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Dettaglio seduta n.415 del 02/04/14 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



(Alle ore 10.00 il Presidente Cattaneo comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.36)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione. Non essendovi ulteriori proposte di modifica, l'o.d.g. è approvato ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Sono a disposizione e riproducibili, su richiesta, i processi verbali della seduta del 25 marzo 2014.


Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cantore, Cortopassi, Cota, Giordano e Vignale.


Argomento:

c) Convocazione Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari


PRESIDENTE

Comunico che, oggi, alle ore 14.30, è convocata in Sala A, a lato dell'Aula, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi, per esaminare la proposta di legge inerente a "Abolizione del contributo annuale per il funzionamento dei Gruppi consiliari", come da preavviso.
Qualora i lavori del Consiglio regionale dovessero interrompersi prima e se, in particolare, i signori Capigruppo acconsentono, svolgeremo la Conferenza immediatamente al termine della seduta. Grazie.


Argomento:

Approvazione processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Approvazione processi verbali precedenti sedute", comunico che sono stati approvati i verbali del 18/03/2014.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Motta Massimiliano; ne ha facoltà.



MOTTA Massimiliano

Grazie.
Avremo bisogno di un'interruzione da parte della maggioranza per una riunione urgente con l'Assessore Pichetto.



PRESIDENTE

Le chiederei, se fosse possibile, come atto di cortesia, di svolgerla successivamente alla relazione del Difensore Civico, perché è stato invitato un soggetto esterno.



MOTTA Massimiliano

un'urgenza primaria.



PRESIDENTE

Va bene.
Quanto tempo vi serve?



MOTTA Massimiliano

Di venti minuti, un quarto d'ora.



PRESIDENTE

I nostri lavori riprenderanno alle ore 10.55.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10.38 riprende alle ore 11.15)



PRESIDENTE

La seduta riprende.


Argomento: Difensore civico

Dibattito su relazione del Difensore Civico - Anno 2013


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del punto 3) all'o.d.g., inerente a "Dibattito su relazione del Difensore Civico - Anno 2013".
Come di prassi, la relazione del Difensore Civico, avvocato Caputo, che ringrazio, relativamente all'anno 2013, avverrà a lavori sospesi del Consiglio regionale.
La seduta è sospesa.



(La seduta è sospesa alle ore 11.16)



(I lavori proseguono con lo svolgimento della relazione annuale del Difensore Civico, avvocato Caputo)



PRESIDENTE

La parola al Difensore Civico, avvocato Caputo.



CAPUTO Antonio, Difensore Civico

Buongiorno a tutti. Ringrazio il Presidente e i Consiglieri presenti.
Sottopongo alla vostra attenzione, per l'eventuale discussione - che auspicherei - la relazione annuale sugli accertamenti espletati, sui risultati degli stessi e su rimedi normativi e organizzativi di cui si interebbe segnalare la necessità.
L'anno 2013 è stato caratterizzato notoriamente da crescente disagio economico-sociale che colpisce tuttora duramente vasti strati della popolazione e da una preoccupante crisi della rappresentanza e del grado di fiducia dei cittadini nelle Istituzioni, che anche - e soprattutto - il Difensore Civico ha percepito nella sua attività, sempre rivolta ad orientare cittadini, enti, imprenditori, sostenendone le giuste rivendicazioni e, ancor prima, cercando di consentire agli esclusi e ai cittadini più indifesi, e per ragioni di censo e perché vittime soprattutto di asimmetrie informative, agli "ultimi" dell'"altra parte del mondo" parafrasando il Pontefice - l'accesso ai diritti di cittadinanza e il parallelo adempimento di doveri verso gli altri, la collettività e le Istituzioni, a garanzia, più in generale, del diritto ad una "buona amministrazione".
La mission perseguita dall'Istituzione, Autorità garante del diritto dei cittadini ad una "buona amministrazione".
Il Difensore Civico - fa fede la relazione che abbiamo consegnato a voi tutti - "Organo titolare di funzioni non politiche, di tutela della legalità e della regolarità amministrativa" - così come definite dalla Corte Costituzionale, sentenza 3 dicembre 2010 n. 326 - si è si proposto di dare sempre seguito alle denunce e alle situazioni da lui riscontrate di cattiva, opaca, inefficiente o reticente e indifferente amministrazione, in pubblico e trasparente confronto dialogico con Amministrazioni pubbliche gestori e concessionari di pubblici servizi ovvero di pubblica utilità società ed enti che svolgano funzioni di interesse pubblico; incoraggiando la trasparenza e promuovendo una cultura amministrativa del servizio, della trasparenza e semplificazione, dell'efficienza e dell'equità, nel rispetto del principio di legalità correttamente attuato nell'interesse primario delle stesse amministrazioni, a vantaggio della comunità e del cittadino.
1) Il "diritto ai diritti", in specie, di chi ne ha pochi ( come il malato cronico non autosufficiente, la persona con disabilità, i senza tetto, i poveri, gli inoccupati, gli esclusi e gli "ultimi").
Particolare attenzione il Difensore Civico ha cercato di rivolgere alla fascia più debole della popolazione, nell'adempimento della funzione tipica dell'Istituzione di garanzia, anche attraverso indagini e interventi ex officio, dettagliate nel corpo della Relazione: come nel caso delle liste di attesa, di cui recentemente il TAR del Piemonte ha dichiarato l'illegittimità, per l'accesso alle cure in ambito sanitario e socio assistenziale, in particolare delle persone non autosufficienti, in attuazione del diritto alle cure in regime di continuità sanitaria e assistenziale, o nel caso della popolazione detenuta in condizioni di intollerabile e illegittimo sovraffollamento, che perdura nonostante la nota sentenza Torregiani, emanata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, che incombe inascoltata.
Comunque per garantire l'effettività di diritti essenziali e vitali come il diritto al lavoro gravemente compromesso in Italia (secondo una importante e ad un tempo disperante sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea) (sentenza 4 luglio 2013, causa c-312/11, Commissione Europea contro Repubblica Italiana), in danno delle persone con disabilità e così pure nel caso che riguarda il diritto ad un'esistenza dignitosa delle persone con disabilità psichica, o ancora per il caso dei tanti "senza tetto" e dei "clochard", abbandonati nelle città.
In proposito, si rimanda ai relativi approfondimenti tematici - focus attinenti alla tutela di diritti fondamentali o primari (per il pieno esercizio della cittadinanza), come in particolare salute, assistenza casa, istruzione, lavoro, partecipazione, trasparenza, buona amministrazione.
Diritti troppo frequentemente negati o disconosciuti e inattuati, senza l'interposizione di una qualche efficace garanzia terza a carattere non giurisdizionale, che vigili sul loro pieno riconoscimento, in primo luogo e sempre garantendo alla persona il "diritto al reclamo", secondo l'appropriata espressione usata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza che condannò la Repubblica Italiana in ragione dell'intollerabile sovraffollamento carcerario lesivo della dignità della persona (Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 8 gennaio 2013 (caso Torregiani e altri contro Italia).
Ciò che costituisce l'essenza stessa di un Ombudsman ben strutturato secondo la normativa internazionale di riferimento.
Ciò che in Italia - la nostra Regione fa abbastanza eccezione da questo punto di vista, perché ha un'attenzione alla figura del Difensore Civico che ritengo commendevole - stenta a realizzarsi, se non in forme disorganiche, in ragione di mali atavici che affliggono il Paese, quali l'insofferenza al controllo di legalità, l'incrostazione di macchine burocratiche e di atteggiamenti cavillosi difficili da rimuovere l'oscurità del linguaggio burocratico, il clientelismo paternalistico e l'opacità degli apparati, i tanti particolarismi, la corruzione, in definitiva la difficoltà sistemica di realizzare concretamente l'etica pubblica della responsabilità.
A confronto con tutti gli altri Paesi dell'Unione, che conoscono una Difesa civica generalista ben strutturata e ramificata, anche riconosciuta da norme di rango costituzionale e dotata di pieni poteri coerenti con la funzione, ad un tempo di interdizione, sia pure non immediatamente prescrittiva, persuasione, sollecitazione e controllo in senso "sostanziale", in Italia la situazione è deteriore, per l'assenza di una legge-quadro che razionalizzi la funzione, coordinandola con ogni altra figura di garanzia, potenziando autonomia, indipendenza, competenza ed efficacia dell'Istituzione, da realizzare strutturalmente su tutti i territori, nel segno della prossimità al cittadino.
Il ritardo del nostro Paese può misurarsi anche in termini di modernizzazione ed efficienza delle Pubbliche Amministrazioni e, dunque costa al Paese anche in termini di Prodotto Interno Lordo, considerandosi ulteriormente l'intasamento degli apparati giurisdizionali, inflazionati da "conflitti" alla cui risoluzione il Difensore Civico può contribuire.
Il valore aggiunto di una buona Difesa civica, in termini di valorizzazione dei principi di trasparenza, efficienza, legalità ed equità a base dell'azione amministrativa, può concretarsi ed essere utile anche con riguardo all'azione di contrasto alla corruzione, in via di prevenzione, da ultimo delineata dalla legge 190/2012, con riguardo all'attività della CIVIT, già interessata dal D. Lgs. 150/2009, a promuovere la misurazione delle performance in ambito amministrativo, in attesa dell'insediamento, purtroppo ritardato e non sistemico dell'Autorità nazionale anticorruzione, prevista dal D.lgs. 39/2013 .
Perché l'azione di prevenzione, che comporta innanzitutto trasparenza, possa realizzarsi efficacemente, il ruolo delle Amministrazioni Locali può risultare molto importante, in quanto le stesse rappresentano uno dei principali fattori di rischio.
Il Difensore Civico può, senz'altro, contribuire a rafforzare l'azione di prevenzione nell'ambito della valorizzazione del principio di trasparenza, tenutosi anche conto, da ultimo, della normativa anche dettata dal D.lgs. 33/2013, che disciplina gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni per i cittadini da parte delle Pubbliche Amministrazioni e, in particolare, dell'istituto dell'"accesso civico" regolato dall'articolo 5 del citato Decreto, che individua obblighi a carico dell'Amministrazione tali da comportare "il diritto di chiunque di richiedere i medesimi" (documenti, informazioni o dati"), "nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione", secondo uno schema che riteniamo possa essere assimilato a quello della romanistica actio popularis.
Rileva, inoltre, la normativa in tema di semplificazione introdotta dal DL 9 febbraio 2012 n. 5 ("Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo") e dal DL 21 giugno 2013 n. 69 (Decreto "del fare") che, sia pure nella sua insufficienza a garantire appieno l'effettività degli obblighi di semplificazione, ha puntato a rafforzare la responsabilità dell'Amministrazione nel caso di mancata o tardiva emanazione di provvedimenti e, ulteriormente, con il così detto Decreto "del fare", ha previsto un, sia pure insoddisfacente, meccanismo di indennizzo da ritardo a carico dell'Amministrazione, di cui ci siamo occupati con la newsletter n. 16 (Decreto "del fare": l'illusione dell'indennizzo per ritardo. Tanto rumore per quasi nulla), a cui rimandiamo.
Il "diritto ai diritti".
In una drammatica e densa pagina delle "Origini del totalitarismo", Hannah Arendt scriveva: "La disgrazia degli individui senza status giuridico non consiste nell'essere privati della vita, della libertà, del perseguimento della felicità, dell'eguaglianza di fronte alla legge e della libertà di opinione... ma nel non appartenere più ad alcuna comunità di sorta, nel fatto che per essi non esiste più nessuna legge, che nessuno desidera più neppure opprimerli".
Denunciando la tragedia della Shoah, la riflessione arendtiana si spostava su un'analisi impietosa della Dichiarazione dei diritti umani e dei suoi vistosi limiti in relazione alla realtà concreta degli Stati nazionali.
Le "incertezze" dei diritti umani sono la grande aporia della cittadinanza moderna che si rivela drammaticamente attuale di fronte ad apolidi e migranti dei nostri giorni, ma anche alla tragedia dei poveri come anche di anziani malati cronici non autosufficienti, delle persone con grave disabilità, malati psichici, persone senza lavoro, senza fissa dimora.
La Dichiarazione, frutto di una cultura emancipatrice e cosmopolita, si rivelò ben presto una pura illusione quando pretendeva di garantire i diritti di tutti, "una specie di cenerentola del pensiero politico del XIX secolo", manipolata e umiliata dalle varie legislazioni degli stati nazionali.
"Il diritto ad avere diritti" - osserva l'Arendt - "o il diritto di ogni individuo ad appartenere all'umanità dovrebbe essere garantito dall'umanità stessa. Che è poi il presupposto, per ogni individuo, dotato del potere di pensare e di parlare, del diritto alla relazione umana, del diritto all'opinione e all'azione politica".
E il diritto ad avere diritti, o il diritto di ogni individuo ad appartenere all'umanità è una grande utopia impossibile), un pensiero che cresce nel magma arroventato della storia novecentesca e del nostro secolo ma che fa sempre appello, cosa che non è mai scontata, all'umanità "come un fatto inevitabile".
2) Un anno denso per numero di denunce e corposità degli interventi.
Le richieste di intervento e gli interventi tutti dispiegati, che riguardano generalità anche molto significative di cittadini, imprese, enti e utenti a prescindere dal fatto che provengano da persone o Enti singolarmente intesi, sono dettagliati nelle allegate tabelle.
In ciascun intervento, assume rilevanza preponderante il "problema" oggettivo di cattiva amministrazione che riguarda sempre tanti altri cittadini, enti, imprese, organizzazioni, vittime della stessa "disfunzione" e l'intervento assume pertanto valenza generale, rivolta a ricondurre l'azione amministrativa nell'alveo della trasparenza, del servizio e della legalità, a beneficio dell'intera comunità, evitando che altre persone ed enti subiscano la stessa "disavventura" del reclamante.
A fronte di tempi contenuti nella trattazione delle denunce, secondo il Codice di autoregolamentazione adottato dall'Ufficio (non oltre i quattro mesi), non vi è arretrato sostanziale, considerata la dedizione del personale tutto dell'Ufficio, che tuttavia sconta una perdurante carenza di organico, che sarebbe opportuno rimuovere, e qualche difficoltà nell'attivazione di maggiori e utili sinergie con gli Uffici di Relazioni con il Pubblico (URP), dislocati sul territorio della Regione e presso le Aziende Ospedaliere, che potrebbero essere utili per realizzare, previa adeguata formazione, un vero e proprio servizio di prossimità e di primo orientamento, in raccordo sistemico con l'Ufficio.
A fronte dell'attività' di comunicazione svolta in prevalente autonomia dal Difensore Civico, non senza difficoltà derivanti dall'ancora scarsa percezione ovvero conoscenza che la stampa e i media hanno della funzione istituzionale, di orientamento e garanzia dei diritti dei cittadini e per l'affermazione del principio di "buona amministrazione"; attività di comunicazione rivolta a far conoscere meglio la pubblica e gratuita funzione e di significative intese con Uffici Giudiziari e Enti (quali l'URP di prima accoglienza e orientamento presso il Tribunale di Torino l'INPS, Poste Italiane) o Associazioni di tutela dei diritti di utenti e consumatori, per un migliore e più completo orientamento del cittadino, sia pure in attesa di strumenti telematici più appropriati (e per la piena informatizzazione e digitalizzazione dell'attività dell'Ufficio, peraltro necessaria ex lege e da tempo sollecitata, come fa fede la Relazione del 2010 e, ulteriormente, per l'informazione rivolta al pubblico e alla cittadinanza con un sito web interattivo dedicato), l'afflusso dei cittadini all'Ufficio si è indirizzato prevalentemente su problematiche proprie e tipiche della funzione del Difensore Civico, come tale sempre più conosciuta: ovvero tutela e garanzia non giurisdizionale dei diritti fondamentali della persona , accesso ai diritti, lotta contro la cattiva amministrazione.
Tanto a riprova del peso specifico di ciascun intervento nelle sue implicazioni di carattere generale.
Tant'è che solo nel 3,2% dei casi si è trattato di orientare cittadini che avrebbero dovuto o potuto rivolgersi al Giudice o si erano già rivolti ad un Giudice o ancora lamentassero problematiche di cui il Difensore Civico non si occupa, come per conflitti di natura esclusivamente privatistica o in ambito familiare o tali da generare l'assistenza, in ipotesi necessaria, di consulenti e professionisti abilitati, come in particolare avvocati o commercialisti e fiscalisti.
Come si ricava dal corpo della relazione dedicata agli approfondimenti tematici delle attività svolte, 8,8 cittadini/enti/imprese su dieci hanno ottenuto soddisfazione, cioè "quanto gli spetta di diritto" secondo la tacitiana espressione dell'articolo 2 della legge regionale istitutiva n.
50/1981; se questo non è avvenuto, per un cittadino su dieci, è stato perché il cittadino, anche contrariamente a quanto ritenuto o presunto, non poteva vantare diritti esigibili attraverso il Difensore Civico e, per il resto, solo lo 0,8% dei casi, di risposte mancate da parte delle Amministrazioni, pur sollecitate anche ripetutamente a rispondere.
In ogni caso il Difensore Civico è intervenuto coerentemente con la funzione terza, dopo aver attentamente verificato il possibile fondamento della rivendicazione del cittadino reclamante, comunque orientando il medesimo, e costantemente rivolgendo la propria azione alla tutela di interessi generali comuni ai cittadini e riconosciuti dalla legge.
La Difesa civica potrebbe tuttavia sempre più essere conosciuta e meglio usata, meglio strutturando i rapporti con il territorio e, come si è detto, con Uffici Relazioni con il Pubblico (URP) della Regione e anche degli altri Enti territoriali, mediante attivazione di opportune intese convenzionali, realizzando in pieno autonomia e indipendenza prevista dall'articolo 90 dello Statuto regionale coerentemente con la normativa di principio illustrata nell'appendice che integra l'introduzione, anche in termini di selezione, formazione e gestione del personale (ciò che porterebbe a verificare, anche più in generale, un migliore uso delle relative risorse disponibili, salvaguardando rigorosamente l'autonomia della funzione terza, in particolare nel senso della razionalizzazione dei percorsi di mobilità del personale, che vanno amministrati, di economicità e semplificazione, anche mediante attivazione di stage, con studenti e laureati specializzandi delle Facoltà universitarie, ora Dipartimenti, che hanno da tempo sollecitato tali percorsi al Difensore Civico, così dando attuazione a Protocolli d'intesa stipulati in tal senso dal Difensore Civico nel 2010-2011, rispettivamente con le Facoltà di Giurisprudenza e Scienze Politiche dell'Università di Torino.
Gli interventi dispiegati dall'Ufficio hanno riguardato in particolare problematiche e criticità riferite a: Sanità (con particolare riguardo al diritto alla salute in generale e al riconoscimento e all'attuazione del diritto alla continuità assistenziale a favore di malati cronici non autosufficienti e persone con disabilità e all'annosa questione delle illegittime "liste d'attesa" per accedere a prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e assistenziali; oltre che in ambito di malasanità e sanità in genere); Tutela di persone affette da malattie rare; Assistenza; Istruzione; Disabilità; Servizi alla Persona (lavoro, previdenza, pubblica istruzione, utenze di servizi pubblici edilizia pubblica e convenzionata); Territorio e Ambiente; Fiscalità Finanze e Tributi (anche in coordinamento organizzato con l'Ufficio del Garante del contribuente regionale); Trasporto pubblico e locale, Mobilità e circolazione; Pubblico impiego; Rapporti tra inquilini e assegnatari con l'Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Torino Partecipazione al procedimento amministrativo e diritti di accesso; Accesso civico regolato dal D.lgs. 33/2013 (con riferimento particolare agli Enti Locali territoriali); Attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni per le Pubbliche Amministrazioni in generale e per quanto concerne liste d'attesa , per le Aziende Sanitarie Locali Obblighi a carico delle Amministrazioni in materia di "anticorruzione" e trasparenza regolati dalla legge 6 novembre 2012 n. 190 (nomina del responsabile anticorruzione e attuazione del principio di trasparenza e connessa pubblicità); Centralità del paziente riferita al sistema misto pubblico/privato (D.lgs. 502/1992 -riforma sanitaria) e connessi obblighi di trasparente rendicontazione per una convergenza sistemica tra "ospedalità reale" e " ospedalità finanziaria", in attuazione del D.lgs. 23 giugno 2011 n. 118 che bussa alle porte; Tutela di diritti fondamentali ( persona, lavoro, istruzione, salute, ambiente, mobilità) Violenza sulle donne e discriminazione di genere; Sovraffollamento carcerario e problemi legati alla detenzione e al riconoscimento sistemico del diritto al reclamo; Collocamento mirato di persone con disabilità Disabilità psichica; Problematiche amministrative in genere e in materia urbanistica, appalto, violazioni del codice della strada, rapporti e conflitti di competenza tra Enti locali e nei confronti dell'utenza manutenzione strade, viabilità e inquinamento; Diritti di accesso e partecipazione di Consiglieri di minoranza e richieste di nomina di Commissari ad acta; Questioni relative a danni da omissione o da ritardo nell'emanazione di atti e provvedimenti amministrativi, anche a prescindere dalla loro lesività (secondo il principio affermato dalla Corte di Cassazione, sentenza 26 febbraio 2009, n. 4622); Ritardato pagamento delle Pubbliche Amministrazioni; Rapporti con Authorities (Energia elettrica e Gas, Trasporti, Garante della concorrenza e del mercato, Garante della Privacy); Problematiche relative a rapporti tra Servizio Sanitario regionale e Consorzi ed Enti gestori in materie sanitaria e socio assistenziale.
I focus/approfondimenti tematici che seguono in appendice all'introduzione, documentano e illustrano, nella concretezza delle relative analisi riferite a casi concreti, metodologie, approccio alle problematiche, tipologia e contenuti degli interventi, risultati, criticità e suggerimenti o rimedi proposti in via sollecitatoria.
A tal fine, è parso infatti utile aggiungere nell'introduzione alla relazione, alle tabelle numeriche esplicative e riassuntive delle attività svolte e dei loro risultati, quale appendice alla medesima introduzione documenti e atti, ovvero interventi seminariali, rivolti a inquadrare sistematicamente figura e potenzialità dell'Ombudsman-Difensore Civico personaggio già in cerca di autore che attende ora di essere pienamente messo in funzione, nella sua opera ad un tempo di mediazione sollecitazione, ma anche di interdizione, capace di valorizzarne l'utilità' pubblica, tanto in termini di miglioramento ed efficientamento dell'amministrazione, che per consentire al cittadino di recuperare o vedersi restituire o migliorare la propria fiducia e nelle Amministrazioni e nelle Istituzioni.
2.1) I documenti in appendice: Intervento del Difensore Civico al 7° Congresso del CEISAL, Oporto 12-15 giugno 2013, Tema "Difensori Civici e riforme costituzionali (divisione dei poteri e rappresentanza politica)": "Spunti per una teoria generale della Difesa Civica" La Risoluzione 1959 (2013) approvata all'unanimità dall'Assemblea parlamentare presso il Consiglio d'Europa il 4 ottobre 2013, inattuata in Italia: "Rafforzare l'istituzione del Difensore Civico - Ombudsman in Europa" La Dichiarazione del 14 novembre 2013 di Città del Messico dell'Assemblea Generale dell'ILO, Istituto latino-americano dell'Ombudsman, di cui il Difensore Civico è membro, contenente "Dichiarazione di Principi" circa i criteri di indipendenza, terzietà e autonomia dell'Ombudsman richiamati dai Principi di Parigi sulla tutela dei diritti umani delle Nazioni Unite Stralcio dell'intervento del Difensore Civico al Forum di Bologna Non Autosufficienza, "Strumenti, idee e soluzioni per l'innovazione sociale e il welfare di cura", Bologna 21 novembre 2013, su " Percorsi tra mediazione e difesa civica - mediazione della Pubblica amministrazione": intervento rivolto a specificare metodologie e potenzialità e concreti sbocchi di attività mediatorie per la definizione stragiudiziale non contenziosa di conflitti riguardanti pubbliche amministrazioni, per fini ad un tempo acceleratori e di deflazione del carico giurisdizionale.
Considerazioni conseguenti.
Da tali atti normativi e documenti si ricava che la Difesa civica rappresenta elemento costitutivo di un sistema compiutamente democratico capace di garantire i diritti fondamentali e di partecipazione dei cittadini, anche attraverso strumenti non giurisdizionali. Ancora: a) che la funzione di garanzia appartiene necessariamente all'Ombudsman Difensore Civico - Defensor del pueblo -Defenseur des droits b) che la funzione va strutturata nel senso di: assicurarne terzietà, autonomia, indipendenza, competenza e imparzialità strutturarne le articolazioni considerando di unificare in un'unica figura le funzioni di garanzia su tutto il territorio nazionale, a presidio anche dei servizi pubblici essenziali e di diritti di partecipazione uniformi per tutti i cittadini, comunque coordinando tutte le strutture tenuto conto che la FRA - Fundamental Rights Agency (Agenzia dei diritti fondamentali dell'Unione Europea) ha osservato che solo 10 figure in Europa hanno i requisiti per essere istituzioni nazionali per la Tutela non giurisdizionale dei diritti fondamentali e come l'auspicio sia che entro il 2020 almeno 20 figure divengano di "Classe A", secondo i parametri enunciati dalle Nazioni Unite che classificano queste istituzioni ritenutosi che il primo requisito per essere una figura di classe "A" è avere un mandato generale per la tutela dei diritti di tutti gli individui a prescindere dal loro status (requisiti che il solo Difensore Civico possiede compiutamente a tal fine e non già i tanti "Garanti" che rappresentando, per lo più, nella sostanza, articolazioni di funzioni appartenenti originariamente all'Organo delegante, in specie l'Esecutivo anche come espressione di maggioranze assembleari, non garantiscono pienamente, a 360 gradi, l'effettività dei diritti di cittadini, persone ed Enti nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni).
3) Mediazione, Difesa Civica e Giurisdizione.
Tutto ciò, ovvero la valorizzazione e la strutturazione della funzione, ad un tempo mediatoria e di garanzia, vale parecchi punti del PIL, in considerazione e della velocizzazione di macchine amministrative farraginose, dentro la cui farraginosità più facilmente si annida il malaffare e della diminuzione conseguente del debito giudiziario di cui soffre da troppo tempo il Paese, inflazionato da un contenzioso sproporzionato che allontana imprese e cittadini come mostra la cronaca di tante imprese "esodate" fuori dai confini per evitare i lacci di una burocrazia troppo spesso elefantiaca e incomprensibile a partire la linguaggio oscuro e criptato per il comune cittadino, ma anche in considerazione della possibilità di migliorare, in tal modo, la vita di tutti i giorni dei nostri simili, mediante lo svecchiamento di macchine obsolete e contribuendo alla loro sburocratizzazione ( in ambiti che vanno da quello fiscale a quello previdenziale e socio assistenziale e amministrativo in genere).
Sul Corriere della Sera del 25 gennaio 2014, Galli della Loggia ha documentato l'invadenza soffocante della burocrazia che si autotutela invece di essere il braccio del potere esecutivo.
Bisogna disboscare e semplificare la pubblica amministrazione e così pure deflazionare il contenzioso giurisdizionale, mediante ricorso a procedure snelle e informali, anche con il concorso attivo del Difensore Civico, tenutosi conto anche della parallela attività svolta da Organismi di mediazione accreditati in forza del D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 e del D.lgs. 20 marzo 2010 n. 53, in ambito di mediazione di liti civili e commerciali e con riguardo a contratti pubblici relativi a lavori forniture servizi ed appalti. Ne sono riprova evidente i numeri.
3.1) Lo stato della giustizia amministrativa I numeri descrivono in pieno la confusione nella quale sono immersi lo Stato e la giustizia amministrativa italiana. Nel corso del 2012 (ultimi dati disponibili) sono stati presentati 9.300 nuovi ricorsi amministrativi presso il Consiglio di Stato e ne sono stati definiti più di 11.500. I ricorsi pendenti sono 24.600. In tutti i tribunali di prima istanza regionali risultano pendenti, sempre al 31 dicembre 2012, circa 350 mila procedimenti. Nonostante il pesante arretrato, sono stati definiti 92 mila procedimenti in più rispetto ai nuovi ricorsi presentati, complice l'entità del nuovo contributo unificato che, ha detto lo scorso gennaio Giorgio Giovannini, presidente del Consiglio di Stato, «ha raggiunto e forse superato i livelli di guardia, oltre i quali può restare inciso lo stesso diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale».
La giustizia civile così come sopravvive oggi nel suo complesso - non ci sono dati relativi a quella amministrativa - pesa secondo dati di Confindustria del 2011 il 4,9% del PIL tricolore, mentre, secondo le statistiche di Doing Business, l'Italia lascia per strada per via della giustizia lenta un 1% di PIL potenziale ogni anno.
Romano Prodi, tra l'altro consulente dell'agenzia di rating cinese Dagong qualche tempo fa ha lanciato dalle colonne de Il Messaggero la sua personale proposta di soppressione dei TAR.
Da una radicale rivisitazione della giustizia amministrativa l'Italia avrebbe un grande beneficio. Gli investitori non scapperebbero e si finirebbe col togliere un bastone incastrato nelle ruote della ripresa economica.
Scrive Prodi: "Non essendo giurista non riesco a suggerire rimedi che non cadano nella rete degli azzeccagarbugli, ma nella difficile realizzabilità dell'abolizione del TAR chiedo di essere aiutato in modo che i ricorsi siano ammessi nei rari casi in cui conviene e che siano accompagnati dalle opportune garanzie".
Una proposta interessante.
Ma abolendo in toto la giustizia amministrativa si azzererebbe la tutela del cittadino. E affidare gli stessi compiti a sezioni speciali di quella ordinaria sarebbe una salto nel vuoto che finirebbe una volta per tutte con lo scaraventare l'Italia all'ultimo posto di qualunque classifica mondiale.
Al contrario mettere uno sbarramento all'ingresso per i ricorsi e un deterrente per quei cittadini che usano il TAR non a tutela dei propri diritti ma dei propri interessi sarebbe un intervento di civiltà. Al pari di un Parlamento e di una politica che sia in grado di legiferare in modo più semplice e trasparente senza lasciare ampie intercapedini che incitano i cittadini a sommergere i tribunali di ricorsi.
Le strade ci sono. Le novità introdotte dall'Europa permettono di valutare vie alternative (ma non sostitutive) alla giustizia amministrativa. Un po' come avviene sul fronte civile con gli arbitrati.
L'ordinamento inglese da tempo ha sviluppato un organico sistema di Administrative Tribunals, composti non da funzionari amministrativi ma da esperti del settore in posizione di indipendenza rispetto alle autorità o Enti coinvolti. I "Tribunali" trattano ogni anno un vasto contenzioso con esiti normalmente soddisfacenti per le parti. In questo modo i ricorsi prettamente giurisdizionali (applications) nell'ultimo decennio non sono stati più di 4.000 per anno. Pochissimo. Basti pensare che nel 2012 solo il TAR del Lazio ne ha ricevuti più di 12 mila. In tema di novità ci sono anche le diverse relazioni economiche tra Stato e privati. "Un esempio importante è il complesso di rapporti che si usa definire come partenariato pubblico/privato ove l'elemento dell'autoritarietà praticamente scompare" scriveva già nel 2006 la Fondazione Astrid, "ma rimane decisivo il rilievo del pubblico interesse, con deroghe al diritto comune. Dove si ripropongono schemi che non corrispondono più al sistema giuridico e politico quale oggi è".
In tali casi potrebbe subentrare anche il Difensore Civico, oltre ad Organismi di mediazione debitamente formati e accreditati, con nuove (per l'Italia) forme non giurisdizionali di soluzione ai contenziosi nei riguardi di pubbliche amministrazioni e/o concessionari di pubblici servizi di cui egli si faccia promotore -mediatore e stratega, come le ADR Alternative Dispute Resolutions.
Nate negli USA, sono diffuse nel Nord Europa (dove è più forte il senso civico) e mirano a risolvere il contenzioso prima che arrivi alla sua fase amministrativa.
Insomma, l'Europa spinge l'Italia a mantenere strumenti di tutela del cittadino e al tempo stesso trovare strade alternative o parallele.
Nell'appendice all'introduzione, come si è detto, si indicano le strade di percorsi di mediazione in cui possono essere implicate pubbliche amministrazioni e concessionari e gestori di pubblici servizi, che vanno incentivati in tale direzione con idonea formazione e adeguati supporti anche normativi (come nel caso delle Commissioni miste conciliative in ambito sanitario previste da un poco usato e ancor meno applicato DPCM del 1995, al quale è dedicato un approfondimento tematico contenuto nella Relazione).
Un percorso ineludibile che rafforza la necessità strutturale di un Ombudsman, Autorità garante di buona amministrazione e di buone pratiche dotato di adeguati poteri mediatori, di verifica e controllo sostanziale in direzione acceleratoria e di semplificazione e definizione dei conflitti.
3.2) Tempi, disastrosi, e costi, ingenti, della Giustizia Come si ricava dai numeri esposti in occasione del presente anno giudiziario dal Procuratore Generale della Corte di cassazione, la durata media dei procedimenti civili di cognizione ordinaria in primo e secondo grado è aumentata di circa due anni (da 5,7 anni nel 2005 a 7,4 nel 2011).
Nel contempo, i costi di accesso sono lievitati del 55,62% per il primo grado, del 119,15% in appello e del 182,67% in Cassazione (contributo unificato pagato dal 2002 al 2012). Una debacle, a leggere "criticamente" i dati dello stesso Ministero della Giustizia, nonostante i ripetuti annunci e l'approvazione di Piani d'azioni, decreti urgenti per la "crescita" disposizioni di rilancio, interventi di riorganizzazione, misure straordinarie per la riduzione del contenzioso e aumenti in materia di spese di giustizia.
Il debito giudiziario di nove milioni di processi pendenti e il debito finanziario di 387 milioni solo nel 2013 per la irragionevole durata sanzionata dalla Corte Europea, appesantiscono il lavoro e l'impegno anche degli Avvocati, come professionisti e come cittadini. "In questo contesto è pressoché impossibile dare risposta alle legittime richieste di tutela dei cittadini", ha dichiarato il Presidente del Consiglio nazionale forense Avvocato Guido Alpa.
3.3) La Dichiarazione di intenti sottoscritta dal Difensore Civico e dal Presidente regionale del CORECOM In questi giorni, primi di gennaio 2014, dando attuazione a diverse interlocuzioni sviluppate nel corso del 2013, per dare il senso di un contributo fattivo e diretto a contribuire a superare l'impasse di sistema il Difensore Civico e il Presidente del CORECOM hanno sottoscritto significativa "dichiarazione d'intenti", programmata e preparata nel 2013 finalizzata ad instaurare una fruttuosa interazione tra i due Uffici rivolta al pubblico, anche ampliando lo spazio delle attività di mediazione, già svolte, ex lege dal Corecom in ambito telefonico, nei riguardi di pubbliche amministrazioni in genere ovvero di gestori e concessionari di servizi pubblici o di pubblica utilità e di società ed enti che svolgono attività di preminente interesse pubblico; in tal modo contribuendo a meglio orientare l'utenza a costo zero per la stessa parimenti contribuendo a deflazionare l'ingolfata macchina giudiziaria.
4) Quale Difensore Civico? Il Difensore Civico necessario per garantire il diritto ad una "buona amministrazione": valorizzandone la funzione mediatoria, interdittiva e di sollecitazione! Riconoscere i diritti fondamentali e realizzarne la concreta attuazione è dovere delle Pubbliche Amministrazioni .
Gli strumenti che consentono tale riconoscimento si collocano, senz'altro in ambito giurisdizionale.
Ma è di tutta evidenza che l'Autorità giudiziaria prevalentemente intervenga, di norma, in una fase "patologica" che deriva dalla lesione spesso irreversibile, subita dall'avente diritto e, comunque, senza effetti che trascendano il caso concreto.
La "fame" di diritto, che percorre la società, può trovare espressione anche attraverso il ricorso a meccanismi non giurisdizionali di risoluzione dei conflitti e informali, purché efficace e una Difesa Civica strutturata secondo lo standard internazionale analogamente agli altri 27 Paesi dell'Unione, può in tal senso svolgere un ruolo importante per costruire e rafforzare il patto di cittadinanza.
"Eam popularem actionem dicimus, quae suum ius populi tuetur", così Paolo in Digesto, 47.23.1, II secolo dell'Evo Cristiano, per definire l'actio popularis, l'azione popolare, ovvero "l'azione che salvaguarda il diritto del popolo stesso".
Lo stesso spirito sta alla base della difesa civica che intende salvaguardare i diritti dei cittadini quali membri della società, un popolo che, parafrasando Cicerone, possa essere "quell'associazione di uomini che si accordano nel rispetto della legge" (Cicerone, De repubblica, XXXIII).
Tutto ciò, tenutosi peraltro conto che, quale significativo spunto nella direzione di un rafforzamento dei poteri del Difensore Civico nei termini indicati in questa introduzione e nella sua appendice, il Giudice amministrativo, in specie TAR del Veneto, con sentenza 23 marzo 2011 n.
474, in ordine alla doverosità di puntuali, specifiche e motivate risposte agli interventi del Difensore Civico, ha da ultimo ritenuto che l'omessa considerazione di rilievi svolti dal Difensore Civico può determinare ricorrendone le condizioni, profili di illegittimità intrinseca di atti e provvedimenti: testualmente sottolineando, nella fattispecie oggetto del giudizio, in relazione a nota di Difensore Civico regionale, "formata a seguito di molteplici segnalazioni" ed indirizzata ad Amministrazione regionale, che "i rilievi del difensore non sarebbero stati in alcun modo considerati: e da ciò un ulteriore profilo d'illegittimità".
Funzioni interdittivo/mediatorie e di sollecitazione alla good governance.
Nell'appendice all'Introduzione, vi è, sub d), lo stralcio dell'intervento del Difensore Civico al Forum di Bologna del 21 novembre 2013 su "percorsi tra mediazione e Difesa civica - Mediazione della Pubblica Amministrazione", al quale rimandiamo.
Al Difensore Civico possono essere attribuite, in via sistematica e con idoneo apparato normativo (in verità semplicissimo, potendo essere sufficiente, al riguardo, il riferimento alla legislazione, certamente compiuta, di Paesi come la vicina Francia o la Spagna), funzioni di mediazione istituzionale nei termini che si sono indicati nel documento parallelamente rafforzandone la funzione interdittiva nel senso di prevedere la temporanea sospensione degli effetti di atti e provvedimenti allorquando egli intervenga, fin visto l'esito della mediazione istituzionale, facoltativa, a Lui affidata dal cittadino o anche dalla stessa Amministrazione, o da entrambe, naturalmente per un termine breve ipoteticamente non superiore a 60 giorni e fermo restando l'obbligo dell'Amministrazione di rispondere, comunque, nel merito alle osservazioni del Difensore Civico, prima di procedere.
Analogamente a quanto previsto da legislazione di rango costituzionale come in Francia, Spagna e Danimarca, il Difensore Civico potrà senz'altro essere dotato di una particolare legittimazione attiva processuale in proprio, a tutela della collettività, prevedendo il possibile ricorso anche preventivo, alla Corte costituzionale e l'attivazione, ad analogia dell'actio popularis romanistica, della moderna class action: legittimazione già prevista, peraltro, dal felice legislatore della legge 5 febbraio 1992, n. 104, che facoltizza il Difensore Civico a costituirsi parte civile nei procedimenti penali per i reati di cui all'articolo 527 del codice penale, i delitti non colposi di cui ai titoli XII e XIII del libro II del Codice Penale, nonché i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n. 75, commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica psichica o sensoriale (cfr. documentazione in appendice all'Introduzione).
Tutto ciò, affidato al Difensore, Garante dei diritti dei cittadini Autorità indipendente e strutturata, potrà avere effetti notevoli nel senso di deflazionare il contenzioso e di accelerare i tempi dell'attività amministrativa, oltre che del riconoscimento di diritti esigibili dei cittadini, migliorandone la fiducia nelle Istituzioni.
5) Il senso di un percorso Gli approfondimenti (focus tematici) che seguono, con le statistiche documentano appieno le attività svolte, metodologie adottate, criticità risultati, suggerimenti e rimedi proposti, con il metodo del dialogo e dell'ascolto proattivo e interattivo, supportato dai funzionari e personale dell'Ufficio.
Il "senso" del percorso, che è un cammino in continuo divenire, pu riassumersi con i versi della poesia "De tudo, ficaram trés coisas", di Fernando Pesson: "Di tutto restano tre cose:/ la certezza che stiamo iniziando,/ la certezza che abbiamo bisogno di continuare,/ la certezza che saremo interrotti prima di/ finire./ Pertanto, dobbiamo fare: dell'interruzione, un nuovo cammino,/ della caduta un passo di danza della paura, una scala,/ del sogno, un ponte,/ del bisogno, un incontro".
Ma non ci abbandona il proposito fermo di tutelare il cittadino e garantirne i diritti, mentre ci congediamo dal 2013, con un po' di enfasi invero intitolato dall'Unione europea, premio Nobel per la pace, "Anno del cittadino europeo". Nemmeno ci abbandona il sogno di vedere nascere il cittadino europeo, novello Romolo, e di una società di popoli libera dai miti della sovranità.
Che sia "una forza che non si appoggia sulla polizia e una libertà umana che non sia di fatto asservita al denaro".
Con questo auspicio, confidando nella vostra attenzione ai problemi dei cittadini di cui il Difensore Civico è modesto latore, quale garante dei loro diritti, Vi affido la mia relazione.



(La seduta riprende alle ore 11.53)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
I colleghi che volessero chiedere la parola, lo possono fare.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Tre osservazioni a commentare l'interessante relazione annuale del Difensore Civico.
La prima è la seguente. Nell'introduzione del documento viene fatto un excursus statistico dell'attività svolta dall'ufficio del Difensore Civico e, a parte una piccola flessione tra il 2012 e il 2013, quello che mi sembra interessante rilevare, rimanendo statica l'attività nel passaggio tra il 2013 e il 2014, è che dal 2011 ad oggi l'attività dell'ufficio del Difensore Civico si è raddoppiata: si è passati da 1.208 situazioni del 2011 a 2.315 del 2013, quindi un salto rilevantissimo nell'arco di un biennio. Il che fa svolgere una prima riflessione.
Noi possiamo immaginare o che, come accade frequentemente, l'offerta faccia aumentare la domanda (in questo caso, si tratterebbe di un processo virtuoso, perché la disponibilità di avere una interlocuzione da parte dei cittadini invita i cittadini a farvi ricorso), oppure che il livello di contenzioso nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni si sia elevato e che, quindi, l'aumento del ricorso all'ufficio del Difensore Civico sia motivato dall'aumento del risentimento delle persone nei confronti delle Pubbliche Amministrazione, o il concorso delle due cause.
Evidentemente, non siamo in grado di fare questo tipo di valutazione, a meno che non si svolga un'indagine qualitativa su coloro che ricorrono all'ufficio del Difensore Civico, per capire le motivazioni che hanno spinto i singoli soggetti; motivazioni che troviamo nelle ragioni per le quali si sono indirizzati al Difensore Civico.
Mi sembra interessante rilevare come l'attività dell'ufficio del Difensore Civico sia apprezzata ed utilizzata e, quindi, come vada valorizzata. Questo è il primo punto dell'osservazione.
Il secondo punto riguarda la tipologia delle istanze presentate.
indiscutibile che il 48.2% (ho aggregato due voci disaggregate) faccia riferimento al comparto della sanità e dell'assistenza, con un incremento significativo del 15,1% su questa tipologia di istanze rispetto all'anno precedente.
quindi del tutto evidente che questo tipo di interesse, cioè i diritti mancati o violati nell'ambito dei servizi alla persona e, in quella particolare delicatezza dei servizi alla persona, che è la tutela ai servizi e alle prestazioni sociali e sanitarie, sia prevalente nell'interesse dell'esperienza dei cittadini.
Ancora più rilevante è il fatto che all'interno di questa prevalenza la stragrande maggioranza delle preoccupazioni espresse dai cittadini sia quella quasi al 60% della carenza informativa e della mancanza di trasparenza. Il che sottolinea come molto spesso nella nostra organizzazione non siano fortunatamente le opportunità a mancare, ma la consapevolezza, da parte delle persone, di potervi accedere. Mancata consapevolezza che deriva da mancata chiarezza e mancato accompagnamento all'interno dei percorsi di accesso, che sarebbe invece dovere garantire da parte delle pubbliche istituzioni. È quindi evidente che esiste un ampio campo che, con molto piacere, ho letto nella relazione del Difensore Civico essere riferito ai diritti indisponibili, e quindi esigibili, nei cui ambiti (dei diritti indisponibili e quindi esigibili) le Pubbliche Amministrazioni ancora peccano nell'organizzazione delle modalità di accesso, nella garanzia della loro continuità e nella comunicazione giudicata sufficiente o rassicurante o motivata rispetto ai reclami e rispetto alle insufficienze segnalate.
Mi piacerebbe che qualche candidato alla Presidenza del Consiglio regionale della Regione Piemonte provasse a leggere questa relazione annuale del Difensore Civico, perché, forse, la scala di priorità dei diversi programmi elettorali magari riuscirebbe ad avere un ribaltamento tra quello che pomposamente si chiama "sviluppo locale" o "sviluppo regionale" o "economia locale" o "economia regionale", e magari potrebbe chiamarsi "diritti indisponibili e quindi esigibili, impegno dei politici e dell'istituzione a garantirli".
Perché è evidente, da qualunque indagine noi si compia, che questa è la scala di priorità del vissuto delle persone. E questo le persone ritengono debba essere il dovere principe delle istituzioni.
Ciò che però ancora dovrebbe farci rammaricare e preoccupare, e quindi spingere all'iniziativa, è il fatto che il risentimento espresso nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, che poi diventa disistima verso i politici (ma questa seconda ha anche altre radici e soprattutto altri echi), ha a che fare con quella cultura per la quale lo Stato dovrebbe essere l'espressione più alta della partecipazione dei cittadini, mentre molto spesso, diventa l'espressione dello Stato, cioè le leggi che regolano l'organizzazione dello Stato, vissuta come violenza da parte dei cittadini.
Anche qui sono compiaciuta di una citazione del Difensore Civico, che cita Hannah Arendt, non così frequentemente citata all'interno di relazioni istituzionali.
Detto quindi che il numero dei ricorsi al Difensore Civico, la qualità dei ricorsi, ciò che è sotteso a quei ricorsi, cioè il vivere lo Stato non come il proprio rappresentante ma come colui che potenzialmente nega ci che ti sarebbe dovuto, dovrebbe indurci a potenziare questo tipo di attività, e rileviamo anche quest'anno la perdurante carenza di organico.
Quindi, da persona - per il Consiglio è noto - che ha sostenuto l'istituzione del Garante dei diritti delle persone private di libertà credo che anche da parte di coloro che hanno avuto altre opinioni rispetto alle mie, e soprattutto rispetto al dibattito che verrà affrontato dal Consiglio regionale che seguirà, cioè da parte di coloro che ritengono che non sia necessario istituire più figure, ma che si possa far condividere un'unica figura, magari proprio al Difensore Civico, il ruolo di garanzia delle condizioni delle persone costrette a minorità, o perché trattasi di infanzia o perché trattasi di persone private della libertà, non possa essere avviato questo dibattito, se non a partire da una chiarezza: cioè quella di rendere sostanziale nell'efficacia e nella condizione operativa l'attività degli uffici di difesa civica.
Perché non si può, da un lato, dire "accorpiamo e concentriamo" e dall'altro, rendere difficilmente attiva la funzione perché non la si dota delle necessarie strumentazioni. Esattamente questo dato rende evidente quanto fosse, come dire, di facciata quel tipo di controproposta politica e, nel tempo che ancora soprattutto agli Esecutivi rimaneva per poter rendere operative anche prospettive politiche diverse dalle mie, questo tempo sia passato invano.
Concludo, quindi, con un ringraziamento al Difensore Civico in prima persona e a tutti i suoi collaboratori per il lavoro svolto, sapendo che purtroppo, con i tempi che ci attendono, è molto probabile che i diritti indiscutibili, e quindi esigibili, rischino ulteriormente di essere messi alla prova.
Purtroppo, l'ufficio del Difensore Civico continuerà ad essere molto attivo (e questo è un bene) verso i cittadini. Mi auguro che possa essere molto più assertivo verso le istituzioni e verso chi parteciperà a questo Consiglio regionale, dovendo assumere delle responsabilità.



PRESIDENTE

Ci sono altre richieste di intervento? Ha chiesto di intervenire la Consigliera Cerutti; ne ha facoltà.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Intervengo, anche se molte questioni che volevo sottolineare le ha già sottolineate la Consigliera Artesio.
Credo sia giusto dare anche un riconoscimento al lavoro svolto dal Difensore Civico che continua questa sua attività. Come già rilevava la Consigliera, vede un assestamento con soltanto una lieve diminuzione dal 2013 al 2012, indice che questa figura è ormai riconosciuta come figura di riferimento. Pensiamo che, nel tempo, anche per le problematiche che hanno visto negli altri enti l'eliminazione della figura del Difensore Civico, è visto come punto di riferimento per questioni che sono sicuramente differenziate. Mi ha colpito vedere anche trattato il problema dei rimborsi ai Consiglieri come questione sottoposta allo stesso Difensore Civico, ma che vede la sua attività consolidata ed assestata su particolari settori.
In particolare, oltre a vedere statisticamente la percentuale dell'attività suddivisa in aree tematiche, anche dal punto di vista dinamico, i dati registrati documentano un notevole incremento, più 18.5 degli interventi riferiti proprio all'area dei servizi alla persona: sanità, assistenza, previdenza, istruzione, utenze, edilizia residenziale pubblica.
Se questi sono i settori su cui insistono le richieste in maggior numero, dal 2012 al 2013 aumenta questa percentuale, ma rileva anche altri dati come la situazione della popolazione, in particolare della popolazione piemontese, che vede sicuramente difficoltà sempre più pesanti legati al fronte sociale, socio-assistenziale, sanitario e residenziale.
Anch'io dico che qui ci sono le priorità dell'attività della Regione delle priorità individuate. Priorità che hanno visto sicuramente anche il Consiglio lavorare su alcune questioni. Per esempio, non ho citato, ma il Difensore Civico è intervenuto sul tema dei trasporti, quindi su alcuni questioni specifiche.
Anche in un momento come questo, in cui si pensa alla prossima legislatura, in cui si pensa anche alle priorità programmatiche, il lavoro del Difensore Civico fornisce uno spaccato di quello che viene vissuto dalla popolazione e di come - a me sembra importante - si cerchi di saldare il rapporto fra l'istituzione Regione, che, certamente, non è in buona salute, in senso generale, e la popolazione.
Non ripeto considerazioni già fatte. Anche l'attenzione che ha posto il Difensore Civico sul tema dei diritti, del diritto di avere dei diritti sul fatto che i diritti siano indivisibili, diritti pieni, e quindi, da questo punto di vista, vi debba essere un'attenzione a diritti sociali e civili con una priorità pari - quindi non esiste una scala, da questo punto di vista - ma in una comunità in cui tutti possano esercitare il diritto di avere dei diritti, credo sia una lezione per la politica che, in qualche modo, seppure in carenza di risorse, debba tener presente nel momento in cui individua le proprie priorità.



PRESIDENTE

Ci sono altre richieste di intervento? Ringrazio il Difensore Civico a nome dell'Assemblea. Sono a disposizione dei volumetti sulla relazione annuale.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12.08 riprende alle ore 12.09)



PRESIDENTE

PRESISDENTE



PRESIDENTE

La seduta riprende.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo - Rapporti Regione - Parlamento

Proposte di riforma del bicameralismo e del Titolo V della Costituzione Esame in concomitanza con altri Consigli regionali


PRESIDENTE

Colleghi, passiamo ad esaminare il testo "Proposte di riforma del bicameralismo e del Titolo V della Costituzione - Esame in concomitanza con altri Consigli regionali", di cui al punto 4) all'o.d.g.
Ricordo che questa mattina stiamo lavorando in concomitanza con tutti i Consigli regionali d'Italia poiché, a seguito di un accordo raggiunto in sede di Conferenza dei Presidenti delle Assemblee e delle Giunte regionali si è deciso di trattare in tal modo la tematica.
Invero, alcune Regioni si sono già espresse, successivamente ad un primo documento che era stato trasmesso e contenente alcune riflessioni sulla tematica o, meglio, un contributo sulle riforme che l'Assemblea plenaria della Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome ha assunto il 20 febbraio.
Come ho detto alla Conferenza dei Capigruppo, abbiamo ritenuto che fosse fondamentale proporre un ragionamento in un quadro reale. Il quadro reale ci conduce verso due aspetti fondamentali: il primo quadro reale riguardava ciò che sta avvenendo nel Paese, in particolare in Parlamento per iniziativa del Governo. L'aspetto della Riforma del Senato e del Titolo V sta - lo affermo con un termine improprio e non istituzionale, ma che rende l'idea - indubbiamente galoppando.
Il secondo è che era impensabile - nessuno l'aveva mai voluto, pur essendo la nostra Conferenza fortemente convinta di rafforzare il ruolo delle nostre Assemblee - presentare un documento di lavoro su una proposta di riforma costituzionale che non fosse, sostanzialmente, condivisa anche dalla Conferenza dei Presidenti delle Giunte. Ovviamente, il Presidente della Regione è il legale rappresentante dell'Ente ed è del tutto ovvio che la Conferenza Stato-Regioni sia l'organismo di rapporto tra Governo nazionale e le Regioni stesse.
Il Presidente Eros Brega, Presidente delle Assemblee regionali e il Presidente Vasco Errani, Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, si sono riuniti con alcuni colleghi, per giungere a quel documento che vi è stato trasmesso e su cui abbiamo discusso.
Dico subito prima di entrare nel merito che come metodo, proprio per agevolare - lo dico chiaramente - un voto, per quanto possibile unanime dell'Assemblea, non sarà richiesto un voto sul documento stesso.
Come voi sapete, abbiamo presentato un o.d.g. collegato che sostanzialmente, invita il Presidente della Giunta regionale e il Presidente del Consiglio regionale ad esprimere la posizione nel corso dell'incontro previsto a Roma il prossimo 14 aprile, promosso da entrambe le Conferenze sul tema della riforma istituzionale.
Ci riconosciamo veramente in questa proposta congiunta delle due Conferenze quale contributo al Governo, siamo nelle linee di questo documento e anche in tutto ciò che, eventualmente, fosse patrimonio del dibattito.
Sono a conoscenza, per esempio, che il Consigliere Buquicchio ha annunciato prima - e forse altri lo faranno - di voler portare un contributo migliorativo, che non va a stravolgere il documento di lavoro.
del tutto evidente che sarà poi il 14 aprile prossimo venturo il giorno in cui verrà deciso il contributo delle Regioni.
In un primo momento si pensava di organizzare una grande assemblea di tutti i Consigli Regionali d'Italia, ma è del tutto evidente che, se si fossero trovati al Senato e alla Camera tutti i Consigli regionali, in un clima di spending review una spesa come questa non sarebbe stata un grande segnale. Conseguentemente, il sottoscritto e altri due o tre Presidenti hanno proposto alle Conferenze di limitare la presenza ai componenti dell'Ufficio di Presidenza e ai Capigruppo, che volessero intervenire. In quella sede, quindi, troveremo una modalità - a seconda della formazione delle delegazioni e del numero complessivo dei partecipanti - su come intervenire. In termini di distinzione, si potrà anche portare un proprio contributo di cui, comunque, chi dovrà esprimersi a nome della nostra Regione, si farà carico.
Brevemente: il documento di lavoro concordato, cui si riferirà, nei termini che ho annunciato prima il nostro ordine del giorno, riguarda il tema che le Regioni, valutato il disegno di legge originario ovvero la proposta del Governo - considerano certamente positiva la scelta di trattare in un unico contesto la riforma sia del Senato sia del Titolo V perché è del tutto ovvio che le due tematiche sono strettamente connesse.
Come Regioni, vorremmo ribadire che la riforma deve tenere conto anche della partecipazione effettiva dei territori nella legislazione nazionale individuare delle linee fondamentali, che le istituzioni regionali intendono fornire come contributo in questa fase, che mi sembra definita accelerata, ferma, ma anche molto aperta.
Fondamentalmente ci si concentrerebbe su quattro punti: la composizione del Senato, le competenze del Senato, l'organizzazione del Senato e - come dicevo - la riforma del Titolo V.
Riguardo alla composizione del Senato, nel documento avevamo inserito la possibilità di conservare la dicitura "Senato delle Regioni e delle Autonomie". Oggi questo è addirittura superato, ma noi lo lasciamo e lo ribadiamo, perché mi sembra ci sia una convergenza nel voler mantenere questa dicitura. Sarebbe stato assurdo cambiarlo, attribuendo una denominazione come "Assemblea", quasi fosse un super CAL, un super CNEL o un CAL-CNEL, quando tutto è iniziato con un'iniziativa delle Regioni partendo proprio da una riformulazione del Senato, che non sarà più Senato della Repubblica, ma il Senato delle Regioni e delle Autonomie.
Nel documento vi è, poi, una previsione del diritto dei Sindaci a diventare rappresentanti delle Regioni. In un primo momento le Regioni erano rappresentate solo dal Presidente della Giunta ed erano pariteticamente rappresentati tutti i capoluoghi di provincia. Lo dico in termini brutali: Milano, Roma o Torino contavano come Savona, piuttosto che Isernia. Insomma, anche questo era sicuramente un elemento di debolezza mentre è del tutto evidente che la Regione, nel suo complesso, rappresenta l'intero territorio regionale.
Pertanto, anche sull'aspetto della ripartizione dei seggi, chiediamo una parametrazione in base alla popolazione della Regione, perché è giusto che tutte le regioni siano rappresentate, anche le più piccole (cito fra tutte, anche se è una regione a Statuto speciale, la Valle d'Aosta). È del tutto evidente che non si può immaginare una stessa rappresentanza della Lombardia o del Piemonte, piuttosto che di Regioni che hanno dimensioni più piccole di molte delle nostre province o delle province lombarde, e non solo.
Anche questo è un punto aperto, su cui vogliamo discutere ed apportare uno stimolo propositivo al Governo, anche se la situazione è già migliorata, poiché - come sapete - le Regioni avranno un minimo di tre rappresentanti: il Presidente della Giunta e due rappresentanti eletti dai Consigli, di cui almeno uno in rappresentanza delle opposizioni.
Un altro aspetto, che mi sembra molto importante, riguarda i dubbi (anche noi, come Regioni, dovremmo sollevarli) sulla nomina dei 21 Senatori nominati per alti meriti nel campo scientifico, artistico e sociale. Questa previsione è un po' stridente rispetto al numero dei Senatori nel suo complesso. In un primo momento si parlava addirittura di Senatori a vita ma almeno questa previsione è stato rimossa. Ovviamente, nessuno vuole diminuire il valore di questi apporti, però il rapporto tra i rappresentanti delle Regioni e delle comunità e i rappresentanti di queste categorie è un po' sperequato.
Vi è, inoltre, un elemento nuovo (lo dico anche se non è presente nel documento; lo porto come contributo) che è quello di mantenere i Senatori a vita e nominare come ulteriori Senatori a vita gli ex Presidenti della Repubblica. Voi sapete che, in un primo momento, nella proposta, vi era la trasformazione del laticlavio, del Senatore a vita, nel seggio a vita alla Camera dei Deputati.
L'aspetto delle competenze del Senato è molto importante. Le Regioni ritengono indispensabile e condividono - come ho detto prima - sicuramente il superamento del bicameralismo paritario. Pertanto, occorre rafforzare le competenze di questa nuova Camera - il Senato delle Regioni - e trovare un equilibrio tra le competenze dello Stato e quelle delle Regioni, anche allo scopo di superare il conflitto costituzionale che ha caratterizzato questi anni.
Chi più di noi, Consiglieri regionali, anche in questa Regione, anche in questo Consiglio, può testimoniare quante volte il Presidente del Consiglio regionale, in apertura, comunica la delibera di impugnativa del Governo su questa o quella legge o parte di questa o quella legge regionale? È del tutto evidente che chiarire un po' - lo dico in questi termini (a me piace dire così) - la zona grigia, facendo tornare un po' di bianco ed un po' di nero, porta ad un'operazione di pulizia e qualificazione legislativa che considero molto importante.
Si dovrebbe prevedere: a) la maggioranza assoluta della Camera, immaginando, quindi, che la Camera, qualora vi sia su una legge un espresso dissenso da parte del Senato, sia superabile in un bicameralismo non più perfetto, con una votazione del disegno di legge, con la maggioranza assoluta dei membri della Camera dei Deputati.
b) La previsione di una legge bicamerale, avente ad oggetto la definizione del contenuto specifico delle materie e delle funzioni, sul modello di quegli ordinamenti che praticano modelli costituzionali a noi vicini anche nel contesto europeo (federali, regionalizzati e autonomisti), definendo quindi tempi certi, perché il superamento del bicameralismo perfetto si deve porre come primo obiettivo quello di introdurre nel processo legislativo dei tempi certi che - sappiamo - con l'attuale assetto costituzionale spesso sono allungati o allungabili, non solo dagli eventi ma anche dai comportamenti. Quindi, garantire un iter celere del procedimento legislativo nel suo complesso.
c) L'ampliamento della competenza anche alle funzioni ispettive. Oggi nella proposta di riforma non è possibile, al Senato, presentare interpellanze ed interrogazioni. È nostro parere che l'ipotesi che al Senato il potere di interdizione, cui accennavo prima, in virtù del quale è possibile obbligare la Camera a votare una legge con la maggioranza assoluta qualora il Senato esprima un dissenso, confligge un po' con la previsione che, in particolare sulle materie degli Enti locali e sulle materie regionali, addirittura un Senatore di questo nuovo Senato non possa presentare un'interrogazione o un quesito al Governo. Questo aspetto, dunque, si vorrebbe sicuramente riformulare.
Terzo punto: l'organizzazione del Senato ovvero il ruolo dell'Assemblea di rappresentanza dei territori, di raccordo tra tutte le istituzioni rappresentative. Questa è una discussione aperta e bisogna garantire che il Senato si articoli per gruppi di rappresentanza, ma soprattutto che vi sia anche una sorta di rappresentanza dei gruppi territoriali. Ovviamente l'aspetto del gruppo politico avrà un ruolo preminente alla Camera dei Deputati, dove i Gruppi saranno espressione dei Partiti. Non è che al Senato, con questa nuova veste, non si "farà più politica", ma è del tutto evidente che bisogna anche garantire nel regolamento futuro una forma di rappresentanza (non so poi come sarà individuata, le modalità si troveranno sicuramente) delle comunità regionali.
Il quarto punto, quello più rilevante, a mio parere, è la riforma del Titolo V.
una convinzione prevalente che un elenco di materie concorrenti sia necessario per un esercizio coordinato delle diverse competenze legislative e bisogna accedere alla proposta del Governo, di superare la legislazione concorrente, prevedendo tuttavia un rafforzamento delle controgaranzie.
Occorre cioè cercare di portare il più possibile alcune competenze verso l'alto, alcune verso il basso e togliere il più possibile la materia concorrente, che è l'oggetto (lo diciamo in maniera molto chiara) del contendere, che ha caratterizzato (richiamo quello che dicevo prima sulla chiarezza legislativa, quindi sul limitare la possibilità di impugnazione da parte del Governo) tutte le problematiche tra la Regione e lo Stato centrale.
Pertanto, è necessario ridefinire le competenze esclusive statali del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, in particolare con riguardo all'urbanistica, all'ordinamento degli enti locali, al procedimento amministrativo e alla protezione Civile.
Bisognerà prevedere un'elencazione di massima della legislazione residuale regionale, quindi rafforzare, laddove è possibile, con dei richiami precisi alla competenza in materia della finanza locale, di mercato e delle politiche del lavoro e di organizzazione dei servizi scolastici, istruzione e formazione del personale e della Protezione Civile.
Questo potrebbe stridere con quanto ho detto un minuto fa. Però, un discorso riguarda la Protezione Civile come organizzazione e coordinamento nazionale che non può venire meno, un altro riguarda la Protezione Civile regionale, che deve essere invece rafforzata nelle materie esclusive della Regione o concorrenti, ma in modo chiaro, per la parte di cui deve occuparsi la Regione, rispetto ad alcuni ambiti che oggi danno delle incertezze, che soprattutto in una materia così delicata e così necessaria di tempestività d'azione, hanno creato degli aspetti che bisognerebbe superare con queste ridefinizioni.
Richiamo l'aspetto della sanità perché alla Conferenza dei Capigruppo vi ricordate, mi avete posto il problema della sanità.
Il problema della sanità non è toccato in questo documento, non perch non esista, perché se c'è un ambito già chiaro su cui non occorre intervenire, è quello della sanità che, peraltro, come sapete, mediamente occupa l'80% del bilancio dell'Istituzione regionale.
Non c'è nel documento, perché il documento vuole andare ad intervenire nell'ambito di quegli aspetti che necessitano assolutamente di un'irrinunciabile messa a punto.
Si ritiene inoltre indispensabile prevedere la clausola di salvaguardia con un voto favorevole preventivo del Senato, nonché l'iniziativa della Regione per l'attribuzione di materie o funzioni e competenza statale.
Sostanzialmente, anche la Regione deve avere un ruolo attivo in questo ambito.
Ancora, si ritiene altresì indispensabile prevedere che nelle materie della lettera p) ed m) del 117, II comma, la potestà regolamentare sia esercitata previa intesa col Senato. In altre parole lo Stato, per esercitare la potestà regolamentare, deve rapportarsi con il Senato, dove sono rappresentate le Autonomie e, in particolare, le Regioni.
Infine, non era pensabile non parlare delle Regioni a statuto speciale.
Con riferimento alle Regioni a Statuto Speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano, si condivide il rispetto di quanto previsto negli statuti speciali.
Vi è, per certi aspetti, non dico una volontà di superamento delle stesse, ma di un'azione riformatrice o di allineamento con esse delle altre Regioni. Tuttavia, con le Regioni a Statuto Speciale bisognerà arrivare ad un accordo nei prossimi anni, perché se, con una riforma costituzionale, si pensa di "esagerare" con un'azione riformatrice, le Regioni a Statuto Speciale, comprensibilmente, si "chiuderebbero a riccio".
Concludo con le stesse argomentazioni che ho riferito in apertura. Il documento è un documento concordato; ha un suo significato, se approvato all'unanimità. È del tutto evidente che un approvazione all'unanimità comporterebbe delle problematiche, perché ovviamente ci sono opinioni diverse, sia tra i singoli Consiglieri sia tra le forze politiche rappresentate in Consiglio, ma credo che sia la migliore modalità di approvazione.
Si tratta di un ordine del giorno, dove sostanzialmente si afferma che su alcuni punti ci riconosciamo. Nella stesura del documento, deleghiamo noi stessi - Capigruppo, Presidente della Giunta, Presidente del Consiglio e Ufficio di Presidenza - a rappresentare il Piemonte, tenendo anche conto di quello che emerge nella giornata di oggi.
Penso sia un valido e concreto compromesso, visto anche in un quadro reale, perché mentre noi discutiamo - non è colpa nostra o merito di altri ma è un dato di fatto, rappresentato dagli accadimenti di questi giorni mi sembra che la velocità di questa riforma sia sempre più alta: sentiamo parlare di tempi rapidissimi di approvazione, anche entro il mese di maggio, quindi noi potremo e dovremo fare quello che è giusto che le Regioni si apprestano a compiere.
Concludo sul fatto che sono stato uno degli ispiratori del documento del 20 febbraio, che preferivo, anche alla luce di quanto ha detto il Giudice della Corte Costituzionale, poiché le Assemblee e il Consiglio sono l'organo principale e maggiore della nostra Istituzione, però ritengo che sia assolutamente fondamentale trovare, non dico un accordo, ma un'intesa convinta a difesa delle nostre Istituzioni, senza opporci, ma governando un processo su cui le Regioni condividano un percorso con un coinvolgimento e un'azione all'unisono con i Presidenti delle Giunte.
Ritengo che questo documento sia, ma lo lascio alla vostra valutazione una buona mediazione nell'interesse delle Istituzioni.
Grazie.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Presidente, ritengo che se su un argomento politico di enorme importanza, come quello che stiamo affrontando, non ci fosse dibattito sarebbe veramente grave per questo consesso.
Vede, Presidente, la ringrazio sinceramente e apprezzo il tentativo che ha fatto di sottoporre all'attenzione di tutti un ordine del giorno, per leggo: "Il Consiglio regionale del Piemonte condivide i principi contenuti nel 'Documento di proposte di riforma costituzionale'".
Ora, siccome mi permetto di esprimere ancora liberamente il mio pensiero, spero di avere il tempo di dimostrare, se qualcuno avrà voglia di ascoltarmi, i motivi per cui non condivido questo documento, e sono veramente tanti.
Voglio partire da una frase che ho letto ieri su un quotidiano riferito ad un'associazione molto importante (di solito non faccio nomi).
Dice: "Non è l'appartenenza ad un partito che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato".
veramente emblematica questa frase: non è l'appartenenza ad un partito che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato.
In sostanza, quindi, è un invito alla coerenza.
Riformare che cosa dovrebbe significare, Presidente? Dovrebbe significare rimodellare, dal punto di vista organico e funzionale l'architettura delle istituzioni pubbliche e, quindi, esprimere la capacità di modificare ciò che il tempo ha ritenuto di dover, se non superare rivisitare.
Ma qui stiamo parlando, tra Senato, Titolo V...



(Brusio in aula)



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Buquicchio.
Per favore, colleghi!



BUQUICCHIO Andrea

Presidente, forse per la prima volta in nove anni in Aula le chieder un minuto o un minuto e mezzo di sforamento, perché le cose che sto per dire le devo dire con passione e con grande determinazione, e ovviamente l'interruzione di coloro che chiacchierano non mi facilita.
Qui non stiamo parlando di una rivisitazione intelligente; stiamo parlando, relativamente ad alcune cose, di una soppressione, quindi senza un vero progetto organico che sia finalizzato al miglioramento.
Noi, quindi, la vogliamo smontare questa democrazia, o la vogliamo migliorare? Mi sembra che le cattive riforme possano essere molto pericolose, se non addirittura letali, per un organismo, ancorché malfunzionante.
Quindi, prima di riformare dovremmo riflettere molto bene. Ora sappiamo tutti che gli Enti locali sopravvivono in una costante apnea di risorse, e ovviamente il regionalismo - lo sappiamo tutti, lo stiamo vivendo tutto - è sotto scatto, è sotto un incessante fuoco incrociato o concentrico.
Riformare a tutti i costi, purché si faccia qualcosa, nella politica del fare, o perché lo si ritenga l'ultima spiaggia, è un ragionamento che non mi convince affatto.
Riformare significa potenziare, non indebolire.
E allora veniamo alla riforma del Titolo V della Costituzione. Tutti sappiamo che cosa è successo nel 2001 con quella proposta che tendeva, come finalità, a limitare i poteri dello Stato centrale e a concedere, al tempo stesso, ampio e discrezionale potere alle autonomie locali, ponendole allo stesso livello dello Stato.
Oggi il dibattito si svolge su una tendenza esattamente contraria: restituire poteri allo Stato, svuotando le Regioni di alcune competenze.
vero che sicuramente l'introduzione del principio in base al quale le Regioni concorrono con lo Stato nella produzione di leggi, invece di introdurre un inizio di federalismo, si è rivelato un boomerang che ha costretto lo Stato centrale a difendere le proprie prerogative davanti alla Consulta. Sappiamo tutti che oggi un terzo del lavoro della Corte Costituzionale riguarda proprio il contenzioso Stato-Regioni, mentre nel 2001, quindi prima di tutto questo, riguardava esattamente un decimo.
L'altro guaio enorme è stata la timida e contraddittoria attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, che ha lasciato sostanzialmente invariato il livello di autonomia fiscale periferica, con l'effetto che le Regioni hanno continuato a essere un significativo centro di spesa, ma non sono mai divenute un adeguato collettore di entrate, pertanto hanno sempre dipeso largamente dallo Stato per applicare le proprie funzioni. Proprio a causa di questa dipendenza finanziaria delle Regioni il regionalismo delineato nell'articolo 116 della Costituzione non è mai realmente decollato.
Ritengo, quindi, che questa riforma...



PRESIDENTE

Chiedo scusa, Consigliere Buquicchio.
Ho necessità di seguire, perché alla fine dovrò fare una sintesi e vedere le modifiche. Vi chiedo, per favore, di creare le condizioni minime affinché chi vuole ascoltare possa ascoltare e, in particolare, il sottoscritto, oltre che per il rispetto per i colleghi che interverranno altrimenti non si riesce a lavorare. Grazie.
Prego, continui.



BUQUICCHIO Andrea

Ritengo, in sostanza, che questa riforma, da una parte, è sì necessaria (ricordo di averlo già espresso un anno e mezzo fa in Aula, quando si affrontò la discussione sulla difesa delle autonomie e delle competenze delle Regioni). Tuttavia, ho l'impressione chiara e netta che l'approccio relativo a questa riforma sostanziale, perché di grande respiro, dal momento che va a modificare oltre quaranta articoli della Corte Costituzionale, sia troppo superficiale.
Non vorrei che l'esigenza mediatica di far produrre decreti e leggi a tutti i costi, in un lasso breve di tempo, per dimostrare che l'unica cosa è la politica del fare, in contrapposizione a quella del dire, risponde sostanzialmente e solo ai mal di pancia dell'antipolitica. Questo è inammissibile. Mi oppongo a tutto ciò con tutte le mie forze.
Veniamo alla riforma del Senato.
Trasformare l'attuale Senato della Repubblica in un "senatino", in un'assemblea non più democraticamente eletta dal popolo, ma espressione di quelle autonomie locali che a colpi di accetta e non di bisturi si vogliono affossare è un paradosso.
Ci si appresta a compiere una nuova rivoluzione costituzionale per dare vita a un organismo che non avrà più poteri significativi se non un ruolo meramente decorativo, salvo però - ecco il paradosso - attribuirgli il ruolo di concorrere alla revisione costituzionale e all'elezione del Presidente della Repubblica. Se l'esigenza di questa riforma nasce dalla necessità di rispondere a venti anti casta, allora si comprendono molte cose, ma sicuramente io non le giustifico.
Per abbattere i costi della politica, anziché percorrere le strade più semplici, come al solito, si cercano le soluzioni più complicate: invece di dimezzare il numero di Deputati e Senatori e i relativi emolumenti, si trasforma il Senato in una specie di dopolavoro per alcuni. Ma stiamo scherzando? Ma, soprattutto, mi chiedo come può il nuovo Senato delle autonomie che non ha poteri effettivi ma solo consultivi, far valere il punto di vista delle autonomie nel procedimento legislativo.
Purtroppo, il bicameralismo è considerato ormai, anche per un influsso mediatico mica da ridere, troppo costoso, lento, farraginoso, addirittura di stallo, quindi controproducente e, quindi, da superarsi in nome e per conto di che cosa? Della governabilità. Ma stiamo scherzando? La democrazia la stiamo mettendo sotto i piedi! Perché i Padri costituenti avevano voluto il Senato? Perché avevano ritenuto di dover affidare alle due Camere in perfetta simmetria ed equilibrio i poteri legislativi? Sicuramente, per garantire una elaborazione e una ponderazione delle deliberazioni più democratiche. Pesi e contrappesi in democrazia. Se eliminiamo i contrappesi, i pesi diventano insopportabili.
Chiediamoci ancora se non stiamo sostituendo una Camera che appare lenta con una "Cameretta" che si annuncia debole. Non si può pontificare sul Senato delle Regioni e contemporaneamente sulla inutilità delle Regioni dopo quella delle Province italiane.
Il Senato non può essere una semplice conferenza con rappresentanza indiretta, appendice dei Consigli regionali o di altre assemblee, come peraltro, pari pari, è avvenuto per le Città metropolitane in sostituzione delle Province.
Il ruolo delle Regioni.
Questa spedizione punitiva nei confronti delle Regioni complici di aver sperperato e mal gestito il denaro pubblico, che oggi si traduce nel contentino della rappresentanza senatoriale a fronte di un declassamento di potere, non mi trova affatto d'accordo! Questo, a mio avviso, doveva essere un'occasione importante per responsabilizzare ulteriormente le Regioni, alleggerendole sì di alcune competenze, ma consentendo loro di realizzare un disegno credibile di decentramento e autonomia fiscale, mai realmente decollato.
Un'altra delle lacune di questo disegno di riforma è che non chiarisce a quali specifiche esigenze del sistema istituzionale ed economico risponda l'Ente Regione. Non indica il modello di Regione al quale si ispira e questo, a mio modo di vedere, sarebbe invece il primo punto da definire e da chiarire. Occorre un ampio confronto su quale modello di Regione sia possibile e politicamente realistico costruire oggi.
Sarà dunque certo interessante capire, per esempio, quali saranno gli effettivi poteri che lo Stato deciderà di mettere in campo per la tutela della salute.
allarmante quello che dice il Commissario straordinario, Cottarelli riguardo al 5,25% del PIL ipotizzandolo quale benchmark relativamente alla spesa sanitaria. Considerato che attualmente la nostra spesa sanitaria è pari al 7,05% del PIL significa che sono da rivisitare più di 20 miliardi di euro! Chi lo farà? Come si farà? A riprova di quanto ho detto, è sufficiente soffermarsi sulla lettura del documento che la Commissione Salute della Conferenza delle Regioni ha condiviso in previsione del prossimo incontro Stato-Regioni sul Patto della salute.
Si tratta di cinque pagine di intenti sulla razionalizzazione della spesa per beni e servizi che non presuppongono alcun incentivo, sanzione o onere per quelle Regioni che raggiungeranno o non raggiungeranno gli obiettivi, peraltro, non specificati.
Non vorrei essere troppo critico, ma di fatto lo sono e forse non a sufficienza.
Quindi, tralascio le considerazioni sulla ratio delle Città metropolitane, che in un certo senso rispecchiano questa filosofia assurda e a riguardo di ciò, visto che Cottarelli si cita solo quando fa comodo, in questo caso dice testualmente, parlando delle Città metropolitane: "Non pu escludersi la duplicazione di costi e funzioni dalla norma che consente l'elezione diretta del Sindaco e del Consiglio delle Città metropolitane".
Quindi, come vediamo, queste riforme, profondamente antidemocratiche nei modi e nella sostanza, sono da non condividersi, perché sostituiscono puntualmente enti democraticamente eletti dai cittadini con altri composti da rappresentanti eletti indirettamente.
Concludo, veramente, ripetendo per la terza volta quella frase: "Non è l'appartenenza ad un partito che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato"!



PRESIDENTE

Grazie, collega Buquicchio.
La parola alla Consigliera Artesio.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
L'unico modo, per la mia formazione politica, di corrispondere al suo accorato appello affinché questo Consiglio regionale condivida il documento presentato dalla Conferenza dei Consigli regionali è che il mio Gruppo consiliare non partecipi al voto. Diversamente, dovrei esprimere un voto contrario.
Perché non riesco a condividere il documento presentato dalla Conferenza delle Regioni? Perché non lo condivido dalle premesse, cioè dal superamento del bicameralismo paritario.
Credo che il Governo nazionale e il futuro Parlamento stiano prendendo una pericolosa scorciatoia. Una scorciatoia pericolosa, perché se ci si preoccupa dello straripare del potere politico, non io, ma ben autorevoli commentatori della dottrina costituzionale e non contemporanea, ricordano che per frenare lo strapotere bisogna contrapporvi altri poteri.
del tutto evidente che la compensazione delle due Camere nell'analisi dei provvedimenti è esattamente l'esercizio di un contropotere. Così come vorrei ricordare che ogniqualvolta la crisi della politica e delle istituzioni ha raggiunto livelli di disaffezione nel giudizio dei cittadini, ma anche livelli di inefficienza nel raggiungimento delle decisioni, altri Paesi hanno intrapreso strade esattamente diverse da quelle intraprese dall'Italia, altri Paesi invece di ridurre la democrazia hanno osato più democrazia.
Non vorrei ricordarvi io, residuale comunista, il discorso di Willy Brandt nel 1969, che disse "osare più democrazia", oggi brillantemente ripreso da alcuni opinionisti che scrivono sui giornali più letti nel nostro Paese. In allora, a fronte di una crisi della democrazia, allora stravolta dai movimenti dell'opposizione popolare della contestazione giovanile, reagivano dicendo: "Più discussioni in Parlamento, più apertura ai bisogni di informazione e di critica della società, osare più democrazia".
Noi, invece, con Governi di larghe intese e con culture politiche che dovrebbero ben ricordare quelle fasi storiche, la democrazia cerchiamo di ridurla in nome della modernità, della velocità, della semplificazione.
Allora credo che oggi, per essere democratici, per essere rivoluzionari forse si debba essere più conservatori.
Quindi, ritengo che vadano conservati i principi istitutivi del nostro ordinamento per come la Costituzione li ha scritti. E vorrei non vedere nel Governo di Renzi la deriva che vidi nel Governo Craxi. Ve lo ricordate colleghi che avete almeno la mia età o che avete voluto leggere la storia politica di questo Paese, il discorso di Craxi alle Camere quando disse che il Parlamento, ormai, era fatto solo per deliberare e legiferare sul prezzo del prosciutto e sui corsi di chitarra? Non vorrei ricordare la parabola di Craxi: temo che possa essere all'orizzonte anche la parabola di questo Governo.
Da questo punto di vista, non condivido le premesse; quindi, non mi entusiasmano i discorsi dei Consigli regionali sui pesi delle rappresentanze dei Consiglio regionali stessi nella futura conformazione del Senato.
La seconda obiezione che voglio qui riferire per puro spirito speculativo, visto che, evidentemente, il documento non entra nel merito di queste questioni, è tutta la tematica riservata alla competenza esclusiva dello Stato. Non valgono le rassicurazioni che il Presidente ha cercato di fornire nella propria introduzione, dicendo che i temi che più ci interessano non vengono toccati. È curioso che ci si affanni dell'80% del bilancio della sanità per quattro-cinque anni di legislatura, alzando alte doglianze su questo insostenibile peso della spesa, salvo poi ricordare che quello però non verrà toccato.
Io non sono tanto sicura che non verrà toccato, intanto per due ragioni: una, che lo Stato si riserva, quando ricorrano esigenza di tutela dell'unità, di legiferare in modo esclusivo. E fin qui potrei anche essere d'accordo, perché, da persona che si è occupata dell'amministrazione dei sistemi sanitari, ritengo che lo Stato debba garantire livelli omogenei e che quindi i livelli essenziali di assistenza siano competenza dello Stato mentre ritengo, altrettanto, che le scelte di carattere organizzativo che discendano da leggi regionali debbano invece essere competenza esclusiva delle Regioni. Si dice che non verrà toccato: peccato che lo Stato si riserva, con una modifica aggiuntiva nel testo, di esercitare una competenza esclusiva ogni qual volta ricorrano ragioni di coordinamento di finanza pubblica e di sistema tributario.
Quindi, cari colleghi, cosa c'è di più di coordinamento della finanza pubblica se non il costo dei sistemi sanitari nazionali e regionali? Cosa c'è di più di coordinamento della finanza pubblica se non determinare dal centro le modalità di prelievo fiscale, visto che lo Stato si riserva la competenza esclusiva sul sistema tributario? Non sarò particolarmente appassionata ai dibattiti che si consumeranno in quest'Aula sulle modalità del prelievo IRPEF o IRAP: vorrei soltanto che qualcuno lo ricordasse che sarà una competenza esclusiva dello Stato.
Così come ricordo che nelle nuove materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato ci saranno le norme generali sui procedimenti amministrativi, ma anche la disciplina giuridica del lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione. Quindi, tutti quei dipendenti che magari oggi si trovano così risentiti e anche così insoddisfatti delle classi di Governo delle Regioni o delle Autonomie locali che determinano il loro status giuridico e il loro trattamento economico, sappiano che, in futuro quella sarà una competenza esclusiva dello Stato.
Così come il sistema nazionale di Protezione civile. L'Assessore Ravello non potrà più andare in giro inaugurando e vantando meriti della Protezione civile regionale, se questa sarà una competenza esclusiva nazionale dello Stato. Così come l'ordinamento scolastico, l'istruzione universitaria, la programmazione strategica, la ricerca scientifica e l'ordinamento generale delle professioni intellettuali. I colleghi del Partito Democratico, che in questo quadriennio si sono tanto esercitati a presentare proposte di legge regionale sull'ordinamento delle professioni intellettuali, sono stati informati che sarà una competenza esclusiva dello Stato? In ultimo, vorrei soffermarmi su un aspetto che mi sta particolarmente a cuore, cioè l'acquisizione e la competenza esclusiva dello Stato della tutela e della sicurezza sugli ambienti di lavoro. Credo che i grandi passi avanti che abbiamo compiuto con il decreto legislativo n. 81 proposto dal Ministro Damiano e poi approvato dal Parlamento, che ha determinato garanzie generali della sicurezza e dei lavoratori e che ha assegnato alle Regioni competenze puntuali in ordine al coordinamento regionale nelle materie di sicurezza e di tutela negli ambienti di vita e di lavoro compreso il coordinamento da parte delle Regione e di tutti gli enti deputati al controllo della sicurezza nei luoghi di lavoro, ritornerà ad essere una competenza esclusiva.
bene? È male? Non lo so. Credo che sia male, perché ritengo che coloro che amministrano territorialmente le responsabilità del proprio contesto territoriale abbiano maggiore possibilità di vedere e di controllare, quindi anche di legiferare, in ordine alla tutela delle condizioni dei propri ambiti lavorativi e dei propri ambienti.
Ciò detto, vedo che siamo tutti contenti di questa riforma che semplifica, velocizza e modernizza, quindi non certo posso pensare che la mia povera voce possa avere ascolto (non ce l'ha qui, figuriamoci nel dibattito a carattere nazionale).
Pertanto, l'unica cosa che rimane per chi, come me, non condivide questa accelerazione infausta, di cui credo vedremo le conseguenze negative di qui a qualche anno, ma come è sempre successo tutti i cantori di questa riforma non si assumeranno poi le conseguenze della riforma stessa e ci sarà un'amnesia collettiva su chi ha voluto i cambiamenti e quindi ha prodotto le conseguenze negative, ritengo, come unica possibilità e come unico dovere che mi rimane, quella di levare le obiezioni che ho sollevato in questa dichiarazione e che mi portano, giusto per acconsentire all'appello del Presidente, a non partecipare al voto anziché esprimere voto contrario.



PRESIDENTE

Grazie per il contributo e anche per la sua disponibilità.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Biolé; ne ha facoltà.



BIOLE' Fabrizio

Grazie, Presidente.
Ho apprezzato i due interventi precedenti in merito alle questioni sollevate e anche in merito al fatto che siano stati sviluppati con una convinzione che ritengo assolutamente genuina, conoscendo i colleghi che sono intervenuti.
In merito a questa discussione, ho pensato di presentare un ordine del giorno, per così dire alternativo a quello che è in discussione in questa seduta, il cui deposito nasce dalla considerazione che, forse, non si sia ragionato e discusso abbastanza a sufficienza, non solo rispetto al merito delle modifiche istituzionali, quindi costituzionali, che sono state licenziate pochi giorni fa in un testo che verrà poi discusso dalle Camere parlamentari e dal Consiglio dei Ministri, quanto nel metodo e sulla modalità con cui queste modifiche sono e saranno proposte, portate avanti e infine eventualmente licenziate.
Riprendendo il testo depositato inizialmente, ho inteso compiere un passo indietro e proporre ai colleghi l'analisi di un'inopportunità che è non da me sottolineata, ma sottolineata sia a livello istituzionale sia a livello extraistituzionale in questi giorni da diverse personalità, delle quali si può dire di tutto ma non che non abbiano una competenza diretta rispetto alle materie di cui andiamo a trattare in questa seduta.
Credo che vada sottolineato il fatto che è vero che le Regioni debbano e possano incidere su quelle che possono essere delle modifiche, quindi il fatto che sia necessario contribuire al processo di riforma (questo è indubbio). Parallelamente, credo sia importante una sottolineatura anche del principio di sovranità popolare, che permea la Carta costituzionale fin dal primo articolo, e che quindi ci suggerisce - come rappresentanti pro tempore di un'istituzione - di tenere in considerazione la necessità di una discussione, non solo a posteriori con un eventuale referendum costituzionale che è previsto dal nostro ordinamento, ma anche precedentemente rispetto a quelle che possono essere le discussioni all'interno delle Camere.
Aggiungo un fatto che è dirimente rispetto alla struttura di richiesta dell'ordine del giorno da me depositato, cioè il fatto che, volenti o nolenti, con tutte quelle che possono essere state le analisi a favore o meno di questa tesi, i Deputati e i Senatori attualmente in carica non rappresentano eletti pienamente legittimati. E vado a spiegarmi.
Tutti noi ricordiamo la sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre scorso, nella quale si va ad analizzare e a sentenziare come non corrispondenti ai dettami costituzionali alcune norme che regolano l'elezione a livello nazionale, e quindi la legge n. 270 del 2005.
chiaro - il dibattito è stato molto acceso sia a livello istituzionale sia extraistituzionale nei mesi scorsi - che non delegittima gli atti o le discussioni all'interno di un Parlamento come quello italiano e le due Camere, ma di sicuro credo che debba suggerire molta prudenza rispetto al fatto che si possano porre in essere proposte, discussioni ed eventuali licenziamenti di modifiche così importanti e così strutturali da un punto di vista istituzionale.
Quindi, per andare a concludere l'esposizione del testo depositato, la necessità della definizione di proposte congiunte da parte delle Regioni è da me assolutamente condivisa. Premesso che molte delle obiezioni sollevate sia dal collega Buquicchio sia dalla collega Artesio sono legittime e assolutamente da tenere in considerazione, la necessità di un ampio e costruttivo dibattito collettivo che coinvolga anche le organizzazioni di cittadini o la popolazione in merito alle eventuali riforme è da tenere assolutamente in considerazione.
Credo che un altro dei punti che debbano essere suggeriti a lei Presidente, e al Presidente della Giunta - e in tal modo infatti si conclude il testo - sia la necessità di procedere alla discussione di questo tipo di riforme o di riforme che verranno fuori dalla discussione successiva, quindi nel prosieguo di quelli che sono i confronti "democratici" - uso una parola tra virgolette, nel senso che l'inopportunità di talune modifiche è proprio questo paletto, cioè la democrazia andrebbe a minare, come già è stato detto - solo ed esclusivamente nel momento in cui gli organismi legislativi preposti (quindi, la Camera e il Senato) siano perfettamente e compiutamente legittimati anche da un punto di vista della loro elezione.
Per questo, credo sia importante avere una discussione specifica sul testo, cioè sull'allegato di cui stiamo parlando. Ma, a monte di questo credo sia molto importante valutare, da parte di tutti i colleghi, se il suggerimento non possa essere quello di soprassedere a questo tipo di iter di discussione ed eventualmente di licenziamento da parte delle due Camere e valutare davvero una più ampia discussione e l'attesa di una legittimazione compiuta di chi andrà a discutere e poi a legiferare in merito. Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Cerutti; ne ha facoltà.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Svolgo, come Consigliera, ma anche come rappresentante di una forza politica che sta partecipando al dibattito in Parlamento, alcune considerazioni su una questione che ci vede "essere sul pezzo". La discussione sulla riforma del bicameralismo è al centro del dibattito nazionale e mediatico e il fatto che tutti i Consigli regionali stiano discutendo insieme questo tema tentando di proporre un documento unitario è certamente un elemento di forza di istituzioni che sono state messe al margine della vita politica o sotto accusa.
Consigli regionali e Regioni dovrebbero avere uno scatto d'orgoglio anche se in un contesto nel quale è molto difficile entrare nel merito effettivo delle questioni perché il dibattito mediatico e politico nazionale ha assunto caratteristiche di semplificazione talora sconcertanti. Dipingere quel che sta avvenendo come un dibattito fra chi vuole conservare lo status quo e difendere una politica che non vuole riformarsi, contro chi vuole riformare finalmente lo Stato e, di conseguenza, una burocrazia e un rapporto con i cittadini che non funziona è una semplificazione che non tiene conto del contenuto di un confronto effettivo.
Noi in campagna elettorale abbiamo sostenuto la riforma del bicameralismo perché pensavamo, e pensiamo, che sia necessario il superamento di questo schema, ma quella che si sta portando avanti non è la soluzione che ci vede favorevolmente disposti. Crediamo che sia necessario rivedere l'assetto istituzionale complessivo, ma poca attenzione viene posta su questo aspetto. Nel documento presentato alla Conferenza dei Capigruppo, aveva magari delle inesattezze rispetto alle competenze delle Regioni, ma credo che vi siano degli elementi di dettaglio nel dibattito.
Tutta l'attenzione si è concentrata sul fatto che si vuole superare il Senato indirizzando il dibattito soltanto sui costi della politica premendo sul fatto che gli italiani hanno fatto dei sacrifici e quindi li devono fare anche i politici.
Dal punto di vista dei costi della politica il Senato deve divenire un organismo di secondo livello, in modo da non pesare più sulla vita politica italiana. Ormai l'indicazione - così come è avvenuto anche per le Province è quella di trasformare le assemblee elettive in organismi di secondo livello per abbattere i costi. Poco si riflette su quella che potrebbe essere una riorganizzazione complessiva, una revisione della distribuzione delle competenze, come è avvenuto per le Province.
Le Province in realtà non vengono abolite, ma trasformate in enti di secondo livello e poco però si sa su come si andranno a distribuire le competenze e su come effettivamente queste andranno a configurarsi dopo questa modifica.
Credo che, se si volesse affrontare il tema dei costi della politica si dovrebbe giustamente affrontare il discorso dell'assetto istituzionale.
Ad esempio, le Regioni hanno già modificato il numero dei Consiglieri e allo stesso modo, potrebbe essere fatto un ragionamento a livello nazionale, ma altra cosa è ragionare sull'assetto istituzionale.
In realtà si fa di tutta l'erba un fascio e, anziché ragionare sul numero di componenti del Parlamento, anziché ragionare anche sugli emolumenti - perché credo che effettivamente una politica più sana debba essere una politica in cui gli emolumenti a tutti i livelli possano essere rivisti - si prova, a colpi di machete, a far sì che organismi che finora sono esistiti vengano trasformati in un qualcosa che si dice non costare.
Non credo che questo sia il modo di provare a portare avanti delle riforme che ritengo necessarie. Come diceva Ilvo Diamanti nell'ultima ricerca su la Repubblica lunedì scorso, certamente gli italiani chiedono riforme nel nome della governabilità, a cui però dovremmo continuare anche a garantire la democrazia.
In realtà, si sta andando in un'altra direzione e quindi noi non ci sentiamo di sostenere il documento che viene proposto e ci riserviamo di valutare sulla base delle considerazioni degli altri Gruppi. Finora non mi sembra che ci siano state espressioni favorevoli a sostenere il documento o di critica aperta o di non partecipazione, e l'obiettivo dell'unanimità per la votazione di questo ordine del giorno, al momento, non so quanto possa essere raggiunto.
Ritengo invece che dalle Regioni dovrebbe partire un messaggio molto diverso (cito Ilvo Diamanti, quindi non un pericoloso estremista): quello di non mettere in pratica un riformismo episodico e sussultorio, ma un vero riformismo. Vero riformismo che, in realtà, in questo momento non sta vedendo ancora la luce.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Reschigna; ne ha facoltà.



RESCHIGNA Aldo

Grazie Presidente.
Posso dire che siamo un Paese strano? Siamo un Paese che invoca sistematicamente la necessità di riforme importanti ma che, tutte le volte che deve affrontare il tema di come riformare e riorganizzare, si riscopre profondamente conservatore e ripiegato su se stesso.
Allora oggi vorrei affrontare questa utile discussione partendo da alcuni punti fermi. Primo elemento. Sono più di vent'anni che in Italia si parla della necessità di superare il Bicameralismo paritario. Più di vent'anni. E questa necessità è stata invocata anche da coloro che oggi (i Costituzionalisti) esprimono contrarietà rispetto al modo in cui questo superamento potrebbe avvenire.
Vorrei solo ricordare che i primi documenti importanti risalgono alla Commissione bicamerale presieduta dall'Onorevole Massimo D'Alema, che poneva l'urgenza di un superamento del Bicameralismo perfetto, non tanto per perseguire una riduzione dei costi della politica, questione che in quegli anni non si poneva, ma piuttosto perché eravamo (e siamo ancora) uno dei pochi Paesi al mondo in cui Camera e Senato fanno le stesse cose, con il rischio di rendere non produttivi i tempi dell'iniziativa legislativa.
Secondo elemento. Guardate che sono proprio i Regionalisti più convinti a richiedere - e non da oggi, ma già da qualche anno - un superamento del Titolo V della Costituzione almeno su un punto: la necessità di superare tutti quegli ambiti d'intervento concorrente tra legislazione statale e regionale che, a partire dalla riforma del Titolo V, non hanno portato ad alcun beneficio, elevando soltanto il livello di contenzioso. Lo ricordava prima il Presidente Cattaneo e lo ha ricordato anche il Consigliere Buquicchio, seppur con altre argomentazioni, come il ruolo attuale della Corte Costituzionale sia, in gran parte, proprio quello di dirimere le questioni di intervento legislativo concorrente tra le Regioni e lo Stato.
Credo, quindi, che se invochiamo una puntuale riorganizzazione del nostro Paese all'insegna del «chi fa cosa», non possiamo di certo non riconoscere la necessità di ripensare profondamente quella parte del Titolo V della Costituzione che non ha creato significativi momenti positivi.
Poi c'è la discussione di merito e allora è evidente che, in una discussione di merito, il disegno di legge di riforma costituzionale sia da considerarsi come una fase di avvio e non come un testo ormai immodificabile. E dentro questa discussione di merito le Regioni devono entrarci, così come devono entrarci le forze politiche, ricordando le cose che hanno sostenuto e per le quali hanno anche costruito elaborazioni progettuali nel corso degli anni, cercando di trovare le soluzioni più adeguate che consentano a questo Paese di compiere un ulteriore passo in avanti nell'innovazione dei propri sistemi istituzionali.
E allora è evidente che con riguardo alla composizione del Senato delle Autonomie e delle Regioni ci sono elementi che non vanno bene, per esempio secondo me, non vanno bene le rappresentanze espresse da un numero di personalità dei diversi mondi, poiché non riesco a capire a che livello di contributo possano intervenire nel ruolo che tale organo dovrà assumere.
chiaro poi che il rapporto tra il Senato delle Autonomie e delle Regioni e la Camera dei Deputati, con riguardo all'iter legislativo, dovrà essere studiato a fondo, perché non possiamo correre il rischio che esso diventi un soggetto inutile, come è stato, nell'esperienza della Regione Piemonte, il Consiglio delle Autonomie locali rispetto al Consiglio regionale.
Il nuovo Senato dovrà diventare veramente l'occasione di intervento nel procedimento legislativo dei rappresentanti delle Autonomie locali, dei Sindaci e delle Regioni sulle materie che riguardano Comuni, Province Regioni, su tutto ciò che riguarda l'articolazione del nostro Paese.
Allora è evidente che, dicendo che dobbiamo affrontare la riforma del Titolo V della Costituzione eliminando il tema della legislazione concorrente, si tratta, dunque, di capire attentamente ciò che è bene che rimanga sul piano della legislazione statale e ciò che, invece, è preferibile rimanga, in termini esclusivi, sul piano della legislazione regionale.
Sotto questo aspetto, nel disegno di legge costituzionale vi sono alcuni elementi, a mio avviso, non convincenti; ad esempio, faccio fatica a convincermi che un tema così fortemente collegato alle diversità e peculiarità dei nostri sistemi territoriali, quale quello del turismo debba tornare ad essere argomento di legislazione esclusiva da parte dello Stato.
questa la discussione che dobbiamo affrontare, io credo. Non negando la necessità di dover riformare a fondo i rapporti tra Stato, rami del Parlamento e Regioni, ma soprattutto entrando a fondo in una discussione di merito, per far sì che questa riforma costituzionale possa produrre degli effetti veramente positivi per il Paese, per consentire che questa riforma aiuti lo Stato, il Parlamento e le Regioni a funzionare meglio.
Tuttavia noi arriviamo ad affrontare questa discussione deboli. In questo vi è di certo una responsabilità molto forte da parte di chi intende sostanzialmente ripristinare una dimensione «centralista nell'organizzazione del nostro Paese, ma c'è anche una responsabilità da ricercare nell'esperienza del regionalismo.
Credo che sotto questo aspetto, a maggior ragione, la discussione di merito debba essere fatta fino in fondo, non considerando «vangelo» il contenuto del disegno di legge di riforma costituzionale, ma comunque apprezzandone e difendendone i principi fondamentali: necessità di superare l'esperienza del Bicameralismo paritario e necessità di superare l'esperienza delle troppe materie di intervento legislativo concorrente tra Stato e Regione.
Questo non per ristabilire un principio di supremazia, ma soltanto per consentire al Paese di funzionare meglio. Questo è quello di cui il nostro Paese ha assolutamente bisogno.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Carossa; ne ha facoltà.



CAROSSA Mario

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, ringrazio il Presidente Cattaneo per le precisazioni che ha voluto dare all'inizio del dibattito. Erano importanti e doverose, anche alla luce di quanto avevamo discusso nel corso della Conferenza dei Capigruppo, e ci permettono di affrontare meglio questo dibattito.
Non credo che questo disegno di legge di riforma costituzionale, così come paventato da qualcuno, rappresenti un limite alla democrazia. Non lo penso.
Forse, il limite alla democrazia è costituito dal fatto che in questo Paese si sono succeduti tre Governi consecutivi con Premier che non sono stati espressi da un'elezione e da una votazione popolare. Questo, forse può essere considerato un limite alla democrazia. Ma non penso che il disegno di legge di riforma costituzionale possa rientrare in questo ambito.
Mi fa specie, tra l'altro, ma lo dico come battuta, che le forze più a sinistra siano assolutamente contrarie a questo disegno di legge di riforma costituzionale. Forse, il meno a sinistra degli ultimi premier è proprio Renzi! Questo mi pare di capire, perché è quello che meno si colloca a sinistra degli ultimi premier! Detto ciò, come Lega non possiamo che essere d'accordo sul discorso della riforma del Senato e del superamento del bicameralismo paritario.
Non voglio dimenticare quella legge che poi, purtroppo, è stata affossata. Dico "purtroppo" dal punto di vista della legge, perché viene poi riproposta, in termini quasi simili, dieci anni dopo, non lo dico certo dal punto di vista del legittimo voto che hanno espresso i cittadini col referendum. In ogni caso, se non erro nel 2005 (comunque circa dieci anni fa), è stato affossato un progetto simile di superamento del bicameralismo paritario proprio dal referendum.
Non possiamo, quindi, che essere d'accordo. E non possiamo che esserlo proprio per un modo di comprendere e di portare avanti la politica che deve essere del 2000! In un mondo e in una situazione economica che è sempre più in difficoltà e che ha sempre più bisogno di decisioni celeri, non può più esistere ciò che - è vero! - i padri costituenti avevano costruito, quindi Camera e Senato, che dovevano fare la stessa cosa (bisogna ricordarlo) raddoppiando i tempi.
Ma quando lo hanno fatto i padri costituzionali, era un momento del tutto diverso: si usciva comunque - e non entro nel merito - da un ventennio di dittatura, e quindi bisognava dare dei pesi e dei contrappesi.
Adesso quel momento è superato e c'è bisogno di decisioni che siano più celeri possibili. È vero quello che è stato detto prima, ovvero che l'Italia è uno dei pochissimi Paesi al mondo in cui Camera e Senato fanno esattamente le stesse cose, raddoppiando, se non triplicando, i tempi di approvazione delle leggi. Non dimentichiamo che un progetto di legge che passa alla Camera e poi al Senato, e viene modificato, deve tornare indietro per poi ritornare nuovamente avanti: in questo modo, non solo si raddoppiano i tempi, ma si triplicano o più. Quindi siamo d'accordo su questo. Sarebbe stupido non esserlo. "Stupido" perché vorrebbe dire tapparsi gli occhi, far finta di non vedere che bisogna superare il nodo che fin dall'inizio è esistito, quello delle materie concorrenti fra Stato e Regioni.
Questo, purtroppo, è un nodo che non è mai stato superato e ha portato e porta tuttora - delle grosse problematiche anche a livello di approvazione di leggi e, di conseguenza, a livello di soddisfazione dei servizi per i cittadini che la politica dovrebbe garantire.
Noi siamo d'accordo su questo documento che oggi andremo a votare proprio perché non siamo favorevoli su alcuni aspetti previsti nel disegno di legge di riforma costituzionale che è stato presentato dal Governo.
Auspico, quindi, che l'approvazione da parte di tutti i Consigli regionali d'Italia porti a far sì che ci sia una discussione che si concluda con una modifica migliorativa, secondo il mio modesto punto di vista, del disegno di legge iniziale. Perché non possiamo essere d'accordo in merito al discorso del Senato, sul fatto che ci siano (adesso non so quanti, per cui sicuramente sbaglierò le cifre) 20 o 23 persone nominate non so perché e non so per che cosa. Ripeto, non so perché e non so per che cosa. Il fatto, poi, che le nomini il Capo dello Stato, personalmente lo trovo ancora più riduttivo, perché se venissero nominate a seguito di qualsiasi tipo di elezione, mi potrebbe andare bene; il fatto che, invece vengano nominate dal Capo dello Stato mi trova contrario. Su questo punto siamo assolutamente contrari.
Siamo anche molto critici e contrari sul criterio di proporzionalità che non esiste in questo disegno di legge. Perché - senza nulla togliere è veramente impensabile che Regioni che hanno 250.000 abitanti possano pesare come le Regioni che ne hanno quattro, cinque o dieci milioni. Questo non vuol dire che deve essere modificato dando un peso eccessivo al quoziente "numero di abitanti", ma è chiaro che non può essere paritario uno a uno. Nel senso uno per la Regione Molise e uno per la Regione Lombardia, tanto per citare due Regioni a caso. Su questo, noi auspichiamo che il documento, che spero approveremo oggi, porti ad una discussione successiva, quindi faccia in modo che venga modificato il disegno di legge di riforma costituzionale.
Per ultimo, e termino, richiamo un aspetto che è già stato citato prima. Quando si parla usando il buon senso da tutte le parti è facile che chi interviene dopo rischi di dire cose già dette. Lo dico ancora più chiaramente di chi mi ha preceduto: non è pensabile, e mi riferisco al discorso dei nominati a livello di Senato e quant'altro, senza offendere nessuno che fa parte del CAL in questo momento, che il Senato diventi un CAL a livello nazionale. Questo non deve essere. Altrimenti, a questo punto, veramente togliamo tutto. Facciamo una bella riforma elettorale andiamo a votare e buonanotte. Non deve essere un CAL a livello nazionale con tutto il rispetto che ho e che avrò sempre per chi fa parte del CAL in Piemonte.
Detto ciò, la Lega Nord voterà a favore del documento.
Ho visto alcuni emendamenti, ma ritengo che il documento non debba essere emendato. Non so cosa faranno le altre Regioni, ma sono abituato che, quando c'è un accordo a livello nazionale, le cose non devono essere modificate. Quindi sarei per non modificare il documento ed approvarlo così come è stato presentato dall'Ufficio di Presidenza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Grazie, Presidente.
Sono dell'opinione che la discussione che facciamo questa mattina, per ragioni che non dipendono dalla Conferenza delle Regioni, avrebbe meritato un approfondimento maggiore; così come credo che alla Conferenza delle Regioni il Governo avrebbe dovuto acconsentire una discussione più ampia tale da consentire un approfondimento meno generico. Ne avremmo tratto giovamento tutti.
Tuttavia, mi rendo conto che in questa situazione chi si fa portatore della richiesta che il tema venga discusso con serietà e rigore per le implicazioni che le soluzioni che verranno adottate avranno sull'assetto istituzionale del Paese e la qualità della nostra democrazia, rischia di non essere capito e la sua posizione giudicata strumentale. In ogni caso cosi è stata e viene presentata, e cioè come l'ennesimo tentativo di bloccare il processo riformare che io invece considero assolutamente urgente e necessario, per tantissime regioni, prima fra tutte la necessita di ammodernare le nostre istituzioni.
Ha ragione il Consigliere Reschigna, ma lo correggo solo su un punto: è dal 1983 che il Parlamento cerca, invano, di riformare la Costituzione. La prima Commissione che si occupo della questione fu la Commissione presieduta dal sen. Bozzi, seguita dalle Commissioni Iotti e D'Alema, in ultimo la Commissione dei saggi voluta dal Presidente Napolitano. Tutte fornirono al parlamento indicazioni precise per quanto riguarda la riforma della nostra Costituzione che però, questo è il punto politico, rimasero in larghissima parte lettera morta. Da qui l'urgenza di procedere affinch anche l'attuale discussione non finisca su un binario morto. È un rischio che il Paese non può correre perché è da anni che è in attesa che venga avviato una riforma delle istituzioni, in una situazione, interna e internazionale, nella quale "i tempi delle decisioni" hanno, secondo me, un peso determinante.
Sia chiaro, io per primo ho una serie di forti riserve nei confronti del testo di riforma presentato dal Governo ( e rifletto sulle critiche avanzate da alcuni insigni Costituzionalisti ), ma non posso non convenire con l'urgenza di avviare, in concreto, e non solo teoricamente, a parole un processo riformatore. Una democrazia che non decide è una democrazia ammalata. Di più: rischia di apparire ai cittadini inutile. Per questo è fondamentale dotare il sistema democratico di istituzioni che decidano e funzionino nell'interessa del Paese e dei cittadini.
Naturalmente, l'urgenza di procedere e di non fallire anche questa volta, va necessariamente coniugata con l'esigenza di una discussione sui contenuti sapendo che "il segno" che noi possiamo dare ad un processo riformatore non è univoco.
Anche per questo mi spaventa il tentativo di ridurre la questione della riforma del Senato, ripeto stiamo parlando del Senato, alla questione del contenimento dei costi della politica come invece è avvenuto e sta avvenendo. Senato gratis! Lo dico francamente. non può essere questo il biglietto da visita con il quale un Paese avvia una riforma perché la necessità di riformare le nostre istituzioni muove da ben altre necessità per esempio quella di fare funzionare meglio le nostre istituzioni, evitare un appesantimento della attività legislativa ( che deriva dal fatto che Camera e Senato fanno esattamente le stesse cose) coniugando tutto ciò con l'esigenza di non ridurre gli spazi democratici.
Ma veniamo al merito di alcune questioni. Credo intanto che sia improprio parlare di abolizione del Senato ( lo si è fatto anche per le Province ) perché nessuno lo propone. Mi sembra fuori dal mondo che qualcuno ( lo stesso Presidente del Consiglio ) presenti la riforma, come una riforma che abolisce il Senato perché non è questa la proposta di cui stiamo discutendo.
Essa prevede, infatti, non già la soppressione del Senato, ma una riforma del bicameralismo paritario e penso che questo sia giusto per tantissime ragioni, e non penso che immaginare un superamento del bicameralismo paritario possa rappresentare un nocumento la democrazia nel nostro Paese. Credo anzi che, in ragione del principio che prima evocavo cioè della necessità che una democrazia matura sappia decidere, la riforma del bicameralismo abbia un senso. Per le ragioni che ci siamo raccontati e dette tante volte, che rintracciamo in documenti che hanno approvato negli anni le varie Commissioni bicamerali, in ultimo la Commissione dei Saggi che su questo punto ne ha sottolineato la necessità.
un nodo che va sciolto: Camera e Senato non possono continuare a fare le stesse cose e non mi sembra che la decisione di muoversi in questa direzioni rappresenti un attentato alla nostra democrazia.
Io credo che un Senato riformato possa avere una funzione altrettanto importante e positiva. Ma siccome centrale diventa la discussione di merito mi auguro che il Parlamento venga messa nelle condizioni di discutere e migliorare un provvedimento che io considero inadeguato e disorganico e quindi migliorabile. Penso, per esempio, al modo con il quale vengono definite le competenze del Senato, penso al tipo di elezione, indiretta in luogo de quella attuale che è diretta.
In astratto il nuovo Senato può essere eletto dai cittadini, può essere eletto dai Consigli regionali o insieme alle elezioni di questi ultimi volendo diventare una sorta di Camera delle autonomie. Penso, quindi, che questa questione riguardante il modo con il quale il nuovo Senato dovrà essere eletto e che oggi la proposta del Governo risolve nel senso del supermento dell'elezione diretta, meriti un approfondimento e una discussione. Non debba essere data per scontata e che non sia lesa maestà ( perché se no il Parlamento cosa ci sta a fare)immaginare che il Senato possa essere eletto direttamente dai cittadini! L'obbiettivo è quello di superare il bicameralismo paritario non quello di depotenziare il ruolo del Senato che invece deve svolgere funzioni diverse.
E non credo neppure che non si debba discutere anche della sua composizione, perché - vedete io capisco la ratio, che ha spinto il Governo ha prevedere la presenza dei Sindaci della città capoluogo ma segnalo un rischio serio inerente al funzionamento del nuovo Senato. I Sindaci della città capoluogo diventeranno, lo prevede la legge Delrio, anche presidenti delle aree metropolitane e in più noi prevediamo che siano nominati Senatori.
Per tutte queste ragioni io mi auguro che la discussione in parlamento non sia formale e soggetta a diktat ma sia tale da consentirci di migliorare il provvedimento e di renderlo coerente. Idem per la riforma del titolo V. Che sia urgente non è in discussione.
Su questo tema vorrei spendere soltanto una parola: è dalla nostra esperienza di Consiglieri, che io traggo la convinzione che la riforma del titolo V sia ineludibile . Il problema e di definire con chiarezza cosa deve fare lo Stato e cosa devono fare le regioni evitando, anche qui sovrapposizioni che hanno solo originato contenziosi e mancanza di decisioni; uno Stato che funziona nell'interesse dei cittadini e quello nel quale non vi è motivo di contrapposizione tra le articolazioni che lo compongono e questo può avvenire, non solo se si evitano contrapposizioni quasi ideologiche ma anche se le competenze dell'uno ( lo Stato) e delle altre ( le Regioni) vengono definite chiaramente, sulla base anche della esperienza, non sempre positiva, diciamocelo, compiuta in questi anni, da quando cioè è stata realizzata la riforma di questa parte delle nostra Costituzione.
Vi dico molto di più: l'esperienza regionalista può essere rilanciata a partire da una condizione come questa, immaginando in concreto quale pu essere il nuovo ruolo delle Regioni nel quadro di una definizione più concreta e diversa delle competenze.
Tuttavia, c'è un limite: anch'io vedo i rischi di un nuovo centralismo però credo che questi rischi, ahimè, siano stati in qualche modo incoraggiati dal modo con il quale si è sviluppata l'esperienza regionalista.
Per questo sarebbe stata necessaria una riflessione a tutto campo (ormai siamo in zona Cesarini e non possiamo farla), compiendo un bilancio disincantato di cosa a funzionato e di cosa invece non ha funzionato affatto, facendoci carico di avanzare a tempo debito un proposta di riforma.
Concludendo, Presidente, rispetto le opinioni non solo legittime, ma che hanno un loro contenuto, di coloro che ritengono sia in questo momento un errore procedere ad un processo riformatore che porti al superamento del bicameralismo paritario, ma confermo, per quanto mi riguarda, l'esigenza che siano attuali e non più rinviabili sia la riforma del Titolo V che quella del Senato Questo non significa "impiccarsi" alla proposta del governo, ma lavorare affinché il Parlamento esercitando le sue prerogative migliori il provvedimento, però sarebbe sbagliato se noi non ci ponessimo il problema di favorire e avviare, concludendolo, questa volta, un processo riformatore. Ne va della credibilità della democrazia e della possibilità di ricucire il rapporto tra le istituzioni e i cittadini.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Leo; ne ha facoltà.



LEO Giampiero

Grazie, Presidente.
Mi rendo conto del contesto, a poca distanza dalle elezioni, in cui si svolge questo dibattito, però ritengo, riprendendo l'accenno della collega Artesio, di concordare pienamente con lei sul fatto che la gente non ha memoria e non soltanto i politici, ma tutta l'opinione pubblica! Dunque almeno che rimanga una traccia, magari sepolta nei verbali, perché come su altre vicende, fra venti o trent'anni, quando si rifletterà, magari si rifacciano delle considerazioni più obiettive.
Sul voto del documento ci confronteremo con i colleghi del gruppo.
Il discorso del collega Carossa o anche dei colleghi Reschigna e Ronzani, di operare per migliorare il documento è assolutamente ragionevole e comprensibile, però - ripeto - ritengo, per quello che può servire oggi che sia moralmente necessario approfittare dell'occasione per dire alcune cose che esulano - cari colleghi - dalla stretta valutazione del documento.
Mi rendo conto che il Presidente Cattaneo e l'Ufficio di Presidenza, la Conferenza delle Regioni e dei Presidenti dei Consigli regionali abbiano fatto e stiano facendo il possibile. Però condivido quello che dicevano alcuno colleghi: i vari provvedimenti, tutti insieme, cioè quelli che negli ultimi anni sono venuti avanti, porteranno ad un sostanziale sistema di minore democrazia, di limitazione della democrazia in Italia! Tantissimi sarebbero gli argomenti. Ci sono colleghi che probabilmente non avranno giustamente neanche più voglia d'intervenire e potrebbero dire queste cose molto meglio di me, ma provo a dirle, perché secondo me il combinato disposto di quello che abbiamo visto in Italia, in questi Consigli regionali, negli ultimi anni, è bruttissimo.
Anzitutto, abbiamo un Parlamento di nominati. Siamo d'accordo su questo? Si dice: la gente, la sensibilità. Ma non avevamo detto tutti che volevamo tornare alla scelta degli eletti, non era anche Renzi uno dei vessilliferi di questo? E il Parlamento è dei nominati! Spero che i miei colleghi dell'NCD che ancora resistono su questa vicenda on Mario Mauro o le persone più sinceramente democratiche nel PD si battano ancora per la possibilità che i cittadini scelgano gli eletti perché è veramente una brutta cosa., la proposta Renzi- Berlusconi. Ad un Parlamento di nominati si aggiunge la proposta di un Senato di nominati! Il collega Ronzani dice che possiamo ancora batterci per evitarlo, non è Vangelo! Benissimo! Sono d'accordo, ma allora facciamolo, perch altrimenti avremmo una classe politica nazionale di rappresentanti del popolo che dal popolo non sono eletti, a cui non devono rendere conto e sapranno invece a chi devono rendere conto e a chi devono dire grazie per il seggio.
Questo mi sembra gravissimo, specie da parte di chi vuole contrastare "l'anti politica." Per ridurre ulteriormente i cosiddetti rischi "dalla governabilità" si propongono soglie di sbarramento - mi rivolgo ai colleghi dei cosiddetti "partiti minori", ma con grande storia - che neanche Erdogan in Turchia e neanche i Fratelli Musulmani avrebbero avuto il coraggio di proporre: il 12% per una coalizione! Non l'hanno accettato neanche in Turchia! Rimangono con il voto di preferenza le elezioni europee e regionali.
Per le europee sento dire che, probabilmente, queste saranno le ultime elezioni con il voto di preferenza; per le Regioni, che rimanga o meno la possibilità di esprimere la preferenza, l'opera di demolizione dell'istituzione regionale (alcuni colleghi l'hanno detto lucidamente molto meglio di me, non siamo riusciti a farci ascoltare, non siamo riusciti a fare niente) parte da lontano e spiega molte cose.
L'opera di demolizione è stata scientifica e feroce.
La proposta di revisione del Titolo V- in questo condivido l'intervista del Presidente del Veneto Zaia uscita oggi, sui giornali - è chiarissima nel suo atteggiamento reazionario di neo centralismo. Dice, in sostanza, che "bisogna ripristinare l'ordine".
L'ordine non si ripristina con un ritorno ad un neo centralismo, per il quale tante battaglie di democrazia, dalla lotta di liberazione al primo storico centrosinistra in poi, si sono fatte.
Rispetto alla possibilità delle Assemblee regionali, dove potrebbe anche rimanere la preferenza, inevitabilmente i provvedimenti proposti vanno nel segno di ridurre i Consiglieri regionali a schiacciatori di bottoni (se va bene).
La riduzione a zero della possibilità dei Gruppi di operare, , vuol dire che se un Gruppo è all'opposizione e non ha Assessori, gli si consiglia di non fare politica, di non fare manifesti e di non fare iniziative.
Relativamente alla proposta del Presidente Renzi di ridurre ulteriormente l'emolumento, qui, in Consiglio regionale, il nostro Ufficio di Presidenza ha già fatto un eccellente lavoro, che credo sia un punto di equilibrio più che buono.
Ma i colleghi che vengono da lontano, sanno quanto costa viaggiare girare il Piemonte.



LEO Giampiero

SPAGNUOLO Carla (fuori microfono)



LEO Giampiero

Bisogna avere gli amici giusti.



LEO Giampiero

Certo, certo, hai ragione.
Brava Carla, hai ragione! Hai proprio ragione.
Perché a questo punto diventa veramente impensabile poter svolgere un qualsivoglia ruolo significativo, cioè gli emolumenti cioè quelli sarebbero a malapena necessari per coprire le spese vive, a meno che il suggerimento non sia: non fate politica, schiacciate i bottoni, non occupatevi di altro e, comunque, non svolgete alcuna attività politica, non disturbate il manovratore.
Quello che propone Renzi vuol dire praticamente e soltanto questo: se va bene saranno rimborsate le spese vive. Dice che sarete trattati come un Sindaco di capoluogo. Vuol dire che avremo portavoci come un Sindaco, che sono pagati tre volte il Sindaco? Segreterie? Automobili che ci portano? No, quindi non girate per il Piemonte, non fate attività politica, non pensate a nessuna iniziativa.
Qualcuno potrebbe dire che ci sono i partiti per l'attività politica.
Ma, come sapete, il finanziamento pubblico va ad esaurimento. Certo, c'è chi ha i grandi sponsor, bancari, industriali enogastronomici! Quindi stiamo proprio andando, come hanno sostenuto molti colleghi ricordo l'intervento del collega Dell'Utri in questo senso - in una direzione futura in cui la politica sarà "concessa" e destinata solo ai ricchi, ad esponenti di lobby e agli avventurieri, non ai Consiglieri seri che hanno rischiato di persona e pagano colpe che non hanno per questa situazione.
Concludendo, la politica va, sì, profondamente riformata, perché è stata squalificata e si è squalificata e l'antipolitica galoppa. Quindi è giusto fare ogni sforzo, anche se molti di noi non hanno perso la convinzione che solo la buona politica può sconfiggere l'antipolitica, ma gli sforzi che una volta mettevano insieme pensieri, intelligenze, culture ragionamenti e confronti sembra che per molti non servano più. Abbiamo la netta sensazione che molti poteri forti del Paese, e non solo del Paese leader politici, a partire dal Capo del Governo, abbiano l'idea che, per neutralizzare l'antipolitica ci sia un modo semplice e radicale: eliminare la politica! Eliminando la politica, si eliminerà anche l'antipolitica.
Per cui facciamo autocoscienza e flagelliamoci pure però, se crediamo ancora nella democrazia vera, facciamo un minimo di riflessione su questa situazione, e su rimedi seri, veri e non demagogici.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Il mio intervento su questo documento, pur ritenendo apprezzabile il lavoro svolto dall'Ufficio di Presidenza, o da parte di esso, sulla riforma costituzionale, è, da un lato, di apprezzamento, ma anche di critica, non tanto all'ordine del giorno preparato dall'Ufficio di Presidenza, ma dall'ambiguità che pervade la politica italiana e, in particolare, il Governo nazionale.
sicuramente giusto superare il bicameralismo, perché è un istituto che forse solo più noi in Italia abbiamo, ma i tempi della politica sono molto lenti, rispetto a quelli della società e dell'economia, come abbiamo già constatato mille volte.
La stessa nostra Aula, pur essendo un'Aula sola, spesso è più lenta di quanto invece la società e l'economia ci richiederebbero. Per non parlare del livello nazionale, con una doppia lettura, con il ritorno dei provvedimenti che fanno capolino da una Camera al Senato e viceversa, con i tempi che si allungano e con i problemi che non vengono mai affrontati.
sicuramente giusto superare il bicameralismo, una Camera sola, e una Camera giustamente riservata alle autonomie locali, soprattutto a quello che doveva essere il Senato delle Regioni, ma qui invece - e parte la mia riflessione critica, ovviamente per quello che può servire - in un clima nazionale dove la cosa più facile è criticare le Regioni o, addirittura proporre la loro abolizione,tra le righe abbiamo visto che qualcosa c'è già stato sottratto, ad esempio la pianificazione territoriale e l'urbanistica una competenza che è ritornata allo Stato centrale.
Inoltre, questo sistema di elezione non diretta, da parte del popolo dei rappresentanti all'interno di questo Senato delle Autonomie, ci convince poco. Noi saremmo dell'idea che questi rappresentanti regionali, o anche degli altri Enti locali, dovrebbero essere eletti, magari in contemporanea con le elezioni politiche (per evitare costi), che non debbano avere ulteriori indennità (al massimo il rimborso per le trasferte romane) e nient'altro, ma che questa scelta venga fatta dal popolo, dalla gente e non, come in secondo grado, da Assemblee comunali e regionali già esistenti.
Come è stato ricordato da altri colleghi, si parla tanto di rapporto diretto con elettorato, con la popolazione, con il popolo, si enfatizza la preferenza e poi, di fatto, si fa esattamente il contrario. Si enfatizza la preferenza e poi si tagliano i fondi alla politica e a tutto il sistema democratico.
Sarà veramente interessante - interessante in maniera molto mesta vedere come si svilupperà nei prossimi mesi e nei prossimi anni la politica in Italia. Forse davvero questa politica sarà riservata solo ai grandi ricchi o a chi è protetto da lobby finanziarie e bancarie molto potenti.
In Italia c'è chi è protetto da questi sistemi bancari e finanziari: noi certamente no. Probabilmente, queste due categorie di persone potranno ancora fare politica. L'imprenditore illuminato, che però si dimentica che magari ha una centrale a carbone che inquina in qualche zona d'Italia oppure ex banchieri o futuri banchieri...
Ecco, questa è la politica che stiamo vedendo che sta avanzando, tra i peana, gli applausi, paginate e trasmissioni televisive di tutte le televisioni, sia pubbliche sia private, dove esaltano questa maniera ormai antidemocratica di fare politica, sbagliando spesso l'obiettivo perché, in realtà, se quest'Italia la vogliamo davvero salvare, dovremo fare delle battaglie a livello europeo e invece, ultimamente, chi va in Europa ci va con il cappello in mano, gli danno una pacca sulla spalla, torna a casa, fa il compitino e sono di nuovo mazzate per il popolo italiano, invece di rimettere in discussione alcuni temi come il fiscal compact, il deficit del 3%, la possibilità per la Banca Centrale di stampare banconote ed altro.
Ma non è questo il tema, anche se lo sarebbe, di questo argomento.
Voglio concludere dicendo che la mia critica di questo documento è favorevole al superamento del bicameralismo, però c'è un'anomalia che continua ad esistere ed è incredibile che esista: questo trattamento fra Regioni per cui ci sono Regioni di serie A e Regioni di serie B, quando non c'è più nessun motivo che esistano Regioni autonome a Statuto speciale.
Oppure facciamo in modo che tutte le Regioni, come tante volte ho detto in quest'Aula, siano a Statuto speciale, che vengano messe tutte sullo stesso livello, e che sia consentito di trattenere il gettito fiscale per una quota molto ampia di almeno del 60%, insomma, che ci sia un'autonomia avanzata.
Ho preso sempre come riferimento il tipo di autonomia del Friuli Venezia Giulia, perché non è eccessiva e non è troppo slegata dallo Stato centrale; mi sembrava un giusto equilibrio, ma su questo si potrebbe discutere. Certamente fare una riforma del Titolo V, dove vengono ancora mantenute Regioni autonome a Statuto speciale per pericoli di secessionismo verso altri Paesi, lo ritengo antistorico. Se vogliono andare via, vadano pure. Se l'Alto Adige vuole andare con l'Austria, ci vada.
Probabilmente, si troveranno meglio, essendo in maggioranza tedesca. Ma non credo che le altre Regioni ai confini o quelle isolane che hanno questa autonomia pensino di andare verso altre Nazioni.
Quindi è davvero antistorico e comunque nuovamente sbagliato mantenere nell'impianto costituzionale italiano la presenza di queste Regioni autonome.
Ribadisco: se ci deve essere un'autonomia, ci sia un'autonomia forte ma rivolta a tutte le Regioni italiane.
Quindi, noi esprimeremo un voto favorevole, ma sicuramente non entusiasta di questa proposta di riforma costituzionale. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Pedrale.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Negro; ne ha facoltà.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
Ascoltando un po' tutti, a mio avviso, è la prima volta che in Italia capita la volontà di esprimere una proposta di riforma costituzionale.
Anzitutto, ringrazio l''Ufficio di Presidenza per il lavoro che ha presentato.
Credo che, dovremmo accettare tutti che ormai il mondo è cambiato. Fino ad oggi esistevano due Camere (Senato e Camera), ma il mondo è cambiato non è più così. Dobbiamo adeguarci ai tempi e non possiamo continuare a mantenere le due Camere, perché a mio avviso allungano soltanto i tempi.
Abbiamo bisogno di snellire la burocrazia. Non è logico che uno presenta una nuova legge e poi ci vogliono due, tre, o quattro anni prima che diventi operativa, prima che sia efficace. Dobbiamo superare questo doppione, dobbiamo superare il bicameralismo. In un momento così difficile di crisi per l'Italia, ma anche per l'intera Europa, la politica deve dare un segno tangibile e chiaro. Anche noi, come Consiglio regionale, abbiamo cercato di dare un segno e in parte si è dato con la riduzione dei Consiglieri regionali da 60 a 50.
Avremmo dovuto fare molto di più. Alcune cose, che ritengo importantissime, non le abbiamo fatte. Dovevamo dare un altro esempio, più chiaro e più forte. Comunque non si può piangere sul latte versato.
Se queste scelte fossero state ottenute o votate dal popolo, dico democraticamente, sarebbe stato un po' meglio, ma ritengo che il nostro Presidente del Consiglio Renzi abbia una visione, a mio avviso lungimirante e ritengo giusto di approvare la sua proposta. È stato detto ma ritengo sia vero, che è uno più di destra che di sinistra. Bisogna essere combattivi e andare avanti, decisivi, senza andare troppo... Renzi a mio avviso, è più di qua che di là. Ragiona da destra e non da sinistra.
Comunque, è uno che sta lavorando e lasciamolo lavorare, facciamolo andare avanti bene. Inoltre, vorrei che tutte le Regioni d'Italia siano considerate allo stesso modo. Non possiamo tenere le Regioni di serie A e di serie B.
Nel fine settimana sono andato (in nome e per conto della Regione Piemonte, ma ha pagato tutto Giovanni Negro, sia ben chiaro!) vicino alla Slovenia, ad inaugurare una nuova sinergia a Corno di Rosazzo, in Friuli Venezia Giulia. Ero già stato invitato da molto tempo, per esempio, due anni fa per inaugurare una piazza, ma non sono andato. Mi hanno detto che questa volta dovevo andare. Mi hanno subito immortalato, pubblicando anche una foto sul giornale. Non so perché, forse, perché ha colpito il mio intervento, mi hanno fotografato con il Sindaco e la Presidente del Friuli Venezia Giulia Serracchiani, che verrà a Torino, perché amica di Chiamparino; giustamente, sono dello stesso partito.
Signori, è bello fare queste iniziative maestose e bellissime! E ho detto: caro Presidente, è bello fare il Presidente regionale di una Regione a Statuto speciale. Se noi prendiamo dieci, voi prendete 100! Il discorso è quello.
Queste cose non devono avvenire. Questi qui - combinazione, una delle poche e non sono razzista, ma è del Nord - hanno investito molto bene i soldi, fanno delle cose meravigliose e se volete ve le descrivo. Bellissime iniziative, sono molto bravi. Invece, da altre parti purtroppo stanno rovinando un po' tutto. Questo per dire che, come Gruppo dell'UDC, non posso che essere pienamente favorevole al documento sulla composizione e sulle competenze del Senato, sulle riforme del Titolo V della Costituzione.
Bisogna andare avanti. Diamo un segno vero, dobbiamo approvarlo così com'è senza andare a guardare più di tanto.
vero che qualcuno ha detto che diventerà un caso nazionale. Può anche darsi, ma lasciatemi dire che il Senato (che giustamente non cambierà nome diventerà il Senato delle Regioni, dei Comuni, dei Sindaci) ritengo sia un arricchimento a livello nazionale di cui talvolta i nostri parlamentari non essendo mai stati né Sindaco e nemmeno Consiglieri regionali, non si rendono conto. Penso sia importante avere una voce che porti l'esperienza di un Comune anche piccolo o di una città. Poi, non costa più allo Stato perché saranno rimborsate soltanto le spese vive e nient'altro. Perch questa abitudine del Presidente della Repubblica di eleggere Senatori a vita, che poi prendono megapensioni e megastipendi, non è neanche tanto giusta. La gente non la recepisce così bene. Allora, diamo un taglio vero.
Diamo un taglio chiaro. Ecco perché dico che a questo punto Renzi, a mio avviso, sta facendo bene. Diamogli spazio e lasciamolo lavorare.
Sarebbe molto importante che noi, come Regione, accogliessimo e votassimo all'unanimità questa nuova proposta di modifica. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COMBA



PRESIDENTE

Grazie, collega Negro.
La parola alla Consigliera Franchino.



FRANCHINO Sara

Grazie, Presidente.
Sarò molto breve anche per non ripetere alcune delle osservazioni proposte.
Mi aspettavo, questa mattina, che avrei sostenuto una posizione solitaria. Invece, stranamente, vedo che molte delle obiezioni, che mi vedevano e mi vedono contraria alla riforma istituzionale proposta coincidono in qualche modo, si accomunano alla concezione di altri colleghi.
Ebbene, comprendo benissimo l'intenzione di insinuarsi nell'ambito di un disegno riformatore e di poter portare quella che è anche la voce delle Regioni, tuttavia sono così tante e profonde le mie ragioni di contrarietà nei confronti della legge di riforma costituzionale proposta che non posso che trovarmi nella posizione di dover addirittura rifiutare il dibattito su tale impostazione.
Sull'impostazione di una riforma costituzionale, secondo me, proposta in termini di superficialità, senza l'adeguato respiro e che è spinta principalmente o, perlomeno, così come ci viene proposta, dall'obiettivo non di ripensare ad una riorganizzazione dell'assetto istituzionale repubblicano, riorganizzazione che potrebbe anche avere un suo senso, ma precipuamente dall'obiettivo di contenere la spesa.
Ebbene, penso che le istituzioni e l'assetto istituzionale debbano adeguarsi; e guardo anche con una certa timidità a determinati modelli di bicameralismo differenziato, tenendo come riferimento, per esempio, il sistema inglese. Tuttavia, ritengo che se i valori possono essere modificati e adeguati ad una società che si evolve, fino a quando pretenderemo di dire che viviamo in un sistema democratico, quelle garanzie democratiche non possano in alcun modo essere compresse e negoziate.
In questo senso, prevedere un Senato non ad elezione diretta è un controsenso in termini, in quanto nella nostra storia statuale abbiamo già vissuto un'analoga esperienza: le contestazioni e il dibattito critico frutto di questa esperienza ci hanno portati ad una scelta differente nel contesto repubblicano.
L'idea che la più sacra e la più alta istituzione democratica, ossia il Parlamento, suddiviso nei suoi due rami, possa essere in qualche modo sacrificata per un'esigenza di riduzione della spesa, che influisce sul bilancio dello Stato in una cifra da prefisso telefonico, è per me assolutamente inaccettabile. Per cui rifiuto la proposta e, per tale ragione, non parteciperò al voto.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera Franchino.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Spagnuolo; ne ha facoltà.



SPAGNUOLO Carla

Presidente, mi sono iscritta per intervenire brevemente, ma sostanzialmente per il verbale, perché credo che questa sia l'ultima o la penultima seduta di Consiglio regionale che si esprime su una tematica straordinariamente importante sotto il profilo costituzionale e della prospettiva dell'impianto istituzionale del nostro Paese.
Possiamo dire che il nostro Paese, se lo si osserva nell'arco dei decenni, è assolutamente ciclico, come ha potuto rilevare chi, nel tempo si è occupato della cosa pubblica e, per esempio, della tematica costituzionale del bicameralismo e, poi, dell'avvento delle Regioni.
chiaro che occorreva mettere mano all'impianto costituzionale, perch esso è datato da molti lustri, perché l'Italia è cambiata, perché quanto attiene alla rappresentatività istituzionale è profondamente cambiato. Oggi c'è una dimensione europea che grava su tutte le istituzioni e, in qualche modo, tende ad influenzarle.
Io mi riconosco nell'intervento che oggi ha svolto il Consigliere Leo.
indubbio che oggi hanno una prevalenza i cosiddetti poteri forti, quelli di carattere economico, finanziario, nazionale, internazionale e bancario.
E se si viene da quel mondo, ci si può perfino permettere il lusso, strada facendo, di tornare a far finta di essere poveri, modesti e frugali, anche se si perviene da quel mondo che ti ha fatto uscire ieri mattina e che oggi ti fa di nuovo uscire, evidentemente, perché ti sostiene.
Così va il mondo.
Detto questo, è chiaro che i poteri forti esistono: esistono quelli che ho citato; esistono i poteri fortissimi in un certo mondo della comunicazione; esiste un potere oggi sempre più forte e sempre più presente, che è quello, oggettivamente, della Magistratura. I partiti hanno perso peso; i partiti sono colpevoli di avere perso peso e nei partiti - è un dato di fatto - stanno riemergendo, o emergendo, figure nuove - questo è giusto - che, sinceramente, non so se sono di destra o di sinistra. So che queste figure dovranno svolgere un ruolo che ci dobbiamo augurare non sia perdente, e so che queste figure sono apprezzate in quanto si presentano come espressione di poteri forti, quanto meno, come metodo. Quale sarà il contenuto lo vedremo, perché, ovviamente, enunciare l'agenda dei bisogni lo si può fare in maniera rallentata, come ha fatto qualche premier non più presente; lo si può fare galoppando, come fa il nostro attuale premier, nei confronti del quale c'è da augurarsi che faccia bene, perché l'Italia ha bisogno che si faccia bene. Però, cosa sarà di destra, di sinistra o di centro, e in funzione di quale esigenza dei poteri forti, è tutta una questione che c'è e che si potrà successivamente valutare e, soprattutto successivamente comprendere. Mi sembra che i primi che necessitano di capire di cosa si tratta siano proprio quelle forze politiche da cui il premier Renzi viene fuori. Vedremo, senza preconcetti, ma vedremo.
Quindi, io non mi esprimo sull'esigenza di cambiamento istituzionale.
Già - lo voglio ricordare, sempre per il verbale - l'allora Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, parlava della grande riforma. Sono trascorsi tanti anni, è chiaro che la storia non la scrivono i perdenti, ma questo è un fatto e là ci sono gli studi che parlano in questa direzione. E non solo lui, ma non voglio assolutamente abbandonarmi ai ricordi con la testa all'indietro.
Voglio però concludere con un riferimento alle Regioni. Colleghi - mi rifaccio in particolare a chi oggi assume una responsabilità, dal Presidente Cattaneo al Presidente Cota, che oggi non c'è a questo dibattito è chiaro che il percorso delle Regioni ha un disegno, ma questo disegno è di assoluta evidenza ed è da tempo che viene avanti: è un disegno di ridimensionamento e di nuovo centralismo.
Quando in quest'Aula abbiamo approvato, cavalcando, anche qui, il Decreto Monti, che è diventato legge e che noi abbiamo recepito, nel quale ci siamo autolimitati e siamo di fatto diventati degli esecutori, che per lo svolgimento delle loro funzioni devono essere approvati da organi dello Stato, abbiamo di fatto sancito...
Scusi, Vicepresidente Comba, se può per qualche secondo non parlare al Presidente, visto che è l'ultima volta che la sottoscritta, con vostro piacere, parlerà in quest'Aula, le sarei grata, perché io voglio parlare proprio al Presidente, a cui queste cose le ho già dette, per quel niente che rappresento e di cui sono consapevole.
Quando abbiamo approvato in maniera silenziosa - anche lì c'erano persone che decantavano questa vicenda del Decreto Monti - e ci siamo addirittura applicati delle sanzioni cosiddette accessorie per farci ancora più male, quando sia necessario, noi abbiamo concorso a individuare un percorso delle Regioni che va verso la strada del centralismo. Abbiamo fatto quello. Si può dire che oggi le Regioni, con tutta pace di coloro che in questa Aula sono più sereni - e io sono contenta per loro - stanno vivendo, tutte o quasi, un percorso di decadimento (lo possiamo dire) rispetto ad un'immagine.
Se si apre la televisione di sera, non si riesce a seguire un talk-show o un dibattito nel quale, perché è questo che sta succedendo, non si faccia di ogni erba un fascio - figuratevi, lo dice chi interviene, che ha un certo tipo di posizione - e in cui non si dica che le Regioni sono una realtà che deve essere ridimensionata, quando non si dice, in maniera generica e sbagliata, che le Regioni sono una sede di corruzione. Allora questo è e questo è quello che sentiamo.
Ieri ho sentito un pezzettino di dibattito su Sky, dove c'era un'intervista ad una brava giornalista di la Repubblica: una persona - lo si capiva da come poneva le cose - molto esperta, a cui il Direttore di Sky faceva un'intervista. Ad un certo punto lei ha concluso dicendo: "Sì, beh in questo Senato che noi adesso cambiamo ci mettiamo dentro i rappresentanti delle Autonomie locali; e poi, certo, dobbiamo stare attenti, perché dobbiamo vedere chi ci mandiamo, se ci mandiamo le Regioni"; detto proprio così. Allora, questo vuol dire che siamo in una fase di grande crisi e questo è persino banale dirlo, perché è evidente; ma questa grande crisi ha però degli obiettivi, che sono anche chiari e cominciano anche ad essere enunciati.
Quali saranno? Chiaramente riportare al centro le tematiche della sanità, dei trasporti, dell'ambiente e via via; ne cito solo alcune perch le vedo già scritte ed enunciate con assoluta chiarezza.
Allora, penso che in queste situazione ciclica oggi qualcuno possa dire: "Bene, esiste un'esigenza di contenimento dei costi". Ma ormai l'aggressione, anche giusta, che è stata fatta alla casta per anni sarà irreversibile e così pure quella nei confronti delle Regioni: non facciamoci illusioni. Auguro a chi verrà dopo di lavorare bene e di avere delle soddisfazioni. Indubbiamente noi siamo in una legislatura che a mio avviso ha visto proprio il depauperarsi di questo istituto nel quale noi avevamo creduto.
Oggi si completa peraltro, come ho visto da questo documento, un discorso che forse in questi tempi può anche essere fatto, cioè quello di dire "togliamo tutto, chiudiamo". Renzi dice "togliamo i rimborsi", anche quando questi rimborsi sono già stati tolti.
Resta però da dire che su questi temi, nell'arco di qualche tempo, si ritornerà cercando, se si vorrà dare di nuovo gambe a questo istituto, di restituirgli delle competenze e rendergli la dignità e anche le risorse per lavorare; e di far capire che nel corso di questa legislatura, in questa Regione come in altre, c'è stata una classe politica di eletti che hanno fatto la loro parte, se non che nel frattempo, chi più chi meno, ha dovuto sopportare il fatto che le regole del gioco sono state cambiate. Questo è un rammarico e cercheremo di chiarirlo.
Non partecipo al voto su questo documento - e per questo sono intervenuta - perché è mia esperienza che le riforme costituzionali si fanno con il tempo necessario e non si fanno sciabolando o cavalcando verso obiettivi che sono certamente di neocentralismo.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

Grazie, collega Spagnuolo.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Botta Marco; ne ha facoltà.



BOTTA Marco

Grazie, Presidente.
Intervengo molto velocemente, solo per esprimere pareri di tipo personale. Il primo è relativo alla cosiddetta abolizione del Senato, su cui non concordo. Ritengo che un'istituzione di questa portata, che ci riporta ai 2.000 anni di storia del nostro Paese, non possa essere svilita come parrebbe possa esserlo.
Sono assolutamente d'accordo sul superamento del bicameralismo paritario perfetto e allora i nostri "padri costituenti" parlamentari si muovano su questa materia; ma non sull'elezione diretta di un numero anche molto limitato di membri. Negli Stati Uniti, che hanno 200 milioni di abitanti, ci sono 100 senatori e la nostra rappresentanza parlamentare al Parlamento europeo è di 87 componenti. Si può lavorare per una riduzione sostanziale, però è inaccettabile legare riforme così importanti sempre solo alla questione del risparmio di spesa, perché il risparmio di spesa viene mortificato da una serata di spread che sale di dieci o di venti punti, che vale per cent'anni di attività di qualsiasi Assemblea legislativa.
La vulgata demagogica che si fa sentire in televisione, come quella relativa alla vendita di auto blu con dieci anni di vecchiaia che viene vista come un fatto fondamentale per risanare i conti dello Stato, e il nostro "mister Fagiolo" fiorentino che va in giro a dire cose che sono soltanto pura demagogia ci portano anche a questo.
Sono d'accordo, tra l'altro, nel dire che bisogna stare attenti, prima di rinunciare - come abbiamo già rinunciato in quel pastrocchio sulle Province - all'elezione diretta di rappresentanti al Senato. Certamente questo non sarà un limite alla democrazia, che può esprimersi in molti modi; ma i campanelli d'allarme dati da questi tre Governi,che di democratico non hanno nulla (sono stati tre momenti di golpe dolce, che prima o poi qualcuno dovrà chiamare con il loro nome) e lo scioglimento di sei Consigli regionali governati dal centrodestra dal 2010 al 2014 - sei Consigli regionali sciolti non per i litigi dei politici, non perché le maggioranze non tenevano più, ma per atti dell'Autorità giudiziaria - ci fanno pensare che i limiti della democrazia stiano veramente per essere travalicati in ogni settore.
E poi, lo devo dire, i costi veri, caro Presidente, non sono quelli della politica; noi lo sappiamo bene. Sappiamo quanto incidano la burocrazia e la tecnocrazia che ormai governano qualsiasi tipo di istituzione, che non sono governate o elette da nessuno e che non rispondono a nessuno, se non a poteri che evidentemente è anche difficile definire.
Passo a parlare del Titolo V. Assistiamo all'attacco alle Regioni quindi, che dura ormai da due o tre anni, che ha individuato nelle vicende che tutti noi conosciamo il momento detonatore e che ha visto oggi il PD fare una critica forte alla riforma del Titolo V che il Centrosinistra ha voluto, ha sostenuto e ha fatto passare per un voto di scarto nei primi anni 2.000. Insomma, ci sono certi problemi legati ai conflitti di attribuzione, ma il vero obiettivo è rafforzare in maniera pesante il centralismo di questo Stato.
Per trent'anni ci hanno detto che il decentramento e le Autonomie erano un bene assoluto; oggi, in virtù di scandali, di montature mediatiche...
Inoltre, abbiamo abolito il finanziamento pubblico ai partiti e oggi manteniamo l'unico finanziamento pubblico ai gruppi editoriali.
Chissà quando potremo applicare lo stesso sistema che usiamo per i partiti, cioè la donazione dei singoli cittadini, anche per i gruppi editoriali, che tra l'altro sono soggetti privati.
Allora, la vera palude, quindi, è rappresentata dalla burocrazia e dalla tecnocrazia che esistono in questo Paese.
Ripeto che la riforma del Titolo V, che magari chiarirà qualche elemento di conflitto tra poteri, ha però un grande scopo: quello di andare a indebolire le Regioni e di farlo sulla loro materia fondamentale, cioè la sanità. Il vero obiettivo, infatti, sarà quello di strappare alle Regioni la gestione della sanità, portarla al centro e lasciare alle Regioni magari un po' di programmazione o di coordinamento.
Lo diciamo qui e in maniera chiara: lì c'è la "polpa" vera di questa riforma del Titolo V. Se qualcuno magari lo facesse sapere anche a qualche legislatore nazionale, potrebbe essere utile.



PRESIDENTE

Grazie, collega Botta.
La parola al Consigliere Burzi.



BURZI Angelo

Grazie, Presidente. Le chiedo scusa per il ritardo nell'iscrizione.
Intervengo solo per dichiarare che non parteciperò al voto di questo documento e spiego anche molto succintamente perché.



(Commenti del Consigliere Motta Massimiliano)



BURZI Angelo

Il collega Motta mi stava disturbando, ma siamo alla fine anche della parte del disturbo...



PRESIDENTE

Chiedo scusa, Consigliere Burzi.
Se fosse possibile, per gentilezza...



BURZI Angelo

Non sono affatto disturbato: era un dialogo interno con i colleghi amici e alleati di Fratelli d'Italia...
Non voto il documento perché i proponenti di codesto documento sono non gli unici ma tra coloro che sono alla base di alcuni dei problemi, non tutti, che in questo momento stiamo attraversando.
Cerco di spiegarmi meglio. Non considero la Conferenza dei Presidenti delle Regioni - l'ho già detto in un altro momento quando si è discusso in quest'Aula di alcuni aspetti del non compianto Governo Monti, che hanno portato dei frutti applicativi i cui esiti stiamo tuttora vedendo e che non si sono ancora totalmente esplicati. Mentre, come battuta che ho fatto con alcuni colleghi del centrosinistra, posso perdonare tranquillamente Errani al momento in cui questa fase svolse, perché Errani, mentre la stava svolgendo, stava studiando da Ministro, perché era obiettivamente convinto questione di minuti - che avrebbe fatto il Ministro. E quindi conoscendolo e stimandolo si stava preparando per un lavoro nuovo.
Non consento e non perdono al nostro Presidente, che in questo momento è assente. Fosse stato assente anche quel giorno sarebbe stato meglio perché essendo un Presidente iscritto ad un movimento importante, che ha fatto parte della storia di questo Paese negli ultimi trent'anni, che è la Lega, aveva un'occasione clamorosa, secondo me, essendo un esponente della Lega, per fare il Presidente della Lega. Ha perso quell'occasione e poi ne ha perse anche altre; non è il momento di fare qui delle inutili polemiche che peraltro ho già sostenuto sia in sede orale che per iscritto, sempre dove ciò era di diritto e di competenza.
Quindi, non considero la Conferenza dei Presidenti delle Regioni sufficientemente autorevole oggi per elaborare dei documenti, ma soprattutto perché le Regioni non sono autorevoli. E l'autorevolezza non è una cosa che possa venir consegnata per mandato. L'autorevolezza è una cosa faticosa, che si conquista nel tempo. Persone fisiche, associazioni partiti, strutture rappresentative del mondo sociale, del mondo culturale del mondo imprenditoriale, del mondo sindacale: cito tutti coloro che oggi sono a pieno titolo e con molte ragioni sono considerati non autorevoli.
Perché nessuna di costoro oggi è in grado (ma proprio nessuna) di rappresentare, se non stentatamente, se stessa. Che è l'origine del nostro problema, che è un problema di classe dirigente. È un problema di classe dirigente, che ha delle origini antiche. La metterei intorno al '68, perch mi ricordo ancora.
C'era una derivazione del '68 - io c'ero - che pensava di essere in grado, visto che le cose non andavano bene - di occuparsene e di farle andare meglio.
Beh, lo dico avendo partecipato all'intera fase di questo percorso: abbiamo fallito. E allora se abbiamo fallito - perché io mi considero una componente, non particolarmente responsabile ma la mia parte per dove ho potuto l'ho fatta, di un fallimento, perché l'Italia del 2014 (non vorrei dare una notizia eccessivamente critica) è enormemente peggio di quella del '68, che a chi c'era (e io c'ero) sembrava fosse e dovesse essere oggetto di cambiamento.
E lo stesso vale per le Regioni. La perdita assoluta di autorevolezza delle Regioni - parlo solo della Regione Piemonte, non conosco bene le altre ma fino al Ticino, alle Alpi e agli Appennini un pochino mi so muovere, non dappertutto; dove non mi so muovere, ho degli amici che mi orientano. Ad esempio, per tutto quello che non so di Asti, chiamo Rosanna Valle in uno dei pochi intervalli in cui non mi chiama lei e ciò che non so lei mi spiega, e io chiudo le mie fasi di parziale ignoranza almeno territoriale - è stata sistemica. E in questa legislatura diciamo che noi abbiamo dato il meglio di noi stessi nel perdere autorevolezza. Ma mi ci metto con fatica, perché ho cercato di dirlo dal giorno zero che eravamo su una strada molto ripida e molto scivolosa, la cui fine ancora non vedo. E non sarà certo questo ordine del giorno - che quindi mi vede semplicemente non partecipante - a farci perdere autorevolezza.
Perché, vedete, se i Consiglieri regionali - passi per quelli attuali che in sede politica, non in maniera innocente, è giusto che la smettano mentre in sede tecnica mi appello a quello che ha detto non casualmente prima il collega Botta; in sede tecnica soltanto una Giunta totalmente priva di autorevolezza e un Consiglio regionale altrettanto privo di autorevolezza riesce a farsi mandare a casa per aver applicato la legge. Un Presidente che è sulla bocca di tutti per le mutande verdi non è un Presidente colpevole, è un Presidente inadeguato e noi, maggioranza, siamo la concausa della inadeguatezza.
Per cui è giusto che paghiamo; oggi paghiamo in sede politica, non riconquistiamo un briciolo di autonomia e di autorevolezza firmando un inutile ordine del giorno, che quindi non firmo, non sottoscrivo e tanto meno voto.
Auspico, ma non succederà, che la prossima legislatura possa essere migliore, perché per succedere ci vuole qualcuno che pensi che la politica venga prima del resto. E se deve venire prima del resto, non c'è niente da fare: bisogna venire scelti. E per venire scelti, bisogna che gli alunni di quella classe ti eleggano capoclasse.
Se poi maschio o femmina...
Quando andavo a scuola al collegio San Giuseppe, purtroppo era una scuola soltanto monosessuale. È per questo che amo molto le donne: perché i maschi ho cominciato a conoscerli dall'inizio e quindi li ho frequentati poco, sperando che l'altra parte del genere umano fosse meglio. Poi ho avuto problemi anche con l'altra parte, ma questi sono fatti personali che non riguardano l'Aula.
Finché qualcuno non si convince che se ci sono delle cose che non vanno... Cito qui quello che poi ridirò su un altro disegno di legge che mi vede decisamente peggiore come atteggiamento, se avvenisse la discussione.
Finché qualcuno pensa che se c'è della mala gestio nel pubblico...
Cito uno degli ultimi esempi: l'ATC. Leggo sui giornali distrattamente perché sui giornali controllo bene la data - che probabilmente è quella giusta - controllo bene i necrologi perché sono una fonte di informazione sul resto, letto e assumo giusto degli input e nulla più. Però leggo che sembra che ci siano stati degli appalti scorretti. E allora ci sono due teoremi. Uno è quello di migliorare l'area dei controlli, ognuno per la propria parte, chi in sede legislativa, chi in sede amministrativa, chi ne ha competenza in sede di Magistratura contabile o di Magistratura penale.
Oppure, che è quello che anche quest'Aula sistemicamente ormai da quattro anni, eliminiamo gli appalti, perché eliminando gli appalti evidentemente sarà molto difficile truccarli.
C'è anche il dettaglio, eliminando gli appalti, di come si faccia ad appaltare le cose che gli appalti avrebbero dovuto regolamentare. Ma si pu estendere.
Noi siamo all'interno di una legge che prevede che la prossima legislatura chi qui ci sarà in quell'Aula, in quei banchi o a presiedere quest'Aula potrà nominare chiunque a fare qualcosa di questa competente Regione, purché non ne sappia assolutamente niente. Ma ne deve sapere proprio nulla! Quindi, suggerisco oltre alla modalità dell'estrazione che è stata suggerita più volte dal prossimo parlamentare europeo - Dio ci perdoni! Mauro Laus, dell'estrazione, che comunque già mi sembra casualmente più interessante, oppure quella di scegliere un qualcuno...
Io scelgo l'esempio del pastore, ma non me ne vogliamo i pastori, ma devono essere i pastori vissuti sempre in montagna, figli unici se possibile, zero titoli di studio, che non abbiano mai visto il mare, in modo che sia certo - ma proprio certo! - che non abbiano nessuna competenza per fare quello che dovrebbero fare. E non avendo nessuna competenza probabilmente non la mala gestiranno.
Se questa è la modalità che qui stiamo seguendo nei fondi, nei titoli nei diritti e di cui gli esiti li abbiamo già in parte sotto gli occhi, si manifesteranno ancora.
Se le Regioni non contano, non è soltanto colpa di chi vuole centralizzare. Le Regioni hanno fallito nel loro compito istitutivo, che era fare leggi, era presentarle. La metà dei qui presenti confonde le Regioni con un Ente locale e sono convinto che facendo dei test la metà non verrebbe ad essere ammessa in un normale processo di scuola secondaria.
La colpa è di noi stessi, non possiamo sempre darla ad altri. Quindi per oggi mi limito semplicemente a non partecipare.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ho ascoltato con attenzione il dibattito che c'è stato in Aula e credo che si debba fare un po' di necessità virtù, anche perché è stato un dibattito molto interessante, ma sono state legittimamente anteposte una serie di valutazioni nel merito e anche peculiari, che è del tutto evidente e ringrazio i colleghi che l'hanno detto esplicitamente - che anche un ordine del giorno che a me sembrava potesse, con un richiamo generale essere la via per trovare un voto prevalente, non vi siano più le condizioni perché venga approvato all'unanimità.
Quindi, anche al fine di non indebolire correttamente la posizione delle Regioni che in gran parte si riconoscono in questo documento comunico all'Aula che l'ordine del giorno della Presidenza, di cui sono unico firmatario, è ritirato.
Siccome i lavori di questa mattina non sono inutili, anzi sono stati proficui sotto il profilo dell'arricchimento del dibattito - che ritengo non come giudizio ma come presa d'atto, essere stato valido, costruttivo e anche fortemente articolato - invierò il resoconto del dibattito odierno al Presidente della Conferenza dell'Assemblea, al Presidente della Conferenza dei Presidenti di Regione, affinché ne possano tenere conto come contributo del Piemonte.
A questo punto, inviterei anche il collega Biolé a ritirare il suo ordine del giorno.



BIOLE' Fabrizio

Tecnicamente viene ritirato automaticamente, o devo deciderlo io?



PRESIDENTE

Deve deciderlo lei.



BIOLE' Fabrizio

Allora lo mettiamo al voto, grazie.



PRESIDENTE

Scusi se mi permetto ancora, collega, ma non voglio essere insistente.
La Presidenza ritira l'ordine del giorno su cui lei ha presentato il suo collegato in argomento, ma io, per correttezza, non lo dichiaro decaduto.
Se lei avesse la bontà di ritirare il documento - anche perché, alla fine, mi sembra che la presa d'atto delle Conferenze sarà quella del nostro dibattito, ivi compresa la sua posizione così ben espressa - gliene sarei grato; se invece lo mantiene, lo metteremo al voto.



BIOLE' Fabrizio

Lo mantengo.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Carossa; ne ha facoltà.



CAROSSA Mario

Grazie.
Presidente, voglio dirlo, non sono favorevole - poi, naturalmente, lei può fare quello che ritiene più opportuno, ma voglio dirlo a verbale - al ritiro del suo ordine del giorno.
Mi permetto di dire che il voto di questa mattina non potesse essere unanime lo sapeva chiunque, che il voto su un argomento così complesso così particolare, su un documento così importante non avrebbe potuto essere all'unanimità, è palese. E mi permetto ancora di chiederle che si vada al voto su questo documento, dopodiché, l'Aula è sovrana, se passa, passa. Tra l'altro, la mia personalissima opinione è che non si fa più brutta figura se per caso non passa o ritirandolo.
Mi permetto di chiedere quello, Presidente. Poi, è lei il primo firmatario, quindi per Regolamento può fare quello che ritiene. Tuttavia come Capogruppo della Lega, io le chiederei ancora di portarlo al voto.



PRESIDENTE

Innanzitutto, ringrazio e apprezzo il suo intervento, però è del tutto evidente che, in un impianto complessivo di tutte le Regioni (Giunta e Consiglio), io non mi sento di assumere la responsabilità, e non per una questione unanime.
Siccome - a parte le due volte, e mi scuso con chi ha parlato nel mentre, in cui ho dovuto assentarmi brevemente - ho ascoltato con attenzione il dibattito, peraltro in particolare il Consigliere Reschigna e un tratto dell'intervento della collega Spagnolo, in cui non ero presente ma che mi è stato puntualmente riferito dal Vicepresidente che mi ha sostituito, non voglio fare il mago Otelma, però un po' di mestiere, dopo quattro anni, l'ho appreso e personalmente non vedo solo il problema dell'unanimità, ma un problema un po' più ampio.
Quindi, nella mia valutazione - ho apprezzato il suo intervento, lo dico con grande sincerità - ritiro questo ordine del giorno. Ho detto prima e ribadisco che l'ordine del giorno sarà sostituito da un invio alla Conferenza (entrambe) del dibattito, dove c'è anche tutto un elemento a mio parere molto articolato e costruttivo, perché tutti gli interventi svolti sono pertinenti, pur essendoci opinioni diverse tra i Consiglieri e tra i Gruppi. Credo che il nostro dibattito - e lavorerò in questo senso - possa addirittura, magari in via preliminare, contribuire a rivedere un po' l'impianto per i lavori che ci saranno il 14 aprile, dove mi auguro molti di noi parteciperanno.
del tutto evidente che non è una questione tra Regione e Regione, ma una questione d'interfaccia col Governo, quindi con un documento indebolito per responsabilità del Piemonte: secondo me, non facciamo un buon lavoro nell'ottica dell'impianto generale.
Ha chiesto la parola il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Io invece, contrariamente a quanto legittimamente espresso dal collega Carossa, voglio interpretare la sua decisione come un massimo rispetto delle varie sensibilità, non come una volontà di arrogarsi la responsabilità di inviare un sunto discrezionale, in quel caso, alla Conferenza.
Quindi, interpretandolo come rispetto delle massime sensibilità, io la ringrazio e attendo soltanto poi da lei indicazioni maggiori per poter eventualmente partecipare.



PRESIDENTE

Sì, ne parliamo nella Conferenza dei Capigruppo.



BUQUICCHIO Andrea

La ringrazio molto.



PRESIDENTE

Pongo quindi in votazione l'ordine del giorno che residua dal dibattito, di cui è primo firmatario il collega Biolé, inerente a "Riforma costituzionale: coinvolgimento delle Regioni e della cittadinanza nelle forme organizzative o come collettività di singoli cittadini, e legittimità del percorso legislativo nel rispetto dei dettami costituzionali." Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 1167, il cui testo recita: "Premesso che: le Regioni ritengono necessario contribuire al processo di riforma istituzionale, garantendo l'effettiva partecipazione dei territori alla legislazione nazionale Il principio di sovranità popolare presente nella Carta Costituzionale, fin dal primo articolo determina la necessità di un coinvolgimento della cittadinanza nelle forme organizzate o come collettività di singoli cittadini vieppiù nell'iter di discussione e modificazione dell'assetto istituzionale costituzionalmente sancito.
Premesso altresì che: La Corte Costituzionale ha dichiarato il 4 dicembre 2013 l'illegittimità costituzionale delle norme della legge 270/2005 che prevedono l'assegnazione di un premio di maggioranza alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito senza conseguire 340 seggi alla Camera e il 55% al Senato. Ha inoltre dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali "bloccate", nella parte in cui non consentono all'elettore di esprimere una preferenza.
Visto che: E' stato licenziato dal Consiglio dei Ministri in data 31 marzo il Disegno di Legge Costituzionale "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione".
Considerato che: Un'assemblea legislativa bicamerale la cui modalità elettiva è stata delegittimata da sentenza della Corte Costituzionale dovrebbe assumersi la responsabilità di non affrontare la definizione di modifiche istituzionali e costituzionali di tale portata.
Già nel 2006 analoghe modifiche che prevedevano l'aumento dei poteri per il Presidente del Consiglio, la modifica del bicameralismo perfetto e altri interventi in linea con il Disegno di Legge testé approvato furono bocciate dalla consultazione popolare mediante la vittoria dei NO nel referendum costituzionale confermativo del 25 e 26 giugno.
Numerosi costituzionalisti e personalità di indubbia competenza negli ambiti d'intervento del Disegno di Legge citato, unitamente alla seconda più alta carica dello Stato, il presidente Grasso, hanno evidenziato inopportunità di metodo e di merito rispetto alle riforma che il Parlamento italiano è in procinto di discutere.
Il Consiglio regionale del Piemonte condivide la necessità della definizione di proposte congiunte da parte delle Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province Autonome e Conferenza delle Regioni e delle Province autonome quale contributo al Governo sulla proposta di riforma costituzionale, al fine di migliorare l'efficacia della proposta.
La necessità di un ampio e costruttivo dibattito collettivo che coinvolga tutta la popolazione in merito alle riforme costituzionali relative al riassetto istituzionale.
La necessità di procedere alla discussione, secondo i dettami delle norme costituzionali all'uopo preposte, esclusivamente in un futuro regime di piena legittimazione del Parlamento, regime che sarà pienamente operativo solo a seguito di una corretta ridefinizione della legislazione elettorale nazionale, che tenga conto delle illegittimità sancite dalla sentenza della Corte Costituzionale, e l'espressione a suffragio universale del voto per l'elezione di un nuovo Parlamento nazionale in base alle stesse nuove norme.
invita il Presidente della Giunta regionale e il Presidente del Consiglio regionale a esprimere tale posizione nel corso dell'incontro previsto a Roma il prossimo 14 aprile, promosso da entrambe le Conferenze, sul tema delle riforme istituzionali." La votazione non è valida per mancanza del numero legale per deliberare.
Colleghi, è mancato il numero legale e pertanto non si può procedere.
Comunico all'Aula che il punto 5) all'o.d.g. "Nomine" sarà rinviato ad altra seduta.
Invito i signori Capigruppo a recarsi in Sala A per lo svolgimento della Conferenza dei Presidenti di Gruppo e invito i membri dell'Ufficio di Presidenza nell'ufficio a fianco per un minuto. Grazie a tutti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.42)



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