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Dettaglio seduta n.70 del 11/01/11 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



(Alle ore 10.00 il Presidente Cattaneo comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.15)



PRESIDENTE

Aggiorniamo i lavori di 15 minuti, per dare la possibilità ai nostri ospiti di raggiungere i posti loro assegnati, poiché c'è un po' di coda all'entrata del palazzo.



(Alle ore 10.15 il Presidente Cattaneo comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.20)



(La seduta ha inizio alle ore 10.20)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Procediamo con l'esecuzione dell'Inno Nazionale.



(In applicazione del dispositivo dell'ordine del giorno n. 9 "Unità d'Italia", approvato dall'Assemblea consiliare il 1° dicembre 2010 l'Assemblea, in piedi, ascolta l'inno nazionale della Repubblica Italiana "Il canto degli italiani")


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione di Matteo Miotto, militare italiano caduto in Afghanistan il 31 dicembre 2010


PRESIDENTE

Colleghi, prima di iniziare i lavori del Consiglio, dobbiamo procedere alla commemorazione di un militare ucciso in Afghanistan.
Nella giornata di venerdì 31 dicembre 2010, le Forze Armate Italiane presenti in missione di pace in Afghanistan hanno subito la dolorosa perdita del caporal maggiore Matteo Miotto, di 24 anni, in forza al 7 Reggimento Alpini di stanza a Belluno.
Di origini venete, si trovava in Afghanistan da luglio; insieme agli uomini del suo reparto, era impiegato nel South East, la Task Force italiana che dal 1° settembre ha iniziato ad operare nell'area al confine con la regione di Helmand.
L'uccisione del caporal maggiore Miotto è avvenuta nel corso di un conflitto a fuoco con i terroristi, mentre era di guardia dentro la base di Snow, nella Valle del Gulistan.
È la trentacinquesima vittima italiana dall'inizio della missione ISAF (NATO), che prosegue ormai da sei anni.
Non c'è dubbio che il ruolo dei militari italiani sia strategico e che sia necessario mantenersi saldi nella politica di pacificazione e nella lotta contro il terrorismo, soprattutto in zone nelle quali è molto difficile sviluppare una fase di transazione dei poteri.
Con profondo dolore, esprimiamo vicinanza verso i familiari del caporal maggiore Miotto e rinnoviamo la solidarietà al Reggimento Alpini di Belluno, che, come ha fatto fino a poche settimane fa la Taurinense contribuisce quotidianamente al mantenimento della pace e della stabilità delle istituzioni democratiche, in una terra dilaniata dagli scontri.
Il sacrificio dei nostri giovani militari contribuirà a creare le condizioni per consegnare, nel più breve tempo possibile, l'Afghanistan al suo legittimo governo.
Prego il Consiglio regionale di osservare un minuto di silenzio.



(I presenti, in piedi, osservano un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

*****


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Liste di attesa nei servizi socio-sanitari per le persone anziane disabili, minori, con malattie mentali, dipendenti da sostanze stupefacenti


PRESIDENTE

Buongiorno a tutti.
La seduta odierna è convocata ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento, che prevede che il Consiglio, in particolari circostanze possa riunirsi in assemblea aperta, alla quale possono partecipare, con diritto di parola, rappresentanti degli Enti locali, dei sindacati, dei lavoratori, delle organizzazioni di categoria, delle formazioni sociali.
La richiesta per l'attuale convocazione è stata presentata dai Consiglieri Reschigna, Lepri, Manica, Pentenero e Ronzani, per la trattazione del tema relativo alle liste d'attesa nei servizi socio sanitari, per le persona anziane, disabili, minori, con malattie mentali e dipendenti da sostanze stupefacenti.
L'organizzazione dei lavori odierni, individuata, ai sensi del Regolamento, dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, che ne ha definito i criteri e le modalità di svolgimento, prevede l'intervento da parte di un Consigliere, individuato tra i soggetti proponenti il Consiglio aperto, l'intervento dell'Assessore alla sanità - che trarrà le conclusioni gli interventi dei soggetti individuati nell'elenco degli invitati e dei Consiglieri regionali che lo richiedono.
Sarà, altresì, cura della Presidenza garantire l'alternanza tra ospiti e Consiglieri e, per quanto attiene ai Consiglieri, tra i rappresentanti della maggioranza e delle opposizioni.
I tempi a disposizione per gli interventi sono previsti in dieci minuti, per la relazione dell'Assessore e per la relazione del proponente la seduta; in cinque minuti per gli interventi dei Consiglieri e degli ospiti.
Preciso che l'eventuale documentazione potrà essere consegnata alla Segreteria d'Aula e sarà esaminata in IV Commissione consiliare, la Commissione competente per materia.
Al momento, sono pervenute circa 20 richieste di interventi da parte degli ospiti. È ancora possibile iscriversi, semplicemente alzando una mano; un commesso d'aula si avvicinerà, per individuare la richiesta, con un foglietto che dovrà essere compilato.
Chiedo, pertanto, al Gruppo del Partito Democratico, chi intende svolgere l'intervento.
Prego, Consigliere Lepri.



LEPRI Stefano

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, desideriamo ringraziare gli ospiti di questo Consiglio: le associazioni di utenza, le associazioni di rappresentanza, i sindacati i rappresentanti degli Enti locali, le cooperative e quanti hanno risposto alla nostra attesa di poter discutere - scusate il gioco di parole - di liste d'attesa.
Siamo molto preoccupati e abbiamo voluto richiedere quest'assemblea aperta perché questa preoccupazione è di molti ed è sicuramente delle realtà che oggi interverranno.
I dati forniti dall'Assessorato, dai Direttori delle Aziende Sanitarie Locali e dai Consorzi sono inequivocabili: siamo di fronte ad un incremento del numero delle persone - si tratta di persone anziane, di persone con disabilità, di minori, di persone con disturbi psichiatrici, con insufficienza mentale, di persone tossicodipendenti o con altre forme di disagio, con nessuna eccezione - che fanno parte delle liste d'attesa.
Basti citare, per tutti, il dato riportato nello scorso novembre in Consiglio comunale a Torino, durante un'audizione su questo tema: nel Comune di Torino, sono circa 8.000 le persone anziane che hanno superato le visite delle unità di valutazione e che attendono un intervento di domiciliarità o di residenzialità. Erano poco più della metà un anno prima.
Questo incremento - ripeto - avviene ovunque, e non solo nel comparto che riguarda i servizi alle persone anziane. La ragione di questa crescita è in parte riconducibile ad una crescente domanda, quindi è fisiologica ed è auspicabile: aumenta l'età media, per citare la questione anziana, e questa è la ragione più evidente. Ma c'è anche un'altra ragione: la riduzione delle risorse o il taglio - possiamo chiamarlo così, perché di questo si tratta - delle risorse a favore delle persone prima ricordate.
Va detto, in verità, che la questione è certamente complicata. Anche nei precedenti cinque anni è stato fatto uno sforzo non indifferente per aumentare l'offerta, pertanto devo dare atto che tutto il Consiglio maggioranza e minoranza di allora - fu concorde nell'individuare questa come una delle priorità alla quale si è cercato di dare una risposta. Ma è evidente che le cose sono cambiate soprattutto con la delibera del 30 aprile dello scorso anno, la delibera n. 3043, che ha sancito il blocco di una serie d'interventi, tra i quali, seppure in modo indiretto, anche la presa in carico di nuovi soggetti.
Questo non viene detto espressamente, ma nella sostanza c'è l'indicazione secondo cui si sospendono i processi di avvio di nuove attività.
Può darsi che questa interpretazione sia stata adottata in modo estensivo dai Direttori generali e dai loro collaboratori, per cui siamo di fronte al blocco di nuovi ingressi e di nuove prese in carico di persone in attesa.
È evidente che siamo di fronte ad un contesto diverso perch diversamente da anni fa, o anche solo da mesi fa, siamo di fronte ad un'offerta potenziale, almeno per quanto riguarda le persone anziane (ma anche per quanto riguarda persone con disabilità), che potrebbe dare risposte, ma non vi sono le coperture economiche.
C'è motivo di temere, ma sarà più preciso l'Assessore, che neanche più il tournover verrà garantito. A fronte di persone che non fruiscono più del servizio, in molti casi perché decedono, questa persona non verrà rimpiazzata e sostituita. La ragione di questo fenomeno è evidente: di fronte alla necessità di contenere le risorse, i Direttori generali trovano semplice, o più semplice, tagliare i costi variabili e i servizi territoriali che sono, per l'appunto, il costo variabile su cui più facilmente e da subito si può incidere.
A questo si aggiunge il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego che è stato, in verità, anche un po' mitigato, ma siamo di fronte a vuoti di organico che spingono i servizi, in modo particolare cito quelli per la psichiatria e per le tossicodipendenze, ad evitare nuove prese in carico.
I tagli, quindi, li stanno pagando soprattutto gli utenti dei servizi territoriali e, in attesa della riforma che si dovrà concentrare soprattutto sul riordino dell'offerta ospedaliera, siamo di fronte a questo drammatico risultato. Quello che non convince è che questo fenomeno determina costi perché, inevitabilmente, queste persone - cito in modo particolare le persone anziane, ma anche le persone tossicodipendenti o con malattie psichiatriche - finiscono per rivolgersi ai servizi ospedalieri: intasano i pronto soccorso, fanno percorsi di dimissioni protette che sono assai costosi e siamo di fronte ad uno sballottamento di queste persone da casa loro, quando ce l'hanno, all'ospedale e a percorsi di dimissioni, per poi riprendere questo circuito vizioso.
Ci sono altre tre questioni molto legate alla questione delle liste d'attesa. Primo, l'incertezza sul futuro dei Consorzi socio-assistenziali che certamente non aiuta ad affrontare questa situazione con serenità; c'è la questione relativa alla volontà della Giunta di ridefinire i criteri di compartecipazione alla spesa da parte delle famiglie con l'eliminazione della delibera dell'ex Assessore Migliasso che prevedeva incentivi ai Comuni che intendevano non caricare sui parenti il costo alberghiero e infine, c'è la questione dei criteri di riparto, di cui si è parlato in questi mesi, che certamente penalizza alcuna realtà, guarda caso quelle che registrano anche le liste d'attesa più significative.
Il 2011 non si preannuncia certamente più facile perché siamo ancora di fronte ad una riforma, se così si può chiamare, di cui speriamo si abbiano esiti positivi, ma è ancora tutta da realizzare (in verità è ancora da approvare perché ne discuteremo domani) e siamo di fronte a notevoli tagli da parte dello Stato che, se assommati a quelli più limitati che la Regione ha disposto con il bilancio appena approvato, non ci fanno certo sperare in nulla di buono.
Noi non vogliamo buttare su di lei la croce, Assessore, perché sappiamo che questi problemi sono molto difficili, ma certo non possiamo tollerare che si sia di fronte ad un percorso per cui aumenta la forbice tra i garantiti e non garantiti, tra chi in qualche modo ha il servizio e chi visto che i soldi non ci sono più, deve attendere sempre di più. Vi sono persone che da due o tre anni sono ricoverate in strutture, in modo particolare persone anziane, che pagano anche la quota sanitaria e continuano ad affrontare l'intera retta talvolta di 3000/3500 euro al mese.
È quindi tempo, Assessore, di decisioni. Ascolteremo le associazioni, i sindacati, i sindaci, ma non è più tempo di dilazionare e di affidarci semplicemente alla soluzione più semplice, quella di aumentare le code.
Le associazioni hanno avanzato alcune proposte interessanti, per esempio le RSA possono diventare anche dei luoghi per le dimissioni protette, così da sollevare i pronti soccorsi e ridurre il costo delle dimissioni protette.
È possibile anche prevedere una quota alberghiera. Questa proposta fa onore ad associazioni che non sono solo capaci di rivendicare. È possibile prevedere una quota alberghiera per quanto riguarda i percorsi di deospedalizzazione protetta? Domandiamoci ancora se è tempo di rivedere anche gli standard gestionali e strutturali.
È possibile prevedere delle forme più veloci di concessione della quota sanitaria, una volta che i cittadini sono valutati meritevoli di essere prese in carico? Queste ed altre sono questioni a cui non possiamo sfuggire. Tocca a voi, Assessore e colleghi della maggioranza, fare le proposte. Noi non accetteremo supinamente che le persone più fragili subiscano la crisi fiscale più di tutti, ma siamo ovviamente disponibili a considerare responsabilmente le proposte che presenterete.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Caterina, Assessore alla tutela della salute e sanità

Grazie, Presidente, grazie Consiglieri, e un saluto anche da parte mia a tutti gli intervenuti al Consiglio aperto e un ringraziamento alla sensibilità del Consiglio che ha voluto, su un tema così importante affrontare la discussione in un consesso molto ampio, prima degli approfondimenti che ci saranno nel corso delle prossime settimane e nei prossimi mesi, nell'ambito delle sedi più istituzionali e tecniche, quali quelle delle Commissioni.
In questa fase iniziale mi limiterei a fare qualche riflessione generale di risposta anche alle considerazioni espresse dal collega Lepri perché il fatto che oggi si abbia l'opportunità di un Consiglio aperto permetterà all'Aula e alla sottoscritta di recepire tutta una serie di indicazioni, considerazioni e suggerimenti rispetto ai tanti interventi che mi risulta sono stati oggi programmati.
Le riflessioni generali sono sostanzialmente queste: è un dato di fatto che ha evidenziato questa amministrazione in più occasioni, ma è sentire abbastanza comune che il sistema oggi, per come è organizzato a livello regionale, è un sistema che va esaminato nell'ottica di una riorganizzazione complessiva, non soltanto interna nostra, ma finanziaria ed economica di tutto il Paese nel suo complesso. Non è solo la Regione Piemonte ad avere in questo contesto tutta una serie di riflessi, dal punto di vista della destinazione delle risorse nell'ambito delle varie attività di programmazione, ma è una situazione complessivamente di tutti i livelli istituzionali (regionale, provinciale, delle Amministrazioni comunali e anche nazionale) - che una riflessione complessiva rispetto al come orientare la spesa - quella disponibile e possibile - è un tema ovviamente importante sul quale riflettere.
In questi giorni abbiamo cominciato, seppur come inizio di un percorso di confronto e di approfondimento, un primo passo e l'avvio di un ragionamento che vuole essere il primo tassello di un aspetto complessivo di riforma, che vada anche nell'ottica di affrontare degli aspetti strutturali.
Oggi però il sistema, per come è organizzato, ha dato come risultato nelle precedenti Amministrazioni - ed è sostanzialmente anche evidente nell'ambito del bilancio del 2010 - un'evidenza del nostro sistema di non essere in grado di organizzarsi sulla base delle risorse messe a disposizione dal riparto del fondo nazionale. È un fatto oggettivo, che non riguarda soltanto questo momento amministrativo, ma anche le precedenti Amministrazioni. La Regione Piemonte, nel 2010, ha inserito risorse proprie nel quadro dell'esigenza di organizzare il proprio sistema sanitario e socio-assistenziale, stanziando la cifra massima prevedibile da parte del Patto per la salute, pari a 400 milioni di euro.
Complessivamente, anche per quanto riguarda le politiche sociali - e quindi le risorse che sono in gran parte destinate alle attività dei Consorzi socio-assistenziali - la Regione Piemonte, nell'ambito dell'esercizio 2010 e adesso sull'esercizio 2011, ha sostanzialmente lavorato per confermare, nel passaggio di questi due momenti di programmazione degli stanziamenti, le stesse risorse regionali. Sotto questo aspetto, vale a dire dal punto di vista delle risorse messe a disposizione, si può non condividere il fatto che siano solo quelle; ma non si può neanche dire che questa Regione non abbia fatto tutto lo sforzo possibile per poter orientare il massimo delle risorse possibili: lo ha fatto sicuramente sulla sanità e, per quello che era possibile, anche sulle politiche sociali, non andando a deprimere più di tanto le risorse regionali prevedibili. La preoccupazione, quindi, rispetto alla volontà di questa Regione di improntare tutte le sue attività solo ed esclusivamente alla logica di taglio non corrisponde sicuramente alla scelta sull'esercizio dell'anno che si è concluso.
Nell'ambito dell'esercizio che si è appena concluso, ovviamente, c'è stato un problema, vale a dire quello di constatare - anche sulla base delle attività delle varie Aziende sanitarie - che il sistema, per come è organizzato, non regge più. Tutta una serie di rigidità, anche nell'ottica di quella che è oggi l'organizzazione della nostra rete ospedaliera, fa sì che - a sistema attuale, oggi - sia difficile orientare le risorse in modo diverso, se non prevalentemente per quanto attiene ad interventi legati al sostenimento della rete ospedaliera esistente.
La motivazione che ha indotto questa Amministrazione ad iniziare un percorso di confronto, anche nell'ottica di andare a ragionare su una riorganizzazione della rete ospedaliera e su una sua gerarchizzazione sulla volontà, quindi, di concentrare meglio nell'ambito della rete le varie realtà - è anche una volontà legata al fatto che, riorientando e riorganizzando meglio questa rete, riteniamo che sia possibile indirizzare alcune delle risorse ad una parte di attività legate alle problematiche prevalenti oggi sostanzialmente emerse.
Se è vera, come mi pare sia chiaro, una difficoltà complessiva di tutti i livelli istituzionali nell'individuare un progressivo aumento di risorse allora è necessario anche su questo tema, ma non soltanto su questo tema vale a dire quello oggetto della discussione di oggi - provare ad immaginare degli altri aspetti di ragionamento, rispetto alla revisione del sistema di gestione di queste attività.
Dico questo perché le riflessioni che sono emerse dall'intervento del collega Lepri, ma che già in altre occasioni sono state oggetto di approfondimento, sono quelle sulle quali noi riteniamo che oggi sia corretto confrontarsi ed elaborare ipotesi e soluzioni. Oggi, infatti, sui temi legati alla riorganizzazione della possibile offerta della post-acuzie esistono delle previsioni, legate al Patto per la salute, che prevedono che queste attività si debbano porre in essere nel corso del 2011 e quindi differenziando un pochino di più le tipologie di offerta. Un'analisi forse un po' più puntuale e l'approfondimento degli standard attraverso i quali si sono sostanzialmente costruiti i costi della gestione di queste attività, o tutta un'altra serie di elementi su cui avrà senso ragionare e approfondire insieme, che possano per certi versi riorganizzare meglio la spesa attraverso la quale possiamo orientare questi interventi, sono dal mio punto di vista i temi sui quali oggi è importante aprire una discussione e una riflessione, per consentire poi di assumere tutta una serie di decisioni.
La deliberazione del 30 aprile non dice "tagliate gli inserimenti!"; la deliberazione del 30 aprile pone una serie di vincoli e di paletti alle Aziende perché ha dovuto affrontare un tema molto complesso, che è stato quello di contenere, per quello che era possibile, una previsione di sforamento delle Aziende che andava oltre, molto oltre la possibilità di questa Regione di poter inserire risorse proprie a copertura di queste esigenze. Quella deliberazione ha posto sostanzialmente una serie di blocchi che non attenevano a questo aspetto. C'è sicuramente una riflessione complessiva da fare, che non si vuole negare: per affrontare i problemi, infatti, bisogna anche cercare di evitare di non essere consapevoli, a volte, di azioni che possono essere intervenute.
Se al sistema - per come oggi è organizzato - non si danno degli elementi di riconversione e riorganizzazione tali da permettere la possibilità di orientare le risorse in modo migliore o più efficace, il sistema stesso - che deve reggere un impianto abbastanza rigido, che oggi esiste - non è nelle condizioni di dare maggiore flessibilità di orientamento delle risorse. Noi invece oggi dobbiamo cercare di affrontare questo tema per gestire meglio il problema Noi siamo ovviamente interessati, quindi, ad approfondire oggi questi temi. Siamo assolutamente convinti che per poter affrontare il tema, nei confronti delle Aziende, del non scegliere le soluzioni più facili magari dal punto di vista della quadratura dei conti ma molto più difficili complesse e sbagliate per quanto riguarda la risposta in termini di servizi ai cittadini piemontesi che hanno bisogno, sia necessario affrontare appunto questi temi strutturali.
Abbiamo iniziato a farlo; siamo intenzionati a continuare a farlo attraverso anche questi momenti di confronto che riteniamo utili per poter poi assumere le decisioni complessive.



PRESIDENTE

Prima di iniziare il dibattito generale, comunico all'Aula che siamo in videocollegamento con le Sale Viglione e dei Presidenti, dove, entrambe gremite, vi è una presenza molto significativa di invitati che, a nome di tutto il Consiglio regionale, saluto.
Chiedo ai signori Consiglieri e membri della Giunta uno sforzo in questa seduta aperta per l'ordine dei lavori di rimanere al proprio posto se è possibile, ovviamente perché è un Consiglio regionale complesso con molte persone che dovranno intervenire anche esterne all'Assemblea.
Inoltre, raccomando il rispetto dei tempi, che ricordo essere cinque minuti sia per gli invitati che per i signori Consiglieri regionali. Quindi la Presidenza circa trenta secondi prima dello scadere del termine dei cinque minuti suonerà il gong anche per ricordare ad ognuno il rispetto dei tempi e, quindi, invitarlo in un modo elegante a concludere.
La prima iscritta a parlare è la signora Anna Aburrà del Consorzio intercomunale socio-assistenziale Int.Es.A. di Bra, che ha facoltà di intervenire.



ABBURRA' Anna, Assistenziale Int.Es.A. (interventi e servizi associati) - Bra

Grazie, Presidente.
Sono Anna Abburrà, Direttore del Consorzio socio-assistenziale di Bra.
Ho chiesto di intervenire a questa assemblea per portare la voce, che è una voce tecnica, del servizio sociale che qui rappresento.
Quello che volevo far presente a questa Assemblea è la situazione difficile in cui ci trovammo ad operare con i tecnici all'interno della realtà dei servizi.
Non entro nel merito della discussione di carattere politico che sarà poi affrontata dai rappresentanti qui presenti di tutta la Regione. Quel che però mi premeva sottolineare era che sicuramente, a fronte di indirizzi anche importanti rispetto a servizi nei confronti di cittadini non autosufficienti, disabili e dei cittadini che più in generale nel nostro territorio hanno bisogno dei nostri interventi e che richiedono i nostri interventi quotidianamente, ci troviamo di fronte in questi ultimi periodi ma già da diverso tempo, a liste d'attesa e a risposte che non possiamo e non riusciamo a dare a fronte delle richieste che ci vengono rappresentate.
La cosa più difficile da sostenere in questo momento è proprio l'incertezza e la confusione in cui noi stiamo operando. In particolare mi riferisco alla situazione dei Consorzi socio-assistenziali di cui da tanto tempo si sta parlando, ma rispetto alla quale non abbiamo ancora al momento indicazioni più precise.
A fronte del fatto che non vi siano ancora indicazioni precise e che quindi si stia lavorando nella realtà dei servizi in una condizione che parrebbe andare verso la chiusura o addirittura sia usato (non mi piace personalmente usarlo) il termine "morte dei consorzi", noi ci troviamo quotidianamente a incontrare i nostri cittadini per i quali dobbiamo perché questo è il nostro compito istituzionale, garantire e promuovere occasioni di vita e di maggiore benessere.
Questa è una seria difficoltà per gli operatori che si trovano ad operare nei servizi e per gli stessi cittadini che, venendo ai nostri servizi, vivono questa situazione di dolorosa incertezza e precarietà.
Quindi vi pregherei di affrontare questo tema, che è un importante tema, intanto parlando della trasformazione della gestione organizzativa di servizi e non tanto di chiusura o di morte, perché credo che sia un approccio diverso verso il quale dovremmo prestare tutti più attenzione proprio nel rispetto delle richieste e dei bisogni dei cittadini che, come è evidenziato da più parti, sono sempre più numerose e anche sempre più gravi.
A fronte di tutto ciò, credo che sarebbe davvero importante proporre e discutere in una situazione di confronto più allargato qual è la realtà odierna dei servizi sociali e socio-sanitari e, a questo proposito, vi è la disponibilità non solo mia che intervengo in questo momento, ma di tutti i direttori dei Consorzi socio-assistenziali e degli enti gestori che da anni stanno operando nei servizi.
L'impressione è un po' quella che, a fronte delle difficoltà odierne che ci troviamo ad affrontare quotidianamente, si rischi di perdere l'occasione di capire come possiamo riuscire a lavorare meglio a livello di metodo.
Quindi vi è una disponibilità a far parte di momenti di riflessione portando il nostro contributo di tipo tecnico, ovviamente, e anche un'attenzione al fatto che opero da circa trent'anni nei servizi della realtà piemontese, prima nel Comune di Torino da undici anni in un Servizio fuori Torino.
Credo di dover proprio dire che la Regione Piemonte, a livello di servizi sociali e socio-sanitari,è una Regione che da sempre ha inventato e pensato delle modalità sempre più appropriate per riuscire a intervenire nei confronti dei bisogni dei cittadini.
Credo che sia una Regione che abbia delle risorse sia dal punto di vista dei servizi ma anche dei cittadini che vi abitano e che quindi sia importante valorizzare queste risorse e non lasciare, in un momento sicuramente di grave incertezza anche di carattere sociale, venire meno delle potenzialità che esprime in più ambiti, sia nell'area metropolitana sia nelle aree più periferiche allo stesso modo con delle richieste e delle esigenze in merito.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOLINARI



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il rappresentante dell'Anaste, Michele Assandri ne ha facoltà.



ASSANDRI Michele, Anaste - Confcommercio

Grazie, Presidente.
Volevamo ringraziare la Presidenza del Consiglio che ha accettato la richiesta di discutere pubblicamente il problema delle liste di anziani e di tutti i soggetti disabili. Ovviamente, il nostro punto di vista, come Anaste Confcommercio, riguarda l'area degli anziani non autosufficienti.
Nella scorsa primavera abbiamo incontrato tutte le residenze autorizzate sul territorio della Regione Piemonte e abbiamo condiviso un sondaggio regionale sullo stato di funzionamento. Voi sapete che il nostro settore è normato per tutto ciò che concerne la nostra attività.
Che cosa è venuto fuori da questo sondaggio? Hanno risposto 10.500 posti letto sui 22.000 autorizzati. È venuto fuori che il 78% degli inserimenti nelle RSA avviene senza l'idonea documentazione, cioè l'anziano arriva senza il progetto residenziale,quindi, questo significa che le UVG non funzionano.
Un altro quesito. Nel 40% dei casi le ASL non applicano l'accordo con i medici di medicina generale. Questo significa che non c'è una supervisione clinica programmata da parte dei medici di base e questo significa ulteriormente ricoveri inappropriati presso i DEA territoriali, perch ovviamente le RSA, non avendo la dotazione in organico del medico di medicina generale, quando la situazione va in acuzie dispongono il trasferimento al DEA.
Qui invece ci sono dati economici. Ad oggi il 75% delle residenze convenzionate (i dati sono riferiti al 2010) lavora senza il contratto di convenzione secondo lo schema tipo deliberato dalla Giunta nel dicembre 2009. Quindi abbiamo lavorato nel 75% dei casi, tutto il 2010, senza il contratto di convenzione: i Direttori generali hanno omesso di far sottoscrivere il contratto di convenzione, per aver la mano più larga nella gestione degli inserimenti.
Vorrei evidenziare un altro dato economico (forse il più grave): nel 91% dei casi - mi riferisco sempre al 2010 - le residenze convenzionate non hanno visto la liquidazione dei fondi della DGR n. 84, deliberati il 28 luglio 2009, per un importo di dieci milioni di euro, finalizzati per compensare la vacanza dei contratti collettivi per l'anno 2009. Siamo dunque, all'11 gennaio del 2011 e il 91% delle residenze (a parte le fortunate dell'ASL di Biella) non ha visto la liquidazione dei fondi stanziati a luglio del 2909 (ribadisco che si parla di dieci milioni di euro!).
Le residenze hanno dovuto sopportare il medesimo calvario per il riconoscimento degli incrementi tariffari della DGR n. 64. Vorrei sottolineare anche in Consiglio regionale che le associazioni datoriali, al tavolo LEA, con senso di responsabilità, avevano rinunciato ai primi cinque mesi degli incrementi tariffari per venire in contro al finanziamento della cassa integrazione guadagni. Qual è stato il risultato? Che alcune ASL (mi piace citarle, perché si sono comportate correttamente: Torino 1, Torino 2 Torino 4, Verbania, Biella, Asti e Alessandria) hanno applicato correttamente gli incrementi tariffari. Per tutte le altre si è dovuto ricorrere allo strumento della diffida penale per abuso d'ufficio, ed è tuttora pendente per il legale rappresentante della Torino 3 e dell'ASL di Novara.
Che cosa chiede la nostra associazione? La nostra associazione, oggi non viene a chiedere di destinare maggiori risorse, perché è convinta che le risorse attualmente presenti nel sistema siano sufficienti per farlo funzionare: bisogna agire su quelli che sono i costi di transazione. Ben venga, quindi, la riforma degli enti gestori dei servizi sociali.
Finalmente - forse - riusciremo ad averli su ambiti territoriali da 70.000 abitanti, e non su ambiti territoriali inferiori. Ben venga, la riforma della rete ospedaliera, perché se la Regione Piemonte ha 3.000 posti letto in più rispetto al parametro nazionale di quattro posti letto ogni 1.000 abitanti, vuol dire che sono state sprecate risorse pubbliche a danno dei cittadini. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola Bozza Vincenzo, in rappresentanza del CSA.



BOZZA Vincenzo, CSA

Buongiorno a tutti. Sono Bozza Vincenzo, Presidente di un'associazione a difesa e a tutela dei diritti delle persone con handicap intellettivo (UTIM).
Intervengo in questa sede non tanto per fare nuovamente l'elenco delle nostre preoccupazioni, che pure sono tante e derivano da diversi momenti di confronto o di documentazione che abbiamo recepito, quanto per riflettere sull'andamento dei servizi destinati a questo tipo di persone. Mi riferisco, in particolare, ai centri diurni e alle comunità alloggio.
In IV Commissione comunale, in presenza dei Dirigenti delle ASL 1 e 2 dell'INPS e delle associazioni (l'oggetto della discussione verteva sulla revisione delle invalidità civili del piano governativo), per la prima volta nella città di Torino, da che faccio volontariato (quindi da oltre trent'anni!), è stato detto che ci sono oltre 60 persone in lista d'attesa nei servizi socio-assistenziali nella ASL 1. Sono rimasto molto preoccupato (per la verità, non volevo usare questa parola), perché per la prima volta a Torino, c'è una lista d'attesa di persone che richiedono questo tipo di servizi.
Successivamente, è stata approvata una gravissima delibera del Consorzio socio-assistenziale del Chierese, che, proprio sulla base di alcuni interventi della Regione Piemonte, decideva di sospendere il progetto "Sensibilizzazione sull'affido familiare", di sospendere gli interventi economici a sostegno dei nuclei monoparentali, di non attivare ulteriori affidi di minori, di non attivare l'inserimento in strutture di anziani, disabili e minori, ad esclusione di alcuni casi. A tal riguardo abbiamo presentato ricorso al TAR e lo abbiamo vinto, perché al momento la delibera è sospesa.
Nel mese di dicembre, il Consorzio di Moncalieri, Trofarello e La Loggia, in un incontro con i genitori, fa presente che per rientrare nelle direttive della Regione Piemonte ha deciso di bloccare il turnover degli operatori che hanno lasciato il servizio in uno dei centri diurni; di bloccare la spesa per tutte le attività previste, come acquaticità ipoterapia, musicoterapia, e quant'altro (sostanzialmente, ci si limita a fare badanza, ovvero accudire i ragazzi in sede, tenerli in una stanza e guardare che non si facciano male); di chiudere i due centri per tutto il periodo natalizio e per tutto il mese di agosto, senza prevedere alcun servizio di emergenza, onde consentire un cospicuo risparmio di spesa.
Siamo tornati agli anni Settanta! A Torino è dagli anni Settanta che non succedeva che i CST chiudessero nel periodo natalizio, dal 24 dicembre al 7 gennaio, e addirittura è gia prevista la sospensione dei soggiorni estivi per il 2011! È allo studio anche un'ipotesi di compartecipazione alla spesa per i servizi di supporto alla frequenza presso i centri diurni, che si è materializzata alla fine del mese: dal 1° gennaio di quest'anno è stato chiesto agli invalidi, agli inabili e alle persone con handicap intellettivo grave che frequentano i centri diurni una compartecipazione alla spesa di sei euro giornaliere, nel caso in cui dispongano di indennità di accompagnamento e di pensione di invalidità civile.
Questi signori non applicano le leggi: non sanno che l'indennità di accompagnamento non è reddito e come tale non può essere considerata nonostante le leggi della Regione Piemonte e nonostante le indicazioni dei vari Assessori di questa Regione. Eppure si permettono di portare via dalle tasche di questi utenti (o perlomeno tentano di farlo, ma noi ci stiamo opponendo) la metà di quanto percepiscono come pensione. Su 267 euro, per 21 giorni di presenza, pretendono 126 euro.
Cosa chiediamo, dunque, alla Regione? Il tempo è quello che è, per cui non posso dilungarmi oltre, sebbene disponga di un lungo elenco. Noi chiediamo che la Regione Piemonte si attivi affinché tutti i Consorzi recepiscano quanto previsto nella legge regionale n. 1 del 2004 votata da questo Consiglio regionale; che venga ricordato a tutti i Consorzi che al di sotto di un minimo vitale (tra l'altro la DGR n. 56 del 2010 già cercava di individuare) non possono richiedere alcun tipo di contributo agli utenti che frequentano i centri diurni; in ultimo, che vengano garantiti i livelli essenziali di assistenza che, come ripeto, sono previsti dall'articolo 54 della legge n. 289, per cui non sono cose che si possono o che non si possono fare, ma sono cose che si devono fare. Le risorse per tali servizi devono essere reperite.
Speriamo, poi, che tali servizi non rappresentino solo luoghi in cui vengono rinchiuse queste persone e guardate a vista. Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

Al momento risultano iscritti ad intervenire quattro Consiglieri regionali.
Poiché abbiamo già ascoltato tre interventi da parte degli invitati a questo Consiglio aperto, chiederei ai Consiglieri regionali che intendessero intervenire di iscriversi a parlare, affinché la Presidenza possa organizzare l'alternanza tra invitati, maggioranza e opposizione così come concordato a inizio seduta.
BOETI Antonino (fuori microfono) Interveniamo dopo gli invitati.



PRESIDENTE

Avevamo concordato per l'alternanza. Lascerei ancora la parola a due o tre invitati, per poi cominciare ad alternare con gli interventi dei Consiglieri.
Ha chiesto la parola Maria Grazia Breda, del CSA; ne ha facoltà.



BREDA Maria Grazia, CSA

Buongiorno a tutti. Ringrazio la Presidenza e i Consiglieri per la consistente partecipazione a questo momento.
Intervengo a nome del CSA, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, per quanto riguarda la lista d'attesa degli anziani cronici non autosufficienti e delle persone dementi e/o malate di Alzheimer.
Ribadisco all'Assessore che le le due delibere già citate - la n. 14 714 del settembre 2010, per quanto riguarda il settore assistenziale e la n. 30 del 2010, per il settore sanitario - sono state entrambe deleterie.
In merito alle sue considerazioni sul fatto che la delibera n. 14-714 sull'assistenza ha mantenuto i finanziamenti dell'anno passato, replico che ha però cambiato le regole in corso d'opera; per cui molti Consorzi e Comuni si sono trovati a dover rivedere i conti a fine anno, nel momento in cui aspettavano invece i fondi regionali, come previsto dalla legge regionale n. 1/2004, ovvero il finanziamento della spesa storica più l'incremento ISTAT.
Le regole si potevano anche cambiare, ma in modo partecipato e democratico e a partire dal 2011. Ci sono state gravi ripercussioni.
Cominciano a pagare per queste scelte proprio le persone più deboli, come ricordava l'intervento precedente, che ha citato la pessima delibera del Consorzio di Chieri. Ma abbiamo segnali negativi che stanno arrivando da altri Consorzi socio-assistenziali.
L'altra delibera devastante è la n. 30/2010. Sono contenta che lei Assessore, riconosca la presenza di criticità, lo aveva già fatto al convegno dell'Anaste di novembre. Rilevo che, da allora, però, non abbiamo visto alcun cambiamento: i direttori generali per rispettare la delibera n.
30, che li chiama ad una riduzione degli sprechi, hanno fatto in fretta a scegliere: hanno tagliato sui servizi dove l'utenza non ha assolutamente la capacità di farsi sentire: chi è a casa malato, grave, cronico, allettato o demente, non è in grado di protestare e deve contare solo sui familiari quando ci sono! Abbiamo situazioni allucinanti, gente che è da due o tre anni in attesa. Ricordo che c'era già una sofferenza ereditata dalla Giunta precedente. Siamo partiti, con la nuova Giunta Cota, con 8.000 persone inserite in lista d'attesa per un posto letto convenzionato nelle RSA e 11.000 - sono i dati della Regione - erano in attesa di cure domiciliari.
Con il blocco attuato, a partire dal mese di maggio, dai direttori generali, la situazione è drammaticamente precipitata.
Non si pretendeva che la lista d'attesa venisse azzerata tout court, ma auspicavamo che si continuasse il programma di interventi, che era stato avviato dalla Giunta precedente, con l'appoggio di tutto il Consiglio, per l'abbattimento graduale della lista d'attesa. Invece, il blocco attuato dai direttori generali delle Asl , anche della sostituzione dei decessi nelle RSA, ha determinato un incremento della lista d'attesa un grave peggioramento della situazione. Tutto ciò significa anche un impoverimento per le famiglie piemontesi con anziani cronici non autosufficienti. Anche i 2.000 posti letto che lei, Assessore, ha autorizzato nel mese di agosto di quest'anno, non servono ad abbattere la lista d'attesa, perché non ci sono abbastanza cittadini piemontesi in grado di sostenere 3.000-3.500 euro al mese, che è il costo di un ricovero privato! Allora, occorre individuare al più presto proposte per superare le liste d'attesa, che sono illegali e occorre accelerare i percorsi per ottenere le cure domiciliari, perché quelli previsti dalle delibere sono troppo complessi.
Abbiamo già avanzato delle proposte e altre sono contenute nel documento che è stato distribuito e che invieremo, come ci è stato indicato, alla IV Commissione Consiliare. Gradiremmo poterle discutere con chi deve amministrare, perché finora non è stato concesso. Siamo stati ascoltati in audizione, ma non è mai stato possibile avere incontri in cui poter approfondire.
Qui cito ad esempio la proposta - già ricordata prima - di realizzare la dimissione protetta nelle RSA, piuttosto che nelle case di cura di lungodegenza, degli anziani non autosufficienti. Costa meno, perche non si fa? Abbiamo scritto di essere disponibili ad accettare il pagamento della quota alberghiera, già dopo i 15 giorni del ricovero, anche nella dimissione protetta, che oggi è gratuita per 60 giorni e può diventarlo anche per 120, in base alle norme vigenti. Accettiamo anche di pagare purché sia garantito il diritto esigibile alla continuità delle cure e il rispetto della normativa vigente.
Chiediamo che sia velocizzata la procedura per le cure domiciliari. Se la famiglia è disponibile ad accogliere a casa il malato non autosufficiente e accetta la dimissione dall'ospedale, perché deve attendere mesi prima di avere diritto all'intervento economico previsto dalle delibere? Se questa stessa famiglia si oppone alle dimissioni e chiede, il ricovero nella casa di cura convenzionata, questo viene assicurato, perché è un diritto, ma a 160 euro al giorno oppure in una Rsa a 40- 45 euro al giorno. Perché, invece, non è possibile assicurarle subito la quota sanitaria prevista dalle delibere regionali, in modo che possa incrementare il suo reddito e provvedere al familiare, ovviamente se la famiglia è ritenuta idonea e non è controindicato per il malato?.
Queste due pratiche sono già state sperimentate nella nostra Regione lo testimoniano le delibere delle ASL che le hanno attuate. Chiediamo di trasferirle a livello regionale e di procedere rapidamente ad una riorganizzazione delle risorse per garantire una condizione più dignitosa alle persone non autosufficienti. Chiediamo anche al Consiglio regionale...



PRESIDENTE

Concluda, per favore.



BREDA Maria Grazia, CSA

Scusate.
Chiediamo anche al Consiglio regionale che impegni la Giunta affinchè intervenga nei confronti del Governo e, attraverso il coordinamento delle Regioni, l' Assessore alla sanità e all'assistenza, chiedano il finanziamento della parte sanitaria dei LEA. Questo è un aspetto fondamentale: non è sufficiente chiedere solo il fondo per la non autosufficienza, che deve essere rifinanziato sicuramente. Deve essere garantito dal Servizio sanitario nazionale anche quel 50% di quota sanitaria, che la legge nazionale impone alle Asl per garantire le prestazioni socio-sanitarie: cure domiciliari, centri diurni, posti letto in Rsa. Questa è sanità, come lo sono i pronto soccorsi e gli anziani cronici non autosufficienti ne hanno diritto, in quanto sono Lea, Livelli essenziali di assistenza sanitaria! Nella nota che consegnerò è citata anche la sentenza del TAR Firenze del mese di novembre di quest'anno, che riconosce il diritto soggettivo di queste persone ad avere anche la gratuità della quota sanitaria nel ricovero, tant'è che l'ASL è stata condannata a rimborsare 43 mila euro ai familiari che hanno fatto causa. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Si è iscritto a parlare e ha facoltà di intervenire il signor Diego Brignoli, Presidente del Consorzio dei Servizi Sociali del Verbano di Verbania.
La parola al signor Brignoli Diego.



BRIGNOLI Diego, Consorzio dei Servizi Sociali del Verbano - Verbania

Grazie e buongiorno a tutti.
Molto brevemente vorrei rappresentare quella che, forse, è un'esperienza marginale rispetto a quelle che si sviluppano su tutto il territorio regionale. Ricordo che il Consorzio dei Servizi Sociali del Verbano agisce su 25 comuni, con circa 62 mila abitanti, e lavora in collaborazione con gli altri due Consorzi sul territorio provinciale raggiungendo in tutto 170 mila abitanti.
L'esperienza che vorrei portare alla vostra attenzione, per quanto riguarda le risposte che si tenta di dare, è molto legata al proprio territorio e lo ritengo fondamentale.
Il fatto che la questione delle liste d'attesa tocchi solo marginalmente i servizi gestiti direttamente dal nostro Consorzio è dovuto soprattutto, a due condizioni che si sono sviluppate negli anni. Una si riferisce all'avere costruito, progettato e messo in atto diverse possibilità di scelta per quanto riguarda l'offerta all'utenza; l'altra attiene alla possibilità di lavorare in stretto contatto con le Amministrazioni e con quelle che sono davvero le possibilità che il territorio riesce ad offrire, dal punto di vista tanto della rete solidaristica che siamo riusciti a costruire, quanto delle forze che appartengono al volontariato.
Faccio un esempio per tutti. I servizi attinenti ai minori, qualche anno fa, registravano una grossissima - non lista d'attesa - spesa per quanto riguarda le istituzionalizzazioni dei minori. Oggi, con lo sviluppo di una forte politica per l'affidamento dei minori presso le famiglie ripeto: i numeri sono piccoli, non sono certo quelli di città come Torino siamo arrivati ad una trentina di minori affidati alle famiglie e solo tre quattro o cinque, a seconda dei momenti, hanno bisogno di istituzionalizzazione. Ciò ha comportato, sicuramente, un grandissimo miglioramento dell'offerta, un grande miglioramento del servizio - non sto qui a dire quanto sia meglio per un minore essere inserito in una famiglia piuttosto che in un istituto - quanto un enorme risparmio di spesa; su questo credo occorra riflettere.
Cosa totalmente diversa avviene invece per quanto riguarda il rapporto e la ricaduta che abbiamo noi come Consorzio dei servizi sociali rispetto ai servizi specialistici.
Di fatto, oggi ci troviamo in una situazione in cui difficili sono le istituzionalizzazioni e gli ingressi in struttura da parte della psichiatria e da parte del servizio di tossicodipendenze, per cui che cosa succede? La gestione a domicilio di persone con delle difficoltà enormi quindi costi, difficoltà, aggravamento ed appesantimento delle attività delle assistenti sociali e di tutti gli operatori del consorzio.
Analogamente possiamo fare un ragionamento di questo tipo riguardo alle istituzionalizzazioni e ai ricoveri in RSA per le persone anziane non autosufficienti. Abbiamo oggi un UBG che funziona a livello provinciale quindi con tutti e tre i Consorzi attraverso un accordo stipulato con l'ASL e con i tre distretti, per cui si lavora su tutto il territorio globalmente, in modo da dare una risposta più completa. Abbiamo una lista d'attesa di persone già valutata, all'incirca su tutto il territorio provinciale, di 250-260 persone, che trovano risposta, ma trovano solo risposta nei 250 posti a disposizione in enti accreditati, ma non convenzionati. Quindi, con il pagamento totale di quella che è la retta. E il pagamento della retta di 2.000 o 3.500 euro non sempre è possibile.
Va anche considerata in ultima analisi una questione che sta arrivando anche per quanto riguarda i Comuni che devono intervenire per il contributo di copertura alle spese di persone in ricovero in RSA, e stanno aumentando di molto queste spese.
Un'ultima cosa riguarda la DGR n. 39, poi con la n. 56 un po' aggiornata, che per quanto riguarda soprattutto il nostro territorio è sicuramente stata una questione molto importante e va, a mio avviso perseguita e sostenuta nel tempo, perché la possibilità del mantenimento al proprio domicilio di anziani non autosufficienti è assolutamente fondamentale, nonché dal punto di vista economico sicuramente meno dispendiosa.
Chiudo dicendo una cosa sulla quale vorrei che si riflettesse. Oggi la difficoltà maggiore che vivono i Consorzi è il momento di assoluta incertezza.
Siamo riusciti a fare qualcosa in questi anni, ma oggi abbiamo dubbi su quello che potremo fare da domani in avanti.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la signora Daniela Celli del Consorzio intercomunale socio-assistenziale CISA di Rivoli; ne ha facoltà.



CELLI Daniela, Consorzio Intercomunale socio-assistenziale CISA Rivoli

Ringrazio e ribadisco solo alcune cose che sono già state accennate.
Innanzitutto, quando parliamo di liste d'attesa, sicuramente per quello che riguarda gli anziani non autosufficienti e i disabili, parliamo ora finalmente di liste d'attesa vere ed autentiche, cioè riferite a persone valutate e certificate tali dalle Commissioni congiunte. Quindi, non esiste più il dubbio che si tratti di liste d'attesa un po' gonfiate, quindi meno attendibili.
In secondo luogo, il vero problema delle liste d'attesa - l'hanno già detto in molti - soprattutto in tutte le realtà in cui si è fatto in questi anni, già prima della DGR n. 39, una serie di interventi a sostegno della domiciliarità, è esclusivamente e fondamentalmente sulla domiciliarità.
Qualche eccezione su situazioni in cui ancora prevalgono tempi d'attesa per i ricoveri c'è, ma nella maggioranza delle situazioni i tempi di attesa per i ricoveri esistono solo quando - del tutto legittimamente, peraltro - una persona chiede di essere inserita in una determinata struttura, magari la più vicina o magari quella ritenuta più affidabile.
Nella stragrande maggioranza delle situazioni, le liste d'attesa per la domiciliarità superano anche di quattro-sei volte le liste per la residenzialità.
Nella provincia di Torino - ho i dati anche di altri Consorzi arriviamo ad avere 350 persone valutate in lista d'attesa per i servizi domiciliari e 40-50 persone per la residenzialità.
Questo solo per dire che se è utile che la Regione si ponga il problema di aumentare il numero dei posti letto in ogni territorio, in modo da poter dare al cittadino che ne ha bisogno la possibilità di essere ricoverato vicino a casa, bisogna assolutamente porsi il problema delle liste d'attesa, soprattutto per anziani e disabili, rispetto ai servizi di domiciliarità, ma bisogna porselo, affrontando un nodo che solo la Regione può aiutarci ad affrontare.
Quando si hanno più di 200 persone in lista d'attesa, quelle che sono oltre il 50° posto sono destinate a morire in lista d'attesa. I motivi sono già stati detti da alcuni enti gestori e dalle associazioni.
I tagli, sia quelli della sanità sia quelli a cui si deve ricorrere come ente gestore, perché le risorse trasferite sono diminuite da parte dei Comuni e da parte delle Regioni e, in generale, da parte dello Stato innescano un meccanismo perverso, anche da un punto di vista di contenimento della spesa, di buon utilizzo della spesa pubblica, perché ci obbligano ad intervenire solo nei casi estremi, solo nei casi di acuzie solo nei casi più gravi e ci obbligano a tagliare e a non fare tutta una serie di servizi e di interventi, magari di bassa soglia, e quindi dal costo economico minore, che sarebbero preventivi di aggravamenti, quindi preventivi di questo meccanismo che fa sì che poi la richiesta e la necessità di intervento sia di costo superiore.
Le persone a bassa e media intensità di non autosufficienza - perché è di quello di cui stiamo parlando, non parlo neppure, ma li sottintendo degli interventi preventivi per gli anziani autosufficienti - sono destinate a non avere interventi, sono destinate a morire in lista d'attesa, perché costantemente superate dalle persone che, mediante il meccanismo dell'aggravamento motivato dal crollo della situazione clinica o della situazione sociale legata alla mancanza di intervento, hanno l'unica possibilità di risalire nella lista di attesa facendo richiesta di aggravamento e di rivalutazione, a quel punto però con una necessità di intervento molto più costoso.
Per questo, o la Regione Piemonte riesce ad istituire una modalità o un meccanismo per cui una parte del nostro budget - se possibile maggiorato altrimenti diventa una questione insostenibile in termini di efficacia perché è talmente residuale da essere poco significativa anche a livello di contenimento dei costi - sia indirizzato per fare degli interventi anche di bassa soglia, gli interventi previsti dalla DGR n. 39 ma che comportano una spesa minore a sostegno delle situazioni familiari, che contengano il più possibile gli aggravamenti e sostengano la possibilità per la famiglia di reggere una situazione di disabilità o di anziano malato; oppure facciamo un'azione che, anche a livello di buon utilizzo del denaro pubblico, è fallimentare.
Questo è un problema reale, che molti di noi hanno posto alle proprie ASL, senza risultati; quindi, è chiaro che presuppone un intervento regionale.
Il problema lo avete capito. Concordo anch'io sul fatto che apprezzando l'attenzione del Consiglio regionale su questo argomento, forse sarebbe opportuna una riflessione altrettanto allargata sul tema dell'evoluzione dei consorzi, degli enti gestori nei prossimi dieci anni.
Non dobbiamo trovare soluzioni immediate e toppe, ma pensare a cosa pu essere utile e come erogare i servizi nei prossimi dieci anni.



PRESIDENTE

Comunico sia agli invitati sia all'Aula che, diversamente da quanto detto inizialmente, procederemo ad ascoltare prima tutti gli invitati.
Anche perché una serie di Consiglieri mi hanno chiesto, visto l'interessante e importante dibattito in corso, di avere prima un punto di vista complessivo rispetto agli interventi degli invitati.
Inviterei i Consiglieri che intendono intervenire, anche per fare una previsione della durata dei lavori, se fosse possibile fare pervenire all'Ufficio di Presidenza, l'iscrizione a parlare.
La parola alla signora Di Mascio Anna, rappresentante della Legacoop DI MASCIO Anna, Legacoop Buongiorno a tutti.
Ringrazio il Consiglio regionale per l'opportunità data. Rappresento le Cooperative Sociali aderenti alla Lega Cooperative, ma anche il Forum Terzo Settore in questa sede.
Esprimiamo una grande preoccupazione rispetto alla situazione di riduzione dei trasferimenti dai livelli nazionali ai livelli regionali e di conseguenza, alle istituzioni e Comuni. Riteniamo molto preoccupante la situazione legata alla questione delle liste d'attesa e alla capacità di pagare i servizi erogati ai cittadini.
In particolare, quando parlo di pagare i servizi, parlo di quell'anello del sistema nell'ambito del settore socio-sanitario che è la cooperazione sociale. In Piemonte è un sistema avanzato che non soltanto garantisce flessibilità nella gestione dei servizi, ma anche risorse che sono messe in campo attraverso il sistema delle concessioni e dell'imprenditoria sociale e quant'altro e garantisce, sostanzialmente, un motore di occupazione straordinario.
Credo sia importante sapere che il sistema dei servizi in Piemonte non è soltanto fatto dagli operatori, dagli attori del pubblico, quali comuni e consorzi, ma anche dalle nostre cooperative che, peraltro, impiegano circa 30 mila lavoratori in Piemonte, di cui moltissime donne. Siamo un importante motore di occupazione.
Esprimiamo preoccupazione perché, per la prima volta, il nostro sistema sta, di fatto, soffrendo per la solita nota questione dei ritardi di pagamento delle ASL che produce interessi passivi elevatissimi sulle nostre imprese sociali e che, di fatto, le condiziona moltissimo e riduce i margini di redditività, anche da investire sul sistema. Quindi, al di là dei ritardi di pagamento e del fatto che ancora una volta non abbiamo avuto ritorno sulla questione degli adeguamenti contrattuali dei nostri operatori e delle nostre operatrici, siamo anche molto preoccupati perché la questione dei consorzi, ma anche il riordino del sistema sanitario ci dà incertezza nella misura in cui, di fatto, rappresentiamo tra gli anelli più deboli della catena.
Sul riordino del sistema sanitario, credo sia importante che si definisca e sia chiaro che stiamo parlando di sistemi che sono sul territorio, cioè di sistemi che intervengono sulle domiciliarità, che intervengono a casa, nelle famiglie, che aiutano le situazioni più difficili.
Tuttavia, sappiamo anche che questo è sempre il sistema collegato a quello che noi chiamiamo la Cenerentola della sanità. Di fatto, sulla questione dell'area e dell'integrazione socio-sanitaria, non riteniamo sufficienti le risorse e nemmeno l'impegno su questo ambito.
Il riordino della sanità di cui si sta mettendo a punto ci preoccupa perché, nel momento in cui l'ospedale diventa il centro, rischiamo che il territorio, ancora una volta, non sia considerato rispetto al suo ruolo di prevenzione, rispetto al contenimento delle liste d'attesa, rispetto all'aiuto alle persone, ma anche, come dicevo, rispetto alla capacità di produrre e di creare occupazione e di garantire opportunità di lavoro.
In questo senso il 2011 per noi si presenta come un anno certamente difficile, da parte dei consorzi; abbiamo molte difficoltà a rinnovare i contratti per i periodi più significativi, da parte delle ASL, e questo è un problema serissimo, non abbiamo un'interlocuzione diretta. Da questo punto di vista, è chiaro che questo è un sistema che ci preoccupa considerevolmente.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOLINARI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire per Federsolidarietà il signor Facta Luca; ne ha facoltà.



FACTA Luca, Federsolidarietà

Grazie.
Interverrò meno dei cinque minuti. Condividiamo alcuni passaggi già fatti dai colleghi di associazioni, ma in particolare faccio riferimento alla signora Di Mascio, legati al riordino del sistema.
All'interno del Forum Terzo Settore questi ragionamenti li stiamo sviluppando. Ci sarà un'iniziativa pubblica che faremo nelle prossime settimane legata a quale ruolo possiamo giocare anche nel riordino del sistema.
Siamo due organizzazione, Confcooperative e Legacooperative, che raccolgono 30 mila soci lavoratori. Gli interventi fino ad ora fatti hanno messo l'accento su alcune tipologie di bisogni dei nostri concittadini come anziani e disabili.
È vero che oggi queste, forse, sono le priorità, ma in Consiglio regionale avete anche l'opportunità di dare spazio a ragionamenti rispetto alle liste d'attesa delle altre tipologie di bisogno, come le dipendenze e i minori in particolare.
Ascoltando l'intervento del referente del Consorzio di Verbania, ho un po' l'impressione, per la fotografia che ho a livello regionale, che ogni territorio stia facendo, da diversi anni, politiche diverse. Una cosa è costruire delle offerte diverse ai cittadini, un'altra è scegliere di fare degli affidamenti familiari perché mi costa meno.
Non ho inteso così l'intervento, però mi è capitato di parlare con alcune imprese che hanno visto diminuire gli inserimenti nelle strutture per minori in giro per il Piemonte, non perché quel minore era meglio che andasse inserito in una famiglia, ma perché costava di meno.
Vorrei cogliere questa occasione per dire: riordiniamo il sistema, va bene, ci siamo anche con le nostre coprofessionalità, la nostra realtà è presente su tutto il territorio regionale, in ogni provincia, collabora da sempre con i Consorzi, con le ASL, con il volontariato, con le Comunità montane, cioè con tutti quei soggetti che hanno a che fare con i cittadini ma proviamo a fare un passo in avanti.
Qualcuno parlava prima di fare un ragionamento sui prossimi dieci anni siamo tutti consapevoli che siamo di fronte ad una crisi del sistema più in generale, ma forse dobbiamo trovare delle modalità di approccio sul sistema welfare un po' diverse.
Alla fine dell'anno abbiamo visto uscire un Piano straordinario sull'occupazione, anche legato a tutto quello che è il mondo dell'innovazione. Forse sarebbe opportuno, cogliendo anche l'occasione di questa unità di intenti, perché mi pare sia questa l'idea del Consiglio aperto. Alla luce delle cose che stiamo dicendo, c'è un interesse comune a migliorare la qualità dei servizi, però all'interno di un quadro di sostenibilità, che - anche noi ne siamo consapevoli - è da affrontare in modo diverso.
Relativamente all'attuazione delle deliberazioni della Giunta regionale, anche noi abbiamo verificato che non c'è stato un seguito. Ad esempio, rispetto ad alcune cooperative sociali che hanno richiesto gli aumenti tariffari, ci sono state alcune ASL che hanno risposto positivamente, cioè hanno letto quella delibera come doveva essere letta ricostruendo un Piano di sostenibilità garantendo tutti gli impegni intrapresi.
Questo non è avvenuto su tutto il territorio regionale, quindi ho l'impressione che il nostro sistema sia veramente a macchia di leopardo.
Questo va a danno dei cittadini, oltre che delle singole imprese; qui però, stiamo parlando dei cittadini che alla fine vedono, se abitano in un certo territorio, garantiti certi diritti, piuttosto che altri. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Ha chiesto la parola il signor Maggiora Giuliano, del CSA Alzheimer Piemonte ONLUS.



MAGGIORA Giuliano, CSA/Alzheimer Piemonte ONLUS

Buongiorno, ringrazio tutti. Preciso che la nostra organizzazione non è appartenente al CSA; noi siamo un'associazione autonoma e collaboriamo con il CSA, quindi non rientriamo nel coordinamento di quest'ultimo.
Cercherò di restituire i minuti in più utilizzati dalla collega Breda ma ci tengo a evidenziare, soprattutto all'Assessore, che il documento rappresentato da Maria Grazia Breda, che sarà consegnato al Consiglio, è largamente condiviso.
Vorrei solo portare la voce delle persone che rappresentiamo - i malati di Alzheimer - e delle loro famiglie.
La delibera del Piano di rientro, anche per sentito dire dai colleghi delle ASL - io peraltro ho lavorato nei servizi sociali fino a sei mesi fa (poi sono andato in pensione), di conseguenza sono dentro l'ambiente - ha fatto rivedere alcuni interventi di programmazione, tra i quali, per esempio, la realizzazione dei centri diurni, optando per la frequentazione da parte dei malati di Alzheimer dei centri diurni integrati, che non sono proprio la stessa cosa.
Per quanto riguarda l'accesso alla nostra associazione da parte dei parenti, perché i malati chiaramente non possono contattarci, è frequente la segnalazione - l'ultima risale a ieri pomeriggio - di problemi con le Unità di valutazione geriatria e con l'Unità di valutazione di Alzheimer relativamente alle domande per le richieste di indennità di accompagnamento, e così via.
A questo, si aggiungono le carenze e le limitazioni, o comunque i ritardi, per gli interventi di assistenza domiciliare e le valutazioni per gli assegni di cura.
Voglio rappresentare questo problema: quando in una famiglia un parente si ammala della malattia di Alzheimer, la prima cosa che avviene è l'isolamento di questa famiglia dal contesto amicale. Col progredire del tempo, la famiglia viene isolata anche all'interno della rete parentale quindi il nucleo che gestisce il malato rimane assolutamente solo.
La situazione di povertà non è solo economica, ma è anche a livello di conoscenza dei servizi, a livello di carenza nell'erogazione dei servizi e nei contatti che abbiamo ed anche nelle esperienze dei gruppi di mutuo aiuto registriamo, riguardo agli interventi dei medici di base, l'assenza della necessaria informazione, non dico sui diritti - in questo caso - ma sui servizi ai quali le persone potrebbero accedere.
Chiedo, pertanto, un intervento anche sui medici di basi, affinch riescano ad essere di supporto, essendo la prima professionalità vicina alle famiglie, nell'orientare le richieste di queste persone.
Ringrazio per l'intervento.



PRESIDENTE

Grazie.
Ha chiesto la parola il signor Maggiorotti, per la FISH Piemonte.



MAGGIOROTTI Piergiorgio, FISH Piemonte

Rappresento una federazione di associazioni di persone con disabilità che è l'espressione, a livello regionale, di una realtà più vasta, a livello nazionale.
La FISH Piemonte è la Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap.
Ringrazio per l'invito e per avermi consentito di intervenire. Per la verità, noi, che - come FISH - rappresentiamo le persone con disabilità sia fisica sia intellettiva, abbiamo interpretato - ma certamente non era nelle vostre intenzioni - come provocatorio il chiederci di esprimere la nostra opinione sulle liste d'attesa. Non parlo delle liste d'attesa - perché già altri ne hanno parlato - per l'accesso alle strutture per i disabili o per le persone anziane non autosufficienti; parlo delle attese per accedere ai "normali" servizi anche sanitari, ad esempio le attese irrisolte negli anni passati, difficilmente affrontabili - voglio capire come - attualmente, a fronte dell'attuale carenza di risorse. Attese dovute, non tanto alla numerosità dei richiedenti - e qui si dovrebbe parlare di appropriatezza di necessità e di urgenza delle risposte - quanto alla difficoltà ad individuare la struttura giusta.
Rispetto alle persone con disabilità motoria ed anche intellettiva, che necessitano di accompagnamento, pensare che tutte le strutture siano accessibili e fruibili, la considero una provocazione, perch effettivamente non è così, e questo non solo per i disabili e gli anziani ma per tutti noi. Per i disabili - che rappresento in questa sede - e gli anziani, però, il problema si pone con particolare rilevanza.
Mi ponevo un interrogativo, cioè se vi siate dimenticati di un atto che la Giunta, che è espressione di questa maggioranza, ha approvato il 2 agosto 2010. È la delibera n. 1-415 del 2 agosto 2010, che riguarda l'accordo tra i Ministeri della Salute e dell'Economia e la Regione, per l'approvazione del Piano dei rientri di qualificazione di organizzazione e di individuazione degli interventi, per il perseguimento dell'equilibrio economico.
Con questa delibera è stato approvato il Piano di riqualificazione del servizio sanitario regionale ed il riequilibrio economico. In questo Piano se leggete a pag. 43, c'è un titolo: "Le persone con disabilità". Vi invito a leggerlo e vi invito a rileggere anche il Piano Socio Sanitario 2007/2010: vi accorgerete che probabilmente è stato fatto un copia e incolla, perché nel Piano di riqualificazione del servizio sanitario ci sono le stesse espressioni che erano presenti nel Piano Socio Sanitario 2007/2010.
In ogni caso, va bene così; a noi va bene, nel senso che andava bene quello che c'era scritto nel Piano 2007/2010, per quanto riguarda le persone con disabilità, perché a pagina 43 si parla di programmazione integrata, a livello regionale e locale, si parla di attivazione in tutti i distretti socio sanitari di équipe multidisciplinari e multiprofessionali integrate e si fa riferimento a qualcosa che non sono le attività già esistenti, ma a quanto si pensava dovesse avvenire e in parte è avvenuto nel senso che il 23 marzo 2010 è stata approvata la delibera che definisce le linee guida delle unità di valutazione multidisciplinari distrettuali.
Sempre in questa pagina leggo "Progetto individuale", ed è fondamentalmente ciò che devono produrre le unità di valutazione multidisciplinari.
La mia preoccupazione è che non si tenga conto di quanto voi stessi avete approvato a maggioranza, quanto era già scritto nel Piano Socio Sanitario precedente.
Vi inviterei a rileggervi questa pagina e a dire alla Giunta di provvedere per l'attuazione di quanto essa stessa ha approvato.
Vi ringrazio.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola, per la CGIL SPI Piemonte, la signora Colombo Enrica.



COLOMBO Enrica, CGIL SPI Piemonte

Correggo, perché il mio è un intervento a nome del Sindacato Pensionati Unitario, FNP e UILP della Provincia di Torino.
Il mio intervento rappresenta un lavoro capillare che abbiamo fatto in questi anni; un lavoro di esperienza contrattuale e di monitoraggio, in particolare sul tema della non autosufficienza.
Le liste di attesa nei servizi socio-sanitari per le persone anziane non autosufficienti e malate croniche, minori e disabili, rappresentano una grave lesione del diritto alle cure.
Le misure restrittive del 5% collocate nei piani di rientro delle ASL e delle ASO, unite a quelle sul sociale, hanno provocato, nella nostra Provincia di Torino, un vero dissesto dei servizi territoriali. In particolare quelli sulla non autosufficienza hanno provocato la disoccupazione nel settore e, in meno di un anno, le liste di attesa per i servizi socio assistenziali sono raddoppiate.
Sono almeno 15 mila gli anziani in lista di attesa in Provincia di Torino per un intervento domiciliare o residenziale.
Negli incontri avuti con le ASL, i Direttori stessi hanno dichiarato che non avrebbero raggiunto l'obiettivo del 2% dei posti letto, calcolati sulla popolazione anziana ultra sessantacinquenne nelle strutture RSA e RAF, entro il 31/12/2010.
Ricordo che l'obiettivo era stato fissato nel Piano Socio Sanitario e che l'attuale Giunta, con la delibera di agosto, lo conferma, per purtroppo questo avviene solo formalmente, perché la realtà è diversa: c'è in atto il blocco e il rallentamento degli inserimenti in RAS e in domiciliarità, che rappresenta una grave inadempienza delle leggi nazionali e delle normative regionali da parte delle ASL e degli enti gestori, una lesione del diritto alla cura delle persone malate croniche e un diritto stabilito dai livelli essenziali di assistenza.
In alcuni distretti non si fanno più inserimenti a fronte di un decesso. In altre situazioni il posto letto convenzionato, dopo il decesso dell'anziano, non viene più utilizzato.
Le liste di attesa rappresentano il numero delle persone anziane che sono state valutate, come è stato precedentemente ricordato, dalle Commissioni di UVG: sono dichiarate malate croniche e non autosufficienti di lieve, media, alta intensità, alta intensità incrementata, dunque malate, ma non hanno nulla.
È stato assegnato loro un progetto domiciliare residenziale, ma a fronte delle poche risorse non viene attivato nulla da parte dell'ASL e sono le famiglie che devono ricorrere alla cura. È bene ricordare che è l'ASL di appartenenza che deve provvedere alle cure sanitarie e non la famiglia.
La situazione qual è? A Torino città è la seguente: sono 8.000 le persone in lista di attesa 2.000 per un ricovero e 6.000 per un progetto domiciliare, che comprende anche l'assegno di cura. In questo contesto solo le persone più gravi sono inserite in un progetto di cura. La situazione oggettivamente è grave; ci stiamo allontanando progressivamente dall'obiettivo del 2% che in città avevamo quasi raggiunto, e mancano almeno 2.000 posti letto in struttura e convenzionati nella città di Torino.
ASL 3: anche in questa ASL non si è raggiunto il 2%. Secondo l'obiettivo, i posti letto convenzionati dovrebbero essere 2500, al 30 giugno erano 2009. Ne mancano 500.
Per dimostrare come agiscono i tagli e come è facile agire e risparmiare, calcoliamo il costo sanitario annuo di un solo anziano, che è pari a 18 mila euro. Se un'ASL non convenziona quei posti letto, ha immediatamente un risparmio netto e, di conseguenza, l'ASL, non attivando quei 500 posti letto, risparmia nove milioni di euro sulla testa degli anziani.
La lista di attesa in questa ASL è di 3.050 o 3.060 persone: la maggioranza richiede un progetto domiciliare.
Nell'ASL 5 la lista di attesa è di circa 500 persone e anche qui si risparmiano almeno 150 posti letto.
Nell'ASL 4 abbiamo, nel solo distretto di Ivrea-Caluso, 1.100 persone in attesa e complessivamente, in tutta l'ASL, saranno almeno tre mila.
In presenza di risorse ridotte, è ovvio che è meglio potenziare la domiciliarità, perché è più richiesta e costa anche meno, quindi c'è un risparmio netto della quota sanità. Questo però non avviene e il carico della cura è alla famiglia.
C'è un altro capitolo che è gravissimo, che riguarda la DGR n. 72, la continuità delle cure. Possiamo testimoniare che a coloro che hanno richiesto una domiciliarità non viene data; possiamo testimoniare che alla maggior parte delle persone ricoverate in ospedale non hanno garantito il percorso di continuità delle cure e che adesso non viene neanche più riconosciuta l'integrazione della retta, grazie anche all'ultima delibera della Regione.
È chiaro che in questa situazione bisogna riconsiderare le risorse.
Chiediamo alla Regione di chiedere al Governo una riformulazione delle risorse, proprio perché la nostra Regione è stata fortemente penalizzata e chiediamo anche alla Regione di favorire il territorio e di non scorporare gli ospedali dal territorio e favorire il territorio trasferendo maggiori risorse proprio per poter avere servizi territoriali che prevengono e non acutizzano la malattia e la conseguente spesa sanitaria.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola Maffeo Carlo, per il Forum del Volontariato.



MAFFEO Carlo, Forum Volontariato

Buongiorno a tutti.
Sono trapiantato di fegato da 24 anni. Faccio volontariato alle Molinette, abbiamo un'associazione con una sessantina di volontari. Siamo attivi. Ho guadagnato 24 anni di vita perché mi hanno aiuto, quindi sento il dovere di sdebitarmi.
Faccio volontariato con passione e pieno di buona volontà.
Chiedo innanzitutto: è possibile considerare i volontari non capaci di fare dei bei monologhi, ma invece interessati a fare dei dialoghi? Capaci di avviare una collaborazione con l'Ente pubblico per arrivare a concludere qualcosa? Oltre dieci anni fa, il primario di geriatria delle Molinette mi diceva per esempio che l'ospedalizzazione domiciliare permetteva al paziente, se c'era una famiglia dietro, di avere una vita decisamente più gradevole e all'ospedale di avere risparmi di oltre il 50% - dico il 50%! - sulle spese.
Allora, perché non favorire un incremento di questa attività di ospedalizzazione domiciliare? Si tratta di ricreare efficienza. Ho l'impressione - e vivo all'Ospedale Molinette tutte le mattine - che volendo si potrebbero riconsiderare i vari approcci alle varie patologie per vedere se in un periodo in cui, come oggi, le risorse scarseggiano e non si può quindi chiedere di investirne di nuove, che non ci sono, è possibile creare efficienza. L'ospedalizzazione domiciliare, per esempio, è il modo di andare incontro al paziente ed è il modo per trovare economie.
Perché non attuarla? Questo comporta che l'Istituzione, se si vuole avere una collaborazione con il volontariato, lavori e discuta con il volontariato e cerchi insieme ad esso, che vive la vita terra a terra, di individuare quali sono le possibilità innovative per le quali, dato un obiettivo - scritta formulata, quindi una proposta in cui l'obiettivo sia chiaro -, definito chi fa che cosa, come, quando e con quali risorse, si verifichi poi che l'obiettivo venga raggiunto e che chi deve fare le cose le faccia nei modi dovuti; altrimenti o non è in grado di farle, o non ne ha voglia o comunque, non è adatto: spediamolo fuori e sostituiamolo! Occorre avere il coraggio di affrontare adesso questi problemi. Io sto vedendo in ospedale che ci sono moltissimi professionisti che dedicano tempo, passione, entusiasmo e professionalità; ma ci sono anche tanti modi e tanti approcci migliori da utilizzare che non vengono utilizzati.
Personalmente, quand'ero in età per farlo, ho collaborato a creare e ad avviare grossi stabilimenti in giro, un po' in tutti i continenti: ho quindi un'esperienza e parlo per conoscenza dei fatti. Vediamo, per cortesia, di riprendere in mano tutta la struttura organizzativa, gli approcci e i metodi di intervento per esaminare la possibilità - alla luce degli aggiornamenti tecnologici, ma anche solo alla luce del buon senso di modificarli in meglio e di creare efficienza.
Penso che, senza aumentare i costi, potremmo - anche con l'aiuto del volontariato, se si vuole, ma innanzitutto con la buona volontà da parte dell'Istituzione - rivedere tutta la struttura organizzativa e aumentarne l'efficienza: i pazienti, gli ammalati ne troverebbero solo giovamento.
Grazie molte.



PRESIDENTE

Grazie a lei, anche per il rispetto dei tempi.
Ha chiesto la parola per l'ANGSA la signora Tiziana Melo De Acetis; ne ha facoltà.



MELO DE ACETIS Tiziana, ANGSA

Buongiorno. Sono Tiziana Melo De Acetis, Presidente dell'Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici del Piemonte. l'ANGSA è un'associazione a livello nazionale che nella sede piemontese raggruppa 200 famiglie contando, oltre la sede regionale nel capoluogo torinese distaccamenti provinciali a Novara, Biella e Verbano-Cusio-Ossola.
Oltre all'ANGSA, in Piemonte vi sono altre associazioni a cui sono iscritti molti altri genitori che a livello locale si occupano in prima persona di creare servizi adeguati per le persone autistiche, vista la carenza di strutture pubbliche presenti sul territorio.
L'oggetto dell'odierna seduta del Consiglio regionale ci vede concretamente partecipi e concordi con il documento stilato dal CSA, al fine di proporre alcune ipotesi di riorganizzazione in ambito socio sanitario. Tuttavia ci preme sottolineare le problematiche che riguardano la presa in carico e la cura delle persone colpite da una patologia tanto invalidante come l'autismo.
La programmazione e l'organizzazione dovrebbero essere adeguatamente riviste alla luce delle ultime statistiche, che attestano un'incidenza dell'autismo di uno su 150 nuovi nati e che solo dieci anni fa registravano un rapporto di uno su 10.000. I dati piemontesi confermano questo andamento, registrando un'incidenza di uno su 250. Questo vuol dire che sul nostro territorio circa 16.000 persone sono colpite da questo disturbo.
Le famiglie troppe volte sono in difficoltà e chiedono assiduamente aiuto alla nostra associazione. Pervengono sempre più ad ANGSA Piemonte segnalazione di genitori che si vedono costretti, per rivendicare il diritto alla cura del proprio figlio autistico, a ricorrere al Difensore civico. Attualmente si riscontrano notevoli disparità di trattamento sul territorio piemontese e l'eccellenza del Centro per l'autismo di Mondovì presso l'ASL locale, costituisce ancora un'eccezione e non la regola.
La necessità di cura e di intervento abilitativo e di presa in carico globale a vita dei soggetti autistici è ormai riconosciuta a livello internazionale. In Italia, dopo l'avvio del tavolo di lavoro sull'autismo presso il Ministero della Sanità, molte Regioni si sono attivate con iniziative mirate, programmando un impegno sia economico sia progettuale come l'Abruzzo, l'Emilia Romagna, il Veneto, la Sardegna, la Liguria, la Sicilia e la Lombardia.
In Piemonte nel 2009 sono state emanate delle raccomandazioni di governo clinico e nello stesso anno è stato istituito un tavolo tecnico regionale riguardante i minori. Parallelamente è stato avviato un tavolo dedicato alle persone adulte, ma dopo un primo incontro nell'aprile dell'anno scorso non vi sono state ulteriori convocazioni. Constatiamo con viva soddisfazione che nella nostra Regione, attualmente, l'età della diagnosi si è abbassata intorno ai tre anni, ma non è poi automatico accedere ad una corretta abilitazione. Questo costringe le famiglie, quando possono permetterselo, a ricorrere ad interventi di tipo privato, con tutto quanto ne consegue, sia dal punto di vista economico sia di non controllata validità qualitativa.
Gli interventi di tipo psico-educativo, validati a livello internazionale e riconosciuti come essenziali, andrebbero razionalizzati e monitorati. Con dei centri di eccellenza equamente distribuiti si otterrebbero una formazione continua e adeguata degli operatori e una progettazione mirata secondo le specifiche esigenze degli utenti. Ci comporterebbe sicuramente un contenimento nella spesa sanitaria globale dedicata ai disturbi pervasivi dello sviluppo.
È dimostrato ormai che un intervento il più precoce possibile pu portare ad un notevole miglioramento dei comportamenti e dell'adeguatezza sociale dei soggetti autistici, abilitandoli ad una vita più autonoma e meno onerosa per il comparto socio-sanitario. Nel passaggio alla vita adulta la carenza di progettualità, di strutture e di figure di riferimento grava pesantemente sugli autistici e le loro famiglie. A livello sanitario è raro trovare una psichiatria con competenze specifiche per la presa in carico delle persone con autismo.
Gli ambulatori specialistici per gli adulti presso Mondovì e l'ASL 2 di Torino sono modelli ad oggi unici nella Regione Piemonte, ai quali le famiglie guardano con speranza.
Molti degli adulti autistici di oggi hanno avuto durante l'infanzia una diagnosi incerta. Sono partiti svantaggiati fruendo di interventi terapeutici impropri, hanno compiuto un percorso scolastico spesso burrascoso ed alla fine del ciclo di studi si trovano di fronte al vuoto.
La loro vita troppe volte confinata a casa con genitori anziani o in strutture non specializzate.
Alla luce di questa generale premessa, in conclusione, l'ANGSA Piemonte ribadisce la necessità che le istituzioni socio-sanitarie si impegnino per un adeguato intervento immediatamente dopo l'esito diagnostico e lo mantengano per tutto l'arco della vita, perché ogni giorno perso può essere una chance in meno per migliorare anche radicalmente la qualità della vita delle persone con autismo con conseguenti gravissime responsabilità etiche verso le famiglie ed economiche a carico delle Istituzioni stesse.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola, per la CISL regionale, Riccardo Negrino; ne ha facoltà.



NEGRINO Riccardo, CISL regionale

Grazie, Presidente.
Ringrazio la Presidenza e tutto il Consiglio regionale dell'opportunità.
La presenza di stamattina mi fa dire che la scelta che ha fatto la Regione Piemonte all'inizio degli anni Duemila, ragionare su queste materie con la logica della concertazione e della partecipazione, è stata una scelta vincente.
Se siamo qui tanti attori diversi comunque che si muovono su obiettivi comuni credo sia utile sollecitare anche questo Consiglio e la Giunta regionale a riprendere quelle che sono le attività di governance e di concertazione. È stata fatta un'esperienza splendida in Piemonte che si chiama "Tavolo Regione-Territorio" per la definizione dei LEA, a cui tante delle associazioni qui presenti hanno partecipato. Ritengo che questo vada assolutamente ripeso.
Come CISL abbiamo fatto una scelta forte di spingere su un'integrazione socio-sanitaria proprio dall'inizio degli anni Duemila. Riteniamo che questo abbia un alto valore etico perché ci permette di definire le regole della nostra comunità regionale oltre che essere un sostegno per le persone non lasciandole sole alle proprie famiglie o alle reti amicali, ma facendosene carico come comunità. Dall'altro lato, è anche un alto valore finanziario: riteniamo che se l'integrazione socio-sanitaria è fatta come si deve ed è spinta, ben organizzata e ben governata ci permetterà di risparmiare non solo in termini di sofferenza ma anche in termini di costi prevalentemente di costi sanitari. Quindi riteniamo che debba essere una scelta strategica.
Per riuscire ad avere servizi che funzionano ed evitare che si perpetui questa dinamica delle liste che, è stato detto molto bene, a volta vuol dire lasciare la persone con i propri problemi in carico alle proprie famiglie e quindi come sistema pubblico ignorarli e non farsene carico, e questo non è accettabile, credo che servano due cose. Anzitutto un buon governo di questa materia, che sappiamo essere una sintesi tra titolarità regionali e quelle regionali e quelle sanitarie e titolarità comunali quelle socio-assistenziali.
Far dialogare questi due mondi non è facile, non è stato facile in questi due anni, ma ritengo che sia imprescindibile. La materia deve essere ben governata e non mi dispiacerebbe pensare di avere anche regole per l'ingresso dei servizi e per la gestione delle liste d'attesa che diventino regole univoche ed omogenee in tutta la regione. Invece, al momento rischiamo in alcune situazioni di vedere regole diverse senza una corretta e una piena trasparenza a vantaggio dei cittadini, i quali rischiano di non sapere quali siano i motivi e le cause per cui accedono o non riescono ad accedere ai servizi.
L'ultima questione fondamentale è quella delle risorse.
Le risorse sono fondamentali. Ritengo che non sia pensabile che sanità e assistenza stessi mangino tutte le risorse disponibili anche schiacciando quelli che sono gli incentivi alla produttività e via dicendo, però non possono essere compresse più del dovuto.
Bisogna che le spese siano ben governate e credo soprattutto che serva da parte della Regione, spingere su un corretto governo da parte della ASL perché abbiamo visto spesso che le ASL considerano l'integrazione socio sanitario un po' il parente povero, quindi, ritenendo che non ci sia l'obbligo di garantire quel servizio a differenza di quelli puramente sanitari, spesso non hanno agito secondo il livello di governo dovuto, cosa che va assolutamente vista e prevista.
Sulle risorse, veramente credo che sia necessario che si trovino, che siano date, che siano correttamente gestite. Credo che questo livello di responsabilità sia quello che qualifica la scelta della Regione Piemonte e il livello di vita e di qualità di benessere dei cittadini e di tutta la comunità.



PRESIDENTE

La parola al signor Manzone Giuseppe, in rappresentanza dell'AVO.



MANZONE Giuseppe, AVO

Grazie, Presidente.
Desideriamo anzitutto ringraziare codesto spettabile Consiglio per la disponibilità dimostrata nell'aderire alla richiesta da noi formulata di indire la presenta audizione.
Le associazioni a vario titolo qui rappresentate, il volontariato in particolare, il terzo settore in generale, che comunque aderiscono a questa iniziativa a favore dei diritti e doveri delle persone, partecipano e hanno anche nel passato contribuito alla costruzione di quella rete di solidarietà a sostegno dei cittadini più fragili.
E proprio nell'imminenza del 150° anniversario dell'Unità d'Italia occorre considerare che, oltre agli attori nuovamente ricordati, in primis proprio voi della politica, anche il volontariato ha contribuito a costruire l'attuale società con un servizio instancabile, seppure spesso nascosto e svolto in forma motivata, competente e - quello che ci teniamo a sottolineare - in forma assolutamente gratuita.
Già negli ultimi anni abbiamo assistito al grande sforzo che tutte le componenti sociali hanno profuso per assicurare quel minimo di welfare stabilito dalla nostra normativa. Vedi, per esempio, i livelli essenziali di assistenza, la legge n. 328 del 2000, eccetera.
Ricordiamo che fin dal 2000 l'Associazione Volontari Ospedalieri (AVO) si è fatta promotrice di una mobilitazione che negli anni ha prodotto il coinvolgimento di molte componenti della società civile. Ricordiamo per esempio le 60 mila firme che abbiamo raccolto non solo da cittadini e associazioni, ma anche da Comuni, Consorzi socio-assistenziali, eccetera.
Tutto questo ha consentito il proficuo confronto in passato con la Regione Piemonte, che ha assunto molte deliberazioni innovative scaturite per tavoli di lavoro comuni. Infatti il primo rammarico che dobbiamo sottolineare a questa nuova Giunta è il fatto che non siamo mai stati convocati per quanto riguarda il discorso dei tavoli dei LEA. C'erano dei tavoli che avevamo attivato, ma al momento risultano inattivi.
Ci auguriamo pertanto che nel prossimo futuro anche per la definizione della nuova riforma sanitaria si sia interpellati, in quanto viene spesso detto che questa riforma è calata dall'alto, ma noi ci terremmo a partecipare alla sua costruzione.
Un altro ulteriore motivo di grande preoccupazione è rappresentato dalla riduzione o, per certi capitoli, addirittura dalla cancellazione dei finanziamenti in generale, ma in particolare quelli relativi allo stato sociale e al settore sanitario.
Siamo tutti consapevoli dei gravi motivi per i quali il mondo intero e quindi non solo la nostra Regione deve confrontarsi alla ricerca di un equilibrio economico in generale, ma non possiamo restare in silenzio di fronte a ipotesi di bilancio che vengono ulteriormente a penalizzare un settore di per sé già molto problematico, fragile e delicato come quello di cui stiamo parlando.
Ci pare, in definitiva, che i tagli previsti a livello centrale sul fondo nazionale delle politiche sociali siano incoerenti rispetto alla coesione sociale che proprio il centocinquantenario dovrebbe celebrare. Ci pare che i fondi che la Regione prevede di stanziare, stando ai dati di bilancio - perlomeno quelli ai quali abbiamo avuto accesso e che ci sono noti - siano assolutamente insufficienti a garantire i diritti minimi delle persone; che le riduzioni in ambito sanitario, come richiesto ai responsabili delle Aziende stesse, siano inaccettabili a fronte delle già diffuse emergenze, che vanno dai tempi per una visita o per un intervento spesso esagerati fino al blocco del turnover; dalla carenza dei posti letto pubblici nelle RSA (vedi liste d'attesa) alle difficoltà per ottenere un aiuto alla domiciliarità; fino alle recenti determinazioni che prevedono la partecipazione dei familiari alle spese per le cure dei congiunti.
Quest'ultimo punto (la richiesta ai congiunti di partecipazione alle spese) non ci trova assolutamente d'accordo.
Sia ben chiaro che non siamo contro le razionalizzazioni, né alle riduzioni degli sprechi. Ma dobbiamo far presente anche il diritto delle persone di essere assistite e curate in modo adeguato e dignitoso. Ecco perché siamo a chiedervi di voler riconsiderare le attuali disponibilità di bilancio alla luce di una ridistribuzione di risorse che non penalizzi un settore di per sé già molto in sofferenza (vedi, per esempio, alcuni Consorzi socio-assistenziali che, come abbiamo sentito, hanno grosse difficoltà ad assicurare le prestazioni ai propri assistiti).
Tutti i tagli, in qualsiasi ambito avvengano, sono dolorosi; ma non vi è dubbio che è ancora più doloroso vedere delle persone che già soffrono nel fisico abbandonate a se stesse, costrette ad attese piene di incubi perché non hanno assicurazioni né speranze sui tempi e metodi della degenza o sull'evolversi degli iter burocratici. Famiglie che per curare un proprio disabile non autosufficiente o gravemente malato si sono spesso trovate indigenti.
Siamo sicuri che codesto Consiglio conosca tali situazioni, ma oggi abbiamo voluto sottolinearle perché siamo convinti che per costruire un mondo più umano sia assolutamente necessario assicurare ad ogni persona specie a quelle più deboli e sole, un minimo di solidarietà, di condivisione, di cittadinanza e di dignità. In definitiva, di giustizia.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola Ramello Adriano, ANPO-ASCOTI-FIALS - Dirigenza MEDVET; ne ha facoltà.



RAMELLO Adriano, ANPO-ASCOTI-FIALS - Dirigenza MEDVET

Ringrazio l'Assessore Ferrero e tutto il Consiglio regionale.
Interverrò a nome dell'Associazione Nazionale Primari Ospedalieri e suoi associati. Il mio intervento sarà totalmente al di fuori del tema che è stato trattato finora, ma probabilmente l'Assessore Ferrero ha inteso inserirci in questo.
Noi volevamo una rassicurazione in merito al rinnovo della polizza assicurativa regionale di responsabilità civile per la gestione dei rischi delle Aziende Sanitarie della Regione Piemonte.
Mi corre l'obbligo di precisare che gli operatori nella sanità sono assicurati (per legge, ormai) mediante un'assicurazione contratta assieme a quella dell'Azienda, che viene estesa anche per la rivalsa tramite un pagamento aggiuntivo da parte degli operatori medesimi. Il motivo per cui chiedevamo di avere un'assicurazione dalla Regione è dovuto al fatto che con la legge finanziaria del 2008 tale modalità non è più attuabile.
La Regione Piemonte aveva assunto in sé l'assicurazione per tutte le Aziende Sanitarie, che confluivano, quindi, in un fondo costituito all'interno della Regione. Questa particolarità fa sì che non vi sia la certezza che il modello di assicurazione attuato in Piemonte, attraverso il pagamento da parte degli operatori, non incontri, un domani, da parte di quelle che sono le autorità garanti in materia finanziaria (mi riferisco in particolare, alla Corte dei Conti), qualche difficoltà, per cui non venga riconosciuta l'assicurazione che è stata contratta in quella maniera.
Capisco che si tratti di un argomento totalmente al di fuori del tema di fondo; tuttavia, il fatto di non operare in tranquillità - perché privi di certezza sul fatto di essere o meno adeguatamente assicurati - farà sì che molte delle liste di attesa (ho sentito parlare di quelle cosiddette "extraospedaliere", ma anche di quelle ospedaliere) diventeranno ancora più allargate. Ho sentito anche parlare di situazioni di funzionalità in ospedale, e sono reali; tuttavia, ho il timore che tali funzionalità si riducano se non disporremo questo tipo di garanzia. Anche perché sapete meglio di me che la Regione Piemonte può fregiarsi dell'onore di essere ai più alti livelli come prestazioni sanitarie, che implicano, però, dei rischi importanti. E se questi rischi non saranno adeguatamente tutelati ci saranno, conseguentemente, delle riduzioni di intervento.
La Regione Piemonte ha già registrato l'esempio di un'assicurazione che non era stata stipulata nella modalità dovuta, con la conseguenza che due ginecologi si sono trovati, a distanza di più di vent'anni, a dover sborsare un indennizzo ad di sopra di quelle che erano le normali possibilità.
Chiedo pertanto - sono lieto, peraltro, di poterlo estendere a tutto il Consiglio regionale - una chiarificazione scritta su questo argomento.
Grazie. "



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola Frida Tonizzo, del CSA; ne ha facoltà.



TONIZZO Frida, CSA

Buongiorno a tutti. Sono consigliera dell'Associazione Nazionale Famiglie Adottive Affidatarie, che fa parte del CSA, e in tale veste mi riaggancio anche agli altri interventi, sia quelli di oggi, sia quelli scritti rilasciati a proposito di altre questioni.
Nel tempo a mia disposizione vorrei affrontare la questione relativa ai minori.
Intendiamo anzitutto richiamare le priorità di intervento previste dalla legge nazionale n. 184/1983 e s.m. che prevede il diritto di ogni minore a crescere in una famiglia [1].
Il superamento del ricovero in istituto, previsto dalla stessa legge n.184/1983 entro il 31 dicembre 2006, è stato raggiunto in larga parte in Piemonte per i minori inseriti nella strutture socio-assistenziali, anche se resta necessaria ed urgente la revisione delle norme relative all'autorizzazione preventiva al funzionamento e alla gestione delle strutture residenziali e semiresidenziali per i minori previste dalla Dgr 41/2004; deve invece essere ancora concretizzato per i minori con problemi socio-sanitari.
Oggi chiediamo al Consiglio e alla Giunta della Regione Piemonte un impegno prioritario- nell'ambito delle rispettive competenze - affinchè, in un'ottica preventiva : a) siano garantiti gli interventi domiciliari di cui alla delibera regionale 56/2010, con la salvaguardia delle prestazioni eventualmente in essere se più favorevoli b) prosegua il sostegno, anche economico, degli affidamenti familiari e delle adozioni difficili di minori italiani e stranieri ultradodicenni o con handicap accertato, attraverso stanziamenti mirati, adeguati alle consistenti necessità dei minori accolti . Al riguardo segnaliamo con viva preoccupazione che delle famiglie adottive, pur avendo i requisiti per l'accesso a questi sostegni, si sono sentiti rispondere dagli Enti Gestori che non potevano versare loro i rimborsi spese anche perchè i fondi previsti dalla DGR n. 40-939 del 3.11.2010 erano inadeguati ( es Consorzio socio assistenziale del Chierese e Consorzio socio assistenziale Alba Langhe Roero) c) vengano realizzare comunità alloggio di tipo familiare (massimo 8 posti letto più 2 di pronto intervento, non accorpate tra loro) in misura di almeno una ogni Asl, a totale carico del Servizio sanitario regionale per i minori con problemi psichiatrici tali da rendere, anche transitoriamente, sconsigliabile sul piano terapeutico la loro permanenza nel loro nucleo familiare di origine o affidatario o adottivo d)vengano istituiti presso gli ospedali infantili reparti di neuropsichiatria per il ricovero dei casi di urgenza, al fine di evitare il ricovero di minori nei reparti psichiatrici con gli adulti. Come più volte denunciato è inaccettabile ad es. che l'ospedale Regina Margherita di Torino di rifiuti il ricovero di minori adolescenti (dai 14-15 anni in poi!) e) venga predisposto un piano per il superamento del ricovero in istituto anche dei minori con problemi socio-sanitari, ai sensi dell'articolo 2, comma 4 della legge 184/1983 sopra citata. Riteniamo che questo obiettivo debba essere rispettato anche da parte delle strutture residenziali che, in Piemonte, accolgono questi minori e che per le loro tipologie strutturali non presentano le caratteristiche di comunità di tipo familiare. Ci riferiamo ad esempio a strutture quali quello di Casalnoceto e al Piccolo Cottolengo di Tortona (autorizzato come RSA) in cui attualmente sono ricoverati ancora dei minori.
Lascio anche l'intervento scritto di un'altra Consigliera dell'ANFAA Gisella Orlando, che si era iscritta a parlare, ma che è assente oggi per motivi di salute. Lei intende portare l'esperienza di affidatari che, a diversi tavoli di lavoro, anche con il Comune di Torino, hanno cercato di creare le condizioni perché questi affidamenti si possano realizzare.
Voglio terminare con una battuta sugli affidamenti in relazione a quanto è stato detto questa mattina: gli affidamenti riescono nella misura in cui sono preparati e supportati tutti i protagonisti dell'affidamento (minori, famiglia d'origine e affidatari); in nome dei tagli alla spesa sociale, non possiamo pensare di fare degli "affibbiamenti", invece degli affidamenti familiari.



ORLANDO Gisella, Consigliere Anfaa (intervento in forma scritta)

Alcuni minori con disabilità restano nella famiglia affidataria anche dopo il diciottesimo anno di età.E' bene precisare che si tratta di un numero piccolo di esperienze, ma estremamente significative, sia per l'impegno costante che le famiglie affidatarie devono affrontare, sia per l'arduo compito per le stesse di definire con i diversi servizi coinvolti un programma di interventi condiviso per il ragazzo ospitato.
Negli ultimi anni l'Anfaa, si è spesa per far riconoscere queste esperienze innanzitutto come affidamenti, affinché fosse garantito e assicurato a queste famiglie la continuità del progetto educativo e la contitolarità dell'intervento sull'affidato in situazione di handicap dopo il compimento del diciottesimo anno di età [2].
La prosecuzione dell'affidamento familiare in età adulta dei disabili che, per la gravità delle loro condizioni, non possono avere una vita autonoma nè possono rientrare nella loro famiglia d'origine, è sicuramente una condizione da privilegiare rispetto al ricovero in struttura, perch preserva i legami affettivi che risalgono spesso ai primi anni di vita inoltre rappresenta un risparmio economico molto rilevante per la collettività.
Riteniamo molto importante la D.G.R. n. 56/2010 sulle cure domiciliari che prevede il "Contributo economico concesso all'affidatario con le stesse modalità del familiare e la possibile valutazione di eventuali eccezioni legate a convivenze e l'attività del volontario integrata dall'intervento domiciliare fino alla concorrenza del massimale previsto." Ogni prestazione (domiciliare e/o diurna o di ricovero di sollievo) rientra infatti tra i diritti del soggetto, che, in quanto soggetto in situazione di handicap, non può essere escluso dai benefici previsti dalla normativa vigente, e permette oggi nuove soluzioni in autonomia per le persone con handicap non in situazione di gravità, anche in affidamento.
è necessario però garantire sostegno, nuova accoglienza e progettualità ai molti ragazzi con handicap in affido alle loro famiglie affidatarie nel passaggio dalla minore alla maggiore età, specificamente riguardo: il riconoscimento della contitolarità nel progetto alla famiglia affidataria la possibilità e l'accompagnamento per l'assunzione del ruolo di amministratore di sostegno il ruolo sociale svolto nel promuovere l'autonomia del soggetto, il raccordo con le risorse messe in opera, il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine la possibilità per la famiglia affidataria di condividere un progetto in modo attivo, e di non essere penalizzati nell'intervento rispetto alle famiglie biologiche.
Concludiamo con le parole di alcune di questi affidatari: "...sicuramente rappresentiamo per loro affettivamente, e non legalmente la famiglia, la sicurezza, il luogo in cui vivere.
Come tutti i genitori affidatari, anche noi vorremmo che l'affidamento potesse concludersi, realizzando un progetto di autonomia ed indipendenza secondo le possibilità dell'individuo.
Sono dei ragazzi disabili, ma noi prima di tutto vorremmo consideraste che sono dei disabili in affidamento, e che le famiglie affidatarie sognano diventino prima di tutto dei cittadini, portatori di diritti e di doveri accettati come cittadini con la propria dignità, il proprio cognome, la propria storia".



PRESIDENTE

Per il CISA ha chiesto di intervenire il signor Giordanengo Alessandro ne ha facoltà.



GIORDANENGO Alessandro, CISA 12

Buongiorno a tutti.
Parlo del mio caso specifico. Rispetto al 2010, nel 2011 vedremo quadruplicata la lista d'attesa relativamente agli anziani, da 50 a 250.
Non riusciamo più ad accogliere altri disabili in struttura, in quanto nel capitolo di spesa mancano 90 mila euro. Sono diverse le risorse di cui ci troviamo sprovvisti. Innanzitutto, 163 mila euro in meno per la ripartizione del fondo indistinto, che richiama un ampio capitolo - magari non da trattare oggi - sui criteri di ripartizione. Chiudo la parentesi: forse sarebbe stato meglio convocarci prima di trovarci nella situazione di "cose fatte".
Poi, 90 mila euro in meno per l'adeguamento delle tariffe delle strutture, che mi obbliga a riaprire la parentesi: quando si è deciso questo adeguamento delle tariffe non siamo stati convocati; peccato che noi siamo coloro i quali pagano questo adeguamento, quindi, forse, sarebbe stato giusto chiamarci in causa al momento della decisione.
In terzo luogo: 800 mila euro in meno sui progetti finalizzati e quelli considerati una tantum per superare la crisi. Mi chiedo perché la Regione Piemonte, nel 2011, non abbia previsto di rinnovare queste risorse, dato che la crisi mi sembra non sia conclusa, anzi, rischia di acutizzarsi, dato che gli ammortizzatori sociali stanno terminando, ed è stata una delle cause importanti che hanno determinato l'impennata delle richieste di aiuto economico ai non autosufficienti.
Queste risorse mancanti fanno cadere in un circolo vizioso la complessiva struttura del welfare regionale, perché se mancano le risorse premetto che al centro della nostra attenzione c'è l'utente e non le risorse economiche, quindi se facciamo qualcosa è perché riteniamo sia meglio per l'utente - per la domiciliare anziani e i disabili conseguentemente, aumenteranno i ricoveri ospedalieri non appropriati e i ricoveri in struttura, che sono economicamente molto più dispendiosi e alienanti per lo stesso utente che è al centro della nostra attenzione. Se diminuiscono le risorse per gli affidamenti familiari, aumenteranno i ragazzi in struttura. Diminuire la prevenzione determina l'aumento di casi futuri.
Apro anche un'altra parentesi: non penso che occorrano i nostri inserimenti per mantenere le strutture aperte; forse, era più logico che la Regione Piemonte non spostasse più di tre milioni di euro dall'assistenza sociale ai progetti sul lavoro, creando molta disoccupazione sugli OSS.
Allora, prima di pensare a politiche attive e passive sul lavoro occorrerebbe pensare a mantenere i posti di lavoro già esistenti.
La Regione, inoltre, deve garantire la governabilità amministrativa e politica degli enti erogatori dei servizi socio-assistenziali, che, dal giugno 2010, è garantita solo grazie al senso di responsabilità e dedizione dei loro componenti. C'è un vulnus di diritto che deve essere sanato dalla Regione, che deve farsene carico, dato che è materia specifica, ad esclusivo carattere regionale.
Inoltre, ritengo che dovremmo essere informati delle risorse a inizio anno e non alla fine, per sapere come utilizzarle al meglio.
Concludo ringraziando la Regione per averci convocati e chiedendo, fin da ora, di essere nuovamente invitati per una preventivata ristrutturazione dell'assetto istituzionale. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Ha chiesto di intervenire Mauro Lombardi, Presidente del Consorzio CISSACA; ne ha facoltà.



LOMBARDI Mauro, Consorzio CISSACA Alessandria

Grazie.
Sono Mauro Lombardi, Presidente del Consorzio Enti gestori dei servizi sociali dei Comuni dell'Alessandrino.
Stiamo parlando di una realtà di 23 Comuni consorziati, con una popolazione di 125 mila abitanti, di cui 30 mila anziani, classificati per avere un'età superiore ai 65 anni.
Do qualche numero che testimonia la situazione delle liste d'attesa relativamente al Consorzio di cui stiamo parlando. Praticamente, abbiamo 30 mila anziani e un numero di convenzionamenti che ammonta a circa 600 unità pari al 2% della popolazione anziana; abbiamo una lista d'attesa di circa 640 persone. Quindi, 640 persone che sono in graduatoria e che attendono il convenzionamento. Abbiamo una disponibilità sul territorio di circa 1.800 posti in case di riposo.
Per quanto riguarda le altre situazioni, come i minori o i disabili, la situazione delle liste d'attesa non è così evidente. Soffermandoci sul problema degli anziani, ci troviamo in questa situazione: 1.800 posti disponibili, 600 anziani convenzionati, 640 in lista d'attesa. Quando parliamo di liste d'attesa, parliamo di soggetti che sono in case di riposo, perché il posto c'è, almeno nel nostro territorio, ma che attendono il convenzionamento, quindi il contributo al 50% della retta.
Questo evidenzia due aspetti: innanzitutto una carenza di programmazione, in quanto abbiamo posti pari al 6% della popolazione anziana e convenzionamenti pari al 2% nella media regionale, ma decisamente al di sotto dei posti disponibili. Ovviamente questo comporta delle difficoltà di gestione.
In particolare, si assiste sul territorio ad un vero e proprio mercato delle rette, un mercato ovviamente al ribasso. Al di là di una retta nominale di circa 75 euro giornalieri, che è quella che pagano i soggetti convenzionati grazie al sussidio ASL, abbiamo tutta una serie di soggetti che accedono a posti in case di riposo ad un costo variabile tra i 1.800 e i 2.000 euro. Stiamo parlando di una differenza di circa 600-700 euro mensili. Ed è una situazione comprensibile, perché il contesto economico non consente alle famiglie di pagare 2.000 o 2.500 euro al mese senza alcun contributo. È comprensibile, perché le case di riposo con un'offerta tre volte pari ai posti disponibili in convenzionamento, chiaramente sono comprensibilmente sensibili ad una riduzione delle rette per consentire di abbattere i costi fissi di gestione.
Non è questo un problema di oggi, non è un problema degli ultimi mesi.
Io mi sono insediato nell'ottobre 2007 e il mio predecessore mi ha evidenziato che uno dei principali problemi dell'assistenza nel territorio alessandrino era proprio rappresentato dalle liste di attesa degli anziani non autosufficienti, ma è sicuramente un problema che presuppone due considerazioni, anzi forse tre.
La prima è che comunque un diverso trattamento economico non determina nella maggiore parte dei casi, un diverso trattamento socio-sanitario.
Questo va detto e va a premio del lavoro svolto dalle case di riposo. Le altre considerazioni sono riflessioni, perché posto che comunque l'obbligo di intervento pari al 50% della spesa socio-sanitaria è disposto per norma di legge, posto che ad oggi ci troviamo di fronte ad una evidente disparità di trattamento, perché ci sono soggetti che, a parità di condizioni o comunque con condizioni socio-sanitarie leggermente diverse, sono convenzionati mentre altre non sono convenzionate e quindi devono pagare la retta piena, a fronte di questi problemi, le soluzioni sostanzialmente possono essere due: l'aumento delle risorse oppure - e lo dico in termini paradossali - considerare anche l'aspetto reddituale nella determinazione delle graduatorie. Effettivamente oggi ci sono persone che hanno capacità reddituale e non pagano la retta perché convenzionate, e persone che non hanno capacità reddituale e che si trovano in grande difficoltà a sostenere tale onere.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola Bergia Maurizio, per il Consorzio Monviso Solidale; ne ha facoltà.



BERGIA Maurizio, Consorzio Monviso Solidale

Buongiorno e grazie per la possibilità che ci viene data di confrontarci.
Sono l'Assessore alle politiche sociali di Fossano. Il Consorzio Monviso Solidale ha 158 mila abitanti e 58 Comuni.
È in gioco il futuro dei servizi sociali e la posta è alta. Con questa finanziaria mi chiedo cosa succederà nel 2012 e chiedo all'Assessore Ferrero, nelle occasioni che ci sono con il Governo, di poter segnalare che il taglio medio dei capitoli è dell'80-90% e così non si va da nessuna parte.
Molto è stato detto e non mi ripeterò. Parto dal presupposto che non ci sono soldi e quindi possiamo solo fare delle proposte che prevedano la copertura economica con un senso di responsabilità.
Farò tre considerazioni, presenterò cinque proposte e concluderò con un appello.
La considerazione di fondo è che sicuramente il welfare va ripensato ma non massacrato. La compartecipazione va ripensata. Si pensi che la legge nazionale n. 328/2000 prevedeva entro 180 giorni una circolare che pensasse ai criteri di compartecipazione. Sono passati dieci anni e non è stato fatto. Qualche Regione l'ha fatto; la Regione Toscana, ad esempio, l'ha fatto. Forse si può mutuare l'esperienza da qualche Regione. In Toscana nel caso degli anziani, vanno a verificare nei cinque anni precedenti che non abbiano svuotato i conti correnti degli stessi, in modo che poi non hanno i fondi per poter pagare la retta e noi dobbiamo compartecipare.
Non può più succedere, ad esempio, che la gente vada con il suv a trovare il genitore e noi gli paghiamo la retta compartecipata.
È matematico: se cala la prevenzione, aumenta la spesa. Faccio un esempio molto banale; tagliamo i fondi e le borse lavoro per i soggetti psichiatrici e poi andiamo a vedere se non aumentano i ricoveri nei repartini, con un aumento improprio della spesa sociale.
La gente quando ha un problema spesso viene da noi, sulle liste d'attesa vengono direttamente in Comune, non hanno filtri, chiedono un appuntamento e ci raccontano le loro difficoltà. Quindi, dobbiamo dare il nome giusto alle cose, perché nelle ASL - ve lo posso assicurare - questa situazione sulle liste d'attesa è passata in modo molto soft, cioè non si è detto che c'era il blocco, si ritardavano le Commissioni di vigilanza.
Bisogna avere il coraggio di dire le cose: se non ci sono i fondi, bisogna dirlo, altrimenti la gente viene da noi a lamentarsi.
Domiciliarità. Non sarà il caso di puntare di più e in modo più deciso? Ho fatto un piccolo studio nella mia città sulla mobilità passiva delle persone che vanno in struttura extra Regione a fare della riabilitazione.
Se noi a quelle dieci persone - che io conosco per nome e cognome proponessimo di seguirle settimanalmente, assumeremmo due fisioterapiste ed avanzeremmo ancora dei soldi. Mi chiedo perché queste cose un Direttore generale di un'ASL non è capace a pensarle.
Proposte: rivedere gli standard gestionali. Mi chiedo a cosa serve che le RSA con le persone allettate abbiano i bagni. Mi piacerebbe saperlo perché questo ci scarica le rette.
La compartecipazione l'ho già citata prima, ricordando la Regione Toscana. Non possiamo più accettare che non si vada in un sistema di compartecipazione. Alcune Regioni che hanno avuto coraggio l'hanno fatto.
Questo darebbe fondi per le politiche sociali.
Rivedere le circolari sulla disabilità; non sarò in accordo con qualche associazione ma faccio parte di un'associazione anche io e dico che non è pensabile che anche in questo caso non ci sia un meccanismo di compartecipazione. Perché devo portare gratis con il pulmino del mio Comune, incidendo sulle spese nostre, dei ragazzi disabili che magari hanno redditi e le loro famiglie magari sono ricche? Tuteliamo le famiglie povere, ma dobbiamo cercare di puntare sulla compartecipazione.
Il nuovo modello della sanità. Quale sanità prevediamo? Se prevediamo la sanità onnicomprensiva, dove tutto passerà sotto le ASL, ai Comuni resteranno solo le rogne, cioè i borderline, quelli che nessuno vuole quelli che non sono abbastanza matti per essere presi in carico dalla psichiatria.
Credo che in questo momento invece serva un sistema con le due gambe cioè con una gamba sociale, altrimenti i Comuni non conteranno più nulla perché si risponderanno solo ai Direttori generali. Abbiamo bisogno invece di continuare a fare politica sul sociale.
Premiare progetti sperimentali che riducano i costi impropri. L'ho detto prima: favoriamo delle sperimentazioni che abbassino la mobilità impariamo a fare i conti, perché la prevenzione costa di meno. Premiamo le realtà che, favorendo la domiciliarità, fanno risparmiare la sanità, perch non tornano mai indietro i soldi della prevenzione, cioè si risparmia e basta, invece bisognerebbe che i soldi risparmiati rimanessero.
Infine, è necessario favorire le cure domiciliari, perché non costerebbe molto una famiglia che scelga di tenersi l'anziano a casa e prenda l'aspettativa non retribuita. Pensare di pagare i contributi per rimanere a casa, abbasserebbe le liste d'attesa, costerebbe pochissimo e sarebbe un provvedimento che la Regione potrebbe fare tranquillamente.
Un appello sul futuro dei consorzi. Non si decida nulla sui concorsi senza i consorzi. Ci abbiamo messo dieci anni a mettere insieme un'assemblea di 58 Comuni; facciamo fatica, ma andiamo d'accordo. Non prendete dei provvedimenti senza di noi, non schiacciamo il sociale. Non facciamo una delibera che dica ai Comuni di fare come vogliono. I Consorzi sono previsti dalla legge regionale, non è possibile che Tremonti faccia una manovra estiva dicendo che si tolgono i consorzi, perché al Sud i Consorzi sono dei carrozzoni. Qui funzionano, la Regione ha potestà esclusiva e può salvarli.
I Consorzi, in questo momento, vivono senza indennità. Il mio Presidente, 158 mila abitanti, ha le tutele, ma non ha l'indennità. Mi chiedo chi di voi in Consiglio regionale continuerebbe con passione a fare il Consigliere senza indennità. Non umiliamoli! I Consorzi hanno bisogno di continuare ad esistere, magari sottoforme diverse, ma stanno dando risposte importanti, non decidete nulla senza di loro.



PRESIDENTE

La parola alla signora Elisabetta Sasso, a nome della Cittadinanza Attiva Tribunale del Malato.



SASSO Elisabetta, Cittadinanza Attiva Tribunale del Malato

Credo che ripeterò molte delle cose dette dalle Associazioni.
Mi associo alle preoccupazioni di tutti per la situazione di incertezza che stiamo vivendo in questo momento. Per i servizi forniti e gestiti, non è cosa di adesso, a macchia di leopardo. Non capita soltanto in questo ambito, ma in tutto l'ambito sanitario.
Siamo preoccupati per le liste di attesa, sia in ambito domiciliare che residenziale, per non parlare delle liste di attesa in ambito normale.
Per la prima volta a Torino, abbiamo posti liberi nelle RSA a fronte di liste di attesa lunghe. Ufficialmente non è stato tagliato niente ma, di fatto, le ASL non procedono agli inserimenti.
Chiediamo anche noi, con forza, un confronto serio sulla questione della non autosufficienza, della cronicità, dell'handicap, delle liste di attesa in questi ambiti. L'impressione che abbiamo è che i tagli inizino proprio sul territorio, a spesa delle fasce più deboli: anziani, handicap malati mentali. Chiediamo interventi e impegni precisi in merito.
Le proposte avanzate da tutte le Associazioni sono molto serie, sono frutto dell'impegno delle associazioni e dei dati che hanno raccolto.
Richiedono un confronto altrettanto serio sulle questioni in prospettiva nel tempo. Faremo avere un documento in questo senso. Occorre davvero che ci dotiamo, vista la situazione economica, di standard condivisi e vincolanti per tutti gli attori, proprio per fronteggiare la situazione e utilizzare al meglio le risorse che abbiamo.
Vi ringrazio e buon lavoro.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

La parola alla signora Manfrino Fulvia, referente dell'associazione volontari Molinette Apiston.



MANFRINO Fulvia, Apiston

Grazie.
Prima di far partire l'orologio, vorrei fare una premessa doverosa quindi chiedo l'azzeramento dell'orologio.
È doveroso per me fare un appunto perché, sinceramente, entrare in questa Aula del Consiglio Regionale ha comportato un disagio enorme per quanto riguarda l'accessibilità per i portatori di handicap. Voglio ribadire che siamo solo in due in carrozzina.
Altro disagio è stato il poter prenotare la presenza di oggi perch avendo il computer guasto in tutto il periodo natalizio, ho pensato di avvisare circa la mia partecipazione attraverso una telefonata prima di Natale; ma, non so cosa sia successo, non risultavo registrata per fare l'intervento. Al di là di questo, sono venute altre volte in Consiglio regionale, ma non ho mai utilizzato i montascale elettrici per arrivare anche vicino alle vostre postazioni; infatti sono scesa con un ascensore percorrendo alcuni corridoi e si arriva in basso dove sono presenti i commessi. Non è possibile usare montascale superati come tecnica, poich come strumentazione oggi non è più recepita, non è adatta al trasporto di carrozzine elettriche, che presentano pesi maggiori per la presenza di batterie; per tanto che siano piccole, sono più pesanti e non possono adattarsi ai livelli di manufatti di vecchie pedane, come queste. Ovunque trovo questo tipologia di montascale, non funzionano in nessuna parte.
Vorremmo che la prossima volta si facesse più attenzione, per essere collocati come già in altre occasioni in postazioni meno svantaggiate.
Faccio presente che collocati qui in alto, ci troviamo in una zona buia per tanto facciamo fatica sia a vedervi, sia a leggere quello che sono i nostri comunicati. Proverò anche, con libertà di parola, ad esprimermi per evitare di leggere, anche se farò un po' di fatica. Inoltre vi vedo a stento. Essendo solo in due in carrozzina, potevamo avere la possibilità di entrare dall'altro ingresso e ci saremmo risparmiata tutta questa fatica.
Ci sono voluti circa 45 minuti per scendere con le due pedane dalle scale dietro le nostre spalle, poichè si bloccavano di continuo. Per favore vorrei che si tenesse conto per le prossime volte di quanto si dice oggi perché l'accessibilità è una garanzia che deve essere data a chiunque soprattutto a chi vuole garantita l'autonomia nella propria disabilità. Non voglio ripetermi su temi affrontati già da associazioni, sindacati, ma voglio trarre alcune riflessioni e testimonianze legati alla Sanità e alle liste di attesa.
Le associazioni sono nate da persone che, volontariamente assistono direttamente il pubblico, a livello domiciliare, a livello di assistenza ospedaliera, a livello di singole persone; parliamo di trait d'union tra di Voi Istituzioni e noi associazioni, perché possiamo essere i portavoce del pubblico e delle sue necessità e bisogni fondamentali, per le loro segnalazioni, per i loro disagi. Non possiamo pensare che qui si vengono a dire cose non vere ma, soprattutto, non possiamo neanche pensare che voi queste cose non le sappiate, che non conosciate le necessità di chi ha più bisogno. Mi sembra che anche il Consigliere Lepri le abbia esposte oggi fin dall'inizio.! Ci sono questioni che sono un po' spinose da dire e non tutti hanno il coraggio di esporle. Giustamente, l'Assessore alla Sanità regionale, pare che prima dicesse che bisogna avere la consapevolezza di esporsi.
Personalmente mi sono sempre esposta, ci sono denunce gravi, depositate ormai da troppo tempo (uno,due, forse anche più anni), sia in Procura che in Prefettura. Non so come mai non mi vengono date risposte, nonostante i solleciti che abbia già fatto.
Le denunce riguardano i problemi della sanità, dove bisogna avere il coraggio, tutti quanti, di mettersi la mano sulla coscienza, perché il problema sono presenti a tutti i livelli, ma nessuno vuole parlarne.
Espongo il problema delle liste d'attesa come ha citato la signora prima del mio intervento, del Tribunale per il Diritto del Malato, ma vi sono anche le liste d'attesa tra quelle più comuni. Es. non è possibile che per una visita generica, tipo gastroenterologia, si debba aspettare otto mesi ma nel frattempo il paziente è già andato tre volte in pronto soccorso perché stava male. Questi sono tra gli sprechi più generici della sanità dove da una semplice prestazione, si giunge ad un ricovero o a più prestazioni di pronto soccorso, dove i costi fanno presto a lievitare.
Non è possibile che si aspetti otto mesi per una prima visita. Anche quando c'è il carattere d'urgenza segnalato sulla ricetta medica, abbiamo scoperto che i tempi imposti dalla Regione non vengono mantenuti e rispettati, per cui la priorità è diventata un optional per il paziente.
Chi verifica questi abusi? Noi del volontariato verifichiamo questi disagi li denunciamo, ma poi nessuno verifica e quindi non si fanno interventi migliorativi.
Per il problema delle prenotazioni deve esistere un sistema informatizzato unitario per tutta la Regione; deve essere facilitato a livello di aziende ospedaliere e Asl; ognuno invece ha il suo programma in quanto ogni Azienda indice una gara d'appalto, dove interessa il basso prezzo alla qualità; il CSI è al corrente di ciò e allora perché non viene programmato un sistema informatizzato regionale che vada bene per tutti? I tagli sulla Sanità non bisogna farli sui bisogni, ma sugli sprechi che si fanno con le gare d'appalto di basso prezzo, dove non viene garantita la qualità di un prodotto, di un intervento, di una ditta, ecc.
Altro grave problema denunciato da molti utenti, sono i medici di base. Rappresentano in molte occasioni "la vergogna della sanità"! Guadagnano anche troppo, infatti dovrebbero essere quantificate le vere prestazioni erogate, non il numero degli iscritti ad ogni singolo medico curante, considerando che sono molte le negligenze circa il vero lavoro dei medici di base; non vengono più a domicilio neppure per visite urgenti; chi ha una disabilità, chi è anziano, chi ha problemi di vista non può recarsi dal proprio medico di base perché la maggior parte di loro, hanno studi con importanti barriere architettoniche: infatti spesso ci si trova di fronte ad una scalinata di sette o otto gradini prima di arrivare ad un ascensore che ti permetta di raggiungere lo studio al piano.
La legge sostiene che questi sono paragonati a uffici pubblici: questo vale per tanto per tutti i medici di medicina generale, medici legali, dove lo stesso Tribunale ti invia a visita specialistica per un CTU, ecc..
Questo vale per tante categorie di professionisti che continuano ad operare in palazzi, lussuosi, ma inaccessibili. Non è possibile, con tutti i negozi e locali a piano ribassato vuoti, che non si possano adottare soluzioni di questo tipo per fare in modo che il medico di base sia raggiungibile e accessibile, abbattendo le barriere con piccoli interventi possibili da eseguire, finanziabili per legge, dalla Regione. Quanti medici di base hanno, oltre al lavoro del loro studio, svolgono anche altre attività in privato, sia per sostituire altri colleghi, ma in particolare aprono studi dentistici. Ho conosciuto alcune realtà, dove l'anziano per una ricetta prescritta dal medico di famiglia è costretto a recarsi in altri punti della nostra città, dove il proprio curante ha altri studi privati in collaborazione, ma addirittura lo stesso medico svolge privatamente il dentista. Certo che questi "non hanno tempo" per recarsi a domicilio nei confronti di una persona anziana o disabile che ha riacutizzato il suo stato di cronicità.!!! Il medico di base è la prima persona che dovrebbe assistere i suoi iscritti, per dare le giuste informazioni e spiegare le dinamiche per l'appropriatezza delle prenotazioni, dei tempi di attesa, circa i codici di priorità, come si deve utilizzare il pronto soccorso, senza abusare, ecc.
Sono rarissimi coloro che dedicano la loro professionalità con correttezza.
E' più facile invece trovarsi, in mezzo alle ricette prescritte per telefono, un biglietto in cui lo stesso medico di base che per anni non vede il suo iscritto nonostante i bisogni di gestire la salute, scrivergli: " Considerando le sue complesse pluripatologie, suggerisco di rivolgersi ad altro medico di base." Questa è realtà e non è l'unica.
Ecco perché molte persone che non sanno gestire la propria situazione sanitaria del momento, non hanno le principali informazioni necessarie dai loro medici di base, si rivolgono ai pronti soccorsi, o chi pu permetterselo, esegue visite private o intramoenia con pochissimo tempo tempo di attesa. Certo che resta una beffa pagare tutta la vita le tasse per la sanità pubblica.! Non abbiamo parlato di numeri, ma ci sono situazioni nascoste, quelli che nessuno ha mai considerato perché sono persone da sole, che rimarranno inascoltate C'è un'emarginazione che fa paura dove il medico di base non fa la sua presenza neppure quando sono ricoverati in ospedale o case di cura.
Sono molte le situazioni in cui è necessario fare indagini, invece che tagliare sui bisogni: ho denunciato spesso le ditte farmaceutiche che fanno guadagni astronomici sulla pelle dell'utenza. Questo non lo fa nessuno.
Voglio ricordare a tutti voi, che la sottoscritta nella primavera del 2003 è riuscita nel giro di 15-20 giorni a far passare le morfine galeniche (oltre 12 tipi) in fascia C (quindi vergognosamente a pagamento), come fossero caramelle per la tosse, direttamente in fascia A, gratuite per chi le utilizzava per il controllo severo del dolore da tumore e neuropatico.
Prima di allora le farmacie facevano soldi a palate con pazienti oncologici e con patologie croniche gravi, dove nonostante un'invalidità al 100% per le malattie terminali e quindi un' esenzione totale, i pazienti pagavano gli oppioidi e la loro preparazione farmaceutica, facendo i viaggi della speranza per poter morire con decenza e dignità. Dalla mia stessa denuncia almeno il 1° aprile del 2003, mettendomi in prima linea in quanto anch' io mi trovavo ad utilizzare le stesse morfine, è stata firmata la delibera regionale da Ghigo, e nell' anno successivo è stata divulgata in tutta Italia.Vorrei capire quale recupero di denaro esiste da quando gli ospedali utilizzano i farmaci generici, come lo utilizza anche il cittadino! Andiamo a vedere, per esempio, il fenomeno degli ausili, sempre molto cari: se una persona ha la "fortuna" di arrivare tetraplegico al CTO, per un infortunio, allora gli viene erogato tutto il dovuto circa gli ausili perché subentra l'INAIL; se la stessa persona non ha avuto un infortunio ma è stata coinvolta nello stesso modo, gli si dice: "Arrangiati! Infatti non gli arriva alcuna informazione e deve fare la lotta per ricevere un ausilio che gli consenta un po' di autonomia. I prezzi di costo di alcuni ausili sono veramente eccessivi, come le carrozzine elettriche che per le diverse necessità, costano come le automobili. Nessuno indaga sui guadagni e sui costi eccessivi di tali ausili. Davanti poi alle necessità dei pazienti, le Asl adottano gare d'appalto a basso costo per garantire la qualità più scadente su tali ausili; il paziente che non percepisce la giusta informazione, riceve l'ausilio scadente che dura tre mesi invece che alcuni anni; cosi viene riacquistata una nuova carrozzina e a volte anche una terza, causa gli ausilio scadente. Così invece di acquistare un ausilio di qualità maggiore, ne compriamo tre per la stessa persona. e questo sarebbe un risparmio???!!! Oltre all' insoddisfazione del paziente per i disagi affrontati.
Continuiamo da anni a fare gare d'appalto da schifo, per cui si pagano le carrozzine due o tre volte per lo stesso paziente, perché sono carrozzine che si smembrano nel giro di tre mesi. Io ne ho viste diverse e vi assicuro che sono da Terzo Mondo, anzi, forse il Terzo Mondo ci ha già superati! Anche le cooperative e i consorzi, devono farsi carico di gravi responsabilità; infatti abbiamo avuto segnalazioni dagli stessi malati e dai parenti, presentate anche alle ASL di appartenenza, dove sono rimaste inascoltate; in alcune strutture, viene cambiato il pannolone al mattino e alla sera tardi, lasciando l'utenza in condizioni immaginabili! Spesso, la notte, in una struttura per anziani c'è addirittura una sola persona dipendente che fa assistenza verso 20-30 anziani, basta un' emergenza minima perchè non si possa garantire un' assistenza adeguata per nessuno.



PRESIDENTE

La invito a concludere, per favore.



MANFRINO Fulvia, Apiston

Questi sono semplici casi che tutti i giorni arrivano alle nostre orecchie e sotto i nostri occhi; non sono neppure una novità.
Riguardo alla fisioterapia che i pazienti devono fare dopo il ricovero o intervento in ospedale, presso le strutture accreditate: quanta fisioterapia viene pagata a queste strutture, quando si risparmia direttamente sul paziente? In una struttura di Torino - ma lo avevo già visto in altre - ho scoperto che per ogni paziente vengono affidati dieci minuti di fisioterapia; in un mese il paziente deve tornare a casa ed essere autonomo, mentre non lo è affatto. In molti casi, ho dovuto fare allungare di due mesi il periodo di recupero e questo non rappresenta uno spreco!!! Vorrei che si tenesse conto di questi fatti e vorrei che il confronto che noi dobbiamo avere con voi ci fosse veramente; chiedo un confronto non soltanto con un'associazione, ma con tutte quelle che oggi sono presenti perché non è possibile che siano sempre e solo due o tre le associazioni considerate.
Vi ringrazio e spero che la prossima volta ci si possa organizzare meglio. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Innanzitutto, prendiamo buona nota di quanto lei ci ha rappresentato.
La Presidenza - e non solo - è perfettamente a conoscenza del problema tant'è che la questione è già all'attenzione dell'Ufficio di Presidenza.
Di norma, come lei sa, perché forse in una prima fase era stata lì accompagnata, abbiamo una soluzione provvisoria, che è quella della Sala dei Presidenti e della Sala Viglione. In ogni caso, il Palazzo, nel suo complesso, è sicuramente alla nostra attenzione e di questo le voglio significare in maniera ufficiale la questione.
Gli interventi degli invitati sono terminati. Incominciamo, pertanto il dibattito dei Consiglieri.
Al momento sono iscritti a parlare nove Consiglieri; la Presidenza chiede, ancora una volta, ai Consiglieri che intendono intervenire e che non risultano ancora iscritti, se possono annunciare il loro intervento anche per fare una previsione sulla durata dei nostri lavori.
Diamo atto che sono iscritti a parlare i Consiglieri Boeti, Vignale Pentenero, Artesio, Angeleri, Laus, Cursio, Leo e Negro. Come era stato annunciato, seguirà un intervento di replica dell'Assessore alla sanità.
La parola al Consigliere Boeti.



BOETI Antonino

Grazie, Presidente.
In questa giornata, che considero positiva, sono già state dette tante cose importanti, da parte delle associazioni. È una giornata che è servita dopo otto mesi di governo regionale, a fare il punto della situazione sulle questioni di cui ci stiamo occupando.
C'è stato un tempo, in questa Regione - era il 2004 - con il secondo governo Ghigo (l'Assessore Cotto era l'Assessore alla sanità) - in cui, con la legge n. 1 si delineavano i servizi socio-sanitari, così come li conosciamo oggi. Nel 2004, in quell'ultimo anno di governo Ghigo, furono quasi raddoppiati i posti letto a disposizione dei cittadini che avevano bisogno di essere ricoverati in RSA.
C'è stato anche un tempo, durante il governo della Giunta Bresso, in cui il confronto con i comitati e le associazioni è stato - come hanno detto le associazioni stesse - forte e vivo, al punto che in un documento che voglio riprendere - che è stato distribuito di fronte al Palazzo Lascaris, c'è un discorso che dice: "Sintesi dei risultati raggiunti aggiornamento al 31 gennaio 2009". Quindi, qualche mese prima che il nostro mandato finisse.
Nel documento si legge: "Grazie alla sollecitazione esercitata con la raccolta delle firme e le iniziative collaterali, si sono raggiunti i seguenti importanti risultati: l'esenzione dei parenti dalla compartecipazione alle spese di ricovero degli anziani malati cronici non autosufficienti; l'impegno di spesa, per circa 60 milioni di euro, per la creazione dei 1300 posti letto in riferimento al 2006, 2007 e 2008; 25 milioni di euro, nel 2009, agli enti gestori dei servizi socio assistenziali per prestazioni da assicurare a soggetti non autosufficienti finanziamento, per oltre otto milioni di euro, per la realizzazione di comunità alloggio e centri diurni; quattro milioni di euro agli enti gestori per la promozione e il sostegno degli affidamenti familiari e il supporto alle famiglie che hanno adottato un minore di età superiore a 12 anni o con handicap accertato; l'impegno della Giunta regionale a realizzare, nell'ambito del Piano Socio Sanitario, ulteriori posti letto residenziali, in maniera da raggiungere quel 2% che è stato citato e che è stato raggiunto in alcune ASL, e che è stato raggiunto in altri territori e che altri territori non raggiungeranno più".
L'ultimo territorio in cui ho partecipato ad un dibattito è quello del Comune di Casale, dove mancano 560 posti letto per raggiungere quel 2% che noi avevamo fornito come indicazione, ma il Direttore Generale scrive: "Il Piano di rientro non ci permette più di raggiungere l'obiettivo che la Regione ci aveva dato".
Ancora, relativamente ai risultati citati in quel documento, troviamo: "La copertura, da parte delle ASL, delle spese relative a tutti i farmaci e ai trasporti in ambulanza dalle RSA agli ospedali e viceversa l'erogazione, da parte dell'ASL Torino 5, di un assegno di cura ai familiari che accolgono un parente anziano cronico non autosufficiente indipendentemente dal reddito del nucleo familiare".
Potrei continuare a lungo.
C'è stato un tempo nel quale abbiamo pensato che i servizi socio sanitari fossero importanti, in questa regione. C'è un tempo - quello attuale - nel quale non riusciamo a capire qual è l'orientamento del governo regionale, e devo riconoscere che l'intervento di questa mattina dell'Assessore Ferrero non ci ha aiutati a capirlo.
Peraltro, ho letto - l'abbiamo letto tutti, qualche mese fa - una dichiarazione dell'Assessore, che diceva: "Duemila posti letto in più disponibili in RSA"; peccato che poi la stessa delibera dicesse "ma nessun posto da convenzionare nuovo". Cioè: i privati, se vogliono, possono accreditarsi per offrire servizi, ma si tratta di servizi esclusivamente di tipo privatistico.
C'è un tempo - quello di oggi - nel quale non sappiamo qual è l'orientamento della Giunta rispetto ai Consorzi socio-assistenziali.
Qualcuno diceva che c'è una grande incertezza nei consorzi. Voglio ricordare, poiché sono presenti alcuni Presidenti di consorzi, che da ormai sei mesi - credo - con il decreto Calderoli, i componenti dei Consigli di Amministrazione non ricevono alcun contributo economico per il servizio che svolgono, ma non mi pare che nessuno si sia dimesso: tutti hanno continuato a svolgere il proprio lavoro, perché rappresentano quei Comuni che credono che quei servizi devono essere erogati.
La divisione fra ospedale e territorio, e l'assoluta eliminazione di qualunque possibilità da parte dei Sindaci di intervenire nelle questioni socio-sanitarie, farà sì che quel 60% con il quale oggi i Comuni contribuiscono a mantenere i Consorzi e i servizi a poco a poco diminuirà perché ci sarà un minore impegno da parte dei Sindaci e delle Amministrazioni comunali.
Presidente, svolgo ancora due riflessioni - se mi è consentito - in meno di un minuto.
In Italia ci sono due milioni e 400 mila disabili; di questi, 450 mila sono disabili gravi. Il nostro Paese offre servizi soltanto all'1% della popolazione, mentre la Gran Bretagna e i Paesi Scandinavi al 20%, la Germania al 10%, la Francia all'8%; anche la Repubblica Ceca ci supera, il 6%.
Non riesco a capire perché in questo Paese dobbiamo continuare a dire che non possiamo più continuare a spendere per questi servizi perché le risorse del Paese e della Regione non lo consentono. Mi chiedo perché, se se lo possono permettere la Gran Bretagna e i Paesi scandinavi, non riusciamo a garantirlo in qualche modo anche noi. Vale anche per la nostra Regione, perché noi offriamo l'1% della popolazione che ha bisogno del nostro intervento sul sistema sanitario di cui avremmo bisogno.
Il nostro Paese spende il 7% del prodotto interno lordo per garantire i servizi socio sanitari ai cittadini; gli Stati Uniti il 13, la Germania l'11 e tutti gli altri Paesi molto più di noi. Abbiamo bisogno di continuare ad investire in questo settore. Noi vogliamo sapere - forse l'Assessore ce lo dirà alla fine di questa seduta - che cosa vuol dire per il nuovo Governo regionale domiciliarità e se intende continuare ad investire in questo settore; che cosa vuol dire assistenza intra-familiare e cosa vogliano dire i centri diurni e se quella frase utilizzata in questi anni, il sistema socio assistenziale è disponibile ed è amico dei cittadini, è ancora importare e utile per questo Governo regionale.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MOLINARI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Essere all'opposizione garantisce dei vantaggi, cioè fare al tempo stesso, come abbiamo visto nella sessione di bilancio, il partito del rigore e poi il partito della spesa, perché delle due l'una: o c'è un dato su cui si fanno ragionamenti in termini qualitativi e quantitativi rispetto ad un'impossibilità di dilazione della spesa socio-sanitaria, e questo non comporta un ulteriore aggravamento dell'indebitamento della Regione, ma se questo si intende fare è evidente che o si riducono le già ridotte risorse che vi sono rispetto agli altri settori, o è impossibile coniugare l'uno e l'altro, cioè è impossibile coniugare una percentuale maggiore di spesa nei servizi socio-sanitari, alla volontà di ridurre il deficit, di investire di più in agricoltura, in turismo, per le imprese e per le famiglie. Le due cose sono impossibili: sono possibili solo quando uno sta all'opposizione, quindi può dire quello che vuole, perché tanto non deve rispondere, né materialmente dimostrare come intende garantire quelle maggiori spese.
Ricordiamo che il dato della sanità, e soprattutto delle strutture socio-sanitarie, delle politiche socio-sanitarie, è quello che in qualche modo ereditiamo da chi ha governato per cinque anni questo Governo. Nel 2010 vi è stata una minore riduzione dei trasferimenti; i criteri non sono stati modificati in corso, ma rispetto al 2011.
Personalmente credo che serva - e credo che il Piano Socio Sanitario salverà anche questo, proprio con la divisione tra ospedale e territorio fare un cambio rispetto alle gestioni di alcune politiche sociali. Sentendo molti soggetti intervenuti abbiamo sentito come sia fortemente disomogeneo il nostro servizio all'interno della nostra Regione.
La delibera 39, che è andata verso un sostegno delle politiche di domiciliarità, certamente ha dato un primo segnale di omogeneità rispetto ai servizi da svolgere, credo nell'attenzione posta alle argomentazioni che questa mattina abbiamo ascoltato, molte delle quali condivisibili. Poi è evidente che è più complesso, per chi governa una Regione, far sì che le richieste provenienti dal territorio debbano essere tutte mediate e a queste data una risposta, senza fare la logica del più, cioè dire "sì" ad ogni richiesta avanzata - sì, sì, sì - sapendo che ogni "sì" costa.
Occorre fare una valutazione, per chi governa, rispetto alle priorità.
Le priorità sono certamente individuate nella sanità e nelle politiche sociali, che insieme a lavoro e formazione sono i settori che non hanno avuto tagli drastici, come invece altri settori della nostra Regione, ma bisogna individuare alcuni modelli che garantiscano efficienza dei servizi ad un costo pari o addirittura inferiore.
Il tema della domiciliarità, che questo Consiglio ha, nell'VIII Legislatura, discusso unitamente e votato con la legge 10 a larga maggioranza, certamente è uno dei temi sui quali si deve intervenire.
Ricordo che anche senza fare un ragionamento sulle responsabilità ma su ci che è possibile fare nel tema della domiciliarità, abbiamo alcuni settori come quello degli anziani non autosufficienti, su cui certamente è necessaria una attenzione maggiore perché, come correttamente veniva ricordato in termine di risorse, rischiamo di avere delle liste di attesa che non si possono definire tali perché nessuno vi accede mai, ma questo sistema esisteva anche prima con le liste di attesa ed esiste ancora rispetto agli ingressi nelle RSA convenzionate, ma abbiamo interi settori come i minori e la psichiatria, in cui domiciliarità se ne fa poca. Ne siamo ben lontani, ad esempio nel settore dei minori: abbiamo 1.200 minori lo dice l'Osservatorio regionale sull'infanzia - che oggi vivono all'interno di una comunità. Quei 1.200 che assorbono il 90% delle risorse che la Regione investe e che i Consorzi investono sui minori, costano più di 40 milioni di euro alla Regione Piemonte.
Abbiamo dimostrato - l'Assessore Ferrero ha iniziato con una delibera un progetto sperimentale - che con una riduzione degli inserimenti in comunità (ricordiamo che l'80% dei minori inseriti in comunità al massimo entro un anno ritornano nella loro famiglia, quindi non sono stati allontanati da un orco se poi il Tribunale li ha riaffidati a quella stessa famiglia o, comunque, se rientrano all'interno della comunità familiare) quelle risorse si possono certamente risparmiare. All'interno della psichiatria abbiamo un utilizzo delle strutture di residenzialità più o meno reali, certamente reali, sui quali è possibile fare un grosso sforzo in termini di sostegno alla domiciliarità e anche quello costa alcune decina di milioni di euro che potrebbero essere non risparmiati, ma meglio utilizzati per garantire un servizio migliore a quelle persone ed anche una possibilità di usare risorse che garantiscano altri servizi interni di domiciliarità.
Questo va fatto. Si chiede efficienza in sanità, ed è corretto, ma si può chiedere efficienza anche nei servizi socio-sanitari e riteniamo che sia altrettanto corretto.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Pentenero; ne ha facoltà.



PENTENERO Giovanna

Grazie, Presidente.
Innanzitutto ringrazio le persone, i rappresentanti delle associazioni dei Consorzi e del sindacato per gli interventi qualificanti che questa mattina ci hanno offerto; un modo per riflettere su temi assolutamente importanti, su temi che toccano la carne viva della popolazione piemontese che sempre di più oggi si trova in difficoltà.
Non voglio parlare di numeri, lo hanno fatto prima il collega Lepri e poi il collega Boeti, raccontando quali sono i numeri delle risorse economiche stanziate all'interno della nostra Regione.
Ricordo solo che durante la legislatura precedente, quando di fronte a tagli consistenti, da parte dei trasferimenti del fondo nazionale, la Regione è intervenuta e si è sostituita alle competenze dello Stato. Di fronte a dei tagli consistenti che hanno toccato diversi Governi - non solo Governi di centrodestra - la Regione si è sostituita, perché riteneva prioritario il servizio socio-assistenziale.
Vorrei proprio fare riferimento al termine "socio-assistenziale". Noi abbiamo un Piano Socio Sanitario e Socio Assistenziale. Di questi tempi, se leggiamo le ultime deliberazioni che sono state approvate dalla Giunta assistiamo a un depauperamento di tutto un sistema dei servizi sociali piemontesi, che innanzitutto è davvero umiliante per le persone in carico e che trovo sia assolutamente umiliante per tutte quelle persone - a partire da chi opera all'interno dei Consorzi, ma anche all'interno delle associazioni di volontariato, del sindacato, degli Enti locali - che in questi anni hanno fatto della nostra una delle Regioni per le quali i progetti socio-assistenziali sono progetti qualificanti, che hanno saputo integrarsi con il sistema sanitario.
Certamente, lo diceva prima il collega Vignale, sono molte le cose che possiamo migliorare; sono molte le cose che potrebbero trovare una maggiore efficienza all'interno del nostro sistema piemontese. Ma all'interno degli atti di programmazione, all'interno degli atti fondamentali che un Ente come la Regione deve redigere, non troviamo alcun elemento che tenga in considerazione l'integrazione tra il sistema sanitario e quello socio assistenziale. Sottolineo la parola "socio", perché mi sembra che negli ultimi atti di indirizzo, volti a garantire un livello assistenziale sempre più basso, di progetti e di integrazione sociale non si parli in alcun modo; e mi pare che non si tengano in considerazione le esperienze e le attività che questa Regione negli anni ha saputo sviluppare e portare avanti con grande ambizione e con grande capacità, professionalità e soprattutto capacità nel creare una rete di soggetti in grado di dialogare e trovare la giusta dimensione per portare avanti quanto è necessario per le fasce più deboli delle nostre popolazioni.
È stato più volte ribadito, durante gli interventi che abbiamo ascoltato con grande attenzione questa mattina, il fatto che si invitano questa Giunta e questo Consiglio a far sì che i provvedimenti che saranno presi non siano calati dall'alto, ma siano provvedimenti che possano trovare momenti di confronto e di discussione comune. Questo è davvero un elemento che è mancato in modo forte e prepotente in questi mesi. Non c'è stato confronto - lo abbiamo sentito più volte, questa mattina - né c'è stata possibilità di far conoscere e comprendere quali sono le condizioni reali nelle quali versano le diverse realtà e nelle quali si trovano le diverse situazioni della nostra Regione. Crediamo che questo sia davvero un atteggiamento che deve cambiare.
I Consorzi socio-assistenziali oggi vivono una situazione per la quale si incontrano quotidianamente Sindaci che ci chiedono: "Ma allora, i Consorzi socio-assistenziali saranno chiusi dal 1° gennaio? Non esistono più?". Non c'è chiarezza, non c'è alcuna informativa in merito al futuro dei servizi socio-assistenziali e dei Consorzi che, come è stato ricordato da alcuni loro rappresentanti, hanno operato con grande attenzione. E non sono di certo i rimborsi che vengono dati ai Presidenti e ai componenti dei Consigli di Amministrazione ad aver determinato i costi della politica all'interno della nostra Regione perché ultimamente, con il decreto Calderoli, questi non percepiscono più alcuna indennità: lavorano infatti perché credono nel proprio operato e nel proprio impegno nei confronti dei cittadini piemontesi.
Bene, ci auguriamo davvero che ci sia un confronto diverso, ma soprattutto l'augurio che faccio e ciò che chiedo in modo forte è che ci sia, all'interno degli atti di programmazione, il ritorno al riconoscimento della necessità di interventi sociali e non soltanto di interventi assistenziali, sempre più ridotti e sempre meno attenti all'esigenza dei progetti di vita delle persone. Questi termini non li ritroviamo più all'interno degli atti di programmazione e davvero vorrei, con l'incontro e la discussione di questa giornata molto importante per la Regione Piemonte che si ritornasse a parlare di progetti e di temi sociali.
Siamo consapevoli che le risorse sono poche e che bisogna utilizzarle al meglio: credo che tutti quanti lo abbiano assolutamente presente e che nessuno voglia nascondersi dietro un dito. Non ci si può nemmeno rifiutare però, di entrare nel merito, di dare delle risposte e di trovare delle soluzioni che possono essere condivise, confrontate e misurate con la realtà piemontese.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Per rispetto ai nostri ospiti, non svolgerò alcun commento in ordine alla relazione dell'Assessore e nemmeno una valutazione sulla situazione che potremmo poi condividere o sulla quale potremmo differenziarci in altre sedi che ci sono consentite.
Uso il mio tempo esclusivamente per formulare una proposta. Mi pare che il rendiconto a cui abbiamo assistito, sulla base dei dati fornitici dalle organizzazioni sindacali, dalle associazioni di rappresentanza e di tutela dei malati e da quelle di volontariato, ci imponga di assumere nei confronti della questione un atteggiamento, fatto insieme di ricerca di comprensione delle motivazioni - approfondita dal punto di vista delle norme, delle deliberazioni e delle distribuzioni delle risorse che hanno originato queste situazioni - e di responsabilità del Consiglio regionale nel monitoraggio sull'andamento della situazione.
Sul primo versante, mi sembra che possiamo sintetizzare così la discussione.
Primo: noi siamo in presenza di disposizioni che non conosciamo, quelle date dalla Regione alle Aziende Sanitarie, in ordine all'applicazione del piano di rientro. Fin qui, infatti, si è detto della deliberazione del 30 aprile e del modo singolare con il quale alcuni Direttori generali l'hanno interpretata, vale a dire facendo risparmio su quelle misure che immediatamente potevano contenere la spesa, a danno degli interessi e delle aspettative degli utenti. Ciò che sappiamo, però, è che dal mese di gennaio l'Amministrazione regionale dovrà completare, nei confronti dei Ministeri della Programmazione economica e della Sanità, il Piano di rientro regionale; e nel Piano di rientro regionale, in quello già adottato il 4 di agosto, è scritto esplicitamente che, in ordine agli obiettivi e sull'area socio-sanitaria, le Aziende Sanitarie devono attendere indicazioni di programmazione dalla Regione. Non sappiamo quindi quali saranno queste indicazioni di programmazione. È utile per noi saperlo.
Secondo: siamo in presenza di disposizioni che non vengono applicate.
Le conosciamo le disposizioni relative alla DGR n. 17, quelle relative alla DGR n. 39 e, se vogliamo, anche quelle relative alla riserva della quota di finanziamento di ogni ASL, in ordine al 5% deputato ai problemi della salute mentale.
Terzo: siamo in presenza di risorse che non vengono assegnate. Qui infatti, non c'è solo la questione della distribuzione del Fondo sanitario nazionale e dell'integrazione sanitaria nella misura del 4%: quando parliamo delle cure domiciliari in lungo-assistenza, siamo in presenza di un flusso nazionale finalizzato alla non-autosufficienza che nell'interpretazione della Regione Piemonte, era appunto riservato in modo particolare al tema delle cure domiciliari in lungo-assistenza.
La domanda quindi è: se ammettiamo un problema economico del sistema sanitario regionale e del bilancio regionale, comunque ci dobbiamo chiedere come sono orientate le risorse nazionali sulla non autosufficienza. Perch si è atteso ad emanare la determinazione per la distribuzione dei fondi del 2009? E qual è il criterio di distribuzione dei fondi del 2010? Parlo di fondi statali finalizzati e non di nuove risorse del sistema! Queste tre domande, quindi, il Consiglio regionale se le deve porre e possibilmente deve cercare di darsi una risposta; ovviamente nell'interesse di comprensione della comunità politica, rispetto a quali sono gli orientamenti dell'Esecutivo e del bilancio, ma anche nell'interesse degli utenti che qui, oggi, abbiamo sentito essere particolarmente conculcato.
Concludo, rispetto alle domande che pongo all'Assemblea e all'Esecutivo, con una proposta, affinché insieme si trovi il modo di dare corso alle soluzioni.
La proposta è la seguente: al termine di questa giornata, depositer spero con molti altri colleghi - un documento che non potrà essere votato in questa sede, ma mi auguro nella seduta di domani, in cui chiedo, al fine di aumentare la responsabilità del Consiglio regionale sulla materia, che ci sia la possibilità per i Consiglieri regionali di accedere in tempo reale ai dati che fotografano la situazione sia sugli inserimenti residenziali, sia sull'assegnazione delle cure domiciliari in lungo assistenza; ovvero che la IV Commissione, così come ogni trimestre riceve i dati economici delle Aziende Sanitarie, ogni trimestre riceva dai Direttori generali e dall'Assessore l'andamento sulle liste d'attesa dei servizi dei quali ci siamo occupati, in modo da essere consapevoli nell'orientamento delle risorse; ciò parallelamente alla richiesta avanzata all'Assessore Ferrero di procedere alla riconvocazione di quello strumento di monitoraggio e di condivisione che è stato il tavolo dei LEA e di cui abbiamo sentito non è più stata prevista la riconvocazione.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Angeleri; ne ha facoltà.



ANGELERI Antonello

Grazie, Presidente.
Vorrei innanzitutto ringraziare coloro che sono intervenuti, e ovviamente apprezzare i toni degli interventi, perché rappresentano un modo per confrontarci sicuramente più utile rispetto al clima generale non così democratico che viviamo all'interno del nostro Paese su altri temi. Questo nonostante le difficoltà di un comparto che conosciamo essere sicuramente in crisi, ma non certo per una questione legata a scelte politiche precedenti o successive. Vorrei ricordare, infatti, che questa Amministrazione è insediata da soli otto mesi, non da otto anni. Ritengo quindi, che sia utile, per un dovere di cronaca e, soprattutto, per una questione di giustizia e di correttezza, fare dei ragionamenti anche in termini di responsabilità, che devono essere addebitate ad una parte o all'altra, e non certo per polemica.
Proprio in questi giorni, la Corte dei Conti e i Magistrati hanno sostanzialmente espresso una sonora bocciatura al sistema sanitario della ex Presidente Bresso...
ARTESIO Eleonora (fuori microfono) Al 2008: ditelo!



ANGELERI Antonello

Sì, relativa al 31 dicembre 2008, Consigliera Artesio. Infatti, poi, al 31 dicembre 2009 la situazione è anche peggiorata.
Penso che questo aspetto debba essere tenuto in considerazione. Se fossi, dunque, un Consigliere totalmente irresponsabile, suggerirei al Presidente Cota di prendersi un Assessore al bilancio come Peveraro; ma dato che non sono un Consigliere irresponsabile, non lo farò. Perché ad amministrare continuando a fare debiti, sono tutti capaci, ma c'é il momento della svolta. E quello, purtroppo, è arrivato, indotto anche da una situazione difficile che si è verificata non solo a livello nazionale, ma anche internazionale, per cui si è necessariamente dovuti intervenire.
Fatte queste riflessioni, vi è un aspetto che condivido e che alcuni colleghi dell'opposizione hanno già sottolineato: quello relativo all'invecchiamento della popolazione nella nostra Regione, che, insieme alla Liguria, sappiamo essere la Regione più vecchia del nostro Paese. In questo senso, quindi, è utile riaprire un confronto con le varie realtà. Mi pare, comunque, che la sensibilità dell'Assessore Ferrero, che peraltro conosco da tempo, vada proprio in questa direzione.
Ovviamente noi, come Lega, la invitiamo ad andare in questa direzione perché il tema della domiciliarità, che è già stato toccato non solo dagli interventi di chi è stato invitato, ma anche da alcuni colleghi, è argomento a noi caro, poiché i valori a cui siamo fortemente ancorati sono proprio quelli della famiglia e in questa direzione vogliamo andare attraverso un confronto.
Non raccogliendo alcuna provocazione che pure c'è stata in alcuni interventi, l'invito che rivolgo all'Assessore è di riaprire velocemente questo tavolo tra il territorio e la Regione - peraltro, so che si andrà in questa direzione - per esempio per i LEA, più volte sollecitato; sarà un aspetto utile per affrontare un momento che è difficile per tutti.
Alcune indicazioni che abbiamo ascoltato oggi ritengo che possano essere interessanti anche per un confronto con una parte della sanità privata a cui dobbiamo necessariamente far riferimento. Purtroppo il tempo scorre impietoso, ma vorrei fare un breve accenno al fatto di puntare sull'istituto della concessione di pubblico servizio nei casi di carenza di fondi pubblici, come in questo caso, per la creazione di nuove RSA, come alcune realtà hanno sottolineato. Questo è un aspetto su cui dobbiamo ragionare, perché anche i privati devono ricevere, in qualche modo, delle sicurezze e delle certezze dalla controparte, perché fanno investimenti forti.
Ovviamente questo non rappresenta certo la soluzione per risanare completamente un problema difficile, viste le liste d'attesa, ma potrebbe quantomeno garantire una boccata d'ossigeno importante.
Rivolgo dunque l'invito all'Assessore di procedere in questa direzione naturalmente attraverso il confronto e l'ascolto. Perché proprio l'ascolto e il confronto serio possono contribuire ad individuare più facilmente le soluzioni ad un problema a cui dobbiamo dare delle risposte, visto che riguarda proprio i nostri anziani.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Laus; ne ha facoltà.



LAUS Mauro

Grazie, Presidente.
Rivolgerei anch'io un ringraziamento ai rappresentanti delle associazioni e ai rappresentanti sindacali.
Mi basteranno pochi minuti, non per un intervento tecnico, ma per un intervento che vuole segnare una posizione politica - chiaramente in disaccordo - con le attuali politiche sociali di questo Governo.
Colleghi, che cosa è emerso oggi? È emerso che ci sono due rappresentazioni della realtà: una è quella della propaganda che leggiamo ogni giorno per strada, che ascoltiamo nei convegni, che leggiamo sui giornali. Faccio alcuni accenni: "12 milioni di stanziamento a metà novembre, 31 di recente. A tanto ammonta l'impegno certificato dalla Giunta di Roberto Cota a favore delle persone non autosufficienti, siano esse anziani o altro. Si tratta di risorse mirate a mantenere al domicilio... e così via, tanti messaggi positivi.
Oggi, invece, che cosa emerge? Che film vediamo? Qual è la rappresentazione odierna? Oggi c'è stato ricordato, in modo garbato e pacato, da chi vive ogni giorno delle drammatiche situazioni o che comunque ne è a contatto, che le liste d'attesa non sono affatto lecite; si è parlato di un diritto esigibile alle cure sanitarie e socio-sanitarie garantito dai LEA, i livelli essenziali di assistenza sanitaria e socio sanitaria, così come previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2001, le cui norme sono cogenti in base all'articolo 54; ci hanno altresì ricordato, con la delibera della Giunta regionale del 30 aprile, che i Direttori generali delle ASL hanno bloccato ogni nuovo intervento alle persone non autosufficienti; non vengono erogati assegni di cura; non sono attivati nuovi posti in convenzione con le ASL per gli anziani non autosufficienti, ma anche per le persone in situazioni di handicap.
Ci hanno altresì ricordato che sono 11.000 le famiglie in lista d'attesa per ricevere le cure domiciliari e il relativo contributo; 8.000 in lista d'attesa, anche da anni, del pagamento da parte delle ASL della quota sanitaria per il ricovero in una residenza sanitaria assistenziale. E l'Assessore in coda al suo intervento iniziale parla, a mio avviso correttamente di contenimento dei costi.
Però, Assessore, non mi rivolgo solo a lei, mi rivolgo a tutti gli amministratori del nostro Paese e, in modo particolare, mi rivolgo agli amministratori della Regione, ricordando che questa formulazione linguistica del contenimento dei costi non deve assolutamente significare una causa di esclusione di responsabilità politica. Cioè, non è che dobbiamo contenere i costi e ogni volta dobbiamo ripetere che bisogna contenere i costi! L'azione politica ha la responsabilità di segnare delle priorità e dopo di decidere se le fasce deboli devono stare sotto, a metà o in altro della classifica. Quella è la differenza tra un politico, tra un governo e un altro governo.
Noi pensiamo e in modo particolare, penso con tutti i miei colleghi che l'aiuto delle fasce deboli, che non significa elemosina, significa tutela dei diritti delle fasce più deboli, deve essere prioritaria, perch sappiamo bene che il contenimento dei costi ci deve essere, come sostenevano alcuni colleghi, ma ci sono atri comparti dove possiamo sbizzarrirci.
Oggi è emerso anche e soprattutto che i termini sussidiarietà federalismo e concertazione nulla hanno a che fare con le attuali politiche socio-sanitarie. Non l'ho detto io, è emerso. Se abbiamo visto lo stesso film, questo è quanto ci è stato raccontato.
Assessore, le chiedo, a lei ma anche alla Giunta e al Presidente Cota di cambiare rotta, di imboccare un'altra strada. Questo vale anche per la rivoluzione sanitaria, così come abbiamo avuto modo di leggere su alcuni quotidiani, Assessore ascoltate i territori, siate più umili e ponetevi nella intelligente posizione di ascolto così come è stato fatto oggi.
Solo un piccolo accenno, Presidente, e chiudo. Un accenno al contenimento dei costi, un accenno semplice, un esempio che non vuole essere demagogico. Io mi chiedo: un anziano non autosufficiente, quindi in difficoltà, quanto costa se nella disperazione - e ce ne sono tanti approda in un pronto soccorso e poi segue il ricovero rispetto invece a una politica finalizzata a ridurre (non dico eliminare) notevolmente le liste di attesa? Chiudo facendo notare a me stesso e ai colleghi che questo mio intervento voleva essere veramente un intervento per marcare una posizione politica.
Il contenimento dei costi deve essere fatto, ma in modo particolare nei comparti dove c'è assolutamente spreco e non sul minimo, sul diritto del buon vivere, che è uno dei diritti più elementari, quello dell'assistenza delle persone in grave difficoltà.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Cursio.



CURSIO Luigi

Grazie, Presidente.
Vorrei partire e guardare la questione delle liste di attesa da una angolazione un po' più ampia. Non vorrei fare una zumata, perché rischiamo di perdere il senso delle cose.
Vorrei fare anche una premessa: sarebbe facile attribuire all'Assessore delle precipue responsabilità rispetto a quanto affermerò. Quindi, come sempre i miei interventi si caratterizzano dal punto di vista dell'obiettività di una valutazione molto soggettiva.
Nella vita faccio il medico e quindi penso di conoscere un po' il mondo della medicina in generale. Ho avuto la fortuna di vivere all'estero e quindi ho anche elementi di comparazione rispetto ad altri Paesi. Ho altresì affermato in quest'aula in più di un'occasione che il quadro è molto più ampio e va visto in un'ottica di uno studio di quella che è la popolazione.
Qualcuno ha ricordato che stiamo invecchiando; questo è un successo.
Tuttavia, e non riguarda solo la nostra regione, ci dimentichiamo di apporre le correzioni necessarie. Questo è molto importante, perché è vero che noi spendiamo qualcosa che si avvicina, pro capite, a quella che è la spesa in ambito sanitario rispetto ai Paesi europei, però è sbilanciata in quanto la spesa farmaceutica - faccio un esempio - piuttosto che la spesa delle apparecchiature è decisamente maggiore rispetto ad altri Paesi europei. Tanto per fare dei numeri: noi spendiamo 900 milioni di euro per la spesa farmaceutica. Bene, in una regione di pari popolazione dei paesi del centro Europa spendono mediamente il 30% in meno. Voi capite bene che è questo il punto cruciale. Cioè, se noi avessimo quella risorsa, ed è qui lo spreco o comunque l'attenzione che dobbiamo porre, del 30% rispetto a 900 milioni, che sono 270 milioni, allora sì che potremmo attuare quel piano per ridurre le liste d'attesa. Altrimenti noi facciamo la zumata sul particolare e rischiamo di perdere il concetto generale. Questo è un esempio, ma potrei farne altri.
Per esempio, il costo che abbiamo nel momento in cui le ASL e i primari vanno ad acquisire apparecchiature. Purtroppo, è così! Per esempio, di risonanze magnetiche ne abbiamo 14,1 per milione di abitanti. La Francia ne ha 4,7 per milione di abitanti. Questo è un costo, è una spesa eccessiva rispetto alle prestazioni, perché se avessimo tempi di attesa ridotti, si potrebbe dire che comunque i tempi di attesa sono stati contenuti. Invece no, paradossalmente abbiamo tempi di attesa anche superiori.
Allora, voi capite bene e mi rivolgo all'Assessore e alla Giunta perch penso che, da questo punto di vista, dovrà porre dei rimedi. Una valutazione seria e una fotografia dell'esistente va fatta. E solo a seguito vanno poste quelle correzioni. Non mi dilungo, anche se potrei veramente farlo.
Vorrei soffermarmi su un altro aspetto molto importante, ed è quello che riguarda il tema più specifico oggi affrontato: nel parlare di liste di attesa, di persone anziane e metterle insieme ai disabili, e inoltre mettendole insieme ai minori, rischiamo di fare un minestrone.
Le questioni sono ben distinte e differenti, quindi vanno valutate per categoria, se così possiamo esprimerci, in maniera tale che possano essere affrontate, perché naturalmente vanno poste le giuste attenzioni, però non posso mischiare la lista d'attesa delle persone anziane con quelle dei minori, perché le questioni vengono affrontate su tavoli differenti.
Quindi, mentre il discorso generale riguarda un po' tutto l'esistente, le questioni particolari vanno affrontate su diversi tavoli.
Il tempo purtroppo è contenuto. Magari affronteremo il tema come sicuramente capiterà nelle prossime occasioni.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Leo.



LEO Giampiero

Grazie, Presidente.
Data l'ora, conto di non prendere forse neanche i cinque minuti e faccio due rapidissime premesse.
Gli interventi dei colleghi Vignale e Angeleri sono da noi totalmente condivisi. Hanno posto la questione dal punto di vista tecnico, politico e amministrativo in maniera estremamente corretta.
Noi, insieme i colleghi del Gruppo del PdL, dal Vicecapogruppo, che mi ha incaricato di intervenire, ai colleghi che hanno ancora più esperienza e non lo dico per fare un complimento - in ordine a questi temi e in termini di ascolto, come la collega Costa e la collega Spagnuolo, volevamo presentare una garbata proposta, avendo ascoltato il dibattito, e i suoi termini, oltre al fatto che in molti interventi si è detto che il dialogo è l'elemento più importante.
Mi sono appuntato le parole pronunciate dal Presidente del Forum del Volontariato, che ha detto: "Volontari, non solo capaci di bei monologhi ma anche di dialogo". Il dialogo è sempre utile e l'Assessore Ferrero, per la lunga esperienza, anche per le deleghe che ha avuto precedentemente, ha sempre dialogato con le varie realtà sul territorio.
Questa questione è già stata posta dal collega Angeleri per la Lega.
Noi riteniamo che con il Forum del Volontariato e con la Caritas - tra l'altro, quest'ultima ha già attivato un tavolo di lavoro al quale alcuni di noi partecipano - sia utile un confronto, come è stato anticipato franco e sereno, per il bene comune di famiglie e utenti.
Sicuramente, affiancheremo l'Assessore, nei termini che vorrà, anche per il rapporto non solo di fiducia, ma di stima e amicizia, anche difendendo in Commissione eventuali decisioni complesse o difficili; per per ovvie ragioni istituzionali, sappiamo che il primo ruolo spetta a lei come, d'altronde, si aspettano anche le realtà territoriali.
Ho sentito tanti interventi in cui si chiedeva di riunirci intorno a un tavolo, nel quale porre domande e fornire risposte operative.
Voglio dire che noi ci siamo, lo stile del dialogo - parlo con colleghi che me lo hanno insegnato - ci appartiene, quindi vogliamo caldeggiarlo rilanciarlo e dire che appoggeremo, come forza di maggioranza - l'ha già detto il collega Angeleri - in ogni modo, qualsiasi atteggiamento che sia costruttivo.
Ci tenevamo a questa precisazione - non lo abbiamo detto all'inizio, ma alla fine - in relazione al senso politico di questa proposta, perché se le forze politiche non colgono, oltre a tutte le questioni - importantissime amministrative, un senso politico, non svolgono il loro ruolo.
Ringrazio i colleghi e tutti i presenti.



PRESIDENTE

Grazie, collega Leo, anche per l'estremo rispetto dei tempi.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Negro; ne ha facoltà.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, ringrazio il Presidente del Consiglio Cattaneo per avere indetto questo Consiglio riunito in Assemblea aperta, che ritengo molto importante.
Ho ascoltato con attenzione i vari interventi pervenuti, che per la stragrande maggioranza condivido, e approfitto dell'occasione per salutare i rappresentanti di tutti gli enti locali, delle cooperative e voi tutti.
Permettetemi di dire che mi ha fatto piacere sentire il responsabile dell'Associazione delle famiglie adottive, anche perché rappresenta le terre delle Langhe e del Roero, da cui provengo. Questa è un'iniziativa che sostengo veramente, è un argomento importante da non sottovalutare.
A questo riguardo, aumentano sempre di più le attese nelle case di riposo e negli ospedali. Chi vi parla è anche Presidente di una Casa di riposo - quella del mio paese - ed è grazie al volontariato che certe strutture riescono ad arrivare a fine mese. Qui si inserisce il discorso molto delicato delle case di riposo che sono convenzionate e quelle che non lo sono, che vorrei affrontare chiedendo di utilizzare lo stesso metro di valutazione, affinché i territori non vengano emarginati.
Mi rivolgo al caro Assessore Ferrero, che ammiro e stimo moltissimo: la Regione Piemonte, anche prima, ha fatto molto per quanto riguarda il discorso sanità, ma c'è ancora molto da fare, tra cui affrontare le difficoltà per l'attesa in questi ospedali o in queste case di riposo.
Inoltre, ci sono le difficoltà delle famiglie per accedere a questi posti perché non riescono più a sostenere queste spese. Da noi, tante gente ha solo una pensione di 500-600 euro al mese e diventa difficile affrontare questa situazione se queste case di riposo non sono convenzionate con le ASL.
Apro una parentesi: è anche vero che il mondo moderno è un po' cambiato rispetto al passato e le famiglie non sono più in grado di assistere i genitori che, magari, hanno allevato sei o sette figli, pertanto non posso che esprimere rammarico.
Da noi, per fortuna, esistono ancora quei valori tradizionali che consentono, giustamente, di accudire l'anziano che ha lavorato una vita per i suoi figli o nipoti; permettetemi questo sfogo, che ritengo sacrosanto.
Queste parole volevano rappresentare la penuria di disponibilità economiche, ma voglio richiamare l'attenzione dell'Assessore Ferrero affinché rimarcare maggiormente il discorso dell'assistenza domiciliare presso le case private, che costa poco per la sanità della Regione Piemonte; come tutti sappiamo, purtroppo, ma è anche giusto che sia così oltre l'83% del budget regionale interessa questo discorso della sanità.
Innanzitutto - non voglio dilungarmi, perché il tempo fugge - chiedo una maggiore assistenza domiciliare e, in secondo luogo, di riorganizzare il patto socio-assistenziale.
Mi rivolgo sempre all'Assessore Ferrero, affinché faccia il possibile sono convinto che lo farà - per sostenere il budget che riguarda questi obiettivi, perché non sono sufficienti i 2.000 posti letto. Come avrete sentito anche da questa parte, la gente non può accedervi, perché mancano le sovvenzioni. Pertanto, occorre orientare alcune risorse verso questi gravi problemi, di cui abbiamo sentito parlare questa mattina, ma dei quali eravamo già a conoscenza.
Per stare maggiormente vicini a questi nostri cittadini, noi del Gruppo UDC lotteremo e collaboreremo fino in fondo per il raggiungimento di queste finalità, affinché non ci siano cittadini di seria A e di serie B; sono convinto che la nostra collaborazione sarà costruttiva. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Bono; ne ha facoltà.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Anch'io ho seguito con molta attenzione gli interventi di tutti coloro che sono intervenuti, sia perché la partita del socio-assistenziale ovviamente, è molto complessa e anche perché noi siamo neofiti della politica e del Consiglio regionale.
In particolar modo, in qualità di medico, mi sento in dovere di intervenire. Sicuramente, le parole espresse dalle varie associazioni Consorzi e quant'altro tinteggiano un quadro fosco del socio-assistenziale regionale, che si inscrive in una situazione sicuramente non brillante della Regione Piemonte e, probabilmente, anche di tutto lo Stato italiano.
È vero che viviamo una situazione di crisi, però, dovremmo anche chiederci - senza fare una critica partitica, ma una semplice analisi della realtà - quali sono i passi che devono essere fatti per uscire da questa fase di stallo, in cui si pensa che le risorse manchino. In realtà, a ben vedere, anche noi pensiamo che le risorse si possano trovare riducendo quelli che sono degli sprechi e non tanto operando dei tagli.
Sicuramente, due dei concetti che, secondo me, senza andare nello specifico, sono da rimarcare tra quelli proposti nei vari interventi sono quelli della prevenzione e della programmazione. La prevenzione sicuramente è il primo aspetto che dovrebbe essere insegnato ad un medico, in quanto oggi si insegna di più la terapia e la diagnostica, tralasciando la prevenzione. Ma con una reale prevenzione primaria, noi possiamo fare sia il bene dei cittadini piemontesi sia il bene delle casse della Regione Piemonte e, di conseguenza, generare un risparmio.
Ho ascoltato le relazioni che peraltro avevo già letto e mi hanno parecchio sconvolto, soprattutto quelle riguardanti l'autismo, i cui dati impressionanti denotano una progressione spaventosa dell'incidenza negli ultimi anni, così come c'è la cosiddetta epidemia delle demenze senili dell'Alzheimer.
Dovremmo chiederci il perché di questo. Anche su questo una prevenzione si potrebbe fare e si dovrà fare in futuro, perché molte di queste patologie, che sono cosiddette idiopatiche, cioè senza una causa, in realtà una causa ce l'hanno e si sta iniziando a scoprire che è dovuta dall'inquinamento. Il fatto che molti nostri bambini sono malati di autismo ed anziani che hanno la demenza senile, il cosiddetto Alzheimer, è dovuto che all'inquinamento da metalli pesanti, da micro e nanopolveri che provengono dalle combustioni ad alta temperatura, ad esempio dalle acciaierie,da i cementifici e dagli inceneritori di rifiuti.
Quindi, anche la partita si allarga dal socio-assistenziale a tutte le altre partite, tra cui quelle economiche, sociali ed ambientali. La prevenzione deve rimanere una questione fondamentale e rimarco anch'io come hanno fatto molti miei colleghi, la peculiarità fondamentale dell'assistenza domiciliare.
Come medico, ero sostituto di medici di base, nel senso che purtroppo al momento, pur avendo il titolo, non vi sono posti vacanti. Come sostituto andavo spesso a casa delle persone che chiedevano una visita domiciliare qualcuno per semplice malattia, qualcuno non autosufficiente, e si avverte proprio la necessità di implementare questo dato, perché c'è una richiesta fortissima. Anche in questo caso avremmo il vantaggio di curare ed assistere meglio l'utenza, e d'altro canto risparmiare, come hanno già detto nelle loro relazioni.
C'è sicuramente un vantaggio sia per le famiglie sia per la Regione ad implementare la domiciliarità, laddove è possibile, soprattutto facendo interventi preventivi a bassa intensità per evitare che si peggiori e che diventando ad alta intensità, ci sia poi l'obbligo di essere ricoverati in struttura.
Altra cosa fondamentale è la programmazione. La Regione è un ente di programmazione e questo dovrebbe fare, non pensando all'hic et nunc, al qui e adesso, che ovviamente è fondamentale, perché adesso c'è la problematica di dare delle risorse aggiuntive ai Consorzi socio-assistenziali, ma dobbiamo guardare in un'ottica futura di breve o medio termine, se non addirittura lungo. È necessario capire realmente, con un'eventuale riforma discussa in modo partecipativo con tutti gli attori sociali, quale deve essere la struttura che può portare ad un miglioramento del servizio stesso.
In questo mi unisco a coloro che chiedono la possibilità di ripristinare il tavolo con i territori per quanto riguarda l'assegnazione dei LEA e di dare l'accesso ai Consiglieri regionali, magari uno per Gruppo, così che anche noi possiamo essere formati ed informati adeguatamente sulle tematiche.
Chiudo solo con una nota. Concordo con quel affermava sui medici di base, che sono la mia categoria, la signora che è intervenuta prima. Magari non avrei usato il termine vergognoso; sicuramente si può migliorare, ma ne parleremo successivamente.
L'attività dei medici di base dovrebbe essere concordata con il servizio di guardia medica territoriale per un servizio di 24 ore, perch molti pazienti, scaduto il termine di prenotazione delle visite dalle otto alle dieci, non hanno più accesso alla visita domiciliare del medico di base e fanno un accesso improprio in ospedale, in pronto soccorso.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Ferrero.



FERRERO Caterina, Assessore alla tutela della salute e sanità

Grazie, Presidente.
L'ora è tarda e quindi non voglio prendere ulteriore tempo al Consiglio, anche perché le molte considerazioni che sono state fatte oggi erano legate alle questioni poste da questo Consiglio, e quindi ai tanti spunti di riflessione che ci sono stati, per certi versi, ribaditi e, per altri versi, consegnati anche sotto altri aspetti.
Ogni tipo di ragionamento legato alla modifica di meccanismi che possano permettere la definizione della risposta ai bisogni che oggi sono stati evidenziati è una questione che questa Amministrazione ha intenzione di sviluppare, definire e decidere nell'ambito del proprio contesto di Giunta.
Da parte nostra e da parte mia c'è la totale ed assoluta volontà e disponibilità ad un confronto nelle modalità e nelle forme già preesistenti, che in questo senso vorranno essere definite. A livelli istituzionali esistono anche le Commissioni regionali, il Consiglio regionale e le tante modalità di consultazione che oggi sono state istituite e poi tanti tavoli che, negli anni, si sono costituiti con le varie Amministrazioni che si sono succedute.
Per quanto mi riguarda e per quanto ci riguarda nulla interferirà nell'ottica di utilizzare, se sono utili, alcuni strumenti già esistenti o nuovi per sviluppare il confronto e l'elaborazione di ipotesi.
Non sempre i confronti portano poi a delle soluzioni condivise soprattutto quando questi tavoli sono molto eterogenei e molto ampi, ma questo non significa che provare a fare questo tipo di attività possa invece portare a delle soluzioni condivise.
Sicuramente questa Amministrazione vuole fare la propria parte, dal punto di vista della proposta. Lo ha già fatto rispetto ad un primo aspetto della riforma sanitaria, che sarà oggetto domani di inizio di confronto e di dibattito; quindi, in questo senso lo si vuole rimarcare.
Lo sarà per quanto riguarda l'aspetto legato ai consorzi, lo sarà per quanto riguarda la definizione, magari un po' più nel merito delle misure oggi suggerite e proposte e che rappresentano effettivamente già oggi dei motivi di approfondimento e di valutazione all'interno dello stesso Assessorato, rispetto alla possibilità di poterli attuare. Ma su questo ci saranno occasioni di confronto.
Voglio però soltanto rimarcare, come ultima considerazione, e la metto per ultima proprio perché rifiuto il ragionamento che oggi si è cercato da alcune parti di evidenziare, vale a dire il fatto che questa Amministrazione ragioni solo ed esclusivamente in termini di numeri, soldi e risorse.
Questa Amministrazione ha assunto delle scelte di volontà di riorganizzazione complessiva che, in prospettiva, dal nostro punto di vista, devono permettere di riorientare le risorse.
Il problema della carenza di risorse è un problema di tutti, non della Regione. È un problema del Comune di Torino, che dice ai cittadini che non ci sono le risorse e che è colpa della Regione se certi servizi vengono tagliati; è il problema di altri consorzi, a cui non sono state tagliate le risorse sul 2010, che dicono che mancano le risorse perché sono state tagliate dalla Regione, ma nella realtà, se si vanno a guardare i numeri non è così.
Lo scarico delle responsabilità è un argomento che noi per primi non vogliamo porre in essere. Sicuramente c'è una difficoltà complessiva da parte di tutti i livelli istituzionali di definire risorse aggiuntive.
Proprio per questo motivo, siamo interessati a ragionare insieme al Consiglio e insieme a voi rispetto alle modalità che, invece, si possono definire e utilizzare per meglio orientare le risorse esistenti e che alcuni hanno anche sostenuto essere non così ridotte dal punto di vista delle disponibilità.
Questo è la riflessione con la quale chiudo il mio intervento, sapendo che è una riflessione molto generale rispetto a quello che ci aspetta dal punto di vista del confronto, che ci sarà anche con il Consiglio di domani ma nelle tanti occasioni che si vorranno definire di momento di confronto rispetto a questi temi.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusi i nostri lavori.
Ringrazio i rappresentati dei Consorzi, delle rappresentanze sindacali e delle associazioni intervenute.
Ricordo che la seduta di Consiglio straordinario è convocata per domani alle ore 10.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.10)



PRESIDENTE

1] Le priorità di intervento previste sono le seguenti: Il minore ha diritto ad essere educato nell'ambito della propria famiglia. Le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia d'origine sono disposti interventi di sostegno e di aiuto. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell'ordinamento (art. 1).
Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo è affidato ad un'altra famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno (art. 2).
Il minore di cui sia accertata dal tribunale per i minorenni la situazione di abbandono perché privo di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio, è dichiarato adottabile e deve essere adottato da coniugi aventi i requisiti previsti dalla stessa legge n. 149/2001 (art. 8).
Ove non siano possibili gli interventi di cui sopra è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare .



PRESIDENTE

2] A seguito del confronto col Comune di Torino sono state approvate delibere che prevedono non solo la possibile prosecuzione di questi affidamenti fino ai 21 anni , ma anche l'accesso ad un successivo contributo, finalizzato all'autonomia, pari a 5.000 Euro.



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