Guida per la tutela della riservatezza del minore

Dizionario

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A

ABBANDONO
(dalla Legge 4 maggio 1983, n. 184 – Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori, e successive modifiche -)
Sono considerati in situazione di abbandono i minori privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio.
La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni esposte, anche quando i minori siano ricoverati presso istituti di assistenza o si trovino in affidamento familiare.
Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al primo comma rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice

ABORTO
(vedi INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA)

ABUSI ALL’INFANZIA
Secondo la definizione data nel 1978 al IV Seminario criminologico del Consiglio d’Europa tenutosi a Strasburgo, “ Costituiscono abuso gli atti e le carezze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuali da parte di un famigliare o di terzi”.
Il Child Protection Register inglese del 1991 definisce l’abuso psicologico come “persistente maltrattamento emotivo o rifiuto che determina conseguenze negative sullo sviluppo emotivo e comportamentale”.
Qualora l’abuso costituisca reato procedibile d’Ufficio, i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio sono obbligati alla segnalazione di notizia di reato, nonché alla segnalazione alla Procura minorile, quando si ravvisi pregiudizio ad opera di figure parentali.
Sono procedibili d’ufficio, tra gli altri, maltrattamenti ai danni di minori, abusi sessuali su minori di anni 10, su minori di anni 14 se commessi con violenza, abusi commessi da ascendenti o conviventi ovvero connessi ad altri reati procedibili d’ufficio.
Pertanto, se l’abuso è intrafamiliare è quasi sempre perseguibile d’ufficio, se proviene da terzi bisogna valutare la condotta del parente. Se quest’ultimo non è tutelante, sarà necessario fare la segnalazione anche alla Procura minorile.

ADOLESCENTE
(vedi MINORE)

ADOZIONE
L’adozione è regolamentata con la legge nazionale n. 149 del 28 marzo 2001 “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n.184, recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile.”
Ha lo scopo esclusivo di dare una famiglia ai minori che ne sono privi e che si trovano in situazione di abbandono morale e materiale.
Sono adottabili solo i minori dichiarati in stato di adottabilità dal Tribunale per i minorenni, perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi. La dichiarazione di adozione è preceduta da un anno di affidamento preadottivo.
Possono fare domanda di adozione tutte le coppie unite in matrimonio da almeno tre anni la cui età deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l’età dell’adottato.

AFFIDAMENTO A RISCHIO GIURIDICO
E’ uno strumento utilizzato da alcuni Tribunali per i Minorenni nei confronti del minore per il quale è stato aperto il procedimento per la dichiarazione di adottabilità. Con l’affidamento a rischio giuridico il minore è affidato ad una coppia avente i requisiti per la sua eventuale adozione e che deve essere informata in ordine al “rischio giuridico”: cioè alla possibilità che il minore rientri nella sua famiglia di origine (genitori o i parenti entro il quarto grado).

AFFIDAMENTO FAMILIARE
L’affidamento familiare è un provvedimento che viene adottato per aiutare ogni bambino a vivere in un contesto familiare, diverso dalla sua famiglia di origine, qualora questa sia temporaneamente in difficoltà e deve essere pertanto delimitata la sua durata. E’ anche un’alternativa al ricovero dei minori in istituto o in comunità alloggio.
E’ disciplinato dalla legge n. 149 del 28 marzo 2001 e può essere disposto dai Servizi Sociali con il consenso dei genitori, o dell’esercente la potestà, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e reso esecutivo con decreto del Giudice Tutelare; oppure, ove manchi l’assenso dei suddetti soggetti, provvede il Tribunale per i Minorenni.

AFFIDAMENTO PREADOTTIVO
(vedi Adozione, in specifico art. 19 e 21 della l.n.149/2001)

ANAGRAFE
Denuncia di nascita:
- può essere effettuata entro tre giorni al direttore sanitario dell'ospedale dove è avvenuto il parto.
- entro 10 giorni da uno dei due genitori se sposati, da entrambi se non sposati, all'ufficio nascite del Comune.

ASSISTENTE SOCIALE
La professione di Assistente Sociale è stata regolamentata con la legge n° 84 del 23/3/93 “Ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell’albo professionale”.
L’art. 1 definisce la professione: “L’assistente sociale opera con autonomia tecnico professionale e di giudizio in tutte le fasi dell’intervento per la prevenzione, il sostegno ed il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità in situazione di bisogno e di disagio e può svolgere attività didattico-formative”. “La professione di assistente sociale può essere esercitata in forma autonoma o di rapporto di lavoro subordinato”. “Nella collaborazione con l’autorità giudiziaria l’attività dell’assistente sociale ha esclusivamente funzione tecnico-professionale”.
Per l’esercizio della professione, l’assistente sociale deve essere iscritto all’albo professionale istituito ai sensi dell’art. 3 della L.N. n.84/93 che è tenuto dall’Ordine.
Nel pieno rispetto del segreto professionale (L.119/01) e di quanto contenuto nelle norme a tutela della riservatezza (L.N. n.675/96) adempie sia agli obblighi di segnalazione e/o di relazione a seguito di inchiesta sociale all’autorità giudiziaria minorile e/o ordinaria, che al lavoro d’équipe con gli operatori professionale dei servizi territoriali alle persone.

AVVOCATO
Il codice deontologico, approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile 1997, all'art.9 sancisce il dovere di segretezza e di riservatezza sull'attività prestata dall’avvocato e su tutte le informazioni che siano allo stesso fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato; all'art. 18, in merito ai rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione, all'avvocato è prescritto di ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare dichiarazioni e interviste, sia per il rispetto dei doveri di discrezione e di riservatezza verso la parte assistita, sia per evitare atteggiamenti concorrenziali verso i colleghi. Tale norma deontologica è violata, tra l'altro, quando si spende il nome del proprio cliente.

B

BAMBINO
(vedi MINORE)

C

CARTA DEI DOVERI DEL GIORNALISTA
Firmata a Roma l’8 luglio 1993 dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dalla Federazione Nazionale della stampa italiana, la Carta dei doveri del giornalista si articola in sette principi fondamentali allo scopo di conciliare "il diritto all’informazione di tutti i cittadini” con il dovere da parte del giornalista di "rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza”.
In particolare "il giornalista rispetta i principi sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino” e si impegna a "non pubblicare il nome o qualsiasi elemento che possa condurre all’identificazione dei minori coinvolti in casi di cronaca”, evita possibili strumentalizzazioni da parte degli adulti e valuta se la diffusione della notizia "giovi effettivamente all’interesse del minore”.

CARTA DI TREVISO
Redatta il 5 ottobre 1990 tra FNSI e Ordine Nazionale dei giornalisti è la prima forma di autoregolamentazione di cui la categoria professionale si è dotata per fissare i parametri di una corretta informazione a tutela dei minori e stabilisce che "il rispetto per la persona del minore, sia come oggetto agente sia come vittima di un reato, richiede il mantenimento dell’anonimato. Si chiama Carta di Treviso perché messa a punto a termine di un convegno nazionale di studi organizzato a Treviso in collaborazione con Telefono Azzurro sul tema "Da bambino a notizia: i giornalisti per una cultura dell’infanzia.
Il protocollo d’intenti stabilisce anche che "la tutela della personalista del minore si estenda anche (…) a fatti che non siano specificatamente reati (suicidi di minori, questioni relative ad adozioni e affidamento, figli di genitori carcerati, ecc.).

CASA-FAMIGLIA
E’ una soluzione alternativa all’istituto, nella quale una famiglia accoglie nella propria casa persone prive, per un certo periodo o permanentemente, di un ambito familiare adeguato. Per quanto riguarda i minori, le case-famiglia garantiscono l’anonimato e si tutela il diritto del bambino/a a ritornare nella propria famiglia d’origine e a mantenere con essa costanti rapporti, quando è ritenuto utile al suo interesse.

CINEMA
Sono poche le forme di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza dalle immagini e dai messaggi violenti che possono venire dalla produzione cinematografica. Le sale di proiezione vietano l’ingresso, a seconda del tipo di spettacolo, a coloro che non hanno ancora raggiunto una certa età (14 o 18 anni), ma l’avvento della televisione, con il piccolo schermo che introduce nelle case i film che i cinema hanno già proiettato, ha reso più difficile la selezione degli spettatori. Spetta ai genitori, o comunque agli adulti che affiancano i minori, il compito di controllo che viene facilitato dalle segnalazioni che in genere i canali televisivi trasmettono prima di procedere alla trasmissione del film. (vedi voci Codici di Autoregolamentazione, Televisione).
Esistono associazioni di ‘spettatori’ che, oltre ad avere una funzione di stimolo al dibattito e di sensibilizzazione sull’argomento, svolgono un ruolo di controllo capace, all’occasione, di chiedere interventi specifici da parte del garante o di altra autorità competente.

CODICE CIVILE
E’ il complesso di norme fondamentali che riguardano il diritto privato che comprende il diritto delle persone e della famiglia

CODICE DI AUTODISCIPLINA PUBBLICITARIA
La Commissione dell’Unione Europea, in un documento, ha preso l’iniziativa per un’armonizzazione dei codici di autodisciplina degli Stati membri. La protezione dei minori figura al primo posto tra le preoccupazioni dell’esecutivo europeo. Si tende principalmente a rafforzare il controllo sulle comunicazioni commerciali indirizzate ai minori (giocattoli, alimenti) sui programmi educativi, sulla sponsorizzazione di avvenimenti sportivi di marche associate a prodotti destinati ai minori o che possono avere effetti nocivi per la salute pubblica.

CODICE DI PROCEDURA PER I MINORI
(vedi GIUSTIZIA MINORILE)

CODICI DI AUTOREGOLAMENTAZIONE
Sono “principi d’intenti” di carattere deontologico che una serie di categorie professionali hanno definito per fissare i limiti del proprio operato. Si tratta di categorie riconosciute in Albi o specifici Ordini come quelli dei giornalisti, medici, psicologi, assistenti sociali, ecc per i quali è importante stabilire regole di condotta che stabiliscano le competenze nel rispetto della tutela dell’utente. Negli ultimi anni sul tema dei minori tutte le categorie si sono poste il problema di difendere l’interesse degli stessi.
La violazione di tali principi ha rilievo solo nell’ambito del potere disciplinare dell’Ordine di appartenenza.

CODICE DI PROCEDURA CIVILE
Il primo testo è stato approvato con Regio decreto il 16 marzo 1942. ; esso regola il processo civile. Le norme relative ai procedimenti riguardanti minori sono essenzialmente quelle in tema di procedimenti in Camera di Consiglio, che prevedono perlopiù un’iniziativa del Pubblico Ministero oltre che delle parti private, un rito più snello contraddistinto da una limitata presenza del contraddittorio, una decisione da parte di un organo collegiale eventualmente anche con immediata efficacia.

CODICE DI PROCEDURA PENALE
La procedura penale minorile (cioè in procedimenti nei quali l’imputato è minorenne) è regolata dal DPR 448/88 e, in quanto compatibile, dal c.p.p. ordinario.
Le misure cautelari applicabili ai minori sono solo quelle previste dal DPR 448/88.
L’udienza penale non è mai pubblica e, essendo scopo del legislatore che il minore fuoriesca in tempi brevi dal circuito penale, sono previste sentenze che definiscono il giudizio già nella fase preliminare in caso di: proscioglimento per irrilevanza del fatto, per non imputabilità da immaturità, per applicazione del perdono giudiziale e per declaratoria di estinzione del reato a seguito di esito positivo della messa alla prova. Quest’ultimo Istituto è caratteristico del procedimento minorile, in quanto si inserisce nella fase di cognizione (e non di esecuzione come nel caso di affidamento in prova per i Ci sono delle norme specifiche nel c.p.p. ordinario, per i procedimenti nei quali il minore è parte lesa; in particolare qualora si proceda per reati sessuali. E’ infatti più ampio il ricorso all’audizione del minore nelle forme dell’incidente probatorio (del minore.
esame del teste in una fase anticipata rispetto a quella dibattimentale): la cosiddetta “audizione protetta”.

CODICE PENALE
E’ diviso in Parte generale e Parte speciale.
Nella Parte generale regola gli elementi del reato, la pena, l’imputabilità, le misure di sicurezza ecc. In relazione ai minori vanno evidenziati gli artt. 97 (imputabilità di minori di anni 14); 98 (imputabilità dei minori di anni 18); 169 (Perdono giudiziale ); 223 e seguenti: (Misure di sicurezza :223-227 ricovero in riformatorio, 228-232 libertà vigilata).
Fino al compimento del 14° anno vi è una presunzione assoluta di non imputabilità. Dal 14° al 18° anno l’imputabilità va verificata caso per caso.
Nella Parte speciale contempla specifiche ipotesi di reato: si fa riferimento ai minori quali persone offese, negli artt.: 573 (Sottrazione consensuale di minore)
591 (abbandono); 609 quater e sexies (atti sessuali); 609 decies (comunicazione al tribunale per i minorenni); 609 quinquies (corruzione di minorenni).; 600 bis-600septies (Pedofilia);600 ter, 600 septies (Pornografia minorile);600bis, 600 quinquies (Prostituzione minorile);671(uso dei minori per accattonaggio).

COMUNITA’ ALLOGGIO
Istituite alla fine degli anni Sessanta, le comunità-alloggio nascono come ristrutturazione degli istituti al fine di ricreare attorno al minore un ambiente più familiare che favorisca le relazioni umane e risponda meglio alle esigenze di socializzazione. Possono essere utili per fronteggiare situazioni di emergenza o di allontanamento immediato del bambino/a, ma è tendenza comune agli educatori far seguire una soluzione più specifica per i singoli casi (affidamento familiare o adozione o casa-famiglia).

CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO (CTU)
La nomina di un consulente tecnico è disciplinata dall’art. 191 e segg. del codice di procedura civile (cpc). In riferimento alle norme generali dei procedimenti civili, si intende per CTU l’incarico conferito dal giudice quando necessitano elementi di carattere tecnico, esulanti dal sapere giuridico, ai fini dell’acquisizione di prove ritenute indispensabili all’individuazione del contenuto del provvedimento che sarà assunto in Camera di Consiglio.
Nel campo del penale, pur rimanendo uguale l’obiettivo, cioè l’acquisizione di prove determinanti, la persona incaricata a tal fine dal giudice agisce un veste di perito, mentre se gli accertamenti sono richiesti dal Pubblico Ministero (P.M.) o da altre Parti, si configura quale consulente tecnico. A questo proposito, se il fatto da accertare è ‘irripetibile’ , il PM applica la procedura con garanzia, dandone quindi notizia alle parti. Se invece il fatto che si vuole accertare è ripetibile, il PM procede senza darne notizia alle parti, ma la sua consulenza ha un valore più limitato.

CONVENZIONI ONU
La Convenzione per i diritti dell’infanzia è stata approvata dall’Assemblea generale dell’Onu il 20 novembre 1989 ed è entrata in vigore il 2 settembre 1990. Al 30 novembre 1997 era già stata firmata e ratificata da più di 190 Stati. Un protocollo facoltativo della Convenzione, discusso durante la 54/ma sessione della Commissione ONU per i Diritti Umani (16 marzo-24 aprile 1998) si riferisce alla vendita dei bambini, alla prostituzione infantile, alla pornografia che coinvolge bambini/e e alle misure di base per prevenire ed eliminare queste pratiche.
Un altro protocollo facoltativo in corso di elaborazione riguarda l’implicazione dei minori nei conflitti armati.
La Dichiarazione universale sui diritti umani, adottata il 10 dicembre 1948, è alla base della Convenzione e di ogni documento, rapporto, raccomandazione e risoluzione emanati dalla Commissione.
Del lavoro infantile si occupa anche l’Ufficio Internazionale del Lavoro (Bit). Una serie di Convenzioni (la prima risale al 1919 e vieta l’ impiego nell’industria di bambini di età inferiore ai 14 anni) indicano misure per prevenire ed eliminare il lavoro infantile. La n.138 del 1973 impegna gli Stati firmatari a fissare l’età minima per l’ingresso nel mondo del lavoro sulla base del completamento della scuola dell’obbligo.
La ratifica di una Convenzione da parte degli Stati dovrebbe essere seguita dall’emanazione di leggi nei singoli paesi aderenti chiamati ad imporne il rispetto.

CORTE D’ APPELLO, SEZIONE MINORENNI
(vedi GIUSTIZIA MINORILE)

D

DEONTOLOGIA PROFESSIONALE
(vedi CODICI DI AUTOREGOLAMENTAZIONE)

DECADENZA DALLA POTESTA’ GENITORIALE
Su istanza di uno dei genitori o su iniziativa del Pubblico Ministero, per quanto riguarda l’eventuale declaratoria di decadenza dalla potestà genitoriale in genitori conviventi o ex conviventi, il Tribunale per i minorenni può dichiarare decaduto dalla potestà genitoriale un padre o una madre, o entrambi, laddove ravvisi la sussistenza del non soddisfacimento delle basilari esigenze del figlio. Il Provvedimento di decadenza è revocabile, su richiesta della parte interessata, qualora una successiva istruttoria dimostrasse l’avvenuto superamento di quelle problematiche sulle quali era motivato il provvedimento precedentemente assunto.

DIRIGENTE SCOLASTICO E RELATIVI OBBLIGHI
(in materia di segnalazione e/o di riservatezza)
L’obbligo di segnalazione al Tribunale per i minorenni da parte di chi svolge il ruolo di Dirigente Scolastico (Direttore o Preside) deriva dalla L 4 maggio 1983,n.184, che all’articolo 9 ,II comma, recita: “I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità, debbono riferire al più presto al Tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio”.
Per quanto concerne la riservatezza, giova ricordare che il Collegio Docenti, di cui è presidente il Capo di Istituto e i Consigli di Classe con la partecipazione della sola componente ‘docenti’ sono soggetti al segreto d’ufficio.
Per quanto riguarda le ripercussioni nell’ambito scolastico della facoltà prevista dalla legge 397 del 17.12.00 all’art.11, che richiama l’art.391 bis comma 1 del c.p.p., è da sottolineare che i legali della parti di un procedimento in corso , in qualche misura coinvolgente dei minori (es: separazione , affidamento ad uno dei genitori ex conviventi, ecc.) possono conferire con il capo di istituto attraverso un colloquio non documentato. La persona interpellata può scegliere se accettare il colloquio, rispondere che non intende rendere delle dichiarazioni in merito, o riservarsi di renderle solo se riceverà convocazione da parte dell’Autorità giudiziaria.
Vi sono poi situazioni di particolare delicatezza, quali quelle riguardanti figli di collaboratori di giustizia, minori in affidamento a rischio giuridico e in fase preadottiva, che impongono procedure di massima garanzia dei dati dei minori e di tutela della relativa privacy, facenti riferimento a protocolli riservati.
[cfr “Ipertesto unico aggiornato al dicembre 2001” (www tecnodid.it/ipertestounico 2001)”].
Per tutto quanto riguarda la normativa, sono costantemente aggiornati due siti:quello del Ministero dell’Istruzione,Università e Ricerca - Direzione Generale Regionale per il Piemonte: www.direzione.scuole.Piemonte.it
e quello del Centro Servizi Amministrativi ( CSA) di Torino e provincia: www.to2000.it/provvto/

DIRITTO ACCESSO A DOCUMENTI AMMINISTRATIVI
(vedi LEGGE SULLA PRIVACY)

DIVORZIO
Con il termine "divorzio" si individuano impropriamente due fattispecie:
- la cessazione degli effetti civili del matrimonio, che ricorre nel caso di matrimonio concordatario e che per l'appunto fa venire meno il matrimonio civile, contratto con la celebrazione del rito religioso e trascritto nei registri dello stato civile.
- lo scioglimento del matrimonio, che ricorre invece nel caso di matrimonio contratto solo a norma del codice civile.
Gli effetti sostanziali e gli aspetti processuali delle due fattispecie sono assolutamente identici.
Le caratteristiche principali del procedimento di divorzio, inquadrabile nella categoria dei procedimenti di volontaria giurisdizione, sono uguali a quelle della separazione: a) si propone con ricorso, b) giudice competente per materia è il Tribunale, in composizione collegiale, del luogo ove il coniuge convenuto ha la residenza, c) si distinguono due fasi, quella presidenziale, che si conclude o con la riconciliazione dei coniugi o con l'emanazione di provvedimenti presidenziali provvisori e quella istruttoria e di merito che si conclude con la decisione collegiale, d) i provvedimenti presidenziali sono sempre modificabili in corso di causa, e sono immediatamente esecutivi, e) la sentenza è idonea a passare in giudicato per quanto attiene alla pronuncia sul divorzio, mentre per quanto attiene le statuizioni relative ai figli e quelle economiche è sempre modificabile quando sopravvengano giustificati motivi.
Mentre però gli effetti della separazione, sia essa giudiziale o consensuale vengono meno con la riconciliazione ( ovvero i coniugi tornano a vivere insieme ) gli effetti del divorzio non cessano con la riconciliazione.

E

EDUCATORE PROFESSIONALE
L'educatore professionale è l'operatore che, in base ad una specifica preparazione di carattere teorico-pratico, svolge la propria attività mediante la formulazione e la realizzazione di progetti educativi, volti a promuovere lo sviluppo equilibrato della personalità, il recupero e l'integrazione sociale di persone di diversa età condividendo con esse differenti situazioni di
vita quotidiana.
L'educatore professionale, nell'ambito del sistema delle risorse sociali e sanitarie, svolge interventi educativi riguardanti la relazione sia istituzionalizzata sia informale, con attenzione ai diversi contesti di vita del soggetto. Gli strumenti di cui si avvale sono relativi a metodologie psico-pedagogiche e di riabilitazione sociale. Esercita, altresì, funzioni di progettazione, organizzazione e gestione nell'ambito dei servizi socio-sanitari e socio-educativi. Conduce attività di studio, ricerca e documentazione. Profilo dell’Educatore Professionale approvato dal Ministero della Sanità (D.M.520/98) E’ impiegato come personale della riabilitazione nelle aeree della disabilità, della dipendenza, della psichiatria, nei servizi di centro diurno, comunità terapeutiche, case famiglia e gruppi appartamento, attività sul territorio e presso i domicili degli utenti, percorsi individuali e progetti di prevenzione e di educazione alla salute. L’educatore professionale è impiegato come operatore sociale in ottica preventiva e rieducativa nelle aree della disabilità, dei minori, dell’integrazione interculturale, dell’educazione degli adulti e in una vasta tipologia di servizi attivati dagli Enti Locali, dal privato sociale, dai soggetti del terzo settore, dalla cooperazione e dall’associazionismo.

EMANCIPAZIONE
(vedi DIRITTI DEL MINORE)

ESERCENTE UN SERVIZIO DI PUBBLICA UTILITA’
(vedi SEGNALAZIONE)

ETICA PROFESSIONALE
(vedi DEONTOLOGIA)

EXTRACOMUNITARI
(vedi IMMIGRATI)

F

FAMIGLIA
La Carta Costituzionale, all’art. 29, riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio; la famiglia legittima è dunque quella fondata sul matrimonio ed anche i figli si dicono legittimi in quanto concepiti da genitori uniti in matrimonio.
La famiglia di fatto è quella costituita da persone che, pur non essendo legate tra di loro dal vincolo matrimoniale, convivono more uxorio, insieme agli eventuali figli nati dallo loro unione. Mancando un atto formale, il matrimonio, cui ricollegare la riconoscibilità del rapporto, la famiglia di fatto non sempre può essere agevolmente individuata.

FAMIGLIA DI FATTO
(vedi FAMIGLIA)

FILIAZIONE
La filiazione è il rapporto di parentela tra figlio e genitori.
La filiazione è legittima quando il figlio è stato concepito da genitori uniti in matrimonio e tale status si costituisce automaticamente per il solo fatto della ricorrenza del presupposto obbiettivo del matrimonio.
La filiazione è naturale quando il figlio è concepito da genitori che non sono uniti in matrimonio; perché si costituisca la filiazione naturale sono necessari o il riconoscimento da parte del genitore o la sentenza di dichiarazione giudiziale di paternità.
La filiazione è adottiva quando si costituisce a seguito della pronuncia di adozione e per effetto dell’adozione l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti; nell’ipotesi prevista invece dall’art. 44 l. 184/83 (adozione in casi particolari) non si costituisce un autentico e totale rapporto di filiazione.

G

GARANTE PER LA TUTELA DEI DATI PERSONALI
La figura del Garante è stata istituita dalla legge 675/96, meglio conosciuta come legge sulla privacy. La sua funzione è appunto quella di “garantire” l’osservanza della normativa che tutela il trattamento dei dati personali. Successive integrazione hanno specificato ambito e modalità di intervento del Garante. Dal 1° febbraio 2002 sono in vigore nuove regole che semplificano le notificazioni, l’informativa e la richiesta del consenso.. Si riducono pertanto i casi di obbligo della notificazione al Garante che va effettuata soltanto se il trattamento può recare pregiudizio ai diritti e alle libertà dell’interessato e in altre determinate circostanze.
Il Garante ha, tra gli altri compiti, anche quello di promuovere i codici deontologici per regolare il trattamento dei dati personali nei settori dove ancora non vige alcuna regolamentazione, come i mezzi telematici (internet), le banche dati pubbliche, l’utilizzo di strumenti automatizzati di rilevazione delle immagini.

GENITORE
(vedi FAMIGLIA, FIGLI)

GENITORIALITA’
Si può parlare di due aspetti della genitorialità: quello biologico e quello adottivo.
Mentre la potestà genitoriale è un complesso di diritti e doveri la cui violazione o il cui abuso determina, qualora vi sia un pregiudizio per il figlio minore, provvedimenti limitativi o ablativi (decadenza) della potestà stessa, la capacità genitoriale implica il mantenere, educare e allevare i figli e può trovare dei limiti in condizioni oggettive, anche a prescindere dalla volontà dell’interessato.
Solo una grave riduzione della capacità genitoriale giustifica l’adozione di provvedimenti più incisivi da parte del TM, quale la dichiarazione di adottabilità

GIORNALISTA
(vedi CARTA DEI DOVERI DEL GIORNALISTA)

GIUDICE
(vedi MAGISTRATO MINORILE)

GIUDICE TUTELARE
(vedi GIUSTIZIA MINORILE)

GIUSTIZIA MINORILE
Gli organi giurisdizionali che tutelano i diritti dei minori sono:
Tribunale per i Minorenni: è a composizione collegiale, decide in Camera di consiglio, composta da due giudici togati (o di carriera) e da due giudici onorari (esperti in materie sociali, psicologiche, mediche, ecc.).
Procura presso il Tribunale per i Minorenni: l’ufficio è retto da un Procuratore capo e da Sostituti Procuratori, (Pubblici Ministeri) i quali possono promuovere azioni a tutela dei minori , a seguito di segnalazioni provenienti dai soggetti che ne hanno il dovere ed esprimono il parere in ordine alla richiesta del Tribunale rispetto ai provvedimenti da emanare. Ha funzioni di controllo sugli istituti, sulle comunità famiglia e sugli affidamenti per verificare che non vi siano bambini in stato di abbandono.
Corte d’Appello sezione Minorenni: è l’organo presso il quale si propone impugnazione avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale per i Minorenni. Agisce in composizione collegiale, in camera di consiglio, composta da un Presidente, due giudici togati, due giudici onorari. Non tutti i provvedimenti emessi dalla Corte d’appello sono ricorribili per Cassazione; sono ricorribili le sentenze di dichiarazione di adottabilità e di dichiarazione giudiziale di paternità.
Giudice Tutelare: è Giudice del Tribunale Ordinario e la sua funzione principale è la protezione giudiziaria dei minori e degli incapaci, sia sovrintendendo alle curatele ed alle tutele, sia all’attuazione dei provvedimenti emessi dagli altri Organi . Così, a titolo esemplificativo il giudice Tutelare emette provvedimenti in ordine a: gestione del patrimonio del minore, interruzione di gravidanza di minorenni, rilascio del passaporto, attuazione dei provvedimenti emanati in sede di separazione e divorzio (individuazione dei periodi specifici di vacanza o visita del genitore non affidatario) ecc.

GRATUITO PATROCINIO
La legge 24.11.2000 n. 340 ha introdotto il gratuito patrocinio a carico dello stato in alcune materie che non erano contemplate nella pregressa disciplina normativa, come il diritto di famiglia, con ciò intendendosi sia le procedure di competenza del Tribunale Ordinario che del Tribunale per i Minorenni; la legge è già entrata in vigore per quanto riguarda la competenza del Tribunale Ordinario e per usufruire di tale beneficio occorre presentare domanda al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, documentando il proprio reddito; per quanto riguarda invece la Competenza del Tribunale per i Minorenni la legge entrerà in vigore nel Luglio 2003, attualmente si può essere ammessi al gratuito patrocinio a carico dello stato nelle procedure di opposizione allo stato di adottabilità, di dichiarazione giudiziale di paternità.


H

HANDICAP
Motivo o condizione di inferiorità, limite, svantaggio.
Certificato di handicap: viene riconosciuto a "colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione"
Certificato di handicap in situazione di gravita: viene riconosciuto quando "la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.

I

IMMIGRATO MINORENNE
Per il suo status di minore, chi si trovi in Italia è legittimato a rimanervi: sono previsti un permesso di soggiorno per minore età ed un divieto di espulsione del minore, salvo che per motivi di ordine pubblico.
Ove il minore viva con la propria famiglia d’origine e questa sia in posizione di irregolarità, il parente può richiedere un permesso di soggiorno temporaneo che viene eccezionalmente concesso in quanto giustificato dalle esigenze psicofisiche del minore.
Il Comitato per i Minori stranieri si occupa dei minori stranieri (extracomunitari) non accompagnati e può disporne il rimpatrio assistito per ricongiungerli alla propria famiglia nel Paese d’origine.
In caso negativo sorge una competenza del Giudice Tutelare, oppure, qualora emerga un pregiudizio per il minore e la Procura per i minorenni eserciti l’iniziativa, anche del Tribunale per i Minorenni.
In Piemonte il minore straniero non accompagnato fa capo ai servizi sociali di territorio, almeno sino a quando non sia nominato il tutore.
Per quanto riguarda i minori non accompagnati, se esistono in Italia dei parenti regolari che presentano istanza di affidamento al Tribunale per i Minorenni, questi emette un provvedimento di affido all’Ente Locale che valuterà la situazione.
Nel caso in cui non risultino dei parenti, il TM dispone la sistemazione del minore extracomunitario in una Comunità, procedendo sempre all’affidamento all’Ente Locale.

INCARICATI DI PUBBLICO SERVIZIO
(vedi SEGNALAZIONE)

INFANZIA
(vedi MINORE)

INSEGNANTE
Per quanto riguarda il segreto di ufficio, l’obbligo della segnalazione e l’obbligo di riservatezza in merito a notizie riguardanti la sfera privata dei propri alunni, si rimanda alla voce Dirigente scolastico.
Si sottolinea il dovere dell’insegnante di fare un uso corretto e prudente delle confidenze e delle informazioni che riceve nel suo rapporto fiduciario con l’alunno. Ad esempio i contenuti degli elaborati scritti non vanno in alcun modo divulgati, tanto meno messi a disposizione di terzi.
In determinate situazioni e a tutela del minore che ha ritenuto di confidarsi nello svolgimento di un tema, occorre ricordare che l’insegnante non è tenuto a far leggere il testo al genitore, ma semplicemente a riferirgli la valutazione in merito alla forma, alla correttezza ortografica e grammaticale.

INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA
E’ materia disciplinata dalla legge n° 194 del 22/5/1978 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”; l’art. 12 detta le modalità per l’accesso alla minorenne: “…Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione della gravidanza è richiesto l’assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all’art. 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere l’interruzione della gravidanza….”
La legge 194/78 con l’art. 5 indica i compiti dei consultori, delle strutture socio-sanitarie e del medico di fiducia della donna e precisa che tutti devono agire “nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna”.

L

LAVORO MINORILE
La legge del 17 ottobre 1967, n° 977 stabilisce la Tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti. All’art. 3 dispone che "l’età minima per l’ammissione al lavoro, anche degli apprendisti, è fissata a 15 anni compiuti”.
In agricoltura e nei servizi familiari l’età minima per l’ammissione al lavoro dei fanciulli è fissata a 14 anni compiuti, purché ciò sia compatibile con le esigenze particolari di tutela della salute, non comporti trasgressione dell’obbligo scolastico e “non siano adibiti al lavoro durante la notte e nei giorni festivi”. Sono altresì disciplinati gli obblighi sanitari, previdenziali e assistenziali.
I minori non godono di analoghe tutele in molte altre parti del mondo. Nel giugno 1998 la Conferenza annuale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) ha preso l’impegno di stipulare al più presto una Convenzione che solleciti i diversi paesi ad emanare un loro rapporto.
All’articolo 4 si aggiunge che “nelle attività non industriali i fanciulli di età non inferiore ai 14 anni compiuti possono essere occupati in lavori leggeri” sempre che sia ottemperato l’obbligo di salvaguardare i diritti alla salute e all’istruzione.

LEGGE SULLA PRIVACY
La legge 675 del 31 dicembre 1996 interviene in materia di “trattamento dei dati personali". Finalità primaria è trovare forme di conciliazione tra il diritto della persona a tutelare la propria privacy con le libertà di manifestazione del pensiero tutelate dalla Costituzione.
La legge intende garantire “che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità personale”.
Il diritto di ogni persona a veder salvaguardata la propria sfera privata si esprime non soltanto rispetto al mondo dell’informazione giornalistica, ma in tutti i settori della vita pubblica ogni qual volta siano trattati i dati personali, negli ospedali come nelle banche, nelle scuole come nei servizi assistenziali. Agli articoli 20 e 25 la legge fa esplicito riferimento ai mass-media. Per quanto riguarda i dati personali, la normativa limita la loro diffusione alla loro essenzialità rispetto ai fatti di interesse pubblico. Ai giornalisti è stata concessa la deroga al principio generale dell’obbligatorietà del consenso al trattamento dei dati personali da parte del soggetto interessato, se non per gli aspetti attinenti allo stato di salute e alla vita sessuale.

LEGGE SULLA STAMPA
La legge dell’8 febbraio 1948, n° 47, all’articolo 14 tratta delle pubblicazioni destinate all’infanzia: “Le disposizioni dell’articolo 528 del codice penale si applicano anche alle pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti quando, per la sensibilità e l’impressionabilità ad essi proprie, siano comunque idonee a offendere il loro sentimento morale od a costituire per essi incitamento alla corruzione, al delitto e al suicidio”.
Al secondo comma si aggiunge che “le medesime disposizioni si applicano a quei giornali e periodici destinati all’infanzia, nei quali la descrizione o l’illustrazione di vicende poliziesche e di avventure sia fatta, sistematicamente o ripetutamente, in modo da favorire il disfrenarsi di istinti di violenza e di indisciplina sociale”. All’articolo 15 si estende l’applicazione dell’articolo 528 del codice penale ai casi di descrizioni “impressionanti o raccapriccianti” tali ‘’da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti".
La legge 12 dicembre 1960, n° 591 riguarda le Disposizioni concernenti l’affissione o l’esposizione al pubblico di manifesti, immagini, oggetti contrari al pudore e alla decenza: la legge 17 luglio 1975, n° 355 esclude i rivenditori professionisti della stampa periodica e i librai dalla responsabilità derivante dagli articoli 528 e 725 del codice penale e degli articoli 14 e 15 della legge 7 febbraio 1948, n° 47. Si aggiunge tuttavia che le disposizioni di esonero di responsabilità "non si applicano quando siano esposte, in modo da rendere immediatamente visibili al pubblico, parti palesemente oscene delle pubblicazioni o quando le dette pubblicazioni siano vendite ai minori di anni 16. In tal caso la pena è della reclusione sino a un anno".

M

MAGISTRATI DELL’AREA FAMIGLIA E MINORI
L’ordinamento giudiziario minorile prevede i seguenti Uffici:
Il Tribunale per i minorenni (T.M.), e Procura della Repubblica presso il medesimo.
La Sezione per i minorenni e la famiglia della Corte di Appello.
c) Il Giudice Tutelare.
d) Il Tribunale Ordinario, Sezione VII civile.
Il Tribunale per i minorenni è un organo giudiziario autonomo e specializzato, che prevede, accanto ai giudici togati, la partecipazione di giudici onorari scelti tra gli assistenti sociali, i cultori di biologia, di antropologia criminale, di pedagogia e di psichiatria (art.22 R.D. n.1404/34).
Analoga partecipazione è presente presso la Corte di Appello,Sezione per i Minorenni.

MALATTIA
(vedi TUTELA DEL BAMBINO OSPEDALIZZATO)

MALTRATTAMENTI
(vedi ABBANDONO, ABUSI ALL’INFANZIA)

MATERNITA’
(vedi GENITORIALITA’, FIGLI, SEGRETO DEL PARTO)

MATRIMONIO DI MINORENNE O TRA MINORENNI
Tra le competenze civili attribuite al Tribunale per i minorenni rientra l’autorizzazione a contrarre matrimonio del minore tra i sedici e i diciotto anni quando sussistono gravi motivi per anticipare il matrimonio e sia accertata la maturità psico-fisica del minore (artt.84 e 90 del codice civile).

MEDICO
(vedi CODICE DEONTOLOGICO)

MINORE
(vedi DIRITTI DEL MINORE, CONVENZIONI ONU)

MOLESTIE
(vedi ABUSO)

N

NASCITURO
Colui che sta per nascere
Diritti del nascituro: alla vita, all'incolumità fisica, all'onore, alla riservatezza.
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo (10/12/48 Assemblea Generale delle Nazioni Unite)
art.1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza
art. 2 art 3 art, 4 art 5 art.6

NOMADI MINORENNI
(vedi DIRITTI DEL MINORE)

O

ORDINI PROFESSIONALI
Gli ordini professionali hanno tra i principali obiettivi quello di garantire la professionalità di chi esercita determinate attività, nel senso di tutelarla definendone gli scopi e i termini nei quali esercitarla nel rispetto anche dei cittadini ai quali è rivolta.
In Italia per esercitare una professione e per entrare a far parte di un Ordine (ve ne sono 26 e ne sono inclusi quelli di avvocati, architetti, biologi, chimici, commercialisti, geometri, giornalisti, medici, ingegneri) esistono tre vincoli: tirocinio o praticantato, esame di Stato e iscrizione all’Albo. Vi sono eccezioni: ad esempio per ingegneri e architetti non è previsto il praticantato.
Per le professioni italiane, a differenza di quanto avvenuto in altri paesi come quelli anglosassoni dove si è trattato di un progressivo riconoscimento di “associazioni” di categoria, la costituzione di “Ordini” è avvenuta progressivamente con l’emanazione di apposite leggi che attribuiscono agli Ordini poteri di controllo sotto il profilo deontologico e lo stabilire specifiche vie di accesso alle varie attività.
L’Ordine può inoltre emanare direttamente tariffe da applicare nelle prestazioni delle professioni e alcuni hanno adottato codici di autoregolamentazione con relative sanzioni per coloro che non li rispettano.
Nuove disposizioni di legge sono previste per il varo di un nuovo sistema degli Ordini in Italia.

OSPEDALE
(vedi TUTELA DEL BAMBINO OSPEDALIZZATO)

P

PARENTI
Sono le persone, legate al minore da vincoli di sangue. Se entro il quarto grado e se hanno “rapporti significativi con il minore” vengono “sentiti” dall’autorità giudiziaria nelle situazioni di abbandono o di pregiudizio; ad essi può essere affidato il minore se gli stessi risultano idonei al suo allevamento.
(vedi Adozione, Affidamento)

PATERNITA’
(vedi GENITORIALITA’)

PEDOFILIA
(Vedi ABUSI)

PERMESSI PARENTALI
La legge 8 marzo 2000, n° 53 "Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città" promuove un equilibrio tra tempi di lavoro, di cura, di formazione e di relazione, mediante:
a) l'istituzione dei congedi dei genitori e l'estensione del sostegno ai genitori di soggetti portatori di handicap;
b) l'istituzione del congedo per la formazione continua e l'estensione dei congedi per la formazione;
c) il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città e la promozione dell'uso del tempo per fini di solidarietà sociale.

POTESTA’ GENITORIALE
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere al giudice, il quale sentiti i genitori e il figlio, se maggiore degli anni 14, L’art:316 del Codice civile (esercizio della potestà dei genitori), I° comma,recita: “Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all’età maggiore o alla emancipazione. La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi i genitori.
Il Giudice suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio o dell’unità familiare. Se il contrasto permane, il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio”.
Occorre ricordare che la potestà sui figli minori, più che conferire al genitore un diritto soggettivo, gli conferisce soprattutto un dovere, impostogli dalla legge, per il mantenimento, l’educazione, la custodia e la rappresentanza del minore, nel cui adempimento è insita una potestà che viene esercitata nell’interesse generale e superiore della società e assume la caratteristica dell’officium, anche se in concreto ha la sua ragion d’essere nella cura dell’interesse individuale del figlio.
La potestà dei genitori, in base alla norma costituzionale (l’art.30 sancisce il dovere-diritto dei genitori di educare i figli), si concretizza, essenzialmente, nella promozione della personalità del figlio, con il soddisfacimento delle sue esigenze materiali, morali ed affettive. L’incapacità del genitore, anche se incolpevole, di apprezzare i bisogni del figlio si risolve in un danno grave ed irreversibile alla personalità del minore, bene che va tutelato in nome del prioritario diritto del minore alla retta formazione.

PRIVACY
(vedi LEGGE SULLA PRIVACY)

PROCESSO
(vedi codice di procedura)

PROCURA MINORENNI
(vedi giustizia minorile)

PROSTITUZIONE
A Ginevra, alla 54/a sessione della Commissione ONU per i diritti umani (16 marzo-24 aprile 1998) è proseguito l’esame dei rapporti sul programma d’azione per prevenire la vendita dei bambini, la prostituzione infantile e la pornografia che coinvolge minori. Un programma già approvato in passato e che comporta la lotta contro misure discriminatorie e la richiesta agli Stati di informare su forme di schiavitù e sulle misure adottate per applicare il programma.
In Italia gli articoli 523-524 del codice penale puniscono il “ratto a fine di libidine” di persone di età inferiore ai 14 anni e l’articolo 530 concerne la ‘’corruzione di minore” stabilendo che chiunque ‘commette atti di libidine su persona o in presenza di persona minore degli anni sedici, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”. “Alla stessa pena soggiace chi induce persona minore degli anni sedici a commettere atti di libidine su se stessi, sulla persona del colpevole, o su altri”.
Tutta una serie di provvedimenti che includono la costituzione di gruppi di esperti nazionali, la cooperazione internazionale, la raccolta di dati sulle disposizioni nazionali e suoi codici di autodisciplina, scambio di informazioni, controlli e ricerca di soluzioni per dispute e ricorsi: il tutto in un settore, quello delle comunicazioni commerciali, che riveste un ruolo chiave nell’economia dell’Unione Europea dove impiega più di un milione di persone (solo nel telemarketing si dovrebbe passare dalle attuali 193.500 persone occupate a 669.500 nel 2001).
La Commissione europea intende indirizzare la sua azione ai settori chiave nei quali si rilevano notevoli diversità tra regolamenti degli Stati membri in materia di comunicazioni commerciali. Ed è quello della protezione dei minori a figurare al primo posto tra quelli indicati dalla commissione europea. Si afferma in particolare che le associazioni dei consumatori e gli organismi preposti alla salute pubblica auspicano un’armonizzazione dei regolamenti ed in certi settori un rafforzamento della protezione sulle comunicazioni commerciali indirizzate ai minori, anche se questo può creare restrizioni per le aziende. Programmi educativi, marketing indirizzato specificamente ai minori, pubblicità televisiva rivolta a bambini e adolescenti (giocattoli, alimenti…) sponsorizzazione di avvenimenti sportivi di marche associate a prodotti destinati a minori.

PSICOLOGO
(vedi CODICE DEONTOLOGICO)

PUBBLICITA’
La Commissione dell’ Unione Europea, in un documento pubblicato a Bruxelles il 4 marzo 1998, conferma la sua preoccupazione per la protezione dell’ infanzia da certa pubblicità, non solo trasmessa dalla televisione, ma anche da altri mezzi di comunicazione.
Il primo tentativo di tutela del minore nei confronti della pubblicità è stato messo in atto dal CODICE DI AUTODISCIPLINA PUBBLICITARIA, a metà degli anni Settanta. Fissa alcuni principi fondamentali, mantenuti nelle successive iniziative normative :
-i messaggi rivolti ai bambini e agli adolescenti o che comunque possono essere ricevuti da loro non devono contenere nulla che possa danneggiarli psichicamente, moralmente o fisicamente.Non devono,inoltre, abusare della loro incredulità o mancanza di esperienza;
-sono vietati messaggi che possono indurre i minori a violare norme di comportamento sociale corretto o a compiere azioni pericolose per sé o per gli altri;
-sono ritenuti inadeguati anche messaggi che possano indurre il minore a credere che il possesso o l’uso di un certo prodotto possa significare superiorità o inferiorità rispetto agli altri;
-è vietato, nell’ impiego di bambini o adolescenti nella pubblicità,ogni abuso dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani;
Il CODICE ha stabilito anche norme specifiche per la propaganda di prodotti con controindicazioni pericolose (art.12) e in materia di pubblicità di giocattoli (art.28-bis).
Già la legge sulla DISCIPLINA DEL SISTEMA TELEVISIVO (legge 223/1960) sancisce che la pubblicità televisiva non deve offendere la dignità della persona, evocare discriminazioni razziali, di sesso,nazionalità o religione;non deve essere inserita in programmi di cartoni animati e che un Garante deve stabilire le trasmissioni a carattere educativo che non potevano essere interrotte dalla pubblicità.
Il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.74 prevede una particolare tutela del minore rispetto ai messaggi pubblicitari ingannevoli. Si precisa all’ art.7 che il messaggio pubblicitario rivolto ai minori si ritiene ingannevole se è potenzialmente idoneo a minacciare, anche solo indirettamente, la sicurezza fisica e psichica del bambino o dell’ adolescente oppure ad abusare della sua credulità o della sua mancanza di esperienza, al fine di indurlo ad acquistare o a chiedere agli adulti l’ acquisto del prodotto reclamizzato.
Nel novembre del 2002 il nuovo CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE DELLE TELEVISIONI (firmato presso il Ministero delle Comunicazioni) dedica un capitolo alla pubblicità. In questo capitolo le televisioni (nazionali e locali) si impegnano a controllare i contenuti della pubblicità, dei trailer e dei promo dei programmi e a non trasmettere pubblicità e autopromozioni che possano ledere l’ armonico sviluppo della personalità dei minori o che possano costituire fonte di pericolo fisico o morale.Si fissano, inoltre,tre livelli di protezione:
generale (si applica in tutte le fasce orarie di programmazione);
rafforzata (dalle 7 alle 16 e dalle 19 alle 22.30);
specifica (dalle 16 alle 19 e all’ interno dei programmi ad hoc per i minorenni).
L’ attuazione del nuovo CODICE è affidata ad un COMITATO composto da 15 membri effettivi, nominati con decreto dal ministro delle Comunicazioni d’intesa con l’ Autorità delle comunicazioni, in rappresentanza delle tv firmatarie, delle istituzioni e degli utenti.

PUBBLICO UFFICIALE
Dipendenti di Pubbliche Amministrazioni sia dello Stato che degli Enti Locali. I pubblici ufficiali, come gli incaricati di un pubblico servizio e gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al Procuratore presso il Tribunale per i minorenni delle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio.
La riservatezza ed il segreto professionale costituiscono diritto primario dell’utente e dovere per i pubblici ufficiali, nei limiti della normativa vigente.

R

REATO
E’ un fatto antigiuridico riconducibile ad una condotta umana volontaria: pertanto costituisce reato solo la condotta prevista come tale dalla Legge, ove on sussista una causa di giustificazione (legittima difesa,stato di necessità, ecc).
Presupposto della colpevolezza è l’imputabilità, che viene esclusa nei casi previsti dalla legge (età minore degli anni 14, vizio totale di mente) ovvero, per il minore che non abbia raggiunto un grado di maturità sufficiente a comprendere il disvalore del gesto e a liberamente determinarsi.
Il Tribunale per i minorenni ha competenza a giudicare tutti i reati commessi dai minori degli anni 18 (vedi voce Codice di Procedura Penale), acquisendo i dati relativi all’ambiente familiare o sociale di appartenenza, che possono indurre ad una debole resistenza nei confronti di particolari tipi di reato, nonché per adeguare la risposta sanzionatoria alla peculiarità della situazione del minore.
Per indicazioni circa le segnalazioni riguardanti studenti possibili vittime di reato o possibili autori di reato, vedi voce “Segnalazioni”.

RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
(vedi IMMIGRATO MINORENNE

S

SEGNALAZIONE
L'obbligo della segnalazione discende dall'art. 9 della Legge 4 maggio 1983, n.184, recante "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori", modificata dalla Legge 28 marzo 2001, n.149, che recita:
Chiunque ha facoltà di segnalare all'autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.
omissis
4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per minorenni. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.
5. Nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi. L'omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio a norma dell'art.330 del codice civile e l'apertura della procedura di adottabilità
Dal citato art.9 si può ricavare un più generale obbligo di segnalazione di situazioni di pregiudizio per il minore considerando in senso ampio il concetto di abbandono (materiale, affettivo, educativo, morale, psicologico). Spetterà comunque al giudice del tribunale per i minorenni
valutare la fondatezza della segnalazione.
La legge investe di pesanti responsabilità gli operatori dei servizi, i medici di base e i pediatri, i capi di istituto e gli insegnanti, gli educatori delle comunità, i sacerdoti e i religiosi, tanto che il novellato art.70 della legge n.184 punisce ai sensi dell'art.328 del codice penale i pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio che omettono di riferire alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio. Gli esercenti un servizio di pubblica necessità sono puniti con la pena della reclusione fino a un anno o con una multa corrispondente all'equivalente in euro di una cifra che oscilla tra £ 500.000 e £ 2.500.000.

SEGRETO DEL PARTO
A partire dal 1923 lo Stato Italiano ha definito norme che tutelano la segretezza del parto.
La donna può scegliere di non far apporre il proprio nome sull’atto di nascita del bambino (art.73, legge sullo stato civile). Il nome della madre, che pur è ufficialmente conosciuto, non è reso noto a meno che la donna abbia fatta constare, per mezzo di un atto pubblico, il proprio consenso ad essere nominata.
Quando, per motivi quali lo “stato fisiologico e patologico del neonato”, si devono fare indagini sulla maternità, l’esito viene tenuto segreto (art. 22 e 24 capo IV, r.d. n. 2822 del 29/12/1927). Nemmeno nel certificato di assistenza al parto, previsto dall’art. 8 del r.d.l. 2128 del 15/10/1936, vengono segnalate le generalità della donna.
Sull’atto di nascita, che viene redatto sulla base di quel solo, anonimo, certificato di assistenza al parto, l’ufficiale di Stato Civile annota un nome ed un cognome non collegabili alla madre biologica. Precise norme garantiscono sempre in assoluta segretezza ogni cura sanitaria ed assistenziale alla gestante, alla partoriente, alla puerpera ed al neonato. Infatti, gli art. 1 e 4 del r.d.l. n. 798 del 8/5/1927, fissano l’obbligo di assistenza da parte delle Provincia, alle gestanti in difficoltà, assicurando loro i necessari interventi sociali e sanitari prima, durante e dopo il parto.
L’atto di nascita del neonato è redatto con la dizione “nato da donna che non consente di essere nominata”. L’Ufficiale di Stato Civile, dopo aver attribuito al neonato un nome ed un cognome, procede entro 10 giorni dalla formazione dell’atto alla segnalazione al Tribunale per i minorenni per la dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge n. 184 del 4/5/1983. Il bambino viene così velocemente inserito in una famiglia adottiva, scelta dal Tribunale per i Minorenni, fra quelle che hanno presentato domanda di adozione.
La tutela del segreto del parto è richiamato anche nella legge n. 149 del 28/3/2001 con l’art. 28 “Il minore adottato è informato di tale sua condizione……. L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato non viene riconosciuto alla nascita dalla madre naturale…”. L’art. 36 fissa le punizioni per chi tradisce tale segreto.
Stesse indicazioni si ritrovano nel d.p.r. n. 396 del 3/11/2000 “Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma dell’art. 2, comma 12, della legge n°127 del 1997.

SEPARAZIONE
La separazione personale dei coniugi è la cessazione legalmente sanzionata del loro obbligo di convivere, giuridicamente ha sempre carattere transitorio, in quanto può essere fatta cessare in ogni momento, senza bisogno di alcuna formalità, con una semplice riconciliazione e non fa venire meno il vincolo matrimoniale.
La separazione può essere richiesta per il solo fatto che la convivenza sia divenuta intollerabile , ovvero tale da arrecare pregiudizio all’educazione dei figli.
La separazione legale può essere giudiziale o consensuale: è giudiziale quando uno dei coniugi assume l’iniziativa giudiziaria nei confronti dell’altro e si conclude con sentenza, con la quale il Tribunale assume le decisioni inerenti all’affidamento dei figli, all’assegnazione della casa coniugale e alla determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli ed il coniuge; è consensuale quando vi è un accordo tra i coniugi sia in ordine alla decisione stessa di separarsi sia in ordine alle condizioni che regoleranno i loro rapporti di genitorialità ( affidamento dei figli, regolamentazione dei rapporti tra questi ed il genitore non affidatario ) ed economici (assegno per contributo al mantenimento dei figli e del coniugi che ne ha diritto). Perché l’accordo dei coniugi produca effetti giuridici occorre l’omologazione del Tribunale, tale provvedimento non è una mera formalità, ma una verifica delle condizioni affinché esse non siano contrarie all’interesse dei figli.

SERVIZI SOCIALI
La configurazione dei servizi socio-assistenziali ha iniziato a delinearsi con la legge delega 382/75 e successivo D.P.R. 616/77.
In precedenza l’attività di assistenza era gestita dagli E.C.A. (Ente Comunale Assistenza), dalle I.P.A.B. e dagli Enti di assistenza delle diverse categorie (E.N.A.O.L.I., I.P.I.M., O.N.M.I., ecc.)
L’art. 22 del D.P.R. 616/77 indica: “le funzioni amministrative relative alla materia beneficenza pubblica concernono tutte le attività che attengono, nel quadro della sicurezza sociale, alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento, o di prestazioni economiche, sia in denaro che in natura, a favore di singoli, o di gruppi, qualunque sia il titolo in base al quale sono individuati i destinatari, anche quando si tratti di forme di assistenza a categorie determinate, escluse soltanto le funzioni relative alle prestazioni economiche di natura previdenziale”.
L’art. 23 specifica inoltre “sono comprese nelle funzioni amministrative di cui all’articolo precedente le attività relative: a) all’assistenza economica in favore delle famiglie bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto; b) all’assistenza post-penitenziale; c) agli interventi in favore di minorenni soggetti a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell’ambito della competenza civile; ...
L’art. 25 attribuisce ai Comuni l’organizzazione e la erogazione dei servizi di assistenza elencati negli art. 22 e 23. All’interno di questi servizi operano diverse figure professionali (assistenti sociali, educatori, animatori, ADEST, impiegati amministrativi, ecc.), tutte tenute al segreto d’ufficio e al rispetto delle norme dettate dalla L.N. n.675/96.
Per quanto concerne i minori, particolare rilevanza riveste l’art. 9 della L.N. n.149/2001 “...gli incaricati di un pubblico servizio... debbono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni ... delle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio ... “
Nel 2000 è entrata in vigore la legge di riforma dell’assistenza n. 328 del 18/10/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”. Trattandosi di una legge quadro, necessita di tutti i provvedimenti e le norme successive per renderla efficace.

SESSUALITA’
(vedi LEGGE SULLA PRIVACY)

STAMPA
(vedi LEGGE SULLA STAMPA)

T

TELEVISIONE
Le Aziende televisive pubbliche e private ( Rai, Mediaset, Cecchi Gori Communications, Federazione Radio Televisioni, Associazione Editori Radiotelevisivi) già il 5 febbraio 1997 avevano sottoscritto un Codice di Autoregolamentazione. L’intesa recepiva la Convenzione dell’Onu del 1989 sui diritti dei bambini, divenuta legge dello Stato italiano nel 1991. Le Aziende televisive si impegnavano a non trasmette immagini di minori testimoni o vittime di reati, a non utilizzare minori con gravi patologie al fine di creare sensazionalismo, a non intervistare minori in situazioni critiche (per esempio che siano fuggiti di casa o abbiano tentato il suicidio) a non far partecipare minori da 0 a 14 anni a trasmissioni in cui si dibatte sulla loro adozione e, infine, a non utilizzarlo “in grottesche imitazioni degli adulti".
Si stabiliva, inoltre, una sorta di “fascia protetta" dalle 7 alle 22.30 in cui trasmettere programmi idonei a un pubblico minorenne. Sulla produzione dei programmi, veniva sottolineata la necessità di curarne la qualità al fine di contribuire alla formazione dei minori.
Un capitolo era dedicato alla Pubblicità, anche sotto forma di autopromozioni, i cui contenuti venivano controllati in modo da non trasmette messaggi che potessero “ledere l’armonico sviluppo della personalità dei minori" o "costituire fonte di pericolo fisico o morale per i minori stessi".
Il 29 novembre del 2002 le emittenti nazionali e locali hanno firmato al Ministero delle Comunicazioni il nuovo CODICE SU TV E MINORI che si propone lo scopo di rendere più efficaci le sanzioni nei confronti di chi non rispetta le norme etiche a tutela dei più deboli. Un COMITATO DI CONTROLLO composto da 15 membri (5 rappresentanti delle emittenti, 5 delle istituzioni e 5 degli utenti), avrà il compito di individuare o raccogliere segnalazioni su irregolarità commesse. Il Comitato di Controllo ha poteri di intervento nei confronti delle emittenti inadempienti e con la possibilità di sottoporre le delibere adottate all’attenzione dell’AUTORITA’ PER LE COMUNICAZIONI che in caso di violazioni può dare multe fino a 250 mila euro e, in caso di reiterata violazione, arrivare persino alla sospensione della licenza.
Il nuovo CODICE stabilisce:
* fasce protette: si stabilisce una fascia televisiva che tenga conto delle esigenze di tutto (dalle 7 alle 22.30) e una ‘’televisione per minori" (dalle 16 alle 19) con tre livelli di protezione (generale, rafforzata e specifica) per gli spot pubblicitari
Principi generali: le televisioni si impegnano ad aiutare gli adulti, le famiglie, i minori a un uso corretto ed appropriato delle trasmissioni tv, tenendo conto delle esigenze del bambino e dell’adolescente, sia sotto il profilo della quantità sia sotto quello della qualità. Particolare attenzione viene posta sulla necessità di collaborare con il sistema scolastico e di assegnare alle trasmissioni rivolte ai minori personale appositamente preparato
Programmazione tv per tutti (7-22.30): deve tener conto delle esigenze dei telespettatori di tutte le età, nel rispetto dei diritti dell’ utente adulto, della libertà di informazione e del ruolo educativo della famiglia rispetto ai minori. Considerato, però, che tra le 19 e le 22.30 il minore è solitamente supportato dalla presenza di un adulto, le televisioni si impegnano a dare preventiva informazione sui programmi, anche con sistemi di segnalazione
Specifiche limitazioni: riguardano i programmi di informazione, film, fiction, spettacoli vari. Nel primo caso le televisioni si impegnano a evitare l’ uso di immagini di violenza o di sesso se sono effettivamente necessarie alla comprensione della notizia. L’impegno e’ anche a non trasmettere spettacoli che si servano in modo strumentale dei conflitti familiari come spettacolo o facciano ricorso al turpiloquio, alla scurrilità o offendano le confessioni e i sentimenti religiosi
Fascia protetta (16-19): nei palinsesti si prevede una programmazione dedicata ai minori con un controllo particolare sui promo, i trailer e le pubblicità che vanno in onda.
Produzione programmi: le televisioni che si impegnano a realizzare programmi per minori devono pensare ad avere tra le priorità quella di proporre valori positivi umani e civili e il rispetto della dignità della persona. S’impegnano anche a favorire la partecipazione dei minori con i loro problemi, i loro punti di vista, dando anche spazio all’ informazione sulle offerte che le città mettono a loro disposizione
Programmi di informazione destinati ai minori: le tv nazionali con più di una rete con programmazione a carattere generalista, s’impegnano a cercare soluzioni per favorire la produzione di programmi di informazione destinati ai minori
Pubblicità: le tv s’impegnano a controllare i contenuti della pubblicità, dei trailer e dei promo dei programmi e a non trasmettere pubblicità e autopromozioni che possano ledere l’armonico sviluppo della personalità dei minori. Viene fatto riferimento al codice di autodisciplina pubblicitaria, in particolare nei casi che necessitano di maggiore tutela. tre i livelli di protezione: generale (tutte le fasce orarie); rafforzata (dalle 7 alle 16 e dalle 19 alle 22.30); specifica (dalle 16 alle 19 e nei programmi direttamente rivolti ai minori).

TOSSICODIPENDENZA
La tossicodipendenza è lo stato di intossicazione cronica o periodica prodotto dall’assunzione ripetuta di una sostanza chimica. L’uso prolungato e costante di alte dosi di alcune sostanze (ad es. alcol, eroina) provoca intossicazione cronica, con caratteristici sintomi fisici e psichici..
Il SerT è il Servizio territoriale presso le aziende sanitarie, prevenzione, cura e riabilitazione per tossicodipendenti e alcoldipendenti. (leggi 162/90 e 45/99)

TRIBUNALE MINORENNI
(vedi GIUSTIZIA MINORILE)

TUTELA DEL BAMBINO OSPEDALIZZATO
Il principio della difesa del benessere del bambino ospedalizzato è stabilito dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia delle Nazioni Unite recepita dall’Italia con la legge del 27 maggio 1991, n° 176. Specifiche leggi regionali hanno stabilito la priorità per il minore ricoverato a ricevere un trattamento che prenda cura della totalità della persona dal punto di vista non solo sanitario, ma psicologico e umano, in senso complessivo. Una “carta dei diritti dei bambini in ospedale", presentata a Trieste il 1° giugno 1998 dai responsabili dell’Istituto di ricovero e cura ‘’Burlo Garofalo", fissa in 14 punti le tutele principali di cui il minore ha diritto: da quello di “essere ascoltato" al “consenso/dissenso informato", da quello di imparare a “autocurarsi” a quelli più elementari di tenere con sé i propri giochi, i propri abiti e un familiare in camera. Tra gli scopi principali figura quello di favorire l’attaccamento madre-bambino, evitare l’isolamento e la disumanizzazione.

V

VIOLENZA SESSUALE
(vedi ABUSO)



Gruppo interprofessionale minori - informazioni
scolaro@netbrain.it