in tutti gli ordini del giorno, che potrebbe essere oggetto di eventuali tentativi di confluenza in un unico documento ed è quello che riafferma la necessità di giungere alla piena applicazione dei diritti del nostro ordinamento penitenziario nel rispetto dei diritti essenziali del detenuto, nella prospettiva del recupero sociale e con l'impegno di migliorare le condizioni di lavoro delle guardie carcerarie.
Ho partecipato personalmente negli ultimi tempi a un paio di incontri all'interno del carcere insieme al Senatore Gozzini, presentatore della legge che porta il suo nome. A parte l'ampiezza e l'alta qualità civile di queste iniziative, che forse non erano nemmeno immaginabili 25 o 30 anni fa, ho notato che i destinatari, che in questo momento sono in attesa di momenti innovativi all'interno del carcere, sono proprio gli operatori che stanno dall'altra parte, sono le guardie carcerarie con il loro vecchissimo regolamento e il loro vecchissimo meccanismo di assunzione e arruolamento.
Il collega Tapparo bene ha fatto a ricordare questi aspetti. Personalmente ho rilevato che nella mia città l'apertura del nuovo carcere alla vita sociale è stato notevolmente conflittuato da questo tipo di realtà, quindi penso che la Regione non possa che avere una funzione di stimolo in questa direzione e mi auguro che gli organismi centrali provvedano ad adempiere allo spirito di rinnovamento di questa proposta di legge.
Quello delle guardie carcerarie è l'ultimo dei corpi appartenenti al settore genericamente detto della polizia che ancora non ha subito un processo di riforma. Speriamo di arrivare in tempo a risolvere questi nodi.
L'Amministrazione regionale ha fatto molto nel tentativo di avviare delle sperimentazioni all'interno della vita carceraria per migliorare le condizioni esistenziali. Un aspetto però, a mio avviso, non è stato sufficientemente tentato che riguarda quelle che il collega Santoni chiamava "le ipotesi alternative alla detenzione". Mi auguro che il codice penale venga rapidamente modificato, soprattutto la sua procedura di applicazione, e che venga finalmente stabilita con criteri di assoluta rigorosità la facoltà del Magistrato per l'emissione dell'ordine di cattura, che non venga lasciato alla discrezionalità come avviene oggi.
Ripeto che alla Regione e agli Enti locali competa la valorizzazione dell'istituto della semidetenzione, che è previsto all'interno della legge di riforma. E', in sostanza, la possibilità del Magistrato, in presenza dell'obbligatorietà del mandato di cattura, di non scegliere la detenzione all'interno dell'edificio carcerario, ma di indirizzare il destinatario del provvedimento in strutture alternative. Tali strutture, così come prevede la legge di riforma, devono essere realizzate dagli Enti locali con il sostegno della Regione. Un'esperienza di questo tipo è stata tentata in un'unica località sia perché non si trovano gli edifici sia perché gli Enti locali non dispongono del denaro necessario; lo stesso personale di custodia dovrebbe essere garantito dagli Enti locali. Questa mattina non sono stati sufficientemente valorizzati gli aspetti relativi al tentativo di evitare l'esperienza traumatizzante della detenzione carceraria con iniziative che sono proprie della competenza e della funzione amministrativa e organizzativa della Regione e degli Enti locali, quella appunto della realizzazione di questi presidi. Intorno a questa ipotesi in passato l'Amministrazione regionale aveva espresso delle idee e delle proposte, tra l'altro in questo settore mi pare che la Regione abbia del funzionariato con notevole sensibilità e disponibilità.
Mi auguro che anche questo aspetto venga colto tra le raccomandazioni che sono emerse da parte del Consiglio regionale e mi auguro che si possa concordare un ordine del giorno unitario da parte di tutti i Gruppi. Mi auguro altresì che, a dibattito concluso, dai sentimenti, dagli umori dalle passioni espresse emergano quei provvedimenti di carattere operativo che tutti stiamo auspicando nella crescita civile della nostra attrezzatura sociale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire l'Assessore Cernetti, in qualità di Consigliere. Ne ha facoltà.



CERNETTI Elettra

Come ex Assessore all'assistenza, rivendico la paternità di un programma sul disadattamento, la devianza e la criminalità, programma che è la base del dibattito di oggi in Consiglio.
La Regione interveniva sui minori, sui disadattati e addirittura sui deviati dando contributi alle comunità alloggio e interveniva nella formazione professionale nelle carceri, senza avere però un progetto globale che contemplasse il fenomeno dal suo insorgere sino al reinserimento. Ricordo che il programma, che è stato approvato all'unanimità dal Consiglio regionale, si incentrava quasi esclusivamente sul periodo di detenzione, che per certi aspetti attira un'attenzione che ha anche un pizzico di morbosità, e parlava n' di disadattamento n' di devianza n' di reinserimento nella società del detenuto.
Allora venne data molta importanza al lavoro dei carcerati, si tenne a Torino la prima mostra in Italia dei lavori dei carcerati delle principali carceri piemontesi. Non era una mostra a carattere commerciale, ma una mostra campionaria, visto che la riforma carceraria aveva fatto venir meno negli effetti pratici, per questioni di economicità, il lavoro nelle carceri. Quel lavoro era considerato non solo nel senso richiamato dal Consigliere Sestero, ma di tipo gratificante e dignitoso per il detenuto il quale si sente meno derelitto potendo provvedere alle proprie spese e qualche volta alle spese della propria famiglia.
In quel progetto si parlava anche degli agenti di custodia, che, a mio avviso, continuano ad essere dei vari carcerati a vita costretti a turni massacranti, a prestazioni straordinarie pagate con cifre al di sotto della dignità, quasi tutti di provenienza meridionale quindi alla ricerca di alloggi nella città in cui prestano servizio. Sono sostanzialmente dimenticati dallo Stato.
Il Presidente della Giunta ricorderà che ebbi occasione di parlarne e di sottolineare ancora una volta la disastrosa situazione di questi lavoratori quando inaugurammo il reparto di cardiologia a Novara, presente il Ministro Scalfaro.
Mentre stavo elaborando quel progetto, mi rendevo via via conto come era indispensabile un coordinamento tra i vari Assessorati.
E' invece un progetto che deve avere una risione politica e che, per l'ampiezza che ingloba, richiede una funzione di coordinamento che soltanto l'Assessore maggiormente interessato o il Presidente della Giunta possono veramente svolgere. Erano interessati gli Assessorati alla fomazione professionale, al lavoro, allo sport e al tempo libero. Esistevano problemi sanitari, c'era un'assoluta carenza, se non addirittura mancanza, di assistenza sanitaria. La gran parte dei detenuti è tossicodipendente quindi le soluzioni sanitarie si pongono con urgenza, diventano quasi primarie su tuttti gli altri aspetti. Nel 1981 presentai questo progetto che rimase però a dormire nel cassetto. Ogni tanto viene ripescato ma in modo sporadico, discontinuo e poco produttivo nell'interesse dei carcerati.
Il progetto era stato presentato in sala Giunta, presenti le più alte autorità statali. Si trovò il modo di mettere in campo iniziative precise che agevolassero gli agenti di custodia, intanto per quanto riguarda gli alloggi riservati nelle case dello IACP. I risultati di tutto quel lavoro sono assai deludenti, sporadici e discontinui. Invito gli Assessori a tirare fuori dal cassetto quel progetto se vogliamo farne qualcosa di concreto e di continuativo nel tempo. Quindi, sono d'accordo sulle iniziative che si vogliono prendere, la mia raccomandazione è che non siano n' sporadiche n' settoriali.



PRESIDENTE

La parola al Presidente della Giunta regionale.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Sottraggo pochissimo tempo su un argomento che, pur frazionato e distribuito temporalmente, è stato oggetto di non poca attenzione: ho l'impressione che chi ha parlato si sia espresso avendo sensibilità e credendo nelle cose che diceva. Questo non è un aspetto di poco conto su un problema che investe una comunità entro la quale ci sono ventisette istituti di pena e tremila reclusi.
Non posso ripetere le cose che ho avuto occasione di scrivere nelle due relazioni, quella del gennaio e quella aggiornata del luglio 1987, nonch nelle osservazioni che avevo portato come riflessione nella seduta del Consiglio regionale del 30 luglio successivo.
Chi vi parla, per origine, per costruzione umana, per riferimenti di carattere ideologico, comprende che l'uomo impegnato nella viata pubblica non può passare accanto a questo problema appena sfiorandolo, solo tentando di dare delle risposte di convenienza o comunque di sufficienza o di episodicità, ma tenta, al di là del contenuto del dettato della normativa e del carico che è posto alla Regione o all'Ente pubblico, di dare anche delle risposte cercando di penetrare a fondo il sistema.
E' stato ricordato da più parti che la normativa esistente non affida troppi spazi alla Regione; ne affida taluni: altri non possono non solo essere espropriati nei confronti dello Stato centrale o delle sue strutture periferiche, ma parrebbe che, a norma di regolamento, non possano che rinchiudere o costringere l'uomo pubblico a fare dei voti, delle sollecitazioni non permettendogli di penetrare a fondo nel problema.
Devo dire che per quanto ci è stato possibile nei rapporti con i Ministri che si sono succeduti in questi incarichi, non abbiamo mai dismesso di intervenire proponendo i problemi dei detenuti e di coloro che i detenuti sono chiamati a custodire, con qualche successo e con non pochi insuccessi, però mai avendo spento la speranza che talune nostre istanze e sollecitazioni possano far presa ed essere risolte.
Esistono poi altre riserve che attengono alla disponibilità economica.
Non mi avventuro su questa parte. Dico soltanto che abbiamo tentato di offrire anche da questa angolazione qualche spazio, qualche risorsa.
Certo, non sono commisurate al bisogno, alle istanze, alle sollecitazioni e al nostro modo di sentire. Mi riferisco alla deliberazione votata nel 1981 oltre ad altre risorse che attengono alla legge di riforma del 1986 (la cosiddetta legge Gozzini) ad altre che attengono al D.P.R. n. 616 e ad altre che attengono, per quanto riguarda la formazione professionale, al trasferimento dallo Stato alla Regione. Non si può dire che siamo rimasti assenti su questo problema, e lo dico con serenità totale.
Non dobbiamo difendere nulla trionfalisticamente. Collegandoci però a quella deliberazione, che costituisce la molla di sollecitazione per il presente e per il futuro, ci siamo mossi in termini non trascurabili con atteggiamenti e operatività che a livello nazionale ci sono stati largamente riconosciuti, tant'è vero che qualcuno ha ricordato che questa Regione ha svolto un ruolo trainante; dire ruolo pilota è parlare in modo trionfalistico, eccessivo, sicuramente però le Commissioni ministeriali vedono la nostra Regione come elemento sollecitatore nei confronti di altre Regioni d'Italia. Ho vissuto ancora di recente qualche esperienza nel tentativo di far cadere taluni diaframmi che esistono nel rapporto tra la comunità, il livello di governo politico, il mondo carcerario, i detenuti in semilibertà e quelli che fruiscono di particolari permessi. Inaugurando la mostra sull'artigianato delle carceri, davanti a non trascurabili perplessità che esistono nel sistema e nella comunità, mi sono permesso di dire che era un gesto provocatorio nei confronti di una comunità che ancora cercava di coprire le ferite che da talune aree le erano state inferte.
Questo è un dato certo. Poiché si dice che di ogni tipo di presenza, di ogni atto dell'uomo c'è un risvolto, un'attenzione che appartiene al cosiddetto fatto culturale, non vorrei limitarlo ad una fatto culturale perché prima d'altro è un fatto umano, vorrei dire che dovremmo tentare di costruire nel sistema una ulteriore sensibilità dell'opinione pubblica attorno a questi temi, perché taluni atti che abbiamo ritenuto relativamente coraggiosi, ma comunque in sintonia con le aspirazioni, al passo con i tempi, non sono sempre stati accolti con parità di giudizio e di valutazione dalla gente. Questo è un dato certo che registro in questi giorni nelle strutture regionali e che ho potuto registrare altre volte.
Stamattina ho ascoltato interventi veramente degni di attenzione e di alta e approfondita riflessione.
Vorremmo porci nella condizione di determinare migliori condizioni di vita all'interno delle strutture carcerarie e di offrire all'esterno spazi ed aree di sensibilità in modo che la convivenza fra al comunità dentro le carceri e quella al di qua di quelle mura possa essere accettata.
Si è parlato di recupero del condannato. Vorrei sottolineare, senza affermare principi di fondo, come la limitazione della libertà sia già elemento penalizzante, una vera condanna dell'uomo, al quale devono comunque essere assicurate posizioni di vita, di decoro e di dignità evitando che venga dismessa la speranza del recupero del rapporto con la società. Mi ha fatto piacere sentire le diverse riflessioni che sono state fatte. Qualcuno ha voluto far riferimento a parabole evangeliche, qualcun altro ad atteggiamenti semplicamente umani che sollecitano il dialogo. Sono convinto che dobbiamo percorrere a fondo questo sistema. Non do delle risposte specifiche. Intervenendo tempo addietro sul carcere delle Vallete ho dato delle risposte che non sono state ritenute esaurienti dal Consgliere Pezzana. Le ho comunque date. Avevo in animo di riperle in parte, se il tempo lo avesse consentito, ma opportunità e sensibilità nei confronti dei colleghi mi suggeriscono di non farlo. Ho però annotato le diverse sollecitazioni. Nego che non esista una politica della Regione in questa direzione; avverto le sollecitazioni che sono state fatte per dare carattere di preminenza alla formazione professionale e per rivolgere attenzione particolare al personale di custodia; registro anche il discorso che attiene agli istituti di sorveglianza di sicurezza attenuata, per il quale dovremmo cionvolgere gli Enti locali. Su questo piano non abbiamo dismesso il contatto con l'Amministrazione di Torino. Esistevano delle difficoltà legate al fatto che taluni istituti non possono nascere laddove esistono carceri di carattere circondariale; dovremmo tentare di dare agli istituti di sicurezza attenuata caratteristiche per quanto possibile sfumate che sono proprie del carcere circondariale, perché la normativa esistente non presuppone che ci siano attracchi di altro genere al sistema.
Il Comune di Torino ne aveva messi in cantiere tre, uno dei quali era sulla dirittura di arrivo. In questo momento non ho altre informazioni da dare ai colleghi, mi riservo di approfondire per capire quanTo possiamo fare sul piano della sollecitazione.
Stiamo tentando il recupero di detenuti in semilibertà utilizzando il settore della protezione e dell'ambiente. E' un percorso nuovo che stiamo tentando. Non ripeto tutti i laboratori che sono sorti e quanto avviene all'interno delle carceri, le esibizioni esterne con la comunità. Da più parti è stato sollecitato di trovare uno spazio entro il quale fare un bilancio di quello che è stato fatto, una verifica che periodicamente potrebbe rientrare in quest'aula, una resocontazione totale per capire tutti assieme cosa possiamo fare entro questo spazio di costruttività per collegarci e raccordarci con gli Enti locali che nella legge di riforma Gozzini hanno una rilevanza non trascurabile.
A testimonianza di un certo tipo di sensibilità l'anno scorso abbiamo tentato di trasferire talune riflessioni pubbliche sulla legge di riforma all'interno dell'Aula Magna dell'Università, quando presenziò lo stesso Senatore Gozzini che illustrò la legge ai docenti universitari. Mi pare che non sia stata una forzatura al sistema, ma un ulteriore gesto con il quale uscire dal chiuso per sensibilizzare la gente.
C'è la disponibilità della Giunta nelle forme e nei modi che i colleghi Consiglieri vorranno suggerire per creare altre occasioni d'incontro, meno diffuse per la parte formativa e costruttiva di programmi e d'intendimenti all'interno della Regione, e trasferire periodicamente una relazione al Consiglio, quando lo riterrà opportuno.



VIGLIONE ALDO



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, poiché sono stati presentati tre ordini del giorno a firma di Consiglieri dei vari Gruppi e che possono confluire e trovare momenti d'intesa, non li porrei in questo momento in votazione in quanto nel pomeriggio i rappresentanti dei Gruppi che si sono occupati del problema carceri si incontreranno per verificare se è possibile stilare un documento unitario. La discussione ha termine per il momento e la conclusione è rinviata al pomeriggio.


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Esame ordine del giorno n. 357 sulla gravità della situazione occupazionale nella regione presentato dai Consiglieri Amerio, Tapparo, Staglian Brizio, Ferrara, Marchini e Strobbia


PRESIDENTE

Si proceda all'esame dell'ordine del giorno unitario n. 357 presentato dai Consiglieri Amerio, Tapparo, Staglianò, Brizio, Ferrara, Marchini e Strobbia sulla gravità della situazione occupazionale in Piemonte, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale considerata la perdurante gravità della situazione occupazionale della regione nonché i continui e ripetuti rinvii del Governo rispetto a provvedimenti di sua competenza (inadempienze già sottolineate da questo Consiglio con gli ordini del giorno 10.5.1987 e 21.5.1987) considerati altresì gli impegni assunti dalla Giunta regionale nello scorso giugno relativi alla convocazione di un Consiglio sui problemi del lavoro e dell'occupazione in Piemonte, e in data 21.5.1987, su mandato del Consiglio, relativi alla richiesta da avanzare al Governo per la copertura previdenziale delle disoccupazioni speciali impegna la Giunta 1) a comunicare la prossimo Consiglio la data per la quale la Giunta ritiene possibile la convocazione del Consiglio regionale dedicato ai temi del lavoro e dell'occupazione, da tenersi comunque entro il mese di novembre 2) a fissare, d'intesa con il Ministero del Lavoro, un preventivo incontro a Torino del Ministro con la Regione e con le forze economiche e sociali del Piemonte 3) a consultare separatamente, d'intesa con la competente Commissione consiliare, le parti sociali ed i coordinamenti dei cassaintegrati in preparazione di detto incontro, nonché a predisporne opportunamente riferendo al Consiglio - le modalità di organizzazione e di svolgimento".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.
Signori Consiglieri, vista l'ora, sospendo la seduta e vi invito a riprendere i lavori del Consiglio alle ore 15,15.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 14 riprende alle ore 15,45)


Argomento: Innovazione tecnologica

Esame proposta di deliberazione n. 466: "L.R. 1/12/1986, n. 56 (Interventi regionali per la promozione e la diffusione delle innovazioni tecnologiche nel sistema delle imprese minori) - art. 3: Piano degli interventi"


PRESIDENTE

La seduta riprende.
Passiamo all'esame della proposta di deliberazione n. 466, di cui al punto 9) all'o.d.g.
La parola all'Assessore Cerchio che illustra il documento.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Colleghi Consiglieri, con l'approvazione della L.R. n. 56 del 1986, la Regione Piemonte si è dotata di una normativa tendente a soddisfare l'ormai generalmente riconosciuta necessità di promuovere e di coordinare la diffusione di tecnologie innovative nel sistema produttivo e nei servizi.
In questo quadro la Commissione competente ha licenziato il Piano di interventi che rappresenta l'aspetto operativo della legge stessa.
Le ipotesi di intervento sono state formulate avendo presenti le difficoltà oggettive in cui si dibattono sul versante della ricerca e della innovazione le piccole e medie imprese sia sul fronte dell'accesso alle forme di finanziamento sia su quello dell'accesso all'informazione sulle nuove tecnologie.
Le iniziative regionali in materia di innovazione e ricerca sono condizionate, ai criteri, agli indirizzi e alle priorità contenuti nel Piano degli interventi previsto dall'art. 3 della L.R. n. 56/86.
Queste brevissime considerazioni sono anche la risposta all'interrogazione che il Gruppo del PCI ha presentato su questo problema.
Nell'interrogazione si lamenta il ritardo con cui si approva la deliberazione del Piano di interventi. Siamo indubbiamente in ritardo nell'approvare la deliberazione, ma cerchiamo di recuperare il ritardo tuttavia il tempo non è passato invano perché un'ulteriore limatura e proposizione di alcuni punti apportate in sede di IV Commissione hanno permesso di perfezionare ulteriormente questo strumento operativo della L.R. n. 56.
Per onor del vero - e su questo mi conforta l'Assessore Genovese mio predecessore all'Assessorato all'industria e lavoro - la Giunta regionale del Piemonte in data 31/3/1987 aveva approvato la deliberazione del Piano quasi rispettando il termine dei 90 giorni; dopodiché il problema non competeva più dell'esecutivo, bensì al Consiglio regionale, che peraltro ha lavorato in quei mesi anche modificando in alcune parti la deliberazione stessa.
Il Piano degli interventi, modificato in sede di IV Commissione in data 23 settembre, determina i criteri di ammissione dei progetti innovativi promossi da imprese minori alle agevolazioni, le classi e le tipologie degli interventi; individua gli ambiti prioritari di intervento e definisce i criteri di utilizzo delle risorse disponibili.
Relativamente ai criteri di ammissione dei progetti innovativi sono stati privilegiati quei progetti che realizzano innovazioni tecnologiche reali di processo e di prodotto.
Con l'ultima stesura di venerdì scorso si è ritenuto opportuno avvantaggiare la produzione di innovazione stabilendo che ai progetti di sola applicazione di innovazioni acquisite dall'esterno sia riservata una quota non superiore al 40% dei fondi globali. Le priorità di intervento regionale sono state compiute seguendo una logica di tipo intersettoriale che ha individuato la difesa dell'ambiente, anche in considerazione delle preoccupanti situazioni di degrado che interessano alcune zone del territorio regionale piemontese, e il risparmio energetico. La logica di tipo intersettoriale ha portato all'individuazione del settore agricolo del settore delle tecnologie biomediche e del settore delle tecnologie informative e di telecomunicazione per la pubblica amministrazione locale.
La finalità di intervento a favore delle piccole e medie imprese innovative ha condotto alla creazione di un meccanismo finanziario che consenta, oltre all'intervento specifico sui progetti, anche il coinvolgimento del sistema bancario sui medesimi. Il fondo istituito con la legge n. 56, che ammonta per il 1987 a 2 miliardi di lire, sarà infatti utilizzato dalla Finpiemonte per il concorso nel finanziamento dei progetti innovativi tramite l'abbattimento del tasso di interesse, in collaborazione con gli istituti di credito con i quali la finanziaria regionale stipulerà apposita convenzione regolante le modalità di utilizzo del fondo.
La gestione del fondo sarà attuata in conformità di una convenzione fra Regione e Finpiemonte, come disposto dall'art. 4 della legge n. 56.
E' infine previsto un capitolo di spesa, sul quale per il 1987 è stanziato un miliardo di lire, relativo allo sviluppo di iniziative regionali per la diffusione e il trasferimento delle innovazioni. Sono già stati individuati, e pensiamo di poterli formalizzare nel mese di ottobre il progetto Itaca e il progetto Bic Piemonte che concretizzerebbero il passaggio dalla fase di studio alla fase del decollo operativo.
Nel Piano degli interventi non vi è il riferimento alle commesse. Ci è parso giusto infatti presentare la deliberazione senza tale riferimento proprio per non rischiare di ritardare la fase operativa. La Regione Lombardia aveva inserito nella sua normativa la questione relativa alle commesse, però si trova di fatto in una obiettiva difficoltà. Nonostante questi limiti e queste difficoltà, non posso negare che la legge ha indicato questo riferimento (direbbe qualcuno "dura lex sed lex"), quindi è opportuno che il legislatore piemontese sia conseguente all'impegno normativo. La Giunta non potrà non predisporre un provvedimento di massima su questo versante per la relizzazione di questa parte non ancora indicata nel Piano di intervento.
Nell'ultima seduta della Giunta ho sollecitato una verifica su questi versanti chiedendo il coinvolgimento di vari settori, dalla Presidenza alla Sanità, all'Agricoltura, ai Trasporti, all'Ambiente e al Turismo affinché entro i 30 giorni previsti la Giunta possa assolvere a questo impegno stabilito dalla norma.



PRESIDENTE

Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto la parola il Consigliere Amerio. Ne ha facoltà.



AMERIO Mario

Signor Presidente e colleghi, spiegherò rapidamente perché, nonostante una sostanziale condivisione dei contenuti espressi in questa deliberazione, non voteremo a favore. La nostra collocazione verrà esplicitata anche in sede di dichiarazione di voto. E' una storia strana quella dell'attuazione della legge 56/86 ma significativa per una maggioranza che era nata all'insegna dell'innovazione e dell'ammodernamento della Regione.
Ricordo a questo proposito che noi fummo i primi presentatori di una proposta di legge per l'innovazione in Piemonte, a cui seguì il disegno di legge della Giunta regionale, che sollecitammo un iter accelerato di quella legge e che fummo relatori con altri in aula.
La legge prevedeva entro tre mesi dalla approvazione la presentazione da parte della Giunta del piano degli interventi in sede in prima attuazione; questo piano di inteventi ero lo strumento fondamentale per rendere attuativa la legge. Esso doveva operare in due direzioni fondamentali: doveva innanzitutto indicare le priorità di intevento, perch essendo scarse le risorse occorre selezionare gli interventi, e in secondo luogo coordinare la domanda pubblica. E' un terreno innovativo. La Giunta doveva indicare i settori e le forme di coordinamento della spesa pubblica tali di costituire uno stimolo, una sollecitazione e la creazione di un ambiente favorevole a indurre procedimenti di ammodernamento e sviluppo dell'imprenditoria piemontese e, indirettamente, dell'occupazione.
Invece di tre mesi alla Giunta ce ne sono voluti dieci per portare in aula la deliberazione di prima attuazione. Per quanto mi sforzi, caro Assessore Cerchio, non riesco a condividere l'opinione secondo cui sarebbe da attribuire al Consiglio e non alla Giunta la colpa del ritardo nel presentare la deliberazione. Questo è difficile da sostenere: la verità è che invece di tre mesi avete avuto bisogno di dieci mesi per portare in aula una deliberazione peraltro monca. In essa manca una parte assai importante, se non la principale, quella che si riferisce, appunto, alla prima esperienza in Piemonte di coordinamento della spesa pubblica. Perch dico che manca la parte più importante? Perché con la legge n. 56 mettiamo a regime 10/15 miliardi all'anno, su un fondo globale di 30 miliardi considerati i rientri. Ebbene decine di volte più alta è la somma che si potrebbe orientare alla innovazione e indirettamente al lavoro manovrando la domanda pubblica, la quale è su livelli ben diversi. Si pensi alla spesa storica per la sanità, per i trasporti, a quella per l'energia, l'ecologia l'ambiente e via dicendo; ben altro si potrebbe fare orientando quella spesa nella direzione che dicevo. E' vero che si tratta di un metodo di programmazione e di governo inedito per cui non ci sono esperienze, ma bisogna pur provare, ma, a dieci mesi da quella legge, la Giunta non presenta nulla.
Noi siamo fortemente perplessi e temiamo il fallimento della legge 56/86 perché se non si presenta rapidamente una deliberazione sul coordinamento della spesa pubblica che vitalizzi l'esperienza innovativa che con la legge n. 56 abbiamo avviato, tutto si ridurra' a una quindicina di miliardi che dovrebbero operare sul complesso del sistema economico e produttivo piemontese: davvero poca cosa.
Tutti ricordino il gran parlare che si è fatto l'esigenza di fare uno sforzo straordinario per l'ammodernamento e l'innovazione in Piemonte al fine di superare le rigidità e l'immobilismo della precedente amministrazione di sinistra. Questa vicenda è segnata dallo stimolo del nostro Gruppo e della sinistra a procedere sulla strada del tentativo di governare l'innovazione dai rinvii, dei ritardi e dalle dilazioni della maggioranza e della Giunta. Per questo è una storia significativa.
Noi non voteremo a favore, anche se conveniamo sulle priorità, che del resto sono quelle che indicammo in sede di approvazione della L.R. 56: ambiente, risparmio energetico, agricoltura, biotecnologie, cui si è aggiunta l'informatica negli enti locali.
L'Assessore ha detto, per la verità in modo un po' vago, di voler presentare l'altra deliberazione sulla parte che riguarda il coordinamento della domanda pubblica. Vorrei sapere se questo impegno si può tradurre in un ordine del giorno nel quale si stabilisce che entro il 30 novembre sarà presentata la bozza del provvedimento sul coordinameto della domanda pubblica, oppure se è una vaga e generica promessa. Sulla base della risposta determineremo la nostra posizione.



PRESIDENTE

Ricordo ai Consiglieri che occorre concludere la discussione sulle carceri con la presentazione di un ordine del giorno possibilmente unitario. Invito i Gruppi a individuare i Consiglieri che devono condordare il documento.


Argomento: Beni ambientali - tutela del paesaggio (poteri cautelari, vincoli

Sollecito risposta ad interpellanza sul problema di Villa Accorsi


PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Chiezzi. Ne a facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Ringrazio il Presidente per avermi consentito di parlare. Non intervengo in merito all'ordine del giorno sulle carceri, ma su un'interpellanza urgentissima che ho presentato insieme con i Consiglieri Bontempi e Biazzi, in merito ad una vendita di una cascina collinare con terreni autorizzata dal Presidente della Giunta su richiesta del Vicepresidente della Fondazione Accorsi.
Voglio chiedere al Presidente della Giunta come dobbiamo fare per avere risposte tempestive alle interpellanze urgenti, perché ottenere la risposta a vendita avvenuta, come in questo caso, non ha senso. Sosterrei invece la necessità che a questa interpellanza si dia il fiato sufficiente per discuterla in tempo reale, quindi o si sospendono le pratiche amministrative in corso o si risponde almeno entro la prossima seduta di Consiglio. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Presidente Beltrami.



BELTRAMI Vittorio, Presidente della Giunta regionale

Sono in attesa che l'avvocato Paolo Emilio Ferreri, che ha sottoscritto a nome della Fondazione Accorsi la richiesta di autorizzazione alla vendita dei beni, mi dia gli elementi richiesti. Mi auguro di poter fornire una risposta giovedì prossimo.


Argomento: Innovazione tecnologica

Esame proposta di deliberazione n. 466 (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo la discussione sulla promozione e diffusione delle innovazioni tecnologiche nel sistema delle imprese minori.
Ha ora la parola il Consigliere Tapparo.



TAPPARO Giancarlo

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, è un vero peccato che su temi che parrebbero marginali, come l'utilizzo finalizzato della domanda pubblica, di cui il piano degli interventi rappresenta un innesco importante, si trovi una parziale attenzione e ci siano, per legittimo lavoro legato all'attività di stamane, gruppi di Consiglieri riuniti in altre sale.
L'impegno della Regione Piemonte sul tema della diffusione dell'innovazione tecnologica verso la piccola impresa e l'artigianato rappresenta una scelta politica di principio. Apparentemente compentenze su questa materia non ne abbiamo, in effetti, possiamo concorrere a velocizzare il processo di trasformazione tecnologica e organizzativa dell'apparato produttivo minore della nostra Regione. Il piano degli interventi che viene presentato va in questa direzione. Si è fatta una selezione degli obiettivi stando però con i piedi per terra.
Gran parte degli interventi previsti dal piano è correlata alla spesa pubblica nel campo dell'informatica o dell'energia o della sanità. Nella nostra indicazione diciamo che possiamo tradurre la nostra spesa passiva a catalogo, ed attiva a richiesta di un certo prodotto idoneo alle nostre esigenze; e così è anche per altri campi. Il meccanismo che traduce la domanda pubblica in una capacità di spesa finalizzata a poter far crescere la piccola industria nel settore dell'innovazione ha questo carattere. Le risorse da mettere in campo sono scarse, possiamo usare il volano della spesa pubblica affinato e finalizzato. E' questo che tenta il piano degli interventi presentato dall'Assessore e affinato in sede di Commissione.
Ho colto dalle parole dell'Assessore un impegno a portare qualche dato sulla domanda pubblica nei settori che il piano degli interventi individua.
Credo che bisognerà fare uno sforzo in più per verificare la domanda quantitativamente e qualitativamente e come potrà essere mobilitabile poi strutturalmente. Questo significa, Assessore Cerchio, che un certo tipo di spesa, in un futuro che io spero non molto lontano, taglierà trasversalmente alcuni Assessorati e subirà il vincolo legato a favorire i processi di diffusione dell'innovazione tecnologica, di prodotto e di processo.
Vorrei fare una brevissima ultima considerazione, la metto in agenda per il prossimo piano degli interventi. Se individuassimo le prossime aree di intervento in modo connesso ai punti forti del sistema di formazione professionale (penso: al Tecnotest di Biella, al Ghiglieno di Ivrea, al Centro di Orbassano, e così via) probabilmente avremmo un meccanismo concreto che favorisce, verso la piccola industria e l'artigianato, un processo di diffusione dell'innovazione tecnologica.
Il tema è stato molto sviscerato e discusso in Commissione. Credo sia opportuno richiamare alcuni elementi di principio che stanno all'interno della nostra L.R. n. 56 sulla diffusione dell'innovazione tecnologica.
Dobbiamo, con un bilancio sempre più rigido in termini di spese da poter orientare, pensare di usare la nostra spesa in modo meno passivo e statico ma più attivo in rapporto all'apparato economico piemontese, con tutti gli effetti occupazionali che se ne determinerebbero, soprattutto in settori ad alta qualificazione professionale.
Il Gruppo del PSI approva la deliberazione relativa al piano degli interventi che è stata presentata.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, questa deliberazione giunge a completare una legge approvata nel dicembre scorso e dotata di poche risorse, ma che ha un contenuto molto innovativo. Vorrei intervenire per alcune precisazioni. Mi rendo conto che questa deliberazione arriva in ritardo, però devo dire, non per prendere le difese della Giunta, che la Giunta l'aveva trasmessa da tempo, infatti è stata assegnata alla IV Commissione il 6 aprile scorso. In realtà non possiamo fare carico del ritardo alla Giunta (c'è da dire che le scadenze di legge in sede di prima applicazione erano anche ristrette e limitate) e se ritardo c'è stato questo è della Commissione e del Consiglio regionale. Credo, però che sia un ritardo non colpevole perché ci siamo dati una metodologia che ha qualche connotazione di perversione. Ci sono necessità di approfondimento e soprattutto di consultazione che allungano i tempi, anche se le consultazioni si sono tenute in modo innovativo, senza quella processione che molte volte era sterile.
Questa legge, per il modo in cui è formulata, per le cui modalità di applicazione, per la capacità di mettere in movimento maggiori quantità di risorse, è innovativa. Non si può quindi parlare di mezzo fallimento perch la deliberazione manca di una parte. Non è stato attuato il coordinamento della domanda pubblica (a volte siamo velleitari quando istituiamo una legge e quando poniamo gli adempimenti), prendiamo atto però dell'impegno dell'Assessore ad attuarlo nei prossimi mesi.
La discussione avuta in Commissione ci permette di predisporre la deliberazione del prossimo anno in modo più celere e di essere anche più precisi e più puntuali rispetto a certe scelte che occorre prendere. Forse anche l'attuazione della legge comporterà alcuni aggiustamenti. Comunque questa deliberazione si pone in un filone innovativo nel modo di amministrare e di fare politica, pertanto merita il consenso del Partito repubblicano.



PRESIDENTE

L'Assessore ha udito le voci del Consiglio, ha ora la parola per la replica.



CERCHIO Giuseppe, Assessore al lavoro

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, penso che una risposta soddisfacente si avrà quando la legge sarà operativa e avrà le sue ricadute su territorio. Dagli interventi ho colto una ampia omogenita di linee su quella che è l'aspettativa nel campo dell'innovazione tecnologica, anche se non si deve dimenticare la preoccupazione, espressa dal collega Amerio del rischio di un possibile fallimento di questa normativa. Quando il piano degli interventi sarà applicato e sarà verificata la incidenza e la ricaduta sul territorio, sarà possibile, tutti insieme, essendo questa legge espressione di un voto unanime del Consiglio regionale, apportare aggiornamenti, miglioramenti, modifiche. Il piano degli interventi pu essere annualmente rivisto e riapprovato. Il coordinamento della spesa pubblica ci è imposto dalla norma, ma non è di facile soluzione. Ho già detto e confermo che non ci sottrarremo da questo impegno; entro 30 giorni daremo una risposta nella convinzione di presentare un provvedimnto della Giunta regionale, al di là della forma che potrà essere quella di una votazione, di una sollecitazione o di una dichiarazione formale ed autentica, espressione di questa maggioranza e dell'Assessore, per conto della Giunta.
La maggioranza e la Giunta chiedono tutti i conributi possibili anche all'opposizione per creare le condizioni migliori perché questa legge attraverso il piano degli interventi, abbia una buona ricaduta nel territorio. Il Capogruppo repubblicano ha già parlato dei tempi ricordando che entro il 31 marzo la Giunta precedente aveva presentato la deliberazione al Consiglio, che ai primi di aprile era stata assegnata alla Commissione competente; quindi non c'è stato un ritardo colpevole; questo tempo è stato impiegato a riscrivere in parte la deliberazione del piano degli interventi accogliendo i suggerimenti che venivano dalla maggioranza e dall'opposizione, tanto che oggi presentiamo nella sede del Consiglio regionale un piano di interventi che, al di là del problema delle commesse sul quale ho riconfermato l'impegno formale della Giunta, può far decollare la legge stessa. Mi auguro che l'approvazione possa essere la più ampia possibile; approvando il piano, la legge regionale sulla innovazione tecnologica può finalmente decollare. Siamo consapevoli che un moderno ed attrezzato apparato produttivo può reggere alla concorrenza sul mercato interno ed internazionale, contribuendo anche a salvaguardare e a sviluppare l'occupazione. Questa legge deve essere letta ed interpretata anche su questo versante. Convengo che la Regione non può svolgere il semplice ruolo di osservatore passivo, ma deve sforzarsi di intervenire per concorrere a guidare l'evoluzione dell'economia piemontese. Nonostante le poche risorse, le poche capacità e molte volte le poche titolarità in questo campo, la Regione Piemonte senza particolari velleità, senza particolari trionfalismi o pessimismi che pur qualcuno ha adombrato nell'intervento, con questa legge si realizza un tassello importante nel campo dell'innovazione tecnologica.
In questo senso la Giunta invita tutte le forze politiche a contribuire nella predisposizione del lavoro che dovrà essere presentato entro 30 giorni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Brizio per dichiarazione di voto.



BRIZIO Gian Paolo

Il Gruppo DC ha dato il suo contributo alla formulazione legislativa di questo provvedimento in Commissione dal momento della presentazione del documento, erano i primi di aprile, fino ad oggi, quindi non ho ritenuto di intervenire in aula questa mattina . Noi approviamo questo documento e approviamo le indicazioni delle priorità. Resta aperto il problema del coordinamento della domanda pubblica che, in sostanza, è il problema fondamentale. Abbiamo voluto una legge innovativa e per realizzarla ci siamo anche avvalsi dell'esperienza della Regione Lombardia. Devo dire per che è facile scrivere questo nella legge, ma è difficile concretamente realizzarlo e gestirlo. Di questa difficoltà siamo consapevoli, d'altra parte abbiamo lanciato una sfida verso noi stessi nel volerla affrontare quindi, pur con i limiti che ci saranno, mi pare debba essere percorsa.
L'impegno che l'Assessore ha assunto di portare entro 30 girni in Consiglio le prime valutazioni in proposito è rilevante. Siamo in un fase sperimentale. Anche la Regione Lombardia l'ha indicato nella legge, ma non ha fatto molto in proposito, questo significa che ha trovato probabilmente le stesse difficoltà che abbiamo noi. L'impegno che l'Assessore ha assunto a non ignorare questo problema, ma a ritornare rapidamente in Commissione con proposte e valutazioni, dovrebbe indurre il Gruppo comunista a votare favorevolmente la deliberazione e a rinunciare la formulazione e presentazione di un ordine del giorno. L'impegno dell'Assessore, a nostro avviso, non ha bisogno di essere suffragato da un ordine del giorno. Per noi è sufficiente anche perche' riteniamo che accompagnare costantemente gli atti deliberativi e le leggi con ordini del giorno finisca per essere un appesantimento non utile alla chiarezza.
E' venuta oggi la richiesta di un informativa periodica su questi pronunciamenti. Può essere un'utile indicazione, ma ritengo che non si debba eccedere.
Il nostro voto è favorevole; mi auguro che la posizione degli altri Gruppi, compreso il Gruppo comunista, che ha dato un importante contributo al dibattito su questa deliberazione nella sede competente della IV Commissione, sia analoga.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, la legge n. 56 del 1986 "Interventi per la programmazione e la diffusione delle innovazioni tecnologiche nel sistema delle imprese minori" all'art. 3 prescriveva alla Giunta regionale di presentare al Consiglio, entro 90 gg, dall'entrata in vigore della legge un piano di interventi. Sono trascorsi dieci mesi; era stata inviata in Commissione nel mese di marzo, ma l'abbiamo discussa nelle scorse settimane. Nel mese di luglio, per la verità, questo punto era stato iscritto all'o.d.g. del Consiglio, ma - strano modo di procedere - non era stato approvato in sede di Commissione.
La Giunta aveva la possibilità di farla giungere in Consiglio tempo prima, tanto più che il nostro contributo non è mai mancato, anzi, è stato sollecito e puntuale.
A me pare che la questione sia molto delicata: la Regione contribuisce a innovare l'offerta delle aziende fornitrici e produttrici di beni e di servizi, se coordina anzitutto la domanda pubblica. Non si tratta di una mole d'investimenti gigantesca, le risorse sono limitate, gli incentivi relativamente allettanti. Questi incentivi possono mobilitare crescenti risorse solo se si mette in relazione domanda e offerta, se si innova l'offerta delle aziende che producono e forniscono beni e servizi con una domanda pubblica coordinata. E' qui il punto cruciale dal quale dipende l'efficacia o meno della legge. Siccome le risorse sono limitate queste possono mobilitarne altre se si programma in un modo tale da mettere in relazione domanda e offerta, ma se questo non viene fatto si ha un bel dire che "è stato scritto". E' velleitario, è più facile a dirsi che a farsi.
Certo, governare è tutt'altro che semplice, ma dobbiamo compiere tutti insieme questo sforzo, altrimenti continueremo a parlare di coordinamento della domanda pubblica e nessuno compirà sforzi in quella direzione.
Tra l'altro, da marzo a ottobre c'era tutto il tempo per rendere la deliberazione completa, per presentarla con il programma di coordinamento della domanda pubblica. La deliberazione era pronta a marzo, però si è aspettato fino ad ottobre per presentarla con un programma incompleto. Il programma manca della parte più interessante, piùinnovativa, più cruciale ai fini del successo o dell'insuccesso della legge. C'è il rischio che la legge diventi inefficace. Non dimentichiamo poi alcuni impegni solenni assunti da questa Giunta e non mantenuti. Ne cito soltanto uno, e il Consigliere Brizio può farne fede. Ci era stato detto che non era opportuno presentare una legge per l'elezione degli organismi di autotutela degli artigiani e, al tempo stesso, una legge sulle deleghe della Regione alle Province e alle Comunità montane; ci era stato detto in Commissione ripetutamente dalle varie forze politiche che era opportuno scorporare le due questioni e che la Giunta avrebbe presentato una propria proposta di legge sulle deleghe entro il mese di aprile. E' stato il Capogruppo democristiano ad assumere solennemente questo impegno in IV Commissione appoggiato dall'allora Assessore all'artigianato, Sartoris. Siamo ad ottobre e un disegno di legge della Giunta sulle deleghe in materia di artigianato non l'abbiamo ancora visto. Anzi, vi è una legge-quadro nazionale che aspetta ancora, dopo due anni e mezzo, di essere finanziata.
Ci sono voluti dieci anni per vararla, due anni e mezzo per finanziarla, ma ahimè, i due anni e mezzo saranno molto più lunghi, perché non è stata ancora finanziata. Da questo punto di vista, quindi, il Governo nazionale e la Regione sono largamente inaffidabili. Nel chiedere, quindi, voti favorevoli, non bisogna eccedere, occorre innanzitutto mantenere gli impegni assunti; allora, a quel punto, la maggioranza avrà fatto la sua parte, e anche la minoranza.
Nell'o.d.g. della prossima riunione della IV Commissione, è iscritto questo punto: "Prime determinazioni relative all'applicazione dell'art. 6 della L.R. n. 56 del '86, sul coordinamento dell'informazione sull'innovazione". Il mondo si trasforma rapidamente, vertiginosamente. Noi facciamo una legge sull'innovazione nel dicembre '86, trascorre tutto l'87 perché dobbiamo definire i programmi e vedere come attivare lo sportello informativo per le aziende; comincerà questa legge a funzionare verso giugno o luglio del '88. Sono questi i tempi per contribuire a diffondere l'innovazione? Questi sono tempi biblici, in effetti, fuori dal mondo fuori dai processi reali.
Questo è il classico esempio di come una legge significativa possa correre il concreto rischio di finire nel peggiore dei modi, di finire per essere inattuata, ininfluente e inutile; così si affossano le leggi anche quelle più significative.
E' stato assunto l'impegno che entro 30 giorni verrà presentato un programma completo, anche della parte mancante, cioè quella del coordinamento della domanda pubblica. Se non è stato fatto in 10 mesi, si pensa di poterlo fare in 30 giorni? Questo è il motivo per cui ci asteniamo.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, non avendo altri iscritti a parlare, pongo in votazione questa proposta di deliberazione, il cui testo è a mani dei Consiglieri e verrà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvata con 26 voti favorevoli e 11 astensioni.
Pongo inoltre in votazione l'immediata esecutorietà della deliberazione, ai sensi dell'art. 49 della legge 10/2/1953, n. 62.
Chiede la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Mi rivolgo soprattutto al Presidente della Giunta per porre un problema a futura memoria. Chiedo che le votazioni per l'immediata esecutorietà siano ogni volta sorrette da una motivazione. Capisco che a volte questo attiene ad una commendevole ansia, talvolta dello stesso Presidente del Consiglio, affinché si proceda speditamente, l'opposizione però deve poter conoscere le motivazioni anche per poter assumere la propria posizione.



PRESIDENTE

La richiesta è sorretta da idonee motivazioni.
Chi è favorevole all'immediata esecutorietà è pregato di alzare la mano.
E' approvata all'unanimità dei 37 Consiglieri presenti.


Argomento: Problemi energetici

Esame ordini del giorno n. 311 dei Consiglieri Bontempi, Adduci, Bresso e Chiezzi e n. 328 del Consigliere Pezzana relativi all'elettrodotto da 380 Kw da Leinì a Piossasco progettato dall'ENEL


PRESIDENTE

Passiamo ora all'esame degli ordini del giorno n. 311 e n. 328 di cui al punto 5) dell'o.d.g.
La parola al Consigliere Chiezzi per l'illustrazione dell'ordine del giorno n. 311.



CHIEZZI Giuseppe

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, lo sapete meglio di me, noi ci dondoliamo su questi fili dell'alta tensione - 380 Kw da circa 11 anni.
Il clamore su questa vicenda è cresciuto soprattutto negli ultimi mesi, ma sono 11 anni che la Regione è impegnata su questo tema. Penso che dopo 11 anni occorra fermare questo dondolio, smetterla di galleggiare, di farsi sospendere da questi fili e che sia ora di prendere decisioni come Regione Piemonte. Per sostenere questo ragionamento, penso che la prima cosa da fare sia di rimettere i pezzi al proprio posto e di chiarire in termini sia pure molto sintetici, com'è andata la vicenda, dicendo anche con chiarezza per quali responsabilità siamo qui stasera a discutere questo tema, i segni di queste responsabilità, quelli positivi e quelli negativi.
Concluderò poi facendo delle proposte per rimuovere una situazione che io giudico di stallo.
Nel luglio '76 l'ENEL presenta al Ministero dei Lavori Pubblici il progetto di questo tracciato per una linea ad alta tensione; dal 1976 in avanti posso schematizzare due ordini di comportamento: quello della Giunta regionale e quello dell'ENEL. Se analizziamo il comportamento della Giunta regionale, notiamo che a partire dal dicembre 1976 la Giunta, di cui faceva parte l'Assessore Rivalta, inizia a scrivere all'ENEL e al Comune di Buttigliera Alta dicendo che, esaminato il progetto, la Regione è contraria al tracciato proposto dall'Enel in considerazione dei notevoli danni che la posa dei tralicci arrecherebbe all'ambiente, sia alla collina morenica di Rivoli, sia alla zona circostante, l'Abbazia di Sant'Antonio di Ranverso.
Successivamente, siamo al gennaio 1978, l'Assessore Rivalta scrive all'ENEL esprimendo un parere sfavorevole al tracciato e propone la ricerca di un'altra soluzione; successivamente il Servizio geologico della Regione Piemonte dice che dal punto di vista geologico non ritiene ci possano essere al riguardo dei problemi di stabilità. Intanto l'Assessore Rivalta continua nella sua lunga battaglia, siamo al maggio del 1983 quando ancora una volta, scrivendo all'ENEL. conferma la necessità di tutelare la collina morenica per la sua morfologia, la sua vegetazione, le sue emergenze architettoniche, per le unità tra i laghi di Avigliana e la palude dei Mareschi e sottolinea anche che c'è un piano del comprensorio di Torino, in iter all'esame della I e II Commissione, piano che dovrebbe porre attenzione alle particolarità dell'area. C'è poi un sopralluogo in zona sempre effettuato dall'Assessore Rivalta.
Nel giugno del 1984 l'Assessore Rivalta scrive ancora all'ENEL dicendo che la Regione è contraria a questo tracciato. La Regione ha ribadito dieci volte negli ultimi anni questa motivazione di contrarietà sostenendola anche con ragioni tecniche. L'Assessore Rivalta conclude dicendo che, allo stato attuale della situazione, la Regione non aveva più mezzi amministrativi per riuscire a contrastare questo progetto.
Altro elemento di interesse e di novità, considerato alla luce degli 11 anni da cui l'ENEL sostiene il proprio progetto, e' che l'ENEL (siamo nel novembre 1977) dice che è necessario definire rapidamente il tracciato e nel giugno 1978 afferma che è un'opera di primaria importanza per lo sviluppo energetico nazionale.
Nel maggio 1979 riscrive che l'elettrodotto è di vitale importanza per l'utenza di Torino e cintura; nel settembre 1979 ribadisce che possono derivare serie conseguenze nel soddisfare la richiesta di energia da parte dell'utenza e aggiunge che la linea è di capitale importanza.
Forse nessuno di noi si è accorto in questi anni del fabbisogno energetico di questa provincia! Quindi otto anni è durata la battaglia della Giunta di allora e dell'Assessore Rivalta per impedire la realizzazione in quella zona (collina morenica di Rivoli, Abbazia di S.
Antonio di Ranverso) di questa linea.
Quindi se si deve parlare di responsabilità, come ho accennato all'inizio, devo dire che siamo qui a discutere di questo problema grazie a un impegno della Giunta di allora e dell'Assessore Rivalta che hanno resistito motivatamente a pressioni dell'ENEL per effettuare il viadotto in una zona che, in modo reiterato, la Regione ha detto non essere idonea per accogliere una struttura di quel genere. Quindi per otto anni abbiamo avuto una inequivoca, limpida e duratura opposizione al tracciato di quella linea.
Ma che cosa succede nel 1985? Succedono due fatti: primo l'ENEL ottiene l'approvazione da parte del Ministero dei Lavori Pubblici del progetto; secondo fatto, il Governo attua la legge 431 che fornisce alle Regioni uno strumento in più per controllare le trasformazioni del territorio, non uno strumento generico, ma uno strumento specifico che consente all'ente pubblico di governare soprattutto in modo mirato quegli interventi infrastrutturali che possono contrastare con esigenze ambientali; è la cosiddetta legge "Galasso" che tutti conosciamo. Quindi dal 1985 in poi si apre un nuovo capitolo dal punto di vista della strumentazione a disposizione dell'ente pubblico per colloquiare con l'ENEL e sistemare definitivamente la questione dell'elettrodotto.
Analizziamo adesso la seconda vicenda di questa Giunta e la vicenda dell'Assessore Vetrino. La legge Galasso, come tutti sapete, è dell'agosto 1985. Il 22 maggio del 1986, quindi nove mesi dopo l'uscita della legge il Consiglio regionale approva un documento di indirizzi e procedure per l'espletamento dell'attività di pianificazione territoriale nei riguardi degli aspetti paesistici ambientali: la Regione ha impiegato nove mesi e mezzo, dal momento in cui aveva la possibilità di redigere dei piani paesistici, per approvare un documento di indirizzi. Evidentemente è stato un documento ben ponderato, ben pensato, evidentemente la Giunta voleva mettere in ordine tutto un mosaico di interventi, relazioni interdisciplinari tra le varie competenze degli Assessorati e ha avuto tutto il tempo per affrontare questo problema e probabilmente lo ha fatto tant'è vero che approva questo documento di indirizzi e poi, nel giro di due mesi, siamo nel luglio 1986, dà una raffica di incarichi professionali per la redazione di questi piani urbanistico - territoriali.
Nel dicembre di quello stesso anno la Giunta regionale con altra deliberazione propone di prorogare il termine di validità di quegli stessi incarichi con una motivazione che mi ha lasciato abbastanza stupito: la proroga era dovuta al fatto che occorreva determinare elementi unificanti.
Gli oggetti di quegli incarichi erano stati quindi dati, non dico allo sbando, ma senz'altro senza una meditazione sufficiente in ordine alle modalità in cui dovevano essere esperite. Motivazioni sufficienti che in 9 mesi e mezzo, da quando la Giunta aveva affrontato questo problema avrebbero dovuto essere precisate. Ma dal 1985 ad oggi abbiamo avuto tutta una serie di indicazioni dall'Assessore Vetrino sullo stato di attuazione di questa legge, la quale legge prevedeva che entro il 31 dicembre 1986 le Regioni dovevano adottare piani che consentissero misure di salvaguardia di tutela, di promozione degli sviluppi ambientali del sistema territoriale.
L'Assessore Vetrino in Consiglio regionale il 2 luglio ha presentato i risultati di questa azione, sette mesi in ritardo rispetto al dicembre 1986. Con sette mesi di ritardo che cosa ha portato in Consiglio regionale? Sette piani integrativi di cui due approvati, e due, come vedremo approvati ma non troppo; sette piani ancora in itinere; inoltre un piano quello di Torino, di cui se ne sapeva poco e non so quanto se ne possa sapere adesso perché altre illustrazioni non ne abbiamo avute.
Perché voglio soffermarmi su questa vicenda? Intanto perché è il secondo aspetto delle responsabilità in base alle quali noi stasera discutiamo e siamo ancora appesi a dondolarci a questi fili dell'elettrodotto. Se la Regione avesse rispettato la legge Galasso e i suoi termini, sicuramente noi questo problema l'avremmo già risolto: gli aspetti territoriali-ambientali sarebbero stati verificati, si sarebbe data una risposta alle comunità, si sarebbe data una risposta all'ENEL e probabilmente un altro tracciato o un'altra soluzione sarebbe già in atto.
C'è quindi un motivo specifico.
Ma perché ci troviamo in questa situazione? Dico subito che non penso sia perché l'Assessore Vetrino sia poco sensibile o poco determinata su questi problemi: questo non lo penso perché si è impegnata e qualche atto l'ha prodotto. Secondo me questa situazione è dovuta al fatto che all'interno di questa Giunta c'è chi tira da una parte e chi tira dall'altra. C'è un atto amministrativo che trovo stupendo per la sua sinteticità - fosse un romanzo parlerei di chiaroscuri veramente eccezionali - che voglio leggervi in pochissimi minuti. L'Assessore Vetrino porta due Piani, i primi due Piani territoriali in base alla legge Galasso li fa approvare; i piani esercitano la loro efficacia di salvaguardia e seguono il loro iter. Quindi, l'Assessore Vetrino ha preso due provvedimenti importanti nell'ambito della legge Galasso: l'avrà fatto in ritardo, ma dobbiamo all'Assessore Vetrino quello che è giusto.
Successivamente l'Assessore ci riprova e porta altri piani. Che cosa succede degli altri piani? Ho qui la deliberazione relativa al piano di Mondovì. Sentite queste frasi in un atto regionale. Non siamo al bar in cui diciamo come la pensiamo. Sentite come la Giunta regionale delibera su questi piani: ".., prendere atto della variante in itinere .., del piano territoriale, al fine di adeguarlo ai dettami della legge n. 431, e lo fa proprio". La Giunta che cosa fa? Riceve un documento e dice: "ne prendo atto e lo faccio proprio". Ma, a quale distanza sono situate queste due affermazioni? Insomma, i piani territoriali, frutto del lavoro degli uffici e della volontà politica di seguire le indicazioni della legge, questi atti importantissimi per il territorio giungono sul tavolo della Giunta regionale la quale con completo distacco e disinteresse ne prende atto. La presa d'atto è la traduzione dell'atto amministrativo, è priva di accentuazione politica.
In questa deliberazione da una parte si prende atto e dall'altra si dice che lo si fa proprio. Qui, secondo me, c'è l'azione dell'Assessore Vetrino - appunto per questo non dico che è di scarsa sensibilità l'attività di questo Assessore. E' un atto di volontà, un atto in cui è contenuta la volontà di possesso di un atto. Il fatto è, Assessore Vetrino che due forze uguali e contrarie si equilibrano, e una deliberazione contenente due affermazioni uguali e contrarie non va avanti, diventa inefficace, tant'è vero che l'art. 9 della legge non ha avuto efficacia di salvaguardia.
Posso anche disgiungere le responsabilità e la volontà dell'Assessore Vetrino da quelle della Giunta, ma l'Assessore Vetrino fa ancora parte di questa Giunta e allora mi rivolgo a lei, oltre che al Presidente della Giunta come interlocutore dei propri Assessori e del Consiglio in senso unitario, per dirle che si tratta di prendere atto di una responsabilità di segno negativo da parte dell'attività di tutta questa Giunta. Dopo undici anni si verifica che, sicuramente, l'elettrodotto non era così urgente, se no sarebbe successo qualcosa; sappiamo che quando le spinte dalla società dalla realtà sono forti, le cose si aggiustano. Dopo undici anni l'ENEL potrebbe anche rivedere il fabbisogno energetico; forse ci sono delle nuove tecnologie, forse c'è un'altra strada in cui passare. Noi chiediamo che accanto a questo ordine del giorno e in aggiunta a questo e a quello di Pezzana che condivido in tutto e per tutto, la Regione: prenda l'impegno di adottare un provvedimento cautelare di sospensione dei lavori in corso, in applicazione di quanto previsto dall'art. 9 della L.R. n. 56 un impegno del Consiglio verso la Giunta di approvare al piu presto questo strumento di pianificazione con un'indicazione specifica di previsione di misure di tutela nei riguardi dell'Abbazia S. Antonio di Ranverso, e dell'ambiente collinare della collina morenica di Rivoli.
Questo è un invito rivolto alla Giunta, purtroppo però sappiamo che gli impegni assunti dalla Giunta possono avere esiti negativi o positivi. Da quando ho appena detto l'impegno assunto da questa Giunta non mi lascia del tutto tranquillo; ritengo che questa questione venga assunta anche dal Consiglio regionale attraverso la sua Commissione competente alla quale il Consiglio può assegnare il compito di mettere le cose in pulito, di rifare ordine con l'ENEL. con gli aspetti sanitari e con tutte le ragioni che sono in campo in merito all'opposizione a questo progetto. Le Commissioni acquisiscano la documentazione, facciano chiarezza e nel giro di 30/60 giornoi, o quanti verranno assegnati dall'Ufficio di Presidenza, presentino una relazione.
Chiedo che questi due provvedimenti siano paralleli: la Giunta si cauteli e fermi i lavori, le Commissioni si mettano al lavoro.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana per l'illustrazione del suo ordine del giorno.



PEZZANA Angelo

Essendo stato nell'auletta per redigere il testo unificato dell'ordine del giorno sulle carceri, ho perso buona parte dell'illustrazione fatta dal Gruppo comunista dell'ordine del giorno, quindi non vorrei ripetere cose già dette anche perché sull'elettrodotto si sono fatte riunioni a tantissimi livelli e se ne è discusso molte volte in Consiglio.
Avevo fatto un notevole affidamento sulla sensibilità ambientalista dell'Assessore Vetrino, anche perché era nei suoi poteri intervenire, e m'immaginavo che la Regione, ieri alla discussione davanti al TAR. fosse presente come parte civile. Sono rimasto invece allibito nel vedere che la Regione era assente. Questo è incredibile ed è la risposta a tutte le domande che poco fa faceva anche il collega Chiezzi. Che senso ha chiedersi quale attenggiamento la Regione vorrà assumere? Secondo me questo atteggiamento vuol dire: "l'ENEL ha ragioni da vendere, ha vinto, e la Regione gli dà ampia carta bianca, quindi si comporti come crede".
Il TAR ha respinto il ricorso, quindi l'unica possibilità di bloccare l'elettrodotto è che la causa dell'8 ottobre davanti al Pretore di Avigliana, messa in atto da circa 400 cittadini di Rosta che puntano soprattutto sul problema della salute delle persone, possa avere una riuscita positiva, che non ha avuto invece di fronte al TAR.
L'Assessore Vetrino rispondeva alla mia interrogazione del 24 ottobre dell'anno scorso il 19 febbraio di quest'anno e mi diceva che non esistevano al momento vincoli di salvaguardia, e aggiungeva subito dopo che un intero paragrafo della legge Galasso riconosceva che, con la stessa legge, era possibile risollevare la questione, soprattutto nella definizione dei piani paesaggistico-territoriali. Anche qui non sto a ripetere l'ambiguità, l'ho colta nell'intervento del collega comunista e non sto a ripetere l'ambiguità delle affermazioni sulla difesa dell'ambiente, mentre dall'altra parte si agisce in tono complemetamente diverso.
"Il progetto dell'85 aveva avuto l'autorizzazione ministeriale anche se era stato redatto su scala 1:25.000". Detto in termini più semplici vuol dire che le carte del progetto approvato tendevano a servire per espropri (una scala del genere, che poteva essere comprensiva di un errore di un millimetro, significava uno spostamento di 25 metri reali sul terreno questo permetteva all'ENEL di giocare a tutto campo). Mi chiedo se l'Assessorato, dopo la rianalisi di questo progetto, non abbia riflettuto sulla malafede e sulle intenzioni reali dell'ENEL di arrivare a tutti i costi alla realizzazione dell'elettrodotto. La riprova della malafede è la mancata presenza della Regione quale parte civile nella causa davanti al TAR.
Non mi faccio illusioni, credo che la volontà di questa Regione sia quella di favorire in tutti i modi l'ENEL. a qualunque costo e a qualunque prezzo: anche alcune parti politiche, che citano sovente nomi autorevoli come quello di Galasso e che sono sinceramente preoccupate della sicurezza dell'ambiente, nel momento in cui devono concretamente dimostrare la loro volonta, dovrebbero difendere l'ambiente e non la speculazione di un grande ente come l'ENEL. Questa è la realtà. Avrei voluto fare i complimenti all'Assessore Vetrino, invece delle critiche, perché ricordo che nell'ultima assemblea a cui avevo partecipato, le parole dell'Assessore erano di spinta verso tutte le possibili azioni che potevano essere messe in atto per bloccare l'elettrodotto; sono invece obbligato a dire di essermi ingannato o di essere stato ingannato perché la Regione ha dimostrato la volontà di distruzione dell'ambiente; lo sappiamo tutti e lo sanno anche quei cittadini che si troveranno a vivere sotto un elettrodotto e rischieranno la vita o gravi malattie o menomazioni, perché la Regione non si è sentita in dovere di tutelarli. Se il Pretore di Rosta accogliendo il ricorso dei 400 cittadini, deciderà altrimenti, vorrà dire che la giustizia sarà stata fatta dai cittadini stessi, da una loro autonoma reazione di fronte all'ingiustizia della Regione Piemonte. Questa mi sembra una macchia molto grave che la Giunta regionale si porterà dietro.



PETRINI LUIGI



PRESIDENTE

Sono stati illustrati gli ordini del giorno presentati. E' aperta la discussione generale. E' iscritto a parlare il Consigliere Adduci che ha facoltà di intervenire.



ADDUCI Donato

A me spiace dover ricordare che neanche i deliberati del Consiglio regionale, assunti peraltro in modo unanime, riescono ad essere applicati e ad avere un qualche effetto pratico. Ricordo che il 5 marzo 1987, questo Consiglio regionale approvò all'unanimità un ordine del giorno presentato dal sottoscritto e dal Consigliere Ala e sottoscritto anche da altri Gruppi in cui si chiedeva all'Enel di compiere un'attenta valutazione delle argomentazioni che, a quell'epoca, i Comuni interessati all'elettrodotto avevano svolto. Questo Consiglio regionale invitava l'ENEL ad individuare gli interventi che avrebbero dovuto consentire di ridurre gli inconvenienti e di minimizzare gli impatti sul piano ambientale.
Quell'ordine del giorno è rimasto lettera morta, nulla è accaduto l'attività della Giunta non è esistita. Sarebbe stato bene e necessario accertare se l'Enel ha tenuto in considerazione le indicazioni del Consiglio regionale, se ha valutato le argomentazioni dei Comuni e le eventuali conseguenti controdeduzioni sulle possibilità alternative alla costruzione di quell'elettrodotto, almeno per minimizzare l'impatto ambientale. Di queste attività proposte non c'è stata assolutamente traccia, e questo è molto grave. Non insisto più su questo argomento, anche perché il compagno Chiezzi ha svolto un intervento puntualissimo, per molti versi brillante, ed ha fornito delle indicazioni concrete, pratiche percorribili e fattibili per porre un freno, per cercare di bloccare l'attività frenetica dell'ENEL che continua a devastare il territorio in lungo e in largo. L'ultimo intervento devastante è stato compiuto nei mesi di luglio e di agosto al Pian della Mussa - e su questo produrremo un'interrogazione - abbattendo moltissimi pini. E' un atto gravissimo opportunamente documentato da fotografie. Mi pare giusto, dunque, che il Consiglio regionale sia reso edotto egli effetti sanitari che i maxielettrodotti possono produrre. Esiste un'ottima documentazione predisposta da "Italia Nostra" da "Pro Natura" e dalla "Lega Ambiente", e mi auguro che, almeno in extremis, la Regione intraprenda qualche iniziativa (non si è costituita parte civile diceva il collega Pezzana) diretta a valutare la possibilità di intervenire davanti al Pretore di Rosta. Vedo, però, che l'Assessore alla sanità non è presente e quindi questo appello cadrà nel vuoto, come tutti gli altri. Se l'ENEL fa quello che vuole, l'Assessore Maccari faccia almeno una volta ciò che noi chiediamo e non quello che vuole l'ENEL.
E' bene comunque informare il Consiglio suglli effetti di un grande elettrodotto. La corrente elettrica che viaggia sui cavi ad alta tensione dà origine a radiazioni elettromagnetiche, il campo che genera si chiama campo "elf", la cui intensità ovviamente diminuisce man mano che ci si allontana dalla linea.
La rivista statunitense "Enveron" del novembre 1978 presenta il riassunto di 45 ricerche scientifiche effettuate da vari istituti di ricerca e università; tutte dimostrano gli effetti negativi che le radiazioni emesse dalla linee elettriche producono sugli animali e sugli uomini. In particolare esiste uno studio approfondito effettuato dai fisici Walltermer e Liser su un campione di abitanti della regione di Denver i quali vivevano presso linee ad alta tensione. Questo studio evidenziò che la frequenza dei casi di cancro era superiore alla media in quella zona tali risultati sono stati anche di recente confermati da uno studio condotto, sempre in quell'area, da un ricercatore dell'Università della Carolina del Nord, David Saviz, secondo cui la presenza di linee elettriche ad alta tensione sembra aumentare l'incidenza dei casi di leucemia fra i bambini fino a cinque volte più della media. Contemporaneamente sono a noi giunti dati allarmanti da altri Gruppi di scienziati. Esiste uno studio condotto nel Maryland, su 951 persone morte di tumore al cervello tra il 1969 e 1982. Si è rilevato che un numero percentualmente alto di morti svolgeva professioni che richiedevano un'esposizione prolungata a campi magnetici. Altri ricercatori della fondazione sulla ricerca e terapia del cancro di S. Antonio, nel Texas, hanno invece esposto a campi magnetici, di intensità paragonabile a quella provocata dalle linee ad alta tensione campioni di cellule umane cancerose ed hanno verificato che in queste condizioni le cellule cancerose tendono a riprodursi fin a 24 volte più velocemente del normale. Peraltro, senza andare tanto lontano, esiste anche in Italia uno studio condotto dal Politecnico di Torino, in collaborazione con l'Istituto Elettronico Nazionale Galileo Ferraris della nostra città e con l'Istituto di Fisiologia dell'Università, sempre di Torino, in cui si evidenziano "alterazioni, sulle cavie, all'elettroencefalogramma ed al numero di globuli bianchi nel sangue, alterazioni degne di essere studiate con maggiore impiego di uomini e mezzi".
Nel dubbio dobbiamo cercare di bloccare la costruzione dell'elettrodotto almeno fino a quando non saranno noti gli effetti negativi che potrebbero derivare ai cittadini dalle correnti elettromagnetiche: è un nostro preciso dovere.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Signor Presidente e Consiglieri, ho visto con piacere la presentazione prima dell'estate, dei due ordini del giorno, l'uno da parte dei colleghi comunisti e l'altro del Consigliere Pezzana in merito a questa vicenda, e avevo subito pensato che loro, forse più pessimisti di me, avevano fin da allora compreso che orami l'ordine del giorno richiamato da Adduci, votato il 5 marzo scorso, era lettera morta, finito, archiviato e coperto di polvere, per cui era il caso di ripartire nuovamente alla carica.
Questo tipo di ordini del giorno è necessario presentarli, riproporli più volte e continuare in questo modo. L'ordine del girno del 5 marzo non era certamente un gran che, ma era pur sempre qualcosa e io ritenevo che da quel documento potesse scaturire qualcosa di utile. Ero presente anch'io all'incontro citato da Pezzana presso la sede di "Italia Nostra", dove si erano ascoltate affermazioni che suonavano come impegno e possibilità di qualche intervento. Insomma, un segno di presenza della Regione, prima che diventasse un fantasma su questa vicenda.
Il Consigliere Chiezzi ha richiamato i piani paesistici, ha parlato della presa d'atto che ha accompagnato gli ultimi piani paesistici, ma ha dimenticato di dire che ormai si sono trasformati in presa d'atto anche i primi due che erano già stati deliberati e approvati. Il 4 agosto si è fatto un passo indietro anche su questa vicenda. E' un tipico caso in cui i Comuni e gli abitanti sono lasciati soli e la Regione non esiste. Viviamo e mi rifaccio a quanto gia' detto parlando della centrale elettronucleare di Trino - in un sistema falsamente democratico; di fatto vi è un ritorno ai sistemi feudali, chi comanda sono l'ENEL e gli altri grandi enti di Stato. Ieri, ad esempio, ci siamo incontrati con i boiardi della Sitaf. La vicenda grosso modo è la stessa, ognuno possiede il controllo su una parte del territorio; la presenza di competenze regionali, comunali, delle UU.SS.SS.LL o di altri non è altro che un intralcio, un intoppo: questo territorio è mio e quello è tuo. Si tratta quindi di concessioni. Infatti hanno tutti delle concessioni, anche il termine richiama un privilegio di tipica natura feudale. L'ENEL ha avuto il grazioso privilegio di poter fare dove meglio crede elettrodotti e altre opere pubbliche, indifferibili e di pubblica utilità. Proprio ieri, ad esempio, il Ministro Battaglia ha riconfermato che l'ENEL ha il diritto e il privilegio di costruire a Gioia Tauro. Non importa se i Comuni, le UU.SS.SS.LL. e gli abitanti sono contrari. I cittadini pensano che contro il sistema feudale vi sia il sistema della democrazia, pensano che ci sia la Magistratura - che forse è l'unica, sempre che si schieri contro i grandi enti di Stato - forse ipotizzano, esiste la Regione.
Relativamente alla Regione si può dire unicamente che è inesistente, ma si deve parlare anche di connivenza; magari si fanno delle promesse, ma poi, come ha detto Chiezzi, metà tira da una parte e metà tira dall'altra.
I campi elettromagnetici, tra l'altro, hanno poli positivi e poli negativi.
Il piano paesisitico del comprensorio di Torino credo che non verrà mai portato a termine; non avremo neanche la presa d'atto di quel piano paesistico! Mi pare poi che non si possa rinviare il tutto ad un'approvazione che avverrà tra tre o quattro anni. Una maniera ben ridicola di fermare i lavori che si possono eseguire anche a luglio, agosto e nei giorni festivi.
Stupisce, ad esempio - me lo ricordava il collega Guasso - che si debba andare a controllare un chilometro di strada di servizio, giustamente bloccato con un decreto del Presidente della Giunta regionale, quando poi qui ci troviamo a discutere di un'opera che probabilmente avrà bisogno di piùstrade di servizio, tanto per cominciare, e che avrà un impatto sanitario sul territorio e una devastazione ambientale paragonabile a quella di un'intera opera autostradale. Stupisce poi che su questi fatti si sentano sparute voci che ogni tanto agitano questo argomento. I cittadini e i Comuni erano soli davanti al TAR. e sono stati lasciati soli anche nelle discussioni nei vari Consigli comunali aperti o nelle assemblee. Ho incontrato sempre gli stessi colleghi Consiglieri, ma non ho mai incontrato gli Assessori. Così come non c'erano quando è arrivato mercoledì mattina a Givoletto l'ENEL. forte dei provvedimenti del Prefetto; c'erano le casalinghe, le uniche che non lavorano la mattina, alle nove, c'erano i sindaci di Rosta e di Givoletto, quest'ultimo costretto nelle sue pubbliche funzioni a dare seguito e corpo all'atto di imperio del Prefetto. Tutto va vanti in questo modo.
Dobbiamo anche tenere conto del fatto che questo è soltanto un pezzo dell'autostrada di elettrodotto che andrà da Moncenisio a Piossasco. I Consiglieri potrebbero, dopo quello di ieri, fare un sopralluogo anche al pezzo di elettrodotto del Superphoenix, già esistente, che scende dalla Val d'Aosta e termina a Rondissone, e si renderebbero conto che non si tratta altro che di ripetere quest'opera. All'ENEL non interessa sapere che il progetto della centrale Superphoenix probabilmente è già morto. Queste opere viaggiano autonomamente, per virtù proria, indipendentemente dal fatto che in undici anni non sono assolutamente servite, e che non serviranno nei prossimi anni; si giustificano e si alimentano da sole devono giustificare i consigli di amministrazione, le consulenze, i progetti. E' chiaro che i progetti possono essere fatti a qualsiasi scala tanto tutto si tiene insieme: l'autorizzazione verrà, quindi, si pu tranquillamente tracciare con una sola riga su un foglio, anche l'elettrodotto dal Moncenisio a Piossasco è tracciato con una riga; non c'è altro.
Su questo tema hanno parlato Chiezzi, Pezzana, Adduci, sta parlando il sottoscritto, e gli altri, quelli che determinano le maggioranze, quelli che possiedono il potere ci lasciano parlare e lasciano magari parlare qualche sindaco di paese che conta poco. Questa è democrazia? Alle interrogazioni nessuno risponde. Degli ordini del giorno che cosa succede? Non intendo aggiungere un ordine del giorno a quelli già presentati, mi domando però perché questa maggioranza non presenti un ordine del giorno in cui si dice che "preso atto del fatto che l'ENEL ha dato inizio ai lavori relativi alla realizzazione di un elettrodotto di 380 KW, Comuni ambientalisti e altri non rompano più le scatole". Questo venga almeno messo agli atti, venga detto con chiarezza ai piemontesi che al pentapartito questo elettrodotto va bene, se poi qualcuno starà male peggio per lui! Si esca con queste indicazioni chiare. Almeno ditelo che l'elettrodotto va bene! L'avete detto relativamente alla centrale elettronucleare di Trino tempo fa, ripetetevi anche questa volta. E' difficile per noi Consiglieri andare tra la gente, come ho fatto ieri a Givoletto, e rispondere a chi chiede che cosa fa la Regione, dopo aver approvato quell'ordine del giorno. Ai piemontesi quello che facciamo non interessa in generale molto, fortunatamente i piemontesi hanno cose migliori di cui occuparsi, però se un provvedimento li interessa direttamente lo conoscono.
Si faccia chiarezza, ci sia trasparenza di rapporti; si dica come il proverbio: pane al pane, vino al vino.
Se l'elettrodotto va bene, se i rischi di carattere sanitario ed ambientale non ci sono, non ci si perda in piani paesistici, in valutazioni d'impatto ambientale, in richieste di chiarimenti o cose del genere. Se invece, qualcosa non va bene, si deve solo sospendere e ragionarci sopra.
Purtroppo però non ci sono più vie di mezzo; le vie di mezzo potevano andare bene a marzo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Staglianò.



STAGLIANO' Gregorio Igor

Intendo manifestare la mia piena adesione e solidarietà nei confronti dei colleghi Chiezzi, Pezzana e Ala che si sono diffusi ampiamente sull'argomento. Spero che l'Assessore Vetrino ci risponda. Il Gruppo DP aveva presentato un'interrogazione urgentissima il 19 agosto chiedendo la sospensione immediata del progetto e l'avvio di ricerche e studi per una valutazione di impatto ambientale, nonché sugli effetti dei campi elettromagnetici. Non ci pare che si stia procedendo in questa direzione.
Siamo di fronte, signor Presidente e colleghi, all'ennesimo episodio dell'Enel che usa la Regione come materasso su cui fare i propri porci comodi. A me pare che da questo punto di vista sia una rinuncia grave sotto il profilo istituzionale nonché politico, ad esercitare il proprio potere di indirizzo, di programmazione del territorio, quindi di tutela della salute dei cittadini.
Mi fermo qui, perché altri colleghi, più ampiamente di me, hanno già detto cose che a questo punto potrei soltanto ripetere. Mi auguro che l'Assessore ci dia qualche lume.



PRESIDENTE

Non essendoci più iscritti a parlare la discussione generale, è finita.
Ha ora la parola per la replica l'Assessore Bianca Vetrino.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Chiedo scusa fin d'ora, signor Presidente, se il mio intervento sarà più lungo del solito, però la complessità e la delicatezza di questo problema meritano un approfondimento. I Consiglieri che hanno introdotto i loro ordini del giorno hanno toccato una miriade di temi e mi sembra giusto pertanto fornire informazioni, fare qualche correzione a informazioni già date, dare delle giustificazioni e soprattutto fare delle proposte.
Il Consigliere Chiezzi che ha introdotto l'argomento per il Gruppo comunista, dice che da troppo tempo ci si trastulla su questo famoso elettrodotto. Egli è partito dal 1976, ma i documenti in nostro possesso risalgono al 1974. Siamo effettivamente di fronte ad un'opera pubblica definita necessaria nel 1974 e che alla data odierna è in una fase non avanzata di realizzazione, ma non è ancora terminata.
E' altresì vero che è stata un'opera contrastata fin dal suo sorgere soprattutto negli ultimi mesi. Inizialmente, vorrei ricordare, tutti i Comuni che sorgono lungo la linea dove dovrebbe collocarsi l'elettrodotto avevano espresso parere favorevole alla sua realizzazione; soltanto negli ultimi due o tre anni, probabilmente per una maggiore sensibilità o per una maggior conoscenza di quello che questa linea avrebbre rappresentato si sono determinate delle opposizioni, anche violente, visto come si sta procedendo, che hanno via via rallentato il processo di perfezionamento e quindi la possibilità di continuare a trastullarsi.
E' sicuramente vero che la Giunta di sinistra, nella persona dell'Assessore Rivalta, aveva svolto molte azioni per fare in modo che quella linea avesse avuto un tracciato e uno sviluppo che consentisse appunto il necessario rispetto dell'ambiente. Mentre da un lato l'Assessore Rivalta scriveva quelle lettere, la Giunta regionale il 25 gennaio 1984 con un decreto del Presidente della Giunta regionale, a firma Viglione autorizzava quella linea. Quando si danno delle informazioni, bisognerebbe avere il coraggio di parlare degli atti informali, ma bisognerebbe anche parlare di quelli formali. Ci sono autorizzazioni ministeriali e autorizzazioni che via via la Regione ha dovuto dare ai sensi della legge n. 27 e delle varie altre leggi.
Non sono insensibile e non lo è la Giunta nel suo complesso la quale varie volte in questi mesi ha affrontato questo tema, non soltanto per definire una posizione rispetto al Consiglio regionale e rispetto ai Comuni, ma anche per assumere i suoi atti che essa doveva prendere, e non sono stata assolutamente insensibile all'ordine del giorno votato nel marzo del 1987. Vorrei far osservare però che l'atteggiamento delle forze politiche, dei Comuni e delle popolazioni è notevolmente cambiato nel giro di pochissimi mesi, perché quella che era una preoccupazione essenzialmente di carattere paesistico-ambientale è cambiata perché sono stati introdotti degli elementi di novità e di attenzione che non sono prioritari rispetto all'aspetto paesistico-ambientale, ma certamente sono altrettanto importanti. Il problema sollevato sul campo elettromagnetico e sulla possibilita' che queste linee possano incidere sulla salute delle persone credo siano preoccupazioni alle quali dobbiamo prestare tutta la nostra attenzione. Tratterò per primi gli aspetti paesistico-ambientali perché da questi siamo partiti e credo che attraverso questi abbiamo la possibilità di trovare una soluzione che tenga conto anche degli altri aspetti di carattere sanitario che sono venuti facendosi strada, quelli che in questo momento più preoccupano le popolazioni, di cui ogni giorno i giornali ci informano. Bisognerebbe verificare nel dettaglio quanto queste informazioni siano effettivamente corrette, se rispondono a studi o a possibilità che potrebbero verificarsi. Per esempio, la statistica di Denver non la conoscevo, conosco altre statistiche e altri studi. E' interessante, per esempio, conoscere i dati riportati dal Consigliere Adduci realtivamente a studi e a statistiche che sono stati fatti in una zona nella quale era collocata una linea di potenza superore rispetto a quella della quale parliamo.
Avrei desiderio di rispondere al Consigliere Chiezzi rispetto al tema della politica paesistico-ambientale; avremo modo nei prossimi giorni di approfondire questo tema e di fugare certe perplessità rispetto alle linee che la Giunta e' stata costretta a prendere. In questo momento la Giunta si trova nella necessità di spiegare al Consiglio regionale perché non ha potuto procedere sulle linee programmatiche che erano state approvate all'unanimità dal Consiglio. Sono intervenute sollecitazioni da parte delle Province le quali hanno rivendicato l'attuazione della legge n. 9 e quinidi un nostro intervento presso il legale ci ha consigliato di inviare i piani alle Province e di attendere, anche se non sarà vincolante, il loro parere.
Questo è il motivo di fondo per il quale l'adozione da parte della Giunta dei piani paesistici ha subito un ritardo piuttosto pesante che personalmente avverto in tutta la sua gravità e sono pronta ad assumermi le responsabilità che derivano da questo pesante ritardo.
L'elettrodotto attraversa sette aree, quelle che i progettisti hanno chiamato aree di approfondimento e che la Regione ha individuato nella redazione del Piano territoriale comprensoriale di Torino. Partendo da Leinì, incontriamo l'area n. 37 con l'altopiano baraggivo delle Vaude in parte delimitata dai corsi del Torrente Malone e Fisca. Si tratta di una zona di particolare addensamento di reperti archeologici e paleontologici.
Di seguito si propone l'area n. 29 che, pur ricca di elementi di indiscutibile valore storico, architettonico e paesistico, si caratterizza invece per la presenza dominante e per certi versi devastante della cava (miniera) di amianto dell'amiantifera di Balangero sulla quale il piano si concentra in un'ipotesi di recupero funzionale dell'ambiente.
All'altezza di Mathi l'elettrodotto devia verso sud entrando in un'altra area, la n. 36, di valore paesistico che si sviluppa su una vasta porzione della piana alluvionale della Stura di Lanzo. Si tratta di zona di interesse archeologico con particolare addensamento di reperti fossili. Da questo punto la linea prosegue attraversando alcune zone sulle quali gli studi che abbiamo effettuato si concentrano su una varietà di ricche testimonianze naturali, storiche e paesistiche sulle quali è necessario soffermarsi già in questa sede per una corretta individuazione del problema sollevato dagli interroganti.
Innanzitutto l'area n. 18, che interessa i Comuni di Val della Torre San Gillio, Givoletto, La Cassa, Varisella. I rilievi montani che caratterizzano quest'area, quantunque di modesta altimetria (M. Lera di 1371 m.), si addentrano profondamente nella pianura piemontese si' da costituire la prima cornice dell'area urbana torinese, da cui sono percepiti ed apprezzati, ed un profilo fondamentale del paesaggio subalpino. Le caratteristiche pedologiche e climatiche, per gran parte dei terreni di media pendenza, presentano scarsa o nulla attitudine all'uso agricolo ed anche modesta attitudine alla forestazione; ciò nondimeno alcune varietà e specie vegetali presentano importanti e a volte straordinarie peculiarità (Riserva Naturale integrale della Madonna della Neve sul Monte Lera per la protezione dell'unica stazione conosciuta al mondo della specie Euphorbia Gibellina).
La accentuata acclività dei terreni situati nella parte montana l'elevata aridità dei medesimi, la scarsa capacità di ricostituzione dei manti erbosi ed arborei costituisce un'intrinseca debolezza dell'area a sopportare interventi umani di trasformazione del territorio. Considerando poi il grado di incidenza che gli interventi dell'uomo provoca sugli stati naturali, in queste aree l'altissima fragilità epidermica impone particolare attenzione, cautela e lungimiranza nella progettazione di interventi strutturali ed infrastrutturali di media e grande dimensione i cui effetti, altrove recuperabili nel tempo, qui possono creare lesioni anche irreversibili.
Sono inoltre presenti, soprattutto nella fascia pedemontana e sulle prime pendici del massiccio del Monte Lera, numerose aree di interesse archeologico. Queste aree, che sono individuate in cartografia su specifica indicazione della Soprintendenza ai Beni Archeologici del Piemonte segnalano insediamenti di epoca romana, preistorica e medioevale sulle quali purtroppo non posso soffermarmi per favorire l'economia dei lavori.
Da questa zona l'elettrodotto avanza verso l'area n. 18, corrispondente allo sbocco della Valle di Susa nella pianura Padana; è particolarmente ricca di ritrovamenti e di punti di interesse archeologico, di epoca preistorica e romana. L'area presenta inoltre un notevole interesse ambientale, anche per le caratteristiche pendici del Monte Musin ecosistema particolarmente fragile sotto gli aspetti geologici e vegetazionali.
Dallo sbocco valsusino si passa all'area n. 17 della Collina morenica di Rivoli e Avigliana, sulla quale non mi soffermo perché credo che il Consiglio conosca ampiamente le ricche peculiarità di questa zona. Da quest'area si prosegue verso il terminale dell'elettrodotto di Piossasco intersecando tuttavia ancora un'area, la n. 58, che presenta tre castelli e particolari nuclei insediativi tradizionali di alto pregio ambientale.
Per tutte queste aree, individuate secondo criteri di incrocio delle diverse matrici delle indagini territoriali, il Piano comprensoriale prevede ulteriori approfondimenti di carattere conoscitivo e normativo al fine di regolamentare le innumerevoli peculiarità ambientali. E' innegabile ed evidente, anche agli occhi di chi non conosce queste zone ma che ne segua una semplice descrizione cartografica-ambientale, che le aree attraversate dalla linea Leinì-Piossasco risentiranno sensibilmente di questo insediamento. A questo riguardo, tuttavia, non vi è contraddizione rispetto ai pareri positivi espressi sia dal Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali, e quindi dalla Soprintendenza, che dalla Regione attraverso il Servizio Beni Ambientali. Essi infatti sono frutto della miglior mediazione possibile sul piano tecnico delle diverse esigenze espresse stante l'attuale impianto normativo. Si tratta, se cio è da sottolineare di tecnici e impiegati della pubblica amministrazione che costituiscono l'ossatura, anche di carattere universitario, per quanto riguarda le problematiche ambientali e culturali.
Questa contraddizione ha quindi altre ragioni. La realtà è che un'opera pubblica di queste dimensioni, con queste ricadute, necessita un approccio di carattere procedurale che tenga conto di diverse connessioni. Un esame procedurale investe e si sviluppa sugli aspetti strutturali del problema.
Questo esame si chiama "Valutazione di impatto ambientale" di cui il provvedimento legislativo e' in esame da alcuni mesi presso la Commissione competente del Consiglio Regionale.
Sovente si parla della V.I.A con fastidio pensando ad un ulteriore appesantimento burocratico. Eppure non è stata inventata un'altra strada che permetta un approfondito esame di situazioni infrastrutturali "pesanti". Nè si può pensare di appellarsi alla sensibilità del proponente l'opera, in questo caso l'ENEL. perché ogni fatto deve e può evolversi solo nella certezza del diritto, che è anche obbligo, procedura, vincolo, per quanto queste parole possano suscitare fastidio. Ma rapppresentano gli unici strumenti ad oggi disponibili.
Data questa parentesi brevissima sulla V.I.A, che non è una giustificazione ma un apprezzamento dell'operato dei tecnici alla base dei provvedimenti sinora assunti, si ricorda i fallimenti cui siamo andati incontro sia con l'ENEL sia con i Comuni interessati sia, infine, con in Ministeri competenti, per la deviazione dell'elettrodotto in alcune aree di interesse ambientale. Ciò avveniva in un periodo in cui ancora non era stato sollevato il problema di carattere "sanitario".
Sotto l'aspetto paesistico la Regione deve dunque ancora esprimere un parere per il tratto ricadente nel territorio del Comune di Rosta. A questo proposito la Regione attende dall'ENEL indicazioni alternative anche se, probabilmente - anche in questo caso - saremo bypassati dalle autorità ministeriali per opere di questa tipologia. Da qui l'urgenza di avere un quadro legislativo più coerente ed adeguato, soprattutto in vista di ulteriori opere di grande dimensioni, come, per esempio, l'elettrodotto Moncenisio - Piossasco, sul quale l'ENEL sta progettando.
Mi sembra anche giusto, in un momento come questo, di rivolgere il nostro interesse a quelli che sono gli aspetti di politica energentica. Da alcune parti viene fatto osservare che questo elettrodotto lo stiamo aspettando da undici anni e finora non ci è mancato; occorre vedere se ci mancherà in futuro.
In merito alla utilità tecnica o meno dell'elettrodotto, la ricerca intrapresa dall'Assessore all'energia, sulla quale il collega Cerchio potrà fornire ulteriori ragguagli nel corso del dibattito, è partita dalla argomentazione evidenziata da alcuni interroganti nonché dall'Associazione Italia Nostra, secondo la quale la disponibilità di energia elettrica a valle della stazione di Leinì è assicurata da una rete di trasmissione a 220 Kw e da un'altra rete a 132 Kw, alimentate direttamente da grandi impianti idroelettrici dell'AEM e dello stesso ENEL.
In aggiunta a queste due linee alla stazione di Leinì giunge energia attraverso la rete di trasmissione a 380 Kw dal nodo di Rondissone.
Questi collegamenti, secondo gli interroganti, sarebbero sufficienti in condizioni normali, ad assicurare in modo ampio l'alimentazione di tutta l'area a nord di Torino che dipende dalla stazione di Leinì; anche se si conferma che in condizioni di emergenza potrebbero verificarsi disservizi di poca entità.
Da parte ENEL si afferma invece che la costruzione della linea Leinì Piossasco è necessaria in primo luogo perché assicura alla stazione di Leinì una seconda alimentazione dalla rete a 380 Kw, garantendo così la sua alimentazione anche in caso d'interruzione dell'attuale unico collegamento a 380 Kw. In secondo luogo perché il nodo di Piossasco risulta il punto in cui si concentrano le maggiori quantità d'energia elettrica: vi affluiscono la produzione termoelettrica di Vado non assorbita dalla Liguria, le produzioni degli impianti idroelettrici della Val Gesso e del Moncenisio nonché le importazioni dalla Francia destinate alla copertura del deficit regionale. Per contro i collegamenti di questo nodo con le aree di carico risultano inadeguati e di capacità limitata.
La disponibilità del nodo di Piossasco è inoltre destinata in futuro ad accrescersi; infatti l'ENEL e l'Electricite de France hanno firmato nel novembre 1986 una convenzione per la costruzione di un nuovo elettrodotto a 380 Kw tra la stazione francese di Grand-Ille e Piossasco, al fine di aumentare gli scambi di potenza fra i due enti elettrici e l'elettrodotto cui ho già accennato precedentemente e di cui anche qualche Consigliere ha parlato.
Alla luce di questi fatti, secondo l'Enel, la linea Leinì-Piossasco appare quanto mai indispensabile e risponde alla duplice esigenza di assicurare la seconda alimentazione a 380 Kw alla stazione di Leinì e di rafforzare i collegamenti tra il nodo di maggior disponibilità (Piossasco) e le aree di carico.
Alcune riflessioni di carattere generale sull'entità del bilancio elettrico piemontese contribuiranno a far più luce sulle contrastanti posizioni appena esposte.
E' noto che il bilancio elettrico produzione/richiesta del Piemonte risulta considerevolmente deficitario. Nel 1985 l'energia elettrica richiesta dalla rete piemontese è stata di 17.932 Gwh, mentre la produzione netta destinata al consumo è stata di appena 7.660 Gwh.
Ne è così risultato un deficit di 10.254 Gwh che equivalgono in termini percentuali al 57,2% della richiesta. In valore assoluto il deficit elettrico del Piemonte è quindi superiore all'intera produzione regionale.
In altri termini, nemmeno raddoppiando la produzione attuale, il Piemonte arriverebbe ad essere autosufficiente.
Il raddoppio della produzione attuale è comunque assai poco probabile se si considera che la costruzione di nuovi impianti in Piemonte, come nel resto del Paese, è praticamente bloccata per i noti problemi che hanno determinato la necessità di revisione del Piano Energetico Nazionale.
I dati a consuntivo del 1986 (non ancora resi pubblici) e quelli più recenti dei primi mesi di quest'anno indicano come la richiesta di energia elettrica sia in continua ascesa. Per contro la produzione è destinata a rimanere ferma ai livelli degli scorsi anni.
Per far fronte alla continua crescita della richiesta, il Piemonte sarà costretto nei prossimi anni ad aumentare la propria domanda d'energia all'esterno: dalle regioni confinanti che hanno superi di produzione e in maggior misura dall'estero, forse dalla Francia.
I superi di produzione nazionale saranno sempre più ridotti, vista la continua crescita dei consumi interni, e costituiscono in ogni caso un fatto limitato a poche regioni: il bilancio elettrico nazionale presenta un deficit che nel 1985 è stato di 23.669 Gwh, pari a poco più del doppio del solo deficit piemontese.
La copertura del deficit nazionale avviene con il ricorso all'importazione di energia dai Paesi confinanti e in misura prevalente come dicevo - dalla Francia.
La dipendenza dall'energia elettrica importata dall'estero è per il Piemonte, regione di confine, un dato ormai consolidato e oggi esistono buone ragioni per prevedere che tale dipendenza è destinata ad accrescersi nel futuro.
Sotto questo aspetto la linea Leinì-Piossasco risulta tecnicamente necessaria in quanto, aumentando la capacità di trasporto della rete regionale a 380 Kw, consentirà un più agevole smistamento ai centri di consumo dell'energia elettrica che arriva al nodo di Piossasco proveniente in buona parte dalla Francia.
Detta linea, come evidenziato dallo stesso ente di Stato, diventerà in futuro indispensabile poiché, con la realizzazione degli accordi con l'ente elettrico di Francia volti a incrementare gli scambi di potenza, si verificherà un ulteriore aumento della disponibilità di energia elettrica nel nodo di Piossasco.
Dal punto di vista locale, la validità tecnica della linea non sembra possa essere messa in discussione. Essa renderà più sicura di quanto non lo sia oggi l'alimentazione della zona nord di Torino, che dipende dalla stazione 380/132 Kw di Leinì. Una seconda alimentazione a 380 Kw non potrà che renderne più affidabile e continuo l'esercizio. Tanto più che in caso d'interruzione dell'attuale unico collegamento a 380 Kw potrebbero verificarsi disagi operativi sia pure di lieve entità.
Sotto questo aspetto la linea risponde quindi al principio tecnico di garantire la sicurezza e la continuità della fornitura di energia elettrica alle utenze, normalmente adottato nella costruzione delle reti elettriche.
Di certo la situazione oggi non presenta caratteristiche critiche immediate che richiedano una particolare urgenza d'intervento, anche perch non risulta si siano mai verificate situazioni eccezionali tali da provocare disservizi nella fornitura alle utenze. Però il giorno in cui per cause eccezionali ed imprevedibili, si dovessero verificare tali disservizi, la richiesta di una seconda alimentazione a 380 Kw della stazione di Leinì verrebbe sicuramente avanzata da più parti.
Grande importanza, e insisto come ho insistito fin dall'inizio, hanno gli aspetti sanitari.
Le popolazioni interessate dal passaggio aereo della linea in prossimità di nuclei abitati hanno con vigore sottolineato la necessità di chiarire, con una valutazione preventiva, se la linea potrà o meno provocare danni alla salute dei cittadini e degli animali che vivono all'interno del campo elettromagnetico generato dall'elettrodotto.
Non per consolarci, nel caso queste affermazioni fossero malauguratemente esatte, ma occorre dire che questo è un impianto ampiamente consolidato nel mondo; sono piùdi trent'anni che si costruiscono delle linee di questo tipo, la prima linea a 380 Kw fu posta in esercizio nel 1952. Al 31/12/85 in Piemonte ce n'erano già 680 km, in Italia ci sono 6.750 km, nell'Europa occidentale ce ne sono 62.000, nel mondo ce ne sono 160.000. Spero che non esista un reale nocumento, altrimenti dovremmo preoccuparci seriamente.
Nonostante questi studi, si continua a pensare ad impianti anche piùpotenti. Negli Stati Uniti, nel Canada, in Brasile e in Polonia ci sono diverse migliaia di km di linee a tensione compresa fra i 750 e gli 800 Kw in Russia sono state costruite delle linee a 1.150 kw per circa 800 km. Tra l'altro, si pensa di aumentare la potenza per correggere il danno d'impatto ambientale.
L'aumento della tensione corrisponde non solo ad una soluzione adeguata alla maggiore potenza da trasportare, ma permette anche un sensibile risparmio di territorio occupato e quindi un limitato impatto globale sull'ambiente.
Quindi quello che andiamo a decidere può avere una rilevanza in assoluto non soltanto relativamente al problema del quale ci stiamo occupando, in particolare il problema di Leinì-Piossasco.
L'Assessorato alla sanità ha già da tempo attivato una convenzione con la sezione di Fisica del Laboratorio di sanità pubblica dell'USSL n. 40 di Ivrea in materia di dosimetria e valutazione degli effetti sanitari dei campi elettromagnetici e radiofrequenze a microonde in ambienti di vita e di lavoro.
Tale convenzione ha prodotto interessanti studi in materia arrivando a definire l'idonea procedura per la corretta valutazione dosimetrica dei campi elettromagnetici e ha altresì definito le variabili che consentono di valutare gli effetti biologici sulla salute degli esposti a campi elettromagnetici.
Le variabili definite sono: la densità di potenza - incidente la frequenza del campo elettromagnetico - incidente la massa del corpo e delle sue dimensioni lineari le condizioni di polarizzazione del campo elettromagnetico la distanza del corpo oggetto di radiazione rispetto alle superfici riflettenti.
Da questa analisi si evidenzia la difficoltà nel definire preventivamente i livelli di esposizione ai rischi provocati su organismi viventi da un campo a microonde generato dall'elettrodotto Leinì-Piossasco.
A questo fine, si attiverà il laboratorio di Ivrea per avere in tempi brevi la stima presunta dei danni alla salute dei cittadini e degli animali sulla base della documentazione tecnica trasmessa dall'Enel.
L'indeterminatezza dell'aspetto sanitario, secondo quanto comunicato dal collega Maccari, è certamente l'aspetto ad oggi piùpreoccupante della questione che stiamo affrontando.
Oltre all'USSL di Ivrea, la Giunta procederà nei prossimi giorni ad aprire una consulenza, si era parlato in un primo tempo con l'Istituto Galileo Ferraris, la stessa "Italia Nostra" dava questa indicazione, ma credo che anche l'Istituto di Medicina Legale sia in condizione di fornirci interessanti precisazioni a questo riguardo, per approfondire ulteriormente la problematica con studi sulla zona interessata dall'elettrodotto. Sulla base dei risultati di queste indagini tecnico-scientifiche potremo assumere un orientamento piùpreciso e determinato rispetto alla complessità della questione. Risultati che appena saranno noti saranno frutto di una comunicazione al Consiglio, eventualmente da parte dell'Assessore Maccari.
In questo senso la Giunta e il Consiglio potranno assumere con proprietà le decisioni di merito.
Questo argomento va anche ad incidere su aspetti riguardanti la protezione civile; per esempio l'altezza dei pali può non consentire, in casi di calamità, l'atterraggio in modo idoneo agli elicotteri. Anche a questo riguardo l'ENEL ha fornito assicurazioni di aver rispettato le poche norme che a questo riguardo esistono.
L'altro aspetto che va evidenziato riguarda gli aspetti giuridico legali. Pur dovendo tenere nella massima considerazione la proposta che viene fatta da parte dei Consiglieri di opposizione di adozione di provvedimenti, ai sensi dell'art. 9 della L.R. 56, mi sembra problematico prevedere questa soluzione in termini immediati e spiego perché. Quando la Giunta ha sentito l'esigenza di invocare l'art. 9, lo ha fatto. L'ha fatto con Pragelato, che il collega Ala ha voluto ricordare, e il provvedimento è stato idoneo tant'è vero che non più tardi di qualche giorno fa il TAR ha dato ragione alla Regione contro la ditta ricorrente e il provvedimento di sospensione dei lavori è stato ritenuto pertinente ed opportuno. Queste sono le parole del TAR.
A fronte delle autorizzazioni, che innanzitutto sono ministeriali, e degli oneri conseguenti sostenuti dall'ENEL (la previsione del costo per l'impianto è attorno ai 20 miliardi; i lavori eseguiti finora dall'ENEL costano circa 10 miliardi), la Regione si troverebbe in una situazione di duplice complicanza legale. Innanzitutto si attuerebbe un provvedimento inibitorio verso lo Stato, e in particolare verso il Ministero dei Beni culturali ed ambientali che ha fornito le necessarie autorizzazioni provvedimento che, alla luce del rapporto instaurato della legge 431/85 potrebbe comportare una rivalsa dell'ENEL sulla Regione, oltre ai dubbi di legittimità del provvedimento. L'ENEL potrebbe rivalersi economicamente sulla Regione per il danno provocato nel blocco dei lavori, naturalmente sulla base di un provvedimento adottato a fini e per scopi territoriali e paesistici. Finora l'art. 9 è stato invocato per garantire gli aspetti territoriali e paesistici, poi possiamo ampiamente estendere il concetto alla tutela ambientale in senso lato. Al contrario, nell'eventualità che indagini tecnico - scientifiche dimostrino la conclamata pericolosità dell'elettrodotto per le popolazioni locali a causa degli effetti del campo elettromagnetico, la Regione, ma anche i Comuni (il Sindaco e l'autorità sanitaria del Comune) potrebbero assumere provvedimenti volti a garantire le sicurezza igienico-sanitarie delle popolazioni. Ritengo a questo proposito evidente che, nel caso si verificasse quanto supposto, è probabile che le stesse autorità ministeriali, in primo luogo sanitarie interverrebbero per un chiarimento definitivo della vicenda.
Sul piano legale, si registra inoltre la presentazione di quattro ricorsi al TAR. proposti da Agnese ed altri, dal Comune di Val della Torre dal Comune di Caselette e dal Comune di Givoletto, con cui viene impugnato il decreto del Prefetto di Torino n. 410 bis del 13/7/1987, che ha autorizzato l'occupazione d'urgenza, per cinque anni, a favore dell'ENEL di terreni necessari alla realizzazione dell'elettrodotto, nonché gli atti prodromici, sempre emanati dall'amminstrazione statale competente. Con i ricorsi predetti è stata proposta istanza di sospensione degli atti impugnati, istanza che risulta essere stata esaminata dal TAR nella camera di Consiglio di ieri, con esito negativo. Di conseguenza il decreto prefettizio indicato rimane operante consentendo all'ENEL di immettersi nei terreni per avviare i lavori.
Non essendo i ricorsi rivolti contro provvedimenti regionali, non ci siamo costituiti in giudizio davanti al TAR.



MAJORINO Gaetano

Si poteva intervenire, perché il risultato era di ottenere la sospensione.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Io non ho detto che il risultato fosse di ottenere la sospensione. Ho cercato di sintetizzare la mia risposta, anche se evidentemente il problema potrebbe dar luogo a dibattiti assai più ampi e a informazioni maggiori rispetto a tutta la problematica, non per niente stiamo parlando di un'operazione che risale al 1974.
Il Consiglio regionale ha sicuramente di fronte a se' questo impegno che è partito dagli ordini del giorno dei Consiglieri del PCI, di Ala, e da una decina di altri provvedimenti precedenti; c'è addirittura una lettera del Consigliere Pezzana a supporto della sua interpellanza. Quindi non c'è disattenzione su questo problema, ma una preoccupazione da parte di tutti.
Dobbiamo impegnarci ad avviare rapidamente la proposta di Piano Territoriale Comprensoriale che è pronta e che la Giunta dovrà inviare alla Provincia per il parere di competenza; successivamente ritornerà alla Giunta per la sua adozione e quindi alla Commissione per la proposta.
Credo che la via per la soluzione di questo problema si trovi attraverso il Piano Territoriale Comprensoriale. Nondimeno occorrerà sollecitare ancora una volta l'ENEL a ripresentare il tratto di Rosta che sotto il profilo ambientale, è quello che presenta le maggiori peculiarità.
In questo momento occorrerebbe anche un impegno da parte del Consiglio regionale ad affrontare in termini definitivi il progetto della valutazione di impatto ambientale. Credo sia anche necessaria una nostra sollecitazione al Ministero dell'industria e ai Ministeri dell'ambiente e dei beni culturali e ambientali affinché, in attesa che il decreto sulle prime procedure atte alla valutazione di impatto ambientale venga attuato emanino delle direttive e chiari orientamenti per l'introduzione di studi di carattere operativo sulle pecualiarità e sui valori ambientali nella progettazione delle opere della Regione, ma anche nella progettazione delle opere degli enti di Stato. Stiamo parlando di opere dell'ENEL. La Giunta dovrà fare uno studio sulle conseguenze sanitarie dovute alla presenza di campi elettromagnetici per linee elettriche sul territorio piemontese rivolgendosi agli specialisti del settore, che possono essere il Politecnico, l'Istituto di medicina legale, l'Istituto Galileo Ferraris, il Laboratorio di fisica della Unità sanitaria di Ivrea.
Credo sia questo l'impegno che potrà assumere il Consiglio al termine di questo dibattito.
Rifiuto l'accusa di non attenzione da parte della Giunta a questi problemi. Abbiamo probabilmente ritardato a parlarne in Consiglio reginale ma nel frattempo abbiamo lavorato alla preparazione di questa informazione abbiamo tenuto con l'ENEL i contatti necessari per convincere, per quanto possibile, a fare lavori tali da non compromettere altre soluzioni soprattutto nei territori rispetto ai quali le autorizzazioni non sono state date. Ritengo che la Giunta abbia svolto il suo ruolo, sollecitata certamente da una serie di intenti e di interessi vivaci che, proprio per questo, la preoccupano.



PRESIDENTE

La discussione si chiude qui. Dobbiamo ora passare alla votazione dei diversi ordini del giorno. Comunico che, oltre ai due ordini del giorno n.
311 e 328, sono stati presentati altri due ordini del giorno n. 360 firmato dai Consiglieri Bontempi, Chiezzi, Adduci, Bresso, Guasso, Majorino, Ala e Pezzana e n. 361 firmato dai Consiglieri Brizio, Marchini, Ferrara Strobbia e Rossa. Tali ordini del giorno devono essere posti in votazione secondo l'ordine di presentazione, a meno che si voglia concordare un testo unico o cercando un punto di incontro o rinviando l'argomento alla competente Commissione.
Chiede la parola il Consigliere Rossa. Ne ha facoltà.



ROSSA Angelo

Signor Presidente, ho chiesto parola per una questione procedurale.
Siccome ho un impegno a cui non posso rinunciare, e poiché sono relatore sul disegno di legge relativo ai contributi per le gravi calamità atmosferiche alle infrastrutture agricole, provvedimento urgente che la Commissione ha licenziato con parere favorevole, chiedo, nel caso questo disegno di legge venga messo in discussione, di dare per letta la relazione.



PRESIDENTE

Ne prendiamo atto.
Ha chiesto di parlare il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

E' inutile che sugli ordini del giorno sull'elettrodotto si torni una volta in più. Il Consiglio ha tante questioni all'ordine del giorno eliminiamole e passiamo ad altro.
Il mio ordine del giorno lo considero un'integrazione a quello presentato dai Consiglieri Majorino, Ala e Bontempi; possono essere insomma unificati. Dal punto di vista procedurale noi presentiamo questo ordine del giorno e chiediamo di porre in votazione anche quelli presentati nei mesi di giugno e luglio. Sentito l'ordine del giorno della maggioranza, mi riservo una dichiarazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il Consigliere Pezzana. Ne ha facoltà.



PEZZANA Angelo

Anchéio accetto che al mio ordine del giorno, che è molto simile a quello presentato dal Gruppo comunista, venga aggiunto quanto è contenuto nell'ordine del giorno a firma Majorino, Ala e Bontempi, che riprende l'informativa data della causa di fronte al Pretore di Avigliana il 9 ottobre. Se la Giunta si sente chiamata in prima persona a difendere i cittadini della Regione ha un'ultima occasione per poterlo fare. Quindi non ritiro il mio ordine del giorno e lo integro con quello presentato dopo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Ritengo sia necessario e urgente votare in serata l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Chiezzi, integrato da quello di Bontempi, Ala, e sottoscritto da me, perché si richiedono dei provvedimenti d'urgenza. Il primo è quello di sospensione dei lavori, ai sensi dell'art. 9 della 56 sul quale l'Assessore Vetrino aveva già motivatamente esposto le proprie perplessità, non condivisibili da parte nostra. Si tratta di un ordine del giorno nel quale si chiede, quanto meno, che la Regione, la quale ha ritenuto di non intervenire, "ad adiuvandum", davanti al TAR. intervenga in quella procedura, cui hanno accennato i Consiglieri Chiezzi, Pezzana, Ala che pende davanti al Pretore di Avigliana e che verrà chiamata all'udienza del 9 ottobre, con la quale si chiede quel provvedimento d'urgenza previsto dalla legge processuale, di sospensione dei lavori onde evitare danni gravi e irreparabili. E' un provvediemento che non può provocare responsabilità per danni eventuali; dovesse in futuro rivelarsi non fondato, è consentita una sospensione cautelare che permetterebbe a sua volta di fare quegli approfondimenti sulla materia cui ha accennato lo stesso Assessore Vetrino.
Quindi, questo ordine del giorno, nelle due parti che alternativamente chiedono la sospensione o per volontà della Regione o per ordine del Pretore, da sollecitarsi anche da parte della Regione, va votato in serata.



PRESIDENTE

Chiede la parola il Consigliere Picco. Ne ha facoltà.



PICCO Giovanni

Credo sia opportuno considerare la complessità delle argomentazioni che l'intervento dell'Assessore Vetrino ha esposto al Consiglio, per evitare l'illusione che con un'affrettata votazione di un ordine del giorno, sia pure con un pronunciamento abbastanza preciso qual è quello sollecitato dall'ordine del giorno sottoscritto dai Consiglieri Bontempi e Ala, poi ripreso dalla proposta Majorino, questa vicenda possa avere una compiuta conclusione.
Si tratta di confrontarsi con questo appuntamento di carattere procedurale rispetto alle varie vicende, ma si tratta anche di assumere su questo provvedimento una posizione chiara e una serie di impegni precisi che, come ha già accennato l'Assessore, richiedono, al di là degli approfondimenti, una visione di percorsi molto precisi.
Se debbo esprimere la mia opinione, non avendone avuta la possibilità precedentemente, confesso che siamo di fronte a rivendicazioni che non attengono solo alla coerenza degli atti amministrativi di precedenti Giunte o Presidenti di Giunte; se così fosse, dovremmo azzerare non solo la portata di provvedimenti citati dall'Assessore, ma forse non so quante altre deliberazioni. Credo che siamo di fronte, invece, ad un'evoluzione come giustamente ha sottolineato l'Assessore Vetrino; nella definizione delle procedure normative della Regione, non dobbiamo solo cercare fughe in avanti pensando che la definizione di certe procedure, quali quelle della verifica dell'impatto ambientale, siano di per sè risolutorie di questi problemi. Sono procedure e aspetti complessi che devono essere affrontati immediatamente, però proprio nel momento in cui stiamo per mettere a fuoco un provvedimento legislativo, come il disegno di legge n. 233 che potrebbe dare una risposta politica adeguata rispetto a procedure che investono le opere pubbliche, un provvedimento legislativo che attesti anche la magistratura, non di fronte a dei comportamenti emotivi delle forze politiche e degli organi istituzionali, ma a comportamenti normati e disciplinati da una legge ben precisa.
Non voglio dilungarmi perché su questo argomento tutti si sono già espressi. Sono anch'io personalmente molto preoccupato del fatto che a suo tempo i campi magnetici non siano stati considerati come una realtà effettiva, ma solo come una realtà probabile; mentre tutti sappiamo che i campi magnetici esistono, che sono dannosi, che però devono trovare dei contemperamenti rispetto ad esigenze economiche e di infrastrutture comunque possono coesistere con l'ambiente in determinate condizioni.
Siamo di fronte ad una infrastruttura che purtroppo si è conclusa in tempi abbastanza recenti con un atto della Regione che non ha considerato a fondo gli aspetti che oggi unanimemente vengono riconosciuti di rilevante interesse, almeno per quanto riguarda la salute dei cittadini. Siamo quindi di fronte all'esigenza di assumere nelle leggi e nelle norme dei comportamenti non soltanto emotivi ed emozionali.
Per queste ragioni l'ordine del giorno delle forze politiche di maggioranza si differenzia rispetto all'ordine del giorno delle forze di opposizione; è un atteggiamento più responsabile che non vuol eludere la problematica, che sollecita nella sede opportuna, che credo sia la VII Commissione, fin da martedì prossimo, un esame preciso di questo argomento.
In questo caso, la nostra credibilità avrebbe una ragion d'essere maggiore che non le richieste che, per quanto motivabili anche sotto il profilo giuridico, rischiano di impattarsi a fronte di ulteriori appuntamenti giuridici che certamente troveranno di fronte istituzioni e cittadini rispetto all'Enel.
Se non c'è accordo per sospendere le votazioni, si voti. Si sappia che questo atteggiamento distinto comunque non sottintende insensibilità o volontà di non considerare la gravità del problema, si sappia inoltre che da parte delle forze di maggioranza e del Gruppo della DC vi è l'interesse ad affrontare questo argomento dal punto di vista normativo, fin dalla prossima riunione della Commissione per ribaltarlo in Consiglio non appena il tema sarà maturo e la Giunta sarà pronta a presentare il provvedimento relativo. Questo atteggiamento e questa volontà corrispondono complessivamente ad un comportamento che ci auguriamo e auspichiamo concorra comunque ad ottenere finalità comuni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Capisco il richiamo al buon senso fatto dal collega Picco. Devo per ricordare che nel testo del documento 242 approvato all'unanimita il 5 marzo (quindi non è un fatto emotivo perché sono problemi di cui discutiamo da mesi) si parlava già del rilevante impatto sanitario. Quindi non è che improvvisamente ci si è accorti che i campi elettromagnetici sono dannosi alla salute.
Visto che l'ultima carta per poter bloccare questo progetto è la sentenza che il Pretore di Avigliana emetterà il 9 ottobre, chiedo che almeno l'aggiunta che ha proposto il Consigliere Majorino venga votata perché è la spia che ci permette di capire se la Regione ha intenzione o meno di intervenire. Il rinvio in Commissione significherebbe superare il 9 ottobre; se però la Giunta ha questa volontà, "ad adiuvandum", pu dimostrarlo il 9 ottobre dando peraltro al Pretore un incoraggiamento attraverso la propria presenza istituzionale di fronte ad una potenza come l'ENEL. Non dimentichiamo che ENEL prevede e ENEL provvede.
Chiedo che il Consiglio si esprima per dare un'indicazione alla Giunta da questo vota si vedrà se la volontà, non emotiva, ma molto meditata, c'è effettivamente o se sono solo parole.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Chiezzi. Ne ha facoltà.



CHIEZZI Giuseppe

Condividiamo le proposte del Consigliere Pezzana.
All'ordine del giorno presentato dalla maggioranza daremo voto contrario perché non aggiunge nessuna decisione a quanto è stato detto sino a ieri, mentre è importante questa sera dire qualcosa di nuovo e fare chiarezza rispetto ad una vicenda che si è trascinata troppo a lungo.
L'ordine del giorno della maggioranza è un polverone che continua a ripetere le solite storie dette in questi ultimi mesi senza produrre nessun atto concreto.
Da questo dibattito sono venute fuori tre cose semplicissime e chiare pur nella complicazione della vicenda: non c'è nessuna urgenza di costruire l'elettrodotto, e l'ha detto anche l'Assessore Vetrino. Vogliamo prendere atto che dopo undici anni siamo di fronte ad un problema che non è urgente nella sua realizzazione? La questione non è semplice perché ha degli aspetti interdisciplinari complessi. Per esempio la questione dell'energia: quanta ne abbiamo, quanta ne consumiamo, dove la compriamo, dove la generiamo, come la trasportiamo? Questo elettrodotto è proprio necessario? L'ENEL per 6/7 anni ha detto che serviva per fare un anello attorno a Torino e poi ad un certo punto ha detto che serviva a portare la futura energia da Albertville a Piossasco.
L'ENEL. in presenza di una Regione che continua ad essere indecisa, che continua a scaricare le responsabilità in altre sedi, si comporta come un rullo compressore che va avanti. L'ENEL è uno di quegli organismi che ha i soldi, ha le procedure, ha i tecnici, quindi si risolva i problemi. La seconda questione, quindi, tratta di procedure e di problemi complessi.
Per fare chiarezza, a questo punto, deve lavorare il Consiglio e non solo più la Giunta che ha la sua sfera di influenza.
Per rispondere al primo problema, chiediamo che la Giunta sospenda i lavori, assuma il provvedimento in base all'art. 9 della L.R. 56, così da dare fiato al Consiglio regionale.
Sul secondo problema, trattandosi di problemi non semplici, chiediamo che la Giunta dia mandato alle Commissioni di esaminare il problema raccogliere le informazioni necessarie in tempi rapidi.
In questo ordine del giorno si dice: ".., s'impegna ad avviare l'esame della proposta di piano territoriale comprensoriale...". Questo impegno l'avete già assunto nel mese di luglio, tra l'altro, detto in questo modo non dà nessuna sicurezza. L'Assessore Rivalta ha richiesto ripetutamente all'ENEL di presentare una variante di progetto, tuttavia l'ENEL ha sempre tirato dritto e adesso l'Assessore Vetrino lo chiede nuovamente. Questa è acqua fresca per l'ENEL. la quale risponderà come tutte le altre volte.
L'ordine del giorno evidenzia poi la necessita della valutazione di impatto ambientale. Qui in parte sono d'accordo con il Consigliere Picco e cioè scarichiamo su un atto non ancora idoneo a produrre degli effetti, lo studio della valutazione dell'impatto ambientale, la risoluzione, la panacea di tutti i mali. Si porti avanti il disegno di legge di valutazione d'impatto ambientale, si porti velocemente in Commissione, si adotti in Giunta, ma questo è un altro discorso; questo vuol dire che nel momento in cui l'iter della valutazione di impatto ambientale sarà concluso, avremo un'altra possibilità di intervenire; intanto usate la possibilità che è data dall'art. 9 della L.R. 56.
Nell'ordine del giorno della maggioranza si legge: "...richiede al Ministero dell'industria, di concerto con i Ministeri... di emanare una direttiva in attessa del decreto sulle prime procedure atte alla valutazione dell'impatto ambientale." Da un lato dite che occorre subito la valutazione d'impatto ambientale poi però vi accorgerete che manca una legge nazionale, allora, nel comma seguente, dite che il Ministero dovrà dire e dovrà fare. Non facciamo della valutazione di impatto ambientale una foglia di fico per le inerzie di oggi.
Sono d'accordo di impegnare la Giunta regionale alla realizzazione di uno studio... , ma è solo uno degli elementi che compongono il mosaico dei problemi dell'elettrodotto. Perché enuclearlo dal contesto naturale? Il contesto naturale è che una Commissione con competenze interdisciplinari esamini in modo complessivo e contemporaneo tutti i problemi e tragga delle conclusioni definitive nel giro di qualche mese.
Noi quindi voteremo contro questo ordine del giorno e voteremo a favore dei nostri ordini del giorno presentati e integrati.
Sentiremmo con molto piacere una risposta da parte della Giunta.



PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare il collega Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente e colleghi Consiglieri, la maggioranza ha predisposto un documento in linea con le dichiarazioni dell'Assessore, che ritiene puntuali, approfondite e problematiche, ma anche molto umili. Le certezze che qui vengono avanzate ci sembrano carenti di senso dell'istituzione. Lo dico con grande franchezza.
Cari amici, se è vero quello che dite, ed io temo non lo sia, il problema non è di un elettrodotto che si deve costruire e che entrerà in esercizio fra sei o sette anni, ma è relativo a elettrodotti di maggiore potenza che passano sui centri abitati, per esempio su quello della Valle di Susa.
Ecco allora che la Giunta vuole andare a fondo su questo problema valendosi dell'apporto della cultura e della ricerca, per capire in che misura questi elettrodotti sono accettabili. Il problema non riguarda solo questo elettrodotto, ma riguarda tutti gli elettrodotti di maggiore potenza. Quindi, questa preoccupazione, se si estende a tutta la rete degli elettrodotti piemontesi, in qualche misura è scollegata dall'immediatezza della decisione in ordine alla sospensione per quanto attiene agli aspetti sanitari. Perché, se le cose stanno così (e io spero non stiano così), il primo provvedimento da assumere sarebbe quello dell'interruzione del funzionamento dell'elettrodotto del Moncenisio più che l'inibizione della continuazione dei lavori dell'elettrodotto Piossasco-Leinì, che non sara' funzionante che fra qualche anno. I bambini della Val Cenisia in questo momento corrono rischi di leucemia, ma fin quando si getta del calcestruzzo nelle piattaforme e si tirano dei cavi senza energia, questo rischio non viene corso.
Lo dico in termini provocatori per osservare che il Gruppo liberale non accetta il tono del collega Chiezzi. Le sue certezze provengono da una forza politica che su questo argomento ha delle responsabilità precise.
Mi sembra strano che gli usignoli abbiano fatto la pace con l'autostrada dell'Alta Valle di Susa non appena sono arrivate le sinistre al potere e che i problemi sugli elettrodotti si pongano quando la sinistra va all'opposizione. C'è un po' di strumentazione probabilmente. La preoccupazione non nasce dagli schieramenti politici, ma dalla capacità che ognuno di noi ha di conoscere i fenomeni e di riflettere. Tale capacità è in ognuno di noi in modo eguale, ci si trova però su due versanti diversi rispetto alle cose da fare; l'opposizione individua degli strumenti, lasciando alla Giunta il rischio di tipo giuridico e politico sull'uso degli stessi. Nel nostro documento invece facciamo nostra la posizione della Giunta, che ha dimostrato una grandissima attenzione su questa questione. Non dubito che la signora Vetrino, sentiti i nostri interventi, continuerà a fare ulteriori riflessioni sulla proponibilità di un provvedimento ex art. 700 del codice di procedura civile, così come continuera' a fare ulteriori riflessioni su ipotesi di intervento "ad adiuvandum" nel procedimento ante il Pretore di Avigliana. La Giunta queste cose le farà.
La relazione della signora Vetrino è problematica, ma estremamente seria. Abbiamo potuto presentare un documento di tipo problematico aperto e non ancora conclusivo, in virtù del quale affidiamo alla Giunta le responsabilità che le competono.
Non sono favorevole al trasferimento in Commissione di questo problema perché sarebbe un carico che la VII Commissione avrebbe difficoltà ad assumere, sia pure in condominio con la V Commissione.
Riteniamo che il nostro documento sia una dimostrazione di sensibilità ma di tutto il Consiglio. Affidiamo alla Giunta la responsabilità di assumere iniziative, anche in base all'art. 9, dopo avere svolto gli opportuni approfondimenti. Caro Chiezzi, non stai a sentire, ma naturalmente sai tutto, ti hanno detto tutto e non ti interessa ascoltare.
Se tu fossi intervenuto non saremmo intervenuti nemmeno noi.
L'art. 9 è un tipico provvedimento cautelare finalizzato ad un provvedimento definitivo. Si dà il caso però che per larga parte di questo problema la Regione non possa ipotizzare un provvedimento definitivo; per la parte che attiene alle aree vincolate, possiamo immaginare quale possa essere la prospezione definitiva, per le altre aree non capiamo come si possa applicare l'art. 9, senza avere a valle dello stesso provvedimento di tipo cautelare il provvedimento di tipo definitivo. Bisogna leggere l'ultimo comma dell'art. 9, che evidentemente obbliga e limita gli effetti del provvedimento e i tempi necessari per applicare il provvedimento definitivo.
Qual è il provvedimento definitivo?



CHIEZZI Giuseppe

Il piano paesaggistico.



MARCHINI Sergio

Il piano paesaggistico lo devi fare. E' questo il punto.
Spero sia sufficientemente chiara la nostra posizione. Riteniamo che il nostro documento sia di sostegno alla Giunta per quanto ha fatto invitiamo la Giunta a far propri i suggerimenti e gli approfondimenti in termini di conoscenza e soprattutto di tipo operativo e decisionale che sono venuti dall'opposizione. Non sarei d'accordo che il Consiglio vincoli la Giunta ad un comportamento che, dal punto di vista giuridico e politico, deve essere la sola a valutare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Majorino.



MAJORINO Gaetano

Sull'ordine del giorno della maggioranza devo osservare che l'ultimo inciso riprende un argomento svolto dall'Assessore Vetrino, in quanto impegna la Giunta regionale a realizzare uno studio sulle conseguenze sanitarie dovute alla presenza di campi elettromagnetici. Il che sta a significare che lo studio potrà concludersi o col ritenersi che vi sono danni gravi, o anche solo danni, sulla salute della popolazione oppure che non vi siano danni. A quel punto, visto che lo studio potrebbe concludersi con la sussistenza di effettivi pericoli o danni per le popolazioni sarebbe coerente, in chiusura dell'ordine del giorno, impegnare la Giunta o ad assumere quel provvedimento cautelare di propria competenza, ai sensi dell'art. 9, o quanto meno di intervenire in quella procedura, che altri hanno già instaurato, per sostenere quelle istanze che tendono alla sospensione dei lavori; sospensione che, come ha ricordato il collega Marchini, citando puntualmente la norma del codice di procedura civile che è racchiusa nell'art. 700, viene effettuata allorquando si ha il timore di danni gravi e irreparabili. Mi pare che il timore di danni gravi e irreparabili possa esserci, se è vero che - come ha detto l'Assessore Vetrino e come sta scritto nell'ultimo comma propositivo dell'ordine del giorno lo studio sulle conseguenze sanitarie può ovviamente concludersi anche con la sussistenza di un danno per la salute della popolazione.
Mi pare che la chiusura dell'ordine del giorno con l'invito alla Giunta a provvedersi cautelarmente in una delle due forme alternative che sono state proposte sarebbe coerente e sarebbe una argomentazione che chiuderebbe in bellezza l'ordine del giorno.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire l'Assessore Vetrino. Ne ha facoltà.



VETRINO Bianca, Assessore alla pianificazione territoriale

Mi sarei augurata che su un argomento come questo ci fosse la possibilità di un ordine del giorno abbastanza ravvicinato, perché il problema, come ho detto detto all'inizio, è estremamente delicato e impegna, anche sotto il profilo emozionale, chi deve gestire una materia così complessa che investe più campi dell'attività regionale. Siamo partiti dall'impatto ambientale, dai suoi riflessi territoriali, siamo finiti alla sanità, all'energia, all'ambiente in senso lato.
Mi dispiace che Gruppi siano rimasti sostanzialmente su posizioni differenziate e che la Giunta debba tener conto di posizioni diverse anche se ognuna di esse puo' essere occasione di riflessione e di maggiore meditazione rispetto a questo tema.
Ho cercato di spiegare nella mia introduzione il motivo per cui la Giunta non ritiene, perlomeno in termini immediati, di applicare l'art. 9 della legge 56. In ogni caso, la Giunta applicherebbe questo provvedimento di carattere cautelativo soltanto dopo aver sentito la competente Commissione consiliare; in ogni caso, ci sarebbe il coinvolgimento del Consiglio, attraverso la Commissione consiliare competente. Nel portare nella prossima seduta di Giunta il sunto di questo dibattito, dovrò tenere conto di questa richiesta reiterata, anche se non ha potuto convogliare in un documento di carattere generale.
Così come mi sembra altrettatto problematico poter accettare "tout court" la richiesta che viene dai Consiglieri Majorino, Bontempi e Pezzana di sostegno, attraverso la procedura "ad adiuvandum", al Pretore di Avigliana per il dibattimento che dovrà svolgersi il 9 ottobre. Anche questo argomento credo debba essere affrontato con la necessaria serietà.
Ho di fronte a me i quattro ricorsi presentati dai Comuni di Givoletto, di Val della Torre, dal Comune di Casellette e da privati. Esamineremo il provvedimento del Comune di Avigliana, per vedere come si pone, in quale logica si muove e per valutare se ci sono le condizioni in linea con la relazione che ho fatto per questo intervento. Questo lo potrà decidere la seduta Giunta di martedì sulla base del provvedimento che in questo momento non ho a disposizione, non essendomi stato passato.
Non ho nessuna remora a dire che il piano paesistico impiegherà molto tempo prima di vedere la sua luce, perché dovendo esso sottostare ai tempi prestabiliti dalla nostra legge, ci obbliga a tempi di 4/6/8 mesi. Credo che il provvedimento più importante sia questo, che sposta l'argomento e le sue incidenze sugli aspetti piùstrettamente legati alla salute delle persone.
Dai risultati dell'indagine potremo effettivamente prendere le migliori decisioni. Mi sembra di poter dire che l'argomento più significativo e più importante, rispetto al quale siamo i più scoperti, è quello che attiene alla salute delle persone. E' l'argomento più scottante e più sentito dalle popolazioni. Probabilmente la gente accetta un palo di più, anche messo a un chilometro dall'Abbazia di San Antonio di Ranverso, ma non accetta di avere un pericolo imminente per la salute. Quindi, il primo provvedimento sarà questo. Sugli altri provvedimenti discuteremo ancora in Commissione e la Giunta terrà conto di tutte le voci che sono state formulate in questa sede, perché ognuno, dal suo punto di vista, ha portato un contributo di sostegno ad un'azione molto delicata che mi impegna sotto il profilo personale in modo emozionale. Sarebbe stato di gran interesse per me poter contare su un ordine del giorno unitario. Questo non c'è. Ci sono per sollecitazioni per sollevare ulteriormente la sensibilità della Giunta, ove questa non avesse dimostrato di essere sufficientemente attenta e sufficientemente sensibile a questo problema.



PRESIDENTE

La discussione si è conclusa. Pongo pertanto in votazione l'ordine del giorno n. 360, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte impegna la giunta 1) ad adottare un provvedimento cautelare di sospensione dei lavori in corso in applicazione di quanto previsto dall'art. 9 della L.R. 56/77 e in ogni caso, a intervenire 'ad adiuvandum' davanti al Pretore di Avigliana all'udienza del 9 ottobre 1987, per sostenere le istanze formulate dalle popolazioni e dai Comuni interessati, con le quali si richiede - quale provvedimento cautelare e d'urgenza - la sospensione dei lavori, onde evitarsi danni gravi e irreparabili 2) ad approvare al più presto lo strumento di pianificazione territoriale previsto dalla Legge 8/8/1985 n. 431 per il comprensorio di Torino con specifica tutela delle categorie di cui all'art. 1 della legge stessa, interessate dal passaggio della linea da 380 Kw demanda alla Commissione competente lo svolgimento di una indagine conoscitiva diretta ad acquisire notizie, informazioni e documenti relativi alla realizzazione della linea da 380 Kw con particolare riguardo alle ragioni della sua realizzazione, agli aspetti sanitari, all'impatto ambientale che tale opera comporta".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno è respinto con 17 voti favorevoli e 22 contrari.
Pongo ora in votazione l'ordine del giorno n. 361 il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte udite le dichirazioni della Giunta e dei Consiglieri intervenuti preso atto che l'iter autorizzativo per la costruzione dell'elettrodotto 380 Kw Leinì-Piossasco dell'ENEL si è sviluppato con procedure ministeriali che seppure corrette sotto il profilo formale non appaiono del tutto normali con l'esigenza di tutela e valorizzazione del territorio sottolineata dalla Regione Piemonte sia nei confronti dell'ENEL che dello Stato si impegna ad avviare l'esame della proposta di Piano Territoriale Comprensoriale di Torino, in particolare per le aree di approfondimento interessate dal passaggio della linea elettrica richiede all'ENEL di presentare una variante di progetto per il tratto di Rosta della linea 380 Kw Leinì-Piossasco al fine di salvaguardare le peculiarità ambientali segnalate dagli atti pianificatori regionali evidenzia la necessità che il disegno di legge sulla valutazione di impatto ambientale, in iter unificato da alcuni mesi presso la Commissione competente, venga discusso ed approvato quanto prima al fine di dotare la Regione di uno strumento indispensabile per l'attivazione di procedure per la costruzione ed insediamento di grandi opere, in particolare pubbliche sul territorio regionale richiede al Ministero dell'Industria, di concerto con i Ministeri dell'Ambiente e dei Beni Culturali e Ambientali, di emanare una direttiva in attesa del decreto sulle prime procedure atte alla valutazione di impatto ambientale - che costituisca un chiaro orientamento per l'introduzione di studi di carattere operativo sulle peculiarità e valori ambientali nella progettazione svolta per opere di interesse pubblico dall'ENEL impegna la Giunta regionale nella realizzazione di uno studio sulle conseguenze sanitarie dovute alla presenza di campi elettromagnetici da linee elettriche sul territorio piemontese, studio che dovrà prendere in esame la linea Leinì-Piossasco 380 Kw, sulla base della quale la Regione Piemonte potrà assumere tutte le determinazioni di merito".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
L'ordine del giorno n. 361 è approvato con 22 voti favorevoli e 17 contrari.
Gli ordini del giorno n. 311 e n. 328 si intendono ritirati.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Ordine del giorno n. 362 sulla situazione delle carceri piemontesi


PRESIDENTE

Ricordo che occorre votare l'ordine del giorno sulla situazione delle carceri piemontesi, frutto di una discussione durata parecchie ore e concordato tra i Gruppi consiliari.
Pongo in votazione tale ordine del giorno il cui testo recita: "Il Consiglio regionale del Piemonte vista la legge 10/10/1986 n. 663, che modifica ed integra la legge n.
354/75 e che affida alle Regioni importanti e qualificate funzioni per la risocializzazione dei detenuti e per l'applicazione delle misure alternative alla pena in relazione alla situazione delle carceri piemontesi, e segnatamente dalle carceri presenti nella città di Torino, ed ai gravi problemi che rendono inaccettabili le condizioni di vita dei detenuti ed insostenibili le condizioni di lavoro delle guardie carcerarie tenuto conto che l'intervento della Regione attraverso la formazione professionale, pur migliorabile ed ampliabile, costituisce un contributo importante (già attuato da anni) per il recupero e il reinserimento nella società della popolazione carceraria preso atto dell'importante, ma ancora insufficiente, attività degli Enti locali nel settore penitenziario rilevato che la pena espiata, del tutto o parzialmente, fuori dal carcere è fatto nuovo e positivo che deve coinvolgere, necessariamente i servizi esterni del territorio, autonomamente (come, ad esempio, nei confronti di chi è agli arresti domiciliari e dei dimessi) e in collaborazione con le strutture penitenziarie, le quali ultime non sono in grado e non debbono da sole, sopportarne il carico impegna la Giunta regionale 1) a riferire al Consiglio periodicamente, e comunque almeno due volte all'anno, sulla situazione delle strutture carcerarie piemontesi e degli interventi e attività posti in essere per favorire e facilitare l'integrazione tra carcere e società, e in particolare: a) sulla struttura delle carceri piemontesi, alla luce della normativa anti-incendi b) sui risultati delle attività di formazione professionale dei detenuti avviate dalla Regione Piemonte, specificando i settori della popolazione carceraria a cui sono state e sono attualmente rivolte, quanti detenuti le hanno frequentate e terminate, qual è stata la percentuale di avvicendamento dei soggetti nelle singole attività, e l'informazione che di esse ne è stata data a tutti i detenuti c) su un piano di formazione professionale da rivolgere ai detenuti in semi-libertà e che fruiscono di un lavoro esterno al carcere, mirandoli a corrispondere ad una effettiva domanda del mercato del lavoro d) sull'applicazione della deliberazione n. 171-11804 del 21/12/1977 ("Linee di indirizzo in ordine all'art. 1 del D.P.R. n. 616/77"), con particolare riguardo al trasferimento dell'assistenza in favore di detenuti di cui all'art. 45 della legge n. 354/75, così come previsto dall'art. 23 del D.P.R. n. 616/77 e) sul tipo di servizio sociale previsto ed attuato per i detenuti tossicodipendenti ed alcooldipendenti f) sullo stato delle iniziative nei carceri minorili e sull'impiego per potenziare gli esperimenti positivi di recupero dei detenuti minori 2) a presentare al Consiglio, entro 6 mesi, un progetto per il coordinamento tra i servizi territoriali e comunali, quelli regionali e i servizi carcerari nel campo dell'assistenza, delle cure sanitarie, delle attività socio-culturali, della formazione professionale e della promozione di cooperative di produzione e lavoro, al fine di superare l'episodicità e la frammentarietà dell'intervento in questi campi ed alla luce delle esperienze maturate negli anni trascorsi.
Invia il presente ordine del giorno al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro degli Interni, al Ministro di Grazia e Giustizia, al Direttore degli Istituti di Prevenzione Pena, ai Presidenti dei Gruppi parlamentari di Camera e Senato, alle Direzioni di tutti gli Istituti penitenziari del Piemonte, ai Sindaci dei Comuni piemontesi sul cui territorio sorgono Istituti penitenziari".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato all'unanimità dei 39 Consiglieri presenti.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19,05)



(La seduta ha termine alle ore 19,05)



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