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Dettaglio seduta n.265 del 10/09/12 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



(Alle ore 10.00 il Presidente Cattaneo comunica che la seduta avrà inizio alle ore 10.30)



(La seduta ha inizio alle ore 10.30)



PRESIDENTE

Dichiaro aperta la seduta congiunta con il Consiglio delle Autonomie Locali, convocata ai sensi dell'articolo 13 della legge regionale del 7 agosto 2006, n. 30.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Ha chiesto congedo la Consigliera regionale Spagnuolo.
Il numero legale è 30.


Argomento: Province

Valutazioni sullo stato del sistema delle autonomie locali con particolare riguardo all'attuazione di quanto disposto dall'articolo 17 del decreto legge del 6 luglio 2012, n. 95


PRESIDENTE

Comunico altresì che sono assenti giustificati i componenti del Consiglio delle Autonomie Locali Roberto Veggi e Francesco Chiara e che sono stati delegati i componenti Alessandro Spedale (Cuneo), Claudio Lubatti (Assessore ai trasporti della Città di Torino), Roberto Russo (Cuneo) e Luca Bono (Provincia di Novara).
Ricordo che il Consiglio regionale e il Consiglio delle Autonomie Locali si riuniscono annualmente in seduta congiunta.
L'o.d.g. della seduta odierna prevede la discussione sulle valutazioni sullo stato del sistema delle Autonomie locali, con particolare riguardo all'attuazione di quanto disposto dall'articolo 17 ("Riordino delle Province e loro funzioni") del decreto legge del 6 luglio 2012, n. 95 convertito in legge con modificazioni dell'articolo 1, comma 1 della legge 7 agosto 2012, n. 135.
Ciascuna Assemblea procederà, infine, con successiva e separata seduta all'approvazione delle eventuali linee d'indirizzo, in quanto la legge come è noto - prevede che, alla fine di questa seduta, si possano approvare linee d'indirizzo.
La legge, però, confligge, quantomeno nell'operatività, sia con lo Statuto della Regione sia con il Regolamento del Consiglio regionale.
Preciso che la durata degli interventi sarà di 10 minuti e invito i componenti del Consiglio delle Autonomie Locali che intendono intervenire a presentarsi prima di svolgere l'intervento.
Invito - incominciando da me stesso - a limitare il tempo, per dare la possibilità di intervento a tutti coloro che intenderanno farlo, poiché i nostri lavori dovranno terminare entro le ore 14.00 (nel pomeriggio sono convocate le Commissioni).
Alla fine del mio intervento seguiranno quelli del Presidente della Giunta regionale, on. Roberto Cota, del Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali, Riva Vercellotti, dei Consiglieri regionali e dei componenti del Consiglio delle Autonomie Locali che chiederanno di intervenire.
Quest'anno, come ho detto, è prevista dalla legge la seduta comune. Il tema della seduta è particolarmente pregnante, poiché riguarda la nuova geografia amministrativa delle Province piemontesi, con il ruolo fondamentale che al CAL è stato assegnato dal decreto legge n. 95/2012, nel definire una proposta che la Regione dovrà avanzare al Governo sull'articolazione delle nuove Province, nel rispetto dei parametri di legge.
In un certo senso dobbiamo - come ho avuto occasione di dire nella precedente riunione del Consiglio delle Autonomie Locali - definire la cosiddetta nuova cartina del Piemonte.
D'intesa con il Presidente Riva Vercellotti abbiamo voluto questo momento comune di confronto, in modo che anche l'Assemblea legislativa del Consiglio regionale - rappresentativa della comunità piemontese - sia coinvolta fin dall'inizio, e non solo alla fine, in questo passaggio che costituisce, a mio avviso, una svolta epocale per il sistema pubblico in Italia.
C'è da rammaricarsi che il Legislatore non abbia voluto o potuto affrontare, come da tempo sarebbe stato necessario (questa è la mia opinione), il problema del riassestamento dell'amministrazione locale in modo organico, agendo con le norme di rango costituzionale che lo avrebbero permesso e che, dietro la spinta dell'urgenza dettata dalla crisi finanziaria internazionale, purtroppo si sia arrivati a una decretazione d'urgenza che oggi pone tempi limitati e altrettanto limitati margini di iniziativa alle Autonomie locali.
Con più tempo a disposizione le soluzioni sarebbero meno cariche di incognite e perplessità, come avviene invece per l'attuale riforma, per la quale - anche al netto delle difese campanilistiche (anche se guardando lo scenario delle altre regioni possiamo dire che il Piemonte ha una posizione molto dignitosa) - sono legittimi i dubbi avanzati a molti livelli.
Questa situazione di difficoltà che investe tutto il sistema pubblico può diventare, però, un'opportunità di cambiamento, a condizione che la filosofia della spending review non sia applicata solo ad alcuni settori ma investa tutto lo spettro della presenza pubblica in Italia, che oggi come ha ricordato pochi giorni fa un esponente del Governo nazionale raggiunge il 25% del totale degli occupati.
Quindi, dobbiamo auspicare che davvero le iniziative assunte da questo Governo e dagli esecutivi che l'hanno preceduto, per giungere a un risanamento delle finanze pubbliche, agendo in modo più incisivo sul fronte della spesa, piuttosto che non sulle entrate - che ormai comportano un carico fiscale elevatissimo, che sarebbe opportuno ridurre - siano concretamente applicate e che la pur auspicata razionalizzazione delle Province non resti un fatto isolato.
A questo riguardo, desidero aggiungere che anche il Consiglio regionale del Piemonte, fin dalla seduta di domani, sarà chiamato ad affrontare e a decidere sull'assetto delle funzioni svolte dagli Enti locali, esaminando il disegno di legge 192, che ha visto un importante lavoro - di cui ringrazio i colleghi Consiglieri - svolto in Commissione; un disegno di legge della Giunta regionale per il riassetto dei livelli di governo del sistema delle Autonomie locali del Piemonte, individuando negli Enti locali di rango costituzionale i destinatari del conferimento delle funzioni amministrative, con il rafforzamento della gestione in forma associata di alcuni servizi.
Confido che queste e altre misure che la Regione assumerà, unitamente alle iniziative del Legislatore nazionale, possano concorrere a una trasformazione ampia del sistema degli enti locali piemontesi salvaguardando il tessuto di partecipazione e di presenza dei servizi sul territorio problematico, riconoscendo la continuità di una realtà storica articolata e nello stesso tempo adeguando l'operatività e la gestione alle nuove esigenze dei cittadini e delle imprese, come fattore di crescita della nostra regione.
Grazie per l'attenzione.
Do subito la parola al Presidente della Regione, on. Roberto Cota.



COTA Roberto, Presidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Ringrazio tutti gli intervenuti a questa seduta del Consiglio regionale e del CAL.
Ho sentito il discorso del Presidente del Consiglio regionale: un discorso molto corretto e puntuale, molto istituzionale.
Devo però, dal mio punto di vista, registrare la realtà che noi stiamo vivendo, che voi state vivendo come amministratori locali.
Non è un problema di destra o di sinistra: è un problema di oggettiva impossibilità di svolgere il ruolo di Presidenti della Provincia e di amministratori locali.
Abbiamo avuto due provvedimenti importanti: il decreto legislativo n.
138 del 2011, il cosiddetto "decreto salva Italia" e il decreto sulla spending review, cioè il decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012, che all'articolo 17 si è occupato delle Province.
Questi due decreti, da un lato, hanno spogliato le Province di molte competenze; dall'altro, hanno previsto che le Province debbano diventare qualcosa che ha poco a che fare con il tradizionale ente locale territoriale, cioè enti di secondo grado, dove non c'è un meccanismo di elezione e di rappresentanza diretta dei cittadini. Dall'altro lato ancora soprattutto il provvedimento sulla spending review ha previsto dei tagli che sono di 500 milioni per il 2012, di un miliardo per il 2013 e il 2014 e di 1,50 milioni per il 2015.
Con questi provvedimenti, onestamente parlare di riordino delle circoscrizioni delle Province e parlare di ridisegnare il nuovo assetto delle Province è un po' come fare un esercizio accademico.
Ridisegniamo cosa, scusate? Ridisegniamo il territorio delle Province? Benissimo! E i Presidenti di Provincia come fanno a fare i Presidenti di Provincia? Sono nell'impossibilità più assoluta.
Parliamoci chiaro: oggi i Presidenti di Provincia non riescono a chiudere il bilancio! Io ho parlato con tutti e ce n'è soltanto uno che forse riesce a chiudere il bilancio. Uno! Gli altri non riescono a chiuderlo e non perch siano dei cretini o perché abbiano male amministrato o perché abbiano buttato via i soldi pubblici. Non riescono a chiudere il bilancio perch non hanno le risorse per poterlo fare.
In più, queste risorse non sono state tolte prima facendo un'operazione di programmazione. Sono state tolte in corso d'opera, perch si è pensato di scaricare le esigenze di far quadrare i conti tutte sugli Enti locali e sempre sui più deboli, a cominciare dai Comuni, per arrivare poi alle Province, che hanno anche un problema di rappresentanza, perch essendo di meno magari non riescono ad organizzarsi come i Comuni all'interno delle loro associazioni.
Personalmente, difendo sia i Comuni sia le Province, però si è pensato di scaricare su di loro la responsabilità.
Oggi, quindi, parlare di riordino delle circoscrizioni provinciali, a fronte dell'oggettiva impossibilità delle Province di funzionare e di poter svolgere le proprie funzioni amministrative, ha veramente poco senso.
Mi scusi, Presidente, ma la verità la devo dire e devo anche dire che il Piemonte non è un territorio... Faccio un discorso né di destra né di sinistra, quindi prescindo dalle posizioni politiche e prescindo anche dalle posizioni politiche dei Presidenti delle Province, perché questi discorsi li ho fatto con tutti i Presidenti delle Province piemontesi. Noi non ci siamo mai sottratti ad un ragionamento di razionalizzazione. Ne parlavo con il Presidente Saitta qualche tempo fa; ne parlavo con il Presidente Nobili più recentemente.
Noi siamo partiti decisamente prima, dicendo che, se c'erano delle Province troppo piccole, si doveva cercare di realizzare delle economie di scala, salvaguardando anche l'identità dei territori - e infatti ci avevamo pensato - ma l'avevamo fatto in un'ottica legata alla possibilità di far sopravvivere l'Ente Provincia, anzi, di rilanciarne il suo ruolo e la sua funzione.
Oggi siamo alla liquidazione di questi Enti, dal punto di vista oggettivo. Questo non è che non abbia un impatto anche operativo (ha comunque un impatto negativo, in questo senso la mia riflessione): se le Province si mantengono degli Enti di primo grado, cioè degli Enti che hanno una rappresentanza diretta, un certo tipo di aggregazioni hanno sicuramente più senso, perché l'aggregazione semplifica da un punto di vista amministrativo e semplifica anche dal punto di vista della rappresentanza politica, ma attribuisce alla Provincia anche un ruolo politico - se volete diverso. Con le elezioni di secondo grado, una parte di questi ragionamenti va a decadere. Va a decadere tutto, perché non ci sono le risorse neanche per aprire la saracinesca, ma evidentemente i meccanismi di funzionamento sono diversi, perché con degli Enti di secondo grado diventa molto più complicato far convivere la rappresentanza dentro tante amministrazioni locali, senza l'elezione diretta da parte della gente.
Capisco anche la posizione di certi territori che, in un primo tempo potevano anche avere accolto e accettato, ad esempio, l'idea del quadrante per quanto riguarda il Piemonte orientale e, invece, in un secondo momento si sono posti il problema di come far funzionare il meccanismo. E allora hanno detto: "Beh, di fronte a questo, forse può avere una logica fare delle aggregazioni più piccole". Questo dipende anche dall'assurdità del provvedimento. La situazione di incertezza dipende tutta dall'assurdità del provvedimento.
Nell'aprire questa seduta, e quindi nel darvi il benvenuto nell'ascoltare le vostre posizioni, vorrei dirvi che la Regione Piemonte è completamente schierata con le Amministrazioni locali ed è completamente schierata con i Presidenti delle Province.
Non lo faccio - e lo ripeto per la terza o per la quarta volta tenendo conto delle colorazioni politiche. Assolutamente no! Proprio per questo motivo intendiamo fare ricorso anche contro il secondo provvedimento, cioè il decreto legge sulla spending review. Abbiamo già fatto ricorso, in accordo con tutti i Presidenti delle Province che non hanno voce, contro il primo provvedimento. C'è un'udienza fissata per l'inizio di novembre: speriamo che in quella sede ci possa essere una risposta, ma faremo ricorso anche contro questo secondo provvedimento.
L'assurdità è sia dal punto di vista pratico sia dal punto di vista giuridico, perché le Province sono Enti territoriali previsti dalla Costituzione, e il meccanismo di accorpamento, di fusione e di definizione dei confini delle province, quindi delle circoscrizioni, da un punto di vista territoriale, è previsto dalla Costituzione e non può essere fatto con un decreto o con una legge ordinaria, scavalcando completamente quanto scritto all'interno della Carta costituzionale.



PRESIDENTE

Grazie, Presidente.
La parola al Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali, Carlo Riva Vercellotti.



RIVA VERCELLOTTI Carlo, Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali

Presidente del Consiglio, Presidente della Giunta, Signori Assessori Consiglieri regionali e del Consiglio delle Autonomie Locali, a nome del CAL un ringraziamento non retorico al Consiglio regionale per aver accolto quanto la nostra Costituzione prevede in merito all'istituzione di un organismo, che mai come in questi mesi è stato al centro dell'attenzione e del dibattito politico-istituzionale italiano.
Una scelta intelligente, opportuna, certamente utile per rafforzare la coesione delle autonomie locali piemontesi e per fare crescere il dibattito ed il confronto su numerosi temi di interesse comune.
Nove sedute; sette pareri; sei osservazioni; quindici sedute dell'Ufficio di Presidenza, di cui sette con i rappresentanti delle associazioni degli Enti locali; due richieste di ricorso costituzionale; un ordine del giorno presentato; 73 richieste di parere alla Corte dei Conti le cui delibere sono tutte pubblicate sul sito del Consiglio regionale nella sezione del CAL.
Un confronto dunque utile, anche acceso in alcuni momenti, ma sempre costruttivo. Per questo, sento il dovere di ringraziare tutto l'Ufficio di Presidenza, sempre presente e composto da amministratori seri e preparati il Consiglio, che in undici mesi ha dato dimostrazione di assidua presenza nonostante sia la nostra una presenza gratuita e volontaria, che impegna tempo, studio e lunghi viaggi.
L'occasione è anche per rimarcare la costante presenza dell'Assessore Elena Maccanti, con cui vi è sempre stato un rapporto schietto e collaborativo; così come per ringraziare tutto il personale del Consiglio regionale che ci ha affiancato in questi mesi di lavoro.
Quest'estate, come ho detto, ha portato alla ribalta nazionale il ruolo dei CAL, ma non è stata un'estate felice per la nostra Regione. Abbiamo perso Tribunali, Province e risorse alle Province stesse, in misura certamente superiore rispetto alle altre regioni italiane.
Il Piemonte esce male, molto male, dalla legge n. 135, la spending review. Il rischio, anche nel dibattito emerso nel CAL di queste ultime settimane, è di una riduzione di servizi che sfavorirà soprattutto i territori marginali (montani e collinari); il rischio è di un impoverimento e di un inurbamento dei territori che potrà aumentare il conflitto tra centro e periferia e penalizzare nel suo complesso una Regione come la nostra che affonda le sue radici nella storia dei comuni e delle province che intorno a queste sono nate nel corso dei secoli passati.
Il CAL non si è certamente perso di animo in questi mesi. Agli inizi di luglio abbiamo approvato un ordine del giorno sul Patto di stabilità che riteniamo non debba finire nel dimenticatoio, ma debba essere nuovamente posto all'attenzione della politica italiana in modo pressante e potente perché ciò che veniva chiesto erano questioni di assoluta ragionevolezza.
Come l'escludere dal Patto solo le spese per garantire la sicurezza delle scuole, delle strade o per poter intervenire nella situazione di rischio idrogeologico durante le emergenze.
Capite che è assurdo che uno Stato obblighi a fare interventi sulla sicurezza con gravissime responsabilità in caso di incidenti, ma al tempo stesso impedisca di agire perché ci sono i limiti del Patto da rispettare! Noi chiediamo alla Regione, in questo momento delicatissimo, anche sul tema del Patto di stabilità, di non abbandonare gli Enti locali del Piemonte.
Noi non abbiamo mai smesso di impegnarci anche durante questa estate.
Prima dell'approvazione della legge n. 135 ci siamo trovati, già alcune volte, come Ufficio di Presidenza, insieme alla Presidenza del Consiglio regionale ed ai Capigruppo. Abbiamo concordato un cronoprogramma, abbiamo riunito il CAL nel periodo festivo, nel mese di agosto; ci siamo ancora ritrovati ai primi di settembre come Ufficio di Presidenza insieme all'Associazione degli Enti locali.
Tenterò dunque di fare sintesi fra le varie indicazioni e posizioni, in alcuni casi anche distanti, espresse in questi ultimi incontri.
Preliminarmente, una questione di non poca rilevanza: seguiamo o non seguiamo la linea di altri CAL nazionali che ricorreranno avverso l'articolo 17? Ebbene, con grande senso di responsabilità e coerenza, l'idea che sta emergendo è quella di non di fare ricorso sull'obiettivo di riordino del governo, nonostante vi siano oggettivi dubbi sulla costituzionalità della procedura. Del resto, le Province piemontesi, seppure con accenti diversi hanno già espresso la necessità di un dimagrimento delle Province. Un gesto, questo, che probabilmente sarà isolato a livello nazionale, ma credo, per questo, di ancor più forte valenza politica.
dal Piemonte che è partita la proposta di una riduzione delle Province e oggi il Piemonte non si dovrà certamente tirare indietro. Un ricorso potrebbe, invece, ipotizzarsi sull'articolo 17, ma circa i richiami che questo fa all'articolo 23 del "Salva Italia", articolo, quest'ultimo su cui il CAL e la Regione hanno già presentato ricorso lo scorso inverno come ricordava poc'anzi il Presidente Cota.
Il tema è sempre quello relativo al contestato sistema elettorale che porrà le Province alla pari di un organo più simile ad un'unione di comuni con l'elezione indiretta, competenze residuali e la scomparsa delle giunte sostituite di fatto da un accresciuto potere di funzionari e dirigenti.
Altra ipotesi di ricorso discussa è quella sul comma 7 dell'articolo 16, poiché è pesantemente penalizzante per le Province piemontesi. Il calcolo del taglio basato sui consumi intermedi comprendenti anche trasferimenti regionali, che nel nostro caso ci mettono al secondo posto a livello nazionale, porterà ad una situazione paradossale per cui i tagli saranno maggiori in Piemonte rispetto a quelle aree geografiche dove, come abbiamo dimostrato con pagine di numeri, tabelle e relazioni, si annidano sprechi e costi totalmente fuori controllo.
Su questo punto si sono espressi, con forza e passione, molti Presidenti di Provincia nell'incontro di agosto, ribadendo ancora una volta che, se i criteri non verranno modificati, tutte le Province piemontesi andranno in dissesto nell'arco di un paio di anni.
Anche su questo tema chiediamo alla Regione e al mondo politico regionale di non abbandonare e lasciare sole le Amministrazioni provinciali.
Infine, circa il tema centrale del riordino, dal dibattito è emerso che la giornata odierna sarà fondamentale per conoscere l'orientamento politico dei partiti.
stata, poi, da più Consiglieri, ribadita l'importanza di ascoltare i territori. In molti ancora, nell'ultima riunione dell'Ufficio di Presidenza, hanno evidenziato l'esigenza di raccogliere le proposte che arrivano dai Comuni. In effetti il CAL ha ricevuto dalla legge n. 135 un ruolo sostitutivo dei Comuni, come dicevo prima, di dubbia costituzionalità. La Costituzione italiana stessa parla chiaro quando dice all'articolo 133, che l'iniziativa deve partire proprio dai Comuni.
Medesimo concetto è espresso dalla legge 439 del 1989 che recepisce la Carta europea sulle Autonomie locali ed ancora il Testo Unico del 2000 all'articolo 21, dice espressamente che per modificare le circoscrizioni provinciali servono le deliberazioni prese dalla maggioranza dei Comuni ovvero delle popolazioni. In questo senso, stanno già arrivando le prime deliberazioni e le prime segnalazioni che i territori si stanno organizzando.
Qualche componente del CAL ha osservato sul punto un paradosso che potrebbe verificarsi: mentre alcuni territori si potrebbero, infatti esprimere in un modo, i componenti del CAL appartenenti ad altre aree geografiche regionali potrebbero esprimersi in modo diametralmente opposto.
In termini di logica e buon senso ciò evidentemente andrebbe scongiurato! dunque emersa l'esigenza, in tempi stretti (nei prossimi dieci giorni), di definire alcuni criteri aggiuntivi a quelli già evidenziati dalle legge n.
135.
Oltre a quanto detto, si è posta la questione di ragionare su ipotesi di accorpamento che riguardano solo le Amministrazioni provinciali attualmente esistenti. Quest'ultimo aspetto apre, però, al problema di non poca rilevanza, oggi probabilmente il più delicato, che riguarda il basso Piemonte. Se, infatti nel Nord Piemonte i territori del Biellese e Vercellese hanno già dato alcuni segnali chiari sulla volontà di unirsi e nell'area dell'attuale Provincia di Torino non sembrano esserci iniziative che possano fare ipotizzare una disgregazione delle aree della seconda e terza cintura, la situazione è ancora da chiarire nel basso Piemonte, dove c'è il tentativo di far nascere l'unione dei territori del Monferrato delle Langhe, del Roero e del Chierese. Ipotesi certamente suggestiva, che però dovrà fare i conti con i requisiti posti dalla legge, della popolazione e dei chilometri quadrati, oltre ad avere, come sarà indispensabile, l'accordo di tutti i territori.
Da ultimo, si è fatto cenno ai Comuni di confine, che hanno già chiesto ed è probabile chiederanno ancora di spostarsi nelle province contigue.
Questo aspetto desta minori preoccupazioni e potrebbe essere valutato successivamente all'ipotesi di riordino che il CAL formulerà entro i primi giorni di ottobre.
Dunque, a breve, avremo modo di approfondire questi temi e le risultanze del dibattito odierno, definendo criteri aggiuntivi che consentiranno di presentare successivamente in votazione - entro il 2 ottobre - l'ipotesi di riordino.
In conclusione, l'auspicio è che questa sintesi possa essere utile base di partenza al dibattito odierno e che quella di oggi sia l'occasione di stringere una sempre più stretta e solida alleanza istituzionale tra la Regione e il sistema delle Autonomie locali.
Grazie.



LEARDI LORENZO



PRESIDENTE

Grazie, Presidente Riva Vercellotti.
La parola al componente del CAL, Antonio Saitta.



SAITTA Antonio, Presidente Provincia di Torino

Grazie, Presidente.
Anzitutto, non posso che esprimere un ringraziamento per quest'iniziativa; un ringraziamento al Presidente del Consiglio regionale Cattaneo e anche al Presidente della Giunta regionale.
Sapere che le Province hanno al loro fianco il Consiglio regionale per noi è sicuramente un dato importante. Mi pare che la ricostruzione fatta sia precisa: c'è pochissimo da aggiungere sia sul piano normativo che per quanto riguarda gli aspetti relativi al bilancio (alla situazione economica).
Obiettivamente, la situazione è complessa: c'è una difficoltà che dovremmo in qualche maniera gestire, se riusciremo a gestirla.
Tuttavia, oggi noi siamo chiamati a dare applicazione all'articolo 17 con tutte le contraddizioni che ha sul piano costituzionale, che conosciamo. Anzi, colgo questa occasione per ringraziare di nuovo il Consiglio regionale e la Regione Piemonte per il ricorso fatto allora sul decreto Salva Italia.
Io credo che bisogna fare un confronto su che cosa è capitato alle Province italiane a seguito dell'emanazione del decreto "salva Italia". Il decreto salva Italia sostanzialmente aveva ridotto - come vi è noto - le Province a Enti di coordinamento con elezioni di secondo grado, senza funzioni amministrative, che entro il 31 dicembre dovevano essere trasferite o ai Comuni o alle Regioni. Lì è iniziata una grande battaglia di contestazione, non tanto per difendere i nostri Enti o noi stessi, ma perché sapevamo che la gestione delle funzioni assegnate ai Comuni o alle Regioni avrebbe significato maggiori costi (penso alle strade), perch come noto - noi resistiamo a costi minori rispetto a quando queste funzioni ci sono state trasferite.
Abbiamo quindi iniziato una battaglia, sapendo (forse in modo esagerato) di essere al centro dell'attenzione; una battaglia a tutela delle Province, però non in modo difensivo. E credo che, come Piemonte bisogna essere orgogliosi di avere iniziato questa battaglia.
Siamo stati i primi a interrogarci se avevano senso le tante Province le Province piccole e se aveva senso che un Ente di area vasta non avesse territorio: sostanzialmente, si trattava di questo.
Siamo stati noi a fare la proposta di riduzione delle Province. Devo dire che non si è trattato soltanto di una riduzione, ma abbiamo detto: visto che bisogna partire dalle Province - l'altra volta noi avevamo soltanto l'1,5% della spesa pubblica nazionale - e ormai tutti attaccano le Province, cerchiamo di mettere in moto un processo di riforma della Pubblica Amministrazione; accorpiamo le Province, ma contemporaneamente accorpiamo gli uffici periferici dello Stato. Infatti, la grande spesa che è cresciuta negli anni è dovuta non soltanto alla nascita delle piccole Province, ma anche al fatto che ogni Provincia si è tirata dietro tutti gli uffici periferici dello Stato. La grande spesa c'è stata perché si sono moltiplicati enti, società e consorzi e allora abbiamo detto: accorpiamo le Province, ma contemporaneamente accorpiamo gli uffici periferici dello Stato, chiedendoci se alcuni uffici periferici dello Stato, accorpati hanno ancora senso e facciamo anche l'operazione di accorpamento o eliminazione delle società.
Al Governo Monti, che aveva proposto una piccola riforma che avrebbe portato ad un risparmio di soli 68 milioni di euro, abbiamo dunque fatto una proposta di 5 miliardi di euro. Questa indicazione piemontese è diventata una proposta nazionale. Il decreto sulla spending review in parte l'accoglie perché vi è noto che sono state parzialmente rassegnate alcune funzioni amministrative alle Province: viabilità, pianificazione territoriale, ambiente, edilizia scolastica e trasporto locale. Quindi sono state assegnate funzioni amministrative che con il decreto Monti non c'erano più.
Io credo che bisogna rivendicare l'orgoglio della battaglia che abbiamo fatto. Inoltre è previsto - anche se qui ci sono opinioni diverse - che le Regioni possano confermare o meno le funzioni attualmente in capo alle Province. Tuttavia, poiché il Parlamento ha assegnato funzioni amministrative, con molta probabilità le funzioni amministrative della Regione possono essere riassegnate. In sostanza, c'è un grande cambiamento sul quale bisogna rivendicare l'orgoglio di un'operazione condotta in Piemonte.
Il tema qual è, oggi? Innanzitutto, l'attuazione. Noi ci siamo impegnati a fare un'operazione di dimezzamento, di accorpamento delle Province e credo che, coerentemente con questa impostazione, dobbiamo procedere.
Secondo. Mi permetto di dire che noi abbiamo ottenuto questo risultato il mantenimento di funzioni amministrative - perché abbiamo giocato anche su qualche elemento di innovazione, ovvero non il mantenimento delle Province così come sono, ma soltanto Enti di area vasta.
Abbiamo detto e ripetuto che è bene che le funzioni che noi esercitiamo e che possono essere gestite dai Comuni siano gestite dai Comuni e che alcune funzioni che noi esercitiamo per conto della Regione, che non hanno caratteristiche d'area vasta, è bene che le riprenda la Regione. In sostanza, noi dobbiamo esercitare soltanto le competenze d'area vasta.
Bisogna allora aprire un processo innovativo, fortemente innovativo perché la situazione così com'è richiede un grande cambiamento. In questo senso, interrogo la Regione. È necessario fare una sorta di check-up e chiedersi - stante il blocco di leggi emanate sin dal 2000 - se quelle funzioni hanno ancora un senso, quali sono quelle che ce l'hanno e tenere anche conto di un elemento importante che forse è stato trascurato della norma: la grande necessità che oggi c'è per un Ente di area vasta di pensare alla regolazione dei servizi.
In parte questo è già avvenuto con la legge sui rifiuti, ma complessivamente, nel momento in cui i grandi servizi che erano gestiti o sono gestiti dalle grandi aziende municipalizzate che con il tempo non saranno più aziende pubbliche, ma prettamente private, c'è la necessità di un Ente d'area vasta di regolare i servizi pubblici per conto degli interessi della nostra comunità.
Quindi il processo è da fare. Bisogna applicare l'articolo 17 al meglio con un processo innovativo e probabilmente si può cogliere questa occasione rivedendo i percorsi amministrativi dei rapporti tra Regione, Province e Comuni per semplificarlo. Cioè, noi possiamo - credo - ancora una volta in Piemonte avviare un processo serio di semplificazione delle procedure amministrative nei rapporti con gli Enti locali. Questa è la grande occasione.
Certo, poi c'è il tema delle elezioni. Ha ragione il Presidente Cota: l'elezione di secondo grado forse aveva senso nell'impostazione originaria (Ente di coordinamento allora di secondo grado), ma avendo oggi delle funzioni amministrative importanti, l'elezione diretta è fondamentale.
Penso alla Provincia di 12 Consiglieri: non ha senso. La forza dei nostri sistemi elettorali per le Province è quello di rappresentare i territori, cioè di garantire una rappresentanza territoriale anche alle zone più periferiche. Val di Lanzo deve avere sempre una propria rappresentanza, altrimenti può essere o Torino o altre parti (non è detto).
La rappresentanza dei territori diventa un elemento fondamentale e l'elezione diretta è altrettanto importante perché garantisce l'elemento di terzietà: l'elezione di secondo grado aumenta ed esaspera i localismi.
Continuo a ripetere che, se io e il Consiglio provinciale non fossimo stati eletti direttamente, non avremmo mai deciso dove fare il termovalorizzatore, perché ognuno lo voleva, ma nessuno avrebbe mai voluto le discariche e non si sarebbe deciso di farle. Soltanto l'elezione diretta permette di assumere, dopo il confronto e la discussione, una decisione l'elezione diretta è quella che consente, con una legislazione molto chiara, di assumere decisioni veloci.
In questo senso, la posizione espressa dal Presidente Cattaneo e anche da parte del Presidente della Giunta, oltre evidentemente che dal Presidente del CAL, è una posizione importante. Abbiamo bisogno di questo sostegno perché il Parlamento modifichi il sistema elettorale con il sistema di elezione diretta. Dopodiché, le competenze sono state definite ma vanno precisate; c'è un grande lavoro da fare e bisogna dargli seguito.
Così come siamo stati capaci di introdurci in questo dibattito evitando la posizione di difendere qualunque cosa, io credo che oggi abbiamo qualche settimana per continuare su questo processo che ci permette di incidere anche sulle politiche nazionali. Le decisioni che sono state assunte risentono di una certa mediazione dell'ultimo momento, cioè non sono molto precise, e c'è un lavoro importante da compiere. In ogni caso per quanto ci riguarda e credo di poterlo dire a nome di tutti, non ci interessa difendere tutto, ma soltanto ciò che è utile per le nostre comunità. Grazie.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

La parola al Presidente del Gruppo del Popolo della Libertà, Luca Pedrale.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Rivolgo un saluto a tutti i colleghi, al Presidente del Consiglio regionale, al Presidente dalla Giunta regionale, al Presidente del CAL.
Gli interventi che mi hanno preceduto hanno già fotografato e inquadrato molto bene la situazione in cui ci troviamo.
Davvero, come è già stato detto, dobbiamo essere orgogliosi, come Regione Piemonte, come Province, come Enti locali, come Comuni, per la reazione e lo spirito con cui abbiamo affrontato questo problema e questa scelta di politica nazionale, che, indubbiamente, ha fortemente penalizzato gli Enti locali nel tentativo di razionalizzare la spesa pubblica.
Forse non c'è stata altrettanta decisione e determinazione nel ridurre la spesa statale, la spesa dei Ministeri, anche la spesa degli Enti periferici dello Stato; si è preferito accanirsi più sulle Regioni, sulle Province e sui Comuni.
Questa è la situazione, che ha creato forti disagi e forti malcontenti all'interno - credo - di ogni Amministrazione locale, anche all'interno degli stessi partiti presenti sia a livello nazionale che a livello regionale.
Come piemontesi, noi abbiamo reagito bene e con serietà, dimostrando che non rifiutavamo la razionalizzazione della spesa anche per gli Enti locali - in questo caso anche per le Province - ma, nello stesso tempo, non volevamo essere presi in giro, perché in tema di enti virtuosi e d'esempio rispetto ad altri di altre zone d'Italia annoveriamo sicuramente quelli piemontesi.
Per cui, è un po' un paradosso dover subire dei tagli pesanti sulle nostre Province, sui nostri Enti locali, sulla nostra Regione quando da altri parti non c'è stata altrettanta serietà, altrettanto rigore e altrettanto virtuosismo.
Non voglio ricordare i casi della creazione di microprovince, in questo caso, in modo del tutto ingiustificato in alcune zone del centro sud, ma questo è. Alla fine, le responsabilità vengono estese a tutti, ma sicuramente c'è qualcuno che ha più colpe e chi, invece, non ne ha.
Sicuramente credo che il Piemonte non possa essere annoverato tra quelle strutture che hanno sperperato denaro o tra coloro che si sono inventati enti locali inutili, insomma che non hanno avuto il senso delle istituzioni. Forse la nostra tradizione sabauda ci ha un po' aiutati da questo punto di vista.
Quindi, a fronte della situazione, dobbiamo essere orgogliosi per le reazioni, anche attraverso i ricorsi che sono stati presentati, e per come abbiamo affrontato questa tematica che ci è stata calata dall'alto, anche in maniera molto violenta, dal livello nazionale.
Come è stato detto, non dobbiamo giocare sulla difensiva, ma avanzare delle proposte, dimostrarci dialettici con l'Ente statale, con il Governo: così è stato fatto, così dobbiamo fare, anche perché non tutto è perso.
già stato ampiamente illustrato come si intendono ridurre i costi della macchina statale; secondo me, alcuni si sono messi in testa anche di ridurre i costi della politica accanendosi sulle Province, poi noi sappiamo benissimo che i risparmi sono davvero irrisori nell'ambito del bilancio statale. Sono state ridotte di molto le competenze; è stato - ahimè compiuto un vulnus democratico, prevedendo non più l'elezione diretta del Presidente della Provincia, ma introducendo un'elezione di tipo intermedio cioè attraverso i rappresentanti locali. Però, dall'impostazione iniziale ad oggi alcune cose sono state modificate.
Vi è una grossa possibilità che, forse, prestando più attenzione al discorso del riordino e degli accorpamenti tra le varie Province, negli ultimi giorni è stata un po' trascurata, cioè la possibilità ammessa con l'ultimo decreto - deve essere ancora oggetto di interpretazione giuridica che, comunque, la Regione assegni nuovamente o mantenga una serie di funzioni amministrative che già ora sono state delegate alle Province.
Voi potrete dirmi che con i pochi soldi che ci stanno dando sarà difficile tenere in piedi tutto questo sistema. Intanto, cominciamo risolviamo un problema alla volta, perché, se davvero alle Province potessero essere davvero riassegnate delle funzioni, capite che tutto il dibattito e tutte le nostre argomentazioni possono cambiare di tono ed elevarsi ulteriormente.
Indubbiamente, il legislatore nazionale ci ha imposto anche dei tempi molto stretti e dei margini di manovra non amplissimi, però, sfruttiamoli abbiamo ancora alcune settimane e una grossa opportunità. Finora, mi sembra che il CAL, gli Enti locali e il Consiglio regionale abbiano lavorato bene in questa direzione, pertanto ritengo si debba procedere lungo questa strada.
Secondo me, la strada migliore da percorrere per noi, come Consiglio regionale, e per voi, come CAL, è la seguente: ascoltare insieme soprattutto, la voce del territorio. La voce del territorio in questi mesi si è espressa in molte realtà locali del Piemonte - alcune sono più sensibili, altre meno - da cui sono emerse indicazioni piuttosto precise.
Qui - perdonatemi, provengo da una piccola provincia che si chiama Vercelli - posso portare l'esperienza del mio territorio, in cui, come in tutte le altre province piemontesi, c'è un forte senso delle istituzioni e serietà. Tutti ci siamo resi conto di non essere più nell'Italia e nel Piemonte degli anni 80-90, per cui deve essere rivista un po' tutta la presenza della mano pubblica nella società e nella comunità.
Anche noi, come Regione, dobbiamo ripensare al nostro ruolo, al nostro bilancio e alle nostre presenze - già ci stiamo muovendo in questa direzione - però, nel contempo, il territorio ha dato voce alla necessità di procedere ad un riordino attraverso un accorpamento, che sia equilibrato e meditato, con radicamenti anche storici forti, che è stato soprattutto espresso non tanto dai politici o dai rappresentanti delle istituzioni che è già importante - ma dalle Assemblee comunali, quindi dai rappresentanti del popolo.
La stragrande maggioranza dei Comuni vercellesi e biellesi, insieme ai Sindaci dei due capoluoghi, hanno espresso già il desiderio di un percorso che porti ad un riordino attraverso la creazione di una Provincia federata Biella-Vercelli, con un'equilibrata distribuzione degli uffici provinciali sul territorio delle due province (ovviamente, sarebbe una sola, ma organizzata in maniera federata).
Questa è stata l'indicazione espressa dai Consigli comunali, dalle associazioni di categoria, dall'associazione dei commercianti, degli agricoltori, da tante altre rappresentanze. Tra l'altro - è bene che gli amici delle province di Biella e di Vercelli lo sappiano - molte associazioni di categoria sono già federate insieme: ricordo la Federazione coltivatori diretti di Biella e Vercelli, lo stesso avviene per Confagricoltura e altri Ordini professionali, come quello dei Farmacisti.
Già adesso il Sistema dei trasporti delle due Province è integrato tra Biella e Vercelli. Quindi, molti passi nella direzione della razionalizzazione della spesa, evitando inutili doppioni, già erano stati compiuti.
Si tratta di ritornare alla situazione storica preesistente, quella presente fino al 1993.
Insieme al discorso della Provincia federata Biella-Vercelli, ho constatato con favore che in queste settimane e in questi mesi sono emerse anche altre proposte suggestive e interessanti di riordino dell'Ente Provincia. Ad esempio, richiamo la proposta proveniente, anche in questo caso, dal territorio - per cui deve essere vagliata con estrema attenzione quella della Provincia cosiddetta del "vino", quella della Provincia di Asti-Alba-Bra. Ovviamente, deve essere una proposta consolidata dalle indicazioni dei Consigli comunali, delle Amministrazioni locali, delle Associazioni di categoria di quei territori, per essere portata avanti.
La proposta, emersa talvolta da alcuni rappresentanti e da alcuni amministratori, di una Provincia del "Canavesano" - magari non è il termine propriamente esatto - all'interno della Provincia di Torino, è una proposta suggestiva che deve essere presa in considerazione e che credo il CAL e il Consiglio regionale valuteranno sicuramente nelle prossime sedute ovviamente, sempre che queste indicazioni siano portate avanti e suggellate da atti di indirizzo politico ed amministrativo che vengano dal territorio.
Concludo, dicendo che le prossime settimane devono essere utilizzate per mettere a frutto e a regime il buon lavoro che le istituzioni piemontesi nel loro complesso hanno finora fatto su questa materia, senza trascurare la possibilità di una riassegnazione delle deleghe di una serie di funzioni amministrative, da parte della Regione alle Province, tenendo presenti i passi avanti - seppure faticosissimi - che dal primo decreto all'ultimo sono stati compiuti sulla materia delle Province.
Occorre inoltre tener presente un elemento, che spero veramente sia preso in considerazione e tenuto nel cuore - visto che siamo espressione democratica della volontà popolare - da parte di tutti. Mi riferisco al fatto che gli Enti troppo grandi, gli Enti giganteschi a volte nascondono anche la volontà di diminuire e di restringere i margini di democrazia e della volontà popolare.
Oggi meno che mai abbiamo bisogno di un restringimento dello spazio democratico di espressione della gente e del territorio. Non commettiamo questo errore, pur incrementando certe politiche di area vasta che già sono presenti e che devono essere completate, ma teniamo presente che la difesa del territorio è anche la difesa della democrazia.



PRESIDENTE

La parola al componente del CAL, Massimo Nobili.



NOBILI Massimo, Presidente UPP

Buongiorno a tutti.
Saluto il Presidente del Consiglio, il Presidente della Regione l'Assessore Maccanti e tutti i presenti.
Penso che quello di oggi sia un appuntamento importante dopo una prima riunione del Consiglio delle Autonomie Locali e dopo alcune riunioni anche con l'Ufficio di Presidenza del CAL.
Il Presidente Saitta ha già ben anticipato le considerazioni dell'Unione delle Province piemontesi.
Personalmente, voglio fare solo alcune altre considerazioni agganciandomi anche all'intervento del Presidente della Regione, Cota.
Infatti, noi oggi siamo chiamati a formulare delle proposte di riordino per gli Enti intermedi, ma in una situazione di grandissima difficoltà: abbiamo un enorme problema a proposito delle risorse e quindi dei finanziamenti anche in vista della scadenza del 30 settembre per l'approvazione dei riequilibri di bilancio, elemento che ci mette nella condizione di non sapere quelle che potranno essere le risorse che le Amministrazioni Provinciali hanno a disposizione per finire l'anno.
Quindi, questo è un tema che ricade sui servizi che noi oggi eroghiamo con grosse difficoltà e che rischiamo di mettere in discussione e a repentaglio.
Poi c'è il grande tema delle funzioni e delle competenze. Il 5 settembre il Governo doveva comunicarci quelle che sarebbero state le funzioni e le competenze per i nuovi Enti intermedi. Ad oggi non abbiamo le notizie e quindi questo è un altro tema che abbiamo di fronte.
Quindi, in questo quadro, è certamente complesso immaginare di fare un percorso di riordino, perché non sappiamo cosa ci riserverà il futuro. Per il Governo ci chiede questo.
Noi, come Unione delle Province piemontesi, già siamo stati i precursori, preparando e presentando una proposta di riordino che abbiamo anche consegnato ufficialmente al Consiglio delle Autonomie Locali.
Quindi, penso che dobbiamo partire da quel testo, cioè da una bozza che prevede un riordino del territorio, tenendo certamente conto dei nuovi elementi emersi, a partire dal sistema elettorale, che noi immaginavamo diretto e che invece ad oggi è passato a indiretto, e dal sistema delle competenze e delle funzioni per arrivare al sistema delle risorse. Penso che il CAL possa partire da quella bozza e lavorare per giungere ad una proposta.
Voglio ringraziare il Presidente della Giunta regionale, perché ha presentato il ricorso sull'articolo 23. Noi siamo per continuare su quella strada. Certamente non siamo a richiedere un ricorso in merito al riordino ma un ricorso perché l'articolo 17 è poco chiaro e richiama l'elezione indiretta sulla quale noi siamo completamente contrari: non la condividiamo e pensiamo al contrario che la rappresentanza democratica debba continuare ad essere espressione del voto diretto dei cittadini.
Certamente, poi, chiediamo che prosegua questo percorso perché sia condivisa con altre Regioni italiane la posizione assunta dalla Regione Piemonte su un riordino che pensiamo sia giusto, ma che doveva essere fatto in un modo diverso a partire dal percorso del Codice delle Autonomie.
Noi oggi abbiamo questo importante incontro congiunto tra Consiglio delle Autonomie Locali e Consiglio regionale. Da oggi occorre partire dandoci dei metodi per cercare di arrivare il 2 ottobre, come Consiglio delle Autonomie Locali, a formulare una proposta al Consiglio regionale partendo dall'impianto dell'Unione delle Province piemontesi, ma tenendo conto che sono stati modificati i criteri: la superficie, che prima immaginavamo molto più ampia, oggi è di 2.500 chilometri quadrati. Partiamo da un quadro certamente più preoccupante sotto l'aspetto delle risorse e molto più confuso sulle competenze, anche se chiediamo alla Regione - come abbiamo già chiesto all'Assessore Maccanti - di mantenere delegate agli Enti intermedi le funzioni che oggi noi svolgiamo, pur con una revisione perché certamente la semplificazione è molto importante e ci viene chiesta dai cittadini. Penso che questo sia il tema che oggi abbiamo di fronte.
Concludo questo intervento, richiamando il Consiglio delle Autonomie Locali sul grande tema delle risorse, dei finanziamenti. Noi rischiamo di far nascere degli Enti intermedi che non hanno le risorse per potere erogare i servizi e questo è il problema più importante che abbiamo di fronte.
Quindi, nel momento in cui andiamo a riordinare il sistema nel nostro territorio piemontese, teniamo conto anche di come sta venendo avanti il tema nella riforma nazionale, altrimenti rischiamo di dare vita a degli Enti intermedi che non hanno certezza, ma che soprattutto non sono in grado di erogare i servizi.
Questo è il vero tema che si pone e sul quale, come Unione delle Province piemontesi, lavoreremo anche con le altre Regioni per far sentire e formulare al Governo una proposta seria, affinché le nuove Province abbiano contenuti, risorse e competenze chiare da poter svolgere.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
La questione delle Province risale a molti anni fa. Il fatto strano è che, mentre da una parte si discuteva e iniziavano ad avanzare dubbi dall'altra le Province proliferavano. Nel corso di 150 anni di storia abbiamo visto che nel 1861 ce n'erano 59, con il fascismo diventarono 95 e ai giorni nostri 110.
Il Gruppo che rappresento in questo consesso, è inutile nasconderlo, si è impegnato in prima fila, raccogliendo firme, addirittura per l'eliminazione delle Province. Per onestà intellettuale, bisogna riconoscere che l'abolizione delle Province - Province previste dalla Costituzione come parte costitutiva della Repubblica - richiederebbe un iter di leggi, una revisione costituzionale sicuramente di grande complessità e articolazione.
Tuttavia, badate bene, se è complesso l'iter per l'abolizione delle Province - vabbé, si dice, nelle more iniziamo a parlare di una riduzione anche la riduzione non è la si può fare a colpi di decreto. Infatti, come abbiamo già sentito, si stanno sollevando eccezioni di legittimità rispetto all'articolo 133 della Costituzione.
Anche in Piemonte ne vedremo delle belle: ci saranno scogli, intoppi strappi e tanti ricorsi. Costituzionalisti insigni sostengono che i criteri previsti dal Governo Monti sarebbero viziati da eccesso di potere e violazione di legge, perché l'articolo 133 della Costituzione, che disciplina la modifica delle circoscrizioni territoriali, prevederebbe che a farlo sia una legge, e non un decreto, su iniziativa dei Comuni e sentita la Regione.
Abbiamo visto, anche solo per citare un caso sul piano politico locale che non sono mancati degli strappi, delle alleanze partitiche trasversali come nel caso di Asti e di Alessandria, dove si sono profilati assi abbastanza inediti.
Al di là delle questioni locali, noi dobbiamo sempre tener presente che non si deve e non si vuole parlare di abolizione...



(Brusìo in aula)



PRESIDENTE

Chiedo scusa, Consigliere Buquicchio, so che si tratta di una seduta complessa, ma chiederei un po' di attenzione, anche perché chi interviene ha diritto di essere ascoltato.



BUQUICCHIO Andrea

Se non si deve o non si vuole parlare di abolizione, un riordino occorre farlo, ma con i dovuti criteri. Mi sembra che il riordino delle Province, oggi, si trovi sotto una fredda mannaia di numeri che devono rispettare i criteri della spending review. Secondo questi criteri parametrati al numero di abitanti a chilometro quadrato, sono quattro le Province che scomparirebbero: Asti, Biella, Vercelli e Verbano-Cusio-Ossola (al limite si pone anche il problema per la Provincia di Novara).
Come facciamo a sottacere una riflessione seria, avanzata anche dai colleghi che mi hanno preceduto, sulle conseguenze politico-amministrative? Infatti, la mancata elezione diretta dei Presidenti di Provincia e dei relativi Consigli costituirà un grave taglio alle rappresentanze, quindi alla democrazia. Di fatto, assisteremo ad un'involuzione politica addirittura rispetto alle compartimentazioni territoriali del Regno d'Italia. Temo che, con tutto questo, i piccoli centri rimarranno ancora più esiliati dalle dinamiche di sviluppo che tutti dovremmo auspicare.
Secondo i criteri previsti, verrebbero assegnate alle Province le competenze in materia di ambiente, trasporti, viabilità, edilizia scolastica per le secondarie superiori; le altre competenze fino ad ora esercitate verrebbero devolute ai Comuni, come previsto dal decreto "salva Italia".
Al di là delle loro attribuzioni, bisognerebbe anche riflettere sulla funzione storica delle Province, intese come enti intermedi tra Comuni e Regione, nell'ambito - tutto questo - di una rinnovata architettura istituzionale che necessita di nuove prospettive che appaiono ancora molto lontane dagli orizzonti di modernità.
Il riordino è stato tradotto in una riduzione tramite accorpamento, il che implica che viene comunque ritenuta dal Governo nazionale ancora necessaria la funzione delle Province. Se allora le si ritiene necessarie è giusto chiedersi se i nuovi parametri numerici e le modalità di ridefinizione dei confini tengano in dovuto conto anche le necessità economico sociali di dette aree riperimetrate.
stata valutata la densità delle infrastrutture? L'entità del PIL delle nuove aree locali? Perché risulta così avventato il provvedimento, al di là delle motivazioni formali sulla necessità dei tagli di spesa? Il Governo ha agito per debolezza o per compromesso (per usare un termine legale)? Se facessimo uno zoom sulla scala locale, dovremmo chiederci cosa comporterà una valutazione così sommaria della riforma impostata in questo modo. Ritengo che la sola fredda valutazione algebrica dei parametri relativi al numero di abitanti e alla superficie territoriale avulsa da un'attenta valutazione delle funzioni storiche, economiche e delle dinamiche sociali consolidate nel tempo, della fruibilità di beni e servizi, una valutazione parametrica avulsa dalla realtà morfologica e infrastrutturale, temo che tutto questo rischi seriamente di ingenerare procedure confuse con auto o mutue annessioni, con salti incrociati di territori, scambi di comuni o altro ancora. Insomma, una sorta di Risiko per intenderci. Ne ricaveremmo una realtà territoriale depotenziata e disomogenea.
Il riordino delle Province, se riordino deve essere, è un processo della massima delicatezza, che richiederà il massimo della nostra attenzione e del nostro impegno (il concetto di necessità, lo capisco, è una categoria mentale di casa nella politica). Da quando sono in politica sento sempre parlare di emergenze e necessità, ma occorre anche molta cautela e ponderatezza nelle decisioni.
Se nelle more del superamento delle Province, il riordino deve essere fatto, questo non potrà avvenire a trame leopardate, ma dovrà essere salvaguardata l'unità organica del tessuto territoriale della Regione.
Noi ci troviamo di fronte a delle scadenze: quella del 3 ottobre per il CAL e quella del 23 ottobre per la Regione, che deve trasmettere il tutto al Governo per un nuovo atto legislativo. I tempi sono troppo risicati quindi invito me stesso per primo, ma invito i Consiglieri, la Regione, ma anche il CAL, a tenere in seria considerazione il principio di trasparenza.
Queste non sono decisioni che possiamo assumere nei salotti buoni della politica, ma sono decisioni che devono essere condivise con il territorio e con i cittadini.
Concludo con una proposta concreta dell'Italia dei Valori: se questo riordino s'ha da fare, facciamolo. Una delle soluzioni può essere quella dell'istituzione della Città metropolitana di Torino che, di fatto rispecchierebbe territorialmente l'assetto attuale e poi un assemblamento che veda Cuneo, Alessandria e Novara come residuo delle tre Province.
Questa ipotesi l'avevamo già avanzata relativamente alla riorganizzazione delle Aziende Sanitarie.
In ogni caso, sia che si tratti di riordino di poltrone politiche, di poltrone tecniche o di quello che sarà, rivolgo un invito a tutti voi oltre che a me stesso: non dimentichiamo, al di là degli interessi di campanile, gli interessi della Regione nel suo complesso, dell'Italia nel suo complesso, e della spesa pubblica che in questo momento non può che ricevere risposte adeguate sulla riduzione. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei, Presidente Buquicchio.
La parola al componente del Consiglio delle Autonomie Locali, Franca Biglio.



BIGLIO Franca, Presidente ANPCI

Intanto prendo atto che quest'Aula è molto indisciplinata: a me piace ascoltare gli interventi di tutti, ma mi piace anche che si ascolti eventualmente, il mio.
Ringrazio il Presidente Cattaneo, il Presidente Cota, il Presidente Vercellotti - che in questo momento non è in Aula - gli Assessori, i Consiglieri regionali e i componenti del CAL.
Ho apprezzato molto alcuni passaggi degli interventi che mi hanno preceduta, in particolare quelli del Presidente Cattaneo, del Presidente Cota e di altri componenti del Consiglio regionale e del CAL. Li ho apprezzati anche perché sono convinta - e voglio essere convinta - che non si tratti solo di parole. Perché la gente è stanca di parole, vuole i fatti. La Regione ha dimostrato di fare dei fatti, quindi apprezzo questi passaggi e li ribadisco.
Non si tratta - ha ragione, Presidente Cota - di destra o di sinistra.
Oggi non si tratta più di parlare "politichese", ma di affrontare la realtà estremamente difficile di un Paese in estrema difficoltà. Si tratta, piuttosto, di salvare un sistema Italia che sta franando, a suo dire, Presidente, per l'oggettiva impossibilità (ed è vero) di applicare determinate normative. Non mi riferisco soltanto all'articolo 17, ma anche all'articolo 16 (quindi al decreto n. 138), relativo all'accorpamento dei Comuni, che prevedeva, addirittura, tout court, l'unione obbligatoria dei piccoli Comuni. Ora tocca alle Province.
un metodo che l'ANPCI (Associazione Nazionale dei Piccoli Comuni d'Italia) non condivide. Infatti, noi siamo molto critici nei confronti di questa prassi - che, comunque, pare ormai consolidata - di anticipare, con misure d'urgenza, interventi di natura ordinamentale - ribadisco di natura ordinamentale - che dovrebbero, invece, essere affrontati nel quadro di un riordino organico del sistema dei livelli territoriali di governo e che poteva trovare collocazione solo nel nuovo Codice delle Autonomie. Questo non sta succedendo.
Il Presidente Cota ha aggiunto che le Province non chiuderanno i bilanci. Questa è la sua preoccupazione.
vero. Ma non solo le Province non chiuderanno i bilanci, anche i Comuni. Anzi, di più: siamo a tre mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario e alla fine del mese corrente tutti noi - Sindaci e Amministratori dei piccoli Comuni - dovremo approvare l'assestamento di bilancio, gli equilibri di bilancio. Ebbene, noi non saremo in grado di farlo, grazie alla sovrastima del gettito IMU che ha portato al taglio contestuale dei trasferimenti.
Noi, oggi, sappiamo già che non potremo chiudere il bilancio perch non avremo neanche più le risorse per portare a termine l'esercizio.
Ho apprezzato molto un'altra Sua affermazione, Presidente Cota,: la Giunta è vicina alle Amministrazioni, ai Presidenti delle Province e alle Amministrazioni locali. Ne sono certa, perché la Giunta regionale questo metodo lo ha consolidato e dimostrato con il disegno di legge n. 192 che prevede le soglie ottimali per l'accorpamento dei Comuni, che è stato il frutto di un'intensa e continua concertazione. Così bisogna continuare.
Ancora due riflessioni particolari prima di concludere.



PRESIDENTE

Mi scusi, Presidente Biglio.
Invito coloro che devono fare "riunioni volanti" a usufruire degli ottimi corridoi e salette di cui dispone il Palazzo, che potrebbero essere messe a loro disposizione. È una seduta importante: credo che un lieve brusio sia accettabile, oltre quello diventa difficile per tutti. Grazie per la collaborazione.



BIGLIO Franca, Presidente ANPCI

Grazie, Presidente.
Non si fa così. Noi non siamo abituati a lavorare in questo modo. In Consiglio comunale si chiede la parola, si dà, si ascolta e si interviene ma non si fa in questo modo. Io non mi troverei bene a lavorare in un contesto come questo.
Qui, a questo punto, si perde del tempo e noi tempo da perdere veramente non ne abbiamo! Grazie, Presidente Cota, per il suo accenno di applauso, probabilmente ci voleva davvero.
Veniamo al primo punto: il ricorso.
Alcune Regioni - sto ripetendo quello che è già stato detto, ma ci tengo tantissimo che l'ANPCI possa esprimersi anche in questo contesto hanno già presentato ricorso. Lo stesso Ministro si è espresso nel senso di attendere i risultati del ricorso stesso. Alcuni di noi hanno espresso l'opinione che sia importante attendere l'esito del risultato, ma nel frattempo continuare a procedere sul processo di accorpamento già avviato.
Io credo, Presidente Vercellotti (o chi lo sostituisce, cerchiamo di capirci), che oggi il CAL si debba esprimere in questo senso, perché la Giunta, a nostro avviso, deve fare ricorso - deve fare ricorso, lo ribadisco - su preciso mandato del CAL. Credo che questo sia indispensabile, oltre che un segnale molto forte.
Ovviamente, dev'essere un ricorso preciso e mirato. Non sull'articolo 17 in generale - come diceva il Presidente dell'UPI - per quanto riguarda l'accorpamento, ma indirizzato al sistema elettorale. Questo deve essere chiaro: non possiamo continuare a portare avanti delle istituzioni in modo così confuso. Non sappiamo come dobbiamo agire.
Quindi, un mandato per quanto riguarda il sistema elettorale, ma anche per quanto riguarda le competenze.
Noi Comuni, soprattutto quelli piccoli, non vorremmo vederci caricati di altre competenze senza risorse, perché altrimenti rischieremmo di andare avanti senza poter dare risposte ai nostri cittadini.
Veniamo al secondo punto, che è un concetto che sono felice di aver ascoltato da tutti, ed è peraltro la nostra filosofia: ascoltare - come la Regione Piemonte fino ad oggi ha fatto - e rispettare le esigenze del territorio. Questo é indispensabile.
Mi preoccupa tantissimo la filosofia di qualcun altro, che si è espresso, invece, in questo modo: "Troppi pareri fanno solo male; troppi pareri favoriscono la frammentazione e producono eccesso di democrazia".
Questo preoccupa e spaventa! Per quanto riguarda la sottoscritta - del resto, sono Sindaco di un piccolo Comune e rapporti con Sindaci e Amministratori ne ho quotidianamente - l'ANPCI ha ascoltato le esigenze del territorio, i Sindaci e gli Amministratori. Noi abbiamo voluto sentire e capire. Si avvertono sofferenze e si manifesta un malessere, soprattutto (lo hanno già ricordato prima di me) nel sud del Piemonte, quindi Asti e Alessandria.
Sofferenza, malessere e preoccupazioni in alcuni Amministratori probabilmente si tratta di fatti sporadici ma io li devo riportare - di Comuni pedemontani del Canavese, che sono preoccupati per quanto riguarda l'area metropolitana.
A questo punto, quindi, ascoltare il territorio è indispensabile; non è eccesso di democrazia, ma è democrazia. Da chi è gestito, infatti, il territorio, se non dai Sindaci e dagli Amministratori che raccolgono a loro volta il malessere dei cittadini? Questa Giunta fino ad oggi l'ha fatto; continui a farlo. Le decisioni vanno condivise con il territorio e con la gente.
Cerco di chiudere qui perché non voglio prendere spazio ad altri, ma credo che il concetto che volevo portare sia stato espresso in modo chiaro: ricorso e ascolto del territorio. Grazie infinite.



PRESIDENTE

Grazia a lei. La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente. Inizio il mio intervento, che poi entrerà nel merito delle questioni, con una considerazione - mi sarà consentito volutamente polemica: noto una grande disponibilità da parte del Presidente della Giunta regionale al ricorso alla Corte costituzionale da quando Lega Nord non è più al Governo, disponibilità che il Presidente della Giunta regionale non ha dato quanto il CAL e gran parte dei Gruppi di questo Consiglio regionale avevano chiesto di promuovere il ricorso contro l'art.
16 della manovra di agosto dell'anno scorso.
Dico questo perché noi siamo chiamati ad un'operazione molto seria, che è la riorganizzazione degli assetti istituzionali della nostra Regione.
Vorrei dire da subito che la riorganizzazione degli assetti e degli ambiti istituzionali di una Regione deve essere un'operazione condivisa, perch solo questa è la condizione attraverso la quale tutto ciò è destinato a durare nel tempo. Noi lavoreremo anche in Aula, così come stiamo lavorando e abbiamo lavorato in I Commissione, sul disegno di legge di riordino degli Enti locali perché su questi temi il Piemonte sia capace e in grado di costruire un progetto condiviso. Ripeto, infatti, che questa è la pre condizione perché tutto ciò sia destinato a durare nel tempo e non sia soggetto a modificazioni nel momento in cui una competizione elettorale cambia il quadro di governo politico della nostra Regione.
Per costruire un progetto condiviso, però, abbiamo bisogno di comprendere innanzitutto dove siamo oggi, capendo il lavoro che è stato fatto, i risultati che sono stati raggiunti e i problemi che abbiamo di fronte.
I risultati raggiunti sono stati evidenziati in parte dal Presidente Saitta nel suo intervento e io li voglio riassumere. Si partiva da una condizione contenuta nell'allora decreto legge, poi convertito, "Salva Italia", in cui le Province erano considerate Enti di coordinamento negli ambiti allora assegnati dalla legislazione nazionale e da quella regionale oggi, l'articolo della spending review dice sostanzialmente che le Province non sono solamente un soggetto di coordinamento, ma la legislazione nazionale ha individuato alcune competenze amministrative - quella sull'edilizia scolastica e quella sulla viabilità - e il riferimento all'art. 133 della Costituzione conferma l'importanza e la necessità all'interno dell'organizzazione territoriale, di un soggetto di area vasta.
Quali sono, invece, i problemi che abbiamo di fronte? I problemi che abbiamo di fronte sono quelli di un meccanismo elettorale di queste Province rispetto al quale noi continuiamo a manifestare grande criticità e grande impegno perché possa essere modificato. La grande contraddizione contenuta all'interno del meccanismo elettorale e nella composizione degli organi, infatti, è rappresentata dal fatto che con questo meccanismo elettorale le Province non possono diventare concretamente un soggetto di area vasta, perché non esiste un soggetto il cui Presidente è un Sindaco senza indennità -che in quel momento avrà tante preoccupazioni di governo del proprio Ente locale - e perché non può esserci un soggetto di area vasta senza una Giunta, pena il depotenziamento del futuro di quel soggetto stesso.
Guardate che questo scenario non è uno scenario irrilevante, perché non è così indifferente, per il legislatore regionale, sapere di avere una possibile organizzazione di area vasta: piuttosto che non averlo, questo riferimento infatti consente, in un'operazione di revisione, un più forte decentramento amministrativo della Regione e quindi la costruzione di una Regione più moderna, cioè di una Regione che si occupa meno di amministrazione e più di legislazione e di programmazione. In noi vi è una consapevolezza che di fronte ad uno scenario siffatto, se andasse avanti quanto contenuto all'interno della spending review sulla legislazione elettorale e sugli organi delle Province, non saremmo di fronte ad un'occasione molto forte di decentramento nei confronti del sistema degli Enti locali, ma ad un ritorno molto forte di centralismo regionale. E come Gruppo consiliare del Partito Democratico non siamo favorevoli ad uno scenario di questo tipo.
Detto che questo è il punto fondamentale, assieme a quello delle risorse, se si vuole fare un ricorso sul sistema elettorale e sugli organi delle nuove Province si può ragionare. Non si facciano però operazioni politiche complessivamente tese a rallentare o impedire un processo di riorganizzazione del sistema istituzionale italiano e regionale. Di fronte a noi, infatti, ci sono anche le condizioni del nostro Paese e la necessità di cogliere in modo molto forte l'occasione della costruzione di sistemi più semplici, più moderni e più capaci di rendere efficace non solo la riduzione della spesa pubblica - ché non è questa la questione in ballo ma di avere sistemi territoriali più forti e più in grado di affrontare anche la difficile situazione economica della nostra Regione e del nostro Paese e di poter destinare più risorse sullo sviluppo economico e sul sistema dei servizi, piuttosto che sul mantenimento delle realtà amministrative.
Ecco perché noi chiediamo che con questa consapevolezza il Piemonte non faccia una battaglia a difesa dell'esistente, perché un'organizzazione regionale come quella piemontese - con una Regione, otto Province, 1.206 Comuni, 54 Soggetti gestori delle politiche sociali, le Comunità Montane e le Unioni di Comuni - è un'organizzazione istituzionale pesante, ma che il Piemonte affronti - come ha fatto nei mesi precedenti - la scommessa di essere soggetto che presenta una grande proposta di cambiamento: un progetto di cambiamento che salvaguardi le realtà territoriali, che contenga dentro di sé le condizioni per cui un soggetto che deve occuparsi di area vasta lo possa effettivamente fare, che tenda sostanzialmente a rendere più forte il sistema territoriale piemontese e a creare, attraverso di sé, le condizioni per una Regione più moderna e più efficiente.
Chiediamo che si parta dal documento che è stato elaborato a suo tempo dall'UPI e che lo si verifichi rispetto alle condizioni fattibili attuali anche e soprattutto in relazione alle questioni che oggi - e l'ho ricordato nel mio intervento - risultano incompiute all'interno di un progetto di riorganizzazione delle Province, che ha visto significativi elementi di novità nel passaggio tra la legge "salva Italia" e la "spending review", ma che manca ancora di elementi importanti e sostanziali per la propria concreta attuazione.
Chiediamo insomma che la politica, l'organizzazione amministrativa e quella istituzionale di questa Regione non si facciano tirare la giacchetta da nessuno, ma siano capaci di governare questo processo. E chiediamo che la politica ricordi anche che molti soggetti che prima in questa Regione chiedevano l'abrogazione delle Province oggi in alcuni casi, come fanno alcuni soggetti delle Organizzazioni economiche e sociali, difendono i localismi.
Non si possono, infatti, dare lezioni agli altri, se non si è in grado di avere comportamenti coerenti che valgano in ogni località e scenario dentro i quali si opera e lavora.
Chiediamo di realizzare questo lavoro, sapendo che di fronte non abbiamo mesi, ma poche settimane; abbiamo, però, tutte le condizioni - per il patrimonio che è stato accumulato, per il livello di proposte che è stato elaborato all'interno della Regione - affinché tutto questo possa avvenire durante queste settimane.
Nel documento finale poniamo anche una questione che non può riguardare solamente la riorganizzazione delle Province.
già stato ricordato: la riorganizzazione delle Province, qualunque essa sarà, conterrà e porterà dentro di sé la riorganizzazione della presenza dello Stato nei diversi territori. Io pongo una questione in termini molto chiari ed espliciti: non possiamo immaginare che la riorganizzazione degli uffici statali nelle realtà provinciali determini la presenza di tutti gli uffici statali nel Comune capoluogo di provincia.
Ci vuole un progetto di governo anche di queste presenze, anche della riorganizzazione della presenza dello Stato, perché vi è un'aspettativa perché ci sono specificità territoriali che devono essere considerate perché così noi faremo un servizio alla costruzione di una regione più moderna.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Reschigna.
La parola al componente del CAL, on. Marco Zacchera.



ZACCHERA Marco, Sindaco Comune di Verbania

Cari colleghi, l'attenzione è inversamente proporzionale alla durata degli interventi, pertanto cerchiamo di essere concreti.
Ritengo che abbiamo qualche problema di metodo (lo dissi anche la scorsa settimana alla riunione del CAL), perché, se dobbiamo risparmiare (in definitiva è questo che ci viene chiesto), dobbiamo capire qual è il mezzo migliore per farlo. Non è detto che ridurre il numero delle Province lo sia, anche se sembra esserlo diventato.
Il vero problema - ritengo - è che, al di là della grandezza territoriale degli enti intermedi, si tratta innanzitutto di predisporre un piano serio su come ridurre la spesa complessiva.
Facciamo un esempio: a Novara c'è la Sovrintendenza ai beni ambientali e nessuno pensa di istituire una succursale nel Verbano-Cusio-Ossola perché va benissimo quella di Novara, dove sono i funzionari a muoversi, ma soprattutto si ha una visione coerente di tutto il territorio.
Se due settimane fa, a Verbania, non ci fosse stato il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco ad affrontare un'emergenza che il Presidente Cattaneo conosce, poiché era presente, non solo ci sarebbero stati dei morti, ma non avremmo nemmeno risparmiato (come Regione, Comune e comunità), in una sola notte, grazie alla presenza dei mezzi, delle strutture, degli uomini necessari, tantissimi soldi.
In un giorno solo abbiamo risparmiato il costo di un anno, e anche più della struttura della Protezione Civile provinciale e dei Vigili del Fuoco.
un esempio per spiegare che l'etichetta Provincia è importante, ma contano di più i servizi.
Pertanto, Regione e CAL dovrebbero, prima di tutto, incominciare a predisporre una mappa delle cose assimilabili, risparmiabili, delle riduzioni che si possono attuare, perché se il Prefetto di Verbania non ha il Capo di Gabinetto forse può continuare a svolgere delle funzioni. Ai cittadini interessa avere velocemente una risposta sul permesso di soggiorno, ammesso che non si debba andare in Questura, e avanti in questo senso.
Vent'anni fa, in quest'Aula (c'erano i colleghi Bresso, Cavallera, Leo) abbiamo votato l'istituzione della mia Provincia: il Verbano-Cusio-Ossola.
Abbiamo sbagliato, allora? No. Secondo me, allora, in quella logica, la struttura provinciale aveva un senso. Dopo vent'anni, quello che è costata questa struttura ha reso! Nessuno ha ancora detto chiaramente che le strutture della Provincia se sono organizzate bene, costano pochissimo in proporzione a quello che danno, perché la struttura istituzionale Provincia costa poco. Allora, se il gioco vale la candela, non si capisce perché bisogna distruggerla.
Piuttosto, come sosteneva il Consigliere Reschigna, cosa possiamo fare per razionalizzare? Premessi tutti i discorsi democratici (sono assolutamente d'accordo che sia una follia nominare un Sindaco che si occupi anche di quello: chi è Sindaco si renderà conto che non è fattibile), quindi che bisogna avere comunque un'elezione diretta, ma allora, se ci vuole un'elezione diretta Presidente - i cittadini cosa ne dicono? I 1.062 Comuni di questa regione cosa ne dicono? Noi siamo il CAL, e vi ringrazio per averci invitati, ma al di là della forma bisognerebbe anche ascoltare cosa dice la gente, altrimenti la democrazia è un palliativo! Pertanto, se dobbiamo risparmiare, qual è la struttura migliore? Secondo me la struttura è un'Area Vasta - per quanto mi compete, nella mia zona, sarebbe di quattro Province - che mette insieme alcune questioni fondamentali che, sulla base delle deleghe che lo Stato sembra voler lasciare a questo ente intermedio, sono una dimensione giusta per affrontare il problema, mantenendo in vita (sembrerà una sciocchezza) delle specie di Consigli provinciali che, nel dettaglio, sul territorio, là ove esistono, vedano i problemi esistenti.
Questa sarebbe, ad esempio, una soluzione moderna ai problemi: a Torino forse non serve quello che può servire a Verbania o a Biella, perché sono realtà diverse, e quindi diverse devono essere le risposte.
Immagino un'Area Vasta in cui il comando dei Vigili del Fuoco sia a Borgomanero o a Romagnano Sesia (un posto in cui si possa arrivare alla svelta) e non a Novara, che è decentratissima, dal punto di vista geografico. Altre strutture presenti a Novara restino a Novara, perch vanno bene per tutti; nessuno si sogna di portarle via! Questa duttilità è essenziale.
La Prefettura di Verbania è in casa dello Stato, quindi non costa mentre il Prefetto di Novara paga l'affitto: forse è meglio se lo Stato trova un modo per risparmiare. Dopodiché, restino pure a Novara! Come CAL, cosa dobbiamo fare (il problema è questo)? Secondo me occorre dare delle risposte, dicendo allo Stato che il problema non è il taglio del numero delle Province, ma è cosa far fare alle Province e quali sono le dimensioni ottimali del territorio rispetto ai servizi.
Ho sentito parlare, poi - e mi sembra una cosa giusta - di aggregazioni un po' anomale, nuove, come la "provincia del vino".
Bene. Ma, allora, se c'è la "provincia del vino" (così l'Assessore Monferino sarà più contento), io propongo la "provincia dell'acqua", perch se pensiamo al territorio, alla superficie dei laghi, il Lago Maggiore, il Lago d'Orta, ma anche la sponda lombarda del Lago Maggiore, hanno gli stessi problemi.
La provincia di Lecco è la fotocopia della provincia di Verbania, sia come dimensioni sia come problematiche. Ma allora, perché non dobbiamo pensare ad un paese in cui (io resto piemontese, a me non sta a cuore andare al Pirellone, sia ben chiaro), riguardo ad alcune strutture, si possa interagire? Vedo l'Assessore ai trasporti, la collega Bonino: quando c'è un problema su Milano, le comunicazioni, dalle mie parti, vanno a Milano, non vengono a Torino. È logico che ci devono essere delle concentrazioni forti è logico che si venga a creare qualcosa: non Consigli di Amministrazione ma strutture. Per esempio, si è parlato di zona o regione Insubrica quello che volete voi, l'etichetta mettetela, ma il contenuto è una struttura che serva ai cittadini per affrontare specifiche tematiche perché i trasporti, per metà Piemonte, gravitano su Milano, non su Torino sugli aeroporti di Milano e non su Torino Caselle.
Questa è la risposta che il territorio deve dare! Non m'interessa la targa automobilistica; m'interessa che il cittadino abbia dei servizi anche, per esempio, anche dal punto di vista della sanità, dove una parte del Piemonte si orienta verso un'altra regione.
Per concludere, questo dibattito è utile, ma va concentrato, in questo mese, in uno studio dei servizi, in modo da poter dare ai nostri cittadini delle idee chiare su quello che succederà.
Diversamente, il finale è che ci sarà l'ennesimo distacco dal paese reale. I cittadini non sanno nemmeno cosa stiamo facendo noi. Qualcuno dice: "Eliminiamo le Province", però, poi, quando si accorgono che non ci sono certi servizi, li vogliono in casa loro! Eravamo già andati un pochino più avanti, finché non c'è stata la riduzione dai 3.000 ai 2.500 Km quadrati, che ha fatto scattare l'operazione Vercelli-Biella.
A me questo dispiace un po', perché significa automaticamente che due stanno da una parte e due, di fatto, stanno dall'altra.
Riproporre quello che c'era 25 anni fa (tutti dicevamo che non andava bene, difatti era meglio adesso, con la situazione attuale), facciamo un salto indietro.
Perché non abbiamo tutti il coraggio di fare un salto in avanti e capire che un'Area Vasta ha senso se è eletta democraticamente, se si occupa bene di alcune questioni, se sul proprio territorio mantiene i servizi riducendone i costi, razionalizzandoli come localizzazione logica a seconda delle necessità del territorio? Forse questa è la risposta che il CAL dovrebbe dare e un domani il Consiglio regionale dovrà dare allo Stato, perché io credo veramente nel federalismo che cresce dal basso, non quello imposto dall'alto. E non c'è logica nelle cose che vengono fatte, troppe volte.
Cerchiamo di non essere, non dico complici, perché è una parola brutta ma, in qualche maniera, multitestimoni di un cambiamento imposto, che, alla fine - e torno al concetto di partenza - non fa risparmiare molto. Se i dipendenti della Provincia me li ritrovo in Comune, o ve li ritrovate in Regione, mi dite cosa abbiamo risparmiato? Se, alla fine, le strutture non si adeguano alla realtà, non funziona! Vorremmo dire tante altre cose, ma, alla fine, non solo non avremo fatto un passo avanti, ma - ritengo - ne avremo fatti due indietro.
Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Presidente del Gruppo Lega Nord, Mario Carossa.



CAROSSA Mario

Grazie, Presidente.
Non entro nelle polemiche, leggere o pesanti, perché siamo abituati a farle solo quando occorrono, e lo stiamo dimostrando in questi mesi, ma l'unica cosa che mi fa veramente piacere in queste discussioni sulle Province - questa e quelle che sono avvenute nei mesi scorsi - è che finalmente non siamo più da soli nel dire alla Nazione intera che le Province servono.
Mi sembra di capire, se non si dice una cosa e poi se ne fa un'altra che tutti quanti continuano a dire che le Province servono, che devono essere riorganizzate e che devono esserci delle perimetrazioni diverse.
Tutti quanti dicono quello che eravamo gli unici a dire negli anni scorsi.
Poi, purtroppo, cavalcando un'opinione pubblica che è stata guidata - lo sottolineo - a cercare tra i colpevoli di questo disastro italiano le Province, tutti i partiti, anche quelli rappresentati qui in Consiglio hanno dichiarato che le Province devono essere cancellate.
Arriviamo al dunque. Non sono così tanto appassionato a questa discussione. Ne abbiamo parlato anche all'interno del Gruppo: non ci piace andare a decidere con che tipo di bara seppellire l'istituzione Provincia come non ci piace decidere il cuscino di fiori che andrà sopra questa bara perché questo è il fatto. Il fatto è che qua si sta discutendo di andare a distruggere un'Istituzione.
Tutti quanti hanno detto e auspicato che ci sia un cambiamento a livello parlamentare, ma nella vita mi hanno sempre abituato a pensare che fino a quando le cose non sono cambiate - quindi nero su bianco - le cose rimangono come sono scritte.
Ad oggi, quindi, le eventuali Province hanno, sì, alcune funzioni amministrative, ma sicuramente non hanno l'elezione diretta.
Nelle ultime settimane ho notato che dare voce alla gente piace tanto fino a quando non si tocca veramente l'argomento - per esempio, le preferenze - e poi, quando si discute di dare veramente voce alla gente, il discorso democratico non è più così certo.
chiaro, come avete detto tutti voi, che senza un'elezione diretta l'ha detto benissimo il Presidente Saitta e anch'io, come ha detto il Presidente Cota, cerco sempre di non guardare troppo ai diversi colori chi avrebbe potuto assumersi la responsabilità di prendere una decisione sul termovalorizzatore, se non un esponente eletto direttamente dal popolo? Il funzionario? Il Dirigente della Provincia? Sono queste le cose che, a tutt'oggi, rimangono.
Altra questione. In questi pochi minuti voglio dare la mia solidarietà ai Presidenti delle Province, Presidenti che si ritrovano, e si ritroveranno in questi mesi, con grossissime responsabilità penali: non hanno i soldi né per il riscaldamento delle scuole né tanto meno per la pulizia delle strade dall'innevamento.
Come Consigliere regionale, tante volte, in questi mesi, ho sentito parlare delle "terre alte". Uno dei problemi più importanti dei Paesi delle terre alte è di avere la possibilità di arrivarci, perché, se nevica e non posso togliere la neve perché non ho i soldi, io le terre alte le ho isolate.
Quindi, i fatti! I fatti, invece, sono quelli del Governo che, per l'ennesima volta, ha penalizzato il nord.
Anche questo bisogna dichiarare e avere il coraggio di dichiarare.
Bisogna avere il coraggio di dichiararlo, anche se questo Governo è appoggiato dai due Partiti maggiori che siedono qua in Consiglio regionale: il PdL e il PD.
Bisogna avere il coraggio di dirlo, perché per l'ennesima volta il nord è stato penalizzato. Le Province che lavorano, che naturalmente sono quelle del nord e, soprattutto, quelle piemontesi, che avevano ed hanno le deleghe, non hanno più i soldi perché glieli hanno tagliati, mentre le Province del sud, che facevano molto poco perché non avevano le deleghe non si sono viste tagliare i soldi.
Cari signori, con questo non andiamo avanti.
Per questo motivo dico che non ci appassiona il discorso e che il discorso delle perimetrazioni ci appassiona molto poco. C'è poi un documento dell'Unione delle Province, che vuole andare avanti e provare a discutere. Va bene, va bene tutto, però se vogliamo ascoltare la gente, gli Amministratori che vengono dai Comuni, dai 1206 Comuni della Regione Piemonte, allora occorre non affrettarci e vedere se le richieste emesse in questi giorni sono valide. Parlo, ad esempio, del quadrante nord (noi abbiamo un'idea ben precisa del quadrante nord-est) o delle idee venute fuori per alcuni Comuni in una zona tutta dell'Astigiano e parte dell'Alessandrino e del Cuneese.
Bisogna verificare queste cose.
Ritengo che affrettare decisioni in questo momento possa essere sbagliato.
Quello che noi dobbiamo, anche con forza, sempre ribadire - e per questo ho voluto fare questo tipo di intervento - è che a noi non interessa il discorso di avere il potere locale "così o cosà", modificato o annacquato, ma a noi interessa il discorso relativo ai dipendenti, perché è impensabile che vadano nei Comuni. Cosa succede? Cosa succede con i Sindaci? Cosa succede con i Comuni? Cosa succede con la Regione che non riesce, forse anche giustamente, a regolarizzare dei precari, in cui invece i partiti hanno fatto battaglie per regolarizzarli e che invece si dovrà trovare altri dipendenti delle Province? Cosa capita? Cosa capiterà? Cosa capiterà ai servizi per i cittadini? Questa è l'aspetto importante. Ho citato lo spazzamento della neve, la sicurezza delle strade provinciali e le nostre scuole. Sono state fatte tante parole in Provincia di Torino e purtroppo, perché è avvenuto quel gravissimo fatto al Liceo Darwin, ci ritroviamo con Province senza soldi non solo per fare manutenzione, ma anche per tagliare l'erba e per il riscaldamento. Ma allora di cosa stiamo discutendo! Qui bisogna veramente avere il coraggio di dire che è tutto sbagliato ed è tutto da rifare, come qualcuno diceva, però non possiamo fermarci e fossilizzarci su un discorso di diversi territori.
Termino qui, avendovi già tediato abbastanza, ricordando solo quanto ho detto prima: diamo la possibilità a chi ha lavorato in questi anni, ritengo in maniera corretta e onesta, di continuare a lavorare, e se si deve assumere delle responsabilità, lo deve fare sopratutto perché è stato eletto direttamente dai cittadini.
Grazie.



PONSO TULLIO



PRESIDENTE

La parola al componente del CAL, Sergio Luigi Ricca.



RICCA Luigi Sergio, Sindaco Comune di Bollengo

Grazie, Presidente.
Condivido le considerazioni che alcuni interventi hanno evidenziato, in ragione al rammarico di non discutere oggi di una riforma organica del sistema di autonomie locali, ma di un provvedimento inserito all'interno di un provvedimento di spesa più ampio.
Tuttavia, non diremmo la verità fino in fondo se non sottolineassimo il fatto che oggi parliamo solo di definizione, di nuovi confini territoriali delle nuove province, e non di una riorganizzazione complessiva del sistema di autonomie locali e di una ridistribuzione delle funzioni tra i diversi livelli di Governo. Non discutiamo, quindi, di una nuova architettura del governo del territorio e della gestione delle funzioni fondamentali, ma siamo qui per attuare una riforma parziale del sistema, definita non in provvedimento organico come sarebbe stata la Carta delle Autonomie, ma in una legge di taglio della spesa.
Questo lo dobbiamo assegnare, non solo alla responsabilità del cosiddetto Governo tecnico, ma al fallimento, direi forse complessivo dell'approccio politico su questo tema.
Questo fallimento chiama in causa certamente chi ha governato prima (ricordo che i provvedimenti dell'articolo 16 e la soppressione delle Province portano la firma del Ministro Calderoli), ma chiamano in causa anche chi era all'opposizione e quindi chi, anche all'interno dei partiti maggiori dell'opposizione, si è fatto affascinare dalla parola d'ordine "aboliamo le Province" quasi a esorcizzare così tutti gli altri problemi che erano sul tappeto.
Credo di dover dire, con estremo realismo, che non è immune da responsabilità neanche il mondo delle Autonomie locali. I Comuni non hanno dato una mano alle Province, non hanno mosso un dito per dire che una provincia riformata, magari ridotta nei numeri (perché è vero, come ha detto il Consigliere Buquicchio, che sono proliferate negli ultimi 20 anni), una provincia con poche e precise funzioni da gestire è fondamentale per dare una risposta corretta alla gestione di servizi su un'area vasta e per dare maggiori e più efficaci risposte alle esigenze dei cittadini e dei territori che non sono esercitabili dai singoli Comuni o dalla Regione.
Anche le Province hanno fatto di tutto per alienarsi la simpatia dei Comuni, cavalcando di fatto l'impostazione del famigerato articolo 16 quando si parlava di accorpamento forzato dei piccoli comuni e anche della soppressione delle Comunità montane.
Insomma, c'è stata una incapacità complessiva a gestire con una visione condivisa, con un approccio che andasse al di là degli schieramenti politici, la questione della nuova architettura istituzionale necessaria per dare maggiore efficacia alle risposte sul territorio, a contenere e a ridurre la spesa per la gestione di questi servizi.
In questo quadro abbiamo registrato, qualche mese fa, un colpo d'ala che è già stato richiamato qui: le province piemontesi hanno fatto una loro proposta. Devo sottolineare come l'azione anche del Presidente non soltanto dell'Unione delle Province piemontesi, ma soprattutto del Presidente Saitta all'interno dell'Ufficio di Presidenza dell'UPI nazionale abbia portato a un approccio condiviso anche dal Governo, nei provvedimenti successivi dicendo no alla soppressione delle Province e proponendo un accorpamento e una ridefinizione del ruolo.
In questo quadro, l'assetto prospettato per il Piemonte era significativo: la riduzione delle Province da 8 a 4. Personalmente, quindi ho colto questo davvero come un atto di coraggio e di razionalità; inoltre credo che quell'orgoglio, che veniva richiamato prima, dovrebbe essere patrimonio di chi è stato protagonista di questa proposta.
In questo quadro mi sono detto, come componente del CAL, allora il nostro compito oggi è facilitato! La legge distingue, di fatto, tra due livelli di province, le province ordinarie e le città metropolitane, che non sono altro che delle province che hanno un nome diverso, perché per fare delle province diverse dovevano chiamarle in un modo diverso e la Costituzione parla di città metropolitane e non di province metropolitane.
Quindi, dicevo, siamo facilitati nella scelta: abbiamo il compito di ridefinire le altre sette province, ma abbiamo già la soluzione, perch l'Unione delle Province Piemontesi la soluzione l'ha trovata.
La facevo facile? Sì, la facevo troppo facile.
Ma se non vale più quella proposta, che ho sentito mettere in discussione in molti interventi anche oggi, allora mi viene da dire che bisogna domandarsi se prima non si sia un po' scherzato, oppure se quel coraggio della proposta non fosse figlia di un retropensiero che portava a dire che intanto non si farà mai nulla e quindi usiamo il coraggio.
Credo che il coraggio lo si debba utilizzare oggi, senza staccarsi da quell'assetto previsto e senza rincorrere ad altre certamente suggestive ma forse anche fantasiose aggregazioni territoriali che non risponderebbero alle esigenze vere dei territori.
Ho sentito parlare di "Province del vino" - è certamente un'idea suggestiva - però mi verrebbe una battuta: di quali vini parliamo? Il Carema canavesano, il Gattinara e il Ghemme dove li mettiamo? Senza poi considerare che fra i compiti e le funzioni delle nuove province non ci sarà la promozione del territorio, né sul piano turistico, né culturale n tanto meno, enogastronomico.
Ho sentito parlare anche di accorpamenti un po' fantasiosi, che magari un tempo potevano avere delle ragioni, ma oggi sono certamente superati per esempio tra l'Eporediese ed il Biellese, tra l'Eporediese ed il Chivassese e tra il Biellese ed il Vercellese, che hanno in comune, nelle tradizioni del passato, il fatto che le mondine, che si recavano nel vercellese, provenivano da quei territorio, ma oggi non hanno più ragione di stare insieme. Inoltre, vorrei capire come un comune, un territorio che avrebbe (tra virgolette) il "privilegio" di stare nell'area metropolitana dovrebbe staccarsi per aderire ad una provincia con ruoli e compiti inferiori.
Insomma, credo che, nell'imminenza di una decisione importante, sia necessario non dare vita ed assistere nuovamente al walzer delle ipotesi più fantasiose pur di non decidere nulla e di lasciare sperare che le cose rimangano immutate.
Personalmente, non vedo altra strada se non quella disegnata dai suoi stessi protagonisti, cioè dai Presidenti delle altre province, quindi la proposta che l'Unione delle Province piemontesi aveva portato avanti.
Spero che il CAL, per quanto sia di competenza dell'organismo cui appartengo, e anche la Regione Piemonte decidano nello stesso modo, perch sarebbe un fallimento davvero non accettabile decidere in un modo diverso o non decidere ed aspettare che comunque decida qualcun altro, anche perch il Governo magari rimanderà la decisione di qualche giorno, ma entro venti o trenta giorni ma deciderà certamente e non mi sembra che ci siano intenzioni di modificare il percorso che è stato impostato.
Piuttosto, evidenzio una serie di altri contenuti solo richiamandoli per titoli, per stare nei tempi che sono stati assegnati. Contenuti che sono la sostanza vera, poi, del ruolo che dovranno esercitare gli enti che deriveranno dall'accorpamento e dalle riduzioni. Credo sia necessario sottolineare come la Regione dovrà svolgere un ruolo importante e fondamentale di aiuto, di sostegno e di vicinanza, sia alle province che ai comuni, nell'attuazione di un percorso che inizia in modo anche abbastanza accidentato.
Richiamo la prima cosa: il rischio che abbiamo davanti è quello di un Piemonte a due velocità, se verranno attuate la città metropolitana con funzioni maggiori e più pregnanti rispetto alle altre province, e altre tre province con funzioni ridotte.
Credo che, da questo punto di vista, bisognerà capire cosa questo significhi nell'organizzazione della gestione del territorio, affinché non ci siano territori di serie A e di serie B. Lo dico appartenendo a un territorio che sta nella parte cosiddetta, tra virgolette, "privilegiata".
Poi, c'è la questione delle funzioni conferite dalle Regioni alle province, perché se è chiaro che, nella legge, quelle conferite dallo Stato vengono trasferite ai Comuni, di queste non si parla da nessun'altra parte.
Allora, la Regione potrà conferire funzioni solo alle Province metropolitane o anche alle altre realtà? Poi, la questione, che è stata accennata, è quella dei criteri con cui ripartire ai comuni le risorse che erano alle Province, per esercitare quelle funzioni che oggi vanno ai comuni. Ci sono due questioni: le risorse umane e quelle finanziarie. Se parliamo di risorse umane, quindi di dipendenti, nel mondo delle province sono circa 56 mila; per 8 mila comuni farebbero 7 per comune. In alcuni comuni sarebbero certamente eccessivi per altri molto scarsi e assolutamente insufficienti.
Le risorse finanziarie. Come ridistribuire proventi che arrivano dalla immatricolazione al PRA o da altre fonti di finanziamento sui comuni? Con quali criteri? Credo che questo chiami in causa una modifica dell'ordinamento tributario locale molto significativo e che non è stato ancora preso in considerazione probabilmente da nessuno. Inoltre naturalmente, c'è la questione dei comuni che quindi avranno più competenze e non le risorse sufficienti per poterle affrontare.
Poi, c'è tutta la partita dell'associazionismo, sul quale credo che la Regione si sia mossa anche con tempestività con il disegno di legge 192 che è un buon punto di partenza, ma che va integrato e rimane la grande questione della governance e del sistema elettorale, che è già stato richiamato in modo pregnante dal Presidente Saitta e da altri che mi hanno preceduto e dei quali condivido certamente il loro pensiero.
Credo che, a fronte di queste ragioni, dovremmo prendere, come decisione importante, quella di fare nostra la proposta dell'Unione delle Province piemontesi e dare un segnale forte di assunzione di responsabilità nella ridefinizione dei confini provinciali e partire da lì per definire meglio i contenuti, perché consentano di istituire nuovi organismi che non siano vuoti rispetto alle competenze che devono esercitare.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

Voglio richiamare l'attenzione sul fatto che, al momento, abbiamo ancora una previsione di dieci interventi, quindi chiedo a chi deve ancora parlare - e me scuso - se fosse possibile ridurre un po' i tempi altrimenti difficilmente riusciremo a concludere il nostro dibattito.
Ha chiesto la parola il Consigliere Gianluca Vignale del Gruppo di Progett'Azione; ne ha facoltà.



VIGNALE Gian Luca

Grazie, Presidente.
Credo che sia legittimo che un Governo nazionale e un Parlamento nazionale discutano di architettura costituzionale anche immaginando un riordino e una differente modalità con cui prevedere la gestione degli Enti locali. Ma, al di là del vincolo costituzionale esistente nel mantenimento o nella soppressione delle Province, penso che ciò che non possa essere in qualche modo accolto rappresenti la morte per inedia.
Mi spiego. Noi stiamo affrontando una serie di provvedimenti (il primo è il decreto salva Italia), i quali prevedono l'elezione indiretta del Presidente del Consiglio, peraltro da una parte con l'impossibilità di governo con un unico esponente in Giunta, dall'altra parte di impossibilità di rappresentanza. Pensiamo se il riordino dovesse portare - com'è possibile che porterà - a Province molto grandi: è evidente che avere 10 Consiglieri provinciali che vadano a rappresentare tutto il territorio significa di per sé molto poco. Il costo dei rappresentanti degli Enti locali è minimo rispetto a molte spese che invece sono legittimamente da razionalizzare in tutti gli Enti pubblici, dallo Stato fino agli altri Enti. Diciamo che più un Ente è grande e più c'è da razionalizzare, perch per esempio nei piccoli o nei medi Comuni tutto quello che era possibile efficientare è già stato fatto e di per sé erano già strutture efficienti poiché il numero del personale era molto limitato.
Come dicevamo, con la mancanza di elezione diretta si leva sostanzialmente la potestà del consenso popolare per darla ai Consiglieri.
inevitabile che su questo interverrà il gioco dei partiti (legittimamente, essendo organizzazioni dentro le quali ci stanno i Consiglieri comunali). Per esempio, nella nostra regione, che ha moltissimi Comuni, molti (non tutti) sono eletti nelle liste civiche. Se la modalità non sarà più quella del consenso popolare diretto (cioè voto per un Presidente e voto per un Consigliere), ma ci sarà il voto per dei Consiglieri comunali, in molti casi non sapendo neppure o non avendo saputo perché li ho votati prima, i quali sceglieranno un Presidente di Provincia e un consesso provinciale, è evidente che questo è un aspetto che non si può condividere.
Non si può condividere la cancellazione di un Ente - come dicevo prima per inedia, nel senso che è evidente a tutti che le finalità dei due decreti sono: in primo luogo, levare rappresentanza; in secondo luogo, dare la potestà agli Enti in realtà di fare un riordino su ciò che altri hanno già deciso, ma soprattutto (e non riguarda necessariamente gli articoli 17 e 18, anzi non li riguarda proprio) il taglio drastico delle risorse.
Cosa si prospetta? Altri esponenti del CAL o colleghi lo facevano presente: entro il 30 settembre, com'è noto, ogni Ente deve approvare una delibera di non dissesto economico per attestare l'equilibrio finanziario dei propri Enti. Il 30 settembre avverrà che alcune (molte) delle Province piemontesi non potranno approvare la delibera di equilibrio finanziario e quindi risulteranno inadempienti rispetto a un dato che è obbligatorio. Di conseguenza, saranno successivamente commissariate, ma non per una mancanza di capacità gestionale. Poi, evidentemente, chi sta all'interno dei Consigli provinciali esercita il suo ruolo nel dire quanto i singoli Presidenti siano stati capaci o meno, ma quello attiene anche alla posizione che si ha all'interno dei singoli Consigli: sostanzialmente, si fa la maggioranza e l'opposizione.
Al di là di questi aspetti, che sono normali per chi sta all'interno di un Ente, è evidente che gli Enti verranno commissariati per un taglio assolutamente drastico delle risorse e per un'impossibilità di approvare il bilancio.
Un altro elemento che ci interessa sottolineare è ricordare cosa oggi gestiscono in Piemonte le Province. Le Province, con il decreto legislativo 112 e con i provvedimenti di delega che dal 1995 al 2000 questo Consiglio regionale fece, gestiscono la viabilità (anche quella statale), tutto il patrimonio scolastico delle scuole medie e superiori, tutti i centri per l'impiego, tutte le partite autorizzative rispetto alle tematiche ambientali e di rifiuti, tutta la partita della formazione e molte altre cose (ho elencato le principali) in cui la Regione dà indirizzi, ma in cui la gestione è in capo alle Province Quindi è evidente che una discussione relativa alle Province è facilmente derubricabile alla voce "cancelliamo le Province, cancelliamo le poltrone", che è quella che è stata un po' fatta passare; peraltro, in questo periodo sarebbe facile dirlo nei confronti del Consiglio regionale e quasi anche del Parlamento nazionale, nel senso che, anche con un po' di ragione, bisogna però poi comprendere chi gestisce queste competenze a Province morte d'inedia. È chiaro che è di questo che stiamo parlando, non stiamo parlando di riorganizzazione territoriale, perché è possibile che in questa regione a dicembre non avremo otto Presidenti di Provincia direttamente eletti dal popolo, ma avremo cinque, sei, otto Commissari nominati dal Ministro degli Interni. E quel Commissario ministeriale dovrà gestire senza risorse lo spezzamento neve (come ricorderà qualcuno), la manutenzione ordinaria e straordinaria delle scuole, le pratiche autorizzative che garantiscono sviluppo economico alla nostra regione tutto ciò che comporta valutazione di impatto ambientale, l'apertura di centraline idroelettriche e molte altre competenze che oggi sono in capo alle Province (gran parte del mercato del lavoro). Allora stiamo parlando di una cosa estremamente importante e vitale, che - ripeto - non è derubricabile alla voce "salvo o non salvo le Province per salvare o non salvare le poltrone", ma comporta un aspetto un po' più significativo.
Noi crediamo che temi così importanti come l'architettura costituzionale di uno Stato e tutto ciò che è in discussione, in ogni modo la si pensi - corretto mantenere le Province, corretto abolire le Province come altre voci altrettanto autorevoli che dicono "è corretto mantenere le Province, ma cancelliamo le Regioni" - non possano essere affrontati a) per decreto, b) in tre mesi, c) soprattutto con la morte, non per decisione di un parlamento che fa una scelta magari un po' tirata per i capelli, ma sarebbe pur sempre una scelta di rappresentanti del popolo, bensì per decreto della Presidenza del Consiglio.
Come Gruppo, abbiamo presentato un ordine del giorno - sicuramente non verrà discusso oggi - che chiede due cose: 1) il ricorso consequenziale da parte di questa Giunta rispetto agli articoli del decreto di spending review che riguardano le Province, in particolar modo rispetto all'elezione diretta delle stesse; 2) di non provvedere al riordino perché, al di là del fatto che a scuola mi piaceva la geografia e che potremmo anche appassionarci nel cercare di intervenire - badate, su identità culturali della nostra Regione, perché non sono solo confini che tracciamo con una penna. Su questo potremmo anche intervenire, ma perché il legislatore regionale dovrebbe intervenire sul riordino di un ente destinato a morire di inedia da qui a pochi mesi? Sinceramente, visto che le due norme nascono per decreto e che il decreto prevede che, qualora non venga fatto, vi provveda la Presidenza del Consiglio, lo faccia il Presidente del Consiglio.
Credo che il Piemonte abbia già dato, avanzando in tempi non sospetti una proposta, che, ad oggi, non è la proposta che nasce con il comma 1 dell'articolo 17 del decreto sulla spending review.



PRESIDENTE

Grazie, collega Vignale.
Ha chiesto di intervenire il componente del CAL Mauro Barisone; ne ha facoltà.



BARISONE Mauro, Consigliere Comune di Vinovo

Buongiorno a tutti.
Come Presidente ANCI, ringrazio, come hanno fatto tutti, questa Assemblea e annuncio di voler entrare subito nel merito delle questioni cioè andare ai dati di fatto, i quali ci dicono che la voce "comuni" comincia ad assumere la "C" maiuscola, forse più che maiuscola.
Abbiamo una responsabilità importante, ma, ancora peggio - uso il termine "peggio" - abbiamo una responsabilità che ci è stata caricata da questo Governo. Forse, non vogliamo renderci conto, oppure abbiamo altri motivi per non farlo, che tutto quanto viene tolto alle Province viene dato ai Comuni, ma tutti i soldi delle Province non vengono dati ai Comuni quindi registriamo una doppia negatività.
Dopo questa affermazione, credo che il ricorso potrebbe anche avere ragion d'essere per un altro motivo: è difficile, dopo un anno e mezzo di lavoro, dopo aver modificato l'articolo 16, aver provveduto all'Unione dei Comuni e all'Unione delle Comunità montane, dover ancora partire! Cioè partiremo il primo ottobre con il primo incontro per capire come saranno le Unioni dei Comuni e le Unioni delle Comunità montane! E ci si chiede come si possano affrontare, come Comuni, tutte le altre responsabilità che così facilmente vengono tolte e date ai Comuni.
Bene, abbiamo provveduto all'Unione dei Comuni, abbiamo cambiato l'articolo 16, non vedo perché non si possa procedere al riequilibrio delle Province! Nessuno aveva mai detto - se non qualcuno, ognuno è libero di dire quello che pensa, siamo in democrazia, fortunatamente - di eliminare le Province, ma che era giusto eliminare quelle inutili, quelle che eventualmente, non hanno un valore o, comunque, quello che, una volta poteva sembrare superfluo.
Oggi stiamo dicendo un'altra cosa: oggi il mondo è cambiato e usiamo l'espressione "spending review", che io richiamo con la locuzione "spendiamo meno".
Il problema è che dobbiamo tutti insieme spendere meno, ma non gettare via quanto di buono abbiamo costruito e le Province che hanno compiuto il loro lavoro, costruendo sul territorio delle situazioni positive.
Allora, dopo aver ascoltato il Presidente Saitta in primis, ma anche il Consigliere Reschigna e - perché no - il Presidente dell'UPP, che, tutto sommato, ha ribadito un concetto molto preciso, mi pare di aver capito che c'è un comune accordo: comunque qualcosa va fatto, dobbiamo provvedervi e i Comuni sono stati i primi ad iniziare modificando l'articolo 16.
Da parte nostra, c'è la disponibilità a collaborare per questa nuova costruzione; si tratta di rivedere delle posizioni e di accertare quello che è utile e quello che non è utile. Questo è il nostro mestiere, siamo qui solo e soltanto per questo.
Oggi ho sentito parlare poco di accordi tra le Province; tra alcune Province sono già intervenuti degli accordi e altri ne stanno maturando, ma sul territorio ci sono posizioni differenti.
Allora, rivolgo questo invito non soltanto a tutti i 1.206 Comuni del Piemonte, ma a questa Giunta regionale e a tutte le associazioni con le quali stiamo condividendo le posizioni. Guardate che le regole dettate per questa posizione decisionale non sono tre, ma quattro. In primo luogo, le regole vanno rispettate innanzitutto; poi, tra queste regole annoveriamo la continuità territoriale - non dimentichiamocelo - il numero di persone sul territorio e la dimensione del territorio, le quali devono essere il fulcro di tutti i nostri ragionamenti per non spaziare in altri orizzonti - non ho capito bene dove! La quarta regola - se non la mettono gli altri, la mette l'ANCI - è il buonsenso, solo e soltanto il buonsenso.
Se l'obiettivo è il raggiungimento di un'efficienza regionale con una Regione funzionale e con delle Province utili a costruire un territorio autosufficiente, nel caso in cui non ci sia un accordo tra le Province occorre un coinvolgimento dei Comuni, che ne hanno tutto il diritto, visto che si portano a casa tutto il peso del cosiddetto "spendiamo meno".
Allora, è giusto che entrino nel merito della decisione, ma con le loro Province, condividendo con le loro Province le decisioni da assumere.
Questo è fondamentale, altrimenti non riusciremo a raggiungere l'obiettivo, determinando così disgregazione: ognuno andrà per conto suo e non otterremo niente.
Aggiungo ancora un elemento, poi termino per accogliere l'invito del Presidente.
La Regione Piemonte, questi Comuni e le Province non devono commettere l'errore di offrire la possibilità al Governo di poter dire che il Piemonte non è stato capace di raggiungere un obiettivo comune. Sarebbe lo sbaglio peggiore, che oggi dobbiamo decidere di non commettere. Dobbiamo individuare un accordo per dimostrare che il Piemonte ha la sua identità che i suoi 1.206 Comuni sono una realtà diversa da tutte le Regioni nazionali e che, nonostante tutto, abbiamo le capacità autosufficienti per gestirci e andare avanti. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
La parola al Consigliere Tullio Ponso.



PONSO Tullio

Grazie, Presidente.
Nell'arco di questi ultimi dodici mesi siamo passati dall'abolizione totale delle Province al loro ridimensionamento, chiesto dal decreto Salva Italia, che, al comma 14, riduceva le funzioni degli enti provinciali al solo indirizzo politico e di coordinamento dei Comuni, all'attuale disegno di riordino imposto dal decreto legge n. 95/2012.
Insomma, una via di mezzo tra la soppressione e il ridimensionamento che calza a pennello, peraltro, con la predisposizione tutta italiana al compromesso, che però scontenta molti e, forse, non accontenta nessuno.
Scontenta quelle Amministrazioni che verranno tagliate e non accontenta chi, invece, continua a ritenere le Province degli inutili carrozzoni.
Tuttavia, cancellare le Amministrazioni provinciali con una riga di penna è un'operazione molto semplice, altra cosa è attuare nella pratica la riorganizzazione dei territori, la ridistribuzione delle competenze che prima erano delle Province a Comuni e Regioni, senza sacrificare la qualità e l'efficienza dei servizi.
Si tratta di una partita delicatissima, che impone l'assunzione di un senso di concreta responsabilità prima di tutto verso i cittadini, quegli stessi cittadini che, va ricordato, legittimando la legge di iniziativa popolare promossa dal mio partito, Italia dei Valori, avevano chiesto la soppressione delle Province e in particolar modo l'eliminazione delle inefficienze burocratiche e degli sprechi legati a queste istituzioni.
Quindi, il processo di ridimensionamento delle Province deve sapere dare risposte a precise domande: come eliminare gli sprechi, le inefficienze e le spese improduttive senza penalizzare gli enti territoriali che certamente svolgono un ruolo di riferimento e un'importante azione di raccordo per i cittadini? Come attuare una reale razionalizzazione della spesa, ponendo al centro i cittadini, le loro necessità e i servizi? Il decreto sulla spending review impone di affrontare, in tempi strettissimi ed incalzanti, il riordino delle Province, i cui parametri e le cui eccezioni hanno creato - ahimè - una situazione di discrezionalità che già si sta concretizzando in numerose impugnazioni del provvedimento perché incostituzionale, su tutto il territorio nazionale.
Cosa dice, infatti, il decreto, al comma 4 dell'articolo 17? Dice che le Province siano riordinate con atto legislativo di iniziativa governativa sulla base di proposte regionali.
Questa procedura è però in contrasto con l'articolo 133 della Costituzione che stabilisce che "il mutamento delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove Province nell'ambito di una Regione sono stabilite con legge della Repubblica, su iniziative dei Comuni sentita la stessa Regione".
L'articolato costituzionale mi sembra chiaro: la modifica delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove Province può avvenire solo dietro l'impulso dei Comuni ed è fatto divieto allo Stato di imporre unilateralmente la propria volontà.
Questa, dunque, è una delle conseguenze, se vogliamo più prevedibili della razionalizzazione delle Province e delle loro funzioni così come voluta dal Governo centrale.
in corso, poi, una vera e propria campagna acquisti da parte degli Enti senza requisiti, per evitare di scomparire: si pensa ad ampliare i propri territori, ad accorpare Comuni confinanti, a scambiarsi porzioni di chilometri quadrati per rientrare nei parametri richiesti dal decreto dando corso ad una partita che rischia di divenire l'ennesimo caso all'italiana, per cui "fatta la legge, trovato l'inganno".
Questa competizione tra territori, insieme all'incertezza che diffusamente prevale in tutto l'impianto del decreto e al difetto di incostituzionalità, è soltanto uno dei risvolti negativi di un provvedimento che ha più ombre che luci, o quanto meno che apre una serie di incognite: un provvedimento che, stando alle intenzioni del Governo dovrebbe portare ad un risparmio di 4 miliardi e mezzo di euro ma che nella pratica, secondo il pensiero di molti autorevoli commentatori, potrebbe non essere incisivo sul piano della contabilità pubblica generale.
Infatti, dalla relazione tecnica del Governo al Decreto legge del 6 luglio 2012, proprio in merito all'articolo 17 sulle Province, si evince che - e cito quanto recita il testo - "si tratta di una norma procedurale e, pertanto, non è possibile allo stato attuale quantificarne gli effetti finanziari, posto che questi potranno essere rilevati solo successivamente a completamento dell'iter".
Fermo restando che la struttura istituzionale del nostro Paese ha bisogno di una complessiva riorganizzazione e che è altresì necessario ripensare e riconsiderare il ruolo e le funzioni delle Province, su cui l'Italia dei Valori ha condotto più di una battaglia, mi sento di auspicare che la questione, certamente complessa per i motivi che ho spiegato poc'anzi, venga dibattuta e condivisa in maniera sinergica, individuando posizioni il più possibilmente comuni ed affrontando questo delicatissimo ed epocale cambiamento istituzionale in vista del bene comune; non certo di interessi di parte e di campanile, alla stregua di ciò che è accaduto con la soppressione dei Tribunali, per cui si è finito con il penalizzare Fori dai carichi di lavoro non indifferenti e che insistevano su territori con estese reti economiche e sociali.
Una proposta che mi sento di avanzare è che, prima della riorganizzazione degli eventuali confini, si apra una riflessione seria e condivisa sulle funzioni che saranno attribuite ai nuovi Enti semplificandone le competenze per evitare, come ricordavo all'inizio di questo mio intervento, di penalizzare la qualità e l'efficienza dei servizi ma soprattutto per scongiurare una deriva del ruolo delle Autonomie locali ed una frammentazione del territorio. Qui non posso che pensare ad aree montane, costituite da territori già in sofferenza per la mancanza di servizi adeguati e strutture.
La nuova geografia territoriale dovrà partire da un principio da cui, a mio avviso, non si può prescindere: non è possibile attuare una rivisitazione delle Province tenendo esclusivamente conto del numero degli abitanti, del numero dei Comuni e dei chilometri quadrati, senza guardare all'omogeneità, ma anche alla vocazione storica, alle tradizioni culturali e al tessuto economico, sociale ed infrastrutturale delle diverse aree.
Qual è il rischio, se non si tengono in considerazione questi nodi cruciali? Che nel processo che vede le Province svuotarsi delle loro funzioni si indebolisca quel legame ben consolidato tra i Comuni ed il territorio provinciale di riferimento, mettendo a rischio lo sviluppo locale; che si dia vita, cioè, a dei contenitori vuoti, a delle entità territoriali che, oltre a non produrre reali risparmi - che sarebbe poi il vero obiettivo della Spending review -, non avranno neppure gli strumenti per garantire servizi di qualità ed affrontare in maniera adeguata la crescita ed il rilancio dei propri territori.
Questo, tradotto in parole povere, significherebbe attuare un processo di riordino istituzionale delle Province che risulterebbe sterile, e che porterebbe esclusivamente ad un mero accorpamento geografico-territoriale amministrativo, e ad aprire un fronte di dispute interpretative che rischierebbero seriamente di portare a soluzioni, che soluzioni non sono attraverso le quali si cambia tutto per non cambiare nulla.
Concludo, signor Presidente ed illustri ospiti di questo Consiglio sostenendo che una riforma così complessa - e, se vogliamo, vitale per il futuro riassetto dei nostri territori e del nostro Paese - andava pensata con tempistiche differenti. Invece, a soli quattro mesi dallo scioglimento delle Camere, ci troviamo ad affrontare un radicale cambiamento istituzionale che ha tanto il sapore di una sfida elettorale e che si giocherà a suon di resistenze e recriminazioni di tipo campanilistico.
Mi auguro ovviamente di sbagliare, certo che il Consiglio delle Autonomie Locali, qui presente oggi e a cui rivolgo questo mio appello sappia interpretare con ponderatezza le richieste e le esigenze di ciascun Ente territoriale provinciale e conseguire gli obiettivi che il Decreto legge 95/2012 ci impone ed intende perseguire.



PRESIDENTE

La parola a Umberto D'Ottavio, componente del CAL.



D'OTTAVIO Umberto, Presidente Lega Autonomie Locali

Grazie, Presidente.
Anche l'Associazione che rappresento, la Lega delle Autonomie, saluta il Consiglio regionale e tutti gli altri membri del CAL.
Come sapete, la nostra Associazione riunisce sia Comuni che Province quindi sta cercando di condurre una riflessione su quest'argomento senza pregiudiziali e soprattutto nel merito.
Devo dire - visto che ormai siamo nella seconda parte della riunione e quindi bisogna essere concreti ed entrare anche sulle questioni, in modo che si vada verso la conclusione - che è indubbio che la riunione si stia presentando come una riunione difficile, dalla quale non si capisce bene come possiamo uscire: si stanno dicendo e sentendo cose molto diverse.
Da questo punto di vista, è vero che siamo di fronte ad un bivio in questa riunione. Probabilmente, infatti, la logica che dice "questa proposta non ci piace, è stato fatto tutto senza senso, ci stanno facendo giocare a Risiko" avrebbe anche un senso e ci sarebbero motivi per accettarla. La tentazione, quindi, è quella di dire: lasciamo perdere faccia il Governo e, come ha cominciato, finisca.
Ma il problema è che forse le Province non riescono neanche a garantire il riscaldamento nelle scuole.
Devo dire che da questo punto di vista...



PRESIDENTE

Chiedo scusa. Manca circa un'ora alla fine dei nostri lavori: bisognerebbe fare uno sforzo finale, perché c'è un brusio tale per cui io ho difficoltà a seguire; immagino, quindi, i colleghi... Grazie.



D'OTTAVIO Umberto, Presidente Lega Autonomie Locali

Da questo punto di vista, indipendentemente dal Comune dal quale proveniamo - perché anche di questo si è parlato - credo che un Consiglio regionale e un Consiglio delle Autonomie Locali deve avere la capacità indipendentemente dalla provenienza dei singoli, di fare delle scelte generali.
Noi dobbiamo avere il coraggio di riportare la sintonia tra le nostre istituzioni e l'opinione pubblica; non possiamo cancellare tutto il dibattito che c'è stato in questi mesi, registrato e applicato anche in modo convinto. Il tema principale, quindi, non è "Provincia sì, Provincia no". Anzi, devo dire che questo è stato risolto, stabilendo che le Province ci devono essere e devono avere delle funzioni. Su questo la legge è chiara.
Mi preme dare vita a istituzioni che servano e noi stiamo entrando in Piemonte in una fase molto importante, perché nell'arco dei prossimi due mesi, insieme con la presa di posizione intorno alla riorganizzazione delle Province, prima il Consiglio regionale - il CAL l'ha già fatto - sarà chiamato ad approvare un disegno di legge sul riordino delle Autonomie locali del Piemonte. Cerchiamo di avere questo disegno chiaro, almeno tra di noi. Tra noi che siamo qui. Il fatto che sia stata individuata la strada del CAL è l'unica possibilità individuata perché le Autonomie Locali Comuni e Province - potessero esprimersi. Questo prevede la nostra legge.
Devo dire che, da questo punto di vista, a proposito delle iniziative che possono ancora assumere i Comuni e le Province, in realtà, la legge dice in modo chiaro che si deve tener conto delle iniziative che sono già partite, prima dell'approvazione della legge. Non c'è più lo spazio per nuove iniziative o per nuove idee: bisogna razionalizzare o, meglio organizzare come meglio riteniamo più opportuno, tenendo conto della legge la situazione delle Province, così come sono oggi.
A noi pare che delle domande in tal senso siano già state fatte: adesso abbiamo bisogno di risposte. La prima è una risposta "piemontese" alla questione, cioè se la Regione Piemonte intende mantenere le competenze in capo alla Provincia. Questo è determinante. Se dovesse prevalere un'altra opinione, bisogna saperlo prima, altrimenti organizziamo un qualcosa che parte zoppo o, comunque, molto diverso da come l'abbiamo immaginato.
Emergeva una proposta dell'Unione delle Province che, ovviamente - l'ha detto il Presidente del CAL - ha avuto motivo di essere rivista; tuttavia quella proposta ha messo in moto il dibattito in maniera positiva in tutta Italia. Noi, come Associazione, la facciamo nostra, cioè quella delle quattro Province in Piemonte. Tra l'altro, su questo dico una cosa che non è ancora stata detta. Vorrei fosse chiaro il concetto su cui la legge non ha dubbi, cioè che la Città metropolitana di Torino coincide con la Provincia: dobbiamo partire affinché quel lavoro venga realizzato nel migliore dei modi.
Alla domanda iniziale sul tema del ricorso, a me pare che la questione del ricorso si ponga sulle questioni non tanto di riorganizzazione secondo me, significherebbe andare contro quello che abbiamo discusso in questi mesi - quanto sull'aspetto più importante che sta emergendo oggi cioè sul tema del sistema elettorale. Se siamo così convinti, come lo siamo... Devo dire anche con un certo stupore, perché a tutti noi è richiesta coerenza; ma giustamente, noi siamo piemontesi e abbiamo una versione piemontese della vicenda. Magari abbiamo anche criticato posizioni nazionali dei nostri Partiti sulla questione, ma adesso bisogna dire che un Ente come quello ha bisogno anche di un'elezione diretta.
Ci sono, secondo noi, degli elementi per avere un giusto rapporto tra il pochissimo tempo che abbiamo a disposizione e la capacità che abbiamo in Piemonte di rimettere in sintonia le istituzioni - e ce n'è un grande bisogno - con il sentimento dei cittadini e con quanto i cittadini si aspettano da noi: istituzioni utili per fornire servizi che servono loro.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il componente del CAL, Lido Riba; ne ha facoltà.



RIBA Lido, Presidente UNCEM

Grazie, Presidente.
Credo che questa operazione, che va storicamente collocata, sia un'operazione di grande respiro e di grande portata. Comunque potremmo depotenziarla, se non abbiamo la volontà, il coraggio e la capacità di stare all'altezza del progetto, ma questo sarebbe una colpa nostra, che ricadrebbe sul manufatto, sul prodotto che dobbiamo realizzare e sulle conseguenze per la nostra Regione.
A me sembra che anche nel CAL, per approssimazioni successive e mantenendo il livello che si è creato di confronto e di discussione ringrazio per questo il Presidente Riva Vercellotti che non ha fatto mancare le occasioni di un confronto (questo non vuol dire che siamo d'accordo con quello che si dice, ma in ogni caso è un'occasione preziosa) piano piano, riusciamo (per lo meno lo sforzo ci deve coinvolgere) ad arrivare ad un ragionamento da applicare almeno al complesso delle operazioni di riforma che dobbiamo fare.
Sono contento che si sia aggiunto, prima che diventasse legge e che si passasse alla discussione degli articolati, il dibattito sul disegno di legge dell'Assessore Maccanti (il n. 192) sul riordino del sistema delle Autonomie montane e delle Autonomie locali e creazione delle Unioni e associazioni degli Enti locali e delle convenzioni. Alla luce di questo discorso, anche il dibattito sul disegno di legge n. 192 recupera qualche elemento di valore generale.
Rimane però un fatto, che credo sia condiviso da tutti indipendentemente dalle soluzioni: il Piemonte è la regione dei piccoli comuni e abbiamo lottato con determinazione affinché quella forma di organizzazione della nostra democrazia, fosse significativamente non solo salvaguardata come un elemento da costituire a livello di museo istituzionale, ma come una valenza particolare del nostro territorio.
E' un dato di fatto che il Piemonte ha degli indici di densità demografica che, per ritrovarli nei Paesi del nord, dobbiamo andare al circolo polare artico, alla zona delle renne e dei licheni: uno o due abitanti per chilometro quadrato. Questo riguarda alcuni nostri territori poi si salta tutta l'Europa e si arriva alle zone finlandesi. Ed è bene dunque, che stia arrivando la normativa sulle montagne, così come c'era per le zone fredde artiche, ecc... Scusate la digressione.
In quel progetto, abbiamo fortemente sostenuto che il punto di riferimento dovessero essere i Comuni, così come sono, perché sono la nostra organizzazione istituzionale; ma visto che i Comuni sono piccoli sarebbe un errore irrecuperabile se tutto il resto, di conseguenza, dovesse restare piccolo. Poi arriviamo invece a momenti in cui, per poter assumere degli orientamenti significativi e disporre di grandi programmi, avere delle capacità operative e definire delle masse critiche, bisogna che i Comuni piccoli siano inseriti in contenitori di una certa dimensione.
Faccio una digressione nei tempi che mi sono consentiti. Se noi consentissimo di fare ciò che prevede la legge nazionale, articolo 32 ex D.lgs. 267, di fare delle Unioni, ma soprattutto delle convenzioni tra Comuni per risolvere il problema dell'obbligo dei servizi associati paradossalmente, potremmo prendere tre comuni da 100 abitanti l'uno, fare una convenzione da 300 abitanti e avremmo risolto giuridicamente il problema. Dopodiché, quei Comuni andrebbero in crisi perché: paga il ragioniere, paga il geometra, paga il geologo, alla fine quegli stessi Comuni avrebbero oltre 100 mila euro di spese fisse ancora prima di iniziare a fronte di un finanziamento da parte dello Stato di soli 30 o 40 mila.
Questa operazione la dobbiamo salvaguardare noi, perché se indulgiamo all'istinto minimalista, l'istinto minimalista, per la nostra regione rischia di diventare un problema che poi ha delle conseguenze sul prodotto finale che realizziamo.
Noi, come rappresentanti UNCEM, ANCI e tutti quelli che vi hanno lavorato, non ci siamo assolutamente opposti all'idea di superare le Comunità montane a favore delle Unioni montane. La Regione Veneto, per esempio, non ha operato in questo modo: ha deciso che le Comunità montane sono automaticamente Unioni montane. Noi non ci siamo opposti, perché in questo processo ci dobbiamo credere. E bisogna crederci anche come elemento che poi si ricolloca nel processo di riordino delle stesse Province.
Il minimalismo di questa andatura che si era creata, con l'idea di dividere le Province, soprattutto nell'ultimo decennio, ci poneva fortemente dei problemi. La valutazione su che cosa oggi diremo o decideremo per le Province, la dobbiamo collocare anche nel fatto che nascono le Unioni dei Comuni in forma obbligata. Se si istituiscono le Unioni dei Comuni, questo è un fatto rivoluzionario, è nella portata, nel senso che deve sparire tutta la micro suddivisione amministrativa. Questo è un elemento che va tenuto in conto quando si parla delle Province, perch non siamo più in presenza di mille Comuni sparsi. Intanto ne abbiamo 500 e passa che sono obbligati ad associarsi. Nasceranno delle unioni intercomunali da 5.000, 10.000, 50.000 o 100.000 abitanti. Questa è un'aggregazione di base dalla quale non si può prescindere quando si parla di Province, perché quell'elemento costituisce un livello di organizzazione e di gestione associata dei servizi destinata ad incidere profondamente...
Aggiungo che secondo i nostri imprecisi calcoli, nell'ultimo periodo (mi riferisco agli ultimi 15 o 20 anni), il trasferimento dalle spese istituzionali alle spese amministrative è stato, a mio avviso, enorme. Io lo constato rispetto al territorio del quale mi occupo, ma credo che se facessimo un conto generale, i costi lievitati delle spese fisse, dei servizi fissi, dello stesso personale e quant'altro, ha portato, in una situazione di riduzione della disponibilità complessiva, ad una alterazione del rapporto tra spesa amministrativa, spesa per investimento e spesa istituzionale. Questo aspetto va recuperato ed è su questo punto che abbiamo bisogno di ragionare, su questa progettualità del Piemonte nel suo insieme, partendo dal fatto che, ovviamente, la si può contestare, ma l'impostazione condivisa a livello nazionale prevedeva che le Province andassero significativamente ridotte, anzi dimezzate. Lasciamo perdere il conteggio col pallottoliere dei 350.000 o altro, perché se contiamo così ne facciamo 200 di Province, non c'é dubbio! Sarebbe come se volessimo fare le Unioni Montane (adesso sono 22 Comunità) con il minimalismo dei 3.000 abitanti: arriveremmo a istituirne almeno 150! Dopodich evidentemente, sarebbe il fallimento per un risultato completamente opposto, non solo gattopardesco ma addirittura antitetico rispetto agli obiettivi.
Noi, per ora, abbiamo sottomano solo una cosa, Presidente: la proposta di quadrante. Spendo ancora una parola in tal senso, ma seguiranno altre opinioni, per cui può darsi che ne prevarrà un'altra. Del resto, non è oggi che dobbiamo decidere.
Quel quadrante nasce nel 1975, se non vado errato, istituito nell'ambito dei comprensori, che erano 16. Quella era un'altra impostazione, ma se si vuole recuperare per me va bene. Successivamente, un Assessore (se non vado errato l'Assessore alla sanità, Bajardi) ad un certo punto istituì i quadranti e da lì nessuno li ha mai messi in discussione (mi riferisco ai quattro quadranti).
Certo è un elemento storico, non è un dato improvvisato. Se ci sono altre impostazioni, così come hanno detto tutti, esaminiamole. Ma occorre che siano portatrici di una carica innovativa, che è quella che deve contraddistinguere tutto il progetto.
Parlando a nome di un territorio montano (non in maniera esclusiva perché non ci sono solo io) che affronta un grandissimo processo di riorganizzazione, con sofferenze, difficoltà, incertezze, disagi e tutto ciò che comporta un'operazione di questo genere, credo che questo abbia un senso se possiamo collocarlo in un progetto riformatore fortemente caratterizzato, che induca a dire che il Piemonte, in qualche maniera, si riconosce in una proposta di alto profilo.
Dopodiché, come ho setto, rispetto la legittimità di tutte le posizioni. Noi, al nostro interno, ne abbiamo moltissime (così come abbiamo altrettanti problemi), le cito sempre perché non voglio che non siano riconosciute, ma mi pare che ci sia un veicolo e un indirizzo che ci potrebbe aiutare nell'assumere delle determinazioni. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al componente CAL, On. Roberto Simonetti.



SIMONETTI Roberto, Presidente Provincia di Biella

Grazie, Presidente.
Vi ringrazio - mi rivolgo al Presidente del Consiglio regionale e al Presidente del CAL - per aver convocato quest'Assemblea.
Siamo partiti, oggi, con interventi istituzionali (mi riferisco soprattutto a quello del Presidente Cota) che hanno fatto la fotografia precisa della realtà in cui noi Amministratori stiamo vivendo, quella sostanzialmente, di un "funerale" dell'Ente locale intermedio, o Provincia.
Se la prospettiva è questa - e lo dico con estremo dispiacere - la mancata elezione diretta, la mancata delegazione di funzioni e soprattutto, la mancanza di risorse, fanno sì che se ne discuta. Noi quindi, dobbiamo riuscire a convincere il legislatore politico futuro, che dovrebbe fortunatamente arrivare ad aprile (se non prima) con nuove elezioni, ad invertire questo trend, già parzialmente invertito rispetto al decreto Salva Italia dalla spending review, proprio perché sono state riconosciute tre funzioni precise all'Ente locale, pur mantenendo purtroppo - il taglio dei trasferimenti e l'elezione indiretta.
Il quadro, dunque, è questo: o facciamo il "funerale" alle Province oppure costruiamo degli organismi o dei contenitori che siano capaci di gestire l'area vasta.
La via intermedia significa o fargli il funerale o, comunque, non dare risposte all'area vasta.
Creare dei contenitori che siano in grado di gestire questi compiti significa creare delle strutture che abbiano una grande superficie di competenza, per riuscire a dare le risposte ai cittadini che proprio l'area vasta porta ad assumersi.
Veniamo alle funzioni. Di funzioni adesso ne abbiamo già tre, molto importanti: trasporti, ambiente ed edilizia scolastica.
Il Consiglio regionale - noi come CAL avanziamo un'ipotesi che dovrebbe, perlomeno, essere confermata o parzialmente variata dal Consiglio stesso - ha già indicato delle aree o dei bacini omogenei per gestire queste competenze che saranno proprie delle Province.
Per quanto riguarda i trasporti, ha già definito che i bandi dovranno avere una propria allocazione (per il territorio che qui rappresento sono quelli di quadrante). La stessa cosa vale per l'ambiente: il Consiglio regionale ha già approvato una legge (legge n. 7/2012) che individua i bacini ottimali entro i quali le funzioni saranno svolte con efficienza ed efficacia.
Veniamo ad altre realtà, come la sanità: anch'essa ha individuato dei bacini di quadrante. Ovviamente non saranno di competenza delle Amministrazioni provinciali, ma daranno un segno di continuità territoriale, di continuità politica e, soprattutto, di continuità socioeconomica di questi territori.
Ho sentito l'esempio della Camera di Commercio unita di Biella e Vercelli: noi già assieme siamo solo 39.000 imprese, e con la revisione delle Camere di Commercio territoriali ne servono almeno 40.000. Fra un anno saremo di nuovo a ridisegnare un territorio, perché non staremo più dentro i parametri.
Se vogliamo "sfangare" i parametri, creiamo quella "via di mezzo" che è tra il funerale e il costruire delle realtà provinciali serie. In tal modo, non si avrà la possibilità di convincere il legislatore nazionale a rivedere i propri passi.
Potremmo anche fare una revisione del numero delle Province, anche solo aritmetica o col pallottoliere, ma se l'opinione pubblica non vede che i territori hanno attuato veramente una spendig review e un ridisegno serio dei loro territori, se da 107 passiamo a 90 o 80, il primo grado non lo vedremo mai in Parlamento. Non lo vedremo mai! E quindi faremo - lì sì veramente - il funerale di chi si dovrà assumere queste responsabilità, che sono poi i Sindaci, quei Sindaci che oggi guardano al riordino non con l'occhio dell'area vasta.
Sono il primo a voler ascoltare i Sindaci, ma se loro guardano la revisione delle Province con l'occhio del tombino, con l'occhio di gestire il particolare, che è il compito essenziale del Sindaco, allora è difficile...
Il Sindaco ha questo ruolo, quello di risolvere i piccoli problemi dei cittadini, perché è questo il suo mandato. Ma non è il giusto mandato del Sindaco che dovrà gestire l'area vasta. Se ogni Sindaco dovrà guardare la peculiarità e la particolarità, allora saremo nell'impasse che indicava il Presidente Saitta: o le asfaltature si fanno sul territorio del listino che vince, e gli altri non vedono un euro, o la discarica si fa nel listino che perde, perché gli altri vogliono comunque mantenersi i voti per tornare ad essere Sindaci e, a tempo perso, dedicarsi all'area vasta. Questo sarà il risultato.
Noi dobbiamo dare al legislatore questa possibilità, dobbiamo sfidarlo.
Noi del territorio sfidiamo il Parlamento. Diciamo: "Parlamento , noi creiamo dei contenitori che sono propri per gestire l'area vasta. Diamo i contenitori che hanno le caratteristiche, e ti sfidiamo. Vediamo, lo riempi questo contenitore?" Perché se non lo riempi di risorse, di deleghe e di funzioni, la colpa non è poi nostra, ma del legislatore, che dietro al populismo del 'tanto peggio, tanto meglio' ha fatto sì che le Province venissero colpite.
Io mi fermo qui. Penso di aver delineato qual è la mia posizione, che vuole creare un Piemonte del futuro che dovrà unirsi all'interno di una macroarea extraregionale ed extranazionale (perché noi andiamo a competere con il Nord Europa). È chiaro che dovremo creare un Piemonte snello, capace di reggere le sfide. La Lombardia- farà o meno delle proposte - creerà delle realtà che non avranno meno di un milione di abitanti l'una. Un milione di abitanti l'una! Biella e Vercelli hanno 365.000 abitanti: io con queste realtà non vado neanche a discutere, ho già bello che perso in partenza! Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'on. Maria Teresa Armosino.



ARMOSINO Maria Teresa, Presidente Provincia di Asti

Grazie, Presidente e grazie a tutti. Non mi dilungo nei ringraziamenti perché dobbiamo ridurre i tempi.
Devo dire che è molto qualificante il dibattito in quest'Aula e si sente profondamente la differenza fra le modalità di elezione dei componenti di quest'Aula e di quelli del Parlamento. Tutti gli interventi anche molto diversi fra di loro, ai quali ho assistito trasmettono una sensazione profonda e cioè l'attenzione ai territori che ciascuno di voi Consiglieri regionali e amministratori - esprime, in ragione della propria rappresentanza. La premessa non è banale.
Mi è parso che ci stiamo orientando, tuttavia, fra due linee di intervento. La prima, sulla quale siamo tutti d'accordo, nel dire che crediamo e vogliamo le Province come Enti di primo grado, quindi come espressione della democrazia popolare. Se ho capito bene, su questo mi pare non ci siano spaccature, intendendo con questo divisioni, all'interno di tutto quello che ho ascoltato.
La seconda mi pare essere una posizione, invece, che porrebbe una linea di distinzione. E cioè, a fronte di una norma a valenza nazionale, che ci dice come dobbiamo riordinare le Province, vediamo se fermarci all'inosservanza della prima violazione (fermarci in senso non tecnico) dicendo cioè che "noi non crediamo negli Enti di secondo livello e quindi non chiedeteci come suicidarci, visto che non vorremmo suicidarci" oppure se, ancora una volta, come amministratori sabaudi, e quindi di quel Piemonte che ha fatto e ha scritto la storia del Regno d'Italia, facciamo un passo avanti e non siamo così beceri, così terra terra da non saper formulare una proposta alternativa.
Io credo che noi abbiamo profondamente dentro la volontà di concorrere al miglioramento dell'impianto istituzionale e organizzativo del nostro Paese.
Ma sono anche costretta ad osservare che in passato il Piemonte e i piemontesi sono stati propositori di tutte le iniziative di costituzione dello Stato italiano, passando da uno Statuto octroyé, donato generosamente concesso, ad una Costituzione, portando elementi di partecipazione e democrazia.
Oggi a noi viene chiesto un percorso inverso, e cioè oggi a noi viene chiesto, dalla legislazione nazionale, di agire nell'ambito di un criterio che è prefissato e che è quello di un Ente di secondo livello.
E allora mi rivolgo a tutti, perché stiamo parlando anche della Regione Piemonte, dove vogliamo costruire una nuova Carta delle Autonomie: non c'è un amministratore locale al quale non sfugga che per l'esistenza di un Ente di secondo livello non si può parlare di Comuni che siano inferiori ai 10.000 abitanti. Altrimenti, significherebbe ricadere nella stessa impossibilità pratica alla quale stiamo assistendo.
Ciascuno di voi, e di noi, è espressione di un territorio per cui sa bene queste cose, perché le tocca. Infatti, non c'è solo l'egoismo di voler salvare il nome di Asti - 106 milioni di bottiglie all'anno vendute nel mondo, credo con un effetto di ricaduta anche su tutta la Regione Piemonte non solo sulla Provincia di Asti - ma c'è l'esigenza di dare risposte politiche e non tecniche alla gestione di un territorio che potrebbe anche rischiare di diventare molto più inurbato rispetto alle aree già oggi più insediate, andando a creare però un nuovo Medioevo verso quelle più marginali.
E allora lo dico nella sede legislativa della Regione Piemonte: come potremmo parlare di una regione che punta sul turismo, come potremmo parlare di una regione che punta sulla qualità e sulla bellezza dei suoi territori, se la fragilità e la bellezza dei nostri territori si annida proprio in quelle aree che potrebbero essere più marginali? Ma voglio farvi - per cortesia, permettetemelo - un'altra osservazione. Noi stiamo dicendo, e l'ho sentito nel dibattito, "obbediamo a questa legge"; o, meglio, non obbediamo, ma "decideremo, vedremo cerchiamo di..." sul presupposto di voler procedere ad un efficientamento dei servizi e ad una riduzione dei costi.
Noi, martedì, come parlamentari, andremo in Aula a votare mozioni sul dissesto della Sicilia e della Calabria. Chiedetevelo, amici Consiglieri regionali! Perché qui non è una questione di PD, PDL, FLI o qualcun altro.
Qui è una questione di essere ancora capaci di dare dignità al Piemonte e di farlo contare. E non vi ho citato i due provvedimenti a caso, perch mentre noi abbiamo questi argomenti all'esame, nessuno pensa - lo dico per creare un caso da pugno nello stomaco - a portare a livello di attenzione del Governo nazionale il caso di Alessandria. Eppure abbiamo votato su Palermo, eppure siamo intervenuti su Roma, eppure siamo intervenuti su Napoli.
Guardate che quello che stanno facendo oggi agli amministratori provinciali è quello che accadrà fra due mesi, forse tre, agli amministratori comunali e poi accadrà a voi. Noi siamo oggi quello che voi sarete.
Quali i risparmi? Se i risparmi fossero quelli della politica, la risposta sarebbe banale: siamo in Piemonte, circondati da gente che da anni gratuitamente assume la Presidenza di ambiti tipo quelli delle acque per dare rappresentatività ad un territorio. Sarebbe banale dire, anche in presenza di un Ente di primo grado - una demagogia che io non faccio - "Non remuneriamo gli amministratori provinciali". Ma non è questo il problema.
Il problema - e lo so io come lo sapete voi - è che o verrà fatta, e verrà fatta entro ottobre, una legge nazionale sulla mobilità nel pubblico impiego pari a quella che verrà fatta per gli Enti locali (la legge sulla mobilità del pubblico impiego pari a quella che esiste sul livello nazionale), per cui si potrà mettere in mobilità al 70-80% recuperando risorse, oppure a noi amministratori non resterà che tagliare servizi.
Perché non c'è un terzo genere oltre a questi! E non ci riusciranno neanche i Comuni! E se non accadrà quello, neanche il Comune di Torino riuscirà a fare il suo bilancio! E allora io da voi - e chiudo - mi aspetto che ci sia una consapevolezza di questo fatto. Personalmente non posso pensare di farmi sfiduciare da un Consiglio provinciale come un amministratore che porta al dissesto la sua Provincia. Io voglio finire salvando la mia dignità personale, partendo dai numeri che ho trovato e indicando ai miei concittadini dove sono arrivata.
Io credo che se avessimo una coscienza di piemontesi capaci di fare valere le capacità, che abbiamo avuto - di gestione, di riduzione, di buona gestione - voi dovreste chiedere a noi di dimetterci e dovreste chiedercelo perché non si lascia nell'infamia una classe politica che ha bene amministrato, lasciando poi alla vulgata che si è arrivati a dei dissesti.
Certo, ognuno farà la sua scelta personale, ma torno ad affermare che le elezioni sono prossime: è vero che ci si esercita, è vero che la gente non vuole le Province, ma se noi dicessimo alle persone che gli amministratori sono gratis, cosa direbbero? Così come se noi dicessimo: "Eliminiamo il Consiglio regionale".
Noi non possiamo farci prendere da questo; noi abbiamo dei doveri verso chi ci ha messi in questa sede, che non sono quelli di seguire supinamente un'indicazione che può e deve essere solo di un governo tecnico, avulso dalla rappresentanza democratica, il quale, proprio perché è tecnico, deve dire a voi piemontesi: o la mobilità, o la non apertura delle scuole, o la non riparazione delle strade.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il componente del CAL Enrico Borghi; ne ha facoltà.



BORGHI Enrico, Sindaco Comune di Vogogna

Grazie, Presidente.
A Bisanzio, quando i turchi stavano alle porte, i teologi si accapigliavano su quanti angeli potessero stare su una capocchia dello spillo. Questa discussione, evidentemente, distrasse dalla principale esigenza del momento, ed è noto come finì.
Vorrei portare personalmente un contributo alla discussione, tentando di fare quell'operazione empirica che allora non venne fatta, cioè dire: "Datemi uno spillo e datemi un angelo, così risolviamo il problema" perché, mentre noi discutiamo, la clessidra è lanciata. È lanciata in maniera tale che ben difficilmente, se non riusciremo ad intercettare il senso di direzione di marcia della stessa, potremo intercettare la possibilità di modificarne il corso.
Penso sia opportuno contestualizzare la realtà nella quale questi provvedimenti sono stati calati. È un contesto fatto di leggi sul federalismo fiscale, di introduzione dei costi standard, di costante intervento pesante da parte dello Stato, nel corso di questi ultimi anni sul fondo sperimentale di riequilibrio che - noi sappiamo - non tornerà ai livelli in cui venne sancito all'interno della legge 42. Sarà già un grandissimo risultato per il sistema delle Autonomie locali riuscire a chiudere questa partita finanziaria, trasferendo integralmente l'intero montante del gettito IMU in cambio dell'assorbimento complessivo dei trasferimenti da parte dello Stato.
Questo è il dato che abbiamo sullo sfondo. Dentro questo contesto e questa cornice, che non a caso viene rievocata ogni volta all'interno di provvedimenti legislativi che ci richiamano agli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei - sono sempre un'ottima soluzione per poter avocare al centro qualsiasi tipo di determinazione, ivi compresa quella di cui stiamo discutendo - noi abbiamo assistito anche a due elementi importanti che a mio avviso devono stare dentro questa discussione, perché non stiamo discutendo di operazioni sganciate.
La prima è la definizione delle funzioni fondamentali degli Enti locali, che sono inevitabilmente connesse all'aspetto finanziario cui facevo riferimento in precedenza. Noi abbiamo un montante fiscale complessivo, che è dato, su cui potremo forse con lo Stato raggiungere un'operazione di messa a regime, e una legge che ci definisce quali siano le funzioni fondamentali, che per i Comuni al di sotto dei 3.000 abitanti nelle zone montane e al di sotto dei 5.000 nelle altre - cioè per la stragrande maggior parte dei Comuni piemontesi - dovranno (9 su 10) essere svolti in forma associata.
Poi, quest'intervento interviene radicalmente modificando la natura dell'Ente provincia.
E' chiaro che, inevitabilmente, dentro questo percorso di trasformazione - questo è un mio giudizio, se volete, più di carattere culturale che politico - tutti i nodi devono venire al pettine, perch com'è noto - l'ente Provincia è nato nella legislazione dello Stato unitario italiano come ripartizione territoriale e periferica della presenza statale, quindi avevamo sul campo due soggetti Enti locali: l'uno (i Comuni), che era l'emanazione dal basso e, l'altro (la Provincia), che era l'atterraggio dall'alto.
chiaro che quest'operazione è fatta in maniera impropria, nelle sedi non opportune, come quando nella Prima Guerra Mondiale si iniziò ad abbattere il Lusitania che trasportava i civili e si finì con il bombardare Dresda, che non c'entrava nulla con le forze armate.
Quando, anche con il plauso di molte forze politiche presenti in questa sala, si iniziò ad intervenire pesantemente sul sistema delle Autonomie locali italiane con le leggi finanziarie, era inevitabile che questo portasse alle logiche conseguenze che abbiamo oggi. Pertanto, ci verrebbe da dire: chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Il punto, oggi, non è una rivendicazione di questa natura, perché se vogliamo dircela fino in fondo, è impossibile tornare indietro. Il punto è: come riusciamo dentro questa strettissima intercapedine che abbiamo di fronte, che è anche temporalmente già definita, riuscire a tentare di costruire una logica di sistema, perché - e in questo mi allineo alle riflessioni che sono state fatte da chi mi ha preceduto - non c'è dubbio che il contributo che storicamente è arrivato dal Piemonte su questi temi è stato un contributo determinante. Quando i piemontesi hanno operato bene hanno influito nelle decisioni nazionali.
Pertanto, se noi operassimo male, il risultato ci ritornerebbe in termini di ripercussione.
Si può, quindi, discutere a lungo se sia giusta o meno la ratio che sta al fondo di questo provvedimento, ma la ratio è molto chiara e impone delle sfide che coinvolgono tutto il sistema delle Autonomie locali: riporta dal Comune al Comune il fulcro dell'organizzazione amministrativa, peraltro in applicazione all'articolo 118 della Costituzione, rivede la natura del Comune che, in quanto tale, non è più il soggetto autonomo, perché i Comuni sono obbligati a lavorare tra loro, e da qui fa ripartire un meccanismo che dovrebbe rivedere lo stesso meccanismo di riorganizzazione amministrativa della Regione.
Su questo mi permetto di sottolineare alcuni aspetti che personalmente mi sarei atteso venissero chiariti in questa sede, perché arrivare alla definizione di un ambito è come avere una funzione algebrica con alcune incognite.
La prima incognita - è inevitabile - è il tema della finanza comunale.
La seconda incognita è il tema delle funzioni.
Noi non sappiamo ancora quale sarà la finanza comunale a regime, anche se immaginiamo quale possa essere; sappiamo quali sono le funzioni amministrative sul campo, perché sono state sancite dalla legge, ma non sappiamo cosa ha in mente la Regione - né oggi ce lo ha detto - dal punto di vista della sua riorganizzazione amministrativa sul piano periferico.
Di conseguenza, c'è un problema nel momento in cui andiamo a definire degli ambiti in assenza di questo chiarimento di fondo, perché noi rischieremmo di imbastire un ragionamento che, come è stato ricordato in precedenza, potrebbe anche trovare delle modifiche in corso, anche a seconda dei provvedimenti che la Regione dovesse fare.
Credo che non sia saggio, per parte nostra, buttare sotto questo aspetto la palla in tribuna. Sottolineo nuovamente quanto ho richiesto nell'intervento al precedente Consiglio delle Autonomie Locali. Penso che ci sia bisogno che le strutture della Regione elaborino in fretta delle proiezioni su cosa significa, nell'impatto finanziario della gestione delle funzioni comunali trasferite alle Province, la determinazione degli ambiti.
Se noi non abbiamo in mano questi elementi, rischiamo di fare delle operazioni che rispondono più a delle esigenze esterne che a delle esigenze effettive, che sono quelle dei Comuni che oggi si interrogano su come sia possibile finanziare il corrispettivo completo delle funzioni.
Il fatto, quindi, di fare Province di quadrante, piuttosto che Province di minori dimensioni, non è un elemento indifferente rispetto a questo percorso, perché se so che devo mantenere un certo montante, devo fare un ambito: se divido quell'ambito in due, devo moltiplicare per due la mia capacità fiscale di mantenimento.
Per questo motivo, molto pragmaticamente, tentando di dare un elemento di concretezza alla nostra discussione, penso che dovremmo consegnare ai Sindaci questa consapevolezza, altrimenti prevarranno, nella discussione elementi spuri, elementi impropri, elementi che non c'entrano nulla con la natura del nuovo Ente e che rischiano di portare la discussione su un piano sbagliato, con la conseguenza che, se non saremo riusciti a costruire quella dinamica corretta, in cui facciamo il corretto mestiere del Comune il corretto mestiere di mansionamento delle Unioni dei Comuni, cosa significherebbe tutto questo nella presenza di un territorio montano piemontese? In questa trasformazione penso sia possibile tentare di dare una risposta di sistema, altrimenti la risposta sarà già segnata: ci sarà qualcuno che deciderà per noi.



PRESIDENTE

La parola al componente del CAL, Donato Gentile.



GENTILE Donato, Sindaco Comune di Biella

Intervengo come componente del CAL, ma anche come Sindaco, visto che più volte i Sindaci sono stati tirati in causa. Non posso che condividere l'apertura fatta dal Presidente Cota questa mattina a proposito delle operazioni di architettura istituzionale sugli organi dello Stato.
Il fatto di agire con un decreto del Governo per fare risparmio di spesa - anche richiamando le alte parole proferite dall'on. Armosino quando ha richiamato il fatto che noi piemontesi siamo stati autori della costruzione del Regno italiano e della nostra Repubblica - significa sminuire la realtà istituzionale del nostro territorio. Quindi sottoscrivo e firmo l'intervento iniziale del Presidente Cota.
Molti autorevoli interventi sono stati fatti; personalmente cerco di ridurre e di sintetizzare.
Certamente non sono d'accordo con questo nuovo provvedimento del Governo - lo dico con molta chiarezza - perché se di risparmi effettivi si deve parlare, sono poi solo quattro miliardi di risparmio. Ma tutto il personale dove viene ricollocato e continua ad esistere e continua a vivere? Le strutture dove e come vengono ricollocate e continuano ad esistere e continuano a vivere, soprattutto per le Province più recenti? La Provincia di Biella ha quasi vent'anni, e in questi vent'anni si è attrezzata strutturalmente, per vivere come Provincia, con tutta una serie di edifici diversamente ricollocabili.
La legge parla chiaro, parla di numeri, ma anche in questo caso non sono d'accordo, perché non si può chiedere a degli amministratori di stare dentro un certo spazio con un certo numero di abitanti, perché bisognerebbe volare più alto e cercare di capire, in maniera più autentica, quali sono le ragioni, le storie e le culture dei territori ma, soprattutto, i bisogni e le necessità dei territori.
Ho sentito qualcuno dire: "Signori, ma di che cosa stiamo parlando?".
Quando viene ricordato che, al di là delle fantasie di qualcuno, la Regione potrà attribuire nuove funzioni e nuovi compiti all'Ente Provincia, e che i Comuni stessi potranno delegare funzioni e compiti alla Provincia, sono solo ipotesi e fantasie di qualcuno. Personalmente mi attengo all'indicazione oggi in atto da parte del Governo: la nuova Provincia viene completamente svuotata, e rimangono in capo alla nuova Provincia soltanto l'ambiente, i trasporti e le scuole superiori (un po' di edilizia scolastica delle superiori).
La Provincia, quindi, viene totalmente svuotata delle sue funzioni e compiti, e il governo gratuito di questo Ente - o meno - viene rimesso in capo ad un gruppo di Sindaci e di Consiglieri comunali.
Lo trovo veramente svilente e non possiamo immaginare che le Province riavranno chissà quali ruoli, visto il modo con cui le Province vengono identificate dalla spending review. O ci prendiamo in giro o ridiamo attribuzioni e compiti; se ritrasferiamo alle Province attribuzioni e compiti, vuol dire che qualcuno ci ha preso in giro.
Alcuni punti. Le Province non potranno governare e fare azione politica su area vasta. Questa è la fantasia di qualcuno: non ci sono gli strumenti per fare azione di Governo su area vasta, perché non ci sono trasferimenti di economie. È chiaro che la procedura messa in atto dal Governo tenta casomai, di trasferire ai Comuni alcune funzioni e compiti delle Province e, casomai, a dare l'indicazione: "mettetevi d'accordo, più o meno, come immaginate".
Come politico non sono neanche d'accordo che le indicazioni delle organizzazioni territoriali di Governo della gente debbano provenire da indicazioni di Enti che gestiscono l'immondizia o altro, tanto per essere chiaro. Anche sul fronte dell'ambiente, quando si parla di indicazione di quadrante, si danno indicazioni dicendo: "preferibilmente in quell'area vedete di fare delle politiche che possano trovare delle sinergie". Ma non si crea nessun tipo di obbligo, e il più delle volte capita che, parlando di queste questioni, sia molto più proficuo, anche in termini economici fare alleanze con zone del Piemonte completamente diverse.
Poiché rivendico, come è già stato fatto oggi anche da altre persone il principio della democrazia e il principio dell'auto determinazione dei popoli - padroni a casa nostra, come dice giustamente qualcuno personalmente credo che la parola debba passare ai Consigli comunali, agli Enti del territorio che, rapidamente, debbono essere invitati a discutere su questi argomenti.
Come Sindaco di un Comune capoluogo, che sarà chiamato a fondersi con un altro capoluogo (nella normativa del Governo viene detto che i Sindaci dei Comuni capoluogo, in particolare, devono portare avanti certe scelte) nel CAL vorrei non essere l'espressione di quello che penso io o addirittura, di quello che pensa il mio partito, ma vorrei essere espressione del mio territorio, vorrei essere espressione del territorio biellese.
Sarebbe veramente spiacevole e disdicevole che altre persone, che appartengono ad altre realtà del Piemonte, potessero dire al popolo biellese dove deve andare, con chi deve andare e che cosa deve fare.
Condivido quanto ha detto oggi il Presidente della Regione: tutta questa impostazione lascia davvero esterrefatti, dal punto di vista della democrazia. Penso che tutti lo condividiamo. Se, per motivi istituzionali dobbiamo in ogni caso, come è stato ricordato, dover dire al Governo: "Bene, allora non decidete voi per noi, ma decidiamo noi", chiedo che possa decidere la gente.
Il mio invito, quindi, è di sollecitare tutti i territori attraverso i Consigli comunali perché, a differenza di altri incarichi istituzionali autorevolissimi ma che magari vedono di più l'elezione da parte di un partito di quella singola persona che viene messo a..., i Sindaci continuino a rimanere persone elette direttamente dalla gente.
Abbiamo soltanto 15-20 giorni per parlare con i nostri territori, per organizzare incontri con i Sindaci e invitare i Sindaci a portare, in Consiglio comunale, proposte - una, due o tre. Aggiungo la necessità che ci sia, anche se chi partecipa al CAL ha la propria idea e desidererebbe che la propria Provincia possa essere incollata ad un'altra Provincia o a più Province, l'onestà intellettuale di venire nel CAL e dire: "Il mio territorio, la mia gente, i miei Consiglieri comunali, i miei Sindaci hanno deliberato questo, per questi motivi". Non voglio dire ad Asti o ad Alessandria che cosa devono fare: voglio che Asti ed Alessandria rispettino quello che il territorio biellese intenderà fare.
Grazie.



PRESIDENTE

Informo che ci saranno ancora due interventi e poi, se colleghi o gli esponenti del Consiglio delle Autonomie locali volessero lasciare agli atti i propri interventi lo potranno fare anche via email, perché, come preannunciato, intorno alle ore 14.00 dobbiamo inevitabilmente concludere i nostri lavori per impegni che sono già programmati a partire dalle 14.30 per i Consiglieri regionali.
La parola al membro del CAL, Ugo Boccacci.



BOCCACCI Ugo, Presidente Comunità montana Alpi del mare

Grazie Sig. Presidente Sarò velocissimo nel dire alcune cose.
Già questa mattina alle 7,30, quando sono partito da Peveragno, avevo qualche perplessità in merito all'argomento posto all'o.d.g. del Consiglio delle Autonomie Locali (C.A.L.) ma devo ammettere sinceramente che, sentito il dibattito, sono ancora più confuso di prima e sempre più convinto che con queste norme, con queste leggi e con le cose sottolineate nei vari interventi, bisogna avere il coraggio di dire che la Provincia è un Ente inutile e che deve essere chiuso.
Non ha nessun senso sentire quello che è stato detto qui in mattinata, perché l'opinione pubblica è più che mai convinta che questa proposta di individuazione dei quadranti non è altro che una operazione di trasformazione delle stesse provincie con altra denominazione non mantenendo gli impegni assunti dal Governo Nazionale.
Va inoltre ricordato che la Regione Piemonte ha dichiarato di inoltrare ricorso alla Corte Costituzionale contro questa norma per cui e probabile che, nell'arco di poche settimane, possano esserci delle novità in materia.
La Provincia, senza precise ed autorevoli competenze e l'elezione diretta del Presidente e del Consiglio, perde di significato. Non mi si dica che la gestione delle scuole e delle strade sono competenze importanti; per questa gestione basta un "buon" ufficio tecnico con sufficienti risorse economiche per programmare gli interventi. Pensiamo a quello che è stata l'ANAS per lo Stato nella gestione delle strade.
Poiché è chiaro che ormai si vede nei Comuni e nelle Regioni gli organismi centrali per la gestione di funzioni e servizi è altrettanto chiaro che si debba pensare alla chiusura dell'ente Provincia ed alla costituzione di Unioni di Comuni molto ampie che possano fare, delle autonomie locali, i punti di forza del territorio.
Ho avuto la fortuna di essere stato Consigliere comprensoriale un'esperienza molto bella e credo che questi siano stati aboliti proprio perché è stata un'esperienza positiva e molto vicina al territorio ed ai Comuni.
Sarebbe forse utile riflettere su una soluzione più semplice quella di un riordino delle Autonomie Locali non con la "politica del carciofo" (discutere oggi di Provincie, domani di Comunità Montana e poi di consorzi e così via) ma con l'impegno ad affrontare l'architettura delle autonomie locali in un riordino completo di esse (dalla Regione al Comune) portando avanti un progetto in questa legislatura e rendendolo applicabile in quella successiva.
Forse qualcuno si dimentica che nel prossimo anno ci sono alcune elezioni amministrative e quelle politiche e, che per quanto riguarda il mio territorio, (12 Comuni), si intrecceranno nel quinquennio con altre quattro tornate elettorali.
Non è più possibile andare avanti in questa situazione. Io sono anziano e mi ricordo che nel 1964 lo Stato ha fatto una legge di allineamento di tutte le elezioni al 1965 con conseguente rinnovo amministrativo ogni 5 anni. Bisognerebbe fare questa operazione anche adesso altrimenti con la situazione attuale è veramente un "casino".
Infine mi permetto di fare una battuta nei confronti delle affermazioni fatte dal capogruppo del Consiglio Regionale della Lega Nord "Ma la legge costituzionale per l'abolizione delle Province non l'ha firmata il Ministro Calderoli, e il Presidente del Consiglio Berlusconi non ha comunicato con una lettera a Bruxelles, che avrebbe provveduto all'abolizione delle province italiane?".



PRESIDENTE

Grazie.
La parola al componente del CAL, Paolo Filippi.



FILIPPI Paolo, Presidente Provincia di Alessandria

Grazie, Presidente.
Casualmente, per la seconda volta, faccio l'ultimo interevento e, come l'altra volta, non ha nessuna pretesa, naturalmente. Anzi, pensavo che sarebbe stato quasi inutile intervenire, in quanto la linea che ha portato il nostro Presidente Nobili e il Presidente della Provincia di Torino Saitta, il Presidente della Provincia di Asti, il Presidente della Provincia di Biella, insomma tutti coloro i quali sono intervenuti, hanno dato un'idea unitaria di quello che pensano le Province piemontesi, al di là delle differenze e del dibattito, che è più territoriale che non a questi livelli per quanto riguarda il riordino imposto da questa legge.
Tuttavia, devo dire che gli ultimi intereventi che hanno riportato il dibattito sicuramente a un livello molto di merito, in particolar modo l'intervento del Presidente della Provincia di Asti, che ha detto in misura nuda e cruda qual è la situazione oggi.
Devo dire, dalla parte opposta, che l'ultimo intervento, con tutto il rispetto della condivisione di tante cose che sono state dette, ma insomma mi sembra che sia a livello tra la non conoscenza delle realtà locali delle normative e anche un po' di populismo, perché sarebbe facile, in una difesa corporativa degli enti, fare decine di esempi in giro per l'Italia di Comuni importanti, che possono sono anche essere qui vicino, in questa Provincia, fino ai Comuni del Sud in cui la gestione dei bilanci diciamo che è in leggera difficoltà. Ecco. Con la differenza che magari in alcune province, diciamo nostre, la gestione dei bilanci in molti comuni va in difficoltà per legge; questo succede anche in cui vicini e magari anche in capoluoghi importanti di Regione, dove la difficoltà dei bilanci è indotta da altre situazioni ed è una situazione comune in molte parti del Paese.
Quindi, alla fine, si può fare di tutto in questo Paese, si può anche fare che una strada statale di 200 chilometri venga gestita da 50 Comuni perché è attraversa 50 Comuni. Si può decidere che l'Istituto per l'agricoltura Luparia di S. Martino di Rosignano venga gestito dal Comune di appartenenza, che è il Comune di Rosignano, che ha 1.200 abitanti. Si può fare di tutto in questo Paese. L'unica cosa che non si può non dire è quella che tra dieci giorni, nonostante tutti questi dibattiti, gli enti intermedi, così come sono stati portati dalle leggi di riordino del novembre scorso e, di fatto, di poche settimane fa saranno poste di fronte a un semplice bivio: approvare o non approvare gli equilibri di bilancio? Con i tagli che sono previsti dalla spending review credo che tra quest'anno e il prossimo anno, a seconda delle condizioni di vendibilità del patrimonio dei singoli enti, tutti gli enti a normativa invariata, così com'è oggi, non possono approvare gli equilibri di bilancio. Chi avrà la fortuna di poter vendere qualcosa ora o di dismetterla, ce la farà e sarà in difficoltà la prossima volta, chi non avrà questa fortuna, come è stato detto da più parti, non ce la farà.
Allora, diventa specioso tutto il dibattito, che è importante dal punto di vista politico, delle prospettive di lungo termine, della pianificazione, "dell'Italia che vogliamo", "del Piemonte che saremo", di tutte queste robe qua sarà una cosa molto importante, ma c'è un piccolo particolare: qui tutti parlano come sei ci dovesse essere la divisione di un'eredità. Qui eredità non ce ne sono. Ci sono soltanto guai, cose da gestire senza soldi, una gran massa di personale degli Enti locali che nessuno vorrà, che nessuno vorrà! E noi sappiamo che questa norma della spending review è stata fatta apposta per sfoltire i ruoli della Pubblica Amministrazione, che può essere una cosa giusta, che deve essere dimostrata nei numeri e deve essere razionale nelle scelte, che quindi - ripeto - non va condannata a priori, ma fatta così è esattamente come le altre cose degli ultimi sei mesi.
Si prende uno e, dicendogli una cosa, gli si impone di farne un'altra.
Così come i comuni, facendo i tagli gli si è imposto di aumentare l'ICI e di aumentare l'addizionale IRPEF comunale, alle Province e alle Regioni si impongono i tagli delle linee del trasporto pubblico, perché il Governo taglia i trasferimenti alle Regioni, le Regioni le tagliano alle Province e le Province tagliano le linee. Per cui, siamo nella situazione che nell'ultimo quadrimestre dovremo ammortizzare un taglio del 12%, che vuol dire un taglio del 36%, perché va fatto su base annua.
Dovremmo decidere se daremo i pullman ai ragazzi per andare a scuola, o ai parenti per andare a trovare gli anziani all'ospedale, perché non si va alle otto del mattino a trovare gli anziani, perché alle otto del mattino si va a scuola; o uno o l'altro. E si impone agli Enti locali, in particolar modo alle Province, che per riuscire ad arrivare al pareggio di bilancio lascino a casa tutti gli assunti a tempo determinato, lascino a casa i Co.Co.Co, non facciano più consulenze, che molte volte sono legate per esempio, alle opere pubbliche, pensiamo ai geologi, e via dicendo, fino a dover scegliere, in un momento in cui non ci saranno neanche le condizioni per mantenere inalterate le piante organiche di fatto, non quelle di diritto. Quelle sono sulla carta e servono ai Ministeri per poter dire, tra sei mesi, che hanno tagliato il 20% dei dirigenti e il 10% del personale delle piante organiche di diritto, ossia quelle che sono mezze vuote, quindi che forniranno un bel niente come tutte le manovre finanziarie che sono state fatte negli ultimi periodi. Noi, invece dobbiamo tagliare il personale, se vogliamo raggiungere il pareggio di bilancio, o perlomeno tentare di farlo.
Siamo nella situazione in cui a novembre il Governo e il Parlamento (perché il Parlamento ha comunque votato il decreto salva Italia) hanno operato un furto con scasso di un'entrata propria delle Province, che era l'addizionale ENEL; siamo nella situazione in cui con questa manovra, fatta da questa serie di professori che credo non siano tanto ben informati su come si gestisce un bilancio pubblico, non solo ci sono i tagli ai trasferimenti, ma visto che i tagli ai trasferimenti sono insufficienti a coprire il taglio generale, vi è già l'indicazione che, per quanto riguarda le Province, parte della RCA auto non verrà più data in corrispondenza, ma verrà trattenuta. Lo stesso varrà per i Comuni, credo, con l'addizionale IRPEF o con l'ICI (una delle due, non mi ricordo più).
In conclusione, penso che questo dibattito sia un po' specioso, nel senso che si parla di prospettive di una cosa che non esiste, perch l'unica prospettiva sarà individuare chi dovrà assumere queste competenze i debiti del personale e della gestione (non i debiti pregressi).
Mi rivolgo dunque tutti, e lo dico come Amministratore alla fine del secondo mandato; credo di essere l'unico, insieme al Presidente Saitta, in questa condizione, per cui non abbiamo il problema la battaglia per il mantenimento del posto e, a dir la verità, se fosse il primo mandato, non la farei lo stesso per evidenti motivi. Dico ai Comuni: decidete. Volete scegliervi il capoluogo, volete decidere come mettervi insieme? Fate pure questo ampio e importante dibattito di prospettiva, ma ricordatevi che, se questo dibattito di prospettiva parte dal principio che c'è qualcosa da dividere o da gestire, siete ampiamente fuori strada.
Termino ringraziando veramente di cuore la Regione Piemonte nella persona del suo Presidente per le cose che ha detto all'inizio della seduta: il suo è stato un intervento importante, perché credo che abbia fotografato in pochi minuti la situazione attuale degli Enti locali indipendentemente dalle appartenenze politiche di ognuno di noi. Credo che quella sia la linea da seguire per cercare - ripeto - di salvare il poco salvabile.



PRESIDENTE

Allora, abbiamo finito i nostri lavori e dichiaro quindi chiuso il dibattito generale. Ricordo che non è prevista una linea di indirizzo comune, in quanto - come detto in apertura di seduta - ciò non è possibile ma credo che non ci siano nemmeno le condizioni.
Ringrazio i colleghi e i membri del Consiglio delle Autonomie Locali per gli importanti contributi che sono stati apportati. Ricordo che il Consiglio delle Autonomie Locali continuerà il lavoro nelle prossime settimane.
Ringrazio anche il Presidente Vercellotti e ricordo ai signori Consiglieri regionali che alle ore 14.30 è convocata la V Commissione e alle ore 15.30 la I Commissione.
Grazie e buona giornata a tutti.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 14.02)



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