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Dettaglio seduta n.73 del 18/01/11 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


LEARDI LORENZO



(I lavori iniziano alle ore 14.30 con l'esame delle interrogazioni a risposta immediata)


Argomento: Problemi del lavoro e della occupazione

Interrogazione a risposta immediata n. 349 della Consigliera Cerutti inerente a "Trasferimento della Ceva Logistics di None" (articolo 100 Regolamento)


PRESIDENTE

Iniziamo i lavori esaminando, ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento del Consiglio regionale, l'interrogazione a risposta immediata n. 349 presentata dalla Consiglieri Cerutti, che ha facoltà d'intervento per l'illustrazione.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Abbiamo voluto porre questa situazione che ha avuto anche l'onore della cronaca, che è un'ulteriore situazione che vede purtroppo un'azienda che in modo anche inspiegabile - così come abbiamo trattato per altre aziende che non si trovano in situazione di crisi - mette in crisi i propri lavoratori.
La Ceva Logistics di None gestisce tutte le attività di movimentazione e trasporto delle forniture presso gli stabilimenti FIAT ed Iveco. I lavoratori in forza all'azienda sono circa un centinaio; tra l'altro, visto che sia io che l'Assessore siamo donne, ribadiamo anche il fatto che la maggioranza dei dipendenti di quest'azienda sono delle donne. E, come un fulmine a ciel sereno, l'azienda ha prospettato la possibilità di trasferire questi lavoratori presso la propria sede operativa ad Assago abbandonando il sito di None.
Sappiamo che c'è già stato un incontro che, al momento, non ha portato a nulla di concreto. Come purtroppo spesso accade, le istituzioni possono fare un lavoro di pressione, di convincimento, però, logicamente, non pu essere carico loro la risoluzione definitiva da parte dell'azienda. In ogni caso, però, chiediamo alla Giunta, in particolare all'Assessore, di avviare un'azione in merito.
Abbiamo il problema di questi lavoratori, che in parte potrebbero essere sostituiti qui da lavoratori interinali, quindi addirittura non si tratta di spostare il lavoro e cambiare effettivamente luogo, ma in realtà si tratterebbe di una sostituzione, magari con il tentativo di incentivare una parte del personale a lasciare, proprio perché si troverebbe nell'impossibilità di gestire un'occupazione nella nuova sede. E poi comunque avremmo sempre uno spostamento dal nostro territorio.
Ad esempio, avevamo già verificato con Tecnimox una situazione simile e ricordo che l'Assessore aveva spiegato come l'azienda si era attrezzata per cercare di rendere meno pesante possibile lo spostamento.
In questo caso, ci sembra che la situazione sia ancora più delicata e complicata, quindi chiediamo all'Assessore, proprio perché ne abbiamo l'urgenza, quali azioni ritiene di mettere in campo per provare innanzitutto a scongiurare questo trasferimento.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Porchietto.



PORCHIETTO Claudia, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente.
Intervengo per rispondere puntualmente alla domanda - poi mi permetto di aggiungere alcuni particolari - se la Regione si farà parte attiva. La Regione si è già fatta parte attiva, ancora prima che arrivasse l'interrogazione. Ringrazio la Consigliera Cerutti, perché sui temi del lavoro è sempre molto attenta, ma noi ci eravamo già attivati, tant'è che il 12 gennaio avevo già convocato il Tavolo e avevo raccolto il suggerimento delle parti sindacali e datoriali, e l'ho fissato subito dopo il primo incontro che si è tenuto tra parti datoriali presso l'Unione industriale e le rappresentanze sindacali.
Tra l'altro, per espressa dichiarazione fatta dalle rappresentanze sindacali, la realtà della Ceva Logistics di None è una realtà non sindacalizzata internamente. Quindi, c'è stato anche il problema della rappresentanza ed è il motivo per cui abbiamo atteso, dal momento in cui convocavamo, sei giorni per permettere alle parti sociali di definire quale era il percorso delle rappresentanze. Questa mattina si è tenuto il Tavolo presso l'Assessorato e su quel Tavolo la dichiarazione dell'azienda è stata con estrema chiarezza di trasferimento della sede da None ad Assago, cosa di cui sia i sindacati sia i lavoratori, che erano presenti insieme alle rappresentanze, erano già a conoscenza. Era presente la Provincia di Torino, il Comune di None, una rappresentanza del Comune di Torino. In qualità di portavoce ho fatto un percorso insieme all'azienda, concordato con le rappresentanze sindacali, dando dei tempi certi di verifica della situazione.
Mi permetto di affermare che sto andando un po' a braccio, perch abbiamo da poco concluso l'incontro. Ho la risposta all'interrogazione, ma aggiungo dei particolari che penso siano importanti, perché sono stati condivisi dal Tavolo e dai lavoratori.
L'azienda ha confermato il trasferimento, ma nel contempo ha confermato la disponibilità a sospendere per il momento il trasferimento, a condizione che il Tavolo tecnico con il sindacato cominciasse ad affrontare le soluzioni possibili.
Le istituzioni, dal canto loro, hanno dichiarato in quel contesto che erano a disposizione per far sì che le parti arrivassero molto velocemente a concretizzare delle soluzioni, tant'è che ho già riconvocato il Tavolo per martedì 25 gennaio alle ore 9.30. Questo per far sì che i tempi non si dilatino, ma che ci siano comunque delle opportunità da dare ai lavoratori in tempi molto stretti. Chiaramente, come già lei ricordava, la componente non solo femminile, ma la componente con un nucleo familiare con bambini molto piccoli è molto elevata; pertanto il fatto di doversi trasferire quotidianamente da None ad Assago, fa sì che molte di queste posizioni preferiranno probabilmente cercare un'altra collocazione lavorativa.
Da questo punto di vista le istituzioni si sono rese disponibili a definire un percorso per valutare quante di queste 88 posizioni, al netto della parte dei dirigenti che sono 13, dichiareranno la non disponibilità al trasferimento, e quindi apriremo un Tavolo per fare delle valutazioni per come supportare azienda e lavoratori nel percorso di ricollocazione.
Dalle sensazioni avute è che questa sia una strada che può essere condivisa anche dai lavoratori. La dichiarazione fatta dalla Regione è di non lasciare i lavoratori da soli e scoperti. Nel momento in cui io sono venuta via le riunioni sarebbero continuate con i sindacati, che avrebbero incontrato i lavoratori per definire con loro la data di un'assemblea e per dare una posizione Ufficiale, e l'azienda stava lavorando con i tecnici della Regione per verificare quali fossero gli strumenti che potevano essere messi in campo.
Confermo soltanto il fatto che sul trasferimento - e sottolineo tecnicamente e giuridicamente - le istituzioni non possono vietare un trasferimento. È chiaro che abbiamo fatto un percorso, sapendo che l'importante era lavorare per permettere a chi non ha la possibilità di cogliere l'opportunità che l'azienda dà di trasferirsi ad Assago, di trovare una nuova collocazione.
Devo assicurare che mi è parso che - e lo sottolineo perché chiaramente dichiarato anche dai sindacati - non essendo un'azienda fortemente sindacalizzata, ovvero non essendovi presente all'interno la rappresentanza sindacale - i lavoratori abbiano difficoltà a capire i tecnicismi di un Tavolo di trattative.
Il 25 gennaio ci sarà la seconda riunione istituzionale per vedere se le parti hanno trovato, comunque, un percorso su cui la Regione si è impegnata.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Interrogazione a risposta immediata n. 350 del Consigliere Lepri, inerente a "DGR n. 51-1358 del 28 dicembre 2010: è legittima?" (articolo 100 Regolamento)


PRESIDENTE

Ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento, passiamo all'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 350 del Consigliere Lepri.
La parola al Consigliere Lepri per l'illustrazione.



LEPRI Stefano

A noi pare che la delibera in oggetto possa contenere vizi di legittimità. Abbiamo citato la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale e quelle successive che le hanno modificate, in modo particolare il 502 e il 229 che, esplicitamente, indicano le condizioni che ogni singolo presidio deve avere per essere considerato come ospedale di azienda sanitaria ospedaliera.
Vi è un elenco numeroso di caratteristiche che debbono essere mantenute e non solo registrate una prima volta, affinché possa essere mantenuto lo status d'azienda sanitaria ospedaliera. Cito per tutti il secondo livello di pronto soccorso, un case mix di complessità particolarmente elevato, una certa percentuale superiore alla media d'afflusso di pazienti da altre regioni, la presenza di almeno tre specialità d'alta complessità all'interno d'ogni singolo presidio.
Avanziamo il dubbio sulla proposta di un'organizzazione che prevede l'individuazione di alcuni presidi di Azienda Sanitaria Ospedaliera con ospedali afferenti, cioè tutti gli altri ospedali di una certa area, ci pare una proposta, a prima lettura - naturalmente non abbiamo ancora approfondito - non coerente con il disposto della legge quadro del Servizio Sanitario Nazionale e delle successive modificazioni.
La domanda molto semplice, urgente, vista l'importanza del provvedimento è capire se la Giunta, probabilmente nella fretta o comunque nell'urgenza di approvare questa delibera, abbia considerato approfonditamente il quadro normativo nazionale



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Vicepresidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
La deliberazione citata n. 51 della Giunta regionale del 2010, recante "Avvio del progetto di riordino del sistema sanitario regionale.
Definizione dei principi generali ed approvazione proposta di nuova configurazione degli ambiti organizzativi e territoriali delle aziende sanitarie regionali. Proposta al Consiglio regionale", contiene un'articolata serie di previsioni, che in parte trovano immediata applicazione e che in parte rinviano a successivi provvedimenti.
Se da un lato è, infatti, immediatamente operativa la decisione di procedere al commissariamento delle ASR, proprio per evitare che l'affidamento di incarichi sulla base di contratti pluriennali, ingessando per almeno tre anni l'assetto organizzativo, possa pregiudicare la realizzazione del programma, per contro l'elencazione dei principi ispiratori del progetto del riordino del Servizio Sanitario Regionale, i successivi interventi sul progetto stesso nonché, ed è questo il punto che maggiormente interessa l'interrogante, la nuova configurazione degli ambiti territoriali ed organizzativi delle ASR sono, tecnicamente, atti endoprocedimentali, propedeutici ad altri provvedimenti che devono necessariamente essere assunti. Nello specifico, la nuova configurazione delle ASR, quale prevista dalla Giunta regionale, è rimessa alle competenti valutazioni del Consiglio regionale che dovrà assumere i provvedimenti previsti dalla legge regionale n. 18/2007.
Pare pleonastico rilevare che se la Giunta regionale avesse ritenuto che il provvedimento presentasse aspetti di manifesta illegittimità non avrebbe dovuto, evidentemente, procedere alla sua assunzione e che, nel caso, solamente l'autorità giurisdizionale potrà esprimersi in materia naturalmente nei confronti dell'atto idoneo a produrre definitivamente effetti giuridici (non si può chiedere all'oste se il vino è buono, questo si diceva in battuta in altre occasioni).
In relazione, più specificatamente, ai contenuti dell'interrogazione che è espressamente riferita alle sole aziende ospedaliere universitarie si rappresenta inoltre che la materia della costituzione delle aziende ospedaliere universitarie (ma anche di quelle ospedaliere) è regolata in modo diverso nell'ambito della legislazione nazionale e regionale.
Per le aziende ospedaliere universitarie, il testo normativo di riferimento (decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517) prescrive all'articolo 2, comma 7, che le aziende ospedaliere integrate con l'Università di cui al precedente comma 2, lettera b (in pratica, la tipologia presente nella nostra regione) siano costituite con le modalità di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 502/92 il quale, in proposito, prescrive al comma 1 bis una serie di requisiti e tra questi la presenza di almeno tre unità operative di alta specialità, di un dipartimento di emergenza di secondo livello (requisiti entrambi derogabili in presenza di ospedali specializzati, ad esempio monospecialistici, di cui al DM 31 gennaio 1995), di un'attività di ricovero in degenza ordinaria, in favore di pazienti extraregionali, superiore nell'ultimo triennio di almeno il 10% rispetto al valore medio regionale, nonché di un indice di complessità della casistica trattata in regime di ricovero ordinario sempre nell'ultimo triennio, superiore il 20% rispetto al valore medio regionale.
Per espressa previsione del successivo articolo 19 comma 2 bis del citato decreto legislativo 502/92, l'articolata elencazione dei requisiti in parte qui richiamati non costituisce tuttavia "principio fondamentale" ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione - cui informare pertanto nell'esercizio della potestà concorrente, l'attività legislativa regionale.
La stessa norma non può pertanto essere considerata direttamente applicabile alle Regioni, la cui legislazione concorrente ben pu orientarsi - come effettivamente è avvenuto durante la scorsa legislatura nel senso della previsione di procedure diverse.
Ed, infatti, i requisiti prescritti dal decreto legislativo 502/1992 (al quale sul punto espressamente rimanda, come si è detto, il decreto 517/1999 sulle aziende ospedaliere universitarie) non sono stati confermati dalla disciplina successivamente intervenuta a livello regionale - vale a dire l'articolo 21 della legge regionale 18/2007 - il quale semplicemente prescrive che, con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale formulata previa intesa con gli atenei piemontesi, siano individuate le Aziende Ospedaliere Universitarie del Sistema Sanitario Regionale, contestualmente all'assegnazione alle stesse dei singoli presidi. Le aziende così individuate, dotate di personalità giuridica pubblica, sono poi costituite con decreto del Presidente della Giunta regionale.
Le modalità per costituzione delle aziende ospedaliere sono invece disciplinate al precedente articolo 20 della già citata legge n. 18/2007 ed appaiono sovrapponibili a quelle qui delineate, fatta naturalmente eccezione per l'intesa con l'ateneo competente, in tale ultima ipotesi non necessaria.
Ai sensi della norma regionale richiamata allo stato, per la costituzione delle Aziende Ospedaliere Universitarie, il provvedimento consiliare di riferimento è la delibera Consiglio regionale n. 146 del 22 ottobre 2007, la quale, all'allegato C, specificatamente individuate le Aziende Ospedaliere Universitarie.
La nuova configurazione delle Aziende Ospedaliero Universitarie oggetto di proposta al Consiglio riflette esattamente la situazione attuale risultando, infatti, tutte le Aziende Ospedaliere Universitarie costituite nell'anno 2008 confermate (anche nella denominazione); al più, alle medesime, come previsto dall'articolo 21 della legge regionale n. 18/2007 sono stati ricondotti altri Presidi.
La novità forse più rilevante sul piano dell'assetto organizzativo proposto riguarda il conferimento alle nuove Aziende ospedaliere dei Presidi scorporati dalla gestione diretta delle ASL, in accordo con l'esigenza esplicitata con la delibera n. 51/2007, di concentrare in capo allo stesso soggetto istituzionale le funzioni di produzione, riservando alle Aziende territoriali la funzione di tutela dei cittadini.
In questa logica appare, quindi, improprio, per le motivazioni qui esposte, sostenere l'impossibilità di attribuire lo status di Azienda ospedaliera ad ogni singolo Presidio afferente, in quanto i singoli ospedali non devono più essere considerati nella loro individualità, bensì raggruppati all'interno di ogni nuova Azienda ospedaliera, in una rete unitaria, tanto più idonea quanto più complessa ed articolata a soddisfare nel caso, proprio i requisiti prescritti dall'articolo 4, comma 1 bis, del decreto 502.
Una situazione analoga appariva d'altronde prospettata già dalla stessa riforma del 2007 (DCR 136-39452 del 22 ottobre 2007), posto che all'epoca sia alle Aziende ospedaliere sia a quelle universitarie vennero aggregati vari Presidi ospedalieri che, in sé considerati, non avrebbero presentato le caratteristiche di cui si discute.
All'operazione di riorganizzazione dei Presidi, mediante conferimento alle nuove Aziende ospedaliere, non appare, infine, frapporsi il disposto di cui all'articolo 4, comma 9, del D.lgs. 502, parimenti richiamato nell'interrogazione: tale norma, infatti - pur essendo, a differenza del citato articolo 4, comma 1 bis, direttamente applicabile al contesto regionale - limitandosi a prescrivere che "gli ospedali che non siano costituiti in Azienda ospedaliera conservano la natura dei Presidi dell'Unità Sanitaria Locale", appare evidentemente dettata con carattere residuale, essendo destinata ad operare nella sola ipotesi della sussistenza di ospedali non già costituiti in Azienda ospedaliera, senza pertanto esercitare alcun effetto preclusivo nei confronti della possibilità di organizzare eventualmente in tale forma tutti i Presidi.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PLACIDO



PRESIDENTE

Grazie, Vicepresidente Cavallera, che non ha lasciato, ma ha raddoppiato, con perfezione svizzera, si potrebbe dire, visto che si parla di tempo.
I colleghi Artesio, Reschigna e Lepri chiedono il testo scritto della risposta dell'Assessore Cavallera.


Argomento: Assistenza farmaceutica (organizzazione, servizi ecc.

Interrogazione a risposta immediata n. 346 del Consigliere Ponso, inerente a "Insegne parafarmaceutiche" (articolo 100 Regolamento)


PRESIDENTE

Ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento, passiamo all'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 346 del Consigliere Ponso.
La parola al Consigliere Segretario Ponso, che interviene in qualità di Consigliere.
Collega, le spettano tre minuti per l'intervento; abbiamo certezza che staremo, complessivamente, dentro gli otto minuti.
Prego, collega Ponso.



PONSO Tullio

Grazie, Presidente, e grazie della fiducia sul tempo; cercherò di stare dentro i tre minuti.
Inizio il mio intervento citando il decreto legislativo n. 153 del 2009, il quale, all'articolo 5, stabilisce puntualmente che, al fine di consentire ai cittadini un'immediata identificazione delle farmacie, queste devono adottare il colore verde per la croce.
Si verifica tale situazione (parlo per la provincia di Cuneo, ma credo di essere portavoce della situazione su tutto il territoriale regionale): la colorazione verde della croce posta all'esterno dell'esercizio commerciale è adottata anche dalle parafarmacie e alcune parafarmacie tengono la croce accesa anche durante il regolare tempo di chiusura dell'esercizio.
Questo crea confusione nei cittadini, i quali, cercando una farmacia aperta, sono confusi sia dalla croce verde sia dalla luminosità di questa ad esercizio chiuso.
Domenica 9, nel centro di Cuneo, in Corso Nizza (il corso principale) ho verificato che la farmacia sul lato sinistro, andando verso i monti, era aperta, e che la parafarmacia, regolarmente chiusa di domenica, sul lato destro della strada, aveva la croce verde accesa. Quella parafarmacia ha sempre la croce accesa, giorno e notte, anche quando è chiusa.
Questo, ovviamente, genera confusione: ho visto alcune persone fermarsi sul lato destro, davanti alla parafarmacia, e poi dover correre alla farmacia; fortunatamente era dall'altra parte della strada, ma spesso la farmacia non è così vicina.
Ricordo che il Ministero della salute, in base a una nota del 21 dicembre u.s., ha evidenziato che è competenza delle Regioni controllare e vigilare le attività di interesse sanitario e disciplinare, quindi, anche l'aspetto relativo a questa normativa, affidando la vigilanza alle ASL competenti per territorio. Sarà il Comune ad intervenire con la relativa sanzione, ma attualmente non c'è, da parte delle ASL, alcun impegno a formalizzare l'irregolarità di tale situazione. Più di una volta, anche la nostra associazione ha scritto all'ASL di riferimento, la quale ha risposto in maniera sibillina.
Chiedo, pertanto, all'Assessore alla sanità - in questo caso a lei signor Vicepresidente - se non ritiene opportuna un'ordinanza regionale o in alternativa, un intervento presso le ASL, affinché si elimini l'utilizzo improprio dell'insegna verde da parte delle parafarmacie e, soprattutto, si regolarizzi che tale luminosità sia ottemperata soltanto quando l'esercizio è aperto.
Grazie, Presidente



PRESIDENTE

La parola al Vicepresidente Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Vicepresidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Con riferimento all'interrogazione in oggetto, si precisa quanto segue: l'articolo 5 del decreto legislativo n. 153, del 3 ottobre 2009, stabilisce che, al fine di consentire ai cittadini un'immediata identificazione delle farmacie operanti nell'ambito del Servizio Sanitario Nazionale, l'uso della denominazione "farmacia" e della croce di colore verde su qualsiasi supporto cartaceo, elettronico o di altro tipo, è riservato alle farmacie aperte al pubblico e alle farmacie ospedaliere, come ben sa l'interrogante.
La norma nazionale, nel fornire tale chiara indicazione, tuttavia non sanziona eventuali comportamenti difformi da parte delle cosiddette parafarmacie che espongono l'insegna con la croce verde.
Pertanto, le commissioni ispettive delle ASL territorialmente competenti, ove riscontrino l'anomalia rinvenuta relativamente all'insegna la segnalano nei verbali d'ispezione, invitando il gestore dell'esercizio alla rimozione dell'insegna medesima, senza disporre, però, di potestà sanzionatoria in proposito. Si rappresenta ancora, con riferimento al testo dell'interrogazione consiliare, che non è prevista dall'ordinamento giuridico la fonte dell'ordinanza regionale, la quale sanzioni il comportamento del cosiddetto parafarmacista che espone l'insegna della croce verde, e che in generale l'Amministrazione regionale non può disporre l'applicazione di sanzioni non previste da una legge nazionale.
Ciò posto, la Regione Piemonte ha sempre ribadito l'antigiuridicità del comportamento in questione ai soggetti coinvolti, sia sollecitando attività ispettive sia segnalando, anche al Ministero della salute, eventuali difformità riscontrate sul punto.
In sostanza, è un problema che si potrebbe agevolmente risolvere attraverso una norma di carattere nazionale, perché ritengo, anche da quanto ho percepito dall'interrogazione, che vi sia la necessità, per tutelare la salute dei cittadini, di avere una chiara identificazione delle farmacie situate su tutto il territorio nazionale.
chiaro che l'esigenza segnalata è nota e ritengo che, a forza di interessamenti da parte dell'Assessorato, a livello nazionale, e delle sollecitazioni ed iniziative sempre aperte a tutte le parti politiche, si possa addivenire ad un chiarimento al più presto.


Argomento: Assistenza sanitaria (prevenzione - cura - riabilitazione)

Interrogazione a risposta immediata n. 347 della Consigliera Motta Angela inerente a "Realizzazione del nuovo ospedale della Valle Belbo" (articolo 100 Regolamento)


PRESIDENTE

Ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento del Consiglio regionale esaminiamo l'interrogazione a risposta immediata n. 347/2001, presentata dalla Consigliera Motta Angela.
La diamo per illustrata.
La parola all'Assessore Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Vicepresidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Leggo prima l'ultima frase e poi leggo la risposta.
Nelle prossime settimane l'Assessorato scrivente procederà ad incontrare il nuovo Commissario dell'Azienda di Asti e gli amministratori locali per definire come procedere.
Questo è il punto operativo.
La premessa la conosce bene la Consigliere Motta, ma va qui ripetuta per la risposta all'interrogazione a risposta immediata.
Premesso che l'intervento è stato previsto nella Deliberazione del Consiglio regionale n. 131 del 19 giugno 2007 nel programma degli investimenti in edilizia e attrezzature sanitarie per l'attivazione delle procedure di sottoscrizione di un nuovo accordo di programma tra Stato e Regione per l'utilizzo delle risorse di cui all'articolo 20 della legge 67/88, nell'allegato 2, tabella 2B, alla suddetta delibera Consiglio regionale è stato previsto per l'intervento un costo complessivo di euro 14.737.366,43, ripartito in 11 milioni e rotti a carico dello Stato (95%) e in 600 mila 868 a carico della Regione e in 2 milioni 720 mila derivanti dall'alienazione del Presidio Ospedaliero di Nizza.
Peraltro, nell'allegato 1, tabella 1D, relativa alla previsione di nuovi ospedali nella rete regionale, il costo complessivo dell'opera è stato stimato in 49 milioni 300 mila euro e sono state programmate risorse per 37 milioni 300 mila euro, all'interno di un costo complessivo relativo alla realizzazione di 9 nuovi ospedali pari ad un miliardo 815 milioni di euro, a fronte di una disponibilità di 171 milioni di euro, con una programmazione di un miliardo 643 milioni di euro, che erano da reperire attraverso successivi accordi di programma, valorizzazione del patrimonio delle Aziende sanitarie, trasferimenti statali di risorse, fondi regionali per la ricerca e l'energia, eccetera.
La suddetta deliberazione di Consiglio regionale prevedeva, per la rete dei presidi regionali, un fabbisogno complessivo di 3,716 miliardi di euro a fronte di una disponibilità di 558 milioni. Erano da reperire tre miliardi e rotti (in questa risposta i miliardi s'inseguono).
Ad oggi, tali risorse aggiuntive per la copertura della programmazione regionale non sono state reperite.
Con delibera n. 41 del 10 marzo 2008, la Giunta regionale ha approvato il testo dell'accordo di programma tra la Regione, il comune di Nizza Monferrato e l'ASL di Asti, finalizzato alla ridefinizione della localizzazione dell'intervento riguardante il presidio ospedaliero della Valle Belbo, nell'ambito del programma generale delle opere afferenti la nuova struttura ospedaliera.
La stessa delibera di Giunta regionale prevede che la somma per la completa copertura dell'intervento, pari ad euro 24.962.633,57, venisse impegnata "attraverso la prenotazione di 5 milioni di euro sul bilancio 2009, 10 milioni sul bilancio 2001 e la rimanente parte di 9 milioni e 900 mila sul bilancio 2011, da assegnare sui capitoli di spesa di competenza dell'edilizia sanitaria; il residuo importo di 9,6 milioni di euro necessario al raggiungimento dell'investimento complessivo sarà impegnato sul bilancio 2012, come attuazione dell'appendice al presente accordo di programma, solo a seguito dell'esito positivo della concertazione tra Regione e ASL di Asti, all'interno della programmazione regionale relativa alla dotazione aziendale di posti letto per post acuzie di carattere riabilitativo, in relazione sia alla nuova localizzazione sia alla rilocalizzazione della risposta riabilitativa di primo e secondo livello già presente sul territorio aziendale e dell'area funzionale sovrazonale".
Il Settore regionale competente, con determinazione n. 559 del 4 settembre 2008, ha provveduto, sulla base dell'effettiva disponibilità di bilancio, ad impegnare risorse nel 2008 e a prenotare risorse sugli esercizi 2009 e 2010, e ad impegnare la somma di 24 milioni, già citata in precedenza, sul capitolo 246973 dell'esercizio 2008, per la copertura di quanto previsto nell'accordo di cui alla Delibera di Giunta regionale n.
41.
Nell'ambito dell'iter istruttorio per la predisposizione del bilancio consuntivo 2008, all'incirca nella primavera del 2009, l'impegno assunto è stato revocato e, pertanto, è venuta a mancare la copertura finanziaria per la realizzazione dell'intervento.
Pertanto, le risorse aggiuntive relative al nuovo ospedale di Valle Belbo non sono ad oggi impegnate o prenotate sul bilancio regionale ed è quindi risultato necessario comunicare all'ASL di Asti che la copertura finanziaria dell'intervento non era completamente assicurata.
Tutto ciò premesso, nelle prossime settimane ci sarà l'incontro e mi auguro che si possa trovare un percorso condiviso.


Argomento: Patrimonio culturale regionale (linguistico, etnologico, folcloristico, storia locale)

Interrogazione a risposta immediata n. 348 della Consigliera Artesio inerente a "Convenzione con Associazione Opera Prima per la valorizzazione del patrimonio storico ed artistico della città di Orta San Giulio" (articolo 100 Regolamento)


PRESIDENTE

Ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento, esaminiamo ora l'interrogazione a risposta immediata n. 348, presentata dalla Consigliera Artesio, che ha facoltà d'intervento per l'illustrazione.



ARTESIO Eleonora

Nell'autunno del 2009, precisamente il 26 ottobre, quindi con l'amministrazione precedente, la Regione sottoscrisse una convenzione con la città di Orta San Giulio e con l'Associazione Opera Prima di Orta San Giulio, per gli scopi richiamati in premessa.
La convenzione comportava, da parte della Regione, l'impegno all'erogazione di un contributo di 200 mila euro annui e la convenzione stessa aveva validità triennale.
Com'è ovvio, i contraenti sottoscrivevano delle reciproche responsabilità. La responsabilità del soggetto culturale convenzionato era quella di produrre, annualmente, il programma di attività per l'anno successivo, entro il 30 novembre per l'anno successivo, e ovviamente l'articolazione delle spese.
Ora chiediamo se gli obblighi in capo all'Associazione culturale siamo stati rispettati. Ovviamente, la domanda appare di una banalità assoluta perché va da sé che ogni convenzione debba essere onorata dalle parti, ma se la poniamo è perché abbiamo modo di credere che non siano stati presentati, secondo le scadenze, i relativi programma di attività, o se lo siano stati in forma tale da non renderli espliciti alla comunità di riferimento, quindi all'amministrazione locale.
Desideriamo anche conoscere, laddove le nostre informazioni siano fondate, cioè il mancato rispetto degli obblighi convenzionali, quale sia l'intenzione dell'amministrazione regionale in ordine al mantenimento o meno di questa convenzione.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Coppola.



COPPOLA Michele, Assessore alla cultura

Ringrazio la Consigliera Artesio perché parte riconoscendo che questa è una delle tantissime convenzioni, uno dei tantissimi impegni che abbiamo ereditato. Ciò non significa che quanto si eredita non abbia una rilevanza sulla programmazione e sul lavoro quotidiano, ma è anche importate riconoscere gli orientamenti iniziali e le motivazioni per le quali si era arrivati alle decisioni, in tempo passato. Credo sia corretto - per fare un ragionamento il più possibile compiuto e comprensibile - iniziare dal fondo. Al momento non ci è ancora arrivato, infatti, il programma relativo all'attività presunta e prevista per l'anno 2011.
Come lei sa, Consigliera, il termine del mese di novembre, previsto in convenzione per la scadenza della presentazione del programma per l'anno successivo, non è un termine perentorio: è un'indicazione che la convenzione attribuisce per far in modo che gli Uffici possano verificare la validità e la qualità dell'offerta per l'anno successivo. Credo si debba dire anche che l'anno 2010 è stato un anno che ha visto registrare, in realtà, dei ritardi significativi nel riconoscimento del contributo complessivo nei confronti delle Associazioni destinatarie di quei contributi o dei soggetti e istituzioni culturali legati a noi da una convenzione. È quindi comprensibile che il ritardo che in questa circostanza registriamo sia condizionato, per esempio, dal ritardo con il quale è stato riconosciuto il rispetto dell'impegno che la convenzione prevedeva in capo alla Regione.
Per essere anche su questo puntuale nella risposta devo assicurare che in relazione a quanto previsto dalla convenzione, nell'anno 2010 noi siamo venuti meno a quell'impegno pari a 200.000 euro, arrivando ad una contrazione del 20% di quanto previsto, vale a dire riconoscendo all'Associazione in oggetto 160.000 euro.
Le verifiche in relazione alle convenzioni, al rispetto dei termini e degli impegni chiaramente sono una competenza propria degli Uffici e non arrivano sulla scrivania dell'Assessore. Tengo a assicurare che questo sarà l'anno in cui noi andremo a fare una verifica a 360 gradi sugli impegni che abbiamo ereditato; anche perché nell'anno scorso non sarebbe stato corretto proprio perché saremmo intervenuti, oramai, dopo il secondo semestre dell'anno - non mantenere degli impegni che erano stati presi precedentemente.
Nello specifico, devo ricordare che l'anno 2010 ha visto i Percorsidorta con Rabarama e il Lago d'Orta stesso essere oggetto di un'attenzione particolare; tra l'altro credo ci sia anche una rilevanza artistica, culturale e turistica per la quale tenere in considerazione la convenzione che abbiamo ereditato. Credo però sia corretto ragionare in un quadro complessivo e che, tra l'altro, nelle prossime settimane potremo ragionare sul programma che verrà inviato e presentato.
In questo momento non ho altro da aggiungere. Sono franco nel dire però, che l'argomento sarà oggetto di un'attenta valutazione perché la convenzione è assolutamente recente e quindi abbiamo davanti ancora più di due anni.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Coppola.
Dichiaro chiusa la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata.



(La seduta ha inizio alle ore 15.19)



PRESIDENTE

PRESIDENTE



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cattaneo, Comba, Cota, Giordano Gariglio, Cantore, Spagnuolo e Toselli.
Il numero legale pertanto è 27.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Edilizia e norme tecnico-costruttive

Esame disegno di legge n. 67, inerente a "Modifiche al capo I della legge regionale 14 luglio 2009, n. 20 (Snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica)"


PRESIDENTE

Passiamo all'esame del disegno di legge n. 67, licenziato a maggioranza dalla II Commissione il 21 dicembre 2010, di cui al punto 2) all'o.d.g.
Relatore di maggioranza è il Consigliere Franco Maria Botta, relatore di minoranza il Consigliere Aldo Reschigna.
La parola al Consigliere Botta Franco Maria.



BOTTA Franco Maria, relatore di maggioranza

Illustre Presidente, egregi Consiglieri, il disegno di legge di cui si chiede all'aula consiliare la sollecita approvazione interviene modificandola, sulla legge regionale 14 luglio 2009, n. 20 "Snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica", con cui la Regione ha ottemperato agli impegni assunti con l'intesa sottoscritta tra Stato e Regioni in data 1° aprile 2009, volta a favorire - vista la crisi economica dell'attuale momento storico - il rilancio dell'economia e in particolare del comparto del settore edilizio, nonché a rispondere ai bisogni abitativi delle famiglie. In particolare il disegno di legge interviene con modifiche soltanto sul capo I della citata legge regionale 20, il cosiddetto Piano casa, in cui sono contenute le misure straordinarie a sostegno dell'edilizia destinate a restare in vigore fino al 31 dicembre 2011. Le proposte di modifica avanzate dal disegno di legge in esame intendono rispondere ad alcuni problemi attuativi che si sono presentati in questo primo anno di applicazione della legge e sono volte a stimolare investimenti nel comparto edilizio, nell'immediato.
Il provvedimento, presentato dalla Giunta regionale e rubricato con il n. 67), è stato assegnato all'esame in sede referente alla II Commissione consiliare il 24 settembre del 2010. Si sono svolte consultazioni con gli Enti e le Associazioni interessate alla materia e le osservazioni presentate, in parte accolte, hanno comportato modifiche al disegno di legge inizialmente presentato. La II Commissione, concluse le consultazioni, ha posto il disegno di legge all'ordine del giorno, lo ha esaminato nel merito licenziandolo, infine, a maggioranza il 21 dicembre 2010 nel testo allegato, che risulta composto da 8 articoli.
Con l'articolo 1, come derivante a seguito del dibattito in Commissione, si è inserito all'articolo 1 della vigente legge regionale 20/2009 l'obbligo della presentazione del Documento Unico di Regolarità Contributiva DURC, disciplinato dalla normativa nazionale per tutti gli interventi edilizi oggetto del Piano casa, al fine di contrastare il lavoro sommerso e assicurare un maggior controllo sulla sicurezza nel lavoro, in particolare nei cantieri edili.
L'articolo 2, di modifica dell'articolo 2 della vigente legge regionale 20/2009 e relativo alle definizioni, è stato riformulato in sede di dibattito dalla Commissione che, a seguito di attenta riflessione, ha ritenuto opportuno fornire una nuova definizione di "unità edilizia", con particolare riferimento agli edifici ex rurali che hanno perso i requisiti per il riconoscimento della ruralità e alla casistica dei coltivatori titolari di pensione.
Con l'articolo 3 si sostituisce integralmente il vigente articolo 3 del Piano casa relativo agli interventi di ampliamento, in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, limitatamente agli edifici esistenti a destinazione d'uso residenziale e agli edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata.
Rispetto alla vigente legge, si estende la possibilità di porre in essere interventi di ampliamento, prevedendo particolari misure di prestazione energetica soltanto per la porzione ampliata e non più per l'intero edificio: introducendo la facoltà di intervenire anche su tipologie costruttive a schiera; ammettendo la costituzione di una nuova unità abitativa; eliminando il rispetto dei limiti di densità fondiaria e la quota di standard urbanistici dovuti per l'intervento; riducendo il contributo di costruzione del 20% per gli edifici che raggiungono il requisito di visitabilità, in base alla normativa sull'eliminazione delle barriere architettoniche.
L'articolo 4, sostitutivo dell'intero articolo 4 della legge regionale n. 20/2009, estende la possibilità di intervento attraverso demolizione e ricostruzione, con un incremento di cubatura in misura differente a seconda del livello di qualità ambientale ed energetica raggiunto agli edifici residenziali costituiti da porzione con destinazioni d'uso anche diverse purché la destinazione residenziale sia prevalente.
Rispetto alla norma vigente, non è più richiesta una deliberazione del Comune di individuazione degli edifici da riqualificare e su cui intervenire attraverso la demolizione e ricostruzione.
Il testo della disposizione è stato ulteriormente modificato in Commissione, prevedendo la possibilità di ampliamento anche della parte non residenziale dell'edificio, l'abolizione del rispetto dei limiti di densità fondiaria massima, la riduzione del contributo di costruzione del 20% per gli edifici che raggiungono il requisito di visitabilità in base alla normativa sulle barriere architettoniche.
L'articolo 5, interamente sostitutivo dell'articolo 5 della legge regionale 20/2009, è relativo agli edifici, aree e ambiti nei quali, per motivo di intrinseco pregio, di sicurezza e di tutela, non sono applicabili le disposizioni del provvedimento e introduce la possibilità di attuare interventi di demolizione e ricostruzione con premio di cubatura per gli edifici classificati dai Piani Regolatori incongrui o incoerenti con il contesto, perché tale classificazione sia avvenuta entro la data di entrata in vigore della stessa legge regionale n. 20/2009.
L'articolo 6 riconosce in capo al Comune alcune facoltà in ordine all'applicazione della legge.
All'articolo 7, interamente sostitutivo dell'articolo 7 della legge regionale vigente, vengono ampliate le possibilità di intervento in deroga per i fabbricati artigianali, produttivi e direzionali.
Inoltre, al fine di agevolare anche il settore del turismo, viene introdotta la possibilità di ampliamento in deroga e la possibilità di recuperare i sottotetti anche per gli edifici a destinazione turistico ricettiva.
All'articolo 8 è confermata la facoltà comunale di escludere, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, tutto o parti del territorio comunale dall'applicazione delle norme sugli interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici.
Facendo un commento oltre lo scritto, ritengo che debba essere presa in considerazione dal Consiglio regionale la possibilità di rivedere il termine, visto che il termine di applicazione della legge è al 31 dicembre di quest'anno; visto che siamo già entrati nel 2011 e considerando che è slittato l'esame e l'approvazione del testo di legge nell'anno passato credo che sarebbe una cosa utile e importante.
Per il resto, ovviamente, mi rimetto al dibattito che nascerà in sede di Aula, sia con la Giunta sia con la minoranza.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reschigna per la relazione di minoranza.



RESCHIGNA Aldo, relatore di minoranza

Grazie, Presidente.
Cercherò di delineare, in questa relazione di minoranza, le ragioni della nostra contrarietà rispetto al disegno di legge così com'è stato licenziato dalla Commissione consiliare competente.
Per far comprendere fino in fondo le ragioni della nostra contrarietà vorrei richiamarmi innanzitutto all'origine della stessa legge regionale n.
20. L'origine è un accordo fra Stato e Regioni in base al quale è stata definita, in relazione alla crisi del settore dell'edilizia, ma anche in considerazione del fatto che oggi il patrimonio edilizio nazionale è un patrimonio edilizio fortemente energivoro, una serie di provvedimenti da attuarsi tramite leggi regionali che consentissero interventi in deroga rispetto agli strumenti urbanistici finalizzati al miglioramento dell'efficienza energetica del patrimonio immobiliare italiano.
Su questo piano si è mossa la legge regionale n. 20, anche andando oltre il senso dell'accordo e cercando di affrontare una serie di questioni che guardassero sostanzialmente, da un lato, alla necessità di sostenere il settore dell'edilizia e questa componente dell'economia piemontese e dall'altro lato, immaginando una serie di interventi che, ragionando sul patrimonio edilizio esistente, evitassero anche un eccesso di consumo del suolo.
Non voglio tediare su questo punto, ma solo richiamare l'attenzione del Consiglio regionale in merito a un interessante articolo che oggi è apparso su la Repubblica, che prende in considerazione l'incremento demografico della popolazione italiana dal 1951 al 2005: più di dieci volte incrementato il consumo del suolo nel corso dello stesso periodo. Una valutazione che riguarda la stessa realtà del Piemonte: in 15 anni è stato utilizzato per scopi edificatori circa il 18,7% della superficie della nostra regione.
Ora, con il disegno di legge si operano una serie di modifiche, dal nostro punto di vista rilevanti, alla legge regionale n. 20. Prima di entrare nel merito di queste modifiche, vorrei dichiarare da subito una questione.
Noi non immaginiamo che la gestione del territorio sia governata da una serie di intoppi e impedimenti burocratici. Noi siamo fortemente interessati e disponibili, anche nella discussione in Aula, a immaginare ulteriori interventi sul disegno di legge che vadano verso la direzione della semplificazione del sistema. Nello stesso momento in cui avvertiamo l'esigenza della semplificazione del sistema, avvertiamo però l'esigenza fondamentale che all'interno del governo del territorio alcune questioni di fondo siano ribadite: 1) il ruolo di gestione del territorio che compete ai Comuni, al sistema degli Enti locali; 2) l'esigenza che interventi sul settore dell'economia non portino a un peggioramento della qualità urbana all'interno della nostra città e della nostra regione.
Dico da subito che a questa serie di provvedimenti straordinari non assegno una funzione salvifica. La stessa esperienza di questi primi anni nel Piemonte della legge regionale n. 20, ma complessivamente in tutte le Regioni - ci dice sostanzialmente che le leggi regionali che sono state approvate in attuazione dell'accordo tra Governo nazionale e Conferenza delle Regioni non hanno prodotto quell'auspicata ripresa del mercato sul piano dell'attività edilizia. E la ragione di fondo, dal mio punto di vista, sta nel fatto che certamente una delle componenti per cui oggi assistiamo a una pesante crisi del settore delle imprese di costruzioni con ricadute occupazionali fortemente negative sta nella non semplificazione del sistema.
Ma l'altra ragione sostanziale è che oggi il mercato è fermo, perch non vi è una propensione da parte degli operatori e del mercato ad acquisire ulteriori operazioni immobiliari. Le nostre città sono piene di cantieri che sono stati interrotti a metà della loro costruzione perché vi è una consistente fetta di invenduto e perché il sistema bancario e il sistema creditizio non sta sostenendo come invece dovrebbe essere sostenuto lo sforzo del settore e il sostegno della domanda attraverso operazioni effettivamente "agevolative" sul piano dei finanziamenti.
Inoltre, vorrei spiegare le ragioni della nostra contrarietà. La prima ragione sta semplicemente in questa riflessione: di fatto, si viola l'accordo tra Governo e Conferenza delle regioni nel legare, nel tenere insieme provvedimenti straordinari che intervengono in deroga al Piano regolatore con il miglioramento dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio.
Lo stesso articolo n. 3 (che riguarda gli interventi una tantum sul patrimonio residenziale degli edifici unifamiliari e bifamiliari) è un articolo che, a differenza della LR n. 20, pone l'obbligo del miglioramento dell'efficienza energetica e dell'ottenimento di quei risultati, sotto il profilo dell'efficienza energetica, previsti dalle norme regionali solamente sulla parte di ampliamento una tantum che viene realizzato attraverso la Legge regionale che consente l'intervento in deroga.
Per assurdo (cercando di rappresentare in termini forzati questa mia riflessione), potremmo assistere ad una situazione in cui un edificio unifamiliare, all'interno della nostra regione, ha il corpo centrale (quello storico) che non rispetta nessuna norma sull'efficienza energetica ha un incremento stabilito dalle normative urbanistiche dei Piani regolatori che rispetta le normative dei piani regolatori, anche in termini di efficienza energetica, e poi ha il terzo pezzetto (che è quello della possibilità di ampliamento del 20% in deroga rispetto alle norme del piano regolatore) che risponde invece alla normativa regionale sul risparmio energetico. Quale efficienza energetica complessiva ha quell'edificio? Un'efficienza energetica tendente a zero.
Inoltre, voglio ricordare che lo strumento relativo agli ampliamenti una tantum in deroga agli strumenti urbanistici previsto dall'accordo tra Governo e Regioni era fortemente legato a interventi tesi al miglioramento della efficienza energetica dei nostri immobili.
La seconda ragione di contrarietà riguarda l'articolo 4, laddove sono previsti interventi di demolizione e ricostruzione in deroga. Dal nostro punto di vista, è uno degli interventi, diciamo, che il disegno di legge opera sulla LR n. 20 più negativi.
La LR n. 20 afferma che è possibile, all'interno delle città, che i Comuni individuino con semplice deliberazione di Consiglio comunale (quindi, senza alcun obbligo, né di pubblicazione e né di osservazioni quindi con una procedura molto snella) pezzi del territorio urbano su cui operare interventi una tantum, senza limiti di riferimento rispetto alla burocrazia di partenza, in deroga agli strumenti urbanistici del 25% o del 35%, a seconda del livello d'efficienza energetica che si raggiunge con l'intervento, complessivamente.
Voglio ricordare che le nostre città sono piene di questi pezzi di territorio urbano, perché tutta l'edificazione immediatamente successiva al secondo conflitto bellico risponde a questo tipo di caratteristiche, dal momento che non ha una grande qualità urbana o che ha una limitata qualità urbana, che ha bisogno di un'efficienza energetica molto forte.
Qual è l'operazione che viene fatta con il disegno di legge? Togliere la deliberazione del Consiglio comunale. Cioè una facoltà che era assegnata in capo ai Comuni diventa un diritto che si trasferisce in capo alla proprietà. Questo a me sembra un fatto di particolare rilievo, dal nostro punto di vista, negativo.
Quale qualità urbana otterremo attraverso il non governo del territorio da parte dei Comuni? Ogni proprietario, su limitate porzioni, anche tagli che, se presi singolarmente, non siano in grado di produrre quegli interventi di qualificazione urbana che possono anche determinare una qualità urbana migliore, è in grado di operare interventi di demolizione e ricostruzione con un incremento in deroga alle previsioni del Piano regolatore del 25% o del 35%.
Su quest'aspetto vorrei richiamare l'attenzione dell'Assessore e della maggioranza. Attenzione: il risultato finale è che una serie di interventi non governati ottengono o determinano un risultato finale in termini di forte peggioramento della qualità urbana e della condizione delle nostre città.
La terza riflessione è sull'articolo 5, laddove si dice che gli interventi, di cui agli articoli 3, 4 e 7 (e voglio ricordare che questi articoli sono quelli degli incrementi una tantum sul patrimonio unifamiliari e bifamiliari, degli interventi di demolizione e ricostruzione) si applicano, al terzo comma, anche nei centri storici purché riferiti a immobili dichiarati dagli strumenti urbanistici "incoerenti con il contesto".
Benissimo. Se un immobile è dichiarato "incoerente con il contesto" lo strumento urbanistico ha immaginato un'operazione di sostituzione. Ma noi non immaginiamo un'operazione di sostituzione, noi immaginiamo che quell'operazione di sostituzione, che probabilmente è per rendere anche compatibile, sul piano degli allineamenti, sul piano delle altezze, sul piano dei prospetti con il contesto del centro storico riguardo a un edificio incongruo, noi gli assegniamo un premio volumetrico del 25%-35 in deroga alle previsioni del Piano regolatore.
Il risultato finale può anche essere quello di un immobile certamente migliore sotto il profilo della qualità urbana, ma di un insediamento che snatura il contesto, perché altera le caratteristiche complessive di quel contesto.
Quindi, se lo strumento urbanistico ha considerato che un immobile all'interno del centro storico è incoerente si è già posto il problema di definire le condizioni sia sotto il profilo della qualità urbanistica, sia sotto il profilo della compatibilità con il contesto, affinché possa essere stimolata un'operazione che restituisca coerenza con il contesto.
Ma in quest'ambito il diritto e non la facoltà data ai Comuni, il diritto che viene sancito e trasferito in capo alla proprietà è in grado di determinare un risultato penale di ancora maggiore incoerenza rispetto al contesto entro il quale ci si trova a dover operare.
Le stesse considerazioni le voglio richiamare sull'articolo 7. Anche in questo caso ci sono degli elementi fortemente sostanziali di modifica rispetto alla legge n. 20.
La legge n. 20, che aveva una finalità molto dichiarata, che è quella di agire sul patrimonio edilizio residenziale, aveva immaginato una serie di interventi che riguardassero il patrimonio produttivo industriale o artigianale con alcuni ampliamenti una tantum, sino a un massimo di 200 metri quadrati, che andavano in deroga rispetto ai Piani regolatori.
Non considero un dogma religioso i 200 metri quadrati, tuttavia, quello che voglio dire è che, grazie all'articolo 7, la facoltà o il diritto viene trasferito, anche per una serie di altre destinazioni: turistico produttivo, direzionale e alberghiero.
Sotto quest'aspetto, l'articolo 7 immagina degli incrementi del 20 fino a una superficie massima di ampliamento di 2.000 metri quadrati attenzione - solo, però, per gli insediamenti produttivi e per i centri direzionali. Sul turistico alberghiero parlerò dopo.
Vorrei solamente immaginare come, all'interno di certi centri direzionali, un ampliamento in deroga rispetto alle previsione del Piano regolatore di 2.000 metri quadrati, è in grado di determinare delle condizioni di alterazione del contesto. Ma non solo. Quando all'interno dello stesso articolo si dice che gli standard derivanti dagli incrementi una tantum, se non ricavabili all'interno dell'area, sono monetizzabili attenzione, quando parliamo di interventi direzionali rischiamo di alterare il rapporto tra città pubblica e città privata; rischiamo di determinare un carico urbanistico insopportabile per quel contesto. Allora, chiedo di riflettere su questi temi e problemi.
L'ultima considerazione la rivolgo agli ampliamenti in ambito turistico ricettivo, sperando di non fare troppa pubblicità riferendomi - mi serve solamente per un ragionamento - ad un immobile alberghiero sito qui vicino.
Stranamente, quando parliamo di ampliamenti in deroga alle previsioni contenute negli strumenti urbanistici, per quanto riguarda il produttivo e il direzionale, il limite del 20% trova una sua barriera finale nell'incremento di 2.000 metri quadrati, mentre, relativamente agli ampliamenti turistico-alberghieri, l'incremento del 20% è senza barriere.
Qui dietro al palazzo del Consiglio regionale c'è il Golden Palace, che credo abbia una volumetria di qualche decina di migliaia di metri cubi. Il Golden Palace, però, non è l'eccezione; infatti, in Piemonte, per la maggior parte abbiamo immobili alberghieri di gran consistenza volumetrica.
Soprattutto quelli di gran pregio architettonico, appartenenti all'edificazione di fine '800 e inizio '900, che sono di gran compattezza volumetrica; costituiscono grandissime emergenze che, con l'intelligenza dei tempi, emergono rispetto al contesto e al paesaggio.
Immaginiamo cosa vuole dire intervenire su quegli immobili alberghieri con un incremento del 20%, in deroga ai piani regolatori, senza alcuna barriera finale? Il risultato finale di quest'operazione è dato dalla possibilità di creare condizioni di snaturamento anche della qualità architettonica di quegli edifici, anche di quel patrimonio che, soprattutto in ambito edilizio-alberghiero, è di grand'emergenza compositiva, di gran compattezza, fatto di grandi volumi. Ampliare del 20% quei grandi volumi significa ragionare non in termini di un ampliamento di 2.000 mila metri cubi o di 2.000 metri quadrati, ma, in alcuni casi, determinare interventi in deroga nell'ordine dei 10.000 metri cubi. Ampliare una tantum rispetto allo strumento urbanistico e in deroga al rispetto dello strumento urbanistico, con interventi così consistenti, è pericoloso.



(Il Presidente ricorda al Consigliere che il tempo a sua disposizione è terminato)



RESCHIGNA Aldo

Chiedo scusa, termino il ragionamento.
Sostanzialmente, è in grado di alterare quello che costituisce anche un equilibrio compositivo di paesaggio.
necessario che in relazione a questo disegno di legge non si svolga una discussione ostruzionistica; dobbiamo essere in grado, all'interno di quest'Aula, di sviluppare una gran discussione di merito, ciascuno mettendo a disposizione della Giunta, della maggioranza e delle opposizioni le proprie argomentazioni, con la consapevolezza che non stiamo ragionando di un qualcosa che un'altra amministrazione è in grado di modificare in due o tre mesi. Stiamo ragionando di un qualcosa che è in grado di produrre degli effetti che si consumano nel tempo.
Se riusciamo a ragionare rispetto ad una situazione di questo tipo e se riusciamo a recuperare anche un equilibrio tra sostegno dell'edilizia sostegno del lavoro all'interno dell'edilizia, equilibrio rispetto al ruolo del sistema degli Enti locali e di governo di queste operazioni, potremo anche mettere in discussione la considerazione con cui il collega Botta ha terminato il suo intervento circa il termine di validità della legge. Se però, non ragioniamo in termini corretti nell'individuare questo tipo di equilibrio, da parte nostra ci sarà una ferma opposizione rispetto ai contenuti di questo disegno di legge.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOLINARI



PRESIDENTE

Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Iniziamo questa discussione generale sul disegno di legge n. 67 e, in fase di apertura, devo palesare un'enorme e complessa non condivisione dell'impianto di questa legge, soprattutto di quello che ne deriva.
L'impostazione a monte è una filosofia che non possiamo assolutamente condividere.
Mi rendo conto che la legge n. 20 che avevamo approvato nel 2009 poteva, in qualche modo, essere perfezionata, perché nulla è perfetto di per sé e tutto si può migliorare. Però, stravolgere completamente quella filosofia d'impianto, che, al limite, meritava qualche modesto aggiustamento, mi sembra veramente un po' troppo. La ratio della legge n.
20, di fatto, mirava a normare quello che tutti abbiamo identificato come il famosissimo Piano casa di Berlusconi. Poiché alla materia edilizia è attribuita potestà legislativa concorrente tra Stato e Regioni, il Consiglio era intervenuto legiferando, e calando, di fatto, sul territorio tale Piano, però noi avevamo voluto, dopo ampia discussione, salvaguardare determinate prerogative che attengono anche ai rapporti tra le varie istituzioni nell'ambito di una democrazia.
Tra i vari fini della norma che avevamo approvato nel 2009 c'era soprattutto, il sostegno dell'economia attraverso interventi edilizi, che miravano, in primo luogo, a favorire la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, poi lo snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica e, infine, la promozione di tecnologie e tipologie costruttive finalizzate all'efficienza e al risparmio energetico.
Con questo disegno di legge si mette in atto più che uno snellimento avendolo voi definito come "snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica" - una forte cura dimagrante nei confronti degli equilibri tra istituzioni, poteri e diritti nelle varie istituzioni, in particolare dei diritti in capo ai Comuni, a vantaggio, come diceva il Consigliere Reschigna, della proprietà. Non so se solo a vantaggio della proprietà, addirittura andrei oltre e direi a vantaggio di un sistema quasi anarchico, perché, a questo punto, non c'è più un controllo, ma un'imposizione che cala la Regione, di cui, poi, la stessa Regione, ne perde il controllo.
Quindi, con questa vostra legge, se passasse così com'è, andremmo incontro ad una serie di problemi. Modificando la finalità delle norme attualmente in vigore, creiamo determinati vulnus, che tendono a favorire la speculazione verso un ampliamento di edifici che avranno sicuramente una maggiorazione del loro valore. Paradossalmente, tra i settori interessati da questa possibilità speculativa maggiore, ad esempio, come diceva prima il Presidente del PD, c'è quello turistico-ricettivo, che non n'aveva sicuramente bisogno.
La nuova normativa, infatti, all'articolo 7, prevede la possibilità di andare in deroga rispetto a quanto previsto dal punto di vista quantitativo degli strumenti urbanistici locali. Così si creano sicuramente dei disequilibri nell'offerta turistica, nonché possibili conflitti tra operatori del settore.
Allo stesso modo, sempre l'articolo 7 della nuova normativa prevede la possibilità di aumentare la volumetria degli edifici con finalità direzionale - cioè, gli Uffici. Anche in questo caso la domanda che dobbiamo porci è solo una: è davvero necessario permettere ai proprietari di questi immobili l'ampliamento in deroga rispetto a quanto previsto dai Piani regolatori locali? Inoltre, dalla normativa che siamo qui a discutere sono scomparse le competenze in capo ai Comuni previste all'articolo 3 in merito agli interventi di ampliamento in deroga: con l'approvazione delle nuove regole i Comuni, non ricevendo tutta la documentazione relativa al progetto di ampliamento - come prevedeva, invece, il precedente articolo 3, al comma 4 non avranno la possibilità di verificare la conformità delle opere realizzate e di intervenire, se necessario, in caso di mancanza di requisiti non certificandone l'agibilità di intervento.
Ritengo, altresì, che non sia secondario l'aspetto normativo di cui al comma 3, dell'articolo 8, che disciplina la perdita di efficacia delle deliberazioni comunali vigenti. La modifica proposta, di fatto, non riconosce più ai Comuni la facoltà - come invece era previsto nella legge n. 20 - ma l'obbligo di adeguamento alle nuove disposizioni.
Di considerazioni da fare ce ne sarebbero tante, ma interverremo ancora puntualmente durante l'esame dei vari articoli.
Vorrei tuttavia porre ancora un esempio, per cercare di spiegare come siano cambiate le finalità della normativa in direzione della speculazione.
L'articolo 3, al comma 8, a differenza di quanto previsto attualmente dalla legge n. 20, prevede che gli ampliamenti possano costituire una nuova unità abitativa. In sintesi, possiamo dire che sia per il Governo nazionale di centrodestra, che ha voluto il Piano casa nel 2009, sia per questa Giunta regionale piemontese, guidata dal Presidente Cota, si vogliono effettuare delle riforme che vadano a vantaggio - guarda caso - sempre dei benestanti: chi ha risorse economiche per via dei suoi possedimenti o delle sue proprietà può aumentare sensibilmente il valore dei propri edifici; chi ha risorse finanziare può effettuare investimenti e incrementare conseguentemente, le proprie rendite; ma gli altri? Si può dunque affermare, penso senza ombra di smentita, che queste norme - così come tante altre, purtroppo - acuiscono le differenze sociali già presenti sul nostro territorio. Mentre la finalità del Governo (direi quasi l'obbligo o il dovere), e quindi della politica, dovrebbe essere quella di cercare di ridurre queste difformità. Voi, così come avete fatto in altri casi - mi viene in mente, per esempio, la modifica che vorreste apportare al Piano Sanitario Regionale - tendete a svincolare il Governo della Regione da lacci e laccioli, che, evidentemente, li definite così, ma sono la base del confronto democratico e del contrappeso tra le varie istituzioni: sono la base della democrazia. E non andiamo verso un centralismo, ma verso un'anarchia, un mancato Governo del territorio e, in sostanza, anche dell'ambiente, con delle disparità e delle difformità sociali direi sempre più accentuate. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Muliere; ne ha facoltà.



MULIERE Rocco

Grazie, Presidente.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, come ha fatto nella sua precisa relazione il collega Reschigna, vorrei ritornare un po' alla motivazione che porta la Giunta a proporre una modifica alla legge n. 20 perché bisognerebbe capire il motivo per cui non ha funzionato la legge n.
20 in applicazione di una disposizione del Governo.
Il problema non è che la legge n. 20 non ha funzionato per come è stata fatta. Il fatto è che quel provvedimento, così com'è stato approvato dal Governo, non serviva alla ripresa di un settore così in difficoltà come quello dell'edilizia.
Ritorniamo un po' indietro col tempo: vi ricordate la misura che era stata assunta più o meno una decina di anni fa, che prevedeva uno sconto fiscale per le ristrutturazioni? Quella sì che è stata una misura ampliamente utilizzata su tutto il territorio nazionale, che ha rimesso in gioco un sottore in difficoltà come quello dell'edilizia. Certo, quella era una misura che richiedeva un intervento economico da parte del Governo perché prevedeva, appunto, uno sconto fiscale per il cittadino che utilizzava quella norma, che ristrutturava la casa e recuperava delle risorse con la presentazione della dichiarazione dei redditi. Ma quella è stata una misura eccezionale e straordinaria, che ha avuto un risultato pesante ed utile per il settore dell'edilizia.
La legge n. 20, invece, non ha funzionato perché era in applicazione di una norma che non serviva. Vorrei ricordare - l'Assessore Cavallera lo sa bene - che molti Piani regolatori prevedevano già l'ampliamento del 20 dell'abitazione: il Piano regolatore del mio Comune, per esempio, lo prevedeva ancora prima dell'entrata in vigore della legge n. 20. Quindi non è che il Governo avesse inventato un qualcosa di straordinario. Era una norma già presente in molti Piani regolatori, ciononostante si è emanata la legge n. 20, che - è vero - non ha funzionato. Ma perché? Perché si registra un'evidente crisi economica delle famiglie, che in questo momento hanno difficoltà ad ampliare le abitazioni; magari sarebbero disponibili a ristrutturarle, ma non entrerebbero certo nella logica di ampliare la propria abitazione oppure l'edificio che occupa un'impresa o un'attività economica. Sta lì il problema. Non è che adesso, con questa modifica rendiamo più accessibile la legge n. 20 e fra un anno avremo un risultato positivo! Perlomeno non lo credo. È chiaro che questa verifica si potrà fare soltanto dopo un anno di tempo, ma se andiamo ad esaminare quante sono state in Piemonte le richieste in merito alla legge n. 20, si evince che la stessa non ha funzionato.
Tenete conto che la legge n. 20 che abbiamo approvato nella scorsa legislatura era, a nostro avviso, una legge che ampliava ulteriormente le disposizioni che erano state già assunte dal Governo. Non era più restrittiva, anzi garantiva più possibilità anche rispetto ad altre Regioni che avevano applicato le disposizioni del Governo. La legge n. 20 non era quindi, restrittiva, semmai la ampliava. E nonostante questo, non ha dato i risultati sperati.
Ecco perché non avvertiamo la necessità di modificare la legge n. 20.
Noi non pensiamo che per risolvere il problema dell'edilizia e per ridare vigore a quel settore in crisi sia sufficiente una modifica della legge n.
20. Leggiamo dei dati preoccupanti che confermano che questo settore stenta a riprendersi.
Secondo le organizzazioni sindacali e chi si occupa del settore dell'edilizia, in questo momento ci sarebbe bisogno di una ripresa basata sulla realizzazione di grandi infrastrutture - questo è il punto! - e non sulla possibilità di demolire una struttura e di ricostruirla ampliandola.
Il problema vero è che oggi, nel nostro Paese ma anche nella nostra Regione, la politica delle grandi infrastrutture è ferma: ci sarebbe bisogno di questo per riprendere e per dare di nuovo fiato e vigore ad un settore in crisi come quello dell'edilizia. Non è certo la piccola abitazione che può dare spazio a questa ripresa.
Bisognerebbe, prima di tutto, fare questo ragionamento, che sta alla base di una motivazione che noi non condividiamo e che ha portato la Giunta a proporre una modifica della legge 20.
C'è, poi, una questione di merito che è stata spiegata molto bene da chi mi ha preceduto: ci sono alcuni articoli che creano una difficoltà ad approvare un testo di legge come quello che è stato presentato.
Le questioni sono state evidenziate e ricordate poc'anzi.
Ritengo che, quando abbiamo inserito nella legge 20 la necessità di dare la possibilità di ampliare, ma di rispettare i criteri per il risparmio energetico, quella fosse un'indicazione logica. Adesso si dice: voi potete ampliare, ma questi criteri vanno applicati soltanto all'ampliamento. Pertanto, come diceva il collega Reschigna, rischiamo di avere delle abitazioni che per l'80% non seguono questi criteri e per il 20% li seguono.
Dal punto di vista del risparmio energetico, non è una disposizione molto logica; occorre fare una riflessione e mi auguro che l'Assessore, al di là di quanto è stato approvato in Commissione, possa concordare.
La questione fondamentale, però, rimane ed è quella del ruolo dei Comuni, nel momento in cui si permette la demolizione e la ricostruzione in qualche modo escludendo il fatto che il Comune possa regolare tale situazione.
vero che all'articolo 6 si dice che i Comuni, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge, possono adottare una delibera del Consiglio comunale, motivandola naturalmente, e ponendo dei limiti o escludere la possibilità di applicare quello che è previsto dagli articoli 3 e 4 (l'articolo 4 riguarda la demolizione e la ricostruzione).
Conosciamo le difficoltà che hanno i Comuni a deliberare in 60 giorni a delimitare il proprio territorio comunale, pertanto ritengo che, da questo punto di vista, una riflessione vada fatta.
Assessore, se lei condivide minimamente la valutazione che abbiamo posto con insistenza in Commissione, e che ripetiamo qui, in Consiglio bisogna rivedere quanto meno questo punto della legge, che noi consideriamo estremamente importante.
Infine, le riflessioni che si facevano riguardo agli edifici a destinazione turistica o ricettiva, quelli a destinazione direzionale.
Anche qui va fatta una riflessione: la qualità urbana è un aspetto estremamente importante, che riguarda la qualità della vita dei cittadini l'ambiente che noi contribuiamo a costruire all'interno di un agglomerato insomma, è argomento estremamente importante. Attraverso questa normativa rischiamo di creare confusione; i rischi sono stati evidenziati dal collega Reschigna e ritengo che debbano essere colti.
Ecco perché, anche da questo punto di vista, evidenziamo una preoccupazione molto forte.
Ci sono, poi, alcuni elementi - Assessore - sui quali le chiediamo un'ulteriore riflessione, una discussione, attraverso il dibattito generale e, poi, nel merito dell'articolato, che ci permetta di correggere alcune questioni che sono state poste dalla vostra proposta di legge di modifica della legge 20.
Concludo dicendo che ci sono delle motivazioni, alla base della nostra riflessione, che ci inducono a dire che non era necessario e indispensabile arrivare a modificare una legge che non ha dato quei risultati che tutti ci aspettavamo e speravamo, perché le motivazioni sono quelle che ho cercato di spiegare all'inizio del mio intervento.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Muliere.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola elementare "C. Beltrami" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della Scuola elementare "C. Beltrami" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici - Edilizia e norme tecnico-costruttive

Esame disegno di legge n. 67, inerente a "Modifiche al capo I della legge regionale 14 luglio 2009, n. 20 (Snellimento delle procedure in materia di edilizia e urbanistica)" (seguito)


PRESIDENTE

Riprendiamo la discussione generale sul disegno di legge n. 67.
La parola al Consigliere Ronzani.



RONZANI Wilmer

Presidente e Assessore, i colleghi che mi hanno preceduto - Reschigna Muliere e Buquicchio - hanno riassunto con chiarezza le ragioni della nostra contrarietà al provvedimento in esame. Provvedimento che, di deroga in deroga, finisce per mettere in mora, su questioni fondamentali per il governo del territorio, il ruolo del potere pubblico.
Questa è un po' la ratio - io non sono un esperto di queste questioni ma questa è la ratio - del vostro provvedimento, che fa un po' il paio con l'allergia che avete sempre avuto nei confronti di norme e leggi che si ponevano il problema di governare la politica del territorio, che è altra cosa rispetto al problema della semplificazione. Se questo fosse l'oggetto del contendere, credo che la discussione di oggi avrebbe ben altro significato e prenderebbe ben altra piega.
Ma non di questo noi oggi, purtroppo, stiamo parlando, perché di fronte alla sfida di cercare di capire se una serie di misure legislative, volte a semplificare, possano aiutarci a far decollare, in questo settore, una politica di investimenti, voi avete accantonato questa questione: non affrontate il problema della semplificazione, ma, più utilmente, vi concentrate sulla questione riguardante le deroghe con le quali il rapporto fra proprietà e Comune si inverte, come giustamente ha ricordato il collega Reschigna.
Vorrei contestare l'assunto dal quale voi partite, perché ha ragione il collega Muliere quando sostiene che non è sbagliato fare un bilancio della legge 20. Questa legge forse non ha prodotto risultati, come credo non abbiano prodotto risultati significativi e importanti le legge regionali nate sulla base del Piano casa, proposto con grande enfasi dal Governo.
Ricordo ancora la polemica di quei giorni: il Governo, in sostanza annunciò un Piano per la casa; con molta facilità, declinò una serie di orientamenti e, con una certa carica propagandistica, sostenne che noi avremmo affrontato, per quella via, i problemi della crisi dell'economia e determinato le condizioni per uno sviluppo che avrebbe affrontato i problemi dell'impresa, del lavoro e dell'occupazione.
Oggi, se devo fare un bilancio rispetto alla legge 20, in termini autocritici, e se analogo bilancio lo fanno altre Regioni italiane, non posso non constatare che, in verità, quel Piano annunciato con quella enfasi non ha prodotto risultati.
Perché non ha prodotto risultati (questa è la domanda da cui dobbiamo partire)? Non ha prodotto risultati soltanto perché la legge 20 era sbagliata per cui c'era il problema di eliminare i lacci e i lacciuoli che avevano agito come un freno alla ripresa degli investimenti in questo settore? Non ha funzionato, perché abbiamo ancorato giustamente - ritengo quegli interventi alla green economy, cioè una serie d'interventi volti a realizzare l'efficienza energetica? Perché se fosse così, e se queste fossero le ragioni per le quali quella legge non ha prodotto risultati e, con quella legge, anche altre leggi regionali, voi avreste ragione e noi dovremmo prendere atto che il difetto stava nel manico, cioè in una legge che non affrontava, attraverso lo strumento di deroghe così estese, il problema di come assicurare attraverso quegli strumenti, una politica di ripresa degli investimenti nel settore dell'edilizia.
Ma così non è, e voi non potete non sapere che così non è.
La ragione principale per la quale quella legge e altre leggi non hanno prodotto i risultati che tutti auspicavamo va ricercata nel fatto che la crisi economica ha determinato l'impossibilità di favorire quegli investimenti. Del resto, siamo di fronte a un problema grosso come una casa: da una parte, le banche che intervengono e, anzi, utilizzano restringono il credito alle imprese e alle famiglie - e voglio capire in questa condizione quali possano essere le imprese o le famiglie che si avventurano nella decisione di fare investimenti - e, dall'altra parte, la condizione di disagio in cui versano moltissime famiglie, quelle famiglie che in questo momento, sulla base del vostro provvedimento, dovrebbero decidere improvvisamente che bisogna fare gli ampliamenti in deroga, non vedendo o fingendo di non vedere che invece il grosso dell'economia è ancora purtroppo al palo e che voi, maggioranza di centrodestra, avete con la legge finanziaria depotenziato quegli investimenti. Penso ai finanziamenti previsti con la legge n. 18 che avrebbero potuto - perché è in capo al potere pubblico e ai Comuni - rappresentare un volano con il quale favorire una ripresa degli investimenti nel settore edilizio.
Questo è paradossale: da una parte avete usato gli strumenti della politica di bilancio e della legge finanziaria per ripensare la legge n. 18 fatto questo che inibisce a molti Comuni la possibilità di accedere al credito - ed avete per questa via depotenziato la possibilità di fare quegli investimenti ed oggi immaginate che, intervenendo sul fronte della legislazione, modificando la legge n. 20, introducendo il principio della deroga tout court con tanta facilità, questo dovrebbe rappresentare il volano attraverso il quale far partire quegli investimenti che la legge n.
20 non ha fatto partire.
puramente illusorio, perché in realtà noi oggi siamo in presenza di una crisi gravissima. Del resto basta girare per le città italiane e per quelle di provincia per vedere rispetto a qualche anno fa come si vanno estendendo di fronte agli edifici le richieste di vendita e di affitto. Chi costruisce oggi, e ci sono ancora imprese naturalmente che costruiscono sono aziende che costruiscono in una condizione nella quale però sulla domanda non è possibile fare molto affidamento.
Questo è il punto vero della questione. E voi ritenete in maniera illusoria di fare un intervento attraverso questo provvedimento che consentendo ai proprietari di avere le mani libere per fare una serie di interventi, produca una ripresa degli investimenti. Il risultato finale secondo me, è presto detto, Assessore Cavallera, e spero di sbagliarmi nell'interesse delle imprese, del lavoro e dell'economia, ma non credo di sbagliarmi. Il risultato sarà che avremo pochi investimenti in questo settore e in compenso avremo però introdotto nella legislazione - questo è il vero punto politico grave, secondo me - delle deroghe che riducono la possibilità di governo e di intervento da parte del potere pubblico nel governo del territorio. Del resto, questa è un po' la filosofia non forse di tutti voi, mai di alcuni di voi.
Questi ragionamenti erano echeggiati anche in occasione della discussione sulla legge n. 20. Hanno attraversato un po' tutta la discussione sulle leggi che hanno riguardato il settore dell'abitazione, la politica urbanistica. Dietro c'è un errore di fondo, perché immaginare che gli ampliamenti, che riguarderanno il settore turistico e i centri direzionali, non debbano essere anch'essi ancorati ad una logica di efficienza energetica o prevederli in deroga, non ponendosi il problema dell'impatto che questi interventi avranno sul sistema territoriale circostante, è un errore gravissimo. Non solo perché, come prima ho ricordato, difficilmente avremo quegli interventi, ma laddove questi si verificheranno, è assai probabile che questi abbiano un impatto negativo sull'ambiente, sul paesaggio, su quella porzione di territorio sulla quale voi, in nome della deroga, consentite quegli interventi.
Se le cose stanno così, ha ragione il collega Reschigna. Noi abbiamo presentato come Gruppo una serie di emendamenti che hanno un obiettivo: correggere le storture principali di questo provvedimento, che consideriamo sbagliato per le ragioni che altri meglio di me hanno ricordato, e tentare di portarlo ad una logica radicalmente diversa da quella che oggi impernia il vostro provvedimento.
Il principio fondamentale è che noi non possiamo consentire a chiunque di ampliare a prescindere dallo strumento urbanistico, mettendo in mora su questa questione l'Amministrazione comunale.
Questo è un principio che, secondo me, rischia di determinare nei territori e negli interventi, che si possono realizzare per effetto di questa deroga, dei danni che possono essere in futuro ingenti e che riguardano la qualità del vivere urbano, la qualità urbana dei nostri territori.
Questo confronto che abbiamo tentato di avviare in Commissione per le ragioni che i colleghi sanno benissimo e delle quali si è avuta un'eco anche in Aula, non c'è stato; non c'è stato un confronto di merito, anzi in tutta fretta la maggioranza ha tentato di approvare una serie di articoli pur essendo consapevole che questo è un provvedimento non condiviso e che sul quale vi sono questioni non di poco conto che devono essere affrontate.
Ci auguriamo che il confronto serva ad affrontare queste questioni nell'interesse del territorio piemontese e nell'interesse di coloro che hanno la possibilità e il diritto di immaginare un intervento che riguarda la propria abitazione, anzi questo deve essere favorito attraverso misure e semplificazioni, ma dentro un quadro ed un sistema di equilibri che riconosca che i Comuni possono svolgere una funzione nel governo del nostro territorio.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Negro; ne ha facoltà.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
La modifica della legge n. 20 per lo snellimento delle procedure in materia di edilizia urbanistica è un argomento - come ho sentito prima e adesso dai vari colleghi - molto importante e da non sottovalutare.
Sostenere l'edilizia vuole dire anche fare in modo che si abbia questa attuazione del 20%, che significa dare un sostegno alle attività imprenditoriali e creare altri posti di lavoro.
Però vorrei sottolineare un argomento. Vorrei capire, com'è già stato citato da altri colleghi, il motivo per cui la legge n. 20 non ha funzionato fino ad oggi.
Possiamo intuire che il settore edilizio vada a rilento, lo sappiamo tutti, ma come ha detto il collega Muliere, dobbiamo puntare sulle grandi infrastrutture. Questo è il motivo per cui dobbiamo fare crescere l'edilizia e il lavoro in Piemonte.
Mi vorrei soffermare sul criterio energetico. Dove verrà inserito questo criterio energetico? Solo sul 20%, così è stato inserito nella legge per l'ampliamento? Chiederei che non vengano messi altri vincoli per obbligare, ma lasciare alla discrezione delle piccole o medie aziende che costruiscono l'inserimento dei criteri energetici e che siano a discrezione anche dell'intero edificio, e non solo al 20%.
Con questo cosa voglio dire? Che questa legge dobbiamo esaminarla bene ed attentamente per vedere se si possono fare alcune piccole modifiche essendo a conoscenza del fatto che i Comuni del Piemonte hanno dato tutti parere favorevole.
Per questo non mi metto contro i Comuni del Piemonte, ma in Aula insieme ai colleghi vorrei che ci fossero delle piccole correzioni, in modo che si possa votare a stragrande maggioranza per il bene comune.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
La discussione in Commissione del disegno di legge n. 67 è stata ampia sicuramente nelle prime due sedute, ma non nell'ultima, in cui purtroppo non c'erano i colleghi del PD che avevano presentato buona parte degli emendamenti. Però è stata una discussione ampia e variegata, soprattutto da parte delle opposizioni, non tanto da parte della maggioranza. L'Assessore Cavallera, in ogni caso, è stato disponibile, pur nella sua posizione abbastanza arroccata, in difesa del suo prodotto: la proposta di legge della Giunta.
Naturalmente, non sono stati accolti gli emendamenti presentati dalle opposizioni; emendamenti - soprattutto quelli presentati dal Partito Democratico - il cui numero sta lievitando, di minuto in minuto.
C'è una netta divisione nella visione - scusate il gioco di parole che dovrebbe avere il Piano casa, soprattutto tra le opposizioni e la maggioranza. Questo non è un fatto scontato, poiché, in questo caso, non è solo una presa di posizione ideologica, preconcetta e pregiudiziale.
Andando ad analizzare il testo di legge approvato nella precedente legislatura (la legge n. 20 del 14 luglio 2009), si può affermare che è un testo equilibrato. Infatti, per quanto riguarda gli ampliamenti degli edifici di cui all'articolo 3, si chiedeva che, contestualmente, venisse messa mano all'efficienza energetica, quindi ai consumi dell'edificio nella sua interezza e non si utilizzassero le tecnologie volte al risparmio energetico solo relativamente alla parte ampliata (quel 20%).
Noi abbiamo creato un post un po' critico, un po' satirico, sul Piano casa, dicendo che, probabilmente, in una villetta - parliamo di villette unifamiliari e bifamiliari - nella parte ampliata, costruita con tecniche di risparmio energetico, ci sarà una sauna, perché si starà al caldo mentre nel resto dell'edificio si dovrà stare con il maglione, quindi ci si dovrà svestire e rivestire passando da una stanza all'altra (naturalmente ironizzando un po').
Il tema non è così leggero, quindi non si deve fare una sottile e facile ironia; si può fare ogni tanto sugli strumenti di comunicazione e quant'altro, ma è sicuramente indice di una scarsa capacità di comunicazione della politica, probabilmente della politica tutta, non solo del centrodestra, ma anche del centrosinistra.
Lungi da me voler fare delle critiche, ma diversi Consiglieri, prima di me, si sono chiesti: come mai la legge 20 del 2009 non ha prodotto dei risultati? Potrei pensare che, essendo passati, da luglio a dicembre 2010, circa 16 mesi, probabilmente non c'è stato molto tempo per renderla attiva e far sì che diversi privati accedessero, con le deviazioni consiliari comunali alla possibilità di ampliamento.
Si può pensare, ragionevolmente, che c'è la crisi economica e, quindi difficilmente i privati hanno le risorse per ampliare del 20% una villetta unifamiliare o bifamiliare, anzi, la maggior parte delle persone ha contratto un mutuo per trent'anni, se non per 40, pertanto è difficile pensare che abbiano le risorse per ampliare.
Emerge, poi, un concetto, che mi preme sottolineare, usato un po' come cavallo di Troia da parte della Giunta: sostenere che ai cittadini non interessa investire soldi nel risparmio energetico di tutto l'edificio, ma interessa ampliare, ricavare una stanza o due in più, magari anche un minimo appartamentino, per avere un utile.
Questo è il dato politico che mi preme sottolineare: l'incapacità o la non volontà di saper comunicare un dato fondamentale, cioè che il risparmio energetico è la chiave di volta economica del decennio o anche del secolo.
Il Presidente Cota, la Giunta e la maggioranza parlano spesso di efficienza nella politica, del taglio degli sprechi e quant'altro; perch non parliamo anche dei consumi energetici, che incidono tantissimo sulle spese degli italiani? Se un privato è proprietario di un casa - anche se ha un mutuo per trent'anni, quindi probabilmente è più proprietaria la banca - e ogni anno versa un tot per il riscaldamento, i consumi elettrici ecc., se pu tagliare notevolmente o dimezzare queste spese, ne trae un beneficio notevole.
Ricordiamo, inoltre, che gli interventi di ristrutturazione che non si limitino a mettere degli infissi migliori, ma prevedano, ad esempio, una cappottatura esterna, l'eliminazione di ponti termici e quant'altro produrrebbero una quantità di posti di lavoro e sarebbero un volano economico - per chi ama definirlo in questo modo - che andrebbe ad impattare moltissimo sul territorio piemontese, senza - e sottolineo senza perché siamo gli unici a sostenerlo - dover cercare nuove e fantomatiche infrastrutture che non servono al territorio.
In questo modo, non si cadrebbe in contraddizione, perché spesso si dice "stop al consumo del territorio", portando dati e analisi, ma poi si chiede di costruire delle infrastrutture e non l'ampliamento, ad esempio delle villette.
Questo, per noi, è il dato politico preminente: il testo approvato nella scorsa legislatura è un testo equilibrato; un testo dal quale si sarebbe dovuti partire per fare dei minimi aggiustamenti e soprattutto non andare a toccare la parte dell'efficienza energetica di tutto l'edificio per gli ampliamenti.
Sottolineo quanto detto dai colleghi intervenuti precedentemente: gli altri punti fondamentali, che poi andremo a toccare nella discussione degli emendamenti - se non si arriverà ad una soluzione precedente - sono, ad esempio relativamente alla ricostruzione (l'articolo 4 e l'articolo 5), la demolizione e la ricostruzione degli edifici dei centri storici, cosiddetti edifici incongrui e incoerenti.
Ci sono edifici incongrui e incoerenti rispetto agli strumenti urbanistici? Va bene, demoliamoli! Ma se pensiamo di ricostruirli con un plus, un aumento di cubatura del 20, 25 o 35%, a seconda dei criteri del protocollo Itaca, non penso che questo vada a migliorare la qualità architettonica, la sicurezza delle strutture e l'accessibilità degli edifici stessi (di cui all'articolo 1). A parte che questi criteri sono già stabiliti per legge, ma non penso che un ampliamento in un centro storico vada a migliorare la qualità architettonica dello stesso; penso che la possa peggiorare.
Sono state avanzate diverse proposte, tra le quali concedere l'aumento di cubatura in un'area di atterraggio, in separata sede dal centro storico dall'edificio che viene ricostruito, ma ovviamente più che avanzare proposte, altro non possiamo fare.
Altra problematica fondamentale è quella degli standard urbanistici definiti "gli spazi per le attrezzature necessarie alla vita associata", ad esempio i parcheggi. Se procediamo col non reperirli in loco, a parte il facilitare il processo di ampliamento o di ampliamento successivo a demolizione e ricostruzione, andiamo a creare un vulnus, perché se poi questi servizi non sono vicini all'edificio che viene ampliato o viene ricostruito e poi ampliato, e quindi magari ha un'unità abitativa in più andiamo a sovraccaricare un'altra zona e ad impedire l'accessibilità agli edifici stessi.
Ci sono, pertanto, delle incoerenze nel testo presentato che noi abbiamo evidenziato nella discussione in Commissione e che evidenziamo adesso, nella discussione in Aula.
Concludo - ci sarà il tempo per entrare nel dettaglio delle singole parti - dicendo che, considerando il fatto di aver cancellato la norma che permette ai Consigli comunali di prendere parte alla decisione di stabilire quali sono gli edifici da rivedere, a noi sembra si vada in un senso opposto a quello del federalismo. Questo, più che un federalismo degli enti pubblici è un federalismo dei privati: in fondo - come ho già detto - non è altro che anarchia.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Lepri; ne ha facoltà.



LEPRI Stefano

Grazie, Presidente.
Le riflessioni che mi hanno preceduto sono state già molto chiare e precise. È difficile, per chi interviene dopo, dire qualcos'altro, ma a noi interessa che tutte le voci siano ascoltate e che vadano soprattutto all'unisono verso una forte critica nei conforti del provvedimento che la Giunta intende portare all'approvazione di questo Consiglio. Questo lo si può dire da parte di tutti i Gruppi di minoranza.
Contiamo ancora sull'attenzione, semmai ci sarà, quando discuteremo il provvedimento articolo per articolo, da parte di ogni singolo Consigliere di maggioranza. Al di là della discussione generale, via via che il provvedimento sarà valutato, si potranno fare quelle riflessioni, quelle considerazioni e quel confronto che a noi pare decisivo.
un confronto che finora è mancato nella Commissione competente.
Certamente il Vicepresidente Cavallera è un grande esperto di questi temi eppure ci è sembrato che ci ascolti ma non ci senta, quando abbiamo voluto rappresentare le nostre buone ragioni. Speriamo che la sua attenzione non sia solo formale perché, come diceva Pitagora, chi parla semina e chi ascolta raccoglie. Quindi, se lui vorrà ascoltare e non solo sentire quello che gli stiamo dicendo, certamente potrà far tesoro delle nostre oneste e lucide considerazioni.
Partiamo dalla legge approvata nella scorsa legislatura.
una legge che continuiamo a considerare buona. Pensiamo che il mancato successo, se così possiamo dire, del provvedimento, in parte dipenda dalla difficile congettura economica che vede tutte le famiglie fare i conti con una difficile crisi. Potrebbe anche dipendere da una conoscenza imperfetta, da una mancanza - qui forse c'è anche un po' di nostra responsabilità - dell'effettiva comunicazione che possa permettere ai cittadini di valutare l'opportunità di questa legge, che certamente non è priva di chance interessanti.
Credo anche che forse non si è speso abbastanza tempo e argomentazioni per evidenziare l'importanza di una legge che introduce uno scambio positivo. Non è un ricatto quello che è scritto nella legge: puoi ampliare a condizione che tu adotti quei provvedimenti di risparmio energetico che valorizzano comunque la tua abitazione e ti consentono un investimento che poi, come è noto, ritornerà anche in termini di riduzione della bolletta energetica.
Quella fu l'idea forte della legge e noi pensiamo che questa idea debba essere confermata. Pertanto, non condividiamo l'idea secondo cui l'obbligo di intervento, nella prospettiva del risparmio energetico, si possa applicare solo sulle parte ampliate, quasi che l'abitazione fosse fatta a due parti: una parte per l'estate, che serve quando fa troppo caldo, e una per l'inverno quando fa freddo.
Non ha senso questo provvedimento, è solo un pannicello caldo che tiene in vita l'idea forza della scorsa legge, ma che alla fine, da tutti i punti di vista, è irragionevole. Non si può tenere la casa coibentata e a norma per un quinto e non intervenire per gli altri quattro quinti.
Questo è davvero sorprendente, quasi curioso. A questo punto si abbia il coraggio di dire che si fa l'intervento senza alcun impegno, dal punto di vista energetico, piuttosto che mantenerlo con questa assurda soluzione.
Ci sono poi delle preoccupazioni relativamente alla possibilità di ampliamento, sostanzialmente previste senza che i Comuni possano nei fatti lo dico semplificando - intervenire per avanzare obiezioni, soprattutto in riferimento alla coerenza architettonica e paesaggistica dell'intervento che il privato intenderà realizzare, nel caso la vostra legge venisse approvata. Espropriare i Comuni di una funzione di programmazione urbanistica pare davvero coerente con la tentazione che sempre avviene tra le vostre fila, di liberalizzare il tutto, quasi che la libertà senza regole sia un bene a prescindere.
Noi sappiamo che invece, in modo particolare nel settore urbanistico un'eccessiva libertà non porta altro che decadimento dei valori urbanistici delle abitazioni esistenti, brutture, costi per la collettività e altri danni, tra cui una conflittualità che, verosimilmente, si realizzerà tra quanti beneficeranno della convenzione e quanti invece dovranno subirne le conseguenze, ad esempio con la riduzione degli spazi di luce o con la riduzione degli accessi alle abitazioni limitrofe (per non parlare delle questioni riguardanti gli interventi possibili nei comparti dei servizi del turismo, e degli alberghi).
Il nostro Capogruppo ha fatto l'esempio del più prestigioso albergo vicino a noi, realizzato appena pochi anni fa, mantenuto correttamente nel suo aspetto classico ed originale, quindi con un intervento certamente apprezzabile, dal punto di vista architettonico e urbanistico, che potrebbe, in linea teorica, essere ampliato fino al 20%, adottando una volumetria che andrebbe a contrastare con l'impianto architettonico e urbanistico dell'area in questione.
La possibilità, per noi, di non vedere più il palazzo dell'Arcivescovado, che potrebbe essere l'effetto di un ampliamento del Golden Palace. È certamente un effetto preoccupante, da molti punti di vista, e mi limito semplicemente a quello paesaggistico e urbanistico.
solo un esempio per dire come questa libertà di costruzione, questa questione dell'ampliamento della cubatura degli alberghi appare, a tutti gli effetti, come nulla di più che un'operazione speculativa, magari nella prospettiva di cambiare la destinazione degli stessi alberghi per farne ahimè, nuova abitazione privata o residence. Sappiamo che, nonostante i grandi sforzi e i grandi risultati ottenuti, ad esempio a Torino, il problema è riempire gli alberghi di turisti e non invece riempirli di nuova cubatura. Mi pare poi che ci sia, insomma, senza nulla aggiungere su tali questioni, un ultimo ragionamento sostanziale.
Noi guardiamo con una certa sorpresa - ma forse poi neanche troppa siamo abbastanza abituati - all'incoerenza che questo provvedimento rappresenta in riferimento alla scelta che questo Governo di centrodestra ha inteso realizzare attraverso la mortificazione delle opere pubbliche che, con questa legge finanziaria appena approvata, noi registriamo: a fronte della chiamata alla costruzione e ai privati si registra una sostanziale regressione, da parte di questa Amministrazione, degli investimenti in grandi e piccole opere pubbliche - grandi quanto ad importanza, piccole quanto a dimensione - che invece avrebbero un grande effetto. Cito per tutte la gran questione della manutenzione straordinaria e ordinaria delle scuole d'ogni ordine e grado, che appare con sempre più evidente drammaticità un'emergenza cui dovremmo riuscire a dare risposta.
Ebbene, di fronte a questo noi non facciamo altro che liberare i lacci e i lacciuoli dei costruttori grandi e piccoli, che naturalmente è giusto esercitino anche il mestiere e che è bene che, laddove è necessario possibile e giusto, continuino a costruire. Certo, però, un provvedimento come questo va nella direzione di una liberalizzazione del sistema delle costruzioni, che è incoerente con la nostra visione di futuro urbanistico.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Pentenero; ne ha facoltà.



PENTENERO Giovanna

Grazie, Presidente. Da un punto di vista tecnico e anche poi sull'opportunità di un provvedimento come questo sono già stati fatti ampi ed opportuni interventi. Mi preme però sottolineare alcuni aspetti.
Intanto, credo che il titolo della legge stessa metta un po' in difficoltà. Certamente si fa riferimento alla legge che era stata approvata nella legislatura precedente. Vorrei sottolineare, però, che l'accordo che la Regione Piemonte firmò con il Governo nella Conferenza unificata era un accordo che, se da un lato andava a premiare un aumento di possibilità di cubatura, chiedeva però una certezza in merito alle incentivazioni per gli interventi che è necessario fare all'interno di un edificio, perché il risparmio energetico non diventi soltanto un fatto teorico, ma diventi un fatto pratico e concreto.
Può essere giusto sottolineare quanto ha evidenziato l'Assessore prima ovvero che probabilmente, per ottenere un risparmio energetico totale e complessivo su tutto l'edificio, l'articolazione del processo potesse essere complicata e che fosse quindi necessario introdurre delle norme di snellimento delle procedure, per garantire un intervento complessivo sull'incentivo al risparmio energetico all'interno degli edifici della nostra Regione.
Questo può essere condivisibile, ma non credo che la soluzione sia di limitare alla quota del 20% di possibilità d'ampliamento dell'edificio che si verrebbe a determinare gli interventi per il risparmio energetico.
Questo può sembrare addirittura un po' ridicolo, un po' buffo. Com'è già stato ricordato, è un po' come se utilizzassimo delle stanze estive e avessimo delle stanze invernali dove il risparmio energetico è consentito e dove il clima e la temperatura possano essere conservati e derivare da soluzioni diverse. Devo dire che come provvedimento questo è anche un po' ridicolo.
Viene meno, quindi, l'impianto della legge 20 che è stata approvata nella legislatura precedente, poiché lo scambio - cioè la possibilità di costruire, a fronte di un maggior intervento per garantire un risparmio energetico sugli edifici - non esiste più: viene meno, quindi, il principio in base alla quale la legge era stata pensata e approvata.
Questa legge si configura dunque soltanto come uno strumento per il quale viene meno la certezza di un diritto: la certezza del diritto nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni. Secondo la legge, infatti, sui piani regolatori e sugli strumenti di programmazione di cui i Comuni si sono dotati ci sono una serie d'opportunità d'intervento, l'ultima delle quali permetterà loro di andare in deroga rispetto a tutte le norme che ciascun piano regolatore di ciascun'Amministrazione comunale aveva messo in atto.
Pensiamo agli edifici rustici. Gli edifici rustici, grazie alla legge che la nostra Regione ha - sicuramente una legge importante -, possono intanto recuperare tutti i volumi che non sono più destinati a un'attività agricola. Esiste quindi già una legge che permette un aumento di cubatura e un aumento della quota di destinazione a civile abitazione, all'interno degli spazi di territorio destinati invece all'attività agricola. Un edificio rustico ha prima di tutto la possibilità di recuperare quegli spazi; normalmente, poi, credo che l'80% e forse qualcosa di più dei piani regolatori hanno già, all'interno delle proprie norme, la possibilità di un altro aumento del 20% e con il nuovo disegno di legge avrebbero un ulteriore 20%.
A questo punto viene meno la classificazione territoriale all'interno di ogni Comune, perché a colpi di leggi successive noi abbiamo stravolto completamente qualsiasi strumento di pianificazione territoriale e via a via, con provvedimenti di legge - se questo sarà l'andazzo con il quale la Giunta vorrà intervenire da un punto di vista della programmazione urbanistica del nostro territorio - sarà assolutamente inutile e del tutto pleonastico avere i piani regolatori: tanto, a colpi di successive leggi noi potremmo immaginare di demolire qualsiasi strumento messo in atto all'interno dei Comuni della nostra Regione.
In virtù di queste considerazioni - senza poi dimenticare, all'interno dei centri storici, l'individuazione degli edifici anomali che dovrebbero essere adeguati per uniformare l'area del centro storico - credo sia una norma che ha, di nuovo, il sapore di un aspetto quasi ridicolo. Gli edifici all'interno del centro storico sono edifici che sicuramente - ma sta all'interno della consapevolezza di chi ci vive - hanno dei grossi vincoli e presentano delle situazioni di complessità; ma corriamo il rischio, con questo provvedimento, di veder deturpati i centri storici delle nostre realtà piemontesi, con la costruzione di edifici che avranno un aspetto assolutamente non rientrante nelle caratteristiche dei centri storici.
Intanto viene meno tutto il principio del risparmio energetico. Avremo edifici di civile abitazione in cui, per una parte, il cittadino potrà avere un certo tipo di costruzione, di ambiente, di clima; in cui il risparmio energetico e l'utilizzo di fonti energetiche alternative ha un certo impatto, nonché anche un certo costo: se il costo lo ammortizziamo su tutto l'edificio, allora otteniamo un certo tipo di beneficio, ma se lo limitiamo ad un 20% su tutta l'abitazione avremo un costo eccessivo e una ricaduta davvero discutibile. Verrà meno, quindi, tutto l'impianto che permetteva lentamente di adeguare gli edifici della nostra Regione affinché il risparmio energetico diventi un dato reale, e avremo una situazione per la quale nelle zone agricole e nei centri storici ci sarà uno stravolgimento complessivo dell'urbanizzazione, dell'architettura e dell'aspetto paesaggistico legati a queste zone.
Attraverso questo provvedimento, insomma, viene meno la certezza del diritto e la certezza, per i Comuni, di capire con quali strumenti di programmazione fare i conti. Il confronto è stato certamente un confronto per il quale c'è stata data apparentemente la massima disponibilità da parte dell'Assessore, ma nei fatti c'è stata una chiusura totale. Infatti quasi a voler confermare questa chiusura, il disegno di legge è stato chiuso all'interno della Commissione quasi con un colpo di mano, quando la minoranza non era presente e aveva chiesto di rimandare la discussione.
Non possiamo che prendere atto di questo atteggiamento di grande chiusura, di non voler tenere in considerazione le osservazioni, ci auguriamo che almeno durante il dibattito dell'Aula, a fronte delle motivazioni che saranno rappresentate via via sui singoli articoli, ci sia la disponibilità e la volontà di aprire un confronto vero e di aprirsi ad un confronto reale, che tenga in considerazione delle gravi conseguenze che noi avremmo all'interno di tutto il territorio piemontese.
Corriamo davvero il rischio di stravolgere l'aspetto paesaggistico e quello architettonico di realtà importanti del nostro territorio, a partire dalle zone agricole, per arrivare ai centri storici. Soprattutto, l'aspetto che maggiormente oggi credo rappresenti un'involuzione all'interno della nostra regione è il fatto che gli edifici avranno una parte con il risparmio energetico e una parte senza risparmio energetico, quindi con la possibilità di sprecare tutte le energie destinate a quell'edificio.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Angeleri.



ANGELERI Antonello

Grazie, Presidente.
Vorrei specificare che intervengo in qualità di Presidente della II Commissione e quindi, il Consigliere Carossa, il mio Capogruppo, esprimerà un parere più politico.
Intervengo anzitutto per dire che questo disegno di legge interviene solamente su una parte, quindi sul capo primo della vecchia legge regionale n. 20 del 2009; inoltre, sul cosiddetto Piano casa, dove sono contenute le misure straordinarie a sostegno dell'edilizia, è destinata e restare in vigore fino al 31 dicembre di quest'anno.
Faccio questa premessa, perché il motivo vero per cui questo disegno di legge è stato presentato è che se c'è un settore in questo territorio, in questa Regione - e non solo in questa Regione - che non ha effetti e interventi diretti da parte del Governo a sostegno anche dell'occupazione è proprio il settore dell'edilizia. Abbiamo visto la caduta libera che c'è stata in questo settore in termini di occupazione, migliaia di posti di lavoro persi nell'ultimo anno. Penso sia utile che la Giunta abbia presentato questo disegno di legge per intervenire anche su una partita che, da un punto di vista economico, è molto importante sul territorio regionale, e lo si è fatto dopo una verifica dell'applicabilità e sull'applicabilità della legge 20.
Non vorrei fare esempi, ma posso ribadire quello che ho visto in prima persona al Comune di Torino: interventi richiesti sulla base di questa legge si possono contare sulle dita di due mani, in una città di oltre un milione di abitanti.
evidente, quindi, che l'applicabilità nella legge precedente comportava dei problemi per chi riteneva di fare un investimento in questa direzione; è evidente che così è stato in molti altri comuni di questa regione.
Allora, penso che stimolare gli investimenti nel comparto edilizio e fare questo tipo di operazione nell'immediato sia un'azione di responsabilità che spetti anche alla Giunta regionale. Un aspetto importante che abbiamo voluto sottolineare con la presentazione di questo disegno di legge.
Da un punto di vista istituzionale, ritengo la presentazione di questo disegno di legge un aspetto molto importante come risposta ad una realtà profondamente in crisi su questo territorio.
Quindi, penso che le sottolineature venute dall'opposizione non siano parzialmente (non dico totalmente, ma parzialmente) giuste nei confronti del disegno di legge. Lo si può riscontare anche dalle audizioni: abbiamo ascoltato direttamente dalle parole degli operatori quale fosse l'attesa che c'era rispetto a dare corpo ad una legge che, diversamente, nel passato non l'ha avuta, e i dati parlano in questa direzione. Un'attesa quasi per rilanciare, come torno a ripetere, un settore in forte difficoltà.
chiaro che si deve fare questo con un controllo sul territorio e devo dire che in questo senso mi pare abbastanza evidente che il controllo del territorio ce l'hanno, giustamente e ancora una volta, in mano i Comuni perché nella norma transitoria, all'articolo n. 8, è estremamente chiara la possibilità che i Comuni hanno. Cioè, entro il termine perentorio di 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge i Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale, adeguatamente motivata, tenuto conto dei limiti posti dalla Legge, possono disporre l'esclusione dell'applicazione degli articoli 3 e 4 della LR n. 20 del 2009, come modificati dalla presente legge. E questo, in tutto o in parte, avviene sul territorio ovviamente del Comune di riferimento.
Quindi c'è il controllo da parte dell'Ente locale e non è vero che qualsiasi imprenditore possa, in barba alle leggi urbanistiche regionali e a qualsiasi piano regolatore, fare quello che vuole. È evidente che noi dobbiamo favorire l'investimento del privato e lo dobbiamo fare cercando di rispettare le maglie della legge, ci mancherebbe altro, ma di farlo dando una possibilità di intervento rapido, senza lacci e laccioli, che oggi quel mondo, purtroppo per l'economia che stiamo attraversando, non può più accettare.
Allora volevo chiudere il mio intervento, valutando alcuni interventi dell'opposizione come un momento su cui - io penso - si possa riflettere.
Penso che alcuni aspetti sottolineati dagli interventi dei colleghi di opposizione, per esempio, il settore turistico-alberghiero, a cui faceva riferimento il Capogruppo Reschigna, ebbene questi aspetti debbano essere controllati.
Penso che in questa fase sia corretto esprimere il nostro pensiero come maggioranza e come opposizione, ma allo stesso tempo, l'invito che faccio nei confronti della Giunta e dell'Assessore Cavallera è di valutare con estrema attenzione quello che può essere un esito non voluto dell'applicazione di questa legge, che obiettivamente potrebbe avere sul territorio delle ripercussioni non positive rispetto all'intendimento assunto da questa Giunta.
Ritengo che, complessivamente, il disegno di legge n. 67 sia un buon testo, che possa essere completato nelle prossime ore, anche attraverso l'ascolto degli interventi. Credo che possano contribuire a migliorare anche dal punto di vista della qualità del prodotto finale, il risultato che si produrrà sul territorio rispetto alle proposte che proverranno dal settore privato.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Stara; ne ha facoltà.



STARA Andrea

Grazie, Presidente.
Già in Commissione abbiamo verificato quali sono i nodi principali, che determinano la nostra contrarietà in ordine alla formulazione di questo provvedimento. Inoltre, di fronte a tutti gli emendamenti presentati, al di là di delle generiche rassicurazioni espresse nei confronti degli emendamenti dell'opposizione, di fatto, il provvedimento è rimasto completamente inalterato rispetto alla presentazione iniziale.
Credo che all'interno dell'opposizione non ci sia assolutamente voglia di considerare un provvedimento che blocchi la possibilità d'intervenire nel rinnovamento del patrimonio edilizio dei Comuni, anzi. Però, si registrano alcune incongruenze basilari, la prima delle quali riguarda la finalità del risparmio energetico. Mi spiego: il passato provvedimento permette, diciamo così, di introdurre delle deroghe, quindi di svolgere degli interventi, adducendo il principio giustificativo del miglioramento complessivo del patrimonio edilizio residenziale, e non, presente sul territorio.
chiaro che nella presente legge si ammettono - essenzialmente, mi riferisco agli articoli 3 e 4 e, soprattutto, anche nella norma transitoria legata all'articolo 8 - degli elementi che sfiorano il ridicolo. Infatti la previsione di ampliamenti del 20 o 25% - verificheremo ed entreremo nel merito con i singoli emendamenti - vincolati, in deroga, ovviamente, a tutti i riferimenti urbanistici esistenti nei Comuni, al rispetto della normativa sul risparmio energetico è di fatto vanificata. Potremmo cancellare completamente questo vincolo, in quanto qualsiasi nuova costruzione è già assoggettata al rispetto dei parametri legati al risparmio energetico. Pertanto, se cancelliamo il vincolo e, di fatto manteniamo l'aumento del 25% non cambia nulla. Diciamo che è pleonastica e puerile questa introduzione del risparmio energetico: viene letta come una particolare attenzione, ma, di fatto, priva della vera finalità tutte le deroghe previste dai piani urbanistici, che sono alla base della filosofia di un provvedimento di questo tipo.
Entrando un po' più nel merito, di fatto, alcuni emendamenti che abbiamo presentato sono assolutamente di sostanza; altri, ovviamente, hanno un mero carattere ostruzionistico. Relativamente a quelli di sostanza, al di là della presentazione e discussione che oggi realizziamo e della successiva illustrazione dei vari emendamenti di ognuno, mi aspetto un confronto con l'opposizione, affinché l'intero provvedimento possa essere approvato accogliendo i nodi essenziali.
Ho già fatto cenno a qualche nodo essenziale, ora voglio ricordarne qualche altro. Ad esempio, la previsione dell'ampliamento del 25%, ma riacquisiremmo il senso iniziale della legge intervenendo anche sul resto del fabbricato, cioè sul fabbricato originario. Così si supererebbe quell'incongruenza di avere un nucleo che, di fatto, è un ampliamento. Non è un corpo a se stante e separato, è un ampliamento dello stesso fabbricato, che comprende due tipologie completamente differenti. Alcuni provvedimenti propongono l'abbattimento a determinati valori per dare un senso al risparmio energetico, venendo anche incontro alla volontà di dare corpo agli interventi economici e alla ripresa degli interventi dell'edilizia. Questo è un provvedimento che permetterebbe alle imprese che operano nel settore di lavorare maggiormente rispetto al semplice ampliamento.
Ricordo ancora che una legge nazionale, comunque, prevede l'introduzione della valutazione dei parametri energetici per tutti gli stabili, che obbliga, anche nel momento della vendita di una singola unità immobiliare, l'inserimento di questo parametro, il quale condizionerà anche il valore economico dello stesso alloggio. Quindi, di fatto, induciamo i proprietari a regolarizzare la propria posizione rispetto alla normativa nazionale, ma anche a produrre efficienza energetica rispetto al corpo dell'immobile principale. Poi si può intervenire con varie modalità, per cui ci può essere l'obbligo di intervenire a livello totale sull'immobile esistente.
Credo che l'opposizione non sia così rigida. Ci sono degli emendamenti che indicano comunque di intervenire sull'immobile principale abbassando il parametro con l'indicazione di dati che certificano gli interventi.
L'altro elemento riguarda la norma transitoria, che, anche qui, di fatto, è come se non ci fosse. La norma transitoria prevede che "entro il termine perentorio di sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge i Comuni, con deliberazione del Consiglio comunale adeguatamente motivata tenuto conto dei limiti posti dalla legge, possono disporre l'esclusione dell'applicazione degli articoli 3 e 4 della legge regionale n. 20/2009, come modificati dalla presente legge".
Allora, è chiaro che, conoscendo la realtà di deliberazione dei singoli Comuni, scrivere le parole "entro il termine perentorio di sessanta giorni" e "possono" vuol dire, di fatto, deregolamentare tutta la partita ed espropriare i Comuni rispetto al dettato di una legge regionale, la quale prevede che i Comuni, avendo contezza del loro patrimonio edilizio, debbano introdurre le parti che devono essere escluse e quelle che, invece, devono essere accolte nel provvedimento stesso.
Non solo, in riferimento al secondo comma, che recita: "Entro il termine di cui al comma 1 i Comuni possono adeguare agli articoli 3 e 4 della legge regionale n. 20/2009, come modificati dalla presente legge, le deliberazioni con le quali hanno disposto l'esclusione dell'applicazione degli interventi di ampliamento o demolizione e ricostruzione in deroga in tutto o in parte del territorio comunale", addirittura cancelliamo le deliberazioni che i Comuni hanno già espresso. Quindi, di fatto, si verifica la situazione per cui, per esempio, i Comuni hanno già espresso l'esclusione di alcune aree - di cui è stata data motivazione - e noi, di fatto, con questa legge regionale cancelliamo quella volontà del Comune.
Per cui, anche qui, entro il termine sempre di sessanta giorni costringiamo a dover riprendere una partita che è molto complessa, perch quando si interviene sul Piano urbanistico di una città, tra tutte le procedure, sessanta giorni è come se fossero inesistenti.
Assessore Cavallera, credo che, almeno per quanto riguarda il Gruppo Insieme per Bresso, per non mettere in atto un ostruzionismo alla morte occorra sedersi attorno ad un Tavolo per parlare di questi provvedimenti cioè dell'articolo 3, dell'articolo 4, di alcune modalità di ampliamento del 25% e, ovviamente, della norma transitoria. Per il resto c'è la disponibilità da parte del nostro Gruppo a valutare complessivamente la normativa in generale ed evitare pratiche ostruzionistiche continuative.
Noi abbiamo presentato, come tutti i Gruppi di opposizione, una prima serie di emendamenti che vanno in questo senso; evitateci di farcene presentare altre centinaia a firma congiunta che prolunghino la discussione sine die.
Troviamoci, i nodi li conoscete già, sono emersi e sono stati evidenziati da tutti i Gruppi dell'opposizione già in sede di Commissione.
Troviamoci ed entriamo nel merito del provvedimento, per verificare se su questi punti si può trovare un'intesa, ferme restando, ovviamente quelle che sono le peculiarità di ciascun Gruppo e di alcuni elementi.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Botta Franco Maria; ne ha facoltà.



BOTTA Franco Maria

Grazie, Presidente.
Sarò breve, dal momento che ho già svolto la relazione per la maggioranza. Avendo ascoltato l'intero dibattito, volevo fare alcune valutazioni e considerazioni nel merito del provvedimento, perché ho l'impressione che forse non ci siamo spiegati benissimo.
Il disegno di legge in discussione ricalca l'attuale testo della legge n. 20, ma, ovviamente, apporta alcuni correttivi che tengono conto proprio del tempo che è trascorso e della bassissima richiesta di istanze di ampliamento pervenute dai proprietari di abitazioni che ricadono nelle previsioni della legge regionale.
Proprio per un approccio più pragmatico, e direi quasi anglosassone, la Giunta ha pensato di introdurre una serie di norme che portano ad una maggior elasticità del Piano casa, per dare quella risposta che fino adesso non c'è stata. D'altra parte, se facciamo un rapido esame delle leggi regionali che sono state approvate lo scorso anno sulla scia dell'accordo Stato-Regioni, si evince che in alcune realtà italiane la legge sul Piano casa ha funzionato: mi riferisco, ad esempio, alla Regione Veneto, alla Regione Sardegna ma anche alla Regione Lombardia, che hanno registrato una buona risposta in tal senso. Ciò significa che si può ottenere comunque un risultato positivo, adeguando il Piano casa dal punto di vista normativo rendendolo più elastico, ma prevedendo comunque delle regole.
A tal riguardo, vorrei rassicurare quei colleghi che sono intervenuti paventando una sorta di deregolamentazione, che invece non esiste. Perch non è col Piano casa che si decide di abolire i Piani regolatori; di norme credo che ce ne siano a sufficienza nella nostra realtà piemontese, perch tutti i 1.206 Comuni dispongono di un Piano regolatore; ci sono altresì i Piani territoriali provinciali, c'è il Piano territoriale regionale (c' stato un successivo aggiornamento), ci sono dei piani di approfondimento del Piano territoriale regionale e tutta una serie di misure che prevedono dei vincoli. Rassicurerei quindi tutti i colleghi dell'opposizione che hanno espresso perplessità e preoccupazione in quella direzione.
Certo non gradiamo quella sorta di "avvertimento" attraverso cui si dice: "Noi non presenteremo una serie di emendamenti a patto che...". A patto che facciamo a meno del nostro ruolo di maggioranza e, quindi accondiscendiamo ad ogni vostra proposta? Credo che questo non sia possibile, perché verrebbe meno quel principio di democrazia per cui la maggioranza deve approvare i provvedimenti del programma elettorale, tra i quali il Piano casa era sicuramente previsto.
Peraltro, già in sede di Commissione c'era stata un'ampia discussione e un confronto serrato, e la Giunta e l'Assessore competente avevano prestato la dovuta attenzione nell'ascoltare l'intero dibattito. Credo, quindi, che adesso occorra procedere sollecitamente, perché il termine del 31 dicembre si avvicina e se manteniamo il testo attuale, credo che il risultato purtroppo non cambierà.
Occorrono queste misure, perché si deve dare piena attuazione ad un provvedimento che è stato sancito a livello di Governo e Regioni, e che è finalizzato a dare una svolta anticiclica, per stimolare l'investimento privato delle famiglie - quindi a costo zero per la mano pubblica - non tanto nelle realtà delle grandi metropoli o del capoluogo piemontese quanto, piuttosto, nelle realtà comunali medio-grandi, dove, appunto, la conformazione urbanistica e il territorio avvertono queste necessità, a cui si può far fronte con semplici ampliamenti, che, sommandoli ad uno ad uno potrebbero costituire, in un momento così difficile, un vero e proprio volano economico anche per le piccole e medie imprese, per gli artigiani e per tutto il settore edile.
D'altra parte, in sede di consultazione, com'è stato ricordato poc'anzi anche dai colleghi della minoranza (mi riferisco al collega Negro dell'UDC), era stato espresso il parere positivo al testo predisposto dalla Giunta regionale dalle Amministrazioni comunali, ma anche dalle associazioni di categoria. Siamo dunque incoraggiati a procedere all'esame e all'approvazione del provvedimento in oggetto. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Giacomino

Grazie, Presidente.
Intervenire a questo punto del dibattito, quando ormai sono già state rappresentate dai colleghi che mi hanno preceduto molte peculiarità oltre che, dal nostro punto di vista, anche i limiti di questo provvedimento, mi induce a sottolineare soltanto più alcune questioni, dal momento che molte delle osservazioni di merito che riguardano la necessità di migliorare questo provvedimento sono già state espresse. Mi permetto, dunque, di fare due considerazioni di carattere generale.
La prima: il tratto costante che sta caratterizzando molte delle scelte del centrodestra in questa stagione, sia a livello regionale che a livello nazionale, credo che sia da ascriversi alla riduzione delle garanzie, delle tutele e delle regole come strumento di sviluppo o di presunto sviluppo.
Acclarato che le imprese devono far fronte a costi molto alti, si è pensato di intervenire riducendo l'efficacia delle normative sulla sicurezza, depenalizzando i reati che hanno a che fare con la tutela dell'ambiente e riducendo la tutela ai lavoratori, quasi che questa modalità rappresenti lo strumento migliore per incentivare un nuovo modello di sviluppo.
Qui si fa lo stesso tipo di ragionamento: sostanzialmente, quasi negli stessi giorni in cui si tagliano risorse, con le scelte di bilancio, alla legge n. 18 e a tutto il sistema degli investimenti ordinari, noi diciamo che il sistema edilizio ha bisogno di incentivi. E quale incentivo diamo? La deregolamentazione delle norme urbanistiche per permettere nuove edificazioni.
Credo che questo tipo di scelta abbia lo sguardo molto corto e non guardi lontano.
Credo che lo scempio del territorio, che si è fatto in questi anni, in moltissimi casi sia figlio di questo tipo di logica, una logica nella quale le regole si fanno in linea del tutto generale e poi si lascia che ciascuno faccia quello che gli pare.
Credo che in quest'Aula servirebbe una seria riflessione su quello che è l'uso del territorio che stiamo facendo, perché un po' di schizofrenia ho l'impressione che ogni tanto ci sia e che permei anche quest'Aula. Da una parte mandiamo Assessori a presentare in pompa magna la richiesta di riconoscimento di territori e di porzioni importanti di territorio di questa Regione come patrimonio universale riconosciuto dall'UNESCO dall'altra approviamo norme che non solo non riflettono sull'uso del territorio, ma smantellano anche quelle poche norme che ci sono.
Se c'è una seria riflessione da fare, credo che sia quella di ragionare su quale sia uso delle nuove costruzioni in rapporto il territorio. Credo che serva una riflessione ad esempio che parta da quante costruzioni sfitte ci sono in giro.
Prima alcuni colleghi hanno fatto riferimento ad alcuni aspetti virtuosi di incentivo introdotti da alcune norme fiscali, che permettevano di reinvestire gli utili, costruendo strutture e capannoni. Sicuramente hanno "tonificato" il mercato delle costruzioni, ma da un recente studio presentato nelle scorse settimane risulta che oltre il 40% dei capannoni realizzati nella nostra Regione è al momento sfitto.
Quindi, credo che prima di fare un'ulteriore norma che incentivi nuove costruzioni, ci sia da fare una riflessione sulla realtà delle costruzioni esistenti.
Mi permetto di fare solo ulteriori considerazioni. Anche la norma che prevede la possibilità di monetizzare le normative relative ai parcheggi sicuramente permetterà di sbloccare tante realizzazioni in giro sul territorio, che non potevano essere fatte perché la necessità di affrontare la questione parcheggi poneva in certe realtà vincoli e costi molto complessi.
Però, anche su questo, noi stiamo costantemente certificando l'inadeguatezza delle nostre strutture urbane sul fronte della possibilità di una serena gestione della questione parcheggi e poi, di fatto, tutte le volte che facciamo una norma, facciamo la deroga per permettere comunque di andare avanti anche se non ci sono i parcheggi.
Credo che su questo una riflessione sia necessario porla in essere. Il tema relativo alla riduzione dell'impegno sul fronte energetico credo ponga un tema. Voglio solo ricordare che ci sono Regioni citate ad esempio in molte occasioni, per il rapporto con le scelte energetiche, che pongono già oggi vincoli cogenti a qualunque tipo di costruzione. E noi non la vorremmo nemmeno in una norma che permette degli ampliamenti e che quindi dà un vantaggio oggettivo, lasciamo un orientamento chiaro di comportamento su questa questione.
Sulle questioni citate puntualmente, cioè la necessità di produrre e di rivedere una serie di aspetti relativamente ai limiti di utilizzo di questa norma, non mi soffermo, perché l'hanno fatto molto bene alcuni colleghi prima, e credo che nella discussione degli emendamenti che vanno ad affrontare le questioni, ci sarà l'opportunità e l'occasione di entrare più puntualmente nel merito.
Un'ultima considerazione, che è stata rilevata anche dell'ANCI.
Assumere la scelta con questa norma di "costringere" i Comuni a doversi comunque adeguare, credo che sia una illegittima invasione in un ambito di scelte di governo che riguardano le Amministrazioni comunali.
Credo sia legittimo che le singole Amministrazioni comunali pongano dentro ai loro strumenti di pianificazione urbanistica delle scelte puntuali, che vadano nella direzione di stabilire qual è il futuro per quei territori e quali sono le scelte che vogliono fare sulla qualità edilizia su quel territorio.
Il non aver neanche rispettato questo tipo di scelte per regolamentare nonostante il parere contrario di Amministrazioni comunali, credo sia sbagliato. Sono da sempre convinto che servirebbe una più puntuale riflessione su quali sono le finalità ultime che ci prefiggiamo quando facciamo norme che riguardano aspetti urbanistici in senso lato.
Credo che in Europa ci siano paesi che hanno fatto scelte apparentemente molto più vincolanti, ma che stanno pagando molto di più.
Cito un esempio anche da un punto di vista turistico e di valorizzazione architettonica territoriale e credo che qualche riflessione più approfondita su questi temi varrebbe la pena di farla.
Se la scommessa è quella di permettere qualche costruzione e qualche realizzazione in più, è probabile, se questa norma così com'è viene approvata, che si potrà ottenere.
Mi permetto di sottoporre all'attenzione dell'Aula un minimo di riflessione su quali saranno le conseguenze e i prezzi che, in termini di qualità del rapporto con la costruzione e le realizzazioni urbanistiche andremo a pagare. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Cerutti; ne ha facoltà.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Oggi affrontiamo una questione importante, che è affrontata a livello nazionale e a livello regionale nel passato mandato e chiaramente anche nei singoli Comuni.
Certamente il centrosinistra si era dichiarato molto critico di fronte al Piano casa del Governo Berlusconi, al cosiddetto Piano casa. In questo senso vorrei fare dapprima una considerazione, proprio perché con un intervento di questo tipo, e anche con le proposte di modificare il piano casa della precedente legislatura con questo disegno, praticamente andiamo in una direzione che possiamo definire anacronistica. Sappiamo che il tema del rispetto del consumo del suolo ormai è considerato di discussione generale. Quindi, anziché procedere in un ulteriore consumo, sarebbe il caso provare ad invertire questa tendenza, con questo disegno di legge in realtà si prova ad andare in direzione contraria.
Proprio oggi veniva già ricordato dal Consigliere Reschigna. Abbiamo Carlo Petrini che ricorda che in quindici anni sono stati edificati tre milioni di ettari di territorio, l'equivalente di Lazio e Abruzzo. Con il nuovo piano casa a livello nazionale, quindi anche con i livelli locali, il processo ha avuto un'accelerazione.
In questo senso, anziché andare in una direzione di questo tipo - e questo lo sottolineo - considerando il territorio il suolo come bene comune, si potrebbe invece paradossalmente proporre una moratoria, così come suggerisce lo stesso Petrini, al consumo del suolo.
Non si tratta di bloccare totalmente l'edilizia, ma orientarsi verso edifici vuoti o abbandonati, nella ristrutturazione di edifici lasciati a se stessi o nella demolizione di quelli fatiscenti per fare posto a nuovi senza andare in una direzione di accrescimento di carico urbanistico e di nuove cubature.
Per questo motivo ho sottolineato il fatto che non si tratterebbe di un blocco totale dell'edilizia, perché sappiamo che, su interventi di questo tipo, agiscono delle tendenze contrapposte fra chi vuole tutelare il suolo pubblico e chi invece ritiene che sia necessario, soprattutto in un momento di crisi quale quello attuale, dare la possibilità di nuovi interventi, per incentivare l'imprenditoria. In questo caso, si pensa anche alla piccola e media imprenditoria che potrebbe essere interessata da interventi di questo tipo.
In realtà, sappiamo che si potrebbe, invece, ragionare, come ho appena detto, in una direzione opposta. Bisogna dire che, così come ricordato da alcuni Consiglieri, la Regione nella passata legislatura ha provato proprio con la legge n. 20, a tener conto di queste esigenze contrapposte e ha approvato un testo equilibrato.
Ha introdotto dei limiti alle possibilità di ampliamento degli immobili che possono beneficiare di possibili aumenti di cubatura e ha acconsentito ai Comuni di non applicare la legge su tutto o parte del territorio regionale.
Questo è stato fatto. Tra l'altro ricordo che ho potuto lavorare in una veste diversa, come Consigliera comunale, all'attuazione di questa legge nel Comune di Torino, certamente un comune non piccolo. Ricordo che siamo riusciti a tenere conto delle indicazioni della legge regionale e chiaramente, ad adattarle alle specificità del Comune di Torino introducendo, in questo caso, ulteriori vincoli. Ulteriori vincoli che hanno permesso che si tenesse conto degli edifici di particolare interesse storico e caratterizzanti il tessuto urbano, fuori e dentro le zone urbane storico ambientali. In questo senso, abbiamo tenuto conto di sollecitazioni pervenute da alcune associazioni - come Italia Nostra - proprio perché si è tenuto conto del patrimonio che si vuole preservare. Aspetto che vediamo potrebbe essere addirittura non salvaguardato con questa proposta.
Abbiamo lavorato su alcune questioni specifiche come i piani pilotis che devono, sicuramente, poter essere anche chiusi, ma tenendo conto del contesto urbano. Così come abbiamo introdotto ulteriori vincoli, per esempio per quanto riguarda i rischi idrogeologici in alcune aree specifiche del comune di Torino. È molto importante ciò che può fare il Comune intervenendo in modo specifico sulle peculiarità del suo territorio.
Con il disegno di legge proposto, le funzioni dei Comuni sono indebolite in materia di programmazione urbanistica. Abbiamo articoli specifici che vanno in questa direzione. In particolare ricordo che, in relazione a possibili interventi di demolizione e ricostruzione, abbiamo un'ulteriore deroga proposta nel disegno di legge. Quello che, invece, è individuato e anche sollecitato da alcuni soggetti consultati, è mantenere la necessità di deliberazione da parte del Consiglio comunale, proprio perché vediamo, in questa proposta, il tentativo di venire meno, sempre di più, all'autonomia e alla possibilità da parte del Comune di tener conto di un disegno complessivo, che è il Piano regolatore.
Sappiamo già spesso essere pesantemente modificato, ma con questa ulteriore possibilità abbiamo un'ulteriore deregolamentazione che non va nella direzione richiesta. Sappiamo che esistono altri strumenti che stanno togliendo, un po' per volta, la possibilità, da parte dei Consigli comunali, di procedere ad una vera e propria programmazione sul proprio territorio. Ricordo, per esempio, gli Accordi di Programma. In questo senso, penso che quello proposto è certamente da rivedere. In quest'ottica senza considerare degli aut aut da parte dell'opposizione nel dire o ci sono queste modifiche oppure noi continuiamo a lavorare in modo ostruzionistico in Aula, chiediamo che alcune disposizioni previste siano effettivamente riviste, proprio perché ci sembra un vulnus introdotto che bypassa completamente l'attività deliberativa del Comune.
L'altra questione importante - già altri colleghi si sono parecchio soffermati su quest'aspetto - è quello relativo al tema energetico; al fatto che la limitazione delle misure di prestazione energetica alla sola porzione ampliata può effettivamente originare delle situazioni paradossali. In questo senso, crediamo che venga meno lo spirito della passata legge, approvata nella passata legislatura. Tenendo conto di queste spinte che vanno in senso contrapposto si è cercato - senza giustificare nuove cubature con la scusa energetica - di mettere insieme un'esigenza che è quella di provare a far sì che si vada verso una riqualificazione energetica degli edifici, considerando che le cubature non fossero aumentate in modo eccessivo. Con questo disegno di legge, le cubature sono aumentate ed è pensato un accrescimento del carico urbanistico senza servizi corrispondenti. Tutta una serie di considerazioni che vorremmo poi sviluppare nell'ambito della discussione dei singoli articoli. Speriamo che la Giunta possa recepire e, magari, farsene carico con adeguate modifiche del testo attualmente proposto.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Biolé; ne ha facoltà.



BIOLE' Fabrizio

Grazie, Presidente.
Il presente disegno di legge nasce dalla volontà di Giunta e maggioranza di porre rimedio ad una precedente legge, la n. 20. Dalle informazioni che ci giungono dai colleghi la legge ha avuto - pur con tutte le buone intenzioni e con l'equilibrio che ho potuto trovare nella passata legislatura - pochi risultati pratici.
In effetti, ci pare che lasciando il beneficio del dubbio alle intenzioni dell'Assessore, la direzione presa non sia assolutamente coerente. Anzitutto, è lesa completamente l'attuale funzione e competenza dei Comuni in materia di programmazione dei territori. Con questa legge infatti, è prevista una deroga indiscriminata ai principali parametri quantitativi vigenti - si parla di volume, superficie e altezza degli edifici - e alle tipologie d'intervento previste.
Emerge il rischio concreto di creare pesanti ripercussioni nei rapporti tra il costruito e gli standard, un aumento dell'edificazione e un'impossibilità a reperire, in aree contigue agli edifici, i servizi con conseguente mancato introito per gli enti comunali.
inaccettabile, secondo il Gruppo che rappresento, delegare agli Enti la decisione e le conseguenti specifiche valutazioni, perch probabilmente, subiranno passivamente le pesanti deroghe previste dalla nuova disposizione.
Crediamo sia proficuo giungere ad una soluzione che sia di compromesso il più possibile condivisa, con meno deroghe e che valorizzi il lavoro dei Comuni in termini di stesura dei piani regolatori.
Non ultimo, il discorso del risparmio. Un assurdo effetto sull'efficienza energetica della parte ampliata, lasciando invariata quella del volume esistente, con la ratio di un risparmio, in termini economici che, invece, sarebbe più percepibile a valle d'interventi che diano efficienza all'intero edificio. È naturale che gli interventi ad esso relativi, potrebbero garantire davvero un valore per l'occupazione per piccole e medie imprese artigianali in merito ai lavori sugli infissi e sugli impianti.
Ci sarà il tempo di discutere di tutti questi aspetti e di altri ulteriori anche attraverso le riflessioni che usciranno dalla presentazione dei vari emendamenti.
In questo contesto, aggiungo esclusivamente che la parte relativa alle demolizioni di edifici non coerenti e non congrui, ad esempio, nei centri storici è forse stata affrontata in modo superficiale e andrebbe garantito che la ricostruzione degli stessi sia coerente e congrua all'esistente.
utile riportare quelli che sono i dati preoccupanti che riguardano il consumo dei suoli in Italia, dai quali anche questa legge non pu prescindere.
Dalla metà del secolo scorso l'aumento del consumo è stato di più di 320 mila ettari l'anno. Abitazioni e stanze hanno superato di gran lunga l'aumento della popolazione. In termini relativi, le case sono aumentate di otto volte rispetto alla popolazione e, in termini di numero di stanze, di dieci volte. Ovviamente non possiamo prescindere nemmeno da questi dati.
Quindi, sì al Piano casa, ma con ampliamenti ragionevoli ed attenzione massima al risparmio energetico e, di conseguenza, economico e soprattutto non si sottraggano ai Comuni i pochi strumenti che possiedono in ordine alla pianificazione degli interventi edificatori sul proprio territorio.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

La valutazione che intendevo esprimere a cominciare dal dibattito generale è una valutazione coerente con la posizione che il nostro Gruppo consiliare aveva adottato a proposito della presentazione, e poi votazione da parte del Consiglio regionale della precedente legge regionale n. 20.
Non c'è quindi alcun imbarazzo, da parte mia e da parte della mia forza politica, nel dare continuità ad un atteggiamento, ad una valutazione e ad un comportamento di voto assolutamente coerente con quanto espresso, pur nei confronti di una Giunta allora omogenea rispetto alla nostra collocazione politica.
Come i Consiglieri presenti nella scorsa legislatura ricorderanno, il Gruppo consiliare esercitò un forte contrasto culturale rispetto ai principi ispiratori della norma e anche un'azione emendativa particolarmente attenta all'interno della Commissione, presieduta dalla collega Barassi.
Sono quindi a riportare le stesse preoccupazioni con un'insoddisfazione nel rilevare che le preoccupazioni di allora sono state puntualmente confermate dal contenuto del disegno di legge che oggi ci troviamo a commentare.
Quali erano state allora le preoccupazioni? In primis, un atteggiamento di tipo culturale. Ogni strumento di programmazione e di regolazione, quali sono i piani regolatori generali, corrisponde ad un obbligo e ad una responsabilità che i decisori pubblici assumono nei confronti della propria popolazione. Obbligo e responsabilità che consistono nel rendere evidenti trasparenti e commentabili i principi ai quali un'Amministrazione comunale s'ispira al momento della predisposizione dell'atto urbanistico generale.
Principi che riguardano la visione della città, le garanzie di relazione tra gli spazi abitativi e quelli dei servizi e delle infrastrutture, la visione che si ha in ordine all'equilibrio tra la residenzialità e le attività produttive, le intenzioni e gli impegni che si assumono in ordine alle dotazioni infrastrutturali del proprio territorio.
Lo strumento di programmazione quindi è un atto di responsabilità, è un contratto che si definisce con la popolazione di riferimento. Non è un caso che sullo strumento fondante della programmazione urbanistica, il piano regolatore generale, sia prevista un'ampia partecipazione da parte degli attori portatori d'interesse. Non solo delle istituzioni, com'è avvenuto nella consultazione del disegno di legge n. 67, non solo dei rappresentanti delle attività produttive, ma nei piani regolatori generali della cittadinanza intera a cominciare dalla possibilità di presentare osservazioni e di intervenire quindi nel procedimento.
Ogni qualvolta si elude lo strumento della programmazione urbanistica con l'adozione di atti parziali o con proposte di deroga, come la fattispecie della quale stiamo parlando, in primis si viola lo strumento di partecipazione previsto per i cittadini. In primis, quindi si viola il contratto fondante che viene costruito tra un regolatore pubblico all'atto della programmazione urbanistica e i cittadini ai quali o in nome dei quali si assume quel contratto di regolazione.
La seconda osservazione è di tipo più generale. Oggi stiamo parlando di programmazione urbanistica, ma potremmo riferirlo ad una serie di altre categorie, secondo la quale la cultura dominante e la politica ritengono che gli strumenti ordinativi, gli strumenti di regolazione, gli strumenti di predisposizione siano di per sé, piuttosto che un atto di garanzia e di certezza, un elemento di rigidità vincolante.
Questa crescente insofferenza che la politica manifesta nei confronti di qualunque strumento di regolazione e che poi partorisce gli strumenti delle deroghe, è una di quelle situazioni con le quali misuriamo il conformismo, in questo momento altamente diffuso, secondo il quale l'importante è fare, uscendo dai lacci e laccioli della programmazione e delle regole, piuttosto che fare, dando delle garanzie.
Di qui la critica allo strumento della deroga, non solo per la violazione degli aspetti partecipativi cui facevo riferimento prima, ma anche perché di deroga in deroga, così come di variante parziale in variante parziale, si offusca e si rende incomprensibile il disegno urbanistico complessivo, e quindi si rende incomprensibile e ingovernato il processo di trasformazione del territorio e della città. Questa è la preoccupazione culturale generale.
Il dato con il quale ci misuriamo oggi è esattamente quello temuto all'atto dell'espressione di giudizio del precedente strumento e della precedente legge n. 20, vale a dire che una volta inficiato il principio regolatore generale attraverso le deroghe, le deroghe sembrano non avere più limiti. E di misura in misura, di valutazione in valutazione - non era stato sufficientemente praticato lo strumento precedente - anzich domandarsi perché, come hanno fatto alcuni colleghi dell'opposizione, si pensa sempre che la responsabilità sia nell'eccesso della burocratizzazione, e che quindi la liberalizzazione sia l'unica risposta possibile.
Così, liberalizzando e liberalizzando, abbiamo un atto che, come veniva ricordato prima, produrrà, se praticato e frequentato, una serie di conseguenze relative inevitabilmente alla riduzione degli standard, in rapporto al livello di densità abitativa e alle attività produttive e ai servizi generali; imporrà una crescita dei problemi legati alla sosta e alla viabilità, proporrà - e questo non è ancora stato ricordato in quest'Aula - una serie di contenziosi infiniti risolvibili solo nella sfera del diritto privato.
Voi immaginate, adotto questo linguaggio che francamente non è poi così tanto certo e misurabile, come dovrebbero essere le misure urbanistiche sulla questione delle unità familiari, bifamiliari ed anche sulle costruzioni a schiera, andando ad intervenire in un equilibrio di relazioni tra le abitazioni.
Immaginate una situazione in cui le persone accettino e scelgano di compiere acquisti in ordine alla loro localizzazione, avendo a mente un panorama di quell'ambito, di quell'area, e lo vedano, poi, modificato dall'applicazione di questa procedura, con dei nocumenti in ordine a quell'aspettativa di armonia o di visibilità che le costruzioni preesistenti lasciavano ad intendere e che, in deroga, vengono modificate.
Stiamo procedendo in nome dell'aureo principio della liberalizzazione tempi, questi, in cui le uniche libertà sembrano riferirsi a quelle delle imprese e a nessun tipo di libertà e di tutela degli individui. Stiamo quindi, riferendoci ad un quadro in cui, in nome di un principio di elasticità, produrremo non solo delle conseguenze di carattere ambientale ma anche una modifica delle relazioni di carattere sociale, all'interno dei contesti urbani.
Questa è la preoccupazione che ha portato il Gruppo a condividere le diverse obiezioni, in forma di emendamento, presentate durante la Commissione, che avremo modo di sviluppare ulteriormente, in sede di discussione di emendamenti e di giudizio generale.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Carossa; ne ha facoltà.



CAROSSA Mario

Grazie, Presidente. Cercherò di essere veloce, vista l'ora tarda.
Ho cercato di seguire con grand'attenzione gli interventi, soprattutto quelli dell'opposizione, perché ritengo che questo, come altri provvedimenti, dovrebbe essere approvato, nei limiti del possibile, con l'apporto di tutte le forze politiche.
Non entrerò nel merito specifico dei vari punti che sono stati elencati dall'opposizione; ritengo sia più opportuno che lo faccia - se riterrà nelle sedute di Consiglio successive, l'Assessore competente. Voglio solo ricordare alcune questioni, già espresse dai colleghi della maggioranza che ripeto perché considero importanti.
Questo disegno di legge vuole essere un rilancio dell'economia piemontese (cerco sempre di parlare in maniera semplice, anche perché avrei difficoltà a parlare in maniera forbita; non sono all'altezza).
Quello che voglio affermare è che mi hanno sempre detto - banalizzando che, quando gira l'edilizia, gira l'economia di una società. Questo non significa che vogliamo distruggere il nostro territorio e questo sicuramente non è quello che vuole fare il Vicepresidente Cavallera, questa Giunta e questa maggioranza.
Parliamo di rilancio dell'economia, partendo da un presupposto: la precedente legge, approvata l'anno scorso, non ha portato i risultati che forse si auspicavano; non li ha portati soprattutto - ritengo - perché è stata troppo limitante.
Di questo dobbiamo rendercene conto.
Limitava troppo gli interventi delle persone alle quali era indirizzata, che sono - voglio ricordarlo, ma ci tornerò dopo - le persone comuni: i piccoli proprietari, i proprietari di una casetta, di una bifamiliare, di un appartamento. Non è rivolta - lo dico subito, perché ci tengo molto - ai potentati, ai grossi gruppi finanziari, alle grosse società: è rivolta ai cittadini comuni, i quali hanno bisogno di edificare per avere la camera in più, per fare in modo che la loro famiglia viva in maniera più consona alle proprie esigenze.
Questa legge, che deve essere migliorativa e semplificativa, rispetto a quella precedentemente approvata, vuole andare in questa direzione.
Questo è il modo per far girare l'economia, perché non è il grosso intervento che migliora l'economia o il benessere; sono tutta una serie di piccoli interventi e il fatto che i piccoli imprenditori possano lavorare ed intervenire.
Sono state fatte alcune critiche, ma - ripeto - sarà l'Assessore ad intervenire - se riterrà - magari insieme alla Giunta e alla maggioranza riguardo ad alcuni punti della legge.
Ricordo un concetto: la perfezione è nemica del fare e questo dobbiamo sempre ricordarlo. Noi abbiamo un obbligo: cercare, nel miglior modo possibile, di fare delle leggi che siano utili alla gente e al Piemonte.
stata citata, poi, la questione del consumo del territorio.
Questa legge ha il fine di limitare il più possibile il consumo del territorio; non voglio entrare in polemica, perché ho iniziato l'intervento cercando ed auspicando la massima condivisione da parte dell'Aula, però non riesco a non ricordare quanto è accaduto negli ultimi anni. Porto l'esempio della città di Torino, dei Comuni dell'hinterland torinese (non vorrei ricordare - anche se è così - che questi Comuni, compresa la città di Torino, da anni sono guidati da Giunte di sinistra), che, soprattutto negli ultimi anni, hanno edificato milioni di metri cubi, consumando il territorio.
Questa legge - credetemi - che come tutte le leggi è perfettibile (come dicevo prima, la perfezione è nemica del fare) ed è sicuramente nostro obbligo cercare di renderla migliore, ha l'obiettivo di limitare il più possibile ulteriore consumo del territorio.
Non è pensabile sostenere che una legge che permette di aumentare del 20% la volumetria di una casetta o di una bifamiliare, deve essere intesa come un'ulteriore possibilità di consumo del territorio. Sfido chiunque a riconoscere, in un paesaggio urbano, una serie di fabbricati prima e dopo un eventuale intervento d'aumento del 20% della volumetria.
In una città in cui vi sono dei fabbricati già esistenti, non si riconosce, dopo un intervento, se c'è stato un incremento del 20%, proprio perché l'occhio è già abituato a vedere i fabbricati. Differente è quando si vanno a fare delle modifiche ai Piani regolatori, per edificare in aree che non erano edificabili.
Ripeto: non voglio entrare in polemica, ma mi viene da sorridere quando in quest'aula si critica - questo legittimamente, naturalmente - questo provvedimento o questa legge e poi, a due passi dalla città, nella terra natia del Sindaco Chiamparino, in quei di Moncalieri, viene criticata la Giunta Cota - sbagliando - perché non permette di costruire 200 unità immobiliari del comprensorio ex DEA (e chi è di queste zone sa benissimo a cosa mi riferisco), di fronte al cimitero di Moncalieri.
Lì è un intervento che va ad occupare un territorio, una zona che potrebbe essere eventualmente destinata per altre cose. Spostare su quella zona dal 30% al 100% del residenziale è occupazione ed è distruggere (mi permetto di dire) il territorio.
Quindi, mi viene da sorridere, ma voglio lasciar perdere. Anche perch se no mi verrebbe da ricordare i milioni di metri cubi di interventi che negli ultimi anni sono stati fatti nelle varie Spine di Torino, dove si poteva intervenire, ma non lo dico solo io Lega Nord, lo dicono anche esponenti della sinistra: si poteva e si doveva intervenire in una maniera decisamente diversa.
Lasciando perdere piccole polemiche, voglio ribadire quello che si sta cercando di fare con questa legge e cioè impedire che ci sia ulteriore sfruttamento del territorio, permettere ai comuni cittadini e ai piccoli proprietari di intervenire, andando così incontro alle loro esigenze e, nel contempo, ripartire con l'economia.
Perché, guardate, poi possiamo parlarne sino a domani, ho sentito anche interventi molto ben fatti su ideologie, sulla cultura del territorio e quant'altro, ma io sono molto più terra terra.
Ripeto, cercando di guidarla il più possibile bisogna riuscire a rilanciare questa benedetta economia, ma non bisogna aspettare che questo arrivi dall'alto, dal Governo. Quando possiamo, interveniamo nel nostro territorio col nostro Governo.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Burzi.



BURZI Angelo

Grazie, Presidente.
Intanto vorrei rilevare che il Consigliere Carossa, come al solito mente: ha detto che sarebbe stato brevissimo e poi si è tenuto giusto sui nove minuti. Pensate se fosse stato lungo.
Io, come chi mi conosce sa bene, sono ignorante anche in materia urbanistica e quindi non ne parlerò. Però alcune cose della discussione generale di oggi, che spero e non escludo si stia avviando alla conclusione, mi hanno sollecitato ad intervenire.
Intanto, questa discussione ha inizio oggi pomeriggio intorno alle ore 15. Questo è un disegno di legge che è rimasto in II Commissione fino a quando è stato opportuno. Abbiamo sentito tre ore di interessantissimo dibattito che chi frequenta la II Commissione ha già sentito praticamente in maniera integrale. Lo dico a chi si è dato da fare - e non sono certamente l'unico - per modificare il nostro Regolamento: questo c'induce ad una qualche riflessione.
Oggi non è successo niente di nuovo per chi segue i lavori consiliari.
Ci sono state tre ore di ripetizione di cose importanti singolarmente, ma tecnicamente inutili. Non abbiamo modificato di un millimetro la nostra conoscenza.
Secondo. La discussione inizia con tre interventi coordinati benissimo.
Quando sentivo all'inizio della riunione (perché all'inizio sono stato anche attento) il Consigliere Reschigna e gli interventi successi dei Consiglieri Muliere e Ronzani, mi sono venute in mente (credetemi, è solo un complimento) le prime versioni di "Rinaldo in campo", quando c'erano Modugno e i suoi due compari briganti (che in quella versione erano Franco Franchi e Ciccio Ingrassia) che, coordinati in maniera sintetica e sistemica, dicevano quello che dovevano dire. Il Consigliere Reschigna è il capo brigante, lo dico in senso assolutamente affettuoso, sia ben chiaro, e molto culturale perché, detto fra noi, è stata una delle migliori commedie nella storia della commedia musicale italiana di alcuni decenni fa. Molto ben fatta e non c'è niente da dire. Ma dopo lo spettacolo è peggiorato, e allora bisogna - direbbe la collega Artesio - contestualizzare, perch magari i più giovani (mi spiace che il Consigliere Stara non sia più presente) non si ricordano che cosa è avvenuto in quest'aula e neanche tanto tempo fa.
Dice giustamente il Consigliere Ronzani che c'è un accordo Stato Regioni - verissimo - fatto verso la fine dell'aprile 2009, su cui la Giunta di allora, quando, non casualmente, la collega Artesio recava danni da un'altra parte, nell'area della sanità, arrivò puntualmente in ritardo.
E la legge n. 20 nasce da una sollecitazione forte fatta anche dalle opposizioni. Le opposizioni di allora, come la maggioranza d'oggi pensavano e pensano che quel tipo d'iniziativa di natura tattica fosse in ritardo. Nessuno ha mai pensato - perlomeno non ricordo - che quella legge avesse dovuto avere un carattere di sistema, bensì dovesse rispondere nell'estate del 2009, alla crisi che alcuni non avevano riconosciuto e non avevano compreso (Presidente Bresso, Assessore Peveraro e Assessore Bairati, uno dei principali artefici del "successo" della Giunta precedente).
La legge 20 venne approvata nel luglio 2009. Ma come venne approvata? Anche questo è interessante. Direi al collega Stara, non certo a Rinaldo e ai suoi due briganti, che c'erano già, di andare ogni tanto a leggersi i testi. Erano in campo due disegni di legge: quello presentato dal - si fa per dire - Assessore Conti, che andò in Commissione, e quello presentato dall'opposizione a prima firma mia; feci semplicemente il "copia e incolla" con quello che tutte le associazioni, dico "tutte", proprio tutte del Piemonte stavano dicendo.
Siccome non capisco nulla d'urbanistica, che cosa ho fatto? Ho preso quello che dicevano le associazioni, perché io tendo a pensare che esprimendo quello che dice la gente si faccia in parte bene il nostro lavoro, poi facevamo opposizione.
Se andaste a leggere il testo di legge presentato dalla Giunta Bresso vedreste che non sono neanche lontane parenti, perché l'originaria legge dell'Assessore Conti venne smembrata da voi, che eravate in maggioranza.
Perché venne smembrata? Perché non piaceva a nessuno. Il risultato di questo smembramento - e venne detto - sarebbe stato una legge che non funzionava. Puntualmente, non ha funzionato! Quello che dice il Consigliere Ronzani è vero: questa legge non ha portato gli effetti che ci si auspicava e che non sono quelli del ritorno alle steppe che immagina l'ex Assessore Artesio, è altro tema. Perché l'ex Assessore Artesio nelle sue notti d'inverno spera che a Mirafiori torni l'ippodromo come una volta. Solo che se torna l'ippodromo non ci sono più i padroni che fan correre i cavalli! Arriveranno le steppe degli unni arriveranno i cavalli dei mongoli, ma non ci sono più i cavalli che c'erano un tempo a Mirafiori, prima del degrado che a Mirafiori si è prodotto quando alcuni imprenditori facevano le auto con 155 mila operai. E poi, per "sfiga"? Non credo mica per sfiga! Adesso ne sono rimasti 5.500 e non c'è stata la festa. È che se ne sono andati via. Sono andati dove si pu produrre, ma questo è un altro tema: lo vediamo il 31 gennaio con il Ministro Sacconi.
Dicevo che la legge non ha funzionato. Provate a confrontare il testo che ci eravamo permessi di proporre con il testo dell'Assessore Conti.
Consigliere Reschigna, lei è stato Sindaco, provi a ricordare cosa significa fare l'amministratore. Provi a leggere il testo! Non invoglia a fare nulla. L'obiettivo della legge a mia firma, invece, in maniera semplice, era quella di cercare di aiutare le piccole modifiche nel tentativo di far ripartire la "macchina", che, come ha detto il Consigliere Angeleri, non è ripartita.
Ora, prendo atto con mia sorpresa, per la prima volta in sedici anni che all'Assessore Cavallera viene rivolta l'accusa d'essere troppo liberalizzatore.
Questa non l'ho mai sentita. Conosco benissimo l'Assessore Cavallera ma giuro che mai ho pensato che fosse un epigono di Reagan. Adesso me la studio, perché se è vero che l'Assessore Cavallera è diventato un grande liberalizzatore, voterò questa legge ancora più volentieri.
Vediamo di tornare alla serietà che ci compete.
Non ho partecipato alle audizioni della II Commissione, ma i colleghi che vi hanno partecipato dovrebbero aver ascoltato, se il testo di legge è idoneo, dei pareri favorevoli da coloro che questa legge auspicano e a questa legge fanno riferimento per cercare di ottenere dei risultati migliori rispetto alla legge 20.
Speriamo di farcela, perché il nostro compito non è quello di disegnare il futuro, ma di aiutare l'economia di questa regione, che va malissimo affinché vada un po' meno peggio.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Cercando davvero d'essere breve, vista l'ora e soprattutto vista la programmazione dei lavori che avevamo previsto, vorrei limitarmi a sottolineare alcuni aspetti che, peraltro, sono già stati toccati nei numerosi interventi dei Consiglieri che mi hanno preceduto.
Innanzitutto, parliamo di una modifica alla precedente legge emanata dall'Amministrazione regionale di sinistra; modifica che, peraltro, ha ottenuto un importante sostegno da parte delle associazioni di categoria ma anche dalle associazioni dei Comuni. Questo è un primo dato importante da rimarcare.
Conosciamo tutti le critiche che sono state rivolte alla legge vigente da parte del territorio: è una legge che ha inciso poco, che è stata scarsamente utilizzata dai cittadini, che non ha determinato uno sviluppo economico né ha rappresentato un volano per l'economia piemontese, e che ha anche portato scarse risorse ai Comuni che speravano, invece, attraverso il Piano casa, di ricavarne un buon sviluppo urbanistico-edilizio e, quindi di incamerare dei tributi locali significativi. Tutto questo non è avvenuto, quindi - giustamente - la Giunta regionale, nella persona dell'Assessore Cavallera, prontamente ha cercato di porvi rimedio.
Vi sono due aspetti significativi che meritano una sottolineatura: innanzitutto, la possibilità dell'aumento del 20% che, come ha già anticipato il collega Carossa, consentirebbe a tutte le famiglie di poter ampliare le proprie unità abitative uni/bifamiliari, andando incontro alle loro necessità familiari e determinando un discreto sviluppo economico. Per fare interventi di questa portata, infatti, si devono comunque utilizzare delle imprese, soprattutto quelle locali, magari dello stesso paese o dello stesso quartiere. Quindi, di fatto, davvero si riescono a cogliere due obiettivi: consentire un ampliamento veloce e significativo per esigenze familiari e, nello stesso tempo, dare un impulso all'economia locale soprattutto nei piccoli Comuni.
L'aver mantenuto il vincolo (non più assoluto, ma comunque presente) per cui gli ampliamenti devono essere legati ad una politica di risparmio energetico, rappresenta un aspetto estremamente positivo, così come il fatto di aver accelerato le procedure per l'abbattimento delle barriere architettoniche. Ci lamentiamo spesso delle difficoltà di accesso a determinati siti nella nostra Regione, ammettendo che basterebbe poco per eliminare quelle barriere architettoniche; ma poi, dato che tale azione comporterebbe un onere o delle lungaggini burocratiche che scoraggiano tale iniziativa, si finisce per lasciare la situazione pressoché invariata.
Questa legge, dunque, ha anche l'obiettivo di velocizzare le procedure burocratiche e di invogliare a fare quei piccoli interventi per l'abbattimento delle barriere architettoniche che nel passato non venivano attuati.
stato eliminato l'obbligo della delibera comunale che classificava ed individuava gli edifici per l'abbattimento e per la ricostruzione. Anche questo mi sembra un passo in avanti di positiva liberalizzazione e di accelerazione dal punto di vista burocratico.
Dovrebbero sicuramente avere degli effetti positivi anche gli interventi a favore dell'artigianato e del turismo: è prevista una riduzione del costo per la costruzione e tutta una serie di agevolazioni per indurre a recuperare i sottotetti, a migliorare e ad aumentare, per esempio, l'offerta di ricezione turistica nella nostra Regione.
Credo che questo strumento indiretto, che dovrebbe aumentare l'offerta di ricezione turistica, sia una strada positiva soprattutto in un momento in cui la Regione Piemonte non ha più le disponibilità per finanziare, come invece è stato fatto positivamente anni fa con la legge n. 18, tutto il settore dell'offerta turistica e alberghiera.
Dunque, responsabilizzare e incentivare le famiglie e i cittadini anche sul versante dell'offerta turistica, con il recupero di una parte delle proprie abitazioni, e una risposta positiva da parte della Regione all'esigenza - questa sì, sempre presente - di migliorare la ricezione turistica nel nostro territorio, anche alla luce di appuntamenti importanti cui, almeno una parte del Piemonte, dovrà essere pronta a rispondere (faccio riferimento a Expo 2015, un grande evento per il quale milioni di persone si riverseranno sul territorio della Regione Piemonte, per cui è auspicabile che ci sia la possibilità di ospitarli).
Noi esprimiamo sin d'ora - siamo solo nella discussione generale, ma possiamo già anticipare la nostra dichiarazione di voto - il voto favorevole a questo provvedimento, che va nella direzione di rendere davvero efficace il Piano casa impostato a livello nazionale, che a livello piemontese era stato fortemente ridimensionato.
Un'ultimissima riflessione: sappiamo quanto sia fondamentale per il rilancio dell'economia il settore dell'edilizia, specialmente in periodi difficili, di crisi e di congiuntiva negativa, come quello attuale. Se riusciremo, partendo proprio dall'edilizia, a dare un certo rilancio all'intera economia piemontese, ne deriverà sicuramente un'azione positiva anche sul piano occupazionale.



PRESIDENTE

Non essendovi ulteriori richieste di intervento, dichiaro conclusa la fase di discussione generale.
La parola all'Assessore Cavallera, per una breve replica.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'urbanistica e programmazione territoriale

Grazie, Presidente.
Ringrazio i relatori per la loro relazione, che è stata certamente puntuale, per cui non intendo fare una sorta di contro-relazione. Il relatore di maggioranza ha, infatti, messo in risalto quelli che sono i presupposti del provvedimento in oggetto, così come il relatore di minoranza, ovviamente, ha portato all'attenzione dell'Aula il proprio punto di vista diversificato (non dico opposto). Abbiamo tutti l'obbligo di elaborare dei provvedimenti: talvolta possono essere onerosi per la Regione, altre volte sono solo normativi, ma possono comunque aiutare la ripresa, anche se in un determinato ambito e con un'incidenza che magari non è quella che sarebbe necessaria, ma che rappresenta, comunque, un segnale nella direzione giusta.
Sono doverose, tuttavia, alcune puntualizzazioni. In primo luogo, noi abbiamo presentato il disegno di legge dopo aver raccolto il parere favorevole della Conferenza Regioni-Enti locali; pertanto, è destituito di ogni fondamento qualunque approccio secondo il quale si vuole fare una sorta di "golpe", o si intende conculcare quelli che sono i ruoli dei Comuni. Anzi, ci tengo a precisare che il testo era entrato in Conferenza Regioni-Enti locali in un certo modo e ne è uscito modificato. I Comuni ovviamente, sono in grado di esercitare il proprio ruolo all'interno della Conferenza Regione-Enti locali e, guarda caso, l'articolo 6 è stato concordato in un determinato modo. Questo è un dato che ci corrobora e che ci dà forza, perché sappiamo che è molto difficile, di solito, ricevere il consenso (ovviamente di carattere generale) da parte di tutte le rappresentanze delle categorie economiche ed industriali (piccola industria, artigianato, commercio, agricoltura, imprenditoria classica o cooperativa). Tant'è che quando si era presentato un documento unitario avevo detto, come battuta, che esisteva una serie di sigle di tipo "tricolore", perché ci sono quelle di orientamento in un modo ma anche in un altro.
Ebbene, tutti hanno espresso un parere favorevole in questa direzione pur avendo degli interessi magari specifici che possono essere anche leggermente contrastanti. Perché il mondo dell'impresa, così come quello del lavoro e delle istituzioni locali, sente la necessità di dare delle risposte.
Con queste modifiche noi vogliamo dare delle risposte. Mi auguro che il dibattito punti sempre al confronto, perché ho sentito prima un collega parlare di "ostruzionismo": è una parola che raccomanderei di archiviare in questa materia, perché non è che si fa un piacere alla Giunta o all'Assessore Cavallera ad approvare questo provvedimento.
un provvedimento atteso dal nostro territorio e dal mondo del lavoro che opera nel settore delle costruzioni, che è in particolare difficoltà.
Questa mattina, ho aperto il giornale - lo commentavo con il collega Muliere - nel quale si annunciava che, solo nella zona di Novi Ligure, nel settore delle costruzioni, ci sono 500 persone in cassa integrazione. Non possiamo stare fermi, dobbiamo intraprendere delle iniziative. Ho detto che ci sono quelle onerose e le politiche attive, ma ci sono anche quelle normative; vediamo, in sostanza, in cosa consiste.
Da un lato, abbiamo cercato di migliorare gli incentivi e, dall'altro di calibrare gli obblighi allo stretto necessario per raggiungere questi obiettivi. Il precedente testo non ha funzionato perché si è verificata la situazione per la quale è come se ci fossero state due bilance: da una parte, sono stati inseriti gli incentivi e, dall'altra, invece, una serie di obblighi che, sostanzialmente, hanno tenuto fermi gli equilibri. Quindi non c'è stata la constatazione di una convenienza straordinaria ad intervenire, che era la logica dell'accordo nazionale - tramutatasi, in Piemonte, nella legge n. 20 - con i risultati che conosciamo, cioè scarsi.
In Veneto hanno compiuto 12.000 interventi sulla loro legge in materia di edilizia e urbanistica; in Liguria stanno modificando il disegno di legge, introducendo più o meno delle norme che riguardano i capannoni, che prima, non erano considerati, comunque, mutuando esperienze di altre Regioni del Nord Italia. A questo punto, abbiamo tutte le condizioni e le garanzie perché si possa andare avanti. Mi riferisco agli incentivi e agli obblighi, per quanto riguarda lo stretto necessario, in quanto è chiaro che, anche da un punto di vista sociale, quando si parla di casa unifamiliare o bifamiliare ci si rivolge a quel ceto medio-basso che, tutto sommato, può permettersi un 20% in più, cioè alcune camere in più.
State pur certi che, essendo ben nota la vigenza dello sconto fiscale e di altre provvidenze, magari, chi ha la disponibilità finanziaria per posizionare i pannelli fotovoltaici sul tetto, alla fine, effettuerà l'intervento. Diversamente, in questa fase, si pensa alle strette necessità, magari la realizzazione di quella unità immobiliare in più, che può servire per il figlio o un anziano che deve convivere a lato della famiglia.
Per quanto riguarda le demolizioni e ricostruzioni, qui gli obblighi ci sono tutti, il coefficiente Itaca deve assumere il valore di 1,50 o 2,50.
Qui è giusto inserire gli obblighi, perché, se si vuole avere un premio in termini di cubatura, occorre realizzare un manufatto energeticamente qualificato, artichettonicamente valido, sicuro e senza barriere architettoniche. In questo modo, finalmente, potremo migliorare la qualità dei fabbricati nelle periferie delle nostre città, dove, negli ultimi 40-50 anni, sono stati realizzati - soprattutto, prima - edifici non più idonei relativamente ai quali tutti diciamo che è arrivato il momento di sostituirli.
Anche qui, attenzione, nessuno ha sottratto al Comune la possibilità di redigere il programma per conto suo, questa facoltà rimane. Se in diverse realtà vi è la possibilità di intervenire, perché un proprietario ha le risorse e un'impresa edile, per non tenere fermi i propri operai, può, in tempo di magra, fare interventi di questo tipo, lasciamogli questa opportunità. In ogni caso, il Piano regolatore è sempre quello, le altezze sono disciplinate, il regolamento edilizio è sempre quello e le norme tecniche di attuazione nessuno le cambia.
Guardate che, qui, non c'è alcuna deregulation! Forse, siamo stati obnubilati da 30-40 anni di urbanistica, sostanzialmente, ragionieristica dove ci si è avvalsi del bilancino del farmacista per misurare i 10, 20 100 metri cubi in più o in meno. Però, seguendo queste pratiche, abbiamo dimenticato la qualità delle nostre costruzioni, che lascia molto a desiderare; mi sembra che un provvedimento di questo tipo vada in questa direzione.
Per quanto riguarda i capannoni, il discorso si svolge all'interno dei lotti edificati. Se non vogliamo più impermeabilizzare nuovo territorio benissimo, allora valorizziamo al massimo gli immobili che ci sono.
Naturalmente, anche qui, possiamo tranquillamente pensare alla demolizione e ricostruzione, modificando anche l'orientamento degli edifici, per adattarli alle esigenze produttive del momento.
Voglio ancora ricordare - poi concludo, perché, come ho detto, non voglio svolgere una controrelazione - l'articolo 5, attinente alle limitazioni, che non a caso è stato riscritto, affinché si conoscano chiaramente quali sono i paletti insuperabili.
Innanzitutto, deve esserci il titolo abitativo completo, non si pu parlare di edifici abusivi o parzialmente abusivi e, di norma, siamo al di fuori dei centri storici, salvo il caso degli edifici incongrui. Dobbiamo rispettare il PAI, la Circolare n. 7/LAP, le classificazioni degli edifici di interesse storico e di interesse pubblico (articoli 136 - 137 del Codice dei beni culturali e ambientali), tutte le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, la legge "Galasso" e i decreti "Galassini", chi più ne ha più ne metta, senza minimamente sfiorare quella che può costituire la spinta di maggiore interesse, cioè l'aspetto commerciale, che è fuori da un discorso di questo tipo.
A questo punto, addirittura, abbiamo scritto chiaramente che non sono utilizzabili i rustici, per i quali vale la legge specifica redatta a suo tempo. Sfido chiunque a dire che non ci sono i paletti adeguati, in termini qualitativi e di divieti, nelle zone meritevoli di essere conservate, con tutte le conseguenze del caso.
Per cui, ritengo veramente che la discussione dei singoli articoli permetterà tutti questi chiarimenti. Per quanto riguarda gli edifici a destinazione turistico-ricettiva, naturalmente, concordo con il Consigliere Angeleri: possono tranquillamente rientrare nel solco che è stato definito in linea generale, soprattutto laddove questi coesistono con gli edifici a destinazione residenziale, che è stato il punto di discussione dei lavori in Commissione.
Per concludere, signori, se non realizziamo una fase nella quale si offre un minimo di incentivo ad operare, allora norme di questo genere è meglio non farne. Lo ha dimostrato la legge n. 20/2009, che non ha funzionato perché il calcolo di incentivi e obblighi non ha consentito un giudizio positivo che determinasse la volontà ad intervenire.
A mio avviso, con queste norme riequilibriamo la situazione; può darsi che una parte degli interventi che, magari, erano rimasti nella volontà di qualche imprenditore o proprietario possano senz'altro essere attuati.
Rivolgo un appello a tutti i Consiglieri affinché si vada al di là dei punti di partenza. Capisco anche che i Consiglieri, che ora sono di opposizione, possano preferire il mantenimento di una situazione pregressa ritenendola il massimo di quello che si poteva fare o l'equilibrio migliore.
Credo che però bisogna anche essere pragmatici, io lo sono sempre stato e lo sarò sempre di più in una fase nella quale ci possono essere anche i presupposti ideologici, ma quando questi vanno ad impedire risposte e stimoli alla situazione economica ed occupazionale, credo che abbiamo il dovere di muoverci diversamente.
Concludo, ribadendo l'accordo raggiunto in Conferenza Regione-Enti locali e il confronto positivo e favorevole che si è svolto con i rappresentanti delle categorie economico-produttive e sindacali. Grazie.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la seduta.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.36)



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