Guida per la tutela della riservatezza del minore

Intervista alla Presidente del Tribunale per i minorenni di Torino

Dott.sa Giulia De Marco

- Il diritto all’informazione è ritenuto uno dei tasselli fondamentali del sistema democratico, sia sotto il profilo della conoscenza di fatti ritenuti d’interesse pubblico, sia come forma di controllo della collettività sulla funzionalità e l’operato dei poteri istituzionali. Tuttavia da più parti è stata riconosciuta la necessità di fissare regole nella diffusione delle notizie ed è in vigore una legge, quella sulla privacy, che ha accolto questa istanza. E’ una legge capace di tutelare la riservatezza del minorenne e nello stesso tempo di garantire il diritto all’informazione? Vi sono lacune o contraddizioni che il legislatore dovrebbe preoccuparsi di colmare?
- La legge sulla privacy, coniugata con quanto disposto dall’art.7 del Codice di Deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica ai sensi dell’art.25 L.n.675/96, dovrebbe garantire la tutela alla riservatezza del minore in termini più che soddisfacenti. Di fatto assistiamo quotidianamente a violazioni attraverso un "aggiramento" della normativa (con la pubblicazione delle generalità dei genitori o del suo indirizzo).

- Poniamo un’ipotesi estrema: immaginiamo che il giornalismo decida di non trattare più alcun argomento o evento di cronaca che riguardi bambino o adolescenti, sarebbe un bene per la società e per i bambini, in particolare?
- Non è necessario arrivare ad un silenzio totale che non gioverebbe ai minori e violerebbe il diritto all’informazione. Basterebbe osservare le norme e usare la doverosa prudenza. (Si possono indicare la professione dei genitori e l’eventuale presenza di sorelle e fratelli, se il fatto è avvenuto in grande città, ma se è avvenuto in un piccolo comune, quelle notizie sono date in violazione della privacy, in quanto rendono facilmente individuabile la famiglia e quindi il minore).

- Intravede un modo per rendere i minori soggetti e non oggetti dell’informazione, ovvero per tutelarli dagli eccessi dei mass-media, senza escluderli dal loro diritto ad essere informati ed, eventualmente, di vedersi rappresentati là dove l’informazione si rende portavoce di istanze?
- Non ho mai visto un giornale o un giornalista farsi portavoce dell’istanza di un minore per cui mi riesce difficile dare una risposta.

- L’informazione può giovare alla crescita di una cultura dei diritti del minore? E se sì,
come?
- Non ne ho mai dubitato. Ma non e’ informazione riferire solo la versione dei genitori spesso parziale e soggettiva. Non sempre la tutela dei diritti del minore è garantita adeguatamente dai genitori.

- Una politica di confronto tra le istituzioni e le informazioni, non potrebbe aiutare a individuare le regole migliori per tutelare i minori e nello stesso tempo il diritto di cronaca?
- Le norme ci sono e sono sufficienti. Ma nessuna norma può impedire al giornalista che non l’ ha introiettata di rispettarla. Il lavoro del magistrato si estrinseca in un provvedimento motivato che dà ragione della decisione. Può essere criticato, ma preventivamente conosciuto e ad esso va dato lo spazio che viene dato alle lagnanze dei genitori. Questa è informazione. Il resto è Scoop o pettegolezzo becero e dannoso.

- Il Gruppo Interprofessionale Minori Informazione ha, tra i suoi propositi, quello di favorire lo scambio di conoscenze, di saperi settoriali, specifici delle categorie professionali che si occupano di minori: molto spesso le tecniche dell’informazione non sono conosciute dal mondo della scuola, il modus operandi dell’assistente sociale è ignoto al giornalista. Il magistrato non conosce il lavoro del cronista, se non nei suoi aspetti più superficiali e, a sua volta, il cronista non conosce come e quando interviene lo psicologo in una vicenda giudiziaria. Monadi, dunque, che tuttavia si trovano spesso a intervenire nello stesso campo. Il dialogo non potrebbe essere l’unica strada possibile per uscire dalla diffidenza reciproca? Secondo lei, l’informazione sui minori è cambiata negli ultimi anni, e come?
- Negli ultimi tempi i media sono sempre più ‘’urlati’’ e la magistratura in generale, e quella minorile in particolare (perché il processo civile e penale tratta prevalentemente dati sensibili) è spesso vittima di queste urla. Non è essenziale uno scambio di saperi; è essenziale un rispetto delle rispettive professioni. La funzione giurisdizionale è meritevole di rispetto quanto l’informazione. Perché, allora, un giornalista ha il diritto di parlare o scrivere denigrando o diffamando un Tribunale, senza avere preventivamente letto o dato atto di quanto risulta ai giudici?

- Per concludere, qual è la migliore informazione possibile e come i magistrati possono dare il loro contributo per migliorarla?
- I magistrati,personalmente, non possono dare alcun contributo a migliorare l’informazione perché il Consiglio Superiore della Magistratura ha costantemente ribadito che non ci è consentito di difenderci personalmente. Questo dato non esclude assolutamente che il giornalista non abbia il dovere di documentarsi, leggendo il provvedimento che riguarda il minore e che i genitori ricevono. Inoltre, contribuirebbe certamente a migliorare l’informazione (e i rapporti con gli organi di informazione) se si desse uguale risalto ai documenti l’A.N.M. o l’A.I.M.M.F. spesso redigono dopo inesatte o parziali notizie di cronaca. Si obietta che i documenti pervengono quando la notizia non è più ‘’calda’’. Ma se la notizia era inesatta o parziale non esiste un obbligo per i giornalisti di rettificarla? E, comunque, se l’informazione vuole contribuire alla ‘’crescita dei diritti del minore", non è contradditorio sostenere che una notizia non è più ‘’calda’’? La cultura dei diritti è un lavoro lento, costante e progressivo. Non si fa cultura in un giorno.



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