Gli allegati alla presente relazione offrono un quadro eloquente
dei casi sui quali è stato richiesto l'intervento di questo difensore
civico.
A tal fine sono state inserite in apposito paragrafo (contrassegnate con la
lettera A) le richieste di intervento relative a situazioni non rientranti
nella competenza dell'ufficio, rispetto a cui, tuttavia, sono state illustrate
le ragioni declinatorie della competenza.
Come si è rilevato nella precedente relazione, l'istituto risulta noto
ai cittadini, i quali sono convinti di ricevere dal difensore civico un'adeguata
risposta ai problemi insorti nei confronti dell'amministrazione pubblica.
A tal fine un'adeguata informazione è stata ottenuta attraverso la distribuzione
dell'opuscolo "Il
Difensore Civico", edito dal Consiglio Regionale.
L'elevato numero dei ricorsi presentati anche su materie non rientranti nella
competenza del difensore civico costituisce una riprova sia della conoscenza
dell'istituzione, che della convinzione di ottenere adeguate risposte a problemi
insorti nei confronti delle pubbliche strutture.
Giova ancora rilevare che, come si evince dall'esame dell'allegato
A) frequentemente si è fatto ricorso al difensore civico in ordine a
problematiche insorte con le amministrazioni comunali, situazione che costituisce,
in definitiva, una assai valida ragione giustificante la istituzione nei comuni
del difensore civico.
Come si desume dall'esame degli allegati, talvolta il difensore civico è intervenuto "ex
officio"; peraltro, la maggior parte degli interventi è stata richiesta
da privati, (in prevalenza) e da enti diversi.
Gli interventi sono stati svolti, nella maggioranza dei casi, attraverso contatti
diversi coi funzionari, da parte dei quali è stata, di regola, prestata
una buona collaborazione.
Anche nel 1998 talune difficoltà sono state rimosse attraverso la sola
illustrazione della competenza attribuita al difensore civico dalla normativa
regionale e statale.
I rapporti con le amministrazioni pubbliche, come nel passato, sono stati buoni.
Nella maggioranza dei casi, il cittadino ha potuto ottenere ciò che
gli spettava di diritto.
Come in passato, spesso è stato sufficiente un semplice contatto con
il funzionario per rimuovere le difficoltà e gli ostacoli lamentati.
Nell'ambito organizzativo, l'organico del personale dell'ufficio, composto
da tre unità di settimo livello, da una di quinto livello e da due con
contratto a tempo determinato, risulta del tutto inadeguato. Infatti, come
si è sottolineato nella pregressa relazione, l'attribuzione operata
dalla legge 127/97 di parte dei compiti svolti in precedenza da un organo collegiale
(il CO.RE.CO.), ad un organo monocratico (il difensore civico) non è stata
seguita da un adeguato aumento dell'organico: particolarmente significativo
risulta a tal fine il raffronto con l'organico dell'ufficio del difensore civico
della Regione Lombardia, (15 unità) che nell'anno 1997 ha svolto n.
743 interventi.
La precaria situazione dei locali è stata, invece, risolta col trasferimento
dell'ufficio nello stabile di piazza Solferino.
La situazione concernente l'organico del personale resta, però, da risolvere
auspicabilmente in tempi brevi.
Nella precedente relazione è stata illustrata la normativa che regola
l'attività del difensore civico.
In breve, secondo l'art. 4 della L.r. 9.12.1981 n. 50, la richiesta d'iniziativa
da parte del cittadino è preceduta dalla valutazione ad opera del difensore
civico dell'esperimento delle "ordinarie vie di rapporto con l'Amministrazione" e,
quindi, della fondatezza del reclamo; nel concorso di entrambe queste condizioni,
il difensore civico apre la procedura rivolta ad accertare la situazione cui
la richiesta si riferisce, la quale forma quindi oggetto di esame congiunto
da parte dello stesso difensore civico e del funzionario incaricato del servizio.
Il sovramenzionato art. 4 non attribuisce, però, in via immediata e
diretta, poteri particolari al difensore civico per la definizione della "pratica",
rispetto alla quale il difensore civico si limita a stabilire un termine massimo
per la definizione, tenuto conto delle esigenze dell'ufficio, comunicando le
proprie motivate conclusioni al reclamante, al funzionario, al Presidente della
Giunta, e al Presidente del Consiglio Regionale.
Si ribadisce, quindi, che la definizione del caso sollevato col reclamo non
compete al difensore civico, ma all'Amministrazione, la quale, peraltro, è tenuta
necessariamente a provvedere sulle conclusioni e sui rilievi del difensore
civico, dopo l'esame congiunto della situazione.
Nelle precedenti relazioni è stata già evidenziata la necessità di
riconoscere al difensore civico la competenza a pronunciare, in via cautelare,
provvedimenti provvisori, sostitutivi o modificativi dell'atto impugnato.
Conclusioni e rilievi da parte del difensore civico dovrebbero, cioè,
essere presidiati, nel corso della procedura, da appositi provvedimenti cautelari,
di efficacia limitata nel tempo, in altre parole fino al momento della definizione
della "pratica" da parte dell'Amministrazione.
A tale carenza legislativa si accompagna l'assenza di una normativa concernente
la legittimazione processuale del difensore civico, che, giova rilevarlo, non è organo
della regione, ma costituisce una particolare struttura nell'ambito di quell'ente,
considerando altresì che la legge 127/97 demanda al difensore civico
le stesse funzioni di richiesta, di proposta, di sollecitazione, di informazione,
nei confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato che i rispettivi
ordinamenti attribuiscono nei confronti delle strutture regionali.
Al tempo stesso, nell'ipotesi di impugnativa dei provvedimenti
assunti, deve essere assicurata la difesa da parte dell'avvocatura regionale.
E ancora, deve essere regolamentata l'attività dell'ufficio, nell'ipotesi
di impedimento del difensore civico, attraverso la previsione del compimento,
in ogni caso, di attività di carattere urgente.
I principi dell'indipendenza, dell'accessibilità all'ufficio, della
flessibilità e della credibilità hanno governato l'attività di
questo difensore civico.
Nell'ambito dei problemi affrontati merita un cenno particolare quello, tuttora
aperto, relativo ai contributi economici richiesti ai parenti degli assistiti
da parte di strutture socio-sanitarie assistenziali, attraverso il richiamo
all'obbligo alimentare.
Nella precedente relazione è stato rilevato che l'obbligo patrimoniale
può essere imposto solo dalla legge (art. 23 Costituzione), che la normativa
vigente non prevede rivalse di sorta nei confronti dei parenti da parte dell'ente
che ha erogato l'assistenza e che la prassi, talvolta seguita, del ricorso
alla normativa concernente l'obbligo alimentare non può essere condivisa,
in quanto i soggetti di tale obbligazione sono, da un lato, l'avente diritto
(che non può certo identificarsi con l'ente pubblico) e, dall'altro,
l'obbligato, per cui la relativa azione è proponibile solo nell'ambito
di questi soggetti.
É stato a suo tempo osservato che non è proponibile
da parte dell'ente pubblico l'azione di regresso nei confronti dei coobbligati
agli alimenti; prestazioni assistenziali ed obblighi alimentari, infatti, rispondono
a presupposti diversi, non sussidiari gli uni rispetto agli altri, costituiti,
da un lato, dall'obbligo preminente per lo Stato di garantire l'assistenza
e, quindi, la salute e, dall'altro, dall'esigenza, circoscritta all'ambito
famigliare, di provvedere l'avente diritto dei mezzi di sussistenza, ove il
soggetto non sia in grado di procurarseli con il proprio lavoro.
Sono state poi escluse l'ipotesi di un ingiustificato arricchimento per il
parente tenuto alla corresponsione degli alimenti, finché questi non
vengano richiesti dall'avente diritto e sia conseguentemente sorto l'obbligo
del pagamento ed anche la proponibilità dell'azione surrogatoria per
la considerazione che tale mezzo processuale, di carattere sussidiario, ha
come presupposto il mancato esercizio di azioni di cui il debitore trascuri
la proposizione, facendo, peraltro, salva l'ipotesi di accordi convenzionali
fra le parti interessate.
Nell'ambito delle situazioni sottoposte all'esame del difensore civico, particolare
rilievo va poi dato alle disfunzioni verificatesi in alcune strutture ospedaliere,
alle problematiche insorte nell'ambito di taluni concorsi e, ancora, alla materia
urbanistica, limitatamente alle funzioni regionali delegate ai comuni.
L'applicazione della normativa di cui agli artt. 16 (1° e
2° comma) e 17 (45° comma) della legge 127/97, come modificata dalla
L. 16.6.1998 n. 191 ha dato luogo a problemi di carattere interpretativo, in
parte irrisolti.
Va a questo proposito rilevato che secondo l'art. 16 sovramenzionato il difensore
civico può svolgere su istanza di cittadini singoli o associati nei
confronti delle amministrazioni periferiche dello Stato (eccezione fatta per
le materie relative alla difesa, alla sicurezza pubblica, alla giustizia),
le stesse funzioni di richiesta, di proposta, di sollecitazione che l'ordinamento
regionale gli riconosce, seguendo ovviamente, il "modus procedendi" stabilito
dall'ente locale, di guisa che si impone innanzitutto la necessità di
un coordinamento delle normative regionali concernenti le modalità di
tali interventi.
Fra gli altri, gli interventi di questo ufficio hanno interessato:
a) l'A.N.A.S.
b) l'I.N.P.S.
c) l'I.N.P.D.A.P.
d) il Provveditorato agli Studi, specie in materia pensionistica
e) la Direzione provinciale del tesoro
f) la Prefettura, con particolare riferimento alla corresponsione delle indennità spettanti
agli invalidi civili. A questo proposito rilevo che i tempi relativi per la
liquidazione, pur notevolmente ridotti nell'ultimo biennio, per l'impegno profuso
dal personale (secondo lo scrivente, meritevole di particolare segnalazione)
devono essere ulteriormente abbreviati.
Lo esige l'oggettiva situazione degli aventi diritto, spesso in età avanzata.
Numerosi interventi hanno, infine, avuto per oggetto problemi di trasparenza
e partecipazione all'attività amministrativa, di inquinamento e, ancora,
di indebita percezione dei tributi e di tardiva restituzione dei tributi stessi.
A tutt'oggi l'attività dell'ufficio è stata esercitata nell'ambito
dell'informazione e della sollecitazione.
b) L'art. 17 comma 45, della legge 127/97 stabilisce che, qualora i comuni
e le province, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino
o omettano di compiere atti obbligatori per legge, il difensore civico regionale,
ove costituito, nomina un commissario ad acta, che provvede entro sessanta
giorni dal conferimento dell'incarico.
L'applicazione di tale normativa ha sollevato numerosi problemi.
É stato anzitutto osservato che questa particolare competenza del difensore
civico regionale, concernente la nomina di un sostituto, che agisce in nome proprio,
va ricondotta all'esercizio di poteri di supremazia, che si estrinsecano, in
via generale, nella vigilanza sull'operato degli enti minori.
In definitiva, é pur sempre lo Stato, attraverso l'ordinamento, a incidere
sulla vita amministrativa dell'ente locale (comune, provincia).
Poiché la Costituzione (artt.115, 128) garantisce l'autonomia degli
enti locali, lo scrivente si è posto in precedenza il problema concernente
la legittimità costituzionale della norma in esame, rilevando che l'autonomia
degli enti territoriali, riconosciuta dalla Costituzione, va pur sempre circoscritta
nell'ambito determinato dall'ordinamento generale, il quale, riserva proprio
allo Stato (art. 115 della Costituzione) la formulazione dei principi generali
che regolano l'autonomia regionale e ammette, fra l'altro, espressamente (art.
126 della Carta Costituzionale) anche lo scioglimento dell'organo deliberativo
dell'Ente Regione e il funzionamento di una particolare struttura sostitutiva.
Alla luce di questa premessa e della considerazione che per i comuni e le province
i principi regolatori della loro autonomia sono rimessi alla competenza del
legislatore ordinario, il tipo di sostituzione previsto dall'art. 17, comma
45, della legge 127/97, non sembra contrastare con i principi generali enunciati
dal legislatore costituzionale.
L'ulteriore osservazione che il procedimento di cui all'art. 17, 45° comma,
non sembra riconducibile ad un controllo in senso tecnico, nel quale di regola, è esclusa
ogni attività di carattere surrogatorio o modificatorio degli atti controllati,
ma sembra derivare, invece, da una determinata posizione di supremazia e di
vigilanza da parte dello Stato nei confronti degli enti minori, induce, quindi,
a ritenere infondati i dubbi sollevati sulla legittimità della norma
in esame.
Peraltro, il difensore civico
non é un organo della regione, né esercita alcuna attività di
controllo sugli atti regionali, per cui, anche per questa ragione, é giocoforza
ritenere che la norma in questione non ha attribuito al difensore
civico regionale alcun controllo immediato e diretto in senso tecnico
degli atti ritardati o omessi da parte dei comuni e delle province
(1).
Secondo lo scrivente, il difensore civico regionale viene, in definitiva, ad
operare, nel caso d'inattività o di ritardi da parte dell'ente pubblico,
attraverso una verifica in via incidentale della legittimità dell'atto,
sostituendosi all'organo istituzionalmente preposto alla formazione di determinati
atti amministrativi.
La sostituzione commissariale, in cui viene ad atteggiarsi una
particolare competenza straordinaria, di ordine funzionale, riveste carattere
eccezionale, nel concorso di situazioni eccezionali (omissioni e ritardi).
La norma in questione, torna applicabile, giova ribadirlo, solo nel concorso
di omissioni o ritardi, costituendo regola generale la tempestiva formazione
degli atti amministrativi da parte dei comuni e delle province; essa non é perciò suscettibile
d'interpretazione analogica e tale eccezionalità si atteggia anche nella
brevità del termine entro il quale il commissario ad acta deve operare.
Il termine in questione, proprio perché introdotto da una norma eccezionale,
non può perciò costituire oggetto di proroga e, correlativamente,
la brevità di detto termine viene a circoscrivere oggettivamente l'ambito
di applicazione della norma.
Poiché nell'ambito dei procedimenti amministrativi, composti, cioè,
da una molteplicità di atti, si distingue fra sostituzione parziale
o totale, a seconda che l'omissione o il ritardo investano o meno un singolo
atto, la nomina del commissario, proprio per il suo carattere eccezionale,
deve concernere quindi solo il singolo atto omesso o ritardato; gli atti consecutivi,
una volta accertata l'omissione o il ritardo, dovranno formare oggetto di altrettanti
procedimenti commissariali.
L'atto omesso o ritardato deve essere, secondo l'art. 17, comma 45, "obbligatorio
per legge", per cui se l'accertamento della obbligatorietà costituisce
oggetto di giudizio di cognizione da parte del giudice amministrativo, la sostituzione
commissariale potrà avere luogo solo nel momento dell'accertamento giurisdizionale
dell'obbligo .
Tale "obbligatorietà per legge" può, anzitutto, derivare
da un'espressa disposizione di legge (si veda a questo proposito l'art. 17,
commi 91 e 93, della legge 127/97, il quale sancisce espressamente l'obbligatorietà della
formazione dei regolamenti comunali concernenti il diritto di accesso ai documenti,
da adottarsi nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della
legge, decorso il quale, l'adozione avviene da parte del commissario ad acta,
nominato dal CO.RE.CO).
Altrimenti, il requisito della "obbligatorietà" va desunto
dall'ordinamento, attraverso l'individuazione degli effetti che l'atto è destinato
a produrre.
L'atto deve, cioè, da un lato, costituire l'estrinsecazione di un determinato
obbligo posto a carico di un pubblico ufficio ai fini della produzione di determinati
effetti previsti dall'ordinamento per il perseguimento delle finalità istituzionali
proprie dell'ente.
Sotto un altro aspetto, la "obbligatorietà" dell'atto deve
essere desunta dagli interessi garantiti dall'ordinamento nei confronti di
determinati soggetti, che, altrimenti, non potrebbero conseguire quelle utilità che
l'ordinamento riconosce loro e che non sono suscettibili di essere altrimenti
conseguite.
In definitiva, pur riconoscendo che l'individuazione degli elementi
costitutivi dell'atto obbligatorio da luogo a notevoli perplessità e
che un elenco non può essere esaustivo, l'individuazione degli elementi
costitutivi dell'atto, da sostituirsi da parte del commissario, deve avere
luogo necessariamente secondo il paradigma previsto dalla legge, senza alcuna
possibilità di introdurvi elementi o situazioni nuove; altrimenti, l'attività sostitutiva
viene a risolversi nella formazione di un atto amministrativo diverso.
L'atto obbligatorio per legge, deve, cioè essere vincolato nell'an,
nel quando e nel quomodo; siffatto quomodo non si atteggia certo in termini
di obbligatorietà, se risulta frutto di discrezionalità politica.
Riconosciuto il carattere eccezionale della misura costituita dalla formazione
dell'atto attraverso il commissario, si pone il problema del concorso di questa
misura con rimedi alternativi specifici.
Sembra in questo caso necessario accertare se il rimedio alternativo specifico
sia rivolto, in modo immediato e diretto, a fare venire meno l'inadempimento
dell'ente locale ad un obbligo di legge; in questo caso ritengo che debba essere
provveduto secondo il rimedio alternativo specifico e non in termini del controllo
sostitutivo previsto dall'art. 17 comma 45. della legge 127/97.
La nomina dei commissari ad acta è stata richiesta nel concorso di molteplici situazioni, quali:
In definitiva la nomina del commissario da parte dell'ufficio ha costantemente avuto per oggetto atti da cui non era possibile prescindere, da un lato ai fini dell'ordinato svolgimento della vita dell'ente e, dall'altro, della tutela degli interessi di ordine generale o particolare presidiati dall'atto omesso o ritardato.
In conclusione, mentre da un lato occorre fornire al difensore civico strumenti e risorse adeguati, dall'altro, sembra proponibile l'istituzione di un osservatorio per la tutela dei diritti dei cittadini al fine della creazione di un sistema informativo permanente, avente per oggetto non solo i confronti fra i difensori civici, ma anche i necessari contatti con il mondo della ricerca e con la collettività.
Torino, 14 gennaio 1999
(1) Il problema concernente l'applicabilità della normativa anche agli atti delle comunità montane è stato risolto positivamente dallo scrivente sul riflesso che secondo l'art. 49 della legge 142/90 le norme sul controllo e la vigilanza dettate per i comuni e le province si applicano, fra l'altro, alle comunità montane.
(2) Questa situazione evidenzia il rapporto fra il procedimento per la nomina del commissario col così detto giudizio di ottemperanza.