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Dettaglio seduta n.249 del 10/07/12 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


PONSO TULLIO



(I lavori iniziano alle ore 14.30 con l'esame delle interrogazioni a risposta immediata, ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento interno del Consiglio regionale)


Argomento: Sanita': argomenti non sopra specificati - Tutela dagli inquinamenti del suolo - smaltimento rifiuti

Interrogazione a risposta immediata n. 1170 presentata dalla Consigliera Artesio, inerente a "Inceneritore farmaci a Varallo Sesia"


PRESIDENTE

Iniziamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n.
1170, presentata dalla Consigliera Artesio, che ha tre minuti a disposizione per l'illustrazione.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Abbiamo ricorso all'interrogazione a risposta immediata per accertare la fondatezza di una comunicazione, che, al momento, è stata diffusa esclusivamente attraverso gli organi d'informazione, di cui non abbiamo rinvenuto atti ufficiali, almeno disponibili per l'Amministrazione regionale.
Il quesito che poniamo è indirizzato a comprendere se corrisponda al vero la previsione di un nuovo impianto di incenerimento di rifiuti sanitari - evidentemente sulla base di una valutazione di fabbisogno che noi non conosciamo, che, invece, dovrebbe essere la premessa di qualunque scelta di ampliamento o di nuove localizzazioni - da realizzarsi nell'area industriale di Roccapietra, situata nel Comune di Varallo Sesia.
A tal fine, la società imprenditoriale che è intenzionata alla realizzazione - e, immaginiamo, alla successiva gestione dell'impianto avrebbe avanzato progetto presso la Regione Piemonte.
Avendo letto di queste comunicazioni, nonché delle reazioni manifestate nei territori interessati, a seguito dell'indeterminazione di questo progetto, della sua valutazione di necessità, delle sue caratteristiche e delle sue compatibilità, abbiamo ritenuto opportuno avanzare questa interrogazione in sede di question time per conoscere, intanto, se lo stato del progetto sia confermato; se questo sia all'esame dell'Amministrazione regionale; quali siano gli intendimenti dell'Amministrazione regionale in proposito.
Ovviamente, la mia domanda è più articolata rispetto al solo quesito immediato, ma sono certa che la risposta complessiva dell'Amministrazione regionale saprà racchiudere i tre temi che ho congiunto nell'illustrazione.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega.
La parola al Vicepresidente della Giunta regionale Cavallera, per la risposta.



CAVALLERA Ugo, Vicepresidente della Giunta regionale

Grazie.
Con riferimento all'interrogazione testé illustrata dalla Consigliera Artesio, si riferisce quanto segue.
In effetti, nel mese di marzo c.a. è avvenuto, presso gli Uffici dell'Assessorato alla sanità, un incontro con la società Enersesia del Gruppo Gesafin S.p.A.
Si è trattato, però, di un incontro nel corso del quale non è stato presentato alcun progetto che possa definirsi tale; la riunione si è limitata ad affrontare il tema dello smaltimento dei rifiuti speciali prodotti dalle strutture sanitarie piemontesi in termini molto generali.
Sono state fornite alcune informazioni circa le attuali modalità di raccolta e smaltimento di tali rifiuti ed è stata stimata la quantità periodicamente prodotta.
stata confermata da Enersesia la volontà di elaborare un progetto finalizzato alla realizzazione di un inceneritore ed è stato comunicato, da parte dell'Assessorato, l'iter procedurale previsto dalle vigenti normative in materia.
Da allora, nessun progetto è stato formalmente presentato ai nostri Uffici.
Questo documento è aggiornato alla data odierna, per cui siamo in una situazione di ipotesi che, però, attualmente, non si è tradotta in alcuna realtà.



PRESIDENTE

Grazie, Vicepresidente Cavallera.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Interrogazione a risposta immediata n. 1172 presentata dal Consigliere Buquicchio, inerente a "ASL Torino 5, partecipazione ad incontri pubblici da parte del personale dipendente"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 1172, presentata dal Consigliere Buquicchio, che ha tre minuti a disposizione per l'illustrazione.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Ringrazio anticipatamente l'Assessore Cavallera per la risposta.
Ho presentato quest'interrogazione perché, come tutti sappiamo l'attuale ambito della sanità è estremamente delicato e sta vivendo un momento difficile. Per cui, al di là della necessaria e doverosa informazione sui vari aspetti che di volta in volta modificano i precedenti orientamenti, è necessaria la libertà da parte di tutti, ma anche dei dipendenti del Servizio Sanitario, quindi delle varie ASL, di potersi incontrare, discutere, informarsi reciprocamente e analizzare le varie problematiche.
Mi sono giunte - non una, altrimenti le avrei dato il peso che una sola segnalazione meritava - plurime segnalazioni di dipendenti - combinazione tutte della ASL TO5 - che tendono ad evidenziare un elemento: pare che, per riunirsi e discutere di problematiche inerenti il Piano sanitario, il nuovo assetto, la riforma e quant'altro, occorra una preventiva autorizzazione da parte delle Direzioni. Alcuni mi hanno riferito della Direzione generale altri parlavano della Direzione sanitaria, comunque da parte delle Direzioni.
La prego veramente di appurare la veridicità di un fatto del genere perché sarebbe un gravissimo vulnus alla partecipazione democratica di qualsiasi cittadino, soprattutto di un lavoratore di quel settore.
Non so se oggi lei è in grado di fornirmi una risposta esaustiva, ma chiedo che il Vicepresidente si faccia parte diligente presso l'Assessore competente, per potere, da una parte, chiarire se risponde a verità e dall'altra, qualora ci siano anche semplicemente i dubbi su una verità che i vari dipendenti hanno in qualche modo segnalato, intervenire e chiarire.
Penso che non si possa che chiarire dicendo che è assolutamente infondata una richiesta di quel tipo da parte delle Direzioni. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Buquicchio.
La parola al Vicepresidente della Giunta regionale Cavallera, per la risposta.



CAVALLERA Ugo, Vicepresidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Ovviamente, trattandosi di un'interrogazione a risposta immediata l'immediatezza della risposta, a volte, va a danno della completezza o comunque, di un'approfondita - non dico indagine - richiesta di chiarimento.
Comunque, la risposta per iscritto - quindi, ha un valore importante anche se sintetica, è la seguente: interpellata la Direzione dell'ASL TO5 non risulta che i dipendenti non abbiano la possibilità di partecipare a dibattiti pubblici.
Chiunque - questa è una considerazione del collega Assessore Monferino ha diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero come privato cittadino e fuori dall'orario di servizio. Si ribadisce il concetto che l'esercizio di un diritto, talora, deve essere contemperato e trovare il giusto equilibrio con i doveri propri del pubblico dipendente.
Adesso, vorrei evitare di fare la morale, ma esternare un pensiero dal punto di vista dell'esperienza, anche personale, essendo da qualche anno in questa Amministrazione - considerando i dipendenti regionali, o del mondo regionale, tutti con gli stessi diritti e, ovviamente, con gli stessi doveri, a maggiore ragione, chi opera in servizi delicati come quelli della sanità, dove vige anche un principio deontologico sotto un certo punto di vista, che attiene alla riservatezza su determinati aspetti - oltre che dal punto di vista amministrativo, dal un punto di vista programmatico e dal punto di vista dell'attività di rendere pareri su una situazione o uno stato di fatto, magari - immagino - di riorganizzazione. Credo che veramente, non mi sia mai risultato che ci fossero delle procedure che in qualche modo impedissero questo.
Altra cosa è andare nelle assemblee e parlare a nome di un'istituzione.
In questo caso, ovviamente, vige un principio di responsabilità e di coordinamento: ci sono dei dirigenti che hanno dei compiti, delle deleghe o delle procure che, a loro volta, possono affidare a dei collaboratori. Vedo che anche dalle mie parti, in Provincia di Alessandria, si va alle assemblee dei Sindaci o a quelle organizzate a livello settoriale e chi parla a titolo istituzionale porta il pensiero delle istituzioni.
Ecco, non vorrei che a volte ci potessero essere dei fraintendimenti.
Da un punto di vista di principio, infatti, ci sono le assemblee e ci sono le interviste cui chiunque, come cittadino, può intervenire. Altra cosa è parlare a nome di qualche ente, caso per cui vi è un processo organizzativo che lei, Consigliere Buquicchio, conosce bene anche per esperienza diretta.
In ogni caso raccolgo la sua sollecitazione e con i tempi dovuti mi auguro che giungano migliori e più articolate rassicurazioni, che già mi sento di dare.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Interrogazione a risposta immediata n. 1173 presentata dal Consigliere Tiramani, inerente a "Comportamenti di un medico nell'ASL TO1"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n. 1173, presentata dal Consigliere Tiramani, che ha parola per l'illustrazione.



TIRAMANI Paolo

Grazie, Presidente.
Ho presentato questa interrogazione il giorno dopo aver letto su Specchio dei tempi del quotidiano La Stampa l'increscioso comportamento di un medico ortopedico che avrebbe avuto un atteggiamento profondamente sbagliato nei confronti di un bambino di nove anni, con tutto quello che questo comporta, dalla lettera della madre in poi.
Peraltro, ero già stato anche personalmente avvisato in precedenza dei comportamenti strani di questo soggetto e mi pare ci siano anche una serie di segnalazioni, abbastanza numerose, sulla scrivania del Direttore generale. Nei giorni successivi, poi, è uscita una nuova nota de La Stampa che forse supera anche un po' la mia interrogazione: il Direttore generale infatti, dice appunto che aprirà un procedimento disciplinare per capire cos'è successo.
Vorrei conoscere qual è l'atteggiamento della Regione e soprattutto capire se è vero che non è la prima volta che fatti di questo genere si verificano nell'ASL TO1 e quali sono le intenzioni della Regione nei confronti di questo tipo di atteggiamenti. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega.
Per la Giunta regionale, risponde il Vicepresidente Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Vicepresidente della Giunta regionale

Il collega Assessore alla sanità riferisce che, com'è prassi, il testo dell'interrogazione è stato inviato all'ASL interessata con la richiesta di un dettagliato resoconto in merito. Si dà quindi lettura, a questo punto della risposta dell'ASL TO1.
Venerdì 22 giugno la Direzione generale veniva informata da un giornalista de La Stampa in merito ad una lettera inviata al quotidiano da parte della madre di un bambino di nove anni, da lei stessa accompagnato ad una visita ortopedica presso il Poliambulatorio di Corso Corsica 55. La missiva in questione sarebbe stata pubblicata su Specchio dei tempi domenica 24 giugno. Il Direttore generale contattava subito il dirigente facente funzioni della Struttura complessa "Percorsi di cura, igiene e organizzazione dei poliambulatori", cui afferisce l'ambulatorio in questione, al fine di identificare il caso denunciato dalla persona scrivente.
A seguito della conferma di quanto esposto nella lettera da parte della madre del piccolo - peraltro con parole pacate e civili - il Direttore generale, a nome dell'Azienda che dirige, le esprimeva le proprie scuse per quanto accaduto, riservandosi altresì un'ulteriore verifica che non poteva prescindere dall'interpellare il medico e dall'acquisire anche la sua versione dei fatti. Contattato telefonicamente, il medico specialista ambulatoriale confermava di avere parlato di calcio con il bambino per alleggerire la tensione della visita, negando però recisamente sia di avere usato nei suoi confronti epiteti volgari ed ingiuriosi estranei alla sua pratica professionale, sia di aver insistito sull'argomento calcistico oltre i limiti. Constatata la contraddittorietà delle due versione rilasciate, il Direttore generale invitava, per il tramite del Direttore sanitario, il Direttore facente funzioni della Struttura complessa cui afferisce il medico ortopedico, ad avviare le opportune indagini. La sua richiesta di chiarimenti da trasmettere in forma scritta, inviata in data 26 giugno, è rimasta ad oggi priva di risposta. La delicatezza del caso, la contraddittorietà delle versioni fornite dai protagonisti ed il conseguente clamore mediatico renderanno difficile un rapido ed esauriente accertamento della verità dei fatti, tenendo anche conto delle possibili conseguenze sul piano penale, disciplinare, etico e deontologico.
L'ASL TO1 si è comunque mossa con tempestività, così come previsto in occasione di episodi che possono avere ricadute sui minori. Una volta accertata la verità dei fatti, si procederà secondo quando previsto a norma di legge e di regolamento. Ovviamente ci riserviamo di fornire l'esito di quest'accertamento.


Argomento: Stato giuridico ed economico del personale dipendente

Interrogazione a risposta immediata n. 1175 presentata dal Consigliere Gariglio, inerente a "Ma la Giunta regionale vuole 'pesare' i dirigenti?"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n. 1175, presentata dal Consigliere Gariglio, che ha la parola per l'illustrazione.



GARIGLIO Davide

Grazie, Presidente.
Ho fatto cenno, nel presente question time, all'articolo 19 della legge n. 23/2008, che riguarda il personale della Regione Piemonte. Come potrà ricordare bene il Vicepresidente Cavallera, in quella legge noi scrivemmo anche a seguito di un intervento di autorevoli colleghi che oggi seggono sui banchi della maggioranza - che le singole strutture organizzative dirigenziali sono misurate ai fini del trattamento economico di posizione si era voluto, cioè, differenziare le varie posizioni, individuando quelle più pesanti in termini di responsabilità e quindi riconoscendo loro anche un trattamento economico diverso, basandoci sul presupposto che non tutte le posizioni dirigenziali, nella Regione Piemonte, abbiano lo stesso peso.
Questo è evidente nell'ambito dell'organizzazione dell'esecutivo, ma è meno evidente nell'ambito della struttura del Consiglio regionale; sugli Assessorati, però, questa situazione è indubbia.
Ora, nonostante la legge sia del 28 luglio 2008, adesso - a quattro anni di distanza - la misurazione non risulta essere ancora esser stata effettuata. Ho scritto che questa situazione è illegittima perché non rispetta quello che dice la legge.
La prima domanda implicita, allora, è: l'aver posticipato questa scelta è frutto di volontà politica o è semplicemente frutto di ritardi? Faccio riferimento al fatto che è stato deliberato il bando per la candidatura dei dirigenti a ricoprire le diverse strutture, con il rischio, quindi, che oggi si assegnino i dirigenti alle strutture senza averle prima pesate inducendo quindi la tendenza implicita a fuggire le posizioni che comportano maggiori pesi e soprattutto maggiori responsabilità. E in questa situazione i Direttori verranno nominati nelle diverse Direzioni una volta assegnati i dirigenti.
L'osservazione che faccio è che riterrei opportuno bloccare l'iter per l'allocazione dei dirigenti ed effettuare prima la pesatura dei posti. La domanda che invece rivolgo alla Giunta è volta a sapere se ritiene condivisibile o meno l'ipotesi, che io propongo, di procedere alla valutazione di cui all'art. 19 della legge regionale n. 23/2008, cioè la pesatura delle posizioni dirigenziali, prima di procedere alla collocazione dei dirigenti regionali nei singoli Settori. Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Quaglia per la risposta.



QUAGLIA Giovanna, Assessore alle risorse umane e patrimonio

Con riferimento al quesito posto con l'interrogazione in oggetto occorre rilevare come l'individuazione di un livello unico di settore è frutto dell'applicazione di un accordo con le organizzazioni sindacali sottoscritto il 20 dicembre 2010 e recepito con DGR n. 34-1291 del 23/12/2010, che tenne conto, tra l'altro, delle criticità evidenziatesi dalle operazioni di pesatura operate nel 2009, nonostante il parere fortemente contrario delle organizzazioni sindacali stesse. Le stesse operazioni avevano fatto instaurare un forte contenzioso giurisdizionale amministrativo e civile degli esiti fortemente incerti. C'era un ricorso perché la "pesatura" fatta da un soggetto terzo all'amministrazione aveva comportato la presentazione, presso il Tribunale del Lavoro, dei ricorsi.
La "pesatura" delle strutture dirigenziali era stata una scelta maturata dalla precedente amministrazione per quanto riguarda il ruolo della Giunta, mentre il Consiglio, in autonomia, non aveva ritenuto di precedere a tale "pesatura" in applicazione dell'articolo 19 della l.r.
23/2008.
Inoltre, la mancanza di scelte condivise avrebbe pregiudicato la ulteriore modulazione della struttura dirigenziale anche al fine dell'attuazione delle misure introdotte dal DL 78/2010, convertito con la Legge 122/2010 (c.d. manovra finanziari Tremonti) e dal D.vo 150/2009 (c.d.
Brunetta), che prevedevano qualche forma per la riduzione del costo del personale anche la revisione delle strutture organizzative.
Assume, quindi, particolare rilievo la riorganizzazione operata dalla Giunta regionale con DGR n. 31-4009 dell'11 giugno scorso che - fatte salve eventuali interruzioni di percorso - diventerà operativa dal prossimo 1 agosto.
Con la revisione delle strutture stabili si è operato un sostanziale riequilibrio tre le stesse. Infatti giova ricordare come siano state soppresse una Direzione e 22 Settori e siano stati individuati quattro nuovi Settori, con nuovi compiti e funzioni; inoltre in numerosi casi si è operata una rivisitazione delle strutture attraverso l'accorpamento di funzioni in capo ad un unico Settore, ovvero una diversa distribuzione delle funzioni all'interno dei settori o, ancora, una modificazione delle loro declaratorie, con un'operazione di razionalizzazione volta anche ad un sostanziale riequilibrio dei compiti loro affidati. Si è quindi in presenza non solo di una significativa riduzione numerica dei Settori (che passano da 148 a 130), ma anche di una nuova configurazione organizzativa che ha toccato la quasi totalità delle strutture.
In buona sostanza, si ritiene che la nuova organizzazione che entrerà in vigore il prossimo 1° agosto non presenti gravi elementi di squilibrio.
Cionondimeno, non si esclude che si possa comunque procedere in futuro a dare applicazione dell'articolo 19 della legge 23/08, in un quadro organizzativo stabilizzato a seguito anche del riassetto voluto in ultimo dal nuovo decreto legge 6/07/2010 n. 95.
Su questo c'è un approfondimento in corso. Come potete aver letto dai giornali e dal testo stesso, ci sono degli articoli che impattano sulla rivisitazione delle piante organiche e in un primo tempo c'era anche un'ipotesi che riguardava, se non una "pesatura" dei Settori, una diversa riattribuzione di valore rispetto al lavoro svolto. Stiamo procedendo nell'approfondimento per capire se questo è compatibile con la riorganizzazione che è stata presentata e su cui si intende procedere, o se invece occorre fare una riflessione per integrare rispetto al decreto presentato delle misure correttive.


Argomento: Beni culturali (tutela, valorizzazione, catalogazione monumenti e complessi monumentali, aree archeologiche) - Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Interrogazione a risposta immediata n. 1174 presentata dal Consigliere Bussola, inerente a "Degrado portici storici di Torino"


PRESIDENTE

Esaminiamo l'interrogazione a risposta immediata n. 1174, presentata dal Consigliere Bussola, che ha la parola per l'illustrazione.



BUSSOLA Cristiano

Grazie, Presidente.
All'apparenza l'oggetto di quest'interrogazione potrebbe non rivestire una particolare urgenza. Sono convinto che lei, Presidente, così come noi tutti componenti del Consiglio e della Giunta, creda fermamente che il patrimonio artistico, architettonico e culturale, soprattutto in questi momenti difficili, in questa fase congiunturale particolarmente complessa possono rappresentare un elemento importante per il rilancio economico turistico e sociale della nostra città e del Piemonte.
I portici storici di Torino sono davvero un unicum, rappresentano una delle peculiarità principali dal punto di vista culturale e storico, non soltanto per la nostra città, ma in un contesto ben più ampio. Si tratta infatti, della rete di portici storici più estesa, addirittura, di tutta Europa.
sotto gli occhi di tutti come, successivamente ai restauri molto particolareggiati di tutta la rete dei portici effettuati nell'anno precedente quello dell'anno di svolgimento delle Olimpiadi, assistiamo ad un costante degrado. Sono innumerevoli le scritte sui muri e gli intonaci scrostati. In alcune parti della rete di portici, soprattutto quelli di via Sacchi, che sono di recente realizzazione (fine '800-inizio '900) la pavimentazione a mosaico è in gran parte distrutta.
Credo che questo, complessivamente, non rappresenti un buon biglietto da visita per la nostra Città. Mi rivolgo alla Giunta per chiedere - pur essendo consapevole che non si tratta di una competenza legata all'attività e al ruolo della Regione - cosa si possa fare, naturalmente con l'ausilio dell'Amministrazione municipale di Torino, delle fondazioni bancarie e degli sponsor privati, per fare fronte a questo degrado costante.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Cavallera per la risposta.



CAVALLERA Ugo, Assessore all'urbanistica

L'interrogazione chiede "quali iniziative la Regione intenda mettere in atto in collaborazione con la Città di Torino per contrastare il degrado dei portici storici del centro, anche con la partecipazione di altre istituzioni pubbliche, fondazioni e sponsor privati".
Prima di rispondere, vorrei aprire una parentesi: il Piano regolatore è lo strumento idoneo per salvaguardare le zone della città che hanno una valenza storico-culturale e anche architettonica. La Regione nell'ambito della sua competenza urbanistica vigila a che nel Piano regolatore siano inseriti i vincoli e, comunque, che porzioni di pregio della città siano tutelate dal Piano stesso nel rispetto della norma. Inoltre è noto che nelle zone vincolate, laddove si dovesse intervenire, è necessario acquisire il parere preventivo della Sovrintendenza.
Fatta questa premessa, in particolare per la competenza in materia di gestione e valorizzazione del paesaggio, solo una parte dei portici citati risulta soggetto a vincolo di tutela ai sensi del decreto legislativo n.
42/2004. Si tratta in particolare di Corso Vittorio Emanuele II, che il Decreto ministeriale 22 febbraio 1964, "Viale alberati" (così è intitolato il decreto), ha sottoposto a vincolo "dal ponte del Po fino a Corso Bolzano, per una larghezza che comprende un isolato a destra e uno a sinistra del viale".
Inoltre, la tipologia degli interventi auspicati (rimozione di scritte murali, manutenzione della pavimentazione, intonacatura e ritinteggiatura di parti murarie) ai sensi dell'articolo 149 del decreto legislativo 42/2004 (il codice dei beni culturali del paesaggio) non sembra neppure necessitare di autorizzazione paesaggistica, in quanto è una manutenzione ordinaria che non va a modificare lo stato dei luoghi, anzi tenderebbe a ripristinare lo splendore originale e, quindi, a conservare nel tempo.
Questo, ovviamente, attiene al Comune, per quanto riguarda le parti di uso pubblico, e al privato, per quanto riguarda il regime che vige all'interno del Piano regolatore, per questi contesti particolari.
Non paiono, pertanto sussistere ostacoli di tipo burocratico agli interventi di recupero dei portici torinesi; altra questione è data dall'eventuale disponibilità di fondi regionali che al momento non sono erogabili. Ovviamente, bisogna sentire anche l'Assessorato ai beni culturali della Regione; io rispondo pro quota per quanto di competenza.
Al momento, abbiamo anche osservato i programmi straordinari del FAS e per ora non ci sono inserimenti in tali programmi.
In ogni caso, la situazione è stata messa sotto osservazione ed è stata illuminata. Vedremo quali potranno essere le conseguenze, ovviamente meglio nella sede comunale, dove vi è una competenza operativa primaria.



LEARDI LORENZO


Argomento: Problemi energetici

Interrogazione a risposta immediata n. 1171 presentata dal Consigliere Ponso, inerente a "Centrale a biomasse a Ceresole d'Alba"

Argomento: Problemi energetici

Interrogazione a risposta immediata n. 1176 presentata dal Consigliere Muliere, inerente a "Cosa sta facendo la Regione Piemonte in merito all'ipotesi di costruzione di una centrale a biomasse a Casei Gerola?"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora le interrogazioni a risposta immediata n. 1171 e n.
1176, presentate rispettivamente dai Consiglieri Ponso e Muliere.
Chiedo ai colleghi Consiglieri di intervenire; se siete d'accordo seguirà un'unica risposta da parte dell'Assessore Giordano.
La parola al Consigliere Segretario Ponso, che interviene in qualità di Consigliere per l'illustrazione dell'interrogazione n. 1171.



PONSO Tullio

Grazie, Presidente.
Egregio Assessore, l'oggetto dell'interrogazione riguarda l'impianto a biogas da 999 kilowatt che si vorrebbe realizzare a Ceresole d'Alba nonostante in questo centro sia già presente un impianto dalla potenza di circa 500 kilowatt.
Personalmente, sono tra coloro che pensano che le energie alternative rappresentino una risorsa, ma sono altrettanto convinto che sia utile razionalizzare la realizzazione degli impianti, che siano fotovoltaici o a biogas, soprattutto per evitarne la proliferazione selvaggia.
Sono, altresì, convinto che sarebbe doveroso un maggiore coinvolgimento della popolazione residente nel territorio in cui gli impianti vengono localizzati, dove le decisioni dovrebbero essere assunte.
Oltretutto, mi pare che in certi casi vengano enfatizzate le peculiarità di certe risorse. Per farmi comprendere meglio, le propongo qualche considerazione.
Il Piemonte ha una superficie di 2.540.000 ettari; detraendo, da questi, le superfici ad uso obbligato, ne restano circa due milioni, la metà circa dei quali è rappresentata da boschi.
Nella nostra regione vivono più di quattro milioni di persone, ad ognuna delle quali corrisponde, facendo riferimento ai due milioni di ettari di cui parlavo prima, una superficie di mezzo ettaro a testa, ossia 5.000 metri quadri, cioè un quadrato di 70 metri per 70, metà del quale è bosco.
Gli esperti dicono che un metro quadrato di bosco produce, ogni anno circa un etto di legna, pertanto il nostro pezzo di bosco personale pu fornire circa 200 chili di legna, che, bruciata, potrebbe produrre circa 500 mila chilocalorie. Queste, se usate sotto forma termica permetterebbero di scaldare, per un inverno, circa sei metri quadrati di una casa, realizzando un risparmio di circa 50 euro.
Per produrre la stessa quantità annua di calore, basterebbe installare un solo pannello solare termico da un metro quadrato. Se, poi, le 500 mila chilocalorie venissero impiegate in una centrale a biomasse (come quella oggetto dell'interrogazione), si potrebbero ottenere 150 kilowatt/ora di energia elettrica, risparmiando circa 30 euro.
Per produrre la stessa quantità annua di energia elettrica, basterebbe installare due pannelli solari fotovoltaici da un metro quadrato.
Altro dettaglio da evidenziare è che i pannelli solari termici e fotovoltaici non producono alcun'emissione inquinante; bruciare la legna è molto più inquinante.
Tornando all'impianto a biogas di Ceresole d'Alba, risulta che, per migliorarne il rendimento, si utilizzerebbero, oltre ai liquami, delle colture di mais pari al 50% del peso totale.
Questo comporterebbe un aumento della produzione di mais che occuperebbe terreno agricolo, sottraendolo ad altri impieghi, per non parlare della viabilità della zona, già inadeguata allo stato attuale e non in grado di sostenere il traffico dovuto al trasferimento dei liquami con appositi mezzi, da aziende poste a molta distanza dall'impianto.
Da non trascurare, inoltre, il fatto che, per giustificare l'impianto di Ceresole d'Alba, è stato annunciato l'utilizzo della cogenerazione quando attualmente non ci sono strutture in grado di beneficiare del calore prodotto dall'impianto.
Dulcis in fundo, faccio notare che la qualità dell'aria nella zona risulta già essere critica.
Detto ciò, egregio Assessore, mi sento in obbligo di domandarle attraverso quest'interrogazione, come la Regione intenda intervenire per evitare una proliferazione immotivata d'impianti a biogas, che spesso vengono realizzati contro la volontà della popolazione e senza una concertazione preventiva con i territori interessati, evitando, inoltre, di dare esagerata importanza energetica ai boschi, tornando a privilegiare le funzioni naturali che competono loro.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Ponso.
La parola al Consigliere Muliere, per l'illustrazione dell'interrogazione a risposta immediata n. 1176.



MULIERE Rocco

Grazie, Presidente.
Quella che illustrerò è una situazione diversa rispetto a quella che ha rappresentato il collega Ponso.
Siamo di fronte ad un'immobiliare che ha presentato una domanda per costruire una centrale a biomasse a Casei Gerola, in provincia di Pavia, ma a 200 metri dal Comune di Castelnuovo Scrivia, nella nostra regione.
Non è la prima volta che ci troviamo in una situazione di questo tipo: alcuni anni fa proposero di costruire alcune centrali termoelettriche a Casei Gerola, al confine con la nostra regione.
Naturalmente, non sono contrario all'utilizzo di questo tipo di tecnologia, ma -in questo caso - siamo in una situazione particolare poiché, sia il Comune di Castelnuovo Scrivia sia la Provincia di Alessandria hanno presentato motivazioni contrarie alla costruzione di una centrale a biomasse, alla Conferenza dei Servizi.
Inoltre, la Giunta regionale del Piemonte ha adottato due delibere relative al vincolo del perseguimento di un bilancio ambientale positivo ed alle linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, e la costruzione di questa centrale non risponde ai requisiti richiesti da tali delibere della Giunta regionale del Piemonte.
Siamo in Lombardia, ma al confine con il Piemonte; c'è un'opposizione da parte delle istituzioni locali; ci sono direttive della Regione Piemonte che non verrebbero rispettate. So benissimo che la nostra Regione, poich stiamo parlando di un altro territorio regionale, non può intervenire, ma può, in collegamento con gli Enti locali della Provincia di Alessandria assumere una posizione per cercare di garantire quello che i Comuni hanno chiesto, che la Provincia di Alessandria ha chiesto, che un Comitato e centinaia e centinaia di cittadini hanno chiesto.
Quindi, attraverso questa interrogazione volevo conoscere se la Regione Piemonte ha assunto una posizione o intende farlo. Aspetto dall'Assessore una risposta.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Giordano, per la risposta congiunta alle interrogazioni a risposta immediata n. 1176 e n. 1171.



GIORDANO Massimo, Assessore all'energia

Grazie, Presidente.
Una breve premessa per inquadrare il tema anche per i colleghi che seguono con meno attenzione l'argomento e poi il racconto di quello che abbiamo fatto in questi mesi.
Con il recepimento della direttiva 28/2009/CE da parte del D.lgs.
28/2011 e con il recente d.m. 15 marzo 2012 cosiddetto "Burden Sharing", è stato suddiviso tra le Regioni e le Province Autonome l'obiettivo nazionale al 2020 della quota di consumo di energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili, attribuendo al livello regionale obiettivi percentuali vincolanti nel rapporto tra produzione elettrica e termica dalle stesse fonti e il consumo finale lordo regionale al 2020.
Alla Regione Piemonte è stato attribuito un obiettivo percentuale pari al 15,1%, obiettivo estremamente sfidante che richiede un'attenta programmazione per il suo conseguimento. Nel breve periodo, assumerà quindi sempre più importanza la capacità di cogliere tutte le possibilità che saranno offerte dalle risorse energetiche presenti sul territorio regionale per raggiungere gli obiettivi definiti a livello europeo, senza trascurare alcun apporto derivante dalle risorse endogene presenti sul territorio.
A questo fine, si segnala che è stata avviata la procedura ufficiale per la stesura di un nuovo Piano Energetico Ambientale Regionale, che dovrà rappresentare il documento di riferimento per l'attuazione regionale della strategia europea "Europa 2020", coniugando nel contempo tali politiche con gli obiettivi locali di sostenibilità e sviluppo.
Nello specifico, per quanto riguarda la biomassa, importanti obiettivi saranno la massimizzazione dell'utilizzo dell'energia producibile mediante la conversione energetica della biomassa, il ricorso alle cosiddette "Best Available Technologies" (BAT) disponibili, la valorizzazione della riduzione delle emissioni di CO2.
In questo contesto normativo, il decreto ministeriale 10 settembre 2010, "Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili", stabilisce che le Regioni possono individuare le aree e i siti non idonei all'installazione per ciascuna fonte di specifiche tipologie di impianto, anche articolate per soglie di potenza e per taglie di impianto.
Questo nell'ottica di conciliare le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, assicurando uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti.
In considerazione del fatto che è cresciuto il numero di istanze di autorizzazione alla realizzazione di impianti per la produzione elettrica alimentati da biomasse e che le stesse sono foriere di frequenti conflitti ambientali aventi quali protagoniste le comunità locali di cittadini territorialmente interessate, la Regione Piemonte ha ritenuto opportuno prima ancora della definizione del nuovo Piano Energetico, procedere ad una prima individuazione delle aree inidonee alla localizzazione di tali fattispecie di impianti, al fine di salvaguardare parti ritenute significative del territorio piemontese.
Pertanto, con deliberazione della Giunta Regionale del 30 gennaio 2012 si sono individuate le aree e i siti non idonei all'installazione ed esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse, ai sensi del paragrafo 17.3 delle linee guida ministeriali.
Con questa deliberazione la Regione ha definito i criteri tesi all'individuazione di aree inidonee alla realizzazione di impianti di produzione elettrica alimentati da biomasse, che si focalizzano prevalentemente su tematismi afferenti al consumo di suolo, nonch all'impatto visivo su territori di pregio e a quello sulla qualità dell'aria.
Per quanto attiene alla filiera del biogas, in particolare, in ragione della prevalenza degli aspetti correlati alla filiera di approvvigionamento su quelli di tipo localizzativo dell'impianto, sono stati definiti nel documento criteri anche correlati alla gestione della filiera di approvvigionamento del combustibile.
Sono stati quindi individuati come non idonei all'installazione e all'esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica alimentati da biomasse i siti e le aree seguenti, esaminate nel dettaglio nel documento da noi deliberato.
In primo luogo, le aree sottoposte a tutela del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e culturale e specificamente i siti inseriti nel patrimonio dell'UNESCO, le aree interessate dai progetti UNESCO, i beni culturali e paesaggistici, le vette e crinali montani e pedemontani, nonch i tenimenti dell'Ordine Mauriziano.
In secondo luogo, i territori dei Comuni ricadenti nella zona di Piano del Piano regionale di tutela e risanamento della qualità dell'aria (vi sono un po' di richiami tecnici ma di ogni punto vi leggo l'aspetto principale, poi nella nota che consegnerò ai colleghi ci saranno maggiori approfondimenti).
In terzo luogo, aree agricole e specificamente i terreni agricoli naturali ricadenti nella prima e seconda classe di capacità d'uso del suolo, i terreni agricoli irrigati con impianti irrigui a basso consumo idrico realizzati con finanziamento pubblico, i territori dei Comuni individuati nell'elenco dei Comuni ad alto carico zootecnico.
In ultimo, le aree forestali e aree in dissesto idraulico e idrogeologico.
Questo, dal nostro punto di vista, è il massimo che potevamo fare, in base ai poteri che abbiamo, per regolare un aspetto che, se non regolamentato, può certamente causare problemi di rapporto con le diverse comunità.
Va tenuto conto che dobbiamo muoverci all'interno di un quadro che non vede i nostri pieni poteri in quanto il perimetro è definito dalla legge nazionale.
Lo abbiamo fatto, anticipando anche i tempi - come nella nota che vi ho letto è stato messo in evidenza - del Piano regionale energetico, proprio perché non volevamo aspettare altri mesi prima di dare una regolamentazione a questa tematica.
Detto questo, per rispondere al tema dell'impianto situato in Lombardia, ma in zona molto limitrofa ai nostri confini, ci impegniamo ad intervenire, questo alla luce dell'interrogazione presentata dal collega.
Ho già parlato con la struttura, invitandola a mettersi in contatto consapevoli che non abbiamo altra forza se non la moral suasion nei confronti dei colleghi della Regione Lombardia, ma nulla di più.
Comunque il nostro intervento ci impegniamo a farlo al meglio di quello che possiamo fare, alla luce di una competenza che non è nostra.


Argomento: Edilizia sanitaria e ospedaliera

Interrogazione a risposta immediata n. 1177 presentata dalla Consigliera Manica, inerente a "Assoluta priorità alla realizzazione della Città della Salute e della Scienza di Novara separandola da Torino" (risposta scritta)


PRESIDENTE

L'interrogazione a risposta immediata n. 1177, presentata dalla Consigliera Manica avrà risposta scritta, in quanto la Consigliera non pu partecipare ai lavori pomeridiani.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Interrogazione a risposta immediata n. 1178 presentata dal Consigliere Bono, inerente a "Bando per assunzione di due autisti presso la ASL TO3"


PRESIDENTE

Esaminiamo ora l'interrogazione a risposta immediata n. 1178.
La parola al Consigliere Bono per l'illustrazione.



BONO Davide

Grazie, Presidente.
Con l'interrogazione intendiamo riprendere una notizia che era apparsa a mezzo stampa, a seguito della nomina del dottor Gaetano Cosenza a Direttore generale dell'ASL TO3 di Collegno-Pinerolo, a decorrere dal 1 maggio 2012.
Il 21 maggio 2012 abbiamo appreso che l'ASL TO3 ha indetto un bando di mobilità interna con scadenza 30 maggio per la copertura di due posti con mansione di autista, aperto a profili professionali di operatore tecnico specializzato (categoria B livello super) e operatore tecnico specializzato esperto (categoria C).
I due autisti dovrebbero operare con un rapporto di lavoro a tempo pieno con la copertura dell'orario dalle ore 8 alle ore 20 dal lunedì al venerdì, eventualmente anche al sabato e i giorni festivi.
Posto che, come già ha risposto a mezzo stampa la Direzione generale dell'ASL, rientra nei benefit e nelle competenze di un Direttore generale richiedere anche la cosiddetta auto blu, visto anche che siamo in un momento in cui questo privilegio, che non solo i politici ma anche i Direttori generali e i tecnici si assumono, sta venendo tagliato pesantemente dalla spending review a livello nazionale, visto che il Piano Socio Sanitario Regionale 2012-2015, approvato dal Consiglio il 3 aprile 2012, si pone, come principale obiettivo, la riduzione e la razionalizzazione degli sprechi e dell'inefficienza, a fronte del mantenimento di livelli minimi essenziali del servizio sanitario ed assistenziale, per mezzo anche di un più corretto utilizzo di risorse umane, logistiche e finanziarie; visti, altresì, i tagli che arriveranno dal livello nazionale con questa fantomatica spending review, volevamo interrogare la Giunta per sapere quanto costa alla collettività, e quindi al Servizio Sanitario regionale, l'utilizzo di un'autovettura aziendale con due autisti, che - lo ribadisco nella stessa interrogazione - non si configurano come assunzioni ex novo, perché così non potrebbe essere visto il blocco del turnover del personale, ma sono comunque delle persone con qualifiche tecniche che vengono allontanate dalle loro mansioni per trasportare - immagino - dalla sede centrale di Collegno alla sede periferica di Pinerolo il Direttore generale dell'ASL TO3.
Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Quaglia; ne ha facoltà.



QUAGLIA Giovanna, Assessore alle risorse umane e patrimonio

Con riferimento all'interrogazione di cui in oggetto, è stato richiesto all'ASL di competenza un resoconto in merito, in base al quale si riferisce quanto segue.
Il bando di mobilità interna non è stato reso esecutivo poich l'attuale Direzione è riuscita ad attivare l'unificazione della Logistica progettata da tempo, sotto un unico Dirigente, con l'obiettivo di migliorare l'utilizzo delle risorse umane e degli automezzi, e di eliminare i contratti in essere con i privati.
Pertanto il Direttore generale, il dottor Gaetano Cosenza, non ha autisti dedicati e l'utilizzo della FIAT Bravo aziendale, auto già esistente nel parco auto dell'Azienda, avviene con l'ausilio di un autista che è adibito ad altre mansione (consegna dei farmaci e materiale vario).


Argomento: Interventi per calamita' naturali

Interrogazione a risposta immediata n. 1179 presentata dal Consigliere Negro, inerente a "Flavescenza dorata"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori esaminando l'interrogazione a risposta immediata n. 1179, presentata dal Consigliere Negro, che la illustra.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
Il parassita denominato "flavescenza dorata" sta producendo danni riconducibili a condizioni catastrofiche per i vigneti del Piemonte e i danni alle viti provocati dal parassita nel solo arco temporale 2011-2012 è superiore ai danni subiti in tutto il decennio precedente.
L'articolata discussione che si è svolta prima in Commissione, poi in Aula, mi convince che l'argomento in questione coinvolge temi e problematiche ben più ampie di quelle che originariamente abbiamo affrontato.
Il testo è stato corretto, modificato e reimpostato, ma nonostante ci non si è arrivati ad un testo ampiamente condiviso.
Il tema tocca sensibilità di indubbia rilevanza, come impostazione scientifica, e le osservazioni giuridiche non possono essere escluse.
Di fronte ad una situazione che coinvolge non gli schieramenti in campo, ma le convinzioni dei singoli Consiglieri, chiedo che la questione venga riportata in Commissione per un'ulteriore fase di approfondimento, al fine di mettere a fuoco le problematiche emerse nel dibattito.
Vorrei ricordare che l'Assessore Sacchetto si era espresso positivamente al riguardo, recandosi personalmente nelle zone colpite e facendo più sopralluoghi.
In merito, aveva anche annunciato la presentazione di un "progetto pilota", che doveva essere impostato su una determinata zona, quella del Roero, che è quella più colpita.
Se non ci attiviamo con decisione per questo serio problema - che peraltro, è più grave di quanto abbia tentato di descrivere - fra dieci anni scompariranno le vigne in alcune zone del nostro Piemonte.
Roero è la zona più colpita e, come ho detto prima, in questi due anni abbiamo subito più danni che nei dieci anni addietro.
Dobbiamo affrontare il tema prima che sia troppo tardi: non vorrei che il Consiglio regionale lasciasse questo segnale negativo, quello di non essere partito in tempo per risolvere la situazione.
Dobbiamo attivarci al più presto con una ricerca seria e approfondita.
Diamo un segnale vero: questo lo possiamo fare. Grazie.



PRESIDENTE

Risponde l'Assessore Sacchetto; ne ha facoltà.



SACCHETTO Claudio, Assessore all'agricoltura e foreste

Grazie, Presidente.
Per rispondere all'interrogazione del Consigliere Negro, in riferimento a quella che è la situazione attuale sull'evoluzione della flavescenza dorata all'interno del territorio della nostra Regione, soprattutto rispetto a quelle che sono le buone pratiche e la strategia che è stata messa in pista in questi ultimi anni dal Servizio Fitosanitario regionale che è il settore che si occupa di tali questioni, darò lettura di alcuni dati rispetto a quella che è stata l'evoluzione della malattia che è arrivata in Piemonte poco più di dieci anni fa, come ha ricordato poc'anzi il Presidente Negro, e che ha avuto un'evoluzione notevole anche in altre Regioni d'Italia e d'Europa.
Ogni anno la Regione Piemonte, attraverso il Settore Fitosanitario attiva un piano operativo di lotta alla flavescenza dorata. Le attività di monitoraggio hanno messo in luce, già nel 2009 e nel 2010, una persistenza presenza di popolazioni numerose di Scaphoideus titanus; anche nel 2011 si è verificato lo stesso andamento.
Le strategia di lotta obbligatoria indicate dalla Regione Piemonte si basano sulle evidenze scientifiche attualmente disponibili sulla malattia e sul suo insetto vettore e sull'esperienza maturata in altri distretti viticoli, italiani ed esteri, dove la malattia è stata contenuta.
In Francia, ad esempio, le azioni di lotta che si stanno applicando in parte anche in Piemonte, condotte per decenni con costanza ed impegno da parte di tutto il mondo agricolo, hanno permesso di convivere con la malattia. Tuttavia, nel 2010 anche in Francia si è verificata una nuova recrudescenza e quindi un incremento della persistenza della malattia.
Occorre considerare che il problema della flavescenza dorata non riguarda allo stesso modo tutto il Piemonte: dove la viticoltura è maggiormente professionale, la gestione del territorio è omogenea ed assidua, e il ricambio generazionale è attivo, la presenza delle popolazioni di scafoideo è esigua e la flavescenza dorata appare del tutto o quasi sotto controllo.
L'esperienza francese dimostra che il problema della diffusione della flavescenza dorata deve essere affrontata a livello locale, con la partecipazione dei viticoltori. Tale esperienza ha dato spunto per avviare in Piemonte, già a partire dal 2008, alcune esperienze di progetti pilota comunali, in collaborazione con le organizzazioni professionali agricole coadiuvate dal Settore Fitosanitario della Regione Piemonte. I Comuni finora coinvolti sono oltre 30 in Provincia di Cuneo, Asti e Alessandria.
La presenza di piante sintomatiche in vigneto durante la stagione estiva è un elemento che favorisce la trasmissione della flavescenza dorata da viti infette a viti sane. Il Settore Fitosanitario ha sempre prescritto l'estirpo delle viti sintomatiche; inoltre, una misura di contenimento valida, purché effettuata tempestivamente, consiste nell'eliminazione dei tralci sintomatici all'apparire delle prime manifestazioni della malattia anche senza eliminare subito l'intera vite.
Anche l'individuazione del giusto momento in cui effettuare i trattamenti è particolarmente importante. Per quanto riguarda la Regione dia sempre delle indicazioni, e maggiori e più puntuali informazioni potrebbero venire dagli agricoltori stessi in collaborazione con la Regione attraverso la rete di assistenza tecnica delle organizzazioni professionali: il controllo della presenza dei giovani di scafoideo prima dell'estate e del monitoraggio degli adulti con trappole cromotattiche permettono, infatti, di stabilire con maggiore precisione in ogni area i periodi più adatti per trattare e di valutare anche un fattore di rischio importante a livello di singolo vigneto. Nella prevenzione della flavescenza dorata gli incolti hanno un ruolo come fonte di inoculo del fitoplasma e come ricovero del suo vettore Scaphoideus titanus.
Il Settore Fitosanitario regionale effettua azioni di vigilanza sul territorio finalizzate a; verificare l'esecuzione dei trattamenti insetticidi; verificare le situazioni di inadempienza dovute ad appezzamenti segnalati da parte di terzi (Amministrazioni comunali provinciali, Comunità Montane, privati e tecnici) che potrebbero rappresentare un elevato rischio fitosanitario (vigneti produttivi condotti in modo trascurato, vigneti recentemente abbandonati (due-cinque anni) vigneti abbandonati da molti anni, incolti veri e propri, vigneti ceppati) ispezionare tutti i campi di piante madri utilizzati come fonte di materiale di moltiplicazione per la produzione di materiale vivaistico e ispezione dei barbatellai.
Anche nel 2012 sono previste azioni di vigilanza che si sono avviate nel mese di giugno.
La Regione Piemonte farà fronte all'onere finanziario relativo alle attività di vigilanza, per una spesa prevista di euro 250.000,00 stanziate sui Capitoli 142574 e 136066 del bilancio di previsione per l'anno 2011 (DD 503 del 04/06/2012).
Con la legge regionale 10/2011, il cui articolo è stato approvato insieme alla legge finanziaria del 2011, sono state emanate regole relative alle Misure di emergenza per la prevenzione e l'eradicazione di fitopatie ed infestazioni parassitarie con la possibilità di irrogare sanzioni amministrative.
Ogni anno viene dato ampio spazio all'informazione dei viticoltori attraverso: incontri tecnici; manifesti e articoli sui notiziari tecnici locali.
Le risposte certe sulle strategie di contenimento ci sono: circa la causa scatenante e la recrudescenza della malattia registrate in alcuni anni purtroppo non è stato possibile stabilire correlazioni certe con gli andamenti climatici o altri fattori; tra l'altro su tale argomento stanno lavorando anche ricercatori svizzeri con cui la Regione Piemonte è in contatto.
Pur comunicando in modo chiaro la necessità di porre in atto tutte le misure al fine di convivere con la malattia in un modo sostenibile non si riesce a raggiungere una capillarità degli interventi sul territorio.
La ricerca scientifica sulla flavescenza dorata, con un programma che si concluderà nel 2012, prevede le seguenti linee di ricerca: la verifica di eventuali fattori di maggior resistenza dovuta a vitigno e cultivart studio sulla gestione di alcune situazioni che causano differente rischio epidemico per flavescenza dorata, con particolare attenzione alle situazioni in cui la malattia non è epidemica o è epimedica ma in assenza di S. titanus; analisi del rischio di colonizzazione di vigneti a partire da incolti con vite americana da parte di S. titanus; preferenze alimentare di S. titanus nei confronti di diverse cv. di vite; indagine su vettori alternativi di citoplasmi agenti di flavescenza su vite in agroecosistemi con scarsa o nulla presenza di S. titanus; analisi della capacità di acquisizione di flavescenza da parte di S. titanus da viti americane portainnesto; attività di induttori di resistenza nella: a) prevenzione della trasmissione di FD a vite mediante S. titanus, b) induzione di "recovery" in viti infette da FD in campo; potenziali effetti negativi della termoterapia in acqua quando applicata barbatelle innestate sulla vitalità e sviluppo di tale materiale. Attività che verranno fatte nel 2012, nell'ambito di quello che è il programma per quest'anno.
Naturalmente, la riduzione dei finanziamenti degli ultimi anni ci ha obbligato a fare delle scelte, rispetto a quelle che dovevano essere le pratiche da perseguire, soprattutto nei confronti degli enti inferiori e degli agricoltori stessi. Tuttavia è ovvio, come diceva lei nel suo intervento, che rispetto a quell'ipotesi di coordinamento che si doveva fare con i tre progetti pilota nelle tre province - Roero per la provincia di Cuneo, la provincia di Asti e la provincia di Alessandria - si sta andando avanti con le difficoltà che conosciamo tutti benissimo, cioè riuscire a fare un coordinamento operativo in maniera concreta e sostanziale, soprattutto in riferimento al fatto che purtroppo ancora oggi (citavamo dati di altri Paesi, come la Francia, dove la flavescenza è arrivata molto prima che da noi e quindi hanno iniziato ad affrontare la questione molto prima) rimangono moltissimi problemi nell'identificazione delle giuste profilassi, piuttosto che le giuste strategie dal punto di vista fitosanitario, per combattere la flavescenza stessa.
Per quanto riguarda il finanziamento della ricerca, al momento sono state saldate le spese fino al 2010, ma a causa dei suddetti tagli del bilancio regionale vi sono serie difficoltà per chiudere il 2011 e il 2010.
Si rimane a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento sull'argomento in oggetto.
Grazie, Presidente.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PLACIDO


Argomento: Beni demaniali e patrimoniali

Interrogazione a risposta immediata n. 1180 presentata dal Consigliere Stara, inerente a "A quando la nomina dei collaudatori del Palazzo Unico?"


PRESIDENTE

Proseguiamo con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n.
1180, presentata dal Consigliere Stara, per l'illustrazione.



STARA Andrea

Grazie, Presidente.
I lavori del Palazzo Unico della Regione sono stati avviati da parecchi mesi e la norma prevede che per opere rilevanti - questo credo sia un esempio per eccellenza - sia nominata una Commissione di collaudo in corso d'opera e che fin da subito deve essere nominato il collaudatore strutturale.
Visto la determinazione n. 2 del 2009 dell'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici, che stabilisce che i collaudatori devono essere individuati, in primo luogo, fra i dipendenti dell'Ente appaltante, e solo in caso di assenza di personale idoneo alla prestazione può rivolgersi ad altre amministrazioni pubbliche e, in ultimo, può rivolgersi al mercato preso atto che l'articolo 47, votato e approvato nella legge finanziaria n.
5 del maggio 2012, è stato impugnato in quanto contrasta con norme statali in materia di ordinamento civile; considerato che dai rilievi risulta che la norma sancita decreto dal decreto legislativo 163/ 2006 e dal DPR 207/2008 non può essere modificata con una legge regionale, e pertanto la stessa si applica a tutti i contratti delle Regioni, ivi compreso ovviamente, il "Palazzo Unico" della Regione Piemonte; visto che tra i dipendenti regionali è molto facile che vi siano professionalità necessarie per l'espletamento dei collaudi tecnico/amministrativi, ma che, ad oggi per il "Palazzo Unico" non risulterebbe ancora essere avviata nessuna ricerca di professionalità interna (mentre sembrerebbe che invece siano stati individuati esperti esterni all'Amministrazione); le attività di collaudo possono essere valido strumento per la valorizzazione delle professionalità interne, di crescita formativa, di coinvolgimento e di stimolo; visto che l'impiego di dipendenti interni all'Amministrazione comporta, tra l'altro, un notevole risparmio in termini di costi, in quanto dette attività rientrano tra quelle previste dal Fondo Incentivante di cui all'articolo 92 del decreto legislativo 163/2006, non compensata con oneri ascrivibili a costi professionali, chiediamo a lei, Assessore, di conoscere gli intendimenti dell'Amministrazione in ordine a quanto descritto in premessa, in ottemperanza della normativa vigente (Commissione collaudo collaudatore strutturale, ricerca di professionalità interna ed eventuali esperti esterni) Grazie.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Quaglia per la risposta.



QUAGLIA Giovanna, Assessore alle risorse umane e patrimonio

In data 30 novembre 2011 è stato sottoscritto il Verbale di Consegna e Inizio dei lavori. Il tempo utile per l'esecuzione delle opere è di 1062 giorni naturali e consecutivi, decorrenti da tale data.
Come si evince dagli atti pubblicati sul Bollettino Ufficiale, in data 28 febbraio 2012 è stato individuato l'ingegner Livio Dezzani, Direttore regionale della Direzione Regionale DB0800 "Programmazione strategica politiche territoriali ed edilizia", come primo componente della Commissione di collaudo in corso d'opera, istituita ai sensi di legge, del nuovo complesso amministrativo ed istituzionale della Regione Piemonte.
In data 6 aprile 2012 è stato individuato l'ingegner Luigi Spina Dirigente del servizio Progettazione ed Esecuzione Interventi Viabilità 1 della Provincia di Torino, quale collaudatore statico e come secondo componente della predetta Commissione di collaudo.
Con lo stesso atto del 6 aprile 2012 si stabiliva di demandare a successivi atti amministrativi l'individuazione dell'ultimo componente nonché del Presidente della suddetta Commissione di collaudo.
In data 9 luglio 2012, a conclusione della procedura avviata sin dal dicembre 2011, è stato individuato il dottor Sergio Rolando, Direttore della Direzione regionale DB0900 "Risorse finanziarie", come terzo ed ultimo componente della Commissione di collaudo in argomento.
Con lo stesso atto è stato formalizzato che la Commissione di collaudo tecnico-amministrativo e strutturale in corso d'opera dei "lavori per la realizzazione del nuovo complesso amministrativo ed istituzionale della Regione Piemonte", è così costituita: ingegner Livio Dezzani, Presidente ingegner Luigi Spina, Collaudatore Statico e dottor Sergio Rolando Leasing, gestione finanziaria e revisione contabile, fermo restando in capo a tutti e tre i componenti la redazione del Certificato di Collaudo tecnico amministrativo in corso d'opera.
Come si può notare, la Commissione di collaudo è stata perfezionata nel pieno rispetto della normativa vigente e nella sequenza prevista anche dalla Determinazione n. 2/2009 dell'Autorità di Vigilanza (n.d.r. - citati nell'interrogazione).
ovvio che, data la complessità dell'intervento di realizzazione dell'edificio ed il relativo rilevante importo delle opere, le determinazioni di nomina sono solo l'atto finale di una dettagliata ricerca tra i massimi livelli dirigenziali in possesso di accertate ed accertabili elevate caratteristiche professionali ed individuali, appartenenti alla Pubblica amministrazione nel suo complesso considerata e, quindi sottoposti al regime di incentivi, previsto dall'articolo 92, c. 5 del Decreto legislativo 163/2006 e smi, con un risparmio non indifferente nel Decreto Ministeriale 4.4.2001 (tariffe professionali nazionali).
In tal senso, come indicato nei rispettivi provvedimenti di nomina l'entità complessiva del conferimento e la modalità di remunerazione per l'attività di collaudo sarà determinata esclusivamente con riferimento all'articolo 92, comma 5, del Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e s.m.i., ed al "Regolamento per la ripartizione degli incentivi per attività di progettazione e di pianificazione", approvato con deliberazione della Giunta regionale n. 11-3432 del 9 luglio 2001.
Gli Uffici e la sottoscritta rimangono a disposizione per qualsiasi approfondimento circa la realizzazione dell'opera.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore.


Argomento: Personale del servizio sanitario

Interrogazione a risposta immediata n. 1181 presentata dal Consigliere Motta Massimiliano, inerente a "Dipartimento interaziendale 118"


PRESIDENTE

Proseguiamo i lavori con l'esame dell'interrogazione a risposta immediata n. 1181, presentata dal Consigliere Motta Massimiliano, che ha la parola per l'illustrazione.



MOTTA Massimiliano

Grazie, Presidente.
Senza nulla togliere al Vicepresidente, accetterò la copia della risposta scritta, perché non aggiungerebbe nulla a quanto già scritto senza togliere il rispetto al Vicepresidente, al quale auguro che nel prossimo rimpasto possa magari aspirare a fare l'Assessore alla sanità visto che oggi ha risposto a tutte le interrogazioni sulla sanità.
Trovo assolutamente poco carino (per usare un eufemismo) nel momento in cui si mette davanti...
Userò questi minuti per dire che tecnicamente, fatta la legge, si trova l'inganno. Avrei voluto sapere proprio dall'Assessore, anzi dall'ingegner Monferino - non sono abituato a chiamarlo Assessore - perché noi qui abbiamo votato il Piano Socio Sanitario. È stato ribadito, ci sono state due o tre delibere di riorganizzazione del sistema dell'emergenza. Siamo in attesa, perché in una riunione di maggioranza abbiamo deciso che comunque il discorso riguardava la riorganizzazione dell'emergenza. Forse, in Assessorato qualche furbetto sta preparando un raggiro di una deliberazione, che è del 22 luglio 2011, dove si scriveva a chiare lettere che dopo un doppio mandato per qualcuno non era possibile.
Forse, questo sta accadendo e mi dispiace essere così crudo nelle affermazioni. Anch'io, come l'ingegner Monferino, arrivo dal mondo del privato, anche se molto più "piccolo", perché non siedo nel Consiglio d'Amministrazione della Maserati o della Ferrari. Poiché arrivo dal mondo del privato, ho partecipato a qualche Consiglio d'Amministrazione, dove, se si chiedono chiarimenti, chi è interpellato risponde di persona. Quando invece "questo" Consiglio d'Amministrazione chiede chiarimenti al suo "direttore", viene delegata un'altra persona.
Anzitutto, lo trovo irrispettoso rispetto gli Assessori come la Maccanti, come Giordano, come Sacchetto e come la Quaglia, che comunque sono sempre presenti: pur leggendo delle risposte che scrivono giustamente gli Uffici, sono delle risposte che vengono personalizzate, perché loro comunque possono dare il taglio giusto.
La domanda era semplice: che cosa si intende fare, entro la fine di questo mese, sulla nomina del Direttore del Dipartimento.
Ora, se avviene qualcosa di questo genere, preannuncio, come ci permette lo Statuto e il Regolamento del Consiglio, di trasformare questa in un'interrogazione urgente in Commissione e quindi, non limitandomi solo più a una domanda, farò ciò.
Chiedo al Vicepresidente, gentilmente, di darmi la risposta predisposta per iscritto.



PRESIDENTE

Grazie, collega Motta.
Basta la risposta scritta... Mi spiace, Assessore, le elimina il privilegio di poter, con grande dinamismo e velocità, dare risposta al quesito del collega Motta, ma non mancherà occasione.
Così recuperiamo un po' di tempo, a meno che ci fosse un motivo particolare di interesse da parte sua.
La parola al Vicepresidente Cavallera.



CAVALLERA Ugo, Vicepresidente della Giunta regionale

Grazie, Presidente.
Vorrei solo ricordare che ci sono anche interrogazioni a risposta scritta, che naturalmente consentono ampiezza di risposta...



(Commenti del Consigliere Motta Massimiliano)


Argomento: Partecipazioni azionarie regionali

Interrogazione a risposta immediata n. 1182 presentata dalla Consigliera Cerutti, inerente a "Futuro dell'IPLA"


PRESIDENTE

Passiamo all'ultima interrogazione a risposta immediata, la n. 1182 presentata dalla Consigliera Cerutti che ha la parola per l'illustrazione.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Abbiamo già esaminato il tema IPLA in Commissione e abbiamo potuto affrontare la questione direttamente con chi la rappresenta a diversi livelli e anche con l'Assessore.
Però, abbiamo voluto riproporre questo tema sia a fronte di quello che sta avvenendo a livello nazionale, sia a fronte di problematiche finanziarie molto pesanti. Quindi, non sto a ricordare che cosa è l'IPLA ne abbiamo tutti consapevolezza.
Oggi all'IPLA è stata data una più precisa connotazione giuridica come società in house e con il decreto Bersani, in vigore dal febbraio 2007 l'attività della società è stata circoscritta a favore dei soci, ma in passato l'istituto ha stipulato convenzioni e condotto partnership con vari enti.
Attualmente vi lavorano 54 dipendenti con diversi profili professionali, di cui 29 tecnici laureati affiancati da una rete di collaboratori e professionisti esperti a copertura di un'ampia tipologia di discipline tecnico-scientifiche. Ricordiamo che la struttura delle partecipazioni vede la Regione Piemonte impegnata con l'83% delle quote, il Comune di Torino con il 5% e la Regione Valle d'Aosta con il restante 12%.
L'Istituto, come dicevo in premessa, versa da molti mesi in una condizione di sofferenza dovuta sicuramente ai crediti attesi dagli Enti locali.
I lavoratori hanno redatto un loro piano di sviluppo e di rilancio, di cui ci hanno portato a conoscenza, basato sulla green economy con finanziamenti mirati alla pianificazione forestale e territoriale all'assistenza tecnica ai parchi regionali, alle politiche di protezione del suolo e di prevenzione del dissesto idrogeologico, lo sviluppo delle filiere energetiche e la lotta contro le patologie ambientali.
fondamentale un'azione coordinata ed urgente degli enti soci in relazione al futuro dell'istituto. Abbiamo visto già dichiarazioni anche da parte del Comune di Torino a riguardo, quindi vorremmo che si faccia chiarezza, proprio perché noi crediamo importante l'esigenza di ricapitalizzare, rispetto a quest'ipotesi di dismissione immobiliare, per non disperdere il patrimonio di conoscenze e risorse umane.
Oltretutto, abbiamo effettivamente difficoltà a capire quali possono essere le ricadute sulla natura dell'IPLA, attualmente società in house delle novità introdotte dal decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012 "Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini sul mantenimento". Non vorremmo creare allarmismi però abbiamo qualche preoccupazione.
Quindi, abbiamo pensato di interrogare la Giunta e in particolare l'Assessore, che ringraziamo di essere qui presente direttamente, alla luce delle polemiche precedenti, per capire quali saranno le azioni a breve termine per tutelare questa realtà che, come abbiamo sentito in Commissione, si vuole magari proiettare anche verso altre Regioni, per crediamo che la situazione contingente sia da affrontare urgentemente.



PRESIDENTE

Grazie, collega Cerutti.
La parola all'Assessore Maccanti, per la risposta.



MACCANTI Elena, Assessore ai rapporti con società a partecipazione regionale

Grazie, Presidente.
Credo che l'interrogazione proposta dalla Consigliera Cerutti sia quanto mai pertinente e risponda a quelle caratteristiche di urgenza dei question time. Non tanto e non solo per l'oggetto generale, cioè il destino di IPLA rispetto alle intenzioni della Giunta regionale, argomento che siamo riusciti ad ampliare attraverso una lunga e produttiva audizione in Commissione, nel corso della quale abbiamo potuto audire i sindacati, i dipendenti e anche gli organi del Consiglio d'Amministrazione, riuscendo pure - a mio avviso bene - ad approfondire successivamente nella sede ordinaria della Commissione, ma soprattutto per quelle che possono essere le conseguenze che derivano dal decreto legge n. 95 del 6 luglio 2012.
piuttosto su questo che concentrerei la mia attenzione quest'oggi ben sapendo che per domani pomeriggio - decisione della scorsa riunione dei Capigruppo - è calendarizzata, proprio in I Commissione, una comunicazione da parte della Giunta. Direi che si tratta di una prima comunicazione da parte della Giunta, perché è evidente che il decreto è stato approvato venerdì.
Personalmente, nella sua versione definitiva, ho potuto leggerlo ieri.
Attraverso gli Uffici stiamo facendo degli approfondimenti per capire le possibili ricadute non soltanto, ma sicuramente rispetto all'articolo 4 che è quello che riguarda le società partecipate.
Quindi, per quanto riguarda IPLA, abbiamo un problema che è sicuramente strutturale. È stata fissata un'assemblea, che dovrebbe tenersi il 18 di luglio, con all'ordine del giorno la ricapitalizzazione di IPLA, perch come ricorderete, lo abbiamo detto in sede di Commissione - quest'anno IPLA ha avuto una perdita di esercizio di circa 720.000 euro, che dovrà essere ripianata e rispetto alla quale - anche questo è stato già detto in Commissione - il Comune di Torino ha detto che non ha alcuna intenzione di intervenire.
In sostanza, la prima questione è che cosa succederà all'assemblea del 18 di luglio, anche perché, per quanto riguarda invece la nuova mission della società, la Consigliera Cerutti ricordava che abbiamo tentato, anche insieme, di individuare nuove strade e la più importante, o comunque la più praticabile, sarebbe quella di aprirla alle altre Regioni.
Non dico che tutti i ragionamenti che abbiamo fatto in Commissione sono vanificati, ma certamente sono messi in pericolo dall'articolo 4 del decreto legge n. 95, perché l'articolo 4, comma 1, di questo decreto legge dice e recita testualmente: "Le società controllate direttamente o indirettamente dalla Regione, da sola o con altre Pubbliche Amministrazioni" - e lei ha ricordato che i soci di IPLA sono proprio Regione Piemonte, Comune di Torino e Regione Val d'Aosta, quindi tutti Enti pubblici - "che abbiano conseguito nel 2011 un fatturato da prestazione di servizi in favore di Pubbliche Amministrazioni superiore al 90% dovranno comunque essere sciolte entro il 31 dicembre 2013 o, in alternativa, le relative partecipazioni andranno alienate con procedura ad evidenza pubblica entro il 30 giugno 2013, con contestuale assegnazione del servizio per cinque anni a decorre dal 1° gennaio 2014".
Proprio in queste ore, gli uffici stanno facendo degli approfondimenti per fornirci l'elenco delle società partecipate direttamente o attraverso le finanziarie della Regione Piemonte che rispondano a queste caratteristiche; evidentemente è un decreto legge che dovrà essere convertito e potrà subire delle modificazioni nella fase di conversione, ma è ovvio che la Regione Piemonte deve essere pronta ad aggiornare anche il suo Piano di razionalizzazione delle società partecipate sulla base di questi indirizzi, poiché queste società, dal 1° gennaio 2014, in ogni caso anche se rimarranno, non potranno ricevere affidamenti diretti di servizi né fruire del rinnovo di affidamenti di cui sono titolari.
Tuttavia, gli uffici mi segnalano una parziale eccezione, ma spero domani pomeriggio, in Commissione, di poter essere il più possibile precisa rispetto all'interpretazione che sembra essere presente nel comma 8 per gli affidamenti complessivamente non superiori a 200.000 euro annui, nei limiti di quanto stabilito nello stesso comma: "I servizi già prestati dalle società, ove non vengano prodotti nell'ambito dell'Amministrazione, devono essere acquisiti nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale".
Quindi non è indifferente anche rispetto alle decisioni che verranno assunte - lo dico chiaramente - in vista dell'assemblea del 18 luglio, come l'interpretazione degli uffici regionali declinerà l'articolo 4 del decreto legge n. 95.
Spero domani di poter fornire indicazioni più chiare rispetto alle società cui la normativa si applicherà.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata.



(Alle ore 15.53 il Presidente dichiara esaurita la trattazione delle interrogazioni a risposta immediata)



(La seduta ha inizio alle ore 15.54)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Bresso, Casoni, Cota, De Magistris Giordano e Leo.
Il numero legale è 28.


Argomento: Programm. e promoz. attivita" socio-assist. (assist. minori, anziani, portat. handicap, privato sociale, nuove poverta")

Proseguimento esame proposta di legge n. 86, inerente a "Disposizioni per la promozione del riconoscimento della lingua dei segni italiana e per la piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva"


PRESIDENTE

Passiamo ora al proseguimento dell'esame della proposta di legge n. 86 di cui al punto 6) all'o.d.g.
Nella seduta pomeridiana del 6 giugno è iniziato appunto l'esame della proposta di legge n. 86, "Disposizioni per la promozione del riconoscimento della lingua dei segni italiana e per la piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva". La relazione di maggioranza è stata svolta dal Consigliere Carossa e quella di minoranza dalla Consigliera Pentenero. Si è svolta e conclusa la discussione generale con interventi di numerosi Consiglieri.
Nella seduta antimeridiana del 19 giugno sono stati illustrati gli emendamenti rubricati n. 1), 9), 11), 10), 12), 24) e 2), relativi all'articolo 1. Ripartiamo da qui.
Emendamento rubricato n. 13) presentato dai Consiglieri Artesio, Stara Buquicchio: articolo 1, comma 2, prima riga sostituire le parole " La promozione del (...) esistente al suo utilizzo" con "la Regione Piemonte" La parola alla Consigliera Artesio per l'illustrazione.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
L'emendamento in questione è un emendamento meramente letterario, nel senso che fa riferimento al soggetto titolare della competenza, vale a dire la Regione Piemonte.
In realtà, la proposta di sostituzione che viene avanzata con questo emendamento tende a modificare in un senso, a mio modo di vedere, più congruo quello che dovrebbe essere l'obiettivo di questa proposta di legge regionale, vale a dire: nell'articolazione dell'articolo 1, comma 2 propongo di abrogare la riga che fa riferimento alla promozione del riconoscimento della LIS, ma di sostituirvi l'obbligo in capo alla Regione Piemonte di favorire la comunicazione tra udenti e sordi ai fini dell'integrazione sociale e culturale.
Perché quest'emendamento? Per la coerenza con la quale ho cercato di illustrare, in sede di discussione generale, il compito di un'istituzione compito di istituzione che non è quello di adottare prevalentemente una metodica piuttosto che un'altra quanto di offrire condizioni di pari opportunità nell'accesso alla vita sociale a tutti i soggetti nelle forme congrue perché questi soggetti possano sviluppare le loro capacità.
Insisto quindi nel dire che è un'evidente asimmetria l'obiettivo di questa proposta di legge e che, se vogliamo occuparci effettivamente della partecipazione delle persone sorde, bisogna tener conto di tutti gli interventi in ambito sanitario, sociale, educativo e lavorativo che consentano a tutti, ciascuno con il proprio percorso di adattamento, di avere pieno riconoscimento. Ciò non avverrebbe con una legge così sproporzionata a favore del riconoscimento della lingua dei segni.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Stara; ne ha facoltà.



STARA Andrea

Grazie, Presidente.
Ribadirò un po' tutti gli interventi facendo un appello anche ai Capigruppo delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, nel senso che, alla fine, questo testo di legge è approvato in Parlamento e il Parlamento, in maniera bipartisan, con il parere della VII Commissione, lo ha sonoramente bocciato, e ne riprendo le motivazioni.



(Brusìo in aula)



STARA Andrea

Presidente, rinuncio all'intervento: lo svolgerò dopo, quando ci sarà un po' più di attenzione.



PRESIDENTE

Lo so, collega: purtroppo, non è automatico in quest'aula, come sa anche a sue spese.
Emendamento rubricato n. 14) presentato dalla Consigliera Artesio: articolo 1, comma 2, seconda riga, dopo le parole "...tra udenti e sordi" sostituire "e" con "che".



PRESIDENTE

ARTESIO Eleonora (fuori microfono)



PRESIDENTE

Questo emendamento è illustrato



PRESIDENTE

Grazie, collega Artesio.
Emendamento rubricato n. 15) presentato dalla Consigliera Artesio: articolo 1, dopo il comma 2 aggiungere il comma 2 bis.
"A tal fine e nel rispetto dei livelli essenziali dell'assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, organizza le proprie strutture territoriali e ospedaliere ai fini della diagnosi precoce della disabilità uditiva nonché gli interventi di protesizzazione e/o impianto cocleare, i percorsi di rieducazione con logopedia e di educazione all'espressione, e nel caso sia impraticabile l'acquisizione dell'abilità verbale, garantisce l'utilizzo della lingua dei segni attraverso la conferma dei compiti già contemplati dalla normativa nazionale: a spese delle Province interpreti gestuali a scuola a spese delle Università l'interprete gestuale durante le lezioni a spese dello Stato interpreti in sede giurisdizionale a spese della RAI TV l'interprete gestuale in alcune trasmissioni di telegiornali a spese pubbliche l'attuazione degli articoli dal dodicesimo al diciottesimo della Legge n. 104/1992 per l'inserimento scolastico e lavorativo a spese infine degli interessati l'accompagnamento di interpreti gestuali in tutti gli uffici pubblici, ragione per cui la normativa assegna alle persone sorde l'indennità di comunicazione, indipendentemente dalle condizioni economiche".
Ha chiesto la parola la Consigliera Artesio per l'illustrazione; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

L'emendamento rubricato n. 15) è quello che in maniera più dettagliata spiega l'intendimento di chi come me si oppone all'approvazione di questa proposta di legge ed è, invece, favorevole a che la Regione, attraverso lo svolgimento delle proprie competenze, consenta il pieno accesso alle persone sorde alle diverse modalità di intervento - che vanno dall'acquisizione dell'oralismo al vero e proprio intervento di impianto affinché possano, in coerenza con gli avanzamenti delle tecnologie e delle metodiche, rendersi pienamente autonomi nella comunicazione.
Questo emendamento che propongo tende a sottolineare come, già oggi sia prevista in ambiti legislativi differenti - penso alla legge n.
104/1992, ma anche a livelli essenziali di assistenza - l'adozione, a carico degli enti pubblici, di puntuali responsabilità e nel mio emendamento li elenco, così descrivendoli: al fine di promuovere la piena partecipazione e la comunicazione tra persone sorde e il resto della comunità, nonché un'integrazione sociale e culturale, la Regione deve riconoscere il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, garantendo un'omogeneità di accesso nei diversi ambiti territoriali.
In quale modo? Organizzando presso le proprie strutture territoriali e ospedaliere la diagnosi precoce della disabilità uditiva; nonché gli interventi di protesizzazione o impianto cocleare; nonché, negli ambiti della riabilitazione, i percorsi di rieducazione con logopedia ed educazione all'espressione; e, nel caso sia impraticabile l'acquisizione dell'abilità verbale, l'utilizzo della lingua dei segni.
Tale utilizzo è già confermato, quindi non sarebbe necessaria una legge, perché in capo alle Province competono le spese per gli interpreti gestuali a scuola; in capo alle Università competono le spese per gli interpreti gestuali durante le lezioni; in capo allo Stato competono gli interventi degli interpreti in sede giurisdizionale; in capo alla RAI TV compete l'interprete gestuale per le trasmissioni di telegiornali; in capo all'insieme delle Pubbliche Amministrazioni competono gli obblighi di inserimento scolastico e lavorativo; solo a capo degli interessati è l'accompagnamento di interpreti gestuali negli Uffici pubblici.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Emendamento rubricato n. 7) presentato dal Consigliere Cursio: articolo 1, al comma 3, dopo le parole "La LIS" si aggiungono le seguenti parole: "ove non sia possibile individuare un percorso terapeutico per favorire il recupero delle capacità percettive uditive".
Ha chiesto la parola il Consigliere Cursio per l'illustrazione; ne ha facoltà.



CURSIO Luigi

Grazie, Presidente.
Con questo emendamento, in verità, si vuole introdurre l'ennesimo concetto chiaro, se vogliamo, anche chiave. Cioè, il linguaggio dei segni è utile, lo è stato in passato, in misura notevole, per avere aiutato a comunicare, quindi a fare in modo che chi non era in possesso della parola potesse comunicare con i suoi consimili.
Oggi, dopo un notevole progresso, sopratutto nell'ultimo decennio, è uno strumento che nessuno vuole eliminare, semmai potrà essere utilizzato da tutti coloro che ne vorranno fare uso, nessuno potrà vietarlo. Tuttavia non si ritiene che il linguaggio LIS possa rappresentare lo strumento chiave attraverso il quale comunicare con il prossimo da parte di coloro che non hanno tale possibilità.
Dove non è possibile l'impianto, attraverso una tecnica chirurgica e medica che possa mettere il bimbo nelle condizioni di utilizzare la lingua quindi di percepire il suono, in quel caso e solo in quel caso, è naturale che il linguaggio dei segni debba essere utilizzato quale strumento affinché il bimbo, quindi il futuro adulto, possa comunicare con il mondo esterno. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Altri Consiglieri desiderano intervenire?



(Il Consigliere Negro chiede di intervenire)



PRESIDENTE

Consigliere Negro, siamo nella fase di illustrazione e lei non è tra i firmatari dell'emendamento; potrà intervenire in discussione generale.
Emendamento rubricato n. 16) presentato dalla Consigliera Artesio: articolo 1, comma 3, prima riga, dopo le parole "...le garanzie e tutele" sostituire "di cui alla presente legge.... comma 1" con "di cui alla legge n. 104/1992 e alla legge n. 17/1999".
Ha chiesto la parola la Consigliera Artesio per l'illustrazione; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Insisto in questo lavoro di precisione del testo legislativo sostanzialmente, per convincere i colleghi della non necessità di questa proposta di legge e del fatto che altri, ben prima di noi, hanno normato i diritti delle persone, in particolare delle persone portatrici di una disabilità uditiva, ad accedere alle opportunità che in quella fase venivano riconosciute dalla comunità scientifica e dallo Stato pubblico.
Per cui, quando si fa riferimento in questa proposta di legge, in modo particolare nel comma 1, al riconoscimento della lingua dei segni italiana ribadisco che questo riconoscimento non riceve alcun beneficio aggiuntivo se non alcuni impliciti, di cui parlerò in sede di discussione generale che hanno più a che vedere con le relazioni politiche che non con la tutela e i diritti delle persone sorde - perché quelle modalità di comunicazione sono già garantite - lo dicevo nell'intervento precedente - dalla legge n.
104/1992 e dalla legge n. 17/1999, parlando in generale della legge che regola tutte le tematiche della disabilità e quella specifica in ambito universitario.
Ciò che noi dovremmo premurarci di fare in questi tempi - tempi in cui delle persone si parla sempre meno, ma si parla sempre più delle compatibilità economiche del sistema - non è di rinormare qualcosa che già esiste, ma di garantire quello che, nel frattempo, è stato reso accessibile e disponibile.
Ad esempio, sono francamente stupita che un Consesso regionale discuta della promozione della lingua italiana dei segni, su cui insistono già le legislazioni complessive, e non si preoccupi che i provvedimenti in questi giorni all'attenzione del Governo (dalla spending review alle modalità con le quali le Regioni cooperano all'applicazione della spending review) possano mettere in discussione, con la riduzione delle strutture ospedaliere e delle risorse professionali ed economiche, i percorsi di abilitazione, ad esempio, all'oralismo oppure una corretta presa in carico delle liste per gli interventi di impianto.
Di questo ci dovremmo preoccupare, più che ribadire localmente, e per ragioni che, lo ribadisco, non migliorano le condizioni di vita delle persone, qualcosa che è già riconosciuto dalle legislazioni vigenti.



PRESIDENTE

Grazie.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Boeti, firmatario dell'emendamento; ne ha facoltà.



BOETI Antonino

Abbiamo ripreso, dopo qualche settimana di interruzione, la discussione su questo disegno di legge, che secondo me il Consiglio regionale avrebbe fatto bene a non dibattere per le questioni cui prima faceva riferimento la Consigliera Artesio.
In questo momento - anche in ragione ai temi legati alla revisione della spesa in materia sanitaria - nei prossimi mesi e nei prossimi anni è probabile che siano in discussione i servizi sanitari nel nostro Paese ed è non dico curioso - non è così e non voglio usare una parola irrispettosa ma particolare il fatto che si discuta, in questo momento per la vita del Paese, di questo argomento.
Credo che ci sia ancora lo spazio perché la maggioranza che ha proposto questo disegno di legge possa rivedere la sua posizione, semplicemente perché, come diceva la collega Artesio, questo disegno di legge non aggiunge niente alla possibilità, all'opportunità o al desiderio di chi magari è costretto ad utilizzare la lingua dei segni nella nostra Regione e nel nostro Paese. Ricordo che, se il nervo acustico non funziona, nel 5 dei casi i bambini che nascono con la sordità non possono essere trattati né con impianti cocleari né con apparecchi acustici e quindi, per questa ristretta fascia di popolazione infantile, è necessario che ci sia uno strumento di comunicazione.
dunque questa una discussione che non aggiunge niente a quanto già esiste e che invece sta suscitando proteste in tutto il Paese, perch riceviamo continuamente - ne parleremo poi nei prossimi interventi - e-mail e lettere da parte di uomini e donne affetti da sordità, che pensano che questo disegno di legge non debba proseguire il suo iter nella nostra Regione.



PRESIDENTE

Grazie, collega Boeti.
Emendamento rubricato n. 17), presentato dalla Consigliera Artesio: Art. 1 comma 4 Abrogare l'intero comma.
La parola alla proponente, Consigliera Artesio, per l'illustrazione.



ARTESIO Eleonora

Questo emendamento, evidentemente, è quello più esplicativo e in modo particolare si sofferma sul comma 4. Se ci fosse stato bisogno di un'ulteriore conferma di come questa proposta di legge sia sproporzionata in direzione del riconoscimento di una modalità di comunicazione che assurge a titolo di lingua, sarebbe bastato leggere questo comma. Mentre nei commi precedenti, infatti, si è cercato di stendere una foglia di fico anche grazie alla collaborazione di emendamenti di altri colleghi, che pur ritengono di sottoscrivere questa legge e di votarla - facendo riferimento alla complessiva e complessa situazione della sordità, in questo comma, in particolare, si dice letteralmente: "La Regione riconosce altresì che la LIS rientra tra gli strumenti operativi volti alla rimozione delle barriere che limitano la partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva". "Rientra", appunto: insieme a tutti gli altri strumenti che consentono la comunicazione.
Allora, perché fare un riferimento in modo così puntuale ed esclusivo? Di nuovo, perché l'obiettivo di questo provvedimento non è affatto mettere al centro dell'interesse legislativo della nostra Assemblea regionale la condizione delle persone e le loro libere possibilità di comportamento nel valutare come valorizzare al massimo la loro possibilità di adattamento al contesto in cui vivono, ma tende a relegarle e rinchiuderle in un'unica modalità di comunicazione, quella tradizionalmente conosciuta.
In ciò si sostanzia ancora meglio quella che è la mia obiezione di principio: immaginando di far bene - perché voglio riconoscere la buona fede a tutti coloro che hanno sottoscritto questa proposta di legge - -noi attacchiamo definitivamente alle persone una condizione che le caratterizza come minoranza permanente, in grado di poter relazionarsi con il resto del contesto attraverso l'adozione di un unico strumento, che è quello appunto, della Lingua dei segni. Facciamo della caratteristica di una persona - che in vari modi può risolvere i propri processi di adattamento e di miglioramento verso la vita collettiva - uno status e quindi la fotografiamo definitivamente in quella condizione e in quello status anziché guardare alle sue possibilità e ai suoi talenti. Questa è una vera norma discriminatoria: è il contrario dei principi di inclusione.



PRESIDENTE

Grazie, collega Artesio.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Boeti; ne ha facoltà.



BOETI Antonino

Tra i tanti documenti che riceviamo, abbiamo ricevuto oggi una lettera faccio il nome perché in questo non c'è nulla di privato - a firma di Simona Corbani, la quale scrive nel testo, che presenterò nella sua completezza anche in merito ai successivi punti: "È assurdo quello che sta succedendo in Regione Piemonte. Questa proposta di legge è frutto della cultura dominante nel nostro Paese. Nonostante i successi di tante persone nonostante il parere dei medici, nonostante la tutela della salute garantita dalla nostra Costituzione, ancora si continua a pensare che le persone sorde siano mute ed usino i gesti per comunicare".
Simona Corbani è lottatrice della Nazionale italiana, è stata due volte campionessa d'Italia, quinta agli Europei ed era in corsa, fino a qualche mese fa, per un posto alle Olimpiadi di Londra 2012. È sorda fin dalla nascita ed è riuscita a superare l'handicap della mancanza di parola grazie ad un adeguato protocollo sanitario e logopedico. Non partecipa alle Olimpiadi a Londra perché, essendo sorda, non trova un posto nei Gruppi sportivi gestiti dallo Stato, come capita a molti che praticano sport; non ha quindi il sostegno economico necessario per poter continuare in questo suo impegno e quindi non parteciperà alle Olimpiadi.
Certo, se volesse partecipare alle Paralimpiadi Simona Corbani sarebbe accolta a braccia aperte, ma lei si sente a tutti gli effetti normale e vorrebbe poter continuare, da normale, a partecipare alle competizioni internazionali.



PRESIDENTE

Grazie, collega Boeti.
Emendamento rubricato n. 23), presentato dai Consiglieri Pentenero e Boeti: Il comma 4 dell'articolo 1 (Finalità) della proposta di legge n. 86 è sostituito dal seguente: "4. Qualora non esistano altri strumenti tecnologici in grado di risolvere il problema della sordità e la persona sia dichiarata sorda, la Regione riconosce che la LIS rientra tra gli strumenti operativi volti alla rimozione delle barriere che limitano la partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva".
Ha chiesto la parola la Consigliera Pentenero per l'illustrazione; ne ha facoltà.



PENTENERO Giovanna

Con questo emendamento intendiamo modificare il comma 4 dell'articolo 1, che attualmente recita: "La Regione riconosce altresì che la LIS rientra tra gli strumenti operativi volti alla rimozione delle barriere che limitano la partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva". La proposta è di aggiungere "qualora non esistano altri strumenti tecnologici in grado di risolvere il problema della sordità e la persona sia dichiarata sorda". Il testo proseguirebbe poi così: "La Regione riconosce che la LIS rientra tra gli strumenti operativi volti alla rimozione delle barriere che limitano la partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva".
Questo è un emendamento che riprende quanto abbiamo già evidenziato con altri emendamenti presentati sempre all'articolo 1, affermando che la lingua LIS è uno dei tanti strumenti che possono essere utilizzati all'interno di un percorso che permetta alle persone, ai bambini che nascono con un problema legato all'udito e che non può essere affrontato attraverso l'utilizzo degli strumenti tecnologici che vengono messi a disposizione e che, dopo aver intrapreso tutte le strade possibili e tutti i percorsi possibili, non sia stata identificata nessun'altra possibilità quindi neanche lo studio e neanche l'apprendimento dell'oralità ha permesso di eliminare gli elementi che hanno determinato l'incomunicabilità della persona sorda, allora possa essere utilizzata la lingua dei segni.
Con questo emendamento riteniamo di affermare ancora una volta la possibilità, per i bambini in oggetto, di affrontare un percorso che permetta loro di vedere eliminate quelle barriere e consentire loro una partecipazione alla vita collettiva a pieno titolo e a tutti gli effetti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Boeti; ne ha facoltà.



BOETI Antonino

L'emendamento presentato indica il fatto che non abbiamo ovviamente niente, non potrebbe essere diversamente, rispetto alla lingua dei segni.
Strumento che ha consentito a molti cittadini italiani nati sordi di poter comunicare. Ma è un emendamento che riporta la discussione al 2012, cioè alle condizioni nelle quali viviamo oggi e che tiene conto necessariamente, dei progressi tecnologici che la scienza, soprattutto quella medica, è riuscita a conseguire negli anni.
Noi scriviamo: "Qualora non esistano altri strumenti tecnologici in grado di risolvere il problema della sordità, la Regione riconosce che la LIS rientri tra gli strumenti operativi volti alla rimozione delle barriere che limitano la partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva".
Lo abbiamo fatto perché non abbiamo niente contro la lingua dei segni.
Il Partito Democratico ha partecipato alla discussione che, alla fine, ha elaborato il testo del quale stiamo discutendo, ma pensiamo sia indispensabile venga affrontato con quello che oggi la tecnologia e la scienza mettono a disposizione.
Noi crediamo sia indispensabile, così come i protocolli medici prevedono, che all'età di quattro mesi si effettui un test ai bambini nel quale si sospetta un deficit uditivo, che a sei mesi si faccia la diagnosi e che entro due mesi, per stimolare le cellule del sistema uditivo, sia necessario l'intervento chirurgico di impianto cocleare che consenta a questi bambini di condurre una vita normale da adulti.



PRESIDENTE

aperta la discussione generale sull'articolo 1 e sul complesso degli emendamenti ad esso riferiti.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Spagnuolo; ne ha facoltà.



SPAGNUOLO Carla

Non so se posso collocare in questo momento questo intervento.
Ho ascoltato con molta attenzione tutti gli interventi dell'Aula, non avevo seguito il provvedimento e mi sono chiesta come mai mi era sfuggito perché non l'avevo mai visto in IV Commissione. È un argomento che è stato discusso esclusivamente nella VI Commissione.
così? Mi sembra un po' parziale. Vorrei dire ai presentatori, oltre a ringraziarli, che nel momento in cui ho cercato di approfondire è nata una qualche perplessità. Questa materia, oggetto di dibattito che nasce da molto lontano - questo è evidente - è prevalentemente riferita a coloro che sono portatori di questa problematica da moltissimo tempo; probabilmente oggi, e coloro che sono nel mondo della sanità potranno dare conferma trova un altro tipo di risposta per i ragazzi.
Mi chiedo, e lo chiedo al Presidente del Consiglio, cui in realtà mi rivolgo: mi sembrava una materia che certamente nasce come fatto culturale (lingua dei segni), tuttavia è una materia che si approfondisce e si comprende meglio affrontando anche le dinamiche di carattere sanitario? Gli aspetti di questa natura non sono stati presi in considerazione in nessun modo e una questione che ha molti riflessi di carattere sanitario viene trattata esclusivamente sotto il profilo culturale. Vi ringrazio di avere portato in Aula un argomento importante e la posizione della Giunta mi si dice favorevole, ma se chiedo ad alcuni colleghi come viene affrontata oggi la questione, mi si risponde che la medicina ha fatto passi avanti talmente ampi in questo senso, in modo che può dare delle risposte che limiterebbero ogni risvolto di ghettizzazione.
Vedo entrare in Aula il Vicepresidente della IV Commissione Boeti, che ha fatto alcune osservazioni. Mi pongo questo punto interrogativo, che pongo anche all'Aula, ma soprattutto a lui. Ci può essere una riflessione di carattere anche sanitario? Si parla di impianti che sono di natura sanitaria. Quanti finanziamenti ci sono? Ci sono per tutti? Quelli che non ne fruiscono, perché non ne fruiscono? Andiamo verso un ampliamento di questi impianti? Andiamo verso una riduzione? Veramente, Presidente, non mi sembra una questione da poco. Nel momento in cui questa proposta di legge è stata assegnata alla VI Commissione, è una proposta di legge che discende oggi e si differenzia anche sulla base di interventi sanitari. È evidente che oggi si possono fare azioni in maniera molto più ampia e magari quarant'anni fa no, comunque mi sembra anche questa una questione da verificare.
Mi permetto, visto che sento queste differenze, magari un profilo di ulteriore approfondimento ci aiuterebbe.



PRESIDENTE

La ringrazio, Consigliera Spagnuolo. L'ho fatta parlare ben oltre il tempo, perché ritengo che i suoi siano rilievi importanti.
Quando dovevo assegnare questa proposta di legge ad una Commissione competente, ho valutato con attenzione, anche con l'ausilio degli uffici.
Devo dire che è stata una delle poche volte che ho letto per intero una proposta di legge, prima di scegliere a quale Commissione assegnarla.
Ritengo che la proposta di legge, quanto meno prima di questa attività emendativi - che poi vedremo come va a finire - è stata da me ritenuta un fatto prettamente culturale.
Anche se è del tutto vero quello che lei rileva. In particolare, nella discussione, come abbiamo visto anche nei giorni scorsi, anche come alternativa, mi riferisco in particolare ad alcuni interventi che si sono succeduti (ci sono anche Consiglieri che sono medici), sono emersi degli aspetti di carattere prettamente sanitario.
Ricordo la discussione sulla questione dell'impianto nei bambini nella fase iniziale della loro vita.
Così come è pervenuta alla Presidenza ed è a vostre mani, la proposta di legge non è stata letta come riferibile ad una disabilità, almeno in quella fase, ma come un riconoscimento, perché di questo si tratta e anche il titolo lo dice, di una lingua praticata, tant'è che l'intero testo è indirizzato - me ne darete atto - al riconoscimento della lingua.
Siccome viviamo in un mondo reale e la politica, così come la nostra istituzione, ha ovviamente un percorso dinamico, questo è del tutto evidente - e la sua annotazione intelligente ce lo ricorda nella giornata di oggi - credo che si possa valutare, alla luce delle sue osservazioni e se l'Aula ritiene (ricordo che su questo è necessario l'unanimità o un voto d'Aula), di sospendere la trattazione del provvedimento per fare un approfondimento nella IV Commissione.
In questo non ci vedo nulla di male, potrebbe anche essere una modalità utile per dare una piena e maggiore operatività e attenzione sulla proposta di legge circa le problematiche emerse nel percorso che vi è stato in queste settimane.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Grazie, Presidente.
Voterò contro gli emendamenti che sono stati illustrati dai colleghi.
Naturalmente rispetto l'opinione dei colleghi che poi si è tradotta in emendamenti che sono stati illustrati. E voterò contro, perché mi sembrano impropri rispetto al provvedimento di cui stiamo discutendo, perché penso che su questa vicenda esiste un grande equivoco.
Collega Spagnuolo, torno su questa questione. Nessuno nega il valore dell'impianto cocleare e se la discussione è fare una battaglia politica affinché venga garantito a tutti i bambini - e non solo i bambini - la possibilità di accedere a questa tecnologia. Figuriamoci! A me venite a dirlo? Con me sfondate una porta apertissima! Va fatta questa battaglia perché questo diritto sia esigibile da ogni punto di vista.
E non ho alcuna difficoltà a riconoscere che oggi questo diritto non era esigibile da ogni punto di vista e per tutti, per tantissime ragioni.
Facciamo un po' di autocritica, ma questo diritto non è stato esigibile da tutti coloro che ne facevano richiesta. Quindi, se il tema è una Regione che voglia affrontare organicamente il tema deve destinare risorse strumenti e persone affinché questo diritto venga considerato esigibile, va benissimo. Ma non credo che esista alcuna contraddizione tra questa esigenza, cioè battersi per questo, e il fatto di approvare un provvedimento che ha un'ambizione diversa. Parliamo di un'altra cosa qui: parliamo dell'esigenza, se volete più modestamente, di affermare il principio o affermare il riconoscimento della lingua dei segni.
E stiamo discutendo di questo, che è una cosa diversa; non stiamo discutendo di una legge organica, in cui mettiamo insieme lingua dei segni e impianti. No, la questione è più complicata, ma anche più semplice, cioè affrontarla sul versante legislativo, sapendo che c'è una competenza parlamentare e sapendo che il Parlamento ha votato in due modi diversi.
Infatti al Senato ha votato in un modo, alla Camera ha votato in un altro modo. Ci deve essere una sollecitazione ad affrontare seriamente questa questione. Promuovere la LIS e promuovere l'atteggiamento bilingue, non so chiamarlo diversamente.
Sì, la bilingua, ritenendo che la lingua dei segni non possa essere derubricata a semplice tecnica comunicativa.
La penso così. Mi posso anche sbagliare, ma sono convinto che sia così.
Questo significa ghettizzarli? Non credo proprio che significhi ghettizzarlo.
Significa un'altra cosa: promuovere e riconoscere un fatto che ci viene richiesto e che mi sembra fondamentale dovere riconoscere. Si dice che fra qualche anno non si parlerà più la lingua dei segni. Non so se sarà così ma so che oggi la parlano il 95% di queste persone e se è così, che male c'è a promuovere un provvedimento che riconosce questa lingua dei segni e il bilinguismo? Cito un filosofo, del quale mi sono letto in questi giorni una parte delle cose che ha scritto. Questo filosofo, che si occupava di logica e di filosofia del linguaggio, ha detto una cosa che mi ha colpito: "I confini del mio linguaggio sono i confini del mio mondo", descrivendo con efficacia la funzione che la lingua svolge nell'esistenza delle persone.
Se queste persone ci pongono un problema di questa natura, che è limitato e circoscritto, perché non compiere un atto legislativo che vada in questa direzione? Questo è il senso del mio sostegno a questo provvedimento.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Goffi.



GOFFI Alberto

Credo che la richiesta che ha presentato la Presidente Spagnuolo tenga conto di un fatto nuovo. Lei, Presidente, siccome il testo originario così era scritto, cioè come promozione del riconoscimento della lingua dei segni, quindi come fatto culturale, giustamente l'ha assegnato ad altra Commissione.
Però in fase emendativa, non solo in Aula ma anche in Commissione, sono state introdotte tutta una serie di modifiche legate all'applicabilità e alla formazione degli impianti cocleari, che incidono in maniera assolutamente connessa con la materia sanitaria, tanto più che sono stati presentati emendamenti, con il parere negativo della Giunta, rispetto ai quali il ragionamento del Consigliere Ronzani potrebbe essere un ragionamento che condivido. Ma nella pratica si è tradotto in modo diverso perché quando poi si presenta un emendamento in cui si dice "ai bambini che sono affetti da ipoacusia sensoriale profonda va eliminata la lista d'attesa" e la Giunta risponde "no, la lista d'attesa non si pu eliminare", poniamoci il problema che effettivamente ci sia una parità di diritti tra coloro che hanno oggi in discussione il riconoscimento della lingua dei segni e tra coloro che, invece, devono avere l'accesso alla materia medica. Perché se questo non è, vuol dire che c'è uno squilibrio e oggi stiamo rischiando di portare ad uno squilibrio. Tanto più che la legge parla di dare supporto nella fasi formative (età delle scuola primaria e della scuola secondaria). Le percentuali confermano che i bambini delle scuole primarie e secondarie che sono senza impianto cocleare - stiamo ragionando di bambini fino a dieci anni, che sono nati dieci anni fa - sono rarissimi.
Quindi, noi stiamo da un lato mettendo delle risorse a favore di pochi casi che vanno tutelati, e sono d'accordo sul fatto che vanno tutelati, ma la stragrande maggioranza rischia di non avere un viatico veloce per quanto riguarda le liste d'attesa e rischia addirittura - basta vedere alcuni comprensori distrettuali della sanità piemontese - di avere delle difficoltà per l'acquisto degli impianti cocleari.
Quindi, credo che un approfondimento in IV Commissione possa essere anche di salvaguardia della parità di diritti tra le persone che hanno potuto avere l'impianto cocleare e tra coloro che l'impianto cocleare non hanno potuto o non hanno voluto applicarlo, perché ci rientra anche la libertà di scelta.
Credo che questa richiesta debba essere valutata seriamente dall'Aula.



PRESIDENTE

Prima di procedere, la Presidenza ha l'obbligo, ex articolo 88 del Regolamento, di formulare la domanda di rito: ritiene, Presidente Spagnuolo, che sia importante esaminare questo provvedimento in Commissione, come ha detto nel suo intervento?



SPAGNUOLO Carla

Presidente, vorrei essere molto chiara.
La mia riflessione posta all'Aula - e vorrei che soprattutto coloro che sono primi firmatari, compresa la Consigliera Montaruli, mi ascoltassero - non è affatto per favorire o bloccare un testo di cui non mi sono occupata, perché oltre tutto non faccio parte della IV Commissione, ma me ne sono occupata in quest'Aula, perché ho sentito il dibattito che si è sviluppato e ho cercato di approfondire con i colleghi che ne sanno più di me in proposito, a cominciare dai presentatori, come mai nel dibattito venivano presentate tante questioni, anche di profilo sanitario.
Mi rendo conto che l'intervento di Ronzani risponde ad altre logiche ma mi rendo anche conto che l'intervento di Ronzani e anche dei presentatori, nel momento in cui è stato presentata quel tipo di proposta era il filone principale, mi sembra indubbio. Poi si potrà essere d'accordo o meno, ma quello era indubbio: è un fatto culturale che senz'altro permane.
Tuttavia, dal momento che sono stati presentati degli emendamenti che affrontano la questione anche sotto altro profilo e si sono susseguiti numerosi interventi, visto che si convocano innumerevoli riunioni sulle cose più varie, penso che il parere della Commissione sanità non sarebbe disdicevole. Anche perché mi si fa notare in questo momento che la Commissiono Affari Sociali della Camera ha adottato, pare all'unanimità, un testo diverso da quello che stiamo adottando noi.



(Brusìo in aula)



SPAGNUOLO Carla

Però mentre interviene un Consigliere, non vorrei che ci fosse la raccolta di altre adesioni.
Scusate, ma...



PRESIDENTE

Ha ragione.



SPAGNUOLO Carla

Dato che si parla di una questione importante, che riguarda le persone, ma anche la dimensione culturale e sanitaria... perché una cosa è la situazione degli audiolesi nati negli anni Cinquanta, per quanto ne possa capire, altra cosa è la situazione delle persone nate negli ultimi anni e che quindi hanno più possibilità anche di carattere terapeutico.
Penso che un parere della IV Commissione non precluda assolutamente nulla. È meglio approfondire di più, piuttosto che compiere un errore in un testo di legge nel quale noi, peraltro, sotto il profilo culturale, non abbiamo alcuna competenza. Perché noi non dobbiamo occuparci di stabilire delle lingue.
Ma al di là di questo, se noi riservassimo una corsia preferenziale alla questione, prevedendo già una data entro la quale può essere fornito un parere della Commissione sanità, non sarebbe negativo. Se poi i colleghi non sono d'accordo, nulla quaestio. Questo tipo di esigenza emergeva proprio dal dibattito.
Non è la prima volta che un provvedimento di legge nasce con delle caratteristiche e nel corso del suo iter si evolve e ne assume delle altre che richiedano altri livelli di approfondimento.
Convochiamo Commissioni su questioni veramente marginali, questa mi sembrava una questione importante.



PRESIDENTE

Si propone, ex articolo 88, di rinviare il provvedimento in IV Commissione per un parere.
L'articolo 88 recita: "Il Consiglio può rinviare alla Commissione l'esame dell'intero testo o dei singoli articoli quando gli emendamenti e i subemendamenti proposti rendano necessaria ed opportuna una ulteriore istruttoria.
La Commissione riferisce al Consiglio entro un termine da questo stabilito. Se gli emendamenti o i subemendamenti comportano maggiori spese o minori entrate l'intero progetto deve essere rinviato anche all'esame della Commissione permanente Programmazione e Bilancio".
del tutto evidente che rinviare ad una Commissione diversa rispetto a quella che ha seguito l'iter del disegno di legge, è un aspetto abbastanza rilevante. Pertanto, la Presidenza avanza questa proposta: oggi potremmo ultimare la discussione su questi emendamenti all'articolo 1, senza procedere alla votazione (peraltro, c'è un numero significativo di Consiglieri prenotati, e trattandosi di interventi di due minuti ciascuno nel giro di 20 minuti al massimo si potrebbe esaurire la discussione), e rinviare questa proposta di legge alla IV Commissione per un approfondimento sulla tematica - ribadisco per un approfondimento sulla tematica - in modo che si possa, nell'alveo e nell'operatività della Commissione competente sulla materia sanitaria, approfondire questo progetto di legge e soprattutto l'attività emendativa, che è uno degli elementi che costituiscono indubbiamente la novità, con l'impegno di riscriverlo all'o.d.g. del Consiglio regionale entro 15 giorni.
Mi sembra che questa proposta possa soddisfare, da un lato, le legittime esigenze dei colleghi che ritengono sia corretto approfondire il provvedimento sotto l'aspetto sanitario nella Commissione competente, e dall'altro, vengono tutelati gli interessi legittimi dei proponenti di vedere la fine della discussione e la votazione della loro proposta di legge in tempi certi. Infine, non andremmo a creare un precedente, aspetto di cui la Presidenza sarebbe molto lieta, di un rinvio ex articolo 88 in una Commissione diversa rispetto a quella che ha seguito l'iter.
A mio avviso potrebbe essere una soluzione di buonsenso che sostanzialmente, nell'interesse generale del Consiglio, andrebbe a soddisfare le esigenze di ciascuno. L'Aula acconsente? Ha chiesto la parola il Consigliere Carossa; ne ha facoltà.



CAROSSA Mario

Chiedo una sospensione di cinque minuti, per cortesia.



PRESIDENTE

I nostri lavori riprenderanno alle ore 16.55.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 16.45 riprende alle ore 16.59)



PRESIDENTE

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PLACIDO PLACIDO ROBERTO



PRESIDENTE

La seduta riprende.
Ha chiesto la parola il Consigliere Carossa; ne ha facoltà.



CAROSSA Mario

Grazie, Presidente, intervengo per un brevissimo intervento.
Sia io che la collega Montaruli accettiamo la mediazione che ha proposto il Presidente Cattaneo.
Vorrei solo far rilevare - lo dico in tutta tranquillità - due aspetti. Noi accettiamo la proposta proprio perché da quando è iniziala la discussione in Commissione all'inizio del febbraio 2011 - ben un anno e mezzo fa! - abbiamo sempre cercato, peraltro con l'apporto notevole e positivo di tutta la Commissione, di cercare di migliorare questo testo, di renderlo sempre più inclusivo e assolutamente non esclusivo. Nulla vieta quindi, l'approfondimento, per cui accettiamo il passaggio ulteriore in IV Commissione, purché avvenga, così come previsto dal Presidente, in tempi certi.
Tuttavia, mi viene il dubbio che questo disegno di legge possa essere modificato in IV Commissione, ma lo dico dal punto di vista non solo tecnico. Anche perché - voglio ricordarlo per l'ennesima volta - il titolo di questa proposta di legge è "Disposizioni per la promozione del riconoscimento della lingua dei segni italiana e per la piena partecipazione delle persone sorde alla vita collettiva". Quindi, sia pure in un'ottica di inclusione, e nella disponibilità ad essere sempre più positivi ed inclusivi, abbiamo accettato delle modifiche, ma non dimentichiamo che è questo il titolo della proposta di legge in oggetto.
Comunque, Presidente, va bene il rinvio (non so se il termine è esatto) o l'approfondimento in IV Commissione.
Le chiederei solamente, se possibile, di stabilire già delle tempistiche certe. Grazie.



PRESIDENTE

Ci sono altre richieste di intervento? Vedo che il Presidente Negro e la collega Montaruli chiedono di intervenire.
Scusate, ma a questo punto l'ordine di intervento sarà il seguente: interverranno i colleghi Goffi, Cursio, Stara, Boeti, Artesio, Negro Buquicchio, Montaruli, Pentenero, Botta, Lepri...



(Brusìo in aula)



PRESIDENTE

Colleghi, scusate, ma ho una serie di iscritti: è evidente che se si avanza una proposta...
Colleghi, per cortesia!



(Brusìo in aula)



PRESIDENTE

Se avete un attimo di pazienza, proviamo di comune accordo a trovare la sintesi: è stata richiesta una sospensione dei lavori per trovare una soluzione alla situazione che si era creata.
Si è arrivati alla condivisione di una proposta di sospensione, che è stata così sinteticamente descritta dal Presidente Carossa.
Se più colleghi chiedono di intervenire, non posso non tener conto di quelli che si erano già iscritti. Mi rendo conto che sarebbe kafkiano fare una proposta di sospensione e proseguire con interventi legati al provvedimento.
Se l'Aula è d'accordo, a meno che non ci siano questioni particolari sulla proposta, passerei a leggere quanto concordato.
Ci sono quindi opinioni diverse, non sul provvedimento, ma sull'accordo trovato? Ha chiesto di intervenire il Consigliere Cursio; ne ha facoltà.



CURSIO Luigi

Grazie, Presidente.
In verità, il mio intervento sarebbe dovuto avvenire prima che il Presidente chiarisse, perché era in coda ai due precedenti interventi di Goffi e Carossa.
anche un fatto culturale che, ove ci si trovi di fronte ad un'imperfezione, ad un'anomalia o ad un'alterazione fisica, si ricorra ad una correzione.
Presidente, è molto importante questo punto...



(Brusìo in aula)



CURSIO Luigi

No, no, è importantissimo e non è una battaglia politica, collega Ronzani, è una battaglia...



PRESIDENTE

Mi scusi, collega Cursio, con tutta la simpatia e l'affinità che lei ben sa, se lei interviene nel merito, allora tutti gli interventi prenotati possono intervenire e ritorniamo alla situazione precedente. Dato che è stato proposto di sospendere il provvedimento e di trattarlo in IV Commissione, lì avremo tutto il tempo - non solo lei, ma anche il sottoscritto se lo riterrà - di intervenire nel merito, per arrivare alla definizione del provvedimento.
L'ultima cosa che vorrei fare è quella di togliere la parola, però le chiedo di essere comprensivo, perlomeno nei miei confronti, se non in quelli dell'Aula.
Consigliere Botta, è la stessa situazione? Lei è contro? Prego, Consigliere Botta Franco.



BOTTA Franco Maria

Presidente, desidero solo chiedere, visto che l'argomento non è stato sviscerato all'interno del Gruppo - e mi permetto di dirlo in Aula - che la proposta di rinvio in Commissione venga messa ai voti.



PRESIDENTE

Colleghi, prima di dare la parola al Consigliere Pedrale, dopo l'intervento del collega Botta non posso che attenermi al Regolamento. In base all'articolo 88, "Rinvio in Commissione", il provvedimento non è sospeso ma rinviato in Commissione.
Do lettura dell'articolo 88: "1. Il Consiglio può rinviare alla Commissione l'esame dell'intero testo o di singoli articoli quando gli emendamenti e i subemendamenti proposti rendano necessaria ed opportuna un'ulteriore istruttoria.
2. La Commissione riferisce al Consiglio entro il termine da questo stabilito. Se gli emendamenti o i subemendamenti comportano maggiori spese o minori entrate l'intero progetto deve essere rinviato anche all'esame della Commissione permanente Programmazione e Bilancio".
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
un argomento chiaramente e assolutamente non politico, quindi trasversale al massimo quello che oggi, come già in altre occasioni, stiamo discutendo.
Mi pare che da più parti sia emerso il desiderio e la necessità di un breve approfondimento in IV Commissione. Tuttavia bisogna riconoscere soprattutto da parte dei presentatori di questo progetto di legge, che c'è una grande attenzione ed una grande passione sulla materia. Cerco, quindi di interpretare l'amarezza e la delusione dei presentatori e di chi più ha seguito questo argomento, nel senso che temono - leggo nei loro pensieri che questo provvedimento possa fermarsi troppo in Commissione sanità o che non ne venga più fuori, e quindi non ritorni più in Aula.
Credo che un approfondimento in IV Commissione sanità sia giusto - lo abbiamo già visto su altri progetti di legge - però su tempi certi, nel senso che possa avvenire alla prima seduta utile della Commissione sanità e che entro quindici o venti giorni al massimo ritorni in Aula.
Questo è un impegno che credo l'Aula possa assumersi, anche per rispetto verso i presentatori che con tanta passione hanno seguito questo progetto di legge.
Va bene, quindi, l'approfondimento in Commissione, però stabilendo una tempistica e con l'impegno che ritorni in Aula.



(Commenti della Consigliera Artesio)



PRESIDENTE

Consigliera Artesio, l'articolo 1 era sospeso in attesa di decidere cosa fare. Così sono stato informato.



(Commenti della Consigliera Artesio)



PRESIDENTE

Colleghi, vi chiedo però un minimo di collaborazione, altrimenti sospendo la seduta e convoco una Conferenza di Capigruppo, perché mi sembrava che una sintesi si fosse già raggiunta: la sospensione per approfondimento o il ritorno, in base all'articolo 88 del Regolamento, in Commissione, con quindici giorni come durata temporale, sia in un caso che nell'altro.
Ritengo che sia più produttivo. Ovviamente, qualsiasi Consigliere che chiede di intervenire lo può fare senza problemi, perché non c'è alcuna intenzione di limitare la democrazia partecipativa.



(Commenti della Consigliera Artesio)



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Solo per consentire una discussione, la più snella possibile, al Consiglio.
Il Presidente Cattaneo ha terminato la parte precedente dichiarando che si sarebbe conclusa la discussione sull'articolo 1 senza procedere al voto degli emendamenti e dell'articolo. Alcuni dei nomi che lei ha letto erano prenotati sull'articolo 1.
Se invece adesso stiamo discutendo sulle forme del rinvio, io, che ero prenotata sull'articolo 1, ritiro la mia richiesta di prenotazione.
Era solo collaborativo: basta chiarire se quelli che chiedono la parola la chiedono per concludere la discussione (versione Cattaneo), o per commentare l'apertura della discussione in Commissione.
Punto. Era collaborativo.



PRESIDENTE

La ringrazio della collaborazione.
Le ultime richieste, diciamo dal Consigliere Pedrale in avanti, quindi dei colleghi Reschigna, Motta e Ronzani, non sono sulla vecchia discussione, ma sul nuovo ordinamento.
Se non ci sono altre richieste sull'ordine dei lavori, do la parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Solo per dire, Presidente, che il collega Ronzani ritira la sua richiesta di intervento e che questo Gruppo è d'accordo sulla proposta illustrata di sospensione dell'esame del provvedimento in Consiglio e dell'approfondimento in sede di IV Commissione, con i tempi assegnati alla Commissione, così come indicati dal Presidente Cattaneo.
A questo punto, quindi, inviterei i colleghi a non "incasinarci" ulteriormente.



PRESIDENTE

Mi sembra che ci sia condivisione dopo questo intervento del Consigliere...



(Commenti del Consigliere Motta Massimiliano)



PRESIDENTE

No. Perfetto.
Ringrazio il collega Ronzani di aver ritirato...
Ha chiesto la parola la Consigliera Montaruli.
Chi ha ancora intenzione di intervenire? La collega Montaruli e poi il collega Negro.
La parola alla Consigliera Montaruli.



MONTARULI Augusta

Grazie, Presidente.
Nello spirito dei promotori di questa legge c'era quello di trovare una più ampia convergenza, al fine (come avevo già illustrato nella discussione generale del testo di legge) di uscire da quei due schieramenti barricadieri che vorrebbero vedere due tesi contrapposte nell'affrontare il problema della sordità. Vi è più una contrapposizione netta, invece, di un'analisi serena di quante sono le fattispecie che coinvolgono questo tipo di disabilità.
La richiesta di presentare questo progetto di legge in IV Commissione era già stata avanzata in VI Commissione; questo ce lo dobbiamo dire per onor del vero, perché in VI Commissione questa richiesta era stata formalmente respinta dalla Commissione stessa. Il motivo è che questo disegno di legge non ha nulla a che fare con l'impianto che invece si avvicina al problema della sordità, che cerca di risolvere il problema della sordità, ma da un punto vista sanitario e non rispetto ad altri profili, come questo progetto di legge affronta.
Proprio per il fatto che sono promotrice di questo progetto di legge proprio perché ho sempre auspicato la massima convergenza, proprio perch mi sono confrontata prima con i colleghi del mio Gruppo, proprio perché mi sono confrontata anche con i colleghi di altri Gruppi, che comunque hanno capito il senso di questo progetto di legge, proprio perché voglio difendere il principio per il quale noi non siamo chiamati in quest'Aula a difendere o a spalleggiare una fazione piuttosto che un'altra, ma siamo chiamati in qualità di legislatori a difendere un principio, quello della libertà di come affrontare il problema della sordità una volta che questo è stato dichiarato.
Per tutte queste ragioni, a fronte della richiesta della Consigliera Spagnuolo, sono aperta a tornare in IV Commissione dichiarando però, fin da adesso, che la IV Commissione non è competente per fare una valutazione una modifica di questo progetto di legge. Infatti, mi opporrò alle modifiche di questo progetto di legge, perché quella Commissione non è competente.
Nel caso in cui si volesse approfondire nuovamente tale progetto di legge, per correttezza, si dovrebbe tornare in VI Commissione o dare la voce all'Aula: penso sia questa la cosa più corretta. Tuttavia, poiché non voglio che si dica che non c'è stato il tentativo da parte nostra di cercare di superare l'ultimo, spero, ultimissimo scoglio nei confronti di questo progetto di legge, sono assolutamente favorevole, consapevole per che stiamo compiendo un errore tecnico.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Motta Massimiliano.



MOTTA Massimiliano

Grazie, Presidente.
Avevo piacere che intervenisse prima la proponente del disegno di legge, visto il ruolo che riveste.
Credo si stia compiendo un errore tecnico rinviando in Commissione un progetto già arrivato in Aula, dove i Consiglieri hanno la garanzia di poter apportare modifiche. Non so se voteremo questa proposta oppure no, ma qualora fosse portata in votazione il mio voto sarà contrario rispetto al rinvio in Commissione.



PRESIDENTE

Grazie, collega Motta.
La parola al Consigliere Negro.



NEGRO Giovanni

Grazie, Presidente.
Non entro nel merito della questione e condivido alcuni interventi compreso quello del collega Goffi.
Mi dispiace che la Consigliera Montaruli dica che vi è un problema tecnico. A mio avviso, questo progetto di legge intanto promuove la conoscenza della lingua dei segni, che ritengo sia importante; da profano penso però sia altrettanto importante, se non di più, l'impianto cocleare.
Queste due cose devono camminare insieme.
Come è già stato anticipato, come Gruppo, accettiamo convintamente la proposta del Presidente Cattaneo di rinviare il provvedimento in IV Commissione sotto la Presidenza della Consigliera Spagnuolo. Ritengo non ci sia un'altra Commissione più competente di questa per discutere, rivedere e modificare alcuni aspetti.
Ritengo non sia il caso di porre in votazione questo progetto di legge oggi. Come Gruppo, essendo d'accordo con quanto dichiarato dal Consigliere Reschigna, accettiamo la proposta di rinviarlo in Commissione il più presto possibile per poi riportarlo in Aula.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega Negro.
La parola al Consigliere Buquicchio.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Qualora sia ancora valida la lista precedente di prenotazione, rinuncio a quell'altro intervento.
Intervengo, invece, su questa questione per tranquillizzare, in un certo senso, i colleghi proponenti su due aspetti. Anzitutto - da un confronto con il collega Ronzani - non si tratta di una sospensione, ma soltanto di un rinvio temporaneo per approfondimenti in IV Commissione quindi, il provvedimento resta iscritto ai lavori dell'Aula.
Inoltre, non è vero che non serve a nulla - lo dico ai Consiglieri Carossa e Montaruli - perché su questo argomento, molti colleghi che oggi non sarebbero pronti a votare, magari esprimendo un voto favorevole desiderano che i due argomenti, la promozione della lingua dei segni e le iniziative che oggi sono meno promosse e meno garantite in ambito sanitario, anche se non penso siano meno sentite, vadano di pari passo. Non penso si debba modificare il provvedimento, ma magari un approfondimento in IV Commissione e un chiarimento su quell'argomento permetterebbe a coloro che oggi non si sentono pronti ad esprimere un voto positivo di essere più propensi in tal senso.
Sull'argomento, ribadisco quello che ho sempre detto e cioè che l'iniziativa, per quanto incompleta o parziale, mi sembra un'iniziativa di fronte alla quale non si possa negare un voto favorevole.
Ripeto, sono favorevole a questo rinvio in IV Commissione, non perch penso che possa modificare il provvedimento di legge, ma perché pu garantire a quanti oggi esprimono perplessità qualche elemento in più per un voto favorevole.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Toselli; ne ha facoltà.



TOSELLI Francesco

Grazie, Presidente.
Mi sfugge un fatto.
Dobbiamo parlaci in modo chiaro: si decide che questo provvedimento va in IV Commissione. Allora, mi sorge spontanea una domanda: visto che siamo entrati nel merito in sede della VI Commissione e in Aula - anche oggi siamo entrati nel merito - i componenti della IV Commissione hanno intenzione di rinviare questo provvedimento in Commissione per tenerlo fermo oppure...



(Commenti in aula)



TOSELLI Francesco

TOSELLI Francesco



TOSELLI Francesco

Abbiate pazienza! Oppure entra nella IV Commissione domani mattina e domani a pranzo esce?



(Commenti in aula)



TOSELLI Francesco

Allora chissà quando esce dalla IV Commissione! Per quel poco della mia esperienza, i provvedimenti rinviati in altre Commissioni vengono licenziati quando possibile. Allora, è meglio che ce lo diciamo subito, tanto per essere chiari.
Se lo rimandiamo in IV Commissione - sono convinto che la Presidente ovviamente, oltre ad entrare nel merito, ci inviterà ad accelerare i tempi e a fare in modo che dalla IV Commissione possa ritornare velocemente in Aula - quali problemi hanno i Commissari a licenziarlo nella stessa mattinata? Se rimane lì, qualcuno si dovrà assumere le responsabilità.
Allora, chiariamolo immediatamente, diciamo che va in IV Commissione e svolgiamo una seduta di approfondimento: entra alle ore 9.30, con la convocazione della IV Commissione, ed esce alle ore 13, così risolviamo tutti i problemi, nel senso che ce lo ritroviamo in Aula. Allora, siamo stati corretti. Invece, se lo trasmettiamo alla IV Commissione e non sappiamo neanche dirci fra di noi quando lo facciamo uscire dalla IV Commissione, allora ci stiamo anche prendendo un po' in giro!



PRESIDENTE

Grazie, collega.
Colleghi, a questo punto - per cortesia - se c'è una condivisione unanime, si sospende l'esame del provvedimento per un approfondimento in IV Commissione, per la durata di 15 giorni.
Se non c'è una condivisione unanime e mi sembra di aver compreso da alcuni interventi che non ci sia una condivisione....



(Commenti del Consigliere Toselli)



PRESIDENTE

Sono stati più interventi, collega Toselli.
A quel punto, la strada è una sola: in base all'articolo 88, votare se rinviare in Commissione, sempre per un periodo di 15 giorni. Se non passa rimane in Aula, va da sé.
Colleghi, pongo in votazione - non c'è la condivisione unanime dell'Aula circa la sospensione - il rinvio in IV Commissione del provvedimento.



(Commenti in aula)



PRESIDENTE

Scusate.
Prego, colleghi, non c'è problema.
Prima darò la parola al Consigliere Bono, perché non ho inteso cosa ha detto; seguirà l'intervento del Consigliere Ronzani.
La parola al Consigliere Bono.



BONO Davide

Presidente, intervengo solo per richiedere l'appello nominale.



PRESIDENTE

Certamente, la votazione sarà effettuata per appello nominale.
Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Vorrei che fosse chiara una questione: c'è una differenza sostanziale lo dico ai colleghi della maggioranza - tra sospensione e rinvio in Commissione. È chiaro qual è il problema? Se voi insistete per il rinvio, una volta che va in Commissione con il rinvio, da lì non so quando esce. È chiaro qual è il problema? Se, invece, sospendiamo l'esame del provvedimento, sulla base dell'assunto deciso dal Presidente, il provvedimento rimane iscritto ai lavori dell'Aula e va in Commissione. La Commissione ha tempo 15 giorni poi ritorna in Aula. Vorrei che fosse chiara questa differenza. Punto.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola la Consigliera Spagnuolo; ne ha facoltà.



SPAGNUOLO Carla

Allora, ho avanzato questa proposta avendo ascoltato gli interventi dell'Aula, che mi risulta essere sovrana relativamente alla discussione delle leggi, a maggiore ragione quando - mi collego a quanto ha detto il collega Franco Botta - i Gruppi, eventualmente, non hanno discusso, quindi l'Aula è assolutamente sovrana. In quest'Aula avremo fatto centinaia di sospensioni del provvedimento, che rimane iscritto all'o.d.g. e fa un passaggio in IV Commissione, per affrontare i problemi che i colleghi - i quali l'hanno già posto in quest'Aula - vogliono affrontare.
In quest'Aula, ci sono state migliaia di assegnazioni a carattere congiunto, ma non è questo il caso, nel senso che ho chiesto all'Aula - per la verità, era un'opinione - che il provvedimento rimanesse iscritto all'o.d.g., che avesse una sospensione nella discussione odierna e che ci fosse un passaggio, che non ipotizzavo di 15 giorni. Infatti, entro otto giorni, la IV Commissione si può riunire ed esprimere un approfondimento su questo testo; dopodiché, il testo torna in Aula e prosegue il suo iter.
tutto normale, permettetemi, visto che, tanto, il mio modo di essere viene criticato come banale.
Faccio anche presente che uno dei principi che vengono spiegati nelle prime settimane di corso alla Facoltà di Giurisprudenza riguarda i provvedimenti legislativi, i quali vengono redatti in un certo modo dal proponente e nel momento in cui prendono corpo cambiano rispetto alla fonte legislativa. Per cui, in quest'Aula sta avvenendo un fatto assolutamente normale, cioè che un provvedimento, che è nato con determinate caratteristiche, nello sviluppo della sua discussione, per emendamenti presentati - nessuno da me - possa acquisire profili che non sono stati esaminati, ma che esistono e sono sacrosanti. Sono sacrosanti in quest'Aula anche alla luce di un principio di base della giurisprudenza: le leggi e le proposte di legge acquisiscono una loro caratteristica autonoma a prescindere dai presentatori o dai legislatori proponenti. Per cui, con queste caratteristiche si procede ad un approfondimento.
In IV Commissione è stata presentata una proposta di legge sui piatti tipici, che ritengo un argomento un po' più distante rispetto ad una problematica di questa natura, per come si è evoluta, non per come è stata presentata.
Quindi, spero di avere ribadito - mi rivolgo in particolare ad alcuni colleghi, per gli interventi che ho ascoltato - una proposta, che non è per perdere tempo, ma per approfondire nelle sedi idonee tutti i profili di questo provvedimento.
Per quanto riguarda la Presidenza della IV Commissione, mi impegno nell'arco di otto-dieci giorni al massimo, a tornare in Aula. Pertanto, la questione può essere considerata assolutamente legittima, altrimenti sarebbe sufficiente l'esame in Commissione e non servirebbe l'esame in Aula.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliera.
Il collega Stara aveva chiesto di intervenire.



(Commenti del Consigliere Stara)



PRESIDENTE

Il collega Stara non interviene; grazie per la precisazione.
Colleghi, cerco di addivenire ad una sintesi.
Diversi interventi hanno seguito il solco di quanto concordato, cioè una sospensione per un approfondimento; invece, ci sono stati alcuni interventi di segno opposto.
Ribadisco che la sospensione è possibile se c'è la condivisione unanime dell'Aula; altrimenti, in base all'articolo 88, occorre procedere alla votazione. Se viene approvata, ritorna in Commissione, con l'impegno, entro 15 giorni, a riportarlo in Aula; in caso di non approvazione, il provvedimento rimane in Aula e non sospeso.
Ha chiesto la parola il Consigliere Goffi; ne ha facoltà.



GOFFI Alberto

Lo ha già detto lei in modo assolutamente puntuale. Avendo sentito il collega Botta Franco Maria richiedere la votazione, perché mancava un approfondimento, magari, si chieda a tutti coloro che l'hanno richiesta di ritirarla.



PRESIDENTE

Grazie, collega. "Repetita juventus", come diceva un mio amico...
L'avevo chiesto prima e quindi grazie anche a lei, Consigliere Stara.
Riprendo la domanda: i colleghi che si sono espressi in maniera difforme alla sospensione mantengono la loro richiesta? Ha chiesto la parola il Consigliere Botta Franco Maria; ne ha facoltà.



BOTTA Franco Maria

No, la ritiro.



PRESIDENTE

Colleghi, a questo punto, con la condivisione dell'Aula, si sospende l'esame del provvedimento per un approfondimento degli emendamenti in IV Commissione; il testo sarà nuovamente trattato il Aula il 24 luglio prossimo.
Ringrazio tutti i colleghi per i contributi che hanno dato, serviti a trovare quella sintesi che era il nostro obiettivo. Possiamo dunque passare al successivo punto all'o.d.g.


Argomento: Urbanistica (piani territoriali, piani di recupero, centri storici

Esame disegno di legge n. 153, inerente a "Nuove modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo)"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del disegno di legge n. 153, inerente a "Nuove modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 (Tutela ed uso del suolo)", di cui al punto 7) all'o.d.g.
Relatore di maggioranza è il Consigliere Botta Franco Maria e relatori di minoranza sono i Consiglieri Reschigna, Bono e Stara.
Ha facoltà di intervenire il Consigliere Botta Franco Maria; ne ha facoltà.



BOTTA Franco Maria, relatore

Grazie, Presidente.
Innanzitutto desidero ringraziare la Giunta regionale, e in modo particolare il Vicepresidente e Assessore all'Urbanistica Cavallera, e tutti i colleghi che hanno seguito con attenzione in II Commissione i lavori del disegno di legge n. 153.
Il disegno di legge che oggi l'Aula è chiamata ad esaminare è volto a modificare e aggiornare al mutato quadro normativo e istituzionale la storica legge n. 56 del 1977, già rivista e modificata numerose volte negli anni, senza peraltro intaccarne struttura e finalità. Nelle ultime legislature vi sono stati diversi tentativi - e chi parla ne è testimone essendo persona informata sui fatti -, proposti dalle differenti forze politiche presenti in Consiglio, di riforma integrale della Legge urbanistica regionale, nel tentativo di superare la legge vigente con nuovi testi di ultima generazione, pur in assenza di una disciplina quadro nazionale, la famosa legge n. 1150/42 ad oggi tuttora vigente. Tali tentativi, però - come ricorderanno molti dei Consiglieri che erano presenti nelle passate legislature - non sono riusciti a concludere l'iter legislativo, in quanto rimasti giacenti all'esame della Commissione o seppur licenziati, non sono stati alla fine approvati dal Consiglio regionale.
Proprio per questa ragione e sulla scorta di queste esperienze di riforme mancate, con il disegno di legge in esame si è scelto di seguire una strada diversa, abbandonando l'ipotesi di riformare in toto la normativa urbanistica vigente e la relativa struttura e gerarchia degli strumenti attualmente in uso, preferendo invece intervenire sulla legge n.
56, modificandone gli aspetti tecnici e procedurali e attribuendo alla titolarità diretta di Provincia e Comune la procedura di approvazione dei propri strumenti urbanistico-territoriali.
L'attribuzione a Province e Comuni della titolarità di approvazione dei propri atti di pianificazione conclude, in linea con il principio di sussidiarietà, il processo intrapreso negli scorsi anni per il riconoscimento dell'autonomia degli Enti locali nella gestione dei processi di governo del territorio. Per i Comuni, l'approvazione di ogni atto, non semplicemente manutentivo o attuativo del Piano regolatore generale avviene attraverso il ricorso alle Conferenze di co-pianificazione e valutazione introdotte in via sperimentale dalla legge regionale n. 1/2007 che ha innovato le procedure di formazione e approvazione di alcune tipologie di varianti strutturali ai Piani regolatori generali.
Il principale obiettivo ispiratore del provvedimento in esame è riassumibile nella semplificazione, con l'intento di eliminare istituti e strumenti non più corrispondenti alle esigenze attuali, a favore dell'introduzione di nuovi strumenti e pratiche quali la perequazione urbanistica territoriale, al fine di contenere e disciplinare i tempi entro cui le varie fasi devono essere espletate. La questione dei tempi procedurali e della loro certezza nella gestione dell'urbanistica costituisce infatti uno dei requisiti essenziali per promuovere iniziative e investimenti degli operatori nella salvaguardia dell'interesse pubblico.
La semplificazione si accompagna, insieme alla certezza dei tempi nelle procedure urbanistiche, alla burocratizzazione e modernizzazione dell'attività amministrativo-urbanistica, con l'obiettivo di arrivare rapidamente all'"urbanistica senza carta" e al passaggio integrale alle procedure informatizzate.
Altro principio ispiratore da segnalare è la volontà di disciplinare in modo coordinato aspetti tematici differenti e in particolare di raccordare aspetti normativi più strettamente attinenti all'assetto del territorio e all'urbanistica tradizionalmente intesi con le normative paesaggistico ambientali e della difesa del suolo, in un contesto più ampio di governo del territorio in ossequio all'art. 117, comma 3, della Costituzione, che attribuisce tale materia alla potestà legislativa concorrente delle Regioni.
Le principali finalità e priorità del testo riguardano l'aggiornamento del quadro di riferimento della pianificazione territoriale e paesaggistica; la modifica del sistema di formazione e approvazione degli strumenti della pianificazione provinciale, riconoscendo alla Provincia stessa la titolarità all'approvazione del Piano; l'affermazione dell'istituto della co-pianificazione quale strumento ordinario e non più sperimentale, esteso all'intero sistema della pianificazione urbanistica la conferma del ruolo centrale del Piano regolatore generale come strumento unitario di governo del territorio alla scala locale; il riconoscimento dei processi di variante semplificata agli strumenti urbanistici derivanti da norme e discipline statali o regionali speciali; l'introduzione di nuovi strumenti definiti, come accordi territoriali e accordi di pianificazione per la condivisione e la concertazione delle scelte e delle politiche urbanistico-territoriali; l'introduzione dei principi della perequazione territoriale urbanistica, quali strumenti dell'operatività della pianificazione; il coordinamento della valutazione ambientale strategica (VAS) nelle procedure di pianificazione, assicurando unitarietà e semplificazione dell'iter complessivo; il coordinamento con le procedure per la tutela idrogeologica e sismica del territorio; l'eliminazione dei riferimenti al regime attuativo delle trasformazioni edilizie in contrasto con la normativa nazionale.
Il provvedimento, rubricato con il n. 153, è stato assegnato all'esame in sede referente della II Commissione consiliare il 18 luglio 2011, quindi apro una parentesi - in tempi abbastanza rapidi rispetto ai tentativi delle passate legislature, quando i provvedimenti rimanevano in Commissione molto più a lungo.
Si sono svolte ampie consultazioni con gli Enti e le Associazioni interessate alla materia. Nel corso del dibattito, che ha impegnato la Commissione per 17 sedute, sono stati esaminati complessivamente 496 emendamenti, presentati dalle diverse forze politiche. Sono state quindi apportate numerose modifiche al disegno di legge inizialmente presentato dalla Giunta regionale e il testo è stato licenziato a maggioranza nella seduta del 27 giugno 2012. Il disegno di legge, di cui si chiede all'Aula consiliare la sollecita approvazione, risulta ora composto da 85 articoli.
In merito all'articolato, in sintesi, desidero segnalare quanto segue.
Ai primi due articoli vengono individuati i soggetti della pianificazione e gli strumenti di pianificazione per l'organizzazione e la disciplina d'uso del territorio a livello regionale, provinciale, metropolitano e comunale.
All'articolo 3 bis della legge regionale n. 56/77 s'introduce la procedura di VAS nel processo di pianificazione territoriale, prevedendo che gli strumenti di pianificazione e le loro varianti garantiscano che le scelte di governo del territorio in essi contenute siano indirizzate alla sostenibilità ambientale, valutandone gli effetti ambientali producibili dalle azioni in progetto, in relazione agli aspetti territoriali, sociali ed economici, tenuto conto delle analisi delle alternative, alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del Piano.
Gli articoli dal 4 al 20 del disegno di legge n. 153, modificano il Titolo II della legge regionale n. 56/77. In essi sono normati i contenuti e le procedure di approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica, in particolare: il Piano Territoriale Regionale (PTR), il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) o il Piano Territoriale Regionale con specifica considerazione dei valori paesaggistici, i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP) formati dalle Province, il Piano Territoriale di Coordinamento della Città Metropolitana (PTCM), formato dalla città metropolitana, nonché i Progetti Territoriali Operativi (PTO).
Con riferimento alla pianificazione di livello provinciale, in un'ottica di semplificazione complessiva dell'iter di approvazione, si è riconosciuta la competenza all'approvazione in capo alla Provincia stessa.
Gli articoli dal 21 al 33, relativi alla pianificazione urbanistica di livello comunale, hanno esteso l'istituto della copianificazione a tutti gli strumenti urbanistici, mantenendo tuttavia le vigenti procedure con esclusiva competenza comunale, nel caso di alcune tipologie di strumenti come le varianti parziali.
stata introdotta una disciplina organica per le cosiddette varianti semplificate, connesse a normative speciali e a strumenti di programmazione negoziata.
stato disciplinato l'istituto della perequazione urbanistica, al fine di evitare le disparità di trattamento tra proprietà immobiliari ricercare l'indifferenza della proprietà nei confronti delle scelte del Piano e perseguire la certezza nella realizzazione delle urbanizzazioni e dei servizi pubblici.
Si è, altresì, prevista la possibilità di sperimentare, a partire dalle specificità locali, nuove pratiche pianificatorie nell'elaborazione del Piano Regolatore Generale, articolandolo nelle componenti strutturale e operativa.
Si è inserito, nell'articolato della legge regionale n. 56/77, un nuovo Titolo III bis, comprensivo degli articoli 19 bis, 19 ter e 19 quater, al fine di promuovere pratiche concertate nella pianificazione di livello sovracomunale locale, attraverso l'istituto della perequazione territoriale e attraverso accordi territoriali di pianificazione tra gli enti, per dare attuazione alle scelte strategiche di livello sovracomunale o anche soltanto per realizzare migliori condizioni operative per la pianificazione urbanistica relativa a singoli Comuni o ambiti.
Gli articoli dal 35 al 45 apportano modifiche al Titolo IV della legge regionale n. 56/77, relativo alla formazione del PRG, aggiornando le disposizioni regionali al sopravvenuto quadro normativo nazionale e inserendo un nuovo articolo 30 bis, in materia di difesa del suolo.
Gli articoli dal 46 al 57 intervengono con modifiche alle disposizioni contenute nel Titolo V della legge regionale n. 56/77, in merito agli strumenti urbanistici esecutivi volti a dare attuazione al PRG e alle relative procedure di formazione e produzione.
Gli articoli dal 58 al 65 novellano le norme del Titolo VI della legge regionale n. 56/77, riguardando il controllo delle modificazioni dell'uso del suolo, adeguando principalmente la legge regionale alla disciplina nazionale in materia edilizia e relativi titoli abilitativi, contenuti nel Testo Unico n. 380 del 2001.
Gli articoli dal 66 al 77 modificano, infine, le disposizioni relative alle norme della legge regionale n. 56/77 sulla vigilanza (Titolo VII) sugli organi tecnici e consultivi (Titolo IX) e sulla normativa di carattere transitorio finale (Titolo X).
Gli articoli dal 78 all'82, invece, intervengono a novellare le norme in materia di urbanistica edilizia contenute in diverse leggi regionali, in modo da aggiornare il quadro normativo di riferimento.
In particolare, si richiama l'attenzione sull'articolo 82, che modifica la legge regionale n. 20 del 2009, il cosiddetto Piano casa, prorogando il termine per l'applicazione delle misure straordinarie in deroga al sostegno dell'edilizia, intervenendo sui titoli abilitativi, sugli interventi per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, nonch sulla sicurezza per l'esecuzione dei lavori in copertura.
Infine, gli articoli dall'83 all'85 contengono disposizioni di carattere attuativo transitorio e abrogativo.
Presidente, in conclusione voglio ricordare operativamente quali sono i numeri in Piemonte relativi all'urbanistica: si tratta di grandi numeri.
Perché parliamo di grandi numeri? Intanto, per il numero dei Comuni piemontesi, che sono - come tutti sanno - ben 1.206, su un totale di 8.094 Comuni di tutte le regioni italiane. Un dato, come confronto: l'Emilia Romagna si articola in 348 Comuni, mentre in Calabria i Comuni sono 408.
Inoltre, per la piccolezza dei nostri Comuni: solo 41 superano i 15 mila abitanti, accedendo quindi al sistema elettorale del doppio turno. I Comuni con meno di 1.000 abitanti, per i quali la manovra di agosto del 2011 ha imposto l'obbligo di gestire in forma associata tutte le loro funzioni a partire dal 2012/2013, secondo le scadenze degli attuali Consigli, sono ben 597 su 1.206, anche se si raccolgono solo 282.623 abitanti, pari al 6,84% dei 4.457.335 piemontesi, al 31 dicembre 2010.
Ancora, perché tutti i Comuni del Piemonte (meno tre) hanno il loro Piano Regolatore, così come tutte le Province hanno il loro Piano Territoriale (meno uno, in corso di ultimazione); perché i Comuni piemontesi mantengono costantemente aggiornati i propri Piani con un continuo processo di varianti. Ad oggi, contiamo circa 300 varianti (chiamiamole maggiori) approvate di concerto tra Regione, Provincia e Comune, e oltre 6.000 varianti (chiamiamole minori) demandate per l'approvazione ai soli Comuni, previa verifica delle Province.
Inoltre, vanno considerati gli innumerevoli Piani attuativi proposti dai privati per attuare gli interventi di maggiore importanza: almeno 20 mila in tutto il Piemonte.
Sempre parlando di numeri, ad alimentare questo vasto insieme di Piani provvede un esercito di almeno 10.000 professionisti che si occupano di urbanistica, sia negli uffici tecnici comunali sia a livello di incarichi privati.
Come si vede, dunque, l'urbanistica piemontese è un fenomeno di massa e, pertanto, deve essere trattato come tale, con estrema attenzione a semplificare le procedure, alzando, nel contempo, la qualità dei Piani.
In conclusione, avendo fornito questi numeri e con i dati di cui disponiamo, oggi un Piano regolatore di tipo tradizionale, formato ed approvato ai sensi dell'attuale legge regionale n. 56/77, anche per la complessità dovuta alle discipline extraurbanistiche (difesa del suolo ambiente, inquinamento acustico, valutazione di impatto ambientale, e così via), richiede quattro o cinque anni per la definizione tecnica presso il Comune e almeno due anni per l'approvazione regionale.
Il risultato è che molti Piani nascono vecchi e innescano subito un complesso e costoso processo di varianti.
Un Piano regolatore di tipo nuovo, che auspichiamo nascerà con la riforma della legge urbanistica piemontese, nasce completo in due anni attraverso un lavoro di stretta collaborazione tra il Comune proponente, la Regione e la Provincia.
molto importante anche la differenza d'approccio tra il sistema tradizionale ed il sistema nuovo, per approvare i Piani regolatori.
Con il sistema tradizionale, il rapporto tra Regione e Comune era più di tipo burocratico; con il nuovo sistema, invece, si lavora insieme costruendo un risultato condiviso.
Conclusione veramente definitiva. Noi ci auguriamo con questo che i tempi si dimezzino di tre volte e che quindi il Piano regolatore nascerà giovane e adatto alla realtà di oggi.



PRESIDENTE

Consigliere Reschigna, intende intervenire?



RESCHIGNA Aldo, relatore

Aveva dei dubbi che intervenissi?



PRESIDENTE

Lo vedevo tentennante.



RESCHIGNA Aldo, relatore

Ero e sono molto tentennate perché voglio richiamare l'attenzione dell'Aula su un punto. Stiamo leggendo le relazioni su un provvedimento non secondario e in Aula sono presenti 23 Consiglieri. Da quando il Consigliere Botta ha iniziato la sua relazione, si sono sempre visti Consiglieri regionali uscire dall'Aula e non per andare alla buvette. Lo dico perch non guadagniamo molto tempo facendo le relazioni in questo modo. Io la leggo, perché è mio dovere farlo, cercando di anticipare, in questa relazione, quali sono gli elementi di criticità che noi riconosciamo all'interno del disegno di legge.
Credo che ci sia un dovere di fondo che appartiene a ciascuno di noi.
Per la prima considerazione, parto da una riflessione che ha posto all'inizio del suo intervento il relatore di maggioranza.
Nel corso delle ultime legislature regionali il Piemonte ha cercato ripetutamente, di dotarsi di una legge di governo del territorio di nuova generazione, cosa che hanno fatto tutte le amministrazioni regionali in giro per l'Italia sia di centrodestra sia di centrosinistra. Anzi, in alcune amministrazioni regionali sono a legislazioni di governo del territorio di seconda o di terza generazione. Per il Piemonte, questo è un fatto rivoluzionario. Credo che neanche in questa legislatura regionale noi doteremo il Piemonte di un legge sul governo del territorio. Ancora una volta il legislatore piemontese è impegnato in un'operazione, questa volta molto più ampia di altre, di manutenzione della legge regionale n. 56, la legge urbanistica. Questa volta, con un intervento di manutenzione assolutamente consistente come il numero degli articoli che compongono il disegno di legge, rappresenta anche fisicamente.
Quali sono, dal mio punto di vista, i problemi che avevamo e abbiamo ancora oggi di fronte? Abbiamo un problema cui certamente il disegno di legge dà una risposa positiva, che è quello di individuare un meccanismo che consenta un accorciamento dei tempi, di predisposizione e di approvazione di uno strumento urbanistico generale. In questo disegno di legge dà una risposta convincente, recuperando l'esperienza introdotta nella precedente legislatura regionale delle Conferenze di copianificazione sulle varianti strutturali, così come sono state definite dalla legge regionale n. 1.
Noi ci riconosciamo su questo tipo di impostazione e crediamo che in questo momento, anche per effetto della riforma del Titolo V della Costituzione, cambiano i ruoli e i soggetti in campo. Non è più possibile un ruolo e un atteggiamento di controllo da parte dell'amministrazione regionale, occorre puntare a fare in modo che i tre soggetti fondamentali il Comune sulla pianificazione locale, le Province o le aree vaste sulla pianificazione di area vasta territoriale e la Regione - lavorino sul piano della costruzione di strumenti di intervento sul territorio che abbiano una coerenza fondamentale tra di loro.
Quali sono, invece, i problemi irrisolti? Ci sono altre questioni che noi abbiamo sottoposto durante il dibattito nella Commissione che recuperiamo, positivamente, all'interno del disegno di legge: l'introduzione, nello stesso procedimento di predisposizione dello strumento urbanistico, della fase valutativa; l'introduzione nella legislazione piemontese della perequazione urbanistica; l'introduzione nella legislazione piemontese del tema della perequazione territoriale.
Questi sono elementi certamente importanti e positivi che noi riconosciamo all'interno del disegno di legge. Quali, invece, sono, dal nostro punto di vista, i problemi? Noi avevamo un problema di accorciamento dei tempi cui il disegno di legge da una risposta, accorciamento dei tempi durante la fase di predisposizione, formazione e approvazione dei Piani regolatori.
Abbiamo un altro problema fondamentale. Nelle nostre Regioni, e il Piemonte non è una regione distante e diversa dalle altre Regioni, a fronte di una situazione di grande difficoltà economica, negli ultimi dieci anni si è consumato una quantità di suolo sproporzionata rispetto alle esigenze della popolazione residente e della vita economica della nostra regione.
Questo disegno di legge dà una risposta timida, riaffermando una questione di principio che non incide nella dimensione dei fatti che stanno avvenendo ancora oggi in un momento in cui vi è un blocco demografico e un blocco della vita economica della nostra regione. Ancora oggi si vive questo tipo di condizione.
Secondo elemento forte. Attenzione, la crisi economica consegna a ciascuna delle nostre città e, complessivamente, al territorio piemontese una quantità di aree appartenenti alla rivoluzione industriale storica che ha attraversato questa regione. Aree industriali dismesse che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono collocate all'interno dei centri urbani e dei perimetri abitati.
Questo è il tema fondamentale. Noi cercheremo, durante il dibattito in Aula, di proporre, anche con soluzioni nuove rispetto al dibattito che abbiamo vissuto in Commissione, l'esigenza che ci sia un forte e chiaro indirizzo a livello della legislazione piemontese circa il fatto che non possiamo più permetterci di consumare nuovo suolo, a fronte di una disponibilità di suolo da riconvertire quale quello che la crisi economica ci consegna.
Il terzo elemento, la terza riflessione. Noi consideriamo un elemento non condivisibile all'interno di questo disegno di legge, perché ci propone un modello vecchio, concepito su una dimensione, quale quella della pianificazione locale rappresentato dal Piano regolatore, che anche con gli interventi forti di manutenzione che opera questo disegno di legge, ci rappresenta una visione molto statica delle politiche territoriali. Noi abbiamo bisogno, invece, che in questo momento e in questo periodo, le politiche territoriali siano governate da strumenti che contengano al loro interno una dimensione dinamica.
Per avere una dimensione dinamica occorre, sostanzialmente e innanzitutto, che la strumentazione urbanistica a livello locale abbia la capacità di individuare quali sono gli elementi non modificabili nel tempo e quali debbano essere gli elementi che possono essere modificati nel corso del tempo.
Il disegno di legge della Giunta regionale e l'attività emendativa operata dalla Giunta regionale tenta di introdurre, in un articolo, una parte di sperimentazione nella nostra regione nella quale, sostanzialmente i Comuni possono scegliere se affrontare il tema della pianificazione locale tra vecchi strumenti, quale quello del Piano regolatore generale, o attraverso una fase di sperimentazione cui sono arrivate tutte le Regioni d'Italia, che, nel concepire una dimensione strutturale, aggiungono una dimensione operativa alla pianificazione locale. Quella strutturale è capace di individuare i fatti da salvaguardare e da preservare nel tempo quella operativa è capace di accompagnare il tema della trasformazione economica che sta investendo con grande forza ogni comunità locale.
Ma così com'è proposta all'interno del disegno di legge, la possibilità in capo alle Amministrazioni locali di poter optare per l'uno o per l'altro tipo di atteggiamento crea indubbiamente confusione.
Pertanto, concentreremo la nostra attività emendativa anche su quest'elemento.
La quarta considerazione: nell'ultima fase, la discussione in sede di II Commissione sugli articoli del disegno di legge si è accompagnata al lavoro svolto all'interno della Commissione d'inchiesta sulla gestione urbanistica nella nostra regione, presieduta dal collega Buquicchio.
Cosa emerge, sostanzialmente, all'interno dei lavori di questa Commissione? Emerge che in Piemonte, negli ultimi dieci anni, la pianificazione locale è una pianificazione che si fonda sull'utilizzo delle varianti parziali e che l'utilizzo delle varianti parziali è stato uno strumento impiegato molto spesso dalla stragrande maggioranza dei Comuni piemontesi in un atteggiamento di grande forzatura nei confronti dei limiti che la legislazione urbanistica piemontese assegna allo strumento delle varianti parziali.



PRESIDENTE

Scusi, Consigliere Reschigna.
Colleghi, abbiate pazienza!



RESCHIGNA Aldo

Non c'è problema, Presidente.
Ho visto anche alcuni colleghi della maggioranza, durante il recente dibattito in Aula sulla proroga dell'attività della Commissione d'inchiesta (mi spiace che uno di questi, il Consigliere Motta, sia andato via) denunciare questo tipo di situazione. Beh, la risposta che dà il disegno di legge è molto semplice: si ampliano gli ambiti d'intervento delle varianti parziali.
Si ampliano gli ambiti d'intervento delle varianti parziali nella misura in cui le possibilità di intervenire con le varianti parziali, in termini d'incremento della capacità insediativa o delle superfici a destinazione produttiva, riguardano anche Comuni che non hanno capacità residenziale esaurita.
Questo è un problema che proporremo nel dibattito d'Aula su tale materia.
pur vero che l'Assessore ha introdotto, nella sua attività emendativa, degli elementi tesi a restringere, teoricamente, l'ambito d'utilizzo delle varianti parziali, laddove stabilisce, in un articolo del disegno di legge, che non è possibile utilizzare varianti parziali se non prima di cinque anni dalla data di approvazione di un Piano regolatore e di una variante generale ad un Piano regolatore.
Di fronte ad un vincolo di questo genere, la conseguenza sarà che nessun Comune farà più Piani regolatori o varianti generali al Piano regolatore, perché un Comune non può permettersi, anche laddove la legge glielo consenta, di avere un blocco o un vincolo così fortemente strutturato rispetto alla propria azione e alla propria attività.
Pertanto, il giudizio che noi attribuiamo e che ho voluto esprimere, in termini riassuntivi, in questa relazione che ho offerto ai lavori d'Aula che ci impegneranno nelle prossime settimane, è un giudizio secondo cui alcune tematiche riprese dal disegno di legge sono condivisibili, ma rimane un atteggiamento di grande timidezza rispetto ad una delle questioni che consideriamo emergenziali, in questo momento.
Non possiamo preoccuparci della tutela e della preservazione del nostro territorio unicamente quando siamo in presenza di un terremoto o di un cataclisma naturale. Per qualche giorno e settimana le nostre coscienze e l'opinione pubblica si mobilitano, riscoprendo il forte consumo del suolo che in tutti questi anni è avvenuto nel nostro paese, sproporzionato rispetto all'effettivo incremento demografico ed alle necessità che l'economia piemontese e nazionale, nel suo complesso, hanno avuto.
Non possiamo - ripeto - affrontare queste tematiche sul piano di una dimensione emergenziale emotiva: dobbiamo darci degli strumenti.
In quest'ambito, le soluzioni indicate dal disegno di legge sono fortemente timide ed inadeguate, rispetto alle prospettive della nostra regione.
Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Reschigna.
La parola al secondo relatore di minoranza (in ordine alfabetico), il Consigliere Bono.
Seguirà il Consigliere Stara.
Prego, Consigliere Bono.



BONO Davide, relatore

Grazie, Presidente.
Innanzitutto, voglio fare un riferimento, un'affermazione riguardante il metodo dell'analisi del disegno di legge n. 153, che ci ha portati oggi, ad incardinare il testo, nonostante più Gruppi avessero chiesto di rinviare l'inizio della sua discussione ad una seduta successiva, poiché si tratta di un testo di legge molto corposo (28 pagine e 85 articoli), che è stato modificato molto rispetto al testo originario, presentato dalla Giunta regionale il 13 luglio 2011.
Proprio perché è stato presentato un anno fa, immagino che non ci sia una necessità impellente di discuterlo (è passato più di un anno!).
In ogni caso, ringrazio il Presidente del Consiglio che ha permesso solo di incardinare il disegno di legge, rinviando la sua discussione alla prossima settimana; discussione che sarà sicuramente lunga e corposa.
Proprio perché il testo della legge è stato modificato parecchio sarebbe importante che i Gruppi consiliari avessero a disposizione tutto il tempo possibile per studiarlo bene, maneggiarlo in maniera compiuta e corretta, per capire esattamente quali sono le modifiche apportate al testo di legge regionale n. 56/77, che, come ho detto, dal 1977 è stato modificato 33 volte (questa sarebbe la trentaquattresima).
Come è stato detto, il testo della legge avrebbe avuto bisogno di una redazione nuova, completa, proprio perché tutti riconosciamo alla legge originale il suo essere antesignano, poiché ha posto una serie di paletti e di definizioni che sono tutt'ora all'avanguardia.
ovvio che, con 33 modifiche (questa, ripeto, è la trentaquattresima) il testo è stato snaturato, perdendo un po' quell'idea d'insieme che aveva all'inizio.
Una delle modifiche più significative, tra le tante che sono state apportate, negli anni, al disegno di legge, è quella introdotta dalla legge n. 41 del 1997 (forse è stata citata anche dal relatore di maggioranza, che all'epoca era Assessore), che ha previsto le varianti parziali, cioè delle varianti semplificate, che non sono soggette al controllo della Regione e che quindi sono diretto appannaggio del Comune, poiché la Provincia controlla solo la compatibilità con i Piani territoriali di competenza (i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale o i Piani sovracomunali.
Nella riforma del 1997, introducendo le varianti parziali, si è tentato di fare proprio quello che si prova a fare oggi: introdurre la possibilità d'inserire, con le varianti parziali, un aumento della capacità insediativa residenziale, senza che la capacità insediativa evidenziata, delineata nel Piano Regolatore Generale del Comune, o intercomunale, sia esaurita.
Pertanto, si elabora un Piano regolatore del Comune in cui vengono individuate tutte le azioni in materia urbanistica, compreso il residenziale, cioè la costruzione di case per i cittadini, in seguito ad un'eventuale crescita demografica (se, ad esempio, il Comune ha 20 mila abitanti, si dice che il Piano Regolatore Generale può prevedere una costruzione di alloggi che possano accogliere fino a 25, 27 o 28 mila abitanti).
Con questa legge di modifica del 1997 si voleva introdurre la possibilità che, con le varianti parziali, si derogasse a quella che era la capacità insediativa residenziale propria del Piano regolatore.
Questa modifica allora non passò dopo una grande battaglia consiliare e per le varianti parziali passò solo la possibilità di prevedere una crescita della capacità insediativa residenziale nei Comuni sotto i 10.000 abitanti che avessero esaurito la detta capacità insediativa.
Il limite è che solo qualora il Piano regolatore generale avesse terminato quelli che erano gli spazi di crescita della città, per quanto riguarda il residenziale, solo nel caso dei Comuni sotto i 10.000 abitanti quindi quelli molto piccoli, in cui ragionevolmente si può pensare che anche un Piano regolatore generale comporti un impegno sia economico sia di competenza che spesso manca nei Comuni piccoli, quindi un esborso oneroso si poteva considerare con una variante parziale un aumento della capacità insediativa residenziale.
Cito questa proposta di modifica del 1997 per dire quello che sta succedendo oggi, cioè che è la stessa proposta del 1997 a distanza di 15 anni. Quindi, è come dire che le proposte degli esseri umani sono quasi sempre le stesse. Un famoso scrittore disse che "tutto è già stato detto tutto è già stato fatto" e forse non ci è andato molto distante.
A distanza di 15 anni viene riproposta la stessa proposta per le varianti parziali, passa nel disegno di legge licenziato e arriva oggi in Aula.
Su questo chiedo che l'Assessore in primis, che oggi è presente ad ascoltarci, ma anche tutti i colleghi facciano molta attenzione su questo punto.
Principalmente mi focalizzerò su questo punto, poi su 85 articoli ci sono diverse richieste di modifica che proporremo, alcune più importanti altre meno. Ma questo è veramente il dato principale su cui bisogna andare a focalizzarci, perché non si può pensare che andiamo in un testo di legge in cui viene mantenuto l'articolo 1 - ovvero le finalità di tutta la legge in cui si mette come fil rouge della legge la disciplina, la tutela il controllo dell'uso del suolo e gli interventi di conservazione e trasformazione del territorio, e poi nell'arco della legge, anche nel testo presentato dall'Assessore Cavallera - dove si cita l'articolo 21, cioè la limitazione e il controllo del consumo di suolo come una delle finalità precipue dei Piani regolatori comunali - andiamo a prevedere che con delle semplici varianti parziali si possa derogare al Piano regolatore comunale.
In più, si mette come pannicello caldo la possibilità di dire che non si possono utilizzare queste varianti parziali prima di cinque anni della redazione del Piano regolatore comunale. Però è facile pensare che un Comune, una volta che ha fatto un Piano regolatore comunale - anche che se c'è scritto che tendenzialmente dopo dieci anni andrebbe rivisto rivalutato ed aggiornato se del caso - nessun Comune farà più un Piano regolatore generale. Non farà più una revisione, ma dirà che con la variante parziale si può fare l'aumento della capacità insediativa residenziale.
Assessore, non so se annuisce perché mi dà ragione e quindi è ne convinto anche lei.
L'insediativo residenziale si può fare con il 4% sotto i 10.000 abitanti e il 3% tra i 10.000 e 20.000, il 2% da 20.000 a 100 mila, l'1 sopra i 100 mila. Si può fare il produttivo, il commerciale, il turistico residenziale con il 6%, il 3% e il 2%. Allora perché devo andare a fare una variante generale e una variante strutturale? Praticamente non c'è più motivazione. Faccio tante piccole varianti parziali attaccate e ho risolto tutti i problemi. Non ho più bisogno neanche di andare a scomodare la Regione con le Conferenze di copianificazione e valutazione.
Si è parlato tanto di queste Conferenze di copianificazione e si era iniziata la sperimentazione con le varianti strutturali come una grande riforma dell'urbanistica in cui la Regione si pone allo stesso livello dei Comuni e della Provincia, quindi non c'è più la Regione chioccia-mamma che controlla, prevarica l'autonomia dei Comuni e degli Enti locali.
Va benissimo. Non ho avuto il piacere di assistere ancora ad una Conferenza di copianificazione e valutazione. La Regione mantiene comunque una possibilità di veto all'interno delle Conferenze di copianificazione e valutazione, ma queste riguardano solo le varianti generali strutturali.
Le varianti parziali no. Le varianti parziali bypassano la Conferenza di copianificazione.
Quindi, se già la Regione si tira indietro rispetto a quel principio secondo me sacrosanto, di controllo dell'attività urbanistica dei Comuni con la Conferenza di copianificazione, perché è vero che si pone allo stesso livello, è vero che ha la possibilità di mettere un veto, per comunque ponendosi allo stesso livello retrocede anche un po' dalla sua attività gerarchica di controllo.
Dall'altra parte, spalanchiamo le porte delle varianti parziali, cioè con le varianti parziali si potrà fare tutto. Quindi, proprio la Regione dice: siamo impegnati, abbiamo difficoltà con il personale, abbiamo il blocco del turnover dei funzionari, quindi non abbiamo più il tempo per stare dietro a tutte le varianti strutturali, a tutte le varianti generali che 1.206 Comuni del Piemonte ci danno addosso.
Questo ragionamento l'ho capito, nel senso che c'è anche un po' questa pressione, però non si può dire che il quadro A è l'"Armageddon" in cui gli uffici regionali vengono sommersi di lavoro e quindi diventa anche difficile fare un lavoro accurato e specifico su 1.206 Comuni. E dall'altra dire: "Sapete cosa succede? Che da oggi la Regione non fa più urbanistica".
Assessore, ci deve essere una via di mezzo.
Come Gruppo - e spero che verrà seguito da altri Gruppi consiliari chiedo fortemente che venga stralciata questa parte delle varianti parziali che adesso è diventato il comma 5 e prima era il comma 7 dell'articolo 17 o quanto meno ripristinata la vecchia dicitura; quindi, che i Comuni sotto i 10.000 abitanti possono fare varianti parziali qualora abbiano esaurito la capacità insediativa residenziale.
Se proprio vogliamo mantenere - io non la condivido - questa deroga dell'attività delle varianti parziali, venga almeno inserita la valutazione della capacità insediativa residenziale esaurita.
Rispondo anche su quanto abbiamo detto in Commissione, che sarebbe soggettiva questa valutazione della capacità insediativa residenziale.
Mi sono andato a scartabellare una serie di circolari e ho trovato la n. 12/1988, in cui ci si riferiva all'introduzione delle varianti parziali del 1997.
Leggo: "Molti quesiti sono stati formulati sul calcolo della capacità insediativa residenziale teorica, perché costituisce una discriminante per identificare il tipo di variante. L'Amministrazione comunale per determinare la capacità insediativa residua di un Piano regolatore deve utilizzare i criteri medesimi e la medesima impostazione procedurale assunti per la formazione del Piano regolatore e desumibile dagli atti di progetto".
All'interno del Piano regolatore, nei vari articoli in cui c'è formazione del Piano regolatore ed elaborati da allegare, c'è la valutazione della capacità insediativa. Quindi, si fa con la stessa procedura e pertanto non penso che sia possibile pensare che sia soggettiva.
In più, dice: "Le Amministrazioni comunali devono essere in grado di monitorare lo stato di attuazione degli strumenti urbanistici, per individuare il superamento delle soglie poste dal Piano regolatore generale per le singole aree o zone territoriali per le quali sia prevista una capacità insediativa".
Ciò vuol dire che già normalmente area per area è all'interno del Piano regolatore in cui si dice che se c'è una tot capacità insediativa residenziale, le Amministrazioni comunali calcolano questa capacità.
Quindi, non è che si può dire che se la calcolano per il Piano regolatore generale, qualora si trattasse di una variante parziale diventerebbe soggettivo e non più oggettivo.
Chiediamo che questo calcolo venga messo, venga ripristinato nel testo di legge e sia oggettivabile. Poi gli Uffici troveranno il modo e si deciderà l'articolo 14 o l'articolo 15 di formazione del Piano regolatore generale, quindi risolviamo il problema.
Cerco di avviarmi alla conclusione. Ho voluto puntare molto su questo dato delle varianti parziali, perché c'è il combinato disposto di questa nuova legge e delle modifiche intervenute con il decreto presidenziale n.
380/2001 alla famosa legge discussa in Commissione, la Bucalossi, in riferimento alla quale l'Assessore sosteneva che non dipende da noi.
vero che è una legge nazionale, è quella degli oneri di urbanizzazione, però oggi viviamo in un combinato disposto - come dicevo per cui i proventi dell'urbanizzazione si possono utilizzare nella spesa corrente per fare cassa nei Comuni. A molti Comuni d'Italia, nelle difficoltà economiche in cui si trovano - non cito il capoluogo della Regione perché sarebbe come sparare sulla Croce Rossa! - a causa del Patto di stabilità, dei tagli ai trasferimenti europei, regionali, provinciali, e quant'altro, magari verrà l'idea di utilizzare uno strumento come la variante parziale, o costruire un PO senza nessuna corrispondenza con le esigenze di crescita demografica, e intascarsi gli oneri di urbanizzazione proprio perché lo prevede la legge.
Se un domani l'Assessore Cavallera diventasse Ministro - oggi le hanno detto di tutto, è passato da Assessore alla sanità a Ministro! - e cambiasse la Legge Bucalossi, garantendo che gli oneri di urbanizzazione verranno utilizzati solo per investimenti sugli standard urbanistici, noi potremmo essere più tranquilli. Ma ad oggi, con il combinato disposto delle leggi, non me la sento - non so lei, Assessore - di aprire ad una legge così tanto in deroga sulle varianti parziali.
Vado veramente a concludere, citando ancora solo due articoli importanti: l'articolo 23, per quanto riguarda la perequazione urbanistica e gli accordi tra soggetti pubblici e privati, ma mi riserverò di tornarci successivamente, in quanto ci sono alcuni passaggi che non ci sembrano chiari; e, infine, l'articolo 82, in merito al quale nutro alcuni dubbi mi spiace che non sia presente il collega Reschigna - relativamente al fatto che introduce l'articolo 14 bis nella legge n. 20/2009, "Recupero patrimonio edilizio esistente in comuni montani o collinari con popolazione inferiore a 3000 abitanti". È la norma che abbiamo inserito nell'ultima discussione in Commissione, che prevede la facoltà di demolizione e ricostruzione di quelle baite non specifiche nelle frazioni di montagna e collina: a tal riguardo, vorrei richiamare l'attenzione del proponente - il collega Reschigna - perché a proporre "demolizione e costruzione" tout court, si rischia di non salvaguardare quelle che sono le peculiarità architettoniche originarie del luogo. Ma ne parleremo ancora successivamente. Grazie, Presidente.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Stara; ne ha facoltà.



STARA Andrea, relatore

Grazie, Presidente.
Credo che si sia persa, ancora una volta, un'importante occasione nella scorsa legislatura. Dopo un percorso lungo e laborioso in Commissione questa volta si è preferita, diciamo così, una "scorciatoia", che però non risponde a quelle che sono le vere esigenze e i nuovi modelli di sviluppo economico attuali. Questo è il motivo per cui avevamo ripresentato il disegno di legge n. 488 della precedente legislatura, che, in sostanza approntava nuovi strumenti per affrontare, appunto, i nuovi modelli economici a venire, primo fra tutti il rapporto coi privati nel finanziamento dei progetti di sviluppo.
Di fronte ad una crisi economica che si sta rivelando lunga e profonda e che sta mettendo a dura prova il Piemonte a più riprese, anche con diverse modalità, la risposta non può essere ricercata nella revisione del modello consolidato di sostegno al consumo che l'ha provocata direttamente.
Questo è, dunque, un elemento di critica centrale alla proposta presentata dalla Giunta.
Occorreva superare gli schemi consolidati basati sui rapporti autorizzativi fra gli Enti, coi quali si pretende di controllare la pianificazione urbanistica, il PRG approvato dalla Regione in ogni minimo dettaglio, mentre, in realtà, si apre alla politica delle varianti, che sfuggono, di fatto, al controllo regionale.
Ci troviamo di fronte a due binari: uno, appunto, è quello delle variati che, alla fine, così com'è stata impostata la legge, saranno l'elemento in cui si riverseranno tutte le scelte degli Enti istituzionali locali, e il mantenimento di un modello vecchio e statico, che, di fatto ingessa le politiche territoriali.
La Regione dovrebbe mantenere la guida effettiva dei modelli di sviluppo territoriale, e quindi non il controllo formale dato dall'approvazione del pesante PRG, attraverso la pianificazione di un piano strutturale leggero, in cui siano chiari i punti rigidi del controllo regionale e siano negoziabili margini di manovra delle collettività locali.
In quest'ottica, solo la bipartizione del Piano locale, fra dimensione strutturale e quella operativa, poteva fornire una risposta coerente come sperimentato - anche qui c'è un ulteriore elemento di critica - da almeno un decennio nella maggior parte delle Regioni italiane. Questa, forse, è una delle pochissime Regioni in cui non si è approvata una nuova legge urbanistica. Anche perché, rispetto alle critiche sul vecchio disegno di legge n. 488, non c'era motivo di preoccuparsi di una possibile proliferazione di Piani che ingessassero la ripresa economica. Infatti, i Piani strutturali, che numericamente fanno il pari con le varianti, dettano le condizioni per un passaggio ai Comuni delle responsabilità del processo di pianificazione. I Piani Operativi era previsto che fossero obbligatori solo per le città di oltre 15.000 abitanti.
Di fatto - in sintesi, vista la presenza numerosa dei colleghi - possiamo dire che in questa legge ci ritroviamo su alcuni elementi importanti, che peraltro erano già presenti nella precedente proposta di legge n. 488, quindi sono stati sostanzialmente ripresi con alcune modifiche e ripassaggi sui territori: dunque, sì alle conferenze di copianificazione, che prevedono l'accorciamento dei tempi, sì alle procedure di VAS, alla perequazione urbanistica e alla perequazione territoriale. Sostanzialmente, diciamo no all'apertura sulle varianti, che sfuggono completamente al controllo regionale e prevedono di non prendere in considerazione quelle che sono le analisi sul consumo del suolo che sono in nostro possesso e che hanno visto peggiorare drasticamente la situazione negli ultimi dieci anni.
Per questo motivo, prospettiamo alla Giunta e all'Aula una serie di attività emendative, anche corpose, che possano almeno attenuare quelle che sono le "sbracature", almeno dal mio punto di vista, legate all'eccessivo ricorso (o possibilità di ricorso) delle varianti parziali. Grazie.



PRESIDENTE

Come concordato in sede di Conferenza dei Capigruppo, con quest'ultima relazione si chiudono i lavori di questa seduta pomeridiana del Consiglio regionale.
Grazie a tutti e arrivederci a domani, per chi parteciperà alla Commissione.
Buona serata.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 18.30)



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