Roma, 6 aprile 2002
TITOLO I
DEFINIZIONE E POTESTA’ DISCIPLINARE
1. - Il presente Codice è costituito dai principi e dalle
regole che gli assistenti sociali devono osservare e far osservare
nell’esercizio della professione e che orientano le scelte
di comportamento nei diversi livelli di responsabilità
in cui operano.
2.- Il Codice si applica agli assistenti sociali ed agli assistenti
sociali specialisti.
3.- Il rispetto del Codice è vincolante per l’esercizio
della professione per obbligo deontologico. La non osservanza
comporta l’esercizio della potestà disciplinare.
4.- Gli assistenti sociali sono tenuti alla conoscenza, comprensione
e diffusione del Codice e si impegnano per la sua applicazione
nelle diverse forme in cui la legge prevede l’esercizio
della professione.
TITOLO II
PRINCIPI
5.- La professione si fonda sul valore, sulla dignità e
sulla unicità di tutte le persone, sul rispetto dei loro
diritti universalmente riconosciuti e sull’affermazione
delle qualità originarie delle persone: libertà,
uguaglianza, socialità, solidarietà, partecipazione.
6.- La professione è al servizio delle persone, delle famiglie,
dei gruppi, delle comunità e delle diverse aggregazioni
sociali per contribuire al loro sviluppo; ne valorizza l’autonomia,
la soggettività, la capacità di assunzione di responsabilità;
li sostiene nell’uso delle risorse proprie e della società
nel prevenire ed affrontare situazioni di bisogno o di disagio
e nel promuovere ogni iniziativa atta a ridurre i rischi di emarginazione.
7.- L’assistente sociale pone la persona al centro di ogni
intervento.
Considera e accoglie ogni persona portatrice di una domanda, di
un bisogno, di un problema come unica e distinta da altre in analoghe
situazioni e la colloca entro il suo contesto di vita, di relazione
e di ambiente, inteso sia in senso antropologico-culturale che
fisico.
8.- L’assistente sociale svolge la sua azione professionale
senza discriminazione di età, di sesso, di stato civile,
di etnia, di nazionalità, di religione, di condizione sociale,
di ideologia politica, di minorazione psichica o fisica, o di
qualsiasi altra differenza o caratteristica personale.
9.- Nell’esercizio delle sue funzioni l’assistente
sociale non esprime giudizi di valore sulle persone in base ai
loro comportamenti.
10.- L’esercizio della professione si basa su fondamenti
etici e scientifici, sull’autonomia tecnico-professionale,
sull’indipendenza di giudizio, sulle conoscenze proprie
della professione e sulla coscienza personale dell’assistente
sociale. L’assistente sociale ha il dovere di difendere
la propria autonomia da pressioni e condizionamenti.
TITOLO III
RESPONSABILITA’ DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEI CONFRONTI
DELLA PERSONA UTENTE E CLIENTE
Capo I
Diritti degli utenti e dei clienti
11.- L’assistente sociale deve impegnare la sua competenza
professionale per promuovere la piena autodeterminazione degli
utenti e dei clienti, la loro potenzialità ed autonomia,
in quanto soggetti attivi del progetto di aiuto.
12.- Nella relazione di aiuto l’assistente sociale ha il
dovere di dare, tenendo conto delle caratteristiche culturali
e delle capacità di discernimento degli interessati, la
più ampia informazione sui loro diritti, sui vantaggi,
svantaggi, impegni, risorse, programmi e strumenti dell’intervento
professionale, per il quale deve ricevere esplicito consenso,
salvo disposizioni legislative e amministrative.
13.- L’assistente sociale, nel rispetto della normativa
vigente e nell’ambito della propria attività professionale,
deve consentire agli utenti ed ai clienti, o ai loro legali rappresentanti,
l’accesso alla documentazione che li riguarda, avendo cura
di proteggere le informazioni di terzi contenute nella stessa
e quelle che potrebbero essere di danno agli stessi utenti o clienti.
14.- L’assistente sociale deve salvaguardare gli interessi
ed i diritti degli utenti e dei clienti, in particolare di coloro
che sono legalmente incapaci e deve adoperarsi per contrastare
e segnalare situazioni di violenza o di sfruttamento nei confronti
di minori, di adulti in situazioni di impedimento fisico e/o psicologico,
anche quando le persone appaiono consenzienti.
15.- L’assistente sociale che nell’esercizio delle
sue funzioni incorra in una omissione o in un errore che possano
danneggiare l’utente o il cliente o la sua famiglia deve
informarne l’interessato ed esperire ogni tentativo per
rimediare.
16.- L’assistente sociale deve avere il consenso degli utenti
e dei clienti a che terzi siano presenti durante l’intervento,
o informati dello stesso, per motivi di studio, formazione, ricerca.
Capo II
Regole generali di comportamento dell’assistente sociale
17.- L’assistente sociale deve tenere un comportamento consono
al decoro ed alla dignità della professione. In nessun
caso abuserà della sua posizione professionale.
18.- L’assistente sociale deve mettere al servizio degli
utenti e dei clienti la propria competenza e abilità professionali,
costantemente aggiornate, intrattenendo il rapporto professionale
solo fino a quando la situazione problematica lo richieda o la
normativa glielo imponga.
19.- Qualora la complessità di una situazione lo richieda,
l’assistente sociale si consulta con altri professionisti
competenti.
Nel caso l’interesse dell’utente o del cliente lo
esiga, l’assistente sociale trasferisce, con consenso informato
e con procedimento motivato, il caso ad altro collega, fornendo
ogni elemento utile alla continuità del processo di aiuto.
20.- L’assistente sociale, investito dalla magistratura
o in adempimento di norme in vigore di funzioni di controllo o
di tutela, deve informare gli interessati delle implicazioni derivanti
da questa specifica funzione nella relazione professionale.
21.- L’assistente sociale investito di funzioni peritali
deve esercitarle con imparzialità ed indipendenza di giudizio.
22.- Nel rapporto professionale l’assistente sociale non
deve utilizzare la relazione con utenti e clienti per interessi
o vantaggi personali, non accetta oggetti di valore, non instaura
relazioni personali significative e relazioni sessuali.
Capo III
Riservatezza e segreto professionale
23.- La riservatezza ed il segreto professionale costituiscono
diritto primario dell’utente e del cliente e dovere dell’assistente
sociale, nei limiti della normativa vigente.
24.- La natura fiduciaria della relazione con utenti o clienti
obbliga l’assistente sociale a trattare con riservatezza
in ogni atto professionale le informazioni e i dati riguardanti
gli stessi, per il cui uso o trasmissione, nel loro esclusivo
interesse, deve ricevere l’esplicito consenso degli interessati,
o dei loro legali rappresentanti, ad eccezione dei casi previsti
dalla legge.
25.- L’assistente sociale ha facoltà di astenersi
dal rendere testimonianza al giudice e non può essere obbligato
a deporre su quanto gli è stato confidato o ha conosciuto
nell’esercizio della professione, salvo i casi previsti
dalla legge.
26.- L’assistente sociale deve curare la riservatezza della
documentazione relativa agli utenti ed ai clienti salvaguardandola
da ogni indiscrezione, anche nel caso riguardi ex utenti o clienti,
anche se deceduti.
Nelle pubblicazioni scientifiche, nei materiali ad uso didattico,
nelle ricerche deve curare che non sia possibile l’identificazione
degli utenti o dei clienti cui si fa riferimento.
27.- L’assistente sociale che nell’esercizio della
professione venga a conoscenza di fatti o cose aventi natura di
segreto è obbligato a non rivelarli, salvo che per gli
obblighi di legge e nei seguenti casi:
rischio di grave danno allo stesso utente o cliente o a terzi,
in particolare minori, incapaci o persone impedite a causa delle
condizioni fisiche, psichiche o ambientali;
richiesta scritta e motivata dei legali rappresentanti del minore
o dell’incapace nell’esclusivo interesse degli stessi;
autorizzazione dell’interessato o degli interessati o dei
loro legali rappresentanti resi edotti delle conseguenze della
rivelazione;
rischio grave per l’incolumità dell’assistente
sociale.
28.- L’assistente sociale è tenuto ad esigere l’obbligo
della riservatezza e del segreto d’ufficio da parte di coloro
con i quali collabora e/o che possono avere accesso alle informazioni
o documentazioni riservate.
29.- La collaborazione dell’assistente sociale alla costituzione
di banche dati deve garantire il diritto degli utenti e dei clienti
alla riservatezza, nel rispetto delle norme di legge.
30.- L’assistente sociale nel rapporto con enti, colleghi
ed altri professionisti fornisce unicamente dati e informazioni
strettamente attinenti e indispensabili alla definizione dell’intervento.
31.- Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione
l’assistente sociale, oltre che ispirarsi a criteri di equilibrio
e misura nel rilasciare dichiarazioni o interviste, è tenuto
al rispetto della riservatezza e del segreto professionale.
32.- La sospensione dall’esercizio della professione non
esime l’assistente sociale dagli obblighi previsti dal Capo
III del presente Titolo ai quali è moralmente e giuridicamente
vincolato anche in caso di cancellazione dall’Albo.
TITOLO IV
RESPONSABILITÀ DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEI CONFRONTI
DELLA SOCIETÀ
Capo I
Partecipazione e promozione del benessere sociale
33.- L’assistente sociale deve contribuire a promuovere
una cultura della solidarietà e della sussidiarietà,
favorendo o promuovendo iniziative di partecipazione volte a costruire
un tessuto sociale accogliente e rispettoso dei diritti di tutti;
in particolare riconosce e sostiene la famiglia quale risorsa
primaria.
34.- L’assistente sociale deve contribuire a sviluppare
negli utenti e nei clienti la conoscenza e l’esercizio dei
propri diritti-doveri nell’ambito della collettività,
promuovere e sostenere processi di maturazione e responsabilizzazione
sociale e civica, favorire percorsi di crescita anche collettivi
che sviluppino sinergie e aiutino singoli e gruppi, anche in situazione
di svantaggio.
35.- Nelle diverse forme dell’esercizio della professione
l’assistente sociale non può prescindere da una precisa
conoscenza della realtà socio-territoriale in cui opera
e da una adeguata considerazione del contesto culturale e di valori,
identificando le diversità e la molteplicità come
una ricchezza da salvaguardare e da difendere.
36.- L’assistente sociale deve contribuire alla promozione,
allo sviluppo ed al sostegno di politiche sociali integrate favorevoli
alla emancipazione di comunità e gruppi marginali e di
programmi finalizzati al miglioramento della loro qualità
di vita.
37.- L’assistente sociale ha il dovere di porre all’attenzione
delle istituzioni che ne hanno la responsabilità e della
stessa opinione pubblica situazioni di deprivazione e gravi stati
di disagio non sufficientemente tutelati.
38.- L’assistente sociale deve conoscere i soggetti attivi
in campo sociale, sia privati che pubblici, e ricercarne la collaborazione
per obiettivi e azioni comuni che rispondano in maniera articolata,
integrata e differenziata a bisogni espressi, superando la logica
della risposta assistenziale e contribuendo alla promozione di
un sistema di rete integrato.
39.- L’assistente sociale deve contribuire ad una corretta
e diffusa informazione sui servizi a favore delle persone per
l’accesso e l’uso delle risorse e delle opportunità
per tutti.
40.- In caso di calamità pubblica o di gravi emergenze
sociali, l’assistente sociale si mette a disposizione dell’amministrazione
per cui opera o dell’autorità competente, contribuendo
per la propria competenza a programmi e interventi diretti al
superamento dello stato di crisi.
TITOLO V
LA RESPONSABILITA’ DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEI CONFRONTI
DI COLLEGHI ED ALTRI PROFESSIONISTI
Capo I
Rapporti con i colleghi ed altri professionisti
41.- L’assistente sociale intrattiene con i colleghi e con
gli altri professionisti con i quali collabora rapporti improntati
a correttezza, lealtà e spirito di collaborazione.
L’assistente sociale si adopera per la soluzione di possibili
contrasti nell’interesse dell’utente, del cliente
e della comunità professionale.
42.- L’assistente sociale che, a qualsiasi titolo, stabilisca
un rapporto di lavoro con colleghi ed organizzazioni pubbliche
o private, chiede il rispetto delle norme etico-deontologiche
che informano la professione, fornisce informazioni sulle specifiche
competenze e sulla metodologia applicata per salvaguardare il
proprio ed altrui ambito di competenza e di intervento.
43.- L’assistente sociale che venga a conoscenza di fatti,
condizioni o comportamenti di colleghi o di altri professionisti,
che possano arrecare grave danno a utenti o clienti, ha l’obbligo
di segnalare la situazione all’Ordine o Collegio professionale
competente.
TITOLO VI
LA RESPONSABILITA’ DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEI CONFRONTI
DELL’ORGANIZZAZIONE DI LAVORO
Capo I
L’assistente sociale nei confronti dell’organizzazione
di lavoro
44.- L’assistente sociale deve esigere il rispetto del suo
profilo professionale, la tutela anche giuridica nell’esercizio
delle sue funzioni professionali e la garanzia del rispetto del
segreto professionale e del segreto di ufficio.
45.- L’assistente sociale deve impegnare la propria competenza
professionale per contribuire al miglioramento della politica
e delle procedure dell’organizzazione di lavoro, all’efficacia,
all’efficienza, all’economicità ed alla qualità
degli interventi, contribuendo alle azioni di pianificazione e
programmazione, nonché al razionale ed equo utilizzo delle
risorse a disposizione.
46.- L’assistente sociale non deve accettare o mettersi
in condizioni di lavoro che comportino azioni incompatibili con
i principi e le norme del Codice o che siano in contrasto con
il mandato sociale o che possano compromettere gravemente la qualità
e gli obiettivi degli interventi o non garantire rispetto e riservatezza
agli utenti e ai clienti.
47.- L’assistente sociale deve adoperarsi affinché
le sue prestazioni professionali si compiano nei termini di tempo
adeguati a realizzare interventi qualificati ed efficaci ed in
un ambiente idoneo a tutelare la riservatezza dell’utente
e del cliente.
48.- L’assistente sociale deve segnalare alla organizzazione
di lavoro o evitare nell’esercizio della libera professione
l’eccessivo cumulo di incarichi e di prestazioni quando
questo torni di pregiudizio all’utente o al cliente.
49.- L’assistente sociale che svolge compiti di direzione
o coordinamento rispetta l’autonomia tecnica e di giudizio
dei colleghi, ne promuove la formazione, la cooperazione e la
crescita professionale, valorizza esperienze e modelli innovativi
di intervento.
Il rapporto gerarchico tra colleghi si inscrive all’interno
di un rapporto di congruenze tra l’azione del singolo professionista,
le politiche e le procedure dell’organizzazione di lavoro,
di cui il responsabile gerarchico è espressione.
50.- Nel caso in cui non esista un ordine funzionale gerarchico
della professione, l’assistente sociale risponde ai responsabili
dell’organizzazione di lavoro per gli aspetti amministrativi,
salvaguardando la sua autonomia tecnica e di giudizio.
51.- L’assistente sociale deve richiedere opportunità
di aggiornamento e di formazione permanente e adoperarsi affinché
si sviluppi la supervisione professionale.
TITOLO VII
LA RESPONSABILITÀ DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEI CONFRONTI
DELLA PROFESSIONE
Capo I
Promozione e tutela della Professione
52.- L’assistente sociale può esercitare l’attività
professionale in rapporto di dipendenza con enti pubblici e privati
o in forma autonoma o libero-professionale.
53.- L’assistente sociale deve adoperarsi nei diversi livelli
e nelle diverse forme dell’esercizio professionale per far
conoscere e sostenere i valori, le conoscenze e la metodologia
della professione. Deve impegnarsi attraverso la funzione didattica,
la ricerca, la divulgazione della propria esperienza a fornire
elementi per la definizione di evidenze scientifiche.
54.- L’assistente sociale è tenuto alla propria formazione
continua al fine di garantire prestazioni qualificate, adeguate
al progresso scientifico, metodologico e tecnologico.
55.- L’assistente sociale deve segnalare per iscritto all’Ordine
l’esercizio abusivo della professione di cui sia a conoscenza.
56.- L’assistente sociale deve adoperarsi per il rispetto
e la tutela dell’immagine della comunità professionale
e dei suoi organismi rappresentativi.
Capo II
Onorari
57.- Nel rispetto delle leggi che regolano l’esercizio professionale
privato, vale il principio generale dell’intesa sull’onorario
fra l’assistente sociale ed il cliente. L’assistente
sociale è tenuto a far conoscere il suo onorario al momento
dell’incarico o non appena sia chiara la richiesta e concordato
il piano di intervento. Deve informare il cliente che i compensi
non sono subordinati al risultato delle prestazioni.
58.- Nella determinazione degli onorari l’assistente sociale
deve attenersi alle indicazioni fornite in materia dal Consiglio
Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali; può
tuttavia prestare la sua opera a titolo gratuito.
59.- L’assistente sociale, nel rispetto delle normative
vigenti, è tenuto a dare informazioni veritiere e corrette
sulle sue competenze professionali e può pubblicizzarle
con rispetto dei principi di verità, decoro e del prestigio
della professione.
Capo III
Sanzioni
60.- L’iscrizione all’albo è requisito necessario
ed essenziale per l’esercizio dell’attività
professionale. E’ sanzionabile anche disciplinarmente lo
svolgimento di attività in periodo di sospensione dell’iscrizione;
dell’infrazione risponde disciplinarmente anche l’assistente
sociale che abbia reso possibile direttamente o indirettamente
l’attività irregolare.
61.- L’inosservanza dei precetti e degli obblighi fissati
dal presente Codice deontologico e ogni azione od omissione comunque
non consone al decoro o al corretto esercizio della professione
sono punibili con le procedure disciplinari e le relative sanzioni
previste nell’apposito Regolamento emanato dal Consiglio
Nazionale dell’Ordine.
Il Regolamento disciplinare è parte integrante del presente
Codice.
62.- Il procedimento disciplinare è promosso d’ufficio
o su richiesta del prefetto o del procuratore della Repubblica.
63.- Nel caso di studi associati è responsabile sotto il
profilo disciplinare il singolo professionista a cui si riferiscono
i fatti specifici.
Capo IV
Rapporti con il Consiglio dell’Ordine
64.- L’assistente sociale ha il dovere di collaborare con
il Consiglio dell’Ordine di appartenenza per l’attuazione
delle finalità istituzionali. A tal fine ogni iscritto
è tenuto a riferire al Consiglio fatti di sua conoscenza
relativi all’esercizio professionale che richiedano iniziative
o interventi dell’Organo, anche diretti alla sua personale
tutela.
65.- L’assistente sociale chiamato a far parte del Consiglio
Nazionale, regionale o interregionale dell’Ordine deve adempiere
l’incarico con impegno costante, correttezza, imparzialità
e nell’interesse della comunità professionale ed
essere parte attiva nelle politiche dei servizi.
66.- L’assistente sociale impegnato nel Consiglio dell’Ordine
nazionale o degli Ordini regionali o interregionali deve rendere
conto agli iscritti dell’operato del suo mandato.
Capo V
Attività professionale dell’assistente sociale all’estero
e attività degli stranieri in Italia
67.- Nel rispetto delle leggi che regolano le attività
professionali all’estero, l’assistente sociale è
tenuto al rispetto delle norme deontologiche del paese in cui
esercita; ove assenti è tenuto al rispetto delle norme
del presente Codice. L’assistente sociale straniero che,
in possesso dei requisiti di legge, eserciti in Italia, è
tenuto all’obbligo di osservanza del presente Codice.
Capo VI
Aggiornamento del Codice
68.- Il Consiglio Nazionale, sulla scorta delle questioni problematiche
che emergeranno dall’applicazione del Codice, provvederà
alla sua revisione. A tal fine è istituito l’Osservatorio
nazionale permanente.
DISPOSIZIONI FINALI
Gli Ordini regionali e interregionali degli assistenti sociali
sono tenuti ad inviare ai nuovi iscritti all’Albo il Codice
deontologico ed a promuovere periodicamente occasioni di aggiornamento
e di approfondimento sul Codice.
SANZIONI DISCIPLINARI E PROCEDIMENTO – Art. 17 D.M. 615/94
REGOLAMENTO
Approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine
Roma, 11 maggio 2002
Parte Prima
SANZIONI DISCIPLINARI
Art. 1 – Sanzioni
All’iscritto all’albo che si rende colpevole di abuso
o mancanza nell’esercizio della professione o che comunque
tiene un comportamento non conforme alle norme del Codice Deontologico,
al decoro o alla dignità della professione, il Consiglio
dell’Ordine regionale o interregionale infligge, tenuto
conto della gravità del fatto, una delle seguenti sanzioni:
ammonizione;
censura;
sospensione dall’esercizio della professione fino ad un
anno;
radiazione dall’albo.
Il tipo e l’entità di ciascuna sanzione sono determinati
in relazione ai seguenti criteri:
intenzionalità del comportamento;
grado di negligenza, imprudenza, imperizia, tenuto conto della
prevedibilità dell’evento;
responsabilità connessa alla posizione di lavoro;
grado di danno o di pericolo causato;
presenza di circostanze aggravanti o attenuanti;
concorso fra più professioni e/o operatori in accordo tra
loro;
recidiva.
Art. 2 - Ammonizione
La sanzione dell’ammonizione viene inflitta nei casi di
abusi o mancanze di lieve entità, compiuti senza dolo,
che non hanno comportato riflessi negativi sul decoro e sulla
dignità della professione; consiste nel richiamo formale
dell’interessato all’osservanza dei suoi doveri e
nell’invito a non ripetere quanto commesso.
In caso di abuso o mancanza che possano dar luogo ad ammonizione,
commessi nei confronti di altro iscritto all’albo, il Presidente
del Consiglio dell’Ordine regionale o interregionale convoca
gli interessati ed esperisce un preventivo tentativo di conciliazione.
Della eventuale conciliazione viene dato formalmente atto con
conseguente archiviazione del caso.
Tre provvedimenti di ammonizione comportano la sanzione della
censura.
Art. 3 – Censura
La sanzione della censura è inflitta nei casi di abusi
o di mancanze, compiuti senza dolo, che siano lesivi del decoro
e della dignità della professione
In caso di abuso o mancanza che possano dar luogo alla censura,
commessi nei confronti di altro iscritto all’albo, il Presidente
dell’Ordine regionale o interregionale convoca tempestivamente
gli interessati ed esperisce un preventivo tentativo di conciliazione.
Della eventuale conciliazione viene dato formalmente atto con
conseguente archiviazione del caso.
Tre provvedimenti di censura comportano d’ufficio la sospensione
dall’esercizio della professione per un periodo non superiore
a giorni 30.
Art. 4 - Sospensione
La sospensione dall’esercizio della professione consegue
di diritto nel caso previsto e regolato dagli articoli 19 e 35
del Codice Penale per tutto il tempo stabilito nel provvedimento
del giudice penale che l’ha comminata. Il Consiglio regionale
o interregionale si limita a prenderne atto.
La sanzione della sospensione dall’esercizio della professione
è inflitta fino al massimo di un anno:
per violazioni del codice deontologico, che possano arrecare grave
nocumento a utenti/clienti o enti, e/o una risonanza negativa
per il decoro e la dignità della professione;
per morosità superiore a un anno nel pagamento dei contributi
dovuti, accertata e regolamentata ai sensi del successivo art.8;
a seguito di procedimenti giudiziari pendenti di natura penale.
Nei casi di maggiore gravità, la sanzione della sospensione
può essere inflitta in via cautelare provvisoria al momento
dell’apertura del procedimento disciplinare in specie quando
il procedimento viene iniziato su rapporto della Procura della
Repubblica e comunque dopo aver sentito la parte interessata.
Tre provvedimenti di sospensione comportano la radiazione dall’albo.
Art. 5 – Radiazione
La radiazione dall’albo consegue di diritto nel caso di
interdizione dalla professione previsto e regolato dagli artt.
19 comma 1. n. 2, 30 e 31 del Codice Penale per l’intera
durata dell’interdizione stabilita nel provvedimento del
giudice penale che l’ha comminata. Il Consiglio regionale
o interregionale si limita a prenderne atto.
La sanzione della radiazione dall’albo viene inflitta:
nei casi di violazione del codice deontologico e/o di comportamento
non conforme al decoro e alla dignità della professione
di gravità tali da rendere incompatibile la permanenza
nell’albo e per una durata non superiore a cinque anni;
nel caso di condanna con sentenza passata in giudicato a pena
detentiva non inferiore a tre anni per fatti commessi nell’esercizio
della professione, per la durata di cinque anni o per la diversa
durata comminata come misura di pena accessoria nella sentenza.
La sanzione della radiazione comporta la contestuale cancellazione
dall’albo, fermo restando l’obbligo per l’iscritto
a corrispondere le tasse di iscrizione dovute per il periodo in
cui è stato iscritto.
Il professionista radiato può, a domanda, essere di nuovo
iscritto all’albo successivamente alla scadenza del periodo
indicato nel provvedimento di radiazione e in ogni caso dopo aver
ottenuto la riabilitazione secondo le norme vigenti, purché
in possesso dei requisiti prescritti al momento di presentazione
della domanda di reiscrizione.
Art. 6 – Incompatibilità
Le sanzioni disciplinari della censura, della sospensione e della
radiazione dall’albo non sono deontologicamente compatibili
con l’assunzione e/o il mantenimento delle cariche di Consigliere
dell’Ordine regionale o interregionale o di Consigliere
nazionale o di Revisore dei Conti dell’Ordine regionale
o interregionale o nazionale.
Nel caso di irrogazione delle sanzioni disciplinari, di cui al
comma 1., l’incompatibilità è riferita alla
durata del mandato elettivo o comunque alla durata della sospensione
e/o della radiazione se superiore.
Art. 7 – Pubblicità
La sospensione dall’esercizio della professione e la cancellazione
dall’albo sono rese pubbliche mediante menzione nell’albo.
Nel caso di iscritto che esercita attività professionale
in tutto o in parte in regime di lavoro dipendente o di collaborazione
coordinata e continuativa, senza vincolo di subordinazione, il
Consiglio regionale o interregionale comunica all’Ente di
appartenenza la sospensione dall’esercizio della professione
e/o la cancellazione dall’albo con indicazione dei relativi
periodi.
Art. 8 – Morosità
E’ considerato comportamento non conforme al decoro e alla
dignità della professione il mancato versamento dei contributi
all’Ordine regionale o interregionale di appartenenza (morosità).
Il contributo annuo dovuto dagli iscritti all’albo è
determinato dal Consiglio regionale o interregionale che ne stabilisce
modalità e tempi di versamento con deliberazione approvata
dal Ministero vigilante.
Il Presidente del Consiglio regionale informa gli iscritti dell’entità
del contributo annuo, della data entro cui deve essere effettuato
il relativo versamento, delle sanzioni disciplinari e delle penalità
economiche cui l’iscritto va incontro in caso di non ottemperanza.
Il versamento del contributo annuo deve essere effettuato dall’iscritto
a favore dell’Ordine regionale o interregionale entro la
data fissata; nel caso tale giorno fosse festivo il termine si
intende prorogato al primo giorno feriale successivo.
Scaduto il termine di cui al comma 4. il Presidente del Consiglio
regionale o interregionale, accertata la morosità, a mezzo
raccomandata con ricevuta di ritorno, provvede a diffidare l’iscritto
ad effettuare il versamento del contributo entro e non oltre 60
gg. dal ricevimento della diffida.
I versamenti effettuati dopo la scadenza del termine di cui ai
commi 2. e 4. sono soggetti, a titolo di penale, ad una quota
aggiuntiva pari al 10% del contributo se effettuati entro il 31
dicembre dell’anno di riferimento, del 50% se oltre tale
data.
I contributi non versati e le relative penalità costituiscono
crediti dell’Ordine regionale o interregionale a favore
del quale sono maturati, esigibili nelle forme di legge anche
in caso di trasferimento dell’interessato ad altro Ordine
regionale o interregionale, di sospensione, di cancellazione.
L’iscritto che non provvede al pagamento del contributo
e delle relative previste maggiorazioni nel termine indicato al
comma 5. si considera moroso ed incorre nella sanzione della censura
se la morosità nel pagamento riguarda una sola annualità
e della sospensione dall’esercizio della professione prevista
dal comma 2. dell’art. 4 se superiore ad un anno.
Decorso un anno dalla data della sospensione, perdurando la morosità,
l’iscritto viene cancellato dall’albo.
Gli effetti della morosità cessano automaticamente con
efficacia dal primo giorno successivo alla presentazione degli
atti giustificativi della regolarizzazione della morosità.
Il Consiglio regionale o interregionale con atto deliberativo
prende atto dell’intervenuta cessazione della morosità
e revoca formalmente la sanzione disciplinare della sospensione
dall’esercizio della professione con effetto dalla data
di cessazione della morosità. Nel caso di cancellazione
dall’albo prevista al precedente comma 9., ove l’interessato
richieda nuova iscrizione, oltre ad avere sanato la morosità
per il periodo che ha dato luogo alla cancellazione, deve dimostrare
il possesso di tutti i requisiti previsti dalla normativa vigente
al momento della richiesta (art. 9 DMGG 615/94).
Parte Seconda
PROCEDIMENTO DISCIPLINARE
Art. 9 – Competenza territoriale
Il procedimento disciplinare è di competenza dell’Ordine
regionale o interregionale nel cui albo il professionista è
iscritto.
In caso di trasferimento dell’interessato ad Albo di altro
Ordine regionale o interregionale il procedimento prosegue dinanzi
al nuovo Ordine al quale va trasmesso il fascicolo del procedimento.
Qualora l’interessato sia un Consigliere dell’Ordine,
ovvero il denunciante sia un Consigliere dell’Ordine e l’interessato
sia iscritto al medesimo Ordine, il Consiglio su istanza dell’interessato,
del denunciante o anche d’ufficio, assegna il procedimento
ad un Ordine viciniore.
Art. 10 – Deliberazione
Le sanzioni sono deliberate dal Consiglio regionale o interregionale
al termine o all’esito del procedimento disciplinare.
I provvedimenti disciplinari sono adottati con votazione segreta.
Art. 11 – Commissione deontologica disciplinare
Responsabile del procedimento
Ciascun Consiglio regionale o interregionale all’atto del
suo insediamento nomina, al suo interno, una Commissione deontologica
disciplinare composta da tre o cinque membri, in base alla composizione
numerica dello stesso Consiglio, eventualmente integrata da esperti
esterni al Consiglio senza diritto di voto, con il compito di
procedere all’istruttoria dei procedimenti disciplinari.
I membri della Commissione, all’atto dell’insediamento,
assumono l’obbligo al segreto circa le notizie comunque
conosciute nell’espletamento di tale incarico.
La Commissione nella prima seduta nomina il Presidente e il Segretario.
Il Presidente della Commissione è il responsabile del procedimento
istruttorio; il Segretario redige i verbali delle sedute della
Commissione. I verbali vengono sottoscritti dal Presidente e dal
Segretario.
Art. 12 – Apertura del procedimento
Il Consiglio regionale o interregionale al quale il professionista
è iscritto delibera l’apertura del procedimento disciplinare
su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, d’ufficio
o su denunce o segnalazioni sottoscritte provenienti da enti e
da privati e trasmette gli atti alla Commissione di cui all’art.
11 per la necessaria istruttoria. Il Consiglio regionale e interregionale,
in caso di accertata morosità, procede alla formale contestazione
all’iscritto con l’espressa indicazione che, in caso
di omessa sanatoria della morosità, si procederà
alla comminazione del provvedimento disciplinare entro 30 giorni
dalla notifica.
Art. 13 – Comunicazioni all’interessato
Il Presidente della Commissione deontologica disciplinare notifica
al professionista interessato, a mezzo lettera raccomandata in
plico chiuso con ricevuta di ritorno, l’apertura del procedimento
disciplinare informandolo dei fatti che gli vengono addebitati,
delle modalità di presa visione degli atti, della composizione
della Commissione e del responsabile del procedimento istruttorio.
Contestualmente il Presidente invita l’interessato a far
pervenire entro un termine non superiore a 60 giorni le proprie
controdeduzioni ed eventuale documentazione.
Qualora la notifica di cui al comma 1. risulti infruttuosa questa
viene rinnovata con le stesse modalità. Se anche la seconda
notifica risulta infruttuosa si procede ai sensi degli artt. 137
e seguenti del Codice di procedura civile.
La Commissione, dopo una preliminare valutazione della situazione,
esperisce, ove previsto, tentativo di conciliazione tra le parti
interessate, salvo in caso di procedimento disciplinare aperto
su richiesta dell’autorità giudiziaria. La positiva
conclusione del tentativo di conciliazione porta alla proposta
di archiviazione e chiusura del procedimento che la Commissione
rimette al Consiglio.
La Commissione deontologica disciplinare convoca il professionista
interessato d’ufficio o su richiesta dello stesso per essere
sentito, con preavviso non inferiore a 20 giorni; può altresì
acquisire documentazione e testimonianze. Dell’attività
istruttoria la Commissione redige apposito verbale sottoscritto
dalle persone presenti.
Art. 14 – Assistenza all’interessato
Il professionista interessato può avvalersi dell’assistenza
di un legale di propria fiducia e/o di un rappresentante sindacale
in ogni fase del procedimento istruttorio disciplinare.
Art. 15 – Assistenza tecnica
Il denunciato, il denunciante o la Commissione Disciplinare possono
richiedere consulenze tecniche (rispettivamente di parte o d’ufficio)
previa istanza al Consiglio Regionale e assenso di questo per
le stesse.
Art. 16 – Termine a difesa
Al professionista interessato può essere concesso d’ufficio
o a richiesta ulteriore termine non inferiore a 30 giorni e non
superiore a 60 dalla sua audizione per produrre eventuale documentazione
e/o memorie difensive scritte e può richiedere l’audizione
di testimoni.
Art. 17 – Relazione e deliberazione finale
Al termine dell’istruttoria il responsabile del procedimento
istruttorio predispone una relazione dettagliata dell’istruttoria
svolta dalla Commissione che, approvata da questa, viene rimessa
al Consiglio unitamente agli atti assunti.
Il Consiglio regionale o interregionale delibera l’archiviazione,
se gli addebiti risultano infondati, o l’eventuale sanzione
da infliggere. Il provvedimento deve essere adeguatamente motivato
con indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto
che lo hanno determinato in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
Art. 18 – Pubblicità e comunicazioni
La deliberazione che definisce il procedimento disciplinare viene
notificata al professionista interessato entro 30 giorni dalla
sua adozione dal Presidente del Consiglio regionale o interregionale,
a mezzo lettera raccomandata in plico chiuso con ricevuta di ritorno,
e indirizzato al domicilio risultante all’albo o al diverso
domicilio a tale scopo indicato dal professionista. La comunicazione
deve contenere l’esplicito avvertimento che il provvedimento
può essere impugnato davanti al Consiglio Nazionale entro
60 giorni dal ricevimento della comunicazione, nei modi indicati
al successivo articolo 19 comma 2., salva la facoltà di
adire in ogni momento l’Autorità Giudiziaria competente.
Qualora la notifica di cui al comma 1. risulti infruttuosa si
applicano le modalità di cui all’art. 13 comma 2.
La deliberazione, contemporaneamente alla comunicazione di cui
al comma 1. del presente articolo, viene affissa per 10 giorni
consecutivi nella sede dell’Ordine regionale o interregionale.
Tutti gli atti relativi ai procedimenti disciplinari sono custoditi
dal Consiglio regionale secondo le norme previste dalla legge
675/96. Presso la sede di ciascun Ordine viene istituito un registro
in cui vengono iscritti i nominativi di coloro nei confronti dei
quali sia stata applicata una sanzione disciplinare di cui all’art.
1 e la sua durata.
I membri del Consiglio regionale o interregionale hanno accesso
agli atti relativi ai procedimenti disciplinari; chiunque altro
soggetto voglia accedere agli atti relativi ai procedimenti disciplinari
ai sensi della L. 241/90 deve presentare al Presidente del Consiglio
regionale o interregionale motivata richiesta scritta.
Art. 19 – Ricorso al Consiglio Nazionale
Il Consiglio Nazionale, all’atto del suo insediamento, nomina
una Commissione deontologica disciplinare composta da cinque membri
dello stesso Consiglio, eventualmente integrata da esperti esterni
al Consiglio, senza diritto di voto, con il compito di procedere
all’istruttoria dei ricorsi. I membri della Commissione
all’atto dell’insediamento assumono l’obbligo
al segreto circa le notizie comunque conosciute nell’espletamento
di tale incarico. La Commissione nella prima seduta nomina il
Presidente ed il Segretario. Il Presidente della Commissione è
il responsabile del procedimento istruttorio; il Segretario redige
i verbali delle sedute della Commissione che vengono sottoscritti
da tutti i componenti.
Il ricorso al Consiglio Nazionale è presentato dal professionista
interessato, direttamente o a mezzo del servizio postale, in plico
raccomandato con avviso di ricevimento, per il tramite del Consiglio
dell’Ordine regionale o interregionale che ha adottato il
provvedimento impugnato. Entro 15 giorni dal ricevimento il Consiglio
regionale o interregionale trasmette il ricorso, in plico chiuso
raccomandato con avviso di ritorno, al Consiglio Nazionale unitamente
a copia degli atti del procedimento disciplinare ed eventuali
proprie deduzioni.
Il ricorso non sospende l’esecutività del provvedimento
impugnato. L’interessato può chiedere al Consiglio
Nazionale, per gravi ragioni, sospensiva cautelare che il Consiglio
Nazionale può concedere con provvedimento interlocutorio
motivato.
Il Presidente del Consiglio Nazionale entro 15 giorni dal ricevimento
trasmette al Presidente della Commissione deontologica disciplinare
gli atti pervenuti. Il Consiglio Nazionale si esprime entro il
termine massimo di 180 giorni dalla data di ricezione del ricorso,
termine prorogabile, su motivata proposta della Commissione, fino
ad un massimo di 90 giorni.
La Commissione, ricevuti gli atti, avvia il procedimento istruttorio
e procede alla audizione dell’interessato d’ufficio
e quando il ricorrente ne faccia richiesta. Il professionista
interessato può avvalersi dell’assistenza di un legale
di propria fiducia e/o di un rappresentante sindacale. Al termine
dell’istruttoria la Commissione trasmette le risultanze
al Consiglio Nazionale, che si esprime con deliberazione entro
60 giorni dal ricevimento degli atti.
La decisione del Consiglio Nazionale deve essere adeguatamente
motivata in fatto e in diritto. Il Presidente del Consiglio Nazionale
ne dà notizia, con plico chiuso raccomandato con ricevuta
di ritorno, entro 30 gg. dalla sua adozione all’interessato
al domicilio dichiarato o eletto nel ricorso e al Consiglio regionale
o interregionale che ha adottato il provvedimento disciplinare
impugnato. Qualora la notifica di cui al comma 1. risulti infruttuosa,
si applicano le modalità di cui all’art. 13 comma
2.
I membri del Consiglio Nazionale hanno accesso agli atti relativi
ai procedimenti disciplinari; chiunque altro soggetto voglia accedere
agli atti relativi ai procedimenti disciplinari ai sensi della
L. 241/90 deve presentare al Presidente del Consiglio Nazionale
motivata richiesta scritta.
Art. 20 – Astensione e ricusazione
I componenti del Consiglio regionale o interregionale, quelli
del Consiglio Nazionale dell’Ordine e i membri delle Commissioni
indicate ai precedenti articoli 11 e 19 comma 1. debbono astenersi:
se hanno interesse personale nella vertenza disciplinare;
se sono parenti o affini sino al quarto grado, ovvero conviventi,
o colleghi di studio o di unità organizzativa lavorativa
del professionista interessato dal provvedimento disciplinare,
del suo difensore ovvero della parte denunciante;
se hanno motivi di inimicizia grave o di forte amicizia con il
professionista interessato dal procedimento disciplinare, con
il suo difensore ovvero con la parte denunciante;
se hanno deposto nella vertenza disciplinare come testimoni;
in ogni altro caso in cui sussistono gravi ragioni di convenienza
e di opportunità, adeguatamente motivate.
Nei casi in cui è fatto obbligo di astensione, il professionista
interessato può proporre la ricusazione con ricorso in
forma scritta, con l’indicazione dei motivi e degli specifici
mezzi di prova, indirizzato al Presidente del Consiglio regionale
o interregionale o al Consiglio Nazionale dell’Ordine. Se
la ricusazione riguarda il Presidente del Consiglio regionale
o interregionale o del Consiglio Nazionale, il ricorso è
indirizzato al Consigliere Vice presidente.
Il Consiglio investito dell’istanza di ricusazione si riunisce
immediatamente con esclusione del Consigliere o dei Consiglieri
o dei Commissari ricusati e decide sul ricorso. Ove l’istanza
di ricusazione sia giudicata fondata, il procedimento prosegue
in assenza del Consigliere o dei Consiglieri o dei Commissari
ricusati previa sostituzione dei Commissari da parte del Consiglio
regionale o interregionale o del Consiglio Nazionale.
Nei casi di astensione o di fondata ricusazione della maggioranza
dei Consiglieri o dei Commissari regionali o interregionali, il
caso ed i relativi atti vengono trasmessi al Presidente del Consiglio
Nazionale dell’Ordine. Il Consiglio Nazionale, nomina, in
tal caso, una Commissione deontologica disciplinare speciale di
cinque membri composta da professionisti assistenti sociali di
riconosciuta autorevolezza e da membri di Commissioni deontologiche
disciplinari degli Ordini regionali non implicati nel ricorso,
previa determinazione dei criteri per la loro selezione. La Commissione
deontologica disciplinare speciale svolge le funzioni istruttorie,
dibattimentali e decisionali del procedimento a lei affidato.
La decisione della Commissione deve essere trasmessa al Consiglio
Nazionale che la fa propria con deliberazione e che a sua volta
la trasmette al Consiglio regionale o interregionale che ha adottato
il provvedimento impugnato il quale ne prende atto.
In caso di astensione o di fondata ricusazione della maggioranza
dei Consiglieri o dei Commissari nazionali il Presidente del Consiglio
Nazionale trasmette gli atti al Ministero della Giustizia per
quanto di propria competenza.
Art. 21 – Prescrizione
L’azione disciplinare si prescrive decorsi 5 (cinque) anni
dal fatto.
Nel caso che per il fatto sia stato promosso procedimento penale,
il termine suddetto decorre dal giorno in cui è divenuta
irrevocabile la sentenza che definisce il giudizio penale.
Art. 22 – Norme finali
Il presente Regolamento è parte integrante del Codice Deontologico,
entra in vigore alla data della sua approvazione e abroga il Regolamento
precedente.
I Consigli regionali o interregionali sono tenuti a darne conoscenza
ai nuovi iscritti.
I procedimenti disciplinari iniziati in data antecedente alla
data di approvazione del presente Regolamento sono portati a termine
secondo le procedure vigenti alla data dell’avvio del procedimento
disciplinare, salvo condizioni, previste dal presente regolamento,
più favorevoli al professionista sottoposto al procedimento
disciplinare.
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