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Dettaglio seduta n.276 del 26/09/12 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


LEARDI LORENZO



(Alle ore 10.00 il Consigliere Segretario Leardi comunica che la seduta avrà inizio al termine della Conferenza dei Capigruppo)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



(La seduta ha inizio alle ore 11.20)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.
Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione. Chiedo se vi siano proposte di modifica.
L'o.d.g. è approvato ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Casoni, Comba, Giordano, Sacchetto Tiramani.
Il numero legale è 28.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi dell'Istituto Comprensivo di Forno Canavese (TO)


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti della scuola media dell'Istituto Comprensivo di Forno Canavese in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Industria (anche piccola e media) - Problemi del lavoro e della occupazione

Comunicazioni della Giunta regionale in merito alla realtà produttiva della nostra regione e alla crisi occupazionale con particolare riguardo alla FIAT e alle aziende minori (Collegato ordine del giorno n. 636 presentato dai Consiglieri Artesio, Bresso, Buquicchio, Cerutti e Ronzani, inerente a "Ritardo avvio produttivo di Mirafiori e ricadute sull'indotto auto")


PRESIDENTE

Innanzitutto, mi scuso con i Consiglieri perché iniziamo un po' in ritardo i nostri lavori, in quanto la Conferenza dei Presidenti di Gruppo svoltasi stamattina alle ore 9.30 alla presenza del Presidente della Regione, Onorevole Cota, si è protratta fino a pochi minuti fa; anzi, i lavori sono stati aggiornati e riprenderanno alle ore 14.40 in Sala A.
Colleghe e colleghi, siamo convocati sulle comunicazioni della Giunta regionale in merito alla realtà produttiva della nostra regione e alla crisi occupazionale, con particolare riguardo alla FIAT e alle aziende minori, di cui al punto 2) all'o.d.g.
Dichiaro collegati l'ordine del giorno n. 636 presentato dai Consiglieri Artesio, Bresso, Buquicchio, Cerutti, Motta Angela, Ronzani e Stara, inerente a "Ritardo avvio produttivo di Mirafiori e ricadute sull'indotto auto"; l'ordine del giorno n. 193 presentato dalla Consigliera Artesio, inerente a "Accordo FIAT del 23 dicembre 2010"; l'ordine del giorno n. 659 presentato dai Consiglieri Ronzani, Boeti, Laus, Lepri, Motta Angela, Muliere, Pentenero, Reschigna, Stara e Taricco, inerente a "FIAT Chrysler"; l'ordine del giorno n. 871 presentato dal Consigliere Buquicchio, inerente a "Ex De Tomaso, con i nuovi acquirenti trattative trasparenti ed un impegno preciso per il rilancio dell'occupazione".
Ha chiesto di intervenire la Giunta regionale. Prego, Assessore Porchietto.



PORCHIETTO Claudia, Assessore al lavoro

Grazie, Presidente.
Se il Consiglio è d'accordo, svolgerei una parte introduttiva che ho condiviso con il Presidente Cota, per poi lasciare la parola al Presidente della Giunta per quanto riguarda la tematica attinente in modo specifico al sistema FIAT.
In queste settimane abbiamo fatto una rielaborazione di dati che ormai la Giunta, da più di due anni e mezzo, ovvero dal momento in cui ha avviato la sua legislatura, ha pensato di tenere sotto controllo e sotto monitoraggio relativamente al sistema dell'auto in senso lato in Piemonte partendo sicuramente dalla crisi FIAT, ma valutando nella sua complessità il sistema dell'automotive, che - tengo a sottolinearlo - in Piemonte non significa soltanto indotto auto legato a FIAT, ma è un sistema molto più articolato e complesso di quello che noi potremmo pensare.
Ci siamo permessi di far avere al Consiglio regionale diverse slide che mettono in evidenza alcuni numeri importanti e significativi, dando chiaramente la disponibilità a fornire - come abbiamo già fatto anche in III Commissione per quanto riguarda la tematica della crisi in senso lato del Piemonte - numeri che, secondo noi, sono estremamente importanti.
Ancora ieri, valutando con il Presidente i temi che avremmo affrontato questa mattina, abbiamo ritenuto che fosse importante affrontare, sia dal punto di vista occupazionale che dal punto di vista delle ricadute economiche sul territorio, il ragionamento di una crisi del mondo dell'auto che non vede coinvolta soltanto FIAT (poi i numeri ci diranno anche perché).
Partiamo dai numeri dell'indotto in Piemonte, perché in questo momento abbiamo un indotto in senso ampio che tocca circa 94.000 addetti sulla regione Piemonte, con una forte incidenza sulla provincia di Torino, che vede una presenza di più del 60% di questi occupati.
Le imprese di filiera (per filiera intendiamo la filiera stretta dell'indotto dell'auto) sono circa 898, per un fatturato complessivo di 19 miliardi di euro. Stiamo parlando di più del 45% del comparto italiano nel mondo dell'auto che opera in Piemonte, quindi riteniamo che il tema del futuro del comparto dell'auto nella nostra regione sia sicuramente una delle nostre primarie preoccupazioni e occupazioni per quanto riguarda la visione strategica.
Il dato occupazionale sull'indotto dell'auto (base 2010-2011) è stato 5,1%, con un indotto occupazionale fortemente legato, in questo più che in altri settori, all'andamento mondiale del mercato dell'auto (poi spiegheremo anche perché).
Nella seconda slide possiamo vedere l'andamento delle procedure di assunzione su base trimestrale del settore metalmeccanico in modo specifico legato all'auto rispetto a quello delle altre industrie: come potete vedere, ha un'oscillazione molto più accentuata rispetto all'andamento occupazionale delle altre industrie dei vari settori.
Tra le altre cose, dal 2008 al 2012, l'oscillazione non ha toccato soltanto i numeri complessivi, ma anche la tipologia di occupazione.
Infatti, guardando la terza slide, vediamo che l'indice di stabilità occupazionale cambia molto rispetto alla figura professionale che noi andiamo ad analizzare e notiamo che i dirigenti, gli impiegati e i quadri in confronto agli operai specializzati e agli operai generici, hanno dei numeri completamente diversi rispetto alla stabilità occupazionale. Ci significa che, soprattutto in questi ultimi cinque anni, la crisi del settore auto si è fatta sentire fortemente in Piemonte.
Abbiamo avuto una relativa stabilità delle figure più elevate, che pur entrando anch'esse nel vortice della mobilità o della non occupazione, ne hanno comunque risentito meno rispetto agli operai specializzati e agli operai generici, i quali non solo sono stati i primi ad essere interessati dalle operazioni messe in campo per le ristrutturazioni e le crisi aziendali legate al tema degli esuberi, ma anche per quanto riguarda la stabilità dei contratti. Infatti, c'è stata un'impennata fino alla riforma del mercato del lavoro dei cosiddetti contratti flessibili o contratti a tempo determinato; soprattutto i contratti di somministrazione, per quanto riguarda gli operai generici e gli operai specializzati, hanno visto un boom a partire dal 2008, momento in cui ha cominciato a farsi sentire la crisi, toccando delle punte estremamente preoccupanti nel 2011, dopo una parentesi invece positiva in particolare nel 2010, quando il mercato, per un certo periodo, era ripreso.
Credo che queste prime tre slide possano anche dare un'immagine più articolata rispetto a quello che già la scorsa settimana abbiamo prospettato in III Commissione ai colleghi Consiglieri, quando abbiamo parlato della crisi occupazionale in senso più ampio, quindi non toccando soltanto il settore dell'auto. In ogni caso, questa mattina era importante dare anche un focus rispetto ai numeri impattanti quando andiamo a parlare in particolare del settore metalmeccanico legato al mondo dell'auto.
Collegato ed estremamente vicino al tema delle percentuali di non occupazione è tutto quello che è accaduto negli ultimi quattro-cinque anni per quanto riguarda il mercato dell'auto. Non è un caso se noi in questi anni, e soprattutto in questo periodo, insieme agli altri attori istituzionali sul territorio, a partire dalle Camere di commercio e chiaramente dalle Province, stiamo monitorando non soltanto l'andamento sul Piemonte, ma l'andamento a livello internazionale del mercato dell'auto.
Nella slide che vedete proiettata in questo momento, abbiamo evidenziato come dall'inizio del 2012 c'è stato un crollo del mercato estremamente significativo, in particolare sull'Italia. È vero che anche le altre principali nazioni europee hanno visto una contrazione del mercato delle immatricolazioni, ma nessuno quanto il territorio italiano: il -19,9 nel periodo gennaio-agosto rispetto al 2011 (che già non era sicuramente un anno dei più positivi) fa capire come ci sia un problema che non deve essere analizzato soltanto sul Piemonte o sull'Italia, ma è un problema che insiste sull'Europa e, in particolare, sull'Europa dei 15 e non sull'Europa dei 27. Ciò fa richiedere, come abbiamo fatto in queste ultime settimane come Governo regionale, un tavolo di politiche industriali sull'auto non soltanto di carattere nazionale, ma di carattere europeo.
Anche in Germania, dove comunque vi è un calo delle immatricolazioni e le perdite del mercato produttivo dell'auto sono contenute, in questo momento si sta arrancando per quanto riguarda le politiche legate al mondo dell'auto. Pare anche difficile poter condividere che i temi che si portano in questo momento sui tavoli europei debbano essere soltanto i temi di politica monetaria e finanziaria e non i temi di politica industriale altrimenti i principali Paesi europei, che condividono il principale motore dell'economia europea, vale a dire il settore dell'auto e dell'automotive rischiano di soccombere rispetto alla produzione in altri mercati, che non sono più quelli europei.
Infatti, i numeri che noi dobbiamo guardare in particolare sono i numeri delle cosiddette economie emergenti. Negli ultimi dieci anni, ad esempio, la Russia ha aumentato del 50% il proprio livello produttivo livello produttivo e non livello di immatricolazione. Quindi, stiamo parlando di un mercato di produzione interno a Paesi che prima guardavano all'Italia e all'Europa - ribadisco - dei 15 come i principali produttori dei modelli che trainavano il mercato nelle varie fasce di classi e di segmenti del settore dell'auto.
La Turchia ha triplicato il proprio livello produttivo. Il Brasile, al di là dell'Oceano, ha visto la produzione raddoppiare. In particolare, in Corea, che in questo momento è il principale attore delle politiche produttive e delle immatricolazioni nel mondo, solo nei primi otto mesi del 2012 sono stati immatricolati quasi sette milioni di veicoli, in particolare delle case coreane.
chiaro che il problema non è un solo un problema italiano, perché è un problema che sta condizionando tutto il parco produttivo della vecchia Europa, ma evidenziando un anello debole nella produzione in Italia, in quanto tutti i problemi e il contesto italiano non aiutano ad uscire da questo momento di impasse.
Credo che la precedente slide metta bene in evidenza come l'individuazione di politiche industriali non possa più essere soltanto una questione che condividiamo su un tavolo italiano. Occorre un tavolo per discutere sulle politiche industriali dell'auto a livello europeo. Questo è un messaggio che lanciamo anche al Governo italiano.
Per quanto riguarda il tema dell'economia europea, è chiaro che alcuni punti nodali, che vanno condivisi, ci portano a chiederci se (poi spiegheremo il motivo per cui il Piemonte è particolarmente condizionato da queste riflessioni) non sia opportuno un aumento delle esportazioni dall'Europa verso altri Continenti, che è una strategia fattibile, perch in realtà in questo momento le tecnologie, il livello qualitativo e il design della vecchia Europa sono ancora dei fattori di forte competitività nel Mondo per quanto riguarda il settore dell'auto, così come è fondamentale che l'offerta si sposti su nuovi modelli, legati soprattutto alla mobilità più pulita e risparmiosa.
Su questo primo passaggio - ne convenivo ieri con il Presidente - è chiaro che l'Italia ha dei problemi di natura strutturale. Ricordo soltanto che il Governo tedesco ha investito, da qui ai prossimi dieci anni, 17 miliardi di euro sui cosiddetti "motori puliti", mentre invece la scelta italiana è stata quella di ragionare eventualmente su incentivi alla rottamazione. Tra l'altro, incentivi alla rottamazione che, come possiamo desumere da una delle slide successive, hanno portato a benefici soltanto nell'immediato, recando un doping momentaneo, ma non risolvendo in realtà il problema, perché successivamente vi è stata una forte ricaduta delle immatricolazioni.
Tant'è che il Governo francese, che anche nella seconda fase di questa crisi ha deciso di intervenire con forti incentivi nel settore auto, non è comunque riuscito a supportare le principali marche francesi nell'affrontare la crisi.
Oggi, la scommessa è la realizzazione del motore pulito. In particolare, la Renault, alla fine del 2012, uscirà con il primo modello di auto elettrica, la Zoe (se non ricordo male), ma anche in questo caso ci sarà un forte intervento da parte del Governo francese per sostenere un costo che oggi è molto alto rispetto al punto di break even per il rientro dell'investimento da parte del consumatore.
Anche questa è una scommessa che la Francia ha voluto fare, mentre, ad esempio, per tornare al tema del nostro principale costruttore, la scelta di FIAT, su cui non vado a sindacare, è stata quella, nel momento di massima crisi, quindi ad avvio della crisi dell'auto degli ultimi anni, di contrarre gli investimenti, di contrarre i modelli, di tagliare sui costi di progettazione e prototipazione, per concentrarsi sul mercato tradizionale. Una scelta che porterà, speriamo, dei benefici nel momento in cui ripartirà il mercato.
Le case automobilistiche che hanno investito tutto sul motore della nuova generazione, con investimenti estremamente impattanti, in questo momento hanno dei risultati e dei margini operativi negativi: dovendo coprire un investimento estremamente consistente, oggi scontano ancora di più la crisi dal punto di vista finanziario rispetto a quello che, invece sta scontando la FIAT per quanto riguarda il proprio bilancio.
Non è sfuggito a nessuno che l'altro ieri l'Amministratore Delegato Marchionne, nella relazione fatta in Confindustria, abbia evidenziato come FIAT, anzi il Gruppo FIAT-Chrysler, in questo momento goda di buona salute e di buona liquidità, con degli indici performanti positivi. In realtà occorre sottolineare che noi stiamo fotografando la FIAT com'è oggi, ma non siamo in grado di dire, e ancor meno rispetto alle logiche di investimento che il gruppo ha valutato al proprio interno, se questa politica di contrarre gli investimenti per garantire in questo momento un rendimento positivo da un punto di vista finanziario darà i propri frutti nei prossimi anni.
Nei prossimi anni ci ritroveremo con delle case automobilistiche che avendo fatto oggi investimenti, nel momento in cui ripartirà il mercato avranno modelli e progettazioni già fatte, mentre il principale produttore italiano, da questo punto di vista, sconterà - lo dicono i numeri e lo sostiene anche l'Amministratore Delegato - un ritardo.
Sono differenti scelte strategiche, su cui sicuramente il Governo regionale non può interferire, ma sono scelte che comunque ricadono sul nostro territorio. Un territorio, per tornare al Piemonte, dove però vi è ancora un forte collegamento tra l'indotto e la casa automobilistica.
Infatti, se guardiamo la slide che vi mostro, vediamo che in Italia mediamente il 55% dell'indotto ha anche rapporti con FIAT. Questa percentuale sale molto nel momento in cui parliamo invece di componentistica piemontese, perché ben il 79,8% dell'indotto dipende da commesse FIAT.
Attenzione, però, su questo particolare, perché non sempre le valutazioni sono preoccupanti o negative: contestualmente, la componentistica piemontese, in particolare negli ultimi cinque anni, si è molto orientata verso le esportazioni. Tant'è che oggi il fatturato complessivo degli esportatori italiani in componentistica è pari a circa 19 miliardi di euro, ma la componentistica piemontese pesa per sette miliardi e mezzo. Ciò significa che c'è comunque una componentistica e quindi un'industria della componentistica auto piemontese che ha saputo varcare i confini nazionali, per necessità o per strategia, e che oggi, pur stringendo ancora rilevanti rapporti con FIAT in percentuale sul fatturato si è aperta a nuovi mercati estremamente proficui.
In particolare, i nuovi mercati aperti non sono soltanto dove vi sono stabilimenti e insediamenti del gruppo FIAT-Chrysler, ma, per una forte percentuale, sono quelli in cui operano le principali case automobilistiche europee, quindi parliamo di BMW, Mercedes e anche delle case automobilistiche francesi.
Questo, però, chiaramente desta in noi ugualmente una preoccupazione.
Per quanto ci riguarda, è sicuramente importante la crisi dei produttori dell'auto, ma è ugualmente importante, per noi in Piemonte, l'eventuale crisi dell'indotto dell'auto. Oggi, abbiamo comunque una percentuale molto alta di aziende medie e di aziende piccole che operano in un indotto che vede una crisi sistematica che non è legata soltanto alla FIAT.
Pertanto, la preoccupazione che noi abbiamo, oltre - a parer mio - alla buona notizia che negli ultimi dieci anni c'è stata una diversificazione dei mercati da parte dell'indotto automobilistico, è che quella diversificazione si rivolge prevalentemente ai produttori di auto che oggi sono in crisi; forse meno, in questo momento, per quanto riguarda le immatricolazioni rispetto al sistema FIAT, ma continuano ad essere in crisi. Infatti, se guardate la tabella 9, relativa alle immatricolazioni dei maggiori marchi sul mercato europeo, vedete primi i coreani (anzi, i coreani hanno il segno positivo, oltre ad essere primi, perché la Hyundai ha il 23,6%) mentre, oltre alla Renault, che ha un 3,6%, tutti gli altri gruppi europei hanno dei segni estremamente negativi.
Questo significa che il problema piemontese non è legato soltanto a cosa fa la FIAT, ma è legato, per quanto riguarda l'indotto, a cosa faranno le case automobilistiche europee. È fondamentale che l'aiuto proveniente dalle Istituzioni (lascio al Presidente Cota la disamina in particolare sulla tematica FIAT) sia volto ad accompagnare il nostro indotto verso rapporti che vadano oltre le case produttrici del vecchio continente.
In un momento in cui tutte le principali case europee hanno un problema legato alla mancanza di penetrazione in mercati dove la produzione è ormai significativamente importante, internamente parlando (ricordiamoci che la Cina sta producendo milioni di vetture direttamente in loco, così come stanno facendo i Paesi del Sud America o i Paesi emergenti come l'India) noi oggi ci ritroviamo con un indotto ancora fortemente legato ad un'esportazione in ambito europeo, soprattutto nell'ambito dell'Europa dei 15 (neanche dell'Europa dei 27).
Se guardate la tabella 10, anche le esportazioni di autovetture prodotte in Unione Europea vedono dei numeri che ci fanno ben sperare, nel senso che la nostra capacità di produrre auto e componenti in Europa pu trovare sbocchi sui mercati non così vicini all'Europa dei 27. Abbiamo il 243,9% in più verso la Cina (rapporto 2007-2010), il 446% in più verso la Russia e il 50,3% in più verso la Bielorussia.
Questo significa che la nostra componentistica e la nostra capacità di avere sul territorio le competenze professionali e le imprese in grado di fare componentistica di qualità - quindi servire non soltanto il mercato interno, ma anche il mercato straniero - devono essere aiutate, anzi incentivate. Credo che questo sia il motivo per cui anche il Presidente Cota ha chiesto, negli incontri con il Ministro Passera, una serie d'interventi che poi ci presenterà.
Per chiudere (lo vediamo nella tabella 11), sui mercati esteri il Piemonte aumenta il fatturato per quanto riguarda tutto l'indotto dell'auto, quindi la componentistica più attinente al mondo automotive. In particolare, mentre abbiamo livelli negativi per quanto riguarda la produzione in Italia di autovetture, abbiamo percentuali positive per quanto riguarda gli autoveicoli commerciali: un trend in aumento, a partire dal 2006 (ma anche prima, dagli anni '90), che mai si è fermato, in termini positivi. Magari ha rallentato, ma ha sempre mantenuto, negli anni, un risultato positivo.
Questo è un punto di eccellenza sul quale dobbiamo andare a lavorare.
Un altro punto di eccellenza (l'ho anticipato prima) è il seguente: 19 miliardi esportati, per quanto riguarda parti e componenti per autoveicoli sette miliardi e mezzo provenienti dal Piemonte. Anche qui, c'è una leggera flessione nel 2008-2010, ma nuovamente un incremento nel 2011-2012.
Qual è il problema? Il problema è che le aziende che in questo momento stanno esportando componentistica sono aziende di medie dimensioni; medie dimensioni per noi, ma grande impresa per quanto riguarda - e mi rivolgo in particolare alla Consigliera Bresso - le attuali normative europee.
Ritengo che il tema debba essere vagliato ed è il motivo per cui mi sono permessa di aprire un ragionamento sull'importanza di fare politiche industriali a livello europeo, perché le regole del gioco attuali non possono più valere. Il grande problema, in questo momento, è se vogliamo realmente scommettere - aiutandole e sostenendole - su quelle aziende che oggi, in Italia, esportano per 19 miliardi nella componentistica auto, pur avendo un mercato fortemente in crisi.
Come sapete, sono definiti "aiuti di Stato" gli interventi che si fanno sulla media e grande industria, ed è importante che anche la Regione Piemonte si muova sulla media e grande industria, che non è soltanto FIAT vorrei sottolinearlo - perché sopra i 250 addetti parliamo di grande impresa, quindi non è solo FIAT, ma è tutto quell'indotto che oggi dà un segno positivo alle esportazioni piemontesi.
Questo è uno dei temi che la settimana scorsa il Presidente Cota ha portato a conoscenza del Ministro, pertanto lascio la parola al Presidente Cota, in merito ai temi più attinenti alla problematica FIAT.
Grazie.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BONIPERTI



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Porchietto.
La parola al Presidente della Giunta, Cota.



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Ringrazio, innanzitutto, l'Assessore Porchietto per l'esaustiva relazione che ha presentato. Ritengo che questo testimoni anche l'azione che sta portando avanti il Governo regionale, che è suffragata da una capillare e profonda opera di ricognizione e di costante comunicazione con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e delle categorie produttive nella nostra regione.
La vicenda FIAT si è sviluppata nel tempo: non la riassumo, anche perché c'è stata un'ampia documentazione sia sui giornali sia all'interno delle sedi istituzionali.
In buona sostanza, con riferimento allo stabilimento di Mirafiori, c'è stata una dichiarazione dell'Amministratore Delegato Marchionne, che prevedeva la realizzazione di investimenti presso tale stabilimento.
Successivamente, l'attuazione di quegli investimenti è stata più volte dilatata, fino ad arrivare alle ultime dichiarazioni dell'Amministratore Delegato Marchionne, il quale ha affermato che la FIAT si trova nell'impossibilità di realizzare immediatamente quegli investimenti a causa della situazione del mercato. In tali dichiarazioni, confermava la disponibilità a fare gli investimenti, ma li dilazionava ulteriormente nel tempo, verso il 2013-2014.
L'Amministratore Delegato della FIAT, nell'affermare questa posizione ha evidenziato - cerco di fare un riassunto obiettivo, non prendo assolutamente posizioni, poi vi dirò esattamente quello che penso io sostanzialmente, due questioni.
La prima: oggi abbiamo una situazione molto difficile dal punto di vista del mercato dell'auto, con una caduta verticale dei consumi di autoveicoli, cioè dell'acquisto di nuovi autoveicoli. Questo rende difficile o impossibile la costruzione immediata di nuovi modelli.
La seconda considerazione è legata al deficit di competitività del nostro sistema produttivo rispetto agli altri sistemi produttivi, cioè il fatto che produrre automobili da noi costerebbe molto di più e sarebbe antieconomico.
Questa è, in sintesi, la posizione dell'Amministratore Delegato Marchionne.
Questi ultimi anni, ma soprattutto questi ultimi mesi, sono stati caratterizzati da un avvicendarsi periodico di queste dichiarazioni lanciate un po' come spot e riaprendo sistematicamente un dibattito, con dichiarazioni più o meno allarmate da parte di sindacati, associazioni di categoria e - giustamente - istituzioni.
In questa ultima fase - come Presidente della Regione, ovviamente appena lette queste ultime dichiarazioni, mi sono attivato sia nei confronti dei vertici della FIAT - che a me, ovviamente, hanno rappresentato la posizione che vi ho tratteggiato - sia nei confronti del Governo, in particolare nei confronti del Ministro Passera.
La settimana scorsa, nella giornata di venerdì, ho fissato un incontro con il Ministro Passera, propedeutico al confronto che c'è stato con la FIAT, che è durato diverse ore, nella giornata di sabato.
Come Presidente della Regione, ho detto al Ministro Passera che, a mio avviso, da parte di tutte le istituzioni - il Comune, la Regione (che ha un dovere di rappresentanza su tutto il territorio piemontese, anche politico) e il Governo - occorreva tenere una posizione ferma nei confronti dell'azienda, alla quale era necessario chiedere chiarezza sui tempi e sulle modalità degli investimenti.
L'esigenza di questa chiarezza è motivata da un fatto: come giustamente ha evidenziato nella sua relazione l'Assessore Porchietto e come anche voi avete giustamente evidenziato nella premessa di alcuni ordini del giorno che sono stati presentati, attorno alla FIAT ruota un universo di piccole e medie aziende del cosiddetto "indotto", alcune delle quali hanno già diversificato in parte la loro politica aziendale, ma, ovviamente, soffrono sia per il fatto di non avere lavoro dalla FIAT, sia per la situazione di incertezza collegata a questo particolare momento. Infatti, nella situazione di incertezza si consuma una grandissima difficoltà anche dal punto di vista della programmazione e delle scelte produttive.
Quindi, è necessaria una posizione di chiarezza e una posizione di fermezza nel chiedere che la FIAT ponga in atto gli investimenti a Mirafiori.
Perché posizione di fermezza? Tutta la parte, che, poi, vorrei brevemente sviluppare, legata alla crisi di competitività del nostro sistema è una parte giusta, che va sviluppata, secondo me, soprattutto con riferimento alla situazione complessiva del nostro sistema produttivo e del nostro sistema industriale, perché si parla solo di FIAT e non si parla mai, o si parla poco, delle aziende dell'indotto. Non si parla mai, o si parla poco, delle migliaia di aziende che chiudono perché non ce la fanno più in termini di competitività e lasciano a casa migliaia di lavoratori soprattutto giovani, determinando un tasso di disoccupazione che è cresciuto moltissimo nell'ultimo periodo. Quindi, questo problema va assolutamente affrontato.
Però, per quanto riguarda la FIAT dobbiamo parlare di una situazione speciale legata al fatto che questa azienda - lo dico con rispetto - ha un debito di riconoscenza nei confronti del nostro territorio, perché è sempre stata considerata un'azienda simbolo. Proprio per questo è diventata parte integrante del nostro tessuto non soltanto economico, ma anche del tessuto sociale (la FIAT ha la proprietà dell'unico quotidiano piemontese) insomma, a Torino è sempre stata considerata la famiglia per eccellenza. In più, negli anni, l'azienda ha goduto di una serie di attenzioni dal punto di vista istituzionale, diciamo così, sia dal punto di vista del Governo centrale, sia dal punto di vista delle Amministrazioni locali.
Ricordiamo tutti l'operazione TNE, che ha riguardato una parte dello stabilimento del Lingotto che è stato dismesso e destinato ad attività diverse rispetto a quelle industriali. In quella sede c'è stata una grande collaborazione da parte delle Istituzioni, sia dal punto di vista delle scelte amministrative, sia dal punto di vista dell'esborso economico da parte del nostro territorio.
Allora, non si può pensare alla FIAT come un'azienda qualunque e che il nostro territorio venga considerato secondo un criterio ragionieristico.
Cioè, calcolare che a Mirafiori ci costa tot produrre una macchina, mentre in un altro posto ci costa meno. Questo non è possibile e, ovviamente, non sarebbe neanche onorevole per l'azienda e per la proprietà uscire dalla porta di servizio, dopo aver giocato negli anni un ruolo così importante per la nostra città e per la nostra regione.
Ho parlato non a caso di debito di riconoscenza, cioè di qualcosa che prescinde dai ragionamenti ragionieristici sulla competitività del prodotto e sulla produttività del nostro sistema, anche dal punto di vista dei dati del mercato. Poi c'è anche la corrente di pensiero secondo la quale il mercato si influenza attraverso i modelli che si presentano e che ovviamente, se non si presentano modelli, non si possono recuperare quote di mercato. Però, non voglio fare l'imprenditore, ma il Presidente della Regione e in questa veste dico che c'è un vero e proprio debito di riconoscenza.
Con riferimento agli sviluppi di questa posizione che ho rappresentato al Ministro Passera - però non è distante dalla posizione del Ministro Passera, ma è giusto che ognuno precisi correttamente le proprie posizioni devo dire che c'è stata una collaborazione e un'interlocuzione nel merito con lui e la sua posizione non era distante. Proprio per questo motivo anche nell'incontro si è ragionato sul fatto che, se il mercato oggi non dà prospettive, l'azienda può e deve fare una valutazione di produzione qui anche per esportare in altri mercati, finché le condizioni del nostro mercato non miglioreranno.
Ricordo che, nella storia recente, quando, per esempio, l'azienda aveva deciso di insediarsi in Brasile, il mercato brasiliano non offriva immediatamente delle prospettive di vendita delle autovetture: infatti alcune venivano prodotte là e, poi, vendute sul nostro mercato. Allora anche oggi è possibile - secondo me, è doveroso - cercare di realizzare un riequilibrio tenendo conto di tutto quello che rappresenta lo stabilimento di Mirafiori.
Di questo si è ragionato nell'incontro con il Governo: hanno deciso di istituire un tavolo di lavoro - che si riunirà nei prossimi giorni - per verificare concretamente se è possibile realizzare questo percorso.
Come Presidente della Regione, penso che vadano affrontati due problemi. Il primo è quello della FIAT: tutto il territorio deve manifestare nei confronti dell'azienda l'esigenza che rimanga in Piemonte e che sarebbe molto grave uscire dalla porta di servizio. Quindi, occorre richiamare questo dovere di riconoscenza, ma anche guardarci negli occhi e fare un ragionamento concreto sulla situazione del nostro sistema industriale. Lo dico in positivo, senza voler sollevare alcuna polemica però, noi registriamo in questo Paese due grandi problemi.
Il primo è un livello di tassazione troppo alto, che riguarda le imprese e il lavoro. Tant'è che, negli ultimi anni, la chiusura di tante aziende si è verificata soprattutto per questo motivo, non per la deficienza dei nostri imprenditori; per deficienza intendo la mancanza di qualche cosa, la mancanza di capacità, la mancanza di voglia di lavorare.
Assolutamente no! Si è verificata, perché, con una tassazione così alta sul lavoro e sulle imprese, produrre dei prodotti finiti che dipendono dal costo del lavoro diventa sostanzialmente antieconomico. Quindi, le aziende che fanno questo tipo di attività non sono più competitive.
Se facciamo una ricognizione sul nostro territorio, quali aziende si salvano? Le aziende che hanno saputo o investire molto nella ricerca e nell'innovazione e quindi arrivare ad un prodotto che non dipende in maniera stretta dal costo del lavoro, oppure che hanno un prodotto il cui costo finale, magari perché sono prodotti di lusso, non dipende dal costo del lavoro, oppure perché hanno saputo ricavarsi delle nicchie di mercato che non fanno a loro volta dipendere il mercato del prodotto dal costo del lavoro.
Questa è la fotografia che sono in grado di darvi anche dalle mie visite settimanali nelle aziende del Piemonte.
Noi oggi vediamo che il problema si presenta con riferimento a FIAT però la realtà è che dobbiamo parlare non tanto di FIAT, ma dobbiamo parlare di tutto il nostro sistema industriale. Di questo dobbiamo parlare se vogliamo fare un'azione corretta dal punto di vista delle scelte politiche e di governo.
Il secondo problema è quello della mancanza di una politica industriale, cioè di una pianificazione e programmazione dal punto di vista della politica industriale.
Sono intimamente convinto che la politica industriale debba andare di pari passo con la politica fiscale, altrimenti non si riesce a fare alcuna scelta di politica industriale. Non si può dire: "Cerchiamo degli investitori stranieri che vengano sul nostro territorio ad impiantare i loro stabilimenti". Per venire qui deve in qualche modo convenire; se non conviene, non vengono.
Poi noi abbiamo tutta una serie di indici. Non abbiamo soltanto l'indice fiscale negativo, ma abbiamo anche l'indice della produttività abbiamo l'indice della burocrazia, l'indice della giustizia troppo lenta.
Sono tanti indici e non sto qui a ripeterli, perché li conoscete anche voi però, evidentemente, dobbiamo agire su questo: politica fiscale che si aggancia ad una politica di tipo industriale.
Rivendico l'azione che in questo senso, con queste idee, il Governo della Regione Piemonte ha fatto sin dal primo giorno di insediamento.
Nell'ambito delle nostre competenze - che purtroppo sono molto limitate abbiamo attuato una politica fiscale di incentivi, rispetto alle aziende che intendevano insediarsi sul nostro territorio ed assumere nuovi lavoratori, abbastanza rilevanti.
Vorrei ricordare che abbiamo introdotto delle agevolazioni IRAP, nella quota di IRAP che è di nostra disponibilità, per chi assume nuovi lavoratori, oppure per chi trasforma i contratti da tempo determinato in tempo indeterminato, quando alla fine di un triennio c'è un saldo positivo.
Questo può comportare un risparmio, quindi la possibilità di scaricare per chi ha meno di 35 anni, 30 mila euro per ogni lavoratore; per chi ha da 35 a 49 anni, 15 mila euro; per chi ha più 50 anni, 30 mila euro.
Non abbiamo ancora i dati definitivi e completi, però posso dirvi che questa misura ha prodotto un effetto, perché ci sono state tante richieste e quindi c'è stato un riscontro rispetto a quello che abbiamo fatto.
Inoltre, attraverso le altre misure che abbiamo varato e anche con una reimpostazione corretta dei Fondi europei, abbiamo cercato di intervenire nel sostegno all'innovazione e alla ricerca, perché la questione è duplice: politica fiscale e politica industriale. Oggi quali aziende possono funzionare? Possono funzionare le aziende che puntano sulla ricerca e sull'innovazione. È chiaro dunque che bisogna indirizzare l'attività in questo senso.
Mediante una riorganizzazione del CEIP e un lavoro con le categorie produttive, abbiamo puntato anche sull'internazionalizzazione. Questo è un aspetto che non ho messo in luce nella prima parte dell'intervento; l'ho messo in luce con riferimento alla FIAT, ma forse non l'ho detto in generale. Per noi oggi la prospettiva è l'esportazione per le aziende che abbiamo sul nostro territorio. Abbiamo ancora tante aziende - me lo dicono gli industriali, me l'hanno detto l'altro giorno all'Unione Industriale di Torino - che neanche si affacciano rispetto all'esportazione. Per potersi affacciare all'esportazione è necessario prima di tutto potere lavorare in rete e poi riuscire ad avere, attraverso questa rete, i canali per poter aggredire i mercati stranieri.
Abbiamo quindi lavorato in questa direzione. Abbiamo lavorato anche tenendo presente quelle che sono le caratteristiche del nostro territorio che è un territorio suddiviso per distretti industriali, per cui ciascun territorio ha un livello abbastanza adeguato di specializzazione, che serve anche per creare il sistema della rete di imprese.
Questa è l'impostazione, a mio avviso corretta, anzi oggettivamente corretta, che ho rappresentato al Governo per richiedere un intervento.
L'intervento non può che essere quello di agire prima di tutto attraverso una riduzione fiscale, un abbassamento della pressione fiscale sull'impresa e sul lavoro.
La via da seguire non è quella di dare degli incentivi a FIAT; sono contrario agli incentivi mirati elargiti ad una sola azienda. Non è questa la via da seguire: non ha portato niente in passato e spero che nessuno la voglia pensare, anche perché non sarebbe neanche possibile.
Per aiutare il nostro sistema produttivo - e quindi anche FIAT bisogna agire dal punto di vista degli incentivi fiscali, cioè dell'abbassamento preciso della pressione fiscale sulle imprese e sul lavoro.
Se si vuole, e penso che si debba, lo si deve fare con particolare riferimento alla realizzazione di investimenti che incidono dal punto di vista della ricerca e dell'innovazione, per fare riprendere competitività ai prodotti, e con particolare riferimento all'esigenza di sviluppare una politica che, in passato, non è mai stata veramente affrontata.
Ricordo quante polemiche ci sono state all'inizio degli anni Duemila.
Noi stiamo vivendo la terza fase, sostanzialmente. La prima fase è stata quella dell'inizio degli anni Duemila, che ha portato ad una perdita di competitività delle aziende che facevano prodotti a basso costo e di bassa qualità, per effetto della concorrenza sleale - talvolta sleale, ma dico sleale assolutamente - che arrivava dalla Cina e dagli altri Paesi a manodopera a basso costo, con l'ingresso della Cina nel sistema del commercio internazionale. E ci ricordiamo tutto il problema delle quote, ci ricordiamo la crisi pesante che si è subita nel Biellese! La seconda fase è quella dell'ultimo periodo, legata proprio a tutti gli altri prodotti, come dicevo prima. In quegli anni, si è sviluppata la cosiddetta delocalizzazione. Addirittura in alcuni casi, purtroppo incentivata, perché serviva agli stessi imprenditori, quindi alcuni imprenditori hanno pensato anche di lucrare su questo, magari pensando di sfruttare la manodopera a basso costo che esisteva in determinati Paesi.
emersa una generale reticenza da parte un po' di tutti rispetto a questo fenomeno che si accompagnava al declino che si stava accentuando.
Oggi noi abbiamo bisogno, invece, di ragionare fortemente su un processo opposto, cioè quello di produrre qui per poter, con le scelte giuste, aggredire gli altri mercati. Questo è un po' la sintesi di quello che penso.
Sto lavorando in questi giorni per cercare di elaborare una proposta concreta secondo le direttrici che vi ho esposto in questo intervento e di cui, ovviamente, vi darò conto. Lo sto facendo anche interloquendo con il Ministro Passera.
Quanto alla seduta di oggi, la ritengo molto utile. Infatti ho aderito subito quando ne è stata avanzata la richiesta, e vi ringrazio. Non so se verranno presentati degli altri ordini del giorno, ma vi dico subito che dal punto di vista della Giunta, ci sarà il parere favorevole a tutti gli ordini del giorno che, in qualche modo, possono richiamare una proficua presa di posizione comune da parte dell'istituzione Consiglio regionale.
Se poi volete, approfondiamo meglio con l'Assessore Maccanti, ma il mio parere sugli ordini del giorno è favorevole. Su un ordine del giorno chiederei una piccola modifica lessicale. Sui contratti non mi sento di intervenire perché quella è una materia che non riguarda il Governo regionale e sulla quale ho delle opinioni diverse. Su buona parte degli ordini del giorno, esprimo comunque parere favorevole. La Giunta ha delle opinioni sostanzialmente coincidenti.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

aperto il dibattito generale.
Invito i colleghi, se è possibile, essendo già le 12.12, di limitare il tempo del proprio intervento, e i firmatari dell'ordine del giorno di fare brevemente cenno al documento. Mi sembra che l'intervento del Presidente della Regione riguardo questa parte aiuta nell'illustrazione.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Dalle due relazioni della Giunta ho inteso che l'analisi della situazione relativa all'indotto, supportata dalla lettura e dai dati dell'Assessore Porchietto, è sostanzialmente condivisa e che, in particolare, si accoglie la proposta contenuta nel nostro ordine del giorno di costituzione di un tavolo di monitoraggio. Tavolo di monitoraggio che noi immaginavamo con il Governo. L'Assessore ha voluto farci alzare lo sguardo verso l'insieme dell'Europa dei 15 e della necessità di una politica industriale. A me sembra che nell'analisi approfondita di questa mattina ci sia subito una questione da sottolineare.
Se è vero che, in parte, esiste una riconversione in termini di collocazione dei prodotti su altri mercati da parte della piccola e media impresa, e su questo la Giunta regionale vuole proseguire, e l'ha dichiarato, verso politiche di sostegno alla internazionalizzazione nel senso che intende rendere internazionale la presentazione dei modelli regionali, spero con ciò non immaginando future delocalizzazioni nel medio periodo; se questa scelta di internazionalizzazione che le varie misure del piano per lo sviluppo e la competitività contenevano è stata confermata non possiamo ignorare il fatto che esiste tutta una dimensione della piccola e media impresa che non può trovare nuove prospettive di sviluppo se non in fortissima integrazione con il rilancio della produzione automobilistica della grande impresa (penso a tutta la componentistica di grande dimensione, penso a tutto il settore della sellerie).
Quindi, pur rilevando ciò che di positivo può essere accompagnato altrettanto va rilevata la connessione strettissima tra la questione FIAT e la realtà produttiva dell'automotive nell'insieme del Piemonte. Quindi veniamo al tema di che cosa chiede FIAT alle politiche pubbliche e di che cosa le politiche pubbliche da qui in poi si aspettano da FIAT. Mi pare che questa sia la questione centrale.
Archivio, per ragioni di tempo, quella che dovrebbe essere una constatazione ormai assolutamente unanime, vale a dire che l'operazione forzata sul piano delle relazioni sindacali attraverso il referendum per incidere su una quota dei costi di produzione che equivale al 7% dei costi di produzione, oggi sta dimostrando tutto il suo reale obiettivo, che non era affatto il rilancio della produzione, ma un cambio del clima delle relazioni sindacali. Questo è un dato di fatto. Avremmo bisogno, su questa materia, di maggiore democrazia. Credo che le parti sociali dovrebbero prenderne atto e agire in direzione dell'allargamento della democrazia sindacale in questo momento, specialmente dopo che ieri il primo imprenditore ha detto: "Abbiamo bisogno di tutti, abbiamo bisogno della collaborazione di tutte le rappresentanze del mondo del lavoro".
Venendo a FIAT, a me pare che le analisi fatte, meglio che da me, dal mondo dell'economia, ci restituiscano una situazione reale e una rappresentata. La situazione rappresentata la liquido brevemente. FIAT ha detto: nel 2004 eravamo disastrati e non abbiamo chiesto aiuto a nessuno venerdì e sabato scorso ha detto che gli altri Stati aiutano la grande impresa e l'Italia deve proseguire in questa direzione. Ieri ha dichiarato: da soli non ce la facciamo.
Questo tipo di dichiarazioni appartiene all'ambito della rappresentazione peraltro infondata. Chi volesse documentare quali sono stati i trasferimenti nell'ambito delle leggi consentite, ovviamente, e anche della libera interpretazione di alcune leggi da parte dell'Unione Europea, dello Stato italiano, degli accordi di programma regionali verso FIAT dal '97-'99 ad oggi, potrebbe ampiamente documentare qual è l'entità di questi trasferimenti. Quindi "non siamo stati aiutati da nessuno" è dichiarazione infondata, anche dopo l'insediamento del manager Marchionne.
evidente, quindi, che se in Italia il Lingotto chiede sussidi per i costi extra che dichiara di dover sostenere al fine di produrre, all'estero chiede sussidi perché l'area dove va a insediarsi è depressa. Quale che sia la modalità, siamo di fronte ad un'impresa, o a imprese, dalla quale perché credo sia un tratto tipico del capitalismo italiano, la dichiarazione del liberalismo in economia e della libertà economica viene fatta con la mano destra, mentre con la mano sinistra si usano ampiamente le risorse e i sussidi pubblici.
Se questo è semplicemente l'elemento storico, non possiamo fondare l'attesa nei confronti del gruppo FIAT sulla moral suasion, cioè non possiamo chiedere di essere solidali e riconoscenti, perché pare ci abbia dimostrato ripetutamente che l'appello ai buoni sentimenti non appartiene alle categorie mentali e comportamentali di questo gruppo dirigente.
Credo, allora, che si debba sostanzialmente intervenire sulle possibilità delle politiche pubbliche. Certo le possibilità di un'autorevolezza che, forse, in molti, dal Governo ai livelli regionali non si è più riusciti a dimostrare con le modalità dovute, probabilmente perché quando le istituzioni allentano i loro rapporti sociali e smettono di rappresentare il mondo del lavoro, non riescono ad avere nelle relazioni quel tipo di mandato, quel tipo di forza e quel tipo di autorevolezza necessaria.
Vengo ad un tentativo di proposta concreta. Accantoniamo la moral suasion, che va sempre fatta, fa parte delle buone relazioni diplomatiche.
Noi siamo oggi di fronte ad una situazione della FIAT che ha rinviato nel tempo le dichiarazioni sui modelli che avrebbe voluto produrre a Mirafiori.
Eravamo rimasti alla 500 L in Serbia, ora scopriamo che Mirafiori e, in modo particolare il Piemonte, dovrebbe diventare la Serbia di Detroit perché dovrebbe riuscire a produrre ai fini della richiesta di sostenere l'azienda nelle procedure degli ammortizzatori sociali per i propri lavoratori. L'Assessore Porchietto si prepari al fatto che quella sarà la direzione successiva.
Allora, in mezzo a questo, viene detto: "La politica segni e dia un messaggio". Non credo che il messaggio possa essere "proseguire nella continuazione dei sostegni pubblici". Certo bisogna pretendere che vengano dichiarate le possibilità oggettive di nuove produzioni; certo bisogna pretendere che venga dichiarato, in termini e in proiezioni realistiche cosa significa lavorare per l'export, ma bisogna anche ricordare che, se la crisi dei consumi non può essere imputata soltanto al monopolio della produzione automobilistica, tuttavia la scelta di non investire in nuovi modelli può essere imputata solo al monopolio della FIAT.
E allora in questa direzione le politiche pubbliche hanno agito. Non vi invito a leggere i 21 chilometri di sussidi di Stato dati alle imprese che sono conservati al Ministero dello Sviluppo e dell'Economia; chi volesse farlo può leggere un libro interessantissimo dell'economista Marco Cobianchi, "Mani bucate", e ne trarrebbe molte lezioni. Voglio soltanto ripercorrere un aspetto, quello della ricerca e dell'innovazione, che è stato molto caro al Presidente e all'Assessore.
C'è una dimensione che lavora sulla ricerca e l'innovazione anche in ambito FIAT, ed è il Centro Ricerche FIAT, il quale, in modo costante, dal 2000 ad oggi, ha ricevuto una serie di contributi a vario titolo, al punto tale che non esiste nessuna funzione aziendale del Centro Ricerche, tutto dedicato alla ricerca e all'innovazione, che non avvenga senza i soldi pubblici.
Vi leggo solo alcuni titoli. "Applicazioni elettriche ed elettroniche per minimizzare l'impatto ambientale", "Combustibili alternativi", "Ai fini dell'IVECO, motori a basse emissioni", "Crediti agevolati per l'introduzione di sistemi innovativi, motori a metano", "Ipotetica produzione di veicoli a tre ruote", "Carrello intelligente per treni" eccetera, fino al Natale del 2010, quando la Regione Piemonte finanzia con cinque milioni di soldi pubblici - l'andamento medio dei trasferimenti è di questa entità - un nuovo progetto ecologico, proposto insieme al Politecnico di Torino: dopo aver archiviato la minicar elettrica Mimosa, su cui aveva ottenuto i precedenti finanziamenti per ricerca, i soldi servono per creare un motopropulsore ibrido termico, elettrico, compatto e leggero ma solo allo stadio del prototipo.
In conclusione, cosa può fare la politica pubblica che appartenga alle sue competenze e alle sue responsabilità, senza farsi tirare per i capelli dalla richiesta di ulteriori sgravi (che poi fanno delocalizzare egualmente, come abbiamo visto) o ulteriori sussidi, tutti richiesti in nome di sventare una delocalizzazione che poi si fa? Tentare di fare il suo mestiere, cioè produrre per l'interesse pubblico e aiutare a produrre per l'interesse pubblico.
Noi crediamo che non si debba più verificare quanto abbiamo ascoltato dall'Assessore all'ambiente del Comune di Torino, che avrebbe voluto presentare soluzioni per la mobilità sostenibile, ma non osava farlo perch la FIAT non aveva prototipi pronti, modelli pronti, e si sarebbe fatto uno sgarbo istituzionale in un momento delicato.
Quindi, la proposta con la quale mi auguro vorremo lavorare nella competente Commissione è quella di valorizzare tutte le risorse pubbliche ai fini della mobilità sostenibile e invitare coloro che oggi chiedono attenzione ed aiuto pubblico a modificare in questa direzione la propria produzione, che autonomamente non sono stati capaci di modificare, perch quello può essere un livello di mercato interno. E può essere un livello di mercato interno sostenuto ed incoraggiato legittimamente e utilmente dalle politiche pubbliche.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PLACIDO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Buquicchio.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Anch'io sono d'accordo - e lo sono da sempre - con quanti ritengono che, di fatto, si debba uscire da questa sudditanza da parte delle istituzioni in senso lato nei confronti della più grande industria automobilistica italiana.
Diciamo che alla famiglia, alla proprietà, per quanto riguarda il passato, per quanto riguarda il secolo scorso, per quanto riguarda un numero notevole di decenni nell'ambito del secolo scorso, si deve anche gratitudine, ma è una gratitudine che deve essere contraccambiata alla pari da parte loro nei confronti delle istituzioni.
Non penso che oggi si possa fare una valutazione di chi ha avuto di più o di meno: sicuramente, per quel che riguarda il passato, anche Torino ha avuto e, con Torino, a cascata, il territorio nazionale. Ma non sono qui per fare l'elenco delle cose che ha avuto la città di Torino e l'Italia e di quelle che ha avuto la proprietà e la famiglia Agnelli.
Ritengo che oggi dobbiamo partire da una considerazione - quindi condivido appieno o in grandissima parte ciò che la collega Artesio ha detto - e al riguardo voglio richiamare le parole di Marchionne che, dopo il referendum, parlava di un "sì" entusiastico, lungimirante; parlava di svolta storica; diceva che i lavoratori, avendo fatto quella scelta avevano visto lontano, avevano guardato a un loro futuro con coraggio e via di seguito. Poi, qualche giorno fa, intervistato da Ezio Mauro de la Repubblica, lo stesso Marchionne ha detto: "Quell'impegno era basato su cento cose e almeno la metà di quelle cose sono cambiate".
Ebbene, significa che sono cambiati gli accordi. Io so che sia tra privati cittadini sia nelle società pubbliche o private che siano - perch non dovrebbe valere per la FIAT? - quando una delle parte ritiene che siano cambiati i termini contrattuali, il contratto è nullo. Quindi azzeriamo tutto quanto e cerchiamo di essere totalmente sordi alle continue richieste di aiuti di Stato. Noi riteniamo che non si possa assolutamente più dare seguito a tale andazzo.
La scorsa legislatura, quando ero in maggioranza, ero stato contrario a determinati provvedimenti che si era ritenuto di assumere a vantaggio della FIAT.
Tuttavia, l'aspetto più preoccupante riguarda l'incontro avvenuto nei giorni scorsi, laddove di fatto il messaggio si è tramutato nel fare spallucce e dire: "Sì, noi siamo disposti ad investire, però quando sarà possibile". E quando sarà possibile? Anche sulla data del 2014 chi pu giurarci? Quindi siamo veramente in alto mare.
Noi riteniamo che si debba dire veramente basta a questi proclami e a queste rassicurazioni che sicuramente non convincono noi, ma ancor di meno i lavoratori.
Il progetto Fabbrica Italia è fallito, questo è poco ma sicuro, e in questa partita chi ha e deve avere un ruolo fondamentale? A mio avviso deve averlo la FIAT, che deve chiarire - finalmente e una volta per tutte in modo chiaro, le sue intenzioni, perché ad oggi francamente sono molto nebulose.
Un ruolo fondamentale ce l'hanno i sindacati, che dovranno con responsabilità aprirsi a soluzioni innovative, abbandonando sempre vecchi schemi. Ce l'ha la Regione Piemonte, per cui auspico un ruolo di primo piano e non di spettatori. E poi ce l'ha il Governo e ce l'hanno, infine le banche.
In ultimo, ma non per ultimo, le banche. È mai possibile che negli USA i tassi che riguardano il finanziamento sono dell'uno, al massimo del 2 in Germania dello 0,5% e in Italia si aggirano attorno al 6%! Ma come è possibile? Su questo una piccola ragione, se voglio proprio darla, a Marchionne gliela do, nel senso che lui chiede di fatto al Governo di intervenire su questo e su questo il Governo deve poter intervenire. Cercare di ottenere dal mondo bancario un sistema diverso di finanziamento è un'operazione diciamo, a costo zero.
Noi dobbiamo impegnarci su questo aspetto. So che la Lega vi è attenta quanto lo è l'Italia del Valori, perché noi siamo all'opposizione di questo Governo Monti, noi siamo all'opposizione del governo delle banche, quindi contro "lo strapotere delle banche", e possiamo tranquillamente operare in concordia di azione.
Pertanto, le richieste relative alla FIAT coincidono con quelle dell'ordine del giorno, che ho ritenuto di firmare, della collega Artesio ma approfitto di un minuto soltanto per ricordare al Presidente in rappresentanza della Giunta - l'Assessore Porchietto non mi sembra di vederla più, anche se mi sono premurato di consegnarle il testo - l'ordine del giorno che riguarda la ex De Tomaso, dove noi chiediamo - vi leggo il dispositivo - che si possa venir fuori da un passato così critico, nebuloso e squallido quale quello che ha riguardato l'operazione De Tomaso: "Che si riferisca periodicamente da parte della Giunta gli sviluppi del tavolo di concertazione presso il Ministero dello Sviluppo economico, che si cerchi di salvaguardare totalmente il reddito dei lavoratori della fabbrica e tutelare le loro professionalità, e che si impegni l'eventuale acquirente affinché si dia corso a un piano industriale che preveda investimenti per un arco temporale di almeno dieci anni".
Ho espresso brevemente il mio pensiero sulla questione riguardante più specificatamente la FIAT e ho fatto un accenno all'ordine del giorno presentato sulla ex De Tomaso.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lepri.



LEPRI Stefano

I fatti di questi ultimi giorni ci fanno sperare che sia possibile superare quella fase di inerzia e di empasse che ha caratterizzato questi ultimi mesi.
Le dichiarazioni importanti dei massimi esponenti nazionali e regionali e anche del Presidente Cota sono riuscite a "stanare" l'azienda e a favorire il confronto anche duro di questi giorni, che però ha contribuito a comprendere meglio il quadro della situazione. Perché, in verità, si sono dette molte cose infondate, si sono fatte molte dichiarazioni poco informate e, in alcuni casi, probabilmente, anche pilotate dalla concorrenza.
Credo che queste osservazioni poco convincenti debbano essere la premessa di un ragionamento, e le voglio ricordare.
Anzitutto, non si può dire, come ha fatto qualcuno, che questa azienda è prossima alla chiusura; è un'azienda che ha i conti a posto, che - non va mai dimenticato - solo otto anni fa era tecnicamente fallita e che produce oggi, grazie alla fusione sicuramente lungimirante con Chrysler, oltre quattro milioni di auto, di cui - questo è un altro dato significativo oltre il 75% vendute fuori Europa, quindi con un tasso di internazionalizzazione superiore ai competitori. Non è vero che non ha investito. Che cos'è l'acquisto di una casa automobilistica come quella americana se non un grandioso investimento in termini di utilizzo di nuove reti commerciali e di acquisto di brand importanti come Jeep? Quindi, è vero che FIAT non ha investito come avrebbe voluto, o come avremmo voluto noi, in Europa e in Italia, ma certamente in questi anni la scelta di investire sul futuro non è mancata.
Non è vero che abbia avuto almeno, in questi ultimi dieci anni contributi veramente significativi così come li ha avuti fino all'inizio del nuovo secolo. Sicuramente, in questi ultimi dieci anni altre case concorrenti hanno ricevuto di più - penso al fondo stanziato da Sarkozy penso ai molti soldi che i Länder tedeschi riconoscono alle aziende automobilistiche tedesche. FIAT, verosimilmente, ha avuto, in termini di contributi, meno dei suoi concorrenti europei.
Non è vero che le auto della FIAT siano poco competitive. Essere belle o brutte è una questione di gusti, ma certamente il livello di affidabilità di quelle automobili è cresciuto. Basti pensare al fatto che i motori FIAT sono stati scelti anche dall'Amministrazione americana per la loro qualità.
Non è vero, infine, che le quote di FIAT-Chrysler sono drammaticamente diminuite in Europa. Sono diminuite più della concorrenza, perché, come è stato ben spiegato dall'Assessore Porchietto, il livello di acquisti in Italia è evidentemente crollato.
Si dirà: va tutto bene, allora? Non proprio. Il fatto che la capacità produttiva negli stabilimenti italiani sia molto diminuita in questi anni fino ad arrivare ad una capacità produttiva del 33%, è un dato gravemente preoccupante, così come il rallentamento nel rinnovamento dei modelli. Ed è gravemente preoccupante il fatto che i lavoratori italiani, e quelli torinesi e piemontesi in particolare, abbiano di fronte un'altra lunga stagione di sacrifici e di cassa integrazione.
Voglio ricordare che il nostro partito è da sempre, e anche in questa occasione, vicino ai lavoratori. In più, vogliamo ricordare che è forte il sentimento di disorientamento e di abbandono che vivono gli attuali lavoratori, ma anche la comunità piemontese e torinese, in modo particolare coloro i quali sono venuti da altre regioni, in questa condizione così difficile.
Che cosa è uscito in modo particolare dall'incontro con il Governo? Tre sono le richieste che FIAT ha avanzato: un sostegno all'export che evidentemente, non può essere solo per lei; la riduzione del gap di competitività italiana; affrontare il problema della sovracapacità produttiva dell'UE, chiedendo al Governo italiano di affrontarlo possibilmente al livello dell'Unione Europea.
Su quest'ultima richiesta, c'è poco da dire, finché la Germania non accetterà una politica concertata. Sulle altre due, invece sì.
Credo che il grido di dolore degli imprenditori italiani, a cui si è aggiunto l'Amministratore delegato di FIAT, sia giusto. I cosiddetti spread competitivi che domenica sono stati pubblicati nuovamente sul Sole 24 Ore (tasse più alte, la giustizia più lenta, l'elettricità e il gas più cari la burocrazia contorta, le infrastrutture lacunose, la corruzione, il costo del credito), sono tutti gap veri che le imprese italiane e quelle che vorrebbero insediarsi in Italia devono affrontare.
Marchionne e gli industriali, in altri termini, hanno ragione a sfidare la politica - anche la politica regionale - su queste questioni, dopo tanti anni di inerzia e di mancate scelte di scellerati Governi (naturalmente mi riferisco a quelli ultimi) di centrodestra.
Il sostegno all'export: è chiaro che, semmai il Governo lo valuterà come ha dichiarato di considerare, non potranno essere incentivi dedicati a una sola azienda, ma dovranno essere previsti anche per l'indotto e per l'importanza che l'indotto ha (è stato ben ricordato oggi): per ogni posto diretto in azienda casa madre, ce ne sono cinque presso i fornitori.
Voglio dire, però, da questo punto di vista, riferendomi alle misure di sostegno alle imprese più in generale e rivolgendomi al Presidente Cota che non bastano le misure che più o meno sono state adottate e che lui ha ricordato, perché non è più tempo di contributi generici.
Invito il Presidente Cota a farsi fare un conto di quanto ogni azienda ottiene dagli sgravi IRAP. Il conto è presto fatto: sono circa 1.000 euro per tre anni, per ogni assunto a tempo indeterminato.
Lei pensa, Presidente, che questi incentivi siano determinanti per convincere le imprese straniere a venire in Italia, oppure per guadagnare competitività o per saldare il gap di competitività tra le imprese europee e quelle italiane? La risposta è facile.
Onestamente è stato riconosciuto da FIAT- e vado verso la conclusione che oggi non c'è più un problema di quadro legislativo relativo alle relazioni sindacali. Questo è evidente, vista la forzatura che è stata fatta, anche se occorreva ed occorre garantire un quadro più chiaro di quello precedente le ultime riforme.
auspicabile che FIAT a questo punto riapra il dialogo con tutti i sindacati e garantisca un clima che consenta il riconoscimento di tutte le organizzazioni sindacali all'interno dell'azienda. D'altra parte, è anche curioso il fatto che la sigla sindacale che oggi è esclusa, o si è autoesclusa, dalla presenza all'interno delle fabbriche FIAT solleciti e auspichi la presenza in Italia di un competitor tedesco, quando è proprio la capacità, che in Germania si è realizzata, di costruire relazioni sindacali collaborative non conflittuali tra capitale e lavoro a determinare il successo competitivo di quell'azienda.
Ora, tocca a FIAT decidere: non ci sono più ragioni per dilazionare l'investimento destinato alla produzione di auto che potranno e che possono, visto il quadro del mercato, trovare un'offerta e un acquirente in modo particolare oltreoceano. Ma quello che è necessario davvero è che ci sia uno scambio di modelli da una sponda all'altra dell'Oceano, non come finora è avvenuto: solo a senso unico.
In conclusione, ritengo che la discussione e il confronto di queste settimane e di questi giorni siano stati utili. È stato utile "stanare" l'azienda, ricordarle i suoi doveri e la sua responsabilità sociale. Ma vorrei dire che non è più il tempo di accuse reciproche, non è più il tempo per dilazionare le scelte. A noi, più che permetterci di giudicare la capacità competitiva di un'azienda, spetta il compito di costruire le condizioni di contesto per fare in modo che FIAT, come le altre imprese italiane e piemontesi, possano recuperare competitività e, al contempo, più responsabilità sociale.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Lepri.
Colleghi, occorre verificare come proseguire con i lavori nel pomeriggio, perché c'è l'impegno assunto alla Conferenza dei Capigruppo di proseguire con il provvedimento che riguarda l'Assessore Maccanti.
Il Presidente Cota ha altri impegni; probabilmente, spostando altri impegni, potrebbe essere presente l'Assessore Porchietto. Alle ore 14.40 c'è la Conferenza dei Capigruppo e alle ore 15 dovrebbe esserci la ripresa dei lavori della seduta pomeridiana.
Abbiamo ancora circa otto interventi, più tre ordini del giorno: anche attrezzandoci per i miracoli, diventa difficile farcela, seppure con l'ausilio del collega Leo, che, quando si parla di miracoli, si precipita subito al proprio posto! Al di là di questo, colleghi, bisognerà decidere come organizzare i lavori del Consiglio.
Ha chiesto la parola, per l'ultimo intervento della seduta antimeridiana (faremo il punto alla fine dell'intervento) la Consigliera Cerutti; ne ha facoltà.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Ritengo - com'è già stato detto - che questo Consiglio non sia inutile anche perché la Giunta ha annunciato che accoglierà i nostri atti di indirizzo. Pertanto, in questo senso, si potrà fare un passo avanti. Un passo avanti in un confronto fra forze politiche che, come appare da questi primi interventi, hanno da apportare contributi molto articolati, che vanno al di là degli steccati di maggioranza ed opposizione.
Non faccio fatica a dire che non mi ritrovo in molte delle considerazioni che ha appena svolto il collega Lepri, nel manifestare un certo ottimismo, seppur cauto, in merito ad un passo avanti rispetto a qualche settimana fa.
Tutto quello che finora era stato detto in modo poco chiaro, adesso è chiaro: il piano Fabbrica Italia, in realtà, non è mai esistito e, a questo punto, non solo non è chiaro quali siano i modelli che riguardano in particolare lo stabilimento di Mirafiori, ma non abbiamo chiarezza neanche sui tempi.
Per affrontare la questione in termini più generali, che in questa seduta riguardano la situazione della FIAT, ma, in generale, riguardano il tema della crisi industriale, della struttura produttiva della nostra regione e di tutto il Paese, non fatichiamo a considerare il fatto che questa Giunta, in particolare l'Assessorato al lavoro, sta lavorando per cercare di rincorrere le singole crisi. Continuano, però, a non esserci vere politiche industriali, né da parte di questa Regione né a livello nazionale.
Questa mancanza non è da attribuire solamente all'ultimo Governo proprio perché la struttura produttiva del Paese è in crisi, la sua manifattura - che fa dell'Italia una delle potenze industriali - si è molto indebolita. Lo dicono le 150 vertenze di imprese in difficoltà, aperte presso il Ministero dello Sviluppo Economico.
Sappiamo che c'è - sì - una crisi internazionale, ma che ci sono anche delle ragioni italiane che hanno determinato questa crisi: prima fra tutte la scelta della bassa competitività, adottata da quasi tutte le nostre imprese.
Si tratta di una scelta che i Governi non hanno contrastato, anzi hanno incentivato e praticato.
Con il Governo Monti, come dicevamo, le cose non sono cambiate.
Proprio per essere rapidi, non ci aspettiamo molto dal tavolo di cui è stata annunciata l'apertura presso il Ministero dello sviluppo. Pensiamo che, forse, anziché parlare di investimenti per aumentare la produttività di sistema, si andrà di nuovo a ragionare sulla riduzione di salari e di diritti.
In questo senso, non ripercorriamo quanto avvenuto con la FIAT e le considerazioni da noi svolte. La FIAT avrà anche investito, ma la CGIA di Mestre ci ricorda che lo Stato, dal 1977, ha consegnato a FIAT 7,6 miliardi di aiuti, di cui sono stati investiti 6,5 miliardi; poi, avevamo i famosi 20 miliardi annunciati nel piano Fabbrica Italia che stentano a trasformarsi in realtà.
In questo senso, il ragionamento dovrebbe essere volto a comprendere come le Istituzioni (Regione e Stato) si possano muovere, proprio perch crediamo che l'Italia necessiti dell'industria dell'auto, di uno o più produttori di auto - su questo ritornerò - proprio per il livello di occupazione e di innovazione che tale industria può incorporare. Inoltre l'Italia ha le professionalità umane e le competenze tecniche per produrre auto. Il punto è dato dall'innovazione che si può e si deve incorporare nell'automobile e nell'approccio al tema della mobilità sostenibile.
Pensiamo non sia stato compiuto alcun passo in avanti nell'affrontare le politiche industriali; consideriamo preoccupante il rinvio da parte dell'azienda degli investimenti in nuovi modelli, che vengono procrastinati al momento idoneo. Per noi ciò equivale alla scelta di cedere ulteriori quote di mercato, cioè la rinuncia a competere.
Veniva ricordata la riunione organizzata ieri dall'azienda con i quadri, ma, oggi, abbiamo letto i commenti dei quadri, i quali chiaramente, seppure non rivelando la propria identità, lamentano con preoccupazione quella che può essere effettivamente una rinuncia da parte dell'azienda a competere. L'azienda sembra voler riorientare genericamente il proprio business in una logica di export, ma non sappiamo effettivamente cosa ciò possa comportare.
Pur non avendo particolari interlocutori in Giunta - a meno che adesso l'Assessore possa sentire - chiaramente sono soddisfatta del fatto che potremo approvare i nostri ordini del giorno, però, effettivamente, a questo punto, la Regione, con i limiti che certamente sono legati alla propria forza, crediamo debba chiedere alla FIAT se il Suv verrà prodotto a fine 2013 o se verrà sospeso. Infatti, su questo, francamente, non abbiamo alcuna certezza, anzi, come dicevo all'inizio, rispetto ad un nebuloso piano Fabbrica Italia adesso sappiamo che questo piano non c'è più.
Rispetto alla Regione e alle sue competenze, proprio perché riteniamo FIAT un soggetto importante, c'è l'esigenza di comprendere se vi siano effettivamente dei rapporti con altri costruttori (BMW e Volkswagen, cui si è accennato per la questione Alfa Romeo).
Crediamo che su questo aspetto, forse, la politica qualcosa possa dire e fare. Effettivamente, quando parliamo della situazione auto l'associamo automaticamente alla FIAT, ma, così come alcune sollecitazioni provenienti anche dal mondo sindacale, probabilmente, occorrerebbe ragionare in questa direzione. Mi sembra che lo stesso Assessore già si sia dichiarato orientato a fare in modo che anche da parte della politica, effettivamente si superi questa sudditanza nei confronti della FIAT.
Per quanto riguarda la proposta di un tavolo europeo, su cui non si è entrati, siamo più perplessi: è sicuramente una proposta con buoni intenti sicuramente positiva, ma finché la Germania non sarà disponibile a sedersi a questo tavolo risulta piuttosto contenuta la possibilità di un risultato effettivo. In questo senso, proprio perché la sovrapproduzione è in Italia non crediamo che la Germania ne abbia interesse.
Termino sulla questione richiamata dal Presidente relativamente agli incentivi: dal punto di vista ideologico, non siamo contrari - certo non devono riguardare solo la FIAT - ma pensiamo che le politiche industriali debbano essere altro. Cioè, finalmente, devono poter rilanciare la questione dell'innovazione in Italia. Noi non possiamo pensare di competere sul fronte dell'auto con mercati emergenti come Brasile o Serbia, ma dobbiamo pensare di qualificarci in modo diverso.
Ad esempio, il settore pubblico può redigere un piano trasportistico nazionale pensando che l'auto rivestirà sempre più un ruolo diverso all'interno della nostra società. Quindi, è necessario ragionare nuovamente il piano trasportistico nazionale - che, in realtà, non esiste - e in tal senso contributi importanti possono derivare dalle Regioni. Cito solo Irisbus, che testimonia come le politiche industriali dell'Italia su questo fronte siano assolutamente fallimentari. Probabilmente, questo dovrebbe fare riflettere la politica e dare un senso alla propria esistenza.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

Mancando due minuti alla fine dei nostri lavori, ritengo di svolgere una comunicazione-proposta, perché ci sono ancora sette Consiglieri iscritti e tre ordini del giorno, con le eventuali repliche, ancorché in trenta secondi ciascuno, e votare. Conseguentemente, è inevitabile che questo dibattito, peraltro in sede ordinaria e non in sede straordinaria come ricorderete, dovremo completarlo in altra seduta.
Essendo aggiornata la riunione dei Presidenti di Gruppo alle ore 14.40 in Sala A, questo sarà il primo argomento che affrontiamo per individuare il momento in cui proseguire questo importante...



(Commenti del Consigliere Laus)



PRESIDENTE

Lo vediamo alla riunione dei Capigruppo, se ci sono le condizioni oggi altrimenti un altro giorno, dobbiamo verificarlo con la Giunta. È un dibattito per cui è stata richiesta la presenza del Presidente della Regione e c'è un Assessore competente, di cui non conosco gli impegni pomeridiani. Comunque, alle ore 14.40 lo definiamo: lo completeremo oggi o presumo, subito in apertura la settimana prossima, lo vedremo in quella sede. Quindi, alle ore 14.40 i Presidenti di Gruppo sono convocati in Sala A.
Grazie.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 12.58)



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