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Dettaglio seduta n.290 del 30/10/12 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BONIPERTI



(Alle ore 10.00 il Vicepresidente Boniperti comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.32)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
La seduta di questa mattina è una sessione straordinaria, ai sensi dell'articolo 50 del Regolamento.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Botta Franco, Cantore, Casoni Comba, Cota, Maccanti e Pedrale.


Argomento:

b) Ricevimento delegazione organizzazioni sindacali categoria pulizia nel settore sanitario


PRESIDENTE

Prima di proseguire con i nostri lavori, inforno che, a seguito di quanto deciso nel corso della Conferenza dei Capigruppo del 25 ottobre u.s come richiesto dalle rappresentanze sindacali, oggi, alle ore 13 presso la Sala Viglione, sarà ricevuta una delegazione delle organizzazioni sindacali categoria pulizia nel settore sanitario.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione del Caporalmaggiore Tiziano Chierotti, caduto in Afghanistan il 25 ottobre 2012


PRESIDENTE

Chiedo ai colleghi di alzarsi in piedi.
Nella giornata di giovedì 25 ottobre, le Forze Armate Italiane, in mission in Afghanistan, hanno subito la perdita un militare italiano e il ferimento di altri tre in servizio, a seguito di un attentato terroristico.
Lo scontro è avvenuto intorno alle ore 13.40 ora locale. I militari italiani coinvolti erano impegnati in un'attività di pattuglia nel villaggio di Siav, circa a venti chilometri ad ovest della base operativa costituita dal II Reggimento Alpini di Cuneo, quando sono stati attaccati con armi da fuoco da un gruppo di insorti.
La pattuglia ha immediatamente messo in sicurezza l'abitato di Siav per poi prestare soccorso ai quattro feriti italiani, ricoverati nell'ospedale da campo di Farah, dove però è deceduto, per le gravi lesioni riportate all'addome, il Caporalmaggiore Tiziano Chierotti.
Il Caporalmaggiore Tiziano Chierotti, 24 anni, era originario di San Remo, ed effettivo dal 2008 al II Reggimento Alpini di Cuneo, inquadrato nella Brigata Alpina Taurinense.
Dopo i funerali di Stato, svoltisi domenica a Roma, alla presenza delle Autorità, oggi si tiene una cerimonia in forma privata a Taggia, dove risiede la famiglia Chierotti.
Esprimiamo profondo cordoglio e partecipazione per la scomparsa di questo giovane militare, rinnovando la solidarietà agli alpini feriti e a tutti coloro che, quotidianamente, si impegnano, rischiando la propria vita, per favorire lo sviluppo della democrazia in Afghanistan.
Prego il Consiglio di voler osservare un minuto di silenzio.
(L'Assemblea, in piedi osserva un minuto di silenzio)


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Ordine del giorno n. 907 presentato dai Consiglieri Boeti, Muliere, Manica Pentenero e Lepri, inerente a "Convocazione della Commissione consultiva dell'Ospedale Evangelico Valdese di Torino" (richiesta iscrizione all'o.d.g.)


PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Boeti; ne ha facoltà.



BOETI Antonino

Volevo chiedere se è possibile iscrivere all'o.d.g. un ordine del giorno che chiede al Governo regionale di convocare la Tavola Valdese.
Oggi, fuori dal Consiglio ci sono cittadini, dipendenti dell'ospedale e rappresentanti istituzionali (è presente anche il Presidente della circoscrizione), quindi sarebbe giusto, indipendentemente dal merito, che il Governo regionale (perché questo dice l'accordo che allora sancì il passaggio degli ospedali Valdesi al governo regionale) si confronti.
Indipendentemente dalle scelte, il Governo regionale ha il dovere prima di adottare le decisioni che riterrà più opportuno adottare per quell'ospedale, di confrontarsi con questo organismo istituzionale. Prima questione, quindi, l'ordine del giorno che chiede al Governo regionale di istituire il Tavolo Valdese.
Pongo ora una seconda questione.
La settimana scorsa, i cittadini, i medici e i rappresentanti delle Istituzioni hanno chiesto di essere incontrati in audizione dal Consiglio regionale. Gli è stato risposto che non era possibile, in quanto alle ore 13 era già previsto un altro incontro.
Considerato che non è la prima volta che succede, chiedo che il Consiglio regionale finisca alle ore 12.30 e si dia la possibilità a queste persone di esprimere il proprio pensiero.
Voglio sottolineare, per una forma di ulteriore rispetto, che il Pastore Bernardini è il referente nazionale della Tavola Valdese, quindi mi sembrerebbe, da parte di questo Consiglio regionale, un gesto di poco rispetto non incontrarli.
Quindi, riassumendo, l'ordine del giorno messo in iscrizione e l'incontro alle 12.30 con i loro rappresentanti.



PRESIDENTE

Collega Boeti, il problema è che questa mattina siamo in sessione straordinaria. L'ordine del giorno andrebbe iscritto nel pomeriggio, quando si apre la sessione ordinaria. Sarebbe da proporre oggi pomeriggio, perch questa mattina siamo in sessione straordinaria, quindi non c'è la possibilità di inserire l'ordine del giorno.



BOETI Antonino

Per l'ordine del giorno va bene, non ci sono problemi: presenterò la richiesta di iscrizione oggi pomeriggio. Chiedo, però, che alle ore 12.30 il Consiglio regionale finisca e incontri i rappresentanti qui fuori.



PRESIDENTE

Su queste questioni hanno già discusso i Capigruppo ed hanno redatto un ordine per ricevere tutte le delegazioni. Penso che verranno inseriti anche loro.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Montaruli; ne ha facoltà.



MONTARULI Augusta

Noi siamo ovviamente disponibili all'audizione richiesta dal Consigliere Boeti. Saremo addirittura disponibili a farla anche nell'immediato, se fosse possibile, così da coniugare anche i nostri impegni di Gruppo, per poter iniziare alle ore 11 regolarmente.



PRESIDENTE

Se i colleghi acconsentono, possiamo sospendere la seduta per ricevere subito la delegazione in Sala Viglione.
L'Aula acconsente, quindi la seduta riprende alle ore 11.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10.40 riprende alle ore 11.24)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Procediamo con i lavori, dopo aver accolto e ascoltato gli operatori dell'Ospedale Valdese.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Carossa; ne ha facoltà.



CAROSSA Mario

Voglio solo - e lo dico qui in Aula - stigmatizzare quanto è avvenuto prima nell'audizione.
Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi, dal Pastore valdese ai responsabili dell'ospedale e quant'altro. Non mi pare giusto e corretto che, alla fine, intervenga il responsabile di un partito territoriale del quartiere. Questo nelle audizioni non è mai avvenuto. So benissimo che diventa difficile per la Presidenza gestire queste audizioni, però ritengo scorretto quanto verificatosi.
giusto che nelle audizioni intervengano i rappresentanti sindacali altrimenti tale strumento risulterebbe snaturato. Avrei espresso le stesse parole anche se si fosse trattato del rappresentante di un partito di centrodestra.
Quanto dico è solamente per una riflessione futura. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Carossa.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Richiesta di sessione straordinaria ai sensi dell'articolo 40 dello Statuto e n. 50 del Regolamento per la trattazione del punto 2) all'o.d.g. "Difesa dell'autonomia e delle competenze delle Regioni", presentato dai Consiglieri Pedrale, Montaruli, Spagnuolo, Leo, Costa Rosa Anna, Botta Marco, Formagnana, Casoni, Giovine, Botta Franco, Bussola, Cortopassi e Motta Massimiliano (atto d'indirizzo collegato ordine del giorno n. 912)


PRESIDENTE

Occupiamoci del tema oggetto dell'odierno Consiglio regionale, "Difesa dell'autonomia e delle competenze delle Regioni", di cui al punto 2 all'o.d.g., presentato dai Consiglieri Pedrale, Montaruli, Spagnuolo, Leo Costa Rosa Anna, Botta Marco, Formagnana, Casoni, Giovine, Botta Franco Bussola, Cortopassi e Motta Massimiliano.
Contestualmente, è stato presentato l'ordine del giorno n. 912 in linea con l'argomento, a prima firma del Consigliere Pedrale, cui seguono le firme dei Consiglieri Montaruli e Botta Franco, inerente a "Decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante: 'Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore della zone terremotate del maggio 2012'".
La parola al Consigliere Pedrale.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Questo Consiglio regionale, richiesto dal nostro Gruppo, deriva congiuntamente da un atto di orgoglio e di riflessione, che chiediamo che l'Assemblea nel suo complesso compia, indipendentemente dagli schieramenti politici.
Chi ha letto con attenzione - sicuramente ognuno di voi lo ha fatto il decreto legge n. 174 nelle sue varie articolazioni - soprattutto l'articolo 1 - si sarà reso conto che con un colpo di mano - ormai, siamo abituati a questi colpi di Stato con il pugno coperto dal velluto - il Governo Monti - che, personalmente, comincia sempre meno, meno, meno, meno a piacermi, anche se prima non è che mi piacesse, lo tolleravo a malapena ha riportato indietro, quasi di cinquant'anni, le lancette dell'autonomia regionale del Piemonte e delle Regioni italiane.
C'è un'evidente riduzione di competenze e di ambiti, che vengono riportate al potere centrale. Soprattutto, vi è il controllo preventivo di ogni atto deliberativo della Giunta, o anche di programmazione, che comporta un'esposizione esterna della Regione Piemonte. Di fatto, oserei dire che c'è quasi un commissariamento da parte della Regione nei confronti di questo organo dello Stato. Nell'ultima redazione del decreto, se si vuole, c'è anche una malevola impostazione.
Pertanto, questo decreto, alla faccia dell'autonomia legislativa - che tuttora dovremmo avere, come Regione, non ci è ancora stata tolta - deve essere recepito dalle Regioni, altrimenti vengono sottratti i trasferimenti delle funzioni esterne alla sanità e ai trasporti, comunque anche un 5 della sanità verrebbe colpito.
Poi, nell'ultima redazione, dato che qualcuno, magari, ha fatto presente che qualche Regione, con un'impennata di orgoglio, avrebbe potuto rifiutare il recepimento di questa normativa statale, hanno aggiunto, oltre alle sanzioni generali che verrebbero imputate alle Regioni inadempienti al recepimento della normativa statale, le sanzioni aggiuntive a carico dei Consiglieri regionali.
Evidentemente, ormai, siamo considerati delle belve da catturare, da ingabbiare, da ridurre il più possibile al silenzio, forse anche qualcosa di più, perché c'è un accanimento politico verso la classe politica regionale in generale e anche degli Enti locali - proverò a fare una riflessione anche da questo punto di vista - davvero eccezionale.
Ovviamente, il tutto nella generale indifferenza, o complicità, di gran parte dei parlamentari nazionali, tranne qualche lodevole eccezione, che personalmente, ancora stamani, ringraziavo, nel tentativo di far comprendere che l'autonomia regionale e il federalismo regionale hanno avuto in Italia grandi meriti e grandi successi.
La mancata totale applicazione del federalismo deriva dall'interruzione del suo cammino e non possono essere alcuni gravi, sicuramente, episodi di malversazione e gli scandali verificatisi nelle Regioni italiane a giustificare l'interruzione dello storico processo dell'autonomia regionale e del federalismo regionale, con un decreto legge di un Governo, per di più tecnico, legittimato da nessuno, votato da nessuno, senza alcun consenso popolare! Sono alla terza legislatura e, onestamente, questo mi ha profondamente ferito. Penso abbia ferito ancora di più gli autorevoli Consiglieri regionali, che sicuramente interverranno dopo di me, protagonisti della nascita dell'autonomia regionale piemontese. Ad esempio, ricordo la Consigliera Spagnuolo, che ha visto, proprio nei primi anni '70, nascere la Regione Piemonte, con la faticosa e graduale conquista della sua autonomia nonché ricordo le maggiori competenze, sancite nel 2001, attraverso il Titolo V.
Ci sono tanti autorevoli Consiglieri regionali delle scorse legislature, alcuni sono stati anche recentemente Presidenti di Consiglio dall'amico Cattaneo, che oggi credo sia a Roma, al collega Gariglio, che vedo presente in sala, e altri ancora, ai quali chiedo scusa se li ho dimenticati, che sono stati sicuramente fautori del sostegno dell'autonomia regionale.
Abbiamo voluto convocare questo Consiglio, innanzitutto, per comprendere se, davvero, c'è questa condivisione e voglia di orgoglio e di reazione da parte del Consiglio regionale. Possibilmente richiamo una condivisione larga, unitaria e, auspicherei, unanime, soprattutto è necessario comprendere come manifestarla.
Dobbiamo manifestarla anche a nome degli altri Enti locali che, in qualche maniera, sono collegati alla Regione, con cui dialoghiamo e abbiamo un rapporto diretto, anche da un punto di vista amministrativo-funzionale cioè le Province e i Comuni. Le Province sono state le prime ad essere attaccate violentemente da questo Governo. È vero, di Province ne erano state fatte molte, alcune inutili, alcune troppo piccole, ma poi, come sempre succede in Italia, si passa da un eccesso all'altro. Senza voler ritornare sulla discussione e su argomenti già affrontati la scorsa settimana, lo stesso Piemonte, come le altre Regioni italiane, ha visto e sta vedendo la scomparsa di gloriose Province piemontesi.
Ne ricordo una per tutte: Asti, Provincia famosa in tutto il mondo per la sua produzione enologica. Ebbene, questa Provincia rischia di scomparire per dei criteri burocratici e matematici che il Governo Monti ha voluto applicare.
per questo che, al di là della funzione delle Province, noi non siamo così convinti della loro totale inutilità, specialmente nelle Regioni grandi come il Piemonte, che inevitabilmente è una Regione che di per sé è torinocentrica, quindi le Province hanno anche sempre avuto un ruolo di filtro e di contenimento della spesa regionale verso Torino, cercando una più equa distribuzione su tutto il territorio piemontese. Per non ricordare l'attacco fatto ai Comuni e agli Enti locali.
Oggi sono arrivato tardi perché mi hanno trattenuto a Vercelli ad un incontro con alcuni Amministratori comunali, ma c'è da domandarsi davvero chi, in futuro, avrà ancora il coraggio di andare a fare il Sindaco in certi Comuni per il carico di responsabilità che peserebbe. Lasciamo perdere che ormai da già anni lo facevano per puro volontariato, perch l'indennità che percepivano era ridicola Con trasferimenti sempre più limitati, come noi stessi in Regione sappiamo, il tutto in un quadro normativo sempre in evoluzione e che responsabilizza sempre di più gli amministratori comunali, i Sindaci si trovano da soli, con Consigli comunali iper-ridotti, con Giunte comunali che scompaiono, senza la possibilità di avere in alcuni casi un Vicesindaco cui delegare alcune funzioni.
Qual è quindi l'obiettivo? Ci sarà, non sarà casuale questa manovra tenaglia che è partita sui Comuni e sulle Province ed è arrivata anche sulle Regioni. Non è certamente così che si combatte l'antipolitica, anzi credo - è la mia opinione personale, che non vuole essere estesa ad altri che tutto ciò sia funzionale a fare crescere l'antipolitica, quindi certe forze che sull'antipolitica hanno fatto, stanno facendo e faranno fortuna alle prossime elezioni politiche in Italia.
Questo per giustificare che cosa? Che il vecchio sistema delle autonomie regionali, che il vecchio sistema dei partiti tradizionali è superato, che le forze antipolitiche che emergeranno non possono assumersi le responsabilità di governo e che quindi l'unica strada da poter seguire inevitabilmente, sarà quella del Governo dei tecnici, un Governo che risponderà sempre meno agli interessi nazionali, sempre meno agli interessi della gente che voterà alle prossime elezioni politiche, ma sempre più ai burocrati di Bruxelles e di Strasburgo, e magari a qualche Paese straniero che vuole imporre il proprio dominio non più con i carri armati, ma con la forza economica e con le proprie banche.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi della Scuola Primaria "I. Alpi" di Torino


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della classe V B della Scuola Primaria "Ilaria Alpi" di Torino in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Rapporti Regioni - Governo

Richiesta di sessione straordinaria ai sensi dell'articolo 40 dello Statuto e n. 50 del Regolamento per la trattazione del punto 2) all'o.d.g. "Difesa dell'autonomia e delle competenze delle Regioni", presentato dai Consiglieri Pedrale, Montaruli, Spagnuolo, Leo, Costa Rosa Anna, Botta Marco, Formagnana, Casoni, Giovine, Botta Franco, Bussola, Cortopassi e Motta Massimiliano (atto d'indirizzo collegato ordine del giorno n. 912) (seguito)


PRESIDENTE

Procediamo con il dibattito generale in merito a "Difesa dell'autonomia e delle competenze delle Regioni".
Ha chiesto la parola la Consigliera Spagnuolo; ne ha facoltà.



SPAGNUOLO Carla

Grazie, Presidente.
Sarò breve, perché mi riconosco nell'intervento che ha fatto il Capogruppo Pedrale e credo che sia positivo che oggi si discuta di una questione che riguarda non tanto e non solo la vita delle Regioni, ma come viene considerato, oggi e perché, il ruolo della politica e il ruolo delle Assemblee elettive.
Ho incontrato prima nei corridoi del Consiglio una mia vecchia collega con la quale abbiamo fatto il concorso nel lontano 1972, e le ho detto: "Cara Luisa, tutto quello per cui abbiamo lavorato si sta evaporando".
Sostanzialmente il punto è questo. Noi siamo di fronte di un decreto che è stato varato e che, da un primo esame, è stato riconosciuto, così come avevamo anticipato, come un decreto di carattere incostituzionale.
evidentemente un decreto ed un'iniziativa che abbiamo, a mio avviso il dovere di contrastare, perché è l'inizio di un percorso.
Ha già detto il collega Pedrale molte cose e mi inserisco solo nell'ultima parte del suo intervento. È evidente che questo è un momento nel quale la politica viene accantonata per i suoi errori, indubbiamente ma anche perché la politica, in molti momenti bui della storia, è stata accantonata.
Mi ricordo gli anni in cui il conflitto esplodeva attraverso il terrorismo. Sono stati anni nei quali il mondo della politica e il mondo degli eletti è stato messo sotto attacco. Queste situazioni sono state superate, così come ora dovremmo avere la forza di superare questa fase con un orgoglio rispetto a ciò che stiamo facendo, una fase che è profondamente di antipolitica.
Oggi forse avremmo voluto discutere di altro, nel senso che siamo al giorno dopo di un'elezione che ha visto modificare ulteriormente la struttura politica del nostro Paese.
Oggi indubbiamente dobbiamo ragionare sull'astensione, sulla non partecipazione al voto, che è un grande problema, e sull'affermarsi di movimenti che oggi trovano un consenso.
Ho ragionato su questo aspetto e mi sono chiesta se, in un giorno come questo, sia positivo continuare a pensare che dobbiamo rivendicare il ruolo per il quale siamo nati. E sono comunque arrivata, per quanto mi riguarda alla conclusione che è soltanto con un recupero di impegno, con un recupero di orgoglio che una fase come questa può essere superata.
Noi abbiamo degli avversari forti. Oggi è il momento dei tecnici, è il momento dell'alta finanza, è il momento della grande burocrazia internazionale, ma - lo voglio dire al collega Cavallera, che oggi rappresenta la Giunta - con questo decreto noi cominciamo una fase, nella quale i Presidenti di Regione e, in parte, i Presidenti di Consiglio, con l'architettura che è stata costruita - quella di avere un controllo preventivo da parte della Corte dei Conti e da parte di altre autorità di controllo - si configureranno come dei grandi burocrati dello Stato.
Sta succedendo questo, perché è stata impiantata un'architettura che prevede, di fatto, la perdita dell'autonomia delle Regioni; un'architettura che, per un Ente di programmazione e un Ente legislativo, come la Costituzione ipotizza siano le Regioni, rappresenta la perdita di tutto.
Nel momento in cui i Presidenti di Regione perdono l'autonomia e la capacità autonoma di programmazione, perdono la funzione per la quale le Regioni sono state pensate dalla Costituzione e per la quale gli stessi Presidenti sono diventati Presidenti dopo un'elezione diretta.
Pertanto, non comprendo bene le ragioni per le quali da parte dei Presidenti - non faccio riferimento al Presidente Cota in particolare, ma in generale ai Presidenti delle Regioni - vi sia una tiepidezza. Lo posso soltanto interpretare con il fatto che noi siamo nel centro di una ondata di demonizzazione, in particolare, dei Consigli regionali, che evidentemente è molto difficile affrontare e contrastare.
Ma credo che una classe dirigente si riconosca nei momenti difficili ed è per questo che penso che, nonostante le difficoltà, dobbiamo avere il coraggio di spiegare alla gente che siamo di fronte ad un attacco che, se noi non ci opponiamo nel complesso a questo decreto, non potrà che andare avanti.
Abbiamo visto la fase delle Province, ora tocca alle Regioni. Quello che sinceramente non mi sento di accettare è che questo attacco, per quello che riguarda i Consiglieri regionali anche singolarmente presi, sia un attacco che tende un po' ad usare lo strumento della ignominia su di noi.
Questa è una cosa che, sinceramente, non mi sento di accettare. Anche se dovessi rimanere isolata su questa posizione - mi conforta però il fatto che il mio Gruppo è orientato in questa direzione - penso che il ricorso alla Corte Costituzionale su questo decreto, che ha già visto pareri autorevoli a livello nazionale e anche a livello locale, debba essere fatto. E credo che debba essere fatto un ricorso complessivo nei confronti di questo decreto, perché sia l'articolo 1 che gli altri articoli contengono al loro interno quote rilevanti di incostituzionalità.
Dobbiamo avere la forza di dire questa cosa. Questa forza dovrebbe averla in particolare la Regione Piemonte, che ha fatto, nella materia degli emolumenti e nella materia dello status dei Consiglieri, numerose iniziative di sua iniziativa. E le aveva fatte ben prima che uscisse questo decreto.
Devo alla cortesia degli Uffici un elenco, che mi è stato dato riassuntivo di tutte le iniziative che la Regione ha già preso, che sono delle iniziative che ci dicono che noi ci stiamo giustamente autoregolamentando in una situazione di crisi economica, in una situazione nella quale i cittadini stanno facendo dei sacrifici, ed è giusto che i Consiglieri regionali diano la loro risposta.
Ma noi dobbiamo riaffermare con forza che non si può fare di ogni erba un fascio. Sono stata molto colpita da una recente dichiarazione di Luca Cordero di Montezemolo, il quale, annunciando la sua iniziativa politica ad un certo punto ha detto che gli italiani vogliono delle facce nuove vogliono delle nuove linee politiche, vogliono delle nuove proposte - e fin qui tutto legittimo - e poi ha aggiunto: "Noi non ci possiamo riconoscere nei Batman".
Allora, comprendo che c'è l'astensionismo: il cittadino comune, tutti i giorni, è bersagliato da anni tutte le sere da tutte le televisioni, dagli attacchi contro la politica ai suoi vari livelli. Oggi tocca a noi ed era comodo che arrivasse il momento delle Regioni, perché comunque quello che ha fatto il Parlamento rispetto a fare dei sacrifici o delle iniziative di riduzione è veramente poco, anche se mi auguro che poi lo possa fare.
Tuttavia, mi ha colpito che una personalità di questo tipo evocasse la politica che oggi esiste facendo riferimento al "Batman" del momento.
Desidero ricordare a quest'Aula, che probabilmente non lo ricorda o non lo sa, che nel 1975 lo stesso Luca Cordero di Montezemolo aveva avuto dalla FIAT l'incarico di tenere i rapporti con la Regione Piemonte e svolse questo ruolo, per qualche mese, dopodiché tornò alla Ferrari. Mi ricordo di Luca Cordero di Montezemolo, perché erano gli anni nei quali c'era la prima Giunta di sinistra: essendo io capo di Gabinetto, lo incontravo sovente perché veniva a rappresentare la FIAT in quella fase ormai già abbastanza delicata dello sviluppo dell'azienda.
Ricordo che Luca Cordero di Montezemolo, per quello che riguarda questa Regione, non ha conosciuto Carla Spagnuolo, che allora era una giovane funzionaria, ma ha conosciuto i grandi uomini che hanno fatto questa Regione Piemonte.
Qualche giorno fa si è ricordato Adalberto Minucci. Ricordo che il programma della Giunta del 1975 fu redatto in particolare con una partecipazione e una coralità che coinvolse i Capigruppo in allora, che vide Adalberto Minucci, che vide le figure più importanti che sono andate avanti nella politica italiana in quegli anni o successivamente.
Per concludere, credo che dobbiamo condurre questa battaglia, perché se personalità così importanti danno, tutto sommato, dei giudizi così superficiali, penso che noi, oggi, dobbiamo avere il coraggio di fare questa parte, oppure stiamo vivendo in una Regione che è già morta.



PRESIDENTE

Grazie, collega Spagnuolo.
Vorrei comunicare che il Presidente della Regione Cota ha chiesto di poter fare un incontro con i Capigruppo alle ore 13 o alle ore 12.45 appena riesce ad arrivare.
Se va bene, in Sala A in modo da poter colloquiare.
La parola al Consigliere Formagnana.



FORMAGNANA Michele

Grazie, Presidente.
Come sappiamo, il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo del disegno di legge della riforma della Costituzione che riguarda, nello specifico, la riconfigurazione dei poteri della Regione.
L'oggetto principale dell'iniziativa governativa è il trasferimento di alcune competenze regionali allo Stato in alcune importanti materie e l'attribuzione alla legge statale del potere di imporre alle Regioni nelle loro materie legislative "tutti i contenuti che ritenga necessari" - leggo testualmente - "a tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica". Tutto ciò per riportare razionalità nel Titolo V della Costituzione, che avrebbe messo in luce molti difetti.
Ora, la riforma del 2001 del nostro regionalismo, la cosiddetta devolution, ha certamente alcuni lati criticabili ed ha prodotto pure una certa forma di conflittualità tra Stato e Regioni in sede di giudizi di costituzionalità. Tuttavia, i difetti del nostro regionalismo non si riducono affatto a quelli cui ora si dice di voler porre rimedio. Forse, il difetto maggiore, a mio avviso, è la mancanza nel nostro ordinamento di autorevoli organi di confronto e mediazione per esigenze nazionali ed interessi nazionali e locali che possono ridurre, se non addirittura prevenire, tali conflitti.
Nei Paesi con forti autonomie territoriali, infatti, esiste a livello parlamentare una Camera in un modo o nell'altro rappresentativa delle realtà locali, sostanzialmente investita del compito di aiutare la redazione di leggi accettabili nella specificazione delle generali linee costituzionali di riparto delle competenze tra centro ed entità territoriali.
C'è da dire che in Italia la riforma del 2001 non è stata seguita dall'adozione di tutta una serie di leggi indispensabili per farla funzionare. Pensiamo, ad esempio, alle norme cornice o di principio di trasferimenti di apparati amministrativi, alla disciplina delle autonomie finanziarie, eccetera, che avrebbero anche potuto ridurre di molto le varie aree di frizione.
La Corte Costituzionale è stata pertanto chiamata a cercare di riportare ordine in rapporti troppo conflittuali, per tutti questi motivi e non già solo per la cattive scrittura di alcune disposizioni costituzionali che ora si vorrebbe mutare. Pur con grande fatica è riuscita a contenere le maggiori forzature regionali, ma anche statali, poiché non di rado il nostro legislatore nazionale ha operato come se le innovazioni costituzionali del 2001 non esistessero; perché questa è la realtà.
La stessa operazione di riordino dei territori provinciali oggettivamente molto più semplice e che dipende comunque dall'adozione di un'apposita legislazione ordinaria e non da un'ampia riforma costituzionale, appare assai meno sicura di quanto ottimisticamente si dica. Il Governo, infatti, non ha ricevuto una delega legislativa in materia e quindi non ha potuto che tentare la via rischiosa di un apposito decreto legge. Spetterà però comunque al Parlamento, in sede di conversione del decreto legge del Governo, consentire il via al nuovo disegno su tutto il sistema degli Enti locali di secondo livello.
Il fatto di aggiungere, quindi, ai problemi di riordino delle province che ci auguriamo comunque superabili -, pure quello di riformare il Titolo V appare davvero un po' imprudente e ridurre ora il problema del nostro regionalismo a un problema di diminuzione dei poteri regionali - tra l'altro, finora, largamente contenuti dal legislatore nazionale e dalla giurisprudenza costituzionale - senza riformare tutto il resto appare alquanto inopportuno.
Alla luce di tutto ciò io ritengo sia necessario ribadire al Governo nazionale che un tema di così alta importanza non può essere affrontato alla fine della corrente legislatura, con tanta fretta e leggerezza da far apparire questa discussione, nella sua grossolanità e superficialità, un attentato alla democrazia e all'autonomia regionale che viene di fatto messa sotto tutela. E mi chiedo, senza autonomia, che senso abbia di esistere l'Autonomia regionale.
Sarebbe quindi auspicabile una trattazione approfondita, organica e razionale nella prossima legislatura, con tutto il tempo che una questione così importante richiede.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Formagnana.
La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente.
Dico subito agli egregi colleghi che sono intervenuti che non è difendendo lo status quo che noi difenderemo l'esperienza del regionalismo e dell'autonomia. E mi sembra che dagli interventi che sono stati svolti sino ad ora in Aula emergano sostanzialmente questa convinzione e questo atteggiamento di fondo.
Vorrei cercare, nel tempo che mi è stato assegnato, di esprimere la posizione del Gruppo regionale del Partito Democratico su queste questioni e dire anche come noi stiamo tentando di affrontare - non solo a livello di Gruppo regionale, ma come forza politica a livello nazionale e come rappresentanza nell'Assemblea regionale - questi temi.
Mi pare innanzitutto di dover mettere in evidenza un elemento: l'articolo 1 del decreto legge, che introduceva il sistema dei controlli preventivi da parte della Corte dei conti sugli atti amministrativi e su quelli di programmazione e di legislazione, è un articolo rispetto al quale noi abbiamo espresso da subito un giudizio fortemente negativo. Abbiamo condiviso la decisione assunta da parte dei Presidenti delle Regioni di promuovere, qualora fosse stato confermato tale testo, il ricorso alla Corte costituzionale, perché si ravvisava una modifica pesante della Carta costituzionale.
Devo anche dire, però, che noi sappiamo tutti, in questo momento, che questo articolo 1 è stato profondamente riscritto da parte dei relatori, in accordo con il Governo, con l'intento di abolire il sistema dei controlli preventivi e prevedendo invece l'introduzione di controlli a posteriori soprattutto sulle materie legate alle politiche di bilancio, al rispetto del patto di stabilità e delle politiche di vincolo di bilancio. E credo che la nostra discussione odierna debba necessariamente tener conto di questo dato, rispetto al quale ciascuno ha dato il proprio contributo - in primis i Presidenti delle Regioni e le forze politiche - perché ci fosse una totale riscrittura del contenuto dell'articolo 1. Credo che abbiamo tutti abbiamo avuto la possibilità di leggere l'emendamento sottoscritto dai due relatori - uno del Partito Democratico e uno del Popolo della Libertà - che riscrive totalmente questa norma.
Detto questo, però, la seconda considerazione che vorrei fare è una valutazione rispetto all'insieme dei provvedimenti che riguardano i temi delle Regioni che il Governo ha assunto nelle ultime settimane: il decreto legge che aveva introdotto il sistema dei controlli preventivi, oltre ad un forte contenimento dei costi della politica, e il disegno di legge di riforma costituzionale che andava a riscrivere un pezzo della riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione.
Allora, a me pare di potere leggere due elementi di fondo all'interno di una filosofia che si sostanzia in due diversi provvedimenti.
Il primo è la rappresentazione di fatto che il cuore del problema della tenuta morale, dell'efficienza dello Stato, delle problematiche di bilancio e del debito che attraversa il nostro Paese stia nel sistema delle Autonomie locali e delle Regioni in modo particolare; questo, nonostante il fatto che ad oggi più del 55% della spesa statale sia una spesa di competenza del sistema centrale.
Il secondo dato, il secondo elemento descrittivo e di impostazione è che tutto ciò derivi dalla riforma del 2001 del Titolo V: una riforma che ha aggiunto confusione, sovrapposizione di competenza tra le Regioni e lo Stato e che non è capace di produrre una modernizzazione del nostro Paese.
Se posso riassumere queste due impostazioni e queste due chiavi di lettura che stanno dentro questi due provvedimenti, direi che la direzione che il Governo ha espresso con questi due provvedimenti è molto chiara: non un migliore sistema di decentramento amministrativo, non un sistema riformato delle Autonomie locali, ma una riproposizione della dimensione dello Stato centrale. E qui sta l'errore di fondo dell'impostazione, come se la riproposizione dello Stato centrale fosse in grado, di per sé, di poter garantire efficienza, trasparenza, comportamenti virtuosi eliminazione della corruzione, della malversazione e dell'utilizzo scorretto del denaro pubblico.
Noi non condividiamo questa impostazione - lo dico molto francamente e chiediamo che su questo si apra un dibattito molto serio. Per usare un termine che non appartiene alla discussione politica, vorrei infatti ricordare che qualche anno fa i sociologi e gli economisti hanno cercato di rappresentare le dinamiche oggi presenti nella competizione globale con un termine che riassume due grandi dimensioni. Il termine che hanno coniato è "glocal", che rappresenta come oggi, nella competizione economica, ci stiano due dimensioni: il globale e il locale. Questa rappresentazione questa sintesi cancella o ridimensiona, per molti aspetti, la dimensione nazionale: si dice "globale" perché l'economia vive di questi grandi sfide e "locale" perché c'è competizione tra i sistemi territoriali.
Allora, riproporre la dimensione dello Stato centrale significa non rendersi conto che oggi c'è un dinamismo che va ricostruito in termini di relazioni tra aziende, imprese, sistema bancario, soggetti sociali e rappresentanti istituzionali che, nella dimensione locale, è quello che rende il nostro Paese, anche plasticamente, profondamente diverso.
Anche la nostra Regione è fatta da sistemi territoriali profondamente diversi ed è questa la vera sfida che il regionalismo deve saper affrontare, riproponendo in un dibattito tutto rivolto al futuro la dimensione di una nuova esperienza di regionalismo e di autonomismo all'interno del nostro Paese.
Per fare questo - ecco il punto - il sistema regionale deve dimostrare di sapersi autoriformare. Ed è la dimensione che il sistema regionale non ha saputo cogliere nel corso di questi ultimi due anni. Noi abbiamo immaginato che il tema di un nuovo patto che guardasse il sistema regionale, con la realtà economica, con la comunità locale, passasse attraverso la conservazione dell'esistente, e non attraverso un profondo atteggiamento di autoriforma da parte delle Regioni. Anche in alcuni passaggi dell'ordine del giorno e degli interventi che ho ascoltato emerge sostanzialmente, questa non accettazione della sfida: le Regioni vanno difese, non vanno autoriformate, perché questo deve essere fatto innanzitutto, da un altro soggetto, ovvero dal Parlamento.
Personalmente, sono fortemente convinto che la futura sfida del regionalismo passi, innanzitutto, attraverso la capacità di autoriforma delle Regioni; un'autoriforma che accorci la distanza tra il cittadino e la politica. Questo disegno di legge capita in un contesto molto preciso quello di una comunità locale o nazionale che vive con grande difficoltà la crisi economica, e che oggi vede, soprattutto in capo alle Regioni (qualche mese fa lo vedeva in capo al Parlamento), il luogo del privilegio, della distanza, della lontananza, dell'occuparsi di un qualcosa che non appartiene né alla vita economica, né alla vita delle persone.
A me non interessa stabilire chi dovrà fare, per primo, il primo passo.
Oggi a me interessa ribadire un concetto: senza questa capacità di autoriforma le Regioni non sopravvivranno.
Voglio invitare a riflettere, sostanzialmente, su un punto: dopo che sono stati emanati questi due provvedimenti da parte del Governo ho letto un'intervista di Claudio Martini, ex Presidente della Regione Toscana, su Il Sole 24 Ore, e due articoli di fondo di Ugo De Siervo, ex Giudice della Corte Costituzionale, che riproponevano, in termini di equilibrio l'esperienza del regionalismo e dell'autonomia.
Ma a fianco di questi articoli noi possiamo raccogliere una rassegna stampa poderosa e immensa che, invece, prevede che si passi attraverso un forte ridimensionamento, se non, in alcuni casi, una cancellazione del ruolo e dell'esperienza delle Regioni all'interno del nostro Paese.
Quali sono gli elementi di fondo che dobbiamo affrontare, Presidente? A mio avviso, non ci può essere una riforma di "pezzi dello Stato", come sono stati gli elementi caratteristici degli ultimi vent'anni (compresa la riforma del Titolo V del 2001), senza che questo non porti ad una modernizzazione del nostro Paese e ad una ridefinizione del ruolo dello Stato.
Tutte le riforme che hanno contribuito a dare più voce e più ruolo al sistema regionale e al sistema delle autonomie locali sono avvenute sostanzialmente, senza variare il ruolo e la presenza della struttura e dell'organizzazione dello Stato.
Noi abbiamo bisogno che la prossima legislatura del Parlamento nazionale abbia una caratteristica vera di legislatura costituente, capace di affrontare il tema della riforma e della modernizzazione del nostro Paese basandolo non sul principio della conservazione di ciascun ruolo, ma sul principio delle regole di fondo che sono in grado, sul piano della organizzazione statale e amministrativa, di garantire una sostenibilità sotto il profilo dei pesi istituzionali e amministrativi del nostro Paese.
Veniamo al secondo grande elemento. Le Regioni hanno fallito su un punto: in moltissimi casi hanno rappresentato una riproposizione di centralismo regionale in alternativa di quello statale. Ma sempre centralismo è.
Ancora oggi la nostra Regione, come gran parte delle Regioni italiane si occupa di questioni che non sono quelle che la Costituzione le affida.
Le Regioni sono zeppe di attività amministrative e poco propense, invece, a svolgere fino in fondo un ruolo di programmazione e di legislazione.
Il terzo elemento di fondo è l'autonomia, che, in molti casi, è stata concepita come la possibilità di fare quello che si vuole, non come l'assunzione di una responsabilità. Per me non c'è dissociazione o lontananza fra questi due termini: autonomia e assunzione di una responsabilità. Non voglio ricordare il dibattito della settimana scorsa in quest'Aula sulla materia del riordino delle Province, dove di assunzione di responsabilità da parte di questa Assemblea regionale ne ho vista poca. Ho visto, sostanzialmente, un principio esaltato di autonomia, per cui facciamo quello che vogliamo oppure sosteniamo tutto quello che le dimensioni locali all'interno della nostra Regione devono portare avanti.
Credo che la grande sfida del futuro delle Regioni passi anche attraverso una rimessa in discussione dei propri ambiti territoriali e dei propri confini. Probabilmente, all'interno del nostro Paese 13 o 15 Regioni sono più che sufficienti. Credo che dovremmo lavorare in questa direzione rafforzando politiche comuni che riguardano sostanzialmente il Piemonte, la Liguria e la Valle d'Aosta, perché se non affrontiamo la questione anche in termini di superamento degli attuali ambiti territoriali, non ci sarà futuro per l'esperienza del regionalismo.
E poi dobbiamo riconoscere quello che è stato il grande limite di un sistema regionale che ha voluto preservare anche i propri privilegi, senza affrontare la sfida di un'autoriforma, costretto, anche in questa Assemblea regionale, ad accettare una accelerazione dei tempi per l'assunzione dei provvedimenti solo quando si è costretti dalla dimensione nazionale. Questa non è un'esperienza positiva.
Credo che il dibattito meriti di essere portato avanti, pur con le molte contraddizioni e difficoltà dei nostri tempi. Qui discutiamo di difesa del regionalismo. In Parlamento, alcuni esponenti del Popolo della Libertà hanno presentato una proposta di legge tesa alla restituzione, a livello statale, di tutte le tematiche legate alla sanità all'interno del nostro ordinamento.
Dobbiamo farlo con coraggio. Dobbiamo farlo rimettendo in discussione l'esperienza di questi anni. Dobbiamo farlo riproponendo il tema del "glocal", cioè di una dimensione di governo dei sistemi territoriali che la riproposizione dello Stato centrale non è in grado di garantire, di tutelare e di sostenere, ma che un'autentica esperienza riformata di regionalismo è in grado di poter fare.
Per questo motivo, noi consideriamo inutile l'ordine del giorno: perch da un lato ha come obiettivo la promozione del ricorso alla Corte Costituzionale sull'articolo 1, cosa che mi sembra stia già per essere profondamente modificata nel dibattito parlamentare. Dall'altro lato, nelle premesse, fa riferimento a contenuti e a temi dell'articolo 2, quando invece noi dovremmo accettare la sfida per primi, riformando e accorciando le distanze tra noi e la comunità locale.



PRESIDENTE

Vorrei soltanto ricordare che il tempo previsto per ciascun intervento è di dieci minuti.
Ha chiesto la parola il Consigliere Marinello; ne ha facoltà.



MARINELLO Michele

Grazie, Presidente.
Innanzitutto sottolineo, per far capire al numeroso pubblico che ci sta seguendo, che io appartengo ad una forza politica che non sostiene l'attuale Governo. Lo dico perché è bene fare informazione.
Quanto sta facendo invece l'attuale Governo mina in profondità il sistema delle autonomie locali, contraddicendo, nella sostanza, il principio fondamentale di riconoscimento e di tutela sancito dall'articolo 5 della Costituzione.
Evito le sottolineature sul paradosso del leghista che difende la Costituzione, perché le abbiamo già fatte nella passata seduta di Consiglio. Per noi la Costituzione non è mai stata un dogma: sapete che quello che difendiamo non è la carta, ma i principi che ci sono sulla carta o alcuni principi nei quali ci riconosciamo.
Noi stiamo dicendo da tempo che è in corso un attacco forte al sistema delle autonomie locali, ma pare che qualcuno se ne accorga solo adesso.
Il dramma è che questo messaggio lo lanciamo in un periodo storico in cui è difficile farlo passare attraverso l'opinione pubblica, perch l'opinione pubblica è proprio quella che ha generato il "mostro" contro il quale stiamo cercando di combattere. Perché cosa gliene frega alla gente se le Regioni non faranno più le Regioni, se le Province non esisteranno più se i Municipi potrebbero diventare degli inutili orpelli? Purtroppo nulla in questo momento. Noi però non possiamo tacere.
Allora, sull'ordine del giorno proposto vorrei fare un ragionamento più generale, perché il decreto legge n. 174 è solo un tassello di un mosaico ben più complesso. Ad esempio, la puntuale proposta di fine legislatura di riforma del Titolo V della Costituzione è un qualcosa che ci preoccupa ancora di più, perché la filosofia di fondo è la stessa, ed è consentitemelo - una bestialità.
Allora, sull'onda emotiva degli scandali arriva un'ipotesi di norma che viene addirittura fatta apparire come una "norma di emergenza". Questo si potrebbe tradurre in una supposta ben lubrificata, per rendere l'idea! Le dichiarazioni del Governo giustificano e minimizzano la portata controriformatrice della proposta e il Ministro della Pubblica Amministrazione, che è l'artefice del disegno riformatore, dice: "I Presidenti di Regione si renderanno conto che non si tratta di una controriforma e tanto meno di un golpe. Si tratta, invece, di colmare lacune e correggere criticità della riforma del 2001 un decennio dopo: un tagliando fatto con cura per far funzionare meglio la macchina".
La definizione di tagliando è straordinaria! Peccato che il tagliando il meccanico lo stia facendo togliendo il motore! Questo è un dato molto preoccupante. Il Ministro disegna una realtà non vera, getta fumo negli occhi e ci prende in giro. Consentitemi, credo che prenda in giro la gente perché non vi sono dubbi sul fatto che la riforma del 2001 andasse modificata o corretta soprattutto nell'individuazione delle materie di competenza statale o regionale, quindi eliminando quei conflitti di competenza che erano crescenti (lo dimostrano tutti i conflitti giunti dinnanzi alla Corte Costituzionale fino ad oggi).
Ricordo che, dopo il 2001, nel 2006, su spinta della Lega Nord, una riforma che si proponeva di risolvere quei conflitti c'è stata, la cosiddetta devolution, che aveva proposto ben altro che la risoluzione dei conflitti! Aveva proposto la fine del bicameralismo perfetto, la riduzione del numero dei parlamentari, l'introduzione del Senato delle Regioni l'elezione diretta del premier, ecc. Riforma bocciata da un referendum bocciata forse perché i tempi non erano maturi, ma bocciata forse perché lo spirito federalista dei tanti che oggi si dicono federalisti si era manifestato in questo modo, e cioè contrastando una riforma che di fatto era stata accettata in sede di referendum solo da due Regioni.
Allora, potrebbe essere condivisibile ritenere che debbano spettare allo Stato le decisioni su grandi reti di trasporto e di navigazione commercio con l'estero, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, nonché in via esclusiva i rapporti internazionali e con l'Unione Europea, ci sta. Ciò che non può essere condivisa è l'impostazione di fondo che ispira la pseudo-azione riformatrice o controriformatrice: il principio di supremazia dello Stato su tutte le materie, a prescindere dalla competenza legislativa.
Integrare il primo comma dell'articolo 117, che dice: "La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali", con la precisazione: "Il legislatore statale adotta gli atti necessari ad assicurare la garanzia dei diritti costituzionali e la tutela dell'unità giuridico-economica della Repubblica", significa legittimare un intervento illimitato dello Stato in ogni ambito.
Il richiamo alla tutela dell'unità giuridica della Repubblica intesa in senso estensivo giustificherebbe ogni intervento statale in ogni ambito: è una clausola di supremazia. E prevedere una clausola di supremazia significa mettere nero su bianco un principio inaccettabile: quello per cui alla fine qualunque cosa succeda, prevalgono lo scelte dello Stato in ogni materia. Questo è il concetto distorto di federalismo di qualcuno.
La filosofia alla base dell'operato del Governo è quindi inaccettabile per tempi, modalità e contenuti, perché si inserisce nel pieno della polemica e della legittima indignazione dell'opinione pubblica sugli scandali che investono le Regioni. Allora, sull'onda emotiva del momento si vorrebbe intervenire radicalmente sull'assetto dello Stato con un ritorno al centralismo senza precedenti.
Non è accettabile che si proceda a modifiche costituzionali per dare risposte alle contingenze del momento. Questo è un principio che non è accettabile. La corruzione e il malcostume provengono dagli uomini che indegnamente hanno usato le istituzioni a loro vantaggio personale: si combattono con gli strumenti propri di uno Stato democratico, la prevenzione e la repressione, non certo con la soppressione delle autonomie.
Quello a cui stiamo assistendo non è il fallimento del sistema delle autonomie, ma di una parte di coloro che hanno avuto il mandato di rappresentarle. Questo è il concetto di fondo, il nodo fondamentale. Ed è inconcepibile che un Governo scriva una riforma così importante in questo contesto e in meno di settimana, una riforma che ci riporta indietro cancellando di fatto decentramento e autonomia, ponendosi in contraddizione con le norme in fase di attuazione del cosiddetto federalismo fiscale.
Attenzione al metodo. Una riforma di tale portata delle Regioni presentata in questo momento e in queste condizioni temporali, unitamente al decreto 174, per incidere pesantemente sui costi della politica regionale e per rafforzare il sistema dei controlli, significa di fatto costringere il Parlamento a votare qualunque cosa senza alcun dibattito pena l'assunzione di responsabilità del fallimento del tentativo di riforma che oggi equivarrebbe ad una chiamata di correità sul presunto malaffare regionale. Ci hanno lasciato soli, hanno messo il Parlamento alle corde e lo hanno costretto a votare delle cose che in questo momento non lo toccano direttamente, senza capire che poi i prossimi saranno proprio i parlamentari.
Allora, unire i due meccanismi - la riforma costituzionale e la riforma del sistema delle autonomie - alla questione morale diventa un meccanismo inscindibile che mette alle corde il Parlamento. E attenzione a quanto è già stato fatto senza alcun tipo di reazione, perché in molti credo che abbiano sottovalutato alcuni passaggi.
La riforma costituzionale del 20 aprile 2012 n. 1 ha introdotto il principio del pareggio di bilancio nel silenzio di tutti. Con quella riforma costituzionale è già stata rafforzata la centralità dello Stato nel sistema di finanza pubblica.
Il rafforzamento della centralità dello Stato si è già attuato con tale riforma sotto molteplici profili. Ne cito quattro: l'armonizzazione dei bilanci pubblici diventa materia di potestà esclusiva dello Stato e non è più di competenza concorrente con le Regioni come oggi previsto; il principio del concorso delle Regioni e degli Enti locali all'adempimento dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione Europea diventa principio costituzionale; il principio dell'equilibrio valido per i conti pubblici dello Stato viene esteso anche ai bilanci di Regioni, Province e Comuni; il ricorso all'indebitamento per le spese d'investimento può essere operato dagli Enti locali con la contestuale definizione di piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli Enti di ciascuna regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio.
Nessuno ha fiatato.
Nel contempo, rispetto a questo tipo di impostazione, lo Stato cede parte della sua sovranità finanziaria all'Europa. È un mostro a due teste pericolosissimo.
Il processo a cui stiamo assistendo tende a sancire pienamente e definitivamente la supremazia dello Stato, ed è un processo portato avanti dall'esecutivo in spregio alle competenze legislative del Parlamento. Il Parlamento sta delegando non soltanto l'emanazione di decreti-legge giustificati da urgenza o giustificati dalla questione morale (se mai si può giustificare un decreto con la questione morale), ma sta delegando all'organo esecutivo anche la modifica della Costituzione. Questo è drammatico.
Assicurare la governabilità non può significare che un Governo decide con Camere che ratificano e basta. Né questo modello può giustificarsi sistematicamente con l'emergenza economica o con la questione morale. Qui si va oltre, perché appunto il Parlamento delega la modifica della Costituzione al Governo.
Non si risponde all'indignazione dell'opinione pubblica con la controriforma del sistema regionale e con il ritorno al centralismo.
L'indignazione deriva dal malcostume politico dei singoli e, a qualunque livello si riscontri, non va attribuita e non va girata sulle autonomie locali.
Allora ecco perché bisogna assolutamente distinguere i necessari interventi di razionalizzazione della spesa pubblica relativa al funzionamento degli organi istituzionali di qualsiasi livello territoriale dalla configurazione dell'assetto territoriale della Repubblica. Se non si opera questa distinzione, il rischio democratico è altissimo.
Per questo motivo, continuiamo a ribadire che, proprio in questa fase in cui si registra l'evidente difficoltà della politica a svolgere il suo ruolo di interpretare e tradurre in azioni amministrative e di governo i bisogni della gente - la politica è in difficoltà, lo sappiamo e ci siamo dentro - occorre ripartire dai territori e dalle amministrazioni locali perché sono questi i veri livelli di quella che molti definiscono (forse senza comprenderne a fondo il significato) la democrazia partecipata. La democrazia partecipata c'è negli Enti locali, c'è nei livelli più bassi; la democrazia partecipata è quello, è dare la possibilità ai territori di avere una voce.
Allora, ritorno al centralismo nei modi e nei tempi cui stiamo assistendo è invece un'altra roba, pericolosa e antidemocratica. Lo stiamo dicendo da tempo, speriamo che se accorgano in tanti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Buquicchio.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Sono contento, in un certo senso, di parlare subito dopo l'intervento del collega Marinello, perché almeno su due punti intendo riallacciarmi a quanto da lui sostenuto.
Collega Marinello, il problema non è se ci siamo accorti o se non ci siamo accorti che c'è un attacco alle Autonomie locali. Certo, che ce ne siamo accorti! Il nodo della discussione deve vertere su un altro punto: siamo d'accordo che ci sia, sicuramente non un attacco, ma una rivisitazione oppure no? E allora, vi dico come la penso: fare modifiche e rivisitazioni di questa natura, di forme di questa natura, con decreti su cui magari si pone anche la fiducia, è assolutamente inaccettabile, ma ritengo che una riforma occorra.
Tu, Marinello, nella scorsa seduta, quando si parlava delle Province facendo riferimento ad una mia affermazione con la quale sostenevo che il federalismo è fallito, hai dichiarato: "Non sono d'accordo con il collega Buquicchio, perché il federalismo non può essere fallito, in quanto non è mai esistito".
Su questo ti do perfettamente ragione: è esistito un federalismo all'italiana, un federalismo che è stato inserito, in modo più forte, nel 2011, con la riforma del Titolo V della Costituzione.
Tutti ricordiamo - e per onestà intellettuale penso che l'analisi non possa essere tanto diversa - che quella riforma nacque alla fine della legislatura del centrosinistra, che molto probabilmente sapeva che avrebbe perso le future elezioni, per opporsi a quell'idea di federalismo paventata dalla Lega, che il centrosinistra riteneva un federalismo non teso ad unire, bensì a separare. Autorevoli politici dei DS e della Margherita di allora, come Veltroni e Rutelli, scrissero o dissero (ho segnato qui testualmente): "Questa riforma accorcia le distanze tra cittadini e istituzioni. Si tratta di un passo decisivo per avvicinare le istituzioni ai cittadini per davvero, non con le chiacchiere".
Di fatto, cosa è avvenuto? È avvenuto - come qualche collega sosteneva in precedenza - un trasloco del potere centrale in periferia. Ma questo trasloco del potere centrale in periferia ha determinato dei vantaggi? E che tipo di vantaggi ci si aspettava? Beh, quanto meno su due ordini di fattori i vantaggi bisognava attenderli e pretenderli: il miglioramento dei servizi e la riduzione della spesa.
Sappiamo benissimo che su molti fronti il miglioramento dei servizi non è avvenuto e che la spesa si è incrementata in modo vertiginoso. Cito i dati de Il Sole 24 Ore, che consideriamo tutti abbastanza autorevole: "La spesa pubblica è lievitata e negli ultimi anni è quasi raddoppiata".
Dati alla mano, siamo passati da un costo della macchina regionale (tra struttura, apparati e personale) di 450 milioni di euro (900 miliardi di lire), nel '99, a circa 900 milioni di euro, nel 2010. In dieci anni (dal 2001 ad oggi, quasi undici anni), i tributi e le imposte regionali sono aumentati del 50%, rispetto alla lievitazione nazionale di circa il 30%.
Tutto questo non ha portato a risparmi di altra natura, non ha portato benefici in termini di miglioramenti dei servizi. Si è creata un'enorme confusione sul piano delle materie concorrenti e ne vorrei citare una forse eclatante, sicuramente la più paradossale: ci sono state decine e centinaia di sentenze per ricorsi tra Stato e Regioni; l'ultima sentenza in ordine di tempo, risale al 10 ottobre scorso ed è stata emessa dalla Corte Costituzionale su specifica richiesta della Regione Sicilia ritenutasi lesa nelle sue prerogative statutarie dal decreto legislativo 159 del 2011. Indovinate che decreto era? Norme in materia di antimafia e misure di prevenzione.
Beh, penso che questo non meriti assolutamente ulteriori commenti.
E allora, ricordate che l'impostazione ideale, forse teorica, che avevo prospettato nella seduta scorsa, quando si parlava di Province, era l'eliminazione totale, non una rivisitazione parziale, un assemblamento una riduzione di qualche unità, delle Province, dando maggiori poteri competenza e risorse ai Comuni e maggiori responsabilità di indirizzo, ma anche di controllo, alle Regioni? A quel punto, l'Ente intermedio (la Provincia) non ha ragione di esistere! Ricordate che, per questo, io, con il Gruppo che rappresento, avevo votato contro quel provvedimento, a parte tutte le altre considerazioni che lo hanno riguardato? Pertanto, oggi il dibattito non può che essere basato sull'espressione di un parere e di un pensiero relativo alla validità del regionalismo.
Anche l'Onorevole Bersani, leader di uno dei maggiori partiti italiani in un'intervista pubblicata su Il Messaggero invita a riflettere sul regionalismo e oggi molte riflessioni sono state fatte dal Capogruppo del suo Partito, che condivido in massima parte. Bersani, poi, è sempre stato un autonomista convinto: è stato Presidente di Regione, quindi significa che dei problemi esistono! Imputabili a che cosa? Oggi si può imputare tutto questo all'onda emotiva dei casi giudiziari, ma io li terrei da parte, perché, tutto sommato, il problema della classe politica è da sempre lo stesso, sia che si tratti di classe politica periferica sia che si tratti di classe politica nazionale.
Sta di fatto che i giornalisti, più o meno tutti, e quindi l'informazione mediatica, più o meno tutta, cosa ha fatto passare l'altro giorno, quando è emersa la volontà della Conferenza delle Regioni di ricorrere solo relativamente all'articolo 1? Che le Regioni si oppongono che la casta si oppone, alla riduzione delle spese.
Questo non è vero, perché l'articolo 2 non è stato impugnato da nessuno, però ormai il messaggio è quello. Probabilmente a qualcuno è venuta la voglia di dire: "Avessimo impugnato anche l'articolo 2!", visto che il risultato mediatico doveva essere quello.
Pertanto, lasciamo da parte l'onda emotiva e la risultanza mediatica di certe problematiche, in una situazione così delicata - purtroppo - come questa, e diciamoci francamente se il regionalismo merita o no una seria rivisitazione.
Voglio concludere con una piccola citazioni di due righe di De Gasperi che, nel 1948, nel salutare il primo Statuto autonomo delle Province del Trentino Alto Adige in Aula disse: "Le autonomie si salveranno matureranno, resisteranno solo ad una condizione: che dimostrino di essere migliori della burocrazia statale, migliori del sistema centrato statale migliori, soprattutto, per quanto riguarda le spese".
Da questo deve nascere un monito, come diceva chi mi ha preceduto affinché ci si attivi al più presto non a fare difese d'ufficio, che oggi non potrebbe che cadere nel vuoto, ma a riproporsi per una seria autoriforma. Grazie.



PRESIDENTE

Prima di concedere la parola al Consigliere Leo, vorrei ricordare che sono iscritti a parlare altri cinque Consiglieri. Chiedo ai Consiglieri di stare nei tempi consentiti, altrimenti andremo alle ore 14. Vorrei ricordare che alle ore 13 è convocata la Conferenza dei Capigruppo.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Leo; ne ha facoltà.



LEO Giampiero

Grazie, Presidente.
Anzitutto vorrei dire che condivido ogni parola di quanto detto dal Consigliere Pedrale e dalla Consigliera Spagnuolo. Il fatto che la Consigliera Spagnuolo abbia portato, anche in questo caso, lo spessore di considerazioni storiche, ci permette di vedere la questione in un'ottica più ampia e più seria.
Potrei, dunque, dire: "Idem come i Consiglieri Pedrale e Spagnuolo e altri colleghi". Allora perché intervengo? In questo momento è bene che ognuno si assuma le proprie responsabilità.
Perché non taccio? Perché ognuno deve dire, in questo momento, cosa pensa veramente. Vorrei dire quello che penso, anche se molto schematicamente.
evidente che la politica è in crisi. Chi non si è accorto che la classe politica è altamente inadeguata? Che c'è un attacco tremendo contro la politica? Ha detto bene il Consigliere Buquicchio: non c'è molto di nuovo sotto il sole.
Mentre la Consigliera Spagnuolo ha riportato alcuni alti riferimenti io ne faccio uno spicciolo. Racconto una mia esperienza. Eletto in Consiglio comunale per la Democrazia Cristiana come espressione dei movimenti giovanili cattolici, nel '75, andai a parlare in una Circoscrizione. Tra l'altro il Consigliere Bussola, da storico, mi ha ricordato che sul libro di Sanlorenzo ha visto le nostre foto, Consigliera Spagnuolo, di quando andavamo nelle fabbriche e nei quartieri ad intervenire contro il terrorismo. Non ci ricordiamo di aver incontrato, in quelle occasioni, Montezemolo e compagnia a fare quella vita, o anche Colombo, che scriveva da New York del terrorismo o altra gente...



LEO Giampiero

PEDRALE Luca (fuori microfono)



LEO Giampiero

Erano a Saint Moritz.



LEO Giampiero

Volevo citare quest'episodio.
Oggi siamo sotto attacco perché dicono che guadagniamo troppo. Ebbene vi ricordo che allora i Consiglieri comunali e gli Assessori guadagnavano poco o niente. Dicevo, vado in una Circoscrizione e quando prendo la parola mi ricordo che c'era anche Quagliotti - si scatena il finimondo e tutti mi dicono: "Tu non puoi parlare perché sei un delinquente. È quarant'anni che rubi". Rispondo che non era proprio possibile, e loro mi dicono: "Dimostracelo, essendo Democristiano, politico, che è quarant'anni che non rubi". Rispondo che non era possibile perché di anni ne avevo appena 21.
Almeno questo avrebbe dovuto essere un dato certo.
Di fronte alla follia, alla demagogia, agli insulti, al popolo aizzato alcuni di noi si ricordano quando anche solo difendere Sacharov, o parlare della libertà della Chiesa in Nicaragua era un crimine e si veniva aggrediti. Queste cose le abbiamo già viste. Ieri parlavo con amici ciellini, i quali dicevano che erano preoccupati per l'attacco a Formigoni ma gli ho ricordato quando scrivevano sui muri: "Non sono figli di Maria ma sono servi della CIA". Poi è stato dimostrato che erano tutte menzogne a gogo, che era tutto falso, ma intanto era così! evidente che la politica è in crisi, che la classe politica è inadeguata, ma rivolgerei una domanda: dopo il '92 esiste una classe politica nazionale? Oppure quell'operazione, bella per certi versi, ma sciagurata per altri, di "tangentopoli", ha spazzato via gran parte di quella che era una vera classe politica? Allora bisogna avere il coraggio di dire alcune cose. È ormai da lungo tempo, colleghi, almeno dalla caduta del muro di Berlino, che poteri forti nazionali e internazionali sono all'opera per commissariare questa "piccola colonia" che considerano l'Italia. Al Parlamento schiacciano un pulsante sono nominati, c'è solo più una classe politica ancora eletta con le preferenze e il rapporto con il popolo, che è quella regionale. Liquidiamo anche questa? I passaggi di questo lavoro sono tanti e significativi, ma poiché devo contenere il mio intervento nei dieci minuti non li cito, ma indubbiamente uno strumento di questa opera di delegittimazione è sicuramente il mondo dell'informazione.
Ci sono, ovviamente, molti motivi di scandalo, ma vorrei rivolgere una domanda: come mai quando un Consigliere regionale vergognoso come Fiorito (che ha preso comunque 30 mila voti), ruba, si chiede di commissariare le Regioni, e quando invece un Magistrato come Marabotto, che risulta aver occultato denari cinque volte più di Fiorito, nessuno pensa di togliere alla Magistratura il potere di dare consulenze a gogo per intercettazioni ecc? Anzi, lì va benissimo, soldi tutti ben spesi.
Per non parlare degli abomini compiuti dall'alta finanza, dalla finanza nazionale e internazionale che ci ha mandato in malora, ma che invece si premia. Guardate cosa paga e cosa spende per le elezioni americane e per i propri candidati! La finanza internazionale ci ha mandato in malora, ma si è auto-assolta, continua a straguadagnare e ha spostato intelligentemente l'obiettivo sulla politica. Mi provoca un fastidio fisico quando vedo e sento Montezemolo dire certe cose. Potrei continuare, ma voglio passare anch'io al guardare al futuro.
Inneschiamo tutte le iniziative di riforma, di studio, di proposta, ma con assoluta onestà. Il Capogruppo Reschigna ha detto cose molto interessanti guardando al futuro; ha avanzato alcune critiche agli interventi di colleghi del PdL, forse anche la sinistra dovrebbe esprimere qualche elemento di autocritica. Per esempio, alcune cose come la riorganizzazione delle Regioni, la devolution. È intervenuto prima il Consigliere Marinello per la Lega e altri Consiglieri hanno detto varie cose molto sensate. Consigliere Carossa, allora com'è che la sinistra ha bocciato in blocco queste proposte quando si diceva che le Regioni avrebbero potuto anche essere di meno e più grandi? Tutto questo veniva bocciato in blocco, forse ci voleva Renzi per smuovere un po' le acque? Fino ad ora tutto questo tipo di ragionamenti è stato bocciato in blocco dall'area di sinistra.
Allora anche la sinistra, tutti insieme, facciamo un po' di autocritica. Non sempre la critica solo rivolta agli altri è giustificata!.
Ripeto, cogliamo la sfida e mettiamoci al lavoro in maniera quasi "costituente". Questo è fondamentale, ma con alcune premesse.
L'ha detto molto bene il Consigliere Marinello nel suo intervento, ma io mi rifaccio a Sturzo, a Gioberti fino a Cattaneo: quella che propone lo Stato non è una riforma, è una controriforma reazionaria e statalista.
Ripeto, è una controriforma reazionaria e statalista. Una volta queste affermazioni le faceva la sinistra, ma il mondo, come ha detto qualcuno, è cambiato.
Possiamo davvero aver fiducia in uno Stato basato su una superburocrazia intoccabile, intoccabile fino a che le sentenze della Consulta diranno che gli stipendi degli eletti possono essere spazzati via mentre quelli dei burocrati sono intoccabili? Le campagne elettorali le pagherà Babbo Natale, evidentemente.
L'ho detto tante volte, ci sono alcuni disonesti in politica, ma atteggiamenti prima citati comportano il rischio che in politica ci possono essere solo più ricchi annoiati, (come ai tempi dell'aristocrazia, che con i soldi compravano le cariche da generale o da governatore), oppure corrotti o gente che si vende a poteri che li finanziano. Bene, alcuni di noi, molti di noi - spero moltissimi - non ci stanno ad accettare uno Stato basato su una burocrazia intoccabile, su un'incomunicabilità con i cittadini e su un'operativa scarsissima.
Abbiamo tanti esempi locali: qui parlo della Regione Piemonte. Come abbiamo denunciato qualche giorno fa, lo Stato non rispetta neanche i patti firmati con le Regioni: non dà i soldi per Venaria e non li ha dati per il Comitato 2011. Non mantiene gli impegni firmati, e non diciamo che sarà efficiente finché potrà provvedere al mantenimento dei suoi doveri.
La Fondazione Venaria e la Fondazione del Museo Egizio senza le Regioni parlo del Piemonte, quindi di cose che i colleghi conoscono, non di fantascienza o di cose lontane - non si sarebbero assolutamente potute realizzare.
Di queste cose bisogna tenere conto.
Al convegno del PdL sulla cultura - ringrazio i colleghi che hanno partecipato, segnatamente il collega Stara per il suo bellissimo intervento abbiamo sentito la relazione del direttore di Federcultura nazionale secondo cui, sulla cultura, lo Stato non avrebbe mai smosso niente, non avrebbe mai realizzato nulla. Alcune Regioni, (certo non tutte), sono state esemplari: tutte da buttare nello scarico, per scandali veri o portati come scusa, tipo l'incidente di Danzica? In conclusione, penso che dobbiamo lavorare seriamente a fornire risposte. Dobbiamo lavorare concretamente: magari, come hanno detto già anche altri colleghi, approviamo il bilancio della Regione; approviamo i bilanci di assestamento; facciamo funzionare la "macchina" (anche se gli Assessori Maccanti e Quaglia potranno dirci: lo Stato non dà i sold, e se non ci sono i soldi in cassa, cosa approviamo, visto che poi non arrivano i trasferimenti e si paralizza tutto? Da questo punto di vista, l'intervento del collega Marinello è totalmente giusto e condivisibile.
Facciamo tutte le riforme che dobbiamo, però - e su questo chiedo l'attenzione dei colleghi - se non difendiamo e non recuperiamo la nostra dignità, qualsiasi cosa faremo sarà viziata.
L'hanno già detto i colleghi Spagnuolo e Pedrale: se non recuperiamo la nostra dignità, qualsiasi cosa faremo sarà precaria, perché, come è scritto nel Vangelo, quello che si costruisce sulla sabbia è destinato a crollare.
Noi abbiamo il sospetto, forse anche la certezza, che molti poteri vogliono che si costruisca sulla sabbia, in modo - e a seconda degli ordini internazionali - da poter smontare tutto quello che a loro non piace, con la massima facilità.
Ho la presunzione, la speranza e la convinzione che molti di noi non lo vogliano assolutamente, che tengano alla propria storia e alla propria dignità, e che quindi siano pronti a fare ogni riforma necessaria e affrontare qualsiasi lavoro possa portare a soluzioni vantaggiose per la comunità. Noi siamo pronti a batterci affinché questo avvenga nell'unico contesto possibile, non con la psicologia degli ebrei durante il Nazismo psicologia generata dalla martellante propaganda di regime, per cui i poverelli si convincevano che facevano bene a mandarli nei forni crematori a causa delle loro colpe, ma con dignità, serietà e capacità.
Abbiamo l'occasione per farlo: lavoriamo per il bene della nostra terra, con totale dedizione, ma nella dignità e nella chiarezza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Burzi; ne ha facoltà.



BURZI Angelo

Grazie, Presidente.
Viene facile parlare dopo gli interventi dei Consiglieri Leo e Marinello, perché mi evitano di ripetere temi di merito, come quelli toccati dal collega Marinello, e quelli di passione, come quelli toccati dal collega Leo, ai quali mi iscrivo integralmente, rimandando ad essi per i contenuti già espressi, anche perché, in termini di passione, non sempre riesco a toccare le stesse corde che altri, in maniera più sensibile, hanno disponibili per il proprio intervento.
Voglio ritornare all'origine che ci ha portati qua.
Quando le cose andavano meglio, o meno peggio (anche se ci sembravano già problematiche), ogni tanto, scherzando, dicevo: "Cerco di fare un intervento che persino mia madre capisca".
Mia madre ha 92 anni ed è molto stupita del fatto che tutti abbiano abbandonato Berlusconi (peraltro non si è ancora fatta una ragione del referendum sulla monarchia che ritiene, non a torto, le sia stato rubato da uno dei tanti brogli che in questo nostro simpatico Paese si sono succeduti dalla fine della seconda guerra mondiale).
Cerchiamo, quindi, di spiegare perché siamo qui.
Noi siamo qui, perché stiamo discutendo di un disegno di legge, sia nella versione originale che poi emendata, che ci riguarda profondamente.
Se tutti i colleghi l'avessero letto - mi si consentirà di esprimere questo dubbio, e se questo dubbio cade nel vuoto, nel senso che tutti l'hanno letto e riletto, me ne scuso, ma sono convinto che non sia così cosa avrebbero potuto dedurre subito? Che al primo articolo, quello che ha nella sua anticostituzionalità il difetto minore, perché è inaccettabile nel merito, non soltanto perché è anticostituzionale (che era anticostituzionale se ne sarebbe accorto anche un bambino al primo anno di giurisprudenza), dice che bisognava mettere tutti gli atti di rilevanza economica della Regione sotto la tutela della Corte dei Conti (all'inizio poi mi pare che ad un certo punto abbiano messo anche la GdF, perché la Corte dei Conti non bastava).
Parrebbe chiaro che dovrebbe essere irricevibile, da una normale Assemblea legislativa, che si sentisse idonea per fare le cose per cui è stata eletta. Come, noi, Assemblea legislativa, dobbiamo essere sotto tutela di altri? Però non ho colto nessun sintomo di palese fastidio, bensì la discussione costruttiva, fatta dai Presidenti delle Regioni, non so bene da chi delegati in questa fase, a trattare con chi gli stava dicendo che li si voleva mettere sotto tutela.
E, ove mai qualcuno potesse avere dei dubbi, nell'articolo 2, "Costi della politica" - che pare essere un argomento che non bisogna toccare altrimenti si muore (e su questo ci torno) - si specificava, nell'ambito dell'impostazione della nuova gestione dei costi, per quanto attiene ai Gruppi e per quanto attiene ai Consiglieri, che oltre alla tutela il desiderio era semplice, che non è quello giustamente citato dal collega Marinello, di una contrapposizione tra un modello centrale, o centralista rispetto ad un modello diffuso, solidale ed eventualmente regionalista (per non parlare di federalismo). No, l'estensore vuole proprio farci sparire.
Se qualcuno, leggendolo, non si è reso conto di questo, consiglio di rileggerlo, perché se vogliono farci sparire... E chi è che ci vuole far sparire? Fino all'altro ieri avrei detto un Governo di tecnici, sempre con più chiarezza inadeguato per le cose che fa, perché se il disegno di legge era corretto prima, non credo che sia accettabile che arrivino due simpatici relatori di una Commissione riunita degli Affari Costituzionali che, scherzando e ridendo, modificano. No, non è un controllo preventivo: è un controllo a consuntivo, come se stessimo discutendo del nulla.
Capisco che due deputati - all'interno di un Parlamento che ha, ormai da ieri, in maniera evidente, la significatività di essere non legittimo perché coloro che appartengono al mio Partito, il PdL (secondo me, anche quelli del PD, ma io mi riguardo con quelli del PdL) - che oggi a Roma ritengono di rappresentare ciò per cui sono stati eletti sono dei visionari, sono dei pazzi, sono coloro che non leggono i giornali, coloro che non vedono che, finalmente, dalla Sicilia è iniziato quello che serve.
Non perché io attenga a ciò che dice il Movimento 5 Stelle, ma perché serve una pulizia affinché tutto riparta. E se la pulizia avviene con questa modalità, sarà una modalità onerosa, sarà una modalità che certamente lascerà degli esiti, non soltanto positivi, ma è l'unica modalità possibile per una struttura che non voglia riformarsi.
L'accettazione di questo decreto - l'ha detto con chiarezza la collega Spagnuolo o chi ha fatto l'intervento successivo - chiunque la faccia, pu farla soltanto quel qualcuno che si sente correo.
Io non mi sento correo con Fiorito, ammettendo che sia colpevole (tutti i giornali lo indicano, ma aspetterei gli esiti successivi). Se è vero quello che dice, certamente non mi sento correo e, anzi, sono ben lieto di essermi allontanato dal PdL, perché i responsabili - vorrei essere molto chiaro - sono coloro che hanno consentito che Fiorito facesse quello che ha fatto.
Capisco che fuori non sappiano, ma noi che viviamo di queste cose, se Fiorito ha fatto quello che ha fatto - ammettendo che sia possibile significa che il sistema, almeno per quanto riguarda il PdL, era assolutamente noto a tutti. Allora, non è consentito al mio partito che venga santificata la Polverini. Altro che Batman, occorreva cacciare di corsa tutti coloro che dal caso Fiorito non si sono dimessi, essendo responsabili della gestione scorretta di quel partito! Questo è il problema, secondo me, del partito PdL, ma i risultati elettorali della Sicilia e, quanto prima, del Paese credo sistemeranno questa fase Onorevole Meloni compresa.
La correità è di coloro che ritengono di avere mal gestito, a titolo personale o di titolo di responsabile di una Commissione, di un Assessorato o di un Gruppo, i fondi pubblici: io questa responsabilità non ce l'ho! Non sono proprio correo di nulla! Quindi, in tal senso, pur sapendo che non è opportuno - quello che pensa l'opinione pubblica lo conosco anche io - invito i colleghi, con calma, a riflettere con il proprio vocabolario: oltre a "opportuno" e "non opportuno", c'è anche "giusto" e "sbagliato", che un tempo non era malissimo come distinzione dalle cose che si debbono fare o che si possono fare.
Il difendere oggi noi stessi - perché di questo si parla - e l'Aula che ci seguirà dopodomani equivale a difendere non un risultato eccellente: buon Dio, è palese che le Regioni sono diventate centri di spesa! Sarei molto più a mio agio se, invece di essere qui, fossi a Milano, in quanto la Regione Lombardia, ove qualcuno non avesse dei dubbi, ha gli indici economico-finanziari e di efficienza migliori non solo in Italia, ma probabilmente i migliori all'interno dell'intera Europa.
Non credo sia del tutto casuale l'attacco che, tramite un pessimo esempio di collusione tra qualche personalità politica e la malavita organizzata, viene rivolto al Presidente Formigoni. Il Presidente Formigoni avrà l'esito che avrà, si è dimesso, è uno dei pochi che ha governato bene le Regioni da quando queste sono nate. È talmente evidente che questo è anche uno dei motivi per cui, oltre al suo amore per le giacche azzurre e i colori improbabili, non sempre è simpatico anche tra coloro che, invece tali elementi di patrimonio dovrebbero proteggere, non pensando che mors tua significa anche mors mea, come sempre è avvenuto e puntualmente avverrà tra poco.
Ora, sull'articolo 1 non c'è più niente per cui presentare ricorso, in quanto se ne sono accorti anche loro che è anticostituzionale, secondo me.
C'è da ricorrere sull'intero articolo, altrimenti il ragionamento del Consigliere Reschigna diventa schizofrenico. Il collega Reschigna dice tutta una serie di cose, che condivido; poi, con un salto logico, dice: "Quindi, dell'articolo 2 non discuto".
il contrario! C'è in quest'Aula la capacità di autoriforma? difficile.
Unicamente, dell'autore Zagrebelsky, che è stato citato da qualcuno mi pare dal Consigliere Buquicchio, comunque lo cito io - apprezzo il suo paradosso, quando dice: "Le riforme, quando sono necessarie non sono possibili e quando sono possibili è perché non servono più". Il sistema delle Regioni necessita di essere profondamente ripensato, se non altro per gli indici di non efficienza che ha dimostrato almeno in questa Regione e non soltanto negli ultimi due anni, come insinuava il Consigliere Reschigna. Credo che risalirei almeno ai 5-6-7-8 anni che hanno preceduto quest'ultimo biennio, come indici di non particolare efficienza. Comunque la riforma, o l'autoriforma, obbliga noi stessi, perché è quanto dobbiamo a chi ci ha eletto, che non sono uguali. Infatti, coloro che hanno votato me non sono quelli che hanno votato il Consigliere Buquicchio, come non sono quelli che hanno votato il Consigliere Stara, visto che usciamo da un sistema oggi demonizzato, quello delle preferenze - non capisco il motivo ma qualcuno un giorno me lo spiegherà, i miei elettori, tra l'altro, non la pensano così - che sono diversi da quelli che hanno votato i Consiglieri Tentoni, Valle e così via. L'autoriforma è l'unica cosa che ci può salvare la correità, a cui non mi piego in un testo di legge, che è inaccettabile implica che qualcuno si senta colpevole. Diverso è, come prima avevamo iniziato a fare, con serietà, occuparsi dei costi della politica. Ove qualcuno avesse dei dubbi che il testo di legge propinatoci avesse altri scopi, l'intero testo di legge di Catricalà ai costi della politica vale valutato dalle Direzioni bilancio - 7,5 milioni di euro, se interamente applicato da questa Regione. Davvero dobbiamo consentire che qualcuno totalmente inadeguato o ignorante - credo che sia inadeguato - si permetta di dire che il problema, per esempio, della Regione Piemonte è 7,5 milioni di euro? Servono per le mance agli impiegati! Il problema di questa Regione, con un tale livello di debiti, che insieme, maggioranza e opposizione, nel corso di dieci anni, hanno causato, è ben altra cosa! Credo competa a quest'Aula, lavorando insieme - avendo creato insieme il buco, credo che insieme occorra risolverlo - portare non dico i nostri parlamenti vicini a quello della Regione limitrofa, ma almeno ai margini della decenza. Di questo, sì, mi sento corresponsabile, ma neanche in questo caso correo.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Burzi.
Ha chiesto la parola la Consigliera Cerutti; ne ha facoltà.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Correttamente, i colleghi che mi ha preceduta hanno invitato tutti i Gruppi e le forze politiche ad esprimersi sul tema che per noi è importante e, sicuramente, ci riguarda in prima persona.
Precedentemente, il Consigliere Burzi ha accennato al risultato della Regione Sicilia. Anche noi, in effetti, non possiamo non considerare quanto accaduto, perché dalla Sicilia può partire un'onda volta a spazzare via quello che è vecchio. Però, il risultato siciliano è soprattutto un campanello d'allarme per le forze politiche per quanto concerne la percentuale dell'astensionismo. Infatti, una percentuale così elevata nei confronti di un organismo quale l'ente regionale non può non considerarsi un elemento di allarme.
In questo senso, se la reazione è la difesa delle Regioni, cioè di un'istituzione di cui, probabilmente, i cittadini non comprendono il senso credo che la nostra battaglia sia già persa in principio.
In realtà, in generale non si affronta una questione: il nostro ordinamento statale necessita, sì, di una riforma complessiva ed efficace però, per una volta, occorrerebbe che l'impianto della riforma avesse una forma omogenea, realmente volta ad un miglioramento dei rapporti tra istituzioni e cittadini. Questo diventa preminente se un'intera classe dirigente intende provare a riottenere quella credibilità, che, ormai sembra essere piuttosto lontana, anziché, magari, inseguire facili consensi oppure manifestare una chiusura rispetto ad un'autodifesa.
Troppo spesso abbiamo assistito - ancora oggi scorgiamo quella che viene proposta dal livello nazionale - a riforme caratterizzate dall'assenza di un impianto omogeneo, semplicemente volte a risolvere parzialità o, peggio, a risolvere problemi cavalcando un'onda emotiva.
L'opera - chiaramente, non la nascondiamo e ne riconosciamo l'estrema difficoltà, ma finora non è stata affrontata - non può e non deve inseguire il tema del giorno; deve avere una visione ampia ed essere valida a lungo respiro.
Ormai, sembra che la questione del federalismo, che era il cavallo di battaglia anche di forze politiche qui presenti, sia stata archiviata. In realtà, forse, la riforma del Titolo V della nostra Costituzione era stata approntata un po' troppo frettolosamente, più con lo spirito di rispondere ad una parola d'ordine divenuta comune nell'opinione pubblica che nell'interesse di dare attuazione effettiva ad una forma dello Stato che meglio rispondesse alle esigenze attuali, ma pensiamo che ci fossero effettivamente delle ambiguità.
In questo decennio abbiamo assistito ad una progressiva denigrazione di quello che è stato definito il "centralismo statale", sostituito semplicemente da un ulteriore centralismo regionale, cresciuto senza alcuna armonia e non sempre in accordo con gli altri Enti locali. Stiamo parlando delle Regioni, però forse varrebbe la pena considerare tutti i livelli istituzionali, proprio perché il tema delle materie concorrenti rappresenta un nodo che, se non si prova finalmente a dipanare, non consente la prosecuzione di una corretta attività.
Se l'esperienza delle Regioni non è entusiasmante, ci appare allarmante il fronte relativo agli Enti locali (Comuni e Province), che abbiamo toccato in altri Consigli, poiché sono tematiche che non possono essere considerate a compartimenti stagni. I Comuni hanno assistito ad un progressivo impoverimento delle risorse loro destinate, senza che vi fosse una realizzazione dell'autonomia fiscale di cui solo in una fase espansiva ormai terminata, hanno potuto beneficiare, ricorrendo a quote crescenti di oneri. In questo contesto, si è aggiunto il danno provocato da anni di mancati incassi di ICI, cui l'odierna IMU non rappresenta in alcun modo una risposta.
Questo fenomeno, in un momento sempre più grave di crisi economica, non solo impoverisce la progettualità dei Comuni, ma pregiudica la capacità di erogazione di servizi degli stessi con crescente danno dei cittadini, in particolare delle fasce deboli.
La discussione in quest'Aula ha dimostrato quello che è stato il pressappochismo nazionale nell'affrontare la tematica del riordino degli Enti locali per quanto riguarda le Province. Anche qui si è provato a rispondere: pensiamo un po' alla pancia dei cittadini che hanno individuato in questo ente un inutile parassita. Si è poi passati, in poco più di un anno, dalla dichiarazione di intenti di totale eliminazione alla prospettiva di un serio riordino territoriale, per poi passare ad una mera ambiziosa riduzione, sino al semplice accorpamento del più piccolo rispetto al più grosso.
Come dicevo, il voto che questo Consiglio ha espresso la scorsa settimana ha poi finito per privilegiare interessi che sicuramente all'esterno possono essere letti come localistici o elettorali. In realtà ha comunque rappresentato una risposta inadeguata ad una riforma che sicuramente sarebbe necessaria, ma in altri termini.
Abbiamo voluto ribadire che i due livelli (Comuni e Province) dovrebbero essere elemento della discussione, perché in quest'Aula non si può semplicemente portare avanti la difesa dell'Istituzione Regione.
Ci appare che i Consigli regionali possono finalmente rendersi protagonisti di un'autoriforma. Del resto, mi sembra che alcuni degli interventi precedenti sono andati in questa direzione.
Chiaramente, anche noi non condividiamo l'azione compiuta da parte di un Governo che, troppo spesso, o quasi sempre, dimentica la propria natura tecnica, per calarsi in una dimensione politica.
Pensiamo che in quest'Aula, per affrontare le questioni da un punto di vista che non sia quello della difesa della casta, dobbiamo ragionare sulle materie, ragionare sul fatto che sanità e trasporti hanno visto man mano tagli dei trasferimenti. Questi sono stati il tratto distintivo della gestione precedente del Governo Berlusconi, ma con questo Governo non si è assolutamente posto rimedio, anzi si è continuato in tagli che consideriamo socialmente non sostenibili.
In questo senso, vorremmo riappropriarci di un dibattito sulle funzioni delle Regioni. Chiaramente, ritengo che la discussione proposta dai colleghi sia quella della riforma del Titolo V su iniziativa del Governo e non solo quella sul decreto.
Tra l'altro, rispetto a quello che è il nostro dibattito, pensiamo che la riforma del Titolo V sia già in uno stato avanzato, proprio perch contemporaneamente a Roma si sta discutendo di quale può essere la Regione più virtuosa su cui fare riferimento per stabilire i parametri cui fare riferimento.
Crediamo che questo dibattito in realtà veda un nostro ritardo e che anche l'ordine del giorno proposto dai colleghi sia superato, ma noi crediamo che per provare a ragionare in modo che si possa recuperare quel distacco tra Istituzioni e cittadini, non si possa non affrontare - anche che cosa fanno le Regioni e quali siano le loro competenze in relazione agli altri livelli istituzionali. Altrimenti, in questo senso la politica subirebbe un ulteriore smacco, con il rischio di altre "Sicilie" anche per le altre Regioni e quindi sempre più cittadini che vanno a votare scegliendo la protesta, oppure l'astensionismo, come è avvenuto ieri.



PRESIDENTE

Grazie, collega Cerutti.
La parola al Consigliere Pedrale.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Solo un minuto. Questa mattina abbiamo presentato un ordine del giorno poi, nel corso del dibattito abbiamo ritenuto di modificarlo leggermente nel dispositivo finale. Poiché auspichiamo che questo ordine del giorno venga votato oggi possibilmente da tutta l'Aula o dalla stragrande maggioranza della medesima, vorrei, prima che inizi la Conferenza dei Capogruppo, poter distribuire questo ordine del giorno all'opposizione.



PRESIDENTE

già in linea, Consigliere Pedrale.
In ogni caso, adesso faremo la Conferenza dei Capigruppo, poi si proseguirà...



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Oppure, sospendiamo a andiamo avanti la settimana prossima, perché alle ore 14.30...



(Commenti del Consigliere Reschigna)



PRESIDENTE

Giusto! Allora dobbiamo sospendere e a data da destinarsi si andrà avanti fino alla votazione di questo ordine del giorno. Alle ore 14.30 c'è un'altra seduta e non è possibile proseguire con questo ordine del giorno.
Quindi, o siamo in grado di votarlo subito, altrimenti, dobbiamo sospendere la seduta e riportare il documento ad una prossima data; si proseguirà con i tre interventi che mancano dei colleghi Artesio, Laus e Negro, poi si voterà.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Va bene. Sposteremo tutto alla prossima seduta.
La parola al Consigliere Pedrale.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Noi auspicavamo che questo ordine del giorno, anche per dare un costrutto oggettivo alla seduta di oggi, fosse approvato. C'è un ordine del giorno che abbiamo distribuito ai Consiglieri regionali, è stato leggermente modificato il dispositivo finale per cercare di raccogliere le istanze di tutti. Sarebbe bella cosa poterlo votare oggi. Se no finiamo...



PRESIDENTE

Non abbiamo il tempo necessario, perché sono le ore 13.12.
Alle 13.30 ci sono altri impegni e dob biamo fare la Conferenza dei Capigruppo.



PEDRALE Luca

L'impegno è che al primo punto del prossimo Consiglio regionale ci sia l'unanimità di tutti, se no è inutile che facciamo il Consiglio senza lasciare una traccia.



PRESIDENTE

Possiamo definirlo nella Conferenza dei Capigruppo.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.13)



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