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Dettaglio seduta n.287 del 23/10/12 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



(Alle ore 10.00 il Presidente Cattaneo comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.29)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento: Statuto - Regolamento

Proposta di legge n. 304, inerente a "Istituzione del Collegio Revisore dei Conti. Modifiche alla legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte)" (inversione punti all'o.d.g.)


PRESIDENTE

Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione. Chiedo se vi siano ulteriori proposte di modifica.
La Presidenza ritiene di proporre all'Aula di procedere immediatamente prima della delibera di riordino, alla votazione della modifica statutaria che è stata votata all'unanimità dalla I Commissione, che ci impegnerà quindi, per pochi minuti.



(L'Assemblea, tacitamente acconsente all'inversione all'o.d.g.)



PRESIDENTE

L'o.d.g. è dunque approvato ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento così come modificato.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Sono a disposizione e riproducibili, su richiesta, i processi verbali delle sedute del 16 e 17 ottobre 2012.


Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Botta Marco, Cantore, Casoni Comba, Cota, Giordano, Motta Massimiliano, Sacchetto e Tiramani.
Il numero legale è 26.


Argomento:

c) Nomine e designazioni effettuate dalla Giunta e dal suo Presidente


PRESIDENTE

Ai sensi dell'articolo 37, comma 2 bis dello Statuto, si dà atto che sono state trasmesse le informative da parte del Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale in merito a due decreti di nomina della Presidenza della Giunta regionale.


Argomento:

d) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

Approvazione processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g.: "Approvazione processi verbali precedenti sedute", comunico che sono stati approvati i verbali del 9 ottobre 2012.


Argomento: Commemorazioni

Commemorazione dell'Onorevole Adalberto Minucci, ex Consigliere regionale deceduto il 21 settembre 2012


PRESIDENTE

Colleghi Consiglieri, è scomparso il 21 settembre scorso a Roma all'età di 80 anni, l'Onorevole Adalberto Minucci, Senatore della Repubblica e Consigliere nella I e II Legislatura regionale.
Nato 4 marzo 1932 a Magliano in Toscana (provincia di Grosseto), è stato giornalista, dirigente del Partito Comunista Italiano e quindi parlamentare del Partito Democratico della Sinistra.
Si è trasferito a Torino nel 1955, dov'è rimasto sino agli anni Ottanta.
Nel corso della sua carriera giornalistica ha diretto per vari anni la redazione piemontese de L'Unità e, tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, è stato Dirigente della Segreteria torinese e regionale del Partito Comunista Italiano.
Consigliere regionale nella I e II Legislatura, per la circoscrizione di Torino, è stato componente della I Commissione Bilancio. In quel periodo ha dato un contributo determinate per l'avvio dell'attività della Regione operando sia in ruoli di opposizione che di maggioranza.
Successivamente, nel 1983 e nel 1987, è stato eletto alla Camera dei Deputati, e nel 1992 al Senato della Repubblica nelle liste del Partito Democratico della Sinistra.
Membro della Direzione nazionale del Partito Comunista Italiano per vent'anni, è stato anche componente della Segreteria e stretto collaboratore dell'Onorevole Enrico Berlinguer, e ha ricoperto l'incarico di Direttore della rivista Rinascita dal 1977 al 1979.
Negli anni più recenti ha fatto parte della Direzione nazionale del Partito dei Comunisti Italiani ed è stato Direttore per il giornale dello stesso Partito, La rinascita della sinistra.
I funerali si sono svolti il 6 ottobre scorso presso il comune di Magliano di Toscana. In rappresentanza della Regione Piemonte e del Consiglio regionale del Piemonte è intervenuto il Consigliere Wilmer Ronzani.
Desidero ricordare che venerdì 26 ottobre, alle ore 17, in Sala Viglione, è stato organizzato dall'ANPI di Torino un momento dedicato alla figura del Senatore Minucci.
Alla moglie Lucetta, ai figli Andrea e Marina e al fratello Fabio desidero rinnovare, a nome dell'Assemblea regionale e mio personale, le più sentite condoglianze ai sensi della nostra solidarietà e piena vicinanza.
Invito quindi l'Assemblea e i presenti ad un minuto di raccoglimento in memoria del Senatore Adalberto Minucci.



(L'Assemblea, in piedi osserva un minuto di silenzio)



PRESIDENTE

La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10.35 riprende alle ore 10.40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.


Argomento: Statuto - Regolamento

Esame proposta di legge n. 304, inerente a "Istituzione del Collegio Revisore dei Conti. Modifiche alla legge regionale statutaria 4 marzo 2005 n. 1 (Statuto della Regione Piemonte)"


PRESIDENTE

Come variato l'o.d.g., dobbiamo procedere all'esame della proposta di legge n. 304, inerente a "Istituzione del Collegio Revisore dei Conti.
Modifiche alla legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte)", di cui al punto 9) all'o.d.g.
A tal riguardo, la Presidenza aveva inviato un preavviso scritto ai sensi dell'articolo 58, comma 2 del Regolamento.
pervenuta una lettera del Presidente della I Commissione, Angelo Burzi, con la quale informa la Presidenza che nella seduta del 19 ottobre 2012 è stata esaminata e licenziata all'unanimità dai Consiglieri presenti la proposta di legge che è alla nostra attenzione. Pertanto, sussistono tutte le condizioni per trattarla e votarla.
Relatore è il Consigliere Leardi, che dà per letta la relazione, il cui testo recita: "Nell'affidare a un collegio di revisori dei conti il controllo sulla gestione finanziaria della Regione, la presente proposta di modifica statutaria si pone come adempimento diretto dell'obbligo previsto dalla lett. a) del comma 1 dell'art. 2 (Riduzione dei costi della politica nelle regioni) del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonch ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012).
Tale disposizione prevede, infatti, che le regioni che non avranno dato applicazione a quanto previsto dall' art. 14, comma 1, lett. e) del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito con modificazioni dalla legge 148/2011, ossia all'istituzione, a decorrere dal 1 gennaio 2012, di un collegio dei revisori dei conti quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della loro gestione, saranno assoggettate a una pesante e significativa riduzione dell'ammontare dei trasferimenti erariali, espressamente individuata all'interno del comma 1 dell'art. 2 del citato d.l. 174/2012.
L'art. 1 della presente proposta si limita a disporre, nel rispetto della propria competenza statutaria, l'assoggettamento della gestione finanziaria della nostra regione al controllo di un collegio di revisori dei conti, in quanto la disciplina della composizione e del funzionamento di tale collegio trovano la loro naturale collocazione all'interno della legge di contabilità.
Con questa scelta si è voluto, altresì, sottrarre una disciplina analitica, quale la composizione e il funzionamento del collegio stesso che comunque potrebbe necessitare in futuro di ulteriori adeguamenti, dalla sua cristallizzazione all'interno della fonte statutaria, le cui modifiche richiedono il rispetto di adempimenti più complessi e gravosi rispetto a quelli prescritti per la modifica di una legge regionale.
Nel rispetto del contenuto della modifica statutaria proposta si è provveduto a prevederne la collocazione sistematica nell'ambito del Capo III dello Statuto e subito dopo l'art. 70 dedicato ai "Controlli interni".
Si tratta di una modifica statutaria, il cui testo recita: Art. 1 (Inserimento dell'articolo 70 bis nella legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 "Statuto della Regione Piemonte") 1. Dopo l'articolo 70 della legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte) è inserito il seguente: "Art. 70 bis. (Collegio dei revisori dei conti) Il controllo sulla gestione finanziaria della Regione è esercitato da un collegio di revisori dei conti, la cui composizione e funzionamento sonoregolati dalla legge di contabilità".
Ricordo ai colleghi che, trattandosi di una modifica statutaria, sono necessari 31 voti, ovvero la maggioranza assoluta dell'Assemblea.
Non vi sono richieste di intervento in fase di discussione generale, né per dichiarazione di voto.
Indìco la votazione palese sull'articolo 1.
Il Consiglio approva.
Indìco la votazione nominale sull'intero testo di legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti e votanti 43 Consiglieri hanno votato SÌ 43 Consiglieri Il Consiglio approva.
Il punto all'o.d.g. relativo a "Nomine" sarà trattato questo pomeriggio.


Argomento: Province

Esame proposta di deliberazione n. 227, inerente a "Proposta di deliberazione relativa a Riordino delle Province piemontesi ai sensi dell'articolo 17, comma 3 del decreto legge n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del genere bancario), come convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012 n. 135" (atti d'indirizzo collegati: ordini del giorno n. 44, n. 441, n. 898, n. 900, n. 899)


PRESIDENTE

Passiamo ad esaminare la proposta di deliberazione n. 227, di cui al punto 4) all'o.d.g.
Com'è noto, ieri mattina si è svolta una Conferenza dei Presidenti di Gruppo, nella quale ci si è confrontati. Viene dunque messa a disposizione dell'Aula una delibera - cosiddetta impropriamente "delibera che nasce in Aula", a sottolineare il suo profilo tecnico - che prevede sostanzialmente un dispositivo in quattro punti.
Il primo punto è quello relativo alla trasmissione al Governo di due possibili proposte di riordino delle Province piemontesi - si tratta quindi, di quanto contenuto nell'Allegato A - entrambi rispondenti ai requisiti prescritti dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012: la prima delineata sulla base dell'ipotesi formulata dal Consiglio delle Autonomie locali e la seconda, invece, ai fini del rispetto di quanto sancito dall'articolo 133 della Costituzione, delineata sulla base delle istanze presentate dai Comuni che hanno espresso la volontà di procedere all'accorpamento dei territori delle Province di Biella e di Vercelli.
Il secondo punto si riferisce alla raccomandazione al Governo di rivedere la forma di governo delle Province introducendo nuovamente l'elezione diretta dei loro organi, in quanto l'elezione di secondo grado mina fortemente non solo la rappresentanza dell'Ente provinciale ma anche l'effettivo esercizio delle funzioni di area vasta che le Province vengono ad assumere.
Con il terzo punto si raccomanda altresì al Governo di procedere al commissariamento degli Enti provinciali solamente in concomitanza con l'istituzione delle nuove Province e l'elezione dei rispettivi organi, al fine di garantire la continuità amministrativa.
L'ultimo paragrafo invita il Governo a procedere con l'avvio del procedimento legislativo di riordino soltanto dopo che la Corte costituzionale si sarà pronunciata sul ricorso di illegittimità costituzionale avverso l'articolo 23 del Decreto legge 6 dicembre 2011, n.
201, "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici". A tal proposito, ricordo che tra le Regioni ricorrenti vi è anche la Regione Piemonte.
Sono stati presentati emendamenti e ordini del giorno, di cui ora do informazione all'Aula.
stato presentato un emendamento, rubricato n. 1), a firma dei Consiglieri Pedrale, Negro, Goffi, Lupi, Formagnana e Giovine, che poi sarà illustrato dai proponenti. La proposta riguarda una modifica dopo il decimo, undicesimo, dodicesimo e tredicesimo capoverso della premessa: si cambia l'allegato e si fa un'ipotesi di riordino che preveda la Provincia di Biella e Vercelli e la Provincia di Novara e Verbano-Cusio-Ossola, in luogo del Quadrante.
Vi è poi un emendamento rubricato n. 2), a firma dei Consiglieri Reschigna, Stara e Cerutti: a pagina 3 della Proposta di deliberazione la parola "condividere" è sostituita dalle parole "trasmettere" e la parola "trasmessa" è sostituita dalla parola "approvata". I firmatari lo illustreranno al momento dovuto.
Al momento non sono stati presentati altri emendamenti. Ricordo che se ne dovessero essere presentati in corso di seduta sarebbe necessaria la firma di almeno tre Presidenti di Gruppo.
Abbiamo poi da trattare degli ordini del giorno collegati. Il primo, a firma Reschigna e De Magistris - immagino che sarà poi sostenuto anche dal collega Marinello - invita il Governo, qualora il provvedimento legislativo di riordino delle Province, al fine di salvaguardare le peculiarità territoriali, prescindesse dalla puntuale osservanza dei requisiti minimi così come definiti dalla deliberazione del 20 luglio 2012, a tenere parimenti conto, all'interno della Regione Piemonte, della tipicità montana della Provincia del Verbano-Cusio-Ossola.
Il secondo è un ordine del giorno presentato dai Consiglieri Cursio Bono e Ponso il 12 luglio 2012: nel dispositivo prevede l'invito al Parlamento nazionale a promuovere progetti di revisione costituzionale...



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Mi rivolgo a colui che, nell'emiciclo riservato al pubblico, espone una maglietta con uno slogan: non si può! I signori Consiglieri Questori hanno ritenuto eccezionalmente di dare la possibilità ai signori Sindaci, che ringraziamo della presenza, di poter assistere anche in piedi, pure se questo non sarebbe previsto. Chiedo per veramente la vostra collaborazione. Capisco che siano momenti "topici" però qui abbiamo un cerimoniale e una procedura che non possiamo, anche se volessimo, non rispettare. Vi ringrazio.
Dicevo che questo secondo ordine del giorno prevede, nel dispositivo un invito al Parlamento nazionale a promuovere progetti di revisione costituzionale finalizzati ad abolire le Province e a ridistribuire le competenze, ora alle medesime affidate, tra Regione e Comuni in modo da razionalizzare i costi della politica e delle istituzioni, avendo come obiettivo imprescindibile la tutela dei diritti dei cittadini e l'efficienza della Pubblica amministrazione.
Abbiamo un ulteriore ordine del giorno, presentato il 16 luglio dai Consiglieri Botta Marco, Botta Franco Maria, Comba, Cortopassi, Costa Valle e Vignale. Nel dispositivo del documento il Consiglio dà mandato alla Giunta affinché dia avvio ad un forte confronto istituzionale, teso a riflettere sulle funzioni amministrative del sistema piemontese e sul loro conferimento, per fare in modo che il ruolo del Piemonte non si traduca in un mero recepimento delle modificazioni legislative statali, ma permetta la costruzione di un modello aderente alla realtà piemontese sempre più rispondente alle istanze di efficienza ed efficacia territoriale, ispirato alle responsabilità e all'autogoverno delle collettività locali, al principio di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, nonché capace di valorizzare l'identità e la peculiarità territoriale.
Abbiamo poi un ordine del giorno a firma dei Consiglieri Negro Pedrale, Goffi e Motta Angela, che prevede un impegno per il Governo a valutare tutte le istanze che verranno presentate dai Comuni della Provincia di Asti, limitrofi per continuità e omogeneità territoriale ai Comuni della Provincia di Cuneo, relative alle richieste di entrata a far parte della Provincia di Cuneo.
Nel frattempo, sono pervenuti ulteriori emendamenti alla proposta di deliberazione, sulla cui ricevibilità - perché sono arrivati in questo momento - mi riservo poi di esprimermi.
Il primo emendamento, rubricato al n. 3), porta le firme dei Consiglieri Motta, Pedrale, Spagnuolo, Costa, Negro, Vignale e Cerutti. Il requisito dei tre Capigruppo firmatari, dunque, è rispettato. Il punto b) è soppresso e il punto c) è sostituito dal seguente: Provincia di Asti, come già costituita e con il mantenimento degli attuali confini della Provincia stessa.
L'emendamento rubricato n. 4), dei colleghi Motta, Vignale, Cerutti e Carossa prevede la sostituzione del punto b) con il seguente punto b): Provincia del Sud Piemonte (Cuneo, Asti e Alessandria), i cui confini sono quelli delle attuali tre Province, con capoluogo di Provincia Asti.
Vi è poi l'emendamento rubricato n. 5), a firma dei Consiglieri Valle Motta, Pedrale, Spagnuolo, Cerutti e Carossa.
Infine, l'ultimo emendamento, rubricato al n. 6) e avente per oggetto l'ipotesi di riordino delle Province piemontesi, è presentato dai Consiglieri Valle, Motta, Pedrale, Spagnuolo, Costa, Carossa, Cerutti e Vignale.
Ai fini di organizzare la presa in esame di questi emendamenti interrompiamo i nostri lavori per qualche minuto.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 10.53 riprende alle ore 11.04)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Scusate, ma gli emendamenti sono stati fatti all'ultimo momento e quindi, siccome la procedura sulla delibera è abbastanza complessa, abbiamo dovuto riordinarli.
Comunico che gli emendamenti rubricati n. 5) e n. 6), presentati dalla Consigliera Valle ed altri, sono stati ritirati, in quanto il primo è sostanzialmente identico, anche se parte da premesse diverse all'emendamento n. 3), di cui è prima firmataria la collega Motta, e il secondo è identico all'emendamento n. 4), di cui è diventata prima firmataria la collega Valle. Ciò per un accordo tra i Consiglieri della provincia di Asti, che hanno così accorpato gli emendamenti semplificando anche il nostro iter.
L'emendamento rubricato n. 1), presentato dal Consigliere Pedrale, sarà trattato due volte: prima nella parte della premessa e poi nella parte deliberativa, come emendamento cardine. Gli altri due saranno subemendamenti che insistono su quello.
L'emendamento del Consigliere Reschigna sarà trattato per secondo nella premessa, qualora non passasse la parte prima, in quanto modifica una parte che il Consigliere Pedrale propone invece di sopprimere e conseguentemente essendo soppressivo, viene prima.
Cominciamo quindi la nostra discussione generale, poi tratteremo gli emendamenti.
Nel frattempo, è stato presentato un altro ordine del giorno, che valuterò se dichiarare collegato: ne darò comunicazione in corso di seduta.
Ha chiesto la parola la Consigliera Motta; ne ha facoltà.



MOTTA Angela

Grazie, Presidente.
Colleghi e signori Sindaci presenti, oggi noi siamo qui a discutere di una grande beffa: quella dell'abolizione delle Province.
Sì, cari colleghi, un Governo - il mio partito lo appoggia, quindi naturalmente sono un po' in controtendenza da questo punto di vista - di tecnocrati, a cui riconosco l'unico merito di aver certamente ridato credibilità all'Italia in Europa e nel mondo, ma le cui manovre permettetemi - quando non sono fumose, fanno un danno per il Paese. La loro parola d'ordine è "tagli e sacrifici" e, per parlare solo dell'argomento di cui oggi dobbiamo discutere, quindi non tocco altre questioni, "tagli e sacrifici e quindi finalmente aboliamo tutte le Province".
Tutte? Non proprio, non esageriamo almeno: solo quelle che hanno un certo numero di abitanti e una certa estensione chilometrica. Quante sono? Un quinto del totale. Quindi una grande conquista, una grande riduzione grandi tagli e riduzione di costi.
Naturalmente non abbiamo toccato le Province delle Regioni a Statuto speciale, quelle che confinano con gli Stati esteri, e quindi che cosa è rimasto da abolire? Solo le più sfortunate: Asti, Matera, Ascoli Piceno Biella, Crotone, Vercelli e poche altre ancora.
Tralascio il dubbio di incostituzionalità e spero che tra poche settimane ci sia un intervento da questo punto di vista e che questa manovra venga considerata giustamente incostituzionale, ma certo è che tutte le volte che le riforme vengono affrontate solo dal punto di vista dei costi, come se fossero una finanziaria, producono dei mostri.
E allora vengo all'altro atto di questa farsa e di questa beffa. Il risparmio reale viene considerato intorno allo 0,4%, contro un costo riorganizzativo oscillante tra il 10 e il 15%. Voglio solo citare alcuni esempi: dobbiamo cambiare tutte le anagrafi, tutta l'informatizzazione tutta la cartellonistica. Per cosa? Per poche Province.
E allora dove sarebbe secondo questi "Soloni" il risparmio? Ah, ma l'hanno trovato il risparmio: il vero costo, i veri sprechi dell'amministrazione pubblica sono i dipendenti. Ecco, il taglio sarà nel personale. Finalmente abbiamo citato veramente la categoria che, dopo i politici, è quella più odiata da tutti i cittadini: i dipendenti pubblici.
Posso parlare solo per la mia Provincia, ma qui c'è la collega Rosanna Valle e c'è l'Assessore Giovanna Quaglia, che hanno fatto gli Assessori nella Provincia di Asti e conoscono uno per uno i dipendenti, il personale le loro competenze, la loro professionalità. Soprattutto conoscono i tagli che sono già stati fatti in questi anni, perché la Provincia di Asti è una Provincia virtuosa, che ha i conti in regola, che ha già fatto tagli di personale, che ha già fatto delle riduzioni e dei sacrifici, da questo punto di vista. Quindi, andare oltre, vuol dire solo penalizzare il personale, il loro lavoro, le loro famiglie e tagliare servizi ai cittadini.
Di conseguenza, il mio "no" convinto è anche e soprattutto in difesa del lavoro dei dipendenti coinvolti e della salvaguardia dei servizi ai cittadini.
Veniamo alla riunione del CAL. Coerenza e intelligenza: queste sono state le parole d'ordine che si è imposto il CAL per ridefinire le nuove Province. La coerenza è quella che abbiamo conosciuto purtroppo in tutti questi anni: conta solo Torino, tutto il resto del Piemonte non ha nessuna voce in capitolo, non ha nessun diritto. Solo Torino. Questa è la politica che abbiamo visto fare in tutti questi anni.
Sull'intelligenza sorvolo, perché credo che si commenti da sola. Come può essere intelligente non considerare la volontà dei cittadini, degli amministratori? Abbiamo le delibere dei Consigli comunali di tanti Comuni della provincia di Asti che hanno detto no a questa riforma, no a questo riordino e che devono essere ascoltati. Perché? Allora a che cosa servono gli amministratori? A che cosa servono i Sindaci, se poi quando parlano con atti, con delibere di Consiglio comunale non vengono ascoltati? Come può essere intelligente non considerare l'omogeneità di un territorio, specie in termini di attività economica? 106 milioni di bottiglie nel mondo che portano il nome di Asti, solo per parlare dello spumante, senza considerare tutto il resto dell'economia collegata! Come può essere intelligente non considerare il tessuto geografico amministrativo di una Provincia? Allora la decisione presa da una minoranza ricordo che erano in seconda convocazione e con neanche la metà dei componenti del CAL - come può essere votato da questo Consiglio regionale un parere che non ha nessuna legittimità? Con la collega Valle, abbiamo presentato degli emendamenti che forse saranno bocciati, come sono state bocciate tutte le richieste fatte dagli amministratori, dai cittadini di Asti, in primis dal Sindaco di Asti, ma crediamo comunque in questa battaglia e speriamo che questo Consiglio regionale non sia così insensibile com'è stato il CAL, come sono stati gli amministratori che compongono questo organismo.
Sappiamo che è una battaglia difficile, ci crediamo, ci abbiamo creduto, ci hanno anche sconsigliato di farla e di portarla avanti, perch per la politica perdere una battaglia non è mai una bella cosa (bisogna sempre vincere), ma noi pensiamo che le battaglie si debbano fare anche quando sono perdenti, perché le stiamo facendo per i nostri cittadini, le stiamo facendo per i nostri amministratori, le stiamo facendo per i dipendenti della Provincia di Asti, che sono con noi.
Eliminare la Provincia di Asti è un atto di superficialità che non tiene conto della peculiarità di un territorio, della sua storia, della sua economia. Non si può cancellare con un tratto di penna il diritto a esistere di una Provincia, diritto sancito dalla Costituzione (lo voglio ricordare).
Quindi, colleghi, non reiteriamo un atto sconsiderato che il CAL ha assunto e che un Governo di nominati forse ratificherà, sapendo che i parlamentari che voteranno quell'atto si assumeranno la responsabilità sui loro territori per quello che hanno fatto. Dovranno poi andarsi a cercare i voti su quei territori che hanno abolito e quindi cerchiamo di non fare e di non commettere le stesso errore.



(Applausi provenienti dall'emiciclo riservato al pubblico)



PRESIDENTE

Per favore, non si può applaudire.
Ha chiesto la parola il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Dalla voce accorata e commossa della collega Motta potrete intuire e capire come questo tema sia importante, profondo e in grado di scuotere i cuori e le coscienze dei cittadini, degli amministratori e dei rappresentanti dei territori in cui si è eletti, con le preferenze: un mandato molto forte, pesante, che riceviamo dal nostro popolo, dalla nostra gente, dai nostri fratelli e dalle nostre terre.
Come ha affermato la collega Motta, il CAL ha compiuto una grandissima ingiustizia (credo sia l'unico caso in Italia).
Il CAL, il Consiglio delle Autonomie Locali, istituito appositamente per difendere e valorizzare le istanze, le richieste dei territori, ha clamorosamente bocciato tutte le proposte di costituzione di nuove Province: sia quelle che avevano perfettamente i requisiti (come Biella Vercelli, Novara e Verbano-Cusio-Ossola) sia quelle come Asti, indicata dalla collega, dove era necessaria una deroga, ma era possibile farlo. Il CAL della Lombardia l'ha fatto: ha accettato le deroghe, portando avanti le istanze di organizzazione di nuovi territori.
Il CAL del Piemonte (ma voglio chiudere la polemica su quello che è stato, voglio guardare al presente e al futuro) non ha accolto incredibilmente, le richieste provenienti dal territorio. In particolare ha ignorato il fatto che oltre cento Comuni della Provincia di Biella e Vercelli avevano - secondo legge - presentato richiesta affinché venissero aggregati i territori delle due Province.
Capisco che alcuni Consiglieri regionali provengano da altri territori abbiano molti problemi da risolvere e magari non abbiano potuto concentrarsi a sufficienza su questo, ma voglio ricordare che la Provincia di Biella e la Provincia di Vercelli posseggono tutti i requisiti previsti dalla legge, che richiede il Governo: il numero di abitanti sufficienti che supera i 250.000 abitanti; il chilometraggio; la superficie quadrata ed anche il numero di Comuni minimo per poter costituire la Provincia.
Non vengono modificati i territori, quindi è nient'altro che un riordino, una riaggregazione della Provincia di Biella con quella di Vercelli.
Tra l'altro, la si vuole concepire come una Provincia Federata, dove nessuno è figlio e figliastro, dove ci sia davvero una pari dignità sui territori, sugli uffici, sulle competenze, sulle organizzazioni e sulle iniziative.
Qui avete la rappresentanza, più unica che rara, di due territori che non sono mai stati così uniti e compatti dal dopoguerra; avete qui presenti praticamente tutti i Sindaci ed i rappresentanti delle Amministrazioni comunali di Biella e Vercelli, che hanno firmato (almeno il 90% di loro) un ordine del giorno in cui chiedono a gran voce la costituzione della Provincia Federata Biella-Vercelli. Alcuni non hanno potuto firmare solo per mancanza di tempo, infatti vi anticipo che nei prossimi giorni arriveranno delle delibere dei Consigli comunali di piccoli Comuni, che si sono potuti riunire solo nei giorni scorsi.
Biella e Vercelli - dicevo - hanno i requisiti di legge, pertanto non c'è alcuna forzatura, anzi, è il contrario: se la Provincia Biella-Vercelli non fosse approvata da questo Consiglio regionale, sì che subiremmo una forzatura, sì che subiremmo una violenza, sì che subiremmo una cattiveria da quest'Assemblea! E allora, vi ricordo le motivazioni profonde che c'inducono a chiedere a gran voce la costituzione di questa Provincia. Non è un problema di poltrone, di posti; non è un problema di cariche politiche, come qualcuno ha detto, anche perché, allo stato attuale, per come è prevista l'organizzazione delle nuove Province, ci sarà un solo Presidente eletto in secondo grado (probabilmente un Sindaco), non ci saranno gli Assessori e molto potere sarà delegato ai burocrati.
Pertanto, non è un problema di poltrone, non è un problema di posti: è un problema di sociale, di economia, di storia che ci lega a quei territori.
Ho già fatto quest'esempio: fra le residue competenze che rimangono alle Province, se si rompe il tetto della scuola di Asigliano Vercellese, è più facile che il dirigente del Settore Lavori Pubblici e Scuola della Provincia Biella-Vercelli, riesca a fare un sopralluogo in quella scuola più rapidamente se è di Biella o di Vercelli, piuttosto che un dirigente o funzionario di Ghiffa (cito Ghiffa, perché è il paese del mio amico Presidente Valerio Cattaneo, in Provincia di Verbania, lui capisce e mi perdona l'esempio).
Viceversa, se uno di Crescentino, che è il mio paese d'origine, deve andare ad interessarsi della strada di Domodossola, potete capire le differenze anche geografiche, di tempo, tecnologiche, logistiche per poter seguire quei problemi in maniera almeno decente. Ci lamentiamo che le Istituzioni sono lontane dai cittadini, che la politica è lontana dai cittadini, ma, anche da un punto di vista istituzionale, adesso creeremo degli organismi giganteschi, dove diventerebbe davvero difficile, non solo per il cittadino, ma anche per il Sindaco di un piccolo Comune, segnalare un guasto, un problema su una strada provinciale o della propria scuola, il cui tetto magari rischia di crollare sulla testa degli alunni.
C'è, poi, un problema per le nostre due Province, che erano già unite fino al 1992: è vero, erano tempi diversi, erano tempi in cui c'era un'economia molto florida, sia in provincia di Vercelli sia in provincia di Biella, poiché la risicoltura non aveva subito i colpi della globalizzazione e il tessile, in provincia di Biella, aveva punte di espansione, di export, di produzione e di fatturato altissimi. Pensavamo un po' egoisticamente, un po' presuntuosamente (un po' di critica anche noi vercellesi e biellesi dobbiamo farla), di poterci separare ed essere ugualmente due realtà sufficientemente forti e dinamiche.
Il tempo è cambiato, la crisi è arrivata ed entrambi i territori hanno subito, su segmenti economici diversi, un forte peggioramento, con altissimi tassi di disoccupazione. Pertanto, la struttura amministrativa la struttura provinciale, la struttura statale sul territorio serve a tenere coesi dei territori che hanno delle forti scosse sociali e garantisce, comunque, un certo livello occupazionale. Insieme agli amici amministratori di Biella e Vercelli (li ringrazio tutti: amministratori politici, Consiglieri regionali, associazioni, semplici cittadini, sia vercellesi sia valsesiani sia biellesi), che hanno portato avanti questa battaglia, abbiamo calcolato che, tra Biella e Vercelli, se andasse avanti il progetto della Provincia Nord Orientale di Quadrante, rischieremmo di perdere circa 1.000 posti di lavoro, perché molti uffici periferici verrebbero inevitabilmente eliminati o ridimensionati e spostati presumibilmente nel capoluogo di Novara.
Tra l'altro, svolgo l'intervento anche a nome dell'amico e collega Cortopassi, che mi ha concesso lo spazio del suo tempo, proprio per poter articolare meglio le motivazioni che - ripeto - non sono motivazioni...



PRESIDENTE

Consigliere Pedrale, questo non è possibile.



PEDRALE Luca

Chiedo scusa, allora cercherò di concludere il più velocemente possibile, al di là della disponibilità del tempo del mio collega.
Sono i posti di lavoro che ci preoccupano, perché - parliamoci chiaro oltre a quello che vi ho detto, oltre alle sedi distaccate della Prefettura, della Questura, del Comando dei Vigili del Fuoco, del Comando Provinciale dei Carabinieri, dell'Agenzia delle Dogane, dell'Agenzia delle Entrate, c'è un'altra grossa perplessità che spaventa noi biellesi e vercellesi: il futuro della sanità biellese e vercellese, che finirebbe in una maxi ASL di Quadrante difficile da seguire e da governare, soprattutto per poter offrire servizi adeguati ai cittadini.
Sarebbe davvero una beffa per Biella, che proprio adesso sta ultimando (è prossima l'inaugurazione) il nuovo Ospedale, ed anche per Vercelli che fra mille peripezie, sta cercando di riqualificare e rilanciare la propria struttura ospedaliera e i servizi sanitari sul territorio.
Cari amici, vi chiedo, e chiedo a tutti i Gruppi consiliari presenti indipendentemente dal colore politico, di tenere presente questa richiesta e questa istanza che viene davvero dal profondo del cuore e dalle comunità vercellesi e biellesi.
Devo ringraziare tutti per la disponibilità e l'attenzione. In particolare, alcuni Consiglieri che hanno firmato il mio emendamento come l'amico Negro dell'UDC, l'amico Goffi dell'UDC, l'amico Formagnana del Gruppo Misto, Giovine dei Pensionati. Devo anche ringraziare la Consigliera Motta del Partito Democratico, che ha firmato il mio emendamento, come ho firmato il suo ordine del giorno, perché, come ha detto nel suo accorato intervento, noi riteniamo che sia un discorso di territorio, dove la casacca politica, questa volta, non deve c'entrare.
Non lo dico per retorica. Spesso e volentieri ci dividiamo su questioni strettamente politiche, ed è giusto che sia così, perché noi siamo di qua e voi siete di là, ma su questioni come queste bisogna fare uno sforzo e cercare di andare incontro alle esigenze della gente.
Ringrazio anche l'amico collega e Consigliere regionale del PD Ronzani di Biella, che ha fatto una sua battaglia personale e politica - che spero dia i suoi frutti - come anche a tanti colleghi della sinistra che hanno espresso attenzione alle nostre istanze, come anche al Gruppo PD della Provincia di Vercelli, che non ha rappresentanti in Consiglio regionale, ma è a favore della Provincia Federata Biella-Vercelli.
Concludo dicendo solo questo. Non fateci del male. Noi vogliamo poter decidere in casa nostra. non fateci del male. Noi biellesi-vercellesi siamo gente per bene, tranquilla, forse anche troppo. Non siamo abituati a gridare e a manifestare. Se l'abbiamo fatto oggi, ed eravamo anche in tanti, è perché davvero sentivamo dal profondo del cuore l'esigenza di richiedere questa difesa del territorio.
Noi chiediamo rispetto per i nostri territori, rispetto per i nostri Consigli comunali che hanno votato in massa per la Provincia Federata Biella-Vercelli. Noi faremo altrettanto: attenzione e disponibilità verso di voi.
Vi chiedo un atto di amore verso questi due territori e credo che Biella e Vercelli lo meritino davvero.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Presidente della Regione, Onorevole Cota Roberto; ne ha facoltà.



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Sono già intervenuto in occasione del Consiglio regionale che avevamo convocato in precedenza, prima della seduta del CAL. In quell'occasione avevo già espresso le mie opinioni.
Le mie opinioni non cambiano. Oggi ci troviamo in una situazione paradossale. Ci troviamo a dover gestire, noi, una situazione che non è stata creata da noi. Ci troviamo a doverla gestire dovendo dirimere posizioni a livello territoriale che sono il frutto di scelte che non condividiamo assolutamente e che, dal mio punto di vista, vanno rispedite al mittente.
Mi spiego. Si discute di accorpare le Province. Benissimo. Le Province non hanno i fondi per svolgere le proprie attività. Che senso ha, oggi discutere di un accorpamento se non si hanno le garanzie a proposito dei fondi necessari per l'esercizio delle funzioni delle Province? Bisognerebbe, prima di poter discutere di questo, chiedere al Governo di reintegrare i fondi per le Province.
Seconda questione. Oggi discutiamo di Enti che non saranno eletti dai cittadini. Ripeto, i rappresentanti negli Enti non saranno eletti dai cittadini. Questa, colleghi e Sindaci, non è una questione di poco conto.
Perché non è una questione di poco conto? Togliendo il meccanismo della rappresentanza diretta, chi ha ideato questo marchingegno, di fatto, toglie la rappresentanza dei territori. Se poteva avere un senso una presa di coscienza ed un'operazione di razionalizzazione delle Province, questo tipo di presa di coscienza, e anche questo lavoro che veniva fatto direttamente dal territorio poteva, ovviamente, trovare un senso se veniva garantita la rappresentanza dei territori.
Capisco che ci siano dei territori che dicano: se vado in una Provincia più vasta, che poteva avere una logica attraverso la rappresentanza, oggi rimaniamo schiacciati perché, con il meccanismo di elezione di secondo grado, non abbiamo delle garanzie, perché non è un'elezione quella di secondo grado! Terza questione che si è sviluppata ieri e, francamente, non ne conosco i contorni esatti, perché è un dibattito in divenire, non perché non mi sia documentato. È un dibattito che si è sviluppato in Senato, ed è un dibattito che si è sviluppato sui giornali per paventate prese di posizione del Governo. Il Governo fa trapelare che sarebbe disposto a salvare alcune delle Province montane. Noi abbiamo sul nostro territorio delle Province montane. Per esempio, abbiamo la Provincia del VCO che ha il 97% di territorio che è in una zona montana. Anche questo è un problema che si pone e che noi non possiamo risolvere, nella misura in cui questo problema non l'abbiamo creato noi. Non l'abbiamo creato noi, perch sostanzialmente, noi siamo d'accordo sul salvataggio delle Province: è qualcun altro che ha detto che le Province devono essere cancellate con un tratto di penna. Non siamo noi.
Il sottoscritto, come Presidente della Regione, fin dal primo giorno del suo mandato ha sempre difeso l'autonomia delle Province. E l'ha fatto indipendentemente da posizioni di partito o schieramenti dei vari Presidenti delle Province. Di questo siete tutti testimoni. Non mi sono orientato in base alla posizione politica dei Presidenti delle Province. Mi ricordo le battaglie che ho fatto insieme al Presidente Saitta, Presidente della Provincia di Torino, del Gruppo PD. Lo stesso tipo di ragionamento l'ho fatto con altri Presidenti della Provincia del PD.
Mi chiedo: che senso ha oggi arrivare ad una proposta di deliberazione in base ad un impianto che noi non condividiamo? Noi dobbiamo chiedere che venga modificato questo impianto. Dobbiamo chiedere, con forza, che vengano garantiti i fondi alle Province per poter svolgere la loro attività. Noi dobbiamo chiedere, con forza, che venga ripristinato il meccanismo dell'elezione. Non è lì, nell'elezione dei rappresentati dei territori, che ci sono gli sprechi.
Peraltro, lo voglio dire a tutti, questa posizione è anche stata espressa da un punto di vista istituzionale in una serie di ricorsi che abbiamo fatto e che verranno discussi il 6 novembre, quindi tra poco più di una settimana. Non ha senso, come Presidente della Regione, non attendere il pronunciamento, per esempio, della Corte Costituzionale, perché noi su questo abbiamo fatto un ricorso. Quindi abbiamo assunto una posizione chiara. Abbiamo detto: non ci sta bene l'atteggiamento che ha assunto il Governo nei confronti degli Enti locali e delle Province. Un atteggiamento assolutamente vessatorio nei confronti delle Province e dei Comuni.
Mi sento, in qualità di Presidente della Regione, di assumere questa posizione e di avere una posizione chiara, netta e di contrarietà all'impianto del provvedimento.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Presidente, il mondo è bello perché è vario.
Presidente Cota, "Io sono per il quadrante".
Guardi un po' chi l'ha detto?



PRESIDENTE

Per favore, Consigliere Ronzani.



RONZANI Wilmer

Eh no, abbiate pazienza, ma a tutto c'è un limite! A tutto c'è un limite, qui dentro.
"Io sono per la Provincia del quadrante", parole di Roberto Cota - che non sono io - pronunciate a Biella il 23 luglio 2012. Chiusa la partita vengo al merito delle questioni perché io, di essere preso in giro, non ho voglia qui dentro questa mattina! Chiaro? Vengo invece al merito delle questioni che sono delicate, perché siamo chiamati ad assumere decisioni che avranno un impatto, io penso, negativo a seconda del tipo di decisioni che assumeremo, sul futuro istituzionale della nostra regione.
Ai colleghi, quindi, propongo un ragionamento.
Vi propongo un ragionamento, perché penso che noi dobbiamo ragionare con la politica. Qui non serve la propaganda, qui siamo un Ente un'Assemblea legislativa che deve decidere. La propaganda non si fa qui dentro.
Colleghi, onestamente trovo singolare - e lo dico con molto rispetto perché per chi è della mia formazione queste cose pesano - che nei giorni scorsi il CAL, a cui era stato conferito il potere consultivo di esprimere un'opinione, abbia approvato una delibera, che è quella che abbiamo nel fascicolo che ci ha consegnato l'Ufficio di Presidenza, che non tiene conto di una delle proposte in campo.
Non tiene conto di una delle proposte in campo! Penso alla Provincia di Biella e di Vercelli, che aveva i requisiti per essere presa in considerazione ed essere, quanto meno, indicata.
Intanto, pongo un problema democratico - democratico. Come fa il CAL...
A prescindere dal fatto che insieme alla Provincia di quadrante, decine di amministrazioni, due Consigli provinciali, ai sensi dell'articolo 133 della nostra Costituzione, avevano deliberato la costituzione della Provincia di Biella e di Vercelli, avviando l'iter prima del 20 luglio.
Piccolo particolare, per chi ha seguito seriamente questa questione.
E poi può - lo dico polemicamente e mi costa tantissimo - il Presidente della Provincia Torino decidere a nome e per conto di due comunità? Può? democratico? democratico, in assenza di un atto, ma se c'è un atto, e l'atto sono le delibere (e le delibere sono suffragate da un voto dei Consigli comunali), credo che si sia compiuto, prima di tutto, un grave errore democratico. Prima di tutto, democratico! Vedete, non oso pensare cosa sarebbe capitato se la decisione avesse riguardato, anziché la Provincia di Biella e di Vercelli, la Provincia di Torino. Non oso pensare. Ci avrebbero raccontato che eravamo in presenza di un attentato alla democrazia. Io non parlo di questo, perché le parole le peso: non è un attentato alla democrazia, ma è una decisione sbagliata politicamente sbagliata. È una decisione sbagliata, perché si fonda su presupposti sbagliati.
Quali sono i presupposti sbagliati? Si è detto, durante le riunioni di questi giorni, che dobbiamo pensare a Province in grado di realizzare politiche di area vasta.
vero? Si è detto questo? Si è detto che il nuovo sistema delle Province era congegnato in quel modo perché il problema era mettere in campo politiche di aree vasta.
Giusto, sottoscrivo subito. Se questo fosse il tema e quelle fossero le competenze della Provincia, non avrei mai sostenuto la proposta della Provincia Biella e Vercelli.
Peccato - peccato - e non dirlo è un errore e una piccola, o una grande bugia, che le Province non possono realizzare politiche di area vasta, e che le Province che vengono fuori dal provvedimento del Governo sono Province che hanno tre competenze: la programmazione, la viabilità intercomunale e l'edilizia scolastica (appiccicata all'ultimo minuto in Parlamento, in zona Cesarini, perché c'era la protesta dei Sindaci e dei Presidenti delle Province).
Stiamo parlando di questo, colleghi! Stiamo parlando di questo. E del resto, che questo sia il tema è dimostrato dal fatto che il sistema di elezione delle Province è funzionale a quel tipo di soggetto. L'ha ricordato il Consigliere Pedrale e l'ha ricordato la Consigliera Motta: sistema elettorale che ricorda i Comprensori, o mi sbaglio? Secondo grado Presidente della Provincia, che sarà Sindaco o Consigliere comunale Consiglio provinciale, che sarà composto da Consiglieri comunali o Sindaci nessun esecutivo, giusto o sbagliato che sia! Questo è il dato, giusto o sbagliato che sia! Nella discussione che svolgemmo durante il CAL, ve lo ricordate, si era detto che il Parlamento provvede: non è vero! Non credo che il Parlamento abbia alcuna intenzione di provvedere.



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale (fuori microfono)

Diciamo le stesse cose.



RONZANI Wilmer

Sì, ma io l'ho sempre detto, lei l'ha detto soltanto adesso, c'è una differenza sostanziale tra me e lei.



PRESIDENTE

Per favore!



RONZANI Wilmer

Peccato che, in realtà, il Parlamento non intenda cambiare il sistema elettorale! E non lo cambierà, perché questa discussione sulle Province è nata non per rilanciarle! Non è questo l'oggetto del contendere! Non c'era un Parlamento che ha detto: "Manteniamo le competenze, le aumentiamo, ma imponiamo alle Regioni di riorganizzarle"! Questa discussione è figlia di un confronto tra chi voleva sopprimerle e chi voleva mantenerle! Questo è il risultato! È chiaro qual è il problema! Allora, se il problema è questo, non mi spiego - scusate - per quale ragione al mondo due Consigli provinciali - due Province nelle quali decine di Comuni hanno deliberato - hanno deliberato e hanno i requisiti della legge. Non stiamo chiedendo deroghe, piccolo particolare. Vi sono Consigli regionali che hanno concesso deroghe, noi non stiamo chiedendo deroghe! Siamo dentro lo spirito e la lettera della legge, o mi sbaglio? Se siamo dentro lo spirito e la lettera della legge, mi spiegate per quale ragione è impossibile pensare ad una soluzione che riconosca, sul piano della decisione politica, questa aspettativa? Io non lo capisco.
Penso sia un errore se dovessimo assumere decisioni diverse da questa.
Allora, penso - ho terminato - che il Consiglio regionale non debba rinviare decisioni in attesa, deve assumere delle decisioni il Consiglio regionale e deve assumersi - il Consiglio regionale - le proprie responsabilità, come ha fatto ieri il Consiglio regionale dell'Emilia Romagna. E io sono perché il Consiglio regionale si assuma le sue responsabilità.
Non vorrei - lo dico con molto rispetto, perché mi costa dire queste cose - che noi ci limitassimo a fare i notai. Chiaro? Noi siamo un'Assemblea legislativa, non dobbiamo fare i notai, prendere e trasmettere! Noi dobbiamo decidere, giusto o sbagliato che sia assumendoci le nostre responsabilità! Vedo un rischio nella deliberazione che ha presentato l'Ufficio di Presidenza. Il rischio è il seguente: siccome quella delibera - pensata per ragioni nobili, sia chiaro, non è una furbata, però colgo un limite di quella delibera - fotografa le due proposte, il rischio concreto è che il Governo, dovendo decidere, scelga per le quattro, anziché per le cinque.
Vorrei che noi evitassimo questo rischio, adottando la soluzione migliore.



(Applausi provenienti dall'emiciclo riservato al pubblico)



PRESIDENTE

Per favore! La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 11.44 riprende alle ore 11.45)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La Presidenza vuole richiamare l'attenzione sul fatto che la deliberazione posta all'esame dell'Aula non è assolutamente una delibera dell'Ufficio di Presidenza. È una delibera tecnica. Come ho detto in apertura - impropriamente, ma rende l'idea - sono quelle delibere che dovrebbero nascere in Aula, ma non avendo l'Aula i tempi per il parto semplicemente gli Uffici e il Presidente, sentiti i Capigruppo, hanno posto all'attenzione una base di delibera, che, sostanzialmente, ha richiamato tutti gli orientamenti prevalenti, e che potesse anche avere una forma di rispetto nei confronti della delibera del Consiglio delle Autonomie Locali.
Detto questo, ho sempre richiamato ed evidenziato la possibilità di presentare ordini del giorno collegati ed emendamenti, tant'è che alcuni sono arrivati e altri sono annunciati. Anche per quanto attiene le eventuali pregiudiziali, la Presidenza si sta orientando ad accettarle anche in corso di seduta - più di così! Ovviamente, la sovranità è e resta, come è giusto che sia, del Consiglio regionale.
La parola al Consigliere Buquicchio.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Se volessimo utilizzare una metafora calcistica, potremmo dire che ci stiamo avvicinando alla fine della partita, al novantesimo minuto, ma ci aspettano i rigori. E lo sappiamo come va a finire con i rigori. Infatti dobbiamo affrontare il problema del rigore e quest'ultimo, che riguarda una problematica più ampia, è l'argomento oggi della nostra discussione.
Nell'ultimo mese e nelle ultime settimane, complice il cattivo uso dei poteri da parte di una classe politica molto spesso o, a volte, inadeguata e, in qualche caso, anche corrotta, è prepotentemente tornato alla ribalta e noi dobbiamo fare delle considerazioni serie partendo da questo.
Si potrebbe dire che le Regioni hanno fallito e il federalismo, così come lo si è voluto interpretare fino ad oggi, non ha dato risultati esaltanti e poco importa se si sia trattato di una responsabilità relativa alla classe politica a provocare il collasso del principio del federalismo di per sé lodevole - o una riforma quale quella del Titolo V della Costituzione, fortemente deficitaria in molte sue parti, una su tutte il groviglio di materie concorrenti, su cui il Governo vorrebbe districarsi in una rivisitazione di tutto questo! Ma mi vien da dire: beata illusione! Il sistema delle autonomie locali, uscito rafforzato a seguito della revisione attuata con la legge costituzionale del 18/10/2001, è imploso, e quando parlo di autonomie locali non mi riferisco ovviamente alle sole Regioni, ma a quell'assetto istituzionale nato in seno a quella riforma costituzionale.
Si pensava all'epoca che delegando alle autonomie locali settori cardine - come la sanità e i trasporti - si sarebbe potuto garantire un minore sperpero di risorse. Invece così - e lo sapete tutti - non è stato e gli scandali e le inchieste, che da nord a sud hanno letteralmente fatto precipitare l'Italia delle Regioni e dei tanti Enti locali nel baratro più profondo, ne sono purtroppo la dimostrazione più lampante.
Potremmo parlare della Regione Lazio, della Regione Sicilia, della Regione Lombardia, ma sorvoliamo.
Non so se le colpe di una parte della classe politica devono giustificare questo svuotamento di poteri cui stiamo assistendo, tanto da arrivare a minare addirittura il principio fondamentale di riconoscimento e di tutela delle autonomie locali sancito dall'articolo 5 della nostra Costituzione.
Quello che so e che mi sento di sostenere è che qualcosa va fatto e va fatto subito, perché siamo già in ritardo. Serve un cambio di rotta rispetto al passato, e se cambiare rotta dovesse significare tornare indietro di molti anni, legittimando un intervento dello Stato in ogni ambito, facendo prevalere le scelte dello Stato in ogni materia, se tutto questo potesse contribuire ad un più significativo, rigoroso e trasparente controllo delle risorse e di come queste risorse vengono spese, se tutto questo potesse contribuire ad un decentramento più equilibrato e controllato, allora dico: sì, resettiamo tutto, rimettiamo la palla al centro e giochiamo però una nuova partita con delle regole un po' più eque.
Anche se va detto per onestà intellettuale che l'autarchia centralista era fallita allo stesso modo.
In quest'ultimo mese però gli scenari sono drasticamente cambiati e la politica ne deve, senza se e senza ma, prendere atto. Tutto ciò che attiene all'autonomia è oggi sotto processo, perché in nome e per conto dell'autonomia gli Enti locali e le Amministrazioni periferiche hanno agito per quarant'anni senza controllo, abusando di quel principio di sussidiarietà entrato nel nostro ordinamento proprio grazie a quella legge costituzionale del 2001.
Noi questi discorsi come Italia dei Valori li facciamo da tempo, le nostre perplessità non le esterniamo oggi per la prima volta sull'onda dell'indignazione dell'opinione pubblica, sull'onda dei vergognosi scandali che, a destra come a manca, hanno macchiato l'onorabilità della politica o almeno di una parte di essa.
Sono anni che andiamo affermando la necessità di rivisitare l'apparato istituzionale del nostro Paese, dando un segnale forte e radicale di cambiamento, partendo proprio dalla soppressione delle Province, su cui il partito che rappresento ha dato battaglia, raccogliendo centinaia di migliaia di firme. E questo pur riconoscendo alle Province alcune importanti funzioni, che però - per onestà intellettuale non si può negare e a nostro avviso è così - le si sarebbe potuto gestire e possono benissimo essere gestite e rappresentate dai Comuni o dalle Regioni.
Negli ultimi tempi l'attenzione dei media è perlopiù stata rivolta a raccontare e denunciare i privilegi e le spese del Parlamento e degli organi di governo centrali, noncuranti fino a poche settimane fa del fiume di finanziamenti di cui hanno goduto gli Enti locali.
Ma dalla indagine per la spending review e del commissario Enrico Bondi, incaricato proprio di esaminare il bilancio dello Stato per tagliare sprechi e spese superflue, che cosa è emerso? È emersa l'insostenibilità di livelli di spesa degli Enti locali, una realtà che sta nei numeri e che emerge in tutta la sua evidenza se si esaminano i dati dell'andamento del debito pubblico italiano.
Quando ha iniziato a crescere il debito pubblico italiano? In due momenti: nei primi anni '70 con l'introduzione delle Regioni, poi c'è stata una flessione dal '90 ai primi anni del 2000, infine con il Titolo V della Costituzione è di nuovo cresciuto.
evidente quindi che questa macchina non ha funzionato, non possiamo negarlo; è evidente che il trasferimento del potere dallo Stato centrale agli Enti locali non ha saputo rispondere alle intenzioni, sulla carta anche molto apprezzabili, della riforma del Titolo V.
I recenti richiami verso un assetto più federale della Repubblica lungi dal risolvere tutti i problemi del Paese, come si è sostenuto da più parti, hanno rappresentato l'ennesima occasione per incrementare a suon di denaro pubblico le spinte localistiche e campanilistiche, che caratterizzano da sempre il nostro Paese, finendo per portare alla drammatica e ben nota situazione attuale delle nostre finanze pubbliche.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha dato avvio alla seconda fase di regionalizzazione italiana, si è completato quel processo di decentramento che negli anni ha potenziato il ruolo delle Regioni, delle Province e dei Comuni, e ha permesso agli enti sub-statali di perdere la loro connotazione di stampo fondamentalmente territoriale per diventare degli attori di primaria importanza sulla scena nazionale.
Qual era l'intenzione? Quella di sviluppare un modello amministrativo meno verticistico e meno centralistico, in favore di una maggiore partecipazione degli Enti locali nell'elaborazione delle politiche, così da favorire una partecipazione più ampia delle istituzioni e dei cittadini.
Purtroppo l'attuazione dell'autonomia amministrativa si è rivelata in questi anni completamente fallimentare.
Invece di un maggiore coinvolgimento dei cittadini nella gestione della cosa pubblica si è avuto l'aumento indiscriminato delle risorse pubbliche destinate agli Enti locali e la proliferazione delle spese. Anzi, il tentativo di avvicinamento dei cittadini alla politica in nome di quella maggiore partecipazione democratica di cui spesso ci si è riempiti la bocca, ha trovato la sua tomba nel "porcellum", in quella legge elettorale che oggi a fatica si sta tentando di cambiare.
Aldo Sandulli, noto giurista del Novecento, esprimendosi sul passaggio dall'autarchia all'autonomia degli Enti locali sancita con la Costituzione del '48, in particolare dall'articolo 5, fece una considerazione di cura oggi molto attuale. Egli scrisse: "L'attuazione dell'articolo 5 della Costituzione ha portato gli Enti locali da un asservimento agli interessi politici centrali ad un asservimento a quelli periferici, forse aggravando e non attenuando gli inconvenienti sempre lamentati del precedente sistema.
Il sistema delle autonomie locali, insieme alla sua classe politica, si è accresciuto enormemente negli anni, sempre lontano dai controlli centrali e sempre lontano dai riflettori e dalle attenzioni dei media".
Oggi è tutto cambiato. In nome e per conto del federalismo e dell'autonomia, come dicevo all'inizio del mio intervento, si è sviluppato alimentato dai rapporti con i poteri locali non meno forti - quei poteri e determinanti di quelli centrali, un meccanismo che ha finito non soltanto per minare gli equilibri dei partiti su scala nazionale, ma anche per sgretolare le fondamenta di tutto il sistema, che ora non regge più! E dopo aver passato al setaccio i Comuni, dove la parte più vergognosa e malata di questo sistema di rapporti di potere è emersa in tutta la sua drammaticità con l'inchiesta "Minotauro", dopo aver bocciato le Province che subiranno un processo drastico di ridimensionamento a casaccio, a seguito delle indicazioni previste dalla spending review, l'azione del Governo è ora rivolta alle Regioni.
In conclusione, di fatto lo Stato ha bocciato le autonomie locali perché non hanno saputo sfruttare appieno un potere così esteso sino a qualche tempo prima del raggiungimento di questa autonomia sconosciuta.
Poco importa se questo fallimento porti il marchio di un malcostume politico e non sia quindi imputabile direttamente alle autonomie locali gli scandali purtroppo sono sempre figli di una malagestione, sono figli di una macchina cui è stato conferito un potere di cui è stato fatto un cattivo uso, o quantomeno un uso non appropriato. Lo strapotere sinora in voga nei piccoli poteri non è più tollerabile, perché questo è urgente quale argomento affinché si possa trovare una soluzione definitiva. Ma non nella maniera pensata dal Governo con questa proposta di riordino delle Province! Se un riassetto istituzionale dello Stato va fatto, allora va fatto con coraggio, con una riforma in grado di produrre risultati efficaci sulla riduzione dei costi, non con una riforma che cambia le carte in tavola, ma di fatto non cambia nulla! Se ridimensionare significa trasformare le Province in un terreno di spartizione di poltrone e poteri, come ritengo che sia questa riforma prova ne sia il fatto che l'elettorato attivo verrà riservato ai soli Consiglieri comunali, cancellando di fatto il requisito di rappresentanza democratica; se ridimensionare significa ridurre le Province a enti di secondo livello con le stesse competenze di prima ad esclusione di alcune allora a noi questa proposta non piace affatto e non la voteremo! Daremo un voto contrario al provvedimento. Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BONIPERTI



PRESIDENTE

Grazie, collega Buquicchio.
La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente.
Affronto questo dibattito con molta serenità e anche con la consapevolezza che il pronunciamento che oggi rassegnerà il Consiglio regionale del Piemonte, qualunque esso sia, sarà un pronunciamento che dovrà far riflettere ciascuno di noi in modo molto forte. Cercherò di spiegarne le ragioni.
Dico subito che, come ho detto ieri alla Conferenza dei Capigruppo e lo ripeto oggi in Aula, sono nettamente contrario (in questo riassumo forse anche un elemento di sintesi all'interno della posizione del mio Gruppo) alla proposta che ha fatto oggi il Presidente della Giunta regionale di non procedere all'espressione di nessun parere.
Sono nettamente contrario quand'anche quest'Aula oggi esprimesse un parere differente dalle mie convinzioni per la semplice ragione che la legge approvata prevede che i Consigli regionali si esprimano entro il 23 ottobre, altrimenti, dal 24 ottobre non verrà più tenuto conto del loro parere, perché la legge prevede l'iniziativa diretta da parte del Consiglio dei Ministri nella riorganizzazione delle circoscrizioni provinciali.
Sotto questo aspetto, non vale accampare come riferimento il fatto che sono stati promossi ricorsi alla Corte Costituzionale e che saranno discussi il 6 novembre. Perché se il 6 novembre i ricorsi venissero accolti, avremmo fatto un atto inutile e il procedimento ricomincerebbe da capo, ma se il 6 novembre i ricorsi venissero respinti, a quel punto la mancata espressione del parere da parte del Consiglio regionale equivarrebbe ad un via libera rispetto ad un'iniziativa autonoma da parte del Governo. E credo che, pur avendo la consapevolezza delle difficoltà entro le quali oggi matureremo un parere, è nostro dovere assumere questo parere.
Dico da subito che il Gruppo regionale del PD, con il proprio voto consentirà comunque al Consiglio regionale l'espressione di un parere; non impedirà l'espressione di questo parere, perché sarebbe una sconfitta.
Dopodiché aggiungo altre considerazioni. Probabilmente, dalla conversione in legge del decreto legge sulla spending review da parte del Parlamento, anziché usare questi mesi per ricucire il Piemonte attorno a un progetto condiviso, li abbiamo usati per cercare, da tutte le parti, di costruire una proposta che avesse la capacità di superare la logica dei numeri.
Probabilmente, oggi ci troveremo a dover registrare un elemento, che non considero positivo, anche se perfettamente legittimo sotto il profilo delle regole democratiche di un Consiglio delle Autonomie Locali, che si è espresso sulla stessa materia con una certa proposta, e di un Consiglio regionale che credo sia avvii ad una espressione di un parere difforme e differente.
Sarebbe stato forse utile usare questi mesi e queste settimane, più che per cercare, da una parte o dall'altra, il raggiungimento di una maggioranza, per cercare di raggiungere una condivisione attorno a un progetto.
Negli interventi di molti colleghi del mio Gruppo e di altri Gruppi è emersa l'indeterminatezza sul ruolo dell'ente Provincia e soprattutto l'indeterminatezza delle risorse economiche a disposizione, ma è un progetto al quale attribuisco importanza, perché riconosco sostanzialmente la necessità dell'esistenza di un soggetto capace di svolgere le funzioni di area vasta.
Poi, questo soggetto deve essere profondamente riformato, ma vi è necessità di un soggetto intermedio tra le funzioni in capo ai Comuni e quelle di programmazione e di legislazione in capo alle Regioni. Sotto questo aspetto l'alternativa - che considero sciagurata - sarebbe stata la riappropriazione di maggiori competenze sotto il profilo amministrativo in capo alle Regioni. Ma credo inoltre che il sottoscritto in questi giorni e in queste settimane abbia cercato anche di ricucire una posizione capace di esprimere una sintesi che non passasse attraverso la sconfessione del parere espresso dal Consiglio delle Autonomie Locali, ma passasse, invece anche attraverso il riconoscimento di una legittima aspirazione da parte di comunità locali circa il riconoscimento ad un'autonomia provinciale, che peraltro risponde - e rispetta - ai requisiti che la deliberazione del Consiglio dei Ministri ha stabilito nel luglio scorso.
Il problema è che questo riconoscimento da parte di una legittima aspirazione dalle realtà locali non nasce da un progetto condiviso.
Non ho cercato di fare il notaio in questi giorni, ho cercato soprattutto di costruire una posizione capace di riportare a sintesi una posizione autonoma, forte e capace di riproporre al Governo la legittima aspirazione, da parte delle comunità locali di Biella e di Vercelli, a vedersi riconosciute come nuova Provincia all'interno della Regione Piemonte.
E devo dire che è anche una sconfitta complessiva della politica se fino a ieri su queste posizioni c'era condivisione e questa mattina su queste stesse posizioni la condivisione è saltata. Anche questo è assolutamente legittimo, ma dico che non ritengo questa una pagina positiva e coerente all'interno dell'esperienza di questo Consiglio regionale.
Vorrei anche che siano chiare alcune questioni. Possiamo infatti usare gli elementi più emotivi e più comprensibili a ciascuno per poter sostenere la propria idea e la propria convinzione; ma non è attraverso questa operazione, collega Pedrale, che si salvano le Aziende Sanitarie Regionali e si salva la presenza della sanità all'interno di quei territori; di quelli, come di tutti gli altri territori provinciali.
Noi, almeno su questo, cerchiamo di essere onesti sotto il profilo culturale, fino in fondo. Oggi la dimensione delle Aziende Sanitarie Regionali è una dimensione assolutamente inesistente nell'organizzazione e nella gestione dei servizi sanitari. Questa maggioranza, infatti, ha votato la costituzione delle Federazioni cui attribuire funzioni amministrative rilevanti e questa maggioranza sta consentendo che la riorganizzazione della rete ospedaliera, che è il cuore della riorganizzazione dei servizi sanitari, avvenga tramite soggetti impersonali e privi di qualunque responsabilità politico-direzionale attraverso le strutture decentrate dell'Assessorato regionale presso le Federazioni. È lì che si sta già decidendo il cuore della riorganizzazione della sanità all'interno della nostra Regione.
Credo - e qui chiudo il mio intervento - che l'ipotesi che avevo cercato di rappresentare anche nella Conferenza dei Capigruppo di ieri era un'ipotesi che consentiva al Piemonte di ricucire una lacerazione che si è creata tra l'opinione che hanno espresso il CAL, i Sindaci e i Presidenti delle Province e quella che il Consiglio regionale sta assumendo su questo aspetto. Mi sembra che procedere così non sia possibile: ogni progetto che nasca senza una forte condivisione è un progetto destinato a incontrare molte difficoltà.
Dico da subito che sull'emendamento che è stato presentato dal Consigliere Pedrale il Gruppo consiliare del Partito Democratico avrà libertà di voto. Il sottoscritto, personalmente, proprio in relazione alla necessità di consentire l'espressione di un parere da parte del Consiglio regionale, darà voto di presenza sull'emendamento, mentre, per rispetto delle aspettative delle comunità locali, voterà a favore di qualunque proposta di deliberazione maggioritaria.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



(Applausi provenienti dall'emiciclo riservato al pubblico)



(Scampanellìo del Presidente)



PRESIDENTE

Per favore! Signori Sindaci, capisco il momento, però non siamo allo stadio e voi siete rappresentanti istituzionali. Siccome tutte le volte dovrei sospendere la seduta per cinque minuti, ma ovviamente, essendo dotato di buon senso, non lo faccio, voi per favore venitemi incontro. Grazie: sono certo che mi darete una mano.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Formagnana; ne ha facoltà.



FORMAGNANA Michele

Grazie, Presidente.
La logica che dovrebbe sottendere all'operazione di riordino delle Province dovrebbe essere da un lato quella di conseguire risparmi nella gestione della cosa pubblica, ma dall'altro di assicurare anche adeguati servizi a cittadini e a imprese.
Mi preme sottolineare che quello che verrà alla fine deciso oggi dovrà offrire il vantaggio di tenere insieme realtà non solo geograficamente vicine tra loro, ma soprattutto assolutamente omogenee sotto il profilo socio-economico. Ciò avrebbe un'influenza positiva per quanto riguarda gli aspetti legati sia alla gestione delle problematiche presenti sul territorio sia alla programmazione delle attività da intraprendere nel futuro per un suo continuo miglioramento. È questo il motivo per cui esprimerò parere favorevole a quest'emendamento, confermato insieme al Consigliere Pedrale e ad altri colleghi.
Per tale eventuale nuovo contesto amministrativo, si potrebbe inoltre immaginare una distribuzione logistica delle principali istituzioni sul territorio, tale da contemperare i sacrifici che inevitabilmente sia i cittadini sia le imprese si troveranno ad affrontare.
Il tema della seduta odierna è particolarmente, pregnante perch riguarda la nuova geografia amministrativa delle Province piemontesi ed è la conclusione di un momento di confronto con il CAL. L'Assemblea legislativa rappresentativa della comunità piemontese è stata infatti coinvolta sin dall'inizio in questo passaggio che costituisce, a mio avviso, una svolta epocale per il sistema pubblico in Piemonte.
C'è da rammaricarsi che il legislatore non abbia voluto o non abbia potuto affrontare - come da tempo forse sarebbe stato necessario - il problema del riassestamento delle amministrazioni locali in modo organico agendo con norme di rango costituzionale che lo avrebbero permesso, e che dietro la spinta dell'urgenza dettata dalla crisi finanziaria internazionale e nazionale, si sia arrivati ad una decretazione d'urgenza che oggi impone tempi limitati e altrettanto limitati margini di iniziativa alle Autonomie locali. E con più tempo a disposizione le soluzioni sarebbero forse meno cariche di incognite e di perplessità.
Questa situazione di difficoltà che investe tutto il sistema pubblico può diventare, però, un'opportunità di cambiamento. Auspico - e qui mi trovo in piena sintonia con quanto affermato poc'anzi dal Presidente della Giunta - che un'azione corale di ampia condivisione tra tutte le istituzioni coinvolte in questo confronto possa contribuire a favorire, in sede parlamentare, un ripensamento affinché venga reintrodotta l'elezione diretta del Presidente e dei Consiglieri provinciali, nel pieno rispetto dei cittadini che devono poter scegliere i propri rappresentanti.
Vorrei ancora sottolineare, nell'ambito di un discorso organico, che il DDL n. 192 sulla riforma degli Enti locali valorizza il ruolo centrale del Comune quale primo referente nell'erogazione dei servizi ai cittadini e della Provincia quale ente di gestione delle funzioni di area vasta.
prevista, inoltre, una riorganizzazione della funzione dei Comuni in forma associata. Il DDL consente anche il superamento delle attuali Comunità montane a favore delle Unioni dei Comuni montani quale ambito di gestione associata di funzioni e servizi comunali.
Certamente ci sarà il pericolo di proliferazione degli enti, un rischio che si sarebbe potuto evitare se si fosse innalzata la soglia di popolazione per poter costituire un'Unione di Comuni montani, o inserendo un vincolo inerente a un minimo di Comuni aderenti. Il ruolo della Regione Piemonte è stato ed è quello di fungere da regia. Non approveremo tutte le richieste di Unione, ma bisognerà mettere regole fisse e non sperare poi nella politica delle deroghe, altrimenti si manderà in tilt il sistema.
Il disegno di legge di riforma, nell'ottica della semplificazione amministrativa e del contenimento di spesa pubblica, vuole favorire il riassetto dei livelli di governo del sistema delle Autonomie locali in Piemonte. La trasformazione in legge del decreto legge n. 65, cosiddetto "Spending review", ci permette di poter affrontare alcuni temi: come detto poc'anzi, le Unioni per i Comuni al di sotto dei 3.000 abitanti e la revisione delle Comunità montane.
La crisi finanziaria ha colpito il Paese e soprattutto gli Enti locali con un forte taglio alle risorse. La spending review ha evitato il collasso, ma resta molto da fare. Ritengo che in Commissione si sia trovato un buon compromesso, anche se non abbiamo affrontato i problemi dei Consorzi socio-assistenziali che vanno mantenuti; e su questo lotteremo.
Vorrei infine sottolineare il lavoro positivo svolto dall'Assessore Maccanti, che ringrazio, perché ha permesso di arrivare a molte proposte condivise che rispondono alle esigenze dei territori. Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Grazie, collega Formagnana.
Ha chiesto la parola la Consigliera Cerutti; ne ha facoltà.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Noi in quest'Aula siamo chiamati - e così hanno detto dei colleghi che mi hanno preceduta - ad un'assunzione di responsabilità. Devo però dire che francamente non ho una sensazione positiva, in questo dibattito; anche perché, per certi aspetti - e vorrei su questo portare un po' di franchezza mi sembra che siamo chiamati ad un esercizio retorico di fronte a delle scelte che comunque verranno fatte e che, probabilmente, non accontenteranno molti di coloro che sono intervenuti e di coloro che sono qui presenti.
Del resto ieri, per esempio, abbiamo tutti letto sul Corriere della Sera il Ministro Patroni Griffi definire la sua riforma "una riforma importante, che non può venir meno solo per resistenze localistiche" stabilendo addirittura quello che potrebbe essere un commissariamento di tutte le Province, a partire già dal prossimo anno, il 2013, per governare quella che lui definisce la necessaria fase di transizione.
Mi sembra importante porre questo tema, perché è chiaro che è giusto che qui noi discutiamo; però abbiamo sicuramente - altrimenti saremmo miopi nell'affrontare un dibattito che, purtroppo, ha degli interlocutori che forse non sono così attenti all'ascolto.
Credo, quindi, che siamo di fronte ad una riforma che, così come la sta portando avanti questo Governo, produrrà degli effetti che, al momento, non sono ancora chiari, proprio perché abbiamo spinte diverse che vanno in direzioni diverse. Ricordiamo quella che è stata la normativa che ha modificato la consistenza dei Comuni (a partire dalla Calderoli) prevedendo un esercizio associato di funzioni e non una semplice gestione associata di servizi. Questo, per noi, ha significato la spogliazione dei Consigli dei singoli Comuni della funzione decisoria, lasciando ad essi solo la possibilità di atti di indirizzo nei confronti dei componenti dell'Unione.
La questione Province, così come si sta prospettando, per noi presenta pregiudizialmente, un rilevante problema di costituzionalità.
Indipendentemente da quello che può essere il dibattito che avevamo già affrontato prima del Governo Monti sulla utilità o meno delle Province questi sono Enti elettivi previsti dalla Costituzione repubblicana e la modifica territoriale delle stesse Province è una prerogativa che attende ai Comuni.
Aver trasformato con legge ordinaria le Province in Enti di secondo livello, e aver invertito il dettato costituzionale sulla loro composizione, non può, quindi, che essere contestato radicalmente al Governo Monti, così come l'abbiamo contestato al Governo Berlusconi.
Nel merito, riteniamo che un Ente di Governo di area vasta sia indispensabile, almeno sino a quando le Regioni, nel nostro ordinamento avranno una funzione legislativa e non amministrativa.
Considerata quella che è la nostra posizione generale per quanto riguarda il Piemonte, il CAL, così come ricordavano i colleghi, ha licenziato a maggioranza una proposta di riordino che prevede l'accorpamento delle Province di Asti a quella di Alessandria, e quello delle Province di Vercelli, Biella e Verbano Cusio Ossola a quella di Novara, mantenendo Torino, che viene trasformata in Città metropolitana.
Noi consideriamo sbagliata questa scelta, in quanto pare essere dettata più da logiche di rappresentanza o egemonia politica che dalla necessità di riorganizzare in modo omogeneo la struttura delle Province piemontesi.
Questo dato, letto anche alla luce del fatto che l'organo di Governo sarà composto da 12 Consiglieri eletti tra gli Amministratori comunali, ci propone più un percorso di mera annessione territoriale che non di costruzione razionale. Non tiene infatti in nessun conto, ad esempio, la rete di comunicazione oggi presente e funzionale al collegamento dei Comuni agli storici capoluoghi di provincia, problema non secondario se consideriamo che con la soppressione delle Province vengono soppressi anche gli Enti periferici dello Stato.
Se non importa più di tanto la soppressione delle Prefetture, o, più in generale, di tutti quegli Enti non direttamente collegati ad una fruizione dei singoli cittadini, qualche problema anche di una certa intensità potrà porsi con l'accentramento delle Camere di Commercio piuttosto che con alcuni servizi dell'ente Provincia, quali quelli relativi all'agricoltura.
Se questi problemi alla fine potrebbero trovare una soluzione col mantenimento di uffici decentrati - spending review permettendo - in altri casi l'allargamento della dimensione territoriale effettuata per semplici accorpamenti potrebbe determinare ricadute pesantissime sui cittadini.
Anche in questo caso, ci limitiamo all'esempio dell'accorpamento degli uffici scolastici provinciali. Non essendo possibile decentrare le graduatorie dei precari o l'assegnazione delle cattedre al personale di ruolo, avremo insegnanti che potranno/dovranno migrare su un territorio vasto e non sempre comodo e pianeggiante, con servizi di trasporto calibrati su centri di attrazione che non lo saranno più. Se a questo aggiungiamo la volontà di cui si discute in questi giorni del Governo di aumentare da 18 a 24 le ore di insegnamento per medie e superiori, possiamo ben immaginare gli effetti sulla qualità della vita ma, soprattutto, sulla qualità dell'insegnamento.
Tornando, quindi, alla questione relativa al Governo dei nuovi Enti e alle funzioni assegnate, è opportuno ricordare che, salvo quella che sarà la prossima pronuncia della Corte Costituzionale, il Consiglio sarà composto da 12 eletti tra gli Amministratori locali e da un Presidente senza Giunta, e non percepiranno alcuna retribuzione per il mandato ricoperto. Queste sono annotazioni pratiche, ma considerando la complessità delle funzioni e il tempo necessario per esercitarle, è quindi immaginabile che ad amministrare siano chiamati Sindaci o Assessori di Enti medio/grandi, e avranno un rilevantissimo peso le tecnostrutture, compresa tutta la parte relativa alla gestione del territorio (ambiente, acqua e rifiuti) e alla rete di trasporto locale.
In questo senso, non siamo così innamorati di una soluzione piuttosto che di un'altra. Riteniamo, però, che una modifica come quella che si sta portando avanti non tenga conto, come al solito, di quelle che sono le realtà territoriali. E, sull'onda di quello che è il tema dei costi della politica, si stanno anche facendo scelte non democratiche. Abbiamo, dunque un quadro ancora incompleto che ci mostra una situazione complessa, i cui esiti li riteniamo potenzialmente pericolosi: in questo senso noi sicuramente non sosteniamo l'ipotesi di questo accorpamento delle Province così come proposto.
Mi sia consentita una battuta finale relativa agli interventi che ho finora ascoltato: mi è sembrato di sentire, in tutti gli interventi, quello che un leader nazionale ha definito "il tasso di montismo". Questo tasso di "montismo" in quest'Aula è decisamente basso e forse le forze politiche dovrebbero trarne qualche riflessione interna, perché credo che la coerenza in politica paghi, proprio perché è una delle virtù principali che dovrebbe essere sempre messa in campo.



PRESIDENTE

Informo l'Aula che abbiamo ancora dieci interventi prenotati, più la trattazione degli emendamenti, degli ordini del giorno, più le dichiarazioni di voto finale, più la votazione degli emendamenti e il voto finale; pertanto, salvo prova contraria, andremo sicuramente alla seduta del pomeriggio.
Ha chiesto la parola la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
"Immaginate circoscrizioni amministrative provinciali, non diremmo molto vaste o molto popolose, ma tali che racchiudano in sé sufficienti elementi di vita, e vedrete meno grette le intenzioni, più estese le viste meno preponderanti le influenze locali, più studiato e cercato l'interesse generale, più apprezzata l'indipendenza, più vivo quanto più legittimo il desiderio di maggiore libertà".
Questa è l'espressione della Camera dei Deputati il 3 maggio 1856 nella relazione che illustrava il riordino dell'Amministrazione provinciale.
Paradossalmente, è la stessa introduzione che Patroni Griffi utilizza all'interno del proprio studio per presentare le intenzioni di Governo di riordino delle Province.
Ho voluto fare questa citazione per la sua bellezza, ma anche per dichiarare come oggi sia possibile usare argomentazioni in modo artatamente diretto ad ottenere scopi contrari. Vale a dire, è possibile oggi che forze politiche che sostengono un Governo che assume questi provvedimenti e afferma queste volontà centralistiche possano poi, nel dibattito territoriale piuttosto che nei rapporti con i propri amministratori locali pensare di far dimenticare questo peccato originale sposando la tesi dell'autonomia o della specificità di questo o quel territorio.
Io credo che noi, invece, dobbiamo fortemente confutare l'atteggiamento centralistico di riduzione della democrazia rappresentativa che sta venendo avanti con questo disegno, e di cui oggi scopriamo la scure prevalentemente indirizzata sulle Province. E vorrei provare a confutare ciascuno degli argomenti che stanno alla base del progetto di riordino.
Innanzitutto, i costi della rappresentanza democratica. Di tutti i documenti che sono stati depositati, quello che più mi convince è quello che obietta fortemente all'ipotesi di ridurre il governo delle nuove Province a sole rappresentanze di secondo livello, e credo che tocchi a un'analisi severa dimostrare che, ammesso che i costi della democrazia si debbano toccare - e non ne sono convinta - in realtà i costi di questa rappresentanza delle Province ammontano a 122 milioni l'anno: l'1,4% della spesa corrente. E allora, se questa è la proporzione del costo di questa democrazia, vogliamo confrontarlo con altre scelte politiche che si stanno compiendo nazionalmente per dire che la scelta di ridurre la democrazia rappresentativa non è obbligatoria, anzi è sbagliata? Cito nuovamente soltanto un esempio di costo che oggi occupa le pagine dei nostri quotidiani: l'F35 sale da 80 a 127 milioni di dollari, e il nostro Governo, senza colpo ferire, conferma una spesa di 99 milioni di euro per un solo apparecchio militare a fronte del giudizio di inaccettabilità di una spesa della democrazia di 122 milioni? E quindi questo vi pare possa essere il terreno del nostro ragionamento? E ancora. Io, che sono autonomista convinta e che ho patrocinato la tendenza autonomista, permettete che vi dica che le autonomie si salveranno, matureranno, resisteranno solo a condizione che dimostrino di essere migliori della burocrazia statale, migliori del sistema accentrato statale, migliori anche per quanto riguarda le spese. Non sono parole mie sono parole di un'attualità impressionante, pronunciate il 29 gennaio 1948 all'Assemblea costituente da Alcide De Gasperi. E vediamo se questa capacità delle amministrazioni provinciali si è dimostrata rispetto a ci che hanno fatto e a ciò che dovrebbero fare.
Vorrei intervenire, in un dibattito così dominato dal controllo della tecnica come fanno i professori, per dire che la tecnica, espressa da una ricerca dell'Università Bocconi, in questo caso non è stata tenuta affatto in considerazione, in quanto viene indicato un elemento di efficienza e di risparmio se venissero trasferite, con il riordino delle Province ad altri livelli di governo, alcune funzioni che potrebbero migliorare l'efficienza complessiva.
Ebbene, il trasferimento delle funzioni, se lo leggiamo solo in una logica di efficienza, può essere utile, ma anche dannoso, in particolare quelle funzioni che possano essere destinate alla realizzazione da parte di altre amministrazioni comunali, ad esempio, se non accompagnate dal parallelo trasferimento di quelle risorse umane e strumentali oggi dedicate alla loro gestione, non consentono una riduzione della spesa e non consentono un'efficacia della spesa.
Perché in questo dibattito è molto presente l'identità locale (giustamente), è molto presente l'orgoglio istituzionale (giustamente), è molto presente il desiderio dell'autonomia e della responsabilità, ma vorrei fosse anche presente il lavoro quotidiano non solo degli amministratori, ma di tutti quei dipendenti delle Province sulle quali grava l'incertezza della futura collocazione professionale, ai quali credo pochi dedichino parole di riconoscimento per la grande competenza dimostrata.
Infine, voglio venire sul tema che riguarda il modo con il quale lo sviluppo o meno delle Province è stato reso possibile anche da politiche regionali; politiche regionali che hanno determinato una scelta nell'offrire alle Province compiti di coordinamento di area vasta che, se non sono di gestione diretta, sono di promozione dello sviluppo, di affiancamento e di accompagnamento e che hanno visto, con maggioranze diverse, la Regione Piemonte credere nel ruolo di promozione della Provincia.
Quindi ci stiamo avviando, con queste scelte che compiamo e che siamo obbligati a compiere per determinazione nazionale, non a fare una scelta ragionevole sul piano della democrazia, non a fare una scelta sicura sul piano del contenimento dei costi, bensì a fare un'operazione di destrutturazione sia sul piano della rappresentanza dei cittadini sia su quello delle capacità che, al momento attuale, non risulta utile ad alcuno.
Questa è la ragione per la quale la mia parte politica, che non ha imbarazzi - al di là dell'onestà intellettuale che riconosco a tutti i colleghi Consiglieri - né la necessità di indossare giacché diverse a seconda del luogo in cui si siede, convintamente a livello nazionale esprime un giudizio negativo sulle decisioni del Governo Monti e qui le ripromuove, non allineandosi alla necessità e alla volontà di questo Governo; non interverrà nella determinazione espressa dall'Ufficio di Presidenza nel documento che ci è stato sottoposto al voto, ma consentirà con la presenza la possibilità di esprimersi a quelle forze politiche che scelgono una posizione, a fronte della nostra richiesta di mettere in discussione quella che è la politica nazionale di riduzionismo della democrazia e di riduzionismo delle istituzioni.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Spagnuolo.



SPAGNUOLO Carla

Grazie, Presidente.
Sarò brevissima, ma credo che nei momenti topici delle decisioni le proprie posizioni vadano in qualche modo espresse, anche perché quando si assumono delle decisioni è necessario capire qual è la linea d'indirizzo nostra, ma anche la linea d'indirizzo di chi determinati provvedimenti a livello nazionale li ha proposti.
Credo che oggi si cominci a delineare una netta presa di posizione di questo Governo nazionale non a favore delle autonomie, e soprattutto non a favore delle autonomie elettive.
Avrei fatto quest'intervento con convinzione qualora riguardasse soltanto la fase delle Province, lo faccio adesso con molta più convinzione di fronte a un disegno complesso che vedo venire avanti.
Voglio subito dire che non mi sono ritrovata nell'intervento del collega Buquicchio (dico questo per il verbale), perché ritengo che il ruolo che le Regioni hanno svolto in questo Paese sia stato e sia un ruolo molto importante.
Il problema è che possa continuare a svolgersi con dignità politica e senza criminalizzazioni, ovviamente andando a vedere quello che di negativo c'è e che, in quanto negativo, vada perseguito laddove c'è.
Voglio soltanto riprendere una frase del collega Ronzani rispetto alle Province, quando ha detto che questo provvedimento, da parte del Governo viene avanti nella logica e nella volontà di chiudere le Province, non certamente di andare verso quell'azione di governo che esse hanno sviluppato.
E allora, anche rispetto all'intervento che ha fatto il Presidente, mi permetto di dire che ovviamente sarò sulla strada del Consigliere Pedrale e degli emendamenti presentati dalle colleghe Valle, Motta, ecc., ma penso Presidente che oggi si debba votare qui, perché il Governo ha ipotizzato un percorso procedurale e noi non possiamo rischiare di avere un vuoto in questo percorso, nel senso che oggi viene data una scadenza da parte del Governo: noi dobbiamo esprimere la nostra posizione, riempire il percorso procedurale così come ci viene richiesto e sollecitare il ricorso alla Corte Costituzionale, così come dobbiamo ipotizzare un ricorso alla Corte Costituzionale per quello che riguarderà le modifiche in corso del Titolo V della Costituzione.
A fronte di un Governo nazionale, che si colloca sempre più come un Consiglio di facoltà (ho letto questa bellissima espressione in un articolo, questa mattina), ritengo che la politica debba assumere tutta la sua dignità, alzare la testa e comportarsi di conseguenza.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera.
La parola al Consigliere Negro.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
Sarò veloce, perché non voglio ripetere le belle parole che hanno espresso i miei colleghi, da Ronzani, a Reschigna, a Pedrale.
Cosa dobbiamo dire? Noi oggi siamo chiamati a fare delle scelte, non prive di dolore e non prive di spine: la riorganizzazione delle Province perché secondo lo Stato hanno un costo.
Capisco l'emozione della collega Motta, che vede sopprimere la propria Provincia (Asti), che ha portato il nome del Piemonte e dell'Astigiano nel mondo. Capisco l'emozione, perché la Provincia non rappresenta un costo così elevato. Ma il Governo, a questo riguardo, ha deciso, ormai ha deciso.
Ieri il Ministro Griffi ha rendicontato dichiarando che dal 1° giugno tutte le Province saranno commissariate. Per me questa - cari signori - è un po' un'arroganza. Lasciatemelo dire, vado anche contro le idee del mio partito, che sostiene il Governo, ma è così. Posso dire quello che penso? Stiamo eliminando una parte della storia italiana e questo ve lo dice uno che ha fatto il Consigliere e l'Assessore, in Provincia, dove si è lavorato molto e bene.
I costi non sono questi, però, cari signori, il CAL ha deciso per il Quadrante.
Anche il mio partito ha approvato il Quadrante, ma non vedo perché, in un territorio come Biella e Vercelli (abbiamo qui tanti Sindaci), non possano decidere loro il futuro del proprio territorio, della propria gente.
Io ho firmato...



(Applausi provenienti dall'emiciclo riservato al pubblico)



PRESIDENTE

Si sieda, Consigliere Negro.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12.39 riprende alle ore 12.40)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Prego, continui, Consigliere Negro.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
Come dicevo, anch'io ho firmato quanto proposto dal collega Pedrale perché mi sento solidale. Darò un voto di presenza, perché ho piacere che questo avvenga: lo dico apertamente, perché è giusto che ognuno possa decidere, però, come Regione Piemonte, come Consiglio, dobbiamo mettere dei paletti.
Occorre che queste Province siano unite, più a largo raggio. Noi chiediamo che l'elezione dei Consigli provinciali avvenga direttamente dal popolo, non come elezione di secondo grado. Cosa contano le Province, se i rappresentanti non sono eletti dal popolo? A mio avviso contano poco.
Inoltre, chiediamo che le decisioni vengano prese gradatamente, alla scadenza naturale di ogni Provincia, non così in fretta e furia.
Oggi dobbiamo decidere: avrei preferito che il CAL avesse ascoltato di più (è vero che è l'espressione dei Sindaci) i vari territori, al fine di poter inserire anche questa parte che è stata dimenticata.
Se da quattro ne creiamo cinque, non cambia il mondo. Poi, se da Roma la bocciano, non è colpa nostra.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Valle; ne ha facoltà.



VALLE Rosanna

Grazie, Presidente.
Come ha detto giustamente la collega Motta, certe battaglie si devono combattere, anche se purtroppo non siamo in grado di vincerle.
L'obiettivo preliminare è che il Consiglio regionale e tutti noi c'impegniamo a far sì che le Province mantengano le funzioni di Enti di primo livello, perché sono abbastanza vecchia per ricordare cos'erano i Comprensori e come non hanno funzionato.
Riguardo alla battaglia della Provincia di Asti, è vero che si tratta di una Provincia molto piccola, però ha un mondo agroalimentare, un mondo economico imparagonabile ad altre situazioni.
Sono totalmente in disaccordo sullo smembramento della Provincia che certi colleghi hanno proposto; me ne danno atto anche 47 Comuni della Provincia di Asti, che chiedono di tener conto degli attuali confini della Provincia di Asti, eventualmente ingrandendoli a territori omogenei che abbiano le stesse caratteristiche.
La Provincia di Asti è una provincia storica: non è nata pochi anni fa ma nel 1935; ha un'ASL provinciale con un Ospedale che è considerato da tutti un ospedale d'eccellenza.
Il mio sarà un intervento molto breve, per dare modo anche agli altri colleghi di esprimersi: parlo con l'esperienza - come il collega Negro - di chi ha fatto il Consigliere provinciale nella cosiddetta "Prima Repubblica" e ha fatto l'Assessore provinciale alla viabilità, all'edilizia scolastica alla programmazione territoriale dal 2008 fino al giorno in cui sono entrata a far parte di questo Consiglio.
Pensate che una Provincia come Asti ha 1.350 chilometri di strade provinciali. La viabilità è una delle competenze che verrebbe lasciata alle Province: per carità, i tecnici sono tutti molto bravi e ricordo bene il lavoro svolto, nei momenti difficili delle frane, delle grandi nevicate con i cantonieri, col personale tecnico, però occorre una guida di tipo politico.
La Provincia di Asti ha dei conti economici perfetti. Pochi giorni fa ha ricevuto ancora un contributo per l'edilizia scolastica; 14 istituti scolastici di secondo livello vengono amministrati dalla Provincia ed hanno ricevuto un contributo di due milioni di euro sui fondi CIPE per l'adeguamento alle norme di sicurezza.
Ritengo che questo non vada dimenticato. In subordine, visto che le battaglie si possono perdere, credo che la Provincia di Asti sia al centro di due Province con uguali territori ed uguali situazioni economiche, come Cuneo ed Alessandria, e potrebbe diventare una grande provincia del sud Piemonte.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BONIPERTI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Vignale; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Come alcuni Consiglieri ricordavano, è la Costituzione italiana che prevede il mutamento delle Circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove Province. Così come, se volessimo, ma è aspetto poco interessante rispetto al dato politico, vi sono svariate sentenze della Corte Costituzionale, fra le quali la n. 151 del 2012 - quindi molto recenti che prevedono che lo Stato non possa giustificare, con un'emergenza finanziaria, mutamenti costituzionali.
Di fatto, cosa è avvenuto? Non voglio annoiare i Consiglieri, ma sarebbe sufficiente leggere i verbali della Camera dei Deputati per comprendere che, nella discussione relativamente alla Carta delle Autonomie, ad un certo punto, si interrompe la discussione relativamente alle Province e si afferma: "Non si può prescindere dalla revisione della disciplina costituzionale".
noto a tutti, parlando di eventuale soppressione delle Province che essendo in Costituzione, così come le Regioni, la soppressione delle Province può avvenire solo con norma costituzionale. È un percorso che ovviamente, non si è voluto affrontare, allora si è cercata una via breve e certamente non condivisa. Rilevo solo come, nella nostra Nazione, la Costituzione venga utilizzata con modalità differenti. Qualche volta quando si invocano modifiche costituzionali che, come in questo caso sarebbero anche utili per ammodernare il sistema italiano, sembra che la Costituzione sia la carta intoccabile. Sulla Costituzione sono stati fatti e vengono ancora fatti, dei simposi per ricordarne l'importanza, ma poi si può tranquillamente soprassedere alla norma costituzionale con artifizi e furbizie normative.
vero che oggi il Consiglio regionale deve scegliere. Ma ricordiamo perché deve farlo. Il Consiglio regionale deve scegliere non perché ci sia una volontà a livello nazionale, scelta dalla politica, di addivenire ad una revisione delle Province piemontesi. Il Consiglio regionale, così come il CAL, è stato obbligato a scegliere perché il Governo Monti in un articolo di un decreto, il secondo, prevede che, con uno scadenziario, con una tempistica ben precisa, prima il CAL e poi i Consigli regionali debbano prevedere una razionalizzazione delle Province.
utile? È utile certamente nella difesa dei territori. Noi rivendichiamo il fatto che i territori rappresentino, al loro interno delle peculiarità che non sono soltanto culturali, ma politiche e che molto spesso, servono a garantire la differenza dei territori. Questo vale in particolare modo, nella nostra regione, dove abbiamo realtà geografiche e sociali così differenti, a seconda dei territori che dobbiamo rappresentare.
Il timore è che la scelta che oggi il Consiglio regionale andrà a fare sarà una scelta da cartografi, che certamente sarà molto utile nella rappresentanza dei territori, ma non sarà affatto utile nel mantenimento in vita delle Province. Per due motivi molto semplici. Perché è stata decisa la fine delle Province prima con il decreto Salva Italia, quindi con l'impossibilità di elezione diretta del Presidente della Provincia con la previsione di un organismo monocratico.
Ho fatto per nove anni il Consigliere provinciale, ma anche se non l'avessi fatto, qualunque persona di buon senso comprenderebbe che gestire enti sovracomunali con centinaia di migliaia di persone, con un territorio tanto vasto quale quello piemontese, non è cosa semplice e non può essere svolta da un uomo solo al comando. Un uomo solo al comando, peraltro, con una rappresentanza consiliare molto limitata, perché anche questa scelta in modo indiretto, ma da un numero limitatissimo di Consiglieri provinciali.
ancora più significativo il fatto che, non con il primo provvedimento che, di fatto, ha svuotato, da un punto di vista politico, le Province, ma con il secondo provvedimento e con il taglio dei trasferimenti, le Province sono state condannate a morte per inedia. Tutte le Province piemontesi salvo una, oggi non sono in grado, anche se le salvassimo, di votare il documento di non dissesto di bilancio finanziario non perché siano state mal gestite, ma perché il taglio in corso d'anno è stato talmente elevato che non è possibile - salvo per una o due Province piemontesi - approvare quel documento.
Il Governo ha sancito la morte delle Province, in modo graduale. Come le morti che avvengono per avvelenamento, per inedia o per lenta asfissia.
Non troncando immediatamente la vita, ma procedendo passo a passo nella morte delle Province. Credo che sia questo un aspetto più significativo sul quale dobbiamo agire. Non solo la Regione Piemonte ha fatto ricorso sul primo decreto, ma credo che lo debba fare in modo significativo perch anche relativamente al decreto d'agosto, vengano fatte delle modifiche assolutamente significative.
evidente - almeno a noi appare evidente - che questo non è casuale.
Non è casuale che si decida per la riduzione delle Province senza che ci comporti, ad oggi, una riduzione dei costi, se non per la macchina politica, quindi parliamo di un numero limitato, cioè pagheremo lo stipendio a qualche Assessore e a qualche Consigliere in meno, in un bilancio complessivo che rappresenterà, credo, lo 0,20, lo 0,30 % nel bilancio complessivo della Provincia.
Ad oggi non abbiamo sotto gli occhi una dinamica che porta ad un risparmio vero, ma alla morte delle rappresentanze. Quali sono, nei confronti del Governo nazionale, gli unici due soggetti in grado di opporsi a misure nazionali che incidono fortemente sui cittadini, anche se non passano direttamente dalle competenze provinciali e regionali? Sono gli unici due organismi sovracomunali previsti dalla nostra Costituzione: le Province da una parte e le Regioni dall'altra.
Attenzione al gioco che, a volte, è stato fatto quando qualche amministratore regionale diceva, con posizioni che sono legittime, non condivisibili, ma legittime: "Chiudiamo le Province perché sono enti inutili".
Qualche mese dopo, la stessa dinamica è nata nei confronti delle Regioni, a fronte di sopravvenuti scandali di malcostume politico. Per inciso, ricordo che è avvenuto all'interno delle Regioni ma, in modo molto più eclatante, all'interno del Parlamento nazionale e cosa si dice? Limitiamo fortemente non soltanto le deleghe e le competenze dei Consigli regionali, ma limitiamo fortemente l'attività propositiva e l'attività di svolgimento della vita politica dei Consigli regionali.
L'aspetto che oggi ci preoccupa maggiormente, al di là di ciò che noi votiamo, è che sarà il Governo nazionale a definire i confini.
Ciò che preoccupa maggiormente è che sia in atto, in modo evidente, un attacco alle rappresentanze sovracomunali - le Province e le Regioni - come unico strumento di rappresentanza democratica all'interno dei territori.
Ricordo che tanto i Consiglieri provinciali quanto i Consiglieri regionali - in entrambi i casi per esperienza diretta - vengono eletti con il consenso. Se un soggetto viene "paracadutato" in un collegio provinciale, anche se è al primo posto del suo partito ma è di un altro luogo, non viene eletto. Se una persona in Consiglio regionale non prende le preferenze, non viene eletta.
Personalmente, credo che le rappresentanze che hanno un peso nei propri eletti, perché hanno la forza e il consenso elettorale, possano dare fastidio al Governo tecnico.
Questo credo sia il tema di discussione, dentro cui passa anche una nostra decisione nel Consiglio di oggi. In qualche modo - sul punto presentammo anche un ordine del giorno il 10 settembre 2009 - dobbiamo respingere al mittente la volontà di chi decide, violando la Costituzione di scegliere per i Comuni, per le Province e per le Regioni, soggetti che ai sensi dell'articolo 133 della Costituzione, avrebbero titolo a decidere.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

Invito i colleghi Capigruppo e l'Assessore Maccanti ad avvicinarsi al banco della Presidenza.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 12.57 riprende alle ore 13.01)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Dopo aver consultato i colleghi Capigruppo, l'orientamento prevalente è quello di attenersi alla programmazione, in quanto sono ancora iscritti a parlare almeno sette Consiglieri in dibattito generale; poi abbiamo emendamenti ed ordini del giorno da esaminare, quindi presumo che ci sia ancora, minimo due ore e mezza di lavoro. Pertanto, poiché tutti si sono impegnati a concorrere alla formazione del numero legale alle ore 14.30, i nostri lavori riprenderanno alle ore 14.30, dal punto in cui ci siamo interrotti quindi dal dibattito generale.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.02)



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