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Dettaglio seduta n.101 del 23/09/87 - Legislatura n. IV - Sedute dal 12 maggio 1985 al 5 maggio 1990

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Signori Consiglieri, secondo quanto stabilito nella Conferenza dei Capigruppo apriamo la seduta con l'esame del punto 12) all'o.d.g. che prevede: "Prima relazione della Commissione d'inchiesta su convenzioni UU.SS.SS.LL. - strutture private operanti in Piemonte".
Ha la parola il Presidente della Commissione d'inchiesta, Consigliere Devecchi.



DEVECCHI Armando, relatore

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, la relazione della Commissione d'inchiesta, nominata da questo Consiglio regionale il 19/2/1987 e insediatasi il successivo 12 marzo, approda in quest'aula consiliare oggi dopo che sono trascorsi in una specie di sonnacchioso oblio circa due mesi e mezzo dal giorno in cui era stata trasmessa all'Ufficio di Presidenza.
E' una relazione redatta in forma volutamente sintetica per renderne più agevole l'accostamento, ad essa però sono allegati ben 12 ponderosi volumi che la integrano. In essa si è cercato di annotare soprattutto dei fatti: si sono voluti evidenziare per grandi linee le prime risultanze dell'inchiesta, si sono ricordate le obiettive difficoltà incontrate, sia in relazione al funzionamento burocratico ed organizzativo della Commissione sia in relazione ai tempi, alle carenze e agli impedimenti incontrati lungo l'arco dell'effettivo svolgimento dei lavori. I lavori sono stati caratterizzati da un notevole e costante impegno da parte dei commissari.
La relazione non indulge a facili illazioni né a conclusioni poco motivate, non formula certezze e giudizi inappellabili, però permette di valutare con sufficiente serenità e con discreto margine di conoscenza alcuni aspetti della sanità piemontese che hanno prodotto disfunzioni disagi e talvolta colpevoli deviazioni. Deve essere comunque precisato che la sanità della nostra Regione, nella sua globalità, non è certo peggiore di quella delle altre Regioni italiane e che, nell'insieme, non deve essere valutata negativamente. E' giusto che di essa si discuta e che le carenze e le colpe, quando vi sono, vengano a galla, che gli aspetti negativi siano portati a conoscenza di tutti, ma non si può e non si deve generalizzare.
Le disfunzioni, quando ci sono state, sono state anche in parte sanate superate e corrette, però l'enorme quantità degli addetti alla sanità (circa 49.000) sono operatori che conoscono il loro mestiere, sono preparati e compiono il proprio dovere con senso di responsabilità e competenza. Sono doverose e giuste queste precisazioni perch personalmente sono convinto che talvolta è stata imboccata un po' troppo facilmente la strada della colpevolizzazione di tutta la sanità piemontese e dei suoi operatori. Forse ci sono stati episodi che hanno favorito tutto ciò, vi sono stati errori di prospettiva e lacune anche gravi, in basso e in alto loco, ma non si può fare di ogni erba un fascio.
Ciò premesso vorrei richiamare ora per sommi capi il contenuto della relazione della Commissione che dal 7 di luglio è in mano dei colleghi alla fine mi riserverò alcune riflessioni brevissime di carattere personale.
Come era espressamente richiesto dalla deliberazione istitutiva della Commissione d'inchiesta, questa ha preso in esame il funzionamento dei laboratori di analisi, di radiodiagnostica e i servizi di riabilitazione funzionale sia pubblici che privati. Particolare attenzione è stata riservata ai servizi della città di Torino per i motivi che sono facilmente intuibili. Non senza fatica e qualche difficoltà, sono state raccolte notizie utili all'indagine e i dati relativi sia presso l'Assessorato regionale competente che in incontri e audizioni con i responsabili dei servizi. Si è seguito soprattutto per le parti periferiche della Regione il metodo campione. Sono stati effettuati sopralluoghi diretti ed è stata inviata una serie di questionari, di cui si parlerà più diffusamente in seguito. Particolare attenzione è stata posta nel rilevare le modalità di prenotazione, i tempi di attesa degli utenti del Servizio sanitario, nonch le modalità di eventuali smistamenti degli stessi utenti verso le strutture private convenzionate. E' stato accertato che nonostante esistano presso l'Assessorato e presso le singole UU.SS.SS.LL. masse notevoli, a volte imponenti, di tabelle, di tabulati e statistiche, è quasi sempre estremamente difficile ottenere in tempi rapidi dati omogenei facilmente confrontabili e chiaramente leggibili, tali cioè da fornire elementi certi di giudizio. La stessa rilevazione statistica effettuata per i laboratori pubblici di analisi realizzata con criteri razionali e omogenei è stata iniziata dall'Assessorato regionale della sanità a partire dall'ottobre 1984, pertanto dalla fonte dell'Assessorato non è stato possibile avere elementi di valutazione concernenti gli anni che vanno dal 1980 al 1984 così come era stato richiesto espressamente dalla deliberazione del Consiglio regionale che istituisce la Commissione d'inchiesta.
La rilevazione poi dei servizi pubblici di radiodiagnostica è iniziata solo l'1 gennaio 1985, pur essendo essa disciplinata con direttiva regionale n. 23 del 1984. E' stata realizzata dalle diverse UU.SS.SS.LL. in misura difforme, con criteri parecchio differenti; l'unica cosa omogenea è il raggruppamento dei dati ottenuti, che però non sono di facile confronto.
Le prestazioni sono state raggruppate in tre categorie: esami radiologici ecotomografie e TAC. Elementi di valutazione meno parziali si possono poi ricavare dalle notizie in possesso dell'Assessorato e fornite alla Commissione relative alle strutture private convenzionate e non convenzionate, come risulta anche dagli allegati nn. 5, 6 e 7.
Dalla loro lettura attenta è facile desumere l'andamento delle prestazioni e della spesa effettuata dalla Regione presso le 72 strutture di patologia clinica, le 75 di radiodiagnostica e le 51 strutture per la terapia fisica, fisiokinesiterapia e riabilitazione, operanti sul territorio regionale. Le notizie ufficiali disponibili per questi presidi sono da considerare significative e direi sufficienti; è perciò possibile da esse trarre considerazioni circa la spesa erogata negli anni che vanno dal 1980 al 1986. Con l'ausilio degli uffici sono stati predisposti alcuni grafici che riguardano le sedi di quadrante, alcune UU.SS.SS.LL.
periferiche e soprattutto alcuni settori della città di Torino, quelli più indicativi. Per esempio per quanto riguarda le UU.SS.SS.LL. di Alessandria si rileva che la spesa per la convenzionata esterna è passata da 1 miliardo 751 milioni nel 1981 a 2 miliardi 46 milioni nel 1985 e a 2 miliardi 194 milioni nel 1986. C'è stato quindi un costante incremento. Altrettanto o quasi dicasi per Vercelli: la spesa è passata da 1 miliardo 79 milioni nel 1981 a 1 miliardo 230 milioni nel 1982, è sceso a 995 milioni nel 1983, nel 1984 a 875 milioni, è risalita nel 1985 a 1 miliardo 72 milioni e ridiscesa nel 1986 a 1 miliardo e 21 milioni. Cuneo fa eccezione, infatti la spesa nel 1981 per tutta la convenzionata esterna è stata di soli 618 milioni nel 1985 di 52 milioni e nel 1986 ancora 52 milioni. Di contro c'è la situazione che riguarda alcuni laboratori di Torino: ad esempio il CDC e lo Studio Mirafiori convenzionati con l'USSL 1/23. Qui i dati sono naturalmente molto più significativi: si passa dai 2 miliardi 176 milioni per il 1981 per quanto riguarda il CDC, ai 4 miliardi 402 milioni del 1985 ai 3 miliardi 849 milioni del 1986; la stessa situazione o pressappoco uguale si può riscontrare per lo Studio Mirafiori.
Dirò per inciso che la spesa per la convenzionata esterna incontrata dall'USSL 1/23 di Torino per l'anno 1985 è stata di 30 miliardi e 883 milioni e che per il 1986 è stata di poco inferiore, è ammontata a 29 miliardi e 93 milioni.
Aggiungo che, sempre secondo i dati forniti dall'Assessorato alla sanità, nella nostra regione sono inoltre operanti 79 strutture autorizzate e non convenzionate per cure fisiche e 49 strutture sempre autorizzate e non convenzionate che operano nel settore dei laboratori.
Partendo da questi dati si potrebbero fare interessanti considerazioni circa il sorgere e, per qualche tempo, il prosperare di una rete parallela di strutture private che sono anche vissute non solo per integrare il cattivo o il mancato o il carente funzionamento del settore pubblico, ma che ne hanno in parte preso il posto con le conseguenze immaginabili.
L'impiego di danaro pubblico presso le strutture convenzionate - che io sono ben lungi dal criminalizzare nel loro insieme - distoglie risorse che vengono impegnate in inutili doppioni e vengono sottratte ad altri investimenti di carattere produttivo.
Una sottolineatura particolare merita poi il capitolo del personale che opera nei settori presi in esame. I dati completi ed aggiornati sono stati forniti tempestivamente e sono desumibili dall'allegato n. 3 alla relazione. Questo allegato è costituito, a sua volta, da quattro tabelle dalle quali è possibile trarre indicazioni e avere una fotografia precisa del più importante e fondamentale aspetto del Servizio sanitario regionale cioè quello riguardante il personale.
Per quanto riguarda poi gli investimenti nell'edilizia e nelle attrezzature la documentazione fornita dall'Assessorato alla sanità è precisa, puntuale e aggiornata. La valutazione dei dati però non è facile soprattutto per chi non è esperto e non ha una competenza specifica dei vari comparti è difficile poter dare delle valutazioni in ordine all'esistenza, all'obsolescenza e al funzionamento di determinate apparecchiature particolarmente sofisticate che sono o non sono state installate e su altre che sono ancora giacenti nei magazzini in attesa di .., invecchiare.
Durante il corso dell'indagine è emerso che spesso le attrezzature sono ancora carenti soprattutto nel settore ospedaliero, talvolta per la limitatezza dei fondi stanziati, ma quel che è peggio per i tempi estremamente lunghi occorrenti per addivenire alla installazione degli apparecchi. Talvolta passano anni dalla richiesta alla realizzazione delle strutture o alla installazione delle apparecchiature richieste. Alcune UU.SS.SS.LL. - è stato chiaramente individuato - non riescono sempre a spendere quanto viene loro assegnato: da un lato si lamenta la carenza dei mezzi, dall'altro lato non sempre tempestivamente viene impiegato il danaro messo a disposizione. Di contro si ricorre al "comodato d'uso" con la formula della sperimentazione tecnica, formula che sa tanto di furbesco eufemismo e che comunque vincola l'acquisto dei reagenti necessari al funzionamento della attrezzatura stessa. Alcune strutture poliambalutoriali lamentano invece attrezzature sottoutilizzate: qui si innesta il doloroso capitolo del personale cui si è accennato prima.
Ovunque si lamentano carenze di organici, incompletezza o non copertura dei posti, occorrono dagli otto ai dieci mesi per addivenire alla sostituzione del personale assente per vari motivi, si lamenta mancanza di tecnici e soprattutto, quasi ovunque, mancanza di impiegati amministrativi specie quelli addetti alle prenotazioni, alla battitura dei referti e alla gestione dei computer laddove esistono. Vi è poi tutto il capitolo della conflittualità tra i vari settori operanti nella sanità: sintomatico - e ne abbiamo avuto anche alcuni esempi recenti - è quello fra medici, chimici e biologi per quanto riguarda il settore dei laboratori.
Il servizio di recupero e rieducazione funzionale è, dalle notizie in possesso dalla Commissione, quello che forse versa nelle condizioni peggiori. Il servizio recupero pare riesca ad oggi in Torino a soddisfare circa un terzo delle prestazioni: nell'insieme della Regione pare riesca invece a coprire soltanto un decimo delle richieste; non sempre vengono soddisfatte le esigenze degli stessi ricoverati nei vari reparti ospedalieri. Il motivo è sempre lo stesso: manca il personale, mancano le attrezzature. All'ospedale Maria Adelaide, di fronte ad un organico che prevede un primario, tre aiuti e quattro assistenti, alla data del 12 maggio ultimo scorso erano in servizio un primario, un aiuto provvisorio e un assistente provvisorio non di ruolo.
Altra mancanza cronica è quella dei terapisti che forse trovano, il forse è pleonastico, occupazione più conveniente presso le strutture private.
Anche con ciò si spiega l'esistenza di ben 79 strutture private funzionanti che vivono e prosperano sul territorio regionale anche in assenza di convenzione.
Questa, in sintesi la documentazione e i dati raccolti, provenienti dai vari uffici.
La Commissione però aveva ed ha il dovere di fornire un quadro globale più organico dell'attività e delle caratteristiche delle singole strutture così come sono andate evolvendosi dal 1981 ad oggi. Per ciò, per avvicinarci o per avvicinarsi il più possibile alla conoscenza della realtà, la Commissione ha ritenuto di inviare a tutte le UU.SS.SS.LL. e a tutte le strutture pubbliche e private di laboratorio, di radiodiagnostica di recupero e riabilitazione funzionale una serie articolata di questionari. Tali questionari sono stati messi a punto dai funzionari dell'unità flessibile che collabora con la Commissione di indagine (mi è gradito in questa sede rivolgere un particolare ringraziamento per il lavoro che i funzionari dell'unità flessibile hanno compiuto con intelligenza e capacità oltre al loro lavoro normale), in accordo con il CRESA e con il CSI. Le copie dei questionari formano gli allegati nn. 10 e 11. Dirò poi che detti questionari - e per me è stata un po' una sorpresa hanno suscitato qualche perplessità nel mondo degli addetti ai lavori qualche apprensione e qualche scarso entusiasmo sia presso i privati, il che è comprensibile, che presso gli operatori delle UU.SS.SS.LL. Le risposte, quando sono pervenute alla Commissione, si sono fatte attendere abbastanza a lungo: alcune sono arrivate proprio in questi giorni. Non tutti i questionari sono stati rispediti completi di notizie; ad oggi hanno risposto 41 UU.SS.SS.LL. sulle 52 esistenti; hanno risposto 157 strutture convenzionate sulle 198 interpellate; 72 strutture private autorizzate e non convenzionate sulle 128 interpellate. Alla data del 7 luglio - ultima data fissata dalla Commissione per ritornare i questionari le risposte erano notevolmente inferiori così come si desume a pag. 23 della relazione stessa. Aggiungo che i dubbi, le perplessità e le incertezze che si sono manifestate di fronte ai questionari erano, come ho già detto, o potevano essere comprensibili da parte dei privati, comunque non giustificabili e certamente fuori luogo da parte delle UU.SS.SS.LL. perché quando si constata che sono le stesse UU.SS.SS.LL. che frappongono ritardi o ostacoli alla collaborazione con l'Istituto regionale c'è poco da stare allegri.
A molte UU.SS.SS.LL. periferiche forse può essere adattata la relazione che la Commissione tecnica ispettiva dell'Assessorato ha approntato ed è allegata al nostro documento, circa il funzionamento dell'USSL 1/23 di Torino.
Infatti, per sommi capi, queste sono le carenze riscontrate dalla Commissione suddetta ispezionando l'1/23: accanto all'inesistenza di collegamento organico tra i centri amministrativi di strutture ospedaliere, l'ingiustificato aumento delle prestazioni specialistiche nel settore privato pure in presenza della diminuzione della popolazione accanto alla mancata attività di vigilanza sull'attività delle strutture convenzionate la sottoutilizzazione di laboratori pubblici accanto al contrasto esistente tra operatori di radiologia e addetti per il rilascio di autorizzazione per l'accesso alla convenzionata esterna la mancanza di invio agli interessati di disposizioni atte a facilitarne i controlli il comportamento illecito di alcuni operatori e il ritocco ingiustificato operato sulle tariffe rimborsate alle strutture convenzionate.
E' quest'ultima una notizia che non solo è stata naturalmente sottoscritta dai membri della Commissione ispettiva assessorile, ma è stata ribadita in un incontro che abbiamo avuto con il Commissario dell'USSL 1/23, il dott. Terribile e con i suoi collaboratori. Per quanto riguarda le notizie che sono giunte attraverso i questionari si presume che l'elaborazione dei dati con essi pervenuti possa offrire una più ampia e realistica analisi della situazione esistente, tale cioè da poter suggerire ulteriori elementi per eventuali decisioni di carattere legislativo e/o amministrativo.
Nell'ultimo capitolo della relazione la Commissione ha ritenuto di dover fissare, senza ordine di priorità, alcune considerazioni e valutazioni conseguenti al lavoro svolto. Sono conclusioni - ripeto - che richiamano e puntualizzano come, soprattutto in Torino ma un po' ovunque anche nel resto del Piemonte tranne alcune lodevoli eccezioni, le strutture pubbliche di laboratorio siano state sottoutilizzate. A volte - si è detto per mancanza di attrezzature, altre volte per mancanza di personale quasi sempre perché le une e gli altri sono stati mal distribuiti e mal impiegati, altre volte per i motivi che lascio alla comprensione dei colleghi.
Si lamentano tempi lunghissimi per l'assunzione di personale, tempi che vanno da otto - dieci mesi a qualche anno per l'espletamento di un concorso; aggiungasi la discontinuità del servizio prodotto dalla rotazione del personale precario che non può rimanere in attività per più di otto mesi. Infatti, quando inizia a impratichirsi e a conoscere il servizio deve essere necessariamente sostituito. Gran parte di questo personale soprattutto quello tecnico, svolge funzioni particolarmente delicate che richiedono o richiederebbero una lunga esperienza oltre che particolare competenza. Da non dimenticare poi le carenze di tecnici qualificati specie nelle strutture extra-ospedaliere e la conflittualità esistente sempre nel settore dei laboratori, tra medici, chimici e biologi: conflittualità tuttora irrisolta e che produce attriti e frizioni che vanno fatalmente a scapito del servizio. Tuttavia va ricordato come nei primi mesi del 1987, dopo l'intervento della Magistratura, la produttività dei laboratori extra-ospedalieri è aumentata di circa il 40%, con costi che sono nel complesso diminuiti, specie quelli a carico della struttura dell'USSL 1/23.
E' innegabile quindi che le strutture pubbliche potevano essere meglio impiegate anche prima. Perché non si è fatto? Le cause, molteplici, vanno ricercate in interferenze di vario genere: le carenze di controlli e di vigilanza, la carenza del controllo statistico dal punto di vista sanitario, la mancanza di verifica delle attività svolte dalle strutture convenzionate, la mancanza di verifica circa la rispondenza tra fatturato e prestazioni erogate, la ritardata legislazione regionale in materia, il ritardato funzionamento del Centro unificato prenotazione (CUP). L'USSL 1/23 di Torino si è dotata con questo sistema di uno strumento tra i più moderni d'Europa e forse del mondo, forse troppo moderno, perché unico, e che quindi non ha riscontri altrove. Il CUP, si era detto, doveva entrare in funzione nel 1985, poi nel 1986, poi all'inizio del 1987, infine ci era stato garantito, durante l'incontro che abbiamo avuto con i responsabili dell'USSL 1/23 e con il commissario, che a metà settembre sarebbe entrato in funzione. Da notizie raccolte proprio ieri sembra che il CUP entrerà in funzione in via sperimentale l'11 ottobre - sarà una data fausta collegandosi con l'ex CPA di Lungo Dora Savona. Nel giro di dieci, quindici giorni dovrebbe collegarsi con il poliambulatorio di via Cavezzale e, forse verso metà novembre, con il poliambulatorio di via Montanaro e la Nam. Nel frattempo sono iniziati, ed è una notizia positiva, i corsi per la formazione del personale, per renderlo cioè idoneo a mettere in funzione questo servizio.
La Commissione d'inchiesta, infine, ha ritenuto di poter offrire alcuni suggerimenti atti a rendere meno difficile l'attività regionale, sono i punti che vanno dall'1 all'8 alle pagine 27/28 e che concludono la relazione stessa; per brevità non li rileggo.
Queste, che ho cercato di sintetizzare, le prime considerazioni della Commissione d'inchiesta, che ora potrà, se il Consiglio regionale lo deciderà, approfondire le conoscenze acquisite in ordine alla prima parte dell'inchiesta e, sempre se il Consiglio regionale lo riterrà opportuno potrà completare l'inchiesta nel settore delle case di cura private per le quali sono state richieste ai primi di agosto le notizie e i dati relativi: fino ad ora non sono pervenuti.
Mi siano consentite ora alcune brevi riflessioni che faccio a titolo personale.
Primo: funzionamento della Commissione. Essa, a mio avviso, pu lavorare in modo più rapido e approfondito se i suoi membri non sono distratti da altri compiti e soprattutto se dispone di una struttura flessibile a tempo pieno, adeguata per preparazione e soprattutto per il numero. Così come stanno le cose, i tempi fatalmente si allungano e con essi le conclusioni e i possibili provvedimenti conseguenti. Mi sembra poco realistico affidare compiti impegnativi e vasti da assolvere in tempi brevi, quando è certo che i tempi non possono essere rispettati.
Secondo: in un momento in cui la sanità è ancora e sempre nell'occhio del ciclone nel nostro Paese e nella nostra Regione si impongono provvedimenti precisi e possibilmente rapidi. Il problema del decentramento dell'1/23 sta sul tappeto; ho letto oggi sul giornale le dichiarazioni del Prefetto.
Esiste la legge regionale n. 9 dell'11/2/1985 che prevede una nuova distribuzione territoriale della sanità torinese. La legge è stata confezionata e concordata con i rappresentanti del Comune di Torino; il Consiglio regionale l'ha poi approvata e resa operante, in teoria. Perch non si attua? Pare che vi siano molti ripensamenti. A me pare certo che la 1/23, così com'è stata strutturata e così come ha funzionato negli anni addietro, non ha dato ottime prove nel suo funzionamento. Vi sono stati inconvenienti anche gravi. Non è il caso di richiamarli. Essa va riformata. La legge regionale n. 9 è un tentativo di riforma. E' vero che altrove, vedi Milano, si tende ad accorpare, ad accentrare, mentre noi dovremmo decentrare. Personalmente, come semplice cittadino piemontese chiedo che la legge venga rispettata o abrogata, ne va del prestigio e della credibilità dell'Istituto regionale e della serietà delle istituzioni. Non mi sembra serio che per i tre quarti del Piemonte si debbano attuare le leggi regionali vigenti, anche quelle sanitarie, mentre per l'altro quarto, cioè per la capitale, Torino, un preciso dettato legislativo sia messo in un angolo. Se vi sono ripensamenti, se si ritiene di dover proporre nuove forme di organizzazione sanitaria si propongano.
L'incertezza e il rinvio non giovano all'immagine e non giovano soprattutto alle popolazioni. Forse ha ragione il collega prof. Aldo Olivieri quando afferma che la riforma sanitaria del 1979, la famosa legge 833, è stata pensata per una società contadina e per le aree rurali, è quindi poco adatta ad essere trasferita e realizzata in una metropoli. Alcuni servizi debbono necessariamente essere organizzati su base cittadina e regionale, i grandi ospedali, per la loro stessa natura, non possono essere appiattiti o declassati al rango di ospedali di zona, perciò meritano un particolare status giuridico, gestionale ed amministrativo. Ricordo per inciso l'esempio di alcuni gloriosi policlinici che operano in altre città italiane.
In attesa di definizioni e decisioni in merito penso che le dieci UU.SS.SS.LL. ipotizzate possano e debbano essere concretamente realizzate anche perché future modifiche legislative nazionali non si sa quando e se verranno. Nell'immediato non mancherà alle dieci UU.SS.SS.LL. la possibilità di svolgere un insostituibile ed efficiente servizio sul territorio, si pensi per esempio all'organizzazione dei distretti e alla prevenzione in genere.
Terzo: la necessità di chiarire i ruoli dei politici e quelli dei tecnici; non è facile giungere a delimitarne compiti e funzioni, ma è indispensabile, perché quanto più e presto si elimineranno le influenze dei politici nella gestione delle Unità socio sanitarie, tanto più presto e tanto più facilmente si potrà pretendere dai tecnici, dai funzionari una preparazione più specifica e più approfondita, un'assunzione di maggiore responsabilità e soprattutto una sburocratizzazione dei servizi che rischiano di venire soffocati da bardature sempre più stringenti.
Quarto: occorre restituire potere decisionale, amministrativo e impositivo alle Regioni, responsabilizzandole sul versante della spesa e se possibile, trasformando le UU.SS.SS.LL. in servizi di erogazioni e di prestazioni prevalentemente territoriali.
Quinto: occorre restituire spazio alla professionalità dei medici che troppo spesso si sono sentiti declassati e considerati alla stregua di un qualsiasi ingranaggio della macchina sanitaria.
Sesto: un capitolo a sé meriterebbe il problema delle assunzioni, del reclutamento del personale, della sua formazione e dei trasferimenti. La legge 833 assegna un compito fondamentale in questo settore alla Regione non so se le leggi fin qui approvate dalla Regione, ancorché corrette sul piano formale, siano le più idonee a rendere più efficiente il Servizio sanitario regionale. E' certo che incertezze, lungaggini, interferenze hanno reso sempre più problematico l'esercizio della gestione del personale che, ripeto, nella stragrande maggioranza è preparato e competente, ma troppo spesso è compresso nelle sue giuste aspirazioni e iniziative, ed è soggetto a provvedimenti contraddittori e talvolta discutibili.
Concludo richiamando la necessità che il Consiglio regionale alla fine della discussione decida se la Commissione debba o meno proseguire i suoi lavori.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

Ringrazio il Presidente della Commissione Devecchi per la relazione e apro la discussione generale.
Ha chiesto di intervenire, e ne ha facoltà, il Consigliere Calligaro.



CALLIGARO Germano

Signor Presidente, la Commissione d'inchiesta sulle convenzioni tra le UU.SS.SS.LL. e le strutture private operanti in Piemonte presenta al Consiglio regionale la sua prima relazione. E' un'occasione da non perdere per svolgere una riflessione approfondita sull'andamento e sulle linee di tendenza di alcuni fenomeni negativi verificatisi in questi anni in Piemonte, per trarre gli insegnamenti indispensabili, per assicurare alla comunità piemontese un governo della sanità efficiente ed efficace.
In questa prima fase si è esaminata la situazione dei laboratori pubblici di analisi cliniche dell'USSL di Torino, resta da compiere un lungo lavoro: esaminare le condizioni in cui operano i laboratori privati prestare attenzione ai laboratori pubblici delle città capoluogo di provincia (dove più alta è la quota della convenzionata esterna), allargare il campo di indagine ai laboratori di radiodiagnostica e di riabilitazione funzionale ed infine svolgere l'inchiesta sulle cliniche private.
Consideriamo questa prima relazione, illustrata dal Presidente Devecchi al Consiglio regionale, una buona base comune di partenza; essa fornisce un'efficace chiave di lettura dei fenomeni degenerativi evidenziati dall'indagine della Magistratura. Da questa indagine emerge che nell'USSL di Torino i laboratori pubblici di analisi cliniche intra ed extra ospedalieri sono rimasti nel complesso sottoutilizzati, in particolare quelli extra-ospedalieri, ma anche quelli ospedalieri, come vedremo successivamente.
Le cause reali del problema della sottoulizzazione sono molteplici. La principale è rappresentata dalle potenti interferenze esercitate allo scopo di favorire il privato che hanno depotenziato i servizi pubblici e determinato una commistione di interessi pubblici e privati inaccettabile.
Quindi la radice dello scandalo sono le potenti interferenze che hanno condizionato il servizio pubblico e hanno trovato terreno fertile nella mancanza di adeguati strumenti di disciplina e di controllo della USSL e della Regione, nella mancata integrazione unitaria a livello territoriale dei laboratori pubblici e loro articolazioni in un adeguato numero di punti di prelievo a livello di distretto sanitario, inoltre il meccanismo perverso e la combinazione di intreccio alle interferenze illecite, la mancanza di regole e di controlli, le carenze strutturali e organizzative del servizio pubblico.
Illuminante a questo proposito è la documentazione sull'attività ispettiva esercitata dall'Assessorato alla sanità dopo lo scandalo. Vi si legge: "Presso l'USSL 1/23 non esisteva un collegamento organico tra i centri amministrativi, dove viene apposto il timbro per l'accesso al convenzionamento esterno, e le strutture ospedaliere; ad un aumento dell'offerta pubblica di prestazioni specialistiche per gli anni 1984/1985 nel settore della patologia clinica, ha fatto riscontro un aumento di prestazioni nel settore privato che ha di fatto vanificato gli investimenti fatti nella struttura pubblica".
"Nell'USSL 1/23 non è mai stata organizzata alcuna vigilanza sull'attività delle strutture convenzionate e sono emersi vistosi casi di sottoutilizzazione di laboratori pubblici di analisi, dovuti sia a scarso afflusso di utenti sia a ritardi e carenze nell'approvvigionamento di reagenti. Vengono inoltre evidenziati probabili comportamenti illeciti da parte di alcuni operatori USSL. volti ad indirizzare i pazienti, senza giustificati motivi, verso le strutture private. Infine risultano illeciti i ritocchi di tariffe di prestazioni, pagamenti di prestazioni non dovuti per prestazioni non previste in tariffario, erronee applicazioni dei ticket." Il problema della sottoutilizzazione del servizio pubblico nel settore dei laboratori di analisi cliniche ha altre cause, denunciate tra l'altro dai responsabili e dagli operatori, le carenze strutturali, carenze di organici, soprattutto di impiegati amministrativi, di tecnici di laboratorio, carenze di apparecchiature, in particolare per i laboratori ospedalieri, carenze organizzative, eccessiva rigidità del servizio ritardi nell'impiego delle tecnologie informatiche, locali inadeguati o persino inadatti. Cause reali da non sottovalutare, ma neppure da enfatizzare, salvo rare eccezioni. I posti in organico per i tecnici di laboratorio sono completamente coperti. Semmai si tratta, in certe situazioni, di carichi di lavoro impropri e di impiego irrazionale di questi operatori. Cause reali, ma comunque secondarie per importanza. Prova ne è che dopo lo scandalo, in presenza di un andamento della domanda di prestazione crescente, i laboratori pubblici hanno registrato un significativo aumento del volume di esami effettuati. Nello stesso periodo la spesa generale per la convenzionata esterna è diminuita. Anche l'integrazione unitaria, a livello territoriale dei laboratori intra ed extra-ospedalieri, deve essere considerata più un'opportunità per creare una rete organica di laboratori, aumentarne la loro potenzialità complessiva, che una delle cause principali della sottoutilizzazione.
Tant'è che ancora oggi questa integrazione non si è verificata e ciononostante si è riscontrata una crescita della quantità di prestazioni.
Le carenze strutturali e la mancata integrazione dunque non spiegano il problema sottoutilizzazione. E' indispensabile quindi risalire alle interferenze, alla precisa volontà di non far funzionare il pubblico per favorire il privato, alla mancanza di regole chiare e di controlli adeguati da parte delle Unità socio sanitarie della Regione.
I fenomeni degenerativi verificatisi hanno certamente radici complesse e lontane nel tempo, risalgono alla fase precedente la riforma sanitaria con il fiorire delle convenzioni tra le vecchie mutue corporative e i privati. La situazione viene poi ereditata dal Servizio sanitario nazionale. Inoltre l'inchiesta giudiziaria ha messo in luce irregolarità ed illeciti, come le false attestazioni di convenzionamento commessi dai Presidenti della disciolta mutualità, con la presumibile connivenza di funzionari dell'apparato della USSL della Regione. Nel tormentato e contraddittorio periodo di avvio della riforma, la Regione ha cercato di mettersi al riparo dal pericolo di commistioni e degenerazioni programmando, potenziando il servizio pubblico, denunciando la presenza di privati senza autorizzazione e cercando di dotarsi di strumenti legislativi per disciplinare e controllare la presenza degli operatori privati. Erano gli anni in cui, da parte dei Partiti di opposizione e anche di certi Partiti della maggioranza di allora, si strillava contro la politica punitiva dei comunisti nei confronti del privato. Ma a certe forze politiche e a potenti lobby professionali non si diceva che continuavano a far funzionare i meccanismi perversi, anzi, venivano introdotti nuovi meccanismi perversi nella sanità. Meccanismi di esclusivo interesse privato nella sanità pubblica ed è così che le interferenze illecite, combinandosi con le carenze strutturali del servizio pubblico, sono venute assumendo un carattere determinante nel provocare i fenomeni degenerativi evidenziati dalla Magistratura.
Gli interessi affaristici che determinano le interferenze illecite hanno anche una base ideologica, l'esaltazione acritica del privato cui tutto è dovuto e al quale deve essere preservato e ampliato lo spazio di intervento, anche a danno dell'interesse generale, senza regole e senza controlli.
In una società democratica questo orientamento culturale e ideologico è purtroppo assai diffuso e inaccettabile almeno per tre ordini di motivi. Il primo: perché compito precipuo dell'amministratore pubblico è quello di far funzionare in modo efficiente ed efficace il servizio pubblico; il secondo: poiché una recente sentenza della Corte Costituzionale riconferma che nel campo della sanità il ruolo del privato è un ruolo surrogatorio complementare; il terzo: perché è un errore fondamentale non sapere o far finta di non sapere che c'è privato e privato, non distinguere tra imprenditore e affarista, tra economie di mercato e aspetti di un'economia talmente avventurista e disinvolta da cadere nell'illecito penale.
Nel nostro caso come non vedere che è emersa, soprattutto in questi ultimi anni, una strana figura di imprenditore che è legata a certi Partiti o a lobby professionali, che fiuta l'affare sanità, che si improvvisa in un'attività priva di una adeguata professionalità e scarsamente affidabile nelle prestazioni, quindi per prosperare agisce sulle carenze, i ritardi in certi casi, lo sfascio del servizio pubblico, anche i limiti del lecito e in situazioni confuse non esita a sconfinare nell'illecito e a sabotare il servizio pubblico? Recenti notizie giornalistiche hanno ipotizzato l'esistenza di una holding (una società finanziaria) che controllerebbe la maggior parte dei laboratori, delle cliniche private e delle stesse aziende fornitrici di apparecchiature sanitarie e di reagenti. Sarebbe un errore imperdonabile signor Presidente e signori Consiglieri, generalizzare, ma anche non vedere e non distinguere. Per lo spazio coperto dai privati nella sanità, la cui presenza ha un carattere surrogatorio, sentiamo l'esigenza di un privato corretto, efficiente, competitivo, conveniente per il Servizio sanitario regionale e per la comunità piemontese; questo deve essere il ruolo del privato.
Sentiamo in generale la necessità di regole trasparenti e moderne, di controlli rigorosi, senza essere asfissianti, sia per il privato che per il pubblico e soprattutto di capacità programmatoria, di governo da parte delle istituzioni. In questo quadro si colloca correttamente il rapporto pubblico-privato.
Da un'attenta valutazione della massa dei dati e delle indicazioni, che emergono già oggi dal lavoro della Commissione, matura in noi la convinzione che il loro conveniente utilizzo consenta almeno due non trascurabili risultati. In primo luogo, consente a questo Consiglio la possibilità di portare ad un più alto livello il tono e la qualità del nostro dibattito; in secondo luogo il risultato di poter individuare alcune indicazioni qualificanti e vincolanti per superare certe vistose deviazioni e carenze che permangono ancora nel nostro Servizio sanitario regionale almeno in alcuni settori chiave. Indicazioni che devono diventare precise linee guida, segnali chiari inequivocabili di strade maestre da percorrere sia per l'Assessorato sia per le singole UU.SS.SS.LL. In mancanza di questo, il prezioso contributo del lavoro della Commissione e il dibattito che oggi facciamo su di esso, rappresentano un patrimonio che, non messo a frutto, è destinato a disperdersi e ad essere un'occasione persa per avviare un futuro positivo per la sanità regionale.
Cogliamo, inoltre, l'occasione per illustrare un nostro contributo di approfondimento costituito da schede che abbiamo cercato di elaborare, che vi consegneremo. Come sapete la Commissione ha acquisito un'enorme mole di dati, non sempre chiaramente interpretabili - lo diceva poco fa il Presidente della Commissione - e al limite non sempre del tutto utili.
Noi ci siamo sforzati di elaborare alcuni dati più significativi per le indicazioni che possono fornire, soprattutto con incrocio ragionato fra carichi di lavoro dei singoli servizi, utilizzo del personale disponibile ed il contestuale ricorso, di varia entità, al settore privato surrogatorio nelle diverse realtà territoriali della nostra regione. Preciso subito che questo sforzo di elaborazione, non ha la pretesa della completezza e, al limite, può contenere anche qualche banale errore di calcolo, sempre possibile in queste circostanze. Ciò malgrado, le indicazioni che ne emergono sono a nostro avviso assai significative e degne di attenzione; le tabelle si commentano da sole.
Mi permetto di attirare la vostra attenzione solo sui seguenti elementi. La situazione di Torino città, che di per sé la dice lunga su quanto è successo e che ha dato il destro ad interventi della Magistratura ha provocato anche il nostro intervento; sotto questo profilo vorrei sottolineare almeno tre aspetti che secondo noi, al di là di specifiche responsabilità che non voglio affrontare qui, devono farci seriamente riflettere.
A Torino, e per certi versi in termini meno preoccupanti anche in molti capoluoghi di provincia, non si è stati ancora capaci, o almeno non si è fatto il doveroso sforzo come nel resto della Regione, di piegare l'ospedale, i suoi servizi e i suoi reparti alla logica della riforma e delle esigenze dei cittadini. L'ospedale, nella città capoluogo di Regione con le sue potenzialità, continua ad essere un corpo separato con meccanismi e logiche interne, destinati soprattutto alla propria autoperpetuazione secondo la vecchia e superata logica del cittadino allettato anche quando non ne avrebbe stretto bisogno. Il cittadino è quindi visto come semplice oggetto, obiettivo per l'occupazione, troppo spesso puramente e strumentalmente clientelare, del cosiddetto posto letto.
Ho introdotto questo elemento di riflessione non a caso, tenendo conto di certe trovate governative pseudomiracolistiche di riforma della riforma che rispolverano lo scorporo e quindi la sostanziale estraneità dell'ospedale rispetto all'insieme dei servizi e delle attività sanitarie da predisporre a favore delle comunità locali.
Comunque la si metta, anche alla luce delle cose che la nostra Commissione va scoprendo, questa banale trovata è già vecchia prima ancora di essere ufficialmente ripresentata.
Attiro la vostra attenzione su di un secondario, ma sconcertante fenomeno che emerge da queste tabelle. La produttività del settore pubblico decresce vistosamente a partire dai quadranti più periferici con le loro UU.SS.SS.LL. e i loro servizi a mano a mano che ci si avvicina al quadrante di Torino, e soprattutto a Torino città. Vedendo il fenomeno in senso inverso si può quasi affermare che il potenziale di inquinamento perde di intensità e quindi di danno a mano a mano che dal centro si proceda verso la periferia della nostra regione.
La riflessione che questo insieme di oggettivi fenomeni impone è una sola, e cioè che la situazione di Torino è talmente preoccupante da diventare un serio problema politico. La riflessione che sottopongo alla vostra attenzione, e soprattutto a quella dell'Assessore, è questa.
Anzitutto rinnovo ai funzionari dell'Assessorato il sincero riconoscimento del Gruppo comunista per il grosso sforzo di ricerca e di compilazione di dati messi a disposizione della Commissione, e questo dopo un avvio alquanto difficile. Ciò malgrado non posso sottacere una prima e anche seria impressione. Alcuni tabulati appaiono chiari e leggibili come concezione, contengono dati che appaiono raccolti con un criterio di omogeneità e quindi anche di attendibilità, e che, denotando una certa vigile cura dei particolari, impressiona positivamente e fornisce gli elementi di ragione che sono oggi indispensabili per un corretto e adeguato governo della delicata e difficile azienda sanitaria della nostra Regione e delle sue linee di tendenza. Altri tabulati, purtroppo, non rispondono ancora a queste caratteristiche. Non voglio con questo colpevolizzare i funzionari, che hanno comunque fatto un grosso sforzo per riunire assieme in qualche modo, i dati disponibili. Evidentemente essi hanno passato ci che passa il convento.
Ne nasce un problema che occorre affrontare ora e subito. In altre parole, se non si afferma e non cresce quella che si chiama cultura dei dati, intesa come impegno a individuare dati significativi nonch ragionevolmente attendibili e confrontabili e, infine, a raccoglierli ed elaborarli sistematicamente secondo un certo ragionato criterio, il futuro della nostra sanità regionale potrebbe rivelarsi ancora più buio del presente.
Vorrei capire, in ogni caso, come si configurerebbe la prevista holding regionale, a cui Donat Cattin affibbia una molto ipotetica e miracolistica grinta manageriale. Il managerialismo moderno è completamente estraneo ai nominalismi di comodo, privi di ruoli, di contenuti e di strumenti concreti di esplicazione. Il prospetto che abbiamo fornito non pretende di fornire i dati riguardanti la produttività; misurare la produttività è cosa assai complessa, richiederebbe un confronto omogeneo tra esami dello stesso tipo tra esami di pazienti ricoverati o esterni al servizio ospedaliero, tra livelli e caratteristiche tecnologiche delle apparecchiature di laboratorio equivalenti. Il termine più appropriato, forse, è quello di "resa operativa funzionale", sia pure approssimativa e grezza. Il prospetto non è assolutamente una classifica, segnala semmai - e questo mi pare importante il grado di apertura ai problemi generali della sanità e di integrazione nel servizio del presidio ospedaliero, la lungimiranza o meno dell'organizzazione sanitaria cittadina nell'evitare o ridurre la strozzatura - accettazioni, diffondendo a livello di distretto i centri di prelievo.
In queste settimane e in questi mesi abbiamo sottolineato ripetutamente le incoerenze della Giunta. Lungi da me l'idea di fare una polemica su questo.
Mi preme dire che sono stati introdotti nella sanità pubblica meccanismi perversi di esclusivo interesse privato, scardinando così principi riformatori. Devono essere sradicati, secondo le prime raccomandazioni fornite unitariamente dai commissari nella relazione presentata al Consiglio regionale. Tutti i Partiti, noi compresi naturalmente, devono apprendere la lezione che scaturisce dallo scandalo per evitare nuovi fenomeni degenerativi e per realizzare un efficiente ed efficace servizio sanitario. Bisogna definire un corpo di regole democratiche e moderne, regole del gioco chiare e trasparenti. Il sistema di controlli può essere automatico, basato sulla conoscenza e sull'affidabilità dei dati. I controlli possono essere mirati, sia quelli permanenti che quelli periodici della Regione e delle UU.SS.SS.LL., ma devono avvenire in base ad una ben definita normativa.
Le raccomandazioni che la Commissione presenta nell'ultima parte della relazione mi paiono tutte significative e opportune, direi indispensabili.
Mi limito a pochissime osservazioni. Ieri abbiamo approvato la legge sui requisiti minimi dei laboratori privati che era stata respinta dal Governo.
Ci auguriamo che venga approvata e che a tutti gli effetti diventi legge regionale.
Voglio ricordare all'Assessore che siamo a metà dell'opera: la legge comporta precisi adempimenti di competenza dell'Assessore soprattutto, ma anche del Consiglio e delle UU.SS.SS.LL. Voglio ricordare alcuni di questi adempimenti: la nomina dei sette membri esperti per il comitato, la domanda di conferma di tutte le precedenti autorizzazioni, le procedure per la chiusura dei punti di prelievo non in regola con la legge, le disposizioni per la raccolta, registrazione e trasmissione dei dati di esercizio l'adeguamento degli organici e attrezzature in rapporto al carico di lavoro, l'adeguamento dei requisiti per i laboratori già autorizzati.
Dobbiamo poi prendere atto che la medicina diventa sempre più specialistica e tecnologizzata, che è in corso un'evoluzione delle moderne patologie, le quali richiedono spesso accertamenti a ventaglio, sia per le diagnosi che per la cura. La media di analisi per abitante in Italia è più bassa rispetto ad altri Paesi più avanzati, la tendenza generale è all'aumento degli esami. C'è però il rischio di uno sfrenato consumismo di esami e di analisi. Che vi sia una certa necessità di controllare quantitativamente e qualitativamente la richiesta di esami è dunque fuor di dubbio, ma non sono neppure ipotizzabili provvedimenti di carattere fiscale. Le limitazioni devono essere basate su valide argomentazioni scientifiche, statistiche ed epidemiologiche che comportano un sistematico sforzo organizzativo per l'aggiornamento del medico di base.
Ne deriva una terza osservazione. Il prodotto di un servizio pubblico quale un laboratorio di analisi, deve avere le seguenti caratteristiche: preciso ed accurato quanto permette lo stato dell'arte, quantitativamente proporzionato alla richiesta, facilmente accessibile, economicamente competitivo e di facile controllabilità. Lo standard qualitativo del prodotto deve essere elevato, ciò si ottiene mediante programmi di controllo di qualità intra ed inter laboratorio, mediante un continuo aggiornamento culturale degli operatori; con una politica del personale che non sia demotivante sia sul piano culturale che economico, per esempio, i laureati non medici o la politica degli incentivi di produttività e professionali per i tecnici, con una politica degli investimenti in tecnologie che tenga conto delle esigenze di rinnovamento che provengono dalle conoscenze degli operatori oltre che dalle esigenze del pubblico.
Un'ultima osservazione. L'economicità di gestione delle strutture laboratoristiche pubbliche deve essere valutata sia in confronto con il privato sia tra i vari presidi ospedalieri e zonali. Solo mediante un'analisi accurata dei costi è possibile individuare le carenze e indirizzare investimenti tecnologici o adeguamenti degli organici.
Correlato a ciò è importante che si imposti un sistema di raccolta dei dati (numero di analisi, costi, ammortamenti, manutenzioni) che sia facile gestire alla fonte e che permetta da parte degli organi centrali valutazioni e confronti pubblico-privato e pubblico-pubblico, è solo sulla base di solidi dati statistici che si può intervenire e programmare potenziamenti strutturali.
Credo sia compito primario ed urgente della Regione affrontare il problema fondamentale dell'informazione.
Controlli seri, dal centro alla periferia, del rapporto pubblico privato quindi, ma anche rinnovamento delle attrezzature, ammodernamento tecnologico, tempo pieno, incompatibilità.
Nel programma di investimenti in opere edilizie e attrezzature sanitarie per l'anno 1987 non risulta esserci un programma di investimenti per il rinnovamento di attrezzature e l'ammodernamento tecnologico. Ecco un'altra incoerenza.
Signor Presidente, signori Consiglieri, il lavoro svolto è stato ed è prezioso, utilissimo, alla condizione però che, verificate le cause dei fenomeni degenerativi e la situazione che le ha rese possibili, debbono essere attuate urgentemente e coerentemente misure correttive radicali.
Debbono essere attuate politiche sanitarie, indirizzi programmatori da parte del governo regionale.
Su questa strada nettissima e chiarissima non mancherà il nostro contributo. Auspichiamo che la maggioranza la imbocchi senza esitazione e in piena coerenza.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

Innanzitutto, un vivo apprezzamento per il lavoro svolto dalla Commissione guidata dal collega Devecchi. La relazione è indubbiamente un grande e valido contributo dell'Ente nel settore sanitario, perché dà un quadro chiaro degli interventi avvenuti, identifica i nodi cruciali e indica le soluzioni di competenza della Giunta.
Ieri si è concluso l'iter della legge sui requisiti minimi dei laboratori privati di analisi; ci auguriamo che non possa avere altri intoppi e la Giunta si impegna ad attuarla immediatamente.
La Giunta sta formando un gruppo di lavoro che dovrà svolgere l'attività ispettiva e di vigilanza, permanente o periodica, di competenza della Regione o di competenza delle singole UU.SS.SS.LL. Con il gruppo di lavoro valuteremo se è una attività che va regolamentata con atto legislativo o con atto regolamentare.
E' indubbio che l'attuale controllo regionale sulle UU.SS.SS.LL. non è più sufficiente. La vigilanza deve essere consistente in quanto le UU.SS.SS.LL., dopo aver risolto in parte o completamente i problemi finanziari, tendono a rendersi autonome.
In merito al controllo di qualità sui laboratori di analisi ricordo che il disegno di legge è già in discussione in Commissione e, non appena sarà esaurita la discussione in quella sede, verrà portato all'esame dell'aula consiliare.
E' in preparazione una proposta di legge inerente le norme sull'attività dei laboratori di radiodiagnostica e sul recupero e la riabilitazione funzionale.
C'è il problema di ridefinire funzioni e ruoli della Regione e delle Unità socio sanitarie e di distinguere le responsabilità degli amministratori da quelle della struttura tecnica, ma queste sono norme di carattere nazionale inerenti il pubblico impiego e non sono di competenza regionale; stiamo comunque verificando la possibilità di un intervento regionale nel quadro delle competenze regionali.
Nel rispetto della legge che prevede la nuova divisione territoriale delle Unità socio sanitarie di Torino, la Giunta sta predisponendo i decreti di costituzione.
Per quanto concerne il principio di mobilità della spesa in base al quale l'USSL che autorizza le prestazioni deve poi provvedere ai relativi pagamenti, la Giunta sta elaborando il documento che riguarda le case di cura private. Ci sono però delle difficoltà di natura tecnica per quanto riguarda le analisi; sarebbe utile un sistema codificato con computer al fine di evitare che l'addebito delle spese alle UU.SS.SS.LL. di provenienza venga a costare più dell'operazione stessa di controllo.
Si tratta di materia complessa, difficile. Non penso però che ci possa essere una distinzione netta, come è stato affermato dal Consigliere Calligaro, tra i buoni e meno buoni, nell'affrontare i problemi sanitari (a volte vengono giudicati anche in base alle collaborazioni di Giunta). Credo che tutti abbiamo incontrato delle difficoltà e così pure il Partito del compagno Calligaro ne ha incontrate negli anni 1980/1985 quando governava questa materia.
Quello della sanità è un settore che ha bisogno di capacità di governo di efficienza, di snellimento nelle procedure, di responsabilizzazione a tutti i livelli; è un settore che ha bisogno di essere governato e controllato con criteri trasparenti.
Ha ragione il Consigliere Devecchi quando dice che la sanità piemontese non è certo peggiore di quella del resto d'Italia. In Piemonte abbiamo assistito ad illeciti amministrativi, però l'attività, dal punto di vista medico e professionale, è sempre stata corretta. Molti problemi non sono attribuibili alla Regione. Non per giocare al rimando da un tavolo all'altro, ma certe questioni di procedura sono da snellire perch estremamente complesse, come ad esempio la procedura dei concorsi che sta paralizzando non solo le UU.SS.SS.LL., ma anche molti enti pubblici. C'è infine il cronico male della mancanza di personale, il problema della lentezza della procedura delle spese delle UU.SS.SS.LL., che sono in fondo anche i problemi di tutti gli enti pubblici, che rischia di bloccare l'attività della sanità.
La Giunta si impegna a proseguire nel potenziamento della sanità pubblica in Piemonte, verificando che le strutture e i servizi rispondano alle esigenze al massimo possibile, perché, come tutti sappiamo, esistono delle strutture che lavorano soltanto al 40-50% delle loro possibilità reali; ci sono reparti che lavorano soltanto per mezza giornata. Siamo quindi di fronte ad un sottoutilizzo delle strutture non ammissibile.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Santoni.



SANTONI Fernando

Signor Presidente, colleghi Consiglieri, l'intera Commissione si riconosce nella relazione che il Presidente Devecchi ha svolto in quanto la stessa è stata esaminata e discussa nella sede della Commissione stessa.
Potrei aggiungere che concordo anche sulle sue considerazioni svolte a titolo personale.
Quindi ci limitiamo ad alcune considerazioni personali e di Gruppo.
Per quanto riguarda i lavori della Commissione siamo in una fase di prima approssimazione, direi forse di eccessiva approssimazione. I dati che abbiamo raccolto sono ancora parziali. Abbiamo trascorso i primi due mesi, dei tre che erano stati concessi per questo lavoro, a raccogliere i dati, quindi solo nella parte finale è stato possibile svolgere un lavoro di analisi, seppur limitata su quanto raccolto. Dai dati parziali per quantità e qualità, per individuazione di periodi temporali di riferimento e anche per limitatezza nei confronti con altre situazioni - dati esistenti presso l'Assessorato - abbiamo potuto farci un'idea della situazione, al di là delle cognizioni che la Commissione poteva avere, attraverso il lavoro di consultazione svolto con i responsabili dei laboratori pubblici ospedalieri ed extra-ospedalieri. E' quindi, come dicevo, una situazione di approssimazione che non consente ancora di arrivare ai risultati che il Consiglio giustamente si attende dal lavoro della Commissione.
Il dato più significativo emerso da questa prima tranche di lavoro è quello che nei primi mesi del 1987, dopo la nota vicenda giudiziaria, la produttività dei laboratori pubblici è aumentata in maniera sensibile: la relazione riferisce un dato, anche questo approssimativo, di circa il 40% e nella relazione sono state indicate una serie di cause che non sono volutamente elencate in ordine di priorità. Ognuno potrà da queste trarre i propri convincimenti su quelle prevalenti.
Sappiamo che quando il mirino è puntato, la produttività aumenta immediatamente e vengono superate anche quelle cause di fisiologica improduttività che non derivano da distorsioni, ma dal cattivo funzionamento di un impianto o di una struttura. Ha certamente giocato l'eliminazione dei ticket, che hanno di nuovo dilatato la fruizione di questo tipo di interventi; sono intervenuti fenomeni di prudente ritiro di fatti distorsivi precedenti.
Siamo ancora, ripeto, a delle indicazioni di massima, a delle indicazioni approssimative che non consentono di portare a compimento il mandato che il Consiglio ha affidato alla Commissione. Certamente, il mandato non era soltanto quello di individuare un quadro della situazione ma, attraverso questo, di fare delle proposte concrete che consentissero di modificare il riferimento di fondo e quindi di evitare per il futuro, per quanto possibile, che fenomeni derivanti da fatti fisiologici, da distorsioni del sistema, si possano ripetere. Per questo sono convinto che la Commissione debba proseguire il proprio lavoro, anche per completare il quadro complessivo che deriverà dall'analisi e dall'esame dei dati risultanti dai questionari che ormai sono tornati quasi tutti, anche se con grande ritardo, per poter poi passare ad una fase più concreta e più propositiva. Perché, vedete colleghi, il problema non è di stabilire se sia meglio il pubblico o il privato, se il privato è stato cattivo o se gli uomini sono stati malvagi: sono valutazioni che possiamo fare e che in un quadro di valutazione complessiva sono utili, il nostro compito è di individuare quali siano i meccanismi più utili ai fini del funzionamento della sanità nella nostra Regione. Occorre, quindi innanzitutto stabilire quali debbano essere gli spazi di intervento del pubblico e del privato quest'ultimo complementare per quanto imposto dalla nostra normativa, quali i rapporti e quali le possibilità di operare che questi due settori debbono avere all'interno dei sistemi della sanità.
Voglio ricordare un dato che forse è sfuggito ai più che mi sembra invece rilevante. In questa situazione il problema non è stato tanto quello di avere più o meno spazi al privato rispetto al pubblico, ma quello questa è una valutazione strettamente personale che ha un inizio di fondamento nei dati raccolti e penso che il lavoro successivo potrà confermarla - di costituire, a fianco della sanità pubblica, una sorta di sanità privata alternativa. Non si tratta della diffusione del privato diviso in tanti microorganismi che singolarmente concorrono nei confronti del pubblico, ma si tratta della costituzione di una sorta di oligopolio di monopolio privato che si rendesse alternativo al pubblico.
Mi sembra che il fenomeno sia diventato preoccupante non tanto perch ci fossero svariati istituti di analisi privati che operavano autonomamente e che corrodevano gli spazi del pubblico, lecitamente o illecitamente, ma perché si stava creando (intuitivamente possiamo arrivare ad una prima conclusione di questo tipo) una sorta di monopolio alternativo che aveva bisogno di spazi diversi e maggiori. Alcune esperienze di tipo giudiziario di questi mesi ci hanno confermato che l'interesse alle deviazioni sul privato, in un sistema in cui esistono gli incentivi per gli istituti di analisi, gli incentivi per i responsabili, ecc., è interessante solo ed in quanto si superino certe soglie. Per essere conveniente questo tipo di intervento non deve essere parcellizzato, ma accorpato così da consentire il superamento di determinate soglie.
Questi dati dobbiamo tenerli presenti se non vogliamo esaurire la nostra discussione in una filosofica disputa tra pubblico e privato.
Alla conclusione dei lavori della Commissione dovremmo portare al Consiglio dei dati che consentano di trovare delle soluzioni operative al problema che fin d'ora possiamo incominciare a individuare, se non altro per settori di intervento.
Un primo settore di intervento è quello normativo e organizzativo.
Questo dato è emerso chiaramente dai lavori della Commissione. Vi sono per dei limiti e delle carenze. Citiamo un esempio. La situazione del tariffario probabilmente è una causa marginale della deformazione e della deviazione del sistema, però esiste e allora non possiamo consentire che le nostre strutture vadano avanti ancora con dei parametri e dei riferimenti che non corrispondono alla realtà scientifica e operativa di oggi, non possiamo consentire che ci siano dei tipi di intervento o di analisi che non siano addirittura previsti nel tariffario, o che certi parametri remunerativi siano addirittura sotto i limiti del costo puro dell'intervento. Questi fenomeni esistono e in questa direzione bisogna intervenire.
Altro esempio. Dalle consultazioni abbiamo appreso che certi laboratori, in particolare quelli extra-ospedalieri, hanno dei volumi di produttività, interessanti e sufficienti oggi, e hanno anche dei tempi di produttività accettabili, ma abbiamo anche appreso, per esempio, che alle Molinette si lavora con tempi di prenotazione dai tre ai quattro mesi. Non è certamente qualitativamente accettabile che si proceda con questi tempi e con questi ritmi. Ci sono dei settori e dei laboratori che ancora oggi potrebbero lavorare di più, essendo sottoutilizzati, e degli altri che lavorano con tempi di prenotazione a tre, quattro mesi, quindi c'è l'esigenza di organizzare complessivamente il meccanismo.
Il Centro unificato di prenotazione, quando sarà completamente a regime, potrà ovviare a questi inconvenienti e di questo il Consiglio, come ha già fatto la Commissione, dovrà tenere conto. C'è il problema dei controlli che l'Assessore Maccari ricordava. Ritengo che dovrebbe trattarsi di controlli bidirezionali, che tendano a verificare che non ci siano distorsioni ma che verifichino anche la funzionalità e la produttività degli istituti pubblici, controlli che verifichino perché alle Molinette ci siano tempi di attesa di tre o quattro mesi, se questo periodo di attesa sia derivato da un sovraffollamento dell'istituto preso in considerazione o se non vi siano problemi di organizzazione interna, di personale non qualificato o non individuato correttamente in termini qualitativi e non solo quantitativi.
Dobbiamo approcciare questo problema con estrema prudenza e con estrema modestia, dimenticando i nostri convincimenti stratificati, come ricordava Calligaro, in tutte e due le direzioni e cercare di trarre dal lavoro della Commissione elementi qualitativamente validi per potere dare indicazioni operative alla Giunta regionale e al Consiglio.
Per questi motivi mi associo alla richiesta del Presidente della Commissione Devecchi, ovvero che il Consiglio consenta alla Commissione di proseguire i propri lavori in termini temporalmente adeguati, affinch possano essere conclusi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PETRINI



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ferrara.



FERRARA Franco

Signor Presidente e colleghi, credo di dover iniziare questo breve intervento esprimendo quantomeno lo stupore nel vedere come un argomento così importante, che è stato oggetto di grande attenzione non soltanto in quest'aula, ma anche in altri enti e centri, cada in questo Consiglio regionale nel più assoluto disinteresse.
Mi auguro che si possa trovare un modo di lavorare che vanifichi il rituale del giovedì e dia maggiore efficienza ai lavori del Consiglio.
Ho seguito con molta attenzione i lavori della Commissione; quando non ho potuto partecipare direttamente ai lavori ho letto i verbali e i documenti per poter affrontare il dibattito di oggi in modo serio e costruttivo.
E' giusto dire che siamo in presenza della prima parte del lavoro, e che la Commissione deve poter completare la sua attività. Una serie di inefficienze, che già erano in qualche modo colte e percepite, hanno trovato maggior precisione e maggior concretezza. Abbiamo avuto la conferma di uno spostamento sensibile nel rapporto fra struttura pubblica e struttura privata convenzionata, e questo tutto a favore della seconda anche se non si registrava una saturazione nelle strutture pubbliche, anzi in presenza di strutture pubbliche sottoutilizzate. Il principio secondo cui la struttura convenzionata poteva agire quale momento complementare delle strutture pubbliche si è capovolto completamente, tanto che le strutture pubbliche sono diventate complementari rispetto alle strutture private convenzionate, le quali lavoravano in modo pieno e completo lasciando le strutture pubbliche in stato di inefficienza.
C'è stata una commistione tra pubblico e privato inaccettabile.
Concordo con Calligaro nel dire queste cose, anche se mi pare che sia una forma di ideologismo.
Nel sistema dei laboratori privati si è creato quello che prima Santoni definiva un oligopolio, che gli economisti definiscono collusivo poiché è fuor di dubbio che ci fossero delle intese. Questo può avvenire soltanto in presenza di un comportamento inaccettabile del pubblico. Più volte si sono indicate situazioni patologiche nel sistema ospedaliero. Parecchi anni fa si denunciava il fatto che delle attrezzature acquistate stavano arrugginendo inutilizzate nei sottoscala degli ospedali e situazioni analoghe erano puntualmente indicate e dimenticate dalle strutture pubbliche che pure dovevano svolgere una funzione di controllo.
La funzione di controllo è carente nella struttura pubblica, come sono carenti altri aspetti altrettanto importanti, come la mancanza di indirizzi, di obiettivi e di prospettive che l'ente pubblico dovrebbe dare e che invece non ha dato e non dà.
Abbiamo detto che di queste problematiche parleremo in modo più approfondito; tra l'altro, ritengo che occorra essere molto attenti nel parlare di questi problemi nel momento in cui la Magistratura sta svolgendo un'indagine in questo settore. Non è possibile svolgere approfondimenti che potrebbero in qualche modo invadere campi non di nostra competenza, ma è certamente nelle nostre competenze il cercare di individuare sistemi che consentano di controllare che non si verifichino più situazioni negative.
Che di situazioni negative si trattasse non vi è nessun dubbio, il dato più evidente ci viene dall'aumento di produttività che si è registrato dopo l'inizio dell'inchiesta. Si tratta di una reale maggiore produttività che si è creata perché si è scoperto che qualcosa da parte di qualcuno si stava muovendo.
E' un'accusa che credo occorra fare alla Regione e in genere alle strutture pubbliche che non hanno saputo svolgere un coerente ruolo di controllo rispetto alle strutture da esse dipendenti.
Quando parlo di controlli il mio amico e collega Marchini mi rimprovera perché la Regione non è un organo di controllo. D'accordo la Regione non è un ente poliziesco, deve però controllare i soldi che amministra, sia pure in modo delegato rispetto ad altre strutture. Occorre che subito vengano individuati i sistemi di controllo affinché questi fenomeni non si verifichino più.
Nella relazione che il Presidente Devecchi ha letto ed illustrato sono indicate inefficienze, mancati controlli, situazioni anomale. Le inefficienze ci sono, e saranno oggetto di attento esame quando concluderemo i lavori della Commissione. La relazione non è definitiva però l'Assessorato può già raccogliere alcuni elementi e assumere alcune iniziative affinché vengano prese in considerazione.
Il problema del CUP è oggetto di polemica già da molto tempo. Ricordo la polemica sorta in Consiglio comunale nel 1984 quando fu presentata per la prima volta una proposta di deliberazione per affidare al CSI questo servizio. Quando si votò quella deliberazione, che riguardava il CUP l'organizzazione dei servizi, i costi, il Gruppo repubblicano non era uscito dall'aula, a differenza di alcuni Gruppi di opposizione, perch riteneva che la maggioranza avesse il diritto di governare e anche di sbagliare.
Certamente era stato facile per le opposizioni respingere una deliberazione il cui costo pareva essere clamorosamente al di fuori da quelli che erano i costi normali di servizio. C'era stato da parte di molti qualche leggerezza ad affrontare seriamente il problema che non era certamente risolutivo, ma probabilmente avrebbe evitato certe distorsioni.
Ormai l'informatica pervade la società e mi pare che in questo caso un tipo di informatica per individuare le strutture libere che possono svolgere esami e analisi sia il minimo che si possa chiedere, certamente consentirebbe di superare le situazioni anomale che si sono verificate.
Qualcosa è stato fatto, soltanto ieri abbiamo votato la legge sui requisiti minimi dei laboratori. Su quella legge però ho ancora qualche perplessità. Il fatto di averla approvata è certamente un passo avanti, ma ritengo che alcune norme debbano essere modificate, se non altro deve essere equiparato il controllo tra le strutture private e le strutture pubbliche. Le norme che valgono per le strutture private debbono valere anche per le strutture pubbliche. E' inconcepibile e non è accettabile che per le strutture private si richiedano certi requisiti fondamentali e gli stessi requisiti, che sono ancora fondamentali indipendentemente da chi li faccia, non siano richiesti per le strutture pubbliche.
Un'ultima osservazione sul decentramento. Il Partito repubblicano ha espresso alcune perplessità; su questo argomento ho letto sul giornale che il Prefetto sollecita una definizione del problema, credo che effettivamente una pronta risposta debba essere data. Non ritengo che la risposta più corretta sia quella di commissariare le UU.SS.SS.LL. perché il commissariamento non rientra nella normalità. Mi pare invece coerente il riesame che la Regione, in accordo con il Comune, vada a verificare se la ripartizione in dieci Unita sanitarie sia la soluzione ottimale rispetto all'efficienza del servizio o non sia una soluzione suggerita da situazioni esterne che ci siamo trascinati alle quali dobbiamo dare risposta senza essere, almeno da parte del Partito repubblicano, convinti.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola, e ne ha facoltà, il Consigliere Cernetti.



CERNETTI Elettra

Vorrei mettere in evidenza come in effetti siano state create le strutture pubbliche dotate di attrezzature, cioè un complesso estremamente valido, ma non utilizzato appieno per mancanza di coordinamento indispensabile per portare ordine in questo settore. Difatti vi sono laboratori negli ospedali intasati di lavoro, dove gli esami si aspettano due o tre mesi, mentre ve ne sono altri quasi senza lavoro. La mancanza di coordinamento si traduce in mancanza di controllo, non tanto da parte della Regione, quanto da parte dell'USSL e la mancanza di controllo ha generato quegli abusi che hanno provocato l'intervento della Magistratura ingenerando una sorta di autocontrollo che ha aumentato la produttività dei laboratori stessi.
Sono convinta che nessuno vuole demonizzare le strutture private, ma è indubbio che le strutture private devono essere ad integrandum di quelle pubbliche.
Sono convinta che sia necessario rivedere anche i tariffari, perché non è ammissibile che i tariffari non ripaghino il costo delle prestazioni e questa situazione può dare esca a interpretazioni, chiamiamole pure truffaldine, per cui si moltiplicano le prestazioni per avere una corrispondenza adeguata, logicamente questo ingenera degli abusi che invece di produrre una corrispondenza economica adeguata addirittura la si ha in sopravvalutazione. Così come non è giusto che non siano compresi nei tariffari determinati esami che ormai sono entrati nell'ordinaria amministrazione.
Quindi ritengo che la Regione debba farsi interprete di questo. La legge nazionale in un certo senso ostacola l'aggiornamento tariffario e non capisco come la Lombardia, che ha i nostri stessi problemi, questo aggiornamento l'abbia fatto.
Ciò che mi è parso molto grave, e che è emerso dall'indagine, è stata la cosiddetta strumentazione data in via sperimentale ai laboratori, perch si lega in effetti all'acquisto dei reagenti e questi sono legati a loro volta a quel determinato tipo di strumentazione. E' un'operazione che definisco immorale; i laboratori ci pongono la questione dicendo: o la strumentazione ci viene data in via sperimentale e noi ci sobbarchiamo l'acquisto dei reagenti, oppure chiudiamo i laboratori perché la strumentazione non l'abbiamo. E' un'operazione che presenta il fianco a molte critiche. Sono disfunzioni dovute alla mancanza di coordinamento.
Pare impossibile che nell'epoca dell'informatica manchi un coordinamento che permetta l'utilizzazione totale delle strutture pubbliche, che diminuisca i disagi e che permetta un controllo automatico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Bergoglio.



BERGOGLIO Emilia

Signor Presidente, credo che questo dibattito sia di grande importanza per il Consiglio regionale, non deve però limitarsi ad essere un ennesimo dibattito. Il rito dei dibattiti in questi anni si è consumato troppe volte ed è ora che da questo rito si passi alla traduzione di atti operativi e di fatti concreti.
Condivido totalmente quanto ha detto il collega Devecchi, Presidente della Commissione, nel suo intervento sull'attività della Commissione d'inchiesta e condivido le considerazioni finali che fanno parte di una proposta di carattere politico che il Gruppo democristiano fa propria.
E' necessario prima di tutto separare nettamente e analizzare il livello delle responsabilità penali. Il giudizio sulle responsabilità penali non attiene al Consiglio e non attiene alla Commissione, non attiene alla responsabilità complessiva della Regione; sono fatti di cui si occupa la Magistratura nei confronti della quale noi esprimiamo fiducia.
Non è in discussione l'impostazione ideologico - culturale, ma le degenerazioni del sistema complementare, surrogatorio tra servizio pubblico e servizio privato che non vanno n' demonizzati né sposati a priori. Non si vuole separare il bene dal male, i buoni dai cattivi; non è vero che esiste una base ideologico - culturale privilegiante il privato e una base ideologico - culturale demonizzante il privato in termini politici. La degenerazione non è dovuta alle convenzioni con i privati o al fatto che c'è una operatività del privato, ma è dovuta al modo in cui gli impianti sono stati utilizzati e messi in piedi e a come dietro alle strutture pubbliche e private si siano innestati altri fenomeni.
Vorrei chiedere al Partito comunista e alle altre forze politiche della sinistra, il PSI e il PSDI, quale è stata la loro funzione politica negli anni in cui queste cose sono maturate. Non è un problema che si possa risolvere dicendo: "io non c'ero" e "se c'ero dormivo".
Individuate le distorsioni, individuato il fenomeno, bisogna arrivare ai correttivi senza applicare degli schemi che rischiano di ritorcersi contro chi cerca di realizzarli.
Qualche osservazione sulla funzione dell'amministratore pubblico. Non voglio demonizzare il politico. Sentiamo dire troppe volte che il politico è incapace, ignorante, imbecille e un po' stupido. Non credo che sia così.
Sappiamo che ci sono persone più qualificate e più abili, ma non possiamo dire che la patente di stupidità è una prerogativa del politico. Non esiste l'amministratore idiota perché è politico, così come non esiste l'amministratore integerrimo perché non è politico; questo lo dico per fare chiarezza tra il ruolo tecnico e il ruolo politico. Non è detto che una sanità pubblica o privata amministrata da un tecnico sia una salvaguardia rispetto ai rischi di deviazione, di incapacità e di incompetenza. Capacità e incapacità sono equamente distribuite nel genere umano e sono presenti anche in altre sedi. I giornali hanno ricamato molto su queste cose dicendo, in sostanza, che le cose vanno male perché sono in mano ai politici; in realtà sono in mano anche ad altri e vanno male lo stesso.
Penso su questo di trovare il consenso di tutti. Quindi, attenti al qualunquismo di rovescio. Una riforma del settore della sanità non può non distinguere i ruoli. In questo bailamme complessivo tutti sono responsabili, certamente i politici, ma in conclusione nessuno lo è, quindi in questo quadro lo sfascio continua.
Allora, al di là dei risultati che la Commissione ha conseguito e che completerà, credo che ognuno debba fare la propria parte.
Il collega Devecchi sottolineava la situazione, ormai incancrenita e spinosa, dell'USSL 1/23. Le vicende di questi giorni ci portano a dire che non è più possibile dilazionare oltre l'assunzione di posizioni precise e chiare. Giustamente, il collega Devecchi ha detto: "O si attuano le leggi regionali per tutti oppure si cambiano perché non è possibile tenerle in sospeso senza scadenza". Il Gruppo democristiano chiede formalmente a chi ne ha la responsabilità istituzionale e politica di mettere in atto tutti i procedimenti e le procedure utili, compresi i decreti di nomina degli amministratori delle UU.SS.SS.LL. di Torino, perché le strutture possano funzionare entro breve tempo e con i requisiti previsti dalla legge regionale.
La Commissione comunale di Torino che deve definire lo smembramento delle Unità sanitarie e l'assegnazione del personale ha completato i propri lavori. L'Assessore comunale ha dichiarato formalmente che sta aspettando che vengano nominati gli amministratori per poter procedere al decentramento. La Regione ha questa specifica responsabilità, pertanto il Gruppo democristiano chiede che si proceda in tempi brevi affinché gli amministratori siano messi in condizione di assumersi le responsabilità.
Alcune considerazioni sul rapporto tra pubblico e privato.
Quando si parla di rapporto tra pubblico e privato c'è chi si schiera da una parte e chi si schiera dall'altra, c'è chi demonizza e chi esalta.
L'Italia fa parte di un sistema economico con sue caratteristiche costituzionali alle quali dobbiamo riferirci per garantire, a chi abbia titolo e professionalità, spazi di libertà, di iniziativa e di concorrenzialità. Questo comporta precise modalità di verifica e di controllo quando il privato viene inserito nel sistema pubblico, quando l'onere di queste strutture viene posto a carico della collettività, ma comporta controlli anche per il pubblico perché oggi ci avviamo verso le convenzionate esterne.
Oggi ho anche sentito dire che le strutture pubbliche sarebbero sottoutilizzate e che quelle private sarebbero incentivate. Mi domando come mai quando si richiede un esame di laboratorio si devono aspettare a volte dei mesi per avere un referto. In alcune strutture questo fatto non avviene, in altre invece avviene sistematicamente. Se vi è un disegno "criminoso", questo dovrebbe essere controllato; se realmente le strutture non sono in grado di svolgere le loro funzioni occorre provvedere. Questa è la parte propositiva alla quale facevo riferimento all'inizio del mio intervento.
Non si può continuare a dire che chi prenota le analisi a giugno ottiene i risultati a settembre. I casi sono due: o l'ammalato non ha urgente bisogno dell'analisi o della radiografia o nel frattempo la sua situazione è degenerata. Sono battute poco felici, me ne rendo conto anch'io. Anche su questo occorre ragionare.
Così come si potrebbe ragionare sulla proposta che ci arriva dalla Regione Veneto. C'è la proposta di stabilire elementi di certezza che consentano al pubblico e al privato investimenti adeguati per l'attrezzatura e per l'impiantistica e per non favorire, per la ristrettezza dei tempi, facili guadagni come a dire: "arraffa tutto guadagna in fretta perché domani non si sa cosa succederà". Allora, diamo un impianto, una struttura di rapporto pubblico e privato dando certezze a tutti, dopodiché si controllerà e si verificherà con serietà.
Vorrei trattare un'ultima questione, a completamento di quanto già detto dal collega Devecchi. Tra i tanti problemi emersi in sede di Commissione, oltre a quelli già noti che fanno parte della cronaca di tutti i giorni, c'è quello relativo all'approvvigionamento delle apparecchiature e delle attrezzature dei laboratori di analisi. Questo fatto mi preoccupa non tanto per le possibili implicazioni penali, perché un Consigliere regionale non ha responsabilità relativamente a questo aspetto, ma per l'assenza di normative chiare. Gli operatori medici, i responsabili amministrativi, siano essi tecnici o politici, sono lasciati in una situazione di incertezza preoccupante. I laboratori di analisi e radiologia lavorano, e non sarebbero in condizione di lavorare se così non fosse, questo è il problema, sulla base di prestiti e di cessioni in prova delle apparecchiature. L'apparecchio viene dato in prova sino a quando non diventa inutilizzabile, senza procedure d'acquisto, senza atti formali di comodato o d'uso gratuito.
Non posso dimenticare totalmente la mia professione iniziale che è quella di insegnante di tecnica e di ragioneria, quindi so che le aziende devono fare i piani di ammortamento aziendale e che alla fine dell'anno i conti devono quadrare. Un'azienda produttrice di apparecchi, che concede in prestito gratuito le apparecchiature sino alla loro messa in disuso, si rivale, ovviamente, negli ammortamenti finanziari ed economici sul maggior costo che viene applicato sui reagenti e così via. Questo non ci scandalizza, ma dobbiamo saperlo, dobbiamo dire se questo è legittimo o se non lo è, e se non lo è non dobbiamo lasciarlo praticare. Stabiliamo se questa prassi è legittima. Stabiliamo le modalità di procedura d'acquisto o di messa in uso di questi apparecchi, sapendo che se questa procedura venisse dismessa immediatamente, moltissimi laboratori non sarebbero in condizione di svolgere le loro funzioni. Credo che in una struttura pubblica questo sistema sia quantomeno anomalo.
Mi sono dilungata su questo aspetto sul quale non èra ancora stata puntata l'attenzione dei Consiglieri e dell'Assessore competente.
Come considerazione finale, credo di poter dire che il governo della sanità in Piemonte più che altrove ha creato delle gravi difficoltà. Non credo però che gli amministratori e i medici piemontesi siano peggiori di altri. Credo però che dobbiamo lavorare con più impegno, con più convinzione tutti insieme, affinché l'immagine negativa che il Piemonte ha dato al resto del Paese sia cancellata. Come dicevo all'inizio, è ora di uscire dal rito dei dibattiti per affrontare con grande serietà ed impegno una fase di ristrutturazione e di reinvenzione del Servizio sanitario del Piemonte, con l'augurio a tutti noi di non avere mai bisogno.



PRESIDENTE

Si conclude la discussione generale.
Per la Commissione d'inchiesta era prevista originariamente una durata di sei mesi, con scadenza al 12 settembre.
Vista la richiesta pervenuta alla Presidenza del Consiglio da parte di alcuni membri della Commissione e visto quanto è emerso dal dibattito, il Consiglio regionale può concedere ulteriori quattro mesi (dal 12 settembre 1987 al 12 gennaio 1988) per la conclusione dei lavori della Commissione d'inchiesta stessa.
Se il Consiglio acconsente, con votazione per alzata di mano, è possibile prendere questa risoluzione comune.
Chiede la parola il Consigliere Bontempi. Ne ha facoltà.



BONTEMPI Rinaldo

Il nostro Gruppo è d'accordo, anche perché la Commissione aveva un adempimento per quanto riguarda le case di cura private. Poiché ho sentito le posizioni del Consigliere Ferrara che sono molto simili alle nostre e poiché il dibattito di oggi non è stato di poco conto, perché sono emerse se non delle conclusioni definitive certamente delle possibilità di operatività, come lo stesso Ferrara giustamente ha ricordato, voglio sottolineare che oggi qualche punto fermo l'abbiamo già posto: ad esempio quello di demandare alcuni compiti alla Giunta, all'Assessore e al Consiglio. Lo dico per riaffermare che oggi non abbiamo fatto un passaggio inutile.



FERRARA Franco

E' costruttivo in questo clima.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VIGLIONE



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccari.



MACCARI Eugenio, Assessore alla sanità

L'intervento che ho svolto ha ripreso le argomentazioni che sono state portate avanti dai Consiglieri nei loro interventi.



PRESIDENTE

Signori Consiglieri, pongo in votazione la proposta di deliberazione n.
654, con la richiesta di aggiornare la data di scadenza dei lavori della Commissione di inchiesta sulle convenzioni UU.SS.SS.LL. al 12/1/1988, e contestualmente l'ordine del giorno n. 350. Il testo della deliberazione è a mani dei Consiglieri e sarà trascritto nel processo verbale della seduta in corso.
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
La deliberazione è approvata con 28 voti favorevoli ed 1 astensione.
La deliberazione è valida in quanto, ai sensi dell'art. 50 del Regolamento interno del Consiglio regionale, non vengono computati i Consiglieri in congedo per fissare il numero legale.


Argomento: Problemi generali - Problemi istituzionali - Rapporti con lo Stato:argomenti non sopra specificati

Ordini del giorno nn. 324, 335 e 337 relativi alla situazione delle carceri piemontesi (rinvio)


PRESIDENTE

Sugli ordini del giorno n. 324 presentato dal Consigliere Pezzana, n.
335 presentato dai Consiglieri Sestero, Adduci, Ala, Bontempi, Bresso e Dameri, n. 337 presentato dai Consiglieri Reburdo, Ala e Montefalchesi tutti relativi alla situazione delle carceri piemontesi, di cui al punto 13) all'o.d.g., ha chiesto la parola il Consigliere Marchini. Ne ha facoltà.



MARCHINI Sergio

Signor Presidente, mi corre l'obbligo di ricordare che c'era l'impegno di stile a svolgere questo dibattito non in coda di seduta, ma in un'ora adeguata. Mi sembra doveroso richiamare questo impegno e chiedere ai colleghi rappresentanti degli altri Gruppi la loro disponibilità a rispettare tale impegno e rinviare questo dibattito inserendolo come primo argomento all'o.d.g. della prossima seduta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Pezzana.



PEZZANA Angelo

Non ho difficoltà a trovare giusta l'osservazione del collega Marchini aggiungendo che il tempo che ci rimane è talmente insufficiente che impedirebbe comunque un dibattito reale su un argomento così serio e così importante. Quindi alle ragioni di stile mi associo.



PRESIDENTE

Se il Consiglio non ha nulla da obiettare rinvio la discussione dei tre ordini del giorno alla prossima seduta consiliare.


Argomento: Cave e torbiere - Difesa idrogeologica

Comunicazione dell'Assessore Cernetti sui lavori di escavazione sulle sponde del fiume Sesia. Interrogazioni e interpellanze inerenti gli approvvigionamenti di inerti per i lavori presso la centrale di Leri-Cavour


PRESIDENTE

L'Assessore Cernetti ha la parola per informare sui lavori di escavazione sulle sponde del fiume Sesia.
La comunicazione dell'Assessore comprende anche la risposta alla interrogazione n. 839 presentata dai Consiglieri Valeri, Montefalchesi e Ferro; alle interpellanze n. 854 presentata dal Consigliere Staglianò, n.
843 presentata dal Consigliere Ala, n. 892 presentata dai Consiglieri Valeri e Bontempi; alla interrogazione n. 899 presentata dal Consigliere Valeri.



CERNETTI Elettra, Assessore alle cave

Per maggiore chiarezza e razionalità rispondo anche alle e interrogazioni e interpellanze sopra elencate. Al di là delle singole situazioni esposte, esse si riferiscono ad approvvigionamenti di inerti per i lavori presso il cantiere ENEL di Leri-Cavour.
Per quanto riguarda l'interrogazione n. 839 inerente ai quantitativi di inerti prelevati dal torrente Elvo per il cantiere della centrale elettronucleare, è necessario portare elementi di chiarezza e precisare che l'organo competente a rilasciare autorizzazioni nell'alveo del torrente Elvo è il Magistrato per il Po. Si tratta quindi di competenza statale attualmente non affiancata da pareri espressi nell'ambito delle competenze regionali.
Come è emerso dai rendiconti mensili dell'ENEL riguardo all'approvvigionamento degli inerti per il sito elettronucleare e accertato dal Servizio cave di questo Assessorato, sono state accordate dal Magistrato per il Po due concessioni per l'estrazione dall'alveo del torrente Elvo alla società Cave Vitta S.p.A, rispettivamente in data 18/6/1986 e in data 15/6/1987. La competenza in merito al controllo delle estrazioni spetta allo stesso organo che ha emesso la concessione per lo scavo su area demaniale.
La ditta citata dagli interroganti, con sede in Leri-Cavour, risulta essere il consorzio di imprese sorto per affiancare l'opera delle due imprese tuttora interessate alla maggior parte dei lavori di movimenti di terra (canalizzazioni e viabilità inerenti la realizzazione del cosiddetto precantiere).
Ferma l'applicazione del disciplinare del Magistrato per il Po inerente le concessioni per estrazione in alveo di cui sopra, non si comprende come possa essere impedito il trasporto al definitivo utilizzatore da parte di mezzi di un'impresa o consorzio di imprese appaltatrici dei lavori. Né di per sé le concessioni rilasciate dal Magistrato per il Po implicano l'immediata utilizzazione del materiale estratto ricorrendo per la sua commercializzazione ai medesimi mezzi di carico e trasporto previsti nel disciplinare autorizzativo.
Si concorda comunque con gli interroganti circa la carenza del parere delle Amministrazioni comunali nel cui territorio avviene l'estrazione ai fini del provvedimento concessorio, mentre la proposta Commissione provinciale, destinata a sostituire la precedente Commissione consultiva comprensoriale per l'escavazione in alveo, non risulta ancora istituita.
In merito alla interpellanza n. 854 del Consigliere Staglianò e alla interrogazione n. 899 del Consigliere Valeri si fa presente quanto segue.
In data 7/11/1983 con nota 65/05 e con nota 68/90 il Magistrato per il Po rilasciava regolare nullaosta per interventi di scavo su terreni di proprietà del signor Roncarolo Carlo e del signor Balossino Gianfranco rispettivamente in località Tiravacca e Cascina Bianca, in area classificata di golena, compresa cioè tra l'alveo fluviale e l'argine maestro di sinistra del fiume Sesia, in area per definizione esondabile.
In data 8/2/1984 veniva accertato da parte del Servizio cave della Regione Piemonte che erano in atto scavi abusivi condotti dal signor Roncarolo Carlo su un'area di circa 14 mila metri quadri e ad una profondità di due metri e mezzo in località di Tiravacca; di conseguenza sono state avviate le procedure sanzionatorie.
In data 6/6/1984 venivano accertati, con relativo verbale di infrazione, scavi abusivi da parte del vigile rurale del Comune di Vercelli su terreni di proprietà del signor Balossino su un'area di metri quadrati 350 per una profondità di scavo di un metro e mezzo, per i quali si è proceduto all'applicazione delle sanzioni previste dalla legge regionale n.
69 del 1978. A seguito degli interventi del Servizio regionale cave, con i quali si verificava che gli scavi erano da assimilarsi a coltivazione di cave e pertanto soggetti alla normativa prevista dalla legge regionale n.
69 (coltivazione di cave e torbiere), i proprietari dei terreni presentarono regolare domanda di apertura di cava ai sensi della suddetta legge. Le istanze ottennero il parere favorevole della Commissione cave e torbiere nella seduta del 13/7/1984, considerato sia il nullaosta idraulico sia il parere espresso dell'Associazione irrigua Estasesia, che indicava un ribassamento ottimale dei terreni di un metro e mezzo per favorire l'irrigazione per gravità. Si fa notare che in data 13/7/1984 non era ancora vigente il decreto ministeriale comunemente chiamato decreto Galasso.
In data 1/2/1985, con decreto n. 213 e n. 214, l'Amministrazione comunale di Vercelli autorizzava gli interventi sopraccitati con la disposizione del rispetto delle distanze previste dalla sponda del fiume Sesia, ai sensi del decreto Galasso medesimo; la profondità media autorizzata in località Cascina Bianca è di un metro e mezzo e comporta un'asportazione di materiale ghiaioso variabile da 0,70 a 1,80 metri previo accantonamento del terreno agrario di copertura che deve essere rimesso in sito a fine lavori.
Nell'aprile 1986 un'esondazione del fiume Sesia erodeva 70 metri circa di sponda sinistra fluviale nella zona a monte dell'area di cava; nessuna connessione è esistita tra tale evento e la presenza degli scavi. A seguito di tale evento il Magistrato per il Po, con conseguente interessamento del Prefetto di Vercelli, intervenne con la realizzazione di una prismata a garanzia della sponda sinistra del Sesia.
In data 21/5/1986, con ordinanza sindacale n. 12558 e in data 1/9/1986 con nota 3262 del Magistrato per il Po, venivano sospesi i lavori riattivati poi con ordinanza sindacale n. 15406 del 23/6/1986, dopo l'accertamento delle idoneità degli scavi e dello stato dei luoghi da parte del Magistrato per il Po, del Comando dei vigili del fuoco di Vercelli e del Comune interessato. E' da sottolineare che le ordinanze sindacali, la nota del Magistrato per il Po e il parere dei Vigili del fuoco di Vercelli non sono mai stati trasmessi all'Assessorato regionale cave, ma sono stati acquisiti presso il Comune Vercelli al fine di assumere elementi per rispondere alle interrogazioni in questione. La relazione dell'ing. Greppi a cui fanno riferimento gli interroganti, mai pervenuta all'Amministrazione regionale, esprimeva considerazioni generali e non puntuali sulla dinamica fluviale del Sesia. Di certo da tale relazione non emerge la non idoneità degli interventi autorizzati; il medesimo ing. Greppi, con lettera in data 3/7/1985, richiedeva testualmente al sindaco di Vercelli "che i lavori di scavo fossero eseguiti conformemente con le concessioni rilasciate". Non risulta al Servizio regionale cave, sulla base dei rilievi celerimetrici eseguiti in data 2/9/1987 per accertare la situazione planoaltimetrica degli scavi, che le profondità raggiunte dagli scavi abbiano superato quelle autorizzate, considerato che i valori ottenuti dai rilievi si discostano dalle quote di progetto di venti, trenta centimetri, a volte in negativo e a volte in positivo.
Inoltre, dalle risultanze del rilievo è emerso che planimetricamente gli scavi condotti non hanno interessato zone limitrofe all'area di cava rispettando così i limiti autorizzati sia dal Magistrato per il Po sia dal Comune di Vercelli. Come quote di riferimento si sono assunte quelle relative all'argine maestro che risulta non essere stato in alcun modo interessato all'evento alluvionale.
In particolare sono stati rilevati: 1) la zona posta a nord dell'area di cava con particolare attenzione alle zone sulle quali il fiume ha tracimato 2) l'argine artificiale in fase di realizzazione posto a monte dell'area di cava 3) la quota del fondo cava per la parte che risulta ultimata 4) la posizione e la quota delle paline indicanti l'oleodotto della Sarpon.
Si è eseguita una serie di foto illustranti lo stato del luogo e i danni imputabili, secondo l'esposto presentato dal signor Roncarolo Carlo all'esondazione del Sesia sui terreni circostanti.
Per quanto riguarda i pretesi danni, provocati dall'evento alluvionale verificatisi, come già detto, in un'area di per sé esondabile, si pu senz'altro affermare che non sono imputabili all'attività di cava. E' da segnalare al riguardo che la risaia attivata in zona golenale dal signor Roncarolo non risulta preceduta da regolare denuncia al Comune di Vercelli.
E' da segnalare inoltre che con nota n. 2304 dell'8/9/1987 è stata inviata al Consigliere Staglianò la documentazione richiesta con l'interpellanza n. 854 del 23/7/1987, nonché le risultanze dei rilievi eseguiti il 2/9/1987.
Per quanto attiene all'interrogazione n. 899 del Consigliere Valeri è doveroso precisare che è generalmente riconosciuto più oneroso estrarre materiale da terreni privati che dall'alveo, infatti tra i costi di gestione relativi all'esercizio di cave su terreni privati occorre considerare le spese di acquisizione dei terreni, le spese di scoticamento e accantonamento del terreno agrario, gli oneri di recupero ambientale e relativa polizza fideiussoria prevista dalla legge regionale n. 69, a fronte del solo canone di concessione per gli scavi demaniali.
Per quanto riguarda la bonifica agraria nel Comune di Vercelli, oggetto dell'interpellanza n. 843 presentata dal Consigliere Ala, occorre precisare due aspetti importanti. Nell'anno 1981 la società ILCA, attualmente in concordato preventivo per la liquidazione, aveva compattuito un terreno agricolo di circa 30.000 metri quadri nel contesto di una convenzione con il Comune di Vercelli avente per oggetto la rilocalizzazione dell'azienda.
Successivamente la ditta ILCA ha iniziato i lavori preliminari, stesa di inerti, per trasferire in suddetti terreni la propria attività. A seguito dello stato di liquidazione della società ILCA, l'Amministrazione comunale di Vercelli ha richiesto di riavere libero il terreno da ogni riparto effettuato. Su tale richiesta il Tribunale di Vercelli, in data 12/3/1987 emetteva ordinanza di sgombero.
Il caso in esame, trattandosi di asportazione di materiale precedentemente messo in opera in funzione di un intervento urbanistico non è soggetto alla normativa della legge regionale 69. Infatti, si rientra in regime di cava quando l'asportazione di terreno costituisce sfruttamento di un giacimento formato attraverso fenomeni di natura geologica o riprese dei residuati di una precedente attività estrattiva.
Per quanto attiene inoltre al punto 1) dell'interpellanza, giova richiamare quanto segue. Il materiale sinora approvvigionato presso il sito si riferisce in massima parte a prodotto di pregio per gli interventi di bonifica, drenaggio ed allestimento delle principali infrastrutture primarie del cantiere (strade, canalizzazioni, ecc.) e non alla creazione del corpo del rilevato previsto per l'installazione delle strutture edificatorie della centrale.
In merito all'interpellanza n. 892 presentata dai Consiglieri Valeri e Bontempi, occorre portare chiarezza su quanto previsto a suo tempo dall'ENEL. Il documento ENEL. denominato "Appalto relativo alle opere civili preliminari relative al precantiere parte a), Convenzione" prevede per la cava di Busasse un quantitativo di 100.000 metri cubi di materiale denominato genericamente "terreno utilizzabile per rilevati". Da questo emerge che per questo tipo di materiale i prelievi della cava di Borgo d'Ale corrispondono a quanto previsto dal consuntivo ENEL relativo al mese di giugno 1987. D'altra parte il suddetto documento non dava indicazione alcuna per quanto riguarda materiale di caratteristiche geotecniche più pregiate da impiegare per la realizzazione di stabilizzati e classificati vari, in cui rientrano i 30.750 metri cubi, misurati in opera, riportati nell'ultimo rendiconto ENEL aggiornato al mese di giugno 1987.
Ad ogni buon conto, con nota n. 2336 del 9/9/1987, è stato segnalato al sindaco di Borgo d'Ale di accertare se da parte della ditta esercente sono stati osservati gli impegni previsti nell'atto autorizzativo, soprattutto in relazione alle forniture dichiarate a suo tempo dalla ditta esercente al fine di valutare l'opportunità di sospendere l'attività di cava.
Per poter rispondere alla seconda parte dei problemi sollevati dagli interroganti, inerenti gli impegni dell'ENEL ed il rispetto della convenzione ENEL-Regione, occorrono alcune precisazioni a completamento di quanto già precedentemente comunicato dagli Assessori competenti al Consiglio regionale in risposta a precedenti interrogazioni.
Il cosiddetto protocollo d'intesa ENEL-Regione, approvato con deliberazione della Giunta regionale in data 28/12/1984, recita: all'art. 1): Territorio, punto 1/1: l'ENEL si impegna a dare informazione degli atti progettuali e a sottoporli a verifica da parte della Regione al fine di trovare concordi linee di soluzione in merito ai seguenti problemi di impatto territoriale alla lettera c): Piano di approvvigionamento degli inerti, dei maternali naturali e dei prodotti classificati necessari per l'esecuzione delle opere nel quadro delle direttive e degli indirizzi stabiliti dai piani generali inerenti le attività estrattive e delle procedure autorizzative previste dalla legge regionale 69, unitamente alla definizione delle condizioni di coltivazione e recupero ambientale ed economico del territorio.
L'allegato 2): Linea guida per l'approvvigionamento materiali naturali prevede inoltre che: "L'approvvigionamento dei materiali inerti da utilizzarsi per i rilevati, riempimenti ed altre opere in terra interessanti la realizzazione del quartiere, nonché per i calcestruzzi dovrà essere preventivamente concordato tra la Regione e l'ENEL attraverso un programma finalizzato".
Invero, il medesimo verbale d'intesa precisa all'art. 7) modalità e strumenti per la sua attuazione. Cito testualmente: "La Regione e l'ENEL concordano e sottoscrivono i reciproci impegni, indicati nei precedenti articoli che dovranno essere riportati anche nella convenzione ex legge 393/75 tra ENEL e il Comune o i Comuni sede d'impianto, ove risultino elementi di garanzia per l'Ente locale. Il comitato misto previsto dal protocollo d'intesa Regione-ENEL individuerà modalità e strumenti di gestione del verbale d'intesa".
Com'è noto, non essendo mai stato costituito il comitato misto ENEL Regione, è venuto meno lo strumento fondamentale di gestione del verbale d'intesa in questione.
Il fabbisogno d'inerti per la creazione del precantiere è stato computato in circa 800.000 metri cubi misurati in opera. Le ditte appaltatrici dei lavori presso il sito elettronucleare hanno provveduto sinora ad assicurare le forniture degli inerti da due siti valutati positivamente in sede tecnica dalla Regione per i primi approvvigionamenti nei Comuni di Borgo d'Ale e Cavaglià e da una trentina di altri punti estrattivi di cui circa venti relativi a concessione negli alvei fluviali del Po, Dora Baltea, Elvo e Sesia per quantitativi mediamente non superiori ai 10.000 metri cubi ciascuno. Il succitato documento ENEL. appalto per precantiere, prevedeva inoltre la facoltà da parte delle ditte appaltanti di prelevare quantitativi di terre sino a 10.000 metri cubi, al di fuori di specifiche indicazioni della Regione.
Innanzitutto occorre precisare che la quantità totale degli inerti naturali, indicata nelle tabelle riassuntive dei rendiconti ENEL. pu essere stimata a consuntivo in base ai lavori già eseguiti e misurando la profondità dello strato di bonifico, ove il terreno imposto è stato sostituito da uno strato di fondazione drenante. In pratica è da stimare pari al 7% l'incremento di volume del materiale inerte messo in posto e costipato rispetto alla cubatura iniziale nella cava di provenienza, mentre ben maggiore è l'incremento di volume a seguito del rimaneggiamento durante le operazioni di carico e trasporto. E' da sottolineare che da parte dell'Assessorato alle cave si provvede sistematicamente a verificare la regolarità delle autorizzazioni delle cave di competenza, emanate ai sensi della legge regionale n. 69 segnalate dall'ENEL a consuntivo dei lavori effettuati presso il cantiere.
L'Assessorato alle cave ha seguito molto assiduamente l'evolversi della situazione con visite periodiche presso l'ENEL e controlli sul giornale del cantiere Leri-Cavour. E' doveroso tuttavia precisare che l'Assessorato alle cave non ha alcuna facoltà di procedere ad incombenze non istituzionali quali il controllo delle opere relative al cantiere della centrale ENEL. A questo riguardo occorre richiamare che all'Assessorato sono giunte richieste di ampliamenti o rinnovi di autorizzazioni di cave già esistenti e ubicati nella zona di Trino, alle quali non è stato dato seguito, appunto per non dare ulteriori occasioni per l'approvvigionamento al cantiere elettronucleare. La situazione che si è venuta a creare è tuttavia insostenibile se ulteriormente protratta in quanto può creare i presupposti per una perturbazione dell'assetto produttivo estrattivo della zona che non dimentichiamo sopperisce ai fabbisogni di un'aera di mercato esterna ai lavori della centrale, con conseguente riduzione anche dell'occupazionalità diretta e indotta.
Non può al riguardo essere rinviata ogni decisione per l'autorizzazione di cave, di inerti o granulati per gli impieghi correnti solo perché non può essere intravisto un potenziale rifornimento per il sito nucleare. Tale atteggiamento può inoltre recare pregiudizio anche alla realizzazione della pianificazione estrattiva del Piemonte orientale (province di Novara Vercelli e Alessandria) ormai in fase avanzata di elaborazione. E' da riconoscere comunque che il verbale d'intesa, cui fanno riferimento tutti gli interroganti, si è rivelato ampiamente inadeguato alle esigenze di disciplina dei reciproci impegni ENEL-Regione ed in particolare alle nuove necessità emerse dopo l'evento a Chernobyl.
Per quanto sopra detto è chiaro comunque che l'ENEL. oltre al proposito di un rallentamento dei lavori non meglio definito e quantificato, non si è ritenuta vincolata a particolari impegni nei riguardi dell'Amministrazione regionale, specie dove si consideri che, dopo la stasi invernale, si è verificato negli ultimi mesi un incremento negli approvvigionamenti di inerti, raggiungendo la punta massima nel mese di giugno pari a 63.000 metri cubi, venendo quindi meno ai principi che avevano sostenuto la stipulazione delle intese reciproche con la Regione e gli Enti locali.
Risulta inoltre assai discutibile la mancanza di determinazione di dar luogo ad un'effettiva moratoria dei lavori, che trovano difficile giustificazione nell'ipotesi che la centrale non venga realizzata non appena sancita in sede governativa la consultazione referendaria sul nucleare.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Valeri.



VALERI Gilberto

Siamo di fronte ad una risposta molto ampia ed articolata che richiede una riflessione e una lettura più attenta. Si tratta di una risposta cumulativa a cinque interrogazioni e alcuni dei presentatori non sono presenti in questo momento, per cui mi pare che le due esigenze, quella dell'approfondimento e quella di consentire una replica anche da parte degli assenti, debbano indurre al rinvio della replica a una successiva seduta, in modo da consentire che alla risposta così ampia e articolata dell'Assessore si possa replicare in modo altrettanto articolato da parte degli interroganti.
Se si è d'accordo, raccomanderei soltanto, in relazione alle interrogazioni del Gruppo comunista, di tenere in considerazione i non trascurabili aspetti ambientali e idraulici. E' vero che il Magistrato per il Po non è un'emanazione della Regione Piemonte, ma è altrettanto vero che l'assetto idraulico e i rischi idrogeologici ci riguardano direttamente.
Gli aspetti ambientali presuppongono autorizzazioni specifiche da parte della Regione in base a quanto previsto dal decreto Galasso. La richiesta del Gruppo comunista è che quando verranno ridiscusse le interrogazioni in questione, la risposta ora data venga integrata dall'Assessore competente in materia idrogeologica. Al riguardo richiamo l'attenzione sul fatto che siamo in prossimità delle piene autunnali e in alcune delle situazioni prese in esame si è di fronte al rischio che intere popolazioni vengano danneggiate pesantemente dagli scavi in atto. I Comuni di Santhià e Casanova hanno già telegrafato al Magistrato per il Po per comunicare che alcuni di questi scavi hanno prodotto il cedimento di una diga e di una briglia. Inoltre vi sono gli aspetti ambientali. E' vero che il Magistrato per il Po autorizza gli scavi, ma è anche vero che quando interviene sulle rive dei fiumi - come è successo - deve richiedere l'autorizzazione per tutto quanto interviene fino alla distanza di 150 metri dal corso d'acqua.
La proposta, allora, è di rinviare la replica, pregando la Giunta di completare la risposta relativamente agli aspetti che si rifanno alle competenze di un Assessore che stamattina non vediamo al tavolo della Giunta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ala.



ALA Nemesio

Vorrei preliminarmente esprimere il mio parere in merito alla prassi seguita. In assenza del sottoscritto e del collega Staglianò, che per primo aveva sollevato il problema dell'escavazione del fiume Sesia, è stato trattato un pacchetto di interrogazioni che non erano all'ordine del giorno. Non ritengo del tutto corretta - e credo di interpretare anche il pensiero del collega Staglianò - la procedura seguita. Rilevo inoltre come sia possibile copiare le interrogazioni, cosa che accade da quando lavoro in questo Consiglio, soprassedendo a forme di correttezza che dovrebbero esistere tra i diversi Gruppi.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Montefalchesi.



MONTEFALCHESI Corrado

Apprendiamo questa mattina dal "Sole 24 ore" che esisterebbe un dossier dell'ENEL dal quale risulterebbe che siamo di fronte ad una forte accelerazione dei lavori delle aziende che stanno costruendo componenti per la centrale di Trino Vercellese. Chiedo se la Giunta è informata di questo dossier e, in caso contrario, cosa intende fare per averne la disponibilità anche per estenderlo al più presto ai Consiglieri regionali.



PRESIDENTE

Vorrei far osservare che l'ipotetica copiatura fra Consiglieri di interpellanze o interrogazioni è un tema vecchio. Già Cicerone diceva di essere copiato da altri. I temi che stiamo trattando possono essere comuni a molte forze politiche per cui il problema della copiatura potrebbe essere reciproco perché ogni forza politica si esprime come crede.


Argomento: Università

Esame ordine del giorno inerente l'istituzione di un nuovo Ateneo in Piemonte


PRESIDENTE

E' stato presentato un ordine del giorno (n. 351) inerente la proposta di istituzione di un nuovo Ateneo in Piemonte, a firma dei Consiglieri Dameri, Sestero, Brizio e Rossa.
Non essendovi richieste di parola, pongo in votazione tale ordine del giorno, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale sulla base del voto unanime espresso il 26/2/1987 sulla 'Proposta di istituzione di un nuovo Ateneo in Piemonte' non risultando essere stata assunta alcuna decisione da parte del Governo a tutt'oggi invita la Giunta a sollecitare presso il Ministero competente un rapido iter di approvazione del progetto che riconosca nei fatti la priorità riconosciuta al Piemonte dalla Legge n. 590 impegna la Giunta ad operare perché sia alla Regione riconosciuto il ruolo di interlocutore quale rappresentante generale della realtà piemontese nella formazione delle decisioni del Ministero a comunicare al Consiglio tempi e forme della nuova procedura che il Ministero nell'incontro del 22/12/1986 con la Regione e gli Atenei torinesi ha comunicato di voler adottare".
Chi è favorevole è pregato di alzare la mano.
E' approvato con 31 voti favorevoli ed 1 astensione.


Argomento:

Annunzio interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno


PRESIDENTE

I testi delle interrogazioni, interpellanze, mozioni e ordini del giorno pervenute all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale verranno allegati al processo verbale dell'adunanza in corso.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13,25)



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