A
- B - C - D
- E - F - G
- H - I - L
- M - N - O
- P - R - S
- T - V
A
ABBANDONO
(dalla Legge 4 maggio 1983, n. 184 – Disciplina dell’adozione
e dell’affidamento dei minori, e successive modifiche -)
Sono considerati in situazione di abbandono i minori privi di
assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti
tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza
non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio.
La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni
esposte, anche quando i minori siano ricoverati presso istituti
di assistenza o si trovino in affidamento familiare.
Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui
al primo comma rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi
locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice
ABORTO
(vedi INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA)
ABUSI ALL’INFANZIA
Secondo la definizione data nel 1978 al IV Seminario criminologico
del Consiglio d’Europa tenutosi a Strasburgo, “ Costituiscono
abuso gli atti e le carezze che turbano gravemente i bambini e
le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al
loro sviluppo fisico affettivo, intellettivo e morale, le cui
manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine
fisico e/o psichico e/o sessuali da parte di un famigliare o di
terzi”.
Il Child Protection Register inglese del 1991 definisce l’abuso
psicologico come “persistente maltrattamento emotivo o rifiuto
che determina conseguenze negative sullo sviluppo emotivo e comportamentale”.
Qualora l’abuso costituisca reato procedibile d’Ufficio,
i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio sono
obbligati alla segnalazione di notizia di reato, nonché
alla segnalazione alla Procura minorile, quando si ravvisi pregiudizio
ad opera di figure parentali.
Sono procedibili d’ufficio, tra gli altri, maltrattamenti
ai danni di minori, abusi sessuali su minori di anni 10, su minori
di anni 14 se commessi con violenza, abusi commessi da ascendenti
o conviventi ovvero connessi ad altri reati procedibili d’ufficio.
Pertanto, se l’abuso è intrafamiliare è quasi
sempre perseguibile d’ufficio, se proviene da terzi bisogna
valutare la condotta del parente. Se quest’ultimo non è
tutelante, sarà necessario fare la segnalazione anche alla
Procura minorile.
ADOLESCENTE
(vedi MINORE)
ADOZIONE
L’adozione è regolamentata con la legge nazionale
n. 149 del 28 marzo 2001 “Modifiche alla legge 4 maggio
1983, n.184, recante “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento
dei minori”, nonché al titolo VIII del libro primo
del codice civile.”
Ha lo scopo esclusivo di dare una famiglia ai minori che ne sono
privi e che si trovano in situazione di abbandono morale e materiale.
Sono adottabili solo i minori dichiarati in stato di adottabilità
dal Tribunale per i minorenni, perché privi di assistenza
morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti
a provvedervi. La dichiarazione di adozione è preceduta
da un anno di affidamento preadottivo.
Possono fare domanda di adozione tutte le coppie unite in matrimonio
da almeno tre anni la cui età deve superare di almeno diciotto
e di non più di quarantacinque anni l’età
dell’adottato.
AFFIDAMENTO A RISCHIO GIURIDICO
E’ uno strumento utilizzato da alcuni Tribunali per i Minorenni
nei confronti del minore per il quale è stato aperto il
procedimento per la dichiarazione di adottabilità. Con
l’affidamento a rischio giuridico il minore è affidato
ad una coppia avente i requisiti per la sua eventuale adozione
e che deve essere informata in ordine al “rischio giuridico”:
cioè alla possibilità che il minore rientri nella
sua famiglia di origine (genitori o i parenti entro il quarto
grado).
AFFIDAMENTO FAMILIARE
L’affidamento familiare è un provvedimento che viene
adottato per aiutare ogni bambino a vivere in un contesto familiare,
diverso dalla sua famiglia di origine, qualora questa sia temporaneamente
in difficoltà e deve essere pertanto delimitata la sua
durata. E’ anche un’alternativa al ricovero dei minori
in istituto o in comunità alloggio.
E’ disciplinato dalla legge n. 149 del 28 marzo 2001 e può
essere disposto dai Servizi Sociali con il consenso dei genitori,
o dell’esercente la potestà, sentito il minore che
ha compiuto gli anni dodici e reso esecutivo con decreto del Giudice
Tutelare; oppure, ove manchi l’assenso dei suddetti soggetti,
provvede il Tribunale per i Minorenni.
AFFIDAMENTO PREADOTTIVO
(vedi Adozione, in specifico art. 19 e 21 della l.n.149/2001)
ANAGRAFE
Denuncia di nascita:
- può essere effettuata entro tre giorni al direttore sanitario
dell'ospedale dove è avvenuto il parto.
- entro 10 giorni da uno dei due genitori se sposati, da entrambi
se non sposati, all'ufficio nascite del Comune.
ASSISTENTE SOCIALE
La professione di Assistente Sociale è stata regolamentata
con la legge n° 84 del 23/3/93 “Ordinamento della professione
di assistente sociale e istituzione dell’albo professionale”.
L’art. 1 definisce la professione: “L’assistente
sociale opera con autonomia tecnico professionale e di giudizio
in tutte le fasi dell’intervento per la prevenzione, il
sostegno ed il recupero di persone, famiglie, gruppi e comunità
in situazione di bisogno e di disagio e può svolgere attività
didattico-formative”. “La professione di assistente
sociale può essere esercitata in forma autonoma o di rapporto
di lavoro subordinato”. “Nella collaborazione con
l’autorità giudiziaria l’attività dell’assistente
sociale ha esclusivamente funzione tecnico-professionale”.
Per l’esercizio della professione, l’assistente sociale
deve essere iscritto all’albo professionale istituito ai
sensi dell’art. 3 della L.N. n.84/93 che è tenuto
dall’Ordine.
Nel pieno rispetto del segreto professionale (L.119/01) e di quanto
contenuto nelle norme a tutela della riservatezza (L.N. n.675/96)
adempie sia agli obblighi di segnalazione e/o di relazione a seguito
di inchiesta sociale all’autorità giudiziaria minorile
e/o ordinaria, che al lavoro d’équipe con gli operatori
professionale dei servizi territoriali alle persone.
AVVOCATO
Il codice deontologico, approvato dal Consiglio Nazionale Forense
nella seduta del 17 aprile 1997, all'art.9 sancisce il dovere
di segretezza e di riservatezza sull'attività prestata
dall’avvocato e su tutte le informazioni che siano allo
stesso fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza
in dipendenza del mandato; all'art. 18, in merito ai rapporti
con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione, all'avvocato
è prescritto di ispirarsi a criteri di equilibrio e misura
nel rilasciare dichiarazioni e interviste, sia per il rispetto
dei doveri di discrezione e di riservatezza verso la parte assistita,
sia per evitare atteggiamenti concorrenziali verso i colleghi.
Tale norma deontologica è violata, tra l'altro, quando
si spende il nome del proprio cliente.
B
BAMBINO
(vedi MINORE)
C
CARTA DEI DOVERI DEL GIORNALISTA
Firmata a Roma l’8 luglio 1993 dal Consiglio Nazionale dell’Ordine
dei giornalisti e dalla Federazione Nazionale della stampa italiana,
la Carta dei doveri del giornalista si articola in sette principi
fondamentali allo scopo di conciliare "il diritto all’informazione
di tutti i cittadini” con il dovere da parte del giornalista
di "rispettare la persona, la sua dignità e il suo
diritto alla riservatezza”.
In particolare "il giornalista rispetta i principi sanciti
dalla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino”
e si impegna a "non pubblicare il nome o qualsiasi elemento
che possa condurre all’identificazione dei minori coinvolti
in casi di cronaca”, evita possibili strumentalizzazioni
da parte degli adulti e valuta se la diffusione della notizia
"giovi effettivamente all’interesse del minore”.
CARTA DI TREVISO
Redatta il 5 ottobre 1990 tra FNSI e Ordine Nazionale dei giornalisti
è la prima forma di autoregolamentazione di cui la categoria
professionale si è dotata per fissare i parametri di una
corretta informazione a tutela dei minori e stabilisce che "il
rispetto per la persona del minore, sia come oggetto agente sia
come vittima di un reato, richiede il mantenimento dell’anonimato.
Si chiama Carta di Treviso perché messa a punto a termine
di un convegno nazionale di studi organizzato a Treviso in collaborazione
con Telefono Azzurro sul tema "Da bambino a notizia: i giornalisti
per una cultura dell’infanzia.
Il protocollo d’intenti stabilisce anche che "la tutela
della personalista del minore si estenda anche (…) a fatti
che non siano specificatamente reati (suicidi di minori, questioni
relative ad adozioni e affidamento, figli di genitori carcerati,
ecc.).
CASA-FAMIGLIA
E’ una soluzione alternativa all’istituto, nella quale
una famiglia accoglie nella propria casa persone prive, per un
certo periodo o permanentemente, di un ambito familiare adeguato.
Per quanto riguarda i minori, le case-famiglia garantiscono l’anonimato
e si tutela il diritto del bambino/a a ritornare nella propria
famiglia d’origine e a mantenere con essa costanti rapporti,
quando è ritenuto utile al suo interesse.
CINEMA
Sono poche le forme di tutela dell’infanzia e dell’adolescenza
dalle immagini e dai messaggi violenti che possono venire dalla
produzione cinematografica. Le sale di proiezione vietano l’ingresso,
a seconda del tipo di spettacolo, a coloro che non hanno ancora
raggiunto una certa età (14 o 18 anni), ma l’avvento
della televisione, con il piccolo schermo che introduce nelle
case i film che i cinema hanno già proiettato, ha reso
più difficile la selezione degli spettatori. Spetta ai
genitori, o comunque agli adulti che affiancano i minori, il compito
di controllo che viene facilitato dalle segnalazioni che in genere
i canali televisivi trasmettono prima di procedere alla trasmissione
del film. (vedi voci Codici di Autoregolamentazione, Televisione).
Esistono associazioni di ‘spettatori’ che, oltre ad
avere una funzione di stimolo al dibattito e di sensibilizzazione
sull’argomento, svolgono un ruolo di controllo capace, all’occasione,
di chiedere interventi specifici da parte del garante o di altra
autorità competente.
CODICE CIVILE
E’ il complesso di norme fondamentali che riguardano il
diritto privato che comprende il diritto delle persone e della
famiglia
CODICE DI AUTODISCIPLINA PUBBLICITARIA
La Commissione dell’Unione Europea, in un documento, ha
preso l’iniziativa per un’armonizzazione dei codici
di autodisciplina degli Stati membri. La protezione dei minori
figura al primo posto tra le preoccupazioni dell’esecutivo
europeo. Si tende principalmente a rafforzare il controllo sulle
comunicazioni commerciali indirizzate ai minori (giocattoli, alimenti)
sui programmi educativi, sulla sponsorizzazione di avvenimenti
sportivi di marche associate a prodotti destinati ai minori o
che possono avere effetti nocivi per la salute pubblica.
CODICE DI PROCEDURA PER I MINORI
(vedi GIUSTIZIA MINORILE)
CODICI DI AUTOREGOLAMENTAZIONE
Sono “principi d’intenti” di carattere deontologico
che una serie di categorie professionali hanno definito per fissare
i limiti del proprio operato. Si tratta di categorie riconosciute
in Albi o specifici Ordini come quelli dei giornalisti, medici,
psicologi, assistenti sociali, ecc per i quali è importante
stabilire regole di condotta che stabiliscano le competenze nel
rispetto della tutela dell’utente. Negli ultimi anni sul
tema dei minori tutte le categorie si sono poste il problema di
difendere l’interesse degli stessi.
La violazione di tali principi ha rilievo solo nell’ambito
del potere disciplinare dell’Ordine di appartenenza.
CODICE DI PROCEDURA CIVILE
Il primo testo è stato approvato con Regio decreto il 16
marzo 1942. ; esso regola il processo civile. Le norme relative
ai procedimenti riguardanti minori sono essenzialmente quelle
in tema di procedimenti in Camera di Consiglio, che prevedono
perlopiù un’iniziativa del Pubblico Ministero oltre
che delle parti private, un rito più snello contraddistinto
da una limitata presenza del contraddittorio, una decisione da
parte di un organo collegiale eventualmente anche con immediata
efficacia.
CODICE DI PROCEDURA PENALE
La procedura penale minorile (cioè in procedimenti nei
quali l’imputato è minorenne) è regolata dal
DPR 448/88 e, in quanto compatibile, dal c.p.p. ordinario.
Le misure cautelari applicabili ai minori sono solo quelle previste
dal DPR 448/88.
L’udienza penale non è mai pubblica e, essendo scopo
del legislatore che il minore fuoriesca in tempi brevi dal circuito
penale, sono previste sentenze che definiscono il giudizio già
nella fase preliminare in caso di: proscioglimento per irrilevanza
del fatto, per non imputabilità da immaturità, per
applicazione del perdono giudiziale e per declaratoria di estinzione
del reato a seguito di esito positivo della messa alla prova.
Quest’ultimo Istituto è caratteristico del procedimento
minorile, in quanto si inserisce nella fase di cognizione (e non
di esecuzione come nel caso di affidamento in prova per i Ci sono
delle norme specifiche nel c.p.p. ordinario, per i procedimenti
nei quali il minore è parte lesa; in particolare qualora
si proceda per reati sessuali. E’ infatti più ampio
il ricorso all’audizione del minore nelle forme dell’incidente
probatorio (del minore.
esame del teste in una fase anticipata rispetto a quella dibattimentale):
la cosiddetta “audizione protetta”.
CODICE PENALE
E’ diviso in Parte generale e Parte speciale.
Nella Parte generale regola gli elementi del reato, la pena, l’imputabilità,
le misure di sicurezza ecc. In relazione ai minori vanno evidenziati
gli artt. 97 (imputabilità di minori di anni 14); 98 (imputabilità
dei minori di anni 18); 169 (Perdono giudiziale ); 223 e seguenti:
(Misure di sicurezza :223-227 ricovero in riformatorio, 228-232
libertà vigilata).
Fino al compimento del 14° anno vi è una presunzione
assoluta di non imputabilità. Dal 14° al 18° anno
l’imputabilità va verificata caso per caso.
Nella Parte speciale contempla specifiche ipotesi di reato: si
fa riferimento ai minori quali persone offese, negli artt.: 573
(Sottrazione consensuale di minore)
591 (abbandono); 609 quater e sexies (atti sessuali); 609 decies
(comunicazione al tribunale per i minorenni); 609 quinquies (corruzione
di minorenni).; 600 bis-600septies (Pedofilia);600 ter, 600 septies
(Pornografia minorile);600bis, 600 quinquies (Prostituzione minorile);671(uso
dei minori per accattonaggio).
COMUNITA’ ALLOGGIO
Istituite alla fine degli anni Sessanta, le comunità-alloggio
nascono come ristrutturazione degli istituti al fine di ricreare
attorno al minore un ambiente più familiare che favorisca
le relazioni umane e risponda meglio alle esigenze di socializzazione.
Possono essere utili per fronteggiare situazioni di emergenza
o di allontanamento immediato del bambino/a, ma è tendenza
comune agli educatori far seguire una soluzione più specifica
per i singoli casi (affidamento familiare o adozione o casa-famiglia).
CONSULENZA TECNICA D’UFFICIO (CTU)
La nomina di un consulente tecnico è disciplinata dall’art.
191 e segg. del codice di procedura civile (cpc). In riferimento
alle norme generali dei procedimenti civili, si intende per CTU
l’incarico conferito dal giudice quando necessitano elementi
di carattere tecnico, esulanti dal sapere giuridico, ai fini dell’acquisizione
di prove ritenute indispensabili all’individuazione del
contenuto del provvedimento che sarà assunto in Camera
di Consiglio.
Nel campo del penale, pur rimanendo uguale l’obiettivo,
cioè l’acquisizione di prove determinanti, la persona
incaricata a tal fine dal giudice agisce un veste di perito, mentre
se gli accertamenti sono richiesti dal Pubblico Ministero (P.M.)
o da altre Parti, si configura quale consulente tecnico. A questo
proposito, se il fatto da accertare è ‘irripetibile’
, il PM applica la procedura con garanzia, dandone quindi notizia
alle parti. Se invece il fatto che si vuole accertare è
ripetibile, il PM procede senza darne notizia alle parti, ma la
sua consulenza ha un valore più limitato.
CONVENZIONI ONU
La Convenzione per i diritti dell’infanzia è stata
approvata dall’Assemblea generale dell’Onu il 20 novembre
1989 ed è entrata in vigore il 2 settembre 1990. Al 30
novembre 1997 era già stata firmata e ratificata da più
di 190 Stati. Un protocollo facoltativo della Convenzione, discusso
durante la 54/ma sessione della Commissione ONU per i Diritti
Umani (16 marzo-24 aprile 1998) si riferisce alla vendita dei
bambini, alla prostituzione infantile, alla pornografia che coinvolge
bambini/e e alle misure di base per prevenire ed eliminare queste
pratiche.
Un altro protocollo facoltativo in corso di elaborazione riguarda
l’implicazione dei minori nei conflitti armati.
La Dichiarazione universale sui diritti umani, adottata il 10
dicembre 1948, è alla base della Convenzione e di ogni
documento, rapporto, raccomandazione e risoluzione emanati dalla
Commissione.
Del lavoro infantile si occupa anche l’Ufficio Internazionale
del Lavoro (Bit). Una serie di Convenzioni (la prima risale al
1919 e vieta l’ impiego nell’industria di bambini
di età inferiore ai 14 anni) indicano misure per prevenire
ed eliminare il lavoro infantile. La n.138 del 1973 impegna gli
Stati firmatari a fissare l’età minima per l’ingresso
nel mondo del lavoro sulla base del completamento della scuola
dell’obbligo.
La ratifica di una Convenzione da parte degli Stati dovrebbe essere
seguita dall’emanazione di leggi nei singoli paesi aderenti
chiamati ad imporne il rispetto.
CORTE D’ APPELLO, SEZIONE MINORENNI
(vedi GIUSTIZIA MINORILE)
D
DEONTOLOGIA PROFESSIONALE
(vedi CODICI DI AUTOREGOLAMENTAZIONE)
DECADENZA DALLA POTESTA’ GENITORIALE
Su istanza di uno dei genitori o su iniziativa del Pubblico Ministero,
per quanto riguarda l’eventuale declaratoria di decadenza
dalla potestà genitoriale in genitori conviventi o ex conviventi,
il Tribunale per i minorenni può dichiarare decaduto dalla
potestà genitoriale un padre o una madre, o entrambi, laddove
ravvisi la sussistenza del non soddisfacimento delle basilari
esigenze del figlio. Il Provvedimento di decadenza è revocabile,
su richiesta della parte interessata, qualora una successiva istruttoria
dimostrasse l’avvenuto superamento di quelle problematiche
sulle quali era motivato il provvedimento precedentemente assunto.
DIRIGENTE SCOLASTICO E RELATIVI OBBLIGHI
(in materia di segnalazione e/o di riservatezza)
L’obbligo di segnalazione al Tribunale per i minorenni da
parte di chi svolge il ruolo di Dirigente Scolastico (Direttore
o Preside) deriva dalla L 4 maggio 1983,n.184, che all’articolo
9 ,II comma, recita: “I pubblici ufficiali, gli incaricati
di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica
necessità, debbono riferire al più presto al Tribunale
per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione
di abbandono di cui vengono a conoscenza in ragione del proprio
ufficio”.
Per quanto concerne la riservatezza, giova ricordare che il Collegio
Docenti, di cui è presidente il Capo di Istituto e i Consigli
di Classe con la partecipazione della sola componente ‘docenti’
sono soggetti al segreto d’ufficio.
Per quanto riguarda le ripercussioni nell’ambito scolastico
della facoltà prevista dalla legge 397 del 17.12.00 all’art.11,
che richiama l’art.391 bis comma 1 del c.p.p., è
da sottolineare che i legali della parti di un procedimento in
corso , in qualche misura coinvolgente dei minori (es: separazione
, affidamento ad uno dei genitori ex conviventi, ecc.) possono
conferire con il capo di istituto attraverso un colloquio non
documentato. La persona interpellata può scegliere se accettare
il colloquio, rispondere che non intende rendere delle dichiarazioni
in merito, o riservarsi di renderle solo se riceverà convocazione
da parte dell’Autorità giudiziaria.
Vi sono poi situazioni di particolare delicatezza, quali quelle
riguardanti figli di collaboratori di giustizia, minori in affidamento
a rischio giuridico e in fase preadottiva, che impongono procedure
di massima garanzia dei dati dei minori e di tutela della relativa
privacy, facenti riferimento a protocolli riservati.
[cfr “Ipertesto unico aggiornato al dicembre 2001”
(www tecnodid.it/ipertestounico 2001)”].
Per tutto quanto riguarda la normativa, sono costantemente aggiornati
due siti:quello del Ministero dell’Istruzione,Università
e Ricerca - Direzione Generale Regionale per il Piemonte: www.direzione.scuole.Piemonte.it
e quello del Centro Servizi Amministrativi ( CSA) di Torino e
provincia: www.to2000.it/provvto/
DIRITTO ACCESSO A DOCUMENTI AMMINISTRATIVI
(vedi LEGGE SULLA PRIVACY)
DIVORZIO
Con il termine "divorzio" si individuano impropriamente
due fattispecie:
- la cessazione degli effetti civili del matrimonio, che ricorre
nel caso di matrimonio concordatario e che per l'appunto fa venire
meno il matrimonio civile, contratto con la celebrazione del rito
religioso e trascritto nei registri dello stato civile.
- lo scioglimento del matrimonio, che ricorre invece nel caso
di matrimonio contratto solo a norma del codice civile.
Gli effetti sostanziali e gli aspetti processuali delle due fattispecie
sono assolutamente identici.
Le caratteristiche principali del procedimento di divorzio, inquadrabile
nella categoria dei procedimenti di volontaria giurisdizione,
sono uguali a quelle della separazione: a) si propone con ricorso,
b) giudice competente per materia è il Tribunale, in composizione
collegiale, del luogo ove il coniuge convenuto ha la residenza,
c) si distinguono due fasi, quella presidenziale, che si conclude
o con la riconciliazione dei coniugi o con l'emanazione di provvedimenti
presidenziali provvisori e quella istruttoria e di merito che
si conclude con la decisione collegiale, d) i provvedimenti presidenziali
sono sempre modificabili in corso di causa, e sono immediatamente
esecutivi, e) la sentenza è idonea a passare in giudicato
per quanto attiene alla pronuncia sul divorzio, mentre per quanto
attiene le statuizioni relative ai figli e quelle economiche è
sempre modificabile quando sopravvengano giustificati motivi.
Mentre però gli effetti della separazione, sia essa giudiziale
o consensuale vengono meno con la riconciliazione ( ovvero i coniugi
tornano a vivere insieme ) gli effetti del divorzio non cessano
con la riconciliazione.
E
EDUCATORE PROFESSIONALE
L'educatore professionale è l'operatore che, in base ad
una specifica preparazione di carattere teorico-pratico, svolge
la propria attività mediante la formulazione e la realizzazione
di progetti educativi, volti a promuovere lo sviluppo equilibrato
della personalità, il recupero e l'integrazione sociale
di persone di diversa età condividendo con esse differenti
situazioni di
vita quotidiana.
L'educatore professionale, nell'ambito del sistema delle risorse
sociali e sanitarie, svolge interventi educativi riguardanti la
relazione sia istituzionalizzata sia informale, con attenzione
ai diversi contesti di vita del soggetto. Gli strumenti di cui
si avvale sono relativi a metodologie psico-pedagogiche e di riabilitazione
sociale. Esercita, altresì, funzioni di progettazione,
organizzazione e gestione nell'ambito dei servizi socio-sanitari
e socio-educativi. Conduce attività di studio, ricerca
e documentazione. Profilo dell’Educatore Professionale approvato
dal Ministero della Sanità (D.M.520/98) E’ impiegato
come personale della riabilitazione nelle aeree della disabilità,
della dipendenza, della psichiatria, nei servizi di centro diurno,
comunità terapeutiche, case famiglia e gruppi appartamento,
attività sul territorio e presso i domicili degli utenti,
percorsi individuali e progetti di prevenzione e di educazione
alla salute. L’educatore professionale è impiegato
come operatore sociale in ottica preventiva e rieducativa nelle
aree della disabilità, dei minori, dell’integrazione
interculturale, dell’educazione degli adulti e in una vasta
tipologia di servizi attivati dagli Enti Locali, dal privato sociale,
dai soggetti del terzo settore, dalla cooperazione e dall’associazionismo.
EMANCIPAZIONE
(vedi DIRITTI DEL MINORE)
ESERCENTE UN SERVIZIO DI PUBBLICA UTILITA’
(vedi SEGNALAZIONE)
ETICA PROFESSIONALE
(vedi DEONTOLOGIA)
EXTRACOMUNITARI
(vedi IMMIGRATI)
F
FAMIGLIA
La Carta Costituzionale, all’art. 29, riconosce i diritti
della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio;
la famiglia legittima è dunque quella fondata sul matrimonio
ed anche i figli si dicono legittimi in quanto concepiti da genitori
uniti in matrimonio.
La famiglia di fatto è quella costituita da persone che,
pur non essendo legate tra di loro dal vincolo matrimoniale, convivono
more uxorio, insieme agli eventuali figli nati dallo loro unione.
Mancando un atto formale, il matrimonio, cui ricollegare la riconoscibilità
del rapporto, la famiglia di fatto non sempre può essere
agevolmente individuata.
FAMIGLIA DI FATTO
(vedi FAMIGLIA)
FILIAZIONE
La filiazione è il rapporto di parentela tra figlio e genitori.
La filiazione è legittima quando il figlio è stato
concepito da genitori uniti in matrimonio e tale status si costituisce
automaticamente per il solo fatto della ricorrenza del presupposto
obbiettivo del matrimonio.
La filiazione è naturale quando il figlio è concepito
da genitori che non sono uniti in matrimonio; perché si
costituisca la filiazione naturale sono necessari o il riconoscimento
da parte del genitore o la sentenza di dichiarazione giudiziale
di paternità.
La filiazione è adottiva quando si costituisce a seguito
della pronuncia di adozione e per effetto dell’adozione
l’adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti;
nell’ipotesi prevista invece dall’art. 44 l. 184/83
(adozione in casi particolari) non si costituisce un autentico
e totale rapporto di filiazione.
G
GARANTE PER LA TUTELA DEI DATI PERSONALI
La figura del Garante è stata istituita dalla legge 675/96,
meglio conosciuta come legge sulla privacy. La sua funzione è
appunto quella di “garantire” l’osservanza della
normativa che tutela il trattamento dei dati personali. Successive
integrazione hanno specificato ambito e modalità di intervento
del Garante. Dal 1° febbraio 2002 sono in vigore nuove regole
che semplificano le notificazioni, l’informativa e la richiesta
del consenso.. Si riducono pertanto i casi di obbligo della notificazione
al Garante che va effettuata soltanto se il trattamento può
recare pregiudizio ai diritti e alle libertà dell’interessato
e in altre determinate circostanze.
Il Garante ha, tra gli altri compiti, anche quello di promuovere
i codici deontologici per regolare il trattamento dei dati personali
nei settori dove ancora non vige alcuna regolamentazione, come
i mezzi telematici (internet), le banche dati pubbliche, l’utilizzo
di strumenti automatizzati di rilevazione delle immagini.
GENITORE
(vedi FAMIGLIA, FIGLI)
GENITORIALITA’
Si può parlare di due aspetti della genitorialità:
quello biologico e quello adottivo.
Mentre la potestà genitoriale è un complesso di
diritti e doveri la cui violazione o il cui abuso determina, qualora
vi sia un pregiudizio per il figlio minore, provvedimenti limitativi
o ablativi (decadenza) della potestà stessa, la capacità
genitoriale implica il mantenere, educare e allevare i figli e
può trovare dei limiti in condizioni oggettive, anche a
prescindere dalla volontà dell’interessato.
Solo una grave riduzione della capacità genitoriale giustifica
l’adozione di provvedimenti più incisivi da parte
del TM, quale la dichiarazione di adottabilità
GIORNALISTA
(vedi CARTA DEI DOVERI DEL GIORNALISTA)
GIUDICE
(vedi MAGISTRATO MINORILE)
GIUDICE TUTELARE
(vedi GIUSTIZIA MINORILE)
GIUSTIZIA MINORILE
Gli organi giurisdizionali che tutelano i diritti dei minori sono:
Tribunale per i Minorenni: è a composizione collegiale,
decide in Camera di consiglio, composta da due giudici togati
(o di carriera) e da due giudici onorari (esperti in materie sociali,
psicologiche, mediche, ecc.).
Procura presso il Tribunale per i Minorenni: l’ufficio è
retto da un Procuratore capo e da Sostituti Procuratori, (Pubblici
Ministeri) i quali possono promuovere azioni a tutela dei minori
, a seguito di segnalazioni provenienti dai soggetti che ne hanno
il dovere ed esprimono il parere in ordine alla richiesta del
Tribunale rispetto ai provvedimenti da emanare. Ha funzioni di
controllo sugli istituti, sulle comunità famiglia e sugli
affidamenti per verificare che non vi siano bambini in stato di
abbandono.
Corte d’Appello sezione Minorenni: è l’organo
presso il quale si propone impugnazione avverso i provvedimenti
emessi dal Tribunale per i Minorenni. Agisce in composizione collegiale,
in camera di consiglio, composta da un Presidente, due giudici
togati, due giudici onorari. Non tutti i provvedimenti emessi
dalla Corte d’appello sono ricorribili per Cassazione; sono
ricorribili le sentenze di dichiarazione di adottabilità
e di dichiarazione giudiziale di paternità.
Giudice Tutelare: è Giudice del Tribunale Ordinario e la
sua funzione principale è la protezione giudiziaria dei
minori e degli incapaci, sia sovrintendendo alle curatele ed alle
tutele, sia all’attuazione dei provvedimenti emessi dagli
altri Organi . Così, a titolo esemplificativo il giudice
Tutelare emette provvedimenti in ordine a: gestione del patrimonio
del minore, interruzione di gravidanza di minorenni, rilascio
del passaporto, attuazione dei provvedimenti emanati in sede di
separazione e divorzio (individuazione dei periodi specifici di
vacanza o visita del genitore non affidatario) ecc.
GRATUITO PATROCINIO
La legge 24.11.2000 n. 340 ha introdotto il gratuito patrocinio
a carico dello stato in alcune materie che non erano contemplate
nella pregressa disciplina normativa, come il diritto di famiglia,
con ciò intendendosi sia le procedure di competenza del
Tribunale Ordinario che del Tribunale per i Minorenni; la legge
è già entrata in vigore per quanto riguarda la competenza
del Tribunale Ordinario e per usufruire di tale beneficio occorre
presentare domanda al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati,
documentando il proprio reddito; per quanto riguarda invece la
Competenza del Tribunale per i Minorenni la legge entrerà
in vigore nel Luglio 2003, attualmente si può essere ammessi
al gratuito patrocinio a carico dello stato nelle procedure di
opposizione allo stato di adottabilità, di dichiarazione
giudiziale di paternità.
H
HANDICAP
Motivo o condizione di inferiorità, limite, svantaggio.
Certificato di handicap: viene riconosciuto a "colui che
presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata
o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento,
di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare
un processo di svantaggio sociale o di emarginazione"
Certificato di handicap in situazione di gravita: viene riconosciuto
quando "la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto
l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere
necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo
e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.
I
IMMIGRATO MINORENNE
Per il suo status di minore, chi si trovi in Italia è legittimato
a rimanervi: sono previsti un permesso di soggiorno per minore
età ed un divieto di espulsione del minore, salvo che per
motivi di ordine pubblico.
Ove il minore viva con la propria famiglia d’origine e questa
sia in posizione di irregolarità, il parente può
richiedere un permesso di soggiorno temporaneo che viene eccezionalmente
concesso in quanto giustificato dalle esigenze psicofisiche del
minore.
Il Comitato per i Minori stranieri si occupa dei minori stranieri
(extracomunitari) non accompagnati e può disporne il rimpatrio
assistito per ricongiungerli alla propria famiglia nel Paese d’origine.
In caso negativo sorge una competenza del Giudice Tutelare, oppure,
qualora emerga un pregiudizio per il minore e la Procura per i
minorenni eserciti l’iniziativa, anche del Tribunale per
i Minorenni.
In Piemonte il minore straniero non accompagnato fa capo ai servizi
sociali di territorio, almeno sino a quando non sia nominato il
tutore.
Per quanto riguarda i minori non accompagnati, se esistono in
Italia dei parenti regolari che presentano istanza di affidamento
al Tribunale per i Minorenni, questi emette un provvedimento di
affido all’Ente Locale che valuterà la situazione.
Nel caso in cui non risultino dei parenti, il TM dispone la sistemazione
del minore extracomunitario in una Comunità, procedendo
sempre all’affidamento all’Ente Locale.
INCARICATI DI PUBBLICO SERVIZIO
(vedi SEGNALAZIONE)
INFANZIA
(vedi MINORE)
INSEGNANTE
Per quanto riguarda il segreto di ufficio, l’obbligo della
segnalazione e l’obbligo di riservatezza in merito a notizie
riguardanti la sfera privata dei propri alunni, si rimanda alla
voce Dirigente scolastico.
Si sottolinea il dovere dell’insegnante di fare un uso corretto
e prudente delle confidenze e delle informazioni che riceve nel
suo rapporto fiduciario con l’alunno. Ad esempio i contenuti
degli elaborati scritti non vanno in alcun modo divulgati, tanto
meno messi a disposizione di terzi.
In determinate situazioni e a tutela del minore che ha ritenuto
di confidarsi nello svolgimento di un tema, occorre ricordare
che l’insegnante non è tenuto a far leggere il testo
al genitore, ma semplicemente a riferirgli la valutazione in merito
alla forma, alla correttezza ortografica e grammaticale.
INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA
E’ materia disciplinata dalla legge n° 194 del 22/5/1978
“Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione
volontaria della gravidanza”; l’art. 12 detta le modalità
per l’accesso alla minorenne: “…Se la donna
è di età inferiore ai diciotto anni, per l’interruzione
della gravidanza è richiesto l’assenso di chi esercita
sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei
primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano
o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà
o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso
o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura
socio sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le
procedure di cui all’art. 5 e rimette entro sette giorni
dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al
giudice tutelare del luogo in cui esso opera. Il giudice tutelare,
entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua
volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli,
può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo,
a decidere l’interruzione della gravidanza….”
La legge 194/78 con l’art. 5 indica i compiti dei consultori,
delle strutture socio-sanitarie e del medico di fiducia della
donna e precisa che tutti devono agire “nel rispetto della
dignità e della riservatezza della donna”.
L
LAVORO MINORILE
La legge del 17 ottobre 1967, n° 977 stabilisce la Tutela
del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti. All’art. 3
dispone che "l’età minima per l’ammissione
al lavoro, anche degli apprendisti, è fissata a 15 anni
compiuti”.
In agricoltura e nei servizi familiari l’età minima
per l’ammissione al lavoro dei fanciulli è fissata
a 14 anni compiuti, purché ciò sia compatibile con
le esigenze particolari di tutela della salute, non comporti trasgressione
dell’obbligo scolastico e “non siano adibiti al lavoro
durante la notte e nei giorni festivi”. Sono altresì
disciplinati gli obblighi sanitari, previdenziali e assistenziali.
I minori non godono di analoghe tutele in molte altre parti del
mondo. Nel giugno 1998 la Conferenza annuale dell’Organizzazione
internazionale del lavoro (Ilo) ha preso l’impegno di stipulare
al più presto una Convenzione che solleciti i diversi paesi
ad emanare un loro rapporto.
All’articolo 4 si aggiunge che “nelle attività
non industriali i fanciulli di età non inferiore ai 14
anni compiuti possono essere occupati in lavori leggeri”
sempre che sia ottemperato l’obbligo di salvaguardare i
diritti alla salute e all’istruzione.
LEGGE SULLA PRIVACY
La legge 675 del 31 dicembre 1996 interviene in materia di “trattamento
dei dati personali". Finalità primaria è trovare
forme di conciliazione tra il diritto della persona a tutelare
la propria privacy con le libertà di manifestazione del
pensiero tutelate dalla Costituzione.
La legge intende garantire “che il trattamento dei dati
personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà
fondamentali, nonché della dignità delle persone
fisiche, con particolare riferimento alla riservatezza e all’identità
personale”.
Il diritto di ogni persona a veder salvaguardata la propria sfera
privata si esprime non soltanto rispetto al mondo dell’informazione
giornalistica, ma in tutti i settori della vita pubblica ogni
qual volta siano trattati i dati personali, negli ospedali come
nelle banche, nelle scuole come nei servizi assistenziali. Agli
articoli 20 e 25 la legge fa esplicito riferimento ai mass-media.
Per quanto riguarda i dati personali, la normativa limita la loro
diffusione alla loro essenzialità rispetto ai fatti di
interesse pubblico. Ai giornalisti è stata concessa la
deroga al principio generale dell’obbligatorietà
del consenso al trattamento dei dati personali da parte del soggetto
interessato, se non per gli aspetti attinenti allo stato di salute
e alla vita sessuale.
LEGGE SULLA STAMPA
La legge dell’8 febbraio 1948, n° 47, all’articolo
14 tratta delle pubblicazioni destinate all’infanzia: “Le
disposizioni dell’articolo 528 del codice penale si applicano
anche alle pubblicazioni destinate ai fanciulli ed agli adolescenti
quando, per la sensibilità e l’impressionabilità
ad essi proprie, siano comunque idonee a offendere il loro sentimento
morale od a costituire per essi incitamento alla corruzione, al
delitto e al suicidio”.
Al secondo comma si aggiunge che “le medesime disposizioni
si applicano a quei giornali e periodici destinati all’infanzia,
nei quali la descrizione o l’illustrazione di vicende poliziesche
e di avventure sia fatta, sistematicamente o ripetutamente, in
modo da favorire il disfrenarsi di istinti di violenza e di indisciplina
sociale”. All’articolo 15 si estende l’applicazione
dell’articolo 528 del codice penale ai casi di descrizioni
“impressionanti o raccapriccianti” tali ‘’da
poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti".
La legge 12 dicembre 1960, n° 591 riguarda le Disposizioni
concernenti l’affissione o l’esposizione al pubblico
di manifesti, immagini, oggetti contrari al pudore e alla decenza:
la legge 17 luglio 1975, n° 355 esclude i rivenditori professionisti
della stampa periodica e i librai dalla responsabilità
derivante dagli articoli 528 e 725 del codice penale e degli articoli
14 e 15 della legge 7 febbraio 1948, n° 47. Si aggiunge tuttavia
che le disposizioni di esonero di responsabilità "non
si applicano quando siano esposte, in modo da rendere immediatamente
visibili al pubblico, parti palesemente oscene delle pubblicazioni
o quando le dette pubblicazioni siano vendite ai minori di anni
16. In tal caso la pena è della reclusione sino a un anno".
M
MAGISTRATI DELL’AREA FAMIGLIA E MINORI
L’ordinamento giudiziario minorile prevede i seguenti Uffici:
Il Tribunale per i minorenni (T.M.), e Procura della Repubblica
presso il medesimo.
La Sezione per i minorenni e la famiglia della Corte di Appello.
c) Il Giudice Tutelare.
d) Il Tribunale Ordinario, Sezione VII civile.
Il Tribunale per i minorenni è un organo giudiziario autonomo
e specializzato, che prevede, accanto ai giudici togati, la partecipazione
di giudici onorari scelti tra gli assistenti sociali, i cultori
di biologia, di antropologia criminale, di pedagogia e di psichiatria
(art.22 R.D. n.1404/34).
Analoga partecipazione è presente presso la Corte di Appello,Sezione
per i Minorenni.
MALATTIA
(vedi TUTELA DEL BAMBINO OSPEDALIZZATO)
MALTRATTAMENTI
(vedi ABBANDONO, ABUSI ALL’INFANZIA)
MATERNITA’
(vedi GENITORIALITA’, FIGLI, SEGRETO DEL PARTO)
MATRIMONIO DI MINORENNE O TRA MINORENNI
Tra le competenze civili attribuite al Tribunale per i minorenni
rientra l’autorizzazione a contrarre matrimonio del minore
tra i sedici e i diciotto anni quando sussistono gravi motivi
per anticipare il matrimonio e sia accertata la maturità
psico-fisica del minore (artt.84 e 90 del codice civile).
MEDICO
(vedi CODICE DEONTOLOGICO)
MINORE
(vedi DIRITTI DEL MINORE, CONVENZIONI ONU)
MOLESTIE
(vedi ABUSO)
N
NASCITURO
Colui che sta per nascere
Diritti del nascituro: alla vita, all'incolumità fisica,
all'onore, alla riservatezza.
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo (10/12/48 Assemblea
Generale delle Nazioni Unite)
art.1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità
e diritti. Essi sono dotati di ragione di coscienza e devono agire
gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza
art. 2 art 3 art, 4 art 5 art.6
NOMADI MINORENNI
(vedi DIRITTI DEL MINORE)
O
ORDINI PROFESSIONALI
Gli ordini professionali hanno tra i principali obiettivi quello
di garantire la professionalità di chi esercita determinate
attività, nel senso di tutelarla definendone gli scopi
e i termini nei quali esercitarla nel rispetto anche dei cittadini
ai quali è rivolta.
In Italia per esercitare una professione e per entrare a far parte
di un Ordine (ve ne sono 26 e ne sono inclusi quelli di avvocati,
architetti, biologi, chimici, commercialisti, geometri, giornalisti,
medici, ingegneri) esistono tre vincoli: tirocinio o praticantato,
esame di Stato e iscrizione all’Albo. Vi sono eccezioni:
ad esempio per ingegneri e architetti non è previsto il
praticantato.
Per le professioni italiane, a differenza di quanto avvenuto in
altri paesi come quelli anglosassoni dove si è trattato
di un progressivo riconoscimento di “associazioni”
di categoria, la costituzione di “Ordini” è
avvenuta progressivamente con l’emanazione di apposite leggi
che attribuiscono agli Ordini poteri di controllo sotto il profilo
deontologico e lo stabilire specifiche vie di accesso alle varie
attività.
L’Ordine può inoltre emanare direttamente tariffe
da applicare nelle prestazioni delle professioni e alcuni hanno
adottato codici di autoregolamentazione con relative sanzioni
per coloro che non li rispettano.
Nuove disposizioni di legge sono previste per il varo di un nuovo
sistema degli Ordini in Italia.
OSPEDALE
(vedi TUTELA DEL BAMBINO OSPEDALIZZATO)
P
PARENTI
Sono le persone, legate al minore da vincoli di sangue. Se entro
il quarto grado e se hanno “rapporti significativi con il
minore” vengono “sentiti” dall’autorità
giudiziaria nelle situazioni di abbandono o di pregiudizio; ad
essi può essere affidato il minore se gli stessi risultano
idonei al suo allevamento.
(vedi Adozione, Affidamento)
PATERNITA’
(vedi GENITORIALITA’)
PEDOFILIA
(Vedi ABUSI)
PERMESSI PARENTALI
La legge 8 marzo 2000, n° 53 "Disposizioni per il sostegno
della maternità e della paternità, per il diritto
alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle
città" promuove un equilibrio tra tempi di lavoro,
di cura, di formazione e di relazione, mediante:
a) l'istituzione dei congedi dei genitori e l'estensione del sostegno
ai genitori di soggetti portatori di handicap;
b) l'istituzione del congedo per la formazione continua e l'estensione
dei congedi per la formazione;
c) il coordinamento dei tempi di funzionamento delle città
e la promozione dell'uso del tempo per fini di solidarietà
sociale.
POTESTA’ GENITORIALE
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno
dei genitori può ricorrere al giudice, il quale sentiti
i genitori e il figlio, se maggiore degli anni 14, L’art:316
del Codice civile (esercizio della potestà dei genitori),
I° comma,recita: “Il figlio è soggetto alla potestà
dei genitori sino all’età maggiore o alla emancipazione.
La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi
i genitori.
Il Giudice suggerisce le determinazioni che ritiene più
utili nell’interesse del figlio o dell’unità
familiare. Se il contrasto permane, il giudice attribuisce il
potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso,
ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio”.
Occorre ricordare che la potestà sui figli minori, più
che conferire al genitore un diritto soggettivo, gli conferisce
soprattutto un dovere, impostogli dalla legge, per il mantenimento,
l’educazione, la custodia e la rappresentanza del minore,
nel cui adempimento è insita una potestà che viene
esercitata nell’interesse generale e superiore della società
e assume la caratteristica dell’officium, anche se in concreto
ha la sua ragion d’essere nella cura dell’interesse
individuale del figlio.
La potestà dei genitori, in base alla norma costituzionale
(l’art.30 sancisce il dovere-diritto dei genitori di educare
i figli), si concretizza, essenzialmente, nella promozione della
personalità del figlio, con il soddisfacimento delle sue
esigenze materiali, morali ed affettive. L’incapacità
del genitore, anche se incolpevole, di apprezzare i bisogni del
figlio si risolve in un danno grave ed irreversibile alla personalità
del minore, bene che va tutelato in nome del prioritario diritto
del minore alla retta formazione.
PRIVACY
(vedi LEGGE SULLA PRIVACY)
PROCESSO
(vedi codice di procedura)
PROCURA MINORENNI
(vedi giustizia minorile)
PROSTITUZIONE
A Ginevra, alla 54/a sessione della Commissione ONU per i diritti
umani (16 marzo-24 aprile 1998) è proseguito l’esame
dei rapporti sul programma d’azione per prevenire la vendita
dei bambini, la prostituzione infantile e la pornografia che coinvolge
minori. Un programma già approvato in passato e che comporta
la lotta contro misure discriminatorie e la richiesta agli Stati
di informare su forme di schiavitù e sulle misure adottate
per applicare il programma.
In Italia gli articoli 523-524 del codice penale puniscono il
“ratto a fine di libidine” di persone di età
inferiore ai 14 anni e l’articolo 530 concerne la ‘’corruzione
di minore” stabilendo che chiunque ‘commette atti
di libidine su persona o in presenza di persona minore degli anni
sedici, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni”.
“Alla stessa pena soggiace chi induce persona minore degli
anni sedici a commettere atti di libidine su se stessi, sulla
persona del colpevole, o su altri”.
Tutta una serie di provvedimenti che includono la costituzione
di gruppi di esperti nazionali, la cooperazione internazionale,
la raccolta di dati sulle disposizioni nazionali e suoi codici
di autodisciplina, scambio di informazioni, controlli e ricerca
di soluzioni per dispute e ricorsi: il tutto in un settore, quello
delle comunicazioni commerciali, che riveste un ruolo chiave nell’economia
dell’Unione Europea dove impiega più di un milione
di persone (solo nel telemarketing si dovrebbe passare dalle attuali
193.500 persone occupate a 669.500 nel 2001).
La Commissione europea intende indirizzare la sua azione ai settori
chiave nei quali si rilevano notevoli diversità tra regolamenti
degli Stati membri in materia di comunicazioni commerciali. Ed
è quello della protezione dei minori a figurare al primo
posto tra quelli indicati dalla commissione europea. Si afferma
in particolare che le associazioni dei consumatori e gli organismi
preposti alla salute pubblica auspicano un’armonizzazione
dei regolamenti ed in certi settori un rafforzamento della protezione
sulle comunicazioni commerciali indirizzate ai minori, anche se
questo può creare restrizioni per le aziende. Programmi
educativi, marketing indirizzato specificamente ai minori, pubblicità
televisiva rivolta a bambini e adolescenti (giocattoli, alimenti…)
sponsorizzazione di avvenimenti sportivi di marche associate a
prodotti destinati a minori.
PSICOLOGO
(vedi CODICE DEONTOLOGICO)
PUBBLICITA’
La Commissione dell’ Unione Europea, in un documento pubblicato
a Bruxelles il 4 marzo 1998, conferma la sua preoccupazione per
la protezione dell’ infanzia da certa pubblicità,
non solo trasmessa dalla televisione, ma anche da altri mezzi
di comunicazione.
Il primo tentativo di tutela del minore nei confronti della pubblicità
è stato messo in atto dal CODICE DI AUTODISCIPLINA PUBBLICITARIA,
a metà degli anni Settanta. Fissa alcuni principi fondamentali,
mantenuti nelle successive iniziative normative :
-i messaggi rivolti ai bambini e agli adolescenti o che comunque
possono essere ricevuti da loro non devono contenere nulla che
possa danneggiarli psichicamente, moralmente o fisicamente.Non
devono,inoltre, abusare della loro incredulità o mancanza
di esperienza;
-sono vietati messaggi che possono indurre i minori a violare
norme di comportamento sociale corretto o a compiere azioni pericolose
per sé o per gli altri;
-sono ritenuti inadeguati anche messaggi che possano indurre il
minore a credere che il possesso o l’uso di un certo prodotto
possa significare superiorità o inferiorità rispetto
agli altri;
-è vietato, nell’ impiego di bambini o adolescenti
nella pubblicità,ogni abuso dei naturali sentimenti degli
adulti per i più giovani;
Il CODICE ha stabilito anche norme specifiche per la propaganda
di prodotti con controindicazioni pericolose (art.12) e in materia
di pubblicità di giocattoli (art.28-bis).
Già la legge sulla DISCIPLINA DEL SISTEMA TELEVISIVO (legge
223/1960) sancisce che la pubblicità televisiva non deve
offendere la dignità della persona, evocare discriminazioni
razziali, di sesso,nazionalità o religione;non deve essere
inserita in programmi di cartoni animati e che un Garante deve
stabilire le trasmissioni a carattere educativo che non potevano
essere interrotte dalla pubblicità.
Il decreto legislativo 25 gennaio 1992, n.74 prevede una particolare
tutela del minore rispetto ai messaggi pubblicitari ingannevoli.
Si precisa all’ art.7 che il messaggio pubblicitario rivolto
ai minori si ritiene ingannevole se è potenzialmente idoneo
a minacciare, anche solo indirettamente, la sicurezza fisica e
psichica del bambino o dell’ adolescente oppure ad abusare
della sua credulità o della sua mancanza di esperienza,
al fine di indurlo ad acquistare o a chiedere agli adulti l’
acquisto del prodotto reclamizzato.
Nel novembre del 2002 il nuovo CODICE DI AUTOREGOLAMENTAZIONE
DELLE TELEVISIONI (firmato presso il Ministero delle Comunicazioni)
dedica un capitolo alla pubblicità. In questo capitolo
le televisioni (nazionali e locali) si impegnano a controllare
i contenuti della pubblicità, dei trailer e dei promo dei
programmi e a non trasmettere pubblicità e autopromozioni
che possano ledere l’ armonico sviluppo della personalità
dei minori o che possano costituire fonte di pericolo fisico o
morale.Si fissano, inoltre,tre livelli di protezione:
generale (si applica in tutte le fasce orarie di programmazione);
rafforzata (dalle 7 alle 16 e dalle 19 alle 22.30);
specifica (dalle 16 alle 19 e all’ interno dei programmi
ad hoc per i minorenni).
L’ attuazione del nuovo CODICE è affidata ad un COMITATO
composto da 15 membri effettivi, nominati con decreto dal ministro
delle Comunicazioni d’intesa con l’ Autorità
delle comunicazioni, in rappresentanza delle tv firmatarie, delle
istituzioni e degli utenti.
PUBBLICO UFFICIALE
Dipendenti di Pubbliche Amministrazioni sia dello Stato che degli
Enti Locali. I pubblici ufficiali, come gli incaricati di un pubblico
servizio e gli esercenti un servizio di pubblica necessità
debbono riferire al Procuratore presso il Tribunale per i minorenni
delle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di
cui vengono a conoscenza in ragione del proprio ufficio.
La riservatezza ed il segreto professionale costituiscono diritto
primario dell’utente e dovere per i pubblici ufficiali,
nei limiti della normativa vigente.
R
REATO
E’ un fatto antigiuridico riconducibile ad una condotta
umana volontaria: pertanto costituisce reato solo la condotta
prevista come tale dalla Legge, ove on sussista una causa di giustificazione
(legittima difesa,stato di necessità, ecc).
Presupposto della colpevolezza è l’imputabilità,
che viene esclusa nei casi previsti dalla legge (età minore
degli anni 14, vizio totale di mente) ovvero, per il minore che
non abbia raggiunto un grado di maturità sufficiente a
comprendere il disvalore del gesto e a liberamente determinarsi.
Il Tribunale per i minorenni ha competenza a giudicare tutti i
reati commessi dai minori degli anni 18 (vedi voce Codice di Procedura
Penale), acquisendo i dati relativi all’ambiente familiare
o sociale di appartenenza, che possono indurre ad una debole resistenza
nei confronti di particolari tipi di reato, nonché per
adeguare la risposta sanzionatoria alla peculiarità della
situazione del minore.
Per indicazioni circa le segnalazioni riguardanti studenti possibili
vittime di reato o possibili autori di reato, vedi voce “Segnalazioni”.
RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
(vedi IMMIGRATO MINORENNE
S
SEGNALAZIONE
L'obbligo della segnalazione discende dall'art. 9 della Legge
4 maggio 1983, n.184, recante "Disciplina dell'adozione e
dell'affidamento dei minori", modificata dalla Legge 28 marzo
2001, n.149, che recita:
Chiunque ha facoltà di segnalare all'autorità pubblica
situazioni di abbandono di minori di età. i pubblici ufficiali,
gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio
di pubblica necessità debbono riferire al più presto
al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni
del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore
in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione
del proprio ufficio.
omissis
4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie
stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza
si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso
tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica
presso il tribunale per minorenni. L'omissione della segnalazione
può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti
familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.
5. Nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione
deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi
non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un
periodo non inferiore a sei mesi. L'omissione della segnalazione
può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio
a norma dell'art.330 del codice civile e l'apertura della procedura
di adottabilità
Dal citato art.9 si può ricavare un più generale
obbligo di segnalazione di situazioni di pregiudizio per il minore
considerando in senso ampio il concetto di abbandono (materiale,
affettivo, educativo, morale, psicologico). Spetterà comunque
al giudice del tribunale per i minorenni
valutare la fondatezza della segnalazione.
La legge investe di pesanti responsabilità gli operatori
dei servizi, i medici di base e i pediatri, i capi di istituto
e gli insegnanti, gli educatori delle comunità, i sacerdoti
e i religiosi, tanto che il novellato art.70 della legge n.184
punisce ai sensi dell'art.328 del codice penale i pubblici ufficiali
o gli incaricati di un pubblico servizio che omettono di riferire
alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni
sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di
cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio. Gli esercenti
un servizio di pubblica necessità sono puniti con la pena
della reclusione fino a un anno o con una multa corrispondente
all'equivalente in euro di una cifra che oscilla tra £ 500.000
e £ 2.500.000.
SEGRETO DEL PARTO
A partire dal 1923 lo Stato Italiano ha definito norme che tutelano
la segretezza del parto.
La donna può scegliere di non far apporre il proprio nome
sull’atto di nascita del bambino (art.73, legge sullo stato
civile). Il nome della madre, che pur è ufficialmente conosciuto,
non è reso noto a meno che la donna abbia fatta constare,
per mezzo di un atto pubblico, il proprio consenso ad essere nominata.
Quando, per motivi quali lo “stato fisiologico e patologico
del neonato”, si devono fare indagini sulla maternità,
l’esito viene tenuto segreto (art. 22 e 24 capo IV, r.d.
n. 2822 del 29/12/1927). Nemmeno nel certificato di assistenza
al parto, previsto dall’art. 8 del r.d.l. 2128 del 15/10/1936,
vengono segnalate le generalità della donna.
Sull’atto di nascita, che viene redatto sulla base di quel
solo, anonimo, certificato di assistenza al parto, l’ufficiale
di Stato Civile annota un nome ed un cognome non collegabili alla
madre biologica. Precise norme garantiscono sempre in assoluta
segretezza ogni cura sanitaria ed assistenziale alla gestante,
alla partoriente, alla puerpera ed al neonato. Infatti, gli art.
1 e 4 del r.d.l. n. 798 del 8/5/1927, fissano l’obbligo
di assistenza da parte delle Provincia, alle gestanti in difficoltà,
assicurando loro i necessari interventi sociali e sanitari prima,
durante e dopo il parto.
L’atto di nascita del neonato è redatto con la dizione
“nato da donna che non consente di essere nominata”.
L’Ufficiale di Stato Civile, dopo aver attribuito al neonato
un nome ed un cognome, procede entro 10 giorni dalla formazione
dell’atto alla segnalazione al Tribunale per i minorenni
per la dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge
n. 184 del 4/5/1983. Il bambino viene così velocemente
inserito in una famiglia adottiva, scelta dal Tribunale per i
Minorenni, fra quelle che hanno presentato domanda di adozione.
La tutela del segreto del parto è richiamato anche nella
legge n. 149 del 28/3/2001 con l’art. 28 “Il minore
adottato è informato di tale sua condizione…….
L’accesso alle informazioni non è consentito se l’adottato
non viene riconosciuto alla nascita dalla madre naturale…”.
L’art. 36 fissa le punizioni per chi tradisce tale segreto.
Stesse indicazioni si ritrovano nel d.p.r. n. 396 del 3/11/2000
“Regolamento per la revisione e la semplificazione dell’ordinamento
dello stato civile, a norma dell’art. 2, comma 12, della
legge n°127 del 1997.
SEPARAZIONE
La separazione personale dei coniugi è la cessazione legalmente
sanzionata del loro obbligo di convivere, giuridicamente ha sempre
carattere transitorio, in quanto può essere fatta cessare
in ogni momento, senza bisogno di alcuna formalità, con
una semplice riconciliazione e non fa venire meno il vincolo matrimoniale.
La separazione può essere richiesta per il solo fatto che
la convivenza sia divenuta intollerabile , ovvero tale da arrecare
pregiudizio all’educazione dei figli.
La separazione legale può essere giudiziale o consensuale:
è giudiziale quando uno dei coniugi assume l’iniziativa
giudiziaria nei confronti dell’altro e si conclude con sentenza,
con la quale il Tribunale assume le decisioni inerenti all’affidamento
dei figli, all’assegnazione della casa coniugale e alla
determinazione dell’assegno di mantenimento per i figli
ed il coniuge; è consensuale quando vi è un accordo
tra i coniugi sia in ordine alla decisione stessa di separarsi
sia in ordine alle condizioni che regoleranno i loro rapporti
di genitorialità ( affidamento dei figli, regolamentazione
dei rapporti tra questi ed il genitore non affidatario ) ed economici
(assegno per contributo al mantenimento dei figli e del coniugi
che ne ha diritto). Perché l’accordo dei coniugi
produca effetti giuridici occorre l’omologazione del Tribunale,
tale provvedimento non è una mera formalità, ma
una verifica delle condizioni affinché esse non siano contrarie
all’interesse dei figli.
SERVIZI SOCIALI
La configurazione dei servizi socio-assistenziali ha iniziato
a delinearsi con la legge delega 382/75 e successivo D.P.R. 616/77.
In precedenza l’attività di assistenza era gestita
dagli E.C.A. (Ente Comunale Assistenza), dalle I.P.A.B. e dagli
Enti di assistenza delle diverse categorie (E.N.A.O.L.I., I.P.I.M.,
O.N.M.I., ecc.)
L’art. 22 del D.P.R. 616/77 indica: “le funzioni amministrative
relative alla materia beneficenza pubblica concernono tutte le
attività che attengono, nel quadro della sicurezza sociale,
alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti o a pagamento,
o di prestazioni economiche, sia in denaro che in natura, a favore
di singoli, o di gruppi, qualunque sia il titolo in base al quale
sono individuati i destinatari, anche quando si tratti di forme
di assistenza a categorie determinate, escluse soltanto le funzioni
relative alle prestazioni economiche di natura previdenziale”.
L’art. 23 specifica inoltre “sono comprese nelle funzioni
amministrative di cui all’articolo precedente le attività
relative: a) all’assistenza economica in favore delle famiglie
bisognose dei detenuti e delle vittime del delitto; b) all’assistenza
post-penitenziale; c) agli interventi in favore di minorenni soggetti
a provvedimenti delle autorità giudiziarie minorili nell’ambito
della competenza civile; ...
L’art. 25 attribuisce ai Comuni l’organizzazione e
la erogazione dei servizi di assistenza elencati negli art. 22
e 23. All’interno di questi servizi operano diverse figure
professionali (assistenti sociali, educatori, animatori, ADEST,
impiegati amministrativi, ecc.), tutte tenute al segreto d’ufficio
e al rispetto delle norme dettate dalla L.N. n.675/96.
Per quanto concerne i minori, particolare rilevanza riveste l’art.
9 della L.N. n.149/2001 “...gli incaricati di un pubblico
servizio... debbono riferire al più presto al procuratore
della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni ... delle
condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengono
a conoscenza in ragione del proprio ufficio ... “
Nel 2000 è entrata in vigore la legge di riforma dell’assistenza
n. 328 del 18/10/2000 “Legge quadro per la realizzazione
del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.
Trattandosi di una legge quadro, necessita di tutti i provvedimenti
e le norme successive per renderla efficace.
SESSUALITA’
(vedi LEGGE SULLA PRIVACY)
STAMPA
(vedi LEGGE SULLA STAMPA)
T
TELEVISIONE
Le Aziende televisive pubbliche e private ( Rai, Mediaset, Cecchi
Gori Communications, Federazione Radio Televisioni, Associazione
Editori Radiotelevisivi) già il 5 febbraio 1997 avevano
sottoscritto un Codice di Autoregolamentazione. L’intesa
recepiva la Convenzione dell’Onu del 1989 sui diritti dei
bambini, divenuta legge dello Stato italiano nel 1991. Le Aziende
televisive si impegnavano a non trasmette immagini di minori testimoni
o vittime di reati, a non utilizzare minori con gravi patologie
al fine di creare sensazionalismo, a non intervistare minori in
situazioni critiche (per esempio che siano fuggiti di casa o abbiano
tentato il suicidio) a non far partecipare minori da 0 a 14 anni
a trasmissioni in cui si dibatte sulla loro adozione e, infine,
a non utilizzarlo “in grottesche imitazioni degli adulti".
Si stabiliva, inoltre, una sorta di “fascia protetta"
dalle 7 alle 22.30 in cui trasmettere programmi idonei a un pubblico
minorenne. Sulla produzione dei programmi, veniva sottolineata
la necessità di curarne la qualità al fine di contribuire
alla formazione dei minori.
Un capitolo era dedicato alla Pubblicità, anche sotto forma
di autopromozioni, i cui contenuti venivano controllati in modo
da non trasmette messaggi che potessero “ledere l’armonico
sviluppo della personalità dei minori" o "costituire
fonte di pericolo fisico o morale per i minori stessi".
Il 29 novembre del 2002 le emittenti nazionali e locali hanno
firmato al Ministero delle Comunicazioni il nuovo CODICE SU TV
E MINORI che si propone lo scopo di rendere più efficaci
le sanzioni nei confronti di chi non rispetta le norme etiche
a tutela dei più deboli. Un COMITATO DI CONTROLLO composto
da 15 membri (5 rappresentanti delle emittenti, 5 delle istituzioni
e 5 degli utenti), avrà il compito di individuare o raccogliere
segnalazioni su irregolarità commesse. Il Comitato di Controllo
ha poteri di intervento nei confronti delle emittenti inadempienti
e con la possibilità di sottoporre le delibere adottate
all’attenzione dell’AUTORITA’ PER LE COMUNICAZIONI
che in caso di violazioni può dare multe fino a 250 mila
euro e, in caso di reiterata violazione, arrivare persino alla
sospensione della licenza.
Il nuovo CODICE stabilisce:
* fasce protette: si stabilisce una fascia televisiva che tenga
conto delle esigenze di tutto (dalle 7 alle 22.30) e una ‘’televisione
per minori" (dalle 16 alle 19) con tre livelli di protezione
(generale, rafforzata e specifica) per gli spot pubblicitari
Principi generali: le televisioni si impegnano ad aiutare gli
adulti, le famiglie, i minori a un uso corretto ed appropriato
delle trasmissioni tv, tenendo conto delle esigenze del bambino
e dell’adolescente, sia sotto il profilo della quantità
sia sotto quello della qualità. Particolare attenzione
viene posta sulla necessità di collaborare con il sistema
scolastico e di assegnare alle trasmissioni rivolte ai minori
personale appositamente preparato
Programmazione tv per tutti (7-22.30): deve tener conto delle
esigenze dei telespettatori di tutte le età, nel rispetto
dei diritti dell’ utente adulto, della libertà di
informazione e del ruolo educativo della famiglia rispetto ai
minori. Considerato, però, che tra le 19 e le 22.30 il
minore è solitamente supportato dalla presenza di un adulto,
le televisioni si impegnano a dare preventiva informazione sui
programmi, anche con sistemi di segnalazione
Specifiche limitazioni: riguardano i programmi di informazione,
film, fiction, spettacoli vari. Nel primo caso le televisioni
si impegnano a evitare l’ uso di immagini di violenza o
di sesso se sono effettivamente necessarie alla comprensione della
notizia. L’impegno e’ anche a non trasmettere spettacoli
che si servano in modo strumentale dei conflitti familiari come
spettacolo o facciano ricorso al turpiloquio, alla scurrilità
o offendano le confessioni e i sentimenti religiosi
Fascia protetta (16-19): nei palinsesti si prevede una programmazione
dedicata ai minori con un controllo particolare sui promo, i trailer
e le pubblicità che vanno in onda.
Produzione programmi: le televisioni che si impegnano a realizzare
programmi per minori devono pensare ad avere tra le priorità
quella di proporre valori positivi umani e civili e il rispetto
della dignità della persona. S’impegnano anche a
favorire la partecipazione dei minori con i loro problemi, i loro
punti di vista, dando anche spazio all’ informazione sulle
offerte che le città mettono a loro disposizione
Programmi di informazione destinati ai minori: le tv nazionali
con più di una rete con programmazione a carattere generalista,
s’impegnano a cercare soluzioni per favorire la produzione
di programmi di informazione destinati ai minori
Pubblicità: le tv s’impegnano a controllare i contenuti
della pubblicità, dei trailer e dei promo dei programmi
e a non trasmettere pubblicità e autopromozioni che possano
ledere l’armonico sviluppo della personalità dei
minori. Viene fatto riferimento al codice di autodisciplina pubblicitaria,
in particolare nei casi che necessitano di maggiore tutela. tre
i livelli di protezione: generale (tutte le fasce orarie); rafforzata
(dalle 7 alle 16 e dalle 19 alle 22.30); specifica (dalle 16 alle
19 e nei programmi direttamente rivolti ai minori).
TOSSICODIPENDENZA
La tossicodipendenza è lo stato di intossicazione cronica
o periodica prodotto dall’assunzione ripetuta di una sostanza
chimica. L’uso prolungato e costante di alte dosi di alcune
sostanze (ad es. alcol, eroina) provoca intossicazione cronica,
con caratteristici sintomi fisici e psichici..
Il SerT è il Servizio territoriale presso le aziende sanitarie,
prevenzione, cura e riabilitazione per tossicodipendenti e alcoldipendenti.
(leggi 162/90 e 45/99)
TRIBUNALE MINORENNI
(vedi GIUSTIZIA MINORILE)
TUTELA DEL BAMBINO OSPEDALIZZATO
Il principio della difesa del benessere del bambino ospedalizzato
è stabilito dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia
delle Nazioni Unite recepita dall’Italia con la legge del
27 maggio 1991, n° 176. Specifiche leggi regionali hanno stabilito
la priorità per il minore ricoverato a ricevere un trattamento
che prenda cura della totalità della persona dal punto
di vista non solo sanitario, ma psicologico e umano, in senso
complessivo. Una “carta dei diritti dei bambini in ospedale",
presentata a Trieste il 1° giugno 1998 dai responsabili dell’Istituto
di ricovero e cura ‘’Burlo Garofalo", fissa in
14 punti le tutele principali di cui il minore ha diritto: da
quello di “essere ascoltato" al “consenso/dissenso
informato", da quello di imparare a “autocurarsi”
a quelli più elementari di tenere con sé i propri
giochi, i propri abiti e un familiare in camera. Tra gli scopi
principali figura quello di favorire l’attaccamento madre-bambino,
evitare l’isolamento e la disumanizzazione.
V
VIOLENZA SESSUALE
(vedi ABUSO)
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