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Dettaglio seduta n.71 del 12/01/11 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


NOVERO GIANFRANCO



(Alle ore 10.00 il Consigliere Segretario Novero comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOLINARI



(La seduta ha inizio alle ore 10.39)



PRESIDENTE

Dichiaro aperta la seduta straordinaria (convocata ai sensi dell'art.
50 del Regolamento - comunicata con prot. 55460/DB0202 del 30 dicembre 2010) richiesta dai Consiglieri Artesio, Cerutti, Reschigna, Boeti Buquicchio, Laus, Lepri, Dell'Utri, Bono, Biolè, Pentenero, Cursio sul tema relativo a "Piano sanitario regionale: linee d'indirizzo e fasi della programmazione".
Procediamo con l'esecuzione dell'Inno Nazionale.



(In applicazione del dispositivo dell'ordine del giorno n. 9 "Unità d'Italia", approvato dall'Assemblea consiliare il 1° dicembre 2010 l'Assemblea, in piedi, ascolta l'inno nazionale della Repubblica Italiana "Il canto degli italiani")


Argomento:

Ordine del giorno n. 191 "Liste d'attesa nei servizi socio sanitari e per l'accesso alle cure in lungassistenza", presentato dai Consiglieri Artesio Bresso, Cursio, Boeti, Reschigna, Lepri, Cerutti, Negro, Goffi, Bono Pentenero, Manica, Motta Angela, Ronzani (iscrizione all'o.d.g.)


PRESIDENTE

Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione. Chiedo se vi siano proposte di modifica.
Ha chiesto la parola la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Presidente, chiedo che venga iscritto all'o.d.g. odierno l'ordine del giorno n. 191, che abbiamo depositato, congiuntamente agli altri Presidenti di Gruppo, alla conclusione della seduta di ieri, riguardante la gestione delle liste d'attesa per l'inserimento nelle RSA e nelle cure domiciliari.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Artesio.
Se l'Aula acconsente, lo do per iscritto.



(L'Assemblea acconsente all'iscrizione all'o.d.g.)



PRESIDENTE

L'o.d.g. è approvato ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cantore, Carossa, Cattaneo, Costa Raffaele, Giordano, Goffi, Gregorio, Maccanti, Mastrullo, Montaruli Sacchetto e Toselli.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

"Piano sanitario regionale: linee d'indirizzo e fase della programmazione" richiesta dai Consiglieri Artesio, Cerutti, Reschigna, Boeti, Buquicchio Laus, Lepri, Bono, Biolé, Pentenero e Cursio


PRESIDENTE

La seduta odierna è una seduta di Consiglio straordinario sul tema della riforma sanitaria, ai sensi dell'articolo 50 del Regolamento, su richiesta di diversi colleghi, tra i quali, prima firmataria, la Consigliera Artesio.
Per iniziare, darei la parola alla prima richiedente, la Consigliera Artesio.



ARTESIO Eleonora

Presidente, se lei è d'accordo, poiché la motivazione di questa convocazione riguarda la possibilità, da parte del Consiglio, di essere informato direttamente dalla Giunta, al di là dell'atto deliberativo sintetico che abbiamo ricevuto, sul profilo e sulle linee guida del Piano Socio Sanitario, chiedo che l'introduzione avvenga a cura dell'Amministrazione e, in particolare, dell'Assessore di riferimento.



PRESIDENTE

Attendiamo l'arrivo dell'Assessore e procediamo.
Abbiamo la presenza e la disponibilità del Presidente della Regione pertanto darei la parola al Presidente Cota.



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale

Mi scuso, perché oggettivamente è anche anomala la mia presenza oggi.
Io non voglio...



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale

RONZANI Wilmer (fuori microfono)



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale

Anomala non tanto...



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale

Anomala nel senso che è un Consiglio richiesto dalle opposizioni; non si discute il Piano Socio Sanitario, o meglio la delibera proposta dalla Giunta, quindi un atto di governo della Giunta regionale: comunque, sono presente e chiedo di poter intervenire. Poi, se lo riterrete opportuno parlerà anche l'Assessore Ferrero - ci mancherebbe altro - perché in occasione della seduta di fine anno, poco prima di adottare la delibera relativa alla riorganizzazione del sistema sanitario, c'era stato un incontro con i Capigruppo e, in quell'occasione, avevamo instaurato - spero un clima costruttivo di dialogo.
Ho pensato di intervenire questa mattina in Consiglio regionale, in seguito alla richiesta di convocazione su un tema così importante come quello della sanità, e spero che questo dialogo avvenga non soltanto quando si discutono i provvedimenti in senso stretto, ma anche quando viene giustamente richiesto un dibattito politico.
Detto questo, vorrei indicare perché è necessaria una riorganizzazione del sistema sanitario.
La riorganizzazione del sistema sanitario è richiesta per due motivi.
Il primo, è legato alla necessità che la spesa sanitaria scenda, perché la spesa per il servizio sanitario regionale che oggi il Piemonte deve affrontare, se non sarà riportata entro parametri di efficienza, farà esplodere il sistema.
La Regione Piemonte, infatti, è soggetta ad un Piano di rientro, poich la quota in carico regionale supera il 5% dei finanziamenti aggiuntivi previsti dal Patto Stato-Regioni. Poiché si era andati a sforare questo limite, questo tetto, è stato sottoscritto un Piano di rientro che prevede obbligatoriamente una riduzione, per restare nei parametri della spesa sanitaria, pari a 50 milioni annui.
Noi abbiamo previsto una razionalizzazione, e quindi un taglio aggiuntivo agli sprechi, pari ad ulteriori 100 milioni di euro.
Voglio ricordare che, negli ultimi 15 anni, la Regione Piemonte ha triplicato la spesa relativa al servizio sanitario regionale, con dati di incremento che non hanno paragoni rispetto alle altre regioni. È evidente che, se c'è stato quest'incremento anomalo, posto che la qualità dei servizi è una qualità che possiamo definire soddisfacente, sicuramente migliorabile, ma il tipo di servizio è paragonabile ad un servizio che viene svolto anche in altre regioni, evidentemente c'è qualcosa che non funziona dal punto di vista dell'organizzazione.
Su questo non c'è il minimo dubbio e oggi la spesa sanitaria ha raggiunto l'82% della spesa, nel bilancio della Regione.
Questo è un motivo che richiede oggettivamente un intervento.
Contestualmente, negli ultimi 10 anni, la Regione Piemonte ha stanziato un miliardo e 500 milioni in edilizia sanitaria, senza una vera programmazione; non si può lasciare alle singole Aziende Ospedaliere o alle singole ASL territoriali, come funzionava in passato e come funziona ancora oggi - finché il Piano non sarà approvato - un'attività di programmazione.
Ognuno non può fare cosa vuole. Gli interventi, nell'ambito dell'edilizia sanitaria, devono essere necessariamente oggetto di programmazione e la riforma è necessaria anche perché negli anni è mancata questa programmazione.
La programmazione è mancata spesso - voglio usare un termine corretto anche nella gestione delle strutture e nell'allocazione del personale.
Dobbiamo sapere che il Piemonte, secondo i dati di un'analisi commissionata dalla Giunta precedente e, per la verità, mai applicata, ha un numero di strutture complesse, cioè di primariati, con meno di dieci posti che raggiunge circa il 40% di tutte le strutture complesse.
Com'è possibile avere dei primariati con meno di dieci posti letto? Diciamoci la verità: il primariato con meno di dieci posti letto serve ad accontentare il primario e quindi serve perché lì ci deve essere uno che abbia un posto; magari è un amico degli amici, magari c'è la solita spinta della politica politicante. In ogni caso, il primariato con meno di dieci posti non serve al cittadino, anzi, il primariato con meno di dieci posti è dannoso per il cittadino. La riforma sanitaria, quindi, serve anche per eliminare questo tipo di sprechi.
Vorrei anche dirvi che abbiamo un sistema di piccoli ospedali dove siamo sotto i livelli di appropriatezza. Il livello di appropriatezza è anche il livello minimo di interventi necessari perché ci sia una soglia di sicurezza. Se tu vai in un ospedale e in questo ospedale ti curi una determinata patologia e durante un anno ti fanno degli interventi per quella patologia che sono inferiori rispetto ad uno standard quell'ospedale non è sicuro e, quindi, tenere quella struttura che fa quel tipo di interventi e che non viene messa in rete, non solo è una scelta che individua un'inefficienza, ma individua un'oggettiva pericolosità per quanto riguarda il cittadino.
Le esigenze che ci hanno portato a adottare questa delibera sono due: un'esigenza che risponde al fatto che la spesa sanitaria deve essere razionalizzata - quindi un'esigenza di bilancio - ma anche - ma anche, e questo dobbiamo dirlo - un'esigenza legata alla salute dei cittadini, cioè alla necessità che i cittadini vengano curati in strutture dove siano salvaguardati tutti i parametri di efficienza.
Noi ci troviamo in un momento, in una situazione dove ci sono due tipi di interessi. L'interesse della gente, che è l'interesse dei piemontesi a che i soldi pubblici vengano spesi oculatamente, e l'interesse dei cittadini, quindi l'interesse di molti, ad avere servizi efficienti in strutture sicure, e sono gli interessi generali.
Vi sono poi alcuni interessi particolari, ad esempio quello di chi vuole a tutti i costi il primariato con meno di dieci posti letto, oppure di chi pensa che la politica debba servire per mantenere o per creare strutture che sono soltanto delle bandierine per dire: "Ecco, io ho il potere di fare anche una cosa inutile; ho il potere di spendere dei soldi inutili". Questo potere di spendere soldi inutili e di fare delle cose inutili coincide poi con una mancanza di potere in altri posti, in altre situazioni, in altre realtà dove, invece, le cose utili non vengono fatte.
Vedremo cosa costruisce questa riforma, che peraltro dovrà essere discussa in Consiglio regionale, essendo il Consiglio regionale la sede appropriata. Non viene discussa oggi, ma ricordo che questo dibattito pu essere soltanto un dibattito fatto in via assolutamente preliminare, perch la discussione della riforma sanitaria prevede che ci sia in Commissione una procedura di consultazione, un coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e delle organizzazioni di categoria, quindi c'è tutto un iter da seguire, ma ovviamente oggi non siamo all'interno ancora di quel iter.
La riforma prevede che ci sia una suddivisione organizzata in questo modo: gli ospedali, come voi sapete, andranno a costituire delle reti ospedaliere e noi avremo sei grandi reti ospedaliere dove ci saranno degli ospedali di riferimento, dove saranno esplicitate tutte le alte specialità (per esempio cardiochirurgia, neurochirurgia, trapianti) ed il secondo livello delle attività specialistiche a più ampia diffusione.
Avremo poi altri ospedali di dimensioni più ridotte che non saranno hub, che si occuperanno di tutte le altre specialità e che, comunque faranno un primo livello di interventi. Ad esempio, se un paziente, anche per quel tipo di specialità, dovesse subire un aggravamento, quindi diventare gravissimo, avrebbe l'ospedale di riferimento come paracadute l'hub come paracadute, per non morire, come invece potrebbe succedere se non esistesse un sistema a rete e se uno venisse lasciato marcire in un ospedale che pensa di far da sé, ma che in realtà non ha i parametri per offrire un'assistenza efficace ai cittadini.
Le ASL territoriali si occuperanno dei servizi territoriali. Oggi abbiamo un sistema misto dove le ASL territoriali gestiscono anche alcuni ospedali e le strutture non hanno la possibilità di concentrarsi sul servizio territoriale, che invece è molto importante, perché assorbite dalla gestione degli ospedali oggi di loro competenza.
Abbiamo, quindi, una difficoltà ad organizzare il lavoro e abbiamo anche quella mancanza di rete che avevo testé evidenziato.
Vorrei anche far presente che la concentrazione territoriale proposta con un'ASL minimo per provincia, è stata effettuata per rispettare i dettami della legge nazionale e anche per garantire quell'identità territoriale che ovviamente le province hanno, con un più 4 aree territoriali che riguardano la provincia di Torino, per la conformazione della provincia di Torino e per il numero di abitanti della stessa.
Vorrei anche far presente che la configurazione territoriale proposta è, in realtà, una configurazione meno forte di quella di altre Regioni che hanno definito aree vaste, per esempio l'Emilia Romagna e la Toscana.
Quindi, quando si muovono delle critiche, bisogna andare a vedere anche come sono organizzate altre realtà (ho citato realtà non amministrate n dalla Lega né dal PdL).
La realizzazione di questo nuovo assetto prevederà anche l'integrazione delle cosiddette reti specialistiche, cioè quelle reti che serviranno per affrontare con una programmazione puntuale gli interventi di fronte a pazienti oncologici, di fronte a pazienti da infarto, di fronte a pazienti colpiti da ictus e di fronte a pazienti che sono colpiti dalla frattura del femore (questo succede soprattutto agli anziani, salvo che non ci siano altri eventi traumatici).
Noi saremo molto concentrati nell'organizzazione di queste reti, perch senza la rete non si riesce ad affrontare in maniera precisa e puntuale questo tipo di patologie.
Proviamo a parlare - ovviamente a titolo di esempio - della rete oncologica. Considerando la complessità di questo tipo di patologie, la curva di apprendimento, cioè il numero di casi che un medico dovrebbe trattare perché siano garantite le soglie e gli standard di sicurezza dovrebbe essere di 30 casi all'anno.
Concretamente abbiamo 17 ospedali che trattano, per esempio, meno di 30 tumori alle mammelle all'anno; 9 ospedali che trattano meno di 20 tumori al colon; 15 ospedali che trattano meno di 8 tumori ai polmoni; 25 che trattano meno di 20 tumori ginecologici; 25 che trattano meno di 20 tumori alla laringe.
Questo vuol dire che una metodologia organizzativa del genere non va bene, perché la gente che va in quell'ospedale a curarsi il tumore, va in un ospedale che non è adatto e non è adeguato a curare quel tipo di patologia. Pertanto, o si organizza una rete e si razionalizza, oppure noi mandiamo le persone in ospedali che non sono sicuri. Quindi, non creiamo un guadagno o un servizio migliore per il cittadino ma, per gli interessi egoistici di una parte della politica, rischiamo di dare - anzi, diamo oggettivamente - un servizio inefficiente.
Faccio ancora l'esempio di un'altra patologia, quella dell'infarto, che purtroppo in Piemonte colpisce abbastanza: noi abbiamo oggi un sistema dove sono state realizzate 23 emodinamiche, ma soltanto 17 sono necessarie; e di queste 23, 3 sono praticamente chiuse e 5 o 6 sono sottoutilizzate.
Allora, perché questo? Perché non c'é programmazione, perché non si vuole creare una rete, perché non si vuole razionalizzare. Chi paga tutto questo? Sicuramente lo paghiamo noi, perché un'emodinamica costa circa 2 milioni di euro, se non sbaglio; poi, però, lo pagano i cittadini, che non si capacitano del perché vengano buttati dei soldi dalla finestra senza che ci sia un servizio. Ecco, questi sono degli esempi.
Evidentemente, poi, è anche molto importante l'organizzazione della rete per quanto riguarda l'ictus, dove c'è bisogno che diversi tipi di ospedale interagiscano; che una pluralità di ospedali, cioè, riesca ad offrire il servizio di primo intervento e che poi una serie di ospedali naturalmente saranno quelli di riferimento con l'aggiunta di qualche altra realtà - offrano, queste sono cose tecniche, un'assistenza di tipo superiore.
Lo stesso è assolutamente necessario per quanto riguarda gli interventi al femore. Noi abbiamo l'esigenza di dare una risposta entro 48 ore a chi viene colpito da una frattura al femore. Vorrei capire, allora, come mai negli anni precedenti le fratture al femore al CTO avevano una media di ricovero di 4-5 giorni; adesso c'è stato l'apporto di un nuovo primario per quanto riguarda la cattedra di Ortopedia, e la situazione è migliorata: abbiamo il 95% di persone che viene operato entro 48 ore. Esiste però una sperequazione, evidentemente, tra il numero delle Ortopedie e i casi trattati: in certe realtà, cioè, abbiamo poche Ortopedie e in altre ne abbiamo tantissime; per esempio il CTO ne ha 7 e le Molinette invece ne ha una. C'è dunque una situazione che va sicuramente sistemata e distribuita sul territorio.
La creazione della Città della Salute, per esempio, permetterà anche di razionalizzare un sistema che annovera, soltanto nell'Ospedale Molinette, 7 primariati di radiologia: anche qui una qualche sistemazione dovrà essere data.
Insomma, io vi ho fatto degli esempi, che sono anche esempi tecnici: me ne scuso, però anch'io ho li ho guardati per capire e poter anche trarre le motivazioni e la convinzioni per sostenere questa riforma. È una riforma necessaria che va nell'interesse dei cittadini. Vi chiedo di collaborare insomma, perché alla fine anche voi, in coscienza, sapete che è necessaria perché se ne parla da trent'anni, ma poi non è mai stata realizzata.
Allora, se volete esercitare un'opposizione sterile - per dire che voi siete contro, per poi mettere i manifesti dicendo cose non vere e via dicendo - fatelo. Siamo convinti, abbiamo tutti i dati e le nostre motivazioni e sappiamo di fare l'interesse della gente e non quello dei baroni: lo spiegheremo. Se faceste un'opposizione di quel tipo potrebbe anche essere meglio per noi; però non sarebbe meglio per il sistema generale e per il Piemonte. Su un tema come questo e a fronte di un lavoro come questo, un atteggiamento diverso forse sarebbe auspicabile. Questo però, non dipende evidentemente da me: dipende da voi.
Colgo anche qui l'occasione per ringraziare pubblicamente le Organizzazioni sindacali che non hanno detto: "Va tutto bene, via libera non parliamone". No, fanno il loro lavoro - questo è evidente -, però lo fanno in un modo assolutamente costruttivo. Devo dire queste cose con riferimento a questa riforma dell'organizzazione sanitaria: c'è stata infatti una riunione, al termine della quale abbiamo firmato un verbale nella quale abbiamo individuato un percorso; e c'é stato un accordo sulle finalità che muovono l'azione del Governo regionale. Devo ringraziarle inoltre, per il contributo fattivo che hanno dato in occasione della discussione e dell'approvazione del Piano straordinario del lavoro e di quello per la competitività. In un momento come questo, nel quale c'è anche una forte tensione per le vicende che riguardano Mirafiori, è sicuramente un segnale importante riuscire a collaborare.
Vi ringrazio e vi auguro buon lavoro.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente. In apertura di dibattito ha chiesto la parola la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

La presentazione del Presidente Cota m'impone, proprio per lo spirito di collaborazione da lui auspicato, di richiedere che la collaborazione inizi sulla trasparenza e sulla verità. Allora, Presidente, ho bisogno che due chiarimenti vengano assunti dall'Assemblea, per partire almeno da dei dati di verità.
Primo: abbiamo chiesto questo Consiglio straordinario su un atto che è del Consiglio e non è un atto di governo; la riorganizzazione delle Aziende sanitarie è una deliberazione assunta dalla Giunta, di proposta al Consiglio. Poiché la Commissione consiliare non ha programmato l'audizione dell'Assessore non avevamo altro modo, per avviare una discussione dovuta al Consiglio, che quello di chiedere la convocazione straordinaria.
Secondo: si può accedere ad un piano di rientro senza riformare l'atto di programmazione; quest'Amministrazione sceglie invece di riformare l'atto di programmazione. Partiamo però da un dato di verità, Presidente: il piano di rientro non è stato firmato dal Piemonte perché il Piemonte è in disavanzo rispetto al Patto per la salute; il piano di rientro è stato firmato dal Piemonte per l'obbligo derivante dal disavanzo del 2004. Questo non lo dice l'opposizione, lo dice il documento che avete firmato con il Ministro Tremonti. Se agli organi di informazione, quindi, arriva la notizia che il Piemonte è stato obbligato a fare il piano di rientro per l'andamento dei conti di quest'anno o del mandato precedente, non devo più pensare a un refuso dei giornali ma devo pensare ad un'informazione distorta. Il verbale della firma con il Ministero dice la verità giuridica: il Piemonte è stato obbligato al piano di rientro per il disavanzo del 2004, unico disavanzo della Regione Piemonte! Poi possiamo mettere da parte quest'elemento, ma allora lo si mette da parte davvero e non si continui ad accreditare un'informazione infondata, ma si dica che ragioniamo su come agire dentro il piano di rientro. Si parta però dal dato di verità.
Io ero venuta con l'intenzione di cominciare a ragionare su un preliminare: era necessario riscrivere lo strumento di programmazione? Riscrivere cioè il Piano socio-sanitario regionale? Qui viene detto che era necessario farlo perché mancava la programmazione. Allora, io voglio portare all'attenzione dell'Esecutivo e del Consiglio un dato che non è di parte: porto l'indagine del rapporto OASI 2010 che viene fatta annualmente da parte dell'Università Bocconi - studio indipendente - sugli strumenti di programmazione delle Regioni. Il Piemonte non era mai entrato nello studio perché non aveva uno strumento di programmazione: c'è entrato con l'ultimo Piano socio-sanitario. Voglio leggervi, nella comparazione tra otto Piani socio-sanitari di otto Regioni (Lombardia compresa), cosa dice l'Università Bocconi del precedente Piano socio-sanitario. "Piemonte: il Piano si presenta come un documento di programmazione con chiari riferimento ai modelli di pianificazione razionale sinottica; è l'unico a configurarsi in misura significativa come documento di orientamento politico; utilizza un linguaggio non eccessivamente tecnico e parla ai cittadini, delinea esplicitamente le linee politiche di tutela e di promozione della salute rende visibili i tratti portanti, che sono: centralità della salute prevenzione, continuità dei trattamenti, coinvolgimento dei comuni rilevanza dell'informazione e dell'integrazione all'insegna della sobrietà e dell'austerità, chiara valenza organizzativa e ridefinizione dell'assetto istituzionale".
Poi, l'Università Bocconi usa una serie di indicatori: il tema dell'equilibrio economico, il ruolo dell'ASL come soggetto coordinatore l'articolazione dell'offerta per intensità di cura, il ruolo manageriale delle professioni sanitarie, il tema dell'innovazione, il tema della rete ospedaliera e la valutazione delle performance.
Tra le otto regioni italiane il Piemonte, su tutti questi indicatori non scende mai al di sotto del giudizio medio e, nella maggioranza dei casi, il giudizio è alto. Ora si può dire, come è stato detto, nonostante i risultati di qualità del sistema sanitario, che questo non è sufficiente e che si debba cambiare. Io non discuto. Vedremo il miglioramento del cambiamento. Tuttavia, Presidente, non può essere detto da un direttore appena nominato (che, anziché fare il tecnico, fa il politico) che la Regione mancava di programmazione.
Faccio omaggio al dottor Monferino dello Studio dell'Università Bocconi, così, dopo aver letto il documento, potrà continuare a dire se il nostro documento mancava di programmazione.
Allora, se ne vuole fare un'altra, ma noi non la conosciamo. Conosciamo solo la geografia di questa nuova programmazione, perché la deliberazione parla soltanto della ridefinizione dei confini aziendali. Allora, dovendo andare in ricerca investigativa del razionale, della filosofia del nuovo Piano sanitario, l'unico documento che è in nostro possesso è quello redatto, su incarico dell'Assessore Ferrero, dal professor Lega, guarda caso dell'Università Bocconi, il quale, accanto ad alcune suggestive note a piè di pagina, per parlare della centralità del cittadino, così come lo intende questa Amministrazione, e per legittimare la separazione tra aziende ospedaliere e territorio, a piè di pagina scrive: "L'efficienza dell'ospedale non deve fare arrivare al medico di medicina generale e sul territorio un manufatto imperfetto". Il "manufatto" è il malato.
Presidente Cota, a me sembra che la centralità del cittadino, da questo punto di vista (mi rivolgo all'Aula) non abbia molto valore, ma ne abbia moltissimo un altro! Quello del patto della salute che si stipula tra i Distretti sanitari, gli erogatori, indifferentemente pubblici e privati ospedali pubblici ed erogatori privati equiparati, dove il patto per la salute non è la definizione degli obiettivi di salute per un territorio, ma un accordo di fornitura, pay for performance.
Quindi la regola sulla quale si fonda il nuovo piano sanitario, per quello che noi sappiamo, leggendo i documenti accessibili, è quello che il mito dell'efficienza si traduce in un'equiparazione nell'organizzazione tra pubblico e privato, che il cittadino è un "manufatto" il più possibile da "manutenere" che non deve arrivare imperfetto sul territorio, che la continuità assistenziale si realizza attraverso nuove direzioni, quelle dedicate alla fragilità, piuttosto che attraverso percorsi di cura. Ma avremo modo di discutere di questo e dell'organizzazione territoriale.
Ciò che oggi mi interessa cominciare a proporre all'attenzione è l'elemento di forte contraddizione tra ciò che viene dichiarato pubblicamente, a cominciare dalla relazione odierna, e ciò che è percepito territorialmente.
Anche oggi il Presidente ci ha detto di aver fatto una rivoluzione così citano i titoli sulla base delle sue interviste, "Basta coi politici locali", "Basta coi posti per i primari", "Basta con le tecnologie non utilizzate". Vorrei ricordare che le tecnologie non utilizzate qui citate non sono utilizzate, perché questa Giunta ha impedito l'assunzione degli operatori destinati.
Vorrei ricordare che le ortopedie sono numerose in un centro traumatologico ortopedico; vorrei ricordarle che il Presidente di questo Consiglio si spende nel territorio del VCO per l'emodinamica, vorrei ricordarle il Sindaco di Chivasso sull'emodinamica, vorrei ricordarle le sue manifestazioni sull'Ospedale di Galliate, ma la vedo felicemente conquistato ai principi della razionalità e, quindi, citare la riduzione dei punti nascita.



(Commenti in aula)



ARTESIO Eleonora

citato su La Stampa dell'11 gennaio, la cito testualmente: "In passato ci sono state grosse battaglie in Piemonte in difesa dei piccoli punti nascita, repartini dove si registravano una media di 200 parti l'anno contro la soglia dei 500, che è considerata la quota minima per garantire un servizio efficiente". Lo dicevamo noi; le ricordo soltanto Ceva e Domodossola e la fatica per arrivare a questo passaggio. Ma va bene! Siamo arrivati a condividere alcuni punti di efficienza in nome della sicurezza.
Io le auguro, garantendole tutta la disponibilità di analizzare i contenuti, non la propaganda, le auguro di trovare in questo Consiglio e nelle forze politiche la capacità di guidare quello che io credevo dovesse essere l'applicazione di un Piano e lei crede debba essere un annullamento e una riforma.
Non vedo grandi premesse - e concludo - perché mi sembra di vedere riproporre le dinamiche che già avevano caratterizzato il nostro Piano sanitario.
Qua i politici che non devono interferire nella Sanità a oggi scrivono: "Ho salvato l'ASL di Vercelli!" - dichiarazione del Consigliere Pedrale "C'era un tentativo di far confluire Vercelli in una grande ASL e in qualità di Presidente della Commissione Sanità mi sono opposto! Per Vercelli un forte rilancio e ho garanzie che sarà fatto il nuovo Ospedale" è la programmazione famosa cui lei faceva riferimento. Ma i direttori generali dicono che con il nuovo Piano per i cittadini non cambierà nulla! Allora, Presidente: o non c'era nulla da cambiare sulla qualità e i direttori li stanno rassicurando, o ha dei direttori che stanno boicottando la sua rivoluzione! Li cambi, Presidente, in fretta.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Boeti.



BOETI Antonino

Grazie, Presidente.
Il Consiglio regionale si riappropria di un argomento, che finora è stato discusso sulle pagine dei giornali, nelle riunioni di maggioranza, ma non nelle sue sedi di competenza come il Consiglio regionale (e forse nemmeno), ma non in Consiglio regionale e nella Commissione.
In questi mesi, abbiamo visto succedere di tutto e anche oggi il Presidente ci ha regalato "perle di saggezza e di competenza".
Ha detto che la sanità accreditata è una sanità allo sfascio dimenticando quella classifica stilata su incarico del governo nazionale di centrodestra che, invece, ci attribuisce un buon terzo posto per la qualità dei servizi erogati. Oggi, diceva che mancava al programmazione; ricordo al Presidente che l'unico Piano socio-sanitario degli ultimi quindici anni è quello che abbiamo approvato noi; ricordo che durante il Governo di centrodestra, nei dieci anni precedenti, il Piano sanitario non c'è stato.
Faccio fatica a capire chi ha programmato e chi no.
Anche per quanto riguarda i primariati, Presidente, se lei avesse avuto il tempo (che non ha: l'ho visto anche ieri sera impegnato allo stremo in una trasmissione televisiva)...



(Commenti in aula)



BOETI Antonino

un suo diritto.
Se avesse letto i piani di rientro delle ASL avrebbe visto quanti reparti sono stati accorpati e quanti primariati sono stati diminuiti in questi cinque anni. Quei primariati di otto/dieci posti letto e qualche volta anche di quattro sono figli di dieci anni di governo di centrodestra governo nel quale lei sedeva sul più alto scranno di questo Consiglio regionale.
La questione finanziaria. Non ripeto quanto ha detto l'ex Assessore Artesio, ma anche lì avete approvato un documento che non avete letto: l'unico buco di questa Regione è riferito al 2004, quando perdendo le elezioni ci avete lasciato un debito di circa 600 milioni di euro. E lei continua anche a millantare credito, dicendo che ha un accordo sul Piano Socio Sanitario con le organizzazioni sindacali, che hanno dimostrato, da organizzazioni responsabili, la loro disponibilità a discutere, ma che non hanno espresso alcun consenso all'ipotesi di Piano che lei sta portando avanti.
La cosa più straordinaria, poi, è l'affermazione "la politica fuori dalla sanità": ma a chi la racconta? Lei ha nominato Direttore generale delle Molinette, la più grande Azienda di Torino, un Consigliere comunale della Lega Nord, che non mi risulta abbia, tra le proprie competenze quella di aver insegnato economia sanitaria a Cambridge o a Boston, semmai come merito straordinario, quello di dimostrare, anche nelle interviste sui giornali, una grande devozione nei confronti del suo Presidente. E lei ci viene a raccontare che la politica dovrà stare fuori dagli ospedali e dal Socio Sanitario? Vi siete anche superati con il blocco della sperimentazione rispetto alle cure primarie. I medici hanno fatto ricorso al TAR e lo hanno vinto perché c'era un accordo in tal senso, oltre che le risorse necessarie per portarlo avanti.
Ancora una perla: mi riferisco alla dichiarazione del Sottosegretario Crosetto, che ha detto: "Volete vincere con giocatori di serie C, ma con giocatori di serie C non si può vincere il campionato". "Zero tituli" direbbe un allenatore che oggi allena in Spagna. Devo dire, sinceramente che sono d'accordo con Crosetto, ma non approvo la sua sopravvalutazione dei giocatori. Io non vedo giocatori di serie C (qualcuno, forse), perch in gran parte sono di interregionale, sono di promozione e di eccellenza ce n'è anche qualcuno di prima categoria, nonostante vestano la divisa verde della Padania.
Voglio ancora ricordare le dichiarazioni di Ezio Ghigo, preside della facoltà di medicina, non un comunista sfegatato, ma un uomo di grande equilibrio e buonsenso, che su La Stampa dice: "Spiegatemi che cosa c'entra l'ipotesi di una Città della Salute con l'ospedale di Chieri, di Carmagnola e di Moncalieri", ipotesi che, naturalmente, voi portate avanti con coraggio, competenza e determinazione nel vostro Piano.
E ancora le dichiarazioni del Presidente dell'ANAAO, Gallone, che in un documento memorabile, del quale voglio distribuirne copia ai colleghi, si dice stupito della straordinaria innovazione del documento che avete presentato presso la sala congressi della Regione, dove scrivete che il cittadino è al centro del sistema sanitario: un concetto estremamente innovativo, che finora non aveva trovato ospitalità in nessun documento che avete opportunamente rispolverato. E stendo un velo pietoso su quel documento che viene distribuito nelle edicole torinesi, che spiega che è meglio la salute - solo i cretini, naturalmente, si ammalano! - e illustra com'è possibile contattare il 118.
Presidente, vedo che non mi ascolta, ma probabilmente non è interessato. Forse la sua presenza odierna è un po' formale ma...



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale (fuori microfono)

La ascolto, la ascolto.



BOETI Antonino

Avremmo voluto discutere con voi di un nuovo Piano, che modificasse gli aspetti che non andavano bene: ce ne saranno stati probabilmente tanti visto che voi avete vinto le elezioni. Pensavamo - e pensiamo tuttora - che non sia corretto, invece, rivedere tutto.
Avete riproposto il vecchio "Piano Morgagni", che, durante il secondo Governo di D'Ambrosio, tutti - ribadisco tutti - avevano bocciato e che, a mio avviso, bocceranno ancora una volta.
La sanità ha bisogno di stabilità; i medici di certezze; i cittadini di punti di riferimento sicuri. La continuità territoriale delle cure, la deospedalizzazione protetta e l'ospedale a domicilio sono una ricchezza peculiare di questa Regione, che non va smantellata come invece vi state apprestando a fare.
I colleghi entreranno nel merito dei loro territori: Ronzani probabilmente, parlerà di questo "mostro" che state mettendo in piedi a Biella, naturalmente con Novara come ospedale capofila - chi lo avrebbe mai messo in discussione! - che racchiuderà 13 ospedali diversi, ospedali cardine, che appunto sotto la guida del Generare Custer... mi riferisco sempre, al documento che avete presentato in quel luogo, che fonde a piene mani termini inglesi (forse, lo dico da leghista, sarebbe stato meglio utilizzare termini più italiani, magari anche qualcuno piemontese; vedo che il collega Carossa approva!). Ci aspettiamo, naturalmente, nel prossimo documento che arrivi la cavalleria sulle onde di "Va pensiero".
Ma il vostro vero obiettivo è accorpare i reparti, ridurre il personale, secondo una logica aziendale che porterà alla diminuzione dei servizi. È la scelta di Monferino, un uomo rispettabile e perbene, che ha svolto benissimo il suo lavoro laddove lo ha fatto.
Mi chiedo per quale maledetta ragione dobbiate continuare a pensare che solo nel mondo della sanità non servano, per cui non debbono essere richieste, le competenze.
Vi do un consiglio che avevo offerto anche al nostro Governo regionale nei precedenti cinque anni, ma di cui, come di molti altri, non ne ha tenuto conto: mettete in piedi una scuola per manager della sanità, che studino, che girino per il mondo per vedere come funzionano le altre Aziende Ospedaliere; nominate persone che siano davvero svincolate dalla politica e che siano in grado di dare un contributo alle Aziende e ai territori nei quali vengono indicati. Evitate frasi di questo tipo (cito sempre il documento che avete presentato): "...logiche di change management a forte indirizzo centrale ed ampia partecipazione diffusa, quindi leadership univoche e condivisione costruita con la partecipazione...". Ma che cosa vuole dire? I cittadini hanno bisogno di risposte.
Vi invito a fare un giro negli ospedali torinesi, ma anche negli ospedali di Provincia, dove i posti letto nei Pronto Soccorso sono a castello! L'ospedale di Rivoli - l'ho visitato l'altro giorno - dispone di un Pronto Soccorso di 3.000 metri quadrati, ma non aveva un posto disponibile e l'attesa per essere trasferiti in reparto era di 84 ore! Malati e anziani che, invece, avevano bisogno di un posto diverso dall'inevitabile "casino" che si aggira in un Pronto Soccorso.
Un'ultima riflessione in merito ai posti letto.



(Brusìo in aula)



PRESIDENTE

Il collega Boeti ha il diritto di essere ascoltato, vi invito quindi a fare silenzio.



BOETI Antonino

Giusto perché non sia informale questa riunione! Capisco che il collega Carossa abbia una grande competenza in questo campo, ma potrà poi esprimerla quando interverrà al microfono.
Dicevo che i posti letto sono come l'acqua nei fiumi o nel mare: quando non la si vuole inquinata, basta alzare il tasso di inquinamento.
Per cui, se prima erano 4.5 i posti letto ogni 1.000 abitanti, adesso sono diventati 4 e quanto prima diventeranno 3.
Ripeto quanto ho detto: rivedete la questione dei Pronto Soccorso. Per quanto concerne sempre i posti letto, faccio presente che nei Paesi scandinavi i posti letto sono 2.5 per ogni 1.000 abitanti, e la rete di assistenza domiciliare e territoriale è cosa ben diversa rispetto a quella che offriamo noi. Ancora, la Catalogna ha 4 posti letto ogni 1.000 abitanti, il Galles 4.9, la Francia più di 4, la Germania, il Belgio e la Scozia hanno un numero di posti letto adeguato ai bisogni di salute dei loro cittadini.
Abbiamo presentato un progetto sensato, che riduceva le ASL a Torino e che manteneva le questioni invariate nelle altre Province, perché, a nostro avviso, quella era la situazione ottimale sulla quale siamo ancora disponibili, se il Presidente lo riterrà, a confrontarci. Invece inciamperete in un progetto folle, che getterà la sanità nel caos.
Assessore Ferrero, ho citato prima il Generale Custer, perché è un termine che ricorre spesso nel vostro documento: io non vorrei che questo Piano Socio sanitario diventasse la sua "Little Bighorn", dove lei sa che il Generale Custer - non è grande cultura, perché lo si evince dai giornali di Tex Willer, legati all'infanzia - fu sconfitto dagli indiani, nonostante una strenua resistenza, che in questo momento, però, non riconosco nemmeno tanto in lei. Mi piacerebbe che resistesse di più.
Ma ciò che è peggio, è che saranno sconfitti i medici, il personale tecnico di questo Paese e, soprattutto, i bisogni di salute dei cittadini di questa Regione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Lepri; ne ha facoltà.



LEPRI Stefano

Grazie, Presidente.
Presidente Cota, la sua presenza in aula oggi non è né irrituale n inopportuna, come invece ha detto all'inizio della sua riflessione. Anzi è molto rituale e molto opportuna, perché quando e dove, se non ora e in questa sede, possiamo discutere della riforma più importante che avete intenzione di approvare? Quindi è bene che lei sia qui e che ci ascolti.
Le citerei Pitagora, che ci ricordava che "Chi parla semina e chi ascolta raccoglie". Lei ha parlato, così come stiamo facendo tutti noi pertanto, inviterei ad ascoltare, perché, forse, dal confronto e dall'ascolto disponibile, e non preconcetto, possiamo arricchirci reciprocamente.
Nella presentazione del suo documento lei ha parlato di rivoluzione e in effetti, si tratta di una rivoluzione. Noi le concediamo questa definizione, così come concordiamo con lei sul fatto che occorre assolutamente affrontare la sfida dell'efficienza.
Signor Presidente, ci troverà disponibili a raccogliere la sfida dell'efficienza, ma voglio ricordare che, in questi anni, ci siamo impegnati e, a titolo di esempio, cito la riduzione di nove Aziende Sanitarie Locali nel corso degli ultimi cinque anni.
Signor Presidente, proprio perché è una rivoluzione - sono cambiamenti fortissimi e, in modo particolare, la separazione degli ospedali dal territorio - era importante che preventivamente si svolgesse un confronto.
Vede, Presidente, siccome lei è persona caparbia, sono sicuro che non cambierà opinione, ma temo che questa sua determinazione comporterà danni per il Piemonte.
La sua decisione - ahimè, temo irreversibile, anche se faremo di tutto perché il Piemonte si ribelli alla sua decisione - l'abbiamo definita un golpe esattamente per questo. Una rivoluzione - la storia ce lo insegna ha qualche probabilità di successo - quasi mai lo hanno avuto le rivoluzioni - solo se di popolo; se sono rivoluzioni di elite, sono golpe e la storia ci ha insegnato che i golpe sono quasi sempre destinati all'insuccesso.
Il cuore della vostra proposta, che non rappresenta una novità, non essendo altro che la riproposizione del modello lombardo, è la separazione degli ospedali dal territorio. Tutto il resto, signor Presidente, è ammissibile e, ci tornerò: la razionalizzazione, la riduzione dei primariati dove ci sono pochi posti letto, ecc.
La informiamo, semmai non lo avesse capito, che siamo contrari a questo, che è il cuore della sua proposta; non siamo contrari alla sfida dell'efficienza, non siamo contrari all'eliminazione dei primariati inutili e delle strutture che, essendo vicine tra di loro, possono essere accorpate. Certo, tutto questo si può fare, ma è il cuore della proposta che non ci convince.
Noi non siamo d'accordo in ordine alla separazione dell'ospedale dal territorio, non serve un'ulteriore offerta privata, che sarà l'inevitabile conseguenza di questo modello. Oggi, in Piemonte, la vera questione è la capacità produttiva in parte inutilizzata, che, invece, occorre utilizzare pienamente.
La proposta di riorganizzazione, al di là dei piccoli e grandi interventi, su cui potremo convenire, è la seguente: pensiamo che occorra tutelare il modello definito dalla legge n. 833/1978, dal decreto legislativo n. 229/1999 e da tutte le leggi riguardanti la continuità ospedale e territorio all'interno delle Aziende Sanitarie Locali.
Crediamo che la riorganizzazione possa avvenire seguendo questa logica evitando che gli ospedali delle Aziende Sanitarie Locali svolgano compiti attribuiti agli ospedali di ASO e che gli ospedali di ASO svolgano i compiti delle Aziende Sanitarie Locali.
Dunque, signor Presidente, conveniamo sull'introduzione dei costi standard, sulla necessità di sviluppare ovunque il benchmarking, la mobilità del personale, maggiore appropriatezza . Ma la voglio invitare - è solo una piccola polemica - a domandare all'Assessore Ferrero quanti sono stati i primariati ex novo nominati nel corso del decennio Ghigo, di cui lei faceva autorevolmente parte, anche come Presidente e membro del Consiglio regionale, e quanti primariati ex novo sono stati nominati nell'ultimo quinquennio.
Lei avrà amare sorprese perché l'esubero di strutture semplici e complesse si è creato esattamente nel decennio della Giunta Ghigo in cui lei era autorevole esponente.
Signor Presidente, si possono tranquillamente eliminare le emodinamiche di cui lei ha parlato con il modello italiano (quello della legge n.
833/1978 e del decreto legislativo n. 229/1999) e piemontese; si possono tranquillamente organizzare le Aziende Sanitarie per grandi dipartimenti si può fare tutto; ciò che è irragionevole è separare l'ospedale dal territorio.
Le esponiamo alcune delle ragioni per cui questa separazione sarà foriera di maggiori costi e non di maggiore efficienza. Il modello verosimilmente, spingerà le Aziende Sanitarie Ospedaliere a realizzare prestazioni più costose o, comunque, a sviluppare comportamenti opportunistici, nella misura in cui le Aziende Sanitarie Ospedaliere diventeranno fornitori.
Verosimilmente, vi sarà meno interesse per le dimissioni rapide, il day hospital e il day surgery. Se l'ospedale è interno all'Azienda Sanitaria Locale, c'è un investimento per trattenere, per esempio, gli anziani sul territorio, piuttosto che spingerli, come inevitabilmente avverrà, nei pronto soccorsi o negli ospedali o nelle attività di post-acuzie.
Sarà difficile garantire la mobilità dei medici di base, che dovranno saltare dall'Azienda Sanitaria Locale all'Azienda Sanitaria Ospedaliera, ad esempio, se i loro pazienti saranno ricoverati in ospedale. Ci sarà difficoltà nel gestire il budget, in quanto è verosimile temere che le Aziende Sanitarie Ospedaliere non partiranno da zero con la loro dotazione essendoci costi storici che non potranno essere eliminati d'un colpo, e aumenteranno grandemente i costi amministrativi di transazione.
Signor Presidente, il suo modello, che è quello lombardo, funziona in Lombardia semplicemente perché in questa regione il 30-40% dei pazienti arriva da fuori regione.
Lei sa che in Lombardia esistono molteplici ospedali no profit fondazioni e istituti di ricerca a carattere scientifico, che sono assenti in Piemonte: quel modello è eccezionale in Lombardia e funziona esclusivamente per questa ragione.
Lei si troverà con maggiori costi, anche amministrativi, e la tentazione sarà una propensione inevitabile da parte delle Aziende Ospedaliere a trattenere i pazienti, piuttosto che a dimetterli con facilità, esattamente perché dovranno redigere il budget e, in qualche modo, dovranno giustificare i costi che determineranno.
Ancora una questione per concludere, signor Presidente: le ricordo che oltre che nel merito, la vostra proposta contiene elementi d'illegittimità.
Certamente, la legge regionale n. 18, che definisce i criteri con cui si effettua la programmazione, rinvia alla necessità di un'ampia consultazione e a un Piano Socio Sanitario che ridetermini scelte importanti come quelle che volete modificare.
La legge dello Stato n. 833/1978 indica chiaramente che l'attività ospedaliera di base deve essere svolta all'interno delle Aziende Sanitarie Locali; c'è il decreto legislativo n. 502/92 modificato dal D.Lgs. n.
229/99 che recepisce le leggi- quadro sul servizio sanitario nazionale, che in modo chiarissimo definiscono quando è possibile che un ospedale si possa fregiare del titolo di azienda sanitaria ospedaliera.
Vorrei leggere la legge dello Stato, che fino a prova contraria si pu cambiare. Essa dice che un presidio ospedaliero può fregiarsi del titolo di azienda sanitaria ospedaliera solo se ha un'organizzazione dipartimentale se c'è la presenza di almeno tre unità operative di alta specialità, se c'è un dipartimento di emergenza di secondo livello, se c'è un case mix di complessità assolutamente rilevante.
Gli ospedali aggregati non hanno nessuno di questi requisiti. La vostra proposta di aggregare gli ospedali di secondo e terzo livello agli ospedali di alta complessità è una scelta probabilmente contraria alla legge dello Stato.
Lo dimostreremo, così come dimostreremo che lei non può approvare un piano sanitario senza fare ulteriori passaggi, come quello che ha fatto la Regione Lombardia, che è stata costretta ad approvare una legge regionale e a passare almeno in Conferenza Stato-Regioni.
Lei non avrà vita facile, non avrà un percorso facile, signor Presidente, e le abbiamo dimostrato con i nostri interventi che non facciamo facile propaganda. La sfidiamo sui contenuti e, per favore, ci ascolti finché siamo in tempo.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola Elementare "Anna Frank" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della Scuola Elementare "Anna Frank" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

"Piano sanitario regionale: linee di indirizzo e fase della programmazione" richiesta dai Consiglieri Artesio, Cerutti, Reschigna, Boeti, Buquicchio Laus, Lepri, Bono, Biolé, Pentenero e Cursio (seguito)


PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Grazie, Presidente.
Non ho la competenza dei colleghi Boeti e Lepri, per cui farò tre considerazioni. Prima però vorrei che venisse sgomberato il campo dalla favoletta che riguarda il debito che avete ereditato. Questa è una favola e le favole si raccontano ai bambini, non in Consiglio regionale.
Noi abbiamo messo risorse tutti gli anni per consentire al bilancio della sanità della Regione Piemonte di chiudere in pareggio. Le faccio l'elenco degli impegni di spesa che, anno per anno, abbiamo determinato.
Altra cosa è il disavanzo che abbiamo ereditato, per il quale paghiamo lo chieda all'Assessore Quaglia - tutti gli anni una rata di 50 milioni di euro. Faccia il conto per dieci anni e avrà la dimensione di quanto l'eredità del passato incide sulla sanità di oggi, in termini di impegno di risorse che avremmo più utilmente potuto impiegare per fare una politica sanitaria volta a qualificare il sistema. Questa è la prima considerazione.
Seconda considerazione. Tornerà su questa questione il collega Reschigna, ma io sono convinto, Assessore Ferrero e Presidente Cota, che la vostra deliberazione sia illegittima e mi spiego.
Se voi vi foste limitati ad accorpare le ASO e le ASL, questa questione era realizzabile ed affrontabile con la deliberazione che avete adottato ma siccome voi con la riforma che fate - la cosiddetta rivoluzione di Cota decidete di cambiare, a parole almeno, il modello sanitario, avete una legge a cui dovete fare riferimento anche voi - fino a prova contraria perché le leggi vanno rispettate. È la legge n. 18 che stabilisce una cosa semplicissima: parlando di programmazione sanitaria stabilisce che il piano sanitario della Regione Piemonte debba definire il modello di organizzazione sanitaria. Voi cambiate, o volete cambiare, l'organizzazione sanitaria del Piemonte, introducendo qui il modello lombardo, ma non potete pensare di risolvere il problema del riordino con questa delibera. Prima dovete fare il piano sanitario del Piemonte, stabilendo nello stesso piano che cambiate il modello. E' chiaro qual è il problema? È chiarissimo.
Naturalmente so che c'è una predisposizione forte a prescindere dalle regole, ma fino a quando esistono le norme, voi le rispettate, come tutti i cristiani di questo mondo.
Quindi, sappiate che c'è un primo problema; non pensiate di avere risolto il tema della rivoluzione sanitaria in Piemonte con quella deliberazione e un allegato a quella deliberazione.
La seconda considerazione riguarda il merito.
Io non sono esperto, ma avete costruito un mostro e l'avete chiamato ASO. O diversi mostri! più giusto dire che avete immaginato di costruire, perché non avete costruito niente. Questo è anche il problema, il paradosso di questa vicenda: che state discutendo in giro per il Piemonte come se aveste realizzato la riforma sanitaria e realizzato le ASL. Non è così! A parte il fatto, Presidente Cota, che sono colpito dal pressapochismo con il quale immaginate un sistema radicalmente nuovo senza uno straccio di analisi, senza un ragionamento sulle prospettive e sui contenuti, senza una riflessione sul fatto che in Lombardia stanno discutendo sulla criticità rappresentata dalla questione del rapporto tra territorio e ospedale e stanno avviando una riflessione esattamente per affrontare questo nodo critico.
E voi ci proponete il modello sanitario sic et impliciter, ammesso che pensiate al modello sanitario. Infatti. mi dicono gli esperti che quel modello qui non è applicabile, perché le condizioni di sistema sono diverse tra Lombardia e Piemonte, sono diverse le condizioni di fondo sulle quali costruire il modello sanitario lombardo in Piemonte.
Poi mi fa un po' specie, perché rivendicate come un titolo di merito il fatto - lo dico ai colleghi del PdL. che hanno avuto un ruolo in questa discussione - che avete confermato le ASL nelle dimensioni provinciali.
Anche questo è un bel paradosso.
Fate un'azienda che ha 12 mila dipendenti, l'ASO novarese, e poi consentite la presenza di una ASL con 300 dipendenti. Ma vi rendete conto del parossismo rappresentato da questa soluzione? Ma sapete che i sistemi informativi delle ASL non comunicano tra di loro? Lo sapete. Quando affronterete questa questione, scoprirete che non dialogano i sistemi informativi. Ma che razza di ASO farete, se i presupposti di base non esistono per costruire un'azienda sanitaria che abbia quelle dimensioni e quei dipendenti? Mi stupisce da questo punto di vista, e penso al gigantismo che emerge da questa discussione e da questa struttura delle ASO - lo dico agli amici della Lega - che il partito del federalismo e dei territori metta in mora gli amministratori e i territori e sappia solo contrapporre al Torino centrismo, il Novara-centrismo. È verissimo! Perché in questa vicenda la parte del "cugino" - non dico cosa - la faranno gli amministratori! Infatti non ci sarà uno straccio di amministratore piemontese, che rappresenta quei territori, che voi vorreste rappresentare e in nome dei quali parlate, che avrà la possibilità di avere un ruolo di controllo e di indirizzo sulla riorganizzazione della rete sanitaria e sulla politica sanitaria del Piemonte. Riorganizzazione che con questo sistema sarà fatta da sette persone: tre sono in quest'Aula, due sono politici, uno è un tecnico e poi un po' di altre persone.
Ma voi pensate davvero che una riforma di queste proporzioni, che ha queste implicazioni e che comporta questi problemi - giusta o sbagliata che sia - possa essere pensata in ristretti conventicoli di vertice, in cui decidono una manciata di tecnici e qualche leader politico? Ultima considerazione e concludo. Ammiro sempre di più la capacità che hanno alcuni di voi di dire una cosa e poi fare il contrario. Sono colpito! Disegno uno schema, uno scenario e un ragionamento e poi faccio il contrario. Ve lo dimostro. Avete dichiarato - non ho il titolo del giornale che avreste privilegiato e valutato il merito nella scelta e nelle nomine. Avete detto che la bussola sarebbe stata il merito. Mi sono detto: "Questa volta fanno sul serio! Dovendo decidere quali direttori nominare si sforzano di chiudere con la politica politicante, di chiudere con il mondo delle baronie e, avendo deciso la politica sanitaria, si affidano a un bel po' di esperti, magari anche legati ai partiti - è previsto dalla Costituzione - ma che hanno come bussola...".
Vi racconto la mia esperienza, ve la racconto, perché è sintomatica del divorzio che voi operate, tra parole e fatti. Nell'ASL di Biella c'era un Direttore - accetto sconfessioni e smentite - considerato un ottimo manager.
Questo signore ha ottenuto cinque risultati in cinque anni: ha rimesso i conti a posto; ha bloccato e invertito la mobilità passiva; ha ripensato al rapporto tra privato convenzionato e sanità pubblica, evitando doppioni (l'efficienza si realizza e non necessariamente comporta una modifica strutturale nel sistema sanitario piemontese); ha disincagliato la pratica del nuovo ospedale, ereditata da un centrodestra che ha fatto un "casino" infinito (presenterò un bel libro che vi spedirò nei prossimi giorni sulla questione); ha implementato i servizi.
In un paese normale, ad un signore così gli avreste fatto un monumento.
Il Presidente Cota, che ha dichiarato ai giornali che avrebbe valutato in merito, lo ha licenziato. La logica: premiamo i meriti! Il territorio, i leghisti, il PdL, i medici vi hanno chiesto di confermare quel Direttore: non ci avete pensato un attimo a mandarlo via! Ogni commento, caro Presidente, è superfluo. I fatti contano molto più delle parole, credo che voi non ce la farete a fare questa riforma. Sapete perché? Perché questa riforma, così come la pensate, non è attuabile in questa regione, e perché avete contro il Piemonte vero, fatto di cittadini amministratori e operatori.
Qualche Consigliere può anche pensarla questa riforma, ma vive in un altro pianeta, non in Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Tiramani; ne ha facoltà.



TIRAMANI Paolo

Grazie, Presidente.
Mi esprimo a seguito dei numerosi comunicati stampa e dei primi interventi dei Consiglieri dell'opposizione. A me sembra paradossale che un'opposizione - prima maggioranza - che aveva messo in campo un Piano sanitario che ogni anno creava debito pubblico, quindi un debito numerico un qualcosa di inconfutabile e che rendeva un servizio qualitativamente non adeguato - questo è quello che è emerso in questi cinque anni di Giunta Bresso - oggi critica una riforma che tutti possiamo considerare epocale.
Una riforma che riesce, finalmente, a mettere in rete gli ospedali.
Mettere in rete gli ospedali vuol dire razionalizzare i costi, quindi riuscire a confrontare un dato numerico che voi non riuscivate a sostenere ma anche innalzare la qualità del servizio. Credo che ad un cittadino non interessino quanti manager ci siano in più o in meno, ma interessa avere un servizio adeguato. Credo che il cittadino si aspetti di avere sotto casa determinati servizi, punti nascita, il pronto soccorso, una medicina adeguata, una chirurgia di base.
Se, per esempio, un cittadino deve affrontare cure oncologiche, di particolare rilievo, non interessa andare nell'ospedale sotto casa, ma interesserà essere curato. Personalmente, se avessi un certo tipo di problema, non m'interesserebbe essere curato a Vercelli, mi interesserebbe guarire. Credo che su questo nessuno può essere in disaccordo.
La riforma che si sta mettendo in campo è criticata sul nascere secondo me per fare del fumo politico; per mistificare quella che sarà una realtà ha proprio questo fine.
Mi chiedo: è logico che in una provincia come la mia, dove l'opposizione non riesce neanche ad esprimere un Consigliere regionale nonostante tutto quello che è successo, alcuni esponenti locali del Partito Democratico vadano fuori dell'ospedale Sant'Andrea e, con il lutto al braccio, gridino "la sanità è morta"? Credo che non sia giusto.
Non è vero, come dice il Consigliere Ronzani, che questi territori sono dimenticati, non è vero che i manager più bravi non sono stati confermati.
Caro Consigliere Ronzani, invece di fare certe affermazioni rifletta sul fatto che, per esempio, in quello che lei ha definito essere un ecomostro è stato confermato lo stesso Direttore generale che c'era prima, che avevate messo voi. Non solo a Novara. Anche a Cuneo è stata fatta la stessa cosa.
Un conto è difendere gli amici degli amici, un altro è cercare di confermare le persone veramente valide. Mi sembra che questo sia stato fatto. Alcuni direttori generali, altro dato inconfutabile, nominati nella passata amministrazione, adesso sono stati confermati.
Sembra che quello che lei ha definito un ecomostro, non sia gestibile sul territorio. Credo che ogni presidio ospedaliero, come è già stato ampiamente spiegato, avrà un Direttore sanitario di presidio, quindi ampia garanzia sia all'interno di quello che è definito cluster, ma anche nel tavolo delle trattative e anche di tutte le problematiche di ogni ospedale.
Con questo sistema piramidale, quell'ospedale sarà tutelato. Un sistema che a me sembra molto logico: razionalizza i costi e fa diminuire il numero dei dirigenti.
Ho letto tantissimi comunicati; devo dare merito al Consigliere che uscire otto volte su un giornale locale, nella stessa edizione, non è da poco; vuol dire che o si è amico di qualche giornalista oppure ha fatto almeno 24 comunicati perché almeno uno su tre è pubblicato. Quindi complimenti.
Continuare a criticare la Giunta Cota. Continuare a dire, anche il 2 gennaio, "Cota non rispettato la promessa dei pannolini", quando invece come tutti avete visto, è già stata presa una decisione, è già stata fatta una delibera! Credo che questo sia fare fumo politico.
La Lega non ha a cuore il numero dei dirigenti, non ha a cuore di fare determinati primari, a me non interessa che il medico che conosco - e che magari mi ha aiutato in campagna elettorale - diventi primario; non m'interessa. Se quel medico è bravo, diventerà primario senza l'aiuto di nessuno. Queste sono le cose che la gente si aspetta. Si aspetta una sanità meritocratica.
Quando qualcuno mi verrà ancora a dire che la politica è sporca, lo prenderò per un orecchio e gli farò notare com'è la sanità, ma questo al di là dei colori politici. È peggio della politica, e voi lo sapete. Chi ha un minimo di coerenza, lo pensa, magari non lo dice, ma sapete tutti che è così.
Chiedo collaborazione come l'ha chiesta il Presidente. Siamo di fronte ad una svolta epocale, dove si può finalmente abbattere i costi, dove non avremmo più manager che arrivano a giugno o luglio dicendo che hanno finito il budget, come bambini che prendono la paghetta, ma arrivati a metà mese dicono al papà "mi integri la paghetta?", alla fine gli dai ancora qualcosa e ti costa una volta e mezza il budget prestabilito.
Basta, è ora di finirla! Com'è stato detto il budget della sanità rappresenta l'82% di tutto il bilancio regionale. Impariamo ad usare i soldi, impariamo ad avere manager che rispondono all'Assessorato, manager che usano le linee guida e non le interpretano perché siamo in Italia e tutto è interpretabile. Devono essere date delle linee guida ben precise, e riusciamo ad applicare la riforma.
A differenza di quello che hanno detto altri sono fiducioso. Sono di Vercelli quindi anch'io dovrei dire gravitiamo su Novara, così come i Consiglieri Marinello e De Magistris. A noi non interessa che ci sia il Direttore generale a Novara, a Biella, a noi interessa che il sistema funzioni. Sono convinto di questo.
Come è già stato detto non servono 100 mila consulenti, 100 mila Commissioni, bisogna mettere in atto la riforma. C'è un Assessore, c'è una Giunta, hanno preso determinate decisioni che poi voteremo in Consiglio, ma noi crediamo in questa riforma.
Il sottoscritto ci crede perché, per come è stato penalizzato il mio territorio peggio di così non potrebbe andare, ma sono convinto nel rafforzare determinati servizi, per esempio salvaguardando il punto nascite, come gli ospedali di Domodossola e Borgosesia che prima erano a rischio chiusura perché non riuscivano a vedere il numero di 500 parti.
Mantenendo vivo il pensiero che punti nascita, pronto soccorsi e altri servizi rimarranno in tutti i presidi, dormo tranquillo, così come dormono tranquilli molti miei cittadini.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Presidente, chiedo la presenza in aula dell'Assessore Ferrero, per cortesia, anche perché devo fare alcuni riferimenti e a me non piace parlare alle spalle.



PRESIDENTE

L'assessore Ferrero è nelle vicinanze; attendiamo un momento.



(L'Assessore Ferrero entra in aula)



PRESIDENTE

PRESIDENTE



PRESIDENTE

Prego, Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente. Devo dire che quando si tratta di affrontare tematiche rilevanti, come quella della sanità, apprezzo sempre la chiarezza delle posizioni, piuttosto che nascondersi dietro le situazioni.
Come ha riferito la Consigliera Artesio, se siamo stati costretti, come Gruppi di opposizione, a provocare questo momento di confronto in aula, è perché sono andati a vuoto tutti i tentativi che abbiamo fatto per avviare un confronto all'interno della Commissione.
Presidente Cota, se vogliamo che questo tema, sul quale non le garantisco consenso, perché - come hanno espresso i colleghi, in numerosi interventi - le nostre posizioni sono distanti, sia un tema da affrontare con grande serietà, occorre che questa serietà si esprima innanzitutto in una condizione di rispetto nei confronti del Piemonte e del Consiglio regionale.
Lo dico qui, Assessore Ferrero: lei, ieri, nel corso del Consiglio straordinario aperto sulle politiche socio-sanitarie, è stata ripetutamente interpellata da Direttori e Presidenti dei consorzi e dei servizi sociali per conoscere le linee di indirizzo verso le quali la Giunta regionale va ad esprimersi.
Nella sua replica, non ha detto "una mazza", sul problema.
Ieri pomeriggio, quando è terminato il Consiglio regionale, ho visto che in rete c'era la bozza, ancora ad uso interno, di una proposta di deliberazione a sua firma - Assessore Ferrero - che individua un possibile percorso: quello di favorire le unioni dei Comuni. Nel frattempo, per affidiamo la gestione transitoria alle ASL, in attesa che si facciano le unioni dei Comuni.
Assessore Ferrero, cosa le costa venire a riferire queste cose in Consiglio regionale? Cosa le costava, ieri, venire in Consiglio regionale e rispondere alle persone che l'hanno interpellata, su questa materia? Assessore Ferrero, cosa le costava, nelle settimane e nei mesi scorsi dirci, in Commissione consiliare, cosa pensava di fare relativamente alla riforma sanitaria? Ci vuole dire qualcosa, una buona volta, o è talmente elevata la sua paura di esporsi, per cui non avremo mai un momento di confronto con lei? Guardi che non sto scherzando! In questi otto mesi di avvio di questa legislatura, noi da lei non abbiamo mai saputo come la pensa sui diversi problemi, non abbiamo mai saputo quali sono le politiche di indirizzo che intende assumere in materia socio-sanitaria e in materia sanitaria.
Ieri aveva un'occasione eccezionale per sviluppare una riflessione in un Consiglio straordinario aperto, che si è contraddistinto per la qualità dei contributi provenienti da coloro che sedevano alle nostre spalle e ancora una volta, ha usato la tattica del non dire! Ha talmente paura che ieri non ha avuto neanche il coraggio di annunciare che la Giunta regionale aveva assunto la deliberazione sul bonus bebè, che magari avrebbe avuto anche qualche consenso! E vengo a noi, ma quest'argomento lo riprenderemo a partire dalla prossima Commissione, perché non è trattando così, non il Consiglio regionale, ma la comunità piemontese, che si affrontano seriamente i problemi.
Non voglio ripetere le questioni che sono già state oggetto di intervento di altri colleghi del Gruppo, perché le condivido e perché non è ripetendo i concetti che questi diventano più importanti.
Voglio solo fare due considerazioni. La prima: Presidente Cota, le voglio rammentare l'intervento del collega Lepri, il quale ha affermato che noi, sulla sfida dell'efficienza in materia sanitaria, ci siamo.
Qualche settimana fa, il Gruppo regionale del Partito Democratico ha presentato alcune proposte, che non sono proposte di mera conservazione dell'esistente. Quello che continuiamo a conservare e conserveremo, e su cui speriamo che il confronto avvenga nel merito, è la netta contrarietà all'ipotesi di separazione tra ospedali e territorio.
Presidente Cota, non intendo ripetere le questioni sollevate dai colleghi, perché le condivido e - ripeto - non voglio ribadire questioni assolutamente convincenti, ma intendo porle una questione: che importanza date alla delibera della Giunta regionale n. 51, del 29 dicembre 2010? Che importanza date e che ruolo ha quella delibera? Io cerco di dirle come la interpreto e cerco di darvi dei consigli, se vogliamo che il confronto avvenga nel rispetto delle regole e delle norme: quella delibera, dal nostro punto di vista, è considerata il pezzo più consistente del Piano Sanitario piemontese. Infatti, con quella delibera voi operate due scelte: la prima, assolutamente legittima, è una proposta di deliberazione al Consiglio regionale riguardante la revisione degli ambiti territoriali delle ASL e delle ASO; la seconda, è quella nell'Allegato A - del trasferimento degli ospedali dalle Aziende Sanitarie Locali alle Aziende Sanitarie Ospedaliere, universitarie o non, tanto che quell'allegato, a fianco di ciascuna Azienda Sanitaria Ospedaliera contiene l'elenco degli ospedali afferenti.
Voglio solo dire, indipendentemente dalle nostre opinioni, che questa non è materia di quella proposta di deliberazione, perché la legge regionale n. 18/2007 stabilisce che questa è questione attinente al Piano Sanitario Regionale.
Poiché noi riconosciamo, indipendentemente dalle nostre opinioni, la legittimità per un'Amministrazione regionale di avere una visione diversa in materia di sanità - e su questo ci confronteremo anche in modo molto duro, ma ci confronteremo nel merito - chiediamo e rivendichiamo il fatto che la Giunta regionale attui una riforma sanitaria rispettando le leggi che il Piemonte si è dato.
Le leggi che il Piemonte si è dato dicono, sostanzialmente, che relativamente al trasferimento di competenze e di funzioni dalle Aziende Sanitarie Locali alle Aziende Sanitarie Ospedaliere, si tratta certamente di trasferimento di competenze e funzioni nella misura in cui si mettono gli ospedali non di ASO all'interno delle dipendenze dell'ASO. Ma quella è materia di Piano Sanitario regionale.
Perché poniamo tale questione? Non per una motivazione formale, ma sostanziale, perché, fatta quell'operazione, dal vostro punto di vista tutto il resto della discussione è affare vostro, non è neanche più una questione che coinvolge la comunità piemontese.
A questo punto, anche seguendo il vostro percorso e la vostra linea, la suddivisione tra ospedale di riferimento e di contiguità, è una questione che sarà decisa dal Direttore generale di quell'Azienda Sanitaria Ospedaliera, da lei - Presidente Cota - dal Commissario Straordinario dell'ARESS, dal Direttore Generale dell'Assessorato alla sanità e dall'Assessore regionale alla sanità.
Cinque persone decideranno un tema vitale, come quello della riorganizzazione di una rete ospedaliera.
Concordiamo sul fatto che in Piemonte ci sono troppi piccoli ospedali però - Presidente Cota - ci consente il fatto che questa deve essere una discussione chiara, esplicitata alla comunità piemontese, non attraverso atti amministrativi, ma attraverso documenti politici come il Piano Sanitario? Poi, siamo anche d'accordo sul fatto che occorre fare un ulteriore sforzo, in relazione alle situazioni e alle compatibilità economiche, ma - Presidente Cota - questa è una materia che riguarda il Piano Sanitario e non la delibera 51! Occorre anche capire come avverranno i flussi economici tra la Regione e le singole Aziende Sanitarie Locali e le singole Aziende Sanitarie Ospedaliere, ma questa è - ancora - materia di Piano Sanitario, non della deliberazione di Giunta regionale o di atti amministrativi o di determine dirigenziali! Siamo anche d'accordo ad aprire un confronto vero sulla sanità piemontese, ma un confronto che non escluda nessuno.
La comunità piemontese deve sapere la traduzione concreta delle comunicazioni che lei ha fatto questa mattina in aula. Deve sapere Presidente Cota, cosa significa dire che ci sono troppi piccoli ospedali e che occorre ridurli. Nel concreto deve saperlo: è un progetto che deve essere reso chiaro ed esplicito, senza passaggi e sotterfugi.
La comunità piemontese deve sapere quali sono le conseguenze concrete e chiare di cosa vuol dire ridurre le specialità e le attività che non rispondono a quei requisiti standard. Abbiamo avuto una riprova questa mattina seguendo il suo ragionamento: sotto alcuni numeri le prestazioni sono pericolose e quindi non garantiscono sicurezza. Occorrerebbe - sempre seguendo il suo ragionamento - ridurre i punti nascita o altre attività in Piemonte. Il collega Tiramani si è subito affrettato a dire che i punti nascita di Borgosesia, di Domodossola e di quant'altro non saranno messi in discussione.
Noi abbiamo bisogno - non solamente noi, perché questo diritto lo rivendichiamo anche per la comunità piemontese - che questo percorso sia chiarito all'interno di un Piano Socio Sanitario piemontese, non con una deliberazione di Giunta regionale. Costruire effettivamente una riforma sanitaria, qualunque essa sia, subisce la fatica del confronto e della partecipazione che si sviluppa su un documento chiaro, non, com'è avvenuto in questi mesi in Consiglio regionale e nelle Commissioni consiliari competenti, sul "non dico" dell'Assessore Ferrero.
Noi chiediamo, signor Presidente - e lo chiedo anche al Presidente del Consiglio regionale - che da quella proposta di deliberazione venga tolta tutta quella parte attinente agli ospedali che vengono definiti afferenti alle aziende sanitarie ospedaliere; che la Giunta regionale presenti un reale piano sanitario del Piemonte (non fatto di 200 pagine, ce ne bastano anche molto meno) al cui interno la comunità piemontese sappia con certezza qual è il disegno e come questo disegno si traduce concretamente altrimenti quella delibera è illegittima, perché contraria alla legge regionale del Piemonte e anche lei, Assessore Ferrero, impari a rispettare la legge regionale del Piemonte.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Ho sentito con attenzione i primi quattro interventi di oggi nell'ambito di una riunione, che ricordo a tutti noi, convocata dall'opposizione ai sensi del nostro Regolamento, nell'ambito di una sessione straordinaria. Mi sembra che lo abbia detto anche il collega Boeti in uno suo passaggio: è una richiesta che l'opposizione fa per parlare di cose che loro ritengono, in maniera assolutamente legittima, non essere state prima oggetto di discussione in altre sedi.
Si sono dette molte cose, ma mi permetto di portarvi un po' indietro nel tempo, per capire come si possa svolgere un dibattito.
L'ultimo Piano Socio Sanitario del centrodestra, perché di questo si parla, è del 1997-1999. Direi l'unico, se non sbaglio, perché quello successivo tentammo di portarlo a buon fine, ma siccome non c'era il Regolamento attuale, per nostra incapacità (perché quando non si ottengono risultati è sempre responsabilità della maggioranza che governa) non ci siamo riusciti.
Quando venne approvato in quest'aula il Piano Socio Sanitario '97-'99? (Tra l'altro mi fa piacere che nel pubblico sia presente l'ex Assessore D'Ambrosio, che saluto con affetto). Ve lo racconto io, perché credo che fossimo in pochi: all'interno di quello che rimarrà, in questa Regione, il più lungo periodo di ostruzionismo, un record che non potrà essere battuto perché il nuovo Regolamento lo impedisce. Cosa successe in questo lungo periodo di ostruzionismo, esattamente sei mesi, per l'approvazione del bilancio '97? Allora l'Assessore ero io e già all'epoca non avevo la fama di avere un eccellente buon carattere, perché non ritenevo che la mediazione, nonostante gli ottimi consigli dell'allora collega Cavallera già Assessore dal 1970 in Provincia...
C'è stato un lungo periodo di ostruzionismo: sei mesi tra commissione e Aula, in cui il bilancio '97 non venne approvato perché alcuni colleghi dell'opposizione (certamente c'era la collega Manica) ritenevano che il nostro bilancio non fosse adeguato - bontà sua. Tra l'altro, alla fine di questo periodo si dimise il Presidente Ghigo per ottenere l'approvazione cerchiamo di ricordare il clima - e poi Ghigo fece il suo Ghigo 2, perch all'epoca il Presidente non era eletto direttamente, ma era indicato dagli elettori e poi, ai sensi dello Statuto di allora, eletto dai Consiglieri regionali.
Bene, all'interno di questo simpatico periodo di rapporti tra maggioranza e opposizione, con un record tuttora imbattuto di ostruzionismo da parte dell'opposizione sul bilancio, in una pausa del dibattito sul bilancio venne approvato il Piano Socio Sanitario (invito coloro che vogliono occuparsi della materia a leggerlo, a me non interessa nulla).
stato praticamente scritto a due mani: dall'Assessore D'Ambrosio e dai suoi colleghi che lo aiutavano nell'Assessorato e da alcuni membri autorevoli dei Gruppi di opposizione. Allora non c'era ancora i DS, forse c'erano i PDS, ma la collega Manica certamente potrebbe raccontare gli aneddoti perché lei e i suoi colleghi non furono affatto estranei né alla stesura del Piano né ai suoi contenuti, che erano lunghe elencazioni di cose che la modalità assembleare dell'epoca riteneva indispensabile.
Perché dico questo? Perché se vogliamo continuare nel gioco ne nel ruolo di dire: quanto sbagliate voi, quanto abbiamo sbagliato noi o quanto sbaglierete voi, si può anche fare, buona parte degli interventi di oggi l'intervento professorale della collega Artesio, i dotti interventi dell'ortopedico Boeti e gli ecomostri del collega Ronzani... se la vogliamo mettere sulla rissa, sono preparatissimo, poi tra l'altro sono anche esentato dal farlo, lo farà il collega Pedrale o il collega Carossa, ma mi sembra un modo inutile. L'ha detto il Presidente Cota: non scucirete un voto, alla gente di queste polemiche non gliene può fregare di meno.
Secondo me! Mi permetto di esprimere un suggerimento, ci mancherebbe che vi dicessi cosa fare, anzi, più danni vi fate, siccome noi sul danneggiarsi siamo molto molto bravi, se ci aiutate anche voi danneggiando voi stessi potremmo esservene molto grati, mentre invece, siccome la sanità piemontese, secondo me molto lontana da quello che potrebbe essere, è mica soltanto perché avete governato voi negli ultimi 5 anni: mi sono dimesso dalla Giunta Ghigo perché non condividevo una serie di cose, tra le quali la politica sanitaria della Giunta Ghigo di cui facevo parte, quindi considero che molto sarebbe stato meglio possibile fare prima, gli ultimi cinque anni mi considero esentato dall'esprimere opinioni perché le ho dette in questa aula quando facevo opposizione, ma adesso siamo a oggi.
Prendo la parte buona dell'intervento del collega Lepri: la sanità è un'opportunità di questo Piemonte. Per esempio, che vi parla ritiene che i posti di lavoro di cui questa Regione necessita come il pane (forse la materia prima di cui più abbiamo bisogno) debbano arrivare certamente dall'industria privata: io sono un liberale e ritengo che tutto ciò che noi possiamo fare per aiutare il sistema d'impresa a produrre nuovi posti di lavoro e mantenere gli esistenti è esattamente quello per cui siamo stati eletti. Nell'ambito del pubblico, però, visto che la più grossa impresa pubblica, che è la sanità, la gestisce la Regione, si dovrebbe cogliere l'opportunità; e la sanità piemontese può essere una grande opportunità proprio di lavoro e di sviluppo. Secondo me si può fare, però lo si pu fare, esattamente come sull'efficienza, dove ha perfettamente ragione il collega Lepri quando mi richiama. Non ho cambiato di un millimetro il mio pensiero: la sanità deve essere portata a efficienza e invito i colleghi dell'opposizione ad andare su quel terreno dove certamente, per quanto mi riguarda, non mi astrarrò.
La sanità piemontese, infatti, è inefficiente, con un tasso di inefficienza significativo: è difficile andarlo a prendere, il grasso sui fianchi non si toglie facilmente soprattutto quando si ha una certa età, ma abbiamo bisogno di prenderlo perché ci servono quelle risorse per fare una serie di cose, dalla riduzione dell'indebitamento a "n" mila altre cose sulle quali poi litigheremo. Allora, se la smettessimo per un attimo qualora fosse possibile, non necessariamente oggi - di discutere dell'elenco degli errori fatti, da chi e quando (elenco che secondo me è infinito e che, ripeto, non ci farebbe venire a capo di nulla), e invece pensassimo ad aprire una fase costituente, anche sulla sanità - facendoci ognuno di noi carico di errori che sarebbe improprio pensare che non siano stati commessi, o direttamente o per le parti politiche che rappresentiamo ci sarebbe uno spazio infinito. C'è uno spazio enorme di opportunità da cogliere che si possono cogliere proponendo, se la proposta passerà, anche attraverso un lavoro delle Commissioni consiliari. Non ne vedrei altro modo: anche il sistema di colloqui della Giunta deve vedere il ruolo dei colleghi consiglieri molto più attivo ed efficace di quanto, per tanti versi, sia stato finora. Questa è una modalità che mi interessa molto intraprendere.
Se invece dobbiamo tornare a dividerci per curve, facciamo pure, tanto io ho la sfiga di essere granata. Il Toro dunque non mi dà tante soddisfazioni, ma in compenso i simpatici cugini della Juve me ne danno molte e di questo li ringrazio perché mi addolciscono le domeniche, anche recentissime, e mi permettono di suggellare la fine delle vacanze natalizie con l'ultimo regalo fatto dai colleghi del Napoli: li ringrazio caldamente per questo. Credo che questa sia una modalità che sappiamo sviluppare ma che non porta nulla a nessuno. Proviamo invece, come sull'indebitamento, a vedere se esistono meccanismi consiliari di proposta e su questo sono personalmente molto disponibile.



PRESIDENTE

Grazie. Si è iscritto a parlare il collega Laus; ne ha facoltà.



LAUS Mauro

Grazie. Avevo dei dubbi ad intervenire perché anch'io non sono un esperto della materia; le mie sono come sempre delle considerazioni politiche. Mi permetto di utilizzare lo strumento della logica che consente, con un ragionamento, di partire dalla conoscenza di un fatto noto e giungere alla conoscenza di un fatto ignoto. Su questo, però, arriver alla fine del mio intervento.
doveroso un apprezzamento all'apertura di dialogo - perché io l'ho letta in questo modo - fatta adesso dal collega Burzi. Sono stato stuzzicato e stimolato anche dall'intervento pacato (stranamente pacato) del collega Tiramani.
Nell'intervento che ho fatto ieri, richiamavo l'Assessore Ferrero sul fatto che quando vengono posti continuamente in essere atti e provvedimenti almeno quelli che abbiamo letto finora - di politica socio sanitaria, non vedo la presenza del federalismo, della sussidiarietà e della concertazione; lo dicevo ieri e lo riprendo oggi. Ieri era più evidente perché con tutte le rappresentanze delle Associazioni sindacali e non è emerso questo.
Colleghi, diceva il Consigliere Tiramani: "Voi con il vostro Piano socio-sanitario avete generato un grande debito pubblico sulla sanità". Io utilizzo proprio il buon senso, come se stessimo al bar...
(Commenti in aula: "al bar, è noto il buon senso abbonda...")



LAUS Mauro

Sì, certo: abbonda.
Allora, io mi domando: se è lo strumento socio-sanitario che genera il debito - e per me è così - mi viene spontaneo chiedere: "Ma come pensate di fare la rivoluzione se abbiamo questo Piano socio-sanitario che genera i debiti?". Il buon senso e la logica mi dicono che la prima cosa da fare è un Piano socio-sanitario, perché le riforme, gli impegni, la pianificazione, la programmazione si fanno con il Piano socio-sanitario e non con una deliberazione, con la propaganda, con le conferenze stampa e con i comunicati stampa. Vi chiedo gentilmente di essere invitato, se possibile - fatemi un atto di cortesia -, alle vostre conferenze stampa. A distanza di tempo, infatti, magari si scoprono delle cose, come i paginoni riempiti su La Stampa e su la Repubblica sulla vetustà dell'edilizia sanitaria.
Scopro e leggo durante il periodo natalizio che c'era un libro - questo fatto dall'ARESS...



LAUS Mauro

RONZANI Wilmer (fuori microfono): "Me lo fai vedere?"



LAUS Mauro

questo qui. Questo lavoro è stato commissionato nel 2005 ed è stato finito nel 2007. Poi leggo La Stampa, la Repubblica e qualsiasi altro giornale e vedo la grande rivoluzione di questi mega-manager che si mettono a lavorare e vanno a quantificare il grado di vetustà di tutto il patrimonio dell'edilizia sanitaria.
Durante il periodo natalizio ho detto ad un noto esponente politico del PdL che il Presidente Cota a mio avviso è una persona per bene, che tiene agli interessi generali della Regione Piemonte e a tutti i cittadini. Ma questo non è sufficiente: non è sufficiente essere una persona per bene per risolvere i problemi della sanità piemontese e per affrontarne tutte le politiche.
Io faccio parte dell'opposizione, chiaramente: anche se con la maggioranza - e io in modo particolare, facendo l'imprenditore - molte volte siamo d'accordo, abbiamo un modello culturale diverso dal vostro; mi sono candidato con una coalizione diversa, sottoscrivendone il programma.
Lasciamo il nostro Piano, che è stato bocciato, e affacciamoci e veniamo al vostro, perché è di questo che voglio discutere.
Mi chiedo allora: si tratta di uno, due, tre Direttori generali? Sono più bravi i miei colleghi nel fare un'analisi e delle proposte. Io vi sfido invece sul piano industriale.
Mi chiedo e vi dico: è possibile, secondo voi, promuovere e comunicare l'efficienza di accorpamenti senza avere un Piano industriale? Non è possibile: se due persone titolari di due ristoranti - non di Aziende sanitarie - vogliono fare una fusione, un'incorporazione, devono avere i numeri e la capacità manageriale di poter dimostrare, nella comunicazione con la stampa, con i colleghi e in tutta la Regione Piemonte, quali sono i meccanismi che mettono nelle condizioni di portare efficienza: non di tagliare! Questo significa bravura manageriale, altrimenti ci prendiamo solo in giro: diciamo stupidaggini noi e stupidaggini continuano a scrivere i giornalisti; alcuni in buona fede, altri in malafede.
Sono chiamato qua per fare l'opposizione e non devo certo dire a voi che dovete portare a segno i nostri obiettivi politici! Sarei stupido sarei sciocco. Ma vi chiedo di fare quanto avete promesso di fare e di quanto state sostenendo.
Non è possibile parlare di accorpamenti di questa portata, senza avere un Piano finanziario, industriale. Sapete perché vi dico questo? Vi dico questo perché (ecco il discorso dell'argomentazione logico-deduttiva, per cui partendo dalla conoscenza di un fatto noto si giunge alla conoscenza di un fatto ignoto) se oggi avessimo la possibilità di leggere qual è il Piano industriale e finanziario si capisce che se oggi abbiamo una perdita pari a X, con liste di attesa pari a Y, con una qualità di efficienza pari a Z e vi ponete come obiettivo che tra un anno o tra due anni il grafico crescerà per alcune voci (quelle chiaramente positive) e diminuirà per altre voci (chiaramente quelle negative), parlo quindi dei costi della non efficienza allora sì che possiamo esprimere un giudizio non su quello che abbiamo detto noi, ma su quello che avete detto voi.
Ma se voi non scrivete nulla, noi che cosa dobbiamo dire? Voi, noi e tutti quanti assieme, il sistema politico o siamo completamente pazzi o siamo dei veri e propri imbroglioni! Ma non attiene a voi, attiene al ragionamento pacato. Io ho come l'impressione che il nostro sistema politico abbia perso proprio la bussola! Mi sono perso, non mi ritrovo più! Sono in difficoltà, perché non è possibile spiegare una politica rivoluzionaria, che è diversa dall'atteggiamento rivoltoso (la rivoluzione è cosa diversa: sapete benissimo che cosa è), ma una rivoluzione non si fa con un comunicato stampa, la rivoluzione non si fa con in pannolini! Questa è demagogia, questa è propaganda! Devo dire, pur non condividendo, che è un vostro grande merito quello della comunicazione. Ma ormai il "premio" per questo pregio nella comunicazione è stato assegnato e consegnato a Silvio Berlusconi, numero uno al mondo nella comunicazione! Un conto è la comunicazione e un conto è quantificare quanto è stato detto! Non ho più parole. Non so.
Prima sono andato in bagno per fare la mia breve pipì e sono passato attraversato comunicati stampa, giornalisti; di là, in corridoio, e noi stiamo a parlare qui in aula. Stiamo a parlare di che cosa? Tra un anno, un anno e mezzo, due anni, o tre anni o alla fine della legislatura come potrò andare a dire a questa Giunta che avevate promesso di fare questo e non l'avete fatto? Non è più possibile. Questo è il motivo per cui c'è un grande tarlo nel nostro sistema politico, quindi apprezzo l'apertura del Consigliere Burzi, arrivati a questo punto. Apriamo dei ragionamenti, confrontiamoci, entriamo nel dettaglio nella Commissione sanità, apriamoci ai territori, rendiamo protagonisti i Sindaci, e rendiamo protagonista chi è il vero destinatario dell'azione politica.
Il destinatario dell'azione politica non è l'opposizione, non dovete dimostrare a noi che voi spendete meno. Il destinatario dell'azione politica è il cittadino e, nel caso specifico, è il cittadino-paziente, al quale dobbiamo consegnare efficienza, diminuzione delle liste d'attesa e alta qualità del servizio.
Mi scuso se nel mio intervento ho offeso involontariamente la sensibilità di qualche collega.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vignale.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Quando nei cinque anni passati abbiamo governato la nostra Regione avremmo voluto attuare una serie di misure, coprire il deficit del 2004 aumentare la domiciliarità, riorganizzare la rete ospedaliera, rendere omogenea la rete informatica, se nonché pochi mesi prima della scadenza della legislatura alcune ASL hanno bandito singole gare per singoli sistemi informatici che magari non dialogheranno fra di loro.
Insomma, avevamo promesso molte cose, ma non le abbiamo mantenute perché questo sembrerebbe essere il tono rispetto a tutta una serie di interventi fatti dai colleghi. Cioè sembra quasi che nei cinque anni precedenti il centrodestra abbia governato la sanità piemontese, non sia stato in grado di controllare la spesa, non abbia fatto tutta una serie di cose che le critiche di oggi hanno ricordato, che evidentemente non potevano essere modificate nell'arco di pochi mesi.
Questo non è stato. È ovviamente un paradosso che viene utilizzato per significare come si può fare tutto, stando all'opposizione, nel senso che si può decidere di scegliere una linea che è assolutamente non propositiva ma che è esclusivamente una linea di opposizione.
Tuttavia, bisogna fare i conti con quella che è la realtà, nel senso che il centrosinistra ha governato nei cinque anni precedenti la sanità piemontese e tutte le pecche e tutte le mancanze che oggi sono state segnalate dai colleghi del centrosinistra, certamente una grande parte di responsabilità devono essere ascritte a chi ha governato la sanità nei nove anni precedenti.
Potremmo ricordare tutta una serie di promesse non mantenute. Io ne ricordo due in particolare, concludendo la parte di critica: i 197 primariati da tagliare; i primariati non sono stati ridotti, anzi sono stati aumentati di qualche misura, ma non solo. I colleghi dovrebbero sapere (ma non lo sanno, perché anch'io ne sono venuto a conoscenza quasi per caso) che la Giunta regionale precedente commissionò a un'importante Società di consulenza un grande studio (sia perché voluminoso, ma anche per la spesa sostenuta) per garantire efficienza alla sanità piemontese, perch era stato individuato come un problema oggettivo il fatto che ci fosse un'esplosione della spesa e che ci fossero molte duplicazioni di un sistema che, in alcuni casi, era sovrabbondante di servizi rispetto ad alcune patologie e in altri casi era carente.
C'era un sistema che non era omogeneo rispetto alla rete, rispetto ai servizi erogati, rispetto a quelli sanitari e a quelli socioassistenizali.
stato sufficiente ascoltare il Consiglio aperto di ieri per renderci conto quanto tutto questo fosse vero. Però, come dicevamo anche ieri, non si possono recitare più parti in commedia: cioè, non si può recitare la parte del rigore e la parte della spesa. Bisogna che anche i partiti dell'opposizione, soprattutto il maggior partito dell'opposizione, si metta d'accordo fra le valutazioni che fa ripetutamente e convintamente e il collega Boeti rispetto a una insufficiente percentuale di spesa o numero di posti letto della nostra Regione, della nostra Nazione rispetto a molte altre Nazioni (ieri l'ha fatto sul socio-assistenziale, oggi l'ha fatto sulla sanità), sapendo che se dal 7% passiamo all'8% del PIL il collega Boeti o il PD ci devono spiegare dove troviamo nel sociosanitario, dove tagliamo più di 100 milioni di euro all'interno del bilancio regionale.
Perché, visto che siamo freschi della discussione sul bilancio, è evidente che se poi si dice che se non vengono finanziati i settori dell'Agricoltura, quello del turismo, quello della cultura, eccetera, più aumenta una spesa, che è quella prioritaria del nostro bilancio, meno si possono finanziare anche altri sistemi. Ma il dato evidentemente non è un dato esclusivamente economico.
Il dato economico è quello prevalente, perché oggi il motivo per cui arriviamo all'indebitamento è che la somma delle partite incomprimibili come quelle escluse dal fondino più le spese obbligatorie, in realtà fanno il bilancio della Regione Piemonte; pertanto, non lasciano spazio di attività politica se non l'ordinaria amministrazione.
Allora, se uno non vuole fare ordinaria amministrazione ma vuole gestire correttamente i servizi nella nostra Regione, partendo dall'aspetto della sanità, il problema socio sanitario è quello che va inevitabilmente centrato. Proprio partendo da alcune considerazioni che non in questa aula ma all'interno della Giunta, venivano fatte commissionando quello studio io credo che sul problema dell'efficienza - alcuni colleghi continuano a significare il fatto che rispetto ad alcuni temi che noi abbiamo più volte sottolineato, cioè l'efficienza in sanità e la riduzione dell'indebitamento, non si sottraggono a questa partita - noi vorremmo poter fare, sia sul debito sia sulla sanità, un ragionamento che vada oltre a quelle che sono le etichette e le parti politiche all'interno delle quali stiamo, che sono molto spesso parti che rendono forzosi alcuni ragionamenti, ma che dovrebbero consentire di fare alcune valutazioni che vanno oltre.
Rendere efficiente il sistema sanitario è una priorità non solo per la spesa, ma anche per tutta una serie di fattori condivisi dalla larga maggioranza di questo Consiglio, che il precedente Piano non ha avuto né il coraggio né la capacità di fare. Il fatto che una serie di piccoli ospedali non svolga quella funzione di presidio del territorio, oppure siano troppo numerosi (ma su questo nutro qualche dubbio), è un dato di fatto. Perch sarebbe sufficiente vedere quali sono le prestazioni svolte in alcuni piccoli presidi ospedalieri per rendersi conto che sono delle strutture che non erogano quelle potenzialità che avrebbero rispetto ai loro che hanno.
Il fatto che si debba addivenire ad una razionalizzazione del sistema del pronto intervento della medicina d'urgenza, lo dice anche una delibera approvata dalla precedente Giunta, che è stata però applicata in parte minimale. Se fosse stata applicata in modo più consistente, disporremmo oggi di un servizio dell'emergenza e dell'urgenza che funzionerebbe meglio e costerebbe molto meno.
Dire che alcuni punti di primo intervento devono essere chiusi dopo una certa ora perché non ci sono le figure professionali in grado di rispondere alle emergenze, e quindi gli stessi 118 o i pazienti non si recano in quegli ospedali, è un dato di fatto condiviso da molti colleghi, ma che non è mai stato attuato.
Il Presidente faceva riferimento alle emodinamiche: potremmo ricordare come solo nella ASL del Canavese siano state acquistate due emodinamiche dalla precedente Amministrazione, che oggi non funzionano, nel senso che non sono mai state attivate perché non hanno gli strumenti e il personale per poterle far funzionare. Ma quella spesa è significata 5 dei 54 milioni di buco che il Direttore Fresco ha fatto all'interno della sua Azienda creando anche aspettative nei confronti della popolazione che sono oggi da governare.
Credo, insomma, che questo inizio di discussione relativamente al riordino della sanità piemontese parta con alcuni aspetti importanti, che riguardano l'efficienza e l'appropriatezza della cura, ma soprattutto un servizio migliore e più omogeneo da dare ai cittadini piemontesi; ma riguarda anche un dato che noi abbiamo di fronte agli occhi, che è quello delle risorse che abbiamo a disposizione. Se vogliamo davvero fare un ragionamento serio nella sanità, come faremo in I Commissione sull'indebitamento - questo segnale lo abbiamo dato non solo nel bilancio triennale, ma anche nel bilancio di quest'anno, lanciando anche una grande sfida da raggiungere - dovremo puntare al fatto anche se non verrà completamente raggiunto il traguardo, ma si registrerà ugualmente un'inversione di tendenza rispetto ad una crescita costante, sarà già comunque un grande risultato; vorrà dire che saremo partiti in modo corretto. Dopodiché, come sempre è avvenuto, lo strumento della Commissione consiliare sarà il luogo in cui, magari, smettendo un po' i panni di chi fa il Governo di chi fa l'opposizione, come molte volte è accaduto in sede di IV come di altre Commissioni, potremmo sviluppare dei ragionamenti nei quali - ne sono convinto - poter trovare dei punti di accordo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Cursio; ne ha facoltà.



CURSIO Luigi

Grazie, Presidente.
Effettivamente non saprei da dove partire in merito a questa "rivoluzione" in ambito sanitario. Ho ascoltato con molta attenzione il Presidente Cota: confesso che mi sembrava più un dirigente di ospedale, un medico, un primario o un Direttore, più che un "amministratore".
Sinceramente, non vedo rivoluzioni in sanità; forse sarò distante dalla mentalità rivoluzionaria (questo è sicuramente vero), ma quando penso alla sanità - in questo senso mi rivolgo anche alla stampa - se si deve parlare di pannolini si scrivono grandi articoli, ma se parlo, per esempio, di una gara telematica, e dico: "Perché non facciamo una gara telematica per l'assegnazione di commesse?", a nessuno interessa, sebbene il risparmio sarebbe di gran lunga superiore a qualsiasi iniziativa demagogica del nostro Presidente. Se parlassi di ridurre i blister, a chi interesserebbe nonostante il fatto che documentati studi dimostrano che porterebbe ad una riduzione almeno del 20%? Per non parlare della riduzione delle apparecchiature. Stiamo parlando di sostanza strutturale della sanità, per evidentemente non interessa a nessuno.
Ma di quale riduzione stiamo dunque parlando? Veniamo qui a recitare la commendiola? Purtroppo è così.
I giornali sono assolutamente silenti di fronte a concetti chiave. E sono dati, tra l'altro, di cui ci si può appropriare attraverso un'elementare documentazione.
Come ho detto in più di un'occasione, basterebbe mettere in rete tutti i dati dei pazienti di cui disponiamo per ridimensionare di molto la spesa.
Poi, per carità, posso capire l'accorpamento di 8 ospedali piuttosto che 13, metterli insieme cercando di ridurre i costi perché ci sono dei doppioni: lo posso capire, e va bene comunque, nonostante ci siano autorevoli studi (non solo europei) che dimostrano, invece, che l'ospedale migliore è quello che oscilla tra i 550 e gli 800 posti letto (perché poi diventa un "pachiderma", cioè una struttura che non riesce più ad essere efficiente oltre che efficace).
Tra l'altro, da noi, mancando anche la meritocrazia...



PRESIDENTE

Colleghi, è veramente difficile riuscire ad ascoltare il collega, che ha il diritto di intervenire come tutti gli altri.
Vi prego, quindi, di prendere posto, di fare silenzio e di lasciar proseguire il collega. Grazie.



CURSIO Luigi

Grazie, Presidente. In realtà avevo già espresso nella mia premessa che l'intervento non sarebbe interessato a nessuno; sapevo già in partenza che si trattava di argomento poco interessante.
Volendo passare ad una valutazione oggettiva ed obiettiva, la popolazione invecchia e, allora, perché dobbiamo slegare il territorio dall'ospedale? L'operazione che si sta facendo non è attenta.
Poi, noto che, effettivamente, c'è poco interesse ad ascoltare la voce di qualcuno che, magari, potrebbe sapere qualcosa. È vero che il Presidente Cota è circondato da un numero elevato di consulenti, però, che guardano e nelle parole del Presidente lo si è capito ben distintamente - il proprio orticello. Parlano dell'oncologia, del numero dei posti e disquisiscono in merito al funzionamento dell'emodinamica, ma questa non è una rivoluzione! Semplicemente, è come fare uno "spezzatino" all'interno del sistema sanitario, affinché si possano accontentare le varie voci, magari pensando anche di risparmiare, non so fino a che punto! Invece, se si vuole compiere una rivoluzione in ambito sanitario occorre rivolgersi ad uno spettro più ampio e generale.
Il Presidente Cota ha detto che l'82% - io ero fermo al 79% circa - è ascritto alla voce sanità del bilancio della nostra Regione. Quindi osservando che la percentuale sta salendo, mi chiedo se non sia necessaria una valutazione strutturale e, francamente, rimango stupefatto.
Ieri ho detto che, mediamente - tralasciando la riduzione del blister gli altri Paesi spendono il 30% in meno solo in riferimento alla voce farmaceutica; allora, perché non ne discutiamo e non consideriamo la spesa farmaceutica una spesa importante, la quale si attesta intorno a 900 milioni? Evidentemente, non interessa. Quindi, veramente, faccio una immane fatica a capire anche il senso dello stare in quest'aula. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Cursio.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Spagnuolo; ne ha facoltà.



SPAGNUOLO Carla

Intervengo anche se, evidentemente, a quest'ora, l'interesse intorno a questa discussione si è fisiologicamente smorzato, per cui il mio intervento sarà molto più breve rispetto alle mie intenzioni.
Sono stata molto attenta al dibattito, ho sentito in parte l'introduzione del Presidente della Giunta e voglio svolgere soltanto due o tre riflessioni.
Il dibattito, nella prima fase, con gli interventi dell'ex Assessore Artesio, del dottor Boeti, dei colleghi Ronzani e Reschigna sostanzialmente, ha seguito un filo conduttore. Sono emerse, in maniera molto determinata, due critiche: una attiene alla legittimità dello strumento con il quale il provvedimento fino a questo momento sarebbe stato adottato; l'altra è una critica di fondo inerente i diversi errori che sono contenuti a livello di merito. Praticamente, è stato contestato tutto in blocco, perché è stata rifiutata complessivamente l'ipotesi di questo tipo di riforma. Alcuni hanno motivato in maniera più precisa le ragioni di questo dissenso: per esempio, il collega del PD ha criticato il principio di fondo della separazione degli ospedali dal territorio e ha considerato quest'ipotesi - dal suo punto di vista studiata e presentata da pochi soggetti - come una sorta di golpe.
Volevo un po' soffermarsi su questo aspetto. È evidente che anche nelle scorse legislature si sentiva la necessità di una profonda revisione, sotto il profilo dell'efficienza, della materia sanitaria. Questa riforma certamente, così come presentata, rappresenta una grande sfida. Poich questa grande sfida, in qualche modo, deve essere portata avanti, per certi versi, ritengo abbastanza normale che il ragionamento iniziale di progettazione dell'ipotesi di riforma sia stato concepito, magari, da pochi soggetti, politici o tecnici. Da adesso in avanti, sarà importante il coinvolgimento per la sua realizzazione. Certo, questa è una delle sfide più importanti che questa legislatura dovrà affrontare.
chiaro che la maggioranza e - non solo perché è maggioranza, ma perché ragioniamo su questa esigenza di fondo - dovrà dare la sua disponibilità all'Assessore e alla Giunta per realizzare questa sfida, che è molto complessa.
Il collega Ronzani, invece, ha detto che non riusciremo a realizzarla richiamando motivazioni che, in qualche modo, risalgono anche a impostazioni della, o delle, gestioni precedenti. Probabilmente, le motivazioni per cui le ASL non dialogano tra loro non nascono adesso e forse, necessitavano già di una correzione.
Credo si debba andare incontro a questa sfida, perché c'è bisogno di efficienza e di una riqualificazione complessiva della spesa. Non siamo così ciechi da considerare soltanto le problematiche di carattere economico, perché, evidentemente, la salute è sinonimo di persona. I destinatari della salute sono le persone, per cui si deve tradurre in realtà per gli uomini, le donne, i ragazzi e la popolazione che invecchia che, sovente, è la più bisognosa e richiede anche cure e interventi che inoltre, sono diventati molto costosi.
Ieri abbiamo ascoltato con interesse il contributo recato dalle associazioni. Per esempio, tutta la tematica della ospedalizzazione a domicilio di cui si è parlato può essere considerata un fiore all'occhiello della sanità torinese e piemontese, in particolare di alcune parti del Piemonte. Sappiamo bene - ho avuto anche un'esperienza diretta - quanto siano costosi questi interventi, ma, dal punto di vista sociale compattano. Pertanto, dovremo considerare questi ragionamenti in ordine a ciò che è utile per compattare il nostro tessuto sociale e ciò che, invece può essere tagliato ed essere ascrivibile alla voce "spreco", ed è un lavoro molto difficile.
Voglio concludere con la seguente riflessione: nel corso degli anni ho ascoltato molti interventi inerenti le problematiche della sanità.
La sanità piemontese richiede una profonda revisione, perché i tempi sono cambiati, sono cambiati i costumi e i tipi di abitanti del nostro Piemonte, con esigenze di spesa che sono andate ad aggiungersi per queste diversità, perché sono aumentate le sensibilità e, per certi versi, è aumentato il livello di civiltà della nostra società.
Il fatto che la televisione dica in tutti i telegiornali che un bambino è morto a Bologna, è una cosa che mi faceva pensare, nei giorni scorsi quanto in definitiva la sensibilità sia aumentata e quanto il discorso dei diritti rispetto alla salute sia più importante.
Questo è positivo, ma ha dei risvolti. Oggi ci troviamo - ed è questo il ragionamento con cui concludo - in una fase profonda di crisi economica nella quale più che mai dobbiamo far coniugare diritti civili acquisiti nella nostra coscienza individuale e problematiche di spesa che tutto questo comporta.
L'esigenza di procedere secondo ragioni di migliore efficienza ci dovrebbe un po' spingere a riflettere. È illusoria la mia conclusione, ma ci dovrebbe spingere a muoverci un po' con logiche diverse, non la logica del rifiutare tutto, né la logica del dire "tutto questo è mia responsabilità, è responsabilità della Giunta passata, è responsabilità dell'altra, ecc.".
Ritengo che, chi più chi meno, nel campo della sanità tutti abbiamo fatto degli errori, perché modificare in questo campo è estremamente difficile, anche se modificare è difficile in tutti i campi.
Ho ricoperto per tanti anni la carica di Assessore al commercio e ricordo che facevo la stessa fatica a convincere gli ambulanti a spostare un mercato, perché bisognava ristrutturare quel plateatico, e poi a riconvincerli a ritornare indietro, perché dove erano andati si erano trovati bene. Il cambiamento è qualcosa che blocca, in qualche modo.
Quante delegazioni, incontri, sprechi di risorse, di energie individuali e di convincimento abbiamo fatto nell'arco di questi anni per cominciare a spiegare alla gente che i piccoli ospedali spesso sono produttori di pessima sanità e che sono luoghi che, al momento del bisogno è il cittadino per primo che li abbandona.
E' chiaro che oggi bisognerebbe cercare di fare qualche ragionamento diverso. Non a caso, secondo me, proprio nell'accenno finale, il Presidente della Giunta ha citato la questione FIAT.
Credo che questa legislatura sarà caratterizzata da un percorso che ormai si è avviato come grande sfida e sarà caratterizzata dalla problematica del lavoro, in primis, che ha dei connotati di carattere politico così nuovi che devono fare ragionare.
Farei uno sforzo comune, e in questo senso ringrazio il Consigliere Boeti dell'unica proposta che ho sentito, che mi sembra di dovere richiamare, quella della scuola per manager della sanità. Lo voglio sottolineare all'Assessore, perché credo che bisogna fare lo sforzo di fare delle proposte, altrimenti ci muoviamo tutti sulla base di vecchissime logiche.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Muliere; ne ha facoltà.



MULIERE Rocco

Assessore, è successa una cosa quanto meno singolare, e forse c'è qualcosa che non va. Mentre stavamo discutendo in aula, nel corridoio tutte le televisioni stavano intervistando il Direttore dell'ARESS, che spiegava a tutte le televisioni il significato della riforma del sistema sanitario regionale.
C'è qualcosa che non va, Assessore. Faccia l'Assessore! Non è possibile e lo abbiamo già sollevato in quest'Aula - che il Direttore dell'ARESS abbia una responsabilità politica e spieghi in Consiglio regionale e sul territorio regionale il senso della riforma sanitaria. L'Assessore faccia l'Assessore! Il Presidente faccia il Presidente! Il Direttore dell'ARESS faccia il Direttore dell'ARESS, non il Presidente dell'ARESS, che non esiste. Zanon non ha una responsabilità politica, è un funzionario; è stato nominato.
Per questo, ripeto: Assessore, faccia l'Assessore alla sanità! Anche se il Presidente è andato via, si consulti con il Presidente e ci sia dia una risposta alla domanda avanzata dal Presidente del nostro Gruppo.
Quando il Presidente Cota e poi il Consigliere Burzi sollecitano un confronto con l'opposizione sulle proposte della maggioranza e della Giunta... A proposito, sono proposte della Giunta o anche della maggioranza? Ho l'impressione che siano molte di più le proposte della Giunta e meno quelle della maggioranza. Ma, a parte questa valutazione volete aprire un confronto? Benissimo! Come ha suggerito il Presidente Reschigna, togliete e ritirate quella parte che prevede l'accorpamento delle aziende ospedaliere.
Come si fa ad auspicare un confronto, se poi nella deliberazione approvata il 29 dicembre si disegna già in modo preciso quale sarà il nuovo sistema sanitario regionale? Al di là della questione della legittimità c'è una questione di confronto in quest'Aula, ma soprattutto con il territorio.
Se volete auspicare e favorire il confronto, ritirate questa tabella.
Fate un atto politico che aiuti il confronto, altrimenti sarà molto difficile chiedere il confronto con questa opposizione e soprattutto con il territorio.
Vorrei ricordare quello che abbiamo fatto negli anni scorsi, prima di approvare il piano socio sanitario regionale. Siamo andati in tutte le province della nostra Regione a parlare con le organizzazioni, con le associazioni, con i sindaci e con chi aveva la responsabilità istituzionale.
Se volete aprire il confronto, fate questo primo atto politico, oggi, e date questa disponibilità. Volete riformare il sistema sanitario regionale.
Le riforme passano attraverso gli atti naturalmente, ma anche attraverso gli uomini.
Ecco perché vorrei sollevare una questione. Quando si parla di territorio e di rispetto del territorio, ha già sollevato una questione il collega Ronzani. Ne voglio sollevare un'altra anche io.
Nella mia Provincia è stato nominato commissario dell'ASL provinciale un Direttore che alcuni anni fa era stato sfiduciato dalla Assemblea dei sindaci e non solo sindaci del centrosinistra, così sgombro il campo da questa obiezione. C'erano sindaci anche del centrodestra: il sindaco di Acqui, ad esempio, aveva sfiduciato quel Direttore.
Voi avete tolto un Direttore che ha guidato l'accorpamento dell'ASO che voi riconfermate come orientamento politico, perché avete detto che gli accorpamenti dell'ASL, le ASL uniche in ogni provincia sono una scelta giusta, anche se l'avete contestata nella scorsa legislatura.
A me fa piacere che abbiate cambiato idea sull'ASL della provincia di Alessandria. Avete tolto un Direttore che aveva guidato questa trasformazione e che ha trovato l'intesa della maggior parte dei sindaci della Provincia di Alessandria. Avete tolto quel Direttore per mettere un Direttore, a proposito del rispetto del territorio, sfiduciato dall'Assemblea dei Sindaci dell'ASL che stava dirigendo in quel momento.
Volete riformare il Sistema Sanitario regionale? Se lo volete fare con questi uomini, credo che avrete delle difficoltà, al di là della bontà delle idee; le riforme si fanno con gli uomini, con la partecipazione e con il confronto con il territorio.
Se salterete questo pezzo, anche ammesso che la vostra idea sia giusta ma noi riteniamo sia sbagliata - questa riforma non riuscirete a portarla a termine, se non aprite un confronto serio con il territorio.
Il nodo politico è stato sollevato, noi siamo contrari nel merito, lo abbiamo detto stamattina, e faremo una grande battaglia politica sul punto su tutto il territorio regionale. Siamo contrari alla divisione tra la gestione degli ospedali e la gestione del territorio, emerge una questione di merito. L'attuale impostazione, in questi anni, in Piemonte, ha dato risultati positivi.
Voi volete togliere la continuità di cura, ed è un errore politico e non soltanto di politica sanitaria. Vedremo dal punto di vista dei bilanci l'esplosione della spesa sanitaria. Questa mattina il Presidente Cota ha detto che non possiamo più permetterci di aumentare la percentuale dell'82%: noi siamo pianamente d'accordo. Non possiamo permetterci di aumentare la percentuale dell'82% sul bilancio complessivo della Regione Piemonte, ma se attuerete quella riforma, in questo modo - e noi ci opporremo fortemente - ci sarà anche un'esplosione della spesa sanitaria.
Con questa bozza di delibera che abbiamo invitato a ritirare, voi volete anticipare la riforma del sistema sanitario regionale, ma io mi chiedo: siete convinti che, per esempio, sia giusto dare la responsabilità all'ASL di Alessandria della direzione di 11 ospedali, compreso quello della provincia di Asti e Nizza Monferrato? Voi pensate che questa sia una scelta giusta dal punto di vista operativo? Guardate che la rete ospedaliera non si costruisce in questo modo, noi abbiamo lavorato concretamente sulla rete ospedaliera in questi anni. Non è un'invenzione.
Quando abbiamo accorpato, per esempio, l'ASL della provincia di Alessandria abbiamo voluto dare questo significato: mettere in rete le strutture ospedaliere, i presidi ospedalieri della provincia di Alessandria. Non è una rivoluzione mettere in rete le strutture ospedaliere, è già stato fatto! Non c'è da inventare nulla da questo punto di vista. Non lo si fa dando la responsabilità all'azienda ospedaliera di Alessandria della direzione di altri 11 presidi ospedalieri, compreso quello di Asti (tra l'altro, andate a convincerete gli astigiani e poi ne parleremo).
A parte questo, dal punto di vista operativo, è impossibile attuare un risparmio andando in questa direzione. È un errore di politica sanitaria estremamente grande. Ed è su queste questioni che noi vorremmo lavorare e confrontarci con il territorio.
Infine sulla questione della programmazione. Cosa ci viene a raccontare il Presidente Cota che non c'era programmazione di edilizia sanitaria? Si può condividere o meno, ma noi in quest'Aula abbiamo discusso di programmazione di edilizia sanitaria. A tal proposito ritorno a dire Assessore, lei è d'accordo, la sua Giunta è d'accordo, la maggioranza di quest'Aula è d'accordo sul nuovo ospedale di Alessandria sì o no? Lo dica una volta per tutta, si o no a proposito di programmazione? A proposito di investimenti, sono d'accordo con il Consigliere Burzi perché la sanità non è soltanto una spesa, ma una grande opportunità, se gestita bene.
A proposito di grande opportunità, dal punto di vista economico e degli investimenti, che cosa volete fare sull'edilizia sanitaria? Il piano di edilizia sanitaria è quello che ci ha proposto l'Assessore in Commissione? Allora non ci siamo.
Infine, Presidente mi scusi, voglio porre una questione che ha posto anche il Consigliere Reschigna nella seduta del Consiglio regionale aperto di ieri. Una questione di estrema importanza, che oggi preoccupa fortemente tutti i Sindaci della nostra regione: il futuro dei Consorzi socio assistenziali. Che cosa ne sarà di questi? Qual è la vostra idea? Se è quella fissata nella bozza di delibera, sono molto preoccupato. Su questo vogliamo discuterne? Anche se c'è una bozza, vogliamo aprire una discussione in quest'aula e in Commissione sul futuro dei Consorzi? Questo è un altro punto di estrema importanza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Toselli; ne ha facoltà.



TOSELLI Francesco

Grazie, Presidente.
Tranquillizzo i Consiglieri perché interverrò molto meno dei dieci minuti previsti.
Ho ascoltato gli interventi dei Consiglieri, ma francamente non ho sentito nessuno oggi - forse sbaglio - parlare di prevenzione. Anche se riconosco di aver visto scritto la parola convenzione sul precedente Piano Socio Sanitario...



TOSELLI Francesco

RONZANI Wilmer (fuori microfono)



TOSELLI Francesco

Scusi Consigliere, prevenzione o convenzione?



TOSELLI Francesco

Prevenzione. Parola che ho trovato scritta nel precedente Piano Socio Sanitario. Che riconosco essere lettera morta perché, nonostante aver visto scritta la parola prevenzione, non ne ho visto, fino ad oggi, nessun effetto.
Capisco che, elettoralmente, parlare di prevenzione non paga; poich tutti noi siamo ancorati alle preferenze e ai voti, affrontare la questione della prevenzione non ci conviene. Bisogna fare prevenzione e bisogna curare il malato.
Con la prevenzione si rendono note tutte quelle informazioni necessarie per difendersi anche dalle cattive abitudini salutiste, di carattere, per esempio, nutrizionale, alimentare, psicologico, ambientale e comportamentale. Sapete che i malati di cancro alla pelle sono raddoppiati? Quanto ha speso la Regione in prevenzione? Quanta prevenzione è stata fatta per invitare i cittadini, non certo ad allarmarsi, ma a prevenire il cancro alla pelle? Se avessimo i dati alla mano di altri settori della sanità cui grava sui cittadini una malattia grave, ci renderemo conto che, forse, non solo il malato sente l'enorme difficoltà delle strutture che a volte non garantiscono le cure necessarie, ma altresì non ha avuto nessuna informazione se quella malattia, se avesse fatto prevenzione, l'avrebbe potuta in parte evitare o scoprire prima.
La razionalizzazione delle risorse, visto che alla sanità mancano i soldi, non credete che possa avvenire anche attraverso la prevenzione?



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Manica.



MANICA Giuliana

noto che i momenti di crisi sono momenti complessi, dal punto di vista finanziario, e creano una serie di problemi, ma non è il caso di scomodare economisti importanti - da Schumpeter ad altri - per sapere che possono anche essere occasioni di cambiamento.
Non scomoderei la demagogia populista del Presidente Cota, perché ho sempre sperato che questo potesse essere un paese normale, che facesse a meno, da un lato, di demagogia populista e, dall'altro, di riformismo dall'alto, che affrontasse un processo di riforme in modo serio, nei luoghi ad esso deputati, con le persone competenti e con le consultazioni del caso.
Pertanto, tralascio le parti di comizio ("togliamo i doppioni, non vogliamo i baroni"): è demagogia allo stato puro.
Veniamo, invece, alla proposta. Delle vicende passate, senza citare i colori delle Giunte, perché non mi interessa, voglio riprendere due fili conduttori della storia della sanità piemontese. Il primo: per quanto riguarda la vicenda urbanistica, ci fu un grande urbanista, che si chiamava Astengo, che fece una legge, oggi superata, che fu un grande caposaldo sul quale la nostra Regione andrò avanti per anni.
Il secondo filo conduttore si ricollega a Sante Bajardi, che invent l'unico modello mai esistito in Piemonte, con il quale siamo andati avanti per i 20-30 anni successivi, in merito ai Piani Socio Sanitari e all'applicazione della legge 833.
Siamo sempre lì, cari colleghi! Poi, è successo un altro fatto epocale, tra gli anni 2000 e 2010: sanità in pareggio, debito regionale più o meno anche; ad un certo punto alla fine del 2005, incomincia la prima esplosione e, tra il 2005 e il 2010, arriviamo ad una situazione dei conti della sanità compiutamente devastante.
Non voglio ricordare l'anno in cui un non compianto Direttore generale delle Molinette fece, in un mese, 300 assunzioni (non voglio ricordarlo perché erano amenità quotidiane) e non voglio neanche ricordare l'innumerevole quantità di Assessori e Consiglieri (non dico né di che Giunta né di che colore politico) andava in ogni realtà del Piemonte a promettere un ospedale nuovo: dall'ospedale di Novara, a quello di Alessandria; in ogni posto in cui andavano a fare un intervento promettevano un ospedale nuovo! Si approva, poi, un unico Piano Sanitario, che è la continuazione del Piano Sanitario precedente, passato in cinque minuti semplicemente perch era un atto di pura continuità amministrativa; se ne scrive un altro Morgagni - di cui una parte viene ripresa adesso, che era una cosa talmente confusionaria, che non venne respinto dall'ostruzionismo in quest'aula perché non si incominciò neanche a discuterlo: la Giunta lo ritirò, non lo portò neanche in aula; venne stroncato dalle consultazioni sul territorio dai Sindaci e dagli operatori sanitari. E lì finì la sua storia.
Si separò la sanità dal socio-assistenziale, contravvenendo al modello piemontese e alla riforma sanitaria; si abolì ogni forma di programmazione e, quando si abolisce ogni forma di programmazione che è - chiamiamola come vogliamo - magari superata, magari da riformare, però è uno strumento democraticamente verificabile, succede che si fanno le assunzioni come si vuole e dove si vuole, si fanno i doppioni come si vuole e dove si vuole si promettono gli ospedali come si vuole e dove si vuole e si fa una marea di confusione e di "gavate", dalle quali poi è difficile uscire. Tant'è che si dovette istituire addirittura una Commissione, presieduta dall'attuale Presidente della Provincia, Saitta, che produsse un lavoretto non male su cosa era successo in quegli anni.
Quindi, sto a quei testi, non ai dibattiti.
Successivamente, si cerca di mettere mano a questa situazione. Si fanno alcune cose: accorpamento di ASL, riorganizzazione di rete ospedaliera interventi di efficienza, ma il lavoro è lungo.
Il lavoro è stato lungo, molto faticoso e compiuto bene dalla collega Eleonora Artesio, con grande fatica, che potrebbe testimoniarlo meglio di me. Adesso immagino che l'Assessore Ferrero troverà davanti a sé la stessa fatica (lo comprendo perfettamente), ma voglio dire a lei di fare l'Assessore, perché mentre noi eravamo qui a discutere, il dott. Zanon spiegava ai giornalisti, non so a che titolo, non so quale Piano Sanitario però spiegava quello, fuori, nei corridoi; se ne è accorto anche il collega Laus che, per impellenti necessità, ha dovuto attraversarli.
Chiedetegli cosa stesse spiegando, perché l'unico testo che noi abbiamo in mano è la delibera che avete approvato, la quale fa delle cose legittime come la questione del numero delle ASL - ma poi introduce illegittimamente la riorganizzazione della rete ospedaliera e il cambiamento del modello organizzativo.
Non c'è bisogno di scomodare nessun ufficio: lo sappiamo tutti - anche gli uscieri - che questo non si può fare con una delibera di Giunta, perch contravviene alla legge 833 e alle leggi regionali.
Quello è compito della programmazione e del Piano, per cui o voi emanate una legge in cui abolite definitivamente i Piani Sanitari - ma la dovete portare in aula e lì la votiamo - oppure è inutile che tentiate di trasformare il modello piemontese in modello lombardo... In questo guardate - non c'è niente di ideologico: il modello lombardo nasce in Gran Bretagna, con quelle caratteristiche; sappiamo tutti dove ha prodotto risultati e dove ha prodotto inefficienze (la letteratura ci è nota).
La Lombardia, al di là delle questioni ideologiche, è l'unica Regione italiana che, chiedendo autorizzazione, ovviamente, perché tutto questo modifica la legge 833, sulla contiguità tra ospedale e territorio, decide di applicarlo, ma la Lombardia ha due condizioni, che qui non ci sono. Sono dieci anni che andiamo avanti con questa storia, da Morgagni in poi! Non ci sono, intanto, perché non c'è quel numero di utenti provenienti dalle altre regioni che invece la Lombardia ha; noi lo sappiamo bene perché tutto il nord-est del Piemonte, attraverso un processo di mobilità passiva, regala pazienti, con un costo doppio, per quanto riguarda la Regione, ai grandi ospedali lombardi.
Prima questione, dunque: quella realtà voi non l'avete.
Seconda cosa che non avete è quella caratteristica che ha il privato in Lombardia: lì c'è il San Raffaele, c'è l'Istituto Nazionale dei Tumori! Quello è l'ospedale che vende prestazioni al territorio, non il regime di monopolio finanziato da voi, perché questo è il "Piano" dell'Unione Sovietica! Altro che elementi di liberalismo nella sanità! Voi avete qualcuno che, in regime di monopolio, finanziato da voi vende quella roba lì e fa salire le prestazioni perché così prende più soldi da voi e dalla Regione! Non c'è concorrenza in quel mondo, non c'è l'ospedale Niguarda che compete con il San Raffaele, per offrire una prestazione a costo inferiore affinché il territorio la compri da lui! Questi sono principi economici del liberalismo talmente banali, che non potete non conoscere! Diteglielo a Zanon, se non lo sa...



MANICA Giuliana

MULIERE Rocco (fuori microfono)



MANICA Giuliana

Deve fare il corso manageriale...



MANICA Giuliana

Deve fare il corso manageriale; ma, allora, istituitelo subito! O togliete Zanon o istituite il corso subito e glielo fate fare con una procedura d'urgenza! Detto questo, sappiamo che la situazione presenta queste caratteristiche. Noi non siamo contrari alla riorganizzazione della rete ospedaliera conforme ai criteri di una programmazione seria tra territorio e ospedali; non siamo contrari al fatto che ci siano alcune grandi ASO che facciano un lavoro specializzato, o al fatto che ci sono ospedali che non hanno più senso.
Se non hanno più senso, ditelo! Dite quali sono, dite dove li chiudete e dite quali sono le strutture da chiudere - come hanno fatto in Toscana in Veneto, in Emilia, con modelli politici regionali diversi - e con quali strutture territoriali le sostituite.
Fate la riorganizzazione della rete ospedaliera come deve essere fatta: attraverso livelli di specializzazione altissima a chi deve avere specializzazione; chi deve fare il lavoro di routine fa il lavoro di routine, ma fa solo quello e non doppia le prestazioni.
Se occorre razionalizzare, come l'esempio virtuoso del Cuneese, dove i Comuni interessati - d'accordo - hanno deciso di accorpare due ospedali in uno solo, fatelo, ma fatelo ad inizio legislatura: bisogna sapere cosa si fa, bisogna scontare qualche opposizione, bisogna consentire che Bonanno si incateni in Piazza Castello e si crocifigga davanti alla Giunta, come ha fatto fino a pochi mesi fa! Per carità, lasciatelo lì, crocifisso; magari qualcuno andrà a tirarlo giù! Confrontatevi con un modello serio, andate a fare una consultazione con il territorio, cercate di spiegare tutto questo e soprattutto cercate di capire che la sanità è cambiata - lo diceva anche la collega Spagnuolo così come sono cambiate le aspettative dei cittadini.
Oggi, se l'aspettativa di vita media supera gli 80 anni, se vi è un elevato tasso di denatalità e se le due principali cause di morte sono le malattie cardiovascolari e quelle oncologiche, vuol dire che bisogna razionalizzare sulla spesa ospedaliera nei termini in cui vi ho detto chiudendo, razionalizzando, riorganizzando, specializzando - ma soprattutto, cari signori, occorre investire, da un lato, sul settore della prevenzione e, dall'altro, sulla riabilitazione e sul recupero, perché lì è l'ordine della spesa, lì è l'ordine delle tendenze dei processi di salute perché la tutela della salute e la gestione della sanità sono due cose com'è noto senza dover scomodare l'Organizzazione Mondiale, ben diverse.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Come sempre, alla fine di un dibattito interessante si cerca di fare una riflessione e una sintesi. Dalla relazione del Presidente e dagli interventi dei Consiglieri, sia di maggioranza sia di minoranza, sono arrivati contributi interessanti che potranno essere approfonditi e ulteriormente valutati.
Inizio riconoscendo che ci sono diversi modi di affrontare una riforma sanitaria: in maniera molto riflessiva, molto allargata e molto partecipata, ma l'esperienza, quella che avete vissuto voi quando è stato preparato il Piano Socio Sanitario della Giunta Bresso con l'Assessore Valpreda e poi Artesio, e quello che abbiamo provato a fare noi nella legislatura precedente, 2005, ci insegna che questi passaggi, queste procedure, queste liturgie alla fine non riescono a produrre il risultato posto, magari anche in buona fede all'inizio.
I tempi della politica, della società e della stessa sanità sono cambiati, si sono molto, molto velocizzati. Forse voi potrete dire, in un momento di autocoscienza: "Noi discutevamo troppo, riflettevamo troppo, voi magari discutete troppo poco o riflettete troppo poco".
Personalmente credo che il lavoro portato avanti dal Presidente Cota e dall'Assessore Ferrero sia stato un lavoro molto impegnativo e molto serio.
L'Assessore ha avuto un carico di lavoro non indifferente che ha svolto con sobrietà ed efficienza in questi mesi, senza inutili uscite giornalistiche o mediatiche, ma lavorando concretamente per le proposte presentate in questi giorni.
Andando più sullo specifico, indubbiamente la scelta di separazione tra ospedale e territorio è una scelta radicale, importante e profonda, ma è anche una scommessa.
In più di un'occasione il Presidente Cota ha detto che è iniziato un percorso. Tutti insieme speriamo, e per questo chiediamo anche la vostra collaborazione, che sia un percorso positivo e virtuoso. Altre Regioni hanno dimostrato che è stata una scelta positiva. Probabilmente gli effetti positivi non saranno immediati, ci vorrà un lasso di tempo medio-lungo.
Anche i risparmi che potranno essere generati da questa riforma si vedranno nel medio-lungo periodo, però, al di là dei risparmi e dell'aspetto finanziario (sicuramente importanti, poi si potrà agire in altri versanti come la centralizzazione degli acquisti o una gestione diversa del personale senza le troppe rigidità che il contratto di lavoro ancora consente), credo che lo spirito, il principio e le linee guida che hanno determinato la scelta di separazione tra ospedale e territorio siano state dettate dal desiderio di migliorare davvero i livelli qualitativi sanitari al servizio dei cittadini piemontesi e di specializzare le funzioni degli ospedali e dei presidi ospedalieri distribuiti sul territorio mettendoli in rete per farli collaborare tra di loro, evitando inutili doppioni. Ci sono alcuni presidi ospedalieri molto ravvicinati che svolgono ancora le stesse funzioni, e poi alcuni vi sono casi paradossali di eliminazione di reparti con pochi posti letti. Ma questo perché? Senz'altro per un motivo economico finanziario, ma anche per la tutela della salute.
Il Presidente Cota questa mattina ha letto dei dati; io potrei fornire altri ancora più specifici, dove è scientificamente e matematicamente dimostrato che negli ospedali dove si opera poco, dove si fanno pochi interventi su determinate patologie, più alto è il rischio di mortalità e più alto è il rischio delle complicazioni post operatorie. Questo lo indicano le statistiche: sono dati ufficiali.
La scelta, quindi, di individuare e di specializzare gli ospedali dividendoli in tre categorie - quelli di riferimento, quelli cardine e quelli di continuità - non è solo di tipo economico o finanziaria, ma è una scelta volta sicuramente a migliorare il livello qualitativo delle prestazioni sanitarie e a salvaguardare in alcuni casi, mi permetto di dirlo, anche l'incolumità dei cittadini, sia durante la fase operatoria sia in quella seguente.
Tanti casi potremmo citare, ma questa è sicuramente una scelta positiva. Peraltro, è un percorso che deve anche ricevere contributi ed essere monitorato.
Un aspetto che forse non è stato sufficientemente chiarito ed è meglio farlo, sia in termini mediatici sia in termini amministrativi, è che la cassaforte rimane in mano alle ASL territoriali. I timori, quindi, che alcuni ospedali di riferimento o di cardine non abbiano più le risorse economiche o finanziare per svolgere le loro attività non dovrebbero sussistere, perché saranno le ASL territoriali a decidere dove mandare i propri pazienti a farsi operare o a farsi curari nei vari presidi ospedalieri e a pagare i rispettivi ospedali.
Questo è un passaggio molto importare che forse è stato sottovalutato e forse, sempre in buona fede, non è sufficientemente conosciuto. È un elemento che dovrebbe, se vi fossero dei timori e dei problemi tranquillizzare l'opinione pubblica e anche una parte della politica piemontese che ha posto questo interrogativo.
Su un altro versante, che deve essere davvero una conseguenza di questo Piano sanitario, di questa riarticolazione, di questa separazione fra sanità e territorio, successivamente - e sicuramente così avverrà dovranno essere specificati gli interventi che si faranno negli ospedali di riferimento, negli ospedali cardine e negli ospedali di continuità.
La logica di quanto detto dal Presidente Cota, condivisa anche dall'Assessore Ferrero, è che nei grandi ospedali, i cosiddetti hub, non si facciano interventi di media o di bassa complessità. Le tonsillectomie, le appendiciti e le cataratte devono essere fatte negli ospedali territoriali quelli che nella classificazione sono stati chiamati ospedali cardine o ospedali di riferimento, ma legati comunque al territorio. Negli ospedali hub, nei grandi centri tipo l'ospedale Maggiore di Novara, le Molinette di Torino o l'ospedale di Cuneo o di Alessandria, devono essere fatti interventi di alta elezione.
Questa specificazione, questa differenziazione, che è nei principi e nello spirito di questa riforma, garantirà che davvero nei grandi ospedali si facciano gli interventi estremamente delicati - e in questa maniera combatteremo la mobilità passiva verso la Lombardia e la Liguria (ma soprattutto verso la Lombardia - e nello stesso tempo l'attività negli ospedali territoriali di medio livello. Sappiate, ma lo sapete senz'altro che gli interventi di medio-bassa complessità sono numericamente molto superiori rispetto a quelli ad alta complessità. Se ci sarà - e lo spirito di questa riforma va sicuramente in questa direzione - questa differenziazione, avremo un miglioramento delle prestazioni sanitarie per i cittadini e anche una migliore distribuzione delle risorse e l'eliminazione di forti sprechi.
Questa è la chiave di volta di questa riforma, che però può essere una riforma accompagnata anche da suggerimenti e da consigli. Quello che è emerso durante il dibattito, cioè di pensare ad una stabile scuola di manager della sanità, può essere una proposta molto significativa e intelligente e di cui si era addirittura già parlato parecchi anni fa: è da riprendere per vedere se si può realizzare.
Concludo invece dicendo una cosa. Al di là di tutto - e qui la penso diversamente da alcuni burocrati presenti in Piemonte - ritengo che il Consigliere regionale abbia tutto il diritto ad interessarsi di sanità; sia che sia un consigliere regionale di maggioranza, sia che lo sia di minoranza. Ha tutto il diritto di interessarsi di sanità, non fosse altro che perché il bilancio della Regione Piemonte è fatto per l'82% dalla sanità. E se un cittadino - che mi abbia votato o meno - lamenta che il pronto soccorso di un tale ospedale non funziona bene o che in un reparto c'è il pavimento sporco o che ci sono delle eccessive liste d'attesa, è un mio diritto ma anche un mio dovere interessarmi si sanità; per quanto un manager sia bravo, bravissimo, eccezionale.



PRESIDENTE

Grazie. Ha chiesto la parola il Consigliere Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Giacomino

Credo che intervenire a quest'ora, dopo che tanti colleghi hanno già esposto il loro pensiero sui temi di cui stiamo trattando, sia al contempo un vantaggio e uno svantaggio; un vantaggio perché ovviamente mi posso permettere il lusso di non citare alcune questioni, in quanto molti dei temi hanno già avuto la possibilità di essere approfonditi e commentati uno svantaggio perché credo che oggettivamente l'interesse a questo punto della discussione sia meno alto di quello che avrebbe potuto essere in altri momenti della giornata.
Mi permetto di fare alcune puntualizzazioni, se mi si consente, perch credo di aver sentito stamattina tante riflessioni e anche tanta demagogia in quest'aula: tante affermazioni che continuavano dentro quest'aula un discorso intrapreso con i mezzi di comunicazione, ma che non sempre avevano riferimenti puntuali con la realtà con cui ci siamo confrontati in questi anni.



PRESIDENTE

Chiedo l'attenzione dei colleghi perché il Consigliere ha il diritto di essere ascoltato. Grazie.



TARICCO Giacomino

Grazie, Presidente. Non ambisco a tanto, ma almeno chiedo di poter parlare e organizzare le idee.
Stamattina, in qualche misura, è stata qui descritta una fotografia della sanità piemontese, che non corrisponde assolutamente a quella che noi sappiamo essere la sanità in questa Regione. Credo sia indubbio d'altronde è stato autorevolmente testimoniato da studi esterni, non influenzati sicuramente dall'Amminsitrazione precedente - che la sanità di questa Regione è un'eccellente sanità: qualitativamente tra le prime in Italia.
I dati, al di là delle affermazioni che ha fatto prima il Consigliere Vignale, testimoniano in modo inequivocabile che tutta una serie di affermazioni che stanno alla base della proposta che il Presidente Cota ha definito una "rivoluzione epocale" - e quindi la scelta di razionalizzare la sanità in questa Regione, di andare verso l'appropriatezza delle prestazioni, di ridurre doppioni e ridondanze, di diminuire e dare efficienza ai primariati e alla gestione effettiva della qualità delle prestazioni - non rappresentano una novità che introduciamo adesso. Io credo che il Piano socio-sanitario e le scelte fatte nei passati cinque anni andassero - ed è dimostrabile - esattamente in questa direzione.
tutto a posto? No, l'abbiamo sempre detto. C'è bisogno di continuare ad intervenire e insistere in quel percorso che era stato avviato. Nella stessa proposta che il nostro Partito si è permesso di fare su queste materie, ci sono forti contenuti che vanno in questa direzione; noi non diciamo assolutamente che va tutto benissimo così com'è: diciamo che sono stati avviati una serie di percorsi che chiedono di essere completati.
Se la scommessa, quindi, va in questa direzione, la nostra disponibilità nel merito a provare a confrontarci, a ragionarci e a mettere sul campo proposte è totale ed assoluta. Perché, allora, noi troviamo necessario puntualizzare alcune questioni su ciò che è al centro della proposta che ci è stata fornita? Innanzitutto sulle procedure: è stato detto prima e quindi proseguo solo per titoli. Noi non crediamo che la strada che si intravede nelle deliberazioni che sono state approvate sia una strada accettabile e giuridicamente percorribile. Se si vuole riorganizzare il sistema piemontese lo si può fare attraverso una proposta di modifica o una proposta di un nuovo Piano socio sanitario regionale, che io credo stia assolutamente nella legittimità della maggioranza e della Giunta di fare in questo Consiglio; ma attraverso le procedure che la legge prevede.
Secondo: la Giunta e la maggioranza. Ci spiegheranno poi, infatti, chi governa questo tipo di partita, perché anch'io ho trovato quantomeno singolare che - mentre l'Assessore era qui in aula a sentire gli interventi dei Consiglieri, in uno sforzo che, letto da noi, parrebbe quello di raccogliere le sollecitazioni, i consigli, i suggerimenti che l'aula fornisce, in un'ottica di disegno di una riorganizzazione complessiva della sanità - il dottor Zanon, fuori, spiegasse già la ricetta finale. Mi chiedo se - questa sì - sia una cerimonia e quale ne sia lo scopo.
Nel merito, noi ci siamo permessi - e lo sosterremo nel dibattito che ci sarà - di dire che alcune delle ricette che vengono messe in campo non sono coerenti con gli obiettivi. Sicuramente infatti non ridurranno la spesa e non miglioreranno il rapporto tra il territorio e i soggetti coinvolti nella gestione dei servizi. Io non sono assolutamente un esperto in questa materia e mi sono fatto spiegare quel poco che ho capito; mi pare però che le argomentazioni che stanno alla base della critica a questa separatezza tra gli ospedali e il territorio siano assolutamente convincenti. Qualcuno mi potrà poi spiegare il contrario, ma vorrei capire nel merito quali sono le strade che questa Amministrazione, questa Giunta vuole mettere in atto e quali sono le argomentazioni a sostegno.
Credo che qui si collochi un'altra grossa questione: è legittimo - l'ho detto e lo ripeto - che la Giunta e la maggioranza abbiano un loro disegno un loro progetto; ma proprio per le procedure che ci sono, questo disegno questo progetto deve essere spiegato, deve essere oggetto di confronto deve raccogliere sollecitazioni e osservazioni e deve poi, in Commissione prima e in quest'aula dopo, fare un suo percorso ed arrivare alla soluzione finale.
Trovo quindi quantomeno singolare il fatto che qualcuno dia per fatta (e si muove come se fosse così) una riforma che, sostanzialmente, non è ancora neanche stata avviata nel suo percorso basilare.
Concludo questo mio breve intervento con due considerazioni. La prima: io leggo le cose che, come Consigliere che viene da un certo territorio ritengo siano leggibili. Provengo da una Provincia nella quale, nella precedente legislatura, era stata fatta una grossa riorganizzazione sanitaria: di tre ASL ne è stata fatta una. Più volte ho avuto occasione di discutere con i dirigenti e i direttori che hanno governato tale questione mi era stato spiegato che il percorso stava funzionando molto bene, sebbene accorpare tre grandi strutture e crearne una unica non fosse certo una scelta che si decide la stasera e che già dal giorno dopo produce risultati. Tuttavia - proseguivano - non avendo ancora completato la precedente riforma, il risultato di quella nuova avrebbe rimesso tutto in discussione, con il rischio di creare più danni che vantaggi.
Dall'altro punto di vista, leggo di un territorio - quello Albese - che aveva scommesso enormemente su un forte coinvolgimento, motivato da una necessità di fare un passo avanti dal punto di vista della razionalizzazione, per cui di due ospedali ne aveva fatto uno di area vasta, e che adesso si sente spiegare che quell'unico ospedale non avrà più legami con quel territorio, ma risponderà ad un altro territorio in termini di strategia e di scelte. Tra l'altro - per inciso - era talmente forte il convincimento dell'Albese e del Braidese su questo tipo di scelta che erano già stati raccolti dai cittadini oltre 7 milioni di euro, finalizzati a migliorare le prestazioni dell'ospedale. Ovviamente, nel momento in cui gli spiegheranno che quell'ospedale risponderà ad un altro territorio risponderanno: "Intanto i 7 milioni li congeliamo, e poi vedremo". Perch un conto è il ragionamento di territorio, altro conto è l'impossibilità, da parte dei Sindaci, di poter incidere e confrontarsi in qualche misura.
Concluderei il mio intervento - anche se ce ne sarebbe ancora da discutere per un'ora - con una umilissima considerazione: ho sentito fare in quest'Aula tutta una serie di riflessioni, non ultime quelle del Presidente Pedrale, che ci spiegava che, in realtà, le risorse rimangono sul territorio perché saranno le ASL (che sono sul territorio) a decidere dove andranno a curarsi i cittadini e quindi, in qualche misura, saranno loro a decidere a quali ospedali affluiranno le risorse.
Voglio sperare che la decisione di dove andarsi a curare la possano prendere i cittadini e non le ASL; ho trovato quindi singolare e pesante questo tipo di affermazione, perché i cortocircuiti di merito che saranno introdotti dalla riforma che ci è stata presentata, non saranno cosa da poco. E se posso permettermi un umile consiglio, da persona tecnicamente non competente nel merito, credo che questa Giunta e la maggioranza farebbero bene a rallentare la corsa dei proclami e ad avviare, invece, un confronto nel merito coi territori. Peraltro non ho ancora ben compreso se questa è una riforma solo della Giunta o anche della maggioranza, perché mi pare che non sempre le frasi, i toni e i ragionamenti siano collimanti.
Certamente, per ciò che mi è dato di capire, i territori, che grande fiducia hanno mostrato a questa maggioranza, in questo momento stanno dichiarando di non gradire tale riforma.
Dunque, non solo nel rispetto delle aspettative dei Consiglieri che in quest'Aula rappresentano il territorio, ma anche e soprattutto nel rispetto del territorio stesso, varrebbe la pena andare più lenti con proclami del tipo "Abbiamo già cambiato il mondo, adesso vedrete!" e procedere verso un confronto più pacato, alla ricerca di una chiave di lettura e di gestione più conforme alle aspettative dei territori. Grazie.



PONSO TULLIO



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Vicepresidente Molinari, che interviene in qualità di Consigliere regionale.



MOLINARI Riccardo

Grazie, Presidente.
Vorrei iniziare precisando che quanto è stato evidenziato negli interventi che hanno preceduto il mio è abbastanza condivisibile e palese: credo che il tema della riforma sanitaria e della sanità in generale sia decisamente complesso e necessiti, quindi, un approfondimento, un dibattito e una discussione nelle sedi deputate a farlo. Ed essendo noi un'Assemblea legislativa - in Commissione e in Consiglio - è un qualcosa su cui non si può essere che d'accordo. Ma, di fatto, lo stiamo facendo, perché oggi ci troviamo in Consiglio regionale - peraltro in una seduta straordinaria - a discutere di un Piano Sanitario e di una riforma che ancora non è stata presentata, per cui ancora non è iniziato il suo iter legislativo.
Ricordiamo che questa competenza - fare la riforma sanitaria - spetta a noi, come Consiglieri regionali, a noi come Assemblea. Pertanto, in questa sede, che è la sede deputata a farlo (in questo sono pienamente d'accordo con gli interventi delle minoranze), noi ragioneremo su questo tema e sempre in questa sede troveremo delle soluzioni e ci confronteremo. Oggi come ripeto, stiamo iniziando a farlo.
Per questo motivo, non si capisce bene l'allarmismo con cui sono partiti alcuni interventi, in particolare i primi.
L'attenzione ora sta sciamando, ma all'inizio è sembrato quasi che ci fosse stato un golpe, una sorta di imposizione, una riforma già fatta di cui non si è nemmeno discusso.
Della riforma discuteremo, siamo qui apposta. Pertanto, inviterei i colleghi dell'opposizione a tranquillizzarsi, perché c'é tutto l'interesse a ragionare insieme e a trovare insieme delle soluzioni quanto più possibile condivise.
Un altro aspetto degli interventi che ho sentito dai banchi dell'opposizione che mi ha lasciato un tantino perplesso è stata la preventiva accusa - lo ha detto forse il collega Ronzani, se non erro - che questa nuova riforma vedrebbe in campo una nuova forma di centralismo: il novaracentrismo. È stato detto, cioè, che la riforma del Presidente Cota visto che lo stesso proviene da Novara, avrebbe tale caratteristica.
Anche in questo caso, noi stiamo valutando una riforma che ancora non c'é; stiamo valutando degli atteggiamenti di una Giunta regionale che deve governare per almeno altri quattro anni e quindi, onestamente, si esprime un giudizio pregiudiziale sulla base di supposizioni; le stesse supposizioni - lo ricordo - che hanno alimentato quella che è stata la campagna elettorale del centrosinistra.
Io, come molti colleghi, ho il difetto di essere un "provinciale" ovvero di essere nato al di là di Moncalieri, quindi al di là di quella che dovrebbe essere la Torino vera, o il Piemonte vero. E negli interventi in campagna elettorale dell'allora Presidente Bresso si paventava questo pericolo, dicendo: "Attenzione piemontesi! Blocchiamo l'avanzata dei 'lumbard', che vogliono occupare il Piemonte". Ma allora, se per 'lumbard' si intendono sono tutti coloro che sono nati al di là di Moncalieri, mi chiedo se forse questo atteggiamento di centralismo e - permettetemi anche di disprezzo verso i territori e verso la Provincia, non fosse un qualcosa che appartenga, invece, a chi ci ha preceduto nell'Amministrazione.
Ma lasciando perdere le tecniche comunicative, che tra l'altro vi hanno penalizzato (non pensiate che un certo atteggiamento e certi slogan siano piaciuti in Provincia), valutiamo i fatti. E, proprio nei fatti, nei cinque anni precedenti in materia sanitaria, da alessandrino ne ho ben d'onde dal dire che un atteggiamento di penalizzazione verso il nostro territorio c'è stato.
Partiamo dal primo punto: nella riforma sanitaria precedente, in Provincia di Alessandria si è creata un'ASL unica, che, come ricordava prima il collega Muliere che viene dallo stesso territorio, oggi vuole essere mantenuta. È vero che vuole essere mantenuta, però nella nostra idea di riforma la gestione degli ospedali verrà centralizzata sotto Alessandria.
Ciò che noi non abbiamo condiviso, e su cui la Lega ha fatto battaglia in Consiglio regionale, riguardava il fatto che la Provincia di Alessandria fosse stata trattata diversamente da altri territori. In Provincia di Alessandria, infatti, da tre ASL di prima si è passati a una, mentre a Cuneo, che è un territorio la cui popolazione è grosso modo omogenea a quello della provincia di Alessandria, si è fatta una scelta diversa, o ancora su Torino. Si parla, dunque, di ASL unica. Ma che cosa è stato fatto, visto che ci avete accusato, in alcuni interventi, di non avere rapporti con il territorio, con la gente e con la popolazione? La scelta che è stata fatta dall'allora Governo regionale, guarda caso, è stata quella di indirizzare i Sindaci della Provincia di Alessandria - Sindaci di sinistra - in particolare i Sindaci della bassa Provincia, che, di fatto così facendo, non hanno certo ascoltato la volontà dei cittadini e del territorio, a portare la sede legale dell'ASL unica della Provincia di Alessandria a Casale Monferrato. Ben venga la scelta di Casale Monferrato: nulla in contrario se avessimo avuto due ASL; ma avendone una sola, non si è capito perché l'unica ASL del territorio regionale a non avere la sede legale nel capoluogo fosse proprio quella di Alessandria. Io credo che sia chiaro il perché: nel 2007 gli alessandrini si sono macchiati di lesa maestà, perché non hanno riconfermato una Giunta comunale dello stesso colore della Giunta che governava la Regione. Per questo motivo, bisognava punire la città di Alessandria. E così si sono indirizzati i Sindaci di una certa parte politica, in particolare i Sindaci del sud della Provincia, che lo ripeto nuovamente - sono andati, contro la volontà del territorio, a fare la scelta di portare la sede dell'ASL a Casale. Ma questa può essere un'impressione.
Veniamo ad altre impressioni che abbiamo avuto dagli alessandrini forse i nostri operatori sanitari, i nostri medici non sono sufficientemente preparati. Prima il Consigliere Lepri ricordava che il boom di primariati politici c'è stato sotto la Giunta Ghigo. Io questo non lo so, non sono preparato a controbattere su questo, perché all'epoca facevo altro e non seguivo le vicende della sanità, anche per ragioni anagrafiche.
Ma quello che è certo è che nei cinque anni che hanno preceduto questa legislatura, all'ospedale di Alessandria si è verificato che, guarda caso quattro reparti - che sono quello di fisioterapia, nefrologia gastroenterologia e chirurgia toracica - hanno visto l'arrivo di luminari torinesi che probabilmente erano più preparati. Non c'era la professionalità necessaria all'interno delle strutture della provincia di Alessandria. Avevamo bisogno di essere aiutati e supportati da grandi luminari che venivano dalla realtà torinese.
Anche questo può essere - senza voler fare alcuna accusa perché non è questa la sede - un altro elemento che fa pensare che un atteggiamento centralista non appartenga a questa Giunta, ma appartenga alla Giunta precedente, o quanto meno una volontà di affossare e di ridimensionare quella che è la ASO di Alessandria.
Pensiamo al robot chirurgico. L'ASO di Alessandria è un ospedale di eccellenza a livello nazionale, esattamente come le Molinette. E una di queste eccellenze è rappresentata dal robot chirurgico. Guarda caso, quando è arrivato il Direttore generale, scelto politicamente, che era il Direttore generale Secchia, il robot chirurgico dell'ospedale di Alessandria non è stato più utilizzato. Questo perché? Forse perché ce n'era un altro alle Molinette ed un altro ad Orbassano che dovevano funzionare al posto di quello di Alessandria. Quando è stato cambiato il Direttore generale, il robot chirurgico è stato rimesso in campo. Oggi il robot chirurgico che più opera in Piemonte è quello di Alessandria, non è né quello delle Molinette né quello di Orbassano.
Anche in questo caso, volendo vedere male, vediamo un intento di affossare la realtà alessandrina. Quindi, colleghi dell'opposizione, prima di fare delle accuse su quello che sarà, ragioniamo su quello che è stato.
Questo è un invito che vi faccio con sincerità.
Per quanto riguarda l'intervento del collega Muliere, che viene dallo stesso territorio, che ha accusato questa Giunta di aver cambiato i Direttori generali e di aver operato una lottizzazione - avete fatto anche degli striscioni in un passato Consiglio regionale - devo dire che la provincia di Alessandria invece è proprio l'esempio che dimostra come questa logica non sia stata seguita, perché noi su due Direttori generali ne abbiamo cambiato uno, come maggioranza, ma l'altro, il Direttore generale dell'ospedale di Alessandria è rimasto quello che era. Ed è rimasto quello che era, perché questa Giunta regionale nonostante quel Direttore fosse stato nominato da chi ci ha preceduto, ha valutato che ha lavorato bene. Quindi, proprio sul nostro territorio si verifica che questa ottica di lottizzazione non ci è appartenuta.
Qualcuno mi potrà dire: "È vero, ma questo Direttore ha ancora un anno di contratto". Ma quando siete arrivati voi al governo regionale, non ci avete pensato un momento a cambiare anche chi era sotto contratto. Anche questo segna una differenza.
Inoltre ho sentito nell'intervento del collega Reschigna che dovremmo essere più sinceri verso i piemontesi e dovremmo andare in giro a spiegare che vogliamo chiudere i piccoli ospedali.
Questo mi sembra che non l'abbia detto nessuno e per quanto riguarda la sincerità e la trasparenza sul nostro programma elettorale, l'idea di mettere in rete gli ospedali e di centralizzarli sotto le aziende ospedaliere, è qualcosa che siamo andati a dire in campagna elettorale.
Noi sui territori ci siamo già spesi e anche il dire che pensiamo che per l'utente sia più sicuro ed utile recarsi per determinati interventi in quelle strutture dove si fanno tanti interventi, forse nel palazzo non si condivide, ma tra la gente e tra gli amministratori il concetto è ben chiaro ed è qualcosa che abbiamo già presentato e su cui abbiamo ottenuto il consenso.
stato detto che non conosciamo il Piemonte reale e che avremmo un'idea astratta della sanità. Dalla posizione privilegiata in cui ero, ho anche sentito dalla collega Artesio, dopo l'intervento del Consigliere Tiramani, che nei TAR la Lega ha un certo consenso. Bene, ma noi ne siamo orgogliosi, perché a chi frequenta i TAR, a chi frequenta le piazze, al popolo interessa che la sanità funzioni; non interessa quanti primariati ci saranno, non interessa quanti Direttori generali ci saranno, non interessa quanti amici degli amici riusciremo a mantenere nelle posizioni di potere.
Un'altra cosa che vorrei dire - e concludo - riguarda l'aspetto sollevato dell'ospedale di Alessandria. Visto che conosciamo la realtà e abbiamo rispetto dei cittadini e degli elettori, la passata Amministrazione regionale ha messo molta fretta al Comune di Alessandria per identificare un'area su cui costruire questo nuovo ospedale. Stante questo, che cosa hanno detto i politici della Lega sul territorio? Hanno detto: "Ben venga un nuovo ospedale, però la Bresso ci faccia vedere dove sono questi 400 milioni di euro necessari per costruirlo, perché noi non li vediamo".
Questo l'abbiamo detto in campagna elettorale e l'abbiamo spiegato dicendo: "Cari signori, se nel bilancio 2010 verranno fuori questi 400 milioni di euro, il Comune di Alessandria l'area la trova, ma fateci vedere dove sono".
Evidentemente non ci eravamo sbagliati, perché di questi 400 milioni di euro non c'è l'ombra, e quindi prendere in giro i cittadini con un libro dei sogni un anno prima della campagna elettorale, dimostra quella che è la vostra serietà rispetto alla nostra.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Pentenero; ne ha facoltà.



PENTENERO Giovanna

Grazie, Presidente.
Credo che di tutti questi dubbi che fino adesso sono stati evidenziati potremmo trovare qualche conforto e qualche soluzione all'interno dello studio che il Presidente Cota ha affidato al "prof. Lega", e dove sicuramente troveremo un'analisi della situazione della sanità piemontese le indicazioni con qualche carattere scientifico e tecnico, secondo il quale è meglio accorpare un ospedale, è meglio dividere un ospedale dal territorio, è meglio immaginare più ASO e meno ASL, ed è meglio passare attraverso un processo di riorganizzazione complessiva della sanità piemontese.
Siamo ansiosi di vedere questo studio, perché quello che abbiamo letto finora attraverso gli atti deliberativi, non ci dà nessuna indicazione di una base scientifica, secondo la quale è meglio rivedere il modello della sanità piemontese.
Forse non ci bastava pensare che la sanità piemontese fosse al terzo posto nel nostro Paese e non ci bastava sapere che il modello attuale era certamente da migliorare, ma che aveva dato dei buoni risultati.
Ho sentito dal Vicepresidente dire che forse abbiamo accusato la nuova organizzazione della sanità di un certo disprezzo nei confronti dei territori. Credo che questo disprezzo nei confronti dei territori lo vedremo quotidianamente e man mano che il percorso e il processo andrà avanti lo potremmo constatare attraverso gli atti quotidiani.
Voglio però riprendere una serie di osservazioni fatte stamattina dal Consigliere Vignale, che ha citato un progetto autorizzato all'interno dell'ASL Torino 4, che era un progetto di emodinamica. E ha citato questo progetto come un esempio di spreco e di disavanzo generato all'interno di un'azienda sanitaria della nostra Regione.
Intanto, forse il Consigliere Vignale non sa che Torino è dotata di sette sale di emodinamica e quindi vuole dire che c'è una sala di emodinamica più o meno ogni 120 mila abitanti. Significa che, in termini di distanza, abbiamo una percorrenza non superiore ai 5 km tra una sala di emodinamica e l'altra.
Ha citato invece il progetto approvato dalla Giunta precedente di emodinamica, che tocca invece un territorio dove la distanza da Torino sulla sala di emodinamica arriva anche a 50 km.
un progetto per il quale la percorrenza si ridurrebbe almeno del 50 dei km. attuali che oggi sono costretti a percorrere i pazienti che secondo le indicazioni mediche, necessitano di un intervento di emodinamica.
Forse non si sa che nel momento in cui si sposta un paziente, questo ha un doppio costo rappresentato dal costo del trasporto - che deve essere un trasporto medicalizzato - e dal costo della prestazione.
E' ovvio che nel momento in cui abbiamo una prestazione che un'azienda deve pagare ad un'altra azienda, noi abbiamo un'uscita da parte di un'azienda ed un'entrata in un'altra azienda sanitaria.
Vuol dire che l'Azienda Torino 4 sui due ospedali di Chivasso e di Ivrea spende ogni anno solo per gli interventi di emodinamica 2 milioni di euro che, a fronte di una spesa fatta nel 2010 su un progetto autorizzato di 2 milioni di euro, se queste due sale su un progetto che vede il coinvolgimento di tre ospedali, e quindi va nell'ottica della territorializzazione ma anche nell'ottica del risparmio sostenuto da un'azienda sanitaria, se il progetto fosse stato autorizzato, per quello che riguarda il 2010, saremmo già andati saremmo già andati quanto meno in pari e, nel 2011, potremmo risparmiare 50% di quanto è stato destinato per il trattamento dei pazienti in emodinamica.
Un altro esempio di non programmazione. Così come oggi stiamo assistendo di fronte ad una semplice delibera con la quale s'immagina di stravolgere la programmazione della sanità. Programmazione che il Direttore dell'ARESS sventaglia di fronte a tutti i giornalisti, mentre l'Assessore non ci tiene informati delle sue indicazioni nei confronti della programmazione sanitaria e lo apprendiamo dai giornali. Ci dice che i posti di post acuzie devono essere aumentati, quindi sarà necessario capire come i posti di post acuzie sono stati aumentati.
Facendo dei riferimenti concreti ad un'azienda sanitaria, quello che citavo un attimo fa per l'intervento dei emodinamica, voglio citare un intervento di come spesso la demagogia possa confondere la realtà. È vero come diceva il Consigliere Vignale, che è stato evidenziato un disavanzo.
Un disavanzo che bisognerebbe analizzare. All'interno di questa azienda noi abbiamo un importo di 13 milioni di euro che sono i 13 milioni che quell'azienda si è dovuta far carico per trovare una soluzione al progetto dell'Hopital du Piemont, progetto per il quale la Giunta precedente ha trovato una soluzione.
un esempio pratico, chiaro e preciso di come la Giunta Ghigo fosse abituata a procedere senza nessun strumento di programmazione (d'altronde non c'era) e poi, in qualche modo, questo dovesse trovare delle soluzioni all'interno dell'attività sanitaria della nostra regione. Soltanto con il Piano Socio Sanitario questo ha trovato una collocazione all'interno del piano.
Sembra che questo oggi non crei nessun tipo di problema, quindi non si capisce come questo possa essere identificato, come è stato fatto, come una situazione di disavanzo, visto che lo stesso Assessore afferma che è necessario aumentare i posti di post acuzie.
Ho voluto fare riferimento ad un esempio chiaro e concreto per sottolineare l'atteggiamento demagogico che si ha nei confronti del tema della sanità. Senza entrare nel merito, senza entrare nel concreto e senza tenere in considerazione che non possiamo pensare soltanto ad una sanità che parli a Torino e non al territorio della provincia di Torino; che tenga in considerazione che fare una aerodinamica rimanendo nei cinque chilometri è un certo tipo di ragionamento, un intervento quando si è a 60 chilometri è un altro tipo di ragionamento.
Forse di queste cose concrete si ha la necessità di continuare a sollevare la loro esistenza e l'esigenza di trovare delle soluzioni. Non possiamo immaginare che di fronte ad una programmazione inesistente, ad una programmazione vana, quelli che sono i progetti che davvero permettono un risparmio all'interno dei territori, non siano tenuti minimamente in considerazione e non si faccia un'analisi di tipo economico da un lato e dall'altro, di tipo scientifico nel determinare quali sono gli elementi per i quali la nostra regione avrebbe bisogno di cambiamenti e di miglioramenti di un modello già esistente e di un modello che ha dato buoni risultati all'interno del nostro territorio.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOLINARI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Negro; ne ha facoltà.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
Intervenire dopo illustri colleghi esperti in materia, mi è difficile.
Anzitutto voglio ringraziare il Presidente per avere accettato di convocare un Consiglio straordinario - che ritengo fondamentale e doveroso - su una materia di estrema importanza. La sanità reca beneficio alla vita umana di tutti noi.
Ho ascoltato con attenzione l'intervento del Presidente Cota questa mattina. Riprendendo quello che ha detto, ritengo anch'io che sia necessaria una riorganizzazione per rimanere nei parametri dei famosi 50 milioni di euro, ossia che l'intero budget della Regione Piemonte - che attualmente sfiora l'83% - non vada superato. Fin qui siamo pienamente d'accordo.
Dobbiamo creare strutture con servizi efficienti per rendere un migliore servizio ai cittadini. Questo è il risultato cui arrivare.
Non voglio entrare nei dettagli di come creare sei reti ospedaliere più ospedali con mansioni ridotte, o ASL provincia per provincia, mi auguro che questo sia solo un pour parler perché ancora non si è discusso di questo argomento.
Tuttavia vorrei sottolineare che il Piemonte non è l'ultimo arrivato in Italia, in campo ospedaliero, mi risulta che il Piemonte sia ai primi posti, addirittura al terzo posto. Questo ci conforta, vuol dire che la sanità è stata gestita bene fino ad oggi. Con questo voglio anche dire che non si può fare di tutta l'erba un fascio, decidere di fare una sola ASL o ASO per provincia, ma bisogna valutare provincia per provincia, caso per caso, invitando tutte le istituzioni, i Sindaci. Chi vi parla arriva da una provincia - la "provincia granda" - che, se posso permettermi, non pu essere considerata come una minuscola provincia come può essere Biella (parlo di dimensioni). Anzitutto, ricordo che come territorio, ha un'estensione che supera la Regione Liguria. Voglio vedere se Asti accetta di andare con Alessandria, dico parliamone, andiamo cauti.
Voglio portare l'esempio che alcuni miei colleghi hanno citato, in particolare il Consigliere Taricco, ma anche il Consigliere Toselli, quando parlavano di prevenzione. Mi trovo d'accordo che dobbiamo essere più all'avanguardia, ma questa è una materia che lascio agli esperti del settore, noi dobbiamo dare il massimo.
Quello che voglio dire è che arrivo da un'esperienza in cui due grandi città hanno rinunciato all'ospedale sotto casa per fare un ospedale unico.
Siamo andati verso l'obiettivo che il Governo Cota vorrebbe raggiungere.
Non è il caso di indebolire quest'iniziativa, ma dare un premio a quest'attività, non più essere comandati da un ASO di tutta la provincia.
Trovatemi un altro territorio che ha investito, da privati, oltre 7 milioni di euro, vuol dire che questa gente ci crede a questa iniziativa e permettetemi di dire che il primato del Piemonte è rappresentato da quel caso.
Sono i primi che hanno gestito bene e che hanno lavorato bene, quindi non vanno penalizzati, ma premiati.
Chiedo alla Giunta, all'Assessore Ferrero, di sentire le Istituzioni in particolare i Sindaci, organizzando degli incontri, dei dibattiti aperti a tutti; noi siamo d'accordo ad avviare un confronto con i territori.
Sono favorevole alla collaborazione e, pertanto, contrario a non collaborare, a non sentire i territori, a non andare incontro a quelle attività virtuose, fino ad oggi penalizzate.
Mi auguro che questo non avvenga e che prevalga il buonsenso. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Negro.
Non essendoci altri interventi, dichiaro chiusa la discussione generale.
La parola all'Assessore Ferrero, per la replica.



FERRERO Caterina, Assessore alla tutela della salute e sanità

Poiché ho aspettato tanto questo momento...



(Commenti dei Consiglieri di minoranza)



FERRERO Caterina, Assessore alla tutela della salute e sanità

Non è vero, perché è assolutamente giusto e corretto che, su un tema così rilevante, il Presidente, attraverso la sua presenza e il suo intervento, abbia rimarcato l'importanza che anche noi diamo alla sollecitazione di questo dibattito.
Ritengo assolutamente corretto che il dibattito sia avvenuto in questo modo.
Dopodiché, svolgo volentieri anch'io qualche riflessione, perché gli spunti e le considerazioni che sono emerse dal dibattito - il primo che affrontiamo su questo tema - sono forse quelli, per adesso, più generali perché si basano su atti che sono stati assunti dalla Giunta, ma la cui organizzazione in termini di sostanza - come è stato ricordato in più occasioni - sarà oggetto di altri momenti di confronto e di definizione.
Prima considerazione: nessuno ha mai detto che la sanità piemontese è una cattiva sanità. In alcuni interventi è stato evidenziato il fatto che si voglia fare una riforma, partendo dal presupposto che la sanità piemontese sia una cattiva sanità.
Noi non l'abbiamo mai detto; io, personalmente - se qualcuno lo dicesse non lo condividerei. La sanità piemontese è una buona sanità ed è il frutto del lavoro di tante persone che, nel sistema, mettono molto della loro professionalità e capacità, nonostante, forse, le scelte che, non gli addetti al sistema, ma magari la politica, in passato, ha fatto in modo non del tutto appropriato. Infatti, com'è stato affermato anche dagli interventi dell'opposizione, in passato sono successe tante cose.
Non mi voglio soffermare sul passato, però dico questo: sicuramente sono addebitabili a tutti alcune scelte discutibili, ma sono anche da evidenziare le scelte di non intervenire sulle scelte precedentemente considerate discutibili. Se così fosse stato, oggi avremmo un sistema perfetto, ben organizzato, che costa quello che deve costare e che non richiederebbe la volontà, da parte di tutte le Amministrazioni che in questi anni si sono succedute, di proporre una ricetta.
Pertanto, chiuderei l'argomento del passato, senza ripercorrere l'impegno che abbiamo preso insieme, io e la collega Artesio: nel momento in cui lei evidenziava la giustificazione sul 2004, io mi sarei impegnata altrettanto a ribadire - avendola sottoscritta, mai negata, neanche negli atti che ha portato in Giunta e che ha condiviso con il Governo nazionale che alcune delle questioni sono anche legate a quest'aspetto. Ci nonostante - quindi nonostante lo sforzo che la Regione ha scelto di fare per coprire queste esigenze e lo sforzo che questa Regione sta facendo oggi, per andare a recuperare, a livello nazionale, le risorse che potrebbero essere sbloccate, se il Piano di rientro avrà il percorso che noi auspichiamo abbia - il sistema non regge, non solo per quel problema ma perché, nel frattempo, le soluzioni che si sono immaginate non hanno permesso di affrontare solo quel problema.
Se fosse così, tutti gli anni avremmo i famosi 80 milioni di euro e saremmo fermi lì. Invece, tutti gli anni andiamo a 300, 400, 500 e più milioni di euro, di esigenze in più. Poi, si chiamano sovra LEA, si chiamano servizi in più che si danno, si chiamano deficit: chiamiamoli un po' come vogliamo, a seconda dei tavoli all'interno dei quali giustifichiamo queste esigenze in più, ma la situazione è che questo tipo di sistema non regge più.
Questo è un tema che, non questa Giunta, ma qualsiasi Giunta oggi sedesse al nostro posto, avrebbe affrontato. Qualsiasi Giunta, cioè avrebbe posto in essere un'ipotesi di Piano di rientro che preveda una serie di azioni che auspichiamo possano contenere la spesa.
Questione sprechi e questione modello: su questo, probabilmente, mi differenzierò un pochino dagli interventi che hanno voluto porre molto l'accento sul discorso degli sprechi, perché sono convinta che la revisione di un modello organizzativo oggi non sia necessariamente legata all'esigenza di tagliare gli sprechi.
una riforma che qualcuno ha immaginato come rivoluzionaria e che qualcun altro - come la sottoscritta - considera una proposta sulla quale discutere; ha dei connotati di rivoluzione anche evidenti, perché si cambia la tipologia di modello attraverso il quale organizzare l'offerta dei servizi sanitari, ma ha, dal mio punto di vista, un respiro più ampio rispetto a quello contingente che aggredire il problema degli sprechi.
Questo è anche uno strumento attraverso il quale si possono creare le condizioni affinché, relativamente ad alcuni sprechi, ci possa essere maggiore facilità di affrontarli.
Dico questo perché il tema dei prossimi mesi sarà: Piano di rientro riforma. Non sono due cose completamente distinte, ma sono due atti che gestiscono in modo più puntuale due problemi diversi.
Il Piano di rientro è quello che cerca, nel merito, di aggredire più pesantemente la questione legata al contenimento della spesa; il problema o la questione legata alla riforma è un tema che ha un respiro diverso, cioè di valutazione da parte nostra - e sottolineo nostra - anche perché noi vorremmo che questo sistema fosse un sistema definitivo, sul quale costruire le programmazioni future.
Gli atti che la Giunta produce e le considerazioni che si fanno in questa e in altre sedi, non sono atti che l'Assessore Ferrero subisce; sono atti che l'Assessore Ferrero porta in Giunta. Sono processi di condivisione di percorsi che è normale che ci siano.
In nessun modo, quindi, c'è stata la volontà di far finta che nell'ambito legittimo di una maggioranza, esistano momenti di discussione differenziazioni che si sono approfondite e scelte finali che poi si sono compiute.
Personalmente penso che, al di là dei numeri delle aziende, che è uno dei temi su cui forse ci si è esercitati di più o su cui l'attenzione si è prevalentemente focalizzata (oltretutto sono rimessi alla discussione di questo Consiglio) il tema principale è questa revisione del sistema.
Questo è come la penso io. Penso che la possibilità di organizzare in aziende ospedaliere sicuramente più ampie - elefanti o elefantini che siano e molto più composite rispetto a quelle che oggi sono presenti, sia la prospettiva per poter, in rete, gerarchizzare una rete ospedaliera che oggi, in parte, ha avuto questo tipo di scelta.
Non sono assolutamente convinta che il tema sul quale ci si deve continuare ad esercitare sia quanto sono grandi le aziende ospedaliere e cosa fanno le stesse. Quello è una parte del ragionamento perché, come giustamente è stato ricordato da molti, il sistema non è solo un'organizzazione di aziende ospedaliere - sicuramente ampie, sicuramente composite - che hanno una rete molto ampia. Questa Giunta ha la volontà di lavorare a costituire un sistema di aziende territoriali che abbia un ruolo, dal nostro punto di vista, che non perde semplicemente perché una parte della rete ospedaliera viene messa in rete nell'ambito delle aziende ospedaliere, ma che noi vorremmo invece poter rafforzare.
Nei nostri dibattiti, infatti, ci si sofferma molto, perché è legittimo, sulle opportunità di razionalizzazione nell'ambito della rete ospedaliera. È un ambito, dal mio punto di vista, rispetto alle tante considerazioni che si possono fare (legittime e da approfondire), su cui sicuramente degli interventi di risparmio si possono fare. La possibilità di razionalizzare meglio il fronte della rete è un livello di scelta che dal mio punto di vista, permette, nella prospettiva del contenimento delle risorse, delle quali dobbiamo tenere conto, riflessi positivi prima e magari anche importi più consistenti.
Personalmente ritengo molto importante l'aspetto legato al territorio perché non considero il modello che si propone un modello squisitamente lombardo. Penso che la Lombardia, quando ha posto in essere questo modello ha avuto il problema della iperofferta che creava iperdomanda, proprio per quei motivi che dicevate: tanti ospedali e tante offerte - pubbliche private e quant'altro - che si facevano concorrenza, ma la Lombardia oggi non è più così. La Lombardia oggi, sulla base di quel ragionamento, ha fatto una scelta di definizione di budget ben specifici e di autorizzazioni ben particolari, rispetto alle cose che si fanno nell'ambito della rete.
Dal mio punto di vista, la situazione in Piemonte presenta più difficoltà, perché è vero che il Piemonte è più monopolista rispetto ad altre Regioni, ma proprio per questo motivo la possibilità, da parte del territorio, di avere risorse da assegnare a chi organizza l'offerta di rete ospedaliera, in misura minore, e non è nella logica della concorrenza, pu permettere, dal nostro punto di vista, di dare al territorio un ruolo di maggiore forza rispetto a quella che potrebbe essere la programmazione nell'ambito della rete ospedaliera.
Sono punti di vista. È possibile, è la nostra idea che è giusto e corretto confrontare con la vostra, ma non è un golpe o una scelta fatta su una cartina. È una scelta fatta sulla base di ragionamenti e di approfondimenti emersi, sui quali avremo la possibilità di confrontarci in Commissione. Questa scelta non si è tradotta in una delibera di Giunta e basta; si è tradotta in un atto, che è stata una scelta della Giunta, che oggi arriva alla discussione del Consiglio e che oggi inizia un percorso di confronto: si andrà in Commissione, ci saranno le consultazioni e ci sarà modo di approfondire questo tema, quindi non la leggo, io per prima, come un golpe.
La forma può essere quella di una delibera, di una legge o un'altra modalità. Noi non siamo tecnici, non siamo i manager, siamo Assessori regionali che si avvalgono di efficientissimi strumenti regionali, ai quali non è che non si è chiesto niente, perché quando si fanno le delibere non è che si fanno dei golpe: si rappresenta un'esigenza e poi, sulla base di quello che può essere un supporto tecnico, si evidenzia quello che potrebbe essere il percorso.
Questo è stato un percorso che è stato individuato come possibile e scelto come tale. Non è un percorso che impedisce la discussione, perch sia che si tratti di delibera sia che si tratti di legge, è e sarà sempre decisione e atto del Consiglio regionale.
In questo senso, penso che anche le aperture e le disponibilità che i colleghi di maggioranza hanno fatto rispetto al confronto, non siano in controtendenza rispetto a quello che la Giunta ritiene, ma siano esattamente la conseguenza logica di quello che naturalmente penso dovrà accadere.
Stesso ragionamento per quanto riguarda il discorso dei consorzi.
L'ipotesi sulla quale si sta lavorando e facendo proposte non è che non la conosce nessuno. Ieri abbiamo sentito qualche consorzio che ha chiesto che venga presa una decisione. Non è che noi non abbiamo mai sentito i consorzi o le loro rappresentanze, ma evidentemente c'è una difficoltà complessiva anche dei consorzi e delle amministrazioni, ad immaginare formule che sentono più proprie. Se andate a consultare questi consorzi e questi Comuni, che dicono che non li sente nessuno, ti propongono mille ipotesi: ti dicono che va bene la delega all'ASL, ti dicono di fare l'unione, per poi ti dicono: "Però decidete". Secondo me, invece, sarebbe utile immaginare di aprire ad un'ipotesi, ad una proposta su cui può iniziare un confronto. Questo testo, che non è passato in Giunta, è un'ipotesi di lavoro analizzata, a grandi linee, nelle riunioni di Giunta di fine anno quindi non sei mesi fa, e quindi non quando chiedevate di discutere preliminarmente in Giunta che idee si avevano - questa cosa è stata ragionata e si è deciso di portarla nella Conferenza Regioni-Autonomie locali per una valutazione. Non c'è alcun atto assunto dalla Giunta. E visto che questa cosa è successa a fine anno, se la Commissione vorrà convocarmi per discutere rispetto a questa bozza trasmessa alla Conferenza è assolutamente legittimo che lo faccia; ma non è il golpe del settore socio-assistenziale: si tratta semplicemente del fatto che, da quando avete chiesto di confontarvi quattro mesi fa (forse anche meno) ad oggi, si è elaborata un'ipotesi sulla quale si valuterà. A quale tipo di approfondimento è aperta quest'ipotesi? Al fatto che noi dobbiamo collegare il pezzo complessivo della riorganizzazione del sistema sanitario anche a quest'aspetto, di tipo socio-assistenziale, che è tema di approfondimento sulle attività da svolgere all'interno o in collaborazione con le Aziende sanitarie territoriali.
Sulla questione complessiva, per quanto mi riguarda, l'atteggiamento è di totale disponibilità ad un confronto, sapendo che partiamo da due ipotesi di modello diverse e dalle considerazioni fatte dal collega Lepri che sono del tutto legittime e del tutto apprezzabili. Ho colto alcuni spunti di riflessione, ma oggi non ho colto, ovviamente, la convinzione che questo tipo di preoccupazione sia giustificabile. Avremo modo di confrontarci e di approfondire anche questo tema.
Rispetto all'ultima questione, che mi sembra quella più marginale e sulla quale sinceramente dedico un secondo della chiusura del mio intervento, io non so cosa il Commissario dell'ARESS ha dichiarato ribadito o meno: lui è il Commissario dell'ARESS e se i giornalisti gli pongono delle domande ha tutta la titolarità per rispondere; immagino su temi tecnici, perché come Commissario dell'ARESS ha sicuramente tutti gli elementi per dare delle risposte tecniche. Se eventualmente - cosa che non penso - si è trattato anche di considerazioni politiche, queste attengono evidentemente a sue valutazioni personali, che sono altrettanto legittime.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame ordine del giorno n. 191 "Liste d'attesa nei servizi socio sanitari e per l'accesso alle cure in lungassistenza", presentato dai Consiglieri Artesio, Bresso, Cursio, Boeti, Reschigna, Lepri, Cerutti, Negro, Goffi Bono, Pentenero, Manica, Motta Angela, Ronzani


PRESIDENTE

Grazie, Assessore. Passiamo alla trattazione dell'ordine del giorno presentato ieri dalla Consigliera Artesio, che ha la parola per l'illustrazione.



ARTESIO Eleonora

Intervengo soltanto per richiamare alla memoria dei colleghi l'obiettivo di questo ordine del giorno. A seguito delle illustrazioni che abbiamo ascoltato ieri, si chiede che la IV Commissione consiliare possa essere messa nelle condizioni, con cadenza trimestrale, di poter ricevere così come riceve i prospetti dell'andamento economico - i dati sull'andamento delle liste d'attesa, intendendo l'oggetto discusso ieri della residenzialità e della domiciliarità rispetto ai soggetti vulnerabili.
Voglio anche dare comunicazione di un cambiamento di tipo formale che mi è stato richiesto. Nel dispositivo dell'impegno, era scritto: "impegna la Giunta regionale e le Direzioni generali delle ASL...", perché è evidente che i monitoraggi non possono che essere a livello di ASL e poi è la Regione che li assembla fra loro. Non potendo impegnare organismi altri mi si chiede di fare sintesi e quindi la nota si riduce a: "impegna la Giunta regionale...". Sarà poi compito della Giunta regionale acquisire i dati dalle ASL.
L'obiettivo da perseguire è quello che il Consiglio sia in grado trimestralmente di avere conto della situazione.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera. Chiedo alla Giunta di esprimere il parere sull'ordine del giorno.



FERRERO Caterina, Assessore alla tutela della salute e sanità

Ovviamente questo è un testo con cui si pone alla Giunta la necessità di poter ottenere, nell'ambito della Commissione, tutta una serie di dati approfondimenti e quant'altro che sono del tutto legittimi dal punto di vista della richiesta da parte della Commissione, senza necessariamente che sia prodotto un atto di indirizzo del Consiglio.
Rimando ovviamente alla discussione del Consiglio l'opportunità o meno di formulare questa richiesta attraverso un atto di indirizzo. Qualsiasi esigenza il Consiglio abbia di avere atti nell'ambito della Commissione o dell'Aula, noi saremo in grado di produrli e quindi, per quanto ci riguarda, valuti il Consiglio la soluzione migliore.



PRESIDENTE

Indìco la votazione nominale sull'ordine del giorno n. 191, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale acquisite le informazioni e le osservazioni delle organizzazioni sindacali e delle rappresentanze delle associazioni di tutela e di volontariato constatata la dimensione delle liste d'attesa per l'inserimento nei servizi socio-sanitari e per l'accesso alle cure domiciliari in lungassistenza (anziani, minori, disabili, dipendenze, disagio mentale) condividendo l'opportunità di rafforzare l'assistenza territoriale quale primaria forma di prevenzione e d'intervento e di garantire l'esigibilità del diritto alle cure il Consiglio regionale impegna la Commissione regionale competente a: prevedere con cadenza trimestrale il monitoraggio delle liste d'attesa analogamente all'accesso già previsto per i Consiglieri regionali ai rendiconti trimestrali sui bilanci delle aziende sanitarie, al fine di orientare l'attività legislativa verso un eventuale perfezionamento delle normative regionali di riferimento e di indirizzare la spesa nella direzione della risoluzione delle criticità lamentate impegna la Giunta regionale a garantire l'ordinario funzionamento delle sedi di monitoraggio e di concertazione prevista per l'applicazione degli atti regionali, a cominciare dal tavole L.E.A.
a rendere disponibili in modo tempestivo, continuativo e trasparente i dati relativi alla programmazione delle diverse Unità di Valutazione (Unità Valutazione Multifattoriale), all'andamento degli inserimenti residenziali in rapporto alle disponibilità dei posti convenzionati, alla progressione dell'attivazione delle cure domiciliari in lungo assistenza, anche al fine di favorire il compito di valutazione e di indirizzo della Commissione regionale." Il Consiglio approva.
Buona giornata a tutti, la seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.44)



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