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Dettaglio seduta n.196 del 27/03/12 - Legislatura n. IX - Sedute dal 28 marzo 2010 al 24 maggio 2014

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Argomento:


NOVERO GIANFRANCO



(Alle ore 14.30 il Consigliere Segretario Novero aggiorna la seduta alle ore 15.00 per mancanza del numero legale)



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



(La seduta ha inizio alle ore 15.00)



PRESIDENTE

La seduta è aperta.


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale


PRESIDENTE

In merito al punto 1) all'o.d.g.: "Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale", comunico:


Argomento:

Comunicazioni del Presidente del Consiglio regionale

Argomento:

a) Congedi


PRESIDENTE

Hanno chiesto congedo i Consiglieri Cota, Leo, Negro.
Il numero legale è 29.


Argomento:

b) Presidio CGIL-CISL-UIL davanti a Palazzo Lascaris


PRESIDENTE

Comunico che sono state ricevute entrambe le delegazioni annunciate nella mattinata e che è presente davanti al Palazzo, dalle ore 15 fino alle ore 19, un presidio della CGIL-CISL-UIL in relazione alla discussione del Piano Sanitario.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame disegno di legge n. 174, inerente a "Disposizioni in materia d'organizzazione del servizio sanitario regionale" (atto d'indirizzo collegato: ordine del giorno n. 692)


PRESIDENTE

Colleghi, com'è noto, stiamo trattando il disegno di legge n. 174 "Disposizioni in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale", di cui al punto 5) all'o.d.g.
Emendamento rubricato n. 73) presentato dai Consiglieri Boeti, Reschigna Muliere, Pentenero, Dell'Utri, Manica, Motta Angela, Taricco, Artesio Bresso, Lepri, Gariglio, Ronzani, Buquicchio, Negro: Dopo l'articolo 4 del disegno di legge n. 174 "Disposizioni in materia di organizzazione del Sistema sanitario regionale" è inserito il seguente: Art. 4 bis (Proroga degli organi dei consorzi socio-assistenziali) 1. Nelle more dell'approvazione dell'Atto del Senato n. 2259 (Carta delle autonomie), i Comuni sono autorizzati a prorogare la durata degli organi dei consorzi socio-assistenziali in deroga a quanto disposto nel primo periodo del comma 2 dell'articolo 1 del D.L. 25 gennaio 2010, n. 2 (Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni), convertito in legge, con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 26 marzo 2010, n. 42.
Siamo all'emendamento n. 73) del Gruppo del Partito Democratico ed altri, che propone l'istituzione dell'articolo 4 bis. L'emendamento era già stato illustrato dal primo firmatario e da altri cofirmatari; si era iscritta ancora la collega Manica, che ha facoltà di intervenire.



MANICA Giuliana

Grazie, Presidente.
Questo è un emendamento abbastanza importante. Nel corso di un incontro che abbiamo avuto proprio qui in Sala Viglione la settimana scorsa con tutti i rappresentanti dei consorzi e con i Sindaci, abbiamo potuto constatare come la richiesta, che veniva direi più o meno in modo corale e unanime da tutti, fosse quella di arrivare a un momento di proroga di almeno due anni dell'attuale situazione dei consorzi.
Come sappiamo, per effetto del Calderoli e per ragioni di risparmio sulla finanza pubblica, i consorzi erano stati aboliti, insieme ad altri Enti. Oggi sappiamo tutti che questa è una realtà a costo praticamente zero per quanto riguarda gli Amministratori degli stessi e sappiamo anche che siamo nelle more dell'approvazione al Senato della Carta delle Autonomie.
Su quel testo c'è una discussione bipartisan e c'è un emendamento altrettanto bipartisan sottoscritto dall'Onorevole Livia Turco, ma sottoscritto anche dall'Onorevole Crosetto e da altri, che chiede appunto anche a quel livello che ci sia la stessa moratoria che i consorzi e i Sindaci ci chiedono a livello piemontese e che noi proponiamo attraverso questo emendamento.
L'emendamento non mette in discussione tutto l'impianto legislativo e di proposta che la Giunta altrimenti voglia fare o sta già facendo attraverso l'Assessore Maccanti ed altri in ordine al sistema delle autonomie piemontesi, ma consente semplicemente di avere una governance, in attesa dell'approvazione e della definizione di quel testo, tra l'altro in un momento in cui, avendo deperito ulteriormente i fondi (intorno a 110 milioni di euro, come abbiamo ribadito ancora nel corso dell'incontro appena concluso), si è in attesa di un assetto definitivo.
Per questa ragione, pensiamo che, così come in Parlamento, anche qui questo emendamento possa essere accolto da tutte le parti.



PRESIDENTE

chiusa la fase dell'illustrazione dell'emendamento.
In discussione generale, ci sono interventi? Prego, Consigliere Reschigna, prenda pure la parola.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente.
In discussione generale, ribadisco il senso degli interventi che abbiamo fatto illustrando l'emendamento. Il senso dell'intervento è soprattutto e sostanzialmente quello di garantire un periodo transitorio agli attuali soggetti gestori (consorzi) dei servizi sociali che consenta al sistema di poter essere traghettato senza alcun tipo di interruzione e senza alcun tipo di caduta delle prestazioni rese verso un sistema che necessariamente potrà anche essere nuovo perché dipendente da un provvedimento: la Carta delle Autonomie, in corso di discussione al Parlamento.
A noi sembra che abbiamo questo dovere. Ripeto che questo emendamento nasce da un'esplicita richiesta formulata la settimana scorsa in Sala Viglione durante l'audizione con il Coordinamento dei soggetti gestori delle politiche sociali, i quali hanno chiesto, di fronte alla prospettiva che nella primavera di questo anno scadrà il mandato di molti organi, un provvedimento di questo tipo.
Abbiamo anche immaginato l'emendamento non come un'imposizione da parte della Regione Piemonte, ma come una facoltà lasciata in capo ai Comuni (che sono i proprietari dei soggetti gestori delle politiche sociali) di poter assumere un provvedimento di questo tipo, che comunque - ci rendiamo conto ha una natura veramente transitoria (ribadisco questo concetto e questo tipo di convinzione).
A me sembra che vi sia una disponibilità a ragionare nel merito da parte della Giunta regionale; bisognerebbe trovare il modo di confrontarsi rispetto a eventuali proposte della Giunta regionale nel merito dello stesso anche coinvolgendo tutti i Capigruppo del Consiglio regionale perché, se riusciamo a trovare una soluzione, credo che sia un bene per tutto il sistema piemontese.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Giunta regionale.
La parola all'Assessore Maccanti.



MACCANTI Elena, Assessore agli enti locali

Grazie, Presidente.
Il tema della transizione e del cosiddetto superamento dei consorzi socio-assistenziali verso un differente modello organizzativo, così come previsto non soltanto dalla legge a cui si fa riferimento in quest'emendamento (finanziaria 2010), ma anche dal decreto legge 78, che vede la funzione sociale tra le sei funzioni fondamentali che i Comuni sotto i 5.000 abitanti devono svolgere obbligatoriamente in forma associata attraverso unioni e convenzioni, è un tema che evidentemente sta a cuore alla Giunta regionale.
L'emendamento, così com'è stato presentato, vedrebbe un parere negativo della Giunta non nel merito, perché sappiamo tutti benissimo che oggi, con la prima scadenza di fatto nella primavera di quest'anno, il sistema non è in grado di organizzarsi in maniera diversa poiché mancano due cornici importanti: la Carta delle Autonomie, (come ben evidenziato nell'emendamento) e la legge regionale che individua i limiti minimi demografici per l' esercizio della funzione sociale.
Perché dico che, così com'è presentato - e faccio una proposta emendativa - non sarebbe accoglibile? Perché è a rischio immediato di impugnativa da parte del Governo.
Ricordo che facciamo riferimento a una normativa nazionale, inserita nella finanziaria 2010, che dice che i Consorzi devono essere soppressi.
Non solo, ma facciamo anche riferimento a una serie di sentenze di Corte dei Conti locali che interpretano la norma e insistono sul fatto che la scadenza debba coincidere con la scadenza dei Consigli di amministrazione.
Quindi, così come presentato, è a fortissimo (quasi certo) rischio di impugnativa.
Noi però vogliamo accompagnare il sistema, e allora la mia proposta è quella di prendere a modello quanto è successo, per esempio, nel Consorzio Cusio: si è prorogata la data di scadenza del consorzio, previa messa in liquidazione.
La proposta della Giunta, quindi, sarebbe quella - rileggo l'articolo e poi lo posso veicolare - di aggiungere le seguenti parole. Innanzitutto inserirei la motivazione per cui la Regione interviene su una normativa di carattere nazionale, pertanto inizierei l'emendamento così: "Al fine di garantire la continuità dei servizi e la tutela del personale" - deroghiamo a una normativa statale per questi due obiettivi: continuità dei servizi in attesa che il sistema si riorganizzi attraverso unione e convenzione, e tutela del personale - "nelle more dell'approvazione dell'Atto Senato n.
2259 Carta delle Autonomie e" - aggiungerei - "della legge regionale che individua la dimensione territoriale ottimale per lo svolgimento in forma obbligatoriamente associata delle funzioni fondamentali, i Comuni sono autorizzati a prorogare al 31/12/2012".
Inserirei una data e voglio ricordare che questa norma è stata inserita nella finanziaria del 2010, quindi è giusto accompagnare il sistema, che da tempo sta ragionando su queste normative, attraverso la messa in liquidazione, autorizzando la proroga della durata dei consorzi socio assistenziali.
Pertanto, la proposta della Giunta è di scrivere: "Al fine di garantire la continuità dei servizi e la tutela del personale", ed aggiungere, dopo "Carta delle Autonomie", "nelle more dell'approvazione della legge regionale", inserendo chiaramente che "i Comuni sono autorizzati a prorogare al 31/12/2012, attraverso o previa messa in liquidazione, la durata dei consorzi socio-assistenziali".
evidente che nei provvedimenti di messa in liquidazione, esattamente com'è successo nel Cusio (se volete ne ho una copia qui), è autorizzata l'ordinaria amministrazione e la straordinaria amministrazione, nei casi in cui i mancati provvedimenti dovessero comportare delle pesanti conseguenze.
Questo, nella deliberazione di messa in liquidazione del consorzio.



PRESIDENTE

Assessore Maccanti, se mi segue un attimo, mi sembra che quello che lei ha dichiarato vada quantomeno parzialmente in direzione di quanto chiede l'emendamento n. 73).
Però, se dobbiamo procedere come lei ha proposto, occorre riscrivere un po' tutto.
Sospendiamo brevemente la seduta.
I lavori riprenderanno alle ore 15.20.
La seduta è sospesa.



(La seduta, sospesa alle ore 15.12 riprende alle ore 15.30)



PRESIDENTE

La seduta riprende.
La Giunta regionale ha fatto pervenire una proposta, non ancora depositata, che potrebbe andare incontro a quanto è stato richiesto.
Chiedo, pertanto, l'attenzione dell'Aula.
L'emendamento potrebbe essere riscritto in questo modo: "Al fine di garantire la continuità dei servizi e la tutela del personale, nelle more dell'approvazione dell'Atto Senato n. 2259 Carta delle Autonomie, o della legge regionale che individua la dimensione territoriale ottimale per lo svolgimento in forma obbligatoriamente associata delle funzioni fondamentali, i Comuni sono autorizzati, previa messa in liquidazione e nomina del Commissario liquidatore, a prorogare sino al 31 dicembre 2012 la durata dei consorzi socio-assistenziali, i cui organi sono in scadenza nel corso dell'anno 2012".
Ha chiesto la parola il Consigliere Reschigna; ne ha facoltà.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente.
Accogliamo la parte iniziale delle modifiche illustrate dall'Assessore Maccanti, in quanto non abbiamo alcuna difficoltà a dire che l'obiettivo di questa moratoria è quello di garantire la continuità dei servizi e la tutela del personale.
Possiamo anche accogliere il riferimento alla legge regionale in discussione; quello che non possiamo accogliere è la richiesta che tutto ciò passi attraverso la messa in liquidazione dei consorzi dei servizi sociali.
Peraltro, vorrei precisare che se questo fosse lo scenario auspicato dalla Giunta regionale, non ci sarebbe bisogno di alcuna norma di legge perché il Consorzio del Cusio ha avviato un anno fa questa procedura e l'ha avviata proprio per garantire una continuità dei servizi.
Quello che chiediamo alla Giunta e alla maggioranza è un gesto politico: dire che non ci può essere una fase nella quale non si sa chi governa e chi gestisce il sistema dei servizi.
Inoltre, auspichiamo tutti (noi per primi) che arrivi la Carta delle Autonomie e arrivi la legge regionale: dal nostro punto di vista un po' diversa rispetto al disegno di legge della Giunta, ma di questo avremo modo di parlare e ragionare nel merito, nelle prossime settimane.
Quello che poniamo con quest'emendamento non è un qualcosa che, se vogliono, i consorzi possono già autonomamente fare.
un atto che consente di dare concretezza all'esigenza di garantire la continuità dei servizi e la tutela del personale.



PRESIDENTE

Grazie, Consigliere Reschigna.
La parola alla Consigliera Bresso.



BRESSO Mercedes

Anch'io sono molto perplessa riguardo alla previa messa in liquidazione e nomina del Commissario liquidatore.
vero che solitamente i Commissari liquidatori sono molto lenti quindi il rischio che già si stiano attivando a liquidare è probabilmente scarso, però si potrebbe trattare casualmente di un Commissario attivo, che inizia la messa in liquidazione creando una complicazione costosissima ricordo che i liquidatori costano, che le operazioni di liquidazione sono costosissime, perché i beni vanno valutati e se devono essere conferiti da un'altra parte, anche lì, vanno conferiti previa valutazione, quindi si apre una procedura costosa per i consorzi che in questo momento sono - come abbiamo detto in precedenza, forse la loro situazione migliorerà un po' con l'emendamento approvato ieri - alla canna del gas e si trovano a dover sostenere costi aggiuntivi.
Questo a me pare, non solo molto pericoloso, ma inutile, quando il peggio che può capitare è che il Governo impugni questa norma considerandola incostituzionale. In ogni caso, è materia di competenza regionale, dove le Regioni hanno potere organizzativo.
Mi stupirebbe, anche per ragioni di buonsenso, che il Governo impugni questa norma.
In attesa della decisione, si proroga semplicemente; si pu eventualmente richiamare il fatto che si proroga, naturalmente a costo zero, perché non sono più consentiti i pagamenti d'indennità ai membri del consorzio.
Pertanto, l'obiettivo di non costare è ottenuto. Il rischio è che questo aumenti i costi invece di mantenerli almeno neutri, rispetto alla situazione precedente.



PRESIDENTE

La parola all'Assessore Maccanti.



MACCANTI Elena, Assessore agli enti locali

Grazie, Presidente.
Le ragioni per cui la Giunta insiste sul concetto di messa in liquidazione sono sostanzialmente due.
La prima ragione è che la Giunta - e lo ribadisco - la Regione soprattutto, non ha potestà in questa materia, pertanto ci sarebbe sicuramente un'impugnativa da parte del Governo. Ma non è tanto la preoccupazione dell'impugnativa, quanto il segnale che vogliamo dare al sistema.
Ricordo che questa è una norma inserita nella finanziaria del 2010 quindi approvata nel gennaio 2010, rispetto alla quale i Comuni, che sono i titolari delle funzioni fondamentali, hanno atteso un'eventuale abrogazione, poi alcune sentenze della Corte dei Conti, e ci sono stati parecchi elementi d'incertezza che oggi, a due anni dall'approvazione della norma, non hanno ancora consentito, a parti del sistema, di riorganizzarsi.
Così non è stato per tutti. Alcuni consorzi si sono sciolti: voglio ricordare il consorzio del Braidese, che si è sciolto proprio recentemente (11 Comuni hanno deciso di andare verso la delega alle ASL), o l'unione di Comuni che si è costituita nella Val Sangone, dove una parte di Comuni si è staccata dalla Comunità montana che non gestiva i servizi sociali, ha sciolto il consorzio e ha costituito un'unione di Comuni.
Certamente, l'incertezza e l'indeterminatezza rispetto all'interpretazione della norma e soprattutto rispetto alla necessità di superare o meno i consorzi ha fatto sì che i Comuni, o comunque buona parte di essi, fino ad oggi siano stati fermi. Ritengo che oggi abbiamo il dovere di mettere ordine e dare certezze. Se noi proroghiamo, compiamo oltretutto, un atto che non sta nella nostra legittimità compiere, e diamo ancora una volta un segnale d'incertezza rispetto al superamento dei consorzi. Quindi, l'ostinazione con cui la Giunta chiede che venga inserita previa messa in liquidazione, è un segnale di determinatezza rispetto alle autonomie locali che devono poter essere messe in condizione di ragionare sul modello per poter continuare ad erogare i servizi sociali sul loro territorio, modello che - lo dicono bene alcune norme, in particolare il DL 78 - si deve manifestare attraverso due strumenti, che sono l'unione e la convenzione. Quindi, la Giunta ritira e non formalizza la proposta emendativa o comunque subemendativa e dà parere negativo all'emendamento n.
73).



PRESIDENTE

Siamo in fase di discussione dell'emendamento n. 73).
Ha chiesto la parola il Consigliere Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Giacomino

Grazie, Presidente.
Mi permetto di fare due considerazioni.
La prima: mi sembra che facciamo un gioco a parti alterne, nel senso che neanche dieci giorni fa eravamo noi in Commissione a sostenere che, di proroga in proroga, si muore sulle materie ambientali, e ci veniva risposto che invece la proroga è buonsenso, perché finché il quadro non è definito bisogna avere la capacità di aspettare e vedere. Adesso, a ruoli alterni voi spiegate a noi l'esatto contrario di che cosa ci spiegavate quindici giorni fa. Mi permetto di fare una considerazione. Noi siamo in attesa di due cose: la Carta delle Autonomie, che speriamo tutti che arrivi, e del testo di legge che in questa assise dovrà essere discusso per definire giuridicamente l'assetto della gestione delle funzioni associate da parte degli Enti e delle Amministrazioni locali.
Credo che non sarebbe per nulla scandalosa in questo frangente non una deroga sine die, ma in attesa di definire puntualmente, per la parte che ci compete a livello regionale, e di conoscere la parte che ci deriverà dal Parlamento nazionale, dare la possibilità ai consorzi di continuare per non andare ad assumere soluzioni affrettate, che magari poi vengano smentite venti giorni dopo che le hanno assunte.
Lei, ad esempio, cita sempre il Consorzio braidese. Credo che sappiamo tutti qual è la storia del Consorzio braidese e credo che sia chiaro a tutti in quest'Aula che il Consorzio braidese ha scelto quella strada perché qualcuno gli aveva garantito in contropartita delle risorse economiche, che non sono mai arrivate.
Quindi, quel tipo di scelta non è volontaristica nella direzione che diceva lei. È stata una scelta con una pistola alla tempia fatta per affrontare un certo tipo di percorso, che poi non ha avuto riscontro.
Mi appello al buonsenso della Giunta: scriviamolo come si vuole, ma non per sciogliere, perché veramente il segnale che si sta dando non è un segnale di buonsenso, ma è un segnale di voler segnare il punto, costi quello che costi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

La proposta che la Giunta ha avanzato e poi ha ritirato non era una soluzione di transizione, perché il tema è questo qui. Voi avete proposto una soluzione di liquidazione, che è un'altra cosa.
Il tema sul quale vi invitiamo a ragionare riguarda l'ipotesi di garantire una fase di transizione, per non generare esattamente incertezza e confusione. Perché se avvio la liquidazione, non essendo chiaro l'assetto verso il quale vado, non posso sostenere che questo genera chiarezza.
Se avvio una fase di liquidazione, come voi proponevate, genero incertezza, perché non è chiaro l'assetto verso il quale approdo, per le ragioni che lei ricordava. Manca la Carta delle Autonomie locali, e non è un problema della Regione Piemonte, e manca la legge regionale. Ma cosa deve ancora succedere affinché la Regione, sulla base di questi presupposti, decida la moratoria? Abbiamo tantissime buone ragioni per deciderla.
E invece voi volevate decidere un'altra cosa, che era presentata - non capisco con quale coraggio - come soluzione di transizione; volevate avviare una fase di liquidazione, al termine della quale c'era per l'appunto la liquidazione, indipendentemente dagli assetti che, nel frattempo, possono essere definiti.
Ha ragione il collega Taricco: voi non potete, quando vi fa comodo impugnare e quando non vi fa comodo, non impugnare; quando fa comodo temere che sia impugnato e quando invece fa comodo, agitare lo spettro dell'impugnazione da parte del Governo.
Facciamoci impugnare la norma! Non casca mica il mondo, Assessore! Voglio vedere con quale coraggio un Governo impugna una norma di buonsenso e dettata da ragioni di buonsenso perché si vuole creare un quadro legislativo certo, dentro il quale collocare la prospettiva e l'assetto dei consorzi, e quindi si decide la proroga.
La verità è che lei il coraggio di fare questa scelta non ce l'ha.
Questa è la verità! E lei con quella proposta genera confusione e incertezza. Il resto sono chiacchiere.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Boeti; ne ha facoltà.



BOETI Antonino

Credo che se avessimo discusso di un altro argomento, il Governo regionale avrebbe avuto più coraggio. Noi sappiamo che rispetto ai consorzi socio-assistenziali, da parte del centrodestra in generale, non dico che ci sia un atteggiamento preconcetto perché forse non è completamente vero, ma certo non c'è un grande atteggiamento di disponibilità. Qualche volta abbiamo sentito la convinzione da parte del centrodestra che i consorzi socio-assistenziali sono stati elementi di quello spreco di cui la Regione e il nostro Paese si è arricchito.
Si sta discutendo di questa questione in Senato; la Carta delle Autonomie locali deve essere definita e definirà qual è il futuro di questi organismi. E allora perché intervenire prima? Una proroga è una questione che non aggredisce nessun Governo nazionale e che invece dimostrerebbe, da parte della Regione Piemonte, il desiderio di avere più chiarezza prima di andare su questa strada.
Poi l'Assessore ha fatto due esempi. Il primo è quello del Braidese che conoscevo perché quella scelta fu fatta, a torto o a ragione - perch bisogna vedere se quello che viene detto corrisponde al vero - in cambio di promesse economiche. L'altro esempio è quello della Val Sangone.
Sappiamo che la Val Sangone, per questioni non legate necessariamente alle questioni socio-assistenziali, non vedeva l'ora e in tutti i modi di staccarsi dalla Comunità montana, quindi era normale.
Lì c'è un consorzio socio-assistenziale che gestisce i consorzi, ma sinceramente non mi sono parsi due esempi lampanti di come l'abbiamo sentito nelle assemblee che abbiamo fatto.
Non soltanto i Presidenti dei Consigli di Amministrazioni, ma anche i Sindaci vorrebbero che i consorzi potessero continuare a svolgere la loro funzione.
Il Presidente Cota ha sempre un atteggiamento ostile nei confronti del Governo e questa volta non bisognerebbe essere ostili: ci sarebbe da fare una proroga e stare a vedere cosa risponde il Governo.


Argomento: Varie

Saluto del Presidente del Consiglio ai docenti e agli allievi dell'Istituto comprensivo "A. Momigliano" di Ceva (CN)


PRESIDENTE

Saluto i docenti e gli studenti dell'Istituto comprensivo "A.
Momigliano" di Ceva in visita a Palazzo Lascaris, ai quali auguro buona permanenza.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame disegno di legge n. 174, inerente a "Disposizioni in materia di organizzazione del servizio sanitario regionale" (atto di indirizzo collegato: ordine del giorno n. 692) (seguito)


PRESIDENTE

Proseguiamo l'esame dell'emendamento n. 73) al disegno di legge n. 174.
Ha chiesto la parola la Consigliera Manica; ne ha facoltà.



MANICA Giuliana

Come hanno già detto altri colleghi, una prima parte di quest'emendamento, che tra l'altro è una motivazione oggettiva rispetto alla quale noi conveniamo e che ci pare opportuno richiamare, ci trova favorevoli.
Abbiamo però, come hanno già detto i colleghi, dei forti dubbi sulla seconda parte dell'emendamento, cioè la parte che conclude fino al processo di risoluzione.
Come molti hanno già detto, citando situazioni che sono già in essere se quello è il problema, si potrebbe tranquillamente non scriverlo, perch è ciò che già sta avvenendo per consorzi, i cui Consigli di Amministrazione dovevano già essere rinnovati precedentemente. C'è il caso di quello di Omegna e ce ne sono altri.
Ci pare però che questa sia una strada negativa, anche perché forse ci vorrebbe, da parte dell'amministrazione regionale, un po' più di coraggio su questa norma. Il 31 dicembre è una data entro la quale auspichiamo che a livello nazionale la problematica sia risolta e che il famoso emendamento bipartisan, oggi al Senato, sia inserito nel provvedimento e che abbia risolto la problematica. Qualora questo non fosse avvenuto, ci vorrebbe un po' più di coraggio da parte dell'Amministrazione.
un'Amministrazione che di norme nazionale ne ha impugnate parecchie e si è messa in una posizione di attesa e contrapposizione, rispetto alla normativa nazionale, a volte anche su argomenti non sono così socialmente rilevanti. Su questo, che ha una rilevanza sociale assoluta, un maggior coraggio da parte della Giunta regionale, assumendo una posizione autonoma anche in attesa della decisione del Parlamento, sarebbe utile.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Muliere; ne ha facoltà.



MULIERE Rocco

Grazie, Presidente.
Questo è davvero un Paese un po' strano, perché quando ci sono livelli istituzionali che funzionano, si tende ad eliminarli, e quelli che invece non funzionano, si tende a mantenerli.
Credo che ognuno di noi possa constatare come l'esperienza dei consorzi socio-assistenziali sia stata un'esperienza in gran parte positiva, dove i Comuni hanno trovato la possibilità di gestire queste funzioni nel miglior modo possibile e dove consorzi sono stati Enti che in questi anni hanno dato risposte ai bisogni individuali e alle necessità avanzate sul territorio dalle amministrazioni comunali.
Ora siamo qui a discutere di come superare quest'esperienza. Va bene perché in qualche modo siamo obbligati, però la nostra proposta di prorogare, che in qualche modo viene accolta dalla Giunta, è una necessità è una richiesta avanzata dai Sindaci e dai territori, per cercare di superare e di gestire questa fase di transizione senza creare problemi soprattutto ai cittadini piemontesi e soprattutto a quelli che hanno problemi e che usufruiscono dei servizi dei consorzi socio-assistenziali.
Poiché siamo in una fase di proroga, se passerà l'emendamento non vedo e non vediamo perché dobbiamo inserire quella frase che per molti aspetti la ritengo superflua. Qui c'è una procedura in atto: abbiamo detto la Carta delle Autonomie locali, abbiamo detto la legge regionale che discuteremo nei prossimi mesi, quindi si vedrà quali scelte faremo e sulla base di quelle scelte, nazionali e regionali, i Comuni sceglieranno le strade da seguire per gestire le funzioni socio assistenziali.
Ecco perché riteniamo sbagliata e superflua l'indicazione data dalla Giunta. Cerchiamo di individuare un'intesa sulle questioni poste da noi, e anche su quelle poste dalla Giunta, tolta quella frase che riteniamo sbagliata.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa la discussione generale e passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di intervenire la Consigliera Bresso; ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

In dichiarazione di voto mi chiedevo se non si potrebbe immaginare qualche soluzione, almeno non così devastante.
Capisco che l'Assessore ritenga necessaria una forte spinta ai consorzi per fare la scelta dell'unione dei Comuni o di altre formule consentite però avendo presente che non è ancora stata approvata una legge che dica che cosa viene consentito. Tutto questo, ovviamente, rende più complicata la scelta, e allora perché non immaginare, ad esempio, visto che abbiamo tutti concordato sul fatto che tendenzialmente il dimensionamento ASL, ex consorzi ed organizzazione socio-assistenziale dovrebbe tendere ad essere uguale (addirittura abbiamo introdotto, con un emendamento adottato ieri una norma che spinge in quella direzione, attraverso incentivazioni finanziarie) di prevedere lo scioglimento nel caso non venisse fatta alcuna scelta e di non prevedere l'assegnazione temporanea all'ASL, fino a decisione, della gestione del consorzio? Questo potrebbe essere un modo per accelerare le decisioni. Io sono tra i presentatori, però parlo rispetto alla proposta ritirata dall'Assessore.
Secondo me questa potrebbe essere una soluzione che incentiva i Comuni perché in assenza di scelta da parte dei Comuni, la gestione viene temporaneamente assegnata all'ASL. Almeno non viene messa in liquidazione perché la messa in liquidazione è un rischio: perché liquidare un consorzio vuol dire liquidare dei beni e, di solito, i beni di un consorzio sono le strutture. Questo, quindi, apre vicende che rischiano di essere terrificanti.
Secondo me questa potrebbe essere una possibilità; ovviamente una possibilità che non è un obbligo, ma che incita i Comuni a fare la scelta ritenuta da tutti migliore (che personalmente credo sia l'unione dei Comuni). Quella dovrebbe essere la versione finale.
Secondo me il rischio è molto grosso, altrimenti si avviano procedure che rischiano di essere irreversibili o reversibili solo con dei costi, una volta venduta la sede del consorzio (l'asilo o le diverse strutture che i consorzi gestiscono).



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Reschigna; ne ha facoltà.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente.
Voteremo favorevolmente il nostro emendamento e ne siamo profondamente convinti, ma voglio accompagnare questa dichiarazione di voto, peraltro scontata per noi che siamo presentatori dell'emendamento, con due brevi considerazioni.
Primo. Non capisco, Assessore Maccanti, qual è la politica che lei ha in mente di fare, come Assessore agli Enti locali. Non la comprendo perch da un lato, vedo che è una politica che inevitabilmente porterà il sistema Piemonte a non essere riformato verso livelli di efficienza ed efficacia maggiori rispetto agli attuali e, dall'altro lato, una politica che alla fine punta unicamente all'obiettivo di demolire tutto ciò che esiste, senza tanto discernimento tra ciò che funziona e ciò che non funziona, ma con solo l'obiettivo di immaginare che dalla distruzione di quello che esiste nasca improvvisamente qualcosa di più efficiente e di più efficace. Se non c'è una politica di accompagnamento delle trasformazioni, il risultato finale sarà un sistema dei poteri locali meno efficiente, meno efficace e meno vicino alle comunità locali del presente.
Secondo: la grande contraddizione politica che l'intervento del collega Taricco ha messo correttamente in evidenza.
Non occorre essere cauti solo laddove questo riguardi alcuni temi e bisogna, in modo molto chiaro e molto netto, come Lega Nord (perché a questo punto, quando si discute delle politiche regionali, quasi sempre si deve parlare di Lega Nord) invocare l'autonomia legislativa regionale laddove fa comodo ed è confacente ai disegni politici della Lega Nord.
Ma voi state rappresentando un'Istituzione, non è la trasposizione dell'esperienza di un partito all'interno di un governo regionale.
Per queste ragioni, cogliamo l'atteggiamento della Giunta regionale in modo fortemente negativo, votiamo il nostro emendamento con profonda convinzione e ci auguriamo che l'atteggiamento della Giunta regionale non produca conseguenze negative sul sistema piemontese.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Chiederei ai Consiglieri del Partito Democratico di sottoscrivere il loro emendamento, per il quale annuncio il voto favorevole del mio Gruppo.
Farei, nel merito, questa osservazione. Ovviamente ciascuno prova a motivare e a sostanziare la propria posizione politica e la propria previsione istituzionale sulla base degli elementi che maggiormente confermano le proprie tesi.
L'Assessore ha fatto riferimento a due realtà, quella del Cusio e quella del Braidese, che vanno nella direzione di una conferma delle sue tesi. Ovviamente, ha omesso di ricordare argomenti e territori che, invece si muovono in direzione opposta, ovvero si muovono nella direzione avanzata dall'emendamento del Gruppo del Partito Democratico, vale a dire quella di confutare il fatto che i consorzi socio-assistenziali che, come noi, li conosciamo nel Piemonte, siano sottoposti al vincolo di soppressione introdotto dall'ex Ministro Calderoli ma, anzi, possono continuare la loro attività e la loro competenza in virtù del fatto di essere contemporaneamente consorzi di funzione e consorzi di gestione.
Questa posizione non è soltanto un desiderio dei soggetti locali che si sono attestati su questa linea, ma è stata anche confermata dai pronunciamenti del TAR. È ovvio che i pronunciamenti possono essere anche contraddittori e quindi, nel merito, potremmo anche ribadire che ce ne sono stati altri di senso opposto.
Questo non fa che denotare la presenza di uno stato di incertezza sul quadro normativo che può lasciare aperta una via positiva, quale quella noi riteniamo del consolidamento del modello Piemonte.
Da questo punto di vista, l'attesa approvazione dal parte del Senato della Carta delle Autonomie, ma lo stesso precedente introdotto dalla Regione Lazio che con una propria proposta di legge ha prorogato esattamente come chiede di fare il Gruppo consiliare del Partito Democratico, l'attuale modello gestionale sarebbe, a mio modo di vedere più convincente delle sollecitazioni che abbiamo ricevuto dalla Giunta.
Di qui la mia sottoscrizione e il mio voto favorevole all'emendamento del Partito Democratico.



PRESIDENTE

Grazie, collega Artesio.
Non essendovi ulteriori richieste d'intervento, indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 73), sul quale l'Assessore Maccanti, a nome della Giunta regionale, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
ARTICOLO 4 ter) Emendamento rubricato n. 77) presentato dai Consiglieri Boeti, Reschigna Lepri, Ronzani, Manica, Muliere, Placido, Pentenero, Taricco, Bresso Gariglio, Laus: Dopo l'articolo 4, è inserito il seguente: 1. A partire dal primo anno dall'entrata in vigore della legge, la Giunta regionale riferisce al Consiglio regionale sull'attuazione della stessa mediante la presentazione di una relazione annuale alla Commissione consiliare competente.".
La parola al Consigliere Boeti per l'illustrazione.



BOETI Antonino

Nell'esperienza che ho fatto nei sei mesi nei quali sono stato Presidente del comitato per le clausole valutative, ho verificato, cosa che conoscevo già, che non sempre, anzi quasi mai, i governi regionali in Italia verificano la bontà della qualità del lavoro nato delle leggi che hanno approvato (metodo che invece negli altri Paesi è utilizzato molto soprattutto negli Stati Uniti). I risultati ottenuti e come questi si siano riflessi, in questo caso parlando di questioni socio sanitarie, sul miglioramento della qualità della salute dei cittadini della nostra regione.
Dato che, al di là della questione che riguarda le clausole valutative è un discorso in generale, con l'emendamento noi abbiamo espresso il desiderio che dopo un certo numero di mesi, dopo un certo tempo, la Giunta venisse in Commissione a relazionare sulla bontà del lavoro svolto.
L'Assessore Monferino si aspetta dal Piano Socio Sanitario, sotto il profilo economico, e noi ci auguriamo che questo si verifichi, risultati importanti. Noi vorremmo che la Commissione verificasse, davvero, quanto le Federazioni - la novità più rilevante del Piano Socio Sanitario - hanno prodotto e se hanno prodotto un buon lavoro.
Ci sembra un emendamento di buon senso, che da un po' di lavoro alla Commissione consiliare competente, e che ha l'obiettivo di dare il proprio contributo alla discussione.
Approvato il Piano, il tempo degli slogan e delle frasi precostituite sarò finito. Non ci sarà più spazio per le promesse, le promesse elettorali sono passate da due anni, bisognerà capire quante di quelle promesse sono state mantenute. Ritorno con la mente, per esempio, alle liste d'attesa e alla campagna elettorale che prometteva, in caso di vittoria elettorale del centrodestra, le visite in tempo reale (l'Assessore Monferino non è responsabile di quelle promesse perché faceva un altro lavoro, ma la Giunta di cui fa parte sì).
Finita l'approvazione del Piano, come dicono al mio paese, quando la neve si scioglie, si vedono i buchi, quindi vedremo a neve sciolta, quindi dopo un certo periodo di tempo, quali risultati avrà dato il Piano.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Muliere; ne ha facoltà.



MULIERE Rocco

Non mi rivolgo solo alla Giunta ma anche a lei, Presidente, perch credo che ogni legge che esce dal Consiglio regionale dovrebbe prevedere la clausola di valutazione.
Una legge che prevede un impegno finanziario richiederebbe necessariamente, da parte del Consiglio e della Giunta, una valutazione sugli effetti e sui risultati che l'applicazione di quella legge ha prodotto.
Ritengo non superfluo questo nostro emendamento, ma molto importante perché inserire una clausola di valutazione dovrebbe essere una norma abituale. Dovremmo avere la capacità di valutare quali sono stati gli effetti, in questo caso non soltanto perché c'è un impegno finanziario, ma anche perché stiamo parlando di organizzazione sanitaria. E proprio quell'organizzazione ha un effetto positivo o negativo sulla salute dei cittadini piemontesi, sulla prevenzione e sull'organizzazione sanitaria indirizzata ad offrire, appunto, un servizio efficiente ed efficace ai cittadini piemontesi.
Per questi motivi, soprattutto su questa legge, ritengo che debba essere assunto un impegno, da parte di tutto il Consiglio regionale, ad esprimere una valutazione dopo un anno dalla sua applicazione.
Spero che non vi sia discussione su questo emendamento e che venga positivamente accolto dall'Aula.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Gariglio; ne ha facoltà.



GARIGLIO Davide

Grazie, Presidente.
Purtroppo, ieri, nel momento in cui ero assente, è stato respinto un analogo emendamento presentato dal sottoscritto, che chiedeva di introdurre una clausola valutativa che recepiva, sostanzialmente, il lavoro tecnico impostato dal Consiglio regionale circa le clausole valutative in questi anni.
Noi riteniamo che la presenza di una clausola che consenta al Consiglio regionale di controllare gli effetti di una politica sia fondamentale: non la clausola in sé - è chiaro - ma l'avvio di una politica che è sottesa alla presenza di una clausola.
C'è qui in Aula il Presidente Cota e risale alla presenza del Consiglio regionale questa procedura, tesa ad inserire nella nostra legislazione delle clausole, delle norme e degli articoli che consentano alla Giunta regionale innanzitutto, ma al Consiglio in subordine, di valutare la bontà di una politica.
Noi, purtroppo, siamo figli di un meccanismo un po' impazzito della politica, che punta ad accapigliarsi quando si discute di una legge pensando che la politica finisca lì. La politica invece - anche la riforma sanitaria - non finisce col varo di questa legge, ma parte con l'approvazione della stessa.
Ecco perché, con questo e con altri emendanti, sottolineiamo l'esigenza di avere queste istanze di controllo.
Mi rendo conto che alle Giunte regionali del passato questi meccanismi non sono mai piaciuti in maniera eccessiva. Però rappresentano un elemento fondamentale per tenere sotto controllo ciò che avviene.
Noi riteniamo che la conoscenza, anche se in qualche modo è scomoda nel momento in cui si rende pubblico un atto, sia di massimo stimolo all'efficienza della Pubblica Amministrazione.
Ecco perché peroriamo questa norma.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Giacomino

Brevemente, Presidente, per una semplice considerazione.
Il contenuto di questo emendamento è già stato illustrato dai colleghi che mi hanno preceduto, per cui non mi dilungherò ulteriormente.
Relativamente all'emendamento respinto in precedenza - quello che tendeva a porre in essere una proroga degli assetti attuali in attesa di definire i futuri assetti del settore socio-assistenziale - volevo evidenziare un aspetto. Credo che la legittima volontà riformatrice che questa maggioranza in generale e il Presidente in particolare hanno messo in atto in questi anni, presupporrebbe di definire prima i nuovi aspetti che si vogliono dare agli ambiti su cui s'interviene, e poi di smontare quelli esistenti.
In questa stagione abbiamo assistito, invece, all'esatto contrario: prima allo smontaggio sistematico di tutto ciò che esisteva, e poi, se del caso, se ci si trovava d'accordo e se si capiva come fare, si definiva come riformare.
Credo che questa non sia una grande modalità di percorso per attuare le riforme del sistema che abbiamo di fronte. Grazie.



PRESIDENTE

Dichiaro chiusa l'illustrazione. Vi sono richieste d'intervento per discussione generale? Ha chiesto la parola la Consigliera Bresso; ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

Intervengo per esprimere la mia posizione favorevole su quest'emendamento.
Com'è già stato ricordato in molti casi, viene inserita la presentazione di una relazione annuale alla Commissione consiliare competente anche per leggi di impegno relativamente ridotto. Qui siamo di fronte ad un atto sicuramente di grande importanza, che, secondo la Giunta può permettere importanti risparmi alla nostra Regione in campo sanitario ma che, secondo me, produrrà invece importanti aumenti di costi naturalmente se accoppiato al collegato progetto di Piano Sanitario, e quindi mi sembrerebbe molto ragionevole che questa verifica venisse resa obbligatoria in modo che tutti, dopo un anno, possiamo capire se aveva ragione la Giunta oppure noi nell'essere preoccupati dei risultati che questa normativa avrebbe comportato.
Mi pare, quindi, che non presentando nessun particolare problema questa norma potrebbe essere tranquillamente accettata.
Vedo che l'Assessore Monferino è preso dal fascino del tablet, ma visto che è così convinto di poter ottenere grandi risultati da questa riforma credo che potrebbe accettare un emendamento che chiede, semplicemente, un resoconto dopo un anno.



(Commenti dell'Assessore Monferino)



BRESSO Mercedes

Se per caso è ridondante, sarà una ridondanza. Sa che le ridondanze...



MONFERINO Paolo, Assessore alla tutela della salute e sanità (fuori microfono)

Io le ho tolte le ridondanze, su richiesta.



BRESSO Mercedes

Alcune sono state tolte, quindi ne rimettiamo qualcuna.
Credo che una ridondanza di questo tipo sia una garanzia per tutti.
Ritengo sia importante che la Giunta assuma l'impegno di venirci a dire se davvero è riuscita ad ottenere i mirabolanti risultati che sono stati più volte annunciati in pubblico, così avremo un confronto formale ed obbligatorio sugli stessi.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

Grazie, Presidente.
Intervengo non tanto per sostenere con convinzione la nostra tesi, ma per fare una distinzione, anche se non ho ben chiaro l'articolo della legge n. 18 (in questo momento non ce l'ho in mente).
L'articolo 13 della legge n. 18 non è la clausola valutativa, perch prevede che, ovviamente, vengano depositate e discusse una serie di relazioni e di informazioni che riguardano la politica regionale in campo sanitario. Se non ricordo male - ma su questo non sono convinto - la norma questo prevedeva.
Noi, per "clausola valutativa", che è stata introdotta da alcuni anni nella legislazione regionale, intendiamo un'altra cosa: non intendiamo il fatto che ad un certo punto l'Assessore competente o gli uffici della Regione relazionino sullo svolgimento di una determinata attività, cosa che non disprezzo assolutamente (anzi, è positiva). Per noi è un qualcosa in più che una semplice relazione con la quale consegnare lo stato dell'arte alla Commissione di merito su un determinato provvedimento. Si intende un'altra cosa: misurare anche il rapporto fra le politiche che ho messo in campo, gli obiettivi che volevo perseguire e l'efficacia degli stessi. Io non so se l'articolo 13 è quello che lei sta... Non ho ovviamente motivo per contestare questo (a meno che non si faccia espressamente riferimento al principio della clausola valutativa), ma ritenevo e ritengo tuttora, per la verità, che per "clausola valutativa" si intenda qualcosa in più.
Ciò detto, naturalmente, se quello, invece, è quanto stabilito dalla legge n. 18, non discuto.
Volevo soltanto significarle che con il concetto di clausola valutativa, in questi anni, abbiamo inteso qualcosa un po' più consistente e più complessa che non la semplice relazione. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei.
Dichiaro chiuso il dibattito generale.
Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Il numero legale è 30.
Non essendovi richieste d'intervento per dichiarazione di voto, indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 77), sul quale l'Assessore Monferino, a nome della Giunta regionale, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
ARTICOLO 5 Emendamento rubricato n. 38) presentato dal Consigliere Buquicchio.
L'articolo 5 del disegno di legge n. 174 (Dichiarazioni di urgenza) è abrogato.
Ha chiesto la parola il Consigliere Buquicchio per l'illustrazione; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Penso che si possa abrogare, Presidente. Grazie.



PRESIDENTE

Bene. L'emendamento abrogativo è stato illustrato.
Dichiaro aperta la discussione generale sull'emendamento rubricato n. 38) e sull'intero articolo 5.
Non essendoci richieste d'intervento, dichiaro chiusa la discussione generale.
Il numero legale è 30.
Non essendovi richieste d'intervento per dichiarazione di voto, indìco la votazione palese sull'emendamento rubricato n. 38), sul quale l'Assessore Monferino, a nome della Giunta regionale, ha espresso parere contrario.
Il Consiglio non approva.
Indìco la votazione palese sull'articolo 5, nel testo originario.
Il Consiglio approva.
Procediamo con le dichiarazioni di voto sull'intero testo di legge.
Successivamente, ricordo che sarà posto all'attenzione dell'Aula un ordine del giorno prima del voto finale.
possibile intervenire cinque minuti per le dichiarazioni di voto sull'intero testo.
Ha chiesto la parola la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Sicuramente il testo che arriva in approvazione al Consiglio regionale è stato profondamente sfrondato, almeno, dalla scrittura formale rispetto alle intenzioni della Giunta. Sono intenzioni che immagino la Giunta non vorrà smettere di perseguire, attraverso atti meno sottoposti al controllo democratico dell'Assemblea legislativa, vale a dire con atti deliberativi o con quanto attiene alle competenze esclusive della Giunta.
Quindi, ciò che rimane di questo testo legislativo è, sostanzialmente la costruzione di nuove organizzazioni: le Federazioni sovrazonali. Sono organizzazioni fortemente volute, su cui, in modo direi fideistico l'Amministrazione confida per porre mano all'obiettivo costantemente dichiarato - forse l'unico presentabile, a fronte delle fatiche in cui versa, invece, il Sistema Sanitario - di operare per un efficace controllo degli sprechi in sanità. Ora, come è ovvio, la mia provenienza culturale non mi consente di intervenire qui ragionando di macrosistemi economici, ma da testi elementari, anche da qualche valutazione empirica, assolutamente ormai certe, ricavo che, ogni volta che si costituiscono dei nuovi organismi al fine di controllarne altri, un risultato a breve periodo è assolutamente scontato. Vale a dire che i nuovi organismi intermedi nel breve periodo producono un costo aggiuntivo: non risolvono e non contengono alcuno dei costi preesistenti.
Abbiamo immediatamente il primo oggetto concreto del costo aggiuntivo che questo Consiglio creerà votando le Federazioni: è il costo aggiuntivo del Direttore generale e del Revisore dei conti.
Questo non basterà, perché illudendoci di mettere a servizio delle Federazioni uffici già esistenti, vuoi che siano amministrativi, vuoi che siano della contabilità, vuoi che siano della logistica, vuoi che siano della gestione del personale, ci sarà, ad un certo punto, l'espressione della magica parola di qualunque organismo di livello intermedio, secondo la quale occorrerà una struttura di coordinamento. Mi riferisco ad una struttura di coordinamento in staff al Direttore generale, il quale per meglio governare coloro che stanno nella filiera necessiterà, come l'Assessore ha bisogno di sei uomini al comando, di uno staff al suo comando che riesca a controllare le Aziende Sanitarie e le ASO. Così sorpresa: di qui ad un certo periodo, magari quello che i colleghi del PD desideravano fosse oggetto di una clausola di valutazione, scopriremo, come abbiamo scoperto relativamente alla Società di Committenza Regionale, che sono aumentati gli organici e quell'aumento di organici serviva proprio quello che accadrà nelle Federazioni - a fare agire meglio, certamente in buonafede e in buona volontà altrettanto sicuramente, a ridurre gli sprechi, che i soggetti sottoposti avrebbero continuato a fare se non si fossero creati gli organismi, il Direttore, il Revisore dei conti, lo staff del Direttore e non so quanti altri sistemi che, sicuramente, impegneranno l'attività dell'Assessorato regionale per i prossimi due anni.
Quindi, il mandato legislativo e la riforma epocale si concluderanno con un risultato di questa natura: si saranno costruite tutte le premesse per poter controllare e ridurre gli sprechi.
Guardate, non parlo nemmeno con vis polemica, ma con un po' di tenerezza per il fatto di aver passato questa strada in cui, nell'arco di un periodo che equivale pressappoco a quello di questa Assemblea legislativa, per cui tra qualche mese mi sentirò assolta dalle responsabilità, avendo un periodo di governo pari a quello che questo Consiglio sta esercitando, mi sono trovata a correre, in due anni, per mettere le premesse di un Piano che avrebbe dovuto meglio governare il sistema, vedendo arrivare un'Amministrazione che ha trovato un'altra invenzione, estraendo dal cilindro l'ennesimo coniglio. Esprimo pertanto voto contrario.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE BONIPERTI



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Buquicchio; ne ha facoltà.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
A questo punto, c'è una modulazione di giudizi. Siamo soddisfatti relativamente all'abrogazione dell'articolo che tendeva a istituire la nuova Azienda sanitaria (o similare) per il 118. Siamo parzialmente soddisfatti (o parzialmente insoddisfatti) relativamente all'abrogazione dell'altro articolo, dove si faceva riferimento ai Direttori generali, cosa che, a nostro avviso, meritava invece un approfondimento; di suggerimenti in termini emendativi ne abbiamo fatti veramente - come si suol dire - a iosa e sono stati definiti anche ostruzionistici da qualcuno, ma avevano un significato: si sperava che - repetita iuvant - potessero essere, almeno in piccola dose omeopatica, recepiti; ma invece, purtroppo, questo non è avvenuto. Poi, siamo ovviamente insoddisfatti per quel che riguarda l'istituzione dei nuovi organismi, le Federazioni.
Vedete, insisto sempre su un punto, quello che riguarda l'adempimento rispetto agli obiettivi prefissati dal Piano di rientro. E allora - volendo prendere in esame soltanto uno degli argomenti che sinora abbiamo addotto per motivare la nostra contrarietà nei confronti dell'istituzione delle Federazioni - ricordo che si trattava di una contrarietà che prescindeva dal numero delle Federazioni, ma che era una contrarietà relativa all'istituzione di quel tipo di organismo che era finalizzata a mantenere comunque l'assetto delle Aziende attuali.
L'assetto delle Aziende così mantenuto non consente di poter intervenire su quella quota enorme di bilancio, che riguarda circa il 30 dello stesso; quindi parliamo di quasi tre miliardi di euro. Se fosse stato possibile mettere mano a quel comparto - e quindi a quella quota enorme di bilancio relativa al personale - nell'ottica di un riordino dell'ottimizzazione delle risorse umane, potendole quindi spostare da un'Azienda all'altra, e volendo anche semplicemente pensare ad un 1% - dico un 1% - di risparmio, parleremmo di 30 milioni di euro.
E oggi stiamo qui a disquisire sui 20 milioni in più o in meno da mettere sul piatto del settore socio-assistenziale, stiamo a disquisire se fare o non fare un referendum sulla caccia che costerebbe circa 20 milioni quando - mettendo mano in quel modo al comparto del personale e volendo pensare in modo veramente pessimistico soltanto ad un 1% (cosa assurda perché non è quello il livello di risparmio che si sarebbe ottenuto) questo significherebbe un risparmio di circa 30 milioni di euro.
Vi invito quindi soltanto a fare questa riflessione in modo pacato e serio. Poi, è ovvio, vi assumete voi ogni responsabilità.
Il voto, ovviamente, non può che essere negativo. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie a lei, Consigliere Buquicchio.
La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Lei, signor Presidente della Giunta regionale, nel dicembre 2010 - le ricordo, nel dicembre 2010 - ha invaso tutti gli organi di comunicazione di questa regione decantando il fatto che per la prima volta il Governo regionale aveva approvato un progetto di riforma che rivoluzionava sostanzialmente tutto il sistema sanitario piemontese.
Cos'è rimasto di quel progetto di riforma? Poco o niente. Che cos'è avvenuto dal dicembre del 2010 ai giorni nostri, a questa data nella quale il Consiglio regionale sta approvando il disegno di legge della Giunta regionale che prevede la riorganizzazione? Lei era partito con un'idea che avrebbe rivoluzionato il sistema sanitario piemontese, quella della separazione degli ospedali dai territori. L'Assessore Monferino, ancora nel dibattito in questi giorni, ha dichiarato al Consiglio regionale che non si può fare una riforma che non si fondi sul consenso di chi poi deve attuarla concretamente.
Considero quest'affermazione dell'Assessore Monferino un gesto di umiltà e di modestia che rispetto, perché significa essenzialmente l'essersi reso conto che non è con gesti autoritari che si riforma la sanità all'interno della nostra Regione.
Poi, avete messo in campo la costituzione dell'Azienda sanitaria regionale per il 118 e in questi giorni - così com'è avvenuto sul vostro obiettivo iniziale, che era quello della separazione degli ospedali dal territorio - avete dovuto rendervi conto che l'opposizione che si è creata in quest'Aula - che non è cosa diversa dall'opposizione che su quel progetto si era creata all'interno della comunità piemontese - vi ha portato per l'ennesima volta a cambiare atteggiamento, orizzonte e impostazione strategica.
Qual è il contenuto che noi oggi leggiamo più forte della cosiddetta riforma sanitaria che il Consiglio regionale si appresta a votare? Un sistema sanitario piemontese più semplice? No, un sistema sanitario piemontese più complesso, con un numero di Aziende sanitarie regionali maggiori e più consistente rispetto a quello della situazione attuale.
Noi non crediamo - non siamo mai stati convinti né siamo convinti ancora oggi, nonostante i risultati che abbiamo ottenuto - che sia con la moltiplicazione delle società, delle Aziende, dei soggetti che il sistema sanitario piemontese può essere riformato.
Poi, c'era una presunzione di fondo che guidava il vostro progetto originario: quella di non accompagnare questo progetto di riforma ad una lettura di partenza degli elementi di positività e di criticità della situazione attuale. È come se ad un certo punto e in modo molto astratto si fosse deciso di calare, su un dato di realtà cominciato molto prima di noi un nuovo modello, un nuovo progetto.
Durante questo anno e mezzo, noi abbiamo operato nelle Commissioni consiliari, in quest'Aula e con una fortissima iniziativa politica nel territorio piemontese, per cercare sostanzialmente di saldare il senso della nostra opposizione con quella che emergeva nella dimensione comunitaria della nostra regione.
Il Consiglio regionale, sotto questo aspetto, ha dato segno di maturità e di responsabilità, rispetto ai numerosi diktat che il Presidente della Regione rivolgeva, imponendo al tema non il carattere di un confronto sul merito, ma unicamente quello di una questione legata ai tempi di approvazione dello strumento del Piano: prima il 31 dicembre, oggi il 31 marzo.
Questo Consiglio regionale, in questi giorni, ha dimostrato che non è con l'esercizio muscolare che possono essere affrontati e licenziati dall'Aula questi provvedimenti, ma solamente con un confronto nel merito delle questioni: un confronto che pone al centro il ruolo forte del Consiglio regionale.
Questo è quello che le opposizioni hanno saputo conquistare durante questi giorni, oltre a essere stati capaci di intervenire in termini di riduzione del male.
La riforma che voi approverete non è la nostra riforma. Noi siamo lontani anni luce da questo tipo di impostazione, ma abbiamo ritenuto di dover intervenire in termini di riduzione del male imponendo che nascesse la nuova Azienda sanitaria 118, imponendo una maggiore attenzione nei confronti del tema delle politiche sociali, imponendo un'operazione che guardi al futuro del Piemonte, che è quella di immaginare di volere riformare il sistema delle politiche sociali piemontesi in termini più moderni, più forti.
Non abbiamo fatto una battaglia di conservazione o di retroguardia: vi abbiamo sfidato rispetto a un altro progetto di governo della sanità piemontese. Questo è quello che queste giornate ci hanno manifestato assieme a una difficoltà politica molto forte del governo regionale.
Quando un Presidente, un giorno sì e un giorno no, minaccia la sua maggioranza di volerla mandare a casa se non esercita l'unica arte che lui chiede che la sua maggioranza debba esercitare, quella dell'obbedienza cieca, questo non è un segno di forza: è un segno di grande debolezza politica.
Per queste ragioni, nella consapevolezza che il nostro lavoro ha ottenuto dei risultati importanti, ci rimane fortemente negativo il giudizio sulle scelte che state compiendo. Il Gruppo consiliare del Partito Democratico voterà contro il disegno di legge della Giunta regionale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Bresso.



BRESSO Mercedes

Grazie, Presidente.
Anch'io ritengo che, malgrado alcuni modesti perfezionamenti apportati a seguito della lunga discussione e battaglia avvenuta in Consiglio, questo continui a essere un testo che non produrrà le efficienze e i miglioramenti richiesti o proposti dalle affermazione sostenute dalla Giunta regionale su questo tema .
chiaro che questo testo è collegato al Piano Sanitario e quindi il giudizio finale si potrà dare all'insieme dei provvedimenti che verranno adottati; tuttavia, posso già provare a sintetizzare che cosa succederà a seguito dell'approvazione di questo testo, che naturalmente presenta alcuni miglioramenti rispetto alla versione originale, in particolare la rinuncia a costruire un'ulteriore Azienda sanitaria per l'emergenza territoriale limitandosi a una ben più normale e corretta funzione di coordinamento del sistema.
Sono rimaste le sei forme di Federazione o simili che erano state previste fin dall'origine, che sono certamente qualcosa di meno di vere e proprie Aziende, perché molto opportunamente siamo riusciti a far sottrarre a queste Federazioni la funzione della programmazione. La programmazione resta in capo - come credo sia il minimo indispensabile - alla Giunta e naturalmente, per quanto gli compete, al Consiglio. Tuttavia queste Federazioni sono troppo numerose, a mio avviso, per effettuare un efficace coordinamento del sistema delle ASL. Di fatto, aumenteranno i costi, e su questo sono pronta a scommettere. Non so se ci sia un broker che qui accetta scommesse sui risultati delle legislazioni regionali, ma certamente, quando l'anno prossimo, se ci saremo, vedremo i risultati (anche se l'emendamento che chiede obbligatoriamente di presentarli è stato respinto), potremo valutare.
Faccio un'osservazione sul sistema di coordinamento sovrazonale su area molto vasta. A mio avviso, anziché quattro Federazioni, sarebbe ancora meglio un coordinamento per tutte le funzioni tipicamente non sanitarie.
L'acquisizione di beni e servizi, le gare per acquisizione di beni e servizi, i servizi di tipo tecnico come le manutenzioni o le costruzioni (almeno la programmazione delle costruzioni di nuove strutture) potevano più opportunamente, a mio avviso, essere assegnate a un'eventuale modifica dell'attuale struttura di SCR.
Perché una sola e non quattro o sei (speriamo non di più, perch stavano per diventare sette) Aziende? Perché a mio parere, se è vero, come diceva Adam Smith, che non appena si trovano alcuni (anche solo due o tre) imprenditori, studiano immediatamente come costruire un cartello per violare le regole della concorrenza, l'avere delle Aziende predeterminate come area, come bacini di messa a gara della fornitura di beni e servizi produrrà come effetto l'organizzazione dei cartelli dei fornitori e, dopo le prime gare, il risultato sarà un aumento e non una diminuzione dei costi, malgrado l'accorpamento delle gare.
Secondo me, molto meglio sarebbe stato il sistema di un'unica struttura addetta a fare le gare che procedesse accorpando di volta in volta, sulla base delle effettive esigenze, dei tempi di consegna dei prodotti, delle particolarità dei prodotti stessi, dei beni e dei servizi. Anche perch molto diversi sono certi beni di largo consumo e altri di consumo più raro e quindi, ovviamente, nel caso di beni rari, una gara unica regionale consente di avere la massa critica necessaria ma, nel caso di beni meno rari, lo si può fare a livello di grandi aree sovrazonali non coincidenti con la regione.
La mia impressione, quindi - per concludere, perché il tempo è scaduto è che i risultati saranno particolarmente negativi, cioè che si dimostrerà ancora una volta, come peraltro in economia molte volte è stato dimostrato, che Adam Smith aveva ragione.
Nel merito, ci sono anche molte questioni non solo legate all'efficienza, ma secondo me al peggioramento di alcuni servizi che da questa norma deriveranno, ma ci saranno altre occasioni per discuterne nella discussione sul Piano Sanitario.
La mia è una dichiarazione di voto: voto contrario.



PRESIDENTE

La parola alla Consigliera Cerutti.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Anche noi portiamo le considerazioni che hanno già espresso gli altri Gruppi dell'opposizione, e questo ci terrei a dirlo in una logica di merito, che sconfessa un po' quelle che sono state le considerazioni fatte già al di fuori di quest'Aula.
Quello che è stato comunicato all'esterno è che noi eravamo già tutti d'accordo nel portare avanti questo primo atto. In realtà, l'accordo è stato semplicemente quello di recepire con soddisfazione alcune modifiche modifiche che, così come abbiamo già rilevato in più sedi, sono venute dalla consapevolezza da parte della Giunta di non poter andare avanti con la contrarietà dell'opposizione, ma soprattutto credo anche con la contrarietà di tutto quello che può essere rappresentato dal mondo della sanità, dagli stessi operatori e dai cittadini utenti.
Quindi, in questa direzione per noi è chiaro che le modifiche introdotte sono un risultato importante. Non più tardi di qualche ora fa l'Assessore Monferino ricordava che c'è da parte di tutte le forze di maggioranza e di opposizione la consapevolezza che, di fronte anche alle urgenze di questo momento, ci sia l'esigenza di procedere ad una razionalizzazione del sistema sanitario e avremo poi modo di discuterne sicuramente negli atti successivi, che per esempio riguardano questioni più delicate, per certi aspetti, che sono quelle relative alla rete ospedaliera.
Certamente, da parte dell'Assessore si rifletteva sul fatto che se c'è la consapevolezza da parte di tutti di condividere l'obiettivo della razionalizzazione, non è poi così condiviso come raggiungerlo, anche perch spesso, quando si tocca una struttura piuttosto che un'altra, si muovono le difese cosiddette localistiche.
In quest'atto, se non si parla di rete ospedaliera, abbiamo quello che è stato un po' il venir meno di quella che era una razionalizzazione, che in realtà, alla fine, razionalizzazione non era, perché era l'istituzione di una nuova Azienda per il 118. Su questo accogliamo positivamente questa modifica, anche perché crediamo sia condivisa in termini trasversali.
Cogliamo positivamente - però al momento non c'è ancora una discussione precisa sul socio-assistenziale - il fatto che venga premiata la coincidenza del distretto sanitario con i soggetti gestori dei servizi socio-assistenziali, ma esprimiamo, come lo hanno già espresso gli altri Gruppi, una contrarietà all'istituzione di questi nuovi soggetti, le Federazioni sovrazonali, proprio perché in questo momento non ne vediamo l'esigenza.
Avevamo chiesto in Commissione se esistevano dei modelli cui l'Assessore si fosse rifatto per ottenere, anche dal punto di vista quantitativo, il risparmio che veniva ipotizzato, anche perché crediamo che, dal punto di vista tecnico, per fare una proposta che porti ad una razionalizzazione si sarebbe dovuto fare riferimento almeno ad un'ipotesi precisa di risparmio.
Questa in realtà non ci è stata data e quindi, in questo senso crediamo che l'esigenza non è quella di razionalizzazione, o comunque di una razionalizzazione non verrà realizzata sui costi: basti pensare ai nuovi Direttori sovrapposti ai Direttori delle ASL; basti pensare ancora all'esistenza di SCR, che avrà delle funzioni che in parte saranno condivise con le Federazioni. Abbiamo, quindi, una situazione nella quale creiamo nuovi soggetti che sono dei soggetti che in realtà determinano un forte accentramento, quindi delle persone, degli uomini o delle donne che sono appunto a diretto contatto con l'Assessore e a lui possono rispondere direttamente.
Non crediamo che questo sia un elemento che possa migliorare, né dal punto di vista dei costi, né dal punto di vista della qualità (che poi è l'unico elemento aggiuntivo) il sistema sanitario piemontese.



PRESIDENTE

Sono concluse le dichiarazioni di voto.
ordine del giorno n. 692 "Provvedimenti necessari relativi a disposizioni in materia di organizzazione del sistema sanitario regionale" presentato dalla Giunta regionale Procediamo all'illustrazione dell'ordine del giorno n. 692, inerente a "Provvedimenti necessari relativi a disposizioni in materia di organizzazione del sistema sanitario regionale", concordato in luogo dell'emendamento n. 224) questa mattina, che la Giunta regionale si era impegnata a presentare.
La parola all'Assessore Monferino.



MONFERINO Paolo, Assessore alla tutela della salute e sanità

Grazie, Presidente.
L'ordine del giorno è molto semplice. Sostanzialmente, "Il Consiglio regionale impegna la Giunta regionale ad adottare entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge regionale 'Disposizioni in materia di organizzazione del Sistema Sanitario Regionale', i provvedimenti necessari per individuare gli strumenti organizzativi più idonei al fine di garantire la massima efficacia ed efficienza del servizio emergenza e urgenza territoriale".
Quindi è sostanzialmente quello che avete letto questa mattina trasformato come "Il Consiglio regionale impegna la Giunta a...", eccetera.



PRESIDENTE

L'ordine del giorno recepisce, quindi, i contenuti dell'emendamento n.
224), che era stato ritirato. La Giunta ha presentato quest'ordine del giorno recependone i contenuti, come d'accordo.
La parola all'Assessore Monferino.



MONFERINO Paolo, Assessore alla tutela della salute e sanità

Grazie, Presidente.
Mi sembrava corretto tirare un po' una conclusione sulla discussione che abbiamo appena concluso, per ricordare alcuni fatti che secondo me sono estremamente importanti.
Come ci ha ricordato il Capogruppo Reschigna, sono stati fatti parecchi interventi su questa riforma. Io stesso avevo fatto dichiarazioni in Aula ma anche precedentemente nelle riunioni della IV Commissione, che riguardavano il fatto che per portare avanti una riforma si dovesse avere non dico l'adesione totale, perché è quasi impossibile nel nostro mondo, o un'unanimità di intenti su tutto, ma certamente avere gli operatori del sistema, che poi devono produrre i cambiamenti che la riforma propone, in accordo con la riforma che si propone.
questo il motivo per cui abbiamo fatto il passo più importante credo, nel modificare un disegno di architettura delle Aziende che inizialmente avevamo proposto con la separazione tra gli ospedali e il territorio.
Da quel momento, quando abbiamo fatto questa prima modifica di architettura complessiva del sistema (peraltro, riteniamo di aver mantenuto inalterati gli obiettivi che volevamo raggiungere, attraverso la programmazione della rete ospedaliera e la centralizzazione dei servizi delle attività di supporto) abbiamo proseguito con un dialogo che oggi posso definire, tutto sommato, positivo, con le opinioni che sono state portate in quest'Aula dall'opposizione.
Anche qui, ogni volta che abbiamo trovato la possibilità di aderire a richieste che ci sono state proposte, abbiamo accettato emendamenti anche di numero consistente. Alcuni hanno anche avuto delle importanti modificazioni sui nostri testi originari.
Volevo ricordare, però - lo dico perché l'intervento del Capogruppo Reschigna potrebbe ingenerare, forse, qualche strano sospetto - che ogniqualvolta mi sono apprestato in Aula ad affrontare queste proposte anche accettandole, o comunque aprendo un dialogo per arrivare ad una formulazione che fosse condivisa, l'ho sempre fatto perché il Presidente me l'ha consentito. Nel senso che io interloquivo con il Presidente molto spesso, proponevo questo percorso e ho sempre avuto dal Presidente la copertura per cercare la più la massima e la più larga condivisione possibile su questa riforma.
Mi sembrava un pochino ingiusto il commento che ho sentito fare poco fa: non c'è stato nulla di muscolare in questo tentativo di costruire insieme questa riforma, che è stata portata formalmente avanti da me, ma sempre "benedetta" dal Presidente della Giunta.
Ci tenevo a dirlo, perché credo sia un fatto importante che possa essere di grande utilità per tutti i nostri cittadini.



PRESIDENTE

Grazie, Assessore Monferino.
Prima di procedere al voto finale, dobbiamo procedere alla votazione dell'ordine del giorno concordato e presentato dalla Giunta regionale, che impegna il Consiglio regionale e la stessa Giunta, illustrato dall'Assessore Monferino poc'anzi.
La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente.
Noi non partecipiamo alla votazione - cerco di spiegare la ragione perché credo che sia la prima volta nella storia del Consiglio regionale in cui la Giunta regionale presenta un ordine del giorno in cui impegna se stessa.
Per queste ragioni, noi non partecipiamo alla votazione sull'ordine del giorno.



(Commenti del Consigliere Carossa)



RESCHIGNA Aldo

Potevate firmarlo alla Capigruppo di maggioranza!



(Commenti del Consigliere Carossa)



RESCHIGNA Aldo

Sarò anche indietro politicamente, preferisco comunque essere me stesso piuttosto che prendere esempi da altri!



PRESIDENTE

Prima della votazione finale sul disegno di legge n. 174, dobbiamo procedere, come dicevo, con la votazione dell'ordine del giorno n. 692 presentato dall'Assessore Monferino.
Indìco la votazione palese sull'ordine del giorno n. 692, il cui testo recita: "Il Consiglio regionale impegna la Giunta regionale ad adottare entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge regionale 'Disposizioni in materia di organizzazione del Sistema Sanitario Regionale', i provvedimenti necessari per individuare gli strumenti organizzativi più idonei al fine di garantire la massima efficacia ed efficienza del servizio emergenza e urgenza territoriale".
Il Consiglio approva.
Non essendoci richieste d'intervento, indìco la votazione nominale sull'intero testo di legge.
L'esito della votazione è il seguente: presenti 52 Consiglieri votanti 51 Consiglieri hanno votato SÌ 32 Consiglieri hanno votato NO 19 Consiglieri non ha partecipato alla votazione 1 Consigliere Il Consiglio approva.


Argomento: Programmazione e organizzazione sanitaria e ospedaliera

Esame testo unificato delle proposte di deliberazione n. 164 e n. 176 inerente a "Approvazione del Piano Socio Sanitario regionale 2012-2015 ed individuazione della nuova azienda ospedaliera San Giovanni Battista di Torino"


PRESIDENTE

Procediamo con l'esame del testo unificato delle proposte di deliberazione n. 164 e n. 176, "Approvazione del piano socio-sanitario regionale 2012-2015 ed individuazione della nuova azienda ospedaliera San Giovanni Battista di Torino", di cui al punto 6) all'o.d.g.
Il testo delle proposte di deliberazione è stato licenziato a maggioranza dalla IV Commissione in data 1° marzo 2012.
Ha chiesto la parola il Consigliere Pedrale; ne ha facoltà.



PEDRALE Luca

Grazie, Presidente.
Noi esprimiamo la soddisfazione per l'approvazione del primo atto della riforma sanitaria, grazie all'impegno della maggioranza e della Giunta, e nonostante molti suggerimenti da parte dell'opposizione siano stati accolti, purtroppo abbiamo rilevato un parere contrario, ma sta nel gioco della democrazia.
Però, vedendo che la mole degli emendamenti ancora iscritti soprattutto sul testo del Piano Socio Sanitario è piuttosto corposa, chiederei di fare un po' il punto della situazione, chiedendo la convocazione di una Conferenza dei Capigruppo.



PRESIDENTE

Consigliere Pedrale, è nelle sue facoltà richiederla. Tuttavia, ho ricevuto una lettera del Presidente della Giunta regionale - la Giunta regionale è titolare di questo provvedimento così come del precedente - il quale ha sostanzialmente rilevato che entrambi i provvedimenti sono di grande rilevanza, riservandosi l'applicazione dell'articolo 84 e annunciando una richiesta in base all'articolo 69.
Ritengo che sia in capo alla Giunta questa richiesta e se la vuole, la può chiedere, però essendo il provvedimento della Giunta regionale, credo che sia nelle facoltà della Giunta regionale - anche perché è presente il Presidente della Regione - di chiedere o meno di convocare e quando convocare la Conferenza dei Capigruppo.
aperta quindi la discussione generale.
Ha chiesto la parola la Consigliera Artesio; ne ha facoltà.



ARTESIO Eleonora

Grazie, Presidente.
Ci avviamo quindi alla discussione della deliberazione dell'Allegato 1 che ridefinisce le aziende sanitarie ospedaliere San Giovanni Battista, CTO Regina Margherita e Sant'Anna e dell'Allegato 2, che contiene il Piano Socio Sanitario.
Ovviamente, in questa fase vorrei fare alcune osservazioni di carattere generale.
La premessa. Ogni piano sanitario, per sua definizione e per obbligo di legge, dovrebbe muovere le proprie valutazioni dalla disamina dello stato di salute della popolazione di riferimento, e questo nell'attuale Piano Sanitario è ridotto ad un allegato, ma contemporaneamente dalla valutazione degli obiettivi e dei livelli raggiunti nella precedente programmazione socio-sanitaria sia per quanto riguarda gli obblighi di legge, vale a dire la capacità del Piemonte di realizzare pienamente gli obiettivi assegnati dallo Stato attraverso i LEA, sia per quanto riguarda le ambizioni che la programmazione precedente aveva annunciato e che potrebbe avere realizzato o viceversa non avere compiutamente perseguito.
Questa analisi preliminare non è affatto contenuta all'interno dell'attuale Piano Socio Sanitario, che non a caso sceglie uno stile redazionale completamente estraneo rispetto alla volontà di nominare i soggetti a cui la programmazione sanitaria è destinata, cioè le donne e gli uomini di questo territorio, la loro salute da preservare, le loro patologie da accompagnare e possibilmente risolvere. Anziché nominare le persone, sceglie di dedicarsi ad una visione di sistema e di farlo non per innalzare la qualità dei servizi e delle prestazioni di questo sistema, di cui, anzi, si dice essere eccellente il livello raggiunto - né si sarebbe potuto dire diversamente, essendo stati giudicati da organismi indipendenti al terzo e al quarto posto in Italia - bensì per ragionare sul tema della sua sostenibilità economica.
La mia posizione politica mi porta non certo a rimuovere il tema della sostenibilità, quanto piuttosto a metterne in discussione le premesse su cui si fonda. E un elemento su cui contesto la premessa è che il sistema sanitario italiano, su cui il livello nazionale si appresta ad abbattere significative riduzioni e il livello sanitario piemontese, non sia compatibile con lo stato generale del nostro Paese.
Questo è un dato di partenza confutabile e infondato. Confutabile perché il sistema sanitario italiano grava sul PIL per il 6,7% del costo del pubblico e per poco più dell'8%, se aggiungiamo il cosiddetto auto pocket, cioè quanto ogni famiglia partecipa a proprie spese ai costi sanitari non coperti dal sistema pubblico.
Questo livello è un livello significativamente inferiore ai livelli di percentuale di PIL della Francia, della Germania e dell'Inghilterra.
Ora, non è che la percentuale italiana sul PIL sia eccessiva; il problema è il PIL del Paese e per aumentare il PIL del Paese è forse obbligatorio ricorrere all'unica eterna soluzione che successivi Governi ci hanno propinato, ovvero quello di contenere la spesa pubblica nei servizi essenziali? Credo che non sia questa la risposta giusta.
Quindi, un intero sistema di programmazione fondato esclusivamente sull'ossessione della sostenibilità e sull'adozione di misure opinabili per quantificare questa sostenibilità non mi può vedere certamente d'accordo.
Una premessa quindi che ci vede distanti e, di conseguenza, soluzioni che non ci possono vedere convergenti, con un uso disinvolto di terminologie dai plurimi significati, tali per cui, a seconda dei contesti nei quali vengono usate, si possono creare consensi, perché ciascuno assegna a quelle parole significati diversi. Un esempio è il cuore di questa impostazione del Piano Sanitario, cioè le reti. Le reti trovano un consenso unanime, perché nella cultura medica, e anche in quella amministrativa, è noto ormai da tempo che lavorare in cooperazione e in relazione produce un valore aggiunto dell'economia e della qualità del sistema.
Quando parliamo così, noi, che di reti ne abbiamo strutturate molte (pensiamo alla rete della continuità assistenziale per il paziente; alle relazioni tra ospedale e territorio nel rapporto tra acuzie e post-acuzie alle reti cliniche per intensità delle patologie, ad esempio alla gestione integrata tra i medici generali e gli ospedalieri o, viceversa, la gestione integrata tra livelli diversi di ospedali che agiscono a livelli diversi di complessità) ci troveremmo d'accordo, perché la scienza e l'esperienza ci portano ad essere d'accordo, ma non è così che questo Piano Socio Sanitario risolverà la soluzione delle reti.
Questo Piano risolve le reti in una logica di definizione gerarchica dei presidi, sulla base di livelli standard, con medie per le quali Trilussa inorridirebbe, e con soluzioni conseguenti tali per cui le morfologie dei territori, gli investimenti realizzati fino a quel momento e le eccellenze di specialità cliniche diffuse e non concentrate, vengono con colpi di spugna o, meglio, a colpi di delibera, sottratte ai territori nei quali sono insediati e vagamente accentrate in poli, in cluster, in hub e in cardini.
Questa non è la definizione di una rete clinica, tant'è che i cittadini si stanno opponendo vivacemente nei territori; non si opporrebbero se partendo dalla cura delle loro patologie, si spiegasse loro quali sono i percorsi più consoni per la presa in carico.
La risoluzione dei termini condivisibili con soluzioni inaccettabili non ci può vedere minimamente affiancati, e credo debba essere riconosciuta all'opposizione una serietà di comportamenti. Molti di noi, essendo espressione di forze politiche, quindi di relazioni con la realtà sociale hanno espresso la loro opposizione non solo in quest'Aula ma anche fuori, e lo abbiamo fatto con una consequenzialità e una coerenza che non mi ha portato ad essere presente ovunque per difendere chiunque, perché solo nel mio periodo di Governo sono stata presente ovunque a difendere ciò che ritenevo giusto difendere della programmazione regionale, ad ascoltare ci che non avevo capito, a cambiare anche opinione e a subire critiche, ma ero presente ovunque ritenessi giuste le rivendicazioni dei territori, da Lanzo, al Valdese e all'Amedeo di Savoia.
La quarta situazione che ci vede complessi è la risoluzione assegnata all'area dell'integrazione socio-sanitaria. È vero, è la grande emergenza del futuro, è la grande questione di ogni programmazione sanitaria (cronicità, invecchiamento, malattie degenerative, progressi delle tecniche mediche che conservano in vita), ma non sempre questa è una vita. A lungo è una vita assistita, ma è comunque una vita a cui va salvaguardata la dignità e, quindi, vanno garantite le cure.
Queste sono le frontiere delle nuove programmazioni.
Tuttavia, non si risolve il problema dei costi dell'area di integrazione solo istituendo fondi con capitoli dedicati che all'esterno danno la parvenza di un impegno, ma che non fanno altro che fotografare e registrare risorse già oggi profondamente inadeguate, rispetto a liste di attesa che accolgono numeri mai conosciuti all'interno di questa regione.
Queste sono le principali obiezioni a questo Piano, su cui ci auguriamo, con il dibattito, di fornire elementi convincenti.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Boeti; ne ha facoltà.



BOETI Antonino

Grazie, Presidente.
Affrontiamo, dopo l'approvazione del disegno di legge n. 174 sulla riorganizzazione con Federazioni che hanno l'obiettivo di portare a casa risorse economiche per mantenere sostenibile il sistema, una questione che secondo noi riguarda il cuore del problema. Nel Piano Socio Sanitario ci sono i servizi sanitari, quelli che i cittadini si aspettano di ricevere nel territorio, quelli che in questi due anni, per un Piano di rientro che ha portato, come diceva l'Assessore, ad una diminuzione del personale, sono stati un po' limitati.
Come abbiamo già detto, soprattutto all'inizio quando si delineavano le caratteristiche generali del documento, nel Piano Socio Sanitario si scrive che i piemontesi sono contenti del sistema sanitario. Ma è un riferimento al 2009 e 2010. Noi siamo convinti che quando questo sarà fatto, tra qualche anno, le risposte da parte dei cittadini di questa regione non saranno le stesse.
Non possiamo negare - e non credo possa farlo neanche il centrodestra il fatto che le liste di attesa sono aumentate: sono aumentate soprattutto per le liste specialistiche, per gli anziani che aspettano un posto all'interno di una struttura, in particolare all'interno di una RSA per anziani non autosufficienti e per gli interventi chirurgici. Tutto questo in un sistema sanitario regionale che prevede che si possa funzionare solo con il 50% dei medici e degli infermieri: o prima si sprecava, rispetto alla presenza nelle corsie, di medici ed infermieri (più che sprecarsi si offriva un servizio di qualità e l'indagine del 2009 lo dice) oppure queste categorie professionali non sono utili a soddisfare i bisogni di salute dei cittadini.
Noi crediamo che questo sia il primo grande problema.
Una volta che l'Assessore Monferino avrà giustamente portato a casa il suo Piano Socio Sanitario (perché sono convinto che chi vince le elezioni ha il diritto di governare), ci aspettiamo che nelle corsie dei nostri ospedali si possa riprendere ad assumere qualche infermiere (e se lo si deve assumere lo si assuma attraverso un concorso pubblico); si possa riprendere ad assumere qualche medico e che si possano sostituire responsabili delle strutture complesse, riferendomi ai responsabili delle strutture complesse delle specialità mediche e chirurgiche.
Se la Giunta ritiene che ci sia un eccesso di responsabili sulle strutture complesse amministrative, assumerà provvedimenti che riterrà di assumere, ma, in chirurgia, il responsabile della struttura complessa è colui che si assume la responsabilità maggiore, è il più "bravo", da un punto di vista chirurgico, ed è anche quello che provvede al paziente nel post-operatorio. Insomma, è una figura utile, di cui molte aziende ospedaliere in questo momento stanno facendo a meno.
Le liste d'attesa sono il problema più grande di cui la Regione dovrà occuparsi.
Abbiamo presentato un emendamento che prevede l'accesso diretto (esperienza fatta per molto altre branche specialistiche, come ad esempio ai laboratori analisi) e ci auguriamo che il Governo regionale lo approvi e verifichi, laddove è possibile farlo, la possibilità dell'acceso diretto alle prestazioni specialistiche, per diminuire una lista d'attesa che sta diventando insostenibile per i cittadini.
Resto ancora su questo argomento perché i dati che abbiamo già dato altre volte (essendo argomento che discutiamo ormai da due anni), in qualche modo si sposano con la difficoltà del sistema sanitario: abbiamo 3,5 posti letto ogni mille abitanti e non possono essere diminuiti. Faccio sempre il riferimento con la Francia, che ne ha 6,8, e con la Germania, che ne ha 9,6. Dato che i tedeschi e i francesi si ammalano esattamente come gli italiani, non credo che si possa andare sotto questo livello.
Sotto questo livello, c'è l'impossibilità di ricoverare i pazienti. La ragione per la quale si aspettano sei-sette giorni in Pronto Soccorso per accedere in reparto, non dipende dal fatto che nei Pronto Soccorso arrivano i codici bianchi. I codici bianchi rompono le scatole a se stessi perch aspettano otto ore e li rompono al medico che vorrebbe occuparsi dei casi gravi, ma non impediscono il ricovero.
Il Ministro Balduzzi ha detto recentemente che il 15% dei pazienti che si presenta in Pronto Soccorso viene ricoverato. Questo vuol dire che non c'è un adeguato numero di posti letto. L'invito che rivolgo all'Assessore e a tutti gli altri Assessore regionali, rispetto agli incontri che si fanno al tavolo della Conferenza Stato-Regioni, è spiegare al Governo nazionale che sotto questo livello non si può andare. Mi pare che sia intenzione dell'attuale Governo quello di includere nei 3,5 posti letto anche i posti letto per non autosufficienti, che in questo momento sono lo 0,7. Questo vorrebbe dire diminuire ancora i posti letto per acuti e ripeto, sotto questo livello, non si può andare.
Noi abbiamo 6,4 infermieri ogni mille abitanti; la Svizzera ne ha 16 tutti gli altri Paesi europei ne hanno tra gli otto e di dieci. Siamo agli ultimi posti in Europa. Anche sotto questo profilo bisognerà spiegare al Governo che i servizi sanitari in tutti Pesi civili vengono garantiti e il nostro, fino ad ora, li ha garantiti.
Fornisco ancora un dato che riguarda il costo letto al giorno per ogni paziente ricoverato nelle nostre strutture. Spendiamo 826 euro per ogni paziente ricoverato, tutte le altre Regioni italiane sono ad un livello maggiore. Nelle Regioni del Sud un posto letto costa mediamente 1.000/1.100 euro, quindi anche sotto questo profilo il Piemonte ha dimostrato, pur con tutti i limiti che conosciamo, di essere una regione virtuosa e sotto questo livello non si può andare.
Faccio ancora una considerazione, anche se ce ne sono ancora molto da fare e saranno sviluppate man mano che discuteremo degli emendamenti, che riguarda la riorganizzazione della rete ospedaliera.
Ho simpatia e stima personale, che non c'entrano con le questioni politiche (per le questioni politiche ognuno fa la sua parte) per l'Assessore, ma faccio riferimento agli ospedali che il Governo regionale intende riconvertire. Relativamente all'Amedeo di Savoia, stamattina abbiamo incontrato i rappresentanti sindacali. Credo - discuteremo della questione un'altra volta - che non ci siano posti nei quali trasferire l'Amedeo di Savoia. È una questione della quale mi sono occupato, credo che non vada bene l'ospedale di Settimo. A Torino sono in cura 4.000 ammalati di AIDS che sarebbe difficile ricollocare in un'altra struttura, anche se le due divisioni di malattia infettiva potrebbero essere separate. La clinico-universitaria potrebbe andare in reparto di malattie infettive l'ospedaliero in un altro, ma ci sembra che in questo momento non ci siano le condizioni.
Penso che un Governo regionale, con un po' di coraggio, debba pensare in questo campo, ad un investimento di tipo edilizio. Ci sono - questa mattina l'Assessore lo confermava - 42 milioni di euro disponibili, una parte dei soldi potrebbe essere recuperata vendendo il Maria Vittoria, un ospedale soffocante e soffocato senza nessuna possibilità di ampliare le sue strutture. Aggiungendo la differenza che può essere un investimento di sette-otto anni, credo che il nuovo Governo regionale potrebbe mettere in cantiere un nuovo Maria Vittoria, all'interno del quale ci sta anche l'Amedeo di Savoia.
Si dimezzerebbero i due ospedali; si può costruire una struttura nuova come fanno tutti i Paesi del mondo, realizzata, anche da un punto di vista ambientale, del riscaldamento e del raffreddamento, con caratteri innovativi, e si dimostrerebbe che nel campo dell'edilizia sanitaria il Governo regionale non intende occuparsi solo di manutenzione di qualche poliambulatorio, ma fare anche qualche investimento importante.
Gli altri argomenti li svilupperemo man mano che ci addentriamo nel dibattito.



PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PLACIDO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Manica; ne ha facoltà.



MANICA Giuliana

Quella sul Piano Sanitario è senz'altro una delle discussioni più importanti che un Consiglio regionale, all'interno di una legislatura, pu affrontare.
un testo fondamentale, è un testo che, tra l'altro, afferisce ad una parte del bilancio regionale assolutamente consistente: circa l'80% del bilancio solo sulla parte di spesa corrente, più dell'80% se ci aggiungiamo anche la parte relativa agli investimenti.
Il Piano Sanitario è un documento complesso che al suo interno contiene vari punti: è costituito dall'Allegato A e dall'Allegato B (si inserisce anche la questione del San Giovanni). Ha delle parti che attengono alle priorità del servizio sanitario piemontese con gli obiettivi dal 2012 al 2015, le traiettorie di sviluppo e di riconfigurazione del servizio sanitario regionale per arrivare agli obiettivi del Piano e il sistema di governance per realizzarlo, oltre ai momenti di accreditamento e valutazione ai progetti speciali di salute.
ovvio che, ad un piano, sono sottese alcune scelte. Quella che abbiamo appena finito di realizzare, con il voto sulla legge, ha riorganizzato in parte il sistema sanitario regionale con l'introduzione delle Federazioni e con tutto il dibattito che ha riguardato in queste ore e in questi giorni quel provvedimento. Indubbiamente, con quel provvedimento, che precede il testo del Piano, noi affrontiamo una situazione radicalmente diversa rispetto a quella su cui lavorava nei Piani Socio Sanitari precedentemente approvati dai vari Consigli in Regione Piemonte.
Detto questo, proprio perché non abbiamo condiviso questa modifica così importante e così sostanziale (la caratteristica delle Federazioni soprattutto nel numero), riteniamo che davanti a quel momento di accentramento, di acquisti, di investimenti e di altri cambiamenti a livello delle varie realtà territoriali piemontesi (vedi le tre Federazioni nella realtà torinese), venisse sotteso un Piano con caratteristiche diverse.
Un Piano in cui non ci sono solo alcune affermazioni molto generali ed obiettivi incelati, ma un Piano che partisse anzitutto da una seria valutazione delle condizioni di salute in Piemonte. Sapendo che occuparsi di sanità non è occuparsi di salute. Occuparsi di salute, del mantenimento o del ristabilimento delle condizioni di salute, è qualcosa di molto più ampio, che va oltre le stesse e singole politiche sanitarie. Si tratta di seguire ciò che l'Organizzazione Mondiale della Sanità ci indica essere l'obiettivo principe: le condizioni di salute e non semplicemente obiettivi organizzativi di carattere sanitario o socio sanitario.
Questa sarebbe uno scenario di grande rilievo, ma richiederebbe un attento esame e un'attenta conoscenza e studio sulle condizione di salute attualmente in Piemonte, esaurito il momento di realizzazione triennale dei Piani precedenti e, soprattutto, del Piano precedente, perché da lì bisogna inevitabilmente partire per darsi gli obiettivi successivi. Diventa difficile darsi degli obiettivi seri ed efficaci, se non si parte da questo livello di conoscenza. Questo è un primo problema di grandissimo rilievo nel momento in cui si individuano quegli obiettivi che sono le priorità indicate all'interno della parte I; se non partono da questa, diventa effettivamente difficile.
Ci sono, poi, alcune cose che andrebbero indicate non in un lungo elenco dove, come la nera notte, tutte le vacche sono uguali: si tratterebbe non di giustapporre tutti gli obiettivi allo stesso livello, ma di individuarne alcuni come prioritari, facendo una gerarchia degli obiettivi stessi, e poi verificando il resto.
Nella gerarchia degli obiettivi stessi, accanto alle garanzie dei diritti, ci sarebbero alcune cose che senz'altro rappresentano un elemento fondamentale: mi riferisco alla riduzione dei tempi di attesa all'appropriatezza delle cure e dei suoi livelli di umanizzazione insieme ad una centralità dei temi della prevenzione, che non può che essere uno dei quadri fondamentali. Queste sarebbero delle scelte che indicano che si programma, che si scelgono degli elementi all'interno di questa programmazione (la prevenzione, l'appropriatezza delle cure, la riduzione delle liste di attesa) e che si sceglie anche il processo di umanizzazione delle cure: in pratica, oltre al percorso certo e verificabile con una continuità assistenziale tra ospedale e territorio, si sceglie anche un processo di umanizzazione, che è proprio l'elemento carente all'interno della sanità italiana.
La sanità italiana ha un problema, in particolare in Piemonte, dove il riconoscimento dei livelli medio-alti viene fatto anche da soggetti terzi e non certo solo da noi.
Il problema della sanità italiana è che viene percepita male da parte del cittadino: non è vero che sia dequalificata e deprofessionalizzata la sanità pubblica; spesso lo è moltissimo, però lo è moltissimo per interventi di altissima professionalità (e noi ci auguriamo che debba capitale mai o una sola volta nella vita di dover essere sottoposti ad un intervento cardiochirurgico piuttosto che neurochirurgico, piuttosto che di alta complessità, e in quel caso abbiamo delle altissime professionalità che salvano le vite all'interno della struttura pubblica).
Dove il cittadino percepisce insufficienza? Quando deve fare quegli interventi che nel corso di una vita capitano tante volte: un prelievo di sangue, un esame diagnostico, un controllo periodico, eccetera. È proprio in questi casi che si incappa in momenti di attesa, in trattamenti non sempre così rispettosi della soggettività del cittadino, che, in quanto malato, perde lo stato di cittadino per diventare una "cosa" ed essere "oggettivizzato". Davanti a questi imprevisti, il cittadino la percepisce come una sanità che non funziona.
Questi fattori, insieme al mantenimento delle alte professionalità e al loro livello sempre più competitivo, devono essere assolutamente assunti.
Vi è, poi, un altro livello, che non rientra nella percezione ma che è fondamentale a tutto: mi riferisco a quel tenere insieme prevenzione, cura e recupero, che sono un elemento fondamentale. Un'altra delle priorità sarebbe porre la questione del recupero come elemento centrale, perché in una realtà in cui la vita media aumenta - ne siamo tutti contenti - e le nascite diminuiscono, è indubitabile che alcune patologie diventeranno sempre più rilevanti in termini quantitativi e qualitativi. Per cui su quell'elemento, quello della prevenzione da un lato e del recupero dall'altro, bisognerebbe fondare sostanzialmente i Piani.
Ma per fare operazioni come queste, non solo bisognerebbe aver fatto un'indagine sulle condizioni di salute, ma bisognerebbe avere le idee chiare e, soprattutto, decidere di non rinunciare ai termini della programmazione.
La Giunta regionale ha compiti di programmazione sul sistema sanitario: si deve dare degli obiettivi senza rinunciare a quello che è l'elemento fondamentale, perché, poi, da questo discendono le scelte di carattere gestionale e manageriale.
Se si redige un Piano che si configura come mero elenco di obiettivi incelati, senza la gerarchizzazione delle priorità, e, dall'altro lato, si adottano scelte manageriali demandate alle delibere di Giunta, questa è la rinuncia compiuta a forme di programmazione verificabili democraticamente in modo serio, in quanto seriamente programmate, verificate, condivise e rapportate al territorio.
Queste sono anche le ragioni per cui è molto importante che ci siano le sedi di condivisione, non solo quelle dei Sindaci e degli Enti locali, ma anche quelle degli operatori sanitari e di tutti i momenti di verifica step by step, di un Piano che queste caratteristiche deve avere.
Qualora non le abbia, lascia in noi forti dubbi sul fatto di essere un documento che voglia davvero programmare ed essere di seria verificabilità democratica.



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Taricco; ne ha facoltà.



TARICCO Giacomino

Grazie, Presidente.
Credo sia evidente a tutti che la discussione che ci avviamo ad affrontare sul nuovo Piano Socio Sanitario Regionale sia un passaggio molto importante: innanzitutto perché quando parliamo di salute, di rete di sostegno alla salute e alla qualità della vita di tante persone che fanno più fatica nella nostra comunità, siamo tutti consapevoli del fatto che stiamo affrontando un tema delicato.
Ma la discussione che andremo ad affrontare sarà delicata anche per l'importanza che, a prescindere dal merito in termini di enfasi e di comunicazione, questo atto ha assunto nella nostra Regione.
Ho già sentito accennare alcune riflessioni dai colleghi che sono intervenuti prima; credo sia evidente a tutti che stiamo parlando di un sistema socio-sanitario - quello piemontese - che sicuramente ha degli spazi di miglioramento, sia in termini di qualità di erogazione delle prestazioni, che di efficienza di funzionamento del sistema. Ma stiamo parlando di un sistema di grande qualità, che ha garantito in questi anni risposte alte, in generale, ai cittadini piemontesi. Lo ha fatto complessivamente all'interno un quadro nazionale, che, come diceva prima il collega Boeti, rapportato ad altri modelli d'Europa e del mondo, non è costoso (lo ribadiva anche la collega Artesio): il nostro sistema arriva al 7% scarso del PIL, come costo complessivo (lei ha detto 6,7%, mentre a me risultava 6,9%, ma non è questa la questione importante). Stiamo comunque parlando di un costo di sistema decisamente inferiore a quello di tanti altri Paesi europei e di tanti Paesi come gli Stati Uniti, che hanno sicuramente un livello di civiltà assolutamente comparabile con il nostro.
Non stiamo quindi parlando di un settore che deve essere "tagliato" perché costa troppo. Sicuramente, ci sono margini di efficientamento che possono e che debbono essere perseguiti, ma stiamo comunque parlando di un sistema che, anche in campo sociale, ha garantito in questi anni risposte importanti ai nostri concittadini. Personalmente, proprio perché operiamo in un quadro di contesto di questo genere, sarebbe stato più utile e necessario intervenire dopo un'approfondita ed attenta analisi di ciò che nel bene e nel male, ha portato il Piano varato nel 2007 e che, in qualche misura, oggi ha esaurito la sua programmazione originaria e iniziale.
Il fatto che stiamo discutendo di un Piano Socio Sanitario in un contesto nel quale i tagli e le importanti riduzioni di spesa che ci sono state (legate al Piano di rientro) abbiano prodotto disagi importanti ai nostri concittadini, pone quest'Aula di fronte ad una grossa responsabilità: se è vero che da una parte noi dovremmo operare per cogliere tutte le opportunità per garantire la massima efficienza ed ottimizzazione del funzionamento del nostro sistema, dall'altra parte dovremmo ragionarlo in termini e modalità che ci permettano di superare la fase di stress e di difficoltà che, in questo momento, il nostro sistema sta vivendo.
In relazione al già citato allungamento delle lista d'attesa e alle drammatiche riduzioni di presa in carico di anziani non autosufficienti da parte della Regione, in questi giorni ho presentato una interrogazione.
Riteniamo che, da una parte, sia un problema generale la riduzione del numero delle prese in carico da parte della Regione, ma, dall'altra, di fronte all'enorme difformità sul territorio con cui le varie ASL si sono comportate, credo dovrebbero essere emanate delle linee guida chiare da parte della Regione, che non permettano il crearsi di situazioni troppo a macchia di leopardo, come, invece, è avvenuto in questi ultimi anni. Anche il blocco del turnover, la cessazione di tanti contratti a termine, la riduzione nell'acquisto di forniture di segmenti gestionali da parte di privati hanno creato e stanno continuando a creare grossi disservizi.
Nella discussione che dovremo svolgere e, soprattutto, nell'attuazione che seguirà si dovrà evidenziare in modo molto chiaro che alla fine di questo percorso sarà sicuramente importante ridurre complessivamente i costi del sistema; soprattutto, sarà importante garantire il massimo di efficienza a questo sistema.
In questo senso, molte delle finalità annunciate le abbiamo anche condivise per ampi tratti. Sicuramente, la necessità di creare maggiore rete all'interno del sistema per un verso e la necessità di perseguire efficacemente una maggiore specializzazione delle strutture, che permetta una migliore qualità delle prestazioni da parte delle stesse, sono da noi assolutamente condivise e condivisibili. Però, crediamo che su questo tema più che ragionare di modelli e di regole, che in qualche misura sono stati oggetto delle nostre riflessioni in questi mesi, si svolgerà una grossa sfida sul piano concreto della gestione. Da questo punto di vista, credo aiuterà molto passare da una fase in qualche misura della propaganda e della comunicazione ad una fase della gestione e della sfida nel merito delle singole questioni.
La sfida che abbiamo di fronte è ambiziosa e importante. Per quanto ci riguarda, fin dall'inizio di questo lavoro in Commissione, abbiamo perseguito la sottolineatura forte della non necessità, dal nostro punto di vista, di tutta una serie di passaggi; poi, riscontrata la volontà di andare avanti da parte della maggioranza e della Giunta, abbiamo svolto un lavoro, tra virgolette, di "limitazione dei danni" di molte delle scelte operate.
Credo che nella discussione in Commissione siano maturati molti cambiamenti. Complessivamente, la proposta che stiamo esaminando oggi, per il lavoro svolto in Aula, ritengo sia molto migliorata rispetto a quella iniziale. C'è ancora molto lavoro da svolgere in quest'Aula; spero veramente che il clima che complessivamente andremo ad instaurare ci permetta di lavorare nel merito, lasciando da parte strumentalizzazioni e forzature, che credo non possano portare niente di buono ai lavori in quest'Aula e, sicuramente, poco di buono ai piemontesi. Grazie.



PRESIDENTE

Grazie, collega.
Ha chiesto la parola la Consigliera Bresso; ne ha facoltà.



BRESSO Mercedes

Grazie, Presidente.
Dopo la chiusura della discussione sul disegno di legge n. 174 alcune questioni sono anche più chiare sul rapporto finale tra la legge e la proposta di riordino del Servizio Sanitario Regionale, in particolare mi riferisco al secondo documento che iniziamo a discutere, cioè il Piano Socio Sanitario Regionale.
Intanto, svolgerei una prima considerazione: dalla lunga discussione avvenuta in Commissione sono stati sicuramente compiuti alcuni passi in avanti. Da un lato, è stata evitata una proposta, a mio avviso assolutamente nefasta, quale la separazione ospedale-territorio. Questo poteva avere qualche senso in una regione come la Lombardia, dove esiste un ricco numero di strutture ospedaliere che derivano dal privato sociale e che, quindi, non hanno un rapporto diretto, se non di tipo convenzionale con la sanità pubblica, quindi che, per quella via, giustifica una separazione tra ASL che acquistano il servizio e ospedali che lo forniscono. Nel nostro caso, dove, ormai, praticamente tutta la struttura ospedaliera, a seguito anche della voluta crisi del Mauriziano, non è di matrice pubblica, non aveva alcun senso.
Alcuni buchi sono stati colmati nell'organizzazione della materia.
Tuttavia, anche questi due anni di dibattito sulla riorganizzazione del sistema non hanno portato ad una versione del Piano Sanitario accettabile.
Intanto, uno dei punti fondamentali, come precedentemente ha rilevato la collega Artesio, è che sempre si parte non da una valutazione del Piano precedente. Noi non avevamo avuto l'opportunità perché il Piano non c'era quindi era difficile valutare il Piano precedente che non c'era. In questo caso il Piano c'era e, a mio avviso, anche di alta qualità. Quindi, non si parte da una valutazione vera di come ha funzionato il Piano, ma solo da due ipotesi: innanzitutto, quello che ha fatto l'opposizione sicuramente non andava bene. In secondo luogo, è obiettivo fondamentale di questo Piano consentire dei risparmi.
Ora, da un lato, ciò che ci viene proposto nel merito sanitario - poi tornerò sul merito economico - mi pare che non solo non configuri un miglioramento, ma, malgrado, come dicevo, alcuni perfezionamenti, si delinei un netto peggioramento.
Intanto, malgrado la convinzione che siano sufficienti gare uniche per controllare, o intimazioni, o intimidazioni ai diversi operatori sanitari sul risparmio e anche la reintroduzione di ticket a gogò, il capitolo sul governo della domanda non è in nessun modo adeguato, è del tutto insufficiente e non consente di ottenere realmente l'unico obiettivo possibile. Il controllo della domanda va fatto attraverso un diverso rapporto con la professione medica, in particolare con i medici di base; va fatto attraverso una adeguata formazione degli utenti; va fatta attraverso soprattutto, un uso migliore della continuità assistenziale, su cui fra poco ritornerò.
Quindi, controllo della domanda che non sia solo taglio della domanda casuale, nel senso che il medico dice che non può più fare certe analisi perché costano troppo e ha già superato i parametri, o il taglio attraverso l'allungarsi infinito delle code delle liste d'attesa, che fa sì che la gente alla fine rinunci oppure decida di pagarsi autonomamente le analisi che il medico ha prescritto.
Null'altro c'è, se non quella che Totò chiamava la "faccia feroce", nel capitolo sul governo della domanda, salvo naturalmente il tema dell'accorpamento delle gare su cui, nel discutere della legge, ho già detto la mia opinione: accorpare le gare va bene, ma si deve fare non in modo predeterminato e prefissato, perché altrimenti si produce l'effetto della costruzione di oligopoli che si presenteranno come un unico fronte davanti all'unico monopolista; a mio avviso, quindi, questa è una soluzione che non dà risultati soddisfacenti, se non utilizzata con la necessaria intelligenza e flessibilità, cosa che con le sei - dicasi sei - strutture che sono state approvate non sarà in alcun modo possibile.
Torno sul secondo punto cui accennavo, quello della continuità assistenziale: su questo punto c'è molto poco. Il tema della continuità assistenziale è stato peraltro pure lungamente discusso, anche in precedenza, parlando della necessità di coordinamento tra distretti e consorzi socio-assistenziali. Ma è anche il tema di come si potrebbero coordinare al meglio le strutture per la continuità assistenziale che invece non vengono organizzate, cosa che rende di nuovo molto difficile agli ospedali la dimissione dei pazienti: stanno quindi aumentando nuovamente, nel presente, i tempi di permanenza dei pazienti negli ospedali.
Il tema della continuità assistenziale è particolarmente grave: riscontriamo l'assenza di risorse per andare avanti nell'ospedalizzazione a domicilio - per la quale occorrono investimenti - , l'assenza di risorse per la costruzione dei Gruppi di medicina di gruppo a livello dei medici di base - che consentirebbe di scaricare un po' il sistema dei Pronti soccorso e della medicina d'urgenza; e, soprattutto, non c'è una chiara definizione della rete, che darà luogo inevitabilmente al fatto che - se si produrrà davvero una riduzione del numero degli ospedali - questa avrà come conseguenza un allungamento delle liste di attesa e una maggiore difficoltà, da parte dei cittadini, ad ottenere le cure.
Ci sono altre questioni che non mi pare assolutamente siano trattate in modo sufficiente, come per esempio il fatto che si ponga sotto l'egida dell'ARESS il tema della qualità. Anche in questo caso mi pare che il controllore della qualità non possa essere un'Agenzia di programmazione, ma debba essere l'Assessorato, che è anche la stessa regione per cui a mio avviso meglio sarebbe stato - e per fortuna questo è avvenuto - togliere la programmazione dalle strutture ex-Federazioni e mantenerla in capo all'Assessorato. Programmazione, grandi orientamenti, controllo di tutti i punti - compresa la qualità - non possono che essere in capo all'Assessorato.
Vedo che sto arrivando alla fine del tempo e ci sono ancora una serie di questioni di cui vorrei parlare. Affronto un ultimo tema, quello della chiusura dei piccoli ospedali: mi pare che ci siano molte preoccupazioni e perplessità rispetto alla sorte di strutture come l'Oftalmico, il Valdese e l'Amedeo di Savoia.
Da ultimo, accenno al tema della Città della salute. Credo che chiunque riesca ad astrarsi da alcune idee preconcette - e, secondo me, anche banali e assolutamente mediocri - si renda conto che la scelta fatta non produrrà...



(Scampanellìo del Presidente)



BRESSO Mercedes

Comunque, Presidente, avendo parlato in un rumore infernale, avrei diritto ad un minuto supplementare...



PRESIDENTE

Colleghi, per cortesia! Chiedo un po' di pazienza. Collega Pedrale Presidente Cota, Assessore! Lavorare così diventa complicato. Fino ad ora fare il chierichetto non è stato sufficiente e mi vedo costretto a richiamarvi.
Prego, Consigliera Bresso.



BRESSO Mercedes

Grazie, Presidente.
Riprendo - perché ad un certo punto, effettivamente, non mi sentivo più il tema della Città della Salute. Credo che chiunque sappia come funziona una vera Città della Salute - cioè una struttura nella quale la cura, la ricerca, l'insegnamento, l'attività di aziende di servizi e di produzione connesse alla spesa sanitaria funzionano davvero bene - si renda anche conto che tutto questo non è realizzabile in alcun modo nell'attuale caos nel quale queste attività sono concentrate alle Molinette e negli altri ospedali del complesso ospedaliero che le circonda.
Non c'è alcun dubbio che costruire all'interno di questo caos un paio di torri non consentirà di produrre alcuna Città della Salute: consentirà al massimo di ottenere un ospedale che - se per caso mancasse l'elettricità in una situazione di emergenza - non permetterebbe alle persone di salvarsi, se non buttandosi dalle finestre che, peraltro, sarebbero chiuse: si morirebbe, quindi, al suo intero. Una delle ragioni per cui gli ospedali non sono più organizzati in questo modo è che da un lato così costano molto perché tutti gli spostamenti vanno fatti con un grande consumo di energia elettrica - e dall'altro, occupandosi di persone che sono di norma a letto o con difficoltà di movimento, sono molto pericolosi dal punto di vista della sicurezza.
Credo quindi che, anche in questo caso, l'unica ragione di questa spesa, che peraltro non verrà realizzata perché le risorse ipotizzate non ci sono e non ci saranno, è quella di lisciare il pelo del gatto nella buona direzione, sapendo che invece una buona politica dovrebbe saper convincere e proporre delle soluzioni efficienti ma che consentano soprattutto, di dare agli oltre otto miliardi di spesa sanitaria una capacità di attivazione, nella produzione di beni e servizi, che migliori non solo la qualità della vita e la salute dei nostri cittadini, ma offra anche delle opportunità di lavoro, di crescita e di creazione d'impresa.
Tutto ciò non avverrà e quindi non si tratterà di una Città della Salute ma al massimo - sperabilmente, se ciò avvenisse - di un nuovo ospedale a fronte del quale, poi, mi chiedo cosa succederà di tutto quello che c'è intorno. Se qualcuno ha mai visto abbattere degli edifici, infatti si renderà conto che la polvere che ne deriva non è coerente con una struttura ospedaliera novellamente costruita in quella sede.



PRESIDENTE

Mi scusi, Consigliera Bresso...



BRESSO Mercedes

Vedo che il tempo è scaduto: ha ragione. Ha ragione ma, siccome pochi ascoltano, molti si sono anche distratti rispetto ai tempi; mi spiace che non si sia distratto lei, che è il tutore e il censore.
Avrò occasione di ritornare sugli altri punti. Grazie.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Buquicchio.
Vi invito a rimanere nei dieci minuti.



BUQUICCHIO Andrea

Grazie, Presidente.
Non si preoccupi, Presidente, staremo sicuramente nei dieci minuti e penso abbondantemente meno, perché, forse lei non lo sa, ma sono nove ore che stiamo lavorando e stiamo parlando. Quindi, soprattutto per chi ha dovuto svolgere un'attività emendativa non c'è da nasconderla la stanchezza.
Penso che parlare per parlare non serva a nulla, anche perché è una liturgia che spesso risulta inutile, soprattutto quando ti rendi conto che nessuno ti sta ascoltando: parlare a se stessi non serve.



PRESIDENTE

C'è sempre qualcuno che ascolta.



BUQUICCHIO Andrea

Il Presidente sicuramente; non lo metto in dubbio.
Oggi è stata votata il disegno di legge n. 174 e penso che la Giunta abbia raggiunto un obiettivo. Quindi, tutto sommato, forse, per una questione di forma non mi sembra neanche poi così opportuno nella stessa giornata pretendere di andare avanti su un lavoro che sicuramente deve essere fatto e sarà fatto. Però, deve essere fatto, secondo me, nei tempi e nei modi più democratici e più consoni a un consesso come questo, su un argomento così importante.
Noi sappiamo che il Piano Socio Sanitario è sempre stato un argomento vantato, nel bene e nel male, nelle varie campagne elettorali o accusando qualche governo uscenti di non averlo fatto o di averlo fatto male o annunciando riforme di un certo tipo.
Ci trovammo di fronte ad un Piano forse essenziale, perché la situazione finanziaria è cambiata e quella sanitaria e socio-assistenziale si evolve, non dico di anno in anno, ma sicuramente nel giro di due o tre anni lo scenario può cambiare in modo sostanzioso.
La vita si allunga e quindi i problemi legati alla cronicità all'invecchiamento derivanti anche da una diagnosi precoce, che personalmente non sento assolutamente di individuare come elemento negativo, rappresentano un grosso problema che si può inserire nell'ambito generale della integrazione assistenziale.
Così come il problema relativo alle post-acuzie è un problema che avevo visto probabilmente sbagliando, ma sono ancora convinto che una buona soluzione potesse essere quella che vedeva nel riordino e nell'estrapolazione della rete ospedaliera la possibilità di creare un binario, uno per le acuzie e l'altro per le post-acuzie.
In quell'impostazione mancava una seria e approfondita capacità di programmazione sui modi con cui i due mondi (quello ospedaliero e quello territoriale) dovevano confrontarsi e parlarsi.
Però, oggi, essendo saltato quel modello e avendo una velleità di riordino di rete che non fa più riferimento ad uno schema che rispondeva a requisiti di omogeneità anche territoriale, oggi mi chiedo come sarà possibile effettuare una programmazione sanitaria di quel tipo con una serie di ospedali da assemblare nell'ambito dei cluster e da suddividere in hub, SPOC o Prossimità e che facciano riferimento a diverse Aziende sanitarie. È un problema che voi, come Giunta e come maggioranza (ma devo dire che, più come maggioranza, come Giunta) vi state accollando, e sono curioso di vedere come, di fatto, riuscirete a risolverlo.
I problemi che cercheremo di mettere in luce nel nostro lavoro emendativo, che non mancherà sicuramente nelle prossime ore e nei prossimi giorni, su un provvedimento così importante, riguarda i principali capitoli di questo provvedimento, a iniziare dalla premessa e, a seguire, sul capitolo che cerca di individuare le criticità del sistema, sul capitolo che parla della programmazione, molto importante, su cui ci sentiamo di discutere a lungo con emendamenti, come mi sembra, degni almeno di essere ascoltati, quelli che riguardano l'appropriatezza.
Altro capitolo importante, su cui ci permettiamo di intervenire con attività emendativa, è quello della qualità percepita. Noi sappiamo bene che questo è un elemento non da trascurare, perché in Piemonte disponiamo di una sanità - quella che fa riferimento agli operatori della sanità - tra le migliori in Italia e non solo. Perché la storia, la tradizione sia della medicina, ma soprattutto della chirurgia è una storia antica e ha visto proprio a Torino e in Piemonte dei pionieri, ma spesso purtroppo la politica e la gestione della sanità in senso lato non è riuscita sempre, o quasi mai, o solo talvolta, a valorizzare queste professionalità e quindi di fatto, la qualità percepita è sicuramente una qualità inferiore a quella che gli operatori del sistema, medici e paramedici, meriterebbero.
Altro capitolo su cui interveniamo con attività emendativa è quello della presa in carico del cittadino. L'altro capitolo, non meno importante è quello dell'allocazione delle risorse finanziarie. Inoltre, qualcosa avremmo da dire e diremo sulla sanità come opportunità di crescita un'occasione da non perdere, perbacco! Sicuramente dovrebbe poter essere un'opportunità di crescita, ma mi permetto di esprimere un velato pessimismo: questa impostazione, purtroppo, non ritengo possa raggiungere obiettivi di quella natura.
Poi, c'è l'importantissimo, fondamentale capitolo del sistema informativo sanitario regionale. Sul sistema informativo, se leggete approfonditamente quel capitolo, che non è breve, si scrive molto, ma di fatto non si dice niente, perché mi sarei aspettato in quell'ambito un progetto di realizzazione di una rete molto diversa da quella attuale, che di fatto non esiste, con la possibilità magari di attribuire ad ogni cittadino una tessera sanitaria con il microchip che contenga tutti gli esami, per evitargli di non doversi recare alle visite mediche specialistiche con la borsa di plastica e tre quintali di radiografie, TAC risonanze, o esami del sangue vari. Tessera che, peraltro, potrebbero utilizzare anche i farmacisti in rete, e che inoltre potrebbe rappresentare un motivo di crescita e un'occasione da non perdere, perché potrebbe essere utilizzata da tutta la medicina privata e tutti i medici privati che non fanno parte del Sistema Sanitario Nazionale, ma che desidererebbero essere messi in rete e poter utilizzare questo sistema. Sarebbe strano che il paziente, se utilizza il servizio sanitario pubblico, usufruisce di questo servizio, mentre se si fa visitare da uno specialista privato, quello gli chiede di portare tutti gli esami nella borsa! Queste possono essere le occasioni di crescita, ma occorre coraggio occorre inventiva; non occorre genialità, ma semplicemente copiare il sistema di altre Regioni a qualche centinaio di chilometri da noi.
Altro capitolo importante su cui intendiamo intervenire con i nostri emendamenti riguarda la garanzia dei diritti, così come gli obiettivi di fondo ed il capitolo riguardante la riduzione dei tempi di attesa, su cui credo si possa giungere ad azzerarne i tempi. Occorre coraggio, non occorre genialità: occorre soltanto coraggio e la volontà di raggiungere nuovi obiettivi, nell'ottica di una riforma che voglia essere veramente tale.
Grazie.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Ronzani; ne ha facoltà.



RONZANI Wilmer

In questi giorni, durante la discussione sul disegno di legge, in più occasioni i membri della Giunta, in particolare l'Assessore Monferino hanno sottolineato come la maggioranza abbia accolto numerosi emendamenti dell'opposizione, principalmente sul Piano Sanitario e pochi quelli sul disegno di legge (poi accolti durante la discussione svolta in Aula).
vero, di questo do volentieri atto alla maggioranza, ma si è trattato di emendamenti che, come ha ricordato il collega Boeti, segnalavano alcune vistose lacune, direi quasi alcune distrazioni. Per il resto, rimangono ancora molte criticità.
Credo che questo Piano non si caratterizzi per come un Piano si dovrebbe caratterizzare: un Piano, come noi lo intendiamo, dovrebbe essere un Piano che fotografa la situazione esistente, indichi obiettivi di medio periodo, abbracci un arco temporale (che il Piano definisce: 2012-2015) e naturalmente indichi le politiche con le quali intende raggiungere quegli obiettivi.
Un Piano è così. Un Piano che abbia un minimo di possibilità di essere realizzato e considerato un riferimento per il sistema sanitario della nostra regione.
Questo elemento non lo vedo o, comunque, non lo vedo nella misura in cui sarebbe necessaria. Allora è giusto che questa discussione sia di merito e ci aiuti, se è possibile, a correggere le cose che non vanno sempre che - sempre che, Presidente - la Giunta e il Governatore Cota non coltivino l'idea sbagliata - io dico anche velleitaria - di compiere una forzatura regolamentare, perché non credo, e faccio appello ai Consiglieri della maggioranza che hanno maggiore esperienza in quest'Aula, che esistano giustificazioni a sostegno di una tesi come quella.
In questi giorni la discussione è stata molto di merito: naturalmente può essere condivisa o non condivisa, ma è stata una discussione di merito alla quale il PD ha partecipato indicando un processo diverso di sanità tentando, perché non si è limitato ad indicare un progetto di sanità alternativa, di cambiare quello che voi avete presentato.
Più chiaro di così si muore: in un'Assemblea legislativa, in una libera dialettica tra maggioranza e opposizione, questo è ciò avviene. A chi ha memoria della precedente discussione sul Piano Socio Sanitario sa che quando si è al governo e non all'opposizione, si invita al senso di responsabilità (perché quando si è al governo ovviamente ci si rivolge alle minoranze per dire: "Ci serve il senso di responsabilità"), mentre quando poi si è all'opposizione si dimentica completamente questo appello e questa ragione.
A chi ci invita al senso di responsabilità ricordo soltanto che la discussione deve avvenire sul merito del Piano Socio Sanitario. Il Piano che stiamo discutendo, come hanno ricordato i colleghi che mi hanno preceduto, contiene - e questo è indiscutibile - una novità significativa: è un Piano che, per quanto riguarda la scelta di fondo, la scelta ispiratrice, è cosa diversa dal Piano che la Giunta Cota ha presentato qualche mese fa. Ve lo ricordate? Allora venne caricato di un grande significato l'opzione di operare questa discontinuità, questa rottura questa separazione tra ospedale e territorio.
Di più: venne considerata uno spartiacque tra la vecchia sanità piemontese e la nuova che volevate costruire.
Non sto qui a ricordarvi le tante parole spese del Governatore Cota a sostegno di questa tesi, considerata davvero un discrimine; da lì in poi sarebbe stata costruita la nuova sanità.
Come sia finito non lo devo ricordare io a voi: quel progetto è stato ritirato e lo stesso disegno di legge della Giunta, quello che abbiamo votato poco fa, come correttamente ed efficacemente ha ricordato il Capogruppo Reschigna, è molto diverso da quello che la Giunta aveva presentato. Lo dico per segnalare un punto politico di partenza, che di per sé dovrebbe fare giustizia di tante discussioni propagandistiche fatte su questa questione, ma veniamo al merito.
Prevenzione, si è detto, cura, riabilitazione, gestione razionale delle risorse, merito e riorganizzazione della rete ospedaliera. Questo è il terreno sul quale confrontarci, perché è evidente che una sanità come quella che abbiamo di fronte richiede politiche ed interventi che abbiano l'obiettivo di conseguire questi risultati.
Penso che il Piano Socio Sanitario della Giunta regionale vada giudicato per le politiche che mette in campo per raggiungere questi obiettivi, sapendo che stiamo parlando di una sanità e di un sistema di qualità, che non significa che non esistono questioni e problemi, ma stiamo parlando di un sistema di qualità che certamente va riorganizzato e che oggi, grazie o per colpa di una serie di provvedimenti adottati, mantiene un livello efficiente di servizi anche grazie - lo voglio ricordare perch nessuno si ricorda di loro - al lavoro e all'impegno di tante professionalità, che molto spesso in questa sanità non vengono valorizzate come invece sarebbe necessario.
stato giusto abbandonare quell'idea perché il sistema funziona; è stato giusto abbandonare quell'idea perché era velleitaria e persino demagogica. Sul punto ho molto apprezzato i ragionamenti dell'Assessore Monferino fatti in Aula, in cui ha dato conto delle ragioni per cui ha convenuto sull'esigenza di abbandonare un modello: ricerco il consenso e voglio i risultati. Questo era il senso del suo ragionamento, ma immaginate cosa sarebbe capitato se in questo sistema avessimo introdotto un modello che avrebbe determinato, tra ragioni oggettive che si occupa di sistema complessi - questo lo sa - una fase lunghissima di instabilità e di fibrillazione, che verosimilmente avrebbero pagato i cittadini? Tutto questo perché un sistema e un modello nuovo hanno tempi per realizzarsi e diventare senso comune ed organizzazione effettiva.
Due questioni e termino, Presidente.
La prima riguarda le risorse. Non dico nulla su quanto abbiamo già detto e che l'Assessore sa, perché non è una colpa sua, ma c'è un limite al di sotto del quale è impossibile andare.
Credo che la Regione debba tenere il punto nella trattativa con il Governo sulla questione, lo dico all'Assessore Quaglia. Non possiamo immaginare che i prossimi due anni siano quelli che ha annunciato in Commissione l'Assessore Quaglia, il sistema non reggerebbe in questa situazione. Non basta e non possiamo continuare a spendere di meno, non possiamo chiedere ai cittadini di andare in pensione più tardi, di pagare la benzina al prezzo dell'oro, di mettere in discussione - sono contrario l'articolo 18, e poi immaginare che le politiche sociali o le politiche sanitarie, quelle che inverano i diritti universali, non possano dispiegarsi fino in fondo. Altra cosa è discutere su come organizzare efficacemente i servizi, ma le due cose non sono in contraddizione.
Infine l'ultima questione riguarda le risorse, il fondo della non autosufficienza. Emerge una responsabilità dei Governi precedenti, in particolare del Governo Berlusconi, che hanno azzerato quel fondo. Il Governo attuale si è ben guardato dal rifinanziarlo, e questo è un secondo problema, ma non credo che possiamo cavarcela mettendo in legge anzi istituendo il fondo per la non autosufficienza regionale.
Questo, di per sé, è un fatto che non mi sento di contestare, ma il punto vero è come finanziamo queste politiche e le risorse con le quali finanziamo il fondo. Emerge un punto, concludo su questo, sul quale da tempo modestamente e umilmente discuto. Non credo che possiamo pensare di finanziare questo fondo attraverso le risorse che si liberano dalla sanità.
Non credo che questo possa avvenire, comunque, nel breve periodo.
Poco fa abbiamo votato una legge che istituisce le Federazioni. Spero di sbagliarmi, ma non sono convinto, per varie ragioni, che quella riorganizzazione, che avrà dei tempi non facilissimi per un complesso di ragioni (lo dicono l'esperienza di altre Regioni), possa determinare benefici sul bilancio della Regione quest'anno e il prossimo. Non sarà così. Emergeranno una serie di problemi che abbiamo pensato di risolvere con quel tipo d'intervento, invece scopriremo che non verranno risolti.
Queste sono alcune delle questioni che cerchiamo di sollevare nella discussione. Confido su un confronto di merito e che la discussione venga fatta confrontando idee e lasciando nei cassetti il Regolamento del Consiglio regionale.



PRESIDENZA DEL PRESIDENTE CATTANEO



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire la Consigliera Cerutti; ne ha facoltà.



CERUTTI Monica

Grazie, Presidente.
Con questo dibattito entriamo nel vivo del Piano Socio Sanitario. Con l'approvazione del primo provvedimento, in realtà, con il disegno di legge siamo entrati nel merito soprattutto dal punto di vista organizzativo, qui invece entriamo nella sostanza. Sostanza che abbiamo ampiamente discusso anche in Commissione. Certamente, come veniva ricordato anche da diversi esponenti della maggioranza e della Giunta, sono stati approvati anche degli emendamenti dell'opposizione, ma in numero certamente considerevole.
Alcuni emendamenti sono sicuramente migliorativi dal punto di vista della forma, altri possono essere più legati a questioni sostanziali dopodiché è chiaro che vediamo, e l'abbiamo già detto anche nella discussione sul disegno di legge, come aspetto molto positivo il fatto che in realtà, rispetto alla presentazione iniziale che era quella che prevedeva l'operazione ospedale-territorio, in realtà si sia fatto un netto passo indietro. Questa modifica, quindi, è stata derubricata, vuoi per l'opposizione vuoi, come è già stato detto, per le consultazioni.
Consultazioni che hanno visto un'opposizione diffusa su tutto il territorio, al di là dei colori politici e che ha fatto sì che si ritornasse alle indicazioni iniziali, tanto che alcuni Consiglieri della maggioranza non hanno salutato positivamente questa retromarcia.
A differenza di molti Consiglieri dell'opposizione, non ho discusso il precedente Piano Sanitario. L'opposizione esercitata dall'attuale maggioranza, nel passato mandato era molto più agguerrita rispetto all'attuale opposizione. L'attuale opposizione è meno agguerrita forse perché è riuscita ad ottenere anche dei risultati e continua a stare nel merito delle questioni.
Rispetto ai nuovi elementi che andremmo a discutere in questo Piano, e che andremo ad affrontare con i singoli emendamenti, vorrei concentrarmi non più sulle Federazioni, perché ne abbiamo ampiamente discusso con il disegno di legge, ma vorrei considerare un elemento. Un elemento di cui si è poco discusso e ripreso soltanto da alcuni interventi, cioè la costituzione del polo torinese che viene considerato, in embrione, la Città della Salute.
Tale polo andrà raccogliere diverse Aziende ospedaliere: le Molinette di Torino, il dermatologico San Lazzaro di Torino, il San Giovanni (antica sede), il Centro Traumatologico Ortopedico, l'istituto ortopedico Regina Maria Adelaide, l'Infantile Regina Margherita e l'Ostetrico Ginecologico Sant'Anna di Torino.
Non faccio l'elenco in modo pretestuoso, ma credo che già dalle specialità che si mettono in un'unica azienda, si comprende che effettivamente, si crea un mostro dal punto di vista gestionale, con specialità fra loro molto diverse. Avere, come unico cappello, il fatto di avere la Città della Salute in embrione, è francamente una considerazione alquanto discutibile. Ricordo la discussione sulla Città della Salute che ha riguardato la Regione e il Comune di Torino, che ormai fa sì che nessuno più creda a questo possibile sviluppo del sistema sanitario piemontese.
Analogamente, crediamo che rispetto alle considerazioni che vengono portate per quanto riguarda la futura riorganizzazione delle rete ospedaliera, riprendendo anche considerazioni fatte nel precedente intervento, non siamo qui a difendere qualsiasi struttura a prescindere.
Abbiamo visto e abbiamo considerato, con quelle che sono state delle valutazioni avanzate anche dallo stesso personale medico, che certamente su tre strutture che sono il Valdese, l'Amedeo di Savoia e l'Ospedale di Lanzo, in realtà, sia necessario procedere ad una revisione della proposta prevista nell'attuale Piano, proprio perché il Valdese e l 'Amedeo di Savoia rappresentano delle specificità.
Non più tardi di qualche ora fa abbiamo incontrato il personale dell'Amedeo di Savoia che, tra l'altro, ci fa credere in modo determinato che quella struttura non debba essere distrutta non tanto perché si vuole tenere conto delle competenze, e non è tanto importante la sede, in realtà perché la sede costituisce un polo importante per il Piemonte ormai riconosciuto e anche per l'Italia, proprio per la specialità di quelle malattie, che hanno chiaramente una valenza di carattere sociale e che come si evince dalle note che abbiamo ricevuto, sono riconosciute dai pazienti e dalle associazioni attive in quell'ambito. Così come per l'Ospedale di Lanzo, che sappiamo non avere ancora un progetto e che quindi, potrebbe rimanere "ospedale di territorio".
La valutazione importante che dev'essere portata è certo di carattere economico, ma in realtà si sta discutendo della salute, che, com'è stato detto talvolta in maniera fin stucchevole, è un bene comune e, in questo senso, non può essere sottoposta solo a considerazioni di carattere economico.
Rispetto alla questione della non autosufficienza, oggi abbiamo appreso che la Giunta presenterà un emendamento che andrà ad alleggerire ciò che è contenuto all'interno del Piano.
Anche noi abbiamo presentato degli emendamenti su questi aspetti proprio perché condividiamo l'istituzione del fondo. Peraltro, com'è stato detto dai colleghi che mi hanno preceduto, in realtà i diversi Governi nazionali, in modo colpevole, non sono intervenuti nel merito.
Noi crediamo, però, che sia importante definire meglio le prestazioni e l'utilizzazione di questo fondo, perché riteniamo pericolosa la copertura di prestazioni sanitarie già attualmente fornite - cioè già attualmente esigibili - con questo fondo. Vorremmo dunque ricevere maggiori precisazioni al riguardo, anche se è stato già richiamato il fatto che ci sarà comunque un disegno di legge ad hoc che entrerà nel merito.
In conclusione, vorremmo comprendere quali saranno effettivamente i fondi destinati all'assistenza. Ma, così come veniva ricordato con le organizzazioni sindacali qualche ora fa, non vorremmo che la coperta tra sanità e assistenza fosse troppo stretta, tirata o da una parte o dall'altra, a discapito dell'una o dell'altra, senza valutare effettivamente quelli che sono i servizi offerti. Non possiamo lasciare l'assistenza con gli stanziamenti inizialmente previsti.
La Giunta ha certamente preso degli impegni, però non sappiamo quali saranno i risparmi sanitari. Saranno sicuramente necessarie delle importanti ottimizzazioni, ma non vorremmo che andassero a discapito del personale sanitario (in questo senso, non si farebbero altro che tirare la coperta in una direzione o nell'altra).



PRESIDENTE

Ha chiesto la parola il Consigliere Muliere; ne ha facoltà.



MULIERE Rocco

Grazie, Presidente.
Dopo aver trascorso così tanti giorni a discutere di modelli organizzativi per gestire la sanità, abbiamo finalmente la responsabilità di definirli. È stato importante, quindi, parlare di tutto questo. Ora che entriamo nel merito del Piano e dei suoi contenuti, mi permetto di dire che dovremmo entrare nel merito della salute dei piemontesi, e non soltanto degli aspetti sanitari, della qualità dei servizi che vengono erogati dell'appropriatezza dei consumi, della partecipazione dei cittadini e della responsabilità degli operatori. Insomma, penso ad una discussione sulla salute come "bene comune". Un bene comune che comporta l'esigenza di disporre di un'idea comune, che riguarda tutti, e non soltanto una parte di chi governa.
Ecco perché - noi lo abbiamo detto e lo sottolineiamo ancora - le riforme non si possono imporre o calare dall'altro. Le riforme, soprattutto in un settore come quello della sanità, richiedono un confronto e una partecipazione. Parliamo di un bene comune che va usato in modo sobrio e garantito solo quando è necessario (e non sempre e comunque), senza sprechi.
Gli sprechi - ce ne sono ancora molti nella sanità, anche nella nostra vanno assolutamente combattuti: eliminare gli sprechi è un dovere.
Lo spreco non è una voce di bilancio, e per cancellarlo bisogna fare un lavoro difficile, importante, impegnativo e responsabile. Da qui, dunque il tema della sostenibilità: anche in questo caso, ce ne dobbiamo fare carico tutti quanti, in particolare (e prima di tutto) chi governa.
Il problema della sostenibilità del sistema sanitario è questione che riguarda tutti noi. E proprio per perché la salute è un bene comune, si pu godere di quel bene o di quel diritto ma non si può e non si deve entrarne in possesso.
Non c'è consapevolezza di utilizzare quel diritto senza sapere che ci sono anche dei doveri. Non c'è consapevolezza se non c'è partecipazione, la partecipazione di chi lavora e di chi usufruisce di quel bene.
Mi ha fatto piacere sentire più volte l'Assessore soffermarsi in quest'Aula e ribadire che una riforma, o le idee che sono contenute all'interno del Piano, non possono essere imposte se non c'è la consapevolezza e la partecipazione in particolar modo degli operatori. Gli operatori hanno una funzione importante, quindi la loro partecipazione (ma anche quella dei cittadini e di chi usufruisce del servizio) è importante.
Per queste e per tante altre ragioni, considero la salute un bene comune. È opportuno che la politica si riappropri del tema della salute e della prospettiva di questo bene comune, e non soltanto della sanità e della sua organizzazione. La salute, quindi, vista come diritto, per dare una risposta ai bisogni dei cittadini, quelli più fragili e più deboli. La salute non considerata soltanto come un affare, una merce. La tutela e la promozione della salute non può essere rappresentata sempre come un costo.
La salute può e deve essere considerata anche come opportunità economica.
La cultura e l'economia del benessere credo che siano una risorsa anche per l'economia piemontese. Così come la sobrietà della cura, offrire, cioè, a ciascuno ciò che è veramente necessario, in modo egualmente efficace e non in punto di sistema sanitario piemontese.
Va combattuto l'abuso dei farmaci e delle prestazioni sanitarie.
Penso che sul punto della cultura e dell'appropriatezza non vi sia discussione (si tratta, poi, di vedere come organizziamo e come diamo senso all'appropriatezza della cura).
Un sistema sanitario che persegue un bene comune deve porre al suo centro la salute, ma anche e soprattutto la prevenzione, perché, se sosteniamo che mettiamo al centro del nostro lavoro il cittadino e la salute, allora la prevenzione deve venire al di sopra e prima di tutto il resto.
Un sistema sanitario deve promuovere l'equità sociale: uguali opportunità, offrendo un uguale accesso alle cure sanitarie.
Ecco perché abbiamo ritenuto importante e fondamentale, nella prima fase (quella della consultazione), e riteniamo importante, oggi, lo riterremo domani, quando il Piano sarà approvato, il coinvolgimento degli operatori degli Enti locali, dei Sindaci, perché sappiamo qual è il ruolo importante dei Sindaci nell'organizzazione, nella gestione della sanità piemontese.
Infine, Assessore, mi permetta di fare un riferimento ad una questione che considero rilevante: in questi giorni, lei, in particolar modo, il Presidente della Giunta regionale e la Giunta nel suo insieme, dovrete decidere il rinnovo dei Commissari (rinnovo o nomina), comunque la nomina dei Direttori.
A noi non interessa chi nominerete, non c'interessa: nominate chi volete! Mi permetto, però, Assessore, di dire questo: valutate, fate una valutazione del lavoro che è stato svolto dai Direttori in questi mesi fate una valutazione al di là delle indicazioni che possono venire (non è questo il problema), fate una valutazione dei risultati ottenuti dal lavoro dei Direttori.
Sulla questione delle liste d'attesa, dell'appropriatezza (se non sono parole vuote quelle che pronunciamo in quest'Aula), della qualità dei servizi erogati, dei tempi di pagamento, della rete ospedaliera, della capacità di mettere in piedi la rete ospedaliera (ho sentito tante volte il Presidente della Giunta regionale evocare la questione della rete ospedaliera), bene, valutate che lavoro hanno svolto i Direttori, i Commissari, fino ad oggi, per costruire la rete ospedaliera.
Se abbiamo dei Direttori, dei Commissari che non parlano tra di loro perché non è solo questione di organizzazione e di strumenti, ma è anche questione di chi dirige in quel momento, non costruiremo la rete ospedaliera.
Ecco perché la invito ad attuare una valutazione seria; non si faccia influenzare da indicazioni di alcun tipo, se non da una valutazione e dai risultati che hanno ottenuto i Commissari.
Ritengo che questo sia importante. Se lei farà questo, avrà il nostro consenso.
Ripeto: non c'interessa chi nominerete, ma la valutazione, per quanto ci riguarda, è molto importante.



PRESIDENTE

La parola al Consigliere Reschigna.



RESCHIGNA Aldo

Grazie, Presidente.
Nel corso della discussione, che ha impegnato circa 12 mesi la Commissione consiliare e ora il Consiglio regionale, anche sul Piano Socio Sanitario abbiamo assistito ad un cambio di rotta da parte della Giunta regionale.
Voglio richiamare le considerazioni più rilevanti che sono state espresse soprattutto durante le consultazioni, dove è stato messo in evidenza il fatto che di Piano Socio Sanitario vi era solamente il titolo e che la dimensione sociale era poco rappresentata all'interno dello stesso.
Noi prendiamo atto, in senso positivo, al di là di alcune questioni di rilievo puntuale di merito, che nel corso della discussione questa grande lacuna è stata parzialmente colmata, così come prendiamo atto del fatto che la Giunta regionale, dopo molta insistenza da parte di questo Gruppo consiliare, ha ritenuto che il tema della classificazione degli ospedali o della gerarchizzazione degli stessi, o della costruzione delle reti ospedaliere, fosse un elemento contenuto all'interno del Piano Socio Sanitario.
Questo lo abbiamo voluto, altrimenti il rischio vero sarebbe stato quello di trovarsi di fronte ad un documento molto generico, che lasciava anche su questo punto fondamentale, mano libera alla Giunta regionale di interpretare quelle che erano alcune aspirazioni, a volte di principio, a volte generiche, che non incidevano sul tema fondamentale che il Piano Socio Sanitario regionale deve essere in grado di affrontare.
Il Piano Socio Sanitario deve saper leggere la realtà che questa regione sta vivendo ed indicare quali sono le direttrici verso cui muoversi.
Leggere la situazione attuale: ritengo che questo sia ancora uno dei limiti più profondi di questo Piano Socio Sanitario. Si vogliono cambiare e riorientare gli obiettivi e i contenuti di una programmazione sanitaria, ma per fare questo occorre innanzitutto svolgere un'operazione molto semplice: essere capaci di leggere i punti di forza e i punti di debolezza del sistema sanitario, saperli individuare e proporre delle alternative o delle soluzioni capaci di guidare il cambiamento.
Sotto quest'aspetto, forse questa funzione - e questo è l'elemento di maggiore ambiguità, emerso durante la discussione che ha attraversato questa parte di legislatura - l'ha svolta più l'Addendum che il Piano Socio Sanitario.
Al di là delle soluzioni e degli obiettivi a breve o a medio termine che l'Addendum individua e al giudizio che noi diamo su ciascuno di questi comunque quello strumento partiva dalla lettura della situazione attuale (cosa che non fa il Piano Socio Sanitario), si sforzava d'individuare gli elementi di criticità (cosa che non fa il Piano Socio Sanitario) e conseguentemente, proponeva delle azioni anche misurabili e verificabili nel tempo, tese a dire quali erano le politiche che si voleva mettere in atto per affrontare le criticità che caratterizzano, oggi, il sistema sanitario piemontese.
Prendiamo atto che la proposta di deliberazione che stiamo incominciando a discutere - se riusciamo - all'interno del Consiglio regionale tiene conto, anche rispetto al documento originario, del dibattito che si è svolto, rappresentando concretamente il superamento del progetto originario che si fondava sulle operazioni di separazione tra ospedale e territorio.
Inoltre, l'Allegato A della proposta di deliberazione del Piano Socio Sanitario viene fortemente ridimensionato rispetto al documento originario immaginando un'operazione di accorpamento che riguarda un'unica Azienda Sanitaria Ospedaliera piemontese.
Anche se alcuni emendamenti che il nostro Gruppo ha presentato nel corso della discussione in Commissione sono stati accolti, rimangono all'interno del documento che giunge questa sera all'esame del Consiglio regionale, una serie di questioni che intendiamo riproporre anche attraverso una manovra emendativa tutta sul merito delle questioni. Avremo modo nel corso dell'illustrazione degli emendamenti di porre l'attenzione della Giunta e del Consiglio regionale su ciascuna di esse.
Non abbiamo presentato, così come non abbiamo presentato sul disegno di legge, un numero consistente di emendamenti, tesi quasi a dare la sensazione di un atteggiamento, da parte di questo Gruppo, improntato ad un'operazione di natura ostruzionistica, perché riteniamo che, anche sul Piano Socio Sanitario, questo Consiglio regionale, se è capace di esercitare un ruolo centrale su uno degli atti fondamentali della programmazione, può entrare nel merito delle questioni che ciascun Gruppo di opposizione o di maggioranza sarà in grado di sottoporgli.
in questo modo che affrontiamo la discussione puntuale relativamente allo stesso, con la convinzione che anche questo documento è stato profondamente modificato rispetto all'impostazione originaria. Crediamo sia importante e opportuno procedere a ulteriori modifiche rispetto ai contenuti dello stesso e ci auguriamo che, effettivamente, la discussione che intraprendiamo possa e debba essere una discussione di merito e non sostanzialmente, una discussione vuota nel confronto tra Giunta e Consiglio regionale.



PRESIDENTE

Ha chiesto di intervenire il Consigliere Laus; ne ha facoltà.



LAUS Mauro

Grazie, Presidente.
Intanto, credo si debba partire da alcuni punti fermi, tralasciando ogni tipo di polemica.
Quando si inizia a parlare - non voglio definirla "grande riforma epocale" - di riforma, mi viene spontaneo tornare - come ho già fatto notare in altri miei interventi - alla campagna elettorale, che ha premiato il Presidente Cota. Dal momento dell'insediamento ad oggi, sul piano della sanità si sono verificate alcuni fatti, che dobbiamo ricordare.
Non voglio parlare di questioni spiacevoli, ma almeno della designazione dei direttori generali chiamati ad organizzazione la cosa pubblica e, in modo particolare, il settore più delicato: la sanità, la salute dei cittadini.
Adesso ci saranno nuovamente le nomine dei Direttori generali; quindi sicuramente, ci saranno - non ho dubbi su questo - delle sostituzioni.
Probabilmente, le sostituzioni derivano da scelte precedenti, magari, non tanto appropriate: ci tenevo almeno a sottolineare questo aspetto.
Colgo l'occasione per ricordare al Presidente e alla Giunta che una vera riforma - qui, certo, che si può definire "epocale" - si ha quando la politica si tiene fuori dalle nomine degli amministratori della cosa pubblica. A tale proposito, la legge presentata dal sottoscritto e votata dai miei colleghi non è stata approvata. Quella, sì, che poteva essere una riforma epocale per cambiare il modus operandi della gestione della cosa pubblica. Quindi, la chiusura verso un riformismo vero per me rappresenta la bocciatura della volontà di riformare il sistema.
Svolta questa breve premessa, devo prendere atto, così come hanno fatto i miei colleghi, che l'Assessore ha voluto dare delle aperture sia sul ritiro della prima bozza del Piano Socio Sanitario, per quanto riguarda la divisione tra ospedale e territorio, sia con l'accoglimento in Commissione di emendamenti presentati dai Gruppi dell'opposizione.
Per quanto riguarda tutta un'altra serie di emendamenti, l'Assessore si è fatto carico di riassumerli con emendamenti riepilogativi, ad esempio: quelli della rete regionale di allergologia, quelli della rete di terapia del dolore e delle cure palliative, quelli relativi all'aggiustamento dell'area materno-infantile, quelli del sistema dei trapianti e ancora altri.
Volevo caratterizzare questo mio intervento soprattutto su un aspetto.
Come Consigliere regionale, sono contrario all'istituzione del fondo per la non autosufficienza: sono totalmente contrario.
Avrei potuto predisporre centinaia e centinaia di emendamenti apparentemente ostruzionistici, ma finalizzati a condizionare l'Assessore affinché potesse ritirare il capitolo della non autosufficienza. Non l'ho fatto e non lo faccio perché, comunque, una maggioranza deve avere il diritto-dovere di governare.
Prendo atto che dei cambiamenti sono intervenuti, ma su questo punto della non autosufficienza occorre almeno la forza per spiegare all'Assessore e ai Consiglieri disponibili a dare un voto sulla costituzione della non autosufficienza, anche ai Consiglieri di opposizione affinché non alzino ancora di più il tiro, che il fondo della non autosufficienza è un qualcosa che non deve essere assolutamente e tassativamente fatto, perché si corre il grave rischio di declassare il malato - che va gestito con le risorse della sanità - a persona disagiata a persona in difficoltà.
In questo ambito vale lo scaricabarile e vale anche la discrezionalità dell'Amministrazione sulla disponibilità delle risorse finanziarie ed economiche presenti in un particolare momento storico. Invece, se riportiamo tutto sulla sanità, è certo che lì andiamo a impattare, perché è lì che trova cittadinanza il diritto del malato.
Quindi, Assessore - continuerò a domandarlo anche mediaticamente, non lo faccio con quelle forme, come le dicevo prima, ostruzionistiche - a mio avviso, il fondo per la non autosufficienza è ascrivibile ad una volontà politica sbagliata. I miei colleghi commettono un grave errore se non mi aiutano a spiegarle che c'è - lo ripeto per l'ennesima volta - il grave rischio di declassare il malato a persona svantaggiata e in difficoltà.
Nelle Commissioni ho sempre sostenuto, ancora sempre in merito a quanto sto esternando in questo momento, anche la tracciabilità delle risorse per le non-autosufficienze.
Le chiedo quindi che ci sia trasparenza nei confronti dei cittadini della Regione Piemonte, ai quali va detto - sempre in merito a quanto sto dicendo - che cosa ha chiesto la nostra Regione al Ministero e com'è stato quantificato il problema sulle liste d'attesa per le non-autosufficienze visto che una comunicazione in Commissione - nonostante l'approvazione di un ordine del giorno all'unanimità - non è mai stata data.
Se proprio vuole sbagliare nel costituire il fondo della non autosufficienza, quindi, il tutto dev'essere preceduto da una comunicazione chiara e trasparente ai cittadini piemontesi. Grazie.



PRESIDENTE

Bene. Richiamo l'attenzione dell'Aula per comunicazioni.
Siamo convocati fino alle ore 19 e i nostri lavori sono previsti in ripresa alle ore 20. Ricordo che i colleghi devono firmare in uscita anche la seduta pomeridiana. Il Consiglio riprenderà, in luogo delle ore 20, alle ore 20.30.
Il Presidente della Regione mi ha chiesto di riunire la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. La convoca è pertanto spostata alle ore 20.30 per tutti gli adempimenti previsti dal Regolamento e dalla legge; i lavori inizieranno e saranno immediatamente sospesi per la riunione della Conferenza dei Capigruppo richiesta dal Presidente Cota: i Capigruppo presenti sono avvisati e quelli non presenti lo saranno nel frattempo.
La Conferenza dei Capigruppo è convocata alle ore 20.30 in Sala A. La terremo a questo piano perché riprenderemo i nostri lavori e poi li sospenderemo per svolgere, brevemente, la Conferenza dei Capigruppo.
Ci rivediamo alle 20.30...



(Brusìo in aula)



(Scampanellìo del Presidente)



PRESIDENTE

Scusate: non ho ancora finito. Anche per tutti gli adempimenti relativi all'obbligo di firma, l'orario di convoca non è le ore 20 ma le ore 20.30.
Grazie.
La seduta è tolta.



(La seduta ha termine alle ore 19.00)



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