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Dettaglio seduta n.266 del 11/09/12 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


LEARDI LORENZO



(Alle ore 10.00 il Consigliere Segretario Leardi comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.31)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



(La seduta ha inizio alle ore 10.30)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento: Tempo libero

Ordine del giorno n. 863 presentato dai Consiglieri Cerutti e Novero inerente a "Costituzione tavolo 'Progetto VenTO'" (iscrizione all'o.d.g.)


PRESIDENTE

Do atto che l'o.d.g. è stato comunicato con la convocazione.
Chiedo se vi siano proposte di modifica.
Ha chiesto la parola il Consigliere Novero; ne ha facoltà.



NOVERO Gianfranco

Grazie, Presidente.
Intervengo per chiedere l'iscrizione di un ordine del giorno avente ad oggetto "Costituzione tavolo 'Progetto VenTO'". Il termine "VenTO" è l'acronimo utilizzato per indicare Venezia-Torino. È un progetto del Politecnico di Milano che ha redatto uno studio sulla possibilità di raggiungere Torino da Venezia, o Venezia da Torino, in bicicletta.
Il 60% del percorso è già realizzabile senza costi aggiuntivi, un altro pezzo basterebbe, siccome gran parte di questo percorso si fa sulle alzaie degli argini del Po, che l'AIPO, titolare delle alzaie, rimuova i divieti di accesso perché attualmente sono già interamente percorribili.
Io e la collega Cerutti - oggi è assente - che è la prima firmataria ci siamo trovati...



PRESIDENTE

Se è per l'iscrizione...



NOVERO Gianfranco

Taglio corto.



PRESIDENTE

Esatto. Grazie.



NOVERO Gianfranco

Io e la collega Cerutti ci siamo incontrati alla presentazione del Comune di Torino - è stata fatta con il Comune di Torino - concordiamo sul progetto, ora ci rivolgiamo ai colleghi che lo ritengono giusto.
Ho proposto di fare una lobby per tale opera e trasversalmente chiederei veramente a tutti i colleghi, con passione, che firmino. Per quanto riguarda il Consiglio regionale, non si chiede un euro, le spese ci saranno se si farà, ma chiediamo alla Giunta regionale di aderire al progetto e di esaminarlo.



PRESIDENTE

Grazie, collega Novero.


Argomento: Caccia

Richiesta di comunicazione dell'Assessore Sacchetto relativamente alla sentenza del TAR per la sospensione della stagione venatoria


PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Intervengo brevemente, Presidente.
Alla luce del recente provvedimento del TAR Piemonte, sono a chiedere che, entro questa settimana, in aula o nell'apposita Commissione, si svolga una comunicazione da parte dell'Assessore regionale Sacchetto sul tema che il provvedimento del TAR Piemonte ha aperto. Dal nostro punto di vista, è indifferente che la comunicazione avvenga in queste due giornate in aula o in sede di Commissione consiliare, però che avvenga questa settimana.



PRESIDENTE

Grazie.
Non essendoci altre richieste, sospendo un attimo la seduta.



(La seduta, sospesa alle ore 10.34 riprende alle ore 10.35)



PRESIDENTE

La seduta è ripresa.
Per quanto riguarda la richiesta del Consigliere Reschigna, se ne fa carico l'Assessore Maccanti. Nel corso della seduta comunicherà la modalità e i tempi con i quali avverrà questa comunicazione; ovviamente, si deve mettere in contatto con l'Assessore Sacchetto.
Me ne faccio carico personalmente, con l'Assessore Maccanti, e appena saremo nelle condizioni, nel corso della seduta, informeremo il Consiglio sia se perverrà in una di queste giornate di Consiglio sia in sede di Commissione, come lei stesso ha alternativamente proposto.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno presentato dal Consigliere Novero, se il collega è d'accordo, lo inserirei nel corso della giornata di domani, in modo che abbia qualche possibilità di essere discusso. Dunque lo abbiamo iscritto e sarà trattato, se ci saranno le condizioni, nella seduta di mercoledì 12 settembre.
L'o.d.g. è approvato ai sensi dell'articolo 58 del Regolamento così come modificato.
Sarà comunicato in aula quando avverrà la comunicazione sulla caccia come richiesto.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

Sono a disposizione e riproducibili, su richiesta, i processi verbali delle sedute del 31 luglio 2012, del 1° e del 2 agosto 2012.


Argomento:

b) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Casoni, Comba, Cota e Sacchetto.
Il numero legale è 28.


Argomento:

c) Impugnativa del Governo avverso legge regionale n. 10/2011


PRESIDENTE

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 18 giugno 2012, si è espressa in merito all'impugnativa del Governo avverso la legge regionale n. 10 dell'11 luglio 2011: "Disposizioni collegate alla legge finanziaria per l'anno 2011" dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 26, comma 2, in materia di deroga al raggiungimento di obiettivi di raccolta differenziata per i Comuni montani e per quelli ad alta marginalità, con popolazione inferiore a 1.500 abitanti. Inoltre, ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alle questioni di legittimità costituzionale relativamente all'articolo 2, comma 7 all'articolo 7, comma 1, e, infine, all'articolo 8, comma 2.


Argomento:

d) Trasmissione informative da parte del Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale


PRESIDENTE

Ai sensi dell'articolo 37, comma 2 bis, dello Statuto, si dà atto che sono state trasmesse le informative da parte del Gabinetto della Presidenza della Giunta regionale, in merito a n. 6 decreti di nomina della Presidenza della Giunta regionale e a n. 1 deliberazione di nomina della Giunta regionale.


Argomento:

e) Trasmissione al Consiglio di deliberazioni della Giunta regionale


PRESIDENTE

La Giunta regionale, in data 6 agosto 2012, ha trasmesso per comunicazione al Consiglio, in ottemperanza al comma 7 dell'articolo 24 della legge regionale n. 7/2001: "Ordinamento contabile della Regione Piemonte", n. 13 deliberazioni del 2 luglio 2012. Questi allegati sono a disposizione dei signori Consiglieri presso l'Ufficio Aula.


Argomento:

f) Presentazione progetti di legge


PRESIDENTE

L'elenco dei progetti di legge presentati sarà riportato nel processo verbale dell'adunanza in corso.


Argomento:

Approvazione processi verbali precedenti sedute


PRESIDENTE

In merito al punto 2) all'o.d.g. "Approvazione processi verbali precedenti sedute", comunico che sono stati approvati i verbali delle sedute del 24 e del 27 luglio 2012.


Argomento: Province - Comuni - Comunita' montane

Esame disegno di legge n. 192, inerente a "Disposizioni organiche in materia di Enti locali"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del disegno di legge n. 192, inerente a "Disposizioni organiche in materia di Enti locali", di cui al punto 4) all'o.d.g.
Relatori sono il Consigliere Gariglio e il Consigliere Vignale.
Nel corso dei lavori della Conferenza dei Presidenti dei Gruppi consiliari, svoltasi lo scorso 3 settembre, ricordo che si è convenuto di svolgere nella giornata odierna esclusivamente le relazioni di maggioranza e di minoranza e l'intera discussione generale.
Il provvedimento che dobbiamo trattare è stato licenziato dalla I Commissione a maggioranza dei Consiglieri presenti in data 26 luglio 2012.
Pertanto, i relatori, Consiglieri Vignale e Gariglio, se lo ritengono...



PRESIDENTE

RESCHIGNA Aldo (fuori microfono)



PRESIDENTE

Le interpellanze si esamineranno domani?



PRESIDENTE

Si svolgeranno come da convocazione Preciso che esamineremo le interrogazioni a risposta immediata oggi alle ore 14.30, mentre l'esame delle interpellanze si svolgerà il prossimo martedì 18 settembre, alle ore 10.00.
I Consiglieri Gariglio e Vignale se lo ritengono, possono svolgere la relazione.



LEARDI LORENZO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Vignale, per lo svolgimento della relazione di maggioranza.



VIGNALE Gian Luca, relatore di maggioranza

Il presente disegno di legge, nell'ottica della semplificazione amministrativa e del contenimento della spesa pubblica, si pone l'obiettivo di essere il primo strumento normativo atto a favorire l'iter di riassetto dei livelli di governo del sistema delle Autonomie locali del Piemonte individuando negli Enti locali previsti dalla Costituzione, i destinatari del conferimento delle funzioni amministrative che non necessitano di un esercizio unitario a livello regionale.
In tale ottica si inserisce la nuova regolamentazione della gestione associata e la necessaria trasformazione delle attuali Comunità montane in Unione di comuni.
Il disegno di legge 192 contiene, infatti, disposizioni volte a favorire la riorganizzazione delle modalità e degli ambiti di gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali.
L'intervento legislativo in tale specifico ambito si pone come necessario in conseguenza dell'entrata in vigore di una pluralità di norme statali. Tali norme sono state oggetto di importanti interventi legislativi a livello statale, approvati mentre era in corso l'esame del disegno di legge.
Il disegno di legge n. 192 ha subito pertanto alcune modifiche rispetto al progetto originario che tengono conto delle novità normative intervenute a livello statale. In particolare, si fa riferimento al decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, che reca "disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini ed è stato convertito, con modificazione, in legge 7 agosto 2012 n. 135.
La prima disciplina è data dall'articolo 14, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito, con modificazioni, nella legge n.
30/7/2010 n. 122 e modificato da ultimo dal citato decreto legge 95/2012 il quale stabilisce che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti o fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a Comunità montane, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni elencate al comma 27 dello stesso articolo, ad esclusione della tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale.
Se l'esercizio di tali funzioni è legata alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, i comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata secondo le modalità stabilite dal medesimo articolo, fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati fonia, apparati, di banche dati, di applicazione software l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica.
Lo stesso articolo, ai commi successivi, stabilisce inoltre, in capo alla Regione l'onere di individuare nelle materie di cui all'articolo 117 ai commi III e IV della Costituzione, la dimensione territoriale e omogenea per area geografica per lo svolgimento in forma obbligatoriamente associata da parte dei comuni delle funzioni fondamentali di cui al citato comma 28 secondo i principi di efficacia, economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, attraverso l'unione di comuni o la convenzione, ed il limite demografico minimo delle unioni, che se non individuato dalla Regione entro i tre mesi antecedenti il primo termine di esercizio associato obbligatorio delle funzioni fondamentali (cioè il 1° gennaio 2013), è fissato dallo Stato in 10.000 abitanti.
Alla legge statale si aggiunge la previsione dell'articolo 16, comma 1 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, successivamente convertito e modificato anch'essa dal decreto legge n. 95/2012, anch'esso convertito nel mese di agosto, che introduce un'ulteriore disposizione che si inserisce in quella sopra descritta, prevedendo che i Comuni fino a 1000 abitanti, in alternativa a quanto previsto dall'articolo 14 del decreto legge n.
78/2012, a condizione di non pregiudicarne l'applicazione, possono esercitare in forma associata tutte le funzioni e tutti i servizi pubblici loro spettanti sulla base della legislazione vigente, mediante un'unione dei Comuni disciplinata specificamente al decreto legge n. 138/2011, in deroga all'articolo 32, commi III e VI del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico sull'ordinamento degli Enti locali) che disciplina le unioni di Comuni.
Il comma IV dell'articolo citato prevede che le unioni debbano avere un limite demografico minimo non superiore ai 5.000 abitanti, ovvero ai 3000 qualora essi appartengono o siano appartenuti a Comunità montane. I suddetti comuni devono avanzare alla Regione una proposta di aggregazione di identico contenuto, per l'istituzione della rispettiva unione.
Le disposizioni statali fin qui riassunte prevedono il perfezionarsi degli obblighi di gestire in forma associata le funzione ed i servizi richiamati con scadenze diverse a seconda della categoria di riferimento.
Il primo obbligo si perfeziona per i comuni con popolazioni fino ai 5.000 abitanti, per almeno tre funzioni fondamentali entro il 1° gennaio 2013, e per le restanti funzioni fondamentali entro il 1° gennaio 2014.
Il secondo obbligo prevede che nel termine perentorio del 31 dicembre 2013, la Regione provveda, secondo il proprio ordinamento, a sancire l'istituzione di tutte le unioni del proprio territorio come determinate nelle proposte di aggregazione avanzate dai comuni fino a 1000 abitanti. La Regione dovrà provvedere anche in caso di proposta di aggregazione mancante o non conforme alle disposizioni di cui al già citato articolo 16 del decreto legge n. 138/2011.
Un principio costituzionale che la Regione ha inteso salvaguardare è quello dell'autonomia organizzativa dei comuni obbligati a gestire le funzioni in forma associata. Il presente disegno di legge, infatti, nel merito non impone la tipologia di strumento aggregativo da adottare, ma individua i requisiti ottimali di aggregazione in virtù dei quali i comuni informano alla Regione le loro proposte.
L'obiettivo della creazione della "Carta delle forme associative del Piemonte" ed il conseguente inserimento di tutte le forme aggregative piemontesi consentirà di legittimare (e quindi di considerare come adeguate), tutte le forme associative inserite anche se non del tutto rispondenti ai principi richiamati,valutandole nel contesto generale di riferimento, oltre che dare un quadro costantemente aggiornata della realtà associativa piemontese.
Un altro obiettivo che in tema di gestione associata si pone il presente disegno di legge è quello di salvaguardare, per quanto possibile e nel rispetto dell'autonomia gestionale dei comuni, la realtà associativa già presente in Piemonte.
Nel rispetto delle logiche descritte si è posta infine la scelta di consentire il superamento delle attuali comunità montane, enti sovracomunali non costituzionali, che rappresentano una tipologia di aggregazione non volontaria ma determinata obbligatoriamente dalla Regione.
Con il disegno di legge in oggetto si riconosce la possibilità per i Comuni già facenti parte di comunità montane di individuare come ambito ottimale di gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali l'ambito territoriale della Comunità montana, che è trasformata in Unione montana di Comuni, vale a dire una forma aggregativa strutturata di gestione associata con regole di governance più rispettose della centralità e dell'autonomia dei Comuni.
La relazione contiene elementi certamente politici, ma anche di carattere tecnico - successivamente valuteremo i singoli articoli a seguito della discussione generale - in un momento non certo semplice, per motivazioni più diverse.
Si è quindi pervenuti ad una norma che obbliga alla gestione associata che pone quindi una novità gestionale significativa. Contemporaneamente per tutto l'arco della discussione del disegno di legge n. 192 a livello parlamentare nazionale si dibattevano ipotesi differenti: approvazione della carta delle autonomie, una successiva revisione e poi il decreto del 6 luglio che interveniva sugli Enti locali. Credo, dunque, che quello svolto in Commissione sia stato un buon lavoro.
Non tocca a me svolgere il ruolo certamente del Presidente di Commissione, ma lo faccio in qualità di relatore. Quando, all'interno di una legge, vengono recepite istanze differenti - non vi è un articolato che soddisfa interamente l'uno o l'altro Gruppo consiliare - credo che, in qualche modo, siano il frutto di un ottimo compromesso.
I legislatori, quando riescono a realizzare compromessi positivi portano ad una buona legge.
Personalmente, poi, ritengo che gli strumenti con cui abbiamo cercato di innovare e sostenere la modalità delle Unioni dei Comuni montani, con una particolare attenzione - anche se con atto susseguente, a legge approvata - relativamente alla montanità, rappresentino un altro aspetto positivo che la legge reca.
Infine, è evidente che la trasformazione in legge, il 6 agosto, del decreto legge n. 95 ci pone nelle condizioni, anche durante la discussione di potere affinare questo provvedimento - cosa che già sapevamo quando abbiamo licenziato il testo di legge nel mese di luglio, attendendo la conversione del decreto - rispetto ad alcuni temi che il testo di legge aveva anticipato. Quella sulle Unioni, per esempio, che poteva essere un'anticipazione che rischiava di confliggere con la normativa nazionale può essere oggi un'anticipazione positiva rispetto ai Comuni sotto i 1.000 abitanti.



PRESIDENTE

Grazie, collega Vignale.
La parola al relatore di minoranza, Consigliere Gariglio.



GARIGLIO Davide, relatore di minoranza

Grazie, Presidente, condivido l'impostazione che ha dato il Consigliere Vignale nella sua relazione e pertanto cercherò di non ricalcarla pedissequamente, ma di fare considerazioni a margine di quelle fatte dal collega. Credo che la crisi della finanza pubblica che ha colpito il nostro Paese abbia avuto, specie negli ultimi anni, una ricaduta pesante sul sistema degli Enti locali, non solo in termini di tagli ai trasferimenti verso gli Enti locali - quindi un taglio alle risorse che rientrano nella loro autonoma gestione - ma anche con una serie di interventi normativi che hanno teso a ridefinire l'assetto delle istituzioni locali.
un fenomeno che noi e gli Enti locali - come è anche emerso dal dibattito di ieri in sede di seduta congiunta di Consiglio regionale e Consiglio delle Autonomie Locali - riteniamo ingiusto, ma che ha in qualche modo delle giustificazioni. La giustificazione è nella struttura estremamente pletorica del sistema che la Pubblica amministrazione in senso lato si è data e nella sovrapposizione di una serie di strutture che concorrono al governo locale che vanno semplificate. Questo interpella molto anche la nostra responsabilità di legislatori.
Lo dico perché, a fianco del disegno di legge che approviamo oggi abbiamo approvato qualche mese fa, per esempio, una legge sull'esercizio associato delle funzioni in materia di gestione integrata dei rifiuti urbani (l.r. 7 del 2012); in questa legge abbiamo creato nuove organizzazioni e nuove strutture di difficile funzionamento e così facciamo redigendo molte altre leggi. Io credo, Assessore Maccanti, che la partenza con questa legge e le deliberazioni che dovremo adottare sul riordino delle Province dovrebbero anche segnare l'avvio di un ripensamento complessivo dell'architettura del sistema delle istituzioni locali per ciò che attiene alla parte di nostra sovranità potestà legislativa.
Mi permetto anche di dire, Assessore, che dovremmo in qualche modo cercare di porre mano, parallelamente a questa riorganizzazione degli Enti locali, anche ad una rivisitazione delle competenze che oggi esercitiamo in proprio agli tramite gli Assessorati regionali: è una battaglia che qualcuno di noi ha già cercato di fare senza fortuna nella scorsa legislatura. Se però siamo intellettualmente onesti e vogliamo disegnare il quadro di domani - un domani in cui nessuno di noi sa con certezza se sarà al governo o all'opposizione - non possiamo non riconoscere che i nostri Assessorati svolgono molte funzioni di amministrazione che potrebbero essere ben svolti dalle Province che usciranno dal disegno di riorganizzazione .
Veniamo però alle normative di cui oggi dobbiamo occuparci. Io credo che l'art. 14 del decreto legge n. 78/2010, obbligando all'esercizio associato i Comuni inferiori ai 5.000 abitanti, abbia dato un'impostazione condivisibile che incentivava i Comuni ad un percorso, individuando per delle modalità tali che consentivano il raggiungimento di una finalità funzionale alla diminuzione dei costi della finanza pubblica.
Io credo che il quadro si sia molto deteriorato con l'introduzione, nel nostro sistema legislativo, dell'art. 16 del decreto n. 138/2011. Nella fase finale del precedente Governo venne introdotta questa normativa che stravolgeva quella precedente perché, per i Comuni inferiori ai 1.000 abitanti, proponeva la stessa scelta tra Unioni e Convenzioni prevista per i Comuni con meno di 5.000 abitanti, però con due complicazioni. Intanto le Convenzioni erano sottoposte alla spada di Damocle di una verifica del Ministero degli Interni che non è mai stata definita compiutamente passaggio che doveva certificare il raggiungimento degli obiettivi di efficienza e di efficacia - e dall'altro lato il modello delle Unioni che veniva introdotto era un modello in deroga all'Unione disciplinata dal Testo Unico sugli Enti locali: un'Unione che di fatto faceva perdere ogni sovranità ai Comuni, mantenendoli ma come gusci vuoti; e come Partito Democratico noi abbiamo subito compreso - ma penso che tutte le forze politiche l'abbiano fatto - che questo sistema mal si addiceva ad una Regione come la nostra che ha una realtà di Comuni piccoli molto numerosa e frastagliata.
Oltretutto, il combinato disposto delle due norme creava una sorta di gabbia in cui erano costretti i Comuni inferiori ai 1.000 abitanti, cosa che faceva sì che i Comuni di maggior dimensione demografica non avessero più alcun interesse a collaborare con i Comuni più piccoli, con un fenomeno disgregativo delle Unioni miste presenti sul territorio, fenomeno che per fortuna non si è sviluppato compiutamente ma che ha già dato alcuni effetti nefasti: abbiamo infatti, in questa Regione, forme storiche di aggregazione tra Comuni che nel frattempo si sono sciolte, proprio per paura dei vincoli imposti dall'art. 16.
Voglio citare ancora una cosa. La legge n. 191 del 2009 - cioè la legge finanziaria del 2010 - complicava oltretutto questo sistema, perché con il comma 186 dell'art. 2 sopprimeva i Consorzi di funzioni tra gli Enti locali, con il comma 186 bis sopprimeva le ATO e con il comma 187 troncava sostanzialmente ogni forma di contribuzione statale alle Comunità montane mettendo di fatto la parola fine al sistema delle Comunità montane.
Ecco, tutte queste norme ci hanno completamente cambiato la vita e hanno costretto ad arrivare a due proposte di legge: la n. 191 del Gruppo del Partito Democratico e il disegno di legge n. 192 della Giunta regionale che si prefissavano di riordinare il sistema, cercando -per lo meno questo è stato lo spirito alla base della proposta di legge del Partito Democratico - di salvaguardare le aggregazioni già strutturatesi nell'esperienza piemontese.
Io credo che l'articolo 19 della Spending review sostanzialmente invece, ci faccia fare un passo avanti e che sia una norma positiva. Per come è uscita dalla legge di conversione, questa norma comporta due aspetti, a parte il risvolto di cui abbiamo parlato ieri sulle Province per il quale fa fare un passo avanti alla normativa precedente per circa le competenze delle Province, che speriamo possa essere ulteriormente consolidato da nuove norme. Ma sull'esercizio associato di funzioni credo che questa norma abbia il merito di averci tolto un grande problema, cioè il consentire ai Comuni inferiori ai 1.000 abitanti di potersi avvalere non più di due, ma di tre opportunità, cioè di avvalersi sia delle Unioni in deroga, come previsto originariamente dall'articolo 16, sia dello strumento della Convenzione, che sostanzialmente segue le stesse regole per le convenzioni riferite ai Comuni sopra i 1.000 abitanti, sia dell'Unione come disciplinata dalla normativa del Testo unico.
Questa normativa ci ha tolto un grande problema, quello di evitare il collasso delle Unioni miste presenti sul nostro territorio, cioè delle Unioni fra Comuni inferiori e superiori ai 1.000 abitanti.
una norma positiva su cui il Governo dimostra di avere colto il grido di dolore che gli Enti locali e le associazioni hanno rivolto in questi mesi di riguardo alle difficoltà di applicazione di queste norme .
Veniamo al lavoro svolto in I Commissione. Ritengo che sia stato un buon lavoro di approfondimento, partito in un modo un po' burrascoso. Alla fine, ci si è calati nella parte dei legislatori, che pongono da parte le loro certezze giacobine e si siedono al tavolo del confronto con la capacità - già citata dal collega Vignale - di ascoltare e trovare un compromesso.
In questo caso riconosco a tutte le parti la tendenza a costruire un compromesso che rappresentasse la soluzione più positiva possibile per le istanze degli amministratori locali, che oggi sono chiamati davvero alla mission impossible della politica: quella di portare avanti la gestione delle loro comunità, in perenne diminuzione di risorse e in moltiplicarsi di vincoli che ha fatto sì che, in questi anni, i nostri Sindaci siano diventati degli esperti giuristi.
Quando siamo andati in giro a spiegare le normative su cui stavamo lavorando abbiamo trovato dei Sindaci di piccoli e piccolissimi Comuni che hanno dato filo da torcere, in quanto a conoscenza del diritto, a coloro che, con un po' di spocchia, pensavano di andare nella periferia della regione e dettare norme.
Questa è anche la dimostrazione che nel tessuto molto frammentato dei Comuni ci sono amministratori di grande livello, che hanno saputo far fronte anche a queste sfide.
Assessore, l'articolo 19 della spending review ci consente di superare la forzatura prevista nell'articolo 4 del disegno di legge; una forzatura che noi avevamo previsto nella nostra proposta di legge e che lei ha voluto riprendere nel disegno di legge che ne è venuto fuori, cioè la scelta di dichiarare non applicabili alle unioni miste le norme di cui all'articolo 16 del decreto legge 138/2011.
Noi eravamo convinti di questa scelta; conoscevamo anche, però, i rischi che questa norma portava in termini di possibili impugnative.
Ora l'ultimo comma dell'articolo 4 può essere rivisto alla luce dell'articolo 19.
C'è un'altra forzatura, che la Giunta regionale e la maggioranza non hanno voluto riprendere, ma che noi porremo all'attenzione e all'esame in Aula: quella che attiene ai consorzi socio-assistenziali.
La legge del 2009 è abbastanza netta nello stabilirne la soppressione ma pensiamo che non ci sia ragione, se non un mero formalismo, che porti alla demolizione di esperienze associative che hanno funzionato complessivamente bene nel nostro sistema. Ecco perché abbiamo presentato un emendamento in questo senso.
Siamo anche convinti che il fatto che la legge regionale n. 18/2012 del Veneto non sia stata impugnata nella parte che ristabilisce la presenza dei consorzi socio-assistenziali in quella regione, sia sostanzialmente un elemento che ci sprona ad andare in questa direzione. Così come prendiamo atto che il Governo e la maggioranza un po' strana che lo sorregge a livello nazionale ha approvato tre ordini del giorno (del senatore Zanetti, dell'on. Bobba e dell'on. Fiorio) che invitano il Governo ad andare al superamento di questo vincolo alla presenza dei consorzi.
Lo diciamo, non perché facciamo gli sponsor di una forma associativa rispetto ad un'altra, ma perché riteniamo che, con tutti i problemi che ha la Pubblica Amministrazione, procedere in eccessivi formalismi e demolire ciò che funziona non abbia una ragion d'essere, specie in un momento di crisi così drammatica delle finanze pubbliche.
Su questo tema rimane una disparità di giudizi tra noi e la maggioranza, rispetto all'assetto dimensionale che devono avere i consorzi non che questa legge non consenta ai consorzi delle dimensioni demografiche che avremmo voluto noi, ma stabilisce dei requisiti dimensionali che noi riteniamo troppo bassi. Anche qui, non è una questione solo numerica, ma noi riteniamo che la riorganizzazione del sistema debba cercare anche di perseguire elementi di aggregazione dimensionali tali da permettere di conseguire delle economie di scala.
Su questa materia riteniamo che la dimensione sia estremamente significativa.
Per quanto riguarda i termini cui ha già fatto riferimento il collega Vignale, ricordo che alcuni termini della legge ci toccano da vicino.
A parte quello del 7 settembre, relativo alla possibilità che la Regione individui dei limiti demografici minimi per le unioni in deroga termine che peraltro è già trascorso, c'è il termine del 30 settembre per individuare diversi limiti demografici minimi per le unioni.
Questo tema è già presente nel disegno di legge.
Penso che la norma possa essere interpretata come un limite non perentorio, ma se si avrà lo spirito di ascolto che ha caratterizzato l'ultima fase dei lavori della Commissione, si potrà avere l'aspirazione di rispettare questo termine, anche perché la sfida che abbiamo di fronte vede, entro la fine del 2013, l'obiettivo di esercitare in forma associata tutte le funzioni comunali.
Abbiamo un anno per consentire ai nostri Comuni di compiere un percorso faticoso, al termine del quale le funzioni fondamentali - come sono state ridisegnate - devono essere esercitate in forma associata, pertanto il lavoro per i Comuni non è facile.
Faccio ancora, se il Presidente me lo consente, due brevi riferimenti all'articolato.
L'articolo 1, al comma 2, sottolinea - e lei l'ha voluto, perché è nel suo disegno di legge, Assessore Maccanti - che la Regione, ente di legislazione, pianificazione e programmazione, individua negli enti territoriali costituzionali i destinatari delle funzioni che non necessitano di unitario esercizio a livello regionale.
Si sa che, quando scriviamo le leggi, a volte siamo anche attratti dall'esteriorità delle forme e dalla completezza dei disegni, quindi magari scriviamo delle cose che stanno bene in un certo testo. Noi, per vorremmo che questa norma fosse un qualcosa inserito lì non tanto perch sta bene, ma perché è davvero un criterio ispiratore di questa Amministrazione. Cioè che tutto ciò che non necessita l'unitario esercizio a livello regionale fosse davvero demandato al nuovo sistema degli Enti locali.
Non sarà facile, perché non è facile per nessun Assessore e per nessun direttore di Assessorato riconoscere che un pezzo delle proprie funzioni può essere esercitato, non da se stesso, ma al di fuori dei propri uffici ma ritengo che forzatura disciplinare con legge la materia sia l'unico sistema per rendere efficace quello che lei ha scritto.
Dopodiché, quando lei scrive che la Regione valorizza il ruolo della Provincia come ente di gestione delle funzioni di area vasta, ricordo che questo richiama il dibattito svoltosi ieri in questa sala e l'incertezza circa la possibilità che la Regione possa attribuire alle Province funzioni ulteriori rispetto a quelle che sono state loro attribuite dall'articolo 17 della spending review.
Su questo serve una presenza molto forte della Regione, in termini politici.
Infine - lo cito perché richiama il nostro Statuto - il comma 3 bis prevede che la Regione disponga l'assetto dell'associazionismo intercomunale, tenendo conto della specificità dei territori montani e collinari.
Noi avremmo voluto un adeguamento più forte al dettame dell'articolo 8 comma 2, dello Statuto, laddove dice che la Regione individua nelle Comunità montane e nelle unioni collinari l'organizzazione dei Comuni atta a rendere effettive le misure di sostegno dei territori montani e collinari, ma tant'è: sarà oggetto, anche questo, della nostra ripresa di dibattito in Aula.
Faccio, infine, notare - chiudendo - che gli Enti locali sollevano un problema rispetto alla classificazione, contenuta nel Capo VII di questo disegno di legge , della montanità dei Comuni. Il classificare un Comune in area montana o area collinare si porta dietro una serie di conseguenze in termini di accise, in termini di imposte sui terreni agricoli, in termini di numero minimo necessario per garantire i plessi scolastici.
Visto che la nostra legge dice che possiamo fare unioni tra Comuni in aree non omogenee, ma l'unione viene classificata e segue la disciplina della maggioranza dei cittadini coinvolti, si pone il problema che se mettiamo insieme i Comuni che erano montani e che diventano collinari, che in genere sono i più grandi di una vallata, con comuni meramente montani alla fine si rischia che questa unione diventi un'unione con caratteristiche collinari e si perdano le prerogative della montanità.
Credo, quindi, che sulla classificazione dei Comuni sia necessario recepire le istanze che arrivano e approfondirle, quanto meno perché questa norma ha una serie di ricadute sul territorio che non sono di secondo piano, specie in questa situazione economica.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Gariglio.
Dichiaro aperto il dibattito generale.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Mi dispiace rompere questa impostazione che definirei - senza che nessuno si offenda - molto consociativa. Purtroppo questa non è una proposta di legge coraggiosa. Mi dispiace, ma, soprattutto in alcuni punti questa maggioranza, la Giunta, o chi per lei, ha abdicato alla possibilità di fare delle scelte un po' più coraggiose. È per questo che, relativamente ad alcuni punti, non potremo fare a meno di presentare emendamenti.
Inizierei dall'Unione dei Comuni montani, paventando il rischio della proliferazione degli stessi. Non capisco, quindi, perché si sia voluto dare questa impostazione.
Il principale punto critico di tutto il disegno di legge riguarda proprio la possibilità di lasciare, ai circa 550 Comuni montani del Piemonte (circa la metà dei Comuni della Regione), questa massima libertà di scelta, in nome di un'autonomia organizzativa: quindi Unione dei Comuni o consorzio.
Mi dispiace doverlo dire, ma impostando il discorso in questo modo sembra che la Regione abbia voluto lavarsene le mani: ci si nasconde dietro alla libertà di scelta e poi, di fatto, si abdica a quello che dovrebbe essere il ruolo di guida amministrativa.
Personalmente temo che si venga a determinare un vero e proprio far west, perché Comuni con una popolazione pari a quella di un condominio potrebbero, di fatto, andare a stravolgere gli equilibri che faticosamente sono stati raggiunti attraverso il riordino delle Comunità montane.
C'è qualcuno che sostiene - e personalmente concordo - che si potrebbe ritornare, visto che si era passati dalle 48 alle 22, ai numeri iniziali.
Lo sostiene anche l'UNCEM, quindi penso che sia più che attendibile una valutazione di questo tipo.
Sarebbe anche necessario fissare un tetto minimo per la costituzione delle Unioni, sicuramente più alto di quanto previsto da questa legge (e sul punto presenteremo emendamenti), come anche si potevano evitare spese inutili.
Una spesa non indifferente, a mio modesto avviso, tranquillamente evitabile, è rappresentata dalle procedure di liquidazione delle Comunità montane, individuata nell'articolo 15.
Trovo veramente assurdo individuare 22 Commissari liquidatori deputati ad assicurare la continuità nella gestione dei servizi fino a nuovo riassetto; deputati ad accertare la situazione patrimoniale e finanziaria degli Enti montani, e deputati ad individuare le risorse umane necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni oggetto di conferimento.
Insomma, un dispendio di soldi pubblici che poteva - o potrebbe ancora essere evitato, affidando anche ai Segretari delle rispettive Unioni dei Comuni un compito di questo genere. Non ci vogliono 22 Commissari! Anche se tratta di poltrone temporanee, sono sempre poltrone.
Per quanto riguarda la fusione dei Comuni, siamo su quella linea, ma riteniamo che dovesse essere incentivata in modo più adeguato. Si prende spunto dalla spending review, relativamente a questo punto, e si cerca di procedere, però ricordiamoci che sono dieci anni che in Piemonte non si fanno accorpamenti di Comuni: ricordo quello del 1997, dei Comuni astigiani di Colcavagno, Montiglio e Scandeluzza che hanno costituito Montiglio Monferrato; e quella del 1998, l'ultima, dei Comuni biellesi di Mossa Santa Maria e Pistolera, che hanno costituito il nuovo Comune di Mosso.
Si tratta di esperienze importanti ma limitate, che andrebbero sostenute, oltre che incentivate, un po' di più dall'amministrazione regionale.
Per quanto riguarda i consorzi socio-assistenziali, ritengo che si debba promuovere la delega delle funzioni alle ASL e andrebbe anche rivisto il tetto minimo dei 40 mila abitanti, perché anche in questo caso si corre il rischio di andare incontro a quello che mi piace chiamare il far west.
Allo stesso modo, ritengo che l'amministrazione regionale debba avere il coraggio di assumere una posizione univoca, com'è avvenuto in altre realtà, privilegiando l'affidamento delle competenze alle ASL, come sta avvenendo per gli undici Comuni nel distretto di Bra in provincia di Cuneo cosa che anche l'Assessore Maccanti ha dichiarato essere un modello sperimentale che sembra preludere buoni risultati.
Per carità, ci possono anche essere soluzioni diverse, ma personalmente ritengo che, vent'anni fa, l'affidamento alle ASL, che svolgevano funzioni sia sanitarie sia assistenziali, funzionavano. Non ho mai capito perché si è ritenuto di fare proliferare anche queste allocazioni ultronee.
Ho sempre avuto il mio pensiero al riguardo e continua ad essere lo stesso, ma vi evito di ripeterlo.
Come dicevo, l'esperienza degli undici Comuni del cuneese è stata riconosciuta anche da parte dell'Assessore come un modello virtuoso, quindi si dovrebbe proseguire in quel senso.
Per quanto riguarda il fondo regionale per la montagna, mi limito a dire che le cifre non sono quantificabili. Si parla in modo molto generico di alcune attribuzioni provenienti dall'IRAP, dall'escavazione, dai proventi dell'addizionale regionale, dal canone di imbottigliamento dall'acqua e via di seguito, ed io, pur interpellando anche gli uffici, non sono stato in grado di quantificarlo.
Per quanto riguarda il giudizio, purtroppo - e mi dispiace - allo stato attuale non può che essere negativo.
Mi auguro che con la discussione, eventualmente con i nostri emendamenti oltre a quelli dei colleghi, si possa attribuire quello slancio maggiore a questo disegno di legge che, ripeto, allo stato attuale dimostra di non avere.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente.
Voglio anzitutto esprimere la condivisione rispetto alla relazione che il collega Gariglio ha svolto come relatore di minoranza e cercare, nel dibattito generale, di rappresentare quelle che saranno le linee di comportamento che il Gruppo consiliare del PD assumerà sul merito del provvedimento.
Per fare questo cercherò di partire da che cosa siamo attualmente. Oggi la Regione Piemonte conta 8 Province, 1.206 Comuni - il 29% dei quali non raggiunge 500 abitanti, e il 52% non raggiunge i 1.000 abitanti.
Ci sono 52 soggetti gestori i servizi sociali, dei quali il 21% con una popolazione sotto i 35.000 abitanti. Ci sono 49 Distretti sanitari, 22 Comunità montane, 35 Comunità collinari, 15 Unioni di Comuni. Per non parlare di ATO, di Distretti turistici, di ATL.
Apparentemente, dalla lettura di questi dati o dalla loro rappresentazione, siamo in presenza di un'articolazione amministrativa molto forte anche sul piano della gestione associata, se è vero che oggi circa il 70% dei Comuni piemontesi partecipano ad una forma associativa.
Questa situazione c'impone sostanzialmente, come legislatori regionali la capacità di tradurre nell'atto legislativo che stiamo discutendo il tema fondamentale di una grande iniziativa culturale e politica nei confronti delle Comunità piemontesi, affinché noi si riesca a trovare una sintesi - apparentemente molto semplice da esprimere, ma complicata da costruire e da raggiungere - tra il valore e la difesa del Municipio e della Comunità locale come momento di rappresentanza di presidio sul territorio, con un'organizzazione amministrativa più semplice, più efficiente, più capace di affrontare il futuro della nostra Regione.
Attenzione, vorrei esprimere da subito due convincimenti.
Il primo. Quello della gestione associata delle funzioni dei Comuni non è tema che possiamo immaginare debba riguardare unicamente chi è obbligato dalla legge nazionale: fra i Comuni fino ai 3.000 abitanti in montagna e fino a 5.000 abitanti in pianura. È tema che riguarda complessivamente l'organizzazione amministrativa della nostra Regione; e non è un caso che all'interno della nostra regione, faccio riferimento all'Unione dei Comuni nella cintura torinese, questo tema è concretamente avvertito da realtà amministrative con popolazioni molto consistenti.
Il secondo elemento che voglio rilevare è che quando ragioniamo di tali questioni, non affrontiamo questioni astratte di ingegneria e di architettura istituzionale, ma ragioniamo rispetto a condizioni attraverso le quali un sistema territoriale può diventare più forte e maggiormente capace di corrispondere all'esigenza di garanzia del mantenimento dei servizi, e di una iniziativa tesa a restituire in gran parte sviluppo economico e futuro economico ai nostri territori. Questo il quadro. Questi gli obiettivi.
Siamo partiti in questo lavoro - e lo ricordava il collega Gariglio su posizioni molto distanti. Noi riconosciamo che il lavoro e il confronto di merito svolto all'interno della Commissione ha portato ad un forte avvicinamento delle posizioni, anche se rimangono alcune questioni di merito, per le quali il dibattito in aula dovrà consentire di trovare soluzioni ancor più adeguate e più forti.
Qual era la questione - non per rimanere fermo al passato - su cui le posizioni espresse da questo Gruppo consiliare e le indicazioni contenute in origine nel disegno di legge della Giunta erano fortemente distanti? L'organizzazione amministrativa e l'esperienza associativa che oggi abbiamo in Piemonte - pur riconoscendo che tale esperienza associativa piemontese non ha da tutte le parti lo stesso valore, la stessa importanza e la stessa forza - riteniamo che rappresentasse e rappresenti, comunque il luogo nel quale si sono costruite relazioni tra le Comunità locali. Ed è meglio sottoporre a rivisitazione critica queste esperienze per renderle più forti piuttosto che immaginare che dalla distruzione del sistema, la cancellazione delle Comunità montane, la cancellazione delle Comunità collinari, la cancellazione dei Consorzi e dei servizi sociali, in automatico, potesse sorgere un sistema più efficiente e più moderno.
Su questo ci siamo confrontati. Abbiamo anche avuto modo di avere scontri polemici, ma riconosciamo che il lavoro all'interno della Commissione ha consentito di avvicinare le posizioni.
Oggi quali sono i problemi che abbiamo davanti? Il primo problema - lo ha già ricordato il collega Gariglio: noi ravvisiamo la necessità di una conferma, nella legislazione regionale piemontese, dell'esperienza dei Consorzi dei servizi sociali, non come modo esclusivo della gestione dei servizi sociali, ma come necessità che rimangano intatte tutte le possibilità che la legge n. 1 del 2004 consente agli amministratori locali di poter definire attraverso quali strumenti gestire le politiche sociali.
Ravvisiamo anche la necessità che si riduca il numero dei soggetti che attualmente gestiscono politiche sociali in Piemonte, in un sistema che dovrà necessariamente fare i conti con le riflessioni che proponeva il collega Gariglio: minori risorse a disposizione. Più rendiamo semplice il sistema, più noi siamo nelle condizioni di garantire il mantenimento del sistema dei servizi non solamente nelle aree urbane, ma neanche nelle aree con marginalità demografiche e territoriali.
Ecco perché noi abbiamo proposto una norma - che è entrata nel disegno di legge - di fissazione di una popolazione minima per la gestione dei servizi sociali. E non a caso ricordavo che oggi il 21% dei soggetti che in Piemonte gestiscono servizi sociali sono sotto questa popolazione minima.
Potremmo alzare ulteriormente questa popolazione o esprimere con forza nell'intervento legislativo la necessità che ci sia comunque una equiparazione fra gli ambiti di gestione dei servizi sociali e gli ambiti territoriali dei Distretti sanitari: luogo e strumento attraverso i quali si crea effettivamente un'integrazione nella dimensione territoriale tra i due interventi.
Seconda questione. Il tema è delicato, come ricordava il collega Buquicchio. Noi abbiamo operato, nella precedente legislatura regionale una riforma dell'organizzazione delle Comunità montane, passate a 22.
Oggi il sistema sarà chiamato, sostanzialmente, ad immaginare un ulteriore passaggio dalle Comunità montane all'Unione dei Comuni montani.
Attenzione! Dovremo impegnarci, sotto il profilo di una grande iniziativa culturale e politica, affinché questi passaggi non portino inevitabilmente a una forte moltiplicazione dei soggetti. Abbiamo bisogno di rendere più forte e più semplice il sistema, non di passare dalla situazione che ho rappresentato a una situazione ancor più numericamente consistente e corposa.
Occorre iniziativa culturale e politica da parte delle forze politiche e delle istituzioni; abbiamo la necessità di privilegiare, in questo ambito, il sistema delle relazioni territoriali.
Terzo elemento. Nel disegno di legge siamo riusciti a trovare un a sintesi equilibrata e migliorabile sotto quest'aspetto, soprattutto per quanto riguarda le Unioni dei Comuni montani, nell'immaginare e nel definire che quelli possono e debbano essere i soggetti - non in esclusiva che devono gestire le funzioni fondamentali in ambito montano, ma quelli devono essere i soggetti capaci di creare o continuare a creare politiche di sviluppo all'interno della montagna. È il riferimento all'articolo 44 della Costituzione legge, è il riferimento alla legge regionale 16, che non a caso non è totalmente abrogata, è il riferimento che la stessa legge di conversione sulla spending review affida alle Unioni dei Comuni montani cioè la possibilità per loro di essere titolari di politiche di sviluppo per la montagna.
Abbiamo una questione che noi consideriamo importante, su cui dovremmo esercitare anche una nostra iniziativa come legislatori regionali, che è un problema irrisolto che la spending review nazionale ci ha affidato: quello di immaginare che i Consigli delle Unioni dei Comuni non possano essere composti da un numero di componenti superiore a quello del Consiglio comunale corrispondente per popolazione al complesso della popolazione dell'Unione dei Comuni. Questo è un tema su cui dovremo esercitarci, perch il rischio vero è che la non possibilità di rappresentanza di tutti i Comuni all'interno delle Unioni dei Comuni possa determinare scelte relativamente alla nascita dell'Unione dei Comuni più deboli e più fragili e noi non vogliamo correre questo tipo di rischio.
Vi è poi una serie di questioni, che sono degli impegni che il legislatore regionale vuole mettere all'interno di questo disegno di legge relativamente al riordino del sistema delle funzioni decentrate che la legislazione regionale, nel corso di questi anni, ha definito, a volte con una suddivisione della stessa funzione in capo a una pluralità dei soggetti.
Noi crediamo che, una volta definita l'architettura istituzionale, che auspichiamo forte, robusta e capace di trovare le sintesi all'interno delle diverse realtà territoriali, rimanga il problema di una rivisitazione complessiva della legislazione regionale piemontese in grado di poter affidare la stessa funzione in capo a un unico soggetto. Sono finiti i tempi nei quali tutti immaginano di occuparsi di tutto.
Sotto questo aspetto, faccio sempre un esempio di natura scolastica. Se immaginiamo che oggi di turismo se ne occupano i Comuni, le Pro-loco, le Unioni dei Comuni, le Comunità montane, le Province, le Camere di commercio, le ATL, ecc., alla fine tutto ciò si traduce in dispersione delle risorse e nell'incapacità di poter raggiungere degli obiettivi.
Noi abbiamo lavorato e lavoreremo anche molto durante queste giornate in Aula con la consapevolezza che non abbiamo molto tempo a disposizione ma anche con la consapevolezza che, quando parliamo di riforme che riguardano le istituzioni e gli assetti istituzionali, la strada che il Gruppo del Partito Democratico assume è quella di creare consenso, perch solo una riforma capace di costruire consenso è una riforma capace di reggere i cambi di maggioranza politici.
Noi viviamo in un sistema che negli ultimi anni ha subito molti scossoni, abbiamo bisogno di dare certezza e questa certezza passa, dal nostro punto di vista, attraverso una riforma condivisa.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Muliere.



MULIERE Rocco

Grazie, Presidente.
Parto dalla considerazione finale del Capogruppo Reschigna, quando si augurava che questa legge trovi condivisione all'interno dell'Aula. Questo era anche l'auspicio delle organizzazioni degli Enti locali: è evidente che una riforma di tale portata necessita di un confronto che porti ad una condivisione. Stiamo parlando del riordino degli Enti locali.
Com'è stato detto, nella nostra regione contiamo 1206 Comuni. Con un numero così alto di Enti locali, abbiamo bisogno che vi sia la più larga condivisione possibile del testo che andremo ad approvare. Ed è quanto abbiamo cercato di fare in sede di Commissione, battendoci su alcune questioni. Dobbiamo riconoscere che, da questo punto di vista, da parte della Giunta e dell'Assessore Maccanti vi è stata grande disponibilità, che ci ha portato a correggere alcune questioni che avevamo posto all'inizio della discussione in Commissione. Ritengo vi siano altre correzioni da apportare, com'è stato evidenziato sia dalla relazione del Consigliere Gariglio sia dall'intervento del Capogruppo Reschigna, e spero che il confronto in Aula porti a definirle.
Alcune considerazioni di carattere generale.
La prima: ero e rimango convinto che c'era e ci sarebbe ancora bisogno di un disegno complessivo di riforma dello Stato. Trovo singolare il fatto che un giorno discutiamo di Province, un altro giorno discutiamo di Enti locali e poi chissà quando si discuterà di riforma del Parlamento e così via. In realtà, ci sarebbe bisogno di un'idea di riforma complessiva unitaria dello Stato.
Così non è. Oggi noi stiamo discutendo di una legge di riforma e di riordino degli Enti locali della nostra regione e in Parlamento non riescono ad approvare la "benedetta" Carta delle Autonomie locali.
evidente che approveremo una legge che si dovrà confrontare con quanto uscirà dal Parlamento - se uscirà, personalmente non lo so; il mio è un auspicio, l'auspicio dei molti che aspettano da tempo una Carta delle Autonomie locali, che non so se arriverà prima della fine della legislatura. Quindi abbiamo questa situazione.
Vi è poi la questione delle Province. Mi viene un po' da sorridere, ma non c'è nulla da sorridere quando penso al fatto che è diminuito il numero dei Consiglieri e degli Assessori nei piccoli Comuni, mentre il Parlamento non riesce a dimezzare il numero dei parlamentari. Questa situazione è ridicola, per non dire drammatica: andiamo a chiedere uno sforzo micidiale ai piccoli Amministratori che lavorano in modo volontario, ma non riusciamo a diminuire non solo il numero dei parlamentari, ma neanche il numero dei Consiglieri regionali. Questione che dovremo affrontare, prima o poi anche in questo Consiglio regionale.
Seconda riflessione. Dobbiamo occuparci della riorganizzazione complessiva perché la crisi economica ci impone uno sforzo, una sfida che dobbiamo accettare. In Italia abbiamo una Pubblica Amministrazione che complessivamente costa di più, ed è meno efficiente, rispetto a quella che c'è in altri Stati. È evidente che, siccome questa crisi economica non è n temporanea né passeggera, ma peserà fortemente sul futuro di questo Paese dobbiamo arrivare necessariamente a riformare la Pubblica Amministrazione del nostro Paese, per renderla meno costosa e più efficiente. È una sfida straordinaria, che non so se riusciremo ad affrontare e non so se riusciremo a vincere.
Nessuno di noi può pensare che tutto ritornerà come prima. Non sarà così. Per questo siamo assolutamente obbligati ad affrontare il tema delle riforme. Quindi, necessariamente, dobbiamo discutere e stiamo discutendo della questione degli Enti locali anche se - lo ripeto - è slegata dalle altre questioni; e questo credo sia un fatto negativo.
Dobbiamo attivarci perché la questione del debito pubblico pesa come un macigno su tutte le problematiche che dobbiamo affrontare: le minori risorse e i minori trasferimenti dallo Stato centrale ai territori; la questione della ridistribuzione, del fatto che occorre rispettare di più chi ha gestito le risorse in modo virtuoso, il fatto che non bisogna fare riferimento solo alla spesa storica. Insomma, siccome non possiamo pensare che tutto ritorni a com'era prima dell'inizio di questa crisi drammatica dobbiamo affrontare il tema delle riforme.
Ora, il riordino degli Enti locali, quello che stiamo affrontando, è un pezzo importantissimo della riforma complessiva dello Stato e delle istituzioni.
Ma siccome stiamo parlando di presidi importanti e vitali per il nostro territorio, in particolar come abbiamo detto più volte per la popolazione dei territori montani - non territori marginali, ma territori montani! dobbiamo prestare molta attenzione. Ed è quanto abbiamo cercato di realizzare nel confronto in Commissione e che cercheremo di realizzare in Aula.
Sono state poste alcune questioni, poi corrette. Avevamo posto la questione dell'omogeneità dei territori: criterio importante, perché non possiamo pensare di arrivare alle Unioni dei Comuni e alle convenzioni tra i Comuni senza rispettare alcuni criteri perché rischieremmo di aumentare la confusione.
C'è una forte spinta da parte dei Sindaci per stipulare convenzioni tra Comuni; credo che questa sia una delle possibilità, un passaggio forse indispensabile e necessario. L'Unione dei Comuni è un obiettivo importante perché è attraverso l'Unione dei Comuni che possiamo risolvere e gestire alcune questioni importanti presenti sul territorio.
I consorzi socio-assistenziali.
un'altra questione che avevamo posto e che stiamo ponendo: il decreto sulla spending review ha dato una mano da questo punto di vista, e non soltanto perché sono stati approvati degli ordini del giorno collegati.
Per essere certi che quest'esperienza positiva possa continuare anche sul nostro territorio regionale occorre, attraverso gli emendamenti che abbiamo già presentato e presenteremo in questi giorni, che si rafforzi la possibilità e ci sia la certezza che si possa continuare a gestire i servizi socio-assistenziali attraverso l'esperienza positiva dei Consorzi.
Non vedo perché quando c'è uno strumento importante che ha dato risultati positivi si debba necessariamente superarlo. Se ha dato risultati positivi anche in termini di utilizzo corretto delle risorse, ritengo utile continuare questa esperienza.
Nelle prossime sedute di Consiglio, in cui affronteremo tali questioni dovremo certamente avere la capacità di guardare in avanti, di utilizzare questo momento per innovare, per rendere più efficiente e più efficace l'intervento delle nostre istituzioni locali, ma, nello stesso tempo, avere un profondo rispetto del lavoro dei nostri amministratori sul territorio, e pensare che anche questo provvedimento deve parlare ai cittadini della nostra Regione.



PRESIDENTE

Grazie.
La parola alla Consigliera Artesio.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Arriviamo alla discussione di questo disegno di legge regionale dopo un lungo e articolato lavoro della Commissione competente e certamente non fa velo nemmeno alle opposizioni il riconoscimento della disponibilità dimostrata dall'Assessore proponente all'ascolto e alla dialettica con le posizioni degli altri Gruppi consiliari. Però, disponibilità non significa che si siano esaurite le differenze, tanto meno che si siano risolte le obiezioni e le perplessità che sottendono a questo disegno di legge. E' il riconoscimento di uno stile di relazione che quando si rileva è bene apprezzare, perché non è uno stile di relazione che, purtroppo, ritroviamo frequentemente nei comportamenti della Giunta. Ciò che, però, l'Assessore Maccanti non può da sola risolvere rispetto al quadro nel quale si muovono le decisioni regionali è la necessità di coerenza intrinseca tra i diversi atti e revisione di ordinamenti che i diversi livelli istituzionali stanno condividendo o subendo a seguito delle disposizioni di carattere nazionale.
Noi stiamo effettivamente vivendo tutto il riordino dei ruoli istituzionali, non tanto nella possibilità di leggere un disegno unitario organico e sensato, quanto piuttosto nella condizione di sfogliare margherite o carciofi a seconda dell'immagine che sembri più gradevole, nel senso che siamo stati impegnati nella giornata di ieri a discutere della riformulazione degli ambiti e dei compiti delle Province, oggi ci stiamo ritrovando a discutere delle modalità di forma associata della gestione dei servizi da parte degli Enti locali, sicuramente ci siamo nel tempo trovati a ragionare su nuove articolazioni territoriali e di funzioni del sistema sanitario senza che tutto ciò consenta una riflessione politico istituzionale di disegno unitario e generale.
Quindi, venendo all'applicazione concreta in sede piemontese delle disposizioni nazionali, riprendo - vi sembrerà curioso, ma voglio anche sottolineare la contraddittorietà dei pensieri e dei comportamenti - una frase del Presidente Cota, il quale, commentando la spending review nazionale, lamenta sempre che trattasi di un atteggiamento lineare, che non sa riconoscere le differenze dei comportamenti territoriali e delle diverse amministrazioni, quindi impone dispositivi comuni a situazioni differenti.
Devo dire che il Presidente Cota in questa foga ripercorre antiche visioni: far parti uguali tra soggetti diseguali non è eguaglianza; disegni istituzionali uguali per soggetti diseguali non è eguaglianza, e sicuramente non sarà nemmeno efficacia.
Ma il Presidente Cota che così si scaglia su questioni che lo appassionano maggiormente, in realtà, si comporta in modo equivalente quando ha la responsabilità diretta di definire, ad esempio, il riordino della gestione associata. Il Piemonte non è affatto una regione che abbia negli anni agito nella direzione della frammentazione o del disordine. Il fatto stesso che la nostra Regione con amministrazioni diverse abbia nei successivi esercizi finanziari disposto il sostegno economico a quegli enti che sceglievano la gestione associata e abbia in ciò sempre incrementato le risorse trasferite è la dimostrazione più lampante di come, negli anni, gli Enti locali piemontesi si siano dati, per ragioni di opportunità economica e di funzionalità di esercizio, scelte autonome di organizzazione in direzione della gestione associata. Non è certo questa una Regione nella quale occorreva una normativa nazionale o un disegno di legge regionale per promuovere un principio che è già profondamente avvertito e praticato dagli organismi politici che dirigono i diversi livelli istituzionali.
Si trattava, quindi, di partire dalla conoscenza della storia della nostra Regione come diceva il Consigliere Reschigna; una storia che non è fatta soltanto di fotografia di ciò che esiste, ma di processi che hanno portato, esattamente, alla condizione attuale. Il processo è la condizione essenziale perché, qualunque tipo di cambiamento, particolarmente sensibile come quello dei livelli istituzionali, possa avere un esito concreto anche nei comportamenti reali. Del processo, in realtà, poco ci si è curato sotto un atteggiamento apparentemente democratico.
Il disegno di legge della Giunta regionale è stato predisposto con una modalità che dichiarava, in premessa, siano le amministrazioni comunali a orientare la propria determinazione, siano loro a dirci in che modalità vorranno aggregarci, noi definiamo soltanto il livello minimo della dimensione ottimale per l'esercizio delle funzioni. Dopodiché, saranno gli Enti locali a decidere nella loro autonomia, ma nella loro autonomia gli Enti locali avevano preso determinazioni nel corso degli anni.
La preoccupazione più potente che abbiamo nei confronti dell'applicazione di questo disegno di legge, sta proprio nel rapporto tra ciò che dovrà essere e ciò che oggi attualmente è, temendo che ciò che dovrà essere, possa cancellare, senza rispetto, le soluzioni virtuose di un'organizzazione degli Enti locali. Le due preoccupazioni più cogenti si muovono sul tema delle Comunità montane e dei Consorzi Socio Assistenziali.
Come dicevo, poiché la storia è anche merito e demerito a seconda dei punti di vista che esaminiamo delle amministrazioni che nel tempo si sono succedute, è innegabile che da un governo di centrodestra ad un governo di centrosinistra la legge regionale n. 1/2004 abbia, a suo tempo, premiato la gestione associata delle funzioni Socio Sanitarie e Socio Assistenziali attraverso l'individuazione degli enti di governo dei consorzi.
Individuazione che, voglio ricordare, vede degli amministratori indicati dalle amministrazioni comunali, esercitare il proprio compito di coordinamento su una materia profondamente sensibile, senza ricevere indennità di carica avendovi rinunciato per buona parte, anche prima che venissero le disposizioni nazionali. Questo a dimostrazione del fatto che da un lato, gli Enti locali avvertono tutta la profonda responsabilità di questo compito dall'altro, coloro che vi presiedono in queste funzioni avvertono tutto il significato sociale della necessità che il welfare locale corrisponda sempre di più ai bisogni crescenti di una comunità.
L'esperienza dei Consorzi, quindi, non dovrebbe, e non dovrà a nostro modo, essere spazzata da una revisione di carattere legislativo, né in direzione di soluzioni che in Piemonte non sono state scelte per ragioni di cultura di funzionamento dei Servizi Sociali, ossia la delega alle ASL, n in direzione di ossequi ad una normativa che fa, come le spending review quei famosi tagli o visioni lineari che il Presidente Cota, per altri contesti, tanto commenta negativamente.
Confido, quindi, che l'ordine del giorno che a livello parlamentare è stato assunto per il mantenimento dei Consorzi Socio Assistenziali, possa trovare nell'approvazione degli emendamenti che so essere stati predisposti, e ai quali mi associo, il consenso del Consiglio regionale.
La seconda preoccupazione riguarda la questione delle Comunità montane perché, come in tutte le leggi, accanto al riordino, si ragiona delle modalità di governo concreto: trasferimento di risorse e di funzioni.
Spiace rilevare che non tanto dalla lettura di questo testo, ma dalla lettura incrociata di questo testo con i provvedimenti di bilancio, si manifestano ancora grandi preoccupazioni rispetto alla garanzia di fondi trasferiti per il funzionamento e rispetto alle garanzie assegnate alla conservazione degli organici e del personale che hanno prodotto cultura professionale nel corso degli anni.
Devo dire che, proprio a dimostrazione del modo schizofrenico con il quale, di provvedimento in provvedimento, siamo obbligati all'applicazione o ne curiamo l'interpretazione contestualmente, nella spending review della Regione, tutto il tema del personale e della sua mobilità, dell'analisi del fabbisogno, è una delle questioni portanti. Se incrociamo i due dati la certezza rispetto alla continuità degli attuali dipendenti con il futuro verso il quale la Regione guarda, non è così confermata.
Ancora molte ombre in questo disegno di legge, che pure ci ha dato molti spazi di discussione e di partecipazione. Si confida che almeno su questi due temi gli emendamenti presentati e discussi nel corso del futuro dibattito, possano trovare maggiore accoglienza.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Giacomino

Grazie, Presidente.
La discussione che stiamo affrontando credo rappresenti un momento importante; tutte le questioni trattate in Aula sono importanti, ma ve ne sono alcune, tipo la norma sulla quale ci stiamo confrontando, che sono destinate a tratteggiare, a definire i contorni e l'organizzazione che il nostro territorio assumerà in molti anni a venire.
Giustamente, vi è stata un'importante fase preparatoria e un'importante discussione in Commissione; credo sia necessario che l'Aula riservi grande attenzione alla predisposizione della norma, proprio perché destinata ad influenzare, in modo importante, il modo con cui il territorio e le istituzioni si organizzano per fare bene ciò che il territorio si attende da loro.
In questo senso, dovremo prestare molta attenzione a cogliere il momento che siamo chiamati ad affrontare non soltanto come l'adempimento ad un obbligo di legge che ci deriva da normativa nazionale, quanto come opportunità per ripensare l'assetto organizzativo delle istituzioni sul territorio, per metterle in condizioni di svolgere meglio il lavoro cui sono chiamati.
Ieri, nel suo intervento in aula, il Presidente Cota, a proposito delle Province, ha detto che la riflessione che siamo chiamati a realizzare nasce con la manovra del Governo Monti. Credo che, più o meno volutamente, sia incappato in un errore. Noi siamo qui oggi a trattare della materia di cui parliamo perché l'anno scorso, nel 2011, fu varata quella straordinaria norma che passò sotto il titolo di "abolizione di 54 mila poltrone" lanciata dal Ministro Calderoli che conteneva due perle fantastiche: l'abolizione di tutte le Province e l'accorpamento dei Comuni minori.
Quanto accadde dopo quell'uscita straordinaria lo ricordano tutti: centinaia di manifestazioni sul territorio contro quell'approccio scellerato e superficiale nell'affrontare i temi delle istituzioni, in attesa - stiamo attendendo ancora oggi - che il Parlamento varasse una norma quadro, il codice delle Autonomie, dentro il quale inserire tutte le operazioni che si rendevano necessarie.
Oggi siamo nella condizione che, avendo la normativa nazionale, la spending review revisionata e, in qualche misura, avendo mitigato l'impatto delle norme dell'anno scorso, si pone una serie di obblighi temporali entro i quali siamo chiamati, a livello regionale, a normare e ridefinire quello che dovrà essere, nei nostri territori, l'assetto istituzionale in cui i nostri Enti locali saranno chiamati a governare le sfide dei prossimi anni.
Nelle scorse settimane, in Commissione è già stato svolto un lavoro che definirei importante: eravamo partiti molto male, ma oggi, il testo che approda in quest'aula, sia pur in larga parte approvato quando ancora non si conoscevano le cadute finali della spending review, è già stato significativamente migliorato. C'è ancora da prendere in mano tutta una serie di questioni, che soltanto successivamente hanno avuto conferma della loro approvazione, ma qualche passo avanti è già stato fatto.
Credo che le indicazioni che ci provengono dalla normativa nazionale ci mettano in condizione di affrontare - e spero di risolvere positivamente una richiesta forte che tanti partiti e tanti Consiglieri avevano portato avanti in questi mesi in questo consesso regionale: offrire agli amministratori locali la possibilità, qualora lo ritenessero opportuno, di dare continuità all'esperienza dei consorzi socio-assistenziali.
Mediamente, in questi anni, i consorzi hanno ben operato nelle nostre comunità e nei nostri territori. Hanno garantito un livello alto di sintesi tra la necessità di un utilizzo, sempre limitato, di risorse, con la capacità di cogliere e avere un rapporto molto stretto con le comunità locali e con i territori, in modo da rendere una risposta adeguata al tipo di sollecitazioni e di emergenze che il territorio esprimeva.
Sarebbe stato quindi folle, dal mio punto di vista - ma credo di condividere con tanti questa lettura - sopprimere semplicemente perch qualcuno aveva visto in altre parti d'Italia consorzi che non funzionavano.
Ma qui è stata un'esperienza che ha dato significate prove di qualità e di adeguatezza alle finalità cui erano preposti.
Allo stesso modo, dovrà essere affinato significativamente il percorso che abbiamo avviato nel trovare risposte alla necessità di costituire Unioni di Comuni che siano adeguati alla missione e allo scopo che hanno come obiettivo.
Apro una piccola parentesi al riguardo: credo che tutti abbiamo chiaro che il nuovo contesto istituzionale nel quale ci troviamo ad operare richieda un'adeguata consapevolezza per non rischiare di buttare, insieme all'acqua sporca, anche il bambino.
Se il quadro istituzionale non muta - e oggi non abbiamo elementi per immaginare che questo accada - avremo Province che saranno cosa altra rispetto all'idea di Provincia che nei casi più virtuosi avevamo oggi.
Avremo Province che saranno Enti con un rapporto indiretto con il loro territorio, cosa che limiterà pesantemente la loro autorevolezza e la loro capacità di decisione.
Lo ha detto molto bene ieri in quest'aula il Presidente della Provincia di Torino, Saitta: con il nuovo assetto, molte delle scelte fatte in questi anni, che possono piacere o non piacere, non sarebbe stato possibile realizzarle, perché la Provincia non avrebbe avuto la forza di portare avanti determinate scelte.
Da questo punto di vista, dobbiamo avere consapevolezza che i nuovi soggetti che andremo a varare, e che permetteranno una gestione associata di funzioni da parte dei Comuni, in molti casi dovranno farsi carico dell'insufficiente autorevolezza che le Province avranno e, quindi dovranno essere chiamati a ragionare, in molti casi direttamente in rapporto con la Regione, per garantire qualità ed efficienza nei servizi e nelle funzioni che i cittadini in quei territori si aspettano.
Da questo punto di vista, continuo ad essere convinto che il coraggio che avrebbe dovuto avere questo Ente Regione e quest'Aula, avrebbe dovuto portare a disegnare, a livello regionale, le dimensioni territoriali su cui operano i singoli soggetti associativi. Si è fatta un'altra scelta, che rispetto: abbiamo lungamente parlato con l'Assessore Maccanti anche delle motivazioni e dei ragionamenti che ci stanno dietro. Credo però che lo sforzo che tutti insieme dovremmo fare è creare un quadro di norme che permetta incentivi e orienti i Comuni e gli Amministratori locali nella definizione degli assetti organizzativi che andranno a darsi, avendo piena consapevolezza di quella che è la sfida che hanno di fronte. Non vorrei che facessimo una splendida riforma, dove rispettiamo le idee di tutti e dove ognuno può fare quello che vuole, e poi creassimo un mostro che non cammina.
Questo non è un problema di natura squisitamente giuridica; sarà un problema concreto di risposte ai problemi e alle questioni che i cittadini pongono sui singoli territori.
Da questo punto di vista, mi auguro veramente che il lavoro di affinamento normativo, che saremo chiamati a fare, abbia la capacità di affrontare le questioni, soprattutto relative ai territori montani, che ancora rimangono aperte e che sono questioni importanti.
Prima è stato detto che dovremmo affrontare il tema della modalità attraverso la quale definire un criterio di montanità che sia, per quanto possibile, capace di non isolare i territori realmente montani, ma, al tempo stesso, di definire in modo puntuale quei territori che necessitano di una maggiore attenzione, anche da un punto di vista di risorse disponibili, perché il contesto di vita in quei territori è oggettivamente diverso rispetto a tutti gli altri territori.
Dovremo avere consapevolezza della necessità, in generale, su tutte le funzioni e su tutti i servizi, ma, in particolare, per tutto quel pacchetto di compiti che le Unioni di Comuni montani avranno, in virtù dei compiti che la Regione aveva a suo tempo assegnato loro (e che riconfermerà in larga parte con questa norma), legate allo sviluppo e alla salvaguardia di servizi minimi per quei territori, anche alla luce del fatto che siamo alla vigilia dell'apertura di un percorso legato ai fondi dell'Unione europea che vedrà, per la prima volta, la montagna sul fondo FEASR (fondo europeo dei programmi di sviluppo rurale), come soggetto di iniziative specifiche.
Dall'altra parte, come abbiamo già detto in quest'Aula, è probabile che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi vada a compimento il percorso della macroregione alpina, come modalità di gestione coordinata di fondi e di risorse.
In questo senso, sarebbe un peccato, dopo aver lavorato per ottenere canali preferenziali di intervento, creare uno strumento incapace di gestire questa opportunità. Da questo punto di vista, l'Aula avrà la necessità di misurarsi concretamente con questo, proprio per garantire risposte e prospettive a questi territori.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Pentenero; ne ha facoltà.



PENTENERO Giovanna

Grazie, Presidente.
L'Aula, dopo un percorso importante e significativo, si accinge a discutere un disegno di legge che ridefinirà il disegno di tutti i Comuni all'interno della nostra Regione.
Una legge molto importante, come è già stato ricordato; una legge che i Comuni - è inutile nascondersi - attendono da tempo, perché la confusione normativa sviluppata sul piano nazionale ha sicuramente indotto i nostri amministratori, in un momento già complesso e difficile, in un'ulteriore situazione di difficoltà e di imbarazzo. Non bisogna dimenticare che i soggetti terminali del processo democratico ed istituzionale del nostro Paese sono i Sindaci e gli Amministratori locali.
Forse vale le pena ricordare, come è già stato detto ma è utile sottolineare, l'esperienza drammatica che stanno vivendo oggi i Comuni, a seguito del decreto Calderoli, con una riduzione importante di Assessori e di Consiglieri.
un'esperienza davvero drammatica per quei piccoli Comuni, in cui certamente Assessori e Consiglieri non rappresentano un costo della politica. Chi fa questa affermazione non conosce l'esperienza di questi Comuni: sarebbe bene conoscerla prima di parlare.
L'esperienza drammatica che stanno vivendo oggi i Comuni, con il numero ridotto di rappresentanti all'interno dell'Amministrazione, fa venire meno tutta una serie di forze e di risorse umane che accompagnavano il processo di realizzazione dei programmi all'interno dei territori.
Forse vale la pena ricordare che, spesso, i Comuni piccoli hanno un'estensione demografica così significativa e così importante che avere qualche Assessore in più e qualche Consigliere in più, all'interno dei propri organismi, permette di avere qualcuno in più per controllare il territorio, soprattutto in momenti complicati e difficili che ancora quest'estate si sono manifestati e che purtroppo continueranno a manifestarsi, permette di avere risorse umane che diano una mano nella gestione e nel controllo del territorio.
Questi aspetti non sono assolutamente conosciuti nelle Aule romane e credo che invece un'Aula come quella del Consiglio regionale debba avere una maggiore consapevolezza.
I Comuni attendono questo provvedimento e c'è una situazione di ansia ma vale forse la pena fare una riflessione rispetto al quadro delle Province. Spesso e volentieri, l'opinione pubblica, di fronte alle Province, ricorre alla facile affermazione "chiudiamole, eliminiamole, non servono a nulla". Questa demagogia di certo non aiuta il processo democratico, anzi oggi assistiamo alla situazione esattamente opposta: nel momento in cui dobbiamo fare il passaggio per la revisione dell'assetto delle Province, troviamo le popolazioni locali che ci chiedono l'esatto contrario, cioè di non chiudere le Province, di non trasformarle e quindi di non migliorare quello che potrebbe essere l'assetto.
Personalmente sono convinta che il nuovo assetto previsto dalla spending review e dalle norme precedenti non sia un assetto che migliora la funzionalità delle Province, anzi credo lo peggiori. In ogni caso assistiamo alla testimonianza da parte dei cittadini; testimonianza che spesso presenta qualche aspetto di non chiarezza, perché prima vogliamo chiudere le Province poiché rappresentano un costo della politica e, nel momento in cui ci accingiamo a un processo diverso, si scatena l'esatto opposto. Allora forse questo testimonia ancora una volta come non ci sia la consapevolezza di che cosa rappresentano gli organismi istituzionali in seno ai nostri territori; di conseguenza, la politica dovrebbe smettere di fare demagogia su questi temi, ma dovrebbe avere la consapevolezza reale di che cosa rappresentano.
Fatte queste considerazioni, a maggior ragione credo davvero che questa sia una legge sulla quale dobbiamo fare molta attenzione rispetto a quello che andiamo a scrivere e a quello che andiamo a dire. Sono stati fatti dei significativi passi in avanti, abbiamo dato al tema delle Comunità montane e quindi a quello che sarà il loro futuro un'attenzione davvero particolare, perché amministrare questi territori è diverso dall'amministrare una realtà grande, una Città metropolitana. In questo senso, è necessario che le istituzioni forniscano a questi territori strumenti diversi per permettere loro di garantire risposte a quei cittadini che sono sicuramente in misura minore rispetto alle grandi città ma che hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri dei cittadini che vivono nelle realtà metropolitane. Ciò nonostante, non dobbiamo dimenticare che questi sono territori che hanno bisogno di una cura e di un'attenzione particolare e lo strumento normativo è lo strumento con il quale poter esercitare questo tipo di attività.
Quello che oggi troviamo all'interno del disegno di legge è sicuramente una maggior attenzione, una maggiore considerazione rispetto a quello che sarà il nuovo assetto delle nuove realtà che troveremo all'interno dei Comuni montani. Credo che possano essere fatti ancora alcuni passaggi e mi auguro che l'emendamento che abbiamo ulteriormente presentato rispetto alla funzione socio-assistenziale sia un documento che possa trovare consenso all'interno di quest'Aula, perché non possiamo permetterci - lo abbiamo detto, lo abbiamo sentito più volte - di lavorare senza tenere in considerazione quello che ci dicono i nostri Amministratori. Non c'è parte politica, ma c'è senso di responsabilità e grande senso civico in quello che compiono e ci hanno ricordato più volte che non vogliono trovare un'altra soluzione, perlomeno la prevalenza degli Amministratori ci ha indicato come strada per la gestione di una funzione così delicata quella del consorzio socio-assistenziale.
Credo valga la pena anche ricordare che, in un momento in cui ci sono poche risorse, non possiamo immaginare di avere contestualmente la difficoltà di gestire i servizi determinata dalla riduzione dei finanziamenti e la revisione dell'assetto istituzionale. È uno sforzo, un sacrificio che alla fine non porta beneficio, ma porta semplicemente a una dispersione di risorse economiche e di risorse umane senza comportare alcun utile per i nostri cittadini. Credo che questa sia un'ulteriore considerazione dalla quale non possiamo prescindere per non dare tutti gli strumenti giuridici necessari e fondamentali affinché i consorzi possano continuare a sopravvivere.
La definizione degli ambiti ottimali è una definizione che tiene in considerazione quelle che sono le caratteristiche della nostra regione.
Abbiamo dato particolare attenzione al tema delle Comunità montane, dei territori montani e di quello che sarà il loro futuro, ma voglio ricordare che la storia porta ad avere tanti Comuni in zone collinari e in zone di pianura che non vivono certamente una condizione, in termini amministrativi e in termini di gestione, più felice rispetto ai Comuni montani. Sono territori con caratteristiche diverse, che hanno anche storie diverse, ma sono territori dove lo sforzo che è stato fatto è uno sforzo che tiene in considerazione quella che è la caratteristica di questi territori e quindi di tutti quei servizi fondamentali che ne permettono la sopravvivenza.
Tra l'altro, non possiamo certamente immaginare che uno svuotamento dei servizi e quindi un consequenziale spostamento di tutte le popolazioni delle realtà demografiche minori possa essere assorbito e gestito dalle Aree metropolitane e quindi abbiamo anche questa grossa responsabilità che ci attende.
Un'ultimissima considerazione, che è un'amara considerazione. A mio parere, questo Paese ha bisogno di una revisione dell'assetto istituzionale, ma che parta al contrario. Noi avevamo due possibilità, a partire dal basso per arrivare all'alto; questo Paese aveva invece bisogno di partire dall'alto per arrivare al basso, e quando dico dall'alto parlo certamente delle cose che prima il Consigliere Muliere ha ricordato.
Farei un'ulteriore riflessione. Il nostro Paese ha approvato una modifica del Titolo V della Costituzione e allora bisognava dare piena attuazione a tutti quegli aspetti incompiuti del Titolo V, che sono tanti che avrebbero permesso di avere una revisione della proprietà di programmazione delle Regioni, che a caduta avrebbe rivisto quelle che sono le competenze delle Province e l'articolazione della gestione territoriale dei Comuni. Spiace constatare che questo processo non avverrà o, meglio avverrà in modo schizofrenico.
Abbiamo, da una parte, una riforma istituzionale che va avanti con una tempistica feroce, con una serie di norme spesso contrastanti e dall'altra, un quadro non ancora compiuto che la nostra Costituzione ci indica. Questo non potrà che essere un ulteriore elemento di difficoltà e di complessità con la quale gli Amministratori, anche i legislatori regionali, dovranno fare i conti. Pertanto la revisione di tutto l'assetto normativo da parte della Regione che all'interno della legge è inserito che sarà un processo lungo e che la spending review ci ha ricordato, sarà sicuramente l'argomento più complicato con il quale dovremo fare i conti.
Infatti, una volta definito l'assetto territoriale, noi avremo un aspetto legislativo regionale difficile da rivedere, totalmente da rivedere in tutte le sue funzioni, e questo sarà un compito importante che ci attenderà e con il quale, appunto, dovremo fare i conti.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Ronzani.



RONZANI Wilmer

Grazie, Presidente.
Il collega Buquicchio in un intervento ha sollevato, in maniera assolutamente legittima, una serie di perplessità sul provvedimento che stiamo discutendo. Se ho inteso bene - se non ho inteso bene, mi scuso con lui, perché vuol dire che ho frainteso questo passaggio del suo intervento ha parlato di un provvedimento consociativo.
Non credo che sia il termine giusto, perché noi abbiamo sempre attribuito a questa parola un significato negativo. Io preferirei, Andrea porre diversamente la questione. Siccome stiamo discutendo di un processo di riforma che riguarda il sistema istituzionale del Piemonte, credo che sia giusto che le forze politiche rappresentate in questo Consiglio regionale, indipendentemente dalla collocazione che hanno (di maggioranza o di opposizione), quando affrontano temi di questa portata, debbano compiere uno sforzo in più per ricercare un'intesa.
Secondo me, Andrea, mentre sulle politiche è giusto dividersi, siccome discutiamo del futuro istituzionale del nostro Piemonte e la riforma che immaginiamo - che, certo, ha tanti limiti - deve reggere il tempo, credo che sia giusto che coloro che si contendono il governo del Piemonte si misurino su questo tema definendo un assetto il più possibile condiviso.
Questo riguarda l'argomento che stiamo discutendo quest'oggi ma riguarda, in Parlamento, altre riforme. Io, per esempio, sono dell'opinione che sia gravemente colpevole il fatto che in Parlamento le forze politiche non trovino un'intesa per disincagliare alcune riforme, per esempio, anche la riforma della legge elettorale. E penso che non vi sia alcuna contraddizione tra l'essere opposizione della maggioranza presieduta dal Presidente Cota, tra l'essere critici verso alcune scelte che questa maggioranza compie, e il fatto di cercare, su questioni che hanno una valenza istituzionale, un'intesa.
Io considero positivo - lo dico con molto rispetto al collega Buquicchio - il fatto che ci siamo lasciati alle spalle un pezzo di questa discussione, perché inizialmente le posizioni erano molto diverse, e penso che sarebbe stato un errore se noi ci fossimo ostinati a difendere impostazioni un po' per partito preso; e considero positivo il fatto che la nostra discussione abbia invece avuto un approdo più unitario perch appunto, discutiamo di come dare un assetto istituzionale diverso al sistema Piemonte. Questa era la prima considerazione.
La seconda: molti Consiglieri - a partire dal collega Gariglio, ma anche i colleghi Reschigna e Muliere - hanno giustamente stabilito un legame forte tra la riforma che stiamo discutendo e le condizioni della finanza pubblica. Io naturalmente non ho nulla da aggiungere a questo perché anch'io credo che quelle condizioni di finanza pubblica impongano un processo di riforma.
Mi sia consentito dire, però, che la questione si pone (o si porrebbe) a prescindere: è vero, infatti, che le condizioni della finanza pubblica sono una ragione in più per innescare quel processo di cui parlava il collega Gariglio, ma il tema di come far contare di più il sistema delle Autonomie, di come renderlo più efficiente, di come semplificarlo conciliando consenso e semplificazione si pone da anni, a prescindere dalle condizioni di finanza pubblica, le quali oggi sono un potente stimolo ad avviare un processo di riforma; l'esigenza di ripensare ad un Piemonte caratterizzato dalla presenza di 1.206 Comuni, però, si poneva qualche anno fa, anche in presenza di condizioni di finanza pubblica diverse. Il legislatore, la politica, gli amministratori - tutti insieme - hanno faticato ad avviare questo processo. Oggi quella condizione economica è un potente contributo ad affrontare la questione, ma il tema ha un valore forte, che prescinde paradossalmente dalle esigenze e dai problemi di finanza pubblica.
Terza considerazione: è vero, noi avremmo dovuto immaginare una discussione che fosse innervata da un processo e da un tessuto unitario. Ha ragione la collega Artesio: questo è il limite di un ragionamento come questo. Questo fatto, naturalmente, nulla toglie all'importanza della nostra discussione; ma, certo, in un Paese che approccia il tema della riforma delle sue istituzioni, la cosa peggiore è affrontare questa questione a spizzichi e bocconi.
Sulla vicenda delle Province faccio soltanto un inciso e non per riproporre una questione che troverò il modo di porre in un'altra sede.
Penso però al fatto - come abbiamo visto ieri parlando, appunto, di Province - che il provvedimento introduce le Città metropolitane e a questo proposito ricordo a tutti che in Provincia di Torino la Città metropolitana coinciderà con l'attuale Provincia di Torino: posso dire che è un nonsenso? un nonsenso, perché non capisco cosa c'entri il Comune di Sestriere o quello di Andrate con la Città metropolitana di Torino...Lo dico perch siccome dovremo discutere delle prospettive che quella norma determina per quanto riguarda l'assetto delle Province piemontesi, io ho una mia idea non è questa la sede per esternarla, ma l'ho fatto comunque in questi giorni: lì c'é anche la conferma del fatto di come noi molte volte, quando affrontiamo il tema delle riforme, lo facciamo sulla base di un ragionamento che non sempre assume come vincolo prioritario il tema di un intervento che abbia il segno dell'efficienza. Ripeto: non so cosa c'entri il Comune di Andrate con la Città metropolitana di Torino! L'idea, invece, era quella di immaginare un Ente e un livello di governo che assumesse le problematiche tipiche dell'area metropolitana. Qui non facciamo niente di tutto questo; rifaremo una Provincia e la chiameremo in un altro modo, Città metropolitana: bella soddisfazione... ! Giusto? L'ultima questione - e ho finito - riguarda invece il merito.
Assessore, noi abbiamo lavorato in passato per andare ad una semplificazione e ad una riduzione del numero eccessivo delle Comunità montane - sono diventate 22 - e adesso avviamo un processo di trasformazione. Se ho inteso bene, però, qui dobbiamo tenere un punto fermo: guai se il provvedimento - uso un termine forse improprio, Assessore Maccanti - "gemmasse" troppe Unioni di Comuni; guai se avessimo questa gemmazione di Unioni di Comuni che ne determinasse una proliferazione.
Dobbiamo, anche qui, governare il processo e trovare un punto, un limite un riferimento, una soglia. Altrimenti, paradossalmente, un provvedimento che ha l'obiettivo di favorire un processo di riforma si traduce nel suo contrario, cioè va indietro: facciamo come i gamberi. E qui c'è un problema di norme e di governo del processo.
Io sarei preoccupato del fatto che noi passassimo da 22 Comunità montane a non so quante Unioni; e se passassimo a non so quante Unioni cioè ad un numero molto superiore a quello delle Comunità montane di adesso molto superiore... - sarei un po' preoccupato, perché vedrei vanificato il ragionamento che stiamo tentando di fare con questo processo di riforma.
chiaro cosa voglio dire? Verrebbe vanificato il processo che tentiamo di avviare con questo provvedimento di riforma.
Ecco, io mi fermo qui, Assessore. Faccio però un'ultima considerazione politica. Come ho cercato di dire nel mio intervento, questo provvedimento è un passo nella direzione giusta. Insisto nel dire che noi dovremmo, tutte le volte che affrontiamo questioni che hanno questa valenza e questo significato, tenere la discussione sul piano del confronto, se necessario anche aspro e duro.
Spero che cambi in fretta la maggioranza di centrodestra e che il Presidente Cota non faccia più il Presidente della Giunta regionale - è un auspicio che faccio come Consigliere di opposizione, naturalmente -, ma occorre avere a mente che quando parliamo di questioni che riguardano l'assetto delle istituzioni, che vivono indipendentemente dalle maggioranze che gli elettori chiameranno a governare questa Regione, lo sforzo da compiere è forse quello di cercare, su provvedimenti come questi, un'unità e un percorso condiviso.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Bresso; ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

Grazie, Presidente. Sarò molto breve.
Il mio intervento sul testo è stato ispirato dal dibattito svoltosi ieri. Infatti, anche se era destinato in maniera particolare alle Province di fatto, ha spaziato su tutta la problematica della riforma degli Enti locali.
Rispetto alla versione iniziale, questo testo è stato sicuramente migliorato, anche se - forse, proprio perché il dibattito con il Consiglio delle Autonomie Locali è avvenuto ieri - non è ancora totalmente ispirato a ciò che, ieri, mi è apparsa come una consapevolezza, se non di tutti almeno di molti, degli intervenuti in rappresentanza dei diversi livelli degli enti locali piemontesi. Cioè, se nei prossimi anni vogliamo garantire i servizi essenziali ai diversi livelli di governo - non c'è alcuna possibilità di assicurare i servizi senza un articolato sistema di governo locale in una regione delle dimensioni del Piemonte - l'unico modo è ridurre drasticamente i costi di funzionamento del sistema. Non c'è dubbio che non ci si riuscirà considerato che il Piemonte ha più di 1.200 Comuni e otto Province - la stessa Regione Piemonte ha una dimensione grande se si guardano le altre, ma piccola se si guarda all'efficienza di funzionamento con questi livelli di articolazione - più le comunità montane, più i consorzi e tutto quanto conosciamo.
Questa deve essere l'occasione per una radicale revisione del sistema attraverso una sua violenta semplificazione, in modo che i costi di funzionamento si riducano non solo un po', perché siamo di fronte ad almeno vent'anni di sacrifici di finanza pubblica. Abbiamo votato l'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione e ci verranno richieste ulteriori garanzie - non tanto ulteriori sacrifici perché la strada su cui siamo è abbastanza buona a livello globale del paese - quali quelle di mantenimento di questi livelli. Intorno al 2013 dovremo raggiungere il pareggio di bilancio - deve riguardare tutto il sistema - che non può essere ottenuto attraverso la cancellazione dei servizi, bensì mediante radicale e profonda ristrutturazione dei sistemi di funzionamento e, prima di tutto, del numero degli enti locali.
Ora, forse, questo dovrebbe costituire un momento di riflessione complessiva, anche quando parleremo di bilancio, perché senza questa revisione radicale del numero delle competenze e delle sovrapposizioni anche di competenze, non riusciremo a garantire i servizi nei prossimi vent'anni, come paese e come regione, che peraltro ha un'articolazione di sistemi locali più complessa rispetto ad altre.
Altresì - è un tema estrinseco a questa discussione - credo che le stesse Regioni debbano essere riviste. Il nostro futuro dovrebbe essere insieme alla Liguria e alla Valle d'Aosta, anche ripensando il sistema delle Regioni a statuto speciale, che non mi pare abbia più il significato originario.
Questo dibattito dovrebbe essere svolto - dovrebbe anche essere lanciato dalla Giunta - in occasione, magari, della legislazione di bilancio, per cominciare a inserire dei paletti non solo al bilancio della Regione, ma per definire un sistema di bilancio integrato, che peraltro abbiamo, dandosi obiettivi di riduzione complessiva di quel bilancio integrato della Regione Piemonte che riguarda non solo la Regione, bensì tutto il sistema degli Enti locali. Se noi ci diamo questi obiettivi, poi li dovremo trasferire anche nell'articolazione del sistema territoriale.
Per quanto riguarda gli Enti locali, sulle Province avremo comodo di tornare, ma rimango convinta che le quattro Province siano assolutamente indispensabili, affinché quelle funzioni - poche - che rimangono loro possano essere svolte.
Ricordo che molte delle Province piccole hanno, di fatto, restituito all'ANAS le strade statali che avevamo faticosamente portato nella gestione, perché per noi era essenziale nella gestione delle Province. Di fatto, con convenzione, le hanno ridate a gestire all'ANAS perché erano troppo piccole. Cioè, non hanno una dimensione sufficiente a gestire alcune delle funzioni essenziali che rivendicano.
Allora, il problema delle Province c'è e credo debba essere risolto in quella direzione.
Il problema dei Comuni c'è. Non penso che questa norma possa essere definitiva, deve essere una norma di avvicinamento ad un sistema ideale, in quanto dobbiamo arrivare davvero a Unioni solide di Comuni - che non superino di numero le 150-200, senza dimenticare che stiamo parlando di poco più di 4 milioni di abitanti ormai e che il Piemonte registra anche una contrazione della popolazione - e a fare in modo che tali Unioni gestiscano davvero tutte le funzioni, senza sistemi di convenzioni variabili, che tendono ad aumentare, piuttosto che diminuire, i costi di gestione, comunque, sostanzialmente, a non migliorarli. Qui stiamo parlando della necessità di un dimezzamento dei costi di funzionamento, se vogliamo continuare a garantire i servizi, non stiamo parlando di briciole. Questo secondo me, è il vero problema.
Ritengo che questa norma sia ancora troppo timida. Infatti, dovrebbe spingere con più forza, anche attraverso sistemi di incentivazione, verso le Unioni dei Comuni e per quelli più piccoli, progressivamente, anche verso vere e proprie fusioni, che rientrerebbero assolutamente in una logica di maggiore efficienza del servizio. Nulla osta che, poi, si mantengano piccoli presidi per la popolazione, ma non dimentichiamo che sta partendo la rivoluzione digitale, che obbligherà a colloquiare on line con la Pubblica Amministrazione. Quindi, molte delle ragioni delle permanenze territoriali nel tempo impallidiranno e si ridurranno.
Se lo intendiamo come una norma di passaggio, però si ponga l'obiettivo, in tempi brevi, di convincere un sistema comunale, che è legato a logiche del passato e che pensa possa tornare l'epoca in cui i piccoli Comuni avevano risorse sufficienti per fornire servizi e per gestire l'amministrazione del proprio Comune. Peraltro, non tutti le avevano, perché i piccoli non ce l'hanno mai fatta veramente. Sappiamo anche - lo ricaviamo dai dati sulla qualità della vita nei diversi territori - che in moltissimi casi questo ha significato una deprivazione per i cittadini rispetto ai livelli essenziali dei servizi a cui avevano diritto.
Questo deve essere un primo passo e, se ci fossero le condizioni potrebbe essere compiuto anche un pochino più ampio. A mio avviso, tenuto conto che siamo di fronte ad almeno 15-20 anni di stabilizzazione dei bilanci su basi molto più basse di quelle precedenti, non ritengo questa norma sufficiente per garantire ai cittadini piemontesi dei livelli adeguati di servizi, che, secondo me, sono garantibili solo se riduciamo in modo molto più drastico i costi di funzionamento del sistema amministrativo locale, provinciale e regionale in questa Regione e in questo Paese.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Lepri.



LEPRI Stefano

Grazie, Presidente.
Potremmo dire (lo hanno già detto molto bene i miei colleghi): finalmente possiamo discutere! Ragionevolmente quest'Aula approverà un provvedimento atteso da molto tempo: c'è voluta una gravissima crisi fiscale per poterlo avere, perché, se guardassimo le attuali leggi riguardanti la gestione associata, dovremmo prendere atto del loro fallimento.
Non solo abbiamo conferito risorse per la gestione associata senza incentivare le nuove aggregazioni, ma abbiamo anche emanato una legge che incentiva la fusione tra Comuni, anch'essa evidentemente poco funzionante al punto che si contano sulle dita di una mano le effettive fusioni nella nostra regione.
anche, tra l'altro, un insieme di provvedimenti che, insieme alle leggi nazionali, hanno consentito la possibilità di aggregarsi a più unioni diverse (unioni e altre forme di gestione associata): siamo di fronte nella nostra regione, non solo ad un numero considerevole di Comuni, ma anche di forme aggregative e di adesioni a forme aggregative diverse.
Pertanto, è un grande puzzle (vorrei dire un grande guazzabuglio) cui speriamo questo nuovo provvedimento, se sarà approvato, possa dare un po' di regolazione.
Naturalmente, le problematiche non si risolveranno con questo provvedimento, ma la nostra opinione è che sia un provvedimento positivo importante, che aiuta a semplificare il quadro istituzionale.
Mi pare, ricalcando gli interventi che mi hanno preceduto, e quindi non insistendo più di tanto, che le questioni sulle quali dovrà soffermarsi la discussione in Aula, possano essere almeno tre.
La prima, che noi riteniamo la più importante dal punto di vista emendativo, è l'esigenza di riconsiderare l'introduzione della forma consortile come una delle possibilità attraverso cui può essere esercitata in forma associata la gestione dei servizi sociali. È evidente la quasi unanime volontà dei Comuni di mantenere questa forma, che si è rivelata, a detta di moltissimi (centrodestra e centrosinistra, amministratori di ogni tipo), una forma utile, efficace, non costosa (lo vogliamo ricordare poiché oggi gli amministratori del consorzio non percepiscono compenso), e che può ragionevolmente essere confermata anche ai sensi della legge quadro regionale sui servizi sociali.
La seconda riflessione che solleciteremo attraverso l'attività emendativa riguarda il difficile - ci rendiamo conto - equilibrio relativo ai Comuni afferenti all'Allegato A e B del disegno di legge, cioè i Comuni considerati montani e collinari. In sostanza, è evidente che i Comuni definiti collinari ai sensi dei parametri ISTAT tali debbono rimanere perché facenti parte di un contesto morfologico territoriale che ha tutti gli elementi di collinarità, mentre altri Comuni, che sono elencati nell'allegato B - e quindi considerati collinari - in realtà si trovano ai piedi di Comuni e valli che hanno tratti evidenti di montanità. Pertanto dovrebbero essere considerati più facilmente collegati ad una dimensione di valle e di continuità tra collina e montagna.
In questo senso, chiediamo all'Aula e alla Giunta di riconsiderare questa situazione, non promuovendo in modo indistinto tutti i Comuni collinari, facendoli diventare Comuni di montagna, perché questo significa ridurre i benefici che saranno e sono previsti per i Comuni di montagna.
evidente che mantenere dentro le unioni collinari quei Comuni situati ai piedi di Comuni di montagna non fa altro che isolare gli stessi Comuni di montagna. Certo, magari beneficiano di maggiori risorse, ma poi sono effettivamente isolati, con il rischio che non possano raggiungere quel dimensionamento minimo che, invece, la legge prevede.
L'ultima considerazione, anch'essa oggetto di un'iniziativa emendativa riguarda l'esigenza di valutare meglio il sistema degli incentivi che la legge prevede.
Il disegno di legge prevede genericamente incentivi per la gestione associata; è evidente che un incentivo generico non funziona e rischia di distribuire a pioggia risorse che saranno miserrime.
assai più ragionevole - a mio modesto parere - introdurre sistemi incentivanti, laddove il dimensionamento raggiunge livelli di popolazione via via più significativi rispetto al dimensionamento minimo.
La nostra opinione, cioè - perlomeno la mia - è che l'incentivo dovrebbe essere riservato, nella misura in cui oggi la gestione associata è obbligatoria, ai soli casi in cui il dimensionamento raggiunge dei valori di popolazione molto superiori a quelli minimi, e via via con incentivi crescenti laddove il dimensionamento è superiore, in modo da raggiungere dei livelli di economie di scala che secondo noi dovrebbero essere perseguiti, al fine della riduzione dei costi generali e fissi.
Pertanto, riteniamo che, da questo punto di vista, occorra una riflessione ulteriore per fare in modo che l'incentivazione venga assegnata con criteri più lungimiranti.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Lepri.
Colleghi, abbiamo l'impegno di chiudere i lavori alle ore 13.00.
Ci sono ancora tre Consiglieri iscritti a parlare: i Consiglieri Negro Carossa e Boeti. A voi la valutazione se mantenere la richiesta d'intervento, ottimizzando i tempi a vostra disposizione (dieci minuti) per chiudere i lavori del Consiglio entro le ore 13.00.
Vi ringrazio per la collaborazione.
La parola al Consigliere Negro.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
Cercherò di essere veloce, perché alcuni miei colleghi sono già intervenuti, compreso il collega Reschigna, del quale condivido l'intervento.
Stamattina sono stato impegnato con alcuni Assessori e Sindaci, sempre riguardo al discorso degli Enti locali, pertanto non ho potuto seguire attentamente tutti gli interventi. Dico solamente che il problema della riorganizzazione degli Enti locali è quanto mai sentito; stiamo decidendo il futuro di 1.206 Comuni piemontesi.
Riguardo al fatto di ridurre il numero dei Consiglieri e delle Giunte provinciali, vorrei ribadire (è già stato citato) che talvolta a Roma propongono le leggi, ma, non essendo sul territorio, non si rendono conto di cosa voglia dire amministrare un piccolo paese.
Non sono quelli i costi! I Consiglieri comunali, gli stessi Sindaci non sono un costo per lo Stato, perché è puro volontariato di persone che lavorano gratis per la gente che li ha eletti.
Per questo occorre stare molto attenti ed analizzare punto per punto questo provvedimento.
Riguardo alle Province piemontesi, da sempre siamo per mantenere le Province, anche se dopo il dibattito di ieri con il CAL credo che le Province possiamo anche eliminarle tutte, perché non conteranno più niente: non sono più elette dal popolo, ma saranno elette dai Consiglieri, svilendo uno stato giuridico inserito tra i principi della Costituzione.
A questo punto, la politica e noi tutti dobbiamo dare un parere chiaro e netto, con grande responsabilità, perché come ho detto prima, stiamo "giocando" su 1.206 Comuni.
I Consorzi socio-assistenziali. Aspetto prorogato a mio avviso giustamente, perché funzionano bene ed eliminandoli si sarebbero messe ulteriormente in difficoltà le Amministrazione e i Sindaci.
Fino a ieri sono esistite tante Comunità montane (22). Dobbiamo dire che si è esagerato un po', creando a volte dei "castelli nei deserti"; si è sperperato un pochettino, lasciatemelo dire. Adesso mi auguro che queste diventino Comunità non più montane, ma Unioni dei Comuni. Inoltre, chiedo al contrario di quanto ha detto il collega ed amico Lepri, di mantenere lo stesso metro sia per le Comunità collinari sia per quelle montane. Perch le Comunità montane hanno avuto parecchio, mentre le Comunità collinari hanno avuto ben poco.
Vorrei evitare che vengano soppressi o danneggiati i piccoli comuni.
Perché vi dico questo? Solamente due giorni fa ero ad inaugurare una sagra importante di un piccolo paese, il Comune di Bergolo, con 72 abitanti, che porta avanti un discorso di cultura di estrema levatura ed importanza. È un Comune che fa parlare di cultura nel mondo. Vorrei che questi esempi venissero presi dalle grandi città, ma a Roma questo non lo capiscono! Un piccolo comune che dà lustro nel mondo grazie alla grande cultura e alla professionalità. È stato definito il "comune delle pietre".
Non voglio dilungarmi sul discorso della spending review: o vorrei che a Roma si adottasse un medesimo criterio. Per esempio, facendo un paragone tra un piccolo comune del mio territorio di 1.800 abitanti, che deve riversare allo Stato 90 mila euro e un altro comune del Sud, con lo stesso numero di abitanti... Sapete quanto paga? 4 mila euro, contro 90 mila! Questa è disparità! È ora di finirla con il Nord ed il Sud: io sono per l'Italia unita, da cima a fondo, ma con gli stessi parametri. Non è giusto! Noi qui ci siamo con fatica impegnati a sostenere 700 forestali in tutto il Piemonte; in Puglia, se permettete, non ne hanno 700, ma 8 mila! Così non si può uscire dalla crisi, non si può assolutamente! Mi auguro che venga approvata una legge regionale seria e utile per gli Enti pubblici, che non siano danneggiati. Questo è doveroso e un obbligo perché spesso un Comune non può più andare avanti con le proprie gambe, ma deve lavorare dando i servizi, uniti tutti insieme come già la stragrande maggioranza sta facendo.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Negro.
La parola al Consigliere Carossa.



CAROSSA Mario

Grazie, Presidente.
Penso che telefonerò a Maroni e gli dirò di mettere il copyright su alcune delle nostre frasi, perché sia ieri in una riunione degli amici del PdL a Verona sia oggi in un intervento del Capogruppo dell'UDC... Sia sul "Nord" sia su altre cose sia necessario mettere il copyright, perché è roba nostra. E lo dichiaro pubblicamente. Oppure, in alternativa, regalo - ma questa è una battuta - una tessera della Lega all'amico Negro.



PRESIDENTE

Pensavo dicesse "cosa nostra".



CAROSSA Mario

No, no.
A parte gli scherzi, la legge sulla riforma delle autonomie locali - e penso che possiamo essere tutti d'accordo - si pone anzitutto a tutela delle realtà locali. Mi permetto di dire che va incontro alle richieste - e oserei dire - alle esigenze dei Sindaci.
Nasce, lo dirò ancora, e non me ne abbia... da un lavoro svolto dall'Assessore Maccanti, che è riuscita a sintetizzare una miriade di interpretazioni e di richieste e anche di grida di aiuto che sono arrivate dai territori. L'Assessore è riuscita a sintetizzare un dettato che io reputo molto, molto importante.
Non era scontato che si riuscisse - io ne ero convinto - ad arrivare penso anche in maniera discretamente celere, all'approvazione di un disegno di legge così importante. E questo ha la sua ragione, proprio nel modo con cui si è lavorato.
Era stato riportato in un quotidiano cittadino una mia intervista del 19 luglio 2010 (sembra ormai preistoria in questo mondo della politica che va avanti in maniera convulsa), in cui auspicavo che su alcuni provvedimenti ci potesse essere una costruzione oserei dire generalizzata che si riuscisse a interfacciarsi, che ci fosse un clima costruttivo.
Ritengo che su questo disegno di legge molto importante si sia verificato questo, si è verificato ciò, si sta verificando ciò.
Ci sono ancora alcune divergenze e opinioni diverse. Ritengo che sicuramente riusciremo a superare anche queste divisioni, anche se il termine "divisioni" forse è un po' troppo forte.
Ritengo che proprio su argomenti come questi, che vanno a impattare così fortemente sui nostri cittadini, ci debba essere il più possibile una condivisione fra tutte le forze politiche. E penso che questo stia avvenendo.
La pietra angolare di questa nuova legge è l'Unione virtuosa dei Comuni, che è assolutamente necessaria e fondamentale per permettere ai Comuni (anche e soprattutto a quei Comuni piccoli e piccolissimi, che ha citato prima il Consigliere Negro) di continuare a svolgere quello che hanno svolto finora e quindi di dare i servizi ai loro cittadini. I Comuni continueranno a fornire servizi ai loro cittadini, facendo in pratica del volontariato, perché bisogna sempre ricordarlo che questi amministratori eletti direttamente dal popolo - "eletti direttamente dal popolo" - ormai fanno del volontariato. Quindi, bisogna togliersi il cappello di fronte a questi amministratori perché, nonostante tutte le difficoltà in cui si trovano, continuano ad operare per il meglio per i loro cittadini.
Questa legge permetterà loro di avere gli strumenti per poter continuare ad operare e dare i servizi ai cittadini, soprattutto, in tutti quei Comuni montani e collinari - ricordiamo che nel Piemonte ci sono circa, penso di non sbagliare, 550 Comuni montani, per la maggior parte piccoli e piccolissimi - composti di persone, persone in carne e ossa con i loro bisogni. Tante volte persone mediamente anziane, quindi con bisogni ancora maggiori rispetto ad altre.
Non si può continuare a parlare di montagna, di terre alte senza dare gli strumenti a questi Amministratori per poter garantire i servizi a questi cittadini, altrimenti la montagna rischia veramente di trasformarsi in un deserto con un danno per tutta la collettività.
Quindi io dico che questa legge può permettere di semplificare burocratizzare, dare autonomia organizzativa. Tutti questi principi sono fortemente federalisti, sono i pilastri su cui si fonda la riorganizzazione delle Autonomie locali. L'unica nota che mi permetto di sottolineare e su cui non sono d'accordo è la posizione che stamattina ha elogiato la spending review del Governo Monti, spending review che è stata ricordata come un passo avanti per la collettività e per le Province, per la semplificazione delle associazioni di Comuni. Io dico solo e ricordo a tutti che questa spending review è la tomba delle Province, non è un passo avanti.
sbagliato credere che il Governo Monti, con quello che sta facendo pensa alle Autonomie locali. Io ritengo che in questo momento il Governo Monti stia andando proprio dalla parte contraria a quella di dare risorse e possibilità alle Autonomie locali. Si continuano a tagliare risorse e quant'altro ai piccoli centri, ai piccoli Comuni o alle Province e non si tagliano invece gli sprechi né l'organizzazione periferica dello Stato, e Dio sa quanti sono gli sprechi che si annidano nell'organizzazione periferica - e non periferica, lo sottolineo - dello Stato.
Ringrazio ancora una volta tutte le forze politiche che compongono questo Consiglio regionale per il lavoro svolto in Commissione, perché si è partiti da posizioni distanti e si è riusciti ad avvicinarsi. In questo senso, ringrazio l'Assessore Maccanti che, con tenacia, è riuscita ad avvicinare queste posizioni, avendo anche il coraggio - e questo è un coraggio che non tutti hanno - di partire da determinate idee e, in alcuni casi, di modificarle. Questo è un grande coraggio che va sottolineato, è una grande capacità e intelligenza.
Poiché i tempi sono abbastanza ristretti e soprattutto occorre dare risposte ai cittadini che sono fuori da quest'Aula, auspico che si riesca ad approvare questa legge in tempi relativamente brevi. Ciò per dare la possibilità ai territori di essere ancora vivi, per dare la possibilità a tutti i nostri cittadini di poter vivere al meglio possibile nei territori in cui sono nati, in cui vogliono continuare a vivere e a lavorare.



PRESIDENTE

A questo punto, chiudiamo i lavori della seduta antimeridiana.
Riprenderemo nel pomeriggio con gli altri interventi già prenotati, così potremo portare a compi mento il dibattito generale.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 13.03)



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